dossier SCOMPUTO ONERI DI
URBANIZZAZIONE |
per l'elenco delle opere di urbanizzazione 1^ e 2^ vedere
Legge 29.09.1964 n. 847
che, comunque, sono anticipate a seguire:
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●
opere di urbanizzazione 1^:
a) strade residenziali;
b) spazi di sosta o di parcheggio;
c) fognature;
d) rete idrica;
e) rete di distribuzione dell'energia elettrica e del gas;
f) pubblica illuminazione;
g) spazi di verde attrezzato; (Ai sensi
dell’art. 26-bis d.l. n. 415 del 1989, convertito
dalla legge n. 38 del 1990, gli impianti cimiteriali sono
stati equiparati alle opere di urbanizzazione primaria) -
(Il Ministero dei lavori pubblici, con
circolare 31.03.1972, n. 2015, ha
ritenuto che anche le reti telefoniche rientrino tra le
opere di urbanizzazione primaria)
g-bis) infrastrutture di reti pubbliche di
comunicazione, di cui agli
articoli
87
(ora art. 44) e
88
(ora art. 49) del codice delle comunicazioni
elettroniche, di cui al decreto legislativo 01.08.2003, n.
259, e successive modificazioni, e opere di
infrastrutturazione per la realizzazione delle reti di
comunicazione elettronica ad alta velocità in fibra ottica
in grado di fornire servizi di accesso a banda ultralarga
effettuate anche all'interno degli edifici.
(lettera aggiunta dall'art.
6, comma 3-bis, legge n. 164 del 2014)
●
opere di urbanizzazione 2^:
a) asili nido e scuole
materne;
b) scuole dell'obbligo nonché strutture e complessi per
l'istruzione superiore all'obbligo;
(lettera così sostituita dall’art.
17, comma 44, legge n. 67 del 1988)
c) mercati di quartiere;
d) delegazioni comunali;
e) chiese ed altri edifici religiosi;
f) impianti sportivi di quartiere;
g) centri sociali e attrezzature culturali e sanitarie; nelle
attrezzature sanitarie sono ricomprese le opere, le
costruzioni e gli impianti destinati allo smaltimento, al
riciclaggio o alla distruzione dei rifiuti urbani, speciali,
pericolosi, solidi e liquidi, alla bonifica di aree
inquinate; (nelle attrezzature
sanitarie sono comprese le opere, le costruzioni e gli
impianti destinati allo smaltimento, al riciclaggio o alla
distruzione dei rifiuti urbani, speciali, pericolosi, solidi
e liquidi, alla bonifica di aree inquinate, ai sensi dell'art.
266, comma 1, d.lgs. n. 152 del 2006)
h) aree verdi di quartiere. |
< > < > < > |
Inoltre, |
sono opere di urbanizzazione
1^: |
►
"Le infrastrutture, anche
private, destinate alla ricarica dei veicoli alimentati ad
energia elettrica costituiscono
opere di urbanizzazione primaria
realizzabili in tutto il territorio comunale." (Legge
07.08.2012 n. 134, art. 17-sexies, comma 1)
► "I parcheggi, pertinenziali e
non pertinenziali, realizzati anche in eccedenza rispetto
alla quota minima richiesta per legge, costituiscono
opere di urbanizzazione
..." (L.R.
11.03.2005 n. 12, art. 69)
► "Le
infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione, di cui
agli articoli
44 e
49, e le opere di infrastrutturazione per
la realizzazione delle reti di comunicazione elettronica ad
alta velocità in fibra ottica in grado di fornire servizi di
accesso a banda ultra larga,
effettuate anche all'interno degli edifici sono assimilate
ad ogni effetto alle
opere di urbanizzazione primaria
di cui all'articolo 16, comma 7, del decreto del Presidente
della Repubblica 06.06.2001, n. 380, pur restando di
proprietà dei rispettivi operatori, e ad esse si applica la
normativa vigente in materia, fatto salvo quanto previsto
dagli articoli 44 e 49 con riferimento alle autorizzazioni
per la realizzazione della rete di comunicazioni
elettroniche e degli elementi ad essa collegati per le quali
si attua il regime di semplificazione ivi previsto. ..." (art.
43, comma 4, D.Lgs. 01.08.2003 n. 259)
►
"Tra gli interventi di
urbanizzazione primaria
di cui al comma 7 rientrano i cavedi multiservizi e i
cavidotti per il passaggio di reti di telecomunicazioni,
salvo nelle aree individuate dai comuni sulla base dei
criteri definiti dalle regioni." (art.
16, comma 7-bis, D.P.R. 06.06.2001 n. 380 - comma introdotto dall'art. 40,
comma 8, della legge n. 166 del 2002)
►
"1.
Gli impianti cimiteriali
sono servizi indispensabili parificati alle
opere di
urbanizzazione primaria
ai sensi e per gli effetti
dell'articolo 4 della legge 29.09.1964, n. 847, integrato
dall'articolo 44 della legge 22.10.1971, n. 865.
2. Ai fini dell'applicazione della norma di cui
al comma 1 si considerano
impianti cimiteriali
le opere ed i servizi indicati all'articolo 54 del
regolamento di polizia mortuaria, approvato con decreto del
Presidente della Repubblica 21.10.1975, n. 803, e successive
modificazioni."
(D.L.
28.12.1989 n. 415, art. 26-bis -convertito dalla L. n.
38/1990-)
Il suddetto D.P.R. 21.10.1975 n. 803 è stato abrogato e, ad
oggi, quanto indicato dall'ex art. 54 trova riscontro nell'art.
56 del D.P.R. 10.09.1990 n. 285 (Approvazione del
regolamento di polizia mortuaria)
che recita:
"1. La relazione tecnico-sanitaria che accompagna
i progetti di ampliamento e
di costruzione di cimiteri
deve illustrare i criteri in base ai quali l'amministrazione
comunale ha programmato la distribuzione dei lotti destinati
ai diversi tipi di sepoltura.
2. Tale relazione deve contenere la descrizione
dell'area, della via di
accesso, delle zone di parcheggio, degli spazi e viali
destinati al traffico interno, delle eventuali costruzioni
accessorie previste quali deposito di osservazione, camera
mortuaria, sale di autopsia, cappelle, forno crematorio,
servizi destinati al pubblico e agli operatori cimiteriali,
alloggio del custode, nonché impianti tecnici.
3. Gli elaborati grafici devono, in scala adeguata, rappresentare
sia le varie zone del complesso, sia gli edifici dei servizi
generali che gli impianti tecnici."
►
"Le opere e gli interventi
previsti dalla presente legge costituiscono
opere di urbanizzazione
anche ai sensi dell'articolo 9, primo comma, lettera f),
della legge 28.01.1977, n. 10."
(...
i parcheggi realizzati nel
sottosuolo o nei locali siti al piano terreno dei fabbricati
esistenti ...
ad uso esclusivo dei residenti, anche nel sottosuolo di aree
pertinenziali esterne al fabbricato)
(Legge
24.03.1989 n. 122, art. 11)
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sono opere di urbanizzazione
2^: |
► "Gli oneri di
urbanizzazione secondaria
sono relativi alle seguenti opere: asili nido e scuole
materne, scuole dell’obbligo e strutture e complessi per
l’istruzione superiore all’obbligo, mercati di quartiere,
presidi per la sicurezza pubblica, delegazioni comunali,
chiese e altri edifici religiosi, impianti sportivi di
quartiere, aree verdi di quartiere, centri sociali e
attrezzature culturali e sanitarie, cimiteri, interventi di
bonifica o di messa in sicurezza permanente e interventi di
gestione sostenibile delle acque meteoriche." (L.R.
11.03.2005 n. 12, art. 44, comma 4)
►
"1. Sono attrezzature di
interesse comune per servizi religiosi:
a) gli immobili destinati al
culto anche se articolati in più edifici compresa l’area
destinata a sagrato;
b) gli immobili destinati
all’abitazione dei ministri del culto, del personale di
servizio, nonché quelli destinati ad attività di formazione
religiosa;
c) nell’esercizio del ministero
pastorale, gli immobili adibiti ad attività educative,
culturali, sociali, ricreative e di ristoro compresi gli
immobili e le attrezzature fisse destinate alle attività di
oratorio e similari che non abbiano fini di lucro;
c-bis) gli immobili destinati a
sedi di associazioni, società o comunità di persone in
qualsiasi forma costituite, le cui finalità statutarie o
aggregative siano da ricondurre alla religione,
all’esercizio del culto o alla professione religiosa quali
sale di preghiera, scuole di religione o centri culturali.
(lettera aggiunta dall'art. 12,
comma 1, lett. m) della l.r. 21.02.2011 n. 3)
2. Le attrezzature di cui al comma 1 costituiscono
opere di urbanizzazione secondaria
ad ogni effetto, a norma dell’articolo 44, comma 4."
(L.R.
11.03.2005 n. 12, art. 71, commi 1 e 2)
►
"5.
Gli
interventi di bonifica o di messa in sicurezza permanente
costituiscono
opere di urbanizzazione secondaria di
cui all'articolo 44 della legge regionale 11.03.2005, n. 12
(Legge per il governo del territorio). In deroga al disposto
di cui all'articolo 45 della medesima legge regionale, dette
opere, esclusivamente se insistenti nei siti di interesse
nazionale di cui alla legge 09.12.1998, n. 426 (Nuovi
interventi in campo ambientale), ed eseguite da soggetti
affidatari di cui al comma 2, ovvero da soggetti a questi
equiparati o comunque a tal fine indicati dal presente
articolo, sono da considerare a scomputo dagli oneri di
urbanizzazione secondaria per l'importo corrispondente al 50
per cento del relativo ammontare, salva la facoltà, per i
comuni, di ammettere lo scomputo, in considerazione della
rilevanza della bonifica, anche per quote ulteriori. Qualora
le opere connesse al recupero socioeconomico e territoriale
delle aree oggetto di bonifica siano realizzate in comuni
diversi da quello ove si trova il sito contaminato lo
scomputo dagli oneri di urbanizzazione secondaria non si
applica."
(L.R. 12.12.2003 n. 26,
art. 21, comma 5)
►
"Sono
considerati a tutti gli effetti
opere di urbanizzazione
secondaria, quali pertinenze degli edifici di culto, gli
immobili e le attrezzature fisse destinate alle attività di
oratorio e similari dagli enti di cui all’articolo 1, comma
1." (Legge
01.08.2003 n. 206, art. 2, comma 1)
►
"b) gli enti locali, nell'ambito dei propri poteri
pianificatori del territorio, possono prevedere che le sedi
di servizio e caserme occorrenti per la realizzazione dei
presidi di polizia siano inserite tra le
opere di
urbanizzazione secondaria.
..."[Legge
27.12.2002 n. 289, art. 31, comma 7, lett. b)]
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Altresì,
seppur non definite nello
specifico da alcuna normativa statale, esistono le cc.dd. |
opere di urbanizzazione
generale: |
"Le opere di
urbanizzazione generale,
infine, seppur non definite nello specifico da alcuna
normativa statale, sono comunque di fondamentale importanza
per una città, dal momento che comprendono tutte le
attrezzature di livello superiore, a scala urbana e
territoriale, non incluse nel precedente elenco, necessarie
a soddisfare bacini di utenza più ampi di quelli locali. In
funzione della dimensione territoriale e dell’importanza del
Comune, le opere di urbanizzazione generale comprendono
attrezzature diverse per tipologia e rango, come ospedali,
parchi urbani e territoriali, università,
musei, teatri, strade di livello superiore a
quello locale, ma anche cimiteri, aeroporti,
interporti e grandi attrezzature sportive come gli
stadi." (Consiglio
di Stato, Sez. V,
sentenza 13.09.2018 n. 5372 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2022 |
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EDILIZIA PRIVATA:
Secondo l’orientamento consolidato della giurisprudenza, non
rilevano in termini di effettiva trasformazione del territorio, atta a
legittimare uno scomputo degli oneri di urbanizzazione versati, i lavori
preparatori di cantiere, in quanto non sono indici di un reale inizio dei
lavori di costruzione, quali, ad esempio gli interventi di ripulitura del
sito e approntamento del cantiere e dei materiali necessari per l'esecuzione
dei lavori.
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... per l'annullamento
della nota del Comune di Spoleto del 30.12.2020 con la quale veniva
rigettata la richiesta di ripetizione di parte della somma corrisposta a
titolo di contributo di costruzione relativamente ai permessi di costruire
n. 48268/2007 e 35284/11
e per l'accertamento del diritto della ricorrente alla ripetizione di parte
della somma corrisposta a titolo contributo di costruzione correlati ai
permessi di costruire n. 48268/2007 e 35284/2011,
nonché per la condanna del Comune di Spoleto alla restituzione di quanto
trattenuto indebitamente nei confronti della ricorrente pari ad euro
142.138,92 o della somma che risulti all'esito del giudizio.
...
Nel caso in esame è incontestato che sia stata realizzata solo una delle tre
palazzine originariamente previste –come provato dalle stesse foto del
sopralluogo 2021 depositate dalla difesa resistente– mentre prive di
riscontro appaiono le affermazioni comunali circa l’esecuzione di ulteriori
opere.
Difatti, dalle stesse foto aeree depositate dalla difesa comunale non è
evincibile la presenza di alcuna ulteriore opera al di fuori dal lotto n. 1;
in particolare, non è provata la realizzazione di alcuna strada, apparendo
quella visibile nelle immagini del 2008 e del 2011 piuttosto come una
traccia del cantiere, non più visibile nella foto del 2021 (doc. 11).
Al riguardo giova comunque rilevare che «secondo l’orientamento consolidato
della giurisprudenza, non rilevano in termini di effettiva trasformazione
del territorio, atta a legittimare uno scomputo degli oneri di
urbanizzazione versati, i lavori preparatori di cantiere, in quanto non sono
indici di un reale inizio dei lavori di costruzione, quali, ad esempio gli
interventi di ripulitura del sito e approntamento del cantiere e dei
materiali necessari per l'esecuzione dei lavori» (C.d.S. sez. IV, 11.01.2021, n. 349; cfr. C.d.S., sez. IV, 15.04.2013, n. 2027).
11. Per quanto esposto, il ricorso deve essere accolto, con l’annullamento
della nota prot. 65524 del 30.12.2020 e l’accertamento del diritto
della Gi.Ca.Im. s.r.l. alla ripetizione parziale delle somme
versate a titolo di contributo di costruzione relativamente ai permessi di
costruire n. 48268/2007 e 35284/2011, per la parte corrispondente a quanto non
realizzato.
Da quanto precede discende, di conseguenza, la condanna del Comune di
Spoleto alla restituzione di quota parte di quanto versato dalla ricorrente
a titolo di oneri di urbanizzazione e costo di costruzione in relazione ai
permessi di costruire n. 48268/2007 e 35284/2011, per complessivi euro
142.138,92, oltre interessi nella misura legale dalla domanda fino
all’effettivo soddisfo.
Non può invece accogliersi la domanda relativa alla rivalutazione monetaria
di detta somma, trattandosi di debito di valuta e non di valore (TAR Umbria,
sentenza 22.08.2022 n. 648 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Urbanizzazioni
a scomputo, l'accettazione della Pa deve sempre essere
espressa e consensuale.
Il Tar Calabria: l'ammissione allo scomputo è sempre sottoposta a
valutazione discrezionale.
Opere
di urbanizzazione a scomputo realizzate dal privato al di fuori di qualsiasi
tipo di accordo tra
lo stesso privato e il comune; e senza alcuna accettazione espressa da parte
di quest'ultimo. Opere
che -secondo il privato ricorrente- sarebbero state realizzate a scomputo
degli oneri di
urbanizzazione primaria e che l'ente locale non mai ha preso in carico,
ignorando le istanze in tal
senso del privato.
La causa trattata dal TAR Calabria-Catanzaro, Sez. II,
sentenza 08.04.2022 n. 612, ha al centro questa questione,
sottoposta al Tar dall'impresa, la quale
ha appunto contestato il «silenzio serbato» dall'amministrazione -un
piccolo comune del cosentino-
sull'istanza di presa in carico delle opere nell'ambito della realizzazione
di un complesso turistico.
Ricapitolando la controversia, i giudici segnalano che atti si sono svolti
negli anni 1974-1977, quando
la realizzazione delle opere di urbanizzazione a scomputo non prevedeva
ancora una convenzione
ma era sufficiente il semplice impegno da parte del privato proponente.
Tuttavia, l'elemento
determinante sottolineato dai giudici -e corroborato da una ricca
giurisprudenza- è che la realizzazione delle opere e la successiva cessione a scomputo degli oneri di
urbanizzazione, richiede
sempre l'accettazione esplicita e consensuale da parte dell'amministrazione.
Accettazione che, a sua
volta, resta sempre sottoposta a discrezionalità senza necessità di motivare
una eventuale diversa
scelta.
«L'ammissione allo scomputo -ricordano infatti i giudici citando una
pronuncia del Tar Puglia (Bari
n. 158/2019)- costituisce oggetto di una valutazione ampiamente
discrezionale da parte
dell'amministrazione (che ben può optare per soluzioni diverse senza obbligo
di specifica
motivazione) ed un vero e proprio diritto sorge in capo al privato
proponente allorché, a fronte della
realizzazione da parte sua di opere di urbanizzazione ovvero dell'impegno a
realizzarle, vi sia stato
un espresso atto di "accettazione" consensuale da parte della stessa
amministrazione».
Invece, nella vicenda esaminata sono mancate «sia una preventiva e positiva
valutazione del Comune sulla realizzazione delle opere di urbanizzazione
primaria da parte del costruttore, risultante da
apposita convenzione ovvero dal titolo autorizzativo degli interventi
edilizi realizzati», «sia un atto di
accettazione espressa successivo alla realizzazione di tali opere». In
assenza di tali elementi, i giudici
hanno concluso che non ci sono «i presupposti per la presa in carico delle
opere urbanizzazione
primaria realizzate» (articolo NT+Enti Locali & Edilizia del
27.04.2022).
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SENTENZA
Il reclamo è infondato.
Secondo i reclamanti, il Commissario ad acta avrebbe ritenuto di non
poter procedere alla presa in carico delle opere di urbanizzazione del
Villaggio Ge., applicando erroneamente alla fattispecie in esame il disposto
degli artt. 28 della L. 17.08.1942 n. 1150 e 16, comma 2, del D.P.R.
06.06.2001, n. 380.
Avuto riguardo al periodo in cui si è formata la vicenda (anni 1974-1977),
il Commissario ad acta avrebbe dovuto fare riferimento all’art. 10
della L. 06.08.1967, n. 765, il quale prevede un semplice “impegno”
del costruttore e non già la stipula di una convenzione affinché il Comune
provveda alla presa in carico delle opere di urbanizzazione.
Ritiene il Collegio che la determinazione assunta dal Commissario ad acta
sia coerente al quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento.
Invero, tutte le norme richiamate presuppongono una fattispecie di natura
convenzionale alla base dell’obbligo del Comune di presa in carico delle
opere di urbanizzazione.
Nello specifico:
- l’art. 28 della L. 17.08.1942 n. 1150 prevede che
l’autorizzazione comunale alla realizzazione della lottizzazione possa
essere subordinata alla stipula di una convenzione, da trascriversi a cura
del proprietario, che preveda:
1) la cessione gratuita entro termini prestabiliti delle aree necessarie per
le opere di urbanizzazione primaria, precisate dall’articolo 4 della legge
29.09.1964, n. 847, nonché la cessione gratuita delle aree necessarie per le
opere di urbanizzazione secondaria nei limiti di cui al successivo n. 2;
2) l’assunzione, a carico del proprietario, degli oneri relativi alle opere
di urbanizzazione primaria e di una quota parte delle opere di
urbanizzazione secondaria relative alla lottizzazione o di quelle opere che
siano necessarie per allacciare la zona ai pubblici servizi;
3) i termini non superiori ai dieci anni entro i quali deve essere ultimata
la esecuzione delle opere di cui al precedente paragrafo;
4) congrue garanzie finanziarie per l’adempimento degli obblighi derivanti
dalla convenzione;
- l’art. 8 della L. 06.08.1967, n. 765 ha introdotto
nell’ordinamento giuridico la regola per cui il rilascio delle licenze
edilizie nell’ambito dei singoli lotti è subordinato all’impegno della
contemporanea esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria relative ai
lotti stessi;
- l’art. 31 della L. n. 1150/1942, nel testo risultante dalla
novella di cui all’art. 10 della L. n. 765/1967, ha subordinato il rilascio
della concessione edilizia alla presenza dell’urbanizzazione primaria o,
comunque, all’impegno del proprietario a realizzarla contemporaneamente
all’intervento costruttivo;
- l’art. 11 della Legge 28.01.1977, n. 10, conferma che i
proprietari possono obbligarsi a realizzare direttamente le opere di
urbanizzazione con le modalità e le garanzie stabilite dal Comune;
- l’art. 16 del D.P.R. 06.06.2001, n. 380, che recepisce il
contenuto dell’art. 31 della L. n. 1150/1942 e dell’art. 11 della L. n.
10/1977, ribadisce la possibilità che il privato possa scomputare una quota
degli oneri di urbanizzazione dovuti, obbligandosi a realizzarle
direttamente secondo le condizioni fissate dal Comune.
La giurisprudenza amministrativa e di legittimità concordano sulla necessità
di un accordo tra le parti avente ad oggetto la realizzazione delle opere di
urbanizzazione.
Così:
- “La possibilità prevista dal legislatore che il concessionario
si obblighi a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione deve essere
concordata tra il costruttore e il Comune mediante una convenzione
urbanistica che disciplini l’esecuzione di tali opere e le relative garanzie”
(Consiglio di Stato, Sez. IV, 02.03.2011, n. 1332); la realizzazione diretta
delle opere di urbanizzazione può essere compiuta dal soggetto interessato
solo “d’intesa con l’Amministrazione comunale” (Consiglio di Stato
sez. II, 28.10.2021, n. 7237); “in assenza di un accordo con
l’Amministrazione volto a consentire la realizzazione diretta -di parte-
delle opere di urbanizzazione in luogo del pagamento degli oneri di
urbanizzazione, il soggetto che esercita lo "ius aedificandi" è tenuto ad
adempiere a detto obbligo tramite la dazione di una somma di denaro”
(Consiglio di Stato, Sez. II, 09.01.2020, n. 215; nello stesso senso, cfr.
TAR Catania, (Sicilia) sez. I, 21.12.2020, n. 3506);
- “Nel prevedere la subordinazione del rilascio della licenza
edilizia ad un atto di impegno del privato di procedere alla attuazione
delle opere di urbanizzazione necessarie, la norma ammette che
implicitamente che il provvedimento finale di licenza possa essere preceduto
da intese di vario tipo, tra il privato e la p.a., riconducibili ad accordi
in senso lato, comprendenti anche la cessione gratuita di un'area come mezzo
al fine dell'ottenimento del provvedimento amministrativo, cessione
configurabile non, atomisticamente, in chiave di negozio di liberalità di
diritto privato, ma, stante la sua connotazione pubblicistica, come accordo
endoprocedimentale strettamente funzionale e parte integrante del
provvedimento amministrativo conclusivo” (Cassazione civile sez. I,
13.07.2001, n. 9524).
Ed ancora:
- “In tema di rilascio del permesso di costruire, pur essendo
previsto che il soggetto che richiede il permesso di costruire, a scomputo
totale o parziale della quota dovuta a titolo di contributo di costruzione,
possa obbligarsi a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione, sia
primarie che secondarie, con le modalità e le garanzie stabilite dal Comune,
tale iniziativa è sempre subordinata ad una valutazione del Comune. In tal
senso, l’ammissione allo scomputo costituisce oggetto di una valutazione
ampiamente discrezionale da parte dell’amministrazione (che ben può optare
per soluzioni diverse senza obbligo di specifica motivazione) ed un vero e
proprio diritto sorge in capo al privato proponente allorché, a fronte della
realizzazione da parte sua di opere di urbanizzazione ovvero dell’impegno a
realizzarle, vi sia stato un espresso atto di “accettazione” consensuale da
parte della stessa amministrazione” (cfr. TAR Bari, (Puglia) sez. III,
04.02.2019, n. 158; Consiglio di Stato, Sez. IV, 21.04.2008, n. 1811; TAR
Liguria, Genova, Sez. I, 29.09.2016, n. 955; TAR Lombardia, Sez. II,
07.05.2010, n. 1365; TAR Salerno, (Campania) sez. II, 04.07.2005, n. 1082);
- “Secondo giurisprudenza consolidata, l’art. 16, comma 2, del
d.p.r. n. 380/2001 (che ha riprodotto l’art. 11, comma 1, della legge n.
10/1977) consente al privato di eseguire direttamente le opere di
urbanizzazione in alternativa al pagamento dei connessi oneri, ma tale
facoltà ha effetto soltanto se la proposta del privato sia accettata dal
Comune secondo le modalità e le garanzie dettate dal medesimo e previste in
una convenzione o in un atto unilaterale d’obbligo” (TAR Sicilia,
Catania, Sez. I, 02.02.2012, n. 279).
Spetta quindi sempre all’Amministrazione “in base all’obbligazione
unilateralmente assunta dalla parte, accettare o meno la proposta e
subordinarla a condizioni o prescrizioni specifiche; solo una volta
intervenuta tale approvazione diviene, poi, pienamente efficace l’atto
d’obbligo” (Consiglio di Stato, sez. V, 29.09.1999, n. 1209).
In particolare, è necessario un atto di “accettazione” consensuale da
parte dell’Amministrazione, anche informale, purché espresso (cfr. TAR,
Campania, Napoli, Sez. VIII, 17.09.2009, n. 4983; TAR Campania, Napoli, Sez.
VIII, 07.07.2010, n. 16606).
Nella fattispecie in esame è mancata:
- sia una preventiva e positiva valutazione del Comune sulla
realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria da parte del
costruttore, risultante da apposita convenzione ovvero dal titolo
autorizzativo degli interventi edilizi realizzati;
- sia un atto di accettazione espressa successivo alla
realizzazione di tali opere.
Diversamente da quanto sostenuto da parte ricorrente, dalla delibera della
giunta comunale n. 37 del 04.05.2004 non può trarsi alcun argomento di prova
nel senso dell’accettazione delle opere di urbanizzazione da parte del
Comune di Coralei; anzi, viene dato atto dell’illegittimità dell’uso di
quelle opere fattone dalla stessa Amministrazione. Né risulta la
realizzazione a scomputo degli oneri di urbanizzazione.
Il Commissario ad acta ha, quindi, correttamente ritenuto non
sussistenti i presupposti per la presa in carico delle opere urbanizzazione
primaria realizzate nel Villaggio Ge. del Comune di Carolei.
In conclusione, il reclamo non può essere accolto. |
anno 2021 |
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EDILIZIA PRIVATA: Le
cabine elettriche costituiscono opere di urbanizzazione primaria,
compatibili con qualsiasi destinazione d’uso urbanistica.
E poiché la realizzazione di una cabina elettrica è compatibile con
qualsiasi destinazione eventualmente assegnata dagli strumenti urbanistici
all’immobile in cui essa deve essere installata, è evidente che tale
installazione non comporta alcun mutamento di destinazione d’uso
urbanisticamente rilevante, trattandosi, al contrario, di un mero intervento
di adeguamento impiantistico dell’edificio residenziale (o dell’altro
manufatto) cui la cabina è strumentale.
Si consideri, peraltro, che la circolare del Ministro dei lavori pubblici n.
2474 del 31.01.1973 (recante “Definizione dei volumi tecnici ai fini del
calcolo della cubatura degli edifici”) ha previsto che gli interventi
“connessi con la funzionalità degli impianti tecnici indispensabili per
assicurare il comfort abitativo degli edifici” (tra cui gli impianti tecnici
per l’utilizzo dell’energia elettrica) costituiscono “volumi tecnici ai fini
dell’esclusione dal calcolo della volumetria ammissibile” e non sono
interventi edilizi sottoposti ad autorizzazione (licenza edilizia, permesso
di costruire o denuncia di inizio attività).
---------------
Con il presente ricorso la società Enel distribuzione s.p.a. ha impugnato la
nota (prot. n. 42699) del 28.07.2009 del Comune di Camaiore recante l’ordine
“alla Soc. Enel Distribuzione s.p.a di ridurre in pristino lo stato dei
luoghi entro 90 giorni dal ricevimento della presente, trattandosi di
esecuzione di opere di ristrutturazione edilizia eseguite senza denuncia di
inizio attività ai sensi dell’art. 135 della LR 01/2005”.
La presente controversia riguarda la contestazione di un abuso edilizio
effettuata dall'Amministrazione comunale di Camaiore nei confronti della
ricorrente Enel Distribuzione s.p.a. avente ad oggetto un locale (di
proprietà della medesima) adibito a cabina di trasformazione e distribuzione
dell’energia elettrica.
...
1. Il ricorso è da accogliere, risultando fondato il primo motivo.
1.1 A tal fine è necessario premettere che il provvedimento di ingiunzione
adottato dal Comune di Camaiore fa seguito alla contestazione
dell’(asserito) abuso edilizio consistente nel “cambio d’uso con opere
edilizie di vano indipendente posto al piano terra di edificio al n. civico
137, in cabina elettrica dalle dimensioni di m. 4.55 x 3.10 circa, con
altezza interna di m. 2.47 con suolo di calpestio a – 45 cm”.
1.2 In primo luogo va evidenziato come, anche ad ammettere che tale modifica
edilizia sussista effettivamente, quest’ultima sarebbe urbanisticamente
irrilevante, poiché attinente a un volume del tutto inaccessibile e privo di
autonomia funzionale, risultando invariati sia il volume del manufatto
computabile ai fini del rispetto dei parametri edilizi, sia il carico
urbanistico dell’edificio residenziale.
1.3 Al fine di realizzare la (presunta) variazione dimensionale del
locale-cabina non era necessario il rilascio di alcun titolo abilitativo, in
quanto le cabine elettriche costituiscono opere di urbanizzazione primaria,
compatibili con qualsiasi destinazione d’uso urbanistica (v. TAR Marche,
Sez. I, 14.11.2017, n. 862 e TAR Lombardia, Sez. II, 20.01.2021, n. 69).
1.4 E poiché la realizzazione di una cabina elettrica è compatibile con
qualsiasi destinazione eventualmente assegnata dagli strumenti urbanistici
all’immobile in cui essa deve essere installata, è evidente che tale
installazione non comporta alcun mutamento di destinazione d’uso
urbanisticamente rilevante, trattandosi, al contrario, di un mero intervento
di adeguamento impiantistico dell’edificio residenziale (o dell’altro
manufatto) cui la cabina è strumentale (in termini v., ad esempio,
C.G.A.R.S., 19.12.2008, n. 1145).
1.5 Si consideri, peraltro, che la circolare del Ministro dei lavori
pubblici n. 2474 del 31.01.1973 (recante “Definizione dei volumi tecnici
ai fini del calcolo della cubatura degli edifici”) ha previsto che gli
interventi “connessi con la funzionalità degli impianti tecnici
indispensabili per assicurare il comfort abitativo degli edifici” (tra
cui gli impianti tecnici per l’utilizzo dell’energia elettrica)
costituiscono “volumi tecnici ai fini dell’esclusione dal calcolo della
volumetria ammissibile” e non sono interventi edilizi sottoposti ad
autorizzazione (licenza edilizia, permesso di costruire o denuncia di inizio
attività).
1.6 In conclusione l’accoglimento della sopra citata censura consente di
assorbire le ulteriori deduzioni proposte
(TAR Toscana, Sez. III,
sentenza 12.10.2021 n. 1304 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA: La
Sezione ha già avuto modo di occuparsi degli effetti degli accordi,
bilaterali o unilaterali, che “completano” le scelte urbanistiche delle
Amministrazioni e del loro impatto sulla regolarità dell’attività
edificatoria dei privati.
L’esigenza immanente alla finalità di buon governo del territorio di
funzionalizzare allo scopo l’esercizio dello ius aedificandi, rende infatti
spesso conveniente per l’Amministrazione “scendere a patti”, soprattutto
laddove vengano in evidenza interventi di consistente rilevanza, che
consentono di bilanciare la valorizzazione del bene con la richiesta di
sforzi aggiuntivi al privato in termini di dare ovvero di facere, onde
orientarne la maggiore libertà di movimento verso gli obiettivi pubblici di
programmazione.
Oggi, peraltro, tutta la vasta pletora di convenzioni
urbanistiche comunque denominate vengono di regola ricondotte sotto l’egida
dell’art. 11 della l. n. 241 del 1990, caratterizzata dall’aggiungere al
paradigma pubblico generale i canoni del diritto civile «ove non
diversamente previsto» e «in quanto compatibili» (comma 2).
Dopo le
originarie oscillazioni sul punto, i più recenti arresti convergono sulla
accentuazione della funzione di individuazione convenzionale del contenuto
del provvedimento che l’amministrazione andrà ad emettere a conclusione del
procedimento preordinato all’esercizio della funzione urbanistico-edilizia.
Si è dunque affermato che la convenzione, stipulata tra un Comune e un
privato costruttore, con la quale questi, al fine di conseguire il rilascio
di un titolo edilizio, si obblighi ad un facere o a determinati adempimenti
nei confronti dell’ente pubblico (quale, ad esempio, la destinazione di
un’area ad uno specifico uso, cedendola), non costituisce un contratto di
diritto privato, non avendo specifica autonomia e natura di fonte negoziale
del regolamento dei contrapposti interessi delle parti stipulanti, ma si
configura piuttosto come un atto intermedio del procedimento amministrativo
volto al conseguimento del provvedimento finale, dal quale promanano poteri
autoritativi della pubblica amministrazione.
A valle, dunque, si pone il
provvedimento amministrativo; a monte, l’accordo, via via paragonato alla
accettazione della proposta pubblica, in quanto finalizzato a perseguire
programmati e manifestati obiettivi urbanistici del Comune; ovvero al
contratto con obbligazioni a carico del solo proponente, secondo il modulo
semplificato dell’art. 1333 c.c.; ovvero, infine, ad un mero atto negoziale,
funzionale alla definizione consensuale del contenuto del provvedimento
finale, che si iscrive però nel procedimento di rilascio del titolo abilitativo
edilizio ed è dallo stesso recepito.
---------------
La disciplina dello scomputo degli oneri di urbanizzazione, quale modalità
di introito degli stessi trasferendo sul privato il compito di realizzare le
opere necessarie alla vivibilità della zona interessata dall’intervento, è
un istituto di carattere eccezionale.
Esso non può quindi essere applicato a somme e lavori non espressamente
previsti dalla convenzione attuativa del piano approvato, essendo solo questo il
documento che consente materialmente di realizzare lo scomputo in base alle
previsioni dell’art. 16 del d.P.R. 06.06.2001, n. 380, nonché, in
passato, dell’art. 11, comma 1, della l. n. 10 del 1977 e dell’art. 28 della
legge 17.08.1942 n. 1150.
In caso di convenzioni urbanistiche, quindi, la ripartizione degli oneri e
la realizzazione diretta di opere da parte dei lottizzanti è fissata al
momento della sottoscrizione della convenzione edilizia.
In particolare, dunque, quando l’intervento edilizio si colloca all’interno
di una convenzione di lottizzazione, ciò presuppone ontologicamente la
preventiva valutazione dell’impatto dell’intervento sul carico urbanistico e
il conseguente computo degli oneri, ripartiti secondo le regole sopra
richiamate (realizzazione diretta, ovvero pagamento).
---------------
La causa della convenzione
urbanistica, e cioè l’interesse che l’operazione contrattuale è diretta a
soddisfare, in particolare, va valutata non con riferimento ai singoli
impegni assunti, ma con riguardo alla oggettiva funzione economico-sociale
della convenzione, in cui devono trovare equilibrata soddisfazione sia gli
interessi del privato sia quelli della pubblica amministrazione.
Ciò implica che non è affatto escluso dal sistema che un operatore, nella
convenzione urbanistica, possa assumere oneri anche maggiori di quelli
astrattamente previsti dalla legge, trattandosi di una libera scelta
imprenditoriale (o, anche, di una libera scelta volta al benessere della
collettività locale), rientrante nella ordinaria autonomia privata, non
contrastante di per sé con norme imperative.
Al contrario, ove sia l’Ente
locale ad accorgersi di avere male valutato l’interesse pubblico sotteso
alla scelta convenzionale, sì da renderla poco remunerativa, nell’accezione
più ampia di quella strettamente contabile, può sempre avvalersi degli
strumenti di autotutela messi a disposizione dall’ordinamento.
---------------
9. La Sezione ha già avuto modo di occuparsi degli effetti degli accordi,
bilaterali o unilaterali, che “completano” le scelte urbanistiche delle
Amministrazioni e del loro impatto sulla regolarità dell’attività
edificatoria dei privati (Cons. Stato, sez. II, 17.05.2021, n. 3836).
L’esigenza immanente alla finalità di buon governo del territorio di
funzionalizzare allo scopo l’esercizio dello ius aedificandi, rende infatti
spesso conveniente per l’Amministrazione “scendere a patti”, soprattutto
laddove vengano in evidenza interventi di consistente rilevanza, che
consentono di bilanciare la valorizzazione del bene con la richiesta di
sforzi aggiuntivi al privato in termini di dare ovvero di facere, onde
orientarne la maggiore libertà di movimento verso gli obiettivi pubblici di
programmazione. Oggi peraltro tutta la vasta pletora di convenzioni
urbanistiche comunque denominate vengono di regola ricondotte sotto l’egida
dell’art. 11 della l. n. 241 del 1990, caratterizzata dall’aggiungere al
paradigma pubblico generale i canoni del diritto civile «ove non
diversamente previsto» e «in quanto compatibili» (comma 2). Dopo le
originarie oscillazioni sul punto, i più recenti arresti convergono sulla
accentuazione della funzione di individuazione convenzionale del contenuto
del provvedimento che l’amministrazione andrà ad emettere a conclusione del
procedimento preordinato all’esercizio della funzione urbanistico-edilizia (cfr.
ancora Cons. Stato, sez. II, 19.01.2021, n. 579).
Si è dunque affermato che la convenzione, stipulata tra un Comune e un
privato costruttore, con la quale questi, al fine di conseguire il rilascio
di un titolo edilizio, si obblighi ad un facere o a determinati adempimenti
nei confronti dell’ente pubblico (quale, ad esempio, la destinazione di
un’area ad uno specifico uso, cedendola), non costituisce un contratto di
diritto privato, non avendo specifica autonomia e natura di fonte negoziale
del regolamento dei contrapposti interessi delle parti stipulanti, ma si
configura piuttosto come un atto intermedio del procedimento amministrativo
volto al conseguimento del provvedimento finale, dal quale promanano poteri
autoritativi della pubblica amministrazione.
A valle, dunque, si pone il
provvedimento amministrativo; a monte, l’accordo, via via paragonato alla
accettazione della proposta pubblica, in quanto finalizzato a perseguire
programmati e manifestati obiettivi urbanistici del Comune; ovvero al
contratto con obbligazioni a carico del solo proponente, secondo il modulo
semplificato dell’art. 1333 c.c.; ovvero infine ad un mero atto negoziale,
funzionale alla definizione consensuale del contenuto del provvedimento
finale, che si iscrive però nel procedimento di rilascio del titolo
abilitativo edilizio ed è dallo stesso recepito (cfr. Cons. Stato, sez. IV,
26.11.2013, n. 5628).
Né tale ricostruzione può essere inficiata dall’inversione temporale della
convenzione -e dell’implicito Piano cui accede- rispetto ad un titolo
edilizio già richiesto, stante che se ne è inglobato il rilascio nella
pattuizione (più ampia) successivamente intervenuta.
10. La peculiarità del caso si specie, dunque, è data non tanto e non solo
dalla circostanza che la convenzione è stata individuata quale strumento di
regolazione dell’intervento dopo che la Società aveva avanzato una prima
istanza di concessione edilizia, bensì dal fatto che è il Comune ad avere
optato per un’unica pattuizione per una pluralità di titoli edilizi,
preoccupandosi soltanto e da subito di limitarne l’estensione massima e di
immaginarne le necessità di urbanizzazione in funzione della stessa.
Da qui
l’ampio contenuto di insieme della deliberazione del Consiglio comunale n.
151 del 06.09.1988 che, in asserita applicazione dell’art. 28, numero
2), della l.r. 07.12.1978, n. 47, ha disciplinato anche la destinazione
dell’area antistante quella oggetto della richiesta di titolo edilizio e
individuato, appunto, le specifiche opere viarie e infrastrutturali di
servizio necessarie ad una piena fruibilità collettiva. Gli originari mq.
1727 richiesti nel 1987, vengono dunque assentiti nel contesto di una
convenzione “pensata” per una volumetria assai maggiore (mq. 8844,6) al cui
carico urbanistico vanno commisurate le opere di urbanizzazione di cui si
conviene l’esecuzione da parte della proprietà.
Gli interventi successivi al
primo, pertanto, non possono non essere coperti in parte qua dalla relativa
previsione; “invece” (così testualmente il medesimo art. 6 della
convenzione) al momento del rilascio delle singole concessioni resta fermo
l’obbligo di pagamento degli oneri di urbanizzazione secondaria, delle quote
del contributo di costruzione e del contributo D. Congiunzione avversativa
il cui unico significato plausibile è appunto quello di contrapporre ciò che
viene quantificato –e scomputato– a monte, in una logica di
programmazione/pianificazione collettiva e globale, da ciò che è correlato
anche alla tipologia del singolo intervento e va differito al momento della
sua effettiva concretizzazione progettuale.
...
12. La disciplina dello scomputo degli oneri di urbanizzazione, quale
modalità di introito degli stessi trasferendo sul privato il compito di
realizzare le opere necessarie alla vivibilità della zona interessata
dall’intervento, è pertanto un istituto di carattere eccezionale. Esso non
può quindi essere applicato a somme e lavori non espressamente previsti
dalla convenzione attuativa del piano approvato, essendo solo questo il
documento che consente materialmente di realizzare lo scomputo in base alle
previsioni dell’art. 16 del d.P.R. 06.06.2001, n. 380, nonché, in
passato, dell’art. 11, comma 1, della l. n. 10 del 1977 e dell’art. 28 della
legge 17.08.1942 n. 1150 (v. ex plurimis Cons. Stato, sez. II, 09.01.2020, n. 215; sez. IV, 15.05.2012, n. 2754; id., 26.09.2019, n.
6442; 28.11.2012, n. 6033; sez. V, 12.10.1999, n. 1443; sez. VI,
28.02.2019, n. 1395).
In caso di convenzioni urbanistiche, quindi, la ripartizione degli oneri e
la realizzazione diretta di opere da parte dei lottizzanti è fissata al
momento della sottoscrizione della convenzione edilizia (v. ancora Cons.,
Sez. II, 10.03.2020, n. 1725).
In particolare, dunque, quando l’intervento edilizio si colloca all’interno
di una convenzione di lottizzazione, ciò presuppone ontologicamente la
preventiva valutazione dell’impatto dell’intervento sul carico urbanistico e
il conseguente computo degli oneri, ripartiti secondo le regole sopra
richiamate (realizzazione diretta, ovvero pagamento, v. Cons. Stato Sez. II,
09.12.2019, n. 8377).
13. Applicando tali coordinate al caso di specie, si deve rilevare che la
ripartizione degli oneri e la realizzazione diretta di opere da parte della
proprietà, unitamente alla cessione di una porzione di area, sono stati
oggetto dell’accordo contenuto nella convenzione edilizia del 1989, la cui
portata complessiva ne costituiva l’essenza contenutistica, stante che in
assenza di una proiezione verso i successivi interventi, non era valutabile
il carico urbanistico, né l’entità dell’intervento richiesto al privato.
Consentendo altresì la segmentazione dell’intervento, la realizzazione dei
successivi frammenti, rimessa alle future scelte del proprietario
(«L’utilizzo potrà avvenire anche per singoli interventi, ciascuno dei quali
dovrà formare oggetto di specifica concessione, che dovrà uniformarsi alle
norme della presente convenzione», art. 2), ha da un lato implicato una
sorta di preventiva rinuncia alla monetizzazione delle eventuali eccedenze,
ma dall’altro cristallizzato gli importi alla progettualità complessivamente
intesa. Il Comune, cioè, come sopra già chiarito, già chiarito, ha dato
attuazione alla legge regionale di settore non con tante convenzioni
edilizie quanti erano i titoli richiesti, bensì trasformando l’unica
pattuizione siglata in una sorta di piano urbanistico attuativo nel quale
collocare tutti i futuri interventi, ove attuati.
14. Stando così le cose, dunque, una lettura della previsione del tipo di
quella prefigurata dal Comune resistente che, imponendo al privato la
realizzazione di opere di urbanizzazione “pensate” -recte, che avrebbero
dovuto essere pensate, in una logica di corretta pianificazione- in
proporzione ad un intervento di una certa entità, ma asservite al solo
titolo edilizio singolarmente richiesto e deliberatamente inserito in una
strategicità più ampia, non può essere condivisa. L’innegabile margine di
ambiguità della formulazione della clausola contenuta nell’art. 6 della
convenzione, imputabile, peraltro, alla stessa Amministrazione promotrice
della scelta, non può che essere superata da una lettura sistematica del
provvedimento, supportata peraltro da elementi testuali di inequivoca
significatività (si pensi ancora all’utilizzo dell’avversativa “invece” per
distinguere il diverso regime degli oneri di urbanizzazione secondaria).
La dicitura «in pagamento per intero» degli oneri di urbanizzazione primaria
relativi agli interventi (tutti, necessariamente) «oggetto della presente
convenzione» (quelli, cioè, elencati agli artt. 3 e 5), non può avere altro
senso che quello fatto proprio dalla concatenazione delle parole e
comportare la compensazione della relativa cifra per quella specifica voce
fino alla concorrenza delle opere ivi previste. La mancata censura della
concessione del 1996, seppure ispirata alla medesima logica di calcolo, si
risolve nel consolidarsi della portata della stessa, di certo non
nell’implicita acquiescenza alla reiterazione dei suoi presupposti in
provvedimenti successivi.
15. La causa della convenzione urbanistica, e cioè l’interesse che
l’operazione contrattuale è diretta a soddisfare, in particolare, va
valutata non con riferimento ai singoli impegni assunti, ma con riguardo
alla oggettiva funzione economico-sociale della convenzione, in cui devono
trovare equilibrata soddisfazione sia gli interessi del privato sia quelli
della pubblica amministrazione (Cons. Stato, sez. V, 26.11.2013, n.
5603).
Ciò implica che non è affatto escluso dal sistema che un operatore, nella
convenzione urbanistica, possa assumere oneri anche maggiori di quelli
astrattamente previsti dalla legge, trattandosi di una libera scelta
imprenditoriale (o, anche, di una libera scelta volta al benessere della
collettività locale), rientrante nella ordinaria autonomia privata, non
contrastante di per sé con norme imperative.
Al contrario, ove sia l’Ente
locale ad accorgersi di avere male valutato l’interesse pubblico sotteso
alla scelta convenzionale, sì da renderla poco remunerativa, nell’accezione
più ampia di quella strettamente contabile, può sempre avvalersi degli
strumenti di autotutela messi a disposizione dall’ordinamento.
Al contrario,
le scelte gestionali ondivaghe operate dal Comune -che pare non aver
seguito la stessa linea di calcolo per tutte e cinque le concessioni
edilizie successive alla prima- non testimoniano di una piena coerenza
interpretativa, ammesso e non concesso che alla base ve ne fosse una
volitiva, comunque non esplicitata in maniera univoca e di indiscutibile
significatività.
16. Ne consegue, in accoglimento di quanto prospettato da parte ricorrente,
che gli oneri di urbanizzazione primaria corrisposti al resistente Comune o
comunque derivanti dal valore delle opere direttamente realizzate in virtù
della convenzione di urbanizzazione vanno riferiti a tutti i titoli edilizi
ivi previsti fino alla superficie massima ivi calcolata
(Consiglio di Stato, Sez. II,
sentenza 15.06.2021 n. 4633 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Costituisce ius receptum
in giurisprudenza il principio che l'ammissione allo scomputo costituisce
oggetto di una valutazione ampiamente discrezionale da parte
dell'Amministrazione (che ben può optare per soluzioni diverse, senza alcun
obbligo di specifica motivazione) e che un vero e proprio diritto sorge in
capo al privato proponente allorché, a fronte della realizzazione da parte
sua di opere di urbanizzazione, ovvero dell'impegno a realizzarle, vi sia
stato un espresso atto di "accettazione" consensuale da parte della stessa
Amministrazione.
Lo scomputo del valore delle opere di urbanizzazione non configura un
diritto dell'operatore, ma una mera possibilità, per la quale occorre sempre
il consenso e l'autorizzazione dell'Amministrazione; ne consegue che, in
difetto di autorizzazione e di accordo espresso della P.A. sullo scomputo
delle nuove opere, a destinazione variata, dall'ammontare degli oneri,
l'operatore non dispone di alcuna pretesa tutelata diretta a portare in
detrazione il valore delle suddette opere dal contributo di urbanizzazione
dovuto.
Pertanto, ove nessun atto di assenso sia stato espresso in ordine allo
scomputo degli oneri concessori dovuti, ovvero sulla possibile compensazione
tra questi ultimi e le spese sostenute dalla ricorrente per la realizzazione
delle opere (id est, in mancanza di accordo), la ricorrente è in ogni caso
tenuta al pagamento integrale degli oneri concessori dovuti.
---------------
Il ricorso non è fondato.
Com’è stato di recente ribadito dalla Sezione (TAR Veneto sez. II -
Venezia, 15/07/2019, n. 835) “Costituisce ius receptum in giurisprudenza il
principio che l'ammissione allo scomputo costituisce oggetto di una
valutazione ampiamente discrezionale da parte dell'Amministrazione (che ben
può optare per soluzioni diverse, senza alcun obbligo di specifica
motivazione) e che un vero e proprio diritto sorge in capo al privato
proponente allorché, a fronte della realizzazione da parte sua di opere di
urbanizzazione, ovvero dell'impegno a realizzarle, vi sia stato un espresso
atto di "accettazione" consensuale da parte della stessa Amministrazione (cfr.
TAR Marche, sez. I, 01.10.2018, n. 631; TAR Campania, Salerno,
sez. I, 15.12.2016, n. 2653; TAR Liguria, sez. I, 29.09.2016, n. 955).
Lo scomputo del valore delle opere di urbanizzazione non configura un
diritto dell'operatore, ma una mera possibilità, per la quale occorre sempre
il consenso e l'autorizzazione dell'Amministrazione; ne consegue che, in
difetto di autorizzazione e di accordo espresso della P.A. sullo scomputo
delle nuove opere, a destinazione variata, dall'ammontare degli oneri,
l'operatore non dispone di alcuna pretesa tutelata diretta a portare in
detrazione il valore delle suddette opere dal contributo di urbanizzazione
dovuto (cfr. TAR Puglia, Bari, sez. III, 04.02.2019, n. 158; TAR
Lombardia, Milano, sez. I, 10.04.2018, n. 954).
Pertanto, ove nessun atto di assenso sia stato espresso in ordine allo
scomputo degli oneri concessori dovuti, ovvero sulla possibile compensazione
tra questi ultimi e le spese sostenute dalla ricorrente per la realizzazione
delle opere (id est, in mancanza di accordo), la ricorrente è in ogni caso
tenuta al pagamento integrale degli oneri concessori dovuti (arg. ex TAR
Campania, Napoli, sez. VIII, 07.07.2010, n. 16606).
La necessità di un atto di assenso della parte pubblica è peraltro
confermata proprio dall'art. 86, primo comma, della legge regionale Veneto
27.06.1985, n. 61, richiamato dalla società ricorrente, secondo il quale
il concessionario ha titolo allo scomputo totale o parziale della quota di
contributo dovuta per gli oneri di urbanizzazione qualora, in luogo totale o
parziale della stessa, si obblighi col Comune a cedere le aree e le opere di
urbanizzazione già esistenti o da realizzare "con le modalità e le garanzie,
di cui alla convenzione dell'art. 63".
Sul punto il Tribunale ha chiarito che, ai fini di interesse, è <<[...]
necessaria la previa stipulazione di una convenzione "completa", vale a dire
includente anche la dettagliata stima del costo delle opere di diretta
realizzazione: evidente la ratio, volta a consentire al Comune la
valutazione sulla convenienza dell'operazione e la congruità della spesa
[...]>> (cfr. TAR Veneto, sez. II, 28.05.2008, n. 1626).” (TAR Veneto
sez. II - Venezia, 15/07/2019, n. 835)
(TAR Veneto, Sez. II,
sentenza 08.04.2021 n. 458 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2020 |
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EDILIZIA PRIVATA: Domanda
di permesso di costruire relativo alle opere di urbanizzazione e necessità
della presenza di un capitolato speciale d’appalto.
Il permesso di costruire relativo alle opere di
urbanizzazione, per loro natura pubbliche e destinate a essere trasferite
all’ente pubblico, anche nel caso in cui l’esecuzione delle stesse ricada
nell’eccezione di cui all’art. 16, comma 2-bis, del d.lgs. 50/2016, che le
sottrae al rispetto del codice stesso per l’individuazione dell’esecutore,
deve essere subordinato all’approvazione di un progetto che deve essere
corredato del capitolato speciale d’appalto.
Infatti, dovendosi qualificare le opere realizzande come opere pubbliche, è
necessario, per il rispetto degli obblighi di verifica e controllo sulla
regolarità dell’esecuzione delle stesse, la produzione del documento in
questione, a prescindere dall’esonero al ricorso a una procedura di gara per
l’individuazione del contraente cui demandare l’esecuzione dei lavori.
---------------
Infine, con la quarta censura, parte ricorrente richiama l’art. 36, comma 4,
del d.lgs. n. 50/2016, secondo cui: «Nel caso di opere di urbanizzazione
primaria di importo inferiore alla soglia di cui all'articolo 35, comma 1,
lettera a), calcolato secondo le disposizioni di cui all'articolo 35, comma
9, funzionali all'intervento di trasformazione urbanistica del territorio,
si applica l'articolo 16, comma 2-bis, del decreto del Presidente della
Repubblica 06.06.2001, n. 380». Ciò renderebbe illegittimo l’inutile
aggravio procedimentale derivante dalla richiesta di produzione del
capitolato speciale d’appalto.
A prescindere dal fatto che la richiesta della produzione del capitolato
speciale, peraltro già ottemperata da parte ricorrente, con conseguente
refluenza sulla permanenza dell’interesse alla pronuncia sulla doglianza e
precisato che tale richiesta non incide sulla legittimità del verbale della
conferenza di servizi, che non fa alcun riferimento allo stesso, ma alla
sola richiesta del responsabile del procedimento di cui alle note del 27.04.2017 e del 31.05.2017 che l’hanno pretesa, essa non può ritenersi
sovrabbondante.
Il permesso di costruire relativo alle opere di urbanizzazione, per loro
natura pubbliche e destinate a essere trasferite all’ente pubblico, anche
nel caso in cui l’esecuzione delle stesse ricada nell’eccezione di cui
all’art. 16, comma 2-bis, del d.lgs. 50/2016, che le sottrae al rispetto del
codice stesso per l’individuazione dell’esecutore, deve essere subordinato
all’approvazione di un progetto che deve essere corredato del capitolato
speciale d’appalto.
Infatti, dovendosi qualificare le opere realizzande come
opere pubbliche, è necessario, per il rispetto degli obblighi di verifica e
controllo sulla regolarità dell’esecuzione delle stesse, la produzione del
documento in questione, a prescindere dall’esonero al ricorso a una
procedura di gara per l’individuazione del contraente cui demandare
l’esecuzione dei lavori
(TAR Lombardia-Brescia, Sez. II,
sentenza 18.04.2020 n. 277 - link a www.giustizia-amministrartiva.it). |
EDILIZIA PRIVATA: L’art.
16 D.P.R. n. 380/2001 non prevede un diritto immediato ed
incondizionato allo scomputo degli oneri di urbanizzazione in capo al titolare della concessione edilizia,
ma lo subordina alla circostanza che esso si sia “obbligato a realizzare
direttamente le opere di urbanizzazione”, ossia che abbia preventivamente
assunto il relativo impegno nei confronti dell'Amministrazione.
---------------
La finalità degli oneri concessori, con particolare riguardo alla parte
correlata alle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, ha la chiara
funzione di contribuire alle spese da sostenere dalla collettività in
riferimento alla realizzazione delle relative opere, sicché di regola
l’unico criterio per determinare se essi siano dovuti o meno e in che misura
consiste nella valutazione del carico urbanistico derivante dall'attività
edilizia, con la precisazione che per aumento del carico urbanistico deve
intendersi tanto la necessità di dotare l’area di nuove opere di
urbanizzazione, quanto l'esigenza di utilizzare più intensamente quelli
esistenti.
In particolare, quando l’intervento edilizio si collochi all'interno di una
convenzione di lottizzazione, ciò presuppone ontologicamente la preventiva
valutazione dell'impatto dell’intervento sul carico urbanistico e il
conseguente computo degli oneri, ripartiti secondo le regole sopra
richiamate (realizzazione diretta, ovvero pagamento).
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In via generale, deve rilevarsi che la realizzazione delle opere di
urbanizzazione primaria e secondaria è posta dalla legge (attualmente art.
16 del D.P.R. 06.06.2001 n. 380; prima dalla legge 28.01.1977, n.
10) a carico del Comune, mentre i privati devono corrispondere gli oneri per
l’urbanizzazione primaria e secondaria (art. 3 della legge n. 10 del 1977).
In base a tali previsioni legislative i privati possono assumere l’obbligo
di realizzare direttamente le opere con lo scomputo delle somme dovute a
titolo di urbanizzazione primaria e secondaria.
Ai sensi dell’art. 16, comma 2, del D.P.R. n. 380 del 2001, infatti, “a
scomputo totale o parziale della quota dovuta, il titolare del permesso può
obbligarsi a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione”.
Come chiarito dalla giurisprudenza, l’art. 16 D.P.R. n. 380 del 2001 cit.
(così come la previgente disciplina) non prevede un diritto immediato ed
incondizionato allo scomputo in capo al titolare della concessione edilizia,
ma lo subordina alla circostanza che esso si sia “obbligato a realizzare
direttamente le opere di urbanizzazione”, ossia che abbia preventivamente
assunto il relativo impegno nei confronti dell'Amministrazione (Cons. Stato
Sez. II, 09.01.2020, n. 215; sez. VI, 28.02.2019, n. 1395).
Inoltre, ai sensi dell’art. 8 della legge 06.08.1967 n. 765 la
convenzione di lottizzazione deve prevedere:
“1) la cessione gratuita entro termini prestabiliti delle aree necessarie
per le opere di urbanizzazione primaria, precisate all'art. 4 della legge 29.09.1964, n. 847, nonché la cessione gratuita delle aree necessarie
per le opere di urbanizzazione secondaria nei limiti di cui al successivo n.
2;
2) l'assunzione, a carico del proprietario, degli oneri relativi alle opere
di urbanizzazione primaria e di una quota parte delle opere di
urbanizzazione secondaria relative alla lottizzazione o di quelle opere che
siano necessario per allacciare la zona ai pubblici servizi; la quota è
determinata in proporzione all'entità e alle caratteristiche degli
insediamenti delle lottizzazioni;
3) i termini non superiori ai dieci anni entro i quali deve essere ultimata
la esecuzione delle opere di cui al precedente paragrafo;
4) congrue garanzie finanziarie per l'adempimento degli obblighi derivanti
dalla convenzione.
La convenzione deve essere approvata con deliberazione consiliare nei modi e
forme di legge.
Il rilascio delle licenze edilizie nell'ambito dei singoli lotti è
subordinato all'impegno della contemporanea esecuzione delle opere di
urbanizzazione primaria relative ai lotti stessi”.
La finalità degli oneri concessori, con particolare riguardo alla parte
correlata alle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, ha, quindi, la
chiara funzione di contribuire alle spese da sostenere dalla collettività in
riferimento alla realizzazione delle relative opere, sicché di regola
l’unico criterio per determinare se essi siano dovuti o meno e in che misura
consiste nella valutazione del carico urbanistico derivante dall'attività
edilizia, con la precisazione che per aumento del carico urbanistico deve
intendersi tanto la necessità di dotare l’area di nuove opere di
urbanizzazione, quanto l'esigenza di utilizzare più intensamente quelli
esistenti (cfr. sul punto Sez. VI, 7 maggio, 29.08.2019, n. 5964).
In particolare, quando l’intervento edilizio si collochi all'interno di una
convenzione di lottizzazione, ciò presuppone ontologicamente la preventiva
valutazione dell'impatto dell’intervento sul carico urbanistico e il
conseguente computo degli oneri, ripartiti secondo le regole sopra
richiamate (realizzazione diretta, ovvero pagamento) (Cons. Stato Sez. II, 09.12.2019, n. 8377).
Applicando tali coordinate al caso di specie, si deve rilevare che tale
ripartizione degli oneri e la realizzazione diretta di opere da parte dei
lottizzanti è stata fissata al momento della sottoscrizione della
convenzione edilizia e che le convenzioni di lottizzazioni, anche se
istituto di complessa ricostruzione a causa dei profili di stampo
pubblicistico che si accompagnano allo strumento chiaramente contrattuale,
rappresentano comunque un incontro di volontà delle parti contraenti
nell’esercizio dell'autonomia negoziale retta dal codice civile (cfr. Cons.
Stato, sez. IV, 26.09.2013, n. 4810; id. 07.05.2015, n. 2313)
(Consiglio di Stato, Sez, II,
sentenza 10.03.2020 n. 1725 - link a www.giustizia-amministrartiva.it). |
anno 2019 |
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EDILIZIA PRIVATA: Convenzioni
accessive a provvedimenti amministrativi ampliativi in materia edilizia e
scomputo del costo di costruzione.
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Edilizia – Oneri di costruzione – Scomputo - Convenzioni accessive a
provvedimenti amministrativi ampliativi in materia edilizia – esclusione.
Le convenzioni accessive a provvedimenti
amministrativi ampliativi in materia edilizia possono consentire lo scomputo
degli oneri di urbanizzazione, ma non anche del costo di costruzione (1).
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(1) Osserva la Sezione che l’istituto della datio in solutum
consiste nell’accordo negoziale fra creditore e debitore circa
l’effettuazione, con effetto estintivo dell’obbligazione, di una prestazione
diversa da quella originariamente dedotta in contratto: come tale,
l’istituto è espressione della disponibilità del diritto (e del sovrastante
rapporto obbligatorio) di cui, viceversa, l’Amministrazione impositrice, per
le ragioni sopra enucleate, difetta ex lege ab origine.
Di converso, la locuzione “con le modalità e le garanzie stabilite dal
Comune” contenuta nell’art. 16, comma 2, d.P.R. n. 380 del 2001 non
dimostra né sottende un’implicita autorizzazione legislativa a convenire
pattiziamente forme solutorie alternative a quella monetaria.
In disparte il rilievo che un’eccezione di tale portata richiederebbe una
disciplina espressa ed esplicita, è sufficiente considerare che tale
locuzione va letta nell’ambito della generale disciplina apprestata dal
comma in discorso, afferente alla realizzazione diretta, da parte del
privato, delle opere di urbanizzazione: ne consegue che le “modalità”
in questione sono solo quelle strettamente afferenti alla concreta
esecuzione delle opere de quibus (tempistica, modalità costruttive,
qualità dei materiali, et similia).
Peraltro, l’ammissione della negoziabilità delle modalità solutorie delle
obbligazioni tributarie (o, comunque, disciplinate dal diritto pubblico)
cozzerebbe frontalmente con i principi costitutivi su cui si regge il
vigente sistema di contabilità pubblica, fondato sulla generale e rigida
indisponibilità anche per l’Amministrazione, salve specifiche e puntuali
disposizioni legislative, di tutta la disciplina del tributo (o, comunque,
della prestazione patrimoniale imposta) per come delineata dalla legge.
La Sezione esclude anche la possibilità di richiamare l’istituto della
compensazione.
La compensazione è un istituto ontologicamente diverso dall’anelata facoltà
di scomputo cui il presente giudizio inerisce.
Invero, la compensazione (che, peraltro, nel settore tributario opera solo
in base ad espressa previsione normativa – cfr. art. 8, comma 6, l. n. 212
del 2000) valorizza a fini estintivi dell’obbligazione la compresenza, in
capo all’Amministrazione ed al contribuente, di individuate ragioni
contrapposte di credito/debito, laddove lo scomputo del costo di costruzione
derogherebbe, senza alcuna base legislativa, all’ordinaria regula juris
di natura pubblicistica per cui il pagamento dei tributi (e, più in
generale, delle prestazioni di diritto pubblico) si fa in moneta
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 31.12.2019 n. 8919 -
commento tratto ad e link a www.giustizia-amministrativa.it).
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SENTENZA
Con ricorso avanti il Tar per la Lombardia – Sede di Milano la società
Al. s.p.a. ha chiesto l’accertamento:
- del proprio diritto allo scomputo (anche) del costo di
costruzione relativo alla realizzazione di una multisala cinematografica,
assentita dal Comune di Milano con il p.d.c. n. 85 dell’11.05.2006,
rilasciato anche sulla scorta della previa convenzione integrativa stipulata
inter partes in forma pubblica in data 12.04.2006;
- dell’insussistenza del credito vantato dal Comune a titolo di
conguaglio per monetizzazione e contributo smaltimento rifiuti, con
conseguente diritto alla ripetizione di quanto già versato a tali fini.
Il Comune di Milano si è costituito in resistenza, formulando sia eccezioni
in rito (assunta inammissibilità del ricorso per tardiva instaurazione del
giudizio), sia difese in merito (infondatezza delle pretese svolte ex
adverso).
2. Con la
sentenza 18.06.2018 n. 1525 il Tribunale - Sez. II, previa
reiezione dell’eccezione di rito sollevata dal Comune, ha, nel merito,
accolto integralmente il ricorso.
3. Il Comune ha interposto appello con riferimento alla sola questione
relativa allo scomputo del costo di costruzione.
...
L’oggetto del presente giudizio, pertanto, si riduce alla sola questione
della possibilità di ammettere lo scomputo anche del costo di costruzione (cfr.,
del resto, la memoria del Comune depositata in data 07.11.2019, pag. 3).
5. Quanto, appunto, a tale questione, il Collegio premette che la
convenzione accessiva al p.d.c. n. 85 stabilisce che Al. possa realizzare
opere di urbanizzazione a scomputo dei soli oneri di urbanizzazione, ma,
poi, individua l’importo scomputabile nella somma di oneri di urbanizzazione
e costo di costruzione: secondo la ricorrente in prime cure (cui si è
conformato il Tribunale) dovrebbe darsi prevalenza al dato numerico, secondo
il Comune, invece, rileverebbe il dato terminologico, tanto più che
l’importo dovuto a titolo di “contributo di costruzione” sarebbe
sempre modificabile dall’Amministrazione (l’Ente cita, in proposito, la
sentenza dell’Adunanza Plenaria di questo Consiglio 30.08.2018, n. 12).
Ove, poi, si interpreti la convenzione come anelato da Al., sorge
l’ulteriore, conseguente problematica della possibilità giuridica che
convenzioni accessive a provvedimenti amministrativi ampliativi in materia
edilizia possano consentire lo scomputo non solo degli oneri di
urbanizzazione, ma anche del costo di costruzione.
Anche su tale questione il Tribunale ha dato una risposta positiva, sia
perché l’art. 16, comma 2, d.p.r. n. 380 del 2001, nel prevedere la
possibilità dello scomputo degli oneri di urbanizzazione, non vieterebbe
espressamente lo scomputo anche del costo di costruzione, sia perché la
natura tributaria propria del costo di costruzione atterrebbe all’an
ed al quantum, ma non al quomodo, sì che ben potrebbe il
Comune ottenere il pagamento in forma diversa da quella monetaria.
Secondo il Comune appellante, viceversa, da un lato la disposizione
dell’art. 16, comma 2, d.p.r. n. 380 del 2001 avrebbe natura speciale (recte,
eccezionale) rispetto al generale obbligo di corresponsione monetaria del “contributo
di costruzione” e sarebbe, pertanto, da interpretarsi restrittivamente,
dall’altro la natura tributaria del costo di costruzione (che, non essendo “immediatamente
correlato alla realizzazione di opere di urbanizzazione”, differirebbe
nettamente dagli oneri di urbanizzazione) escluderebbe comunque ex se
ogni possibilità per il Comune di esigere il pagamento in forma diversa da
quella prescritta dalla legge (ossia in forma monetaria), pena lo
stravolgimento delle norme di contabilità pubblica.
6. La prospettazione defensionale svolta dall’appellante Comune è fondata,
ai sensi delle considerazioni che seguono.
6.1. E’ necessario prendere le mosse dalla disciplina legislativa dettata
in subiecta materia.
L’art. 16, comma 2, d.p.r. n. 380 del 2001 stabilisce che “La quota di
contributo relativa agli oneri di urbanizzazione è corrisposta al Comune
all'atto del rilascio del permesso di costruire e, su richiesta
dell'interessato, può essere rateizzata. A scomputo totale o parziale della
quota dovuta, il titolare del permesso può obbligarsi a realizzare
direttamente le opere di urbanizzazione, nel rispetto dell’articolo 2, comma
5, della legge 11.02.1994, n. 109, e successive modificazioni, con le
modalità e le garanzie stabilite dal Comune, con conseguente acquisizione
delle opere realizzate al patrimonio indisponibile del Comune”.
La disposizione, dunque, non menziona il costo di costruzione, ma si
riferisce ai soli oneri di urbanizzazione (analogamente dispone l’art. 45
della l.r. lombarda n. 12 del 2005).
E’ vero che, di converso, la disposizione non vieta espressamente lo
scomputo anche del costo di costruzione: ciò, tuttavia, non assume un
rilievo decisivo.
Anzitutto, allorché il legislatore detta una disciplina per una specifica
fattispecie, ciò conduce implicitamente ad escluderne l’applicazione anche
ad altre e diverse ipotesi non menzionate (è noto il brocardo secondo cui
ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit).
Pur a voler prescindere da tale considerazione, il Collegio osserva che la
disposizione in esame ha natura derogatoria rispetto a quanto previsto dal
comma che precede, ove è stabilito che “il rilascio del permesso di
costruire comporta la corresponsione di un contributo commisurato
all’incidenza degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione”.
L’espressione “corresponsione” rimanda, con ogni evidenza, ad una
dimensione monetaria del pagamento, che, del resto, costituisce l’ordinaria
forma di riscossione delle entrate dello Stato e degli Enti pubblici (cfr.
articoli 225 e 230 r.d. n. 827 del 1924).
La disposizione in commento delinea, in sostanza, un’eccezione alla
regula juris generale per cui i debiti tributari o, comunque, regolati
da norme di diritto pubblico si estinguono con un pagamento in moneta: in
ragione di tale natura eccezionale, la disposizione non è applicabile oltre
i casi ed i tempi in essa previsti (cfr. art. 14 preleggi), giacché non
riflette né veicola un principio generale, ma, al contrario, vi deroga.
6.2. In una più ampia considerazione sistematica, invero, il Collegio
osserva che il “contributo” di cui all’art. 16, comma 1, d.p.r. n.
380 del 2001, ivi inclusa la parte commisurata al costo di costruzione, ha
natura di corrispettivo di diritto pubblico e configura una prestazione
patrimoniale imposta (cfr. la richiamata sentenza dell’Adunanza Plenaria di
questo Consiglio n. 12 del 30.08.2018).
Ora, i crediti di diritto pubblico sono indisponibili per l’Ente impositore
non solo in ordine all’an ed al quantum (ossia alla fase
genetica), ma anche in ordine al quomodo (ossia alla fase esecutiva
o, che dir si voglia, solutoria).
L’Amministrazione, altrimenti detto, non può, in assenza di una specifica e
puntuale previsione legislativa, accordarsi con il contribuente (o,
comunque, con il debitore di una prestazione di diritto pubblico) circa una
modalità di soluzione diversa dall’adempimento monetario.
Per quanto qui di interesse, dunque, de jure condito il Comune non
può convenire una datio in solutum con il soggetto tenuto a
corrispondere il contributo di costruzione.
Invero, l’istituto della datio in solutum consiste nell’accordo
negoziale fra creditore e debitore circa l’effettuazione, con effetto
estintivo dell’obbligazione, di una prestazione diversa da quella
originariamente dedotta in contratto: come tale, l’istituto è espressione
della disponibilità del diritto (e del sovrastante rapporto obbligatorio) di
cui, viceversa, l’Amministrazione impositrice, per le ragioni sopra
enucleate, difetta ex lege ab origine.
6.3. Di converso, la locuzione “con le modalità e le garanzie stabilite
dal Comune” contenuta nell’art. 16, comma 2, d.p.r. n. 380 del 2001 non
dimostra né sottende un’implicita autorizzazione legislativa a convenire
pattiziamente forme solutorie alternative a quella monetaria.
In disparte il rilievo che un’eccezione di tale portata richiederebbe una
disciplina espressa ed esplicita, è sufficiente considerare che tale
locuzione va letta nell’ambito della generale disciplina apprestata dal
comma in discorso, afferente alla realizzazione diretta, da parte del
privato, delle opere di urbanizzazione: ne consegue che le “modalità”
in questione sono solo quelle strettamente afferenti alla concreta
esecuzione delle opere de quibus (tempistica, modalità costruttive,
qualità dei materiali, et similia).
6.4. Peraltro, osserva in termini ancora più generali il Collegio,
l’ammissione della negoziabilità delle modalità solutorie delle obbligazioni
tributarie (o, comunque, disciplinate dal diritto pubblico) cozzerebbe
frontalmente con i principi costitutivi su cui si regge il vigente sistema
di contabilità pubblica, fondato sulla generale e rigida indisponibilità
anche per l’Amministrazione, salve specifiche e puntuali disposizioni
legislative, di tutta la disciplina del tributo (o, comunque, della
prestazione patrimoniale imposta) per come delineata dalla legge.
6.5. A chiusura sul punto, il Collegio rileva che è inconferente il richiamo
operato da Al. all’istituto della compensazione, “cui”, ad avviso
dell’appellata società, “lo scomputo risulta latamente riconducibile”.
In realtà, osserva il Collegio, la compensazione è un istituto
ontologicamente diverso dall’anelata facoltà di scomputo cui il presente
giudizio inerisce.
Invero, la compensazione (che, peraltro, nel settore tributario opera solo
in base ad espressa previsione normativa – cfr. art. 8, comma 6, l. n. 212
del 2000) valorizza a fini estintivi dell’obbligazione la compresenza, in
capo all’Amministrazione ed al contribuente, di individuate ragioni
contrapposte di credito/debito, laddove lo scomputo del costo di costruzione
derogherebbe, senza alcuna base legislativa, all’ordinaria regula juris
di natura pubblicistica per cui il pagamento dei tributi (e, più in
generale, delle prestazioni di diritto pubblico) si fa in moneta.
7. Le considerazioni che precedono conducono alla corretta interpretazione
da riconoscere alla convenzione accessiva al titolo edilizio: ai sensi
dell’art. 1367 c.c., infatti, in situazioni di dubbio esegetico i contratti
(e, quindi, anche gli accordi di diritto pubblico – cfr. art. 11 l. n. 241
del 1990) devono essere interpretati in modo tale da preservarne la
validità.
Nella specie, l’unica esegesi compatibile con la validità della convenzione
è quella che ascrive rilievo determinante alla lettera della stessa (che
limita lo scomputo ai soli oneri di urbanizzazione), ritenendo, viceversa,
recessivo (e, comunque, non significativo) il difforme dato numerico.
8. Incidentalmente, il Collegio rileva che, sia pure in altra materia,
questo Consiglio ha sancito la prevalenza del valore espresso in lettere
rispetto a quello espresso in cifre (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen.,
10.11.2015, n. 10).
In una più ampia visione di sistema, peraltro, l’ordinamento –in caso di
discordanze– assegna prevalenza alla lettera rispetto al dato numerico sia
nella disciplina dell’assegno bancario (cfr. r.d. n. 1736 del 1933, art. 9),
sia in quella della cambiale (r.d. n. 1669 del 1933, art. 6).
Oltretutto, le norme generali della contabilità pubblica (art. 72 r.d. n.
827 del 1924) stabiliscono che “quando, in un’offerta all’asta, vi sia
discordanza fra il prezzo indicato in lettere e quello indicato in cifre, è
valida l’indicazione più vantaggiosa per l’Amministrazione”: da tale
disposizione può trarsi un principio di tendenziale favor esegetico, in
ipotesi dubbie, per le ragioni erariali (e, più in generale, per le ragioni
delle finanze pubbliche).
9. L’individuazione del corretto significato da attribuire alla convenzione
rende, conseguentemente, ab origine inconferente e, comunque, priva
di pregio la difesa da ultimo svolta da Al., secondo cui la contestazione,
da parte del Comune, dell’interpretazione della convenzione come ammissiva
dello scomputo anche del costo di costruzione avrebbe imposto, a pena di
inammissibilità della censura d’appello, il previo annullamento in
autotutela del titolo edilizio e della connessa convenzione.
10. Per le esposte ragioni, pertanto, il ricorso in appello va accolto: in
parziale riforma della sentenza impugnata, dunque, deve rigettarsi il
ricorso di primo grado nella parte in cui si chiede l’accertamento del
diritto di fruire dello scomputo del costo di costruzione. |
EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: Urbanizzazione
a scomputo è opera pubblica, ok revoca della convenzione per interdittiva
antimafia.
Con la
sentenza
21.11.2019 n. 7947, la Sezione III
del Consiglio di Stato ha
affermato che gli atti convenzionali che prevedono l'obbligo per il privato
di
realizzare opere di urbanizzazione a scomputo possono (rectius, debbono)
essere revocati dal Comune in presenza di una interdittiva antimafia che
vada a colpire il soggetto attuatore.
Il Consiglio di Stato giunge a tale
conclusione muovendo dalla considerazione per cui gli interventi di
urbanizzazione posti a carico del privato costituiscono un'opera pubblica e,
dunque, soggiacciono anch'essi alla disciplina di cui agli articoli 83 e 94
del DLgs n. 159/2011 (Codice antimafia) che prevedono l'obbligo
dell'Amministrazione di acquisire l'informazione antimafia prima della
sottoscrizione del contratto ovvero l'obbligo di revoca del contratto
qualora
successivamente il soggetto privato risulti destinatario di interdittiva
antimafia.
La sentenza del Consiglio di Stato riforma la sentenza di primo
grado con la quale il Tar Parma aveva ritenuto illegittima la revoca della
convenzione urbanistica disposta dal Comune in base ad una interpretazione
letterale del Codice antimafia. In particolare, ad avviso del Giudice di
prime
cure, gli articoli 83 e 94 del Codice antimafia:
- fanno esclusivo
riferimento agli appalti pubblici e, segnatamente, ai
contratti di lavori, servizi e forniture;
- non fanno alcun riferimento alle
convenzioni urbanistiche aventi ad oggetto
l'esecuzione da parte dell'attuatore di opere di urbanizzazione;
- pertanto,
non legittimano la revoca della
convenzione urbanistica in presenza di una interdittiva antimafia
intervenuta successivamente alla stipula della
convenzione urbanistica. Dunque, ad avviso del Giudice di prime cure, la
materia delle convenzioni urbanistiche
sarebbe avulsa dalla disciplina degli articoli 83 e 94 del Codice antimafia.
La decisione
Nel riformare la suddetta
decisione, il Consiglio di Stato ha invece affermato che il Codice antimafia
costituisce un apparato normativo «del
tutto idoneo a legittimare l'esercizio del potere di autotutela su atti
convenzionali implicanti l'obbligo di realizzazione
di opere di urbanizzazione a scomputo».
Il Giudice di appello giunge a tale
affermazione in ragione:
- della natura di
opera pubblica degli interventi di urbanizzazione posti a carico del
privato a) in quanto funzionali al conseguimento
di esigenze non limitate al semplice insediamento individuale, b) la cui
realizzazione è demandata al soggetto
attuatore in forza di un mandato espresso conferitogli dall'Amministrazione;
- del carattere oneroso della clausola
della convenzione urbanistica che prevede lo scomputo degli oneri di
urbanizzazione da quelli di concessione
poiché comporta da parte dell'Amministrazione la rinuncia, totale o
parziale, ai contributi concessori;
- della
definizione di cui all'articolo 32, comma 1, lett. g), del Dlgs n. 163/2006
oggi riprodotto dal vigente articolo 1, comma
2, lett. e) del Dlgs n. 50/2016 - in base al quale soggiacciono alla
disciplina dei contratti pubblici, anche i «lavori
pubblici da realizzarsi da parte dei soggetti privati, titolari di permesso
di costruire, che assumono in via diretta l'esecuzione delle opere di
urbanizzazione a scomputo totale o parziale
del contributo previsto per il rilascio del permesso ()».
Pertanto, la
natura delle opere di urbanizzazione a scomputo
non sfugge alla disciplina del Codice antimafia (articolo Quotidiano Enti Locali & Pa del
13.12.2019).
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SENTENZA
2.3. Il Collegio ritiene fondato il motivo dell’appello principale.
2.4. In merito alla natura della convenzione accessoria al piano di
lottizzazione, o ad altro strumento urbanistico attuativo, contemplante
l'esecuzione di opere di urbanizzazione da parte del privato con scomputo
dei relativi costi da quelli di concessione - si è da tempo consolidato un
indirizzo interpretativo secondo il quale:
i) gli interventi di urbanizzazione posti a carico del privato -essendo
funzionali al conseguimento di esigenze non limitate al semplice
insediamento individuale- danno luogo ad un'opera pubblica, la cui
realizzazione è demandata al soggetto attuatore in virtù di un mandato
espresso conferitogli dall'amministrazione (cfr. Corte Cost. n. 129/2006 e
n. 269/2007);
ii) la clausola che preveda lo scomputo dei relativi oneri da quelli di
concessione conferisce al rapporto carattere di onerosità, poiché comporta
da parte dell’amministrazione la rinuncia, totale o parziale, ai contributi
concessori (cfr. Corte di Giustizia UE, sez. VI, n. 399/2011);
iii) ne consegue che l'affidamento di tali lavori integra un appalto
pubblico nella lata accezione recepita nelle direttive comunitarie e poi
trasfusa normativamente nell'articolo 32, comma 1, lettera g), del d.lgs.
163/2006 (disposizione applicabile anche per le opere sotto soglia, ai sensi
dell'articolo 122, comma 8, del d.lgs. 163/2006; cfr. ex multis,
Cass. civ., sez. II, n. 8798/2018 e sez. I, n. 15340/2016).
2.5. Le conclusioni alle quali è pervenuta la giurisprudenza trovano piena
rispondenza nelle determinazioni ANAC (ex AVCP) n. 4/2008 del 02.04.2008
e n. 7 del 16.07.2009, altrettanto univoche nel segnalare che "la
realizzazione di opere prevista dalle convenzioni urbanistiche rientra nella
nozione di appalto pubblico di lavori" (determinazione n. 4/2008); e che
"l'articolo 32, comma 1, lett. g), primo periodo, del Codice configura una
titolarità "diretta", ex lege, della funzione di stazione appaltante in capo
al privato titolare del permesso di costruire (ovvero titolare del piano di
lottizzazione o di altro strumento urbanistico attuativo contemplante
l'esecuzione di opere di urbanizzazione) che in quanto "altro soggetto
aggiudicatore" è tenuto ad appaltare le opere di urbanizzazione a terzi nel
rispetto della disciplina prevista dal Codice e, in qualità di stazione
appaltante, è esclusivo responsabile dell'attività di progettazione,
affidamento e di esecuzione delle opere di urbanizzazione primarie e
secondarie, ferma restando la vigilanza da parte dell'amministrazione
consistente, tra l'altro, nell'approvazione del progetto e di eventuali
varianti" (determinazione n. 7/2009).
2.6. A ciò aggiungasi che gli artt. 83 e 94 d.lgs. n. 159/2011 delineano una
nozione di “contratto relativo a lavori pubblici” del tutto compatibile con
quella poc’anzi tratteggiata. Di più, è la stessa parte appellante a
sostenere che l’art. 83 d.lgs. 159/2011 è da intendersi riferito ai
“contratti pubblici” che trovano la propria disciplina nel d.lgs. n.
163/2006 e, oggi, nel d.lgs. n. 50/2016.
2.7. Alla luce delle premesse sin qui svolte, si può quindi ritenere che il
codice antimafia appresti un apparato normativo del tutto idoneo a
legittimare l’esercizio del potere di autotutela su atti convenzionali
implicanti l’obbligo di realizzazione di opere di urbanizzazione a scomputo. |
EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI - URBANISTICA: La
realizzazione di lavori e di opere pubbliche, ai fini IVA, è assoggettata ad
una peculiare disciplina, prevedente l’applicazione di aliquote agevolate?
In particolare, quale aliquota IVA deve applicarsi in relazione alla
fattispecie di "lavori di nuova costruzione di una caserma dei Carabinieri”?
La realizzazione di lavori e di opere pubbliche non risulta essere
destinataria di un’organica disciplina, in quanto le fonti normative, in
materia di aliquote IVA, sono diverse e disparate.
In linea generale, si può affermare che la legislazione prevede, per talune
categorie di lavori pubblici, aliquote agevolate. Quindi, occorre verificare
l’effettivo oggetto dei lavori da realizzare ed accertare la possibilità di
applicare le aliquote agevolate. In linea di sintesi, è possibile
distinguere le seguenti categorie di lavori pubblici:
1) Cessioni di opere di urbanizzazione primaria e secondaria. IVA
10% (Tabella A, Parte III, allegata al D.P.R. 26.10.1972, n. 633, n.
127-quinquies, 127-sexies). Al riguardo, giova ricordare che, ai sensi
dell’art. 4, L. 29.09.1964, n. 847, come integrata dalla L. 22.10.1971, n.
865, le opere di urbanizzazione vanno distinte in:
- Opere di Urbanizzazione Primaria (a)
strade residenziali, b) spazi di sosta e parcheggio (realizzati ai sensi
della legge Tognoli - art. 11, L. 24.09.1989, n. 122), c) fognature, d) rete
idrica, e) rete di distribuzione dell’energia elettrica e del gas, f)
pubblica illuminazione, g) centri sociali e attrezzature culturali e
sanitarie, h) spazi di verde attrezzato, i) gli impianti e le opere
accessorie funzionali a servizi pubblici di radio, televisione e telefonia
(torri, tralicci, ripetitori, stazioni radio-base);
- Opere di Urbanizzazione Secondaria (a)
asili nido e scuole materne, b) scuole dell’obbligo, c) mercati di
quartiere, d) delegazioni comunali, e) chiese ed altri edifici per servizi
religiosi, f) impianti sportivi di quartiere, g) aree verdi di quartiere, h)
centri sociali, i) attrezzature culturali e sanitarie, j) oratori ed edifici
similari).
L’agevolazione compete per tutte le opere di urbanizzazione primaria e
secondaria realizzate anche fuori dal tessuto urbano. Siffatte opere devono
presentare e conservare la caratteristica di opere al servizio di un tessuto
urbano e devono possedere il requisito essenziale costituito dalla
destinazione ad uso pubblico.
2) Cessioni, da imprese che hanno effettuato interventi di
urbanizzazione primaria e secondaria. IVA 10% (Tabella A, Parte III,
allegata al D.P.R. 26.10.1972, n. 633, n. 127-quinquiesdecies,
127-terdecies).
3) Prestazioni di servizi dipendenti da contratti di appalto,
relativi alla costruzione di opere di urbanizzazione primaria o secondaria;
impianti di produzione e reti di distribuzione calore-energia ed energia
elettrica da fonte solarefotovoltaica ed eolica; impianti di depurazione
destinati ad essere collegati a reti fognarie e relativi collettori di
adduzione. IVA 10% (Tabella A, Parte III, allegata al D.P.R. 26.10.1972, n.
633, n. 127-septies).
4) Prestazioni di servizi dipendenti da contratti di appalto
relativi alla costruzione di opere direttamente finalizzate al superamento
ed alla eliminazione di barriere architettoniche. IVA 4% (Tabella A, Parte
III, allegata al D.P.R. 26.10.1972, n. 633, n. 42-ter). L’agevolazione si
riferisce a prestazione di servizi dipendenti da contratti di appalto
realizzati allo scopo di rendere libertà di accesso e di movimento negli
edifici ai portatori di handicap.
5) Prestazioni di servizi dipendenti da contratti di appalto aventi
ad oggetto la realizzazione di interventi di manutenzione straordinaria, di
cui all’art. 31, lett. b), L. 05.08.1978, n. 457 sugli edifici di edilizia
residenziale pubblica. IVA 10% (Tabella A, Parte III, allegata al D.P.R.
26.10.1972, n. 633, n. 127-duodecies).
Gli edifici su cui si effettuano gli interventi di manutenzione
straordinaria, per godere dell’agevolazione, devono avere carattere di: -
edifici pubblici, - destinazione abitativa. Per edifici di edilizia
residenziale pubblica si intendono alloggi realizzati dallo Stato, dagli
Enti pubblici territoriali, dagli IACP e loro consorzi. Le unità immobiliari
devono possedere la caratteristica della stabile residenzialità.
Per quanto concerne la costruzione di "caserme”, la vigente
normativa, nel suo complesso, prevede l’aliquota agevolata del 10%. La
ricostruzione normativa dell’agevolazione (sulla base delle diverse fonti
applicabili) risulta essere la seguente:
▪ La parte terza della Tabella allegata al D.P.R. 26.10.1972, n.
633, n. 127-quinquies prevede l'applicazione dell'IVA nella misura del 10
per cento anche agli "edifici di cui all'art. 1, L. 19.07.1961, n. 659,
assimilati ai fabbricati di cui all'art. 13, L. 02.07.1949, n. 408, e
successive modificazioni".
▪ Il successivo numero 127-septies) stabilisce che la medesima
aliquota del 10 per cento si applica anche alle "prestazioni di servizi
dipendenti da contratti di appalto relativi alla costruzione delle opere,
degli impianti e degli edifici di cui al n. 127-quinquies)".
▪ L'art. 1, L. n. 659 del 1961, richiamato dal suddetto n.
127-quinquies), prevede che "le agevolazioni fiscali e tributarie stabilite
per la costruzione di case di abitazione dagli artt. 13, 14, 16 e 18 della
legge 02.07.1949, n. 408, sono estese agli edifici contemplati dall'art. 2,
comma secondo, del regio decreto 21.06.1938, n. 1094, convertito nella legge
05.01.1939, n. 35".
▪ Siffatti ultimi edifici (quelli indicati nel richiamato art. 2,
comma 2, R.D. 21.06.1938, n. 1094) consistono in scuole, caserme, ospedali,
case di cura, ricoveri, colonie climatiche, collegi, educandati, asili
infantili, orfanotrofi e simili.
Orbene, per quanto concerne la nozione di "caserme",
l’Amministrazione finanziaria ha evidenziato quanto segue:
a) Una struttura edilizia è qualificabile unitariamente come "caserma"
quando la stessa costituisce un comprensorio destinato ad attività
addestrative e logistico amministrative nel quadro dello svolgimento delle
funzioni di difesa militare dello Stato (Risoluzione 917/1994).
b) Può qualificarsi "caserma" una costruzione eretta per
l'abitazione, l'istruzione e l'educazione delle truppe in periodi in cui le
stesse non sono direttamente impegnate in attività operative, ma in compiti
di addestramento ed altre mansioni genericamente riconducibili alle finalità
istituzionali delle forze facenti parte dell'apparato militare dello Stato.
c) Un immobile può considerarsi assimilabile ad una caserma quando
presenti caratteristiche strutturali e funzionali analoghe a quelle
descritte e non costituisca, invece, un complesso immobiliare da destinare
ad uffici (Risoluzione 460547/1987).
La Ris. 13.06.2008 n. 243/E, emessa dall’Agenzia delle Entrate, sintetizza
in modo mirabile, le argomentazioni ora illustrate, con applicazione
dell’aliquota agevolata del 10%, ai sensi della Tabella A allegata al D.P.R.
26.10.1972, n. 633, n. 127-septies. Conclusivamente, per la costruzione di
nuovi edifici, presentanti le caratteristiche di "caserma”, come ora
delineata (punti a-b-c), si applica l’aliquota agevolata del 10%.
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Riferimenti normativi e contrattuali
D.P.R. 26.10.1972, n. 633,
Tabella A - Ris. 13.06.2008 n. 243/E dell’Agenzia delle Entrate
(13.11.2019 - tratto da
www.risponde.leggiditalia.it/#doc_week=true). |
EDILIZIA PRIVATA: L’art.
16, comma 2, del D.P.R. n. 380/2001 stabilisce che il privato può assolvere
all’obbligo di concorrere nelle spese di urbanizzazione realizzando
direttamente, a scomputo, opere di urbanizzazione “con le modalità e le garanzie stabilite dal comune, con conseguente
acquisizione delle opere realizzate al patrimonio indisponibile del comune”.
E' dunque evidente che, affinché il costo delle opere di urbanizzazione sia
portato a scomputo degli oneri di urbanizzazione, è necessario che il Comune
esprima una preventiva approvazione sul progetto delle opere e sul relativo
computo metrico, all’evidente scopo di garantire che le opere portate a
scomputo siano realizzate in maniera adeguata, e che il costo sia
correttamente valorizzato.
---------------
13.
Infondata è anche la pretesa dei ricorrenti a vedersi accreditare la somma
di € 25.836,27 da essi asseritamente sostenuta per la realizzazione di opere
di urbanizzazione primaria.
13.1. L’art. 16, comma 2, del D.P.R. n. 380/2001 stabilisce, infatti, che il
privato può assolvere all’obbligo di concorrere nelle spese di
urbanizzazione realizzando direttamente, a scomputo, opere di urbanizzazione
“con le modalità e le garanzie stabilite dal comune, con conseguente
acquisizione delle opere realizzate al patrimonio indisponibile del comune”:
è dunque evidente che, affinché il costo delle opere di urbanizzazione sia
portato a scomputo degli oneri di urbanizzazione, è necessario che il Comune
esprima una preventiva approvazione sul progetto delle opere e sul relativo
computo metrico, all’evidente scopo di garantire che le opere portate a
scomputo siano realizzate in maniera adeguata, e che il costo sia
correttamente valorizzato.
13.2. Nella specie i resistenti nulla hanno prodotto per dimostrare che lo
scomputo del costo delle opere di urbanizzazione da essi realizzate era
stato approvato preventivamente dal Comune, di guisa che, in teoria, nulla a
detto titolo dovrebbe loro essere riconosciuto. Il Comune, tuttavia, con il
ricorso introduttivo del giudizio ha portato in deduzione del dovuto
l’importo di £. 11.000.000, che in effetti rappresenta la valorizzazione
delle opere di urbanizzazione primaria oggetto di scomputo, quantificate in
sede di approvazione del PEC.
13.3. La pretesa dei resistenti di vedersi interamente accreditare, a
scomputo e/o in compensazione di quanto dovuto, l’intero costo delle opere
di urbanizzazione realizzate dalla Da. s.r.l., è pertanto infondata
(TAR
Piemonte, Sez. II,
sentenza 30.10.2019 n. 1091 - link a www.giustizia-amministrartiva.it). |
EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA:
L'ufficio edilizia e l'ufficio lavori pubblici, in gestione
associata all'Unione di Comuni, chiedono quali siano le novità in materia di
"opere a scomputo" avendo avuto notizia di una modifica normativa che però
non si ritrova né nella disciplina edilizia (nazionale e regionale) né in
quella sugli appalti.
La problematica è reale e deriva dall'avvio, da parte della Commissione
europea, di una procedura di infrazione nei confronti dell'Italia
riguardante, tra l'altro, la violazione dell'art. 5, par. 8, comma 2, Dir.
2014/24/UE in relazione alle opere di urbanizzazione a scomputo.
Alla luce di questa procedura, coinvolgente le Linee guida ANAC n. 4,
l'Autorità Nazionale Anticorruzione preso atto che nelle more della
conclusione della procedura di aggiornamento delle Linee guida n. 4, è
intervenuto il D.L. 18.04.2019, n. 32 recante "Disposizioni urgenti per
il rilancio del settore dei contratti pubblici, per l'accelerazione degli
interventi infrastrutturali, di rigenerazione urbana e di ricostruzione a
seguito di eventi sismici", convertito con L. 14.06.2019 n. 55 ha
provveduto all'"Aggiornamento dei punti 1.5, 2.2, 2.3 e 5.2.6 lettera j)
delle Linee guida n. 4 a seguito dell'entrata in vigore della L. 14.06.2019
n. 55 di conversione del D.L. 18.04.2019 n. 32" con la Del. 10.07.2019,
n. 636.
Le Linee guida n. 4, di attuazione del D.Lgs. 18.04.2016, n. 50, recanti "Procedure
per l'affidamento dei contratti pubblici di importo inferiore alle soglie di
rilevanza comunitaria, indagini di mercato e formazione e gestione degli
elenchi di operatori economici" contengono oggi una disciplina specifica
(punto 2.2 e 2.3) su questo tema prevedendo in sintesi che:
- "Per le opere di urbanizzazione a scomputo totale o parziale
del contributo previsto per il rilascio del permesso di costruire, nel
calcolo del valore stimato devono essere cumulativamente considerati tutti i
lavori di urbanizzazione primaria e secondaria anche se appartenenti a
diversi lotti, connessi ai lavori oggetto di permesso di costruire, permesso
di costruire convenzionato (art. 28-bis, D.P.R. 06.06.2001 n. 380) o
convenzione di lottizzazione (art. 28, L. 17.08.1942 n. 1150) o altri
strumenti urbanistici attuativi".
- l'art. 16, comma 2-bis, D.P.R. 06.06.2001 n. 380 (Nell'ambito
degli strumenti attuativi e degli atti equivalenti comunque denominati
nonché degli interventi in diretta attuazione dello strumento urbanistico
generale, l'esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione primaria ... di
importo inferiore alla soglia ..., funzionali all'intervento di
trasformazione urbanistica del territorio, è a carico del titolare del
permesso di costruire e non trova applicazione il [Codice dei contratti]) e
l'art. 36, comma 4, Codice dei contratti pubblici che rinvia a tale
disposizione si applicano dunque esclusivamente quando il valore di tutte le
opere di urbanizzazione non raggiunge le soglie di rilevanza comunitaria.
I casi possibili sono dunque due:
a) nel caso dunque si rimanga sotto la soglia il privato avrà
titolo ad avvalersi delle citate disposizioni (esecuzione diretta di opere a
scomputo) ma esclusivamente per le opere funzionali. "Per opere
funzionali si intendono le opere di urbanizzazione primaria (ad es. fogne,
strade, e tutti gli ulteriori interventi elencati in via esemplificativa
dall'art. 16, comma 7, D.P.R. 06.06.2001, n. 380) la cui realizzazione è
diretta in via esclusiva al servizio della lottizzazione ovvero della
realizzazione dell'opera edilizia di cui al titolo abilitativo a costruire
e, comunque, quelle assegnate alla realizzazione a carico del destinatario
del titolo abilitativo a costruire";
b) il valore complessivo di tutte le opere supera la soglia
comunitaria. In questo caso il privato dovrà applicare il Codice di
contratti pubblici (procedure di gara, principi, regole ecc..) sia per le
opere funzionali che per quelle non funzionali.
A questo complesso quadro occorre aggiungere l'ulteriore deroga (della
deroga) prevista dall'art. 35, comma 11, del codice dei contratti pubblici
in base al quale "le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti
aggiudicatori possono aggiudicare l'appalto per singoli lotti senza
applicare le disposizioni del presente codice, quando il valore stimato al
netto dell'IVA del lotto sia inferiore a euro 80.000 per le forniture o i
servizi oppure a euro 1.000.000 per i lavori, purché il valore cumulato dei
lotti aggiudicati non superi il 20 per cento del valore complessivo di tutti
i lotti in cui sono stati frazionati l'opera prevista, il progetto di
acquisizione delle forniture omogenee, o il progetto di prestazione servizi".
In sintesi, rimane in vigore la disciplina sulla realizzazione diretta di
opere a scomputo da parte del titolare del permesso di costruire ma con
forti limitazioni derivanti dal calcolo del valore stimato secondo le
indicazioni di Anac, frutto del recepimento di puntuali indicazioni
comunitarie.
Si conferma che tale disciplina è fuori dalla disciplina
urbanistico-edilizia e del Codice dei contratti, che contiene un richiamo
indiretto e generale solo nell'art. 216, comma 27-octies laddove dispone "Ai
soli fini dell'archiviazione delle citate procedure di infrazione, nelle
more dell'entrata in vigore del regolamento, il Ministro delle
infrastrutture e dei trasporti e l'ANAC sono autorizzati a modificare
rispettivamente i decreti e le linee guida adottati in materia", norma
che è alla base della Del. 10.07.2019, n. 636 dell'ANAC.
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Riferimenti normativi e contrattuali
L. 17.08.1942 n. 1150, art.
28 - D.P.R. 06.06.2001 n. 380, art. 28-bis - D.Lgs. 18.04.2016, n. 50, art.
35 - D.L. 18.04.2019, n. 32 - L. 14.06.2019, n. 55 - Del. 10.07.2019, n. 636
dell'ANAC (30.10.2019 - tratto da
www.risponde.leggiditalia.it/#doc_week=true). |
APPALTI - EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: Aggiornamento
«Linee
Guida n. 4, di attuazione del Decreto Legislativo 18.04.2016, n. 50, recanti
“Procedure per l’affidamento dei contratti pubblici di importo inferiore
alle soglie di rilevanza comunitaria, indagini di mercato e formazione e
gestione degli elenchi di operatori economici”»
(delibera
10.07.2019 n. 636 - link
a www.anticorruzione.it).
---------------
Nelle more dell’adozione del nuovo regolamento governativo di attuazione
del codice dei contratti pubblici, l’ANAC è autorizzata a modificare le
proprie Linee guida n. 4, ai soli fini dell’archiviazione della procedura di
infrazione n. 2018/2273.
Aggiornati i punti 1.5, 2.2, 2.3 e 5.2.6, lett. j), delle Linee guida.
Di particolare interesse i punti 2.3. e 2.3. che recitano:
2.2 Per le opere di urbanizzazione a
scomputo totale o parziale del contributo previsto per il rilascio del
permesso di costruire, nel calcolo del valore stimato devono essere
cumulativamente considerati tutti i lavori di urbanizzazione primaria e
secondaria anche se appartenenti a diversi lotti, connessi ai lavori oggetto
di permesso di costruire, permesso di costruire convenzionato (articolo
28-bis d.P.R. 06.06.2001 n. 380) o convenzione di lottizzazione (articolo 28
l. 17.08.1942 n. 1150) o altri strumenti urbanistici attuativi. Quanto
disposto dall’articolo 16, comma 2-bis, d.P.R. 06.06.2001 n. 380 e 36, comma
4, Codice dei contratti pubblici si applica unicamente quando il valore di
tutte le opere di urbanizzazione, calcolato ai sensi dell’articolo 35, comma
9, Codice dei contratti pubblici, non raggiunge le soglie di rilevanza
comunitaria. Per l’effetto: se il valore complessivo delle opere di
urbanizzazione a scomputo –qualunque esse siano– non raggiunge la soglia
comunitaria, calcolata ai sensi dell’articolo 35, comma 9, Codice dei
contratti pubblici, il privato potrà avvalersi della deroga di cui
all’articolo 16, comma 2-bis, d.P.R. 06.06.2001 n. 380, esclusivamente per
le opere funzionali; al contrario, qualora il valore complessivo di tutte le
opere superi la soglia comunitaria, il privato sarà tenuto al rispetto delle
regole di cui al Codice di contratti pubblici sia per le opere funzionali
che per quelle non funzionali. Per opere funzionali si intendono le opere di
urbanizzazione primaria (ad es. fogne, strade, e tutti gli ulteriori
interventi elencati in via esemplificativa dall’articolo 16, comma 7, d.P.R.
06.06.2001 n. 380) la cui realizzazione è diretta in via esclusiva al
servizio della lottizzazione ovvero della realizzazione dell’opera edilizia
di cui al titolo abilitativo a costruire e, comunque, quelle assegnate alla
realizzazione a carico del destinatario del titolo abilitativo a costruire.
2.3 Si applica
l’articolo 35, comma 11, del codice dei contratti pubblici. |
EDILIZIA PRIVATA:
OGGETTO: Realizzazione di nuova strada da parte di
privati con spese ed oneri a loro carico – successiva
cessione delle aree stradali al Comune – parere (Legali
Associati per Celva,
nota 26.03.2019 - tratto da www.celva.it). |
EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: Trasferimento
coattivo di opere di urbanizzazione.
Il TAR Brescia,
accertato il diritto del Comune al
trasferimento della proprietà di opere di
urbanizzazione che una convenzione
urbanistica prevedeva che fossero realizzate
dal soggetto lottizzante, a scomputo degli
oneri di costruzione, e preso atto
dell’inadempimento della lottizzante
all’assolvimento delle obbligazioni dedotte
in Convenzione, accoglie la domanda proposta
ex art. 2932 c.c. determinando il
trasferimento coattivo delle aree in
questione e ordina al competente
Conservatore dei registri immobiliari di
procedere alle trascrizione stessa, nei
confronti di quale che sia il soggetto
risultante come proprietario e, quindi,
anche degli attuali proprietari dei fondi
che ne abbiano medio tempore acquisito la
proprietà, trattandosi di un’obbligazione
reale
(TAR Lombardia-Brescia, Sez. II,
sentenza 07.03.2019 n. 227 - commento tratto da
https://camerainsubria.blogspot.com).
---------------
MASSIMA
Il ricorso, così proposto, merita
accoglimento.
Preliminarmente, però, il Collegio ritiene
di dover affermare la propria giurisdizione.
Da tempo, ormai, la giurisprudenza ha
chiarito, infatti, come “Le
convezioni o gli atti d’obbligo stipulati
fra Comune e privati destinatari di
concessioni edilizie non hanno specifica
autonomia come fonte negoziale di
regolamento dei contrapposti interessi, con
la conseguenza che le controversie ad esse
relative, rientrando nel campo urbanistico,
sono devolute alla giurisdizione esclusiva
del giudice amministrativo di cui all’art.
16 della legge n. 10/1977
(cfr. Cass. SS.UU. Civili 20/4/2007 n. 9360)”.
Ancora più chiaramente, il giudice
amministrativo d’appello ha affermato il
principio secondo cui “Qualora
si discuta in ordine a inadempimenti di
obblighi convenzionali di natura edilizio-
urbanistica assunti in esecuzione di
obblighi che per legge hanno finalità di
pubblico interesse, è indubbio che dette
convenzioni si inseriscano in un modulo
procedimentale di diritto pubblico, tale per
cui le controversie che intervengono in
subiecta materia appartengono
necessariamente alla giurisdizione
amministrativa
(cfr. Cons. Stato Sez. IV 22/01/2010 n. 214;
Cons. Stato Sez. V 05/04/2011 n. 5711 e, da
ultimo, Cons. Stato, 1069/2019)”.
Deve, dunque, ritenersi che rientrino nella
giurisdizione del giudice amministrativo sia
la domanda di accertamento del diritto del
Comune di Valbrembo alla cessione gratuita
delle aree per urbanizzazioni, nonché quella
di pronuncia di una sentenza ex art. 2932
c.c., traslativa della proprietà, in quanto
trattasi di domande connesse all’adempimento
di obblighi collegati a una convenzione
strettamente inerente all’esercizio delle
funzioni autoritative avutosi con il
precedente rilascio delle concessioni
edilizie.
Quanto alla legittimazione passiva del
soggetto intimato, si deve dare conto di
come la società Pa. sia subentrata negli
obblighi sottoscritti dai primi soggetti
lottizzanti (la società SI. In.Im. s.r.l. e
il sig. Fu.Vi.) assumendosi l’obbligo di
eseguire gli impegni derivanti dalla
convenzione di lottizzazione.
A tale proposito, la
giurisprudenza ha chiarito come la natura
reale dell'obbligazione in esame riguardi
sia i soggetti che stipulano la convenzione,
che quelli che richiedono la concessione e
quelli che realizzano l'edificazione ed i
loro aventi causa
(da ultimo Cass. civile, Sez. II,
27.08.2002, n. 12571).
