dossier
SEDIME (area di) |
anno
2021 |
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EDILIZIA PRIVATA: Sulla
modifica della localizzazione dell'edificio
sull'area di pertinenza (traslazione abusiva
di circa 16,5 mt. dal sedime originario
autorizzato dal comune).
Secondo la
giurisprudenza maggioritaria, condivisa dal
Collegio, rientra nel concetto di "modifica
sostanziale della localizzazione
dell'edificio sull'area di pertinenza", e
quindi di variazione essenziale
assoggettabile a sanzione demolitoria in
virtù del combinato disposto degli artt. 31
e 32, comma 1, lett. c), del d.P.R. n. 380
del 2001,
- non solo lo spostamento del manufatto su un'area totalmente o
pressoché totalmente diversa da quella
originariamente prevista,
- ma anche ogni “significativa traslazione dell'edificio in
relazione alla localizzazione contenuta
nelle tavole progettuali”, in quanto capace
di incidere sul rispetto delle prescrizioni
normative in tema di distanze minime dalle
strade o dai confini nonché sulla
destinazione urbanistica dei suoli" .
Invero, "Ai sensi dell'art. 32, lett. c),
d.P.R. 06.06.2001 n. 380, costituisce
variante essenziale rispetto al progetto
approvato la modifica della localizzazione
dell'edificio tale da comportare lo
spostamento del fabbricato su un'area
totalmente o pressoché totalmente diversa da
quella originariamente prevista, trattandosi
di modifica che comporta una nuova
valutazione del progetto da parte
dell'amministrazione concedente, sotto il
profilo della sua compatibilità con i
parametri urbanistici e con le connotazioni
dell'area, mentre sono ininfluenti rispetto
all'obbligo di acquisizione da parte
dell'interessato di un nuovo permesso di
costruire la circostanza che le altre
caratteristiche dell'intervento (sagoma,
volumi, altezze etc.) siano rimaste
invariate rispetto all'originario permesso
di costruire, e l'assenza di ogni incidenza
della variante sul regime dei distacchi e
delle distanze".
Nel caso in esame, la traslazione (di circa
16,5 mt.) della costruzione realizza un
significativo spostamento del fabbricato
realizzato, che non resta in nessuna sua
parte sovrapponibile a quello in progetto,
con occupazione di un’area a destinazione
boschiva sottoposta a vincolo idrogeologico,
anziché di quella residenziale prevista in
progetto, sicché nessun dubbio concreto
residua in ordine all’essenzialità della
modifica realizzata dal ricorrente.
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1. Con l’ordinanza di demolizione e di
rimessione in pristino del -OMISSIS-, prot.
n. -OMISSIS-, il Comune di -OMISSIS-
ingiungeva a -OMISSIS- la demolizione di una
villa insistente sul mappale -OMISSIS-, sul
presupposto che essa fosse stata realizzata
in difformità essenziale dal titolo
abilitativo, in quanto “l’intero corpo di
fabbrica risulta traslato di 15 mt. rispetto
a dove avrebbe dovuto essere edificato, con
una differente localizzazione dell’edificio
rispetto all’area di pertinenza”.
Nel dettaglio, nel provvedimento si dava
atto che l’immobile era stato realizzato in
una “zona agricola e forestale a
prevalente interesse paesaggistico”
inserita nel settore boschi del Parco del
Ticino e sottoposta a vincolo idrogeologico,
anziché –come invece previsto e autorizzato–
in un ambito C1 di completamento a
prevalente destinazione residenziale.
2. L’immobile predetto, a suo tempo, era
stato edificato in forza della concessione
edilizia n. -OMISSIS-, né risulta dalle
allegazioni delle parti che sino ad oggi
siano sopravvenuti altri titoli edilizi a
modifica di quanto originariamente
autorizzato.
3. Con il ricorso in epigrafe, -OMISSIS- ha
chiesto l’annullamento della citata
ordinanza di demolizione, contestando la
veridicità in fatto della traslazione
dell’opera e la bontà dell’accertamento
tecnico compiuto dall’amministrazione.
4. Il Comune di -OMISSIS- si è costituito in
giudizio, in data 31.07.2019, per resistere
al ricorso.
5. A seguito dell’udienza camerale
dell’11.09.2019, con ordinanza n. -OMISSIS-,
la Sezione ha accolto l’istanza cautelare
del ricorrente, sospendendo l’efficacia
dell’atto impugnato, “considerato che,
per la loro peculiarità, le questioni
dedotte richiedono, re adhuc integra, il
loro apprezzamento nel merito”.
6. Ad esito dell’udienza di trattazione di
merito del 09.06.2020, il TAR ha adottato
l’ordinanza n. -OMISSIS-, disponendo una
verificazione al fine di accertare “1)
quale sia l’esatta ubicazione dell’immobile
autorizzata con concessione edilizia n.
6/1983, indicando le distanze dal confine o
da altri punti di riferimento; 2) se
l’immobile esistente sia stato edificato
nella posizione autorizzata o se vi sia uno
scostamento rispetto a detta ubicazione,
indicando altresì le caratteristiche e
l’entità di tale scostamento”.
7. Il verificatore incaricato ha depositato
la propria relazione in data 02.03.2021,
chiarendo, in risposta ai quesiti posti dal
Tribunale, che, a seguito di rilievi in loco
ed elaborazione dei medesimi, “è stato
possibile confrontare lo stato di fatto e
quello autorizzato sovrapponendo
graficamente rilievo e planimetria di
progetto […]. La planimetria di progetto è
stata posizionata sulla mappa agganciando
gli spigoli nord-ovest e sud-ovest della
recinzione ai corrispondenti punti rilevati
sul posto e riportati in cartografia ed
operando il migliore adattamento possibile
alla mappa. Rispetto al fabbricato di
progetto si osserva una traslazione di circa
16,5 m verso est, che porta il fabbricato
oltre la linea a tratto e punto delimitante
l’area boschiva sulla planimetria di
progetto. Il fabbricato risulta ruotato di
circa 13° rispetto al progetto autorizzato e
lo spigolo sud-est più vicino alla
recinzione di 1,7 m”.
8. In vista dell’udienza di trattazione di
merito fissata per il 18.05.2021, le parti
hanno depositato documenti e memorie,
insistendo nelle rispettive domande. Infine,
all’udienza predetta, il ricorso è stato
trattenuto in decisione.
9. Alla luce degli accertamenti istruttori
eseguiti dal verificatore in contraddittorio
tra le parti e delle condivisibili
conclusioni da questo raggiunte, prive di
contraddizioni ed elementi di criticità –le
quali confermano l’istruttoria compiuta
dagli organi comunali di cui si dà atto nel
provvedimento impugnato e l’intervenuta
traslazione dell’immobile– il ricorso è
infondato e deve quindi essere rigettato.
...
13. Infine, con il sesto motivo, il
ricorrente deduce che la tipologia di
difformità contestata (ovverosia la
traslazione della localizzazione dell’opera)
non corrisponderebbe ad alcuna delle
fattispecie di variazioni essenziali
richiamate dall’art. 54 della L.R. n.
12/2005, sicché tale difformità non avrebbe
dovuto condurre all’ordine di demolizione
emanato.
La censura è infondata.
Secondo la giurisprudenza maggioritaria,
condivisa dal Collegio, rientra nel concetto
di "modifica sostanziale della
localizzazione dell'edificio sull'area di
pertinenza", e quindi di variazione
essenziale assoggettabile a sanzione
demolitoria in virtù del combinato disposto
degli artt. 31 e 32, comma 1, lett. c), del
d.P.R. n. 380 del 2001, non solo lo
spostamento del manufatto su un'area
totalmente o pressoché totalmente diversa da
quella originariamente prevista, ma anche
ogni “significativa traslazione
dell'edificio in relazione alla
localizzazione contenuta nelle tavole
progettuali”, in quanto capace di incidere
sul rispetto delle prescrizioni normative in
tema di distanze minime dalle strade o dai
confini nonché sulla destinazione
urbanistica dei suoli" (cfr. Cons.
