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dossier SEDIME (area di)
anno 2021

EDILIZIA PRIVATA: Sulla modifica della localizzazione dell'edificio sull'area di pertinenza (traslazione abusiva di circa 16,5 mt. dal sedime originario autorizzato dal comune).
Secondo la giurisprudenza maggioritaria, condivisa dal Collegio, rientra nel concetto di "modifica sostanziale della localizzazione dell'edificio sull'area di pertinenza", e quindi di variazione essenziale assoggettabile a sanzione demolitoria in virtù del combinato disposto degli artt. 31 e 32, comma 1, lett. c), del d.P.R. n. 380 del 2001,
   - non solo lo spostamento del manufatto su un'area totalmente o pressoché totalmente diversa da quella originariamente prevista,
   - ma anche ogni “significativa traslazione dell'edificio in relazione alla localizzazione contenuta nelle tavole progettuali”, in quanto capace di incidere sul rispetto delle prescrizioni normative in tema di distanze minime dalle strade o dai confini nonché sulla destinazione urbanistica dei suoli" .
Invero, "Ai sensi dell'art. 32, lett. c), d.P.R. 06.06.2001 n. 380, costituisce variante essenziale rispetto al progetto approvato la modifica della localizzazione dell'edificio tale da comportare lo spostamento del fabbricato su un'area totalmente o pressoché totalmente diversa da quella originariamente prevista, trattandosi di modifica che comporta una nuova valutazione del progetto da parte dell'amministrazione concedente, sotto il profilo della sua compatibilità con i parametri urbanistici e con le connotazioni dell'area, mentre sono ininfluenti rispetto all'obbligo di acquisizione da parte dell'interessato di un nuovo permesso di costruire la circostanza che le altre caratteristiche dell'intervento (sagoma, volumi, altezze etc.) siano rimaste invariate rispetto all'originario permesso di costruire, e l'assenza di ogni incidenza della variante sul regime dei distacchi e delle distanze".
Nel caso in esame, la traslazione (di circa 16,5 mt.) della costruzione realizza un significativo spostamento del fabbricato realizzato, che non resta in nessuna sua parte sovrapponibile a quello in progetto, con occupazione di un’area a destinazione boschiva sottoposta a vincolo idrogeologico, anziché di quella residenziale prevista in progetto, sicché nessun dubbio concreto residua in ordine all’essenzialità della modifica realizzata dal ricorrente.
---------------

1. Con l’ordinanza di demolizione e di rimessione in pristino del -OMISSIS-, prot. n. -OMISSIS-, il Comune di -OMISSIS- ingiungeva a -OMISSIS- la demolizione di una villa insistente sul mappale -OMISSIS-, sul presupposto che essa fosse stata realizzata in difformità essenziale dal titolo abilitativo, in quanto “l’intero corpo di fabbrica risulta traslato di 15 mt. rispetto a dove avrebbe dovuto essere edificato, con una differente localizzazione dell’edificio rispetto all’area di pertinenza”.
Nel dettaglio, nel provvedimento si dava atto che l’immobile era stato realizzato in una “zona agricola e forestale a prevalente interesse paesaggistico” inserita nel settore boschi del Parco del Ticino e sottoposta a vincolo idrogeologico, anziché –come invece previsto e autorizzato– in un ambito C1 di completamento a prevalente destinazione residenziale.
2. L’immobile predetto, a suo tempo, era stato edificato in forza della concessione edilizia n. -OMISSIS-, né risulta dalle allegazioni delle parti che sino ad oggi siano sopravvenuti altri titoli edilizi a modifica di quanto originariamente autorizzato.
3. Con il ricorso in epigrafe, -OMISSIS- ha chiesto l’annullamento della citata ordinanza di demolizione, contestando la veridicità in fatto della traslazione dell’opera e la bontà dell’accertamento tecnico compiuto dall’amministrazione.
4. Il Comune di -OMISSIS- si è costituito in giudizio, in data 31.07.2019, per resistere al ricorso.
5. A seguito dell’udienza camerale dell’11.09.2019, con ordinanza n. -OMISSIS-, la Sezione ha accolto l’istanza cautelare del ricorrente, sospendendo l’efficacia dell’atto impugnato, “considerato che, per la loro peculiarità, le questioni dedotte richiedono, re adhuc integra, il loro apprezzamento nel merito”.
6. Ad esito dell’udienza di trattazione di merito del 09.06.2020, il TAR ha adottato l’ordinanza n. -OMISSIS-, disponendo una verificazione al fine di accertare “1) quale sia l’esatta ubicazione dell’immobile autorizzata con concessione edilizia n. 6/1983, indicando le distanze dal confine o da altri punti di riferimento; 2) se l’immobile esistente sia stato edificato nella posizione autorizzata o se vi sia uno scostamento rispetto a detta ubicazione, indicando altresì le caratteristiche e l’entità di tale scostamento”.
7. Il verificatore incaricato ha depositato la propria relazione in data 02.03.2021, chiarendo, in risposta ai quesiti posti dal Tribunale, che, a seguito di rilievi in loco ed elaborazione dei medesimi, “è stato possibile confrontare lo stato di fatto e quello autorizzato sovrapponendo graficamente rilievo e planimetria di progetto […]. La planimetria di progetto è stata posizionata sulla mappa agganciando gli spigoli nord-ovest e sud-ovest della recinzione ai corrispondenti punti rilevati sul posto e riportati in cartografia ed operando il migliore adattamento possibile alla mappa. Rispetto al fabbricato di progetto si osserva una traslazione di circa 16,5 m verso est, che porta il fabbricato oltre la linea a tratto e punto delimitante l’area boschiva sulla planimetria di progetto. Il fabbricato risulta ruotato di circa 13° rispetto al progetto autorizzato e lo spigolo sud-est più vicino alla recinzione di 1,7 m”.
8. In vista dell’udienza di trattazione di merito fissata per il 18.05.2021, le parti hanno depositato documenti e memorie, insistendo nelle rispettive domande. Infine, all’udienza predetta, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
9. Alla luce degli accertamenti istruttori eseguiti dal verificatore in contraddittorio tra le parti e delle condivisibili conclusioni da questo raggiunte, prive di contraddizioni ed elementi di criticità –le quali confermano l’istruttoria compiuta dagli organi comunali di cui si dà atto nel provvedimento impugnato e l’intervenuta traslazione dell’immobile– il ricorso è infondato e deve quindi essere rigettato.
...
13. Infine, con il sesto motivo, il ricorrente deduce che la tipologia di difformità contestata (ovverosia la traslazione della localizzazione dell’opera) non corrisponderebbe ad alcuna delle fattispecie di variazioni essenziali richiamate dall’art. 54 della L.R. n. 12/2005, sicché tale difformità non avrebbe dovuto condurre all’ordine di demolizione emanato.
La censura è infondata.
Secondo la giurisprudenza maggioritaria, condivisa dal Collegio, rientra nel concetto di "modifica sostanziale della localizzazione dell'edificio sull'area di pertinenza", e quindi di variazione essenziale assoggettabile a sanzione demolitoria in virtù del combinato disposto degli artt. 31 e 32, comma 1, lett. c), del d.P.R. n. 380 del 2001, non solo lo spostamento del manufatto su un'area totalmente o pressoché totalmente diversa da quella originariamente prevista, ma anche ogni “significativa traslazione dell'edificio in relazione alla localizzazione contenuta nelle tavole progettuali”, in quanto capace di incidere sul rispetto delle prescrizioni normative in tema di distanze minime dalle strade o dai confini nonché sulla destinazione urbanistica dei suoli" (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 20.11.2008, n. 5743, ove si legge: "Ai sensi dell'art. 32, lett. c), d.P.R. 06.06.2001 n. 380, costituisce variante essenziale rispetto al progetto approvato la modifica della localizzazione dell'edificio tale da comportare lo spostamento del fabbricato su un'area totalmente o pressoché totalmente diversa da quella originariamente prevista, trattandosi di modifica che comporta una nuova valutazione del progetto da parte dell'amministrazione concedente, sotto il profilo della sua compatibilità con i parametri urbanistici e con le connotazioni dell'area, mentre sono ininfluenti rispetto all'obbligo di acquisizione da parte dell'interessato di un nuovo permesso di costruire la circostanza che le altre caratteristiche dell'intervento (sagoma, volumi, altezze etc.) siano rimaste invariate rispetto all'originario permesso di costruire, e l'assenza di ogni incidenza della variante sul regime dei distacchi e delle distanze").
Nel caso in esame, come visto, la traslazione della costruzione realizza un significativo spostamento del fabbricato realizzato, che non resta in nessuna sua parte sovrapponibile a quello in progetto, con occupazione di un’area a destinazione boschiva sottoposta a vincolo idrogeologico, anziché di quella residenziale prevista in progetto, sicché nessun dubbio concreto residua in ordine all’essenzialità della modifica realizzata dal ricorrente.
14. Alla luce di quanto sopra, il ricorso deve essere respinto (TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 04.06.2021 n. 1380 - link a www.giustizia-amministrativa.it
).

