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44-CONTRIBUTO DI COSTRUZIONE (gratuità per oo.pp. e/o private di interesse pubblico)
45-CONTRIBUTO DI COSTRUZIONE (prescrizione termine dare/avere e legittimazione alla restituzione)
46-CONTRIBUTO DI COSTRUZIONE (rateizzato e/o ritardato versamento)
47-DEBITI FUORI BILANCIO
48-DEFINIZIONI INTERVENTI EDILIZI
49-DIA e SCIA
50-DIAP
51-DISTANZA dagli ALLEVAMENTI ANIMALI
52-DISTANZA dai CONFINI
53-DISTANZA dai CORSI D'ACQUA - DEMANIO MARITTIMO/LACUALE
54-DISTANZA dalla FERROVIA

55-DISTANZA dalle PARETI FINESTRATE
56-DURC
57-EDICOLA FUNERARIA
58-EDIFICIO UNIFAMILIARE
59-ESPROPRIAZIONE
60-GESTIONE ASSOCIATA FUNZIONI COMUNALI
61-INCARICHI LEGALI e/o RESISTENZA IN GIUDIZIO
62-INCARICHI PROFESSIONALI E PROGETTUALI
63-INCENTIVO PROGETTAZIONE (ora INCENTIVO FUNZIONI TECNICHE)
64-INDUSTRIA INSALUBRE
65-L.R. 12/2005
66-L.R. 23/1997
67-L.R. 31/2014
68-LEGGE CASA LOMBARDIA
69-LICENZA EDILIZIA (necessità)
70-LOTTO EDIFICABILE - ASSERVIMENTO AREA - CESSIONE CUBATURA
71-LOTTO INTERCLUSO
72-MAPPE e/o SCHEDE CATASTALI (valore probatorio o meno)
73-MOBBING
74-MURO DI CINTA/RECINZIONE, DI CONTENIMENTO/SOSTEGNO, ECC.
75-OPERE PRECARIE
76-PARERE DI REGOLARITA' TECNICA, CONTABILE E DI LEGITTIMITA'
77-PATRIMONIO
78-PERGOLATO e/o GAZEBO e/o BERCEAU e/o DEHORS e/o POMPEIANA e/o PERGOTENDA e/o TETTOIA
79-PERMESSO DI COSTRUIRE (annullamento e/o impugnazione)
80-PERMESSO DI COSTRUIRE (decadenza)
81-PERMESSO DI COSTRUIRE (deroga)
82-PERMESSO DI COSTRUIRE (legittimazione richiesta titolo)
83-PERMESSO DI COSTRUIRE (parere commissione edilizia)
84-PERMESSO DI COSTRUIRE (prescrizioni)
85-PERMESSO DI COSTRUIRE (proroga)
86-PERMESSO DI COSTRUIRE (verifica in istruttoria dei limiti privatistici al rilascio)
87
-
PERMESSO DI COSTRUIRE (volturazione)
88-
PERTINENZE EDILIZIE ED URBANISTICHE
89-PIANI PIANIFICATORI ED ATTUATIVI
90-PIANI PIANIFICATORI ED ATTUATIVI (aree a standard)
91-PIF (Piano Indirizzo Forestale)
92-PISCINE
93-PUBBLICO IMPIEGO
94-PUBBLICO IMPIEGO (quota annuale iscrizione ordine professionale)
95-RIFIUTI E BONIFICHE
96-
RINNOVO/PROROGA CONTRATTI
97-RUDERI
98-
RUMORE
99-SAGOMA EDIFICIO
100-SANATORIA GIURISPRUDENZIALE E NON (abusi edilizi)
101-SCOMPUTO OO.UU.
102-SEGRETARI COMUNALI
103-SEMINTERRATI
104-SIC-ZSC-ZPS - VAS - VIA
105-SICUREZZA SUL LAVORO
106
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SILOS
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108-SOPPALCO
109-SOTTOTETTI
110-SUAP
111-SUE
112-STRADA PUBBLICA o PRIVATA o PRIVATA DI USO PUBBLICO
113-
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114-TENDE DA SOLE
115-TINTEGGIATURA FACCIATE ESTERNE
116-TRIBUTI LOCALI
117-VERANDA
118-VINCOLO CIMITERIALE
119-VINCOLO IDROGEOLOGICO
120-VINCOLO PAESAGGISTICO + ESAME IMPATTO PAESISTICO + VINCOLO MONUMENTALE
121-VINCOLO STRADALE
122-VOLUMI TECNICI / IMPIANTI TECNOLOGICI

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DOSSIER

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dossier SCOMPUTO ONERI DI URBANIZZAZIONE

per l'elenco delle opere di urbanizzazione 1^ e 2^ vedere Legge 29.09.1964 n. 847 che, comunque, sono anticipate a seguire:
 

opere di urbanizzazione 1^:
  
a) strade residenziali;
   b) spazi di sosta o di parcheggio;
   c) fognature;
   d) rete idrica;
   e) rete di distribuzione dell'energia elettrica e del gas;
   f) pubblica illuminazione;
   g) spazi di verde attrezzato; (Ai sensi dell’art. 26-bis d.l. n. 415 del 1989, convertito dalla legge n. 38 del 1990, gli impianti cimiteriali sono stati equiparati alle opere di urbanizzazione primaria) - (Il Ministero dei lavori pubblici, con circolare 31.03.1972, n. 2015, ha ritenuto che anche le reti telefoniche rientrino tra le opere di urbanizzazione primaria)
  
g-bis) infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione, di cui agli articoli 87 (ora art. 44) e 88 (ora art. 49) del codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 01.08.2003, n. 259, e successive modificazioni, e opere di infrastrutturazione per la realizzazione delle reti di comunicazione elettronica ad alta velocità in fibra ottica in grado di fornire servizi di accesso a banda ultralarga effettuate anche all'interno degli edifici. (lettera aggiunta dall'art. 6, comma 3-bis, legge n. 164 del 2014)



opere di urbanizzazione 2^:
  
a) asili nido e scuole materne;
   b) scuole dell'obbligo nonché strutture e complessi per l'istruzione superiore all'obbligo; (lettera così sostituita dall’art. 17, comma 44, legge n. 67 del 1988)
  
c) mercati di quartiere;
   d) delegazioni comunali;
   e) chiese ed altri edifici religiosi;
   f) impianti sportivi di quartiere;
   g) centri sociali e attrezzature culturali e sanitarie; nelle attrezzature sanitarie sono ricomprese le opere, le costruzioni e gli impianti destinati allo smaltimento, al riciclaggio o alla distruzione dei rifiuti urbani, speciali, pericolosi, solidi e liquidi, alla bonifica di aree inquinate; (nelle attrezzature sanitarie sono comprese le opere, le costruzioni e gli impianti destinati allo smaltimento, al riciclaggio o alla distruzione dei rifiuti urbani, speciali, pericolosi, solidi e liquidi, alla bonifica di aree inquinate, ai sensi dell'art. 266, comma 1, d.lgs. n. 152 del 2006)
   h) aree verdi di quartiere.

< > < > < >

Inoltre,

sono opere di urbanizzazione 1^:


"Le infrastrutture, anche private, destinate alla ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica costituiscono opere di urbanizzazione primaria realizzabili in tutto il territorio comunale." (Legge 07.08.2012 n. 134, art. 17-sexies, comma 1)

► "I parcheggi, pertinenziali e non pertinenziali, realizzati anche in eccedenza rispetto alla quota minima richiesta per legge, costituiscono opere di urbanizzazione ..." (L.R. 11.03.2005 n. 12, art. 69)

► "Le infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione, di cui agli articoli 44 e 49, e le opere di infrastrutturazione per la realizzazione delle reti di comunicazione elettronica ad alta velocità in fibra ottica in grado di fornire servizi di accesso a banda ultra larga, effettuate anche all'interno degli edifici sono assimilate ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria di cui all'articolo 16, comma 7, del decreto del Presidente della Repubblica 06.06.2001, n. 380, pur restando di proprietà dei rispettivi operatori, e ad esse si applica la normativa vigente in materia, fatto salvo quanto previsto dagli articoli 44 e 49 con riferimento alle autorizzazioni per la realizzazione della rete di comunicazioni elettroniche e degli elementi ad essa collegati per le quali si attua il regime di semplificazione ivi previsto. ..." (art. 43, comma 4, D.Lgs. 01.08.2003 n. 259)

"Tra gli interventi di urbanizzazione primaria di cui al comma 7 rientrano i cavedi multiservizi e i cavidotti per il passaggio di reti di telecomunicazioni, salvo nelle aree individuate dai comuni sulla base dei criteri definiti dalle regioni." (art. 16, comma 7-bis, D.P.R. 06.06.2001 n. 380comma introdotto dall'art. 40, comma 8, della legge n. 166 del 2002)

"1. Gli impianti cimiteriali sono servizi indispensabili parificati alle opere di urbanizzazione primaria ai sensi e per gli effetti dell'articolo 4 della legge 29.09.1964, n. 847, integrato dall'articolo 44 della legge 22.10.1971, n. 865.
   2. Ai fini dell'applicazione della norma di cui al comma 1 si considerano
impianti cimiteriali le opere ed i servizi indicati all'articolo 54 del regolamento di polizia mortuaria, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 21.10.1975, n. 803, e successive modificazioni.
" (D.L. 28.12.1989 n. 415, art. 26-bis -convertito dalla L. n. 38/1990-)

Il suddetto D.P.R. 21.10.1975 n. 803 è stato abrogato e, ad oggi, quanto indicato dall'ex art. 54 trova riscontro nell'
art. 56 del D.P.R. 10.09.1990 n. 285 (Approvazione del regolamento di polizia mortuaria) che recita:

   "1. La relazione tecnico-sanitaria che accompagna
i progetti di ampliamento e di costruzione di cimiteri deve illustrare i criteri in base ai quali l'amministrazione comunale ha programmato la distribuzione dei lotti destinati ai diversi tipi di sepoltura.
   2. Tale relazione deve contenere la descrizione
dell'area, della via di accesso, delle zone di parcheggio, degli spazi e viali destinati al traffico interno, delle eventuali costruzioni accessorie previste quali deposito di osservazione, camera mortuaria, sale di autopsia, cappelle, forno crematorio, servizi destinati al pubblico e agli operatori cimiteriali, alloggio del custode, nonché impianti tecnici.
   3. Gli elaborati grafici devono, in scala adeguata, rappresentare sia le varie zone del complesso, sia gli edifici dei servizi generali che gli impianti tecnici
."


"Le opere e gli interventi previsti dalla presente legge costituiscono opere di urbanizzazione anche ai sensi dell'articolo 9, primo comma, lettera f), della legge 28.01.1977, n. 10." (... i parcheggi realizzati nel sottosuolo o nei locali siti al piano terreno dei fabbricati esistenti ... ad uso esclusivo dei residenti, anche nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato) (Legge 24.03.1989 n. 122, art. 11)
 

sono opere di urbanizzazione 2^:


► "Gli oneri di
urbanizzazione secondaria sono relativi alle seguenti opere: asili nido e scuole materne, scuole dell’obbligo e strutture e complessi per l’istruzione superiore all’obbligo, mercati di quartiere, presidi per la sicurezza pubblica, delegazioni comunali, chiese e altri edifici religiosi, impianti sportivi di quartiere, aree verdi di quartiere, centri sociali e attrezzature culturali e sanitarie, cimiteri, interventi di bonifica o di messa in sicurezza permanente e interventi di gestione sostenibile delle acque meteoriche." (L.R. 11.03.2005 n. 12, art. 44, comma 4)

"1. Sono attrezzature di interesse comune per servizi religiosi:
         a) gli immobili destinati al culto anche se articolati in più edifici compresa l’area destinata a sagrato;
         b) gli immobili destinati all’abitazione dei ministri del culto, del personale di servizio, nonché quelli destinati ad attività di formazione religiosa;
         c) nell’esercizio del ministero pastorale, gli immobili adibiti ad attività educative, culturali, sociali, ricreative e di ristoro compresi gli immobili e le attrezzature fisse destinate alle attività di oratorio e similari che non abbiano fini di lucro;
         c-bis) gli immobili destinati a sedi di associazioni, società o comunità di persone in qualsiasi forma costituite, le cui finalità statutarie o aggregative siano da ricondurre alla religione, all’esercizio del culto o alla professione religiosa quali sale di preghiera, scuole di religione o centri culturali.
(lettera aggiunta dall'art. 12, comma 1, lett. m) della l.r. 21.02.2011 n. 3)
   2. Le attrezzature di cui al comma 1 costituiscono
opere di urbanizzazione secondaria ad ogni effetto, a norma dell’articolo 44, comma 4." (L.R. 11.03.2005 n. 12, art. 71, commi 1 e 2)

"5. Gli interventi di bonifica o di messa in sicurezza permanente costituiscono opere di urbanizzazione secondaria di cui all'articolo 44 della legge regionale 11.03.2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio). In deroga al disposto di cui all'articolo 45 della medesima legge regionale, dette opere, esclusivamente se insistenti nei siti di interesse nazionale di cui alla legge 09.12.1998, n. 426 (Nuovi interventi in campo ambientale), ed eseguite da soggetti affidatari di cui al comma 2, ovvero da soggetti a questi equiparati o comunque a tal fine indicati dal presente articolo, sono da considerare a scomputo dagli oneri di urbanizzazione secondaria per l'importo corrispondente al 50 per cento del relativo ammontare, salva la facoltà, per i comuni, di ammettere lo scomputo, in considerazione della rilevanza della bonifica, anche per quote ulteriori. Qualora le opere connesse al recupero socioeconomico e territoriale delle aree oggetto di bonifica siano realizzate in comuni diversi da quello ove si trova il sito contaminato lo scomputo dagli oneri di urbanizzazione secondaria non si applica." (L.R. 12.12.2003 n. 26, art. 21, comma 5)

"Sono considerati a tutti gli effetti opere di urbanizzazione secondaria, quali pertinenze degli edifici di culto, gli immobili e le attrezzature fisse destinate alle attività di oratorio e similari dagli enti di cui all’articolo 1, comma 1." (Legge 01.08.2003 n. 206, art. 2, comma 1)

"b) gli enti locali, nell'ambito dei propri poteri pianificatori del territorio, possono prevedere che le sedi di servizio e caserme occorrenti per la realizzazione dei presidi di polizia siano inserite tra le opere di urbanizzazione secondaria. ..."[Legge 27.12.2002 n. 289, art. 31, comma 7, lett. b)]
 

Altresì, seppur non definite nello specifico da alcuna normativa statale, esistono le cc.dd.

opere di urbanizzazione generale:


"Le
opere di urbanizzazione generale, infine, seppur non definite nello specifico da alcuna normativa statale, sono comunque di fondamentale importanza per una città, dal momento che comprendono tutte le attrezzature di livello superiore, a scala urbana e territoriale, non incluse nel precedente elenco, necessarie a soddisfare bacini di utenza più ampi di quelli locali. In funzione della dimensione territoriale e dell’importanza del Comune, le opere di urbanizzazione generale comprendono attrezzature diverse per tipologia e rango, come ospedali, parchi urbani e territoriali, università, musei, teatri, strade di livello superiore a quello locale, ma anche cimiteri, aeroporti, interporti e grandi attrezzature sportive come gli stadi." (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 13.09.2018 n. 5372 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2022

EDILIZIA PRIVATA: Secondo l’orientamento consolidato della giurisprudenza, non rilevano in termini di effettiva trasformazione del territorio, atta a legittimare uno scomputo degli oneri di urbanizzazione versati, i lavori preparatori di cantiere, in quanto non sono indici di un reale inizio dei lavori di costruzione, quali, ad esempio gli interventi di ripulitura del sito e approntamento del cantiere e dei materiali necessari per l'esecuzione dei lavori.
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... per l'annullamento della nota del Comune di Spoleto del 30.12.2020 con la quale veniva rigettata la richiesta di ripetizione di parte della somma corrisposta a titolo di contributo di costruzione relativamente ai permessi di costruire n. 48268/2007 e 35284/11
   e per l'accertamento del diritto della ricorrente alla ripetizione di parte della somma corrisposta a titolo contributo di costruzione correlati ai permessi di costruire n. 48268/2007 e 35284/2011,
   nonché per la condanna del Comune di Spoleto alla restituzione di quanto trattenuto indebitamente nei confronti della ricorrente pari ad euro 142.138,92 o della somma che risulti all'esito del giudizio.
...
Nel caso in esame è incontestato che sia stata realizzata solo una delle tre palazzine originariamente previste –come provato dalle stesse foto del sopralluogo 2021 depositate dalla difesa resistente– mentre prive di riscontro appaiono le affermazioni comunali circa l’esecuzione di ulteriori opere.
Difatti, dalle stesse foto aeree depositate dalla difesa comunale non è evincibile la presenza di alcuna ulteriore opera al di fuori dal lotto n. 1; in particolare, non è provata la realizzazione di alcuna strada, apparendo quella visibile nelle immagini del 2008 e del 2011 piuttosto come una traccia del cantiere, non più visibile nella foto del 2021 (doc. 11).
Al riguardo giova comunque rilevare che «secondo l’orientamento consolidato della giurisprudenza, non rilevano in termini di effettiva trasformazione del territorio, atta a legittimare uno scomputo degli oneri di urbanizzazione versati, i lavori preparatori di cantiere, in quanto non sono indici di un reale inizio dei lavori di costruzione, quali, ad esempio gli interventi di ripulitura del sito e approntamento del cantiere e dei materiali necessari per l'esecuzione dei lavori» (C.d.S. sez. IV, 11.01.2021, n. 349; cfr. C.d.S., sez. IV, 15.04.2013, n. 2027).
11. Per quanto esposto, il ricorso deve essere accolto, con l’annullamento della nota prot. 65524 del 30.12.2020 e l’accertamento del diritto della Gi.Ca.Im. s.r.l. alla ripetizione parziale delle somme versate a titolo di contributo di costruzione relativamente ai permessi di costruire n. 48268/2007 e 35284/2011, per la parte corrispondente a quanto non realizzato.
Da quanto precede discende, di conseguenza, la condanna del Comune di Spoleto alla restituzione di quota parte di quanto versato dalla ricorrente a titolo di oneri di urbanizzazione e costo di costruzione in relazione ai permessi di costruire n. 48268/2007 e 35284/2011, per complessivi euro 142.138,92, oltre interessi nella misura legale dalla domanda fino all’effettivo soddisfo.
Non può invece accogliersi la domanda relativa alla rivalutazione monetaria di detta somma, trattandosi di debito di valuta e non di valore (TAR Umbria, sentenza 22.08.2022 n. 648 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAUrbanizzazioni a scomputo, l'accettazione della Pa deve sempre essere espressa e consensuale.
Il Tar Calabria: l'ammissione allo scomputo è sempre sottoposta a valutazione discrezionale.

Opere di urbanizzazione a scomputo realizzate dal privato al di fuori di qualsiasi tipo di accordo tra lo stesso privato e il comune; e senza alcuna accettazione espressa da parte di quest'ultimo. Opere che -secondo il privato ricorrente- sarebbero state realizzate a scomputo degli oneri di urbanizzazione primaria e che l'ente locale non mai ha preso in carico, ignorando le istanze in tal senso del privato.
La causa trattata dal TAR Calabria-Catanzaro, Sez. II, sentenza 08.04.2022 n. 612, ha al centro questa questione, sottoposta al Tar dall'impresa, la quale ha appunto contestato il «silenzio serbato» dall'amministrazione -un piccolo comune del cosentino- sull'istanza di presa in carico delle opere nell'ambito della realizzazione di un complesso turistico.
Ricapitolando la controversia, i giudici segnalano che atti si sono svolti negli anni 1974-1977, quando la realizzazione delle opere di urbanizzazione a scomputo non prevedeva ancora una convenzione ma era sufficiente il semplice impegno da parte del privato proponente. Tuttavia, l'elemento determinante sottolineato dai giudici -e corroborato da una ricca giurisprudenza- è che la realizzazione delle opere e la successiva cessione a scomputo degli oneri di urbanizzazione, richiede sempre l'accettazione esplicita e consensuale da parte dell'amministrazione. Accettazione che, a sua volta, resta sempre sottoposta a discrezionalità senza necessità di motivare una eventuale diversa scelta.
«L'ammissione allo scomputo -ricordano infatti i giudici citando una pronuncia del Tar Puglia (Bari n. 158/2019)- costituisce oggetto di una valutazione ampiamente discrezionale da parte dell'amministrazione (che ben può optare per soluzioni diverse senza obbligo di specifica motivazione) ed un vero e proprio diritto sorge in capo al privato proponente allorché, a fronte della realizzazione da parte sua di opere di urbanizzazione ovvero dell'impegno a realizzarle, vi sia stato un espresso atto di "accettazione" consensuale da parte della stessa amministrazione».
Invece, nella vicenda esaminata sono mancate «sia una preventiva e positiva valutazione del Comune sulla realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria da parte del costruttore, risultante da apposita convenzione ovvero dal titolo autorizzativo degli interventi edilizi realizzati», «sia un atto di accettazione espressa successivo alla realizzazione di tali opere». In assenza di tali elementi, i giudici hanno concluso che non ci sono «i presupposti per la presa in carico delle opere urbanizzazione primaria realizzate»
(articolo NT+Enti Locali & Edilizia del 27.04.2022).
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SENTENZA
Il reclamo è infondato.
Secondo i reclamanti, il Commissario ad acta avrebbe ritenuto di non poter procedere alla presa in carico delle opere di urbanizzazione del Villaggio Ge., applicando erroneamente alla fattispecie in esame il disposto degli artt. 28 della L. 17.08.1942 n. 1150 e 16, comma 2, del D.P.R. 06.06.2001, n. 380.
Avuto riguardo al periodo in cui si è formata la vicenda (anni 1974-1977), il Commissario ad acta avrebbe dovuto fare riferimento all’art. 10 della L. 06.08.1967, n. 765, il quale prevede un semplice “impegno” del costruttore e non già la stipula di una convenzione affinché il Comune provveda alla presa in carico delle opere di urbanizzazione.
Ritiene il Collegio che la determinazione assunta dal Commissario ad acta sia coerente al quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento.
Invero, tutte le norme richiamate presuppongono una fattispecie di natura convenzionale alla base dell’obbligo del Comune di presa in carico delle opere di urbanizzazione.
Nello specifico:
   - l’art. 28 della L. 17.08.1942 n. 1150 prevede che l’autorizzazione comunale alla realizzazione della lottizzazione possa essere subordinata alla stipula di una convenzione, da trascriversi a cura del proprietario, che preveda:
1) la cessione gratuita entro termini prestabiliti delle aree necessarie per le opere di urbanizzazione primaria, precisate dall’articolo 4 della legge 29.09.1964, n. 847, nonché la cessione gratuita delle aree necessarie per le opere di urbanizzazione secondaria nei limiti di cui al successivo n. 2;
2) l’assunzione, a carico del proprietario, degli oneri relativi alle opere di urbanizzazione primaria e di una quota parte delle opere di urbanizzazione secondaria relative alla lottizzazione o di quelle opere che siano necessarie per allacciare la zona ai pubblici servizi;
3) i termini non superiori ai dieci anni entro i quali deve essere ultimata la esecuzione delle opere di cui al precedente paragrafo;
4) congrue garanzie finanziarie per l’adempimento degli obblighi derivanti dalla convenzione;
   - l’art. 8 della L. 06.08.1967, n. 765 ha introdotto nell’ordinamento giuridico la regola per cui il rilascio delle licenze edilizie nell’ambito dei singoli lotti è subordinato all’impegno della contemporanea esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria relative ai lotti stessi;
   - l’art. 31 della L. n. 1150/1942, nel testo risultante dalla novella di cui all’art. 10 della L. n. 765/1967, ha subordinato il rilascio della concessione edilizia alla presenza dell’urbanizzazione primaria o, comunque, all’impegno del proprietario a realizzarla contemporaneamente all’intervento costruttivo;
   - l’art. 11 della Legge 28.01.1977, n. 10, conferma che i proprietari possono obbligarsi a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione con le modalità e le garanzie stabilite dal Comune;
   - l’art. 16 del D.P.R. 06.06.2001, n. 380, che recepisce il contenuto dell’art. 31 della L. n. 1150/1942 e dell’art. 11 della L. n. 10/1977, ribadisce la possibilità che il privato possa scomputare una quota degli oneri di urbanizzazione dovuti, obbligandosi a realizzarle direttamente secondo le condizioni fissate dal Comune.
La giurisprudenza amministrativa e di legittimità concordano sulla necessità di un accordo tra le parti avente ad oggetto la realizzazione delle opere di urbanizzazione.
Così:
   - “La possibilità prevista dal legislatore che il concessionario si obblighi a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione deve essere concordata tra il costruttore e il Comune mediante una convenzione urbanistica che disciplini l’esecuzione di tali opere e le relative garanzie” (Consiglio di Stato, Sez. IV, 02.03.2011, n. 1332); la realizzazione diretta delle opere di urbanizzazione può essere compiuta dal soggetto interessato solo “d’intesa con l’Amministrazione comunale” (Consiglio di Stato sez. II, 28.10.2021, n. 7237); “in assenza di un accordo con l’Amministrazione volto a consentire la realizzazione diretta -di parte- delle opere di urbanizzazione in luogo del pagamento degli oneri di urbanizzazione, il soggetto che esercita lo "ius aedificandi" è tenuto ad adempiere a detto obbligo tramite la dazione di una somma di denaro” (Consiglio di Stato, Sez. II, 09.01.2020, n. 215; nello stesso senso, cfr. TAR Catania, (Sicilia) sez. I, 21.12.2020, n. 3506);
   - “Nel prevedere la subordinazione del rilascio della licenza edilizia ad un atto di impegno del privato di procedere alla attuazione delle opere di urbanizzazione necessarie, la norma ammette che implicitamente che il provvedimento finale di licenza possa essere preceduto da intese di vario tipo, tra il privato e la p.a., riconducibili ad accordi in senso lato, comprendenti anche la cessione gratuita di un'area come mezzo al fine dell'ottenimento del provvedimento amministrativo, cessione configurabile non, atomisticamente, in chiave di negozio di liberalità di diritto privato, ma, stante la sua connotazione pubblicistica, come accordo endoprocedimentale strettamente funzionale e parte integrante del provvedimento amministrativo conclusivo” (Cassazione civile sez. I, 13.07.2001, n. 9524).
Ed ancora:
   - “In tema di rilascio del permesso di costruire, pur essendo previsto che il soggetto che richiede il permesso di costruire, a scomputo totale o parziale della quota dovuta a titolo di contributo di costruzione, possa obbligarsi a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione, sia primarie che secondarie, con le modalità e le garanzie stabilite dal Comune, tale iniziativa è sempre subordinata ad una valutazione del Comune. In tal senso, l’ammissione allo scomputo costituisce oggetto di una valutazione ampiamente discrezionale da parte dell’amministrazione (che ben può optare per soluzioni diverse senza obbligo di specifica motivazione) ed un vero e proprio diritto sorge in capo al privato proponente allorché, a fronte della realizzazione da parte sua di opere di urbanizzazione ovvero dell’impegno a realizzarle, vi sia stato un espresso atto di “accettazione” consensuale da parte della stessa amministrazione” (cfr. TAR Bari, (Puglia) sez. III, 04.02.2019, n. 158; Consiglio di Stato, Sez. IV, 21.04.2008, n. 1811; TAR Liguria, Genova, Sez. I, 29.09.2016, n. 955; TAR Lombardia, Sez. II, 07.05.2010, n. 1365; TAR Salerno, (Campania) sez. II, 04.07.2005, n. 1082);
   - “Secondo giurisprudenza consolidata, l’art. 16, comma 2, del d.p.r. n. 380/2001 (che ha riprodotto l’art. 11, comma 1, della legge n. 10/1977) consente al privato di eseguire direttamente le opere di urbanizzazione in alternativa al pagamento dei connessi oneri, ma tale facoltà ha effetto soltanto se la proposta del privato sia accettata dal Comune secondo le modalità e le garanzie dettate dal medesimo e previste in una convenzione o in un atto unilaterale d’obbligo” (TAR Sicilia, Catania, Sez. I, 02.02.2012, n. 279).
Spetta quindi sempre all’Amministrazione “in base all’obbligazione unilateralmente assunta dalla parte, accettare o meno la proposta e subordinarla a condizioni o prescrizioni specifiche; solo una volta intervenuta tale approvazione diviene, poi, pienamente efficace l’atto d’obbligo” (Consiglio di Stato, sez. V, 29.09.1999, n. 1209).
In particolare, è necessario un atto di “accettazione” consensuale da parte dell’Amministrazione, anche informale, purché espresso (cfr. TAR, Campania, Napoli, Sez. VIII, 17.09.2009, n. 4983; TAR Campania, Napoli, Sez. VIII, 07.07.2010, n. 16606).
Nella fattispecie in esame è mancata:
   - sia una preventiva e positiva valutazione del Comune sulla realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria da parte del costruttore, risultante da apposita convenzione ovvero dal titolo autorizzativo degli interventi edilizi realizzati;
   - sia un atto di accettazione espressa successivo alla realizzazione di tali opere.
Diversamente da quanto sostenuto da parte ricorrente, dalla delibera della giunta comunale n. 37 del 04.05.2004 non può trarsi alcun argomento di prova nel senso dell’accettazione delle opere di urbanizzazione da parte del Comune di Coralei; anzi, viene dato atto dell’illegittimità dell’uso di quelle opere fattone dalla stessa Amministrazione. Né risulta la realizzazione a scomputo degli oneri di urbanizzazione.
Il Commissario ad acta ha, quindi, correttamente ritenuto non sussistenti i presupposti per la presa in carico delle opere urbanizzazione primaria realizzate nel Villaggio Ge. del Comune di Carolei.
In conclusione, il reclamo non può essere accolto.

anno 2021

EDILIZIA PRIVATALe cabine elettriche costituiscono opere di urbanizzazione primaria, compatibili con qualsiasi destinazione d’uso urbanistica.
E poiché la realizzazione di una cabina elettrica è compatibile con qualsiasi destinazione eventualmente assegnata dagli strumenti urbanistici all’immobile in cui essa deve essere installata, è evidente che tale installazione non comporta alcun mutamento di destinazione d’uso urbanisticamente rilevante, trattandosi, al contrario, di un mero intervento di adeguamento impiantistico dell’edificio residenziale (o dell’altro manufatto) cui la cabina è strumentale.
Si consideri, peraltro, che la circolare del Ministro dei lavori pubblici n. 2474 del 31.01.1973 (recante “Definizione dei volumi tecnici ai fini del calcolo della cubatura degli edifici”) ha previsto che gli interventi “connessi con la funzionalità degli impianti tecnici indispensabili per assicurare il comfort abitativo degli edifici” (tra cui gli impianti tecnici per l’utilizzo dell’energia elettrica) costituiscono “volumi tecnici ai fini dell’esclusione dal calcolo della volumetria ammissibile” e non sono interventi edilizi sottoposti ad autorizzazione (licenza edilizia, permesso di costruire o denuncia di inizio attività).
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Con il presente ricorso la società Enel distribuzione s.p.a. ha impugnato la nota (prot. n. 42699) del 28.07.2009 del Comune di Camaiore recante l’ordine “alla Soc. Enel Distribuzione s.p.a di ridurre in pristino lo stato dei luoghi entro 90 giorni dal ricevimento della presente, trattandosi di esecuzione di opere di ristrutturazione edilizia eseguite senza denuncia di inizio attività ai sensi dell’art. 135 della LR 01/2005”.
La presente controversia riguarda la contestazione di un abuso edilizio effettuata dall'Amministrazione comunale di Camaiore nei confronti della ricorrente Enel Distribuzione s.p.a. avente ad oggetto un locale (di proprietà della medesima) adibito a cabina di trasformazione e distribuzione dell’energia elettrica.
...
1. Il ricorso è da accogliere, risultando fondato il primo motivo.
1.1 A tal fine è necessario premettere che il provvedimento di ingiunzione adottato dal Comune di Camaiore fa seguito alla contestazione dell’(asserito) abuso edilizio consistente nel “cambio d’uso con opere edilizie di vano indipendente posto al piano terra di edificio al n. civico 137, in cabina elettrica dalle dimensioni di m. 4.55 x 3.10 circa, con altezza interna di m. 2.47 con suolo di calpestio a – 45 cm”.
1.2 In primo luogo va evidenziato come, anche ad ammettere che tale modifica edilizia sussista effettivamente, quest’ultima sarebbe urbanisticamente irrilevante, poiché attinente a un volume del tutto inaccessibile e privo di autonomia funzionale, risultando invariati sia il volume del manufatto computabile ai fini del rispetto dei parametri edilizi, sia il carico urbanistico dell’edificio residenziale.
1.3 Al fine di realizzare la (presunta) variazione dimensionale del locale-cabina non era necessario il rilascio di alcun titolo abilitativo, in quanto le cabine elettriche costituiscono opere di urbanizzazione primaria, compatibili con qualsiasi destinazione d’uso urbanistica (v. TAR Marche, Sez. I, 14.11.2017, n. 862 e TAR Lombardia, Sez. II, 20.01.2021, n. 69).
1.4 E poiché la realizzazione di una cabina elettrica è compatibile con qualsiasi destinazione eventualmente assegnata dagli strumenti urbanistici all’immobile in cui essa deve essere installata, è evidente che tale installazione non comporta alcun mutamento di destinazione d’uso urbanisticamente rilevante, trattandosi, al contrario, di un mero intervento di adeguamento impiantistico dell’edificio residenziale (o dell’altro manufatto) cui la cabina è strumentale (in termini v., ad esempio, C.G.A.R.S., 19.12.2008, n. 1145).
1.5 Si consideri, peraltro, che la circolare del Ministro dei lavori pubblici n. 2474 del 31.01.1973 (recante “Definizione dei volumi tecnici ai fini del calcolo della cubatura degli edifici”) ha previsto che gli interventi “connessi con la funzionalità degli impianti tecnici indispensabili per assicurare il comfort abitativo degli edifici” (tra cui gli impianti tecnici per l’utilizzo dell’energia elettrica) costituiscono “volumi tecnici ai fini dell’esclusione dal calcolo della volumetria ammissibile” e non sono interventi edilizi sottoposti ad autorizzazione (licenza edilizia, permesso di costruire o denuncia di inizio attività).
1.6 In conclusione l’accoglimento della sopra citata censura consente di assorbire le ulteriori deduzioni proposte (TAR Toscana, Sez. III, sentenza 12.10.2021 n. 1304 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICALa Sezione ha già avuto modo di occuparsi degli effetti degli accordi, bilaterali o unilaterali, che “completano” le scelte urbanistiche delle Amministrazioni e del loro impatto sulla regolarità dell’attività edificatoria dei privati.
L’esigenza immanente alla finalità di buon governo del territorio di funzionalizzare allo scopo l’esercizio dello ius aedificandi, rende infatti spesso conveniente per l’Amministrazione “scendere a patti”, soprattutto laddove vengano in evidenza interventi di consistente rilevanza, che consentono di bilanciare la valorizzazione del bene con la richiesta di sforzi aggiuntivi al privato in termini di dare ovvero di facere, onde orientarne la maggiore libertà di movimento verso gli obiettivi pubblici di programmazione.
Oggi, peraltro, tutta la vasta pletora di convenzioni urbanistiche comunque denominate vengono di regola ricondotte sotto l’egida dell’art. 11 della l. n. 241 del 1990, caratterizzata dall’aggiungere al paradigma pubblico generale i canoni del diritto civile «ove non diversamente previsto» e «in quanto compatibili» (comma 2).
Dopo le originarie oscillazioni sul punto, i più recenti arresti convergono sulla accentuazione della funzione di individuazione convenzionale del contenuto del provvedimento che l’amministrazione andrà ad emettere a conclusione del procedimento preordinato all’esercizio della funzione urbanistico-edilizia.
Si è dunque affermato che la convenzione, stipulata tra un Comune e un privato costruttore, con la quale questi, al fine di conseguire il rilascio di un titolo edilizio, si obblighi ad un facere o a determinati adempimenti nei confronti dell’ente pubblico (quale, ad esempio, la destinazione di un’area ad uno specifico uso, cedendola), non costituisce un contratto di diritto privato, non avendo specifica autonomia e natura di fonte negoziale del regolamento dei contrapposti interessi delle parti stipulanti, ma si configura piuttosto come un atto intermedio del procedimento amministrativo volto al conseguimento del provvedimento finale, dal quale promanano poteri autoritativi della pubblica amministrazione.
A valle, dunque, si pone il provvedimento amministrativo; a monte, l’accordo, via via paragonato alla accettazione della proposta pubblica, in quanto finalizzato a perseguire programmati e manifestati obiettivi urbanistici del Comune; ovvero al contratto con obbligazioni a carico del solo proponente, secondo il modulo semplificato dell’art. 1333 c.c.; ovvero, infine, ad un mero atto negoziale, funzionale alla definizione consensuale del contenuto del provvedimento finale, che si iscrive però nel procedimento di rilascio del titolo abilitativo edilizio ed è dallo stesso recepito.
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La disciplina dello scomputo degli oneri di urbanizzazione, quale modalità di introito degli stessi trasferendo sul privato il compito di realizzare le opere necessarie alla vivibilità della zona interessata dall’intervento, è un istituto di carattere eccezionale.
Esso non può quindi essere applicato a somme e lavori non espressamente previsti dalla convenzione attuativa del piano approvato, essendo solo questo il documento che consente materialmente di realizzare lo scomputo in base alle previsioni dell’art. 16 del d.P.R. 06.06.2001, n. 380, nonché, in passato, dell’art. 11, comma 1, della l. n. 10 del 1977 e dell’art. 28 della legge 17.08.1942 n. 1150.
In caso di convenzioni urbanistiche, quindi, la ripartizione degli oneri e la realizzazione diretta di opere da parte dei lottizzanti è fissata al momento della sottoscrizione della convenzione edilizia.
In particolare, dunque, quando l’intervento edilizio si colloca all’interno di una convenzione di lottizzazione, ciò presuppone ontologicamente la preventiva valutazione dell’impatto dell’intervento sul carico urbanistico e il conseguente computo degli oneri, ripartiti secondo le regole sopra richiamate (realizzazione diretta, ovvero pagamento).
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La causa della convenzione urbanistica, e cioè l’interesse che l’operazione contrattuale è diretta a soddisfare, in particolare, va valutata non con riferimento ai singoli impegni assunti, ma con riguardo alla oggettiva funzione economico-sociale della convenzione, in cui devono trovare equilibrata soddisfazione sia gli interessi del privato sia quelli della pubblica amministrazione.
Ciò implica che non è affatto escluso dal sistema che un operatore, nella convenzione urbanistica, possa assumere oneri anche maggiori di quelli astrattamente previsti dalla legge, trattandosi di una libera scelta imprenditoriale (o, anche, di una libera scelta volta al benessere della collettività locale), rientrante nella ordinaria autonomia privata, non contrastante di per sé con norme imperative.
Al contrario, ove sia l’Ente locale ad accorgersi di avere male valutato l’interesse pubblico sotteso alla scelta convenzionale, sì da renderla poco remunerativa, nell’accezione più ampia di quella strettamente contabile, può sempre avvalersi degli strumenti di autotutela messi a disposizione dall’ordinamento.

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9. La Sezione ha già avuto modo di occuparsi degli effetti degli accordi, bilaterali o unilaterali, che “completano” le scelte urbanistiche delle Amministrazioni e del loro impatto sulla regolarità dell’attività edificatoria dei privati (Cons. Stato, sez. II, 17.05.2021, n. 3836).
L’esigenza immanente alla finalità di buon governo del territorio di funzionalizzare allo scopo l’esercizio dello ius aedificandi, rende infatti spesso conveniente per l’Amministrazione “scendere a patti”, soprattutto laddove vengano in evidenza interventi di consistente rilevanza, che consentono di bilanciare la valorizzazione del bene con la richiesta di sforzi aggiuntivi al privato in termini di dare ovvero di facere, onde orientarne la maggiore libertà di movimento verso gli obiettivi pubblici di programmazione. Oggi peraltro tutta la vasta pletora di convenzioni urbanistiche comunque denominate vengono di regola ricondotte sotto l’egida dell’art. 11 della l. n. 241 del 1990, caratterizzata dall’aggiungere al paradigma pubblico generale i canoni del diritto civile «ove non diversamente previsto» e «in quanto compatibili» (comma 2). Dopo le originarie oscillazioni sul punto, i più recenti arresti convergono sulla accentuazione della funzione di individuazione convenzionale del contenuto del provvedimento che l’amministrazione andrà ad emettere a conclusione del procedimento preordinato all’esercizio della funzione urbanistico-edilizia (cfr. ancora Cons. Stato, sez. II, 19.01.2021, n. 579).
Si è dunque affermato che la convenzione, stipulata tra un Comune e un privato costruttore, con la quale questi, al fine di conseguire il rilascio di un titolo edilizio, si obblighi ad un facere o a determinati adempimenti nei confronti dell’ente pubblico (quale, ad esempio, la destinazione di un’area ad uno specifico uso, cedendola), non costituisce un contratto di diritto privato, non avendo specifica autonomia e natura di fonte negoziale del regolamento dei contrapposti interessi delle parti stipulanti, ma si configura piuttosto come un atto intermedio del procedimento amministrativo volto al conseguimento del provvedimento finale, dal quale promanano poteri autoritativi della pubblica amministrazione.
A valle, dunque, si pone il provvedimento amministrativo; a monte, l’accordo, via via paragonato alla accettazione della proposta pubblica, in quanto finalizzato a perseguire programmati e manifestati obiettivi urbanistici del Comune; ovvero al contratto con obbligazioni a carico del solo proponente, secondo il modulo semplificato dell’art. 1333 c.c.; ovvero infine ad un mero atto negoziale, funzionale alla definizione consensuale del contenuto del provvedimento finale, che si iscrive però nel procedimento di rilascio del titolo abilitativo edilizio ed è dallo stesso recepito (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 26.11.2013, n. 5628).
Né tale ricostruzione può essere inficiata dall’inversione temporale della convenzione -e dell’implicito Piano cui accede- rispetto ad un titolo edilizio già richiesto, stante che se ne è inglobato il rilascio nella pattuizione (più ampia) successivamente intervenuta.
10. La peculiarità del caso si specie, dunque, è data non tanto e non solo dalla circostanza che la convenzione è stata individuata quale strumento di regolazione dell’intervento dopo che la Società aveva avanzato una prima istanza di concessione edilizia, bensì dal fatto che è il Comune ad avere optato per un’unica pattuizione per una pluralità di titoli edilizi, preoccupandosi soltanto e da subito di limitarne l’estensione massima e di immaginarne le necessità di urbanizzazione in funzione della stessa.
Da qui l’ampio contenuto di insieme della deliberazione del Consiglio comunale n. 151 del 06.09.1988 che, in asserita applicazione dell’art. 28, numero 2), della l.r. 07.12.1978, n. 47, ha disciplinato anche la destinazione dell’area antistante quella oggetto della richiesta di titolo edilizio e individuato, appunto, le specifiche opere viarie e infrastrutturali di servizio necessarie ad una piena fruibilità collettiva. Gli originari mq. 1727 richiesti nel 1987, vengono dunque assentiti nel contesto di una convenzione “pensata” per una volumetria assai maggiore (mq. 8844,6) al cui carico urbanistico vanno commisurate le opere di urbanizzazione di cui si conviene l’esecuzione da parte della proprietà.
Gli interventi successivi al primo, pertanto, non possono non essere coperti in parte qua dalla relativa previsione; “invece” (così testualmente il medesimo art. 6 della convenzione) al momento del rilascio delle singole concessioni resta fermo l’obbligo di pagamento degli oneri di urbanizzazione secondaria, delle quote del contributo di costruzione e del contributo D. Congiunzione avversativa il cui unico significato plausibile è appunto quello di contrapporre ciò che viene quantificato –e scomputato– a monte, in una logica di programmazione/pianificazione collettiva e globale, da ciò che è correlato anche alla tipologia del singolo intervento e va differito al momento della sua effettiva concretizzazione progettuale.
...
12. La disciplina dello scomputo degli oneri di urbanizzazione, quale modalità di introito degli stessi trasferendo sul privato il compito di realizzare le opere necessarie alla vivibilità della zona interessata dall’intervento, è pertanto un istituto di carattere eccezionale. Esso non può quindi essere applicato a somme e lavori non espressamente previsti dalla convenzione attuativa del piano approvato, essendo solo questo il documento che consente materialmente di realizzare lo scomputo in base alle previsioni dell’art. 16 del d.P.R. 06.06.2001, n. 380, nonché, in passato, dell’art. 11, comma 1, della l. n. 10 del 1977 e dell’art. 28 della legge 17.08.1942 n. 1150 (v. ex plurimis Cons. Stato, sez. II, 09.01.2020, n. 215; sez. IV, 15.05.2012, n. 2754; id., 26.09.2019, n. 6442; 28.11.2012, n. 6033; sez. V, 12.10.1999, n. 1443; sez. VI, 28.02.2019, n. 1395).
In caso di convenzioni urbanistiche, quindi, la ripartizione degli oneri e la realizzazione diretta di opere da parte dei lottizzanti è fissata al momento della sottoscrizione della convenzione edilizia (v. ancora Cons., Sez. II, 10.03.2020, n. 1725).
In particolare, dunque, quando l’intervento edilizio si colloca all’interno di una convenzione di lottizzazione, ciò presuppone ontologicamente la preventiva valutazione dell’impatto dell’intervento sul carico urbanistico e il conseguente computo degli oneri, ripartiti secondo le regole sopra richiamate (realizzazione diretta, ovvero pagamento, v. Cons. Stato Sez. II, 09.12.2019, n. 8377).
13. Applicando tali coordinate al caso di specie, si deve rilevare che la ripartizione degli oneri e la realizzazione diretta di opere da parte della proprietà, unitamente alla cessione di una porzione di area, sono stati oggetto dell’accordo contenuto nella convenzione edilizia del 1989, la cui portata complessiva ne costituiva l’essenza contenutistica, stante che in assenza di una proiezione verso i successivi interventi, non era valutabile il carico urbanistico, né l’entità dell’intervento richiesto al privato.
Consentendo altresì la segmentazione dell’intervento, la realizzazione dei successivi frammenti, rimessa alle future scelte del proprietario («L’utilizzo potrà avvenire anche per singoli interventi, ciascuno dei quali dovrà formare oggetto di specifica concessione, che dovrà uniformarsi alle norme della presente convenzione», art. 2), ha da un lato implicato una sorta di preventiva rinuncia alla monetizzazione delle eventuali eccedenze, ma dall’altro cristallizzato gli importi alla progettualità complessivamente intesa. Il Comune, cioè, come sopra già chiarito, già chiarito, ha dato attuazione alla legge regionale di settore non con tante convenzioni edilizie quanti erano i titoli richiesti, bensì trasformando l’unica pattuizione siglata in una sorta di piano urbanistico attuativo nel quale collocare tutti i futuri interventi, ove attuati.
14. Stando così le cose, dunque, una lettura della previsione del tipo di quella prefigurata dal Comune resistente che, imponendo al privato la realizzazione di opere di urbanizzazione “pensate” -recte, che avrebbero dovuto essere pensate, in una logica di corretta pianificazione- in proporzione ad un intervento di una certa entità, ma asservite al solo titolo edilizio singolarmente richiesto e deliberatamente inserito in una strategicità più ampia, non può essere condivisa. L’innegabile margine di ambiguità della formulazione della clausola contenuta nell’art. 6 della convenzione, imputabile, peraltro, alla stessa Amministrazione promotrice della scelta, non può che essere superata da una lettura sistematica del provvedimento, supportata peraltro da elementi testuali di inequivoca significatività (si pensi ancora all’utilizzo dell’avversativa “invece” per distinguere il diverso regime degli oneri di urbanizzazione secondaria).
La dicitura «in pagamento per intero» degli oneri di urbanizzazione primaria relativi agli interventi (tutti, necessariamente) «oggetto della presente convenzione» (quelli, cioè, elencati agli artt. 3 e 5), non può avere altro senso che quello fatto proprio dalla concatenazione delle parole e comportare la compensazione della relativa cifra per quella specifica voce fino alla concorrenza delle opere ivi previste. La mancata censura della concessione del 1996, seppure ispirata alla medesima logica di calcolo, si risolve nel consolidarsi della portata della stessa, di certo non nell’implicita acquiescenza alla reiterazione dei suoi presupposti in provvedimenti successivi.
15. La causa della convenzione urbanistica, e cioè l’interesse che l’operazione contrattuale è diretta a soddisfare, in particolare, va valutata non con riferimento ai singoli impegni assunti, ma con riguardo alla oggettiva funzione economico-sociale della convenzione, in cui devono trovare equilibrata soddisfazione sia gli interessi del privato sia quelli della pubblica amministrazione (Cons. Stato, sez. V, 26.11.2013, n. 5603).
Ciò implica che non è affatto escluso dal sistema che un operatore, nella convenzione urbanistica, possa assumere oneri anche maggiori di quelli astrattamente previsti dalla legge, trattandosi di una libera scelta imprenditoriale (o, anche, di una libera scelta volta al benessere della collettività locale), rientrante nella ordinaria autonomia privata, non contrastante di per sé con norme imperative.
Al contrario, ove sia l’Ente locale ad accorgersi di avere male valutato l’interesse pubblico sotteso alla scelta convenzionale, sì da renderla poco remunerativa, nell’accezione più ampia di quella strettamente contabile, può sempre avvalersi degli strumenti di autotutela messi a disposizione dall’ordinamento.
Al contrario, le scelte gestionali ondivaghe operate dal Comune -che pare non aver seguito la stessa linea di calcolo per tutte e cinque le concessioni edilizie successive alla prima- non testimoniano di una piena coerenza interpretativa, ammesso e non concesso che alla base ve ne fosse una volitiva, comunque non esplicitata in maniera univoca e di indiscutibile significatività.
16. Ne consegue, in accoglimento di quanto prospettato da parte ricorrente, che gli oneri di urbanizzazione primaria corrisposti al resistente Comune o comunque derivanti dal valore delle opere direttamente realizzate in virtù della convenzione di urbanizzazione vanno riferiti a tutti i titoli edilizi ivi previsti fino alla superficie massima ivi calcolata (Consiglio di Stato, Sez. II, sentenza 15.06.2021 n. 4633 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATACostituisce ius receptum in giurisprudenza il principio che l'ammissione allo scomputo costituisce oggetto di una valutazione ampiamente discrezionale da parte dell'Amministrazione (che ben può optare per soluzioni diverse, senza alcun obbligo di specifica motivazione) e che un vero e proprio diritto sorge in capo al privato proponente allorché, a fronte della realizzazione da parte sua di opere di urbanizzazione, ovvero dell'impegno a realizzarle, vi sia stato un espresso atto di "accettazione" consensuale da parte della stessa Amministrazione.
Lo scomputo del valore delle opere di urbanizzazione non configura un diritto dell'operatore, ma una mera possibilità, per la quale occorre sempre il consenso e l'autorizzazione dell'Amministrazione; ne consegue che, in difetto di autorizzazione e di accordo espresso della P.A. sullo scomputo delle nuove opere, a destinazione variata, dall'ammontare degli oneri, l'operatore non dispone di alcuna pretesa tutelata diretta a portare in detrazione il valore delle suddette opere dal contributo di urbanizzazione dovuto.
Pertanto, ove nessun atto di assenso sia stato espresso in ordine allo scomputo degli oneri concessori dovuti, ovvero sulla possibile compensazione tra questi ultimi e le spese sostenute dalla ricorrente per la realizzazione delle opere (id est, in mancanza di accordo), la ricorrente è in ogni caso tenuta al pagamento integrale degli oneri concessori dovuti.

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Il ricorso non è fondato.
Com’è stato di recente ribadito dalla Sezione (TAR Veneto sez. II - Venezia, 15/07/2019, n. 835) “Costituisce ius receptum in giurisprudenza il principio che l'ammissione allo scomputo costituisce oggetto di una valutazione ampiamente discrezionale da parte dell'Amministrazione (che ben può optare per soluzioni diverse, senza alcun obbligo di specifica motivazione) e che un vero e proprio diritto sorge in capo al privato proponente allorché, a fronte della realizzazione da parte sua di opere di urbanizzazione, ovvero dell'impegno a realizzarle, vi sia stato un espresso atto di "accettazione" consensuale da parte della stessa Amministrazione (cfr. TAR Marche, sez. I, 01.10.2018, n. 631; TAR Campania, Salerno, sez. I, 15.12.2016, n. 2653; TAR Liguria, sez. I, 29.09.2016, n. 955).
Lo scomputo del valore delle opere di urbanizzazione non configura un diritto dell'operatore, ma una mera possibilità, per la quale occorre sempre il consenso e l'autorizzazione dell'Amministrazione; ne consegue che, in difetto di autorizzazione e di accordo espresso della P.A. sullo scomputo delle nuove opere, a destinazione variata, dall'ammontare degli oneri, l'operatore non dispone di alcuna pretesa tutelata diretta a portare in detrazione il valore delle suddette opere dal contributo di urbanizzazione dovuto (cfr. TAR Puglia, Bari, sez. III, 04.02.2019, n. 158; TAR Lombardia, Milano, sez. I, 10.04.2018, n. 954).
Pertanto, ove nessun atto di assenso sia stato espresso in ordine allo scomputo degli oneri concessori dovuti, ovvero sulla possibile compensazione tra questi ultimi e le spese sostenute dalla ricorrente per la realizzazione delle opere (id est, in mancanza di accordo), la ricorrente è in ogni caso tenuta al pagamento integrale degli oneri concessori dovuti (arg. ex TAR Campania, Napoli, sez. VIII, 07.07.2010, n. 16606).
La necessità di un atto di assenso della parte pubblica è peraltro confermata proprio dall'art. 86, primo comma, della legge regionale Veneto 27.06.1985, n. 61, richiamato dalla società ricorrente, secondo il quale il concessionario ha titolo allo scomputo totale o parziale della quota di contributo dovuta per gli oneri di urbanizzazione qualora, in luogo totale o parziale della stessa, si obblighi col Comune a cedere le aree e le opere di urbanizzazione già esistenti o da realizzare "con le modalità e le garanzie, di cui alla convenzione dell'art. 63".
Sul punto il Tribunale ha chiarito che, ai fini di interesse, è <<[...] necessaria la previa stipulazione di una convenzione "completa", vale a dire includente anche la dettagliata stima del costo delle opere di diretta realizzazione: evidente la ratio, volta a consentire al Comune la valutazione sulla convenienza dell'operazione e la congruità della spesa [...]>> (cfr. TAR Veneto, sez. II, 28.05.2008, n. 1626)
.” (TAR Veneto sez. II - Venezia, 15/07/2019, n. 835) (TAR Veneto, Sez. II, sentenza 08.04.2021 n. 458 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2020

EDILIZIA PRIVATA: Domanda di permesso di costruire relativo alle opere di urbanizzazione e necessità della presenza di un capitolato speciale d’appalto.
Il permesso di costruire relativo alle opere di urbanizzazione, per loro natura pubbliche e destinate a essere trasferite all’ente pubblico, anche nel caso in cui l’esecuzione delle stesse ricada nell’eccezione di cui all’art. 16, comma 2-bis, del d.lgs. 50/2016, che le sottrae al rispetto del codice stesso per l’individuazione dell’esecutore, deve essere subordinato all’approvazione di un progetto che deve essere corredato del capitolato speciale d’appalto.
Infatti, dovendosi qualificare le opere realizzande come opere pubbliche, è necessario, per il rispetto degli obblighi di verifica e controllo sulla regolarità dell’esecuzione delle stesse, la produzione del documento in questione, a prescindere dall’esonero al ricorso a una procedura di gara per l’individuazione del contraente cui demandare l’esecuzione dei lavori.

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Infine, con la quarta censura, parte ricorrente richiama l’art. 36, comma 4, del d.lgs. n. 50/2016, secondo cui: «Nel caso di opere di urbanizzazione primaria di importo inferiore alla soglia di cui all'articolo 35, comma 1, lettera a), calcolato secondo le disposizioni di cui all'articolo 35, comma 9, funzionali all'intervento di trasformazione urbanistica del territorio, si applica l'articolo 16, comma 2-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 06.06.2001, n. 380». Ciò renderebbe illegittimo l’inutile aggravio procedimentale derivante dalla richiesta di produzione del capitolato speciale d’appalto.
A prescindere dal fatto che la richiesta della produzione del capitolato speciale, peraltro già ottemperata da parte ricorrente, con conseguente refluenza sulla permanenza dell’interesse alla pronuncia sulla doglianza e precisato che tale richiesta non incide sulla legittimità del verbale della conferenza di servizi, che non fa alcun riferimento allo stesso, ma alla sola richiesta del responsabile del procedimento di cui alle note del 27.04.2017 e del 31.05.2017 che l’hanno pretesa, essa non può ritenersi sovrabbondante.
Il permesso di costruire relativo alle opere di urbanizzazione, per loro natura pubbliche e destinate a essere trasferite all’ente pubblico, anche nel caso in cui l’esecuzione delle stesse ricada nell’eccezione di cui all’art. 16, comma 2-bis, del d.lgs. 50/2016, che le sottrae al rispetto del codice stesso per l’individuazione dell’esecutore, deve essere subordinato all’approvazione di un progetto che deve essere corredato del capitolato speciale d’appalto.
Infatti, dovendosi qualificare le opere realizzande come opere pubbliche, è necessario, per il rispetto degli obblighi di verifica e controllo sulla regolarità dell’esecuzione delle stesse, la produzione del documento in questione, a prescindere dall’esonero al ricorso a una procedura di gara per l’individuazione del contraente cui demandare l’esecuzione dei lavori (TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 18.04.2020 n. 277 - link a www.giustizia-amministrartiva.it).

EDILIZIA PRIVATAL’art. 16 D.P.R. n. 380/2001 non prevede un diritto immediato ed incondizionato allo scomputo degli oneri di urbanizzazione in capo al titolare della concessione edilizia, ma lo subordina alla circostanza che esso si sia “obbligato a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione”, ossia che abbia preventivamente assunto il relativo impegno nei confronti dell'Amministrazione.
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La finalità degli oneri concessori, con particolare riguardo alla parte correlata alle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, ha la chiara funzione di contribuire alle spese da sostenere dalla collettività in riferimento alla realizzazione delle relative opere, sicché di regola l’unico criterio per determinare se essi siano dovuti o meno e in che misura consiste nella valutazione del carico urbanistico derivante dall'attività edilizia, con la precisazione che per aumento del carico urbanistico deve intendersi tanto la necessità di dotare l’area di nuove opere di urbanizzazione, quanto l'esigenza di utilizzare più intensamente quelli esistenti.
In particolare, quando l’intervento edilizio si collochi all'interno di una convenzione di lottizzazione, ciò presuppone ontologicamente la preventiva valutazione dell'impatto dell’intervento sul carico urbanistico e il conseguente computo degli oneri, ripartiti secondo le regole sopra richiamate (realizzazione diretta, ovvero pagamento).
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In via generale, deve rilevarsi che la realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria è posta dalla legge (attualmente art. 16 del D.P.R. 06.06.2001 n. 380; prima dalla legge 28.01.1977, n. 10) a carico del Comune, mentre i privati devono corrispondere gli oneri per l’urbanizzazione primaria e secondaria (art. 3 della legge n. 10 del 1977). In base a tali previsioni legislative i privati possono assumere l’obbligo di realizzare direttamente le opere con lo scomputo delle somme dovute a titolo di urbanizzazione primaria e secondaria.
Ai sensi dell’art. 16, comma 2, del D.P.R. n. 380 del 2001, infatti, “a scomputo totale o parziale della quota dovuta, il titolare del permesso può obbligarsi a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione”.
Come chiarito dalla giurisprudenza, l’art. 16 D.P.R. n. 380 del 2001 cit. (così come la previgente disciplina) non prevede un diritto immediato ed incondizionato allo scomputo in capo al titolare della concessione edilizia, ma lo subordina alla circostanza che esso si sia “obbligato a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione”, ossia che abbia preventivamente assunto il relativo impegno nei confronti dell'Amministrazione (Cons. Stato Sez. II, 09.01.2020, n. 215; sez. VI, 28.02.2019, n. 1395).
Inoltre, ai sensi dell’art. 8 della legge 06.08.1967 n. 765 la convenzione di lottizzazione deve prevedere:
   “1) la cessione gratuita entro termini prestabiliti delle aree necessarie per le opere di urbanizzazione primaria, precisate all'art. 4 della legge 29.09.1964, n. 847, nonché la cessione gratuita delle aree necessarie per le opere di urbanizzazione secondaria nei limiti di cui al successivo n. 2;
   2) l'assunzione, a carico del proprietario, degli oneri relativi alle opere di urbanizzazione primaria e di una quota parte delle opere di urbanizzazione secondaria relative alla lottizzazione o di quelle opere che siano necessario per allacciare la zona ai pubblici servizi; la quota è determinata in proporzione all'entità e alle caratteristiche degli insediamenti delle lottizzazioni;
   3) i termini non superiori ai dieci anni entro i quali deve essere ultimata la esecuzione delle opere di cui al precedente paragrafo;
   4) congrue garanzie finanziarie per l'adempimento degli obblighi derivanti dalla convenzione.
La convenzione deve essere approvata con deliberazione consiliare nei modi e forme di legge.
Il rilascio delle licenze edilizie nell'ambito dei singoli lotti è subordinato all'impegno della contemporanea esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria relative ai lotti stessi
”.
La finalità degli oneri concessori, con particolare riguardo alla parte correlata alle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, ha, quindi, la chiara funzione di contribuire alle spese da sostenere dalla collettività in riferimento alla realizzazione delle relative opere, sicché di regola l’unico criterio per determinare se essi siano dovuti o meno e in che misura consiste nella valutazione del carico urbanistico derivante dall'attività edilizia, con la precisazione che per aumento del carico urbanistico deve intendersi tanto la necessità di dotare l’area di nuove opere di urbanizzazione, quanto l'esigenza di utilizzare più intensamente quelli esistenti (cfr. sul punto Sez. VI, 7 maggio, 29.08.2019, n. 5964).
In particolare, quando l’intervento edilizio si collochi all'interno di una convenzione di lottizzazione, ciò presuppone ontologicamente la preventiva valutazione dell'impatto dell’intervento sul carico urbanistico e il conseguente computo degli oneri, ripartiti secondo le regole sopra richiamate (realizzazione diretta, ovvero pagamento) (Cons. Stato Sez. II, 09.12.2019, n. 8377).
Applicando tali coordinate al caso di specie, si deve rilevare che tale ripartizione degli oneri e la realizzazione diretta di opere da parte dei lottizzanti è stata fissata al momento della sottoscrizione della convenzione edilizia e che le convenzioni di lottizzazioni, anche se istituto di complessa ricostruzione a causa dei profili di stampo pubblicistico che si accompagnano allo strumento chiaramente contrattuale, rappresentano comunque un incontro di volontà delle parti contraenti nell’esercizio dell'autonomia negoziale retta dal codice civile (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 26.09.2013, n. 4810; id. 07.05.2015, n. 2313) (Consiglio di Stato, Sez, II, sentenza 10.03.2020 n. 1725 - link a www.giustizia-amministrartiva.it).

anno 2019

EDILIZIA PRIVATAConvenzioni accessive a provvedimenti amministrativi ampliativi in materia edilizia e scomputo del costo di costruzione.
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Edilizia – Oneri di costruzione – Scomputo - Convenzioni accessive a provvedimenti amministrativi ampliativi in materia edilizia – esclusione.
Le convenzioni accessive a provvedimenti amministrativi ampliativi in materia edilizia possono consentire lo scomputo degli oneri di urbanizzazione, ma non anche del costo di costruzione (1).
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   (1) Osserva la Sezione che l’istituto della datio in solutum consiste nell’accordo negoziale fra creditore e debitore circa l’effettuazione, con effetto estintivo dell’obbligazione, di una prestazione diversa da quella originariamente dedotta in contratto: come tale, l’istituto è espressione della disponibilità del diritto (e del sovrastante rapporto obbligatorio) di cui, viceversa, l’Amministrazione impositrice, per le ragioni sopra enucleate, difetta ex lege ab origine.
Di converso, la locuzione “con le modalità e le garanzie stabilite dal Comune” contenuta nell’art. 16, comma 2, d.P.R. n. 380 del 2001 non dimostra né sottende un’implicita autorizzazione legislativa a convenire pattiziamente forme solutorie alternative a quella monetaria.
In disparte il rilievo che un’eccezione di tale portata richiederebbe una disciplina espressa ed esplicita, è sufficiente considerare che tale locuzione va letta nell’ambito della generale disciplina apprestata dal comma in discorso, afferente alla realizzazione diretta, da parte del privato, delle opere di urbanizzazione: ne consegue che le “modalità” in questione sono solo quelle strettamente afferenti alla concreta esecuzione delle opere de quibus (tempistica, modalità costruttive, qualità dei materiali, et similia).
Peraltro, l’ammissione della negoziabilità delle modalità solutorie delle obbligazioni tributarie (o, comunque, disciplinate dal diritto pubblico) cozzerebbe frontalmente con i principi costitutivi su cui si regge il vigente sistema di contabilità pubblica, fondato sulla generale e rigida indisponibilità anche per l’Amministrazione, salve specifiche e puntuali disposizioni legislative, di tutta la disciplina del tributo (o, comunque, della prestazione patrimoniale imposta) per come delineata dalla legge.
La Sezione esclude anche la possibilità di richiamare l’istituto della compensazione.
La compensazione è un istituto ontologicamente diverso dall’anelata facoltà di scomputo cui il presente giudizio inerisce.
Invero, la compensazione (che, peraltro, nel settore tributario opera solo in base ad espressa previsione normativa – cfr. art. 8, comma 6, l. n. 212 del 2000) valorizza a fini estintivi dell’obbligazione la compresenza, in capo all’Amministrazione ed al contribuente, di individuate ragioni contrapposte di credito/debito, laddove lo scomputo del costo di costruzione derogherebbe, senza alcuna base legislativa, all’ordinaria regula juris di natura pubblicistica per cui il pagamento dei tributi (e, più in generale, delle prestazioni di diritto pubblico) si fa in moneta (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 31.12.2019 n. 8919 - commento tratto ad e link a www.giustizia-amministrativa.it).
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SENTENZA
Con ricorso avanti il Tar per la Lombardia – Sede di Milano la società Al. s.p.a. ha chiesto l’accertamento:
   - del proprio diritto allo scomputo (anche) del costo di costruzione relativo alla realizzazione di una multisala cinematografica, assentita dal Comune di Milano con il p.d.c. n. 85 dell’11.05.2006, rilasciato anche sulla scorta della previa convenzione integrativa stipulata inter partes in forma pubblica in data 12.04.2006;
   - dell’insussistenza del credito vantato dal Comune a titolo di conguaglio per monetizzazione e contributo smaltimento rifiuti, con conseguente diritto alla ripetizione di quanto già versato a tali fini.
Il Comune di Milano si è costituito in resistenza, formulando sia eccezioni in rito (assunta inammissibilità del ricorso per tardiva instaurazione del giudizio), sia difese in merito (infondatezza delle pretese svolte ex adverso).
2. Con la sentenza 18.06.2018 n. 1525 il Tribunale - Sez. II, previa reiezione dell’eccezione di rito sollevata dal Comune, ha, nel merito, accolto integralmente il ricorso.
3. Il Comune ha interposto appello con riferimento alla sola questione relativa allo scomputo del costo di costruzione.
...
L’oggetto del presente giudizio, pertanto, si riduce alla sola questione della possibilità di ammettere lo scomputo anche del costo di costruzione (cfr., del resto, la memoria del Comune depositata in data 07.11.2019, pag. 3).
5. Quanto, appunto, a tale questione, il Collegio premette che la convenzione accessiva al p.d.c. n. 85 stabilisce che Al. possa realizzare opere di urbanizzazione a scomputo dei soli oneri di urbanizzazione, ma, poi, individua l’importo scomputabile nella somma di oneri di urbanizzazione e costo di costruzione: secondo la ricorrente in prime cure (cui si è conformato il Tribunale) dovrebbe darsi prevalenza al dato numerico, secondo il Comune, invece, rileverebbe il dato terminologico, tanto più che l’importo dovuto a titolo di “contributo di costruzione” sarebbe sempre modificabile dall’Amministrazione (l’Ente cita, in proposito, la sentenza dell’Adunanza Plenaria di questo Consiglio 30.08.2018, n. 12).
Ove, poi, si interpreti la convenzione come anelato da Al., sorge l’ulteriore, conseguente problematica della possibilità giuridica che convenzioni accessive a provvedimenti amministrativi ampliativi in materia edilizia possano consentire lo scomputo non solo degli oneri di urbanizzazione, ma anche del costo di costruzione.
Anche su tale questione il Tribunale ha dato una risposta positiva, sia perché l’art. 16, comma 2, d.p.r. n. 380 del 2001, nel prevedere la possibilità dello scomputo degli oneri di urbanizzazione, non vieterebbe espressamente lo scomputo anche del costo di costruzione, sia perché la natura tributaria propria del costo di costruzione atterrebbe all’an ed al quantum, ma non al quomodo, sì che ben potrebbe il Comune ottenere il pagamento in forma diversa da quella monetaria.
Secondo il Comune appellante, viceversa, da un lato la disposizione dell’art. 16, comma 2, d.p.r. n. 380 del 2001 avrebbe natura speciale (recte, eccezionale) rispetto al generale obbligo di corresponsione monetaria del “contributo di costruzione” e sarebbe, pertanto, da interpretarsi restrittivamente, dall’altro la natura tributaria del costo di costruzione (che, non essendo “immediatamente correlato alla realizzazione di opere di urbanizzazione”, differirebbe nettamente dagli oneri di urbanizzazione) escluderebbe comunque ex se ogni possibilità per il Comune di esigere il pagamento in forma diversa da quella prescritta dalla legge (ossia in forma monetaria), pena lo stravolgimento delle norme di contabilità pubblica.
6. La prospettazione defensionale svolta dall’appellante Comune è fondata, ai sensi delle considerazioni che seguono.
6.1. E’ necessario prendere le mosse dalla disciplina legislativa dettata in subiecta materia.
L’art. 16, comma 2, d.p.r. n. 380 del 2001 stabilisce che “La quota di contributo relativa agli oneri di urbanizzazione è corrisposta al Comune all'atto del rilascio del permesso di costruire e, su richiesta dell'interessato, può essere rateizzata. A scomputo totale o parziale della quota dovuta, il titolare del permesso può obbligarsi a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione, nel rispetto dell’articolo 2, comma 5, della legge 11.02.1994, n. 109, e successive modificazioni, con le modalità e le garanzie stabilite dal Comune, con conseguente acquisizione delle opere realizzate al patrimonio indisponibile del Comune”.
La disposizione, dunque, non menziona il costo di costruzione, ma si riferisce ai soli oneri di urbanizzazione (analogamente dispone l’art. 45 della l.r. lombarda n. 12 del 2005).
E’ vero che, di converso, la disposizione non vieta espressamente lo scomputo anche del costo di costruzione: ciò, tuttavia, non assume un rilievo decisivo.
Anzitutto, allorché il legislatore detta una disciplina per una specifica fattispecie, ciò conduce implicitamente ad escluderne l’applicazione anche ad altre e diverse ipotesi non menzionate (è noto il brocardo secondo cui ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit).
Pur a voler prescindere da tale considerazione, il Collegio osserva che la disposizione in esame ha natura derogatoria rispetto a quanto previsto dal comma che precede, ove è stabilito che “il rilascio del permesso di costruire comporta la corresponsione di un contributo commisurato all’incidenza degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione”.
L’espressione “corresponsione” rimanda, con ogni evidenza, ad una dimensione monetaria del pagamento, che, del resto, costituisce l’ordinaria forma di riscossione delle entrate dello Stato e degli Enti pubblici (cfr. articoli 225 e 230 r.d. n. 827 del 1924).
La disposizione in commento delinea, in sostanza, un’eccezione alla regula juris generale per cui i debiti tributari o, comunque, regolati da norme di diritto pubblico si estinguono con un pagamento in moneta: in ragione di tale natura eccezionale, la disposizione non è applicabile oltre i casi ed i tempi in essa previsti (cfr. art. 14 preleggi), giacché non riflette né veicola un principio generale, ma, al contrario, vi deroga.
6.2. In una più ampia considerazione sistematica, invero, il Collegio osserva che il “contributo” di cui all’art. 16, comma 1, d.p.r. n. 380 del 2001, ivi inclusa la parte commisurata al costo di costruzione, ha natura di corrispettivo di diritto pubblico e configura una prestazione patrimoniale imposta (cfr. la richiamata sentenza dell’Adunanza Plenaria di questo Consiglio n. 12 del 30.08.2018).
Ora, i crediti di diritto pubblico sono indisponibili per l’Ente impositore non solo in ordine all’an ed al quantum (ossia alla fase genetica), ma anche in ordine al quomodo (ossia alla fase esecutiva o, che dir si voglia, solutoria).
L’Amministrazione, altrimenti detto, non può, in assenza di una specifica e puntuale previsione legislativa, accordarsi con il contribuente (o, comunque, con il debitore di una prestazione di diritto pubblico) circa una modalità di soluzione diversa dall’adempimento monetario.
Per quanto qui di interesse, dunque, de jure condito il Comune non può convenire una datio in solutum con il soggetto tenuto a corrispondere il contributo di costruzione.
Invero, l’istituto della datio in solutum consiste nell’accordo negoziale fra creditore e debitore circa l’effettuazione, con effetto estintivo dell’obbligazione, di una prestazione diversa da quella originariamente dedotta in contratto: come tale, l’istituto è espressione della disponibilità del diritto (e del sovrastante rapporto obbligatorio) di cui, viceversa, l’Amministrazione impositrice, per le ragioni sopra enucleate, difetta ex lege ab origine.
6.3. Di converso, la locuzione “con le modalità e le garanzie stabilite dal Comune” contenuta nell’art. 16, comma 2, d.p.r. n. 380 del 2001 non dimostra né sottende un’implicita autorizzazione legislativa a convenire pattiziamente forme solutorie alternative a quella monetaria.
In disparte il rilievo che un’eccezione di tale portata richiederebbe una disciplina espressa ed esplicita, è sufficiente considerare che tale locuzione va letta nell’ambito della generale disciplina apprestata dal comma in discorso, afferente alla realizzazione diretta, da parte del privato, delle opere di urbanizzazione: ne consegue che le “modalità” in questione sono solo quelle strettamente afferenti alla concreta esecuzione delle opere de quibus (tempistica, modalità costruttive, qualità dei materiali, et similia).
6.4. Peraltro, osserva in termini ancora più generali il Collegio, l’ammissione della negoziabilità delle modalità solutorie delle obbligazioni tributarie (o, comunque, disciplinate dal diritto pubblico) cozzerebbe frontalmente con i principi costitutivi su cui si regge il vigente sistema di contabilità pubblica, fondato sulla generale e rigida indisponibilità anche per l’Amministrazione, salve specifiche e puntuali disposizioni legislative, di tutta la disciplina del tributo (o, comunque, della prestazione patrimoniale imposta) per come delineata dalla legge.
6.5. A chiusura sul punto, il Collegio rileva che è inconferente il richiamo operato da Al. all’istituto della compensazione, “cui”, ad avviso dell’appellata società, “lo scomputo risulta latamente riconducibile”.
In realtà, osserva il Collegio, la compensazione è un istituto ontologicamente diverso dall’anelata facoltà di scomputo cui il presente giudizio inerisce.
Invero, la compensazione (che, peraltro, nel settore tributario opera solo in base ad espressa previsione normativa – cfr. art. 8, comma 6, l. n. 212 del 2000) valorizza a fini estintivi dell’obbligazione la compresenza, in capo all’Amministrazione ed al contribuente, di individuate ragioni contrapposte di credito/debito, laddove lo scomputo del costo di costruzione derogherebbe, senza alcuna base legislativa, all’ordinaria regula juris di natura pubblicistica per cui il pagamento dei tributi (e, più in generale, delle prestazioni di diritto pubblico) si fa in moneta.
7. Le considerazioni che precedono conducono alla corretta interpretazione da riconoscere alla convenzione accessiva al titolo edilizio: ai sensi dell’art. 1367 c.c., infatti, in situazioni di dubbio esegetico i contratti (e, quindi, anche gli accordi di diritto pubblico – cfr. art. 11 l. n. 241 del 1990) devono essere interpretati in modo tale da preservarne la validità.
Nella specie, l’unica esegesi compatibile con la validità della convenzione è quella che ascrive rilievo determinante alla lettera della stessa (che limita lo scomputo ai soli oneri di urbanizzazione), ritenendo, viceversa, recessivo (e, comunque, non significativo) il difforme dato numerico.
8. Incidentalmente, il Collegio rileva che, sia pure in altra materia, questo Consiglio ha sancito la prevalenza del valore espresso in lettere rispetto a quello espresso in cifre (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 10.11.2015, n. 10).
In una più ampia visione di sistema, peraltro, l’ordinamento –in caso di discordanze– assegna prevalenza alla lettera rispetto al dato numerico sia nella disciplina dell’assegno bancario (cfr. r.d. n. 1736 del 1933, art. 9), sia in quella della cambiale (r.d. n. 1669 del 1933, art. 6).
Oltretutto, le norme generali della contabilità pubblica (art. 72 r.d. n. 827 del 1924) stabiliscono che “quando, in un’offerta all’asta, vi sia discordanza fra il prezzo indicato in lettere e quello indicato in cifre, è valida l’indicazione più vantaggiosa per l’Amministrazione”: da tale disposizione può trarsi un principio di tendenziale favor esegetico, in ipotesi dubbie, per le ragioni erariali (e, più in generale, per le ragioni delle finanze pubbliche).
9. L’individuazione del corretto significato da attribuire alla convenzione rende, conseguentemente, ab origine inconferente e, comunque, priva di pregio la difesa da ultimo svolta da Al., secondo cui la contestazione, da parte del Comune, dell’interpretazione della convenzione come ammissiva dello scomputo anche del costo di costruzione avrebbe imposto, a pena di inammissibilità della censura d’appello, il previo annullamento in autotutela del titolo edilizio e della connessa convenzione.
10. Per le esposte ragioni, pertanto, il ricorso in appello va accolto: in parziale riforma della sentenza impugnata, dunque, deve rigettarsi il ricorso di primo grado nella parte in cui si chiede l’accertamento del diritto di fruire dello scomputo del costo di costruzione.

EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICAUrbanizzazione a scomputo è opera pubblica, ok revoca della convenzione per interdittiva antimafia.
Con la sentenza 21.11.2019 n. 7947, la Sezione III del Consiglio di Stato ha affermato che gli atti convenzionali che prevedono l'obbligo per il privato di realizzare opere di urbanizzazione a scomputo possono (rectius, debbono) essere revocati dal Comune in presenza di una interdittiva antimafia che vada a colpire il soggetto attuatore.
Il Consiglio di Stato giunge a tale conclusione muovendo dalla considerazione per cui gli interventi di urbanizzazione posti a carico del privato costituiscono un'opera pubblica e, dunque, soggiacciono anch'essi alla disciplina di cui agli articoli 83 e 94 del DLgs n. 159/2011 (Codice antimafia) che prevedono l'obbligo dell'Amministrazione di acquisire l'informazione antimafia prima della sottoscrizione del contratto ovvero l'obbligo di revoca del contratto qualora successivamente il soggetto privato risulti destinatario di interdittiva antimafia.
La sentenza del Consiglio di Stato riforma la sentenza di primo grado con la quale il Tar Parma aveva ritenuto illegittima la revoca della convenzione urbanistica disposta dal Comune in base ad una interpretazione letterale del Codice antimafia. In particolare, ad avviso del Giudice di prime cure, gli articoli 83 e 94 del Codice antimafia:
   - fanno esclusivo riferimento agli appalti pubblici e, segnatamente, ai contratti di lavori, servizi e forniture;
   - non fanno alcun riferimento alle convenzioni urbanistiche aventi ad oggetto l'esecuzione da parte dell'attuatore di opere di urbanizzazione;
   - pertanto, non legittimano la revoca della convenzione urbanistica in presenza di una interdittiva antimafia intervenuta successivamente alla stipula della convenzione urbanistica. Dunque, ad avviso del Giudice di prime cure, la materia delle convenzioni urbanistiche sarebbe avulsa dalla disciplina degli articoli 83 e 94 del Codice antimafia.
La decisione
Nel riformare la suddetta decisione, il Consiglio di Stato ha invece affermato che il Codice antimafia costituisce un apparato normativo «del tutto idoneo a legittimare l'esercizio del potere di autotutela su atti convenzionali implicanti l'obbligo di realizzazione di opere di urbanizzazione a scomputo».
Il Giudice di appello giunge a tale affermazione in ragione:
   - della natura di opera pubblica degli interventi di urbanizzazione posti a carico del privato a) in quanto funzionali al conseguimento di esigenze non limitate al semplice insediamento individuale, b) la cui realizzazione è demandata al soggetto attuatore in forza di un mandato espresso conferitogli dall'Amministrazione;
   - del carattere oneroso della clausola della convenzione urbanistica che prevede lo scomputo degli oneri di urbanizzazione da quelli di concessione poiché comporta da parte dell'Amministrazione la rinuncia, totale o parziale, ai contributi concessori;
   - della definizione di cui all'articolo 32, comma 1, lett. g), del Dlgs n. 163/2006 oggi riprodotto dal vigente articolo 1, comma 2, lett. e) del Dlgs n. 50/2016 - in base al quale soggiacciono alla disciplina dei contratti pubblici, anche i «lavori pubblici da realizzarsi da parte dei soggetti privati, titolari di permesso di costruire, che assumono in via diretta l'esecuzione delle opere di urbanizzazione a scomputo totale o parziale del contributo previsto per il rilascio del permesso ()».
Pertanto, la natura delle opere di urbanizzazione a scomputo non sfugge alla disciplina del Codice antimafia (articolo Quotidiano Enti Locali & Pa del 13.12.2019).
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SENTENZA
2.3. Il Collegio ritiene fondato il motivo dell’appello principale.
2.4. In merito alla natura della convenzione accessoria al piano di lottizzazione, o ad altro strumento urbanistico attuativo, contemplante l'esecuzione di opere di urbanizzazione da parte del privato con scomputo dei relativi costi da quelli di concessione - si è da tempo consolidato un indirizzo interpretativo secondo il quale:
   i) gli interventi di urbanizzazione posti a carico del privato -essendo funzionali al conseguimento di esigenze non limitate al semplice insediamento individuale- danno luogo ad un'opera pubblica, la cui realizzazione è demandata al soggetto attuatore in virtù di un mandato espresso conferitogli dall'amministrazione (cfr. Corte Cost. n. 129/2006 e n. 269/2007);
   ii) la clausola che preveda lo scomputo dei relativi oneri da quelli di concessione conferisce al rapporto carattere di onerosità, poiché comporta da parte dell’amministrazione la rinuncia, totale o parziale, ai contributi concessori (cfr. Corte di Giustizia UE, sez. VI, n. 399/2011);
   iii) ne consegue che l'affidamento di tali lavori integra un appalto pubblico nella lata accezione recepita nelle direttive comunitarie e poi trasfusa normativamente nell'articolo 32, comma 1, lettera g), del d.lgs. 163/2006 (disposizione applicabile anche per le opere sotto soglia, ai sensi dell'articolo 122, comma 8, del d.lgs. 163/2006; cfr. ex multis, Cass. civ., sez. II, n. 8798/2018 e sez. I, n. 15340/2016).
2.5. Le conclusioni alle quali è pervenuta la giurisprudenza trovano piena rispondenza nelle determinazioni ANAC (ex AVCP) n. 4/2008 del 02.04.2008 e n. 7 del 16.07.2009, altrettanto univoche nel segnalare che "la realizzazione di opere prevista dalle convenzioni urbanistiche rientra nella nozione di appalto pubblico di lavori" (determinazione n. 4/2008); e che "l'articolo 32, comma 1, lett. g), primo periodo, del Codice configura una titolarità "diretta", ex lege, della funzione di stazione appaltante in capo al privato titolare del permesso di costruire (ovvero titolare del piano di lottizzazione o di altro strumento urbanistico attuativo contemplante l'esecuzione di opere di urbanizzazione) che in quanto "altro soggetto aggiudicatore" è tenuto ad appaltare le opere di urbanizzazione a terzi nel rispetto della disciplina prevista dal Codice e, in qualità di stazione appaltante, è esclusivo responsabile dell'attività di progettazione, affidamento e di esecuzione delle opere di urbanizzazione primarie e secondarie, ferma restando la vigilanza da parte dell'amministrazione consistente, tra l'altro, nell'approvazione del progetto e di eventuali varianti" (determinazione n. 7/2009).
2.6. A ciò aggiungasi che gli artt. 83 e 94 d.lgs. n. 159/2011 delineano una nozione di “contratto relativo a lavori pubblici” del tutto compatibile con quella poc’anzi tratteggiata. Di più, è la stessa parte appellante a sostenere che l’art. 83 d.lgs. 159/2011 è da intendersi riferito ai “contratti pubblici” che trovano la propria disciplina nel d.lgs. n. 163/2006 e, oggi, nel d.lgs. n. 50/2016.
2.7. Alla luce delle premesse sin qui svolte, si può quindi ritenere che il codice antimafia appresti un apparato normativo del tutto idoneo a legittimare l’esercizio del potere di autotutela su atti convenzionali implicanti l’obbligo di realizzazione di opere di urbanizzazione a scomputo.

EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI - URBANISTICALa realizzazione di lavori e di opere pubbliche, ai fini IVA, è assoggettata ad una peculiare disciplina, prevedente l’applicazione di aliquote agevolate?
In particolare, quale aliquota IVA deve applicarsi in relazione alla fattispecie di "lavori di nuova costruzione di una caserma dei Carabinieri”?

La realizzazione di lavori e di opere pubbliche non risulta essere destinataria di un’organica disciplina, in quanto le fonti normative, in materia di aliquote IVA, sono diverse e disparate.
In linea generale, si può affermare che la legislazione prevede, per talune categorie di lavori pubblici, aliquote agevolate. Quindi, occorre verificare l’effettivo oggetto dei lavori da realizzare ed accertare la possibilità di applicare le aliquote agevolate. In linea di sintesi, è possibile distinguere le seguenti categorie di lavori pubblici:
   1) Cessioni di opere di urbanizzazione primaria e secondaria. IVA 10% (Tabella A, Parte III, allegata al D.P.R. 26.10.1972, n. 633, n. 127-quinquies, 127-sexies). Al riguardo, giova ricordare che, ai sensi dell’art. 4, L. 29.09.1964, n. 847, come integrata dalla L. 22.10.1971, n. 865, le opere di urbanizzazione vanno distinte in:
      - Opere di Urbanizzazione Primaria (a) strade residenziali, b) spazi di sosta e parcheggio (realizzati ai sensi della legge Tognoli - art. 11, L. 24.09.1989, n. 122), c) fognature, d) rete idrica, e) rete di distribuzione dell’energia elettrica e del gas, f) pubblica illuminazione, g) centri sociali e attrezzature culturali e sanitarie, h) spazi di verde attrezzato, i) gli impianti e le opere accessorie funzionali a servizi pubblici di radio, televisione e telefonia (torri, tralicci, ripetitori, stazioni radio-base);
      - Opere di Urbanizzazione Secondaria (a) asili nido e scuole materne, b) scuole dell’obbligo, c) mercati di quartiere, d) delegazioni comunali, e) chiese ed altri edifici per servizi religiosi, f) impianti sportivi di quartiere, g) aree verdi di quartiere, h) centri sociali, i) attrezzature culturali e sanitarie, j) oratori ed edifici similari).
L’agevolazione compete per tutte le opere di urbanizzazione primaria e secondaria realizzate anche fuori dal tessuto urbano. Siffatte opere devono presentare e conservare la caratteristica di opere al servizio di un tessuto urbano e devono possedere il requisito essenziale costituito dalla destinazione ad uso pubblico.
   2) Cessioni, da imprese che hanno effettuato interventi di urbanizzazione primaria e secondaria. IVA 10% (Tabella A, Parte III, allegata al D.P.R. 26.10.1972, n. 633, n. 127-quinquiesdecies, 127-terdecies).
   3) Prestazioni di servizi dipendenti da contratti di appalto, relativi alla costruzione di opere di urbanizzazione primaria o secondaria; impianti di produzione e reti di distribuzione calore-energia ed energia elettrica da fonte solarefotovoltaica ed eolica; impianti di depurazione destinati ad essere collegati a reti fognarie e relativi collettori di adduzione. IVA 10% (Tabella A, Parte III, allegata al D.P.R. 26.10.1972, n. 633, n. 127-septies).
   4) Prestazioni di servizi dipendenti da contratti di appalto relativi alla costruzione di opere direttamente finalizzate al superamento ed alla eliminazione di barriere architettoniche. IVA 4% (Tabella A, Parte III, allegata al D.P.R. 26.10.1972, n. 633, n. 42-ter). L’agevolazione si riferisce a prestazione di servizi dipendenti da contratti di appalto realizzati allo scopo di rendere libertà di accesso e di movimento negli edifici ai portatori di handicap.
   5) Prestazioni di servizi dipendenti da contratti di appalto aventi ad oggetto la realizzazione di interventi di manutenzione straordinaria, di cui all’art. 31, lett. b), L. 05.08.1978, n. 457 sugli edifici di edilizia residenziale pubblica. IVA 10% (Tabella A, Parte III, allegata al D.P.R. 26.10.1972, n. 633, n. 127-duodecies).
Gli edifici su cui si effettuano gli interventi di manutenzione straordinaria, per godere dell’agevolazione, devono avere carattere di: - edifici pubblici, - destinazione abitativa. Per edifici di edilizia residenziale pubblica si intendono alloggi realizzati dallo Stato, dagli Enti pubblici territoriali, dagli IACP e loro consorzi. Le unità immobiliari devono possedere la caratteristica della stabile residenzialità.
Per quanto concerne la costruzione di "caserme”, la vigente normativa, nel suo complesso, prevede l’aliquota agevolata del 10%. La ricostruzione normativa dell’agevolazione (sulla base delle diverse fonti applicabili) risulta essere la seguente:
   ▪ La parte terza della Tabella allegata al D.P.R. 26.10.1972, n. 633, n. 127-quinquies prevede l'applicazione dell'IVA nella misura del 10 per cento anche agli "edifici di cui all'art. 1, L. 19.07.1961, n. 659, assimilati ai fabbricati di cui all'art. 13, L. 02.07.1949, n. 408, e successive modificazioni".
   ▪ Il successivo numero 127-septies) stabilisce che la medesima aliquota del 10 per cento si applica anche alle "prestazioni di servizi dipendenti da contratti di appalto relativi alla costruzione delle opere, degli impianti e degli edifici di cui al n. 127-quinquies)".
   ▪ L'art. 1, L. n. 659 del 1961, richiamato dal suddetto n. 127-quinquies), prevede che "le agevolazioni fiscali e tributarie stabilite per la costruzione di case di abitazione dagli artt. 13, 14, 16 e 18 della legge 02.07.1949, n. 408, sono estese agli edifici contemplati dall'art. 2, comma secondo, del regio decreto 21.06.1938, n. 1094, convertito nella legge 05.01.1939, n. 35".
   ▪ Siffatti ultimi edifici (quelli indicati nel richiamato art. 2, comma 2, R.D. 21.06.1938, n. 1094) consistono in scuole, caserme, ospedali, case di cura, ricoveri, colonie climatiche, collegi, educandati, asili infantili, orfanotrofi e simili.
Orbene, per quanto concerne la nozione di "caserme", l’Amministrazione finanziaria ha evidenziato quanto segue:
   a) Una struttura edilizia è qualificabile unitariamente come "caserma" quando la stessa costituisce un comprensorio destinato ad attività addestrative e logistico amministrative nel quadro dello svolgimento delle funzioni di difesa militare dello Stato (Risoluzione 917/1994).
   b) Può qualificarsi "caserma" una costruzione eretta per l'abitazione, l'istruzione e l'educazione delle truppe in periodi in cui le stesse non sono direttamente impegnate in attività operative, ma in compiti di addestramento ed altre mansioni genericamente riconducibili alle finalità istituzionali delle forze facenti parte dell'apparato militare dello Stato.
   c) Un immobile può considerarsi assimilabile ad una caserma quando presenti caratteristiche strutturali e funzionali analoghe a quelle descritte e non costituisca, invece, un complesso immobiliare da destinare ad uffici (Risoluzione 460547/1987).
La Ris. 13.06.2008 n. 243/E, emessa dall’Agenzia delle Entrate, sintetizza in modo mirabile, le argomentazioni ora illustrate, con applicazione dell’aliquota agevolata del 10%, ai sensi della Tabella A allegata al D.P.R. 26.10.1972, n. 633, n. 127-septies. Conclusivamente, per la costruzione di nuovi edifici, presentanti le caratteristiche di "caserma”, come ora delineata (punti a-b-c), si applica l’aliquota agevolata del 10%.
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Riferimenti normativi e contrattuali
D.P.R. 26.10.1972, n. 633, Tabella A - Ris. 13.06.2008 n. 243/E dell’Agenzia delle Entrate (13.11.2019 - tratto da www.risponde.leggiditalia.it/#doc_week=true).

EDILIZIA PRIVATAL’art. 16, comma 2, del D.P.R. n. 380/2001 stabilisce che il privato può assolvere all’obbligo di concorrere nelle spese di urbanizzazione realizzando direttamente, a scomputo, opere di urbanizzazione “con le modalità e le garanzie stabilite dal comune, con conseguente acquisizione delle opere realizzate al patrimonio indisponibile del comune”.
E' dunque evidente che, affinché il costo delle opere di urbanizzazione sia portato a scomputo degli oneri di urbanizzazione, è necessario che il Comune esprima una preventiva approvazione sul progetto delle opere e sul relativo computo metrico, all’evidente scopo di garantire che le opere portate a scomputo siano realizzate in maniera adeguata, e che il costo sia correttamente valorizzato.

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13. Infondata è anche la pretesa dei ricorrenti a vedersi accreditare la somma di € 25.836,27 da essi asseritamente sostenuta per la realizzazione di opere di urbanizzazione primaria.
13.1. L’art. 16, comma 2, del D.P.R. n. 380/2001 stabilisce, infatti, che il privato può assolvere all’obbligo di concorrere nelle spese di urbanizzazione realizzando direttamente, a scomputo, opere di urbanizzazione “con le modalità e le garanzie stabilite dal comune, con conseguente acquisizione delle opere realizzate al patrimonio indisponibile del comune”: è dunque evidente che, affinché il costo delle opere di urbanizzazione sia portato a scomputo degli oneri di urbanizzazione, è necessario che il Comune esprima una preventiva approvazione sul progetto delle opere e sul relativo computo metrico, all’evidente scopo di garantire che le opere portate a scomputo siano realizzate in maniera adeguata, e che il costo sia correttamente valorizzato.
13.2. Nella specie i resistenti nulla hanno prodotto per dimostrare che lo scomputo del costo delle opere di urbanizzazione da essi realizzate era stato approvato preventivamente dal Comune, di guisa che, in teoria, nulla a detto titolo dovrebbe loro essere riconosciuto. Il Comune, tuttavia, con il ricorso introduttivo del giudizio ha portato in deduzione del dovuto l’importo di £. 11.000.000, che in effetti rappresenta la valorizzazione delle opere di urbanizzazione primaria oggetto di scomputo, quantificate in sede di approvazione del PEC.
13.3. La pretesa dei resistenti di vedersi interamente accreditare, a scomputo e/o in compensazione di quanto dovuto, l’intero costo delle opere di urbanizzazione realizzate dalla Da. s.r.l., è pertanto infondata
(TAR Piemonte, Sez. II, sentenza 30.10.2019 n. 1091 - link a www.giustizia-amministrartiva.it).

EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: L'ufficio edilizia e l'ufficio lavori pubblici, in gestione associata all'Unione di Comuni, chiedono quali siano le novità in materia di "opere a scomputo" avendo avuto notizia di una modifica normativa che però non si ritrova né nella disciplina edilizia (nazionale e regionale) né in quella sugli appalti.
La problematica è reale e deriva dall'avvio, da parte della Commissione europea, di una procedura di infrazione nei confronti dell'Italia riguardante, tra l'altro, la violazione dell'art. 5, par. 8, comma 2, Dir. 2014/24/UE in relazione alle opere di urbanizzazione a scomputo.
Alla luce di questa procedura, coinvolgente le Linee guida ANAC n. 4, l'Autorità Nazionale Anticorruzione preso atto che nelle more della conclusione della procedura di aggiornamento delle Linee guida n. 4, è intervenuto il D.L. 18.04.2019, n. 32 recante "Disposizioni urgenti per il rilancio del settore dei contratti pubblici, per l'accelerazione degli interventi infrastrutturali, di rigenerazione urbana e di ricostruzione a seguito di eventi sismici", convertito con L. 14.06.2019 n. 55 ha provveduto all'"Aggiornamento dei punti 1.5, 2.2, 2.3 e 5.2.6 lettera j) delle Linee guida n. 4 a seguito dell'entrata in vigore della L. 14.06.2019 n. 55 di conversione del D.L. 18.04.2019 n. 32" con la Del. 10.07.2019, n. 636.
Le Linee guida n. 4, di attuazione del D.Lgs. 18.04.2016, n. 50, recanti "Procedure per l'affidamento dei contratti pubblici di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria, indagini di mercato e formazione e gestione degli elenchi di operatori economici" contengono oggi una disciplina specifica (punto 2.2 e 2.3) su questo tema prevedendo in sintesi che:
   - "Per le opere di urbanizzazione a scomputo totale o parziale del contributo previsto per il rilascio del permesso di costruire, nel calcolo del valore stimato devono essere cumulativamente considerati tutti i lavori di urbanizzazione primaria e secondaria anche se appartenenti a diversi lotti, connessi ai lavori oggetto di permesso di costruire, permesso di costruire convenzionato (art. 28-bis, D.P.R. 06.06.2001 n. 380) o convenzione di lottizzazione (art. 28, L. 17.08.1942 n. 1150) o altri strumenti urbanistici attuativi".
   - l'art. 16, comma 2-bis, D.P.R. 06.06.2001 n. 380 (Nell'ambito degli strumenti attuativi e degli atti equivalenti comunque denominati nonché degli interventi in diretta attuazione dello strumento urbanistico generale, l'esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione primaria ... di importo inferiore alla soglia ..., funzionali all'intervento di trasformazione urbanistica del territorio, è a carico del titolare del permesso di costruire e non trova applicazione il [Codice dei contratti]) e l'art. 36, comma 4, Codice dei contratti pubblici che rinvia a tale disposizione si applicano dunque esclusivamente quando il valore di tutte le opere di urbanizzazione non raggiunge le soglie di rilevanza comunitaria.
I casi possibili sono dunque due:
   a) nel caso dunque si rimanga sotto la soglia il privato avrà titolo ad avvalersi delle citate disposizioni (esecuzione diretta di opere a scomputo) ma esclusivamente per le opere funzionali. "Per opere funzionali si intendono le opere di urbanizzazione primaria (ad es. fogne, strade, e tutti gli ulteriori interventi elencati in via esemplificativa dall'art. 16, comma 7, D.P.R. 06.06.2001, n. 380) la cui realizzazione è diretta in via esclusiva al servizio della lottizzazione ovvero della realizzazione dell'opera edilizia di cui al titolo abilitativo a costruire e, comunque, quelle assegnate alla realizzazione a carico del destinatario del titolo abilitativo a costruire";
   b) il valore complessivo di tutte le opere supera la soglia comunitaria. In questo caso il privato dovrà applicare il Codice di contratti pubblici (procedure di gara, principi, regole ecc..) sia per le opere funzionali che per quelle non funzionali.
A questo complesso quadro occorre aggiungere l'ulteriore deroga (della deroga) prevista dall'art. 35, comma 11, del codice dei contratti pubblici in base al quale "le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori possono aggiudicare l'appalto per singoli lotti senza applicare le disposizioni del presente codice, quando il valore stimato al netto dell'IVA del lotto sia inferiore a euro 80.000 per le forniture o i servizi oppure a euro 1.000.000 per i lavori, purché il valore cumulato dei lotti aggiudicati non superi il 20 per cento del valore complessivo di tutti i lotti in cui sono stati frazionati l'opera prevista, il progetto di acquisizione delle forniture omogenee, o il progetto di prestazione servizi".
In sintesi, rimane in vigore la disciplina sulla realizzazione diretta di opere a scomputo da parte del titolare del permesso di costruire ma con forti limitazioni derivanti dal calcolo del valore stimato secondo le indicazioni di Anac, frutto del recepimento di puntuali indicazioni comunitarie.
Si conferma che tale disciplina è fuori dalla disciplina urbanistico-edilizia e del Codice dei contratti, che contiene un richiamo indiretto e generale solo nell'art. 216, comma 27-octies laddove dispone "Ai soli fini dell'archiviazione delle citate procedure di infrazione, nelle more dell'entrata in vigore del regolamento, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e l'ANAC sono autorizzati a modificare rispettivamente i decreti e le linee guida adottati in materia", norma che è alla base della Del. 10.07.2019, n. 636 dell'ANAC.
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Riferimenti normativi e contrattuali
L. 17.08.1942 n. 1150, art. 28 - D.P.R. 06.06.2001 n. 380, art. 28-bis - D.Lgs. 18.04.2016, n. 50, art. 35 - D.L. 18.04.2019, n. 32 - L. 14.06.2019, n. 55 - Del. 10.07.2019, n. 636 dell'ANAC (30.10.2019 - tratto da www.risponde.leggiditalia.it/#doc_week=true).

APPALTI - EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: Aggiornamento «Linee Guida n. 4, di attuazione del Decreto Legislativo 18.04.2016, n. 50, recanti “Procedure per l’affidamento dei contratti pubblici di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria, indagini di mercato e formazione e gestione degli elenchi di operatori economici”» (delibera 10.07.2019 n. 636 - link a www.anticorruzione.it).
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Nelle more dell’adozione del nuovo regolamento governativo di attuazione del codice dei contratti pubblici, l’ANAC è autorizzata a modificare le proprie Linee guida n. 4, ai soli fini dell’archiviazione della procedura di infrazione n. 2018/2273.
Aggiornati i punti 1.5, 2.2, 2.3 e 5.2.6, lett. j), delle Linee guida.
Di particolare interesse i punti 2.3. e 2.3. che recitano:
   2.2 Per le opere di urbanizzazione a scomputo totale o parziale del contributo previsto per il rilascio del permesso di costruire, nel calcolo del valore stimato devono essere cumulativamente considerati tutti i lavori di urbanizzazione primaria e secondaria anche se appartenenti a diversi lotti, connessi ai lavori oggetto di permesso di costruire, permesso di costruire convenzionato (articolo 28-bis d.P.R. 06.06.2001 n. 380) o convenzione di lottizzazione (articolo 28 l. 17.08.1942 n. 1150) o altri strumenti urbanistici attuativi. Quanto disposto dall’articolo 16, comma 2-bis, d.P.R. 06.06.2001 n. 380 e 36, comma 4, Codice dei contratti pubblici si applica unicamente quando il valore di tutte le opere di urbanizzazione, calcolato ai sensi dell’articolo 35, comma 9, Codice dei contratti pubblici, non raggiunge le soglie di rilevanza comunitaria. Per l’effetto: se il valore complessivo delle opere di urbanizzazione a scomputo –qualunque esse siano– non raggiunge la soglia comunitaria, calcolata ai sensi dell’articolo 35, comma 9, Codice dei contratti pubblici, il privato potrà avvalersi della deroga di cui all’articolo 16, comma 2-bis, d.P.R. 06.06.2001 n. 380, esclusivamente per le opere funzionali; al contrario, qualora il valore complessivo di tutte le opere superi la soglia comunitaria, il privato sarà tenuto al rispetto delle regole di cui al Codice di contratti pubblici sia per le opere funzionali che per quelle non funzionali. Per opere funzionali si intendono le opere di urbanizzazione primaria (ad es. fogne, strade, e tutti gli ulteriori interventi elencati in via esemplificativa dall’articolo 16, comma 7, d.P.R. 06.06.2001 n. 380) la cui realizzazione è diretta in via esclusiva al servizio della lottizzazione ovvero della realizzazione dell’opera edilizia di cui al titolo abilitativo a costruire e, comunque, quelle assegnate alla realizzazione a carico del destinatario del titolo abilitativo a costruire.
  
2.3 Si applica l’articolo 35, comma 11, del codice dei contratti pubblici.

EDILIZIA PRIVATA: OGGETTO: Realizzazione di nuova strada da parte di privati con spese ed oneri a loro carico – successiva cessione delle aree stradali al Comune – parere (Legali Associati per Celva, nota 26.03.2019 - tratto da www.celva.it).

EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: Trasferimento coattivo di opere di urbanizzazione.
Il TAR Brescia, accertato il diritto del Comune al trasferimento della proprietà di opere di urbanizzazione che una convenzione urbanistica prevedeva che fossero realizzate dal soggetto lottizzante, a scomputo degli oneri di costruzione, e preso atto dell’inadempimento della lottizzante all’assolvimento delle obbligazioni dedotte in Convenzione, accoglie la domanda proposta ex art. 2932 c.c. determinando il trasferimento coattivo delle aree in questione e ordina al competente Conservatore dei registri immobiliari di procedere alle trascrizione stessa, nei confronti di quale che sia il soggetto risultante come proprietario e, quindi, anche degli attuali proprietari dei fondi che ne abbiano medio tempore acquisito la proprietà, trattandosi di un’obbligazione reale (TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 07.03.2019 n. 227 - commento tratto da
https://camerainsubria.blogspot.com).
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MASSIMA
Il ricorso, così proposto, merita accoglimento.
Preliminarmente, però, il Collegio ritiene di dover affermare la propria giurisdizione. Da tempo, ormai, la giurisprudenza ha chiarito, infatti, come “
Le convezioni o gli atti d’obbligo stipulati fra Comune e privati destinatari di concessioni edilizie non hanno specifica autonomia come fonte negoziale di regolamento dei contrapposti interessi, con la conseguenza che le controversie ad esse relative, rientrando nel campo urbanistico, sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo di cui all’art. 16 della legge n. 10/1977 (cfr. Cass. SS.UU. Civili 20/4/2007 n. 9360)”.
Ancora più chiaramente, il giudice amministrativo d’appello ha affermato il principio secondo cui “
Qualora si discuta in ordine a inadempimenti di obblighi convenzionali di natura edilizio- urbanistica assunti in esecuzione di obblighi che per legge hanno finalità di pubblico interesse, è indubbio che dette convenzioni si inseriscano in un modulo procedimentale di diritto pubblico, tale per cui le controversie che intervengono in subiecta materia appartengono necessariamente alla giurisdizione amministrativa (cfr. Cons. Stato Sez. IV 22/01/2010 n. 214; Cons. Stato Sez. V 05/04/2011 n. 5711 e, da ultimo, Cons. Stato, 1069/2019)”.
Deve, dunque, ritenersi che rientrino nella giurisdizione del giudice amministrativo sia la domanda di accertamento del diritto del Comune di Valbrembo alla cessione gratuita delle aree per urbanizzazioni, nonché quella di pronuncia di una sentenza ex art. 2932 c.c., traslativa della proprietà, in quanto trattasi di domande connesse all’adempimento di obblighi collegati a una convenzione strettamente inerente all’esercizio delle funzioni autoritative avutosi con il precedente rilascio delle concessioni edilizie.
Quanto alla legittimazione passiva del soggetto intimato, si deve dare conto di come la società Pa. sia subentrata negli obblighi sottoscritti dai primi soggetti lottizzanti (la società SI. In.Im. s.r.l. e il sig. Fu.Vi.) assumendosi l’obbligo di eseguire gli impegni derivanti dalla convenzione di lottizzazione.
A tale proposito,
la giurisprudenza ha chiarito come la natura reale dell'obbligazione in esame riguardi sia i soggetti che stipulano la convenzione, che quelli che richiedono la concessione e quelli che realizzano l'edificazione ed i loro aventi causa (da ultimo Cass. civile, Sez. II, 27.08.2002, n. 12571).
Ne consegue che, accertato il diritto del Comune al trasferimento della proprietà delle opere di urbanizzazione che la convenzione urbanistica prevedeva che fossero realizzate dal soggetto lottizzante, a scomputo degli oneri di costruzione e preso atto dell’inadempimento dell’intimata Società all’assolvimento delle obbligazioni dedotte in Convenzione, deve accogliersi anche la domanda proposta ex art. 2932 c.c (ammissibile in ipotesi di inadempimento agli obblighi assunti in virtù di una convenzione urbanistica - ex multis TAR Emilia Romagna, Bologna, Sez. I, 24.10.2016, n. 873) determinando il trasferimento coattivo delle aree in questione come identificate nella planimetria catastale rappresentante il documento n. 13 del Comune ricorrente, previa redazione del tipo di frazionamento, se necessario per poter, in concreto, procedere alla trascrizione.
Va quindi ordinato al competente Conservatore dei registri immobiliari di procedere alle trascrizione stessa, nei confronti di quale che sia il soggetto risultante come proprietario e, quindi, anche degli attuali proprietari dei fondi che ne abbiano acquisito la proprietà a seguito della cancellazione della società intimata dichiarata all’udienza pubblica, con esonero da ogni sua responsabilità al riguardo.
La sentenza produrrà, quindi, effetti nei confronti della società intimata, se ancora risultante quale proprietaria degli immobili, ovvero di chiunque altro sia subentrato nella proprietà stessa, trattandosi di un’obbligazione reale, che non può estinguersi con l’eventuale estinzione del soggetto proprietario.

EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICALe ipotesi di scomputo degli oneri di urbanizzazione e di esonero del costo di costruzione devono considerarsi tassative e di stretta interpretazione perché derogatorie alla regola della normale onerosità del permesso a costruire che costituisce principio fondamentale della normativa di settore.
La possibilità di scomputare dalle opere di urbanizzazione, realizzate dal privato, l'importo dei relativi oneri anche quando le suddette opere vengano realizzate su beni privati e non si preveda il relativo trasferimento a titolo gratuito in favore dell'Ente, va esclusa sulla base dell'interpretazione letterale, ex art. 12 delle Preleggi, dell'art. 16 del D.P.R. 380 del 2001 ed s.m.i. (Testo Unico edilizia).
L'espressione "conseguente acquisizione delle opere al patrimonio indisponibile del Comune" ed in particolare l'impiego del sostantivo "acquisizione" nella formulazione dell'art. 16 sopra richiamato, evoca chiaramente il concetto di proprietà.
Limitare la possibilità di scomputo degli oneri di urbanizzazione dalle relative opere realizzate dal privato alle sole ipotesi del trasferimento in proprietà delle stesse è l'unica modalità che garantisce l'effettiva funzionalizzazione del bene all'interesse pubblico e ne preserva la natura pubblica.
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La L.r. n. 56 del 05.12.1977 e ss.mm.ii. all'art. 21, comma 4, non contempla la previsione di casi speciali di esoneri e/o esenzioni dal pagamento degli oneri in relazione ad opere di urbanizzazione, realizzate su suoli privati, ancorché destinate in perpetuo all'uso pubblico.
Né è possibile, al fine di introdurre ulteriori ipotesi di scomputo, non contemplate dalla Legge, prendere in considerazione un ipotetico ed ingiustificato arricchimento dell'Ente ai danni del privato per l'ipotesi in cui non si riconosca il beneficio dello scomputo a fronte di opere realizzate sulla proprietà privata, ancorché assoggettate in via permanente all'uso pubblico.
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Con nota indicata in epigrafe il Sindaco del Comune di Novara, dopo un breve excursus normativo in ordine alla fattispecie delle opere a scomputo degli oneri di urbanizzazione ha chiesto alla Sezione di pronunciarsi in ordine al quesito di seguito riportato: “se la possibilità di scomputare gli importi relativi all’esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione da quanto dovuto a titolo di oneri di urbanizzazione possa essere sempre accordata, anche quando dette opere ricadano su aree solo assoggettate all’uso pubblico o se per contro il mancato scomputo di detti importi nei suddetti casi possa configurarsi come indebito arricchimento da parte dell’Ente”.
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In via preliminare, la Sezione precisa che le scelte relative alle concrete modalità di realizzazione delle opere di urbanizzazione, al riconoscimento dell’esenzione dal pagamento degli oneri di urbanizzazione come pure il regime dominicale loro impresso dalla convenzione urbanistica, spettano, in concreto, all’Ente, quali scelte di amministrazione attiva.
Ciò premesso, la richiesta in esame attiene sostanzialmente all’interpretazione delle previsioni normative che regolamentano la possibilità, per il privato, di realizzare opere di urbanizzazione in luogo del pagamento dei relativi oneri anche allorquando le suddette opere vengano realizzate su beni privati e non si preveda il relativo trasferimento a titolo gratuito in favore dell’Ente.
Al fine di inquadrare compiutamente la tematica, questa Sezione ritiene utile procedere ad un seppur sintetico excursus normativo in materia di oneri di urbanizzazione tracciando le linee distintive tra questi ed il “contributo di costruzione” talvolta adoperati come sinonimi anche se profondamente diversi.
La legge 06.08.1967 n. 765 c.d. “legge - Ponte” ha previsto per la prima volta nell’ordinamento il principio della normale onerosità del permesso a costruire (rectius licenza urbanistica) secondo cui l’obbligo ed il costo di realizzazione delle infrastrutture dell’intervento edificatorio spetta ai soggetti attuatori. L’art. 31 della l. n. 1150/1942, come modificato dalla richiamata Legge Ponte, ha poi previsto che il rilascio del titolo abilitativo edilizio dovesse essere subordinato alla presenza dell’urbanizzazione primaria o, comunque, all’impegno del proprietario a realizzarla contemporaneamente all’intervento costruttivo.
Con tale previsione normativa è stato introdotto l’obbligo, a carico dell’attuatore, di cedere gratuitamente al Comune le aree destinate alle opere di urbanizzazione.
Infine l'art. 1 della legge n. 10 del 1977, a chiusura del sistema, ha normato il principio fondamentale in base al quale ogni attività comportante trasformazione urbanistico/edilizia del territorio partecipa agli oneri da essa derivanti.
Il testo Unico delle norme in materia edilizia, approvato con d.p.r. n. 380/2001 ha conferito maggiore sistematicità alla materia.
L’art. 16 del T.U. 380 del 2001 rubricato come “Contributo per il rilascio del permesso di costruire” prevede, come sopra affermato, che il rilascio del permesso a costruire “Salvo quanto disposto all'articolo 17, comma 3” obblighi al pagamento di un contributo “commisurato all’incidenza degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione” .
Gli oneri di urbanizzazione si sostanziano in una prestazione patrimoniale di diritto pubblico non avente natura tributaria posta a carico del privato. Tali oneri, determinati in misura corrispondente all’entità ed alla qualità delle opere di urbanizzazione necessarie ed in proporzione all’insieme dei benefici che la nuova costruzione ne trae, rappresentano il corrispettivo previsto in favore del Comune (ex multis Cons. Stato, sez. V 20.04.2009 n. 2359).
La quota di contributo per costo di costruzione, invece, non presenta natura corrispettiva, configurandosi come prestazione tributaria (cfr. Cass., Sez. I 27.09.1994 n. 7874). Tale quota è rapportata alle caratteristiche e alla tipologia delle singole costruzioni, riguarda esclusivamente l'attività edificatoria in sé, non avendo in alcun modo una funzione recuperatoria delle spese sostenute dalla collettività comunale per le trasformazioni del territorio su cui insiste. Il criterio di riferimento è quindi la specifica “produzione di ricchezza connessa all’uso edificatorio del territorio e delle potenzialità economiche che ne derivano” (cfr. TAR Liguria, sez. I, 28.03.2013 n. 552).
Il Giudice amministrativo in due recenti interventi nomofilattici ha affermato che il contributo per il permesso a costruire, articolato nelle due differenti voci —oneri di urbanizzazione e costo di costruzione— rappresenta la compartecipazione del singolo alla spesa pubblica necessaria alla realizzazione delle opere di urbanizzazione, individuandone la ratio nel “surplus di opere di urbanizzazione che l'amministrazione comunale è tenuta ad affrontare in relazione al nuovo intervento edificatorio del richiedente il titolo edilizio”, riconducendolo quindi al novero delle prestazioni patrimoniali imposte ex art. 23 Cost. (cfr. Ad. Plen. 30.08.2018, n. 12 e 07.12.2016, n. 24).
La partecipazione del privato, titolare del permesso a costruire, a tali spese, si sostanzia dunque nell’assunzione di una parte dei costi della vocazione edificatoria impressa al territorio e trova giustificazione nel beneficio, economicamente rilevante in termini di valore del suolo, che il privato medesimo riceve per effetto della concreta attuabilità del progetto di costruzione. ( cfr. ex multis TAR Liguria n. 955 del 2016).
L’art. 16 del richiamato testo normativo ha poi confermato la possibilità per il privato di obbligarsi a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione con relativo scomputo, parziale o totale degli oneri prevedendo, altresì la “
conseguente acquisizione delle opere al patrimonio indisponibile del Comune”.
Da tali previsioni vanno, invece, tenute distinte, le ipotesi di esonero dal pagamento del costo di costruzione (componente anch’essa del contributo per il rilascio del permesso a costruire), di cui all’art. 17 del D.P.R. 380 del 2001 s.m.i. che, in particolare al terzo comma, dispone la non debenza del contributo di costruzione in relazione agli “impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti nonché per le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici”.
Orbene venendo ora all’esame, più nello specifico, del quesito formulato dal Comune istante questo Collegio, facendo ricorso al criterio letterale quale regola ermeneutica primaria, ex art 12 delle Preleggi, ritiene che l’espressione “
conseguente acquisizione delle opere al patrimonio indisponibile del Comune” ed in particolare l’impiego del sostantivo “acquisizione” nella formulazione dell’art. 16 evochi chiaramente il concetto di proprietà. Ad avviso della Sezione il Legislatore ha inteso limitare l’operatività dello scomputo degli oneri all’ipotesi del trasferimento in proprietà delle opere di urbanizzazione in quanto unica modalità in grado di garantire l’effettiva funzionalizzazione del bene all’interesse pubblico ed a preservarne la natura pubblica (cfr. Cass. sez. I, sentenza 25.07.2016 n. 1534).
Con riferimento invece al costo di costruzione di cui all’art. 17 sopra citato, questa Corte ha già avuto modo di affermare (sezione controllo per la Lombardia
parere 09.10.2009 n. 783; Lombardia parere 21.02.2011 n. 91), la necessaria sussistenza di due requisiti concorrenti, uno oggettivo e l’altro soggettivo. Per effetto del primo la costruzione deve riguardare “opere pubbliche o d’interesse generale”; per effetto del secondo le opere devono essere eseguite da “un ente istituzionalmente competente”.
Anche la giurisprudenza amministrativa in considerazione dell’espressione utilizzata dal Legislatore "opere di urbanizzazione eseguite in attuazione di strumenti urbanistici" ha più volte ribadito che la fattispecie di esonero dal contributo di costruzione ricorre quando l’opera sia non solo conforme agli strumenti urbanistici ma sia da questi espressamente contemplata(in tal senso C.d.S., sez. V, 10.05.1999, n. 536; C.d.S., sez. V, 21.01.1997, n. 69; C.d.S., sez. V, 01.06.1992, n. 489).
La ratio della “gratuità” in termini di contributi di costruzione è “quella di incentivare solo la dotazione di quelle infrastrutture che danno ordinata e coerente attuazione alle previsioni urbanistiche espressamente previste dall’Autorità comunale”. Pertanto affinché possa qualificarsi un intervento come “opera di urbanizzazione eseguita in attuazione di strumenti urbanistici” è necessario che, oltre a potersi qualificare opera di urbanizzazione, sia specificamente indicata nello strumento urbanistico, corrispondendo ad una precisa indicazione dello stesso (TAR Lombardia -Sez. Brescia- n. 163/2005).
Infine, la normativa regionale richiamata dall’Amministrazione istante, L.r. n. 56 del 05.12.1977 e ss.mm.ii. all’art. 21, comma 4, prevede che ai fini del computo degli standards si tenga conto oltre che delle superfici delle quali sia prevista l’acquisizione da parte della p.a. anche di quelle private per le quali sia previsto l’assoggettamento permanente ad uso pubblico disciplinato con convenzione.
Neppure la disposizione regionale, invero, consente di fornire una risposta positiva alla richiesta dell'Amministrazione, non essendo ivi contemplata la previsione di casi speciali di esoneri e/o esenzioni dal pagamento degli oneri in relazione ad opere di urbanizzazione, realizzate su suoli privati, ancorché destinate in perpetuo all’uso pubblico.
D’altronde, le ipotesi di scomputo e di esonero, passate in rassegna, anche ad avviso della giurisprudenza amministrativa, devono considerarsi tassative e di stretta interpretazione proprio perché derogatorie rispetto alla regola della normale onerosità del permesso a costruire (cfr. tra le molte, Consiglio di Stato IV sez. n. 2754 del 2012) che costituisce principio fondamentale della normativa di settore (cfr. Corte cost. 03.11.2016 n. 231).
Né è possibile, al fine di introdurre ulteriori ipotesi di scomputo, non contemplate dalla Legge, prendere in considerazione un ipotetico ed ingiustificato arricchimento dell’Ente ai danni del privato per l’ipotesi in cui non si riconosca il beneficio dello scomputo a fronte di opere realizzate sulla proprietà privata, ancorché assoggettate in via permanente all’uso pubblico.
Ciò ancor più se si tiene conto che le spese di manutenzione delle opere e delle aree destinate all’uso pubblico, asseritamente ritenute a carico del privato nella richiesta di parere, gravano, al contrario, normalmente sulla P.A. ai sensi dell’art. 1069 c.c. in quanto titolare della servitù perpetua di uso pubblico, salvo che sia diversamente stabilito dal titolo o dalla Legge (Corte dei Conti, Sez. controllo Piemonte, parere 22.01.2019 n. 5).

anno 2018

EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICAOpere di urbanizzazione a scomputo.
All'esecuzione di opere di urbanizzazione primaria di importo inferiore alla soglia comunitaria (euro 5.548.000), attuata dal titolare dell'abilitazione a costruire, non si applica il codice dei contratti pubblici.

Il Consiglio di Stato, Comm. speciale, con il parere 24.12.2018 n. 2942 (Autorità nazionale anticorruzione: Linee guida n. 4 - Procedure per l'affidamento dei contratti pubblici di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria, indagini di mercato e formazione e gestione degli elenchi di operatori economici - Opere di urbanizzazione a scomputo) ha spiegato come applicare la deroga prevista dall’articolo 16, comma 2-bis, del Dpr 380/2001.
Nel riprendere le conclusioni del parere 12.02.2018 n. 361 i giudici sottolineano che le opere di urbanizzazione devono essere realizzate nell'ambito degli strumenti attuativi, degli atti equivalenti, degli interventi in attuazione dello strumento urbanistico generale, e devono essere funzionali all'intervento di trasformazione urbanistica del territorio.
Sono funzionali le opere di urbanizzazione primaria, come fogne, strade, e tutti gli ulteriori interventi indicati dall'articolo 16, comma 7, del Dpr 380/2001, la cui realizzazione è indirizzata al servizio della lottizzazione ovvero della realizzazione dell'opera edilizia, oggetto del titolo abilitativo a costruire.
Per applicare l'articolo 16, comma 2-bis, del Dpr 380/2001 occorre prima procedere al calcolo complessivo delle opere di urbanizzazione da realizzarsi: il risultato è dato dalla somma di tutte le opere di urbanizzazione che il privato deve realizzare a scomputo, funzionali e non. Ma solo per le opere funzionali il privato potrà avvalersi della deroga prevista dall'articolo 16, comma 2-bis, del Dpr 380/2001 se il valore complessivo delle opere di urbanizzazione non raggiunge la soglia comunitaria, calcolata in base all'articolo 35, comma 9, del Dlgs 50/2016. Invece, qualora sia sforato questo limite scatta per il privato l'obbligo di applicare il Dlgs 50/2016 sia per le opere funzionali, sia per quelle non funzionali.
Le opere di urbanizzazione il cui onere è accollato al titolare del permesso di costruire quale scomputo degli oneri di urbanizzazione vanno considerate come un'unica opera pubblica da realizzarsi contestualmente, seppure costituita da diverse tipologie di opere che possono essere considerate come singoli lotti in relazione alla loro singola natura.
Occorre sommare il valore di ciascuna di esse per valutare se questo complessivo appalto superi o meno la soglia comunitaria.
Si applica, inoltre, l'articolo 35, comma 11, del Dlgs 50/2016. Pertanto, quando un'opera prevista può dar luogo ad appalti aggiudicati per lotti separati, seppure il valore complessivo stimato della totalità dei lotti sia superiore alla soglia comunitaria, i lotti Notizie quotidiani frazionati possono essere aggiudicati senza applicare le procedure previste dal Dlgs 50/2016.
Purché i singoli lotti siano ciascuno inferiore a un milione al netto di Iva, e il valore cumulato dei lotti aggiudicati non superi il 20% della somma dei lotti in cui l'opera prevista è stata frazionata. In tale ultimo caso «opera prevista», secondo i giudici, è la risultante delle opere di urbanizzazione addossate al titolare del permesso che vanno considerate, per il calcolo delle soglie, come un'unica «opera prevista» oggetto di un unico appalto (articolo Il Sole 24 Ore del 09.01.2019).
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PARERE
Premessa
Con il quesito in oggetto il Presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione – Anac, con nota prot. n. 16675 del 09.11.2018, ha chiesto di acquisire il parere del Consiglio di Stato con specifico riguardo alla tematica delle opere di urbanizzazione a scomputo, e cioè alle opere eseguite dal titolare del permesso di costruire scomputando i relativi oneri dai contributi dovuti ai Comuni per le opere di urbanizzazione.
In particolare, l’Anac si riferisce al punto 2.2 del paragrafo 2 (Il valore stimato dell’appalto) delle proprie Linee guida n. 4 dell’01.03.2018, recanti “
Procedure per l'affidamento dei contratti pubblici di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria, indagini di mercato e formazione e gestione degli elenchi di operatori economici”, che riproducono in parte qua il parere n. 361 del 12.02.2018 reso dal Consiglio di Stato.
Nel punto 2.2 delle suindicate Linee guida si legge testualmente che “
Per le opere di urbanizzazione a scomputo totale o parziale del contributo previsto per il rilascio del permesso di costruire, nel calcolo del valore stimato devono essere cumulativamente considerati tutti i lavori di urbanizzazione primaria e secondaria anche se appartenenti a diversi lotti, connessi ai lavori oggetto di permesso di costruire. Nel caso di esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione primaria di cui all'articolo 16, comma 7 del decreto del Presidente della Repubblica 06.06.2001, n. 380, di importo inferiore alla soglia comunitaria, detto valore deve essere calcolato - tenendo conto dell'intervenuta abrogazione del decreto legislativo 12.04.2006, n. 163 - secondo i parametri stabiliti dall'articolo 5, paragrafo 8, della direttiva 2014/241 UE e dall'articolo 35 del Codice dei contratti pubblici. Al ricorrere della suindicata ipotesi, per effetto della previsione derogatoria contenuta nell'articolo 16, comma 2-bis, del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001: 1) nel caso di affidamento a terzi dell'appalto da parte del titolare del permesso di costruire non trovano applicazione le disposizioni del decreto legislativo n. 163 del 2006 ed ora del Codice dei contratti pubblici; 2) di conseguenza, il valore delle opere di urbanizzazione primaria di cui all'articolo 16, comma 7, del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, di importo inferiore alla soglia comunitaria, ai fini della individuazione del valore stimato dell'appalto, non si somma al valore delle altre opere di urbanizzazione eventualmente da realizzarsi".
Si legge nel documento che contiene il quesito formulato dall’Anac che l’esigenza di sottoporre al Consiglio di Stato la richiesta di intervento interpretativo del soprariportato punto 2.2 consegue al ricevimento da parte della stessa Anac di una informativa proveniente dalla Struttura di missione per le procedure di infrazione del Dipartimento per le politiche europee presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri in ordine alla segnalazione della Commissione Europea in merito ad un possibile contrasto tra quanto contenuto nel citato punto 2.2 e l'articolo 5, paragrafo 8, della direttiva 2014/24/UE, paventando il rischio dell'apertura di una procedura di infrazione.
In particolare, si puntualizza nella richiesta di parere, il sottopunto n. 2 della elencazione inserita nel secondo periodo del punto 2.2 (che reca le seguenti espressioni “
di conseguenza, il valore delle opere di urbanizzazione primaria di cui all'articolo 16, comma 7, del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, di importo inferiore alla soglia comunitaria, ai fini della individuazione del valore stimato dell'appalto, non si somma al valore delle altre opere di urbanizzazione eventualmente da realizzarsi") potrebbe rappresentare una previsione interpretativa che si pone in contrasto con quanto disposto dall'articolo 5, paragrafo 8, della direttiva 2014/24/UE, nella parte in cui sembra prevedere che, in caso di esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione primaria di tipo funzionale, ammessa dall'articolo 16, comma 2-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 06.06.2001, n. 380 per importi di rilievo infracomunitario, il valore di tali opere, appaltabile in deroga alle procedure di evidenza pubblica regolate dal Codice dei contratti pubblici, possa essere determinato senza tenere conto del valore complessivo delle opere di urbanizzazione (ossia escludendo anche le restanti opere di urbanizzazione secondaria, e primaria non funzionali).
Per superare i dubbi sollevati dalla Commissione Europea l’Anac suggerisce un’interpretazione comunitariamente orientata del sottopunto 2 inserito nel punto 2.2 delle Linee guida n. 4, nel senso che lo scorporo -dal valore complessivo dell'opera- degli interventi di cui all'articolo 16, comma 2-bis, del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 sia consentito solo a condizione che il valore complessivo dell'opera stessa non raggiunga l'entità della soglia comunitaria. Unicamente in siffatta ipotesi, il valore di tali opere potrebbe essere scorporato dalle restanti opere di urbanizzazione e, per l'effetto, affidato dal titolare del permesso di costruire senza l'adozione delle procedure di evidenza pubblica previste dal Codice dei contratti pubblici.
Viceversa, laddove l'importo complessivo delle opere si situasse al di sopra dell'importo considerato dalle direttive comunitarie, allora anche la porzione di opere di urbanizzazione primaria di tipo funzionale, ancorché in sé di valore inferiore alla predetta soglia, dovrebbe essere ricompresa nell'ambito degli affidamenti che la stazione appaltante è tenuta a gestire nel (dovuto) rispetto del Codice dei contratti pubblici e ciò perché attratta verso la soglia comunitaria in ragione del valore totale delle opere di urbanizzazione da realizzare.
L’Autorità ha quindi chiesto al Consiglio di Stato di esprimere il proprio avviso circa la condivisibilità o meno della suesposta interpretazione e, nel caso in cui dovesse ritenersi non corretta, di specificare quale possa essere la interpretazione più idonea a scongiurare che l’Italia possa incorrere in una procedura di infrazione comunitaria.
L’Anac ha altresì chiesto che venga espresso un parere in ordine all'incidenza, rispetto alla questione emarginata, della disposizione recata dall'articolo 35, comma 11, del Codice dei contratti allo scopo di valutare l'opportunità di inserire uno specifico richiamo all'interno del punto 2.2 delle Linee guida n. 4.
Tale norma sembra ammettere, in coerenza con quanto stabilito dall'articolo 5, paragrafo 10 della direttiva 2014/24/UE, che uno o più lotti possano essere scorporati dai restanti lotti di cui si compone l'opera, a condizione, per i lavori, che il singolo lotto valga meno di 1 milione di euro e che la sommatoria dei lotti scorporati (e aggiudicati) meno del 20% del valore complessivo dell'opera.
Il tutto potrebbe avvenire, per espressa previsione sia della direttiva che della norma nazionale, in deroga al principio sancito dall'articolo 5, paragrafo 8, della direttiva, riprodotto all'articolo 35, comma 9, del Codice.
Nella fattispecie, dunque, applicando l'articolo 35, comma 11, del Codice e sussistendo le relative condizioni, sarebbe possibile scorporare il lotto relativo alle opere di urbanizzazione primaria funzionali, affidandolo in via diretta ai sensi dell'articolo 16, comma 2-bis, del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, anche se il valore complessivo dell'opera fosse di rilevanza comunitaria.
L’Autorità chiede, quindi, conferma circa la corretta interpretazione della disposizione summenzionata, anche in relazione all'interferenza con l'articolo 35, comma 9, del Codice, allo scopo di valutare l'opportunità di inserire uno specifico richiamo all'interno del punto 2.2 delle Linee guida n. 4.
Considerato:
A) Con riferimento al primo quesito ed in via preliminare, la Commissione rileva che è già presente nella corpo della motivazione del parere n. 361, reso dalla Commissione speciale del Consiglio di Stato il 12.02.2018, l’evidente illustrazione degli elementi di interpretazione (corretta) di quanto è stato poi riprodotto dall’Autorità nazionale anticorruzione al sottopunto 2.2 del punto 2 delle Linee guida n. 4 dell’01.03.2018, con la conseguenza che, al fine di superare il dubbio sottoposto all’esame di questa Commissione speciale, sembra sufficiente riportarsi a detta illustrazione, non palesandosi l’assoluta necessità di prospettare una “
interpretazione comunitariamente orientata” di quanto scritto al sottopunto 2.2 delle Linee guida, come invece è stato suggerito dall’Anac nella richiesta di parere pervenuta il 09.11.2018, prot. n. 16675.
Ed invero:
   - come si è segnalato nel citato parere n. 361 del 2018, l'articolo 16, comma 2-bis, d.P.R. 06.06.2001, n. 380 -a mente del quale "
Nell'ambito degli strumenti attuativi e degli atti equivalenti comunque denominati nonché degli interventi in diretta attuazione dello strumento urbanistico generale, l'esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione primaria di cui al comma 7 (del medesimo art. 16, n.d.rr.), di importo inferiore alla soglia di cui all'articolo 28, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 12.04.2006, n. 163, funzionali all'intervento di trasformazione urbanistica del territorio, è a carico del titolare del permesso di costruire e non trova applicazione il decreto legislativo 12.04.2006, n. 163"- contiene una evidente (ed eccezionale) deroga normativa all'applicazione delle disposizioni codicistiche in materia di affidamento di commesse pubbliche laddove l'esecuzione di opere di urbanizzazione primaria (purché realizzate "Nell'ambito degli strumenti attuativi e degli atti equivalenti comunque denominati nonché degli interventi in diretta attuazione dello strumento urbanistico generale, (...) funzionali all'intervento di trasformazione urbanistica del territorio, (...)") sia attuata direttamente dal titolare dell'abilitazione a costruire e l'importo delle stesse sia inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria;
   - giova precisare che per “
opere funzionali” si intendono le opere di urbanizzazione primaria (ad es., fogne, strade e tutte gli ulteriori interventi elencati, in via esemplificativa, dall’articolo 16, comma 7, d.P.R. 06.06.2001, n. 380) la cui realizzazione è diretta in via esclusiva al servizio della lottizzazione ovvero della realizzazione dell’opera edilizia di cui al titolo abilitativo a costruire (quest’ultimo nelle varie articolazioni previste dalle leggi, anche non nazionali) e, comunque, solo quelle assegnate alla realizzazione a carico del destinatario del titolo abilitativo a costruire e da quest’ultimo specificate;
   - fermo quanto sopra si presenta necessario ribadire, ancora una volta, che il calcolo complessivo delle opere di urbanizzazione, intesa nella sua interezza, è dato dalla somma di tutte le opere di urbanizzazione che il privato deve realizzare a scomputo, funzionali e non. Tale operazione, avente dunque ad oggetto la definizione dell’importo complessivo al quale ammonta la realizzazione delle opere di urbanizzazione, deve essere effettuata prima di ogni ulteriore valutazione circa la possibilità di applicazione della deroga di cui all'articolo 16, comma 2-bis, d.P.R. n. 380 del 2001, giacché l’operatività di quest’ultima resta direttamente condizionata dall’esito dell’accertamento in ordine al calcolo complessivo delle opere di urbanizzazione da realizzarsi;
   - se il valore complessivo di tali opere –qualunque esse siano– non raggiunge la soglia comunitaria, calcolata ai sensi dell’articolo 35, comma 9, d.lgs. 18.04.2016, n. 50, solo allora il privato potrà avvalersi della deroga di cui all’articolo 16, comma 2-bis, d.P.R. n. 380 del 2001 ed esclusivamente per quelle funzionali;
   - al contrario, qualora il valore complessivo di tali opere superi la soglia comunitaria, il privato sarà tenuto al rispetto delle regole di cui al Codice di contratti pubblici sia per le opere funzionali che per quelle non funzionali;
   - in termini ancora più semplici si deve ribadire l’iter logico già seguito nel parere n. 361 del 2018 di questo Consiglio, vale a dire che l’insieme delle opere di urbanizzazione il cui onere è accollato al titolare del permesso di costruire come scomputo degli oneri di urbanizzazione, deve essere considerato nel suo insieme come se fosse un'unica opera pubblica da realizzarsi contestualmente, sia pure costituita da diverse tipologie (opere di urbanizzazione primaria, primaria funzionali, secondaria) le quali, ciascuna per sé, possono essere considerate come singoli lotti in relazione alla loro singola natura (fogne, strade, illuminazione etc.). Ne consegue che, per valutare se questo complessivo appalto virtualmente unitario, composto da più opere disomogenee, superi o meno la soglia comunitaria, in applicazione dell’art. 35, comma 9, del Codice occorre sommare il valore di ciascuna di esse. Ciò refluisce, per altro, sulla soluzione al secondo quesito posto dall’Anac di cui più avanti.
   - tale essendo l’iter argomentativo del sottopunto 2.2 inserito nel punto 2 delle Linee guida n. 4 del 2018, per come redatto dall’Anac in seguito al parere della Commissione speciale del Consiglio di Stato n. 361 del 2018, spetterà alla predetta Autorità, sfuggendo tale compito ai poteri di questa Commissione speciale, valutare se si renda indispensabile o meno esternare tali motivazioni in seno alle Linee guida già approvate e quale sia la procedura corretta per effettuare tale integrazione.
B) Con un secondo quesito, del tutto nuovo rispetto alla richiesta che (a suo tempo) è stata all’origine del parere del Consiglio di Stato n. 361 del 2018, l’Anac ha chiesto conferma se l’articolo 35, comma 11, del Codice dei contratti pubblici ammetta, in coerenza con quanto stabilito dall'articolo 5, paragrafo 10 della direttiva 2014/24/UE, che uno o più lotti possano essere scorporati dai restanti lotti di cui si compone l'opera, a condizione, per i lavori, che il singolo lotto valga meno di 1 milione di euro e che la sommatoria dei lotti scorporati (e aggiudicati) meno del 20% del valore complessivo dell'opera.
Questa Commissione speciale ritiene che tale lettura della norma non si ponga in contrasto con il tenore letterale dell'articolo 5, paragrafo 10 della direttiva 2014/24/UE ed anzi costituisca uno strumento di “
tolleranza” applicabile ogni qualvolta occorra sommare il valore di un affidamento suddiviso in più lotti.
Per semplificare, anche in questo caso il ragionamento e renderlo più comprensibile, si deve richiamare l’osservazione sopra espressa secondo cui il coacervo delle opere di urbanizzazione a scomputo addossate al titolare del permesso di costruire deve essere considerato, agli effetti del calcolo delle soglie, come una unica “
opera prevista” oggetto di un unico appalto. Si è già precisato che se la sommatoria di tale coacervo supera la soglia europea tutte le opere dovranno essere assoggettate al codice.
Si rende tuttavia applicabile in questo caso anche l’art. 35, comma 11, del Codice, il quale, in diretta, letterale e pedissequa applicazione dell’art. 5, par. 10 della direttiva 2014/24/UE, stabilisce che, in via di eccezione, quando un’opera prevista può dar luogo ad appalti aggiudicati per lotti separati, e quand’anche il valore complessivo stimato della totalità dei lotti di cui essa si compone sia superiore alla soglia, ciò non ostante ai lotti frazionati in questione non si applica la direttiva, e dunque possono essere aggiudicati senza le procedure in essa previste come obbligatorie. Ciò può avvenire però a due condizioni:
1. Che, i lotti in cui è stata frazionata l’”
opera prevista” siano ciascuno inferiore a € 1.000.000,00,
2. Che la somma di tali lotti non superi il 20 per cento della somma di tutti i lotti in cui l’opera prevista è stata frazionata. In questo caso per “
opera prevista” si deve intendere, appunto, il coacervo delle opere di urbanizzazione addossate al titolare del permesso.
In questo senso, potendosi su tale aspetto concordare con quanto suggerito dall’Anac nel quesito qui in esame, applicando l'articolo 35, comma 11, del Codice e sussistendo le relative condizioni, sarebbe possibile scorporare il lotto relativo alle opere di urbanizzazione primaria funzionali, affidandolo in via diretta ai sensi dell'articolo 16, comma 2-bis, d.P.R. n. 380 del 2001, anche se il valore complessivo dell'opera fosse di rilevanza comunitaria, a condizione che esso fosse di valore inferiore a € 1.000.000,00, e non superasse il venti per cento di tutte le opere a scomputo addossate al titolare.

EDILIZIA PRIVATA: Vale la regola della scomputabilità del valore corrispondente alle opere di urbanizzazione primaria realizzate dal lottizzante dall'importo dovuto a titolo di oneri di urbanizzazione secondaria, attesa la comune natura giuridica degli oneri di cui trattasi, talché l’eccedenza dell’importo già corrisposta nella forma di oneri di urbanizzazione secondaria scomputati mediante la realizzazione diretta delle opere di urbanizzazione (primarie e/o secondarie) prescinde dalla tipologia delle opere stesse.
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2. Con la prima doglianza la ricorrente lamenta il mancato scomputo, nell’impugnata determinazione avente ad oggetto il conguaglio dovuto, dell’eccedenza di importo per oneri di urbanizzazione secondaria conteggiata in relazione alla concessione edilizia del 2003 (euro 18.265,6).
Il rilievo è fondato.
Premesso che in forza della concessione edilizia sono stati addebitati dal Comune oneri di urbanizzazione secondaria per euro 99.156,11, superiori a quelli dovuti in relazione alla attuale destinazione d’uso (euro 80.890,51), il Collegio osserva quanto segue.
Gli oneri di urbanizzazione secondaria furono originariamente scomputati a fronte della realizzazione, da parte del lottizzante, di una strada di allacciamento alla viabilità primaria (si veda l’art. 3 della convenzione, costituente il documento n. 13 allegato al ricorso), ovvero di un’opera funzionale sia alla destinazione industriale che a quella commerciale.
Non vale pertanto a giustificare l’atto impugnato l’indirizzo interpretativo, invocato dalla difesa del Comune di Prato, secondo cui la quota corrisposta di oneri di urbanizzazione concernenti la destinazione originaria può essere detratta da quanto dovuto attualmente solo nella parte in cui attiene ad opere di urbanizzazione fruibili anche nell’ambito della nuova destinazione, in quanto nel caso di specie le opere di urbanizzazione realizzate in forza dello scomputo degli oneri di urbanizzazione secondaria sono fruibili anche per la nuova destinazione.
In ogni caso, vale la regola della scomputabilità del valore corrispondente alle opere di urbanizzazione primaria realizzate dal lottizzante dall'importo dovuto a titolo di oneri di urbanizzazione secondaria, attesa la comune natura giuridica degli oneri di cui trattasi (TAR Toscana, III, 11.08.2004, n. 3181), talché l’eccedenza dell’importo già corrisposta nella forma di oneri di urbanizzazione secondaria scomputati mediante la realizzazione diretta delle opere di urbanizzazione (primarie e/o secondarie) prescinde dalla tipologia delle opere stesse.
Pertanto, l’eccedenza di oneri di urbanizzazione secondaria può essere detratta dall’importo degli oneri di urbanizzazione primaria attualmente dovuti in relazione alla mutata destinazione d’uso (TAR Toscana, Sez. III, sentenza 26.07.2018 n. 1098 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: Opere da realizzare a scomputo oneri e obblighi di fatturazione.
Nella ipotesi di convenzione di lottizzazione, nella quale la realizzazione di un'opera pubblica a scomputo degli oneri di urbanizzazione è assoggettata ad Iva qualora l'opera non rientri tra quelle destinate ad esigenze di urbanizzazione primaria e secondaria, l'obbligo di fatturazione non insorge alla data di sottoscrizione della convenzione urbanistica, ma al compimento delle opere concordate con l'ente territoriale, ed al loro collaudo.
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Per priorità logica devono esaminarsi i motivi del ricorso incidentale.
Infatti la controversia de quo verte su due questioni, distinte ma l'una dall'altra dipendenti. La prima, introdotta con il ricorso principale della Agenzia, è relativa all'atto di irrogazione delle sanzioni comminate dall'Ufficio per l'asserito indebito rimborso dell'Iva (€ 1.180.000,00) inerente il primo trimestre dell'anno di imposta 2007.
Secondo la prospettazione della ricorrente principale erano assenti i presupposti previsti dall'art. 30, co. 3, lett. a), del d.P.R. n. 633 del 1972, per cui aveva contestato e notificato alla contribuente l'atto di irrogazione n. T9RIRI2000017/2012, con il quale, ai sensi dell'art. 13 del d.lgs. n. 471 del 1997, si comminava la sanzione pari al 30% dell'ammontare del suddetto rimborso. Sul punto la Commissione regionale non ha negato che il rimborso fosse indebito, ma ha ritenuto che le sanzioni previste dall'art. 13 fossero applicabili alle sole fattispecie relative all'omesso o tardivo versamento e non ai rimborsi.
A sua volta è però rilevante evidenziare che l'Amministrazione ha ritenuto indebito il rimborso in conseguenza del recupero a tassazione Iva della somma di € 969.853,00, di cui assumeva l'omessa fatturazione in relazione alla sottoscrizione della convenzione urbanistica intervenuta tra il Comune di Basiglio e la società contribuente, avvenuta il 28.03.2007. È infatti con la contestazione della maggiore iva dovuta e non fatturata nel primo trimestre 2007 che sono venuti meno i requisiti prescritti dall'art. 30 cit. per ottenere il rimborso infrannuale dell'iva trimestrale (1° trimestre 2007), altrimenti rimborsabile a conclusione dell'anno.
Ne discende che risalta prioritario verificare la correttezza della sentenza regionale, la cui statuizione, riconoscendo le ragioni dell'Ufficio in merito al recupero dell'Iva non fatturata in relazione alla data di sottoscrizione della convenzione urbanistica (salvo a riconoscere una riduzione, marginale, dell'importo, che non è tuttavia più in discussione), si riflette ovviamente anche sulla sussistenza o meno dei requisiti per la contestazione dell'indebito rimborso ottenuto dalla contribuente, già oggetto di controversia dinanzi al giudice regionale e conseguentemente di alcuni dei motivi del ricorso incidentale dinanzi a questa Corte.
Sempre in via preliminare deve peraltro premettersi che la vicenda che ci occupa attiene alla realizzazione di opere pubbliche a scomputo degli oneri di urbanizzazione, ma diverse da quelle primarie e secondarie, come tali dunque imponibili ai fini Iva, esulando dalla disciplina prevista della cessione ai Comuni di aree o di opere di urbanizzazione, già prevista dall'art. 51 della l. n. 342 del 2000 (abrogato dal d.l. n. 5 del 2012, conv. con modificazioni in l. n. 35 del 2012).
Ciò chiarito, la questione posta dalla società è se l'obbligo di fatturazione sia insorto alla data di sottoscrizione della convenzione urbanistica, come sostenuto dalla Agenzia, oppure al termine della realizzazione delle opere concordate con l'ente territoriale, ed al loro collaudo, come sostiene la società.
La sentenza impugnata sul punto afferma che «dall'esame delle questioni proposte in relazione all'avviso di accertamento, ritiene il Collegio che con la convenzione i rapporti inter partes siano stati definiti e, quindi, è a quella data che avrebbe dovuto essere emessa la fattura relativa, anche se i lavori sarebbero stati ancora da eseguire. A norma dell'art. 6, comma 3, del D.P.R. 26.10.1972, n. 633, "le prestazioni di servizi si considerano effettuate all'atto del pagamento del corrispettivo", con la conseguenza che, nel caso in cui i rapporti dare-avere siano definiti tra le parti, la relativa fattura deve essere emessa alla data dell'accordo raggiunto dalle parti. Infatti ciò che rileva è la contemporanea esistenza dei crediti contrapposti. Nella convenzione la società contribuente si era impegnata con il Comune per l'esecuzione di una rotatoria stradale, a scomputo delle somme dovute per gli oneri di urbanizzazione.».
A parte l'imprecisione sul riferimento solo ad alcune delle opere alla cui realizzazione la società si era impegnata, la sentenza è inequivoca nel ritenere che l'obbligo di emissione della fattura sia insorto alla data della stipula dell'accordo raggiunto tra le parti (dunque il 28.03.2007), riconducendo a quel momento la definizione dei rapporti dare-avere, inteso evidentemente come esecuzione delle prestazioni, e ritenendo pertanto verificatosi quanto prescritto dall'art. 6, co. 3, del d.P.R. n. 633 cit., ossia che le prestazioni di servizi si considerano effettuate all'atto del pagamento del corrispettivo. Questa interpretazione, propugnata dall'Ufficio, è criticata dalla contribuente.
In particolare essa con il primo motivo del ricorso incidentale, rivolto avverso la parte della sentenza che ha ad oggetto l'avviso di accertamento n. T9R031200658, si duole della violazione di legge in riferimento agli artt. 6, co. 3, e 11, co. 1, del d.P.R. n. 633 del 1972, nonché agli artt. 1197, 1141, 1142, 1143, 1362, 1363 c.c. In sintesi contesta che la convenzione urbanistica potesse rientrare in una fattispecie compensativa, con estinzione dei reciproci crediti al momento della sottoscrizione dell'accordo, e ne propugna l'inquadramento nella figura della datio in solutum, che prevede l'estinzione della obbligazione ad esecuzione della prestazione, ossia, per quello che qui interessa, ad esecuzione delle opere concordate con l'ente territoriale, e a collaudo delle medesime.
Il motivo è fondato.
Sebbene l'imposta sul valore aggiunto presenti peculiarità tutte proprie ai fini della imposizione delle operazioni economiche ad essa soggette, è tuttavia indiscutibile che l'emersione dell'obbligo di fatturazione dell'atto giuridico regolativo dell'operazione vada ricondotto, quando non diversamente stabilito dalla disciplina dell'imposta comunitaria, ai principi e alle regole del sistema giuridico. Sicché, con riferimento alla prestazione di servizi, la regola di emersione dell'obbligo di fatturazione non può prescindere dal significato attribuibile nel sistema giuridico al concetto di pagamento del corrispettivo, e cioè al momento dell'avvenuto pagamento del corrispettivo, quando ci si rapporta alla assunzione di obbligazioni derivanti dalla sottoscrizione di una convenzione urbanistica.
Nel caso che ci occupa la dimensione fattuale della vicenda è semplice e ad un tempo tipica e ricorrente.
Si tratta dell'ipotesi dell'impresa, proprietaria di un'area edificabile secondo lo strumento urbanistico vigente in un Comune, che in luogo dei computati oneri di urbanizzazione primari e secondari sottoscrive con l'Ente una "convenzione urbanistica per programma di intervento integrato", obbligandosi alla esecuzione di opere (ancorché non di natura primaria o secondaria) a scomputo degli oneri medesimi.
Questa operazione è inquadrata dalla sentenza (accogliendo la impostazione della Agenzia) nell'istituto della compensazione, affermandosi che con l'accordo tra le parti sarebbe insorto un (reciproco) rapporto di dare-avere definito tra le parti per la contemporanea esistenza di crediti contrapposti.
Questa la ricostruzione giuridica cui sottende l'accoglimento della tesi della Agenzia, non sembra a questo Collegio condivisibile l'assunto.
Intanto, pur solo per cenni, in ordine alla qualificazione giuridica delle convenzioni di urbanizzazione è stato condivisibilmente evidenziato, in dottrina e giurisprudenza (Cass., sent. n. 1366 del 1999 a proposito delle convenzioni di lottizzazione con cessione di terreni per la realizzazione di opere di urbanizzazione primaria e secondaria), che queste trovano collocazione tra i contratti con oggetto pubblico. Con esse l'Amministrazione dal suo canto realizza determinate finalità istituzionali, solo strumentalmente alle quali si originano a proprio favore diritti ed obbligazioni a contenuto patrimoniale; per altro verso, ma alle predette finalità asservite, sono precisati gli obblighi che il privato assume, sicché si sostiene che le convenzioni iscritte nella normativa pubblicistica relativa alle opere di urbanizzazione, e, può aggiungersi, più in generale nell'alveo dell'art. 11 della L. n. 241/1990, si configurano quali accordi endoprocedimentali dal contenuto vincolante, al fine dell'ottenimento di autorizzazioni urbanistico-edilizie (Cass., sent. n. 9314 del 2013).
In tal senso si è pertanto sostenuto che tali negozi sono conclusi in condizioni di disparità, laddove gli obblighi per la parte privata configurano atti dovuti, prestazioni patrimoniali aventi natura di obbligazioni propter rem (cfr. Cass., sent. 16401 del 2013; sent. n. 11196 del 2007), e di prestazione patrimoniale imposta, seguendo la titolarità del bene, anziché il soggetto originario contraente.
La sommatoria di queste considerazioni porta alla conclusione secondo cui non è ravvisabile un rapporto strettamente sinallagmatico tra i soggetti stipulanti convenzioni urbanistiche, ossia la natura del rapporto, almeno in parte impositivo rinveniente dalla convenzione urbanistica, esclude il piano di parità formale tra i contraenti (cfr. TAR-Lombardia, Sez. Brescia, sent. n. 784 del 2005; TAR Marche, sent. n. 939 del 2003; TAR Sicilia, sez. Catania, sent. n. 934 del 2011).
D'altronde, ad ulteriore rafforzamento di tali considerazioni, è stato sottolineato, dalla dottrina come dalla giurisprudenza, che le convenzioni di lottizzazione non costituiscono un vero e proprio contratto a prestazioni corrispettive, mancando una
«vera e propria corrispondenza di tipo contrattuale tra cessioni immobiliari, opere di urbanizzazione, prestazioni e contributi vari, con cui si attuano gli obblighi convenzionali, e il perfezionamento del procedimento amministrativo finalizzato alla legittimazione dell'attività lottizzatoria (così in dottrina), atteso che tali convenzioni addirittura lasciano integra ... la potestà pubblicistica del Comune in materia di disciplina del territorio e di regolamentazione urbanistica, ivi compresa la facoltà di liberarsi dal vincolo contrattuale, alla stregua di esigenze sopravvenute»» (Cass., sent. n. 15660 del 2014, che riporta a sua volta Cass., sent. n. 6482 del 1995).
Ebbene, già queste considerazioni rendono difficile, per non dire inconciliabile, collocare nell'istituto della compensazione la fattispecie che ci occupa -che esula dalla esecuzione di opere primarie e secondarie o da meri obblighi di cessione di terreni ove allocare le predette opere primarie o secondarie, ma parimenti vede sull'impegno di realizzo di opere pure pubbliche, finalizzato all'ottenimento della autorizzazione amministrativa a costruire.
Lo impedisce proprio quella disarticolazione rilevata nella assenza di una posizione paritetica delle parti, che contrasta con l'estinzione dei rispettivi crediti, dal giorno della loro coesistenza ex art. 1242 c.c., laddove nel caso che ci occupa il rapporto potrebbe addirittura condurre alla revoca della autorizzazione qualora dovessero sopraggiungere motivi di pubblico interesse, secondo il principio generale riassunto nell'art. 11, co. 4, l. 241 cit..
Ciò mal si concilia con la configurabilità di crediti compensati ed estinti addirittura al momento della sottoscrizione della convenzione, cioè ben prima che, secondo l'accordo pubblico raggiunto, il contribuente abbia iniziato i lavori di realizzazione delle opere concordate. Sarebbe anzi una interpretazione pregna di pericolose conseguenze per la Amministrazione stessa (quella dell'ente territoriale, non del fisco), perché se si volesse riconoscere che con la sottoscrizione della convenzione si realizza il momento impositivo corrispondente al pagamento del corrispettivo della prestazione di servizio, con ciò ritenendo adempiuta l'attività sostitutiva della monetizzazione degli oneri urbanistici, un successivo eventuale inadempimento del privato nella esecuzione delle opere costruttive dovrebbe importare per l'Amministrazione l'onere dell'avvio di una causa risolutoria del rapporto giuridico, evento inconciliabile quando non del tutto bizzarro sul piano giuridico, attesi i poteri riservati alla Amministrazione stessa.
Oppure, ancora, gli effetti della compensazione, immediati con estinzione dei due debiti dal giorno della loro coesistenza secondo la previsione dell'art. 1242 c.c., sarebbero del tutto inconciliabili con la pacifica e necessaria natura di obbligazione propter rem attribuita agli obblighi che si assumono con la convenzione.
Si comprende pertanto perché sia più consona alla vicenda economica emergente dalla stipula della convenzione e dalla sottoscrizione della stessa ricondurre la fattispecie nell'alveo giuridico della datio in solutum (cfr. Cass., sent. n. 1366 cit.; Cass. n. 15660 cit.), come invoca la difesa della contribuente. Ebbene, l'art. 1197, co. 1, c.c. statuisce che l'obbligazione si estingue al momento della esecuzione della diversa prestazione, sicché nel caso che ci occupa è al momento della realizzazione delle opere convenute che l'Amministrazione doveva fare riferimento per individuare l'emersione dell'obbligo di fatturazione.
D'altronde sono evidenziabili ulteriori parametri interpretativi che risolvono la vicenda nel senso appena tracciato. L'art. 108 del TUIR, co. 2, lett. b), dispone che «i corrispettivi delle prestazioni di servizi si considerano conseguiti ....alla data in cui le prestazioni sono ultimate»; nell'ambito civilistico è pacifico che in tema di appalto l'obbligazione del committente di pagare il corrispettivo sorge, a mente dell'art. 1665, ult. co., c.c., soltanto all'esito dell'accettazione dell'opera che, negli appalti di opere pubbliche, può ritenersi avvenuta soltanto all'esito del collaudo dell'opera stessa (Cass., sent. n. 13075 del 2000).
Ancor più interessante, per quanto qui rileva, è che nell'appalto il diritto dell'appaltatore al corrispettivo sorge con l'accettazione dell'opera da parte del committente, ai sensi dell'art. 1665, ult. co., c.c., e non già al momento stesso della stipulazione del contratto. È certo che la disciplina sull'Iva segua i suoi peculiari principi, ma nel caso di specie è significativo il supporto interpretativo che proviene da settori distinti del diritto.
Significativa si rivela poi la stessa convenzione stipulata tra la società ed il Comune di Basiglio. In essa infatti è previsto che
«nella ipotesi di conseguimento di finanziamenti regionali per le opere pubbliche concordate con la società, ....a semplice richiesta dell'Amministrazione Comunale le somme eccedenti il contributo dovuto dovranno essere utilizzate per il finanziamento di opere diverse da quelle indicate, che il proponente si impegna sin d'ora a realizzare» (art. 8 della convenzione, riportato alla pagg. 29 e 30 del controricorso e ricorso incidentale). Ciò sta a dimostrare che al momento della sottoscrizione della convenzione non era neppure del tutto certo l'oggetto delle opere da realizzarsi in luogo della corresponsione degli oneri di urbanizzazione.
È Inoltre importante evidenziare la previsione contenuta nell'art. 11, co. 8, della convenzione (riportata a pag. 37 del medesimo atto difensivo), secondo cui «l'importo di cui al comma 1 (€ 969.853,00) deve essere adeguatamente documentato prima del collaudo; qualora sia documentato un costo inferiore, anche dopo che siano stati assolti tutti gli obblighi convenzionali, sarà il costo documentato e non quello preventivato oggetto di scomputo dagli oneri di urbanizzazione di cui al presente art. 11, co. 1
», prevedendosi inoltre che «qualora il costo documentato sia inferiore a quello determinato con deliberazione comunale ai sensi dell'art. 44 della Legge Regionale n. 12 del 2005, entro la data del collaudo dovranno essere corrisposti a conguaglio i maggiori oneri di urbanizzazione afferenti le edificazioni già autorizzate o comunque assentite».
In conclusione è più che evidente che la sottoscrizione della convenzione non definiva assolutamente nulla se non l'assunzione di obblighi endoprocedimentali, restando ancora incerto l'oggetto della prestazione. Era anzi addirittura prospettata l'ipotesi di dover versare in moneta la differenza risultante tra gli oneri computati e le opere edili pubbliche realizzate.
Gli elementi emergenti e le considerazioni giuridiche esplicitate escludono pertanto che la contribuente fosse tenuta ad emettere fattura al momento della sottoscrizione della convenzione. Ne risulta fondato il primo motivo del ricorso incidentale.
L'accoglimento del primo motivo del ricorso incidentale assorbe i motivi secondo, terzo e settimo (nella numerazione corrispondenti al IV, al V ed al IX).
Deve pertanto affermarsi che la sentenza del giudice regionale è errata in ordine al riconosciuto obbligo di fatturazione dell'importo di € 969.853,00 (come ridotta dalla Commissione stessa) al momento della sottoscrizione della convenzione, per non aver tenuto conto dei parametri interpretativi sopra enunciati, e in particolare del principio secondo cui «
nella ipotesi di convenzione di lottizzazione, nella quale la realizzazione di un'opera pubblica a scomputo degli oneri di urbanizzazione è assoggettata ad Iva qualora l'opera non rientri tra quelle destinate ad esigenze di urbanizzazione primaria e secondaria, l'obbligo di fatturazione non insorge alla data di sottoscrizione della convenzione urbanistica, ma al compimento delle opere concordate con l'ente territoriale, ed al loro collaudo» (Corte di Cassazione, Sez. V civile, sentenza 22.06.2018 n. 16533).

EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: Scomputo del costo di costruzione.
Le previsioni di cui all’articolo 16 del D.P.R. 380/2001 e dell’articolo 45 della L.R. Lombardia n. 12/2015, che ammettono la possibilità di scomputare totalmente o parzialmente il contributo relativo agli oneri di urbanizzazione, non possono interpretarsi come volte a precludere in termini assoluti la possibilità di scomputo dei costi di costruzione, se prevista in via convenzionale (TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 18.06.2018 n. 1525 - commento tratto da
https://camerainsubria.blogspot.com).
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MASSIMA
1. Preliminarmente occorre esaminare l’eccezione di inammissibilità formulata dal Comune resistente secondo il quale il ricorso dovrebbe considerarsi tardivo perché notificato oltre il termine decadenziale previsto per l’azione di annullamento.
1.1. A sostegno dell’eccezione il Comune osserva che l’atto impugnato richiede il pagamento di una somma a titolo di monetizzazione dello standard urbanistico e, come tale, impone l’impugnazione entro il termine di sessanta giorni previsto –in generale– dal codice del processo amministrativo.
1.2. L’eccezione è priva di fondamento per le considerazioni che si procede ad esporre.
1.3. Il Comune di Milano richiama, a sostegno dell’eccezione la decisione del Consiglio di Stato, sez. IV, 28.12.2012, n. 6706. Osserva il Giudice d’Appello che, “se da un lato è pressoché irrilevante, ai fini in esame, la qualificazione della monetizzazione come imposizione di tipo tributario o come corrispettivo di diritto pubblico, dall’altro lato assume, invece, significativo rilievo la considerazione che la prestazione patrimoniale richiesta non vive in alcun modo della natura e delle finalità proprie del contributo concessorio costituito dagli oneri di urbanizzazione e dal costo di costruzione che accompagna naturaliter l’autorizzazione a costruire, la cui debenza o meno, quanto al relativo accertamento, può essere fatta valere, in linea generale, nei termini prescrizionali”.
1.3.1. Infatti, prosegue il Consiglio di Stato, “mentre il pagamento degli oneri di urbanizzazione si risolve in un contributo per la realizzazione delle opere stesse, senza che insorga un vincolo di scopo in relazione alla zona in cui è inserita l’area interessata all’imminente trasformazione edilizia, la monetizzazione sostitutiva della cessione degli standard afferisce al reperimento delle aree necessarie alla realizzazione delle opere di urbanizzazione secondaria all’interno della specifica zona di intervento; e ciò vale ad evidenziare la diversità ontologica della monetizzazione rispetto al contributo di concessione, di talché, sotto il versante processuale, non si può utilizzare lo strumento dell’azione di accertamento ammesso per contestare la legittimità del contributo […] o comunque la insussistenza di tale obbligazione pecuniaria ancorché già assolta”.
1.3.2. Conclude il Consiglio di Stato notando che la monetizzazione non costituisce una duplicazione del contributo concessorio, venendo in rilievo un obbligo diverso ed aggiuntivo e che “la prestazione patrimoniale derivante dalla “monetizzazione” accede intimamente alla rilasciata concessione edilizia”, con la conseguenza che “la pretesa di non soggiacere a tale obbligo di pagamento deve essere necessariamente fatta valere in sede di contestazione della legittimità degli atti e provvedimenti di imposizione, con l’impugnazione (quanto meno) della concessione, in parte qua, nel termine decadenziale previsto dal codice del processo amministrativo”.
1.4. La decisione richiamata dal Comune e riportata nel precedente punto non risulta, tuttavia, sovrapponibile al caso di specie.
1.4.1. Nel caso esaminato dal Consiglio di Stato la società propone azione di accertamento “dell’inesistenza dell’obbligo di pagamento della cd. “monetizzazione” delle aree per urbanizzazioni secondarie riconnesse al rilascio delle concessioni edilizie n. 19/99-662 e n. 127/2001, quantificato dal Comune di Putignano in € 10.039,92 ai sensi dell’art. 52 delle NTA del PRG comunale, in aggiunta al contributo di costruzione di cui all’art. 16 del TU edilizia”, omettendo l’impugnazione dei titoli.
1.4.2. Nel caso sottoposto all’attenzione del Collegio il giudizio verte, al contrario, sulla corretta interpretazione delle disposizioni contenute nella Convenzione integrativa del permesso e, in particolare, sulle modalità attraverso le quali attuare la prestazione relativa al costo di costruzione per il primo intervento realizzato.
Inoltre, diversamente da quanto verificatosi nella fattispecie definita dal Consiglio di Stato, la società non avanza alcuna contestazione che sia mediatamente o immediatamente incidente sul titolo edilizio che, al contrario, è, come si vedrà, uno degli elementi posti a fondamento dell’interpretazione della convenzione integrativa fornita dalla società ricorrente.
1.4.3. In una fattispecie come quella in esame trova, pertanto, applicazione il consolidato insegnamento giurisprudenziale a mente del quale “
le controversie in tema di oneri di urbanizzazione e di costo di costruzione sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo” (cfr. Cons. di Stato, Sez. V, 09.02.2001 n. 584, e Sez. IV, 19.07.2004 n. 5197); tali controversie introducono, infatti, “un giudizio su un rapporto, sicché le questioni concernenti l'esistenza e l'entità del debito, involgendo posizioni di diritto soggettivo, sono sottratte agli ordinari termini decadenziali del giudizio impugnatorio, pur in presenza di atti amministrativi da definire pertanto come paritetici, presentandosi come un giudizio di accertamento di un rapporto obbligatorio, attivabile nell’ordinario termine di prescrizione (cfr. Cons. Stato, V Sezione, 14.10.2014 n. 5072; C.G.A. n. 462 e n. 466 del 27.05.2008; Tar per la Campania – sede di Napoli, sez. VI, 08.09.2017, n. 4322).
2. Passando al merito del ricorso si osserva che i primi due motivi formulati dalla società possono trattarsi congiuntamente in quanto fondati su questione logicamente e giuridicamente comune, consistente sulla interpretazione delle previsioni della Convenzione integrativa al permesso di costruire n. 85/2006 per la disciplina dell’esecuzione di opera a scomputo e per la cessione di strada e, in particolare, sulle possibilità di scomputo degli importi dovuti a titolo di costo di costruzione per il primo degli interventi realizzati dalla società.
2.1. La disamina della questione indicata al punto che precede impone di affrontare, in primo luogo, la deduzione svolta dal Comune resistente secondo cui la pretesa della Al. s.p.a. risulterebbe in constato con la previsione di cui all’articolo 16 del D.P.R. 380/2001 e dell’articolo 45 della L.R. Lombardia n. 12/2015.
Replica la ricorrente osservando che: a) si tratta di argomentazione esposta per la prima volta in sede giudiziaria (evocando, in tal modo, il divieto di integrazione postuma della motivazione); b) la giurisprudenza amministrativa ammette forme alternative di pagamento e/o compensazione con opere urbanistiche anche in relazione ai costi di costruzione.
2.2. La tesi del Comune non può essere condivisa.
2.2.1. La disposizione contenuta all’interno dell’articolo 16, comma 2, del D.P.R. 380/2001 prevede testualmente: “la quota di contributo relativa agli oneri di urbanizzazione è corrisposta al comune all'atto del rilascio del permesso di costruire e, su richiesta dell'interessato, può essere rateizzata. A scomputo totale o parziale della quota dovuta, il titolare del permesso può obbligarsi a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione, nel rispetto dell'articolo 2, comma 5, della legge 11.02.1994, n. 109, e successive modificazioni, con le modalità e le garanzie stabilite dal comune, con conseguente acquisizione delle opere realizzate al patrimonio indisponibile del comune”.
2.2.2. In coerenza con il precetto dettato dalla legislazione statale, la previsione dell’articolo 45 della L.R. 12/2005 dispone: “1. A scomputo totale o parziale del contributo relativo agli oneri di urbanizzazione, gli interessati possono essere autorizzati a realizzare direttamente una o più opere di urbanizzazione primaria o secondaria, nel rispetto dell'articolo 2, comma 5, della legge 11.02.1994, n. 109 (Legge quadro in materia di lavori pubblici). I comuni determinano le modalità di presentazione dei progetti di valutazione della loro congruità tecnico-economica e di prestazione di idonee garanzie finanziarie, nonché le sanzioni conseguenti in caso di in ottemperanza. Le opere, collaudate a cura del comune, sono acquisite alla proprietà comunale. 2. Non possono essere oggetto di scomputo le opere espressamente riservate, nel programma triennale delle opere pubbliche, alla realizzazione diretta da parte del comune”.
2.2.3.
Le due previsioni riprodotte ammettono, pertanto, la possibilità di scomputare totalmente o parzialmente il contributo relativo agli oneri di urbanizzazione. Tale previsione non pare, tuttavia, potersi interpretare come volta a precludere in termini assoluti la possibilità di scomputo dei costi di costruzione, se prevista in via convenzionale.
2.2.4. Deve, infatti, considerarsi che:
   -
il contributo afferente al permesso di costruire, commisurato all'incidenza degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione, è determinato e liquidato all'atto del rilascio del titolo edilizio (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 19.03.2015, n. 1504);
   -
tale contributo è un corrispettivo di diritto pubblico, di natura non tributaria, posto a carico del concessionario a titolo di partecipazione ai costi delle opere di urbanizzazione e in proporzione all'insieme dei benefici che le nuove costruzioni inducono nel contesto urbano, senza alcun vincolo di scopo in relazione alla zona interessata dalla trasformazione urbanistica e indipendentemente dalla concreta utilità che il concessionario può conseguire dal titolo edificatorio e dall'ammontare delle spese effettivamente occorrenti per la realizzazione delle opere stesse (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 29.10.2015, n. 4950; TAR Lombardia-Brescia, 02.03.2012, n. 355; TAR Piemonte, 26.11.2003 n. 1675);
   -
il contributo di urbanizzazione è, invece, commisurato al costo delle opere di urbanizzazione da realizzarsi concretamente nella zona, e differisce dal contributo da pagare all'atto del rilascio della concessione di costruzione, che ha natura contributiva, rappresentando un corrispettivo delle spese poste a carico della collettività per il conferimento al privato del diritto all'edificazione e dei vantaggi che il concessionario ottiene per effetto della trasformazione del territorio;
   -
si tratta, quindi, di istituti diversi, da cui deriva, quale naturale conseguenza, la determinazione di oneri altrettanto diversi, l'uno relativo al costo sostenuto per rendere urbanizzata ed edificabile la singola area, l'altro relativo al contributo, di carattere tributario, preordinato alla realizzazione del generale assetto urbanistico del territorio (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 15.09.2014, n. 4685);
   -
la diversità tra i due istituti spiega la ragione per la quale il legislatore prevede il solo scomputo degli oneri di urbanizzazione nell’ipotesi in cui il titolare del permesso di costruire si obblighi alla realizzazione diretta di tali opere; in tal caso, infatti, la prestazione patrimoniale è sostituita dall’esecuzione delle opere che il pagamento risulta strumentale a finanziare;
   - in altri termini,
la previsione dell’articolo 16, comma 2, contempla i soli oneri di urbanizzazione in quanto solo questi sono immediatamente irrelati alle opere di urbanizzazione e, come tali, sostituibili nel caso di diretta realizzazione delle stesse;
   - ricostruita la ratio della disposizione di cui all’articolo 16, comma 2, può escludersi che lo stesso funga da perimetro applicativo dell’istituto dello scomputo nel diverso caso dei costi di costruzione che, come spiegato, hanno diversa natura giuridica;
   - la soluzione della questione non può quindi rinvenirsi all’interno dell’articolo 16, comma 2, ma necessita, al contrario, di un approfondimento da condurre alla luce dei principi regolatori della materia;
   - a tal fine, deve, in primo luogo, evidenziarsi che il meccanismo dello scomputo non elide la doverosità della prestazione imposta e il carattere indisponibile della stessa atteso che lo scomputo agisce più propriamente nella fase solutoria dell’obbligazione, postulando e non denegando la prestazione dovuta;
   - in altri termini, se la natura tributaria esclude la disponibilità dell’an e del quantum debeatur, non elimina, tuttavia, la possibilità di sostituire il versamento con forme alternative di pagamento e/o compensazione con opere urbanistiche stabilite dalle parti e, in particolare, dall’Ente comunale;
   - il carattere indisponibile dell’obbligazione tributaria non si traduce quindi nella imposizione di una sola forma solutoria dei costi di costruzione che, fermo il quantum e la doverosità della prestazione, non ha alcuna tipizzazione monetaria inderogabile;
   -
deve, pertanto, escludersi che l’articolo 16, comma 2, del D.P.R. 380/2001 possa decretare la nullità assoluta della clausola compensativa convenzionale e imporre una sostituzione automatica della stessa con la regola del versamento pecuniario, che, nel caso di specie, sarebbe aggiuntivo ed implicherebbe il pagamento, da parte del Comune, delle opere ulteriori realizzate dalla società ricorrente (cfr. TAR per l’Abruzzo – sede di Pescara, 18.10.2010, n. 1142);
   - inoltre, deve, altresì, escludersi che la natura tributaria dell’obbligazione possa, nella fattispecie in esame, non ammettere un accordo tra le parti inerente, come spiegato, la sola forma solutoria dell’adempimento e, come tale, inidoneo a ledere il principio di indisponibilità che governa la materia.
3. Esclusa, pertanto, la sussistenza di un divieto legale all’inserzione di una clausola di scomputo dei costi di costruzione, può procedersi a verificare la concreta disciplina dettata dal rapporto all’esame del Collegio.
3.1. Simile verifica deve essere preceduta da una notazione di carattere generale sulla natura giuridica dell’accordo in esame, necessaria per la corretta interpretazione della convenzione.
3.1.
Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, le convenzioni urbanistiche –come quella in esame- rientrano infatti nel novero degli accordi tra privati e amministrazione, ai sensi dell’articolo 11 della legge n. 241 del 1990 (ex multis: Cass. civ., Sez. I, 28.01.2015, n. 1615; Cass., SS.UU., 09.03.2012, n. 3689; nella giurisprudenza di questa sezione, cfr. TAR per la Lombardia – sede di Milano, sez. II, 26.07.2016, n. 1507).
3.2.
Tale qualificazione impone che l’interpretazione della convenzione avvenga utilizzando i criteri ermeneutici di cui agli articoli 1362 e seguenti del codice civile, visto l’esplicito richiamo di cui al comma 2 dell’art. 11 medesimo e come del resto confermato dalla giurisprudenza, sia di questo Tribunale (cfr., ex multis, Tar per la Lombardia – sede di Milano, sez. II, 05.05.2015, n. 1103, con la giurisprudenza richiamata e sez. II, 11.05.2015, n. 1137), sia del Consiglio di Stato (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 17.12.2014, n. 6164).
3.3. L’operazione ermeneutica deve necessariamente prendere le mosse dalla fondamentale disposizione contenuta all’interno dell’articolo 1362 c.c. a mente della quale: “1. Nell'interpretare il contratto si deve indagare quale sia stata la comune intenzione delle parti e non limitarsi al senso letterale delle parole. 2. Per determinare la comune intenzione delle parti, si deve valutare il loro comportamento complessivo anche posteriore alla conclusione del contratto”.
3.4. Sul punto, la giurisprudenza della Corte di Cassazione chiarisce che:
   - “
ai fini della ricerca della comune intenzione dei contraenti il primo e principale strumento è rappresentato dal senso letterale delle parole e delle espressioni utilizzate” (cfr., da ultimo, Cassazione civile, sez. III, 19.03.2018, n. 6675);
   - “
il rilievo da assegnare alla formulazione letterale va invero verificato alla luce dell'intero contesto contrattuale, le singole clausole dovendo essere considerate in correlazione tra loro procedendosi al relativo coordinamento ai sensi dell'art. 1363 c.c., giacché per senso letterale delle parole va intesa tutta la formulazione letterale della dichiarazione negoziale, in ogni sua parte ed in ogni parola che la compone, e non già in una parte soltanto, quale una singola clausola di un contratto composto di più clausole, dovendo il giudice collegare e raffrontare tra loro frasi e parole al fine di chiarirne il significato” (Cfr. Cassazione civile, sez. III, 16.01.2007, n. 828; Cassazione civile, sez. I, 22.12.2005, n. 28479).
3.5. Inoltre, la Corte di Cassazione sottolinea che: “
pur assumendo l'elemento letterale funzione fondamentale nella ricerca della reale o effettiva volontà delle parti, il giudice deve invero a tal fine necessariamente riguardarlo alla stregua degli ulteriori criteri di interpretazione, e in particolare di quelli (quali primari criteri d'interpretazione soggettiva, e non già oggettiva, del contratto: v. Cass., 23/10/2014, n. 22513; Cass., 27/06/2011, n. 14079; Cass., 23/05/2011, n. 11295; Cass., 19/05/2011, n. 10998; con riferimento agli atti unilaterali v. Cass., 06/05/2015, n. 9006) dell'interpretazione funzionale ex art. 1369 c.c. e dell'interpretazione secondo buona fede o correttezza ex art. 1366 c.c., avendo riguardo allo scopo pratico perseguito dalle parti con la stipulazione del contratto e quindi alla relativa causa concreta (cfr. Cass., 23/05/2011, n. 11295).
Il primo di tali criteri (art. 1369 c.c.) consente di accertare il significato dell'accordo in coerenza appunto con la relativa ragione pratica o causa concreta. L'obbligo di buona fede oggettiva o correttezza ex art. 1366 c.c. quale criterio d'interpretazione del contratto (fondato sull'esigenza definita in dottrina di "solidarietà contrattuale") si specifica in particolare nel significato di lealtà, sostanziantesi nel non suscitare falsi affidamenti e non speculare su di essi, come pure nel non contestare ragionevoli affidamenti comunque ingenerati nella controparte (v. Cass., 06/05/2015, n. 9006; Cass., 23/10/2014, n. 22513; Cass., 25/05/2007, n. 12235; Cass., 20/05/2004, n. 9628).
A tale stregua esso non consente di dare ingresso ad interpretazioni cavillose delle espressioni letterali contenute nelle clausole contrattuali, non rispondenti alle intese raggiunte (v. Cass., 23/05/2011, n. 11295) e deponenti per un significato in contrasto con la ragione pratica o causa concreta dell'accordo negoziale (cfr., con riferimento alla causa concreta del contratto autonomo di garanzia, Cass., Sez. Un., 18/02/2010, n. 3947).
Assume dunque fondamentale rilievo che il contratto venga interpretato avuto riguardo alla sua ratio, alla sua ragione pratica, in coerenza con gli interessi che le parti hanno specificamente inteso tutelare mediante la stipulazione contrattuale (v. Cass., 22/11/2016, n. 23701), con convenzionale determinazione della regola volta a disciplinare il rapporto contrattuale (art. 1372 c.c.)
” (cfr., da ultimo, Cassazione civile, sez. III, 19.03.2018, n. 6675).
3.6. Nel declinare le coordinate sopra tracciate al caso di specie, l’indagine deve prendere le mosse dal testo della convenzione il cui articolo 1 prevede: “1) Il Comune, come sopra rappresentato, autorizza la Società “Al. S.p.A.” a realizzare –a scomputo degli importi dovuti per la costruzione della predetta multisala a titolo monetizzazione conguaglio standard (€ 512.991,07…), oneri di urbanizzazione (€ 539.670,89 …), quali indicati nelle premesse che precedono, e per un totale pari ad € 1.052.661,96 (…)– l’opera viabilistica costituita dal ripristino provvisorio del sottopasso carrabile di collegamento fra Largo Boccioni e Via Stephenson, e parcheggi. Il tutto, come da elaborato progettuale allegato sub “G” e relativo computo metrico estimativo verificato dai competenti Uffici comunali pari ad € 2.326.932,78 …, allegato sub “H”, in riepilogo. L’intervento verrà assentito con il predetto permesso di costruire in fase di rilascio per la realizzazione dell’edificio multisala, e verrà eseguito secondo le modalità indicate negli articoli che seguono”.
3.7. In relazione alla clausola in esame, il Comune resistente sottolinea che:
   - lo scomputo è espressamente riferito agli importi dovuti a titolo di monetizzazione conguaglio standards e di oneri di urbanizzazione e non menziona il costo di costruzione;
   - la circostanza che l’importo indicato a titolo di oneri di urbanizzazione, pari a € 539.670,89, comprenda anche la quota del costo di costruzione, non è sufficiente a desumere la volontà delle parti di ammettere lo scomputo anche del costo di costruzione.
3.8. La tesi del Comune non pare convincente in quanto fondata su una lettura atomistica della sola parte della clausola che esclude lo scomputo dei costi di costruzione, senza, tuttavia, considerare la diversa indicazione numerica che non può ridursi ad un mero errore trattandosi esattamente della somma risultante dalla sommatoria degli oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione.
3.9.
In presenza di una clausola contrattuale contenenti indicazioni non univoche, occorre verificare –ai fini di ricavare l’esatta intenzione delle parti– se la componente erronea dello stessa risieda nella indicazione dei soli oneri di urbanizzazione o, al contrario e come pretende il Comune, nell’importo complessivo indicato.
3.10.
Nel compiere tale operazione deve tenersi conto dell’insegnamento della Suprema Corte secondo cui: “in tema di interpretazione del contratto, ai fini della ricerca della comune intenzione dei contraenti il principale strumento è rappresentato dal senso letterale delle parole e delle espressioni utilizzate nel contratto, il cui rilievo deve essere verificato alla luce dell'intero contesto contrattuale, sicché le singole clausole vanno considerate in correlazione tra loro, dovendo procedersi al loro coordinamento a norma dell'art. 1363 c.c., e dovendosi intendere per "senso letterale delle parole" tutta la formulazione letterale della dichiarazione negoziale, in ogni sua parte ed in ogni parola che la compone, e non già in una parte soltanto, quale una singola clausola di un contratto composto di più clausole, dovendo il giudice collegare e raffrontare tra loro frasi e parole al fine di chiarirne il significato" (Cass. nn. 14460/2011; 4670/2009, 18180/2007, 4176/2007 e 28479/2005).
Di qui l'erroneità dell'esegesi fissata esclusivamente su di una singola parola o frase, astratta dal resto della stessa o di altre clausole del contratto, cui pure deve applicarsi il medesimo canone interpretativo (Cassazione civile, sez. VI, 03.05.2018, n. 10478).
3.11. Incentrando la disamina sull’intero contenuto della Convenzione, si osserva che l’importo complessivo di € 539.670,89 (comprensivo, come detto, dei costi di costruzioni) risulta riprodotto –come dedotto dalla società ricorrente– sia nelle premesse della Convenzione stessa che nelle previsioni contenute negli articoli 2 e 4, laddove viene indicato l’importo complessivo scomputabile salvo conguagli. Invero, anche in tali passaggi la convenzione indica un importo che include gli oneri di costruzioni pur senza farne espresso riferimento.
Tale circostanza non risulta, tuttavia, decisiva per escludere lo scomputo degli oneri di costruzioni. Infatti, ove si accedesse ad una simile interpretazione si terminerebbe per disattendere il criterio dettato dall’articolo 1369 c.c. che, come spiegato in precedenza, impone di aver riguardo allo scopo pratico perseguito dalle parti con la stipulazione del contratto, riducendo tale indicazione ad un mero lapsus calami: situazione difficilmente ipotizzabile ove si consideri la rilevanza dell’importo economico in esame che, come tale, non pare potersi ritenere alieno dal concerto negoziale.
Su quest’ultimo aspetto deve, inoltre, osservarsi che la tesi comunale si fonda su un dato meramente letterale senza, tuttavia, giustificare l’eliminazione di tale voce dallo scomputo in ragione di un minor valore delle opere che, del resto, non rinviene alcuna evidenza nella documentazione versata in atti. Al contrario, risulta un maggior costo dell’opera, rimasto a carico della società ricorrente ai sensi dell’articolo 2 della convenzione.
L’interpretazione suggerita dal Comune finirebbe, quindi, per far gravare sulla società un ulteriore maggior costo: la ritenuta prevalenza del nomen iuris sul dato numerico riportato nella convenzione si tradurrebbe, quindi, nell’evidente alterazione dell’equilibrio delle posizioni della parti e, in fondo, della stessa causa concreta che in parte qua, l’operazione negoziale ha inteso realizzare consentendo al Comune l’acquisizione delle opere indicate dal medesimo articolo 1 in ragione dello scomputo previsto che, ove non comprensivo dei costi di costruzione, diverrebbe una mera locupletatio cum aliena iactura senza chiara giustificazione causale.
3.12. Deve, inoltre, considerarsi che la tesi comunale risulta difficilmente armonizzabile con il disposto di cui all’articolo 1366 c.c. che, come ricordato nella Relazione al codice civile (n. 622), costituisce “il punto di sutura” tra i due momenti dell’interpretazione e “li domina entrambi”.
Come spiegato in precedenza, l'obbligo di buona fede oggettiva o correttezza ex art. 1366 c.c. quale criterio d'interpretazione del contratto “si specifica in particolare nel significato di lealtà, sostanziantesi nel non suscitare falsi affidamenti e non speculare su di essi, come pure nel non contestare ragionevoli affidamenti comunque ingenerati nella controparte (v. Cass., 06/05/2015, n. 9006; Cass., 23/10/2014, n. 22513; Cass., 25/05/2007, n. 12235; Cass., 20/05/2004, n. 9628). A tale stregua esso non consente di dare ingresso ad interpretazioni cavillose delle espressioni letterali contenute nelle clausole contrattuali, non rispondenti alle intese raggiunte (v. Cass., 23/05/2011, n. 11295) e deponenti per un significato in contrasto con la ragione pratica o causa concreta dell'accordo negoziale (cfr., con riferimento alla causa concreta del contratto autonomo di garanzia, Cass., Sez. Un., 18/02/2010, n. 3947)” (cfr., ancora, Cassazione civile, sez. III, 19.03.2018, n. 6675).
Infatti, l’interpretazione suggerita dal Comune finisce per ledere l’affidamento riposto dalla società nell’integrale scomputo della somma indicata in convenzione chiedendo alla stessa una prestazione patrimoniale ulteriore fondata, in sostanza, sull’unilaterale rimozione dal testo della convenzione di parte degli importi ivi indicati in ragione dell’asserita prevalenza di una sola porzione del testo negoziale e senza corrispondenza con il programma perseguito con questa parte dell’accordo.
3.13. Le considerazioni sin qui esposte rinvengono una rilevante conferma nel testo del permesso di costruire n. 85 del 2006 a cui accede la convenzione integrativa sin qui esaminata. Infatti, il titolo espressamente prevede che “il conguaglio di cui all’art. 16 – comma del DPR 380/2001, è determinato in € 539.670,89, salvo conguaglio, di cui: ○ € 131.826,61 = per oneri di urbanizzazione primaria e secondaria; ○ € 407.844,28 = per contributo costo di costruzione”.
Tale documento non risulta privo di significato per l’interpretazione della convenzione che, come spiegato al precedente paragrafo 3.1. rientra nel novero degli accordi tra privati e pubblica Amministrazione. Evidente come nel caso di accordo integrativo di provvedimento, quest’ultimo concorre ad individuare l’intenzione della parte pubblica attesa l’intima connessione tra i due atti giuridici. In tal senso, appare certamente corretto quanto affermato dalla società ricorrente che osserva come il permesso di costruire espliciti in modo inequivocabile che “l’importo di € 539.670,89, passibile di scomputo unitamente alla monetizzazione degli standard ai sensi dell’art. 1 (per l’importo di totale di € 1.052.661,96), era riferito sia agli oneri di urbanizzazione sia al costo di costruzione”.
3.14. Tale esplicitazione si rinviene anche in altra parte del permesso considerato che al foglio 2 del titolo si legge testualmente: “in luogo del pagamento di detti contributi e monetizzazione, nel rispetto di quanto stabilito dalla Convenzione […], con il presente atto la Società AL. S.p.a. è autorizzata a realizzare le seguenti opere pubbliche a scomputo di detti importi”.
3.15. Deve, in ultimo, considerarsi che, come ricordato di recente dal Consiglio di Stato, “
nell’interpretazione del contratto e comunque di strumenti negoziali l’esegesi letterale deve integrarsi con l’indagine sulla volontà delle parti, come obiettivizzata nelle clausole, e che quest’ultima è desumibile anche dal comportamento complessivo delle parti, anche successivo alla conclusione del contratto, ai sensi dell’art. 1362 cod. civ. (cfr. tra le tante e più recenti Cass. Civ., Sez. I, 07.09.2017, n. 20888, che precisa come sia “…necessario considerare il negozio nella sua complessità, raffrontare e coordinare tra loro parole e frasi, al fine di ricondurle ad armonica unità e concordanza, in particolare in presenza di un collegamento negoziale o di contenuti non riconducibili ad una unica causa negoziale, essendo allora necessario ricostruire la concreta funzione economica dell'intera operazione negoziale”)” (Consiglio di Stato, sez. IV, 18.04.2018, n. 2327).
3.16. Osservando il comportamento successivo delle parti, si nota che:
   a) "il verbale di collaudo tecnico–amministrativo evidenzia come le opere di urbanizzazione a scomputo della monetizzazione e del contributo siano collaudabili” (v. documento n. 7 di parte ricorrente, foglio 19);
   b) il verbale di presa in consegna dell’opera redatto dal Comune di Milano in data 17.12.2010 (PG 977873/2010) testualmente sottolinea che “in data 12/04/2006 è stata stipulata la Convenzione Integrativa del permesso di costruire n. 5 del 11/05/06… per la disciplina dell’esecuzione di opere a scomputo del contributo di costruzione e della monetizzazione determinati dal permesso di costruire medesimo”.
3.17. Pertanto, anche dalla disamina dei due documenti successivi alla convenzione –e in particolare nel documento indicato sub 3.16, lettera b), redatto dal Comune- si conferma che l’intenzione delle parti è quella di ricomprendere nello scomputo anche i costi di costruzione.
4. In conclusione, i primi due motivi di ricorso devono essere accolti con conseguente declaratoria del diritto della società di fruire dello scomputo del costo di costruzione dovuto per la realizzazione della multisala cinematografica assentita con il Permesso di Costruire n. 85/2006 cui accede la citata Convenzione e dell’insussistenza del diritto di credito fatto valere dal Comune di Milano con la nota PG 584840/2016 del 17.11.2016.
5. Passando all’esame della domanda svolta al paragrafo c) del ricorso introduttivo, si osserva che l’importo di € 321.205,72, richiesto dal Comune, corrisponde –per difetto– alla differenza tra l’importo di € 455.427,38, dovuto a titolo di costo di costruzione per la multisala e l’importo di € 134.661,65 versato in eccedenza da Al. (€ 455.427,38 - € 134.661,65 = 321.205,72), per smaltimento dei rifiuti.
5.1. La constatazione sopra esposta consente agevolmente di accertare la sussistenza del diritto della Al. alla restituzione dell’importo pari ad € 134.221,65, versato in eccedenza dalla società a titolo di contributo per lo smaltimento rifiuti.
5.2. Del resto, lo stesso provvedimento impugnato indica l’importo dovuto per lo smaltimento rifiuti come pari ad € 14.250,20. Anche la memoria difensiva comunale osserva che la domanda di restituzione si fonda “sull’interpretazione della convenzione sostenuta dalla ricorrente […] che vorrebbe estendere lo scomputo al costo di costruzione dell’intervento relativo alla sala cinematografica”, ritenendo, pertanto l’importo versato a detrazione di quanto asseritamente ancora dovuto. Di conseguenza, accertata l’insussistenza del diritto di credito del Comune di Milano pari ad € 455.427,38, a titolo di costo di costruzione per la multisala, consegue l’obbligo di restituzione della somma in eccesso versata dalla società ricorrente.
5.3. La domanda di restituzione dell’indebito deve essere, pertanto, accolta con condanna del Comune di Milano a restituire alla società l’importo pari ad € 134.221,65, oltre interessi legali dal giorno della domanda giudiziale.
5.4. La limitazione della decorrenza degli interessi legali dal giorno della domanda discende dall’espressa riduzione della domanda da parte della società ricorrente che nelle conclusioni rassegnate nel ricorso introduttivo chiede di “condannare il Comune di Milano a rimborsare ad Al. l’importo pari a € 134.221,65 con maggiorazione degli interessi legali dal dì della domanda al saldo, ovvero quella che sarà ritenuta di giustizia”.
La formula finale non si riferisce, infatti, alla decorrenza dell’interessi ma all’importo della somma capitale. Lo conferma la proposizione che chiude il motivo sub c) con la quale la società afferma: “l’importo versato in eccedenza, pari ad € 134.221,65, dovrà essere restituito maggiorato degli interessi legali dalla data della presente domanda al dì del saldo, in applicazione di quanto disposto dall’art. 2033 c.c. (ex multis TAR Lombardia-Milano, sez. IV, 16.07.2013, n. 1872; Cons. Stato, sez. IV, 20.05.2011, n. 3027)”.
Pertanto, verificato il contenuto sostanziale della pretesa, deve ritenersi che la società abbia limitato la decorrenza degli interessi dalla data della domanda giudiziale.
5.5. In ogni caso, si osserva che –pur non volendo ritenere la domanda limitata in punto decorrenza degli interessi– non sussisterebbe il diritto della società di conseguire gli stessi dalla data del pagamento tenuto conto che:
   -
costituisce principio consolidato quello secondo cui, nella ripetizione dell'indebito oggettivo ex art. 2033 c.c., il debito dell'accipiens, a meno che egli non sia in mala fede, produce interessi solo a seguito della proposizione di un'apposita domanda giudiziale, atteso che all'indebito si applica la tutela prevista per il possessore in buona fede in senso soggettivo dell'art. 1148 c.c., a norma del quale questi è obbligato a restituire i frutti soltanto della domanda giudiziale, secondo il principio per il quale gli effetti della sentenza retroagiscono al momento della proposizione della domanda (cfr. ex multis, Cass. 18.05.2016, n. 10161; 13.05.2016, n. 9934; 30.03.2015, n. 6401; 25.02.2014, n. 4436; 08.05.2013, n. 10815; 15.06.2012, n. 9845; 31.07.2009, n. 17848, la quale precisa che la buona fede sussiste anche in presenza di dubbio circa la debenza della somma corrisposta; 02.08.2006, n. 17558; 10.03.2005, n. 5330; 04.03.2005, n. 4745; 14.09.2004, n. 18518; 28.01.2004, n. 1581);
   -
nell'ipotesi di azione di ripetizione di indebito oggettivo ex art. 2033 c.c., pertanto, in parziale deroga rispetto a quanto previsto sia all'art. 1282, che all'art. 1224 c.c., il debito dell'accipiens, pur avendo ad oggetto una somma di denaro liquida ed esigibile, non produce interessi a partire dal momento del pagamento, a meno che l'accipiens non sia in mala fede;
   -
si deve, dunque, avere riguardo all'elemento psicologico esistente alla data di riscossione della somma, a meno che il creditore non provi la mala fede dell'accipiens: con la precisazione che, anche in questo campo, la buona fede si presume, ed essa può essere esclusa soltanto dalla prova della consapevolezza da parte dell'accipiens della insussistenza di un suo diritto a ricevere il pagamento (così Cass. 10.03.2005, n. 5330);
   - nel caso di specie, alcuna evidenza in ordine alla mala fede del Comune è stata fornita in giudizio con conseguente piena operatività della presunzione di buona fede.

EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: In caso di realizzazione diretta da parte dell’operatore di opere di urbanizzazione primaria aventi un valore maggiore rispetto a quelli di urbanizzazione secondaria è possibile scomputare indistintamente il valore di dette opere dagli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria.
La convenzione urbanistica non può prevedere che la quota di contributo concernente il costo di costruzione possa essere assolta attraverso la realizzazione diretta da parte dell’operatore di opere concordate con l’amministrazione comunale perché la legge non lo prevede.
Giusta la soppressione dell'avverbio "distintamente" di cui all'art. 46, comma 1, lett. b), della L.R. n. 12/2005 [ad opera dell’articolo 21, comma 1, lettera h, della legge regionale 7 del 2010  (ndr: ex "Progetto di Legge -PdL- 0431" di iniziativa del Presidente della Giunta regionale nella cui relazione consiliare di accompagnamento si evince inequivocabilmente la ratio legis)], ed anche in sintonia con la legislazione nazionale in materia, la realizzazione di opere di urbanizzazione può essere scomputata dagli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria, cumulativamente senza distinzione, a prescindere dalla tipologia di opere effettivamente eseguite dal privato, salvo clausole diverse e più onerose contenute nella convenzione urbanistica.
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Con riferimento all'interrogativo se la convenzione urbanistica può prevedere che la quota di contributo sul costo di costruzione possa essere totalmente assolta attraverso la realizzazione diretta da parte dell’operatore di opere concordate con l’amministrazione comunale la risposta è negativa, poiché la legge non lo prevede e ciò contrasterebbe con il principio di legalità.
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Il sindaco del comune di Trescore Balneario (BG) ha richiesto alla Sezione un parere sull’interpretazione dell’articolo 16 del DPR 380 del 2001 (Testo Unico sull’edilizia), in merito allo scomputo totale o parziale degli oneri di urbanizzazione per la realizzazione diretta delle opere.
Chiede inoltre se, con riferimento all’articolo 46, comma 1, lettera b), della legge regionale 12 del 2005, sia possibile, con la realizzazione diretta a cura dei proprietari di tutte le opere di urbanizzazione primaria e di una quota parte delle opere di urbanizzazione secondaria, la corresponsione al comune della eventuale differenza, nel caso in cui gli oneri risultino inferiori a quelli previsti.
La richiesta è articolata in due distinti quesiti.
Nel primo si domanda se, nel caso di realizzazione diretta da parte dell’operatore di opere di urbanizzazione primaria aventi un valore maggiore rispetto a quelli di urbanizzazione secondaria, sia possibile “scomputare indistintamente il valore di dette opere dagli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria.
Nel secondo se la convenzione urbanistica può prevedere che la quota di contributo concernente il costo di costruzione possa essere “totalmente assolta” attraverso la “realizzazione diretta da parte dell’operatore di opere concordate con l’amministrazione comunale.
...
2. La questione dell’utilizzazione dei proventi dei cosiddetti oneri di urbanizzazione e relative sanzioni è stata ripetutamente scandagliata da questa Corte.
Si richiamano in particolare le deliberazioni di questa Sezione (parere 09.02.2016 n. 38, parere 23.03.2017 n. 81 e, da ultimo, parere 20.12.2017 n. 372, dal cui esame è possibile ricostruire il complesso quadro normativo, che è di seguito sinteticamente richiamato ai fini dell’inquadramento della risposta ai quesiti formulati e il parere 23.02.2015 n. 83, in cui è trattata una fattispecie analoga a quella sollevata nei quesiti in esame.
3. I quesiti richiamano indirettamente l’articolo 4 della legge 847 del 1964 (urbanizzazione primaria) e l’articolo 44 della legge 865 del 1971 (urbanizzazione secondaria).
La legge 847 del 1964 autorizza i comuni a contrarre mutui ai sensi della legge 167 del 1962 per realizzare, tra l’altro, le opere di urbanizzazione primaria e secondaria [rispettivamente lettere b) e c) dell’art. 1], come specificate nell’articolo 4 della legge stessa.
Le opere di urbanizzazione primaria, indicate nell’art. 4, sono: a)
strade residenziali; b) spazi di sosta o di parcheggio; c) fognature; d) rete idrica; e) rete di distribuzione dell'energia elettrica e del gas; f) pubblica illuminazione; g) spazi di verde attrezzato.
Queste sette fattispecie sono elencate nel comma 7 dell’articolo 16 del TU sull’edilizia.
A queste vanno aggiunti gli
impianti cimiteriali (ai sensi dell’articolo 26-bis del decreto-legge 415 del 1989 convertito dalla legge 38 del 1990) e le reti telefoniche (circolare 31.03.1972, n. 2015 del ministero dei lavori pubblici), non indicati nel TU.
Più recentemente (art. 6, comma 3-bis, legge n. 164 del 2014) è stata aggiunta la lettera g-bis), anch’essa non indicata nel TU, relativa alle
infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione, di cui agli articoli 87 e 88 del codice delle comunicazioni elettroniche, (decreto legislativo 01.08.2003, n. 259, e successive modificazioni), e opere di infrastrutturazione per la realizzazione delle reti di comunicazione elettronica ad alta velocità in fibra ottica in grado di fornire servizi di accesso a banda ultra-larga effettuate anche all'interno degli edifici.
Di “cavedi multiservizi e i cavidotti per il passaggio di reti di telecomunicazioni, salvo nelle aree individuate dai comuni sulla base dei criteri definiti dalle regioni”, parla, infine, il comma 7-bis dell’art. 16 del TU sull’edilizia, introdotto dall’articolo 40, comma 8, della legge 166 del 2002.
Le opere di urbanizzazione secondaria sono state introdotte con la richiamata novella del 1971, che ha integrato l’art. 4 della legge 847 del 1964, specificando gli interventi la cui indicazione era stata prevista dalla richiamata lettera c) dell’art. 1.
Si tratta di: a)
asili nido e scuole materne; b) scuole dell'obbligo (“nonché strutture e complessi per l’istruzione superiore all’obbligo”); c) mercati di quartiere; d) delegazioni comunali; e) chiese e altri edifici religiosi; f) impianti sportivi di quartiere; g) centri sociali e attrezzature culturali e sanitarie; h) aree verdi di quartiere (“Nelle attrezzature sanitarie sono ricomprese le opere, le costruzioni e gli impianti destinati allo smaltimento, al riciclaggio o alla distruzione dei rifiuti urbani, speciali, pericolosi, solidi e liquidi, alla bonifica di aree inquinate”).
Le otto fattispecie, integrate dai richiami tra le parentesi, sono riportate nel comma 8 dell’articolo 16 del più volte richiamato TU.
 4. La distinzione tra le opere di urbanizzazione primaria e secondaria (e dei connessi oneri), che i comuni ogni cinque anni aggiornano, secondo quanto dispone il comma 5 dell’articolo 16 del TU, sulla base dei “riscontri e prevedibili costi delle opere di urbanizzazione primaria, secondaria e generale”, assume sia nella legislazione risalente, sia nelle più recenti innovazioni, una connotazione che non presenta distinzioni sotto il profilo del trattamento finanziario.
In altre parole, la struttura dell’opera da realizzare implica interventi di urbanizzazione di diversa natura, cui è associato un onere a carico dell’operatore, periodicamente rivisto dai comuni in base al loro costo. Anche l’incidenza degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria è stabilita con deliberazione del consiglio comunale in base alle tabelle che la regione definisce per classi di comuni su parametri che non distinguono tra le due tipologie (comma 4 del richiamato articolo 16).
La classificazione tipologica e funzionale delle diverse attrezzature e degli impianti, delle opere di urbanizzazione tra primarie e secondarie non si riferisce a un carattere di priorità delle diverse opere, che sono, tutte, indispensabili e tra loro interconnesse e complementari, quanto piuttosto alla più o meno immediata funzione strumentale rispetto ai singoli manufatti (o nuove destinazioni d’uso) cui accedono e alla successione temporale con la quale generalmente vengono realizzate.
La distinzione strutturale attiene a un diverso profilo e si ritrova in un altro punto del richiamato TU (articolo 2, comma 12), dove le opere di urbanizzazione primaria sono configurate come presupposto del permesso a costruire. Si afferma, infatti, che il suo rilascio “è comunque subordinato all’esistenza delle opere di urbanizzazione primaria o alla previsione da parte del comune dell'attuazione delle stesse nel successivo triennio, ovvero all'impegno degli interessati di procedere all'attuazione delle medesime contemporaneamente alla realizzazione dell'intervento oggetto del permesso”.
 5. Com’è noto, infatti, il rilascio del permesso di costruire da parte di un’amministrazione comunale comporta per il privato la corresponsione di un contributo commisurato all'incidenza degli oneri di urbanizzazione e al costo di costruzione (art. 16, comma 1, del TU).
L'articolo 10 del testo unico elenca gli interventi soggetti a permesso di costruire: interventi di nuova costruzione; interventi di ristrutturazione urbanistica; interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d'uso (la zona A è quella che comprende le parti di territorio aventi agglomerati urbani di carattere storico, artistico e di particolare pregio ambientale o da porzioni di essi, comprese le aree circostanti, che possono considerarsi parte integrante degli agglomerati stessi).
6. L’utilizzo dei proventi in esame, è stato oggetto di ripetuti interventi del legislatore, che ha reintrodotto, da ultimo, uno stringente vincolo di destinazione (comma 460 della legge 232 del 2016), come esaminato da questa Sezione nel parere 23.03.2017 n. 81 e nel parere 20.12.2017 n. 372.
Anche in questo caso la fattispecie è stata trattata senza operare alcuna distinzione tra oneri derivanti da urbanizzazione primaria e secondaria. Lo stesso si può rinvenire nella precedente legislazione.
Nel parere 09.02.2016 n. 38, in cui è ricostruito il processo normativo, si afferma che <<Prima dell’attuale “contributo per permesso di costruire”, i Comuni riscuotevano … gli “oneri di urbanizzazione” previsti dalla legge n. 10 del 1977, che subordinava la concessione edilizia alla corresponsione di un contributo commisurato all'incidenza delle spese di urbanizzazione, nonché al costo di costruzione (art. 3). I proventi delle concessioni erano versati in un conto corrente vincolato presso la tesoreria del comune ed erano espressamente destinati alla realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, al risanamento di complessi edilizi compresi nei centri storici, all'acquisizione delle aree da espropriare per la realizzazione dei programmi pluriennali di cui all'art. 13, “nonché, nel limite massimo del 30 per cento, a spese di manutenzione ordinaria del patrimonio comunale” (art. 12, come modificato dall’art. 16-bis del decreto legge n. 318 del 1986, convertito con modificazioni dalla legge n. 488 del 1986)>>.
Negli anni seguenti, fino alle richiamate disposizioni della legge di bilancio per il 2017, la copiosa attività normativa (ampiamente ricostruita nel richiamato parere 09.02.2016 n. 38), ha modificato più volte la destinazione dei proventi in esame,
senza mai distinguere tra la loro origine primaria o secondaria.
 7.
L’uniformità sotto il profilo finanziario degli oneri di urbanizzazione condurrebbe il ragionamento sistematico a propendere per l’ammissibilità dello scomputo in maniera indistinta degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria, qualora il titolare del permesso di costruire abbia realizzato direttamente opere di urbanizzazioni primarie d’importo maggiore rispetto a quanto dovuto in base ai parametri tabellari.
La più recente giurisprudenza amministrativa sembra muoversi in sintonia con il ragionamento finora svolto, come emerge dalla decisione del Tar Campania-Salerno (sentenza 31.01.2017 n. 179): <<
Fatte queste necessarie premesse, vengono in considerazione il primo e secondo motivo di ricorso, suscettibili di trattazione congiunta, coi quali si contesta quanto affermato dall’ufficio a proposito della riconducibilità del diritto allo scomputo alle sole opere di urbanizzazione primaria e con esclusione, quindi, di quelle di urbanizzazione secondaria, lamentando la violazione dell’art. 16 d.P.R. n. 380/2001. Ebbene, va evidenziato, come dedotto in ricorso, che secondo consolidato orientamento giurisprudenziale, dal quale non vi è ragione di discostarsi in questa sede, “può ammettersi anche la scomputabilità del valore corrispondente alle opere di urbanizzazione primaria dall'importo dovuto a titolo di oneri di urbanizzazione secondaria, attesa la comune natura giuridica degli oneri di cui trattasi, non ravvisandosi ragioni ostative alla compensazione tra obbligazioni intercorrenti tra i medesimi soggetti e nascenti dal medesimo rapporto convenzionale: difatti lo scomputo, totale o parziale, della quota di contributo dovuta in caso di realizzazione diretta delle opere di urbanizzazione deve essere effettuato senza distinzione tra opere di urbanizzazione primaria e secondaria, atteso che la mancata distinzione nella sede legislativa specifica (art. 11 l. 28.01.1977 n. 10) delle due categorie di opere vieta all'interprete di introdurre una siffatta distinzione” (cfr. TAR Toscana-Firenze, sez. III, 11.08.2004, n. 3181; Consiglio di Stato, sez. IV, 28.07.2005 n. 4015; TAR Sicilia-Catania, sez. I, 02.02.2012 n. 279.>>.
 8. Nella stessa direzione può essere articolato il ragionamento se si considera la legge regionale 12 del 2005 che, all’articolo 46 (Convenzione dei piani attuativi), disciplina la convezione alla cui stipulazione è subordinato il rilascio dei permessi di costruzione che dispone “la realizzazione a cura dei proprietari di tutte le opere di urbanizzazione primaria e di una quota parte delle opere di urbanizzazione secondaria o di quelle che siano necessarie per allacciare la zona ai pubblici servizi; le caratteristiche tecniche di tali opere devono essere esattamente definite; ove la realizzazione delle opere comporti oneri inferiori a quelli previsti [
distintamente] per la urbanizzazione primaria e secondaria ai sensi della presente legge, è corrisposta la differenza; al comune spetta in ogni caso la possibilità di richiedere, anziché la realizzazione diretta delle opere, il pagamento di una somma commisurata al costo effettivo delle opere di urbanizzazione inerenti al piano attuativo, nonché all'entità ed alle caratteristiche dell'insediamento e comunque non inferiore agli oneri previsti dalla relativa deliberazione comunale”.
Orbene,
proprio l’avverbio distintamente è stato soppresso dall’articolo 21, comma 1, lettera h, della legge regionale 7 del 2010  (ndr: ex "Progetto di Legge -PdL- 0431" di iniziativa del Presidente della Giunta regionale nella cui relazione consiliare di accompagnamento si evince inequivocabilmente la ratio legis) per cui, anche in sintonia con la legislazione regionale, la realizzazione di opere di urbanizzazione può essere scomputata dagli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria, cumulativamente senza distinzione, a prescindere dalla tipologia di opere effettivamente eseguite dal privato, salvo clausole diverse e più onerose contenute nella convenzione urbanistica.
 9.
Il nuovo codice degli appalti (decreto legislativo numero 50 del 2016), che ha dato inquadramento sistematico alle tipologie di opere di urbanizzazione primaria e secondaria, insieme al consolidato orientamento del giudice amministrativo e alla novellata legislazione regionale, porta questa Sezione al superamento di precedenti orientamenti giurisprudenziali.
Il rispetto dei principi costituzionali “di tutela del paesaggio, del suolo, del territorio e dell’ambiente in cui si sviluppa la persona umana” e la protezione degli “imprescindibili valori di vita e salute”, è garantito dalla considerazione dell’esistenza delle opere di urbanizzazione primaria come presupposto al rilascio del permesso di costruzione.
In altre parole,
se non sussistono, o non possono essere realizzate, non si può costruire. In questo si fonda la distinzione strutturale, che appare compatibile con il trattamento unitario dello scomputo.
 10.
Con riferimento al secondo quesito -se la convenzione urbanistica può prevedere che la quota di contributo sul costo di costruzione possa essere totalmente assolta attraverso la realizzazione diretta da parte dell’operatore di opere concordate con l’amministrazione comunale– la risposta è negativa, poiché la legge non lo prevede e ciò contrasterebbe con il principio di legalità (Corte dei Conti, Sez. controllo Lombardia, parere 14.05.2018 n. 154).

EDILIZIA PRIVATA: Opere a scomputo oneri.
Come prevede ora l'art. 45 della l.r. n. 12/2005 (e l'art. 16 del d.p.r. n. 380/2001), lo scomputo del valore delle opere di urbanizzazione non configura un diritto dell'operatore, ma una mera possibilità, per la quale occorre sempre il consenso e l'autorizzazione dell'amministrazione.
L’ammissione allo scomputo costituisce, infatti, l’oggetto di una valutazione ampiamente discrezionale da parte dell'Amministrazione che può optare per un diverso assetto di rapporti da essa reputato maggiormente servente l'interesse pubblico e la collettività di riferimento
(commento tratto da https://camerainsubria.blogspot.it).
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Parimenti infondata è l’ulteriore eccezione di inammissibilità del ricorso per carenza di interesse e intervenuta acquiescenza incentrata sul fatto che il versamento degli oneri concessori, conseguente alla nuova funzione, sia stato richiesto e accettato dallo stesso operatore.
La circostanza che con l'istanza 22.05.2005 (cfr. doc. 10) l'Impresa stessa si fosse detta pronta a versare la differenza degli oneri conseguenti alla propria richiesta di inserimento della destinazione direzionale, e che con la successiva nota del 02.12.2005 (doc. 12) avesse presentato il computo dei maggiori oneri urbanizzativi che da detta nuova destinazione sarebbero conseguiti, senza richiedere di variare la convenzione o di essere ammessa allo scomputo degli oneri indotti dalla nuova funzione è, infatti, circostanza che può rilevare sul giudizio di merito ma non sulla ammissibilità dell’azione.
Ciò in quanto la domanda di restituzione riguarda somme di denaro e per questa parte il rapporto controverso ha natura paritetica, cosicché il pagamento delle somme in questione non implica alcuna acquiescenza da parte del debitore, e per l’effetto esclude l’inammissibilità del ricorso.
Nel merito tuttavia la domanda di ripetizione delle somme per cui è causa è infondata per le convincente ragioni opposte dall’amministrazione resistente.
Infatti è pacifico che con la delibera consiliare 28.04.2006 n. 31 di autorizzazione al c.d. diverso mix funzionale, vale a dire la destinazione terziaria/direzionale (cfr. doc. 15) l’amministrazione ha accolto la richiesta dell'Impresa, senza dare luogo ad alcuna modifica al rapporto sinallagmatico cristallizzato nella convenzione urbanistica corrente tra le parti.
E, infatti, in termini coerenti con la propria richiesta, l'Impresa non ha contestato né la suddetta delibera consiliare 28.04.2006 n. 31, né le varie richieste comunali che hanno richiesto il contributo (docc. 13, 22), e che sono state puntualmente eseguite dopo aver proceduto a fornire all’amministrazione la precisa quantificazione degli oneri dovuti per la superficie direzionale assentita.
Ebbene è noto, al riguardo, che
il contributo per oneri di urbanizzazione ha natura di prestazione patrimoniale causale, posta a carico del costruttore a titolo di partecipazione al costo delle opere di urbanizzazione connesse alle esigenze della collettività, che conseguono agli interventi di edificazione e al maggior carico urbanistico che si realizza nella zona in ordine all'aumento della necessaria dotazione di servizi.
Ulteriore principio, qui rilevante, è quello che attiene allo scomputo del valore delle opere di urbanizzazione dagli importi dovuti per oneri di urbanizzazione:
come prevede ora l'art. 45 della l. 12/2005 (e l'art. 16 del d.p.r. 380/2001) lo scomputo del valore delle opere di urbanizzazione non configura un diritto dell'operatore, ma una mera possibilità, per la quale occorre sempre il consenso e l'autorizzazione dell'amministrazione.
Ne consegue che,
in difetto di autorizzazione e di accordo espresso della p.a. sullo scomputo delle nuove opere, a destinazione variata, dall'ammontare degli oneri, l'operatore non dispone di alcuna pretesa tutelata diretta a portare in detrazione dal valore delle suddette opere il contributo di urbanizzazione dovuto.
L’ammissione allo scomputo costituisce, infatti, l’oggetto di una valutazione ampiamente discrezionale da parte dell'Amministrazione, che può optare per un diverso assetto di rapporti da essa reputato maggiormente servente l'interesse pubblico e la collettività di riferimento (cfr. TAR Liguria, Sez. I, sentenza n. 955/2016; TAR Trieste, I, 01.12.2016, n. 541; TAR Milano, II, 18.09.2013 n. 2184).
Il ragionamento non muta, e anzi la conclusione si rafforza, come condivisibilmente sostiene l’amministrazione, a fronte di una convenzione urbanistica sottoscritta, nella quale sia già previsto lo scomputo (totale o parziale) dal contributo dovuto del valore delle opere di urbanizzazione.
In quanto disciplinata dalla convenzione, l’eventuale modifica del patto sinallagmatico regolante lo scomputo presuppone pur sempre la convergente -e discrezionale- espressione di volontà dell'Amministrazione e indi la formazione di un accordo circa la diversa entità dello scomputo (e di converso circa la diversa entità di introito di oneri di urbanizzazione).
Ora, come sopra chiarito, nell'ambito delle proprie discrezionali scelte urbanistiche, con l'originario piano approvato in data 05.03.2004 e con la convenzione urbanistica 16.12.2004, il Comune ha espresso la scelta di autorizzare la realizzazione di talune opere di urbanizzazione primaria a scomputo in rapporto all'assetto del Piano così approvato, comprendente destinazioni pressoché totalmente residenziali e una limitata quota commerciale.
Altrettanto discrezionalmente ha ritenuto di lasciare inalterato tale assetto allorquando -peraltro accedendo a richiesta dell'operatore evidentemente più confacente ai propri interessi imprenditoriali- il Comune ha ritenuto di assentire con delibera C.C. 31/06 (doc. 15) un diverso mix funzionale (direzionali/uffici), senza con ciò autorizzare ulteriori scomputi degli oneri indotti dalle nuove destinazioni né apportare modifica alcuna alla convenzione urbanistica regolante i rapporti tra le parti, si può supporre per una logica considerazione di opportunità amministrativa in relazione al diverso -e più impattante- equilibrio delle nuove funzioni.
Né appare corretta l'affermazione che con la delibera consiliare 31/06 il Comune avrebbe "ritenuto che le opere indicate a scomputo dall'Impresa consentissero a quest'ultima di adempiere all'obbligo di contribuzione previsto dall'art. 44 della Legge Regionale n. 12/2005, anche a seguito dell'introduzione della nuova destinazione direzionale nel Piano di Lottizzazione".
In realtà, tale delibera si è limitata a dare atto della compatibilità delle funzioni richieste con il p.r.g. e della possibilità di accedere alla modifica richiesta senza apportare variante al Piano, ma —proprio per tale ragione e comunque per una discrezionale scelta in tal senso- senza intervenire su quanto previsto dalla convenzione per l'attuazione dello strumento.
Emerge dunque in modo chiaro il contenuto dell'accordo inter partes, nel quale è fissato un importo massimo di oneri (euro 66.187,76,) da detrarsi dal valore delle opere primarie (euro 154.670,93); la convenzione non prevede affatto, come sostiene la parte ricorrente, che eventuali oneri urbanizzativi derivanti da future e incerte modifiche funzionali al piano esecutivo approvato avrebbero trovato copertura sino a concorrenza del valore delle realizzande opere urbanizzative.
Gli oneri sono stati, infatti, stimati all'atto della presentazione del Piano esecutivo, rispetto alle caratteristiche insediative e al mix funzionale risultante dagli elaborati allegati alla convenzione 16.12.2004, ed è esclusivamente rispetto a tali previsioni che il Comune ha positivamente valutato la diretta realizzazione di determinate opere di urbanizzazione primaria proposte da Ie..
Attesa, dunque, la natura dell'atto convenzionale, pienamente valida ed efficace, e costituente specifica fonte dell'obbligazione pecuniaria contratta dall'Impresa, è priva di fondamento la pretesa di quest’ultima di assegnare a tale atto un significato diverso e difforme rispetto ai chiari contenuti dell'obbligazione assunta, intesa inequivocabilmente ed esclusivamente a scomputare i soli oneri di urbanizzazione primaria, quantificati in euro 66.187,76, relativi al Piano esecutivo approvato con delibera C.C. 63/2004.
Né appare decisivo il fatto, non contestato, che il valore delle opere realizzate dalla società Ie., siano di importo superiore rispetto agli oneri di urbanizzazione primari derivanti tanto dall'originario titolo edilizio (d.i.a. n. 60/2005) che dal successivo (d.i.a. n. 149/08).
Infatti, è assunto acquisito in giurisprudenza che
il privato proponente un piano attuativo, nell'esercizio della propria autonomia negoziale, ben può volontariamente assumere con la convenzione urbanistica obblighi ulteriori a quelli di legge, proprio in considerazione della natura di accordo integrativo o sostitutivo di provvedimento, che vede il combinarsi di poteri pubblicistici e privatistici di autoregolazione del reciproco assetto di interessi, con l'assunzione di correlati obblighi e diritti di credito (ex multis TAR Trieste n. 541/2016; TAR. Milano n. 2184/2013 e 3717/2009; Cons. Stato, Sez. V, 26.11.2013, n. 5603).
Peraltro,
la giurisprudenza non manca di evidenziare come l'assunzione di obbligo eccedente il minimo legale possa trovare giustificazione nell'ottenimento di benefici che la convenzione urbanistica complessivamente comporta per il privato, senza che possa dirsi perciò alterato l'equilibrio del sinallagma contrattuale cristallizzato in convenzione. Non può, infatti, sottacersi che il privato possa vantare un interesse proprio alla realizzazione di opere di valore superiore agli importi dovuti al Comune, anche allo scopo di migliorare la qualità del contesto urbanizzato e conseguentemente rendere commercialmente più appetibili le edificazioni private (cfr. TAR Milano, Sez. II, 26.07.2016 n. 1507).
E d’altronde, anche se il pagamento degli oneri in questione, come sopra rilevato, non può implicare acquiescenza ai fini della domanda di ripetizione è evidente come fosse implicito per le parti, e soprattutto per l’impresa Ie., che la variazione di mix terziaria-direzionale ottenuta era da porre in relazione sinallagmatica con la prestazione, non scomputata, degli oneri correlati alle diverse destinazioni assentite.
Il ricorso va quindi respinto (TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 10.04.2018 n. 954 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: Convenzione urbanistica e sinallagma contrattuale.
Il TAR Milano esclude che in una convenzione urbanistica tra l’Amministrazione e i privati possa instaurarsi un vincolo sinallagmatico che, all’opposto, l’art. 28 della legge urbanistica fondamentale non avalla in alcuna misura.
Conseguentemente non è rinvenibile nell’ordinamento di settore un principio che dia unilateralmente titolo al soggetto attuatore di venire meno all’obbligo di corrispondere gli oneri di urbanizzazione, fosse anche in misura significativamente superiore (ma convenuta rispetto) a quella tabellare.
Le considerazioni esposte trovano, ad avviso del TAR, riscontro nell'orientamento giurisprudenziale secondo cui:
   - gli impegni assunti in sede convenzionale non vanno riguardati isolatamente, ma vanno rapportati alla complessiva remuneratività dell'operazione, che costituisce il reale parametro per valutare l'equilibrio del sinallagma contrattuale e, quindi, la sostanziale liceità degli impegni stessi;
   - in altri termini, la causa della convenzione urbanistica, e cioè l'interesse che l'operazione contrattuale è diretta a soddisfare, va valutata non con riferimento ai singoli impegni assunti, ma con riguardo alla oggettiva funzione economico-sociale del negozio, in cui devono trovare equilibrata soddisfazione sia gli interessi del privato sia quelli della pubblica amministrazione;
   - un operatore può nella convenzione urbanistica assumersi oneri anche maggiori di quelli astrattamente previsti dalla legge, trattandosi di una libera scelta imprenditoriale, non contrastante di per sé con norme imperative
(commento tratto da https://camerainsubria.blogspot.it).
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MASSIMA
... per l’accertamento della nullità parziale della convenzione stipulata in data 18.04.2005 con il Comune di Assago, avente ad oggetto il piano particolareggiato “PP D4”, della prima variante del 3.6.2008 e della seconda variante del 30.06.2011, e ciò “nella parte in cui addossano loro obblighi superiori a ciò che la legge permette nel quadro di un piano particolareggiato (p.p.) conforme a legge e p.r.g.” (con “conseguente condanna del resistente a rifondere quanto già prestato dalle ricorrenti e quanto ancora esse presteranno, oltre a rivalutazione e interessi sino al pagamento, sia in termini di opere realizzate sia in termini pagamenti di contributi urbanizzativi e di costruzione”), e, in subordine, per l’accertamento del diritto alla riduzione delle prestazioni convenzionali o a “riequilibrarne modalità e oneri attuativi” (con “conseguente condanna del Comune alle restituzioni inerenti a quanto già prestato dalle ricorrenti e a quanto ancora esse presteranno oltre a rivalutazione e interessi sino al pagamento”), e, in ogni caso, per “l’accertamento e la declaratoria delle plurime inadempienze comunali agli obblighi che la legge pone in capo al resistente”; “la conseguente condanna del Comune a risarcire alle ricorrenti i danni loro arrecati dalle citate inadempienze” e, in ulteriore subordine, per la condanna ex art. 2041 c.c. del Comune a rifondere alle ricorrenti le somme a titolo di spese per incombenti professionali, tecnici e di ogni altra natura da esse sopportati.
...
Ciò premesso il ricorso è infondato e va, pertanto, respinto per le ragioni che seguono.
In linea di principio, può affermarsi che la disciplina amministrativa dei piani particolareggiati, delineata dall’art. 13 e seguenti della legge 1150/1942, ha ormai stabilmente recepito i modelli convenzionali tipici dell’urbanistica consensuale, espressione degli accordi disciplinati dall’art. 11 della legge 241/1990 (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 27.06.2008, n. 3255) e, sul piano della loro interpretazione e concreta attuazione, dei profili di regolazione privatistica ancorché nella peculiare dimensione dell’interesse pubblico sotteso al razionale governo del territorio.
Sulla base di tale impostazione risulta giustificata, da un lato, la possibilità che l’Amministrazione imponga un particolare contenuto all’accordo (che, una volta accettato dal privato attuatore, diviene vincolante, cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 01.04.2011, n. 2040), dall’altro che gli atti con cui i privati assumono l’impegno ad attuare le previsioni urbanistiche e, quindi, a cedere delle aree per la realizzazione delle opere di urbanizzazione, debbano strettamente collegarsi agli obiettivi della convenzione.
Ne deriva che la causa di tali atti è di norma costituita dalla cessione alla P.A. delle aree o a scomputo degli oneri di urbanizzazione o dietro rilascio di permessi di costruire o di permessi in sanatoria o, ancora, mediante monetizzazione, ma sempre in una dialettica aperta tra le parti contraenti in ordine alle modalità di attuazione della trasformazione urbana.
La presente controversia investe il tema della proporzione della sinallagmaticità delle prestazioni e, in particolare, dell’importo degli oneri di urbanizzazione, questi ultimi rimasti invariati, in misura notevolmente superiore ai minimi tabellari, nella convenzione stipulata in data 18.04.2005 con il Comune di Assago e nelle successive varianti del 03.06.2008 e del 30.06.2011: risultanze evincibili dagli atti di causa e, comunque, incontestate tra le parti ai sensi dell’art. 64, comma 4, del codice del processo amministrativo.
La domanda proposta in via principale è finalizzata ad ottenere l’accertamento della nullità parziale delle citate convenzioni in ragione del fatto che la causa degli obblighi contratti dalle ricorrenti sarebbe unicamente da riferire al carico urbanistico oggetto del programma costruttivo (cfr. pag. 3 del ricorso), mentre sarebbe, all’opposto, da ritenere “inconcepibile l'esistenza di una causa degli impegni correlabile a supposti vantaggi o volontà” insiti nell’assunzione dell’impegno a dover corrispondere “€ 77.379.417,88 in luogo degli €. 27.553.011,69 dovuti” (cfr. pag. 5).
Parafrasando le affermazioni contenute nel ricorso, il Comune di Assago ha invece eccepito che all’atto della stipulazione della convenzione del 2005 le ricorrenti hanno reputato che l’eccezionale livello degli impegni potesse trovare una compensazione nei “ritorni stimati sulla base di una prospettiva di mercato (…) sia per la clientela imprenditoriale sia per quella costituita da persone fisiche o famiglie”, ma che, tuttavia, tale compensazione si sarebbe rivelata “neppure comparabile a quella odierna”.
Ciò detto, il Collegio ritiene che le deduzioni delle ricorrenti non depongano per l’illiceità della causa della convenzione, dovendosi a tal riguardo distinguere tra i motivi soggettivi delle parti e la funzione economico-sociale che mediante il citato accordo si intendeva realizzare; un’indagine da condurre in concreto, onde verificare –secondo il disposto degli artt. 1343 e 1344 del codice civile– la legittimità dell’attività negoziale posta in essere dalle parti e quindi la riconoscibilità nella specie della tutela apprestata dall’ordinamento giuridico (cfr. Corte di Cassazione, sez. I, 14.09.2012, n. 15449 e giurisprudenza ivi richiamata).
Le convenzioni come quelle oggetto del contendere, anzitutto, costituiscono attuazione di accordi la cui disciplina trova fondamento –come peraltro correttamente ricostruito dalle stesse ricorrenti– nell’art. 28 della legge 1150/1942, una norma, questa, che regola un procedimento finalizzato alla trasformazione urbana mediante il diretto coinvolgimento di soggetti attuatori in un disegno amministrativo fondato, ovviamente, sull’assenso del Comune alla realizzazione di un imponente progetto e, da parte privata, sull’assunzione di obblighi inerenti l’urbanizzazione, primaria e secondaria, delle aree interessate dall’intervento edificatorio.
Il tutto, però, in un contesto di reciproco confronto, addirittura di una copianificazione, ben testimoniata, nel caso di specie, dalla condivisa scelta dei progettisti e dalla concordata previsione di oneri di urbanizzazione ben superiori ai limiti tabellari: elementi che –in uno a quanto sopra rilevato circa l’inquadramento della disciplina giuridica sostanziale– avvalorano l’infondatezza dell’assunto secondo cui “l’assenza di effettiva negoziazione connotante la convenzione che acceda a un p.p. di iniziativa pubblica (…) conferma a ulteriore titolo l'illegittimità degli extra oneri che con essa siano addossati al privato (cfr. pag. 13 della memoria dei ricorrenti del 04.11.2017).
L’elemento qualificante di tale modello, infatti, è dato dal superamento di una concezione meramente corrispettiva tra gli oneri incombenti sui privati e l’utilità pubblica –direttamente proporzionata (cfr., contra, TAR Lombardia–Brescia, 17.12.2012, n. 1949)– che ne possa trarre l’Amministrazione comunale (essendo, infatti, la concezione corrispettiva già ascritta all’ordinario procedimento di rilascio del titolo abilitante all’esercizio dell’attività edilizia), venendo in rilievo, piuttosto, una singolare relazione tra il potere autorizzatorio e la libertà negoziale sottesa alla stipulazione convenzionale quale soluzione ritenuta preferibile per meglio garantire la cura dell’interesse pubblico, in linea con l’evoluta definizione dell’accordo amministrativo quale sintesi tra i principi di autoritarietà e consensualità nell’urbanistica.
La tesi delle ricorrenti, all’opposto, muove dal presupposto della corrispettività tra gli obblighi delle parti inerenti l’urbanizzazione e l’edificazione delle aree oggetto di convenzionamento. Ma una siffatta prospettiva, ad avviso del Collegio, non supera il vaglio critico sotteso all’obiettiva realtà dei fatti, cioè alla postuma presa d’atto, da parte delle ricorrenti, dell’insussistenza –forse anche dell’originario travisamento– degli stimati ricavi che l’attuazione del piano particolareggiato avrebbe dovuto produrre, da cui ha tratto ragion d’essere l’odierno giudizio, sostanzialmente volto a rimettere in discussione una regolazione negoziale sostanziatasi in tre convenzioni (2005; 2008; 2011), tutte connotate dall’immutazione dell’originario programma realizzativo e delle condizioni fondamentali del relativo accordo, oneri compresi.
Non a caso nel corso dell’udienza pubblica del 05.12.2017 il Collegio ha chiesto al difensore delle ricorrenti –senza, tuttavia, ricevere sul punto alcuna spiegazione– di illustrare le ragioni che abbiano a queste impedito di avvalersi della disciplina introdotta dal D.L. 70/2011, il cui art. 5, comma 8-bis ha modificato l’art. 17 della legge 1150/1942, prevedendo, in tema di “validità dei piani particolareggiati”, che “qualora, decorsi due anni dal termine per l'esecuzione del piano particolareggiato, non abbia trovato applicazione il secondo comma, nell'interesse improcrastinabile dell'Amministrazione di dotare le aree di infrastrutture e servizi, il comune, limitatamente all'attuazione anche parziale di comparti o comprensori del piano particolareggiato decaduto, accoglie le proposte di formazione e attuazione di singoli sub-comparti, indipendentemente dalla parte restante del comparto, per iniziativa dei privati che abbiano la titolarità dell'intero sub-comparto, purché non modifichino la destinazione d'uso delle aree pubbliche o fondiarie rispettando gli stessi rapporti dei parametri urbanistici dello strumento attuativo decaduti”.
La configurazione dei rapporti in termini di stretta corrispettività, sulla scorta della quale è stata dedotta l’illegittimità degli importi degli oneri da corrispondere al Comune di Assago, sembra, pertanto, mirare ad un obiettivo più sagace e ambizioso, quello, cioè, di ottenere –a programma invariato dell’edificazione approvata– l’accertamento di un presupposto che possa consentire alle stesse ricorrenti di disporre di appropriati strumenti contro l’inadempimento delle convenzioni, in primo luogo mediante l'exceptio inadimpleti contractus di cui all’art. 1460 del codice civile.
Una prospettazione, tuttavia, che il Collegio non può affatto condividere,
dovendosi escludere che tra l’Amministrazione e i privati possa instaurarsi un vincolo di sinallagmaticità che, all’opposto, l’art. 28 della legge urbanistica fondamentale non avalla in alcuna misura, essendo previsto in tale disposizione che “l’autorizzazione comunale è subordinata alla stipula di una convenzione, da trascriversi a cura del proprietario, che preveda:
1) la cessione gratuita entro termini prestabiliti delle aree necessarie per le opere di urbanizzazione primaria, precisate dall'articolo 4 della legge 29.09.1964, n. 847, nonché la cessione gratuita delle aree necessarie per le opere di urbanizzazione secondaria nei limiti di cui al successivo n. 2;
2) l'assunzione, a carico del proprietario, degli oneri relativi alle opere di urbanizzazione primaria e di una quota parte delle opere di urbanizzazione secondaria relative alla lottizzazione o di quelle opere che siano necessarie per allacciare la zona ai pubblici servizi; la quota è determinata in proporzione all'entità e alle caratteristiche degli insediamenti delle lottizzazioni
”.