Stato, sez. IV, 20.11.2008, n. 5743, ove si
legge: "Ai sensi dell'art. 32, lett. c),
d.P.R. 06.06.2001 n. 380, costituisce
variante essenziale rispetto al progetto
approvato la modifica della localizzazione
dell'edificio tale da comportare lo
spostamento del fabbricato su un'area
totalmente o pressoché totalmente diversa da
quella originariamente prevista, trattandosi
di modifica che comporta una nuova
valutazione del progetto da parte
dell'amministrazione concedente, sotto il
profilo della sua compatibilità con i
parametri urbanistici e con le connotazioni
dell'area, mentre sono ininfluenti rispetto
all'obbligo di acquisizione da parte
dell'interessato di un nuovo permesso di
costruire la circostanza che le altre
caratteristiche dell'intervento (sagoma,
volumi, altezze etc.) siano rimaste
invariate rispetto all'originario permesso
di costruire, e l'assenza di ogni incidenza
della variante sul regime dei distacchi e
delle distanze").
Nel caso in esame, come visto, la
traslazione della costruzione realizza un
significativo spostamento del fabbricato
realizzato, che non resta in nessuna sua
parte sovrapponibile a quello in progetto,
con occupazione di un’area a destinazione
boschiva sottoposta a vincolo idrogeologico,
anziché di quella residenziale prevista in
progetto, sicché nessun dubbio concreto
residua in ordine all’essenzialità della
modifica realizzata dal ricorrente.
14. Alla luce di quanto sopra, il ricorso
deve essere respinto (TAR Lombardia-Milano,
Sez. II,
sentenza 04.06.2021 n. 1380 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno
2014 |
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EDILIZIA PRIVATA:
Circa la realizzata traslazione (40 anni
or sono) di un nuovo fabbricato rispetto a quanto assentito
dal comune la stessa deve essere qualificata come variazione
essenziale (nel caso di specie la variazione alle distanze,
per quanto effettivamente di minima entità, è pur tuttavia
superiore al 2%).
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E' illegittima l'ordinanza di demolizione di un abuso
edilizio commesso 40 anni or sono tenuto conto:
● che
non è stata comunque
valutata (dal comune) la possibilità di una regolarizzazione
eccezionale, prospettata dallo stesso legale
dell'amministrazione, in considerazione della prassi
comunale (tenuto conto del fatto che in ogni caso il sedime
dell’edificio risulta parzialmente coincidente con quello
previsto in progetto);
●
della lunga
preesistenza dell’opera nell’assetto attuale (che non ha
evidentemente dato luogo in tutto questo tempo a problemi di
carattere igienico-sanitario);
●
all’incolpevole
affidamento ingenerato nell’attuale proprietaria anche dal
pregresso comportamento del Comune, che non ha riscontrato
le irregolarità nella realizzazione neanche all’atto del
rilascio del certificato di agibilità nel 1974, con la
conseguente impossibilità per lei di rendersene conto
all’atto dell’acquisto, sulla base degli ordinari controlli,
nonché della buona fede dimostrata anche con il suo
comportamento con il Comune.
La ricorrente ha acquistato nel 2013 un fabbricato edificato
nel 1971 sulla base di regolare licenza edilizia n. 111/1970
ed assistito da regolare certificato di agibilità; in
occasione di alcuni rilievi eseguiti per predisporre la
pratica relativa a lavori di ristrutturazione è emerso che
l’edificio è stato realizzato ab origine con una
lieve traslazione dell’area di sedime, per cui la ricorrente
ha richiesto al Comune parere preventivo circa la
possibilità di ottenere la sanatoria.
Il comune, dopo aver acquisito un parere legale in merito
all’esatto inquadramento della fattispecie di illecito
edilizio eseguito ed alla conseguente sanabilità e o
regolarizzazione degli interventi eseguiti in difformità
della licenza, ha adottato l’atto oggetto della presente
impugnativa, ordinando la demolizione delle opere difformi
dalla licenza edilizia numero 111 del 1970 che risultano in
contrasto con la vigente normativa in merito alla distanza
minima tra superfici finestrate, alla distanza tra
fabbricati e alla distanza dal confine di proprietà.
È incontroverso che l’edificio di cui trattasi sia stato
realizzato, in difformità dalla licenza edilizia, ad una
distanza rispetto alle proprietà confinanti variabile tra
metri 3,75 e m 3,90 circa, ad una distanza di metri,
rispettivamente, 9,90 e 8 rispetto ai due fabbricati siti
all’interno di dette proprietà e ad una distanza, rispetto
ai manufatti insistenti sul confine ed adibiti ad
autorimesse, che risulta pari a metri 7 rispetto ad un
fabbricato condonato nel 1989, a metri 5 rispetto ad altro
manufatto non assentito e a metri 9,20 rispetto al terzo.
Risulta pertanto non rispettato l’articolo 14 delle norme
tecniche di attuazione del piano degli interventi per quanto
riguarda la distanza dai confini di proprietà e tra
fabbricati e l’articolo 9 del DM 1444/1968 per la distanza
tra pareti finestrate.
In considerazione di quanto sopra il parere legale
concludeva per l’ascrizione della traslazione parziale
dell’edificio al novero delle variazioni essenziali, che
l’articolo 31 del d.p.r. 380/2001 sanziona con ordine di
demolizione; veniva peraltro rimarcato anche che, data la
prassi comunale di qualificare (e sanzionare) la traslazione
come parziale difformità quando vi fosse una sovrapposizione
tra la localizzazione assentita e quella effettiva, il
carattere remoto dell’abuso nonché l’affidamento incolpevole
dell’attuale proprietario dell’edificio, il comune avrebbe
anche potuto ritenere che il pregiudizio arrecato dalla
traslazione alle esigenze pubblicistiche di carattere
igienico sanitario e di ordinato assetto e sviluppo del
territorio non richiedesse necessariamente la demolizione
integrale dell’edificio.
Ciò premesso il collegio ritiene fondate le censure di
ricorso con riferimento al difetto di motivazione, reso
particolarmente evidente dal contrasto con la decisione
precedente di avvalersi di un parere legale, il cui
contenuto non risulta poi essere stato fino in fondo
valutato e preso in considerazione ai fini della decisione
che ordina la demolizione; in tale sede non viene infatti
chiarito perché, a prescindere dall’incontestabilità della
qualificazione della traslazione effettuata come variazione
essenziale (punto su cui il collegio concorda perché la
variazione alle distanze, per quanto effettivamente di
minima entità, è pur tuttavia superiore al 2%), non è stata
comunque valutata la possibilità di una regolarizzazione
eccezionale, prospettata dallo stesso legale, in
considerazione della prassi comunale (tenuto conto del fatto
che in ogni caso il sedime dell’edificio risulta
parzialmente coincidente con quello previsto in progetto),
della lunga preesistenza dell’opera nell’assetto attuale
(che non ha evidentemente dato luogo in tutto questo tempo a
problemi di carattere igienico-sanitario), all’incolpevole
affidamento ingenerato nell’attuale proprietaria anche dal
pregresso comportamento del Comune, che non ha riscontrato
le irregolarità nella realizzazione neanche all’atto del
rilascio del certificato di agibilità nel 1974, con la
conseguente impossibilità per lei di rendersene conto
all’atto dell’acquisto, sulla base degli ordinari controlli,
nonché della buona fede dimostrata anche con il suo
comportamento con il Comune; in considerazione di tutto
quanto sopra ricordato il Comune avrebbe anche dovuto
precisare esattamente l’entità delle demolizioni ritenute
necessarie.
Per tutte le considerazioni che precedono il ricorso è
fondato e deve essere accolto (TAR Veneto, Sez. II,
sentenza 19.12.2014 n. 1542 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Traslazione edificio.
Secondo un costante e consolidato
orientamento della giurisprudenza amministrativa la
traslazione dell’edificio comporta che l’intervento di
demolizione e ricostruzione non possa essere qualificato
come ristrutturazione integrando, invece, una nuova
costruzione.
Il ricorso è infondato.
Risulta dagli atti come i lavori di ristrutturazione
eseguiti dal ricorrente sulla tettoia ne abbiano comportato
la traslazione di circa un metro.
Secondo un costante e consolidato orientamento della
giurisprudenza amministrativa la traslazione dell’edificio
comporta che l’intervento di demolizione e ricostruzione non
possa essere qualificato come ristrutturazione integrando,
invece, una nuova costruzione (TAR, Lazio, Roma, I,
06/07/2012 n. 6176; TAR Lecce, 12/03/2012 n. 484; TAR
L’Aquila, 14/12/2009 n. 548).