anno 2014

EDILIZIA PRIVATA: Circa la realizzata traslazione (40 anni or sono) di un nuovo fabbricato rispetto a quanto assentito dal comune la stessa deve essere qualificata come variazione essenziale (nel caso di specie la variazione alle distanze, per quanto effettivamente di minima entità, è pur tuttavia superiore al 2%).
---------------
E' illegittima l'ordinanza di demolizione di un abuso edilizio commesso 40 anni or sono tenuto conto:
  
● che non è stata comunque valutata (dal comune) la possibilità di una regolarizzazione eccezionale, prospettata dallo stesso legale dell'amministrazione, in considerazione della prassi comunale (tenuto conto del fatto che in ogni caso il sedime dell’edificio risulta parzialmente coincidente con quello previsto in progetto);
  
della lunga preesistenza dell’opera nell’assetto attuale (che non ha evidentemente dato luogo in tutto questo tempo a problemi di carattere igienico-sanitario);
  
all’incolpevole affidamento ingenerato nell’attuale proprietaria anche dal pregresso comportamento del Comune, che non ha riscontrato le irregolarità nella realizzazione neanche all’atto del rilascio del certificato di agibilità nel 1974, con la conseguente impossibilità per lei di rendersene conto all’atto dell’acquisto, sulla base degli ordinari controlli, nonché della buona fede dimostrata anche con il suo comportamento con il Comune.

La ricorrente ha acquistato nel 2013 un fabbricato edificato nel 1971 sulla base di regolare licenza edilizia n. 111/1970 ed assistito da regolare certificato di agibilità; in occasione di alcuni rilievi eseguiti per predisporre la pratica relativa a lavori di ristrutturazione è emerso che l’edificio è stato realizzato ab origine con una lieve traslazione dell’area di sedime, per cui la ricorrente ha richiesto al Comune parere preventivo circa la possibilità di ottenere la sanatoria.
Il comune, dopo aver acquisito un parere legale in merito all’esatto inquadramento della fattispecie di illecito edilizio eseguito ed alla conseguente sanabilità e o regolarizzazione degli interventi eseguiti in difformità della licenza, ha adottato l’atto oggetto della presente impugnativa, ordinando la demolizione delle opere difformi dalla licenza edilizia numero 111 del 1970 che risultano in contrasto con la vigente normativa in merito alla distanza minima tra superfici finestrate, alla distanza tra fabbricati e alla distanza dal confine di proprietà.
È incontroverso che l’edificio di cui trattasi sia stato realizzato, in difformità dalla licenza edilizia, ad una distanza rispetto alle proprietà confinanti variabile tra metri 3,75 e m 3,90 circa, ad una distanza di metri, rispettivamente, 9,90 e 8 rispetto ai due fabbricati siti all’interno di dette proprietà e ad una distanza, rispetto ai manufatti insistenti sul confine ed adibiti ad autorimesse, che risulta pari a metri 7 rispetto ad un fabbricato condonato nel 1989, a metri 5 rispetto ad altro manufatto non assentito e a metri 9,20 rispetto al terzo.
Risulta pertanto non rispettato l’articolo 14 delle norme tecniche di attuazione del piano degli interventi per quanto riguarda la distanza dai confini di proprietà e tra fabbricati e l’articolo 9 del DM 1444/1968 per la distanza tra pareti finestrate.
In considerazione di quanto sopra il parere legale concludeva per l’ascrizione della traslazione parziale dell’edificio al novero delle variazioni essenziali, che l’articolo 31 del d.p.r. 380/2001 sanziona con ordine di demolizione; veniva peraltro rimarcato anche che, data la prassi comunale di qualificare (e sanzionare) la traslazione come parziale difformità quando vi fosse una sovrapposizione tra la localizzazione assentita e quella effettiva, il carattere remoto dell’abuso nonché l’affidamento incolpevole dell’attuale proprietario dell’edificio, il comune avrebbe anche potuto ritenere che il pregiudizio arrecato dalla traslazione alle esigenze pubblicistiche di carattere igienico sanitario e di ordinato assetto e sviluppo del territorio non richiedesse necessariamente la demolizione integrale dell’edificio.
Ciò premesso il collegio ritiene fondate le censure di ricorso con riferimento al difetto di motivazione, reso particolarmente evidente dal contrasto con la decisione precedente di avvalersi di un parere legale, il cui contenuto non risulta poi essere stato fino in fondo valutato e preso in considerazione ai fini della decisione che ordina la demolizione; in tale sede non viene infatti chiarito perché, a prescindere dall’incontestabilità della qualificazione della traslazione effettuata come variazione essenziale (punto su cui il collegio concorda perché la variazione alle distanze, per quanto effettivamente di minima entità, è pur tuttavia superiore al 2%), non è stata comunque valutata la possibilità di una regolarizzazione eccezionale, prospettata dallo stesso legale, in considerazione della prassi comunale (tenuto conto del fatto che in ogni caso il sedime dell’edificio risulta parzialmente coincidente con quello previsto in progetto), della lunga preesistenza dell’opera nell’assetto attuale (che non ha evidentemente dato luogo in tutto questo tempo a problemi di carattere igienico-sanitario), all’incolpevole affidamento ingenerato nell’attuale proprietaria anche dal pregresso comportamento del Comune, che non ha riscontrato le irregolarità nella realizzazione neanche all’atto del rilascio del certificato di agibilità nel 1974, con la conseguente impossibilità per lei di rendersene conto all’atto dell’acquisto, sulla base degli ordinari controlli, nonché della buona fede dimostrata anche con il suo comportamento con il Comune; in considerazione di tutto quanto sopra ricordato il Comune avrebbe anche dovuto precisare esattamente l’entità delle demolizioni ritenute necessarie.
Per tutte le considerazioni che precedono il ricorso è fondato e deve essere accolto (TAR Veneto, Sez. II, sentenza 19.12.2014 n. 1542 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Traslazione edificio.
Secondo un costante e consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa la traslazione dell’edificio comporta che l’intervento di demolizione e ricostruzione non possa essere qualificato come ristrutturazione integrando, invece, una nuova costruzione.
Il ricorso è infondato.
Risulta dagli atti come i lavori di ristrutturazione eseguiti dal ricorrente sulla tettoia ne abbiano comportato la traslazione di circa un metro.
Secondo un costante e consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa la traslazione dell’edificio comporta che l’intervento di demolizione e ricostruzione non possa essere qualificato come ristrutturazione integrando, invece, una nuova costruzione (TAR, Lazio, Roma, I, 06/07/2012 n. 6176; TAR Lecce, 12/03/2012 n. 484; TAR L’Aquila, 14/12/2009 n. 548).
I lavori eseguiti, avendo posto in essere una struttura nuova, in alcun modo riconducibile a quella di cui era stata chiesta la sanatoria, non rientrano in nessuna delle tipologie ammesse dal regolamento edilizio del Comune di Firenze sugli immobili oggetto di domanda di condono.
Nulla si può, quindi, eccepire alla decisione del Comune di rigettare la domanda di sanatoria per essere venuto a mancare il manufatto a cui essa si riferiva.
Né può ritenersi che le autorizzazioni rilasciate dal Comune per l’esecuzione dei lavori di rifacimento della tettoria rendessero automatico l’accoglimento dell’istanza di sanatoria non potendo il suo esito prescindere dalla permanenza del manufatto da sanare.
Il ricorso deve, quindi, essere respinto (massima tratta da www.lexambiente.it - TAR Toscana, Sez. III, sentenza 12.06.2014 n. 1024 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2013

