dossier TINTEGGIATURA FACCIATE ESTERNE |
anno 2012 |
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EDILIZIA
PRIVATA: La
tinteggiatura della facciata esterna di un edificio rientra
nella definizione degli interventi di manutenzione ordinaria
recata dall'articolo 3 del testo unico dell'edilizia;
infatti, l'articolo 3 del d.p.r. 380 del 2001 definisce
interventi di manutenzione ordinaria “gli interventi edilizi
che riguardano le opere di riparazione rinnovamento e
sostituzione delle finiture degli edifici”.
La tinteggiatura della facciata di un edificio consiste,
effettivamente, nel rinnovamento o riparazione di una
finitura dell'edificio stesso, per cui ricade certamente
nella suddetta definizione di manutenzione ordinaria.
Erroneamente il comune ha classificato tale intervento
edilizio nella manutenzione straordinaria, intendendosi per
manutenzione straordinaria le opere e le modifiche
necessarie per rinnovare e sostituire parti anche
strutturali degli edifici, ai sensi del medesimo articolo 3.
Ne deriva che, configurandosi la manutenzione ordinaria come
attività edilizia libera, ai sensi dell'articolo 6 del testo
unico dell'edilizia, l'intervento di tinteggiatura poteva
essere svolto senza alcun titolo abilitativo.
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Ai fini della realizzabilità di interventi edilizi in area
sottoposta a vincolo paesaggistico, è necessaria, in linea
generale, la contestuale acquisizione sia del titolo
autorizzatorio edilizio, sia di quello paesaggistico (che
assume, tra l'altro, carattere prioritario e preminente
rispetto al titolo edilizio). Tuttavia, ai sensi dell'art.
149 comma 1, lett. a), d.lgs. 22.01.2004 n. 42,
l'autorizzazione non è comunque richiesta per "gli
interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di
consolidamento statico e di restauro conservativo che non
alterino lo stato dei luoghi e l'aspetto esteriore degli
edifici".
Nella fattispecie, l'intervento di tinteggiatura della
facciata deve essere considerato, come già visto, opera di
manutenzione ordinaria; trattandosi di tinteggiatura della
facciata, qualora fosse stato scelto un colore diverso da
quello originario, si sarebbe potuta verificare quella
alterazione dell'aspetto esteriore degli edifici che avrebbe
richiesto una previa autorizzazione paesaggistica.
Secondo il ricorrente, peraltro, il piano paesistico si
limiterebbe a prescrivere colori tenui, rinviando al piano
colori comunale una più dettagliata regolamentazione, che
non sarebbe mai stata adottata dal comune stesso. Inoltre,
sempre secondo il ricorrente, il colore originario della
facciata sarebbe stato proprio il rosa e il fatto sarebbe
apparso evidente dopo la raschiatura della parete. Inoltre,
il colore rosa sarebbe prevalente nelle facciate degli
edifici situati nella via pubblica su cui si trova
l'edificio.
Ritiene il collegio di poter condividere le deduzioni di
parte ricorrente, in quanto una colorazione tenue non può
essere ritenuta tale da alterare l'aspetto esteriore dei
luoghi in misura tale da deteriorare o porre in pericolo il
valore della tutela del paesaggio. Dalla stessa
documentazione fotografica allegata agli atti dal Comune, si
rileva che le case situate nei paraggi dell'edificio
interessato presentano una tinteggiatura non assolutamente
uniforme, comparendo colori tenui diversi tra loro, dal
giallo chiaro al verde grigio, dall'ocra al rosa pallido;
deve concludersi dunque, per l'inconsistenza della
contestazione mossa al ricorrente con la seconda parte della
motivazione dell'ordinanza di demolizione.
Con il provvedimento impugnato, il comune di Pescolanciano
ha ordinato all'attuale ricorrente la riduzione in pristino
della situazione dei luoghi sui quali sarebbero stati svolti
lavori abusivi, consistenti nella tinteggiatura delle
facciate esterne dell'immobile in colore rosa e nella
parziale demolizione di una parete tramezzale interna
situata tra un vano negozio ed un retrostante disimpegno.
...
Il ricorso deve ritenersi fondato.