I lavori eseguiti, avendo posto in essere una struttura
nuova, in alcun modo riconducibile a quella di cui era stata
chiesta la sanatoria, non rientrano in nessuna delle
tipologie ammesse dal regolamento edilizio del Comune di
Firenze sugli immobili oggetto di domanda di condono.
Nulla si può, quindi, eccepire alla decisione del Comune di
rigettare la domanda di sanatoria per essere venuto a
mancare il manufatto a cui essa si riferiva.
Né può ritenersi che le autorizzazioni rilasciate dal Comune
per l’esecuzione dei lavori di rifacimento della tettoria
rendessero automatico l’accoglimento dell’istanza di
sanatoria non potendo il suo esito prescindere dalla
permanenza del manufatto da sanare.
Il ricorso deve, quindi, essere respinto (massima tratta da
www.lexambiente.it - TAR Toscana, Sez. III,
sentenza 12.06.2014 n. 1024 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
anno
2013 |
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EDILIZIA PRIVATA:
La diversa oggettiva localizzazione del
fabbricato su una porzione dell’area di sedime diversa da
quella individuata in occasione del rilascio del titolo
autorizzatorio, non può, come auspicato da parte ricorrente,
essere semplicemente ricondotta ad una difformità parziale,
bensì deve essere qualificata come variazione essenziale,
così come definita dall’art. 8, lett. c), della legge n.
47/1985 e dall’art. 92, comma 3, lett. c), della legge
regionale 61/1985.
Per cui la modifica della
localizzazione dell’edificio, tale da comportare lo
spostamento del fabbricato in un’area –come nel caso in
esame– pressoché diversa da quella prevista all’atto del
rilascio del titolo edilizio, costituisce una variante
essenziale, in quanto profilo che può condizionare la
compatibilità dell’intervento con i parametri urbanistici e
le connotazioni dell’area.
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Al momento della realizzazione del fabbricato l’area di
sedime realmente interessata dall’intervento era compresa
nell’ambito della fascia di rispetto cimiteriale.
Sulla base di questo dato oggettivo, il quale conferma che
al momento della realizzazione dell’opera questa risultava
illegittimamente posizionata in una area non edificabile,
non è possibile il conseguimento della sanatoria ex art. 36
del D.P.R. 380/2001 per mancanza della cd. “doppia
conformità”, ossia la conformità alle prescrizioni
urbanistico-edilizie vigenti al momento della realizzazione
dell’opera e quelle vigenti al momento in cui è stata
richiesta la sanatoria.
Il dato così rilevato assume rilevanza dirimente rispetto ad
ogni altra considerazione circa la pretesa illegittimità del
provvedimento che ha denegato la sanatoria, in quanto, come
correttamente ritenuto nel provvedimento di diniego,
le variazioni apportate all’originaria
licenza costituiscono variazione essenziale rispetto
all’originaria licenza e mancano del requisito della doppia
conformità sia al momento della realizzazione che al momento
dell’istanza.
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Va ricordato che
dal 1999 tutto il territorio comunale è
soggetto a vincolo paesaggistico, per cui, in base alla
normativa oggi vigente in materia di rilascio delle
autorizzazioni per interventi da eseguirsi in ambiti
protetti, comunque non sarebbe consentito ottenere
un’autorizzazione a sanatoria.
A tale riguardo è costante l’orientamento
giurisprudenziale in base al quale in sede di sanatoria o di
condono di un manufatto abusivo risulta ininfluente l'epoca
in cui è sorto il vincolo, purché questo sia ancora in
essere alla data in cui deve essere valutata la domanda di
sanatoria, sicché detta regola vale anche per le opere
eseguite anteriormente all'apposizione del vincolo stesso.
Invero, ai fini del rilascio delle
concessioni edilizie in sanatoria, la valutazione della
compatibilità dell’intervento con il vincolo deve essere
effettuata in relazione all'esistenza del vincolo al momento
in cui deve essere valutata la domanda di sanatoria, a
prescindere dall'epoca in cui il vincolo medesimo sia stato
introdotto, atteso che tale valutazione corrisponde
all'esigenza di vagliare l'attuale compatibilità con il
vincolo dei manufatti realizzati abusivamente.
Atteso che la richiesta di sanatoria (ndr:
di un abuso realizzato nel 1984) è stata presentata nel 2006
e quindi in un’epoca in cui il vincolo già era esistente,
trattandosi di opera implicante incremento di superficie e
di volume e quindi non rientrante nell’ambito delle ipotesi
in cui è eccezionalmente consentito, in base ai commi 4 e 5
dell’art. 167 D.lgs. 42/2004, il rilascio
dell’autorizzazione paesaggistica in sanatoria, l’inciso
contenuto nel provvedimento impugnato risulta corretto.
FATTO
Con il ricorso introduttivo il signor T.O., proprietario in
Comune di Monfumo di un compendio immobiliare così
catastalmente censito: N.C.T. – Comune di Monfumo – Foglio
II- mappali nn. 25, 27, 32, 300, 494, 507, ha impugnato
l’ordinanza n. 16 del 24.07.1997, con la quale
l’amministrazione comunale, dopo aver precedentemente
ordinato la sospensione di una serie di lavori presenti
nell’ambito delle aree di proprietà del ricorrente, attesa
la documentazione successivamente fornita dal medesimo e
rilevato che, per quanto specificamente riguardava i
fabbricati individuati ai punti 4) costruzione di un
capannone in difformità dalla concessione edilizia n.
783/84, 5) realizzazione di annesso a sud del suddetto
capannone e 6) realizzazione di annessi a nord-est
dell’abitazione, così come evidenziati in giallo nella
planimetria allegata, questi risultavano ricadere in zona di
vincolo cimiteriale, già preesistente alla data del
01.09.1967, così da rendere ininfluente la dichiarata
realizzazione anteriore a tale data almeno per due di essi,
ordinava al ricorrente di provvedere alla loro demolizione
nel termine di 90 giorni.
A sostegno della richiesta di annullamento del provvedimento
impugnato parte istante ha dedotto una serie articolata di
motivi, evidenziando in primo luogo e con specifico
riferimento al fabbricato individuato con il n. 4 (capannone
realizzato in difformità rispetto alla concessione edilizia
n. 783/84) che le difformità rilevate non potevano essere
ricondotte alle ipotesi di variazioni essenziali o di
completa difformità rispetto al titolo assentito, per cui
risultava del tutto sproporzionata l’applicazione della più
grave sanzione della demolizione, anziché quella pecuniaria,
applicabile agli interventi eseguiti solo in parziale
difformità.
Per altro verso e con specifico riferimento alla rilevata
insistenza dei fabbricati da demolire in ambito soggetto a
vincolo cimiteriale e quindi di inedificabilità, la difesa
istante rilevava come l’amministrazione comunale avesse
modificato l’estensione della fascia di rispetto cimiteriale
con deliberazione antecedente la data di adozione del
provvedimento impugnato, così finendo per ordinare la
demolizione dei fabbricati sulla base dell’erroneo
presupposto della loro insistenza in ambito soggetto al
vincolo cimiteriale.
Infine, per quanto riguarda gli altri manufatti, in
particolare per il ricovero attrezzi agricoli e fieno, parte
istante evidenziava che, sebbene non ne fosse stata
contestata la realizzazione successivamente al 1967,
trattavasi di manufatti del tutto precari e funzionali
all’edificio principale, come tali non assoggettabili a
concessione edilizia o ad autorizzazione e quindi neppure a
provvedimenti sanzionatori.
Con ordinanza n. 1875/97 il Tribunale, valutato il danno,
accoglieva la richiesta di sospensione dell’ordinanza
impugnata.
Nelle more il ricorrente veniva affiancato nell’attività
aziendale dalla figlia T.S., la quale ha quindi presentato
in data 22.05.2006 una domanda per il rilascio del permesso
di costruire in “variante a concessione edilizia n. 783
del 28.03.1984”, riguardante nello specifico il solo
fabbricato individuato nelle planimetrie come edificio “G”,
corrispondente al punto n. 4 dell’ordinanza n. 16/97.
Nonostante la domanda non fosse stata formalmente formulata
come istanza di sanatoria, l’amministrazione, intendendo
comunque determinarsi come se tale fosse stata la volontà
della richiedente, si pronunciava, previa comunicazione dei
motivi ostativi ex art. 10-bis L. 241/1990, con il
provvedimento finale di rigetto dell’istanza, datato
26.09.2006.