EDILIZIA PRIVATA: La diversa oggettiva localizzazione del fabbricato su una porzione dell’area di sedime diversa da quella individuata in occasione del rilascio del titolo autorizzatorio, non può, come auspicato da parte ricorrente, essere semplicemente ricondotta ad una difformità parziale, bensì deve essere qualificata come variazione essenziale, così come definita dall’art. 8, lett. c), della legge n. 47/1985 e dall’art. 92, comma 3, lett. c), della legge regionale 61/1985.
Per cui
la modifica della localizzazione dell’edificio, tale da comportare lo spostamento del fabbricato in un’area –come nel caso in esame– pressoché diversa da quella prevista all’atto del rilascio del titolo edilizio, costituisce una variante essenziale, in quanto profilo che può condizionare la compatibilità dell’intervento con i parametri urbanistici e le connotazioni dell’area.
---------------
Al momento della realizzazione del fabbricato l’area di sedime realmente interessata dall’intervento era compresa nell’ambito della fascia di rispetto cimiteriale.
Sulla base di questo dato oggettivo, il quale conferma che al momento della realizzazione dell’opera questa risultava illegittimamente posizionata in una area non edificabile, non è possibile il conseguimento della sanatoria ex art. 36 del D.P.R. 380/2001 per mancanza della cd. “doppia conformità”, ossia la conformità alle prescrizioni urbanistico-edilizie vigenti al momento della realizzazione dell’opera e quelle vigenti al momento in cui è stata richiesta la sanatoria.

Il dato così rilevato assume rilevanza dirimente rispetto ad ogni altra considerazione circa la pretesa illegittimità del provvedimento che ha denegato la sanatoria, in quanto, come correttamente ritenuto nel provvedimento di diniego,
le variazioni apportate all’originaria licenza costituiscono variazione essenziale rispetto all’originaria licenza e mancano del requisito della doppia conformità sia al momento della realizzazione che al momento dell’istanza.
---------------
Va ricordato che dal 1999 tutto il territorio comunale è soggetto a vincolo paesaggistico, per cui, in base alla normativa oggi vigente in materia di rilascio delle autorizzazioni per interventi da eseguirsi in ambiti protetti, comunque non sarebbe consentito ottenere un’autorizzazione a sanatoria.
A tale riguardo è costante l’orientamento giurisprudenziale in base al quale in sede di sanatoria o di condono di un manufatto abusivo risulta ininfluente l'epoca in cui è sorto il vincolo, purché questo sia ancora in essere alla data in cui deve essere valutata la domanda di sanatoria, sicché detta regola vale anche per le opere eseguite anteriormente all'apposizione del vincolo stesso.
Invero, ai fini del rilascio delle concessioni edilizie in sanatoria, la valutazione della compatibilità dell’intervento con il vincolo deve essere effettuata in relazione all'esistenza del vincolo al momento in cui deve essere valutata la domanda di sanatoria, a prescindere dall'epoca in cui il vincolo medesimo sia stato introdotto, atteso che tale valutazione corrisponde all'esigenza di vagliare l'attuale compatibilità con il vincolo dei manufatti realizzati abusivamente.
Atteso che la richiesta di sanatoria (ndr: di un abuso realizzato nel 1984) è stata presentata nel 2006 e quindi in un’epoca in cui il vincolo già era esistente, trattandosi di opera implicante incremento di superficie e di volume e quindi non rientrante nell’ambito delle ipotesi in cui è eccezionalmente consentito, in base ai commi 4 e 5 dell’art. 167 D.lgs. 42/2004, il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica in sanatoria, l’inciso contenuto nel provvedimento impugnato risulta corretto.