Ne consegue che, accertato il diritto del
Comune al trasferimento della proprietà
delle opere di urbanizzazione che la
convenzione urbanistica prevedeva che
fossero realizzate dal soggetto lottizzante,
a scomputo degli oneri di costruzione e
preso atto dell’inadempimento dell’intimata
Società all’assolvimento delle obbligazioni
dedotte in Convenzione, deve accogliersi
anche la domanda proposta ex art. 2932 c.c
(ammissibile in ipotesi di inadempimento
agli obblighi assunti in virtù di una
convenzione urbanistica - ex multis
TAR Emilia Romagna, Bologna, Sez. I,
24.10.2016, n. 873) determinando il
trasferimento coattivo delle aree in
questione come identificate nella
planimetria catastale rappresentante il
documento n. 13 del Comune ricorrente,
previa redazione del tipo di frazionamento,
se necessario per poter, in concreto,
procedere alla trascrizione.
Va quindi ordinato al competente
Conservatore dei registri immobiliari di
procedere alle trascrizione stessa, nei
confronti di quale che sia il soggetto
risultante come proprietario e, quindi,
anche degli attuali proprietari dei fondi
che ne abbiano acquisito la proprietà a
seguito della cancellazione della società
intimata dichiarata all’udienza pubblica,
con esonero da ogni sua responsabilità al
riguardo.
La sentenza produrrà, quindi, effetti nei
confronti della società intimata, se ancora
risultante quale proprietaria degli
immobili, ovvero di chiunque altro sia
subentrato nella proprietà stessa,
trattandosi di un’obbligazione reale, che
non può estinguersi con l’eventuale
estinzione del soggetto proprietario. |
EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: Le
ipotesi di scomputo degli oneri di urbanizzazione e di esonero del costo di
costruzione devono considerarsi tassative e di stretta interpretazione
perché derogatorie alla regola della normale onerosità del permesso a
costruire che costituisce principio fondamentale della normativa di settore.
La possibilità di scomputare dalle opere di urbanizzazione, realizzate dal
privato, l'importo dei relativi oneri anche quando le suddette opere vengano
realizzate su beni privati e non si preveda il relativo trasferimento a
titolo gratuito in favore dell'Ente, va esclusa sulla base
dell'interpretazione letterale, ex art. 12 delle Preleggi, dell'art. 16 del
D.P.R. 380 del 2001 ed s.m.i. (Testo Unico edilizia).
L'espressione "conseguente acquisizione delle opere al patrimonio
indisponibile del Comune" ed in particolare l'impiego del sostantivo
"acquisizione" nella formulazione dell'art. 16 sopra richiamato, evoca
chiaramente il concetto di proprietà.
Limitare la possibilità di scomputo degli oneri di urbanizzazione dalle
relative opere realizzate dal privato alle sole ipotesi del trasferimento in
proprietà delle stesse è l'unica modalità che garantisce l'effettiva
funzionalizzazione del bene all'interesse pubblico e ne preserva la natura
pubblica.
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La L.r. n. 56 del 05.12.1977 e ss.mm.ii. all'art. 21, comma 4, non contempla
la previsione di casi speciali di esoneri e/o esenzioni dal pagamento degli
oneri in relazione ad opere di urbanizzazione, realizzate su suoli privati,
ancorché destinate in perpetuo all'uso pubblico.
Né è possibile, al fine di introdurre ulteriori ipotesi di scomputo, non
contemplate dalla Legge, prendere in considerazione un ipotetico ed
ingiustificato arricchimento dell'Ente ai danni del privato per l'ipotesi in
cui non si riconosca il beneficio dello scomputo a fronte di opere
realizzate sulla proprietà privata, ancorché assoggettate in via permanente
all'uso pubblico.
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Con nota indicata in epigrafe il Sindaco del Comune di Novara, dopo
un breve excursus normativo in ordine alla fattispecie delle opere a
scomputo degli oneri di urbanizzazione ha chiesto alla Sezione di
pronunciarsi in ordine al quesito di seguito riportato: “se la
possibilità di scomputare gli importi relativi all’esecuzione diretta delle
opere di urbanizzazione da quanto dovuto a titolo di oneri di urbanizzazione
possa essere sempre accordata, anche quando dette opere ricadano su aree
solo assoggettate all’uso pubblico o se per contro il mancato scomputo di
detti importi nei suddetti casi possa configurarsi come indebito
arricchimento da parte dell’Ente”.
...
In via preliminare, la Sezione precisa che le scelte relative alle concrete
modalità di realizzazione delle opere di urbanizzazione, al riconoscimento
dell’esenzione dal pagamento degli oneri di urbanizzazione come pure il
regime dominicale loro impresso dalla convenzione urbanistica, spettano, in
concreto, all’Ente, quali scelte di amministrazione attiva.
Ciò premesso, la richiesta in esame attiene sostanzialmente
all’interpretazione delle previsioni normative che regolamentano la
possibilità, per il privato, di realizzare opere di urbanizzazione in luogo
del pagamento dei relativi oneri anche allorquando le suddette opere vengano
realizzate su beni privati e non si preveda il relativo trasferimento a
titolo gratuito in favore dell’Ente.
Al fine di inquadrare compiutamente la tematica, questa Sezione ritiene
utile procedere ad un seppur sintetico excursus normativo in materia di
oneri di urbanizzazione tracciando le linee distintive tra questi ed il “contributo
di costruzione” talvolta adoperati come sinonimi anche se profondamente
diversi.
La legge 06.08.1967 n. 765 c.d. “legge - Ponte” ha previsto per la
prima volta nell’ordinamento il principio della normale onerosità del
permesso a costruire (rectius licenza urbanistica) secondo cui
l’obbligo ed il costo di realizzazione delle infrastrutture dell’intervento
edificatorio spetta ai soggetti attuatori. L’art. 31 della l. n. 1150/1942,
come modificato dalla richiamata Legge Ponte, ha poi previsto che il
rilascio del titolo abilitativo edilizio dovesse essere subordinato alla
presenza dell’urbanizzazione primaria o, comunque, all’impegno del
proprietario a realizzarla contemporaneamente all’intervento costruttivo.
Con tale previsione normativa è stato introdotto l’obbligo, a carico dell’attuatore,
di cedere gratuitamente al Comune le aree destinate alle opere di
urbanizzazione.
Infine l'art. 1 della legge n. 10 del 1977, a chiusura del sistema, ha
normato il principio fondamentale in base al quale ogni attività comportante
trasformazione urbanistico/edilizia del territorio partecipa agli oneri da
essa derivanti.
Il testo Unico delle norme in materia edilizia, approvato con d.p.r. n.
380/2001 ha conferito maggiore sistematicità alla materia.
L’art. 16 del T.U. 380 del 2001 rubricato come “Contributo per il
rilascio del permesso di costruire” prevede, come sopra affermato, che
il rilascio del permesso a costruire “Salvo quanto disposto all'articolo 17,
comma 3” obblighi al pagamento di un contributo “commisurato
all’incidenza degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione”
.
Gli oneri di urbanizzazione si sostanziano in una prestazione patrimoniale
di diritto pubblico non avente natura tributaria posta a carico del privato.
Tali oneri, determinati in misura corrispondente all’entità ed alla qualità
delle opere di urbanizzazione necessarie ed in proporzione all’insieme dei
benefici che la nuova costruzione ne trae, rappresentano il corrispettivo
previsto in favore del Comune (ex multis Cons. Stato, sez. V
20.04.2009 n. 2359).
La quota di contributo per costo di costruzione, invece, non presenta natura
corrispettiva, configurandosi come prestazione tributaria (cfr. Cass., Sez.
I 27.09.1994 n. 7874). Tale quota è rapportata alle caratteristiche e alla
tipologia delle singole costruzioni, riguarda esclusivamente l'attività
edificatoria in sé, non avendo in alcun modo una funzione recuperatoria
delle spese sostenute dalla collettività comunale per le trasformazioni del
territorio su cui insiste. Il criterio di riferimento è quindi la specifica
“produzione di ricchezza connessa all’uso edificatorio del territorio e
delle potenzialità economiche che ne derivano” (cfr. TAR Liguria, sez.
I, 28.03.2013 n. 552).
Il Giudice amministrativo in due recenti interventi nomofilattici ha
affermato che il contributo per il permesso a costruire, articolato nelle
due differenti voci —oneri di urbanizzazione e costo di costruzione—
rappresenta la compartecipazione del singolo alla spesa pubblica necessaria
alla realizzazione delle opere di urbanizzazione, individuandone la ratio
nel “surplus di opere di urbanizzazione che l'amministrazione comunale è
tenuta ad affrontare in relazione al nuovo intervento edificatorio del
richiedente il titolo edilizio”, riconducendolo quindi al novero delle
prestazioni patrimoniali imposte ex art. 23 Cost. (cfr. Ad. Plen.
30.08.2018, n. 12 e 07.12.2016, n. 24).
La partecipazione del privato, titolare del permesso a costruire, a tali
spese, si sostanzia dunque nell’assunzione di una parte dei costi della
vocazione edificatoria impressa al territorio e trova giustificazione nel
beneficio, economicamente rilevante in termini di valore del suolo, che il
privato medesimo riceve per effetto della concreta attuabilità del progetto
di costruzione. ( cfr. ex multis TAR Liguria n. 955 del 2016).
L’art. 16 del richiamato testo normativo ha poi confermato la possibilità
per il privato di obbligarsi a realizzare direttamente le opere di
urbanizzazione con relativo scomputo, parziale o totale degli oneri
prevedendo, altresì la “conseguente acquisizione delle opere al
patrimonio indisponibile del Comune”.
Da tali previsioni vanno, invece, tenute distinte, le ipotesi di esonero dal
pagamento del costo di costruzione (componente anch’essa del contributo per
il rilascio del permesso a costruire), di cui all’art. 17 del D.P.R. 380 del
2001 s.m.i. che, in particolare al terzo comma, dispone la non debenza del
contributo di costruzione in relazione agli “impianti, le attrezzature,
le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti
istituzionalmente competenti nonché per le opere di urbanizzazione, eseguite
anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici”.
Orbene venendo ora all’esame, più nello specifico, del quesito formulato dal
Comune istante questo Collegio, facendo ricorso al criterio letterale quale
regola ermeneutica primaria, ex art 12 delle Preleggi, ritiene che
l’espressione “conseguente acquisizione delle opere al patrimonio
indisponibile del Comune” ed in particolare l’impiego del sostantivo
“acquisizione” nella formulazione dell’art. 16 evochi chiaramente il
concetto di proprietà. Ad avviso della Sezione il Legislatore ha inteso
limitare l’operatività dello scomputo degli oneri all’ipotesi del
trasferimento in proprietà delle opere di urbanizzazione in quanto unica
modalità in grado di garantire l’effettiva funzionalizzazione del bene
all’interesse pubblico ed a preservarne la natura pubblica (cfr. Cass. sez.
I,
sentenza 25.07.2016 n. 1534).
Con riferimento invece al costo di costruzione di cui all’art. 17 sopra
citato, questa Corte ha già avuto modo di affermare (sezione controllo per
la Lombardia
parere 09.10.2009 n. 783;
Lombardia
parere 21.02.2011 n. 91),
la necessaria sussistenza di due requisiti concorrenti, uno oggettivo e
l’altro soggettivo. Per effetto del primo la costruzione deve riguardare “opere
pubbliche o d’interesse generale”; per effetto del secondo le opere
devono essere eseguite da “un ente istituzionalmente competente”.
Anche la giurisprudenza amministrativa in considerazione dell’espressione
utilizzata dal Legislatore "opere di urbanizzazione eseguite in
attuazione di strumenti urbanistici" ha più volte ribadito che la
fattispecie di esonero dal contributo di costruzione ricorre quando l’opera
sia non solo conforme agli strumenti urbanistici ma sia da questi
espressamente contemplata(in tal senso C.d.S., sez. V, 10.05.1999, n. 536;
C.d.S., sez. V, 21.01.1997, n. 69; C.d.S., sez. V, 01.06.1992, n. 489).
La ratio della “gratuità” in termini di contributi di costruzione è “quella
di incentivare solo la dotazione di quelle infrastrutture che danno ordinata
e coerente attuazione alle previsioni urbanistiche espressamente previste
dall’Autorità comunale”. Pertanto affinché possa qualificarsi un
intervento come “opera di urbanizzazione eseguita in attuazione di
strumenti urbanistici” è necessario che, oltre a potersi qualificare
opera di urbanizzazione, sia specificamente indicata nello strumento
urbanistico, corrispondendo ad una precisa indicazione dello stesso (TAR
Lombardia -Sez. Brescia- n. 163/2005).
Infine, la normativa regionale richiamata dall’Amministrazione istante, L.r.
n. 56 del 05.12.1977 e ss.mm.ii. all’art. 21, comma 4, prevede che ai fini
del computo degli standards si tenga conto oltre che delle superfici delle
quali sia prevista l’acquisizione da parte della p.a. anche di quelle
private per le quali sia previsto l’assoggettamento permanente ad uso
pubblico disciplinato con convenzione.
Neppure la disposizione regionale, invero, consente di fornire una risposta
positiva alla richiesta dell'Amministrazione, non essendo ivi contemplata la
previsione di casi speciali di esoneri e/o esenzioni dal pagamento degli
oneri in relazione ad opere di urbanizzazione, realizzate su suoli privati,
ancorché destinate in perpetuo all’uso pubblico.
D’altronde, le ipotesi di scomputo e di esonero, passate in rassegna, anche
ad avviso della giurisprudenza amministrativa, devono considerarsi tassative
e di stretta interpretazione proprio perché derogatorie rispetto alla regola
della normale onerosità del permesso a costruire (cfr. tra le molte,
Consiglio di Stato IV sez. n. 2754 del 2012) che costituisce principio
fondamentale della normativa di settore (cfr. Corte cost. 03.11.2016 n.
231).
Né è possibile, al fine di introdurre ulteriori ipotesi di scomputo, non
contemplate dalla Legge, prendere in considerazione un ipotetico ed
ingiustificato arricchimento dell’Ente ai danni del privato per l’ipotesi in
cui non si riconosca il beneficio dello scomputo a fronte di opere
realizzate sulla proprietà privata, ancorché assoggettate in via permanente
all’uso pubblico.
Ciò ancor più se si tiene conto che le spese di manutenzione delle opere e
delle aree destinate all’uso pubblico, asseritamente ritenute a carico del
privato nella richiesta di parere, gravano, al contrario, normalmente sulla
P.A. ai sensi dell’art. 1069 c.c. in quanto titolare della servitù perpetua
di uso pubblico, salvo che sia diversamente stabilito dal titolo o dalla
Legge (Corte dei Conti, Sez. controllo Piemonte,
parere 22.01.2019 n. 5). |
anno 2018 |
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EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: Opere
di urbanizzazione a scomputo.
All'esecuzione di opere di urbanizzazione primaria di
importo inferiore alla soglia comunitaria (euro 5.548.000),
attuata dal titolare dell'abilitazione a costruire, non si
applica il codice dei contratti pubblici.
Il Consiglio di Stato, Comm. speciale, con il parere
24.12.2018 n. 2942 (Autorità nazionale
anticorruzione: Linee guida n. 4 - Procedure per
l'affidamento dei contratti pubblici di importo inferiore
alle soglie di rilevanza comunitaria, indagini di mercato e
formazione e gestione degli elenchi di operatori economici -
Opere di urbanizzazione a scomputo) ha spiegato come
applicare la deroga prevista dall’articolo 16, comma 2-bis,
del Dpr 380/2001.
Nel riprendere le conclusioni del parere
12.02.2018 n. 361 i giudici sottolineano che le
opere di urbanizzazione devono essere realizzate nell'ambito
degli strumenti attuativi, degli atti equivalenti, degli
interventi in attuazione dello strumento urbanistico
generale, e devono essere funzionali all'intervento di
trasformazione urbanistica del territorio.
Sono funzionali le opere di urbanizzazione primaria, come
fogne, strade, e tutti gli ulteriori interventi indicati
dall'articolo 16, comma 7, del Dpr 380/2001, la cui
realizzazione è indirizzata al servizio della lottizzazione
ovvero della realizzazione dell'opera edilizia, oggetto del
titolo abilitativo a costruire.
Per applicare l'articolo 16, comma 2-bis, del Dpr 380/2001
occorre prima procedere al calcolo complessivo delle opere
di urbanizzazione da realizzarsi: il risultato è dato dalla
somma di tutte le opere di urbanizzazione che il privato
deve realizzare a scomputo, funzionali e non. Ma solo per le
opere funzionali il privato potrà avvalersi della deroga
prevista dall'articolo 16, comma 2-bis, del Dpr 380/2001 se
il valore complessivo delle opere di urbanizzazione non
raggiunge la soglia comunitaria, calcolata in base
all'articolo 35, comma 9, del Dlgs 50/2016. Invece, qualora
sia sforato questo limite scatta per il privato l'obbligo di
applicare il Dlgs 50/2016 sia per le opere funzionali, sia
per quelle non funzionali.
Le opere di urbanizzazione il cui onere è accollato al
titolare del permesso di costruire quale scomputo degli
oneri di urbanizzazione vanno considerate come un'unica
opera pubblica da realizzarsi contestualmente, seppure
costituita da diverse tipologie di opere che possono essere
considerate come singoli lotti in relazione alla loro
singola natura.
Occorre sommare il valore di ciascuna di esse per valutare
se questo complessivo appalto superi o meno la soglia
comunitaria.
Si applica, inoltre, l'articolo 35, comma 11, del Dlgs
50/2016. Pertanto, quando un'opera prevista può dar luogo ad
appalti aggiudicati per lotti separati, seppure il valore
complessivo stimato della totalità dei lotti sia superiore
alla soglia comunitaria, i lotti Notizie quotidiani
frazionati possono essere aggiudicati senza applicare le
procedure previste dal Dlgs 50/2016.
Purché i singoli lotti siano ciascuno inferiore a un milione
al netto di Iva, e il valore cumulato dei lotti aggiudicati
non superi il 20% della somma dei lotti in cui l'opera
prevista è stata frazionata. In tale ultimo caso «opera
prevista», secondo i giudici, è la risultante delle
opere di urbanizzazione addossate al titolare del permesso
che vanno considerate, per il calcolo delle soglie, come
un'unica «opera prevista» oggetto di un unico appalto
(articolo Il Sole 24 Ore del 09.01.2019).
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PARERE
Premessa
Con il quesito in oggetto il Presidente dell’Autorità
nazionale anticorruzione – Anac, con nota prot. n. 16675 del
09.11.2018, ha chiesto di acquisire il parere del Consiglio
di Stato con specifico riguardo alla tematica delle opere di
urbanizzazione a scomputo, e cioè alle opere eseguite dal
titolare del permesso di costruire scomputando i relativi
oneri dai contributi dovuti ai Comuni per le opere di
urbanizzazione.
In particolare, l’Anac si riferisce al punto 2.2 del
paragrafo 2 (Il valore stimato dell’appalto) delle proprie
Linee guida n. 4 dell’01.03.2018, recanti “Procedure
per l'affidamento dei contratti pubblici di importo
inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria, indagini di
mercato e formazione e gestione degli elenchi di operatori
economici”,
che riproducono in parte qua il parere n. 361 del 12.02.2018
reso dal Consiglio di Stato.
Nel punto 2.2 delle suindicate Linee guida si legge
testualmente che “Per
le opere di urbanizzazione a scomputo totale o parziale del
contributo previsto per il rilascio del permesso di
costruire, nel calcolo del valore stimato devono essere
cumulativamente considerati tutti i lavori di urbanizzazione
primaria e secondaria anche se appartenenti a diversi lotti,
connessi ai lavori oggetto di permesso di costruire. Nel
caso di esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione
primaria di cui all'articolo 16, comma 7 del decreto del
Presidente della Repubblica 06.06.2001, n. 380, di importo
inferiore alla soglia comunitaria, detto valore deve essere
calcolato - tenendo conto dell'intervenuta abrogazione del
decreto legislativo 12.04.2006, n. 163 - secondo i parametri
stabiliti dall'articolo 5, paragrafo 8, della direttiva
2014/241 UE e dall'articolo 35 del Codice dei contratti
pubblici. Al ricorrere della suindicata ipotesi, per effetto
della previsione derogatoria contenuta nell'articolo 16,
comma 2-bis, del decreto del Presidente della Repubblica n.
380 del 2001: 1) nel caso di affidamento a terzi
dell'appalto da parte del titolare del permesso di costruire
non trovano applicazione le disposizioni del decreto
legislativo n. 163 del 2006 ed ora del Codice dei contratti
pubblici; 2) di conseguenza, il valore delle opere di
urbanizzazione primaria di cui all'articolo 16, comma 7, del
decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, di
importo inferiore alla soglia comunitaria, ai fini della
individuazione del valore stimato dell'appalto, non si somma
al valore delle altre opere di urbanizzazione eventualmente
da realizzarsi".
Si legge nel documento che contiene il quesito formulato
dall’Anac che l’esigenza di sottoporre al Consiglio di Stato
la richiesta di intervento interpretativo del soprariportato
punto 2.2 consegue al ricevimento da parte della stessa Anac
di una informativa proveniente dalla Struttura di missione
per le procedure di infrazione del Dipartimento per le
politiche europee presso la Presidenza del Consiglio dei
Ministri in ordine alla segnalazione della Commissione
Europea in merito ad un possibile contrasto tra quanto
contenuto nel citato punto 2.2 e l'articolo 5, paragrafo 8,
della direttiva 2014/24/UE, paventando il rischio
dell'apertura di una procedura di infrazione.
In particolare, si puntualizza nella richiesta di parere, il
sottopunto n. 2 della elencazione inserita nel secondo
periodo del punto 2.2 (che reca le seguenti espressioni “di
conseguenza, il valore delle opere di urbanizzazione
primaria di cui all'articolo 16, comma 7, del decreto del
Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, di importo
inferiore alla soglia comunitaria, ai fini della
individuazione del valore stimato dell'appalto, non si somma
al valore delle altre opere di urbanizzazione eventualmente
da realizzarsi")
potrebbe rappresentare una previsione interpretativa che si
pone in contrasto con quanto disposto dall'articolo 5,
paragrafo 8, della direttiva 2014/24/UE, nella parte in cui
sembra prevedere che, in caso di esecuzione diretta delle
opere di urbanizzazione primaria di tipo funzionale, ammessa
dall'articolo 16, comma 2-bis, del decreto del Presidente
della Repubblica 06.06.2001, n. 380 per importi di rilievo
infracomunitario, il valore di tali opere, appaltabile in
deroga alle procedure di evidenza pubblica regolate dal
Codice dei contratti pubblici, possa essere determinato
senza tenere conto del valore complessivo delle opere di
urbanizzazione (ossia escludendo anche le restanti opere di
urbanizzazione secondaria, e primaria non funzionali).
Per superare i dubbi sollevati dalla Commissione Europea l’Anac
suggerisce un’interpretazione comunitariamente orientata del
sottopunto 2 inserito nel punto 2.2 delle Linee guida n. 4,
nel senso che lo scorporo -dal valore complessivo
dell'opera- degli interventi di cui all'articolo 16, comma
2-bis, del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 sia
consentito solo a condizione che il valore complessivo
dell'opera stessa non raggiunga l'entità della soglia
comunitaria. Unicamente in siffatta ipotesi, il valore di
tali opere potrebbe essere scorporato dalle restanti opere
di urbanizzazione e, per l'effetto, affidato dal titolare
del permesso di costruire senza l'adozione delle procedure
di evidenza pubblica previste dal Codice dei contratti
pubblici.
Viceversa, laddove l'importo complessivo delle opere si
situasse al di sopra dell'importo considerato dalle
direttive comunitarie, allora anche la porzione di opere di
urbanizzazione primaria di tipo funzionale, ancorché in sé
di valore inferiore alla predetta soglia, dovrebbe essere
ricompresa nell'ambito degli affidamenti che la stazione
appaltante è tenuta a gestire nel (dovuto) rispetto del
Codice dei contratti pubblici e ciò perché attratta verso la
soglia comunitaria in ragione del valore totale delle opere
di urbanizzazione da realizzare.
L’Autorità ha quindi chiesto al Consiglio di Stato di
esprimere il proprio avviso circa la condivisibilità o meno
della suesposta interpretazione e, nel caso in cui dovesse
ritenersi non corretta, di specificare quale possa essere la
interpretazione più idonea a scongiurare che l’Italia possa
incorrere in una procedura di infrazione comunitaria.
L’Anac ha altresì chiesto che venga espresso un parere in
ordine all'incidenza, rispetto alla questione emarginata,
della disposizione recata dall'articolo 35, comma 11, del
Codice dei contratti allo scopo di valutare l'opportunità di
inserire uno specifico richiamo all'interno del punto 2.2
delle Linee guida n. 4.
Tale norma sembra ammettere, in coerenza con quanto
stabilito dall'articolo 5, paragrafo 10 della direttiva
2014/24/UE, che uno o più lotti possano essere scorporati
dai restanti lotti di cui si compone l'opera, a condizione,
per i lavori, che il singolo lotto valga meno di 1 milione
di euro e che la sommatoria dei lotti scorporati (e
aggiudicati) meno del 20% del valore complessivo dell'opera.
Il tutto potrebbe avvenire, per espressa previsione sia
della direttiva che della norma nazionale, in deroga al
principio sancito dall'articolo 5, paragrafo 8, della
direttiva, riprodotto all'articolo 35, comma 9, del Codice.
Nella fattispecie, dunque, applicando l'articolo 35, comma
11, del Codice e sussistendo le relative condizioni, sarebbe
possibile scorporare il lotto relativo alle opere di
urbanizzazione primaria funzionali, affidandolo in via
diretta ai sensi dell'articolo 16, comma 2-bis, del
Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, anche se il
valore complessivo dell'opera fosse di rilevanza
comunitaria.
L’Autorità chiede, quindi, conferma circa la corretta
interpretazione della disposizione summenzionata, anche in
relazione all'interferenza con l'articolo 35, comma 9, del
Codice, allo scopo di valutare l'opportunità di inserire uno
specifico richiamo all'interno del punto 2.2 delle Linee
guida n. 4.
Considerato:
A) Con riferimento al primo quesito ed in via
preliminare, la Commissione rileva che è già presente nella
corpo della motivazione del parere n. 361, reso dalla
Commissione speciale del Consiglio di Stato il 12.02.2018,
l’evidente illustrazione degli elementi di interpretazione
(corretta) di quanto è stato poi riprodotto dall’Autorità
nazionale anticorruzione al sottopunto 2.2 del punto 2 delle
Linee guida n. 4 dell’01.03.2018, con la conseguenza che, al
fine di superare il dubbio sottoposto all’esame di questa
Commissione speciale, sembra sufficiente riportarsi a detta
illustrazione, non palesandosi l’assoluta necessità di
prospettare una “interpretazione
comunitariamente orientata”
di quanto scritto al sottopunto 2.2 delle Linee guida, come
invece è stato suggerito dall’Anac nella richiesta di parere
pervenuta il 09.11.2018, prot. n. 16675.
Ed invero:
- come si è segnalato nel citato parere n. 361 del 2018, l'articolo
16, comma 2-bis, d.P.R. 06.06.2001, n. 380 -a mente del
quale "Nell'ambito
degli strumenti attuativi e degli atti equivalenti comunque
denominati nonché degli interventi in diretta attuazione
dello strumento urbanistico generale, l'esecuzione diretta
delle opere di urbanizzazione primaria di cui al comma 7
(del medesimo art. 16, n.d.rr.), di importo inferiore alla
soglia di cui all'articolo 28, comma 1, lettera c), del
decreto legislativo 12.04.2006, n. 163, funzionali
all'intervento di trasformazione urbanistica del territorio,
è a carico del titolare del permesso di costruire e non
trova applicazione il decreto legislativo 12.04.2006, n. 163"-
contiene una evidente (ed eccezionale) deroga normativa
all'applicazione delle disposizioni codicistiche in materia
di affidamento di commesse pubbliche laddove l'esecuzione di
opere di urbanizzazione primaria (purché realizzate "Nell'ambito
degli strumenti attuativi e degli atti equivalenti comunque
denominati nonché degli interventi in diretta attuazione
dello strumento urbanistico generale, (...) funzionali
all'intervento di trasformazione urbanistica del territorio,
(...)")
sia attuata direttamente dal titolare dell'abilitazione a
costruire e l'importo delle stesse sia inferiore alle soglie
di rilevanza comunitaria;
- giova precisare che per “opere
funzionali”
si intendono le opere di urbanizzazione primaria (ad es.,
fogne, strade e tutte gli ulteriori interventi elencati, in
via esemplificativa, dall’articolo 16, comma 7, d.P.R.
06.06.2001, n. 380) la cui realizzazione è diretta in via
esclusiva al servizio della lottizzazione ovvero della
realizzazione dell’opera edilizia di cui al titolo
abilitativo a costruire (quest’ultimo nelle varie
articolazioni previste dalle leggi, anche non nazionali) e,
comunque, solo quelle assegnate alla realizzazione a carico
del destinatario del titolo abilitativo a costruire e da
quest’ultimo specificate;
- fermo quanto sopra si presenta necessario ribadire, ancora una
volta, che il calcolo complessivo delle opere di
urbanizzazione, intesa nella sua interezza, è dato dalla
somma di tutte le opere di urbanizzazione che il privato
deve realizzare a scomputo, funzionali e non. Tale
operazione, avente dunque ad oggetto la definizione
dell’importo complessivo al quale ammonta la realizzazione
delle opere di urbanizzazione, deve essere effettuata prima
di ogni ulteriore valutazione circa la possibilità di
applicazione della deroga di cui all'articolo 16, comma
2-bis, d.P.R. n. 380 del 2001, giacché l’operatività di
quest’ultima resta direttamente condizionata dall’esito
dell’accertamento in ordine al calcolo complessivo delle
opere di urbanizzazione da realizzarsi;
- se il valore complessivo di tali opere –qualunque esse siano– non
raggiunge la soglia comunitaria, calcolata ai sensi
dell’articolo 35, comma 9, d.lgs. 18.04.2016, n. 50, solo
allora il privato potrà avvalersi della deroga di cui
all’articolo 16, comma 2-bis, d.P.R. n. 380 del 2001 ed
esclusivamente per quelle funzionali;
- al contrario, qualora il valore complessivo di tali opere superi
la soglia comunitaria, il privato sarà tenuto al rispetto
delle regole di cui al Codice di contratti pubblici sia per
le opere funzionali che per quelle non funzionali;
- in termini ancora più semplici si deve ribadire l’iter logico già
seguito nel parere n. 361 del 2018 di questo Consiglio, vale
a dire che l’insieme delle opere di urbanizzazione il cui
onere è accollato al titolare del permesso di costruire come
scomputo degli oneri di urbanizzazione, deve essere
considerato nel suo insieme come se fosse un'unica opera
pubblica da realizzarsi contestualmente, sia pure costituita
da diverse tipologie (opere di urbanizzazione primaria,
primaria funzionali, secondaria) le quali, ciascuna per sé,
possono essere considerate come singoli lotti in relazione
alla loro singola natura (fogne, strade, illuminazione etc.).
Ne consegue che, per valutare se questo complessivo appalto
virtualmente unitario, composto da più opere disomogenee,
superi o meno la soglia comunitaria, in applicazione
dell’art. 35, comma 9, del Codice occorre sommare il valore
di ciascuna di esse. Ciò refluisce, per altro, sulla
soluzione al secondo quesito posto dall’Anac di cui più
avanti.
- tale essendo l’iter argomentativo del sottopunto 2.2 inserito nel
punto 2 delle Linee guida n. 4 del 2018, per come redatto
dall’Anac in seguito al parere della Commissione speciale
del Consiglio di Stato n. 361 del 2018, spetterà alla
predetta Autorità, sfuggendo tale compito ai poteri di
questa Commissione speciale, valutare se si renda
indispensabile o meno esternare tali motivazioni in seno
alle Linee guida già approvate e quale sia la procedura
corretta per effettuare tale integrazione.
B) Con un secondo quesito, del tutto nuovo rispetto
alla richiesta che (a suo tempo) è stata all’origine del
parere del Consiglio di Stato n. 361 del 2018, l’Anac ha
chiesto conferma se l’articolo 35, comma 11, del Codice dei
contratti pubblici ammetta, in coerenza con quanto stabilito
dall'articolo 5, paragrafo 10 della direttiva 2014/24/UE,
che uno o più lotti possano essere scorporati dai restanti
lotti di cui si compone l'opera, a condizione, per i lavori,
che il singolo lotto valga meno di 1 milione di euro e che
la sommatoria dei lotti scorporati (e aggiudicati) meno del
20% del valore complessivo dell'opera.
Questa Commissione speciale ritiene che tale lettura della
norma non si ponga in contrasto con il tenore letterale
dell'articolo 5, paragrafo 10 della direttiva 2014/24/UE ed
anzi costituisca uno strumento di “tolleranza”
applicabile ogni qualvolta occorra sommare il valore di un
affidamento suddiviso in più lotti.
Per semplificare, anche in questo caso il ragionamento e
renderlo più comprensibile, si deve richiamare
l’osservazione sopra espressa secondo cui il coacervo delle
opere di urbanizzazione a scomputo addossate al titolare del
permesso di costruire deve essere considerato, agli effetti
del calcolo delle soglie, come una unica “opera
prevista”
oggetto di un unico appalto. Si è già precisato che se la
sommatoria di tale coacervo supera la soglia europea tutte
le opere dovranno essere assoggettate al codice.
Si rende tuttavia applicabile in questo caso anche l’art.
35, comma 11, del Codice, il quale, in diretta, letterale e
pedissequa applicazione dell’art. 5, par. 10 della direttiva
2014/24/UE, stabilisce che, in via di eccezione, quando
un’opera prevista può dar luogo ad appalti aggiudicati per
lotti separati, e quand’anche il valore complessivo stimato
della totalità dei lotti di cui essa si compone sia
superiore alla soglia, ciò non ostante ai lotti frazionati
in questione non si applica la direttiva, e dunque possono
essere aggiudicati senza le procedure in essa previste come
obbligatorie. Ciò può avvenire però a due condizioni:
1. Che, i lotti in cui è stata frazionata l’”opera
prevista”
siano ciascuno inferiore a € 1.000.000,00,
2. Che la somma di tali lotti non superi il 20 per cento
della somma di tutti i lotti in cui l’opera prevista è stata
frazionata. In questo caso per “opera
prevista”
si deve intendere, appunto, il coacervo delle opere di
urbanizzazione addossate al titolare del permesso.
In questo senso, potendosi su tale aspetto concordare con
quanto suggerito dall’Anac nel quesito qui in esame,
applicando l'articolo 35, comma 11, del Codice e sussistendo
le relative condizioni, sarebbe possibile scorporare il
lotto relativo alle opere di urbanizzazione primaria
funzionali, affidandolo in via diretta ai sensi
dell'articolo 16, comma 2-bis, d.P.R. n. 380 del 2001, anche
se il valore complessivo dell'opera fosse di rilevanza
comunitaria, a condizione che esso fosse di valore inferiore
a € 1.000.000,00, e non superasse il venti per cento di
tutte le opere a scomputo addossate al titolare. |
EDILIZIA PRIVATA:
Vale la regola della scomputabilità del valore
corrispondente alle opere di urbanizzazione primaria
realizzate dal lottizzante dall'importo dovuto a titolo di
oneri di urbanizzazione secondaria, attesa la comune natura
giuridica degli oneri di cui trattasi, talché l’eccedenza dell’importo già
corrisposta nella forma di oneri di urbanizzazione
secondaria scomputati mediante la realizzazione diretta
delle opere di urbanizzazione (primarie e/o secondarie)
prescinde dalla tipologia delle opere stesse.
---------------
2. Con la prima doglianza la ricorrente lamenta il mancato
scomputo, nell’impugnata determinazione avente ad oggetto il
conguaglio dovuto, dell’eccedenza di importo per oneri di
urbanizzazione secondaria conteggiata in relazione alla
concessione edilizia del 2003 (euro 18.265,6).
Il rilievo è fondato.
Premesso che in forza della concessione edilizia sono stati
addebitati dal Comune oneri di urbanizzazione secondaria per
euro 99.156,11, superiori a quelli dovuti in relazione alla
attuale destinazione d’uso (euro 80.890,51), il Collegio
osserva quanto segue.
Gli oneri di urbanizzazione secondaria furono
originariamente scomputati a fronte della realizzazione, da
parte del lottizzante, di una strada di allacciamento alla
viabilità primaria (si veda l’art. 3 della convenzione,
costituente il documento n. 13 allegato al ricorso), ovvero
di un’opera funzionale sia alla destinazione industriale che
a quella commerciale.
Non vale pertanto a giustificare l’atto impugnato
l’indirizzo interpretativo, invocato dalla difesa del Comune
di Prato, secondo cui la quota corrisposta di oneri di
urbanizzazione concernenti la destinazione originaria può
essere detratta da quanto dovuto attualmente solo nella
parte in cui attiene ad opere di urbanizzazione fruibili
anche nell’ambito della nuova destinazione, in quanto nel
caso di specie le opere di urbanizzazione realizzate in
forza dello scomputo degli oneri di urbanizzazione
secondaria sono fruibili anche per la nuova destinazione.
In ogni caso, vale la regola della scomputabilità del valore
corrispondente alle opere di urbanizzazione primaria
realizzate dal lottizzante dall'importo dovuto a titolo di
oneri di urbanizzazione secondaria, attesa la comune natura
giuridica degli oneri di cui trattasi (TAR Toscana, III,
11.08.2004, n. 3181), talché l’eccedenza dell’importo già
corrisposta nella forma di oneri di urbanizzazione
secondaria scomputati mediante la realizzazione diretta
delle opere di urbanizzazione (primarie e/o secondarie)
prescinde dalla tipologia delle opere stesse.
Pertanto,
l’eccedenza di oneri di urbanizzazione secondaria può essere
detratta dall’importo degli oneri di urbanizzazione primaria
attualmente dovuti in relazione alla mutata destinazione
d’uso (TAR Toscana, Sez. III,
sentenza 26.07.2018 n. 1098 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA:
Opere da realizzare a scomputo oneri e obblighi di
fatturazione.
Nella ipotesi di convenzione di
lottizzazione, nella quale la realizzazione di un'opera
pubblica a scomputo degli oneri di urbanizzazione è
assoggettata ad Iva qualora l'opera non rientri tra quelle
destinate ad esigenze di urbanizzazione primaria e
secondaria, l'obbligo di fatturazione non insorge alla data
di sottoscrizione della convenzione urbanistica, ma al
compimento delle opere concordate con l'ente territoriale,
ed al loro collaudo.
---------------
Per priorità logica devono esaminarsi i motivi del ricorso
incidentale.
Infatti la controversia de quo verte su due questioni,
distinte ma l'una dall'altra
dipendenti. La prima, introdotta con il ricorso principale
della Agenzia, è relativa all'atto di irrogazione delle
sanzioni comminate dall'Ufficio per l'asserito indebito
rimborso dell'Iva (€ 1.180.000,00) inerente il primo
trimestre dell'anno di imposta
2007.
Secondo la prospettazione della ricorrente principale
erano assenti i presupposti
previsti dall'art. 30, co. 3, lett. a), del d.P.R. n. 633 del
1972, per cui aveva contestato
e notificato alla contribuente l'atto di irrogazione n.
T9RIRI2000017/2012, con il
quale, ai sensi dell'art. 13 del d.lgs. n. 471 del 1997, si
comminava la sanzione pari al
30% dell'ammontare del suddetto rimborso. Sul punto la
Commissione regionale non
ha negato che il rimborso fosse indebito, ma ha ritenuto che
le sanzioni previste
dall'art. 13 fossero applicabili alle sole fattispecie
relative all'omesso o tardivo
versamento e non ai rimborsi.
A sua volta è però rilevante
evidenziare che
l'Amministrazione ha ritenuto indebito il rimborso in
conseguenza del recupero a
tassazione Iva della somma di € 969.853,00, di cui assumeva
l'omessa fatturazione in
relazione alla sottoscrizione della convenzione urbanistica
intervenuta tra il Comune di
Basiglio e la società contribuente, avvenuta il 28.03.2007.
È infatti con la
contestazione della maggiore iva dovuta e non fatturata nel
primo trimestre 2007 che
sono venuti meno i requisiti prescritti dall'art. 30 cit.
per ottenere il rimborso
infrannuale dell'iva trimestrale (1° trimestre 2007),
altrimenti rimborsabile a
conclusione dell'anno.
Ne discende che risalta prioritario verificare la
correttezza della sentenza
regionale, la cui statuizione, riconoscendo le ragioni
dell'Ufficio in merito al recupero
dell'Iva non fatturata in relazione alla data di
sottoscrizione della convenzione
urbanistica (salvo a riconoscere una riduzione, marginale,
dell'importo, che non è
tuttavia più in discussione), si riflette ovviamente anche
sulla sussistenza o meno dei
requisiti per la contestazione dell'indebito rimborso
ottenuto dalla contribuente, già
oggetto di controversia dinanzi al giudice regionale e
conseguentemente di alcuni dei
motivi del ricorso incidentale dinanzi a questa Corte.
Sempre in via preliminare deve peraltro premettersi che la
vicenda che ci occupa
attiene alla realizzazione di opere pubbliche a scomputo
degli oneri di urbanizzazione,
ma diverse da quelle primarie e secondarie, come tali dunque
imponibili ai fini Iva,
esulando dalla disciplina prevista della cessione ai Comuni
di aree o di opere di
urbanizzazione, già prevista dall'art. 51 della l. n. 342
del 2000 (abrogato dal d.l. n. 5
del 2012, conv. con modificazioni in l. n. 35 del 2012).
Ciò chiarito, la questione posta dalla società è se
l'obbligo di fatturazione sia
insorto alla data di sottoscrizione della convenzione
urbanistica, come sostenuto dalla Agenzia, oppure al termine
della realizzazione delle opere concordate con l'ente
territoriale, ed al loro collaudo, come sostiene la società.
La sentenza impugnata sul punto afferma che «dall'esame
delle questioni
proposte in relazione all'avviso di accertamento, ritiene il
Collegio che con la
convenzione i rapporti inter partes siano stati definiti e,
quindi, è a quella data che
avrebbe dovuto essere emessa la fattura relativa, anche se i
lavori sarebbero stati
ancora da eseguire. A norma dell'art. 6, comma 3, del D.P.R.
26.10.1972, n. 633,
"le prestazioni di servizi si considerano effettuate
all'atto del pagamento del
corrispettivo", con la conseguenza che, nel caso in cui i
rapporti dare-avere siano
definiti tra le parti, la relativa fattura deve essere
emessa alla data dell'accordo
raggiunto dalle parti. Infatti ciò che rileva è la
contemporanea esistenza dei crediti
contrapposti. Nella convenzione la società contribuente si
era impegnata con il
Comune per l'esecuzione di una rotatoria stradale, a
scomputo delle somme dovute
per gli oneri di urbanizzazione.».
A parte l'imprecisione sul riferimento solo ad alcune delle
opere alla cui
realizzazione la società si era impegnata, la sentenza è
inequivoca nel ritenere che
l'obbligo di emissione della fattura sia insorto alla data
della stipula dell'accordo
raggiunto tra le parti (dunque il 28.03.2007),
riconducendo a quel momento la
definizione dei rapporti dare-avere, inteso evidentemente
come esecuzione delle
prestazioni, e ritenendo pertanto verificatosi quanto
prescritto dall'art. 6, co. 3, del
d.P.R. n. 633 cit., ossia che le prestazioni di servizi si
considerano effettuate all'atto
del pagamento del corrispettivo. Questa interpretazione,
propugnata dall'Ufficio, è
criticata dalla contribuente.
In particolare essa con il primo motivo del ricorso
incidentale, rivolto avverso la
parte della sentenza che ha ad oggetto l'avviso di
accertamento n. T9R031200658, si
duole della violazione di legge in riferimento agli artt. 6,
co. 3, e 11, co. 1, del d.P.R. n.
633 del 1972, nonché agli artt. 1197, 1141, 1142, 1143,
1362, 1363 c.c. In sintesi
contesta che la convenzione urbanistica potesse rientrare in
una fattispecie
compensativa, con estinzione dei reciproci crediti al
momento della sottoscrizione
dell'accordo, e ne propugna l'inquadramento nella figura
della datio in solutum, che
prevede l'estinzione della obbligazione ad esecuzione della
prestazione, ossia, per
quello che qui interessa, ad esecuzione delle opere
concordate con l'ente territoriale, e
a collaudo delle medesime.
Il motivo è fondato.
Sebbene l'imposta sul valore aggiunto presenti peculiarità
tutte proprie ai fini della
imposizione delle operazioni economiche ad essa soggette, è
tuttavia indiscutibile che
l'emersione dell'obbligo di fatturazione dell'atto giuridico
regolativo dell'operazione
vada ricondotto, quando non diversamente stabilito dalla
disciplina dell'imposta
comunitaria, ai principi e alle regole del sistema
giuridico. Sicché, con riferimento alla
prestazione di servizi, la regola di emersione dell'obbligo
di fatturazione non può
prescindere dal significato attribuibile nel sistema
giuridico al concetto di pagamento
del corrispettivo, e cioè al momento dell'avvenuto pagamento
del corrispettivo,
quando ci si rapporta alla assunzione di obbligazioni
derivanti dalla sottoscrizione di
una convenzione urbanistica.
Nel caso che ci occupa la dimensione fattuale della vicenda
è semplice e ad un
tempo tipica e ricorrente.
Si tratta dell'ipotesi
dell'impresa, proprietaria di un'area
edificabile secondo lo strumento urbanistico vigente in un
Comune, che in luogo dei
computati oneri di urbanizzazione primari e secondari
sottoscrive con l'Ente una
"convenzione urbanistica per programma di intervento
integrato", obbligandosi alla
esecuzione di opere (ancorché non di natura primaria o
secondaria) a scomputo degli
oneri medesimi.
Questa operazione è inquadrata dalla sentenza (accogliendo
la impostazione della
Agenzia) nell'istituto della compensazione, affermandosi che
con l'accordo tra le parti
sarebbe insorto un (reciproco) rapporto di dare-avere
definito tra le parti per la
contemporanea esistenza di crediti contrapposti.
Questa la ricostruzione giuridica cui sottende
l'accoglimento della tesi della
Agenzia, non sembra a questo Collegio condivisibile
l'assunto.
Intanto, pur solo per cenni, in ordine alla qualificazione
giuridica delle
convenzioni di urbanizzazione è stato condivisibilmente
evidenziato, in dottrina e
giurisprudenza (Cass., sent. n. 1366 del 1999 a proposito
delle convenzioni di
lottizzazione con cessione di terreni per la realizzazione
di opere di urbanizzazione
primaria e secondaria), che queste trovano collocazione tra
i contratti con oggetto
pubblico. Con esse l'Amministrazione dal suo canto realizza
determinate finalità
istituzionali, solo strumentalmente alle quali si originano
a proprio favore diritti ed
obbligazioni a contenuto patrimoniale; per altro verso, ma
alle predette finalità
asservite, sono precisati gli obblighi che il privato
assume, sicché si sostiene che le
convenzioni iscritte nella normativa pubblicistica relativa
alle opere di urbanizzazione,
e, può aggiungersi, più in generale nell'alveo dell'art. 11
della L. n. 241/1990, si
configurano quali accordi endoprocedimentali dal contenuto
vincolante, al fine dell'ottenimento di autorizzazioni
urbanistico-edilizie (Cass., sent. n. 9314 del 2013).
In tal senso si è pertanto sostenuto che tali negozi sono
conclusi in condizioni di
disparità, laddove gli obblighi per la parte privata
configurano atti dovuti, prestazioni
patrimoniali aventi natura di obbligazioni propter rem (cfr.
Cass., sent. 16401 del
2013; sent. n. 11196 del 2007), e di prestazione
patrimoniale imposta, seguendo la
titolarità del bene, anziché il soggetto originario
contraente.
La sommatoria di queste considerazioni porta alla
conclusione secondo cui non è
ravvisabile un rapporto strettamente sinallagmatico tra i
soggetti stipulanti
convenzioni urbanistiche, ossia la natura del rapporto,
almeno in parte impositivo
rinveniente dalla convenzione urbanistica, esclude il piano
di parità formale tra i
contraenti (cfr. TAR-Lombardia, Sez. Brescia, sent. n. 784
del 2005; TAR Marche,
sent. n. 939 del 2003; TAR Sicilia, sez. Catania, sent. n.
934 del 2011).
D'altronde, ad ulteriore rafforzamento di tali
considerazioni, è stato sottolineato,
dalla dottrina come dalla giurisprudenza, che le convenzioni
di lottizzazione non
costituiscono un vero e proprio contratto a prestazioni
corrispettive, mancando una
«vera e propria corrispondenza di tipo contrattuale tra
cessioni immobiliari, opere di
urbanizzazione, prestazioni e contributi vari, con cui si
attuano gli obblighi
convenzionali, e il perfezionamento del procedimento
amministrativo finalizzato alla
legittimazione dell'attività lottizzatoria (così in
dottrina), atteso che tali convenzioni
addirittura lasciano integra ... la potestà pubblicistica
del Comune in materia di
disciplina del territorio e di regolamentazione urbanistica,
ivi compresa la facoltà di
liberarsi dal vincolo contrattuale, alla stregua di esigenze
sopravvenute»» (Cass.,
sent. n. 15660 del 2014, che riporta a sua volta Cass., sent.
n. 6482 del 1995).
Ebbene, già queste considerazioni rendono difficile, per non
dire inconciliabile,
collocare nell'istituto della compensazione la fattispecie
che ci occupa -che esula dalla
esecuzione di opere primarie e secondarie o da meri obblighi
di cessione di terreni ove
allocare le predette opere primarie o secondarie, ma
parimenti vede sull'impegno di
realizzo di opere pure pubbliche, finalizzato
all'ottenimento della autorizzazione
amministrativa a costruire.
Lo impedisce proprio quella
disarticolazione rilevata nella
assenza di una posizione paritetica delle parti, che
contrasta con l'estinzione dei
rispettivi crediti, dal giorno della loro coesistenza ex
art. 1242 c.c., laddove nel caso
che ci occupa il rapporto potrebbe addirittura condurre alla
revoca della autorizzazione
qualora dovessero sopraggiungere motivi di pubblico
interesse, secondo il principio
generale riassunto nell'art. 11, co. 4, l. 241 cit..
Ciò mal si concilia con la configurabilità di crediti
compensati ed estinti addirittura
al momento della sottoscrizione della convenzione, cioè ben
prima che, secondo
l'accordo pubblico raggiunto, il contribuente abbia iniziato
i lavori di realizzazione delle
opere concordate. Sarebbe anzi una interpretazione pregna di
pericolose conseguenze
per la Amministrazione stessa (quella dell'ente
territoriale, non del fisco), perché se si
volesse riconoscere che con la sottoscrizione della
convenzione si realizza il momento
impositivo corrispondente al pagamento del corrispettivo
della prestazione di servizio,
con ciò ritenendo adempiuta l'attività sostitutiva della monetizzazione degli oneri
urbanistici, un successivo eventuale inadempimento del
privato nella esecuzione delle
opere costruttive dovrebbe importare per l'Amministrazione
l'onere dell'avvio di una
causa risolutoria del rapporto giuridico, evento
inconciliabile quando non del tutto
bizzarro sul piano giuridico, attesi i poteri riservati alla
Amministrazione stessa.
Oppure, ancora, gli effetti della compensazione, immediati
con estinzione dei due
debiti dal giorno della loro coesistenza secondo la
previsione dell'art. 1242 c.c.,
sarebbero del tutto inconciliabili con la pacifica e
necessaria natura di obbligazione propter rem attribuita agli obblighi che si assumono con la
convenzione.
Si comprende pertanto perché sia più consona alla vicenda
economica emergente
dalla stipula della convenzione e dalla sottoscrizione della
stessa ricondurre la
fattispecie nell'alveo giuridico della datio in solutum (cfr.
Cass., sent. n. 1366 cit.;
Cass. n. 15660 cit.), come invoca la difesa della
contribuente. Ebbene, l'art. 1197, co.
1, c.c. statuisce che l'obbligazione si estingue al momento
della esecuzione della
diversa prestazione, sicché nel caso che ci occupa è al
momento della realizzazione
delle opere convenute che l'Amministrazione doveva fare
riferimento per individuare
l'emersione dell'obbligo di fatturazione.
D'altronde sono evidenziabili ulteriori parametri
interpretativi che risolvono la
vicenda nel senso appena tracciato. L'art. 108 del TUIR, co.
2, lett. b), dispone che
«i corrispettivi delle prestazioni di servizi si considerano
conseguiti ....alla data in cui
le prestazioni sono ultimate»; nell'ambito civilistico è
pacifico che in tema di appalto
l'obbligazione del committente di pagare il corrispettivo
sorge, a mente dell'art.
1665, ult. co., c.c., soltanto all'esito dell'accettazione
dell'opera che, negli appalti di
opere pubbliche, può ritenersi avvenuta soltanto all'esito
del collaudo dell'opera stessa
(Cass., sent. n. 13075 del 2000).
Ancor più interessante,
per quanto qui rileva, è che
nell'appalto il diritto dell'appaltatore al corrispettivo
sorge con l'accettazione dell'opera
da parte del committente, ai sensi dell'art. 1665, ult. co.,
c.c., e non già al momento
stesso della stipulazione del contratto. È certo che la
disciplina sull'Iva segua i suoi peculiari principi, ma nel
caso di specie è significativo il supporto interpretativo
che
proviene da settori distinti del diritto.
Significativa si rivela poi la stessa convenzione stipulata
tra la società ed il
Comune di Basiglio. In essa infatti è previsto che
«nella
ipotesi di conseguimento di
finanziamenti regionali per le opere pubbliche concordate
con la società, ....a semplice
richiesta dell'Amministrazione Comunale le somme eccedenti
il contributo dovuto
dovranno essere utilizzate per il finanziamento di opere
diverse da quelle indicate, che
il proponente si impegna sin d'ora a realizzare» (art. 8
della convenzione, riportato
alla pagg. 29 e 30 del controricorso e ricorso incidentale).
Ciò sta a dimostrare che al
momento della sottoscrizione della convenzione non era
neppure del tutto certo
l'oggetto delle opere da realizzarsi in luogo della
corresponsione degli oneri di
urbanizzazione.
È Inoltre importante evidenziare la previsione contenuta
nell'art. 11, co. 8, della
convenzione (riportata a pag. 37 del medesimo atto
difensivo), secondo cui
«l'importo di cui al comma 1 (€ 969.853,00) deve essere
adeguatamente
documentato prima del collaudo; qualora sia documentato un
costo inferiore, anche
dopo che siano stati assolti tutti gli obblighi
convenzionali, sarà il costo documentato e
non quello preventivato oggetto di scomputo dagli oneri di
urbanizzazione di cui al
presente art. 11, co. 1», prevedendosi inoltre che «qualora
il costo documentato
sia inferiore a quello determinato con deliberazione
comunale ai sensi dell'art. 44 della
Legge Regionale n. 12 del 2005, entro la data del collaudo
dovranno essere corrisposti
a conguaglio i maggiori oneri di urbanizzazione afferenti le
edificazioni già autorizzate
o comunque assentite».
In conclusione è più che evidente che la sottoscrizione
della convenzione non
definiva assolutamente nulla se non l'assunzione di obblighi endoprocedimentali,
restando ancora incerto l'oggetto della prestazione. Era
anzi addirittura prospettata
l'ipotesi di dover versare in moneta la differenza
risultante tra gli oneri computati e le
opere edili pubbliche realizzate.
Gli elementi emergenti e le considerazioni giuridiche
esplicitate escludono
pertanto che la contribuente fosse tenuta ad emettere
fattura al momento della
sottoscrizione della convenzione. Ne risulta fondato il
primo motivo del ricorso
incidentale.
L'accoglimento del primo motivo del ricorso incidentale
assorbe i motivi secondo,
terzo e settimo (nella numerazione corrispondenti al IV, al
V ed al IX).
Deve pertanto affermarsi che la sentenza del giudice
regionale è errata in ordine
al riconosciuto obbligo di fatturazione dell'importo di €
969.853,00 (come ridotta dalla
Commissione stessa) al momento della sottoscrizione della
convenzione, per non aver
tenuto conto dei parametri interpretativi sopra enunciati, e
in particolare del principio
secondo cui «nella ipotesi di convenzione di lottizzazione,
nella quale la realizzazione
di un'opera pubblica a scomputo degli oneri di
urbanizzazione è assoggettata ad Iva
qualora l'opera non rientri tra quelle destinate ad esigenze
di urbanizzazione primaria
e secondaria, l'obbligo di fatturazione non insorge alla
data di sottoscrizione della
convenzione urbanistica, ma al compimento delle opere
concordate con l'ente
territoriale, ed al loro collaudo» (Corte di
Cassazione, Sez. V civile,
sentenza
22.06.2018 n. 16533). |
EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: Scomputo
del costo di costruzione.
Le previsioni di cui
all’articolo 16 del D.P.R. 380/2001 e
dell’articolo 45 della L.R. Lombardia n.
12/2015, che ammettono la possibilità di
scomputare totalmente o parzialmente il
contributo relativo agli oneri di
urbanizzazione, non possono interpretarsi
come volte a precludere in termini assoluti
la possibilità di scomputo dei costi di
costruzione, se prevista in via
convenzionale
(TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 18.06.2018 n. 1525 -
commento tratto da
https://camerainsubria.blogspot.com).
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MASSIMA
1. Preliminarmente occorre esaminare
l’eccezione di inammissibilità formulata dal
Comune resistente secondo il quale il
ricorso dovrebbe considerarsi tardivo perché
notificato oltre il termine decadenziale
previsto per l’azione di annullamento.
1.1. A sostegno dell’eccezione il Comune
osserva che l’atto impugnato richiede il
pagamento di una somma a titolo di
monetizzazione dello standard urbanistico e,
come tale, impone l’impugnazione entro il
termine di sessanta giorni previsto –in
generale– dal codice del processo
amministrativo.
1.2. L’eccezione è priva di fondamento per
le considerazioni che si procede ad esporre.
1.3. Il Comune di Milano richiama, a
sostegno dell’eccezione la decisione del
Consiglio di Stato, sez. IV, 28.12.2012, n. 6706. Osserva il Giudice d’Appello
che, “se da un lato è pressoché irrilevante,
ai fini in esame, la qualificazione della monetizzazione come imposizione di tipo
tributario o come corrispettivo di diritto
pubblico, dall’altro lato assume, invece,
significativo rilievo la considerazione che
la prestazione patrimoniale richiesta non
vive in alcun modo della natura e delle
finalità proprie del contributo concessorio
costituito dagli oneri di urbanizzazione e
dal costo di costruzione che accompagna
naturaliter l’autorizzazione a costruire, la
cui debenza o meno, quanto al relativo
accertamento, può essere fatta valere, in
linea generale, nei termini prescrizionali”.
1.3.1. Infatti, prosegue il Consiglio di
Stato, “mentre il pagamento degli oneri di
urbanizzazione si risolve in un contributo
per la realizzazione delle opere stesse,
senza che insorga un vincolo di scopo in
relazione alla zona in cui è inserita l’area
interessata all’imminente trasformazione
edilizia, la monetizzazione sostitutiva
della cessione degli standard afferisce al
reperimento delle aree necessarie alla
realizzazione delle opere di urbanizzazione
secondaria all’interno della specifica zona
di intervento; e ciò vale ad evidenziare la
diversità ontologica della monetizzazione
rispetto al contributo di concessione, di
talché, sotto il versante processuale, non
si può utilizzare lo strumento dell’azione
di accertamento ammesso per contestare la
legittimità del contributo […] o comunque la
insussistenza di tale obbligazione
pecuniaria ancorché già assolta”.
1.3.2. Conclude il Consiglio di Stato
notando che la monetizzazione non
costituisce una duplicazione del contributo
concessorio, venendo in rilievo un obbligo
diverso ed aggiuntivo e che “la prestazione
patrimoniale derivante dalla
“monetizzazione” accede intimamente alla
rilasciata concessione edilizia”, con la
conseguenza che “la pretesa di non
soggiacere a tale obbligo di pagamento deve
essere necessariamente fatta valere in sede
di contestazione della legittimità degli
atti e provvedimenti di imposizione, con
l’impugnazione (quanto meno) della
concessione, in parte qua, nel termine decadenziale previsto dal codice del
processo amministrativo”.
1.4. La decisione richiamata dal Comune e
riportata nel precedente punto non risulta,
tuttavia, sovrapponibile al caso di specie.
1.4.1. Nel caso esaminato dal Consiglio di
Stato la società propone azione di
accertamento “dell’inesistenza dell’obbligo
di pagamento della cd. “monetizzazione”
delle aree per urbanizzazioni secondarie
riconnesse al rilascio delle concessioni
edilizie n. 19/99-662 e n. 127/2001,
quantificato dal Comune di Putignano in
€ 10.039,92 ai sensi dell’art. 52 delle NTA
del PRG comunale, in aggiunta al contributo
di costruzione di cui all’art. 16 del TU
edilizia”, omettendo l’impugnazione dei
titoli.
1.4.2. Nel caso sottoposto all’attenzione
del Collegio il giudizio verte, al
contrario, sulla corretta interpretazione
delle disposizioni contenute nella
Convenzione integrativa del permesso e, in
particolare, sulle modalità attraverso le
quali attuare la prestazione relativa al
costo di costruzione per il primo intervento
realizzato.
Inoltre, diversamente da quanto
verificatosi nella fattispecie definita dal
Consiglio di Stato, la società non avanza
alcuna contestazione che sia mediatamente o
immediatamente incidente sul titolo edilizio
che, al contrario, è, come si vedrà, uno
degli elementi posti a fondamento
dell’interpretazione della convenzione
integrativa fornita dalla società
ricorrente.
1.4.3. In una fattispecie come quella in
esame trova, pertanto, applicazione il
consolidato insegnamento giurisprudenziale a
mente del quale “le controversie in tema di
oneri di urbanizzazione e di costo di
costruzione sono devolute alla giurisdizione
esclusiva del giudice amministrativo” (cfr.
Cons. di Stato, Sez. V, 09.02.2001 n.
584, e Sez. IV, 19.07.2004 n. 5197);
tali controversie introducono, infatti, “un
giudizio su un rapporto, sicché le questioni
concernenti l'esistenza e l'entità del
debito, involgendo posizioni di diritto
soggettivo, sono sottratte agli ordinari
termini decadenziali del giudizio
impugnatorio, pur in presenza di atti
amministrativi da definire pertanto come
paritetici, presentandosi come un giudizio
di accertamento di un rapporto obbligatorio,
attivabile nell’ordinario termine di
prescrizione” (cfr. Cons. Stato, V Sezione,
14.10.2014 n. 5072; C.G.A. n. 462 e n.
466 del 27.05.2008; Tar per la Campania
– sede di Napoli, sez. VI, 08.09.2017,
n. 4322).
2. Passando al merito del ricorso si osserva
che i primi due motivi formulati dalla
società possono trattarsi congiuntamente in
quanto fondati su questione logicamente e
giuridicamente comune, consistente sulla
interpretazione delle previsioni della
Convenzione integrativa al permesso di
costruire n. 85/2006 per la disciplina
dell’esecuzione di opera a scomputo e per la
cessione di strada e, in particolare, sulle
possibilità di scomputo degli importi dovuti
a titolo di costo di costruzione per il
primo degli interventi realizzati dalla
società.
2.1. La disamina della questione indicata al
punto che precede impone di affrontare, in
primo luogo, la deduzione svolta dal Comune
resistente secondo cui la pretesa della
Al. s.p.a. risulterebbe in constato con
la previsione di cui all’articolo 16 del
D.P.R. 380/2001 e dell’articolo 45 della
L.R. Lombardia n. 12/2015.
Replica la
ricorrente osservando che: a) si tratta di
argomentazione esposta per la prima volta in
sede giudiziaria (evocando, in tal modo, il
divieto di integrazione postuma della
motivazione); b) la giurisprudenza
amministrativa ammette forme alternative di
pagamento e/o compensazione con opere
urbanistiche anche in relazione ai costi di
costruzione.
2.2. La tesi del Comune non può essere
condivisa.
2.2.1. La disposizione contenuta all’interno
dell’articolo 16, comma 2, del D.P.R.
380/2001 prevede testualmente: “la quota di
contributo relativa agli oneri di
urbanizzazione è corrisposta al comune
all'atto del rilascio del permesso di
costruire e, su richiesta dell'interessato,
può essere rateizzata. A scomputo totale o
parziale della quota dovuta, il titolare del
permesso può obbligarsi a realizzare
direttamente le opere di urbanizzazione, nel
rispetto dell'articolo 2, comma 5, della
legge 11.02.1994, n. 109, e successive
modificazioni, con le modalità e le garanzie
stabilite dal comune, con conseguente
acquisizione delle opere realizzate al
patrimonio indisponibile del comune”.
2.2.2. In coerenza con il precetto dettato
dalla legislazione statale, la previsione
dell’articolo 45 della L.R. 12/2005 dispone:
“1. A scomputo totale o parziale del
contributo relativo agli oneri di
urbanizzazione, gli interessati possono
essere autorizzati a realizzare direttamente
una o più opere di urbanizzazione primaria o
secondaria, nel rispetto dell'articolo 2,
comma 5, della legge 11.02.1994, n.
109 (Legge quadro in materia di lavori
pubblici). I comuni determinano le modalità
di presentazione dei progetti di valutazione
della loro congruità tecnico-economica e di
prestazione di idonee garanzie finanziarie,
nonché le sanzioni conseguenti in caso di in
ottemperanza. Le opere, collaudate a cura
del comune, sono acquisite alla proprietà
comunale. 2. Non possono essere oggetto di
scomputo le opere espressamente riservate,
nel programma triennale delle opere
pubbliche, alla realizzazione diretta da
parte del comune”.
2.2.3. Le due previsioni riprodotte
ammettono, pertanto, la possibilità di
scomputare totalmente o parzialmente il
contributo relativo agli oneri di
urbanizzazione. Tale previsione non pare,
tuttavia, potersi interpretare come volta a
precludere in termini assoluti la
possibilità di scomputo dei costi di
costruzione, se prevista in via
convenzionale.
2.2.4. Deve, infatti, considerarsi che:
- il contributo afferente al permesso di costruire, commisurato
all'incidenza degli oneri di urbanizzazione
nonché al costo di costruzione, è
determinato e liquidato all'atto del
rilascio del titolo edilizio (cfr. Consiglio
di Stato, sez. IV, 19.03.2015, n. 1504);
- tale contributo è un corrispettivo di diritto pubblico, di natura
non tributaria, posto a carico del
concessionario a titolo di partecipazione ai
costi delle opere di urbanizzazione e in
proporzione all'insieme dei benefici che le
nuove costruzioni inducono nel contesto
urbano, senza alcun vincolo di scopo in
relazione alla zona interessata dalla
trasformazione urbanistica e
indipendentemente dalla concreta utilità che
il concessionario può conseguire dal titolo
edificatorio e dall'ammontare delle spese
effettivamente occorrenti per la
realizzazione delle opere stesse (cfr.
Consiglio di Stato, sez. IV, 29.10.2015, n. 4950; TAR Lombardia-Brescia,
02.03.2012, n. 355; TAR Piemonte, 26.11.2003 n. 1675);
- il contributo di urbanizzazione è, invece, commisurato al costo
delle opere di urbanizzazione da realizzarsi
concretamente nella zona, e differisce dal
contributo da pagare all'atto del rilascio
della concessione di costruzione, che ha
natura contributiva, rappresentando un
corrispettivo delle spese poste a carico
della collettività per il conferimento al
privato del diritto all'edificazione e dei
vantaggi che il concessionario ottiene per
effetto della trasformazione del territorio;
- si tratta, quindi, di istituti diversi, da cui deriva, quale
naturale conseguenza, la determinazione di
oneri altrettanto diversi, l'uno relativo al
costo sostenuto per rendere urbanizzata ed
edificabile la singola area, l'altro
relativo al contributo, di carattere
tributario, preordinato alla realizzazione
del generale assetto urbanistico del
territorio (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV,
15.09.2014, n. 4685);
- la diversità tra i due istituti spiega la ragione per la quale il
legislatore prevede il solo scomputo degli
oneri di urbanizzazione nell’ipotesi in cui
il titolare del permesso di costruire si
obblighi alla realizzazione diretta di tali
opere; in tal caso, infatti, la prestazione
patrimoniale è sostituita dall’esecuzione
delle opere che il pagamento risulta
strumentale a finanziare;
- in altri termini, la previsione dell’articolo 16, comma 2,
contempla i soli oneri di urbanizzazione in
quanto solo questi sono immediatamente
irrelati alle opere di urbanizzazione e,
come tali, sostituibili nel caso di diretta
realizzazione delle stesse;
- ricostruita la ratio della disposizione di cui all’articolo 16,
comma 2, può escludersi che lo stesso funga
da perimetro applicativo dell’istituto dello
scomputo nel diverso caso dei costi di
costruzione che, come spiegato, hanno
diversa natura giuridica;
- la soluzione della questione non può quindi rinvenirsi
all’interno dell’articolo 16, comma 2, ma
necessita, al contrario, di un
approfondimento da condurre alla luce dei
principi regolatori della materia;
- a tal fine, deve, in primo luogo, evidenziarsi che il meccanismo
dello scomputo non elide la doverosità della
prestazione imposta e il carattere
indisponibile della stessa atteso che lo
scomputo agisce più propriamente nella fase
solutoria dell’obbligazione, postulando e
non denegando la prestazione dovuta;
- in altri termini, se la natura tributaria esclude la
disponibilità dell’an e del quantum debeatur,
non elimina, tuttavia, la possibilità di
sostituire il versamento con forme
alternative di pagamento e/o compensazione
con opere urbanistiche stabilite dalle parti
e, in particolare, dall’Ente comunale;
- il carattere indisponibile dell’obbligazione tributaria non si
traduce quindi nella imposizione di una sola
forma solutoria dei costi di costruzione
che, fermo il quantum e la doverosità della
prestazione, non ha alcuna tipizzazione
monetaria inderogabile;
- deve, pertanto, escludersi che l’articolo 16, comma 2, del D.P.R.
380/2001 possa decretare la nullità assoluta
della clausola compensativa convenzionale e
imporre una sostituzione automatica della
stessa con la regola del versamento
pecuniario, che, nel caso di specie, sarebbe
aggiuntivo ed implicherebbe il pagamento, da
parte del Comune, delle opere ulteriori
realizzate dalla società ricorrente (cfr.
TAR per l’Abruzzo – sede di Pescara, 18.10.2010, n. 1142);
- inoltre, deve, altresì, escludersi che la natura tributaria
dell’obbligazione possa, nella fattispecie
in esame, non ammettere un accordo tra le
parti inerente, come spiegato, la sola forma
solutoria dell’adempimento e, come tale,
inidoneo a ledere il principio di
indisponibilità che governa la materia.
3. Esclusa, pertanto, la sussistenza di un
divieto legale all’inserzione di una
clausola di scomputo dei costi di
costruzione, può procedersi a verificare la
concreta disciplina dettata dal rapporto
all’esame del Collegio.
3.1. Simile verifica deve essere preceduta
da una notazione di carattere generale sulla
natura giuridica dell’accordo in esame,
necessaria per la corretta interpretazione
della convenzione.
3.1. Secondo un consolidato orientamento
giurisprudenziale, le convenzioni
urbanistiche –come quella in esame-
rientrano infatti nel novero degli accordi
tra privati e amministrazione, ai sensi
dell’articolo 11 della legge n. 241 del 1990
(ex multis: Cass. civ., Sez. I, 28.01.2015, n. 1615; Cass., SS.UU.,
09.03.2012,
n. 3689; nella giurisprudenza di questa
sezione, cfr. TAR per la Lombardia – sede
di Milano, sez. II, 26.07.2016, n.
1507).
3.2. Tale qualificazione impone che
l’interpretazione della convenzione avvenga
utilizzando i criteri ermeneutici di cui
agli articoli 1362 e seguenti del codice
civile, visto l’esplicito richiamo di cui al
comma 2 dell’art. 11 medesimo e come del
resto confermato dalla giurisprudenza, sia
di questo Tribunale (cfr., ex multis, Tar
per la Lombardia – sede di Milano, sez. II,
05.05.2015, n. 1103, con la
giurisprudenza richiamata e sez. II, 11.05.2015, n. 1137),
sia del Consiglio di
Stato (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 17.12.2014, n. 6164).
3.3. L’operazione ermeneutica deve
necessariamente prendere le mosse dalla
fondamentale disposizione contenuta
all’interno dell’articolo 1362 c.c. a mente
della quale: “1. Nell'interpretare il
contratto si deve indagare quale sia stata
la comune intenzione delle parti e non
limitarsi al senso letterale delle parole.
2. Per determinare la comune intenzione
delle parti, si deve valutare il loro
comportamento complessivo anche posteriore
alla conclusione del contratto”.
3.4. Sul punto, la giurisprudenza della
Corte di Cassazione chiarisce che:
- “ai fini della ricerca della comune intenzione dei contraenti
il primo e principale strumento è
rappresentato dal senso letterale delle
parole e delle espressioni utilizzate”
(cfr., da ultimo, Cassazione civile, sez.
III, 19.03.2018, n. 6675);
- “il rilievo da assegnare alla formulazione letterale va invero
verificato alla luce dell'intero contesto
contrattuale, le singole clausole dovendo
essere considerate in correlazione tra loro
procedendosi al relativo coordinamento ai
sensi dell'art. 1363 c.c., giacché per senso
letterale delle parole va intesa tutta la
formulazione letterale della dichiarazione
negoziale, in ogni sua parte ed in ogni
parola che la compone, e non già in una
parte soltanto, quale una singola clausola
di un contratto composto di più clausole,
dovendo il giudice collegare e raffrontare
tra loro frasi e parole al fine di chiarirne
il significato” (Cfr. Cassazione civile,
sez. III, 16.01.2007, n. 828; Cassazione
civile, sez. I, 22.12.2005, n. 28479).
3.5. Inoltre, la Corte di Cassazione
sottolinea che: “pur assumendo l'elemento
letterale funzione fondamentale nella
ricerca della reale o effettiva volontà
delle parti, il giudice deve invero a tal
fine necessariamente riguardarlo alla
stregua degli ulteriori criteri di
interpretazione, e in particolare di quelli
(quali primari criteri d'interpretazione
soggettiva, e non già oggettiva, del
contratto: v. Cass., 23/10/2014, n. 22513;
Cass., 27/06/2011, n. 14079; Cass.,
23/05/2011, n. 11295; Cass., 19/05/2011, n.
10998; con riferimento agli atti unilaterali
v. Cass., 06/05/2015, n. 9006)
dell'interpretazione funzionale ex art. 1369
c.c. e dell'interpretazione secondo buona
fede o correttezza ex art. 1366 c.c., avendo
riguardo allo scopo pratico perseguito dalle
parti con la stipulazione del contratto e
quindi alla relativa causa concreta (cfr.
Cass., 23/05/2011, n. 11295).
Il primo di tali criteri (art. 1369 c.c.)
consente di accertare il significato
dell'accordo in coerenza appunto con la
relativa ragione pratica o causa concreta.
L'obbligo di buona fede oggettiva o
correttezza ex art. 1366 c.c. quale criterio
d'interpretazione del contratto (fondato
sull'esigenza definita in dottrina di
"solidarietà contrattuale") si specifica in
particolare nel significato di lealtà,
sostanziantesi nel non suscitare falsi
affidamenti e non speculare su di essi, come
pure nel non contestare ragionevoli
affidamenti comunque ingenerati nella
controparte (v. Cass., 06/05/2015, n. 9006;
Cass., 23/10/2014, n. 22513; Cass.,
25/05/2007, n. 12235; Cass., 20/05/2004, n.
9628).
A tale stregua esso non consente di dare
ingresso ad interpretazioni cavillose delle
espressioni letterali contenute nelle
clausole contrattuali, non rispondenti alle
intese raggiunte (v. Cass., 23/05/2011, n.
11295) e deponenti per un significato in
contrasto con la ragione pratica o causa
concreta dell'accordo negoziale (cfr., con
riferimento alla causa concreta del
contratto autonomo di garanzia, Cass., Sez.
Un., 18/02/2010, n. 3947).
Assume dunque fondamentale rilievo che il
contratto venga interpretato avuto riguardo
alla sua ratio, alla sua ragione pratica, in
coerenza con gli interessi che le parti
hanno specificamente inteso tutelare
mediante la stipulazione contrattuale (v. Cass., 22/11/2016, n. 23701),
con
convenzionale determinazione della regola
volta a disciplinare il rapporto
contrattuale (art. 1372 c.c.)” (cfr., da
ultimo, Cassazione civile, sez. III,
19.03.2018, n. 6675).
3.6. Nel declinare le coordinate sopra
tracciate al caso di specie, l’indagine deve
prendere le mosse dal testo della
convenzione il cui articolo 1 prevede: “1)
Il Comune, come sopra rappresentato,
autorizza la Società “Al. S.p.A.” a
realizzare –a scomputo degli importi dovuti
per la costruzione della predetta multisala
a titolo monetizzazione conguaglio standard
(€ 512.991,07…), oneri di urbanizzazione (€
539.670,89 …), quali indicati nelle premesse
che precedono, e per un totale pari ad €
1.052.661,96 (…)– l’opera viabilistica
costituita dal ripristino provvisorio del
sottopasso carrabile di collegamento fra
Largo Boccioni e Via Stephenson, e
parcheggi. Il tutto, come da elaborato
progettuale allegato sub “G” e relativo
computo metrico estimativo verificato dai
competenti Uffici comunali pari ad €
2.326.932,78 …, allegato sub “H”, in
riepilogo. L’intervento verrà assentito con
il predetto permesso di costruire in fase di
rilascio per la realizzazione dell’edificio
multisala, e verrà eseguito secondo le
modalità indicate negli articoli che seguono”.
3.7. In relazione alla clausola in esame, il
Comune resistente sottolinea che:
- lo scomputo è espressamente riferito agli importi dovuti a titolo
di monetizzazione conguaglio standards e di
oneri di urbanizzazione e non menziona il
costo di costruzione;
- la circostanza che l’importo indicato a titolo di oneri di
urbanizzazione, pari a € 539.670,89,
comprenda anche la quota del costo di
costruzione, non è sufficiente a desumere la
volontà delle parti di ammettere lo scomputo
anche del costo di costruzione.
3.8. La tesi del Comune non pare convincente
in quanto fondata su una lettura atomistica
della sola parte della clausola che esclude
lo scomputo dei costi di costruzione, senza,
tuttavia, considerare la diversa indicazione
numerica che non può ridursi ad un mero
errore trattandosi esattamente della somma
risultante dalla sommatoria degli oneri di
urbanizzazione e del costo di costruzione.
3.9. In presenza di una clausola
contrattuale contenenti indicazioni non
univoche, occorre verificare –ai fini di
ricavare l’esatta intenzione delle parti–
se la componente erronea dello stessa
risieda nella indicazione dei soli oneri di
urbanizzazione o, al contrario e come
pretende il Comune, nell’importo complessivo
indicato.
3.10. Nel compiere tale operazione deve
tenersi conto dell’insegnamento della
Suprema Corte secondo cui: “in tema di
interpretazione del contratto, ai fini della
ricerca della comune intenzione dei
contraenti il principale strumento è
rappresentato dal senso letterale delle
parole e delle espressioni utilizzate nel
contratto, il cui rilievo deve essere
verificato alla luce dell'intero contesto
contrattuale, sicché le singole clausole
vanno considerate in correlazione tra loro,
dovendo procedersi al loro coordinamento a
norma dell'art. 1363 c.c., e dovendosi
intendere per "senso letterale delle parole"
tutta la formulazione letterale della
dichiarazione negoziale, in ogni sua parte
ed in ogni parola che la compone, e non già
in una parte soltanto, quale una singola
clausola di un contratto composto di più
clausole, dovendo il giudice collegare e
raffrontare tra loro frasi e parole al fine
di chiarirne il significato" (Cass. nn.
14460/2011; 4670/2009, 18180/2007, 4176/2007 e
28479/2005).
Di qui l'erroneità dell'esegesi
fissata esclusivamente su di una singola
parola o frase, astratta dal resto della
stessa o di altre clausole del contratto,
cui pure deve applicarsi il medesimo canone
interpretativo (Cassazione civile, sez. VI,
03.05.2018, n. 10478).
3.11. Incentrando la disamina sull’intero
contenuto della Convenzione, si osserva che
l’importo complessivo di € 539.670,89
(comprensivo, come detto, dei costi di
costruzioni) risulta riprodotto –come
dedotto dalla società ricorrente– sia nelle
premesse della Convenzione stessa che nelle
previsioni contenute negli articoli 2 e 4,
laddove viene indicato l’importo complessivo
scomputabile salvo conguagli. Invero, anche
in tali passaggi la convenzione indica un
importo che include gli oneri di costruzioni
pur senza farne espresso riferimento.
Tale
circostanza non risulta, tuttavia, decisiva
per escludere lo scomputo degli oneri di
costruzioni. Infatti, ove si accedesse ad
una simile interpretazione si terminerebbe
per disattendere il criterio dettato
dall’articolo 1369 c.c. che, come spiegato
in precedenza, impone di aver riguardo allo
scopo pratico perseguito dalle parti con la
stipulazione del contratto, riducendo tale
indicazione ad un mero lapsus calami:
situazione difficilmente ipotizzabile ove si
consideri la rilevanza dell’importo
economico in esame che, come tale, non pare
potersi ritenere alieno dal concerto
negoziale.
Su quest’ultimo aspetto deve,
inoltre, osservarsi che la tesi comunale si
fonda su un dato meramente letterale senza,
tuttavia, giustificare l’eliminazione di
tale voce dallo scomputo in ragione di un
minor valore delle opere che, del resto, non
rinviene alcuna evidenza nella
documentazione versata in atti. Al
contrario, risulta un maggior costo
dell’opera, rimasto a carico della società
ricorrente ai sensi dell’articolo 2 della
convenzione.
L’interpretazione suggerita dal
Comune finirebbe, quindi, per far gravare
sulla società un ulteriore maggior costo: la
ritenuta prevalenza del nomen iuris
sul dato numerico riportato nella
convenzione si tradurrebbe, quindi,
nell’evidente alterazione dell’equilibrio
delle posizioni della parti e, in fondo,
della stessa causa concreta che in parte
qua, l’operazione negoziale ha inteso
realizzare consentendo al Comune
l’acquisizione delle opere indicate dal
medesimo articolo 1 in ragione dello
scomputo previsto che, ove non comprensivo
dei costi di costruzione, diverrebbe una
mera locupletatio cum aliena iactura
senza chiara giustificazione causale.
3.12. Deve, inoltre, considerarsi che la
tesi comunale risulta difficilmente
armonizzabile con il disposto di cui
all’articolo 1366 c.c. che, come ricordato
nella Relazione al codice civile (n. 622),
costituisce “il punto di sutura” tra i due
momenti dell’interpretazione e “li domina
entrambi”.
Come spiegato in precedenza,
l'obbligo di buona fede oggettiva o
correttezza ex art. 1366 c.c. quale criterio
d'interpretazione del contratto “si
specifica in particolare nel significato di
lealtà, sostanziantesi nel non suscitare
falsi affidamenti e non speculare su di
essi, come pure nel non contestare
ragionevoli affidamenti comunque ingenerati
nella controparte (v. Cass., 06/05/2015, n.
9006; Cass., 23/10/2014, n. 22513; Cass.,
25/05/2007, n. 12235; Cass., 20/05/2004, n.
9628).
A tale stregua esso non consente di
dare ingresso ad interpretazioni cavillose
delle espressioni letterali contenute nelle
clausole contrattuali, non rispondenti alle
intese raggiunte (v. Cass., 23/05/2011, n.
11295) e deponenti per un significato in
contrasto con la ragione pratica o causa
concreta dell'accordo negoziale (cfr., con
riferimento alla causa concreta del
contratto autonomo di garanzia, Cass., Sez.
Un., 18/02/2010, n. 3947)” (cfr., ancora,
Cassazione civile, sez. III, 19.03.2018,
n. 6675).
Infatti, l’interpretazione
suggerita dal Comune finisce per ledere
l’affidamento riposto dalla società
nell’integrale scomputo della somma indicata
in convenzione chiedendo alla stessa una
prestazione patrimoniale ulteriore fondata,
in sostanza, sull’unilaterale rimozione dal
testo della convenzione di parte degli
importi ivi indicati in ragione
dell’asserita prevalenza di una sola
porzione del testo negoziale e senza
corrispondenza con il programma perseguito
con questa parte dell’accordo.
3.13. Le considerazioni sin qui esposte
rinvengono una rilevante conferma nel testo
del permesso di costruire n. 85 del 2006 a
cui accede la convenzione integrativa sin
qui esaminata. Infatti, il titolo
espressamente prevede che “il conguaglio di
cui all’art. 16 – comma del DPR 380/2001, è
determinato in € 539.670,89, salvo
conguaglio, di cui: ○ € 131.826,61 = per
oneri di urbanizzazione primaria e
secondaria; ○ € 407.844,28 = per contributo
costo di costruzione”.
Tale documento non
risulta privo di significato per
l’interpretazione della convenzione che,
come spiegato al precedente paragrafo 3.1.
rientra nel novero degli accordi tra privati
e pubblica Amministrazione. Evidente come
nel caso di accordo integrativo di
provvedimento, quest’ultimo concorre ad
individuare l’intenzione della parte
pubblica attesa l’intima connessione tra i
due atti giuridici. In tal senso, appare
certamente corretto quanto affermato dalla
società ricorrente che osserva come il
permesso di costruire espliciti in modo
inequivocabile che “l’importo di €
539.670,89, passibile di scomputo unitamente
alla monetizzazione degli standard ai sensi
dell’art. 1 (per l’importo di totale di €
1.052.661,96), era riferito sia agli oneri
di urbanizzazione sia al costo di
costruzione”.
3.14. Tale esplicitazione si rinviene anche
in altra parte del permesso considerato che
al foglio 2 del titolo si legge
testualmente: “in luogo del pagamento di
detti contributi e monetizzazione, nel
rispetto di quanto stabilito dalla
Convenzione […], con il presente atto la
Società AL. S.p.a. è autorizzata a
realizzare le seguenti opere pubbliche a
scomputo di detti importi”.
3.15. Deve, in ultimo, considerarsi che,
come ricordato di recente dal Consiglio di
Stato, “nell’interpretazione del contratto e
comunque di strumenti negoziali l’esegesi
letterale deve integrarsi con l’indagine
sulla volontà delle parti, come obiettivizzata nelle clausole, e che
quest’ultima è desumibile anche dal
comportamento complessivo delle parti, anche
successivo alla conclusione del contratto,
ai sensi dell’art. 1362 cod. civ. (cfr. tra
le tante e più recenti Cass. Civ., Sez. I,
07.09.2017, n. 20888, che
precisa come sia “…necessario considerare il
negozio nella sua complessità, raffrontare e
coordinare tra loro parole e frasi, al fine
di ricondurle ad armonica unità e
concordanza, in particolare in presenza di
un collegamento negoziale o di contenuti non
riconducibili ad una unica causa negoziale,
essendo allora necessario ricostruire la
concreta funzione economica dell'intera
operazione negoziale”)” (Consiglio di Stato,
sez. IV, 18.04.2018, n. 2327).
3.16. Osservando il comportamento successivo
delle parti, si nota che:
a) "il verbale di collaudo tecnico–amministrativo evidenzia come
le opere di urbanizzazione a scomputo della monetizzazione e del contributo siano
collaudabili” (v. documento n. 7 di parte
ricorrente, foglio 19);
b) il verbale di presa in consegna dell’opera redatto dal Comune di
Milano in data 17.12.2010 (PG
977873/2010) testualmente sottolinea che “in
data 12/04/2006 è stata stipulata la
Convenzione Integrativa del permesso di
costruire n. 5 del 11/05/06… per la
disciplina dell’esecuzione di opere a
scomputo del contributo di costruzione e
della monetizzazione determinati dal
permesso di costruire medesimo”.
3.17. Pertanto, anche dalla disamina dei due
documenti successivi alla convenzione –e in
particolare nel documento indicato sub 3.16,
lettera b), redatto dal Comune- si conferma
che l’intenzione delle parti è quella di ricomprendere nello scomputo anche i costi
di costruzione.
4. In conclusione, i primi due motivi di
ricorso devono essere accolti con
conseguente declaratoria del diritto della
società di fruire dello scomputo del costo
di costruzione dovuto per la realizzazione
della multisala cinematografica assentita
con il Permesso di Costruire n. 85/2006 cui
accede la citata Convenzione e
dell’insussistenza del diritto di credito
fatto valere dal Comune di Milano con la
nota PG 584840/2016 del 17.11.2016.
5. Passando all’esame della domanda svolta
al paragrafo c) del ricorso introduttivo, si
osserva che l’importo di € 321.205,72,
richiesto dal Comune, corrisponde –per
difetto– alla differenza tra l’importo di €
455.427,38, dovuto a titolo di costo di
costruzione per la multisala e l’importo di
€ 134.661,65 versato in eccedenza da
Al. (€ 455.427,38 - € 134.661,65 =
321.205,72), per smaltimento dei rifiuti.
5.1. La constatazione sopra esposta consente
agevolmente di accertare la sussistenza del
diritto della Al. alla restituzione
dell’importo pari ad € 134.221,65, versato
in eccedenza dalla società a titolo di
contributo per lo smaltimento rifiuti.
5.2. Del resto, lo stesso provvedimento
impugnato indica l’importo dovuto per lo
smaltimento rifiuti come pari ad €
14.250,20. Anche la memoria difensiva
comunale osserva che la domanda di
restituzione si fonda “sull’interpretazione
della convenzione sostenuta dalla ricorrente
[…] che vorrebbe estendere lo scomputo al
costo di costruzione dell’intervento
relativo alla sala cinematografica”,
ritenendo, pertanto l’importo versato a
detrazione di quanto asseritamente ancora
dovuto. Di conseguenza, accertata
l’insussistenza del diritto di credito del
Comune di Milano pari ad € 455.427,38, a
titolo di costo di costruzione per la
multisala, consegue l’obbligo di
restituzione della somma in eccesso versata
dalla società ricorrente.
5.3. La domanda di restituzione
dell’indebito deve essere, pertanto, accolta
con condanna del Comune di Milano a
restituire alla società l’importo pari ad €
134.221,65, oltre interessi legali dal
giorno della domanda giudiziale.
5.4. La limitazione della decorrenza degli
interessi legali dal giorno della domanda
discende dall’espressa riduzione della
domanda da parte della società ricorrente
che nelle conclusioni rassegnate nel ricorso
introduttivo chiede di “condannare il Comune
di Milano a rimborsare ad Al. l’importo
pari a € 134.221,65 con maggiorazione degli
interessi legali dal dì della domanda al
saldo, ovvero quella che sarà ritenuta di
giustizia”.
La formula finale non si
riferisce, infatti, alla decorrenza
dell’interessi ma all’importo della somma
capitale. Lo conferma la proposizione che
chiude il motivo sub c) con la quale la
società afferma: “l’importo versato in
eccedenza, pari ad € 134.221,65, dovrà
essere restituito maggiorato degli interessi
legali dalla data della presente domanda al
dì del saldo, in applicazione di quanto
disposto dall’art. 2033 c.c. (ex multis TAR
Lombardia-Milano, sez. IV, 16.07.2013,
n. 1872; Cons. Stato, sez. IV, 20.05.2011, n. 3027)”.
Pertanto, verificato il
contenuto sostanziale della pretesa, deve
ritenersi che la società abbia limitato la
decorrenza degli interessi dalla data della
domanda giudiziale.
5.5. In ogni caso, si osserva che –pur non
volendo ritenere la domanda limitata in
punto decorrenza degli interessi– non
sussisterebbe il diritto della società di
conseguire gli stessi dalla data del
pagamento tenuto conto che:
- costituisce principio consolidato quello secondo cui, nella
ripetizione dell'indebito oggettivo ex art.
2033 c.c., il debito dell'accipiens, a meno
che egli non sia in mala fede, produce
interessi solo a seguito della proposizione
di un'apposita domanda giudiziale, atteso
che all'indebito si applica la tutela
prevista per il possessore in buona fede in
senso soggettivo dell'art. 1148 c.c., a
norma del quale questi è obbligato a
restituire i frutti soltanto della domanda
giudiziale, secondo il principio per il
quale gli effetti della sentenza
retroagiscono al momento della proposizione
della domanda (cfr. ex multis, Cass. 18.05.2016, n. 10161; 13.05.2016, n.
9934; 30.03.2015, n. 6401; 25.02.2014, n. 4436;
08.05.2013, n. 10815; 15.06.2012, n. 9845; 31.07.2009, n.
17848, la quale precisa che la buona fede
sussiste anche in presenza di dubbio circa
la debenza della somma corrisposta; 02.08.2006, n. 17558; 10.03.2005, n. 5330;
04.03.2005, n. 4745; 14.09.2004, n.
18518; 28.01.2004, n. 1581);
- nell'ipotesi di azione di ripetizione di indebito oggettivo ex
art. 2033 c.c., pertanto, in parziale deroga
rispetto a quanto previsto sia all'art.
1282, che all'art. 1224 c.c., il debito
dell'accipiens, pur avendo ad oggetto una
somma di denaro liquida ed esigibile, non
produce interessi a partire dal momento del
pagamento, a meno che l'accipiens non sia in
mala fede;
- si deve, dunque, avere riguardo all'elemento psicologico
esistente alla data di riscossione della
somma, a meno che il creditore non provi la
mala fede dell'accipiens: con la
precisazione che, anche in questo campo, la
buona fede si presume, ed essa può essere
esclusa soltanto dalla prova della
consapevolezza da parte dell'accipiens della
insussistenza di un suo diritto a ricevere
il pagamento (così Cass. 10.03.2005, n.
5330);
- nel caso di specie, alcuna evidenza in ordine alla mala fede del
Comune è stata fornita in giudizio con
conseguente piena operatività della
presunzione di buona fede. |
EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA:
In caso di realizzazione diretta da parte dell’operatore di
opere di urbanizzazione primaria aventi un valore maggiore
rispetto a quelli di urbanizzazione secondaria è possibile
scomputare indistintamente il valore di dette opere dagli
oneri di urbanizzazione primaria e secondaria.
La convenzione urbanistica non può prevedere che la quota di
contributo concernente il costo di costruzione possa essere
assolta attraverso la realizzazione diretta da parte
dell’operatore di opere concordate con l’amministrazione
comunale perché la legge non lo prevede.
Giusta la soppressione dell'avverbio
"distintamente" di cui all'art.
46, comma 1, lett. b), della L.R. n. 12/2005 [ad opera
dell’articolo 21, comma 1, lettera h, della legge regionale
7 del 2010 (ndr: ex "Progetto
di Legge -PdL- 0431" di iniziativa del Presidente
della Giunta regionale nella cui
relazione consiliare di accompagnamento si evince
inequivocabilmente la ratio legis)], ed anche in sintonia con la legislazione
nazionale in materia, la realizzazione di opere di urbanizzazione può
essere scomputata dagli oneri di urbanizzazione primaria e
secondaria, cumulativamente senza distinzione, a prescindere
dalla tipologia di opere effettivamente eseguite dal
privato, salvo clausole diverse e più onerose contenute
nella convenzione urbanistica.
---------------
Con riferimento all'interrogativo se la convenzione urbanistica può prevedere che la quota di
contributo sul costo di costruzione possa essere totalmente
assolta attraverso la realizzazione diretta da parte
dell’operatore di opere concordate con l’amministrazione
comunale la risposta è negativa, poiché la legge non lo
prevede e ciò contrasterebbe con il principio di legalità.
---------------
Il sindaco del comune di Trescore Balneario (BG) ha
richiesto alla Sezione un parere sull’interpretazione
dell’articolo 16 del DPR 380 del 2001 (Testo Unico
sull’edilizia), in merito allo scomputo totale o parziale
degli oneri di urbanizzazione per la realizzazione diretta
delle opere.
Chiede inoltre se, con riferimento all’articolo 46, comma
1, lettera b), della legge regionale 12 del 2005, sia
possibile, con la realizzazione diretta a cura dei
proprietari di tutte le opere di urbanizzazione primaria e
di una quota parte delle opere di urbanizzazione secondaria,
la corresponsione al comune della eventuale differenza, nel
caso in cui gli oneri risultino inferiori a quelli previsti.
La richiesta è articolata in due distinti quesiti.
Nel primo
si domanda se, nel caso di realizzazione diretta da parte
dell’operatore di opere di urbanizzazione primaria aventi un
valore maggiore rispetto a quelli di urbanizzazione
secondaria, sia possibile “scomputare indistintamente il
valore di dette opere dagli oneri di urbanizzazione primaria
e secondaria”.
Nel secondo
se la convenzione urbanistica può prevedere che la quota
di contributo concernente il costo di costruzione possa
essere “totalmente assolta” attraverso la “realizzazione
diretta da parte dell’operatore di opere concordate con
l’amministrazione comunale”.
...
2. La questione dell’utilizzazione dei proventi dei
cosiddetti oneri di urbanizzazione e relative sanzioni è
stata ripetutamente scandagliata da questa Corte.
Si richiamano in particolare le deliberazioni di questa
Sezione (parere
09.02.2016 n. 38,
parere 23.03.2017 n. 81 e, da ultimo,
parere 20.12.2017 n. 372, dal cui esame è possibile ricostruire il complesso
quadro normativo, che è di seguito sinteticamente richiamato
ai fini dell’inquadramento della risposta ai quesiti
formulati e il
parere 23.02.2015 n. 83, in cui è trattata una
fattispecie analoga a quella sollevata nei quesiti in esame.
3. I quesiti richiamano indirettamente l’articolo 4 della
legge 847 del 1964 (urbanizzazione primaria) e l’articolo 44
della legge 865 del 1971 (urbanizzazione secondaria).
La legge 847 del 1964 autorizza i comuni a contrarre mutui
ai sensi della legge 167 del 1962 per realizzare, tra
l’altro, le opere di urbanizzazione primaria e secondaria
[rispettivamente lettere b) e c) dell’art. 1], come
specificate nell’articolo 4 della legge stessa.
Le opere di urbanizzazione primaria, indicate nell’art. 4,
sono: a) strade residenziali; b)
spazi di sosta o di
parcheggio; c)
fognature; d)
rete idrica; e)
rete di
distribuzione dell'energia elettrica e del gas; f)
pubblica
illuminazione; g)
spazi di verde attrezzato.
Queste sette fattispecie sono elencate nel
comma 7
dell’articolo 16 del TU sull’edilizia.
A queste vanno aggiunti gli impianti cimiteriali (ai sensi
dell’articolo 26-bis del decreto-legge 415 del 1989
convertito dalla legge 38 del 1990) e le
reti telefoniche
(circolare 31.03.1972, n. 2015 del ministero dei lavori
pubblici), non indicati nel TU.
Più recentemente (art. 6, comma 3-bis, legge n. 164 del
2014) è stata aggiunta la lettera g-bis), anch’essa non
indicata nel TU, relativa alle infrastrutture di reti
pubbliche di comunicazione, di cui agli
articoli 87 e 88 del
codice delle comunicazioni elettroniche, (decreto
legislativo 01.08.2003, n. 259, e successive modificazioni),
e opere di infrastrutturazione per la realizzazione delle
reti di comunicazione elettronica ad alta velocità in fibra
ottica in grado di fornire servizi di accesso a banda
ultra-larga effettuate anche all'interno degli edifici.
Di “cavedi multiservizi e i cavidotti per il passaggio di
reti di telecomunicazioni, salvo nelle aree individuate dai
comuni sulla base dei criteri definiti dalle regioni”,
parla, infine, il
comma 7-bis dell’art. 16 del TU
sull’edilizia, introdotto dall’articolo 40, comma 8, della
legge 166 del 2002.
Le opere di urbanizzazione secondaria sono state introdotte
con la richiamata novella del 1971, che ha integrato l’art.
4 della legge 847 del 1964, specificando gli interventi la cui
indicazione era stata prevista dalla richiamata lettera c)
dell’art. 1.
Si tratta di: a) asili nido e scuole materne; b)
scuole
dell'obbligo (“nonché strutture e complessi per
l’istruzione superiore all’obbligo”); c)
mercati di
quartiere; d)
delegazioni comunali; e)
chiese e altri
edifici religiosi; f)
impianti sportivi di quartiere; g)
centri sociali e attrezzature culturali e sanitarie; h)
aree
verdi di quartiere (“Nelle attrezzature sanitarie sono
ricomprese le opere, le costruzioni e gli impianti destinati
allo smaltimento, al riciclaggio o alla distruzione dei
rifiuti urbani, speciali, pericolosi, solidi e liquidi, alla
bonifica di aree inquinate”).
Le otto fattispecie, integrate dai richiami tra le
parentesi, sono riportate nel
comma 8 dell’articolo 16 del
più volte richiamato TU.
4. La distinzione tra le opere di urbanizzazione primaria
e secondaria (e dei connessi oneri), che i comuni
ogni cinque anni aggiornano, secondo quanto dispone il comma
5 dell’articolo 16 del TU, sulla base dei “riscontri e
prevedibili costi delle opere di urbanizzazione primaria,
secondaria e generale”, assume sia nella legislazione
risalente, sia nelle più recenti innovazioni, una
connotazione che non presenta distinzioni sotto il profilo
del trattamento finanziario.
In altre parole, la struttura dell’opera da realizzare
implica interventi di urbanizzazione di diversa natura, cui
è associato un onere a carico dell’operatore, periodicamente
rivisto dai comuni in base al loro costo. Anche l’incidenza
degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria è
stabilita con deliberazione del consiglio comunale in base
alle tabelle che la regione definisce per classi di comuni
su parametri che non distinguono tra le due tipologie (comma
4 del richiamato articolo 16).
La classificazione tipologica e funzionale delle diverse
attrezzature e degli impianti, delle opere di urbanizzazione
tra primarie e secondarie non si riferisce a un carattere di
priorità delle diverse opere, che sono, tutte,
indispensabili e tra loro interconnesse e complementari,
quanto piuttosto alla più o meno immediata funzione
strumentale rispetto ai singoli manufatti (o nuove
destinazioni d’uso) cui accedono e alla successione
temporale con la quale generalmente vengono realizzate.
La distinzione strutturale attiene a un diverso profilo e si
ritrova in un altro punto del richiamato TU (articolo 2,
comma 12), dove le opere di urbanizzazione primaria sono
configurate come presupposto del permesso a costruire. Si
afferma, infatti, che il suo rilascio “è comunque
subordinato all’esistenza delle opere di urbanizzazione
primaria o alla previsione da parte del comune
dell'attuazione delle stesse nel successivo triennio, ovvero
all'impegno degli interessati di procedere all'attuazione
delle medesime contemporaneamente alla realizzazione
dell'intervento oggetto del permesso”.
5. Com’è noto, infatti, il rilascio del permesso di
costruire da parte di un’amministrazione comunale comporta
per il privato la corresponsione di un contributo
commisurato all'incidenza degli oneri di urbanizzazione e al
costo di costruzione (art. 16, comma 1, del TU).
L'articolo 10 del testo unico elenca gli interventi soggetti
a permesso di costruire: interventi di nuova costruzione;
interventi di ristrutturazione urbanistica; interventi di
ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo
edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che
comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del
volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici,
ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone
omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d'uso
(la zona A è quella che comprende le parti di territorio
aventi agglomerati urbani di carattere storico, artistico e
di particolare pregio ambientale o da porzioni di essi,
comprese le aree circostanti, che possono considerarsi parte
integrante degli agglomerati stessi).
6. L’utilizzo dei proventi in esame, è stato oggetto di
ripetuti interventi del legislatore, che ha reintrodotto, da
ultimo, uno stringente vincolo di destinazione (comma 460
della legge 232 del 2016), come esaminato da questa Sezione
nel
parere 23.03.2017 n. 81 e
nel
parere 20.12.2017 n. 372.
Anche in questo caso la fattispecie è stata trattata senza
operare alcuna distinzione tra oneri derivanti da
urbanizzazione primaria e secondaria. Lo stesso si può
rinvenire nella precedente legislazione.
Nel
parere
09.02.2016 n. 38, in cui è ricostruito il
processo normativo, si afferma che <<Prima dell’attuale
“contributo per permesso di costruire”, i Comuni
riscuotevano … gli “oneri di urbanizzazione” previsti dalla
legge n. 10 del 1977, che subordinava la concessione
edilizia alla corresponsione di un contributo commisurato
all'incidenza delle spese di urbanizzazione, nonché al costo
di costruzione (art. 3). I proventi delle concessioni erano
versati in un conto corrente vincolato presso la tesoreria
del comune ed erano espressamente destinati alla
realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e
secondaria, al risanamento di complessi edilizi compresi nei
centri storici, all'acquisizione delle aree da espropriare
per la realizzazione dei programmi pluriennali di cui
all'art. 13, “nonché, nel limite massimo del 30 per cento, a
spese di manutenzione ordinaria del patrimonio comunale”
(art. 12, come modificato dall’art. 16-bis del decreto legge
n. 318 del 1986, convertito con modificazioni dalla legge n.
488 del 1986)>>.
Negli anni seguenti, fino alle richiamate disposizioni della
legge di bilancio per il 2017, la copiosa attività normativa
(ampiamente ricostruita nel richiamato
parere
09.02.2016 n. 38), ha modificato più volte la destinazione
dei proventi in esame, senza mai distinguere tra la loro
origine primaria o secondaria.
7. L’uniformità sotto il profilo finanziario degli oneri di
urbanizzazione condurrebbe il ragionamento sistematico a
propendere per l’ammissibilità dello scomputo in maniera
indistinta degli oneri di urbanizzazione primaria e
secondaria, qualora il titolare del permesso di costruire
abbia realizzato direttamente opere di urbanizzazioni
primarie d’importo maggiore rispetto a quanto dovuto in base
ai parametri tabellari.
La più recente giurisprudenza amministrativa sembra muoversi
in sintonia con il ragionamento finora svolto, come emerge
dalla decisione del Tar Campania-Salerno (sentenza 31.01.2017 n. 179): <<Fatte queste necessarie premesse,
vengono in considerazione il primo e secondo motivo di
ricorso, suscettibili di trattazione congiunta, coi quali si
contesta quanto affermato dall’ufficio a proposito della
riconducibilità del diritto allo scomputo alle sole opere di
urbanizzazione primaria e con esclusione, quindi, di quelle
di urbanizzazione secondaria, lamentando la violazione
dell’art. 16 d.P.R. n. 380/2001. Ebbene, va evidenziato,
come dedotto in ricorso, che secondo consolidato
orientamento giurisprudenziale, dal quale non vi è ragione
di discostarsi in questa sede, “può ammettersi anche la scomputabilità del valore corrispondente alle opere di
urbanizzazione primaria dall'importo dovuto a titolo di
oneri di urbanizzazione secondaria, attesa la comune natura
giuridica degli oneri di cui trattasi, non ravvisandosi
ragioni ostative alla compensazione tra obbligazioni
intercorrenti tra i medesimi soggetti e nascenti dal
medesimo rapporto convenzionale: difatti lo scomputo, totale
o parziale, della quota di contributo dovuta in caso di
realizzazione diretta delle opere di urbanizzazione deve
essere effettuato senza distinzione tra opere di
urbanizzazione primaria e secondaria, atteso che la mancata
distinzione nella sede legislativa specifica (art. 11 l.
28.01.1977 n. 10) delle due categorie di opere vieta
all'interprete di introdurre una siffatta distinzione” (cfr.
TAR Toscana-Firenze, sez. III,
11.08.2004, n. 3181;
Consiglio di Stato, sez. IV,
28.07.2005 n. 4015; TAR
Sicilia-Catania, sez. I,
02.02.2012 n. 279.>>.