Nell'ordinanza di demolizione impugnata, la tinteggiatura
delle facciate esterne in colore rosa viene considerata
abusiva in quanto rientrerebbe tra le opere soggette a
denuncia di inizio attività e perché, inoltre, comportando
una modifica del preesistente aspetto esteriore del
fabbricato, sottoposto a vincolo di tutela ai sensi del
decreto legislativo 42 del 2004, doveva essere
preventivamente autorizzata a norma dell'articolo 146 del
predetto decreto legislativo.
Ritiene il collegio che, diversamente da quanto considerato
nell'ordinanza impugnata, la tinteggiatura della facciata
esterna di un edificio rientri nella definizione degli
interventi di manutenzione ordinaria recata dall'articolo
tre del testo unico dell'edilizia; infatti, l'articolo tre
del d.p.r. 380 del 2001 definisce interventi di manutenzione
ordinaria “gli interventi edilizi che riguardano le opere
di riparazione rinnovamento e sostituzione delle finiture
degli edifici”.
La tinteggiatura della facciata di un edificio consiste,
effettivamente, nel rinnovamento o riparazione di una
finitura dell'edificio stesso, per cui ricade certamente
nella suddetta definizione di manutenzione ordinaria.
Erroneamente il comune ha classificato tale intervento
edilizio nella manutenzione straordinaria, intendendosi per
manutenzione straordinaria le opere e le modifiche
necessarie per rinnovare e sostituire parti anche
strutturali degli edifici, ai sensi del medesimo articolo
tre. Ne deriva che, configurandosi la manutenzione ordinaria
come attività edilizia libera, ai sensi dell'articolo sei
del testo unico dell'edilizia, l'intervento di tinteggiatura
poteva essere svolto senza alcun titolo abilitativo.
Viene a cadere, di conseguenza, la prima parte della
motivazione dell'ordinanza impugnata, secondo la quale
l'intervento contestato sarebbe stato soggetto a denuncia di
inizio attività.
La seconda parte della motivazione dell'ordinanza,
come già esposto, considera l'abusività dell'opera come
conseguenza della violazione del decreto legislativo 42 del
2004.
Secondo il comune resistente, l'intero territorio comunale
sarebbe vincolato a tutela paesaggistica e il passaggio dal
colore verde chiaro della facciata al colore rosa
costituirebbe una modifica dell'aspetto esterno, per la
quale sarebbe stata necessaria una previa autorizzazione.
Ai fini della realizzabilità di interventi edilizi in area
sottoposta a vincolo paesaggistico, è necessaria, in linea
generale, la contestuale acquisizione sia del titolo
autorizzatorio edilizio, sia di quello paesaggistico (che
assume, tra l'altro, carattere prioritario e preminente
rispetto al titolo edilizio). Tuttavia, ai sensi dell'art.
149 comma 1, lett. a), d.lgs. 22.01.2004 n. 42,
l'autorizzazione non è comunque richiesta per "gli
interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di
consolidamento statico e di restauro conservativo che non
alterino lo stato dei luoghi e l'aspetto esteriore degli
edifici".
Nella fattispecie, l'intervento di tinteggiatura della
facciata deve essere considerato, come già visto, opera di
manutenzione ordinaria; trattandosi di tinteggiatura della
facciata, qualora fosse stato scelto un colore diverso da
quello originario, si sarebbe potuta verificare quella
alterazione dell'aspetto esteriore degli edifici che avrebbe
richiesto una previa autorizzazione paesaggistica.
Secondo il ricorrente, peraltro, il piano paesistico si
limiterebbe a prescrivere colori tenui, rinviando al piano
colori comunale una più dettagliata regolamentazione, che
non sarebbe mai stata adottata dal comune stesso. Inoltre,
sempre secondo il ricorrente, il colore originario della
facciata sarebbe stato proprio il rosa e il fatto sarebbe
apparso evidente dopo la raschiatura della parete. Inoltre,
il colore rosa sarebbe prevalente nelle facciate degli
edifici situati nella via pubblica su cui si trova
l'edificio.