Avverso il diniego di sanatoria insorgeva nuovamente il
ricorrente congiuntamente alla figlia S. con la proposizione
di motivi aggiunti, con i quali venivano rinnovate le
doglianze già dedotte in occasione del ricorso introduttivo,
soprattutto per quanto riguarda la classificazione come
variazione essenziale delle modifiche apportate
all’originario progetto concessionato nel 1984 relativamente
alla costruzione nell’area pertinenziale dell’edificio “G”,
rilevando come detta erronea classificazione avrebbe
illegittimamente impedito anche la sanabilità
dell’intervento, laddove fosse stato correttamente
qualificato come difformità parziale.
Inoltre, con specifico riguardo al diniego di sanatoria ed
alla motivazione posta a fondamento dello stesso, la difesa
istante ha sottolineato l’insufficienza e la
contraddittorietà delle ragioni addotte
dall’amministrazione, difettando ogni indicazione delle
normative di riferimento e soprattutto mancando di rilevare
come il richiamato vincolo ambientale fosse stato imposto
soltanto in epoca successiva alla esecuzione degli
interventi.
Per altro verso, parte istante ha denunciato la difformità
dei contenuti della nota con la quale sono stati comunicati
i motivi ostativi e la successiva determinazione finale
dell’amministrazione, soprattutto per quanto riguarda il
parere reso dalla commissione edilizia, denotando ancora una
volta la contraddittorietà del comportamento
dell’amministrazione comunale. Senza contare, altresì,
l’inutile ed inconferente aggravio procedimentale derivante
dalle ulteriori allegazioni richieste per quanto riguarda le
caratteristiche aziendali.
L’amministrazione intimata, già costituitasi in giudizio con
un primo collegio difensivo, con la nomina dei nuovi
difensori provvedeva a depositare le proprie controdeduzioni,
evidenziando la legittimità dei provvedimenti impugnati, in
modo particolare per quanto riguarda l’ordine di demolizione
dei fabbricati realizzati in assenza di titolo e, per quanto
riguarda l’edificio “G”, l’avvenuta esecuzione degli
interventi in palese variazione essenziale rispetto
all’assentito, tenuto conto dell’avvenuta traslazione
dell’edificio in una posizione diversa nell’ambito dell’area
di pertinenza (spostata di 60ml verso nord) e con dimensioni
diverse e maggiori rispetto a quanto indicato nel progetto
iniziale.
Inoltre, veniva ribadita l’insistenza dell’immobile in un
ambito ricadente nella fascia di rispetto cimiteriale e
quindi l’assenza del requisito della doppia conformità per
quanto riguarda la sanatoria edilizia, indipendentemente
dalle sopravvenute modifiche dell’estensione della fascia di
rispetto, senza contare l’esistenza del vincolo ex lege
431/1985, esteso a tutto il territorio comunale di Monfumo,
che impedisce in ogni caso il rilascio a posteriori
dell’autorizzazione paesaggistica.
Con successive memorie di replica ciascuna parte precisava
le proprie conclusioni: in particolare veniva dato atto
dell’intervenuta spontanea demolizione dei manufatti oggetto
dell’ordinanza n. 16/97, fatta eccezione per quel che
riguarda l’edificio “G” e quello individuato con la lettera
“F” nelle planimetrie, in quanto strettamente funzionale al
primo.
Inoltre, entrambe le difese hanno dato atto dei tentativi
effettuati per una soluzione extragiudiziale della
controversia, anche al fine di non compromettere la
prosecuzione dell’attività aziendale, tentativi che tuttavia
non sono giunti a buon fine.
All’udienza del 13.11.2013, uditi i procuratori delle parti,
il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
Preliminarmente è necessario dare atto che, con riferimento
ai fabbricati oggetto dell’ordine di demolizione impartito
con l’ordinanza n. 16/97, parte ricorrente ha provveduto a
demolire spontaneamente parte di essi (oltre ad altri
fabbricati non contemplati in tale provvedimento),
residuando, per quanto interessa il presente gravame, i soli
fabbricati che nella richiamata ordinanza erano identificati
ai punti 4 e 5 e che corrispondono agli edifici
contraddistinti con le lettere “G” ed “F” nelle planimetrie
allegate da parte ricorrente.
Di tale modifica della situazione di fatto danno conferma
parte ricorrente e la stessa difesa del Comune nella memoria
del 22.10.2013.
Va peraltro osservato che, almeno per quanto riguarda
l’edificio “F” (sulla cui epoca di realizzazione, denunciata
dal signor T. come antecedente il 1967, l’amministrazione ha
depositato documentazione –accatastamento del 1989– dalla
quale non risulta la presenza prima di tale anno), non è
stata comunque presentata da parte ricorrente alcuna istanza
di sanatoria, per cui per tale edificio persiste l’ordine di
demolizione impartito con l’ordinanza n. 16/97.
Sempre in punto di fatto, al fine di chiarire i presupposti
dei provvedimenti impugnati, va dato atto delle progressive
modifiche del perimetro dell’area individuata dal Comune
quale fascia di rispetto cimiteriale, che da ultimo, per
quanto rileva nella presente controversia, con deliberazione
del 24.07.1997 è stata oggetto di riduzione, positivamente
riscontrata dalla C.T.R. il 18.02.1998 e quindi formalmente
recepita con decreto sindacale del 23.06.1998, risultando
attualmente –nell’ambito de quo– pari a 50 metri.
Per quanto riguarda poi l’esistenza del vincolo ambientale,
va ancora dato atto –come documentato dall’amministrazione–
che a seguito della delibera della Commissione provinciale
per l’apposizione e la revisione dei vincoli paesaggistici
del 30.09.1999, l’intero territorio comunale risulta
assoggettato vincolo paesaggistico con decorrenza
dall’avvenuta pubblicazione della suddetta delibera all’albo
pretorio (15.11.1999).
Ciò premesso, benché la stessa parte ricorrente abbia
manifestato l’interesse per quanto riguarda il fabbricato
“F” soltanto in rapporto alla persistenza e quindi al
mantenimento dell’edificio “G”, ove è svolta l’attività del’azienda
agricola, va osservato che, come risulta dalla produzione
documentale agli atti, detto manufatto risulta abusivamente
realizzato, in assenza di titolo, nonostante l’epoca della
sua realizzazione non fosse antecedente al 1967, come
sostenuto dall’istante, bensì successiva, come attestato
dall’amministrazione.
Per tale manufatto, non interessato da alcuna istanza di
sanatoria, è quindi legittimo l’ordine di demolizione
impartito con l’ordinanza impugnata.
Resta quindi da esaminare la posizione dell’edifico “G”, per
il quale l’ordine di demolizione inizialmente impartito
risulta superato dalla nuova determinazione assunta dal
Comune per effetto dell’istanza di
sanatoria presentata
da T.S., determinazione che ha respinto la richiesta e che
quindi darà seguito ad una nuova ordinanza di demolizione
(allo stato peraltro non ancora adottata dal Comune).
Riguardo all’istanza così presentata dalla
ricorrente, va indubbiamente dato atto della inesatta
formulazione della stessa, in quanto redatta come istanza di
permesso di costruire in variante, quando in realtà
l’obiettivo era quello di regolarizzare le difformità
rilevate dal Comune: tuttavia, come peraltro inteso dalla
stessa amministrazione, la richiesta è stata valutata e
definita come istanza di sanatoria per quanto riguarda la
variazioni apportate al progetto inizialmente assentito con
la concessione edilizia n. 783/84.
Esaminati quindi i motivi aggiunti proposti avverso il
diniego di sanatoria opposto dall’amministrazione con
provvedimento del 26.09.2006, ritiene il Collegio che per
quanto attiene alla qualificazione dell’abuso riscontrato e
la conseguente irrogazione della sanzione pecuniaria
–sebbene si tratti di profili che esulano dai contenuti del
diniego di sanatoria, ma che parte istante nuovamente
ripropone in occasione dei motivi aggiunti in quanto il
provvedimento di diniego non ne avrebbe tenuto conto– le
doglianze siano infondate e che correttamente l’abuso
rilevato per quanto riguarda la realizzazione del fabbricato
“G” sia riconducibile ad un’ipotesi di variazione
essenziale, come tale sanzionabile con l’ordine di
demolizione.