8. Nella stessa direzione può essere articolato il
ragionamento se si considera la legge regionale 12 del 2005
che, all’articolo 46 (Convenzione dei piani attuativi),
disciplina la convezione alla cui stipulazione è subordinato
il rilascio dei permessi di costruzione che dispone “la
realizzazione a cura dei proprietari di tutte le opere di
urbanizzazione primaria e di una quota parte delle opere di
urbanizzazione secondaria o di quelle che siano necessarie
per allacciare la zona ai pubblici servizi; le
caratteristiche tecniche di tali opere devono essere
esattamente definite; ove la realizzazione delle opere
comporti oneri inferiori a quelli previsti [distintamente]
per la urbanizzazione primaria e secondaria ai sensi della
presente legge, è corrisposta la differenza; al comune
spetta in ogni caso la possibilità di richiedere, anziché la
realizzazione diretta delle opere, il pagamento di una somma
commisurata al costo effettivo delle opere di urbanizzazione
inerenti al piano attuativo, nonché all'entità ed alle
caratteristiche dell'insediamento e comunque non inferiore
agli oneri previsti dalla relativa deliberazione comunale”.
Orbene, proprio l’avverbio distintamente è stato soppresso
dall’articolo 21, comma 1, lettera h, della legge regionale
7 del 2010 (ndr:
ex "Progetto di Legge -PdL- 0431" di
iniziativa del Presidente della Giunta regionale nella cui
relazione consiliare di accompagnamento si evince
inequivocabilmente la ratio legis) per cui, anche in sintonia con la legislazione
regionale, la realizzazione di opere di urbanizzazione può
essere scomputata dagli oneri di urbanizzazione primaria e
secondaria, cumulativamente senza distinzione, a prescindere
dalla tipologia di opere effettivamente eseguite dal
privato, salvo clausole diverse e più onerose contenute
nella convenzione urbanistica.
9. Il nuovo codice degli appalti (decreto legislativo numero
50 del 2016), che ha dato inquadramento sistematico alle
tipologie di opere di urbanizzazione primaria e secondaria,
insieme al consolidato orientamento del giudice
amministrativo e alla novellata legislazione regionale,
porta questa Sezione al superamento di precedenti
orientamenti giurisprudenziali.
Il rispetto dei principi costituzionali “di tutela del
paesaggio, del suolo, del territorio e dell’ambiente in cui
si sviluppa la persona umana” e la protezione degli “imprescindibili
valori di vita e salute”, è garantito dalla
considerazione dell’esistenza delle opere di urbanizzazione
primaria come presupposto al rilascio del permesso di
costruzione.
In altre parole, se non sussistono, o non possono essere
realizzate, non si può costruire. In questo si fonda la
distinzione strutturale, che appare compatibile con il
trattamento unitario dello scomputo.
10. Con riferimento al secondo quesito
-se la convenzione urbanistica può prevedere che la quota di
contributo sul costo di costruzione possa essere totalmente
assolta attraverso la realizzazione diretta da parte
dell’operatore di opere concordate con l’amministrazione
comunale– la risposta è negativa, poiché la legge non lo
prevede e ciò contrasterebbe con il principio di legalità
(Corte dei Conti, Sez. controllo Lombardia,
parere 14.05.2018 n. 154). |
EDILIZIA PRIVATA: Opere
a scomputo oneri.
Come prevede ora l'art. 45 della
l.r. n. 12/2005 (e l'art. 16 del d.p.r. n.
380/2001), lo scomputo del valore delle opere di
urbanizzazione non configura un diritto
dell'operatore, ma una mera possibilità, per la
quale occorre sempre il consenso e l'autorizzazione
dell'amministrazione.
L’ammissione allo scomputo costituisce, infatti,
l’oggetto di una valutazione ampiamente
discrezionale da parte dell'Amministrazione che può
optare per un diverso assetto di rapporti da essa
reputato maggiormente servente l'interesse pubblico
e la collettività di riferimento
(commento tratto da https://camerainsubria.blogspot.it).
---------------
Parimenti infondata è l’ulteriore eccezione di
inammissibilità del ricorso per carenza di interesse
e intervenuta acquiescenza incentrata sul fatto che
il versamento degli oneri concessori, conseguente
alla nuova funzione, sia stato richiesto e accettato
dallo stesso operatore.
La circostanza che con l'istanza 22.05.2005 (cfr.
doc. 10) l'Impresa stessa si fosse detta pronta a
versare la differenza degli oneri conseguenti alla
propria richiesta di inserimento della destinazione
direzionale, e che con la successiva nota del
02.12.2005 (doc. 12) avesse presentato il computo
dei maggiori oneri urbanizzativi che da detta nuova
destinazione sarebbero conseguiti, senza richiedere
di variare la convenzione o di essere ammessa allo
scomputo degli oneri indotti dalla nuova funzione è,
infatti, circostanza che può rilevare sul giudizio
di merito ma non sulla ammissibilità dell’azione.
Ciò in quanto la domanda di restituzione riguarda
somme di denaro e per questa parte il rapporto
controverso ha natura paritetica, cosicché il
pagamento delle somme in questione non implica
alcuna acquiescenza da parte del debitore, e per
l’effetto esclude l’inammissibilità del ricorso.
Nel merito tuttavia la domanda di ripetizione delle
somme per cui è causa è infondata per le convincente
ragioni opposte dall’amministrazione resistente.
Infatti è pacifico che con la delibera consiliare
28.04.2006 n. 31 di autorizzazione al c.d. diverso
mix funzionale, vale a dire la destinazione
terziaria/direzionale (cfr. doc. 15)
l’amministrazione ha accolto la richiesta
dell'Impresa, senza dare luogo ad alcuna modifica al
rapporto sinallagmatico cristallizzato nella
convenzione urbanistica corrente tra le parti.
E, infatti, in termini coerenti con la propria
richiesta, l'Impresa non ha contestato né la
suddetta delibera consiliare 28.04.2006 n. 31, né le
varie richieste comunali che hanno richiesto il
contributo (docc. 13, 22), e che sono state
puntualmente eseguite dopo aver proceduto a fornire
all’amministrazione la precisa quantificazione degli
oneri dovuti per la superficie direzionale
assentita.
Ebbene è noto, al riguardo, che il
contributo per oneri di urbanizzazione ha natura di
prestazione patrimoniale causale, posta a carico del
costruttore a titolo di partecipazione al costo
delle opere di urbanizzazione connesse alle esigenze
della collettività, che conseguono agli interventi
di edificazione e al maggior carico urbanistico che
si realizza nella zona in ordine all'aumento della
necessaria dotazione di servizi.
Ulteriore principio, qui rilevante, è quello che
attiene allo scomputo del valore delle opere di
urbanizzazione dagli importi dovuti per oneri di
urbanizzazione: come prevede ora
l'art. 45 della l. 12/2005 (e l'art. 16 del d.p.r.
380/2001) lo scomputo del valore delle opere di
urbanizzazione non configura un diritto
dell'operatore, ma una mera possibilità, per la
quale occorre sempre il consenso e l'autorizzazione
dell'amministrazione.
Ne consegue che, in difetto di
autorizzazione e di accordo espresso della p.a.
sullo scomputo delle nuove opere, a destinazione
variata, dall'ammontare degli oneri, l'operatore non
dispone di alcuna pretesa tutelata diretta a portare
in detrazione dal valore delle suddette opere il
contributo di urbanizzazione dovuto.
L’ammissione allo scomputo
costituisce, infatti, l’oggetto di una valutazione
ampiamente discrezionale da parte
dell'Amministrazione, che può optare per un diverso
assetto di rapporti da essa reputato maggiormente
servente l'interesse pubblico e la collettività di
riferimento
(cfr. TAR Liguria, Sez. I, sentenza n. 955/2016; TAR
Trieste, I, 01.12.2016, n. 541; TAR Milano, II,
18.09.2013 n. 2184).
Il ragionamento non muta, e anzi la conclusione si
rafforza, come condivisibilmente sostiene
l’amministrazione, a fronte di una convenzione
urbanistica sottoscritta, nella quale sia già
previsto lo scomputo (totale o parziale) dal
contributo dovuto del valore delle opere di
urbanizzazione.
In quanto disciplinata dalla
convenzione, l’eventuale modifica del patto
sinallagmatico regolante lo scomputo presuppone pur
sempre la convergente -e discrezionale- espressione
di volontà dell'Amministrazione e indi la formazione
di un accordo circa la diversa entità dello scomputo
(e di converso circa la diversa entità di introito
di oneri di urbanizzazione).
Ora, come sopra chiarito, nell'ambito delle proprie
discrezionali scelte urbanistiche, con l'originario
piano approvato in data 05.03.2004 e con la
convenzione urbanistica 16.12.2004, il Comune ha
espresso la scelta di autorizzare la realizzazione
di talune opere di urbanizzazione primaria a
scomputo in rapporto all'assetto del Piano così
approvato, comprendente destinazioni pressoché
totalmente residenziali e una limitata quota
commerciale.
Altrettanto discrezionalmente ha ritenuto di
lasciare inalterato tale assetto allorquando
-peraltro accedendo a richiesta dell'operatore
evidentemente più confacente ai propri interessi
imprenditoriali- il Comune ha ritenuto di assentire
con delibera C.C. 31/06 (doc. 15) un diverso mix
funzionale (direzionali/uffici), senza con ciò
autorizzare ulteriori scomputi degli oneri indotti
dalle nuove destinazioni né apportare modifica
alcuna alla convenzione urbanistica regolante i
rapporti tra le parti, si può supporre per una
logica considerazione di opportunità amministrativa
in relazione al diverso -e più impattante-
equilibrio delle nuove funzioni.
Né appare corretta l'affermazione che con la
delibera consiliare 31/06 il Comune avrebbe "ritenuto
che le opere indicate a scomputo dall'Impresa
consentissero a quest'ultima di adempiere
all'obbligo di contribuzione previsto dall'art. 44
della Legge Regionale n. 12/2005, anche a seguito
dell'introduzione della nuova destinazione
direzionale nel Piano di Lottizzazione".
In realtà, tale delibera si è limitata a dare atto
della compatibilità delle funzioni richieste con il
p.r.g. e della possibilità di accedere alla modifica
richiesta senza apportare variante al Piano, ma
—proprio per tale ragione e comunque per una
discrezionale scelta in tal senso- senza intervenire
su quanto previsto dalla convenzione per
l'attuazione dello strumento.
Emerge dunque in modo chiaro il contenuto
dell'accordo inter partes, nel quale è
fissato un importo massimo di oneri (euro
66.187,76,) da detrarsi dal valore delle opere
primarie (euro 154.670,93); la convenzione non
prevede affatto, come sostiene la parte ricorrente,
che eventuali oneri urbanizzativi derivanti da
future e incerte modifiche funzionali al piano
esecutivo approvato avrebbero trovato copertura sino
a concorrenza del valore delle realizzande opere
urbanizzative.
Gli oneri sono stati, infatti, stimati all'atto
della presentazione del Piano esecutivo, rispetto
alle caratteristiche insediative e al mix funzionale
risultante dagli elaborati allegati alla convenzione
16.12.2004, ed è esclusivamente rispetto a tali
previsioni che il Comune ha positivamente valutato
la diretta realizzazione di determinate opere di
urbanizzazione primaria proposte da Ie..
Attesa, dunque, la natura dell'atto convenzionale,
pienamente valida ed efficace, e costituente
specifica fonte dell'obbligazione pecuniaria
contratta dall'Impresa, è priva di fondamento la
pretesa di quest’ultima di assegnare a tale atto un
significato diverso e difforme rispetto ai chiari
contenuti dell'obbligazione assunta, intesa
inequivocabilmente ed esclusivamente a scomputare i
soli oneri di urbanizzazione primaria, quantificati
in euro 66.187,76, relativi al Piano esecutivo
approvato con delibera C.C. 63/2004.
Né appare decisivo il fatto, non contestato, che il
valore delle opere realizzate dalla società Ie.,
siano di importo superiore rispetto agli oneri di
urbanizzazione primari derivanti tanto
dall'originario titolo edilizio (d.i.a. n. 60/2005)
che dal successivo (d.i.a. n. 149/08).
Infatti, è assunto acquisito in giurisprudenza che
il privato proponente un piano
attuativo, nell'esercizio della propria autonomia
negoziale, ben può volontariamente assumere con la
convenzione urbanistica obblighi ulteriori a quelli
di legge, proprio in considerazione della natura di
accordo integrativo o sostitutivo di provvedimento,
che vede il combinarsi di poteri pubblicistici e
privatistici di autoregolazione del reciproco
assetto di interessi, con l'assunzione di correlati
obblighi e diritti di credito
(ex multis TAR Trieste n. 541/2016; TAR.
Milano n. 2184/2013 e 3717/2009; Cons. Stato, Sez.
V, 26.11.2013, n. 5603).
Peraltro, la giurisprudenza non
manca di evidenziare come l'assunzione di obbligo
eccedente il minimo legale possa trovare
giustificazione nell'ottenimento di benefici che la
convenzione urbanistica complessivamente comporta
per il privato, senza che possa dirsi perciò
alterato l'equilibrio del sinallagma contrattuale
cristallizzato in convenzione. Non può, infatti,
sottacersi che il privato possa vantare un interesse
proprio alla realizzazione di opere di valore
superiore agli importi dovuti al Comune, anche allo
scopo di migliorare la qualità del contesto
urbanizzato e conseguentemente rendere
commercialmente più appetibili le edificazioni
private
(cfr. TAR Milano, Sez. II, 26.07.2016 n. 1507).
E d’altronde, anche se il pagamento degli oneri in
questione, come sopra rilevato, non può implicare
acquiescenza ai fini della domanda di ripetizione è
evidente come fosse implicito per le parti, e
soprattutto per l’impresa Ie., che la variazione di
mix terziaria-direzionale ottenuta era da porre in
relazione sinallagmatica con la prestazione, non
scomputata, degli oneri correlati alle diverse
destinazioni assentite.
Il ricorso va quindi respinto (TAR Lombardia-Milano,
Sez. I,
sentenza 10.04.2018 n. 954 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA:
Convenzione urbanistica e sinallagma contrattuale.
Il TAR Milano esclude che in una
convenzione urbanistica tra l’Amministrazione e i
privati possa instaurarsi un vincolo sinallagmatico
che, all’opposto, l’art. 28 della legge urbanistica
fondamentale non avalla in alcuna misura.
Conseguentemente non è rinvenibile nell’ordinamento
di settore un principio che dia unilateralmente
titolo al soggetto attuatore di venire meno
all’obbligo di corrispondere gli oneri di
urbanizzazione, fosse anche in misura
significativamente superiore (ma convenuta rispetto)
a quella tabellare.
Le considerazioni esposte trovano, ad avviso del
TAR, riscontro nell'orientamento giurisprudenziale
secondo cui:
- gli impegni assunti in sede convenzionale non
vanno riguardati isolatamente, ma vanno rapportati
alla complessiva remuneratività dell'operazione, che
costituisce il reale parametro per valutare
l'equilibrio del sinallagma contrattuale e, quindi,
la sostanziale liceità degli impegni stessi;
- in altri termini, la causa della convenzione
urbanistica, e cioè l'interesse che l'operazione
contrattuale è diretta a soddisfare, va valutata non
con riferimento ai singoli impegni assunti, ma con
riguardo alla oggettiva funzione economico-sociale
del negozio, in cui devono trovare equilibrata
soddisfazione sia gli interessi del privato sia
quelli della pubblica amministrazione;
- un operatore può nella convenzione urbanistica
assumersi oneri anche maggiori di quelli
astrattamente previsti dalla legge, trattandosi di
una libera scelta imprenditoriale, non contrastante
di per sé con norme imperative
(commento tratto da https://camerainsubria.blogspot.it).
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MASSIMA
... per l’accertamento della nullità parziale
della convenzione stipulata in data 18.04.2005 con
il Comune di Assago, avente ad oggetto il piano
particolareggiato “PP D4”, della prima variante del
3.6.2008 e della seconda variante del 30.06.2011, e
ciò “nella parte in cui addossano loro obblighi
superiori a ciò che la legge permette nel quadro di
un piano particolareggiato (p.p.) conforme a legge e
p.r.g.” (con “conseguente condanna del
resistente a rifondere quanto già prestato dalle
ricorrenti e quanto ancora esse presteranno, oltre a
rivalutazione e interessi sino al pagamento, sia in
termini di opere realizzate sia in termini pagamenti
di contributi urbanizzativi e di costruzione”),
e, in subordine, per l’accertamento del diritto alla
riduzione delle prestazioni convenzionali o a “riequilibrarne
modalità e oneri attuativi” (con “conseguente
condanna del Comune alle restituzioni inerenti a
quanto già prestato dalle ricorrenti e a quanto
ancora esse presteranno oltre a rivalutazione e
interessi sino al pagamento”), e, in ogni caso,
per “l’accertamento e la declaratoria delle
plurime inadempienze comunali agli obblighi che la
legge pone in capo al resistente”; “la
conseguente condanna del Comune a risarcire alle
ricorrenti i danni loro arrecati dalle citate
inadempienze” e, in ulteriore subordine, per la
condanna ex art. 2041 c.c. del Comune a rifondere
alle ricorrenti le somme a titolo di spese per
incombenti professionali, tecnici e di ogni altra
natura da esse sopportati.
...
Ciò premesso il ricorso è infondato e va, pertanto,
respinto per le ragioni che seguono.
In linea di principio, può
affermarsi che la disciplina amministrativa dei
piani particolareggiati, delineata dall’art. 13 e
seguenti della legge 1150/1942, ha ormai stabilmente
recepito i modelli convenzionali tipici
dell’urbanistica consensuale, espressione degli
accordi disciplinati dall’art. 11 della legge
241/1990
(cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 27.06.2008, n.
3255) e, sul piano della loro
interpretazione e concreta attuazione, dei profili
di regolazione privatistica ancorché nella peculiare
dimensione dell’interesse pubblico sotteso al
razionale governo del territorio.
Sulla base di tale impostazione
risulta giustificata, da un lato, la
possibilità che l’Amministrazione imponga un
particolare contenuto all’accordo (che, una volta
accettato dal privato attuatore, diviene vincolante,
cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 01.04.2011, n.
2040), dall’altro che gli
atti con cui i privati assumono l’impegno ad attuare
le previsioni urbanistiche e, quindi, a cedere delle
aree per la realizzazione delle opere di
urbanizzazione, debbano strettamente collegarsi agli
obiettivi della convenzione.
Ne deriva che la causa di tali atti è di norma
costituita dalla cessione alla P.A. delle aree o a
scomputo degli oneri di urbanizzazione o dietro
rilascio di permessi di costruire o di permessi in
sanatoria o, ancora, mediante monetizzazione, ma
sempre in una dialettica aperta tra le parti
contraenti in ordine alle modalità di attuazione
della trasformazione urbana.
La presente controversia investe il tema della
proporzione della sinallagmaticità delle prestazioni
e, in particolare, dell’importo degli oneri di
urbanizzazione, questi ultimi rimasti invariati, in
misura notevolmente superiore ai minimi tabellari,
nella convenzione stipulata in data 18.04.2005 con
il Comune di Assago e nelle successive varianti del
03.06.2008 e del 30.06.2011: risultanze evincibili
dagli atti di causa e, comunque, incontestate tra le
parti ai sensi dell’art. 64, comma 4, del codice del
processo amministrativo.
La domanda proposta in via principale è finalizzata
ad ottenere l’accertamento della nullità parziale
delle citate convenzioni in ragione del fatto che la
causa degli obblighi contratti dalle ricorrenti
sarebbe unicamente da riferire al carico urbanistico
oggetto del programma costruttivo (cfr. pag. 3 del
ricorso), mentre sarebbe, all’opposto, da ritenere “inconcepibile
l'esistenza di una causa degli impegni correlabile a
supposti vantaggi o volontà” insiti
nell’assunzione dell’impegno a dover corrispondere “€
77.379.417,88 in luogo degli €. 27.553.011,69 dovuti”
(cfr. pag. 5).
Parafrasando le affermazioni contenute nel ricorso,
il Comune di Assago ha invece eccepito che all’atto
della stipulazione della convenzione del 2005 le
ricorrenti hanno reputato che l’eccezionale livello
degli impegni potesse trovare una compensazione nei
“ritorni stimati sulla base di una prospettiva di
mercato (…) sia per la clientela imprenditoriale sia
per quella costituita da persone fisiche o famiglie”,
ma che, tuttavia, tale compensazione si sarebbe
rivelata “neppure comparabile a quella odierna”.
Ciò detto, il Collegio ritiene che le deduzioni
delle ricorrenti non depongano per l’illiceità della
causa della convenzione, dovendosi a tal riguardo
distinguere tra i motivi soggettivi delle parti e la
funzione economico-sociale che mediante il citato
accordo si intendeva realizzare; un’indagine da
condurre in concreto, onde verificare –secondo il
disposto degli artt. 1343 e 1344 del codice civile–
la legittimità dell’attività negoziale posta in
essere dalle parti e quindi la riconoscibilità nella
specie della tutela apprestata dall’ordinamento
giuridico (cfr. Corte di Cassazione, sez. I,
14.09.2012, n. 15449 e giurisprudenza ivi
richiamata).
Le convenzioni come quelle oggetto
del contendere, anzitutto, costituiscono attuazione
di accordi la cui disciplina trova fondamento –come
peraltro correttamente ricostruito dalle stesse
ricorrenti– nell’art. 28 della legge 1150/1942, una
norma, questa, che regola un procedimento
finalizzato alla trasformazione urbana mediante il
diretto coinvolgimento di soggetti attuatori in un
disegno amministrativo fondato, ovviamente,
sull’assenso del Comune alla realizzazione di un
imponente progetto e, da parte privata,
sull’assunzione di obblighi inerenti
l’urbanizzazione, primaria e secondaria, delle aree
interessate dall’intervento edificatorio.
Il tutto, però, in un contesto di
reciproco confronto, addirittura di una
copianificazione, ben testimoniata, nel caso di
specie, dalla condivisa scelta dei progettisti e
dalla concordata previsione di oneri di
urbanizzazione ben superiori ai limiti tabellari:
elementi che –in uno a quanto sopra rilevato circa
l’inquadramento della disciplina giuridica
sostanziale– avvalorano l’infondatezza dell’assunto
secondo cui “l’assenza di effettiva negoziazione
connotante la convenzione che acceda a un p.p. di
iniziativa pubblica (…) conferma a ulteriore titolo
l'illegittimità degli extra oneri che con essa siano
addossati al privato”
(cfr. pag. 13 della
memoria dei ricorrenti del 04.11.2017).
L’elemento qualificante di tale
modello, infatti, è dato dal superamento di una
concezione meramente corrispettiva tra gli oneri
incombenti sui privati e l’utilità pubblica
–direttamente proporzionata
(cfr., contra, TAR Lombardia–Brescia, 17.12.2012, n.
1949)– che ne possa trarre
l’Amministrazione comunale (essendo, infatti, la
concezione corrispettiva già ascritta all’ordinario
procedimento di rilascio del titolo abilitante
all’esercizio dell’attività edilizia), venendo in
rilievo, piuttosto, una singolare relazione tra il
potere autorizzatorio e la libertà negoziale sottesa
alla stipulazione convenzionale quale soluzione
ritenuta preferibile per meglio garantire la cura
dell’interesse pubblico, in linea con l’evoluta
definizione dell’accordo amministrativo quale
sintesi tra i principi di autoritarietà e
consensualità nell’urbanistica.
La tesi delle ricorrenti, all’opposto, muove dal
presupposto della corrispettività tra gli obblighi
delle parti inerenti l’urbanizzazione e
l’edificazione delle aree oggetto di
convenzionamento. Ma una siffatta prospettiva, ad
avviso del Collegio, non supera il vaglio critico
sotteso all’obiettiva realtà dei fatti, cioè alla
postuma presa d’atto, da parte delle ricorrenti,
dell’insussistenza –forse anche dell’originario
travisamento– degli stimati ricavi che l’attuazione
del piano particolareggiato avrebbe dovuto produrre,
da cui ha tratto ragion d’essere l’odierno giudizio,
sostanzialmente volto a rimettere in discussione una
regolazione negoziale sostanziatasi in tre
convenzioni (2005; 2008; 2011), tutte connotate
dall’immutazione dell’originario programma
realizzativo e delle condizioni fondamentali del
relativo accordo, oneri compresi.
Non a caso nel corso dell’udienza pubblica del
05.12.2017 il Collegio ha chiesto al difensore delle
ricorrenti –senza, tuttavia, ricevere sul punto
alcuna spiegazione– di illustrare le ragioni che
abbiano a queste impedito di avvalersi della
disciplina introdotta dal D.L. 70/2011, il cui art.
5, comma 8-bis ha modificato l’art. 17 della legge
1150/1942, prevedendo, in tema di “validità dei
piani particolareggiati”, che “qualora,
decorsi due anni dal termine per l'esecuzione del
piano particolareggiato, non abbia trovato
applicazione il secondo comma, nell'interesse
improcrastinabile dell'Amministrazione di dotare le
aree di infrastrutture e servizi, il comune,
limitatamente all'attuazione anche parziale di
comparti o comprensori del piano particolareggiato
decaduto, accoglie le proposte di formazione e
attuazione di singoli sub-comparti,
indipendentemente dalla parte restante del comparto,
per iniziativa dei privati che abbiano la titolarità
dell'intero sub-comparto, purché non modifichino la
destinazione d'uso delle aree pubbliche o fondiarie
rispettando gli stessi rapporti dei parametri
urbanistici dello strumento attuativo decaduti”.
La configurazione dei rapporti in termini di stretta
corrispettività, sulla scorta della quale è stata
dedotta l’illegittimità degli importi degli oneri da
corrispondere al Comune di Assago, sembra, pertanto,
mirare ad un obiettivo più sagace e ambizioso,
quello, cioè, di ottenere –a programma invariato
dell’edificazione approvata– l’accertamento di un
presupposto che possa consentire alle stesse
ricorrenti di disporre di appropriati strumenti
contro l’inadempimento delle convenzioni, in primo
luogo mediante l'exceptio inadimpleti contractus
di cui all’art. 1460 del codice civile.
Una prospettazione, tuttavia, che il Collegio non
può affatto condividere, dovendosi
escludere che tra l’Amministrazione e i privati
possa instaurarsi un vincolo di sinallagmaticità
che, all’opposto, l’art. 28 della legge urbanistica
fondamentale non avalla in alcuna misura, essendo
previsto in tale disposizione che “l’autorizzazione
comunale è subordinata alla stipula di una
convenzione, da trascriversi a cura del
proprietario, che preveda:
1) la cessione gratuita entro termini prestabiliti
delle aree necessarie per le opere di urbanizzazione
primaria, precisate dall'articolo 4 della legge
29.09.1964, n. 847, nonché la cessione gratuita
delle aree necessarie per le opere di urbanizzazione
secondaria nei limiti di cui al successivo n. 2;
2) l'assunzione, a carico del proprietario, degli
oneri relativi alle opere di urbanizzazione primaria
e di una quota parte delle opere di urbanizzazione
secondaria relative alla lottizzazione o di quelle
opere che siano necessarie per allacciare la zona ai
pubblici servizi; la quota è determinata in
proporzione all'entità e alle caratteristiche degli
insediamenti delle lottizzazioni”.
Non è, pertanto, rinvenibile
nell’ordinamento di settore un principio che dia
unilateralmente titolo al soggetto attuatore di
venire meno all’obbligo di corrispondere gli oneri
di urbanizzazione fosse anche –come nell’odierno
giudizio– in misura significativamente superiore (ma
convenuta rispetto) a quella tabellare.
Le considerazioni esposte trovano, del resto,
riscontro nella giurisprudenza secondo cui:
a) “gli impegni assunti in
sede convenzionale non vanno riguardati
isolatamente, ma vanno rapportati alla complessiva
remuneratività dell'operazione, che costituisce il
reale parametro per valutare l'equilibrio del
sinallagma contrattuale e, quindi, la sostanziale
liceità degli impegni stessi. In altri termini, la
causa della convenzione urbanistica e cioè
l'interesse che l'operazione contrattuale è diretta
a soddisfare, va valutata non con riferimento ai
singoli impegni assunti, ma con riguardo alla
oggettiva funzione economico-sociale del negozio, in
cui devono trovare equilibrata soddisfazione sia gli
interessi del privato che della pubblica
amministrazione”
(cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 26.11.2013, n.
5603, richiamata in TAR Lombardia–Milano, sez. II,
10.02.2017, n. 346);
b) “un operatore possa, nella
convenzione urbanistica, assumersi oneri anche
maggiori di quelli astrattamente previsti dalla
legge, trattandosi di una libera scelta
imprenditoriale, non contrastante di per sé con
norme imperative
(cfr. TAR Lombardia, Milano, sez. II, 08.09.2011, n.
2193 e 03.04.2014, n. 879”
(cfr. TAR Lombardia–Milano, 17.02.2015, n. 504,
opportunamente citata dalla difesa comunale).
La neutralizzazione del principio
di libera negoziazione, peraltro, è soggetta ad un
limite di logicità nell’ordinamento dell’urbanistica
consensuale.
Se, infatti, si ritenesse condivisibile che
l’esercizio dei poteri abilitanti l’attività
edificatoria, trasfuso nell’accordo convenzionale,
possa o perfino debba atteggiarsi a ragione
direttamente giustificativa del sacrificio economico
posto a carico del lottizzante privato, finirebbe
per venire meno qualsiasi ostacolo, normativo o di
principio, alla possibilità di paralizzare
(legittimamente) la richiesta di puntuale
corresponsione di oneri urbanizzativi rimasti
inadempiuti ogni qual volta sorgano contestazioni
che impediscano di portare avanti l’edificazione.
Il che condurrebbe, nel caso del
progetto delle società ricorrenti, a poter
(altrettanto legittimamente) lasciar languire le
opere in uno stato di incompiutezza
(l’Amministrazione ha persuasivamente evidenziato
che sarebbero state realizzate le residenze e gli
uffici, ma non la viabilità extra comparto)
fino a che non si modifichi l’importo degli
oneri fissati nelle tre, successive, convenzioni
(si tratta, in particolare, della disciplina
prevista dall’art. 9 della convenzione originaria,
confermata nell’art. 3 della prima variante e
lievemente modificata, ma non nella sostanza,
nell’art. 6 della seconda variante).
Reputa, pertanto, il Collegio che alla luce delle
considerazioni sopra formulate il Comune di Assago
non ha oltrepassato, mediante i citati accordi, i
confini del potere discrezionale di cui disponeva, e
che, quindi, la prefigurazione, da parte delle
ricorrenti, di un’asimmetria delle posizioni
trasfuse nella convenzione, addirittura qualificando
la fattispecie come sussumibile nel contratto con
obblighi a carico di una sola parte ex art. 1468 del
codice civile (mentre –a differenza di quanto
sostenuto dal difensore delle ricorrenti in pubblica
udienza– l’art. 16 della convenzione originaria, nel
prevedere l’assunzione delle “obbligazioni tutte”
in capo alla “parte attuatrice”, ha inteso
riferirsi agli obblighi legali di cessione delle
aree a standard e di realizzazione delle opere di
urbanizzazione primaria e secondaria), in realtà ha
espresso un assetto dei reciproci interessi che le
imprese attuatrici hanno consapevolmente accettato e
persistentemente confermato, denunciandone
l’insostenibilità soltanto in via sopravvenuta.
La causa della convenzione è, dunque, perfettamente
lecita, con conseguente reiezione della domanda,
proposta in via principale, di nullità parziale.
Considerazioni in parte simili vanno estese
all’esame della subordinata domanda di reductio
ad aequitatem della convenzione, che le
ricorrenti hanno invocato richiamando la crisi
economica, mondiale e nazionale, che ha travolto
settori nevralgici per la loro attività: una
situazione non pronosticabile nel 2005, che
integrerebbe un avvenimento straordinario ed
imprevedibile e, quindi, giustificherebbe la pretesa
ad una riduzione degli oneri di urbanizzazione, ai
sensi dell’art. 1468 del codice civile, diretta ad
equilibrare uno squilibrio tra le prestazioni,
imprevisto al momento della conclusione del primo
accordo ed esorbitante dalla normale alea
contrattuale.
Sul piano ricostruttivo, l’indagine da condurre in
concreto sul nesso di interdipendenza tra gli
interessi dei contraenti non può, anzitutto,
prescindere dalla rilevanza oggettiva della
sopportazione, consapevolmente assunta dalle
ricorrenti al momento della conclusione della
convenzione originaria e ribadita nelle successive
varianti del 2008 e del 2011, degli oneri di
urbanizzazione nella (pur notevole) misura fissata
d’intesa con l’Amministrazione.
Le circostanze illustrate nel ricorso, in aggiunta,
attengono al mutamento di fattori concorrenziali o
di mercato, non avulsi –in generale– dal rischio di
impresa e, soprattutto, non eccedenti –nel caso
particolare– rispetto all’ambito di interlocuzione
di cui le ricorrenti hanno disposto nel corso delle
varianti alla convenzione del 18.04.2005. Le
sopravvenienze di cui si discute, insomma, non
possono rappresentare elementi di apprezzamento
disomogenei rispetto al novero dei prevedibili
fattori di rischio imprenditoriale, rientranti nella
fenomenologia della conoscenza delle società
ricorrenti, tenuto conto di quanto fosse ambizioso
il progetto da realizzare.
Non è secondario rilevare, inoltre, che le
ricorrenti non hanno allegato in giudizio alcun
elemento che consentisse di ponderare i ricavi
originariamente stimati nella convenzione del 2005,
e ciò mediante la produzione del piano economico e
finanziario dell’operazione, che, ad esempio, in
tema di lavori pubblici costituisce un complemento
essenziale per la valutazione dei soggetti
proponenti un project financing (cfr. art.
96, comma 4, del DPR 207/2010, in cui si prevede che
il piano economico e finanziario va valutato alla
luce “degli elementi economici e finanziari,
quali costi e ricavi del progetto e composizione
delle fonti di finanziamento” e “della
capacità di generare flussi di cassa positivi e
della congruenza dei dati con la bozza di
convenzione”).
Non è stata, dunque, provata, neppure a livello
indiziario, la lamentata lesione né, tantomeno, che
la regolazione degli interessi trasfusa nella
convenzioni non abbia perdurantemente espresso gli
intenti delle parti.
Per tali ragioni, non può essere accolta la domanda
di ammissione di una CTU, la quale non potrebbe
supplire all’onere probatorio incombente sulle
ricorrenti, né tantomeno potrebbe essere disposta
per rimettere al consulente d’ufficio l’accertamento
sulla rilevanza della “peggiore crisi economica
degli ultimi cent’anni” (cfr. pag. 6 del
ricorso) rispetto alle vicende controverse.
Ma c’è di più.
Le ricorrenti non hanno dedotto la violazione
dell’art. 1467 del codice civile: una disposizione
in cui si prevede che “se la prestazione di una
delle parti è divenuta eccessivamente onerosa per il
verificarsi di avvenimenti straordinari e
imprevedibili, la parte che deve tale prestazione
può domandare la risoluzione del contratto”
(comma 1), soggiungendosi che “la parte contro la
quale è domandata la risoluzione può evitarla
offrendo di modificare equamente le condizioni del
contratto” (comma 3).
Ciò, si può presumere, in ragione del fatto che
nella serrata dialettica con il Comune di Assago sia
rimasta irrisolta la questione del mancato
adempimento –confermato nella convenzione del
30.06.2011 (seconda variante)– all’obbligo delle
parti attuatrici di realizzare, sebbene progettata e
previa indizione di procedura di evidenza pubblica,
la viabilità di connessione autostradale.
È quindi suggestivo, ma destituito di fondamento,
l’assunto secondo cui “a otto anni
dall'approvazione del PPD4 il Comune non è riuscito
a procurare l'approvazione di una viabilità (quella
di connessione autostradale che permetta l'accesso
da nord al PPD4 sia per il traffico affluente da
Genova sia per quello in uscita da Milano) attorno
alla quale il PPD4 è stato concepito e progettato
nelle sue componenti private” (cfr. pag. 24 del
ricorso).
Di contro, nella convenzione del 03.06.2008 (prima
variante) il Comune di Assago, pur avendo rilevato “che
una parte degli interventi non è ancora stata
realizzata dalla parte attuatrice”, ha, comunque
concordato di “rimodulare le destinazioni d'uso
da inserire nell'ambito del comparto D4, convertendo
parte delle destinazioni d’uso commerciali,
paracommerciali e ricettive ancora da insediare in
terziario e in residenza” (cfr. pag. 2), a
riprova di una condotta non negativamente
preconcetta verso le ricorrenti.
Stesso dicasi per il concorso finanziario di 3
milioni di euro, poi ridotto a 2,5 (ferme restando
le risorse stanziate da Regione, Provincia e Comune
di Milano), per la realizzazione del prolungamento
della linea 2 della metropolitana finalizzata al
collegamento della fermata “Milano Famagosta”
a quella “Assago Milanofiori”, oggetto della
convenzione sottoscritta in data 07.05.2003 e
successivamente trasfusa nell’accordo del 28.07.2009
(si tratta, quindi, di impegni assunti prima della
stipulazione della seconda variante con le
ricorrenti; resta impregiudicata, perché attinente a
domanda estranea all’ambito di cognizione del
presente giudizio, la res controversa
riguardante il pendente ricorso R.G. 2464/2014 tra
la società Milanofiori 2000 s.r.l. e il Comune di
Assago).
Ad ogni modo, non è provato l’inadempimento
contestato all’Amministrazione comunale.
Pare, invero, al Collegio che l’insostenibilità
dell’attuazione del piano particolareggiato abbia
quale genesi l’incapacità delle società ricorrenti
di dare seguito agli impegni assunti,
presumibilmente per un’errata valutazione sulla
remuneratività dell’intervento e per una mal
calibrata articolazione dei mezzi finanziari a
programma sostanzialmente invariato dal 2005 al
2011.
Sotto tale profilo, nulla può imputarsi
all’Amministrazione comunale, sulla quale, se mai,
potrebbe gravare l’onere di pronunciarsi su futuri e
diversi accordi, ma di carattere novativo,
nell’ipotesi in cui si voglia evitare il degrado
dell’area oggetto di intervento.
Neppure accoglibile è, infine, la domanda di
accertamento dell’indebito arricchimento, proposta
in via ulteriormente subordinata dalle ricorrenti ai
sensi dell’art. 2041 del codice civile.
Pure a voler prescindere dal carattere residuale
dell’azione processuale, tale istituto giuridico
presuppone un nesso di correlazione tra
l’arricchimento e l’impoverimento di chi invoca
l’indennizzo, in merito al quale le sezioni unite
della Cassazione si sono espresse, con la storica
sentenza del 02.02.1963, n. 183, affermando che la
condizione perché possa configurarsi il diritto in
questione è che l’impoverimento e l’arricchimento
derivino, in via immediata, dal medesimo fatto
causativo (c.d. teoria del fatto unico, sebbene non
pacifica in dottrina).
Ma nella specie si discute di un piano
particolareggiato, oggetto di una convenzione
aggiornata per ben due volte su concorde volontà
delle parti contraenti, la cui inattuazione è legata
–per le ragioni sopra illustrate– alle difficoltà
finanziarie che hanno condotto le ricorrenti a non
poter corrispondere gli oneri pattuiti, i cui
riflessi, peraltro, non hanno affatto determinato un
ingiusto arricchimento del Comune di Assago (cfr.
Corte di Cassazione, sezioni unite, 08.10.2008, n.
24772), essendo quest’ultimo esposto al rischio che
la realizzazione delle opere assentite non venga
portata a conclusione.
Per le ragioni esposte, il ricorso va respinto (TAR
Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 11.01.2018 n. 45 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2017 |
|
URBANISTICA:
D. D'Alessandro,
L’esclusione dalla normativa sugli appalti delle
convenzioni non onerose per l’amministrazione (fra
programmazione urbanistica, interesse pubblico ed
interesse privato) (28.06.2017 -
tratto da www.federalismi.it).
---------------
Sommario: 1. Premessa e profili generali.
2. Alla ricerca di una nozione di causa idonea a
tutelare l’interesse pubblico e quello privato. La
funzione economico-individuale, la gratuità,
l’interesse patrimoniale del disponente, il rischio
di elusioni della disciplina dei contratti. 3. La
gratuità ed i controversi limiti dell’urbanistica
consensuale. Le opere a scomputo e l’art. 20, fra
natura corrispettiva degli oneri tabellari e rischio
di elusioni del codice dei contratti. 4. Le parti.
Le tensioni in ordine ai requisiti dell’esecutore 5.
La (blanda) tipizzazione. I contenuti necessari
della proposta. 6. L’oggetto, come programma delle
attività preordinato alla realizzazione dell’opera,
fra autotutela civilistica e pubblicistica. 7. Il
presupposto della previsione dell’opera nell’ambito
di strumenti o programmi urbanistici. Interrogativi
sull’ammissibilità di proposte di modifica e sulla
configurabilità di un obbligo di provvedere. 8. La
disciplina applicabile fra contratti attivi,
accordi, attività di diritto privato e contratti
esclusi. 9. Gli incerti confini con i contratti di
sponsorizzazione. 10. Problemi e prospettive. |
EDILIZIA PRIVATA: Una
interpretazione sistematica di quanto previsto
dall’art. 16 del d.p.r. n. 380/2001 porta a
concludere che le opere a scomputo, ai fini del
calcolo di un eventuale conguaglio con gli oneri di
urbanizzazione, debbano, come fatto
dall’amministrazione, essere valorizzate al costo
effettivo, tenendo conto di eventuali ribassi d’asta
ottenuti in gara.
Sicché, i risparmi di spesa derivanti dal ribasso
ottenuto in asta per la realizzazione delle opere a
scomputo incidono sulla valorizzazione delle stesse
nell’ambito dei rapporti tra amministrazione e
soggetto attuatore.
---------------
E’ oggetto del giudizio il corretto criterio di
calcolo del valore delle opere da realizzarsi a
scomputo di oneri di urbanizzazione, sotto il
duplice profilo dell’interpretazione dell’art. 16
del d.p.r. n. 380/2001 e del significato delle
clausole della convenzione in essere tra le parti.
Quanto al primo aspetto recitano gli artt.
16, commi 2 e 2-bis, del d.p.r. n. 380/2001, come
oggi vigenti: “1.…. A scomputo totale o parziale
della quota (ndr di oneri di urbanizzazione) dovuta,
il titolare del permesso può obbligarsi a realizzare
direttamente le opere di urbanizzazione, nel
rispetto dell'articolo 2, comma 5, della legge
11.02.1994, n. 109, e successive modificazioni, con
le modalità e le garanzie stabilite dal comune, con
conseguente acquisizione delle opere realizzate al
patrimonio indisponibile del comune.
2-bis. Nell'ambito degli strumenti attuativi e degli
atti equivalenti comunque denominati nonché degli
interventi in diretta attuazione dello strumento
urbanistico generale, l'esecuzione diretta delle
opere di urbanizzazione primaria di cui al comma 7,
di importo inferiore alla soglia di cui all'articolo
28, comma 1, lettera c), del decreto legislativo
12.04.2006, n. 163, funzionali all'intervento di
trasformazione urbanistica del territorio, è a
carico del titolare del permesso di costruire e non
trova applicazione il decreto legislativo
12.04.2006, n. 163.”
Trattasi di due commi inseriti nel d.p.r. n.
380/2001, rispettivamente, dal d.lgs. n. 301/2002 e
dall’art. 45 del d.l. n. 201 del 06.12.2011, che, al
di là del mancato coordinamento con la legislazione
sopravvenuta in materia di appalti (tanto la l. n.
109/1994 che il d.lgs. n. 163/2006 sono stati
abrogati) raccordano la disciplina degli oneri di
urbanizzazione a scomputo con quella dell’evidenza
pubblica.
Deve premettersi che la convenzione urbanistica
oggetto del presente procedimento è datata
22.11.2011 dunque, all’epoca della sua
sottoscrizione, era già vigente il comma 2 citato,
non il comma 2-bis.
La materia, dal punto di vista dell’evidenza
pubblica, è attualmente disciplinata dall’art. 1,
comma 2, lett. e), del d.lgs. n. 50/2016 che prevede
genericamente che le disposizioni del nuovo codice
dei contratti si applichino anche all’aggiudicazione
dei contratti di “e) lavori pubblici da
realizzarsi da parte di soggetti privati, titolari
di permesso di costruire o di un altro titolo
abilitativo, che assumono in via diretta
l'esecuzione delle opere di urbanizzazione a
scomputo totale o parziale del contributo previsto
per il rilascio del permesso, ai sensi dell'articolo
16, comma 2, del decreto del Presidente della
Repubblica 06.06.2001, n. 380 e dell'articolo 28,
comma 5, della legge 17.08.1942, n. 1150 ovvero
eseguono le relative opere in regime di convenzione.”
Ancora, sempre il d.lgs. n. 50/2016, art. 36, comma
3, prevede, dopo il correttivo di cui al d.lgs. n.
56/2017, che “per l'affidamento dei lavori
pubblici di cui all'articolo 1, comma 2, lettera e),
del presente codice, relativi alle opere di
urbanizzazione a scomputo per gli importi inferiori
a quelli di cui all'articolo 35, si applicano le
previsioni di cui al comma 2.”
A sua volta il citato comma 2 individua le tipologie
di procedura (affidamento diretto, procedura
negoziata previa consultazione di almeno dieci
operatori, procedura negoziata previa consultazione
di almeno quindici operatori, procedure ordinarie)
ammesse per i lavori sottosoglia.
Posto che ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. o),
del d.lgs. n. 50/2016 per “stazioni appaltanti”
devono intendersi anche i privati tenuti
all’osservanza della disciplina del nuovo codice
degli appalti, si deve evidentemente intendere che
gli obblighi di evidenza pubblica descritti dal
nuovo codice dei contratti in materia di oneri a
scomputo, quantomeno sottosoglia, gravino sul
privato, come previsto dall’art. 16 del d.lgs. n.
380/2001.
Le citate disposizioni rappresentano l’approdo di un
tormentato percorso normativo e giurisprudenziale.
In particolare con la sentenza della Corte di
giustizia del 12.07.2001, in causa C-399/98, si è
affermato che: “la direttiva del Consiglio
14.06.1993, 93/37/CEE, che coordina le procedure di
aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori,
osta ad una normativa nazionale in materia
urbanistica che, al di fuori delle procedure
previste da tale direttiva, consenta al titolare di
una concessione edilizia o di un piano di
lottizzazione approvato la realizzazione diretta di
un'opera di urbanizzazione a scomputo totale o
parziale del contributo dovuto per il rilascio della
concessione, nel caso in cui il valore di tale opera
eguagli o superi la soglia fissata dalla direttiva
di cui trattasi.”
Conformemente al citato principio di diritto il
legislatore, ancora intervenendo sulla legge
Merloni, ha specificato che le opere di
urbanizzazione a scomputo, ove di valore superiore
alla soglia comunitaria, dovessero essere
aggiudicate nel rispetto dei principi di evidenza
pubblica, escludendo in un primo momento da vincoli
di evidenza pubblica gli affidamenti sottosoglia.
In tal senso disponeva infatti l’art. 2, comma 5,
della l. n. 109 del 1994 (ancora, inopinatamente,
richiamato dal d.p.r. n. 380/2001); tale
disposizione è stata a sua volta censurata dalla
sentenza della Corte di Giustizia del 21.02.2008 in
causa C-412/04 che ha ritenuto che, anche con
riferimento alle opere sottosoglia, per evitare
fenomeni elusivi debbano quantomeno trovare
applicazione i principi generali dell’evidenza
pubblica.
Recependo le indicazioni della Corte di giustizia, e
tenuto conto che la disciplina della legge Merloni
aveva anche dato causa ad una procedura di
infrazione comunitaria nei confronti dell’Italia,
con il combinato disposto degli artt. 122 e 32,
comma 1, lett. g), del d.lgs. n. 163/2006, vigenti
all’epoca di sottoscrizione della convenzione per
cui è causa e ivi richiamati, si è introdotto
l’obbligo del rispetto dei principi di evidenza
pubblica anche per l’affidamento di opere di
urbanizzazione a scomputo sotto soglia, prevedendo
l’attivazione della più semplice procedura di cui
all’art. 57, comma 6, del d.lgs. n. 163/2006
(procedura negoziata senza bando).
La soluzione è la più coerente con le indicazioni
del giudice europeo.
Con il comma 2-bis del d.p.r. n. 380/2001
(introdotto con il d.l. 201/2011 e non applicabile
alla presente fattispecie in quanto entrato in
vigore successivamente alla sottoscrizione della
convenzione) il legislatore ha inteso sottrarre agli
obblighi di evidenza pubblica l’esecuzione di
determinate opere a scomputo (l’eccezione introdotta
con il d.l. era riferita a strade residenziali,
spazi di sosta o di parcheggio, fognature, rete
idrica, rete di distribuzione dell'energia elettrica
e del gas, pubblica illuminazione, spazi di verde
attrezzato) di valore inferiore alla soglia
comunitaria e quando realizzate nell’ambito di
interventi attuativi del P.R.G. e strumenti
urbanistici attuativi, il tutto in verosimile
violazione dei principi enunciati dalla Corte di
giustizia.
La dubbia disposizione (che incomprensibilmente
sottrae agli obblighi di evidenza pubblica gli
attuatori dei piani urbanistici, normalmente
soggetti professionali che non solo sono i più
attrezzati per gestire procedure di evidenza
pubblica ma, sul lato dell’offerta, ne sono anche i
beneficiari) viene riproposta, ampliandone in
termini vaghi i contenuti, nell’art. 36, comma 4,
del d.lgs. n. 50/2016 che sottrae agli obblighi di
evidenza pubblica più genericamente “opere di
urbanizzazione primaria di importo inferiore alla
soglia di cui all'articolo 35, comma 1, lettera a),
calcolato secondo le disposizioni di cui
all'articolo 35, comma 9, funzionali all'intervento
di trasformazione urbanistica del territorio”,
senza più tipizzare le opere sottratte a tali
obblighi, così innestando su una disciplina di già
dubbia compatibilità comunitaria un elemento di
indeterminatezza.
Così ricostruito il quadro normativo si osserva:
nell’evoluzione normativa si assiste dapprima ad un
innesto diretto dei vincoli eurounitari
dell’evidenza pubblica sul sistema della
realizzazione di opere a scomputo di importo
soprasoglia comunitaria, quindi ad un allargamento
di tali vincoli (nella forma di procedure
semplificate) anche nell’ambito sottosoglia.
Il legislatore nazionale pare poi inseguire forme
anomale di sottrazione della materia ai vincoli di
evidenza pubblica in un contesto in cui le
indicazioni del giudice europeo risultano per contro
univoche.
Si legge nella citata sentenza della Corte di
giustizia 08.11.2006 in causa C-412/04 “secondo
la giurisprudenza della Corte, il fatto che una
disposizione di diritto nazionale che prevede la
realizzazione diretta di un’opera di urbanizzazione
da parte del titolare di una concessione edilizia o
di un piano di lottizzazione approvato, a scomputo
totale o parziale del contributo dovuto per il
rilascio della concessione, faccia parte di un
complesso di norme in materia urbanistica dotate di
caratteristiche proprie e dirette al raggiungimento
di specifici obiettivi, distinti da quelli della
direttiva 93/37, non è sufficiente a escludere la
realizzazione diretta dall’ambito di applicazione di
quest’ultima, qualora risultino soddisfatti tutti
gli elementi necessari affinché essa vi rientri (v.
sentenza Ordine degli Architetti e a., cit., punto
66)”; d’altro canto nelle sue conclusioni
l’avvocato generale precisava: “il governo
italiano segnala le peculiarità del settore
urbanistico e le caratteristiche del regime di
aggiudicazione controverso, ma trascura il fatto che
la valutazione di tale sistema nel presente
procedimento deve basarsi sulle direttive in materia
di appalti pubblici. Se si pone l’accento su un
piano giuridico –il piano nazionale– senza prendere
in considerazione l’altro –quello comunitario–, si
distorce la situazione. Inoltre, ho già messo in
rilievo che la sentenza resa nella causa Ordine
degli Architetti e a. ha affermato che le
caratteristiche proprie della materia urbanistica
non sono sufficienti ad escludere l’applicazione
delle direttive”
Resta il fatto che la disciplina vigente al momento
di sottoscrizione della convenzione, recepita dalla
convenzione stessa ed applicabile al caso di specie,
era quella indubbiamente più ortodossa in termini di
rispetto dei vincoli eurounitari.
Non può quindi che prendersi atto del necessitato
progressivo coordinamento tra la disciplina degli
oneri a scomputo e dei vincoli di evidenza pubblica
alla cui luce, come anche indicato dal legislatore
europeo, deve interpretarsi la materia per questo
specifico aspetto.
Se tanto è vero consegue che non possono che essere
integrati in questo aspetto della disciplina
urbanistica tutti i valori dell’evidenza pubblica
che attengono tanto alla tutela della concorrenza
all’atto della realizzazione delle opere che, e
contestualmente, al raggiungimento di obiettivi di
efficienza ed economicità dell’azione
amministrativa. Dovendosi infatti coordinare le due
materie appare difficilmente sostenibile recepire
l’evidenza pubblica in termini solo favorevoli
all’impresa e non anche all’amministrazione e quindi
all’interesse pubblico sotto il profilo
dell’efficienza ed economicità dell’azione
amministrativa.
La tesi interpretativa proposta da parte ricorrente,
che comporterebbe l’acquisizione al privato dei
vantaggi indotti dal risparmio di spesa frutto
dell’applicazione di una procedura comparativa,
appare in ogni caso al collegio violare tutti i
citati valori propri dell’evidenza pubblica.
Da un lato infatti l’acquisizione
all’amministrazione di eventuali risparmi prodotti
dall’obbligatorio confronto con il mercato soddisfa
esigenze di efficienza ed economicità dell’azione
amministrativa vanificate dall’interpretazione
proposta in ricorso. Non è un caso se il giudice
contabile ha reiteratamente affermato che la somma
da scomputare per opere di urbanizzazione
corrisponde al “costo effettivo” delle stesse
e qualificato l’opposta soluzione foriera di danno
erariale (Corte Conti, sez. contr. Veneto
parere
07.08.2009 n. 148
e
parere 28.07.2010 n. 94;
Corte Conti, sez. controllo Lombardia
parere 24.09.2015 n. 314).
Dall’altro lato l’imposizione degli obblighi di
evidenza pubblica ha lo scopo di impedire che un
operatore del mercato possa, proprio in violazione
dei principi di concorrenza, beneficiare
sostanzialmente di un affidamento diretto a prezzi
superiori a quelli di mercato. Trasferire sul
privato attuatore l’obbligo di rispetto dei principi
di evidenza pubblica senza tuttavia acquisire
all’amministrazione il vantaggio economico derivante
dall’applicazione a valle di siffatte procedure
equivale a favorire indebitamente un operatore
privato di mercato; infatti, se pure l’esecutore
materiale delle opere le realizzerà a prezzo di
mercato, il soggetto attuatore -privato e
normalmente altro operatore professionale del
medesimo mercato- lucrerà la differenza tra gli
importi (avulsi dagli esiti del confronto
procedimentale) presuntivamente indicati nella
convenzione e i prezzi effettivamente applicati. Si
finisce così per spostare l’indebito vantaggio
concorrenziale dal soggetto materialmente esecutore
delle opere al soggetto attuatore (anch’esso un
operatore privato di mercato), eludendo il
significato sostanziale dell’intervento della
normativa europea.
Ritiene quindi il collegio che una interpretazione
sistematica di quanto previsto dall’art. 16 del
d.p.r. n. 380/2001 porti a concludere che le opere a
scomputo, ai fini del calcolo di un eventuale
conguaglio con gli oneri di urbanizzazione, debbano,
come fatto dall’amministrazione, essere valorizzate
al costo effettivo, tenendo conto di eventuali
ribassi d’asta ottenuti in gara.
E’ quindi infondato il primo motivo di ricorso.
Con il secondo motivo di ricorso si persegue
il medesimo risultato interpretativo, sostenendo che
la soluzione proposta sarebbe comunque quella
ricavabile dal tenore della convenzione stipulata
tra le parti e quindi da una corretta applicazione
della disciplina contrattuale che le vincola.
La tesi non è condivisibile.
Premesso che, ove questo fosse il significato della
convenzione, essa si porrebbe in contrasto con la
legge vigente all’epoca della sua stipulazione, che
imponeva l’indizione di procedure di evidenza
pubblica per la realizzazione delle opere a scomputo
con tutte le implicazioni che si ritiene ne
derivino, il testo della convenzione non supporta
l’interpretazione proposta dai ricorrenti.
I ricorrenti valorizzano la circostanza che l’art.
7.2 della convenzione, là dove in verità prevede
penetranti poteri di controllo dell’amministrazione
sull’esecuzione delle opere e sul regolare
espletamento della gara, precisa che il Comune “fatto
salvo il potere di controllo resta estraneo ai
rapporti economici tra le parti”. Il senso della
disposizione non è certo quello di individuare il
criterio di valorizzazione delle opere a scomputo ma
unicamente quello di precisare che
l’amministrazione, estranea al contratto di appalto
che intercorre tra soggetto attuatore e impresa
affidataria dei lavori, non potrà essere considerata
in alcun modo debitrice del soggetto affidatario.
Ancora prosegue parte ricorrente affermando che
dalla convenzione si evincerebbe che il valore delle
opere a scomputo sarebbe quello desumibile dai
progetti esecutivi.
In verità l’art. 6.1 della convenzione che
disciplina espressamente gli oneri a scomputo
prevede una stima immediata dal valore di tali
opere, precisando che detta stima, nel suo importo
definitivo, dovrà evincersi, appunto, dai progetti
definitivi ancora non presenti all’atto di
stipulazione della convenzione. Nel testo
contrattuale si prende poi atto che il valore
stimato delle opere risulta inferiore alla
determinazione forfetaria degli oneri e si
stabilisce che la quota di conguaglio verrà
corrisposta in quattro rate a partire dal rilascio
di ogni singolo permesso di costruire. Evidentemente
la somma presa a riferimento in questa fase non
potrà che essere quella desumibile dai progetti
definitivi.
Precisa poi ulteriormente la convenzione che “eventuali
economie accertate dall’atto unico di collaudo
emesso a titolo patrimoniale saranno corrisposte
dall’attuatore in unica soluzione”. In sostanza
la convenzione prevede appositamente un conguaglio a
favore dell’amministrazione ove il costo effettivo
delle opere sia risultato inferiore a quello atteso
in base alla progettazione. Non pare invece
condivisibile l’assunto di parte ricorrente, secondo
cui l’inciso, che descrive un meccanismo generale e
coerente –anche con la normativa pertinente– avrebbe
inteso disciplinare la sola ipotesi di mancata
realizzazione di talune delle opere. Tale
limitazione non si evince né dalla lettera né dalla
ratio della disposizione.
In conclusione, tanto l’interpretazione della
normativa applicabile quanto quella delle
disposizioni della convenzione urbanistica che
vincola le parti, portano il collegio a preferire la
soluzione interpretativa proposta
dall’amministrazione, secondo cui i risparmi di
spesa derivanti dal ribasso ottenuto in asta per la
realizzazione delle opere a scomputo incidono sulla
valorizzazione delle stesse nell’ambito dei rapporti
tra amministrazione e soggetto attuatore.
Il ricorso deve quindi essere respinto (TAR
Piemonte, Sez. II,
sentenza 19.05.2017 n. 646 - link a
www.giustizia-amministratva.it). |
URBANISTICA:
Rinegoziazione di una convezione di
lottizzazione.
---------------
•
Piani di lottizzazione – Oneri di
urbanizzazione – Ratio – Differenza con i costi di
costruzione.
•
Piani di lottizzazione – Oneri di
urbanizzazione – Riduzione per mancata realizzazione
di tutta la volumetria originariamente prevista –
Conseguente riduzione oneri di urbanizzazione –
Esclusione.
•
Piani di lottizzazione - Rinuncia
alla realizzazione di un intervento -. Offerta di
cessione di area edificabile a scomputo dei
contributi di costruzione – Rinegoziazione secondo
buona fede – Obbligo di esaminare la proposta.
•
Gli oneri di urbanizzazione sono
contributi dovuti ai Comuni nei casi di
modificazioni dell’assetto urbanistico-edilizio, per
partecipare alle spese che i Comuni sostengono per
l’urbanizzazione del loro territorio; i costi di
costruzione, invece, costituiscono una
compartecipazione comunale all'incremento di valore
della proprietà immobiliare del costruttore
(1).
•
Non è sufficiente rinunciare alla
costruzione di uno dei diversi edifici previsti in
un piano di lottizzazione per ottenere la riduzione
degli oneri di urbanizzazione, dovendosi al più
chiedere una variante riduttiva del piano di
lottizzazione, modificando il layout della sua
configurazione, poiché il progetto delle
urbanizzazioni dipende dall’intera strutturazione
del piano, a prescindere dalla realizzazione o meno
degli interventi edilizi in esso pianificati
(2).
• La rinuncia alla realizzazione di
un intervento e l’offerta del lottizzante di cedere
al Comune l’area edificabile (anche a scomputo dei
contributi di costruzione) deve essere presa in
esame dal Comune, in virtù del principio del
diritto-obbligo alla rinegoziazione secondo buona
fede, che regola l’ambito delle convenzioni di
lottizzazione e, più in generale, quello degli
strumenti privatistici a base contrattuale o
negoziale
(3).
---------------
(1) Ha
ricordato il Tar che gli oneri di urbanizzazione si
dividono in primaria e secondaria. I primi
concorrono alla realizzazione di strade, parcheggi,
fognature, illuminazione pubblica, verde pubblico,
sistemi di distribuzione di acqua, energia, gas. I
secondi sono destinati a finanziare la realizzazione
di scuole, asili, centri civici, parchi urbani,
impianti sportivi, parcheggi pubblici. I criteri di
applicazione, fissati dalla normativa regionale e
uniformi per tutto il territorio regionale, indicano
le modalità di applicazione e i casi in cui ai
Comuni è consentito modificare le entità determinate
dalla Regione.
I costi di costruzione sono invece dovuti ai Comuni
nei casi di nuova costruzione o ristrutturazione
edilizia ed hanno un valore misurato in percentuale
variabile sul costo
standard
a metro quadro, fissato dalla Regione per le
costruzioni di edilizia agevolata.
(2) V.
Cons. St., sez.
IV, 28.06.2016, n. 2915.
(3) La premesso il Tar che il
costo di costruzione, se è vero che è commisurato
alle volumetrie virtuali previste nella
lottizzazione, è altresì vero che non può
prescindere dall’effettiva realizzazione
dell’intervento edilizio. Esso richiede che vi sia
un permesso di costruire e che il conseguente
l'intervento determini un aumento del carico
urbanistico (Tar
Napoli, sez. VIII, 07.04.2016, n. 1769)
ha aggiunto che l'art. 16 d.P.R. 06.06.2001, n. 380
collega il pagamento del costo di costruzione
all'effettiva attività edificatoria, in quanto gli
oneri di costruzione costituiscono una prestazione
patrimoniale di natura impositiva che trova la sua
ratio
giustificatrice nell'incremento patrimoniale che il
titolare del permesso di costruire consegue in
dipendenza del realizzando intervento edilizio.
Essendo il contributo in questione strettamente
connesso al concreto esercizio della facoltà di
edificare, in misura corrispondente all'entità e
alla qualità del maggior carico urbanistico
conseguente alla realizzazione del fabbricato
assentito ed all'insieme dei benefici che la nuova
opera ne trae, la formazione del credito del Comune
postula, quale condizione di esigibilità,
l'effettiva attività di edificazione e comporta la
corresponsione di un contributo commisurato al costo
di costruzione globalmente inteso, nel senso che
deve investire ed essere riferito all'intera opera,
per come assentita e realizzata (Tar
Lazio, sez. II quater, 12.05.2015, n. 6901).
Quanto alla
rinegoziazione delle convenzioni di lottizzazione,
il Tar ha chiarito che è la buona fede
in executivis
che viene in rilievo, nonché la buona fede quale
fonte di eterointegrazione dell’accordo negoziale
(artt. 1374 e 1375 c.c.). Il principio di
rinegoziazione secondo buona fede ha, infatti, un
inevitabile impatto anche nei contratti e negli
accordi tra privati e Pubblica amministrazione. La
poliedrica clausola generale di buona fede, di cui
la rinegoziazione è una delle possibili
declinazioni, è dotata di straordinaria pervasività,
ergendosi a regola non solo del regolamento tra
privati, ma come criterio generale dei rapporti tra
privati e P.A., al fine di preservare la
conservazione dell’equilibrio economico-giuridico
fissato nell’atto consensuale.
Anche in assenza di un’apposita clausola della
convenzione di lottizzazione che obblighi le parti a
rinegoziare, è la stessa struttura di
genus
dell’accordo sostitutivo di provvedimento,
ex
art. 11, l. 07.08.1990, n. 241, cui si può
ricondurre la
species
della convenzione di lottizzazione, a imporre
all’Amministrazione pubblica di ponderare gli
interessi pubblici e privati coinvolti nel
procedimento negoziato, non solo nella fase genetica
(l’accordo) ma anche nella fase della sua
esecuzione. Ciò anche in considerazione del fatto
che, tra i principi che reggono la negoziazione
pubblica, vi è quello di matrice comunitaria di “proporzionalità”,
a presidio del quale la rinegoziazione è
evidentemente predisposta
(TAR
Molise, sentenza 17.05.2017 n. 184 -
commento tratto da e link a
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EDILIZIA PRIVATA: Sulla
possibilità di sostituzione del versamento degli oneri di urbanizzazione
dovuti per la realizzazione di un centro per anziani non autosufficienti
mediante erogazione di servizi alla persona a carico del Comune.
Non è ammissibile per il comune lo scomputo dell’entrata
corrispondente al provento relativo al permesso di costruire (pur
teoricamente compensata da una futura eventuale minore spesa) al di fuori
dei casi espressamente previsti dalla legge.
Detto altrimenti, non risulta ammissibile la sostituzione di un onere di
pagamento determinante un provento immediato e certo con una prestazione in
termini di servizi indeterminabile sia sotto il profilo temporale
(l’eventuale sconto dipenderebbe da una serie di variabili non determinabili
a priori, quali ad esempio il numero degli anziani non abbienti e l’entità
dello sconto) che quantitativo.
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Con la nota indicata in epigrafe il Sindaco del Comune di Pasian di Prato
(UD) ha
formulato alla Sezione una richiesta di motivato avviso con cui ha
rappresentato che:
- L’art. 1, c. 737, della L. 208/2005 dispone che per gli anni 2016
e 2017 i proventi delle concessioni edilizie e delle relative sanzioni, di
cui al DPR 380/2001, fatta eccezione per le sanzioni previste dall’arti 31,
comma 4-bis, possono essere utilizzati per una quota pari al 100% per spese
di manutenzione ordinaria del verde, delle strade e del patrimonio comunale,
nonché per spese di progettazione delle opere pubbliche;
- L’art. 1, comma 460, della L. 232/2016 dispone che per l’anno
2018 (nel testo della norma “dal 01.01.2018”) i proventi delle
concessioni edilizie e delle relative sanzioni, di cui al DPR 380/2001, sono
destinati esclusivamente e senza vincoli temporali alla realizzazione e
manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere di urbanizzazione
primaria e secondaria, al risanamento di complessi edilizi compresi nei
centri storici e nelle periferie degradate a interventi di riuso e
rigenerazione, a interventi di demolizione di costruzioni abusive,
all’acquisizione di e alla realizzazione di aree verdi destinate ad uso
pubblico, a interventi di tutela e riqualificazione dell’ambiente e del
paesaggio, anche ai fini della prevenzione e della mitigazione del rischio
idrogeologico e sismico e della tutela e riqualificazione del patrimonio
rurale pubblico, nonché a interventi volti a favorire l’insediamento di
attività di agricoltura nell’ambito urbano;
- Il Comune ha stipulato una convenzione di urbanizzazione per la
realizzazione di un fabbricato ad uso residenza per anziani non
autosufficienti nella quale si prevede, oltre al versamento diretto, la
possibilità di procedere allo scomputo degli oneri di urbanizzazione
primaria e secondaria e del costo di costruzione dovuti per il rilascio di
un permesso di costruire, mediante servizi compensativi alla persona che
sarebbero di spettanza del Comune in quanto diretti a persone non abbienti,
e sarebbero svolti direttamente da parte del titolare del permesso di
costruire o da società controllate. Ad esempio il Comune ventila l’ipotesi
di una riduzione o compensazione delle rette di ricovero per anziani
indigenti, qualora la retta sia in tutto o in parte a carico del Comune in
qualità di domicilio di soccorso;
- Il quesito riguarda le modalità di contabilizzazione dei servizi
eventualmente erogati dalla società in base alla convenzione (rilevazione
della spesa tramite mandato ed emissione in entrata di apposita reversale
per lo stesso importo) nonché la conformità dello scomputo, collegato a
servizi alla persona, alla normativa disciplinante le possibilità di
scomputo e i particolari vincoli di destinazione per detti proventi.
...
La richiesta dell’Ente riguarda la possibilità di scomputare in tutto o in
parte gli oneri di urbanizzazione (senza distinzione tra urbanizzazione
primaria secondaria e costo di costruzione) dovuti per la realizzazione di
una residenza per anziani non autosufficienti tramite la compensazione con
uno “sconto” sull’eventuale pagamento dovuto dall’Ente qualora lo
stesso dovesse farsi carico delle rette di degenza per anziani non abbienti
ricoverati nella predetta struttura.
L’Ente richiede, altresì, se sia corretta la contabilizzazione
dell’operazione sotto forma di una regolazione contabile che registri nella
spesa l’importo dovuto per i servizi alla persona (ospitalità ad anziani non
abbienti) resi dal titolare del permesso di costruzione (o da società dallo
stesso controllate) in base alla convenzione ed emetta contemporaneamente
apposita reversale nella parte entrata per un importo corrispondente.
Premesso che le determinazioni definitive relative alle decisioni in termini
di allocazione della spesa restano riservate all’ambito dell’esclusiva
discrezionalità dell’Ente, la problematica posta nella richiesta di motivato
avviso può essere ricondotta alla materia della contabilità pubblica in
quanto attinente il rispetto degli equilibri e l’adeguatezza delle coperture
disposte in bilancio.
Prima di effettuare valutazioni più specifiche sull’ambito applicativo delle
disposizioni recentemente introdotte in merito nell’art. 1. comma 737, dalla
L. 208/2015 e nell’art. 1, commi 460-461, della L. 232/2016 in relazione
alle destinazioni ammissibili per l’allocazione di tali proventi, richiamate
dal Comune nella richiesta di parere, appare opportuno considerare la
disciplina e la finalità degli oneri imposti al privato che richieda
l’autorizzazione ad effettuare un intervento costruttivo.
L’art. 22 della L.R. 19/2009, codice regionale dell’edilizia, stabilisce che
il permesso di costruire risulta, comunque, subordinato all’esistenza delle
opere di urbanizzazione primaria o alla previsione da parte del Comune
dell’attuazione delle stesse per il periodo di validità del permesso
medesimo ovvero all’impegno, da parte degli interessati, di procedere
all’attuazione delle opere di urbanizzazione richieste dal Comune
contemporaneamente alla realizzazione dell’intervento oggetto del permesso.
Il successivo art. 29 prevede che il rilascio del permesso di costruire
comporti la corresponsione di un contributo commisurato all’incidenza degli
oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione (fatti salvi i casi
di esonero o riduzione previsti dagli artt. 30 e 32 della medesima legge
regionale) consentendo, tuttavia, lo scomputo totale o parziale del
contributo nell’ipotesi in cui il richiedente il permesso si obbligasse a
realizzare direttamente le opere di urbanizzazione necessarie. Giova
ricordare che le opere di urbanizzazione primaria elencate nell’art. 5 del
Regolamento emanato con D.P.Reg. 18 del 20.01.2012 riguardano precipuamente
strade, reti fognarie idriche e di distribuzione dell’energia elettrica e
del gas e altri interventi sostanzialmente imprescindibili per consentire
l’insediamento umano, mentre le opere di urbanizzazione secondaria prevedono
la realizzazione di scuole, strade di quartiere impianti sportivi e altri
interventi di completamento dell’insediamento urbano mirati ad una migliore
fruizione dei nuovi interventi costruttivi anche sotto il profilo della
convivenza sociale.
Natura diversa può, invece, riconoscersi al costo di costruzione che, come
può desumersi dall’art. 6 quarto comma del Regolamento citato, rappresenta
sostanzialmente un onere corrispondente all’incremento di valore determinato
dall’intervento edilizio. Trattandosi di entrate non continuative e
straordinarie, correlate alla necessaria realizzazione di infrastrutture sul
territorio, i proventi da oneri urbanistici sono stati ab origine
considerati entrate in conto capitale e, in quanto tali, destinati
esclusivamente alla coperture di spese di investimento.
Tra queste, va tenuta presente proprio la necessità per l’Ente di
provvedere, nel caso in cui il privato richiedente non se ne sia accollato
direttamente la realizzazione, alle opere di urbanizzazione primaria.
Tuttavia, nel tempo, probabilmente in ragione di particolari situazioni di
difficoltà finanziaria degli enti, successivi puntuali interventi
legislativi hanno eccezionalmente consentito la destinazione di detti
proventi anche alla copertura di spese correnti (una esaustiva ricostruzione
della successione degli interventi legislativi di deroga in materia è
contenuta nella deliberazione della Sezione di Controllo della Lombardia
parere 09.02.2016 n. 38).
Peraltro, la normativa più recente, intervenuta in un contesto ormai
fortemente caratterizzato dai principi della cosiddetta “armonizzazione
contabile”, ha segnato un deciso cambiamento di rotta rispetto alle
deroghe consentite in epoche precedenti: l’art. 1, comma 460, della L.
232/2016 dispone che a decorrere dall’01.01.2018 i proventi delle
concessioni edilizie e delle relative sanzioni, di cui al DPR 380/2001,
siano destinati “esclusivamente e senza vincoli temporali” alla
realizzazione e manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere di
urbanizzazione primaria e secondaria, al risanamento di complessi edilizi
compresi nei centri storici e nelle periferie degradate a interventi di
riuso e rigenerazione, a interventi di demolizione di costruzioni abusive,
all’acquisizione di e alla realizzazione di aree verdi destinate ad uso
pubblico, a interventi di tutela e riqualificazione dell’ambiente e del
paesaggio, anche ai fini della prevenzione e della mitigazione del rischio
idrogeologico e sismico e della tutela e riqualificazione del patrimonio
rurale pubblico, nonché a interventi volti a favorire l’insediamento di
attività di agricoltura nell’ambito urbano.
Giova ricordare che, in periodo di poco precedente, a conferma di un
orientamento restrittivo sulle eccezioni ai principi in materia di
destinazione di entrate di parte capitale, la norma regionale (art. 18,
comma 25, della LR 18/2011) che prorogava per il 2013 e 2014 la possibilità
prevista dall’art. 11, comma 4, della LR. 22/2010, di destinare per intero i
proventi da urbanizzazione a spese correnti, è stata abrogata a decorrere
dall’01.01.2013 dall’art. 14, comma 38, della LR 7/2012 (cfr. Sezione
Controllo Friuli Venezia Giulia
parere 24.06.2014 n. 112).
Il tenore della recente disposizione (art. 1, comma 460, L. 232/2016),
introdotta dal Legislatore statale con effetto dal prossimo esercizio
finanziario, ha ricondotto l’allocazione dei proventi da urbanizzazione
all’alveo della naturale destinazione di una risorsa, eventuale e
irripetibile, utile a finanziare l’area degli interventi di conservazione e
sviluppo dei beni appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile,
necessari anche ai fini di un bilanciamento del “consumo del territorio”
conseguente all’intervento costruttivo di nuova realizzazione. Una tale
interpretazione, nel senso di un ritorno alle “origini” e ai principi
generali, può, peraltro, farsi discendere anche dallo stesso tenore
letterale della norma introdotta con la legge di bilancio 2017: il comma
460, infatti, dispone la destinazione dei proventi dei titoli abitativi
edilizi “…a decorrere dall’01.01.2018… e senza vincoli temporali…”
ancorandola ad interventi strettamente correlati alle opere di
urbanizzazione o in generale ad interventi di tutela e qualificazione del
territorio.
Il legislatore sembrerebbe quindi aver provveduto ad un intervento
stabilizzatore della disciplina della materia scegliendo una forma
espressiva diversa dai precedenti interventi riferiti in modo puntuale ad
esercizi specifici. L’attuale disciplina introdotta a partire
dall’01.01.2018 ha ricondotto la gestione dei proventi derivanti dai titoli
abitativi edilizi, in quanto entrata eccezionale e non ricorrente, ad un
utilizzo compatibile con un rispetto sostanziale dell’equilibrio di parte
corrente e non suscettibile di sortire l’effetto di sottrarre le risorse
necessarie ad investimenti comunque obbligatori.
In un’ottica di sana gestione finanziaria e di attenzione alla qualità e
congruità delle coperture, le norme derogatorie al rispetto di tali principi
devono essere, pertanto, oggetto di un’interpretazione assolutamente
restrittiva.
Premesse queste considerazioni relative al ristretto ambito
interpretativo che deve essere riconosciuto alle eccezioni in materia di
destinazione di entrate in conto capitale al finanziamento di spese della
medesima natura, si deve rilevare che l’esempio ipotizzato nel quesito non
risulta, comunque, riconducibile alla normativa citata, in quanto l’Ente non
riscuoterebbe risorse da riservare a destinazioni più o meno riconducibili
alle eccezioni previste dalla legge, ma accetterebbe, in applicazione della
convenzione, di sostituire un’entrata certa e immediata con una minore spesa
del tutto aleatoria ed eventuale.
Si tratterebbe, in buona sostanza, di una prestazione in luogo
dell’adempimento di cui all’art. 1197 c.c. che non risulta in alcun modo
riconducibile all’unico caso ammesso dalla legge, relativo all’impegno,
assunto contrattualmente dal privato, di realizzare direttamente le opere di
urbanizzazione che sarebbero di spettanza del comune.
Al di fuori della
predetta ipotesi, prevista dall’art. 29, secondo comma, del codice regionale
dell’edilizia e in difetto di ulteriore specifica previsione legislativa (in
tal senso risulta d’interesse anche il parere n. 60/2017/PAR reso dalla Sezione Emilia
Romagna in relazione ad una ipotesi di datio in solutum in materia
tributaria) non risulta ammissibile la sostituzione di un
onere di pagamento determinante un provento immediato e certo con una
prestazione in termini di servizi indeterminabile sia sotto il profilo
temporale (l’eventuale sconto dipenderebbe da una serie di variabili non
determinabili a priori, quali ad esempio il numero degli anziani non
abbienti e l’entità dello sconto) che quantitativo.
Una tale conclusione si desume, del resto, anche dalla lettura del principio
contabile (Principio contabile concernente la contabilità finanziaria
Allegato 4/2 al D.Lgs.118/2011 punto 3.11) che consente l’imputazione della
regolazione contabile dell’ipotesi di scomputo (evidentemente riferita ai
casi di opere di urbanizzazione realizzate direttamente dal privato
richiedente) solo nell’esercizio in cui venga effettuato il collaudo e la
consegna delle opere.
Da tutto quanto premesso emerge non solo che la destinazione dei proventi da
urbanizzazione deve essere esclusivamente correlata, in un’ottica volta ad
assicurare la copertura degli interventi necessari a consentire
l’insediamento umano nel territorio, alle specifiche ipotesi previste dalla
legge, ma anche che non è ammissibile per l’Ente lo scomputo dell’entrata
corrispondente al provento relativo al permesso di costruire (pur
teoricamente compensata da una futura eventuale minore spesa) al di fuori
dei casi espressamente previsti dalla legge
(Corte dei Conti, Sez. controllo Friuli Venezia Giulia,
parere 11.05.2017 n. 41). |
EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: Secondo
consolidato orientamento giurisprudenziale, “può ammettersi
anche la scomputabilità del valore corrispondente alle opere
di urbanizzazione primaria dall'importo dovuto a titolo di
oneri di urbanizzazione secondaria, attesa la comune natura
giuridica degli oneri di cui trattasi, non ravvisandosi
ragioni ostative alla compensazione tra obbligazioni
intercorrenti tra i medesimi soggetti e nascenti dal
medesimo rapporto convenzionale: difatti lo scomputo, totale
o parziale, della quota di contributo dovuta in caso di
realizzazione diretta delle opere di urbanizzazione deve
essere effettuato senza distinzione tra opere di
urbanizzazione primaria e secondaria, atteso che la mancata
distinzione nella sede legislativa specifica (art. 11 l.
28.01.1977 n. 10) delle due categorie di opere vieta
all'interprete di introdurre una siffatta distinzione”.
---------------
Deve tuttavia rilevarsi che la predetta convenzione
limita espressamente il diritto allo scomputo ai “soli
oneri di urbanizzazione primaria”.
Questa Sezione ha
avuto infatti modo di osservare che “l'art. 16, comma 2,
del d.p.r. n. 380/2001 (che ha riprodotto l'art. 11, comma
1, della legge n. 10/1977) consente al privato di eseguire
direttamente le opere di urbanizzazione in alternativa al
pagamento dei connessi oneri (con possibilità quindi di
ottenerne poi lo scomputo da quanto deve pagare a titolo di
oneri di urbanizzazione primaria e secondaria),
ma tale facoltà ha effetto soltanto se la proposta del
privato sia accettata dal Comune secondo le modalità e le
garanzie dettate dal medesimo e previste in una convenzione
o in un atto unilaterale d'obbligo. La concessione edilizia
è, infatti, normalmente onerosa, tranne le tassative ipotesi
di gratuità. Gli oneri di urbanizzazione sono previsti,
infatti, a carico del costruttore, quale prestazione
patrimoniale, a titolo di partecipazione di al costo delle
opere di urbanizzazione connesse alle esigenze della
collettività che scaturiscono dagli interventi di
edificazione”.
---------------
II.1. Fatte queste necessarie premesse, vengono in
considerazione il primo e secondo motivo di
ricorso, suscettibili di trattazione congiunta, coi quali si
contesta quanto affermato dall’ufficio a proposito della
riconducibilità del diritto allo scomputo alle sole opere di
urbanizzazione primaria e con esclusione, quindi, di quelle
di urbanizzazione secondaria, lamentando la violazione
dell’art. 16 d.P.R. n. 380/2001.
Ebbene, va evidenziato, come dedotto in ricorso, che secondo
consolidato orientamento giurisprudenziale, dal quale non vi
è ragione di discostarsi in questa sede, “può ammettersi
anche la scomputabilità del valore corrispondente alle opere
di urbanizzazione primaria dall'importo dovuto a titolo di
oneri di urbanizzazione secondaria, attesa la comune natura
giuridica degli oneri di cui trattasi, non ravvisandosi
ragioni ostative alla compensazione tra obbligazioni
intercorrenti tra i medesimi soggetti e nascenti dal
medesimo rapporto convenzionale: difatti lo scomputo, totale
o parziale, della quota di contributo dovuta in caso di
realizzazione diretta delle opere di urbanizzazione deve
essere effettuato senza distinzione tra opere di
urbanizzazione primaria e secondaria, atteso che la mancata
distinzione nella sede legislativa specifica (art. 11 l.
28.01.1977 n. 10) delle due categorie di opere vieta
all'interprete di introdurre una siffatta distinzione”
(cfr. TAR Toscana Firenze, sez. III, 11.08.2004, n. 3181;
Consiglio di Stato, sez. IV,
28.07.2005 n. 4015; TAR Sicilia-Catania, sez. I, 02.02.2012 n. 279).
Deve tuttavia rilevarsi, come controdedotto dalla difesa
comunale, che la predetta convenzione (artt. 6.3 e 14)
limita espressamente il diritto allo scomputo ai “soli
oneri di urbanizzazione primaria”. Questa Sezione ha
avuto infatti modo di osservare che “l'art. 16, comma 2,
del d.p.r. n. 380/2001 (che ha riprodotto l'art. 11, comma
1, della legge n. 10/1977) consente al privato di eseguire
direttamente le opere di urbanizzazione in alternativa al
pagamento dei connessi oneri (con possibilità quindi di
ottenerne poi lo scomputo da quanto deve pagare a titolo di
oneri di urbanizzazione primaria e secondaria), ma tale
facoltà ha effetto soltanto se la proposta del privato sia
accettata dal Comune secondo le modalità e le garanzie
dettate dal medesimo e previste in una convenzione o in un
atto unilaterale d'obbligo. La concessione edilizia è,
infatti, normalmente onerosa, tranne le tassative ipotesi di
gratuità. Gli oneri di urbanizzazione sono previsti,
infatti, a carico del costruttore, quale prestazione
patrimoniale, a titolo di partecipazione di al costo delle
opere di urbanizzazione connesse alle esigenze della
collettività che scaturiscono dagli interventi di
edificazione” (TAR Campania-Salerno, sez. I, 09.01.2015,
n. 28).
Non si riviene, quindi, agli atti il necessario elemento
volontaristico, riconducibile all’Amministrazione comunale,
di guisa che non può configurarsi il preteso diritto allo
scomputo.
I motivi in esame vanno quindi respinti in base alla stesse
disposizioni convenzionali invocate da parte ricorrente a
sostegno della sua pretesa
(TAR Campania-Salerno, Sez. I,
sentenza 31.01.2017 n. 179 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Occorre ben distinguere tra oneri di urbanizzazione e
costo
di costruzione.
Si afferma, infatti, in sede pretoria che per stabilire in quali
casi sussiste l'obbligo di versamento del contributo di
costruzione, occorre distinguere fra importi dovuti a titolo
di oneri di urbanizzazione ed importi dovuti a titolo di
costo di costruzione.
Per quanto riguarda specificamente i primi, si ritiene che,
poiché la loro funzione è quella di far sì che il
costruttore partecipi ai costi delle opere di urbanizzazione
in proporzione all'insieme dei benefici che la costruzione
ne ritrae, essi vanno corrisposti solo nel caso in cui
l'intervento determini un aumento del carico urbanistico, e
cioè determini la necessità di dotare l'area di nuove opere
di urbanizzazione ovvero l'esigenza di utilizzare più
intensamente quelle già esistenti.
Nel sistema vigente il contributo per oneri di
urbanizzazione è infatti un corrispettivo di diritto
pubblico, di natura non tributaria, posto a carico del
concessionario a titolo di partecipazione ai costi delle
opere di urbanizzazione e in proporzione all'insieme dei
benefici che la nuova costruzione ne ritrae, senza alcun
vincolo di scopo in relazione alla zona interessata alla
trasformazione urbanistica e indipendentemente dalla
concreta utilità che il concessionario può conseguire dal
titolo edificatorio e dall'ammontare delle spese
effettivamente occorrenti per la realizzazione delle opere
stesse; tali oneri sono pertanto dovuti anche al di là di un
nesso di stretta inerenza delle opere di urbanizzazione
rispetto alle singole aree.
Il costo di costruzione, invece, essendo una percentuale
rapportata non ad opere da fare per la collettività ma ai
costi di costruzione per tipologia edilizia, adeguati
annualmente, non sono suscettibili di entrare nel meccanismo
dello scomputo, che è appunto disciplinato da detta norma
della convenzione.
---------------
II.2. Con il terzo mezzo, parte ricorrente evidenzia
che l’intervento avrebbe ad oggetto, tra l’altro, la
realizzazione di interventi di edilizia residenziale
sociale, con conseguente diritto all’esonero dal contributo
di costruzione a norma dell’art. 17 d.P.R. n. 380/2001, il
cui primo comma prevede che “Nei casi di edilizia
abitativa convenzionata, relativa anche ad edifici
esistenti, il contributo afferente al permesso di costruire
è ridotto alla sola quota degli oneri di urbanizzazione
qualora il titolare del permesso si impegni, a mezzo di una
convenzione con il comune, ad applicare prezzi di vendita e
canoni di locazione determinati ai sensi della
convenzione-tipo prevista dall'articolo 18”.
Si afferma così in giurisprudenza che “L'unico
presupposto richiesto dall'art. 17, D.P.R. n. 380 citato,
invero, è la realizzazione di alloggi e l'impegno a venderli
a prezzi agevolati, previa sottoscrizione di apposita
convenzione con il Comune” (cfr. Cons. Giust. Amm. Sic.,
21.12.2015, n. 713).
Parte ricorrente ha fornito dimostrazione del presupposto
costitutivo del diritto, avendo versato in atti la
convenzione Rep. n. 3562 del 24.01.2012, stipulata dalle
società Or. 85 S.c.a.r.l. e dalla Società Ga. S.r.l. con il
Comune di Pontecagnano, i cui artt. 2, 3 e 5 prevedono
l’impegno della ricorrente a realizzare intervento di
edilizia residenziale sociale per “una quota non
inferiore al 30% dell’edificato residenziale assentito”,
pari a n. 33 alloggi con prezzo di trasferimento che “dovrà
essere determinato nel rispetto della disciplina in tema di
edilizia sociale” (cfr. art. 5.5. della citata
convenzione).
Occorre ben distinguere tra oneri di urbanizzazione e
costo
di costruzione.
Si afferma, infatti, in sede pretoria (TAR Milano-Lombardia,
sez. II, 04.08.2016, n. 1561) che per stabilire in quali
casi sussiste l'obbligo di versamento del contributo di
costruzione, occorre distinguere fra importi dovuti a titolo
di oneri di urbanizzazione ed importi dovuti a titolo di
costo di costruzione.
Per quanto riguarda specificamente i primi, si ritiene che,
poiché la loro funzione è quella di far sì che il
costruttore partecipi ai costi delle opere di urbanizzazione
in proporzione all'insieme dei benefici che la costruzione
ne ritrae, essi vanno corrisposti solo nel caso in cui
l'intervento determini un aumento del carico urbanistico, e
cioè determini la necessità di dotare l'area di nuove opere
di urbanizzazione ovvero l'esigenza di utilizzare più
intensamente quelle già esistenti.
Nel sistema vigente il contributo per oneri di
urbanizzazione è infatti un corrispettivo di diritto
pubblico, di natura non tributaria, posto a carico del
concessionario a titolo di partecipazione ai costi delle
opere di urbanizzazione e in proporzione all'insieme dei
benefici che la nuova costruzione ne ritrae, senza alcun
vincolo di scopo in relazione alla zona interessata alla
trasformazione urbanistica e indipendentemente dalla
concreta utilità che il concessionario può conseguire dal
titolo edificatorio e dall'ammontare delle spese
effettivamente occorrenti per la realizzazione delle opere
stesse; tali oneri sono pertanto dovuti anche al di là di un
nesso di stretta inerenza delle opere di urbanizzazione
rispetto alle singole aree.
Il costo di costruzione, invece, essendo una percentuale
rapportata non ad opere da fare per la collettività ma ai
costi di costruzione per tipologia edilizia, adeguati
annualmente, non sono suscettibili di entrare nel meccanismo
dello scomputo, che è appunto disciplinato da detta norma
della convenzione.
Or dunque, va sottolineato che parte resistente, nelle sue
articolazioni difensive non ha contestato la effettiva
realizzazione degli alloggi secondo quanto previsto in
progetto nella percentuale prevista per l’edilizia
residenziale pubblica, circostanza che quindi va reputata
processualmente acquisita e destinata ad integrare,
unitamente al visto impegno convenzionale, il presupposto
costituivo del diritto, in questa sede azionato,
all’esenzione dal pagamento del costo di costruzione.
Tanto è sufficiente, risultando recessiva ogni deduzione
afferente all’adeguatezza motivazionale dell’atto impugnato,
per l’accoglimento del motivo in esame
(TAR Campania-Salerno, Sez. I,
sentenza 31.01.2017 n. 179 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2016 |
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EDILIZIA PRIVATA: Sugli
oneri il nodo dello scomputo. Alcuni Comuni bocciano
lo scorporo «indistinto» dopo il parere della Corte
dei conti lombarda.
Urbanistica. Diversa la linea dei Tar, che
permettono di dedurre il valore delle opere dalle
urbanizzazioni sia primarie che secondarie.
Sulla possibilità di scomputare gli oneri di
urbanizzazione senza distinguere fra opere di
urbanizzazione primaria e quelle di urbanizzazione
secondaria l’orientamento favorevole della
giurisprudenza è ormai consolidato. Ma un parere
negativo della Corte dei conti della Lombardia ha
riaperto la discussione e molte amministrazioni
comunali hanno invertito la rotta precludendo agli
operatori lo scomputo indistinto.
Le norme
In base al Dpr 380/2001 e, prima dell’entrata in
vigore del Dpr, alla legge 10/1977, il rilascio del
permesso di costruire comporta la corresponsione del
contributo di costruzione, ossia degli oneri di
urbanizzazione e della quota afferente al costo di
costruzione.
Gli oneri di urbanizzazione, a loro volta, sono
composti da due voci: da un lato, la quota da
versare per l’urbanizzazione primaria (strade,
illuminazione pubblica, eccetera) e, dall’altro, la
quota dovuta per l’urbanizzazione secondaria (asili,
scuole, edifici comunali, eccetera).
Il titolare del permesso può, inoltre, realizzare
direttamente opere di urbanizzazione “a scomputo”
della quota di contributo afferente agli oneri di
urbanizzazione.
La giurisprudenza
I giudici sono stati presto chiamati a decidere se
lo scomputo dovesse essere effettuato distintamente,
ossia raffrontando il valore delle opere di
urbanizzazione primaria ai soli oneri di
urbanizzazione primaria e così per l’urbanizzazione
secondaria o se, per contro, lo scomputo potesse
essere indistinto, essendo così consentito portare
in detrazione il valore delle opere di
urbanizzazione primaria dagli oneri di secondaria e
viceversa.
Il 04.12.1989, il Consiglio di Stato statuiva che «lo
scomputo, totale o parziale, della quota di
contributo dovuta in caso di realizzazione diretta
delle opere di urbanizzazione debba essere
effettuato senza alcuna distinzione tra opere di
urbanizzazione primaria e secondaria» (sentenza
n. 806).
Da allora, il principio è stato più volte ripreso
dai giudici amministrativi che hanno anche avuto
modo di precisare come «una diversa
interpretazione produrrebbe l’effetto, certamente
contrario alla volontà del legislatore (che,
nell’introdurre i contributi di urbanizzazione, ha
inteso obbligare i concessionari edilizi a
partecipare agli oneri relativi alle trasformazioni
urbanistiche ed edilizie dei territori comunali ma
non ha voluto provocare un ingiustificato
arricchimento dei Comuni), di trasferire
gratuitamente alle amministrazioni la quota di
valore delle opere realizzate in una categoria senza
tener conto degli oneri globali gravanti sul
concessionario» (Consiglio di Stato 716/1990;
Tar Toscana 679/2004).
La Corte dei conti
Il principio è stato messo in discussione da un
parere consultivo della Corte dei conti-sezione di
controllo per la Lombardia che, con riferimento a
una modifica della legislazione regionale diretta a
riconfermare l’orientamento giurisprudenziale
consolidato, ha viceversa affermato che, in ragione
del vincolo di correlazione fra la tipologia delle
opere da realizzare e il calcolo degli oneri per cui
accordare lo scomputo, non vi sarebbe alcuna
motivazione che «possa consentire il
riconoscimento di uno scomputo globale e
indifferenziato degli oneri di urbanizzazione
primaria e secondaria, a fronte dell’esecuzione
diretta di opere di urbanizzazione,
indipendentemente dalla categoria di appartenenza»
(Corte dei conti Lombardia 83/2015 del 23.02.2015).
Gli enti locali
A seguito del parere, numerose amministrazioni
comunali hanno invertito la rotta sino ad allora
percorsa, precludendo agli operatori del settore lo
scomputo indistinto del valore delle opere di
urbanizzazione.
Anche a seguito del richiamato parere della Corte
dei conti, il Consiglio di Stato ha ribadito però
che «la legge non consente alcuna distinzione tra
opere di urbanizzazione primaria e secondaria, di
guisa che il concessionario ha diritto a che le
eccedenze delle opere realizzate per un tipo di
urbanizzazione rispetto all’importo del contributo
dovuto per quel tipo di opere siano portate in
detrazione anche dall’ammontare del contributo
dovuto per le opere dell’altro tipo» (Consiglio
di Stato, sentenza n. 5800 del 21.12.2015).
Le determinazioni di senso opposto che le
amministrazione dovessero assumere potrebbero dunque
essere illegittime, rappresentando peraltro, come
evidenziato dal Consiglio di Stato, un
ingiustificato arricchimento del Comune contrario
alla volontà del legislatore.
---------------
L’importo dipende
dall’incremento del carico urbanistico. Il calcolo.
In base a parametri regionali.
Ai
fini dell’attuazione degli interventi di
trasformazione edilizia maggiori, gli interessati
sono chiamati a versare al Comune il contributo di
costruzione, composto da una quota afferente al
costo di costruzione, nonché dagli oneri di
urbanizzazione primaria e secondaria.
In merito alla natura del contributo, la
giurisprudenza amministrativa ha da tempo chiarito
che la quota relativa al costo di costruzione
costituisce una prestazione patrimoniale di natura
sostanzialmente paratributaria, essendo volta a
colpire l’incremento di ricchezza derivante
dall’attività edilizia svolta.
Ciò a differenza della quota afferente agli oneri di
urbanizzazione che attiene invece all’incremento del
carico urbanistico (fra le tante, Consiglio di
Stato, sentenze 6160 e 6161 del 2013; Tar
Lombardia-Milano, sentenza 1248/2014).
La quota connessa degli oneri di urbanizzazione
primaria e secondaria è dunque commisurata alla
necessità di una maggiore dotazione di servizi (rete
viaria, parcheggi, verde, fognature, eccetera) per
soccorrere i futuri abitanti o i fruitori dei
fabbricati in progetto.
Al posto del versamento degli oneri, il titolare del
permesso può realizzare direttamente le opere
occorrenti all’urbanizzazione dell’area.
Sul punto, la giurisprudenza ha recentemente
chiarito che, tenuto conto della ratio
sottesa al versamento degli oneri, l’impegno a
realizzare direttamente le opere, in luogo del
versamento non può invece essere unilateralmente
imputato in capo al privato, senza che
l’amministrazione tenga in debita considerazione
l’effettiva incidenza delle opere oggetto
dell’intervento privato.
La quota degli oneri di urbanizzazione primaria e
secondaria viene infatti commisurata all’incidenza
degli interventi sul carico urbanistico, attraverso
una specifica deliberazione che ciascun Comune deve
assumere in conformità alle tabelle parametriche
definite dalla Regione.
Al di fuori di tale schema di formale
regolamentazione, ogni eventuale sforamento della
misura degli oneri prevista in relazione al valore
delle opere, da addossarsi al privato, deve avvenire
in base ad un accordo pattizio stipulato tra le
parti interessate, amministrazione pubblica e
privato.
Sarà dunque legittima una convenzione urbanistica
mediante la quale l’interessato accetti
espressamente di farsi carico della realizzazione di
opere pubbliche di valore superiore al valore
tabellare degli oneri.
Di contro, l’imposizione di opere di urbanizzazione
primaria di tipo aggiuntivo, il cui costo sia
superiore all’importo del contributo di
urbanizzazione, deve ritenersi illegittima
(Consiglio di Stato, sentenza 5800/2015).
Di tale principio devono tener conto i Comuni, i
quali spesso prevedono, direttamente nell’ambito dei
propri strumenti urbanistici generali, che siano gli
interessati che, ai fini dell’attuazione degli
interventi privati, siano tenuti a realizzare
determinate opere pubbliche di valore superiore agli
oneri di urbanizzazione e senza commisurarne
l’incidenza sulla sostenibilità economica e
finanziaria dell’intervento previsto (articolo
Il Sole 24 Ore del 12.12.2016). |
EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA:
E. Pellicciotti,
Le opere di urbanizzazione “a scomputo" nel
D.Lgs. n. 50/2016 (IFEL,
29.11.2016).) |
EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: Sulle
opere «gratuite» decide la Pa. Non sempre gli
interventi eseguiti a proprie spese dai privati
escludono l’obbligo di gara.
Infrastrutture. Secondo l’interpretazione
restrittiva dell’Anac bisogna verificare l’assenza
di interessi patrimoniali dell’impresa.
Spetta alle amministrazioni
pubbliche valutare se l’opera pubblica che il
privato è disponibile a realizzare a proprie spese
rappresenta un vero e proprio atto di liberalità o
se si tratta invece di una controprestazione legata
all’ottenimento di un’utilità. Una distinzione
importante da cui dipende il ricorso alla gara per
l’individuazione del soggetto che dovrà realizzare
l’intervento.
L’entrata in vigore del nuovo Codice appalti (il
Dlgs 50/2016) sembrava aver definitivamente chiarito
il tema, da tempo dibattuto in dottrina e
giurisprudenza, inerente all’applicabilità o meno
delle procedure ad evidenza pubblica a fattispecie
nelle quali un soggetto privato si impegni a
realizzare, a propria totale cura e spesa, un’opera
pubblica prevista da uno strumento urbanistico
(nella grafica sono riportate le pronunce più
rilevanti).
Ma il
parere sulla normativa n. 763 del 16.07.2016 - rif.
AG 25/2016/AP dell'Anac ha riaperto la
discussione e ha rimesso all’amministrazione
pubblica la valutazione sulla “natura”
dell’opera e sull’applicazione delle procedure di
evidenza pubblica.
Il nuovo Codice appalti
L’articolo 20 del nuovo Codice statuisce in modo
chiaro che «il Codice non si applica al caso in
cui un’amministrazione pubblica stipuli una
convenzione con la quale un soggetto pubblico o
privato si impegni alla realizzazione, a sua totale
cura e spesa e previo ottenimento di tutte le
necessarie autorizzazioni, di un’opera pubblica o di
un suo lotto funzionale o di parte dell’opera
prevista nell’ambito di strumenti o programmi
urbanistici, fermo restando il rispetto
dell’articolo 80».
La norma sembrava dunque aver superato la posizione
espressa mediante la
determinazione 02.04.2008 n. 4
dell’Autorità di
vigilanza sui contratti pubblici, secondo la quale,
in caso di convenzioni urbanistiche che prevedano la
realizzazione di opere pubbliche a cura e spese del
privato, pertanto senza scomputo del relativo valore
dagli oneri di urbanizzazione, la realizzazione
stessa sarebbe comunque avvenuta «sulla base di
accordi convenzionali conclusi dallo stesso con
l’amministrazione per il raggiungimento di un
proprio interesse patrimoniale», con l’effetto
che «si può ritenere che le fattispecie …siano da
ricondurre alla categoria dell’appalto pubblico di
lavori», da ciò derivando, come corollario, che
esse debbano essere affidate secondo procedure ad
evidenza pubblica.
Il parere dell’Anac
Chiamata a rispondere a un quesito della Regione
Lombardia relativo all’intenzione di un soggetto
privato di realizzare, a proprie spese, parte di
un’infrastruttura di carattere strategico secondo le
previsioni dell’articolo 20 del Codice e senza
quindi procedere a gara, l’Anac, con il
parere sulla normativa n. 763 del 16.07.2016 - rif.
AG 25/2016/AP, ha reintrodotto
valutazioni che comportano un sensibile contenimento
della portata di innovativa dell’articolo 20.
Secondo l’Anac la disposizione non può trovare
applicazione se la convenzione riguarda la
realizzazione di opere pubbliche da parte del
privato in cambio del riconoscimento di una
qualunque utilità, con conseguente carattere oneroso
della convenzione stessa.
In particolare, l’Autorità ha chiarito che il
carattere oneroso della prestazione sussiste in
tutti i casi in cui, a fronte di una prestazione, vi
sia il riconoscimento di un corrispettivo che può
essere costituito, ad esempio, dal riconoscimento
del diritto di sfruttamento dell’opera (concessione)
o ancora mediante la cessione in proprietà o in
godimento di beni.
In tali casi, secondo la tesi di Anac, il privato,
pur non portando a scomputo il valore delle
infrastrutture pubbliche realizzate, eseguirebbe le
opere al fine di raggiungere un proprio interesse
patrimoniale, il quale rappresenterebbe dunque la
causa del negozio giuridico.
L’Anac conclude sostenendo che il ricorso
all’articolo 20 può giustificarsi solo se non
sussiste in favore del proponente alcuna
controprestazione e l’operazione si configura come
un vero e proprio «atto di liberalità» e «gratuità»,
e rimettendo alla stessa Regione Lombardia
l’accertamento circa la sussistenza dei suddetti
presupposti legittimanti il ricorso all’istituto di
cui all’articolo 20.
La situazione attuale
L’interpretazione piuttosto restrittiva adottata
dall’Anac nel parere relativo a uno degli articoli
più rilevanti del nuovo Codice, potrebbe però
comportare problematiche in sede applicativa.
In sostanza, è compito delle amministrazioni
pubbliche valutare, caso per caso, se l’opera
pubblica che il privato si dovesse rendere
disponibile a realizzare a proprie cura e spese
rappresenti un vero e proprio atto di liberalità o
se, per contro, essa rappresenti sul piano
eziologico la controprestazione dovuta ai fini
dell’ottenimento di una utilità per il privato.
---------------
Applicazione entro i limiti
delle direttive Ue. I
paletti. No a interpretazioni più severe.
Qualunque
applicazione della normativa dovrà rispettare il
divieto di cosiddetto gold plating contenuto
all’articolo 1 della legge delega 28.01.2016, n. 11,
ossia il divieto di introdurre o di mantenere
livelli di regolazione superiori a quelli richiesti
dalle direttive comunitarie in materia.
Una ferma linea guida di cui le pubbliche
amministrazioni devono tener conto nell’applicazione
dell’articolo 20 del nuovo Codice alla luce di tutti
i pareri sinora espressi in merito.
Le amministrazioni non potranno cioè imporre lo
svolgimento di procedure di gara in modo acritico, a
titolo esemplificativo, riscontrando semplicemente
che l’impegno a realizzare infrastrutture pubbliche
a spese dell’operatore acceda ad una convenzione
urbanistica per l’attuazione di interventi privati,
seppur connessi o comportanti variante urbanistica.
Sull’articolo 20 del nuovo Codice appalti, anche il
Consiglio di Stato aveva evidenziato diversi punti
critici (poi richiamati nel parere dell’Anac).
Nel parere sullo schema del Dlgs (parere
01.04.2016 n. 855),
il supremo organo di consulenza
giuridico-amministrativa dello Stato, in merito alla
sottrazione dell’ipotesi di opera pubblica
realizzata a cura e spese di un privato dall’ambito
di applicazione del Codice stesso, aveva
sottolineato come il legislatore avrebbe «quanto
meno» dovuto salvaguardare l’applicazione delle
disposizioni sui requisiti morali e di
qualificazione richiesti per realizzare un’opera
pubblica.
Oltre a tale indicazione, il Consiglio di Stato
aveva rilevato che fattispecie di tal fatta
(assunzione di opere pubbliche a cura e spese dei
privati) non necessariamente sono connotate da
liberalità o gratuità, essendovi ipotesi in cui
l’accollo dell’opera pubblica costituisce la
controprestazione del privato «a fronte dello
scomputo di oneri economici di urbanizzazione e
costruzione di opere private».
Il parere concludeva dunque nel ritenere che la
norma fosse eccessivamente generica e che
richiedesse maggior specificità quanto a finalità e
modalità attuative.
In esito a tale parere, la norma è stata integrata
con il richiamo alle disposizioni del Codice sui
requisiti morali, ma non ha subito ulteriori
specificazioni, se non quelle di carattere
interpretativo da ultimo dettate con il parere di
Anac.
Ebbene, a ben vedere, il testuale contenuto del
parere del Consiglio di Stato, nell’affermare che
l’assunzione di opere pubbliche a cura e spese dei
privati non sia necessariamente connotata da
liberalità, ha fatto riferimento a una ipotesi
rispetto alla quale effettivamente non v’è dubbio
circa la sussistenza di una controprestazione e
dunque circa la necessità di affidamento dei lavori
secondo procedure ad evidenza pubblica.
La norma in discussione, tuttavia, pare, pur in modo
effettivamente non dettagliato, diretta a regolare
fattispecie diverse, in cui gli accordi tra
amministrazione e privato non prevedano lo scomputo
del valore delle opere pubbliche dagli oneri di
urbanizzazione dovuti per le costruzioni private.