Non è, pertanto, rinvenibile nell’ordinamento di settore un principio che dia unilateralmente titolo al soggetto attuatore di venire meno all’obbligo di corrispondere gli oneri di urbanizzazione fosse anche –come nell’odierno giudizio– in misura significativamente superiore (ma convenuta rispetto) a quella tabellare.
Le considerazioni esposte trovano, del resto, riscontro nella giurisprudenza secondo cui:
   a)
“gli impegni assunti in sede convenzionale non vanno riguardati isolatamente, ma vanno rapportati alla complessiva remuneratività dell'operazione, che costituisce il reale parametro per valutare l'equilibrio del sinallagma contrattuale e, quindi, la sostanziale liceità degli impegni stessi. In altri termini, la causa della convenzione urbanistica e cioè l'interesse che l'operazione contrattuale è diretta a soddisfare, va valutata non con riferimento ai singoli impegni assunti, ma con riguardo alla oggettiva funzione economico-sociale del negozio, in cui devono trovare equilibrata soddisfazione sia gli interessi del privato che della pubblica amministrazione” (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 26.11.2013, n. 5603, richiamata in TAR Lombardia–Milano, sez. II, 10.02.2017, n. 346);
   b) “
un operatore possa, nella convenzione urbanistica, assumersi oneri anche maggiori di quelli astrattamente previsti dalla legge, trattandosi di una libera scelta imprenditoriale, non contrastante di per sé con norme imperative (cfr. TAR Lombardia, Milano, sez. II, 08.09.2011, n. 2193 e 03.04.2014, n. 879” (cfr. TAR Lombardia–Milano, 17.02.2015, n. 504, opportunamente citata dalla difesa comunale).
La neutralizzazione del principio di libera negoziazione, peraltro, è soggetta ad un limite di logicità nell’ordinamento dell’urbanistica consensuale.
Se, infatti, si ritenesse condivisibile che l’esercizio dei poteri abilitanti l’attività edificatoria, trasfuso nell’accordo convenzionale, possa o perfino debba atteggiarsi a ragione direttamente giustificativa del sacrificio economico posto a carico del lottizzante privato, finirebbe per venire meno qualsiasi ostacolo, normativo o di principio, alla possibilità di paralizzare (legittimamente) la richiesta di puntuale corresponsione di oneri urbanizzativi rimasti inadempiuti ogni qual volta sorgano contestazioni che impediscano di portare avanti l’edificazione.

Il che condurrebbe, nel caso del progetto delle società ricorrenti, a poter (altrettanto legittimamente) lasciar languire le opere in uno stato di incompiutezza (l’Amministrazione ha persuasivamente evidenziato che sarebbero state realizzate le residenze e gli uffici, ma non la viabilità extra comparto) fino a che non si modifichi l’importo degli oneri fissati nelle tre, successive, convenzioni (si tratta, in particolare, della disciplina prevista dall’art. 9 della convenzione originaria, confermata nell’art. 3 della prima variante e lievemente modificata, ma non nella sostanza, nell’art. 6 della seconda variante).
Reputa, pertanto, il Collegio che alla luce delle considerazioni sopra formulate il Comune di Assago non ha oltrepassato, mediante i citati accordi, i confini del potere discrezionale di cui disponeva, e che, quindi, la prefigurazione, da parte delle ricorrenti, di un’asimmetria delle posizioni trasfuse nella convenzione, addirittura qualificando la fattispecie come sussumibile nel contratto con obblighi a carico di una sola parte ex art. 1468 del codice civile (mentre –a differenza di quanto sostenuto dal difensore delle ricorrenti in pubblica udienza– l’art. 16 della convenzione originaria, nel prevedere l’assunzione delle “obbligazioni tutte” in capo alla “parte attuatrice”, ha inteso riferirsi agli obblighi legali di cessione delle aree a standard e di realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria), in realtà ha espresso un assetto dei reciproci interessi che le imprese attuatrici hanno consapevolmente accettato e persistentemente confermato, denunciandone l’insostenibilità soltanto in via sopravvenuta.
La causa della convenzione è, dunque, perfettamente lecita, con conseguente reiezione della domanda, proposta in via principale, di nullità parziale.
Considerazioni in parte simili vanno estese all’esame della subordinata domanda di reductio ad aequitatem della convenzione, che le ricorrenti hanno invocato richiamando la crisi economica, mondiale e nazionale, che ha travolto settori nevralgici per la loro attività: una situazione non pronosticabile nel 2005, che integrerebbe un avvenimento straordinario ed imprevedibile e, quindi, giustificherebbe la pretesa ad una riduzione degli oneri di urbanizzazione, ai sensi dell’art. 1468 del codice civile, diretta ad equilibrare uno squilibrio tra le prestazioni, imprevisto al momento della conclusione del primo accordo ed esorbitante dalla normale alea contrattuale.
Sul piano ricostruttivo, l’indagine da condurre in concreto sul nesso di interdipendenza tra gli interessi dei contraenti non può, anzitutto, prescindere dalla rilevanza oggettiva della sopportazione, consapevolmente assunta dalle ricorrenti al momento della conclusione della convenzione originaria e ribadita nelle successive varianti del 2008 e del 2011, degli oneri di urbanizzazione nella (pur notevole) misura fissata d’intesa con l’Amministrazione.
Le circostanze illustrate nel ricorso, in aggiunta, attengono al mutamento di fattori concorrenziali o di mercato, non avulsi –in generale– dal rischio di impresa e, soprattutto, non eccedenti –nel caso particolare– rispetto all’ambito di interlocuzione di cui le ricorrenti hanno disposto nel corso delle varianti alla convenzione del 18.04.2005. Le sopravvenienze di cui si discute, insomma, non possono rappresentare elementi di apprezzamento disomogenei rispetto al novero dei prevedibili fattori di rischio imprenditoriale, rientranti nella fenomenologia della conoscenza delle società ricorrenti, tenuto conto di quanto fosse ambizioso il progetto da realizzare.
Non è secondario rilevare, inoltre, che le ricorrenti non hanno allegato in giudizio alcun elemento che consentisse di ponderare i ricavi originariamente stimati nella convenzione del 2005, e ciò mediante la produzione del piano economico e finanziario dell’operazione, che, ad esempio, in tema di lavori pubblici costituisce un complemento essenziale per la valutazione dei soggetti proponenti un project financing (cfr. art. 96, comma 4, del DPR 207/2010, in cui si prevede che il piano economico e finanziario va valutato alla luce “degli elementi economici e finanziari, quali costi e ricavi del progetto e composizione delle fonti di finanziamento” e “della capacità di generare flussi di cassa positivi e della congruenza dei dati con la bozza di convenzione”).
Non è stata, dunque, provata, neppure a livello indiziario, la lamentata lesione né, tantomeno, che la regolazione degli interessi trasfusa nella convenzioni non abbia perdurantemente espresso gli intenti delle parti.
Per tali ragioni, non può essere accolta la domanda di ammissione di una CTU, la quale non potrebbe supplire all’onere probatorio incombente sulle ricorrenti, né tantomeno potrebbe essere disposta per rimettere al consulente d’ufficio l’accertamento sulla rilevanza della “peggiore crisi economica degli ultimi cent’anni” (cfr. pag. 6 del ricorso) rispetto alle vicende controverse.
Ma c’è di più.
Le ricorrenti non hanno dedotto la violazione dell’art. 1467 del codice civile: una disposizione in cui si prevede che “se la prestazione di una delle parti è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, la parte che deve tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto” (comma 1), soggiungendosi che “la parte contro la quale è domandata la risoluzione può evitarla offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto” (comma 3).
Ciò, si può presumere, in ragione del fatto che nella serrata dialettica con il Comune di Assago sia rimasta irrisolta la questione del mancato adempimento –confermato nella convenzione del 30.06.2011 (seconda variante)– all’obbligo delle parti attuatrici di realizzare, sebbene progettata e previa indizione di procedura di evidenza pubblica, la viabilità di connessione autostradale.
È quindi suggestivo, ma destituito di fondamento, l’assunto secondo cui “a otto anni dall'approvazione del PPD4 il Comune non è riuscito a procurare l'approvazione di una viabilità (quella di connessione autostradale che permetta l'accesso da nord al PPD4 sia per il traffico affluente da Genova sia per quello in uscita da Milano) attorno alla quale il PPD4 è stato concepito e progettato nelle sue componenti private” (cfr. pag. 24 del ricorso).
Di contro, nella convenzione del 03.06.2008 (prima variante) il Comune di Assago, pur avendo rilevato “che una parte degli interventi non è ancora stata realizzata dalla parte attuatrice”, ha, comunque concordato di “rimodulare le destinazioni d'uso da inserire nell'ambito del comparto D4, convertendo parte delle destinazioni d’uso commerciali, paracommerciali e ricettive ancora da insediare in terziario e in residenza” (cfr. pag. 2), a riprova di una condotta non negativamente preconcetta verso le ricorrenti.
Stesso dicasi per il concorso finanziario di 3 milioni di euro, poi ridotto a 2,5 (ferme restando le risorse stanziate da Regione, Provincia e Comune di Milano), per la realizzazione del prolungamento della linea 2 della metropolitana finalizzata al collegamento della fermata “Milano Famagosta” a quella “Assago Milanofiori”, oggetto della convenzione sottoscritta in data 07.05.2003 e successivamente trasfusa nell’accordo del 28.07.2009 (si tratta, quindi, di impegni assunti prima della stipulazione della seconda variante con le ricorrenti; resta impregiudicata, perché attinente a domanda estranea all’ambito di cognizione del presente giudizio, la res controversa riguardante il pendente ricorso R.G. 2464/2014 tra la società Milanofiori 2000 s.r.l. e il Comune di Assago).
Ad ogni modo, non è provato l’inadempimento contestato all’Amministrazione comunale.
Pare, invero, al Collegio che l’insostenibilità dell’attuazione del piano particolareggiato abbia quale genesi l’incapacità delle società ricorrenti di dare seguito agli impegni assunti, presumibilmente per un’errata valutazione sulla remuneratività dell’intervento e per una mal calibrata articolazione dei mezzi finanziari a programma sostanzialmente invariato dal 2005 al 2011.
Sotto tale profilo, nulla può imputarsi all’Amministrazione comunale, sulla quale, se mai, potrebbe gravare l’onere di pronunciarsi su futuri e diversi accordi, ma di carattere novativo, nell’ipotesi in cui si voglia evitare il degrado dell’area oggetto di intervento.
Neppure accoglibile è, infine, la domanda di accertamento dell’indebito arricchimento, proposta in via ulteriormente subordinata dalle ricorrenti ai sensi dell’art. 2041 del codice civile.
Pure a voler prescindere dal carattere residuale dell’azione processuale, tale istituto giuridico presuppone un nesso di correlazione tra l’arricchimento e l’impoverimento di chi invoca l’indennizzo, in merito al quale le sezioni unite della Cassazione si sono espresse, con la storica sentenza del 02.02.1963, n. 183, affermando che la condizione perché possa configurarsi il diritto in questione è che l’impoverimento e l’arricchimento derivino, in via immediata, dal medesimo fatto causativo (c.d. teoria del fatto unico, sebbene non pacifica in dottrina).
Ma nella specie si discute di un piano particolareggiato, oggetto di una convenzione aggiornata per ben due volte su concorde volontà delle parti contraenti, la cui inattuazione è legata –per le ragioni sopra illustrate– alle difficoltà finanziarie che hanno condotto le ricorrenti a non poter corrispondere gli oneri pattuiti, i cui riflessi, peraltro, non hanno affatto determinato un ingiusto arricchimento del Comune di Assago (cfr. Corte di Cassazione, sezioni unite, 08.10.2008, n. 24772), essendo quest’ultimo esposto al rischio che la realizzazione delle opere assentite non venga portata a conclusione.
Per le ragioni esposte, il ricorso va respinto (TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 11.01.2018 n. 45 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2017

URBANISTICA: D. D'Alessandro, L’esclusione dalla normativa sugli appalti delle convenzioni non onerose per l’amministrazione (fra programmazione urbanistica, interesse pubblico ed interesse privato) (28.06.2017 - tratto da www.federalismi.it).
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Sommario: 1. Premessa e profili generali. 2. Alla ricerca di una nozione di causa idonea a tutelare l’interesse pubblico e quello privato. La funzione economico-individuale, la gratuità, l’interesse patrimoniale del disponente, il rischio di elusioni della disciplina dei contratti. 3. La gratuità ed i controversi limiti dell’urbanistica consensuale. Le opere a scomputo e l’art. 20, fra natura corrispettiva degli oneri tabellari e rischio di elusioni del codice dei contratti. 4. Le parti. Le tensioni in ordine ai requisiti dell’esecutore 5. La (blanda) tipizzazione. I contenuti necessari della proposta. 6. L’oggetto, come programma delle attività preordinato alla realizzazione dell’opera, fra autotutela civilistica e pubblicistica. 7. Il presupposto della previsione dell’opera nell’ambito di strumenti o programmi urbanistici. Interrogativi sull’ammissibilità di proposte di modifica e sulla configurabilità di un obbligo di provvedere. 8. La disciplina applicabile fra contratti attivi, accordi, attività di diritto privato e contratti esclusi. 9. Gli incerti confini con i contratti di sponsorizzazione. 10. Problemi e prospettive.

EDILIZIA PRIVATAUna interpretazione sistematica di quanto previsto dall’art. 16 del d.p.r. n. 380/2001 porta a concludere che le opere a scomputo, ai fini del calcolo di un eventuale conguaglio con gli oneri di urbanizzazione, debbano, come fatto dall’amministrazione, essere valorizzate al costo effettivo, tenendo conto di eventuali ribassi d’asta ottenuti in gara.
Sicché, i risparmi di spesa derivanti dal ribasso ottenuto in asta per la realizzazione delle opere a scomputo incidono sulla valorizzazione delle stesse nell’ambito dei rapporti tra amministrazione e soggetto attuatore.

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E’ oggetto del giudizio il corretto criterio di calcolo del valore delle opere da realizzarsi a scomputo di oneri di urbanizzazione, sotto il duplice profilo dell’interpretazione dell’art. 16 del d.p.r. n. 380/2001 e del significato delle clausole della convenzione in essere tra le parti.
Quanto al primo aspetto recitano gli artt. 16, commi 2 e 2-bis, del d.p.r. n. 380/2001, come oggi vigenti: “1.…. A scomputo totale o parziale della quota (ndr di oneri di urbanizzazione) dovuta, il titolare del permesso può obbligarsi a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione, nel rispetto dell'articolo 2, comma 5, della legge 11.02.1994, n. 109, e successive modificazioni, con le modalità e le garanzie stabilite dal comune, con conseguente acquisizione delle opere realizzate al patrimonio indisponibile del comune.
2-bis. Nell'ambito degli strumenti attuativi e degli atti equivalenti comunque denominati nonché degli interventi in diretta attuazione dello strumento urbanistico generale, l'esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione primaria di cui al comma 7, di importo inferiore alla soglia di cui all'articolo 28, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 12.04.2006, n. 163, funzionali all'intervento di trasformazione urbanistica del territorio, è a carico del titolare del permesso di costruire e non trova applicazione il decreto legislativo 12.04.2006, n. 163
.”
Trattasi di due commi inseriti nel d.p.r. n. 380/2001, rispettivamente, dal d.lgs. n. 301/2002 e dall’art. 45 del d.l. n. 201 del 06.12.2011, che, al di là del mancato coordinamento con la legislazione sopravvenuta in materia di appalti (tanto la l. n. 109/1994 che il d.lgs. n. 163/2006 sono stati abrogati) raccordano la disciplina degli oneri di urbanizzazione a scomputo con quella dell’evidenza pubblica.
Deve premettersi che la convenzione urbanistica oggetto del presente procedimento è datata 22.11.2011 dunque, all’epoca della sua sottoscrizione, era già vigente il comma 2 citato, non il comma 2-bis.
La materia, dal punto di vista dell’evidenza pubblica, è attualmente disciplinata dall’art. 1, comma 2, lett. e), del d.lgs. n. 50/2016 che prevede genericamente che le disposizioni del nuovo codice dei contratti si applichino anche all’aggiudicazione dei contratti di “e) lavori pubblici da realizzarsi da parte di soggetti privati, titolari di permesso di costruire o di un altro titolo abilitativo, che assumono in via diretta l'esecuzione delle opere di urbanizzazione a scomputo totale o parziale del contributo previsto per il rilascio del permesso, ai sensi dell'articolo 16, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 06.06.2001, n. 380 e dell'articolo 28, comma 5, della legge 17.08.1942, n. 1150 ovvero eseguono le relative opere in regime di convenzione.” Ancora, sempre il d.lgs. n. 50/2016, art. 36, comma 3, prevede, dopo il correttivo di cui al d.lgs. n. 56/2017, che “per l'affidamento dei lavori pubblici di cui all'articolo 1, comma 2, lettera e), del presente codice, relativi alle opere di urbanizzazione a scomputo per gli importi inferiori a quelli di cui all'articolo 35, si applicano le previsioni di cui al comma 2.”
A sua volta il citato comma 2 individua le tipologie di procedura (affidamento diretto, procedura negoziata previa consultazione di almeno dieci operatori, procedura negoziata previa consultazione di almeno quindici operatori, procedure ordinarie) ammesse per i lavori sottosoglia.
Posto che ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. o), del d.lgs. n. 50/2016 per “stazioni appaltanti” devono intendersi anche i privati tenuti all’osservanza della disciplina del nuovo codice degli appalti, si deve evidentemente intendere che gli obblighi di evidenza pubblica descritti dal nuovo codice dei contratti in materia di oneri a scomputo, quantomeno sottosoglia, gravino sul privato, come previsto dall’art. 16 del d.lgs. n. 380/2001.
Le citate disposizioni rappresentano l’approdo di un tormentato percorso normativo e giurisprudenziale.
In particolare con la sentenza della Corte di giustizia del 12.07.2001, in causa C-399/98, si è affermato che: “la direttiva del Consiglio 14.06.1993, 93/37/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, osta ad una normativa nazionale in materia urbanistica che, al di fuori delle procedure previste da tale direttiva, consenta al titolare di una concessione edilizia o di un piano di lottizzazione approvato la realizzazione diretta di un'opera di urbanizzazione a scomputo totale o parziale del contributo dovuto per il rilascio della concessione, nel caso in cui il valore di tale opera eguagli o superi la soglia fissata dalla direttiva di cui trattasi.”
Conformemente al citato principio di diritto il legislatore, ancora intervenendo sulla legge Merloni, ha specificato che le opere di urbanizzazione a scomputo, ove di valore superiore alla soglia comunitaria, dovessero essere aggiudicate nel rispetto dei principi di evidenza pubblica, escludendo in un primo momento da vincoli di evidenza pubblica gli affidamenti sottosoglia.
In tal senso disponeva infatti l’art. 2, comma 5, della l. n. 109 del 1994 (ancora, inopinatamente, richiamato dal d.p.r. n. 380/2001); tale disposizione è stata a sua volta censurata dalla sentenza della Corte di Giustizia del 21.02.2008 in causa C-412/04 che ha ritenuto che, anche con riferimento alle opere sottosoglia, per evitare fenomeni elusivi debbano quantomeno trovare applicazione i principi generali dell’evidenza pubblica.
Recependo le indicazioni della Corte di giustizia, e tenuto conto che la disciplina della legge Merloni aveva anche dato causa ad una procedura di infrazione comunitaria nei confronti dell’Italia, con il combinato disposto degli artt. 122 e 32, comma 1, lett. g), del d.lgs. n. 163/2006, vigenti all’epoca di sottoscrizione della convenzione per cui è causa e ivi richiamati, si è introdotto l’obbligo del rispetto dei principi di evidenza pubblica anche per l’affidamento di opere di urbanizzazione a scomputo sotto soglia, prevedendo l’attivazione della più semplice procedura di cui all’art. 57, comma 6, del d.lgs. n. 163/2006 (procedura negoziata senza bando).
La soluzione è la più coerente con le indicazioni del giudice europeo.
Con il comma 2-bis del d.p.r. n. 380/2001 (introdotto con il d.l. 201/2011 e non applicabile alla presente fattispecie in quanto entrato in vigore successivamente alla sottoscrizione della convenzione) il legislatore ha inteso sottrarre agli obblighi di evidenza pubblica l’esecuzione di determinate opere a scomputo (l’eccezione introdotta con il d.l. era riferita a strade residenziali, spazi di sosta o di parcheggio, fognature, rete idrica, rete di distribuzione dell'energia elettrica e del gas, pubblica illuminazione, spazi di verde attrezzato) di valore inferiore alla soglia comunitaria e quando realizzate nell’ambito di interventi attuativi del P.R.G. e strumenti urbanistici attuativi, il tutto in verosimile violazione dei principi enunciati dalla Corte di giustizia.
La dubbia disposizione (che incomprensibilmente sottrae agli obblighi di evidenza pubblica gli attuatori dei piani urbanistici, normalmente soggetti professionali che non solo sono i più attrezzati per gestire procedure di evidenza pubblica ma, sul lato dell’offerta, ne sono anche i beneficiari) viene riproposta, ampliandone in termini vaghi i contenuti, nell’art. 36, comma 4, del d.lgs. n. 50/2016 che sottrae agli obblighi di evidenza pubblica più genericamente “opere di urbanizzazione primaria di importo inferiore alla soglia di cui all'articolo 35, comma 1, lettera a), calcolato secondo le disposizioni di cui all'articolo 35, comma 9, funzionali all'intervento di trasformazione urbanistica del territorio”, senza più tipizzare le opere sottratte a tali obblighi, così innestando su una disciplina di già dubbia compatibilità comunitaria un elemento di indeterminatezza.
Così ricostruito il quadro normativo si osserva: nell’evoluzione normativa si assiste dapprima ad un innesto diretto dei vincoli eurounitari dell’evidenza pubblica sul sistema della realizzazione di opere a scomputo di importo soprasoglia comunitaria, quindi ad un allargamento di tali vincoli (nella forma di procedure semplificate) anche nell’ambito sottosoglia.
Il legislatore nazionale pare poi inseguire forme anomale di sottrazione della materia ai vincoli di evidenza pubblica in un contesto in cui le indicazioni del giudice europeo risultano per contro univoche.
Si legge nella citata sentenza della Corte di giustizia 08.11.2006 in causa C-412/04 “secondo la giurisprudenza della Corte, il fatto che una disposizione di diritto nazionale che prevede la realizzazione diretta di un’opera di urbanizzazione da parte del titolare di una concessione edilizia o di un piano di lottizzazione approvato, a scomputo totale o parziale del contributo dovuto per il rilascio della concessione, faccia parte di un complesso di norme in materia urbanistica dotate di caratteristiche proprie e dirette al raggiungimento di specifici obiettivi, distinti da quelli della direttiva 93/37, non è sufficiente a escludere la realizzazione diretta dall’ambito di applicazione di quest’ultima, qualora risultino soddisfatti tutti gli elementi necessari affinché essa vi rientri (v. sentenza Ordine degli Architetti e a., cit., punto 66)”; d’altro canto nelle sue conclusioni l’avvocato generale precisava: “il governo italiano segnala le peculiarità del settore urbanistico e le caratteristiche del regime di aggiudicazione controverso, ma trascura il fatto che la valutazione di tale sistema nel presente procedimento deve basarsi sulle direttive in materia di appalti pubblici. Se si pone l’accento su un piano giuridico –il piano nazionale– senza prendere in considerazione l’altro –quello comunitario–, si distorce la situazione. Inoltre, ho già messo in rilievo che la sentenza resa nella causa Ordine degli Architetti e a. ha affermato che le caratteristiche proprie della materia urbanistica non sono sufficienti ad escludere l’applicazione delle direttive
Resta il fatto che la disciplina vigente al momento di sottoscrizione della convenzione, recepita dalla convenzione stessa ed applicabile al caso di specie, era quella indubbiamente più ortodossa in termini di rispetto dei vincoli eurounitari.
Non può quindi che prendersi atto del necessitato progressivo coordinamento tra la disciplina degli oneri a scomputo e dei vincoli di evidenza pubblica alla cui luce, come anche indicato dal legislatore europeo, deve interpretarsi la materia per questo specifico aspetto.
Se tanto è vero consegue che non possono che essere integrati in questo aspetto della disciplina urbanistica tutti i valori dell’evidenza pubblica che attengono tanto alla tutela della concorrenza all’atto della realizzazione delle opere che, e contestualmente, al raggiungimento di obiettivi di efficienza ed economicità dell’azione amministrativa. Dovendosi infatti coordinare le due materie appare difficilmente sostenibile recepire l’evidenza pubblica in termini solo favorevoli all’impresa e non anche all’amministrazione e quindi all’interesse pubblico sotto il profilo dell’efficienza ed economicità dell’azione amministrativa.
La tesi interpretativa proposta da parte ricorrente, che comporterebbe l’acquisizione al privato dei vantaggi indotti dal risparmio di spesa frutto dell’applicazione di una procedura comparativa, appare in ogni caso al collegio violare tutti i citati valori propri dell’evidenza pubblica.
Da un lato infatti l’acquisizione all’amministrazione di eventuali risparmi prodotti dall’obbligatorio confronto con il mercato soddisfa esigenze di efficienza ed economicità dell’azione amministrativa vanificate dall’interpretazione proposta in ricorso. Non è un caso se il giudice contabile ha reiteratamente affermato che la somma da scomputare per opere di urbanizzazione corrisponde al “costo effettivo” delle stesse e qualificato l’opposta soluzione foriera di danno erariale (Corte Conti, sez. contr. Veneto
parere 07.08.2009 n. 148 e parere 28.07.2010 n. 94; Corte Conti, sez. controllo Lombardia parere 24.09.2015 n. 314).
Dall’altro lato l’imposizione degli obblighi di evidenza pubblica ha lo scopo di impedire che un operatore del mercato possa, proprio in violazione dei principi di concorrenza, beneficiare sostanzialmente di un affidamento diretto a prezzi superiori a quelli di mercato. Trasferire sul privato attuatore l’obbligo di rispetto dei principi di evidenza pubblica senza tuttavia acquisire all’amministrazione il vantaggio economico derivante dall’applicazione a valle di siffatte procedure equivale a favorire indebitamente un operatore privato di mercato; infatti, se pure l’esecutore materiale delle opere le realizzerà a prezzo di mercato, il soggetto attuatore -privato e normalmente altro operatore professionale del medesimo mercato- lucrerà la differenza tra gli importi (avulsi dagli esiti del confronto procedimentale) presuntivamente indicati nella convenzione e i prezzi effettivamente applicati. Si finisce così per spostare l’indebito vantaggio concorrenziale dal soggetto materialmente esecutore delle opere al soggetto attuatore (anch’esso un operatore privato di mercato), eludendo il significato sostanziale dell’intervento della normativa europea.
Ritiene quindi il collegio che una interpretazione sistematica di quanto previsto dall’art. 16 del d.p.r. n. 380/2001 porti a concludere che le opere a scomputo, ai fini del calcolo di un eventuale conguaglio con gli oneri di urbanizzazione, debbano, come fatto dall’amministrazione, essere valorizzate al costo effettivo, tenendo conto di eventuali ribassi d’asta ottenuti in gara.
E’ quindi infondato il primo motivo di ricorso.
Con il secondo motivo di ricorso si persegue il medesimo risultato interpretativo, sostenendo che la soluzione proposta sarebbe comunque quella ricavabile dal tenore della convenzione stipulata tra le parti e quindi da una corretta applicazione della disciplina contrattuale che le vincola.
La tesi non è condivisibile.
Premesso che, ove questo fosse il significato della convenzione, essa si porrebbe in contrasto con la legge vigente all’epoca della sua stipulazione, che imponeva l’indizione di procedure di evidenza pubblica per la realizzazione delle opere a scomputo con tutte le implicazioni che si ritiene ne derivino, il testo della convenzione non supporta l’interpretazione proposta dai ricorrenti.
I ricorrenti valorizzano la circostanza che l’art. 7.2 della convenzione, là dove in verità prevede penetranti poteri di controllo dell’amministrazione sull’esecuzione delle opere e sul regolare espletamento della gara, precisa che il Comune “fatto salvo il potere di controllo resta estraneo ai rapporti economici tra le parti”. Il senso della disposizione non è certo quello di individuare il criterio di valorizzazione delle opere a scomputo ma unicamente quello di precisare che l’amministrazione, estranea al contratto di appalto che intercorre tra soggetto attuatore e impresa affidataria dei lavori, non potrà essere considerata in alcun modo debitrice del soggetto affidatario.
Ancora prosegue parte ricorrente affermando che dalla convenzione si evincerebbe che il valore delle opere a scomputo sarebbe quello desumibile dai progetti esecutivi.
In verità l’art. 6.1 della convenzione che disciplina espressamente gli oneri a scomputo prevede una stima immediata dal valore di tali opere, precisando che detta stima, nel suo importo definitivo, dovrà evincersi, appunto, dai progetti definitivi ancora non presenti all’atto di stipulazione della convenzione. Nel testo contrattuale si prende poi atto che il valore stimato delle opere risulta inferiore alla determinazione forfetaria degli oneri e si stabilisce che la quota di conguaglio verrà corrisposta in quattro rate a partire dal rilascio di ogni singolo permesso di costruire. Evidentemente la somma presa a riferimento in questa fase non potrà che essere quella desumibile dai progetti definitivi.
Precisa poi ulteriormente la convenzione che “eventuali economie accertate dall’atto unico di collaudo emesso a titolo patrimoniale saranno corrisposte dall’attuatore in unica soluzione”. In sostanza la convenzione prevede appositamente un conguaglio a favore dell’amministrazione ove il costo effettivo delle opere sia risultato inferiore a quello atteso in base alla progettazione. Non pare invece condivisibile l’assunto di parte ricorrente, secondo cui l’inciso, che descrive un meccanismo generale e coerente –anche con la normativa pertinente– avrebbe inteso disciplinare la sola ipotesi di mancata realizzazione di talune delle opere. Tale limitazione non si evince né dalla lettera né dalla ratio della disposizione.
In conclusione, tanto l’interpretazione della normativa applicabile quanto quella delle disposizioni della convenzione urbanistica che vincola le parti, portano il collegio a preferire la soluzione interpretativa proposta dall’amministrazione, secondo cui i risparmi di spesa derivanti dal ribasso ottenuto in asta per la realizzazione delle opere a scomputo incidono sulla valorizzazione delle stesse nell’ambito dei rapporti tra amministrazione e soggetto attuatore.
Il ricorso deve quindi essere respinto (TAR Piemonte, Sez. II, sentenza 19.05.2017 n. 646 -  link a www.giustizia-amministratva.it).

URBANISTICA: Rinegoziazione di una convezione di lottizzazione.
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Piani di lottizzazione – Oneri di urbanizzazione – Ratio – Differenza con i costi di costruzione.
 
Piani di lottizzazione – Oneri di urbanizzazione – Riduzione per mancata realizzazione di tutta la volumetria originariamente prevista – Conseguente riduzione oneri di urbanizzazione – Esclusione.
Piani di lottizzazione - Rinuncia alla realizzazione di un intervento -. Offerta di cessione di area edificabile a scomputo dei contributi di costruzione – Rinegoziazione secondo buona fede – Obbligo di esaminare la proposta.
Gli oneri di urbanizzazione sono contributi dovuti ai Comuni nei casi di modificazioni dell’assetto urbanistico-edilizio, per partecipare alle spese che i Comuni sostengono per l’urbanizzazione del loro territorio; i costi di costruzione, invece, costituiscono una compartecipazione comunale all'incremento di valore della proprietà immobiliare del costruttore (1).
Non è sufficiente rinunciare alla costruzione di uno dei diversi edifici previsti in un piano di lottizzazione per ottenere la riduzione degli oneri di urbanizzazione, dovendosi al più chiedere una variante riduttiva del piano di lottizzazione, modificando il layout della sua configurazione, poiché il progetto delle urbanizzazioni dipende dall’intera strutturazione del piano, a prescindere dalla realizzazione o meno degli interventi edilizi in esso pianificati (2).
• La rinuncia alla realizzazione di un intervento e l’offerta del lottizzante di cedere al Comune l’area edificabile (anche a scomputo dei contributi di costruzione) deve essere  presa in esame dal Comune, in virtù del principio del diritto-obbligo alla rinegoziazione secondo buona fede, che regola l’ambito delle convenzioni di lottizzazione e, più in generale, quello degli strumenti privatistici a base contrattuale o negoziale
(3).
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   (1) Ha ricordato il Tar che gli oneri di urbanizzazione si dividono in primaria e secondaria. I primi concorrono alla realizzazione di strade, parcheggi, fognature, illuminazione pubblica, verde pubblico, sistemi di distribuzione di acqua, energia, gas. I secondi sono destinati a finanziare la realizzazione di scuole, asili, centri civici, parchi urbani, impianti sportivi, parcheggi pubblici. I criteri di applicazione, fissati dalla normativa regionale e uniformi per tutto il territorio regionale, indicano le modalità di applicazione e i casi in cui ai Comuni è consentito modificare le entità determinate dalla Regione.
I costi di costruzione sono invece dovuti ai Comuni nei casi di nuova costruzione o ristrutturazione edilizia ed hanno un valore misurato in percentuale variabile sul costo
standard a metro quadro, fissato dalla Regione per le costruzioni di edilizia agevolata.
  
(2) V. Cons. St., sez. IV, 28.06.2016, n. 2915.
   (3) La premesso il Tar che il costo di costruzione, se è vero che è commisurato alle volumetrie virtuali previste nella lottizzazione, è altresì vero che non può prescindere dall’effettiva realizzazione dell’intervento edilizio. Esso richiede che vi sia un permesso di costruire e che il conseguente l'intervento determini un aumento del carico urbanistico (Tar Napoli, sez. VIII, 07.04.2016, n. 1769) ha aggiunto che l'art. 16 d.P.R. 06.06.2001, n. 380 collega il pagamento del costo di costruzione all'effettiva attività edificatoria, in quanto gli oneri di costruzione costituiscono una prestazione patrimoniale di natura impositiva che trova la sua ratio giustificatrice nell'incremento patrimoniale che il titolare del permesso di costruire consegue in dipendenza del realizzando intervento edilizio.
Essendo il contributo in questione strettamente connesso al concreto esercizio della facoltà di edificare, in misura corrispondente all'entità e alla qualità del maggior carico urbanistico conseguente alla realizzazione del fabbricato assentito ed all'insieme dei benefici che la nuova opera ne trae, la formazione del credito del Comune postula, quale condizione di esigibilità, l'effettiva attività di edificazione e comporta la corresponsione di un contributo commisurato al costo di costruzione globalmente inteso, nel senso che deve investire ed essere riferito all'intera opera, per come assentita e realizzata (
Tar Lazio, sez. II quater, 12.05.2015, n. 6901).
Quanto alla rinegoziazione delle convenzioni di lottizzazione, il Tar ha chiarito che è la buona fede in executivis che viene in rilievo, nonché la buona fede quale fonte di eterointegrazione dell’accordo negoziale (artt. 1374 e 1375 c.c.). Il principio di rinegoziazione secondo buona fede ha, infatti, un inevitabile impatto anche nei contratti e negli accordi tra privati e Pubblica amministrazione. La poliedrica clausola generale di buona fede, di cui la rinegoziazione è una delle possibili declinazioni, è dotata di straordinaria pervasività, ergendosi a regola non solo del regolamento tra privati, ma come criterio generale dei rapporti tra privati e P.A., al fine di preservare la conservazione dell’equilibrio economico-giuridico fissato nell’atto consensuale.
Anche in assenza di un’apposita clausola della convenzione di lottizzazione che obblighi le parti a rinegoziare, è la stessa struttura di
genus dell’accordo sostitutivo di provvedimento, ex art. 11, l. 07.08.1990, n. 241, cui si può ricondurre la species della convenzione di lottizzazione, a imporre all’Amministrazione pubblica di ponderare gli interessi pubblici e privati coinvolti nel procedimento negoziato, non solo nella fase genetica (l’accordo) ma anche nella fase della sua esecuzione. Ciò anche in considerazione del fatto che, tra i principi che reggono la negoziazione pubblica, vi è quello di matrice comunitaria di “proporzionalità”, a presidio del quale la rinegoziazione è evidentemente predisposta (TAR Molise, sentenza 17.05.2017 n. 184 - commento tratto da e link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Sulla possibilità di sostituzione del versamento degli oneri di urbanizzazione dovuti per la realizzazione di un centro per anziani non autosufficienti mediante erogazione di servizi alla persona a carico del Comune.
Non è ammissibile per il comune lo scomputo dell’entrata corrispondente al provento relativo al permesso di costruire (pur teoricamente compensata da una futura eventuale minore spesa) al di fuori dei casi espressamente previsti dalla legge.
Detto altrimenti, non risulta ammissibile la sostituzione di un onere di pagamento determinante un provento immediato e certo con una prestazione in termini di servizi indeterminabile sia sotto il profilo temporale (l’eventuale sconto dipenderebbe da una serie di variabili non determinabili a priori, quali ad esempio il numero degli anziani non abbienti e l’entità dello sconto) che quantitativo.

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Con la nota indicata in epigrafe il Sindaco del Comune di Pasian di Prato (UD) ha formulato alla Sezione una richiesta di motivato avviso con cui ha rappresentato che:
   - L’art. 1, c. 737, della L. 208/2005 dispone che per gli anni 2016 e 2017 i proventi delle concessioni edilizie e delle relative sanzioni, di cui al DPR 380/2001, fatta eccezione per le sanzioni previste dall’arti 31, comma 4-bis, possono essere utilizzati per una quota pari al 100% per spese di manutenzione ordinaria del verde, delle strade e del patrimonio comunale, nonché per spese di progettazione delle opere pubbliche;
   - L’art. 1, comma 460, della L. 232/2016 dispone che per l’anno 2018 (nel testo della norma “dal 01.01.2018”) i proventi delle concessioni edilizie e delle relative sanzioni, di cui al DPR 380/2001, sono destinati esclusivamente e senza vincoli temporali alla realizzazione e manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, al risanamento di complessi edilizi compresi nei centri storici e nelle periferie degradate a interventi di riuso e rigenerazione, a interventi di demolizione di costruzioni abusive, all’acquisizione di e alla realizzazione di aree verdi destinate ad uso pubblico, a interventi di tutela e riqualificazione dell’ambiente e del paesaggio, anche ai fini della prevenzione e della mitigazione del rischio idrogeologico e sismico e della tutela e riqualificazione del patrimonio rurale pubblico, nonché a interventi volti a favorire l’insediamento di attività di agricoltura nell’ambito urbano;
   - Il Comune ha stipulato una convenzione di urbanizzazione per la realizzazione di un fabbricato ad uso residenza per anziani non autosufficienti nella quale si prevede, oltre al versamento diretto, la possibilità di procedere allo scomputo degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria e del costo di costruzione dovuti per il rilascio di un permesso di costruire, mediante servizi compensativi alla persona che sarebbero di spettanza del Comune in quanto diretti a persone non abbienti, e sarebbero svolti direttamente da parte del titolare del permesso di costruire o da società controllate. Ad esempio il Comune ventila l’ipotesi di una riduzione o compensazione delle rette di ricovero per anziani indigenti, qualora la retta sia in tutto o in parte a carico del Comune in qualità di domicilio di soccorso;
   - Il quesito riguarda le modalità di contabilizzazione dei servizi eventualmente erogati dalla società in base alla convenzione (rilevazione della spesa tramite mandato ed emissione in entrata di apposita reversale per lo stesso importo) nonché la conformità dello scomputo, collegato a servizi alla persona, alla normativa disciplinante le possibilità di scomputo e i particolari vincoli di destinazione per detti proventi.
...
La richiesta dell’Ente riguarda la possibilità di scomputare in tutto o in parte gli oneri di urbanizzazione (senza distinzione tra urbanizzazione primaria secondaria e costo di costruzione) dovuti per la realizzazione di una residenza per anziani non autosufficienti tramite la compensazione con uno “sconto” sull’eventuale pagamento dovuto dall’Ente qualora lo stesso dovesse farsi carico delle rette di degenza per anziani non abbienti ricoverati nella predetta struttura.
L’Ente richiede, altresì, se sia corretta la contabilizzazione dell’operazione sotto forma di una regolazione contabile che registri nella spesa l’importo dovuto per i servizi alla persona (ospitalità ad anziani non abbienti) resi dal titolare del permesso di costruzione (o da società dallo stesso controllate) in base alla convenzione ed emetta contemporaneamente apposita reversale nella parte entrata per un importo corrispondente.
Premesso che le determinazioni definitive relative alle decisioni in termini di allocazione della spesa restano riservate all’ambito dell’esclusiva discrezionalità dell’Ente, la problematica posta nella richiesta di motivato avviso può essere ricondotta alla materia della contabilità pubblica in quanto attinente il rispetto degli equilibri e l’adeguatezza delle coperture disposte in bilancio.
Prima di effettuare valutazioni più specifiche sull’ambito applicativo delle disposizioni recentemente introdotte in merito nell’art. 1. comma 737, dalla L. 208/2015 e nell’art. 1, commi 460-461, della L. 232/2016 in relazione alle destinazioni ammissibili per l’allocazione di tali proventi, richiamate dal Comune nella richiesta di parere, appare opportuno considerare la disciplina e la finalità degli oneri imposti al privato che richieda l’autorizzazione ad effettuare un intervento costruttivo.
L’art. 22 della L.R. 19/2009, codice regionale dell’edilizia, stabilisce che il permesso di costruire risulta, comunque, subordinato all’esistenza delle opere di urbanizzazione primaria o alla previsione da parte del Comune dell’attuazione delle stesse per il periodo di validità del permesso medesimo ovvero all’impegno, da parte degli interessati, di procedere all’attuazione delle opere di urbanizzazione richieste dal Comune contemporaneamente alla realizzazione dell’intervento oggetto del permesso.
Il successivo art. 29 prevede che il rilascio del permesso di costruire comporti la corresponsione di un contributo commisurato all’incidenza degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione (fatti salvi i casi di esonero o riduzione previsti dagli artt. 30 e 32 della medesima legge regionale) consentendo, tuttavia, lo scomputo totale o parziale del contributo nell’ipotesi in cui il richiedente il permesso si obbligasse a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione necessarie. Giova ricordare che le opere di urbanizzazione primaria elencate nell’art. 5 del Regolamento emanato con D.P.Reg. 18 del 20.01.2012 riguardano precipuamente strade, reti fognarie idriche e di distribuzione dell’energia elettrica e del gas e altri interventi sostanzialmente imprescindibili per consentire l’insediamento umano, mentre le opere di urbanizzazione secondaria prevedono la realizzazione di scuole, strade di quartiere impianti sportivi e altri interventi di completamento dell’insediamento urbano mirati ad una migliore fruizione dei nuovi interventi costruttivi anche sotto il profilo della convivenza sociale.
Natura diversa può, invece, riconoscersi al costo di costruzione che, come può desumersi dall’art. 6 quarto comma del Regolamento citato, rappresenta sostanzialmente un onere corrispondente all’incremento di valore determinato dall’intervento edilizio. Trattandosi di entrate non continuative e straordinarie, correlate alla necessaria realizzazione di infrastrutture sul territorio, i proventi da oneri urbanistici sono stati ab origine considerati entrate in conto capitale e, in quanto tali, destinati esclusivamente alla coperture di spese di investimento.
Tra queste, va tenuta presente proprio la necessità per l’Ente di provvedere, nel caso in cui il privato richiedente non se ne sia accollato direttamente la realizzazione, alle opere di urbanizzazione primaria. Tuttavia, nel tempo, probabilmente in ragione di particolari situazioni di difficoltà finanziaria degli enti, successivi puntuali interventi legislativi hanno eccezionalmente consentito la destinazione di detti proventi anche alla copertura di spese correnti (una esaustiva ricostruzione della successione degli interventi legislativi di deroga in materia è contenuta nella deliberazione della Sezione di Controllo della Lombardia parere 09.02.2016 n. 38).
Peraltro, la normativa più recente, intervenuta in un contesto ormai fortemente caratterizzato dai principi della cosiddetta “armonizzazione contabile”, ha segnato un
deciso cambiamento di rotta rispetto alle deroghe consentite in epoche precedenti: l’art. 1, comma 460, della L. 232/2016 dispone che a decorrere dall’01.01.2018 i proventi delle concessioni edilizie e delle relative sanzioni, di cui al DPR 380/2001, siano destinati “esclusivamente e senza vincoli temporali” alla realizzazione e manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, al risanamento di complessi edilizi compresi nei centri storici e nelle periferie degradate a interventi di riuso e rigenerazione, a interventi di demolizione di costruzioni abusive, all’acquisizione di e alla realizzazione di aree verdi destinate ad uso pubblico, a interventi di tutela e riqualificazione dell’ambiente e del paesaggio, anche ai fini della prevenzione e della mitigazione del rischio idrogeologico e sismico e della tutela e riqualificazione del patrimonio rurale pubblico, nonché a interventi volti a favorire l’insediamento di attività di agricoltura nell’ambito urbano.
Giova ricordare che, in periodo di poco precedente, a conferma di un orientamento restrittivo sulle eccezioni ai principi in materia di destinazione di entrate di parte capitale, la norma regionale (art. 18, comma 25, della LR 18/2011) che prorogava per il 2013 e 2014 la possibilità prevista dall’art. 11, comma 4, della LR. 22/2010, di destinare per intero i proventi da urbanizzazione a spese correnti, è stata abrogata a decorrere dall’01.01.2013 dall’art. 14, comma 38, della LR 7/2012 (cfr. Sezione Controllo Friuli Venezia Giulia
parere 24.06.2014 n. 112).
Il tenore della recente disposizione (art. 1, comma 460, L. 232/2016), introdotta dal Legislatore statale con effetto dal prossimo esercizio finanziario, ha ricondotto l’allocazione dei proventi da urbanizzazione all’alveo della naturale destinazione di una risorsa, eventuale e irripetibile, utile a finanziare l’area degli interventi di conservazione e sviluppo dei beni appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile, necessari anche ai fini di un bilanciamento del “consumo del territorio” conseguente all’intervento costruttivo di nuova realizzazione. Una tale interpretazione, nel senso di un ritorno alle “origini” e ai principi generali, può, peraltro, farsi discendere anche dallo stesso tenore letterale della norma introdotta con la legge di bilancio 2017: il comma 460, infatti, dispone la destinazione dei proventi dei titoli abitativi edilizi “…a decorrere dall’01.01.2018… e senza vincoli temporali…” ancorandola ad interventi strettamente correlati alle opere di urbanizzazione o in generale ad interventi di tutela e qualificazione del territorio.
Il legislatore sembrerebbe quindi aver provveduto ad un intervento stabilizzatore della disciplina della materia scegliendo una forma espressiva diversa dai precedenti interventi riferiti in modo puntuale ad esercizi specifici. L’attuale disciplina introdotta a partire dall’01.01.2018 ha ricondotto la gestione dei proventi derivanti dai titoli abitativi edilizi, in quanto entrata eccezionale e non ricorrente, ad un utilizzo compatibile con un rispetto sostanziale dell’equilibrio di parte corrente e non suscettibile di sortire l’effetto di sottrarre le risorse necessarie ad investimenti comunque obbligatori.
In un’ottica di sana gestione finanziaria e di attenzione alla qualità e congruità delle coperture, le norme derogatorie al rispetto di tali principi devono essere, pertanto, oggetto di un’interpretazione assolutamente restrittiva.
Premesse queste considerazioni relative al ristretto ambito interpretativo che deve essere riconosciuto alle eccezioni in materia di destinazione di entrate in conto capitale al finanziamento di spese della medesima natura, si deve rilevare che l’esempio ipotizzato nel quesito non risulta, comunque, riconducibile alla normativa citata, in quanto l’Ente non riscuoterebbe risorse da riservare a destinazioni più o meno riconducibili alle eccezioni previste dalla legge, ma accetterebbe, in applicazione della convenzione, di sostituire un’entrata certa e immediata con una minore spesa del tutto aleatoria ed eventuale.
Si tratterebbe, in buona sostanza, di una prestazione in luogo dell’adempimento di cui all’art. 1197 c.c. che non risulta in alcun modo riconducibile all’unico caso ammesso dalla legge, relativo all’impegno, assunto contrattualmente dal privato, di realizzare direttamente le opere di urbanizzazione che sarebbero di spettanza del comune.
Al di fuori della predetta ipotesi, prevista dall’art. 29, secondo comma, del codice regionale dell’edilizia e in difetto di ulteriore specifica previsione legislativa (in tal senso risulta d’interesse anche il parere n. 60/2017/PAR reso dalla Sezione Emilia Romagna in relazione ad una ipotesi di datio in solutum in materia tributaria)
non risulta ammissibile la sostituzione di un onere di pagamento determinante un provento immediato e certo con una prestazione in termini di servizi indeterminabile sia sotto il profilo temporale (l’eventuale sconto dipenderebbe da una serie di variabili non determinabili a priori, quali ad esempio il numero degli anziani non abbienti e l’entità dello sconto) che quantitativo.
Una tale conclusione si desume, del resto, anche dalla lettura del principio contabile (Principio contabile concernente la contabilità finanziaria Allegato 4/2 al D.Lgs.118/2011 punto 3.11) che consente l’imputazione della regolazione contabile dell’ipotesi di scomputo (evidentemente riferita ai casi di opere di urbanizzazione realizzate direttamente dal privato richiedente) solo nell’esercizio in cui venga effettuato il collaudo e la consegna delle opere.
Da tutto quanto premesso
emerge non solo che la destinazione dei proventi da urbanizzazione deve essere esclusivamente correlata, in un’ottica volta ad assicurare la copertura degli interventi necessari a consentire l’insediamento umano nel territorio, alle specifiche ipotesi previste dalla legge, ma anche che non è ammissibile per l’Ente lo scomputo dell’entrata corrispondente al provento relativo al permesso di costruire (pur teoricamente compensata da una futura eventuale minore spesa) al di fuori dei casi espressamente previsti dalla legge (Corte dei Conti, Sez. controllo Friuli Venezia Giulia, parere 11.05.2017 n. 41).

EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICASecondo consolidato orientamento giurisprudenziale, “può ammettersi anche la scomputabilità del valore corrispondente alle opere di urbanizzazione primaria dall'importo dovuto a titolo di oneri di urbanizzazione secondaria, attesa la comune natura giuridica degli oneri di cui trattasi, non ravvisandosi ragioni ostative alla compensazione tra obbligazioni intercorrenti tra i medesimi soggetti e nascenti dal medesimo rapporto convenzionale: difatti lo scomputo, totale o parziale, della quota di contributo dovuta in caso di realizzazione diretta delle opere di urbanizzazione deve essere effettuato senza distinzione tra opere di urbanizzazione primaria e secondaria, atteso che la mancata distinzione nella sede legislativa specifica (art. 11 l. 28.01.1977 n. 10) delle due categorie di opere vieta all'interprete di introdurre una siffatta distinzione”.
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Deve tuttavia rilevarsi che la predetta convenzione limita espressamente il diritto allo scomputo ai “soli oneri di urbanizzazione primaria”.
Questa Sezione ha avuto infatti modo di osservare che “l'art. 16, comma 2, del d.p.r. n. 380/2001 (che ha riprodotto l'art. 11, comma 1, della legge n. 10/1977) consente al privato di eseguire direttamente le opere di urbanizzazione in alternativa al pagamento dei connessi oneri (con possibilità quindi di ottenerne poi lo scomputo da quanto deve pagare a titolo di oneri di urbanizzazione primaria e secondaria), ma tale facoltà ha effetto soltanto se la proposta del privato sia accettata dal Comune secondo le modalità e le garanzie dettate dal medesimo e previste in una convenzione o in un atto unilaterale d'obbligo. La concessione edilizia è, infatti, normalmente onerosa, tranne le tassative ipotesi di gratuità. Gli oneri di urbanizzazione sono previsti, infatti, a carico del costruttore, quale prestazione patrimoniale, a titolo di partecipazione di al costo delle opere di urbanizzazione connesse alle esigenze della collettività che scaturiscono dagli interventi di edificazione”.
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II.1. Fatte queste necessarie premesse, vengono in considerazione il primo e secondo motivo di ricorso, suscettibili di trattazione congiunta, coi quali si contesta quanto affermato dall’ufficio a proposito della riconducibilità del diritto allo scomputo alle sole opere di urbanizzazione primaria e con esclusione, quindi, di quelle di urbanizzazione secondaria, lamentando la violazione dell’art. 16 d.P.R. n. 380/2001.
Ebbene, va evidenziato, come dedotto in ricorso, che secondo consolidato orientamento giurisprudenziale, dal quale non vi è ragione di discostarsi in questa sede, “può ammettersi anche la scomputabilità del valore corrispondente alle opere di urbanizzazione primaria dall'importo dovuto a titolo di oneri di urbanizzazione secondaria, attesa la comune natura giuridica degli oneri di cui trattasi, non ravvisandosi ragioni ostative alla compensazione tra obbligazioni intercorrenti tra i medesimi soggetti e nascenti dal medesimo rapporto convenzionale: difatti lo scomputo, totale o parziale, della quota di contributo dovuta in caso di realizzazione diretta delle opere di urbanizzazione deve essere effettuato senza distinzione tra opere di urbanizzazione primaria e secondaria, atteso che la mancata distinzione nella sede legislativa specifica (art. 11 l. 28.01.1977 n. 10) delle due categorie di opere vieta all'interprete di introdurre una siffatta distinzione” (cfr. TAR Toscana Firenze, sez. III, 11.08.2004, n. 3181; Consiglio di Stato, sez. IV, 28.07.2005 n. 4015; TAR Sicilia-Catania, sez. I, 02.02.2012 n. 279).
Deve tuttavia rilevarsi, come controdedotto dalla difesa comunale, che la predetta convenzione (artt. 6.3 e 14) limita espressamente il diritto allo scomputo ai “soli oneri di urbanizzazione primaria”. Questa Sezione ha avuto infatti modo di osservare che “l'art. 16, comma 2, del d.p.r. n. 380/2001 (che ha riprodotto l'art. 11, comma 1, della legge n. 10/1977) consente al privato di eseguire direttamente le opere di urbanizzazione in alternativa al pagamento dei connessi oneri (con possibilità quindi di ottenerne poi lo scomputo da quanto deve pagare a titolo di oneri di urbanizzazione primaria e secondaria), ma tale facoltà ha effetto soltanto se la proposta del privato sia accettata dal Comune secondo le modalità e le garanzie dettate dal medesimo e previste in una convenzione o in un atto unilaterale d'obbligo. La concessione edilizia è, infatti, normalmente onerosa, tranne le tassative ipotesi di gratuità. Gli oneri di urbanizzazione sono previsti, infatti, a carico del costruttore, quale prestazione patrimoniale, a titolo di partecipazione di al costo delle opere di urbanizzazione connesse alle esigenze della collettività che scaturiscono dagli interventi di edificazione” (TAR Campania-Salerno, sez. I, 09.01.2015, n. 28).
Non si riviene, quindi, agli atti il necessario elemento volontaristico, riconducibile all’Amministrazione comunale, di guisa che non può configurarsi il preteso diritto allo scomputo.
I motivi in esame vanno quindi respinti in base alla stesse disposizioni convenzionali invocate da parte ricorrente a sostegno della sua pretesa (TAR Campania-Salerno, Sez. I, sentenza 31.01.2017 n. 179 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Occorre ben distinguere tra oneri di urbanizzazione e costo di costruzione.
Si afferma, infatti, in sede pretoria che per stabilire in quali casi sussiste l'obbligo di versamento del contributo di costruzione, occorre distinguere fra importi dovuti a titolo di oneri di urbanizzazione ed importi dovuti a titolo di costo di costruzione.
Per quanto riguarda specificamente i primi, si ritiene che, poiché la loro funzione è quella di far sì che il costruttore partecipi ai costi delle opere di urbanizzazione in proporzione all'insieme dei benefici che la costruzione ne ritrae, essi vanno corrisposti solo nel caso in cui l'intervento determini un aumento del carico urbanistico, e cioè determini la necessità di dotare l'area di nuove opere di urbanizzazione ovvero l'esigenza di utilizzare più intensamente quelle già esistenti.
Nel sistema vigente il contributo per oneri di urbanizzazione è infatti un corrispettivo di diritto pubblico, di natura non tributaria, posto a carico del concessionario a titolo di partecipazione ai costi delle opere di urbanizzazione e in proporzione all'insieme dei benefici che la nuova costruzione ne ritrae, senza alcun vincolo di scopo in relazione alla zona interessata alla trasformazione urbanistica e indipendentemente dalla concreta utilità che il concessionario può conseguire dal titolo edificatorio e dall'ammontare delle spese effettivamente occorrenti per la realizzazione delle opere stesse; tali oneri sono pertanto dovuti anche al di là di un nesso di stretta inerenza delle opere di urbanizzazione rispetto alle singole aree.
Il costo di costruzione, invece, essendo una percentuale rapportata non ad opere da fare per la collettività ma ai costi di costruzione per tipologia edilizia, adeguati annualmente, non sono suscettibili di entrare nel meccanismo dello scomputo, che è appunto disciplinato da detta norma della convenzione.

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II.2. Con il terzo mezzo, parte ricorrente evidenzia che l’intervento avrebbe ad oggetto, tra l’altro, la realizzazione di interventi di edilizia residenziale sociale, con conseguente diritto all’esonero dal contributo di costruzione a norma dell’art. 17 d.P.R. n. 380/2001, il cui primo comma prevede che “Nei casi di edilizia abitativa convenzionata, relativa anche ad edifici esistenti, il contributo afferente al permesso di costruire è ridotto alla sola quota degli oneri di urbanizzazione qualora il titolare del permesso si impegni, a mezzo di una convenzione con il comune, ad applicare prezzi di vendita e canoni di locazione determinati ai sensi della convenzione-tipo prevista dall'articolo 18”.
Si afferma così in giurisprudenza che “L'unico presupposto richiesto dall'art. 17, D.P.R. n. 380 citato, invero, è la realizzazione di alloggi e l'impegno a venderli a prezzi agevolati, previa sottoscrizione di apposita convenzione con il Comune” (cfr. Cons. Giust. Amm. Sic., 21.12.2015, n. 713).
Parte ricorrente ha fornito dimostrazione del presupposto costitutivo del diritto, avendo versato in atti la convenzione Rep. n. 3562 del 24.01.2012, stipulata dalle società Or. 85 S.c.a.r.l. e dalla Società Ga. S.r.l. con il Comune di Pontecagnano, i cui artt. 2, 3 e 5 prevedono l’impegno della ricorrente a realizzare intervento di edilizia residenziale sociale per “una quota non inferiore al 30% dell’edificato residenziale assentito”, pari a n. 33 alloggi con prezzo di trasferimento che “dovrà essere determinato nel rispetto della disciplina in tema di edilizia sociale” (cfr. art. 5.5. della citata convenzione).
Occorre ben distinguere tra oneri di urbanizzazione e costo di costruzione.
Si afferma, infatti, in sede pretoria (TAR Milano-Lombardia, sez. II, 04.08.2016, n. 1561) che per stabilire in quali casi sussiste l'obbligo di versamento del contributo di costruzione, occorre distinguere fra importi dovuti a titolo di oneri di urbanizzazione ed importi dovuti a titolo di costo di costruzione.
Per quanto riguarda specificamente i primi, si ritiene che, poiché la loro funzione è quella di far sì che il costruttore partecipi ai costi delle opere di urbanizzazione in proporzione all'insieme dei benefici che la costruzione ne ritrae, essi vanno corrisposti solo nel caso in cui l'intervento determini un aumento del carico urbanistico, e cioè determini la necessità di dotare l'area di nuove opere di urbanizzazione ovvero l'esigenza di utilizzare più intensamente quelle già esistenti.
Nel sistema vigente il contributo per oneri di urbanizzazione è infatti un corrispettivo di diritto pubblico, di natura non tributaria, posto a carico del concessionario a titolo di partecipazione ai costi delle opere di urbanizzazione e in proporzione all'insieme dei benefici che la nuova costruzione ne ritrae, senza alcun vincolo di scopo in relazione alla zona interessata alla trasformazione urbanistica e indipendentemente dalla concreta utilità che il concessionario può conseguire dal titolo edificatorio e dall'ammontare delle spese effettivamente occorrenti per la realizzazione delle opere stesse; tali oneri sono pertanto dovuti anche al di là di un nesso di stretta inerenza delle opere di urbanizzazione rispetto alle singole aree.
Il costo di costruzione, invece, essendo una percentuale rapportata non ad opere da fare per la collettività ma ai costi di costruzione per tipologia edilizia, adeguati annualmente, non sono suscettibili di entrare nel meccanismo dello scomputo, che è appunto disciplinato da detta norma della convenzione.
Or dunque, va sottolineato che parte resistente, nelle sue articolazioni difensive non ha contestato la effettiva realizzazione degli alloggi secondo quanto previsto in progetto nella percentuale prevista per l’edilizia residenziale pubblica, circostanza che quindi va reputata processualmente acquisita e destinata ad integrare, unitamente al visto impegno convenzionale, il presupposto costituivo del diritto, in questa sede azionato, all’esenzione dal pagamento del costo di costruzione.
Tanto è sufficiente, risultando recessiva ogni deduzione afferente all’adeguatezza motivazionale dell’atto impugnato, per l’accoglimento del motivo in esame (TAR Campania-Salerno, Sez. I, sentenza 31.01.2017 n. 179 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2016

EDILIZIA PRIVATASugli oneri il nodo dello scomputo. Alcuni Comuni bocciano lo scorporo «indistinto» dopo il parere della Corte dei conti lombarda.
Urbanistica. Diversa la linea dei Tar, che permettono di dedurre il valore delle opere dalle urbanizzazioni sia primarie che secondarie.

Sulla possibilità di scomputare gli oneri di urbanizzazione senza distinguere fra opere di urbanizzazione primaria e quelle di urbanizzazione secondaria l’orientamento favorevole della giurisprudenza è ormai consolidato. Ma un parere negativo della Corte dei conti della Lombardia ha riaperto la discussione e molte amministrazioni comunali hanno invertito la rotta precludendo agli operatori lo scomputo indistinto.
Le norme
In base al Dpr 380/2001 e, prima dell’entrata in vigore del Dpr, alla legge 10/1977, il rilascio del permesso di costruire comporta la corresponsione del contributo di costruzione, ossia degli oneri di urbanizzazione e della quota afferente al costo di costruzione.
Gli oneri di urbanizzazione, a loro volta, sono composti da due voci: da un lato, la quota da versare per l’urbanizzazione primaria (strade, illuminazione pubblica, eccetera) e, dall’altro, la quota dovuta per l’urbanizzazione secondaria (asili, scuole, edifici comunali, eccetera).
Il titolare del permesso può, inoltre, realizzare direttamente opere di urbanizzazione “a scomputo” della quota di contributo afferente agli oneri di urbanizzazione.
La giurisprudenza
I giudici sono stati presto chiamati a decidere se lo scomputo dovesse essere effettuato distintamente, ossia raffrontando il valore delle opere di urbanizzazione primaria ai soli oneri di urbanizzazione primaria e così per l’urbanizzazione secondaria o se, per contro, lo scomputo potesse essere indistinto, essendo così consentito portare in detrazione il valore delle opere di urbanizzazione primaria dagli oneri di secondaria e viceversa.
Il 04.12.1989, il Consiglio di Stato statuiva che «lo scomputo, totale o parziale, della quota di contributo dovuta in caso di realizzazione diretta delle opere di urbanizzazione debba essere effettuato senza alcuna distinzione tra opere di urbanizzazione primaria e secondaria» (sentenza n. 806).
Da allora, il principio è stato più volte ripreso dai giudici amministrativi che hanno anche avuto modo di precisare come «una diversa interpretazione produrrebbe l’effetto, certamente contrario alla volontà del legislatore (che, nell’introdurre i contributi di urbanizzazione, ha inteso obbligare i concessionari edilizi a partecipare agli oneri relativi alle trasformazioni urbanistiche ed edilizie dei territori comunali ma non ha voluto provocare un ingiustificato arricchimento dei Comuni), di trasferire gratuitamente alle amministrazioni la quota di valore delle opere realizzate in una categoria senza tener conto degli oneri globali gravanti sul concessionario» (Consiglio di Stato 716/1990; Tar Toscana 679/2004).
La Corte dei conti
Il principio è stato messo in discussione da un parere consultivo della Corte dei conti-sezione di controllo per la Lombardia che, con riferimento a una modifica della legislazione regionale diretta a riconfermare l’orientamento giurisprudenziale consolidato, ha viceversa affermato che, in ragione del vincolo di correlazione fra la tipologia delle opere da realizzare e il calcolo degli oneri per cui accordare lo scomputo, non vi sarebbe alcuna motivazione che «possa consentire il riconoscimento di uno scomputo globale e indifferenziato degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria, a fronte dell’esecuzione diretta di opere di urbanizzazione, indipendentemente dalla categoria di appartenenza» (Corte dei conti Lombardia 83/2015 del 23.02.2015).
Gli enti locali
A seguito del parere, numerose amministrazioni comunali hanno invertito la rotta sino ad allora percorsa, precludendo agli operatori del settore lo scomputo indistinto del valore delle opere di urbanizzazione.
Anche a seguito del richiamato parere della Corte dei conti, il Consiglio di Stato ha ribadito però che «la legge non consente alcuna distinzione tra opere di urbanizzazione primaria e secondaria, di guisa che il concessionario ha diritto a che le eccedenze delle opere realizzate per un tipo di urbanizzazione rispetto all’importo del contributo dovuto per quel tipo di opere siano portate in detrazione anche dall’ammontare del contributo dovuto per le opere dell’altro tipo» (Consiglio di Stato, sentenza n. 5800 del 21.12.2015).
Le determinazioni di senso opposto che le amministrazione dovessero assumere potrebbero dunque essere illegittime, rappresentando peraltro, come evidenziato dal Consiglio di Stato, un ingiustificato arricchimento del Comune contrario alla volontà del legislatore.
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L’importo dipende dall’incremento del carico urbanistico. Il calcolo. In base a parametri regionali.
Ai fini dell’attuazione degli interventi di trasformazione edilizia maggiori, gli interessati sono chiamati a versare al Comune il contributo di costruzione, composto da una quota afferente al costo di costruzione, nonché dagli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria.
In merito alla natura del contributo, la giurisprudenza amministrativa ha da tempo chiarito che la quota relativa al costo di costruzione costituisce una prestazione patrimoniale di natura sostanzialmente paratributaria, essendo volta a colpire l’incremento di ricchezza derivante dall’attività edilizia svolta.
Ciò a differenza della quota afferente agli oneri di urbanizzazione che attiene invece all’incremento del carico urbanistico (fra le tante, Consiglio di Stato, sentenze 6160 e 6161 del 2013; Tar Lombardia-Milano, sentenza 1248/2014).
La quota connessa degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria è dunque commisurata alla necessità di una maggiore dotazione di servizi (rete viaria, parcheggi, verde, fognature, eccetera) per soccorrere i futuri abitanti o i fruitori dei fabbricati in progetto.
Al posto del versamento degli oneri, il titolare del permesso può realizzare direttamente le opere occorrenti all’urbanizzazione dell’area.
Sul punto, la giurisprudenza ha recentemente chiarito che, tenuto conto della ratio sottesa al versamento degli oneri, l’impegno a realizzare direttamente le opere, in luogo del versamento non può invece essere unilateralmente imputato in capo al privato, senza che l’amministrazione tenga in debita considerazione l’effettiva incidenza delle opere oggetto dell’intervento privato.
La quota degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria viene infatti commisurata all’incidenza degli interventi sul carico urbanistico, attraverso una specifica deliberazione che ciascun Comune deve assumere in conformità alle tabelle parametriche definite dalla Regione.
Al di fuori di tale schema di formale regolamentazione, ogni eventuale sforamento della misura degli oneri prevista in relazione al valore delle opere, da addossarsi al privato, deve avvenire in base ad un accordo pattizio stipulato tra le parti interessate, amministrazione pubblica e privato.
Sarà dunque legittima una convenzione urbanistica mediante la quale l’interessato accetti espressamente di farsi carico della realizzazione di opere pubbliche di valore superiore al valore tabellare degli oneri.
Di contro, l’imposizione di opere di urbanizzazione primaria di tipo aggiuntivo, il cui costo sia superiore all’importo del contributo di urbanizzazione, deve ritenersi illegittima (Consiglio di Stato, sentenza 5800/2015).
Di tale principio devono tener conto i Comuni, i quali spesso prevedono, direttamente nell’ambito dei propri strumenti urbanistici generali, che siano gli interessati che, ai fini dell’attuazione degli interventi privati, siano tenuti a realizzare determinate opere pubbliche di valore superiore agli oneri di urbanizzazione e senza commisurarne l’incidenza sulla sostenibilità economica e finanziaria dell’intervento previsto (articolo Il Sole 24 Ore del 12.12.2016).

EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: E. Pellicciotti, Le opere di urbanizzazione “a scomputo" nel D.Lgs. n. 50/2016 (IFEL, 29.11.2016).)

EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICASulle opere «gratuite» decide la Pa. Non sempre gli interventi eseguiti a proprie spese dai privati escludono l’obbligo di gara.
Infrastrutture. Secondo l’interpretazione restrittiva dell’Anac bisogna verificare l’assenza di interessi patrimoniali dell’impresa.

Spetta alle amministrazioni pubbliche valutare se l’opera pubblica che il privato è disponibile a realizzare a proprie spese rappresenta un vero e proprio atto di liberalità o se si tratta invece di una controprestazione legata all’ottenimento di un’utilità. Una distinzione importante da cui dipende il ricorso alla gara per l’individuazione del soggetto che dovrà realizzare l’intervento.
L’entrata in vigore del nuovo Codice appalti (il Dlgs 50/2016) sembrava aver definitivamente chiarito il tema, da tempo dibattuto in dottrina e giurisprudenza, inerente all’applicabilità o meno delle procedure ad evidenza pubblica a fattispecie nelle quali un soggetto privato si impegni a realizzare, a propria totale cura e spesa, un’opera pubblica prevista da uno strumento urbanistico (nella grafica sono riportate le pronunce più rilevanti).
Ma il parere sulla normativa n. 763 del 16.07.2016 - rif. AG 25/2016/AP dell'Anac ha riaperto la discussione e ha rimesso all’amministrazione pubblica la valutazione sulla “natura” dell’opera e sull’applicazione delle procedure di evidenza pubblica.
Il nuovo Codice appalti
L’articolo 20 del nuovo Codice statuisce in modo chiaro che «il Codice non si applica al caso in cui un’amministrazione pubblica stipuli una convenzione con la quale un soggetto pubblico o privato si impegni alla realizzazione, a sua totale cura e spesa e previo ottenimento di tutte le necessarie autorizzazioni, di un’opera pubblica o di un suo lotto funzionale o di parte dell’opera prevista nell’ambito di strumenti o programmi urbanistici, fermo restando il rispetto dell’articolo 80».
La norma sembrava dunque aver superato la posizione espressa mediante la
determinazione 02.04.2008 n. 4 dell’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici, secondo la quale, in caso di convenzioni urbanistiche che prevedano la realizzazione di opere pubbliche a cura e spese del privato, pertanto senza scomputo del relativo valore dagli oneri di urbanizzazione, la realizzazione stessa sarebbe comunque avvenuta «sulla base di accordi convenzionali conclusi dallo stesso con l’amministrazione per il raggiungimento di un proprio interesse patrimoniale», con l’effetto che «si può ritenere che le fattispecie …siano da ricondurre alla categoria dell’appalto pubblico di lavori», da ciò derivando, come corollario, che esse debbano essere affidate secondo procedure ad evidenza pubblica.
Il parere dell’Anac
Chiamata a rispondere a un quesito della Regione Lombardia relativo all’intenzione di un soggetto privato di realizzare, a proprie spese, parte di un’infrastruttura di carattere strategico secondo le previsioni dell’articolo 20 del Codice e senza quindi procedere a gara, l’Anac, con il parere sulla normativa n. 763 del 16.07.2016 - rif. AG 25/2016/AP, ha reintrodotto valutazioni che comportano un sensibile contenimento della portata di innovativa dell’articolo 20.
Secondo l’Anac la disposizione non può trovare applicazione se la convenzione riguarda la realizzazione di opere pubbliche da parte del privato in cambio del riconoscimento di una qualunque utilità, con conseguente carattere oneroso della convenzione stessa.
In particolare, l’Autorità ha chiarito che il carattere oneroso della prestazione sussiste in tutti i casi in cui, a fronte di una prestazione, vi sia il riconoscimento di un corrispettivo che può essere costituito, ad esempio, dal riconoscimento del diritto di sfruttamento dell’opera (concessione) o ancora mediante la cessione in proprietà o in godimento di beni.
In tali casi, secondo la tesi di Anac, il privato, pur non portando a scomputo il valore delle infrastrutture pubbliche realizzate, eseguirebbe le opere al fine di raggiungere un proprio interesse patrimoniale, il quale rappresenterebbe dunque la causa del negozio giuridico.
L’Anac conclude sostenendo che il ricorso all’articolo 20 può giustificarsi solo se non sussiste in favore del proponente alcuna controprestazione e l’operazione si configura come un vero e proprio «atto di liberalità» e «gratuità», e rimettendo alla stessa Regione Lombardia l’accertamento circa la sussistenza dei suddetti presupposti legittimanti il ricorso all’istituto di cui all’articolo 20.
La situazione attuale
L’interpretazione piuttosto restrittiva adottata dall’Anac nel parere relativo a uno degli articoli più rilevanti del nuovo Codice, potrebbe però comportare problematiche in sede applicativa.
In sostanza, è compito delle amministrazioni pubbliche valutare, caso per caso, se l’opera pubblica che il privato si dovesse rendere disponibile a realizzare a proprie cura e spese rappresenti un vero e proprio atto di liberalità o se, per contro, essa rappresenti sul piano eziologico la controprestazione dovuta ai fini dell’ottenimento di una utilità per il privato.
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Applicazione entro i limiti delle direttive Ue. I paletti. No a interpretazioni più severe.
Qualunque applicazione della normativa dovrà rispettare il divieto di cosiddetto gold plating contenuto all’articolo 1 della legge delega 28.01.2016, n. 11, ossia il divieto di introdurre o di mantenere livelli di regolazione superiori a quelli richiesti dalle direttive comunitarie in materia.
Una ferma linea guida di cui le pubbliche amministrazioni devono tener conto nell’applicazione dell’articolo 20 del nuovo Codice alla luce di tutti i pareri sinora espressi in merito.
Le amministrazioni non potranno cioè imporre lo svolgimento di procedure di gara in modo acritico, a titolo esemplificativo, riscontrando semplicemente che l’impegno a realizzare infrastrutture pubbliche a spese dell’operatore acceda ad una convenzione urbanistica per l’attuazione di interventi privati, seppur connessi o comportanti variante urbanistica.
Sull’articolo 20 del nuovo Codice appalti, anche il Consiglio di Stato aveva evidenziato diversi punti critici (poi richiamati nel parere dell’Anac).
Nel parere sullo schema del Dlgs (
parere 01.04.2016 n. 855), il supremo organo di consulenza giuridico-amministrativa dello Stato, in merito alla sottrazione dell’ipotesi di opera pubblica realizzata a cura e spese di un privato dall’ambito di applicazione del Codice stesso, aveva sottolineato come il legislatore avrebbe «quanto meno» dovuto salvaguardare l’applicazione delle disposizioni sui requisiti morali e di qualificazione richiesti per realizzare un’opera pubblica.
Oltre a tale indicazione, il Consiglio di Stato aveva rilevato che fattispecie di tal fatta (assunzione di opere pubbliche a cura e spese dei privati) non necessariamente sono connotate da liberalità o gratuità, essendovi ipotesi in cui l’accollo dell’opera pubblica costituisce la controprestazione del privato «a fronte dello scomputo di oneri economici di urbanizzazione e costruzione di opere private».
Il parere concludeva dunque nel ritenere che la norma fosse eccessivamente generica e che richiedesse maggior specificità quanto a finalità e modalità attuative.
In esito a tale parere, la norma è stata integrata con il richiamo alle disposizioni del Codice sui requisiti morali, ma non ha subito ulteriori specificazioni, se non quelle di carattere interpretativo da ultimo dettate con il parere di Anac.
Ebbene, a ben vedere, il testuale contenuto del parere del Consiglio di Stato, nell’affermare che l’assunzione di opere pubbliche a cura e spese dei privati non sia necessariamente connotata da liberalità, ha fatto riferimento a una ipotesi rispetto alla quale effettivamente non v’è dubbio circa la sussistenza di una controprestazione e dunque circa la necessità di affidamento dei lavori secondo procedure ad evidenza pubblica.
La norma in discussione, tuttavia, pare, pur in modo effettivamente non dettagliato, diretta a regolare fattispecie diverse, in cui gli accordi tra amministrazione e privato non prevedano lo scomputo del valore delle opere pubbliche dagli oneri di urbanizzazione dovuti per le costruzioni private.
In tale ottica, l’interpretazione da ultimo assunta da Anac fissa limiti più restrittivi di quelli dettati dal parere del nostro organo di consulenza giuridico-amministrativa
(articolo Il Sole 24 Ore del 23.01.2017 - tratto da www.centrostudicni.it).

EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICASe c'è utile per il privato deve esserci una gara. Delibera Anac sull'applicazione dell'art. 20 del nuovo codice.
La realizzazione di un'opera pubblica a spese di un privato è possibile soltanto se manca qualsiasi utilità a favore del privato stesso e se quindi si configura come atto di liberalità e gratuità, senza oneri pubblici.

Lo afferma l'Autorità nazionale anticorruzione con il parere sulla normativa n. 763 del 16.07.2016 - rif. AG 25/2016/AP che affronta alcuni interessanti profili interpretativi e applicativi dell'articolo 20 del nuovo codice dei contratti pubblici.
Il caso oggetto della delibera riguardava la realizzazione di un intervento sulla viabilità nel comune di Segrate, a servizio della realizzazione di un centro commerciale; l'opera pubblica che il privato (realizzatore del centro commerciale) intendeva prendersi in carico aveva un valore di oltre 160 milioni, da cui andavano esclusi circa 20 milioni concernenti gli oneri per l'acquisto delle aree.
A fronte della proposta dell'operatore privato la regione ha chiesto all'Autorità se la procedure (che poggiava sull'articolo 20 del codice dei contratti pubblici) potesse essere ritenuta legittima anche in riferimento al fatto che si trattava di un'opera ricadente nella legge obiettivo e approvata con delibera Cipe del 2013.
L'Autorità risponde nettamente: «L'istituto contemplato dall'articolo 20 del Codice non può trovare applicazione nel caso in cui la convenzione stipulata tra amministrazione e privato abbia a oggetto la realizzazione di opere pubbliche da parte di quest'ultimo in cambio del riconoscimento in suo favore di una utilità, con conseguente carattere oneroso della convenzione stessa».
In sostanza, dice la delibera, è la presenza della controprestazione a favore del privato che fa sì che si finisca nella categoria dell'appalto pubblico e quindi nella necessità di affidamento tramite procedura di gara. E la presenza di un'utilità «deve ritenersi sussistere in qualunque caso in cui, a fronte di una prestazione, vi sia il riconoscimento di un corrispettivo che può essere, a titolo esemplificativo, in denaro, ovvero nel riconoscimento del diritto di sfruttamento dell'opera (concessione) o ancora mediante la cessione in proprietà o in godimento di beni. In tal caso la convenzione ha natura contrattuale».
La conseguenza dell'obbligo di gara dipende quindi dalla presenza, nell'accordo negoziale fra amministrazione e privato, nell'attribuzione a quest'ultimo di una autorizzazione all'apertura di una attività commerciale che si estrinseca nel «riconoscimento di diritti suscettibili di valutazione economica» a loro volta qualificabile come corrispettivo.
Da ciò la necessità di ricondurre la fattispecie specifica «nella categoria dell'appalto pubblico di lavori, da ciò derivando, come necessario corollario, il rispetto delle procedure ad evidenza pubblica previste nel Codice» e quindi l'impossibilità di applicare l'articolo 20 del decreto 50/2016 sulla realizzazione di un'opera pubblica a spese del privato che invece si caratterizza come atto di pura «liberalità e di gratuità».
Anche richiamando il parere del Consiglio di stato sullo schema di decreto legislativo (che poi è divenuto il decreto 50/2016) l'Autorità chiarisce che comunque va rispettato il principio per cui il privato deve procedere all'affidamento dei lavori a terzi e, in particolare, a un soggetto qualificato all'esecuzione di lavori pubblici (articolo ItaliaOggi del 12.08.2016).

EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI: Oggetto: Regione Lombardia - viabilità speciale di Segrate - realizzazione della c.d. “Cassanese-bis” – applicabilità art. 20 d.lgs. 50/2016 - richiesta di parere (parere sulla normativa n. 763 del 16.07.2016 - rif. AG 25/2016/AP - link a www.anticorruzione.it).
Art. 20 d.lgs. 50/2016 – realizzazione di opere pubbliche a cura e spese del privato
L’istituto contemplato nell’art. 20 del Codice non può trovare applicazione nel caso in cui la convenzione stipulata tra amministrazione e privato abbia ad oggetto la realizzazione di opere pubbliche da parte di quest’ultimo in cambio del riconoscimento in suo favore di una utilità, con conseguente carattere oneroso della convenzione stessa.
Il carattere oneroso della convenzione deve ritenersi sussistere in qualunque caso in cui, a fronte di una prestazione, vi sia il riconoscimento di un corrispettivo che può essere, a titolo esemplificativo, in denaro, ovvero nel riconoscimento del diritto di sfruttamento dell’opera (concessione) o ancora mediante la cessione in proprietà o in godimento di beni.
In tal caso la convenzione ha natura contrattuale, disciplinando il rapporto tra le parti con valore vincolante, sulla base di uno scambio sinallagmatico. Simili fattispecie sono da ricondurre nella categoria dell’appalto pubblico di lavori, da ciò derivando, come necessario corollario, il rispetto delle procedure ad evidenza pubblica previste nel Codice.

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Con nota pervenuta in data 18.05.2016 ed acquisita al prot. n. 79134, la Regione Lombardia –Direzione Generale Infrastrutture e Mobilità- ha sottoposto all’attenzione dell’Autorità una richiesta di parere in ordine alla possibilità di affidare direttamente ad un operatore economico la realizzazione della viabilità speciale di Segrate, c.d. “Cassanese–bis”, mediante il ricorso all’istituto previsto dall’art. 20 (opera realizzata a spese del privato) del d.lgs. n. 50/2016.
...
Alla luce di quanto sopra, l’Amministrazione richiedente ha formulato i seguenti quesiti:
   1. applicabilità dell’art. 20 del d.lgs. 50/2016 nel caso in cui, come nella fattispecie, si tratti di un progetto di interesse strategico ai sensi della legge n. 443/2001, approvato dal CIPE con deliberazione n. 62/2013;
   2. applicabilità dell’art. 20 citato nel caso in cui i costi di acquisizione delle aree necessarie per la realizzazione dell’opera vengano sostenuti dagli Enti pubblici sottoscrittori dell’Accordo di Programma, tenuto conto del fatto che la disposizione prevede che l’opera deve essere realizzata a totale cura e spese del soggetto privato;
   3. possibilità di ricorrere all’istituto in esame nel caso in cui sia stato già redatto il progetto esecutivo, posto che la norma prevede, prima della stipula della convenzione, la valutazione del progetto di fattibilità delle opere da eseguire;
   4. se tra gli schemi di contratto da valutare ai sensi del comma 2, dell’art. 20, sono ricompresi anche quelli relativi all’affidamento dei servizi tecnici (direzione lavori, collaudo, coordinatore sicurezza in corso d’opera, etc.).
...
Sulla base delle considerazioni che precedono, in relazione ai quesiti formulati dall’Amministrazione regionale, è possibile affermare in linea generale che ai fini dell’applicazione della disciplina di cui all’art. 20 del d.lgs. 50/2016, mentre appare ininfluente che il progetto da valutare sia relativo ad un’opera di interesse strategico (ai sensi della legge obiettivo n. 443/2001) posto che la norma nulla dispone al riguardo, la predetta applicabilità sembra invece dubbia nel caso in cui sia stato già redatto il progetto esecutivo dell’opera, posto che la disposizione prevede che prima della stipula della convenzione deve essere valutato il “progetto di fattibilità delle opere da eseguire”.
Appare altresì dubbio, ai fini del ricorso all’istituto de quo, che i costi di acquisizione delle aree per la realizzazione dell’opera debbano necessariamente restare a carico del privato proponente, posto che l’art. 20 fa espresso riferimento esclusivamente alla realizzazione dell’opera a totale cura e spese dello stesso, senza specificare nulla in ordine ai predetti costi di acquisizione delle aree; pertanto, non sembrerebbe esclusa la possibilità che tali costi restino a carico della competente Amministrazione, salvo diverso accordo con il privato proponente.
Con riferimento agli schemi di contratto che devono essere valutati ai sensi dell’art. 20, comma 2, del Codice, stante la genericità della previsione, si ritiene che debbano essere ricompresi in tale novero tutti gli schemi di contratto relativi alla realizzazione dell’opera, inclusi quelli relativi all’affidamento dei servizi tecnici (direzione lavori, collaudo, coordinatore sicurezza in corso d’opera, etc.).
Infine, occorre ribadire che dal riferimento contenuto nella norma alla convenzione da stipulare (“prima della stipula della convenzione…”) ed alla previa valutazione del progetto di fattibilità -anche alla luce della disciplina transitoria contenuta nell’art. 216 del Codice- sembra derivare l’applicabilità delle disposizioni di cui all’art. 20 solo alle convenzioni in relazione alle quali sia effettivamente possibile una valutazione preventiva da parte dell’Amministrazione della fattibilità dell’opera, ossia in un momento anteriore rispetto alla conclusione di un accordo in tal senso.
Resta fermo che il ricorso all’istituto previsto dall’art. 20 citato, contemplante l’esclusione dell’applicazione del Codice alle operazioni ivi previste, dunque di stretta interpretazione, potrebbe giustificarsi esclusivamente nel caso in cui non sussista in favore del proponente alcuna controprestazione e l’operazione si configuri come atto di liberalità e gratuità nei termini indicati in motivazione; il ricorso all’istituto de quo è, invece, da escludere laddove la convenzione abbia i caratteri dell’appalto pubblico, secondo le indicazioni dell’Autorità contenute nella citata determinazione n. 4/2008 e secondo l’indirizzo del giudice comunitario (sentenza 12.07.2001, causa C399-98) e del Consiglio di Stato (parere n. 855/2016 cit.) sopra richiamati.
Da ultimo, pur nel silenzio della norma sul punto, occorre richiamare la necessità che il soggetto esecutore dell’opera “pubblica” realizzata gratuitamente ai sensi dell’art. 20, sia comunque in possesso di adeguati requisiti di qualificazione, quale principio di carattere generale, sancito nell’art. 84 del d.lgs. 50/2016, ai sensi del quale i soggetti esecutori a qualsiasi titolo di lavori pubblici devono essere in possesso di adeguata qualificazione.

EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: E. Robaldo, La realizzazione di opere di urbanizzazione a scomputo nel nuovo codice (Urbanistica e appalti n. 7/2016).

EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: Strade, reti e servizi: il Codice appalti riscrive le procedure. Realizzabili senza gara gli interventi extra-standard.
Opere di urbanizzazione. Regole diverse per i lavori a scomputo.

La nuova disciplina in materia di appalti pubblici interessa anche le operazioni immobiliari di sviluppo private. Il Codice (Dlgs 50/2016) regola infatti anche gli accordi tra i Comuni e i costruttori per la realizzazione delle opere di urbanizzazione a scomputo del contributo di costruzione.
Il vecchio sistema
Il previgente sistema (Dlgs 163/2006) assoggettava a diverso regime la realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria (strade, parcheggi, reti elettriche, idriche e fognarie) e secondaria (scuole, edifici religiosi, culturali e sociali, parchi), distinguendo anche i casi in cui l’ammontare delle opere fosse superiore o inferiore alla soglia di rilevanza comunitaria (attualmente pari a 5.225.000 euro per gli appalti di lavori).
In particolare, la realizzazione di opere di urbanizzazione primaria e secondaria da eseguire a scomputo oneri e con valore superiore alla soglia seguiva una procedura a evidenza pubblica, secondo l’ordinario percorso di gara –aperta o ristretta– previsto dal vecchio Codice. Mentre l’affidamento dei lavori inerenti alle opere di urbanizzazione secondaria a scomputo e di valore inferiore alla soglia di rilevanza doveva seguire una procedura negoziata, senza previa pubblicazione del bando, con invito rivolto ad almeno cinque soggetti idonei (articolo 122, comma 8, Dlgs 163/2006).
In virtù del comma 2-bis, articolo 16 del Dpr 380/2001 (introdotto dal Dl 201/2011 “Salva Italia”), le opere di urbanizzazione primaria di importo inferiore alla soglia comunitaria -sempreché funzionali all’intervento di trasformazione urbanistica- potevano invece essere realizzate a cura del titolare del permesso di costruire (ovvero da questi liberamente assegnate a terzi) senza applicare le norme del Dlgs 163/2006. Ma se l’opera di urbanizzazione primaria sotto soglia non era funzionale all’intervento, si doveva applicare la procedura negoziata prevista all’articolo 122, comma 8.
Il nuovo sistema
Il Dlgs 50/2016 modifica parzialmente tale quadro, ma in modo significativo.
Per le opere di urbanizzazione primaria e secondaria sopra la soglia, resta ferma la piena applicabilità delle procedure a evidenza pubblica ordinariamente previste dal nuovo Codice. Così come, per le opere di urbanizzazione primaria sotto soglia ma funzionali agli interventi di trasformazione, continua ad applicarsi l’esclusione prevista dal comma 2-bis, articolo 16, del Dpr 380/2001.
Per le opere di urbanizzazione secondaria sotto soglia e per quelle di urbanizzazione primaria sotto soglia e non funzionali all’intervento, invece, occorre ora far ricorso alla procedura ordinaria, con avviso o bando di gara (articolo 36, comma 3, Dlgs 50/2016).
Le opere non a scomputo
Altra novità rilevante, ma all’insegna della semplificazione, è introdotta rispetto al tema (molto dibattuto in dottrina e giurisprudenza) delle opere di urbanizzazione che non vanno a scomputo del contributo di costruzione. Vale a dire quelle opere, spesso previste dalle convenzioni urbanistiche, realizzate in più rispetto agli obblighi che da regolamento i Comuni attribuiscono ai costruttori.
A riguardo, è bene ricordare che il criterio per applicare le procedure a evidenza pubblica viene normalmente riconosciuto nel requisito dell’onerosità della prestazione. E in tale ottica, la normativa in materia di appalti non si dovrebbe applicare alle opere pubbliche non a scomputo (ossia a quelle con costi interamente a carico del privato).
In merito, l’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici (determinazione 4/2008) aveva però precisato che il costo delle “opere extra”, per quanto non scomputato dai contributi ordinari, rappresenterebbe comunque un corrispettivo riconosciuto al Comune a fronte dell’approvazione del progetto di sviluppo. Non essendo quindi opere realizzate dal costruttore in spirito di liberalità, avrebbero dovuto seguire le procedure di evidenza pubblica per la selezione dei soggetti chiamate a realizzarle.
L’articolo 20 del Dlgs 50/2016 ricollega invece l’applicabilità delle regole pubblicistiche solo ai casi in cui il requisito dell’onerosità sussiste in via diretta e immediata. Il nuovo Codice, dunque, non si applica quando un’amministrazione stipula una convenzione con cui un soggetto si impegna a realizzare a sua cura e spese, cioè senza scomputarne il valore dai contributi dovuti al Comune, un’opera pubblica prevista nell’ambito di strumenti o programmi urbanistici.
In questi casi, è tuttavia previsto che l’amministrazione svolga una funzione di controllo preventivo: prima della stipula, valuterà infatti il progetto di fattibilità delle opere e lo schema dei contratti di appalto. Spetterà inoltre alla convenzione disciplinare le conseguenze in caso di inadempimento.
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Per importi elevati si applica ancora l’iter ordinario. Valori rilevanti. Confermata la prassi del Dlgs 163/2006.
Il quadro dei procedimenti previsti per realizzare le opere di urbanizzazione a scomputo è stato parzialmente rivisto.
Pur continuando a differenziare, a livello nominale, tra opere di urbanizzazione primaria e secondaria, di valore superiore o inferiore alla soglia di rilevanza comunitaria, il Dlgs 50/2016 mantiene solo alcune delle distinzioni del precedente assetto normativo (Dlgs 163/2006).
Per quanto concerne le opere di urbanizzazione primaria e secondaria sopra la soglia di rilevanza comunitaria, la scelta del soggetto a cui affidare i lavori è rinviata dal nuovo Codice –così come dal previgente– alle ordinarie procedure di gara, aperte o ristrette, previa pubblicazione di un bando o un avviso (si veda l’articolo a lato).
In caso di procedura aperta, qualsiasi operatore economico interessato potrà dunque presentare un’offerta in risposta all’avviso di gara. Mentre nelle procedure ristrette si dovrà presentare una specifica «domanda di partecipazione», e solo gli operatori economici espressamente invitati –dopo l’opportuna valutazione– potranno presentare un’offerta.
Diversamente da quanto previsto in passato, per effetto dell’articolo 36, comma 3, del Dlgs 50/2016, le procedure ordinarie sono oggi applicabili anche per l’affidamento dei lavori per le opere di urbanizzazione primaria, non funzionali all’intervento, e secondaria a scomputo, anche se di importo inferiore alla soglia comunitaria.
Nel quadro complessivo relativo alla realizzazione delle opere di urbanizzazione permane, in ogni caso, un’eccezione.
Il nuovo Codice appalti fa infatti salvo quanto previsto dal comma 2-bis, articolo 16, del Dpr 380/2001 secondo cui, nell’ambito degli strumenti attuativi, nonché degli interventi in attuazione dello strumento urbanistico generale, l’esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione primaria di importo inferiore alla soglia -se funzionali all’intervento di trasformazione urbanistica del territorio- è a carico del titolare del permesso di costruire, e non si applicano le disposizioni in materia di contratti pubblici.
In tali fattispecie, la realizzazione delle opere potrà dunque avvenire prescindendo dalle regole per la selezione a evidenza pubblica dell’appaltatore previste dal nuovo Codice. Come rilevato dall’Autorità nazionale anticorruzione (nella deliberazione 46 del 03.05.2012), con la norma in esame «il legislatore ha di fatto estromesso detta tipologia di lavori dalla categoria delle opere pubbliche».
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La convenzione già stipulata segue la vecchia normativa. Entrata in vigore. Fuori dal DLgs 50/2016 gli accordi aggiudicati prima del 20 aprile.
Il Codice degli appalti «entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale» e «si applica alle procedure e ai contratti per i quali i bandi o avvisi con cui si indice la procedura di scelta del contraente siano pubblicati successivamente alla data della sua entrata in vigore».
Così è scritto nel Dlgs 50/2016, che è stato pubblicato online sulla Gazzetta Ufficiale (n. 91) il 19 aprile scorso, ma dopo le 22. Tale circostanza –come ha spiegato l’Anac con nota del 3 maggio scorso– impone che, in base all’articolo 11 delle preleggi al Codice civile e «all’esigenza di tutela della buona fede delle stazioni appaltanti», le disposizioni del decreto si applichino a bandi e avvisi pubblicati a decorrere dal 20.04.2016.
La stessa Autorità anticorruzione, pochi giorni dopo quella nota, ha però dovuto chiarire a quali ulteriori casi specifici –oltre quelli enunciati dalla norma– continuano ad applicarsi le disposizioni previgenti. Con un comunicato del presidente Raffaele Cantone, l’11 maggio è stato dunque precisato che le norme del “vecchio” Dlgs 163/2006 valgono anche per gli «affidamenti diretti o procedure negoziate in attuazione di accordi quadro aggiudicati prima dell’entrata in vigore del nuovo Codice» e per le «adesioni a convenzioni stipulate prima dell’entrata in vigore del nuovo Codice».
Il chiarimento dell’Anac sembra fondarsi sulla necessità di garantire l’affidamento generato dalle convenzioni stipulate con l’amministrazione, che prevedano l’applicazione di determinate procedure, nonché sulla necessità di salvaguardare le attività già avviate ai fini delle procedure stesse: ciò anche in conformità ai principi di efficacia ed efficienza della Pa enunciati all’articolo 97 della Costituzione.
Ma il chiarimento può avere notevole incidenza sulle opere di urbanizzazione a scomputo previste nell’ambito delle convenzioni urbanistiche, per le quali è mutato il regime di scelta dell’appaltatore (si vedano l’articolo e lo schema in pagina). Il richiamo alle «convenzioni stipulate prima dell’entrata in vigore del nuovo Codice» sembra infatti riferibile anche a tale specifica tipologia di accordi: in particolare, a tutti i casi in cui la convenzione urbanistica disciplini le modalità per la selezione dell’impresa o comunque contenga previsioni tali da generare un affidamento sul soggetto attuatore.
Al contrario, alle convenzioni urbanistiche che non dispongono sulle procedure per realizzare le opere di urbanizzazione, e per le quali non siano comunque stati pubblicati i relativi bandi o avvisi, dovrebbe applicarsi il regime del nuovo Codice, con conseguenze di forte apertura (si pensi alle opere extra-oneri ora tendenzialmente liberalizzate) o di appesantimento procedurale (come nel caso delle opere secondarie sotto soglia ora soggette alle procedure a evidenza pubblica ordinarie).
Ad ogni modo, il tema potrà essere ulteriormente declinato grazie alle linee giuda che l’Anac è impegnata ad adottare entro 90 giorni dall’entrata in vigore del Dlgs 50/2016, per offrire indicazioni interpretative e attuative agli operatori del settore
(articolo Il Sole 24 Ore del 06.06.2016 - tratto da http://rstampa.pubblica.istruzione.it).

EDILIZIA PRIVATAIl titolare del permesso di costruire non può realizzare le opere (a scomputo oneri) di sua iniziativa, né limitarsi ad inviare una richiesta di autorizzazione mai riscontrata al Comune, essendo invece necessario che la P.A. disciplini espressamente le modalità di esecuzione delle opere e le necessarie garanzie.
Ed invero, l’ammissione allo scomputo forma oggetto di una valutazione discrezionale da parte della P.A., che ben può optare per soluzioni diverse senza neanche un obbligo di specifica motivazione.