FATTO
Con il ricorso introduttivo il signor T.O., proprietario in Comune di Monfumo di un compendio immobiliare così catastalmente censito: N.C.T. – Comune di Monfumo – Foglio II- mappali nn. 25, 27, 32, 300, 494, 507, ha impugnato l’ordinanza n. 16 del 24.07.1997, con la quale l’amministrazione comunale, dopo aver precedentemente ordinato la sospensione di una serie di lavori presenti nell’ambito delle aree di proprietà del ricorrente, attesa la documentazione successivamente fornita dal medesimo e rilevato che, per quanto specificamente riguardava i fabbricati individuati ai punti 4) costruzione di un capannone in difformità dalla concessione edilizia n. 783/84, 5) realizzazione di annesso a sud del suddetto capannone e 6) realizzazione di annessi a nord-est dell’abitazione, così come evidenziati in giallo nella planimetria allegata, questi risultavano ricadere in zona di vincolo cimiteriale, già preesistente alla data del 01.09.1967, così da rendere ininfluente la dichiarata realizzazione anteriore a tale data almeno per due di essi, ordinava al ricorrente di provvedere alla loro demolizione nel termine di 90 giorni.
A sostegno della richiesta di annullamento del provvedimento impugnato parte istante ha dedotto una serie articolata di motivi, evidenziando in primo luogo e con specifico riferimento al fabbricato individuato con il n. 4 (capannone realizzato in difformità rispetto alla concessione edilizia n. 783/84) che le difformità rilevate non potevano essere ricondotte alle ipotesi di variazioni essenziali o di completa difformità rispetto al titolo assentito, per cui risultava del tutto sproporzionata l’applicazione della più grave sanzione della demolizione, anziché quella pecuniaria, applicabile agli interventi eseguiti solo in parziale difformità.
Per altro verso e con specifico riferimento alla rilevata insistenza dei fabbricati da demolire in ambito soggetto a vincolo cimiteriale e quindi di inedificabilità, la difesa istante rilevava come l’amministrazione comunale avesse modificato l’estensione della fascia di rispetto cimiteriale con deliberazione antecedente la data di adozione del provvedimento impugnato, così finendo per ordinare la demolizione dei fabbricati sulla base dell’erroneo presupposto della loro insistenza in ambito soggetto al vincolo cimiteriale.
Infine, per quanto riguarda gli altri manufatti, in particolare per il ricovero attrezzi agricoli e fieno, parte istante evidenziava che, sebbene non ne fosse stata contestata la realizzazione successivamente al 1967, trattavasi di manufatti del tutto precari e funzionali all’edificio principale, come tali non assoggettabili a concessione edilizia o ad autorizzazione e quindi neppure a provvedimenti sanzionatori.
Con ordinanza n. 1875/97 il Tribunale, valutato il danno, accoglieva la richiesta di sospensione dell’ordinanza impugnata.
Nelle more il ricorrente veniva affiancato nell’attività aziendale dalla figlia T.S., la quale ha quindi presentato in data 22.05.2006 una domanda per il rilascio del permesso di costruire in “variante a concessione edilizia n. 783 del 28.03.1984”, riguardante nello specifico il solo fabbricato individuato nelle planimetrie come edificio “G”, corrispondente al punto n. 4 dell’ordinanza n. 16/97.
Nonostante la domanda non fosse stata formalmente formulata come istanza di sanatoria, l’amministrazione, intendendo comunque determinarsi come se tale fosse stata la volontà della richiedente, si pronunciava, previa comunicazione dei motivi ostativi ex art. 10-bis L. 241/1990, con il provvedimento finale di rigetto dell’istanza, datato 26.09.2006.
Avverso il diniego di sanatoria insorgeva nuovamente il ricorrente congiuntamente alla figlia S. con la proposizione di motivi aggiunti, con i quali venivano rinnovate le doglianze già dedotte in occasione del ricorso introduttivo, soprattutto per quanto riguarda la classificazione come variazione essenziale delle modifiche apportate all’originario progetto concessionato nel 1984 relativamente alla costruzione nell’area pertinenziale dell’edificio “G”, rilevando come detta erronea classificazione avrebbe illegittimamente impedito anche la sanabilità dell’intervento, laddove fosse stato correttamente qualificato come difformità parziale.
Inoltre, con specifico riguardo al diniego di sanatoria ed alla motivazione posta a fondamento dello stesso, la difesa istante ha sottolineato l’insufficienza e la contraddittorietà delle ragioni addotte dall’amministrazione, difettando ogni indicazione delle normative di riferimento e soprattutto mancando di rilevare come il richiamato vincolo ambientale fosse stato imposto soltanto in epoca successiva alla esecuzione degli interventi.
Per altro verso, parte istante ha denunciato la difformità dei contenuti della nota con la quale sono stati comunicati i motivi ostativi e la successiva determinazione finale dell’amministrazione, soprattutto per quanto riguarda il parere reso dalla commissione edilizia, denotando ancora una volta la contraddittorietà del comportamento dell’amministrazione comunale. Senza contare, altresì, l’inutile ed inconferente aggravio procedimentale derivante dalle ulteriori allegazioni richieste per quanto riguarda le caratteristiche aziendali.
L’amministrazione intimata, già costituitasi in giudizio con un primo collegio difensivo, con la nomina dei nuovi difensori provvedeva a depositare le proprie controdeduzioni, evidenziando la legittimità dei provvedimenti impugnati, in modo particolare per quanto riguarda l’ordine di demolizione dei fabbricati realizzati in assenza di titolo e, per quanto riguarda l’edificio “G”, l’avvenuta esecuzione degli interventi in palese variazione essenziale rispetto all’assentito, tenuto conto dell’avvenuta traslazione dell’edificio in una posizione diversa nell’ambito dell’area di pertinenza (spostata di 60ml verso nord) e con dimensioni diverse e maggiori rispetto a quanto indicato nel progetto iniziale.
Inoltre, veniva ribadita l’insistenza dell’immobile in un ambito ricadente nella fascia di rispetto cimiteriale e quindi l’assenza del requisito della doppia conformità per quanto riguarda la sanatoria edilizia, indipendentemente dalle sopravvenute modifiche dell’estensione della fascia di rispetto, senza contare l’esistenza del vincolo ex lege 431/1985, esteso a tutto il territorio comunale di Monfumo, che impedisce in ogni caso il rilascio a posteriori dell’autorizzazione paesaggistica.
Con successive memorie di replica ciascuna parte precisava le proprie conclusioni: in particolare veniva dato atto dell’intervenuta spontanea demolizione dei manufatti oggetto dell’ordinanza n. 16/97, fatta eccezione per quel che riguarda l’edificio “G” e quello individuato con la lettera “F” nelle planimetrie, in quanto strettamente funzionale al primo.
Inoltre, entrambe le difese hanno dato atto dei tentativi effettuati per una soluzione extragiudiziale della controversia, anche al fine di non compromettere la prosecuzione dell’attività aziendale, tentativi che tuttavia non sono giunti a buon fine.
All’udienza del 13.11.2013, uditi i procuratori delle parti, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
Preliminarmente è necessario dare atto che, con riferimento ai fabbricati oggetto dell’ordine di demolizione impartito con l’ordinanza n. 16/97, parte ricorrente ha provveduto a demolire spontaneamente parte di essi (oltre ad altri fabbricati non contemplati in tale provvedimento), residuando, per quanto interessa il presente gravame, i soli fabbricati che nella richiamata ordinanza erano identificati ai punti 4 e 5 e che corrispondono agli edifici contraddistinti con le lettere “G” ed “F” nelle planimetrie allegate da parte ricorrente.
Di tale modifica della situazione di fatto danno conferma parte ricorrente e la stessa difesa del Comune nella memoria del 22.10.2013.
Va peraltro osservato che, almeno per quanto riguarda l’edificio “F” (sulla cui epoca di realizzazione, denunciata dal signor T. come antecedente il 1967, l’amministrazione ha depositato documentazione –accatastamento del 1989– dalla quale non risulta la presenza prima di tale anno), non è stata comunque presentata da parte ricorrente alcuna istanza di sanatoria, per cui per tale edificio persiste l’ordine di demolizione impartito con l’ordinanza n. 16/97.
Sempre in punto di fatto, al fine di chiarire i presupposti dei provvedimenti impugnati, va dato atto delle progressive modifiche del perimetro dell’area individuata dal Comune quale fascia di rispetto cimiteriale, che da ultimo, per quanto rileva nella presente controversia, con deliberazione del 24.07.1997 è stata oggetto di riduzione, positivamente riscontrata dalla C.T.R. il 18.02.1998 e quindi formalmente recepita con decreto sindacale del 23.06.1998, risultando attualmente –nell’ambito de quo– pari a 50 metri.
Per quanto riguarda poi l’esistenza del vincolo ambientale, va ancora dato atto –come documentato dall’amministrazione– che a seguito della delibera della Commissione provinciale per l’apposizione e la revisione dei vincoli paesaggistici del 30.09.1999, l’intero territorio comunale risulta assoggettato vincolo paesaggistico con decorrenza dall’avvenuta pubblicazione della suddetta delibera all’albo pretorio (15.11.1999).
Ciò premesso, benché la stessa parte ricorrente abbia manifestato l’interesse per quanto riguarda il fabbricato “F” soltanto in rapporto alla persistenza e quindi al mantenimento dell’edificio “G”, ove è svolta l’attività del’azienda agricola, va osservato che, come risulta dalla produzione documentale agli atti, detto manufatto risulta abusivamente realizzato, in assenza di titolo, nonostante l’epoca della sua realizzazione non fosse antecedente al 1967, come sostenuto dall’istante, bensì successiva, come attestato dall’amministrazione.
Per tale manufatto, non interessato da alcuna istanza di sanatoria, è quindi legittimo l’ordine di demolizione impartito con l’ordinanza impugnata.
Resta quindi da esaminare la posizione dell’edifico “G”, per il quale l’ordine di demolizione inizialmente impartito risulta superato dalla nuova determinazione assunta dal Comune
per effetto dell’istanza di sanatoria presentata da T.S., determinazione che ha respinto la richiesta e che quindi darà seguito ad una nuova ordinanza di demolizione (allo stato peraltro non ancora adottata dal Comune).
Riguardo all’istanza così presentata dalla ricorrente, va indubbiamente dato atto della inesatta formulazione della stessa, in quanto redatta come istanza di permesso di costruire in variante, quando in realtà l’obiettivo era quello di regolarizzare le difformità rilevate dal Comune: tuttavia, come peraltro inteso dalla stessa amministrazione, la richiesta è stata valutata e definita come istanza di sanatoria per quanto riguarda la variazioni apportate al progetto inizialmente assentito con la concessione edilizia n. 783/84.
Esaminati quindi i motivi aggiunti proposti avverso il diniego di sanatoria opposto dall’amministrazione con provvedimento del 26.09.2006, ritiene il Collegio che per quanto attiene alla qualificazione dell’abuso riscontrato e la conseguente irrogazione della sanzione pecuniaria –sebbene si tratti di profili che esulano dai contenuti del diniego di sanatoria, ma che parte istante nuovamente ripropone in occasione dei motivi aggiunti in quanto il provvedimento di diniego non ne avrebbe tenuto conto– le doglianze siano infondate e che correttamente l’abuso rilevato per quanto riguarda la realizzazione del fabbricato “G” sia riconducibile ad un’ipotesi di variazione essenziale, come tale sanzionabile con l’ordine di demolizione.
Invero, come è dato rilevare dai riscontri effettuati dall’amministrazione e soprattutto dalla visione delle planimetrie, l’edificio realizzato sulla base della concessione n. 783/84 doveva essere localizzato in una posizione più arretrata rispetto a quella rilevata, mentre risulta sopravanzato in direzione nord di ben 60 ml.
In tal modo, benché, come riportato testualmente nella concessione edilizia 783/84 (cfr. doc. 6 del Comune), la costruzione avrebbe dovuto interessare unicamente il mappale n. 27, nella realtà il suddetto mappale è stato coinvolto nell’intervento in minima parte, risultando la quasi totalità del fabbricato posizionata sui diversi mappali 300 e 25, entrambi proiettati in direzione nord verso il cimitero (cfr. doc. 5 Comune).
Ne consegue che, anche tenendo conto delle diverse e maggiori dimensioni del fabbricato in termini di superficie e volumetria rispetto a quanto autorizzato (in tal senso le stesse misurazioni contenute nella domanda di sanatoria dimostrano tali incrementi),
la diversa oggettiva localizzazione del fabbricato su una porzione dell’area di sedime diversa da quella individuata in occasione del rilascio del titolo autorizzatorio, non può, come auspicato da parte ricorrente, essere semplicemente ricondotta ad una difformità parziale, bensì deve essere qualificata come variazione essenziale, così come definita dall’art. 8, lett. c), della legge n. 47/1985 e dall’art. 92, comma 3, lett. c), della legge regionale 61/1985.
Va, quindi, condiviso e confermato l’orientamento interpretativo richiamato dalla difesa del Comune, già manifestato da questo Tribunale, per cui
la modifica della localizzazione dell’edificio, tale da comportare lo spostamento del fabbricato in un’area –come nel caso in esame– pressoché diversa da quella prevista all’atto del rilascio del titolo edilizio, costituisce una variante essenziale, in quanto profilo che può condizionare la compatibilità dell’intervento con i parametri urbanistici e le connotazioni dell’area: ed il caso in esame è la prova della rilevanza del rispetto di tali parametri, proprio in considerazione della necessità di rispettare il vincolo cimiteriale, di modo che lo spostamento in avanti e verso nord, in direzione del cimitero, avrebbe evidentemente costituito, laddove correttamente rappresentato, una causa di impedimento al conseguimento della concessione edilizia..
Invero,
nonostante che nella planimetria allegata al permesso di costruire il fabbricato venisse posizionato al di fuori del limite della fascia di rispetto cimiteriale, in realtà questo è stato poi localizzato in un’area che all’epoca della sua realizzazione era pacificamente considerata rientrante nella fascia di inedificabilità per la presenza nelle vicinanze del cimitero.
Sul punto –passando così ad affrontare la questione relativa alla sanabilità dell’abuso- è agevole desumere dall’esame del documento n. 7 del Comune i diversi momenti storici nei quali è stata prevista la diversa estensione del vincolo cimiteriale.
Orbene, sicuramente sino al 1998 (anche fosse il 1997 la questione non muterebbe, dovendosi fare riferimento all’epoca di costruzione del capannone ed in base all’accatastamento del 1989 l’edificio “G” risulta già esistente) il fabbricato insisteva in area coperta dal vincolo di rispetto cimiteriale, solo successivamente eliminato.
Ne consegue che
al momento della realizzazione del fabbricato “G” l’area di sedime realmente interessata dall’intervento era compresa nell’ambito della fascia di rispetto cimiteriale.
Sulla base di questo dato oggettivo, il quale conferma che al momento della realizzazione dell’opera questa risultava illegittimamente posizionata in una area non edificabile, non è possibile il conseguimento della sanatoria ex art. 36 del D.P.R. 380/2001 per mancanza della cd. “doppia conformità”, ossia la conformità alle prescrizioni urbanistico-edilizie vigenti al momento della realizzazione dell’opera e quelle vigenti al momento in cui è stata richiesta la sanatoria.