In tale ottica, l’interpretazione da ultimo assunta
da Anac fissa limiti più restrittivi di quelli
dettati dal parere del nostro organo di consulenza
giuridico-amministrativa
(articolo
Il Sole 24 Ore del 23.01.2017 - tratto da
www.centrostudicni.it). |
EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: Se
c'è utile per il privato deve esserci una gara.
Delibera Anac sull'applicazione dell'art. 20
del nuovo codice.
La realizzazione di un'opera pubblica a spese di un privato
è possibile soltanto se manca qualsiasi utilità a favore del
privato stesso e se quindi si configura come atto di
liberalità e gratuità, senza oneri pubblici.
Lo afferma l'Autorità nazionale anticorruzione con il
parere sulla normativa n. 763 del 16.07.2016 - rif. AG
25/2016/AP che affronta alcuni
interessanti profili interpretativi e applicativi
dell'articolo 20 del nuovo codice dei contratti pubblici.
Il
caso oggetto della delibera riguardava la realizzazione di
un intervento sulla viabilità nel comune di Segrate, a
servizio della realizzazione di un centro commerciale;
l'opera pubblica che il privato (realizzatore del centro
commerciale) intendeva prendersi in carico aveva un valore
di oltre 160 milioni, da cui andavano esclusi circa 20
milioni concernenti gli oneri per l'acquisto delle aree.
A fronte della proposta dell'operatore privato la regione ha
chiesto all'Autorità se la procedure (che poggiava
sull'articolo 20 del codice dei contratti pubblici) potesse
essere ritenuta legittima anche in riferimento al fatto che
si trattava di un'opera ricadente nella legge obiettivo e
approvata con delibera Cipe del 2013.
L'Autorità risponde nettamente: «L'istituto contemplato
dall'articolo 20 del Codice non può trovare applicazione nel
caso in cui la convenzione stipulata tra amministrazione e
privato abbia a oggetto la realizzazione di opere pubbliche
da parte di quest'ultimo in cambio del riconoscimento in suo
favore di una utilità, con conseguente carattere oneroso
della convenzione stessa».
In sostanza, dice la delibera, è
la presenza della controprestazione a favore del privato che
fa sì che si finisca nella categoria dell'appalto pubblico e
quindi nella necessità di affidamento tramite procedura di
gara. E la presenza di un'utilità «deve ritenersi sussistere
in qualunque caso in cui, a fronte di una prestazione, vi
sia il riconoscimento di un corrispettivo che può essere, a
titolo esemplificativo, in denaro, ovvero nel riconoscimento
del diritto di sfruttamento dell'opera (concessione) o
ancora mediante la cessione in proprietà o in godimento di
beni. In tal caso la convenzione ha natura contrattuale».
La conseguenza dell'obbligo di gara dipende quindi dalla
presenza, nell'accordo negoziale fra amministrazione e
privato, nell'attribuzione a quest'ultimo di una
autorizzazione all'apertura di una attività commerciale che
si estrinseca nel «riconoscimento di diritti suscettibili
di valutazione economica» a loro volta qualificabile
come corrispettivo.
Da ciò la necessità di ricondurre la fattispecie specifica «nella
categoria dell'appalto pubblico di lavori, da ciò derivando,
come necessario corollario, il rispetto delle procedure ad
evidenza pubblica previste nel Codice» e quindi
l'impossibilità di applicare l'articolo 20 del decreto
50/2016 sulla realizzazione di un'opera pubblica a spese del
privato che invece si caratterizza come atto di pura «liberalità
e di gratuità».
Anche richiamando il parere del Consiglio di stato sullo
schema di decreto legislativo (che poi è divenuto il decreto
50/2016) l'Autorità chiarisce che comunque va rispettato il
principio per cui il privato deve procedere all'affidamento
dei lavori a terzi e, in particolare, a un soggetto
qualificato all'esecuzione di lavori pubblici
(articolo ItaliaOggi del 12.08.2016). |
EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI:
Oggetto: Regione Lombardia - viabilità speciale di
Segrate - realizzazione della c.d. “Cassanese-bis” –
applicabilità art. 20 d.lgs. 50/2016 - richiesta di parere
(parere
sulla normativa n. 763 del 16.07.2016 - rif. AG 25/2016/AP
- link a www.anticorruzione.it).
Art. 20 d.lgs. 50/2016 – realizzazione
di opere pubbliche a cura e spese del privato
L’istituto contemplato nell’art. 20 del Codice non può
trovare applicazione nel caso in cui la convenzione
stipulata tra amministrazione e privato abbia ad oggetto la
realizzazione di opere pubbliche da parte di quest’ultimo in
cambio del riconoscimento in suo favore di una utilità, con
conseguente carattere oneroso della convenzione stessa.
Il carattere oneroso della convenzione deve ritenersi
sussistere in qualunque caso in cui, a fronte di una
prestazione, vi sia il riconoscimento di un corrispettivo
che può essere, a titolo esemplificativo, in denaro, ovvero
nel riconoscimento del diritto di sfruttamento dell’opera
(concessione) o ancora mediante la cessione in proprietà o
in godimento di beni.
In tal caso la convenzione ha natura contrattuale,
disciplinando il rapporto tra le parti con valore
vincolante, sulla base di uno scambio sinallagmatico. Simili
fattispecie sono da ricondurre nella categoria dell’appalto
pubblico di lavori, da ciò derivando, come necessario
corollario, il rispetto delle procedure ad evidenza pubblica
previste nel Codice.
---------------
Con nota pervenuta in data 18.05.2016 ed acquisita al prot.
n. 79134, la Regione Lombardia –Direzione Generale
Infrastrutture e Mobilità- ha sottoposto all’attenzione
dell’Autorità una richiesta di parere in ordine alla
possibilità di affidare direttamente ad un operatore
economico la realizzazione della viabilità speciale di
Segrate, c.d. “Cassanese–bis”, mediante il ricorso
all’istituto previsto dall’art. 20 (opera realizzata a spese
del privato) del d.lgs. n. 50/2016.
...
Alla luce di quanto sopra, l’Amministrazione richiedente ha
formulato i seguenti quesiti:
1. applicabilità dell’art. 20 del d.lgs. 50/2016 nel caso in cui,
come nella fattispecie, si tratti di un progetto di
interesse strategico ai sensi della legge n. 443/2001,
approvato dal CIPE con deliberazione n. 62/2013;
2. applicabilità dell’art. 20 citato nel caso in cui i costi di
acquisizione delle aree necessarie per la realizzazione
dell’opera vengano sostenuti dagli Enti pubblici
sottoscrittori dell’Accordo di Programma, tenuto conto del
fatto che la disposizione prevede che l’opera deve essere
realizzata a totale cura e spese del soggetto privato;
3. possibilità di ricorrere all’istituto in esame nel caso in cui
sia stato già redatto il progetto esecutivo, posto che la
norma prevede, prima della stipula della convenzione, la
valutazione del progetto di fattibilità delle opere da
eseguire;
4. se tra gli schemi di contratto da valutare ai sensi del comma 2,
dell’art. 20, sono ricompresi anche quelli relativi
all’affidamento dei servizi tecnici (direzione lavori,
collaudo, coordinatore sicurezza in corso d’opera, etc.).
...
Sulla base delle considerazioni che precedono, in relazione
ai quesiti formulati dall’Amministrazione regionale, è
possibile affermare in linea generale che ai fini
dell’applicazione della disciplina di cui all’art. 20 del
d.lgs. 50/2016, mentre appare ininfluente che il progetto da
valutare sia relativo ad un’opera di interesse strategico
(ai sensi della legge obiettivo n. 443/2001) posto che la
norma nulla dispone al riguardo, la predetta applicabilità
sembra invece dubbia nel caso in cui sia stato già redatto
il progetto esecutivo dell’opera, posto che la disposizione
prevede che prima della stipula della convenzione deve
essere valutato il “progetto di fattibilità delle opere
da eseguire”.
Appare altresì dubbio, ai fini del ricorso all’istituto
de quo, che i costi di acquisizione delle aree per la
realizzazione dell’opera debbano necessariamente restare a
carico del privato proponente, posto che l’art. 20 fa
espresso riferimento esclusivamente alla realizzazione
dell’opera a totale cura e spese dello stesso, senza
specificare nulla in ordine ai predetti costi di
acquisizione delle aree; pertanto, non sembrerebbe esclusa
la possibilità che tali costi restino a carico della
competente Amministrazione, salvo diverso accordo con il
privato proponente.
Con riferimento agli schemi di contratto che devono essere
valutati ai sensi dell’art. 20, comma 2, del Codice, stante
la genericità della previsione, si ritiene che debbano
essere ricompresi in tale novero tutti gli schemi di
contratto relativi alla realizzazione dell’opera, inclusi
quelli relativi all’affidamento dei servizi tecnici
(direzione lavori, collaudo, coordinatore sicurezza in corso
d’opera, etc.).
Infine, occorre ribadire che dal riferimento contenuto nella
norma alla convenzione da stipulare (“prima della stipula
della convenzione…”) ed alla previa valutazione del
progetto di fattibilità -anche alla luce della disciplina
transitoria contenuta nell’art. 216 del Codice- sembra
derivare l’applicabilità delle disposizioni di cui all’art.
20 solo alle convenzioni in relazione alle quali sia
effettivamente possibile una valutazione preventiva da parte
dell’Amministrazione della fattibilità dell’opera, ossia in
un momento anteriore rispetto alla conclusione di un accordo
in tal senso.
Resta fermo che il ricorso all’istituto previsto dall’art.
20 citato, contemplante l’esclusione dell’applicazione del
Codice alle operazioni ivi previste, dunque di stretta
interpretazione, potrebbe giustificarsi esclusivamente nel
caso in cui non sussista in favore del proponente alcuna
controprestazione e l’operazione si configuri come atto di
liberalità e gratuità nei termini indicati in motivazione;
il ricorso all’istituto de quo è, invece, da escludere
laddove la convenzione abbia i caratteri dell’appalto
pubblico, secondo le indicazioni dell’Autorità contenute
nella citata determinazione n. 4/2008 e secondo l’indirizzo
del giudice comunitario (sentenza 12.07.2001, causa C399-98)
e del Consiglio di Stato (parere n. 855/2016 cit.) sopra
richiamati.
Da ultimo, pur nel silenzio della norma sul punto, occorre
richiamare la necessità che il soggetto esecutore dell’opera
“pubblica” realizzata gratuitamente ai sensi
dell’art. 20, sia comunque in possesso di adeguati requisiti
di qualificazione, quale principio di carattere generale,
sancito nell’art. 84 del d.lgs. 50/2016, ai sensi del quale
i soggetti esecutori a qualsiasi titolo di lavori pubblici
devono essere in possesso di adeguata qualificazione. |
EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: E.
Robaldo,
La realizzazione di opere di urbanizzazione a scomputo nel nuovo codice (Urbanistica
e appalti n. 7/2016). |
EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA:
Strade, reti e servizi: il Codice appalti
riscrive le procedure. Realizzabili senza gara gli
interventi extra-standard.
Opere di urbanizzazione. Regole diverse per i lavori a
scomputo.
La nuova
disciplina in materia di appalti pubblici interessa anche le
operazioni immobiliari di sviluppo private. Il Codice (Dlgs
50/2016) regola infatti anche gli accordi tra i Comuni e i
costruttori per la realizzazione delle opere di
urbanizzazione a scomputo del contributo di costruzione.
Il vecchio sistema
Il previgente sistema (Dlgs 163/2006) assoggettava a diverso
regime la realizzazione delle opere di urbanizzazione
primaria (strade, parcheggi, reti elettriche, idriche e
fognarie) e secondaria (scuole, edifici religiosi, culturali
e sociali, parchi), distinguendo anche i casi in cui
l’ammontare delle opere fosse superiore o inferiore alla
soglia di rilevanza comunitaria (attualmente pari a
5.225.000 euro per gli appalti di lavori).
In particolare, la realizzazione di opere di urbanizzazione
primaria e secondaria da eseguire a scomputo oneri e con
valore superiore alla soglia seguiva una procedura a
evidenza pubblica, secondo l’ordinario percorso di gara
–aperta o ristretta– previsto dal vecchio Codice. Mentre
l’affidamento dei lavori inerenti alle opere di
urbanizzazione secondaria a scomputo e di valore inferiore
alla soglia di rilevanza doveva seguire una procedura
negoziata, senza previa pubblicazione del bando, con invito
rivolto ad almeno cinque soggetti idonei (articolo 122, comma
8, Dlgs 163/2006).
In virtù del comma 2-bis, articolo 16 del Dpr 380/2001
(introdotto dal Dl 201/2011 “Salva Italia”), le opere
di urbanizzazione primaria di importo inferiore alla soglia
comunitaria -sempreché funzionali all’intervento di
trasformazione urbanistica- potevano invece essere
realizzate a cura del titolare del permesso di costruire
(ovvero da questi liberamente assegnate a terzi) senza
applicare le norme del Dlgs 163/2006. Ma se l’opera di
urbanizzazione primaria sotto soglia non era funzionale
all’intervento, si doveva applicare la procedura negoziata
prevista all’articolo 122, comma 8.
Il nuovo sistema
Il Dlgs 50/2016 modifica parzialmente tale quadro, ma in
modo significativo.
Per le opere di urbanizzazione primaria e secondaria sopra
la soglia, resta ferma la piena applicabilità delle
procedure a evidenza pubblica ordinariamente previste dal
nuovo Codice. Così come, per le opere di urbanizzazione
primaria sotto soglia ma funzionali agli interventi di
trasformazione, continua ad applicarsi l’esclusione prevista
dal comma 2-bis, articolo 16, del Dpr 380/2001.
Per le opere di urbanizzazione secondaria sotto soglia e per
quelle di urbanizzazione primaria sotto soglia e non
funzionali all’intervento, invece, occorre ora far ricorso
alla procedura ordinaria, con avviso o bando di gara
(articolo 36, comma 3, Dlgs 50/2016).
Le opere non a scomputo
Altra novità rilevante, ma all’insegna della
semplificazione, è introdotta rispetto al tema (molto
dibattuto in dottrina e giurisprudenza) delle opere di
urbanizzazione che non vanno a scomputo del contributo di
costruzione. Vale a dire quelle opere, spesso previste dalle
convenzioni urbanistiche, realizzate in più rispetto agli
obblighi che da regolamento i Comuni attribuiscono ai
costruttori.
A riguardo, è bene ricordare che il criterio per applicare
le procedure a evidenza pubblica viene normalmente
riconosciuto nel requisito dell’onerosità della prestazione.
E in tale ottica, la normativa in materia di appalti non si
dovrebbe applicare alle opere pubbliche non a scomputo
(ossia a quelle con costi interamente a carico del privato).
In merito, l’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici
(determinazione 4/2008) aveva però precisato che il costo
delle “opere extra”, per quanto non scomputato dai
contributi ordinari, rappresenterebbe comunque un
corrispettivo riconosciuto al Comune a fronte
dell’approvazione del progetto di sviluppo. Non essendo
quindi opere realizzate dal costruttore in spirito di
liberalità, avrebbero dovuto seguire le procedure di
evidenza pubblica per la selezione dei soggetti chiamate a
realizzarle.
L’articolo 20 del Dlgs 50/2016 ricollega invece
l’applicabilità delle regole pubblicistiche solo ai casi in
cui il requisito dell’onerosità sussiste in via diretta e
immediata. Il nuovo Codice, dunque, non si applica quando
un’amministrazione stipula una convenzione con cui un
soggetto si impegna a realizzare a sua cura e spese, cioè
senza scomputarne il valore dai contributi dovuti al Comune,
un’opera pubblica prevista nell’ambito di strumenti o
programmi urbanistici.
In questi casi, è tuttavia previsto che l’amministrazione
svolga una funzione di controllo preventivo: prima della
stipula, valuterà infatti il progetto di fattibilità delle
opere e lo schema dei contratti di appalto. Spetterà inoltre
alla convenzione disciplinare le conseguenze in caso di
inadempimento.
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Per importi elevati si applica ancora
l’iter ordinario. Valori rilevanti. Confermata la prassi del
Dlgs 163/2006.
Il quadro dei
procedimenti previsti per realizzare le opere di
urbanizzazione a scomputo è stato parzialmente rivisto.
Pur continuando a differenziare, a livello nominale, tra
opere di urbanizzazione primaria e secondaria, di valore
superiore o inferiore alla soglia di rilevanza comunitaria,
il Dlgs 50/2016 mantiene solo alcune delle distinzioni del
precedente assetto normativo (Dlgs 163/2006).
Per quanto concerne le opere di urbanizzazione primaria e
secondaria sopra la soglia di rilevanza comunitaria, la
scelta del soggetto a cui affidare i lavori è rinviata dal
nuovo Codice –così come dal previgente– alle ordinarie
procedure di gara, aperte o ristrette, previa pubblicazione
di un bando o un avviso (si veda l’articolo a lato).
In caso di procedura aperta, qualsiasi operatore economico
interessato potrà dunque presentare un’offerta in risposta
all’avviso di gara. Mentre nelle procedure ristrette si
dovrà presentare una specifica «domanda di partecipazione»,
e solo gli operatori economici espressamente invitati –dopo
l’opportuna valutazione– potranno presentare un’offerta.
Diversamente da quanto previsto in passato, per effetto
dell’articolo 36, comma 3, del Dlgs 50/2016, le procedure
ordinarie sono oggi applicabili anche per l’affidamento dei
lavori per le opere di urbanizzazione primaria, non
funzionali all’intervento, e secondaria a scomputo, anche se
di importo inferiore alla soglia comunitaria.
Nel quadro complessivo relativo alla realizzazione delle
opere di urbanizzazione permane, in ogni caso, un’eccezione.
Il nuovo Codice appalti fa infatti salvo quanto previsto dal
comma 2-bis, articolo 16, del Dpr 380/2001 secondo cui,
nell’ambito degli strumenti attuativi, nonché degli
interventi in attuazione dello strumento urbanistico
generale, l’esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione
primaria di importo inferiore alla soglia -se funzionali
all’intervento di trasformazione urbanistica del territorio-
è a carico del titolare del permesso di costruire, e non si
applicano le disposizioni in materia di contratti pubblici.
In tali fattispecie, la realizzazione delle opere potrà
dunque avvenire prescindendo dalle regole per la selezione a
evidenza pubblica dell’appaltatore previste dal nuovo
Codice. Come rilevato dall’Autorità nazionale anticorruzione
(nella deliberazione 46 del 03.05.2012), con la norma in
esame «il legislatore ha di fatto estromesso detta
tipologia di lavori dalla categoria delle opere pubbliche».
---------------
La convenzione già stipulata segue la vecchia
normativa. Entrata in vigore. Fuori dal DLgs 50/2016 gli
accordi aggiudicati prima del 20 aprile.
Il Codice degli
appalti «entra in vigore il giorno stesso della sua
pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale» e «si applica
alle procedure e ai contratti per i quali i bandi o avvisi
con cui si indice la procedura di scelta del contraente
siano pubblicati successivamente alla data della sua entrata
in vigore».
Così è scritto nel Dlgs 50/2016, che è stato pubblicato
online sulla Gazzetta Ufficiale (n. 91) il 19 aprile scorso,
ma dopo le 22. Tale circostanza –come ha spiegato l’Anac con
nota del 3 maggio scorso– impone che, in base all’articolo
11 delle preleggi al Codice civile e «all’esigenza di
tutela della buona fede delle stazioni appaltanti», le
disposizioni del decreto si applichino a bandi e avvisi
pubblicati a decorrere dal 20.04.2016.
La stessa Autorità anticorruzione, pochi giorni dopo quella
nota, ha però dovuto chiarire a quali ulteriori casi
specifici –oltre quelli enunciati dalla norma– continuano ad
applicarsi le disposizioni previgenti. Con un comunicato del
presidente Raffaele Cantone, l’11 maggio è stato dunque
precisato che le norme del “vecchio” Dlgs 163/2006
valgono anche per gli «affidamenti diretti o procedure
negoziate in attuazione di accordi quadro aggiudicati prima
dell’entrata in vigore del nuovo Codice» e per le «adesioni
a convenzioni stipulate prima dell’entrata in vigore del
nuovo Codice».
Il chiarimento dell’Anac sembra fondarsi sulla necessità di
garantire l’affidamento generato dalle convenzioni stipulate
con l’amministrazione, che prevedano l’applicazione di
determinate procedure, nonché sulla necessità di
salvaguardare le attività già avviate ai fini delle
procedure stesse: ciò anche in conformità ai principi di
efficacia ed efficienza della Pa enunciati all’articolo 97
della Costituzione.
Ma il chiarimento può avere notevole incidenza sulle opere
di urbanizzazione a scomputo previste nell’ambito delle
convenzioni urbanistiche, per le quali è mutato il regime di
scelta dell’appaltatore (si vedano l’articolo e lo schema in
pagina). Il richiamo alle «convenzioni stipulate prima
dell’entrata in vigore del nuovo Codice» sembra infatti
riferibile anche a tale specifica tipologia di accordi: in
particolare, a tutti i casi in cui la convenzione
urbanistica disciplini le modalità per la selezione
dell’impresa o comunque contenga previsioni tali da generare
un affidamento sul soggetto attuatore.
Al contrario, alle convenzioni urbanistiche che non
dispongono sulle procedure per realizzare le opere di
urbanizzazione, e per le quali non siano comunque stati
pubblicati i relativi bandi o avvisi, dovrebbe applicarsi il
regime del nuovo Codice, con conseguenze di forte apertura
(si pensi alle opere extra-oneri ora tendenzialmente
liberalizzate) o di appesantimento procedurale (come nel
caso delle opere secondarie sotto soglia ora soggette alle
procedure a evidenza pubblica ordinarie).
Ad ogni modo, il tema potrà essere ulteriormente declinato
grazie alle linee giuda che l’Anac è impegnata ad adottare
entro 90 giorni dall’entrata in vigore del Dlgs 50/2016, per
offrire indicazioni interpretative e attuative agli
operatori del settore
(articolo Il Sole 24 Ore del 06.06.2016
- tratto da
http://rstampa.pubblica.istruzione.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Il
titolare del permesso di costruire non può realizzare le
opere (a scomputo oneri) di sua iniziativa, né limitarsi ad
inviare una richiesta di autorizzazione mai riscontrata al
Comune, essendo invece necessario che la P.A. disciplini
espressamente le modalità di esecuzione delle opere e le
necessarie garanzie.
Ed invero, l’ammissione allo scomputo forma oggetto di una
valutazione discrezionale da parte della P.A., che ben può
optare per soluzioni diverse senza neanche un obbligo di
specifica motivazione.
---------------
... per la declaratoria di illegittimità del silenzio
serbato dalla P.A. sull'istanza presentata dalla ricorrente
il 15.07.2014 e riproposta il 29.07.2015, volta ad ottenere
l’autorizzazione a realizzare opere a scomputo degli oneri
di urbanizzazione relativi all’intervento edilizio richiesto
con istanza di permesso di costruire presentata anch’essa il
15.07.2014;
... per l’ordine all’Amministrazione comunale di provvedere
e per la nomina, sin da subito, di un Commissario ad acta
incaricato di provvedere in sostituzione del Comune, nel
caso di persistente inerzia di quest’ultimo, mediante
l’adozione del provvedimento conclusivo del procedimento in
oggetto.
...
Il ricorso è fondato e da accogliere nei limiti che si vanno
di seguito ad esporre.
La ricorrente sostiene che l’obbligo del Comune di
provvedere sulla domanda di autorizzazione alla
realizzazione di opere a scomputo degli oneri di
urbanizzazione avrebbe, nella fattispecie all’esame, una
duplice fonte:
- da un lato discenderebbe dall’essere il Comune di Latina
Ente titolare della potestà di governo del territorio
(profilo pubblicistico);
- dall’altro lato, invece, discenderebbe dall’essere il
Comune di Latina parte della convenzione per l’esecuzione
dei criteri perequativi afferenti l’attuazione del P.P.E.
R/6 Quartiere Isonzo, stipulata il 7 agosto (in realtà, il
15 aprile) 2014 tra lo stesso Comune, la ricorrente ed altri
soggetti privati, che all’art. 11.1 avrebbe previsto
l’autorizzazione, da parte del competente dirigente del
Comune, al cd. scomputo degli oneri di urbanizzazione a
carico della CEPS S.r.l., su richiesta della predetta
società (profilo privatistico).
Sotto quest’ultimo aspetto, la ricorrente precisa che la
previsione convenzionale circa la possibilità per essa di
realizzare, nell’area in discorso, le opere di
urbanizzazione a scomputo dei relativi oneri era stata
dettata dalla situazione di mancata urbanizzazione di tale
area: situazione che impedirebbe sia il rilascio del
permesso di costruire, sia la fruizione del futuro
fabbricato.
Pertanto –conclude la società– l’inerzia tenuta dalla P.A.
sull’istanza autorizzatoria, dal cui inoltro sono passati
oltre tre mesi, costituisce violazione sia dell’art. 2 della
l. n. 241/1990, sia dei succitati obblighi convenzionali.
Ritiene, tuttavia, il Collegio che l’assunto della
ricorrente sia fondato esclusivamente sotto il profilo della
violazione, da parte del Comune di Latina, dell’obbligo di
concludere il procedimento con un provvedimento espresso, ex
art. 2 della l. n. 241/1990, ma non anche sotto l’aspetto
della violazione di un preteso obbligo negoziale posto
dall’art. 11.1 della convenzione del 15.04.2014.
Al riguardo va fatta una premessa: l’obbligo di matrice
pubblicistica di concludere il procedimento in modo
espresso, ex art. 2 della l. n. 241/1990 –che, come si
preciserà infra, incombe certamente sul Comune di
Latina nel caso di specie– non ha uguale contenuto del
presunto obbligo di matrice negoziale che discenderebbe
dall’art. 11.1 della citata convenzione. Nel primo caso,
infatti, si tratta solo dell’obbligo di concludere il
procedimento con un atto espresso, quale che ne sia il
contenuto; nel secondo, invece, si tratterebbe di condannare
l’Amministrazione Comunale, in base all’art. 11.1 cit., a
rilasciare l’autorizzazione allo scomputo degli oneri, ossia
ad adottare un atto amministrativo dal contenuto ben
preciso.
Peraltro, se fosse vero quanto sostiene la ricorrente circa
l’esistenza di un obbligo convenzionale di rilascio
dell’autorizzazione, si porrebbe il problema della
conversione, ai sensi dell’art. 32, comma 2, c.p.a.,
dell’azione proposta con il ricorso in epigrafe, in azione
di accertamento dell’obbligo del Comune di adempiere alla
succitata clausola convenzionale (art. 11.1) e di condanna
dello stesso a rilasciare la richiesta autorizzazione. Ciò,
pur restando ferma la devoluzione della controversia alla
giurisdizione del G.A., atteso che la convenzione del
15.04.2014, quale accordo perequativo, ha natura di accordo
ex art. 11 della l. n. 241/1990 (TAR Lombardia, Milano, Sez.
II, 04.04.2012, n. 1008): in relazione a detto accordo,
pertanto, la giurisdizione esclusiva del G.A. si estende
anche alla fase della sua esecuzione (art. 133, comma 1,
lett. a), n. 2, c.p.a.; v. TAR Lombardia, Milano, Sez. III,
01.09.2014, n. 2289).
Tuttavia, la ricostruzione della ricorrente non convince,
perché l’art. 11.1 della convenzione del 15.04.2014 prevede
la facoltà, non l’obbligo, del dirigente del Comune di
rilasciare l’autorizzazione allo scomputo degli oneri di
urbanizzazione. Ne segue che non vi è alcun obbligo
convenzionale, in forza del quale la P.A. è tenuta a
rilasciare la suddetta autorizzazione.
Come già detto, sussiste, invece, l’obbligo del Comune, ex
art. 2 della l. n. 241/1990, di rispondere con un
provvedimento espresso all’istanza di rilascio
dell’autorizzazione, quale che sia il contenuto di tale
provvedimento. Ciò, in virtù dell’art. 16, comma 2, del
d.P.R. n. 380/2001, il quale prevede che a scomputo totale o
parziale della quota di contributo che l’interessato deve
pagare al Comune, in base al precedente comma 1, in
relazione agli oneri di urbanizzazione, il privato possa
obbligarsi a realizzare direttamente le opere di
urbanizzazione con le modalità e le garanzie stabilite dalla
P.A. (con acquisizione delle opere realizzate al patrimonio
indisponibile del Comune).
Perciò, il titolare del permesso di costruire non può
realizzare le opere di sua iniziativa, né limitarsi ad
inviare una richiesta di autorizzazione mai riscontrata al
Comune, essendo invece necessario che la P.A. disciplini
espressamente le modalità di esecuzione delle opere e le
necessarie garanzie (cfr. C.d.S., Sez. IV, 28.11.2012, n.
6033). Ed invero, l’ammissione allo scomputo forma oggetto
di una valutazione discrezionale da parte della P.A., che
ben può optare per soluzioni diverse senza neanche un
obbligo di specifica motivazione (cfr. TAR Sicilia, Catania,
Sez. I, 02.02.2012, n. 279).
Ne discende che nella fattispecie all’esame è azionabile
dalla CEPS S.r.l. il rito speciale ex artt. 31 e 117 c.p.a.,
senza che si ponga un problema di conversione dell’azione.
L’azionabilità del rimedio del rito speciale del silenzio ex
artt. 31 e 117 c.p.a. si evince, nel caso di specie, dalla
circostanza che, all’epoca della notificazione del ricorso,
erano trascorsi quasi tre mesi dalla presentazione
dell’istanza di autorizzazione allo scomputo inoltrata al
Comune di Latina il 29.07.2015. Tale azionabilità sussiste,
sia ove si configuri l’istanza de qua come “nuova
richiesta”, secondo quanto si legge a pag. 4 del
ricorso, sia ove la si consideri, invece, quale diffida o
sollecito rispetto alla precedente del 15.04.2014, come si
ricava da altri passaggi del ricorso, in quanto la diffida a
provvedere si configura quale una nuova istanza di avvio del
procedimento, ai sensi e per gli effetti degli artt. 2,
comma 5, della l. n. 241/1990 e 31, comma 2, ultimo periodo,
c.p.a, (cfr., da ultimo, TAR Lazio, Latina, Sez. I,
13.10.2015, n. 658).
Sul punto si evidenzia che la qualificazione dell’istanza
del 29.07.2015 quale nuova richiesta di provvedere non urta
contro il disposto dell’art. 31, comma 2, c.p.a., che fa
salva la riproponibilità dell’istanza “ove ne ricorrano i
presupposti”: nel frattempo, infatti, era mutato il
quadro-giuridico fattuale della vicenda, per la
presentazione da parte della ricorrente, il 01.07.2015, di
modifiche al progetto delle opere previste a scomputo degli
oneri di urbanizzazione.
In definitiva, è dal ricevimento, il 29.07.2015,
dell’istanza di autorizzazione allo scomputo, sia che la si
consideri quale nuova richiesta, sia che la si intenda quale
diffida rispetto alla precedente, che va conteggiato il
termine di proposizione del ricorso ex art. 31, comma 2,
primo periodo, c.p.a. (secondo cui l’azione può essere
proposta finché perdura l’inadempimento ed in ogni caso non
oltre un anno dalla scadenza del termine di conclusione del
procedimento).
Orbene, come già accennato, il ricorso è stato notificato a
circa novanta giorni dalla surriferita data del 29.07.2015
(e precisamente: il 15.10.2015), quando, pertanto, era
ampiamente spirato il termine generale di trenta giorni per
la conclusione del procedimento ex art. 2, comma 2, della l.
n. 241/1990.
Detto termine generale, che trova applicazione, in via
residuale, in mancanza della previsione di un termine
diverso da parte di leggi o regolamenti (TAR Friuli Venezia
Giulia, Sez. I, 14.04.2015, n. 182), pur se previsto
esplicitamente dall’art. 2, comma 2, cit. per i procedimenti
amministrativi di competenza delle Amministrazioni statali e
degli Enti pubblici nazionali, va considerato estensibile ai
procedimenti amministrativi di competenza dei Comuni (TAR
Lazio, Roma, Sez. II, 03.05.2012, n. 3924; v., pure, TAR
Abruzzo, L’Aquila, Sez. I, 02.05.2014, n. 397, che l’ha
ritenuto applicabile ai procedimenti di competenza della
Provincia), in forza dell’art. 29, comma 2-bis, della l. n.
241/1990.
In base a tale disposizione, infatti, attengono ai livelli
essenziali delle prestazioni di cui all’art. 117, secondo
comma, lettera m), Cost., tra le altre, le disposizioni
della stessa l. n. 241/1990 concernenti gli obblighi per la
P.A. di concludere il procedimento entro il termine
prefissato e quelle riguardanti la durata massima dei
procedimenti.
Ne consegue –secondo la dottrina– che la libertà di Regioni
ed Enti locali di disciplinare i termini di conclusione dei
procedimenti di propria competenza incontra un limite nel
citato art. 29, il quale impedisce la fissazione di garanzie
inferiori a quelle assicurate dalla stessa l. n. 241, ferma
restando, in ogni caso, la possibilità di prevedere livelli
ulteriori di tutela.
Nella fattispecie all’esame, non risulta l’esistenza di
alcuna disciplina specifica in ordine al termine per la
conclusione del procedimento di autorizzazione allo scomputo
degli oneri di urbanizzazione, non avendo l’art. 16, comma
2, del d.P.R. n. 380/2001 fissato un termine entro cui il
Comune deve riscontrare l’istanza di scomputo: a detto
procedimento, dunque, è applicabile il ricordato termine di
trenta giorni ex art. 2, comma 2, della l. n. 241/1990,
scaduto il 28.08.2015. Donde l’intervenuta maturazione del
cd. silenzio inadempimento ancor prima della proposizione
del ricorso.
In definitiva, pertanto, il ricorso è fondato nei limiti
della declaratoria della sussistenza dell’obbligo del Comune
di Latina di riscontrare l’istanza di autorizzazione allo
scomputo presentata dalla CEPS S.r.l. in data 29.07.2015 con
un provvedimento espresso (quale che ne fosse il contenuto),
e del connesso accertamento dell’illegittimità dell’inerzia
serbata su di essa dalla citata Amministrazione comunale.
Per conseguenza, deve ordinarsi al Comune di Latina di
riscontrare l’istanza in discorso, emanando il provvedimento
conclusivo del relativo procedimento nel termine di trenta
(30) giorni ex art. 117, comma 2, c.p.a., a decorrere dalla
comunicazione in via amministrativa, ovvero, se anteriore,
dalla notificazione a cura di parte della presente
decisione.
Ai sensi dell’art. 117, comma 3, c.p.a., va, altresì,
accolta la domanda di nomina di un Commissario ad acta,
incaricato di provvedere in sostituzione del Comune di
Latina, ove l’inerzia di quest’ultimo permanga allo spirare
del suindicato termine di trenta giorni, individuandolo nel
Prefetto di Latina, o in altro dipendente della Prefettura
con qualifica non inferiore a funzionario, all’uopo delegato
dal precedente.
Il predetto Commissario provvederà, su sollecitazione di
parte, in luogo del Comune inerte, entro un termine di
trenta (30) giorni a partire da detta sollecitazione (che la
parte potrà fargli pervenire, una volta che sia inutilmente
scaduto il termine di trenta giorni sopra visto).
È fatta salva la possibilità della richiesta motivata di
proroghe, che potranno essere accordate anche mediante
decreto presidenziale.
Si ritiene, infine, di dover rinviare ogni decisione sulla
liquidazione del compenso del Commissario ad acta,
qualora si rendesse necessario il suo intervento, alla
presentazione, da parte dello stesso, di un’apposita
relazione che documenti l’espletamento dell’incarico, con
avviso sin da ora, peraltro, –anche ai fini delle
conseguenti responsabilità erariali– che di detta
liquidazione verrebbe onerato il Comune di Latina (TAR
Lazio-Latina,
sentenza 02.02.2016 n. 57 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA:
L’Amministrazione Comunale non può
unilateralmente riqualificare come di
urbanizzazione primaria le opere che prima
concordemente erano state individuate a scomputo
degli oneri di urbanizzazione secondaria e
fissare di conseguenza, sempre in modo unilaterale,
un nuovo quadro economico ben più gravoso per la
società rispetto a quello previamente pattuito,
pretendendo la corresponsione dell’ulteriore somma
di euro 579.635,59 a titolo di oneri tabellari per
quest’ultima tipologia di urbanizzazione, in quanto
ritenuti non più scomputabili.
In altri termini, a prescindere dalla legittima
riquantificazione in sede di rilascio del titolo
edilizio degli oneri tabellari dovuti ai sensi di
legge, detta operazione si è sostanziata in una vera
e propria modifica unilaterale della convezione
nell’intera sua parte economica, venendo così ad
incidere su un rapporto contrattuale ormai
cristallizzato e, quindi, insuscettibile di
variazioni senza il consenso di tutte le parti
stipulanti.
---------------
1. Con il primo mezzo di censura la società
appellante deduce l’erroneità della gravata sentenza
laddove, nel respingere il corrispondente motivo di
ricorso, ha statuito che non può “ritenersi che
la convenzione comporti un divieto di nuova
quantificazione degli oneri edilizi in sede di
rilascio del permesso di costruire”.
Secondo Ed., infatti, tale motivazione rammostra il
travisamento in cui è incorso il Tar che non avrebbe
colto le ragioni sottese alla censura dedotta, volte
non già a contestare la possibilità di
riquantificare gli oneri di urbanizzazione
tabellarmente dovuti, bensì a contestare la modifica
unilaterale da parte dell’Amministrazione del
complessivo quadro economico convenzionalmente
pattuito.
2. La doglianza è da condividere .
3. Ed invero, dalla lettura del ricorso di primo
grado emerge chiaramente come Ed. non abbia
contestato l’aggiornamento degli oneri di
urbanizzazione secondo le tabelle medio tempore
intervenute, tanto è vero che si è resa disponibile
a versare –come in effetti ha poi versato– la somma
di Euro 204.462,28 derivante proprio
dall’aggiornamento di cui trattasi.
Quello che l’odierna appellante ha censurato è
stata, invece, l’unilaterale modifica della
convenzione operata dall’Amministrazione,
qualificando come opere di urbanizzazione primaria
le opere che prima concordemente erano state
qualificate di urbanizzazione secondaria -e quindi
da eseguire a scomputo dei relativi oneri- e
fissando, di conseguenza, un nuovo quadro economico
del tutto diverso ed abnorme rispetto a quello
previamente pattuito.
E detta censura, così come formulata ed argomentata,
si appalesa fondata.
Invero, come ampiamente si è dato conto nella
narrativa in fatto, alla rideterminazione del quadro
economico unilateralmente operata dal Comune è
conseguito un ben maggiore aggravio finanziario per
la società rispetto a quello derivante dal mero (e
consentito) aggiornamento tabellare degli oneri, e
ciò pur a fronte dell’inalterata consistenza delle
opere poste a carico della società che, si ricorda,
hanno un valore di gran lunga superiore agli oneri
da scomputare.
Basti al riguardo considerare che a fronte
dell’importo tabellare complessivamente dovuto per
oneri di urbanizzazione primaria e secondaria pari
ad euro 1.328.772, la società ha in carico la
realizzazione di opere per un importo complessivo
stimato in euro 2.301.344 e, quindi, per un valore
superiore di circa un milione di euro.
Così, pur potendo riquantificare gli oneri tabellari
dovuti ai sensi di legge, l’Amministrazione non
poteva unilateralmente riqualificare come di
urbanizzazione primaria le opere che prima
concordemente erano state individuate a scomputo
degli oneri di urbanizzazione secondaria e
fissare di conseguenza, sempre in modo unilaterale,
un nuovo quadro economico ben più gravoso per la
società rispetto a quello previamente pattuito,
pretendendo la corresponsione dell’ulteriore somma
di euro 579.635,59 a titolo di oneri tabellari per
quest’ultima tipologia di urbanizzazione, in quanto
ritenuti non più scomputabili.
Infatti per tale via l’Amministrazione, modificando
in modo unilaterale gli accordi convenzionalmente
pattuiti, è venuta profondamente a mutare in senso
negativo il peso economico gravante sulla società:
- acquisendo opere di urbanizzazione primaria per un
valore di oltre due milioni di euro rispetto ai
544.675,99 euro tabellarmente dovuti;
- determinando l’insorgere di un nuovo credito di
euro 784.097,86 nei confronti della società, pari
all’intero importo tabellare dovuto per le opere di
urbanizzazione secondaria in quanto da ritenersi non
scomputato.
In altri termini, a prescindere dalla legittima
riquantificazione in sede di rilascio del titolo
edilizio degli oneri tabellari dovuti ai sensi di
legge, detta operazione si è sostanziata in una vera
e propria modifica unilaterale della convezione
nell’intera sua parte economica, venendo così ad
incidere su un rapporto contrattuale ormai
cristallizzato e, quindi, insuscettibile di
variazioni senza il consenso di tutte le parti
stipulanti.
4. Conclusivamente, il mutamento delle condizioni di
cui alla convenzione urbanistica stipulata il
07.09.2006 operato dal Comune di Varese in modo
unilaterale e senza consenso della parte
direttamente incisa non è ammissibile e,
conseguentemente, in modo illegittimo
l’Amministrazione ha preteso dalla società la citata
somma di Euro 579.635,59 a titolo di oneri tabellari
dovuti per le opere di urbanizzazione secondaria in
quanto da ritenersi non scomputati.
5. Attesa la natura assorbente del mezzo di censura
sopra esaminato, può prescindersi dall’esame dei
restanti motivi di ricorso .
6. Per quanto sopra, assorbito quant’altro, il
ricorso va accolto siccome fondato e per
l’effetto,in riforma della sentenza impugnata, va
accolto il ricorso proposto dalla Ed. in primo grado
con ogni consequenziale effetto, così per come in
dispositivo
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 12.01.2016 n. 60 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2015 |
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EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: La
legge non consente alcuna distinzione tra opere di urbanizzazione primaria e
secondaria, di guisa che il concessionario ha diritto a che le eccedenze
delle opere realizzate per un tipo di urbanizzazione rispetto all’importo
del contributo dovuto per quel tipo di opere siano portate in detrazione
anche dall’ammontare del contributo dovuto per le opere dell’altro tipo.
---------------
Con il secondo mezzo d’impugnazione parte appellante sostiene la tesi
per cui ben può accadere, come poi in concreto avvenuto nel caso di specie,
che le opere interne al comparto, per il loro valore, giustifichino un onere
di pagamento a carico dei soggetti attuatori in una misura eccedente
l’importo del contributo di urbanizzazione.
L’assunto difensivo non ha pregio.
Invero, l’onerosità dei titoli edilizi necessari è costituita dal pagamento
di una quota degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria commisurata
all’incidenza dei progettati interventi sul carico urbanistico. Tale
incidenza è stabilita con deliberazione comunale in base alle tabelle
parametriche che la Regione definisce per classi dei Comuni, sicché questi
ultimi, per la determinazione degli oneri de quibus, non possono non
provvedere sulla base dei criteri stabiliti dall’Ente Regione.
Al di fuori di tale schema di formale regolamentazione, ogni eventuale
sforamento della misura degli oneri prevista in relazione al valore delle
opere, da addossarsi al privato, deve avvenire in base ad un accordo
pattizio stipulato tra le parti interessate (Amministrazione pubblica e
privato); e, come già detto, alcuna formale convenzione avente ad oggetto
detto accordo risulta nella specie essere intervenuta
Ne deriva che l’imposizione di opere di urbanizzazione primaria di tipo
aggiuntivo, il cui costo sia superiore all’importo del contributo di
urbanizzazione, deve ritenersi illegittima.
Inoltre, quanto alla statuizione assunta dal Tar di rinvenire a carico del
Piano un vizio di legittimità, nella parte in cui non è stata prevista la
possibilità di scomputare gli importi relativi alle eccedenze delle opere di
urbanizzazione, pure fatta oggetto di censura dalla parte appellante, essa è
condivisa dal Collegio, mentre non persuasiva si rivela la doglianza
comunale..
La legge, infatti, non consente alcuna distinzione tra opere di
urbanizzazione primaria e secondaria, di guisa che il concessionario ha
diritto a che le eccedenze delle opere realizzate per un tipo di
urbanizzazione rispetto all’importo del contributo dovuto per quel tipo di
opere siano portate in detrazione anche dall’ammontare del contributo dovuto
per le opere dell’altro tipo (cfr. Cons. Stato Sez. V 21/01/2015 n. 251)
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 21.12.2015 n. 5800 - link a
www.giustizia-amministrartiva.it). |
URBANISTICA: Rilevano,
ai fini del rispetto del Patto di stabilità, le somme
derivanti dall’escussione di polizze fideiussorie stipulate
in attuazione di convenzioni urbanistiche.
L’ente infatti, escutendo la fideiussione, subentra ai
privati nel completamento delle opere di urbanizzazione “in
proprio” e, così facendo, imprime una connotazione
pubblicistica alle somme a tal fine utilizzate, che peraltro
entrano nel bilancio dell’ente e conseguentemente restano
assoggettate alla relativa disciplina, anche in termini di
rispetto degli specifici obiettivi vigenti in riferimento al
patto di stabilità.
Si deve pertanto escludere,
contrariamente a quanto sostenuto nella richiesta di parere,
che la realizzazione delle opere di
urbanizzazione da parte del Comune per inerzia del privato
possa considerarsi un’attività compiuta in “conto terzi” che
giustifichi la contabilizzazione delle spese nei relativi
capitoli di bilancio.
---------------
Con l’assumere direttamente la
realizzazione delle opere sia pure inizialmente affidate
all’iniziativa privata, il Comune, lungi dal divenire il
mero esecutore di una determinazione altrui, mantiene la
totale discrezionalità e l’autonomia decisionale che
escludono le relative transazioni dal novero dei servizi
conto terzi.
---------------
La tassatività delle voci di entrata e di
spesa escludibili dal saldo finanziario valido ai fini della
verifica del rispetto del patto, porta a ritenere che
debbano essere contabilizzate nei pertinenti titoli di
bilancio anche le spese sostenute a seguito di interventi
sostitutivi del comune richiesti con Ordinanza sindacale o
dirigenziale, in materia di igiene, sicurezza o abusivismo
edilizio, originariamente richiesti al privato.
---------------
Con la nota sopra citata il Sindaco del comune di Masate
(MI) dopo aver riferito che il mancato adempimento degli
obblighi derivanti da una convenzione urbanista comporta per
il comune la necessità di escutere la garanzia rilasciata
dal privato e di sostituirsi allo stesso nella realizzazione
delle opere di urbanizzazione richieste, formula i
seguenti quesiti:
1. se, in generale, le spese sostenute dal Comune che
agisca in sostituzione del privato per la realizzazione
delle opere di urbanizzazione con l’impiego di somme
derivanti dall’escussione della polizza fideiussoria possano
essere contabilizzate tra le partite di giro in modo da non
incidere sul rispetto del Patto di stabilità interno;
2. se, più in particolare, le stesse spese possano essere
escluse da quelle rilevanti ai fini del Patto di stabilità
nel caso in cui si tratti di interventi richiesti con
Ordinanza sindacale o dirigenziale, in materia di igiene,
sicurezza o abusivismo edilizio.
...
L’esame del merito dei quesiti proposti richiede di
stabilire la corretta contabilizzazione, agli effetti del
rispetto del Patto di stabilità interno, delle spese
sostenute dall’ente mediante l’impiego di somme derivanti
dall’escussione di una polizza fideiussoria, in attuazione
di una convenzione urbanistica, a garanzia della corretta
realizzazione di opere di urbanizzazione.
La questione è già stata affrontata da questa Sezione con il
parere reso con il
parere 30.03.2015 n. 143 che si richiama di
seguito.
Si deve ribadire, in primo luogo, la natura cogente delle
disposizioni costituenti il patto di stabilità interno. Gli
articoli 30, 31 e 32 della legge 12.11.2011, n. 183 (legge
di stabilità per il 2012), come più volte modificati e
integrati, da ultimo, per quanto di rilievo, dall’art. 1,
comma 489, della legge n. 190 del 2014, disciplinano la
materia, fra l’altro, per l’anno 2015 (per approfondimenti
si rinvia alla Circolare MEF-RGS n. 6 del 18.02.2014,
relativa al triennio 2014-2016).
Con riferimento alle voci di entrata e di spesa escludibili
dal saldo finanziario valido ai fini della verifica del
rispetto del patto, l’art. 31, commi 7 ss., della citata
legge n. 183 del 2011, come successivamente modificato, ha
confermato, nelle sue linee portanti, il previgente sistema
di deroghe, con alcune variazioni. Importanza fondamentale
assume in materia il comma 17, che abroga le disposizioni
che individuano esclusioni di entrata o di spesa non
previste espressamente dalla stessa legge di stabilità per
il 2012.
Pertanto, per l’esercizio finanziario in corso, non sono
consentite esclusioni di entrate o di spese diverse da
quelle previste dalla legge.
Il predetto principio di tassatività è stato più volte
oggetto di attenzione da parte di questa Corte, che ha
sempre confermato la natura imperativa ed inderogabile delle
relative disposizioni legislative (v. la deliberazione delle
Sezioni Riunite della Corte dei conti n. 6 del 25.01.2011;
le deliberazioni di questa Sezione n. 1026/2010/PAR, n.
54/2012/PAR, n. 375/2014/PAR).
Quanto esposto è confermato, da ultimo, dalla citata
Circolare MEF-RGS n. 6 del 2014, che, per il triennio
2014-2016, riporta una dettagliata esplicitazione delle
ipotesi di entrate e spese escludibili in forza delle
vigenti disposizioni di legge.
Al riguardo, si deve altresì rilevare che i
precedenti del giudice contabile hanno evidenziato, in
applicazione dei predetti principi, la rilevanza, ai fini
del rispetto del Patto di stabilità, delle somme derivanti
dall’escussione di polizze fideiussorie stipulate in
attuazione di convenzioni urbanistiche. L’ente infatti,
escutendo la fideiussione, subentra ai privati nel
completamento delle opere di urbanizzazione “in proprio”
e, così facendo, imprime una connotazione pubblicistica alle
somme a tal fine utilizzate, che peraltro entrano nel
bilancio dell’ente e conseguentemente restano assoggettate
alla relativa disciplina, anche in termini di rispetto degli
specifici obiettivi vigenti in riferimento al patto di
stabilità (v.
Sezione regionale di controllo per il Veneto,
parere 15.05.2013 n. 128;
cfr. altresì questa Sezione,
parere 19.11.2009 n. 1044).
Si deve pertanto escludere,
contrariamente a quanto sostenuto nella richiesta di parere,
che la realizzazione delle opere di urbanizzazione
da parte del Comune per inerzia del privato possa
considerarsi un’attività compiuta in “conto terzi”
che giustifichi la contabilizzazione delle spese nei
relativi capitoli di bilancio.
L’art. 168 del TUEL nel testo introdotto dal decreto
legislativo 23.06.2011, n. 118 come modificato dal decreto
legislativo 10.08.2014, n. 126 stabilisce che “le entrate
e le spese relative ai servizi per conto di terzi e le
partite di giro, che costituiscono al tempo stesso un debito
ed un credito per l'ente, comprendono le transazioni poste
in essere per conto di altri soggetti, in assenza di
qualsiasi discrezionalità come individuate dal principio
applicato della contabilità finanziaria di cui all'allegato
n. 4/2 del decreto legislativo 23.06.2011, n. 118, e
successive modificazioni”.
Il richiamato principio contabile, al punto 7, dopo avere
ribadito che le transazioni per conto terzi, non comportando
discrezionalità ed autonomia decisionale, non hanno natura
autorizzatoria, precisa che la predetta autonomia
decisionale sussiste quando l’ente concorre alla definizione
di almeno uno dei seguenti elementi della transazione:
ammontare, tempi e destinatari della spesa.
Con l’assumere direttamente la
realizzazione delle opere sia pure inizialmente affidate
all’iniziativa privata, il Comune, lungi dal divenire il
mero esecutore di una determinazione altrui, mantiene la
totale discrezionalità e l’autonomia decisionale che
escludono le relative transazioni dal novero dei servizi
conto terzi.
La tassatività delle voci di entrata e di
spesa escludibili dal saldo finanziario valido ai fini della
verifica del rispetto del patto, nel senso sopra descritto,
porta a ritenere che debbano essere contabilizzate nei
pertinenti titoli di bilancio anche le spese sostenute a
seguito di interventi sostitutivi del comune richiesti con
Ordinanza sindacale o dirigenziale, in materia di igiene,
sicurezza o abusivismo edilizio, originariamente richiesti
al privato.
Si ricorda al riguardo che, ai sensi dell’art. 31, comma 7,
della citata legge n. 183 2011, possono essere escluse dal
saldo le entrate derivanti dallo Stato, le relative spese di
parte corrente e in conto capitale sostenute dalle province
e dai comuni per l'attuazione delle ordinanze emanate dal
Presidente del Consiglio dei ministri a seguito di
dichiarazione dello stato di emergenza
(Corte dei Conti, Sez. controllo Lombardia,
parere 17.11.2015 n. 430). |
EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA:
Sulla realizzazione delle opere di urbanizzazione
primaria a scomputo degli oo.uu..
L’importo da porre a scomputo
degli oneri di urbanizzazione è preliminarmente determinato
in relazione al computo metrico estimativo, ritenuto congruo
dai competenti uffici comunali.
Ciò, però, non preclude, nel
caso che dalla contabilità di fine lavori risultasse un
importo effettivamente speso dall’attuatore inferiore a
quello determinato a monte –ove ovviamente detto importo
fosse inferiore alla quota di contributo relativa agli oneri
di urbanizzazione– che il Comune possa chiedere al privato
attuatore la differenza tra il primo importo e quello
effettivamente speso.
Tale valore differenziale potrà essere
corrisposto all’Amministrazione Comunale, a scelta di
quest’ultima, o sotto forma di conguaglio economico o sotto
forma di opere complementari ed integrative.
In questo
senso, del resto, milita in primo luogo la considerazione
che, nel caso si seguisse la procedura ordinaria, ovvero che
l’Amministrazione eseguisse direttamente le opere di
urbanizzazione, sopportandone i relativi oneri,
beneficerebbe direttamente anche delle eventuali riduzioni,
conseguite in fase di aggiudicazioni dei lavori, rispetto ai
valori astrattamente indicati nel computo metrico estimativo.
Il ricorso all’istituto dello scomputo,
dunque, non può consentire un esito deteriore per il Comune,
con l’attribuzione al privato dei possibili guadagni
relativi al minor costo di realizzazione delle opere.
---------------
Ancora oggi risulta attuale e condivisibile la
conclusione cui è giunta la Corte veneta nel 2009,
pur tenuto conto delle successive modifiche
legislative, circa la «spettanza al Comune dei
ribassi d’asta eventualmente conseguiti in sede di
gara rispetto al corrispettivo astrattamente e
aprioristicamente posto a base d’asta.
Invero, il ribasso d’asta si traduce in una minore
entità del corrispettivo che sarà in concreto
corrisposto dal privato per la realizzazione delle
opere rispetto a quello teorico ipotizzato prima
della gara, al quale è stato commisurato lo scomputo
iniziale.
E’ dunque evidente che, ove la differenza
determinata dal ribasso d’asta non fosse riversata
al Comune, la misura dello scomputo sarebbe maggiore
rispetto a quella degli oneri di urbanizzazione in
concreto sostenuti dal privato, determinandosi per
tale parte un’ingiustificata decurtazione del
contributo per permesso di costruire spettante al
Comune».
---------------
Il Sindaco del Comune di Cisano Bergamasco (BG), con
nota del giorno 29.06.2015, dopo aver premesso che:
- “l’art. 16, comma 2-bis, del DPR n. 380/2001 così
dispone: nell'ambito degli strumenti attuativi e degli atti
equivalenti comunque denominati nonché degli interventi in
diretta attuazione dello strumento urbanistico generale,
l'esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione primaria
di cui al comma 7, di importo inferiore alla soglia di cui
all'articolo 28, comma 1, lettera c), del decreto
legislativo 12.04.2006, n. 163, funzionali all'intervento di
trasformazione urbanistica del territorio, è a carico del
titolare del permesso di costruire e non trova applicazione
il decreto legislativo 12.04.2006, n. 163”;
- “ciò significa che
a) per l'esecuzione delle opere di urbanizzazione
primaria il cui importo è al di sotto della soglia
comunitaria (ad oggi € 5.186.000,00) non sussiste
più l'obbligo di legge di espletare la preventiva
gara d'appalto;
b) per l'esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria
il cui importo è pari o superiore alla soglia comunitaria (€
5.186.000,00) sussiste ancora l'obbligo di legge di
espletare la preventiva gara d'appalto”;
- “ora, come è noto, il computo metrico estimativo delle
opere di urbanizzazione primaria da realizzare è
dettagliatamente redatto sulla base delle voci di costo
desumibili dal "Bollettino prezzi opere edili" edito dalla
C.C.I.A.A. di Bergamo con cadenza semestrale, sul cui
Bollettino sono anche redatti i computi metrici estimativi
dei lavori pubblici da porre in gara d'appalto. Ed è
altresì noto come su tali voci di costo, nell'ambito di una
gara d'appalto, normalmente il ribasso d'asta non sia di
poco conto”,
ha posto i seguenti quesiti:
1) “per l'esecuzione delle opere di urbanizzazione
primaria il cui importo (computo metrico estimativo redatto
siccome specificato al comma precedente) è al di sotto della
soglia comunitaria (€ 5.186.000,00), ancorché non sussista
più l'obbligo di legge di espletare la preventiva gara
d'appalto, bisogna scomputare dall'importo degli oo.uu.
prima dovuti l'importo (pieno) del computo metrico
estimativo oppure la somma (sicuramente minore) che il
lottizzante andrà effettivamente a spendere chiedendo
(ovviamente) più preventivi di spesa ad imprese edili, le
quali offriranno uno sconto percentuale sulle varie voci di
costo? Nel caso la risposta propendesse per la seconda
ipotesi, quali pezze giustificative si dovrebbero chiedere
al lottizzante per avere la certezza dell'importo di spesa?
2) per l'esecuzione delle opere di urbanizzazione
primaria il cui importo (computo metrico estimativo redatto
siccome specificato al comma precedente) è pari o superiore
alla soglia comunitaria (€ 5.186.000,00), e quindi sussiste
ancora l'obbligo di legge di espletare la preventiva gara
d'appalto, il ribasso d'asta resta nella disponibilità̀ del
lottizzante oppure del Comune”?
...
1. Deve preliminarmente evidenziarsi come l’analisi delle
questioni proposte dall’Ente rimane circoscritta ai profili
generali ed astratti relativi all’interpretazione delle
disposizioni che vengono in rilievo, essendo preclusa
qualunque interferenza sulle scelte gestionali riservate
alla discrezionalità dell’Ente.
Allo stesso tempo si invita l’Ente a valutare l’opportunità
di adottare un apposito Regolamento relativo all’esecuzione
delle opere di urbanizzazione da realizzarsi a scomputo
degli oneri di urbanizzazione, in modo da disciplinare ex
ante la materia in esame, evitando incertezze
interpretative e il rischio di possibili contenziosi con i
soggetti attuatori dei predetti oneri.
Questa Sezione ha già avuto modo di esaminare l’evoluzione
della disciplina applicabile in subiecta materia in
una precedente deliberazione (parere
21.05.2012 n. 222).
In quella sede si è avuto modo di precisare come la
regolamentazione dell'istituto delle “opere di
urbanizzazione a scomputo” risale alla normativa in
materia urbanistica, secondo la quale la realizzazione di
tali opere condiziona il rilascio del permesso di costruire
(cfr. art. 31 della legge 1150/1942, art. 8 legge n.
765/1967, art. 6 legge n. 10/1977). Le pregresse
disposizioni sono state poi trasfuse nell'articolo 16 del
Testo unico sull'edilizia DPR n. 380/2001 che, ai commi 7,
7-bis e 8, stabilisce la suddivisione in oneri di
urbanizzazione primaria e secondaria, prevedendo che il
rilascio del permesso di costruire comporta per il privato "la
corresponsione di un contributo commisurato all'incidenza
degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione".
Il legislatore ha previsto poi, nel comma 2 del citato art.
16, la possibilità di scomputare la quota del contributo
relativa agli oneri di urbanizzazione, nel caso in cui il
titolare del permesso di costruire, o l’attuatore del piano,
si obblighi a realizzarle direttamente. Tra l'operatore
privato e l'amministrazione viene stipulata una convenzione
che accede al permesso di costruire nella quale vengono
regolate le opere da realizzare, i tempi, le modalità della
loro esecuzione, la loro valutazione economica e le garanzie
dell'adempimento, imprimendo così una connotazione negoziale
al rapporto tra pubblica amministrazione e privato.
La ratio dell'istituto va individuata nella
possibilità offerta all'amministrazione locale di dotarsi di
opere di urbanizzazione senza assumere direttamente i rischi
legati alla loro realizzazione.
Su tale assetto normativo è intervenuta la Corte di
Giustizia con la
sentenza 12.07.2001 C-399/98 ("Scala
2001"),
che ha affermato le direttive europee in tema di
appalti ostano “ad una normativa nazionale in materia
urbanistica che, al di fuori delle procedure previste da
tale direttiva, consenta al titolare di una concessione
edilizia o di un piano di lottizzazione approvato la
realizzazione diretta di un'opera di urbanizzazione a
scomputo totale o parziale del contributo dovuto per il
rilascio della concessione, nel caso in cui il valore di
tale opera eguagli o superi la soglia fissata dalla
direttiva di cui trattasi".
La Corte di Giustizia ha precisato che “la realizzazione
diretta di un'opera di urbanizzazione secondo le condizioni
e le modalità previste dalla normativa italiana in materia
urbanistica costituisce un appalto pubblico di lavori”.
In sostanza, la Corte ha sostenuto che
tali opere sono da
ritenere pubbliche sin dall’origine (anche se eseguite su
proprietà privata e se formalmente tali prima del passaggio
al patrimonio pubblico) e che la realizzazione delle
medesime in luogo del pagamento del contributo conferma tale
natura.
Con l'approvazione del Codice dei contratti il quadro
normativo si è evoluto nella direzione di un più esteso
assoggettamento delle opere a scomputo alle procedure di
evidenza pubblica.
L'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, con la
citata
determinazione 02.04.2008 n. 4
ha poi esteso la portata dell'articolo 32, comma 2, lettera
g), del d.lgs. 163/2006 a tutti i piani urbanistici e
accordi convenzionali, comunque denominati, stipulati tra
privati e amministrazioni (cosiddetti "accordi complessi",
compresi gli accordi di programma) che prevedano
l'esecuzione di opere destinate a confluire nel patrimonio
pubblico.
Il Legislatore nazionale, per dare piena attuazione ai
principi enunciati dalla Corte di Giustizia, è intervenuto
più volte sulla materia attraverso una serie di correttivi
al Codice degli appalti. Di particolare rilievo appare
l'art. 45 del D.L. n. 201/2011 che nuovamente interviene
sulla materia in questione, inserendo il comma 2-bis
all'art. 16 t.u. dell'edilizia, attraverso il quale viene
reintrodotta la possibilità̀, per il titolare del titolo
abilitativo o l'attuatore di un piano di lottizzazione o
altro piano attuativo, di realizzare direttamente le opere
di urbanizzazione primaria di importo inferiore alla soglia
comunitaria. Vengono, così, escluse dall'ambito di
applicazione del Codice dei contratti pubblici, le strade
residenziali, gli spazi di sosta o parcheggio, le fognature,
le reti idriche, le reti di approvvigionamento di energia
elettrica e gas, il verde attrezzato, che siano di importo
inferiore alla soglia comunitaria.
In sintesi, sono assoggettate a procedure pubbliche di
affidamento le opere di urbanizzazione sia primarie che
secondarie di rilevanza comunitaria. Per le opere sotto
soglia, l'operatore privato può eseguire direttamente e
senza formalità̀ le opere pubbliche a scomputo degli oneri
di urbanizzazione primaria, di importo inferiore alla soglia
comunitaria; mentre l'indizione della gara trova
applicazione solo per le opere di urbanizzazione secondaria.
2. Venendo ad esaminare il primo dei quesiti posti
dall’Ente istante, vertente sul criterio di determinazione
dell’importo delle opere di urbanizzazione da scomputare
dalla quota di oneri di urbanizzazione complessivamente
dovuti dal lottizzante, appare dirimente richiamare,
preliminarmente, quanto già affermato dalla Sezione
regionale di controllo per il Veneto di questa Corte (parere
07.08.2009 n. 148),
partendo dai tratti caratterizzanti l’istituto del
contributo per costruire, che «costituisce un’entrata di
integrale spettanza dell’Ente e … lo stesso è commisurato …
all’incidenza degli oneri di urbanizzazione, la cui
esecuzione spetta, in primis, al Comune. L’esercizio di tale
opzione derogatoria da parte del privato ha dunque l’effetto
di sollevare il Comune, in misura corrispondente alle opere
assunte dal privato, dalla corresponsione immediata dei
relativi oneri di urbanizzazione, ciò nonostante assumendo
comunque la proprietà delle opere realizzate.
Ciò posto, l’istituto dello scomputo ha dunque la funzione
di riequilibrare l’entità del contributo per permesso di
costruire -commisurato, tra l’altro e come detto,
all’incidenza degli oneri di urbanizzazione che sono di
regola a carico del Comune- al passaggio di tali oneri dal
Comune al soggetto privato. L’istituto consente dunque di
evitare un indebito arricchimento del Comune ai danni del
privato, che altrimenti verrebbe a determinarsi ove la
commisurazione dell’entità del contributo per permesso di
costruire non tenesse conto della misura in cui gli oneri di
urbanizzazione ai quali quel contributo va commisurato sono
stati effettivamente sostenuti dal Comune, scomputandovi
conseguentemente gli oneri in realtà sostenuti dal privato.
In assenza di scomputo, si creerebbe, in altri termini, una
situazione disparitaria tra l’ipotesi in cui il Comune
acquista la proprietà delle opere di urbanizzazione avendone
sostenuto i relativi oneri e quella in cui il Comune
acquista la proprietà medesima, ma senza averne sostenuto i
relativi oneri, ipotesi quest’ultima che viene
riequilibrata, per l’appunto, mediante lo scomputo degli
oneri di urbanizzazione sostenuti in realtà dal privato dal
contributo che egli deve corrispondere al Comune.
L’esigenza di aderenza della misura del contributo per
permesso di costruire ai costi effettivi dell’urbanizzazione
è, del resto, resa evidente anche dall’art. 16, comma 6, del
D.P.R. n. 380/2001, che menziona espressamente quale
criterio sulla base del quale procedere alla revisione
periodica dell’incidenza degli oneri di urbanizzazione cui è
commisurato il contributo per permesso di costruire quello
della considerazione dei “riscontri e prevedibili costi
delle opere di urbanizzazione” (comma 6)».
Alla luce di questa premessa generale, viene
condivisibilmente affermato che «in ragione
dell’incidenza indiretta sulle finanze dell’Ente locale
degli oneri sostenuti in prima battuta dal privato proprio
in virtù del meccanismo dello scomputo, che fa sì che gli
oneri di urbanizzazione sostenuti dal privato si traducano
in una corrispondente decurtazione di un’entrata dell’ente
locale (quella appunto derivante dal contributo per permesso
di costruire)» non può che collegarsi, pertanto, «l’esigenza
di assicurare che gli oneri che si vanno a scomputare
dall’entrata del Comune (e dunque dalle finanze pubbliche)
corrispondano al “giusto prezzo” per le opere realizzate».
Ne deriva, dunque, in relazione allo specifico quesito in
esame, che l’importo da porre a scomputo
degli oneri di urbanizzazione è preliminarmente determinato
in relazione al computo metrico estimativo, ritenuto congruo
dai competenti uffici comunali. Ciò, però, non preclude, nel
caso che dalla contabilità di fine lavori risultasse un
importo effettivamente speso dall’attuatore inferiore a
quello determinato a monte –ove ovviamente detto importo
fosse inferiore alla quota di contributo relativa agli oneri
di urbanizzazione– che il Comune possa chiedere al privato
attuatore la differenza tra il primo importo e quello
effettivamente speso. Tale valore differenziale potrà essere
corrisposto all’Amministrazione Comunale, a scelta di
quest’ultima, o sotto forma di conguaglio economico o sotto
forma di opere complementari ed integrative. In questo
senso, del resto, milita in primo luogo la considerazione
che, nel caso si seguisse la procedura ordinaria, ovvero che
l’Amministrazione eseguisse direttamente le opere di
urbanizzazione, sopportandone i relativi oneri,
beneficerebbe direttamente anche delle eventuali riduzioni,
conseguite in fase di aggiudicazioni dei lavori, rispetto ai
valori astrattamente indicati nel computo metrico estimativo.
Il ricorso all’istituto dello scomputo,
dunque, non può consentire un esito deteriore per il Comune,
con l’attribuzione al privato dei possibili guadagni
relativi al minor costo di realizzazione delle opere.
In questo senso, del resto si muove la stessa disciplina
legislativa regionale di riferimento (Legge regionale n.
12/2005, su cui cfr.
parere 23.02.2015 n. 83
di questa Sezione), che, all’art. 46, comma 1, lett. b),
prevede: “la realizzazione a cura dei
proprietari di tutte le opere di urbanizzazione primaria e
di una quota parte delle opere di urbanizzazione secondaria
o di quelle che siano necessarie per allacciare la zona ai
pubblici servizi; le caratteristiche tecniche di tali opere
devono essere esattamente definite; ove la realizzazione
delle opere comporti oneri inferiori a quelli previsti per
la urbanizzazione primaria e secondaria ai sensi della
presente legge, è corrisposta la differenza; al comune
spetta in ogni caso la possibilità di richiedere, anziché la
realizzazione diretta delle opere, il pagamento di una somma
commisurata al costo effettivo delle opere di urbanizzazione
inerenti al piano attuativo, nonché all'entità ed alle
caratteristiche dell'insediamento e comunque non inferiore
agli oneri previsti dalla relativa deliberazione comunale”.
Al riguardo meritano, infine, di essere richiamate anche le
conclusioni da ultimo formulate dal Consiglio di Stato, Sez.
IV (sentenza
24.04.2015 n. 2121), che ha avuto modo di
precisare, in particolare in riguardo al secondo profilo
del quesito in analisi, che «occorre
muovere dal principio, chiaramente recepito dal comma 2
dell’art. 16 del D.P.R. n. 380/2001, per cui il diritto allo
scomputo dagli oneri di urbanizzazione della quota dovuta
dal costruttore sorge alla “realizzazione delle opere” di
che trattasi. E’ inoltre principio generale (ex art. 190
D.P.R. n. 207/2010) regolante i lavori pubblici che le opere
sono da ritenersi realizzate solo dal momento in cui viene
certificata la loro regolare esecuzione, che segna anche la
chiusura della relativa contabilità. Dallo stesso momento
deve quindi ritenersi sorgere il diritto allo scomputo delle
somme spese per lavori di urbanizzazione, sul cui importo
possono insorgere divergenze dipendenti dalla
contabilizzazione delle opere (le c.d. “riserve” che
l’impresa ha l’onere di presentare nei termini di legge la
cui inosservanza produce decadenza
(cfr. Cass. n. 14381/2000), ma certamente
non sorge la facoltà dell’impresa di presentare “ad libitum”
nel tempo una ulteriore contabilità dei lavori. Aderire alla
tesi in esame significherebbe peraltro individuare una sorta
di diritto potestativo dell’impresa di incidere “sine die” e
con effetti patrimoniali sulla certezza del rapporto
giuridico convenzionale già definito. Pertanto e
conclusivamente, deve ritenersi sostanzialmente corretta la
posizione espressa dal primo giudice nel confermare la
legittimità della decisione dell’amministrazione di
considerare, ai fini della definitiva determinazione
dell’onere concessorio, soltanto il primo computo metrico
“prodotto, restando a carico della ricorrente (imputet sibi)
un’eventuale ulteriore spesa rispetto a quella
precedentemente documentata”».
3. I principi ora richiamati consentono, altresì, di
rispondere anche al secondo quesito posto dal Comune
istante, ovvero se, nei casi sopra visti in cui sussiste
l'obbligo di legge di espletare la preventiva gara
d'appalto, il ribasso d'asta resta nella disponibilità̀ del
lottizzante oppure del Comune.
Al riguardo la Sezione di controllo del Veneto, nel
parere
07.08.2009 n. 148
precedentemente richiamato è giunta alla conclusione, ancora
attuale e condivisibile, pur tenuto conto delle successive
modifiche legislative, della «spettanza
al Comune dei ribassi d’asta eventualmente conseguiti in
sede di gara rispetto al corrispettivo astrattamente e
aprioristicamente posto a base d’asta. Invero, il ribasso
d’asta si traduce in una minore entità del corrispettivo che
sarà in concreto corrisposto dal privato per la
realizzazione delle opere rispetto a quello teorico
ipotizzato prima della gara, al quale è stato commisurato lo
scomputo iniziale. E’ dunque evidente che, ove la differenza
determinata dal ribasso d’asta non fosse riversata al
Comune, la misura dello scomputo sarebbe maggiore rispetto a
quella degli oneri di urbanizzazione in concreto sostenuti
dal privato, determinandosi per tale parte un’ingiustificata
decurtazione del contributo per permesso di costruire
spettante al Comune».
In una successiva deliberazione (parere
28.07.2010 n. 94),
la stessa Sezione ha avuto modo di precisare che «l’onere
assunto dal privato per la realizzazione di opere di
urbanizzazione primaria superi (e non risulti quindi con
essi in posizione di corrispettività) gli oneri di
urbanizzazione, occorre procedere ad una valutazione globale
della fattispecie, di modo che l’eventuale ribasso d’asta
potrà competere al privato (in applicazione, anche in tal
caso, ma in senso inverso, del criterio del “giusto prezzo”)
purché, come suggerito dallo stesso Comune richiedente, in
casi limite, il ribasso d’asta non scenda sotto i valori
tabellari degli oneri dovuti. Al di fuori di quest’ultima
ipotesi, infatti, il Comune sarebbe comunque garantito che
il valore delle opere da realizzare superi comunque –a
prescindere dalla spettanza del ribasso d’asta– quanto il
privato avrebbe dovuto versare quali oneri di urbanizzazione
primaria» (Corte dei Conti, Sez. controllo
Lombardia,
parere 24.09.2015
n. 314). |
EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: Il
termine “opere di
urbanizzazione” indica l’insieme degli interventi necessari
a rendere una porzione di territorio idonea all’uso
insediativo previsto dagli strumenti urbanistici vigenti
ovvero a garantire l’uso futuro dei nuovi edifici realizzati
e la vita di relazione degli abitanti.
Le opere di urbanizzazione primaria -che rappresentano la
premessa indispensabile all’edificabilità dell’area e alla
possibilità che essa ospiti insediamenti abitativi o
produttivi- comprendono tutte le attrezzature a rete o
infrastrutture, necessarie per assicurare all’area medesima
l’idoneità insediativa in senso tecnico, cioè tutte quelle
attrezzature che rendono possibile l’uso degli edifici, tra
cui, ai fini che qui rilevano, le strade locali.
Le opere di urbanizzazione secondaria includono, invece,
tutte quelle attrezzature di carattere locale che rendono
l’insediamento funzionale per gli abitanti, garantendo la
vita di relazione.
---------------
Gli
impegni assunti in sede convenzionale non vanno riguardati
isolatamente, ma vanno rapportati alla complessiva remuneratività dell'operazione, che costituisce il reale
parametro per valutare l'equilibrio del sinallagma
contrattuale e, quindi, la sostanziale liceità degli impegni
stessi.
In altri termini, la causa della convenzione
urbanistica e cioè l'interesse che l'operazione contrattuale
è diretta a soddisfare, va valutata non con riferimento ai
singoli impegni assunti, ma con riguardo alla oggettiva
funzione economico-sociale del negozio, in cui devono
trovare equilibrata soddisfazione sia gli interessi del
privato che della pubblica amministrazione.
---------------
L'assunzione nell'ambito di una lottizzazione di
obbligazioni ulteriori rispetto a quelle espressamente
previste dalla legge, non può di per sé essere esclusa e
tantomeno automaticamente ricondotta a fenomeni estorsivi o
comunque di <costrizione> ... sicché non esiste
nell'ordinamento una norma generale che impedisca, in sede
di convenzione urbanistica, la libera erogazione di
ulteriori contribuzioni rispetto a quelle fissate dalla
legge che, quindi, costituiscono semplicemente il minimo
legale.
Gli accordi sostitutivi ex art. 11 legge 07.08.1990, n. 241,
al cui modello procedimentale vanno ricondotte le
convenzioni urbanistiche, consentono, infatti, di conseguire
un assetto di interessi diverso e più ampio di quello
conseguibile con il rilascio del provvedimento
amministrativo unilaterale, fermo restando, in ogni caso, la
sua finalizzazione alle esigenze di urbanizzazione
dell’area.
E’ da ritenersi, peraltro, pacifico che il Comune possa
richiedere e il lottizzante accettare la realizzazione di
opere eccedenti rispetto agli oneri di urbanizzazione
normativamente dovuti.
In giurisprudenza è stato, infatti, anche chiarito che “la
convenzione di lottizzazione rappresenta un istituto di
complessa ricostruzione, a causa dei profili di stampo
giuspubblicistico che si accompagnano allo strumento
dichiaratamente contrattuale (…) frutto dell'incontro di
volontà delle parti contraenti nell'esercizio dell'autonomia
negoziale retta dal codice civile.
Tale ricostruzione conserva la sua validità anche nelle
ipotesi (…) in cui alcuni contenuti dell'accordo vengono
proposti dall'Amministrazione in termini non modificabili
dal privato, essendo evidente che una tale evenienza non
esclude che la parte che abbia sottoscritto la convenzione,
conoscendone il contenuto, abbia inteso aderirvi e ne resti
vincolata, salvo il ricorso agli strumenti di tutela in caso
di invalidità del contratto”.
---------------
Nella fattispecie in esame, la puntuale e dettagliata
descrizione degli obblighi inerenti gli oneri di
urbanizzazione primaria, contenuta nelle convenzioni, induce
questo Collegio a ritenere che gli stessi siano il risultato
di una libera negoziazione tra le parti e non possano
ascriversi alla imposizione unilaterale del Comune, come,
invece, preteso dalle ricorrenti.
In tal senso depone, invero, non solo la sottoscrizione da
parte di tutti i lottizzanti della relazione illustrativa
allegata alla deliberazione consiliare n. 39/2000 (ovvero
l’atto in forza del quale è stata sottoscritta la prima
convenzione) ma anche la lunga “pausa di riflessione”
intercorsa tra l’adozione dei piani particolareggiati e la
stipula delle relative convenzioni, di cui si è già dianzi
detto, la chiara descrizione, contenuta nelle convenzioni
medesime, delle opere di urbanizzazione primaria che i
lottizzanti si sono impegnati a realizzare e cedere
gratuitamente al Comune, la precisa quantificazione del loro
importo complessivo, la precisazione che si tratta di opere
“interne alla lottizzazione” e, infine, la clausola,
contenuta all’art. 8, il quale -a proposito della piena ed
esatta esecuzione dei lavori e delle opere di cui all’art. 6
e della loro manutenzione, nonché a garanzia della cessione
delle relative aree– ha previsto la costituzione di
“cauzione", da svincolarsi solo “al collaudo finale delle
opere rispettive, di ogni singolo lotto”, fatto salvo
l’obbligo di integrarne il valore e/o di ricostruirla in
caso di avvenuto, totale o parziale, utilizzo a seguito di
inadempienze.
L’inequivoca volontà espressa dalle parti contraenti
appalesa, quindi, che i lottizzanti hanno inteso liberamente
assumere gli impegni patrimoniali previsti in convenzione,
anche se, per ventura, ritenuti maggiori e più onerosi
rispetto a quelli minimi astrattamente previsti dalla legge:
impegno questo che, come già dianzi evidenziato, rientra, in
ogni caso, nella piena disponibilità delle parti, posto che
la normativa vigente non esclude affatto che le parti
possano, per valutazioni di convenienza, regolare il
rapporto in termini diversi.
Pare, quindi, condivisibile e mutuabile l’osservazione del
Comune laddove richiama l’attenzione sul fatto che “la
previsione della convenzione urbanistica, assunta per mutuo
accordo tra le parti e non contrastante con alcuna
previsione normativa, ha carattere vincolante tra esse e non
può invocarsene la parziale nullità per la parte eccedente
le opere di urbanizzazione rispetto al minimo di legge,
pacificamente derogabile”.
Va, in primo luogo, rammentato che il termine “opere di
urbanizzazione” indica l’insieme degli interventi necessari
a rendere una porzione di territorio idonea all’uso
insediativo previsto dagli strumenti urbanistici vigenti
ovvero a garantire l’uso futuro dei nuovi edifici realizzati
e la vita di relazione degli abitanti.
Le opere di urbanizzazione primaria -che rappresentano la
premessa indispensabile all’edificabilità dell’area e alla
possibilità che essa ospiti insediamenti abitativi o
produttivi- comprendono tutte le attrezzature a rete o
infrastrutture, necessarie per assicurare all’area medesima
l’idoneità insediativa in senso tecnico, cioè tutte quelle
attrezzature che rendono possibile l’uso degli edifici, tra
cui, ai fini che qui rilevano, le strade locali.
Le opere di urbanizzazione secondaria includono, invece,
tutte quelle attrezzature di carattere locale che rendono
l’insediamento funzionale per gli abitanti, garantendo la
vita di relazione.
---------------
Con
specifico riguardo alla convenienza economica
dell’operazione deve, peraltro, evidenziarsi che in
giurisprudenza è stato condivisibilmente affermato che “gli
impegni assunti in sede convenzionale non vanno riguardati
isolatamente, ma vanno rapportati alla complessiva remuneratività dell'operazione, che costituisce il reale
parametro per valutare l'equilibrio del sinallagma
contrattuale e, quindi, la sostanziale liceità degli impegni
stessi. In altri termini, la causa della convenzione
urbanistica e cioè l'interesse che l'operazione contrattuale
è diretta a soddisfare, va valutata non con riferimento ai
singoli impegni assunti, ma con riguardo alla oggettiva
funzione economico-sociale del negozio, in cui devono
trovare equilibrata soddisfazione sia gli interessi del
privato che della pubblica amministrazione” (C.d.S., V, 26.11.2013, n. 5603).
Al di là delle considerazioni sin qui svolte sulla
qualificazione della strada oggetto di contestazione e sulla
liceità sostanziale complessiva degli impegni assunti, già
di per sé sufficienti ad appalesare l’infondatezza degli
assunti delle ricorrenti, risultano, comunque, condivisibili
le puntuali osservazioni proposte dalla difesa dell’ente
civico sulla derogabilità della quota di partecipazione dei
privati alle opere di urbanizzazione e sulla prevalenza del
profilo della libera negoziazione affermatasi nell’ambito
delle convenzioni di lottizzazione.
In giurisprudenza è stato, infatti, affermato che
“l'assunzione nell'ambito di una lottizzazione di
obbligazioni ulteriori rispetto a quelle espressamente
previste dalla legge, non possa di per sé essere esclusa e
tantomeno automaticamente ricondotta a fenomeni estorsivi o
comunque di <costrizione>” e che “(…) non esiste
nell'ordinamento una norma generale che impedisca, in sede
di convenzione urbanistica, la libera erogazione di
ulteriori contribuzioni rispetto a quelle fissate dalla
legge che, quindi, costituiscono semplicemente il minimo
legale” (C.d.S., V, 26.11.2013, n. 5603).
Gli accordi sostitutivi ex art. 11 legge 07.08.1990, n.
241, al cui modello procedimentale vanno ricondotte le
convenzioni urbanistiche, consentono, infatti, di conseguire
un assetto di interessi diverso e più ampio di quello
conseguibile con il rilascio del provvedimento
amministrativo unilaterale, fermo restando, in ogni caso, la
sua finalizzazione alle esigenze di urbanizzazione
dell’area.
E’ da ritenersi, peraltro, pacifico che il Comune possa
richiedere e il lottizzante accettare la realizzazione di
opere eccedenti rispetto agli oneri di urbanizzazione
normativamente dovuti.
In giurisprudenza è stato, infatti, anche chiarito che “la
convenzione di lottizzazione rappresenta un istituto di
complessa ricostruzione, a causa dei profili di stampo giuspubblicistico che si accompagnano allo strumento
dichiaratamente contrattuale (…) frutto dell'incontro di
volontà delle parti contraenti nell'esercizio dell'autonomia
negoziale retta dal codice civile.
Tale ricostruzione conserva la sua validità anche nelle
ipotesi (…) in cui alcuni contenuti dell'accordo vengono
proposti dall'Amministrazione in termini non modificabili
dal privato, essendo evidente che una tale evenienza non
esclude che la parte che abbia sottoscritto la convenzione,
conoscendone il contenuto, abbia inteso aderirvi e ne resti
vincolata, salvo il ricorso agli strumenti di tutela in caso
di invalidità del contratto” (C.d.S., IV, 28.07.2005, n.
4015; in termini C.d.S., IV, del 22.01.2013, n. 351).
Orbene, nella fattispecie in esame, la puntuale e
dettagliata descrizione degli obblighi inerenti gli oneri di
urbanizzazione primaria, contenuta nelle convenzioni del
2001 e 2004 (in entrambe agli artt. 5 e 6), induce questo
Collegio a ritenere che gli stessi siano il risultato di una
libera negoziazione tra le parti e non possano ascriversi
alla imposizione unilaterale del Comune, come, invece,
preteso dalle ricorrenti.
In tal senso depone, invero, non solo la sottoscrizione da
parte di tutti i lottizzanti della relazione illustrativa
allegata alla deliberazione consiliare n. 39/2000 (ovvero
l’atto in forza del quale è stata sottoscritta la prima
convenzione), ove, ai fini che qui rilevano, viene
specificato che le opere di urbanizzazione primaria sono
costituite dalla “viabilità di progetto via Oberdan – via
Belvedere” (vedi all. 1, pag. 21, sub pt. 3.6 – fascicolo
doc. Comune), ma anche la lunga “pausa di riflessione”
intercorsa tra l’adozione dei piani particolareggiati e la
stipula delle relative convenzioni, di cui si è già dianzi
detto, la chiara descrizione, contenuta nelle convenzioni
medesime, delle opere di urbanizzazione primaria che i
lottizzanti si sono impegnati a realizzare e cedere
gratuitamente al Comune, la precisa quantificazione del loro
importo complessivo, la precisazione che si tratta di opere
“interne alla lottizzazione” e, infine, la clausola,
contenuta all’art. 8, il quale -a proposito della piena ed
esatta esecuzione dei lavori e delle opere di cui all’art. 6
e della loro manutenzione, nonché a garanzia della cessione
delle relative aree– ha previsto la costituzione di
“cauzione", da svincolarsi solo “al collaudo finale delle
opere rispettive, di ogni singolo lotto”, fatto salvo
l’obbligo di integrarne il valore e/o di ricostruirla in
caso di avvenuto, totale o parziale, utilizzo a seguito di
inadempienze.
L’inequivoca volontà espressa dalle parti contraenti
appalesa, quindi, che i lottizzanti hanno inteso liberamente
assumere gli impegni patrimoniali previsti in convenzione,
anche se, per ventura, ritenuti maggiori e più onerosi
rispetto a quelli minimi astrattamente previsti dalla legge:
impegno questo che, come già dianzi evidenziato, rientra, in
ogni caso, nella piena disponibilità delle parti, posto che
la normativa vigente non esclude affatto che le parti
possano, per valutazioni di convenienza, regolare il
rapporto in termini diversi (cfr., CdS, Sez. V, 29.09.1999, n. 1209).
Pare, quindi, condivisibile e mutuabile l’osservazione del
Comune, laddove, pag. 10 della memoria depositata in data 08.05.2015, richiama l’attenzione sul fatto che “la
previsione della convenzione urbanistica, assunta per mutuo
accordo tra le parti e non contrastante con alcuna
previsione normativa, ha carattere vincolante tra esse e non
può invocarsene la parziale nullità per la parte eccedente
le opere di urbanizzazione rispetto al minimo di legge,
pacificamente derogabile”.
Per converso, sono prive di pregio le deduzioni difensive
dei ricorrenti, laddove pretendono di far discendere dalla
qualificazione della strada in questione in termini di
“opera di urbanizzazione primaria” l’impossibilità per esse
di sottrarsi al relativo onere, essendo evidente che la
libera negoziazione degli obblighi convenzionali non può
venir pregiudicata dall’eventuale impropria inclusione tra
le opere del tipo dianzi detto di un onere aggiuntivo
liberamente assunto.
In definitiva, le clausole convenzionali non sono affette da
alcuna nullità e costituiscono giustificazione idonea e
sufficiente per l’assunzione da parte dei lottizzanti degli
oneri per la realizzazione della strada di lottizzazione.
Ne deriva, l’insussistenza di valide ragioni giuridiche per
riconoscere, a qualsiasi titolo, il diritto delle medesime
ad ottenere in tutto o in parte il rimborso delle spese
conseguentemente sostenute e ciò anche in considerazione del
fatto che, come agevolmente si ritrae dalla lettura
dell’art. 6 della/e convenzione/i e dalle condivisibili
argomentazioni svolte dalla difesa del Comune, cui si
rinvia, la prestazione relativa alle “opere di
urbanizzazione primaria” individuate nella medesima norma è
stata concepita dalla parti contraenti quale prestazione “a
corpo” e non “a misura”, con conseguente irripetibilità
anche degli eventuali maggiori costi asseritamente
sostenuti, peraltro del tutto indimostrati
(TAR Friuli Venezia Giulia,
sentenza 23.07.2015 n. 354 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Scomputo del costo di costruzione.
DOMANDA:
Questa Amministrazione Comunale deve procedere all’adozione
di un Programma Integrato di Intervento conforme alle
disposizione del Piano di Governo del Territorio.
Il P.I.I. in questione prevede, quale standard qualitativo,
la realizzazione di alcuni posti auto interrati pubblici,
con relative strutture e rampa di accesso, il cui valore
complessivo desunto dal computo metrico estimativo allegato
è stimato in € 387.864,65.
Contestualmente l’operatore ha proposto di scomputare da
tale importo gli oneri di urbanizzazione primaria e gli
oneri di urbanizzazione secondaria, il cui importo è di
circa 36.396,00 € in virtù della realizzazione diretta
dell’opera pubblica suddetta. A ciò si aggiunge un’ulteriore
richiesta da parte dell’operatore volta allo scomputo del
Costo di Costruzione per un importo indicativo di 70.000 €.
Ciò posto si chiede un parere sulla legittimità della
richiesta di scomputo del costo di costruzione, in virtù
delle opere eseguite dal proponente il P.I.I. e dello
standard qualitativo proposto.
RISPOSTA:
La lett. g) del comma 1 dell’art. 32 del codice dei
contratti pubblici prevede che “i lavori pubblici da
realizzarsi da parte dei soggetti privati, titolari di
permesso di costruire, che assumono in via diretta
l'esecuzione delle opere di urbanizzazione a scomputo totale
o parziale del contributo previsto per il rilascio del
permesso, ai sensi dell'articolo 16, comma 2, del decreto
del Presidente della Repubblica 06.06.2001, n. 380, e
dell'articolo 28, comma 5, della legge 17.08.1942, n. 1150.
L'amministrazione che rilascia il permesso di costruire può
prevedere che, in relazione alla realizzazione delle opere
di urbanizzazione, l'avente diritto a richiedere il permesso
di costruire presenti all'amministrazione stessa, in sede di
richiesta del permesso di costruire, un progetto preliminare
delle opere da eseguire, con l'indicazione del tempo massimo
in cui devono essere completate, allegando lo schema del
relativo contratto di appalto. L'amministrazione, sulla base
del progetto preliminare, indice una gara con le modalità
previste dall'articolo 55. Oggetto del contratto, previa
acquisizione del progetto definitivo in sede di offerta,
sono la progettazione esecutiva e le esecuzioni di lavori.
L'offerta relativa al prezzo indica distintamente il
corrispettivo richiesto per la progettazione definitiva ed
esecutiva, per l'esecuzione dei lavori e per gli oneri di
sicurezza”.
A sua volta il comma 2 del cit. art. 16 dispone che “la
quota di contributo relativa agli oneri di urbanizzazione è
corrisposta al comune all'atto del rilascio del permesso di
costruire e, su richiesta dell'interessato, può essere
rateizzata. A scomputo totale o parziale della quota dovuta,
il titolare del permesso può obbligarsi a realizzare
direttamente le opere di urbanizzazione, nel rispetto
dell'articolo 2, comma 5, della legge 11.02.1994, n. 109, e
successive modificazioni, con le modalità e le garanzie
stabilite dal comune, con conseguente acquisizione delle
opere realizzate al patrimonio indisponibile del comune”.
Infine il comma 5 dell’art. 28 della n. 1150/1942 stabilisce
che “L'autorizzazione comunale è subordinata alla stipula
di una convenzione, da trascriversi a cura del proprietario,
che preveda:
1) la cessione gratuita entro termini prestabiliti delle
aree necessarie per le opere di urbanizzazione primaria,
precisate dall'art. 4 della legge 29.09.1964, n. 847, nonché
la cessione gratuita delle aree necessarie per le opere di
urbanizzazione secondaria nei limiti di cui al successivo n.
2;
2) l'assunzione, a carico del proprietario, degli oneri
relativi alle opere di urbanizzazione primaria e di una
quota parte delle opere di urbanizzazione secondaria
relative alla lottizzazione o di quelle opere che siano
necessarie per allacciare la zona ai pubblici servizi; la
quota è determinata in proporzione all'entità e alle
caratteristiche degli insediamenti delle lottizzazioni;
3) i termini non superiori ai dieci anni entro i quali deve
essere ultimata l'esecuzione delle opere di cui al
precedente paragrafo;
4) congrue garanzie finanziarie per l'adempimento degli
obblighi derivanti dalla convenzione”.
Le normative vigenti prevedono e consentono dunque lo
scomputo solo in relazione alla parte di contributo relativa
alle opere di urbanizzazione e non anche alla parte
afferente al cd. costo di costruzione.
Trattandosi peraltro di due componenti diverse del
contributo (come affermato anche dall’ANAC con il parere AG
32/2011 il contributo consiste di due parti: “una
parte, di natura contributiva, afferente alle spese per
l’urbanizzazione del territorio, che costituisce una
modalità di concorso del privato costruttore agli oneri
sociali derivanti dall’incremento del carico urbanistico;
una parte, di natura impositiva, che deriva dall’aumento
della capacità contributiva del titolare dell’opera, in
ragione dell’aumento del proprio patrimonio immobiliare”.
Anche la giurisprudenza ha più volte chiarito del resto che
“il contributo sul costo di costruzione consiste in una
prestazione patrimoniale ascrivibile alla categoria dei
tributi locali, in quanto il prelievo non si basa, come nel
caso degli oneri di urbanizzazione, sui costi collettivi
derivanti dall’insediamento di un nuovo edificio ma
sull’incremento di ricchezza immobiliare determinato
dall’intervento edilizio” (TAR Lombardia, Brescia, II,
25.03.2011, n. 469).
Diversamente gli oneri di urbanizzazione sono considerati “corrispettivi
di diritto pubblico” (Tar Reggio Calabria, I,
06.04.2011, n. 260) e sono dovuti in ragione dell’obbligo
del privato di partecipare ai costi delle opere di
trasformazione del territorio (Cons. Stato, V, 23.01.2006,
n. 159), si è dell’avviso che lo scomputo sia ammissibile
solo in relazione al valore relativo alla parte concernente
gli oneri di urbanizzazione (esclusivo riferimento a tali
oneri è contenuto inoltre anche all’art. 45 della LR
Lombardia n. 12/2005) (link a www.ancirisponde.ancitel.it). |
EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: Il
diritto allo scomputo dagli oneri di
urbanizzazione della quota dovuta dal
costruttore sorge alla “realizzazione delle
opere” di che trattasi.
E’ inoltre principio generale (ex art. 190
d.p.r. n. 207/2010) regolante i lavori
pubblici che le opere sono da ritenersi
realizzate solo dal momento in cui viene
certificata la loro regolare esecuzione, che
segna anche la chiusura della relativa
contabilità.
Dallo stesso momento deve quindi ritenersi
sorgere il diritto allo scomputo delle somme
spese per lavori di urbanizzazione, sul cui
importo possono insorgere divergenze
dipendenti dalla contabilizzazione delle
opere (le c.d. “riserve” che l’impresa ha
l’onere di presentare nei termini di legge
la cui inosservanza produce decadenza), ma
certamente non sorge la facoltà dell’impresa
di presentare “ad libitum” nel tempo una
ulteriore contabilità dei lavori.
... per la riforma della
sentenza 23.01.2013 n. 50
del TAR Sardegna-Cagliari: Sez. II, resa tra
le parti, concernente la determinazione
conguaglio per opere di urbanizzazione
primaria.
...
1.- La società appellante chiede la riforma
della sentenza, in epigrafe specificata, con
la quale il TAR della Sardegna ha respinto
il suo ricorso proposto per la
determinazione di un conguaglio su oneri di
urbanizzazione primaria relativi a lavori
(una condotta fognaria) previsti da una
convenzione di lottizzazione.
In particolare la controversia verte sulla
quantificazione dello scomputo previsto -in
favore della ricorrente- dalla convenzione
urbanistica stipulata col Comune di Sestu in
data 09.03.2003 rispetto al contributo
dovuto commisurato al costo di costruzione
ex lege n. 10/1977; nell’atto
convenzionale, infatti, si prescriveva una
riduzione di tale contributo nella misura
del 50% del costo di realizzazione del
predetto collettore.
2.- Con la sentenza epigrafata il TAR ha
respinto il ricorso, che chiedeva (in
difformità dal provvedimento comunale n.
19923 del 14.09.2010 teso alla riscossione
di un contributo pari ad Euro 57.232,13) un
riconoscimento di un credito verso il Comune
per la realizzazione dell’opera di
urbanizzazione (in forza di nuova
contabilità dei lavori presentata dalla
ricorrente) in quanto non condividendo “una
valutazione di sopravvenuta illegittimità
della determinazione assunta
dall’amministrazione comunale”.
3.- A sostegno del gravame la società
istante ha dedotto motivi che risultano
tuttavia infondati.
In sintesi, la sentenza sarebbe incorsa
nella violazione degli artt. 5 e 10 della
legge n. 10/1977 e dell’art. 16 del dpr n.
380/2001, e della convenzione urbanistica,
per aver respinto il ricorso sulla base di
una circostanza irrilevante, costituita dal
fatto che i conteggi che supportano la
pretesa azionata sono stati depositati
successivamente al collaudo; del resto la
contabilità finale dei lavori sotto il
profilo temporale non era disciplinata dalla
convenzione, con la conseguenza che non
sussisteva alcun impedimento ad addivenire
al diverso computo consuntivo dei lavori
presentato.
Nel merito della somma richiesta, la
ricorrente supporta le proprie ragioni
esibendo specifica perizia.
La tesi è infondata.
Punto nodale della controversia, come
specifica il Comune appellato, è la natura
giuridica da attribuire al computo metrico
presentato dall’appellante in data
31.08.2010 e sulla base del quale il Comune
ha determinato il conguaglio spettante alla
società, da essa contestato sul “quantum”.
In particolare si tratta di stabilire se
successivamente al collaudo dei lavori
necessari per realizzare l’opera di
urbanizzazione ed ai fini della
determinazione degli oneri dovuti, può
assumere rilievo una contabilità diversa da
quella assunta a base del collaudo. Alla
questione ritiene il Collegio debba darsi
esito negativo.
Al riguardo occorre muovere dal principio,
chiaramente recepito dal comma 2 dell’art.
16 del dpr n. 380/2001, per cui il diritto
allo scomputo dagli oneri di urbanizzazione
della quota dovuta dal costruttore sorge
alla “realizzazione delle opere” di
che trattasi. E’ inoltre principio generale
(ex art. 190 d.p.r. n. 207/2010) regolante i
lavori pubblici che le opere sono da
ritenersi realizzate solo dal momento in cui
viene certificata la loro regolare
esecuzione, che segna anche la chiusura
della relativa contabilità. Dallo stesso
momento deve quindi ritenersi sorgere il
diritto allo scomputo delle somme spese per
lavori di urbanizzazione, sul cui importo
possono insorgere divergenze dipendenti
dalla contabilizzazione delle opere (le c.d.
“riserve” che l’impresa ha l’onere di
presentare nei termini di legge la cui
inosservanza produce decadenza - cfr. Cass.
n. 14381/2000), ma certamente non sorge la
facoltà dell’impresa di presentare “ad
libitum” nel tempo una ulteriore
contabilità dei lavori.
Aderire alla tesi in esame significherebbe
peraltro individuare una sorta di diritto
potestativo dell’impresa di incidere “sine
die” e con effetti patrimoniali sulla
certezza del rapporto giuridico
convenzionale già definito.
Pertanto e conclusivamente, deve ritenersi
sostanzialmente corretta la posizione
espressa dal primo giudice nel confermare la
legittimità della decisione
dell’amministrazione di considerare, ai fini
della definitiva determinazione dell’onere
concessorio, soltanto il primo computo
metrico “prodotto, restando a carico
della ricorrente (imputet sibi) un’eventuale
ulteriore spesa rispetto a quella
precedentemente documentata”.
4.- Le spese del presente giudizio seguono
il principio della soccombenza (art. 91
c.p.c.) (Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 27.04.2015 n. 2121 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: Se
si escutono polizze fideiussorie le relative somme rientrano
nel Patto di stabilità interno.
I
precedenti del giudice contabile hanno evidenziato, in
applicazione dei predetti principi, la rilevanza, ai fini
del rispetto del Patto di stabilità, delle somme derivanti
dall’escussione di polizze fideiussorie stipulate in
attuazione di convenzioni urbanistiche.
L’ente infatti,
escutendo la fideiussione, subentra ai privati nel
completamento delle opere di urbanizzazione “in proprio”
e, così facendo, imprime una connotazione pubblicistica alle
somme a tal fine utilizzate, che peraltro entrano nel
bilancio dell’ente e conseguentemente restano assoggettate
alla relativa disciplina, anche in termini di rispetto degli
specifici obiettivi vigenti in riferimento al patto di
stabilità.
---------------
Il Comune istante premette in fatto che:
a) a seguito di giudizio civile di primo grado ha escusso
tre fideiussioni (per € 2.940.000,00) rilasciate a garanzia
della realizzazione di un piano integrato d’intervento
rimasto in parte non attuato (quanto alle opere pubbliche e
di pubblico interesse ivi previste);
b) escussa la fideiussione, ha realizzato –negli anni 2010,
2011 e 2012 (per € 1.454.000,00)– i primi tre dei
programmati cinque lotti di tali opere in sostituzione dei
soggetti inadempienti, tramite forme pubbliche di selezione
degli attuatori;
c) dal 2013 è sottoposto al Patto di Stabilità interno e,
per evitare eventuali sanzioni connesse allo sforamento dei
relativi parametri, ha sospeso l’esecuzione degli ulteriori
lotti di opere pubbliche.
L’ente premette altresì che:
a) la società assicuratrice, garante nel rapporto
fideiussorio, ha appellato la predetta sentenza di primo
grado;
b) le società immobiliari realizzatrici dell’intervento, nel
frattempo messe in liquidazione, hanno presentato nel
novembre 2013 ricorso al TAR Lombardia, sez. Brescia, per la
condanna dell’ente alla realizzazione delle opere non ancora
eseguite ed al risarcimento dei danni connessi alla mancata
vendita dei lotti, determinata, secondo i ricorrenti,
dall’omessa realizzazione delle opere di urbanizzazione.
Ciò premesso, l'istante Sindaco –in considerazione
del fatto che l’ente si trova nella “paradossale
situazione” di non poter eseguire le opere per il
rispetto del patto di stabilità, con la conseguente
esposizione al rischio di dover risarcire i danni in sede
giudiziale, ovvero di procedere alla realizzazione delle
opere medesime, violando però, in virtù di ciò, il patto
stesso– formula il quesito di seguito indicato, volto,
nella sostanza, ad appurare se l’utilizzo delle somme
derivanti dall’escussione delle fideiussioni possa essere
escluso dal computo degli obiettivi del patto di stabilità.
...
1.- In via preliminare, la Sezione precisa che la funzione
consultiva è diretta a fornire un ausilio all’Ente
richiedente per le determinazioni che, in materia, lo stesso
è tenuto ad assumere nell’esercizio delle proprie funzioni,
restando ferma la discrezionalità dell’amministrazione in
sede di esercizio delle proprie prerogative gestorie.
Tale parere, peraltro, è definito nel suo oggetto dalla
concreta formulazione dell’istanza presentata dall’ente;
tuttavia la pronuncia di questa Sezione si atterrà ad una
disamina delle sole questioni generali ed astratte sottese
ai quesiti posti dall’ente locale.
2.- Con il quesito prima riportato l’ente territoriale
chiede, in definitiva, se, ai fini del rispetto del patto di
stabilità, debbano essere considerate anche le somme
derivanti dall’escussione di polizze fideiussorie emesse a
garanzia della realizzazione di opere di urbanizzazione
previste in un programma integrato di intervento, attesa,
secondo la ricostruzione dell’ente locale, la natura
sostanzialmente “privata” di tali somme.
2.1.- Al riguardo, basti rilevare che questa Sezione di
controllo ha più volte messo in luce la natura cogente delle
disposizioni costituenti il patto di stabilità interno. Gli
articoli 30, 31 e 32 della legge n. 183 del 2011 (legge di
stabilità per il 2012), come più volte modificati e
integrati, da ultimo, per quanto di rilievo, dall’art. 1,
comma 489, della legge n. 190 del 2014, disciplinano la
materia, fra l’altro, per l’anno 2015 (per approfondimenti
si rinvia alla Circolare MEF-RGS n. 6 del 18.02.2014,
relativa al triennio 2014-2016).
Con riferimento alle voci di entrata e di spesa escludibili
dal saldo finanziario valido ai fini della verifica del
rispetto del patto, l’art. 31, commi 7 ss., della citata
legge n. 183 del 2011, come successivamente modificato, ha
confermato, nelle sue linee portanti, il previgente sistema
di deroghe, con alcune variazioni. Importanza fondamentale
assume in materia il comma 17, che abroga le disposizioni
che individuano esclusioni di entrata o di spesa non
previste espressamente dalla stessa legge di stabilità per
il 2012.
Pertanto, per l’esercizio finanziario in corso, non sono
consentite esclusioni di entrate o di spese diverse da
quelle previste dalla legge.
Il predetto principio di tassatività è stato più volte
oggetto di attenzione da parte di questa Corte, che ha
sempre confermato la natura imperativa ed inderogabile delle
relative disposizioni legislative (v. la deliberazione delle
Sezioni Riunite della Corte dei conti n. 6 del 25.01.2011;
le deliberazioni di questa Sezione n. 1026/2010/PAR, n.
54/2012/PAR, n. 375/2014/PAR).
Quanto esposto è confermato, da ultimo, dalla citata
Circolare MEF-RGS n. 6 del 2014, che, per il triennio
2014-2016, riporta una dettagliata esplicitazione delle
ipotesi di entrate e spese escludibili in forza delle
vigenti disposizioni di legge.
2.2.- Al riguardo, si deve altresì rilevare che
i precedenti del giudice contabile hanno
evidenziato, in applicazione dei predetti principi, la
rilevanza, ai fini del rispetto del Patto di stabilità,
delle somme derivanti dall’escussione di polizze
fideiussorie stipulate in attuazione di convenzioni
urbanistiche. L’ente infatti, escutendo la fideiussione,
subentra ai privati nel completamento delle opere di
urbanizzazione “in proprio” e, così facendo, imprime
una connotazione pubblicistica alle somme a tal fine
utilizzate, che peraltro entrano nel bilancio dell’ente e
conseguentemente restano assoggettate alla relativa
disciplina, anche in termini di rispetto degli specifici
obiettivi vigenti in riferimento al patto di stabilità
(v. Sezione regionale di controllo per il Veneto,
deliberazione n. 128/2013/PAR; cfr. altresì questa Sezione,
deliberazione n. 1044/2009/PAR).