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... per la declaratoria di illegittimità del silenzio serbato dalla P.A. sull'istanza presentata dalla ricorrente il 15.07.2014 e riproposta il 29.07.2015, volta ad ottenere l’autorizzazione a realizzare opere a scomputo degli oneri di urbanizzazione relativi all’intervento edilizio richiesto con istanza di permesso di costruire presentata anch’essa il 15.07.2014;
... per l’ordine all’Amministrazione comunale di provvedere e per la nomina, sin da subito, di un Commissario ad acta incaricato di provvedere in sostituzione del Comune, nel caso di persistente inerzia di quest’ultimo, mediante l’adozione del provvedimento conclusivo del procedimento in oggetto.
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Il ricorso è fondato e da accogliere nei limiti che si vanno di seguito ad esporre.
La ricorrente sostiene che l’obbligo del Comune di provvedere sulla domanda di autorizzazione alla realizzazione di opere a scomputo degli oneri di urbanizzazione avrebbe, nella fattispecie all’esame, una duplice fonte:
- da un lato discenderebbe dall’essere il Comune di Latina Ente titolare della potestà di governo del territorio (profilo pubblicistico);
- dall’altro lato, invece, discenderebbe dall’essere il Comune di Latina parte della convenzione per l’esecuzione dei criteri perequativi afferenti l’attuazione del P.P.E. R/6 Quartiere Isonzo, stipulata il 7 agosto (in realtà, il 15 aprile) 2014 tra lo stesso Comune, la ricorrente ed altri soggetti privati, che all’art. 11.1 avrebbe previsto l’autorizzazione, da parte del competente dirigente del Comune, al cd. scomputo degli oneri di urbanizzazione a carico della CEPS S.r.l., su richiesta della predetta società (profilo privatistico).
Sotto quest’ultimo aspetto, la ricorrente precisa che la previsione convenzionale circa la possibilità per essa di realizzare, nell’area in discorso, le opere di urbanizzazione a scomputo dei relativi oneri era stata dettata dalla situazione di mancata urbanizzazione di tale area: situazione che impedirebbe sia il rilascio del permesso di costruire, sia la fruizione del futuro fabbricato.
Pertanto –conclude la società– l’inerzia tenuta dalla P.A. sull’istanza autorizzatoria, dal cui inoltro sono passati oltre tre mesi, costituisce violazione sia dell’art. 2 della l. n. 241/1990, sia dei succitati obblighi convenzionali.
Ritiene, tuttavia, il Collegio che l’assunto della ricorrente sia fondato esclusivamente sotto il profilo della violazione, da parte del Comune di Latina, dell’obbligo di concludere il procedimento con un provvedimento espresso, ex art. 2 della l. n. 241/1990, ma non anche sotto l’aspetto della violazione di un preteso obbligo negoziale posto dall’art. 11.1 della convenzione del 15.04.2014.
Al riguardo va fatta una premessa: l’obbligo di matrice pubblicistica di concludere il procedimento in modo espresso, ex art. 2 della l. n. 241/1990 –che, come si preciserà infra, incombe certamente sul Comune di Latina nel caso di specie– non ha uguale contenuto del presunto obbligo di matrice negoziale che discenderebbe dall’art. 11.1 della citata convenzione. Nel primo caso, infatti, si tratta solo dell’obbligo di concludere il procedimento con un atto espresso, quale che ne sia il contenuto; nel secondo, invece, si tratterebbe di condannare l’Amministrazione Comunale, in base all’art. 11.1 cit., a rilasciare l’autorizzazione allo scomputo degli oneri, ossia ad adottare un atto amministrativo dal contenuto ben preciso.
Peraltro, se fosse vero quanto sostiene la ricorrente circa l’esistenza di un obbligo convenzionale di rilascio dell’autorizzazione, si porrebbe il problema della conversione, ai sensi dell’art. 32, comma 2, c.p.a., dell’azione proposta con il ricorso in epigrafe, in azione di accertamento dell’obbligo del Comune di adempiere alla succitata clausola convenzionale (art. 11.1) e di condanna dello stesso a rilasciare la richiesta autorizzazione. Ciò, pur restando ferma la devoluzione della controversia alla giurisdizione del G.A., atteso che la convenzione del 15.04.2014, quale accordo perequativo, ha natura di accordo ex art. 11 della l. n. 241/1990 (TAR Lombardia, Milano, Sez. II, 04.04.2012, n. 1008): in relazione a detto accordo, pertanto, la giurisdizione esclusiva del G.A. si estende anche alla fase della sua esecuzione (art. 133, comma 1, lett. a), n. 2, c.p.a.; v. TAR Lombardia, Milano, Sez. III, 01.09.2014, n. 2289).
Tuttavia, la ricostruzione della ricorrente non convince, perché l’art. 11.1 della convenzione del 15.04.2014 prevede la facoltà, non l’obbligo, del dirigente del Comune di rilasciare l’autorizzazione allo scomputo degli oneri di urbanizzazione. Ne segue che non vi è alcun obbligo convenzionale, in forza del quale la P.A. è tenuta a rilasciare la suddetta autorizzazione.
Come già detto, sussiste, invece, l’obbligo del Comune, ex art. 2 della l. n. 241/1990, di rispondere con un provvedimento espresso all’istanza di rilascio dell’autorizzazione, quale che sia il contenuto di tale provvedimento. Ciò, in virtù dell’art. 16, comma 2, del d.P.R. n. 380/2001, il quale prevede che a scomputo totale o parziale della quota di contributo che l’interessato deve pagare al Comune, in base al precedente comma 1, in relazione agli oneri di urbanizzazione, il privato possa obbligarsi a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione con le modalità e le garanzie stabilite dalla P.A. (con acquisizione delle opere realizzate al patrimonio indisponibile del Comune).
Perciò, il titolare del permesso di costruire non può realizzare le opere di sua iniziativa, né limitarsi ad inviare una richiesta di autorizzazione mai riscontrata al Comune, essendo invece necessario che la P.A. disciplini espressamente le modalità di esecuzione delle opere e le necessarie garanzie (cfr. C.d.S., Sez. IV, 28.11.2012, n. 6033). Ed invero, l’ammissione allo scomputo forma oggetto di una valutazione discrezionale da parte della P.A., che ben può optare per soluzioni diverse senza neanche un obbligo di specifica motivazione (cfr. TAR Sicilia, Catania, Sez. I, 02.02.2012, n. 279).
Ne discende che nella fattispecie all’esame è azionabile dalla CEPS S.r.l. il rito speciale ex artt. 31 e 117 c.p.a., senza che si ponga un problema di conversione dell’azione.
L’azionabilità del rimedio del rito speciale del silenzio ex artt. 31 e 117 c.p.a. si evince, nel caso di specie, dalla circostanza che, all’epoca della notificazione del ricorso, erano trascorsi quasi tre mesi dalla presentazione dell’istanza di autorizzazione allo scomputo inoltrata al Comune di Latina il 29.07.2015. Tale azionabilità sussiste, sia ove si configuri l’istanza de qua come “nuova richiesta”, secondo quanto si legge a pag. 4 del ricorso, sia ove la si consideri, invece, quale diffida o sollecito rispetto alla precedente del 15.04.2014, come si ricava da altri passaggi del ricorso, in quanto la diffida a provvedere si configura quale una nuova istanza di avvio del procedimento, ai sensi e per gli effetti degli artt. 2, comma 5, della l. n. 241/1990 e 31, comma 2, ultimo periodo, c.p.a, (cfr., da ultimo, TAR Lazio, Latina, Sez. I, 13.10.2015, n. 658).
Sul punto si evidenzia che la qualificazione dell’istanza del 29.07.2015 quale nuova richiesta di provvedere non urta contro il disposto dell’art. 31, comma 2, c.p.a., che fa salva la riproponibilità dell’istanza “ove ne ricorrano i presupposti”: nel frattempo, infatti, era mutato il quadro-giuridico fattuale della vicenda, per la presentazione da parte della ricorrente, il 01.07.2015, di modifiche al progetto delle opere previste a scomputo degli oneri di urbanizzazione.
In definitiva, è dal ricevimento, il 29.07.2015, dell’istanza di autorizzazione allo scomputo, sia che la si consideri quale nuova richiesta, sia che la si intenda quale diffida rispetto alla precedente, che va conteggiato il termine di proposizione del ricorso ex art. 31, comma 2, primo periodo, c.p.a. (secondo cui l’azione può essere proposta finché perdura l’inadempimento ed in ogni caso non oltre un anno dalla scadenza del termine di conclusione del procedimento).
Orbene, come già accennato, il ricorso è stato notificato a circa novanta giorni dalla surriferita data del 29.07.2015 (e precisamente: il 15.10.2015), quando, pertanto, era ampiamente spirato il termine generale di trenta giorni per la conclusione del procedimento ex art. 2, comma 2, della l. n. 241/1990.
Detto termine generale, che trova applicazione, in via residuale, in mancanza della previsione di un termine diverso da parte di leggi o regolamenti (TAR Friuli Venezia Giulia, Sez. I, 14.04.2015, n. 182), pur se previsto esplicitamente dall’art. 2, comma 2, cit. per i procedimenti amministrativi di competenza delle Amministrazioni statali e degli Enti pubblici nazionali, va considerato estensibile ai procedimenti amministrativi di competenza dei Comuni (TAR Lazio, Roma, Sez. II, 03.05.2012, n. 3924; v., pure, TAR Abruzzo, L’Aquila, Sez. I, 02.05.2014, n. 397, che l’ha ritenuto applicabile ai procedimenti di competenza della Provincia), in forza dell’art. 29, comma 2-bis, della l. n. 241/1990.
In base a tale disposizione, infatti, attengono ai livelli essenziali delle prestazioni di cui all’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., tra le altre, le disposizioni della stessa l. n. 241/1990 concernenti gli obblighi per la P.A. di concludere il procedimento entro il termine prefissato e quelle riguardanti la durata massima dei procedimenti.
Ne consegue –secondo la dottrina– che la libertà di Regioni ed Enti locali di disciplinare i termini di conclusione dei procedimenti di propria competenza incontra un limite nel citato art. 29, il quale impedisce la fissazione di garanzie inferiori a quelle assicurate dalla stessa l. n. 241, ferma restando, in ogni caso, la possibilità di prevedere livelli ulteriori di tutela.
Nella fattispecie all’esame, non risulta l’esistenza di alcuna disciplina specifica in ordine al termine per la conclusione del procedimento di autorizzazione allo scomputo degli oneri di urbanizzazione, non avendo l’art. 16, comma 2, del d.P.R. n. 380/2001 fissato un termine entro cui il Comune deve riscontrare l’istanza di scomputo: a detto procedimento, dunque, è applicabile il ricordato termine di trenta giorni ex art. 2, comma 2, della l. n. 241/1990, scaduto il 28.08.2015. Donde l’intervenuta maturazione del cd. silenzio inadempimento ancor prima della proposizione del ricorso.
In definitiva, pertanto, il ricorso è fondato nei limiti della declaratoria della sussistenza dell’obbligo del Comune di Latina di riscontrare l’istanza di autorizzazione allo scomputo presentata dalla CEPS S.r.l. in data 29.07.2015 con un provvedimento espresso (quale che ne fosse il contenuto), e del connesso accertamento dell’illegittimità dell’inerzia serbata su di essa dalla citata Amministrazione comunale.
Per conseguenza, deve ordinarsi al Comune di Latina di riscontrare l’istanza in discorso, emanando il provvedimento conclusivo del relativo procedimento nel termine di trenta (30) giorni ex art. 117, comma 2, c.p.a., a decorrere dalla comunicazione in via amministrativa, ovvero, se anteriore, dalla notificazione a cura di parte della presente decisione.
Ai sensi dell’art. 117, comma 3, c.p.a., va, altresì, accolta la domanda di nomina di un Commissario ad acta, incaricato di provvedere in sostituzione del Comune di Latina, ove l’inerzia di quest’ultimo permanga allo spirare del suindicato termine di trenta giorni, individuandolo nel Prefetto di Latina, o in altro dipendente della Prefettura con qualifica non inferiore a funzionario, all’uopo delegato dal precedente.
Il predetto Commissario provvederà, su sollecitazione di parte, in luogo del Comune inerte, entro un termine di trenta (30) giorni a partire da detta sollecitazione (che la parte potrà fargli pervenire, una volta che sia inutilmente scaduto il termine di trenta giorni sopra visto).
È fatta salva la possibilità della richiesta motivata di proroghe, che potranno essere accordate anche mediante decreto presidenziale.
Si ritiene, infine, di dover rinviare ogni decisione sulla liquidazione del compenso del Commissario ad acta, qualora si rendesse necessario il suo intervento, alla presentazione, da parte dello stesso, di un’apposita relazione che documenti l’espletamento dell’incarico, con avviso sin da ora, peraltro, –anche ai fini delle conseguenti responsabilità erariali– che di detta liquidazione verrebbe onerato il Comune di Latina (TAR Lazio-Latina, sentenza 02.02.2016 n. 57 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: L’Amministrazione Comunale non può unilateralmente riqualificare come di urbanizzazione primaria le opere che prima concordemente erano state individuate a scomputo degli oneri di urbanizzazione secondaria e fissare di conseguenza, sempre in modo unilaterale, un nuovo quadro economico ben più gravoso per la società rispetto a quello previamente pattuito, pretendendo la corresponsione dell’ulteriore somma di euro 579.635,59 a titolo di oneri tabellari per quest’ultima tipologia di urbanizzazione, in quanto ritenuti non più scomputabili.
In altri termini, a prescindere dalla legittima riquantificazione in sede di rilascio del titolo edilizio degli oneri tabellari dovuti ai sensi di legge, detta operazione si è sostanziata in una vera e propria modifica unilaterale della convezione nell’intera sua parte economica, venendo così ad incidere su un rapporto contrattuale ormai cristallizzato e, quindi, insuscettibile di variazioni senza il consenso di tutte le parti stipulanti.

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1. Con il primo mezzo di censura la società appellante deduce l’erroneità della gravata sentenza laddove, nel respingere il corrispondente motivo di ricorso, ha statuito che non può “ritenersi che la convenzione comporti un divieto di nuova quantificazione degli oneri edilizi in sede di rilascio del permesso di costruire”.
Secondo Ed., infatti, tale motivazione rammostra il travisamento in cui è incorso il Tar che non avrebbe colto le ragioni sottese alla censura dedotta, volte non già a contestare la possibilità di riquantificare gli oneri di urbanizzazione tabellarmente dovuti, bensì a contestare la modifica unilaterale da parte dell’Amministrazione del complessivo quadro economico convenzionalmente pattuito.
2. La doglianza è da condividere .
3. Ed invero, dalla lettura del ricorso di primo grado emerge chiaramente come Ed. non abbia contestato l’aggiornamento degli oneri di urbanizzazione secondo le tabelle medio tempore intervenute, tanto è vero che si è resa disponibile a versare –come in effetti ha poi versato– la somma di Euro 204.462,28 derivante proprio dall’aggiornamento di cui trattasi.
Quello che l’odierna appellante ha censurato è stata, invece, l’unilaterale modifica della convenzione operata dall’Amministrazione, qualificando come opere di urbanizzazione primaria le opere che prima concordemente erano state qualificate di urbanizzazione secondaria -e quindi da eseguire a scomputo dei relativi oneri- e fissando, di conseguenza, un nuovo quadro economico del tutto diverso ed abnorme rispetto a quello previamente pattuito.
E detta censura, così come formulata ed argomentata, si appalesa fondata.
Invero, come ampiamente si è dato conto nella narrativa in fatto, alla rideterminazione del quadro economico unilateralmente operata dal Comune è conseguito un ben maggiore aggravio finanziario per la società rispetto a quello derivante dal mero (e consentito) aggiornamento tabellare degli oneri, e ciò pur a fronte dell’inalterata consistenza delle opere poste a carico della società che, si ricorda, hanno un valore di gran lunga superiore agli oneri da scomputare.
Basti al riguardo considerare che a fronte dell’importo tabellare complessivamente dovuto per oneri di urbanizzazione primaria e secondaria pari ad euro 1.328.772, la società ha in carico la realizzazione di opere per un importo complessivo stimato in euro 2.301.344 e, quindi, per un valore superiore di circa un milione di euro.
Così, pur potendo riquantificare gli oneri tabellari dovuti ai sensi di legge, l’Amministrazione non poteva unilateralmente riqualificare come di urbanizzazione primaria le opere che prima concordemente erano state individuate a scomputo degli oneri di urbanizzazione secondaria e fissare di conseguenza, sempre in modo unilaterale, un nuovo quadro economico ben più gravoso per la società rispetto a quello previamente pattuito, pretendendo la corresponsione dell’ulteriore somma di euro 579.635,59 a titolo di oneri tabellari per quest’ultima tipologia di urbanizzazione, in quanto ritenuti non più scomputabili.
Infatti per tale via l’Amministrazione, modificando in modo unilaterale gli accordi convenzionalmente pattuiti, è venuta profondamente a mutare in senso negativo il peso economico gravante sulla società:
- acquisendo opere di urbanizzazione primaria per un valore di oltre due milioni di euro rispetto ai 544.675,99 euro tabellarmente dovuti;
- determinando l’insorgere di un nuovo credito di euro 784.097,86 nei confronti della società, pari all’intero importo tabellare dovuto per le opere di urbanizzazione secondaria in quanto da ritenersi non scomputato.
In altri termini, a prescindere dalla legittima riquantificazione in sede di rilascio del titolo edilizio degli oneri tabellari dovuti ai sensi di legge, detta operazione si è sostanziata in una vera e propria modifica unilaterale della convezione nell’intera sua parte economica, venendo così ad incidere su un rapporto contrattuale ormai cristallizzato e, quindi, insuscettibile di variazioni senza il consenso di tutte le parti stipulanti.
4. Conclusivamente, il mutamento delle condizioni di cui alla convenzione urbanistica stipulata il 07.09.2006 operato dal Comune di Varese in modo unilaterale e senza consenso della parte direttamente incisa non è ammissibile e, conseguentemente, in modo illegittimo l’Amministrazione ha preteso dalla società la citata somma di Euro 579.635,59 a titolo di oneri tabellari dovuti per le opere di urbanizzazione secondaria in quanto da ritenersi non scomputati.
5. Attesa la natura assorbente del mezzo di censura sopra esaminato, può prescindersi dall’esame dei restanti motivi di ricorso .
6. Per quanto sopra, assorbito quant’altro, il ricorso va accolto siccome fondato e per l’effetto,in riforma della sentenza impugnata, va accolto il ricorso proposto dalla Ed. in primo grado con ogni consequenziale effetto, così per come in dispositivo (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 12.01.2016 n. 60 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2015

EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICALa legge non consente alcuna distinzione tra opere di urbanizzazione primaria e secondaria, di guisa che il concessionario ha diritto a che le eccedenze delle opere realizzate per un tipo di urbanizzazione rispetto all’importo del contributo dovuto per quel tipo di opere siano portate in detrazione anche dall’ammontare del contributo dovuto per le opere dell’altro tipo.
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Con il secondo mezzo d’impugnazione parte appellante sostiene la tesi per cui ben può accadere, come poi in concreto avvenuto nel caso di specie, che le opere interne al comparto, per il loro valore, giustifichino un onere di pagamento a carico dei soggetti attuatori in una misura eccedente l’importo del contributo di urbanizzazione.
L’assunto difensivo non ha pregio.
Invero, l’onerosità dei titoli edilizi necessari è costituita dal pagamento di una quota degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria commisurata all’incidenza dei progettati interventi sul carico urbanistico. Tale incidenza è stabilita con deliberazione comunale in base alle tabelle parametriche che la Regione definisce per classi dei Comuni, sicché questi ultimi, per la determinazione degli oneri de quibus, non possono non provvedere sulla base dei criteri stabiliti dall’Ente Regione.
Al di fuori di tale schema di formale regolamentazione, ogni eventuale sforamento della misura degli oneri prevista in relazione al valore delle opere, da addossarsi al privato, deve avvenire in base ad un accordo pattizio stipulato tra le parti interessate (Amministrazione pubblica e privato); e, come già detto, alcuna formale convenzione avente ad oggetto detto accordo risulta nella specie essere intervenuta
Ne deriva che l’imposizione di opere di urbanizzazione primaria di tipo aggiuntivo, il cui costo sia superiore all’importo del contributo di urbanizzazione, deve ritenersi illegittima.
Inoltre, quanto alla statuizione assunta dal Tar di rinvenire a carico del Piano un vizio di legittimità, nella parte in cui non è stata prevista la possibilità di scomputare gli importi relativi alle eccedenze delle opere di urbanizzazione, pure fatta oggetto di censura dalla parte appellante, essa è condivisa dal Collegio, mentre non persuasiva si rivela la doglianza comunale..
La legge, infatti, non consente alcuna distinzione tra opere di urbanizzazione primaria e secondaria, di guisa che il concessionario ha diritto a che le eccedenze delle opere realizzate per un tipo di urbanizzazione rispetto all’importo del contributo dovuto per quel tipo di opere siano portate in detrazione anche dall’ammontare del contributo dovuto per le opere dell’altro tipo (cfr. Cons. Stato Sez. V 21/01/2015 n. 251) (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 21.12.2015 n. 5800 - link a www.giustizia-amministrartiva.it).

URBANISTICARilevano, ai fini del rispetto del Patto di stabilità, le somme derivanti dall’escussione di polizze fideiussorie stipulate in attuazione di convenzioni urbanistiche.
L’ente infatti, escutendo la fideiussione, subentra ai privati nel completamento delle opere di urbanizzazione “in proprio” e, così facendo, imprime una connotazione pubblicistica alle somme a tal fine utilizzate, che peraltro entrano nel bilancio dell’ente e conseguentemente restano assoggettate alla relativa disciplina, anche in termini di rispetto degli specifici obiettivi vigenti in riferimento al patto di stabilità
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Si deve pertanto escludere, contrariamente a quanto sostenuto nella richiesta di parere,
che la realizzazione delle opere di urbanizzazione da parte del Comune per inerzia del privato possa considerarsi un’attività compiuta in “conto terzi” che giustifichi la contabilizzazione delle spese nei relativi capitoli di bilancio.
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Con l’assumere direttamente la realizzazione delle opere sia pure inizialmente affidate all’iniziativa privata, il Comune, lungi dal divenire il mero esecutore di una determinazione altrui, mantiene la totale discrezionalità e l’autonomia decisionale che escludono le relative transazioni dal novero dei servizi conto terzi.
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La tassatività delle voci di entrata e di spesa escludibili dal saldo finanziario valido ai fini della verifica del rispetto del patto, porta a ritenere che debbano essere contabilizzate nei pertinenti titoli di bilancio anche le spese sostenute a seguito di interventi sostitutivi del comune richiesti con Ordinanza sindacale o dirigenziale, in materia di igiene, sicurezza o abusivismo edilizio, originariamente richiesti al privato.

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Con la nota sopra citata il Sindaco del comune di Masate (MI) dopo aver riferito che il mancato adempimento degli obblighi derivanti da una convenzione urbanista comporta per il comune la necessità di escutere la garanzia rilasciata dal privato e di sostituirsi allo stesso nella realizzazione delle opere di urbanizzazione richieste, formula i seguenti quesiti:
1. se, in generale, le spese sostenute dal Comune che agisca in sostituzione del privato per la realizzazione delle opere di urbanizzazione con l’impiego di somme derivanti dall’escussione della polizza fideiussoria possano essere contabilizzate tra le partite di giro in modo da non incidere sul rispetto del Patto di stabilità interno;
2. se, più in particolare, le stesse spese possano essere escluse da quelle rilevanti ai fini del Patto di stabilità nel caso in cui si tratti di interventi richiesti con Ordinanza sindacale o dirigenziale, in materia di igiene, sicurezza o abusivismo edilizio.
...
L’esame del merito dei quesiti proposti richiede di stabilire la corretta contabilizzazione, agli effetti del rispetto del Patto di stabilità interno, delle spese sostenute dall’ente mediante l’impiego di somme derivanti dall’escussione di una polizza fideiussoria, in attuazione di una convenzione urbanistica, a garanzia della corretta realizzazione di opere di urbanizzazione.
La questione è già stata affrontata da questa Sezione con il parere reso con il parere 30.03.2015 n. 143 che si richiama di seguito.
Si deve ribadire, in primo luogo, la natura cogente delle disposizioni costituenti il patto di stabilità interno. Gli articoli 30, 31 e 32 della legge 12.11.2011, n. 183 (legge di stabilità per il 2012), come più volte modificati e integrati, da ultimo, per quanto di rilievo, dall’art. 1, comma 489, della legge n. 190 del 2014, disciplinano la materia, fra l’altro, per l’anno 2015 (per approfondimenti si rinvia alla Circolare MEF-RGS n. 6 del 18.02.2014, relativa al triennio 2014-2016).
Con riferimento alle voci di entrata e di spesa escludibili dal saldo finanziario valido ai fini della verifica del rispetto del patto, l’art. 31, commi 7 ss., della citata legge n. 183 del 2011, come successivamente modificato, ha confermato, nelle sue linee portanti, il previgente sistema di deroghe, con alcune variazioni. Importanza fondamentale assume in materia il comma 17, che abroga le disposizioni che individuano esclusioni di entrata o di spesa non previste espressamente dalla stessa legge di stabilità per il 2012.
Pertanto, per l’esercizio finanziario in corso, non sono consentite esclusioni di entrate o di spese diverse da quelle previste dalla legge.
Il predetto principio di tassatività è stato più volte oggetto di attenzione da parte di questa Corte, che ha sempre confermato la natura imperativa ed inderogabile delle relative disposizioni legislative (v. la deliberazione delle Sezioni Riunite della Corte dei conti n. 6 del 25.01.2011; le deliberazioni di questa Sezione n. 1026/2010/PAR, n. 54/2012/PAR, n. 375/2014/PAR).
Quanto esposto è confermato, da ultimo, dalla citata Circolare MEF-RGS n. 6 del 2014, che, per il triennio 2014-2016, riporta una dettagliata esplicitazione delle ipotesi di entrate e spese escludibili in forza delle vigenti disposizioni di legge.
Al riguardo, si deve altresì rilevare che
i precedenti del giudice contabile hanno evidenziato, in applicazione dei predetti principi, la rilevanza, ai fini del rispetto del Patto di stabilità, delle somme derivanti dall’escussione di polizze fideiussorie stipulate in attuazione di convenzioni urbanistiche. L’ente infatti, escutendo la fideiussione, subentra ai privati nel completamento delle opere di urbanizzazione “in proprio” e, così facendo, imprime una connotazione pubblicistica alle somme a tal fine utilizzate, che peraltro entrano nel bilancio dell’ente e conseguentemente restano assoggettate alla relativa disciplina, anche in termini di rispetto degli specifici obiettivi vigenti in riferimento al patto di stabilità (v. Sezione regionale di controllo per il Veneto, parere 15.05.2013 n. 128; cfr. altresì questa Sezione, parere 19.11.2009 n. 1044).
Si deve pertanto escludere, contrariamente a quanto sostenuto nella richiesta di parere, che la realizzazione delle opere di urbanizzazione da parte del Comune per inerzia del privato possa considerarsi un’attività compiuta in “conto terzi” che giustifichi la contabilizzazione delle spese nei relativi capitoli di bilancio.
L’art. 168 del TUEL nel testo introdotto dal decreto legislativo 23.06.2011, n. 118 come modificato dal decreto legislativo 10.08.2014, n. 126 stabilisce che “le entrate e le spese relative ai servizi per conto di terzi e le partite di giro, che costituiscono al tempo stesso un debito ed un credito per l'ente, comprendono le transazioni poste in essere per conto di altri soggetti, in assenza di qualsiasi discrezionalità come individuate dal principio applicato della contabilità finanziaria di cui all'allegato n. 4/2 del decreto legislativo 23.06.2011, n. 118, e successive modificazioni”.
Il richiamato principio contabile, al punto 7, dopo avere ribadito che le transazioni per conto terzi, non comportando discrezionalità ed autonomia decisionale, non hanno natura autorizzatoria, precisa che la predetta autonomia decisionale sussiste quando l’ente concorre alla definizione di almeno uno dei seguenti elementi della transazione: ammontare, tempi e destinatari della spesa.
Con l’assumere direttamente la realizzazione delle opere sia pure inizialmente affidate all’iniziativa privata, il Comune, lungi dal divenire il mero esecutore di una determinazione altrui, mantiene la totale discrezionalità e l’autonomia decisionale che escludono le relative transazioni dal novero dei servizi conto terzi.
La tassatività delle voci di entrata e di spesa escludibili dal saldo finanziario valido ai fini della verifica del rispetto del patto, nel senso sopra descritto, porta a ritenere che debbano essere contabilizzate nei pertinenti titoli di bilancio anche le spese sostenute a seguito di interventi sostitutivi del comune richiesti con Ordinanza sindacale o dirigenziale, in materia di igiene, sicurezza o abusivismo edilizio, originariamente richiesti al privato.
Si ricorda al riguardo che, ai sensi dell’art. 31, comma 7, della citata legge n. 183 2011, possono essere escluse dal saldo le entrate derivanti dallo Stato, le relative spese di parte corrente e in conto capitale sostenute dalle province e dai comuni per l'attuazione delle ordinanze emanate dal Presidente del Consiglio dei ministri a seguito di dichiarazione dello stato di emergenza (Corte dei Conti, Sez. controllo Lombardia, parere 17.11.2015 n. 430).

EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: Sulla realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria a scomputo degli oo.uu..
L’importo da porre a scomputo degli oneri di urbanizzazione è preliminarmente determinato in relazione al computo metrico estimativo, ritenuto congruo dai competenti uffici comunali.
Ciò, però, non preclude, nel caso che dalla contabilità di fine lavori risultasse un importo effettivamente speso dall’attuatore inferiore a quello determinato a monte –ove ovviamente detto importo fosse inferiore alla quota di contributo relativa agli oneri di urbanizzazione– che il Comune possa chiedere al privato attuatore la differenza tra il primo importo e quello effettivamente speso.
Tale valore differenziale potrà essere corrisposto all’Amministrazione Comunale, a scelta di quest’ultima, o sotto forma di conguaglio economico o sotto forma di opere complementari ed integrative.
In questo senso, del resto, milita in primo luogo la considerazione che, nel caso si seguisse la procedura ordinaria, ovvero che l’Amministrazione eseguisse direttamente le opere di urbanizzazione, sopportandone i relativi oneri, beneficerebbe direttamente anche delle eventuali riduzioni, conseguite in fase di aggiudicazioni dei lavori, rispetto ai valori astrattamente indicati nel computo metrico estimativo
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Il ricorso all’istituto dello scomputo, dunque, non può consentire un esito deteriore per il Comune, con l’attribuzione al privato dei possibili guadagni relativi al minor costo di realizzazione delle opere.
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Ancora oggi risulta attuale e condivisibile la conclusione cui è giunta la Corte veneta nel 2009, pur tenuto conto delle successive modifiche legislative, circa la «spettanza al Comune dei ribassi d’asta eventualmente conseguiti in sede di gara rispetto al corrispettivo astrattamente e aprioristicamente posto a base d’asta.
Invero, il ribasso d’asta si traduce in una minore entità del corrispettivo che sarà in concreto corrisposto dal privato per la realizzazione delle opere rispetto a quello teorico ipotizzato prima della gara, al quale è stato commisurato lo scomputo iniziale.
E’ dunque evidente che, ove la differenza determinata dal ribasso d’asta non fosse riversata al Comune, la misura dello scomputo sarebbe maggiore rispetto a quella degli oneri di urbanizzazione in concreto sostenuti dal privato, determinandosi per tale parte un’ingiustificata decurtazione del contributo per permesso di costruire spettante al Comune».

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Il Sindaco del Comune di Cisano Bergamasco (BG), con nota del giorno 29.06.2015, dopo aver premesso che:
- “l’art. 16, comma 2-bis, del DPR n. 380/2001 così dispone: nell'ambito degli strumenti attuativi e degli atti equivalenti comunque denominati nonché degli interventi in diretta attuazione dello strumento urbanistico generale, l'esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione primaria di cui al comma 7, di importo inferiore alla soglia di cui all'articolo 28, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 12.04.2006, n. 163, funzionali all'intervento di trasformazione urbanistica del territorio, è a carico del titolare del permesso di costruire e non trova applicazione il decreto legislativo 12.04.2006, n. 163”;
- “ciò significa che
a) per l'esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria il cui importo è al di sotto della soglia comunitaria (ad oggi € 5.186.000,00) non sussiste più l'obbligo di legge di espletare la preventiva gara d'appalto;
b) per l'esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria il cui importo è pari o superiore alla soglia comunitaria (€ 5.186.000,00) sussiste ancora l'obbligo di legge di espletare la preventiva gara d'appalto
”;
- “ora, come è noto, il computo metrico estimativo delle opere di urbanizzazione primaria da realizzare è dettagliatamente redatto sulla base delle voci di costo desumibili dal "Bollettino prezzi opere edili" edito dalla C.C.I.A.A. di Bergamo con cadenza semestrale, sul cui Bollettino sono anche redatti i computi metrici estimativi dei lavori pubblici da porre in gara d'appalto. Ed è altresì noto come su tali voci di costo, nell'ambito di una gara d'appalto, normalmente il ribasso d'asta non sia di poco conto”,
ha posto i seguenti quesiti:
1) “per l'esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria il cui importo (computo metrico estimativo redatto siccome specificato al comma precedente) è al di sotto della soglia comunitaria (€ 5.186.000,00), ancorché non sussista più l'obbligo di legge di espletare la preventiva gara d'appalto, bisogna scomputare dall'importo degli oo.uu. prima dovuti l'importo (pieno) del computo metrico estimativo oppure la somma (sicuramente minore) che il lottizzante andrà effettivamente a spendere chiedendo (ovviamente) più preventivi di spesa ad imprese edili, le quali offriranno uno sconto percentuale sulle varie voci di costo? Nel caso la risposta propendesse per la seconda ipotesi, quali pezze giustificative si dovrebbero chiedere al lottizzante per avere la certezza dell'importo di spesa?
2) per l'esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria il cui importo (computo metrico estimativo redatto siccome specificato al comma precedente) è pari o superiore alla soglia comunitaria (€ 5.186.000,00), e quindi sussiste ancora l'obbligo di legge di espletare la preventiva gara d'appalto, il ribasso d'asta resta nella disponibilità̀ del lottizzante oppure del Comune”?
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1. Deve preliminarmente evidenziarsi come l’analisi delle questioni proposte dall’Ente rimane circoscritta ai profili generali ed astratti relativi all’interpretazione delle disposizioni che vengono in rilievo, essendo preclusa qualunque interferenza sulle scelte gestionali riservate alla discrezionalità dell’Ente.
Allo stesso tempo si invita l’Ente a valutare l’opportunità di adottare un apposito Regolamento relativo all’esecuzione delle opere di urbanizzazione da realizzarsi a scomputo degli oneri di urbanizzazione, in modo da disciplinare ex ante la materia in esame, evitando incertezze interpretative e il rischio di possibili contenziosi con i soggetti attuatori dei predetti oneri.
Questa Sezione ha già avuto modo di esaminare l’evoluzione della disciplina applicabile in subiecta materia in una precedente deliberazione (
parere 21.05.2012 n. 222). In quella sede si è avuto modo di precisare come la regolamentazione dell'istituto delle “opere di urbanizzazione a scomputo” risale alla normativa in materia urbanistica, secondo la quale la realizzazione di tali opere condiziona il rilascio del permesso di costruire (cfr. art. 31 della legge 1150/1942, art. 8 legge n. 765/1967, art. 6 legge n. 10/1977). Le pregresse disposizioni sono state poi trasfuse nell'articolo 16 del Testo unico sull'edilizia DPR n. 380/2001 che, ai commi 7, 7-bis e 8, stabilisce la suddivisione in oneri di urbanizzazione primaria e secondaria, prevedendo che il rilascio del permesso di costruire comporta per il privato "la corresponsione di un contributo commisurato all'incidenza degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione".
Il legislatore ha previsto poi, nel comma 2 del citato art. 16, la possibilità di scomputare la quota del contributo relativa agli oneri di urbanizzazione, nel caso in cui il titolare del permesso di costruire, o l’attuatore del piano, si obblighi a realizzarle direttamente. Tra l'operatore privato e l'amministrazione viene stipulata una convenzione che accede al permesso di costruire nella quale vengono regolate le opere da realizzare, i tempi, le modalità della loro esecuzione, la loro valutazione economica e le garanzie dell'adempimento, imprimendo così una connotazione negoziale al rapporto tra pubblica amministrazione e privato.
La ratio dell'istituto va individuata nella possibilità offerta all'amministrazione locale di dotarsi di opere di urbanizzazione senza assumere direttamente i rischi legati alla loro realizzazione.
Su tale assetto normativo è intervenuta la Corte di Giustizia con la sentenza 12.07.2001 C-399/98 ("Scala 2001"),
che ha affermato le direttive europee in tema di appalti ostano “ad una normativa nazionale in materia urbanistica che, al di fuori delle procedure previste da tale direttiva, consenta al titolare di una concessione edilizia o di un piano di lottizzazione approvato la realizzazione diretta di un'opera di urbanizzazione a scomputo totale o parziale del contributo dovuto per il rilascio della concessione, nel caso in cui il valore di tale opera eguagli o superi la soglia fissata dalla direttiva di cui trattasi".
La Corte di Giustizia ha precisato che “
la realizzazione diretta di un'opera di urbanizzazione secondo le condizioni e le modalità previste dalla normativa italiana in materia urbanistica costituisce un appalto pubblico di lavori”. In sostanza, la Corte ha sostenuto che tali opere sono da ritenere pubbliche sin dall’origine (anche se eseguite su proprietà privata e se formalmente tali prima del passaggio al patrimonio pubblico) e che la realizzazione delle medesime in luogo del pagamento del contributo conferma tale natura.
Con l'approvazione del Codice dei contratti il quadro normativo si è evoluto nella direzione di un più esteso assoggettamento delle opere a scomputo alle procedure di evidenza pubblica.
L'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, con la citata determinazione 02.04.2008 n. 4
ha poi esteso la portata dell'articolo 32, comma 2, lettera g), del d.lgs. 163/2006 a tutti i piani urbanistici e accordi convenzionali, comunque denominati, stipulati tra privati e amministrazioni (cosiddetti "accordi complessi", compresi gli accordi di programma) che prevedano l'esecuzione di opere destinate a confluire nel patrimonio pubblico.
Il Legislatore nazionale, per dare piena attuazione ai principi enunciati dalla Corte di Giustizia, è intervenuto più volte sulla materia attraverso una serie di correttivi al Codice degli appalti. Di particolare rilievo appare l'art. 45 del D.L. n. 201/2011 che nuovamente interviene sulla materia in questione, inserendo il comma 2-bis all'art. 16 t.u. dell'edilizia, attraverso il quale viene reintrodotta la possibilità̀, per il titolare del titolo abilitativo o l'attuatore di un piano di lottizzazione o altro piano attuativo, di realizzare direttamente le opere di urbanizzazione primaria di importo inferiore alla soglia comunitaria. Vengono, così, escluse dall'ambito di applicazione del Codice dei contratti pubblici, le strade residenziali, gli spazi di sosta o parcheggio, le fognature, le reti idriche, le reti di approvvigionamento di energia elettrica e gas, il verde attrezzato, che siano di importo inferiore alla soglia comunitaria.
In sintesi, sono assoggettate a procedure pubbliche di affidamento le opere di urbanizzazione sia primarie che secondarie di rilevanza comunitaria. Per le opere sotto soglia, l'operatore privato può eseguire direttamente e senza formalità̀ le opere pubbliche a scomputo degli oneri di urbanizzazione primaria, di importo inferiore alla soglia comunitaria; mentre l'indizione della gara trova applicazione solo per le opere di urbanizzazione secondaria.
2. Venendo ad esaminare il primo dei quesiti posti dall’Ente istante, vertente sul criterio di determinazione dell’importo delle opere di urbanizzazione da scomputare dalla quota di oneri di urbanizzazione complessivamente dovuti dal lottizzante, appare dirimente richiamare, preliminarmente, quanto già affermato dalla Sezione regionale di controllo per il Veneto di questa Corte (
parere 07.08.2009 n. 148), partendo dai tratti caratterizzanti l’istituto del contributo per costruire, che «costituisce un’entrata di integrale spettanza dell’Ente e … lo stesso è commisurato … all’incidenza degli oneri di urbanizzazione, la cui esecuzione spetta, in primis, al Comune. L’esercizio di tale opzione derogatoria da parte del privato ha dunque l’effetto di sollevare il Comune, in misura corrispondente alle opere assunte dal privato, dalla corresponsione immediata dei relativi oneri di urbanizzazione, ciò nonostante assumendo comunque la proprietà delle opere realizzate.
Ciò posto,
l’istituto dello scomputo ha dunque la funzione di riequilibrare l’entità del contributo per permesso di costruire -commisurato, tra l’altro e come detto, all’incidenza degli oneri di urbanizzazione che sono di regola a carico del Comune- al passaggio di tali oneri dal Comune al soggetto privato. L’istituto consente dunque di evitare un indebito arricchimento del Comune ai danni del privato, che altrimenti verrebbe a determinarsi ove la commisurazione dell’entità del contributo per permesso di costruire non tenesse conto della misura in cui gli oneri di urbanizzazione ai quali quel contributo va commisurato sono stati effettivamente sostenuti dal Comune, scomputandovi conseguentemente gli oneri in realtà sostenuti dal privato. In assenza di scomputo, si creerebbe, in altri termini, una situazione disparitaria tra l’ipotesi in cui il Comune acquista la proprietà delle opere di urbanizzazione avendone sostenuto i relativi oneri e quella in cui il Comune acquista la proprietà medesima, ma senza averne sostenuto i relativi oneri, ipotesi quest’ultima che viene riequilibrata, per l’appunto, mediante lo scomputo degli oneri di urbanizzazione sostenuti in realtà dal privato dal contributo che egli deve corrispondere al Comune.
L’esigenza di aderenza della misura del contributo per permesso di costruire ai costi effettivi dell’urbanizzazione è, del resto, resa evidente anche dall’art. 16, comma 6, del D.P.R. n. 380/2001, che menziona espressamente quale criterio sulla base del quale procedere alla revisione periodica dell’incidenza degli oneri di urbanizzazione cui è commisurato il contributo per permesso di costruire quello della considerazione dei “riscontri e prevedibili costi delle opere di urbanizzazione” (comma 6)
».
Alla luce di questa premessa generale, viene condivisibilmente affermato che «
in ragione dell’incidenza indiretta sulle finanze dell’Ente locale degli oneri sostenuti in prima battuta dal privato proprio in virtù del meccanismo dello scomputo, che fa sì che gli oneri di urbanizzazione sostenuti dal privato si traducano in una corrispondente decurtazione di un’entrata dell’ente locale (quella appunto derivante dal contributo per permesso di costruire)» non può che collegarsi, pertanto, «l’esigenza di assicurare che gli oneri che si vanno a scomputare dall’entrata del Comune (e dunque dalle finanze pubbliche) corrispondano al “giusto prezzo” per le opere realizzate».
Ne deriva, dunque, in relazione allo specifico quesito in esame, che
l’importo da porre a scomputo degli oneri di urbanizzazione è preliminarmente determinato in relazione al computo metrico estimativo, ritenuto congruo dai competenti uffici comunali. Ciò, però, non preclude, nel caso che dalla contabilità di fine lavori risultasse un importo effettivamente speso dall’attuatore inferiore a quello determinato a monte –ove ovviamente detto importo fosse inferiore alla quota di contributo relativa agli oneri di urbanizzazione– che il Comune possa chiedere al privato attuatore la differenza tra il primo importo e quello effettivamente speso. Tale valore differenziale potrà essere corrisposto all’Amministrazione Comunale, a scelta di quest’ultima, o sotto forma di conguaglio economico o sotto forma di opere complementari ed integrative. In questo senso, del resto, milita in primo luogo la considerazione che, nel caso si seguisse la procedura ordinaria, ovvero che l’Amministrazione eseguisse direttamente le opere di urbanizzazione, sopportandone i relativi oneri, beneficerebbe direttamente anche delle eventuali riduzioni, conseguite in fase di aggiudicazioni dei lavori, rispetto ai valori astrattamente indicati nel computo metrico estimativo.
Il ricorso all’istituto dello scomputo, dunque, non può consentire un esito deteriore per il Comune, con l’attribuzione al privato dei possibili guadagni relativi al minor costo di realizzazione delle opere.
In questo senso, del resto si muove la stessa disciplina legislativa regionale di riferimento (Legge regionale n. 12/2005, su cui cfr. parere 23.02.2015 n. 83 di questa Sezione), che, all’art. 46, comma 1, lett. b), prevede: “
la realizzazione a cura dei proprietari di tutte le opere di urbanizzazione primaria e di una quota parte delle opere di urbanizzazione secondaria o di quelle che siano necessarie per allacciare la zona ai pubblici servizi; le caratteristiche tecniche di tali opere devono essere esattamente definite; ove la realizzazione delle opere comporti oneri inferiori a quelli previsti per la urbanizzazione primaria e secondaria ai sensi della presente legge, è corrisposta la differenza; al comune spetta in ogni caso la possibilità di richiedere, anziché la realizzazione diretta delle opere, il pagamento di una somma commisurata al costo effettivo delle opere di urbanizzazione inerenti al piano attuativo, nonché all'entità ed alle caratteristiche dell'insediamento e comunque non inferiore agli oneri previsti dalla relativa deliberazione comunale”.
Al riguardo meritano, infine, di essere richiamate anche le conclusioni da ultimo formulate dal Consiglio di Stato, Sez. IV (sentenza 24.04.2015 n. 2121), che ha avuto modo di precisare, in particolare in riguardo al secondo profilo del quesito in analisi, che «
occorre muovere dal principio, chiaramente recepito dal comma 2 dell’art. 16 del D.P.R. n. 380/2001, per cui il diritto allo scomputo dagli oneri di urbanizzazione della quota dovuta dal costruttore sorge alla “realizzazione delle opere” di che trattasi. E’ inoltre principio generale (ex art. 190 D.P.R. n. 207/2010) regolante i lavori pubblici che le opere sono da ritenersi realizzate solo dal momento in cui viene certificata la loro regolare esecuzione, che segna anche la chiusura della relativa contabilità. Dallo stesso momento deve quindi ritenersi sorgere il diritto allo scomputo delle somme spese per lavori di urbanizzazione, sul cui importo possono insorgere divergenze dipendenti dalla contabilizzazione delle opere (le c.d. “riserve” che l’impresa ha l’onere di presentare nei termini di legge la cui inosservanza produce decadenza (cfr. Cass. n. 14381/2000), ma certamente non sorge la facoltà dell’impresa di presentare “ad libitum” nel tempo una ulteriore contabilità dei lavori. Aderire alla tesi in esame significherebbe peraltro individuare una sorta di diritto potestativo dell’impresa di incidere “sine die” e con effetti patrimoniali sulla certezza del rapporto giuridico convenzionale già definito. Pertanto e conclusivamente, deve ritenersi sostanzialmente corretta la posizione espressa dal primo giudice nel confermare la legittimità della decisione dell’amministrazione di considerare, ai fini della definitiva determinazione dell’onere concessorio, soltanto il primo computo metrico “prodotto, restando a carico della ricorrente (imputet sibi) un’eventuale ulteriore spesa rispetto a quella precedentemente documentata”».
3. I principi ora richiamati consentono, altresì, di rispondere anche al secondo quesito posto dal Comune istante, ovvero se, nei casi sopra visti in cui sussiste l'obbligo di legge di espletare la preventiva gara d'appalto, il ribasso d'asta resta nella disponibilità̀ del lottizzante oppure del Comune.
Al riguardo la Sezione di controllo del Veneto, nel
parere 07.08.2009 n. 148 precedentemente richiamato è giunta alla conclusione, ancora attuale e condivisibile, pur tenuto conto delle successive modifiche legislative, della «spettanza al Comune dei ribassi d’asta eventualmente conseguiti in sede di gara rispetto al corrispettivo astrattamente e aprioristicamente posto a base d’asta. Invero, il ribasso d’asta si traduce in una minore entità del corrispettivo che sarà in concreto corrisposto dal privato per la realizzazione delle opere rispetto a quello teorico ipotizzato prima della gara, al quale è stato commisurato lo scomputo iniziale. E’ dunque evidente che, ove la differenza determinata dal ribasso d’asta non fosse riversata al Comune, la misura dello scomputo sarebbe maggiore rispetto a quella degli oneri di urbanizzazione in concreto sostenuti dal privato, determinandosi per tale parte un’ingiustificata decurtazione del contributo per permesso di costruire spettante al Comune».
In una successiva deliberazione (
parere 28.07.2010 n. 94), la stessa Sezione ha avuto modo di precisare che «l’onere assunto dal privato per la realizzazione di opere di urbanizzazione primaria superi (e non risulti quindi con essi in posizione di corrispettività) gli oneri di urbanizzazione, occorre procedere ad una valutazione globale della fattispecie, di modo che l’eventuale ribasso d’asta potrà competere al privato (in applicazione, anche in tal caso, ma in senso inverso, del criterio del “giusto prezzo”) purché, come suggerito dallo stesso Comune richiedente, in casi limite, il ribasso d’asta non scenda sotto i valori tabellari degli oneri dovuti. Al di fuori di quest’ultima ipotesi, infatti, il Comune sarebbe comunque garantito che il valore delle opere da realizzare superi comunque –a prescindere dalla spettanza del ribasso d’asta– quanto il privato avrebbe dovuto versare quali oneri di urbanizzazione primaria» (Corte dei Conti, Sez. controllo Lombardia, parere 24.09.2015 n. 314).

EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICAIl termine “opere di urbanizzazione” indica l’insieme degli interventi necessari a rendere una porzione di territorio idonea all’uso insediativo previsto dagli strumenti urbanistici vigenti ovvero a garantire l’uso futuro dei nuovi edifici realizzati e la vita di relazione degli abitanti.
Le opere di urbanizzazione primaria -che rappresentano la premessa indispensabile all’edificabilità dell’area e alla possibilità che essa ospiti insediamenti abitativi o produttivi- comprendono tutte le attrezzature a rete o infrastrutture, necessarie per assicurare all’area medesima l’idoneità insediativa in senso tecnico, cioè tutte quelle attrezzature che rendono possibile l’uso degli edifici, tra cui, ai fini che qui rilevano, le strade locali.
Le opere di urbanizzazione secondaria includono, invece, tutte quelle attrezzature di carattere locale che rendono l’insediamento funzionale per gli abitanti, garantendo la vita di relazione.
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Gli impegni assunti in sede convenzionale non vanno riguardati isolatamente, ma vanno rapportati alla complessiva remuneratività dell'operazione, che costituisce il reale parametro per valutare l'equilibrio del sinallagma contrattuale e, quindi, la sostanziale liceità degli impegni stessi.
In altri termini, la causa della convenzione urbanistica e cioè l'interesse che l'operazione contrattuale è diretta a soddisfare, va valutata non con riferimento ai singoli impegni assunti, ma con riguardo alla oggettiva funzione economico-sociale del negozio, in cui devono trovare equilibrata soddisfazione sia gli interessi del privato che della pubblica amministrazione.
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L'assunzione nell'ambito di una lottizzazione di obbligazioni ulteriori rispetto a quelle espressamente previste dalla legge, non può di per sé essere esclusa e tantomeno automaticamente ricondotta a fenomeni estorsivi o comunque di <costrizione> ... sicché non esiste nell'ordinamento una norma generale che impedisca, in sede di convenzione urbanistica, la libera erogazione di ulteriori contribuzioni rispetto a quelle fissate dalla legge che, quindi, costituiscono semplicemente il minimo legale.
Gli accordi sostitutivi ex art. 11 legge 07.08.1990, n. 241, al cui modello procedimentale vanno ricondotte le convenzioni urbanistiche, consentono, infatti, di conseguire un assetto di interessi diverso e più ampio di quello conseguibile con il rilascio del provvedimento amministrativo unilaterale, fermo restando, in ogni caso, la sua finalizzazione alle esigenze di urbanizzazione dell’area.
E’ da ritenersi, peraltro, pacifico che il Comune possa richiedere e il lottizzante accettare la realizzazione di opere eccedenti rispetto agli oneri di urbanizzazione normativamente dovuti.
In giurisprudenza è stato, infatti, anche chiarito che “la convenzione di lottizzazione rappresenta un istituto di complessa ricostruzione, a causa dei profili di stampo giuspubblicistico che si accompagnano allo strumento dichiaratamente contrattuale (…) frutto dell'incontro di volontà delle parti contraenti nell'esercizio dell'autonomia negoziale retta dal codice civile.
Tale ricostruzione conserva la sua validità anche nelle ipotesi (…) in cui alcuni contenuti dell'accordo vengono proposti dall'Amministrazione in termini non modificabili dal privato, essendo evidente che una tale evenienza non esclude che la parte che abbia sottoscritto la convenzione, conoscendone il contenuto, abbia inteso aderirvi e ne resti vincolata, salvo il ricorso agli strumenti di tutela in caso di invalidità del contratto”.
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Nella fattispecie in esame, la puntuale e dettagliata descrizione degli obblighi inerenti gli oneri di urbanizzazione primaria, contenuta nelle convenzioni, induce questo Collegio a ritenere che gli stessi siano il risultato di una libera negoziazione tra le parti e non possano ascriversi alla imposizione unilaterale del Comune, come, invece, preteso dalle ricorrenti.
In tal senso depone, invero, non solo la sottoscrizione da parte di tutti i lottizzanti della relazione illustrativa allegata alla deliberazione consiliare n. 39/2000 (ovvero l’atto in forza del quale è stata sottoscritta la prima convenzione) ma anche la lunga “pausa di riflessione” intercorsa tra l’adozione dei piani particolareggiati e la stipula delle relative convenzioni, di cui si è già dianzi detto, la chiara descrizione, contenuta nelle convenzioni medesime, delle opere di urbanizzazione primaria che i lottizzanti si sono impegnati a realizzare e cedere gratuitamente al Comune, la precisa quantificazione del loro importo complessivo, la precisazione che si tratta di opere “interne alla lottizzazione” e, infine, la clausola, contenuta all’art. 8, il quale -a proposito della piena ed esatta esecuzione dei lavori e delle opere di cui all’art. 6 e della loro manutenzione, nonché a garanzia della cessione delle relative aree– ha previsto la costituzione di “cauzione", da svincolarsi solo “al collaudo finale delle opere rispettive, di ogni singolo lotto”, fatto salvo l’obbligo di integrarne il valore e/o di ricostruirla in caso di avvenuto, totale o parziale, utilizzo a seguito di inadempienze.
L’inequivoca volontà espressa dalle parti contraenti appalesa, quindi, che i lottizzanti hanno inteso liberamente assumere gli impegni patrimoniali previsti in convenzione, anche se, per ventura, ritenuti maggiori e più onerosi rispetto a quelli minimi astrattamente previsti dalla legge: impegno questo che, come già dianzi evidenziato, rientra, in ogni caso, nella piena disponibilità delle parti, posto che la normativa vigente non esclude affatto che le parti possano, per valutazioni di convenienza, regolare il rapporto in termini diversi.
Pare, quindi, condivisibile e mutuabile l’osservazione del Comune laddove richiama l’attenzione sul fatto che “la previsione della convenzione urbanistica, assunta per mutuo accordo tra le parti e non contrastante con alcuna previsione normativa, ha carattere vincolante tra esse e non può invocarsene la parziale nullità per la parte eccedente le opere di urbanizzazione rispetto al minimo di legge, pacificamente derogabile”.

Va, in primo luogo, rammentato che il termine “opere di urbanizzazione” indica l’insieme degli interventi necessari a rendere una porzione di territorio idonea all’uso insediativo previsto dagli strumenti urbanistici vigenti ovvero a garantire l’uso futuro dei nuovi edifici realizzati e la vita di relazione degli abitanti.
Le opere di urbanizzazione primaria -che rappresentano la premessa indispensabile all’edificabilità dell’area e alla possibilità che essa ospiti insediamenti abitativi o produttivi- comprendono tutte le attrezzature a rete o infrastrutture, necessarie per assicurare all’area medesima l’idoneità insediativa in senso tecnico, cioè tutte quelle attrezzature che rendono possibile l’uso degli edifici, tra cui, ai fini che qui rilevano, le strade locali.
Le opere di urbanizzazione secondaria includono, invece, tutte quelle attrezzature di carattere locale che rendono l’insediamento funzionale per gli abitanti, garantendo la vita di relazione.
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Con specifico riguardo alla convenienza economica dell’operazione deve, peraltro, evidenziarsi che in giurisprudenza è stato condivisibilmente affermato che “gli impegni assunti in sede convenzionale non vanno riguardati isolatamente, ma vanno rapportati alla complessiva remuneratività dell'operazione, che costituisce il reale parametro per valutare l'equilibrio del sinallagma contrattuale e, quindi, la sostanziale liceità degli impegni stessi. In altri termini, la causa della convenzione urbanistica e cioè l'interesse che l'operazione contrattuale è diretta a soddisfare, va valutata non con riferimento ai singoli impegni assunti, ma con riguardo alla oggettiva funzione economico-sociale del negozio, in cui devono trovare equilibrata soddisfazione sia gli interessi del privato che della pubblica amministrazione” (C.d.S., V, 26.11.2013, n. 5603).
Al di là delle considerazioni sin qui svolte sulla qualificazione della strada oggetto di contestazione e sulla liceità sostanziale complessiva degli impegni assunti, già di per sé sufficienti ad appalesare l’infondatezza degli assunti delle ricorrenti, risultano, comunque, condivisibili le puntuali osservazioni proposte dalla difesa dell’ente civico sulla derogabilità della quota di partecipazione dei privati alle opere di urbanizzazione e sulla prevalenza del profilo della libera negoziazione affermatasi nell’ambito delle convenzioni di lottizzazione.
In giurisprudenza è stato, infatti, affermato che “l'assunzione nell'ambito di una lottizzazione di obbligazioni ulteriori rispetto a quelle espressamente previste dalla legge, non possa di per sé essere esclusa e tantomeno automaticamente ricondotta a fenomeni estorsivi o comunque di <costrizione>” e che “(…) non esiste nell'ordinamento una norma generale che impedisca, in sede di convenzione urbanistica, la libera erogazione di ulteriori contribuzioni rispetto a quelle fissate dalla legge che, quindi, costituiscono semplicemente il minimo legale” (C.d.S., V, 26.11.2013, n. 5603).
Gli accordi sostitutivi ex art. 11 legge 07.08.1990, n. 241, al cui modello procedimentale vanno ricondotte le convenzioni urbanistiche, consentono, infatti, di conseguire un assetto di interessi diverso e più ampio di quello conseguibile con il rilascio del provvedimento amministrativo unilaterale, fermo restando, in ogni caso, la sua finalizzazione alle esigenze di urbanizzazione dell’area.
E’ da ritenersi, peraltro, pacifico che il Comune possa richiedere e il lottizzante accettare la realizzazione di opere eccedenti rispetto agli oneri di urbanizzazione normativamente dovuti.
In giurisprudenza è stato, infatti, anche chiarito che “la convenzione di lottizzazione rappresenta un istituto di complessa ricostruzione, a causa dei profili di stampo giuspubblicistico che si accompagnano allo strumento dichiaratamente contrattuale (…) frutto dell'incontro di volontà delle parti contraenti nell'esercizio dell'autonomia negoziale retta dal codice civile.
Tale ricostruzione conserva la sua validità anche nelle ipotesi (…) in cui alcuni contenuti dell'accordo vengono proposti dall'Amministrazione in termini non modificabili dal privato, essendo evidente che una tale evenienza non esclude che la parte che abbia sottoscritto la convenzione, conoscendone il contenuto, abbia inteso aderirvi e ne resti vincolata, salvo il ricorso agli strumenti di tutela in caso di invalidità del contratto
” (C.d.S., IV, 28.07.2005, n. 4015; in termini C.d.S., IV, del 22.01.2013, n. 351).
Orbene, nella fattispecie in esame, la puntuale e dettagliata descrizione degli obblighi inerenti gli oneri di urbanizzazione primaria, contenuta nelle convenzioni del 2001 e 2004 (in entrambe agli artt. 5 e 6), induce questo Collegio a ritenere che gli stessi siano il risultato di una libera negoziazione tra le parti e non possano ascriversi alla imposizione unilaterale del Comune, come, invece, preteso dalle ricorrenti.
In tal senso depone, invero, non solo la sottoscrizione da parte di tutti i lottizzanti della relazione illustrativa allegata alla deliberazione consiliare n. 39/2000 (ovvero l’atto in forza del quale è stata sottoscritta la prima convenzione), ove, ai fini che qui rilevano, viene specificato che le opere di urbanizzazione primaria sono costituite dalla “viabilità di progetto via Oberdan – via Belvedere” (vedi all. 1, pag. 21, sub pt. 3.6 – fascicolo doc. Comune), ma anche la lunga “pausa di riflessione” intercorsa tra l’adozione dei piani particolareggiati e la stipula delle relative convenzioni, di cui si è già dianzi detto, la chiara descrizione, contenuta nelle convenzioni medesime, delle opere di urbanizzazione primaria che i lottizzanti si sono impegnati a realizzare e cedere gratuitamente al Comune, la precisa quantificazione del loro importo complessivo, la precisazione che si tratta di opere “interne alla lottizzazione” e, infine, la clausola, contenuta all’art. 8, il quale -a proposito della piena ed esatta esecuzione dei lavori e delle opere di cui all’art. 6 e della loro manutenzione, nonché a garanzia della cessione delle relative aree– ha previsto la costituzione di “cauzione", da svincolarsi solo “al collaudo finale delle opere rispettive, di ogni singolo lotto”, fatto salvo l’obbligo di integrarne il valore e/o di ricostruirla in caso di avvenuto, totale o parziale, utilizzo a seguito di inadempienze.
L’inequivoca volontà espressa dalle parti contraenti appalesa, quindi, che i lottizzanti hanno inteso liberamente assumere gli impegni patrimoniali previsti in convenzione, anche se, per ventura, ritenuti maggiori e più onerosi rispetto a quelli minimi astrattamente previsti dalla legge: impegno questo che, come già dianzi evidenziato, rientra, in ogni caso, nella piena disponibilità delle parti, posto che la normativa vigente non esclude affatto che le parti possano, per valutazioni di convenienza, regolare il rapporto in termini diversi (cfr., CdS, Sez. V, 29.09.1999, n. 1209).
Pare, quindi, condivisibile e mutuabile l’osservazione del Comune, laddove, pag. 10 della memoria depositata in data 08.05.2015, richiama l’attenzione sul fatto che “la previsione della convenzione urbanistica, assunta per mutuo accordo tra le parti e non contrastante con alcuna previsione normativa, ha carattere vincolante tra esse e non può invocarsene la parziale nullità per la parte eccedente le opere di urbanizzazione rispetto al minimo di legge, pacificamente derogabile”.
Per converso, sono prive di pregio le deduzioni difensive dei ricorrenti, laddove pretendono di far discendere dalla qualificazione della strada in questione in termini di “opera di urbanizzazione primaria” l’impossibilità per esse di sottrarsi al relativo onere, essendo evidente che la libera negoziazione degli obblighi convenzionali non può venir pregiudicata dall’eventuale impropria inclusione tra le opere del tipo dianzi detto di un onere aggiuntivo liberamente assunto.
In definitiva, le clausole convenzionali non sono affette da alcuna nullità e costituiscono giustificazione idonea e sufficiente per l’assunzione da parte dei lottizzanti degli oneri per la realizzazione della strada di lottizzazione.
Ne deriva, l’insussistenza di valide ragioni giuridiche per riconoscere, a qualsiasi titolo, il diritto delle medesime ad ottenere in tutto o in parte il rimborso delle spese conseguentemente sostenute e ciò anche in considerazione del fatto che, come agevolmente si ritrae dalla lettura dell’art. 6 della/e convenzione/i e dalle condivisibili argomentazioni svolte dalla difesa del Comune, cui si rinvia, la prestazione relativa alle “opere di urbanizzazione primaria” individuate nella medesima norma è stata concepita dalla parti contraenti quale prestazione “a corpo” e non “a misura”, con conseguente irripetibilità anche degli eventuali maggiori costi asseritamente sostenuti, peraltro del tutto indimostrati (TAR Friuli Venezia Giulia, sentenza 23.07.2015 n. 354 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Scomputo del costo di costruzione.
DOMANDA:
Questa Amministrazione Comunale deve procedere all’adozione di un Programma Integrato di Intervento conforme alle disposizione del Piano di Governo del Territorio.
Il P.I.I. in questione prevede, quale standard qualitativo, la realizzazione di alcuni posti auto interrati pubblici, con relative strutture e rampa di accesso, il cui valore complessivo desunto dal computo metrico estimativo allegato è stimato in € 387.864,65.
Contestualmente l’operatore ha proposto di scomputare da tale importo gli oneri di urbanizzazione primaria e gli oneri di urbanizzazione secondaria, il cui importo è di circa 36.396,00 € in virtù della realizzazione diretta dell’opera pubblica suddetta. A ciò si aggiunge un’ulteriore richiesta da parte dell’operatore volta allo scomputo del Costo di Costruzione per un importo indicativo di 70.000 €.
Ciò posto si chiede un parere sulla legittimità della richiesta di scomputo del costo di costruzione, in virtù delle opere eseguite dal proponente il P.I.I. e dello standard qualitativo proposto.
RISPOSTA:
La lett. g) del comma 1 dell’art. 32 del codice dei contratti pubblici prevede che “i lavori pubblici da realizzarsi da parte dei soggetti privati, titolari di permesso di costruire, che assumono in via diretta l'esecuzione delle opere di urbanizzazione a scomputo totale o parziale del contributo previsto per il rilascio del permesso, ai sensi dell'articolo 16, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 06.06.2001, n. 380, e dell'articolo 28, comma 5, della legge 17.08.1942, n. 1150. L'amministrazione che rilascia il permesso di costruire può prevedere che, in relazione alla realizzazione delle opere di urbanizzazione, l'avente diritto a richiedere il permesso di costruire presenti all'amministrazione stessa, in sede di richiesta del permesso di costruire, un progetto preliminare delle opere da eseguire, con l'indicazione del tempo massimo in cui devono essere completate, allegando lo schema del relativo contratto di appalto. L'amministrazione, sulla base del progetto preliminare, indice una gara con le modalità previste dall'articolo 55. Oggetto del contratto, previa acquisizione del progetto definitivo in sede di offerta, sono la progettazione esecutiva e le esecuzioni di lavori. L'offerta relativa al prezzo indica distintamente il corrispettivo richiesto per la progettazione definitiva ed esecutiva, per l'esecuzione dei lavori e per gli oneri di sicurezza”.
A sua volta il comma 2 del cit. art. 16 dispone che “la quota di contributo relativa agli oneri di urbanizzazione è corrisposta al comune all'atto del rilascio del permesso di costruire e, su richiesta dell'interessato, può essere rateizzata. A scomputo totale o parziale della quota dovuta, il titolare del permesso può obbligarsi a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione, nel rispetto dell'articolo 2, comma 5, della legge 11.02.1994, n. 109, e successive modificazioni, con le modalità e le garanzie stabilite dal comune, con conseguente acquisizione delle opere realizzate al patrimonio indisponibile del comune”.
Infine il comma 5 dell’art. 28 della n. 1150/1942 stabilisce che “L'autorizzazione comunale è subordinata alla stipula di una convenzione, da trascriversi a cura del proprietario, che preveda:
1) la cessione gratuita entro termini prestabiliti delle aree necessarie per le opere di urbanizzazione primaria, precisate dall'art. 4 della legge 29.09.1964, n. 847, nonché la cessione gratuita delle aree necessarie per le opere di urbanizzazione secondaria nei limiti di cui al successivo n. 2;
2) l'assunzione, a carico del proprietario, degli oneri relativi alle opere di urbanizzazione primaria e di una quota parte delle opere di urbanizzazione secondaria relative alla lottizzazione o di quelle opere che siano necessarie per allacciare la zona ai pubblici servizi; la quota è determinata in proporzione all'entità e alle caratteristiche degli insediamenti delle lottizzazioni;
3) i termini non superiori ai dieci anni entro i quali deve essere ultimata l'esecuzione delle opere di cui al precedente paragrafo;
4) congrue garanzie finanziarie per l'adempimento degli obblighi derivanti dalla convenzione
”.
Le normative vigenti prevedono e consentono dunque lo scomputo solo in relazione alla parte di contributo relativa alle opere di urbanizzazione e non anche alla parte afferente al cd. costo di costruzione.
Trattandosi peraltro di due componenti diverse del contributo (come affermato anche dall’ANAC con il parere AG 32/2011 il contributo consiste di due parti: “una parte, di natura contributiva, afferente alle spese per l’urbanizzazione del territorio, che costituisce una modalità di concorso del privato costruttore agli oneri sociali derivanti dall’incremento del carico urbanistico; una parte, di natura impositiva, che deriva dall’aumento della capacità contributiva del titolare dell’opera, in ragione dell’aumento del proprio patrimonio immobiliare”.
Anche la giurisprudenza ha più volte chiarito del resto che “il contributo sul costo di costruzione consiste in una prestazione patrimoniale ascrivibile alla categoria dei tributi locali, in quanto il prelievo non si basa, come nel caso degli oneri di urbanizzazione, sui costi collettivi derivanti dall’insediamento di un nuovo edificio ma sull’incremento di ricchezza immobiliare determinato dall’intervento edilizio” (TAR Lombardia, Brescia, II, 25.03.2011, n. 469).
Diversamente gli oneri di urbanizzazione sono considerati “corrispettivi di diritto pubblico” (Tar Reggio Calabria, I, 06.04.2011, n. 260) e sono dovuti in ragione dell’obbligo del privato di partecipare ai costi delle opere di trasformazione del territorio (Cons. Stato, V, 23.01.2006, n. 159), si è dell’avviso che lo scomputo sia ammissibile solo in relazione al valore relativo alla parte concernente gli oneri di urbanizzazione (esclusivo riferimento a tali oneri è contenuto inoltre anche all’art. 45 della LR Lombardia n. 12/2005) (link a www.ancirisponde.ancitel.it).

EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICAIl diritto allo scomputo dagli oneri di urbanizzazione della quota dovuta dal costruttore sorge alla “realizzazione delle opere” di che trattasi.
E’ inoltre principio generale (ex art. 190 d.p.r. n. 207/2010) regolante i lavori pubblici che le opere sono da ritenersi realizzate solo dal momento in cui viene certificata la loro regolare esecuzione, che segna anche la chiusura della relativa contabilità.
Dallo stesso momento deve quindi ritenersi sorgere il diritto allo scomputo delle somme spese per lavori di urbanizzazione, sul cui importo possono insorgere divergenze dipendenti dalla contabilizzazione delle opere (le c.d. “riserve” che l’impresa ha l’onere di presentare nei termini di legge la cui inosservanza produce decadenza), ma certamente non sorge la facoltà dell’impresa di presentare “ad libitum” nel tempo una ulteriore contabilità dei lavori.

... per la riforma della
sentenza 23.01.2013 n. 50 del TAR Sardegna-Cagliari: Sez. II, resa tra le parti, concernente la determinazione conguaglio per opere di urbanizzazione primaria.
...
1.- La società appellante chiede la riforma della sentenza, in epigrafe specificata, con la quale il TAR della Sardegna ha respinto il suo ricorso proposto per la determinazione di un conguaglio su oneri di urbanizzazione primaria relativi a lavori (una condotta fognaria) previsti da una convenzione di lottizzazione.
In particolare la controversia verte sulla quantificazione dello scomputo previsto -in favore della ricorrente- dalla convenzione urbanistica stipulata col Comune di Sestu in data 09.03.2003 rispetto al contributo dovuto commisurato al costo di costruzione ex lege n. 10/1977; nell’atto convenzionale, infatti, si prescriveva una riduzione di tale contributo nella misura del 50% del costo di realizzazione del predetto collettore.
2.- Con la sentenza epigrafata il TAR ha respinto il ricorso, che chiedeva (in difformità dal provvedimento comunale n. 19923 del 14.09.2010 teso alla riscossione di un contributo pari ad Euro 57.232,13) un riconoscimento di un credito verso il Comune per la realizzazione dell’opera di urbanizzazione (in forza di nuova contabilità dei lavori presentata dalla ricorrente) in quanto non condividendo “una valutazione di sopravvenuta illegittimità della determinazione assunta dall’amministrazione comunale”.
3.- A sostegno del gravame la società istante ha dedotto motivi che risultano tuttavia infondati.
In sintesi, la sentenza sarebbe incorsa nella violazione degli artt. 5 e 10 della legge n. 10/1977 e dell’art. 16 del dpr n. 380/2001, e della convenzione urbanistica, per aver respinto il ricorso sulla base di una circostanza irrilevante, costituita dal fatto che i conteggi che supportano la pretesa azionata sono stati depositati successivamente al collaudo; del resto la contabilità finale dei lavori sotto il profilo temporale non era disciplinata dalla convenzione, con la conseguenza che non sussisteva alcun impedimento ad addivenire al diverso computo consuntivo dei lavori presentato.
Nel merito della somma richiesta, la ricorrente supporta le proprie ragioni esibendo specifica perizia.
La tesi è infondata.
Punto nodale della controversia, come specifica il Comune appellato, è la natura giuridica da attribuire al computo metrico presentato dall’appellante in data 31.08.2010 e sulla base del quale il Comune ha determinato il conguaglio spettante alla società, da essa contestato sul “quantum”.
In particolare si tratta di stabilire se successivamente al collaudo dei lavori necessari per realizzare l’opera di urbanizzazione ed ai fini della determinazione degli oneri dovuti, può assumere rilievo una contabilità diversa da quella assunta a base del collaudo. Alla questione ritiene il Collegio debba darsi esito negativo.
Al riguardo occorre muovere dal principio, chiaramente recepito dal comma 2 dell’art. 16 del dpr n. 380/2001, per cui il diritto allo scomputo dagli oneri di urbanizzazione della quota dovuta dal costruttore sorge alla “realizzazione delle opere” di che trattasi. E’ inoltre principio generale (ex art. 190 d.p.r. n. 207/2010) regolante i lavori pubblici che le opere sono da ritenersi realizzate solo dal momento in cui viene certificata la loro regolare esecuzione, che segna anche la chiusura della relativa contabilità. Dallo stesso momento deve quindi ritenersi sorgere il diritto allo scomputo delle somme spese per lavori di urbanizzazione, sul cui importo possono insorgere divergenze dipendenti dalla contabilizzazione delle opere (le c.d. “riserve” che l’impresa ha l’onere di presentare nei termini di legge la cui inosservanza produce decadenza - cfr. Cass. n. 14381/2000), ma certamente non sorge la facoltà dell’impresa di presentare “ad libitum” nel tempo una ulteriore contabilità dei lavori.
Aderire alla tesi in esame significherebbe peraltro individuare una sorta di diritto potestativo dell’impresa di incidere “sine die” e con effetti patrimoniali sulla certezza del rapporto giuridico convenzionale già definito.
Pertanto e conclusivamente, deve ritenersi sostanzialmente corretta la posizione espressa dal primo giudice nel confermare la legittimità della decisione dell’amministrazione di considerare, ai fini della definitiva determinazione dell’onere concessorio, soltanto il primo computo metrico “prodotto, restando a carico della ricorrente (imputet sibi) un’eventuale ulteriore spesa rispetto a quella precedentemente documentata”.
4.- Le spese del presente giudizio seguono il principio della soccombenza (art. 91 c.p.c.) (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 27.04.2015 n. 2121 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: Se si escutono polizze fideiussorie le relative somme rientrano nel Patto di stabilità interno.
I precedenti del giudice contabile hanno evidenziato, in applicazione dei predetti principi, la rilevanza, ai fini del rispetto del Patto di stabilità, delle somme derivanti dall’escussione di polizze fideiussorie stipulate in attuazione di convenzioni urbanistiche.
L’ente infatti, escutendo la fideiussione, subentra ai privati nel completamento delle opere di urbanizzazione “in proprio” e, così facendo, imprime una connotazione pubblicistica alle somme a tal fine utilizzate, che peraltro entrano nel bilancio dell’ente e conseguentemente restano assoggettate alla relativa disciplina, anche in termini di rispetto degli specifici obiettivi vigenti in riferimento al patto di stabilità.

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Il Comune istante premette in fatto che:
a) a seguito di giudizio civile di primo grado ha escusso tre fideiussioni (per € 2.940.000,00) rilasciate a garanzia della realizzazione di un piano integrato d’intervento rimasto in parte non attuato (quanto alle opere pubbliche e di pubblico interesse ivi previste);
b) escussa la fideiussione, ha realizzato –negli anni 2010, 2011 e 2012 (per € 1.454.000,00)– i primi tre dei programmati cinque lotti di tali opere in sostituzione dei soggetti inadempienti, tramite forme pubbliche di selezione degli attuatori;
c) dal 2013 è sottoposto al Patto di Stabilità interno e, per evitare eventuali sanzioni connesse allo sforamento dei relativi parametri, ha sospeso l’esecuzione degli ulteriori lotti di opere pubbliche.
L’ente premette altresì che:
a) la società assicuratrice, garante nel rapporto fideiussorio, ha appellato la predetta sentenza di primo grado;
b) le società immobiliari realizzatrici dell’intervento, nel frattempo messe in liquidazione, hanno presentato nel novembre 2013 ricorso al TAR Lombardia, sez. Brescia, per la condanna dell’ente alla realizzazione delle opere non ancora eseguite ed al risarcimento dei danni connessi alla mancata vendita dei lotti, determinata, secondo i ricorrenti, dall’omessa realizzazione delle opere di urbanizzazione.
Ciò premesso, l'istante Sindaco –in considerazione del fatto che l’ente si trova nella “paradossale situazione” di non poter eseguire le opere per il rispetto del patto di stabilità, con la conseguente esposizione al rischio di dover risarcire i danni in sede giudiziale, ovvero di procedere alla realizzazione delle opere medesime, violando però, in virtù di ciò, il patto stesso– formula il quesito di seguito indicato, volto, nella sostanza, ad appurare se l’utilizzo delle somme derivanti dall’escussione delle fideiussioni possa essere escluso dal computo degli obiettivi del patto di stabilità.
...
1.- In via preliminare, la Sezione precisa che la funzione consultiva è diretta a fornire un ausilio all’Ente richiedente per le determinazioni che, in materia, lo stesso è tenuto ad assumere nell’esercizio delle proprie funzioni, restando ferma la discrezionalità dell’amministrazione in sede di esercizio delle proprie prerogative gestorie.
Tale parere, peraltro, è definito nel suo oggetto dalla concreta formulazione dell’istanza presentata dall’ente; tuttavia la pronuncia di questa Sezione si atterrà ad una disamina delle sole questioni generali ed astratte sottese ai quesiti posti dall’ente locale.
2.- Con il quesito prima riportato l’ente territoriale chiede, in definitiva, se, ai fini del rispetto del patto di stabilità, debbano essere considerate anche le somme derivanti dall’escussione di polizze fideiussorie emesse a garanzia della realizzazione di opere di urbanizzazione previste in un programma integrato di intervento, attesa, secondo la ricostruzione dell’ente locale, la natura sostanzialmente “privata” di tali somme.
2.1.- Al riguardo, basti rilevare che questa Sezione di controllo ha più volte messo in luce la natura cogente delle disposizioni costituenti il patto di stabilità interno. Gli articoli 30, 31 e 32 della legge n. 183 del 2011 (legge di stabilità per il 2012), come più volte modificati e integrati, da ultimo, per quanto di rilievo, dall’art. 1, comma 489, della legge n. 190 del 2014, disciplinano la materia, fra l’altro, per l’anno 2015 (per approfondimenti si rinvia alla Circolare MEF-RGS n. 6 del 18.02.2014, relativa al triennio 2014-2016).
Con riferimento alle voci di entrata e di spesa escludibili dal saldo finanziario valido ai fini della verifica del rispetto del patto, l’art. 31, commi 7 ss., della citata legge n. 183 del 2011, come successivamente modificato, ha confermato, nelle sue linee portanti, il previgente sistema di deroghe, con alcune variazioni. Importanza fondamentale assume in materia il comma 17, che abroga le disposizioni che individuano esclusioni di entrata o di spesa non previste espressamente dalla stessa legge di stabilità per il 2012.
Pertanto, per l’esercizio finanziario in corso, non sono consentite esclusioni di entrate o di spese diverse da quelle previste dalla legge.
Il predetto principio di tassatività è stato più volte oggetto di attenzione da parte di questa Corte, che ha sempre confermato la natura imperativa ed inderogabile delle relative disposizioni legislative (v. la deliberazione delle Sezioni Riunite della Corte dei conti n. 6 del 25.01.2011; le deliberazioni di questa Sezione n. 1026/2010/PAR, n. 54/2012/PAR, n. 375/2014/PAR).
Quanto esposto è confermato, da ultimo, dalla citata Circolare MEF-RGS n. 6 del 2014, che, per il triennio 2014-2016, riporta una dettagliata esplicitazione delle ipotesi di entrate e spese escludibili in forza delle vigenti disposizioni di legge.
2.2.- Al riguardo, si deve altresì rilevare che
i precedenti del giudice contabile hanno evidenziato, in applicazione dei predetti principi, la rilevanza, ai fini del rispetto del Patto di stabilità, delle somme derivanti dall’escussione di polizze fideiussorie stipulate in attuazione di convenzioni urbanistiche. L’ente infatti, escutendo la fideiussione, subentra ai privati nel completamento delle opere di urbanizzazione “in proprio” e, così facendo, imprime una connotazione pubblicistica alle somme a tal fine utilizzate, che peraltro entrano nel bilancio dell’ente e conseguentemente restano assoggettate alla relativa disciplina, anche in termini di rispetto degli specifici obiettivi vigenti in riferimento al patto di stabilità (v. Sezione regionale di controllo per il Veneto, deliberazione n. 128/2013/PAR; cfr. altresì questa Sezione, deliberazione n. 1044/2009/PAR).
3.- Di tali enunciati il Comune richiedente terrà dunque conto nella valutazione della fattispecie, ferma comunque restando la sua autonomia, nel rispetto dei limiti legislativi vigenti, nell’attività di spesa e di gestione del bilancio, nonché nell’individuazione degli eventuali margini di intervento collegati alla complessiva riduzione della spesa corrente (Corte dei Conti, Sez. controllo Lombardia, parere 30.03.2015 n. 143).

URBANISTICANell'ambito di un Piano Attuativo, l’acquisizione delle opere e delle relative aree è per il Comune obbligatoria quanto lo è la cessione delle stesse per il lottizzante e ciò in quanto, oltre ad essere tassativamente previsto dalla legge nei termini sopra descritti, detto trasferimento è condizione necessaria affinché possa concretamente realizzarsi l’assetto del territorio cui sovrintende l’attività di pianificazione ed è, altresì, presupposto necessario affinché possano poi concretamente operare le norme nazionali e regionali vigenti in materia di corretta gestione dei servizi pubblici correlati alle opere di urbanizzazione, la cui titolarità il legislatore espressamente affida all’autorità amministrativa.
A ciò consegue che -ove dopo la destinazione di un’area ad opera di urbanizzazione da parte del piano di lottizzazione (che per primo imprime tale destinazione pubblicistica e sulla base del quale viene poi stipulata la convenzione) la stessa fosse ceduta dal lottizzante a terzi- il relativo contratto sarebbe nullo per contrasto con norma imperativa e non potrebbe incidere sui relativi assetti urbanistici e dominicali.
Tale conclusione, oltre che normativamente imposta, è indispensabile per garantire la tenuta dell’intero sistema urbanistico, volto alla tutela di interessi pubblici di rango superiore, che risulterebbero gravemente frustrati dall’alienazione delle opere di urbanizzazione a soggetti privati; in sostanza il sistema tende ad evitare che quelle opere siano sottratte alla loro destinazione a pubblico servizio, in chiave di tutela del corretto sfruttamento del territorio e dei correlati valori di rango ancora superiore, quali il diritto alla salute, alla sicurezza stradale, all’approvvigionamento idrico ed elettrico, etc..
Del resto, la necessaria appartenenza alla mano pubblica delle opere di urbanizzazione (e delle aree su cui esse insistono), secondo il regime del patrimonio indisponibile (perché destinato a pubblico servizio, secondo lo schema di cui all’art. 826, comma 3, del codice civile), è principio assolutamente consolidato in giurisprudenza.
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Tale approccio interpretativo ha trovato ulteriore consacrazione normativa a seguito dell’entrata in vigore del d.p.r. 06.06.2001, n. 380 (T.U. Edilizia), ove all’art. 16, comma 2, si afferma che “2. La quota di contributo relativa agli oneri di urbanizzazione è corrisposta al comune all'atto del rilascio del permesso di costruire e, su richiesta dell'interessato, può essere rateizzata. A scomputo totale o parziale della quota dovuta, il titolare del permesso può obbligarsi a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione, nel rispetto dell'articolo 2, comma 5, della legge 11.02.1994, n. 109, e successive modificazioni, con le modalità e le garanzie stabilite dal comune, con conseguente acquisizione delle opere realizzate al patrimonio indisponibile del comune”.
Quindi, una volta ricondotte al regime del patrimonio indisponibile, le opere di urbanizzazione godono del sistema di protezione di cui all’art. 828, comma 2, del codice civile, secondo cui “I beni che fanno parte del patrimonio indisponibile non possono essere sottratti alla loro destinazione, se non nei modi stabiliti dalle leggi che li riguardano”, il che ne impedisce l’alienazione e l’usucapione da parte dei privati.
Proprio perché le opere di urbanizzazione sono funzionali allo svolgimento di pubblici servizi di primaria utilità (idrico, fognario, viabilità, elettrico…), la loro proprietà necessariamente deve essere del Comune, il quale soltanto può garantire un accettabile e uniforme livello di qualità dei servizi in favore dei propri cittadini che non potrebbe essere garantito da un soggetto privato il quale, ovviamente, non potrebbe che gestire i servizi in chiave imprenditoriale e quindi in funzione dell’ottenimento di utili, con il rischio, conseguentemente, di servizi con qualità al di sotto dell’accettabile o addirittura tali da mettere a repentaglio i diritti fondamentali dei cittadini; si pensi, ad esempio, ai rischi per la salute derivanti da un servizio idrico con acque non potabili, da un servizio di depurazione fognaria non efficiente, da una rete elettrica o viaria non manutenuta.

... per l'accertamento e la declaratoria:
1) dell'obbligo del Comune di Sinnai di provvedere alla presa in carico delle opere di urbanizzazione primaria realizzate, in località Torre delle Stelle, nell'ambito dei comparti 1 e 2 individuati dal Piano di Fabbricazione del Comune di Sinnai, così come trasformati in zona di completamento urbano con deliberazione di Giunta Municipale n. 177/1974, nonché delle aree su cui queste insistono e ad assumere tutti gli oneri di manutenzione ordinaria e straordinaria, correlati alla gestione delle medesime opere di urbanizzazione;
2) nonché per la conseguente condanna dell'Amministrazione a porre in essere gli atti e i provvedimenti per adempiere agli obblighi discendenti dalla legge;
3) e per la conseguente condanna al risarcimento dei danni subiti dai ricorrenti per avere dovuto sostenere le spese di manutenzione delle suddette opere di urbanizzazione al posto dell'inadempiente Comune di Sinnai.
...
La domanda deve essere accolta.
Come innanzi riferito, con deliberazione n. 177 del 1974 la Giunta Municipale di Sinnai aveva disposto la classificazione dei comparti 1 e 2, ove ricadono gli immobili dei ricorrenti, “in zona di completamento urbano , in quanto compromessa con il seguente indice territoriale…dello 0,15; altezza massima ml 7, stacco dai confini e dalle strade ml 5, rapporto di copertura 1/10, lotto minimo mq 2.000”.
Nella delibera si prevedeva poi che per ottenere il rilascio delle licenze edilizie i “proprietari dovranno provvedere a consegnare al Comune le opere di urbanizzazione primaria e secondaria in opere finite o corrispettivo valore in denaro”.
L’atto della Giunta è stato poi ratificato dal Consiglio comunale con la deliberazione n. 103 del 27.04.1974, con l’unica modifica delle dimensioni del lotto minino di intervento, portandolo da mq 2000 a mq 1000.
Su detta delibera, come pure sulle altre delibere consiliari riguardanti la variante complessiva del Piano di Fabbricazione di Sinnai, è poi intervenuta l’approvazione della Regione con il decreto del suo Presidente, n. 164 del 24.07.1974; per i comparti 1 e 2 il decreto ha modificato l’indice fondiario, portandolo a 0,30 mc/mq.
La destinazione a zona B di completamento ha comportato il riconoscimento per i comparti in questione della possibilità di edificazione diretta, ossia senza la necessità della previa approvazione di un piano di lottizzazione, come richiesto dalle zone C e F; ciò è avvenuto sul presupposto dell’esistenza di una compromissione del territorio per effetto delle costruzioni ivi esistenti e sul presupposto, evidentemente, dell’esistenza di opere di urbanizzazione, sia pure incomplete, della zona interessata.
Proprio per ottenere il completamento delle opere di urbanizzazione le delibere richiedevano, quale condizione per il rilascio delle concessioni edilizie, la realizzazione delle opere di urbanizzazione da parte dei privati oppure il pagamento di una corrispettiva somma di danaro.
Le opere sono state poi realizzate, almeno in parte (rete viaria, idrica ed elettrica), dal Condominio appositamente formato dai proprietari dei lotti.
La difesa del Comune rileva che le opere di urbanizzazione risultano incompiute e realizzate senza alcun disegno unitario, tanto da affermare che nel comprensorio non si rinvengono “opere di urbanizzazione né in senso formale, né in senso materiale”.
Da quanto sopra emerge con evidenza che nel comprensorio esistono alcune opere di urbanizzazione (rete viaria, rete idrica ed elettrica) sia pur realizzate senza una progettazione approvata dal Comune e senza una puntuale direzione dei lavori (al riguardo i ricorrenti non depositano alcun atto), ma ciò è dipeso unicamente da incuria dello stesso Comune nel seguire l’attuazione delle previsioni del proprio strumento urbanistico e segnatamente delle regole, prima richiamate, sulla necessità della realizzazione da parte dei privati delle opere di urbanizzazione oppure sul pagamento da parte degli stessi degli oneri di urbanizzazione.
L’inadempienza del Comune non può evidentemente costituire un alibi, per lo stesso, alla presa in carico delle opere di urbanizzazione effettivamente esistenti e nello stato in cui si trovano, che lo stesso Comune ha ritenuto tali da giustificare la classificazione del comprensorio come zona B di completamento.
Peraltro il Comune è ormai divenuto proprietario delle strade per usucapione, essendo stato esercitato un uso pubblico sulle stesse da ben oltre 20 anni. Come precisato dalla Sezione con la sentenza n. 1738 del 03.09.2008, l’uso di una strada da parte della collettività indifferenziata per il transito determina il passaggio della stessa nella proprietà del Comune per usucapione, a prescindere dall’esistenza o meno di una convenzione di lottizzazione e del connesso obbligo per il lottizzante di trasferire le opere di urbanizzazione ai sensi dell’art. 28 della legge 17.08.1942 n. 1150 (sulla possibilità di acquisto per usucapione di una strada cfr. Consiglio Stato, sez. V, 24.05.2007, n. 2618; Cassazione civile, sez. II, 10.10.2000, n. 13485).
Anche la conduttura idrica, quanto alla titolarità ha indubbie connotazioni pubblicistiche, vuoi perché le tubazioni accedono alla parte sottostante la rete stradale, vuoi per l’uso collettivo (esteso a tutti gli utenti) del servizio idrico fruibile a mezzo di detta conduttura (cfr. la sentenza del Cons. Stato, Sez. IV, n. 5487 del 2914, con la quale il giudice di Appello ha confermato le sentenze di questa Sezione n. 880/2011 e n. 602/2013 relative alle opere di urbanizzazione realizzate nella stessa località di Torre delle Stelle, ma in comune di Maracalagonis).
Una volta acclarata l’esistenza della opere di urbanizzazione, sia che esse siano realizzate in base ad un disegno unitario come avviene a seguito dei piani di lottizzazione, sia che le stesse siano riconosciute con lo strumento urbanistico, come nella specie, le conseguenze sulla loro presa in carico e gestione sono identiche.
In entrambi i casi l’Ente locale deve gestire i pubblici servizi connessi alle opere di urbanizzazione esistenti (servizio viabilità, idrico, elettrico…) per le ragioni svolte nelle pronunce e condivise dal Collegio di questa Sezione: sentenze nn. 602/2013, 187/2010 e 880/2011 e ordinanza 316/2009.
Segnatamente con la sentenza n. 880/2011 la Sezione ha osservato che -ai sensi dell’art. 28 della legge n. 1150/1942- “l’acquisizione delle opere e delle relative aree è per il Comune obbligatoria quanto lo è la cessione delle stesse per la società lottizzante e ciò in quanto, oltre ad essere tassativamente previsto dalla legge nei termini sopra descritti, detto trasferimento è condizione necessaria affinché possa concretamente realizzarsi l’assetto del territorio cui sovrintende l’attività di pianificazione ed è, altresì, presupposto necessario affinché possano poi concretamente operare le norme nazionali e regionali vigenti in materia di corretta gestione dei servizi pubblici correlati alle opere di urbanizzazione, la cui titolarità il legislatore espressamente affida all’autorità amministrativa.
A ciò consegue che -ove dopo la destinazione di un’area ad opera di urbanizzazione da parte del piano di lottizzazione (che per primo imprime tale destinazione pubblicistica e sulla base del quale viene poi stipulata la convenzione) la stessa fosse ceduta dal lottizzante a terzi- il relativo contratto sarebbe nullo per contrasto con norma imperativa e non potrebbe incidere sui relativi assetti urbanistici e dominicali.
Tale conclusione, oltre che normativamente imposta, è indispensabile per garantire la tenuta dell’intero sistema urbanistico, volto alla tutela di interessi pubblici di rango superiore, che risulterebbero gravemente frustrati dall’alienazione delle opere di urbanizzazione a soggetti privati; in sostanza il sistema tende ad evitare che quelle opere siano sottratte alla loro destinazione a pubblico servizio, in chiave di tutela del corretto sfruttamento del territorio e dei correlati valori di rango ancora superiore, quali il diritto alla salute, alla sicurezza stradale, all’approvvigionamento idrico ed elettrico, etc..
Del resto, la necessaria appartenenza alla mano pubblica delle opere di urbanizzazione (e delle aree su cui esse insistono), secondo il regime del patrimonio indisponibile (perché destinato a pubblico servizio, secondo lo schema di cui all’art. 826, comma 3, del codice civile), è principio assolutamente consolidato in giurisprudenza (ex multis, TAR Calabria, Catanzaro, Sez. I, 03.05.2011, n. 606; conformi TAR Puglia Bari, Sez. II, 01.07.2010, n. 2815; TAR Sardegna, Sez. II, 19.02.2010, n. 187 e Sez. II, 21.08.2009, n. 1464; TAR Venezia, sentenza n. 1373/2004; Consiglio Stato, Sez. V, 15.03.2001, n. 1514)
”.
Nella stessa sentenza, la Sezione ha poi precisato che tale approccio interpretativo ha trovato ulteriore consacrazione normativa a seguito dell’entrata in vigore del d.p.r. 06.06.2001, n. 380 (T.U. Edilizia), ove all’art. 16, comma 2, si afferma che “2. La quota di contributo relativa agli oneri di urbanizzazione è corrisposta al comune all'atto del rilascio del permesso di costruire e, su richiesta dell'interessato, può essere rateizzata. A scomputo totale o parziale della quota dovuta, il titolare del permesso può obbligarsi a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione, nel rispetto dell'articolo 2, comma 5, della legge 11.02.1994, n. 109, e successive modificazioni, con le modalità e le garanzie stabilite dal comune, con conseguente acquisizione delle opere realizzate al patrimonio indisponibile del comune”.
Quindi, una volta ricondotte al regime del patrimonio indisponibile, le opere di urbanizzazione godono del sistema di protezione di cui all’art. 828, comma 2, del codice civile, secondo cui “I beni che fanno parte del patrimonio indisponibile non possono essere sottratti alla loro destinazione, se non nei modi stabiliti dalle leggi che li riguardano”, il che ne impedisce l’alienazione e l’usucapione da parte dei privati (cfr., ex multis, Cassazione civile, Sez. II, 15.02.2010, n. 3465).
Proprio perché le opere di urbanizzazione sono funzionali allo svolgimento di pubblici servizi di primaria utilità (idrico, fognario, viabilità, elettrico…), la loro proprietà necessariamente deve essere del Comune, il quale soltanto può garantire un accettabile e uniforme livello di qualità dei servizi in favore dei propri cittadini che non potrebbe essere garantito da un soggetto privato il quale, ovviamente, non potrebbe che gestire i servizi in chiave imprenditoriale e quindi in funzione dell’ottenimento di utili, con il rischio, conseguentemente, di servizi con qualità al di sotto dell’accettabile o addirittura tali da mettere a repentaglio i diritti fondamentali dei cittadini; si pensi, ad esempio, ai rischi per la salute derivanti da un servizio idrico con acque non potabili, da un servizio di depurazione fognaria non efficiente, da una rete elettrica o viaria non manutenuta (cfr. in termini TAR Sardegna Sez. II, sentenza n. 990 del 2009).
Proprio perché possano poi concretamente operare le norme nazionali e regionali vigenti in materia di corretta gestione dei servizi pubblici correlati alle opere di urbanizzazione, il legislatore espressamente ne affida la titolarità all’autorità amministrativa (cfr., ad es., la legge regionale 17.10.1997, n. 29 e il D.L.gvo 02.02.2001, n. 31, per quanto riguarda il servizio idrico, nonché il d.lgvo 30.04.1992, n. 285 per la viabilità stradale).
La gestione di simili servizi deve necessariamente essere garantita dall’ente locale vuoi con una gestione diretta, vuoi anche con la concessione, previa gara di appalto, a soggetti privati ma ovviamente, in quest’ultimo caso, con un appropriato disciplinare del servizio che, unitamente alla supervisione e controllo dell’ente concedente, assicuri una qualità delle prestazioni da rendere ai cittadini consona all’attuale momento storico.
Del resto sarebbe contraddittorio, se non addirittura paradossale, ritenere che l’ordinamento abbia dettato una precisa e rigorosa disciplina per la realizzazione delle opere di urbanizzazione necessarie per l’erogazione dei servizi pubblici -con la previsione della necessità di un piano di lottizzazione ancorato a precise norme di legge e regolamentari quanto a contenuto e procedimento di approvazione- e abbia poi rimesso la gestione degli stessi alla assoluta discrezione di soggetti privati, così da lasciare i cittadini fruitori di detti servizi essenziali del tutto in balia dei gestori privati.
Nel caso di specie sussistono poi ulteriori aspetti che conducono all’inaccettabilità della tesi sostenuta della difesa del Comune sull’assenza di un obbligo per lo stesso di prendere in carica le opere di urbanizzazione; le strade sono oramai entrate nel patrimonio del Comune per utilizzo pubblico delle stesse da oltre quarant’anni, come già affermato dalla Sezione con la sentenza n. 1738 del 2008 in relazione ad una strada della località, cosicché i danni derivanti dalla circolazione per omessa o insufficiente manutenzione non potrebbero che gravare anche sullo stesso Comune.
Peraltro non si vede in base a quale titolo i ricorrenti potrebbero essere obbligati a sostenere gli oneri per la manutenzione delle strade, tenuto conto che non hanno alcuna quota di proprietà sulle stesse, tenuto anche conto che le stesse sono soggette al pubblico transito e tenuto conto che non potrebbero essere costretti a far parte di un condominio per la loro gestione, in assenza di contitolarità sulle stesse; la partecipazione ad un consorzio per la gestione di servizi comuni, in assenza di una contitolarità sui beni, implica l’adesione volontaria per la fruizione degli stessi, che sicuramente non potrebbe essere imposta ai ricorrenti, tantomeno ai sub acquirenti delle abitazioni presenti nel compendio, stante la proprietà Comunale sul sedime stradale ed il connesso uso pubblico sullo stesso.
Per le su esposte considerazioni va accolta la domanda di accertamento dell’obbligo del Comune di Sinnai di prendere in carico le opere di urbanizzazione primaria presenti nei comparti in questione anche al fine di permettere ai cittadini di Torre delle Stelle di ottenere l’allaccio delle loro utenze ai servizi pubblici (idrico, fognario, elettrico…) erogati dai vari gestori.
2 - Per quanto riguarda l’ulteriore, ancorché correlata, domanda, come precisata nel corso del ricorso, di condanna del Comune a porre in essere tutte le attività necessarie alla manutenzione delle opere di urbanizzazione dopo la loro presa in carico, il Collegio la ritiene inammissibile.
Al riguardo, infatti, la Sezione ribadisce il proprio consolidato orientamento (già confermato dal giudice d’appello) in base al quale una domanda così prospettata è da considerarsi inammissibile e ciò non tanto sotto il profilo del difetto di giurisdizione quanto per carenza di legittimazione attiva dei ricorrenti, i quali invocano la condanna del Comune a porre in essere dei comportamenti materiali (la manutenzione delle opere di urbanizzazione) che sono, invece, rimessi alle sue scelte politico-amministrative, anche in relazione alle contingenti disponibilità di bilancio; pertanto tale pretesa non corrisponde ad una posizione di vantaggio processualmente tutelata dall’ordinamento -id est ad una situazione soggettiva qualificabile alla stregua di interesse legittimo- essendo oggetto di un compito attribuito alla pubblica amministrazione al fine di soddisfare bisogni ascrivibili alla collettività nel suo complesso, come tali non differenziabili ed in definitiva classificabili alla stregua di interessi semplici e di fatto (in termini TAR Sardegna, Sezione II, 10.09.2013 n. 602 e 10.10.2012, n. 1154; Consiglio di Stato, Sezione V, 29.12.2004, n. 7773) (TAR Sardegna, Sez. II, sentenza 27.03.2015 n. 469 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: Sullo scomputo degli oo.uu. nell'ambito di piani attuativi.
Con riferimento al primo quesito, il collegio ritiene che
non vi sia alcuna motivazione basata sull’interpretazione della modifica normativa che possa consentire il riconoscimento di uno scomputo globale e indifferenziato degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria, a fronte dell'esecuzione diretta di opere di urbanizzazione, indipendentemente dalla categoria di appartenenza, posto che le due categorie di opere sono mantenute nella loro specificazione giuridica sia nell’attuale tessuto normativo dell’art. 45 della legge regionale n. 12/2015, sia nei commi 7 e 7-bis ed 8 del d.P.R. n. 380/2001 (T.U. edilizia).
Analogamente, venendo al secondo quesito, si ribadisce che
la normativa attualmente vigente non autorizza alcuna compensazione fra le due categorie di opere di urbanizzazione, poiché la legge regionale mantiene uno stringente vincolo di correlazione fra la tipologia delle opere da realizzare ed il calcolo degli oneri per cui accordare lo scomputo, con il correlato obbligo giuridico per il privato di realizzare tutte le opere di urbanizzazione primaria ed una quota parte delle opere di urbanizzazione secondaria o di quelle necessarie per allacciare la zona ai pubblici servizi (art. 46, lett. b, della citata legge regionale).
A sostegno di tale prospettazione,
la Sezione richiama la diversa natura giuridica ed utilità pubblica sottese alla realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, secondo uno schema contenuto nella legislazione nazionale (T.U. edilizia), le cui norme rivestono carattere cogente in quanto attuatrici di principi costituzionali di tutela del paesaggio, del suolo, del territorio e dell’ambiente in cui si sviluppa la persona umana e si proteggono gli imprescindibili valori di vita e salute.
Quanto al terzo quesito, circa la facoltà di opzione riservata all’ente locale,
la disposizione di legge regionale (art. 46, lett. b, della citata legge regionale) appare chiara nella sua formulazione, laddove consente in ogni caso all’amministrazione di richiedere, anziché la diretta realizzazione delle opere a scomputo, il pagamento di una somma commisurata al costo effettivo delle opere di urbanizzazione previste nel piano attuativo e nella convenzione urbanistica, comunque mai inferiore agli oneri previsti dalla deliberazione comunale.
L’innovazione legislativa, conseguente all’abrogazione dell’avverbio “distintamente”, ha esclusivamente reso indifferenziata la sommatoria degli oneri previsti per la realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, nel caso in cui essi siano inferiori a quelli previsti. La differenza da corrispondere all’amministrazione, deve tener conto della somma globale, comprensiva delle quote riferibili ad entrambe le classi di opere di urbanizzazione e non della previsione distinta fra le due categorie di opere pubbliche da realizzare.
--------------
Il sindaco del comune di Cantù (CO), mediante nota n. 42208 del 19.11.2014, ha posto un quesito in merito al riconoscimento dello scomputo degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria in favore di privati lottizzanti in attuazione di piani attuativi.
Nel testo del quesito il sindaco fa riferimento al precedente
parere 15.09.2008 n. 66 di questa Sezione di Controllo ed all’art. 21 della legge regionale n. 7 del 2010 che ha modificato l’art. 46, comma 1, lett. b), della Legge regionale n. 12/2005.
Tale modifica ha eliminato l’avverbio “distintamente” dal contenuto normativo, per cui l’articolo in questione attualmente recita: art. 46, comma 1, lett. b), "la realizzazione a cura dei proprietari di tutte le opere di urbanizzazione primaria e di una quota parte delle opere di urbanizzazione secondaria o di quelle che siano necessarie per allacciare la zona ai pubblici servizi; le caratteristiche tecniche di tali opere devono essere esattamente definite; ove la realizzazione delle opere comporti oneri inferiori a quelli previsti per la urbanizzazione primaria e secondaria ai sensi della presente legge, è corrisposta la differenza; al comune spetta in ogni caso la possibilità di richiedere, anziché la realizzazione diretta delle opere, il pagamento di una somma commisurata al costo effettivo delle opere di urbanizzazione inerenti al piano attuativo, nonché all'entità ed alle caratteristiche dell'insediamento e comunque non inferiore agli oneri previsti dalla relativa deliberazione comunale".
Per quanto sopra esposto, il sindaco chiede:
1. se sia legittimo il riconoscimento di uno scomputo globale e indifferenziato degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria a fronte dell'esecuzione diretta di opere di urbanizzazione, indipendentemente dalla categoria di appartenenza se primarie o secondarie, pur avendo funzioni e scopi diversi come contenuto nella ratio della norma che distintamente definisce le due categorie di opere di urbanizzazione;
2. se il maggior valore realizzato in una delle due categorie di opere di urbanizzazione possa essere compensato con il minor valore delle opere realizzate nell'altra;
3. se sia comunque rimessa alla facoltà del comune la possibilità di richiedere la corresponsione della differenza in caso di minor valore di una delle due categorie di opere fino alla concorrenza dell'importo degli oneri risultante dall'applicazione delle tariffe comunali per la specifica categoria, pur se la somma complessiva delle opere previste sia comunque superiore all'importo globale degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria, o alternativamente ne risulti preclusa la possibilità a fronte dell'intervenuta modifica normativa regionale;
4. se sia possibile che il comune, nell'esercizio della propria autonomia normativa, possa emanare una specifica norma regolamentare che vieti la compensazione globale fra oneri di urbanizzazione primaria e secondaria.
...
Nel testo dell’interpello il sindaco fa riferimento al precedente
parere 15.09.2008 n. 66 di questa Sezione, esplicitando quattro connessi quesiti derivanti dal mutato quadro normativo in relazione all’abrogazione dell’avverbio “distintamente” prescritta dall’art. 21, comma 1, lett. g), della legge regionale n. 7 del 2010, modificativa, in parte qua, dell’art. 46, comma 1, lett. b), della Legge regionale n. 12/2005.
Orbene, con riferimento al primo quesito, il collegio ritiene che
non vi sia alcuna motivazione basata sull’interpretazione della modifica normativa che possa consentire il riconoscimento di uno scomputo globale e indifferenziato degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria, a fronte dell'esecuzione diretta di opere di urbanizzazione, indipendentemente dalla categoria di appartenenza, posto che le due categorie di opere sono mantenute nella loro specificazione giuridica sia nell’attuale tessuto normativo dell’art. 45 della legge regionale n. 12/2015, sia nei commi 7 e 7-bis ed 8 del d.P.R. n. 380/2001 (T.U. edilizia).
Analogamente, venendo al secondo quesito, si ribadisce che
la normativa attualmente vigente non autorizza alcuna compensazione fra le due categorie di opere di urbanizzazione, poiché la legge regionale mantiene uno stringente vincolo di correlazione fra la tipologia delle opere da realizzare ed il calcolo degli oneri per cui accordare lo scomputo, con il correlato obbligo giuridico per il privato di realizzare tutte le opere di urbanizzazione primaria ed una quota parte delle opere di urbanizzazione secondaria o di quelle necessarie per allacciare la zona ai pubblici servizi (art. 46, lett. b, della citata legge regionale).
A sostegno di tale prospettazione,
la Sezione richiama la diversa natura giuridica ed utilità pubblica sottese alla realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, secondo uno schema contenuto nella legislazione nazionale (T.U. edilizia), le cui norme rivestono carattere cogente in quanto attuatrici di principi costituzionali di tutela del paesaggio, del suolo, del territorio e dell’ambiente in cui si sviluppa la persona umana e si proteggono gli imprescindibili valori di vita e salute.
Quanto al terzo quesito, circa la facoltà di opzione riservata all’ente locale,
la disposizione di legge regionale (art. 46, lett. b, della citata legge regionale) appare chiara nella sua formulazione, laddove consente in ogni caso all’amministrazione di richiedere, anziché la diretta realizzazione delle opere a scomputo, il pagamento di una somma commisurata al costo effettivo delle opere di urbanizzazione previste nel piano attuativo e nella convenzione urbanistica, comunque mai inferiore agli oneri previsti dalla deliberazione comunale.
L’innovazione legislativa, conseguente all’abrogazione dell’avverbio “distintamente”, ha esclusivamente reso indifferenziata la sommatoria degli oneri previsti per la realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, nel caso in cui essi siano inferiori a quelli previsti. La differenza da corrispondere all’amministrazione, deve tener conto della somma globale, comprensiva delle quote riferibili ad entrambe le classi di opere di urbanizzazione e non della previsione distinta fra le due categorie di opere pubbliche da realizzare.
Venendo, infine, al quarto quesito, il collegio ritiene che la risposta ai primi due renda assorbita la questione prospettata (Corte dei Conti, Sez. controllo Lombardia, parere 23.02.2015 n. 83).

anno 2014

EDILIZIA PRIVATAIl Collegio è consapevole che, per costante giurisprudenza costante, il diritto allo scomputo degli oneri concessori postula l’accordo o, quanto meno, l’assenso del Comune.
La possibilità di sostituire le somme dovute al suddetto titolo al Comune, con la realizzazione diretta delle opere da parte del titolare della concessione edilizia, è una facoltà che necessita la formale accettazione da parte dell’amministrazione e la stipula di apposito atto convenzionale, che determini esattamente le opere di urbanizzazione che il privato si impegna a realizzare, con la conseguente esatta determinazione degli eventuali altri oneri concessori monetari dovuti.
In mancanza di tale accordo convenzionale, il soggetto che ha ottenuto il rilascio di una concessione edilizia è tenuto al pagamento integrale degli oneri concessori.
Quanto precede trova fondamento anche nella considerazione che all'Amministrazione è riservato il potere, e dunque deve esserle consentito, anche di indicare il tipo e l'entità delle opere, le modalità di esecuzione e le relative garanzie.

... per l’accertamento che nulla è dovuto per gli oneri di urbanizzazione di cui alla pratica edilizia n. 68/09 permesso a costruire n. 3/2010 del 23.06.2010, per mancata realizzazione delle opere di urbanizzazione, e che la ricorrente ha diritto alla restituzione delle somme già versate a tale titolo, previa inibizione all'ente di escutere la polizza fideiussoria rilasciata dalla Zurich a garanzia del pagamento di detti oneri.
...
2 Il Collegio è consapevole che, per costante giurisprudenza costante, il diritto allo scomputo degli oneri concessori postula l’accordo o, quanto meno, l’assenso del Comune.
2.1 La possibilità di sostituire le somme dovute al suddetto titolo al Comune, con la realizzazione diretta delle opere da parte del titolare della concessione edilizia, è una facoltà che necessita la formale accettazione da parte dell’amministrazione e la stipula di apposito atto convenzionale, che determini esattamente le opere di urbanizzazione che il privato si impegna a realizzare, con la conseguente esatta determinazione degli eventuali altri oneri concessori monetari dovuti.
2.2 In mancanza di tale accordo convenzionale, il soggetto che ha ottenuto il rilascio di una concessione edilizia è tenuto al pagamento integrale degli oneri concessori (Tar Campania, Napoli, 07.07.2010, n. 16606).
2.3 Quanto precede trova fondamento anche nella considerazione che all'Amministrazione è riservato il potere, e dunque deve esserle consentito, anche di indicare il tipo e l'entità delle opere, le modalità di esecuzione e le relative garanzie (Tar Toscana 12.12.2013 n. 1718).
3 Nel caso in esame, però la situazione si presenta con caratteristiche particolari, in quanto il Comune non avrebbe eseguito, a detta della ricorrente, alcuna opera di urbanizzazione a ridosso della scadenza del triennio di cui all’art. 12 del DPR 380/2001. Nelle proprie difese, il Comune sostanzialmente non contesta tale mancata esecuzione. Ora delle due l’una, o le opere di urbanizzazione sono già presenti e il Comune condivisibilmente ha richiesto il pagamento degli oneri concessori o sono assenti, e in tal caso il Comune si è reso inadempiente e risulta del tutto contrario al buon andamento dell’azione amministrativa e a buona fede che venga chiesto alla ricorrente il pagamento degli oneri concessori senza valutare quanto da essa effettivamente realizzato per necessità provocata dal mancato adempimento del Comune ai propri obblighi, peraltro non dettagliati nel permesso di costruire.
3.1 Ritiene il Collegio che la documentazione in atti non permetta di stabilire se le necessarie opere di urbanizzazione siano state effettivamente realizzate e se le opere realizzate dalla ricorrente siano qualificabili come opera di urbanizzazione, non potendo essere qualificato il pagamento degli oneri urbanistici come obbligazione “astratta”. Considerata, appunto, l’assenza totale di istruttoria da parte del Comune, il Collegio ritiene che sia prioritaria una rimeditata valutazione delle opere effettuate dal ricorrente (e del proprio apparente inadempimento da parte del Comune), piuttosto che una CTU come richiesto da parte ricorrente, dato che un’adeguata valutazione della situazione di fatto potrebbe consentire al Comune di trovare l’accordo con la ricorrente medesima.
4 Di conseguenza il ricorso deve essere accolto ai soli fini dell’accertamento da parte del Comune, dell’effettivo stato delle opere di urbanizzazione primarie e secondaria già presenti nel lotto e quelle ancore da realizzare, con valutazione delle opere realizzate dalla ricorrente e l’adozione di un provvedimento esplicito relativo alla loro natura di opere private o di opere di urbanizzazione che dovevano essere eseguite dal Comune. Difatti, la richiesta di pagamento degli oneri concessori effettuata dal Comune non può essere effettuata in assenza delle opere per le quali tali contributi sono stati previsti. Tali accertamenti dovranno essere eseguiti in contraddittorio con la ricorrente e portare all’emanazione di un motivato provvedimento che riesamini quanto dovuto dalla ricorrente medesima, con riferimento alle opere di urbanizzazione presenti ed eventualmente realizzate dal Comune e quelle eventualmente realizzate dalla ricorrente, con il giudizio del Comune sulla loro eventuale scomputabilità.
4.1 La domanda relativa all’inibizione dell’escussione della polizza fideiussoria non può essere accolta, dato che la stessa non è stata depositata dalle parti e, da quanto riportato nel permesso di costruire 3/2010, la polizza appare autonoma rispetto alle obbligazioni delle parti relative al permesso di costruire, per cui si tratta di questione non collegata alla domanda principale (come riqualificata dal Tribunale). del presente giudizio (e che, casomai riguarderebbe i rapporti tra la compagnia assicurativa e il comune, che non sono oggetto del presente giudizio e, comunque, esulerebbero dalla giurisdizione di questo giudice (TAR Marche, sentenza 12.12.2014 n. 1023 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: La giurisprudenza ha chiarito che la possibilità prevista dal legislatore che il concessionario si obblighi a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione deve essere concordata tra il costruttore e il Comune mediante una convenzione urbanistica che disciplini l’esecuzione di tali opere e le relative garanzie.
L’ambito precipuo della convenzione è quindi costituito dalla disciplina della realizzazione degli oneri a scomputo e del loro valore economico, mentre per la determinazione degli oneri la convenzione ha carattere accertativo degli obblighi legali, mentre è il rilascio del titolo edilizio, che può verificarsi anche a notevole distanza di tempo, ad avere carattere costitutivo dell’obbligazione.
Ne consegue che non può ritenersi che la convenzione comporti un divieto di nuova quantificazione degli oneri edilizi in sede di rilascio del permesso a costruire.
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Per quanto attiene poi all’affermata fungibilità delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, occorre rammentare la diversità ontologica e funzionale tra le due categorie: “Le opere di urbanizzazione primaria e secondaria appartengono, in effetti, a tipologie di interventi che hanno funzione differente: le prime sono costituite da quelle opere indispensabili ad assicurare l’edificabilità di un’area sotto il profilo dell’igiene, della viabilità e della sicurezza; le seconde sono costituite da quelle infrastrutture necessarie alla vita civile e comunitaria(…)”.. E ancora: “(…) mentre le prime hanno una funzione sostanzialmente servente rispetto ai singoli organismi edilizi, in quanto ne garantiscono le condizioni minime di fruibilità ed assicurano i servizi indispensabili alla civile convivenza (strade, parcheggi, fognature, etc.), le seconde mirano ad assicurare migliore vivibilità ad un ambito territoriale più vasto di quello oggetto dell’intervento da realizzare e sono a servizio dell’intera comunità (scuole, mercati di quartiere, delegazioni comunali, chiese, etc.)".
Diversamente, ovvero allorché si consentisse un trattamento in termini di reciproca fungibilità delle due categorie di opere, si consentirebbe di soddisfare in maniera difforme dalle prescrizioni normative il preminente interesse pubblico a che l’amministrazione comunale usufruisca delle opere di urbanizzazione in ragione della loro diversa funzione.
Ne consegue che la compensazione tra gli oneri economici dovuti per la realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria deve tendenzialmente escludersi, in quanto è insito nell’interesse pubblico che una determinata area sia provvista di tutti i servizi pubblici indispensabili e non solo di quelli che interessano al privato, in quanto più direttamente connessi al valore economico delle opere realizzate.