Ritiene il collegio di poter condividere le deduzioni di
parte ricorrente, in quanto una colorazione tenue non può
essere ritenuta tale da alterare l'aspetto esteriore dei
luoghi in misura tale da deteriorare o porre in pericolo il
valore della tutela del paesaggio. Dalla stessa
documentazione fotografica allegata agli atti dal Comune, si
rileva che le case situate nei paraggi dell'edificio
interessato presentano una tinteggiatura non assolutamente
uniforme, comparendo colori tenui diversi tra loro, dal
giallo chiaro al verde grigio, dall'ocra al rosa pallido;
deve concludersi dunque, per l'inconsistenza della
contestazione mossa al ricorrente con la seconda parte della
motivazione dell'ordinanza di demolizione
(TAR Molise,
sentenza 27.12.2012 n. 786 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Un giudizio
estetico negativo (ndr: tinteggiatura facciate esterne) può
aversi solo con riferimento ad aspetti (attinenti, per
esempio, all’uso di particolari materiali e/o colori)
espressamente previsti e disciplinati dalla normativa
edilizia e/o paesaggistica, i quali debbono pertanto essere
adeguatamente individuati in sede motivazionale mediante il
richiamo alle pertinenti disposizioni.
L’art. 3.0.1 del regolamento edilizio stabilisce che “Le
parti delle case e degli edifici in genere prospettanti
sulle vie e spazi pubblici … devono rispondere alle esigenze
del decoro edilizio tanto per ciò che si riferisce alla
corretta armonia delle linee, quanto per materiali da
impiegarsi nelle opere di decorazione e per tinteggiature”.
L’art. 23 delle N.T.A. del P.R.G. per tempo vigente dispone
che “Quando per effetto dell’esecuzione del PRG anche una
sola parte di edificio venga ad essere esposta alla pubblica
vista e ne derivi un deturpamento dell’ambiente urbano, è
facoltà del Comune di imporre ai proprietari di sistemare le
fronti secondo progetto da approvarsi”.
La
giurisprudenza ha affermato che un giudizio estetico
negativo può aversi solo con riferimento ad aspetti
(attinenti, per esempio, all’uso di particolari materiali
e/o colori) espressamente previsti e disciplinati dalla
normativa edilizia e/o paesaggistica, i quali debbono
pertanto essere adeguatamente individuati in sede
motivazionale mediante il richiamo alle pertinenti
disposizioni (TAR Liguria, sez. I – 20/04/2010 n. 1834).
Nella fattispecie dall’esame delle fotografie a colori
depositate in atti non traspare alcuna lesione del decoro
urbano, né soprattutto alcuno “stridente contrasto”
con il contesto circostante l’edificio dei ricorrenti.
Quest’ultimo corrisponde perfettamente alla descrizione
dagli stessi effettuata nella memoria finale, in quanto si
presenta finito con un intonaco di malta cementizia di
colore uniforme, in buono stato di manutenzione ed in alcun
modo ammalorato (non sono infatti visibili distacchi o
rigonfiamenti – cfr. doc. 7). E’ altresì evidente la
somiglianza con una pluralità di fabbricati dell’abitato,
ugualmente terminati con intonaco “a vista”, mentre
si dà conto di altri manufatti connotati da un’evidente
situazione di degrado. A queste considerazioni i ricorrenti
hanno aggiunto il rilievo che l’edificio non ricade in zona
interessata da vincolo paesaggistico
(TAR Lombardia-Brescia, Sez. II,
sentenza 14.11.2012 n. 1787 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Nessun ordine della PA per la
tinteggiatura del fabbricato brutto.
È illegittimo, per travisamento dei
fatti e per sviamento del potere pubblico, il provvedimento
con cui un ente locale ha ordinato l’esecuzione di lavori di
tinteggiatura delle facciate di un fabbricato residenziale,
motivato con riferimento all’ubicazione dello stesso in zona
di notevole pregio storico e artistico, ove l’immobile versi
in buono stato manutentivo.
I deducenti, proprietari di un’immobile destinato a civile
abitazione e ubicato in zona residenziale esterna al centro
storico cittadino, hanno gravato il provvedimento con cui il
Sindaco del Comune ha ingiunto l’esecuzione di alcuni lavori
di tinteggiatura delle facciate del medesimo fabbricato.