3.- Di tali enunciati il Comune richiedente terrà dunque
conto nella valutazione della fattispecie, ferma comunque
restando la sua autonomia, nel rispetto dei limiti
legislativi vigenti, nell’attività di spesa e di gestione
del bilancio, nonché nell’individuazione degli eventuali
margini di intervento collegati alla complessiva riduzione
della spesa corrente
(Corte dei Conti, Sez. controllo Lombardia,
parere 30.03.2015 n. 143). |
URBANISTICA: Nell'ambito
di un Piano Attuativo,
l’acquisizione delle opere e delle relative aree
è per il Comune obbligatoria quanto lo è la cessione delle
stesse per il lottizzante e ciò in quanto, oltre ad
essere tassativamente previsto dalla legge nei termini sopra
descritti, detto trasferimento è condizione necessaria
affinché possa concretamente realizzarsi l’assetto del
territorio cui sovrintende l’attività di pianificazione ed
è, altresì, presupposto necessario affinché possano poi
concretamente operare le norme nazionali e regionali vigenti
in materia di corretta gestione dei servizi pubblici
correlati alle opere di urbanizzazione, la cui titolarità il
legislatore espressamente affida all’autorità
amministrativa.
A ciò consegue che -ove dopo la destinazione
di un’area ad opera di urbanizzazione da parte del piano di
lottizzazione (che per primo imprime tale destinazione
pubblicistica e sulla base del quale viene poi stipulata la
convenzione) la stessa fosse ceduta dal lottizzante a terzi-
il relativo contratto sarebbe nullo per contrasto con norma
imperativa e non potrebbe incidere sui relativi assetti
urbanistici e dominicali.
Tale conclusione, oltre che
normativamente imposta, è indispensabile per garantire la
tenuta dell’intero sistema urbanistico, volto alla tutela di
interessi pubblici di rango superiore, che risulterebbero
gravemente frustrati dall’alienazione delle opere di
urbanizzazione a soggetti privati; in sostanza il sistema
tende ad evitare che quelle opere siano sottratte alla loro
destinazione a pubblico servizio, in chiave di tutela del
corretto sfruttamento del territorio e dei correlati valori
di rango ancora superiore, quali il diritto alla salute,
alla sicurezza stradale, all’approvvigionamento idrico ed
elettrico, etc..
Del resto, la necessaria appartenenza alla mano pubblica
delle opere di urbanizzazione (e delle aree su cui esse
insistono), secondo il regime del patrimonio indisponibile
(perché destinato a pubblico servizio, secondo lo schema di
cui all’art. 826, comma 3, del codice civile), è principio
assolutamente consolidato in giurisprudenza.
---------------
Tale approccio interpretativo ha trovato ulteriore
consacrazione normativa a seguito dell’entrata in vigore del
d.p.r. 06.06.2001, n. 380 (T.U. Edilizia), ove all’art. 16,
comma 2, si afferma che “2. La quota di contributo relativa
agli oneri di urbanizzazione è corrisposta al comune
all'atto del rilascio del permesso di costruire e, su
richiesta dell'interessato, può essere rateizzata. A
scomputo totale o parziale della quota dovuta, il titolare
del permesso può obbligarsi a realizzare direttamente le
opere di urbanizzazione, nel rispetto dell'articolo 2, comma
5, della legge 11.02.1994, n. 109, e successive
modificazioni, con le modalità e le garanzie stabilite dal
comune, con conseguente acquisizione delle opere realizzate
al patrimonio indisponibile del comune”.
Quindi, una volta ricondotte al regime del patrimonio
indisponibile, le opere di urbanizzazione godono del sistema
di protezione di cui all’art. 828, comma 2, del codice
civile, secondo cui “I beni che fanno parte del patrimonio
indisponibile non possono essere sottratti alla loro
destinazione, se non nei modi stabiliti dalle leggi che li
riguardano”, il che ne impedisce l’alienazione e
l’usucapione da parte dei privati.
Proprio perché le opere di urbanizzazione sono funzionali
allo svolgimento di pubblici servizi di primaria utilità
(idrico, fognario, viabilità, elettrico…), la loro proprietà
necessariamente deve essere del Comune, il quale soltanto
può garantire un accettabile e uniforme livello di qualità
dei servizi in favore dei propri cittadini che non potrebbe
essere garantito da un soggetto privato il quale,
ovviamente, non potrebbe che gestire i servizi in chiave
imprenditoriale e quindi in funzione dell’ottenimento di
utili, con il rischio, conseguentemente, di servizi con
qualità al di sotto dell’accettabile o addirittura tali da
mettere a repentaglio i diritti fondamentali dei cittadini;
si pensi, ad esempio, ai rischi per la salute derivanti da
un servizio idrico con acque non potabili, da un servizio di
depurazione fognaria non efficiente, da una rete elettrica o
viaria non manutenuta.
...
per l'accertamento e la declaratoria:
1) dell'obbligo del Comune di Sinnai di provvedere alla
presa in carico delle opere di urbanizzazione primaria
realizzate, in località Torre delle Stelle, nell'ambito dei
comparti 1 e 2 individuati dal Piano di Fabbricazione del
Comune di Sinnai, così come trasformati in zona di
completamento urbano con deliberazione di Giunta Municipale
n. 177/1974, nonché delle aree su cui queste insistono e ad
assumere tutti gli oneri di manutenzione ordinaria e
straordinaria, correlati alla gestione delle medesime opere
di urbanizzazione;
2) nonché per la conseguente condanna dell'Amministrazione a
porre in essere gli atti e i provvedimenti per adempiere
agli obblighi discendenti dalla legge;
3) e per la conseguente condanna al risarcimento dei danni
subiti dai ricorrenti per avere dovuto sostenere le spese di
manutenzione delle suddette opere di urbanizzazione al posto
dell'inadempiente Comune di Sinnai.
...
La domanda deve essere accolta.
Come innanzi riferito, con deliberazione n. 177 del 1974 la
Giunta Municipale di Sinnai aveva disposto la
classificazione dei comparti 1 e 2, ove ricadono gli
immobili dei ricorrenti, “in zona di completamento urbano ,
in quanto compromessa con il seguente indice
territoriale…dello 0,15; altezza massima ml 7, stacco dai
confini e dalle strade ml 5, rapporto di copertura 1/10,
lotto minimo mq 2.000”.
Nella delibera si prevedeva poi che per ottenere il rilascio
delle licenze edilizie i “proprietari dovranno provvedere a
consegnare al Comune le opere di urbanizzazione primaria e
secondaria in opere finite o corrispettivo valore in
denaro”.
L’atto della Giunta è stato poi ratificato dal Consiglio
comunale con la deliberazione n. 103 del 27.04.1974, con
l’unica modifica delle dimensioni del lotto minino di
intervento, portandolo da mq 2000 a mq 1000.
Su detta delibera, come pure sulle altre delibere consiliari
riguardanti la variante complessiva del Piano di
Fabbricazione di Sinnai, è poi intervenuta l’approvazione
della Regione con il decreto del suo Presidente, n. 164 del
24.07.1974; per i comparti 1 e 2 il decreto ha
modificato l’indice fondiario, portandolo a 0,30 mc/mq.
La destinazione a zona B di completamento ha comportato il
riconoscimento per i comparti in questione della possibilità
di edificazione diretta, ossia senza la necessità della
previa approvazione di un piano di lottizzazione, come
richiesto dalle zone C e F; ciò è avvenuto sul presupposto
dell’esistenza di una compromissione del territorio per
effetto delle costruzioni ivi esistenti e sul presupposto,
evidentemente, dell’esistenza di opere di urbanizzazione,
sia pure incomplete, della zona interessata.
Proprio per
ottenere il completamento delle opere di urbanizzazione le
delibere richiedevano, quale condizione per il rilascio
delle concessioni edilizie, la realizzazione delle opere di
urbanizzazione da parte dei privati oppure il pagamento di
una corrispettiva somma di danaro.
Le opere sono state poi realizzate, almeno in parte (rete
viaria, idrica ed elettrica), dal Condominio appositamente
formato dai proprietari dei lotti.
La difesa del Comune rileva che le opere di urbanizzazione
risultano incompiute e realizzate senza alcun disegno
unitario, tanto da affermare che nel comprensorio non si
rinvengono “opere di urbanizzazione né in senso formale, né
in senso materiale”.
Da quanto sopra emerge con evidenza che nel comprensorio
esistono alcune opere di urbanizzazione (rete viaria, rete
idrica ed elettrica) sia pur realizzate senza una
progettazione approvata dal Comune e senza una puntuale
direzione dei lavori (al riguardo i ricorrenti non
depositano alcun atto), ma ciò è dipeso unicamente da
incuria dello stesso Comune nel seguire l’attuazione delle
previsioni del proprio strumento urbanistico e segnatamente
delle regole, prima richiamate, sulla necessità della
realizzazione da parte dei privati delle opere di
urbanizzazione oppure sul pagamento da parte degli stessi
degli oneri di urbanizzazione.
L’inadempienza del Comune non può evidentemente costituire
un alibi, per lo stesso, alla presa in carico delle opere di
urbanizzazione effettivamente esistenti e nello stato in cui
si trovano, che lo stesso Comune ha ritenuto tali da
giustificare la classificazione del comprensorio come zona B
di completamento.
Peraltro il Comune è ormai divenuto proprietario delle
strade per usucapione, essendo stato esercitato un uso
pubblico sulle stesse da ben oltre 20 anni. Come precisato
dalla Sezione con la sentenza n. 1738 del 03.09.2008, l’uso di
una strada da parte della collettività indifferenziata per
il transito determina il passaggio della stessa nella
proprietà del Comune per usucapione, a prescindere
dall’esistenza o meno di una convenzione di lottizzazione e
del connesso obbligo per il lottizzante di trasferire le
opere di urbanizzazione ai sensi dell’art. 28 della legge 17.08.1942 n. 1150 (sulla possibilità di acquisto per
usucapione di una strada cfr. Consiglio Stato, sez. V, 24.05.2007, n. 2618; Cassazione civile, sez. II, 10.10.2000, n. 13485).
Anche la conduttura idrica, quanto alla titolarità ha
indubbie connotazioni pubblicistiche, vuoi perché le
tubazioni accedono alla parte sottostante la rete stradale,
vuoi per l’uso collettivo (esteso a tutti gli utenti) del
servizio idrico fruibile a mezzo di detta conduttura (cfr. la
sentenza del Cons. Stato, Sez. IV, n. 5487 del 2914, con la
quale il giudice di Appello ha confermato le sentenze di
questa Sezione n. 880/2011 e n. 602/2013 relative alle opere
di urbanizzazione realizzate nella stessa località di Torre
delle Stelle, ma in comune di Maracalagonis).
Una volta acclarata l’esistenza della opere di
urbanizzazione, sia che esse siano realizzate in base ad un
disegno unitario come avviene a seguito dei piani di
lottizzazione, sia che le stesse siano riconosciute con lo
strumento urbanistico, come nella specie, le conseguenze
sulla loro presa in carico e gestione sono identiche.
In entrambi i casi l’Ente locale deve gestire i pubblici
servizi connessi alle opere di urbanizzazione esistenti
(servizio viabilità, idrico, elettrico…) per le ragioni
svolte nelle pronunce e condivise dal Collegio di questa
Sezione: sentenze nn. 602/2013, 187/2010 e 880/2011 e
ordinanza 316/2009.
Segnatamente con la sentenza n. 880/2011 la Sezione ha
osservato che -ai sensi dell’art. 28 della legge n.
1150/1942- “l’acquisizione delle opere e delle relative aree
è per il Comune obbligatoria quanto lo è la cessione delle
stesse per la società lottizzante e ciò in quanto, oltre ad
essere tassativamente previsto dalla legge nei termini sopra
descritti, detto trasferimento è condizione necessaria
affinché possa concretamente realizzarsi l’assetto del
territorio cui sovrintende l’attività di pianificazione ed
è, altresì, presupposto necessario affinché possano poi
concretamente operare le norme nazionali e regionali vigenti
in materia di corretta gestione dei servizi pubblici
correlati alle opere di urbanizzazione, la cui titolarità il
legislatore espressamente affida all’autorità
amministrativa.
A ciò consegue che -ove dopo la destinazione
di un’area ad opera di urbanizzazione da parte del piano di
lottizzazione (che per primo imprime tale destinazione
pubblicistica e sulla base del quale viene poi stipulata la
convenzione) la stessa fosse ceduta dal lottizzante a terzi-
il relativo contratto sarebbe nullo per contrasto con norma
imperativa e non potrebbe incidere sui relativi assetti
urbanistici e dominicali.
Tale conclusione, oltre che
normativamente imposta, è indispensabile per garantire la
tenuta dell’intero sistema urbanistico, volto alla tutela di
interessi pubblici di rango superiore, che risulterebbero
gravemente frustrati dall’alienazione delle opere di
urbanizzazione a soggetti privati; in sostanza il sistema
tende ad evitare che quelle opere siano sottratte alla loro
destinazione a pubblico servizio, in chiave di tutela del
corretto sfruttamento del territorio e dei correlati valori
di rango ancora superiore, quali il diritto alla salute,
alla sicurezza stradale, all’approvvigionamento idrico ed
elettrico, etc..
Del resto, la necessaria appartenenza alla
mano pubblica delle opere di urbanizzazione (e delle aree su
cui esse insistono), secondo il regime del patrimonio
indisponibile (perché destinato a pubblico servizio, secondo
lo schema di cui all’art. 826, comma 3, del codice civile),
è principio assolutamente consolidato in giurisprudenza (ex multis, TAR Calabria, Catanzaro, Sez. I,
03.05.2011,
n. 606; conformi TAR Puglia Bari, Sez. II, 01.07.2010,
n. 2815; TAR Sardegna, Sez. II, 19.02.2010, n. 187
e Sez. II, 21.08.2009, n. 1464; TAR Venezia, sentenza n.
1373/2004; Consiglio Stato, Sez. V, 15.03.2001, n.
1514)”.
Nella stessa sentenza, la Sezione ha poi precisato che tale
approccio interpretativo ha trovato ulteriore consacrazione
normativa a seguito dell’entrata in vigore del d.p.r. 06.06.2001, n. 380 (T.U. Edilizia), ove all’art. 16, comma
2, si afferma che “2. La quota di contributo relativa agli
oneri di urbanizzazione è corrisposta al comune all'atto del
rilascio del permesso di costruire e, su richiesta
dell'interessato, può essere rateizzata. A scomputo totale o
parziale della quota dovuta, il titolare del permesso può
obbligarsi a realizzare direttamente le opere di
urbanizzazione, nel rispetto dell'articolo 2, comma 5, della
legge 11.02.1994, n. 109, e successive modificazioni,
con le modalità e le garanzie stabilite dal comune, con
conseguente acquisizione delle opere realizzate al
patrimonio indisponibile del comune”.
Quindi, una volta ricondotte al regime del patrimonio
indisponibile, le opere di urbanizzazione godono del sistema
di protezione di cui all’art. 828, comma 2, del codice
civile, secondo cui “I beni che fanno parte del patrimonio
indisponibile non possono essere sottratti alla loro
destinazione, se non nei modi stabiliti dalle leggi che li
riguardano”, il che ne impedisce l’alienazione e
l’usucapione da parte dei privati (cfr., ex multis,
Cassazione civile, Sez. II, 15.02.2010, n. 3465).
Proprio perché le opere di urbanizzazione sono funzionali
allo svolgimento di pubblici servizi di primaria utilità
(idrico, fognario, viabilità, elettrico…), la loro proprietà
necessariamente deve essere del Comune, il quale soltanto
può garantire un accettabile e uniforme livello di qualità
dei servizi in favore dei propri cittadini che non potrebbe
essere garantito da un soggetto privato il quale,
ovviamente, non potrebbe che gestire i servizi in chiave
imprenditoriale e quindi in funzione dell’ottenimento di
utili, con il rischio, conseguentemente, di servizi con
qualità al di sotto dell’accettabile o addirittura tali da
mettere a repentaglio i diritti fondamentali dei cittadini;
si pensi, ad esempio, ai rischi per la salute derivanti da
un servizio idrico con acque non potabili, da un servizio di
depurazione fognaria non efficiente, da una rete elettrica o
viaria non manutenuta (cfr. in termini TAR Sardegna Sez. II,
sentenza n. 990 del 2009).
Proprio perché possano poi concretamente operare le norme
nazionali e regionali vigenti in materia di corretta
gestione dei servizi pubblici correlati alle opere di
urbanizzazione, il legislatore espressamente ne affida la
titolarità all’autorità amministrativa (cfr., ad es., la
legge regionale 17.10.1997, n. 29 e il D.L.gvo 02.02.2001, n. 31, per quanto riguarda il servizio
idrico, nonché il d.lgvo 30.04.1992, n. 285 per la
viabilità stradale).
La gestione di simili servizi deve necessariamente essere
garantita dall’ente locale vuoi con una gestione diretta,
vuoi anche con la concessione, previa gara di appalto, a
soggetti privati ma ovviamente, in quest’ultimo caso, con un
appropriato disciplinare del servizio che, unitamente alla
supervisione e controllo dell’ente concedente, assicuri una
qualità delle prestazioni da rendere ai cittadini consona
all’attuale momento storico.
Del resto sarebbe contraddittorio, se non addirittura
paradossale, ritenere che l’ordinamento abbia dettato una
precisa e rigorosa disciplina per la realizzazione delle
opere di urbanizzazione necessarie per l’erogazione dei
servizi pubblici -con la previsione della necessità di un
piano di lottizzazione ancorato a precise norme di legge e
regolamentari quanto a contenuto e procedimento di
approvazione- e abbia poi rimesso la gestione degli stessi
alla assoluta discrezione di soggetti privati, così da
lasciare i cittadini fruitori di detti servizi essenziali
del tutto in balia dei gestori privati.
Nel caso di specie sussistono poi ulteriori aspetti che
conducono all’inaccettabilità della tesi sostenuta della
difesa del Comune sull’assenza di un obbligo per lo stesso
di prendere in carica le opere di urbanizzazione; le strade
sono oramai entrate nel patrimonio del Comune per utilizzo
pubblico delle stesse da oltre quarant’anni, come già
affermato dalla Sezione con la sentenza n. 1738 del 2008 in
relazione ad una strada della località, cosicché i danni
derivanti dalla circolazione per omessa o insufficiente
manutenzione non potrebbero che gravare anche sullo stesso
Comune.
Peraltro non si vede in base a quale titolo i
ricorrenti potrebbero essere obbligati a sostenere gli oneri
per la manutenzione delle strade, tenuto conto che non hanno
alcuna quota di proprietà sulle stesse, tenuto anche conto
che le stesse sono soggette al pubblico transito e tenuto
conto che non potrebbero essere costretti a far parte di un
condominio per la loro gestione, in assenza di contitolarità
sulle stesse; la partecipazione ad un consorzio per la
gestione di servizi comuni, in assenza di una contitolarità
sui beni, implica l’adesione volontaria per la fruizione
degli stessi, che sicuramente non potrebbe essere imposta ai
ricorrenti, tantomeno ai sub acquirenti delle abitazioni
presenti nel compendio, stante la proprietà Comunale sul
sedime stradale ed il connesso uso pubblico sullo stesso.
Per le su esposte considerazioni va accolta la domanda di
accertamento dell’obbligo del Comune di Sinnai di prendere
in carico le opere di urbanizzazione primaria presenti nei
comparti in questione anche al fine di permettere ai
cittadini di Torre delle Stelle di ottenere l’allaccio delle
loro utenze ai servizi pubblici (idrico, fognario,
elettrico…) erogati dai vari gestori.
2 - Per quanto riguarda l’ulteriore, ancorché correlata,
domanda, come precisata nel corso del ricorso, di condanna
del Comune a porre in essere tutte le attività necessarie
alla manutenzione delle opere di urbanizzazione dopo la loro
presa in carico, il Collegio la ritiene inammissibile.
Al riguardo, infatti, la Sezione ribadisce il proprio
consolidato orientamento (già confermato dal giudice
d’appello) in base al quale una domanda così prospettata è
da considerarsi inammissibile e ciò non tanto sotto il
profilo del difetto di giurisdizione quanto per carenza di
legittimazione attiva dei ricorrenti, i quali invocano la
condanna del Comune a porre in essere dei comportamenti
materiali (la manutenzione delle opere di urbanizzazione)
che sono, invece, rimessi alle sue scelte
politico-amministrative, anche in relazione alle contingenti
disponibilità di bilancio; pertanto tale pretesa non
corrisponde ad una posizione di vantaggio processualmente
tutelata dall’ordinamento -id est ad una situazione
soggettiva qualificabile alla stregua di interesse
legittimo- essendo oggetto di un compito attribuito alla
pubblica amministrazione al fine di soddisfare bisogni
ascrivibili alla collettività nel suo complesso, come tali
non differenziabili ed in definitiva classificabili alla
stregua di interessi semplici e di fatto (in termini TAR
Sardegna, Sezione II, 10.09.2013 n. 602 e 10.10.2012, n. 1154; Consiglio di Stato, Sezione V, 29.12.2004, n. 7773)
(TAR Sardegna, Sez. II,
sentenza 27.03.2015 n. 469 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA: Sullo
scomputo degli oo.uu. nell'ambito di piani attuativi.
Con riferimento al primo quesito, il collegio ritiene
che non vi sia alcuna motivazione basata
sull’interpretazione della modifica normativa che possa
consentire il riconoscimento di uno scomputo globale e
indifferenziato degli oneri di urbanizzazione primaria e
secondaria, a fronte dell'esecuzione diretta di opere di
urbanizzazione, indipendentemente dalla categoria di
appartenenza, posto che le due categorie di opere sono
mantenute nella loro specificazione giuridica sia
nell’attuale tessuto normativo dell’art. 45 della legge
regionale n. 12/2015, sia nei commi 7 e 7-bis ed 8 del
d.P.R. n. 380/2001 (T.U. edilizia).
Analogamente, venendo al secondo quesito, si
ribadisce che la normativa attualmente
vigente non autorizza alcuna compensazione fra le due
categorie di opere di urbanizzazione, poiché la legge
regionale mantiene uno stringente vincolo di correlazione
fra la tipologia delle opere da realizzare ed il calcolo
degli oneri per cui accordare lo scomputo, con il correlato
obbligo giuridico per il privato di realizzare tutte le
opere di urbanizzazione primaria ed una quota parte delle
opere di urbanizzazione secondaria o di quelle necessarie
per allacciare la zona ai pubblici servizi (art. 46, lett.
b, della citata legge regionale).
A sostegno di tale prospettazione, la
Sezione richiama la diversa natura giuridica ed utilità
pubblica sottese alla realizzazione delle opere di
urbanizzazione primaria e secondaria, secondo uno schema
contenuto nella legislazione nazionale (T.U. edilizia), le
cui norme rivestono carattere cogente in quanto attuatrici
di principi costituzionali di tutela del paesaggio, del
suolo, del territorio e dell’ambiente in cui si sviluppa la
persona umana e si proteggono gli imprescindibili valori di
vita e salute.
Quanto al terzo quesito, circa la facoltà di opzione
riservata all’ente locale, la disposizione
di legge regionale (art. 46, lett. b, della citata legge
regionale) appare chiara nella sua formulazione, laddove
consente in ogni caso all’amministrazione di richiedere,
anziché la diretta realizzazione delle opere a scomputo, il
pagamento di una somma commisurata al costo effettivo delle
opere di urbanizzazione previste nel piano attuativo e nella
convenzione urbanistica, comunque mai inferiore agli oneri
previsti dalla deliberazione comunale.
L’innovazione legislativa,
conseguente all’abrogazione dell’avverbio “distintamente”,
ha esclusivamente reso indifferenziata la sommatoria degli
oneri previsti per la realizzazione delle opere di
urbanizzazione primaria e secondaria, nel caso in cui essi
siano inferiori a quelli previsti. La differenza da
corrispondere all’amministrazione, deve tener conto della
somma globale, comprensiva delle quote riferibili ad
entrambe le classi di opere di urbanizzazione e non della
previsione distinta fra le due categorie di opere pubbliche
da realizzare.
--------------
Il sindaco del comune di Cantù (CO), mediante nota n. 42208
del 19.11.2014, ha posto un quesito in merito al
riconoscimento dello scomputo degli oneri di urbanizzazione
primaria e secondaria in favore di privati lottizzanti in
attuazione di piani attuativi.
Nel testo del quesito il sindaco fa riferimento al
precedente
parere
15.09.2008 n. 66 di questa Sezione di
Controllo ed all’art. 21 della legge regionale n. 7 del 2010
che ha modificato l’art. 46, comma 1, lett. b), della Legge
regionale n. 12/2005.
Tale modifica ha eliminato l’avverbio “distintamente”
dal contenuto normativo, per cui l’articolo in questione
attualmente recita: art. 46, comma 1, lett. b), "la
realizzazione a cura dei proprietari di tutte le opere di
urbanizzazione primaria e di una quota parte delle opere di
urbanizzazione secondaria o di quelle che siano necessarie
per allacciare la zona ai pubblici servizi; le
caratteristiche tecniche di tali opere devono essere
esattamente definite; ove la realizzazione delle opere
comporti oneri inferiori a quelli previsti per la
urbanizzazione primaria e secondaria ai sensi della presente
legge, è corrisposta la differenza; al comune spetta in ogni
caso la possibilità di richiedere, anziché la realizzazione
diretta delle opere, il pagamento di una somma commisurata
al costo effettivo delle opere di urbanizzazione inerenti al
piano attuativo, nonché all'entità ed alle caratteristiche
dell'insediamento e comunque non inferiore agli oneri
previsti dalla relativa deliberazione comunale".
Per quanto sopra esposto, il sindaco chiede:
1. se sia legittimo il riconoscimento di uno scomputo
globale e indifferenziato degli oneri di urbanizzazione
primaria e secondaria a fronte dell'esecuzione diretta di
opere di urbanizzazione, indipendentemente dalla categoria
di appartenenza se primarie o secondarie, pur avendo
funzioni e scopi diversi come contenuto nella ratio
della norma che distintamente definisce le due categorie di
opere di urbanizzazione;
2. se il maggior valore realizzato in una delle due
categorie di opere di urbanizzazione possa essere compensato
con il minor valore delle opere realizzate nell'altra;
3. se sia comunque rimessa alla facoltà del comune la
possibilità di richiedere la corresponsione della differenza
in caso di minor valore di una delle due categorie di opere
fino alla concorrenza dell'importo degli oneri risultante
dall'applicazione delle tariffe comunali per la specifica
categoria, pur se la somma complessiva delle opere previste
sia comunque superiore all'importo globale degli oneri di
urbanizzazione primaria e secondaria, o alternativamente ne
risulti preclusa la possibilità a fronte dell'intervenuta
modifica normativa regionale;
4. se sia possibile che il comune, nell'esercizio della
propria autonomia normativa, possa emanare una specifica
norma regolamentare che vieti la compensazione globale fra
oneri di urbanizzazione primaria e secondaria.
...
Nel testo dell’interpello il sindaco fa riferimento al
precedente
parere
15.09.2008 n. 66
di questa Sezione, esplicitando quattro connessi quesiti
derivanti dal mutato quadro normativo in relazione
all’abrogazione dell’avverbio “distintamente”
prescritta dall’art. 21, comma 1, lett. g), della legge
regionale n. 7 del 2010, modificativa, in parte qua,
dell’art. 46, comma 1, lett. b), della Legge regionale n.
12/2005.
Orbene, con riferimento al primo quesito, il collegio
ritiene che non vi sia alcuna motivazione
basata sull’interpretazione della modifica normativa che
possa consentire il riconoscimento di uno scomputo globale e
indifferenziato degli oneri di urbanizzazione primaria e
secondaria, a fronte dell'esecuzione diretta di opere di
urbanizzazione, indipendentemente dalla categoria di
appartenenza, posto che le due categorie di opere sono
mantenute nella loro specificazione giuridica sia
nell’attuale tessuto normativo dell’art. 45 della legge
regionale n. 12/2015, sia nei commi 7 e 7-bis ed 8 del
d.P.R. n. 380/2001 (T.U. edilizia).
Analogamente, venendo al secondo quesito, si
ribadisce che la normativa attualmente
vigente non autorizza alcuna compensazione fra le due
categorie di opere di urbanizzazione, poiché la legge
regionale mantiene uno stringente vincolo di correlazione
fra la tipologia delle opere da realizzare ed il calcolo
degli oneri per cui accordare lo scomputo, con il correlato
obbligo giuridico per il privato di realizzare tutte le
opere di urbanizzazione primaria ed una quota parte delle
opere di urbanizzazione secondaria o di quelle necessarie
per allacciare la zona ai pubblici servizi (art. 46, lett.
b, della citata legge regionale).
A sostegno di tale prospettazione, la
Sezione richiama la diversa natura giuridica ed utilità
pubblica sottese alla realizzazione delle opere di
urbanizzazione primaria e secondaria, secondo uno schema
contenuto nella legislazione nazionale (T.U. edilizia), le
cui norme rivestono carattere cogente in quanto attuatrici
di principi costituzionali di tutela del paesaggio, del
suolo, del territorio e dell’ambiente in cui si sviluppa la
persona umana e si proteggono gli imprescindibili valori di
vita e salute.
Quanto al terzo quesito, circa la facoltà di opzione
riservata all’ente locale, la disposizione
di legge regionale (art. 46, lett. b, della citata legge
regionale) appare chiara nella sua formulazione, laddove
consente in ogni caso all’amministrazione di richiedere,
anziché la diretta realizzazione delle opere a scomputo, il
pagamento di una somma commisurata al costo effettivo delle
opere di urbanizzazione previste nel piano attuativo e nella
convenzione urbanistica, comunque mai inferiore agli oneri
previsti dalla deliberazione comunale.
L’innovazione legislativa, conseguente
all’abrogazione dell’avverbio “distintamente”, ha
esclusivamente reso indifferenziata la sommatoria degli
oneri previsti per la realizzazione delle opere di
urbanizzazione primaria e secondaria, nel caso in cui essi
siano inferiori a quelli previsti. La differenza da
corrispondere all’amministrazione, deve tener conto della
somma globale, comprensiva delle quote riferibili ad
entrambe le classi di opere di urbanizzazione e non della
previsione distinta fra le due categorie di opere pubbliche
da realizzare.
Venendo, infine, al quarto quesito, il collegio
ritiene che la risposta ai primi due renda assorbita la
questione prospettata
(Corte dei Conti, Sez. controllo Lombardia,
parere 23.02.2015 n. 83). |
anno 2014 |
|
EDILIZIA PRIVATA: Il
Collegio è consapevole che, per costante giurisprudenza
costante, il diritto allo scomputo degli oneri concessori
postula l’accordo o, quanto meno, l’assenso del Comune.
La possibilità di sostituire le somme dovute al suddetto
titolo al Comune, con la realizzazione diretta delle opere
da parte del titolare della concessione edilizia, è una
facoltà che necessita la formale accettazione da parte
dell’amministrazione e la stipula di apposito atto
convenzionale, che determini esattamente le opere di
urbanizzazione che il privato si impegna a realizzare, con
la conseguente esatta determinazione degli eventuali altri
oneri concessori monetari dovuti.
In mancanza di tale accordo convenzionale, il soggetto che
ha ottenuto il rilascio di una concessione edilizia è tenuto
al pagamento integrale degli oneri concessori.
Quanto precede trova fondamento anche nella considerazione
che all'Amministrazione è riservato il potere, e dunque deve
esserle consentito, anche di indicare il tipo e l'entità
delle opere, le modalità di esecuzione e le relative
garanzie.
... per l’accertamento che nulla è dovuto per gli oneri di
urbanizzazione di cui alla pratica edilizia n. 68/09 permesso
a costruire n. 3/2010 del 23.06.2010, per mancata
realizzazione delle opere di urbanizzazione, e che la
ricorrente ha diritto alla restituzione delle somme già
versate a tale titolo, previa inibizione all'ente di
escutere la polizza fideiussoria rilasciata dalla Zurich a
garanzia del pagamento di detti oneri.
...
2 Il Collegio è consapevole che, per costante giurisprudenza
costante, il diritto allo scomputo degli oneri concessori
postula l’accordo o, quanto meno, l’assenso del Comune.
2.1 La possibilità di sostituire le somme dovute al suddetto
titolo al Comune, con la realizzazione diretta delle opere
da parte del titolare della concessione edilizia, è una
facoltà che necessita la formale accettazione da parte
dell’amministrazione e la stipula di apposito atto
convenzionale, che determini esattamente le opere di
urbanizzazione che il privato si impegna a realizzare, con
la conseguente esatta determinazione degli eventuali altri
oneri concessori monetari dovuti.
2.2 In mancanza di tale accordo convenzionale, il soggetto
che ha ottenuto il rilascio di una concessione edilizia è
tenuto al pagamento integrale degli oneri concessori (Tar
Campania, Napoli, 07.07.2010, n. 16606).
2.3 Quanto precede trova fondamento anche nella
considerazione che all'Amministrazione è riservato il
potere, e dunque deve esserle consentito, anche di indicare
il tipo e l'entità delle opere, le modalità di esecuzione e
le relative garanzie (Tar Toscana 12.12.2013 n. 1718).
3 Nel caso in esame, però la situazione si presenta con
caratteristiche particolari, in quanto il Comune non avrebbe
eseguito, a detta della ricorrente, alcuna opera di
urbanizzazione a ridosso della scadenza del triennio di cui
all’art. 12 del DPR 380/2001. Nelle proprie difese, il
Comune sostanzialmente non contesta tale mancata esecuzione.
Ora delle due l’una, o le opere di urbanizzazione sono già
presenti e il Comune condivisibilmente ha richiesto il
pagamento degli oneri concessori o sono assenti, e in tal
caso il Comune si è reso inadempiente e risulta del tutto
contrario al buon andamento dell’azione amministrativa e a
buona fede che venga chiesto alla ricorrente il pagamento
degli oneri concessori senza valutare quanto da essa
effettivamente realizzato per necessità provocata dal
mancato adempimento del Comune ai propri obblighi, peraltro
non dettagliati nel permesso di costruire.
3.1 Ritiene il Collegio che la documentazione in atti non
permetta di stabilire se le necessarie opere di
urbanizzazione siano state effettivamente realizzate e se le
opere realizzate dalla ricorrente siano qualificabili come
opera di urbanizzazione, non potendo essere qualificato il
pagamento degli oneri urbanistici come obbligazione
“astratta”. Considerata, appunto, l’assenza totale di
istruttoria da parte del Comune, il Collegio ritiene che sia
prioritaria una rimeditata valutazione delle opere
effettuate dal ricorrente (e del proprio apparente
inadempimento da parte del Comune), piuttosto che una CTU
come richiesto da parte ricorrente, dato che un’adeguata
valutazione della situazione di fatto potrebbe consentire al
Comune di trovare l’accordo con la ricorrente medesima.
4 Di conseguenza il ricorso deve essere accolto ai soli fini
dell’accertamento da parte del Comune, dell’effettivo stato
delle opere di urbanizzazione primarie e secondaria già
presenti nel lotto e quelle ancore da realizzare, con
valutazione delle opere realizzate dalla ricorrente e
l’adozione di un provvedimento esplicito relativo alla loro
natura di opere private o di opere di urbanizzazione che
dovevano essere eseguite dal Comune. Difatti, la richiesta
di pagamento degli oneri concessori effettuata dal Comune
non può essere effettuata in assenza delle opere per le
quali tali contributi sono stati previsti. Tali accertamenti
dovranno essere eseguiti in contraddittorio con la
ricorrente e portare all’emanazione di un motivato
provvedimento che riesamini quanto dovuto dalla ricorrente
medesima, con riferimento alle opere di urbanizzazione
presenti ed eventualmente realizzate dal Comune e quelle
eventualmente realizzate dalla ricorrente, con il giudizio
del Comune sulla loro eventuale scomputabilità.
4.1 La domanda relativa all’inibizione dell’escussione della
polizza fideiussoria non può essere accolta, dato che la
stessa non è stata depositata dalle parti e, da quanto
riportato nel permesso di costruire 3/2010, la polizza
appare autonoma rispetto alle obbligazioni delle parti
relative al permesso di costruire, per cui si tratta di
questione non collegata alla domanda principale (come
riqualificata dal Tribunale). del presente giudizio (e che,
casomai riguarderebbe i rapporti tra la compagnia
assicurativa e il comune, che non sono oggetto del presente
giudizio e, comunque, esulerebbero dalla giurisdizione di
questo giudice (TAR Marche,
sentenza 12.12.2014 n. 1023 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
La giurisprudenza ha chiarito che la possibilità
prevista dal legislatore che il concessionario si obblighi a
realizzare direttamente le opere di urbanizzazione deve
essere concordata tra il costruttore e il Comune mediante
una convenzione urbanistica che disciplini l’esecuzione di
tali opere e le relative garanzie.
L’ambito precipuo della convenzione è quindi costituito
dalla disciplina della realizzazione degli oneri a scomputo
e del loro valore economico, mentre per la determinazione
degli oneri la convenzione ha carattere accertativo degli
obblighi legali, mentre è il rilascio del titolo edilizio,
che può verificarsi anche a notevole distanza di tempo, ad
avere carattere costitutivo dell’obbligazione.
Ne consegue che non può ritenersi che la convenzione
comporti un divieto di nuova quantificazione degli oneri
edilizi in sede di rilascio del permesso a costruire.
---------------
Per quanto attiene poi all’affermata
fungibilità delle opere di urbanizzazione primaria e
secondaria, occorre rammentare la diversità
ontologica e funzionale tra le due categorie: “Le
opere di urbanizzazione primaria e secondaria appartengono,
in effetti, a tipologie di interventi che hanno funzione
differente: le prime sono costituite da quelle opere
indispensabili ad assicurare l’edificabilità di un’area
sotto il profilo dell’igiene, della viabilità e della
sicurezza; le seconde sono costituite da quelle
infrastrutture necessarie alla vita civile e
comunitaria(…)”.. E ancora: “(…) mentre le prime
hanno una funzione sostanzialmente servente rispetto ai
singoli organismi edilizi, in quanto ne garantiscono le
condizioni minime di fruibilità ed assicurano i servizi
indispensabili alla civile convivenza (strade, parcheggi,
fognature, etc.), le seconde mirano ad assicurare
migliore vivibilità ad un ambito territoriale più vasto di
quello oggetto dell’intervento da realizzare e sono a
servizio dell’intera comunità (scuole, mercati di quartiere,
delegazioni comunali, chiese, etc.)".
Diversamente, ovvero allorché si consentisse un trattamento
in termini di reciproca fungibilità delle due categorie di
opere, si consentirebbe di soddisfare in maniera difforme
dalle prescrizioni normative il preminente interesse
pubblico a che l’amministrazione comunale usufruisca delle
opere di urbanizzazione in ragione della loro diversa
funzione.
Ne consegue che la compensazione tra gli oneri economici
dovuti per la realizzazione delle opere di urbanizzazione
primaria e secondaria deve tendenzialmente escludersi, in
quanto è insito nell’interesse pubblico che una determinata
area sia provvista di tutti i servizi pubblici
indispensabili e non solo di quelli che interessano al
privato, in quanto più direttamente connessi al valore
economico delle opere realizzate.
L'articolo 16, comma 1, del Testo unico sull'edilizia DPR n.
380/2001 prevede che il rilascio del permesso di costruire
comporta per il privato "la corresponsione di un
contributo commisurato all'incidenza degli oneri di
urbanizzazione nonché al costo di costruzione".
La norma stabilisce poi che “a scomputo totale o parziale
della quota dovuta, il concessionario può obbligarsi a
realizzare direttamente le opere di urbanizzazione con le
modalità e le garanzie stabilite dal Comune”. La
giurisprudenza ha chiarito che la possibilità prevista dal
legislatore che il concessionario si obblighi a realizzare
direttamente le opere di urbanizzazione deve essere
concordata tra il costruttore e il Comune mediante una
convenzione urbanistica che disciplini l’esecuzione di tali
opere e le relative garanzie (Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 02.03.2011 n. 1332).
L’ambito precipuo della convenzione è quindi costituito
dalla disciplina della realizzazione degli oneri a scomputo
e del loro valore economico, mentre per la determinazione
degli oneri la convenzione ha carattere accertativo degli
obblighi legali, mentre è il rilascio del titolo edilizio,
che può verificarsi anche a notevole distanza di tempo, ad
avere carattere costitutivo dell’obbligazione.
Ne consegue che non può ritenersi che la convenzione
comporti un divieto di nuova quantificazione degli oneri
edilizi in sede di rilascio del permesso a costruire.
Per quanto attiene poi all’affermata fungibilità delle opere
di urbanizzazione primaria e secondaria,
occorre rammentare la diversità ontologica e funzionale tra
le due categorie: “Le opere di urbanizzazione primaria e
secondaria appartengono, in effetti, a tipologie di
interventi che hanno funzione differente: le prime sono
costituite da quelle opere indispensabili ad assicurare
l’edificabilità di un’area sotto il profilo dell’igiene,
della viabilità e della sicurezza; le seconde sono
costituite da quelle infrastrutture necessarie alla vita
civile e comunitaria(…)”.. E ancora: “(…) mentre le
prime hanno una funzione sostanzialmente servente rispetto
ai singoli organismi edilizi, in quanto ne garantiscono le
condizioni minime di fruibilità ed assicurano i servizi
indispensabili alla civile convivenza (strade, parcheggi,
fognature, etc.), le seconde mirano ad assicurare migliore
vivibilità ad un ambito territoriale più vasto di quello
oggetto dell’intervento da realizzare e sono a servizio
dell’intera comunità (scuole, mercati di quartiere,
delegazioni comunali, chiese, etc.)" (cfr. deliberazione
03.05.2012 n. 46 AVCP).
Diversamente, ovvero allorché si consentisse un trattamento
in termini di reciproca fungibilità delle due categorie di
opere, si consentirebbe di soddisfare in maniera difforme
dalle prescrizioni normative il preminente interesse
pubblico a che l’amministrazione comunale usufruisca delle
opere di urbanizzazione in ragione della loro diversa
funzione.
Ne consegue che la compensazione tra gli oneri economici
dovuti per la realizzazione delle opere di urbanizzazione
primaria e secondaria deve tendenzialmente escludersi, in
quanto è insito nell’interesse pubblico che una determinata
area sia provvista di tutti i servizi pubblici
indispensabili e non solo di quelli che interessano al
privato, in quanto più direttamente connessi al valore
economico delle opere realizzate
(TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 10.12.2014 n. 3003 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Le opere a scomputo.
DOMANDA:
Per opere a scomputo di opere di urbanizzazione una ditta
(che è diventata stazione appaltante) ha effettuato una gara
con relativa richiesta del CIG.
In questo caso il Comune non deve comunicare nulla
all'Osservatorio regionale dei LL.PP.?
RISPOSTA:
L’articolo 32, comma 1, lett. g), primo periodo, del Codice
dei contratti, attribuisce al privato, titolare del permesso
di costruire, la funzione di stazione appaltante per la
realizzazione delle opere a scomputo dei relativi oneri di
urbanizzazione; il privato è, dunque, esclusivo responsabile
dell’attività di progettazione, affidamento ed esecuzione
delle opere di urbanizzazione, ferma restando la vigilanza
da parte dell’amministrazione consistente, tra l’altro,
nell’approvazione del progetto e del collaudo.
La norma configura una titolarità "diretta" della
funzione di stazione appaltante in capo al privato titolare
del permesso di costruire (ovvero titolare del piano di
lottizzazione o di altro strumento urbanistico attuativo
contemplante l'esecuzione di opere di urbanizzazione), che,
in quanto "altro soggetto aggiudicatore", è tenuto ad
appaltare tali opere a terzi, nel rispetto del Codice e
della normativa sulle gare pubbliche (procedure di gara
previste dal Codice -procedura aperta o ristretta e, solo
nei casi tassativamente indicati dagli artt. 56 e 57, la
procedura negoziata-, le norme sulla pubblicità, quelle sul
rispetto dei termini, sui requisiti di partecipazione, la
cauzione provvisoria, i criteri di aggiudicazione -prezzo
più basso o offerta economicamente più vantaggiosa-, la
disciplina delle offerte anomale, la corresponsione del
contributo all'Autorità, le comunicazioni obbligatorie
all'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici).
Quindi, l’affidamento e l’esecuzione delle opere di
urbanizzazione sono sottoposti alla vigilanza dell’Autorità,
e le relative informazioni sono da ritenersi obbligatorie e,
di conseguenza, devono essere comunicate all’Osservatorio
dei contratti pubblici (“i dati riguardanti l'affidamento
e la realizzazione delle opere di urbanizzazione sono
compresi nelle comunicazioni obbligatorie all' Osservatorio
dei Contratti pubblici”, cfr. Determinazione Avcp n. 7
del 16.07.2009) (link a www.ancirisponde.ancitel.it). |
URBANISTICA: La
realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria, quale
condizione cui è subordinato il rilascio del permesso di
costruire, non può essere soddisfatta attraverso la
realizzazione di opere di urbanizzazione secondaria, tanto
più se da realizzarsi in area esterna all’ambito
territoriale interessato dal Piano attuativo.
---------------
Con la nota indicata in epigrafe l’Ente ha formulato alla
Sezione una richiesta di motivato avviso in materia di
corretta individuazione delle modalità di riconoscimento
dello scomputo degli oneri di urbanizzazione posti a carico
dei privati proprietari in ragione della relativa
compatibilità con i vincoli di bilancio imposti agli Enti
locali.
...
1. L’Ente interroga la Sezione sull’ammissibilità di
procedere allo scomputo degli oneri di urbanizzazione
secondaria per la realizzazione di opere di urbanizzazione
primaria in aree di urbanizzazione rientranti in Piani
particolareggiati di iniziativa privata, nonché
sull’ammissibilità dello scomputo anche con riferimento a
opere esterne all’ambito.
Chiede inoltre se sia ammissibile lo scomputo degli oneri
connessi a opere di urbanizzazione secondaria per gli
interventi specificati al comma 3 dell’articolo 5 del
D.P.Reg. n. 18/2012, ma posti esternamente all’ambito (come
ad esempio per la manutenzione straordinaria di una scuola).
Chiede in ultimo se, alla luce delle previsioni recate
dall’art. 29 della L.R. 19/2009-Codice regionale
dell’edilizia, nonché dall’art. 6 del relativo Regolamento
attuativo di cui al D.P.Reg. n. 18/2012 citato, il costo di
costruzione possa essere soggetto a scomputo e, in caso
affermativo, per quali categorie di opere.
Preliminarmente, ritiene il Collegio di dover evidenziare
taluni profili di carattere sistematico, utili a meglio
inquadrare la fattispecie prospettata dal Comune sotto il
profilo degli istituti sia contabili che ordinamentali che
in essa ricorrono.
A tal proposito, vale ricordare che l’articolo 13 della
legge n. 1150 del 1942 prevede che il Piano regolatore
generale sia attuato a mezzo di piani particolareggiati di
esecuzione “nei quali devono essere indicate le reti
stradali e i principali dati altimetrici di ciascuna zona e
debbono inoltre essere determinati: le masse e le altezze
delle costruzioni lungo le principali strade e piazze; gli
spazi riservati ad opere od impianti di interesse pubblico;
gli edifici destinati a demolizione o ricostruzione ovvero
soggetti a restauro o a bonifica edilizia; le suddivisioni
degli isolati in lotti fabbricabili secondo la tipologia
indicata nel piano; gli elenchi catastali delle proprietà da
espropriare o da vincolare; la profondità delle zone
laterali a opere pubbliche, la cui occupazione serva ad
integrare le finalità delle opere stesse ed a soddisfare
prevedibili esigenze future. Ciascun piano particolareggiato
di esecuzione deve essere corredato dalla relazione
illustrativa e dal piano finanziario di cui al successivo
articolo 30”.
Alla luce della normativa richiamata risulta pacifico che il
piano particolareggiato, quale principale strumento di
attuazione, ha la funzione fondamentale di rendere
specifiche e dettagliate le direttive del piano regolatore
generale, che non potrà modificare, essendo illegittimo il
provvedimento di adozione di un piano particolareggiato in
variante al piano regolatore generale, ai sensi degli
articoli 7 e 13 della legge n. 1150 del 1942.
Dal punto di vista della disciplina contabile,
si ricorda che le entrate derivanti dalla
riscossione degli oneri di urbanizzazione connessi al
rilascio dei permessi di costruire sono iscritte al Titolo
IV del bilancio, mentre la legislazione finanziaria degli
ultimi anni ha posto precisi e cogenti vincoli di
destinazione alle risorse così introitate.
Infatti, mentre dalla legge regionale n. 22 del 29.12.2010
(Legge finanziaria per il 2011) era consentito ai Comuni,
per gli anni 2011 e 2012, utilizzare i proventi delle
concessioni edilizie e delle sanzioni previste dal Testo
unico delle disposizioni legislative e regolamentari in
materia edilizia, di cui al d.P.R. 06.06.2001, n. 380, anche
interamente per il finanziamento di spese correnti, la legge
finanziaria regionale per il 2013 (l.r. n. 27/2012) ha
eliminato tale possibilità, con la conseguenza che per gli
esercizi finanziari 2013 e 2014 le relative entrate potranno
finanziare esclusivamente le spese in conto capitale (cfr.
art. 14, comma 38, l.r. finanz. cit.).
Ancora, rimanendo in tema di corretta gestione della
contabilità pubblica, deve osservarsi che
le entrate derivanti dal versamento di tali oneri devono
essere considerate disponibili nel bilancio dell’Ente non
dal momento del loro accertamento, ma da quello della
effettiva riscossione, al fine di evitare il cosiddetto
criterio dell’“accertato per riscosso”, il quale può
provocare temporanei vuoti di cassa e ingenerare il ricorso
ad anticipazioni di tesoreria, in deroga al principio di
contemporanea corresponsione del contributo all’atto del
rilascio del permesso di costruire.
La disciplina sul contributo per il rilascio del permesso di
costruire, per la Regione Friuli Venezia Giulia è posta
all’art. 29 della legge regionale n. 19
dell’11.11.2009-Codice regionale dell’edilizia- mentre
ulteriori norme di dettaglio in materia di oneri e
convenzioni edilizie sono poste dal relativo Regolamento di
attuazione di cui al d.P.R. 20.01.2012, n. 18 (artt. 5-7 del
Capo II, recante, per l’appunto, “Disposizioni in materia
di oneri e convenzioni edilizie”).
Dal complesso delle disposizioni citate si evince che il
rilascio del permesso di costruire comporta la
corresponsione di un contributo commisurato all’incidenza
degli oneri di urbanizzazione, nonché al costo di
costruzione, determinato secondo le modalità e i parametri
indicati al citato art. 29.
Gli oneri concessori sono stabiliti con delibera del
Consiglio comunale con riferimento alle tabelle parametriche
definite per classi di Comuni in relazione alla dimensione e
alla fascia demografica dei Comuni; alle caratteristiche
territoriali, alle destinazioni di zona previste dagli
strumenti urbanistici vigenti; agli standard o rapporti
minimi inderogabili tra insediamenti residenziali o
produttivi e spazi pubblici o destinati a verde pubblico o a
parcheggio, da osservarsi nella redazione degli strumenti
urbanistici comunali.
La quota di contributo inerente gli oneri di urbanizzazione
è corrisposta al Comune all’atto del rilascio del permesso
di costruire e può essere rateizzata a richiesta
dell’interessato.
A scomputo totale o parziale del contributo dovuto, il
richiedente il permesso di costruire può obbligarsi a
realizzare direttamente le opere di urbanizzazione richieste
dal Comune, nel rispetto della normativa in materia di
contratti pubblici, ovvero, anche, costituire diritti
perpetui di uso pubblico su aree, secondo le modalità e le
garanzie stabilite dal Comune. Le opere realizzate o i
diritti perpetui di uso pubblico sulle aree interessate sono
acquisiti al patrimonio indisponibile del Comune e devono
rientrare nell’aggiornamento dell’inventario.
Il momento di passaggio della proprietà e della titolarità
di dette opere pubbliche deve individuarsi nell’atto di
collaudo e di consegna dei lavori al Comune.
2. Venendo al merito dei quesiti, può osservarsi che, tanto
alla luce di un criterio ermeneutico di tipo letterale,
quanto di tipo logico-sistematico, le opere
di urbanizzazione primaria e secondaria si configurano come
istituti tra loro diversi e non sovrapponibili quanto a
natura, funzioni e finalità.
Vale in tal senso richiamare l’art. 5 del citato Regolamento
attuativo del Codice regionale dell’edilizia, il quale
distingue le opere di urbanizzazione rilevanti ai fini della
determinazione dell’incidenza dei relativi oneri, in opere
di urbanizzazione primaria e secondaria (primo comma),
dettandone, al comma successivo una distinta elencazione,
conformemente, peraltro, a quanto stabilito in sede statale
dal d.P.R. n. 380/2001 (rispettivamente, ai commi 7, 7-bis e
8 dell’art. 16).
Rientrano nella prima categoria le strade locali,
spazi di sosta e parcheggi, nuclei elementari di verde,
fognature, rete idrica, illuminazione pubblica, rete di
distribuzione dell’energia elettrica e del gas, cavi per il
passaggio di reti di telecomunicazioni.
Appartengono alla seconda: le strade di quartiere e
di scorrimento, asili nido e scuole di ogni ordine e grado,
chiese, impianti sportivi di quartiere, aree verdi, impianti
di smaltimento dei rifiuti, sedi locali di forze
dell’ordine, vigili del fuoco, protezione civile.
Deve pertanto ritenersi che dalle richiamate disposizioni,
sia di fonte statale che regionale, emerge come le
opere di urbanizzazione primaria e secondaria siano
considerate separatamente dal legislatore in ragione della
loro diversa funzione e che la relativa ratio debba
essere rinvenuta non tanto e non solo nell’attribuire
un’entrata ai Comuni, quanto piuttosto nell’assicurare
l’esecuzione delle opere o in via diretta (a scomputo del
contributo dovuto a titolo di permesso di costruire), ovvero
mediante la corresponsione del relativo costo
(cfr. in tal senso sez. reg.le Piemonte,
parere 20.05.2010 n. 40,
nonché sez. reg.le Lombardia,
parere
15.09.2008 n. 66).
Sulla base di tale generale ricostruzione normativa e
interpretativa, il Collegio osserva che va dunque
coerentemente intesa anche la previsione recata dal sesto
comma dell’ art. 29 della legge regionale 19/2009, laddove
prevede che: “La deliberazione del Consiglio comunale(…)
determina, altresì, la misura percentuale della
compensazione fra oneri di urbanizzazione primaria e
secondaria e fra oneri di urbanizzazione e costo di
costruzione per gli interventi previsti dal comma 2” .
Trattasi, evidentemente, di una norma che, introducendo una
mera facoltà per il Comune, non può porsi in contrasto con
il preminente interesse pubblico a che l’Amministrazione
comunale usufruisca delle opere di urbanizzazione, in
ragione della loro diversa funzione: di rendere
effettivamente edificabile l’area su cui sorgerà
l’intervento edilizio, dotandola dei manufatti e dei servizi
indispensabili per l’agibilità e la fruibilità del
fabbricato secondo la destinazione d’uso, quanto a quelle di
urbanizzazione primaria; di arricchire la comunità
urbanizzata nel suo complesso di strutture e servizi a fini
generali (asili, parchi, biblioteche, impianti sportivi,
etc.) quanto a quelle di urbanizzazione secondaria.
In sostanza, deve ritenersi che solo
allorché risultino comunque salvaguardate le diverse
esigenze di ordinato sviluppo del territorio, conseguenti
agli interventi di trasformazione urbanistica, cui sono
distintamente finalizzate le opere di urbanizzazione della
prima e della seconda categoria, sarà
possibile prevedere, in via residuale, ipotesi di
compensazione a carico del privato proprietario.
Peraltro, deve ancora osservarsi che ulteriori elementi
orientativi per l’interprete possono trarsi dalla evoluzione
normativa in materia di disciplina delle opere a scomputo
degli oneri di urbanizzazione, intervenuta in epoca
successiva alla disposizione regionale richiamata.
A livello statale, l’art. 45, comma 1, del D.L. n. 201 del
06.12.2011 ha infatti introdotto all’art. 16 del d.P.R. n.
380/2001 il comma 16-bis, che così dispone: “Nell’ambito
degli strumenti attuativi e degli atti equivalenti comunque
denominati nonché degli interventi in diretta attuazione
dello strumento urbanistico generale, l’esecuzione diretta
delle opere di urbanizzazione primaria di cui al comma 7, di
importo inferiore alla soglia di cui all’articolo 28, comma
1, lett. c), del D.Lgs. 12.04.2006, n. 163, funzionali
all’intervento di trasformazione urbanistica del territorio,
è a carico del titolare del permesso di costruire e non
trova applicazione il decreto legislativo 12.04.2006, n. 163”.
Con tale norma, il legislatore, in un’ottica di
semplificazione, ha stabilito che
nell’ambito degli strumenti attuativi e degli atti
equivalenti comunque denominati, nonché degli interventi in
diretta attuazione dello strumento urbanistico generale,
l’esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria, di
importo inferiore alla soglia comunitaria, è a carico del
titolare del permesso di costruire, è sottratta alla
disciplina del Codice dei contratti pubblici e può essere
realizzata direttamente (ovvero con affidamento diretto e
senza ricorso a procedure di gara, negoziata o a evidenza
pubblica) dai soggetti attuatori di piani urbanistici e dai
titolari di un permesso di costruire.
La novella normativa appare coerente con la diversità
ontologica e funzionale sopra richiamata: “Le
opere di urbanizzazione primaria e secondaria appartengono,
in effetti, a tipologie di interventi che hanno funzione
differente: le prime sono costituite da quelle opere
indispensabili ad assicurare l’edificabilità di un’area
sotto il profilo dell’igiene, della viabilità e della
sicurezza; le seconde sono costituite da quelle
infrastrutture necessarie alla vita civile e comunitaria(…)”..
E ancora: “(…) mentre le prime
hanno una funzione sostanzialmente servente rispetto ai
singoli organismi edilizi, in quanto ne garantiscono le
condizioni minime di fruibilità ed assicurano i servizi
indispensabili alla civile convivenza (strade, parcheggi,
fognature, etc.), le seconde mirano ad assicurare
migliore vivibilità ad un ambito territoriale più vasto di
quello oggetto dell’intervento da realizzare e sono a
servizio dell’intera comunità (scuole, mercati di quartiere,
delegazioni comunali, chiese, etc.)"
(cfr.
deliberazione 03.05.2012 n. 46 AVCP).
Diversamente, ovvero allorché si
consentisse un trattamento in termini di reciproca
fungibilità delle due categorie di opere, si consentirebbe
di soddisfare in maniera difforme dalle prescrizioni
normative da ultimo introdotte dal legislatore statale nella
materia dei contratti pubblici il preminente interesse
pubblico a che l’amministrazione comunale usufruisca delle
opere di urbanizzazione in ragione della loro diversa
funzione (cfr.
sez. reg.le controllo Piemonte
parere 20.05.2010 n. 40
cit.).
Nel medesimo ordine di considerazioni non constano peraltro
interventi ulteriori sul versante della disciplina regionale
nel settore in esame; mentre, sul versante propriamente
contabile, l’intervento del legislatore regionale è
consistito, come sopra ricordato (vd. art. 14, comma 38,
l.r. n. 22/2010) unicamente nell’escludere tra le possibili
destinazioni dei proventi delle concessioni edilizie,
l’utilizzo per il finanziamento di spese di parte corrente,
senza nulla aggiungere in merito a eventuali possibili
operazioni di compensazione tra gli oneri concessori e il
valore della realizzazione delle opere di urbanizzazione
poste a carico del privato proprietario.
Da tale complesso e articolato iter evolutivo, con riguardo
ai quesiti posti dal Comune richiedente, deve
conclusivamente osservarsi che la
realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria, quale
condizione cui è subordinato il rilascio del permesso di
costruire, non può essere soddisfatta attraverso la
realizzazione di opere di urbanizzazione secondaria, tanto
più se da realizzarsi in area esterna all’ambito
territoriale interessato dal Piano attuativo.
Rimangono assorbiti gli ulteriori quesiti di cui ai punti 2.
e 3.della richiesta formulata dal Comune (Corte dei Conti,
Sez. controllo Friuli Venezia Giulia,
parere 24.06.2014 n. 112). |
EDILIZIA PRIVATA:
Secondo giurisprudenza costante, il diritto allo
scomputo degli oneri concessori postula l’accordo o, quanto
meno, l’assenso del Comune.
La possibilità di sostituire le somme dovute al suddetto
titolo al Comune, con la realizzazione diretta delle opere
da parte del titolare della concessione edilizia, è una
facoltà che necessita la formale accettazione da parte
dell’amministrazione e la stipula di apposito atto
convenzionale, che determini esattamente le opere di
urbanizzazione che il privato si impegna a realizzare, con
la conseguente esatta determinazione degli eventuali altri
oneri concessori monetari dovuti.
In mancanza di tale accordo convenzionale, il soggetto che
ha ottenuto il rilascio di una concessione edilizia è tenuto
al pagamento integrale degli oneri concessori.
Quanto precede trova fondamento anche nella considerazione
che all'Amministrazione è riservato il potere, e dunque deve
esserle consentito, anche di indicare il tipo e l'entità
delle opere, le modalità di esecuzione e le relative
garanzie.
Ne discende che lo scomputo degli oneri concessori non può
trovare ingresso laddove, come nel caso di specie, manchi
l’accettazione del Comune e la contestuale elencazione
dettagliata delle opere da portare a scomputo e la
valutazione dell’idoneità delle suddette opere a soddisfare
un interesse pubblico.
... per l'annullamento delle concessioni edilizie nn. 2823,
2824 e 2825/2002, rilasciate alla ricorrente, nella parte in
cui prevedono il pagamento di opere di urbanizzazione
primaria non dovute;
...
Si può prescindere dalle questioni preliminari in quanto
il ricorso è infondato.
Dall’esame della documentazione in atti è possibile rilevare
che le ricorrenti hanno chiesto ed ottenuto 3 concessioni
edilizie (n. 2823/2002, n. 2824/2002 e n. 2825/2002 tutte
del 18.07.2002) per la realizzazione di fabbricati per
civili abitazioni.
In precedenza le ricorrenti hanno ottenuto una concessione
edilizia (n. 2767/2002 del 13.07.2002), esente da
contributo di costruzione, per la realizzazione di opere di
urbanizzazione primaria al sevizio dei costruendi edifici
residenziali, assumendo l’onere di garantirne l’ultimazione
mediante fidejussione assicurativa di € 32.618,00.
Nella concessione edilizia da ultimo citata si richiama
l’atto unilaterale d’obbligo in data 07.06.2002 con cui
le ricorrenti si erano impegnate a realizzare in proprio
alcune opere di urbanizzazione e a cederle al Comune,
unitamente alla aree di sedime, qualora il Comune stesso ne
avesse fatto richiesta.
La portata e l’entità delle suddette opere non risulta
specificata; le prescrizioni ivi contenute riguardano
esclusivamente la necessità di tenere separata la viabilità
privata da quella pubblica e le modalità di realizzazione
dell’impiantistica fognaria per la raccolta delle acque
meteoriche; stando alle affermazioni del Comune si sarebbe
trattato di meri allacciamenti.
Infine dalla documentazione in atti non risulta che le
ricorrenti abbiano chiesto al Comune lo scomputo dagli oneri
concessori né delle eventuali opere di urbanizzazione di cui
all’atto unilaterale d’obbligo né di altre opere; né d’altra
parte è possibile ricavare altrimenti l’esistenza di un
accordo in tal senso o, quanto meno, di un atto di assenso
da parte del Comune.
Tali circostanze, non contestate dalla parte ricorrente,
depongono per l’infondatezza del ricorso.
Invero, secondo giurisprudenza costante, il diritto allo
scomputo degli oneri concessori postula l’accordo o, quanto
meno, l’assenso del Comune.
La possibilità di sostituire le somme dovute al suddetto
titolo al Comune, con la realizzazione diretta delle opere
da parte del titolare della concessione edilizia, è una
facoltà che necessita la formale accettazione da parte
dell’amministrazione e la stipula di apposito atto
convenzionale, che determini esattamente le opere di
urbanizzazione che il privato si impegna a realizzare, con
la conseguente esatta determinazione degli eventuali altri
oneri concessori monetari dovuti.
In mancanza di tale accordo convenzionale, il soggetto che
ha ottenuto il rilascio di una concessione edilizia è tenuto
al pagamento integrale degli oneri concessori (cfr. TAR
Campania, Napoli, sez. VIII, 07.07.2010, n. 16606).
Quanto precede trova fondamento anche nella considerazione
che all'Amministrazione è riservato il potere, e dunque deve
esserle consentito, anche di indicare il tipo e l'entità
delle opere, le modalità di esecuzione e le relative
garanzie (cfr. TAR Toscana, sez. III, 12.12.2013 n.
1718).
Ne discende che lo scomputo degli oneri concessori non può
trovare ingresso laddove, come nel caso di specie, manchi
l’accettazione del Comune e la contestuale elencazione
dettagliata delle opere da portare a scomputo e la
valutazione dell’idoneità delle suddette opere a soddisfare
un interesse pubblico
(TAR Emilia Romagna-Parma,
sentenza 28.05.2014 n. 169 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2013 |
|
EDILIZIA PRIVATA:
La possibilità di realizzazione diretta delle
opere di urbanizzazione, a scomputo dei contributi, è sempre
condizionata al preventivo assenso comunale, avendo
l’Amministrazione anche il potere di indicare il tipo e
l’entità delle opere, le modalità di esecuzione e le
relative garanzie.
La realizzazione di opere di urbanizzazione <a scomputo> è prevista
dall’art. 16, comma 2, del DPR n. 380 del 2001, a mente del
quale “a scomputo totale o parziale della quota dovuta, il
titolare del permesso può obbligarsi a realizzare
direttamente le opere di urbanizzazione, nel rispetto
dell’art. 2, comma 5, della legge 11.02.1994, n. 109,
e successive modificazioni, con le modalità e le garanzie
stabilite dal comune, con conseguente acquisizione delle
opere realizzate al patrimonio indisponibile del comune”.
La
giurisprudenza maggioritaria interpreta il dato normativo
nel senso che la possibilità di realizzazione diretta delle
opere di urbanizzazione, a scomputo dei contributi, è sempre
condizionata al preventivo assenso comunale, avendo
l’Amministrazione anche il potere di indicare il tipo e
l’entità delle opere, le modalità di esecuzione e le
relative garanzie. A tale impostazione si è ispirata anche
la Sezione (sentenze 14.09.2004, n. 3782 e 01.07.2010, n.
2252), con orientamento che il Collegio condivide e
ribadisce.
Nel caso di specie non vi è stata consenso del
Comune di Calcinaia in ordine alla realizzazione delle opere
a scomputo di cui alla domanda giudiziaria, il che preclude
quindi la possibilità di porre a carico dell’Amministrazione
il relativo onere economico. La pretesa di parte ricorrente
(che chiede il rimborso di opere realizzate senza il
consenso del Comune) contrasta peraltro con la condotta
seguita nella medesima vicenda in precedenti ipotesi, nelle
quali la società ricorrente aveva previamente ottenuto
l’assenso dell’Amministrazione alla realizzazione delle
opere di urbanizzazione (con riferimento al marciapiede e
alla fognatura) (TAR Toscana, Sez. III,
sentenza 12.12.2013 n. 1718 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: La
realizzazione di opere di urbanizzazione <a scomputo> è
prevista dall’art. 16, comma 2, del DPR n. 380 del 2001, a
mente del quale “a scomputo totale o parziale della quota
dovuta, il titolare del permesso può obbligarsi a realizzare
direttamente le opere di urbanizzazione, nel rispetto
dell’art. 2, comma 5, della legge 11.02.1994, n. 109, e
successive modificazioni, con le modalità e le garanzie
stabilite dal comune, con conseguente acquisizione delle
opere realizzate al patrimonio indisponibile del comune”.
La giurisprudenza maggioritaria interpreta il dato normativo
nel senso che la possibilità di realizzazione diretta delle
opere di urbanizzazione, a scomputo dei contributi, è sempre
condizionata al preventivo assenso comunale, avendo
l’Amministrazione anche il potere di indicare il tipo e
l’entità delle opere, le modalità di esecuzione e le
relative garanzie.
... per l'accertamento delle maggior somme
indebitamente corrisposte al Comune di Calcinaia a titolo di
oneri di urbanizzazione, con la conseguente condanna del
Comune di Calcinaia alla restituzione alla ricorrente della
somma complessiva di € 35.784,25 oltre interessi dal dì del
dovuto al soddisfo, oppure quella diversa che risulterà di
giustizia, sempre oltre interessi dal dì del dovuto al
soddisfo.
...
Il Collegio ritiene che il ricorso sia privo di fondamento, sulla base
delle considerazioni che seguono.
La realizzazione di opere di urbanizzazione <a scomputo>
è prevista dall’art. 16, comma 2, del DPR n. 380 del 2001, a
mente del quale “a scomputo totale o parziale della quota
dovuta, il titolare del permesso può obbligarsi a realizzare
direttamente le opere di urbanizzazione, nel rispetto
dell’art. 2, comma 5, della legge 11.02.1994, n. 109,
e successive modificazioni, con le modalità e le garanzie
stabilite dal comune, con conseguente acquisizione delle
opere realizzate al patrimonio indisponibile del comune”.
La
giurisprudenza maggioritaria interpreta il dato normativo
nel senso che la possibilità di realizzazione diretta delle
opere di urbanizzazione, a scomputo dei contributi, è sempre
condizionata al preventivo assenso comunale, avendo
l’Amministrazione anche il potere di indicare il tipo e
l’entità delle opere, le modalità di esecuzione e le
relative garanzie.
A tale impostazione si è ispirata anche
la Sezione (sentenze 14.09.2004, n. 3782 e 01.07.2010, n.
2252), con orientamento che il Collegio condivide e
ribadisce.
Nel caso di specie non vi è stata consenso del
Comune di Calcinaia in ordine alla realizzazione delle opere
a scomputo di cui alla domanda giudiziaria, il che preclude
quindi la possibilità di porre a carico dell’Amministrazione
il relativo onere economico. La pretesa di parte ricorrente
(che chiede il rimborso di opere realizzate senza il
consenso del Comune) contrasta peraltro con la condotta
seguita nella medesima vicenda in precedenti ipotesi, nelle
quali la società ricorrente aveva previamente ottenuto
l’assenso dell’Amministrazione alla realizzazione delle
opere di urbanizzazione (con riferimento al marciapiede e
alla fognatura)
(TAR Toscana, Sez. III,
sentenza 12.12.2013 n. 1718 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
R. Travaglini,
Annotazioni critiche sul documento ITACA - Conferenza delle
Regioni “Realizzazione delle opere di urbanizzazione a
scomputo dei relativi oneri” (26.11.2013 -
link a http://venetoius.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
OPERE DI URBANIZZAZIONE A SCOMPUTO
DEGLI ONERI DI URBANIZZAZIONE.
Approvate dalla Conferenza delle Regioni e delle Province
autonome, nella seduta del 07.11.2013, le linee guida ITACA
recanti “Realizzazione delle opere a scomputo degli oneri
di urbanizzazione”.
Le Linee Guida sono il
risultato dell’attività di uno specifico gruppo di lavoro
costituito presso Itaca e coordinato dalla Regione Veneto,
allo scopo di fornire strumenti operativi di ausilio alle
piccole e medie amministrazioni aggiudicatrici nella
realizzazione delle opere di urbanizzazione attraverso
l’istituto dello scomputo dei relativi oneri.
Tale esigenza è nata dalla considerazione della particolare
complessità della materia, dovuta principalmente al suo
assoggettamento alla disciplina degli appalti pubblici,
affermato per la prima volta dalla Corte di Giustizia delle
Comunità Europee nella sentenza 12.07.2001, (C-399/98), con
obbligo per l’operatore edilizio di realizzare le opere di
urbanizzazione a scomputo agendo come stazione appaltante
mediante indizione di procedure di evidenza pubblica.
I ripetuti interventi normativi finalizzati ad adeguare
l’ordinamento interno ai principi comunitari hanno formato
oggetto di numerosi indirizzi interpretativi nel tentativo
di risolvere le questioni lasciate irrisolte dal
legislatore, senza tuttavia offrire un quadro organico e
sistematico utile per la concreta gestione dei procedimenti
connessi all’attuazione degli interventi di urbanizzazione.
Le linee guida ITACA muovono da un differente approccio,
che, partendo dalla corretta qualificazione giuridica della
fattispecie normativa, si propone di individuare e
diffondere best practices che possano costituire
guida per gli enti locali ed operatori economici privati
nella strutturazione dei reciproci rapporti in rispondenza a
criteri di opportunità ed efficienza. Inoltre, il supporto
operativo è fornito anche attraverso l’elaborazione di una
convenzione urbanistica tipo che contempla la realizzazione
delle opere di urbanizzazione a scomputo, predisposta in
forma modulare a seconda dell’opzione prescelta tra quelle
consentite dalla legge.
Il documento si articola pertanto in:
- linee guida (allegato 1), volte ad indicare le best
pratices che le amministrazioni dovrebbero seguire
operativamente nella gestione del procedimento di
realizzazione delle opere di urbanizzazione a scomputo;
- due schemi di convenzione-tipo rispettivamente per le
opere di urbanizzazione sopra (allegato 2) e sottosoglia
(allegato 3).
Nelle linee guida sono trattate le questioni fondamentali
della materia, sia con riferimento agli aspetti urbanistici
sia con riguardo a quelli appaltistici: i punti più
significativi e qualificanti attengono infatti alla
enucleazione dei poteri di controllo delle amministrazioni
comunali durante tutta la fase di attuazione delle opere
previste in convenzione, al ruolo del responsabile del
procedimento, alle opere “ulteriori” rispetto a
quelle da realizzare a scomputo, alla individuazione delle
fattispecie di realizzazione diretta da parte dell’operatore
edilizio delle opere di urbanizzazione primaria sotto
soglia.
“Le linee guida Itaca approvate oggi dalla Conferenza
delle Regioni –afferma l’assessore Massimo Giorgetti di
Regione Veneto, Vicepresidente di ITACA– forniranno un
importante ausilio alle piccole e medie amministrazioni
comunali, impegnate nella delicata gestione delle gare per
l’affidamento delle opere, ed al rapporto convenzionale tra
l’operatore edilizio e la stessa amministrazione”.
“Tale esigenza –sottolinea Giorgetti– deriva dalla
circostanza che si tratta pur sempre di opere pubbliche e
che, una volta realizzate, sono destinate ad essere
acquisite al patrimonio pubblico, e quindi, la qualità delle
opere e la rispondenza delle stesse alle esigenze
dell’amministrazione, sono fattori determinanti ai fini del
corretto agire pubblico”
(11.11.2013 - link a www.itaca.org). |
EDILIZIA PRIVATA: Urbanizzazione, benefici estesi. L'aliquota ridotta al 10%
si estende alle opere assimilate.
Gli effetti della risoluzione n. 69/E basata sulle
indicazioni della Corte costituzionale.
Cadono i paletti per l'applicazione dell'Iva con l'aliquota
ridotta 10% sulle opere di urbanizzazione primaria e
secondaria.
L'Agenzia delle entrate, sulla base di un parere
del ministero delle infrastrutture e di una sentenza della
Corte costituzionale, con la
risoluzione
16.10.2013 n. 69/E ha riconosciuto che l'agevolazione non è
circoscritta esclusivamente alle tipologie elencate dalla
legge del 1964, ma si estende alle opere che le leggi
successive dichiarano assimilate «a ogni effetto» a quelle
di urbanizzazione.
A beneficiare del mutato orientamento
dell'amministrazione, nell'occasione, i lavori per la
realizzazione della banda larga, oggetto della risoluzione.
Ma anche i cavedi multiservizi e i cavidotti per il
passaggio delle reti di telecomunicazione, ai quali la
precedente risoluzione n. 41 del 2006 aveva negato l'Iva
ridotta. Al di là dei singoli casi, è comunque importante il
nuovo indirizzo interpretativo, che sovverte il principio
del «numero chiuso» ai fini fiscali della categoria in
esame.
Le disposizioni e le interpretazioni. La voce n.
127-quinquies della tabella A, parte III, allegata al dpr
633/1972 assoggetta all'aliquota del 10%, tra l'altro, le
«opere di urbanizzazione primaria e secondaria elencate
nell'art. 4 della legge 29.09.1964, n. 847, integrato
dall'art. 44 della legge 22.10.1971, n. 865».
L'aliquota del 10% è applicabile, oltre che alle cessioni di
dette opere:
- alle forniture di beni finiti destinati alla loro
realizzazione (voce n. 127-sexies)
- alle prestazioni di servizi, dipendenti da contratti
d'appalto, relativi alla loro realizzazione (voce n.
127-septies)
- agli interventi di recupero, escluse le manutenzioni
ordinarie e straordinarie (questa fattispecie, invero, non è
esplicitamente inclusa nella corrispondente voce n.
127-quaterdecies, ma l'agevolazione è confermata dalla
circolare ministeriale n. 1/E del 02.03.1994)
- alle forniture di beni finiti destinati ai suddetti
interventi di recupero (voce n. 127-terdecies).
La questione trattata dalla risoluzione n. 69/2013 riguardava,
ancora una volta, la portata dell'elencazione delle opere di
urbanizzazione. All'Agenzia era stato chiesto di sapere se
l'art. 2, comma 5, del dl n. 112/2008, secondo cui le
infrastrutture destinate all'installazione di reti e
impianti di comunicazione elettronica in fibra ottica sono
assimilate a ogni effetto alle opere di urbanizzazione
primaria di cui all'art. 16, comma 7, del dpr n. 380/2001,
consentisse di applicare l'aliquota Iva del 10% ai
corrispettivi dell'appalto per la realizzazione delle
suddette infrastrutture.
L'Agenzia ha ritenuto necessario chiedere lumi al ministero
per le infrastrutture in ordine alla portata della locuzione
«a ogni effetto», contenuta nella norma di assimilazione. Il
ministero ha osservato che l'art. 16 dpr 380/2001 (T.u.
edilizia) contiene l'elencazione degli interventi di
urbanizzazione primaria e secondaria, sostanzialmente
riproduttiva degli interventi di cui alla legge n. 847/1964,
cui aggiunge anche i cavedi multiservizi e i cavidotti per
il passaggio di reti di telecomunicazione.
L'art. 86 comma 3, del dlgs n. 259/2003 stabilisce che le
infrastrutture di reti pubbliche di comunicazioni, di cui
agli artt. 87 e 88, sono assimilate ad ogni effetto alle
opere di urbanizzazione primaria di cui all'articolo 16,
comma 7, dpr 380/2001. Infine, l'art. 2, comma 5, dl n. 112/2008
reca analoga disposizione per le infrastrutture destinate
all'installazione di reti e impianti di comunicazione
elettronica in fibra ottica.
Venendo allo specifico punto, il ministero ha rilevato che
la Corte costituzionale, nella sentenza 27.07.2005, n.
336, in relazione all'art. 86, comma 3, dlgs 259/2003, ha
chiarito che «la scelta di inserire le infrastrutture di
reti di comunicazione tra le opere di urbanizzazione
primaria esprime un principio fondamentale della
legislazione urbanistica, come tale di competenza dello
stato, al pari dell'analoga scelta legislativa di carattere
generale che ha portato il citato articolo 16, commi 7 e
7-bis, del dpr n. 380/2001, a classificare come opere di
urbanizzazione primaria, tra le altre, le strade
residenziali, gli spazi di sosta e di parcheggio, le
fognature, nonché i cavedi multi servizi e i cavidotti per
il passaggio di reti di telecomunicazioni. Non si tratta,
pertanto, di una norma di dettaglio, ma di una norma che
fissa un principio basilare nella materia del governo del
territorio».
Ne segue, da un lato, che l'elenco delle opere di
urbanizzazione, attualmente, è recato dal dpr 380/2001 (che ha
quindi riunificato l'elencazione della categoria,
incorporando le norme precedenti) e, dall'altro, che il
legislatore, nell'ampliare la categoria delle opere di
urbanizzazione, ha operato una scelta legislativa di
carattere generale, e non di dettaglio, analoga a quella
operata, a suo tempo, nel classificare come opere di
urbanizzazione primaria le strade residenziali, gli spazi di
sosta e di parcheggio ecc., menzionate dalla precedente
normativa. Si deve pertanto ritenere che quando il
legislatore richiami tale testo per introdurre
dell'ordinamento giuridico altre opere da assimilare «ad
ogni effetto» a quelle di urbanizzazione, tale rinvio
riguarda anche le disposizioni in materia di Iva, ancorché
le disposizioni del dpr 633/1972 continuino a fare riferimento
testuale alla legge n. 847.
Per queste ragioni, la risoluzione n. 69/2013 ha dato il via
libera all'aliquota ridotta sui lavori per la banda larga e,
in base al nuovo principio, ha dichiarato superato
l'orientamento restrittivo espresso con la risoluzione n.
41/2006 in relazione ai cavedi e cavidotti per
telecomunicazioni
(articolo ItaliaOggi Sette del 28.10.2013). |
EDILIZIA PRIVATA: Permessi di costruire, monito Ue alle p.a..
Promossa con riserva la norma
introdotta dal decreto salva-italia.
Gli uffici della Commissione europea hanno promosso, con
qualche riserva, il comma 2-bis dell'art. 16 del Testo unico
sull'edilizia, dpr n. 380/2001, approvato con il
decreto-legge n. 201/2001 (cosiddetto «salva-Italia», del
governo Monti).
La norma esonera dall'obbligo di applicare
il codice dei contratti i titolari dei permessi di costruire
(che possono realizzare le opere di urbanizzazione, a
scomputo dei contributi dovuti per il rilascio del
permesso), nel caso in cui il valore economico delle sole
opere di urbanizzazione primaria sia inferiore alla soglia
comunitaria di 5 milioni di euro.
Pronunciandosi su un reclamo concernente l'incompatibilità
della norma col diritto europeo degli appalti pubblici, la
Commissione ha deciso di non procedere nei confronti dello
stato italiano con motivazioni che è bene siano conosciute
soprattutto dalle amministrazioni tenute ad applicare tale
disposizione
Il reclamo è stato respinto perché la
Commissione afferma che l'obbligo, a carico degli stati
membri, di applicare le direttive 2004/17/Ce e 2004/18/Ce
vale soltanto per gli appalti d'importo uguale o superiore
alle soglie fissate in tali direttive, e non per quelli
d'importo inferiore, come quelli disciplinati appunto
dall'art. 16, c. 2-bis.
Ma su questo punto la Commissione
precisa che, «qualora vi sia un interesse» trans-frontaliero
certo nell'esecuzione di opere di urbanizzazione primaria,
un affidamento diretto dei lavori «senza alcuna trasparenza
ad un soggetto appartenente allo stato membro» può
configurarsi come violazione dei princìpi del Trattato.
Il reclamo evidenzia pure la possibilità che la norma
riproduca una situazione giuridica (analoga a un'altra, già
oggetto di condanna dalla Corte di Giustizia Ue) in base
alla quale il valore della soglia comunitaria possa essere
calcolato rispetto ai singoli lotti della Convenzione e non
rispetto al valore globale dei differenti lavori, eludendo
così gli obblighi stabiliti dalle direttive comunitarie. A
questo proposito la Commissione ha affermato che il problema
non si presenta, dal momento che l'art. 29, c. 7, lett. a),
del codice dei contratti pubblici riproduce il testo
dell'art. 9, c. 5, lett. a), della direttiva 2004/18/Ch,
disponendo che quando un'opera prevista possa dar luogo ad
appalti aggiudicati contemporaneamente per lotti distinti,
il valore da considerare è quello complessivo stimato della
totalità di tali lotti.
All'obiezione mossa sulla base del
fatto che il comma 2-bis in questione preveda di
disapplicare il codice dei contratti nella sua totalità, e
non solo di alcune norme contenute in esso, la Commissione
ha risposto dicendo che l'art. 29 del codice, in quanto
norma strumentale, si deve applicare a tutti gli appalti
pubblici e che (indipendentemente da quanto scritto
nell'art. 16, c. 2-bis) il metodo di calcolo fissato da
questo articolo deve essere applicato comunque per
individuare gli appalti rispetto ai quali trova applicazione
il regime derogatorio del comma 2-bis, e quelli rispetto ai
quali continuerà a trovare applicazione, integralmente, il
codice dei contratti
L'ultima motivazione in base alla quale gli uffici hanno
deciso di non avviare una procedura d'infrazione rispetto
all'Italia suona come un'accusa nei confronti di questa
norma e della tecnica legislativa adottata. Infatti la
Commissione scrive: «L'interpretazione della norma non è
univoca. In particolare non è chiaro se l'esecuzione diretta
delle opere di urbanizzazione primaria “a carico” del
titolare del permesso di costruire sia complementare o
alternativa all'obbligo previsto dal comma 1 dello stesso
articolo, e in particolare se anche in tal caso sia prevista
la possibilità di scomputo totale o parziale della quota
relativa agli oneri di urbanizzazione».
Non si tratta di una
formale messa in mora del nostro paese, ma di un invito a
parlamento e governo a precisare la norma contenuta nel
decreto «salva-Italia» e a vigilare sull'attuazione da parte
delle amministrazioni aggiudicatrici
(articolo ItaliaOggi del 04.06.2013). |
URBANISTICA:
Il pagamento dei lavori effettuati mediante l’impiego delle
somme derivanti dall’escussione di una polizza fideiussoria,
stipulata in attuazione di convenzione urbanistica, a
garanzia della corretta esecuzione delle opere di
urbanizzazione (primaria e secondaria), non possono essere
contabilizzate “nell’ambito delle partite di giro”, quali
spese per “opere che dovevano inizialmente essere eseguite
da privati” e, come tali, escluse dal patto di stabilità.
Sono “partite di giro” le entrate e le
spese che costituiscono, nel contempo, un credito ed un
debito per l’ente.
La fattispecie dedotta dal Comune non pare assolutamente
sussumibile nelle c.d. partite di giro ossia nei servizi per
conto terzi, di cui all’art. 168 del TUEL.
Il completamento delle opere di urbanizzazione, se pure
inizialmente di competenza di altri, infatti, è stato
assunto non per conto di terzi bensì “in proprio” dall’ente,
che innegabilmente si è “accollato” il rischio, operativo e
patrimoniale, dell’intervento.
A tal fine, il comune ha dovuto porre in
essere tutta una serie di adempimenti preliminari (primo fra
tutti, l’inserimento delle opere nel programma triennale e,
a seguire, l’approvazione del relativo progetto e
l’espletamento delle procedure di affidamento dell’appalto),
che hanno consentito la riconduzione, all’interno delle
competenze comunali, delle opere in questione, a riprova del
fatto che non si tratta più di un’attività di terzi.
Si nutrono, inoltre, dubbi che,
nella specie, possa realizzarsi quel perfetto equilibrio,
sia in sede preventiva che consuntiva, tra le entrate e le
spese e tra le riscossioni ed i pagamenti, che caratterizza
le partite di giro (ciò anche in considerazione
dell’espletamento di una procedura ad evidenza pubblica).
Poiché la connotazione, in termini di neutralità ed
irrilevanza per il bilancio dell’ente (e, del pari, ai fini
della determinazione del saldo del Patto di stabilità), dei
c.d. servizi per conto terzi è subordinata alla piena ed
assoluta corrispondenza dell’operazione finanziaria
sottostante alla rigida classificazione contenuta nel già
richiamato D.P.R. n. 194/1996, qualsivoglia “forzatura” o
errore nella allocazione delle relative poste costituisce
grave irregolarità contabile.
La non corretta contabilizzazione di importi da collocare in
altri Titoli dell’entrata e della spesa, infatti,
concretizza non solo una violazione del Principio contabile
dianzi richiamato, vincolante per l’ente locale, ma anche
delle disposizioni del TUEL che disciplinano i servizi per
conto terzi (o partite di giro), con effetti anche sul piano
del rispetto, sostanziale ed effettivo, del Patto di
stabilità.
---------------
Il sindaco del Comune di Grisignano di Zocco (VI),
con la suindicata richiesta di parere, presentata ai sensi
dell’art. 7, comma 8, della legge 05.06.2003, n. 131,
precisando che, solo da quest’anno, l’Ente è soggetto alle
regole del patto di stabilità, chiede se il pagamento dei
lavori effettuati mediante l’impiego delle somme derivanti
dall’escussione di una polizza fideiussoria, stipulata in
attuazione di convenzione urbanistica, a garanzia della
corretta esecuzione delle opere di urbanizzazione (primaria
e secondaria), già impegnate nel 2011, possano essere
contabilizzate “nell’ambito delle partite di giro”,
quali spese per “opere che dovevano inizialmente essere
eseguite da privati” e, come tali, escluse dal patto di
stabilità.
...
Nel merito, come si è evidenziato, il Comune di Grisignano
di Zocco chiede se possa ritenersi escluso dal patto di
stabilità il pagamento dei lavori di completamento delle
opere di urbanizzazione connesse all’attuazione di una
convenzione urbanistica, da effettuarsi utilizzando le somme
rinvenienti dalla escussione di una polizza fideiussoria
stipulata a garanzia dell’obbligo di eseguire dette opere
(solo parzialmente adempiuto), già impegnate, a tal fine,
nell’esercizio 2011.
L’esclusione troverebbe fondamento nella collocazione della
relativa spesa tra le c.d. “partite di giro”, in
ragione del fatto che si tratterebbe di “opere che dovevano
inizialmente essere eseguite da privati”.
La risposta al suesposto quesito necessita della preliminare
individuazione di quelle che, secondo l’ordinamento
contabile, costituiscono “partite di giro”, sì da
verificare se la fattispecie posta all’esame della Sezione
possa o meno trovare collocazione in tale ambito ed essere,
quindi, esclusa dal saldo finanziario contemplato dall’art.
31.
Secondo l’intendimento comune, sono “partite
di giro” le entrate e le spese che costituiscono, nel
contempo, un credito ed un debito per l’ente.
Tali entrate e spese non sono effettive (non producono,
cioè, alcun effetto sul risultato economico della gestione),
ma vengono annotate in bilancio solo “per memoria”.
L’art. 2, comma 8, del D.P.R. 31.01.1996, n. 194, ne
contiene una elencazione, che comprende: le ritenute
previdenziali e assistenziali, le ritenute erariali, altri
tipi di ritenute, i depositi cauzionali, i depositi per
spese contrattuali, le gestione dei fondi economali ed i
c.d. servizi per conto terzi.
L’art. 168 del TUEL, al comma 1, ne prescrive la
collocazione in appositi capitoli, in modo da palesarne in
via immediata la natura figurativa e neutrale per il
bilancio dell’ente, enunciando, al comma 2, il principio
dell’equivalenza -ulteriormente esplicitato nel punto 25 del
Principio contabile n. 2, applicabile al sistema di
contabilità degli enti locali– in base al quale “la
misura dell’accertamento deve garantire l’equivalenza con
l’impegno sul correlato capitolo delle spese” (in
sostanza, il pareggio tra le entrate e le uscite).
In via di eccezione al carattere autorizzatorio del
bilancio, il comma 2 dell’art. 164 del T.U.E.L. consente
l’assunzione di impegni di spesa oltre gli stanziamenti
previsti, mentre il successivo art. 175, per evitare
commistioni con la ordinaria gestione di bilancio, al comma
7, esclude variazioni di dotazione finanziaria dei relativi
capitoli con altre sezioni del bilancio stesso.
Sempre secondo il Principio contabile n. 2, punto 25 –e
secondo l’orientamento, pressoché costante, della Corte dei
conti– le voci ascrivibili alle “partite di giro”
sono soltanto quelle “tipizzate” nell’elencazione
contenuta nel citato D.P.R. 194/1996, ciò evincendosi, tra
l’altro, dal divieto, sancito dall’art. 165, comma 12, del
T.U.E.L., di inclusione tra i “servizi per conto terzi”
delle funzioni delegate dalle Regioni.
Da siffatta disposizione, peraltro, si desume, altresì, che
i suddetti servizi, sono tali e, dunque, costituiscono
partite di giro, solo quando si tratti di attività estranee
alle competenze (anche delegate) dell’ente, ovvero quando
siano realizzate nel preminente interesse di soggetti terzi
e rispetto ad esse l’ente medesimo non assuma alcun rischio,
né operativo né patrimoniale, qualificandosi, in definitiva,
come mero esecutore materiale di determinazioni altrui.
Alla luce di quanto puntualizzato, la
fattispecie dedotta dal Comune di Grisignano di Zocco non
pare assolutamente sussumibile nelle c.d. partite di giro
ossia nei servizi per conto terzi, di cui all’art. 168 del
TUEL.
Il completamento delle opere di urbanizzazione, se pure
inizialmente di competenza di altri, infatti, è stato
assunto non per conto di terzi bensì “in proprio”
dall’ente, che innegabilmente si è “accollato” il
rischio, operativo e patrimoniale, dell’intervento.
A tal fine, il comune ha dovuto porre in
essere tutta una serie di adempimenti preliminari (primo fra
tutti, l’inserimento delle opere nel programma triennale e,
a seguire, l’approvazione del relativo progetto e
l’espletamento delle procedure di affidamento dell’appalto),
che hanno consentito la riconduzione, all’interno delle
competenze comunali, delle opere in questione, a riprova del
fatto che non si tratta più di un’attività di terzi.
Si nutrono, inoltre, dubbi che, nella
specie, possa realizzarsi quel perfetto equilibrio, sia in
sede preventiva che consuntiva, tra le entrate e le spese e
tra le riscossioni ed i pagamenti, che caratterizza le
partite di giro (ciò anche in considerazione
dell’espletamento di una procedura ad evidenza pubblica).
Poiché la connotazione, in termini di neutralità ed
irrilevanza per il bilancio dell’ente (e, del pari, ai fini
della determinazione del saldo del Patto di stabilità), dei
c.d. servizi per conto terzi è subordinata alla piena ed
assoluta corrispondenza dell’operazione finanziaria
sottostante alla rigida classificazione contenuta nel già
richiamato D.P.R. n. 194/1996, qualsivoglia “forzatura”
o errore nella allocazione delle relative poste costituisce
grave irregolarità contabile.
La non corretta contabilizzazione di importi da collocare in
altri Titoli dell’entrata e della spesa, infatti,
concretizza non solo una violazione del Principio contabile
dianzi richiamato, vincolante per l’ente locale, ma anche
delle disposizioni del TUEL che disciplinano i servizi per
conto terzi (o partite di giro), con effetti anche sul piano
del rispetto, sostanziale ed effettivo, del Patto di
stabilità.
Non è un caso che l’art. 1, comma 111-ter, della Legge
13.12.2013, n. 220, così come modificato dall’art. 20, comma
12, della Legge n. 111/2011, codifichi, sia pure in via solo
esemplificativa, tra le condotte elusive, proprio l’errata
iscrizione di spese nei servizi per conto terzi.
All’evidenza, la sottrazione di poste che avrebbero dovuto
concorrere alla quantificazione dell’obiettivo finanziario
del saldo del Patto, attraverso una allocazione difforme
dalla reale natura delle stesse, può comportare l’inesatta
determinazione di tale obiettivo e la conseguente “elusione”
del Patto, alla quale, se accertata, seguirà l’irrogazione
di sanzioni a all’ente ed agli amministratori (Corte dei
Conti, Sez. controllo Veneto,
parere 15.05.2013 n. 128). |
EDILIZIA PRIVATA:
Premesso che il contributo di costruzione è posto
a carico del costruttore a titolo di partecipazione del
concessionario ai costi delle opere di urbanizzazione in
proporzione all'insieme dei benefici che la nuova
costruzione ne ritrae, la deroga alla onerosità della
concessione ricorre nelle ipotesi tassativamente previste
dalla legge e, per quanto attiene in particolare la lettera
f) dell’art. 9, l. citata, se ricorrano due requisiti
che devono entrambi concorrere per fondare lo speciale
regime di gratuità della concessione, l'uno di tipo
soggettivo, per effetto del quale le opere devono essere
eseguite da un ente istituzionalmente competente e
l'altro di carattere oggettivo per effetto del quale la
costruzione deve riguardare opere pubbliche o di interesse
generale.
Nella fattispecie difettano entrambi i requisiti. Invero, il
titolare della concessione edilizia non riveste lo status di
soggetto pubblico o equiparato, essendo invece una società
privata che svolge un’attività commerciale, e l'intervento
realizzato non costituisce espletamento di un'attività
istituzionale o di interesse pubblico, essendo le opere
edilizie in questione (un complesso ricettivo per anziani)
palesemente finalizzate ad assecondare le finalità di lucro
proprie del soggetto di diritto privato.
-----------------
Deve escludersi la configurazione dell’intervento edilizio
quale attrezzatura socio–sanitaria e, quindi, quale opera di
urbanizzazione secondaria.
Infatti, trattasi di un complesso immobiliare di circa
16.000 metri cubi da destinare a “residenze e servizi per
anziani”, della superficie di metri quadrati 22.710,
articolata in 36 mono-alloggi e 36 camere multiple dotate di
bagni e servizio autonomo di cucina.
Dal punto di vista strutturale va, quindi, evidenziata una
prevalente configurazione di tipo ricettivo o residenziale,
piuttosto che quella di una struttura sanitaria, essendo
quest’ultima caratterizzata dalla prevalenza di spazi
destinati alla prestazione di servizi propriamente sanitari,
mentre, nel caso i servizi ambulatoriali raggiungono
complessivamente i 300 metri quadri, a fronte dei servizi
residenziali che coprono in tutto una superficie pari a
6.700 metri quadrati.
Non sussistono, quindi, le caratteristiche che consentano di
annoverare la struttura tra quelle sanitarie in senso
proprio, mancando la prevalenza di spazi destinati alla
prestazione di servizi propriamente sanitari.
Ne consegue che l’intervento edilizio non è assolutamente
assimilabile ad una struttura sanitaria e non costituisce di
conseguenza opera di urbanizzazione.
Peraltro, le opere di urbanizzazione secondaria sono
caratterizzate dalla destinazione prioritaria all’uso della
generalità degli utenti o, comunque, ad essere messe a
disposizione dell'intera collettività, anche se dietro
pagamento di un corrispettivo fissato dal Comune in misura
tale che consenta il godimento da parte della collettività
indifferenziata degli utenti.
---------------
L'art. 10 della legge 28.01.1977 n. 10 distingue, ai fini
della determinazione del contributo del costo di
costruzione, gli edifici o gli impianti destinati ad
attività industriale e artigianale dirette alla
trasformazione dei beni e alla prestazione di servizi, dalle
costruzioni od impianti destinati ad attività turistiche,
commerciali o direzionali, prevedendo per i primi manufatti
le agevolazioni contributive ed escludendole per i secondi.
La concessione edilizia qui in questione non rientra tra gli
impianti destinati ad attività produttive.
Ad escludere la configurazione di un complesso alberghiero
come un'attività produttiva è proprio il dettato normativo
sopra indicato che menziona espressamente gli impianti
turistici tra i manufatti per i quali il legislatore in base
ad una scelta insindacabile ha ritenuto non possa farsi
luogo alla concessione del beneficio de quo e non v'è dubbio
che l'esistenza di un siffatto dato normativo è di per sé
preclusivo di quale che sia interpretazione estensiva.
E questo a prescindere dall'utilizzo dei normali canoni
ermeneutici per cui riesce veramente difficile equiparare un
complesso di immobili destinati ad un'attività ricettizia ad
un'attività industriale di produzione di beni e servizi.
Il Comune di Firenze rilasciava alla società “La
Fontenuova s.r.l.” concessione edilizia per la
realizzazione di un complesso immobiliare da destinare a “residenza
e servizi per anziani” (concessione edilizia n. 163 del
2000), determinando gli oneri ed i contributi di cui alla l.
28.01.1977, n. 10 in lire 517.886.416 per urbanizzazioni
primarie; lire 222.628.002 per urbanizzazioni secondarie;
lire 1.156.335.850 per contributo sul costo di costruzione.
La società Fontenuova con ricorso al TAR Toscana gravava la
suddetta concessione edilizia, assumendone la gratuità ai
sensi dell’art. 9, lett. f), della l. n. 10 del 1977 e, in
subordine, la parziale gratuità, con esenzione dal solo
costo di costruzione ai sensi dell’art. 10, della medesima
legge n. 10 del 1977.
Con sentenza n. 1819 del 06.12.2001, il Tribunale
Amministrativo Regionale per la Toscana respingeva il
ricorso, non ravvisando nella concessione edilizia di cui
trattasi le caratteristiche previste dalla legge per le
ipotesi di gratuità totale o parziale.
La società La Fontenuova ha proposto appello avverso la
suddetta sentenza di cui chiede l’annullamento o la riforma
perché erronea alla stregua dei seguenti motivi:
- violazione dell’articolo 9, lettera f), della l. n. 10 del
1977, che prevede l’esenzione del contributo per le
concessioni rilasciate per la realizzazione di opere
pubbliche o di interesse generale da parte degli enti
istituzionalmente competenti, ovvero nel caso di opere di
urbanizzazioni eseguite anche da privati in attuazione di
strumenti urbanistici generali;
- violazione dell’art. 10, comma 1, della l. n. 10 del 1977,
che esenta dal pagamento del costo di costruzione le
concessioni edilizie volte alla realizzazione di strutture
destinate ad un’attività di tipo industriale.
...
L’art. 9, lettera f), della l. 28.01.1977, n. 10 -richiamata
dalla società appellante a sostegno del gravame- stabilisce
che “Il contributo di cui al precedente articolo 3 non è
dovuto (…) f) per gli impianti, le attrezzature, le opere
pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti
istituzionalmente competenti nonché per le opere di
urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di
strumenti urbanistici”.
Premesso che il contributo di costruzione è posto a carico
del costruttore a titolo di partecipazione del
concessionario ai costi delle opere di urbanizzazione in
proporzione all'insieme dei benefici che la nuova
costruzione ne ritrae (cfr., Cons. Stato Sez. V, 21.04.2006
n. 2258), la deroga alla onerosità della concessione ricorre
nelle ipotesi tassativamente previste dalla legge e, per
quanto attiene in particolare la lettera f) dell’art. 9, l.
citata, se ricorrano due requisiti che devono
entrambi concorrere per fondare lo speciale regime di
gratuità della concessione, l'uno di tipo soggettivo,
per effetto del quale le opere devono essere eseguite da un
ente istituzionalmente competente e l'altro di
carattere oggettivo per effetto del quale la costruzione
deve riguardare opere pubbliche o di interesse generale
(cfr. Sez. V, 20.10.2004 n. 6818; Sez. VI, 05.06.2007
n.2981; Cons. Stato Sez. IV, 02.03.2011, n. 1332).
Nella fattispecie difettano entrambi i requisiti.
Il titolare della concessione edilizia non riveste lo
status di soggetto pubblico o equiparato, essendo invece
una società privata che svolge un’attività commerciale, e
l'intervento realizzato non costituisce espletamento di
un'attività istituzionale o di interesse pubblico, essendo
le opere edilizie in questione (un complesso ricettivo per
anziani) palesemente finalizzate ad assecondare le finalità
di lucro proprie del soggetto di diritto privato.
---------------
Sotto altro profilo deve escludersi la configurazione
dell’intervento quale attrezzatura socio–sanitaria e,
quindi, quale opera di urbanizzazione secondaria.
L’intervento edilizio di cui trattasi consiste, infatti, in
un complesso immobiliare di circa 16.000 metri cubi da
destinare a “residenze e servizi per anziani”
realizzato su un’area di particolare pregio paesaggistico
sita in Firenze, della superficie di metri quadrati 22.710,
articolata in 36 mono-alloggi e 36 camere multiple dotate di
bagni e servizio autonomo di cucina.
Dal punto di vista strutturale va, quindi, evidenziata una
prevalente configurazione di tipo ricettivo o residenziale,
piuttosto che quella di una struttura sanitaria, essendo
quest’ultima caratterizzata dalla prevalenza di spazi
destinati alla prestazione di servizi propriamente sanitari,
mentre, nel caso i servizi ambulatoriali raggiungono
complessivamente i 300 metri quadri, a fronte dei servizi
residenziali che coprono in tutto una superficie pari a
6.700 metri quadrati.
Non sussistono, quindi, le caratteristiche che consentano di
annoverare la struttura tra quelle sanitarie in senso
proprio, mancando la prevalenza di spazi destinati alla
prestazione di servizi propriamente sanitari.
Ne consegue che l’intervento edilizio non è assolutamente
assimilabile ad una struttura sanitaria e non costituisce di
conseguenza opera di urbanizzazione.
Peraltro, le opere di urbanizzazione secondaria sono
caratterizzate dalla destinazione prioritaria all’uso della
generalità degli utenti o, comunque, ad essere messe a
disposizione dell'intera collettività, anche se dietro
pagamento di un corrispettivo fissato dal Comune in misura
tale che consenta il godimento da parte della collettività
indifferenziata degli utenti.
Caratteristiche che non ricorrono nel caso della struttura
realizzata dalla società appellante.
---------------
L'art. 10 della legge 28.01.1977 n. 10 distingue, ai fini
della determinazione del contributo del costo di
costruzione, gli edifici o gli impianti destinati ad
attività industriale e artigianale dirette alla
trasformazione dei beni e alla prestazione di servizi, dalle
costruzioni od impianti destinati ad attività turistiche,
commerciali o direzionali, prevedendo per i primi manufatti
le agevolazioni contributive ed escludendole per i secondi.
La concessione edilizia qui in questione non rientra tra gli
impianti destinati ad attività produttive.
Ad escludere la configurazione di un complesso alberghiero
come un'attività produttiva è proprio il dettato normativo
sopra indicato che menziona espressamente gli impianti
turistici tra i manufatti per i quali il legislatore in base
ad una scelta insindacabile ha ritenuto non possa farsi
luogo alla concessione del beneficio de quo e non v'è
dubbio che l'esistenza di un siffatto dato normativo è di
per sé preclusivo di quale che sia interpretazione
estensiva.
E questo a prescindere dall'utilizzo dei normali canoni
ermeneutici per cui riesce veramente difficile equiparare un
complesso di immobili destinati ad un'attività ricettizia ad
un'attività industriale di produzione di beni e servizi
(cfr., Cons. Stato, sez. IV, n. 4488 del 12.07.2010)
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 07.05.2013 n. 2467 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Opere
a scomputo, per realizzarle serve una prova scritta. Perché
gli oneri di urbanizzazione siano sostituiti da lavori non è
sufficiente l'accordo verbale con la PA.
La prova che una Amministrazione accetta
la realizzazione di opere a scomputo degli oneri di
urbanizzazione deve risultare da atti scritti e non solo da
accordi verbali.
Si è espresso in questi termini il TAR Piemonte, Sez. I, con
la
sentenza 22.03.2013 n. 356.
Il caso esaminato dal Tribunale Amministrativo riguarda una
società che aveva ottenuto la concessione edilizia per la
realizzazione di alcuni fabbricati e pagato la prima rata
degli oneri di urbanizzazione.
Dopo il pagamento, la società aveva presentato un progetto
di riqualificazione di un immobile comunale che avrebbe
dovuto sostituire il pagamento della seconda e della terza
rata degli oneri di urbanizzazione.
Il Comune, che in un primo momento si era mostrato
interessato, aveva in seguito preteso il versamento delle
rate e delle sanzioni per il ritardo nel pagamento.
A questo punto la società aveva obiettato che i termini di
pagamento erano stati sospesi dato che l’Amministrazione in
un primo momento aveva accolto la proposta delle opere a
scomputo degli oneri di urbanizzazione con una nota
assessorile.
Il Tar ha però precisato che nella nota c’era solo l’invito
a prendere accordi con l’ufficio competente per la redazione
del progetto. Dagli atti non risultava che la società avesse
agito in tal senso né che l’Amministrazione avesse
autorizzato la realizzazione delle opere.