L'articolo 16, comma 1, del Testo unico sull'edilizia DPR n. 380/2001 prevede che il rilascio del permesso di costruire comporta per il privato "la corresponsione di un contributo commisurato all'incidenza degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione".
La norma stabilisce poi che “a scomputo totale o parziale della quota dovuta, il concessionario può obbligarsi a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione con le modalità e le garanzie stabilite dal Comune”. La giurisprudenza ha chiarito che la possibilità prevista dal legislatore che il concessionario si obblighi a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione deve essere concordata tra il costruttore e il Comune mediante una convenzione urbanistica che disciplini l’esecuzione di tali opere e le relative garanzie (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 02.03.2011 n. 1332).
L’ambito precipuo della convenzione è quindi costituito dalla disciplina della realizzazione degli oneri a scomputo e del loro valore economico, mentre per la determinazione degli oneri la convenzione ha carattere accertativo degli obblighi legali, mentre è il rilascio del titolo edilizio, che può verificarsi anche a notevole distanza di tempo, ad avere carattere costitutivo dell’obbligazione.
Ne consegue che non può ritenersi che la convenzione comporti un divieto di nuova quantificazione degli oneri edilizi in sede di rilascio del permesso a costruire.
Per quanto attiene poi all’affermata fungibilità delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, occorre rammentare la diversità ontologica e funzionale tra le due categorie: “Le opere di urbanizzazione primaria e secondaria appartengono, in effetti, a tipologie di interventi che hanno funzione differente: le prime sono costituite da quelle opere indispensabili ad assicurare l’edificabilità di un’area sotto il profilo dell’igiene, della viabilità e della sicurezza; le seconde sono costituite da quelle infrastrutture necessarie alla vita civile e comunitaria(…)”.. E ancora: “(…) mentre le prime hanno una funzione sostanzialmente servente rispetto ai singoli organismi edilizi, in quanto ne garantiscono le condizioni minime di fruibilità ed assicurano i servizi indispensabili alla civile convivenza (strade, parcheggi, fognature, etc.), le seconde mirano ad assicurare migliore vivibilità ad un ambito territoriale più vasto di quello oggetto dell’intervento da realizzare e sono a servizio dell’intera comunità (scuole, mercati di quartiere, delegazioni comunali, chiese, etc.)" (cfr. deliberazione 03.05.2012 n. 46 AVCP).
Diversamente, ovvero allorché si consentisse un trattamento in termini di reciproca fungibilità delle due categorie di opere, si consentirebbe di soddisfare in maniera difforme dalle prescrizioni normative il preminente interesse pubblico a che l’amministrazione comunale usufruisca delle opere di urbanizzazione in ragione della loro diversa funzione.
Ne consegue che la compensazione tra gli oneri economici dovuti per la realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria deve tendenzialmente escludersi, in quanto è insito nell’interesse pubblico che una determinata area sia provvista di tutti i servizi pubblici indispensabili e non solo di quelli che interessano al privato, in quanto più direttamente connessi al valore economico delle opere realizzate (TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 10.12.2014 n. 3003 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Le opere a scomputo.
DOMANDA:
Per opere a scomputo di opere di urbanizzazione una ditta (che è diventata stazione appaltante) ha effettuato una gara con relativa richiesta del CIG.
In questo caso il Comune non deve comunicare nulla all'Osservatorio regionale dei LL.PP.?
RISPOSTA:
L’articolo 32, comma 1, lett. g), primo periodo, del Codice dei contratti, attribuisce al privato, titolare del permesso di costruire, la funzione di stazione appaltante per la realizzazione delle opere a scomputo dei relativi oneri di urbanizzazione; il privato è, dunque, esclusivo responsabile dell’attività di progettazione, affidamento ed esecuzione delle opere di urbanizzazione, ferma restando la vigilanza da parte dell’amministrazione consistente, tra l’altro, nell’approvazione del progetto e del collaudo.
La norma configura una titolarità "diretta" della funzione di stazione appaltante in capo al privato titolare del permesso di costruire (ovvero titolare del piano di lottizzazione o di altro strumento urbanistico attuativo contemplante l'esecuzione di opere di urbanizzazione), che, in quanto "altro soggetto aggiudicatore", è tenuto ad appaltare tali opere a terzi, nel rispetto del Codice e della normativa sulle gare pubbliche (procedure di gara previste dal Codice -procedura aperta o ristretta e, solo nei casi tassativamente indicati dagli artt. 56 e 57, la procedura negoziata-, le norme sulla pubblicità, quelle sul rispetto dei termini, sui requisiti di partecipazione, la cauzione provvisoria, i criteri di aggiudicazione -prezzo più basso o offerta economicamente più vantaggiosa-, la disciplina delle offerte anomale, la corresponsione del contributo all'Autorità, le comunicazioni obbligatorie all'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici).
Quindi, l’affidamento e l’esecuzione delle opere di urbanizzazione sono sottoposti alla vigilanza dell’Autorità, e le relative informazioni sono da ritenersi obbligatorie e, di conseguenza, devono essere comunicate all’Osservatorio dei contratti pubblici (“i dati riguardanti l'affidamento e la realizzazione delle opere di urbanizzazione sono compresi nelle comunicazioni obbligatorie all' Osservatorio dei Contratti pubblici”, cfr. Determinazione Avcp n. 7 del 16.07.2009) (link a www.ancirisponde.ancitel.it).

URBANISTICALa realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria, quale condizione cui è subordinato il rilascio del permesso di costruire, non può essere soddisfatta attraverso la realizzazione di opere di urbanizzazione secondaria, tanto più se da realizzarsi in area esterna all’ambito territoriale interessato dal Piano attuativo.
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Con la nota indicata in epigrafe l’Ente ha formulato alla Sezione una richiesta di motivato avviso in materia di corretta individuazione delle modalità di riconoscimento dello scomputo degli oneri di urbanizzazione posti a carico dei privati proprietari in ragione della relativa compatibilità con i vincoli di bilancio imposti agli Enti locali.
...
1. L’Ente interroga la Sezione sull’ammissibilità di procedere allo scomputo degli oneri di urbanizzazione secondaria per la realizzazione di opere di urbanizzazione primaria in aree di urbanizzazione rientranti in Piani particolareggiati di iniziativa privata, nonché sull’ammissibilità dello scomputo anche con riferimento a opere esterne all’ambito.
Chiede inoltre se sia ammissibile lo scomputo degli oneri connessi a opere di urbanizzazione secondaria per gli interventi specificati al comma 3 dell’articolo 5 del D.P.Reg. n. 18/2012, ma posti esternamente all’ambito (come ad esempio per la manutenzione straordinaria di una scuola).
Chiede in ultimo se, alla luce delle previsioni recate dall’art. 29 della L.R. 19/2009-Codice regionale dell’edilizia, nonché dall’art. 6 del relativo Regolamento attuativo di cui al D.P.Reg. n. 18/2012 citato, il costo di costruzione possa essere soggetto a scomputo e, in caso affermativo, per quali categorie di opere.
Preliminarmente, ritiene il Collegio di dover evidenziare taluni profili di carattere sistematico, utili a meglio inquadrare la fattispecie prospettata dal Comune sotto il profilo degli istituti sia contabili che ordinamentali che in essa ricorrono.
A tal proposito, vale ricordare che l’articolo 13 della legge n. 1150 del 1942 prevede che il Piano regolatore generale sia attuato a mezzo di piani particolareggiati di esecuzione “nei quali devono essere indicate le reti stradali e i principali dati altimetrici di ciascuna zona e debbono inoltre essere determinati: le masse e le altezze delle costruzioni lungo le principali strade e piazze; gli spazi riservati ad opere od impianti di interesse pubblico; gli edifici destinati a demolizione o ricostruzione ovvero soggetti a restauro o a bonifica edilizia; le suddivisioni degli isolati in lotti fabbricabili secondo la tipologia indicata nel piano; gli elenchi catastali delle proprietà da espropriare o da vincolare; la profondità delle zone laterali a opere pubbliche, la cui occupazione serva ad integrare le finalità delle opere stesse ed a soddisfare prevedibili esigenze future. Ciascun piano particolareggiato di esecuzione deve essere corredato dalla relazione illustrativa e dal piano finanziario di cui al successivo articolo 30”.
Alla luce della normativa richiamata risulta pacifico che il piano particolareggiato, quale principale strumento di attuazione, ha la funzione fondamentale di rendere specifiche e dettagliate le direttive del piano regolatore generale, che non potrà modificare, essendo illegittimo il provvedimento di adozione di un piano particolareggiato in variante al piano regolatore generale, ai sensi degli articoli 7 e 13 della legge n. 1150 del 1942.
Dal punto di vista della disciplina contabile,
si ricorda che le entrate derivanti dalla riscossione degli oneri di urbanizzazione connessi al rilascio dei permessi di costruire sono iscritte al Titolo IV del bilancio, mentre la legislazione finanziaria degli ultimi anni ha posto precisi e cogenti vincoli di destinazione alle risorse così introitate.
Infatti, mentre dalla legge regionale n. 22 del 29.12.2010 (Legge finanziaria per il 2011) era consentito ai Comuni, per gli anni 2011 e 2012, utilizzare i proventi delle concessioni edilizie e delle sanzioni previste dal Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al d.P.R. 06.06.2001, n. 380, anche interamente per il finanziamento di spese correnti, la legge finanziaria regionale per il 2013 (l.r. n. 27/2012) ha eliminato tale possibilità, con la conseguenza che per gli esercizi finanziari 2013 e 2014 le relative entrate potranno finanziare esclusivamente le spese in conto capitale (cfr. art. 14, comma 38, l.r. finanz. cit.).
Ancora, rimanendo in tema di corretta gestione della contabilità pubblica, deve osservarsi che
le entrate derivanti dal versamento di tali oneri devono essere considerate disponibili nel bilancio dell’Ente non dal momento del loro accertamento, ma da quello della effettiva riscossione, al fine di evitare il cosiddetto criterio dell’“accertato per riscosso”, il quale può provocare temporanei vuoti di cassa e ingenerare il ricorso ad anticipazioni di tesoreria, in deroga al principio di contemporanea corresponsione del contributo all’atto del rilascio del permesso di costruire.
La disciplina sul contributo per il rilascio del permesso di costruire, per la Regione Friuli Venezia Giulia è posta all’art. 29 della legge regionale n. 19 dell’11.11.2009-Codice regionale dell’edilizia- mentre ulteriori norme di dettaglio in materia di oneri e convenzioni edilizie sono poste dal relativo Regolamento di attuazione di cui al d.P.R. 20.01.2012, n. 18 (artt. 5-7 del Capo II, recante, per l’appunto, “Disposizioni in materia di oneri e convenzioni edilizie”).
Dal complesso delle disposizioni citate si evince che il rilascio del permesso di costruire comporta la corresponsione di un contributo commisurato all’incidenza degli oneri di urbanizzazione, nonché al costo di costruzione, determinato secondo le modalità e i parametri indicati al citato art. 29.
Gli oneri concessori sono stabiliti con delibera del Consiglio comunale con riferimento alle tabelle parametriche definite per classi di Comuni in relazione alla dimensione e alla fascia demografica dei Comuni; alle caratteristiche territoriali, alle destinazioni di zona previste dagli strumenti urbanistici vigenti; agli standard o rapporti minimi inderogabili tra insediamenti residenziali o produttivi e spazi pubblici o destinati a verde pubblico o a parcheggio, da osservarsi nella redazione degli strumenti urbanistici comunali.
La quota di contributo inerente gli oneri di urbanizzazione è corrisposta al Comune all’atto del rilascio del permesso di costruire e può essere rateizzata a richiesta dell’interessato.
A scomputo totale o parziale del contributo dovuto, il richiedente il permesso di costruire può obbligarsi a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione richieste dal Comune, nel rispetto della normativa in materia di contratti pubblici, ovvero, anche, costituire diritti perpetui di uso pubblico su aree, secondo le modalità e le garanzie stabilite dal Comune. Le opere realizzate o i diritti perpetui di uso pubblico sulle aree interessate sono acquisiti al patrimonio indisponibile del Comune e devono rientrare nell’aggiornamento dell’inventario.
Il momento di passaggio della proprietà e della titolarità di dette opere pubbliche deve individuarsi nell’atto di collaudo e di consegna dei lavori al Comune.
2. Venendo al merito dei quesiti, può osservarsi che, tanto alla luce di un criterio ermeneutico di tipo letterale, quanto di tipo logico-sistematico,
le opere di urbanizzazione primaria e secondaria si configurano come istituti tra loro diversi e non sovrapponibili quanto a natura, funzioni e finalità.
Vale in tal senso richiamare l’art. 5 del citato Regolamento attuativo del Codice regionale dell’edilizia, il quale distingue le opere di urbanizzazione rilevanti ai fini della determinazione dell’incidenza dei relativi oneri, in opere di urbanizzazione primaria e secondaria (primo comma), dettandone, al comma successivo una distinta elencazione, conformemente, peraltro, a quanto stabilito in sede statale dal d.P.R. n. 380/2001 (rispettivamente, ai commi 7, 7-bis e 8 dell’art. 16).
Rientrano nella prima categoria le strade locali, spazi di sosta e parcheggi, nuclei elementari di verde, fognature, rete idrica, illuminazione pubblica, rete di distribuzione dell’energia elettrica e del gas, cavi per il passaggio di reti di telecomunicazioni.
Appartengono alla seconda: le strade di quartiere e di scorrimento, asili nido e scuole di ogni ordine e grado, chiese, impianti sportivi di quartiere, aree verdi, impianti di smaltimento dei rifiuti, sedi locali di forze dell’ordine, vigili del fuoco, protezione civile.
Deve pertanto ritenersi che dalle richiamate disposizioni,
sia di fonte statale che regionale, emerge come le opere di urbanizzazione primaria e secondaria siano considerate separatamente dal legislatore in ragione della loro diversa funzione e che la relativa ratio debba essere rinvenuta non tanto e non solo nell’attribuire un’entrata ai Comuni, quanto piuttosto nell’assicurare l’esecuzione delle opere o in via diretta (a scomputo del contributo dovuto a titolo di permesso di costruire), ovvero mediante la corresponsione del relativo costo (cfr. in tal senso sez. reg.le Piemonte,
parere 20.05.2010 n. 40, nonché sez. reg.le Lombardia, parere 15.09.2008 n. 66).
Sulla base di tale generale ricostruzione normativa e interpretativa, il Collegio osserva che va dunque coerentemente intesa anche la previsione recata dal sesto comma dell’ art. 29 della legge regionale 19/2009, laddove prevede che: “La deliberazione del Consiglio comunale(…) determina, altresì, la misura percentuale della compensazione fra oneri di urbanizzazione primaria e secondaria e fra oneri di urbanizzazione e costo di costruzione per gli interventi previsti dal comma 2” .
Trattasi, evidentemente, di una norma che, introducendo una mera facoltà per il Comune, non può porsi in contrasto con il preminente interesse pubblico a che l’Amministrazione comunale usufruisca delle opere di urbanizzazione, in ragione della loro diversa funzione: di rendere effettivamente edificabile l’area su cui sorgerà l’intervento edilizio, dotandola dei manufatti e dei servizi indispensabili per l’agibilità e la fruibilità del fabbricato secondo la destinazione d’uso, quanto a quelle di urbanizzazione primaria; di arricchire la comunità urbanizzata nel suo complesso di strutture e servizi a fini generali (asili, parchi, biblioteche, impianti sportivi, etc.) quanto a quelle di urbanizzazione secondaria.
In sostanza, deve ritenersi che
solo allorché risultino comunque salvaguardate le diverse esigenze di ordinato sviluppo del territorio, conseguenti agli interventi di trasformazione urbanistica, cui sono distintamente finalizzate le opere di urbanizzazione della prima e della seconda categoria, sarà possibile prevedere, in via residuale, ipotesi di compensazione a carico del privato proprietario.
Peraltro, deve ancora osservarsi che ulteriori elementi orientativi per l’interprete possono trarsi dalla evoluzione normativa in materia di disciplina delle opere a scomputo degli oneri di urbanizzazione, intervenuta in epoca successiva alla disposizione regionale richiamata.
A livello statale, l’art. 45, comma 1, del D.L. n. 201 del 06.12.2011 ha infatti introdotto all’art. 16 del d.P.R. n. 380/2001 il comma 16-bis, che così dispone: “Nell’ambito degli strumenti attuativi e degli atti equivalenti comunque denominati nonché degli interventi in diretta attuazione dello strumento urbanistico generale, l’esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione primaria di cui al comma 7, di importo inferiore alla soglia di cui all’articolo 28, comma 1, lett. c), del D.Lgs. 12.04.2006, n. 163, funzionali all’intervento di trasformazione urbanistica del territorio, è a carico del titolare del permesso di costruire e non trova applicazione il decreto legislativo 12.04.2006, n. 163”.
Con tale norma, il legislatore, in un’ottica di semplificazione, ha stabilito che
nell’ambito degli strumenti attuativi e degli atti equivalenti comunque denominati, nonché degli interventi in diretta attuazione dello strumento urbanistico generale, l’esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria, di importo inferiore alla soglia comunitaria, è a carico del titolare del permesso di costruire, è sottratta alla disciplina del Codice dei contratti pubblici e può essere realizzata direttamente (ovvero con affidamento diretto e senza ricorso a procedure di gara, negoziata o a evidenza pubblica) dai soggetti attuatori di piani urbanistici e dai titolari di un permesso di costruire.
La novella normativa appare coerente con la diversità ontologica e funzionale sopra richiamata: “
Le opere di urbanizzazione primaria e secondaria appartengono, in effetti, a tipologie di interventi che hanno funzione differente: le prime sono costituite da quelle opere indispensabili ad assicurare l’edificabilità di un’area sotto il profilo dell’igiene, della viabilità e della sicurezza; le seconde sono costituite da quelle infrastrutture necessarie alla vita civile e comunitaria(…)”.. E ancora: “(…) mentre le prime hanno una funzione sostanzialmente servente rispetto ai singoli organismi edilizi, in quanto ne garantiscono le condizioni minime di fruibilità ed assicurano i servizi indispensabili alla civile convivenza (strade, parcheggi, fognature, etc.), le seconde mirano ad assicurare migliore vivibilità ad un ambito territoriale più vasto di quello oggetto dell’intervento da realizzare e sono a servizio dell’intera comunità (scuole, mercati di quartiere, delegazioni comunali, chiese, etc.)" (cfr. deliberazione 03.05.2012 n. 46 AVCP).
Diversamente, ovvero
allorché si consentisse un trattamento in termini di reciproca fungibilità delle due categorie di opere, si consentirebbe di soddisfare in maniera difforme dalle prescrizioni normative da ultimo introdotte dal legislatore statale nella materia dei contratti pubblici il preminente interesse pubblico a che l’amministrazione comunale usufruisca delle opere di urbanizzazione in ragione della loro diversa funzione (cfr. sez. reg.le controllo Piemonte
parere 20.05.2010 n. 40 cit.).
Nel medesimo ordine di considerazioni non constano peraltro interventi ulteriori sul versante della disciplina regionale nel settore in esame; mentre, sul versante propriamente contabile, l’intervento del legislatore regionale è consistito, come sopra ricordato (vd. art. 14, comma 38, l.r. n. 22/2010) unicamente nell’escludere tra le possibili destinazioni dei proventi delle concessioni edilizie, l’utilizzo per il finanziamento di spese di parte corrente, senza nulla aggiungere in merito a eventuali possibili operazioni di compensazione tra gli oneri concessori e il valore della realizzazione delle opere di urbanizzazione poste a carico del privato proprietario.
Da tale complesso e articolato iter evolutivo, con riguardo ai quesiti posti dal Comune richiedente, deve conclusivamente osservarsi che
la realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria, quale condizione cui è subordinato il rilascio del permesso di costruire, non può essere soddisfatta attraverso la realizzazione di opere di urbanizzazione secondaria, tanto più se da realizzarsi in area esterna all’ambito territoriale interessato dal Piano attuativo.
Rimangono assorbiti gli ulteriori quesiti di cui ai punti 2. e 3.della richiesta formulata dal Comune (Corte dei Conti, Sez. controllo Friuli Venezia Giulia, parere 24.06.2014 n. 112).

EDILIZIA PRIVATA: Secondo giurisprudenza costante, il diritto allo scomputo degli oneri concessori postula l’accordo o, quanto meno, l’assenso del Comune.
La possibilità di sostituire le somme dovute al suddetto titolo al Comune, con la realizzazione diretta delle opere da parte del titolare della concessione edilizia, è una facoltà che necessita la formale accettazione da parte dell’amministrazione e la stipula di apposito atto convenzionale, che determini esattamente le opere di urbanizzazione che il privato si impegna a realizzare, con la conseguente esatta determinazione degli eventuali altri oneri concessori monetari dovuti.
In mancanza di tale accordo convenzionale, il soggetto che ha ottenuto il rilascio di una concessione edilizia è tenuto al pagamento integrale degli oneri concessori.
Quanto precede trova fondamento anche nella considerazione che all'Amministrazione è riservato il potere, e dunque deve esserle consentito, anche di indicare il tipo e l'entità delle opere, le modalità di esecuzione e le relative garanzie.
Ne discende che lo scomputo degli oneri concessori non può trovare ingresso laddove, come nel caso di specie, manchi l’accettazione del Comune e la contestuale elencazione dettagliata delle opere da portare a scomputo e la valutazione dell’idoneità delle suddette opere a soddisfare un interesse pubblico.

... per l'annullamento delle concessioni edilizie nn. 2823, 2824 e 2825/2002, rilasciate alla ricorrente, nella parte in cui prevedono il pagamento di opere di urbanizzazione primaria non dovute;
...
Si può prescindere dalle questioni preliminari in quanto il ricorso è infondato.
Dall’esame della documentazione in atti è possibile rilevare che le ricorrenti hanno chiesto ed ottenuto 3 concessioni edilizie (n. 2823/2002, n. 2824/2002 e n. 2825/2002 tutte del 18.07.2002) per la realizzazione di fabbricati per civili abitazioni.
In precedenza le ricorrenti hanno ottenuto una concessione edilizia (n. 2767/2002 del 13.07.2002), esente da contributo di costruzione, per la realizzazione di opere di urbanizzazione primaria al sevizio dei costruendi edifici residenziali, assumendo l’onere di garantirne l’ultimazione mediante fidejussione assicurativa di € 32.618,00.
Nella concessione edilizia da ultimo citata si richiama l’atto unilaterale d’obbligo in data 07.06.2002 con cui le ricorrenti si erano impegnate a realizzare in proprio alcune opere di urbanizzazione e a cederle al Comune, unitamente alla aree di sedime, qualora il Comune stesso ne avesse fatto richiesta.
La portata e l’entità delle suddette opere non risulta specificata; le prescrizioni ivi contenute riguardano esclusivamente la necessità di tenere separata la viabilità privata da quella pubblica e le modalità di realizzazione dell’impiantistica fognaria per la raccolta delle acque meteoriche; stando alle affermazioni del Comune si sarebbe trattato di meri allacciamenti.
Infine dalla documentazione in atti non risulta che le ricorrenti abbiano chiesto al Comune lo scomputo dagli oneri concessori né delle eventuali opere di urbanizzazione di cui all’atto unilaterale d’obbligo né di altre opere; né d’altra parte è possibile ricavare altrimenti l’esistenza di un accordo in tal senso o, quanto meno, di un atto di assenso da parte del Comune.
Tali circostanze, non contestate dalla parte ricorrente, depongono per l’infondatezza del ricorso.
Invero, secondo giurisprudenza costante, il diritto allo scomputo degli oneri concessori postula l’accordo o, quanto meno, l’assenso del Comune.
La possibilità di sostituire le somme dovute al suddetto titolo al Comune, con la realizzazione diretta delle opere da parte del titolare della concessione edilizia, è una facoltà che necessita la formale accettazione da parte dell’amministrazione e la stipula di apposito atto convenzionale, che determini esattamente le opere di urbanizzazione che il privato si impegna a realizzare, con la conseguente esatta determinazione degli eventuali altri oneri concessori monetari dovuti.
In mancanza di tale accordo convenzionale, il soggetto che ha ottenuto il rilascio di una concessione edilizia è tenuto al pagamento integrale degli oneri concessori (cfr. TAR Campania, Napoli, sez. VIII, 07.07.2010, n. 16606).
Quanto precede trova fondamento anche nella considerazione che all'Amministrazione è riservato il potere, e dunque deve esserle consentito, anche di indicare il tipo e l'entità delle opere, le modalità di esecuzione e le relative garanzie (cfr. TAR Toscana, sez. III, 12.12.2013 n. 1718).
Ne discende che lo scomputo degli oneri concessori non può trovare ingresso laddove, come nel caso di specie, manchi l’accettazione del Comune e la contestuale elencazione dettagliata delle opere da portare a scomputo e la valutazione dell’idoneità delle suddette opere a soddisfare un interesse pubblico (TAR Emilia Romagna-Parma, sentenza 28.05.2014 n. 169 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2013

EDILIZIA PRIVATA: La possibilità di realizzazione diretta delle opere di urbanizzazione, a scomputo dei contributi, è sempre condizionata al preventivo assenso comunale, avendo l’Amministrazione anche il potere di indicare il tipo e l’entità delle opere, le modalità di esecuzione e le relative garanzie.
La realizzazione di opere di urbanizzazione <a scomputo> è prevista dall’art. 16, comma 2, del DPR n. 380 del 2001, a mente del quale “a scomputo totale o parziale della quota dovuta, il titolare del permesso può obbligarsi a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione, nel rispetto dell’art. 2, comma 5, della legge 11.02.1994, n. 109, e successive modificazioni, con le modalità e le garanzie stabilite dal comune, con conseguente acquisizione delle opere realizzate al patrimonio indisponibile del comune”.
La giurisprudenza maggioritaria interpreta il dato normativo nel senso che la possibilità di realizzazione diretta delle opere di urbanizzazione, a scomputo dei contributi, è sempre condizionata al preventivo assenso comunale, avendo l’Amministrazione anche il potere di indicare il tipo e l’entità delle opere, le modalità di esecuzione e le relative garanzie. A tale impostazione si è ispirata anche la Sezione (sentenze 14.09.2004, n. 3782 e 01.07.2010, n. 2252), con orientamento che il Collegio condivide e ribadisce.
Nel caso di specie non vi è stata consenso del Comune di Calcinaia in ordine alla realizzazione delle opere a scomputo di cui alla domanda giudiziaria, il che preclude quindi la possibilità di porre a carico dell’Amministrazione il relativo onere economico. La pretesa di parte ricorrente (che chiede il rimborso di opere realizzate senza il consenso del Comune) contrasta peraltro con la condotta seguita nella medesima vicenda in precedenti ipotesi, nelle quali la società ricorrente aveva previamente ottenuto l’assenso dell’Amministrazione alla realizzazione delle opere di urbanizzazione (con riferimento al marciapiede e alla fognatura) (TAR Toscana, Sez. III, sentenza 12.12.2013 n. 1718 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATALa realizzazione di opere di urbanizzazione <a scomputo> è prevista dall’art. 16, comma 2, del DPR n. 380 del 2001, a mente del quale “a scomputo totale o parziale della quota dovuta, il titolare del permesso può obbligarsi a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione, nel rispetto dell’art. 2, comma 5, della legge 11.02.1994, n. 109, e successive modificazioni, con le modalità e le garanzie stabilite dal comune, con conseguente acquisizione delle opere realizzate al patrimonio indisponibile del comune”.
La giurisprudenza maggioritaria interpreta il dato normativo nel senso che la possibilità di realizzazione diretta delle opere di urbanizzazione, a scomputo dei contributi, è sempre condizionata al preventivo assenso comunale, avendo l’Amministrazione anche il potere di indicare il tipo e l’entità delle opere, le modalità di esecuzione e le relative garanzie.

... per l'accertamento delle maggior somme indebitamente corrisposte al Comune di Calcinaia a titolo di oneri di urbanizzazione, con la conseguente condanna del Comune di Calcinaia alla restituzione alla ricorrente della somma complessiva di € 35.784,25 oltre interessi dal dì del dovuto al soddisfo, oppure quella diversa che risulterà di giustizia, sempre oltre interessi dal dì del dovuto al soddisfo.
...
Il Collegio ritiene che il ricorso sia privo di fondamento, sulla base delle considerazioni che seguono.
La realizzazione di opere di urbanizzazione <a scomputo> è prevista dall’art. 16, comma 2, del DPR n. 380 del 2001, a mente del quale “a scomputo totale o parziale della quota dovuta, il titolare del permesso può obbligarsi a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione, nel rispetto dell’art. 2, comma 5, della legge 11.02.1994, n. 109, e successive modificazioni, con le modalità e le garanzie stabilite dal comune, con conseguente acquisizione delle opere realizzate al patrimonio indisponibile del comune”.
La giurisprudenza maggioritaria interpreta il dato normativo nel senso che la possibilità di realizzazione diretta delle opere di urbanizzazione, a scomputo dei contributi, è sempre condizionata al preventivo assenso comunale, avendo l’Amministrazione anche il potere di indicare il tipo e l’entità delle opere, le modalità di esecuzione e le relative garanzie.
A tale impostazione si è ispirata anche la Sezione (sentenze 14.09.2004, n. 3782 e 01.07.2010, n. 2252), con orientamento che il Collegio condivide e ribadisce.
Nel caso di specie non vi è stata consenso del Comune di Calcinaia in ordine alla realizzazione delle opere a scomputo di cui alla domanda giudiziaria, il che preclude quindi la possibilità di porre a carico dell’Amministrazione il relativo onere economico. La pretesa di parte ricorrente (che chiede il rimborso di opere realizzate senza il consenso del Comune) contrasta peraltro con la condotta seguita nella medesima vicenda in precedenti ipotesi, nelle quali la società ricorrente aveva previamente ottenuto l’assenso dell’Amministrazione alla realizzazione delle opere di urbanizzazione (con riferimento al marciapiede e alla fognatura) (TAR Toscana, Sez. III, sentenza 12.12.2013 n. 1718 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: R. Travaglini, Annotazioni critiche sul documento ITACA - Conferenza delle Regioni “Realizzazione delle opere di urbanizzazione a scomputo dei relativi oneri (26.11.2013 - link a http://venetoius.it).

EDILIZIA PRIVATA: OPERE DI URBANIZZAZIONE A SCOMPUTO DEGLI ONERI DI URBANIZZAZIONE.
Approvate dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, nella seduta del 07.11.2013, le linee guida ITACA recanti “Realizzazione delle opere a scomputo degli oneri di urbanizzazione”.
Le Linee Guida sono il risultato dell’attività di uno specifico gruppo di lavoro costituito presso Itaca e coordinato dalla Regione Veneto, allo scopo di fornire strumenti operativi di ausilio alle piccole e medie amministrazioni aggiudicatrici nella realizzazione delle opere di urbanizzazione attraverso l’istituto dello scomputo dei relativi oneri.
Tale esigenza è nata dalla considerazione della particolare complessità della materia, dovuta principalmente al suo assoggettamento alla disciplina degli appalti pubblici, affermato per la prima volta dalla Corte di Giustizia delle Comunità Europee nella sentenza 12.07.2001, (C-399/98), con obbligo per l’operatore edilizio di realizzare le opere di urbanizzazione a scomputo agendo come stazione appaltante mediante indizione di procedure di evidenza pubblica.
I ripetuti interventi normativi finalizzati ad adeguare l’ordinamento interno ai principi comunitari hanno formato oggetto di numerosi indirizzi interpretativi nel tentativo di risolvere le questioni lasciate irrisolte dal legislatore, senza tuttavia offrire un quadro organico e sistematico utile per la concreta gestione dei procedimenti connessi all’attuazione degli interventi di urbanizzazione.
Le linee guida ITACA muovono da un differente approccio, che, partendo dalla corretta qualificazione giuridica della fattispecie normativa, si propone di individuare e diffondere best practices che possano costituire guida per gli enti locali ed operatori economici privati nella strutturazione dei reciproci rapporti in rispondenza a criteri di opportunità ed efficienza. Inoltre, il supporto operativo è fornito anche attraverso l’elaborazione di una convenzione urbanistica tipo che contempla la realizzazione delle opere di urbanizzazione a scomputo, predisposta in forma modulare a seconda dell’opzione prescelta tra quelle consentite dalla legge.
Il documento si articola pertanto in:
- linee guida (allegato 1), volte ad indicare le best pratices che le amministrazioni dovrebbero seguire operativamente nella gestione del procedimento di realizzazione delle opere di urbanizzazione a scomputo;
- due schemi di convenzione-tipo rispettivamente per le opere di urbanizzazione sopra (allegato 2) e sottosoglia (allegato 3).
Nelle linee guida sono trattate le questioni fondamentali della materia, sia con riferimento agli aspetti urbanistici sia con riguardo a quelli appaltistici: i punti più significativi e qualificanti attengono infatti alla enucleazione dei poteri di controllo delle amministrazioni comunali durante tutta la fase di attuazione delle opere previste in convenzione, al ruolo del responsabile del procedimento, alle opere “ulteriori” rispetto a quelle da realizzare a scomputo, alla individuazione delle fattispecie di realizzazione diretta da parte dell’operatore edilizio delle opere di urbanizzazione primaria sotto soglia.
Le linee guida Itaca approvate oggi dalla Conferenza delle Regioni –afferma l’assessore Massimo Giorgetti di Regione Veneto, Vicepresidente di ITACA– forniranno un importante ausilio alle piccole e medie amministrazioni comunali, impegnate nella delicata gestione delle gare per l’affidamento delle opere, ed al rapporto convenzionale tra l’operatore edilizio e la stessa amministrazione”.
Tale esigenza –sottolinea Giorgetti– deriva dalla circostanza che si tratta pur sempre di opere pubbliche e che, una volta realizzate, sono destinate ad essere acquisite al patrimonio pubblico, e quindi, la qualità delle opere e la rispondenza delle stesse alle esigenze dell’amministrazione, sono fattori determinanti ai fini del corretto agire pubblico” (11.11.2013 - link a www.itaca.org).

EDILIZIA PRIVATAUrbanizzazione, benefici estesi. L'aliquota ridotta al 10% si estende alle opere assimilate. Gli effetti della risoluzione n. 69/E basata sulle indicazioni della Corte costituzionale.
Cadono i paletti per l'applicazione dell'Iva con l'aliquota ridotta 10% sulle opere di urbanizzazione primaria e secondaria.

L'Agenzia delle entrate, sulla base di un parere del ministero delle infrastrutture e di una sentenza della Corte costituzionale, con la risoluzione 16.10.2013 n. 69/E ha riconosciuto che l'agevolazione non è circoscritta esclusivamente alle tipologie elencate dalla legge del 1964, ma si estende alle opere che le leggi successive dichiarano assimilate «a ogni effetto» a quelle di urbanizzazione.
A beneficiare del mutato orientamento dell'amministrazione, nell'occasione, i lavori per la realizzazione della banda larga, oggetto della risoluzione. Ma anche i cavedi multiservizi e i cavidotti per il passaggio delle reti di telecomunicazione, ai quali la precedente risoluzione n. 41 del 2006 aveva negato l'Iva ridotta. Al di là dei singoli casi, è comunque importante il nuovo indirizzo interpretativo, che sovverte il principio del «numero chiuso» ai fini fiscali della categoria in esame.
Le disposizioni e le interpretazioni. La voce n. 127-quinquies della tabella A, parte III, allegata al dpr 633/1972 assoggetta all'aliquota del 10%, tra l'altro, le «opere di urbanizzazione primaria e secondaria elencate nell'art. 4 della legge 29.09.1964, n. 847, integrato dall'art. 44 della legge 22.10.1971, n. 865». L'aliquota del 10% è applicabile, oltre che alle cessioni di dette opere:
- alle forniture di beni finiti destinati alla loro realizzazione (voce n. 127-sexies)
- alle prestazioni di servizi, dipendenti da contratti d'appalto, relativi alla loro realizzazione (voce n. 127-septies)
- agli interventi di recupero, escluse le manutenzioni ordinarie e straordinarie (questa fattispecie, invero, non è esplicitamente inclusa nella corrispondente voce n. 127-quaterdecies, ma l'agevolazione è confermata dalla circolare ministeriale n. 1/E del 02.03.1994)
- alle forniture di beni finiti destinati ai suddetti interventi di recupero (voce n. 127-terdecies).
La questione trattata dalla risoluzione n. 69/2013 riguardava, ancora una volta, la portata dell'elencazione delle opere di urbanizzazione. All'Agenzia era stato chiesto di sapere se l'art. 2, comma 5, del dl n. 112/2008, secondo cui le infrastrutture destinate all'installazione di reti e impianti di comunicazione elettronica in fibra ottica sono assimilate a ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria di cui all'art. 16, comma 7, del dpr n. 380/2001, consentisse di applicare l'aliquota Iva del 10% ai corrispettivi dell'appalto per la realizzazione delle suddette infrastrutture.
L'Agenzia ha ritenuto necessario chiedere lumi al ministero per le infrastrutture in ordine alla portata della locuzione «a ogni effetto», contenuta nella norma di assimilazione. Il ministero ha osservato che l'art. 16 dpr 380/2001 (T.u. edilizia) contiene l'elencazione degli interventi di urbanizzazione primaria e secondaria, sostanzialmente riproduttiva degli interventi di cui alla legge n. 847/1964, cui aggiunge anche i cavedi multiservizi e i cavidotti per il passaggio di reti di telecomunicazione.
L'art. 86 comma 3, del dlgs n. 259/2003 stabilisce che le infrastrutture di reti pubbliche di comunicazioni, di cui agli artt. 87 e 88, sono assimilate ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria di cui all'articolo 16, comma 7, dpr 380/2001. Infine, l'art. 2, comma 5, dl n. 112/2008 reca analoga disposizione per le infrastrutture destinate all'installazione di reti e impianti di comunicazione elettronica in fibra ottica.
Venendo allo specifico punto, il ministero ha rilevato che la Corte costituzionale, nella sentenza 27.07.2005, n. 336, in relazione all'art. 86, comma 3, dlgs 259/2003, ha chiarito che «la scelta di inserire le infrastrutture di reti di comunicazione tra le opere di urbanizzazione primaria esprime un principio fondamentale della legislazione urbanistica, come tale di competenza dello stato, al pari dell'analoga scelta legislativa di carattere generale che ha portato il citato articolo 16, commi 7 e 7-bis, del dpr n. 380/2001, a classificare come opere di urbanizzazione primaria, tra le altre, le strade residenziali, gli spazi di sosta e di parcheggio, le fognature, nonché i cavedi multi servizi e i cavidotti per il passaggio di reti di telecomunicazioni. Non si tratta, pertanto, di una norma di dettaglio, ma di una norma che fissa un principio basilare nella materia del governo del territorio».
Ne segue, da un lato, che l'elenco delle opere di urbanizzazione, attualmente, è recato dal dpr 380/2001 (che ha quindi riunificato l'elencazione della categoria, incorporando le norme precedenti) e, dall'altro, che il legislatore, nell'ampliare la categoria delle opere di urbanizzazione, ha operato una scelta legislativa di carattere generale, e non di dettaglio, analoga a quella operata, a suo tempo, nel classificare come opere di urbanizzazione primaria le strade residenziali, gli spazi di sosta e di parcheggio ecc., menzionate dalla precedente normativa. Si deve pertanto ritenere che quando il legislatore richiami tale testo per introdurre dell'ordinamento giuridico altre opere da assimilare «ad ogni effetto» a quelle di urbanizzazione, tale rinvio riguarda anche le disposizioni in materia di Iva, ancorché le disposizioni del dpr 633/1972 continuino a fare riferimento testuale alla legge n. 847.
Per queste ragioni, la risoluzione n. 69/2013 ha dato il via libera all'aliquota ridotta sui lavori per la banda larga e, in base al nuovo principio, ha dichiarato superato l'orientamento restrittivo espresso con la risoluzione n. 41/2006 in relazione ai cavedi e cavidotti per telecomunicazioni (articolo ItaliaOggi Sette del 28.10.2013).

EDILIZIA PRIVATAPermessi di costruire, monito Ue alle p.a.. Promossa con riserva la norma introdotta dal decreto salva-italia.
Gli uffici della Commissione europea hanno promosso, con qualche riserva, il comma 2-bis dell'art. 16 del Testo unico sull'edilizia, dpr n. 380/2001, approvato con il decreto-legge n. 201/2001 (cosiddetto «salva-Italia», del governo Monti).
La norma esonera dall'obbligo di applicare il codice dei contratti i titolari dei permessi di costruire (che possono realizzare le opere di urbanizzazione, a scomputo dei contributi dovuti per il rilascio del permesso), nel caso in cui il valore economico delle sole opere di urbanizzazione primaria sia inferiore alla soglia comunitaria di 5 milioni di euro.

Pronunciandosi su un reclamo concernente l'incompatibilità della norma col diritto europeo degli appalti pubblici, la Commissione ha deciso di non procedere nei confronti dello stato italiano con motivazioni che è bene siano conosciute soprattutto dalle amministrazioni tenute ad applicare tale disposizione
Il reclamo è stato respinto perché la Commissione afferma che l'obbligo, a carico degli stati membri, di applicare le direttive 2004/17/Ce e 2004/18/Ce vale soltanto per gli appalti d'importo uguale o superiore alle soglie fissate in tali direttive, e non per quelli d'importo inferiore, come quelli disciplinati appunto dall'art. 16, c. 2-bis.
Ma su questo punto la Commissione precisa che, «qualora vi sia un interesse» trans-frontaliero certo nell'esecuzione di opere di urbanizzazione primaria, un affidamento diretto dei lavori «senza alcuna trasparenza ad un soggetto appartenente allo stato membro» può configurarsi come violazione dei princìpi del Trattato.
Il reclamo evidenzia pure la possibilità che la norma riproduca una situazione giuridica (analoga a un'altra, già oggetto di condanna dalla Corte di Giustizia Ue) in base alla quale il valore della soglia comunitaria possa essere calcolato rispetto ai singoli lotti della Convenzione e non rispetto al valore globale dei differenti lavori, eludendo così gli obblighi stabiliti dalle direttive comunitarie. A questo proposito la Commissione ha affermato che il problema non si presenta, dal momento che l'art. 29, c. 7, lett. a), del codice dei contratti pubblici riproduce il testo dell'art. 9, c. 5, lett. a), della direttiva 2004/18/Ch, disponendo che quando un'opera prevista possa dar luogo ad appalti aggiudicati contemporaneamente per lotti distinti, il valore da considerare è quello complessivo stimato della totalità di tali lotti.
All'obiezione mossa sulla base del fatto che il comma 2-bis in questione preveda di disapplicare il codice dei contratti nella sua totalità, e non solo di alcune norme contenute in esso, la Commissione ha risposto dicendo che l'art. 29 del codice, in quanto norma strumentale, si deve applicare a tutti gli appalti pubblici e che (indipendentemente da quanto scritto nell'art. 16, c. 2-bis) il metodo di calcolo fissato da questo articolo deve essere applicato comunque per individuare gli appalti rispetto ai quali trova applicazione il regime derogatorio del comma 2-bis, e quelli rispetto ai quali continuerà a trovare applicazione, integralmente, il codice dei contratti
L'ultima motivazione in base alla quale gli uffici hanno deciso di non avviare una procedura d'infrazione rispetto all'Italia suona come un'accusa nei confronti di questa norma e della tecnica legislativa adottata. Infatti la Commissione scrive: «L'interpretazione della norma non è univoca. In particolare non è chiaro se l'esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione primaria “a carico” del titolare del permesso di costruire sia complementare o alternativa all'obbligo previsto dal comma 1 dello stesso articolo, e in particolare se anche in tal caso sia prevista la possibilità di scomputo totale o parziale della quota relativa agli oneri di urbanizzazione».
Non si tratta di una formale messa in mora del nostro paese, ma di un invito a parlamento e governo a precisare la norma contenuta nel decreto «salva-Italia» e a vigilare sull'attuazione da parte delle amministrazioni aggiudicatrici (articolo ItaliaOggi del 04.06.2013).

URBANISTICA: Il pagamento dei lavori effettuati mediante l’impiego delle somme derivanti dall’escussione di una polizza fideiussoria, stipulata in attuazione di convenzione urbanistica, a garanzia della corretta esecuzione delle opere di urbanizzazione (primaria e secondaria), non possono essere contabilizzate “nell’ambito delle partite di giro”, quali spese per “opere che dovevano inizialmente essere eseguite da privati” e, come tali, escluse dal patto di stabilità.
Sono “partite di giro” le entrate e le spese che costituiscono, nel contempo, un credito ed un debito per l’ente.
La fattispecie dedotta dal Comune non pare assolutamente sussumibile nelle c.d. partite di giro ossia nei servizi per conto terzi, di cui all’art. 168 del TUEL.
Il completamento delle opere di urbanizzazione, se pure inizialmente di competenza di altri, infatti, è stato assunto non per conto di terzi bensì “in proprio” dall’ente, che innegabilmente si è “accollato” il rischio, operativo e patrimoniale, dell’intervento.

A tal fine,
il comune ha dovuto porre in essere tutta una serie di adempimenti preliminari (primo fra tutti, l’inserimento delle opere nel programma triennale e, a seguire, l’approvazione del relativo progetto e l’espletamento delle procedure di affidamento dell’appalto), che hanno consentito la riconduzione, all’interno delle competenze comunali, delle opere in questione, a riprova del fatto che non si tratta più di un’attività di terzi.
Si nutrono, inoltre, dubbi che, nella specie, possa realizzarsi quel perfetto equilibrio, sia in sede preventiva che consuntiva, tra le entrate e le spese e tra le riscossioni ed i pagamenti, che caratterizza le partite di giro (ciò anche in considerazione dell’espletamento di una procedura ad evidenza pubblica).
Poiché la connotazione, in termini di neutralità ed irrilevanza per il bilancio dell’ente (e, del pari, ai fini della determinazione del saldo del Patto di stabilità), dei c.d. servizi per conto terzi è subordinata alla piena ed assoluta corrispondenza dell’operazione finanziaria sottostante alla rigida classificazione contenuta nel già richiamato D.P.R. n. 194/1996, qualsivoglia “forzatura” o errore nella allocazione delle relative poste costituisce grave irregolarità contabile.
La non corretta contabilizzazione di importi da collocare in altri Titoli dell’entrata e della spesa, infatti, concretizza non solo una violazione del Principio contabile dianzi richiamato, vincolante per l’ente locale, ma anche delle disposizioni del TUEL che disciplinano i servizi per conto terzi (o partite di giro), con effetti anche sul piano del rispetto, sostanziale ed effettivo, del Patto di stabilità.

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Il sindaco del Comune di Grisignano di Zocco (VI), con la suindicata richiesta di parere, presentata ai sensi dell’art. 7, comma 8, della legge 05.06.2003, n. 131, precisando che, solo da quest’anno, l’Ente è soggetto alle regole del patto di stabilità, chiede se il pagamento dei lavori effettuati mediante l’impiego delle somme derivanti dall’escussione di una polizza fideiussoria, stipulata in attuazione di convenzione urbanistica, a garanzia della corretta esecuzione delle opere di urbanizzazione (primaria e secondaria), già impegnate nel 2011, possano essere contabilizzate “nell’ambito delle partite di giro”, quali spese per “opere che dovevano inizialmente essere eseguite da privati” e, come tali, escluse dal patto di stabilità.
...
Nel merito, come si è evidenziato, il Comune di Grisignano di Zocco chiede se possa ritenersi escluso dal patto di stabilità il pagamento dei lavori di completamento delle opere di urbanizzazione connesse all’attuazione di una convenzione urbanistica, da effettuarsi utilizzando le somme rinvenienti dalla escussione di una polizza fideiussoria stipulata a garanzia dell’obbligo di eseguire dette opere (solo parzialmente adempiuto), già impegnate, a tal fine, nell’esercizio 2011.
L’esclusione troverebbe fondamento nella collocazione della relativa spesa tra le c.d. “partite di giro”, in ragione del fatto che si tratterebbe di “opere che dovevano inizialmente essere eseguite da privati”.
La risposta al suesposto quesito necessita della preliminare individuazione di quelle che, secondo l’ordinamento contabile, costituiscono “partite di giro”, sì da verificare se la fattispecie posta all’esame della Sezione possa o meno trovare collocazione in tale ambito ed essere, quindi, esclusa dal saldo finanziario contemplato dall’art. 31.
Secondo l’intendimento comune,
sono “partite di giro” le entrate e le spese che costituiscono, nel contempo, un credito ed un debito per l’ente.
Tali entrate e spese non sono effettive (non producono, cioè, alcun effetto sul risultato economico della gestione), ma vengono annotate in bilancio solo “per memoria”.
L’art. 2, comma 8, del D.P.R. 31.01.1996, n. 194, ne contiene una elencazione, che comprende: le ritenute previdenziali e assistenziali, le ritenute erariali, altri tipi di ritenute, i depositi cauzionali, i depositi per spese contrattuali, le gestione dei fondi economali ed i c.d. servizi per conto terzi.
L’art. 168 del TUEL, al comma 1, ne prescrive la collocazione in appositi capitoli, in modo da palesarne in via immediata la natura figurativa e neutrale per il bilancio dell’ente, enunciando, al comma 2, il principio dell’equivalenza -ulteriormente esplicitato nel punto 25 del Principio contabile n. 2, applicabile al sistema di contabilità degli enti locali– in base al quale “la misura dell’accertamento deve garantire l’equivalenza con l’impegno sul correlato capitolo delle spese” (in sostanza, il pareggio tra le entrate e le uscite).
In via di eccezione al carattere autorizzatorio del bilancio, il comma 2 dell’art. 164 del T.U.E.L. consente l’assunzione di impegni di spesa oltre gli stanziamenti previsti, mentre il successivo art. 175, per evitare commistioni con la ordinaria gestione di bilancio, al comma 7, esclude variazioni di dotazione finanziaria dei relativi capitoli con altre sezioni del bilancio stesso.
Sempre secondo il Principio contabile n. 2, punto 25 –e secondo l’orientamento, pressoché costante, della Corte dei conti– le voci ascrivibili alle “partite di giro” sono soltanto quelle “tipizzate” nell’elencazione contenuta nel citato D.P.R. 194/1996, ciò evincendosi, tra l’altro, dal divieto, sancito dall’art. 165, comma 12, del T.U.E.L., di inclusione tra i “servizi per conto terzi” delle funzioni delegate dalle Regioni.
Da siffatta disposizione, peraltro, si desume, altresì, che i suddetti servizi, sono tali e, dunque, costituiscono partite di giro, solo quando si tratti di attività estranee alle competenze (anche delegate) dell’ente, ovvero quando siano realizzate nel preminente interesse di soggetti terzi e rispetto ad esse l’ente medesimo non assuma alcun rischio, né operativo né patrimoniale, qualificandosi, in definitiva, come mero esecutore materiale di determinazioni altrui.
Alla luce di quanto puntualizzato,
la fattispecie dedotta dal Comune di Grisignano di Zocco non pare assolutamente sussumibile nelle c.d. partite di giro ossia nei servizi per conto terzi, di cui all’art. 168 del TUEL.
Il completamento delle opere di urbanizzazione, se pure inizialmente di competenza di altri, infatti, è stato assunto non per conto di terzi bensì “in proprio” dall’ente, che innegabilmente si è “accollato” il rischio, operativo e patrimoniale, dell’intervento.

A tal fine,
il comune ha dovuto porre in essere tutta una serie di adempimenti preliminari (primo fra tutti, l’inserimento delle opere nel programma triennale e, a seguire, l’approvazione del relativo progetto e l’espletamento delle procedure di affidamento dell’appalto), che hanno consentito la riconduzione, all’interno delle competenze comunali, delle opere in questione, a riprova del fatto che non si tratta più di un’attività di terzi.
Si nutrono, inoltre, dubbi che, nella specie, possa realizzarsi quel perfetto equilibrio, sia in sede preventiva che consuntiva, tra le entrate e le spese e tra le riscossioni ed i pagamenti, che caratterizza le partite di giro (ciò anche in considerazione dell’espletamento di una procedura ad evidenza pubblica).
Poiché la connotazione, in termini di neutralità ed irrilevanza per il bilancio dell’ente (e, del pari, ai fini della determinazione del saldo del Patto di stabilità), dei c.d. servizi per conto terzi è subordinata alla piena ed assoluta corrispondenza dell’operazione finanziaria sottostante alla rigida classificazione contenuta nel già richiamato D.P.R. n. 194/1996, qualsivoglia “forzatura” o errore nella allocazione delle relative poste costituisce grave irregolarità contabile.
La non corretta contabilizzazione di importi da collocare in altri Titoli dell’entrata e della spesa, infatti, concretizza non solo una violazione del Principio contabile dianzi richiamato, vincolante per l’ente locale, ma anche delle disposizioni del TUEL che disciplinano i servizi per conto terzi (o partite di giro), con effetti anche sul piano del rispetto, sostanziale ed effettivo, del Patto di stabilità.

Non è un caso che l’art. 1, comma 111-ter, della Legge 13.12.2013, n. 220, così come modificato dall’art. 20, comma 12, della Legge n. 111/2011, codifichi, sia pure in via solo esemplificativa, tra le condotte elusive, proprio l’errata iscrizione di spese nei servizi per conto terzi.
All’evidenza, la sottrazione di poste che avrebbero dovuto concorrere alla quantificazione dell’obiettivo finanziario del saldo del Patto, attraverso una allocazione difforme dalla reale natura delle stesse, può comportare l’inesatta determinazione di tale obiettivo e la conseguente “elusione” del Patto, alla quale, se accertata, seguirà l’irrogazione di sanzioni a all’ente ed agli amministratori (Corte dei Conti, Sez. controllo Veneto, parere 15.05.2013 n. 128).

EDILIZIA PRIVATA: Premesso che il contributo di costruzione è posto a carico del costruttore a titolo di partecipazione del concessionario ai costi delle opere di urbanizzazione in proporzione all'insieme dei benefici che la nuova costruzione ne ritrae, la deroga alla onerosità della concessione ricorre nelle ipotesi tassativamente previste dalla legge e, per quanto attiene in particolare la lettera f) dell’art. 9, l. citata, se ricorrano due requisiti che devono entrambi concorrere per fondare lo speciale regime di gratuità della concessione, l'uno di tipo soggettivo, per effetto del quale le opere devono essere eseguite da un ente istituzionalmente competente e l'altro di carattere oggettivo per effetto del quale la costruzione deve riguardare opere pubbliche o di interesse generale.
Nella fattispecie difettano entrambi i requisiti. Invero, il titolare della concessione edilizia non riveste lo status di soggetto pubblico o equiparato, essendo invece una società privata che svolge un’attività commerciale, e l'intervento realizzato non costituisce espletamento di un'attività istituzionale o di interesse pubblico, essendo le opere edilizie in questione (un complesso ricettivo per anziani) palesemente finalizzate ad assecondare le finalità di lucro proprie del soggetto di diritto privato.
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Deve escludersi la configurazione dell’intervento edilizio quale attrezzatura socio–sanitaria e, quindi, quale opera di urbanizzazione secondaria.
Infatti, trattasi di un complesso immobiliare di circa 16.000 metri cubi da destinare a “residenze e servizi per anziani”, della superficie di metri quadrati 22.710, articolata in 36 mono-alloggi e 36 camere multiple dotate di bagni e servizio autonomo di cucina.
Dal punto di vista strutturale va, quindi, evidenziata una prevalente configurazione di tipo ricettivo o residenziale, piuttosto che quella di una struttura sanitaria, essendo quest’ultima caratterizzata dalla prevalenza di spazi destinati alla prestazione di servizi propriamente sanitari, mentre, nel caso i servizi ambulatoriali raggiungono complessivamente i 300 metri quadri, a fronte dei servizi residenziali che coprono in tutto una superficie pari a 6.700 metri quadrati.
Non sussistono, quindi, le caratteristiche che consentano di annoverare la struttura tra quelle sanitarie in senso proprio, mancando la prevalenza di spazi destinati alla prestazione di servizi propriamente sanitari.
Ne consegue che l’intervento edilizio non è assolutamente assimilabile ad una struttura sanitaria e non costituisce di conseguenza opera di urbanizzazione.
Peraltro, le opere di urbanizzazione secondaria sono caratterizzate dalla destinazione prioritaria all’uso della generalità degli utenti o, comunque, ad essere messe a disposizione dell'intera collettività, anche se dietro pagamento di un corrispettivo fissato dal Comune in misura tale che consenta il godimento da parte della collettività indifferenziata degli utenti.
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L'art. 10 della legge 28.01.1977 n. 10 distingue, ai fini della determinazione del contributo del costo di costruzione, gli edifici o gli impianti destinati ad attività industriale e artigianale dirette alla trasformazione dei beni e alla prestazione di servizi, dalle costruzioni od impianti destinati ad attività turistiche, commerciali o direzionali, prevedendo per i primi manufatti le agevolazioni contributive ed escludendole per i secondi.
La concessione edilizia qui in questione non rientra tra gli impianti destinati ad attività produttive.
Ad escludere la configurazione di un complesso alberghiero come un'attività produttiva è proprio il dettato normativo sopra indicato che menziona espressamente gli impianti turistici tra i manufatti per i quali il legislatore in base ad una scelta insindacabile ha ritenuto non possa farsi luogo alla concessione del beneficio de quo e non v'è dubbio che l'esistenza di un siffatto dato normativo è di per sé preclusivo di quale che sia interpretazione estensiva.
E questo a prescindere dall'utilizzo dei normali canoni ermeneutici per cui riesce veramente difficile equiparare un complesso di immobili destinati ad un'attività ricettizia ad un'attività industriale di produzione di beni e servizi.

Il Comune di Firenze rilasciava alla società “La Fontenuova s.r.l.” concessione edilizia per la realizzazione di un complesso immobiliare da destinare a “residenza e servizi per anziani” (concessione edilizia n. 163 del 2000), determinando gli oneri ed i contributi di cui alla l. 28.01.1977, n. 10 in lire 517.886.416 per urbanizzazioni primarie; lire 222.628.002 per urbanizzazioni secondarie; lire 1.156.335.850 per contributo sul costo di costruzione.
La società Fontenuova con ricorso al TAR Toscana gravava la suddetta concessione edilizia, assumendone la gratuità ai sensi dell’art. 9, lett. f), della l. n. 10 del 1977 e, in subordine, la parziale gratuità, con esenzione dal solo costo di costruzione ai sensi dell’art. 10, della medesima legge n. 10 del 1977.
Con sentenza n. 1819 del 06.12.2001, il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana respingeva il ricorso, non ravvisando nella concessione edilizia di cui trattasi le caratteristiche previste dalla legge per le ipotesi di gratuità totale o parziale.
La società La Fontenuova ha proposto appello avverso la suddetta sentenza di cui chiede l’annullamento o la riforma perché erronea alla stregua dei seguenti motivi:
- violazione dell’articolo 9, lettera f), della l. n. 10 del 1977, che prevede l’esenzione del contributo per le concessioni rilasciate per la realizzazione di opere pubbliche o di interesse generale da parte degli enti istituzionalmente competenti, ovvero nel caso di opere di urbanizzazioni eseguite anche da privati in attuazione di strumenti urbanistici generali;
- violazione dell’art. 10, comma 1, della l. n. 10 del 1977, che esenta dal pagamento del costo di costruzione le concessioni edilizie volte alla realizzazione di strutture destinate ad un’attività di tipo industriale.
...
L’art. 9, lettera f), della l. 28.01.1977, n. 10 -richiamata dalla società appellante a sostegno del gravame- stabilisce che “Il contributo di cui al precedente articolo 3 non è dovuto (…) f) per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti nonché per le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici”.
Premesso che il contributo di costruzione è posto a carico del costruttore a titolo di partecipazione del concessionario ai costi delle opere di urbanizzazione in proporzione all'insieme dei benefici che la nuova costruzione ne ritrae (cfr., Cons. Stato Sez. V, 21.04.2006 n. 2258), la deroga alla onerosità della concessione ricorre nelle ipotesi tassativamente previste dalla legge e, per quanto attiene in particolare la lettera f) dell’art. 9, l. citata, se ricorrano due requisiti che devono entrambi concorrere per fondare lo speciale regime di gratuità della concessione, l'uno di tipo soggettivo, per effetto del quale le opere devono essere eseguite da un ente istituzionalmente competente e l'altro di carattere oggettivo per effetto del quale la costruzione deve riguardare opere pubbliche o di interesse generale (cfr. Sez. V, 20.10.2004 n. 6818; Sez. VI, 05.06.2007 n.2981; Cons. Stato Sez. IV, 02.03.2011, n. 1332).
Nella fattispecie difettano entrambi i requisiti.
Il titolare della concessione edilizia non riveste lo status di soggetto pubblico o equiparato, essendo invece una società privata che svolge un’attività commerciale, e l'intervento realizzato non costituisce espletamento di un'attività istituzionale o di interesse pubblico, essendo le opere edilizie in questione (un complesso ricettivo per anziani) palesemente finalizzate ad assecondare le finalità di lucro proprie del soggetto di diritto privato.
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Sotto altro profilo deve escludersi la configurazione dell’intervento quale attrezzatura socio–sanitaria e, quindi, quale opera di urbanizzazione secondaria.
L’intervento edilizio di cui trattasi consiste, infatti, in un complesso immobiliare di circa 16.000 metri cubi da destinare a “residenze e servizi per anziani” realizzato su un’area di particolare pregio paesaggistico sita in Firenze, della superficie di metri quadrati 22.710, articolata in 36 mono-alloggi e 36 camere multiple dotate di bagni e servizio autonomo di cucina.
Dal punto di vista strutturale va, quindi, evidenziata una prevalente configurazione di tipo ricettivo o residenziale, piuttosto che quella di una struttura sanitaria, essendo quest’ultima caratterizzata dalla prevalenza di spazi destinati alla prestazione di servizi propriamente sanitari, mentre, nel caso i servizi ambulatoriali raggiungono complessivamente i 300 metri quadri, a fronte dei servizi residenziali che coprono in tutto una superficie pari a 6.700 metri quadrati.
Non sussistono, quindi, le caratteristiche che consentano di annoverare la struttura tra quelle sanitarie in senso proprio, mancando la prevalenza di spazi destinati alla prestazione di servizi propriamente sanitari.
Ne consegue che l’intervento edilizio non è assolutamente assimilabile ad una struttura sanitaria e non costituisce di conseguenza opera di urbanizzazione.
Peraltro, le opere di urbanizzazione secondaria sono caratterizzate dalla destinazione prioritaria all’uso della generalità degli utenti o, comunque, ad essere messe a disposizione dell'intera collettività, anche se dietro pagamento di un corrispettivo fissato dal Comune in misura tale che consenta il godimento da parte della collettività indifferenziata degli utenti.
Caratteristiche che non ricorrono nel caso della struttura realizzata dalla società appellante.
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L'art. 10 della legge 28.01.1977 n. 10 distingue, ai fini della determinazione del contributo del costo di costruzione, gli edifici o gli impianti destinati ad attività industriale e artigianale dirette alla trasformazione dei beni e alla prestazione di servizi, dalle costruzioni od impianti destinati ad attività turistiche, commerciali o direzionali, prevedendo per i primi manufatti le agevolazioni contributive ed escludendole per i secondi.
La concessione edilizia qui in questione non rientra tra gli impianti destinati ad attività produttive.
Ad escludere la configurazione di un complesso alberghiero come un'attività produttiva è proprio il dettato normativo sopra indicato che menziona espressamente gli impianti turistici tra i manufatti per i quali il legislatore in base ad una scelta insindacabile ha ritenuto non possa farsi luogo alla concessione del beneficio de quo e non v'è dubbio che l'esistenza di un siffatto dato normativo è di per sé preclusivo di quale che sia interpretazione estensiva.
E questo a prescindere dall'utilizzo dei normali canoni ermeneutici per cui riesce veramente difficile equiparare un complesso di immobili destinati ad un'attività ricettizia ad un'attività industriale di produzione di beni e servizi (cfr., Cons. Stato, sez. IV, n. 4488 del 12.07.2010)
(Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 07.05.2013 n. 2467 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAOpere a scomputo, per realizzarle serve una prova scritta. Perché gli oneri di urbanizzazione siano sostituiti da lavori non è sufficiente l'accordo verbale con la PA.
La prova che una Amministrazione accetta la realizzazione di opere a scomputo degli oneri di urbanizzazione deve risultare da atti scritti e non solo da accordi verbali.
Si è espresso in questi termini il TAR Piemonte, Sez. I, con la sentenza 22.03.2013 n. 356.
Il caso esaminato dal Tribunale Amministrativo riguarda una società che aveva ottenuto la concessione edilizia per la realizzazione di alcuni fabbricati e pagato la prima rata degli oneri di urbanizzazione.
Dopo il pagamento, la società aveva presentato un progetto di riqualificazione di un immobile comunale che avrebbe dovuto sostituire il pagamento della seconda e della terza rata degli oneri di urbanizzazione.
Il Comune, che in un primo momento si era mostrato interessato, aveva in seguito preteso il versamento delle rate e delle sanzioni per il ritardo nel pagamento.
A questo punto la società aveva obiettato che i termini di pagamento erano stati sospesi dato che l’Amministrazione in un primo momento aveva accolto la proposta delle opere a scomputo degli oneri di urbanizzazione con una nota assessorile.
Il Tar ha però precisato che nella nota c’era solo l’invito a prendere accordi con l’ufficio competente per la redazione del progetto. Dagli atti non risultava che la società avesse agito in tal senso né che l’Amministrazione avesse autorizzato la realizzazione delle opere.
Il ricorso è stato quindi respinto perché gli accordi verbali non sono sufficienti a provare le intenzioni della Pubblica Amministrazione (commento tratto da www.edilportale.com - TAR Piemonte, Sez. I, sentenza link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo la controversia concernente l’osservanza degli obblighi assunti dal privato nei confronti dell’ente locale in ordine alla realizzazione di opere di urbanizzazione ed alla cessione gratuita all’ente delle aree stradali e dei servizi, ambito nel quale è esperibile dinanzi a detto giudice l’azione di cui all’art. 2932 c.c..
La domanda è ammissibile in quanto, come chiarito dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (sentenza 20.07.2012, n. 28), rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo la controversia concernente l’osservanza degli obblighi assunti dal privato nei confronti dell’ente locale in ordine alla realizzazione di opere di urbanizzazione ed alla cessione gratuita all’ente delle aree stradali e dei servizi, ambito nel quale è esperibile dinanzi a detto giudice l’azione di cui all’art. 2932 c.c. (TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 22.02.2013 n. 243 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAL’articolo 16 del d.p.r. n. 380 del 2001 prevede che le opere di urbanizzazione possano essere eseguite a scomputo (dei soli oneri di urbanizzazione) solo previo accordo con il Comune; difatti, avendo le opere di urbanizzazione un fine pubblico, è l’Ente locale che, nell’ambito dei propri compiti istituzionali e delle risorse a ciò destinate, deve decidere quali opere realizzare e quali costi sostenere a tal fine.
Tale disciplina, inoltre, è di stretta interpretazione, tanto più che essa appare anche derogatoria al regime generale dell’affidamento mediante pubblica gara dell’incarico di esecuzione di opere pubbliche (e difatti l’articolo 16, comma 2-bis, del d.p.r. n. 380 del 2001, come recentemente modificato, ammette tale deroga solo per lavori di importo sottosoglia comunitaria).
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L’istituto dell’indebito arricchimento non può essere utilizzato per ottenere il medesimo risultato che viceversa non si è realizzato proprio perché non ne sono stati rispettati i presupposti di legge.
Si realizzerebbe, in caso contrario, una palese contraddizione nell’ordinamento.
Proprio per tali ragioni, infatti, il requisito, fondamentale, della sussidiarietà, dell’azione di arricchimento senza causa, è inteso in giurisprudenza in senso astratto e non in concreto.
Vale a dire che se, in astratto, il fatto è regolato da una specifica fattispecie, ma la stessa non si è realizzata per la mancanza di un suo requisito essenziale (nel caso in questione, per la mancanza della preventiva approvazione da parte dell’Ente locale delle opere di urbanizzazione realizzate), non può trovare applicazione in via sussidiaria l’azione di indebito arricchimento, al fine di ottenere quel medesimo spostamento patrimoniale che sarebbe stato l’effetto della fattispecie non verificatasi.
In altre parole, è solo l’assenza in astratto e non la mera mancata realizzazione, in concreto, di una fattispecie idonea a giustificare lo spostamento patrimoniale, che può consentire, in via sussidiaria, l’applicazione dell’azione di indebito arricchimento.

Con la delibera impugnata, l’Amministrazione resistente ha approvato il progetto concernente le opere di urbanizzazione, già realizzate in proprio dalla ricorrente, su aree dalla medesima cedute a titolo gratuito all’Amministrazione (nell’ambito di un intervento edilizio volto alla realizzazione di un complesso residenziale), ai sensi dell’articolo 58 delle NTA del PRG vigente (che prevede, appunto, la cessione del 20% della superficie fondiaria per interventi sui lotti liberi, fermo restando il pagamento degli oneri concessori).
La ricorrente ha ritenuto di realizzare tali opere in virtù di quanto previsto nel medesimo articolo 58 delle NTA, laddove prevede che l’Amministrazione comunale provvede alla predisposizione di un piano di urbanizzazione e, in caso di inerzia di quest’ultima, i privati possono proporre un intervento diretto e a scomputo degli oneri concessori.
Deludendo le aspettative della ricorrente, l’Amministrazione resistente, tuttavia, con la delibera impugnata, si è limitata ad approvare e collaudare i lavori eseguiti, specificando tuttavia di non volersene accollare gli oneri, a scomputo di quelli di urbanizzazione, peraltro già ampiamente corrisposti dalla ricorrente stessa.
Ciò premesso, nel presente ricorso si lamenta la violazione del citato articolo 58 delle NTA dell’articolo 16 del d.p.r. n. 380 del 2001, laddove la P.A. pur accettando le opere così come eseguite dalla ricorrente ha ritenuto di non doverne scomputare il costo né dagli oneri di urbanizzazione né dai costi di costruzione; si osserva, a tal fine, inoltre, che in tal modo si realizzerebbe un indebito arricchimento a tutto vantaggio dell’Amministrazione stessa.
All’udienza del 07.02.2013, la causa è passata in decisione.
Il ricorso è infondato.
Come ammesso dalla stessa ricorrente, l’articolo 58 delle NTA del PRG vigente prevede che l’Amministrazione resistente avrebbe dovuto predisporre un piano di urbanizzazione.
Tuttavia, per l’ipotesi in cui, come nel caso di specie, essa sia inadempiente a tale obbligo, il medesimo articolo prevede che i privati “potranno proporre il proprio intervento diretto a scomputo degli oneri concessori”.
A ben vedere, quindi, già dal tenore testuale della disciplina richiamata, il privato ha l’onere di proporre preliminarmente il proprio progetto di intervento all’approvazione dell’Amministrazione comunale.
Nel caso di specie, viceversa, la ricorrente non si è conformata a tale paradigma e pertanto non né può reclamare gli effetti a proprio vantaggio, come se lo avesse fatto.
Del resto, in linea più generale e di principio, l’articolo 16 del d.p.r. n. 380 del 2001 prevede che le opere di urbanizzazione possano essere eseguite a scomputo (dei soli oneri di urbanizzazione) solo previo accordo con il Comune (cfr. Tar Catania, sentenza n. 279 del 2012); difatti, avendo le opere di urbanizzazione un fine pubblico, è l’Ente locale che, nell’ambito dei propri compiti istituzionali e delle risorse a ciò destinate, deve decidere quali opere realizzare e quali costi sostenere a tal fine (cfr. Tar Palermo, sentenza n. 126 del 2012).
Tale disciplina, inoltre, è di stretta interpretazione, tanto più che essa appare anche derogatoria al regime generale dell’affidamento mediante pubblica gara dell’incarico di esecuzione di opere pubbliche (e difatti l’articolo 16, comma 2-bis, del d.p.r. n. 380 del 2001, come recentemente modificato, ammette tale deroga solo per lavori di importo sottosoglia comunitaria).
In conclusione non ricorrono i presupposti di legge per scomputare i costi sostenuti dall’impresa dagli oneri di urbanizzazione dalla medesima dovuti al Comune.
A tal proposito, la medesima ricorrente osserva che, in ogni caso, il Comune ha accettato tali opere e pertanto in tal modo si realizzerebbe un indebito arricchimento del medesimo, che finirebbe per percepire gli oneri concessori oltre alla cessione a titolo gratuito delle opere di urbanizzazione.
La questione dell’indebito arricchimento, pertanto, non viene posta nel ricorso come fonte legale di un’obbligazione e quindi come causa petendi di una domanda di pagamento di una somma di denaro, ma ci si limita a prospettarla come conseguenza inaccettabile dell’interpretazione viceversa accolta dal Collegio.
Nei predetti limiti, pertanto, occorre farsi carico del suo esame.
A ben vedere, tale indebito arricchimento è frutto di una scelta consapevole della stessa ricorrente, la quale, al fine di realizzare le opere autorizzate, ha ritenuto di non voler o poter attendere la programmazione e realizzazione delle opere di urbanizzazione da parte del Comune, provvedendovi pertanto di propria iniziativa.
Quindi è indubbiamente un’attività che la ricorrente ha compiuto consapevolmente nel proprio interesse.
Ciò premesso, osserva il Collegio, che l’istituto dell’indebito arricchimento non può essere utilizzato per ottenere il medesimo risultato che viceversa non si è realizzato proprio perché non ne sono stati rispettati i presupposti di legge.
Si realizzerebbe, in caso contrario, una palese contraddizione nell’ordinamento.
Proprio per tali ragioni, infatti, il requisito, fondamentale, della sussidiarietà, dell’azione di arricchimento senza causa, è inteso in giurisprudenza in senso astratto e non in concreto (cfr. Tar Molise, sentenza n. 402 del 2012; Cassazione civile, sentenza n. 1216 del 2012; Tar Lazio, sentenza n. 1306 del 2012).
Vale a dire che se, in astratto, il fatto è regolato da una specifica fattispecie, ma la stessa non si è realizzata per la mancanza di un suo requisito essenziale (nel caso in questione, per la mancanza della preventiva approvazione da parte dell’Ente locale delle opere di urbanizzazione realizzate), non può trovare applicazione in via sussidiaria l’azione di indebito arricchimento, al fine di ottenere quel medesimo spostamento patrimoniale che sarebbe stato l’effetto della fattispecie non verificatasi.
In altre parole, è solo l’assenza in astratto e non la mera mancata realizzazione, in concreto, di una fattispecie idonea a giustificare lo spostamento patrimoniale, che può consentire, in via sussidiaria, l’applicazione dell’azione di indebito arricchimento.
Quindi nessun argomento contrario alla soluzione qui prescelta può derivare dal richiamo a tale azione di indebito arricchimento (TAR Abruzzo-Pescara, sentenza 21.02.2013 n. 129 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: In data 31.08.2010 la ricorrente depositava presso l’amministrazione comunale la contabilità dei lavori concernenti le opere di urbanizzazione primaria soggette a scomputo.
Successivamente, in data 29.02.2012 la medesima società presentava al Comune una nuova contabilità dei lavori, recante gli importi superiori che hanno determinato l’odierna contestazione.
Ritiene il Collegio che questa nuova produzione della ricorrente non valga a determinare una valutazione di sopravvenuta illegittimità della determinazione assunta dall’amministrazione comunale.
Da un lato, infatti, non è stata indicata alcuna ragionevole giustificazione della produzione –a distanza di quasi 2 anni– di una seconda contabilità, recante valori economici di importo sensibilmente superiori rispetto a quanto precedentemente comunicato.
Dall’altro lato tale ripensamento della ricorrente risulta vieppiù incomprensibile se si considera che fin dal 2006 i lavori erano stati già abbondantemente eseguiti e risultava già interamente chiusa la relativa procedura amministrativa (comunicazione di fine lavori, collaudo, delibera di approvazione del collaudo da parte della giunta comunale).
Con la conseguenza che si rivela corretta la decisione dell’amministrazione di tenere in considerazione, ai fini della definitiva determinazione dell’onere concessorio, soltanto il primo computo metrico prodotto (ndr: contabilità lavori), restando a carico della ricorrente (imputet sibi) un’eventuale ulteriore spesa rispetto a quella precedentemente documentata.

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... per l'annullamento del provvedimento prot. n. 19923 del 14.09.2010, con il quale è stato richiesto alla società ricorrente il pagamento di un conguaglio per opere di urbanizzazione primaria nella misura di euro 57.232.13;
...
FATTO
La società Po.D. de J. S.p.a. ha realizzato un complesso intervento edilizio nel Comune di Sestu, località “More Corraxe”.
A tal fine ha stipulato, in data 09.03.2003, la convenzione urbanistica n. 4035 di attuazione dello stralcio 1 del Piano di Lottizzazione “More Corraxe” e, in pari data, la convenzione urbanistica n. 4036 di attuazione dello stralcio 2 del medesimo Piano di Lottizzazione.
In entrambe le convenzioni l’art. 6 prevedeva che l’amministrazione comunale avrebbe scontato dal contributo commisurato al costo di costruzione ex lege n. 10/1977 l’importo pari al 50% del costo della realizzazione del collettore fognario.
Successivamente il Comune di Sestu rilasciava le concessioni edilizie previste per la realizzazione delle opere convenzionate.
Sennonché, nell’assunto della ricorrente, col provvedimento impugnato il Comune di Sestu avrebbe determinato un conguaglio errato rispetto a quanto concordato in sede di convenzionamento.
Di qui il ricorso in esame affidato ai seguenti motivi:
Violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 5 della legge 28.01.1977 n. 10 e dell’art. 16, comma 2, del DPR 06.06.2001 n. 380 – Eccesso di potere e carenza di motivazione anche per violazione e falsa applicazione dell’art. 6 della Convenzione urbanistica n. 4035 del 09.03.2003 e dell’art. 7 della la convenzione urbanistica n. 4036 di pari data: in quanto l’amministrazione comunale avrebbe erroneamente conteggiato i costi sopportati dalla ricorrente per la realizzazione diretta delle opere di urbanizzazione primaria.
Concludeva quindi la ricorrente chiedendo l’annullamento del provvedimento impugnato, con vittoria delle spese.
Per resistere al ricorso si è costituito il Comune di Sestu che, con articolate difese scritte, ne ha chiesto il rigetto, vinte le spese.
A seguito di rinuncia al mandato degli originari difensori, con memoria di costituzione depositata il 30.11.2012, la società ricorrente si è costituita con nuovo procuratore.
In vista dell’udienza di trattazione le controparti hanno depositato ulteriori scritti difensivi con i quali hanno confermato le rispettive conclusioni.
Alla pubblica udienza del 16.01.2013, sentiti i difensori delle parti, la causa è stata posta in decisione.
DIRITTO
La vicenda per cui è causa concerne la quantificazione dello scomputo previsto -in favore della ricorrente- dalla convenzione urbanistica stipulata col Comune di Sestu in data 09.03.2003 rispetto al contributo dovuto commisurato al costo di costruzione ex lege n. 10/1977.
Nell’atto convenzionale, infatti, si prescriveva un riduzione di tale contributo nella misura del 50% del costo di realizzazione del collettore fognario.
A ben vedere, infatti, le discordanze tra le controparti non concernono l’applicazione o meno dell’anzidetta riduzione, pacificamente riconosciuta dall’amministrazione comunale, ma attengono esclusivamente al quantum del costo sopportato dalla ricorrente quale base applicativa dello scomputo.
In particolare la ricorrente contesta la quantificazione operata dal Comune circa il costo di realizzazione della condotta fognaria assumendo di aver sostenuto un costo complessivo pari ad euro 2.018.496,62, valutabili al 50% per euro 1.009.248,31, con la conseguenza che non solo sarebbe errata la richiesta del conguagli di euro 57.232,13 operata dal Comune di Sestu, ma, a ben vedere si determinerebbe addirittura un credito in suo favore.
L’argomento non merita accoglimento.
In data 31.08.2010 la ricorrente depositava presso l’amministrazione comunale la contabilità dei lavori concernenti le opere di urbanizzazione primaria soggette a scomputo.
Sulla base della documentazione presentata (allegati 3, 4, 5, 6 delle produzioni comunali) il Comune di Sestu provvedeva alla liquidazione dello scomputo, determinandolo in euro 517.008,95 (pari al 50% di euro 1.034.017,89).
Tenuto conto dello scomputo già precedentemente applicato, l’ente comunale determinava la somma ancora dovuta dalla ricorrente in euro 57.232,13 e, al fine del recupero, adottava il provvedimento oggi impugnato.
Successivamente all’adozione di tale provvedimento, in data 29.02.2012, la società Po. presentava al Comune di Sestu una nuova contabilità dei lavori, recante gli importi superiori che hanno determinato l’odierna contestazione.
Ritiene il Collegio che questa nuova produzione della ricorrente non valga a determinare una valutazione di sopravvenuta illegittimità della determinazione assunta dall’amministrazione comunale.
Da un lato, infatti, non è stata indicata alcuna ragionevole giustificazione della produzione –a distanza di quasi 2 anni– di una seconda contabilità, recante valori economici di importo sensibilmente superiori rispetto a quanto precedentemente comunicato dalla stessa società Po..
Dall’altro lato tale ripensamento della ricorrente risulta vieppiù incomprensibile se si considera che fin dal 2006 i lavori erano stati già abbondantemente eseguiti e risultava già interamente chiusa la relativa procedura amministrativa (comunicazione di fine lavori, collaudo, delibera di approvazione del collaudo da parte della giunta comunale: vedi allegati 7, 8, 9, e 10 delle difese comunali).
Con la conseguenza che si rivela corretta la decisione dell’amministrazione di tenere in considerazione, ai fini della definitiva determinazione dell’onere concessorio, soltanto il primo computo metrico prodotto, restando a carico della ricorrente (imputet sibi) un’eventuale ulteriore spesa rispetto a quella precedentemente documentata.
Di qui la reiezione del ricorso n esame.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo (TAR Sardegna, Sez. II, sentenza 23.01.2013 n. 50 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2012

EDILIZIA PRIVATA: Il diritto di scomputo dalla somma dovuta a titolo di oneri concessori non può configurarsi in assenza quantomeno di una anche informale accettazione dell'opera di urbanizzazione realizzata o promossa dal costruttore, con la ineluttabile conseguenza che, in assenza di qualsivoglia partecipazione consensuale dell'Ente, anche solo ex post, gli oneri contributivi, così come determinati, devono essere integralmente corrisposti.
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● l'art. 16 d.P.R. n. 380/2001 prevede la corresponsione di un contributo composto da due quote distinte: gli oneri di urbanizzazione, che non sono dovuti se il titolare del permesso si obbliga a realizzare direttamente tali opere, ed il costo di costruzione, che, invece, essendo una percentuale rapportata non ad opere da fare per la collettività, ma ai costi di costruzione per tipologia edilizia, adeguati annualmente, non sono suscettibili di entrare nel meccanismo dello scomputo, ma non per questo è possibile ricavare la regola fiscale di un pagamento pecuniario; l'indisponibilità dei costi di costruzione è nel senso che essi sono previsti e quantificati per legge, ma la forma del pagamento, con compensazione o meno, è rimessa all'accordo tra le parti;
● ai sensi dell'art. 11, comma 2, d.P.R. n. 380 del 2001, a scomputo totale o parziale della quota dovuta per oneri di urbanizzazione, il titolare del permesso di costruire può obbligarsi a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione, con le modalità e le garanzie stabilite dal Comune. Dall'inequivoco tenore letterale della norma si desume che il titolare del permesso non può realizzare le opere di sua iniziativa, ovvero limitandosi ad inviare una richiesta di autorizzazione, mai riscontrata al Comune, essendo invece necessario che l'Amministrazione disciplini espressamente le modalità di esecuzione delle opere e le necessarie garanzie;
● l'autorizzazione all'esecuzione diretta di opere di urbanizzazione a scomputo dei relativi oneri normalmente viene rilasciata attraverso la concessione edilizia -attualmente art. 45 della l.reg. Lombardia 11.03.2005 n. 12- ma di per sé potrebbe intervenire anche successivamente, in base alle valutazioni degli uffici comunali che vigilano sull'attività edilizia.

Quanto all’ultima censura di merito formulata –in ordine alla quale non colgono nel segno le obiezioni di parte appellata con le quali se ne sostiene la inammissibilità per genericità e tardività, avendo l’appellante introdotto il petitum già nel mezzo di primo grado- essa pare al Collegio senz’altro accoglibile.
Invero l’appellante ha chiesto che venga affermato il diritto della stessa ad ottenere lo scomputo dagli oneri di urbanizzazione secondaria determinati ex lege e quantificati dal Comune (e concorrenti a determinare il contributo di costruzione), dell’onere direttamente sostenuto per eseguire le corrispondenti opere (id est: i parcheggi ed il verde attrezzato).
Escluso che la stessa si riferisse al costo di costruzione, e preso atto della incontestata affermazione che la omessa quantificazione di tali oneri direttamente sopportati discenda dalla circostanza che ad una compiuta determinazione degli stessi potrebbe procedersi soltanto a seguito del collaudo dell’opera da parte del Comune (ex multis: “Il diritto di scomputo dalla somma dovuta a titolo di oneri concessori non può configurarsi in assenza quantomeno di una anche informale accettazione dell'opera di urbanizzazione realizzata o promossa dal costruttore, con la ineluttabile conseguenza che, in assenza di qualsivoglia partecipazione consensuale dell'Ente, anche solo ex post, gli oneri contributivi, così come determinati, devono essere integralmente corrisposti” -TAR Campania Napoli, sez. VIII, 17.09.2009, n. 4983-) cadono le eccezioni di genericità ed indeterminatezza prospettate dall’appellata amministrazione comunale.
Nel merito, pare al Collegio che la richiesta di parte appellante, oltre a rientrare pacificamente nella giurisdizione di questo Collegio, sia strettamente aderente alla previsione normativa contenuta nell’art. 16, comma 2, del d.P.R. n. 380 del 2001, (“la quota di contributo relativa agli oneri di urbanizzazione è corrisposta al comune all'atto del rilascio del permesso di costruire e, su richiesta dell'interessato, può essere rateizzata. A scomputo totale o parziale della quota dovuta, il titolare del permesso può obbligarsi a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione, nel rispetto dell'articolo 2, comma 5, della legge 11.02.1994, n. 109, e successive modificazioni, con le modalità e le garanzie stabilite dal comune, con conseguente acquisizione delle opere realizzate al patrimonio indisponibile del comune”): ovviamente, nei limiti in cui siano state seguite le procedure che consentono la operatività di tale meccanismo compensativo (ex multis si vedano:
● ”l'art. 16 d.P.R. n. 380/2001 prevede la corresponsione di un contributo composto da due quote distinte: gli oneri di urbanizzazione, che non sono dovuti se il titolare del permesso si obbliga a realizzare direttamente tali opere, ed il costo di costruzione, che, invece, essendo una percentuale rapportata non ad opere da fare per la collettività, ma ai costi di costruzione per tipologia edilizia, adeguati annualmente, non sono suscettibili di entrare nel meccanismo dello scomputo, ma non per questo è possibile ricavare la regola fiscale di un pagamento pecuniario; l'indisponibilità dei costi di costruzione è nel senso che essi sono previsti e quantificati per legge, ma la forma del pagamento, con compensazione o meno, è rimessa all'accordo tra le parti” -TAR Abruzzo Pescara, sez. I, 18.10.2010, n. 1142-;
● ”ai sensi dell'art. 11, comma 2, d.P.R. n. 380 del 2001, a scomputo totale o parziale della quota dovuta per oneri di urbanizzazione, il titolare del permesso di costruire può obbligarsi a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione, con le modalità e le garanzie stabilite dal Comune. Dall'inequivoco tenore letterale della norma si desume che il titolare del permesso non può realizzare le opere di sua iniziativa, ovvero limitandosi ad inviare una richiesta di autorizzazione, mai riscontrata al Comune, essendo invece necessario che l'Amministrazione disciplini espressamente le modalità di esecuzione delle opere e le necessarie garanzie (il che non è accaduto nel caso di specie)” -TAR Calabria Catanzaro, sez. II, 08.04.2011, n. 501-;
● “l'autorizzazione all'esecuzione diretta di opere di urbanizzazione a scomputo dei relativi oneri normalmente viene rilasciata attraverso la concessione edilizia -attualmente art. 45 della l. reg. Lombardia 11.03.2005 n. 12- ma di per sé potrebbe intervenire anche successivamente, in base alle valutazioni degli uffici comunali che vigilano sull'attività edilizia” -TAR Lombardia Brescia, sez. I, 12.07.2010, n. 2481-).
Entro tali limiti, il motivo di appello è fondato e va accolto, potendosi affermare il diritto dell’appellante allo scomputo richiesto dal contributo di urbanizzazione (con esclusione, ovviamente, del costo di costruzione) degli oneri relativi alla esecuzione delle opere di urbanizzazione secondaria
(Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 28.11.2012 n. 6033 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATALo speciale regime di gratuità di cui all'art. 9, comma 1, lett. f), della L. 10/1977 richiede il concorso di due requisiti, il primo dei quali di carattere soggettivo che si risolve nell'esecuzione delle opere da parte degli Enti istituzionalmente competenti: anche aderendo all’indirizzo che ammette l’iniziativa del privato, questo deve agire per conto di un Ente pubblico, come nell’istituto della concessione di opera pubblica o in altre analoghe figure organizzatorie ove l’intervento è realizzato da soggetti non animati dallo scopo di lucro o che accompagnano tale obiettivo con un legame istituzionale con l’azione dell’amministrazione per la cura degli interessi della collettività. Poiché è assente il titolo concessorio, la Società ricorrente è priva della qualità di Ente istituzionalmente competente.
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Il quadro normativo prevede un’ipotesi di esenzione totale dal contributo di costruzione (art. 17, comma 3, lett. c), del D.P.R. 380/2001, che riproduce l’art. 9, comma 1, lett. f), di cui si controverte) “… Nell’ipotesi relativa all’esenzione totale il privato realizza un’opera espressamente qualificata di interesse pubblico nello strumento urbanistico generale o nei piani attuativi. Essendovi una tale previsione urbanistica l’utilità per l’amministrazione deriva direttamente dalla realizzazione dell’opera e pertanto l’esenzione è automatica. Non ricorre tuttavia questa fattispecie quando lo strumento urbanistico si limita ad autorizzare una destinazione d’uso implicante la realizzazione di opere astrattamente qualificabili come urbanizzazioni”.
Nella fattispecie è pacifico che il P.R.G. per tempo vigente prevede espressamente la realizzazione della Caserma dei Carabinieri sull’area ove l’opera è stata poi in concreto realizzata. Il punto controverso è la riconducibilità della struttura nel “genus” delle opere di urbanizzazione.
L’art. 4 della L. 348/1964 –nell’elencare le opere di urbanizzazione secondaria– individua esplicitamente:
   a) asili nido e scuole materne;
   b) scuole dell'obbligo nonché strutture e complessi per l'istruzione superiore all'obbligo;
   c) mercati di quartiere;
   d) delegazioni comunali;
   e) chiese ed altri edifici religiosi;
   f) impianti sportivi di quartiere;
   g) centri sociali e attrezzature culturali e sanitarie;
   h) aree verdi di quartiere.
In proposito il Collegio concorda con l’indirizzo espresso dal Consiglio di Stato secondo il quale l’elenco delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria non deve intendersi tassativo e vincolato, per cui debbono ritenersi rientrare nella nozione di opere di urbanizzazione previste dalla normativa anche quelle realizzazioni di specifica rilevanza pubblica e sociale, qual è certamente la costruzione di un immobile da adibirsi a caserma dei Vigili del fuoco.
In particolare si può puntualizzare che –se la disposizione rilevante in questa sede (art. 9 della L. 10/1977) è considerata dalla giurisprudenza di stretta interpretazione (in quanto introduce talune ipotesi di deroga alla previsione generale la quale assoggetta a contributo tutte le opere che comportino trasformazione del territorio)– la struttura in esame dà risposta in via immediata e diretta ad interessi collettivi di primario spessore, di tutela della salute e della sicurezza pubblica: per questo si può affermare la sua capacità di fare fronte a bisogni assimilabili a quelli soddisfatti da un impianto sportivo o da un Centro culturale (e correlati ai valori dello sviluppo del benessere e della personalità).
D’altronde la norma valorizza proprio la decisione dell’amministrazione di qualificare la pianificazione con l’indicazione specifica dell’opera da realizzare, sicché non si concorda con quell’orientamento che esclude l’assimilazione alle opere di urbanizzazione in ragione dell’aggravio del carico urbanistico e della permanenza della proprietà privata, trattandosi di requisiti di carattere negativo che il legislatore non prevede.

La Società ricorrente lamenta l’erronea esazione degli oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione da parte del Comune di Castiglione in sede di rilascio del titolo abilitativo per la costruzione della nuova Caserma dei Carabinieri.
Il Comune eccepisce l’inammissibilità del gravame per acquiescenza, poiché parte ricorrente (cfr. suo doc. 12) ha realizzato direttamente alcune opere di urbanizzazione concordando lo scomputo degli oneri dovuti per alcuni interventi edilizi, tra i quali figura la Caserma dei Carabinieri.
L’eccezione è infondata, poiché l'acquiescenza presuppone una condotta consapevole, da parte dell'avente titolo all'impugnazione, che sia libera e inequivocabilmente diretta ad accettare l'assetto di interessi definito dall'amministrazione attraverso gli atti oggetto di contestazione, ed inoltre occorre che sia posta in essere anteriormente all’iniziativa giurisdizionale, così da assumere il significato indiscutibile di rinuncia preventiva alla stessa (Consiglio Stato, sez. IV – 27/06/2008 n. 3255; 02/10/2006 n. 5743; TAR Campania Napoli, sez. IV – 03/08/2009 n. 4638, appellata).
Nel caso in esame difetta il requisito della condotta univoca, ed anzi dall’esame della documentazione versata in atti (doc. 3 e 3-bis di parte ricorrente) traspare una volontà di segno contrario poiché Rudiana Immobiliare ha accettato di pagare il contributo con riserva di ripetere quanto indebitamente versato; in secondo luogo la presente causa è stata instaurata ben prima che fosse avanzata la richiesta di scomputo invocata dall’amministrazione. Peraltro è stato persino evidenziato che, con riguardo agli oneri concessori, non ricorre il requisito dell’univoca manifestazione di volontà dell'interessato di rinunciare all'esperimento della tutela giurisdizionale anche nel caso in cui, al momento del ritiro della concessione edilizia, il richiedente non abbia avanzato riserva alcuna circa la debenza di detti oneri, in quanto tale comportamento risponde all’esigenza di dare avvio senza indugi all'opera edilizia (TAR Toscana Firenze, sez. III – 11/03/2004 n. 671).
Passando all’esame del merito, parte ricorrente denuncia la violazione dell’art. 9, comma 1, lett. f), della L. 10/1977, dato che il contributo non è dovuto per le opere di urbanizzazione eseguite –anche da privati– in esecuzione degli strumenti urbanistici, e il P.R.G. del Comune di Castiglione destina specificamente l’area in questione a Caserma dei Carabinieri (opera di urbanizzazione secondaria) e nessun’altra edificazione è consentita sul lotto.
La difesa comunale oppone la mancata classificazione della “Caserma dei Carabinieri” come opera di urbanizzazione secondaria: la zona è destinata a servizi pubblici in genere e la caserma non costituisce opera di urbanizzazione (non essendo contemplata nell’elenco di cui all’art. 4 della L. 29/09/1964 n. 847) ma servizio pubblico.
L’impostazione della ricorrente è condivisibile.
Non è suscettibile di applicazione la prima parte della lett. f), nella parte in cui prevede l’esenzione dal pagamento del contributo per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti.
Come ha recentemente messo in luce questa Sezione (sentenza 24/08/2012 n. 1467) lo speciale regime di gratuità di cui alla lett. f) richiede il concorso di due requisiti, il primo dei quali di carattere soggettivo che si risolve nell'esecuzione delle opere da parte degli Enti istituzionalmente competenti: anche aderendo all’indirizzo che ammette l’iniziativa del privato, questo deve agire per conto di un Ente pubblico, come nell’istituto della concessione di opera pubblica o in altre analoghe figure organizzatorie ove l’intervento è realizzato da soggetti non animati dallo scopo di lucro o che accompagnano tale obiettivo con un legame istituzionale con l’azione dell’amministrazione per la cura degli interessi della collettività (Consiglio di Stato, sez. IV – 10/05/2005 n. 2226). Poiché è assente il titolo concessorio, la Società ricorrente è priva della qualità di Ente istituzionalmente competente.

La questione a questo punto da affrontare riguarda la seconda parte della disposizione. Il Collegio richiama il proprio precedente (TAR Brescia – 27/11/2008 n. 1704) ove si è osservato che il quadro normativo prevede un’ipotesi di esenzione totale dal contributo di costruzione (art. 17, comma 3, lett. c), del D.P.R. 380/2001, che riproduce l’art. 9, comma 1, lett. f), di cui si controverte) “… Nell’ipotesi relativa all’esenzione totale il privato realizza un’opera espressamente qualificata di interesse pubblico nello strumento urbanistico generale o nei piani attuativi. Essendovi una tale previsione urbanistica l’utilità per l’amministrazione deriva direttamente dalla realizzazione dell’opera e pertanto l’esenzione è automatica. Non ricorre tuttavia questa fattispecie quando lo strumento urbanistico si limita ad autorizzare una destinazione d’uso implicante la realizzazione di opere astrattamente qualificabili come urbanizzazioni”.
Nella fattispecie è pacifico che il P.R.G. per tempo vigente prevede espressamente la realizzazione della Caserma dei Carabinieri sull’area ove l’opera è stata poi in concreto realizzata. Il punto controverso è la riconducibilità della struttura nel “genus” delle opere di urbanizzazione.
L’art. 4 della L. 348/1964 –nell’elencare le opere di urbanizzazione secondaria– individua esplicitamente:
  
a) asili nido e scuole materne;
  
b) scuole dell'obbligo nonché strutture e complessi per l'istruzione superiore all'obbligo;
  
c) mercati di quartiere;
  
d) delegazioni comunali;
  
e) chiese ed altri edifici religiosi;
  
f) impianti sportivi di quartiere;
  
g) centri sociali e attrezzature culturali e sanitarie;
  
h) aree verdi di quartiere.
In proposito il Collegio concorda con l’indirizzo espresso dal Consiglio di Stato (sentenza sez. V – 18/09/2003 n. 5315), secondo il quale l’elenco delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria non deve intendersi tassativo e vincolato, per cui debbono ritenersi rientrare nella nozione di opere di urbanizzazione previste dalla normativa anche quelle realizzazioni di specifica rilevanza pubblica e sociale, qual è certamente la costruzione di un immobile da adibirsi a caserma dei Vigili del fuoco.
In particolare si può puntualizzare che –se la disposizione rilevante in questa sede (art. 9 della L. 10/1977) è considerata dalla giurisprudenza di stretta interpretazione (in quanto introduce talune ipotesi di deroga alla previsione generale la quale assoggetta a contributo tutte le opere che comportino trasformazione del territorio)– la struttura in esame dà risposta in via immediata e diretta ad interessi collettivi di primario spessore, di tutela della salute e della sicurezza pubblica: per questo si può affermare la sua capacità di fare fronte a bisogni assimilabili a quelli soddisfatti da un impianto sportivo o da un Centro culturale (e correlati ai valori dello sviluppo del benessere e della personalità).
D’altronde la norma valorizza proprio la decisione dell’amministrazione di qualificare la pianificazione con l’indicazione specifica dell’opera da realizzare, sicché non si concorda con l’orientamento (TAR Emilia Romagna Bologna, sez. II – 12/10/2010 n. 7956) che esclude l’assimilazione alle opere di urbanizzazione in ragione dell’aggravio del carico urbanistico e della permanenza della proprietà privata, trattandosi di requisiti di carattere negativo che il legislatore non prevede.

In conclusione la domanda è fondata e deve essere accolta (restando assorbito l’ulteriore profilo formale dedotto): il Comune ha erroneamente preteso il contributo di costruzione e gli oneri di urbanizzazione, che devono essere restituiti (TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 07.11.2012 n. 1772 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATALa realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria comporta l’esecuzione di interventi direttamente riconducibili alla competenza funzionale dell’Amministrazione comunale che ha l’obbligo di provvedere alla loro completa definizione nel triennio dalla concessione del titolo edilizio, salvo che l’onere sia assunto, tramite specifico impegno, direttamente dal privato, cosa non avvenuta nel caso all’esame.
Se, infatti, a norma dell’art. 12 T.U. n. 380/2001, “il permesso di costruire è comunque subordinato all’esistenza delle opere di urbanizzazione primaria o alla previsione da parte del Comune dell’attuazione delle stesse nel successivo triennio, ovvero all’impegno degli interessati di procedere all’attuazione delle medesime contemporaneamente alla realizzazione dell’intervento oggetto del permesso”, il Comune non può disattendere la richiesta formale di allacciamento all’acquedotto o alla rete fognaria o di distribuzione del gas, anche se nella richiesta di concessione ne è indicato genericamente l’allacciamento. Infatti, speculare alla suddetta prescrizione è l’obbligo di pagamento di un contributo commisurato all’incidenza degli oneri di urbanizzazione (art. 16 T.U. cit.) e il comma 7 del precitato art. 16 contempla, tra gli interventi assoggettati agli oneri di urbanizzazione primaria, proprio la rete idrica, quella fognaria nonché quella di distribuzione del gas.
Tali interventi sono, pertanto, primariamente riconducibili al pubblico potere, così come è pianamente desumibile dalla formulazione della norma e dalla stessa funzione di necessaria definizione e realizzazione del tessuto cardine del territorio su cui vanno a inserirsi gli interventi privati (strade residenziali, spazi di sosta e parcheggio, fognature, rete idrica, rete di distribuzione dell’energia elettrica e del gas, pubblica illuminazione, spazi di verde attrezzato). Ciò comporta, dunque, il prioritario impegno pubblico -in sede di rilascio della concessione– all’attuazione delle relative opere nel triennio.
Deve, tuttavia, effettivamente rilevarsi anche la possibilità di un impegno, da parte del privato, alla realizzazione delle opere medesime in sede di attuazione dell’intervento oggetto del permesso.
L’art. 16, comma 2, d.P.R. n. 380 del 2001 (che ha riprodotto l’art. 11, comma 1, l. n. 10 del 1977) consente, però, al privato di eseguire direttamente le opere di urbanizzazione in alternativa al pagamento dei connessi oneri (con possibilità quindi di ottenerne poi lo scomputo da quanto deve pagare a titolo di oneri di urbanizzazione primaria e secondaria), soltanto se la proposta sia accettata dal Comune secondo le modalità e le garanzie dal medesimo dettate e previste in una convenzione o in un atto unilaterale d’obbligo.

Il ricorso è fondato.
La realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria comporta l’esecuzione di interventi direttamente riconducibili alla competenza funzionale dell’Amministrazione comunale che ha l’obbligo di provvedere alla loro completa definizione nel triennio dalla concessione del titolo edilizio, salvo che l’onere sia assunto, tramite specifico impegno, direttamente dal privato, cosa non avvenuta nel caso all’esame.
Se, infatti, a norma dell’art. 12 T.U. n. 380/2001, “il permesso di costruire è comunque subordinato all’esistenza delle opere di urbanizzazione primaria o alla previsione da parte del Comune dell’attuazione delle stesse nel successivo triennio, ovvero all’impegno degli interessati di procedere all’attuazione delle medesime contemporaneamente alla realizzazione dell’intervento oggetto del permesso”, il Comune non può disattendere la richiesta formale di allacciamento all’acquedotto o alla rete fognaria o di distribuzione del gas, anche se nella richiesta di concessione ne è indicato genericamente l’allacciamento. Infatti, speculare alla suddetta prescrizione è l’obbligo di pagamento di un contributo commisurato all’incidenza degli oneri di urbanizzazione (art. 16 T.U. cit.) e il comma 7 del precitato art. 16 contempla, tra gli interventi assoggettati agli oneri di urbanizzazione primaria, proprio la rete idrica, quella fognaria nonché quella di distribuzione del gas.
Tali interventi sono, pertanto, primariamente riconducibili al pubblico potere, così come è pianamente desumibile dalla formulazione della norma e dalla stessa funzione di necessaria definizione e realizzazione del tessuto cardine del territorio su cui vanno a inserirsi gli interventi privati (strade residenziali, spazi di sosta e parcheggio, fognature, rete idrica, rete di distribuzione dell’energia elettrica e del gas, pubblica illuminazione, spazi di verde attrezzato). Ciò comporta, dunque, il prioritario impegno pubblico -in sede di rilascio della concessione– all’attuazione delle relative opere nel triennio.
Deve, tuttavia, effettivamente rilevarsi anche la possibilità di un impegno, da parte del privato, alla realizzazione delle opere medesime in sede di attuazione dell’intervento oggetto del permesso (TAR Puglia, Lecce, sez. III, 10.11.2011, n. 1938; Consiglio Stato, sez. IV, 26.11.2009, n. 7432).
L’art. 16, comma 2, d.P.R. n. 380 del 2001 (che ha riprodotto l’art. 11, comma 1, l. n. 10 del 1977) consente, però, al privato di eseguire direttamente le opere di urbanizzazione in alternativa al pagamento dei connessi oneri (con possibilità quindi di ottenerne poi lo scomputo da quanto deve pagare a titolo di oneri di urbanizzazione primaria e secondaria), soltanto se la proposta sia accettata dal Comune secondo le modalità e le garanzie dal medesimo dettate e previste in una convenzione o in un atto unilaterale d’obbligo (TAR Sicilia, Catania, sez. I, 02.02.2012, n. 279) (TAR Puglia-Lecce, Sez. III, sentenza 07.09.2012 n. 1481 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAE' indubbio che la disposizione invocata (art. 9 L. 10/1977) deve ritenersi di stretta interpretazione, in quanto introduce talune ipotesi di deroga alla previsione generale la quale assoggetta a contributo tutte le opere che comportino trasformazione del territorio.
Lo speciale regime di gratuità di cui alla lett. f) richiede peraltro il concorso di due requisiti, il primo dei quali di carattere soggettivo che si risolve nell'esecuzione delle opere da parte degli Enti istituzionalmente competenti: in effetti, secondo l’indirizzo più rigoroso l'opera, per conseguire il beneficio, deve essere necessariamente realizzata da un Ente pubblico, non spettando lo stesso per le opere eseguite da soggetti privati, quale che sia la rilevanza sociale dell'attività esercitata nella o con l'opera edilizia alla quale la concessione si riferisce; in ogni caso ammettendo l’iniziativa di un privato, questo deve agire per conto di un Ente pubblico, come nell’istituto della concessione di opera pubblica o in altre analoghe figure organizzatorie ove l’intervento è realizzato da soggetti non animati dallo scopo di lucro o che accompagnano tale obiettivo con un legame istituzionale con l’azione dell’amministrazione per la cura degli interessi della collettività.
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Il quadro normativo … prevede un’ipotesi di esenzione totale dal contributo di costruzione [art. 17, comma 3, lett. c), del DPR 380/2001] e un’ipotesi di scomputo della quota del contributo di costruzione relativa agli oneri di urbanizzazione (art. 16, comma 2, del DPR 380/2001; art. 45 della LR 12/2005).
Nell’ipotesi relativa all’esenzione totale il privato realizza un’opera espressamente qualificata di interesse pubblico nello strumento urbanistico generale o nei piani attuativi. Essendovi una tale previsione urbanistica l’utilità per l’amministrazione deriva direttamente dalla realizzazione dell’opera e pertanto l’esenzione è automatica. Non ricorre tuttavia questa fattispecie quando lo strumento urbanistico si limita ad autorizzare una destinazione d’uso implicante la realizzazione di opere astrattamente qualificabili come urbanizzazioni.
L’ammissibilità di queste opere in una certa zona del territorio non equivale al riconoscimento del loro interesse pubblico ma è soltanto una regola che disciplina l’interesse economico dei privati. Il passaggio da opera di pertinenza privata a opera di urbanizzazione richiede l’inclusione tra gli standard urbanistici che definiscono la dotazione di servizi del territorio. Tale inclusione non deriva dalla semplice esistenza dell’opera ma presuppone che sulla stessa vi possa essere un controllo pubblico.
In proposito le direttive regionali sul piano dei servizi (DGR n. 7/7586 del 21.12.2001, parte III punto 2-e) specificano che i privati possono integrare gli standard urbanistici garantiti dall’ente pubblico purché l’attività dei privati sia regolata da un atto di asservimento o da un regolamento d'uso che assicurino lo svolgimento e il controllo delle funzioni di interesse generale.

Secondo la giurisprudenza è indubbio che la disposizione invocata (art. 9 L. 10/1977) deve ritenersi di stretta interpretazione, in quanto introduce talune ipotesi di deroga alla previsione generale la quale assoggetta a contributo tutte le opere che comportino trasformazione del territorio (cfr. TAR Puglia Bari, sez. III – 11/06/2010 n. 2420).
Lo speciale regime di gratuità di cui alla lett. f) richiede peraltro il concorso di due requisiti, il primo dei quali di carattere soggettivo che si risolve nell'esecuzione delle opere da parte degli Enti istituzionalmente competenti: in effetti, come precisato dal TAR Veneto, sez. II – 16/06/2011 n. 1047, secondo l’indirizzo più rigoroso l'opera, per conseguire il beneficio, deve essere necessariamente realizzata da un Ente pubblico, non spettando lo stesso per le opere eseguite da soggetti privati, quale che sia la rilevanza sociale dell'attività esercitata nella o con l'opera edilizia alla quale la concessione si riferisce (Consiglio di Stato, sez. V – 15/12/2005 n. 7140; TAR Lombardia Milano, sez. II – 17/09/2009 n. 4672); in ogni caso ammettendo l’iniziativa di un privato, questo deve agire per conto di un Ente pubblico, come nell’istituto della concessione di opera pubblica o in altre analoghe figure organizzatorie ove l’intervento è realizzato da soggetti non animati dallo scopo di lucro o che accompagnano tale obiettivo con un legame istituzionale con l’azione dell’amministrazione per la cura degli interessi della collettività (Consiglio di Stato, sez. IV – 10/05/2005 n. 2226).
La Fondazione ricorrente è priva della qualità di Ente istituzionalmente competente, poiché è legata agli Istituti scolastici (proprietari) da un semplice rapporto di locazione, ed è dunque assente il titolo concessorio.
Sulla profilata natura di “opera di urbanizzazione” della scuola il Collegio richiama il proprio precedente (TAR Brescia – 27/11/2008 n. 1704) ai sensi del quale “il quadro normativo … prevede, per quanto interessa il presente giudizio, un’ipotesi di esenzione totale dal contributo di costruzione [art. 17, comma 3, lett. c), del DPR 380/2001] e un’ipotesi di scomputo della quota del contributo di costruzione relativa agli oneri di urbanizzazione (art. 16, comma 2, del DPR 380/2001; art. 45 della LR 12/2005). … Nell’ipotesi relativa all’esenzione totale il privato realizza un’opera espressamente qualificata di interesse pubblico nello strumento urbanistico generale o nei piani attuativi. Essendovi una tale previsione urbanistica l’utilità per l’amministrazione deriva direttamente dalla realizzazione dell’opera e pertanto l’esenzione è automatica. Non ricorre tuttavia questa fattispecie quando lo strumento urbanistico si limita ad autorizzare una destinazione d’uso implicante la realizzazione di opere astrattamente qualificabili come urbanizzazioni. L’ammissibilità di queste opere in una certa zona del territorio non equivale al riconoscimento del loro interesse pubblico ma è soltanto una regola che disciplina l’interesse economico dei privati. Il passaggio da opera di pertinenza privata a opera di urbanizzazione richiede l’inclusione tra gli standard urbanistici che definiscono la dotazione di servizi del territorio. Tale inclusione non deriva dalla semplice esistenza dell’opera ma presuppone che sulla stessa vi possa essere un controllo pubblico. In proposito le direttive regionali sul piano dei servizi (DGR n. 7/7586 del 21.12.2001, parte III punto 2-e) specificano che i privati possono integrare gli standard urbanistici garantiti dall’ente pubblico purché l’attività dei privati sia regolata da un atto di asservimento o da un regolamento d'uso che assicurino lo svolgimento e il controllo delle funzioni di interesse generale”.
Nel caso in esame non è rinvenibile nessuno dei suddetti presupposti, in quanto da un lato la scuola non risulta direttamente prevista nello strumento urbanistico come opera di interesse pubblico (sul punto non è stata fornita indicazione alcuna) e dall’altro la gestione di tale struttura non è oggetto di convenzionamento con il Comune ma costituisce un’iniziativa economica di esclusivo interesse privato.
Neppure è possibile giovarsi delle disposizioni sullo scomputo parziale o totale degli oneri di urbanizzazione, afferenti ad opere che una volta realizzate non rimangono nella disponibilità dei privati ma vengono acquisite al patrimonio indisponibile del Comune: nel caso in esame questa circostanza non si verifica (TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 24.08.2012 n. 1467 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICALavori senza gara, Italia a rischio.
Il decreto-legge n. 201 del 2011 (cosiddetto salva Italia) ha modificato le norme sull'esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria, ammettendo che quelle d'importo inferiore alla soglia comunitaria (5 milioni di euro) possano essere realizzate dal titolare del permesso di costruire, senza applicare il codice dei contratti.
La disposizione è, di tutta evidenza, in contrasto con l'orientamento comunitario, in base al quale l'esecuzione delle opere di urbanizzazione, indipendentemente dalla natura del soggetto che realizza, costituisce un «appalto pubblico di lavori» e come tale dev'essere trattato all'interno degli ordinamenti nazionali.
La disciplina antecedente faceva salva questa impostazione, prevedendo che, a scomputo totale o parziale degli oneri concessori dovuti, il titolare del permesso potesse obbligarsi a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione, nel rispetto del codice dei contratti. Limitatamente alle opere d'importo inferiore alla cosiddetta soglia comunitaria il medesimo codice ammetteva il ricorso a una procedura di evidenza pubblica, seppure semplificata e meno gravosa, rappresentata dalla cosiddetta procedura negoziata.
L'operazione correttiva del governo Monti non soltanto espone lo stato italiano all'ennesima censura comunitaria, ma pone problemi interpretativi, determinando il rischio che la ricercata semplificazione dia luogo a incertezza e stallo, visti gli interrogativi cui le amministrazioni locali dovrebbero dare una risposta prima di applicare le nuove disposizioni.
L'interrogativo principale è: perché il legislatore ha qualificato l'esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria d'importo inferiore alla soglia comunitaria come «a carico del titolare del permesso di costruire» e non ha precisato, invece, che si tratta di una prestazione obbligatoria, effettuata dal titolare del permesso, in alternativa al versamento degli oneri concessori comunque dovuti e dunque a scomputo di questi ultimi?
Nel caso in cui il governo (eludendo pure due distinte interrogazioni presentate da parlamentari radicali sull'argomento) ritenga che la norma non abbia modificato sostanzialmente il regime delle prestazioni obbligatorie a carico del titolare del permesso di costruire e dunque che le opere di urbanizzazione primaria vengono comunque effettuate «a scomputo» degli oneri concessori dovuti, si pone comunque la necessità di precisare la norma e di fornire indicazioni operative.
Per questa ragione, in sede di conversione in legge del decreto-legge per la crescita, che contiene anche norme correttive del testo unico per l'edilizia, sarebbe opportuno un intervento del parlamento per abrogare il comma 2-bis dell'art. 16 del dpr n. 380 del 2001(modificato dal «salva Italia») ed evitare all'Italia una probabile procedura d'infrazione.
In via subordinata, nel caso in cui non ci fossero le condizioni per cancellare la norma, bisognerebbe emendare tale disposizione, precisando in che modo debba essere fissato il valore economico delle opere di urbanizzazione, realizzate senza applicare il codice dei contratti, al fine di determinare l'importo delle somme (il cosiddetto scomputo) che il privato detrae da quanto dovuto a titolo di oneri concessori.
Bisognerebbe altresì individuare la procedura per assicurare un'appropriata e corretta destinazione delle eventuali economie che il privato (anche e soprattutto grazie alla mancata applicazione del codice dei contratti) può perseguire nell'esecuzione delle opere (articolo ItaliaOggi del 26.06.2012).