Invero, come è dato rilevare dai riscontri effettuati
dall’amministrazione e soprattutto dalla visione delle
planimetrie, l’edificio realizzato sulla base della
concessione n. 783/84 doveva essere localizzato in una
posizione più arretrata rispetto a quella rilevata, mentre
risulta sopravanzato in direzione nord di ben 60 ml.
In tal modo, benché, come riportato testualmente nella
concessione edilizia 783/84 (cfr. doc. 6 del Comune), la
costruzione avrebbe dovuto interessare unicamente il mappale
n. 27, nella realtà il suddetto mappale è stato coinvolto
nell’intervento in minima parte, risultando la quasi
totalità del fabbricato posizionata sui diversi mappali 300
e 25, entrambi proiettati in direzione nord verso il
cimitero (cfr. doc. 5 Comune).
Ne consegue che, anche tenendo conto delle diverse e
maggiori dimensioni del fabbricato in termini di superficie
e volumetria rispetto a quanto autorizzato (in tal senso le
stesse misurazioni contenute nella domanda di sanatoria
dimostrano tali incrementi), la diversa
oggettiva localizzazione del fabbricato su una porzione
dell’area di sedime diversa da quella individuata in
occasione del rilascio del titolo autorizzatorio, non può,
come auspicato da parte ricorrente, essere semplicemente
ricondotta ad una difformità parziale, bensì deve essere
qualificata come variazione essenziale, così come definita
dall’art. 8, lett. c), della legge n. 47/1985 e dall’art.
92, comma 3, lett. c), della legge regionale 61/1985.
Va, quindi, condiviso e confermato l’orientamento
interpretativo richiamato dalla difesa del Comune, già
manifestato da questo Tribunale, per cui la
modifica della localizzazione dell’edificio, tale da
comportare lo spostamento del fabbricato in un’area –come
nel caso in esame– pressoché diversa da quella prevista
all’atto del rilascio del titolo edilizio, costituisce una
variante essenziale, in quanto profilo che può condizionare
la compatibilità dell’intervento con i parametri urbanistici
e le connotazioni dell’area:
ed il caso in esame è la prova della rilevanza del rispetto
di tali parametri, proprio in considerazione della necessità
di rispettare il vincolo cimiteriale, di modo che lo
spostamento in avanti e verso nord, in direzione del
cimitero, avrebbe evidentemente costituito, laddove
correttamente rappresentato, una causa di impedimento al
conseguimento della concessione edilizia..
Invero, nonostante che nella planimetria
allegata al permesso di costruire il fabbricato venisse
posizionato al di fuori del limite della fascia di rispetto
cimiteriale, in realtà questo è stato poi localizzato in
un’area che all’epoca della sua realizzazione era
pacificamente considerata rientrante nella fascia di
inedificabilità per la presenza nelle vicinanze del cimitero.
Sul punto –passando così ad affrontare la questione relativa
alla sanabilità dell’abuso- è agevole desumere dall’esame
del documento n. 7 del Comune i diversi momenti storici nei
quali è stata prevista la diversa estensione del vincolo
cimiteriale.
Orbene, sicuramente sino al 1998 (anche fosse il 1997 la
questione non muterebbe, dovendosi fare riferimento
all’epoca di costruzione del capannone ed in base
all’accatastamento del 1989 l’edificio “G” risulta già
esistente) il fabbricato insisteva in area coperta dal
vincolo di rispetto cimiteriale, solo successivamente
eliminato.
Ne consegue che al momento della
realizzazione del fabbricato “G” l’area di sedime realmente
interessata dall’intervento era compresa nell’ambito della
fascia di rispetto cimiteriale.
Sulla base di questo dato oggettivo, il quale conferma che
al momento della realizzazione dell’opera questa risultava
illegittimamente posizionata in una area non edificabile,
non è possibile il conseguimento della sanatoria ex art. 36
del D.P.R. 380/2001 per mancanza della cd. “doppia
conformità”, ossia la conformità alle prescrizioni
urbanistico-edilizie vigenti al momento della realizzazione
dell’opera e quelle vigenti al momento in cui è stata
richiesta la sanatoria.
Il dato così rilevato assume rilevanza dirimente rispetto ad
ogni altra considerazione circa la pretesa illegittimità del
provvedimento che ha denegato la sanatoria, in quanto, come
correttamente ritenuto nel provvedimento di diniego,
le variazioni apportate all’originaria
licenza costituiscono variazione essenziale rispetto
all’originaria licenza e mancano del requisito della doppia
conformità sia al momento della realizzazione che al momento
dell’istanza.
A tale, si ripete, dirimente profilo, che è sufficiente a
sorreggere il provvedimento di diniego, si aggiunge
l’ulteriore aspetto evidenziato nel provvedimento impugnato
e cioè l’impossibilità del rilascio dell’autorizzazione
paesaggistica.
Sul punto va ricordato che dal 1999 tutto
il territorio di Monfumo è soggetto a vincolo paesaggistico,
per cui, in base alla normativa oggi vigente in materia di
rilascio delle autorizzazioni per interventi da eseguirsi in
ambiti protetti, comunque non sarebbe consentito ottenere
un’autorizzazione a sanatoria.
A tale riguardo è costante l’orientamento
giurisprudenziale in base al quale in sede di sanatoria o di
condono di un manufatto abusivo risulta ininfluente l'epoca
in cui è sorto il vincolo, purché questo sia ancora in
essere alla data in cui deve essere valutata la domanda di
sanatoria, sicché detta regola vale anche per le opere
eseguite anteriormente all'apposizione del vincolo stesso
(Cons. Stato, sez. IV, 18.09.2012, n. 4945; sez. VI,
27.11.2012, n. 5984).
Invero, ai fini del rilascio delle
concessioni edilizie in sanatoria, la valutazione della
compatibilità dell’intervento con il vincolo deve essere
effettuata in relazione all'esistenza del vincolo al momento
in cui deve essere valutata la domanda di sanatoria, a
prescindere dall'epoca in cui il vincolo medesimo sia stato
introdotto, atteso che tale valutazione corrisponde
all'esigenza di vagliare l'attuale compatibilità con il
vincolo dei manufatti realizzati abusivamente.
Atteso che la richiesta di sanatoria è
stata presentata nel 2006 e quindi in un’epoca in cui il
vincolo già era esistente, trattandosi di opera implicante
incremento di superficie e di volume e quindi non rientrante
nell’ambito delle ipotesi in cui è eccezionalmente
consentito, in base ai commi 4 e 5 dell’art. 167 D.lgs.
42/2004, il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica in
sanatoria, l’inciso contenuto nel provvedimento impugnato
risulta corretto.
Né sussistono gli ulteriori profili di illegittimità
denunciati per quanto riguarda il preteso contrasto fra
quanto anticipato in sede di comunicazione dei motivi
ostativi e quanto poi concluso nel provvedimento finale.
Invero, anche alla luce delle osservazioni rese dalla
ricorrente a seguito della comunicazione ex art. 10-bis, si
evince che la stessa è stata posta nelle condizioni di
comprendere appieno i motivi ostativi al rilascio del tiolo
a sanatoria, in ordine alla doppia conformità ed alla
sussistenza del vincolo, essendo le problematiche relative
all’intervento argomento ben conosciuto e ampiamente
dibattuto fra privato ed amministrazione.
In conclusione, attese le considerazioni sin qui espresse,
ritenuta l’infondatezza dei motivi dedotti, il ricorso va
respinto (TAR Veneto, Sez. II, sentenza II,
sentenza 10.12.2013 n. 1383 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
anno
2012 |
|
EDILIZIA
PRIVATA:
Costituisce
variante essenziale, rispetto al progetto approvato, la
modifica della localizzazione dell'edificio tale da
comportare lo spostamento del fabbricato su un'area
totalmente o pressoché totalmente diversa da quella
originariamente prevista, trattandosi di modifica che
comporta una nuova valutazione del progetto da parte
dell'amministrazione concedente, sotto il profilo della sua
compatibilità con i parametri urbanistici e con le
connotazioni dell'area.
E’, invece, ininfluente, rispetto all'obbligo di
acquisizione da parte dell'interessato di un nuovo permesso
di costruire, la circostanza che le altre caratteristiche
dell'intervento (sagoma, volumi, altezze etc.) siano rimaste
invariate rispetto all'originario permesso di costruire, e
l'assenza di ogni incidenza della variante sul regime dei
distacchi e delle distanze.