Il ricorso è stato quindi respinto perché gli accordi
verbali non sono sufficienti a provare le intenzioni della
Pubblica Amministrazione
(commento tratto da www.edilportale.com - TAR Piemonte, Sez.
I, sentenza link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Rientra nella
giurisdizione del giudice amministrativo la controversia
concernente l’osservanza degli obblighi assunti dal privato
nei confronti dell’ente locale in ordine alla realizzazione
di opere di urbanizzazione ed alla cessione gratuita
all’ente delle aree stradali e dei servizi, ambito nel quale
è esperibile dinanzi a detto giudice l’azione di cui
all’art. 2932 c.c..
La domanda è ammissibile in quanto, come chiarito
dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (sentenza
20.07.2012, n. 28), rientra nella giurisdizione del giudice
amministrativo la controversia concernente l’osservanza
degli obblighi assunti dal privato nei confronti dell’ente
locale in ordine alla realizzazione di opere di
urbanizzazione ed alla cessione gratuita all’ente delle aree
stradali e dei servizi, ambito nel quale è esperibile
dinanzi a detto giudice l’azione di cui all’art. 2932 c.c.
(TAR Piemonte, Sez. I,
sentenza 22.02.2013 n. 243 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA: L’articolo
16 del d.p.r. n. 380 del 2001 prevede che le opere di
urbanizzazione possano essere eseguite a scomputo (dei soli
oneri di urbanizzazione) solo previo accordo con il Comune;
difatti, avendo le opere di urbanizzazione un fine pubblico,
è l’Ente locale che, nell’ambito dei propri compiti
istituzionali e delle risorse a ciò destinate, deve decidere
quali opere realizzare e quali costi sostenere a tal fine.
Tale disciplina, inoltre, è di stretta interpretazione,
tanto più che essa appare anche derogatoria al regime
generale dell’affidamento mediante pubblica gara
dell’incarico di esecuzione di opere pubbliche (e difatti
l’articolo 16, comma 2-bis, del d.p.r. n. 380 del 2001, come
recentemente modificato, ammette tale deroga solo per lavori
di importo sottosoglia comunitaria).
---------------
L’istituto dell’indebito arricchimento non può essere
utilizzato per ottenere il medesimo risultato che viceversa
non si è realizzato proprio perché non ne sono stati
rispettati i presupposti di legge.
Si realizzerebbe, in caso contrario, una palese
contraddizione nell’ordinamento.
Proprio per tali ragioni, infatti, il requisito,
fondamentale, della sussidiarietà, dell’azione di
arricchimento senza causa, è inteso in giurisprudenza in
senso astratto e non in concreto.
Vale a dire che se, in astratto, il fatto è regolato da una
specifica fattispecie, ma la stessa non si è realizzata per
la mancanza di un suo requisito essenziale (nel caso in
questione, per la mancanza della preventiva approvazione da
parte dell’Ente locale delle opere di urbanizzazione
realizzate), non può trovare applicazione in via sussidiaria
l’azione di indebito arricchimento, al fine di ottenere quel
medesimo spostamento patrimoniale che sarebbe stato
l’effetto della fattispecie non verificatasi.
In altre parole, è solo l’assenza in astratto e non la mera
mancata realizzazione, in concreto, di una fattispecie
idonea a giustificare lo spostamento patrimoniale, che può
consentire, in via sussidiaria, l’applicazione dell’azione
di indebito arricchimento.
Con la delibera impugnata, l’Amministrazione resistente ha
approvato il progetto concernente le opere di
urbanizzazione, già realizzate in proprio dalla ricorrente,
su aree dalla medesima cedute a titolo gratuito
all’Amministrazione (nell’ambito di un intervento edilizio
volto alla realizzazione di un complesso residenziale), ai
sensi dell’articolo 58 delle NTA del PRG vigente (che
prevede, appunto, la cessione del 20% della superficie
fondiaria per interventi sui lotti liberi, fermo restando il
pagamento degli oneri concessori).
La ricorrente ha ritenuto di realizzare tali opere in virtù
di quanto previsto nel medesimo articolo 58 delle NTA,
laddove prevede che l’Amministrazione comunale provvede alla
predisposizione di un piano di urbanizzazione e, in caso di
inerzia di quest’ultima, i privati possono proporre un
intervento diretto e a scomputo degli oneri concessori.
Deludendo le aspettative della ricorrente, l’Amministrazione
resistente, tuttavia, con la delibera impugnata, si è
limitata ad approvare e collaudare i lavori eseguiti,
specificando tuttavia di non volersene accollare gli oneri,
a scomputo di quelli di urbanizzazione, peraltro già
ampiamente corrisposti dalla ricorrente stessa.
Ciò premesso, nel presente ricorso si lamenta la violazione
del citato articolo 58 delle NTA dell’articolo 16 del d.p.r.
n. 380 del 2001, laddove la P.A. pur accettando le opere così
come eseguite dalla ricorrente ha ritenuto di non doverne
scomputare il costo né dagli oneri di urbanizzazione né dai
costi di costruzione; si osserva, a tal fine, inoltre, che
in tal modo si realizzerebbe un indebito arricchimento a
tutto vantaggio dell’Amministrazione stessa.
All’udienza del 07.02.2013, la causa è passata in
decisione.
Il ricorso è infondato.
Come ammesso dalla stessa ricorrente, l’articolo 58 delle
NTA del PRG vigente prevede che l’Amministrazione resistente
avrebbe dovuto predisporre un piano di urbanizzazione.
Tuttavia, per l’ipotesi in cui, come nel caso di specie,
essa sia inadempiente a tale obbligo, il medesimo articolo
prevede che i privati “potranno proporre il proprio
intervento diretto a scomputo degli oneri concessori”.
A ben vedere, quindi, già dal tenore testuale della
disciplina richiamata, il privato ha l’onere di proporre
preliminarmente il proprio progetto di intervento
all’approvazione dell’Amministrazione comunale.
Nel caso di specie, viceversa, la ricorrente non si è
conformata a tale paradigma e pertanto non né può reclamare
gli effetti a proprio vantaggio, come se lo avesse fatto.
Del resto, in linea più generale e di principio, l’articolo
16 del d.p.r. n. 380 del 2001 prevede che le opere di
urbanizzazione possano essere eseguite a scomputo (dei soli
oneri di urbanizzazione) solo previo accordo con il Comune
(cfr. Tar Catania, sentenza n. 279 del 2012); difatti, avendo
le opere di urbanizzazione un fine pubblico, è l’Ente locale
che, nell’ambito dei propri compiti istituzionali e delle
risorse a ciò destinate, deve decidere quali opere
realizzare e quali costi sostenere a tal fine (cfr. Tar
Palermo, sentenza n. 126 del 2012).
Tale disciplina, inoltre, è di stretta interpretazione,
tanto più che essa appare anche derogatoria al regime
generale dell’affidamento mediante pubblica gara
dell’incarico di esecuzione di opere pubbliche (e difatti
l’articolo 16, comma 2-bis, del d.p.r. n. 380 del 2001, come
recentemente modificato, ammette tale deroga solo per lavori
di importo sottosoglia comunitaria).
In conclusione non ricorrono i presupposti di legge per
scomputare i costi sostenuti dall’impresa dagli oneri di
urbanizzazione dalla medesima dovuti al Comune.
A tal proposito, la medesima ricorrente osserva che, in ogni
caso, il Comune ha accettato tali opere e pertanto in tal
modo si realizzerebbe un indebito arricchimento del
medesimo, che finirebbe per percepire gli oneri concessori
oltre alla cessione a titolo gratuito delle opere di
urbanizzazione.
La questione dell’indebito arricchimento, pertanto, non
viene posta nel ricorso come fonte legale di un’obbligazione
e quindi come causa petendi di una domanda di pagamento di
una somma di denaro, ma ci si limita a prospettarla come
conseguenza inaccettabile dell’interpretazione viceversa
accolta dal Collegio.
Nei predetti limiti, pertanto, occorre farsi carico del suo
esame.
A ben vedere, tale indebito arricchimento è frutto di una
scelta consapevole della stessa ricorrente, la quale, al
fine di realizzare le opere autorizzate, ha ritenuto di non
voler o poter attendere la programmazione e realizzazione
delle opere di urbanizzazione da parte del Comune,
provvedendovi pertanto di propria iniziativa.
Quindi è indubbiamente un’attività che la ricorrente ha
compiuto consapevolmente nel proprio interesse.
Ciò premesso, osserva il Collegio, che l’istituto
dell’indebito arricchimento non può essere utilizzato per
ottenere il medesimo risultato che viceversa non si è
realizzato proprio perché non ne sono stati rispettati i
presupposti di legge.
Si realizzerebbe, in caso contrario, una palese
contraddizione nell’ordinamento.
Proprio per tali ragioni, infatti, il requisito,
fondamentale, della sussidiarietà, dell’azione di
arricchimento senza causa, è inteso in giurisprudenza in
senso astratto e non in concreto (cfr. Tar Molise, sentenza
n. 402 del 2012; Cassazione civile, sentenza n. 1216 del
2012; Tar Lazio, sentenza n. 1306 del 2012).
Vale a dire che se, in astratto, il fatto è regolato da una
specifica fattispecie, ma la stessa non si è realizzata per
la mancanza di un suo requisito essenziale (nel caso in
questione, per la mancanza della preventiva approvazione da
parte dell’Ente locale delle opere di urbanizzazione
realizzate), non può trovare applicazione in via sussidiaria
l’azione di indebito arricchimento, al fine di ottenere quel
medesimo spostamento patrimoniale che sarebbe stato
l’effetto della fattispecie non verificatasi.
In altre parole, è solo l’assenza in astratto e non la mera
mancata realizzazione, in concreto, di una fattispecie
idonea a giustificare lo spostamento patrimoniale, che può
consentire, in via sussidiaria, l’applicazione dell’azione
di indebito arricchimento.
Quindi nessun argomento contrario alla soluzione qui
prescelta può derivare dal richiamo a tale azione di
indebito arricchimento
(TAR Abruzzo-Pescara,
sentenza 21.02.2013 n. 129 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA:
In data 31.08.2010 la ricorrente
depositava presso l’amministrazione comunale la
contabilità dei lavori concernenti le opere di
urbanizzazione primaria soggette a scomputo.
Successivamente, in data 29.02.2012 la medesima
società presentava al Comune una nuova contabilità
dei lavori, recante gli importi superiori che hanno
determinato l’odierna contestazione.
Ritiene il Collegio che questa nuova produzione
della ricorrente non valga a determinare una
valutazione di sopravvenuta illegittimità della
determinazione assunta dall’amministrazione
comunale.
Da un lato, infatti, non è stata indicata
alcuna ragionevole giustificazione della produzione
–a distanza di quasi 2 anni– di una seconda
contabilità, recante valori economici di importo
sensibilmente superiori rispetto a quanto
precedentemente comunicato.
Dall’altro lato tale ripensamento della
ricorrente risulta vieppiù incomprensibile se si
considera che fin dal 2006 i lavori erano stati già
abbondantemente eseguiti e risultava già interamente
chiusa la relativa procedura amministrativa
(comunicazione di fine lavori, collaudo, delibera di
approvazione del collaudo da parte della giunta
comunale).
Con la conseguenza che si rivela corretta la
decisione dell’amministrazione di tenere in
considerazione, ai fini della definitiva
determinazione dell’onere concessorio, soltanto il
primo computo metrico prodotto (ndr: contabilità
lavori), restando a carico della ricorrente (imputet
sibi) un’eventuale ulteriore spesa rispetto a quella
precedentemente documentata.
---------------
... per l'annullamento del provvedimento prot. n.
19923 del 14.09.2010, con il quale è stato richiesto
alla società ricorrente il pagamento di un
conguaglio per opere di urbanizzazione primaria
nella misura di euro 57.232.13;
...
FATTO
La società Po.D. de J. S.p.a. ha realizzato un
complesso intervento edilizio nel Comune di Sestu,
località “More Corraxe”.
A tal fine ha stipulato, in data 09.03.2003, la
convenzione urbanistica n. 4035 di attuazione dello
stralcio 1 del Piano di Lottizzazione “More
Corraxe” e, in pari data, la convenzione
urbanistica n. 4036 di attuazione dello stralcio 2
del medesimo Piano di Lottizzazione.
In entrambe le convenzioni l’art. 6 prevedeva che
l’amministrazione comunale avrebbe scontato dal
contributo commisurato al costo di costruzione ex
lege n. 10/1977 l’importo pari al 50% del costo
della realizzazione del collettore fognario.
Successivamente il Comune di Sestu rilasciava le
concessioni edilizie previste per la realizzazione
delle opere convenzionate.
Sennonché, nell’assunto della ricorrente, col
provvedimento impugnato il Comune di Sestu avrebbe
determinato un conguaglio errato rispetto a quanto
concordato in sede di convenzionamento.
Di qui il ricorso in esame affidato ai seguenti
motivi:
Violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 5
della legge 28.01.1977 n. 10 e dell’art. 16, comma
2, del DPR 06.06.2001 n. 380 – Eccesso di potere e
carenza di motivazione anche per violazione e falsa
applicazione dell’art. 6 della Convenzione
urbanistica n. 4035 del 09.03.2003 e dell’art. 7
della la convenzione urbanistica n. 4036 di pari
data: in quanto l’amministrazione comunale avrebbe
erroneamente conteggiato i costi sopportati dalla
ricorrente per la realizzazione diretta delle opere
di urbanizzazione primaria.
Concludeva quindi la ricorrente chiedendo
l’annullamento del provvedimento impugnato, con
vittoria delle spese.
Per resistere al ricorso si è costituito il Comune
di Sestu che, con articolate difese scritte, ne ha
chiesto il rigetto, vinte le spese.
A seguito di rinuncia al mandato degli originari
difensori, con memoria di costituzione depositata il
30.11.2012, la società ricorrente si è costituita
con nuovo procuratore.
In vista dell’udienza di trattazione le controparti
hanno depositato ulteriori scritti difensivi con i
quali hanno confermato le rispettive conclusioni.
Alla pubblica udienza del 16.01.2013, sentiti i
difensori delle parti, la causa è stata posta in
decisione.
DIRITTO
La vicenda per cui è causa concerne la
quantificazione dello scomputo previsto -in favore
della ricorrente- dalla convenzione urbanistica
stipulata col Comune di Sestu in data 09.03.2003
rispetto al contributo dovuto commisurato al costo
di costruzione ex lege n. 10/1977.
Nell’atto convenzionale, infatti, si prescriveva un
riduzione di tale contributo nella misura del 50%
del costo di realizzazione del collettore fognario.
A ben vedere, infatti, le discordanze tra le
controparti non concernono l’applicazione o meno
dell’anzidetta riduzione, pacificamente riconosciuta
dall’amministrazione comunale, ma attengono
esclusivamente al quantum del costo
sopportato dalla ricorrente quale base applicativa
dello scomputo.
In particolare la ricorrente contesta la
quantificazione operata dal Comune circa il costo di
realizzazione della condotta fognaria assumendo di
aver sostenuto un costo complessivo pari ad euro
2.018.496,62, valutabili al 50% per euro
1.009.248,31, con la conseguenza che non solo
sarebbe errata la richiesta del conguagli di euro
57.232,13 operata dal Comune di Sestu, ma, a ben
vedere si determinerebbe addirittura un credito in
suo favore.
L’argomento non merita accoglimento.
In data 31.08.2010 la ricorrente depositava presso
l’amministrazione comunale la contabilità dei lavori
concernenti le opere di urbanizzazione primaria
soggette a scomputo.
Sulla base della documentazione presentata (allegati
3, 4, 5, 6 delle produzioni comunali) il Comune di
Sestu provvedeva alla liquidazione dello scomputo,
determinandolo in euro 517.008,95 (pari al 50% di
euro 1.034.017,89).
Tenuto conto dello scomputo già precedentemente
applicato, l’ente comunale determinava la somma
ancora dovuta dalla ricorrente in euro 57.232,13 e,
al fine del recupero, adottava il provvedimento oggi
impugnato.
Successivamente all’adozione di tale provvedimento,
in data 29.02.2012, la società Po. presentava al
Comune di Sestu una nuova contabilità dei lavori,
recante gli importi superiori che hanno determinato
l’odierna contestazione.
Ritiene il Collegio che questa nuova produzione
della ricorrente non valga a determinare una
valutazione di sopravvenuta illegittimità della
determinazione assunta dall’amministrazione
comunale.
Da un lato, infatti, non è stata indicata
alcuna ragionevole giustificazione della produzione
–a distanza di quasi 2 anni– di una seconda
contabilità, recante valori economici di importo
sensibilmente superiori rispetto a quanto
precedentemente comunicato dalla stessa società Po..
Dall’altro lato tale ripensamento della
ricorrente risulta vieppiù incomprensibile se si
considera che fin dal 2006 i lavori erano stati già
abbondantemente eseguiti e risultava già interamente
chiusa la relativa procedura amministrativa
(comunicazione di fine lavori, collaudo, delibera di
approvazione del collaudo da parte della giunta
comunale: vedi allegati 7, 8, 9, e 10 delle difese
comunali).
Con la conseguenza che si rivela corretta la
decisione dell’amministrazione di tenere in
considerazione, ai fini della definitiva
determinazione dell’onere concessorio, soltanto il
primo computo metrico prodotto, restando a carico
della ricorrente (imputet sibi) un’eventuale
ulteriore spesa rispetto a quella precedentemente
documentata.
Di qui la reiezione del ricorso n esame.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate
come in dispositivo
(TAR Sardegna, Sez. II,
sentenza 23.01.2013 n. 50 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2012 |
|
EDILIZIA
PRIVATA:
Il diritto di scomputo dalla somma dovuta a
titolo di oneri concessori non può configurarsi in assenza
quantomeno di una anche informale accettazione dell'opera di
urbanizzazione realizzata o promossa dal costruttore, con la
ineluttabile conseguenza che, in assenza di qualsivoglia
partecipazione consensuale dell'Ente, anche solo ex post,
gli oneri contributivi, così come determinati, devono essere
integralmente corrisposti.
---------------
● l'art. 16 d.P.R. n. 380/2001 prevede la corresponsione di
un contributo composto da due quote distinte: gli oneri di
urbanizzazione, che non sono dovuti se il titolare del
permesso si obbliga a realizzare direttamente tali opere, ed
il costo di costruzione, che, invece, essendo una
percentuale rapportata non ad opere da fare per la
collettività, ma ai costi di costruzione per tipologia
edilizia, adeguati annualmente, non sono suscettibili di
entrare nel meccanismo dello scomputo, ma non per questo è
possibile ricavare la regola fiscale di un pagamento
pecuniario; l'indisponibilità dei costi di costruzione è nel
senso che essi sono previsti e quantificati per legge, ma la
forma del pagamento, con compensazione o meno, è rimessa
all'accordo tra le parti;
● ai sensi dell'art. 11, comma 2, d.P.R. n. 380 del 2001, a
scomputo totale o parziale della quota dovuta per oneri di
urbanizzazione, il titolare del permesso di costruire può
obbligarsi a realizzare direttamente le opere di
urbanizzazione, con le modalità e le garanzie stabilite dal
Comune. Dall'inequivoco tenore letterale della norma si
desume che il titolare del permesso non può realizzare le
opere di sua iniziativa, ovvero limitandosi ad inviare una
richiesta di autorizzazione, mai riscontrata al Comune,
essendo invece necessario che l'Amministrazione disciplini
espressamente le modalità di esecuzione delle opere e le
necessarie garanzie;
● l'autorizzazione all'esecuzione diretta di opere di
urbanizzazione a scomputo dei relativi oneri normalmente
viene rilasciata attraverso la concessione edilizia
-attualmente art. 45 della l.reg. Lombardia 11.03.2005 n.
12- ma di per sé potrebbe intervenire anche successivamente,
in base alle valutazioni degli uffici comunali che vigilano
sull'attività edilizia.
Quanto all’ultima censura
di merito formulata –in ordine alla quale non colgono nel
segno le obiezioni di parte appellata con le quali se ne
sostiene la inammissibilità per genericità e tardività,
avendo l’appellante introdotto il petitum già nel mezzo di
primo grado- essa pare al Collegio senz’altro accoglibile.
Invero l’appellante ha chiesto che venga affermato il
diritto della stessa ad ottenere lo scomputo dagli oneri di
urbanizzazione secondaria determinati ex lege e quantificati
dal Comune (e concorrenti a determinare il contributo di
costruzione), dell’onere direttamente sostenuto per eseguire
le corrispondenti opere (id est: i parcheggi ed il verde
attrezzato).
Escluso che la stessa si riferisse al costo di costruzione,
e preso atto della incontestata affermazione che la omessa
quantificazione di tali oneri direttamente sopportati
discenda dalla circostanza che ad una compiuta
determinazione degli stessi potrebbe procedersi soltanto a
seguito del collaudo dell’opera da parte del Comune (ex multis: “Il diritto di scomputo dalla somma dovuta a titolo
di oneri concessori non può configurarsi in assenza
quantomeno di una anche informale accettazione dell'opera di
urbanizzazione realizzata o promossa dal costruttore, con la
ineluttabile conseguenza che, in assenza di qualsivoglia
partecipazione consensuale dell'Ente, anche solo ex post,
gli oneri contributivi, così come determinati, devono essere
integralmente corrisposti” -TAR Campania Napoli, sez.
VIII, 17.09.2009, n. 4983-) cadono le eccezioni di
genericità ed indeterminatezza prospettate dall’appellata
amministrazione comunale.
Nel merito, pare al Collegio che la richiesta di parte
appellante, oltre a rientrare pacificamente nella
giurisdizione di questo Collegio, sia strettamente aderente
alla previsione normativa contenuta nell’art. 16, comma 2, del d.P.R. n. 380 del 2001, (“la quota di contributo relativa
agli oneri di urbanizzazione è corrisposta al comune
all'atto del rilascio del permesso di costruire e, su
richiesta dell'interessato, può essere rateizzata. A
scomputo totale o parziale della quota dovuta, il titolare
del permesso può obbligarsi a realizzare direttamente le
opere di urbanizzazione, nel rispetto dell'articolo 2, comma
5, della legge 11.02.1994, n. 109, e successive
modificazioni, con le modalità e le garanzie stabilite dal
comune, con conseguente acquisizione delle opere realizzate
al patrimonio indisponibile del comune”): ovviamente, nei
limiti in cui siano state seguite le procedure che
consentono la operatività di tale meccanismo compensativo
(ex multis si vedano:
● ”l'art. 16 d.P.R. n. 380/2001 prevede la corresponsione
di un contributo composto da due quote distinte: gli oneri
di urbanizzazione, che non sono dovuti se il titolare del
permesso si obbliga a realizzare direttamente tali opere, ed
il costo di costruzione, che, invece, essendo una
percentuale rapportata non ad opere da fare per la
collettività, ma ai costi di costruzione per tipologia
edilizia, adeguati annualmente, non sono suscettibili di
entrare nel meccanismo dello scomputo, ma non per questo è
possibile ricavare la regola fiscale di un pagamento
pecuniario; l'indisponibilità dei costi di costruzione è nel
senso che essi sono previsti e quantificati per legge, ma la
forma del pagamento, con compensazione o meno, è rimessa
all'accordo tra le parti” -TAR Abruzzo Pescara, sez. I,
18.10.2010, n. 1142-;
● ”ai sensi dell'art. 11, comma 2, d.P.R. n. 380 del 2001, a
scomputo totale o parziale della quota dovuta per oneri di
urbanizzazione, il titolare del permesso di costruire può
obbligarsi a realizzare direttamente le opere di
urbanizzazione, con le modalità e le garanzie stabilite dal
Comune. Dall'inequivoco tenore letterale della norma si
desume che il titolare del permesso non può realizzare le
opere di sua iniziativa, ovvero limitandosi ad inviare una
richiesta di autorizzazione, mai riscontrata al Comune,
essendo invece necessario che l'Amministrazione disciplini
espressamente le modalità di esecuzione delle opere e le
necessarie garanzie (il che non è accaduto nel caso di
specie)” -TAR Calabria Catanzaro, sez. II, 08.04.2011, n. 501-;
● “l'autorizzazione all'esecuzione diretta di opere di
urbanizzazione a scomputo dei relativi oneri normalmente
viene rilasciata attraverso la concessione edilizia
-attualmente art. 45 della l. reg. Lombardia 11.03.2005
n. 12- ma di per sé potrebbe intervenire anche
successivamente, in base alle valutazioni degli uffici
comunali che vigilano sull'attività edilizia” -TAR
Lombardia Brescia, sez. I, 12.07.2010, n. 2481-).
Entro tali limiti, il motivo di appello è fondato e va
accolto, potendosi affermare il diritto dell’appellante allo
scomputo richiesto dal contributo di urbanizzazione (con
esclusione, ovviamente, del costo di costruzione) degli
oneri relativi alla esecuzione delle opere di urbanizzazione
secondaria
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 28.11.2012 n. 6033 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Lo
speciale regime di gratuità di cui all'art.
9, comma 1, lett. f), della L. 10/1977
richiede il concorso di due requisiti, il primo dei quali
di carattere soggettivo che si risolve nell'esecuzione
delle opere da parte degli Enti istituzionalmente
competenti: anche aderendo all’indirizzo che ammette
l’iniziativa del privato, questo deve agire per conto di un
Ente pubblico, come nell’istituto della concessione di opera
pubblica o in altre analoghe figure organizzatorie ove
l’intervento è realizzato da soggetti non animati dallo
scopo di lucro o che accompagnano tale obiettivo con un
legame istituzionale con l’azione dell’amministrazione per
la cura degli interessi della collettività. Poiché è assente
il titolo concessorio, la Società ricorrente è priva della
qualità di Ente istituzionalmente competente.
---------------
Il quadro normativo prevede un’ipotesi di esenzione totale
dal contributo di costruzione (art. 17, comma 3, lett. c),
del D.P.R. 380/2001, che riproduce l’art. 9, comma 1, lett.
f), di cui si controverte) “… Nell’ipotesi relativa
all’esenzione totale il privato realizza un’opera
espressamente qualificata di interesse pubblico nello
strumento urbanistico generale o nei piani attuativi.
Essendovi una tale previsione urbanistica l’utilità per
l’amministrazione deriva direttamente dalla realizzazione
dell’opera e pertanto l’esenzione è automatica. Non ricorre
tuttavia questa fattispecie quando lo strumento urbanistico
si limita ad autorizzare una destinazione d’uso implicante
la realizzazione di opere astrattamente qualificabili come
urbanizzazioni”.
Nella fattispecie è pacifico che il P.R.G. per tempo vigente
prevede espressamente la realizzazione della Caserma dei
Carabinieri sull’area ove l’opera è stata poi in concreto
realizzata. Il punto controverso è la riconducibilità della
struttura nel “genus” delle opere di urbanizzazione.
L’art. 4 della L. 348/1964 –nell’elencare le opere di
urbanizzazione secondaria– individua esplicitamente:
a) asili nido e scuole materne;
b) scuole dell'obbligo nonché strutture e complessi per
l'istruzione superiore all'obbligo;
c) mercati di quartiere;
d) delegazioni comunali;
e) chiese ed altri edifici religiosi;
f) impianti sportivi di quartiere;
g) centri sociali e attrezzature culturali e sanitarie;
h) aree verdi di quartiere.
In proposito il Collegio concorda con l’indirizzo espresso
dal Consiglio di Stato secondo il quale l’elenco delle opere
di urbanizzazione primaria e secondaria non deve intendersi
tassativo e vincolato, per cui debbono ritenersi rientrare
nella nozione di opere di urbanizzazione previste dalla
normativa anche quelle realizzazioni di specifica rilevanza
pubblica e sociale, qual è certamente la costruzione di un
immobile da adibirsi a caserma dei Vigili del fuoco.
In particolare si può puntualizzare che –se la disposizione
rilevante in questa sede (art. 9 della L. 10/1977) è
considerata dalla giurisprudenza di stretta interpretazione
(in quanto introduce talune ipotesi di deroga alla
previsione generale la quale assoggetta a contributo tutte
le opere che comportino trasformazione del territorio)– la
struttura in esame dà risposta in via immediata e diretta ad
interessi collettivi di primario spessore, di tutela della
salute e della sicurezza pubblica: per questo si può
affermare la sua capacità di fare fronte a bisogni
assimilabili a quelli soddisfatti da un impianto sportivo o
da un Centro culturale (e correlati ai valori dello sviluppo
del benessere e della personalità).
D’altronde la norma valorizza proprio la decisione
dell’amministrazione di qualificare la pianificazione con
l’indicazione specifica dell’opera da realizzare, sicché non
si concorda con quell’orientamento che esclude
l’assimilazione alle opere di urbanizzazione in ragione
dell’aggravio del carico urbanistico e della permanenza
della proprietà privata, trattandosi di requisiti di
carattere negativo che il legislatore non prevede.
La Società ricorrente lamenta l’erronea esazione degli oneri
di urbanizzazione e del costo di costruzione da parte del
Comune di Castiglione in sede di rilascio del titolo
abilitativo per la costruzione della nuova Caserma dei
Carabinieri.
Il Comune eccepisce l’inammissibilità del gravame per
acquiescenza, poiché parte ricorrente (cfr. suo doc. 12) ha
realizzato direttamente alcune opere di urbanizzazione
concordando lo scomputo degli oneri dovuti per alcuni
interventi edilizi, tra i quali figura la Caserma dei
Carabinieri.
L’eccezione è infondata, poiché l'acquiescenza presuppone
una condotta consapevole, da parte dell'avente titolo
all'impugnazione, che sia libera e inequivocabilmente
diretta ad accettare l'assetto di interessi definito
dall'amministrazione attraverso gli atti oggetto di
contestazione, ed inoltre occorre che sia posta in essere
anteriormente all’iniziativa giurisdizionale, così da
assumere il significato indiscutibile di rinuncia preventiva
alla stessa (Consiglio Stato, sez. IV – 27/06/2008 n. 3255;
02/10/2006 n. 5743; TAR Campania Napoli, sez. IV –
03/08/2009 n. 4638, appellata).
Nel caso in esame difetta il requisito della condotta
univoca, ed anzi dall’esame della documentazione versata in
atti (doc. 3 e 3-bis di parte ricorrente) traspare una
volontà di segno contrario poiché Rudiana Immobiliare ha
accettato di pagare il contributo con riserva di ripetere
quanto indebitamente versato; in secondo luogo la presente
causa è stata instaurata ben prima che fosse avanzata la
richiesta di scomputo invocata dall’amministrazione.
Peraltro è stato persino evidenziato che, con riguardo agli
oneri concessori, non ricorre il requisito dell’univoca
manifestazione di volontà dell'interessato di rinunciare
all'esperimento della tutela giurisdizionale anche nel caso
in cui, al momento del ritiro della concessione edilizia, il
richiedente non abbia avanzato riserva alcuna circa la
debenza di detti oneri, in quanto tale comportamento
risponde all’esigenza di dare avvio senza indugi all'opera
edilizia (TAR Toscana Firenze, sez. III – 11/03/2004 n.
671).
Passando all’esame del merito, parte ricorrente denuncia la
violazione dell’art. 9, comma 1, lett. f), della L. 10/1977,
dato che il contributo non è dovuto per le opere di
urbanizzazione eseguite –anche da privati– in esecuzione
degli strumenti urbanistici, e il P.R.G. del Comune di
Castiglione destina specificamente l’area in questione a
Caserma dei Carabinieri (opera di urbanizzazione secondaria)
e nessun’altra edificazione è consentita sul lotto.
La difesa comunale oppone la mancata classificazione della “Caserma
dei Carabinieri” come opera di urbanizzazione
secondaria: la zona è destinata a servizi pubblici in genere
e la caserma non costituisce opera di urbanizzazione (non
essendo contemplata nell’elenco di cui all’art. 4 della L.
29/09/1964 n. 847) ma servizio pubblico.
L’impostazione della ricorrente è condivisibile.
Non è suscettibile di applicazione la prima parte della
lett. f), nella parte in cui prevede l’esenzione dal
pagamento del contributo per gli impianti, le attrezzature,
le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli
enti istituzionalmente competenti.
Come ha recentemente messo in luce questa Sezione (sentenza
24/08/2012 n. 1467) lo speciale regime di gratuità di cui
alla lett. f) richiede il concorso di due requisiti, il
primo dei quali di carattere soggettivo che si risolve
nell'esecuzione delle opere da parte degli Enti
istituzionalmente competenti: anche aderendo all’indirizzo
che ammette l’iniziativa del privato, questo deve agire per
conto di un Ente pubblico, come nell’istituto della
concessione di opera pubblica o in altre analoghe figure
organizzatorie ove l’intervento è realizzato da soggetti non
animati dallo scopo di lucro o che accompagnano tale
obiettivo con un legame istituzionale con l’azione
dell’amministrazione per la cura degli interessi della
collettività (Consiglio di Stato, sez. IV – 10/05/2005 n.
2226). Poiché è assente il titolo concessorio, la Società
ricorrente è priva della qualità di Ente istituzionalmente
competente.
La questione a questo punto da affrontare riguarda la
seconda parte della disposizione. Il Collegio richiama il
proprio precedente (TAR Brescia – 27/11/2008 n. 1704) ove si
è osservato che il quadro normativo prevede un’ipotesi di
esenzione totale dal contributo di costruzione (art. 17,
comma 3, lett. c), del D.P.R. 380/2001, che riproduce l’art.
9, comma 1, lett. f), di cui si controverte) “…
Nell’ipotesi relativa all’esenzione totale il privato
realizza un’opera espressamente qualificata di interesse
pubblico nello strumento urbanistico generale o nei piani
attuativi. Essendovi una tale previsione urbanistica
l’utilità per l’amministrazione deriva direttamente dalla
realizzazione dell’opera e pertanto l’esenzione è
automatica. Non ricorre tuttavia questa fattispecie quando
lo strumento urbanistico si limita ad autorizzare una
destinazione d’uso implicante la realizzazione di opere
astrattamente qualificabili come urbanizzazioni”.
Nella fattispecie è pacifico che il P.R.G. per tempo vigente
prevede espressamente la realizzazione della Caserma dei
Carabinieri sull’area ove l’opera è stata poi in concreto
realizzata. Il punto controverso è la riconducibilità della
struttura nel “genus” delle opere di urbanizzazione.
L’art. 4 della L. 348/1964 –nell’elencare le opere di
urbanizzazione secondaria– individua esplicitamente:
a) asili nido e scuole materne;
b) scuole dell'obbligo nonché strutture e complessi per
l'istruzione superiore all'obbligo;
c) mercati di quartiere;
d) delegazioni comunali;
e) chiese ed altri edifici religiosi;
f) impianti sportivi di quartiere;
g) centri sociali e attrezzature culturali e sanitarie;
h) aree verdi di quartiere.
In proposito il Collegio concorda con l’indirizzo espresso
dal Consiglio di Stato (sentenza sez. V – 18/09/2003 n.
5315), secondo il quale l’elenco delle opere di
urbanizzazione primaria e secondaria non deve intendersi
tassativo e vincolato, per cui debbono ritenersi rientrare
nella nozione di opere di urbanizzazione previste dalla
normativa anche quelle realizzazioni di specifica rilevanza
pubblica e sociale, qual è certamente la costruzione di un
immobile da adibirsi a caserma dei Vigili del fuoco.
In particolare si può puntualizzare che –se la disposizione
rilevante in questa sede (art. 9 della L. 10/1977) è
considerata dalla giurisprudenza di stretta interpretazione
(in quanto introduce talune ipotesi di deroga alla
previsione generale la quale assoggetta a contributo tutte
le opere che comportino trasformazione del territorio)– la
struttura in esame dà risposta in via immediata e diretta ad
interessi collettivi di primario spessore, di tutela della
salute e della sicurezza pubblica: per questo si può
affermare la sua capacità di fare fronte a bisogni
assimilabili a quelli soddisfatti da un impianto sportivo o
da un Centro culturale (e correlati ai valori dello sviluppo
del benessere e della personalità).
D’altronde la norma valorizza proprio la decisione
dell’amministrazione di qualificare la pianificazione con
l’indicazione specifica dell’opera da realizzare, sicché non
si concorda con l’orientamento (TAR Emilia Romagna Bologna,
sez. II – 12/10/2010 n. 7956) che esclude l’assimilazione
alle opere di urbanizzazione in ragione dell’aggravio del
carico urbanistico e della permanenza della proprietà
privata, trattandosi di requisiti di carattere negativo che
il legislatore non prevede.
In conclusione la domanda è fondata e deve
essere accolta (restando assorbito l’ulteriore profilo
formale dedotto): il Comune ha erroneamente preteso il
contributo di costruzione e gli oneri di urbanizzazione, che
devono essere restituiti (TAR Lombardia-Brescia, Sez. II,
sentenza 07.11.2012 n. 1772 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA: La
realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria
comporta l’esecuzione di interventi direttamente
riconducibili alla competenza funzionale
dell’Amministrazione comunale che ha l’obbligo di provvedere
alla loro completa definizione nel triennio dalla
concessione del titolo edilizio, salvo che l’onere sia
assunto, tramite specifico impegno, direttamente dal
privato, cosa non avvenuta nel caso all’esame.
Se, infatti, a norma dell’art. 12 T.U. n. 380/2001, “il
permesso di costruire è comunque subordinato all’esistenza
delle opere di urbanizzazione primaria o alla previsione da
parte del Comune dell’attuazione delle stesse nel successivo
triennio, ovvero all’impegno degli interessati di procedere
all’attuazione delle medesime contemporaneamente alla
realizzazione dell’intervento oggetto del permesso”, il
Comune non può disattendere la richiesta formale di
allacciamento all’acquedotto o alla rete fognaria o di
distribuzione del gas, anche se nella richiesta di
concessione ne è indicato genericamente l’allacciamento.
Infatti, speculare alla suddetta prescrizione è l’obbligo di
pagamento di un contributo commisurato all’incidenza degli
oneri di urbanizzazione (art. 16 T.U. cit.) e il comma 7 del
precitato art. 16 contempla, tra gli interventi assoggettati
agli oneri di urbanizzazione primaria, proprio la rete
idrica, quella fognaria nonché quella di distribuzione del
gas.
Tali interventi sono, pertanto, primariamente riconducibili
al pubblico potere, così come è pianamente desumibile dalla
formulazione della norma e dalla stessa funzione di
necessaria definizione e realizzazione del tessuto cardine
del territorio su cui vanno a inserirsi gli interventi
privati (strade residenziali, spazi di sosta e parcheggio,
fognature, rete idrica, rete di distribuzione dell’energia
elettrica e del gas, pubblica illuminazione, spazi di verde
attrezzato). Ciò comporta, dunque, il prioritario impegno
pubblico -in sede di rilascio della concessione–
all’attuazione delle relative opere nel triennio.
Deve, tuttavia, effettivamente rilevarsi anche la
possibilità di un impegno, da parte del privato, alla
realizzazione delle opere medesime in sede di attuazione
dell’intervento oggetto del permesso.
L’art. 16, comma 2, d.P.R. n. 380 del 2001 (che ha
riprodotto l’art. 11, comma 1, l. n. 10 del 1977) consente,
però, al privato di eseguire direttamente le opere di
urbanizzazione in alternativa al pagamento dei connessi
oneri (con possibilità quindi di ottenerne poi lo scomputo
da quanto deve pagare a titolo di oneri di urbanizzazione
primaria e secondaria), soltanto se la proposta sia
accettata dal Comune secondo le modalità e le garanzie dal
medesimo dettate e previste in una convenzione o in un atto
unilaterale d’obbligo.
Il ricorso è fondato.
La realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria
comporta l’esecuzione di interventi direttamente
riconducibili alla competenza funzionale
dell’Amministrazione comunale che ha l’obbligo di provvedere
alla loro completa definizione nel triennio dalla
concessione del titolo edilizio, salvo che l’onere sia
assunto, tramite specifico impegno, direttamente dal
privato, cosa non avvenuta nel caso all’esame.
Se, infatti, a norma dell’art. 12 T.U. n. 380/2001, “il
permesso di costruire è comunque subordinato all’esistenza
delle opere di urbanizzazione primaria o alla previsione da
parte del Comune dell’attuazione delle stesse nel successivo
triennio, ovvero all’impegno degli interessati di procedere
all’attuazione delle medesime contemporaneamente alla
realizzazione dell’intervento oggetto del permesso”, il
Comune non può disattendere la richiesta formale di
allacciamento all’acquedotto o alla rete fognaria o di
distribuzione del gas, anche se nella richiesta di
concessione ne è indicato genericamente l’allacciamento.
Infatti, speculare alla suddetta prescrizione è l’obbligo di
pagamento di un contributo commisurato all’incidenza degli
oneri di urbanizzazione (art. 16 T.U. cit.) e il comma 7 del
precitato art. 16 contempla, tra gli interventi assoggettati
agli oneri di urbanizzazione primaria, proprio la rete
idrica, quella fognaria nonché quella di distribuzione del
gas.
Tali interventi sono, pertanto, primariamente riconducibili
al pubblico potere, così come è pianamente desumibile dalla
formulazione della norma e dalla stessa funzione di
necessaria definizione e realizzazione del tessuto cardine
del territorio su cui vanno a inserirsi gli interventi
privati (strade residenziali, spazi di sosta e parcheggio,
fognature, rete idrica, rete di distribuzione dell’energia
elettrica e del gas, pubblica illuminazione, spazi di verde
attrezzato). Ciò comporta, dunque, il prioritario impegno
pubblico -in sede di rilascio della concessione–
all’attuazione delle relative opere nel triennio.
Deve, tuttavia, effettivamente rilevarsi anche la
possibilità di un impegno, da parte del privato, alla
realizzazione delle opere medesime in sede di attuazione
dell’intervento oggetto del permesso (TAR Puglia, Lecce,
sez. III, 10.11.2011, n. 1938; Consiglio Stato, sez. IV, 26.11.2009, n. 7432).
L’art. 16, comma 2, d.P.R. n. 380 del 2001 (che ha
riprodotto l’art. 11, comma 1, l. n. 10 del 1977) consente,
però, al privato di eseguire direttamente le opere di
urbanizzazione in alternativa al pagamento dei connessi
oneri (con possibilità quindi di ottenerne poi lo scomputo
da quanto deve pagare a titolo di oneri di urbanizzazione
primaria e secondaria), soltanto se la proposta sia
accettata dal Comune secondo le modalità e le garanzie dal
medesimo dettate e previste in una convenzione o in un atto
unilaterale d’obbligo (TAR Sicilia, Catania, sez. I,
02.02.2012, n. 279)
(TAR Puglia-Lecce, Sez. III,
sentenza 07.09.2012 n. 1481 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: E'
indubbio che la disposizione invocata (art.
9 L. 10/1977) deve ritenersi di stretta
interpretazione, in quanto introduce talune
ipotesi di deroga alla previsione generale
la quale assoggetta a contributo tutte le
opere che comportino trasformazione del
territorio.
Lo speciale regime
di gratuità di cui alla lett. f) richiede
peraltro il concorso di due requisiti, il
primo dei quali di carattere soggettivo che
si risolve nell'esecuzione delle opere da
parte degli Enti istituzionalmente
competenti: in effetti,
secondo l’indirizzo più rigoroso l'opera,
per conseguire il beneficio, deve essere
necessariamente realizzata da un Ente
pubblico, non spettando lo stesso per le
opere eseguite da soggetti privati, quale
che sia la rilevanza sociale dell'attività
esercitata nella o con l'opera edilizia alla
quale la concessione si riferisce; in ogni caso ammettendo
l’iniziativa di un privato, questo deve
agire per conto di un Ente pubblico, come
nell’istituto della concessione di opera
pubblica o in altre analoghe figure organizzatorie
ove l’intervento è realizzato da soggetti
non animati dallo scopo di lucro o che
accompagnano tale obiettivo con un legame
istituzionale con l’azione
dell’amministrazione per la cura degli
interessi della collettività.
---------------
Il quadro normativo … prevede un’ipotesi di
esenzione totale dal contributo di
costruzione [art. 17, comma 3, lett. c), del
DPR 380/2001] e un’ipotesi di scomputo della
quota del contributo di costruzione relativa
agli oneri di urbanizzazione (art. 16, comma
2, del DPR 380/2001; art. 45 della LR
12/2005).
Nell’ipotesi relativa all’esenzione totale
il privato realizza un’opera espressamente
qualificata di interesse pubblico nello
strumento urbanistico generale o nei piani
attuativi. Essendovi una tale previsione
urbanistica l’utilità per l’amministrazione
deriva direttamente dalla realizzazione
dell’opera e pertanto l’esenzione è
automatica. Non ricorre tuttavia questa
fattispecie quando lo strumento urbanistico
si limita ad autorizzare una destinazione
d’uso implicante la realizzazione di opere
astrattamente qualificabili come
urbanizzazioni.
L’ammissibilità di queste opere in una certa
zona del territorio non equivale al
riconoscimento del loro interesse pubblico
ma è soltanto una regola che disciplina
l’interesse economico dei privati. Il
passaggio da opera di pertinenza privata a
opera di urbanizzazione richiede
l’inclusione tra gli standard urbanistici
che definiscono la dotazione di servizi del
territorio. Tale inclusione non deriva dalla
semplice esistenza dell’opera ma presuppone
che sulla stessa vi possa essere un
controllo pubblico.
In proposito le direttive regionali sul
piano dei servizi (DGR n. 7/7586 del
21.12.2001, parte III punto 2-e) specificano
che i privati possono integrare gli standard
urbanistici garantiti dall’ente pubblico
purché l’attività dei privati sia regolata
da un atto di asservimento o da un
regolamento d'uso che assicurino lo
svolgimento e il controllo delle funzioni di
interesse generale.
Secondo la giurisprudenza è indubbio che la disposizione invocata (art. 9
L. 10/1977) deve ritenersi di stretta
interpretazione, in quanto introduce talune
ipotesi di deroga alla previsione generale
la quale assoggetta a contributo tutte le
opere che comportino trasformazione del
territorio (cfr. TAR Puglia Bari, sez. III – 11/06/2010 n. 2420).
Lo speciale regime
di gratuità di cui alla lett. f) richiede
peraltro il concorso di due requisiti, il
primo dei quali di carattere soggettivo che
si risolve nell'esecuzione delle opere da
parte degli Enti istituzionalmente
competenti: in effetti, come precisato dal
TAR Veneto, sez. II – 16/06/2011 n. 1047,
secondo l’indirizzo più rigoroso l'opera,
per conseguire il beneficio, deve essere
necessariamente realizzata da un Ente
pubblico, non spettando lo stesso per le
opere eseguite da soggetti privati, quale
che sia la rilevanza sociale dell'attività
esercitata nella o con l'opera edilizia alla
quale la concessione si riferisce (Consiglio
di Stato, sez. V – 15/12/2005 n. 7140;
TAR Lombardia Milano, sez. II – 17/09/2009
n. 4672); in ogni caso ammettendo
l’iniziativa di un privato, questo deve
agire per conto di un Ente pubblico, come
nell’istituto della concessione di opera
pubblica o in altre analoghe figure organizzatorie ove l’intervento è realizzato
da soggetti non animati dallo scopo di lucro
o che accompagnano tale obiettivo con un
legame istituzionale con l’azione
dell’amministrazione per la cura degli
interessi della collettività (Consiglio di
Stato, sez. IV – 10/05/2005 n. 2226).
La
Fondazione ricorrente è priva della qualità
di Ente istituzionalmente competente, poiché
è legata agli Istituti scolastici
(proprietari) da un semplice rapporto di
locazione, ed è dunque assente il titolo concessorio.
Sulla profilata natura di “opera di
urbanizzazione” della scuola il Collegio
richiama il proprio precedente (TAR
Brescia – 27/11/2008 n. 1704) ai sensi del
quale “il quadro normativo … prevede, per
quanto interessa il presente giudizio,
un’ipotesi di esenzione totale dal
contributo di costruzione [art. 17, comma 3,
lett. c), del DPR 380/2001] e un’ipotesi di
scomputo della quota del contributo di
costruzione relativa agli oneri di
urbanizzazione (art. 16, comma 2, del DPR
380/2001; art. 45 della LR 12/2005). …
Nell’ipotesi relativa all’esenzione totale
il privato realizza un’opera espressamente
qualificata di interesse pubblico nello
strumento urbanistico generale o nei piani
attuativi. Essendovi una tale previsione
urbanistica l’utilità per l’amministrazione
deriva direttamente dalla realizzazione
dell’opera e pertanto l’esenzione è
automatica. Non ricorre tuttavia questa
fattispecie quando lo strumento urbanistico
si limita ad autorizzare una destinazione
d’uso implicante la realizzazione di opere
astrattamente qualificabili come
urbanizzazioni. L’ammissibilità di queste
opere in una certa zona del territorio non
equivale al riconoscimento del loro
interesse pubblico ma è soltanto una regola
che disciplina l’interesse economico dei
privati. Il passaggio da opera di pertinenza
privata a opera di urbanizzazione richiede
l’inclusione tra gli standard urbanistici
che definiscono la dotazione di servizi del
territorio. Tale inclusione non deriva dalla
semplice esistenza dell’opera ma presuppone
che sulla stessa vi possa essere un
controllo pubblico. In proposito le
direttive regionali sul piano dei servizi (DGR
n. 7/7586 del 21.12.2001, parte III
punto 2-e) specificano che i privati possono
integrare gli standard urbanistici garantiti
dall’ente pubblico purché l’attività dei
privati sia regolata da un atto di
asservimento o da un regolamento d'uso che
assicurino lo svolgimento e il controllo
delle funzioni di interesse generale”.
Nel
caso in esame non è rinvenibile nessuno dei
suddetti presupposti, in quanto da un lato
la scuola non risulta direttamente prevista
nello strumento urbanistico come opera di
interesse pubblico (sul punto non è stata
fornita indicazione alcuna) e dall’altro la
gestione di tale struttura non è oggetto di
convenzionamento con il Comune ma
costituisce un’iniziativa economica di
esclusivo interesse privato.
Neppure è possibile giovarsi delle
disposizioni sullo scomputo parziale o
totale degli oneri di urbanizzazione,
afferenti ad opere che una volta realizzate
non rimangono nella disponibilità dei
privati ma vengono acquisite al patrimonio
indisponibile del Comune: nel caso in esame
questa circostanza non si verifica
(TAR Lombardia-Brescia, Sez. II,
sentenza 24.08.2012 n. 1467 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: Lavori
senza gara, Italia a rischio.
Il decreto-legge n. 201 del 2011 (cosiddetto
salva Italia) ha modificato le norme
sull'esecuzione delle opere di
urbanizzazione primaria, ammettendo che
quelle d'importo inferiore alla soglia
comunitaria (5 milioni di euro) possano
essere realizzate dal titolare del permesso
di costruire, senza applicare il codice dei
contratti.
La disposizione è, di tutta evidenza, in
contrasto con l'orientamento comunitario, in
base al quale l'esecuzione delle opere di
urbanizzazione, indipendentemente dalla
natura del soggetto che realizza,
costituisce un «appalto pubblico di lavori»
e come tale dev'essere trattato all'interno
degli ordinamenti nazionali.
La disciplina antecedente faceva salva
questa impostazione, prevedendo che, a
scomputo totale o parziale degli oneri
concessori dovuti, il titolare del permesso
potesse obbligarsi a realizzare direttamente
le opere di urbanizzazione, nel rispetto del
codice dei contratti. Limitatamente alle
opere d'importo inferiore alla cosiddetta
soglia comunitaria il medesimo codice
ammetteva il ricorso a una procedura di
evidenza pubblica, seppure semplificata e
meno gravosa, rappresentata dalla cosiddetta
procedura negoziata.
L'operazione correttiva del governo Monti
non soltanto espone lo stato italiano
all'ennesima censura comunitaria, ma pone
problemi interpretativi, determinando il
rischio che la ricercata semplificazione dia
luogo a incertezza e stallo, visti gli
interrogativi cui le amministrazioni locali
dovrebbero dare una risposta prima di
applicare le nuove disposizioni.
L'interrogativo principale è: perché il
legislatore ha qualificato l'esecuzione
delle opere di urbanizzazione primaria
d'importo inferiore alla soglia comunitaria
come «a carico del titolare del permesso di
costruire» e non ha precisato, invece, che
si tratta di una prestazione obbligatoria,
effettuata dal titolare del permesso, in
alternativa al versamento degli oneri
concessori comunque dovuti e dunque a
scomputo di questi ultimi?
Nel caso in cui il governo (eludendo pure
due distinte interrogazioni presentate da
parlamentari radicali sull'argomento)
ritenga che la norma non abbia modificato
sostanzialmente il regime delle prestazioni
obbligatorie a carico del titolare del
permesso di costruire e dunque che le opere
di urbanizzazione primaria vengono comunque
effettuate «a scomputo» degli oneri
concessori dovuti, si pone comunque la
necessità di precisare la norma e di fornire
indicazioni operative.
Per questa ragione, in sede di conversione
in legge del decreto-legge per la crescita,
che contiene anche norme correttive del
testo unico per l'edilizia, sarebbe
opportuno un intervento del parlamento per
abrogare il comma 2-bis dell'art. 16 del dpr
n. 380 del 2001(modificato dal «salva
Italia») ed evitare all'Italia una probabile
procedura d'infrazione.
In via subordinata, nel caso in cui non ci
fossero le condizioni per cancellare la
norma, bisognerebbe emendare tale
disposizione, precisando in che modo debba
essere fissato il valore economico delle
opere di urbanizzazione, realizzate senza
applicare il codice dei contratti, al fine
di determinare l'importo delle somme (il
cosiddetto scomputo) che il privato detrae
da quanto dovuto a titolo di oneri
concessori.
Bisognerebbe altresì individuare la
procedura per assicurare un'appropriata e
corretta destinazione delle eventuali
economie che il privato (anche e soprattutto
grazie alla mancata applicazione del codice
dei contratti) può perseguire
nell'esecuzione delle opere
(articolo ItaliaOggi del 26.06.2012). |
EDILIZIA PRIVATA:
Si possono scomputare solo gli oneri di urbanizzazione e non
anche il costo di costruzione.
L’art. 11 della legge n. 10/1977 è
sufficientemente chiaro nel prevedere che la diretta
realizzazione delle opere di urbanizzazione da parte del
titolare della concessione edilizia è modalità alternativa
al pagamento dei soli “oneri di urbanizzazione” -quota parte
dei complessivi oneri concessori- ciò a motivo del
collegamento dei primi con i costi ingenerati in capo
all’amministrazione dall’iniziativa edificatoria.
La vicenda contenziosa si innesta nel programma di
riqualificazione urbana adottato dal Comune di Chieti, ed
investe, quanto ai profili di diritto, la possibilità di
scomputo della quota di contribuzione legata al costo di
costruzione (oltre che di quelle relativa agli oneri di
urbanizzazione) in favore del titolare del permesso di
costruire che proceda direttamente alla realizzazione delle
opere di urbanizzazione primaria e secondaria, avuto
riguardo al quadro normativo primario e, nel caso di specie,
agli atti autoritativi e convenzionali intervenuti nella
sequenza procedimentale che ha condotto al rilascio dei
titoli abilitativi.
...
L’appello non è fondato.
L’art. 11 della legge n. 10/1977 è sufficientemente chiaro
nel prevedere che la diretta realizzazione delle opere di
urbanizzazione da parte del titolare della concessione
edilizia è modalità alternativa al pagamento dei soli “oneri
di urbanizzazione” -quota parte dei complessivi oneri
concessori- ciò a motivo del collegamento dei primi con i
costi ingenerati in capo all’amministrazione dall’iniziativa
edificatoria.
Non può darsi rilievo esegetico, nel senso invocato
dall’appellante, alle norme in materia di edilizia
convenzionata di cui all’art. 7 della medesima fonte -nella
parte in cui consentono, al fine di agevolare l’accesso alla
casa, l’esenzione dal contributo collegato al costo di
costruzione, a fronte dell’impegno a praticare, ai futuri
acquirenti o locatari delle costruende unità abitative,
prezzi e canoni convenzionati- poiché esse individuano un
caso di esenzione dall’obbligazione tributaria (tale dovendo
considerarsi quella parametrata al costo di costruzione)
secondo un criterio di specialità che le rende evidentemente
insuscettibili di interpretazione analogica (Consiglio di
Stato, Sez. IV,
sentenza 12.06.2012 n. 3413 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA:
Il privato esecutore, a seconda
che le opere da realizzare a favore del
Comune, a fronte della cessione in piena
proprietà di immobili precedentemente
concessi in diritto di superficie e
destinati ad insediamenti produttivi, siano
di importo superiore o inferiore alla soglia
comunitaria dovrà rispettare:
- le norme della Parte II titolo I, nonché
quelle della parte I, IV e V (cfr. art. 32,
comma 1, lett. g, nonché le eccezioni
previste dal comma 2 del medesimo articolo)
per le opere di importo superiore alla
soglia comunitaria prevista in tema di
lavori (dal 01/01/2012, € 5.000.000, come
imposto dal Regolamento CE n. 1251/2011)
- la disciplina prevista degli art. 121,
comma 1, e, in particolare, la procedura
dell’art. 57, comma 6 (con invito rivolto ad
almeno cinque soggetti se sussistono in tale
numero aspiranti idonei) del medesimo
Codice, in caso di lavori sotto soglia
comunitaria (cfr. art. 122, comma 8).
Relativamente a tale ultima ipotesi, va
evidenziato che l’articolo 45 del d.l. n.
201/2011, convertito nella legge n.
214/2011, ha modificato l’articolo 16 del
DPR n. 380/2001 con l’inserimento di un
comma 2-bis a mente del quale “nell'ambito
degli strumenti attuativi e degli atti
equivalenti comunque denominati nonché degli
interventi in diretta attuazione dello
strumento urbanistico generale, l'esecuzione
diretta delle opere di urbanizzazione
primaria di cui al comma 7, di importo
inferiore alla soglia di cui all'articolo
28, comma 1, lettera c), del decreto
legislativo 12.04.2006, n. 163, funzionali
all'intervento di trasformazione urbanistica
del territorio, è a carico del titolare del
permesso di costruire e non trova
applicazione il decreto legislativo
12.04.2006, n. 163".
---------------
Il Sindaco del Comune di Vedano Olona (VA),
con nota del 24.04.2012, ha formulato alla
Sezione una richiesta di parere
in merito alla possibilità di
prevedere a titolo di corrispettivo per la
cessione del diritto di proprietà di aree,
già concesse in diritto di superficie, la
realizzazione di opere da trasferire al
Comune.
In particolare il sindaco precisa che Il
Comune di Vedano Olona, dopo essersi dotato
del Piano per Insediamenti Produttivi, ai
sensi dell'art. 27 della legge 22.10.1971 n.
865, ha dato attuazione alla realizzazione
degli interventi assegnando le aree
ricomprese nei vari lotti del piano, sia in
diritto di superficie sia in piena
proprietà.
Considerato che la legge 23.12.1996 n. 662,
all'art. 3 comma 64, ha riconosciuto ai
Comuni la possibilità di cedere in proprietà
le aree già concesse in diritto di
superficie, chiede un parere
in ordine alla possibilità di
prevedere, a titolo di corrispettivo di tale
cessione (nel rispetto di criteri e modalità
di valutazione di tale corrispettivo
indicati allo stesso comma 64, come
sostituito dall'art. 11, comma 1, della
legge 12.12.2002 n. 273), la realizzazione
di opere da trasferire al Comune.
...
Appare opportuno richiamare il dettato
normativo in tema di Piani per insediamenti
produttivi (c.d. PIP), in particolare il
procedimento che il Comune deve seguire a
tal fine e le facoltà concesse al medesimo.
L’art. 27 della legge n. 865/1971 (Programmi
e coordinamento dell'edilizia residenziale
pubblica; norme sulla espropriazione per
pubblica utilità e modifiche ed integrazioni
alle leggi 17.08.1942 n. 1150, 18.04.1962 n.
167, 29.09.1964 n. 847) prevede che “i
comuni dotati di piano regolatore generale o
di programma di fabbricazione approvati
possono formare, previa autorizzazione della
Regione, un piano delle aree da destinare a
insediamenti produttivi”. Le aree da
comprendere in questo piano sono delimitate,
nell'ambito delle zone destinate a
insediamenti produttivi dai piani regolatori
generali o dai programmi di fabbricazione,
con deliberazione del consiglio comunale,
approvata con decreto del Presidente della
giunta regionale.
Il piano ha efficacia per dieci anni dalla
data del decreto di approvazione ed ha
valore di piano particolareggiato
d'esecuzione ai sensi della legge 17 agosto
1942, n. 1150.
L’art. 27 specifica che “le aree comprese
nel piano approvato a norma del presente
articolo sono espropriate dai comuni o loro
consorzi secondo quanto previsto dalla
presente legge in materia di espropriazione
per pubblica utilità.”, ma soprattutto,
ai fini che interessano per la risposta al
comune istante, che “il comune utilizza
le aree espropriate per la realizzazione di
impianti produttivi di carattere
industriale, artigianale, commerciale e
turistico mediante la cessione in proprietà
o la concessione del diritto di superficie
sulle aree medesime”.
In quest’ultimo caso, la concessione del
diritto di superficie ad enti pubblici (per
la realizzazione di impianti e servizi
pubblici, occorrenti nella zona delimitata
dal piano) è a tempo indeterminato, mentre
negli altri casi (in sostanza a
soggetti/imprese private) ha una durata non
inferiore a sessanta e non superiore a
novantanove anni.
La norma precisa, infine, che “contestualmente
all'atto di concessione, o all'atto di
cessione della proprietà dell'area, tra il
comune da una parte e il concessionario o
l'acquirente dall'altra, viene stipulata una
convenzione per atto pubblico con la quale
vengono disciplinati gli oneri posti a
carico del concessionario o dell'acquirente
e le sanzioni per la loro inosservanza”.
Il dato normativo non prevede la necessaria
corresponsione, da parte del privato
assegnatario dell’area, di un corrispettivo
in denaro, ma la sottoposizione ad oneri,
funzionali alla realizzazione degli
obiettivi posti dal Piano per gli
insediamenti produttivi.
Il privato è in sostanza beneficiario delle
aree, ma in virtù di un provvedimento di
concessione finalizzato alla realizzazione
di superiori interessi di carattere generale
per la comunità comunale. Il provvedimento
li attribuisce diritti sulle aree
interessate (di superficie o piena
proprietà), ma anche dei relativi connessi “oneri”,
con la previsione di “sanzioni per la
loro inosservanza”.
Come per altri strumenti di edilizia
complessa o negoziata (si rimanda all’art.
35 della stessa legge n. 865/1971 per i
Piani di edilizia economica e popolare, c.d.
PEEP; ai Piani di riqualificazione urbana di
cui alla legge n. 493/1993; ai Piani
integrati di interventi di cui alla legge n.
179/2002, etc.), l’obbligazione che assume
il concessionario non è necessariamente
limitata al pagamento di una somma di
denaro, ma eventualmente (se in tal senso
depongono gli accordi con il Comune), alla
realizzazione di opere di urbanizzazione o
altre opere pubbliche funzionali alla
realizzazione del piano (nello specifico,
per insediamenti produttivi).
In tal modo il Comune consegue gli obiettivi
posti in sede di programmazione/piano (nel
caso di specie approvato dalla Regione)
trasferendo sui privati concessionari gli
oneri dei costi di realizzazione (esplicita
necessità in tal senso si ritrova nell’art.
35 della legge n. 865/1971 sui PEEP, oltre
che in generale nell’art. 16, comma 3, del
D.L. 22.12.1981, n. 786, convertito in legge
26.02.1982, n. 51, cfr. anche il parere
Piemonte n. 117/2011/PAR), sia quelli di
eventuale esproprio/acquisizione delle aree,
sia quelli necessari a rendere le aree
medesime funzionali agli scopi produttivi
perseguiti.
Il successivo art. 3, comma 64, della legge
n. 662/1996 aggiunge, all’interno di questo
quadro generale, un ulteriore tassello,
permettendo ai comuni che, in precedenza,
avevano optato per la concessione ai privati
del diritto di superficie sulle aree
destinate a insediamenti produttivi di
attribuirne il pieno diritto di proprietà.
Questa norma, nella versione novellata
dall’art. 11 della legge n. 273/2002,
prevede infatti che “i comuni possono
cedere in proprietà le aree già concesse in
diritto di superficie nell'ambito dei piani
delle aree destinate a insediamenti
produttivi di cui all'articolo 27 della
legge 22.10.1971, n. 865. Il corrispettivo
delle aree cedute in proprietà è determinato
con delibera del consiglio comunale, in
misura non inferiore alla differenza tra il
valore delle aree da cedere direttamente in
diritto di proprietà e quello delle aree da
cedere in diritto di superficie, valutati al
momento della trasformazione di cui al
presente comma. La proprietà delle suddette
aree non può essere ceduta a terzi nei
cinque anni successivi all'acquisto”
(nel testo storico si limitava a prevedere
che “gli enti locali territoriali possono
cedere in proprietà le aree già concesse in
diritto di superficie, destinate ad
insediamenti produttivi”, cfr. parere
Veneto n. 113/2010).
In tal modo il legislatore permette al
privato investitore di conseguire la
certezza del diritto attribuito, favorendo
altri successivi investimenti da parte del
medesimo, attività scoraggiata nel caso in
cui, a fronte della scadenza del termine di
attribuzione del diritto di superficie,
l’immobile realizzato (nello specifico,
finalizzato a impianto produttivo) rischia
di rientrare nel patrimonio del Comune
proprietario del suolo (secondo l’ordinaria
regola prevista dal Codice civile).
Alla motivazione di cui sopra si aggiunge
quella propria di altri provvedimenti di
dismissione (e privatizzazione) deliberati
nel corso degli anni ’90, tesi
all’incremento delle entrate per gli enti
pubblici attraverso la vendita di asset
immobiliari e azionari (cfr. in merito la
delibera della Sezione Puglia n.
2/2009/PAR).
La scelta legislativa è analoga a quella
effettuata in ambiti similari, come i Piani
di edilizia economica e popolare (c.d.
PEEP), per i quali l’art. 31, commi 45 e ss,
della legge n. 448/198 ha previsto che le
aree concesse in diritto di superficie per
la realizzazione degli interventi previsti
dall’art. 35 della legge n. 865/1971
(modificato dall’art. 3, comma 63, della
legge n. 662/1996), possano essere concesse
in piena proprietà ai privati richiedenti.
La facoltà di trasformazione del diritto di
superficie in piena proprietà, prevista
dall’art. 3, comma 64, della legge n.
662/1996, di cui si discute nel presente
parere, si innesta pertanto sull’impianto
legislativo esistente, disciplinante i “Piani
per gli insediamenti produttivi”
previsti dall’art. 27 della legge n.
865/1971.
Di conseguenza la scelta, da parte del
comune, di attribuire la piena proprietà
degli immobili precedentemente concessi in
diritto di superficie, dovrebbe trovare
fondamento nelle similari, rinnovate,
motivazioni che hanno condotto
all’approvazione e realizzazione del Piano,
funzionalizzando la cessione della proprietà
del suolo, sede di impianti produttivi, alla
realizzazione di interessi generali
finalizzati allo sviluppo produttivo
complessivo del territorio.
All’interno di tale quadro, sulla base dei
presupporti di fatto e degli obiettivi da
esplicitare nella motivazione della delibera
di Consiglio, il Comune potrebbe optare, in
luogo di un corrispettivo in denaro, per una
differente forma di attribuzione
patrimoniale.
Naturalmente devono essere rispettati i
limiti legislativi imposti dal combinato
disposto degli artt. 27 legge n. 865/1971 e
3, comma 64, legge n. 662/1996, oltre che
quelli desumibili dall’ordinamento giuridico
generale.
Per quanto riguarda i primi, vanno
innanzitutto osservati il procedimento e i
criteri di valutazione che il legislatore
prevede per la cessione dell’area (“il
corrispettivo delle aree cedute in proprietà
è determinato con delibera del consiglio
comunale, in misura non inferiore alla
differenza tra il valore delle aree da
cedere direttamente in diritto di proprietà
e quello delle aree da cedere in diritto di
superficie, valutati al momento della
trasformazione di cui al presente comma”),
adempimenti che il Comune, nell’istanza di
parere, si impegna a rispettare.
Con la precisazione che il valore che il
privato deve corrispondere è stabilito dal
legislatore solo nel minimo, in un ammontare
che, previa motivazione, può essere
aumentato dal Comune in funzione delle
specifiche esigenze da perseguire e del
contesto produttivo in cui l’operazione di
cessione si inserisce.
Circa la natura della suddetta entrata,
appare opportuno sottolineare che si tratta
di introito derivante da alienazione di beni
patrimoniali (il diritto di proprietà sul
suolo cui accede la costruzione/impianto
produttivo), da allocare nel Titolo IV delle
Entrate e, come tale, necessariamente
destinato a spesa in conto capitale (salve
le eccezioni normativamente e tassativamente
previste, come per esempio l’art. 2, comma
8, della legge n. 244/2007, ovvero gli artt.
193, commi 2 e 3, del TUEL, cioè le ipotesi
in cui occorra provvedere al mantenimento
degli equilibri di bilancio, cfr. Sezione
Piemonte n. 117/2011/PAR).
L’altro limite, esplicitato dalla norma base
(art. 27 della legge n. 865/1971), consiste
nella finalizzazione dell’entrata alla
realizzazione degli scopi perseguiti con il
Piano, tanto che il privato si obbliga,
stipulando apposita convenzione, a
determinati oneri (pagamento corrispettivo
in denaro ovvero alla realizzazione di opere
strumentali o altro) necessariamente
presidiati da sanzioni in caso di
inosservanza (causa rischio mancato
conseguimento degli obiettivi perseguiti).
In tale ottica, appare possibile che il
Comune, previa adeguata motivazione,
permetta al privato di liberarsi
dall’erogazione del corrispettivo per la
cessione di aree in proprietà imponendogli
l’obbligo di realizzare opere pubbliche
funzionali al mantenimento degli obiettivi
posti dal PIP.
Trattasi, necessariamente, di opere
d’investimento. Posto infatti che, come
detto, l’entrata che il comune consegue è
imputata in conto capitale, analoga
destinazione deve avere la spesa che il
privato sostiene in sostituzione
dell’obbligo di pagamento della somma di
denaro.
In via residuale, sempre previa adeguata
motivazione, il comune potrebbe decidere di
far effettuare al privato altre opere
pubbliche, stipulando analoga convenzione e
prevedendo similari sanzioni in caso di
inadempienza. Si pensi al caso in cui l’area
destinata al PIP non abbia, allo stato,
bisogno di lavori di
adeguamento/ristrutturazione (in tale
direzione si rinvia alle motivazioni del
parere reso dalla Sezione Piemonte n.
117/2011/PAR, riferito alla similare
fattispecie prevista dall’art. 31 della
legge n. 448/2011 per la cessione in
proprietà delle aree destinate all’edilizia
economica e popolare). In questo caso,
infatti, il privato realizzerebbe
direttamente l’opera pubblica in
sostituzione del Comune, utilizzando le
somme che avrebbe dovuto versare per la
trasformazione del diritto di superficie in
diritto di proprietà.
Il problema successivo che si pone attiene,
tuttavia, alle modalità di realizzazione di
tali opere da parte del privato.
Infatti, nella similare fattispecie delle
opere a scomputo degli oneri di
urbanizzazione (art. 16 DPR n. 380/2001), il
legislatore, dopo l’intervento della
giurisprudenza comunitaria (Corte di
Giustizia con la sentenza 12.07.2001
C399/1998, "Scala 2001"), ha imposto
al privato esecutore il rispetto delle
procedure di evidenza pubblica (cfr. artt.
32 e 122 comma 8 del d.lgs. n. 163/2006).
Analoga interpretazione è stata adottata
dall’Autorità per la vigilanza sui contratti
pubblici in altri casi di sostituzione del
privato all’amministrazione nell’ambito di
programmi di edilizia complessa o negoziata
(cfr. Determinazioni n. 4 del 03/04/2008 e
n. 7 del 16/07/2009).
La regolamentazione dell'istituto delle “opere
di urbanizzazione a scomputo” risale
alla normativa in materia urbanistica,
secondo la quale la realizzazione di tali
opere condiziona il rilascio del permesso di
costruire (cfr. art. 31 della legge
1150/1942, art. 8 legge n. 765/1967, art. 6
legge n. 10/1977). Le pregresse disposizioni
sono state poi trasfuse nell'articolo 16 del
Testo unico sull'edilizia DPR n. 380/2001
che, ai commi 7,7-Bis e 8, stabilisce la
suddivisione in oneri di urbanizzazione
primaria e secondaria, prevedendo che il
rilascio del permesso di costruire comporta
per il privato "la corresponsione di un
contributo commisurato all'incidenza degli
oneri di urbanizzazione nonché al costo di
costruzione".
Il legislatore ha previsto poi, nel comma 2
del citato art. 16, la possibilità di
scomputare la quota del contributo relativa
agli oneri di urbanizzazione, nel caso in
cui il titolare del permesso di costruire, o
l’attuatore del piano, si obblighi a
realizzarle direttamente. Tra l'operatore
privato e l'amministrazione viene stipulata
una convenzione che accede al permesso di
costruire nella quale vengono regolate le
opere da realizzare, i tempi, le modalità
della loro esecuzione, la loro valutazione
economica e le garanzie dell'adempimento,
imprimendo così una connotazione negoziale
al rapporto tra pubblica amministrazione e
privato.
La ratio dell'istituto va individuata
nella possibilità offerta
all'amministrazione locale di dotarsi di
opere di urbanizzazione senza assumere
direttamente i rischi legati alla loro
realizzazione.
Su tale assetto normativo è intervenuta la
citata pronuncia della Corte Europea "Scala
2001" che ha affermato le direttive
europee in tema di appalti ostano “ad una
normativa nazionale in materia urbanistica
che, al di fuori delle procedure previste da
tale direttiva, consenta al titolare di una
concessione edilizia o di un piano di
lottizzazione approvato la realizzazione
diretta di un'opera di urbanizzazione a
scomputo totale o parziale del contributo
dovuto per il rilascio della concessione,
nel caso in cui il valore di tale opera
eguagli o superi la soglia fissata dalla
direttiva di cui trattasi". La Corte di
Giustizia ha precisato che “la
realizzazione diretta di un'opera di
urbanizzazione secondo le condizioni e le
modalità previste dalla normativa italiana
in materia urbanistica costituisce un
appalto pubblico di lavori”. In
sostanza, la Corte ha sostenuto che tali
opere sono da ritenere pubbliche sin
dall’origine (anche se eseguite su proprietà
privata e se formalmente tali prima del
passaggio al patrimonio pubblico) e che la
realizzazione delle medesime in luogo del
pagamento del contributo conferma tale
natura.
Con l'approvazione del Codice dei contratti
il quadro normativo si è evoluto nella
direzione di un più esteso assoggettamento
delle opere a scomputo alle procedure di
evidenza pubblica.
L'Autorità per la vigilanza sui contratti
pubblici, con la citata determinazione n. 4
del 2008 ha poi esteso la portata
dell'articolo 32, comma 2, lettera g), del
d.lgs. 163/2006 a tutti i piani urbanistici
e accordi convenzionali, comunque
denominati, stipulati tra privati e
amministrazioni (cosiddetti "accordi
complessi", compresi gli accordi di
programma) che prevedano l'esecuzione di
opere destinate a confluire nel patrimonio
pubblico.
Infatti, il giudice europeo, nella sentenza
“Scala” del 2001, ha affermato che la
realizzazione delle opere di urbanizzazione
è da ricondurre al genus “appalto
pubblico di lavori” sulla base della
ricorrenza di una serie di elementi:
- la qualità di amministrazione
aggiudicatrice dell’ente procedente;
- la riconducibilità delle opere di
urbanizzazione primaria e secondaria alla
categoria delle opere pubbliche in senso
stretto, stante la loro idoneità funzionale
a soddisfare le esigenze della collettività
ed il pieno controllo dell’amministrazione
competente sulla realizzazione delle opere
medesime (a nulla rilevando che l’opera sia
inizialmente privata, in quanto le opere di
urbanizzazione hanno per propria natura una
intrinseca finalità pubblica);
- la natura contrattuale del rapporto fra
l’amministrazione e il privato lottizzante,
posto che la convenzione di lottizzazione,
sottoscritta dalle parti, stabilisce diritti
ed obblighi delle parti, ivi compresa
l’esatta individuazione delle opere che il
privato è tenuto a realizzare;
- la natura onerosa di tale contratto,
considerando che l’amministrazione comunale,
accettando la realizzazione diretta delle
opere di urbanizzazione, rinuncia a
pretendere il pagamento dell’importo dovuto
a titolo di contributo e che, pertanto, il
titolare della concessione edilizia o del
piano di lottizzazione, attraverso la
realizzazione diretta, estingue un debito di
pari valore, secondo lo schema civilistico
dell’obbligazione alternativa.
Poiché si tratta, quindi, di appalti
pubblici di lavori, la Corte di giustizia ha
ritenuto applicabile agli stessi l’obbligo
di esperire procedure ad evidenza pubblica
secondo la normativa comunitaria.
Alla luce di tale arresto comunitario,
l’Autorità per la vigilanza sui contratti
pubblici ha valutato, nella determinazione
n. 4/2008, se i principi enucleati nella
descritta pronuncia possano eccedere
l’ambito preso in esame e trovare
applicazione nei confronti di altre forme di
negoziazione tra pubblica amministrazione e
privato.
In particolare, occorre stabilire se, anche
per altre fattispecie, ricorrano gli
elementi che hanno indotto la Corte di
Giustizia ad ascrivere all’appalto pubblico
di lavori la realizzazione delle opere di
urbanizzazione a scomputo.
Pertanto se anche in altre ipotesi di
programmi di edilizia complessa o negoziata
ricorre:
- sotto il profilo soggettivo, la qualità di
amministrazione aggiudicatrice in capo
all’ente pubblico procedente e, sotto il
profilo oggettivo, l’esecuzione di opere
pubbliche, cioè di opere d’interesse
generale realizzate a vantaggio della
collettività;
- la natura negoziale del rapporto
pubblico-privato, con rapporto disciplinato
tra le parti con convenzione avente valore
vincolante, sulla base di uno scambio
sinallagmatico;
- il carattere oneroso della prestazione
(come nel caso in cui a fronte della
prestazione del privato, vi sia il
riconoscimento di un corrispettivo in
denaro, ovvero del diritto di sfruttamento
dell’opera o, ancora, come nel caso di
specie, la cessione in proprietà o in
godimento di beni appartenenti
all’amministrazione), il privato che si
assume l’obbligo di eseguire le opere è
tenuto, come nel caso della realizzazione
delle opere a scomputo degli oneri di
urbanizzazione, ad osservare le procedure
previste per l’esecuzione dei lavori
pubblici.
Ciò in quanto l’effettuazione di queste
opere da parte del privato avviene comunque
sulla base di un accordo convenzionale
concluso con l’amministrazione per il
raggiungimento di un proprio interesse
patrimoniale, che è la causa del negozio
giuridico in base al quale il privato stesso
assume su di sé l’obbligo di realizzare le
opere di cui trattasi.
Né osta a tale ricostruzione il fatto che la
realizzazione delle opere avvenga tramite
soggetti privati, atteso che la Corte
Costituzionale, con sentenza 28.03.2006 n.
129, ha espressamente stabilito che “il
ricorso a procedure ad evidenza pubblica per
la scelta del contraente non può essere
ritenuto incompatibile con gli accordi tra
privati e pubblica amministrazione”.
Il privato esecutore, pertanto, a seconda
che le opere da realizzare a favore del
Comune, a fronte della cessione in piena
proprietà di immobili precedentemente
concessi in diritto di superficie e
destinati ad insediamenti produttivi, siano
di importo superiore o inferiore alla soglia
comunitaria dovrà rispettare:
- le norme della Parte II titolo I, nonché
quelle della parte I, IV e V (cfr. art. 32,
comma 1, lett. g, nonché le eccezioni
previste dal comma 2 del medesimo articolo)
per le opere di importo superiore alla
soglia comunitaria prevista in tema di
lavori (dal 01/01/2012, € 5.000.000, come
imposto dal Regolamento CE n. 1251/2011)
- la disciplina prevista degli art. 121,
comma 1, e, in particolare, la procedura
dell’art. 57, comma 6 (con invito rivolto ad
almeno cinque soggetti se sussistono in tale
numero aspiranti idonei) del medesimo
Codice, in caso di lavori sotto soglia
comunitaria (cfr. art. 122, comma 8).
Relativamente a tale ultima ipotesi, va
evidenziato che l’articolo 45 del d.l. n.
201/2011, convertito nella legge n.
214/2011, ha modificato l’articolo 16 del
DPR n. 380/2001 con l’inserimento di un
comma 2-bis a mente del quale “nell'ambito
degli strumenti attuativi e degli atti
equivalenti comunque denominati nonché degli
interventi in diretta attuazione dello
strumento urbanistico generale, l'esecuzione
diretta delle opere di urbanizzazione
primaria di cui al comma 7, di importo
inferiore alla soglia di cui all'articolo
28, comma 1, lettera c), del decreto
legislativo 12.04.2006, n. 163, funzionali
all'intervento di trasformazione urbanistica
del territorio, è a carico del titolare del
permesso di costruire e non trova
applicazione il decreto legislativo
12.04.2006, n. 163" (Corte dei Conti,
Sez. controllo Lombardia,
parere 30.05.2012 n. 259). |
URBANISTICA: Il
privato esecutore, a seconda che le opere (di
urbanizzazione) da realizzare a favore del Comune, a fronte
della cessione in piena proprietà di immobili
precedentemente concessi in diritto di superficie e
destinati ad insediamenti produttivi, siano di importo
superiore o inferiore alla soglia comunitaria dovrà
rispettare:
- le norme della Parte II titolo I, nonché quelle della
parte I, IV e V (cfr. art. 32, comma 1, lett. g, nonché le
eccezioni previste dal comma 2 del medesimo articolo) per le
opere di importo superiore alla soglia comunitaria
prevista in tema di lavori (dal 01/01/2012, € 5.000.000,
come imposto dal Regolamento CE n. 1251/2011)
- la disciplina prevista degli art. 121 comma 1 e, in
particolare, la procedura dell’art. 57, comma 6 (con invito
rivolto ad almeno cinque soggetti se sussistono in tale
numero aspiranti idonei) del medesimo Codice, in caso di
lavori sotto soglia comunitaria (cfr. art. 122, comma
8).
Relativamente a tale ultima ipotesi, va evidenziato che
l’articolo 45 del d.l. n. 201/2011, convertito nella legge
n. 214/2011, ha modificato l’articolo 16 del DPR n. 380/2001
con l’inserimento di un comma 2-bis a mente del quale
“nell'ambito degli strumenti attuativi e degli atti
equivalenti comunque denominati nonché degli interventi in
diretta attuazione dello strumento urbanistico generale,
l'esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione primaria
di cui al comma 7, di importo inferiore alla soglia di cui
all'articolo 28, comma 1, lettera c), del decreto
legislativo 12.04.2006, n. 163, funzionali all'intervento di
trasformazione urbanistica del territorio, è a carico del
titolare del permesso di costruire e non trova applicazione
il decreto legislativo 12.04.2006, n. 163".
---------------
Il Sindaco del Comune di Vedano Olona (VA), con nota del
24.04.2012, ha formulato alla Sezione una richiesta di
parere in merito alla possibilità di prevedere a titolo di
corrispettivo per la cessione del diritto di proprietà di
aree, già concesse in diritto di superficie, la
realizzazione di opere da trasferire al Comune.
In particolare il sindaco precisa che Il Comune di Vedano
Olona, dopo essersi dotato del Piano per Insediamenti
Produttivi, ai sensi dell'art. 27 della legge 22.10.1971 n.
865, ha dato attuazione alla realizzazione degli interventi
assegnando le aree ricomprese nei vari lotti del piano, sia
in diritto di superficie sia in piena proprietà.
Considerato che la legge 23.12.1996. n. 662, all'art. 3,
comma 64, ha riconosciuto ai Comuni la possibilità di cedere
in proprietà le aree già concesse in diritto di superficie,
chiede un parere in ordine alla possibilità di prevedere,
a titolo di corrispettivo di tale cessione (nel rispetto
di criteri e modalità di valutazione di tale corrispettivo
indicati allo stesso comma 64, come sostituito dall'art. 11,
comma 1, della legge 12.12.2002 n. 273), la
realizzazione di opere da trasferire al Comune.
...
Appare opportuno richiamare il dettato normativo in tema di
Piani per insediamenti produttivi (c.d. PIP), in particolare
il procedimento che il Comune deve seguire a tal fine e le
facoltà concesse al medesimo.
L’art. 27 della legge n. 865/1971 (Programmi e coordinamento
dell'edilizia residenziale pubblica; norme sulla
espropriazione per pubblica utilità e modifiche ed
integrazioni alle leggi 17.08.1942 n. 1150, 18.04.1962 n.
167, 29.09.1964 n. 847) prevede che “i comuni dotati di
piano regolatore generale o di programma di fabbricazione
approvati possono formare, previa autorizzazione della
Regione, un piano delle aree da destinare a insediamenti
produttivi”. Le aree da comprendere in questo piano sono
delimitate, nell'ambito delle zone destinate a insediamenti
produttivi dai piani regolatori generali o dai programmi di
fabbricazione, con deliberazione del consiglio comunale,
approvata con decreto del Presidente della giunta regionale.
Il piano ha efficacia per dieci anni dalla data del decreto
di approvazione ed ha valore di piano particolareggiato
d'esecuzione ai sensi della legge 17.08.1942, n. 1150.
L’art. 27 specifica che “le aree comprese nel piano
approvato a norma del presente articolo sono espropriate dai
comuni o loro consorzi secondo quanto previsto dalla
presente legge in materia di espropriazione per pubblica
utilità.”, ma soprattutto, ai fini che interessano per
la risposta al comune istante, che “il comune utilizza le
aree espropriate per la realizzazione di impianti produttivi
di carattere industriale, artigianale, commerciale e
turistico mediante la cessione in proprietà o la concessione
del diritto di superficie sulle aree medesime”.
In quest’ultimo caso, la concessione del diritto di
superficie ad enti pubblici (per la realizzazione di
impianti e servizi pubblici, occorrenti nella zona
delimitata dal piano) è a tempo indeterminato, mentre negli
altri casi (in sostanza a soggetti/imprese private) ha una
durata non inferiore a sessanta e non superiore a
novantanove anni.
La norma precisa, infine, che “contestualmente all'atto
di concessione, o all'atto di cessione della proprietà
dell'area, tra il comune da una parte e il concessionario o
l'acquirente dall'altra, viene stipulata una convenzione per
atto pubblico con la quale vengono disciplinati gli oneri
posti a carico del concessionario o dell'acquirente e le
sanzioni per la loro inosservanza”.
Il dato normativo non prevede la necessaria corresponsione,
da parte del privato assegnatario dell’area, di un
corrispettivo in denaro, ma la sottoposizione ad oneri,
funzionali alla realizzazione degli obiettivi posti dal
Piano per gli insediamenti produttivi.
Il privato è in sostanza beneficiario delle aree, ma in
virtù di un provvedimento di concessione finalizzato alla
realizzazione di superiori interessi di carattere generale
per la comunità comunale. Il provvedimento li attribuisce
diritti sulle aree interessate (di superficie o piena
proprietà), ma anche dei relativi connessi “oneri”,
con la previsione di “sanzioni per la loro inosservanza”.
Come per altri strumenti di edilizia complessa o negoziata
(si rimanda all’art. 35 della stessa legge n. 865/1971 per i
Piani di edilizia economica e popolare, c.d. PEEP; ai Piani
di riqualificazione urbana di cui alla legge n. 493/1993; ai
Piani integrati di interventi di cui alla legge n. 179/2002,
etc.), l’obbligazione che assume il concessionario non è
necessariamente limitata al pagamento di una somma di
denaro, ma eventualmente (se in tal senso depongono gli
accordi con il Comune), alla realizzazione di opere di
urbanizzazione o altre opere pubbliche funzionali alla
realizzazione del piano (nello specifico, per insediamenti
produttivi).
In tal modo il Comune consegue gli obiettivi posti in sede
di programmazione/piano (nel caso di specie approvato dalla
Regione) trasferendo sui privati concessionari gli oneri dei
costi di realizzazione (esplicita necessità in tal senso si
ritrova nell’art. 35 della legge n. 865/1971 sui PEEP, oltre
che in generale nell’art. 16, comma 3, del D.L. 22.12.1981,
n. 786, convertito in legge 26.02.1982, n. 51, cfr. anche
Corte dei Conti, Sez.
controllo Piemonte,
parere 29.09.2011 n. 117),
sia quelli di eventuale
esproprio/acquisizione delle aree, sia quelli necessari a
rendere le aree medesime funzionali agli scopi produttivi
perseguiti.
Il successivo art. 3, comma 64, della legge n. 662/1996
aggiunge, all’interno di questo quadro generale,
un
ulteriore tassello, permettendo ai comuni che, in
precedenza, avevano optato per la concessione ai privati del
diritto di superficie sulle aree destinate a insediamenti
produttivi di attribuirne il pieno diritto di proprietà.
Questa norma, nella versione novellata dall’art. 11 della
legge n. 273/2002, prevede infatti che “i comuni possono
cedere in proprietà le aree già concesse in diritto di
superficie nell'ambito dei piani delle aree destinate a
insediamenti produttivi di cui all'articolo 27 della legge
22.10.1971, n. 865. Il corrispettivo delle aree cedute in
proprietà è determinato con delibera del consiglio comunale,
in misura non inferiore alla differenza tra il valore delle
aree da cedere direttamente in diritto di proprietà e quello
delle aree da cedere in diritto di superficie, valutati al
momento della trasformazione di cui al presente comma. La
proprietà delle suddette aree non può essere ceduta a terzi
nei cinque anni successivi all'acquisto” (nel testo
storico si limitava a prevedere che “gli enti locali
territoriali possono cedere in proprietà le aree già
concesse in diritto di superficie, destinate ad insediamenti
produttivi”, cfr. parere Veneto n. 113/2010).
In tal modo il legislatore permette al privato investitore
di conseguire la certezza del diritto attribuito, favorendo
altri successivi investimenti da parte del medesimo,
attività scoraggiata nel caso in cui, a fronte della
scadenza del termine di attribuzione del diritto di
superficie, l’immobile realizzato (nello specifico,
finalizzato a impianto produttivo) rischia di rientrare nel
patrimonio del Comune proprietario del suolo (secondo
l’ordinaria regola prevista dal Codice civile).
Alla motivazione di cui sopra si aggiunge quella propria di
altri provvedimenti di dismissione (e privatizzazione)
deliberati nel corso degli anni ’90, tesi all’incremento
delle entrate per gli enti pubblici attraverso la vendita di
asset immobiliari e azionari (cfr. in merito la delibera
della Sezione Puglia n. 2/2009/PAR).
La scelta legislativa è analoga a quella effettuata in
ambiti similari, come i Piani di edilizia economica e
popolare (c.d. PEEP), per i quali l’art. 31, commi 45 e ss,
della legge n. 448/198 ha previsto che le aree concesse in
diritto di superficie per la realizzazione degli interventi
previsti dall’art. 35 della legge n. 865/1971 (modificato
dall’art. 3, comma 63, della legge n. 662/1996), possano
essere concesse in piena proprietà ai privati richiedenti.
La facoltà di trasformazione del diritto di superficie in
piena proprietà, prevista dall’art. 3, comma 64, della legge
n. 662/1996, di cui si discute nel presente parere, si
innesta pertanto sull’impianto legislativo esistente,
disciplinante i “Piani per gli insediamenti produttivi”
previsti dall’art. 27 della legge n. 865/1971.
Di conseguenza la scelta, da parte del comune, di attribuire
la piena proprietà degli immobili precedentemente concessi
in diritto di superficie, dovrebbe trovare fondamento nelle
similari, rinnovate, motivazioni che hanno condotto
all’approvazione e realizzazione del Piano, funzionalizzando
la cessione della proprietà del suolo, sede di impianti
produttivi, alla realizzazione di interessi generali
finalizzati allo sviluppo produttivo complessivo del
territorio.
All’interno di tale quadro, sulla base dei presupporti di
fatto e degli obiettivi da esplicitare nella motivazione
della delibera di Consiglio, il Comune potrebbe optare, in
luogo di un corrispettivo in denaro, per una differente
forma di attribuzione patrimoniale.
Naturalmente devono essere rispettati i limiti legislativi
imposti dal combinato disposto degli artt. 27 legge n.
865/1971 e 3, comma 64, legge n. 662/1996, oltre che quelli
desumibili dall’ordinamento giuridico generale.
Per quanto riguarda i primi, vanno innanzitutto osservati il
procedimento e i criteri di valutazione che il legislatore
prevede per la cessione dell’area (“il corrispettivo delle
aree cedute in proprietà è determinato con delibera del
consiglio comunale, in misura non inferiore alla differenza
tra il valore delle aree da cedere direttamente in diritto
di proprietà e quello delle aree da cedere in diritto di
superficie, valutati al momento della trasformazione di cui
al presente comma”), adempimenti che il Comune, nell’istanza
di parere, si impegna a rispettare.
Con la precisazione che il valore che il privato deve
corrispondere è stabilito dal legislatore solo nel minimo,
in un ammontare che, previa motivazione, può essere
aumentato dal Comune in funzione delle specifiche esigenze
da perseguire e del contesto produttivo in cui l’operazione
di cessione si inserisce.
Circa la natura della suddetta entrata, appare opportuno
sottolineare che si tratta di introito derivante da
alienazione di beni patrimoniali (il diritto di proprietà
sul suolo cui accede la costruzione/impianto produttivo), da
allocare nel Titolo IV delle Entrate e, come tale,
necessariamente destinato a spesa in conto capitale (salve
le eccezioni normativamente e tassativamente previste, come
per esempio l’art. 2, comma 8, della legge n. 244/2007, ovvero
gli artt. 193, commi 2 e 3, del TUEL, cioè le ipotesi in cui
occorra provvedere al mantenimento degli equilibri di
bilancio, cfr. Sezione Piemonte
parere 29.09.2011 n. 117).
L’altro limite, esplicitato dalla norma base (art. 27 della
legge n. 865/1971), consiste nella finalizzazione
dell’entrata alla realizzazione degli scopi perseguiti con
il Piano, tanto che il privato si obbliga, stipulando
apposita convenzione, a determinati oneri (pagamento
corrispettivo in denaro ovvero alla realizzazione di opere
strumentali o altro) necessariamente presidiati da sanzioni
in caso di inosservanza (causa rischio mancato conseguimento
degli obiettivi perseguiti).
In tale ottica, appare possibile che il Comune, previa
adeguata motivazione, permetta al privato di liberarsi
dall’erogazione del corrispettivo per la cessione di aree in
proprietà imponendogli l’obbligo di realizzare opere
pubbliche funzionali al mantenimento degli obiettivi posti
dal PIP.
Trattasi, necessariamente, di opere d’investimento. Posto
infatti che, come detto, l’entrata che il comune consegue è
imputata in conto capitale, analoga destinazione deve avere
la spesa che il privato sostiene in sostituzione
dell’obbligo di pagamento della somma di denaro.
In via residuale, sempre previa adeguata motivazione,
il
comune potrebbe decidere di far effettuare al privato altre
opere pubbliche, stipulando analoga convenzione e prevedendo
similari sanzioni in caso di inadempienza. Si pensi al caso
in cui l’area destinata al PIP non abbia, allo stato,
bisogno di lavori di adeguamento/ristrutturazione (in tale
direzione si rinvia alle motivazioni del
parere 29.09.2011 n. 117 reso dalla
Sezione Piemonte, riferito alla similare
fattispecie prevista dall’art. 31 della legge n. 448/2011
per la cessione in proprietà delle aree destinate
all’edilizia economica e popolare). In questo caso, infatti,
il privato realizzerebbe direttamente l’opera pubblica in
sostituzione del Comune, utilizzando le somme che avrebbe
dovuto versare per la trasformazione del diritto di
superficie in diritto di proprietà.
Il problema successivo che si pone attiene, tuttavia, alle
modalità di realizzazione di tali opere da parte del
privato.
Infatti, nella similare fattispecie delle opere a scomputo
degli oneri di urbanizzazione (art. 16 DPR n. 380/2001), il
legislatore, dopo l’intervento della giurisprudenza
comunitaria (Corte di Giustizia con la sentenza 12.07.2001 C-399/1998, "Scala 2001"),
ha imposto al privato
esecutore il rispetto delle procedure di evidenza pubblica
(cfr. artt. 32 e 122, comma 8, del d.lgs. n. 163/2006).
Analoga interpretazione è stata adottata dall’Autorità per
la vigilanza sui contratti pubblici in altri casi di
sostituzione del privato all’amministrazione nell’ambito di
programmi di edilizia complessa o negoziata (cfr.
determinazione 02.04.2008 n. 4 e
determinazione 16.07.2009 n. 7).
La regolamentazione dell'istituto delle “opere di
urbanizzazione a scomputo” risale alla normativa in materia
urbanistica, secondo la quale la realizzazione di tali opere
condiziona il rilascio del permesso di costruire (cfr. art.
31 della legge 1150/1942, art. 8 legge n. 765/1967, art. 6
legge n. 10/1977). Le pregresse disposizioni sono state poi
trasfuse nell'articolo 16 del Testo unico sull'edilizia DPR
n. 380/2001 che, ai commi 7, 7-bis e 8, stabilisce la
suddivisione in oneri di urbanizzazione primaria e
secondaria, prevedendo che il rilascio del permesso di
costruire comporta per il privato "la corresponsione di un
contributo commisurato all'incidenza degli oneri di
urbanizzazione nonché al costo di costruzione".
Il legislatore ha previsto poi, nel comma 2 del citato art.
16, la possibilità di scomputare la quota del contributo
relativa agli oneri di urbanizzazione, nel caso in cui il
titolare del permesso di costruire, o l’attuatore del piano,
si obblighi a realizzarle direttamente. Tra l'operatore
privato e l'amministrazione viene stipulata una convenzione
che accede al permesso di costruire nella quale vengono
regolate le opere da realizzare, i tempi, le modalità della
loro esecuzione, la loro valutazione economica e le garanzie
dell'adempimento, imprimendo così una connotazione negoziale
al rapporto tra pubblica amministrazione e privato.
La ratio dell'istituto va individuata nella possibilità
offerta all'amministrazione locale di dotarsi di opere di
urbanizzazione senza assumere direttamente i rischi legati
alla loro realizzazione.
Su tale assetto normativo è intervenuta la citata pronuncia
della Corte Europea "Scala 2001" che ha affermato le
direttive europee in tema di appalti ostano “ad una
normativa nazionale in materia urbanistica che, al di fuori
delle procedure previste da tale direttiva, consenta al
titolare di una concessione edilizia o di un piano di
lottizzazione approvato la realizzazione diretta di un'opera
di urbanizzazione a scomputo totale o parziale del
contributo dovuto per il rilascio della concessione, nel
caso in cui il valore di tale opera eguagli o superi la
soglia fissata dalla direttiva di cui trattasi". La Corte
di Giustizia ha precisato che “la realizzazione diretta di
un'opera di urbanizzazione secondo le condizioni e le
modalità previste dalla normativa italiana in materia
urbanistica costituisce un appalto pubblico di lavori”.
In
sostanza, la Corte ha sostenuto che tali opere sono da
ritenere pubbliche sin dall’origine (anche se eseguite su
proprietà privata e se formalmente tali prima del passaggio
al patrimonio pubblico) e che la realizzazione delle
medesime in luogo del pagamento del contributo conferma tale
natura.
Con l'approvazione del Codice dei contratti il quadro
normativo si è evoluto nella direzione di un più esteso
assoggettamento delle opere a scomputo alle procedure di
evidenza pubblica.
L'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, con la
citata
determinazione 02.04.2008 n. 4
ha poi esteso la portata
dell'articolo 32, comma 2, lettera g), del d.lgs. 163/2006 a
tutti i piani urbanistici e accordi convenzionali, comunque
denominati, stipulati tra privati e amministrazioni
(cosiddetti "accordi complessi", compresi gli accordi di
programma) che prevedano l'esecuzione di opere destinate a
confluire nel patrimonio pubblico.
Infatti, il giudice europeo, nella sentenza “Scala” del
2001, ha affermato che la realizzazione delle opere di
urbanizzazione è da ricondurre al genus “appalto pubblico di
lavori” sulla base della ricorrenza di una serie di
elementi:
- la qualità di amministrazione aggiudicatrice dell’ente
procedente;
- la riconducibilità delle opere di urbanizzazione primaria
e secondaria alla categoria delle opere pubbliche in senso
stretto, stante la loro idoneità funzionale a soddisfare le
esigenze della collettività ed il pieno controllo
dell’amministrazione competente sulla realizzazione delle
opere medesime (a nulla rilevando che l’opera sia
inizialmente privata, in quanto le opere di urbanizzazione
hanno per propria natura una intrinseca finalità pubblica);
- la natura contrattuale del rapporto fra l’amministrazione
e il privato lottizzante, posto che la convenzione di
lottizzazione, sottoscritta dalle parti, stabilisce diritti
ed obblighi delle parti, ivi compresa l’esatta
individuazione delle opere che il privato è tenuto a
realizzare;
- la natura onerosa di tale contratto, considerando che
l’amministrazione comunale, accettando la realizzazione
diretta delle opere di urbanizzazione, rinuncia a pretendere
il pagamento dell’importo dovuto a titolo di contributo e
che, pertanto, il titolare della concessione edilizia o del
piano di lottizzazione, attraverso la realizzazione diretta,
estingue un debito di pari valore, secondo lo schema
civilistico dell’obbligazione alternativa.
Poiché si tratta, quindi, di appalti pubblici di lavori, la
Corte di giustizia ha ritenuto applicabile agli stessi
l’obbligo di esperire procedure ad evidenza pubblica secondo
la normativa comunitaria.
Alla luce di tale arresto comunitario, l’Autorità per la
vigilanza sui contratti pubblici ha valutato, nella
determinazione 02.04.2008 n. 4, se i principi enucleati nella
descritta pronuncia possano eccedere l’ambito preso in esame
e trovare applicazione nei confronti di altre forme di
negoziazione tra pubblica amministrazione e privato.
In particolare, occorre stabilire se, anche per altre
fattispecie, ricorrano gli elementi che hanno indotto la
Corte di Giustizia ad ascrivere all’appalto pubblico di
lavori la realizzazione delle opere di urbanizzazione a
scomputo.
Pertanto se anche in altre ipotesi di programmi di edilizia
complessa o negoziata ricorre:
- sotto il profilo soggettivo, la qualità di amministrazione
aggiudicatrice in capo all’ente pubblico procedente e, sotto
il profilo oggettivo, l’esecuzione di opere pubbliche, cioè
di opere d’interesse generale realizzate a vantaggio della
collettività;
- la natura negoziale del rapporto pubblico-privato, con
rapporto disciplinato tra le parti con convenzione avente
valore vincolante, sulla base di uno scambio sinallagmatico;
- il carattere oneroso della prestazione (come nel caso in
cui a fronte della prestazione del privato, vi sia il
riconoscimento di un corrispettivo in denaro, ovvero del
diritto di sfruttamento dell’opera o, ancora, come nel caso
di specie, la cessione in proprietà o in godimento di beni
appartenenti all’amministrazione),
il privato che si assume l’obbligo di eseguire le opere è
tenuto, come nel caso della realizzazione delle opere a
scomputo degli oneri di urbanizzazione, ad osservare le
procedure previste per l’esecuzione dei lavori pubblici.
Ciò in quanto l’effettuazione di queste opere da parte del
privato avviene comunque sulla base di un accordo
convenzionale concluso con l’amministrazione per il
raggiungimento di un proprio interesse patrimoniale, che è
la causa del negozio giuridico in base al quale il privato
stesso assume su di sé l’obbligo di realizzare le opere di
cui trattasi.
Né osta a tale ricostruzione il fatto che la realizzazione
delle opere avvenga tramite soggetti privati, atteso che la
Corte Costituzionale, con sentenza 28.03.2006 n. 129, ha
espressamente stabilito che “il ricorso a procedure ad
evidenza pubblica per la scelta del contraente non può
essere ritenuto incompatibile con gli accordi tra privati e
pubblica amministrazione”.
Il privato esecutore, pertanto, a seconda che le opere da
realizzare a favore del Comune, a fronte della cessione in
piena proprietà di immobili precedentemente concessi in
diritto di superficie e destinati ad insediamenti
produttivi, siano di importo superiore o
inferiore alla
soglia comunitaria dovrà rispettare:
- le norme della Parte II titolo I, nonché quelle della
parte I, IV e V (cfr. art. 32, comma 1, lett. g, nonché le
eccezioni previste dal comma 2 del medesimo articolo)
per le
opere di importo superiore alla soglia comunitaria prevista
in tema di lavori (dal 01/01/2012, € 5.000.000, come imposto
dal Regolamento CE n. 1251/2011);
- la disciplina prevista degli art. 121, comma 1, e, in
particolare, la procedura dell’art. 57, comma 6 (con invito
rivolto ad almeno cinque soggetti se sussistono in tale
numero aspiranti idonei) del medesimo Codice, in caso di
lavori sotto soglia comunitaria (cfr. art. 122, comma 8).
Relativamente a tale ultima ipotesi, va evidenziato che
l’articolo 45 del d.l. n. 201/2011, convertito nella legge
n. 214/2011, ha modificato l’articolo 16 del DPR n. 380/2001
con l’inserimento di un comma 2-bis a mente del quale
“nell'ambito degli strumenti attuativi e degli atti
equivalenti comunque denominati nonché degli interventi in
diretta attuazione dello strumento urbanistico generale,
l'esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione primaria
di cui al comma 7, di importo inferiore alla soglia di cui
all'articolo 28, comma 1, lettera c), del decreto
legislativo 12.04.2006, n. 163, funzionali
all'intervento di trasformazione urbanistica del territorio,
è a carico del titolare del permesso di costruire e non
trova applicazione il decreto legislativo 12.04.2006, n.
163" (Corte dei Conti, Sez. controllo Lombardia,
parere 21.05.2012 n. 222). |
AMBIENTE-ECOLOGIA -
EDILIZIA PRIVATA: Sull'esatta
portata dell'art. 21, co. 5, l.r. lombarda
n. 26/2003, il quale
riconosce:
a) che gli interventi di bonifica o di messa
in sicurezza permanente costituiscono opere
di urbanizzazione secondaria;
b) che tali opere “esclusivamente se
insistenti nei siti di interesse nazionale”,
se eseguite da particolari soggetti, “sono
da considerare a scomputo degli oneri di
urbanizzazione secondaria per l’importo
corrispondente al 50 per cento del relativo
ammontare”.
In linea generale, occorre osservare che
l’art. 16 DPR 06.06.2001 n. 380 prevede
che “il rilascio del permesso di
costruire comporta la corresponsione di un
contributo commisurato all’incidenza degli
oneri di urbanizzazione nonché al costo di
costruzione..." (comma 1).
Il successivo comma 2 prevede che “a
scomputo totale o parziale della quota
dovuta, il titolare del permesso di
costruire può obbligarsi a realizzare
direttamente le opere di urbanizzazione”
nel rispetto dell’art. 2, co. 5, l. n.
109/1994 (ora art. 32 d. lgs. n. 163/2006).
Dal pur rapido richiamo delle disposizioni
suddette, si evince che, nel nostro
ordinamento, il principio generale è
l’onerosità del permesso di costruire,
costituendo sia l’esenzione dal contributo,
sia la realizzazione di opere a scomputo
degli oneri di urbanizzazione una eccezione,
nei modi e termini indicati dal legislatore.
E’ in tale quadro normativo che si iscrive
l’art. 21, co. 5, l. reg. lombarda 26/2003, il quale
riconosce:
a) che gli interventi di bonifica o di messa
in sicurezza permanente costituiscono opere
di urbanizzazione secondaria;
b) che tali opere “esclusivamente se
insistenti nei siti di interesse nazionale”,
se eseguite da particolari soggetti, “sono
da considerare a scomputo degli oneri di
urbanizzazione secondaria per l’importo
corrispondente al 50 per cento del relativo
ammontare”;
c) che i comuni hanno facoltà di aumentare
la misura dello scomputo, in considerazione
della rilevanza della bonifica.