EDILIZIA PRIVATA: Si possono scomputare solo gli oneri di urbanizzazione e non anche il costo di costruzione.
L’art. 11 della legge n. 10/1977 è sufficientemente chiaro nel prevedere che la diretta realizzazione delle opere di urbanizzazione da parte del titolare della concessione edilizia è modalità alternativa al pagamento dei soli “oneri di urbanizzazione” -quota parte dei complessivi oneri concessori- ciò a motivo del collegamento dei primi con i costi ingenerati in capo all’amministrazione dall’iniziativa edificatoria.
La vicenda contenziosa si innesta nel programma di riqualificazione urbana adottato dal Comune di Chieti, ed investe, quanto ai profili di diritto, la possibilità di scomputo della quota di contribuzione legata al costo di costruzione (oltre che di quelle relativa agli oneri di urbanizzazione) in favore del titolare del permesso di costruire che proceda direttamente alla realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, avuto riguardo al quadro normativo primario e, nel caso di specie, agli atti autoritativi e convenzionali intervenuti nella sequenza procedimentale che ha condotto al rilascio dei titoli abilitativi.
...
L’appello non è fondato.
L’art. 11 della legge n. 10/1977 è sufficientemente chiaro nel prevedere che la diretta realizzazione delle opere di urbanizzazione da parte del titolare della concessione edilizia è modalità alternativa al pagamento dei soli “oneri di urbanizzazione” -quota parte dei complessivi oneri concessori- ciò a motivo del collegamento dei primi con i costi ingenerati in capo all’amministrazione dall’iniziativa edificatoria.
Non può darsi rilievo esegetico, nel senso invocato dall’appellante, alle norme in materia di edilizia convenzionata di cui all’art. 7 della medesima fonte -nella parte in cui consentono, al fine di agevolare l’accesso alla casa, l’esenzione dal contributo collegato al costo di costruzione, a fronte dell’impegno a praticare, ai futuri acquirenti o locatari delle costruende unità abitative, prezzi e canoni convenzionati- poiché esse individuano un caso di esenzione dall’obbligazione tributaria (tale dovendo considerarsi quella parametrata al costo di costruzione) secondo un criterio di specialità che le rende evidentemente insuscettibili di interpretazione analogica (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 12.06.2012 n. 3413 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: Il privato esecutore, a seconda che le opere da realizzare a favore del Comune, a fronte della cessione in piena proprietà di immobili precedentemente concessi in diritto di superficie e destinati ad insediamenti produttivi, siano di importo superiore o inferiore alla soglia comunitaria dovrà rispettare:
- le norme della Parte II titolo I, nonché quelle della parte I, IV e V (cfr. art. 32, comma 1, lett. g, nonché le eccezioni previste dal comma 2 del medesimo articolo) per le opere di importo superiore alla soglia comunitaria prevista in tema di lavori (dal 01/01/2012, € 5.000.000, come imposto dal Regolamento CE n. 1251/2011)
- la disciplina prevista degli art. 121, comma 1, e, in particolare, la procedura dell’art. 57, comma 6 (con invito rivolto ad almeno cinque soggetti se sussistono in tale numero aspiranti idonei) del medesimo Codice, in caso di lavori sotto soglia comunitaria (cfr. art. 122, comma 8).
Relativamente a tale ultima ipotesi, va evidenziato che l’articolo 45 del d.l. n. 201/2011, convertito nella legge n. 214/2011, ha modificato l’articolo 16 del DPR n. 380/2001 con l’inserimento di un comma 2-bis a mente del quale “nell'ambito degli strumenti attuativi e degli atti equivalenti comunque denominati nonché degli interventi in diretta attuazione dello strumento urbanistico generale, l'esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione primaria di cui al comma 7, di importo inferiore alla soglia di cui all'articolo 28, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 12.04.2006, n. 163, funzionali all'intervento di trasformazione urbanistica del territorio, è a carico del titolare del permesso di costruire e non trova applicazione il decreto legislativo 12.04.2006, n. 163".
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Il Sindaco del Comune di Vedano Olona (VA), con nota del 24.04.2012, ha formulato alla Sezione una richiesta di parere
in merito alla possibilità di prevedere a titolo di corrispettivo per la cessione del diritto di proprietà di aree, già concesse in diritto di superficie, la realizzazione di opere da trasferire al Comune.
In particolare il sindaco precisa che Il Comune di Vedano Olona, dopo essersi dotato del Piano per Insediamenti Produttivi, ai sensi dell'art. 27 della legge 22.10.1971 n. 865, ha dato attuazione alla realizzazione degli interventi assegnando le aree ricomprese nei vari lotti del piano, sia in diritto di superficie sia in piena proprietà.
Considerato che la legge 23.12.1996 n. 662, all'art. 3 comma 64, ha riconosciuto ai Comuni la possibilità di cedere in proprietà le aree già concesse in diritto di superficie, chiede un parere
in ordine alla possibilità di prevedere, a titolo di corrispettivo di tale cessione (nel rispetto di criteri e modalità di valutazione di tale corrispettivo indicati allo stesso comma 64, come sostituito dall'art. 11, comma 1, della legge 12.12.2002 n. 273), la realizzazione di opere da trasferire al Comune.
...
Appare opportuno richiamare il dettato normativo in tema di Piani per insediamenti produttivi (c.d. PIP), in particolare il procedimento che il Comune deve seguire a tal fine e le facoltà concesse al medesimo.
L’art. 27 della legge n. 865/1971 (Programmi e coordinamento dell'edilizia residenziale pubblica; norme sulla espropriazione per pubblica utilità e modifiche ed integrazioni alle leggi 17.08.1942 n. 1150, 18.04.1962 n. 167, 29.09.1964 n. 847) prevede che “i comuni dotati di piano regolatore generale o di programma di fabbricazione approvati possono formare, previa autorizzazione della Regione, un piano delle aree da destinare a insediamenti produttivi”. Le aree da comprendere in questo piano sono delimitate, nell'ambito delle zone destinate a insediamenti produttivi dai piani regolatori generali o dai programmi di fabbricazione, con deliberazione del consiglio comunale, approvata con decreto del Presidente della giunta regionale.
Il piano ha efficacia per dieci anni dalla data del decreto di approvazione ed ha valore di piano particolareggiato d'esecuzione ai sensi della legge 17 agosto 1942, n. 1150.
L’art. 27 specifica che “le aree comprese nel piano approvato a norma del presente articolo sono espropriate dai comuni o loro consorzi secondo quanto previsto dalla presente legge in materia di espropriazione per pubblica utilità.”, ma soprattutto, ai fini che interessano per la risposta al comune istante, che “il comune utilizza le aree espropriate per la realizzazione di impianti produttivi di carattere industriale, artigianale, commerciale e turistico mediante la cessione in proprietà o la concessione del diritto di superficie sulle aree medesime”.
In quest’ultimo caso, la concessione del diritto di superficie ad enti pubblici (per la realizzazione di impianti e servizi pubblici, occorrenti nella zona delimitata dal piano) è a tempo indeterminato, mentre negli altri casi (in sostanza a soggetti/imprese private) ha una durata non inferiore a sessanta e non superiore a novantanove anni.
La norma precisa, infine, che “contestualmente all'atto di concessione, o all'atto di cessione della proprietà dell'area, tra il comune da una parte e il concessionario o l'acquirente dall'altra, viene stipulata una convenzione per atto pubblico con la quale vengono disciplinati gli oneri posti a carico del concessionario o dell'acquirente e le sanzioni per la loro inosservanza”.
Il dato normativo non prevede la necessaria corresponsione, da parte del privato assegnatario dell’area, di un corrispettivo in denaro, ma la sottoposizione ad oneri, funzionali alla realizzazione degli obiettivi posti dal Piano per gli insediamenti produttivi.
Il privato è in sostanza beneficiario delle aree, ma in virtù di un provvedimento di concessione finalizzato alla realizzazione di superiori interessi di carattere generale per la comunità comunale. Il provvedimento li attribuisce diritti sulle aree interessate (di superficie o piena proprietà), ma anche dei relativi connessi “oneri”, con la previsione di “sanzioni per la loro inosservanza”.
Come per altri strumenti di edilizia complessa o negoziata (si rimanda all’art. 35 della stessa legge n. 865/1971 per i Piani di edilizia economica e popolare, c.d. PEEP; ai Piani di riqualificazione urbana di cui alla legge n. 493/1993; ai Piani integrati di interventi di cui alla legge n. 179/2002, etc.), l’obbligazione che assume il concessionario non è necessariamente limitata al pagamento di una somma di denaro, ma eventualmente (se in tal senso depongono gli accordi con il Comune), alla realizzazione di opere di urbanizzazione o altre opere pubbliche funzionali alla realizzazione del piano (nello specifico, per insediamenti produttivi).
In tal modo il Comune consegue gli obiettivi posti in sede di programmazione/piano (nel caso di specie approvato dalla Regione) trasferendo sui privati concessionari gli oneri dei costi di realizzazione (esplicita necessità in tal senso si ritrova nell’art. 35 della legge n. 865/1971 sui PEEP, oltre che in generale nell’art. 16, comma 3, del D.L. 22.12.1981, n. 786, convertito in legge 26.02.1982, n. 51, cfr. anche il parere Piemonte n. 117/2011/PAR), sia quelli di eventuale esproprio/acquisizione delle aree, sia quelli necessari a rendere le aree medesime funzionali agli scopi produttivi perseguiti.
Il successivo art. 3, comma 64, della legge n. 662/1996 aggiunge, all’interno di questo quadro generale, un ulteriore tassello, permettendo ai comuni che, in precedenza, avevano optato per la concessione ai privati del diritto di superficie sulle aree destinate a insediamenti produttivi di attribuirne il pieno diritto di proprietà.
Questa norma, nella versione novellata dall’art. 11 della legge n. 273/2002, prevede infatti che “i comuni possono cedere in proprietà le aree già concesse in diritto di superficie nell'ambito dei piani delle aree destinate a insediamenti produttivi di cui all'articolo 27 della legge 22.10.1971, n. 865. Il corrispettivo delle aree cedute in proprietà è determinato con delibera del consiglio comunale, in misura non inferiore alla differenza tra il valore delle aree da cedere direttamente in diritto di proprietà e quello delle aree da cedere in diritto di superficie, valutati al momento della trasformazione di cui al presente comma. La proprietà delle suddette aree non può essere ceduta a terzi nei cinque anni successivi all'acquisto” (nel testo storico si limitava a prevedere che “gli enti locali territoriali possono cedere in proprietà le aree già concesse in diritto di superficie, destinate ad insediamenti produttivi”, cfr. parere Veneto n. 113/2010).
In tal modo il legislatore permette al privato investitore di conseguire la certezza del diritto attribuito, favorendo altri successivi investimenti da parte del medesimo, attività scoraggiata nel caso in cui, a fronte della scadenza del termine di attribuzione del diritto di superficie, l’immobile realizzato (nello specifico, finalizzato a impianto produttivo) rischia di rientrare nel patrimonio del Comune proprietario del suolo (secondo l’ordinaria regola prevista dal Codice civile).
Alla motivazione di cui sopra si aggiunge quella propria di altri provvedimenti di dismissione (e privatizzazione) deliberati nel corso degli anni ’90, tesi all’incremento delle entrate per gli enti pubblici attraverso la vendita di asset immobiliari e azionari (cfr. in merito la delibera della Sezione Puglia n. 2/2009/PAR).
La scelta legislativa è analoga a quella effettuata in ambiti similari, come i Piani di edilizia economica e popolare (c.d. PEEP), per i quali l’art. 31, commi 45 e ss, della legge n. 448/198 ha previsto che le aree concesse in diritto di superficie per la realizzazione degli interventi previsti dall’art. 35 della legge n. 865/1971 (modificato dall’art. 3, comma 63, della legge n. 662/1996), possano essere concesse in piena proprietà ai privati richiedenti.
La facoltà di trasformazione del diritto di superficie in piena proprietà, prevista dall’art. 3, comma 64, della legge n. 662/1996, di cui si discute nel presente parere, si innesta pertanto sull’impianto legislativo esistente, disciplinante i “Piani per gli insediamenti produttivi” previsti dall’art. 27 della legge n. 865/1971.
Di conseguenza la scelta, da parte del comune, di attribuire la piena proprietà degli immobili precedentemente concessi in diritto di superficie, dovrebbe trovare fondamento nelle similari, rinnovate, motivazioni che hanno condotto all’approvazione e realizzazione del Piano, funzionalizzando la cessione della proprietà del suolo, sede di impianti produttivi, alla realizzazione di interessi generali finalizzati allo sviluppo produttivo complessivo del territorio.
All’interno di tale quadro, sulla base dei presupporti di fatto e degli obiettivi da esplicitare nella motivazione della delibera di Consiglio, il Comune potrebbe optare, in luogo di un corrispettivo in denaro, per una differente forma di attribuzione patrimoniale.
Naturalmente devono essere rispettati i limiti legislativi imposti dal combinato disposto degli artt. 27 legge n. 865/1971 e 3, comma 64, legge n. 662/1996, oltre che quelli desumibili dall’ordinamento giuridico generale.
Per quanto riguarda i primi, vanno innanzitutto osservati il procedimento e i criteri di valutazione che il legislatore prevede per la cessione dell’area (“il corrispettivo delle aree cedute in proprietà è determinato con delibera del consiglio comunale, in misura non inferiore alla differenza tra il valore delle aree da cedere direttamente in diritto di proprietà e quello delle aree da cedere in diritto di superficie, valutati al momento della trasformazione di cui al presente comma”), adempimenti che il Comune, nell’istanza di parere, si impegna a rispettare.
Con la precisazione che il valore che il privato deve corrispondere è stabilito dal legislatore solo nel minimo, in un ammontare che, previa motivazione, può essere aumentato dal Comune in funzione delle specifiche esigenze da perseguire e del contesto produttivo in cui l’operazione di cessione si inserisce.
Circa la natura della suddetta entrata, appare opportuno sottolineare che si tratta di introito derivante da alienazione di beni patrimoniali (il diritto di proprietà sul suolo cui accede la costruzione/impianto produttivo), da allocare nel Titolo IV delle Entrate e, come tale, necessariamente destinato a spesa in conto capitale (salve le eccezioni normativamente e tassativamente previste, come per esempio l’art. 2, comma 8, della legge n. 244/2007, ovvero gli artt. 193, commi 2 e 3, del TUEL, cioè le ipotesi in cui occorra provvedere al mantenimento degli equilibri di bilancio, cfr. Sezione Piemonte n. 117/2011/PAR).
L’altro limite, esplicitato dalla norma base (art. 27 della legge n. 865/1971), consiste nella finalizzazione dell’entrata alla realizzazione degli scopi perseguiti con il Piano, tanto che il privato si obbliga, stipulando apposita convenzione, a determinati oneri (pagamento corrispettivo in denaro ovvero alla realizzazione di opere strumentali o altro) necessariamente presidiati da sanzioni in caso di inosservanza (causa rischio mancato conseguimento degli obiettivi perseguiti).
In tale ottica, appare possibile che il Comune, previa adeguata motivazione, permetta al privato di liberarsi dall’erogazione del corrispettivo per la cessione di aree in proprietà imponendogli l’obbligo di realizzare opere pubbliche funzionali al mantenimento degli obiettivi posti dal PIP.
Trattasi, necessariamente, di opere d’investimento. Posto infatti che, come detto, l’entrata che il comune consegue è imputata in conto capitale, analoga destinazione deve avere la spesa che il privato sostiene in sostituzione dell’obbligo di pagamento della somma di denaro.
In via residuale, sempre previa adeguata motivazione, il comune potrebbe decidere di far effettuare al privato altre opere pubbliche, stipulando analoga convenzione e prevedendo similari sanzioni in caso di inadempienza. Si pensi al caso in cui l’area destinata al PIP non abbia, allo stato, bisogno di lavori di adeguamento/ristrutturazione (in tale direzione si rinvia alle motivazioni del parere reso dalla Sezione Piemonte n. 117/2011/PAR, riferito alla similare fattispecie prevista dall’art. 31 della legge n. 448/2011 per la cessione in proprietà delle aree destinate all’edilizia economica e popolare). In questo caso, infatti, il privato realizzerebbe direttamente l’opera pubblica in sostituzione del Comune, utilizzando le somme che avrebbe dovuto versare per la trasformazione del diritto di superficie in diritto di proprietà.
Il problema successivo che si pone attiene, tuttavia, alle modalità di realizzazione di tali opere da parte del privato.
Infatti, nella similare fattispecie delle opere a scomputo degli oneri di urbanizzazione (art. 16 DPR n. 380/2001), il legislatore, dopo l’intervento della giurisprudenza comunitaria (Corte di Giustizia con la sentenza 12.07.2001 C399/1998, "Scala 2001"), ha imposto al privato esecutore il rispetto delle procedure di evidenza pubblica (cfr. artt. 32 e 122 comma 8 del d.lgs. n. 163/2006).
Analoga interpretazione è stata adottata dall’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici in altri casi di sostituzione del privato all’amministrazione nell’ambito di programmi di edilizia complessa o negoziata (cfr. Determinazioni n. 4 del 03/04/2008 e n. 7 del 16/07/2009).
La regolamentazione dell'istituto delle “opere di urbanizzazione a scomputo” risale alla normativa in materia urbanistica, secondo la quale la realizzazione di tali opere condiziona il rilascio del permesso di costruire (cfr. art. 31 della legge 1150/1942, art. 8 legge n. 765/1967, art. 6 legge n. 10/1977). Le pregresse disposizioni sono state poi trasfuse nell'articolo 16 del Testo unico sull'edilizia DPR n. 380/2001 che, ai commi 7,7-Bis e 8, stabilisce la suddivisione in oneri di urbanizzazione primaria e secondaria, prevedendo che il rilascio del permesso di costruire comporta per il privato "la corresponsione di un contributo commisurato all'incidenza degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione".
Il legislatore ha previsto poi, nel comma 2 del citato art. 16, la possibilità di scomputare la quota del contributo relativa agli oneri di urbanizzazione, nel caso in cui il titolare del permesso di costruire, o l’attuatore del piano, si obblighi a realizzarle direttamente. Tra l'operatore privato e l'amministrazione viene stipulata una convenzione che accede al permesso di costruire nella quale vengono regolate le opere da realizzare, i tempi, le modalità della loro esecuzione, la loro valutazione economica e le garanzie dell'adempimento, imprimendo così una connotazione negoziale al rapporto tra pubblica amministrazione e privato.
La ratio dell'istituto va individuata nella possibilità offerta all'amministrazione locale di dotarsi di opere di urbanizzazione senza assumere direttamente i rischi legati alla loro realizzazione.
Su tale assetto normativo è intervenuta la citata pronuncia della Corte Europea "Scala 2001" che ha affermato le direttive europee in tema di appalti ostano “ad una normativa nazionale in materia urbanistica che, al di fuori delle procedure previste da tale direttiva, consenta al titolare di una concessione edilizia o di un piano di lottizzazione approvato la realizzazione diretta di un'opera di urbanizzazione a scomputo totale o parziale del contributo dovuto per il rilascio della concessione, nel caso in cui il valore di tale opera eguagli o superi la soglia fissata dalla direttiva di cui trattasi". La Corte di Giustizia ha precisato che “la realizzazione diretta di un'opera di urbanizzazione secondo le condizioni e le modalità previste dalla normativa italiana in materia urbanistica costituisce un appalto pubblico di lavori”. In sostanza, la Corte ha sostenuto che tali opere sono da ritenere pubbliche sin dall’origine (anche se eseguite su proprietà privata e se formalmente tali prima del passaggio al patrimonio pubblico) e che la realizzazione delle medesime in luogo del pagamento del contributo conferma tale natura.
Con l'approvazione del Codice dei contratti il quadro normativo si è evoluto nella direzione di un più esteso assoggettamento delle opere a scomputo alle procedure di evidenza pubblica.
L'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, con la citata determinazione n. 4 del 2008 ha poi esteso la portata dell'articolo 32, comma 2, lettera g), del d.lgs. 163/2006 a tutti i piani urbanistici e accordi convenzionali, comunque denominati, stipulati tra privati e amministrazioni (cosiddetti "accordi complessi", compresi gli accordi di programma) che prevedano l'esecuzione di opere destinate a confluire nel patrimonio pubblico.
Infatti, il giudice europeo, nella sentenza “Scala” del 2001, ha affermato che la realizzazione delle opere di urbanizzazione è da ricondurre al genusappalto pubblico di lavori” sulla base della ricorrenza di una serie di elementi:
- la qualità di amministrazione aggiudicatrice dell’ente procedente;
- la riconducibilità delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria alla categoria delle opere pubbliche in senso stretto, stante la loro idoneità funzionale a soddisfare le esigenze della collettività ed il pieno controllo dell’amministrazione competente sulla realizzazione delle opere medesime (a nulla rilevando che l’opera sia inizialmente privata, in quanto le opere di urbanizzazione hanno per propria natura una intrinseca finalità pubblica);
- la natura contrattuale del rapporto fra l’amministrazione e il privato lottizzante, posto che la convenzione di lottizzazione, sottoscritta dalle parti, stabilisce diritti ed obblighi delle parti, ivi compresa l’esatta individuazione delle opere che il privato è tenuto a realizzare;
- la natura onerosa di tale contratto, considerando che l’amministrazione comunale, accettando la realizzazione diretta delle opere di urbanizzazione, rinuncia a pretendere il pagamento dell’importo dovuto a titolo di contributo e che, pertanto, il titolare della concessione edilizia o del piano di lottizzazione, attraverso la realizzazione diretta, estingue un debito di pari valore, secondo lo schema civilistico dell’obbligazione alternativa.
Poiché si tratta, quindi, di appalti pubblici di lavori, la Corte di giustizia ha ritenuto applicabile agli stessi l’obbligo di esperire procedure ad evidenza pubblica secondo la normativa comunitaria.
Alla luce di tale arresto comunitario, l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici ha valutato, nella determinazione n. 4/2008, se i principi enucleati nella descritta pronuncia possano eccedere l’ambito preso in esame e trovare applicazione nei confronti di altre forme di negoziazione tra pubblica amministrazione e privato.
In particolare, occorre stabilire se, anche per altre fattispecie, ricorrano gli elementi che hanno indotto la Corte di Giustizia ad ascrivere all’appalto pubblico di lavori la realizzazione delle opere di urbanizzazione a scomputo.
Pertanto se anche in altre ipotesi di programmi di edilizia complessa o negoziata ricorre:
- sotto il profilo soggettivo, la qualità di amministrazione aggiudicatrice in capo all’ente pubblico procedente e, sotto il profilo oggettivo, l’esecuzione di opere pubbliche, cioè di opere d’interesse generale realizzate a vantaggio della collettività;
- la natura negoziale del rapporto pubblico-privato, con rapporto disciplinato tra le parti con convenzione avente valore vincolante, sulla base di uno scambio sinallagmatico;
- il carattere oneroso della prestazione (come nel caso in cui a fronte della prestazione del privato, vi sia il riconoscimento di un corrispettivo in denaro, ovvero del diritto di sfruttamento dell’opera o, ancora, come nel caso di specie, la cessione in proprietà o in godimento di beni appartenenti all’amministrazione), il privato che si assume l’obbligo di eseguire le opere è tenuto, come nel caso della realizzazione delle opere a scomputo degli oneri di urbanizzazione, ad osservare le procedure previste per l’esecuzione dei lavori pubblici.
Ciò in quanto l’effettuazione di queste opere da parte del privato avviene comunque sulla base di un accordo convenzionale concluso con l’amministrazione per il raggiungimento di un proprio interesse patrimoniale, che è la causa del negozio giuridico in base al quale il privato stesso assume su di sé l’obbligo di realizzare le opere di cui trattasi.
Né osta a tale ricostruzione il fatto che la realizzazione delle opere avvenga tramite soggetti privati, atteso che la Corte Costituzionale, con sentenza 28.03.2006 n. 129, ha espressamente stabilito che “il ricorso a procedure ad evidenza pubblica per la scelta del contraente non può essere ritenuto incompatibile con gli accordi tra privati e pubblica amministrazione”.
Il privato esecutore, pertanto, a seconda che le opere da realizzare a favore del Comune, a fronte della cessione in piena proprietà di immobili precedentemente concessi in diritto di superficie e destinati ad insediamenti produttivi, siano di importo superiore o inferiore alla soglia comunitaria dovrà rispettare:
- le norme della Parte II titolo I, nonché quelle della parte I, IV e V (cfr. art. 32, comma 1, lett. g, nonché le eccezioni previste dal comma 2 del medesimo articolo) per le opere di importo superiore alla soglia comunitaria prevista in tema di lavori (dal 01/01/2012, € 5.000.000, come imposto dal Regolamento CE n. 1251/2011)
- la disciplina prevista degli art. 121, comma 1, e, in particolare, la procedura dell’art. 57, comma 6 (con invito rivolto ad almeno cinque soggetti se sussistono in tale numero aspiranti idonei) del medesimo Codice, in caso di lavori sotto soglia comunitaria (cfr. art. 122, comma 8).
Relativamente a tale ultima ipotesi, va evidenziato che l’articolo 45 del d.l. n. 201/2011, convertito nella legge n. 214/2011, ha modificato l’articolo 16 del DPR n. 380/2001 con l’inserimento di un comma 2-bis a mente del quale “nell'ambito degli strumenti attuativi e degli atti equivalenti comunque denominati nonché degli interventi in diretta attuazione dello strumento urbanistico generale, l'esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione primaria di cui al comma 7, di importo inferiore alla soglia di cui all'articolo 28, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 12.04.2006, n. 163, funzionali all'intervento di trasformazione urbanistica del territorio, è a carico del titolare del permesso di costruire e non trova applicazione il decreto legislativo 12.04.2006, n. 163" (Corte dei Conti, Sez. controllo Lombardia, parere 30.05.2012 n. 259).

URBANISTICAIl privato esecutore, a seconda che le opere (di urbanizzazione) da realizzare a favore del Comune, a fronte della cessione in piena proprietà di immobili precedentemente concessi in diritto di superficie e destinati ad insediamenti produttivi, siano di importo superiore o inferiore alla soglia comunitaria dovrà rispettare:
- le norme della Parte II titolo I, nonché quelle della parte I, IV e V (cfr. art. 32, comma 1, lett. g, nonché le eccezioni previste dal comma 2 del medesimo articolo) per le opere di importo superiore alla soglia comunitaria prevista in tema di lavori (dal 01/01/2012, € 5.000.000, come imposto dal Regolamento CE n. 1251/2011)
- la disciplina prevista degli art. 121 comma 1 e, in particolare, la procedura dell’art. 57, comma 6 (con invito rivolto ad almeno cinque soggetti se sussistono in tale numero aspiranti idonei) del medesimo Codice, in caso di lavori sotto soglia comunitaria (cfr. art. 122, comma 8).
Relativamente a tale ultima ipotesi, va evidenziato che l’articolo 45 del d.l. n. 201/2011, convertito nella legge n. 214/2011, ha modificato l’articolo 16 del DPR n. 380/2001 con l’inserimento di un comma 2-bis a mente del quale “nell'ambito degli strumenti attuativi e degli atti equivalenti comunque denominati nonché degli interventi in diretta attuazione dello strumento urbanistico generale, l'esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione primaria di cui al comma 7, di importo inferiore alla soglia di cui all'articolo 28, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 12.04.2006, n. 163, funzionali all'intervento di trasformazione urbanistica del territorio, è a carico del titolare del permesso di costruire e non trova applicazione il decreto legislativo 12.04.2006, n. 163".

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Il Sindaco del Comune di Vedano Olona (VA), con nota del 24.04.2012, ha formulato alla Sezione una richiesta di parere in merito alla possibilità di prevedere a titolo di corrispettivo per la cessione del diritto di proprietà di aree, già concesse in diritto di superficie, la realizzazione di opere da trasferire al Comune.
In particolare il sindaco precisa che Il Comune di Vedano Olona, dopo essersi dotato del Piano per Insediamenti Produttivi, ai sensi dell'art. 27 della legge 22.10.1971 n. 865, ha dato attuazione alla realizzazione degli interventi assegnando le aree ricomprese nei vari lotti del piano, sia in diritto di superficie sia in piena proprietà.
Considerato che la legge 23.12.1996. n. 662, all'art. 3, comma 64, ha riconosciuto ai Comuni la possibilità di cedere in proprietà le aree già concesse in diritto di superficie, chiede un parere in ordine alla possibilità di prevedere, a titolo di corrispettivo di tale cessione (nel rispetto di criteri e modalità di valutazione di tale corrispettivo indicati allo stesso comma 64, come sostituito dall'art. 11, comma 1, della legge 12.12.2002 n. 273), la realizzazione di opere da trasferire al Comune.
...
Appare opportuno richiamare il dettato normativo in tema di Piani per insediamenti produttivi (c.d. PIP), in particolare il procedimento che il Comune deve seguire a tal fine e le facoltà concesse al medesimo.
L’art. 27 della legge n. 865/1971 (Programmi e coordinamento dell'edilizia residenziale pubblica; norme sulla espropriazione per pubblica utilità e modifiche ed integrazioni alle leggi 17.08.1942 n. 1150, 18.04.1962 n. 167, 29.09.1964 n. 847) prevede che “i comuni dotati di piano regolatore generale o di programma di fabbricazione approvati possono formare, previa autorizzazione della Regione, un piano delle aree da destinare a insediamenti produttivi”. Le aree da comprendere in questo piano sono delimitate, nell'ambito delle zone destinate a insediamenti produttivi dai piani regolatori generali o dai programmi di fabbricazione, con deliberazione del consiglio comunale, approvata con decreto del Presidente della giunta regionale.
Il piano ha efficacia per dieci anni dalla data del decreto di approvazione ed ha valore di piano particolareggiato d'esecuzione ai sensi della legge 17.08.1942, n. 1150.
L’art. 27 specifica che “
le aree comprese nel piano approvato a norma del presente articolo sono espropriate dai comuni o loro consorzi secondo quanto previsto dalla presente legge in materia di espropriazione per pubblica utilità.”, ma soprattutto, ai fini che interessano per la risposta al comune istante, che “il comune utilizza le aree espropriate per la realizzazione di impianti produttivi di carattere industriale, artigianale, commerciale e turistico mediante la cessione in proprietà o la concessione del diritto di superficie sulle aree medesime”.
In quest’ultimo caso, la concessione del diritto di superficie ad enti pubblici (per la realizzazione di impianti e servizi pubblici, occorrenti nella zona delimitata dal piano) è a tempo indeterminato, mentre negli altri casi (in sostanza a soggetti/imprese private) ha una durata non inferiore a sessanta e non superiore a novantanove anni.
La norma precisa, infine, che “
contestualmente all'atto di concessione, o all'atto di cessione della proprietà dell'area, tra il comune da una parte e il concessionario o l'acquirente dall'altra, viene stipulata una convenzione per atto pubblico con la quale vengono disciplinati gli oneri posti a carico del concessionario o dell'acquirente e le sanzioni per la loro inosservanza”.
Il dato normativo non prevede la necessaria corresponsione, da parte del privato assegnatario dell’area, di un corrispettivo in denaro, ma la sottoposizione ad oneri, funzionali alla realizzazione degli obiettivi posti dal Piano per gli insediamenti produttivi.
Il privato è in sostanza beneficiario delle aree, ma in virtù di un provvedimento di concessione finalizzato alla realizzazione di superiori interessi di carattere generale per la comunità comunale. Il provvedimento li attribuisce diritti sulle aree interessate (di superficie o piena proprietà), ma anche dei relativi connessi “oneri”, con la previsione di “sanzioni per la loro inosservanza”.

Come per altri strumenti di edilizia complessa o negoziata (si rimanda all’art. 35 della stessa legge n. 865/1971 per i Piani di edilizia economica e popolare, c.d. PEEP; ai Piani di riqualificazione urbana di cui alla legge n. 493/1993; ai Piani integrati di interventi di cui alla legge n. 179/2002, etc.),
l’obbligazione che assume il concessionario non è necessariamente limitata al pagamento di una somma di denaro, ma eventualmente (se in tal senso depongono gli accordi con il Comune), alla realizzazione di opere di urbanizzazione o altre opere pubbliche funzionali alla realizzazione del piano (nello specifico, per insediamenti produttivi).
In tal modo il Comune consegue gli obiettivi posti in sede di programmazione/piano (nel caso di specie approvato dalla Regione) trasferendo sui privati concessionari gli oneri dei costi di realizzazione (esplicita necessità in tal senso si ritrova nell’art. 35 della legge n. 865/1971 sui PEEP, oltre che in generale nell’art. 16, comma 3, del D.L. 22.12.1981, n. 786, convertito in legge 26.02.1982, n. 51, cfr. anche
Corte dei Conti, Sez. controllo Piemonte, parere 29.09.2011 n. 117), sia quelli di eventuale esproprio/acquisizione delle aree, sia quelli necessari a rendere le aree medesime funzionali agli scopi produttivi perseguiti.
Il successivo art. 3, comma 64, della legge n. 662/1996 aggiunge, all’interno di questo quadro generale,
un ulteriore tassello, permettendo ai comuni che, in precedenza, avevano optato per la concessione ai privati del diritto di superficie sulle aree destinate a insediamenti produttivi di attribuirne il pieno diritto di proprietà.
Questa norma, nella versione novellata dall’art. 11 della legge n. 273/2002, prevede infatti che “
i comuni possono cedere in proprietà le aree già concesse in diritto di superficie nell'ambito dei piani delle aree destinate a insediamenti produttivi di cui all'articolo 27 della legge 22.10.1971, n. 865. Il corrispettivo delle aree cedute in proprietà è determinato con delibera del consiglio comunale, in misura non inferiore alla differenza tra il valore delle aree da cedere direttamente in diritto di proprietà e quello delle aree da cedere in diritto di superficie, valutati al momento della trasformazione di cui al presente comma. La proprietà delle suddette aree non può essere ceduta a terzi nei cinque anni successivi all'acquisto” (nel testo storico si limitava a prevedere che “gli enti locali territoriali possono cedere in proprietà le aree già concesse in diritto di superficie, destinate ad insediamenti produttivi”, cfr. parere Veneto n. 113/2010).
In tal modo il legislatore permette al privato investitore di conseguire la certezza del diritto attribuito, favorendo altri successivi investimenti da parte del medesimo, attività scoraggiata nel caso in cui, a fronte della scadenza del termine di attribuzione del diritto di superficie, l’immobile realizzato (nello specifico, finalizzato a impianto produttivo) rischia di rientrare nel patrimonio del Comune proprietario del suolo (secondo l’ordinaria regola prevista dal Codice civile).
Alla motivazione di cui sopra si aggiunge quella propria di altri provvedimenti di dismissione (e privatizzazione) deliberati nel corso degli anni ’90, tesi all’incremento delle entrate per gli enti pubblici attraverso la vendita di asset immobiliari e azionari (cfr. in merito la delibera della Sezione Puglia n. 2/2009/PAR).
La scelta legislativa è analoga a quella effettuata in ambiti similari, come i Piani di edilizia economica e popolare (c.d. PEEP), per i quali l’art. 31, commi 45 e ss, della legge n. 448/198 ha previsto che le aree concesse in diritto di superficie per la realizzazione degli interventi previsti dall’art. 35 della legge n. 865/1971 (modificato dall’art. 3, comma 63, della legge n. 662/1996), possano essere concesse in piena proprietà ai privati richiedenti.
La facoltà di trasformazione del diritto di superficie in piena proprietà, prevista dall’art. 3, comma 64, della legge n. 662/1996, di cui si discute nel presente parere, si innesta pertanto sull’impianto legislativo esistente, disciplinante i “Piani per gli insediamenti produttivi” previsti dall’art. 27 della legge n. 865/1971.
Di conseguenza
la scelta, da parte del comune, di attribuire la piena proprietà degli immobili precedentemente concessi in diritto di superficie, dovrebbe trovare fondamento nelle similari, rinnovate, motivazioni che hanno condotto all’approvazione e realizzazione del Piano, funzionalizzando la cessione della proprietà del suolo, sede di impianti produttivi, alla realizzazione di interessi generali finalizzati allo sviluppo produttivo complessivo del territorio.
All’interno di tale quadro, sulla base dei presupporti di fatto e degli obiettivi da esplicitare nella motivazione della delibera di Consiglio, il Comune potrebbe optare, in luogo di un corrispettivo in denaro, per una differente forma di attribuzione patrimoniale.
Naturalmente devono essere rispettati i limiti legislativi imposti dal combinato disposto degli artt. 27 legge n. 865/1971 e 3, comma 64, legge n. 662/1996, oltre che quelli desumibili dall’ordinamento giuridico generale.
Per quanto riguarda i primi, vanno innanzitutto osservati il procedimento e i criteri di valutazione che il legislatore prevede per la cessione dell’area (“
il corrispettivo delle aree cedute in proprietà è determinato con delibera del consiglio comunale, in misura non inferiore alla differenza tra il valore delle aree da cedere direttamente in diritto di proprietà e quello delle aree da cedere in diritto di superficie, valutati al momento della trasformazione di cui al presente comma”), adempimenti che il Comune, nell’istanza di parere, si impegna a rispettare.
Con la precisazione che il valore che il privato deve corrispondere è stabilito dal legislatore solo nel minimo, in un ammontare che, previa motivazione, può essere aumentato dal Comune in funzione delle specifiche esigenze da perseguire e del contesto produttivo in cui l’operazione di cessione si inserisce.
Circa la natura della suddetta entrata, appare opportuno sottolineare che si tratta di introito derivante da alienazione di beni patrimoniali (il diritto di proprietà sul suolo cui accede la costruzione/impianto produttivo), da allocare nel Titolo IV delle Entrate e, come tale, necessariamente destinato a spesa in conto capitale (salve le eccezioni normativamente e tassativamente previste, come per esempio l’art. 2, comma 8, della legge n. 244/2007, ovvero gli artt. 193, commi 2 e 3, del TUEL, cioè le ipotesi in cui occorra provvedere al mantenimento degli equilibri di bilancio, cfr. Sezione Piemonte
parere 29.09.2011 n. 117).
L’altro limite, esplicitato dalla norma base (art. 27 della legge n. 865/1971), consiste nella finalizzazione dell’entrata alla realizzazione degli scopi perseguiti con il Piano, tanto che il privato si obbliga, stipulando apposita convenzione, a determinati oneri (pagamento corrispettivo in denaro ovvero alla realizzazione di opere strumentali o altro) necessariamente presidiati da sanzioni in caso di inosservanza (causa rischio mancato conseguimento degli obiettivi perseguiti).
In tale ottica,
appare possibile che il Comune, previa adeguata motivazione, permetta al privato di liberarsi dall’erogazione del corrispettivo per la cessione di aree in proprietà imponendogli l’obbligo di realizzare opere pubbliche funzionali al mantenimento degli obiettivi posti dal PIP.
Trattasi, necessariamente, di opere d’investimento. Posto infatti che, come detto, l’entrata che il comune consegue è imputata in conto capitale, analoga destinazione deve avere la spesa che il privato sostiene in sostituzione dell’obbligo di pagamento della somma di denaro.
In via residuale, sempre previa adeguata motivazione,
il comune potrebbe decidere di far effettuare al privato altre opere pubbliche, stipulando analoga convenzione e prevedendo similari sanzioni in caso di inadempienza. Si pensi al caso in cui l’area destinata al PIP non abbia, allo stato, bisogno di lavori di adeguamento/ristrutturazione (in tale direzione si rinvia alle motivazioni del
parere 29.09.2011 n. 117 reso dalla Sezione Piemonte, riferito alla similare fattispecie prevista dall’art. 31 della legge n. 448/2011 per la cessione in proprietà delle aree destinate all’edilizia economica e popolare). In questo caso, infatti, il privato realizzerebbe direttamente l’opera pubblica in sostituzione del Comune, utilizzando le somme che avrebbe dovuto versare per la trasformazione del diritto di superficie in diritto di proprietà.
Il problema successivo che si pone attiene, tuttavia, alle modalità di realizzazione di tali opere da parte del privato.
Infatti,
nella similare fattispecie delle opere a scomputo degli oneri di urbanizzazione (art. 16 DPR n. 380/2001), il legislatore, dopo l’intervento della giurisprudenza comunitaria (Corte di Giustizia con la sentenza 12.07.2001 C-399/1998, "Scala 2001"), ha imposto al privato esecutore il rispetto delle procedure di evidenza pubblica (cfr. artt. 32 e 122, comma 8, del d.lgs. n. 163/2006).
Analoga interpretazione è stata adottata dall’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici in altri casi di sostituzione del privato all’amministrazione nell’ambito di programmi di edilizia complessa o negoziata (cfr. determinazione 02.04.2008 n. 4 e
determinazione 16.07.2009 n. 7).
La regolamentazione dell'istituto delle “opere di urbanizzazione a scomputo” risale alla normativa in materia urbanistica, secondo la quale la realizzazione di tali opere condiziona il rilascio del permesso di costruire (cfr. art. 31 della legge 1150/1942, art. 8 legge n. 765/1967, art. 6 legge n. 10/1977). Le pregresse disposizioni sono state poi trasfuse nell'articolo 16 del Testo unico sull'edilizia DPR n. 380/2001 che, ai commi 7, 7-bis e 8, stabilisce la suddivisione in oneri di urbanizzazione primaria e secondaria, prevedendo che il rilascio del permesso di costruire comporta per il privato "la corresponsione di un contributo commisurato all'incidenza degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione".
Il legislatore ha previsto poi, nel comma 2 del citato art. 16, la possibilità di scomputare la quota del contributo relativa agli oneri di urbanizzazione, nel caso in cui il titolare del permesso di costruire, o l’attuatore del piano, si obblighi a realizzarle direttamente. Tra l'operatore privato e l'amministrazione viene stipulata una convenzione che accede al permesso di costruire nella quale vengono regolate le opere da realizzare, i tempi, le modalità della loro esecuzione, la loro valutazione economica e le garanzie dell'adempimento, imprimendo così una connotazione negoziale al rapporto tra pubblica amministrazione e privato.
La ratio dell'istituto va individuata nella possibilità offerta all'amministrazione locale di dotarsi di opere di urbanizzazione senza assumere direttamente i rischi legati alla loro realizzazione.
Su tale assetto normativo è intervenuta la citata pronuncia della Corte Europea "Scala 2001" che ha affermato le direttive europee in tema di appalti ostano “ad una normativa nazionale in materia urbanistica che, al di fuori delle procedure previste da tale direttiva, consenta al titolare di una concessione edilizia o di un piano di lottizzazione approvato la realizzazione diretta di un'opera di urbanizzazione a scomputo totale o parziale del contributo dovuto per il rilascio della concessione, nel caso in cui il valore di tale opera eguagli o superi la soglia fissata dalla direttiva di cui trattasi". La Corte di Giustizia ha precisato che “
la realizzazione diretta di un'opera di urbanizzazione secondo le condizioni e le modalità previste dalla normativa italiana in materia urbanistica costituisce un appalto pubblico di lavori”.
In sostanza,
la Corte ha sostenuto che tali opere sono da ritenere pubbliche sin dall’origine (anche se eseguite su proprietà privata e se formalmente tali prima del passaggio al patrimonio pubblico) e che la realizzazione delle medesime in luogo del pagamento del contributo conferma tale natura.
Con l'approvazione del Codice dei contratti il quadro normativo si è evoluto nella direzione di un più esteso assoggettamento delle opere a scomputo alle procedure di evidenza pubblica.
L'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, con la citata determinazione 02.04.2008 n. 4
ha poi esteso la portata dell'articolo 32, comma 2, lettera g), del d.lgs. 163/2006 a tutti i piani urbanistici e accordi convenzionali, comunque denominati, stipulati tra privati e amministrazioni (cosiddetti "accordi complessi", compresi gli accordi di programma) che prevedano l'esecuzione di opere destinate a confluire nel patrimonio pubblico.
Infatti, il giudice europeo, nella sentenza “Scala” del 2001, ha affermato che la realizzazione delle opere di urbanizzazione è da ricondurre al genusappalto pubblico di lavori” sulla base della ricorrenza di una serie di elementi:
- la qualità di amministrazione aggiudicatrice dell’ente procedente;
- la riconducibilità delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria alla categoria delle opere pubbliche in senso stretto, stante la loro idoneità funzionale a soddisfare le esigenze della collettività ed il pieno controllo dell’amministrazione competente sulla realizzazione delle opere medesime (a nulla rilevando che l’opera sia inizialmente privata, in quanto le opere di urbanizzazione hanno per propria natura una intrinseca finalità pubblica);
- la natura contrattuale del rapporto fra l’amministrazione e il privato lottizzante, posto che la convenzione di lottizzazione, sottoscritta dalle parti, stabilisce diritti ed obblighi delle parti, ivi compresa l’esatta individuazione delle opere che il privato è tenuto a realizzare;
- la natura onerosa di tale contratto, considerando che l’amministrazione comunale, accettando la realizzazione diretta delle opere di urbanizzazione, rinuncia a pretendere il pagamento dell’importo dovuto a titolo di contributo e che, pertanto, il titolare della concessione edilizia o del piano di lottizzazione, attraverso la realizzazione diretta, estingue un debito di pari valore, secondo lo schema civilistico dell’obbligazione alternativa.
Poiché si tratta, quindi, di appalti pubblici di lavori, la Corte di giustizia ha ritenuto applicabile agli stessi l’obbligo di esperire procedure ad evidenza pubblica secondo la normativa comunitaria.
Alla luce di tale arresto comunitario, l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici ha valutato, nella determinazione 02.04.2008 n. 4, se i principi enucleati nella descritta pronuncia possano eccedere l’ambito preso in esame e trovare applicazione nei confronti di altre forme di negoziazione tra pubblica amministrazione e privato.
In particolare, occorre stabilire se, anche per altre fattispecie, ricorrano gli elementi che hanno indotto la Corte di Giustizia ad ascrivere all’appalto pubblico di lavori la realizzazione delle opere di urbanizzazione a scomputo.
Pertanto se anche in altre ipotesi di programmi di edilizia complessa o negoziata ricorre:
- sotto il profilo soggettivo, la qualità di amministrazione aggiudicatrice in capo all’ente pubblico procedente e, sotto il profilo oggettivo, l’esecuzione di opere pubbliche, cioè di opere d’interesse generale realizzate a vantaggio della collettività;
- la natura negoziale del rapporto pubblico-privato, con rapporto disciplinato tra le parti con convenzione avente valore vincolante, sulla base di uno scambio sinallagmatico;
- il carattere oneroso della prestazione (come nel caso in cui a fronte della prestazione del privato, vi sia il riconoscimento di un corrispettivo in denaro, ovvero del diritto di sfruttamento dell’opera o, ancora, come nel caso di specie, la cessione in proprietà o in godimento di beni appartenenti all’amministrazione),
il privato che si assume l’obbligo di eseguire le opere è tenuto, come nel caso della realizzazione delle opere a scomputo degli oneri di urbanizzazione, ad osservare le procedure previste per l’esecuzione dei lavori pubblici.
Ciò in quanto l’effettuazione di queste opere da parte del privato avviene comunque sulla base di un accordo convenzionale concluso con l’amministrazione per il raggiungimento di un proprio interesse patrimoniale, che è la causa del negozio giuridico in base al quale il privato stesso assume su di sé l’obbligo di realizzare le opere di cui trattasi.
Né osta a tale ricostruzione il fatto che la realizzazione delle opere avvenga tramite soggetti privati, atteso che la Corte Costituzionale, con sentenza 28.03.2006 n. 129, ha espressamente stabilito che “
il ricorso a procedure ad evidenza pubblica per la scelta del contraente non può essere ritenuto incompatibile con gli accordi tra privati e pubblica amministrazione”.
Il privato esecutore, pertanto, a seconda che le opere da realizzare a favore del Comune, a fronte della cessione in piena proprietà di immobili precedentemente concessi in diritto di superficie e destinati ad insediamenti produttivi, siano di importo superiore o inferiore alla soglia comunitaria dovrà rispettare:
-
le norme della Parte II titolo I, nonché quelle della parte I, IV e V (cfr. art. 32, comma 1, lett. g, nonché le eccezioni previste dal comma 2 del medesimo articolo) per le opere di importo superiore alla soglia comunitaria prevista in tema di lavori (dal 01/01/2012, € 5.000.000, come imposto dal Regolamento CE n. 1251/2011);
-
la disciplina prevista degli art. 121, comma 1, e, in particolare, la procedura dell’art. 57, comma 6 (con invito rivolto ad almeno cinque soggetti se sussistono in tale numero aspiranti idonei) del medesimo Codice, in caso di lavori sotto soglia comunitaria (cfr. art. 122, comma 8).
Relativamente a tale ultima ipotesi, va evidenziato che l’articolo 45 del d.l. n. 201/2011, convertito nella legge n. 214/2011, ha modificato l’articolo 16 del DPR n. 380/2001 con l’inserimento di un comma 2-bis a mente del quale “
nell'ambito degli strumenti attuativi e degli atti equivalenti comunque denominati nonché degli interventi in diretta attuazione dello strumento urbanistico generale, l'esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione primaria di cui al comma 7, di importo inferiore alla soglia di cui all'articolo 28, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 12.04.2006, n. 163, funzionali all'intervento di trasformazione urbanistica del territorio, è a carico del titolare del permesso di costruire e non trova applicazione il decreto legislativo 12.04.2006, n. 163" (Corte dei Conti, Sez. controllo Lombardia, parere 21.05.2012 n. 222).

AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA PRIVATASull'esatta portata dell'art. 21, co. 5, l.r. lombarda n. 26/2003, il quale riconosce:
a) che gli interventi di bonifica o di messa in sicurezza permanente costituiscono opere di urbanizzazione secondaria;
b) che tali opere “esclusivamente se insistenti nei siti di interesse nazionale”, se eseguite da particolari soggetti, “sono da considerare a scomputo degli oneri di urbanizzazione secondaria per l’importo corrispondente al 50 per cento del relativo ammontare”.

In linea generale, occorre osservare che l’art. 16 DPR 06.06.2001 n. 380 prevede che “il rilascio del permesso di costruire comporta la corresponsione di un contributo commisurato all’incidenza degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione..." (comma 1).
Il successivo comma 2 prevede che “a scomputo totale o parziale della quota dovuta, il titolare del permesso di costruire può obbligarsi a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione” nel rispetto dell’art. 2, co. 5, l. n. 109/1994 (ora art. 32 d. lgs. n. 163/2006).
Dal pur rapido richiamo delle disposizioni suddette, si evince che, nel nostro ordinamento, il principio generale è l’onerosità del permesso di costruire, costituendo sia l’esenzione dal contributo, sia la realizzazione di opere a scomputo degli oneri di urbanizzazione una eccezione, nei modi e termini indicati dal legislatore.
E’ in tale quadro normativo che si iscrive l’art. 21, co. 5, l. reg. lombarda 26/2003, il quale riconosce:
a) che gli interventi di bonifica o di messa in sicurezza permanente costituiscono opere di urbanizzazione secondaria;
b) che tali opere “esclusivamente se insistenti nei siti di interesse nazionale”, se eseguite da particolari soggetti, “sono da considerare a scomputo degli oneri di urbanizzazione secondaria per l’importo corrispondente al 50 per cento del relativo ammontare”;
c) che i comuni hanno facoltà di aumentare la misura dello scomputo, in considerazione della rilevanza della bonifica.
Come è evidente, ricorre, nel caso di specie, una norma eccezionale, la quale, in primo luogo, introduce una deroga alla norma generale sulla onerosità del permesso di costruire; in secondo luogo qualifica determinati interventi di bonifica e di messa in sicurezza come opere di urbanizzazione secondaria, così precisando quanto indicato nell’art. 16, co. 8, DPR n. 380/2001, il quale include, tra dette opere, quelle destinate “alla bonifica di aree inquinate”.
Peraltro, l’effetto agevolativo introdotto dalla norma regionale concerne, oltre alla chiara individuazione delle opere come rientranti nella categoria di quelle “di urbanizzazione secondaria”, anche nella “doverosità” dello scomputo di quanto sostenuto per la loro realizzazione dagli oneri di urbanizzazione (non residuando in capo al Comune alcun margine di discrezionalità, se non –in talune ipotesi– in melius nell’applicazione dell’aliquota-base), e la misura dello scomputo.
Tale effetto agevolativo è, per quel che qui interessa, limitato agli interventi nei “siti di interesse nazionale”.
Il successivo comma 7 dell’art. 21 rende applicabili, tra le altre, le agevolazioni di cui al comma 5, ora descritte, “integralmente”, in favore di soggetti che acquisiscono la proprietà delle aree nell’ambito di procedure concorsuali.
Orbene, occorre innanzi tutto escludere (unica interpretazione “letterale” dell’avverbio “integralmente” non offerta in causa), che tale avverbio intenda disporre una applicazione appunto “integrale”, “totale” del comma richiamato, poiché il significato rafforzativo non avrebbe senso, bastando a tali fini meramente disporre l’applicazione della norma richiamata.
L’avverbio è stato dunque interpretato (innanzi tutto dal Comune di Milano), come riferito alla “misura” dell’agevolazione, di modo che il limite di scomputo, indicato nel 50% degli oneri di urbanizzazione, deve intendersi riferito al 100% (cioè nella sua misura integrale), qualora il sito inquinato è acquisito nell’ambito di procedure concorsuali.
Il legislatore, dunque, procede “per addizione” di condizioni: semplificando, mentre la agevolazione dello scomputo pari al 50% riguarda i “siti di interesse nazionale”, la agevolazione “maggiorata” (cioè nella misura integrale, pari al 100%), riguarda quei medesimi sirti di interesse nazionale acquisiti nell’ambito delle ora citate procedure, e non certo “tutti” i siti, purché acquistati nell’ambito di procedure concorsuali,
Dunque, sia per effetto del rinvio effettuato al comma 5 (che non può che riguardare la fattispecie agevolata, e non solo la misura dell’agevolazione), sia perché una “maggiorazione” della misura dell’agevolazione non può che presupporre una agevolazione–base (e complessivamente intesa) da maggiorare, appare evidente come già l’interpretazione letterale conduca a condividere l’interpretazione offerta dalla sentenza appellata.
A ciò occorre aggiungere (condividendo una argomentazione del Comune di Milano: v. pag. 9 memoria 06.02.2012), che, trattandosi, nel caso di specie, di norme eccezionali, in quanto derogatorie all’art. 16 DPR n. 380/2001, esse sono di “stretta interpretazione”, di modo che –di fronte a due possibili interpretazioni ambedue astrattamente plausibili– occorre prescegliere quella che realizza il minor ampliamento dell’ambito di applicazione della norma derogatoria, e quindi evitando correlativamente più ampie “compressioni” della norma generale.
D’altra parte, come evidenziato dalla sentenza appellata, la stessa ratio della disciplina di cui all’art. 21 l. reg. n. 26/2003 conduce alla plausibilità dell’interpretazione ora offerta,
Infatti, sono i “siti di interesse nazionale” ad essere “caratterizzati da fenomeni di inquinamento di particolare gravità e di rilevante allarme per la salute pubblica”, di modo che ben si giustifica la previsione di particolari e più incisive agevolazioni per gli interventi in essi realizzati.
Tale previsione –lungi dal costituire “disparità di trattamento”, come lamentato dall’appellante– si giustifica proprio in ragione delle differenti (e più gravi) condizioni entro le quali si pone l’intervento.
Allo steso modo, si giustifica anche l’ulteriore agevolazione per quei siti (di interesse nazionale) acquisiti nell’ambito di procedure concorsuali, intendendo il legislatore invogliare –come sostenuto dal I giudice– “gli operatori economici a comprare immobili e compendi inseriti nelle suddette procedure”.
D’altra parte, a voler ritenere che il rinvio operato dal comma 7 al comma 5, si riferisca solo alla misura dell’agevolazione e non anche alle condizioni per l’applicazione della medesima, si perverrebbe (anche qui concordando con la sentenza appellata) al paradossale risultato che gli interventi effettuati in siti inquinati di qualsiasi livello, purché acquisiti nell’ambito di procedure concorsuali, sarebbero meglio considerati, sul piano delle agevolazioni, rispetto agli interventi effettuati in siti di massima compromissione, quali sono i siti di interesse nazionale.
Proprio seguendo l’interpretazione dell’appellante, dunque, si perverrebbe ad una irragionevolezza della norma, tale da far dubitare della sua legittimità costituzionale (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza IV, sentenza 15.05.2012 n. 2754 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAL’elenco delle opere di urbanizzazione secondaria, tanto nel comma 8 dell’art. 16 T.U. quanto nell’art. 4 della l. 847/1964, non contiene alcun riferimento alle “strade”. Tale tipologia di opere, che peraltro secondo logica è del tutto essenziale per la vivibilità, e prima di essa per la stessa fisica accessibilità, di un qualsiasi quartiere, alla lettera non è poi contemplata in via generale nemmeno dall’elenco delle opere di urbanizzazione primaria, che si limita a includere le “strade residenziali”. Sembrerebbe allora che solo la classificazione di tale presunta tipologia particolare sia definita, mentre la classificazione delle altre strade potrebbe ritenersi libera. Una interpretazione sistematica ed una analisi della giurisprudenza edita e della prassi disponibile, peraltro, inducono a conclusioni diverse.
In primo luogo, si deve osservare che la tipologia delle “strade residenziali” non è in alcun modo definita in via generale dalle norme dell’ordinamento in materia, ed è in particolare sconosciuta all’art. 2 del d.lgs. 30.04.1992 n. 385, che le strade classifica in via generale, nonché all’art. 2 del regolamento attuativo D.P.R. 16.12.1992, n. 495. Un accenno è contenuto nell’art. 178 di tale regolamento, che annovera le “strade residenziali” fra quelle sulle quali possono essere posati i dossi rallentatori, ma ancora senza definirne in generale la tipologia. Non esattamente pertinente appare infine l’art. 135 del medesimo regolamento, nella parte in cui descrive il segnale 318, che indica propriamente non una “strada residenziale”, ma una “zona residenziale”, comunque solo ai fini di particolari restrizioni alla guida.
La tipologia stessa nemmeno è definita in via generale dalla giurisprudenza edita: un accenno in tal senso si trova soltanto in Cass. civ. sez. trib. 23.10.2003 n. 15948, che si pronuncia su una questione non strettamente urbanistica, ovvero sulla applicabilità dell’agevolazione fiscale prevista ai fini IVA per chi realizza opere di urbanizzazione, e definisce in tal senso le strade residenziali come tutte le strade realizzate in aree destinate ad accogliere insediamenti abitativi, anche se fuori dal centro urbano, eccettuandone soltanto le strade al servizio di aree industriali. E’ però chiaro che in tali termini le strade considerate dall’annullato comma 8 dell’art. 11 delle NTA di cui si ragiona sarebbero comunque opere di urbanizzazione primaria, così come ritenuto dal Comune nell’atto impugnato.
Significativa è poi la motivazione di C.d.S. sez. V 25.06.2007 n. 3635, per cui “Non si può ritenere… che le norme urbanistiche, nell'inserire le strade residenziali tra le opere di urbanizzazione primaria, abbiano fatto riferimento al solo manto stradale e, per quanto concerne specificamente i piani per l'edilizia pubblica, al solo manto stradale strettamente aderente agli immobili da realizzare (ovvero circostanti a questi) e, addirittura, senza collegamenti con la viabilità preesistente (quale quella… che permette la comunicazione con la vicina area lottizzata).” Delle strade in questione, quindi, si assume un concetto ampio, che sicuramente coincide con tutte le strade il cui tratto sia “incluso o prospiciente” una lottizzazione, avvalorando ancora una volta l’impostazione del Comune intimato.
Infine, altre decisioni, pur senza soffermarsi espressamente sul punto, comprendono senz’altro tutte le strade, senza distinguerle in alcun modo, fra le opere di urbanizzazione primaria.
Un orientamento simile si ritrova poi nella prassi di alcuni enti locali rintracciabile in rete, e da ritenere quindi fatto notorio: possono valere per tutti il parere 10.01.2011 prot. n. 599 del Servizio per gli affari istituzionali e il sistema delle autonomie locali della Regione Friuli, in cui, al fine di individuare le strade suscettibili di accogliere i citati dossi rallentatori, si dà atto della mancanza di una definizione generale e si indicano le “strade ricadenti in una particolare zona del territorio comunale, formalmente individuata come zona residenziale”, e quindi ancora si includono quelle contemplate nella norma per cui è causa.
Allo stesso modo, la Provincia di Lecce, nel proprio Servizio di assistenza agli enti locali, individua come strade residenziali tutte quelle “realizzate in funzione di un centro abitato costruito o costruendo“

Gli oneri di urbanizzazione, che l’art. 11 NTA disciplina nel Comune di Seriate, sono attualmente previsti a livello di legge nazionale dall’art. 16, comma 1, del più volte citato T.U. 380/2001, secondo il quale il rilascio del permesso di costruire “comporta la corresponsione di un contributo” commisurato, fra l’altro, appunto alla “incidenza degli oneri di urbanizzazione”; gli oneri stessi sono poi distinti, dai successivi commi 7, 7-bis e 8 dell’articolo, in oneri di urbanizzazione primaria, relativi a “strade residenziali, spazi di sosta o di parcheggio, fognature, rete idrica, rete di distribuzione dell'energia elettrica e del gas, pubblica illuminazione, spazi di verde attrezzato”, nonché a “cavedi multiservizi” e “cavidotti per il passaggio di reti di telecomunicazioni”, e oneri di urbanizzazione secondaria, relativi invece a “asili nido e scuole materne, scuole dell'obbligo nonché strutture e complessi per l'istruzione superiore all'obbligo, mercati di quartiere, delegazioni comunali, chiese e altri edifici religiosi, impianti sportivi di quartiere, aree verdi di quartiere, centri sociali e attrezzature culturali e sanitarie”. Come suggerisce anche la comune logica, quindi, si tratta di contributi economici che l’ente locale richiede per poter realizzare tutte quelle attrezzature che rendono vivibile un quartiere, da quelle stimate necessarie per un livello minimo di benessere, coincidenti con le opere di urbanizzazione primaria, a quelle che invece ne completano e migliorano l’assetto in modo consono alle esigenze della vita moderna.
La disciplina del T.U. appena descritta non è una novità assoluta nel nostro ordinamento, dato che riproduce l’analogo disposto di norme precedenti, tuttora in vigore per la loro sfera di applicazione particolare. L’istituto degli oneri di urbanizzazione compare per la prima volta nell’art. 28 della l. 17.08.1942 n. 1150, inserito dall’art. 8 della l. 06.08.1967 n. 765, che prevede come necessaria, per lottizzare un terreno, ovvero per l’intervento di interesse degli odierni ricorrenti, l’autorizzazione comunale, subordinata alla stipula di una convenzione nella quale il lottizzante, fra l’altro, si assuma gli “oneri relativi alle opere di urbanizzazione primaria” nonché una “quota parte delle opere di urbanizzazione secondaria relative alla lottizzazione” ovvero “necessarie per allacciare la zona ai pubblici servizi”, precisando che “la quota è determinata in proporzione all’entità e alle caratteristiche degli insediamenti delle lottizzazioni”. L’elenco delle opere di urbanizzazione, identico a quello dell’art. 16 T.U. citato, è poi contenuto nella norma dell’art. 4 della l. 29.09.1964 n. 847, cui l’art. 28 fa rinvio.
Essendo poi, come ben noto, l’urbanistica materia di competenza regionale, dell’istituto si occupa anche la relativa legislazione: per la Lombardia, in particolare, rileva qui l’art. 44 della pure citata l. 12/2005, secondo il quale sono oneri di urbanizzazione primaria quelli relativi “alle seguenti opere: strade, spazi di sosta o di parcheggio, fognature, rete idrica, rete di distribuzione dell'energia elettrica e del gas, cavedi multiservizi e cavidotti per il passaggio di reti di telecomunicazioni, pubblica illuminazione, spazi di verde attrezzato” (comma 3); sono invece oneri di urbanizzazione secondaria quelli relativi “alle seguenti opere: asili nido e scuole materne, scuole dell'obbligo e strutture e complessi per l'istruzione superiore all'obbligo, mercati di quartiere, presidi per la sicurezza pubblica, delegazioni comunali, chiese e altri edifici religiosi, impianti sportivi di quartiere, aree verdi di quartiere, centri sociali e attrezzature culturali e sanitarie, cimiteri” (comma 4).
Ciò posto, la classificazione di un’opera e degli oneri ad essa relativi, nell’ambito della urbanizzazione primaria o secondaria ha una funzione non meramente classificatoria, dato che ne comporta un diverso trattamento in termini economici, come subito risulterà chiaro. Infatti, il concreto ammontare degli oneri in parola è ai sensi dell’art. 16 T.U. 380/2001 in conformità alla legislazione nazionale, che per quanto qui interessa, all’art. 44 l.r. 12/2005, attribuisce la competenza relativa ai Comuni. Gli stessi devono poi conformarsi alla legislazione nazionale di principio, e quindi, per le nuove lottizzazioni alla regola per cui le opere di urbanizzazione primaria sono per intero a carico del lottizzante, mentre quelle di urbanizzazione secondaria lo sono solo per una quota parte, mentre la residua grava sulle casse pubbliche.
Nel caso di specie, l’art. 11 delle NTA si conformava, e si conforma tuttora, a tale principio: al comma 6 dispone che il promotore del piano attuativo, ovvero dello strumento con cui si procede concretamente alla lottizzazione, “dovrà provvedere alla realizzazione di tutte le opere di urbanizzazione primaria… assumendo in proprio, senza diritto di rimborso o di rivalsa nei confronti del Comune, l’eventuale maggiore spese tra l’importo degli oneri di urbanizzazione primaria ed il costo delle opere medesime”; al comma 7 invece prevede che lo stesso promotore “dovrà farsi carico della realizzazione delle opere di urbanizzazione secondaria” solo per gli importi risultanti dalla relativa tabella ivi inserita. In tale contesto, è allora del tutto ovvio come l’art. 11, comma 8, delle NTA annullato rappresentasse una norma di favore per il privato, obbligato in tal senso ad accollarsi solo una parte del costo relativo alle strade ivi considerate. Si tratta allora di vedere se tale norma di favore fosse conforme a legge ovvero, così come ritenuto dal Comune, contraria alla stessa.
Il Comune, come si è detto in narrativa, si è espresso per la seconda ipotesi, sostenendo che la classificazione di strade fra le opere di urbanizzazione secondaria e non primaria sia contraria al riportato art. 44 della l.r. 12/2005, che fa rientrare in tale ultima categoria tutte le “strade”, senza restrizioni di sorta. E’ conclusione che il Collegio ritiene di condividere, in quanto conforme, come subito si illustrerà, anche alla descritta normativa nazionale.
Se si esamina la lettera delle norme nazionali in materia sopra citate, si osserva infatti che l’elenco delle opere di urbanizzazione secondaria, tanto nel comma 8 dell’art. 16 T.U. quanto nell’art. 4 della l. 847/1964, non contiene alcun riferimento alle “strade”. Tale tipologia di opere, che peraltro secondo logica è del tutto essenziale per la vivibilità, e prima di essa per la stessa fisica accessibilità, di un qualsiasi quartiere, alla lettera non è poi contemplata in via generale nemmeno dall’elenco delle opere di urbanizzazione primaria, che si limita a includere le “strade residenziali”. Sembrerebbe allora che solo la classificazione di tale presunta tipologia particolare sia definita, mentre la classificazione delle altre strade potrebbe ritenersi libera. Una interpretazione sistematica ed una analisi della giurisprudenza edita e della prassi disponibile, peraltro, inducono a conclusioni diverse.
In primo luogo, si deve osservare che la tipologia delle “strade residenziali” non è in alcun modo definita in via generale dalle norme dell’ordinamento in materia, ed è in particolare sconosciuta all’art. 2 del d.lgs. 30.04.1992 n. 385, che le strade classifica in via generale, nonché all’art. 2 del regolamento attuativo D.P.R. 16.12.1992, n. 495. Un accenno è contenuto nell’art. 178 di tale regolamento, che annovera le “strade residenziali” fra quelle sulle quali possono essere posati i dossi rallentatori, ma ancora senza definirne in generale la tipologia. Non esattamente pertinente appare infine l’art. 135 del medesimo regolamento, nella parte in cui descrive il segnale 318, che indica propriamente non una “strada residenziale”, ma una “zona residenziale”, comunque solo ai fini di particolari restrizioni alla guida.
La tipologia stessa nemmeno è definita in via generale dalla giurisprudenza edita: un accenno in tal senso si trova soltanto in Cass. civ. sez. trib. 23.10.2003 n. 15948, che si pronuncia su una questione non strettamente urbanistica, ovvero sulla applicabilità dell’agevolazione fiscale prevista ai fini IVA per chi realizza opere di urbanizzazione, e definisce in tal senso le strade residenziali come tutte le strade realizzate in aree destinate ad accogliere insediamenti abitativi, anche se fuori dal centro urbano, eccettuandone soltanto le strade al servizio di aree industriali. E’ però chiaro che in tali termini le strade considerate dall’annullato comma 8 dell’art. 11 delle NTA di cui si ragiona sarebbero comunque opere di urbanizzazione primaria, così come ritenuto dal Comune nell’atto impugnato.
Significativa è poi la motivazione di C.d.S. sez. V 25.06.2007 n. 3635, per cui “Non si può ritenere… che le norme urbanistiche, nell'inserire le strade residenziali tra le opere di urbanizzazione primaria, abbiano fatto riferimento al solo manto stradale e, per quanto concerne specificamente i piani per l'edilizia pubblica, al solo manto stradale strettamente aderente agli immobili da realizzare (ovvero circostanti a questi) e, addirittura, senza collegamenti con la viabilità preesistente (quale quella… che permette la comunicazione con la vicina area lottizzata).” Delle strade in questione, quindi, si assume un concetto ampio, che sicuramente coincide con tutte le strade il cui tratto sia “incluso o prospiciente” una lottizzazione, avvalorando ancora una volta l’impostazione del Comune intimato.
Infine, altre decisioni, pur senza soffermarsi espressamente sul punto, comprendono senz’altro tutte le strade, senza distinguerle in alcun modo, fra le opere di urbanizzazione primaria: così ad esempio TAR Sicilia Catania sez. III 08.04. 2010 n. 1076 e 12.04.2006 n. 565.
Un orientamento simile si ritrova poi nella prassi di alcuni enti locali rintracciabile in rete, e da ritenere quindi fatto notorio: possono valere per tutti il parere 10.01.2011 prot. n. 599 del Servizio per gli affari istituzionali e il sistema delle autonomie locali della Regione Friuli, in cui, al fine di individuare le strade suscettibili di accogliere i citati dossi rallentatori, si dà atto della mancanza di una definizione generale e si indicano le “strade ricadenti in una particolare zona del territorio comunale, formalmente individuata come zona residenziale”, e quindi ancora si includono quelle contemplate nella norma per cui è causa.
Allo stesso modo, la Provincia di Lecce, nel proprio Servizio di assistenza agli enti locali, individua come strade residenziali tutte quelle “realizzate in funzione di un centro abitato costruito o costruendo
(TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 14.05.2012 n. 833 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: L. Bellagamba, Lavori a scomputo sotto soglia: l’incerta determinazione n. 7/2012 dell’Autorità (20.03.2012 - link a www.linobellagamba.it).

EDILIZIA PRIVATACorte conti su opere di urbanizzazione. Esecuzione diretta solo se c'è l'accordo.
La realizzazione senza gara, con affidamento diretto al privato titolare del permesso di costruire, di opere di urbanizzazione primaria di importo inferiore a 5 milioni non è possibile per le convenzioni già stipulate alla data del 06.12.2011, ma il privato e il comune possono modificare la convenzione prevedendo l'esecuzione diretta da parte del costruttore.

È quanto afferma la Corte dei conti, con il parere 14.03.2012 n. 64 della sezione regionale di controllo per la Lombardia, che ha preso in esame gli effetti della nuova norma che disciplina la possibilità di procedere all'esecuzione diretta, senza gara, delle opere di urbanizzazione primaria di importo inferiore alla soglia comunitaria.
Oggetto della delibera era quindi l'articolo 45 del decreto legge n. 201/2011, convertito nella legge n. 214/2011, che ha introdotto all'interno del corpo dell'articolo 16 del dpr n. 380/2001, il comma 2-bis il quale dispone che «nell'ambito degli strumenti attuativi e degli atti equivalenti comunque denominati nonché degli interventi in diretta attuazione dello strumento urbanistico generale, l'esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione primaria di cui al comma 7, di importo inferiore alla soglia di cui all'articolo 28, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 12.04.2006, n. 163, funzionali all'intervento di trasformazione urbanistica del territorio, è a carico del titolare del permesso di costruire e non trova applicazione il decreto legislativo 12.04.2006, n. 163».
Questa nuova norma, che prevede la possibilità (ma non l'obbligo) dell'esecuzione diretta con esclusione della gara, si applica soltanto alle opere sotto soglia perché per l'esecuzione «a scomputo» di opere di urbanizzazione di importo superiore alla soglia comunitaria rimane ferma sia l'ipotesi della gara indetta dal privato per la realizzazione delle opere di urbanizzazione, sia l'ipotesi dell'esercizio da parte dell'amministrazione delle funzioni di stazione appaltante.
La magistratura contabile si esprime rispetto a una fattispecie in cui la nuova norma del decreto-legge n. 201/2011 era entrata in vigore fra il perfezionarsi della convenzione edilizia ed il suo adempimento mediante procedura negoziata ex articolo 57, comma 6, del Codice dei contratti pubblici con invito di almeno tre operatori economici. In altre parole si chiedeva alla Corte dei conti se la norma sull'affidamento diretto potesse o meno rendere superflua la procedura negoziata prevista dalla convenzione per l'individuazione del soggetto tenuto alla realizzazione delle opere di urbanizzazione accessorie e imporre l'automatico affidamento dei lavori allo stesso soggetto titolare della convenzione medesima.
In particolare la Corte ha affermato che il sopravvenire del decreto n. 201/2011 (entrato in vigore il 06.12.2011) «non può incidere, salvo diverso accordo delle parti, su una fattispecie in cui diritti e obblighi reciproci (sotto il profilo esecutivo) sono già definiti contrattualmente; è chiaro, infatti, che diversamente opinando una delle parti dell'accordo vedrebbe irrimediabilmente leso il suo interesse consolidato nell'accordo pattizio». I magistrati contabili specificano quindi che la novella introdotta dall'articolo 45 si applicherà alle sole convenzioni edilizie concluse successivamente la sua entrata in vigore (articolo ItaliaOggi del 23.03.2012 - tratto da www.corteconti.it).

EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: Si vuole sapere quale normativa sia applicabile per l’ipotesi in cui il privato parte della convenzione di lottizzazione (c.d. attuatore) o titolare del permesso di costruire abbia già assunto l’impegno alla realizzazione a scomputo delle opere di urbanizzazione prima dell’entrata in vigore del d.l. n. 201/2011 ma non abbia ancora chiesto il rilascio del permesso di costruire per tali opere complementari, né sia stata ancora bandita la gara per l’individuazione dell’appaltatore.
Detto in altri termini, si vuole sapere se il sopraggiungere del d.l. n. 201/2011 tra il perfezionarsi della convenzione edilizia ed il suo adempimento (mediante procedura negoziata) possa o meno rendere superflua la procedura negoziata stessa per l’individuazione del soggetto tenuto alla realizzazione delle opere di urbanizzazione accessorie ed imporre l’automatico affidamento dei lavori allo stesso soggetto titolare della convenzione medesima.
La novella introdotta dall’articolo 45 d.l. n. 210/2011 trova applicazione per le sole convenzioni edilizie concluse successivamente la sua entrata in vigore (conformemente, del resto, alla citata deliberazione dell’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici).
Resta ferma, naturalmente, la facoltà del privato e dell’amministrazione comunale di addivenire ad una modifica concordata della convenzione edilizia già stipulata conformemente alla nuova facoltà prevista dall’articolo 16, comma 2-bis, del DPR 380/2001.

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Il sindaco del comune di Samarate, con nota n. 4428 del 28.02.2012, chiedeva all’adita Sezione l’espressione di un parere in ordine alle modalità di affidamento e realizzazione delle opere di urbanizzazione connesse al rilascio di un permesso di costruire.
In particolare, il comune di Samarate precisava quanto segue:
- che con l’articolo 45 del d.l. n. 201/2011 veniva modificato l’articolo 16 del DPR n. 380/2001 con l’inserimento del comma 2-bis a mente del quale “nell'ambito degli strumenti attuativi e degli atti equivalenti comunque denominati nonché degli interventi in diretta attuazione dello strumento urbanistico generale, l'esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione primaria di cui al comma 7, di importo inferiore alla soglia di cui all'articolo 28, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 12.04.2006, n. 163, funzionali all'intervento di trasformazione urbanistica del territorio, è a carico del titolare del permesso di costruire e non trova applicazione il decreto legislativo 12.04.2006, n. 163";
- che pertanto le opere di urbanizzazione di importo inferiore alla soglia di rilevanza comunitaria non devono più essere affidate mediante procedura di gara ma sono direttamente a carico del titolare del permesso di costruire;
- che l’onere sopportato dal titolare del permesso di costruire viene poi compensato con l’importo dovuto dallo stesso al comune a titolo di contributo costo di costruzione ex art. 16, comma 3, DPR 380/2001.
Sulla base di tali premesse, il Sindaco dell’ente locale formulava il seguente duplice quesito:
a) se, qualora il privato “lottizzante” o titolare del permesso di costruire abbia già assunto –con atto convenzionale sottoscritto e registrato prima dell’entrata in vigore del d.l. n. 201/2011– l’obbligo di eseguire, a scomputo degli oneri, delle opere di urbanizzazione primaria di importo inferiore alla soglia comunitaria con procedura di gara, sia possibile procedere all’affido diretto delle opere da realizzare ai sensi del novellato articolo 16, comma 2-bis, d.p.r. 380/2001 oppure occorra rispettare la previgente disciplina e procedere all’affidamento mediante procedura negoziata, tenendo presente che ancora non è stata presentata istanza per il rilascio del permesso di costruire relativamente alle suddette opere di urbanizzazione;
b) la tipologia di atto amministrativo da adottare per integrare l’originaria convenzione edilizia al fine di affidare direttamente l’esecuzione al privato.
...
La questione proposta dal sindaco del comune di Samarate concerne l’individuazione della normativa applicabile per la realizzazione degli interventi di urbanizzazione connessi al rilascio di un permesso di costruire (o alla conclusione di un convenzione di lottizzazione) antecedentemente l’intervento dell’articolo 45 del decreto legge n. 201/2011, convertito nella legge n. 214/2011.
Con tale articolo è stato inserito, all’interno del corpo dell’articolo 16 del D.P.R. n. 380/2001, il comma 2-bis a mente del quale “nell'ambito degli strumenti attuativi e degli atti equivalenti comunque denominati nonché degli interventi in diretta attuazione dello strumento urbanistico generale, l'esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione primaria di cui al comma 7, di importo inferiore alla soglia di cui all'articolo 28, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 12.04.2006, n. 163, funzionali all'intervento di trasformazione urbanistica del territorio, è a carico del titolare del permesso di costruire e non trova applicazione il decreto legislativo 12.04.2006, n. 163".
Tale normativa, come risulta dall’articolo 50 del d.l. n. 201/2011, è entrata in vigore il giorno stesso della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale e cioè il 06.12.2011.
Prima dell’intervento del citato decreto legge 201, il combinato disposto degli artt. 32, comma 1, lett. F), 57, comma 6, e 122, comma 8, del d.lgs. n. 163/2006 (Codice dei contratti) imponevano che l’individuazione del soggetto incaricato della realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria di valore inferiore alla soglia comunitaria avvenisse mediante una procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando di gara.
In seguito al citato intervento normativo, con riferimento ai lavori di importo inferiore alla soglia comunitaria viene espressamente esclusa l’applicabilità del Codice dei contratti e viene previsto (non come obbligo ma come possibilità) l’automatico affidamento dei lavori al titolare del permesso di costruire, lavori il cui costo andrà compensato (c.d. scomputo) con gli oneri dovuti dal medesimo titolare come contributo al costo di costruzione.
In tale successione normativa si pone il quesito proposto dal comune di Samarate.
Si vuole sapere, in sintesi, quale normativa sia applicabile per l’ipotesi in cui il privato parte della convenzione di lottizzazione (c.d. attuatore) o titolare del permesso di costruire abbia già assunto l’impegno alla realizzazione a scomputo delle opere di urbanizzazione prima dell’entrata in vigore del d.l. n. 201/2011 ma non abbia ancora chiesto il rilascio del permesso di costruire per tali opere complementari, né sia stata ancora bandita la gara per l’individuazione dell’appaltatore.
Detto in altri termini, si vuole sapere se il sopraggiungere del d.l. n. 201/2011 tra il perfezionarsi della convenzione edilizia ed il suo adempimento (mediante procedura negoziata) possa o meno rendere superflua la procedura negoziata stessa per l’individuazione del soggetto tenuto alla realizzazione delle opere di urbanizzazione accessorie ed imporre l’automatico affidamento dei lavori allo stesso soggetto titolare della convenzione medesima.
Per la soluzione del quesito è opportuno ricordare quali sono le modalità di realizzazione delle opere di urbanizzazione “a scomputo”.
L’articolo 32, comma 1, lett. F), del d.lgs. n. 163/2006 prevede, per l’esecuzione “a scomputo” di opere di urbanizzazione di importo superiore alla soglia comunitaria, “sia l'ipotesi della gara indetta dal privato per la realizzazione delle opere di urbanizzazione, sia l'ipotesi dell'esercizio da parte dell'amministrazione delle funzioni di stazione appaltante. Infatti, la norma dispone che l'amministrazione che rilascia il permesso di costruire può prevedere che il soggetto che richiede tale permesso presenti con la relativa istanza un "progetto preliminare" delle opere da eseguire, allegando lo schema del contratto di appalto; sulla base di tale progetto l'amministrazione potrà quindi indire una gara. In sostanza, quando il privato sceglie di eseguire opere di urbanizzazione invece di pagare i relativi oneri, si può prevedere che lo stesso gestisca interamente la procedura ovvero che una parte del procedimento (la gara) sia da gestita dall'amministrazione” (
determinazione 16.07.2009 n. 7  Autorità di Vigilanza sui contratti pubblici).
Analoga alternativa riguardava, antecedentemente il d.l. n. 201/2011, i lavori di importo inferiore alla soglia comunitaria.
Il rinvio operato dall'articolo 122, comma 8, all'articolo 32, richiama infatti le due distinte modalità di realizzazione delle opere a scomputo previste dalla norma citata ovvero:
a) il privato titolare del permesso di costruire applica per la realizzazione delle opere a scomputo degli oneri di urbanizzazione la procedura prevista dall'articolo 57, comma 6, del Codice;
b) la pubblica amministrazione acquisisce dal privato titolare del permesso di costruire il progetto preliminare e bandisce la gara per la realizzazione delle opere a scomputo degli oneri di urbanizzazione e procede applicando la procedura prevista dall'articolo 57, comma 6, del Codice.
Dunque,
l’interesse del privato, titolare del permesso di costruire o della convenzione di lottizzazione, alla realizzazione a scomputo delle opere di urbanizzazione doveva trovare espressa previsione nell’atto convenzionale stipulato con l’Amministrazione (nella stessa convenzione edilizia o in altro atto a latere).
Tale atto convenzionale, appartenente alla categoria degli accordi sostitutivi del provvedimento di cui all’articolo 11 legge n. 241/1990, vincola le parti conformemente ai principi del codice civile.

Da esso sorge, detto in altri termini, l’obbligo per il privato (o per l’ente locale) di dar corso alla procedura negoziata, conformemente alla normativa in vigore al momento in cui è sorto.
Il sopravvenire del decreto n. 201/2011 non può quindi incidere, salvo diverso accordo delle parti, su una fattispecie in cui diritti ed obblighi reciproci (sotto il profilo esecutivo) sono già definiti contrattualmente. E’ chiaro, infatti, che diversamente opinando una delle parti dell’accordo vedrebbe irrimediabilmente leso il suo interesse consolidato nell’accordo pattizio.
Riassumendo quanto esposto, in relazione al quesito posto dal comune di Samarate va quindi precisato che
la novella introdotta dall’articolo 45 d.l. n. 210/2011 troverà applicazione per le sole convenzioni edilizie concluse successivamente la sua entrata in vigore (conformemente, del resto, alla citata deliberazione dell’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici).
Resta ferma, naturalmente, la facoltà del privato e dell’amministrazione comunale di addivenire ad una modifica concordata della convenzione edilizia già stipulata conformemente alla nuova facoltà prevista dall’articolo 16, comma 2-bis, del DPR 380/2001
(Corte dei Conti, Sez. controllo Lombardia, parere 14.03.2012 n. 64).

EDILIZIA PRIVATA: L'art. 16, comma 2, del d.p.r. n. 380/2001 (che ha riprodotto l'art. 11, comma 1, della legge n. 10/1977) consente al privato di eseguire direttamente le opere di urbanizzazione in alternativa al pagamento dei connessi oneri (con possibilità quindi di ottenerne poi lo scomputo da quanto deve pagare a titolo di oneri di urbanizzazione primaria e secondaria), ma tale facoltà ha effetto soltanto se la proposta del privato sia accettata dal Comune secondo le modalità e le garanzie dettate dal medesimo e previste in una convenzione o in un atto unilaterale d’obbligo.
Pur essendo previsto che il soggetto che richiede il permesso di costruire, a scomputo totale o parziale della quota dovuta a titolo di contributo di costruzione, può obbligarsi a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione, sia primarie che secondarie, con le modalità e le garanzie stabilite dal Comune, tale iniziativa è, sempre subordinata ad una valutazione del Comune. In tal senso, la giurisprudenza ha precisato che l'ammissione allo scomputo costituisce oggetto di una valutazione ampiamente discrezionale da parte dell'amministrazione (che ben può optare per soluzioni diverse senza obbligo di specifica motivazione) ed un vero e proprio diritto sorge in capo al privato proponente allorché, a fronte della realizzazione da parte sua di opere di urbanizzazione ovvero dell'impegno a realizzarle, vi sia stato un espresso atto di "accettazione" consensuale da parte della stessa amministrazione.

Secondo giurisprudenza consolidata, l'art. 16, comma 2, del d.p.r. n. 380/2001 (che ha riprodotto l'art. 11, comma 1, della legge n. 10/1977) consente al privato di eseguire direttamente le opere di urbanizzazione in alternativa al pagamento dei connessi oneri (con possibilità quindi di ottenerne poi lo scomputo da quanto deve pagare a titolo di oneri di urbanizzazione primaria e secondaria), ma tale facoltà ha effetto soltanto se la proposta del privato sia accettata dal Comune secondo le modalità e le garanzie dettate dal medesimo e previste in una convenzione o in un atto unilaterale d’obbligo.
Inoltre, pur essendo previsto che il soggetto che richiede il permesso di costruire, a scomputo totale o parziale della quota dovuta a titolo di contributo di costruzione, può obbligarsi a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione, sia primarie che secondarie, con le modalità e le garanzie stabilite dal Comune, tale iniziativa è, sempre subordinata ad una valutazione del Comune. In tal senso, la giurisprudenza ha precisato che l'ammissione allo scomputo costituisce oggetto di una valutazione ampiamente discrezionale da parte dell'amministrazione (che ben può optare per soluzioni diverse senza obbligo di specifica motivazione) ed un vero e proprio diritto sorge in capo al privato proponente allorché, a fronte della realizzazione da parte sua di opere di urbanizzazione ovvero dell'impegno a realizzarle, vi sia stato un espresso atto di "accettazione" consensuale da parte della stessa amministrazione (Sez. IV, 21.04.2008 n. 1811) (TAR Sicilia-Catania, Sez. I, sentenza 02.02.2012 n. 279 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Il comma 2 dell’art. 16 del d.P.R. 380 del 2001 stabilisce che “a scomputo totale o parziale della quota dovuta, il titolare del permesso può obbligarsi a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione, nel rispetto dell'articolo 2, comma 5, della legge 11.02.1994, n. 109, e successive modificazioni, con le modalità e le garanzie stabilite dal comune, con conseguente acquisizione delle opere realizzate al patrimonio indisponibile del comune”.
La giurisprudenza ha costantemente interpretato il suddetto articolo nel senso che il tipo e l’entità delle opere ammesse a scomputo, nonché la quota di oneri che su tale presupposto non è dovuta, debbono essere concordati formalmente con il Comune, dovendovi essere un espresso atto di «accettazione» consensuale da parte della stessa Amministrazione, anche informale purché esplicito, con la conseguenza che, in assenza di qualsivoglia partecipazione consensuale dell'Ente, anche solo ex post, gli oneri contributivi, così come determinati, devono essere integralmente corrisposti.
Le suddette opere devono, quindi, essere dettagliatamente individuate, e non è considerato sufficiente un mero computo estimativo.

... la società Carlotta ha contestato la violazione dell’art. 16 del d.P.R. 380 del 2001 sotto il profilo del mancato scomputo dalle somme dovute a titolo di oneri concessori di alcune opere di urbanizzazione primaria asseritamente contenute nel computo metrico estimativo vistato dall’organo tecnico comunale competente.
Più precisamente, il Comune avrebbe dovuto scomputare il costo degli spazi di sosta e parcheggio, realizzati dalla ditta Carlotta, per un totale di € 52.687,06, da sottrarre alla somma addebitata alla società per il pagamento e rateizzata (€ 137.438,67), sicché la somma finale avrebbe dovuto essere pari a € 84.571,61.
Il motivo non merita accoglimento.
Il comma 2 dell’art. 16 del d.P.R. 380 del 2001 stabilisce che “a scomputo totale o parziale della quota dovuta, il titolare del permesso può obbligarsi a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione, nel rispetto dell'articolo 2, comma 5, della legge 11.02.1994, n. 109, e successive modificazioni, con le modalità e le garanzie stabilite dal comune, con conseguente acquisizione delle opere realizzate al patrimonio indisponibile del comune”.
La giurisprudenza ha costantemente interpretato il suddetto articolo nel senso che il tipo e l’entità delle opere ammesse a scomputo, nonché la quota di oneri che su tale presupposto non è dovuta, debbono essere concordati formalmente con il Comune (Cons. St., sez. V, 01.06.1998 n. 701), dovendovi essere un espresso atto di «accettazione» consensuale da parte della stessa Amministrazione (TAR Napoli, sez. VIII, 07.07.2010, n. 16606), anche informale purché esplicito (Tar Napoli, sez. VIII, 17.09.2009, n. 4983), con la conseguenza che, in assenza di qualsivoglia partecipazione consensuale dell'Ente, anche solo ex post, gli oneri contributivi, così come determinati, devono essere integralmente corrisposti.
Le suddette opere devono, quindi, essere dettagliatamente individuate, e non è considerato sufficiente un mero computo estimativo (TAR Napoli, sez. II, 11.09.2009, n. 4934) (TAR Sicilia-Palermo, Sez. II, sentenza 18.01.2012 n. 126 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: C. Medici, BREVI NOTE SULL’ESECUZIONE DIRETTA DELLE OPERE DI URBANIZZAZIONE PRIMARIA SOTTO SOGLIA DOPO IL DECRETO “SALVA ITALIA” (link a www.gazzettaamministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAGli edifici per servizi religiosi sono da annoverare tra le opere di urbanizzazione secondaria ai sensi dell’art. 4, 2° comma, lettera ‘e’, della legge 18.04.1962 n. 167, così come modificato dall’art. 44 della legge 22.10.1971 n. 865.
Pertanto, è illegittimo il provvedimento adottato dal Consiglio comunale con il quale si è esclusa la Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova dalla concessione del contributo previsto e disciplinato dalla L. 09.03.1990 n. 27 della Regione Lazio.
... per l'annullamento del provvedimento adottato dal Consiglio comunale del Comune di Guidonia Montecelio in data 28.02.1997, deliberazione n. 9, comunicato con nota prot. n. 5799 del 03.04.1997, con cui l’Amministrazione ha escluso la Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova dalla concessione del contributo previsto e disciplinato dalla L. 09.03.1990 n. 27 della Regione Lazio.
...
RITENUTO
che l’assorbente profilo di doglianza dedotto con il primo motivo di gravame meriti condivisione, in quanto:
a) tanto l’art. 4 della L. n. 847 del 1964, che l’art. 4, comma 2°, della L. 18.04.1962 n. 167 inseriscono le “chiese ed altri edifici religiosi” fra le “opere di urbanizzazione secondaria”;
b) l’art. 2 della L. Reg. Lazio n. 27 del 1990 stabilisce -ancor più specificamente- che gli edifici e le attrezzature di comune interesse religioso devono essere considerate quali opere di urbanizzazione secondaria destinate alle provvidenze di legge;
c) la giurisprudenza amministrativa afferma che “gli edifici per servizi religiosi sono da annoverare tra le opere di urbanizzazione secondaria ai sensi dell’art. 4, 2° comma, lettera ‘e’, della legge 18.04.1962 n. 167, così come modificato dall’art. 44 della legge 22.10.1971 n. 865” (CS, V, 01.06.1992 n. 489)
(TAR Lazio-Roma, Sez. II, sentenza 10.01.2012 n. 192 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATALe opere di urbanizzazione secondaria (asili, scuole materne, scuole dell'obbligo, strutture e complessi per l'istruzione superiore all'obbligo, mercati di quartiere, delegazioni comunali, chiese e altri edifici religiosi, impianti sportivi di quartiere, centri sociali e attrezzature culturale e sanitarie, aree verdi di quartiere) sono per loro natura strutture a servizio di una parte del territorio.
Occorre, in altre parole, che tali impianti abbiano, in primo luogo, un’attinenza, sotto il profilo delle dimensioni, al quartiere nel quale sorgono (requisito, quest'ultimo, richiesto in specifico, ed esclusivamente, per i mercati, gli impianti sportivi e le aree destinate a verde).
Né possono annoverarsi tra gli impianti sportivi, in quanto opere di urbanizzazione secondaria, le strutture sportive in tutto o in parte riservate, posto che gli impianti sportivi sono opere di urbanizzazione unicamente se siano a disposizione del quartiere e ad esso correlate.
Tali opere di urbanizzazione secondaria possono essere qualificate di quartiere, tuttavia, non soltanto nel caso in cui siano destinate ad essere utilizzate dagli abitanti di una determinata zona urbana, ma anche quando sono realizzate per essere messe a disposizione dell'intera popolazione; infatti, per qualificare l’impianto come impianto di quartiere, occorre che tale impianto sia destinato ad un uso pubblico, ovvero sia messo a disposizione della collettività, anche se dietro pagamento di un corrispettivo, e non sia destinato ad essere utilizzato esclusivamente o prevalentemente da particolari categorie di soggetti, come ad esempio gli iscritti a società sportive, o i tesserati federali, cosa che non accade, infatti (non essendovi alcuna prova, neppure indiziaria al riguardo in atti), per l’impianto in oggetto, destinato, come detto, principalmente allo svolgimento di gare di bocce a vantaggio della collettività del quartiere.

In via generale, le opere di urbanizzazione secondaria (asili, scuole materne, scuole dell'obbligo, strutture e complessi per l'istruzione superiore all'obbligo, mercati di quartiere, delegazioni comunali, chiese e altri edifici religiosi, impianti sportivi di quartiere, centri sociali e attrezzature culturale e sanitarie, aree verdi di quartiere) sono per loro natura strutture a servizio di una parte del territorio (Consiglio di Stato, sez. V, 01.02.1995, n. 162).
Occorre, in altre parole, che tali impianti abbiano, in primo luogo, un’attinenza, sotto il profilo delle dimensioni, al quartiere nel quale sorgono (requisito, quest'ultimo, richiesto in specifico, ed esclusivamente, per i mercati, gli impianti sportivi e le aree destinate a verde) (cfr., a contrariis, Consiglio di Stato , sez. V, 01.06.1992, n. 489).
Né possono annoverarsi tra gli impianti sportivi, in quanto opere di urbanizzazione secondaria, le strutture sportive in tutto o in parte riservate, posto che gli impianti sportivi sono opere di urbanizzazione unicamente se siano a disposizione del quartiere e ad esso correlate.
Come è stato, infatti, chiarito anche sotto il profilo fiscale (Agenzia delle entrate, risoluzione del 12.10.2001, n. 157/E), la realizzazione della citata opera configura opera di urbanizzazione secondaria (e, come tale, soggetta ad aliquota IVA ridotta al 10%) solo se l’impianto è da ritenersi di pubblica utilità e destinato alla collettività, pur se costruito e/o gestito con concessione da un soggetto privato; tuttavia, con riguardo al possibile svolgimento di un’attività agonistica (peraltro di rilievo addirittura internazionale, come nella specie), come ha anche chiarito la risoluzione ministeriale n. 361922 del 04.11.1986, non vengono modificate le caratteristiche di opera di urbanizzazione unicamente se tale attività sia del tutto secondaria e residuale.
Tali opere di urbanizzazione secondaria possono essere qualificate di quartiere, tuttavia, non soltanto nel caso in cui siano destinate ad essere utilizzate dagli abitanti di una determinata zona urbana, ma anche quando sono realizzate per essere messe a disposizione dell'intera popolazione; infatti, per qualificare l’impianto come impianto di quartiere, occorre che tale impianto sia destinato ad un uso pubblico, ovvero sia messo a disposizione della collettività, anche se dietro pagamento di un corrispettivo, e non sia destinato ad essere utilizzato esclusivamente o prevalentemente da particolari categorie di soggetti, come ad esempio gli iscritti a società sportive, o i tesserati federali, cosa che non accade, infatti (non essendovi alcuna prova, neppure indiziaria al riguardo in atti), per l’impianto in oggetto, destinato, come detto, principalmente allo svolgimento di gare di bocce a vantaggio della collettività del quartiere (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 10.01.2012 n. 58 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: F. Botteon, L’esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione primaria sotto soglia: il d.l. 201/2011 "salva Italia" sopprime l’obbligo dell’evidenza pubblica ed equipara il piano attuativo e l’intervento diretto agli effetti dello scomputo (gennaio 2012 - link a www.lexitalia.it).

anno 2011

EDILIZIA PRIVATALA MANOVRA MONTI/ Le urbanizzazioni vanno a scomputo.
Urbanizzazioni primarie a scomputo a cura del titolare del permesso di costruire. Senza applicazione del codice dei contratti.

È questa la più importante novità apportata in materia edilizia dalla manovra Monti, che interviene anche su norme tecniche e piano casa.
Urbanizzazione a scomputo. Il decreto Monti inserisce il comma 2-bis all'articolo 16 del Testo unico per l'edilizia (dpr 380/2001). La nuova disposizione prevede che nell'ambito degli strumenti attuativi e degli atti equivalenti comunque denominati nonché degli interventi in diretta attuazione dello strumento urbanistico generale, l'esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione primaria di importo inferiore alla soglia comunitaria, funzionali all'intervento di trasformazione urbanistica del territorio, è a carico del titolare del permesso di costruire.
La norma riguarda le opere di urbanizzazione primaria: si tratta di strade residenziali, spazi di sosta o di parcheggio, fognature, rete idrica, rete di distribuzione dell'energia elettrica e del gas, pubblica illuminazione, spazi di verde attrezzato e anche i cavedi multiservizi e i cavidotti per il passaggio di reti di telecomunicazioni, salvo nelle aree individuate dai comuni sulla base dei criteri definiti dalle regioni.
L'urbanizzazione primaria si distingue da quella secondaria, che comprende asili nido e scuole materne, scuole dell'obbligo nonché strutture e complessi per l'istruzione superiore all'obbligo, mercati di quartiere, delegazioni comunali, chiese e altri edifici religiosi, impianti sportivi di quartiere, aree verdi di quartiere, centri sociali e attrezzature culturali e sanitarie. Nelle attrezzature sanitarie sono ricomprese le opere, le costruzioni e gli impianti destinati allo smaltimento, al riciclaggio o alla distruzione dei rifiuti urbani, speciali, pericolosi, solidi e liquidi, alla bonifica di aree inquinate.
In virtù della modifica in commento le urbanizzazioni primarie sono direttamente a carico del titolare del permesso di costruire e non devono essere attivate procedure di gara di evidenza pubblica per la loro realizzazione. Questo a condizione che si tratti di opere di importo inferiore a quello previsto dall'articolo 28 del codice dei contratti (dlgs 163/2006) e cioè euro 5.278.000.
Per queste ipotesi si verifica il cosiddetto «scomputo» e cioè la decurtazione della somma da quello altrimenti dovuta al comune quale parte del contributo di costruzione. La quota di contributo relativa agli oneri di urbanizzazione deve essere corrisposta al comune all'atto del rilascio del permesso di costruire. Tuttavia a scomputo totale o parziale della quota dovuta, ai sensi dell'articolo 16 del T.u. Edilizia, il titolare del permesso può obbligarsi a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione, con le modalità e le garanzie stabilite dal comune, con conseguente acquisizione delle opere realizzate al patrimonio indisponibile del comune. Una possibilità, questa, che nella manovra Monti diventa la regola.
Norme tecniche e piano casa. Per i materiali innovativi è sempre richiesto la dichiarazione di idoneità del Consiglio superiore dei lavori pubblici; e per il piano casa gli accordi di programma diventano di competenza del solo ministro delle infrastrutture (e non del Presidente del consiglio dei ministri) (articolo ItaliaOggi del 05.12.2011).

EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: L. Bellagamba, L’esecuzione dei lavori a scomputo di importo inferiore alla soglia comunitaria, fra terzo correttivo e decreto “sviluppo” (link a www.linobellagamba.it).

EDILIZIA PRIVATALa possibilità prevista dal legislatore che il concessionario si obblighi a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione deve essere concordata tra il costruttore e il Comune mediante una convenzione urbanistica che disciplini l’esecuzione di tali opere e le relative garanzie.
La legge, ai fini dello scomputo, parla indifferentemente di opere di urbanizzazione, senza, quindi, che possa farsi distinzione fra quelle relative all’urbanizzazione primaria e quelle appartenenti alla categoria delle opere di urbanizzazione secondaria.

Va, in linea generale, premesso -in subjecta materia- che il contributo di urbanizzazione, quale di diritto pubblico previsto dalla c.d. legge Bucalossi e connesso, in particolare al rilascio della concessione edilizia, è posto a carico del costruttore a titolo di partecipazione del concessionario ai costi delle opere di urbanizzazione in proporzione all’insieme dei benefici che la nuova costruzione ne ritrae (cfr. Cons. Stato Sez. V 21.04.2006 n. 2258).
Ciò osservato, l’art. 11 della legge n. 10 del 27.01.1977 all’art. 1 (comma 1) dopo aver previsto che “la quota di contributo di cui al precedente articolo 5 è corrisposta al Comune all’atto del rilascio della concessione", stabilisce che “a scomputo totale o parziale della quota dovuta, il concessionario può obbligarsi a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione con le modalità e le garanzie stabilite dal Comune”.
La possibilità prevista dal legislatore che il concessionario si obblighi a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione deve essere concordata tra il costruttore e il Comune mediante una convenzione urbanistica che disciplini l’esecuzione di tali opere e le relative garanzie.
La legge, ai fini in esame, parla indifferentemente di opere di urbanizzazione, senza, quindi, che possa farsi distinzione fra quelle relative all’urbanizzazione primaria e quelle appartenenti alla categoria delle opere di urbanizzazione secondaria, ma se così è, il Comune non può, allora, sulla scorta di quanto convenuto con l’accordo pattizio a suo tempo sottoscritto e approvato disconoscere il diritto allo scomputo del costo di opere (ivi comprese quelle di urbanizzazione secondarie qui in contestazione, ma in concreto, peraltro non specificatamente indicate) per le quali è avvenuta la loro diretta esecuzione e per le quali alcuna norma prevede che non debbono essere computate ai fini della quantificazione del contributo di urbanizzazione in ipotesi dovuto (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 02.03.2011 n. 1332 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

APPALTI: Il Codice degli Appalti si applica anche ai PRIVATI.
Il Codice degli Appalti va applicato anche ai privati che realizzano lavori pubblici se c'è lo scomputo degli oneri di urbanizzazione.
Lo comunica l'Autorità di Vigilanza sui lavori Pubblici (AVCP), precisando che “i privati che realizzano opere pubbliche a scomputo degli oneri di urbanizzazione sono individuati dal codice dei contratti pubblici come Stazioni Appaltanti e risultano pertanto soggetti all’applicazione del codice (art. 32, co. 1, lett. g) del D.Lgs. 163/2006). Tali privati sono tenuti pertanto ad effettuare le previste verifiche dei requisiti di ordine generale in sede di gara”.
L'AVCP, al fine di individuare questi soggetti privati, ha istituito una apposita banca dati contenente le informazioni dei titolari di permesso di costruire che realizzeranno anche opere a scomputo degli oneri di urbanizzazione (comunicato 02.03.2011 - link a www.autoritalavoripubblici.it).

anno 2010

EDILIZIA PRIVATAPacifica è la diversa natura degli oneri di urbanizzazione, che compensano la collettività per il nuovo ed ulteriore carico urbanistico che si riversa sulla zona, rispetto ai costi di costruzione che vogliono essere una compartecipazione comunale all’incremento di valore della proprietà immobiliare del costruttore, a seguito della nuova edificazione; si tratterebbe, quindi, di una prestazione patrimoniale aggiuntiva, di carattere paratributario, che non sarebbe negoziabile.
La terminologia adoperata di “sgravio”, “scomputo”, “compensazione”, implica, in presenza di una convenzione edilizia, una negoziazione inter partes, che non significa affatto rinunce e/o abbuoni di somme dovute, ma serve per concordare soluzioni per adempiere alle obbligazioni previste e stabilite, in modo equivalente e sostitutivo, fermo restando la corrispondenza all’importo pecuniario quantificato; attraverso di essa, la parte pubblica tende a realizzare, in modo tempestivo e proficuo, ulteriori opere a vantaggio della collettività, circostanza che giustifica l’utilizzo di siffatte somme paratributarie.
L’art. 16 del DPR n. 380/2001, su cui fa perno la tesi del Comune, prevede la corresponsione di un contributo commisurato all’incidenza degli oneri sociali di urbanizzazione, nonché al costo di costruzione; esso, pertanto, è composto da due quote distinte: gli oneri di urbanizzazione, che non sono dovuti se il titolare del permesso si obbliga a realizzare direttamente tali opere, le quali resteranno acquisite al patrimonio indisponibile del Comune (cd. scomputo totale e/o parziale), ed il costo di costruzione, che, invece, essendo una percentuale (dal 5 al 20%) rapportata non ad opere da fare per la collettività, ma ai costi di costruzione per tipologia edilizia, adeguati annualmente, non sono suscettibile di entrare in quel meccanismo dello scomputo, ma non per questo è possibile ricavare la regola fiscale di un pagamento pecuniario.
Quel che va verificato, una volta che il Comune ha richiesto lavori aggiuntivi alle stesse opere di urbanizzazione, è la loro adeguatezza ai costi di costruzione dovuti; la indisponibilità, infatti, è nel senso che essi sono previsti e quantificati per legge, ma la forma del pagamento, con compensazione o meno, è rimessa all’accordo delle parti.
L’art. 16 citato non costituisce, quindi, un impedimento ad un eventuale accordo sostitutivo anche per il costo di costruzione, né esso si pone come norma imperativa in senso negativo, solo perché lo scomputo è oggettivamente possibile unicamente per gli oneri urbanistici; ciò spiega il perché la norma si è limitata ad indicare i soli oneri urbanistici come scomputabili, ma non è affatto possibile affermare che sussiste un divieto tassativo per forme alternative di pagamento e/o compensazione con opere urbanistiche anche per i costi di costruzione.
Nei casi di edilizia abitativa convenzionata (art. 17 DPR. 380/2001), invero, il costo di costruzione è barattabile con i prezzi di vendita e i canoni di locazione (indicizzati), mediante accordo tra Comune e costruttore.