Nello specifico, hanno esposto che l’adozione del predetto
atto era intervenuta nonostante le controdeduzioni formulate
dagli interessati circa l’ottimo stato di manutenzione del
medesimo immobile.
La civica P.A., infatti, aveva assunto l’impugnata ordinanza
sulla motivazione per cui l’abitazione de quo, da un
esame dello stato dei luoghi e in considerazione della sua
ubicazione, si sarebbe posta "in stridente contrasto con
il contesto circostante".
I ricorrenti, così, hanno eccepito plurimi profili di
eccesso di potere sotto il versante del difetto di
istruttoria, travisamento dei fatti e disparità di
trattamento, in quanto le disposizioni del regolamento
edilizio e delle N.T.A. richiamate dall’Amministrazione
avrebbero disciplinato le sole attività di trasformazione
urbanistica ed edilizia del territorio.
Il ricorso è stato accolto.
Il TAR di Brescia ha osservato che, nella vicenda, il
regolamento edilizio stabiliva espressamente che: "Le
parti delle case e degli edifici in genere prospettanti
sulle vie e spazi pubblici … devono rispondere alle esigenze
del decoro edilizio tanto per ciò che si riferisce alla
corretta armonia delle linee, quanto per i materiali da
impiegarsi nelle opere di decorazione e tinteggiature".
Al contempo, ha evidenziato che le N.T.A. del P.R.G. al
tempo vigente prevedevano che: "Quando per effetto
dell’esecuzione del P.R.G. anche una sola parte di edificio
venga a essere esposta alla pubblica vista e ne derivi un
deturpamento dell’ambiente urbano, è facoltà del Comune di
imporre ai proprietari di sistemare le fronti secondo un
progetto da approvarsi".
Alla stregua di siffatte disposizioni, il giudicante ha
rilevato che l’ordine di esecuzione dei lavori di
tinteggiatura avrebbe dovuto essere impartito previo idoneo
giudizio estetico dell’immobile interessato.
Sul proposito, ha richiamato un recente arresto
giurisprudenziale per cui: “… un giudizio estetico
negativo può aversi solo con riferimento ad aspetti
-attinenti, per esempio, all’uso di particolari materiali
e/o colori- espressamente previsti e disciplinati dalla
normativa edilizia e/o paesaggistica, i quali debbono
pertanto essere adeguatamente individuati in sede
motivazionale mediante il richiamo alle pertinenti
disposizioni" (TAR Liguria, Sez. I, 20.04.2010, n.
1834).
Orbene, avuto riguardo al caso di specie, il Collegio ha
osservato che l’edificio in proprietà dei ricorrenti non era
risultato interessato da alcuna lesione, né da alcuno "stridente
contrasto" con il contesto circostante; lo stesso,
invero, si presentava finito con un intonaco di malta
cementizia di colore uniforme, in buono stato di
manutenzione e in alcun modo ammalorato.
Parallelamente, ha riscontrato sia la sussistenza di
un’evidente somiglianza del fabbricato in parola con la
pluralità degli immobili formanti l’abitato, tutti
ugualmente terminati con intonaco "a vista", sia la
circostanza per cui lo stesso non ricadeva in zona
interessata da vincolo paesaggistico.
A siffatte conclusioni, del resto, l’adito TAR è giunto alla
luce della documentazione versata in atti dagli interessati.
Il Tribunale amministrativo lombardo, infatti, ha precisato
che il temperamento del principio dispositivo -proprio del
giudizio civile- con quello acquisitivo -peculiare del
processo amministrativo- deve essere definitivamente
rimeditato dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 104/2010,
il cui art. 64 prevede espressamente che: "Spetta alle
parti l’onere di fornire gli elementi di prova che siano
nella loro disponibilità riguardanti i fatti posti a
fondamento delle domande e delle eccezioni … Salvi i casi
previsti dalla legge, il giudice deve porre a fondamento
della decisione le prove proposte dalle parte nonché i fatti
non specificamente contestati dalle parti costituite".