Il dato così rilevato assume rilevanza dirimente rispetto ad ogni altra considerazione circa la pretesa illegittimità del provvedimento che ha denegato la sanatoria, in quanto, come correttamente ritenuto nel provvedimento di diniego,
le variazioni apportate all’originaria licenza costituiscono variazione essenziale rispetto all’originaria licenza e mancano del requisito della doppia conformità sia al momento della realizzazione che al momento dell’istanza.
A tale, si ripete, dirimente profilo, che è sufficiente a sorreggere il provvedimento di diniego, si aggiunge l’ulteriore aspetto evidenziato nel provvedimento impugnato e cioè l’impossibilità del rilascio dell’autorizzazione paesaggistica.
Sul punto va ricordato che
dal 1999 tutto il territorio di Monfumo è soggetto a vincolo paesaggistico, per cui, in base alla normativa oggi vigente in materia di rilascio delle autorizzazioni per interventi da eseguirsi in ambiti protetti, comunque non sarebbe consentito ottenere un’autorizzazione a sanatoria.
A tale riguardo è costante l’orientamento giurisprudenziale in base al quale in sede di sanatoria o di condono di un manufatto abusivo risulta ininfluente l'epoca in cui è sorto il vincolo, purché questo sia ancora in essere alla data in cui deve essere valutata la domanda di sanatoria, sicché detta regola vale anche per le opere eseguite anteriormente all'apposizione del vincolo stesso (Cons. Stato, sez. IV, 18.09.2012, n. 4945; sez. VI, 27.11.2012, n. 5984).
Invero, ai fini del rilascio delle concessioni edilizie in sanatoria, la valutazione della compatibilità dell’intervento con il vincolo deve essere effettuata in relazione all'esistenza del vincolo al momento in cui deve essere valutata la domanda di sanatoria, a prescindere dall'epoca in cui il vincolo medesimo sia stato introdotto, atteso che tale valutazione corrisponde all'esigenza di vagliare l'attuale compatibilità con il vincolo dei manufatti realizzati abusivamente.
Atteso che la richiesta di sanatoria è stata presentata nel 2006 e quindi in un’epoca in cui il vincolo già era esistente, trattandosi di opera implicante incremento di superficie e di volume e quindi non rientrante nell’ambito delle ipotesi in cui è eccezionalmente consentito, in base ai commi 4 e 5 dell’art. 167 D.lgs. 42/2004, il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica in sanatoria, l’inciso contenuto nel provvedimento impugnato risulta corretto.
Né sussistono gli ulteriori profili di illegittimità denunciati per quanto riguarda il preteso contrasto fra quanto anticipato in sede di comunicazione dei motivi ostativi e quanto poi concluso nel provvedimento finale.
Invero, anche alla luce delle osservazioni rese dalla ricorrente a seguito della comunicazione ex art. 10-bis, si evince che la stessa è stata posta nelle condizioni di comprendere appieno i motivi ostativi al rilascio del tiolo a sanatoria, in ordine alla doppia conformità ed alla sussistenza del vincolo, essendo le problematiche relative all’intervento argomento ben conosciuto e ampiamente dibattuto fra privato ed amministrazione.
In conclusione, attese le considerazioni sin qui espresse, ritenuta l’infondatezza dei motivi dedotti, il ricorso va respinto (TAR Veneto, Sez. II, sentenza II, sentenza 10.12.2013 n. 1383 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2012

EDILIZIA PRIVATA: Costituisce variante essenziale, rispetto al progetto approvato, la modifica della localizzazione dell'edificio tale da comportare lo spostamento del fabbricato su un'area totalmente o pressoché totalmente diversa da quella originariamente prevista, trattandosi di modifica che comporta una nuova valutazione del progetto da parte dell'amministrazione concedente, sotto il profilo della sua compatibilità con i parametri urbanistici e con le connotazioni dell'area.
E’, invece, ininfluente, rispetto all'obbligo di acquisizione da parte dell'interessato di un nuovo permesso di costruire, la circostanza che le altre caratteristiche dell'intervento (sagoma, volumi, altezze etc.) siano rimaste invariate rispetto all'originario permesso di costruire, e l'assenza di ogni incidenza della variante sul regime dei distacchi e delle distanze.
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La localizzazione dell’edificio può assurgere a livello di variazione essenziale soltanto quando si sia in presenza di una traslazione non parziale, ma tale da comportare lo spostamento del fabbricato su di un’area totalmente diversa da quella originariamente prevista.