Come è evidente, ricorre, nel caso di
specie, una norma eccezionale, la quale, in
primo luogo, introduce una deroga alla norma
generale sulla onerosità del permesso di
costruire; in secondo luogo qualifica
determinati interventi di bonifica e di
messa in sicurezza come opere di
urbanizzazione secondaria, così precisando
quanto indicato nell’art. 16, co. 8, DPR n.
380/2001, il quale include, tra dette opere,
quelle destinate “alla bonifica di aree
inquinate”.
Peraltro, l’effetto agevolativo introdotto
dalla norma regionale concerne, oltre alla
chiara individuazione delle opere come
rientranti nella categoria di quelle “di
urbanizzazione secondaria”, anche nella
“doverosità” dello scomputo di quanto
sostenuto per la loro realizzazione dagli
oneri di urbanizzazione (non residuando in
capo al Comune alcun margine di
discrezionalità, se non –in talune ipotesi–
in melius nell’applicazione
dell’aliquota-base), e la misura dello
scomputo.
Tale effetto agevolativo è, per quel che qui
interessa, limitato agli interventi nei
“siti di interesse nazionale”.
Il successivo comma 7 dell’art. 21 rende
applicabili, tra le altre, le agevolazioni
di cui al comma 5, ora descritte,
“integralmente”, in favore di soggetti che
acquisiscono la proprietà delle aree
nell’ambito di procedure concorsuali.
Orbene, occorre innanzi tutto escludere
(unica interpretazione “letterale”
dell’avverbio “integralmente” non offerta in
causa), che tale avverbio intenda disporre
una applicazione appunto “integrale”,
“totale” del comma richiamato, poiché il
significato rafforzativo non avrebbe senso,
bastando a tali fini meramente disporre
l’applicazione della norma richiamata.
L’avverbio è stato dunque interpretato
(innanzi tutto dal Comune di Milano), come
riferito alla “misura” dell’agevolazione, di
modo che il limite di scomputo, indicato nel
50% degli oneri di urbanizzazione, deve
intendersi riferito al 100% (cioè nella sua
misura integrale), qualora il sito inquinato
è acquisito nell’ambito di procedure
concorsuali.
Il legislatore, dunque, procede “per
addizione” di condizioni: semplificando,
mentre la agevolazione dello scomputo pari
al 50% riguarda i “siti di interesse
nazionale”, la agevolazione “maggiorata”
(cioè nella misura integrale, pari al 100%),
riguarda quei medesimi sirti di interesse
nazionale acquisiti nell’ambito delle ora
citate procedure, e non certo “tutti” i
siti, purché acquistati nell’ambito di
procedure concorsuali,
Dunque, sia per effetto del rinvio
effettuato al comma 5 (che non può che
riguardare la fattispecie agevolata, e non
solo la misura dell’agevolazione), sia
perché una “maggiorazione” della misura
dell’agevolazione non può che presupporre
una agevolazione–base (e complessivamente
intesa) da maggiorare, appare evidente come
già l’interpretazione letterale conduca a
condividere l’interpretazione offerta dalla
sentenza appellata.
A ciò occorre aggiungere (condividendo una
argomentazione del Comune di Milano: v. pag.
9 memoria 06.02.2012), che,
trattandosi, nel caso di specie, di norme
eccezionali, in quanto derogatorie all’art.
16 DPR n. 380/2001, esse sono di “stretta
interpretazione”, di modo che –di fronte a
due possibili interpretazioni ambedue
astrattamente plausibili– occorre
prescegliere quella che realizza il minor
ampliamento dell’ambito di applicazione
della norma derogatoria, e quindi evitando
correlativamente più ampie “compressioni”
della norma generale.
D’altra parte, come evidenziato dalla
sentenza appellata, la stessa ratio della
disciplina di cui all’art. 21 l. reg. n.
26/2003 conduce alla plausibilità
dell’interpretazione ora offerta,
Infatti, sono i “siti di interesse
nazionale” ad essere “caratterizzati da
fenomeni di inquinamento di particolare
gravità e di rilevante allarme per la salute
pubblica”, di modo che ben si giustifica la
previsione di particolari e più incisive
agevolazioni per gli interventi in essi
realizzati.
Tale previsione –lungi dal costituire “disparità
di trattamento”, come lamentato
dall’appellante– si giustifica proprio in
ragione delle differenti (e più gravi)
condizioni entro le quali si pone
l’intervento.
Allo steso modo, si giustifica anche
l’ulteriore agevolazione per quei siti (di
interesse nazionale) acquisiti nell’ambito
di procedure concorsuali, intendendo il
legislatore invogliare –come sostenuto dal I
giudice– “gli operatori economici a
comprare immobili e compendi inseriti nelle
suddette procedure”.
D’altra parte, a voler ritenere che il
rinvio operato dal comma 7 al comma 5, si
riferisca solo alla misura dell’agevolazione
e non anche alle condizioni per
l’applicazione della medesima, si
perverrebbe (anche qui concordando con la
sentenza appellata) al paradossale risultato
che gli interventi effettuati in siti
inquinati di qualsiasi livello, purché
acquisiti nell’ambito di procedure
concorsuali, sarebbero meglio considerati,
sul piano delle agevolazioni, rispetto agli
interventi effettuati in siti di massima
compromissione, quali sono i siti di
interesse nazionale.
Proprio seguendo l’interpretazione
dell’appellante, dunque, si perverrebbe ad
una irragionevolezza della norma, tale da
far dubitare della sua legittimità
costituzionale
(Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza IV,
sentenza 15.05.2012 n. 2754 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: L’elenco
delle opere di urbanizzazione secondaria,
tanto nel comma 8 dell’art. 16 T.U. quanto
nell’art. 4 della l. 847/1964, non contiene
alcun riferimento alle “strade”. Tale
tipologia di opere, che peraltro secondo
logica è del tutto essenziale per la
vivibilità, e prima di essa per la stessa
fisica accessibilità, di un qualsiasi
quartiere, alla lettera non è poi
contemplata in via generale nemmeno
dall’elenco delle opere di urbanizzazione
primaria, che si limita a includere le
“strade residenziali”. Sembrerebbe allora
che solo la classificazione di tale presunta
tipologia particolare sia definita, mentre
la classificazione delle altre strade
potrebbe ritenersi libera. Una
interpretazione sistematica ed una analisi
della giurisprudenza edita e della prassi
disponibile, peraltro, inducono a
conclusioni diverse.
In primo luogo, si deve osservare che la
tipologia delle “strade residenziali” non è
in alcun modo definita in via generale dalle
norme dell’ordinamento in materia, ed è in
particolare sconosciuta all’art. 2 del
d.lgs. 30.04.1992 n. 385, che le strade
classifica in via generale, nonché all’art.
2 del regolamento attuativo D.P.R.
16.12.1992, n. 495. Un accenno è contenuto
nell’art. 178 di tale regolamento, che
annovera le “strade residenziali” fra quelle
sulle quali possono essere posati i dossi
rallentatori, ma ancora senza definirne in
generale la tipologia. Non esattamente
pertinente appare infine l’art. 135 del
medesimo regolamento, nella parte in cui
descrive il segnale 318, che indica
propriamente non una “strada residenziale”,
ma una “zona residenziale”, comunque solo ai
fini di particolari restrizioni alla guida.
La tipologia stessa nemmeno è definita in
via generale dalla giurisprudenza edita: un
accenno in tal senso si trova soltanto in
Cass. civ. sez. trib. 23.10.2003 n. 15948,
che si pronuncia su una questione non
strettamente urbanistica, ovvero sulla
applicabilità dell’agevolazione fiscale
prevista ai fini IVA per chi realizza opere
di urbanizzazione, e definisce in tal senso
le strade residenziali come tutte le strade
realizzate in aree destinate ad accogliere
insediamenti abitativi, anche se fuori dal
centro urbano, eccettuandone soltanto le
strade al servizio di aree industriali. E’
però chiaro che in tali termini le strade
considerate dall’annullato comma 8 dell’art.
11 delle NTA di cui si ragiona sarebbero
comunque opere di urbanizzazione primaria,
così come ritenuto dal Comune nell’atto
impugnato.
Significativa è poi la motivazione di C.d.S.
sez. V 25.06.2007 n. 3635, per cui “Non si
può ritenere… che le norme urbanistiche,
nell'inserire le strade residenziali tra le
opere di urbanizzazione primaria,
abbiano fatto riferimento al solo manto
stradale e, per quanto concerne
specificamente i piani per l'edilizia
pubblica, al solo manto stradale
strettamente aderente agli immobili da
realizzare (ovvero circostanti a questi) e,
addirittura, senza collegamenti con la
viabilità preesistente (quale quella… che
permette la comunicazione con la vicina area
lottizzata).” Delle strade in questione,
quindi, si assume un concetto ampio, che
sicuramente coincide con tutte le strade il
cui tratto sia “incluso o prospiciente” una
lottizzazione, avvalorando ancora una volta
l’impostazione del Comune intimato.
Infine, altre decisioni, pur senza
soffermarsi espressamente sul punto,
comprendono senz’altro tutte le strade,
senza distinguerle in alcun modo, fra le
opere di urbanizzazione primaria.
Un orientamento simile si ritrova poi nella
prassi di alcuni enti locali rintracciabile
in rete, e da ritenere quindi fatto notorio:
possono valere per tutti il parere
10.01.2011 prot. n. 599 del Servizio per gli
affari istituzionali e il sistema delle
autonomie locali della Regione Friuli, in
cui, al fine di individuare le strade
suscettibili di accogliere i citati dossi
rallentatori, si dà atto della mancanza di
una definizione generale e si indicano le
“strade ricadenti in una particolare zona
del territorio comunale, formalmente
individuata come zona residenziale”, e
quindi ancora si includono quelle
contemplate nella norma per cui è causa.
Allo stesso modo, la Provincia di Lecce, nel
proprio Servizio di assistenza agli enti
locali, individua come strade residenziali
tutte quelle “realizzate in funzione di un
centro abitato costruito o costruendo“
Gli oneri di
urbanizzazione, che l’art. 11 NTA disciplina
nel Comune di Seriate, sono attualmente
previsti a livello di legge nazionale
dall’art. 16, comma 1, del più volte citato
T.U. 380/2001, secondo il quale il rilascio
del permesso di costruire “comporta la
corresponsione di un contributo”
commisurato, fra l’altro, appunto alla “incidenza
degli oneri di urbanizzazione”; gli
oneri stessi sono poi distinti, dai
successivi commi 7, 7-bis e 8 dell’articolo,
in oneri di urbanizzazione primaria,
relativi a “strade residenziali, spazi di
sosta o di parcheggio, fognature, rete
idrica, rete di distribuzione dell'energia
elettrica e del gas, pubblica illuminazione,
spazi di verde attrezzato”, nonché a “cavedi
multiservizi” e “cavidotti per il
passaggio di reti di telecomunicazioni”,
e oneri di urbanizzazione secondaria,
relativi invece a “asili nido e scuole
materne, scuole dell'obbligo nonché
strutture e complessi per l'istruzione
superiore all'obbligo, mercati di quartiere,
delegazioni comunali, chiese e altri edifici
religiosi, impianti sportivi di quartiere,
aree verdi di quartiere, centri sociali e
attrezzature culturali e sanitarie”.
Come suggerisce anche la comune logica,
quindi, si tratta di contributi economici
che l’ente locale richiede per poter
realizzare tutte quelle attrezzature che
rendono vivibile un quartiere, da quelle
stimate necessarie per un livello minimo di
benessere, coincidenti con le opere di
urbanizzazione primaria, a quelle che invece
ne completano e migliorano l’assetto in modo
consono alle esigenze della vita moderna.
La disciplina del T.U. appena descritta non
è una novità assoluta nel nostro
ordinamento, dato che riproduce l’analogo
disposto di norme precedenti, tuttora in
vigore per la loro sfera di applicazione
particolare. L’istituto degli oneri di
urbanizzazione compare per la prima volta
nell’art. 28 della l. 17.08.1942 n. 1150,
inserito dall’art. 8 della l. 06.08.1967 n.
765, che prevede come necessaria, per
lottizzare un terreno, ovvero per
l’intervento di interesse degli odierni
ricorrenti, l’autorizzazione comunale,
subordinata alla stipula di una convenzione
nella quale il lottizzante, fra l’altro, si
assuma gli “oneri relativi alle opere di
urbanizzazione primaria” nonché una “quota
parte delle opere di urbanizzazione
secondaria relative alla lottizzazione”
ovvero “necessarie per allacciare la zona
ai pubblici servizi”, precisando che “la
quota è determinata in proporzione
all’entità e alle caratteristiche degli
insediamenti delle lottizzazioni”.
L’elenco delle opere di urbanizzazione,
identico a quello dell’art. 16 T.U. citato,
è poi contenuto nella norma dell’art. 4
della l. 29.09.1964 n. 847, cui l’art. 28 fa
rinvio.
Essendo poi, come ben noto, l’urbanistica
materia di competenza regionale,
dell’istituto si occupa anche la relativa
legislazione: per la Lombardia, in
particolare, rileva qui l’art. 44 della pure
citata l. 12/2005, secondo il quale sono
oneri di urbanizzazione primaria quelli
relativi “alle seguenti opere: strade,
spazi di sosta o di parcheggio, fognature,
rete idrica, rete di distribuzione
dell'energia elettrica e del gas, cavedi
multiservizi e cavidotti per il passaggio di
reti di telecomunicazioni, pubblica
illuminazione, spazi di verde attrezzato”
(comma 3); sono invece oneri di
urbanizzazione secondaria quelli
relativi “alle seguenti opere: asili nido
e scuole materne, scuole dell'obbligo e
strutture e complessi per l'istruzione
superiore all'obbligo, mercati di quartiere,
presidi per la sicurezza pubblica,
delegazioni comunali, chiese e altri edifici
religiosi, impianti sportivi di quartiere,
aree verdi di quartiere, centri sociali e
attrezzature culturali e sanitarie, cimiteri”
(comma 4).
Ciò posto, la classificazione di un’opera e
degli oneri ad essa relativi, nell’ambito
della urbanizzazione primaria o secondaria
ha una funzione non meramente
classificatoria, dato che ne comporta un
diverso trattamento in termini economici,
come subito risulterà chiaro. Infatti, il
concreto ammontare degli oneri in parola è
ai sensi dell’art. 16 T.U. 380/2001 in
conformità alla legislazione nazionale, che
per quanto qui interessa, all’art. 44 l.r.
12/2005, attribuisce la competenza relativa
ai Comuni. Gli stessi devono poi conformarsi
alla legislazione nazionale di principio, e
quindi, per le nuove lottizzazioni alla
regola per cui le opere di urbanizzazione
primaria sono per intero a carico del
lottizzante, mentre quelle di
urbanizzazione secondaria lo sono solo
per una quota parte, mentre la residua grava
sulle casse pubbliche.
Nel caso di specie, l’art. 11 delle NTA si
conformava, e si conforma tuttora, a tale
principio: al comma 6 dispone che il
promotore del piano attuativo, ovvero dello
strumento con cui si procede concretamente
alla lottizzazione, “dovrà provvedere
alla realizzazione di tutte le opere di
urbanizzazione primaria… assumendo in
proprio, senza diritto di rimborso o di
rivalsa nei confronti del Comune,
l’eventuale maggiore spese tra l’importo
degli oneri di urbanizzazione primaria ed il
costo delle opere medesime”; al comma 7
invece prevede che lo stesso promotore “dovrà
farsi carico della realizzazione delle opere
di urbanizzazione secondaria” solo per
gli importi risultanti dalla relativa
tabella ivi inserita. In tale contesto, è
allora del tutto ovvio come l’art. 11, comma
8, delle NTA annullato rappresentasse una
norma di favore per il privato, obbligato in
tal senso ad accollarsi solo una parte del
costo relativo alle strade ivi considerate.
Si tratta allora di vedere se tale norma di
favore fosse conforme a legge ovvero, così
come ritenuto dal Comune, contraria alla
stessa.
Il Comune, come si è detto in narrativa, si
è espresso per la seconda ipotesi,
sostenendo che la classificazione di strade
fra le opere di urbanizzazione secondaria e
non primaria sia contraria al riportato art.
44 della l.r. 12/2005, che fa rientrare in
tale ultima categoria tutte le “strade”,
senza restrizioni di sorta. E’ conclusione
che il Collegio ritiene di condividere, in
quanto conforme, come subito si illustrerà,
anche alla descritta normativa nazionale.
Se si esamina la lettera delle norme
nazionali in materia sopra citate, si
osserva infatti che l’elenco delle opere
di urbanizzazione secondaria, tanto nel
comma 8 dell’art. 16 T.U. quanto nell’art. 4
della l. 847/1964, non contiene alcun
riferimento alle “strade”. Tale
tipologia di opere, che peraltro secondo
logica è del tutto essenziale per la
vivibilità, e prima di essa per la stessa
fisica accessibilità, di un qualsiasi
quartiere, alla lettera non è poi
contemplata in via generale nemmeno
dall’elenco delle opere di urbanizzazione
primaria, che si limita a includere le “strade
residenziali”. Sembrerebbe allora che
solo la classificazione di tale presunta
tipologia particolare sia definita, mentre
la classificazione delle altre strade
potrebbe ritenersi libera. Una
interpretazione sistematica ed una analisi
della giurisprudenza edita e della prassi
disponibile, peraltro, inducono a
conclusioni diverse.
In primo luogo, si deve osservare che la
tipologia delle “strade residenziali”
non è in alcun modo definita in via generale
dalle norme dell’ordinamento in materia, ed
è in particolare sconosciuta all’art. 2 del
d.lgs. 30.04.1992 n. 385, che le strade
classifica in via generale, nonché all’art.
2 del regolamento attuativo D.P.R.
16.12.1992, n. 495. Un accenno è contenuto
nell’art. 178 di tale regolamento, che
annovera le “strade residenziali” fra
quelle sulle quali possono essere posati i
dossi rallentatori, ma ancora senza
definirne in generale la tipologia. Non
esattamente pertinente appare infine l’art.
135 del medesimo regolamento, nella parte in
cui descrive il segnale 318, che indica
propriamente non una “strada residenziale”,
ma una “zona residenziale”, comunque
solo ai fini di particolari restrizioni alla
guida.
La tipologia stessa nemmeno è definita in
via generale dalla giurisprudenza edita: un
accenno in tal senso si trova soltanto in
Cass. civ. sez. trib. 23.10.2003 n. 15948,
che si pronuncia su una questione non
strettamente urbanistica, ovvero sulla
applicabilità dell’agevolazione fiscale
prevista ai fini IVA per chi realizza opere
di urbanizzazione, e definisce in tal senso
le strade residenziali come tutte le strade
realizzate in aree destinate ad accogliere
insediamenti abitativi, anche se fuori dal
centro urbano, eccettuandone soltanto le
strade al servizio di aree industriali. E’
però chiaro che in tali termini le strade
considerate dall’annullato comma 8 dell’art.
11 delle NTA di cui si ragiona sarebbero
comunque opere di urbanizzazione primaria,
così come ritenuto dal Comune nell’atto
impugnato.
Significativa è poi la motivazione di C.d.S.
sez. V 25.06.2007 n. 3635, per cui “Non
si può ritenere… che le norme urbanistiche,
nell'inserire le strade residenziali tra le
opere di urbanizzazione primaria,
abbiano fatto riferimento al solo manto
stradale e, per quanto concerne
specificamente i piani per l'edilizia
pubblica, al solo manto stradale
strettamente aderente agli immobili da
realizzare (ovvero circostanti a questi) e,
addirittura, senza collegamenti con la
viabilità preesistente (quale quella… che
permette la comunicazione con la vicina area
lottizzata).” Delle strade in questione,
quindi, si assume un concetto ampio, che
sicuramente coincide con tutte le strade il
cui tratto sia “incluso o prospiciente”
una lottizzazione, avvalorando ancora una
volta l’impostazione del Comune intimato.
Infine, altre decisioni, pur senza
soffermarsi espressamente sul punto,
comprendono senz’altro tutte le strade,
senza distinguerle in alcun modo, fra le
opere di urbanizzazione primaria: così
ad esempio TAR Sicilia Catania sez. III
08.04. 2010 n. 1076 e 12.04.2006 n. 565.
Un orientamento simile si ritrova poi nella
prassi di alcuni enti locali rintracciabile
in rete, e da ritenere quindi fatto notorio:
possono valere per tutti il parere
10.01.2011 prot. n. 599 del Servizio per gli
affari istituzionali e il sistema delle
autonomie locali della Regione Friuli, in
cui, al fine di individuare le strade
suscettibili di accogliere i citati dossi
rallentatori, si dà atto della mancanza di
una definizione generale e si indicano le “strade
ricadenti in una particolare zona del
territorio comunale, formalmente individuata
come zona residenziale”, e quindi ancora
si includono quelle contemplate nella norma
per cui è causa.
Allo stesso modo, la Provincia di Lecce, nel
proprio Servizio di assistenza agli enti
locali, individua come strade residenziali
tutte quelle “realizzate in funzione di
un centro abitato costruito o costruendo“
(TAR
Lombardia-Brescia, Sez. I,
sentenza 14.05.2012 n. 833 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: L.
Bellagamba,
Lavori a scomputo sotto soglia: l’incerta
determinazione n. 7/2012 dell’Autorità
(20.03.2012 - link a
www.linobellagamba.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Corte
conti su opere di urbanizzazione. Esecuzione
diretta solo se c'è l'accordo.
La realizzazione senza gara, con affidamento
diretto al privato titolare del permesso di
costruire, di opere di urbanizzazione
primaria di importo inferiore a 5 milioni
non è possibile per le convenzioni già
stipulate alla data del 06.12.2011, ma
il privato e il comune possono modificare la
convenzione prevedendo l'esecuzione diretta
da parte del costruttore.
È quanto afferma
la Corte dei conti, con il
parere 14.03.2012 n.
64 della sezione regionale di controllo per la
Lombardia, che ha
preso in esame gli effetti della nuova norma
che disciplina la possibilità di procedere
all'esecuzione diretta, senza gara, delle
opere di urbanizzazione primaria di importo
inferiore alla soglia comunitaria.
Oggetto
della delibera era quindi l'articolo 45 del
decreto legge n. 201/2011, convertito nella
legge n. 214/2011, che ha introdotto
all'interno del corpo dell'articolo 16 del
dpr n. 380/2001, il comma 2-bis il quale
dispone che «nell'ambito degli strumenti
attuativi e degli atti equivalenti comunque
denominati nonché degli interventi in
diretta attuazione dello strumento
urbanistico generale, l'esecuzione diretta
delle opere di urbanizzazione primaria di
cui al comma 7, di importo inferiore alla
soglia di cui all'articolo 28, comma 1,
lettera c), del decreto legislativo 12.04.2006, n. 163, funzionali
all'intervento di trasformazione urbanistica
del territorio, è a carico del titolare del
permesso di costruire e non trova
applicazione il decreto legislativo 12.04.2006, n. 163».
Questa nuova norma,
che prevede la possibilità (ma non
l'obbligo) dell'esecuzione diretta con
esclusione della gara, si applica soltanto
alle opere sotto soglia perché per
l'esecuzione «a scomputo» di opere di
urbanizzazione di importo superiore alla
soglia comunitaria rimane ferma sia
l'ipotesi della gara indetta dal privato per
la realizzazione delle opere di
urbanizzazione, sia l'ipotesi dell'esercizio
da parte dell'amministrazione delle funzioni
di stazione appaltante.
La magistratura contabile si esprime
rispetto a una fattispecie in cui la nuova
norma del decreto-legge n. 201/2011 era
entrata in vigore fra il perfezionarsi della
convenzione edilizia ed il suo adempimento
mediante procedura negoziata ex articolo 57,
comma 6, del Codice dei contratti pubblici
con invito di almeno tre operatori
economici. In altre parole si chiedeva alla
Corte dei conti se la norma sull'affidamento
diretto potesse o meno rendere superflua la
procedura negoziata prevista dalla
convenzione per l'individuazione del
soggetto tenuto alla realizzazione delle
opere di urbanizzazione accessorie e imporre
l'automatico affidamento dei lavori allo
stesso soggetto titolare della convenzione
medesima.
In particolare la Corte ha
affermato che il sopravvenire del decreto n.
201/2011 (entrato in vigore il 06.12.2011) «non può incidere, salvo diverso
accordo delle parti, su una fattispecie in
cui diritti e obblighi reciproci (sotto il
profilo esecutivo) sono già definiti
contrattualmente; è chiaro, infatti, che
diversamente opinando una delle parti
dell'accordo vedrebbe irrimediabilmente leso
il suo interesse consolidato nell'accordo pattizio».
I magistrati contabili specificano quindi
che la novella introdotta dall'articolo 45
si applicherà alle sole convenzioni edilizie
concluse successivamente la sua entrata in
vigore
(articolo ItaliaOggi del
23.03.2012 - tratto da
www.corteconti.it). |
EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: Si
vuole sapere quale normativa sia applicabile per
l’ipotesi in cui il privato parte della convenzione
di lottizzazione (c.d. attuatore) o titolare del
permesso di costruire abbia già assunto l’impegno
alla realizzazione a scomputo delle opere di
urbanizzazione prima dell’entrata in vigore del d.l.
n. 201/2011 ma non abbia ancora chiesto il rilascio
del permesso di costruire per tali opere
complementari, né sia stata ancora bandita la gara
per l’individuazione dell’appaltatore.
Detto in altri termini, si vuole sapere se il
sopraggiungere del d.l. n. 201/2011 tra il
perfezionarsi della convenzione edilizia ed il suo
adempimento (mediante procedura negoziata) possa o
meno rendere superflua la procedura negoziata stessa
per l’individuazione del soggetto tenuto alla
realizzazione delle opere di urbanizzazione
accessorie ed imporre l’automatico affidamento dei
lavori allo stesso soggetto titolare della
convenzione medesima.
La novella introdotta dall’articolo 45 d.l. n.
210/2011 trova applicazione per le sole convenzioni
edilizie concluse successivamente la sua entrata in vigore
(conformemente, del resto, alla citata deliberazione
dell’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici).
Resta ferma, naturalmente, la facoltà del privato e
dell’amministrazione comunale di addivenire ad una modifica
concordata della convenzione edilizia già stipulata
conformemente alla nuova facoltà prevista dall’articolo 16,
comma 2-bis, del DPR 380/2001.
---------------
Il sindaco del comune di Samarate, con nota n. 4428 del
28.02.2012, chiedeva all’adita Sezione l’espressione di un
parere in ordine alle modalità di affidamento e
realizzazione delle opere di urbanizzazione connesse al
rilascio di un permesso di costruire.
In particolare, il comune di Samarate precisava quanto
segue:
- che con l’articolo 45 del d.l. n. 201/2011 veniva
modificato l’articolo 16 del DPR n. 380/2001 con
l’inserimento del comma 2-bis a mente del quale “nell'ambito
degli strumenti attuativi e degli atti equivalenti comunque
denominati nonché degli interventi in diretta attuazione
dello strumento urbanistico generale, l'esecuzione diretta
delle opere di urbanizzazione primaria di cui al comma 7, di
importo inferiore alla soglia di cui all'articolo 28, comma
1, lettera c), del decreto legislativo 12.04.2006, n. 163,
funzionali all'intervento di trasformazione urbanistica del
territorio, è a carico del titolare del permesso di
costruire e non trova applicazione il decreto legislativo
12.04.2006, n. 163";
- che pertanto le opere di urbanizzazione di importo
inferiore alla soglia di rilevanza comunitaria non devono
più essere affidate mediante procedura di gara ma sono
direttamente a carico del titolare del permesso di
costruire;
- che l’onere sopportato dal titolare del permesso di
costruire viene poi compensato con l’importo dovuto dallo
stesso al comune a titolo di contributo costo di costruzione
ex art. 16, comma 3, DPR 380/2001.
Sulla base di tali premesse, il Sindaco dell’ente locale
formulava il seguente duplice quesito:
a) se, qualora il privato “lottizzante” o titolare
del permesso di costruire abbia già assunto –con atto
convenzionale sottoscritto e registrato prima dell’entrata
in vigore del d.l. n. 201/2011– l’obbligo di eseguire, a
scomputo degli oneri, delle opere di urbanizzazione primaria
di importo inferiore alla soglia comunitaria con procedura
di gara, sia possibile procedere all’affido diretto delle
opere da realizzare ai sensi del novellato articolo 16,
comma 2-bis, d.p.r. 380/2001 oppure occorra rispettare la
previgente disciplina e procedere all’affidamento mediante
procedura negoziata, tenendo presente che ancora non è stata
presentata istanza per il rilascio del permesso di costruire
relativamente alle suddette opere di urbanizzazione;
b) la tipologia di atto amministrativo da adottare per
integrare l’originaria convenzione edilizia al fine di
affidare direttamente l’esecuzione al privato.
...
La questione proposta dal sindaco del comune di Samarate
concerne l’individuazione della normativa applicabile per la
realizzazione degli interventi di urbanizzazione connessi al
rilascio di un permesso di costruire (o alla conclusione di
un convenzione di lottizzazione) antecedentemente
l’intervento dell’articolo 45 del decreto legge n. 201/2011,
convertito nella legge n. 214/2011.
Con tale articolo è stato inserito, all’interno del corpo
dell’articolo 16 del D.P.R. n. 380/2001, il comma 2-bis a
mente del quale “nell'ambito degli strumenti attuativi e
degli atti equivalenti comunque denominati nonché degli
interventi in diretta attuazione dello strumento urbanistico
generale, l'esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione
primaria di cui al comma 7, di importo inferiore alla soglia
di cui all'articolo 28, comma 1, lettera c), del decreto
legislativo 12.04.2006, n. 163, funzionali all'intervento di
trasformazione urbanistica del territorio, è a carico del
titolare del permesso di costruire e non trova applicazione
il decreto legislativo 12.04.2006, n. 163".
Tale normativa, come risulta dall’articolo 50 del d.l. n.
201/2011, è entrata in vigore il giorno stesso della
pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale e cioè il 06.12.2011.
Prima dell’intervento del citato decreto legge 201, il
combinato disposto degli artt. 32, comma 1, lett. F), 57,
comma 6, e 122, comma 8, del d.lgs. n. 163/2006 (Codice dei
contratti) imponevano che l’individuazione del soggetto
incaricato della realizzazione delle opere di urbanizzazione
primaria di valore inferiore alla soglia comunitaria
avvenisse mediante una procedura negoziata senza previa
pubblicazione del bando di gara.
In seguito al citato intervento normativo, con riferimento
ai lavori di importo inferiore alla soglia comunitaria viene
espressamente esclusa l’applicabilità del Codice dei
contratti e viene previsto (non come obbligo ma come
possibilità) l’automatico affidamento dei lavori al titolare
del permesso di costruire, lavori il cui costo andrà
compensato (c.d. scomputo) con gli oneri dovuti dal medesimo
titolare come contributo al costo di costruzione.
In tale successione normativa si pone il quesito proposto
dal comune di Samarate.
Si vuole sapere, in sintesi, quale normativa sia applicabile
per l’ipotesi in cui il privato parte della convenzione di
lottizzazione (c.d. attuatore) o titolare del permesso di
costruire abbia già assunto l’impegno alla realizzazione a
scomputo delle opere di urbanizzazione prima dell’entrata in
vigore del d.l. n. 201/2011 ma non abbia ancora chiesto il
rilascio del permesso di costruire per tali opere
complementari, né sia stata ancora bandita la gara per
l’individuazione dell’appaltatore.
Detto in altri termini, si vuole sapere se il sopraggiungere
del d.l. n. 201/2011 tra il perfezionarsi della convenzione
edilizia ed il suo adempimento (mediante procedura
negoziata) possa o meno rendere superflua la procedura
negoziata stessa per l’individuazione del soggetto tenuto
alla realizzazione delle opere di urbanizzazione accessorie
ed imporre l’automatico affidamento dei lavori allo stesso
soggetto titolare della convenzione medesima.
Per la soluzione del quesito è opportuno ricordare quali
sono le modalità di realizzazione delle opere di
urbanizzazione “a scomputo”.
L’articolo 32, comma 1, lett. F), del d.lgs. n. 163/2006
prevede, per l’esecuzione “a scomputo” di opere di
urbanizzazione di importo superiore alla soglia comunitaria,
“sia l'ipotesi della gara indetta dal privato per la
realizzazione delle opere di urbanizzazione, sia l'ipotesi
dell'esercizio da parte dell'amministrazione delle funzioni
di stazione appaltante. Infatti, la norma dispone che
l'amministrazione che rilascia il permesso di costruire può
prevedere che il soggetto che richiede tale permesso
presenti con la relativa istanza un "progetto preliminare"
delle opere da eseguire, allegando lo schema del contratto
di appalto; sulla base di tale progetto l'amministrazione
potrà quindi indire una gara. In sostanza, quando il privato
sceglie di eseguire opere di urbanizzazione invece di pagare
i relativi oneri, si può prevedere che lo stesso gestisca
interamente la procedura ovvero che una parte del
procedimento (la gara) sia da gestita dall'amministrazione”
(determinazione
16.07.2009 n. 7 Autorità di Vigilanza sui contratti pubblici).
Analoga alternativa riguardava, antecedentemente il d.l. n.
201/2011, i lavori di importo inferiore alla soglia
comunitaria.
Il rinvio operato dall'articolo 122, comma 8, all'articolo
32, richiama infatti le due distinte modalità di
realizzazione delle opere a scomputo previste dalla
norma citata ovvero:
a) il privato titolare del permesso di costruire applica per
la realizzazione delle opere a scomputo degli oneri di
urbanizzazione la procedura prevista dall'articolo 57, comma
6, del Codice;
b) la pubblica amministrazione acquisisce dal privato
titolare del permesso di costruire il progetto preliminare e
bandisce la gara per la realizzazione delle opere a scomputo
degli oneri di urbanizzazione e procede applicando la
procedura prevista dall'articolo 57, comma 6, del Codice.
Dunque,
l’interesse del privato, titolare del permesso di
costruire o della convenzione di lottizzazione, alla
realizzazione a scomputo delle opere di urbanizzazione
doveva trovare espressa previsione nell’atto convenzionale
stipulato con l’Amministrazione (nella stessa convenzione
edilizia o in altro atto a latere).
Tale atto convenzionale, appartenente alla categoria degli
accordi sostitutivi del provvedimento di cui all’articolo 11
legge n. 241/1990, vincola le parti conformemente ai
principi del codice civile.
Da esso sorge,
detto in altri termini,
l’obbligo per il privato (o per l’ente
locale) di dar corso alla procedura negoziata,
conformemente alla normativa in vigore al momento in
cui è sorto.
Il sopravvenire del decreto n. 201/2011 non
può quindi incidere, salvo diverso accordo delle parti, su
una fattispecie in cui diritti ed obblighi reciproci (sotto
il profilo esecutivo) sono già definiti contrattualmente. E’
chiaro, infatti, che diversamente opinando una delle parti
dell’accordo vedrebbe irrimediabilmente leso il suo
interesse consolidato nell’accordo pattizio.
Riassumendo quanto esposto, in relazione al quesito posto
dal comune di Samarate va quindi precisato che
la novella introdotta dall’articolo 45 d.l. n.
210/2011 troverà applicazione per le sole convenzioni
edilizie concluse successivamente la sua entrata in vigore
(conformemente, del resto, alla citata deliberazione
dell’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici).
Resta ferma, naturalmente, la facoltà del privato e
dell’amministrazione comunale di addivenire ad una modifica
concordata della convenzione edilizia già stipulata
conformemente alla nuova facoltà prevista dall’articolo 16,
comma 2-bis, del DPR 380/2001
(Corte dei Conti, Sez. controllo Lombardia,
parere 14.03.2012 n. 64). |
EDILIZIA PRIVATA:
L'art. 16, comma 2, del d.p.r. n.
380/2001 (che ha riprodotto l'art. 11, comma
1, della legge n. 10/1977) consente al privato
di eseguire direttamente le opere di
urbanizzazione in alternativa al pagamento
dei connessi oneri (con possibilità quindi
di ottenerne poi lo scomputo da quanto deve
pagare a titolo di oneri di urbanizzazione
primaria e secondaria), ma tale facoltà ha
effetto soltanto se la proposta del privato
sia accettata dal Comune secondo le modalità
e le garanzie dettate dal medesimo e
previste in una convenzione o in un atto
unilaterale d’obbligo.
Pur essendo previsto che il soggetto che
richiede il permesso di costruire, a
scomputo totale o parziale della quota
dovuta a titolo di contributo di
costruzione, può obbligarsi a realizzare
direttamente le opere di urbanizzazione, sia
primarie che secondarie, con le modalità e
le garanzie stabilite dal Comune, tale
iniziativa è, sempre subordinata ad una
valutazione del Comune. In tal senso, la
giurisprudenza ha precisato che l'ammissione
allo scomputo costituisce oggetto di una
valutazione ampiamente discrezionale da
parte dell'amministrazione (che ben può
optare per soluzioni diverse senza obbligo
di specifica motivazione) ed un vero e
proprio diritto sorge in capo al privato
proponente allorché, a fronte della
realizzazione da parte sua di opere di
urbanizzazione ovvero dell'impegno a
realizzarle, vi sia stato un espresso atto
di "accettazione" consensuale da parte della
stessa amministrazione.
Secondo giurisprudenza consolidata, l'art.
16, comma 2, del d.p.r. n. 380/2001 (che ha
riprodotto l'art. 11, comma 1, della legge
n. 10/1977) consente al privato di eseguire
direttamente le opere di urbanizzazione in
alternativa al pagamento dei connessi oneri
(con possibilità quindi di ottenerne poi lo
scomputo da quanto deve pagare a titolo di
oneri di urbanizzazione primaria e
secondaria), ma tale facoltà ha effetto
soltanto se la proposta del privato sia
accettata dal Comune secondo le modalità e
le garanzie dettate dal medesimo e previste
in una convenzione o in un atto unilaterale
d’obbligo.
Inoltre, pur essendo previsto che il
soggetto che richiede il permesso di
costruire, a scomputo totale o parziale
della quota dovuta a titolo di contributo di
costruzione, può obbligarsi a realizzare
direttamente le opere di urbanizzazione, sia
primarie che secondarie, con le modalità e le
garanzie stabilite dal Comune, tale
iniziativa è, sempre subordinata ad una
valutazione del Comune. In tal senso, la
giurisprudenza ha precisato che l'ammissione
allo scomputo costituisce oggetto di una
valutazione ampiamente discrezionale da
parte dell'amministrazione (che ben può
optare per soluzioni diverse senza obbligo
di specifica motivazione) ed un vero e
proprio diritto sorge in capo al privato
proponente allorché, a fronte della
realizzazione da parte sua di opere di
urbanizzazione ovvero dell'impegno a
realizzarle, vi sia stato un espresso atto
di "accettazione" consensuale da
parte della stessa amministrazione (Sez. IV,
21.04.2008 n. 1811)
(TAR Sicilia-Catania, Sez. I,
sentenza 02.02.2012 n. 279 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Il comma 2 dell’art. 16 del
d.P.R. 380 del 2001 stabilisce che “a
scomputo totale o parziale della quota
dovuta, il titolare del permesso può
obbligarsi a realizzare direttamente le
opere di urbanizzazione, nel rispetto
dell'articolo 2, comma 5, della legge
11.02.1994, n. 109, e successive
modificazioni, con le modalità e le garanzie
stabilite dal comune, con conseguente
acquisizione delle opere realizzate al
patrimonio indisponibile del comune”.
La giurisprudenza ha costantemente
interpretato il suddetto articolo nel senso
che il tipo e l’entità delle opere ammesse a
scomputo, nonché la quota di oneri che su
tale presupposto non è dovuta, debbono
essere concordati formalmente con il Comune,
dovendovi essere un espresso atto di
«accettazione» consensuale da parte della
stessa Amministrazione, anche informale
purché esplicito, con la conseguenza che, in
assenza di qualsivoglia partecipazione
consensuale dell'Ente, anche solo ex post,
gli oneri contributivi, così come
determinati, devono essere integralmente
corrisposti.
Le suddette opere devono, quindi, essere
dettagliatamente individuate, e non è
considerato sufficiente un mero computo
estimativo.
... la società Carlotta ha contestato la
violazione dell’art. 16 del d.P.R. 380 del
2001 sotto il profilo del mancato scomputo
dalle somme dovute a titolo di oneri
concessori di alcune opere di urbanizzazione
primaria asseritamente contenute nel computo
metrico estimativo vistato dall’organo
tecnico comunale competente.
Più precisamente, il Comune avrebbe dovuto
scomputare il costo degli spazi di sosta e
parcheggio, realizzati dalla ditta Carlotta,
per un totale di € 52.687,06, da sottrarre
alla somma addebitata alla società per il
pagamento e rateizzata (€ 137.438,67),
sicché la somma finale avrebbe dovuto essere
pari a € 84.571,61.
Il motivo non merita accoglimento.
Il comma 2 dell’art. 16 del d.P.R. 380 del
2001 stabilisce che “a scomputo totale o
parziale della quota dovuta, il titolare del
permesso può obbligarsi a realizzare
direttamente le opere di urbanizzazione, nel
rispetto dell'articolo 2, comma 5, della
legge 11.02.1994, n. 109, e successive
modificazioni, con le modalità e le garanzie
stabilite dal comune, con conseguente
acquisizione delle opere realizzate al
patrimonio indisponibile del comune”.
La giurisprudenza ha costantemente
interpretato il suddetto articolo nel senso
che il tipo e l’entità delle opere ammesse a
scomputo, nonché la quota di oneri che su
tale presupposto non è dovuta, debbono
essere concordati formalmente con il Comune
(Cons. St., sez. V, 01.06.1998 n. 701),
dovendovi essere un espresso atto di «accettazione»
consensuale da parte della stessa
Amministrazione (TAR Napoli, sez. VIII,
07.07.2010, n. 16606), anche informale
purché esplicito (Tar Napoli, sez. VIII,
17.09.2009, n. 4983), con la conseguenza
che, in assenza di qualsivoglia
partecipazione consensuale dell'Ente, anche
solo ex post, gli oneri contributivi,
così come determinati, devono essere
integralmente corrisposti.
Le suddette opere devono, quindi, essere
dettagliatamente individuate, e non è
considerato sufficiente un mero computo
estimativo (TAR Napoli, sez. II, 11.09.2009,
n. 4934) (TAR Sicilia-Palermo, Sez. II,
sentenza 18.01.2012 n. 126 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA:
C. Medici,
BREVI NOTE SULL’ESECUZIONE DIRETTA DELLE
OPERE DI URBANIZZAZIONE PRIMARIA SOTTO
SOGLIA DOPO IL DECRETO “SALVA ITALIA”
(link a www.gazzettaamministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Gli
edifici per servizi religiosi sono da
annoverare tra le opere di urbanizzazione
secondaria ai sensi dell’art. 4, 2° comma,
lettera ‘e’, della legge 18.04.1962 n. 167,
così come modificato dall’art. 44 della
legge 22.10.1971 n. 865.
Pertanto, è illegittimo il provvedimento
adottato dal Consiglio comunale con il quale
si è esclusa la Congregazione Cristiana dei
Testimoni di Geova dalla concessione del
contributo previsto e disciplinato dalla L.
09.03.1990 n. 27 della Regione Lazio.
... per l'annullamento del provvedimento
adottato dal Consiglio comunale del Comune
di Guidonia Montecelio in data 28.02.1997,
deliberazione n. 9, comunicato con nota prot.
n. 5799 del 03.04.1997, con cui
l’Amministrazione ha escluso la
Congregazione Cristiana dei Testimoni di
Geova dalla concessione del contributo
previsto e disciplinato dalla L. 09.03.1990
n. 27 della Regione Lazio.
...
RITENUTO
che l’assorbente profilo di doglianza
dedotto con il primo motivo di gravame
meriti condivisione, in quanto:
a) tanto l’art. 4 della L. n. 847 del 1964,
che l’art. 4, comma 2°, della L. 18.04.1962
n. 167 inseriscono le “chiese ed altri
edifici religiosi” fra le “opere di
urbanizzazione secondaria”;
b) l’art. 2 della L. Reg. Lazio n. 27 del
1990 stabilisce -ancor più specificamente-
che gli edifici e le attrezzature di comune
interesse religioso devono essere
considerate quali opere di urbanizzazione
secondaria destinate alle provvidenze di
legge;
c) la giurisprudenza amministrativa afferma
che “gli edifici per servizi religiosi
sono da annoverare tra le opere di
urbanizzazione secondaria ai sensi dell’art.
4, 2° comma, lettera ‘e’, della legge
18.04.1962 n. 167, così come modificato
dall’art. 44 della legge 22.10.1971 n. 865”
(CS, V, 01.06.1992 n. 489) (TAR
Lazio-Roma, Sez. II,
sentenza 10.01.2012 n. 192 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Le
opere di urbanizzazione secondaria (asili,
scuole materne, scuole dell'obbligo,
strutture e complessi per l'istruzione
superiore all'obbligo, mercati di quartiere,
delegazioni comunali, chiese e altri edifici
religiosi, impianti sportivi di quartiere,
centri sociali e attrezzature culturale e
sanitarie, aree verdi di quartiere) sono per
loro natura strutture a servizio di una
parte del territorio.
Occorre, in altre parole, che tali impianti
abbiano, in primo luogo, un’attinenza, sotto
il profilo delle dimensioni, al quartiere
nel quale sorgono (requisito, quest'ultimo,
richiesto in specifico, ed esclusivamente,
per i mercati, gli impianti sportivi e le
aree destinate a verde).
Né possono annoverarsi tra gli impianti
sportivi, in quanto opere di urbanizzazione
secondaria, le strutture sportive in tutto o
in parte riservate, posto che gli impianti
sportivi sono opere di urbanizzazione
unicamente se siano a disposizione del
quartiere e ad esso correlate.
Tali opere di urbanizzazione secondaria
possono essere qualificate di quartiere,
tuttavia, non soltanto nel caso in cui siano
destinate ad essere utilizzate dagli
abitanti di una determinata zona urbana, ma
anche quando sono realizzate per essere
messe a disposizione dell'intera
popolazione; infatti, per qualificare
l’impianto come impianto di quartiere,
occorre che tale impianto sia destinato ad
un uso pubblico, ovvero sia messo a
disposizione della collettività, anche se
dietro pagamento di un corrispettivo, e non
sia destinato ad essere utilizzato
esclusivamente o prevalentemente da
particolari categorie di soggetti, come ad
esempio gli iscritti a società sportive, o i
tesserati federali, cosa che non accade,
infatti (non essendovi alcuna prova, neppure
indiziaria al riguardo in atti), per
l’impianto in oggetto, destinato, come
detto, principalmente allo svolgimento di
gare di bocce a vantaggio della collettività
del quartiere.
In via generale, le opere di urbanizzazione
secondaria (asili, scuole materne, scuole
dell'obbligo, strutture e complessi per
l'istruzione superiore all'obbligo, mercati
di quartiere, delegazioni comunali, chiese e
altri edifici religiosi, impianti sportivi
di quartiere, centri sociali e attrezzature
culturale e sanitarie, aree verdi di
quartiere) sono per loro natura strutture a
servizio di una parte del territorio
(Consiglio di Stato, sez. V, 01.02.1995, n.
162).
Occorre, in altre parole, che tali impianti
abbiano, in primo luogo, un’attinenza, sotto
il profilo delle dimensioni, al quartiere
nel quale sorgono (requisito, quest'ultimo,
richiesto in specifico, ed esclusivamente,
per i mercati, gli impianti sportivi e le
aree destinate a verde) (cfr., a
contrariis, Consiglio di Stato , sez. V,
01.06.1992, n. 489).
Né possono annoverarsi tra gli impianti
sportivi, in quanto opere di urbanizzazione
secondaria, le strutture sportive in tutto o
in parte riservate, posto che gli impianti
sportivi sono opere di urbanizzazione
unicamente se siano a disposizione del
quartiere e ad esso correlate.
Come è stato, infatti, chiarito anche sotto
il profilo fiscale (Agenzia delle entrate,
risoluzione del 12.10.2001, n. 157/E), la
realizzazione della citata opera configura
opera di urbanizzazione secondaria (e, come
tale, soggetta ad aliquota IVA ridotta al
10%) solo se l’impianto è da ritenersi di
pubblica utilità e destinato alla
collettività, pur se costruito e/o gestito
con concessione da un soggetto privato;
tuttavia, con riguardo al possibile
svolgimento di un’attività agonistica
(peraltro di rilievo addirittura
internazionale, come nella specie), come ha
anche chiarito la risoluzione ministeriale
n. 361922 del 04.11.1986, non vengono
modificate le caratteristiche di opera di
urbanizzazione unicamente se tale attività
sia del tutto secondaria e residuale.
Tali opere di urbanizzazione secondaria
possono essere qualificate di quartiere,
tuttavia, non soltanto nel caso in cui siano
destinate ad essere utilizzate dagli
abitanti di una determinata zona urbana, ma
anche quando sono realizzate per essere
messe a disposizione dell'intera
popolazione; infatti, per qualificare
l’impianto come impianto di quartiere,
occorre che tale impianto sia destinato ad
un uso pubblico, ovvero sia messo a
disposizione della collettività, anche se
dietro pagamento di un corrispettivo, e non
sia destinato ad essere utilizzato
esclusivamente o prevalentemente da
particolari categorie di soggetti, come ad
esempio gli iscritti a società sportive, o i
tesserati federali, cosa che non accade,
infatti (non essendovi alcuna prova, neppure
indiziaria al riguardo in atti), per
l’impianto in oggetto, destinato, come
detto, principalmente allo svolgimento di
gare di bocce a vantaggio della collettività
del quartiere
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 10.01.2012 n. 58 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
F. Botteon,
L’esecuzione diretta delle opere di
urbanizzazione primaria sotto soglia: il
d.l. 201/2011 "salva Italia" sopprime
l’obbligo dell’evidenza pubblica ed equipara
il piano attuativo e l’intervento diretto
agli effetti dello scomputo (gennaio
2012 - link a www.lexitalia.it). |
anno 2011 |
|
EDILIZIA PRIVATA: LA
MANOVRA MONTI/
Le urbanizzazioni vanno a scomputo.
Urbanizzazioni primarie a scomputo a cura
del titolare del permesso di costruire.
Senza applicazione del codice dei contratti.
È questa la più importante novità apportata
in materia edilizia dalla manovra Monti, che
interviene anche su norme tecniche e piano
casa.
Urbanizzazione a scomputo. Il decreto Monti
inserisce il comma 2-bis all'articolo 16 del
Testo unico per l'edilizia (dpr 380/2001).
La nuova disposizione prevede che
nell'ambito degli strumenti attuativi e
degli atti equivalenti comunque denominati
nonché degli interventi in diretta
attuazione dello strumento urbanistico
generale, l'esecuzione diretta delle opere
di urbanizzazione primaria di importo
inferiore alla soglia comunitaria,
funzionali all'intervento di trasformazione
urbanistica del territorio, è a carico del
titolare del permesso di costruire.
La norma
riguarda le opere di urbanizzazione
primaria: si tratta di strade residenziali,
spazi di sosta o di parcheggio, fognature,
rete idrica, rete di distribuzione
dell'energia elettrica e del gas, pubblica
illuminazione, spazi di verde attrezzato e
anche i cavedi multiservizi e i cavidotti
per il passaggio di reti di
telecomunicazioni, salvo nelle aree
individuate dai comuni sulla base dei
criteri definiti dalle regioni.
L'urbanizzazione primaria si distingue da
quella secondaria, che comprende asili nido
e scuole materne, scuole dell'obbligo nonché
strutture e complessi per l'istruzione
superiore all'obbligo, mercati di quartiere,
delegazioni comunali, chiese e altri edifici
religiosi, impianti sportivi di quartiere,
aree verdi di quartiere, centri sociali e
attrezzature culturali e sanitarie. Nelle
attrezzature sanitarie sono ricomprese le
opere, le costruzioni e gli impianti
destinati allo smaltimento, al riciclaggio o
alla distruzione dei rifiuti urbani,
speciali, pericolosi, solidi e liquidi, alla
bonifica di aree inquinate.
In virtù della
modifica in commento le urbanizzazioni
primarie sono direttamente a carico del
titolare del permesso di costruire e non
devono essere attivate procedure di gara di
evidenza pubblica per la loro realizzazione.
Questo a condizione che si tratti di opere
di importo inferiore a quello previsto
dall'articolo 28 del codice dei contratti (dlgs
163/2006) e cioè euro 5.278.000.
Per queste ipotesi si verifica il cosiddetto
«scomputo» e cioè la decurtazione della
somma da quello altrimenti dovuta al comune
quale parte del contributo di costruzione.
La quota di contributo relativa agli oneri
di urbanizzazione deve essere corrisposta al
comune all'atto del rilascio del permesso di
costruire. Tuttavia a scomputo totale o
parziale della quota dovuta, ai sensi
dell'articolo 16 del T.u. Edilizia, il
titolare del permesso può obbligarsi a
realizzare direttamente le opere di
urbanizzazione, con le modalità e le
garanzie stabilite dal comune, con
conseguente acquisizione delle opere
realizzate al patrimonio indisponibile del
comune. Una possibilità, questa, che nella
manovra Monti diventa la regola.
Norme tecniche e piano casa.
Per i materiali innovativi è sempre
richiesto la dichiarazione di idoneità del
Consiglio superiore dei lavori pubblici; e
per il piano casa gli accordi di programma
diventano di competenza del solo ministro
delle infrastrutture (e non del Presidente
del consiglio dei ministri)
(articolo ItaliaOggi del 05.12.2011). |
EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: L.
Bellagamba,
L’esecuzione dei lavori a scomputo di
importo inferiore alla soglia comunitaria,
fra terzo correttivo e decreto “sviluppo” (link a www.linobellagamba.it). |
EDILIZIA PRIVATA: La
possibilità prevista dal legislatore che il
concessionario si obblighi a realizzare
direttamente le opere di urbanizzazione deve
essere concordata tra il costruttore e il
Comune mediante una convenzione urbanistica
che disciplini l’esecuzione di tali opere e
le relative garanzie.
La legge, ai fini dello scomputo, parla
indifferentemente di opere di
urbanizzazione, senza, quindi, che possa
farsi distinzione fra quelle relative
all’urbanizzazione primaria e quelle
appartenenti alla categoria delle opere di
urbanizzazione secondaria.
Va, in linea generale, premesso -in
subjecta materia- che il contributo di
urbanizzazione, quale di diritto pubblico
previsto dalla c.d. legge Bucalossi e
connesso, in particolare al rilascio della
concessione edilizia, è posto a carico del
costruttore a titolo di partecipazione del
concessionario ai costi delle opere di
urbanizzazione in proporzione all’insieme
dei benefici che la nuova costruzione ne
ritrae (cfr. Cons. Stato Sez. V 21.04.2006
n. 2258).
Ciò osservato, l’art. 11 della legge n. 10
del 27.01.1977 all’art. 1 (comma 1) dopo
aver previsto che “la quota di contributo
di cui al precedente articolo 5 è
corrisposta al Comune all’atto del rilascio
della concessione", stabilisce che “a
scomputo totale o parziale della quota
dovuta, il concessionario può obbligarsi a
realizzare direttamente le opere di
urbanizzazione con le modalità e le garanzie
stabilite dal Comune”.
La possibilità prevista dal legislatore che
il concessionario si obblighi a realizzare
direttamente le opere di urbanizzazione deve
essere concordata tra il costruttore e il
Comune mediante una convenzione urbanistica
che disciplini l’esecuzione di tali opere e
le relative garanzie.
La legge, ai
fini in esame, parla indifferentemente di
opere di urbanizzazione, senza, quindi, che
possa farsi distinzione fra quelle relative
all’urbanizzazione primaria e quelle
appartenenti alla categoria delle opere di
urbanizzazione secondaria, ma se così è, il
Comune non può, allora, sulla scorta di
quanto convenuto con l’accordo pattizio a
suo tempo sottoscritto e approvato
disconoscere il diritto allo scomputo del
costo di opere (ivi comprese quelle di
urbanizzazione secondarie qui in
contestazione, ma in concreto, peraltro non
specificatamente indicate) per le quali è
avvenuta la loro diretta esecuzione e per le
quali alcuna norma prevede che non debbono
essere computate ai fini della
quantificazione del contributo di
urbanizzazione in ipotesi dovuto
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 02.03.2011 n. 1332 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI:
Il Codice degli Appalti si
applica anche ai PRIVATI.
Il Codice degli Appalti va applicato anche
ai privati che realizzano lavori pubblici se
c'è lo scomputo degli oneri di
urbanizzazione.
Lo comunica l'Autorità di Vigilanza sui
lavori Pubblici (AVCP), precisando che “i
privati che realizzano opere pubbliche a
scomputo degli oneri di urbanizzazione sono
individuati dal codice dei contratti
pubblici come Stazioni Appaltanti e
risultano pertanto soggetti all’applicazione
del codice (art. 32, co. 1, lett. g) del
D.Lgs. 163/2006). Tali privati sono tenuti
pertanto ad effettuare le previste verifiche
dei requisiti di ordine generale in sede di
gara”.
L'AVCP, al fine di individuare questi
soggetti privati, ha istituito una apposita
banca dati contenente le informazioni dei
titolari di permesso di costruire che
realizzeranno anche opere a scomputo degli
oneri di urbanizzazione (comunicato
02.03.2011 - link a
www.autoritalavoripubblici.it). |
anno 2010 |
|
EDILIZIA PRIVATA: Pacifica
è la diversa natura degli oneri di urbanizzazione,
che compensano la collettività per il nuovo ed ulteriore
carico urbanistico che si riversa sulla zona, rispetto ai
costi di costruzione che vogliono essere una
compartecipazione comunale all’incremento di valore della
proprietà immobiliare del costruttore, a seguito della nuova
edificazione; si tratterebbe, quindi, di una prestazione
patrimoniale aggiuntiva, di carattere paratributario, che
non sarebbe negoziabile.
La terminologia adoperata di “sgravio”, “scomputo”,
“compensazione”, implica, in presenza di una convenzione
edilizia, una negoziazione inter partes, che non significa
affatto rinunce e/o abbuoni di somme dovute, ma serve per
concordare soluzioni per adempiere alle obbligazioni
previste e stabilite, in modo equivalente e sostitutivo,
fermo restando la corrispondenza all’importo pecuniario
quantificato; attraverso di essa, la parte pubblica tende a
realizzare, in modo tempestivo e proficuo, ulteriori opere a
vantaggio della collettività, circostanza che giustifica
l’utilizzo di siffatte somme paratributarie.
L’art. 16 del DPR n. 380/2001, su cui fa perno la tesi del
Comune, prevede la corresponsione di un contributo
commisurato all’incidenza degli oneri sociali di
urbanizzazione, nonché al costo di costruzione; esso,
pertanto, è composto da due quote distinte: gli
oneri di urbanizzazione, che non sono dovuti se il
titolare del permesso si obbliga a realizzare direttamente
tali opere, le quali resteranno acquisite al patrimonio
indisponibile del Comune (cd. scomputo totale e/o parziale),
ed il costo di costruzione, che, invece, essendo una
percentuale (dal 5 al 20%) rapportata non ad opere da fare
per la collettività, ma ai costi di costruzione per
tipologia edilizia, adeguati annualmente, non sono
suscettibile di entrare in quel meccanismo dello scomputo,
ma non per questo è possibile ricavare la regola fiscale di
un pagamento pecuniario.
Quel che va verificato, una volta che il Comune ha richiesto
lavori aggiuntivi alle stesse opere di urbanizzazione, è la
loro adeguatezza ai costi di costruzione dovuti; la
indisponibilità, infatti, è nel senso che essi sono previsti
e quantificati per legge, ma la forma del pagamento, con
compensazione o meno, è rimessa all’accordo delle parti.
L’art. 16 citato non costituisce, quindi, un impedimento ad
un eventuale accordo sostitutivo anche per il costo di
costruzione, né esso si pone come norma imperativa in senso
negativo, solo perché lo scomputo è oggettivamente possibile
unicamente per gli oneri urbanistici; ciò spiega il perché
la norma si è limitata ad indicare i soli oneri urbanistici
come scomputabili, ma non è affatto possibile affermare che
sussiste un divieto tassativo per forme alternative di
pagamento e/o compensazione con opere urbanistiche anche per
i costi di costruzione.
Nei casi di edilizia abitativa convenzionata (art. 17 DPR.
380/2001), invero, il costo di costruzione è barattabile con
i prezzi di vendita e i canoni di locazione (indicizzati),
mediante accordo tra Comune e costruttore.
---------------
La natura paratributaria se esclude ogni disponibilità del
quantum dovuto, che ha criteri prefissati, non impedisce al
Comune di negoziare tale importo per altri precisi
adempimenti urbanistici, quali infrastrutture ed opere
sociali e civiche.
Nella fattispecie il Comune ha espressamente compensato tali
costi con la richiesta di ulteriori lavori ed adempimenti
operativi, tanto è vero che si è premurato di stabilire il
tetto complessivo delle somme in compensazione, che, se
sforate in plus, restano a carico della sola società, senza
alcuno esborso da parte dell’ente.
Non è, pertanto, rilevabile alcuna nullità assoluta per la
clausola compensativa posta in convenzione, né è possibile
alcuna sostituzione automatica della stessa con la regola
del versamento pecuniario, che, nel caso di specie, sarebbe
aggiuntivo ed implicherebbe il pagamento, da parte del
Comune, delle opere ulteriori realizzate dalla ditta; la
forma solutoria dei costi di costruzione, fermo il quantum e
la doverosità, non ha alcuna tipizzazione monetaria
inderogabile.
---------------
... per l'annullamento DELLA DELIBERA N. 61 DELL'08.10.2009
CON CUI IL C.C. DEL COMUNE DI SPOLTORE CONVALIDA
PARZIALMENTE LA DELIBERA DI G.M. N. 49/2001 DI ADOZIONE
DELLE MODIFICHE ALLE N.T.A. DEL P.P. DIREZIONALE VILLA
RASPA; NONCHÈ DELLA DELIBERA DI G.M. N. 260 DEL 05.11.2009
NELLA PARTE IN CUI DISPONE NEI CONFRONTI DELLA DITTA
RICORRENTE IL PAGAMENTO DEL COSTO DI COSTRUZIONE E DEL
RICHIESTO PAGAMENTO.
...
La delibera comunale n. 61/2009 si prospetta come atto
modificativo dell’art. 8 delle NTA del P.P. (zona
direzionale Villa Raspa), sostituendo alla frase “potranno
essere scomputati dagli oneri concessori dovuti”, altra
che dice “potranno essere scomputati dagli oneri di
urbanizzazione primaria e secondaria dovuti”, e
dell’art. 6 della convenzione tipo allagata alle NTA,
prevedendo che “resta in ogni caso dovuto … l’importo
relativo ai costi di costruzione delle opere”; obbligo
riaffermato nel provvedimento di G.M. n. 260/2009.
IL soggetto attuatore, pertanto, dovrà realizzare a proprie
spese tutte le opere di urbanizzazione primaria, cedendole
con relative aree, infrastrutture, impianti ed attrezzature
pubbliche del comprensorio, per una percentuale del 5% “delle
Se delle zone a servizi previsti nel comprensorio”.
L’atto è stato reso immediatamente eseguibile.
IL Comune sostiene che si tratta di una variante adottata
che farà il suo percorso ex lege, ai fini
dell’approvazione, e che comunque per il richiesto pagamento
dei costi di costruzione è stato utilizzato l’art. 1419,
comma 2°, cod. civ. con la sostituzione automatica nella
convenzione della norma imperativa, rappresentata dall’art.
16 del DPR n. 380/2001, mentre gli annullamenti degli atti
rappresentano un’autotutela immediata.
Pacifica è la diversa natura degli oneri di
urbanizzazione, che compensano la collettività per il
nuovo ed ulteriore carico urbanistico che si riversa sulla
zona, rispetto ai costi di costruzione che vogliono
essere una compartecipazione comunale all’incremento di
valore della proprietà immobiliare del costruttore, a
seguito della nuova edificazione; si tratterebbe, quindi, di
una prestazione patrimoniale aggiuntiva, di carattere
paratributario, che non sarebbe negoziabile.
La terminologia adoperata di “sgravio”, “scomputo”,
“compensazione”, implica, in presenza di una
convenzione edilizia, una negoziazione inter partes,
che non significa affatto rinunce e/o abbuoni di somme
dovute, ma serve per concordare soluzioni per adempiere alle
obbligazioni previste e stabilite, in modo equivalente e
sostitutivo, fermo restando la corrispondenza all’importo
pecuniario quantificato; attraverso di essa, la parte
pubblica tende a realizzare, in modo tempestivo e proficuo,
ulteriori opere a vantaggio della collettività, circostanza
che giustifica l’utilizzo di siffatte somme paratributarie.
L’art. 16 del DPR n. 380/2001, su cui fa perno la tesi del
Comune, prevede la corresponsione di un contributo
commisurato all’incidenza degli oneri sociali di
urbanizzazione, nonché al costo di costruzione; esso,
pertanto, è composto da due quote distinte: gli
oneri di urbanizzazione, che non sono dovuti se il
titolare del permesso si obbliga a realizzare direttamente
tali opere, le quali resteranno acquisite al patrimonio
indisponibile del Comune (cd. scomputo totale e/o parziale),
ed il costo di costruzione, che, invece, essendo una
percentuale (dal 5 al 20%) rapportata non ad opere da fare
per la collettività, ma ai costi di costruzione per
tipologia edilizia, adeguati annualmente, non sono
suscettibile di entrare in quel meccanismo dello scomputo,
ma non per questo è possibile ricavare la regola fiscale di
un pagamento pecuniario.
Quel che va verificato, una volta che il Comune ha richiesto
lavori aggiuntivi alle stesse opere di urbanizzazione, è la
loro adeguatezza ai costi di costruzione dovuti; la
indisponibilità, infatti, è nel senso che essi sono previsti
e quantificati per legge, ma la forma del pagamento, con
compensazione o meno, è rimessa all’accordo delle parti.
L’art. 16 citato non costituisce, quindi, un impedimento ad
un eventuale accordo sostitutivo anche per il costo di
costruzione, né esso si pone come norma imperativa in senso
negativo, solo perché lo scomputo è oggettivamente possibile
unicamente per gli oneri urbanistici; ciò spiega il perché
la norma si è limitata ad indicare i soli oneri urbanistici
come scomputabili, ma non è affatto possibile affermare che
sussiste un divieto tassativo per forme alternative di
pagamento e/o compensazione con opere urbanistiche anche per
i costi di costruzione.
Nei casi di edilizia abitativa convenzionata (art. 17 DPR.
380/2001), invero, il costo di costruzione è barattabile con
i prezzi di vendita e i canoni di locazione (indicizzati),
mediante accordo tra Comune e costruttore.
La LRA n. 18/1983, quale modificata dalla LRA. n. 70/1995,
stabilisce anch’essa la corresponsione di un contributo
commisurato alle spese di urbanizzazione ed al costo di
costruzione (art.60), senza null’altro di particolare, il
che conferma l’assenza di ogni norma imperativa circa la
forma dell’incasso, mentre è essenziale che l’entrata
finanziaria vi sia, ancorché destinata, in contestuale, ad
altre opere pubbliche.
La natura paratributaria se esclude ogni disponibilità del
quantum dovuto, che ha criteri prefissati, non
impedisce al Comune di negoziare tale importo per altri
precisi adempimenti urbanistici, quali infrastrutture ed
opere sociali e civiche.
Nella fattispecie il Comune ha espressamente compensato tali
costi con la richiesta di ulteriori lavori ed adempimenti
operativi, tanto è vero che si è premurato di stabilire il
tetto complessivo delle somme in compensazione, che, se
sforate in plus, restano a carico della sola società,
senza alcuno esborso da parte dell’ente.
Non è, pertanto, rilevabile alcuna nullità assoluta per la
clausola compensativa posta in convenzione, né è possibile
alcuna sostituzione automatica della stessa con la regola
del versamento pecuniario, che, nel caso di specie, sarebbe
aggiuntivo ed implicherebbe il pagamento, da parte del
Comune, delle opere ulteriori realizzate dalla ditta; la
forma solutoria dei costi di costruzione, fermo il
quantum e la doverosità, non ha alcuna tipizzazione
monetaria inderogabile.
Che il Comune voglia cambiare il sistema adottato in
precedenza, è nella sua discrezionalità, ma vanno
salvaguardati gli effetti di quanto già concordato inter
partes; l’art. 136 L. n. 311/2004, invero, prevede come,
anche in ipotesi di provvedimenti illegittimi, sia
salvaguardata la posizione patrimoniale del privato che ha
il rapporto convenzionale con l’ente pubblico, rafforzando
quello che è l’affidamento del cittadino nei confronti
dell’Amministrazione, nonché gli equilibri economici
contrattati.
L’annullamento d’ufficio in autotutela risulta, inoltre,
conflittuale con l’art. 21-septies L. n. 241/1990, non
rinvenendosi nella fattispecie nessuna delle ipotesi
tassative di legge.
Conclusivamente il ricorso è accolto nei limiti degli
interessi di parte ricorrente e le spese seguono la
soccombenza
(TAR Abruzzo-Pescara,
sentenza 18.10.2010 n. 1142 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Opere di urbanizzazione a scomputo: il
ribasso d'asta va a vantaggio del privato,
se non scende sotto i valori tabellari degli
oneri dovuti.
Il sindaco del comune di Legnaro ha chiesto
un parere alla Corte dei Conti del Veneto,
ai sensi dell’art. 7, comma 8, della Legge
05.06.2003, n. 131, con un quesito che
prende le mosse da quanto affermato da
questa Sezione del controllo con il
parere 07.08.2009 n. 148.
Il Comune chiedeva se spettino
al comune i ribassi d’asta eventualmente
conseguiti in sede di gara rispetto al
corrispettivo astrattamente ed
aprioristicamente posto a base d’asta, per
quanto riguarda lo scomputo degli oneri di
urbanizzazione relativi ad opere previste
nelle convenzioni urbanistiche.
Con la deliberazione n. 94/2010/PAR la Corte
veneta ha risposto che: "Ritiene quindi la
Sezione che di fronte ad una operazione di
più ampio respiro, nella quale l’onere
assunto dal privato per la realizzazione di
opere di urbanizzazione primaria superi (e
non risulti quindi con essi in posizione di
corrispettività) gli oneri di
urbanizzazione, occorre procedere ad una
valutazione globale della fattispecie, di
modo che l’eventuale ribasso d’asta potrà
competere al privato (in applicazione, anche
in tal caso, ma in senso inverso, del
criterio del “giusto prezzo”) purché, come
suggerito dallo stesso Comune richiedente,
in casi limite, il ribasso d’asta non scenda
sotto i valori tabellari degli oneri dovuti.
Al di fuori di quest’ultima ipotesi,
infatti, il Comune sarebbe comunque
garantito che il valore delle opere da
realizzare superi comunque –a prescindere
dalla spettanza del ribasso d’asta– quanto
il privato avrebbe dovuto versare quali
oneri di urbanizzazione primaria..."
(commento tratto da http://venetoius.myblog.it
-
Corte dei Conti, Sez. giurisdiz. Veneto,
parere 28.07.2010 n.
94). |
EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: G.U.
31.07.2010 n. 177 "Trasmissione dei dati
relativi a soggetti che eseguono opere a
scomputo degli oneri di urbanizzazione"
(Autorità per la Vigilanza sui Contratti
Pubblici di Lavoro, Servizi e Forniture,
comunicato).
IL PRESIDENTE
- Visti l’art. 32, comma 1, lett. g) e
l’art. 122, comma 8 del decreto legislativo
n. 163/2006, come modificati dal decreto
legislativo n. 152/2008;
- Vista la Determinazione dell’Autorità n. 7
del 16.07.2009, avente ad oggetto
problematiche applicative delle disposizioni
in materia di opere a scomputo degli oneri
di urbanizzazione dopo il terzo decreto
correttivo del Codice dei contratti;
- Considerata la necessità di monitorare gli
appalti eseguiti da privati che assumono in
via diretta l’esecuzione delle opere di
urbanizzazione a scomputo totale o parziale
del contributo previsto per il rilascio del
permesso di costruire;
COMUNICA
- Che le amministrazioni che concedono il
permesso di costruire sono tenute a
trasmettere all’Autorità i dati
identificativi dei soggetti titolari di tale
permesso, nel caso in cui allo stesso acceda
una convenzione, o altro accordo, sulla
realizzazione di opere a scomputo degli
oneri di urbanizzazione. |
EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA:
Trasmissione dei dati relativi a soggetti
che eseguono opere a scomputo degli oneri di
urbanizzazione (comunicato
del Presidente 21.07.2010 - link
a www.anticorruzione.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Contributo per
le urbanizzazioni - Opere a scomputo -
Diritto soggettivo alla realizzazione - Non
sussiste, presupponendosi sempre il consenso
e la volontà da parte dell'Ente locale.
2. Opere di
urbanizzazione - Tipicità - Sussiste -
Standard urbanistici - Tipicità - Non
sussiste - Legittimità di principio della
realizzazione di standard in aggiunta alle
opere di urbanizzazione - Sussiste.
1. La realizzazione di opere a scomputo del
contributo per le urbanizzazioni non
costituisce una sorta di diritto soggettivo
in capo all'operatore, ma presuppone sempre
il consenso e la volontà da parte dell'Ente
locale.
2. A proposito del rapporto fra opere di
urbanizzazione e standard urbanistici, le
prime sono previste espressamente dalla
legge, secondo un principio di tipicità; i
secondi costituiscono invece una categoria
aperta, che si attaglia alle specifiche
realtà locali, da considerarsi quindi anche
come qualcosa di aggiuntivo, sicché non
appare illegittimo, quanto meno in linea di
principio, che alla realizzazione delle
opere di urbanizzazione si accompagni la
cessione di aree o la realizzazione di
standard da parte del privato (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 28.06.2010 n.
2645 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Il ricorso allo scomputo, in
conseguenza dell'esecuzione diretta delle
opere di urbanizzazione, costituisce una
facoltà rimessa alla parte richiedente che,
ove lo ritenga opportuno, può obbligarsi
verso l'Amministrazione ad eseguire opere di
urbanizzazione; spetta, comunque,
all'Amministrazione, in base
all'obbligazione unilateralmente assunta
dalla parte, accettare o meno la proposta e
subordinarla a condizioni o prescrizioni
specifiche.
Secondo un precedente pronunciamento del
Consiglio di Stato (sentenza 1209/1999) “il
ricorso allo scomputo, in conseguenza
dell'esecuzione diretta delle opere di
urbanizzazione, costituisce, peraltro, una
facoltà rimessa alla parte richiedente, che,
ove lo ritenga opportuno, può obbligarsi
verso l'Amministrazione ad eseguire opere di
urbanizzazione; spetta, comunque,
all'Amministrazione, in base
all'obbligazione unilateralmente assunta
dalla parte, accettare o meno la proposta e
subordinarla a condizioni o prescrizioni
specifiche; solo una volta intervenuta tale
approvazione diviene, poi, pienamente
efficace l'atto d'obbligo; con la
conseguenza che non può poi, la parte
promittente, unilateralmente, in un momento
successivo, mutare le condizioni sulle quali
è intervenuto il consenso comunale,
altrimenti venendosi ad alterare
ingiustificatamente, mediante l'iniziativa
unilaterale del medesimo obbligato
principale, le basi stesse del consenso …
l'art. 11 della legge n. 10/1977 non esclude
affatto che tra le parti possa, per
valutazioni di convenienza -connesse alla
piena disponibilità, in capo al beneficiano,
della facoltà accordata dal legislatore- di
regolare il rapporto anche in termini
diversi, limitando, se questo è l'interesse
della parte, lo scomputo in termini parziali
e non totali; si verte, infatti, in tema di
diritti disponibili e il legislatore non ha
affatto inteso escludere che la parte
promittente possa liberamente assumere
impegni patrimoniali più onerosi rispetto a
quelli astrattamente previsti dalla legge"
(TAR Lombardia-Milano, Sez. IV,
sentenza 22.06.2010 n. 2125 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Il diritto allo scomputo degli
oo.uu. dovuti va riconosciuto soltanto in
relazione al valore delle opere di
urbanizzazione, e solo fra opere omogenee
(di urbanizzazione primaria o di
urbanizzazione secondaria).
Il diritto allo scomputo va riconosciuto
soltanto in relazione al valore delle opere
di urbanizzazione, e solo fra opere omogenee
(di urbanizzazione primaria o di
urbanizzazione secondaria, come nel caso di
specie).
La P.A. resistente, pertanto, in relazione a
ciascuna concessione edilizia, considerato
il tipo di opere di urbanizzazione cedute
dalla ditta lottizzante, dovrà detrarne il
valore dal contributo per oneri di
urbanizzazione, con la conseguenza che, se
già le somme inerenti agli stessi oneri di
urbanizzazione siano state versate per
intero, il comune medesimo dovrà restituire
l‘importo relativo alle somme eccedenti,
maggiorato degli interessi legali a
decorrere dalla data del versamento, senza
che possa accampare il diritto a un “controcredito”.
Infatti, ad avviso del Collegio, l’entità
delle somme da versare, previo eventuale
scomputo (se vi sia stata cessione di opere
di urbanizzazione) va determinata
singolarmente, in relazione a ciascuna
concessione edilizia rilasciata in
attuazione del piano di lottizzazione, come,
del resto, espressamente statuito dal già
richiamato art. 11 della L. 28.01.1977 n. 10
(TAR Veneto, Sez. I, n. 1378/2004)
(TAR Veneto, Sez. II,
sentenza 21.05.2010 n. 2136 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Opere di urbanizzazione -
Scomputo oneri concessori - Fungibilità
oneri relativi ad opere di urbanizzazione
primaria ed oneri relativi ad opere di
urbanizzazione secondaria - Va esclusa.
Le opere di urbanizzazione
primaria e secondaria sono considerate
separatamente dal legislatore, statale e
regionale, in ragione della loro diversa
funzione e preoccupazione di questo è, non
tanto, o non solo, attribuire un’entrata ai
comuni, bensì assicurare l’esecuzione delle
opere, direttamente -a scomputo- ovvero
mediante la corresponsione del relativo
costo.
L’esistenza delle opere di
urbanizzazione primaria (ovvero la prevista
attuazione delle stesse), va sottolineato,
costituisce condizione cui è subordinato il
rilascio del permesso di costruire
(art. 12, comma 2, D.P.R. n. 380/2001).
La specificità della
previsione porta ad escludere che tale
presupposto possa essere soddisfatto
altrimenti, mediante la realizzazione di
opere di urbanizzazione secondaria di valore
corrispondente.
Analogamente è da dirsi per il caso,
speculare, prospettato dal Comune: se gli
oneri per opere di urbanizzazione secondaria
possano essere assolti mediante la
realizzazione a scomputo di opere di
urbanizzazione primaria. Da quanto sopra
emerge, infatti, che si tratta di due
categorie non omogenee di opere pubbliche da
realizzare a vantaggio della collettività
situata sul territorio oggetto di
trasformazione urbanistica e, come tali, non
interscambiabili e fungibili tra loro.
Sulla questione si è espressa conformemente
la Sezione Lombardia di questa Corte
evidenziando, in
particolare, come la ratio delle norme sugli
oneri in discorso vada rinvenuta nel
preminente interesse pubblico a che
l’amministrazione comunale usufruisca delle
opere di urbanizzazione, in ragione della
loro diversa funzione: di rendere
effettivamente edificabile l’area su cui
sorgerà l’intervento edilizio, dotandola dei
manufatti e dei servizi indispensabili per
l’agibilità e la fruibilità del fabbricato
secondo la destinazione d’uso, quanto a
quelle della prima categoria, di arricchire
la comunità urbanizzata nel suo complesso di
strutture e servizi a fini generali (asili,
parchi, biblioteche, impianti sportivi
ecc.), quanto a quelle della seconda.
---------------
Il Comune di Andezeno, con nota a
firma del proprio sindaco, ha formulato
una richiesta di parere con cui chiede se
sia legittimo lo scomputo indifferenziato
degli oneri di urbanizzazione, si
riferiscano questi ad opere di
urbanizzazione primaria o secondaria, e
quindi la fungibilità e la compensazione fra
le due specie di oneri.
In particolare al Comune interessa sapere
se gli oneri per opere di urbanizzazione
secondaria potrebbero essere assolti
mediante la realizzazione a scomputo di
opere di urbanizzazione primaria.
...
3. Nel merito. Per quanto interessa la
richiesta di parere, occorre prendere le
mosse dall’art. 16 del D.P.R. 06.06.2001 n.
380 (recante il Testo unico in materia
edilizia) a mente del quale il rilascio del
premesso di costruire comporta la
corresponsione di un contributo commisurato
all’incidenza degli oneri di urbanizzazione
(comma 1). A scomputo totale o parziale
della quota dovuta, il titolare del permesso
può obbligarsi a realizzare direttamente le
opere di urbanizzazione, con le modalità e
le garanzie stabilite dal comune, il quale
le acquisisce al proprio patrimonio
indisponibile (comma 2).
La norma distingue gli oneri di
urbanizzazione primaria da quelli di
urbanizzazione secondaria, elencando i
rispettivi interventi (appartengono alla
prima categoria: strade residenziali, spazi
di sosta o di parcheggio, fognature, rete
idrica, ecc., mentre alla seconda: asili
nido, scuole, mercati di quartiere, chiese,
ecc.) (commi 7, 7-bis, 8). Vengono anche
indicati i criteri secondo cui i comuni
stabiliscono e aggiornano l’incidenza dei
suddetti oneri (commi 4, 5, 6).
Essendo il governo del territorio materia di
legislazione concorrente (art. 117, comma 3
Cost.) va considerata la legislazione
regionale in materia.
La legge della Regione Piemonte del
05.12.1977 n. 56 e s.m.i. sulla tutela ed
uso del suolo all’art. 49 dispone che:
- la concessione è subordinata alla
corresponsione di un contributo commisurato,
tra l’altro, all’incidenza delle spese di
urbanizzazione primaria e secondaria (comma
1);
- la concessione, in casi di particolare
complessità degli interventi previsti, e che
richiedano opere infrastrutturali eccedenti
al semplice allacciamento ai pubblici
servizi o il coordinamento tra operatori
pubblici e privati per la realizzazione
delle opere di urbanizzazione, può essere
subordinata alla stipulazione di una
convenzione, o di un atto d’impegno
unilaterale da parte del richiedente, che
disciplini modalità, requisiti e tempi di
realizzazione degli interventi (comma 5);
- la convenzione-tipo, predisposta dalla
giunta regionale e alla quale dovranno
uniformarsi le convenzioni comunali e gli
atti d’impegno unilaterale sostitutivi della
convenzione, deve prevedere, tra l’altro, la
descrizione delle opere di urbanizzazione
primaria e secondaria per cui è previsto
l'impegno alla diretta esecuzione da parte
del proprietario, con le relative garanzie
finanziarie, nonché la determinazione del
contributo commisurato all'incidenza delle
spese di urbanizzazione primaria e
secondaria, dedotta la eventuale aliquota
corrispondente alle opere di cui sopra
(comma 7).
Anche la legge regionale elenca partitamente
le tipologie di opere di urbanizzazione
primaria e secondaria (art. 51), nonché i
criteri per fissare il contributo di
costruzione (art. 52), precisando, tra
l’altro, che per la valutazione dei
costi-base delle opere di urbanizzazione è
da assumere prioritariamente il metodo della
stima analitica diretta, ricavata, per ogni
singolo comune, dalle previsioni degli
strumenti urbanistici generali ed esecutivi
e dei programmi di attuazione, mediante
computi metrici estimativi eseguiti
sull'insieme dei progetti di massima delle
opere effettivamente occorrenti per
soddisfare i fabbisogni pregressi e
previsti, e che nell'applicazione dei
coefficienti riduttivi dei costi-base, là
dove applicabili, i comuni dovranno, in ogni
caso, verificare che il contributo
complessivo, richiesto per le opere di
urbanizzazione primaria, secondaria e
indotta, per singoli edifici da costruire in
aree di espansione, non scenda al di sotto
del valore effettivo pro quota del costo
delle opere di urbanizzazione primaria
pertinente a ciascuno di essi, al fine di
garantire per queste opere l'equivalenza tra
monetizzazione ed esecuzione diretta da
parte del concessionario.
Dall’insieme delle disposizioni
emerge dunque come le opere di
urbanizzazione primaria e secondaria siano
considerate separatamente dal legislatore,
statale e regionale, in ragione della loro
diversa funzione e che preoccupazione di
questo sia stata, non tanto, o non solo,
attribuire un’entrata ai comuni, bensì
assicurare l’esecuzione delle opere,
direttamente -a scomputo- ovvero mediante la
corresponsione del relativo costo.
L’esistenza delle opere di
urbanizzazione primaria (ovvero la prevista
attuazione delle stesse), va sottolineato,
costituisce condizione cui è subordinato il
rilascio del permesso di costruire
(art. 12, comma 2, D.P.R. n. 380/2001).
La specificità della
previsione porta ad escludere che tale
presupposto possa essere soddisfatto
altrimenti, mediante la realizzazione di
opere di urbanizzazione secondaria di valore
corrispondente. Analogamente è da dirsi per
il caso, speculare, prospettato dal Comune:
se gli oneri per opere di urbanizzazione
secondaria possano essere assolti mediante
la realizzazione a scomputo di opere di
urbanizzazione primaria. Da quanto sopra
emerge, infatti, che si tratta di due
categorie non omogenee di opere pubbliche da
realizzare a vantaggio della collettività
situata sul territorio oggetto di
trasformazione urbanistica e, come tali, non
interscambiabili e fungibili tra loro.
Sulla questione si è espressa conformemente
la Sezione Lombardia di questa Corte (parere
15.09.2008 n. 66),
evidenziando, in
particolare, come la ratio delle
norme sugli oneri in discorso vada rinvenuta
nel preminente interesse pubblico a che
l’amministrazione comunale usufruisca delle
opere di urbanizzazione, in ragione della
loro diversa funzione: di rendere
effettivamente edificabile l’area su cui
sorgerà l’intervento edilizio, dotandola dei
manufatti e dei servizi indispensabili per
l’agibilità e la fruibilità del fabbricato
secondo la destinazione d’uso, quanto a
quelle della prima categoria, di arricchire
la comunità urbanizzata nel suo complesso di
strutture e servizi a fini generali (asili,
parchi, biblioteche, impianti sportivi
ecc.), quanto a quelle della seconda.
In conclusione al quesito posto dal Comune
deve darsi risposta negativa, non essendo
fungibili tra loro le citate categorie
-primaria e secondaria- di oneri di
urbanizzazione
(Corte
dei Conti, Sez. regionale di controllo
Piemonte,
parere 20.05.2010 n. 40). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Opere di
urbanizzazione - Esecuzione diretta -
Scomputo - Carattere facoltativo - Sussiste
- Obbligo di accettazione da parte della
P.A. - Non sussiste - Facoltà di mutamento
unilaterale ex post delle condizioni da
parte del promittente - Non sussiste.
2. Opere di
urbanizzazione - Oneri - Misura degli oneri
incassati dalla P.A. superiore al dovuto -
Divieto di legge - Non sussiste -
Impugnabilità - Non sussiste, in quanto si
verte in tema di diritti disponibili.
1. Il ricorso allo scomputo, in conseguenza
dell'esecuzione diretta delle opere di
urbanizzazione, costituisce una facoltà
rimessa alla parte richiedente, che, ove lo
ritenga opportuno, può obbligarsi verso
l'amministrazione ad eseguire opere di
urbanizzazione.
Spetta, comunque,
all'amministrazione, in base
all'obbligazione unilateralmente assunta
dalla parte, accettare o meno la proposta e
subordinarla a condizioni o prescrizioni
specifiche; solo una volta intervenuta tale
approvazione diviene, poi, pienamente
efficace l'atto d'obbligo; con la
conseguenza che la parte promittente non può
mutare unilateralmente, in un momento
successivo, le condizioni sulle quali è
intervenuto il consenso comunale, altrimenti
venendosi ad alterare ingiustificatamente,
mediante l'iniziativa unilaterale del
medesimo obbligato principale, le basi
stesse del consenso.
2.
Il fatto che la P.A. ottenga un'opera di
urbanizzazione di un determinato valore ed
incassi oneri in misura superiore rispetto
al complessivo dovuto non può costituire
oggetto di impugnazione, in quanto si verte
in tema di diritti disponibili e il
legislatore non ha affatto inteso escludere
che la parte promittente possa liberamente
assumere impegni patrimoniali più onerosi
rispetto a quelli astrattamente previsti
dalla legge (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 07.05.2010 n.
1365 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Art. 16, comma 2, D.P.R. n.
380/2001 - Diritto allo scomputo per
l'esecuzione diretta delle opere di
urbanizzazione - Configurabilità nella
misura e con le modalità previste dal Comune
in via unilaterale o concordate con il
privato.
Dal dettato dell'art. 16, comma 2, del
D.P.R. n. 380/2001 si evince che un diritto
allo scomputo, per l'esecuzione diretta
delle opere di urbanizzazione, è
configurabile non in modo indiscriminato, ma
nella misura e "con le modalità"
stabilite dal Comune in via unilaterale (in
sede di rilascio della concessione, ora
permesso di costruire), ovvero concordate
tra le parti (in sede di stipula della
convenzione urbanistica) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 01.03.2010 n.
482 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
G. Ciaglia,
Le opere di urbanizzazione a scomputo dopo
il terzo correttivo: gestione della gara
(L'Ufficio Tecnico n. 2/2010). |
EDILIZIA PRIVATA:
Permesso di
costruire - Presupposti - Lettera di impegno
del privato alla realizzazione o
completamento di opere di urbanizzazione -
E' sufficiente.
Il permesso di costruire è subordinato alla
esistenza delle opere di urbanizzazione
primaria o alla previsione, da parte del
Comune, dell'attuazione delle stesse nel
successivo triennio ovvero all'impegno degli
interessati di procedere alla loro
attuazione contemporaneamente all'intervento
di cui al permesso: la P.A. deve pertanto
tenere in considerazione eventuali lettere
di impegno in tal senso da parte dei privati (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 08.02.2010 n.
298 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: G.
Ciaglia,
Le opere di
urbanizzazione a scomputo dopo il terzo
correttivo: problematiche interpretative,
incertezze operative e qualche possibile
soluzione
(L'Ufficio Tecnico n. 1/2010). |
EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA:
Nuova circolare della Regione Veneto sulle
opere a scomputo (deliberazione della Giunta
n. 202 del 2010) (link a http://venetoius.myblog.it). |
anno 2009 |
|
EDILIZIA PRIVATA: G.
Ciaglia,
La disciplina dell'esecuzione delle opere di
urbanizzazione introdotta dal Codice dei
contratti
(L'Ufficio Tecnico n. 11-12/2009). |
URBANISTICA:
Le opere di urbanizzazione a scomputo totale o parziale
della quota dovuta a titolo di contributo di urbanizzazione
sono quelle opere pubbliche, asservite alle edificazioni
private, che il costruttore può chiedere di realizzare e che
il Comune ha la facoltà di accettare o respingere la
proposta dell’operatore (comma 2 dell’art. 16 del D.P.R.
06.06.2001 n. 380, che ha sostituito l’art. 11 della L.
28.01.1977 n. 10).
La decisione di effettuare lo scomputo ed ogni altra
questione viene disciplinata in una convenzione, che precede
il rilascio del permesso a costruire o della D.I.A. e
“emerge dalla normativa urbanistica che il privato attuatore
del piano e/o titolare del permesso di costruire, debitore
del versamento degli oneri di urbanizzazione, possa
liberarsi mediante l’esecuzione diretta delle opere di
urbanizzazione".
"La convenzione con
la quale si autorizza e si disciplina lo scomputo determina
una sorta di novazione dell’obbligazione originaria a carico
del titolare del permesso di costruire”,
conseguentemente il costruttore non è più tenuto al
pagamento degli oneri, bensì alla realizzazione di un’opera
di urbanizzazione.
Orbene, se dopo la stipula della convenzione che prevede
l’esecuzione di opere di urbanizzazione anziché il pagamento
di oneri, il soggetto titolare del permesso a costruire non
può decidere unilateralmente di non realizzare le opere che
si era impegnato a realizzare e versare gli oneri
originariamente previsti. Ove intenda procedere in questo
senso deve rivolgere specifica richiesta all’Amministrazione
che deve decidere se accedere o meno alla stessa in
relazione agli interessi della collettività, tenuto anche
conto della circostanza che, al momento della stipula della
convenzione, l’ente aveva ritenuto più vantaggioso che il
privato procedesse direttamente alla realizzazione delle
opere anziché versare gli oneri.
Tuttavia, se a seguito di una valutazione ulteriore, anche
in base ad esigenze sopravvenute, risulta maggiormente
favorevole per l’ente pubblico ricevere l’importo relativo
agli oneri anziché attendere la realizzazione diretta delle
opere da parte del costruttore, la convenzione originaria
può essere modificata seguendo la stessa procedura ed
adottando la medesima forma dell’atto originario.
In questo modo si verrebbe a novare, per la seconda volta,
il contenuto dell’obbligazione del privato che non risulta
più tenuto ad eseguire le opere di urbanizzazione ma a
versare l’importo relativo agli oneri di urbanizzazione, nei
tempi e secondo le modalità che devono essere precisati
nella nuova convenzione.
Al riguardo occorre sottolineare, però, che
il Comune deve
valutare criticamente la richiesta proveniente dall'impresa
costruttrice e la proposta di variazione potrà essere
accettata unicamente se ritenuta conforme agli interessi
della collettività, tenendo nel dovuto conto il disposto
dell'art. 12, co. 2, del d.p.r. n. 380 del 2001 dal quale si
evince la stretta ed imprescindibile correlazione fra
intervento edilizio ed opere di urbanizzazione che, quindi,
devono essere realizzate, a cura del Comune, contestualmente
all'intervento edilizio.
A seguito della modifica della convenzione originaria il
privato costruttore risulta tenuto ad effettuare il
versamento degli oneri entro la data stabilita nel nuovo
disciplinare.
Parallelamente, il Comune vanta un diritto di credito ad
ottenere il versamento della somma concordata entro la data
stabilita nella convenzione.
Si tratta di un comune diritto di credito, soggetto alla
disciplina del codice civile e, come ogni altro diritto di
questo genere, suscettibile di cessione a terzi.
La cessione del credito è un contratto mediante il quale il
creditore, nel caso di specie il Comune, trasferisce ad un
altro soggetto il proprio diritto di credito (art. 1260 cod.
civ.), purché il trasferimento non sia vietato dalla legge
(art. 1261 cod. civ.).
La cessione può essere pro soluto o pro solvendo a seconda
che l’estinzione dell’obbligazione originaria sia collegata
o meno alla riscossione del credito ceduto (art. 1267 cod.
civ.).
Ove le parti modifichino la convenzione urbanistica
originaria e prevedano l’obbligo da parte del costruttore di
versare un importo predeterminato al Comune entro una data
prestabilita, l’ente pubblico può cedere, ovviamente a
titolo oneroso, il credito ad un terzo soggetto ed incassare
e contabilizzare l’importo stabilito, anche prima della data
stabilita nella convenzione.
Tuttavia, al fine di evitare che si tratti di una manovra
elusiva, diretta ad aggirare divieti di legge o a violare
norme imperative quali quelle relative al patto di
stabilità, l’operazione di cessione del credito deve essere
reale ed effettiva e comportare, per il Comune, l’incasso,
senza riserve, del credito derivante dalla convenzione. Deve
trattarsi, quindi, di una cessione pro soluto che addossi al
cessionario ogni rischio, anche di insolvenza, in ordine al
credito originario.
Val la pena rilevare, da ultimo, che la scelta del
cessionario del credito deve avvenire per il tramite di una
procedura ad evidenza pubblica.
Infatti, sia in relazione ai principi della contabilità
pubblica che alla disciplina dei contratti pubblici, la
scelta del contraente non può essere discrezionale ma deve
avvenire nel rispetto dei principi costituzionali di
imparzialità e buon andamento che devono informare
l'attività dell'Amministrazione pubblica.
A questo proposito, se in base alla normativa sui contratti
pubblici, la cessione del credito può rientrare nella
previsione dell'art. 19, co. 1, lett. d), del d.lgs. n. 163
del 2006, il cessionario dovrà comunque essere scelto “nel
rispetto dei principi di economicità, efficacia,
imparzialità, parità di trattamento, trasparenza e
proporzionalità” facendo precedere l'individuazione del
contraente da una procedura di gara, sia pure ristretta.
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Il Sindaco del Comune di Arese (MI) ha posto alla Sezione un
quesito in ordine all'applicazione di alcuni aspetti della
disciplina relativa all’applicazione del Patto di stabilità
interno per il 2009, con particolare riferimento alle
entrate che possono essere conteggiate ai fini del calcolo
dei saldi di riferimento.
In particolare, domanda se può cedere a terzi il credito
vantato nei confronti di una società che, dopo aver
stipulato una convenzione edilizia con la quale si era
impegnata ad effettuare opere di urbanizzazione in
sostituzione del pagamento di oneri, avrebbe deciso di non
più effettuare le opere, ma di versare l’importo relativo
agli oneri entro il 30.06.2010 e se può incassare il
corrispettivo della cessione entro il 31.12.2009,
conteggiandolo fra le entrate di competenza dell’esercizio
2009.
Al fine di chiarire ambito e portata del quesito, il
richiedente ha messo in luce, sia con l’originaria richiesta
di parere che con l’integrazione successiva del 16.11.2009,
che a seguito della stipula di una convenzione urbanistica
una società che intendeva attuare un intervento edilizio si
era impegnata, in un primo tempo, a realizzare opere a
scomputo degli oneri di urbanizzazione per il complessivo
importo di euro 2.500.000.
A causa di alcuni non meglio precisati ritardi e “problemi
connessi alla società”, le opere non sarebbero state
realizzate e la società interessata avrebbe proposto al
Comune di versare l’importo relativo alle opere scomputate,
pari a 2.500.000 di euro, entro il 30.06.2010.
Ritenendo di accettare la proposta e, pertanto acconsentendo
a “novare il rapporto giuridico in essere e sostituire
l’esecuzione delle opere a scomputo con il pagamento della
somma corrispondente a titolo di oneri di urbanizzazione”
il Sindaco di Arese si domanda se sia possibile “ricevere
il pagamento di tale somma, entro il 31/12/2010, da un
soggetto terzo che si sostituisce alla società debitrice”,
la quale, successivamente, “estinguerà il suo debito
pagando al soggetto terzo quanto pattuito entro il
30/06/2009”.
Questo risultato potrebbe essere raggiunto, secondo il
richiedente, stipulando un “contratto di cessione di
credito che, estinguendo l’obbligazione contrattuale della
società obbligata, ai sensi dell’articolo 1198 del codice
civile, consentisse di incamerare al bilancio dell’ente,
entro il 31/12/2009, le somme oggetto dell’originaria
obbligazione”.
In questo modo l’ente incasserebbe entro il 31 dicembre un
importo pari ad euro 2.500.000, necessario per riportare il
saldo finanziario dell’ente ad un importo tale da permettere
di “rientrare nei parametri” di rispetto del Patto di
stabilità interno.
...
Il richiedente, come si è visto, ha posto alla Sezione un
quesito complesso in ordine all'interpretazione ed
applicazione di alcuni aspetti della disciplina
dell’attività contrattuale della pubblica amministrazione e
delle ricadute in ordine ai vincoli di finanza pubblica che
rientrano nella disciplina del Patto di stabilità interno.
Sostanzialmente, il Comune di Arese vuole appurare se, ad
avviso della Sezione, la cessione a terzi di un credito
vantato nei confronti di un’impresa che dopo essersi
impegnata ad effettuare opere di urbanizzazione ha deciso,
in accordo con l’ente pubblico, di non eseguire le opere ma
di versare l’importo relativo agli oneri, sia un’entrata
idonea a garantire il rispetto dei saldi relativi al Patto
di stabilità.
Al fine di rispondere al quesito, è necessario verificare,
sia pure brevemente e sinteticamente, da un lato, se
l’originaria obbligazione di effettuare opere di
urbanizzazione in sostituzione del pagamento degli oneri
possa essere modificata prevedendo il pagamento di una somma
di denaro e, dall’altro, se l’ente pubblico possa cedere il
relativo credito.
1) In via preliminare è opportuno ribadire che
gli enti
territoriali che concorrono a costituire la Repubblica sono
tenuti ad osservare il Patto di stabilità interno, così come
disciplinato dalle leggi finanziarie statali.
L'osservanza dei vincoli di spesa o finanziari imposti
all'interno di questa disciplina deve essere stabilita sin
dall’individuazione degli interventi contenuti nel bilancio
preventivo, anche se l’effettivo scostamento è accertabile
solo al termine dell’esercizio, come questa Sezione ha avuto
modo di precisare sin dalla delibera n. 10 del 13.10.2006
(da ultimo, sul punto:
parere
22.01.2009 n. 2).
Questa Sezione ha messo in luce in numerose occasioni che la
disciplina del Patto di stabilità interno è stata
caratterizzata, sin dall’origine, da una forte instabilità
poiché quasi ogni anno le regole che gli enti sono tenuti ad
applicare vengono modificate o integrate, al fine di
rispondere, a seconda dei casi, ad esigenze strutturali o
anche soltanto contingenti.
Al contrario, una disciplina, quale quella del “Patto”, che
pone rigidi limiti all'autonomia operativa degli enti
territoriali non solo dovrebbe essere concordata fra lo
Stato e gli stessi destinatari ma, soprattutto, dovrebbe
essere caratterizzata da una elevata stabilità al fine di
permettere ai Comuni ed alle Province di programmare
adeguatamente i loro interventi, sia in relazione alle
attività ordinarie che a quelle di realizzazione di opere
pubbliche che richiedono, ovviamente, la possibilità di
operare in un contesto temporale che oltrepassa l'ordinaria
gestione annuale (sul punto, da ultimo: parere n. 26, in
data 10.02.2009).
Le questioni inerenti il rispetto del Patto di stabilità si
sono ulteriormente complicate a seguito della
reintroduzione, con la manovra finanziaria per il 2009, di
specifiche limitazioni amministrative o sanzioni a carico
degli enti che non rispettano le previsioni del Patto, i
quali, nell'esercizio successivo, subiscono una riduzione
dei contributi ordinari dovuti dal Ministero dell'Interno
(art. 2, co. 41, l. n. 203 del 2008), non possono né
procedere all'assunzione di nuovo personale né ricorrere
all'indebitamento per finanziare i nuovi investimenti e non
debbono assumere impegni per spese correnti in misura non
superiore a quella minima effettuata nell'ultimo triennio
(art. 76, del d.l. 25.06.2008, n. 112, conv. in l. 06.08.2008, n. 133). Inoltre, sono tenuti a ridurre del 30%
le indennità di funzione e i gettoni di presenza degli
amministratori rispetto a quelli in vigore alla data del 30.06.2008.
Diviene, quindi, ancora più importante verificare se ed a
quali condizioni sia possibile operare al fine di addivenire
al rispetto della disciplina relativa al Patto.
2) La prima questione da prendere in esame riguarda la
convenzione urbanistica conclusa dal Comune con un’impresa
privata e, in particolare, quali siano gli obblighi e
diritti delle parti in ordine alla realizzazione delle opere
di urbanizzazione a scomputo.
Le opere di urbanizzazione a scomputo totale o parziale
della quota dovuta a titolo di contributo di urbanizzazione
sono quelle opere pubbliche, asservite alle edificazioni
private, che il costruttore può chiedere di realizzare e che
il Comune ha la facoltà di accettare o respingere la
proposta dell’operatore (comma 2 dell’art. 16 del D.P.R.
06.06.2001 n. 380, che ha sostituito l’art. 11 della L.
28.01.1977 n. 10).
La decisione di effettuare lo scomputo ed ogni altra
questione viene disciplinata in una convenzione, che precede
il rilascio del permesso a costruire o della D.I.A. e, come
osservato dall’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici,
“emerge dalla normativa urbanistica che il privato attuatore
del piano e/o titolare del permesso di costruire, debitore
del versamento degli oneri di urbanizzazione, possa
liberarsi mediante l’esecuzione diretta delle opere di
urbanizzazione” (determinazione
16.07.2009 n. 7).
Sempre l’Autorità ha messo in luce che “la convenzione con
la quale si autorizza e si disciplina lo scomputo determina
una sorta di novazione dell’obbligazione originaria a carico
del titolare del permesso di costruire”, e che,
conseguentemente, il costruttore non è più tenuto al
pagamento degli oneri, bensì alla realizzazione di un’opera
di urbanizzazione.
Orbene, se dopo la stipula della convenzione che prevede
l’esecuzione di opere di urbanizzazione anziché il pagamento
di oneri, il soggetto titolare del permesso a costruire non
può decidere unilateralmente di non realizzare le opere che
si era impegnato a realizzare e versare gli oneri
originariamente previsti. Ove intenda procedere in questo
senso deve rivolgere specifica richiesta all’Amministrazione
che deve decidere se accedere o meno alla stessa in
relazione agli interessi della collettività, tenuto anche
conto della circostanza che, al momento della stipula della
convenzione, l’ente aveva ritenuto più vantaggioso che il
privato procedesse direttamente alla realizzazione delle
opere anziché versare gli oneri.
Tuttavia, se a seguito di una valutazione ulteriore, anche
in base ad esigenze sopravvenute, risulta maggiormente
favorevole per l’ente pubblico ricevere l’importo relativo
agli oneri anziché attendere la realizzazione diretta delle
opere da parte del costruttore, la convenzione originaria
può essere modificata seguendo la stessa procedura ed
adottando la medesima forma dell’atto originario.
In questo modo si verrebbe a novare, per la seconda volta,
il contenuto dell’obbligazione del privato che non risulta
più tenuto ad eseguire le opere di urbanizzazione ma a
versare l’importo relativo agli oneri di urbanizzazione, nei
tempi e secondo le modalità che devono essere precisati
nella nuova convenzione.
Al riguardo occorre sottolineare, però, che
il Comune deve
valutare criticamente la richiesta proveniente dall'impresa
costruttrice e la proposta di variazione potrà essere
accettata unicamente se ritenuta conforme agli interessi
della collettività, tenendo nel dovuto conto il disposto
dell'art. 12, co. 2, del d.p.r. n. 380 del 2001 dal quale si
evince la stretta ed imprescindibile correlazione fra
intervento edilizio ed opere di urbanizzazione che, quindi,
devono essere realizzate, a cura del Comune, contestualmente
all'intervento edilizio.
3) A seguito della modifica della convenzione originaria il
privato costruttore risulta tenuto ad effettuare il
versamento degli oneri entro la data stabilita nel nuovo
disciplinare.
Parallelamente, il Comune vanta un diritto di credito ad
ottenere il versamento della somma concordata entro la data
stabilita nella convenzione.
Si tratta di un comune diritto di credito, soggetto alla
disciplina del codice civile e, come ogni altro diritto di
questo genere, suscettibile di cessione a terzi.
La cessione del credito è un contratto mediante il quale il
creditore, nel caso di specie il Comune, trasferisce ad un
altro soggetto il proprio diritto di credito (art. 1260 cod.
civ.), purché il trasferimento non sia vietato dalla legge
(art. 1261 cod. civ.).
La cessione può essere pro soluto o pro solvendo a seconda
che l’estinzione dell’obbligazione originaria sia collegata
o meno alla riscossione del credito ceduto (art. 1267 cod.
civ.).
4) Ove le parti modifichino la convenzione urbanistica
originaria e prevedano l’obbligo da parte del costruttore di
versare un importo predeterminato al Comune entro una data
prestabilita, l’ente pubblico può cedere, ovviamente a
titolo oneroso, il credito ad un terzo soggetto ed incassare
e contabilizzare l’importo stabilito, anche prima della data
stabilita nella convenzione.