---------------
La localizzazione dell’edificio può assurgere a livello di
variazione essenziale soltanto quando si sia in presenza di
una traslazione non parziale, ma tale da comportare lo
spostamento del fabbricato su di un’area totalmente diversa
da quella originariamente prevista.
Ai sensi dell'art. 32, lett.
c), del d.P.R. 06.06.2001, n. 380, costituisce variante
essenziale, rispetto al progetto approvato, la modifica
della localizzazione dell'edificio tale da comportare lo
spostamento del fabbricato su un'area totalmente o pressoché
totalmente diversa da quella originariamente prevista,
trattandosi di modifica che comporta una nuova valutazione
del progetto da parte dell'amministrazione concedente, sotto
il profilo della sua compatibilità con i parametri
urbanistici e con le connotazioni dell'area.
E’, invece, ininfluente, rispetto all'obbligo di
acquisizione da parte dell'interessato di un nuovo permesso
di costruire, la circostanza che le altre caratteristiche
dell'intervento (sagoma, volumi, altezze etc.) siano rimaste
invariate rispetto all'originario permesso di costruire, e
l'assenza di ogni incidenza della variante sul regime dei
distacchi e delle distanze (Cd.S., sez. IV, 15.04.2010, n.
6878).
Al riguardo, il Collegio ritiene di condividere
l’interpretazione della disposizione di cui all’art. 32,
lettera c), del d.P.R. 06.06.2001, n. 380, secondo cui
costituiscono “…variazioni essenziali...” rispetto al
progetto approvato le “…modifiche sostanziali di
parametri urbanistico-edilizi del progetto approvato, ovvero
della localizzazione dell’edificio sull’area di pertinenza…”.
Tale disposizione é comunemente intesa nel senso che la
modifica della “…localizzazione…” dell’edificio
assurge al livello di “…variazione essenziale…”
allorché si sia in presenza di una traslazione non parziale,
ma tale da comportare lo spostamento del fabbricato su
un’area totalmente o pressoché totalmente diversa da quella
originariamente prevista. In particolare, ciò viene
giustificato con la considerazione che tale modifica
comporta una nuova valutazione del progetto da parte
dell’Amministrazione concedente, sotto il profilo della sua
compatibilità con i parametri urbanistici e con la
considerazione dell’area (C.d.S., sez. IV, 20.11.2008, n.
5743).
Nel caso in esame, tali orientamenti possono ritenersi ancor
più calzanti tenuto conto che, riguardando le opere per le
quali è stata richiesta la contestata integrazione di
contributo un fabbricato sperimentale bioclimatico ad
energia alternativa, già precedentemente autorizzato e
realizzato, esse maggiormente si evidenziano come opere di
completamento (che peraltro non sarebbero state realizzate
contemporaneamente all’edificazione dei manufatti principali
soltanto per la temporanea sottoposizione delle opere a
sequestro penale, poi revocato), tenuto conto che hanno
riguardato o opere qualificate di completamento dalle stesse
norme, come serramenti, vetri, pavimenti, rivestimenti ed
altre opere di finitura, ovvero i locali tecnologici, e
precisamente i volumi tecnici collocati tra i due corpi del
fabbricato (già autorizzato) e completamente interrati,
nonché le vasche di stoccaggio acque e di accumulo
energetico, anch’esse interrate, cioè tutte opere necessarie
per la corretta realizzazione di detto fabbricato
sperimentale.
Dunque, a ben vedere, tutti interventi non riconducibili
alla nozione di “…ristrutturazione edilizia…”,
difettando quel quid novi rispetto all’opera
precedentemente assentita, bensì qualificabili come “…opere
di mero completamento funzionale…” di un intervento
realizzato in virtù di legittimi titoli edilizi, quali la
concessione edilizia n. 1973 del 24.04.1991 e la successiva
avariante n. 1973/791 del 07.10.1992, che non hanno
comportato alcun aggravio del carico urbanistico.
Conferma del convincimento espresso è rinvenibile, in
particolare:
- per un verso, dalle disposizioni di legge, sia nazionali,
quali l’art. 9, lettera e), della legge n. 10 del 1977 che
concerne proprio i volumi indispensabili per impianti
tecnologici necessari alle abitazioni, sia regionali, quali
le norme della legge regionale Lombardia n. 19 del
09.05.1992 che disciplinano le c.d. varianti minime e gli
oneri di urbanizzazione;
- per altro verso, dagli atti anche cartografici esibiti in
giudizio che mostrano come le opere in questione non sono
state di valenza e consistenza tale da provocare una
concreta modifica del’edificio originariamente autorizzato
per cui opinare, come ha fatto il primo Giudice, che si sia
trattato di una vera e propria ristrutturazione edilizia non
può non ritenersi contrastante con tali atti.
Né, infine, può avere alcuna incidenza nell’economia del
presente giudizio la lieve traslazione di volumi
verificatasi nella realizzazione delle (interrate) vasche di
stoccaggio delle acque e di accumulo energetico, essendo
giurisprudenza di questa Sezione, che il Collegio condivide,
che la localizzazione dell’edificio può assurgere a livello
di variazione essenziale soltanto quando si sia in presenza
di una traslazione non parziale, ma tale da comportare lo
spostamento del fabbricato su di un’area totalmente diversa
da quella originariamente prevista (cfr. C.d.S., sez. IV, n.
6878 del 15.09.2010 e n. 5743 del 20.11.2008)
(Consiglio di Stato, Sez.
IV,
sentenza 24.09.2012 n. 5080 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Comune di Vignanello - Parere in merito alla possibilità
di effettuare una ristrutturazione con demolizione del
manufatto e ricostruzione in area di sedime diversa da
quella originaria (Regione Lazio,
parere 19.03.2012 n. 415958 di prot.). |
anno
2011 |
|
EDILIZIA
PRIVATA: Le
sanzioni edilizie hanno natura “reale” nel senso che
colpiscono il bene.
In materia di abusi edilizi, è destinatario dell’ordine di
demolizione il soggetto che ha la disponibilità dell’opera,
indipendentemente dal fatto che l’abbia concretamente
realizzata o meno.
Al fine della legittimità dell’applicazione delle sanzioni
demolitorie, l’Amministrazione non ha alcun obbligo di
compiere accertamenti giuridici circa l’esistenza di
particolari rapporti interprivati, ma solo l’onere di
individuare il proprietario catastale.
In conclusione, l’ordine di demolizione di opere abusive è
legittimamente notificato al proprietario dell’area, che ne
è anche il materiale legittimo detentore, a prescindere
dalla sua corresponsabilità o meno dell’abuso (profilo che
rileva solo ai fini della responsabilità penale).
---------------
La “variazione essenziale” ricorre sempre quando viene
mutata la localizzazione dell'edificio sull'area di
pertinenza rispetto al titolo edilizio: in tali casi la
costruzione è sempre abusiva quando l’edificio è "traslato"
in maniera significativa rispetto alla localizzazione
autorizzata nelle tavole progettuali.
L’abusività della medesima è dalla legge collegata al fatto
che la traslazione avrebbe dovuto comportare una nuova
valutazione del progetto da parte dell'amministrazione,
sotto il profilo della sua compatibilità con i parametri
urbanistici e, come nel caso in esame con le
caratteristiche, le connotazioni e le limitazioni dell'area.
Al riguardo, in caso di difformità tra fabbricato realizzato
e progetto, quello che ha rilievo ai fini giuridici è sempre
quest’ultimo.
-------------
Gli abusi edilizi sono essere considerati illeciti di
carattere permanente, costituiti dall'omissione della
spontanea demolizione da effettuare per adeguare lo stato di
fatto a quello di diritto.
Di conseguenza, l'obbligo di disporre la demolizione nasce
nel momento della realizzazione del manufatto, ed esclude
che sia configurabile la violazione del principio di
irretroattività della legge per fatti commessi prima della
sua entrata in vigore, poiché il fatto che consente la
demolizione è caratterizzato proprio dall'omessa demolizione
di quanto è stato insanabilmente realizzato e dalla sua
incidenza sugli interessi urbanistici.
---------------
L'ordine di demolizione di un’opera edilizia abusiva è,
quindi, sufficientemente motivato con la sola affermazione
della accertata abusività dell'opera stessa.