Ai sensi dell'art. 32, lett. c), del d.P.R. 06.06.2001, n. 380, costituisce variante essenziale, rispetto al progetto approvato, la modifica della localizzazione dell'edificio tale da comportare lo spostamento del fabbricato su un'area totalmente o pressoché totalmente diversa da quella originariamente prevista, trattandosi di modifica che comporta una nuova valutazione del progetto da parte dell'amministrazione concedente, sotto il profilo della sua compatibilità con i parametri urbanistici e con le connotazioni dell'area.
E’, invece, ininfluente, rispetto all'obbligo di acquisizione da parte dell'interessato di un nuovo permesso di costruire, la circostanza che le altre caratteristiche dell'intervento (sagoma, volumi, altezze etc.) siano rimaste invariate rispetto all'originario permesso di costruire, e l'assenza di ogni incidenza della variante sul regime dei distacchi e delle distanze (Cd.S., sez. IV, 15.04.2010, n. 6878).
Al riguardo, il Collegio ritiene di condividere l’interpretazione della disposizione di cui all’art. 32, lettera c), del d.P.R. 06.06.2001, n. 380, secondo cui costituiscono “…variazioni essenziali...” rispetto al progetto approvato le “…modifiche sostanziali di parametri urbanistico-edilizi del progetto approvato, ovvero della localizzazione dell’edificio sull’area di pertinenza…”.
Tale disposizione é comunemente intesa nel senso che la modifica della “…localizzazione…” dell’edificio assurge al livello di “…variazione essenziale…” allorché si sia in presenza di una traslazione non parziale, ma tale da comportare lo spostamento del fabbricato su un’area totalmente o pressoché totalmente diversa da quella originariamente prevista. In particolare, ciò viene giustificato con la considerazione che tale modifica comporta una nuova valutazione del progetto da parte dell’Amministrazione concedente, sotto il profilo della sua compatibilità con i parametri urbanistici e con la considerazione dell’area (C.d.S., sez. IV, 20.11.2008, n. 5743).
Nel caso in esame, tali orientamenti possono ritenersi ancor più calzanti tenuto conto che, riguardando le opere per le quali è stata richiesta la contestata integrazione di contributo un fabbricato sperimentale bioclimatico ad energia alternativa, già precedentemente autorizzato e realizzato, esse maggiormente si evidenziano come opere di completamento (che peraltro non sarebbero state realizzate contemporaneamente all’edificazione dei manufatti principali soltanto per la temporanea sottoposizione delle opere a sequestro penale, poi revocato), tenuto conto che hanno riguardato o opere qualificate di completamento dalle stesse norme, come serramenti, vetri, pavimenti, rivestimenti ed altre opere di finitura, ovvero i locali tecnologici, e precisamente i volumi tecnici collocati tra i due corpi del fabbricato (già autorizzato) e completamente interrati, nonché le vasche di stoccaggio acque e di accumulo energetico, anch’esse interrate, cioè tutte opere necessarie per la corretta realizzazione di detto fabbricato sperimentale.
Dunque, a ben vedere, tutti interventi non riconducibili alla nozione di “…ristrutturazione edilizia…”, difettando quel quid novi rispetto all’opera precedentemente assentita, bensì qualificabili come “…opere di mero completamento funzionale…” di un intervento realizzato in virtù di legittimi titoli edilizi, quali la concessione edilizia n. 1973 del 24.04.1991 e la successiva avariante n. 1973/791 del 07.10.1992, che non hanno comportato alcun aggravio del carico urbanistico.
Conferma del convincimento espresso è rinvenibile, in particolare:
- per un verso, dalle disposizioni di legge, sia nazionali, quali l’art. 9, lettera e), della legge n. 10 del 1977 che concerne proprio i volumi indispensabili per impianti tecnologici necessari alle abitazioni, sia regionali, quali le norme della legge regionale Lombardia n. 19 del 09.05.1992 che disciplinano le c.d. varianti minime e gli oneri di urbanizzazione;
- per altro verso, dagli atti anche cartografici esibiti in giudizio che mostrano come le opere in questione non sono state di valenza e consistenza tale da provocare una concreta modifica del’edificio originariamente autorizzato per cui opinare, come ha fatto il primo Giudice, che si sia trattato di una vera e propria ristrutturazione edilizia non può non ritenersi contrastante con tali atti.
Né, infine, può avere alcuna incidenza nell’economia del presente giudizio la lieve traslazione di volumi verificatasi nella realizzazione delle (interrate) vasche di stoccaggio delle acque e di accumulo energetico, essendo giurisprudenza di questa Sezione, che il Collegio condivide, che la localizzazione dell’edificio può assurgere a livello di variazione essenziale soltanto quando si sia in presenza di una traslazione non parziale, ma tale da comportare lo spostamento del fabbricato su di un’area totalmente diversa da quella originariamente prevista (cfr. C.d.S., sez. IV, n. 6878 del 15.09.2010 e n. 5743 del 20.11.2008)
(Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 24.09.2012 n. 5080 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Comune di Vignanello - Parere in merito alla possibilità di effettuare una ristrutturazione con demolizione del manufatto e ricostruzione in area di sedime diversa da quella originaria (Regione Lazio, parere 19.03.2012 n. 415958 di prot.).