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La natura paratributaria se esclude ogni disponibilità del quantum dovuto, che ha criteri prefissati, non impedisce al Comune di negoziare tale importo per altri precisi adempimenti urbanistici, quali infrastrutture ed opere sociali e civiche.
Nella fattispecie il Comune ha espressamente compensato tali costi con la richiesta di ulteriori lavori ed adempimenti operativi, tanto è vero che si è premurato di stabilire il tetto complessivo delle somme in compensazione, che, se sforate in plus, restano a carico della sola società, senza alcuno esborso da parte dell’ente.
Non è, pertanto, rilevabile alcuna nullità assoluta per la clausola compensativa posta in convenzione, né è possibile alcuna sostituzione automatica della stessa con la regola del versamento pecuniario, che, nel caso di specie, sarebbe aggiuntivo ed implicherebbe il pagamento, da parte del Comune, delle opere ulteriori realizzate dalla ditta; la forma solutoria dei costi di costruzione, fermo il quantum e la doverosità, non ha alcuna tipizzazione monetaria inderogabile.
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... per l'annullamento DELLA DELIBERA N. 61 DELL'08.10.2009 CON CUI IL C.C. DEL COMUNE DI SPOLTORE CONVALIDA PARZIALMENTE LA DELIBERA DI G.M. N. 49/2001 DI ADOZIONE DELLE MODIFICHE ALLE N.T.A. DEL P.P. DIREZIONALE VILLA RASPA; NONCHÈ DELLA DELIBERA DI G.M. N. 260 DEL 05.11.2009 NELLA PARTE IN CUI DISPONE NEI CONFRONTI DELLA DITTA RICORRENTE IL PAGAMENTO DEL COSTO DI COSTRUZIONE E DEL RICHIESTO PAGAMENTO.
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La delibera comunale n. 61/2009 si prospetta come atto modificativo dell’art. 8 delle NTA del P.P. (zona direzionale Villa Raspa), sostituendo alla frase “potranno essere scomputati dagli oneri concessori dovuti”, altra che dice “potranno essere scomputati dagli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria dovuti”, e dell’art. 6 della convenzione tipo allagata alle NTA, prevedendo che “resta in ogni caso dovuto … l’importo relativo ai costi di costruzione delle opere”; obbligo riaffermato nel provvedimento di G.M. n. 260/2009.
IL soggetto attuatore, pertanto, dovrà realizzare a proprie spese tutte le opere di urbanizzazione primaria, cedendole con relative aree, infrastrutture, impianti ed attrezzature pubbliche del comprensorio, per una percentuale del 5% “delle Se delle zone a servizi previsti nel comprensorio”.
L’atto è stato reso immediatamente eseguibile.
IL Comune sostiene che si tratta di una variante adottata che farà il suo percorso ex lege, ai fini dell’approvazione, e che comunque per il richiesto pagamento dei costi di costruzione è stato utilizzato l’art. 1419, comma 2°, cod. civ. con la sostituzione automatica nella convenzione della norma imperativa, rappresentata dall’art. 16 del DPR n. 380/2001, mentre gli annullamenti degli atti rappresentano un’autotutela immediata.
Pacifica è la diversa natura degli oneri di urbanizzazione, che compensano la collettività per il nuovo ed ulteriore carico urbanistico che si riversa sulla zona, rispetto ai costi di costruzione che vogliono essere una compartecipazione comunale all’incremento di valore della proprietà immobiliare del costruttore, a seguito della nuova edificazione; si tratterebbe, quindi, di una prestazione patrimoniale aggiuntiva, di carattere paratributario, che non sarebbe negoziabile.
La terminologia adoperata di “sgravio”, “scomputo”, “compensazione”, implica, in presenza di una convenzione edilizia, una negoziazione inter partes, che non significa affatto rinunce e/o abbuoni di somme dovute, ma serve per concordare soluzioni per adempiere alle obbligazioni previste e stabilite, in modo equivalente e sostitutivo, fermo restando la corrispondenza all’importo pecuniario quantificato; attraverso di essa, la parte pubblica tende a realizzare, in modo tempestivo e proficuo, ulteriori opere a vantaggio della collettività, circostanza che giustifica l’utilizzo di siffatte somme paratributarie.
L’art. 16 del DPR n. 380/2001, su cui fa perno la tesi del Comune, prevede la corresponsione di un contributo commisurato all’incidenza degli oneri sociali di urbanizzazione, nonché al costo di costruzione; esso, pertanto, è composto da due quote distinte: gli oneri di urbanizzazione, che non sono dovuti se il titolare del permesso si obbliga a realizzare direttamente tali opere, le quali resteranno acquisite al patrimonio indisponibile del Comune (cd. scomputo totale e/o parziale), ed il costo di costruzione, che, invece, essendo una percentuale (dal 5 al 20%) rapportata non ad opere da fare per la collettività, ma ai costi di costruzione per tipologia edilizia, adeguati annualmente, non sono suscettibile di entrare in quel meccanismo dello scomputo, ma non per questo è possibile ricavare la regola fiscale di un pagamento pecuniario.
Quel che va verificato, una volta che il Comune ha richiesto lavori aggiuntivi alle stesse opere di urbanizzazione, è la loro adeguatezza ai costi di costruzione dovuti; la indisponibilità, infatti, è nel senso che essi sono previsti e quantificati per legge, ma la forma del pagamento, con compensazione o meno, è rimessa all’accordo delle parti.
L’art. 16 citato non costituisce, quindi, un impedimento ad un eventuale accordo sostitutivo anche per il costo di costruzione, né esso si pone come norma imperativa in senso negativo, solo perché lo scomputo è oggettivamente possibile unicamente per gli oneri urbanistici; ciò spiega il perché la norma si è limitata ad indicare i soli oneri urbanistici come scomputabili, ma non è affatto possibile affermare che sussiste un divieto tassativo per forme alternative di pagamento e/o compensazione con opere urbanistiche anche per i costi di costruzione.
Nei casi di edilizia abitativa convenzionata (art. 17 DPR. 380/2001), invero, il costo di costruzione è barattabile con i prezzi di vendita e i canoni di locazione (indicizzati), mediante accordo tra Comune e costruttore.
La LRA n. 18/1983, quale modificata dalla LRA. n. 70/1995, stabilisce anch’essa la corresponsione di un contributo commisurato alle spese di urbanizzazione ed al costo di costruzione (art.60), senza null’altro di particolare, il che conferma l’assenza di ogni norma imperativa circa la forma dell’incasso, mentre è essenziale che l’entrata finanziaria vi sia, ancorché destinata, in contestuale, ad altre opere pubbliche.
La natura paratributaria se esclude ogni disponibilità del quantum dovuto, che ha criteri prefissati, non impedisce al Comune di negoziare tale importo per altri precisi adempimenti urbanistici, quali infrastrutture ed opere sociali e civiche.
Nella fattispecie il Comune ha espressamente compensato tali costi con la richiesta di ulteriori lavori ed adempimenti operativi, tanto è vero che si è premurato di stabilire il tetto complessivo delle somme in compensazione, che, se sforate in plus, restano a carico della sola società, senza alcuno esborso da parte dell’ente.
Non è, pertanto, rilevabile alcuna nullità assoluta per la clausola compensativa posta in convenzione, né è possibile alcuna sostituzione automatica della stessa con la regola del versamento pecuniario, che, nel caso di specie, sarebbe aggiuntivo ed implicherebbe il pagamento, da parte del Comune, delle opere ulteriori realizzate dalla ditta; la forma solutoria dei costi di costruzione, fermo il quantum e la doverosità, non ha alcuna tipizzazione monetaria inderogabile.
Che il Comune voglia cambiare il sistema adottato in precedenza, è nella sua discrezionalità, ma vanno salvaguardati gli effetti di quanto già concordato inter partes; l’art. 136 L. n. 311/2004, invero, prevede come, anche in ipotesi di provvedimenti illegittimi, sia salvaguardata la posizione patrimoniale del privato che ha il rapporto convenzionale con l’ente pubblico, rafforzando quello che è l’affidamento del cittadino nei confronti dell’Amministrazione, nonché gli equilibri economici contrattati.
L’annullamento d’ufficio in autotutela risulta, inoltre, conflittuale con l’art. 21-septies L. n. 241/1990, non rinvenendosi nella fattispecie nessuna delle ipotesi tassative di legge.
Conclusivamente il ricorso è accolto nei limiti degli interessi di parte ricorrente e le spese seguono la soccombenza (TAR Abruzzo-Pescara, sentenza 18.10.2010 n. 1142 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Opere di urbanizzazione a scomputo: il ribasso d'asta va a vantaggio del privato, se non scende sotto i valori tabellari degli oneri dovuti.
Il sindaco del comune di Legnaro ha chiesto un parere alla Corte dei Conti del Veneto, ai sensi dell’art. 7, comma 8, della Legge 05.06.2003, n. 131, con un quesito che prende le mosse da quanto affermato da questa Sezione del controllo con il
parere 07.08.2009 n. 148.
Il Comune chiedeva se spettino al comune i ribassi d’asta eventualmente conseguiti in sede di gara rispetto al corrispettivo astrattamente ed aprioristicamente posto a base d’asta, per quanto riguarda lo scomputo degli oneri di urbanizzazione relativi ad opere previste nelle convenzioni urbanistiche.
Con la deliberazione n. 94/2010/PAR la Corte veneta ha risposto che: "
Ritiene quindi la Sezione che di fronte ad una operazione di più ampio respiro, nella quale l’onere assunto dal privato per la realizzazione di opere di urbanizzazione primaria superi (e non risulti quindi con essi in posizione di corrispettività) gli oneri di urbanizzazione, occorre procedere ad una valutazione globale della fattispecie, di modo che l’eventuale ribasso d’asta potrà competere al privato (in applicazione, anche in tal caso, ma in senso inverso, del criterio del “giusto prezzo”) purché, come suggerito dallo stesso Comune richiedente, in casi limite, il ribasso d’asta non scenda sotto i valori tabellari degli oneri dovuti. Al di fuori di quest’ultima ipotesi, infatti, il Comune sarebbe comunque garantito che il valore delle opere da realizzare superi comunque –a prescindere dalla spettanza del ribasso d’asta– quanto il privato avrebbe dovuto versare quali oneri di urbanizzazione primaria..." (commento tratto da http://venetoius.myblog.it - Corte dei Conti, Sez. giurisdiz. Veneto, parere 28.07.2010 n. 94).

EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: G.U. 31.07.2010 n. 177 "Trasmissione dei dati relativi a soggetti che eseguono opere a scomputo degli oneri di urbanizzazione" (Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavoro, Servizi e Forniture, comunicato).
IL PRESIDENTE
- Visti l’art. 32, comma 1, lett. g) e l’art. 122, comma 8 del decreto legislativo n. 163/2006, come modificati dal decreto legislativo n. 152/2008;
- Vista la Determinazione dell’Autorità n. 7 del 16.07.2009, avente ad oggetto problematiche applicative delle disposizioni in materia di opere a scomputo degli oneri di urbanizzazione dopo il terzo decreto correttivo del Codice dei contratti;
- Considerata la necessità di monitorare gli appalti eseguiti da privati che assumono in via diretta l’esecuzione delle opere di urbanizzazione a scomputo totale o parziale del contributo previsto per il rilascio del permesso di costruire;
COMUNICA
- Che le amministrazioni che concedono il permesso di costruire sono tenute a trasmettere all’Autorità i dati identificativi dei soggetti titolari di tale permesso, nel caso in cui allo stesso acceda una convenzione, o altro accordo, sulla realizzazione di opere a scomputo degli oneri di urbanizzazione.

EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: Trasmissione dei dati relativi a soggetti che eseguono opere a scomputo degli oneri di urbanizzazione (comunicato del Presidente 21.07.2010 - link a www.anticorruzione.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Contributo per le urbanizzazioni - Opere a scomputo - Diritto soggettivo alla realizzazione - Non sussiste, presupponendosi sempre il consenso e la volontà da parte dell'Ente locale.
2. Opere di urbanizzazione - Tipicità - Sussiste - Standard urbanistici - Tipicità - Non sussiste - Legittimità di principio della realizzazione di standard in aggiunta alle opere di urbanizzazione - Sussiste.

1. La realizzazione di opere a scomputo del contributo per le urbanizzazioni non costituisce una sorta di diritto soggettivo in capo all'operatore, ma presuppone sempre il consenso e la volontà da parte dell'Ente locale.
2. A proposito del rapporto fra opere di urbanizzazione e standard urbanistici, le prime sono previste espressamente dalla legge, secondo un principio di tipicità; i secondi costituiscono invece una categoria aperta, che si attaglia alle specifiche realtà locali, da considerarsi quindi anche come qualcosa di aggiuntivo, sicché non appare illegittimo, quanto meno in linea di principio, che alla realizzazione delle opere di urbanizzazione si accompagni la cessione di aree o la realizzazione di standard da parte del privato (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 28.06.2010 n. 2645 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Il ricorso allo scomputo, in conseguenza dell'esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione, costituisce una facoltà rimessa alla parte richiedente che, ove lo ritenga opportuno, può obbligarsi verso l'Amministrazione ad eseguire opere di urbanizzazione; spetta, comunque, all'Amministrazione, in base all'obbligazione unilateralmente assunta dalla parte, accettare o meno la proposta e subordinarla a condizioni o prescrizioni specifiche.
Secondo un precedente pronunciamento del Consiglio di Stato (sentenza 1209/1999) “il ricorso allo scomputo, in conseguenza dell'esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione, costituisce, peraltro, una facoltà rimessa alla parte richiedente, che, ove lo ritenga opportuno, può obbligarsi verso l'Amministrazione ad eseguire opere di urbanizzazione; spetta, comunque, all'Amministrazione, in base all'obbligazione unilateralmente assunta dalla parte, accettare o meno la proposta e subordinarla a condizioni o prescrizioni specifiche; solo una volta intervenuta tale approvazione diviene, poi, pienamente efficace l'atto d'obbligo; con la conseguenza che non può poi, la parte promittente, unilateralmente, in un momento successivo, mutare le condizioni sulle quali è intervenuto il consenso comunale, altrimenti venendosi ad alterare ingiustificatamente, mediante l'iniziativa unilaterale del medesimo obbligato principale, le basi stesse del consenso … l'art. 11 della legge n. 10/1977 non esclude affatto che tra le parti possa, per valutazioni di convenienza -connesse alla piena disponibilità, in capo al beneficiano, della facoltà accordata dal legislatore- di regolare il rapporto anche in termini diversi, limitando, se questo è l'interesse della parte, lo scomputo in termini parziali e non totali; si verte, infatti, in tema di diritti disponibili e il legislatore non ha affatto inteso escludere che la parte promittente possa liberamente assumere impegni patrimoniali più onerosi rispetto a quelli astrattamente previsti dalla legge" (TAR Lombardia-Milano, Sez. IV, sentenza 22.06.2010 n. 2125 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Il diritto allo scomputo degli oo.uu. dovuti va riconosciuto soltanto in relazione al valore delle opere di urbanizzazione, e solo fra opere omogenee (di urbanizzazione primaria o di urbanizzazione secondaria).
Il diritto allo scomputo va riconosciuto soltanto in relazione al valore delle opere di urbanizzazione, e solo fra opere omogenee (di urbanizzazione primaria o di urbanizzazione secondaria, come nel caso di specie).
La P.A. resistente, pertanto, in relazione a ciascuna concessione edilizia, considerato il tipo di opere di urbanizzazione cedute dalla ditta lottizzante, dovrà detrarne il valore dal contributo per oneri di urbanizzazione, con la conseguenza che, se già le somme inerenti agli stessi oneri di urbanizzazione siano state versate per intero, il comune medesimo dovrà restituire l‘importo relativo alle somme eccedenti, maggiorato degli interessi legali a decorrere dalla data del versamento, senza che possa accampare il diritto a un “controcredito”.
Infatti, ad avviso del Collegio, l’entità delle somme da versare, previo eventuale scomputo (se vi sia stata cessione di opere di urbanizzazione) va determinata singolarmente, in relazione a ciascuna concessione edilizia rilasciata in attuazione del piano di lottizzazione, come, del resto, espressamente statuito dal già richiamato art. 11 della L. 28.01.1977 n. 10 (TAR Veneto, Sez. I, n. 1378/2004) (TAR Veneto, Sez. II, sentenza 21.05.2010 n. 2136 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Opere di urbanizzazione - Scomputo oneri concessori - Fungibilità oneri relativi ad opere di urbanizzazione primaria ed oneri relativi ad opere di urbanizzazione secondaria - Va esclusa.
Le opere di urbanizzazione primaria e secondaria sono considerate separatamente dal legislatore, statale e regionale, in ragione della loro diversa funzione e preoccupazione di questo è, non tanto, o non solo, attribuire un’entrata ai comuni, bensì assicurare l’esecuzione delle opere, direttamente -a scomputo- ovvero mediante la corresponsione del relativo costo.
L’esistenza delle opere di urbanizzazione primaria (ovvero la prevista attuazione delle stesse), va sottolineato, costituisce condizione cui è subordinato il rilascio del permesso di costruire (art. 12, comma 2, D.P.R. n. 380/2001). La specificità della previsione porta ad escludere che tale presupposto possa essere soddisfatto altrimenti, mediante la realizzazione di opere di urbanizzazione secondaria di valore corrispondente.
Analogamente è da dirsi per il caso, speculare, prospettato dal Comune: se gli oneri per opere di urbanizzazione secondaria possano essere assolti mediante la realizzazione a scomputo di opere di urbanizzazione primaria. Da quanto sopra emerge, infatti, che si tratta di due categorie non omogenee di opere pubbliche da realizzare a vantaggio della collettività situata sul territorio oggetto di trasformazione urbanistica e, come tali, non interscambiabili e fungibili tra loro.

Sulla questione si è espressa conformemente la Sezione Lombardia di questa Corte
evidenziando, in particolare, come la ratio delle norme sugli oneri in discorso vada rinvenuta nel preminente interesse pubblico a che l’amministrazione comunale usufruisca delle opere di urbanizzazione, in ragione della loro diversa funzione: di rendere effettivamente edificabile l’area su cui sorgerà l’intervento edilizio, dotandola dei manufatti e dei servizi indispensabili per l’agibilità e la fruibilità del fabbricato secondo la destinazione d’uso, quanto a quelle della prima categoria, di arricchire la comunità urbanizzata nel suo complesso di strutture e servizi a fini generali (asili, parchi, biblioteche, impianti sportivi ecc.), quanto a quelle della seconda.
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Il Comune di Andezeno, con nota a firma del proprio sindaco, ha formulato una richiesta di parere con cui chiede se sia legittimo lo scomputo indifferenziato degli oneri di urbanizzazione, si riferiscano questi ad opere di urbanizzazione primaria o secondaria, e quindi la fungibilità e la compensazione fra le due specie di oneri.
In particolare al Comune interessa sapere se gli oneri per opere di urbanizzazione secondaria potrebbero essere assolti mediante la realizzazione a scomputo di opere di urbanizzazione primaria.
...
3. Nel merito. Per quanto interessa la richiesta di parere, occorre prendere le mosse dall’art. 16 del D.P.R. 06.06.2001 n. 380 (recante il Testo unico in materia edilizia) a mente del quale il rilascio del premesso di costruire comporta la corresponsione di un contributo commisurato all’incidenza degli oneri di urbanizzazione (comma 1). A scomputo totale o parziale della quota dovuta, il titolare del permesso può obbligarsi a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione, con le modalità e le garanzie stabilite dal comune, il quale le acquisisce al proprio patrimonio indisponibile (comma 2).
La norma distingue gli oneri di urbanizzazione primaria da quelli di urbanizzazione secondaria, elencando i rispettivi interventi (appartengono alla prima categoria: strade residenziali, spazi di sosta o di parcheggio, fognature, rete idrica, ecc., mentre alla seconda: asili nido, scuole, mercati di quartiere, chiese, ecc.) (commi 7, 7-bis, 8). Vengono anche indicati i criteri secondo cui i comuni stabiliscono e aggiornano l’incidenza dei suddetti oneri (commi 4, 5, 6).
Essendo il governo del territorio materia di legislazione concorrente (art. 117, comma 3 Cost.) va considerata la legislazione regionale in materia.
La legge della Regione Piemonte del 05.12.1977 n. 56 e s.m.i. sulla tutela ed uso del suolo all’art. 49 dispone che:
- la concessione è subordinata alla corresponsione di un contributo commisurato, tra l’altro, all’incidenza delle spese di urbanizzazione primaria e secondaria (comma 1);
- la concessione, in casi di particolare complessità degli interventi previsti, e che richiedano opere infrastrutturali eccedenti al semplice allacciamento ai pubblici servizi o il coordinamento tra operatori pubblici e privati per la realizzazione delle opere di urbanizzazione, può essere subordinata alla stipulazione di una convenzione, o di un atto d’impegno unilaterale da parte del richiedente, che disciplini modalità, requisiti e tempi di realizzazione degli interventi (comma 5);
- la convenzione-tipo, predisposta dalla giunta regionale e alla quale dovranno uniformarsi le convenzioni comunali e gli atti d’impegno unilaterale sostitutivi della convenzione, deve prevedere, tra l’altro, la descrizione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria per cui è previsto l'impegno alla diretta esecuzione da parte del proprietario, con le relative garanzie finanziarie, nonché la determinazione del contributo commisurato all'incidenza delle spese di urbanizzazione primaria e secondaria, dedotta la eventuale aliquota corrispondente alle opere di cui sopra (comma 7).
Anche la legge regionale elenca partitamente le tipologie di opere di urbanizzazione primaria e secondaria (art. 51), nonché i criteri per fissare il contributo di costruzione (art. 52), precisando, tra l’altro, che per la valutazione dei costi-base delle opere di urbanizzazione è da assumere prioritariamente il metodo della stima analitica diretta, ricavata, per ogni singolo comune, dalle previsioni degli strumenti urbanistici generali ed esecutivi e dei programmi di attuazione, mediante computi metrici estimativi eseguiti sull'insieme dei progetti di massima delle opere effettivamente occorrenti per soddisfare i fabbisogni pregressi e previsti, e che nell'applicazione dei coefficienti riduttivi dei costi-base, là dove applicabili, i comuni dovranno, in ogni caso, verificare che il contributo complessivo, richiesto per le opere di urbanizzazione primaria, secondaria e indotta, per singoli edifici da costruire in aree di espansione, non scenda al di sotto del valore effettivo pro quota del costo delle opere di urbanizzazione primaria pertinente a ciascuno di essi, al fine di garantire per queste opere l'equivalenza tra monetizzazione ed esecuzione diretta da parte del concessionario.
Dall’insieme delle disposizioni
emerge dunque come le opere di urbanizzazione primaria e secondaria siano considerate separatamente dal legislatore, statale e regionale, in ragione della loro diversa funzione e che preoccupazione di questo sia stata, non tanto, o non solo, attribuire un’entrata ai comuni, bensì assicurare l’esecuzione delle opere, direttamente -a scomputo- ovvero mediante la corresponsione del relativo costo.
L’esistenza delle opere di urbanizzazione primaria (ovvero la prevista attuazione delle stesse), va sottolineato, costituisce condizione cui è subordinato il rilascio del permesso di costruire (art. 12, comma 2, D.P.R. n. 380/2001). La specificità della previsione porta ad escludere che tale presupposto possa essere soddisfatto altrimenti, mediante la realizzazione di opere di urbanizzazione secondaria di valore corrispondente. Analogamente è da dirsi per il caso, speculare, prospettato dal Comune: se gli oneri per opere di urbanizzazione secondaria possano essere assolti mediante la realizzazione a scomputo di opere di urbanizzazione primaria. Da quanto sopra emerge, infatti, che si tratta di due categorie non omogenee di opere pubbliche da realizzare a vantaggio della collettività situata sul territorio oggetto di trasformazione urbanistica e, come tali, non interscambiabili e fungibili tra loro.
Sulla questione si è espressa conformemente la Sezione Lombardia di questa Corte (
parere 15.09.2008 n. 66), evidenziando, in particolare, come la ratio delle norme sugli oneri in discorso vada rinvenuta nel preminente interesse pubblico a che l’amministrazione comunale usufruisca delle opere di urbanizzazione, in ragione della loro diversa funzione: di rendere effettivamente edificabile l’area su cui sorgerà l’intervento edilizio, dotandola dei manufatti e dei servizi indispensabili per l’agibilità e la fruibilità del fabbricato secondo la destinazione d’uso, quanto a quelle della prima categoria, di arricchire la comunità urbanizzata nel suo complesso di strutture e servizi a fini generali (asili, parchi, biblioteche, impianti sportivi ecc.), quanto a quelle della seconda.
In conclusione al quesito posto dal Comune deve darsi risposta negativa, non essendo fungibili tra loro le citate categorie -primaria e secondaria- di oneri di urbanizzazione (
Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Piemonte, parere 20.05.2010 n. 40).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Opere di urbanizzazione - Esecuzione diretta - Scomputo - Carattere facoltativo - Sussiste - Obbligo di accettazione da parte della P.A. - Non sussiste - Facoltà di mutamento unilaterale ex post delle condizioni da parte del promittente - Non sussiste.
2. Opere di urbanizzazione - Oneri - Misura degli oneri incassati dalla P.A. superiore al dovuto - Divieto di legge - Non sussiste - Impugnabilità - Non sussiste, in quanto si verte in tema di diritti disponibili.

1. Il ricorso allo scomputo, in conseguenza dell'esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione, costituisce una facoltà rimessa alla parte richiedente, che, ove lo ritenga opportuno, può obbligarsi verso l'amministrazione ad eseguire opere di urbanizzazione.
Spetta, comunque, all'amministrazione, in base all'obbligazione unilateralmente assunta dalla parte, accettare o meno la proposta e subordinarla a condizioni o prescrizioni specifiche; solo una volta intervenuta tale approvazione diviene, poi, pienamente efficace l'atto d'obbligo; con la conseguenza che la parte promittente non può mutare unilateralmente, in un momento successivo, le condizioni sulle quali è intervenuto il consenso comunale, altrimenti venendosi ad alterare ingiustificatamente, mediante l'iniziativa unilaterale del medesimo obbligato principale, le basi stesse del consenso.
2. Il fatto che la P.A. ottenga un'opera di urbanizzazione di un determinato valore ed incassi oneri in misura superiore rispetto al complessivo dovuto non può costituire oggetto di impugnazione, in quanto si verte in tema di diritti disponibili e il legislatore non ha affatto inteso escludere che la parte promittente possa liberamente assumere impegni patrimoniali più onerosi rispetto a quelli astrattamente previsti dalla legge (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 07.05.2010 n. 1365 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Art. 16, comma 2, D.P.R. n. 380/2001 - Diritto allo scomputo per l'esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione - Configurabilità nella misura e con le modalità previste dal Comune in via unilaterale o concordate con il privato.
Dal dettato dell'art. 16, comma 2, del D.P.R. n. 380/2001 si evince che un diritto allo scomputo, per l'esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione, è configurabile non in modo indiscriminato, ma nella misura e "con le modalità" stabilite dal Comune in via unilaterale (in sede di rilascio della concessione, ora permesso di costruire), ovvero concordate tra le parti (in sede di stipula della convenzione urbanistica) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 01.03.2010 n. 482 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: G. Ciaglia, Le opere di urbanizzazione a scomputo dopo il terzo correttivo: gestione della gara (L'Ufficio Tecnico n. 2/2010).

EDILIZIA PRIVATA: Permesso di costruire - Presupposti - Lettera di impegno del privato alla realizzazione o completamento di opere di urbanizzazione - E' sufficiente.
Il permesso di costruire è subordinato alla esistenza delle opere di urbanizzazione primaria o alla previsione, da parte del Comune, dell'attuazione delle stesse nel successivo triennio ovvero all'impegno degli interessati di procedere alla loro attuazione contemporaneamente all'intervento di cui al permesso: la P.A. deve pertanto tenere in considerazione eventuali lettere di impegno in tal senso da parte dei privati (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 08.02.2010 n. 298 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: G. Ciaglia, Le opere di urbanizzazione a scomputo dopo il terzo correttivo: problematiche interpretative, incertezze operative e qualche possibile soluzione (L'Ufficio Tecnico n. 1/2010).

EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: Nuova circolare della Regione Veneto sulle opere a scomputo (deliberazione della Giunta n. 202 del 2010) (link a http://venetoius.myblog.it).

anno 2009

EDILIZIA PRIVATA: G. Ciaglia, La disciplina dell'esecuzione delle opere di urbanizzazione introdotta dal Codice dei contratti (L'Ufficio Tecnico n. 11-12/2009).

URBANISTICA: Le opere di urbanizzazione a scomputo totale o parziale della quota dovuta a titolo di contributo di urbanizzazione sono quelle opere pubbliche, asservite alle edificazioni private, che il costruttore può chiedere di realizzare e che il Comune ha la facoltà di accettare o respingere la proposta dell’operatore (comma 2 dell’art. 16 del D.P.R. 06.06.2001 n. 380, che ha sostituito l’art. 11 della L. 28.01.1977 n. 10).
La decisione di effettuare lo scomputo ed ogni altra questione viene disciplinata in una convenzione, che precede il rilascio del permesso a costruire o della D.I.A. e
“emerge dalla normativa urbanistica che il privato attuatore del piano e/o titolare del permesso di costruire, debitore del versamento degli oneri di urbanizzazione, possa liberarsi mediante l’esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione".
"
La convenzione con la quale si autorizza e si disciplina lo scomputo determina una sorta di novazione dell’obbligazione originaria a carico del titolare del permesso di costruire”, conseguentemente il costruttore non è più tenuto al pagamento degli oneri, bensì alla realizzazione di un’opera di urbanizzazione.
Orbene,
se dopo la stipula della convenzione che prevede l’esecuzione di opere di urbanizzazione anziché il pagamento di oneri, il soggetto titolare del permesso a costruire non può decidere unilateralmente di non realizzare le opere che si era impegnato a realizzare e versare gli oneri originariamente previsti. Ove intenda procedere in questo senso deve rivolgere specifica richiesta all’Amministrazione che deve decidere se accedere o meno alla stessa in relazione agli interessi della collettività, tenuto anche conto della circostanza che, al momento della stipula della convenzione, l’ente aveva ritenuto più vantaggioso che il privato procedesse direttamente alla realizzazione delle opere anziché versare gli oneri.
Tuttavia,
se a seguito di una valutazione ulteriore, anche in base ad esigenze sopravvenute, risulta maggiormente favorevole per l’ente pubblico ricevere l’importo relativo agli oneri anziché attendere la realizzazione diretta delle opere da parte del costruttore, la convenzione originaria può essere modificata seguendo la stessa procedura ed adottando la medesima forma dell’atto originario.
In questo modo si verrebbe a novare, per la seconda volta, il contenuto dell’obbligazione del privato che non risulta più tenuto ad eseguire le opere di urbanizzazione ma a versare l’importo relativo agli oneri di urbanizzazione, nei tempi e secondo le modalità che devono essere precisati nella nuova convenzione.
Al riguardo occorre sottolineare, però, che
il Comune deve valutare criticamente la richiesta proveniente dall'impresa costruttrice e la proposta di variazione potrà essere accettata unicamente se ritenuta conforme agli interessi della collettività, tenendo nel dovuto conto il disposto dell'art. 12, co. 2, del d.p.r. n. 380 del 2001 dal quale si evince la stretta ed imprescindibile correlazione fra intervento edilizio ed opere di urbanizzazione che, quindi, devono essere realizzate, a cura del Comune, contestualmente all'intervento edilizio.
A seguito della modifica della convenzione originaria il privato costruttore risulta tenuto ad effettuare il versamento degli oneri entro la data stabilita nel nuovo disciplinare.
Parallelamente, il Comune vanta un diritto di credito ad ottenere il versamento della somma concordata entro la data stabilita nella convenzione.
Si tratta di un comune diritto di credito, soggetto alla disciplina del codice civile e, come ogni altro diritto di questo genere, suscettibile di cessione a terzi.
La cessione del credito è un contratto mediante il quale il creditore, nel caso di specie il Comune, trasferisce ad un altro soggetto il proprio diritto di credito (art. 1260 cod. civ.), purché il trasferimento non sia vietato dalla legge (art. 1261 cod. civ.).
La cessione può essere pro soluto o pro solvendo a seconda che l’estinzione dell’obbligazione originaria sia collegata o meno alla riscossione del credito ceduto (art. 1267 cod. civ.).

Ove le parti modifichino la convenzione urbanistica originaria e prevedano l’obbligo da parte del costruttore di versare un importo predeterminato al Comune entro una data prestabilita, l’ente pubblico può cedere, ovviamente a titolo oneroso, il credito ad un terzo soggetto ed incassare e contabilizzare l’importo stabilito, anche prima della data stabilita nella convenzione.
Tuttavia, al fine di evitare che si tratti di una manovra elusiva, diretta ad aggirare divieti di legge o a violare norme imperative quali quelle relative al patto di stabilità, l’operazione di cessione del credito deve essere reale ed effettiva e comportare, per il Comune, l’incasso, senza riserve, del credito derivante dalla convenzione. Deve trattarsi, quindi, di una cessione pro soluto che addossi al cessionario ogni rischio, anche di insolvenza, in ordine al credito originario.

Val la pena rilevare, da ultimo, che
la scelta del cessionario del credito deve avvenire per il tramite di una procedura ad evidenza pubblica.
Infatti, sia in relazione ai principi della contabilità pubblica che alla disciplina dei contratti pubblici, la scelta del contraente non può essere discrezionale ma deve avvenire nel rispetto dei principi costituzionali di imparzialità e buon andamento che devono informare l'attività dell'Amministrazione pubblica.

A questo proposito,
se in base alla normativa sui contratti pubblici, la cessione del credito può rientrare nella previsione dell'art. 19, co. 1, lett. d), del d.lgs. n. 163 del 2006, il cessionario dovrà comunque essere scelto “nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza e proporzionalità” facendo precedere l'individuazione del contraente da una procedura di gara, sia pure ristretta.
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Il Sindaco del Comune di Arese (MI) ha posto alla Sezione un quesito in ordine all'applicazione di alcuni aspetti della disciplina relativa all’applicazione del Patto di stabilità interno per il 2009, con particolare riferimento alle entrate che possono essere conteggiate ai fini del calcolo dei saldi di riferimento.
In particolare, domanda se può cedere a terzi il credito vantato nei confronti di una società che, dopo aver stipulato una convenzione edilizia con la quale si era impegnata ad effettuare opere di urbanizzazione in sostituzione del pagamento di oneri, avrebbe deciso di non più effettuare le opere, ma di versare l’importo relativo agli oneri entro il 30.06.2010 e se può incassare il corrispettivo della cessione entro il 31.12.2009, conteggiandolo fra le entrate di competenza dell’esercizio 2009.
Al fine di chiarire ambito e portata del quesito, il richiedente ha messo in luce, sia con l’originaria richiesta di parere che con l’integrazione successiva del 16.11.2009, che a seguito della stipula di una convenzione urbanistica una società che intendeva attuare un intervento edilizio si era impegnata, in un primo tempo, a realizzare opere a scomputo degli oneri di urbanizzazione per il complessivo importo di euro 2.500.000.
A causa di alcuni non meglio precisati ritardi e “problemi connessi alla società”, le opere non sarebbero state realizzate e la società interessata avrebbe proposto al Comune di versare l’importo relativo alle opere scomputate, pari a 2.500.000 di euro, entro il 30.06.2010.
Ritenendo di accettare la proposta e, pertanto acconsentendo a “novare il rapporto giuridico in essere e sostituire l’esecuzione delle opere a scomputo con il pagamento della somma corrispondente a titolo di oneri di urbanizzazione” il Sindaco di Arese si domanda se sia possibile “ricevere il pagamento di tale somma, entro il 31/12/2010, da un soggetto terzo che si sostituisce alla società debitrice”, la quale, successivamente, “estinguerà il suo debito pagando al soggetto terzo quanto pattuito entro il 30/06/2009”.
Questo risultato potrebbe essere raggiunto, secondo il richiedente, stipulando un “contratto di cessione di credito che, estinguendo l’obbligazione contrattuale della società obbligata, ai sensi dell’articolo 1198 del codice civile, consentisse di incamerare al bilancio dell’ente, entro il 31/12/2009, le somme oggetto dell’originaria obbligazione”.
In questo modo l’ente incasserebbe entro il 31 dicembre un importo pari ad euro 2.500.000, necessario per riportare il saldo finanziario dell’ente ad un importo tale da permettere di “rientrare nei parametri” di rispetto del Patto di stabilità interno.
...
Il richiedente, come si è visto, ha posto alla Sezione un quesito complesso in ordine all'interpretazione ed applicazione di alcuni aspetti della disciplina dell’attività contrattuale della pubblica amministrazione e delle ricadute in ordine ai vincoli di finanza pubblica che rientrano nella disciplina del Patto di stabilità interno.
Sostanzialmente, il Comune di Arese vuole appurare se, ad avviso della Sezione, la cessione a terzi di un credito vantato nei confronti di un’impresa che dopo essersi impegnata ad effettuare opere di urbanizzazione ha deciso, in accordo con l’ente pubblico, di non eseguire le opere ma di versare l’importo relativo agli oneri, sia un’entrata idonea a garantire il rispetto dei saldi relativi al Patto di stabilità.
Al fine di rispondere al quesito, è necessario verificare, sia pure brevemente e sinteticamente, da un lato, se l’originaria obbligazione di effettuare opere di urbanizzazione in sostituzione del pagamento degli oneri possa essere modificata prevedendo il pagamento di una somma di denaro e, dall’altro, se l’ente pubblico possa cedere il relativo credito.
   1) In via preliminare è opportuno ribadire che
gli enti territoriali che concorrono a costituire la Repubblica sono tenuti ad osservare il Patto di stabilità interno, così come disciplinato dalle leggi finanziarie statali.
L'osservanza dei vincoli di spesa o finanziari imposti all'interno di questa disciplina deve essere stabilita sin dall’individuazione degli interventi contenuti nel bilancio preventivo, anche se l’effettivo scostamento è accertabile solo al termine dell’esercizio, come questa Sezione ha avuto modo di precisare sin dalla delibera n. 10 del 13.10.2006 (da ultimo, sul punto:
parere 22.01.2009 n. 2).
Questa Sezione ha messo in luce in numerose occasioni che la disciplina del Patto di stabilità interno è stata caratterizzata, sin dall’origine, da una forte instabilità poiché quasi ogni anno le regole che gli enti sono tenuti ad applicare vengono modificate o integrate, al fine di rispondere, a seconda dei casi, ad esigenze strutturali o anche soltanto contingenti.
Al contrario, una disciplina, quale quella del “Patto”, che pone rigidi limiti all'autonomia operativa degli enti territoriali non solo dovrebbe essere concordata fra lo Stato e gli stessi destinatari ma, soprattutto, dovrebbe essere caratterizzata da una elevata stabilità al fine di permettere ai Comuni ed alle Province di programmare adeguatamente i loro interventi, sia in relazione alle attività ordinarie che a quelle di realizzazione di opere pubbliche che richiedono, ovviamente, la possibilità di operare in un contesto temporale che oltrepassa l'ordinaria gestione annuale (sul punto, da ultimo: parere n. 26, in data 10.02.2009).
Le questioni inerenti il rispetto del Patto di stabilità si sono ulteriormente complicate a seguito della reintroduzione, con la manovra finanziaria per il 2009, di specifiche limitazioni amministrative o sanzioni a carico degli enti che non rispettano le previsioni del Patto, i quali, nell'esercizio successivo, subiscono una riduzione dei contributi ordinari dovuti dal Ministero dell'Interno (art. 2, co. 41, l. n. 203 del 2008), non possono né procedere all'assunzione di nuovo personale né ricorrere all'indebitamento per finanziare i nuovi investimenti e non debbono assumere impegni per spese correnti in misura non superiore a quella minima effettuata nell'ultimo triennio (art. 76, del d.l. 25.06.2008, n. 112, conv. in l. 06.08.2008, n. 133). Inoltre, sono tenuti a ridurre del 30% le indennità di funzione e i gettoni di presenza degli amministratori rispetto a quelli in vigore alla data del 30.06.2008.
Diviene, quindi, ancora più importante verificare se ed a quali condizioni sia possibile operare al fine di addivenire al rispetto della disciplina relativa al Patto.
   2) La prima questione da prendere in esame riguarda la convenzione urbanistica conclusa dal Comune con un’impresa privata e, in particolare, quali siano gli obblighi e diritti delle parti in ordine alla realizzazione delle opere di urbanizzazione a scomputo.
Le opere di urbanizzazione a scomputo totale o parziale della quota dovuta a titolo di contributo di urbanizzazione sono quelle opere pubbliche, asservite alle edificazioni private, che il costruttore può chiedere di realizzare e che il Comune ha la facoltà di accettare o respingere la proposta dell’operatore (comma 2 dell’art. 16 del D.P.R. 06.06.2001 n. 380, che ha sostituito l’art. 11 della L. 28.01.1977 n. 10).
La decisione di effettuare lo scomputo ed ogni altra questione viene disciplinata in una convenzione, che precede il rilascio del permesso a costruire o della D.I.A. e, come osservato dall’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici, emerge dalla normativa urbanistica che il privato attuatore del piano e/o titolare del permesso di costruire, debitore del versamento degli oneri di urbanizzazione, possa liberarsi mediante l’esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione (determinazione 16.07.2009 n. 7).
Sempre l’Autorità ha messo in luce che
la convenzione con la quale si autorizza e si disciplina lo scomputo determina una sorta di novazione dell’obbligazione originaria a carico del titolare del permesso di costruire”, e che, conseguentemente, il costruttore non è più tenuto al pagamento degli oneri, bensì alla realizzazione di un’opera di urbanizzazione.
Orbene,
se dopo la stipula della convenzione che prevede l’esecuzione di opere di urbanizzazione anziché il pagamento di oneri, il soggetto titolare del permesso a costruire non può decidere unilateralmente di non realizzare le opere che si era impegnato a realizzare e versare gli oneri originariamente previsti. Ove intenda procedere in questo senso deve rivolgere specifica richiesta all’Amministrazione che deve decidere se accedere o meno alla stessa in relazione agli interessi della collettività, tenuto anche conto della circostanza che, al momento della stipula della convenzione, l’ente aveva ritenuto più vantaggioso che il privato procedesse direttamente alla realizzazione delle opere anziché versare gli oneri.
Tuttavia,
se a seguito di una valutazione ulteriore, anche in base ad esigenze sopravvenute, risulta maggiormente favorevole per l’ente pubblico ricevere l’importo relativo agli oneri anziché attendere la realizzazione diretta delle opere da parte del costruttore, la convenzione originaria può essere modificata seguendo la stessa procedura ed adottando la medesima forma dell’atto originario.
In questo modo si verrebbe a novare, per la seconda volta, il contenuto dell’obbligazione del privato che non risulta più tenuto ad eseguire le opere di urbanizzazione ma a versare l’importo relativo agli oneri di urbanizzazione, nei tempi e secondo le modalità che devono essere precisati nella nuova convenzione.
Al riguardo occorre sottolineare, però, che
il Comune deve valutare criticamente la richiesta proveniente dall'impresa costruttrice e la proposta di variazione potrà essere accettata unicamente se ritenuta conforme agli interessi della collettività, tenendo nel dovuto conto il disposto dell'art. 12, co. 2, del d.p.r. n. 380 del 2001 dal quale si evince la stretta ed imprescindibile correlazione fra intervento edilizio ed opere di urbanizzazione che, quindi, devono essere realizzate, a cura del Comune, contestualmente all'intervento edilizio.
   3)
A seguito della modifica della convenzione originaria il privato costruttore risulta tenuto ad effettuare il versamento degli oneri entro la data stabilita nel nuovo disciplinare.
Parallelamente, il Comune vanta un diritto di credito ad ottenere il versamento della somma concordata entro la data stabilita nella convenzione.
Si tratta di un comune diritto di credito, soggetto alla disciplina del codice civile e, come ogni altro diritto di questo genere, suscettibile di cessione a terzi.
La cessione del credito è un contratto mediante il quale il creditore, nel caso di specie il Comune, trasferisce ad un altro soggetto il proprio diritto di credito (art. 1260 cod. civ.), purché il trasferimento non sia vietato dalla legge (art. 1261 cod. civ.).
La cessione può essere pro soluto o pro solvendo a seconda che l’estinzione dell’obbligazione originaria sia collegata o meno alla riscossione del credito ceduto (art. 1267 cod. civ.).

   4)
Ove le parti modifichino la convenzione urbanistica originaria e prevedano l’obbligo da parte del costruttore di versare un importo predeterminato al Comune entro una data prestabilita, l’ente pubblico può cedere, ovviamente a titolo oneroso, il credito ad un terzo soggetto ed incassare e contabilizzare l’importo stabilito, anche prima della data stabilita nella convenzione.
Tuttavia, al fine di evitare che si tratti di una manovra elusiva, diretta ad aggirare divieti di legge o a violare norme imperative quali quelle relative al patto di stabilità, l’operazione di cessione del credito deve essere reale ed effettiva e comportare, per il Comune, l’incasso, senza riserve, del credito derivante dalla convenzione. Deve trattarsi, quindi, di una cessione pro soluto che addossi al cessionario ogni rischio, anche di insolvenza, in ordine al credito originario.

Val la pena rilevare, da ultimo, che
la scelta del cessionario del credito deve avvenire per il tramite di una procedura ad evidenza pubblica.
Infatti, sia in relazione ai principi della contabilità pubblica che alla disciplina dei contratti pubblici, la scelta del contraente non può essere discrezionale ma deve avvenire nel rispetto dei principi costituzionali di imparzialità e buon andamento che devono informare l'attività dell'Amministrazione pubblica.

A questo proposito,
se in base alla normativa sui contratti pubblici, la cessione del credito può rientrare nella previsione dell'art. 19, co. 1, lett. d), del d.lgs. n. 163 del 2006, il cessionario dovrà comunque essere scelto “nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza e proporzionalità” facendo precedere l'individuazione del contraente da una procedura di gara, sia pure ristretta (Corte dei Conti, Sez. controllo Lombardia, parere 19.11.2009 n. 1044).

EDILIZIA PRIVATA: Scomputo oneri di urbanizzazione.
La questione posta dal Comune richiedente riguarda due importanti tematiche: l’una relativa alla disciplina dello “scomputo” degli oneri di urbanizzazione a fronte di opere pubbliche realizzate da soggetti privati e l’altra relativa agli accordi tra soggetti proprietari privati e Comune per modifiche al piano regolatore generale urbanistico (Regione Piemonte, parere n. 95/2009 - tratto da www.regione.piemonte.it).

EDILIZIA PRIVATAQuesito 1 - In merito alla nuova formulazione dell'art. 32, lett. g), e dell'art. 122, comma 8, del D.Lgs. n. 163 del 2006 e sul divieto di affidamento diretto al privato titolare del permesso di costruire della realizzazione delle opere di urbanizzazione a scomputo.
In merito all'impatto delle nuove disposizioni riguardo ai piani attuativi già approvati ed alle convenzioni urbanistiche già stipulate.
In merito all'assenza di una disposizione transitoria che consenta di esaurire i procedimenti in corso mediante affidamento diretto delle opere di urbanizzazione al titolare del permesso di costruire (Geometra Orobico n. 4/2009).

EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: A. Barbiero, L’affidamento di lavori a scomputo: le novità in base alla Determinazione AVCP n. 7/2009 (tratto da www.albertobarbiero.net).

EDILIZIA PRIVATA: Lo scomputo, totale o parziale, della quota di contributo dovuta in caso di realizzazione diretta delle opere di urbanizzazione deve essere effettuata senza distinzione tra opere di urbanizzazione primaria e secondaria, attesa la mancata distinzione in seno all’artt. 11 legge 10/1977.
In punto di diritto, come già precisato da questo Tribunale con la sentenza resa tra le parti n. 1367/2008 nel giudizio avverso il silenzio inadempimento dell’Amministrazione, lo scomputo, totale o parziale, della quota di contributo dovuta in caso di realizzazione diretta delle opere di urbanizzazione deve essere effettuata senza distinzione tra opere di urbanizzazione primaria e secondaria, attesa la mancata distinzione in seno all’artt. 11 legge 10/1977 (Tar Toscana, III, 11.03.2004 n. 679; TAR Toscana, sez. III, 11.08.2004, n. 3181; TAR Lombardia Milano, sez. III, 04.06.2002 , n. 2275)
Ne consegue che il Comune di Caltanisetta, in forza dell’esplicito riconoscimento delle opere scomputabili operate in sede di convenzione di lottizzazione (Consiglio Stato, sez. V, 01.06.1998, n. 701) per un ammontare di £ 209.193.640, è tenuto a conteggiare tali somme in compensazione con quelle dovute dalla ricorrente a titolo di oneri di urbanizzazione tanto primaria quanto secondaria (TAR Sardegna, sez. II, 17.06.2008, n. 1212), con versamento dell’eventuale eccedenza in favore della Edilfac s.r.l. (TAR Sicilia-Palermo, Sez. I, sentenza 11.08.2009 n. 1405 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Comune di Trichiana - Parere in materia di scomputo degli oneri di urbanizzazione, ribassi d'asta delle relative opere, convenzioni urbanistiche.
1. Realizzazione opere di urbanizzazione a scomputo oneri concessori - Gara aggiudicata dal privato titolare del permesso di costruire - Ribassi d'asta - Spettanza del comune - Ragioni.
2. Realizzazione opere di urbanizzazione a scomputo oneri concessori - Gara aggiudicata dal privato titolare del permesso di costruire - Ribassi d'asta - Spettanza - Definizione in sede di convenzione urbanistica - Inammissibilità - Indisponibilità entrate ente locale.

Passando al merito, va anzitutto richiamato il quadro normativo.
In proposito, l’art. 32, comma 1, lett. g, in materia di “Amministrazioni aggiudicatrici e altri soggetti aggiudicatori”, dispone che “1. Salvo quanto dispongono il comma 2[1] e il comma 3, le norme del presente titolo[2], nonché quelle della parte I, IV e V[3], si applicano in relazione ai seguenti contratti, di importo pari o superiore alle soglie di cui all’articolo 28[4]: […] g) lavori pubblici da realizzarsi da parte dei soggetti privati, titolari di permesso di costruire, che assumono in via diretta l'esecuzione delle opere di urbanizzazione a scomputo totale o parziale del contributo previsto per il rilascio del permesso, ai sensi dell'articolo 16, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e dell'articolo 28, comma 5, della legge 17 agosto 1942, n. 1150. L'amministrazione che rilascia il permesso di costruire può prevedere che, in relazione alla realizzazione delle opere di urbanizzazione, l'avente diritto a richiedere il permesso di costruire presenti all'amministrazione stessa, in sede di richiesta del permesso di costruire, un progetto preliminare delle opere da eseguire, con l'indicazione del tempo massimo in cui devono essere completate, allegando lo schema del relativo contratto di appalto. L'amministrazione, sulla base del progetto preliminare, indice una gara con le modalità previste dall'articolo 55[5]. Oggetto del contratto, previa acquisizione del progetto definitivo in sede di offerta, sono la progettazione esecutiva e le esecuzioni di lavori. L'offerta relativa al prezzo indica distintamente il corrispettivo richiesto per la progettazione definitiva ed esecutiva, per l'esecuzione dei lavori e per gli oneri di sicurezza”.
L’art. 122 del Codice dei contratti (Disciplina specifica per i contratti di lavori pubblici sotto soglia), al comma 8, stabilisce che “Per l'affidamento dei lavori pubblici di cui all'articolo 32, comma 1, lettera g), si applica la procedura prevista dall'articolo 57, comma 6[6]; l'invito è rivolto ad almeno cinque soggetti se sussistono in tale numero aspiranti idonei”.
L’art. 16 d.P.R. n. 380/2001 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia”), nel disciplinare il “Contributo per il rilascio del permesso di costruire”, prevede che “1. Salvo quanto disposto dall'articolo 17, comma 3, il rilascio del permesso di costruire comporta la corresponsione di un contributo commisurato all'incidenza degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione, secondo le modalità indicate nel presente articolo.
2. La quota di contributo relativa agli oneri di urbanizzazione è corrisposta al comune all'atto del rilascio del permesso di costruire e, su richiesta dell'interessato, può essere rateizzata. A scomputo totale o parziale della quota dovuta, il titolare del permesso può obbligarsi a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione, nel rispetto dell'articolo 2, comma 5, della legge 11.02.1994, n. 109[7], e successive modificazioni, con le modalità e le garanzie stabilite dal comune, con conseguente acquisizione delle opere realizzate al patrimonio indisponibile del comune
” […].
L'incidenza degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria è stabilita con deliberazione del consiglio comunale in base alle tabelle parametriche che la regione definisce per classi di comuni […]”[8].
Ai sensi dell’art. 28 (Lottizzazione di aree) della l. 17.08.1942, n. 1150 (Legge urbanistica), “5. L'autorizzazione comunale (alla lottizzazione di terreno a scopo edilizio ai sensi dei commi precedenti) è subordinata alla stipula di una convenzione, da trascriversi a cura del proprietario, che preveda:
1) la cessione gratuita entro termini prestabiliti delle aree necessarie per le opere di urbanizzazione primaria, precisate dall'articolo 4 della legge 29.09.1964, n. 847, nonché la cessione gratuita delle aree necessarie per le opere di urbanizzazione secondaria nei limiti di cui al successivo n. 2;
2) l'assunzione, a carico del proprietario, degli oneri relativi alle opere di urbanizzazione primaria e di una quota parte delle opere di urbanizzazione secondaria relative alla lottizzazione o di quelle opere che siano necessarie per allacciare la zona ai pubblici servizi; la quota è determinata in proporzione all'entità e alle caratteristiche degli insediamenti delle lottizzazioni; […]
6. La convenzione deve essere approvata con deliberazione consiliare nei modi e forme di legge […]
”.
I richiamati art. 32, comma 1, lett. g) e 122, comma 8, del Codice dei contratti, come riformulati a seguito delle modifiche apportate dall’art. 2, comma 1, d.lg. 31.07.2007, n. 113 e dall’art. 1, comma 1, d.lg. 11.09.2008, n. 152[9], assoggettano dunque a procedure di evidenza pubblica (procedure aperte e ristrette ex art. 55 nel caso di contratti “soprasoglia”; procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara ex art. 57, comma 6, nel caso di contratti “sottosoglia”) l’affidamento delle opere di urbanizzazione, anche ove assunte da soggetti privati titolari del permesso di costruire, annoverando in tal modo le opere di urbanizzazione tra i lavori pubblici soggetti alla disciplina concorrenziale, a prescindere dalla natura pubblica o privata del soggetto che se ne fa carico.
L’introduzione dei richiamati obblighi di evidenza pubblica si è resa necessaria per conformare il nostro ordinamento alla disciplina concorrenziale comunitaria. Infatti, la Corte di Giustizia delle Comunità europee, sez. VI, con la sentenza del 12.07.2001 in causa C-399/98, richiamata dalla Consulta nella sent. n. 129/2006, ha chiarito che qualora il privato titolare del permesso di costruire realizzi direttamente le opere di urbanizzazione primaria e secondaria a scomputo totale o parziale degli oneri da corrispondere alla pubblica amministrazione, a titolo di contributo alle spese sostenute dalla collettività per la trasformazione del territorio, egli diviene a tutti gli effetti organo indiretto della P.A. e pertanto deve uniformarsi alle norme in tema di appalti di opere pubbliche in ossequio ai principi dell’evidenza pubblica.
In altri termini,
anche in caso di assunzione diretta delle opere di urbanizzazione da parte di soggetti privati, i relativi oneri economici ricadono, sia pur in modo indiretto, sull’Amministrazione pubblica, con conseguente riconoscibilità di una stazione appaltante pubblica agli effetti della normativa e dell’interpretazione comunitaria in materia di contratti pubblici. Tale fenomeno è legato all’istituto dello “scomputo” degli oneri di urbanizzazione riconducibili alle opere assunte dal privato dal contributo previsto per il rilascio del permesso di costruire. L’art. 16 del d.P.R. n. 380/2001 commisura, infatti, il contributo per permesso di costruire, tra l’altro, “all’incidenza degli oneri di urbanizzazione” (comma 1), come “stabilita con deliberazione del consiglio comunale in base alle tabelle parametriche che la regione definisce per classi di comuni” in relazione a una serie di parametri normativamente determinati (comma 4) e come aggiornata con cadenza quinquennale “in conformità alle relative disposizioni regionali, in relazione ai riscontri e prevedibili costi delle opere di urbanizzazione primaria, secondaria e generale […]” (comma 6). A seguito dello scomputo, pertanto, l’assunzione delle opere di urbanizzazione da parte del privato titolare del permesso di costruire, in luogo dell’Amministrazione che sarebbe altrimenti tenuta alla realizzazione di tali opere, si traduce in una corrispondente decurtazione del relativo contributo dovuto dal privato nei confronti dell’Amministrazione medesima e, per tale via, fa sì che la realizzazione delle opere di urbanizzazione, anche quando assunte dal privato, avvenga sempre a carico anche delle finanze pubbliche, sia pur in quel modo indiretto risultante dallo scomputo degli oneri di urbanizzazione sostenuti dal privato dal contributo per permesso di costruire dovuto nei confronti dell’Amministrazione. In considerazione di tale meccanismo, l’assunzione delle opere di urbanizzazione da parte di privati a scomputo del contributo da essi dovuto per il permesso di costruire è stata annoverata, prima nell’interpretazione comunitaria e poi nella legislazione nazionale (per l’appunto con i richiamati art. 32, comma 1 lett. g), e 122, comma 8, Codice dei contratti), tra i lavori pubblici, come tali soggetti agli obblighi di evidenza pubblica.
Quanto premesso conduce alla risposta al quesito principale posto dal Comune circa la spettanza, propria o del privato titolare del permesso di costruire, degli eventuali ribassi d’asta che dovessero essere conseguiti nelle procedure di evidenza pubblica.
In proposito, va anzitutto considerato che, alla luce della disciplina richiamata,
il contributo per il permesso di costruire costituisce un entrata di integrale spettanza dell’Ente e che lo stesso è commisurato, tra l’altro e come detto, all’incidenza degli oneri di urbanizzazione, la cui esecuzione spetta, in primis, al Comune.
Peraltro, l’art. 32, comma 1, lett. g) Codice dei contratti pubblici (richiamato dall’art. 122, comma 8, con riferimento ai contratti “sottosoglia”) consente al privato titolare del permesso di costruire di assumere in via diretta l’esecuzione delle opere di urbanizzazione, nel rispetto della disciplina dettata e sempre “con conseguente acquisizione delle opere realizzate al patrimonio indisponibile del comune” (art. 16, comma 2, d.P.R. n. 380/2001).
L’esercizio di tale opzione derogatoria da parte del privato ha dunque l’effetto di sollevare il Comune, in misura corrispondente alle opere assunte dal privato, dalla corresponsione immediata dei relativi oneri di urbanizzazione, ciò nonostante assumendo comunque la proprietà delle opere realizzate.
Ciò posto,
l’istituto dello scomputo ha dunque la funzione di riequilibrare l’entità del contributo per permesso di costruire -commisurato, tra l’altro e come detto, all’incidenza degli oneri di urbanizzazione che sono di regola a carico del Comune- al passaggio di tali oneri dal Comune al soggetto privato. L’istituto consente, dunque, di evitare un indebito arricchimento del Comune ai danni del privato, che altrimenti verrebbe a determinarsi ove la commisurazione dell’entità del contributo per permesso di costruire non tenesse conto della misura in cui gli oneri di urbanizzazione ai quali quel contributo va commisurato sono stati effettivamente sostenuti dal Comune, scomputandovi conseguentemente gli oneri in realtà sostenuti dal privato. In assenza di scomputo, si creerebbe, in altri termini, una situazione disparitaria tra l’ipotesi in cui il Comune acquista la proprietà delle opere di urbanizzazione avendone sostenuto i relativi oneri e quella in cui il Comune acquista la proprietà medesima, ma senza averne sostenuto i relativi oneri, ipotesi quest’ultima che viene riequilibrata, per l’appunto, mediante lo scomputo degli oneri di urbanizzazione sostenuti in realtà dal privato dal contributo che egli deve corrispondere al Comune.
L’esigenza di aderenza della misura del contributo per permesso di costruire ai costi effettivi dell’urbanizzazione è, del resto, resa evidente anche dall’art. 16, comma 6, del d.P.R. n. 380/2001, che menziona espressamente quale criterio sulla base del quale procedere alla revisione periodica dell’incidenza degli oneri di urbanizzazione cui è commisurato il contributo per permesso di costruire quello della considerazione dei “riscontri e prevedibili costi delle opere di urbanizzazione” (comma 6).
Conseguenzialmente a quanto premesso,
non può che concludersi per la spettanza al Comune dei ribassi d’asta eventualmente conseguiti in sede di gara rispetto al corrispettivo astrattamente e aprioristicamente posto a base d’asta. Invero, il ribasso d’asta si traduce in una minore entità del corrispettivo che sarà in concreto corrisposto dal privato per la realizzazione delle opere rispetto a quello teorico ipotizzato prima della gara, al quale è stato commisurato lo scomputo iniziale. E’ dunque evidente che, ove la differenza determinata dal ribasso d’asta non fosse riversata al Comune, la misura dello scomputo sarebbe maggiore rispetto a quella degli oneri di urbanizzazione in concreto sostenuti dal privato, determinandosi per tale parte un’ingiustificata decurtazione del contributo per permesso di costruire spettante al Comune.
Del resto,
ove si seguisse la procedura normale, sarebbe l’Ente a sopportare direttamente gli oneri relativi alle opere di urbanizzazione, beneficiando al tempo stesso e altrettanto direttamente degli eventuali ribassi d’asta. Al riguardo, non si può ritenere che con l’istituto dello scomputo il legislatore abbia inteso derogare a tali meccanismi attribuendo al privato possibili guadagni derivanti dai ribassi d’asta.
Ai richiamati art. 32, comma 1, lett. g), e 122, comma 8, Codice dei contratti pubblici va, infatti, riconosciuta una ratio ambivalente, sia di tutela della concorrenza, sia di tutela delle finanze dell’ente locale e della qualità delle prestazioni da esso conseguite, quale effetto consequenziale della corretta esplicazione dei meccanismi concorrenziali.
In proposito, può condividersi il valore sintomatico in tal senso attribuito dal Comune all’evoluzione normativa che si è registrata con riferimento ai contratti sottosoglia, in relazione ai quali, essendo in precedenza consentito l’affidamento fiduciario delle opere di urbanizzazione assunte dal privato titolare del permesso di costruire, il Legislatore aveva introdotto a presidio dell’Ente -con la lettera cc) del comma 1 dell’art. 2, d.lg. 31.07.2007, n. 113, modificativa dell’art. 122 del Codice dei contratti- l’obbligo per le Amministrazioni, prima dell'avvio dell'esecuzione delle opere, di trasmettere alle competenti Procure regionali della Corte dei conti gli atti adottati e la documentazione relativi agli interventi edilizi da realizzare a scomputo degli oneri di urbanizzazione. Tale obbligo di trasmissione degli atti all’organo requirente della Magistratura tutrice istituzionale delle finanze pubbliche, che nella prospettiva del Legislatore avrebbe dovuto compensare i maggiori rischi conseguenti all’assenza di gara, è stato poi abrogato dal n. 1) della lettera bb) del comma 1 dell’art. 1 d.lg. 11.09.2008, n. 152, in concomitanza con l’introduzione, a presidio delle finanze pubbliche, degli obblighi di evidenza pubblica anche nell’ipotesi di assunzione della realizzazione di opere di urbanizzazione “sottosoglia” da parte del soggetto privato.
L’evoluzione normativa di cui sopra, che ha determinato il passaggio dal presidio offerto dallo specifico coinvolgimento della Corte dei conti, tendenzialmente compensativo dei maggiori rischi connessi all’affidamento fiduciario, al presidio offerto dall’introduzione degli obblighi di evidenza pubblica, contribuisce a mostrare quanto il Legislatore si sia dato cura della tutela delle finanze dell’ente locale, oltre che della concorrenza, anche nella specifica ipotesi di realizzazione delle opere di urbanizzazione a carico di soggetti privati. Ciò anche, come detto, in ragione dell’incidenza indiretta sulle finanze dell’Ente locale degli oneri sostenuti in prima battuta dal privato proprio in virtù del meccanismo dello scomputo, che fa sì che gli oneri di urbanizzazione sostenuti dal privato si traducano in una corrispondente decurtazione di un’entrata dell’ente locale (quella appunto derivante dal contributo per permesso di costruire) e alla quale si collega, pertanto, l’esigenza di assicurare che gli oneri che si vanno a scomputare dall’entrata del Comune (e dunque dalle finanze pubbliche) corrispondano al “giusto prezzo” per le opere realizzate. I neo-introdotti obblighi di evidenza pubblica costituiscono quindi un presidio, oltre che della concorrenza, anche delle finanze dell’ente locale, volto ad assicurare per tale profilo che la loro eventuale decurtazione in virtù dello scomputo avvenga, per l’appunto, al “giusto prezzo”, garantito dalla sua formazione attraverso meccanismi concorrenziali.
Alla luce della descritta ratio normativa, nell’applicazione dell’istituto dello scomputo va tenuta presente la richiamata esigenza di aderenza dello scomputo (con conseguente decurtazione delle entrate comunali) al “giusto prezzo” formatosi a seguito della gara. E’ evidente come tale ratio verrebbe in concreto vanificata ove lo scomputo fosse commisurato al prezzo teorico posto a base della gara e non al prezzo effettivo, formatosi in sede di concreto svolgimento della gara, comprensivo quindi anche dei ribassi d’asta. E’ soltanto tale ultimo prezzo quello da intendersi come “giusto prezzo”, al quale va quindi commisurato lo scomputo, proprio in quanto prezzo formatosi a seguito dell’operare concreto (e non meramente teorico) dei meccanismi concorrenziali posti dal Legislatore a presidio, tra l’altro e come detto, delle finanze pubbliche.
Passando al quesito concernente l’occorrenza di disciplinare la spettanza dei ribassi d’asta nella convenzione urbanistica, va anche qui ricostruito il quadro normativo.
In proposito, si è già visto come l’art. 16 d.P.R. n. 380/2001, nel disciplinare il “Contributo per il rilascio del permesso di costruire”, preveda che “2. […]. A scomputo totale o parziale della quota dovuta, il titolare del permesso può obbligarsi a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione […] con le modalità e le garanzie stabilite dal comune” […].
Tali “modalità e garanzie” sono stabilite nella convenzione urbanistica di cui all’art. 28 della l. 17.08.1942, n. 1150 (Legge urbanistica), da approvarsi “con deliberazione consiliare nei modi e forme di legge […]” (comma 6). Ai sensi del comma 5 di tale art. 28, “L'autorizzazione comunale (alla lottizzazione di terreno a scopo edilizio) è subordinata alla stipula di una convenzione, da trascriversi a cura del proprietario, che preveda:
1) la cessione gratuita entro termini prestabiliti delle aree necessarie per le opere di urbanizzazione primaria […] nonché la cessione gratuita delle aree necessarie per le opere di urbanizzazione secondaria nei limiti di cui al successivo n. 2;
2) l'assunzione, a carico del proprietario, degli oneri relativi alle opere di urbanizzazione primaria e di una quota parte delle opere di urbanizzazione secondaria relative alla lottizzazione o di quelle opere che siano necessarie per allacciare la zona ai pubblici servizi; la quota è determinata in proporzione all'entità e alle caratteristiche degli insediamenti delle lottizzazioni;
3) i termini non superiori ai dieci anni entro i quali deve essere ultimata la esecuzione delle opere di cui al precedente paragrafo;
4) congrue garanzie finanziarie per l'adempimento degli obblighi derivanti dalla convenzione
”.
Come è evidente, la questione della spettanza dei ribassi d’asta non è menzionata quale contenuto obbligatorio della convenzione di lottizzazione secondo la legislazione nazionale. Anche nella legge regionale Veneto 23.04.2004, n. 11 (Norme per il governo del territorio) la questione suddetta non è menzionata quale contenuto obbligatorio della convenzione urbanistica.
Del resto, trattandosi di un aspetto che andrebbe a incidere sulla misura del contributo per permesso di costruire, la sede convenzionale non appare in linea con il carattere non disponibile che è proprio di tale entrata dell’Ente locale.
Si è, infatti, sopra visto come l’art. 16 del d.P.R. n. 380/2001 disciplini il contributo per permesso di costruire, ancorandone la misura a parametri oggettivi (“incidenza degli oneri di urbanizzazione”, “costo di costruzione”) da predeterminarsi con delibera consiliare secondo criteri normativamente definiti[10]. Tale contributo costituisce un’entrata non disponibile da parte del Comune, in relazione alla quale sono legislativamente fissati i criteri di determinazione, nonché quelli di “riduzione o esonero”, connessi a situazioni normativamente individuate e ritenute meritevoli di speciale tutela (art. 17 d.P.R. n. 380/2001[11]), o ancora quelli di “scomputo” (art. 16, comma 6, d.P.R. n. 380/2001), legato come già visto a finalità riequilibrative del contributo rispetto agli oneri sostenuti dal privato.
Le ipotesi legislativamente determinate di esonero, riduzione o scomputo costituiscono dunque i casi eccezionali ed esclusivi in cui sono consentite decurtazioni del contributo per permesso di costruire. Al di fuori di tali casi ex lege individuati, il contributo è sempre dovuto e costituisce un’entrata indisponibile, non suscettibile di abdicazione volontaristica da parte del Comune.
Ne consegue che, non trattandosi di materia disponibile né quanto alla debenza né quanto alla misura, in sede convenzionale non è consentito apportare deroghe alla disciplina legislativa che, si ribadisce, con specifico riguardo alla questione della spettanza dei ribassi d’asta, implica che gli stessi spettino al Comune.
L’unico contenuto possibile di una convenzione nella materia de qua non potrebbe che essere dunque riproduttivo ed esplicativo della disciplina di legge. Una convenzione di tal contenuto può avere una sua utilità con particolare riguardo agli aspetti che necessitino di interpretazione e che non risultino immediatamente evidenti dal dettato legislativo, caratteristiche che potrebbero riconoscersi alla questione della spettanza dei ribassi d’asta, la quale si è visto non essere oggetto di una esplicita disciplina di legge, pur essendo risolvibile in via interpretativa.
Quanto al quesito concernente il comportamento da tenere nel caso in cui nulla sia stato previsto nella convenzione in merito alla spettanza dei ribassi d’asta, si ribadisce, alla luce di quanto appena detto, che la disciplina di tale aspetto in sede convenzionale, pur non obbligatoria, è da ritenersi non vietata nella misura in cui abbia carattere meramente esplicativo rispetto alla disciplina sopra illustrata.
In merito, infine, al quesito riguardante il comportamento da tenere nel caso in cui lo schema di convenzione sia stato già approvato dal Consiglio comunale, ma non si sia ancora proceduto alla relativa stipula, qui basti
richiamare i principi generali in base ai quali la convenzione non può ritenersi conclusa, e dunque vincolante per le parti, prima di essere stata approvata da entrambe le parti stesse. Pertanto, prima di tale momento, il relativo schema approvato dal Consiglio comunale resta ancora un atto esclusivamente del Comune, non convenzionale, come tale, suscettibile di modifica o revoca ad opera di una nuova delibera consiliare (
Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Veneto, parere 07.08.2009 n. 148).

EDILIZIA PRIVATA: E' configurabile una pretesa giuridicamente rilevante a conseguire la compensazione tra l’importo degli oneri di concessione determinati al momento del rilascio del titolo edilizio e l’importo delle opere infrastrutturali direttamente eseguite dal titolare della concessione, anche a prescindere dalla circostanza che sia intervenuto o meno un accordo con il Comune in ordine alle modalità e alle garanzie per la loro esecuzione.
La norma di cui all’art 11 della legge 28.01.1977, n.10 prevede che “A scomputo totale o parziale della quota dovuta, il concessionario può obbligarsi a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione con le modalità e le garanzie stabilite dal Comune.”
La giurisprudenza amministrativa ha costantemente interpretato lo scomputo di cui alla norma sopra citata quale materia di un vero e proprio “diritto“ del concessionario .
Più in dettaglio, è configurabile una pretesa giuridicamente rilevante a conseguire la compensazione tra l’importo degli oneri di concessione determinati al momento del rilascio del titolo edilizio e l’importo delle opere infrastrutturali direttamente eseguite dal titolare della concessione, anche a prescindere dalla circostanza che sia intervenuto o meno un accordo con il Comune in ordine alle modalità e alle garanzie per la loro esecuzione (vedi Tar Lombardia, sez III, 04.06.2002, 2275).
La società ricorrente assume, a tal riguardo, di avere realizzato direttamente, senza ricevere smentita dalla amministrazione resistente, alcune opere infrastrutturali e, segnatamente, il completamento di una strada e la esecuzione di opere fognarie.
La P.a., pur non avendo concordato con il ricorrente modalità e garanzie per la esecuzione delle opere di urbanizzazione da valere a scomputo degli oneri concessori, ha però serbato un contegno concludente valevole quale “accettazione“ implicita di quanto costruito dal privato.
Ne costituisce prova l’ atto ,versato dal ricorrente, con il quale si attesta che la P.a. locale ha proceduto alla denominazione della strada completata dal ricorrente, intitolata Via E. De Nicola già sulla scorta di una delibera di Consiglio Comunale del 1987, anche per la parte oggetto dei lavori di completamento eseguiti direttamente dalla società; e la mancata specifica contestazione in ordine alla realizzazione delle predette opere infrastrutturali.
L’applicazione del meccanismo della compensazione tra obbligazioni che P.a. e privato assumono reciprocamente nella fase genetica del rapporto concessorio è del tutto coerente con il canone di buon andamento della P.a..
Invero, l’operatività del meccanismo compensativo previsto dalla legge scongiura in radice le conseguenze negative da ascrivere ai casi di indebita locupletazione che la P.a. può consumare ogni qualvolta essa non riconosca strumentalmente la utilità di opere eseguite da privati.
E’ pertanto illegittima la ordinanza ingiunzione con la quale -disattendendo la legittima pretesa allo scomputo avanzata dalla ricorrente- si intima alla società titolare di una concessione edilizia il pagamento integrale delle residue quote dovute per oneri di urbanizzazione, pur in presenza della diretta realizzazione di alcune opere infrastrutturali da parte del concessionario, ritenute corrispondenti all’interesse pubblico e accettate implicitamente dall’amministrazione locale (TAR Puglia-Lecce, Sez. I, sentenza 18.07.2009 n. 1855 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI: Problematiche applicative delle disposizioni in materia di opere a scomputo degli oneri di urbanizzazione dopo il terzo decreto correttivo del Codice dei Contratti.
L'articolo 32, comma 1, lett. g), primo periodo, del Codice (d.lgs. 12.04.2006, n. 163) configura una titolarità "diretta", ex lege, della funzione di stazione appaltante in capo al privato titolare del permesso di costruire (ovvero titolare del piano di lottizzazione o di altro strumento urbanistico attuativo contemplante l'esecuzione di opere di urbanizzazione) che in quanto "altro soggetto aggiudicatore" è tenuto ad appaltare le opere di urbanizzazione a terzi nel rispetto della disciplina prevista dal Codice e, in qualità di stazione appaltante, è esclusivo responsabile dell'attività di progettazione, affidamento e di esecuzione delle opere di urbanizzazione primarie e secondarie, ferma restando la vigilanza da parte dell'amministrazione consistente, tra l'altro, nell'approvazione del progetto e di eventuali varianti.
Gli eventuali risparmi di spesa rimangono nella disponibilità della stazione appaltante privata, così come eventuali costi aggiuntivi sono a carico dello stesso privato. Il collaudo, come già affermato nella determinazione n. 2 del 25.02.2009 dell’Autorità, costituisce attività propria della stazione appaltante e, quindi, del soggetto privato titolare del permesso di costruire, ferma restando la funzione di vigilanza da parte dell'amministrazione che va esplicata nell'approvazione degli atti di collaudo.
Nell'ipotesi in cui, ai sensi dal secondo periodo dell'art. 32, comma 1, lett. g), del Codice, la gara sia bandita dall'amministrazione pubblica, non è preclusa la partecipazione alla stessa del privato titolare del premesso di costruire (o del piano urbanistico attuativo) purché qualificato ex art. 40 del Codice e purché non abbia direttamente curato la redazione della progettazione preliminare.
Il privato, ai fini dell'affidamento della progettazione delle opere a scomputo, deve rispettare l'art. 91 del Codice, eccezion fatta per i casi in cui, non sussistendo né il presupposto contrattuale né il carattere di onerosità della prestazione, poiché il valore del progetto non è compensato con gli oneri di urbanizzazione in quanto predisposto in un momento antecedente alla stipula della convenzione urbanistica, non ricorrono i principi che impongono la gara.
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L’affidamento delle opere di urbanizzazione a scomputo di importo inferiore alla soglia comunitaria, secondo quanto previsto dall'art. 122, comma 8, del Codice, avviene mediante la procedura negoziata prevista dall'art. 57, comma 6 del Codice, sia nel caso in cui le funzioni di stazione appaltante siano svolte dal privato, sia nel caso le stesse siano in capo all'amministrazione.
Alle opere di urbanizzazione primaria a scomputo di importo inferiore alla soglia comunitaria comprese nelle convenzioni urbanistiche stipulate prima dell'entrata in vigore del D.Lgs. 11.09.2008, n. 152, si applica la disciplina previgente.
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L'affidamento e l'esecuzione delle opere di urbanizzazione sono sottoposti alla vigilanza dell'Autorità ed i dati riguardanti l'affidamento e la realizzazione delle opere di urbanizzazione sono compresi nelle comunicazioni obbligatorie all'Osservatorio dei Contratti pubblici (determinazione 16.07.2009 n. 7 - link a www.autoritalavoripubblici.it).

APPALTI: Problematiche applicative delle disposizioni in materia di opere a scomputo degli oneri di urbanizzazione dopo il terzo decreto correttivo del Codice dei Contratti (determinazione 16.07.2009 n. 7 - link a www.autoritalavoripubblici.it).
... il Consiglio ritiene che:
1. l'articolo 32, comma 1, lett. g), primo periodo, del Codice configura una titolarità "diretta", ex lege, della funzione di stazione appaltante in capo al privato titolare del permesso di costruire (ovvero titolare del piano di lottizzazione o di altro strumento urbanistico attuativo contemplante I'esecuzione di opere di urbanizzazione) che in quanto "altro soggetto aggiudicatore" è tenuto ad appaltare le opere di urbanizzazione a terzi nel rispetto della disciplina prevista dal Codice e, in qualità di stazione appaltante, è esclusivo responsabile dell'attività di progettazione, affidamento e di esecuzione delle opere di urbanizzazione primarie e secondarie, ferma restando la vigilanza da parte dell'amministrazione consistente, tra l'altro, nell'approvazione del progetto e di eventuali varianti;
2. gli eventuali risparmi di spesa rimangono nella disponibilità della stazione appaltante privata, così come eventuali costi aggiuntivi sono a carico dello stesso privato;
3. il collaudo, come già affermato nella determinazione n. 2 del 25.02.2009, costituisce attività propria della stazione appaltante e, quindi, del soggetto privato titolare del permesso di costruire, ferma restando la funzione di vigilanza da parte dell'amministrazione che va esplicata nell'approvazione degli atti di collaudo;
4. nell'ipotesi in cui, ai sensi dal secondo periodo dell'art. 32, comma 1, lett. g), del Codice, la gara sia bandita dall'amministrazione pubblica, non e preclusa la partecipazione alla stessa del privato titolare del premesso di costruire (o del piano urbanistico attuativo) purché qualificato ex art. 40 del Codice e purché non abbia direttamente curato la redazione della progettazione preliminare;
5. nell'ipotesi di cui al punto 4, il contratto d'appalto viene stipulato dal titolare del premesso di costruire (o del piano urbanistico attuativo);
6. l'affidamento delle opere di urbanizzazione a scomputo di importo inferiore alla soglia comunitaria, secondo quanto previsto dall'art. 122, comma 8 del Codice, avviene mediante la procedura negoziata prevista dall'art. 57, comma 6, del Codice, sia nel caso in cui le funzioni di stazione appaltante siano svolte dal privato, sia nel caso le stesse siano in capo all'amministrazione;
7. il privato, ai fini dell'affidamento della progettazione, deve rispettare l'art. 91 del Codice, eccezion fatta per i casi in cui, non sussistendo né il presupposto contrattuale né il carattere di onerosità della prestazione, poiché il valore del progetto non è compensato con gli oneri di urbanizzazione in quanto predisposto in un momento antecedente alla stipula della convenzione urbanistica, non ricorrono i principi che impongono la gara;
8. alle opere di urbanizzazione primaria a scomputo di importo inferiore alla soglia comunitaria comprese nelle convenzioni urbanistiche stipulate prima dell'entrata in vigore del D.Lgs. 152/2008, si applica la disciplina previgente;
9. l'affidamento e l'esecuzione delle opere di urbanizzazione sono sottoposti alla vigilanza dell'Autorità;
10. i dati riguardanti l'affidamento e la realizzazione delle opere di urbanizzazione sono compresi nelle comunicazioni obbligatorie all' Osservatorio dei Contratti pubblici.

EDILIZIA PRIVATA: Autorizzazione per la realizzazione di opera a scomputo oneri concessori - Preventiva verifica della effettiva necessità per la collettività dell'opera - Sussiste.
L'Amministrazione Comunale prima di autorizzare l'operatore privato a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione a scomputo degli oneri concessori, verifica se l'opera di urbanizzazione sia effettivamente necessaria nell'interesse della collettività, ovvero se debba essere eseguita nel solo interesse dell'operatore privato per rendere tecnicamente fattibile l'intervento, con la conseguenza che solo nel primo caso, e non nel secondo, verrà autorizzato lo "scomputo" (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 12.05.2009 n. 3717 -  link a
www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: Problematiche applicative delle disposizioni in materia di opere a scomputo degli oneri di urbanizzazione dopo il terzo decreto correttivo del Codice dei Contratti (documento base del 30.04.2009 - link a www.urbanisticatoscana.it).

LAVORI PUBBLICI: Opere di urbanizzazione al Comune.
Passaggio agevolato, da convenzione. La cessione può fruire del Registro in misura fissa e dell'esenzione dalle imposte ipotecaria e catastale.
Registro in misura fissa ed esenzione dalle imposte ipotecaria e catastale per l'atto di cessione con il quale la società costruttrice trasferisce al Comune le opere di urbanizzazione realizzate, a scomputo degli oneri di urbanizzazione di propria competenza, se l'adempimento avviene a seguito di una convenzione attuativa di un piano urbanistico (Agenzia delle Entrate, risoluzione 22.06.2009 n. 166/E - link a www.nuovofiscooggi.it).

EDILIZIA PRIVATA: Parere richiesto dal Comune di Nizza Monferrato, recante un quesito in merito all'applicazione di una norma del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 12.04.2006 n. 163) - l'art. 32, lett. g) - nel caso di una convenzione di lottizzazione perfezionata prima dell'entrata in vigore della norma medesima, ma il cui conseguente permesso di costruire sia posteriore, nonché al contenuto della convenzione medesima (Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Piemonte, parere 03.06.2009 n. 22).
Il Comune chiede se la disposizione di cui all’art. 32, comma 1, lett. g) del D.Lgs. 12.04.2006 n. 163, che comporta -in particolare- la necessità di esperire anche per i lavori privati eseguiti a scomputo degli oo.uu. la procedura di evidenza pubblica senza eccezioni, sia applicabile nel caso in cui antecedentemente alla sua entrata in vigore sia stata perfezionata una convenzione di lottizzazione, ma non ancora rilasciato il conseguente permesso di costruire.
Come osservato dalla Sezione lombarda di questa Corte, che ha avuto modo di occuparsi di identica questione (parere del 26.11.2008 n. 95) lo scopo perseguito dal legislatore è di evitare che, attraverso l’assunzione in via diretta da parte dei privati titolari del permesso di costruire della realizzazione di opere di urbanizzazione a scomputo del contributo previsto per il rilascio del permesso, venga eluso il principio dell’evidenza pubblica per l’esecuzione di opere pubbliche.
La norma in discorso costituisce adeguamento agli obblighi comunitari (l’art. 1 del citato D.Lgs. n. 152/2008, che ha sostituito l’art. 32, comma 1 lett. g) del D.Lgs n. 163/2006, è invero espressamente rubricato “Disposizioni di adeguamento comunitario”).
Come osservato dal Consiglio di Stato in sede di parere allo schema del D.Lgs. n. 152/2008 cit. (Sezione consultiva per gli atti normativi 14.07.2008 n. 2357), la modifica del ridetto articolo 32, comma 1, lettera g) è tesa a recepire le osservazioni della Commissione europea relativamente alla realizzazione di opere di urbanizzazione a scomputo. Secondo la Commissione, invero, la norma precedente risultava in contrasto con le regole di cui alla direttiva 2004/18/CE, laddove veniva conservato il diritto di prelazione in favore del promotore individuato unicamente nel titolare del permesso di costruire.
La descritta ratio consiglia un’interpretazione della norma che ne consenta la più ampia applicazione.
I lavori pubblici cui questa testualmente si riferisce sono quelli da realizzarsi da parte dei soggetti privati titolari di permesso di costruire. E’ dunque la titolarità di tale permesso presupposto per l’operare della norma in parola, mentre non v’è menzione, ne’ spazio per altre situazioni giuridiche soggettive, quali quelle derivanti dall’essere parte di una convenzione urbanistica.

EDILIZIA PRIVATA: Il privato che costruisce non ha titolo a pretendere dal Comune il rimborso delle spese effettivamente sostenute per ovviare ad eventuali carenze delle opere di urbanizzazione, se non quando ciò sia stato concordato col Comune, a titolo di “scomputo” o sotto altra forma, in sede di rilascio della concessione edilizia.
Nulla esclude che il concessionario si obblighi (o resti obbligato) in termini più onerosi rispetto a quelli astrattamente previsti dalla legge.

In base alla giurisprudenza in materia, il contributo concessorio, commisurato agli oneri di urbanizzazione, ha carattere generale, in quanto prescinde totalmente dall’esistenza o meno delle singole opere di urbanizzazione; ed ha natura di prestazione patrimoniale imposta, in quanto è determinato senza tener conto dell’utilità che riceve il beneficiario del provvedimento di concessione, né delle spese effettivamente necessarie per l’esecuzione delle opere di urbanizzazione relative alla concessione assentita (Cons. Stato V, 21.04.2006 n. 2258).
Si tratta infatti di un contributo paratributario, ossia di un corrispettivo di diritto pubblico dovuto dal beneficiario della concessione edilizia, a titolo di partecipazione -in proporzione all’insieme dei benefici che la nuova costruzione ne ritrae- ai costi delle opere di urbanizzazione sostenuti dal Comune per realizzare il generale assetto urbanistico del territorio comunale (Cons. Stato n. 2258/2006 cit.; Cons. Stato 2^, 21.11.07 n. 11073 e 10060/2004).
Ne deriva, per un verso, che il contributo è dovuto nella misura determinata ex lege a prescindere dalla completezza dello stato di urbanizzazione e dalla effettiva disponibilità dei (di tutti i) servizi, primari e secondari, nella zona in cui deve essere realizzata la nuova costruzione; per altro verso, che, laddove vi sia carenza o insufficienza di urbanizzazione, le opere necessarie ben possono essere poste o rimanere a carico del privato, salva la possibilità di uno “scomputo” con le modalità ed alle condizioni previste dalla legge.
In altri termini, il privato che costruisce non ha titolo a pretendere dal Comune il rimborso delle spese effettivamente sostenute per ovviare ad eventuali carenze delle opere di urbanizzazione, se non quando ciò sia stato concordato col Comune, a titolo di “scomputo” o sotto altra forma, in sede di rilascio della concessione edilizia.
La legge non conferisce il diritto a rimborsi “a piè di lista” quando l’interessato provveda direttamente ad allacciare la propria costruzione alle reti dei servizi.
L’art. 16 del d.p.r. 06.06.2001 n. 380 (testo unico in materia edilizia) prevede che il titolare del permesso di costruire, a scomputo totale o parziale della quota di contributo relativa agli oneri di urbanizzazione, “possa obbligarsi” a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione, “con le modalità e le garanzie stabilite dal comune” e “con conseguente acquisizione delle opere realizzate al patrimonio indisponibile del comune”.
La legge regionale lombarda 11.03.2005 n. 12 (legge per il governo del territorio) prevede all’art. 46 che a scomputo totale o parziale del contributo gli interessati “possono essere autorizzati” a realizzare direttamente una o più opere di urbanizzazione primaria o secondaria.
Ciò postula un ambito di valutazioni discrezionali di competenza del Comune, cui spetta verificare se l’opera di urbanizzazione sia effettivamente necessaria nell’interesse della collettività, ovvero se debba essere eseguita nel solo interesse dell’operatore privato per rendere tecnicamente fattibile l'intervento (con la conseguenza che solo nel primo caso, e non anche nel secondo, si tratterà di un'opera ammissibile a scomputo degli oneri di urbanizzazione: cfr. Cons. Stato IV, 21.04.2008 n. 1811, 28.07.2005 n. 4014).
D’altro canto, vertendosi in materia di diritti disponibili, nulla esclude che il rapporto tra Comune e beneficiario della concessione edilizia (ora permesso di costruire) sia regolato in termini diversi, e che il concessionario si obblighi (o resti obbligato) in termini più onerosi rispetto a quelli astrattamente previsti dalla legge (Cons. Stato V, 29.09.1999 n. 1209) (TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 12.05.2009 n. 3717 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAOpere di urbanizzazione a scomputo (corso di formazione ed aggiornamento febbraio 2009):
1- M. Alesio, LA DISCIPLINA DELLE “OPERE DI URBANIZZAZIONE A SCOMPUTO” DOPO IL TERZO DECRETO CORRETTIVO (D.LGS N. 152/2008);
2- modello di convenzione accessiva al permesso di costruire (link a
www.centrostudimarangoni.it).

EDILIZIA PRIVATA: LE OPERE A SCOMPUTO DEGLI ONERI DEVONO ESSERE APPALTATE A TERZI CON PROCEDURA PUBBLICA (26.01.2009 - link a www.ancebrescia.it).

EDILIZIA PRIVATA: Nuova disciplina delle opere realizzate a scomputo degli oneri di urbanizzazione a seguito dell’entrata in vigore del terzo decreto correttivo del codice degli appalti - ADEMPIMENTI PER LE OPERE REALIZZATE DALL’IMPRESA (03.12.2008 - link a www.ancebrescia.it).
All'interno un utilissimo “manuale” esplicativo contenente una serie di indicazioni relative alla possibilità per l’operatore e per l’Amministrazione Comunale di realizzare opere di urbanizzazione a scomputo.

EDILIZIA PRIVATA: F. Gualandi, OPERE DI URBANIZZAZIONE A SCOMPUTO E CODICE DEI CONTRATTI - Il dito e la luna. Ovvero della discutibile “appaltizzazione” dell’urbanistica (link a www.lexitalia.it).

EDILIZIA PRIVATA: La Giunta Regionale del Veneto ha emanato la d.G.R. 24.02.2009 n. 436 recante: "Indirizzi interpretativi per l'applicazione delle disposizioni in materia di opere a scomputo degli oneri di urbanizzazione dopo il terzo decreto correttivo del Codice dei contratti (D.Lgs. 163/2006, art. 32, comma 1, lett. g, e art. 122, comma 8)" (link a http://venetoius.myblog.it).

EDILIZIA PRIVATA: Se le opere di urbanizzazione restano al privato niente gara.
Un intervento edilizio attuato da un soggetto privato nell’ambito di un piano particolareggiato su un’area di sua proprietà, consistente nella realizzazione di insediamenti da destinare a servizi pubblici o collettivi, non costituisce opera di urbanizzazione. Conseguentemente a tale intervento non si applicano le disposizioni dettate dal Dlgs. 163/2006 in materia di opere di urbanizzazione primaria e secondaria.
Osserva il Collegio che l’art. 32, comma 1, lettera g), annovera tra i contratti soggetti alle regole dell’evidenza pubblica i “lavori pubblici da realizzarsi da parte dei soggetti privati titolari di permesso di costruire, che assumono in via diretta l’esecuzione delle opere di urbanizzazione a scomputo totale o parziale del contributo previsto per il rilascio del permesso, ai sensi dell’art. 16, comma 2 del d.p.r. 06.06.2001, n. 380 e dell’art. 28, comma 5, l. 17.08.1942, n. 1150….”.
Va rammentato che secondo principi affermatasi in materia urbanistica nel settore delle lottizzazioni e successivamente trasfusi in norme di legge, il titolare del permesso di costruire è tenuto a corrispondere al Comune la quota di contributo relativa agli oneri di urbanizzazione all'atto del rilascio del permesso di costruire; in alternativa, può realizzare direttamente le opere di urbanizzazione a scomputo totale o parziale della quota dovuta (art. 2 del d.p.r. 380 del 2001 e art. 28, comma 5 della legge 1150 del 1942, come modificato e integrato dalla l. 765 del 1967).
La ratio delle disposizioni è quella di soddisfare l’esigenza primaria dell’amministrazione comunale di urbanizzare le aree di espansione contestualmente all’edificazione, sicché il privato agisce nell’interesse ed in luogo della pubblica amministrazione e le opere, seppure realizzate dal privato –con le modalità e le garanzie stabilite dal comune-, vengono acquisite al patrimonio indisponibile del comune.
Questo sistema della assunzione diretta delle urbanizzazioni da parte del privato a scomputo degli oneri è stato oggetto di rivisitazione del legislatore dopo la sentenza della Corte Europea del 12.07.2001, con la quale si è affermato il principio dell’affidamento mediante gara pubblica dell’esecuzione delle opere di urbanizzazione a scomputo quando il valore superi la soglia fissata dalla norma comunitaria.
Da ciò la previsione dell’art. 2, comma 5 della legge n. 109 del 1994 (c.d. legge Merloni), sostituita dall’art. 32, primo comma, lettera g), del d.lgs. 163 del 2006, di recente novellata dall’art. 2, comma 1, lett. f), d.lgs. n. 113 del 2007 che ha riportato nell’ambito dell’evidenza pubblica e delle sue regole la realizzazione delle opere pubbliche di urbanizzazione che, attraverso convenzioni accessive ai piani urbanistici attuativi di iniziativa privata, finivano con l’essere realizzate direttamente dal privato, con elusione delle regole dei contratti pubblici.
Nel caso in questione, tuttavia, non si discute di opere di urbanizzazione a scomputo degli oneri di urbanizzazione ma di un intervento edilizio destinato a servizi collettivi da realizzarsi direttamente dal privato proprietario dell’area e che rimane nella proprietà del privato, che è tenuto solo a mantenerne la destinazione ad uso collettivo in conformità alle disposizioni del piano particolareggiato che disciplina l’area.
La fattispecie è, quindi, diversa da quella di cui al più volte citato art. 32, comma 1, lettera g), del d.lgs. 163 del 2006 (TAR Puglia-Bari, Sez. I, sentenza 30.01.2009 n. 157 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATALa sede della Associazione dei Testimoni di Geova non può certo qualificarsi quale luogo di culto o edificio religioso, ma ha prettamente una destinazione di carattere direzionale dal punto di vista urbanistico.
Pertanto, trattandosi nel caso in esame della costruzione di un edificio non destinato all’esercizio del culto, bensì destinato ad ospitare la sede di una associazione religiosa, non può ritenersi che tale opera rientri tra quelle qualificate come opere di urbanizzazione secondaria, per cui legittimamente il Comune ha assoggettato la sua realizzazione al pagamento degli oneri concessori.

... per l’annullamento della concessione edilizia, rilasciata dal Sindaco del Comune di Cerea il 16/05/1994, relativamente alla parte in cui determina il pagamento degli oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione per la realizzazione della sede dell’Ente Religioso Testimoni di Geova.
...
FATTO
Con atto notificato il 06.07.1994, depositato nei termini, l’Associazione Testimoni di Geova di Cerea – Casaleone – Sanguinetto, in persona del legale rappresentante pro tempore, ha chiesto l’annullamento della concessione edilizia, rilasciata dal Sindaco del Comune di Cerea il 16/05/1994, relativamente alla parte in cui determina il pagamento degli oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione per la realizzazione della sede dell’Ente Religioso Testimoni di Geova, oltre che per l’accertamento che la ricorrente nulla deve a titolo di oneri di urbanizzazione e costo di costruzione per il rilascio della concessione edilizia, con conseguente condanna del Comune di Cerea alla restituzione delle somme pagate a titolo di oneri di urbanizzazione e costo di costruzione, non dovute, con rivalutazione e interessi.
L’Associazione ricorrente fa presente di aver presentato al Sindaco del Comune di Cerea istanza di concessione edilizia per realizzare la sede religiosa della stessa Associazione ma ne contesta la onerosità.
A sostegno del gravame vene dedotta la seguente censura:
Violazione di legge: art. 9, lett. f), della legge 28.01.1977 n. 10; erronea applicazione dell’art. 3 della legge n. 10 del 1977 e dell’art. 81 della L.R. 26.06.1985 n. 61, eccesso di potere per difetto di presupposto.
Si sostiene che essendo classificata la costruzione de quo quale opera di urbanizzazione secondaria,la concessione edilizia non poteva essere soggetta al pagamento di alcun onere o contributo, e pertanto illegittimamente il Comune di Cerea ha previsto il pagamento degli oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione.
Si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata, la cui difesa contesta le ragioni dell’impugnativa ed insiste per il rigetto del ricorso siccome infondato.
Alla pubblica udienza del 22.01.2009 la causa è passata in decisione.
DIRITTO
L’oggetto della presente impugnativa è la concessione edilizia rilasciata dal Sindaco di Cerea in data 16.05.1994 per la realizzazione della sede dell’Associazione ricorrente, nella parte in cui dispone il pagamento degli oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione, con la conseguente restituzione delle somme pagate a tale titolo.
Il ricorso non si appalesa fondato.
Va premesso che l’art. 4, secondo comma, lettera e), della legge 29.09.1964 n. 847 individua come opere di urbanizzazione secondaria le “chiese ed altri edifici religiosi” per le quali la successiva legge n. 10 del 1977 prevede, secondo determinate condizioni, l’esonero dal pagamento dei contributi.
Occorre, pertanto, verificare se la costruzione della sede della Associazione ricorrente, oggetto della concessione edilizia impugnata in parte qua, possa rientrare tra quelle opere di carattere religioso, ossia destinate all’esercizio del culto, per le quali la norma prevede l’esenzione dal pagamento dei contributi concessori.
La risposta a tale quesito non può che essere negativa, solo se si consideri che la sede della Associazione dei Testimoni di Geova non può certo qualificarsi quale luogo di culto o edificio religioso, ma ha prettamente una destinazione di carattere direzionale dal punto di vista urbanistico.
Pertanto, trattandosi nel caso in esame della costruzione di un edificio non destinato all’esercizio del culto, bensì destinato ad ospitare la sede di una associazione religiosa, non può ritenersi che tale opera rientri tra quelle qualificate come opere di urbanizzazione secondaria, per cui legittimamente il Comune di Cerea ha assoggettato la sua realizzazione al pagamento degli oneri concessori (TAR Veneto, Sez. II, sentenza 22.01.2009 n. 985 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: S. Civitarese Matteucci, Note sulla realizzazione delle opere di urbanizzazione nell'ambito dei comparti edilizi e dei "programmi complessi" sulla base della disciplina del codice dei contratti pubblici (link a www.pausania.it).

EDILIZIA PRIVATA: R. Travaglini, LE OPERE DI URBANIZZAZIONE A SCOMPUTO ALLA LUCE DEL TERZO DECRETO CORRETTIVO DEL CODICE DEI CONTRATTI PUBBLICI (D.LGS. 11.09.2008 N. 152).
Si vedano anche:
- le slides esemplificative;
- la nota ANCE 19.11.2008 n. 150-C2/V di prot. (link a http://venetoius.myblog.it).

EDILIZIA PRIVATA: G. Giovannelli, La disciplina delle opere di urbanizzazione a scomputo oneri alla luce del “terzo correttivo” (link a www.urbanisticaitaliana.it).

EDILIZIA PRIVATA: F. Barchielli, Terzo decreto correttivo e scomputo degli oneri concessori (il terzo decreto correttivo del Codice dei Contratti Pubblici introduce una drastica inversione di rotta per quanto attiene ai lavori sotto soglia a scomputo totale o parziale degli oneri di urbanizzazione) (link a www.urbanisticaitaliana.it).

anno 2008

EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICAScomputo oneri urbanizzazione.
Viene posto dal Comune richiedente un quesito limitato, nella sua enunciazione, alla tematica della disciplina dello “scomputo” degli oneri di urbanizzazione; la formulazione di una responsabile risposta comporta peraltro la considerazione di un ulteriore tema di grandissimo rilievo ed attualità: quello degli accordi fra proprietari e Comune per modifiche al piano regolatore generale urbanistico.
La bozza di protocollo di intesa allegata al quesito reca infatti, come primo “impegno” assunto dal Comune nell’accordo con il privato, quello a “predisporre opportuna variante al PRGC vigente”, variante destinata a trasferire volumetrie su determinate aree private, in presenza della cessione gratuita di un’area e della costruzione –interamente a carico dell’operatore privato– dell’edificio di una scuola materna; ciò, senza pregiudizio dell’applicazione in via ordinaria dei contributi di costruzione che risulteranno dovuti e degli ordinari meccanismi di scomputo relativi ad altre opere di urbanizzazione (Regione Piemonte, parere n. 122/2008 - tratto da www.regione.piemonte.it).

EDILIZIA PRIVATA: A. Barbiero,  Lavori a scomputo OO.UU. - Note generali e riferimenti interpretativi in ordine all’affidamento di lavori per la realizzazione di opere a scomputo degli oneri di urbanizzazione in base alle novità introdotte dal d.lgs. n. 152/2008 (link a www.albertobarbiero.net).

EDILIZIA PRIVATA: A. Barbiero, Criticità lavori a scomputo - Note sulle problematiche derivanti dall’applicazione della normativa in materia di affidamento dei lavori a scomputo di oneri di urbanizzazione (alla luce delle innovazioni prodotte dal d.lgs. n. 152/2008 (link a www.albertobarbiero.net).

EDILIZIA PRIVATA: A. Barbiero, Percorsi operativi per affidamento lavori a scomputo OO.UU. - Affidamento dei lavori per la realizzazione di opere per lo scomputo di oneri di urbanizzazione: schemi operativi (link a www.albertobarbiero.net).

EDILIZIA PRIVATA: Parere richiesto dal Sindaco del Comune di Samarate (Va) in merito "alla corretta interpretazione e conseguente applicazione dell'articolo 32 comma 1, lettera g), del codice dei contratti pubblici anche ai sensi dell'art. 253, comma 1, del codice degli appalti, come dalla nota prot. 26734 del 23.10.2008 dell'Ente stesso".
Il quesito posto dal Comune di Samarate si inserisce nella complessa evoluzione del quadro normativo riguardante il Codice dei Contratti pubblici che, anche con riferimento all’esecuzione delle opere di urbanizzazione a scomputo dei relativi contributi, ha come obiettivo fondamentale l’applicazione dei principi generali di trasparenza, libera concorrenza e parità di trattamento nella realizzazione dei lavori pubblici, compresi quelli di importo inferiore alla soglia comunitaria.
Il Sindaco chiede, in particolare, il parere della Sezione in merito alla nuova formulazione dell’art. 32, comma 1, lettera g), introdotta dal decreto legislativo 152/2008 quando “la convenzione tra amministrazione comunale e lottizzante risulti già essere stata sottoscritta in data antecedente il 17.10.2008 ma non sia stato ancora rilasciato il permesso a costruire al lottizzante”.
La Sezione osserva, in primo luogo, che il disegno del legislatore è quello di evitare che attraverso l’affidamento diretto al privato titolare del permesso di costruire della realizzazione delle opere di urbanizzazione a scomputo venga elusa la necessità del ricorso alle procedure ad evidenza pubblica.
Ed infatti l’art. 32, comma 1, lettera g), sia nell’attuale formulazione che in quella previgente, ha previsto per tali opere di importo superiore alla soglia comunitaria una serie di adempimenti che hanno come scopo principale quello dell’esperimento della gara di appalto.
Poiché dal quesito risulta che la convenzione fra amministrazione comunale e lottizzante sia già stata sottoscritta, ma non sia stato ancora rilasciato il permesso di costruire, si ritiene che il Comune non si possa sottrarre all’obbligo, di rispettare, al momento del rilascio del permesso di costruire, gli adempimenti fissati dall’art. 32, comma 1, lettera g).
Il permesso di costruzione costituisce, in altre parole, il presupposto per l’adozione delle procedure di gara previste dalla legge.
Va rilevato peraltro che la nuova formulazione dello stesso articolo disposta dal decreto legislativo 11.09.2008 n. 152 (c.d. terzo decreto correttivo) ha rafforzato i principi richiamati, avendo soppresso l’eventualità che i titolari del permesso di costruzione potessero agire in veste di promotori e che potessero avvalersi del diritto di prelazione successivamente alla conclusione della gara.
Si deve ritenere inoltre coerente con i criteri generali prima citati anche l’abolizione dell’obbligo di trasmissione degli atti alla competente Procura regionale della Corte dei Conti disposta con la modifica dell’art. 122, comma 8, del Codice dei contratti, così come sostituito dall’art. 1 del decreto leg.vo 152/2008 in conseguenza dell’estensione alle opere di urbanizzazione a scomputo sotto soglia di una procedura negoziata secondo le modalità di cui all’art. 57, comma 6 dello stesso codice.
Occorre infine segnalare che per la natura transitoria della disciplina di cui all’art. 253 Codice dei contratti pubblici, le disposizioni in esso contenute non possono essere riferite a fattispecie intervenute con la recente modifica apportata al codice. Il legislatore avrebbe potuto espressamente dettare norme di diritto transitorio che, al contrario, non si rinvengono nel testo del decreto legislativo n. 152/2008 e questo conferma l'applicabilità dei principi generali in caso di successione delle leggi nel tempo ai rapporti giu­ridici pendenti (cioè già sorti sotto il vigore della legge precedente ma non ancora esauriti nel momento in cui entra in vigore quella nuova) (
Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Lombardia, parere 26.11.2008 n. 95).

EDILIZIA PRIVATAE' ammissibile la scomputabilità del valore corrispondente alle opere di urbanizzazione primaria dall'importo dovuto a titolo di oneri di urbanizzazione secondaria.
Secondo la giurisprudenza amministrativa “in linea di principio, se il privato costruttore ha eseguito direttamente opere di urbanizzazione o si sia obbligato a farle, nella zona oggetto dell'intervento edilizio autorizzato, anche se non abbia concordato le relative modalità e le garanzie con il Comune, ha diritto a che l'amministrazione valuti l'effettiva entità e la concreta utilizzazione delle opere già realizzate o da realizzare, al fine di scomputare il costo della somma dovuta a titolo di contributo per oneri di urbanizzazione” (TAR Sicilia Catania, sez. I, 02.10.2003, n. 1532; in senso conforme TAR Calabria Catanzaro, 24.07.1997, n. 526; Consiglio Stato, sez. V, 27.06.1994, n. 716). 
L'art. 11, l. n. 10 del 1977, nel prevedere la possibilità per il titolare della concessione edilizia dello scomputo dal contributo delle somme relative a spese per opere di urbanizzazione direttamente realizzate, limita tale possibilità a quelle opere che il concessionario si sia obbligato ad eseguire e dispone espressamente che la possibilità medesima va esercitata con le modalità e le garanzie stabilite dal comune, sicché -secondo il recente orientamento della giurisprudenza amministrativa- “l'esenzione totale o parziale dal pagamento degli oneri di urbanizzazione è espressione di un'attività valutativa, di natura discrezionale, dell'amministrazione che si conclude con un atto, anche di natura convenzionale, che fissi il tipo e l'entità delle opere ammesse dal comune alla realizzazione diretta da parte del titolare della concessione edilizia nonché l'importo economico da scomputare, mentre l'esenzione in discorso non può mai derivare dall'autonoma scelta unilaterale del concessionario; peraltro, pur in assenza di un atto d'obbligo, l'amministrazione può tenere conto della domanda di scomputo delle opere già realizzate senza il previo dettato comunale ove sussista la relativa previsione, anche se solo in forma generica, nella concessione edilizia ovvero la discrezionale determinazione di accettazione "ex post" delle opere da parte del comune stesso” (TAR Campania Salerno, sez. II, 04.07.2005 , n. 1082).
Nello stesso ambito la giurisprudenza (TAR Toscana Firenze, sez. III, 11.08.2004, n. 3181) ha inoltre chiarito che “La quota di urbanizzazione ha carattere di corrispettivo di diritto pubblico, di natura non tributaria, posto a carico del costruttore a titolo di partecipazione del concessionario ai costi delle opere di urbanizzazione in proporzione all'insieme dei benefici che la nuova costruzione ne ritrae: pertanto, il relativo contributo può essere scomputato nei casi in cui, ricorrendone i presupposti e le condizioni, le opere di urbanizzazione siano realizzate dal titolare della concessione edilizia (art. 11 comma 1 l. 28.01.1977 n. 10). Pertanto secondo tale orientamento giurisprudenziale “ben può ammettersi anche la scomputabilità del valore corrispondente alle opere di urbanizzazione primaria dall'importo dovuto a titolo di oneri di urbanizzazione secondaria, attesa la comune natura giuridica degli oneri di cui trattasi, non ravvisandosi ragioni ostative alla compensazione tra obbligazioni intercorrenti tra i medesimi soggetti e nascenti dal medesimo rapporto convenzionale: difatti lo scomputo, totale o parziale, della quota di contributo dovuta in caso di realizzazione diretta delle opere di urbanizzazione deve essere effettuato senza distinzione tra opere di urbanizzazione primaria e secondaria, atteso che la mancata distinzione nella sede legislativa specifica (art. 11 l. 28.01.1977 n. 10) delle due categorie di opere vieta all'interprete di introdurre una siffatta distinzione” (TAR Toscana Firenze, sez. III, 11.08.2004, n. 3181 cit.) (TAR Sicilia-Palermo, Sez. I, sentenza 29.10.2008 n. 1367 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: Sull'infungibilità fra opere di urbanizzazione primaria ed opere di urbanizzazione secondaria.
Sussiste la
diversa funzione assolta dalle opere di urbanizzazione primaria e secondaria: le une, rendono effettivamente edificabile l’area su cui sorgerà l’intervento edilizio, dotandola dei manufatti e dei servizi indispensabili per l’agibilità e la fruibilità di un fabbricato secondo la propria destinazione d’uso; le altre, concernono la comunità urbanizzata nel suo complesso per arricchirla di strutture e servizi che servono a scopi generali (asili, parchi, biblioteche, impianti sportivi etc.) e non attengono in modo specifico all’intervento edilizio, bensì alla generalità degli abitanti di un dato comprensorio.
Dalla diversità di funzione ne deriva l’infungibilità fra le due categorie di opere, tant’è che la classificazione nell’ambito di ciascuna delle categorie è stata compiuta dal legislatore senza possibilità di deroga per l’interprete. Sotto un profilo sistematico, il divieto di compensazione globale e indifferenziata fra le opere di urbanizzazione primaria e secondaria realizzate dal promotore dell’intervento edilizio è il logico corollario alla predetta infungibilità.
Ponendo la questione in questi termini,
si deve evidenziare che la legge regionale della Lombardia n. 12/2005 sancisce il principio che il promotore dell’intervento edilizio deve realizzare le opere di urbanizzazione primaria nella loro interezza ed una quota parte di quelle di urbanizzazione secondaria, nonché salvaguarda in ogni caso il diritto potestativo del comune di richiedere il pagamento integrale degli oneri previsti dal piano attuativo, anziché la realizzazione diretta delle strutture.
In conclusione,
rilevando che la legislazione di settore, sia essa di fonte nazionale o regionale, impone che siano esattamente e distintamente determinati gli importi degli oneri di urbanizzazione a scomputo, nonché le caratteristiche tecnico-costruttive delle opere primarie e secondarie da realizzare, si ritiene preclusa l’eventuale compensazione globale e indifferenziata fra oneri primari e secondari
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Con nota n. 40710 del 05.08.2008 il Vice Sindaco del Comune di Varese ha richiesto un parere in relazione alle problematiche giuridiche afferenti le modalità di riconoscimento dello scomputo degli oneri di urbanizzazione in favore dei privati lottizzanti in virtù di convenzioni da sottoporre ai promotori di Piani Attuativi e Programmi Integrati d’Intervento ed in particolare se “risulti legittimo sotto il profilo contabile, il riconoscimento di uno scomputo globale e indifferenziato, indipendentemente dalla ascrivibilità delle opere realizzate alla categoria delle opere di urbanizzazione primaria o secondaria, sino alla concorrenza degli oneri di urbanizzazione complessivamente dovuti, siano essi a loro volta ascrivibili a contributo per opere di urbanizzazione primaria o secondaria.
Nella richiesta di parere si precisa che la risposta al quesito investirà questioni di rilevante interesse contabile, in quanto idonea ad orientare il contenuto degli schemi di convenzione urbanistica da inserire nei piani attuativi d’intervento che l’amministrazione comunale si prefigge di adottare.
...
Venendo al merito della richiesta, occorre osservare che la risposta prevede l’analisi di alcune questioni giuridiche preliminari idonee ad inquadrare la natura giuridica degli oneri di urbanizzazione, del ruolo dei privati lottizzanti e delle opere di urbanizzazione a scomputo, per poi poter definire in tale materia i principi di contabilità pubblica.
I permessi di costruire che il comune concede agli interessati quale espressione del jus aedificandi insito nel diritto di proprietà privata, hanno natura onerosa, poiché comportano l’obbligo di versamento dei contributi dovuti all’ente pubblico da parte di coloro che realizzano interventi di trasformazione edilizia del territorio, a titolo di compartecipazione alle spese che i comuni sostengono per migliorare lo sviluppo urbano e la qualità della vita sul territorio di pertinenza.
La materia è regolata dal testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia (DPR 380/2001), il quale prevede anche alcune norme di carattere contabile in tema di criteri generali per la determinazione dei predetti oneri.
Le entrate derivanti dalla riscossione degli oneri di urbanizzazioni connessi al rilascio dei permessi di costruire sono iscritte al Titolo IV del bilancio, anche se destinate al finanziamento della spesa corrente.