Il provvedimento di demolizione, al pari di tutti i
provvedimenti sanzionatori in materia edilizia, è atto
vincolato che non richiede una specifica valutazione delle
ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di quest'ultimo
con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né una
motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico
concreto ed attuale alla demolizione, non potendo neppure
ammettersi l'esistenza di alcun affidamento tutelabile alla
conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il
tempo non può giammai legittimare.
Le sanzioni edilizie hanno
natura “reale” nel senso che colpiscono il bene.
In materia di abusi edilizi, è destinatario dell’ordine di
demolizione il soggetto che ha la disponibilità dell’opera,
indipendentemente dal fatto che l’abbia concretamente
realizzata o meno (cfr. Consiglio Stato, sez. IV,
12.04.2011, n. 2266).
Al fine della legittimità dell’applicazione delle sanzioni
demolitorie, l’Amministrazione non ha alcun obbligo di
compiere accertamenti giuridici circa l’esistenza di
particolari rapporti interprivati, ma solo l’onere di
individuare il proprietario catastale (cfr. Consiglio Stato,
sez. V, 31.03.2010, n. 1878).
In conclusione, l’ordine di demolizione di opere abusive è
legittimamente notificato al proprietario dell’area, che ne
è anche il materiale legittimo detentore, a prescindere
dalla sua corresponsabilità o meno dell’abuso (profilo che
rileva solo ai fini della responsabilità penale).
---------------
Secondo il principio generale posto dall’art. 8 della L. n.
47/1985 (che peraltro oggi risulta definitivamente trasposto
nell'art. 32, lett. c), d.P.R. 06.06.2001 n. 380), la “variazione
essenziale” ricorre sempre quando viene mutata la
localizzazione dell'edificio sull'area di pertinenza
rispetto al titolo edilizio: in tali casi la costruzione è
sempre abusiva quando l’edificio è "traslato" in
maniera significativa rispetto alla localizzazione
autorizzata nelle tavole progettuali.
L’abusività della medesima è dalla legge collegata al fatto
che la traslazione avrebbe dovuto comportare una nuova
valutazione del progetto da parte dell'amministrazione,
sotto il profilo della sua compatibilità con i parametri
urbanistici e, come nel caso in esame con le
caratteristiche, le connotazioni e le limitazioni dell'area.
Al riguardo, in caso di difformità tra fabbricato realizzato
e progetto, quello che ha rilievo ai fini giuridici è sempre
quest’ultimo.
---------------
Gli abusi edilizi sono essere
considerati illeciti di carattere permanente, costituiti
dall'omissione della spontanea demolizione da effettuare per
adeguare lo stato di fatto a quello di diritto.
Di conseguenza, l'obbligo di disporre la demolizione nasce
nel momento della realizzazione del manufatto, ed esclude
che sia configurabile la violazione del principio di
irretroattività della legge per fatti commessi prima della
sua entrata in vigore, poiché il fatto che consente la
demolizione è caratterizzato proprio dall'omessa demolizione
di quanto è stato insanabilmente realizzato e dalla sua
incidenza sugli interessi urbanistici (cfr. Consiglio Stato,
sez. V, 12.10.2010 , n. 7392).
---------------
L'ordine di demolizione di un’opera edilizia abusiva è,
quindi, sufficientemente motivato con la sola affermazione
della accertata abusività dell'opera stessa (cfr. Consiglio
Stato, sez. IV, 12.04.2011, n. 2266).
Esattamente il TAR ha rilevato che il provvedimento di
demolizione, al pari di tutti i provvedimenti sanzionatori
in materia edilizia, è atto vincolato che non richiede una
specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico,
né una comparazione di quest'ultimo con gli interessi
privati coinvolti e sacrificati, né una motivazione sulla
sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale
alla demolizione, non potendo neppure ammettersi l'esistenza
di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una
situazione di fatto abusiva, che il tempo non può giammai
legittimare (cfr. Consiglio Stato , sez. V, 27.04.2011, n.
2497; Consiglio Stato, sez. V, 11.01.2011, n. 79)
(Consiglio di Stato, Sez.
IV,
sentenza 27.10.2011 n. 5758 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Variazioni essenziali.
Secondo le
disposizioni dell’art. 32, lett. c), del T.U. n. 380/2001,
costituiscono variazioni essenziali le “modifiche
sostanziali di parametri urbanistico-edilizi del progetto
approvato ovvero della localizzazione dell’edificio
sull’area di pertinenza”.
Ne consegue che la modifica della localizzazione
dell’edificio integra una variazione essenziale rispetto al
progetto qualora si sia in presenza di una traslazione tale
da comportare lo spostamento del fabbricato su un’area
totalmente o pressoché totalmente diversa da quella
originariamente prevista: a detta modifica, pertanto, si
connette la necessità di una nuova valutazione del progetto
da parte dell’amministrazione concedente, sotto il profilo
della sua compatibilità con i parametri urbanistici e con la
considerazione dell’area (Corte di Cassazione, Sez. III
penale,
sentenza 31.05.2011 n. 21781 - link a
www.lexambiente.it). |
anno
2009 |
|
EDILIZIA
PRIVATA: Comune
di Tuscania - Parere in merito alla possibilità di procedere
alla demolizione e ricostruzione di un fabbricato condonato
avente destinazione incompatibile con il piano regolatore,
differente sagoma e da collocarsi in una diversa area di
sedime (Regione Lazio,
parere 29.07.2009 n. 42593 di prot.). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Ristrutturazione edilizia - Demolizione
e ricostruzione - Art. 3, comma 1, lettera d) del T.U. n.
380/2001 - Fedele ricostruzione - Identità di sagoma,
superficie e volume - D.I.A. - Lieve traslazione
dell’immobile - Violazione dell’art. 44, lett. b), del T.U.
n. 380/2001 - Inconfigurabilità
L’art. 3, comma 1, lettera d) del T.U. n. 380/2001 ha
espressamente ricondotto nell’ambito degli interventi di
ristrutturazione edilizia anche quelli consistenti nella
demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e
sagoma di un edificio preesistente, fatte salve le sole
innovazioni necessarie per lì adeguamento alla normativa
antisismica; in altri termini, identità di volumetria e
sagoma con riferimento al preesistente edificio sono i
requisiti che consentono di ricondurre nella nozione di
ristrutturazione edilizia l’intervento ricostruttivo che si
ricolleghi ad una integrale demolizione.
Tali interventi sono subordinati alla presentazione di
denuncia di inizio attività e, unicamente qualora comportino
aumenti di unità immobiliari, modifiche del volume, della
sagoma, dei prospetti o delle superfici sono subordinati al
previo rilascio del permesso a costruire (fattispecie
relativa alla demolizione e successiva ricostruzione di un
capannone, senza mutamento di sagoma, superficie e volume,
ma con una lieve traslazione rispetto alla posizione
planimetrica originaria: la riconducibilità dell’intervento
all’ipotesi di cui all’art. 3, c. 1, lett. d), del T.U. n.
380/2001, per la quale è sufficiente la D.I.A., ha escluso
la violazione dell’art. 44, lett. b), del T.U. n. 380/2001,
anche in ragione del fatto che la lieve traslazione non
aveva compromesso l’assetto del territorio) (Tribunale di
Salerno, Sez. staccata di Eboli,
sentenza 06.03.2009 n. 195 - link a
www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Varianti - Nozione.
In materia urbanistica, non tutte le modifiche alla
progettazione originaria possono definirsi varianti e che
queste si configurano solo allorquando il progetto già
approvato non risulti sostanzialmente e radicalmente mutato
dal nuovo elaborato (come accade, ad esempio, nelle ipotesi
di: sensibile spostamento della localizzazione del
manufatto, aumento del numero dei piani, creazione di un
piano seminterrato, modifica del prospetto esterno etc.). La
nozione di "variante", deve ricollegarsi a modificazioni
qualitative o quantitative di non rilevante consistenza
rispetto all'originario progetto e gli elementi da prendere
in considerazione, al fine di discriminare un nuovo permesso
di costruire dalla variante ad altro preesistente,
riguardano la superficie coperta, il perimetro, la
volumetria, le distanze dalle proprietà viciniori, nonché le
caratteristiche funzionali e strutturali, interne ed
esterne, del fabbricato [C. Stato, Sez. V, 11/05/1989, n.
272].