anno 2011

EDILIZIA PRIVATALe sanzioni edilizie hanno natura “reale” nel senso che colpiscono il bene.
In materia di abusi edilizi, è destinatario dell’ordine di demolizione il soggetto che ha la disponibilità dell’opera, indipendentemente dal fatto che l’abbia concretamente realizzata o meno.
Al fine della legittimità dell’applicazione delle sanzioni demolitorie, l’Amministrazione non ha alcun obbligo di compiere accertamenti giuridici circa l’esistenza di particolari rapporti interprivati, ma solo l’onere di individuare il proprietario catastale.
In conclusione, l’ordine di demolizione di opere abusive è legittimamente notificato al proprietario dell’area, che ne è anche il materiale legittimo detentore, a prescindere dalla sua corresponsabilità o meno dell’abuso (profilo che rileva solo ai fini della responsabilità penale).
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La “variazione essenziale” ricorre sempre quando viene mutata la localizzazione dell'edificio sull'area di pertinenza rispetto al titolo edilizio: in tali casi la costruzione è sempre abusiva quando l’edificio è "traslato" in maniera significativa rispetto alla localizzazione autorizzata nelle tavole progettuali.
L’abusività della medesima è dalla legge collegata al fatto che la traslazione avrebbe dovuto comportare una nuova valutazione del progetto da parte dell'amministrazione, sotto il profilo della sua compatibilità con i parametri urbanistici e, come nel caso in esame con le caratteristiche, le connotazioni e le limitazioni dell'area. Al riguardo, in caso di difformità tra fabbricato realizzato e progetto, quello che ha rilievo ai fini giuridici è sempre quest’ultimo.
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Gli abusi edilizi sono essere considerati illeciti di carattere permanente, costituiti dall'omissione della spontanea demolizione da effettuare per adeguare lo stato di fatto a quello di diritto.
Di conseguenza, l'obbligo di disporre la demolizione nasce nel momento della realizzazione del manufatto, ed esclude che sia configurabile la violazione del principio di irretroattività della legge per fatti commessi prima della sua entrata in vigore, poiché il fatto che consente la demolizione è caratterizzato proprio dall'omessa demolizione di quanto è stato insanabilmente realizzato e dalla sua incidenza sugli interessi urbanistici.
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L'ordine di demolizione di un’opera edilizia abusiva è, quindi, sufficientemente motivato con la sola affermazione della accertata abusività dell'opera stessa.
Il provvedimento di demolizione, al pari di tutti i provvedimenti sanzionatori in materia edilizia, è atto vincolato che non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di quest'ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione, non potendo neppure ammettersi l'esistenza di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può giammai legittimare.
Le sanzioni edilizie hanno natura “reale” nel senso che colpiscono il bene.
In materia di abusi edilizi, è destinatario dell’ordine di demolizione il soggetto che ha la disponibilità dell’opera, indipendentemente dal fatto che l’abbia concretamente realizzata o meno (cfr. Consiglio Stato, sez. IV, 12.04.2011, n. 2266).
Al fine della legittimità dell’applicazione delle sanzioni demolitorie, l’Amministrazione non ha alcun obbligo di compiere accertamenti giuridici circa l’esistenza di particolari rapporti interprivati, ma solo l’onere di individuare il proprietario catastale (cfr. Consiglio Stato, sez. V, 31.03.2010, n. 1878).
In conclusione, l’ordine di demolizione di opere abusive è legittimamente notificato al proprietario dell’area, che ne è anche il materiale legittimo detentore, a prescindere dalla sua corresponsabilità o meno dell’abuso (profilo che rileva solo ai fini della responsabilità penale).
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Secondo il principio generale posto dall’art. 8 della L. n. 47/1985 (che peraltro oggi risulta definitivamente trasposto nell'art. 32, lett. c), d.P.R. 06.06.2001 n. 380), la “variazione essenziale” ricorre sempre quando viene mutata la localizzazione dell'edificio sull'area di pertinenza rispetto al titolo edilizio: in tali casi la costruzione è sempre abusiva quando l’edificio è "traslato" in maniera significativa rispetto alla localizzazione autorizzata nelle tavole progettuali.
L’abusività della medesima è dalla legge collegata al fatto che la traslazione avrebbe dovuto comportare una nuova valutazione del progetto da parte dell'amministrazione, sotto il profilo della sua compatibilità con i parametri urbanistici e, come nel caso in esame con le caratteristiche, le connotazioni e le limitazioni dell'area. Al riguardo, in caso di difformità tra fabbricato realizzato e progetto, quello che ha rilievo ai fini giuridici è sempre quest’ultimo.
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Gli abusi edilizi sono essere considerati illeciti di carattere permanente, costituiti dall'omissione della spontanea demolizione da effettuare per adeguare lo stato di fatto a quello di diritto.
Di conseguenza, l'obbligo di disporre la demolizione nasce nel momento della realizzazione del manufatto, ed esclude che sia configurabile la violazione del principio di irretroattività della legge per fatti commessi prima della sua entrata in vigore, poiché il fatto che consente la demolizione è caratterizzato proprio dall'omessa demolizione di quanto è stato insanabilmente realizzato e dalla sua incidenza sugli interessi urbanistici (cfr. Consiglio Stato, sez. V, 12.10.2010 , n. 7392).
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L'ordine di demolizione di un’opera edilizia abusiva è, quindi, sufficientemente motivato con la sola affermazione della accertata abusività dell'opera stessa (cfr. Consiglio Stato, sez. IV, 12.04.2011, n. 2266).
Esattamente il TAR ha rilevato che il provvedimento di demolizione, al pari di tutti i provvedimenti sanzionatori in materia edilizia, è atto vincolato che non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di quest'ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione, non potendo neppure ammettersi l'esistenza di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può giammai legittimare (cfr. Consiglio Stato , sez. V, 27.04.2011, n. 2497; Consiglio Stato, sez. V, 11.01.2011, n. 79)
(Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 27.10.2011 n. 5758 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Variazioni essenziali.
Secondo le disposizioni dell’art. 32, lett. c), del T.U. n. 380/2001, costituiscono variazioni essenziali le “modifiche sostanziali di parametri urbanistico-edilizi del progetto approvato ovvero della localizzazione dell’edificio sull’area di pertinenza”.
Ne consegue che la modifica della localizzazione dell’edificio integra una variazione essenziale rispetto al progetto qualora si sia in presenza di una traslazione tale da comportare lo spostamento del fabbricato su un’area totalmente o pressoché totalmente diversa da quella originariamente prevista: a detta modifica, pertanto, si connette la necessità di una nuova valutazione del progetto da parte dell’amministrazione concedente, sotto il profilo della sua compatibilità con i parametri urbanistici e con la considerazione dell’area (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 31.05.2011 n. 21781 - link a www.lexambiente.it).

anno 2009

EDILIZIA PRIVATAComune di Tuscania - Parere in merito alla possibilità di procedere alla demolizione e ricostruzione di un fabbricato condonato avente destinazione incompatibile con il piano regolatore, differente sagoma e da collocarsi in una diversa area di sedime (Regione Lazio, parere 29.07.2009 n. 42593 di prot.).