L’art. 1, comma 713, della Legge finanziaria per il 2007 (Legge 296/2006) ha disposto che tali entrate, per l’anno 2007, possono finanziare fino alla concorrenza del 50% dell’importo le spese correnti e per un ulteriore 25% le sole spese di manutenzione ordinaria del patrimonio comunale. La restante quota di entrate deve finanziare le spese in conto capitale. La disposizione è stata confermata per il triennio 2008-2010 dall’art. 2, comma 8, della Legge 244/2007 (Legge finanziaria per il 2008).
La legislazione finanziaria ha disposto dunque precisi vincoli di destinazione per il finanziamento di spese coperte da entrate derivanti dai proventi di concessioni edilizie e delle sanzioni previste dal DPR 380/2001. Le relative norme rivestono carattere cogente e non possono essere derogate per non pregiudicare l’equilibrio finanziario e la sana gestione dell’ente comunale.
Inoltre, sempre in tema di corretta gestione della contabilità pubblica, si osserva che
le entrate derivanti dal versamento di tali oneri devono essere considerate disponibili nel bilancio dell’ente non dal momento del loro accertamento, ma da quello della loro effettiva riscossione, al fine di evitare il cosiddetto criterio “dell’accertato per riscosso”, il quale può provocare vuoti temporanei di cassa ed ingenerare il non auspicabile riscorso alle anticipazioni di tesoreria, cui si perviene al fine di colmare le carenze di liquidità derivanti dal ritardo o dalla rateizzazione del versamento dei contributi di costruzione, in deroga al principio di contemporanea corresponsione del contributo all’atto del rilascio del permesso di costruire sancito dall’art. 16, comma 2, del DPR 380/2001.
Il rilascio del permesso di costruire conduce alla corresponsione di un contributo commisurato all’incidenza degli oneri di urbanizzazione e al costo di costruzione, determinato secondo parametri di legge previsti ai sensi dell’art. 16, comma 4, del DPR 380/2001.
Gli oneri concessori sono stabiliti con delibera del consiglio comunale sulla scorta di parametri definiti dalla regione di appartenenza per categorie di comuni, in relazione all’ampiezza e all’andamento demografico, alle caratteristiche geografiche, alla destinazione di zone previste negli strumenti urbanistici vigenti, ai limiti e rapporti minimi inderogabili fissati in applicazione dell’art. 41-quinquies, penultimo ed ultimo comma, della legge urbanistica 17.08.1942 n. 1150 e successive integrazioni e modificazioni, nonché delle leggi regionali (art. 16, comma 4, lettere a, b, c, d, DPR 380/2001).
La quota di contributo inerente gli oneri di urbanizzazione è corrisposta al comune all’atto del rilascio del permesso di costruire e può essere rateizzata a richiesta dell’interessato. A scomputo parziale o totale della quota dovuta, il titolare del permesso di costruire si obbliga mediante la stipulazione di un’apposita convenzione urbanistica, a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione nel rispetto dei principi stabiliti dall’art. 2, comma 5, della legge n. 109/1994 ed, ora, dal vigente Codice dei Contratti (D.Lgs. 163/2006).
Come ha avuto modo di chiarire anche la Corte di Giustizia dell’Unione Europea con la nota sentenza del 12.07.2001 n. 399/98, sulla quale si sono attestate le giurisdizioni nazionali, con l’autorevole avallo della Consulta (sent. n. 129/2006),
qualora il privato titolare del permesso di costruire realizzi direttamente le opere di urbanizzazione primaria e secondaria a scomputo totale o parziale degli oneri da corrispondere alla pubblica amministrazione, a titolo di contributo alle spese sostenute dalla collettività per la trasformazione del territorio, egli diviene a tutti gli effetti organo indiretto della P.A. ed in tale veste di esecutore e costruttore di opere pubbliche da cedere alla collettività, deve uniformarsi alle norme in tema di appalti di opere pubbliche in ossequio ai principi tipici dell’evidenza pubblica, quali il formalismo negoziale, la concorrenza, la trasparenza ed il principio di non discriminazione.
Il D.Lgs. 163/2006 ha introdotto un
parziale regime derogatorio, più flessibile, solo nell’ipotesi di realizzazione di opere di urbanizzazione primaria sotto soglia, in relazione alle quali è ammessa la realizzazione senza obbligo di gara da parte del promotore dell’intervento edilizio.
Di contro,
in tutti gli altri casi, fermo restando il principio dello scomputo parziale o totale degli oneri di urbanizzazione, è necessario l’espletamento della gara pubblica per l’esecuzione dei lavori e l’affidamento dell’appalto.
Nei confronti del privato che esegue direttamente o in appalto le opere pubbliche di urbanizzazione primaria e secondaria, il comune concedente il permesso di costruire conserva ogni potere sanzionatorio, sostitutivo e di vigilanza circa il corretto adempimento degli obblighi derivanti dalle convenzioni di lottizzazione e dai piani d’intervento edilizio.
L’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici, servizi e forniture con la recente
determinazione 02.04.2008 n. 4 ha ritenuto che l’affidamento dell’esecuzione di opere di urbanizzazione primaria e secondaria a scomputo rientri nella nozione di appalto di lavori pubblici e che soggiaccia alla disciplina contenuta negli artt. 32, comma 1, lett. g), 121, comma 1 e 122, comma 8, del D.Lgs. n. 163/2006, salvo il caso in cui le amministrazioni procedenti abbiano esperito preventivamente una procedura ad evidenza pubblica per la scelta del privato sottoscrittore del relativo accordo convenzionale.
Nel caso di scomputo totale, l’utilità che riceve il comune non è la corresponsione degli oneri, ma la cessione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria realizzate dal titolare della concessione edilizia. Non si tratta dunque di contabilizzare somme riscosse nei capitoli delle entrate, ma di accertare ed aggiornare gli incrementi di valore del patrimonio comunale.
La definizione del valore delle opere e la loro incidenza sullo scomputo degli oneri di urbanizzazione è rimessa alla discrezionalità tecnica dell’ente, alla luce di parametri obiettivi di valutazione delle opere e sulla scorta dei criteri scolpiti dagli artt. 17 e 18 del DPR 380/2001.
In tale ipotesi, le opere, unitamente alle aree cedute gratuitamente al comune che sono individuate nella convenzione urbanistica, sono acquisite al patrimonio indisponibile dell’ente e devono rientrare nell’aggiornamento dell’inventario.
Il momento di passaggio della proprietà e della titolarità di dette opere pubbliche deve individuarsi nell’atto di collaudo e di consegna dei lavori al comune. Il verbale di collaudo e di consegna riveste la forma scritta tipica dell’atto pubblico che attesta l’avvenuta verifica della corretta esecuzione delle opere preventivate in convenzione ed il passaggio del possesso giuridico del bene, avviando la successiva fase di liberazione del titolare dell’intervento edilizio dagli obblighi scaturenti dagli accordi urbanistici.
Al fine di rafforzare il vincolo circa l’esecuzione delle opere di urbanizzazione nei tempi e modi pattuiti,
la convenzione fra titolare del permesso di costruire e comune deve prevedere forme di garanzia fidejussoria a prima richiesta, al fine di reperire in favore della P.A. i mezzi finanziari sufficienti per far fronte alle carenze d’esecuzione delle opere pubbliche ed allo scopo di realizzare direttamente le predette opere in sostituzione del proprietario inadempiente.
Il DPR 380/2001 prevede una riserva d’intervento regionale al fine di stabilire i criteri ed i parametri per la determinazione del costo delle aree in proporzione al costo di costruzione (art. 18, comma 2). La legge regionale della Lombardia n. 12/2005 si pone in linea con i principi e le norme stabilite dal T.U. in materia edilizia.
In particolare, si osserva che l’art. 45 della citata legge stabilisce la possibilità per l’interessato di ottenere lo scomputo totale o parziale del contributo relativo agli oneri di urbanizzazione in conseguenza della realizzazione diretta di una o più opere di urbanizzazione primaria o secondaria nel rispetto dei principi stabiliti dalla legge quadro in materia di lavori pubblici (e del Codice dei Contratti).
E’ demandato ai comuni il compito di determinare le modalità di presentazione dei progetti, di valutazione della loro congruità tecnico-economica e di prestazione di idonee garanzie finanziarie, nonché le sanzioni conseguenti in caso di inottemperanza. Le opere, collaudate a cura del comune, sono acquisite alla proprietà comunale.
L’art. 45, comma 2, della Legge regionale n. 12/2005 prevede che non possono essere oggetto di scomputo le opere espressamente riservate, nel programma triennale delle opere pubbliche, alla realizzazione diretta da parte del comune.
Per quel che concerne l’eventualità del riconoscimento di uno scomputo globale ed indifferenziato, indipendentemente dall’ascrivibilità delle opere alle categorie di opere di urbanizzazione primaria o secondaria elencate nei commi 7, 7-bis, 8 dell’art. 16 del DPR 380/2001, occorre evidenziare che la legge regionale pone un vincolo di correlazione fra la tipologia delle opere ed il calcolo degli oneri per i quali accordare lo scomputo.
Infatti, l’art. 46 della legge regionale 12/2005 reca: “
La convenzione, alla cui stipulazione è subordinato il rilascio dei permessi di costruire, ovvero la presentazione delle denunce di inizio attività relativamente agli interventi contemplati dai piani attuativi, deve prevedere:
a) la cessione gratuita, entro termini prestabiliti, delle aree necessarie per le opere di urbanizzazione primaria, nonché la cessione gratuita delle aree per attrezzature pubbliche e di interesse pubblico o generale la cessione gratuita, entro termini prestabiliti, delle aree necessarie per le opere di urbanizzazione primaria, nonché la cessione gratuita delle aree per attrezzature pubbliche e di interesse pubblico o generale previste dal piano dei servizi; qualora l'acquisizione di tali aree non risulti possibile o non sia ritenuta opportuna dal comune in relazione alla loro estensione, conformazione o localizzazione, ovvero in relazione ai programmi comunali di intervento, la convenzione può prevedere, in alternativa totale o parziale della cessione, che all'atto della stipulazione i soggetti obbligati corrispondano al comune una somma commisurata all'utilità economica conseguita per effetto della mancata cessione e comunque non inferiore al costo dell'acquisizione di altre aree. I proventi delle monetizzazioni per la mancata cessione di aree sono utilizzati per la realizzazione degli interventi previsti nel piano dei servizi, ivi compresa l’acquisizione di altre aree a destinazione pubblica;
b) la realizzazione a cura dei proprietari di tutte le opere di urbanizzazione primaria e di una quota parte delle opere di urbanizzazione secondaria o di quelle che siano necessarie per allacciare la zona ai pubblici servizi; le caratteristiche tecniche di tali opere devono essere esattamente definite; ove la realizzazione delle opere comporti oneri inferiori a quelli previsti distintamente per la urbanizzazione primaria e secondaria ai sensi della presente legge, è corrisposta la differenza; al comune spetta in ogni caso la possibilità di richiedere, anziché la realizzazione diretta delle opere, il pagamento di una somma commisurata al costo effettivo delle opere di urbanizzazione inerenti al piano attuativo, nonché all'entità ed alle caratteristiche dell'insediamento e comunque non inferiore agli oneri previsti dalla relativa deliberazione comunale
”.
Come si può notare la legge propone uno schema di convenzione urbanistica da stipulare fra titolari di permesso di costruire e comune che favorisce la realizzazione diretta delle opere di urbanizzazione primaria nella loro interezza e di una quota parte delle opere di urbanizzazione secondaria e di quelle che siano necessarie per allacciare la zona ai pubblici servizi. Nel caso in cui la realizzazione di tali opere comporti oneri inferiori per l’interessato da quelli previsti dalla convenzione attuativa del piano d’intervento edilizio, ne è corrisposta la differenza all’ente comunale. Tuttavia,
il calcolo della somma dovuta deve essere effettuato distintamente per le opere di urbanizzazione primaria e secondaria, senza possibilità di effettuare operazioni compensative, non differenziando fra le due categorie di opere.
Il divieto dello scomputo globale e indifferenziato, ancorché previsto solo nell’ipotesi in cui le opere realizzate per entrambe le categorie abbiano un valore inferiore al corrispondente onere monetizzato, deve essere esteso indistintamente ad ogni intervento manipolativo del territorio.
Il problema non si pone se le opere consegnate al comune abbiano valore maggiore o uguale agli oneri di urbanizzazione previsti a scomputo. L’ente si avvantaggerà delle migliorie incrementando il proprio patrimonio indisponibile. Quid juris invece nel caso in cui le opere realizzate per almeno una delle due categorie risultino di valore superiore agli oneri quantificati in convenzione? Ovvero, in altri termini, il maggior valore realizzato in una delle due categorie di opere di urbanizzazione può essere compensato con il minor valore delle opere realizzate nell’altra?
L’individuazione delle categorie di opere di urbanizzazione primaria e secondaria è effettuata nei commi 7, 7-bis, 8 dell’art. 16 del DPR 380/2001 e risponde ad inderogabili esigenze di tutela del territorio.
Trattandosi di categorie non omogenee di opere pubbliche da realizzare a vantaggio della collettività che subisce la trasformazione urbana derivante dall’intervento edilizio, non è ammessa alcuna forma di compensazione fra gli oneri dovuti per le diverse fattispecie, poiché la ratio delle norme urbanistiche deve essere rinvenuta nel preminente interesse pubblico a che l’amministrazione comunale usufruisca di ogni opera di urbanizzazione, in ragione della diversa ma ugualmente imprescindibile funzione, che le opere primarie e secondarie assolvono per il corretto assetto del territorio.
La soluzione prospettata al quesito trova fondamento nella
diversa funzione assolta dalle opere di urbanizzazione primaria e secondaria: le une, rendono effettivamente edificabile l’area su cui sorgerà l’intervento edilizio, dotandola dei manufatti e dei servizi indispensabili per l’agibilità e la fruibilità di un fabbricato secondo la propria destinazione d’uso; le altre, concernono la comunità urbanizzata nel suo complesso per arricchirla di strutture e servizi che servono a scopi generali (asili, parchi, biblioteche, impianti sportivi etc.) e non attengono in modo specifico all’intervento edilizio, bensì alla generalità degli abitanti di un dato comprensorio.
Dalla diversità di funzione ne deriva l’infungibilità fra le due categorie di opere, tant’è che la classificazione nell’ambito di ciascuna delle categorie è stata compiuta dal legislatore senza possibilità di deroga per l’interprete. Sotto un profilo sistematico, il divieto di compensazione globale e indifferenziata fra le opere di urbanizzazione primaria e secondaria realizzate dal promotore dell’intervento edilizio è il logico corollario alla predetta infungibilità.
Entrambi gli interventi di urbanizzazione sono strumenti necessari in sede di rilascio del permesso di costruire ed in fase di stipula della convenzione urbanistica, la quale dovrà contenere la descrizione analitica e le caratteristiche tecnico-costruttive delle opere da realizzare a scomputo degli oneri. In tale momento l’amministrazione comunale individua le opere da costruire, al fine di razionalizzare l’intervento di trasformazione urbana in un’ottica di imprescindibile tutela e valorizzazione del territorio.
Il titolare del permesso di costruire, aderendo alla convenzione di lottizzazione ed optando per la diretta realizzazione delle opere a scomputo dei contributi dovuti all’amministrazione comunale, agisce comunque nel proprio interesse, mirando ad una ricaduta economica positiva concernente i tempi di costruzione e di vendita dei lotti edificabili.
Ponendo la questione in questi termini,
si deve evidenziare che la legge regionale della Lombardia n. 12/2005 sancisce il principio che il promotore dell’intervento edilizio deve realizzare le opere di urbanizzazione primaria nella loro interezza ed una quota parte di quelle di urbanizzazione secondaria, nonché salvaguarda in ogni caso il diritto potestativo del comune di richiedere il pagamento integrale degli oneri previsti dal piano attuativo, anziché la realizzazione diretta delle strutture.
Non sembra superfluo rimarcare che anche la già citata legislazione nazionale ha avuto cura di stabilire in modo cogente il contenuto minimo delle convenzioni urbanistiche nelle quali devono essere analiticamente definite le specifiche tecniche di ogni opera concordata, senza possibilità di deroga alcuna.
La modifica degli accordi sulla natura e sulle caratteristiche tecniche delle opere di urbanizzazione da eseguire a cura del titolare del permesso di costruire può avvenire esclusivamente a seguito di una rivisitazione formale degli accordi e, dunque, mediante una modifica della convenzione urbanistica, in linea con gli imprescindibili parametri normativi di riferimento.
Appare possibile, infine, che la singola amministrazione comunale, nell’esercizio della propria autonomia normativa, possa emanare una norma specifica, contenuta in un apposito regolamento edilizio, che vieti ogni forma di compensazione tra gli oneri di urbanizzazione primaria e quelli di urbanizzazione secondaria.
In conclusione,
rilevando che la legislazione di settore, sia essa di fonte nazionale o regionale, impone che siano esattamente e distintamente determinati gli importi degli oneri di urbanizzazione a scomputo, nonché le caratteristiche tecnico-costruttive delle opere primarie e secondarie da realizzare, si ritiene preclusa, per le motivazioni che precedono, l’eventuale compensazione globale e indifferenziata fra oneri primari e secondari
(Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Lombardia, parere 15.09.2008 n. 66).

EDILIZIA PRIVATA: A. Barbiero, Lavori a scomputo oneri urbanizzazione (link a www.albertobarbiero.net.).

EDILIZIA PRIVATA: Dossier - Opere di urbanizzazione a scomputo oneri (link a www.professionisti24.ilsole24ore.com).

EDILIZIA PRIVATA: Realizzazione di opere pubbliche da parte di privati nell’ambito di accordi convenzionali stipulati con le amministrazioni.
- la realizzazione di opere prevista dalle convenzioni urbanistiche rientra nella nozione di appalto pubblico di lavori;
- l’affidamento dell’esecuzione delle suddette opere soggiace alla disciplina contenuta negli artt. 32, comma 1, lett. g), 121, comma 1, e 122, comma 8, del d.lgs. n. 163/2006, salvo il caso in cui le amministrazioni procedenti abbiano esperito preventivamente una procedura ad evidenza pubblica per la scelta del privato sottoscrittore del relativo accordo convenzionale
(determinazione 02.04.2008 n. 4 - link a massimario.avlp.it).

EDILIZIA PRIVATA: Quesito 7 - Realizzazione diretta delle opere di urbanizzazione secondaria alla luce del nuovo Codice dei contratti pubblici (Geometra Orobico n. 2/2008).

URBANISTICA: Parere, su richiesta del Sindaco del Comune di Vilminore di Scalve (Bg), in merito al riconoscimento o meno a scomputo degli oneri di urbanizzazione secondaria di quanto realizzato da soggetti attuatori di un piano di lottizzazione, pur in assenza di regolare procedura di gara.
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Il Sindaco del Comune di Vilminore di Scalve (Bg.) ha chiesto il parere della Sezione sulla possibilità, per la Pubblica Amministrazione, di riconoscere a scomputo degli oneri di urbanizzazione secondaria, quanto realizzato da soggetti attuatori di un piano di lottizzazione, pur in assenza di regolare procedura di gara.
...
Al contrario, la richiesta è inammissibile in quanto non risulta avere “carattere generale”, ma riguarda una fattispecie concreta già realizzata: il quesito non può investire la scelta da operarsi dall’Amministrazione nello svolgimento di un’attività decisionale e gestionale, quale il riconoscimento o meno delle opere di urbanizzazione secondaria a scomputo del contributo di costruzione, seppur eventualmente a titolo di arricchimento senza causa, essendo un’attività che comporta una valutazione discrezionale. Peraltro questa Sezione non può esprimere parere sulle possibili conseguenze derivanti da fatti o comportamenti contrari a disposizioni di legge rappresentati dall’Ente stesso nella richiesta.
Infatti, dal contesto del quesito emerge che l’esecuzione di alcune opere di urbanizzazione secondaria da parte di soggetti privati attuatori di un piano di lottizzazione non sia avvenuta con il necessario ricorso a procedure di gara o comunque nel rispetto dei generali principi di non discriminazione, trasparenza, libera concorrenza che devono informare la realizzazione di lavori pubblici (e tali sono da ritenersi le opere di urbanizzazione, sin dalla loro origine) anche di importo inferiore alla soglia comunitaria, come nel caso sottoposto all’esame della Sezione.
Il legislatore ha recentemente rafforzato i principi suddetti imponendo agli uffici tecnici delle amministrazioni locali interessate di trasmettere alle competenti Procure regionali della Corte dei conti, prima dell’avvio dell’esecuzione di opere di urbanizzazione (primaria) cd. “a scomputo” di importo inferiore alle soglie UE, gli atti adottati e tutta la documentazione relativa agli interventi edilizi da realizzare a scomputo degli oneri di urbanizzazione (art. 122, co. 8, d.lgs. 12/04/2006, n. 163 come modificato dall’art. 2, d.lgs. 31/07/2007, n. 113). Tale adempimento è obbligatorio dal 01.08.2007, indipendentemente dalla data di sottoscrizione della convenzione di lottizzazione che abbia dato origine alla procedura di realizzazione delle opere, avendo la legge individuato nella fase antecedente l’inizio dei lavori il termine per la trasmissione degli atti alla competente Procura regionale.
Si sottolinea, infine, che per le opere di urbanizzazione secondaria destinate a confluire nel patrimonio comunale, anche se di importo inferiore alla soglia comunitaria, l’obbligo di affidamento con il rispetto dell’evidenza pubblica è stato recentemente ribadito anche dal Giudice amministrativo (TAR Lombardia, Milano, sezione II, Sent. 04.12.2007, n. 6541), che ha affermato la necessità di conformare l’azione amministrativa (anche se sia un soggetto privato a realizzare le opere, come nel caso in esame) ai principi comunitari ed ai principi generali dell’ordinamento interno (art. 37 Reg. cont. Stato), rilevando che “la questione relativa allo scomputo degli oneri di urbanizzazione a favore di coloro che si accollano la realizzazione di opere di urbanizzazione secondaria è stata oggetto di attenzione da parte della Corte di Giustizia della Comunità Europea la quale, con sentenza del 12.07.2001 (proc. C-399/98), ha affermato il principio dell’affidamento (mediante gara pubblica) dell’esecuzione delle opere di urbanizzazione a scomputo quando il valore delle stesse superi la soglia fissata dalla norma comunitaria. Tale principio è stato trasfuso nella legislazione italiana, dapprima nell’art. 2, comma 5, della legge n. 109/1994 e ora nell’art. 32 del D.lgs. n. 163/2006 che, con riferimento alle opere di urbanizzazione secondaria, si applica anche nel caso di lavori di importo inferiore alla soglia comunitaria”.
Peraltro il profilo rilevante messo in luce nella richiesta di parere è l’opportunità di acquisire le opere sostitutive di urbanizzazione secondaria per evitare una condanna per indebito arricchimento. Anche questo profilo attiene ad una valutazione discrezionale della P.A. da assumere tenendo presenti tutti gli elementi concreti della fattispecie ed i principi generali di cui all’art. 2041 del codice civile
(Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Lombardia, parere 07.05.2008 n. 27).

EDILIZIA PRIVATA: Sullo scomputo indifferenziato degli oo.uu. 1^ e oo.uu. 2^.
In caso di realizzazione diretta da parte del concessionario delle opere di urbanizzazione primaria, sussiste il diritto allo scomputo dei costi sostenuti sia per le opere di urbanizzazione primaria che per quelli relativi alle opere di urbanizzazione secondaria, non sussistendo al riguardo alcuna distinzione fra le anzidette categorie (cfr sentenza di questo TAR 11.03.2004 n. 679 e sentenza n. 3181 sempre dell’anno 2004).
In applicazione del su illustrato principio, le somme dovute a titolo di urbanizzazione secondaria possono essere (in presenza di un’eccedenza delle spese per opere di urbanizzazione primaria) scomputate dalla quantificazione del valore delle opere complessivamente realizzate (TAR Toscana, Sez. III,
sentenza 06.02.2008 n. 110 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2007

EDILIZIA PRIVATA  - URBANISTICAArt. 32 e 122 del D.lgs. 163/2006 - Realizzazione di opere di urbanizzazione secondaria anche di importo inferiore alla soglia comunitaria - Obbligo di procedura ad evidenza pubblica - Sussiste.
Ai sensi dell'art. 32 e 122 del D.lgs. 163/2006 per la realizzazione di opere di urbanizzazione secondaria anche di importo inferiore alla soglia comunitaria si deve ricorrere alla procedura ad evidenza pubblica (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 04.12.2007 n. 6541 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2005

EDILIZIA PRIVATA: Una volta sottoscritta la convenzione urbanistica, il convenzionato non può eccepire che le opere di urbanizzazione da realizzare sono di importo maggiore rispetto a quanto dovuto per oo.uu.1^ e oo.uu.2^.
Nel sistema risultante dal combinato disposto dell’art. 28, quarto comma n. 1), della legge 17.08.1942, n. 1150 e dagli artt. 3 e 5 della legge 28.01.1977, n. 10, non è rinvenibile un principio che dia titolo al soggetto che ha stipulato una convenzione urbanistica con il Comune di non corrispondere al medesimo (in denaro, in aree cedute o in opere di urbanizzazione realizzate), beni di valore complessivamente superiore a quanto dovuto per oneri di urbanizzazione primaria e secondaria ai sensi dell’art. 10 della legge n. 10 del 1977 (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 10.06.1998, n. 807, con riferimento a convenzione di lottizzazione; Tar Lombardia, Milano, 10.05.2000, n. 3180; id. 25.06.2001, n. 4523) e, conseguentemente, in virtù della convenzione, il privato è obbligato ad eseguire puntualmente tutte le prestazioni ivi assunte, a nulla rilevando che queste possano eccedere originariamente o successivamente gli oneri di urbanizzazione (cfr. Consiglio Stato, sez. V, 10.01.2003, n. 33) (TAR Lombardia-Brescia, sentenza 25.07.2005 n. 784 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAL’esenzione totale o parziale dal pagamento degli oneri d’urbanizzazione consegue ad un’attività valutativa (di natura discrezionale) dell’Amministrazione che si conclude con un atto, anche di natura convenzionale, che fissi il tipo e l’entità delle opere ammesse dal Comune alla realizzazione diretta da parte del titolare della concessione edilizia nonché l’importo economico da scomputare, per cui l’esenzione in questione non può mai derivare dall’autonoma unilaterale scelta del concessionario.
L'art. 11 della legge n. 10/1977, nel prevedere la possibilità per il titolare della concessione edilizia dello scomputo dal contributo delle somme relative a spese per opere d’urbanizzazione direttamente realizzate dal concessionario, limita siffatta possibilità a quelle opere che “il concessionario si sia obbligato ad eseguire” e dispone espressamente che la possibilità medesima va esercitata “con le modalità e le garanzie stabilite dal Comune”.
Ciò significa che l’esenzione totale o parziale dal pagamento degli oneri d’urbanizzazione consegue ad un’attività valutativa (di natura discrezionale) dell’Amministrazione che si conclude con un atto, anche di natura convenzionale, che fissi il tipo e l’entità delle opere ammesse dal Comune alla realizzazione diretta da parte del titolare della concessione edilizia nonché l’importo economico da scomputare, per cui l’esenzione in questione non può mai derivare dall’autonoma unilaterale scelta del concessionario (cfr. in termini Cons. di Stato –Sez. V – 29/09/1999 n. 1209; id. 01/06/1998 n. 701).
Non può escludersi invero che l’Amministrazione, pur in assenza di un atto d’obbligo, possa (o debba) tener conto della domanda di scomputo delle opere già realizzate senza il previo dettato comunale in ordine alle modalità di esecuzione delle opere ed alle garanzie per il Comune, ma ciò presuppone quantomeno la relativa previsione, anche se solo in forma generica, nella concessione edilizia ovvero la discrezionale determinazione di accettazione ex post delle opere da parte del Comune medesimo, evenienze queste che non ricorrono nella vicenda in esame nella quale non solo manca una qualsivoglia partecipazione consensuale dell’Ente, ma per di più da quest’ultimo viene negata in radice, come innanzi si è chiarito, la sussistenza dei presupposti dello scomputo (TAR Campania-Salerno, Sez. II, sentenza 04.07.2005 n. 1082 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2004

EDILIZIA PRIVATALa sottoscritta convenzione –che si configura come un atto facente parte del procedimento che porta al rilascio della concessione edilizia– determina con l’accordo sottoscritto il contenuto dei relativi obblighi secondo i principi del codice civile, così come precisato nell’art. 11 della legge n. 241/1990. In particolare lo scomputo degli oneri di urbanizzazione e la sua misura sono stati oggetto di una determinazione consensuale che non può essere modificata unilateralmente.
E’ infatti giurisprudenza costante che l’art. 16, comma 2, del d.p.r. n. 380/2001 (che ha riprodotto l’art. 11, comma 1, della legge n. 10/1977 e che corrisponde sostanzialmente anche all’art. 26, comma 11, della legge regionale n. 52/1999 come modificato con la legge regionale n. 43/2003) consente al privato di eseguire direttamente le opere di urbanizzazione in alternativa al pagamento dei connessi oneri (con possibilità quindi di ottenerne poi lo scomputo da quanto deve pagare a titolo di oneri di urbanizzazione primaria e secondaria), ma tale facoltà ha effetto soltanto se la proposta del privato sia accettata dal Comune secondo le modalità e le garanzie dettate dal medesimo e con conseguente acquisizione delle opere al patrimonio indisponibile del comune.
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La concessione edilizia è normalmente onerosa, tranne le tassative ipotesi di gratuità (artt. 3-9 della legge n. 10/1977, trasfusi nel d.p.r. n. 380/2001 – art. 16).
Gli oneri di urbanizzazione (che unitamente al costo di costruzione sono gli elementi della onerosità) sono stati previsti dal legislatore a carico del costruttore, quale prestazione patrimoniale, a titolo di partecipazione di costui al costo delle opere di urbanizzazione connesse alle esigenze della collettività che scaturiscono dagli interventi di edificazione e dal maggior carico urbanistico che si realizza nella zona in ordine all’aumento della necessaria dotazione dei servizi (rete viaria, fognature, ecc.); esigenze, queste, cui prioritariamente doveva provvedere il comune appunto con questi proventi (art. 12 della legge n. 10/1977, norma non più riprodotta nella normativa successiva in ossequio al principio dell’autonomia degli enti locali ).
Detti oneri prescindono dall’esistenza o meno delle opere di urbanizzazione e vengono determinati indipendentemente sia dall’utilità che il concessionario ritrae dal titolo edificatorio sia dalle spese effettivamente occorrenti per realizzare siffatte opere. Infatti, ai sensi dell’art. 16, comma 4, del d.p.r. n. 380/2001 (e della normativa precedente), essi sono stabiliti dai comuni secondo tabelle parametriche definite dalla regione per classi di comuni (ampiezza e andamento demografico, caratteristiche geografiche, destinazioni di zona, limiti e rapporti minimi inderogabili di cui al d.m. n. 1444 del 02.04.1968).
I commi 7, 7-bis e 8 dello stesso art. 16 recano un elenco tassativo delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria cui sono connessi i relativi oneri. Essi sono dovuti anche in caso di modifica della destinazione d’uso dell’immobile, quando sia necessaria la concessione edilizia (ora: permesso di costruire), indipendentemente dalla realizzazione di nuove opere edilizie.
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La società ricorrente –che non può vantare un “diritto” allo scomputo, dal momento che la legge configura la facoltà di esecuzione diretta con possibilità di scomputo nei soli limiti accettati dalla controparte pubblica- era perfettamente consapevole che al momento della sottoscrizione della convenzione con il Comune dovevano essere precisati tutti i relativi obblighi, perché è in quel momento che si realizza l’incontro delle volontà delle parti contraenti nell’esercizio dell’autonomia negoziale; ed anche se alcuni contenuti dell’accordo sono proposti dall’Amministrazione in termini non modificabili dal privato, ciò non esclude che la parte privata che abbia sottoscritto la convenzione, conoscendone il contenuto e senza apporvi nessuna riserva, abbia inteso aderirvi e ne resti vincolata.
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Firmata la convenzione e non esistendo nell’ordinamento un “diritto allo scomputo”, le clausole relative e gli impegni assunti non possono unilateralmente essere rimessi in discussione, a meno di non invocare vizi della volontà o ipotesi di risoluzione del contratto (es.: per vizi della volontà o per eccessiva onerosità dell’accordo sottoscritto) nella specie non dedotti.
Dette opere sono finalizzate alla fruizione dell’area ad uso esclusivo della società ricorrente, che è un soggetto che svolgerà un’attività dalla quale ritrarrà necessariamente un utile d’impresa.
Nessuna delle opere realizzate dalla ricorrente sarà trasferita al Comune in quanto trattasi di svincoli di strade regionali o statali.
Non si può quindi fondatamente ritenere che il Comune, negando lo scomputo, si viene ad arricchire delle opere realizzate direttamente, perché, si ripete, trattasi opere tutte a beneficio della realizzazione dell’Autoporto e con nessun riflesso diretto (peraltro non dimostrato) per la collettività.
Viceversa, è proprio la realizzazione della nuova struttura e della creazione degli asseriti nuovi posti di lavoro che potrà determinare una futura, nuova urbanizzazione anche di carattere residenziale per coloro che vi lavorano, il che comporta che il Comune si dovrà addossare altri oneri di urbanizzazione per finalità pubbliche; ecco che si giustifica il fatto di non aver previsto, negli atti tutti della procedura, nessuno scomputo ulteriore rispetto a quello esplicitamente determinato nella misura di circa 160.000 euro.

1. La controversia ha ad oggetto la corretta quantificazione degli oneri di urbanizzazione, primaria e secondaria, dovuti per la realizzazione di un Autoporto nel Comune di Collesalvetti; la previsione dell’opera è la risultante di un accordo tra la Regione toscana e taluni enti locali (Provincia di Livorno e comuni di Livorno e di Collesalvetti) per la qualificazione di una determinata zona e la realizzazione di una piattaforma per lo stoccaggio delle auto provenienti dal porto di Livorno, e in relazione ad essa è stata anche prevista una variante urbanistica apposita.
Nel ricorso si lamenta in sostanza il mancato riconoscimento, da parte del Comune, di una maggiore quantità di opere di urbanizzazione, realizzate o realizzande direttamente dalla società titolare della concessione edilizia, da calcolare ai fini di un maggiore scomputo dagli oneri dovuti ai sensi dell’art. 16 del t.u. sull’edilizia (d.p.r. n. 380/2001).
In particolare si sostiene che anche le opere idrauliche, in quanto poste a servizio della collettività, devono essere considerate opere di urbanizzazione e quindi scomputate dagli oneri, come pure tutte le opere inerenti il piazzale. Si conclude quindi circa l’esistenza di un vero e proprio diritto ad ottenere lo scomputo di quanto realizzato direttamente.
2. Il ricorso non è fondato.
2.1. Va precisato che l’opera che sarà realizzata è di ingenti dimensioni (65 ettari) ed è costituita da un piazzale per lo stoccaggio delle autovetture (a detta del Comune, nel numero di 28.000) e da alcuni edifici, con rilevante impatto sia per l’impegno del suolo che per le ripercussioni sulla rete viaria e con creazione di 100 nuovi posti di lavoro, il che ha determinato la sua ammissione a finanziamento pubblico.
Per consentire la realizzazione dell’intervento il Comune di Collesalvetti, previ accordi di pianificazione con la Regione toscana, la Provincia di Livorno e il Comune di Livorno diretti a favorire la decongestione del porto di Livorno con la realizzazione della struttura in altra area, ha approvato una variante (delibera n. 48/2002) al proprio strumento urbanistico, variante che in tempi passati non era stata invece ammessa dalla regione stessa.
Anche per superare le difficoltà (pericolosità idraulica, viabilità) riscontrate a suo tempo dalla Regione, l’art. 31 delle N.T.A. della variante indica analiticamente le opere a carico del privato.
2.2. Nella convenzione sottoscritta in data 25.08.2003, accessiva alla concessione edilizia per la realizzazione dell’Autoporto, la società ricorrente quale “soggetto utilizzatore e realizzatore” dell’opera (definito anche come concessionario) si impegna (art. 3) a realizzare una serie di opere (finalizzate alla costruzione e gestione dell’Autoporto), tra le quali lo svincolo di accesso all’area sulla S.S. 206, l’adeguamento dello svincolo di Vicarello sulla S.S. Firenze-Pisa-Livorno, le opere di bonifica idraulica e geologica, secondo l’autorizzazione rilasciata dall’Autorità di bacino dell’Arno il 20.12.2002, ed altre opere.
Nell’art. 5 della convenzione è specificato che la società “si impegna e si obbliga a realizzare le opere di urbanizzazione primaria, oltre a quelle di allacciamento ai pubblici servizi secondo le normative igienico-sanitarie vigenti, così come individuate nell’elaborato grafico allegato alla presente convenzione”. E’ altresì previsto che “le opere di urbanizzazione realizzate all’interno dell’area dell’Autoporto rimangono in carico al soggetto utilizzatore e realizzatore che ha l’obbligo di assicurarne la funzionalità e la manutenzione”, mentre “le opere di urbanizzazione relative alla viabilità di accesso…e il primo lotto…dello svincolo di Vicarello e le altre poste all’esterno dell’area il Faldo richiamate nelle premesse saranno cedute gratuitamente all’ente concedente una volta realizzate e collaudate”.
Viene quindi concordato che “gli standard a parcheggio di cui al d.m. n. 1444/1968 e 122/1989 inseriti nell’Autoporto o a questo connessi sono classificati come parcheggi privati a uso pubblico e sono gestiti dal concessionario” e che “l’importo relativo alla realizzazione degli standard è di complessivi Euro 159.542,50 (pari a 3.250 mq. per Euro 49,09/mq.), dedotti dal computo metrico estimativo… che… saranno scomputati dagli oneri di urbanizzazione…”; quindi si precisa che “tutte le opere comprese nell’area sono subordinate al rilascio di concessione edilizia…soggetta al pagamento degli oneri di urbanizzazione primaria pari a Euro 1.183.140,01 e urbanizzazione secondaria pari a Euro 998.102,42 per complessivi Euro 2.181.242,43”.
A sua volta la concessione edilizia riporta l’ammontare di 159.542,5 euro quale solo “oggetto di scomputo dagli oneri di urbanizzazione”.
Nello stesso atto consensuale, poi, all’art. 6 è previsto che la società “a garanzia della perfetta osservanza degli obblighi oggetto della …convenzione e delle norme tecniche per l’esecuzione delle opere di urbanizzazione… costituisce apposita fideiussione per l’importo di Euro 4.362.484,00”; tale somma, come comunemente avviene, è esattamente il doppio di quanto dovuto per oneri concessori quantificati nel precedente art. 5.
2.3. Orbene, la detta convenzione –che si configura come un atto facente parte del procedimento che porta al rilascio della concessione edilizia– determina con l’accordo sottoscritto il contenuto dei relativi obblighi secondo i principi del codice civile, così come precisato nell’art. 11 della legge n. 241/1990. In particolare lo scomputo degli oneri di urbanizzazione e la sua misura sono stati oggetto di una determinazione consensuale che non può essere modificata unilateralmente.
E’ infatti giurisprudenza costante che l’art. 16, comma 2, del d.p.r. n. 380/2001 (che ha riprodotto l’art. 11, comma 1, della legge n. 10/1977 e che corrisponde sostanzialmente anche all’art. 26, comma 11, della legge regionale n. 52/1999 come modificato con la legge regionale n. 43/2003) consente al privato di eseguire direttamente le opere di urbanizzazione in alternativa al pagamento dei connessi oneri (con possibilità quindi di ottenerne poi lo scomputo da quanto deve pagare a titolo di oneri di urbanizzazione primaria e secondaria), ma tale facoltà ha effetto soltanto se la proposta del privato sia accettata dal Comune secondo le modalità e le garanzie dettate dal medesimo e con conseguente acquisizione delle opere al patrimonio indisponibile del comune.
La ricorrente sostiene che la sottoscrizione della convenzione non può costituire acquiescenza all’obbligo del pagamento e rinuncia a ogni altro scomputo, perché la mancata effettuazione dello scomputo doveroso sarebbe emersa soltanto a seguito della nota del Comune 09.09.2003 nella quale è contenuto il calcolo degli oneri dovuti; nella convenzione viceversa viene solo quantificata la cifra complessiva degli oneri di urbanizzazione, ma non è specificato che da detto importo non saranno detratti i costi per le opere di urbanizzazione eseguite direttamente; anzi l’approvazione, da parte del Comune, del computo metrico estimativo di dette opere redatto dal tecnico della ricorrente avrebbe indotto quest’ultima a ritenere accettato il doveroso scomputo, anche perché la realizzazione dell’intervento era stata prevista dalla variante urbanistica che poneva a carico del privato realizzatore ogni spesa necessaria per rendere attuabile l’intervento stesso; la contestuale richiesta di oneri per opere realizzate direttamente costituirebbe una indebita duplicazione.
La tesi non può essere condivisa.
La concessione edilizia è normalmente onerosa, tranne le tassative ipotesi di gratuità (artt. 3-9 della legge n. 10/1977, trasfusi nel d.p.r. n. 380/2001 – art. 16) che, nella specie, non vengono invocate.
Gli oneri di urbanizzazione (che unitamente al costo di costruzione sono gli elementi della onerosità) sono stati previsti dal legislatore a carico del costruttore, quale prestazione patrimoniale, a titolo di partecipazione di costui al costo delle opere di urbanizzazione connesse alle esigenze della collettività che scaturiscono dagli interventi di edificazione e dal maggior carico urbanistico che si realizza nella zona in ordine all’aumento della necessaria dotazione dei servizi (rete viaria, fognature, ecc.); esigenze, queste, cui prioritariamente doveva provvedere il comune appunto con questi proventi (art. 12 della legge n. 10/1977, norma non più riprodotta nella normativa successiva in ossequio al principio dell’autonomia degli enti locali ).
Detti oneri prescindono dall’esistenza o meno delle opere di urbanizzazione e vengono determinati indipendentemente sia dall’utilità che il concessionario ritrae dal titolo edificatorio sia dalle spese effettivamente occorrenti per realizzare siffatte opere (Cons. di Stato, V, n. 462/1977). Infatti, ai sensi dell’art. 16, comma 4, del d.p.r. n. 380/2001 (e della normativa precedente), essi sono stabiliti dai comuni secondo tabelle parametriche definite dalla regione per classi di comuni (ampiezza e andamento demografico, caratteristiche geografiche, destinazioni di zona, limiti e rapporti minimi inderogabili di cui al d.m. n. 1444 del 02.04.1968).
I commi 7, 7-bis e 8 dello stesso art. 16 recano un elenco tassativo delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria cui sono connessi i relativi oneri. Essi sono dovuti anche in caso di modifica della destinazione d’uso dell’immobile, quando sia necessaria la concessione edilizia (ora: permesso di costruire), indipendentemente dalla realizzazione di nuove opere edilizie (Cons. di Stato, V, n. 529/1977).
La ricorrente si sofferma molto nelle sue difese nel sostenere che le opere idrauliche che essa si è impegnata a realizzare sono da considerarsi opere di urbanizzazione (primaria o secondaria?), sia perché rivolte alle esigenze della collettività sia perché previste nella specifica variante che ha appunto consentito la realizzazione dell’intervento dell’Autoporto.
La tesi non può essere condivisa perché è indubbio che l’opera sia da ricomprendere tra le iniziative imprenditoriali private che, seppur prevista in uno strumento urbanistico, non per questo diventa opera pubblica o di pubblico interesse tale da fruire di particolari misure derogatorie rispetto al sistema legale della concessione edilizia onerosa. Al contrario, tutte le opere previste nello strumento urbanistico, alla cui esecuzione è subordinato il rilascio della concessione edilizia, sono state indicate al solo scopo di rendere tecnicamente possibile l’intervento stesso e non servono a rendere vivibile la zona nell’interesse della collettività ma nell’esclusivo interesse dell’imprenditore che realizzerà e gestirà l’opera con il consueto utile di impresa. Tali sono, oltre alle opere idrauliche, il piazzale di stoccaggio delle auto e gli interventi viari finalizzati, non ad una fruizione generale, ma solo al transito dei camion che trasportano le autovetture e quindi sempre per un interesse privato dell’impresa.
In ogni caso la società ricorrente –che non può vantare un “diritto” allo scomputo, dal momento che la legge configura la facoltà di esecuzione diretta con possibilità di scomputo nei soli limiti accettati dalla controparte pubblica- era perfettamente consapevole che al momento della sottoscrizione della convenzione con il Comune dovevano essere precisati tutti i relativi obblighi, perché è in quel momento che si realizza l’incontro delle volontà delle parti contraenti nell’esercizio dell’autonomia negoziale; ed anche se alcuni contenuti dell’accordo sono proposti dall’Amministrazione in termini non modificabili dal privato, ciò non esclude che la parte privata che abbia sottoscritto la convenzione, conoscendone il contenuto e senza apporvi nessuna riserva, abbia inteso aderirvi e ne resti vincolata (Cons. di Stato n. 33/2003).
Avvalorano la conclusione anche le N.T.A. della specifica Variante urbanistica comunale (non impugnata) che ha consentito la realizzazione dell’opera, ove si precisa (art. 31), al punto D1F (Autoporto Faldo), che “l’intervento è attuabile mediante concessione convenzionata contenente l’impegno a realizzare tutti gli interventi presenti nel progetto, i relativi costi…” (tra cui lo svincolo di accesso all’area sulla strada statale, adeguamento di altro svincolo viario, attivazione di tratto ferroviario, opere di bonifica idraulica e geologica) nonché, alla lettera f, che l’“atto d’obbligo” del titolare della concessione edilizia dovrà contenere, tra l’altro, l’impegno a “effettuare i versamenti relativi agli oneri concessori secondo gli importi all’uopo stabiliti”. La variante non è stata impugnata.
Nemmeno la invocata circostanza che l’intervento è oggetto di un finanziamento pubblico, previsto dal Patto territoriale di Livorno e dell’area livornese, approvato con decreti interministeriali nn. 983 e 996 del 1999, può valere a considerare il complesso intervento come tutta un’opera di urbanizzazione.
Da tutto ciò deriva che, firmata la convenzione e non esistendo nell’ordinamento un “diritto allo scomputo”, le clausole relative e gli impegni assunti non possono unilateralmente essere rimessi in discussione, a meno di non invocare vizi della volontà o ipotesi di risoluzione del contratto (es.: per vizi della volontà o per eccessiva onerosità dell’accordo sottoscritto) nella specie non dedotti.
Dette opere sono finalizzate alla fruizione dell’area ad uso esclusivo della società ricorrente, che è un soggetto che svolgerà un’attività dalla quale ritrarrà necessariamente un utile d’impresa.
Nessuna delle opere realizzate dalla ricorrente sarà trasferita al Comune in quanto trattasi di svincoli di strade regionali o statali.
Non si può quindi fondatamente ritenere che il Comune, negando lo scomputo, si viene ad arricchire delle opere realizzate direttamente, perché, si ripete, trattasi opere tutte a beneficio della realizzazione dell’Autoporto e con nessun riflesso diretto (peraltro non dimostrato) per la collettività. Viceversa, è proprio la realizzazione della nuova struttura e della creazione degli asseriti nuovi posti di lavoro che potrà determinare una futura, nuova urbanizzazione anche di carattere residenziale per coloro che vi lavorano, il che comporta che il Comune si dovrà addossare altri oneri di urbanizzazione per finalità pubbliche; ecco che si giustifica il fatto di non aver previsto, negli atti tutti della procedura, nessuno scomputo ulteriore rispetto a quello esplicitamente determinato nella misura di circa 160.000 euro.
Per tal parte il ricorso non può essere accolto
(TAR Toscana, Sez. III, sentenza 14.09.2004 n. 3782 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: La realizzazione di opere di urbanizzazione 1^ in luogo del versamento degli oo.uu. 1^ è una facoltà in capo al concessionario.
Una volta sottoscritta la convenzione per la realizzazione diretta delle opere di urbanizzazione 1^, a scomputo della quota oneri dovuta, i contenuti non sono modificabili.
E’ giurisprudenza costante che l’art. 16, comma 2, del d.p.r. n. 380/2001 (che ha riprodotto l’art. 11, comma 1, della legge n. 10/1977 e che corrisponde sostanzialmente anche all’art. 26, comma 11, della legge regionale n. 52/1999 come modificato con la legge regionale n. 43/2003) consente al privato di eseguire direttamente le opere di urbanizzazione in alternativa al pagamento dei connessi oneri (con possibilità quindi di ottenerne poi lo scomputo da quanto deve pagare a titolo di oneri di urbanizzazione primaria e secondaria), ma tale facoltà ha effetto soltanto se la proposta del privato sia accettata dal Comune secondo le modalità e le garanzie dettate dal medesimo e con conseguente acquisizione delle opere al patrimonio indisponibile del comune.
Gli oneri di urbanizzazione (che unitamente al costo di costruzione sono gli elementi della onerosità) sono stati previsti dal legislatore a carico del costruttore, quale prestazione patrimoniale, a titolo di partecipazione di costui al costo delle opere di urbanizzazione connesse alle esigenze della collettività che scaturiscono dagli interventi di edificazione e dal maggior carico urbanistico che si realizza nella zona in ordine all’aumento della necessaria dotazione dei servizi (rete viaria, fognature, ecc.); esigenze, queste, cui prioritariamente doveva provvedere il comune appunto con questi proventi (art. 12 della legge n. 10/1977, norma non più riprodotta nella normativa successiva in ossequio al principio dell’autonomia degli enti locali ).
Detti oneri prescindono dall’esistenza o meno delle opere di urbanizzazione e vengono determinati indipendentemente sia dall’utilità che il concessionario ritrae dal titolo edificatorio sia dalle spese effettivamente occorrenti per realizzare siffatte opere (Cons. di Stato, V, n. 462/1977). Infatti, ai sensi dell’art. 16, comma 4, del d.p.r. n. 380/2001 (e della normativa precedente), essi sono stabiliti dai comuni secondo tabelle parametriche definite dalla regione per classi di comuni (ampiezza e andamento demografico, caratteristiche geografiche, destinazioni di zona, limiti e rapporti minimi inderogabili di cui al d.m. n. 1444 del 02.04.1968). I commi 7, 7-bis e 8 dello stesso art. 16 recano un elenco tassativo delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria cui sono connessi i relativi oneri. Essi sono dovuti anche in caso di modifica della destinazione d’uso dell’immobile, quando sia necessaria la concessione edilizia (ora: permesso di costruire), indipendentemente dalla realizzazione di nuove opere edilizie (Cons. di Stato, V, n. 529/1977).
La società ricorrente –che non può vantare un “diritto” allo scomputo, dal momento che la legge configura la facoltà di esecuzione diretta con possibilità di scomputo nei soli limiti accettati dalla controparte pubblica- era perfettamente consapevole che al momento della sottoscrizione della convenzione con il Comune dovevano essere precisati tutti i relativi obblighi, perché è in quel momento che si realizza l’incontro delle volontà delle parti contraenti nell’esercizio dell’autonomia negoziale; ed anche se alcuni contenuti dell’accordo sono proposti dall’Amministrazione in termini non modificabili dal privato, ciò non esclude che la parte privata che abbia sottoscritto la convenzione, conoscendone il contenuto e senza apporvi nessuna riserva, abbia inteso aderirvi e ne resti vincolata (Cons. di Stato n. 33/2003) (TAR Toscana, Sez. III,
sentenza 14.09.2004 n. 3782 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Lo scomputo delle opere di urbanizzazione 1^ è una facoltà in capo al concessionario sempre che sia accettata dal Comune.
Per quanto riguarda gli oneri di urbanizzazione si deve osservare che la possibilità di sostituire le somme dovute a tale titolo con la realizzazione diretta delle opere costituisce una facoltà per il titolare della concessione (ora permesso di costruire) che deve essere peraltro accettata dall’amministrazione: è infatti solo con la stipula di apposito atto convenzionale che vengono determinate esattamente le opere di urbanizzazione che il privato si impegna a realizzare con la conseguente esatta determinazione degli eventuali altri oneri concessori monetari dovuti.
In mancanza di tale accordo viceversa il soggetto che ha ottenuto il rilascio di una concessione edilizia è tenuto al pagamento integrale degli oneri concessori (correlati all’urbanizzazione ed al costo di costruzione) (TAR Campania-Napoli, Sez. IV,
sentenza 13.09.2004 n. 11949 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Sulla questione dell’astratta scomputabilità –dall’importo dovuto a titolo di oneri di urbanizzazione secondaria– del valore delle opere di urbanizzazione primaria eseguite o da eseguirsi.
Come previsto dalla legge 28.01.1977 n. 10, il concessionario può obbligarsi a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione con le modalità e le garanzie stabilite dal comune a scomputo totale o parziale degli oneri di urbanizzazione primaria o secondaria (artt. 11 e 5).
L’obbligazione per oneri di urbanizzazione, a differenza di quella contributiva per costo di costruzione che è stata definita acausale perché connessa alla mera utilizzazione edificatoria del territorio e perciò ritenuta di natura paratributaria, deve ritenersi invece causale ed ha natura di corrispettivo di diritto pubblico di natura non tributaria, dovuto dal titolare della concessione edilizia per la partecipazione ai costi delle opere di urbanizzazione connessi all’edificazione.
Peraltro, la quota di urbanizzazione è stata anche qualificata come tassa, in quanto essenzialmente corrispettivo di una prestazione resa o da rendere da parte dell’amministrazione, o avente natura di corrispettivo di diritto pubblico.
Ad avviso del Collegio, si tratta, comunque, di una forma di partecipazione alle spese pubbliche con caratteri atipici, ma sempre collegata all’attività di trasformazione del territorio; più precisamente, ha carattere di corrispettivo di diritto pubblico, di natura non tributaria, posto a carico del costruttore a titolo di partecipazione del concessionario ai costi delle opere di urbanizzazione in proporzione all’insieme dei benefici che la nuova costruzione ne ritrae.
Pertanto, il relativo contributo può essere scomputato nei casi in cui, ricorrendone i presupposti e le condizioni, le opere di urbanizzazione siano realizzate dal titolare della concessione edilizia (art. 11, comma 1, citato, l. 10/1977).
Ne consegue che ben può ammettersi anche la scomputabilità del valore corrispondente alle opere di urbanizzazione primaria dall’importo dovuto a titolo di oneri di urbanizzazione secondaria, attesa la comune natura giuridica degli oneri di cui trattasi, non ravvisandosi ragioni ostative alla compensazione tra obbligazioni intercorrenti tra i medesimi soggetti e nascenti dal medesimo rapporto convenzionale.
La giurisprudenza, anche di questo Tribunale, ha già affermato che lo scomputo, totale o parziale, della quota di contributo dovuta in caso di realizzazione diretta delle opere di urbanizzazione deve essere effettuato senza distinzione tra opere di urbanizzazione primaria e secondaria, atteso che la mancata distinzione nella sede legislativa specifica (art. 11 legge n. 10/1977) delle due categorie di opere vieta all’interprete di introdurre una siffatta distinzione.
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Come già chiarito, deve ammettersi la possibilità per il titolare della concessione edilizia di realizzare in tutto o in parte le opere di urbanizzazione, sia primarie che secondarie, a scomputo dei relativi oneri, “con le modalità e le garanzie stabilite dal comune”, ai sensi dell’art. 11 l. 10/1977 e, ora, dell’art. 16 del d.p.r. 06.06.2001 n. 380 (t.u. in materia edilizia) e dell’art. 26, comma 11, l.r.t. 52/1999.
Tale facoltà, peraltro, non implica in nessun caso una pretesa indiscriminata allo scomputo del valore di qualsiasi opera di urbanizzazione volontariamente seguita al di fuori di un preventivo accordo con il comune che è il soggetto destinatario degli oneri di urbanizzazione e, in caso di scomputo del valore delle opere direttamente eseguite dal concessionario, delle opere stesse che devono soddisfare, sotto il profilo quantitativo, qualitativo e funzionale le necessità del nuovo insediamento.
Pertanto, l’accertamento del se (e della misura in cui) le opere eseguite direttamente dal privato rispondano alle predette necessità non può che spettare al comune, in via preventiva o successiva alla realizzazione delle opere medesime.
Laddove sussista, la convenzione sugli oneri di urbanizzazione inserita nei procedimenti di concessione edilizia onerosa ha carattere di contratto di natura peculiare che viene ad innestarsi nel procedimento che si conclude con rilascio della concessione edilizia; pertanto, come la pubblica amministrazione non può apportare modifiche unilaterali alla convenzione urbanistica stipulata tra essa ed il privato con la quale siano stati quantificati gli oneri di urbanizzazione, così il concessionario non può mettere in discussione l’obbligazione convenzionalmente assunta.
Al più, ove modalità e garanzie non siano state oggetto di preventivo accordo con il comune, la giurisprudenza ritiene che la pretesa del concessionario sia subordinata alla valutazione comunale dell’entità e della effettiva utilizzazione delle opere realizzate.
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Infine, non appare condivisibile l’affermazione secondo cui il diritto allo scomputo delle eccedenze discende ex lege ove il privato si impegni –con le garanzie e le modalità concordate con l’amministrazione– alla realizzazione diretta (e alla cessione) delle opere di urbanizzazione primaria e tale diritto non sia stato convenzionalmente escluso o limitato dalle parti, soprattutto se, come nella fattispecie, la convenzione non abbia quantificato il valore delle opere di urbanizzazione secondaria e preveda la necessità del conguaglio solo in favore dell’amministrazione.
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Il presupposto dell’azione di indebito arricchimento, costituito dall’indebito oggettivo e individuato nella fattispecie nella pretesa eccedenza tra il valore delle opere di urbanizzazione primaria da realizzare e il contributo, a tale titolo, determinato in sede di convenzione tra le parti, è nella specie insussistente.
Infatti, l’azione di indebito arricchimento presuppone, come fatto oggettivo, l’avvenuto arricchimento di una parte e la correlativa diminuzione patrimoniale dell’altra, il che nella specie non si verifica, trattandosi di indebito riferito, dalla stessa parte ricorrente, al costo di opere ancora non eseguite.
Inoltre, condizione necessaria per l’esperimento dell’azione di arricchimento nei confronti della pubblica amministrazione è il riconoscimento dell’utilità parziale o totale dell'opera, cosa o prestazione in quanto la configurabilità stessa di un arricchimento senza causa della p.a. resta affidata ad una valutazione discrezionale di quest’ultima, unica legittimata ad esprimere il relativo giudizio che presuppone il ponderato apprezzamento circa la rispondenza, diretta o indiretta, della cosa o della prestazione al pubblico interesse.

4 – In ordine alla questione dell’astratta scomputabilità –dall’importo dovuto a titolo di oneri di urbanizzazione secondaria– del valore delle opere di urbanizzazione primaria eseguite o da eseguirsi dalla ricorrente va premesso che, come previsto dalla legge 28.01.1977 n. 10, il concessionario può obbligarsi a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione con le modalità e le garanzie stabilite dal comune a scomputo totale o parziale degli oneri di urbanizzazione primaria o secondaria (artt. 11 e 5).
L’obbligazione per oneri di urbanizzazione, a differenza di quella contributiva per costo di costruzione che è stata definita acausale perché connessa alla mera utilizzazione edificatoria del territorio e perciò ritenuta di natura paratributaria, deve ritenersi invece causale ed ha natura di corrispettivo di diritto pubblico di natura non tributaria, dovuto dal titolare della concessione edilizia per la partecipazione ai costi delle opere di urbanizzazione connessi all’edificazione (da ultimo, Tar Campania, Salerno, II, 23.05.2003 n. 548).
Peraltro, la quota di urbanizzazione è stata anche qualificata come tassa, in quanto essenzialmente corrispettivo di una prestazione resa o da rendere da parte dell’amministrazione, o avente natura di corrispettivo di diritto pubblico (Tar Lombardia Milano, II, 06.11.2002 n. 4267).
Ad avviso del Collegio, si tratta, comunque, di una forma di partecipazione alle spese pubbliche con caratteri atipici, ma sempre collegata all’attività di trasformazione del territorio (C.S., V, 06.05.1997 n. 462); più precisamente, ha carattere di corrispettivo di diritto pubblico, di natura non tributaria, posto a carico del costruttore a titolo di partecipazione del concessionario ai costi delle opere di urbanizzazione in proporzione all’insieme dei benefici che la nuova costruzione ne ritrae (C.S., V, 23.05.1997 n. 529).
Pertanto, il relativo contributo può essere scomputato nei casi in cui, ricorrendone i presupposti e le condizioni, le opere di urbanizzazione siano realizzate dal titolare della concessione edilizia (art. 11, comma 1, citato, l. 10/1977).
Ne consegue che ben può ammettersi anche la scomputabilità del valore corrispondente alle opere di urbanizzazione primaria dall’importo dovuto a titolo di oneri di urbanizzazione secondaria, attesa la comune natura giuridica degli oneri di cui trattasi, non ravvisandosi ragioni ostative alla compensazione tra obbligazioni intercorrenti tra i medesimi soggetti e nascenti dal medesimo rapporto convenzionale.
La giurisprudenza, anche di questo Tribunale, ha già affermato che lo scomputo, totale o parziale, della quota di contributo dovuta in caso di realizzazione diretta delle opere di urbanizzazione deve essere effettuato senza distinzione tra opere di urbanizzazione primaria e secondaria, atteso che la mancata distinzione nella sede legislativa specifica (art. 11 legge n. 10/1977) delle due categorie di opere vieta all’interprete di introdurre una siffatta distinzione (da ultimo, Tar Toscana, III, 11.03.2004 n. 679 e giurisprudenza ivi richiamata).
Pertanto, deve ritenersi ammissibile la richiesta in tal senso formulata dalla ricorrente al comune resistente.
5 – Nello specifico, peraltro, la domanda di scomputo avanzata dalla ricorrente non è fondata.
Essa, infatti, si basa sui seguenti assunti:
- in base alla convenzione stipulata con il comune, l’ente pubblico ha diritto all’esecuzione (e cessione) a cura del privato di tutte le opere indicate nella convenzione medesima, indipendentemente dal loro valore;
- per la quantificazione (e l’eventuale scomputo) degli oneri rileva il valore in concreto sostenuto dal privato e non quello (implicitamente) presunto ai soli fini del calcolo della polizza fidejussoria dovuta;
- il valore delle opere che la ricorrente dovrebbe realizzare supera di ben tre volte quello degli oneri da essa dovuti al comune, pur utilizzando i criteri stabiliti dalla stessa amministrazione comunale.
Contrariamente alla tesi sostenuta dalla ricorrente, il Collegio ritiene quanto segue.
Come già chiarito, deve ammettersi la possibilità per il titolare della concessione edilizia di realizzare in tutto o in parte le opere di urbanizzazione, sia primarie che secondarie, a scomputo dei relativi oneri, “con le modalità e le garanzie stabilite dal comune”, ai sensi dell’art. 11 l. 10/1977 e, ora, dell’art. 16 del d.p.r. 06.06.2001 n. 380 (t.u. in materia edilizia) e dell’art. 26, comma 11, l.r.t. 52/1999.
Tale facoltà, peraltro, non implica in nessun caso una pretesa indiscriminata allo scomputo del valore di qualsiasi opera di urbanizzazione volontariamente seguita al di fuori di un preventivo accordo con il comune che è il soggetto destinatario degli oneri di urbanizzazione e, in caso di scomputo del valore delle opere direttamente eseguite dal concessionario, delle opere stesse che devono soddisfare, sotto il profilo quantitativo, qualitativo e funzionale le necessità del nuovo insediamento.
Pertanto, l’accertamento del se (e della misura in cui) le opere eseguite direttamente dal privato rispondano alle predette necessità non può che spettare al comune, in via preventiva o successiva alla realizzazione delle opere medesime.
Laddove sussista, la convenzione sugli oneri di urbanizzazione inserita nei procedimenti di concessione edilizia onerosa ha carattere di contratto di natura peculiare che viene ad innestarsi nel procedimento che si conclude con rilascio della concessione edilizia; pertanto, come la pubblica amministrazione non può apportare modifiche unilaterali alla convenzione urbanistica stipulata tra essa ed il privato con la quale siano stati quantificati gli oneri di urbanizzazione (C.G.A., 01.02.2001 n. 184), così il concessionario non può mettere in discussione l’obbligazione convenzionalmente assunta.
Al più, ove modalità e garanzie non siano state oggetto di preventivo accordo con il comune, la giurisprudenza ritiene che la pretesa del concessionario sia subordinata alla valutazione comunale dell’entità e della effettiva utilizzazione delle opere realizzate (Tar Lazio, II-bis, 22.07.2003 n. 6570 e giurisprudenza ivi citata).
Peraltro, nella fattispecie, la concessione n. 2267, per il completamento delle opere di urbanizzazione primaria, prevede che è concesso di eseguire i relativi lavori , secondo il progetto costituito da n. 21 tavole, relazione tecnica e computo metrico-estimativo, “quale parte integrante e sostanziale del presente atto”.
Essa, quanto agli oneri di urbanizzazione (art. 2), prescrive che i concessionari si obbligano a realizzare le opere di urbanizzazione primaria nel rispetto della convenzione e a cedere al comune le relative aree; la medesima concessione determina l’importo complessivo previsto per le suddette opere indicandolo nella misura di Euro 752.475,25.
Allo stesso provvedimento è allegato il computo metrico estimativo delle opere di urbanizzazione.
Sulla scorta delle circostanze precisate, ritiene il Collegio che la ricorrente non possa vantare una pretesa patrimoniale eccedente il valore delle opere che si era obbligata a realizzare, senza aver preventivamente, con l’amministrazione comunale, giustificato l’esistenza e concordato l’entità della differenza tra l’ammontare prestabilito e quello richiesto.
Né vale sostenere, da parte ricorrente, che l’esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione primaria, convenzionalmente prevista, avrebbe un valore triplo rispetto a quello che sarebbe il costo degli oneri allo stesso titolo dovuti e che la convenzione non preclude lo scomputo delle eventuali somme eccedenti; non vale, neanche, richiamare che la giurisprudenza avrebbe ritenuto inammissibile la richiesta di scomputo solamente ove, in sede di convenzione, tale diritto sia stato espressamente escluso o limitato (cfr. C.S., V, 29.09.1999 n. 1209).
Invero, la sentenza citata dalla ricorrente non pare contribuire a sorreggere la tesi qui prospettata, limitandosi ad affermare la possibilità che la parte promittente possa liberamente assumere impegni patrimoniali più onerosi rispetto a quelli astrattamente previsti dalla legge (che ammette lo scomputo parziale, anziché totale).
Infine, non appare condivisibile l’affermazione secondo cui il diritto allo scomputo delle eccedenze discende ex lege ove il privato si impegni –con le garanzie e le modalità concordate con l’amministrazione– alla realizzazione diretta (e alla cessione) delle opere di urbanizzazione primaria e tale diritto non sia stato convenzionalmente escluso o limitato dalle parti, soprattutto se, come nella fattispecie, la convenzione non abbia quantificato il valore delle opere di urbanizzazione secondaria e preveda la necessità del conguaglio solo in favore dell’amministrazione (cfr. ricorso n. 73/04).
Vero è che la convenzione stipulata in data 28.05.2002 tra il comune e la ricorrente prevede: a) l’obbligo di rispettare la variante al piano di recupero approvato la cui attuazione avverrà “previa approvazione del nuovo progetto esecutivo delle opere di urbanizzazione primaria” (art. 2); b) che i presentatori del piano di recupero si obbligano alla realizzazione a propria cura e spese della urbanizzazione primaria e delle opere ….previste nel progetto esecutivo, composto da relazione tecnica, elaborati grafici, computo metrico estimativo il quale è redatto sulla base del prezzario ufficiale del Provveditorato alle opere pubbliche della regione Toscana (art. 3).
La stessa convenzione prevede, altresì, che al termine dei lavori dovrà essere presentato all’amministrazione comunale un quadro di raffronto tra le opere stimate e quelle effettivamente eseguite e che se la stima delle opere risulterà inferiore a quanto dovuto per gli oneri di urbanizzazione primaria, calcolati sulla base delle tabelle, dovrà esservi un conguaglio a favore del comune (art. 3 citato).
6 – Escluso, per le ragioni esposte, il “diritto” della ricorrente a scomputare, dall’importo dovuto a titolo di oneri di urbanizzazione secondaria, il valore corrispondente alle opere di urbanizzazione eccedente quello stabilito in convenzione, ne consegue l’infondatezza delle ulteriori domande proposte.
Secondo la ricorrente, atteso che dallo scomputo del maggior valore delle opere di urbanizzazione primaria direttamente realizzate o realizzande conseguirebbe l’inesistenza di alcun debito della ricorrente medesima per oneri di urbanizzazione secondaria, il credito nei confronti del comune, a suo tempo cedutole dalla sua dante causa (C.C.), risulterebbe, ad oggi, insoluto.
Sulla base di tali premesse, la ricorrente ha proposto domanda di condanna dell’amministrazione al pagamento della somma di cui risulterebbe debitrice.
Sennonché, venuta meno la premessa (il c.d. diritto allo scomputo delle somme eccedenti), resta a carico della ricorrente l’obbligazione relativa gli oneri di urbanizzazione secondaria.
Peraltro, come risulta dagli atti di causa, l’amministrazione ha provveduto a computare il costo delle opere di urbanizzazione eseguite dalla dante causa della ricorrente (cfr. relazione tecnica depositata come doc. 5, ed ivi riferimento alle opere “riutilizzabili”).
Ciò in conformità all’art. 5 della convenzione tra la ricorrente ed il comune che prevede che nel calcolo degli oneri concessori si debba tener conto di quanto già corrisposto dalla società Cooper Chianti e che sarà consentito l’eventuale conguaglio con le somme già pagate per oneri di urbanizzazione secondaria e costo di costruzione relativi ad interventi non eseguiti e/o non ultimati, previsti dalla precedente convenzione.
Restano da esaminare, infine, l’azione di indebito arricchimento del comune e la connessa domanda di condanna dell’amministrazione alla corresponsione dell’indennizzo ex art. 2041 c.c., proposte con il secondo ricorso in esame.
A fondamento dell’azione, la ricorrente deduce la corresponsione sine titulo, a favore del comune, del costo delle opere di urbanizzazione primaria indicato in circa 1.300.000 euro e del contributo di urbanizzazione secondaria a fronte del contributo dovuto in base alle tabelle parametriche, a titolo di urbanizzazione primaria, in misura pari a circa 410.000 euro.
L’assunto è infondato.
Il presupposto dell’azione di indebito arricchimento, costituito dall’indebito oggettivo e individuato nella fattispecie nella pretesa eccedenza tra il valore delle opere di urbanizzazione primaria da realizzare e il contributo, a tale titolo, determinato in sede di convenzione tra le parti, è nella specie insussistente.
Infatti, l’azione di indebito arricchimento presuppone, come fatto oggettivo, l’avvenuto arricchimento di una parte e la correlativa diminuzione patrimoniale dell’altra, il che nella specie non si verifica, trattandosi di indebito riferito, dalla stessa parte ricorrente, al costo di opere ancora non eseguite.
Inoltre, condizione necessaria per l’esperimento dell’azione di arricchimento nei confronti della pubblica amministrazione è il riconoscimento dell’utilità parziale o totale dell'opera, cosa o prestazione in quanto la configurabilità stessa di un arricchimento senza causa della p.a. resta affidata ad una valutazione discrezionale di quest’ultima, unica legittimata ad esprimere il relativo giudizio che presuppone il ponderato apprezzamento circa la rispondenza, diretta o indiretta, della cosa o della prestazione al pubblico interesse (Cass. civ., II, 11.02.2002 n. 1884).
Nella fattispecie, per le considerazioni già illustrate, mancano entrambe le condizioni per un valido esperimento dell’azione di che trattasi (TAR Toscana, Sez. III, sentenza 11.08.2004 n. 3181 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATALo scomputo, totale o parziale, della quota di contributo dovuta in caso di realizzazione diretta delle opere di urbanizzazione deve essere effettuato senza distinzione tra opere di urbanizzazione primaria e secondaria, atteso che la mancata distinzione, nella sede legislativa specifica, delle due categorie di opere vieta all’interprete di introdurre una siffatta distinzione.
In ordine alla questione della scomputabilità –dall’importo dovuto a titolo di oneri di urbanizzazione secondaria– del valore delle opere di urbanizzazione primaria eseguite o da eseguirsi dalla ricorrente va premesso che, come previsto dalla legge 28.01.1977 n. 10, il concessionario può obbligarsi a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione con le modalità e le garanzie stabilite dal comune a scomputo totale o parziale degli oneri di urbanizzazione primaria o secondaria (artt. 11 e 5).
L’obbligazione per oneri di urbanizzazione, a differenza di quella contributiva per costo di costruzione che è stata definita acausale perché connessa alla mera utilizzazione edificatoria del territorio e perciò ritenuta di natura paratributaria, deve ritenersi invece causale ed ha natura di corrispettivo di diritto pubblico di natura non tributaria, dovuto dal titolare della concessione edilizia per la partecipazione ai costi delle opere di urbanizzazione connessi all’edificazione (da ultimo, Tar Campania, Salerno, II, 23.05.2003 n. 548).
Peraltro, la quota di urbanizzazione è stata anche qualificata come tassa, in quanto essenzialmente corrispettivo di una prestazione resa o da rendere da parte dell’amministrazione, o avente natura di corrispettivo di diritto pubblico (Tar Lombardia Milano, II, 06.11.2002 n. 4267).
Ad avviso del Collegio, si tratta, comunque, di una forma di partecipazione alle spese pubbliche con caratteri atipici, ma sempre collegata all’attività di trasformazione del territorio (C.S., V, 06.05.1997 n. 462); più precisamente, ha carattere di corrispettivo di diritto pubblico, di natura non tributaria, posto a carico del costruttore a titolo di partecipazione del concessionario ai costi delle opere di urbanizzazione in proporzione all’insieme dei benefici che la nuova costruzione ne ritrae (C.S., V, 23.05.1997 n. 529).
Pertanto, il relativo contributo può essere scomputato nei casi in cui, ricorrendone i presupposti e le condizioni, le opere di urbanizzazione siano realizzate dal titolare della concessione edilizia (art. 11, comma 1, citato, l. 10/1977).
Ne consegue che ben può ammettersi anche la scomputabilità del valore corrispondente alle opere di urbanizzazione primaria dall’importo dovuto a titolo di oneri di urbanizzazione secondaria, attesa la comune natura giuridica degli oneri di cui trattasi, non ravvisandosi ragioni ostative alla compensazione tra obbligazioni intercorrenti tra i medesimi soggetti e nascenti dal medesimo rapporto convenzionale.
La giurisprudenza, anche di questo Tribunale, ha già affermato che lo scomputo, totale o parziale, della quota di contributo dovuta in caso di realizzazione diretta delle opere di urbanizzazione deve essere effettuato senza distinzione tra opere di urbanizzazione primaria e secondaria, atteso che la mancata distinzione nella sede legislativa specifica (art. 11 legge n. 10/1977) delle due categorie di opere vieta all’interprete di introdurre una siffatta distinzione (da ultimo, Tar Toscana, III, 11.03.2004 n. 679 e giurisprudenza ivi richiamata).
Come già chiarito, deve ammettersi la possibilità per il titolare della concessione edilizia di realizzare in tutto o in parte le opere di urbanizzazione, sia primarie che secondarie, a scomputo dei relativi oneri, “con le modalità e le garanzie stabilite dal comune”, ai sensi dell’art. 11 l. 10/1977 e, ora, dell’art. 16 del d.p.r. 06.06.2001 n. 380 (t.u. in materia edilizia) e dell’art. 26, comma 11, l.r.t. 52/1999.
Tale facoltà, peraltro, non implica in nessun caso una pretesa indiscriminata allo scomputo del valore di qualsiasi opera di urbanizzazione volontariamente seguita al di fuori di un preventivo accordo con il comune che è il soggetto destinatario degli oneri di urbanizzazione e, in caso di scomputo del valore delle opere direttamente eseguite dal concessionario, delle opere stesse che devono soddisfare, sotto il profilo quantitativo, qualitativo e funzionale le necessità del nuovo insediamento.
Pertanto, l’accertamento del se (e della misura in cui) le opere eseguite direttamente dal privato rispondano alle predette necessità non può che spettare al comune, in via preventiva o successiva alla realizzazione delle opere medesime.
Laddove sussista, la convenzione sugli oneri di urbanizzazione inserita nei procedimenti di concessione edilizia onerosa ha carattere di contratto di natura peculiare che viene ad innestarsi nel procedimento che si conclude con rilascio della concessione edilizia; pertanto, come la pubblica amministrazione non può apportare modifiche unilaterali alla convenzione urbanistica stipulata tra essa ed il privato con la quale siano stati quantificati gli oneri di urbanizzazione (C.G.A., 01.02.2001 n. 184), così il concessionario non può mettere in discussione l’obbligazione convenzionalmente assunta.
Al più, ove modalità e garanzie non siano state oggetto di preventivo accordo con il comune, la giurisprudenza ritiene che la pretesa del concessionario sia subordinata alla valutazione comunale dell’entità e della effettiva utilizzazione delle opere realizzate (Tar Lazio, II-bis, 22.07.2003 n. 6570 e giurisprudenza ivi citata) (
TAR Toscana, Sez. III, sentenza 11.08.2004 n. 3181 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAConformemente ai precedenti di questa stessa Sezione, laddove la quantificazione dei contributi di concessione edilizia sia contenuta in una convenzione (e non derivi perciò da un atto unilaterale del Comune), questa diviene vincolante ed inderogabile per tutte le parti stipulanti, con la conseguenza che il Comune non può di norma apportare nessuna modifica a quanto ivi stabilito.
La determinazione del Comune di addivenire ad una convenzione in materia urbanistica segna il mutamento dei termini del rapporto tra le parti, facendo venir meno la possibilità di emenda delle determinazioni amministrative sull’oggetto del rapporto, (in quanto) la convenzione è stipulata anche nell’interesse pubblico, e la valutazione degli oneri che graveranno sull’intervento ha carattere unitario, sì che non è possibile pretendere di esercitare nuovamente il potere già esercitato (...) dopo la definizione del rapporto in termini convenzionali.

- Considerato che la società ricorrente espone di aver presentato al Comune di Oleggio un piano esecutivo convenzionato per l’edificazione di un appezzamento di terreno;
- Considerato che a seguito dell’approvazione di detto piano, disposta con deliberazione C.C. 06.09.2001, n. 51, essa ha stipulato con il Comune convenzione urbanistica per atto a rogito Notaio Cafagno di Novara in data 24.10.2001, rep. n. 35165/9291;
- Considerato che con l’art. 9 della convenzione le parti hanno stabilito che, per quanto interessa nella presente sede, “in relazione al disposto n. 2 dell’art. 45 L.R. 56/1977, il contributo per le opere di urbanizzazione primarie e secondarie viene determinato, di volta in volta, per ogni singolo intervento, applicando l’onere unitario stabilito dalle tariffe vigenti all’atto di ritiro della concessione, per il tipo di attività richiesta, in rapporto alla superficie progettata”;
- Considerato che con nota 08.03.2003, prot. n. 7801 il Comune, riferendosi alla richiesta di “variante in corso d’opera del progetto approvato con C.E. n. 80/02 del 30.07.2002”, ha comunicato che la Commissione Edilizia si era espressa in senso favorevole e che il rilascio della concessione era subordinato al pagamento dei contributi quantificati come in appresso:
- contributo per oneri di urbanizzazione primaria € 23.872,87 a scomputo;
- contributo per oneri di urbanizzazione secondaria € 9.214,09 a scomputo;
- quota smaltimento rifiuti € 16.543,38 a scomputo;
- Considerato che la ricorrente ha versato il totale richiesto in data 15.04.2003;
- Considerato che con nota 11.08.2003, prot. n. 24511 il Comune, riferendosi alla domanda presentata dalla ricorrente in data 09.04.2002, prot. n. 10478 per i lavori di “costruzione di un capannone industriale con annessi uffici e alloggio del custode”, la nota del Commissario Prefettizio in data 23.04.2003, prot. n. 14139 e la deliberazione C.C. 09.09.1977, n. 118, ha preteso il pagamento di ulteriori € 190.249,39 per “quota di smaltimento rifiuti”;
- Considerato che con il primo motivo la società ricorrente deduce che poiché tale voce contributiva non era prevista in convenzione, essa non è dovuta;
- Ritenuto, conformemente ai precedenti di questa stessa Sezione, che laddove la quantificazione dei contributi di concessione edilizia sia contenuta in una convenzione (e non derivi perciò da un atto unilaterale del Comune), questa diviene vincolante ed inderogabile per tutte le parti stipulanti, con la conseguenza che il Comune non può di norma apportare nessuna modifica a quanto ivi stabilito (TAR Piemonte, I, 21.11.2001, n. 2154);
- Ritenuto in particolare che “la determinazione del Comune di addivenire ad una convenzione in materia urbanistica segna il mutamento dei termini del rapporto tra le parti, facendo venir meno la possibilità di emenda delle determinazioni amministrative sull’oggetto del rapporto, (in quanto) la convenzione è stipulata anche nell’interesse pubblico, e la valutazione degli oneri che graveranno sull’intervento ha carattere unitario, sì che non è possibile pretendere di esercitare nuovamente il potere già esercitato (...) dopo la definizione del rapporto in termini convenzionali” (TAR Piemonte, I, 27.03.2002, n. 748);
- Ritenuto che occorre pertanto verificare l’esatta portata della pattuizione convenzionale;
- Considerato che questa menziona unicamente gli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria, senza alcuna precisazione o elencazione;
- Ritenuto che per la loro definizione occorre pertanto fare riferimento alla normativa in vigore all’atto del rilascio della concessione, così come espressamente stabilito in convenzione;
- Considerato che la richiesta di concessione cui afferisce in contributo richiesto è stata presentata il 09.04.2002, ma non consta dagli atti quale sia la data di rilascio della concessione medesima;
- Considerato che il nuovo testo unico in materia edilizia approvato con D.P.R. 06.06.2001, n. 380 è entrato in vigore il 30.06.2002;
- Considerato in ogni modo che, fino a quella data ha trovato applicazione l’art. 4 L. 29.09.1964, n. 847, richiamato dall’art. 5 L. 29.01.1977, n. 10, che conteneva un elenco delle opere di urbanizzazione primarie (le uniche che rilevano in questa sede) comprendente: a) strade residenziali; b) spazi di sosta o di parcheggio; c) fognature; c) rete idrica; e) rete di distribuzione dell’energia elettrica e del gas; f) pubblica illuminazione; g) spazi di verde attrezzato;
- Considerato che il nuovo testo unico ha variato tale elencazione, includendovi, al suo art. 16, commi 7 e 7-bis, oltre alle opere precedentemente citate “i cavedi multiservizi e i cavidotti per il passaggio di reti di telecomunicazioni, salvo nelle aree individuate dai Comuni sulla base dei criteri definiti dalle Regioni”;
- Considerato che secondo l’art. 51 L.R. 05.12.1977, n. 56 l’elenco delle opere di urbanizzazione primaria comprende:
a) opere di risanamento e di sistemazione del suolo eventualmente necessarie per rendere il terreno idoneo all’insediamento;
b) sistema viario pedonale e veicolare, per il collegamento e per l’accesso agli edifici residenziali e non; spazi di sosta e di parcheggio a livello di quartiere; sistemazione delle intersezioni stradali pertinenti gli insediamenti residenziali e non; attrezzature per il traffico;
c) opere di presa, adduzione e reti di distribuzione idrica;
d) rete ed impianti per lo smaltimento e la depurazione dei rifiuti liquidi;
e) sistema di distribuzione dell’energia elettrica e canalizzazioni per gas e telefono;
f) spazi attrezzati di verde pubblico di nucleo residenziale o di quartiere; reti ed impianti di pubblica illuminazione per gli spazi di cui alla lettera b);
- Considerato che, in esito all’istruttoria disposta con precedente ordinanza collegiale 10.12.2003, n. 1459/i, il Comune di Oleggio ha riferito con nota 27.01.2004, prot. n. 2487 di aver quantificato la quota di contributo in contestazione richiamandosi al disposto della deliberazione C.R. 26.05.1977, n. 179-4170, che si riferisce alle “opere necessarie al trattamento e allo smaltimento dei rifiuti solidi, l iquidi e gassosi e di quelle necessarie alla sistemazione dei luoghi”;
- Considerato che, secondo il Comune, con tale provvedimento la Regione “correttamente distinse tale quota di contributo concessorio da quelle relative agli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria”;
- Ritenuto che dal tenore della sopra citata relazione comunale risulta che la quota di contributo in contestazione (smaltimento rifiuti) non si riferisce ai costi di costruzione delle opere a tale scopo necessarie (condotte fognarie), bensì a quelli del loro esercizio, quantificati forfetariamente;
- Ritenuto che tale conclusione è confermata sul piano logico dal fatto che le fognature sono comprese per legge fra le opere di urbanizzazione primaria, per cui non vi sarebbe ragione di scorporare la quota di contributo ad esse relativa dalla somma dovuta per l’urbanizzazione primaria medesima;
- Ritenuto che l’interpretazione del Comune, secondo cui la concessione edilizia (oggi, il permesso di costruire), sconterebbe, oltre alla quota di contributo commisurata agli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria, anche un’ulteriore quota commisurata allo “smaltimento rifiuti” non può essere né argomentata dalla deliberazione regionale sopra citata, né condivisa nel merito;
- Ritenuto infatti che la deliberazione regionale menziona espressamente le opere necessarie per lo smaltimento rifiuti (in pratica, le condotte fognarie), e non il loro esercizio;
- Ritenuto inoltre che lo smaltimento delle acque reflue sconta comunque una separata tariffa disciplinata da norme speciali (artt. 13, ss. L. 05.01.1994, n. 36) e che identiche considerazioni valgono per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani e degli eventuali rifiuti industriali, esso pure soggetto a tributi particolari, disciplinati da norme speciali (art. 58 D.L.vo 15.11.1993, n. 507);
- Ritenuto perciò che i costi dell’attività di smaltimento rifiuti non concorrono a formare il contributo dovuto a fronte del rilascio della concessione edilizia o del permesso di costruire;
- Ritenuto che per le esposte considerazioni la quota di contributo di concessione pretesa dal Comune di Oleggio a titolo di “quota smaltimento rifiuti” non può considerarsi dovuta e le somme già versate dalla ricorrente a tale titolo dovranno essere rimborsate;
- Ritenuto che, dovendosi presumere la buona fede del Comune (in applicazione analogica dell’art. 1147, comma 2 cod. civ) e non avendo la ricorrente fornito prova contraria, tale somma potrà essere aumentata degli interessi legali secondo domanda soltanto a decorrere dalla data di notificazione del ricorso (art. 2033 cod. civ.);
- Ritenuto che entro tali limiti il ricorso merita conclusivamente accoglimento, con le consequenziali pronunce sopra indicate (TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 21.04.2004 n. 643 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Lo scomputo delle opere di urbanizzazione 1^ da realizzare direttamente (se di importo maggiore alla somma da versare al Comune) riguardano anche la somma da versare quale oo.uu. 2^.
Con riguardo allo scomputo delle spese sostenute per le opere di urbanizzazione primaria il Collegio ritiene in primo luogo, in adesione a quanto più volte affermato dalla giurisprudenza amministrativa (cfr. T.A.R. Toscana sentenza 23.10.1985 n. 868, confermata da Cons. Stato V Sez. 04.12.1989 n. 806; T.A.R. Toscana III Sez. 17.12.1999 n. 743, Cons. Stato V Sez. 12.10.1990 n. 716) che lo scomputo, totale o parziale, della quota di contributo dovuta in caso di realizzazione diretta delle opere di urbanizzazione debba essere effettuato senza alcuna distinzione tra opere di urbanizzazione primaria e secondaria.
L'art. 11 della L. 28.01.1977, n. 10 ammette, infatti, lo scomputo totale o parziale della quota di contributo dovuta in caso di realizzazione diretta delle opere di urbanizzazione senza operare alcuna distinzione tra opere di urbanizzazione primaria e secondaria.
Una diversa interpretazione produrrebbe l'effetto, certamente contrario alla volontà del legislatore (che, nell'introdurre i contributi di urbanizzazione, ha inteso obbligare i concessionari edilizi a partecipare agli oneri relativi alle trasformazioni urbanistiche ed edilizie dei territori comunali ma non ha voluto provocare un ingiustificato arricchimento dei Comuni), di trasferire gratuitamente alle Amministrazioni la quota di valore delle opere realizzate in una categoria senza tener conto degli oneri globali gravanti sul concessionario.
In termini ancor più semplici, ad avviso del Collegio, la mancata distinzione nella sede legislativa specifica (l'art. 11) delle due categorie di opere, vieta all'interprete di introdurre una siffatta distinzione (TAR Toscana, Sez. III,
sentenza 11.03.2004 n. 679 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATARelativamente al contributo per oneri di urbanizzazione, dispone l’art. 11 della legge 28.01.1977, n. 10, ora trasfuso nell’art. 16 del d.P.R. 06.06.2001, n. 380, che a “… scomputo totale o parziale della quota dovuta, il concessionario può obbligarsi a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione con le modalità e le garanzie stabilite dal comune” (comma 1).
Si è osservato, in proposito, che pur trattandosi di una “prestazione patrimoniale imposta” –sì da venire determinata senza tenere conto dell’utilità che riceve il beneficiario della concessione ovvero delle spese effettivamente necessarie per l’esecuzione delle opere di urbanizzazione relative alla costruzione assentita–, il contributo deve in ogni caso considerarsi come una prestazione “causale”, non finalizzata esclusivamente a procurare all’ente impositore un’entrata patrimoniale.
E allora, se la ragion d’essere del contributo è quella di far partecipare il privato ai costi relativi alle trasformazioni urbanistiche ed edilizie del territorio, l’esecuzione diretta delle relative opere da parte del concessionario impone il correttivo dello scomputo delle spese in tal modo affrontate, senza peraltro distinguere tra opere di urbanizzazione primaria o secondaria –e quindi agendo sul contributo complessivo–, nel senso che l’eventuale eccedenza della spesa di una delle due categorie di opere rispetto all’importo della corrispondente quota di contributo può essere portata in detrazione da quanto dovuto per l’altra categoria; ad opinare diversamente, del resto, si darebbe luogo ad un ingiustificato arricchimento delle Amministrazioni comunali, trasferendo loro il valore di una parte delle opere eseguite dal privato, che sarebbe ciò nonostante tenuto a versare il restante ammontare del contributo.
Alla base dell’orientamento giurisprudenziale, già fatto proprio da questa Sezione, è in definitiva il principio per cui l’importo delle spese sostenute dal privato per l’esecuzione in proprio delle opere di urbanizzazione va sempre integralmente compensato con quanto dovuto a titolo di contributo complessivo per i relativi oneri, indipendentemente dalle voci che concorrono a determinare l’ammontare della prestazione patrimoniale che grava sul concessionario; questi, insomma, deve essere tenuto indenne dai costi dei lavori, anche se concernenti solo alcune delle opere di urbanizzazione necessarie, fino alla concorrenza del contributo totale.
L’Amministrazione, del resto, autorizza preventivamente l’effettuazione delle opere da parte del privato, e può quindi valutarne l’adeguatezza, opponendosi quando, pur sotto il profilo finanziario, emergano contrastanti ragioni di opportunità.
Di qui la fondatezza della pretesa azionata, e il conseguente annullamento in parte qua della concessione edilizia n. 148/2002 del 14.02.2003 e della nota prot. n. 18464 del 10.02.2003, in quanto il Comune di Parma ha illegittimamente concesso lo scomputo degli oneri di urbanizzazione nei limiti della quota di incidenza percentuale delle opere eseguite dalla ricorrente, alla luce dei parametri regionali (19% per le opere di urbanizzazione primaria e 25% per le opere di urbanizzazione secondaria), raccordando quindi il beneficio al corrispondente importo astratto delle voci di contributo anziché alla spesa effettivamente sostenuta.

Aziona la società ricorrente, titolare di concessione edilizia per la realizzazione di “comparto di progettazione unitaria – Direzionale Uffici Comunali (D.U.C.) – ambito C” nel territorio del Comune di Parma, il diritto a scomputare dal contributo per oneri di urbanizzazione le somme effettivamente spese per l’esecuzione diretta delle relative opere, con conseguente condanna dell’Amministrazione comunale alla restituzione di quanto a tale titolo indebitamente percepito, oltre ad interessi e rivalutazione monetaria; inoltre, impugna in parte qua gli atti adottati dall’ente locale, nonché le determinazioni generali, anche di provenienza regionale, in tema di modalità di scomputo delle spese originate dalla diretta realizzazione delle opere di urbanizzazione da parte del concessionario.
Assume di avere titolo all’integrale –e non parziale– compensazione degli oneri in tal modo sostenuti, ai sensi dell’art. 11 della legge n. 10 del 1977, e quindi di dover essere completamente esonerata dal pagamento del contributo, essendo questo di importo inferiore alle spese affrontate.
Replica l’Amministrazione comunale che la detrazione è legittimamente avvenuta nei limiti dell’incidenza percentuale delle opere di urbanizzazione (realizzate) rispetto alla totalità degli interventi che concorrono a determinare l’importo globale del contributo. Il tutto in conformità delle tabelle parametriche regionali, che peraltro la ricorrente avrebbe espressamente accettato in sede di sottoscrizione di un “atto unilaterale d’obbligo”, tanto da dar luogo ad una sostanziale acquiescenza nei confronti delle previste modalità di scomputo delle spese per esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione, e comunque da privare di fondamento qualsiasi pretesa in contrasto con il regolamento negoziale che ne sarebbe scaturito.
Ciò stante, il Collegio è chiamato a definire entro quali limiti la società ricorrente, che con il preventivo assenso dell’Amministrazione comunale ha curato in proprio la realizzazione di alcune opere di urbanizzazione, possa far valere il diritto a compensare le spese a tale titolo sostenute con il contributo che grava su di essa in quanto titolare di concessione edilizia.
Orbene, relativamente al contributo per oneri di urbanizzazione, dispone l’art. 11 della legge 28.01.1977, n. 10, ora trasfuso nell’art. 16 del d.P.R. 06.06.2001, n. 380, che a “… scomputo totale o parziale della quota dovuta, il concessionario può obbligarsi a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione con le modalità e le garanzie stabilite dal comune” (comma 1).
Si è osservato, in proposito, che pur trattandosi di una “prestazione patrimoniale imposta” –sì da venire determinata senza tenere conto dell’utilità che riceve il beneficiario della concessione ovvero delle spese effettivamente necessarie per l’esecuzione delle opere di urbanizzazione relative alla costruzione assentita–, il contributo deve in ogni caso considerarsi come una prestazione “causale”, non finalizzata esclusivamente a procurare all’ente impositore un’entrata patrimoniale (v. Cons. Stato, Sez. V, 27.06.1994 n. 716).
E allora, se la ragion d’essere del contributo è quella di far partecipare il privato ai costi relativi alle trasformazioni urbanistiche ed edilizie del territorio, l’esecuzione diretta delle relative opere da parte del concessionario impone il correttivo dello scomputo delle spese in tal modo affrontate, senza peraltro distinguere tra opere di urbanizzazione primaria o secondaria –e quindi agendo sul contributo complessivo–, nel senso che l’eventuale eccedenza della spesa di una delle due categorie di opere rispetto all’importo della corrispondente quota di contributo può essere portata in detrazione da quanto dovuto per l’altra categoria; ad opinare diversamente, del resto, si darebbe luogo ad un ingiustificato arricchimento delle Amministrazioni comunali, trasferendo loro il valore di una parte delle opere eseguite dal privato, che sarebbe ciò nonostante tenuto a versare il restante ammontare del contributo (v., ex multis, Cons. Stato, Sez. V, 04.12.1989 n. 806; TAR Campania, Salerno, Sez. II, 11.06.2002 n. 459).
Alla base dell’orientamento giurisprudenziale, già fatto proprio da questa Sezione (v. sentt. n. 219 del 23.04.2002 e n. 7 del 13.01.1999), è in definitiva il principio per cui l’importo delle spese sostenute dal privato per l’esecuzione in proprio delle opere di urbanizzazione va sempre integralmente compensato con quanto dovuto a titolo di contributo complessivo per i relativi oneri, indipendentemente dalle voci che concorrono a determinare l’ammontare della prestazione patrimoniale che grava sul concessionario; questi, insomma, deve essere tenuto indenne dai costi dei lavori, anche se concernenti solo alcune delle opere di urbanizzazione necessarie, fino alla concorrenza del contributo totale.
L’Amministrazione, del resto, autorizza preventivamente l’effettuazione delle opere da parte del privato, e può quindi valutarne l’adeguatezza, opponendosi quando, pur sotto il profilo finanziario, emergano contrastanti ragioni di opportunità.
Di qui la fondatezza della pretesa azionata, e il conseguente annullamento in parte qua della concessione edilizia n. 148/2002 del 14.02.2003 e della nota prot. n. 18464 del 10.02.2003, in quanto il Comune di Parma ha illegittimamente concesso lo scomputo degli oneri di urbanizzazione nei limiti della quota di incidenza percentuale delle opere eseguite dalla ricorrente, alla luce dei parametri regionali (19% per le opere di urbanizzazione primaria e 25% per le opere di urbanizzazione secondaria), raccordando quindi il beneficio al corrispondente importo astratto delle voci di contributo anziché alla spesa effettivamente sostenuta.
Questa peraltro eccede l’ammontare complessivo del contributo –circostanza non contestata dall’Amministrazione–, sì che nulla poteva essere in conclusione richiesto al privato.
Non vi è invece motivo per procedere all’annullamento degli altri atti impugnati.
Quanto alle deliberazioni con cui la Regione Emilia-Romagna e il Comune di Parma hanno stabilito i criteri generali per la determinazione del contributo di urbanizzazione, va rilevato che le stesse non recano prescrizioni ostative all’invocato scomputo integrale degli oneri assunti dal concessionario (anche ove la spesa per l’esecuzione diretta sia superiore alla quota di contributo dovuta per le opere realizzate); in particolare, non è significativo che la deliberazione regionale n. 849 del 1998 regoli le modalità di scomputo nel caso di esecuzione in proprio di opere di urbanizzazione primaria mentre taccia di analoga eventualità nel caso di opere di urbanizzazione secondaria, o che la deliberazione comunale n. 140/1977 del 2000 non contempli l’ipotesi di spesa del privato in misura superiore alla corrispondente quota di contributo, o che l’art. 13 del regolamento urbanistico ed edilizio prenda a riferimento lo scomputo degli oneri di urbanizzazione per l’esecuzione diretta di parcheggi senza apparentemente consentire la detrazione dell’eventuale maggiore spesa, in quanto il diritto allo “scomputo” scaturisce ex lege, e nella normativa di rango primario trova la sua integrale disciplina, prevalendo su quella di rango secondario, ove rechi disposizioni incompatibili con la prima.
Né, ancora, è rilevante l’impegno precedentemente sottoscritto dalla ricorrente (“… Le opere descritte andranno a scomputo degli oneri di urbanizzazione primaria e di urbanizzazione secondaria, secondo quanto stabilito dalle normative vigenti ed in funzione delle opere effettivamente realizzate …”). Il generico rinvio alla normativa in materia non poteva implicare alcuna rinuncia al meccanismo dell’integrale scomputo delle spese sostenute, essendo anzi la disciplina applicabile quella correttamente invocata dalla ricorrente. Ed è quindi infondata anche l ’eccezione di acquiescenza, alcun elemento inducendo in tal senso.
In definitiva, la società ricorrente ha diritto a che sia portato in detrazione dall’ammontare complessivo del contributo di urbanizzazione quanto speso per l’esecuzione diretta di opere preventivamente autorizzate dall’Amministrazione, anche se di importo superiore alla quota di contributo corrispondente.
Di conseguenza il Comune di Parma va condannato alla restituzione delle somme indebitamente percepite, coprendo lo scomputo l’intero ammontare del contributo; su dette somme, inoltre, competono gli interessi legali dalla data della domanda giudiziale, mentre non spetta la rivalutazione monetaria, trattandosi di indebito oggettivo ex art. 2033 cod.civ., il quale genera esclusivamente l’obbligazione accessoria degli interessi (v., ex multis, TAR Emilia-Romagna, Bologna, Sez. II, 06.08.2002 n. 981) (TAR Emilia Romagna-Parma, sentenza 10.03.2004 n. 107 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2003

EDILIZIA PRIVATARitiene il Collegio che nella fattispecie coesistono i requisiti soggettivi ed oggettivi previsti dalla più volte richiamata norma di cui all’art. 9, primo comma, lettera f), prima parte, della L. n. 10/1977, secondo cui il contributo afferente il rilascio della concessione edilizia non è dovuto per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti.
Circa il requisito soggettivo ritiene infatti il Collegio di dover condividere quell’ampia e qualificata giurisprudenza per cui ai fini dell’individuazione dell’“ente istituzionalmente competente” non è necessariamente rilevante la natura pubblica immediata dell’ente realizzatore quanto piuttosto quella oggettiva relativa alla realizzazione dell’opera; in tale ambito questa Sezione ha avuto modo di precisare che ai fini dell’esecuzione del contributo di costruzione la norma può venire riferita anche ad un’opera realizzata ad un soggetto privato perché per conto di un ente pubblico; mentre sotto il profilo oggettivo è indubbio che la realizzazione dell’opera in questione –caserma dei Vigili del Fuoco– risponde sicuramente alle caratteristiche di un’opera pubblica e/o di un’opera di interesse generale.
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L’elenco delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria non deve intendersi tassativo e vincolato perché, come esattamente ritenuto dalla giurisprudenza condivisa dalla Sezione, debbono ritenersi rientrare nella nozione di opere di urbanizzazione previste dalla normativa anche quelle realizzazioni di specifica rilevanza pubblica e sociale, qual è certamente la costruzione di un immobile da adibirsi a caserma dei VV.FF..
Inoltre, è errato escludere il carattere di urbanizzazione della Caserma de qua perché la stessa sarebbe al servizio di utenti appartenenti a più centri abitativi.
Invero, come esattamente dedotto dall’appellante, il requisito del dimensionamento di quartiere risulta previsto solo per i mercati, gli impianti sportivi e le aree vedi (cfr. art. 4, 2° comma, della legge n. 847/1964), con la conseguenza che le altre opere di urbanizzazione secondaria ben possono essere dimensionate su scala diversa e superiore.

In punto di fatto va rammentato che la realizzazione in oggetto riguardava la costruzione di un fabbricato da adibirsi a Caserma dei Vigili del Fuoco, realizzazione per la quale il Comune di Prato con i provvedimenti originariamente impugnati negava l’esenzione dal pagamento per gli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria.
Ritiene al riguardo il Collegio che nella fattispecie coesistono i requisiti soggettivi ed oggettivi previsti dalla più volte richiamata norma di cui all’art. 9, primo comma, lettera f), prima parte, della L. n. 10/1977, secondo cui il contributo afferente il rilascio della concessione edilizia non è dovuto per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti.
Circa il requisito soggettivo ritiene infatti il Collegio di dover condividere quell’ampia e qualificata giurisprudenza per cui ai fini dell’individuazione dell’“ente istituzionalmente competente” non è necessariamente rilevante la natura pubblica immediata dell’ente realizzatore quanto piuttosto quella oggettiva relativa alla realizzazione dell’opera; in tale ambito questa Sezione ha avuto modo di precisare che ai fini dell’esecuzione del contributo di costruzione la norma può venire riferita anche ad un’opera realizzata ad un soggetto privato perché per conto di un ente pubblico (cfr. C.S. Sezione V n. 206/1999); mentre sotto il profilo oggettivo è indubbio che la realizzazione dell’opera in questione –caserma dei Vigili del Fuoco– risponde sicuramente alle caratteristiche di un’opera pubblica e/o di un’opera di interesse generale.
Fondate sono anche le censure contenute nel secondo motivo di appello perché ritiene il Collegio che al contrario di quanto dedotto dal Tribunale l’elenco delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria non debba intendersi tassativo e vincolato perché, come esattamente ritenuto dalla giurisprudenza condivisa dalla Sezione, debbono ritenersi rientrare nella nozione di opere di urbanizzazione previste dalla normativa anche quelle realizzazioni di specifica rilevanza pubblica e sociale, qual è certamente la costruzione di un immobile da adibirsi a caserma dei VV.FF..
Inoltre, la decisione appare errata nella parte in cui è stato escluso il carattere di urbanizzazione della Caserma de qua perché la stessa sarebbe al servizio di utenti appartenenti a più centri abitativi.
Invero, come esattamente dedotto dall’appellante, il requisito del dimensionamento di quartiere risulta previsto solo per i mercati, gli impianti sportivi e le aree vedi (cfr. art. 4, 2° comma, della legge n. 847/1964), con la conseguenza che le altre opere di urbanizzazione secondaria ben possono essere dimensionate su scala diversa e superiore.
Conclusivamente pertanto il ricorso deve essere accolto e, in riforma dell’impugnata sentenza va annullata la determinazione comunale di non concedere la gratuità della concessione edilizia n. 2643 del 16.12.1995 (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 18.09.2003 n. 5315).

EDILIZIA PRIVATA: Sulla possibilità in capo al concessionario di scomputare, o meno, la realizzazione delle opere di urbanizzazione.
Il soggetto interessato può –previa convenzione con il Comune (ovvero –come prescrive l’art. 11, comma 1 della legge 28.01.1977, n. 10, ora sostituito dall’art. 16 del T.U., emanato con D.P.R. n. 380/2001– “con le modalità e le garanzie stabilite dal Comune”)– realizzare in tutto o in parte le opere di urbanizzazione, sia primarie che secondarie, a scomputo dei relativi oneri; quando anche, tuttavia, modalità e garanzie non siano state previamente concordate con il Comune stesso, la prevalente giurisprudenza ritiene che il concessionario abbia diritto allo scomputo, previa valutazione comunale della entità e della effettiva utilizzazione delle opere realizzate, ovvero della idoneità delle medesime a soddisfare le necessità del nuovo insediamento (in tal senso cfr. Cons. St., sez. V, 26.06.1994, n. 716; Cons. St., sez. IV, 07.06.1977, n. 578; Cons. Giust. Amm. Sic., 30.06.1995, n. 245; TAR Calabria, Catanzaro, 24.07.1997, n. 526 e 24.10.1996, n. 797; TAR Toscana, 21.10.1985, n. 849; TAR Lombardia, Milano, 02.10.1982, n. 924).
Il diritto sopra enunciato, dunque, non implica una pretesa indiscriminata allo scomputo del valore di qualsiasi opera di urbanizzazione, volontariamente eseguita dal concessionario al di fuori di un preventivo accordo con il Comune, ma esclude che il medesimo Comune possa –senza adeguata motivazione e con oggettivo, indebito arricchimento– porre a servizio della collettività e dello stesso concessionario opere da quest’ultimo eseguite, senza che il relativo valore venga scomputato dalla prestazione patrimoniale imposta, di tipo causale -ovvero, finalizzata appunto alla predisposizione di infrastrutture- corrispondente agli oneri di urbanizzazione (cfr., per il principio, Cons. St., sez. V, n. 716/1994 cit. e 29.09.1999, n. 1209; TAR Emilia Romagna, Parma, 07.04.1998, n. 149 e TAR E.R., Bologna, 13.11.1986, n. 597; TAR Veneto, 26.06.1993, n. 522; TAR Lombardia, Milano, 20.05.1998, n. 1036; TAR Marche, 28.04.1995, n. 182) (TAR Lazio-Roma, Sez. II-bis, sentenza 22.07.2003 n. 6570 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2002

EDILIZIA PRIVATA: Sullo scomputo delle opere di urbanizzazione 1^.
Come più volte evidenziato dalla dottrina e della giurisprudenza, lo sgravio contributivo di cui trattasi pretende il concorso di due presupposti, e cioè uno oggettivo, ovvero l’ascrivibilità del manufatto oggetto di concessione edilizia alla categoria delle opere pubbliche o di interesse generale (nel senso che deve trattarsi di opere che, quantunque non destinate direttamente a scopi propri della P.A., siano comunque idonee a soddisfare i bisogni della collettività, anche se realizzate e gestite da privati), e l’altro soggettivo, ovvero l’esecuzione delle opere da parte di Enti istituzionalmente competenti, vale a dire da parte di soggetti cui sia demandata in via istituzionale la realizzazione di opere di interesse generale (cfr. C.G.A.R.S. 20.07.1999, n. 369; Cons. Stato, V, 06.12.1999, n. 2061), ovvero da parte di privati concessionari dell’Ente pubblico (cfr. Cons. Stato, V, 07.09.1995, n. 1280), purché le opere siano inerenti all’esercizio del rapporto concessorio.
Il Comune è, peraltro, tenuto ad accertare d’ufficio tali presupposti indipendentemente dalla domanda del privato, non prevista dalla legge. Il fine dell’applicazione della norma, fondata dunque sul presupposto oggettivo della natura delle opere e su quello soggettivo della qualità dell’ente realizzatore, è chiaramente quello di assicurare una “ricaduta” del beneficio dello sgravio a vantaggio della collettività: nel senso che la gratuità della concessione si traduce in un abbattimento dei costi, a cui corrisponde, in definitiva, un minore aggravio di oneri per il contribuente. E’ stato chiarito che le opere per cui può ipotizzarsi lo sgravio dagli oneri concessori devono avere carattere direttamente satisfattivo dell’interesse della collettività, di per sé –poiché destinate ad uso pubblico o collettivo– o in quanto strumentali rispetto ad opere del genere anzidetto, o comunque perché immediatamente collegate con le funzioni di pubblico servizio espletate dall’Ente (cfr. Cons. Stato, V, 08.06.1998, n. 777).
Il beneficio della gratuità della concessione deriva non tanto dalla natura pubblica o privata dell’Ente che ha realizzato l’opera, quanto piuttosto dall’interesse perseguito, ponendosi l’accento sul connotato “generale” di tale interesse; quindi, il beneficiario può essere anche un soggetto non pubblico, purché però sia un “ente istituzionalmente competente” (cfr. Cons. Stato, V, 20.07.1999, n. 849). Esso non spetta, pertanto, a soggetti privati per gli immobili ove esercitino una mera attività lucrativa di impresa, indipendentemente dalla rilevanza sociale dell’attività stessa (cfr. Cons. Stato, V, 21.01.1997, n. 69). Al fine dell’individuazione dell’anzidetto requisito di ordine soggettivo, la giurisprudenza richiede, di norma, quanto meno il possesso della qualità di concessionario, operante per conto di un Ente pubblico (Cons. Stato, V, 07.09.1995, n. 1280, cit.). 
Nel recente panorama giurisprudenziale, il beneficio è stato negato:
- ad una società per azioni relativamente alla concessione di ampliamento della clinica gestita dalla stessa (Cons. stato, V, 16.01.1992, n. 46);
- all’impresa che, senza alcun collegamento di concessione da parte di un ente pubblico, svolga un’attività assistenziale, in quanto l’agevolazione in parola implica, come accennato, il possesso del requisito non solo oggettivo (impianti, attrezzature, opere pubbliche o di interesse generale), ma pure soggettivo (ente pubblico o soggetto concessionario di pubblico servizio o di opere pubbliche : cfr. Cons Stato, V, 10.05.1999, n. 536);
- alle cooperative edilizie, in quanto curano in primo luogo l’interesse dei soci;
- al privato che realizza impianti sportivi, anche se la loro utilizzazione è oggetto di convenzione con il Comune;
- per la realizzazione di uffici direzionali di un’azienda creditizia;
- per la costruzione di scuole non previste tra le opere di urbanizzazione dallo strumento urbanistico;
- alla società concessionaria del servizio distributivo del gas, per la costruzione di una nuova sede (cfr. TAR Lombardia, Brescia, 18.03.1999, n. 217);
- (caso particolarmente interessante e conferente) per le opere realizzate da un privato, su proprietà e con capitali privati, pur se in vista di un contratto di locazione con la P.A. (cfr. TAR Lombardia, II, 01.07.1997, n. 1074; TAR Puglia, I, 01.09.1999, n. 1018).
E’ stato però d’altra parte precisato che “realizzatore” dell’opera deve intendersi non soltanto chi provvede materialmente all’edificazione, ma anche il soggetto cui l’opera è riferibile dal punto di vista sia progettuale che della destinazione finale (Cons. Stato, V, 08.06.1998, n. 777, cit.).
Il legislatore richiede che le opere –ammesse allo sgravio contributivo- siano “realizzate” dagli enti istituzionalmente competenti, con conseguente necessità che sussista un ben preciso vincolo relazionale tra il soggetto abilitato ad operare nell’interesse pubblico ed il materiale esecutore della costruzione: la giurisprudenza prevalente ha identificato tale vincolo nella concessione di costruzione di opera pubblica o in altre analoghe figure organizzatorie (Cons. Stato, V, 19.05.1998, n. 617; 07.09.1995, n. 1280; 13.12.1993, n. 1280; 20.11.1989, n. 752). Deve cioè trattarsi di attività compiuta da un concessionario, o più in generale da un soggetto che curi istituzionalmente (è dunque questo l’elemento chiave) la realizzazione di opere d'interesse generale per il perseguimento delle specifiche finalità cui le opere stesse sono destinate; in tal senso non ricade nell'esenzione dal contributo l'opera costruita da un imprenditore per la propria attività d'impresa, considerato che il fine dell'esenzione è quello di evitare una contribuzione intimamente contraddittoria (quale sarebbe quella per opere costruite a carico della collettività) e non quella di esonerare gli imprenditori dai costi d'impresa (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 02.12.2002 n. 6618 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2000

EDILIZIA PRIVATA: Perché possa qualificarsi la costruzione come “opera di urbanizzazione eseguita in attuazione di strumenti urbanistici” è, invero, necessario che essa sia specificamente indicata come tale nello strumento urbanistico.
Il complesso polifunzionale edificato non solo non è mai stato qualificato come opera di urbanizzazione, ma non corrisponde ad alcuna precisa indicazione dello strumento urbanistico, sicché l’esenzione dal contributo di concessione non può essere riconosciuta.
L’argomento contrario dedotto dall’appellata e fondato sulla vigenza del piano di zona è del tutto insufficiente a sovvertire il chiaro contenuto precettivo della disposizione: essa beneficia il privato che dà immediata esecuzione alla previsione di piano relativa ad una specifica opera di urbanizzazione. Solo nel caso espressamente previsto dalla norma, a ben vedere, risulta contraddittoria ed irragionevole la richiesta al privato del pagamento di un contributo commisurato anche alle “spese di urbanizzazione”, che di regola sono sopportate dall’ente pubblico. In ogni altro caso il contributo è dovuto.
A margine delle suddette considerazioni, d’altra parte, deve rimarcarsi che la disposizione in oggetto, poiché concede un beneficio derogatorio al regime generale, deve interpretarsi secondo criteri restrittivi ed in stretta armonia con il suo tenore e la sua ratio.

La seconda parte dell’art. 9, lettera f), è parimenti inapplicabile all’ipotesi in esame.
Perché possa qualificarsi la costruzione come “opera di urbanizzazione eseguita in attuazione di strumenti urbanistici” è, invero, necessario che essa sia specificamente indicata come tale nello strumento urbanistico.
Il complesso polifunzionale edificato dalla Fingruppo non solo non è mai stato qualificato come opera di urbanizzazione, ma non corrisponde ad alcuna precisa indicazione dello strumento urbanistico, sicché l’esenzione dal contributo di concessione non può essere riconosciuta.
L’argomento contrario dedotto dall’appellata e fondato sulla vigenza del piano di zona è del tutto insufficiente a sovvertire il chiaro contenuto precettivo della disposizione: essa beneficia il privato che dà immediata esecuzione alla previsione di piano relativa ad una specifica opera di urbanizzazione. Solo nel caso espressamente previsto dalla norma, a ben vedere, risulta contraddittoria ed irragionevole la richiesta al privato del pagamento di un contributo commisurato anche alle “spese di urbanizzazione”, che di regola sono sopportate dall’ente pubblico. In ogni altro caso il contributo è dovuto.
A margine delle suddette considerazioni, d’altra parte, deve rimarcarsi che la disposizione in oggetto, poiché concede un beneficio derogatorio al regime generale, deve interpretarsi secondo criteri restrittivi ed in stretta armonia con il suo tenore e la sua ratio
(Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 10.07.2000 n. 3860 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 1989

EDILIZIA PRIVATA: Sullo scomputo anche degli oo.uu. 2^ qualora le opere di urbanizzazione 1^ siano di importo maggiore alla somma tra oo.uu. 1^ e 2^.
Ai sensi dell'art. 11, L. 10/1977, lo scomputo totale o parziale della quota di contributo dovuta in caso di realizzazione diretta delle opere di urbanizzazione deve essere effettuato senza alcuna distinzione tra opere di urbanizzazione primaria e secondaria (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 04.12.1989 n. 805 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 1984

EDILIZIA PRIVATA: Sullo scomputo anche degli oo.uu. 2^ qualora le opere di urbanizzazione 1^ siano di importo maggiore alla somma tra oo.uu. 1^ e 2^.
In sede di determinazione degli oneri per urbanizzazione secondaria a cui il concessionario sia obbligato, va scomputato il valore delle opere di urbanizzazione primaria eseguite dal concessionario medesimo in eccedenza al dovuto sulla base delle aliquote tabellari (TAR Toscana, sentenza 16.04.1984 n. 209 - link a www.giustizia-amministrativa.it).