Rilascio del permesso in sanatoria -
Presupposti - Conformità alla disciplina urbanistica ed
edilizia vigente - Contributo di costruzione - Art. 36 del
T.U. n. 380/2001.
Per il rilascio del permesso in sanatoria previsto dall'art.
36 del T.U. n. 380/2001 è richiesto, quale presupposto, che
l'opera abusiva sia "conforme alla disciplina urbanistica
ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione
dell'intervento sia al momento della presentazione della
domanda". Il rilascio è altresì subordinato (sicché nel
provvedimento deve farsi espressa menzione dell'avvenuto
versamento) al pagamento di una somma di danaro determinata,
per le opere soggette a permesso oneroso, con riferimento al
contributo di costruzione da corrispondersi (eventualmente
per le sole parti difformi) in misura doppia a quella dovuta
per il rilascio del titolo in via ordinaria.
Permesso di costruire - Rilasciato in
sanatoria - Effetti sui reati - Operatività - Artt. 36 e 45
del T.U. n. 380/2001.
Il permesso di costruire rilasciato ex art. 36 del T.U. n.
380/2001, estingue - a norma del 3° comma del successivo
art. 45, "i reati contravvenzionali previsti dalle norme
urbanistiche vigenti" e non si estende ad altri reati
correlati alla tutela di interessi diversi rispetto a quelli
che riguardano l'assetto del territorio sotto il profilo
edilizio, quali i reati previsti dalla normativa sulle opere
in cemento armato, sulle costruzioni in zone sismiche, sulla
tutela delle zone di particolare interesse paesaggistico ed
ambientale [Cass., Sez. III, 13.04.2005, Cupelli]. Inoltre,
la speciale causa di estinzione di cui all'art. 45 del
D.P.R. n. 380/2001 opera in favore di tutti i responsabili
dell'abuso e non solo dei soggetti legittimati a chiedere il
permesso di costruire: mentre il pagamento della somma
dovuta a titolo di oblazione può essere richiesto una sola
volta, trattandosi di un adempimento della procedura
amministrativa che resta al di fuori dello schema
penalistico.
Spostamento della localizzazione di un
manufatto - Variante edilizia - Permesso di costruire - C.d.
"varianti leggere o minori in corso d'opera" - DIA (denuncia
di inizio dell'attività) - Disciplina art. 15, 12° c., L. n.
10/1977, art. 15 L. n. 47/1985, mod. da L. n. 662/1996 succ.
mod. dall'art. 22, 2° c., T.U. n. 380/2001 come mod. dal
D.Lgs. n. 301/2002.
Lo spostamento della localizzazione di un manufatto, in
linea di principio, ha natura di variante edilizia. Mentre,
le c.d. "varianti leggere o minori in corso d'opera"
(disciplinate attualmente dall'art. 22, 2° comma, del T.U.
n. 380/2001 -come modificato dal D.Lgs. n. 301/2002)-
prevede che siano sottoposte a denuncia di inizio
dell'attività le varianti a permessi di costruire che:
- non incidono sui parametri urbanistici e sulle volumetrie
(e, tra i "parametri urbanistici" vanno ricomprese anche le
distanze tra gli edifici);
- non modificano la destinazione d'uso e la categoria
edilizia;
- non alterano la sagoma dell'edificio;
- non violano le prescrizioni eventualmente contenute nel
permesso di costruire.
La denuncia di inizio dell'attività costituisce "parte
integrante del procedimento relativo al permesso di
costruzione dell'intervento principale" e può essere
presentata prima della dichiarazione di ultimazione dei
lavori: la formulazione dell'art. 22 sembra consentire,
pertanto, la possibilità di dare corso alle opere in
difformità dal permesso di costruire e poi regolarizzarle
entro la fine dei lavori (il Consiglio di Stato ha
considerato "variante minore o non essenziale" una
modesta rototraslazione della sagoma dell'edificio rispetto
al progetto approvato - C. Stato, Sez. V, 22.01.2003, n.
249) (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 05.03.2009 n. 9922 - link a
www.ambientediritto.it). |
anno
2008 |
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EDILIZIA
PRIVATA:
Comune di Sora - Parere in merito alla ammissibilità di
demolizione e ricostruzione in zona agricola con spostamento
dell'area di sedime (Regione Lazio,
parere 24.11.2008 n. 163967 di prot.). |
EDILIZIA
PRIVATA: Quando
la traslazione di un edificio è classificabile quale
"variazione essenziale".
Il Collegio ritiene di condividere l’interpretazione
affermatasi nella giurisprudenza di primo grado della
disposizione di cui all’art. 32, lettera c), del d.P.R.
06.06.2001, n. 380, secondo cui costituiscono “variazioni
essenziali” rispetto al progetto approvato le “modifiche
sostanziali di parametri urbanistico-edilizi del progetto
approvato ovvero della localizzazione dell’edificio
sull’area di pertinenza”.
Tale disposizione viene comunemente intesa nel senso che la
modifica della “localizzazione” dell’edificio assurge
al livello di “variazione essenziale” allorché si sia
in presenza di una traslazione non parziale, ma tale da
comportare lo spostamento del fabbricato su un’area
totalmente o pressoché totalmente diversa da quella
originariamente prevista; ciò viene giustificato con la
considerazione che tale modifica comporta una nuova
valutazione del progetto da parte dell’Amministrazione
concedente, sotto il profilo della sua compatibilità con i
parametri urbanistici e con la considerazione dell’area.
Ciò non può non valere anche nel caso di specie, laddove
l’intervento, originariamente assentito come mera
ristrutturazione, unica tipologia in fatto compatibile con
la destinazione urbanistica dell’area, a seguito della
variante richiesta veniva ad assumere, secondo il
condivisibile orientamento del Comune, le caratteristiche di
un vero e proprio intervento di nuova costruzione (Consiglio
di Stato, Sez. V,
sentenza 20.11.2008 n. 5743 -
link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Lombardia, non rientra nell'accezione di
"ristrutturazione edilizia" la demolizione e ricostruzione
di un fabbricato con traslazione dell'area di sedime.
Una ristrutturazione realizzata con
traslazione totale dell’area di sedime in un sito
completamente diverso è di dubbia legittimità, essendo il
concetto di ristrutturazione ancorato ad una preesistenza in
situ.
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...
per l’annullamento dei
provvedimenti 28.06.2007, prot. 6196 [ricorso] e 08.01.2008
prot. n. 84 [motivi aggiunti], con cui il Comune ha negato
il permesso di costruire un edificio da destinare a
residenza dell’imprenditore agricolo; e per la condanna del
Comune al risarcimento del danno.
...
Premesso che:
- il diniego impugnato col ricorso introduttivo è stato
rimosso dal Comune nell’esercizio dei poteri di autotutela;
- il diniego impugnato con motivi aggiunti è motivato per
relationem al preavviso di diniego: il quale rileva, in
primo luogo, che l’art. 59, secondo comma, della legge
regionale 11.03.2005 n. 12 (legge per il governo del
territorio) ammette la costruzione in zona agricola di nuovi
edifici residenziali per l’imprenditore a agricolo e i
dipendenti dell’azienda “qualora le esigenze abitative
non possano essere soddisfatte attraverso interventi sul
patrimonio edilizio esistente”, e che la residenza
dell’imprenditore, nel caso in esame, potrebbe essere
localizzata nell’immobile denominato Cascina Guastone,
suscettibile di ristrutturazione anche con interventi di
demolizione e ricostruzione; in secondo luogo, che la
diversa area interessata dal progetto edilizio (sita nei
pressi della Cascina Merlo) sarebbe compresa tra gli ambiti
agricoli di pregio da non sottrarre alla coltivazione a
norma del PTCP (piano territoriale di coordinamento
provinciale);
Considerato che sul secondo profilo della motivazione non
sono rinvenibili specifiche censure e che, quanto al primo
profilo della motivazione, una ristrutturazione realizzata
con traslazione totale dell’area di sedime in un sito
completamente diverso (secondo la tesi svolta nel settimo
motivo di ricorso) è di dubbia legittimità, essendo il
concetto di ristrutturazione ancorato ad una preesistenza
in situ
(TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
ordinanza 09.04.2008 n. 547). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Comune di Sora - Parere in merito alla ammissibilità di
demolizione e ricostruzione in zona agricola con spostamento
dell'area di sedime (Regione Lazio,
parere 24.11.2008 n. 163967 di prot.). |
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