EDILIZIA PRIVATA: Ristrutturazione edilizia - Demolizione e ricostruzione - Art. 3, comma 1, lettera d) del T.U. n. 380/2001 - Fedele ricostruzione - Identità di sagoma, superficie e volume - D.I.A. - Lieve traslazione dell’immobile - Violazione dell’art. 44, lett. b), del T.U. n. 380/2001 - Inconfigurabilità
L’art. 3, comma 1, lettera d) del T.U. n. 380/2001 ha espressamente ricondotto nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di un edificio preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per lì adeguamento alla normativa antisismica; in altri termini, identità di volumetria e sagoma con riferimento al preesistente edificio sono i requisiti che consentono di ricondurre nella nozione di ristrutturazione edilizia l’intervento ricostruttivo che si ricolleghi ad una integrale demolizione.
Tali interventi sono subordinati alla presentazione di denuncia di inizio attività e, unicamente qualora comportino aumenti di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici sono subordinati al previo rilascio del permesso a costruire (fattispecie relativa alla demolizione e successiva ricostruzione di un capannone, senza mutamento di sagoma, superficie e volume, ma con una lieve traslazione rispetto alla posizione planimetrica originaria: la riconducibilità dell’intervento all’ipotesi di cui all’art. 3, c. 1, lett. d), del T.U. n. 380/2001, per la quale è sufficiente la D.I.A., ha escluso la violazione dell’art. 44, lett. b), del T.U. n. 380/2001, anche in ragione del fatto che la lieve traslazione non aveva compromesso l’assetto del territorio) (Tribunale di Salerno, Sez. staccata di Eboli, sentenza 06.03.2009 n. 195 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: Varianti - Nozione.
In materia urbanistica, non tutte le modifiche alla progettazione originaria possono definirsi varianti e che queste si configurano solo allorquando il progetto già approvato non risulti sostanzialmente e radicalmente mutato dal nuovo elaborato (come accade, ad esempio, nelle ipotesi di: sensibile spostamento della localizzazione del manufatto, aumento del numero dei piani, creazione di un piano seminterrato, modifica del prospetto esterno etc.). La nozione di "variante", deve ricollegarsi a modificazioni qualitative o quantitative di non rilevante consistenza rispetto all'originario progetto e gli elementi da prendere in considerazione, al fine di discriminare un nuovo permesso di costruire dalla variante ad altro preesistente, riguardano la superficie coperta, il perimetro, la volumetria, le distanze dalle proprietà viciniori, nonché le caratteristiche funzionali e strutturali, interne ed esterne, del fabbricato [C. Stato, Sez. V, 11/05/1989, n. 272].
Rilascio del permesso in sanatoria - Presupposti - Conformità alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente - Contributo di costruzione - Art. 36 del T.U. n. 380/2001.
Per il rilascio del permesso in sanatoria previsto dall'art. 36 del T.U. n. 380/2001 è richiesto, quale presupposto, che l'opera abusiva sia "conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dell'intervento sia al momento della presentazione della domanda". Il rilascio è altresì subordinato (sicché nel provvedimento deve farsi espressa menzione dell'avvenuto versamento) al pagamento di una somma di danaro determinata, per le opere soggette a permesso oneroso, con riferimento al contributo di costruzione da corrispondersi (eventualmente per le sole parti difformi) in misura doppia a quella dovuta per il rilascio del titolo in via ordinaria.
Permesso di costruire - Rilasciato in sanatoria - Effetti sui reati - Operatività - Artt. 36 e 45 del T.U. n. 380/2001.
Il permesso di costruire rilasciato ex art. 36 del T.U. n. 380/2001, estingue - a norma del 3° comma del successivo art. 45, "i reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti" e non si estende ad altri reati correlati alla tutela di interessi diversi rispetto a quelli che riguardano l'assetto del territorio sotto il profilo edilizio, quali i reati previsti dalla normativa sulle opere in cemento armato, sulle costruzioni in zone sismiche, sulla tutela delle zone di particolare interesse paesaggistico ed ambientale [Cass., Sez. III, 13.04.2005, Cupelli]. Inoltre, la speciale causa di estinzione di cui all'art. 45 del D.P.R. n. 380/2001 opera in favore di tutti i responsabili dell'abuso e non solo dei soggetti legittimati a chiedere il permesso di costruire: mentre il pagamento della somma dovuta a titolo di oblazione può essere richiesto una sola volta, trattandosi di un adempimento della procedura amministrativa che resta al di fuori dello schema penalistico.
Spostamento della localizzazione di un manufatto - Variante edilizia - Permesso di costruire - C.d. "varianti leggere o minori in corso d'opera" - DIA (denuncia di inizio dell'attività) - Disciplina art. 15, 12° c., L. n. 10/1977, art. 15 L. n. 47/1985, mod. da L. n. 662/1996 succ. mod. dall'art. 22, 2° c., T.U. n. 380/2001 come mod. dal D.Lgs. n. 301/2002.
Lo spostamento della localizzazione di un manufatto, in linea di principio, ha natura di variante edilizia. Mentre, le c.d. "varianti leggere o minori in corso d'opera" (disciplinate attualmente dall'art. 22, 2° comma, del T.U. n. 380/2001 -come modificato dal D.Lgs. n. 301/2002)- prevede che siano sottoposte a denuncia di inizio dell'attività le varianti a permessi di costruire che:
- non incidono sui parametri urbanistici e sulle volumetrie (e, tra i "parametri urbanistici" vanno ricomprese anche le distanze tra gli edifici);
- non modificano la destinazione d'uso e la categoria edilizia;
- non alterano la sagoma dell'edificio;
- non violano le prescrizioni eventualmente contenute nel permesso di costruire.
La denuncia di inizio dell'attività costituisce "parte integrante del procedimento relativo al permesso di costruzione dell'intervento principale" e può essere presentata prima della dichiarazione di ultimazione dei lavori: la formulazione dell'art. 22 sembra consentire, pertanto, la possibilità di dare corso alle opere in difformità dal permesso di costruire e poi regolarizzarle entro la fine dei lavori (il Consiglio di Stato ha considerato "variante minore o non essenziale" una modesta rototraslazione della sagoma dell'edificio rispetto al progetto approvato - C. Stato, Sez. V, 22.01.2003, n. 249) (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 05.03.2009 n. 9922 - link a www.ambientediritto.it).

anno 2008

EDILIZIA PRIVATA: Comune di Sora - Parere in merito alla ammissibilità di demolizione e ricostruzione in zona agricola con spostamento dell'area di sedime (Regione Lazio, parere 24.11.2008 n. 163967 di prot.).

EDILIZIA PRIVATAQuando la traslazione di un edificio è classificabile quale "variazione essenziale".
Il Collegio ritiene di condividere l’interpretazione affermatasi nella giurisprudenza di primo grado della disposizione di cui all’art. 32, lettera c), del d.P.R. 06.06.2001, n. 380, secondo cui costituiscono “variazioni essenziali” rispetto al progetto approvato le “modifiche sostanziali di parametri urbanistico-edilizi del progetto approvato ovvero della localizzazione dell’edificio sull’area di pertinenza”.
Tale disposizione viene comunemente intesa nel senso che la modifica della “localizzazione” dell’edificio assurge al livello di “variazione essenziale” allorché si sia in presenza di una traslazione non parziale, ma tale da comportare lo spostamento del fabbricato su un’area totalmente o pressoché totalmente diversa da quella originariamente prevista; ciò viene giustificato con la considerazione che tale modifica comporta una nuova valutazione del progetto da parte dell’Amministrazione concedente, sotto il profilo della sua compatibilità con i parametri urbanistici e con la considerazione dell’area.
Ciò non può non valere anche nel caso di specie, laddove l’intervento, originariamente assentito come mera ristrutturazione, unica tipologia in fatto compatibile con la destinazione urbanistica dell’area, a seguito della variante richiesta veniva ad assumere, secondo il condivisibile orientamento del Comune, le caratteristiche di un vero e proprio intervento di nuova costruzione (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 20.11.2008 n. 5743 -
link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Lombardia, non rientra nell'accezione di "ristrutturazione edilizia" la demolizione e ricostruzione di un fabbricato con traslazione dell'area di sedime.
Una ristrutturazione realizzata con traslazione totale dell’area di sedime in un sito completamente diverso è di dubbia legittimità, essendo il concetto di ristrutturazione ancorato ad una preesistenza in situ.
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per l’annullamento dei provvedimenti 28.06.2007, prot. 6196 [ricorso] e 08.01.2008 prot. n. 84 [motivi aggiunti], con cui il Comune ha negato il permesso di costruire un edificio da destinare a residenza dell’imprenditore agricolo; e per la condanna del Comune al risarcimento del danno.
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Premesso che:
   - il diniego impugnato col ricorso introduttivo è stato rimosso dal Comune nell’esercizio dei poteri di autotutela;
- il diniego impugnato con motivi aggiunti è motivato per relationem al preavviso di diniego: il quale rileva, in primo luogo, che l’art. 59, secondo comma, della legge regionale 11.03.2005 n. 12 (legge per il governo del territorio) ammette la costruzione in zona agricola di nuovi edifici residenziali per l’imprenditore a agricolo e i dipendenti dell’azienda “qualora le esigenze abitative non possano essere soddisfatte attraverso interventi sul patrimonio edilizio esistente”, e che la residenza dell’imprenditore, nel caso in esame, potrebbe essere localizzata nell’immobile denominato Cascina Guastone, suscettibile di ristrutturazione anche con interventi di demolizione e ricostruzione; in secondo luogo, che la diversa area interessata dal progetto edilizio (sita nei pressi della Cascina Merlo) sarebbe compresa tra gli ambiti agricoli di pregio da non sottrarre alla coltivazione a norma del PTCP (piano territoriale di coordinamento provinciale);
Considerato che sul secondo profilo della motivazione non sono rinvenibili specifiche censure e che, quanto al primo profilo della motivazione, una ristrutturazione realizzata con traslazione totale dell’area di sedime in un sito completamente diverso (secondo la tesi svolta nel settimo motivo di ricorso) è di dubbia legittimità, essendo il concetto di ristrutturazione ancorato ad una preesistenza in situ
(TAR Lombardia-Milano, Sez. II, ordinanza 09.04.2008 n. 547).

EDILIZIA PRIVATA: Comune di Sora - Parere in merito alla ammissibilità di demolizione e ricostruzione in zona agricola con spostamento dell'area di sedime (Regione Lazio, parere 24.11.2008 n. 163967 di prot.).