In virtù di tale disposizione, il G.A., condividendo
l’impostazione esegetica per cui: “… il tema probatorio
nel giudizio amministrativo oggidì è essenzialmente
assegnato alle parti e il giudice non deve supplire con
propri poteri istruttori a incombenti cui la parte può
diligentemente provvedere” (cfr. TAR Campania, Napoli,
Sez. VIII, 01.12.2010 n. 26440; idem, 18.03.2011, n. 438),
ha conclusivamente sottolineato che i ricorrenti hanno
esibito in corso di causa molteplici elementi idonei a
comprovare l’eccepito travisamento dei fatti e sviamento del
potere pubblico.
A quest’ultimo riguardo, ha rilevato la sussistenza di
elementi che hanno documentato non solo che l’impulso
dell’iniziativa repressiva era stato dato direttamente dal
primo cittadino in carica, ma anche che l’Amministrazione
comunale non aveva fornito alcun supporto (a titolo
esemplificativo, mediante indagini comparative sugli edifici
del territorio o relazioni di approfondimento) alla propria
decisione finale sfociata nell’adozione dell’ordinanza
sindacale.
In considerazione delle illustrate argomentazioni, il TAR di
Brescia ha accolto il gravame e, per l’effetto annullato
l’impugnato provvedimento (commento tratto da www.ipsoa.it -
TAR Lombardia-Brescia, Sez. II,
sentenza 14.11.2012 n. 1787 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2010 |
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EDILIZIA
PRIVATA:
Concessione edilizia - Diniego basato su
considerazioni di carattere estetico - Assenza di specifiche
disposizioni normative o di piano - Assenza di vincoli
storico-paesaggistici - Illegittimità.
In mancanza di specifiche disposizioni primarie e secondarie
o dello strumento urbanistico comunale, non può essere
negata la concessione edilizia in base a generiche
considerazioni di carattere estetico, non tradotte in norme
o previsioni urbanistiche, relativamente ad aree su cui le
norme vigenti non impediscono di costruire e su cui non
sussistono vincoli di carattere storico-artistico o
paesaggistico (TAR Veneto, II, 04.07.2001, n. 1971) (TAR
Liguria, Sez. I,
sentenza 20.04.2010 n. 1834 - link a
www.ambientediritto.it). |
anno 2009 |
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EDILIZIA
PRIVATA:
Qualificazione intervento previsto in
ambito edilizio dalla vigente normativa.
Viene chiesto parere in ordine alla qualificazione
dell’intervento di sola tinteggiatura o ritinteggiatura
(peraltro totale) di un edificio, nell’ambito delle
categorie di interventi edilizi individuate dalla vigente
normativa.
Più specificatamente il Comune si interroga sulla
qualificabilità dell’intervento predetto come “manutenzione
ordinaria” o come “manutenzione straordinaria”,
ricercando al riguardo la risposta oggettivamente più
corretta (Regione Piemonte,
parere n. 87/2009 - link a
www.regione.piemonte.it). |
anno 2001 |
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EDILIZIA
PRIVATA:
In mancanza di specifiche
disposizioni primarie e secondarie o dello strumento
urbanistico comunale, non può essere negata la concessione
edilizia in base a generiche considerazioni di carattere
estetico, non tradotte in norme o previsioni urbanistiche,
relativamente ad aree su cui le norme vigenti non
impediscono di costruire e su cui non sussistono vincoli di
carattere storico-artistico o paesaggistico.
Circa l’altro motivo del diniego, cioè il pregiudizio
estetico derivante alla prospettiva della piazza, esso
effettivamente incorre nelle censure dedotta col primo e col
secondo mezzo di gravame.
Infatti, in mancanza di specifiche disposizioni primarie e
secondarie o dello strumento urbanistico comunale, non può
essere negata la concessione edilizia in base a generiche
considerazioni di carattere estetico, non tradotte in norme
o previsioni urbanistiche, relativamente ad aree su cui le
norme vigenti non impediscono di costruire e su cui non
sussistono vincoli di carattere storico-artistico o
paesaggistico (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 23.06.1997
n. 718)
(TAR Veneto, Sez. II,
sentenza 04.07.2001 n. 1971 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
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