Tuttavia, al fine di evitare che si tratti di una manovra
elusiva, diretta ad aggirare divieti di legge o a violare
norme imperative quali quelle relative al patto di
stabilità, l’operazione di cessione del credito deve essere
reale ed effettiva e comportare, per il Comune, l’incasso,
senza riserve, del credito derivante dalla convenzione. Deve
trattarsi, quindi, di una cessione pro soluto che addossi al
cessionario ogni rischio, anche di insolvenza, in ordine al
credito originario.
Val la pena rilevare, da ultimo, che la scelta del
cessionario del credito deve avvenire per il tramite di una
procedura ad evidenza pubblica.
Infatti, sia in relazione ai principi della contabilità
pubblica che alla disciplina dei contratti pubblici, la
scelta del contraente non può essere discrezionale ma deve
avvenire nel rispetto dei principi costituzionali di
imparzialità e buon andamento che devono informare
l'attività dell'Amministrazione pubblica.
A questo proposito, se in base alla normativa sui contratti
pubblici, la cessione del credito può rientrare nella
previsione dell'art. 19, co. 1, lett. d), del d.lgs. n. 163
del 2006, il cessionario dovrà comunque essere scelto “nel
rispetto dei principi di economicità, efficacia,
imparzialità, parità di trattamento, trasparenza e
proporzionalità” facendo precedere l'individuazione del
contraente da una procedura di gara, sia pure ristretta
(Corte dei Conti, Sez. controllo Lombardia,
parere 19.11.2009 n. 1044). |
EDILIZIA PRIVATA:
Scomputo oneri di urbanizzazione.
La
questione posta dal Comune richiedente
riguarda due importanti tematiche: l’una
relativa alla disciplina dello “scomputo”
degli oneri di urbanizzazione a fronte di
opere pubbliche realizzate da soggetti
privati e l’altra relativa agli accordi tra
soggetti proprietari privati e Comune per
modifiche al piano regolatore generale
urbanistico (Regione Piemonte,
parere n.
95/2009 - tratto da
www.regione.piemonte.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Quesito
1 -
In merito alla
nuova formulazione dell'art. 32, lett. g), e
dell'art. 122, comma 8, del D.Lgs. n. 163
del 2006 e sul divieto di affidamento
diretto al privato titolare del permesso di
costruire della realizzazione delle opere di
urbanizzazione a scomputo.
In merito all'impatto delle nuove
disposizioni riguardo ai piani attuativi già
approvati ed alle convenzioni urbanistiche
già stipulate.
In merito all'assenza di una disposizione
transitoria che consenta di esaurire i
procedimenti in corso mediante affidamento
diretto delle opere di urbanizzazione al
titolare del permesso di costruire
(Geometra
Orobico n. 4/2009). |
EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA:
A. Barbiero,
L’affidamento di lavori a scomputo: le
novità in base alla Determinazione AVCP n.
7/2009 (tratto da
www.albertobarbiero.net). |
EDILIZIA PRIVATA:
Lo scomputo, totale o parziale,
della quota di contributo dovuta in caso di
realizzazione diretta delle opere di
urbanizzazione deve essere effettuata senza
distinzione tra opere di urbanizzazione
primaria e secondaria, attesa la mancata
distinzione in seno all’artt. 11 legge
10/1977.
In punto di diritto, come già precisato da
questo Tribunale con la sentenza resa tra le
parti n. 1367/2008 nel giudizio avverso il
silenzio inadempimento dell’Amministrazione,
lo scomputo, totale o parziale, della quota
di contributo dovuta in caso di
realizzazione diretta delle opere di
urbanizzazione deve essere effettuata senza
distinzione tra opere di urbanizzazione
primaria e secondaria, attesa la mancata
distinzione in seno all’artt. 11 legge
10/1977 (Tar Toscana, III, 11.03.2004 n.
679; TAR Toscana, sez. III, 11.08.2004, n.
3181; TAR Lombardia Milano, sez. III,
04.06.2002 , n. 2275)
Ne consegue che il Comune di Caltanisetta,
in forza dell’esplicito riconoscimento delle
opere scomputabili operate in sede di
convenzione di lottizzazione (Consiglio
Stato, sez. V, 01.06.1998, n. 701) per un
ammontare di £ 209.193.640, è tenuto a
conteggiare tali somme in compensazione con
quelle dovute dalla ricorrente a titolo di
oneri di urbanizzazione tanto primaria
quanto secondaria (TAR Sardegna, sez. II,
17.06.2008, n. 1212), con versamento
dell’eventuale eccedenza in favore della
Edilfac s.r.l.
(TAR Sicilia-Palermo, Sez. I,
sentenza 11.08.2009 n. 1405 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Comune di Trichiana -
Parere in materia di scomputo degli oneri di
urbanizzazione, ribassi d'asta delle
relative opere, convenzioni urbanistiche.
1. Realizzazione opere
di urbanizzazione a scomputo oneri
concessori - Gara aggiudicata dal privato
titolare del permesso di costruire - Ribassi
d'asta - Spettanza del comune - Ragioni.
2. Realizzazione opere di urbanizzazione a
scomputo oneri concessori - Gara aggiudicata
dal privato titolare del permesso di
costruire - Ribassi d'asta - Spettanza -
Definizione in sede di convenzione
urbanistica - Inammissibilità -
Indisponibilità entrate ente locale.
Passando al merito, va anzitutto richiamato
il quadro normativo.
In proposito, l’art. 32, comma 1, lett. g,
in materia di “Amministrazioni
aggiudicatrici e altri soggetti
aggiudicatori”, dispone che “1. Salvo
quanto dispongono il comma 2[1] e il comma
3, le norme del presente titolo[2], nonché
quelle della parte I, IV e V[3], si
applicano in relazione ai seguenti
contratti, di importo pari o superiore alle
soglie di cui all’articolo 28[4]: […] g)
lavori pubblici da realizzarsi da parte dei
soggetti privati, titolari di permesso di
costruire, che assumono in via diretta
l'esecuzione delle opere di urbanizzazione a
scomputo totale o parziale del contributo
previsto per il rilascio del permesso, ai
sensi dell'articolo 16, comma 2, del decreto
del Presidente della Repubblica 6 giugno
2001, n. 380, e dell'articolo 28, comma 5,
della legge 17 agosto 1942, n. 1150.
L'amministrazione che rilascia il permesso
di costruire può prevedere che, in relazione
alla realizzazione delle opere di
urbanizzazione, l'avente diritto a
richiedere il permesso di costruire presenti
all'amministrazione stessa, in sede di
richiesta del permesso di costruire, un
progetto preliminare delle opere da
eseguire, con l'indicazione del tempo
massimo in cui devono essere completate,
allegando lo schema del relativo contratto
di appalto. L'amministrazione, sulla base
del progetto preliminare, indice una gara
con le modalità previste dall'articolo
55[5]. Oggetto del contratto, previa
acquisizione del progetto definitivo in sede
di offerta, sono la progettazione esecutiva
e le esecuzioni di lavori. L'offerta
relativa al prezzo indica distintamente il
corrispettivo richiesto per la progettazione
definitiva ed esecutiva, per l'esecuzione
dei lavori e per gli oneri di sicurezza”.
L’art. 122 del Codice dei contratti
(Disciplina specifica per i contratti di
lavori pubblici sotto soglia), al comma 8,
stabilisce che “Per l'affidamento dei
lavori pubblici di cui all'articolo 32,
comma 1, lettera g), si applica la procedura
prevista dall'articolo 57, comma 6[6];
l'invito è rivolto ad almeno cinque soggetti
se sussistono in tale numero aspiranti
idonei”.
L’art. 16 d.P.R. n. 380/2001 (Testo unico
delle disposizioni legislative e
regolamentari in materia edilizia”), nel
disciplinare il “Contributo per il rilascio
del permesso di costruire”, prevede che “1.
Salvo quanto disposto dall'articolo 17,
comma 3, il rilascio del permesso di
costruire comporta la corresponsione di un
contributo commisurato all'incidenza degli
oneri di urbanizzazione nonché al costo di
costruzione, secondo le modalità indicate
nel presente articolo.
2. La quota di contributo relativa agli
oneri di urbanizzazione è corrisposta al
comune all'atto del rilascio del permesso di
costruire e, su richiesta dell'interessato,
può essere rateizzata. A scomputo totale o
parziale della quota dovuta, il titolare del
permesso può obbligarsi a realizzare
direttamente le opere di urbanizzazione, nel
rispetto dell'articolo 2, comma 5, della
legge 11.02.1994, n. 109[7], e successive
modificazioni, con le modalità e le garanzie
stabilite dal comune, con conseguente
acquisizione delle opere realizzate al
patrimonio indisponibile del comune”
[…].
L'incidenza degli oneri di urbanizzazione
primaria e secondaria è stabilita con
deliberazione del consiglio comunale in base
alle tabelle parametriche che la regione
definisce per classi di comuni […]”[8].
Ai sensi dell’art. 28 (Lottizzazione di
aree) della l. 17.08.1942, n. 1150 (Legge
urbanistica), “5. L'autorizzazione
comunale (alla lottizzazione di terreno a
scopo edilizio ai sensi dei commi
precedenti) è subordinata alla stipula di
una convenzione, da trascriversi a cura del
proprietario, che preveda:
1) la cessione gratuita entro termini
prestabiliti delle aree necessarie per le
opere di urbanizzazione primaria, precisate
dall'articolo 4 della legge 29.09.1964, n.
847, nonché la cessione gratuita delle aree
necessarie per le opere di urbanizzazione
secondaria nei limiti di cui al successivo
n. 2;
2) l'assunzione, a carico del proprietario,
degli oneri relativi alle opere di
urbanizzazione primaria e di una quota parte
delle opere di urbanizzazione secondaria
relative alla lottizzazione o di quelle
opere che siano necessarie per allacciare la
zona ai pubblici servizi; la quota è
determinata in proporzione all'entità e alle
caratteristiche degli insediamenti delle
lottizzazioni; […]
6. La convenzione deve essere approvata con
deliberazione consiliare nei modi e forme di
legge […]”.
I richiamati art. 32, comma 1, lett. g) e
122, comma 8, del Codice dei contratti, come
riformulati a seguito delle modifiche
apportate dall’art. 2, comma 1, d.lg.
31.07.2007, n. 113 e dall’art. 1, comma 1,
d.lg. 11.09.2008, n. 152[9], assoggettano
dunque a procedure di evidenza pubblica
(procedure aperte e ristrette ex art. 55 nel
caso di contratti “soprasoglia”;
procedura negoziata senza previa
pubblicazione di un bando di gara ex art.
57, comma 6, nel caso di contratti “sottosoglia”)
l’affidamento delle opere di urbanizzazione,
anche ove assunte da soggetti privati
titolari del permesso di costruire,
annoverando in tal modo le opere di
urbanizzazione tra i lavori pubblici
soggetti alla disciplina concorrenziale, a
prescindere dalla natura pubblica o privata
del soggetto che se ne fa carico.
L’introduzione dei richiamati obblighi di
evidenza pubblica si è resa necessaria per
conformare il nostro ordinamento alla
disciplina concorrenziale comunitaria.
Infatti, la Corte di Giustizia delle
Comunità europee, sez. VI, con la sentenza
del 12.07.2001 in causa C-399/98, richiamata
dalla Consulta nella sent. n. 129/2006, ha
chiarito che qualora il privato titolare del
permesso di costruire realizzi direttamente
le opere di urbanizzazione primaria e
secondaria a scomputo totale o parziale
degli oneri da corrispondere alla pubblica
amministrazione, a titolo di contributo alle
spese sostenute dalla collettività per la
trasformazione del territorio, egli diviene
a tutti gli effetti organo indiretto della
P.A. e pertanto deve uniformarsi alle norme
in tema di appalti di opere pubbliche in
ossequio ai principi dell’evidenza pubblica.
In altri termini, anche in
caso di assunzione diretta delle opere di
urbanizzazione da parte di soggetti privati,
i relativi oneri economici ricadono, sia pur
in modo indiretto, sull’Amministrazione
pubblica, con conseguente riconoscibilità di
una stazione appaltante pubblica agli
effetti della normativa e
dell’interpretazione comunitaria in materia
di contratti pubblici.
Tale fenomeno è legato all’istituto dello “scomputo”
degli oneri di urbanizzazione riconducibili
alle opere assunte dal privato dal
contributo previsto per il rilascio del
permesso di costruire. L’art. 16 del d.P.R.
n. 380/2001 commisura, infatti, il
contributo per permesso di costruire, tra
l’altro, “all’incidenza degli oneri di
urbanizzazione” (comma 1), come “stabilita
con deliberazione del consiglio comunale in
base alle tabelle parametriche che la
regione definisce per classi di comuni”
in relazione a una serie di parametri
normativamente determinati (comma 4) e come
aggiornata con cadenza quinquennale “in
conformità alle relative disposizioni
regionali, in relazione ai riscontri e
prevedibili costi delle opere di
urbanizzazione primaria, secondaria e
generale […]” (comma 6).
A seguito dello scomputo, pertanto,
l’assunzione delle opere di urbanizzazione
da parte del privato titolare del permesso
di costruire, in luogo dell’Amministrazione
che sarebbe altrimenti tenuta alla
realizzazione di tali opere, si traduce in
una corrispondente decurtazione del relativo
contributo dovuto dal privato nei confronti
dell’Amministrazione medesima e, per tale
via, fa sì che la realizzazione delle opere
di urbanizzazione, anche quando assunte dal
privato, avvenga sempre a carico anche delle
finanze pubbliche, sia pur in quel modo
indiretto risultante dallo scomputo degli
oneri di urbanizzazione sostenuti dal
privato dal contributo per permesso di
costruire dovuto nei confronti
dell’Amministrazione.
In considerazione di tale meccanismo,
l’assunzione delle opere di urbanizzazione
da parte di privati a scomputo del
contributo da essi dovuto per il permesso di
costruire è stata annoverata, prima
nell’interpretazione comunitaria e poi nella
legislazione nazionale (per l’appunto con i
richiamati art. 32, comma 1 lett. g), e 122,
comma 8, Codice dei contratti), tra i lavori
pubblici, come tali soggetti agli obblighi
di evidenza pubblica.
Quanto premesso conduce alla risposta al
quesito principale posto dal Comune circa la
spettanza, propria o del privato titolare
del permesso di costruire, degli eventuali
ribassi d’asta che dovessero essere
conseguiti nelle procedure di evidenza
pubblica.
In proposito, va anzitutto considerato che,
alla luce della disciplina richiamata,
il contributo per il permesso di
costruire costituisce un entrata di
integrale spettanza dell’Ente e che lo
stesso è commisurato,
tra l’altro e come detto,
all’incidenza degli oneri di urbanizzazione,
la cui esecuzione spetta, in primis, al
Comune.
Peraltro, l’art. 32, comma 1, lett. g)
Codice dei contratti pubblici (richiamato
dall’art. 122, comma 8, con riferimento ai
contratti “sottosoglia”) consente al
privato titolare del permesso di costruire
di assumere in via diretta l’esecuzione
delle opere di urbanizzazione, nel rispetto
della disciplina dettata e sempre “con
conseguente acquisizione delle opere
realizzate al patrimonio indisponibile del
comune” (art. 16, comma 2, d.P.R. n.
380/2001). L’esercizio di
tale opzione derogatoria da parte del
privato ha dunque l’effetto di sollevare il
Comune, in misura corrispondente alle opere
assunte dal privato, dalla corresponsione
immediata dei relativi oneri di
urbanizzazione, ciò nonostante assumendo
comunque la proprietà delle opere realizzate.
Ciò posto, l’istituto dello
scomputo ha dunque la funzione di
riequilibrare l’entità del contributo per
permesso di costruire
-commisurato, tra l’altro e come detto,
all’incidenza degli oneri di urbanizzazione
che sono di regola a carico del Comune-
al passaggio di tali oneri
dal Comune al soggetto privato.
L’istituto consente,
dunque, di evitare un
indebito arricchimento del Comune ai danni
del privato, che altrimenti verrebbe a
determinarsi ove la commisurazione
dell’entità del contributo per permesso di
costruire non tenesse conto della misura in
cui gli oneri di urbanizzazione ai quali
quel contributo va commisurato sono stati
effettivamente sostenuti dal Comune,
scomputandovi conseguentemente gli oneri in
realtà sostenuti dal privato.
In assenza di scomputo, si creerebbe, in
altri termini, una situazione disparitaria
tra l’ipotesi in cui il Comune acquista la
proprietà delle opere di urbanizzazione
avendone sostenuto i relativi oneri e quella
in cui il Comune acquista la proprietà
medesima, ma senza averne sostenuto i
relativi oneri, ipotesi quest’ultima che
viene riequilibrata, per l’appunto, mediante
lo scomputo degli oneri di urbanizzazione
sostenuti in realtà dal privato dal
contributo che egli deve corrispondere al
Comune.
L’esigenza di aderenza della misura del
contributo per permesso di costruire ai
costi effettivi dell’urbanizzazione è, del
resto, resa evidente anche dall’art. 16,
comma 6, del d.P.R. n. 380/2001, che
menziona espressamente quale criterio sulla
base del quale procedere alla revisione
periodica dell’incidenza degli oneri di
urbanizzazione cui è commisurato il
contributo per permesso di costruire quello
della considerazione dei “riscontri e
prevedibili costi delle opere di
urbanizzazione” (comma 6).
Conseguenzialmente a quanto premesso,
non può che concludersi per
la spettanza al Comune dei ribassi d’asta
eventualmente conseguiti in sede di gara
rispetto al corrispettivo astrattamente e
aprioristicamente posto a base d’asta.
Invero, il ribasso d’asta si traduce in una
minore entità del corrispettivo che sarà in
concreto corrisposto dal privato per la
realizzazione delle opere rispetto a quello
teorico ipotizzato prima della gara, al
quale è stato commisurato lo scomputo
iniziale. E’ dunque evidente che,
ove la differenza determinata dal
ribasso d’asta non fosse riversata al
Comune, la misura dello scomputo sarebbe
maggiore rispetto a quella degli oneri di
urbanizzazione in concreto sostenuti dal
privato, determinandosi per tale parte
un’ingiustificata decurtazione del
contributo per permesso di costruire
spettante al Comune.
Del resto, ove si seguisse
la procedura normale, sarebbe l’Ente a
sopportare direttamente gli oneri relativi
alle opere di urbanizzazione, beneficiando
al tempo stesso e altrettanto direttamente
degli eventuali ribassi d’asta.
Al riguardo, non si può ritenere che con
l’istituto dello scomputo il legislatore
abbia inteso derogare a tali meccanismi
attribuendo al privato possibili guadagni
derivanti dai ribassi d’asta.
Ai richiamati art. 32, comma 1, lett. g), e
122, comma 8, Codice dei contratti pubblici
va, infatti, riconosciuta una ratio
ambivalente, sia di tutela della
concorrenza, sia di tutela delle finanze
dell’ente locale e della qualità delle
prestazioni da esso conseguite, quale
effetto consequenziale della corretta
esplicazione dei meccanismi concorrenziali.
In proposito, può condividersi il valore
sintomatico in tal senso attribuito dal
Comune all’evoluzione normativa che si è
registrata con riferimento ai contratti
sottosoglia, in relazione ai quali, essendo
in precedenza consentito l’affidamento
fiduciario delle opere di urbanizzazione
assunte dal privato titolare del permesso di
costruire, il Legislatore aveva introdotto a
presidio dell’Ente -con la lettera cc) del
comma 1 dell’art. 2, d.lg. 31.07.2007, n.
113, modificativa dell’art. 122 del Codice
dei contratti- l’obbligo per le
Amministrazioni, prima dell'avvio
dell'esecuzione delle opere, di trasmettere
alle competenti Procure regionali della
Corte dei conti gli atti adottati e la
documentazione relativi agli interventi
edilizi da realizzare a scomputo degli oneri
di urbanizzazione. Tale obbligo di
trasmissione degli atti all’organo
requirente della Magistratura tutrice
istituzionale delle finanze pubbliche, che
nella prospettiva del Legislatore avrebbe
dovuto compensare i maggiori rischi
conseguenti all’assenza di gara, è stato poi
abrogato dal n. 1) della lettera bb) del
comma 1 dell’art. 1 d.lg. 11.09.2008, n.
152, in concomitanza con l’introduzione, a
presidio delle finanze pubbliche, degli
obblighi di evidenza pubblica anche
nell’ipotesi di assunzione della
realizzazione di opere di urbanizzazione
“sottosoglia” da parte del soggetto privato.
L’evoluzione normativa di cui sopra, che ha
determinato il passaggio dal presidio
offerto dallo specifico coinvolgimento della
Corte dei conti, tendenzialmente
compensativo dei maggiori rischi connessi
all’affidamento fiduciario, al presidio
offerto dall’introduzione degli obblighi di
evidenza pubblica, contribuisce a mostrare
quanto il Legislatore si sia dato cura della
tutela delle finanze dell’ente locale, oltre
che della concorrenza, anche nella specifica
ipotesi di realizzazione delle opere di
urbanizzazione a carico di soggetti privati.
Ciò anche, come detto, in ragione
dell’incidenza indiretta sulle finanze
dell’Ente locale degli oneri sostenuti in
prima battuta dal privato proprio in virtù
del meccanismo dello scomputo, che fa sì che
gli oneri di urbanizzazione sostenuti dal
privato si traducano in una corrispondente
decurtazione di un’entrata dell’ente locale
(quella appunto derivante dal contributo per
permesso di costruire) e alla quale si
collega, pertanto, l’esigenza di assicurare
che gli oneri che si vanno a scomputare
dall’entrata del Comune (e dunque dalle
finanze pubbliche) corrispondano al “giusto
prezzo” per le opere realizzate. I
neo-introdotti obblighi di evidenza pubblica
costituiscono quindi un presidio, oltre che
della concorrenza, anche delle finanze
dell’ente locale, volto ad assicurare per
tale profilo che la loro eventuale
decurtazione in virtù dello scomputo
avvenga, per l’appunto, al “giusto prezzo”,
garantito dalla sua formazione attraverso
meccanismi concorrenziali.
Alla luce della descritta ratio
normativa, nell’applicazione dell’istituto
dello scomputo va tenuta presente la
richiamata esigenza di aderenza dello
scomputo (con conseguente decurtazione delle
entrate comunali) al “giusto prezzo”
formatosi a seguito della gara. E’ evidente
come tale ratio verrebbe in concreto
vanificata ove lo scomputo fosse commisurato
al prezzo teorico posto a base della gara e
non al prezzo effettivo, formatosi in sede
di concreto svolgimento della gara,
comprensivo quindi anche dei ribassi d’asta.
E’ soltanto tale ultimo prezzo quello da
intendersi come “giusto prezzo”, al quale va
quindi commisurato lo scomputo, proprio in
quanto prezzo formatosi a seguito
dell’operare concreto (e non meramente
teorico) dei meccanismi concorrenziali posti
dal Legislatore a presidio, tra l’altro e
come detto, delle finanze pubbliche.
Passando al quesito concernente l’occorrenza
di disciplinare la spettanza dei ribassi
d’asta nella convenzione urbanistica, va
anche qui ricostruito il quadro normativo.
In proposito, si è già visto come l’art. 16
d.P.R. n. 380/2001, nel disciplinare il “Contributo
per il rilascio del permesso di costruire”,
preveda che “2. […]. A scomputo totale o
parziale della quota dovuta, il titolare del
permesso può obbligarsi a realizzare
direttamente le opere di urbanizzazione […]
con le modalità e le garanzie stabilite dal
comune” […].
Tali “modalità e garanzie” sono
stabilite nella convenzione urbanistica di
cui all’art. 28 della l. 17.08.1942, n. 1150
(Legge urbanistica), da approvarsi “con
deliberazione consiliare nei modi e forme di
legge […]” (comma 6). Ai sensi del comma
5 di tale art. 28, “L'autorizzazione
comunale (alla lottizzazione di terreno a
scopo edilizio) è subordinata alla stipula
di una convenzione, da trascriversi a cura
del proprietario, che preveda:
1) la cessione gratuita entro termini
prestabiliti delle aree necessarie per le
opere di urbanizzazione primaria […] nonché
la cessione gratuita delle aree necessarie
per le opere di urbanizzazione secondaria
nei limiti di cui al successivo n. 2;
2) l'assunzione, a carico del proprietario,
degli oneri relativi alle opere di
urbanizzazione primaria e di una quota parte
delle opere di urbanizzazione secondaria
relative alla lottizzazione o di quelle
opere che siano necessarie per allacciare la
zona ai pubblici servizi; la quota è
determinata in proporzione all'entità e alle
caratteristiche degli insediamenti delle
lottizzazioni;
3) i termini non superiori ai dieci anni
entro i quali deve essere ultimata la
esecuzione delle opere di cui al precedente
paragrafo;
4) congrue garanzie finanziarie per
l'adempimento degli obblighi derivanti dalla
convenzione”.
Come è evidente, la questione della
spettanza dei ribassi d’asta non è
menzionata quale contenuto obbligatorio
della convenzione di lottizzazione secondo
la legislazione nazionale. Anche nella legge
regionale Veneto 23.04.2004, n. 11 (Norme
per il governo del territorio) la questione
suddetta non è menzionata quale contenuto
obbligatorio della convenzione urbanistica.
Del resto, trattandosi di un aspetto che
andrebbe a incidere sulla misura del
contributo per permesso di costruire, la
sede convenzionale non appare in linea con
il carattere non disponibile che è proprio
di tale entrata dell’Ente locale.
Si è, infatti, sopra visto come l’art. 16
del d.P.R. n. 380/2001 disciplini il
contributo per permesso di costruire,
ancorandone la misura a parametri oggettivi
(“incidenza degli oneri di urbanizzazione”,
“costo di costruzione”) da
predeterminarsi con delibera consiliare
secondo criteri normativamente definiti[10].
Tale contributo costituisce un’entrata non
disponibile da parte del Comune, in
relazione alla quale sono legislativamente
fissati i criteri di determinazione, nonché
quelli di “riduzione o esonero”,
connessi a situazioni normativamente
individuate e ritenute meritevoli di
speciale tutela (art. 17 d.P.R. n.
380/2001[11]), o ancora quelli di “scomputo”
(art. 16, comma 6, d.P.R. n. 380/2001),
legato come già visto a finalità
riequilibrative del contributo rispetto agli
oneri sostenuti dal privato.
Le ipotesi legislativamente
determinate di esonero, riduzione o scomputo
costituiscono dunque i casi eccezionali ed
esclusivi in cui sono consentite
decurtazioni del contributo per permesso di
costruire. Al di fuori di tali casi ex
lege individuati, il contributo è sempre
dovuto e costituisce un’entrata
indisponibile, non suscettibile di
abdicazione volontaristica da parte del
Comune.
Ne consegue che, non trattandosi di materia
disponibile né quanto alla debenza né quanto
alla misura, in sede convenzionale non è
consentito apportare deroghe alla disciplina
legislativa che, si ribadisce, con specifico
riguardo alla questione della spettanza dei
ribassi d’asta, implica che gli stessi
spettino al Comune.
L’unico contenuto possibile di una
convenzione nella materia de qua non
potrebbe che essere dunque riproduttivo ed
esplicativo della disciplina di legge. Una
convenzione di tal contenuto può avere una
sua utilità con particolare riguardo agli
aspetti che necessitino di interpretazione e
che non risultino immediatamente evidenti
dal dettato legislativo, caratteristiche che
potrebbero riconoscersi alla questione della
spettanza dei ribassi d’asta, la quale si è
visto non essere oggetto di una esplicita
disciplina di legge, pur essendo risolvibile
in via interpretativa.
Quanto al quesito concernente il
comportamento da tenere nel caso in cui
nulla sia stato previsto nella convenzione
in merito alla spettanza dei ribassi d’asta,
si ribadisce, alla luce di quanto appena
detto, che la disciplina di tale aspetto in
sede convenzionale, pur non obbligatoria, è
da ritenersi non vietata nella misura in cui
abbia carattere meramente esplicativo
rispetto alla disciplina sopra illustrata.
In merito, infine, al quesito riguardante il
comportamento da tenere nel caso in cui lo
schema di convenzione sia stato già
approvato dal Consiglio comunale, ma non si
sia ancora proceduto alla relativa stipula,
qui basti richiamare i
principi generali in base ai quali la
convenzione non può ritenersi conclusa, e
dunque vincolante per le parti, prima di
essere stata approvata da entrambe le parti
stesse. Pertanto, prima di tale momento, il
relativo schema approvato dal Consiglio
comunale resta ancora un atto esclusivamente
del Comune, non convenzionale, come tale,
suscettibile di modifica o revoca ad opera
di una nuova delibera consiliare
(Corte
dei Conti, Sez. regionale di controllo
Veneto,
parere
07.08.2009 n. 148). |
EDILIZIA PRIVATA:
E' configurabile una pretesa
giuridicamente rilevante a conseguire la
compensazione tra l’importo degli oneri di
concessione determinati al momento del
rilascio del titolo edilizio e l’importo
delle opere infrastrutturali direttamente
eseguite dal titolare della concessione,
anche a prescindere dalla circostanza che
sia intervenuto o meno un accordo con il
Comune in ordine alle modalità e alle
garanzie per la loro esecuzione.
La norma di cui all’art 11 della legge
28.01.1977, n.10 prevede che “A scomputo
totale o parziale della quota dovuta, il
concessionario può obbligarsi a realizzare
direttamente le opere di urbanizzazione con
le modalità e le garanzie stabilite dal
Comune.”
La giurisprudenza amministrativa ha
costantemente interpretato lo scomputo di
cui alla norma sopra citata quale materia di
un vero e proprio “diritto“ del
concessionario .
Più in dettaglio, è configurabile una
pretesa giuridicamente rilevante a
conseguire la compensazione tra l’importo
degli oneri di concessione determinati al
momento del rilascio del titolo edilizio e
l’importo delle opere infrastrutturali
direttamente eseguite dal titolare della
concessione, anche a prescindere dalla
circostanza che sia intervenuto o meno un
accordo con il Comune in ordine alle
modalità e alle garanzie per la loro
esecuzione (vedi Tar Lombardia, sez III,
04.06.2002, 2275).
La società ricorrente assume, a tal
riguardo, di avere realizzato direttamente,
senza ricevere smentita dalla
amministrazione resistente, alcune opere
infrastrutturali e, segnatamente, il
completamento di una strada e la esecuzione
di opere fognarie.
La P.a., pur non avendo concordato con il
ricorrente modalità e garanzie per la
esecuzione delle opere di urbanizzazione da
valere a scomputo degli oneri concessori, ha
però serbato un contegno concludente
valevole quale “accettazione“
implicita di quanto costruito dal privato.
Ne costituisce prova l’ atto ,versato dal
ricorrente, con il quale si attesta che la
P.a. locale ha proceduto alla denominazione
della strada completata dal ricorrente,
intitolata Via E. De Nicola già sulla scorta
di una delibera di Consiglio Comunale del
1987, anche per la parte oggetto dei lavori
di completamento eseguiti direttamente dalla
società; e la mancata specifica
contestazione in ordine alla realizzazione
delle predette opere infrastrutturali.
L’applicazione del meccanismo della
compensazione tra obbligazioni che P.a. e
privato assumono reciprocamente nella fase
genetica del rapporto concessorio è del
tutto coerente con il canone di buon
andamento della P.a..
Invero, l’operatività del meccanismo
compensativo previsto dalla legge scongiura
in radice le conseguenze negative da
ascrivere ai casi di indebita locupletazione
che la P.a. può consumare ogni qualvolta
essa non riconosca strumentalmente la
utilità di opere eseguite da privati.
E’ pertanto illegittima la ordinanza
ingiunzione con la quale -disattendendo la
legittima pretesa allo scomputo avanzata
dalla ricorrente- si intima alla società
titolare di una concessione edilizia il
pagamento integrale delle residue quote
dovute per oneri di urbanizzazione, pur in
presenza della diretta realizzazione di
alcune opere infrastrutturali da parte del
concessionario, ritenute corrispondenti
all’interesse pubblico e accettate
implicitamente dall’amministrazione locale
(TAR Puglia-Lecce, Sez. I,
sentenza 18.07.2009 n. 1855 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI:
Problematiche applicative delle
disposizioni in materia di opere a scomputo
degli oneri di urbanizzazione dopo il terzo
decreto correttivo del Codice dei Contratti.
L'articolo 32, comma 1, lett. g), primo
periodo, del Codice (d.lgs. 12.04.2006, n.
163) configura una titolarità "diretta",
ex lege, della funzione di stazione
appaltante in capo al privato titolare del
permesso di costruire (ovvero titolare del
piano di lottizzazione o di altro strumento
urbanistico attuativo contemplante
l'esecuzione di opere di urbanizzazione) che
in quanto "altro soggetto aggiudicatore"
è tenuto ad appaltare le opere di
urbanizzazione a terzi nel rispetto della
disciplina prevista dal Codice e, in qualità
di stazione appaltante, è esclusivo
responsabile dell'attività di progettazione,
affidamento e di esecuzione delle opere di
urbanizzazione primarie e secondarie, ferma
restando la vigilanza da parte
dell'amministrazione consistente, tra
l'altro, nell'approvazione del progetto e di
eventuali varianti.
Gli eventuali risparmi di spesa rimangono
nella disponibilità della stazione
appaltante privata, così come eventuali
costi aggiuntivi sono a carico dello stesso
privato. Il collaudo, come già affermato
nella determinazione n. 2 del 25.02.2009
dell’Autorità, costituisce attività propria
della stazione appaltante e, quindi, del
soggetto privato titolare del permesso di
costruire, ferma restando la funzione di
vigilanza da parte dell'amministrazione che
va esplicata nell'approvazione degli atti di
collaudo.
Nell'ipotesi in cui, ai sensi dal secondo
periodo dell'art. 32, comma 1, lett. g), del
Codice, la gara sia bandita
dall'amministrazione pubblica, non è
preclusa la partecipazione alla stessa del
privato titolare del premesso di costruire
(o del piano urbanistico attuativo) purché
qualificato ex art. 40 del Codice e purché
non abbia direttamente curato la redazione
della progettazione preliminare.
Il privato, ai fini dell'affidamento della
progettazione delle opere a scomputo, deve
rispettare l'art. 91 del Codice, eccezion
fatta per i casi in cui, non sussistendo né
il presupposto contrattuale né il carattere
di onerosità della prestazione, poiché il
valore del progetto non è compensato con gli
oneri di urbanizzazione in quanto
predisposto in un momento antecedente alla
stipula della convenzione urbanistica, non
ricorrono i principi che impongono la gara.
---------------
L’affidamento delle opere di urbanizzazione
a scomputo di importo inferiore alla soglia
comunitaria, secondo quanto previsto
dall'art. 122, comma 8, del Codice, avviene
mediante la procedura negoziata prevista
dall'art. 57, comma 6 del Codice, sia nel
caso in cui le funzioni di stazione
appaltante siano svolte dal privato, sia nel
caso le stesse siano in capo
all'amministrazione.
Alle opere di urbanizzazione primaria a
scomputo di importo inferiore alla soglia
comunitaria comprese nelle convenzioni
urbanistiche stipulate prima dell'entrata in
vigore del D.Lgs. 11.09.2008, n. 152, si
applica la disciplina previgente.
---------------
L'affidamento e l'esecuzione delle opere di
urbanizzazione sono sottoposti alla
vigilanza dell'Autorità ed i dati
riguardanti l'affidamento e la realizzazione
delle opere di urbanizzazione sono compresi
nelle comunicazioni obbligatorie all'Osservatorio dei Contratti pubblici (determinazione
16.07.2009 n. 7 - link a
www.autoritalavoripubblici.it). |
APPALTI:
Problematiche applicative delle
disposizioni in materia di opere a scomputo
degli oneri di urbanizzazione dopo il terzo
decreto correttivo del Codice dei Contratti
(determinazione
16.07.2009 n. 7 - link a
www.autoritalavoripubblici.it).
... il Consiglio ritiene che:
1.
l'articolo 32, comma 1, lett. g), primo
periodo, del Codice configura una titolarità
"diretta", ex lege, della funzione di
stazione appaltante in capo al privato
titolare del permesso di costruire (ovvero
titolare del piano di lottizzazione o di
altro strumento urbanistico attuativo
contemplante I'esecuzione di opere di
urbanizzazione) che in quanto "altro
soggetto aggiudicatore" è tenuto ad
appaltare le opere di urbanizzazione a terzi
nel rispetto della disciplina prevista dal
Codice e, in qualità di stazione appaltante,
è esclusivo responsabile dell'attività di
progettazione, affidamento e di esecuzione
delle opere di urbanizzazione primarie e
secondarie, ferma restando la vigilanza da
parte dell'amministrazione consistente, tra
l'altro, nell'approvazione del progetto e di
eventuali varianti;
2.
gli eventuali risparmi di spesa rimangono
nella disponibilità della stazione
appaltante privata, così come eventuali
costi aggiuntivi sono a carico dello stesso
privato;
3.
il collaudo, come già affermato nella
determinazione n. 2 del 25.02.2009,
costituisce attività propria della stazione
appaltante e, quindi, del soggetto privato
titolare del permesso di costruire, ferma
restando la funzione di vigilanza da parte
dell'amministrazione che va esplicata
nell'approvazione degli atti di collaudo;
4.
nell'ipotesi in cui, ai sensi dal secondo
periodo dell'art. 32, comma 1, lett. g), del
Codice, la gara sia bandita
dall'amministrazione pubblica, non e
preclusa la partecipazione alla stessa del
privato titolare del premesso di costruire
(o del piano urbanistico attuativo) purché
qualificato ex art. 40 del Codice e purché
non abbia direttamente curato la redazione
della progettazione preliminare;
5.
nell'ipotesi di cui al punto 4, il contratto
d'appalto viene stipulato dal titolare del
premesso di costruire (o del piano
urbanistico attuativo);
6.
l'affidamento delle opere di urbanizzazione
a scomputo di importo inferiore alla soglia
comunitaria, secondo quanto previsto
dall'art. 122, comma 8 del Codice, avviene
mediante la procedura negoziata prevista
dall'art. 57, comma 6, del Codice, sia nel
caso in cui le funzioni di stazione
appaltante siano svolte dal privato, sia nel
caso le stesse siano in capo
all'amministrazione;
7.
il privato, ai fini dell'affidamento della
progettazione, deve rispettare l'art. 91 del
Codice, eccezion fatta per i casi in cui,
non sussistendo né il presupposto
contrattuale né il carattere di onerosità
della prestazione, poiché il valore del
progetto non è compensato con gli oneri di
urbanizzazione in quanto predisposto in un
momento antecedente alla stipula della
convenzione urbanistica, non ricorrono i
principi che impongono la gara;
8.
alle opere di urbanizzazione primaria a
scomputo di importo inferiore alla soglia
comunitaria comprese nelle convenzioni
urbanistiche stipulate prima dell'entrata in
vigore del D.Lgs. 152/2008, si applica la
disciplina previgente;
9.
l'affidamento e l'esecuzione delle opere di
urbanizzazione sono sottoposti alla
vigilanza dell'Autorità;
10.
i dati riguardanti l'affidamento e la
realizzazione delle opere di urbanizzazione
sono compresi nelle comunicazioni
obbligatorie all' Osservatorio dei Contratti
pubblici. |
EDILIZIA PRIVATA:
Autorizzazione
per la realizzazione di opera a scomputo
oneri concessori - Preventiva verifica della
effettiva necessità per la collettività
dell'opera - Sussiste.
L'Amministrazione Comunale prima di
autorizzare l'operatore privato a realizzare
direttamente le opere di urbanizzazione a
scomputo degli oneri concessori, verifica se
l'opera di urbanizzazione sia effettivamente
necessaria nell'interesse della
collettività, ovvero se debba essere
eseguita nel solo interesse dell'operatore
privato per rendere tecnicamente fattibile
l'intervento, con la conseguenza che solo
nel primo caso, e non nel secondo, verrà
autorizzato lo "scomputo" (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 12.05.2009 n.
3717 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA:
Problematiche applicative delle disposizioni
in materia di opere a scomputo degli oneri
di urbanizzazione dopo il terzo decreto
correttivo del Codice dei Contratti (documento
base del 30.04.2009 - link a
www.urbanisticatoscana.it). |
LAVORI PUBBLICI:
Opere di urbanizzazione al
Comune.
Passaggio agevolato, da convenzione. La
cessione può fruire del Registro in misura
fissa e dell'esenzione dalle imposte
ipotecaria e catastale.
Registro in misura fissa ed esenzione dalle
imposte ipotecaria e catastale per l'atto di
cessione con il quale la società
costruttrice trasferisce al Comune le opere
di urbanizzazione realizzate, a scomputo
degli oneri di urbanizzazione di propria
competenza, se l'adempimento avviene a
seguito di una convenzione attuativa di un
piano urbanistico (Agenzia delle Entrate,
risoluzione 22.06.2009 n. 166/E -
link a www.nuovofiscooggi.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Parere richiesto dal Comune di Nizza
Monferrato, recante un quesito in
merito all'applicazione di una norma del
Codice dei contratti pubblici (D.Lgs.
12.04.2006 n. 163) - l'art. 32, lett. g) -
nel caso di una convenzione di lottizzazione
perfezionata prima dell'entrata in vigore
della norma medesima, ma il cui conseguente
permesso di costruire sia posteriore, nonché
al contenuto della convenzione medesima
(Corte
dei Conti, Sez. regionale di controllo
Piemonte,
parere 03.06.2009 n.
22).
Il Comune
chiede se la disposizione di cui all’art.
32, comma 1, lett. g) del D.Lgs. 12.04.2006
n. 163,
che comporta -in particolare- la necessità
di esperire anche per i lavori privati
eseguiti a scomputo degli oo.uu. la
procedura di evidenza pubblica senza
eccezioni, sia applicabile nel caso in cui
antecedentemente alla sua entrata in vigore
sia stata perfezionata una convenzione di
lottizzazione, ma non ancora rilasciato il
conseguente permesso di costruire.
Come osservato dalla Sezione lombarda di
questa Corte, che ha avuto modo di occuparsi
di identica questione (parere del 26.11.2008
n. 95) lo scopo perseguito dal legislatore è
di evitare che, attraverso l’assunzione in
via diretta da parte dei privati titolari
del permesso di costruire della
realizzazione di opere di urbanizzazione a
scomputo del contributo previsto per il
rilascio del permesso, venga eluso il
principio dell’evidenza pubblica per
l’esecuzione di opere pubbliche.
La norma in discorso costituisce adeguamento
agli obblighi comunitari (l’art. 1 del
citato D.Lgs. n. 152/2008, che ha sostituito
l’art. 32, comma 1 lett. g) del D.Lgs n.
163/2006, è invero espressamente rubricato
“Disposizioni di adeguamento comunitario”).
Come osservato dal Consiglio di Stato in
sede di parere allo schema del D.Lgs. n.
152/2008 cit. (Sezione consultiva per gli
atti normativi 14.07.2008 n. 2357), la
modifica del ridetto articolo 32, comma 1,
lettera g) è tesa a recepire le osservazioni
della Commissione europea relativamente alla
realizzazione di opere di urbanizzazione a
scomputo. Secondo la Commissione, invero, la
norma precedente risultava in contrasto con
le regole di cui alla direttiva 2004/18/CE,
laddove veniva conservato il diritto di
prelazione in favore del promotore
individuato unicamente nel titolare del
permesso di costruire.
La descritta ratio consiglia
un’interpretazione della norma che ne
consenta la più ampia applicazione.
I lavori pubblici cui questa testualmente si
riferisce sono quelli da realizzarsi da
parte dei soggetti privati titolari di
permesso di costruire. E’ dunque la
titolarità di tale permesso presupposto per
l’operare della norma in parola, mentre non
v’è menzione, ne’ spazio per altre
situazioni giuridiche soggettive, quali
quelle derivanti dall’essere parte di una
convenzione urbanistica. |
EDILIZIA PRIVATA:
Il privato che costruisce non ha
titolo a pretendere dal Comune il rimborso
delle spese effettivamente sostenute per
ovviare ad eventuali carenze delle opere di
urbanizzazione, se non quando ciò sia stato
concordato col Comune, a titolo di
“scomputo” o sotto altra forma, in sede di
rilascio della concessione edilizia.
Nulla esclude che il concessionario si
obblighi (o resti obbligato) in termini più
onerosi rispetto a quelli astrattamente
previsti dalla legge.
In base alla giurisprudenza in materia, il
contributo concessorio, commisurato agli
oneri di urbanizzazione, ha carattere
generale, in quanto prescinde totalmente
dall’esistenza o meno delle singole opere di
urbanizzazione; ed ha natura di prestazione
patrimoniale imposta, in quanto è
determinato senza tener conto dell’utilità
che riceve il beneficiario del provvedimento
di concessione, né delle spese
effettivamente necessarie per l’esecuzione
delle opere di urbanizzazione relative alla
concessione assentita (Cons. Stato V,
21.04.2006 n. 2258).
Si tratta infatti di un contributo
paratributario, ossia di un corrispettivo di
diritto pubblico dovuto dal beneficiario
della concessione edilizia, a titolo di
partecipazione -in proporzione all’insieme
dei benefici che la nuova costruzione ne
ritrae- ai costi delle opere di
urbanizzazione sostenuti dal Comune per
realizzare il generale assetto urbanistico
del territorio comunale (Cons. Stato n.
2258/2006 cit.; Cons. Stato 2^, 21.11.07 n.
11073 e 10060/2004).
Ne deriva, per un verso, che il contributo è
dovuto nella misura determinata ex lege
a prescindere dalla completezza dello stato
di urbanizzazione e dalla effettiva
disponibilità dei (di tutti i) servizi,
primari e secondari, nella zona in cui deve
essere realizzata la nuova costruzione; per
altro verso, che, laddove vi sia carenza o
insufficienza di urbanizzazione, le opere
necessarie ben possono essere poste o
rimanere a carico del privato, salva la
possibilità di uno “scomputo” con le
modalità ed alle condizioni previste dalla
legge.
In altri termini, il privato che costruisce
non ha titolo a pretendere dal Comune il
rimborso delle spese effettivamente
sostenute per ovviare ad eventuali carenze
delle opere di urbanizzazione, se non quando
ciò sia stato concordato col Comune, a
titolo di “scomputo” o sotto altra
forma, in sede di rilascio della concessione
edilizia.
La legge non conferisce il diritto a
rimborsi “a piè di lista” quando
l’interessato provveda direttamente ad
allacciare la propria costruzione alle reti
dei servizi.
L’art. 16 del d.p.r. 06.06.2001 n. 380
(testo unico in materia edilizia) prevede
che il titolare del permesso di costruire, a
scomputo totale o parziale della quota di
contributo relativa agli oneri di
urbanizzazione, “possa obbligarsi” a
realizzare direttamente le opere di
urbanizzazione, “con le modalità e le
garanzie stabilite dal comune” e “con
conseguente acquisizione delle opere
realizzate al patrimonio indisponibile del
comune”.
La legge regionale lombarda 11.03.2005 n. 12
(legge per il governo del territorio)
prevede all’art. 46 che a scomputo totale o
parziale del contributo gli interessati “possono
essere autorizzati” a realizzare
direttamente una o più opere di
urbanizzazione primaria o secondaria.
Ciò postula un ambito di valutazioni
discrezionali di competenza del Comune, cui
spetta verificare se l’opera di
urbanizzazione sia effettivamente necessaria
nell’interesse della collettività, ovvero se
debba essere eseguita nel solo interesse
dell’operatore privato per rendere
tecnicamente fattibile l'intervento (con la
conseguenza che solo nel primo caso, e non
anche nel secondo, si tratterà di un'opera
ammissibile a scomputo degli oneri di
urbanizzazione: cfr. Cons. Stato IV,
21.04.2008 n. 1811, 28.07.2005 n. 4014).
D’altro canto, vertendosi in materia di
diritti disponibili, nulla esclude che il
rapporto tra Comune e beneficiario della
concessione edilizia (ora permesso di
costruire) sia regolato in termini diversi,
e che il concessionario si obblighi (o resti
obbligato) in termini più onerosi rispetto a
quelli astrattamente previsti dalla legge
(Cons. Stato V, 29.09.1999 n. 1209)
(TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 12.05.2009 n. 3717 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Opere
di urbanizzazione a scomputo
(corso di formazione ed aggiornamento
febbraio 2009):
1-
M. Alesio,
LA DISCIPLINA DELLE “OPERE DI URBANIZZAZIONE
A SCOMPUTO” DOPO IL TERZO DECRETO CORRETTIVO
(D.LGS N. 152/2008);
2-
modello di convenzione accessiva al permesso
di costruire (link a
www.centrostudimarangoni.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
LE OPERE A SCOMPUTO DEGLI ONERI DEVONO
ESSERE APPALTATE A TERZI CON PROCEDURA
PUBBLICA (26.01.2009 - link a
www.ancebrescia.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Nuova disciplina delle opere realizzate a
scomputo degli oneri di urbanizzazione a
seguito dell’entrata in vigore del terzo
decreto correttivo del codice degli appalti
- ADEMPIMENTI PER LE OPERE REALIZZATE
DALL’IMPRESA (03.12.2008 - link a
www.ancebrescia.it).
All'interno un utilissimo
“manuale” esplicativo contenente una serie
di indicazioni relative alla possibilità per
l’operatore e per l’Amministrazione Comunale
di realizzare opere di urbanizzazione a
scomputo. |
EDILIZIA PRIVATA:
F. Gualandi,
OPERE DI URBANIZZAZIONE A SCOMPUTO E CODICE
DEI CONTRATTI - Il dito e la luna. Ovvero
della discutibile “appaltizzazione”
dell’urbanistica (link a
www.lexitalia.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
La Giunta Regionale del Veneto ha emanato la
d.G.R. 24.02.2009 n. 436 recante:
"Indirizzi interpretativi per
l'applicazione delle disposizioni in materia
di opere a scomputo degli oneri di
urbanizzazione dopo il terzo decreto
correttivo del Codice dei contratti (D.Lgs.
163/2006, art. 32, comma 1, lett. g, e art.
122, comma 8)" (link a
http://venetoius.myblog.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Se le opere di urbanizzazione
restano al privato niente gara.
Un intervento edilizio attuato da
un soggetto privato nell’ambito di un piano
particolareggiato su un’area di sua
proprietà, consistente nella realizzazione
di insediamenti da destinare a servizi
pubblici o collettivi, non costituisce opera
di urbanizzazione. Conseguentemente a tale
intervento non si applicano le disposizioni
dettate dal Dlgs. 163/2006 in materia di
opere di urbanizzazione primaria e
secondaria.
Osserva il Collegio che l’art. 32, comma 1,
lettera g), annovera tra i contratti
soggetti alle regole dell’evidenza pubblica
i “lavori pubblici da realizzarsi da
parte dei soggetti privati titolari di
permesso di costruire, che assumono in via
diretta l’esecuzione delle opere di
urbanizzazione a scomputo totale o parziale
del contributo previsto per il rilascio del
permesso, ai sensi dell’art. 16, comma 2 del
d.p.r. 06.06.2001, n. 380 e dell’art. 28,
comma 5, l. 17.08.1942, n. 1150….”.
Va rammentato che secondo principi
affermatasi in materia urbanistica nel
settore delle lottizzazioni e
successivamente trasfusi in norme di legge,
il titolare del permesso di costruire è
tenuto a corrispondere al Comune la quota di
contributo relativa agli oneri di
urbanizzazione all'atto del rilascio del
permesso di costruire; in alternativa, può
realizzare direttamente le opere di
urbanizzazione a scomputo totale o parziale
della quota dovuta (art. 2 del d.p.r. 380
del 2001 e art. 28, comma 5 della legge 1150
del 1942, come modificato e integrato dalla
l. 765 del 1967).
La ratio delle disposizioni è quella
di soddisfare l’esigenza primaria
dell’amministrazione comunale di urbanizzare
le aree di espansione contestualmente
all’edificazione, sicché il privato agisce
nell’interesse ed in luogo della pubblica
amministrazione e le opere, seppure
realizzate dal privato –con le modalità e le
garanzie stabilite dal comune-, vengono
acquisite al patrimonio indisponibile del
comune.
Questo sistema della assunzione diretta
delle urbanizzazioni da parte del privato a
scomputo degli oneri è stato oggetto di
rivisitazione del legislatore dopo la
sentenza della Corte Europea del 12.07.2001,
con la quale si è affermato il principio
dell’affidamento mediante gara pubblica
dell’esecuzione delle opere di
urbanizzazione a scomputo quando il valore
superi la soglia fissata dalla norma
comunitaria.
Da ciò la previsione dell’art. 2, comma 5
della legge n. 109 del 1994 (c.d. legge
Merloni), sostituita dall’art. 32, primo
comma, lettera g), del d.lgs. 163 del 2006,
di recente novellata dall’art. 2, comma 1,
lett. f), d.lgs. n. 113 del 2007 che ha
riportato nell’ambito dell’evidenza pubblica
e delle sue regole la realizzazione delle
opere pubbliche di urbanizzazione che,
attraverso convenzioni accessive ai piani
urbanistici attuativi di iniziativa privata,
finivano con l’essere realizzate
direttamente dal privato, con elusione delle
regole dei contratti pubblici.
Nel caso in questione, tuttavia, non si
discute di opere di urbanizzazione a
scomputo degli oneri di urbanizzazione ma di
un intervento edilizio destinato a servizi
collettivi da realizzarsi direttamente dal
privato proprietario dell’area e che rimane
nella proprietà del privato, che è tenuto
solo a mantenerne la destinazione ad uso
collettivo in conformità alle disposizioni
del piano particolareggiato che disciplina
l’area.
La fattispecie è, quindi, diversa da quella
di cui al più volte citato art. 32, comma 1,
lettera g), del d.lgs. 163 del 2006 (TAR
Puglia-Bari, Sez. I,
sentenza 30.01.2009 n. 157 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: La
sede della Associazione dei Testimoni di Geova non può certo
qualificarsi quale luogo di culto o edificio religioso, ma
ha prettamente una destinazione di carattere direzionale dal
punto di vista urbanistico.
Pertanto, trattandosi nel caso in esame della costruzione di
un edificio non destinato all’esercizio del culto, bensì
destinato ad ospitare la sede di una associazione religiosa,
non può ritenersi che tale opera rientri tra quelle
qualificate come opere di urbanizzazione secondaria, per cui
legittimamente il Comune ha assoggettato la sua
realizzazione al pagamento degli oneri concessori.
... per l’annullamento della concessione edilizia,
rilasciata dal Sindaco del Comune di Cerea il 16/05/1994,
relativamente alla parte in cui determina il pagamento degli
oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione per la
realizzazione della sede dell’Ente Religioso Testimoni di
Geova.
...
FATTO
Con atto notificato il 06.07.1994, depositato nei
termini, l’Associazione Testimoni di Geova di Cerea – Casaleone – Sanguinetto, in persona del legale
rappresentante pro tempore, ha chiesto l’annullamento della
concessione edilizia, rilasciata dal Sindaco del Comune di
Cerea il 16/05/1994, relativamente alla parte in cui
determina il pagamento degli oneri di urbanizzazione e del
costo di costruzione per la realizzazione della sede
dell’Ente Religioso Testimoni di Geova, oltre che per
l’accertamento che la ricorrente nulla deve a titolo di
oneri di urbanizzazione e costo di costruzione per il
rilascio della concessione edilizia, con conseguente
condanna del Comune di Cerea alla restituzione delle somme
pagate a titolo di oneri di urbanizzazione e costo di
costruzione, non dovute, con rivalutazione e interessi.
L’Associazione ricorrente fa presente di aver presentato al
Sindaco del Comune di Cerea istanza di concessione edilizia
per realizzare la sede religiosa della stessa Associazione
ma ne contesta la onerosità.
A sostegno del gravame vene dedotta la seguente censura:
Violazione di legge: art. 9, lett. f), della legge 28.01.1977 n. 10; erronea applicazione dell’art. 3 della legge n.
10 del 1977 e dell’art. 81 della L.R. 26.06.1985 n. 61,
eccesso di potere per difetto di presupposto.
Si sostiene che essendo classificata la costruzione de quo
quale opera di urbanizzazione secondaria,la concessione
edilizia non poteva essere soggetta al pagamento di alcun
onere o contributo, e pertanto illegittimamente il Comune di
Cerea ha previsto il pagamento degli oneri di urbanizzazione
e del costo di costruzione.
Si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata, la
cui difesa contesta le ragioni dell’impugnativa ed insiste
per il rigetto del ricorso siccome infondato.
Alla pubblica udienza del 22.01.2009 la causa è passata
in decisione.
DIRITTO
L’oggetto della presente impugnativa è la concessione
edilizia rilasciata dal Sindaco di Cerea in data 16.05.1994 per la realizzazione della sede dell’Associazione
ricorrente, nella parte in cui dispone il pagamento degli
oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione, con la
conseguente restituzione delle somme pagate a tale titolo.
Il ricorso non si appalesa fondato.
Va premesso che l’art. 4, secondo comma, lettera e),
della legge 29.09.1964 n. 847 individua come opere di
urbanizzazione secondaria le “chiese ed altri edifici
religiosi” per le quali la successiva legge n. 10 del 1977
prevede, secondo determinate condizioni, l’esonero dal
pagamento dei contributi.
Occorre, pertanto, verificare se la costruzione della sede
della Associazione ricorrente, oggetto della concessione
edilizia impugnata in parte qua, possa rientrare tra quelle
opere di carattere religioso, ossia destinate all’esercizio
del culto, per le quali la norma prevede l’esenzione dal
pagamento dei contributi concessori.
La risposta a tale quesito non può che essere negativa, solo
se si consideri che la sede della Associazione dei Testimoni
di Geova non può certo qualificarsi quale luogo di culto o
edificio religioso, ma ha prettamente una destinazione di
carattere direzionale dal punto di vista urbanistico.
Pertanto, trattandosi nel caso in esame della costruzione di
un edificio non destinato all’esercizio del culto, bensì
destinato ad ospitare la sede di una associazione religiosa,
non può ritenersi che tale opera rientri tra quelle
qualificate come opere di urbanizzazione secondaria, per cui
legittimamente il Comune di Cerea ha assoggettato la sua
realizzazione al pagamento degli oneri concessori
(TAR Veneto, Sez. II,
sentenza 22.01.2009 n. 985 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
S. Civitarese Matteucci,
Note sulla realizzazione delle opere di
urbanizzazione nell'ambito dei comparti
edilizi e dei "programmi complessi" sulla
base della disciplina del codice dei
contratti pubblici (link a
www.pausania.it). |
EDILIZIA PRIVATA: R.
Travaglini,
LE OPERE DI URBANIZZAZIONE A SCOMPUTO ALLA
LUCE DEL TERZO DECRETO CORRETTIVO DEL CODICE
DEI CONTRATTI PUBBLICI (D.LGS. 11.09.2008 N.
152).
Si vedano anche:
-
le slides esemplificative;
- la
nota ANCE 19.11.2008 n. 150-C2/V
di prot. (link a http://venetoius.myblog.it). |
EDILIZIA PRIVATA: G.
Giovannelli,
La disciplina delle opere di urbanizzazione
a scomputo oneri alla luce del “terzo
correttivo” (link a
www.urbanisticaitaliana.it). |
EDILIZIA PRIVATA: F.
Barchielli,
Terzo decreto correttivo e scomputo degli
oneri concessori (il terzo
decreto correttivo del Codice dei Contratti
Pubblici introduce una drastica inversione
di rotta per quanto attiene ai lavori sotto
soglia a scomputo totale o parziale degli
oneri di urbanizzazione) (link a
www.urbanisticaitaliana.it). |
anno 2008 |
|
EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: Scomputo
oneri urbanizzazione.
Viene posto dal Comune richiedente un
quesito limitato, nella sua enunciazione,
alla tematica della disciplina dello
“scomputo” degli oneri di urbanizzazione; la
formulazione di una responsabile risposta
comporta peraltro la considerazione di un
ulteriore tema di grandissimo rilievo ed
attualità: quello degli accordi fra
proprietari e Comune per modifiche al piano
regolatore generale urbanistico.
La bozza di
protocollo di intesa allegata al quesito
reca infatti, come primo “impegno” assunto
dal Comune nell’accordo con il privato,
quello a “predisporre opportuna variante al PRGC vigente”, variante destinata a
trasferire volumetrie su determinate aree
private, in presenza della cessione gratuita
di un’area e della costruzione –interamente
a carico dell’operatore privato–
dell’edificio di una scuola materna; ciò,
senza pregiudizio dell’applicazione in via
ordinaria dei contributi di costruzione che
risulteranno dovuti e degli ordinari
meccanismi di scomputo relativi ad altre
opere di urbanizzazione (Regione Piemonte,
parere n. 122/2008 -
tratto da www.regione.piemonte.it). |
EDILIZIA PRIVATA: A.
Barbiero,
Lavori a scomputo OO.UU. - Note generali e
riferimenti interpretativi in ordine
all’affidamento di lavori per la
realizzazione di opere a scomputo degli
oneri di urbanizzazione in base alle novità
introdotte dal d.lgs. n. 152/2008
(link
a www.albertobarbiero.net). |
EDILIZIA PRIVATA: A.
Barbiero,
Criticità lavori a scomputo - Note sulle
problematiche derivanti dall’applicazione
della normativa in materia di affidamento
dei lavori a scomputo di oneri di
urbanizzazione (alla luce delle innovazioni
prodotte dal d.lgs. n. 152/2008 (link
a www.albertobarbiero.net). |
EDILIZIA PRIVATA: A.
Barbiero,
Percorsi operativi per affidamento lavori a
scomputo OO.UU. - Affidamento dei lavori per
la realizzazione di opere per lo scomputo di
oneri di urbanizzazione: schemi
operativi
(link
a www.albertobarbiero.net). |
EDILIZIA PRIVATA:
Parere richiesto dal Sindaco del Comune
di Samarate (Va) in merito
"alla corretta interpretazione e conseguente
applicazione dell'articolo 32 comma 1,
lettera g), del codice dei contratti
pubblici anche ai sensi dell'art. 253, comma
1, del codice degli appalti, come dalla nota
prot. 26734 del 23.10.2008 dell'Ente stesso".
Il quesito posto dal Comune di Samarate si
inserisce nella complessa evoluzione del
quadro normativo riguardante il Codice dei
Contratti pubblici che, anche con
riferimento all’esecuzione delle opere di
urbanizzazione a scomputo dei relativi
contributi, ha come obiettivo fondamentale
l’applicazione dei principi generali di
trasparenza, libera concorrenza e parità di
trattamento nella realizzazione dei lavori
pubblici, compresi quelli di importo
inferiore alla soglia comunitaria.
Il Sindaco chiede, in particolare, il parere
della Sezione in merito alla nuova
formulazione dell’art. 32, comma 1, lettera
g), introdotta dal decreto legislativo
152/2008 quando “la convenzione tra
amministrazione comunale e lottizzante
risulti già essere stata sottoscritta in
data antecedente il 17.10.2008 ma non sia
stato ancora rilasciato il permesso a
costruire al lottizzante”.
La Sezione osserva, in primo luogo, che il
disegno del legislatore è quello di evitare
che attraverso l’affidamento diretto al
privato titolare del permesso di costruire
della realizzazione delle opere di
urbanizzazione a scomputo venga elusa la
necessità del ricorso alle procedure ad
evidenza pubblica.
Ed infatti l’art. 32, comma 1, lettera g),
sia nell’attuale formulazione che in quella
previgente, ha previsto per tali opere di
importo superiore alla soglia comunitaria
una serie di adempimenti che hanno come
scopo principale quello dell’esperimento
della gara di appalto.
Poiché dal quesito risulta che la
convenzione fra amministrazione comunale e
lottizzante sia già stata sottoscritta, ma
non sia stato ancora rilasciato il permesso
di costruire, si ritiene che il Comune non
si possa sottrarre all’obbligo, di
rispettare, al momento del rilascio del
permesso di costruire, gli adempimenti
fissati dall’art. 32, comma 1, lettera g).
Il permesso di costruzione costituisce, in
altre parole, il presupposto per l’adozione
delle procedure di gara previste dalla
legge.
Va rilevato peraltro che la nuova
formulazione dello stesso articolo disposta
dal decreto legislativo 11.09.2008 n. 152
(c.d. terzo decreto correttivo) ha
rafforzato i principi richiamati, avendo
soppresso l’eventualità che i titolari del
permesso di costruzione potessero agire in
veste di promotori e che potessero avvalersi
del diritto di prelazione successivamente
alla conclusione della gara.
Si deve ritenere inoltre coerente con i
criteri generali prima citati anche
l’abolizione dell’obbligo di trasmissione
degli atti alla competente Procura regionale
della Corte dei Conti disposta con la
modifica dell’art. 122, comma 8, del Codice
dei contratti, così come sostituito
dall’art. 1 del decreto leg.vo 152/2008 in
conseguenza dell’estensione alle opere di
urbanizzazione a scomputo sotto soglia di
una procedura negoziata secondo le modalità
di cui all’art. 57, comma 6 dello stesso
codice.
Occorre infine segnalare che per la natura
transitoria della disciplina di cui all’art.
253 Codice dei contratti pubblici, le
disposizioni in esso contenute non possono
essere riferite a fattispecie intervenute
con la recente modifica apportata al codice.
Il legislatore avrebbe potuto espressamente
dettare norme di diritto transitorio che, al
contrario, non si rinvengono nel testo del
decreto legislativo n. 152/2008 e questo
conferma l'applicabilità dei principi
generali in caso di successione delle leggi
nel tempo ai rapporti giuridici pendenti
(cioè già sorti sotto il vigore della legge
precedente ma non ancora esauriti nel
momento in cui entra in vigore quella nuova)
(Corte
dei Conti, Sez. regionale di controllo
Lombardia,
parere 26.11.2008 n. 95). |
EDILIZIA PRIVATA: E'
ammissibile la scomputabilità del valore
corrispondente alle opere di urbanizzazione
primaria dall'importo dovuto a titolo di
oneri di urbanizzazione secondaria.
Secondo la giurisprudenza amministrativa “in
linea di principio, se il privato
costruttore ha eseguito direttamente opere
di urbanizzazione o si sia obbligato a
farle, nella zona oggetto dell'intervento
edilizio autorizzato, anche se non abbia
concordato le relative modalità e le
garanzie con il Comune, ha diritto a che
l'amministrazione valuti l'effettiva entità
e la concreta utilizzazione delle opere già
realizzate o da realizzare, al fine di
scomputare il costo della somma dovuta a
titolo di contributo per oneri di
urbanizzazione” (TAR Sicilia Catania,
sez. I, 02.10.2003, n. 1532; in senso
conforme TAR Calabria Catanzaro, 24.07.1997,
n. 526; Consiglio Stato, sez. V, 27.06.1994,
n. 716).
L'art. 11, l. n. 10 del 1977, nel prevedere
la possibilità per il titolare della
concessione edilizia dello scomputo dal
contributo delle somme relative a spese per
opere di urbanizzazione direttamente
realizzate, limita tale possibilità a quelle
opere che il concessionario si sia obbligato
ad eseguire e dispone espressamente che la
possibilità medesima va esercitata con le
modalità e le garanzie stabilite dal comune,
sicché -secondo il recente orientamento
della giurisprudenza amministrativa- “l'esenzione
totale o parziale dal pagamento degli oneri
di urbanizzazione è espressione di
un'attività valutativa, di natura
discrezionale, dell'amministrazione che si
conclude con un atto, anche di natura
convenzionale, che fissi il tipo e l'entità
delle opere ammesse dal comune alla
realizzazione diretta da parte del titolare
della concessione edilizia nonché l'importo
economico da scomputare, mentre l'esenzione
in discorso non può mai derivare
dall'autonoma scelta unilaterale del
concessionario; peraltro, pur in assenza di
un atto d'obbligo, l'amministrazione può
tenere conto della domanda di scomputo delle
opere già realizzate senza il previo dettato
comunale ove sussista la relativa
previsione, anche se solo in forma generica,
nella concessione edilizia ovvero la
discrezionale determinazione di accettazione
"ex post" delle opere da parte del comune
stesso” (TAR Campania Salerno, sez. II,
04.07.2005 , n. 1082).
Nello stesso ambito la giurisprudenza (TAR
Toscana Firenze, sez. III, 11.08.2004, n.
3181) ha inoltre chiarito che “La quota
di urbanizzazione ha carattere di
corrispettivo di diritto pubblico, di natura
non tributaria, posto a carico del
costruttore a titolo di partecipazione del
concessionario ai costi delle opere di
urbanizzazione in proporzione all'insieme
dei benefici che la nuova costruzione ne
ritrae: pertanto, il relativo contributo può
essere scomputato nei casi in cui,
ricorrendone i presupposti e le condizioni,
le opere di urbanizzazione siano realizzate
dal titolare della concessione edilizia
(art. 11 comma 1 l. 28.01.1977 n. 10).
Pertanto secondo tale orientamento
giurisprudenziale “ben può ammettersi anche
la scomputabilità del valore corrispondente
alle opere di urbanizzazione primaria
dall'importo dovuto a titolo di oneri di
urbanizzazione secondaria, attesa la comune
natura giuridica degli oneri di cui
trattasi, non ravvisandosi ragioni ostative
alla compensazione tra obbligazioni
intercorrenti tra i medesimi soggetti e
nascenti dal medesimo rapporto
convenzionale: difatti lo scomputo, totale o
parziale, della quota di contributo dovuta
in caso di realizzazione diretta delle opere
di urbanizzazione deve essere effettuato
senza distinzione tra opere di
urbanizzazione primaria e secondaria, atteso
che la mancata distinzione nella sede
legislativa specifica (art. 11 l. 28.01.1977
n. 10) delle due categorie di opere vieta
all'interprete di introdurre una siffatta
distinzione” (TAR Toscana Firenze, sez.
III, 11.08.2004, n. 3181 cit.) (TAR
Sicilia-Palermo, Sez. I,
sentenza 29.10.2008 n. 1367 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA:
Sull'infungibilità fra opere di
urbanizzazione primaria ed opere di
urbanizzazione secondaria.
Sussiste la
diversa funzione assolta
dalle opere di urbanizzazione primaria
e secondaria: le une, rendono
effettivamente edificabile l’area su cui
sorgerà l’intervento edilizio, dotandola dei
manufatti e dei servizi indispensabili per
l’agibilità e la fruibilità di un fabbricato
secondo la propria destinazione d’uso; le
altre, concernono la comunità
urbanizzata nel suo complesso per
arricchirla di strutture e servizi che
servono a scopi generali (asili, parchi,
biblioteche, impianti sportivi etc.) e non
attengono in modo specifico all’intervento
edilizio, bensì alla generalità degli
abitanti di un dato comprensorio.
Dalla diversità di funzione
ne deriva l’infungibilità fra le due
categorie di opere, tant’è che la
classificazione nell’ambito di ciascuna
delle categorie è stata compiuta dal
legislatore senza possibilità di deroga per
l’interprete. Sotto un profilo sistematico,
il divieto di compensazione globale e
indifferenziata fra le opere di
urbanizzazione primaria e secondaria
realizzate dal promotore dell’intervento
edilizio è il logico corollario alla
predetta infungibilità.
Ponendo la questione in questi termini,
si deve evidenziare che la
legge regionale della Lombardia n. 12/2005
sancisce il principio che il promotore
dell’intervento edilizio deve realizzare le
opere di urbanizzazione primaria
nella loro interezza ed una quota parte di
quelle di urbanizzazione secondaria,
nonché salvaguarda in ogni caso il diritto
potestativo del comune di richiedere il
pagamento integrale degli oneri previsti dal
piano attuativo, anziché la realizzazione
diretta delle strutture.
In conclusione,
rilevando che la
legislazione di settore, sia essa di fonte
nazionale o regionale, impone che siano
esattamente e distintamente determinati gli
importi degli oneri di urbanizzazione a
scomputo, nonché le caratteristiche
tecnico-costruttive delle opere primarie
e secondarie da realizzare, si
ritiene preclusa l’eventuale compensazione
globale e indifferenziata fra oneri
primari e secondari.
---------------
Con nota n. 40710 del 05.08.2008 il Vice
Sindaco del Comune di Varese ha richiesto un
parere in relazione alle problematiche
giuridiche afferenti le modalità di
riconoscimento dello scomputo degli oneri di
urbanizzazione in favore dei privati
lottizzanti in virtù di convenzioni da
sottoporre ai promotori di Piani Attuativi e
Programmi Integrati d’Intervento ed in
particolare se “risulti legittimo sotto
il profilo contabile, il riconoscimento di
uno scomputo globale e indifferenziato,
indipendentemente dalla ascrivibilità delle
opere realizzate alla categoria delle opere
di urbanizzazione primaria o secondaria,
sino alla concorrenza degli oneri di
urbanizzazione complessivamente dovuti,
siano essi a loro volta ascrivibili a
contributo per opere di urbanizzazione
primaria o secondaria”.
Nella richiesta di parere si precisa che la
risposta al quesito investirà questioni di
rilevante interesse contabile, in quanto
idonea ad orientare il contenuto degli
schemi di convenzione urbanistica da
inserire nei piani attuativi d’intervento
che l’amministrazione comunale si prefigge
di adottare.
...
Venendo al merito della richiesta, occorre
osservare che la risposta prevede l’analisi
di alcune questioni giuridiche preliminari
idonee ad inquadrare la natura giuridica
degli oneri di urbanizzazione, del ruolo dei
privati lottizzanti e delle opere di
urbanizzazione a scomputo, per poi poter
definire in tale materia i principi di
contabilità pubblica.
I permessi di costruire che
il comune concede agli interessati quale
espressione del jus aedificandi
insito nel diritto di proprietà privata,
hanno natura onerosa, poiché comportano
l’obbligo di versamento dei contributi
dovuti all’ente pubblico da parte di coloro
che realizzano interventi di trasformazione
edilizia del territorio, a titolo di
compartecipazione alle spese che i comuni
sostengono per migliorare lo sviluppo urbano
e la qualità della vita sul territorio di
pertinenza.
La materia è regolata dal testo unico delle
disposizioni legislative e regolamentari in
materia edilizia (DPR 380/2001), il quale
prevede anche alcune norme di carattere
contabile in tema di criteri generali per la
determinazione dei predetti oneri.
Le entrate derivanti dalla riscossione degli
oneri di urbanizzazioni connessi al rilascio
dei permessi di costruire sono iscritte al
Titolo IV del bilancio, anche se destinate
al finanziamento della spesa corrente.
L’art. 1, comma 713, della Legge finanziaria
per il 2007 (Legge 296/2006) ha disposto che
tali entrate, per l’anno 2007, possono
finanziare fino alla concorrenza del 50%
dell’importo le spese correnti e per un
ulteriore 25% le sole spese di manutenzione
ordinaria del patrimonio comunale. La
restante quota di entrate deve finanziare le
spese in conto capitale. La disposizione è
stata confermata per il triennio 2008-2010
dall’art. 2, comma 8, della Legge 244/2007
(Legge finanziaria per il 2008).
La legislazione finanziaria
ha disposto dunque precisi vincoli di
destinazione per il finanziamento di spese
coperte da entrate derivanti dai proventi di
concessioni edilizie e delle sanzioni
previste dal DPR 380/2001. Le relative norme
rivestono carattere cogente e non possono
essere derogate per non pregiudicare
l’equilibrio finanziario e la sana gestione
dell’ente comunale.
Inoltre, sempre in tema di corretta gestione
della contabilità pubblica, si osserva che
le entrate derivanti dal
versamento di tali oneri devono essere
considerate disponibili nel bilancio
dell’ente non dal momento del loro
accertamento, ma da quello della loro
effettiva riscossione, al fine di evitare il
cosiddetto criterio “dell’accertato per
riscosso”, il quale può provocare vuoti
temporanei di cassa ed ingenerare il non
auspicabile riscorso alle anticipazioni di
tesoreria, cui si perviene al fine di
colmare le carenze di liquidità derivanti
dal ritardo o dalla rateizzazione del
versamento dei contributi di costruzione, in
deroga al principio di contemporanea
corresponsione del contributo all’atto del
rilascio del permesso di costruire sancito
dall’art. 16, comma 2, del DPR 380/2001.
Il rilascio del permesso di costruire
conduce alla corresponsione di un contributo
commisurato all’incidenza degli oneri di
urbanizzazione e al costo di
costruzione, determinato secondo
parametri di legge previsti ai sensi
dell’art. 16, comma 4, del DPR 380/2001.
Gli oneri concessori sono stabiliti con
delibera del consiglio comunale sulla scorta
di parametri definiti dalla regione di
appartenenza per categorie di comuni, in
relazione all’ampiezza e all’andamento
demografico, alle caratteristiche
geografiche, alla destinazione di zone
previste negli strumenti urbanistici
vigenti, ai limiti e rapporti minimi
inderogabili fissati in applicazione
dell’art. 41-quinquies, penultimo ed ultimo
comma, della legge urbanistica 17.08.1942 n.
1150 e successive integrazioni e
modificazioni, nonché delle leggi regionali
(art. 16, comma 4, lettere a, b, c, d, DPR
380/2001).
La quota di contributo
inerente gli oneri di urbanizzazione è
corrisposta al comune all’atto del rilascio
del permesso di costruire e può essere
rateizzata a richiesta dell’interessato. A
scomputo parziale o totale della quota
dovuta, il titolare del permesso di
costruire si obbliga mediante la
stipulazione di un’apposita convenzione
urbanistica, a realizzare direttamente le
opere di urbanizzazione nel rispetto dei
principi stabiliti dall’art. 2, comma 5,
della legge n. 109/1994 ed, ora, dal vigente
Codice dei Contratti (D.Lgs. 163/2006).
Come ha avuto modo di chiarire anche la
Corte di Giustizia dell’Unione Europea con
la nota sentenza del 12.07.2001 n. 399/98,
sulla quale si sono attestate le
giurisdizioni nazionali, con l’autorevole
avallo della Consulta (sent. n. 129/2006),
qualora il privato titolare
del permesso di costruire realizzi
direttamente le opere di urbanizzazione
primaria e secondaria a scomputo
totale o parziale degli oneri da
corrispondere alla pubblica amministrazione,
a titolo di contributo alle spese sostenute
dalla collettività per la trasformazione del
territorio, egli diviene a tutti gli effetti
organo indiretto della P.A. ed in tale veste
di esecutore e costruttore di opere
pubbliche da cedere alla collettività, deve
uniformarsi alle norme in tema di appalti di
opere pubbliche in ossequio ai principi
tipici dell’evidenza pubblica, quali il
formalismo negoziale, la concorrenza, la
trasparenza ed il principio di non
discriminazione.
Il D.Lgs. 163/2006 ha introdotto un
parziale regime
derogatorio, più flessibile, solo
nell’ipotesi di realizzazione di opere di
urbanizzazione primaria sotto soglia, in
relazione alle quali è ammessa la
realizzazione senza obbligo di gara da parte
del promotore dell’intervento edilizio.
Di contro,
in tutti gli altri casi,
fermo restando il principio dello scomputo
parziale o totale degli oneri di
urbanizzazione, è necessario l’espletamento
della gara pubblica per l’esecuzione dei
lavori e l’affidamento dell’appalto.
Nei confronti del privato
che esegue direttamente o in appalto le
opere pubbliche di urbanizzazione
primaria e secondaria, il comune
concedente il permesso di costruire conserva
ogni potere sanzionatorio, sostitutivo e di
vigilanza circa il corretto adempimento
degli obblighi derivanti dalle convenzioni
di lottizzazione e dai piani d’intervento
edilizio.
L’Autorità per la vigilanza sui lavori
pubblici, servizi e forniture con la recente
determinazione 02.04.2008 n. 4
ha ritenuto che
l’affidamento
dell’esecuzione di opere di
urbanizzazione primaria e secondaria
a scomputo rientri nella nozione di appalto
di lavori pubblici e che soggiaccia alla
disciplina contenuta negli artt. 32, comma
1, lett. g), 121, comma 1 e 122, comma 8,
del D.Lgs. n. 163/2006, salvo il caso in cui
le amministrazioni procedenti abbiano
esperito preventivamente una procedura ad
evidenza pubblica per la scelta del privato
sottoscrittore del relativo accordo
convenzionale.
Nel caso di scomputo
totale, l’utilità che riceve il comune non è
la corresponsione degli oneri, ma la
cessione delle opere di urbanizzazione
primaria e secondaria realizzate dal
titolare della concessione edilizia. Non si
tratta dunque di contabilizzare somme
riscosse nei capitoli delle entrate, ma di
accertare ed aggiornare gli incrementi di
valore del patrimonio comunale.
La definizione del valore delle opere e la
loro incidenza sullo scomputo degli oneri di
urbanizzazione è rimessa alla
discrezionalità tecnica dell’ente, alla luce
di parametri obiettivi di valutazione delle
opere e sulla scorta dei criteri scolpiti
dagli artt. 17 e 18 del DPR 380/2001.
In tale ipotesi, le opere, unitamente alle
aree cedute gratuitamente al comune che sono
individuate nella convenzione urbanistica,
sono acquisite al patrimonio indisponibile
dell’ente e devono rientrare
nell’aggiornamento dell’inventario.
Il momento di passaggio
della proprietà e della titolarità di dette
opere pubbliche deve individuarsi nell’atto
di collaudo e di consegna dei lavori al
comune. Il verbale di collaudo e di consegna
riveste la forma scritta tipica dell’atto
pubblico che attesta l’avvenuta verifica
della corretta esecuzione delle opere
preventivate in convenzione ed il passaggio
del possesso giuridico del bene, avviando la
successiva fase di liberazione del titolare
dell’intervento edilizio dagli obblighi
scaturenti dagli accordi urbanistici.
Al fine di rafforzare il vincolo circa
l’esecuzione delle opere di urbanizzazione
nei tempi e modi pattuiti,
la convenzione fra titolare
del permesso di costruire e comune deve
prevedere forme di garanzia fidejussoria a
prima richiesta, al fine di reperire in
favore della P.A. i mezzi finanziari
sufficienti per far fronte alle carenze
d’esecuzione delle opere pubbliche ed allo
scopo di realizzare direttamente le predette
opere in sostituzione del proprietario
inadempiente.
Il DPR 380/2001 prevede una riserva
d’intervento regionale al fine di stabilire
i criteri ed i parametri per la
determinazione del costo delle aree in
proporzione al costo di costruzione (art.
18, comma 2). La legge regionale della
Lombardia n. 12/2005 si pone in linea con i
principi e le norme stabilite dal T.U. in
materia edilizia.
In particolare, si osserva che l’art. 45
della citata legge stabilisce la possibilità
per l’interessato di ottenere lo scomputo
totale o parziale del contributo
relativo agli oneri di urbanizzazione in
conseguenza della realizzazione diretta di
una o più opere di urbanizzazione
primaria o secondaria nel
rispetto dei principi stabiliti dalla legge
quadro in materia di lavori pubblici (e del
Codice dei Contratti).
E’ demandato ai comuni il compito di
determinare le modalità di presentazione dei
progetti, di valutazione della loro
congruità tecnico-economica e di prestazione
di idonee garanzie finanziarie, nonché le
sanzioni conseguenti in caso di
inottemperanza. Le opere, collaudate a cura
del comune, sono acquisite alla proprietà
comunale.
L’art. 45, comma 2, della
Legge regionale n. 12/2005 prevede che non
possono essere oggetto di scomputo le opere
espressamente riservate, nel programma
triennale delle opere pubbliche, alla
realizzazione diretta da parte del comune.
Per quel che concerne
l’eventualità del riconoscimento di uno
scomputo globale ed indifferenziato,
indipendentemente dall’ascrivibilità delle
opere alle categorie di opere di
urbanizzazione primaria o secondaria
elencate nei commi 7, 7-bis, 8 dell’art. 16
del DPR 380/2001, occorre evidenziare che la
legge regionale pone un vincolo di
correlazione fra la tipologia delle opere ed
il calcolo degli oneri per i quali accordare
lo scomputo.
Infatti, l’art. 46 della legge regionale
12/2005 reca: “La
convenzione, alla cui stipulazione è
subordinato il rilascio dei permessi di
costruire, ovvero la presentazione delle
denunce di inizio attività relativamente
agli interventi contemplati dai piani
attuativi, deve prevedere:
a) la cessione gratuita, entro termini
prestabiliti, delle aree necessarie per le
opere di urbanizzazione primaria, nonché la
cessione gratuita delle aree per
attrezzature pubbliche e di interesse
pubblico o generale la cessione gratuita,
entro termini prestabiliti, delle aree
necessarie per le opere di urbanizzazione
primaria, nonché la cessione gratuita delle
aree per attrezzature pubbliche e di
interesse pubblico o generale previste dal
piano dei servizi; qualora l'acquisizione di
tali aree non risulti possibile o non sia
ritenuta opportuna dal comune in relazione
alla loro estensione, conformazione o
localizzazione, ovvero in relazione ai
programmi comunali di intervento, la
convenzione può prevedere, in alternativa
totale o parziale della cessione, che
all'atto della stipulazione i soggetti
obbligati corrispondano al comune una somma
commisurata all'utilità economica conseguita
per effetto della mancata cessione e
comunque non inferiore al costo
dell'acquisizione di altre aree. I proventi
delle monetizzazioni per la mancata cessione
di aree sono utilizzati per la realizzazione
degli interventi previsti nel piano dei
servizi, ivi compresa l’acquisizione di
altre aree a destinazione pubblica;
b) la realizzazione a cura dei proprietari
di tutte le opere di urbanizzazione primaria
e di una quota parte delle opere di
urbanizzazione secondaria o di quelle che
siano necessarie per allacciare la zona ai
pubblici servizi; le caratteristiche
tecniche di tali opere devono essere
esattamente definite; ove la realizzazione
delle opere comporti oneri inferiori a
quelli previsti distintamente per la
urbanizzazione primaria e secondaria ai
sensi della presente legge, è corrisposta la
differenza; al comune spetta in ogni caso la
possibilità di richiedere, anziché la
realizzazione diretta delle opere, il
pagamento di una somma commisurata al costo
effettivo delle opere di urbanizzazione
inerenti al piano attuativo, nonché
all'entità ed alle caratteristiche
dell'insediamento e comunque non inferiore
agli oneri previsti dalla relativa
deliberazione comunale”.
Come si può notare la legge propone uno
schema di convenzione urbanistica da
stipulare fra titolari di permesso di
costruire e comune che favorisce la
realizzazione diretta delle opere di
urbanizzazione primaria nella loro
interezza e di una quota parte delle opere
di urbanizzazione secondaria e di
quelle che siano necessarie per allacciare
la zona ai pubblici servizi. Nel caso in cui
la realizzazione di tali opere comporti
oneri inferiori per l’interessato da quelli
previsti dalla convenzione attuativa del
piano d’intervento edilizio, ne è
corrisposta la differenza all’ente comunale.
Tuttavia,
il calcolo della somma
dovuta deve essere effettuato distintamente
per le opere di urbanizzazione primaria
e secondaria, senza possibilità di
effettuare operazioni compensative, non
differenziando fra le due categorie di
opere.
Il divieto dello scomputo
globale e indifferenziato, ancorché previsto
solo nell’ipotesi in cui le opere realizzate
per entrambe le categorie abbiano un valore
inferiore al corrispondente onere
monetizzato, deve essere esteso
indistintamente ad ogni intervento
manipolativo del territorio.
Il problema non si pone se
le opere consegnate al comune abbiano valore
maggiore o uguale agli oneri di
urbanizzazione previsti a scomputo.
L’ente si avvantaggerà delle migliorie
incrementando il proprio patrimonio
indisponibile.
Quid juris invece
nel caso in cui le opere realizzate per
almeno una delle due categorie risultino di
valore superiore agli oneri quantificati in
convenzione? Ovvero, in altri termini, il
maggior valore realizzato in una delle due
categorie di opere di urbanizzazione può
essere compensato con il minor valore delle
opere realizzate nell’altra?
L’individuazione delle categorie di opere di
urbanizzazione primaria e
secondaria è effettuata nei commi 7,
7-bis, 8 dell’art. 16 del DPR 380/2001 e
risponde ad inderogabili esigenze di tutela
del territorio.
Trattandosi di categorie
non omogenee di opere pubbliche da
realizzare a vantaggio della collettività
che subisce la trasformazione urbana
derivante dall’intervento edilizio, non è
ammessa alcuna forma di compensazione fra
gli oneri dovuti per le diverse fattispecie,
poiché la ratio delle norme
urbanistiche deve essere rinvenuta nel
preminente interesse pubblico a che
l’amministrazione comunale usufruisca di
ogni opera di urbanizzazione, in ragione
della diversa ma ugualmente imprescindibile
funzione, che le opere primarie e
secondarie assolvono per il corretto
assetto del territorio.
La soluzione prospettata al quesito trova
fondamento nella
diversa funzione assolta
dalle opere di urbanizzazione primaria
e secondaria: le une, rendono
effettivamente edificabile l’area su cui
sorgerà l’intervento edilizio, dotandola dei
manufatti e dei servizi indispensabili per
l’agibilità e la fruibilità di un fabbricato
secondo la propria destinazione d’uso; le
altre, concernono la comunità
urbanizzata nel suo complesso per
arricchirla di strutture e servizi che
servono a scopi generali (asili, parchi,
biblioteche, impianti sportivi etc.) e non
attengono in modo specifico all’intervento
edilizio, bensì alla generalità degli
abitanti di un dato comprensorio.
Dalla diversità di funzione
ne deriva l’infungibilità fra le due
categorie di opere, tant’è che la
classificazione nell’ambito di ciascuna
delle categorie è stata compiuta dal
legislatore senza possibilità di deroga per
l’interprete. Sotto un profilo sistematico,
il divieto di compensazione globale e
indifferenziata fra le opere di
urbanizzazione primaria e secondaria
realizzate dal promotore dell’intervento
edilizio è il logico corollario alla
predetta infungibilità.
Entrambi gli interventi di urbanizzazione
sono strumenti necessari in sede di rilascio
del permesso di costruire ed in fase di
stipula della convenzione urbanistica, la
quale dovrà contenere la descrizione
analitica e le caratteristiche
tecnico-costruttive delle opere da
realizzare a scomputo degli oneri. In tale
momento l’amministrazione comunale individua
le opere da costruire, al fine di
razionalizzare l’intervento di
trasformazione urbana in un’ottica di
imprescindibile tutela e valorizzazione del
territorio.
Il titolare del permesso di costruire,
aderendo alla convenzione di lottizzazione
ed optando per la diretta realizzazione
delle opere a scomputo dei contributi dovuti
all’amministrazione comunale, agisce
comunque nel proprio interesse, mirando ad
una ricaduta economica positiva concernente
i tempi di costruzione e di vendita dei
lotti edificabili.
Ponendo la questione in questi termini,
si deve evidenziare che la
legge regionale della Lombardia n. 12/2005
sancisce il principio che il promotore
dell’intervento edilizio deve realizzare le
opere di urbanizzazione primaria
nella loro interezza ed una quota parte di
quelle di urbanizzazione secondaria,
nonché salvaguarda in ogni caso il diritto
potestativo del comune di richiedere il
pagamento integrale degli oneri previsti dal
piano attuativo, anziché la realizzazione
diretta delle strutture.
Non sembra superfluo rimarcare che anche la
già citata legislazione nazionale ha avuto
cura di stabilire in modo cogente il
contenuto minimo delle convenzioni
urbanistiche nelle quali devono essere
analiticamente definite le specifiche
tecniche di ogni opera concordata, senza
possibilità di deroga alcuna.
La modifica degli accordi sulla natura e
sulle caratteristiche tecniche delle opere
di urbanizzazione da eseguire a cura del
titolare del permesso di costruire può
avvenire esclusivamente a seguito di una
rivisitazione formale degli accordi e,
dunque, mediante una modifica della
convenzione urbanistica, in linea con gli
imprescindibili parametri normativi di
riferimento.
Appare possibile, infine, che la singola
amministrazione comunale, nell’esercizio
della propria autonomia normativa, possa
emanare una norma specifica, contenuta in un
apposito regolamento edilizio, che vieti
ogni forma di compensazione tra gli oneri di
urbanizzazione primaria e quelli di
urbanizzazione secondaria.
In conclusione,
rilevando che la
legislazione di settore, sia essa di fonte
nazionale o regionale, impone che siano
esattamente e distintamente determinati gli
importi degli oneri di urbanizzazione a
scomputo, nonché le caratteristiche
tecnico-costruttive delle opere primarie
e secondarie da realizzare, si
ritiene preclusa,
per le motivazioni che precedono,
l’eventuale compensazione
globale e indifferenziata fra oneri
primari e secondari (Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo
Lombardia,
parere 15.09.2008 n. 66). |
EDILIZIA PRIVATA: A.
Barbiero,
Lavori a scomputo oneri urbanizzazione
(link a www.albertobarbiero.net.). |
EDILIZIA PRIVATA:
Dossier - Opere di urbanizzazione a scomputo oneri
(link a www.professionisti24.ilsole24ore.com). |
EDILIZIA PRIVATA:
Realizzazione di opere pubbliche da parte
di privati nell’ambito di accordi
convenzionali stipulati con le
amministrazioni.
- la
realizzazione di opere prevista dalle
convenzioni urbanistiche rientra nella
nozione di appalto pubblico di lavori;
- l’affidamento dell’esecuzione delle
suddette opere soggiace alla disciplina
contenuta negli artt. 32, comma 1, lett. g),
121, comma 1, e 122, comma 8, del d.lgs. n.
163/2006, salvo il caso in cui le
amministrazioni procedenti abbiano esperito
preventivamente una procedura ad evidenza
pubblica per la scelta del privato
sottoscrittore del relativo accordo
convenzionale
(determinazione
02.04.2008 n. 4 - link a
massimario.avlp.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Quesito 7 -
Realizzazione diretta delle opere di urbanizzazione secondaria alla luce
del nuovo Codice dei contratti pubblici
(Geometra Orobico n. 2/2008). |
URBANISTICA: Parere,
su richiesta del Sindaco del Comune di Vilminore di Scalve (Bg), in
merito al riconoscimento o meno a scomputo degli oneri di
urbanizzazione secondaria di quanto realizzato da soggetti attuatori di
un piano di lottizzazione, pur in assenza di regolare procedura di gara.
---------------
Il Sindaco del Comune di Vilminore di
Scalve (Bg.) ha chiesto il parere della Sezione sulla
possibilità, per la Pubblica Amministrazione, di riconoscere a scomputo
degli oneri di urbanizzazione secondaria, quanto realizzato da soggetti
attuatori di un piano di lottizzazione, pur in assenza di regolare
procedura di gara.
...
Al contrario, la richiesta è inammissibile in quanto non risulta avere “carattere
generale”, ma riguarda una fattispecie concreta già realizzata: il
quesito non può investire la scelta da operarsi dall’Amministrazione
nello svolgimento di un’attività decisionale e gestionale, quale il
riconoscimento o meno delle opere di urbanizzazione secondaria a
scomputo del contributo di costruzione, seppur eventualmente a titolo di
arricchimento senza causa, essendo un’attività che comporta una
valutazione discrezionale. Peraltro questa Sezione non può esprimere
parere sulle possibili conseguenze derivanti da fatti o comportamenti
contrari a disposizioni di legge rappresentati dall’Ente stesso nella
richiesta.
Infatti, dal contesto del quesito emerge che l’esecuzione di alcune
opere di urbanizzazione secondaria da parte di soggetti privati
attuatori di un piano di lottizzazione non sia avvenuta con il
necessario ricorso a procedure di gara o comunque nel rispetto dei
generali principi di non discriminazione, trasparenza, libera
concorrenza che devono informare la realizzazione di lavori pubblici (e
tali sono da ritenersi le opere di urbanizzazione, sin dalla loro
origine) anche di importo inferiore alla soglia comunitaria, come nel
caso sottoposto all’esame della Sezione.
Il legislatore ha recentemente rafforzato i principi suddetti
imponendo agli uffici tecnici delle amministrazioni locali interessate
di trasmettere alle competenti Procure regionali della Corte dei conti,
prima dell’avvio dell’esecuzione di opere di urbanizzazione (primaria)
cd. “a scomputo” di importo inferiore alle soglie UE, gli atti
adottati e tutta la documentazione relativa agli interventi edilizi da
realizzare a scomputo degli oneri di urbanizzazione (art. 122, co.
8, d.lgs. 12/04/2006, n. 163 come modificato dall’art. 2, d.lgs.
31/07/2007, n. 113). Tale adempimento è obbligatorio dal 01.08.2007,
indipendentemente dalla data di sottoscrizione della convenzione di
lottizzazione che abbia dato origine alla procedura di realizzazione
delle opere, avendo la legge individuato nella fase antecedente l’inizio
dei lavori il termine per la trasmissione degli atti alla competente
Procura regionale.
Si sottolinea, infine, che per le opere di urbanizzazione secondaria
destinate a confluire nel patrimonio comunale, anche se di importo
inferiore alla soglia comunitaria, l’obbligo di affidamento con il
rispetto dell’evidenza pubblica è stato recentemente ribadito anche dal
Giudice amministrativo (TAR Lombardia, Milano, sezione II, Sent.
04.12.2007, n. 6541), che ha affermato la necessità di conformare
l’azione amministrativa (anche se sia un soggetto privato a realizzare
le opere, come nel caso in esame) ai principi comunitari ed ai principi
generali dell’ordinamento interno (art. 37 Reg. cont. Stato), rilevando
che “la questione relativa allo scomputo degli oneri di
urbanizzazione a favore di coloro che si accollano la realizzazione di
opere di urbanizzazione secondaria è stata oggetto di attenzione da
parte della Corte di Giustizia della Comunità Europea la quale, con
sentenza del 12.07.2001 (proc. C-399/98), ha affermato il principio
dell’affidamento (mediante gara pubblica) dell’esecuzione delle opere di
urbanizzazione a scomputo quando il valore delle stesse superi la soglia
fissata dalla norma comunitaria. Tale principio è stato trasfuso nella
legislazione italiana, dapprima nell’art. 2, comma 5, della legge n.
109/1994 e ora nell’art. 32 del D.lgs. n. 163/2006 che, con riferimento
alle opere di urbanizzazione secondaria, si applica anche nel caso di
lavori di importo inferiore alla soglia comunitaria”.
Peraltro il profilo rilevante messo in luce nella richiesta di parere è
l’opportunità di acquisire le opere sostitutive di urbanizzazione
secondaria per evitare una condanna per indebito arricchimento. Anche
questo profilo attiene ad una valutazione discrezionale della P.A. da
assumere tenendo presenti tutti gli elementi concreti della fattispecie
ed i principi generali di cui all’art. 2041 del codice civile (Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Lombardia,
parere 07.05.2008 n. 27). |
EDILIZIA PRIVATA:
Sullo scomputo indifferenziato degli oo.uu. 1^ e oo.uu. 2^.
In caso di realizzazione diretta da parte del concessionario delle opere
di urbanizzazione primaria, sussiste il diritto allo scomputo dei costi
sostenuti sia per le opere di urbanizzazione primaria che per quelli
relativi alle opere di urbanizzazione secondaria, non sussistendo al
riguardo alcuna distinzione fra le anzidette categorie (cfr sentenza di
questo TAR 11.03.2004 n. 679 e sentenza n. 3181 sempre dell’anno 2004).
In applicazione del su illustrato principio, le somme dovute a titolo di
urbanizzazione secondaria possono essere (in presenza di un’eccedenza
delle spese per opere di urbanizzazione primaria) scomputate dalla
quantificazione del valore delle opere complessivamente realizzate
(TAR Toscana, Sez. III,
sentenza 06.02.2008 n. 110
- link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2007 |
|
EDILIZIA PRIVATA -
URBANISTICA: Art. 32 e 122 del D.lgs. 163/2006 -
Realizzazione di opere di urbanizzazione
secondaria anche di importo inferiore alla
soglia comunitaria - Obbligo di procedura ad
evidenza pubblica - Sussiste.
Ai sensi dell'art. 32 e 122 del
D.lgs. 163/2006 per la realizzazione di
opere di urbanizzazione secondaria anche di
importo inferiore alla soglia comunitaria si
deve ricorrere alla procedura ad evidenza
pubblica (massima tratta da www.solom.it -
TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 04.12.2007 n. 6541
- link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2005 |
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EDILIZIA PRIVATA:
Una volta sottoscritta la convenzione urbanistica, il
convenzionato non può eccepire che le opere di urbanizzazione da
realizzare sono di importo maggiore rispetto a quanto dovuto per oo.uu.1^
e oo.uu.2^.
Nel sistema risultante dal combinato disposto dell’art. 28, quarto comma
n. 1), della legge 17.08.1942, n. 1150 e dagli artt. 3 e 5 della legge
28.01.1977, n. 10, non è rinvenibile un principio che dia titolo al
soggetto che ha stipulato una convenzione urbanistica con il Comune di
non corrispondere al medesimo (in denaro, in aree cedute o in opere di
urbanizzazione realizzate), beni di valore complessivamente superiore a
quanto dovuto per oneri di urbanizzazione primaria e secondaria ai sensi
dell’art. 10 della legge n. 10 del 1977 (cfr. Cons. Stato, Sez. V,
10.06.1998, n. 807, con riferimento a convenzione di lottizzazione; Tar
Lombardia, Milano, 10.05.2000, n. 3180; id. 25.06.2001, n. 4523) e,
conseguentemente, in virtù della convenzione, il privato è obbligato ad
eseguire puntualmente tutte le prestazioni ivi assunte, a nulla
rilevando che queste possano eccedere originariamente o successivamente
gli oneri di urbanizzazione (cfr. Consiglio Stato, sez. V, 10.01.2003,
n. 33)
(TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 25.07.2005 n. 784 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: L’esenzione
totale o parziale dal pagamento degli oneri
d’urbanizzazione consegue ad un’attività
valutativa (di natura discrezionale)
dell’Amministrazione che si conclude con un
atto, anche di natura convenzionale, che
fissi il tipo e l’entità delle opere ammesse
dal Comune alla realizzazione diretta da
parte del titolare della concessione
edilizia nonché l’importo economico da
scomputare, per cui l’esenzione in questione
non può mai derivare dall’autonoma
unilaterale scelta del concessionario.
L'art. 11 della legge n. 10/1977, nel
prevedere la possibilità per il titolare
della concessione edilizia dello scomputo
dal contributo delle somme relative a spese
per opere d’urbanizzazione direttamente
realizzate dal concessionario, limita
siffatta possibilità a quelle opere che “il
concessionario si sia obbligato ad eseguire”
e dispone espressamente che la possibilità
medesima va esercitata “con le modalità e le
garanzie stabilite dal Comune”.
Ciò significa che l’esenzione totale o
parziale dal pagamento degli oneri
d’urbanizzazione consegue ad un’attività
valutativa (di natura discrezionale)
dell’Amministrazione che si conclude con un
atto, anche di natura convenzionale, che
fissi il tipo e l’entità delle opere ammesse
dal Comune alla realizzazione diretta da
parte del titolare della concessione
edilizia nonché l’importo economico da
scomputare, per cui l’esenzione in questione
non può mai derivare dall’autonoma
unilaterale scelta del concessionario (cfr.
in termini Cons. di Stato –Sez. V –
29/09/1999 n. 1209; id. 01/06/1998 n. 701).
Non può escludersi invero che
l’Amministrazione, pur in assenza di un atto
d’obbligo, possa (o debba) tener conto della
domanda di scomputo delle opere già
realizzate senza il previo dettato comunale
in ordine alle modalità di esecuzione delle
opere ed alle garanzie per il Comune, ma ciò
presuppone quantomeno la relativa
previsione, anche se solo in forma generica,
nella concessione edilizia ovvero la
discrezionale determinazione di accettazione
ex post delle opere da parte del Comune
medesimo, evenienze queste che non ricorrono
nella vicenda in esame nella quale non solo
manca una qualsivoglia partecipazione
consensuale dell’Ente, ma per di più da
quest’ultimo viene negata in radice, come
innanzi si è chiarito, la sussistenza dei
presupposti dello scomputo
(TAR Campania-Salerno, Sez. II,
sentenza 04.07.2005 n. 1082 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2004 |
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EDILIZIA PRIVATA: La
sottoscritta convenzione –che si configura come un atto
facente parte del procedimento che porta al rilascio della
concessione edilizia– determina con l’accordo sottoscritto
il contenuto dei relativi obblighi secondo i principi del
codice civile, così come precisato nell’art. 11 della legge
n. 241/1990. In particolare lo scomputo degli oneri di
urbanizzazione e la sua misura sono stati oggetto di una
determinazione consensuale che non può essere modificata
unilateralmente.
E’ infatti giurisprudenza costante che l’art. 16, comma 2,
del d.p.r. n. 380/2001 (che ha riprodotto l’art. 11, comma
1, della legge n. 10/1977 e che corrisponde sostanzialmente
anche all’art. 26, comma 11, della legge regionale n.
52/1999 come modificato con la legge regionale n. 43/2003)
consente al privato di eseguire direttamente le opere di
urbanizzazione in alternativa al pagamento dei connessi
oneri (con possibilità quindi di ottenerne poi lo scomputo
da quanto deve pagare a titolo di oneri di urbanizzazione
primaria e secondaria), ma tale facoltà ha effetto soltanto
se la proposta del privato sia accettata dal Comune secondo
le modalità e le garanzie dettate dal medesimo e con
conseguente acquisizione delle opere al patrimonio
indisponibile del comune.
---------------
La concessione edilizia è normalmente onerosa, tranne le
tassative ipotesi di gratuità (artt. 3-9 della legge n.
10/1977, trasfusi nel d.p.r. n. 380/2001 – art. 16).
Gli oneri di urbanizzazione (che unitamente al costo di
costruzione sono gli elementi della onerosità) sono stati
previsti dal legislatore a carico del costruttore, quale
prestazione patrimoniale, a titolo di partecipazione di
costui al costo delle opere di urbanizzazione connesse alle
esigenze della collettività che scaturiscono dagli
interventi di edificazione e dal maggior carico urbanistico
che si realizza nella zona in ordine all’aumento della
necessaria dotazione dei servizi (rete viaria, fognature,
ecc.); esigenze, queste, cui prioritariamente doveva
provvedere il comune appunto con questi proventi (art. 12
della legge n. 10/1977, norma non più riprodotta nella
normativa successiva in ossequio al principio dell’autonomia
degli enti locali ).
Detti oneri prescindono dall’esistenza o meno delle opere di
urbanizzazione e vengono determinati indipendentemente sia
dall’utilità che il concessionario ritrae dal titolo
edificatorio sia dalle spese effettivamente occorrenti per
realizzare siffatte opere. Infatti, ai sensi dell’art. 16,
comma 4, del d.p.r. n. 380/2001 (e della normativa
precedente), essi sono stabiliti dai comuni secondo tabelle
parametriche definite dalla regione per classi di comuni
(ampiezza e andamento demografico, caratteristiche
geografiche, destinazioni di zona, limiti e rapporti minimi
inderogabili di cui al d.m. n. 1444 del 02.04.1968).
I commi 7, 7-bis e 8 dello stesso art. 16 recano un elenco
tassativo delle opere di urbanizzazione primaria e
secondaria cui sono connessi i relativi oneri. Essi sono
dovuti anche in caso di modifica della destinazione d’uso
dell’immobile, quando sia necessaria la concessione edilizia
(ora: permesso di costruire), indipendentemente dalla
realizzazione di nuove opere edilizie.
---------------
La società ricorrente –che non può vantare un “diritto” allo
scomputo, dal momento che la legge configura la facoltà di
esecuzione diretta con possibilità di scomputo nei soli
limiti accettati dalla controparte pubblica- era
perfettamente consapevole che al momento della
sottoscrizione della convenzione con il Comune dovevano
essere precisati tutti i relativi obblighi, perché è in quel
momento che si realizza l’incontro delle volontà delle parti
contraenti nell’esercizio dell’autonomia negoziale; ed anche
se alcuni contenuti dell’accordo sono proposti
dall’Amministrazione in termini non modificabili dal
privato, ciò non esclude che la parte privata che abbia
sottoscritto la convenzione, conoscendone il contenuto e
senza apporvi nessuna riserva, abbia inteso aderirvi e ne
resti vincolata.
---------------
Firmata la convenzione e non esistendo nell’ordinamento un
“diritto allo scomputo”, le clausole relative e gli impegni
assunti non possono unilateralmente essere rimessi in
discussione, a meno di non invocare vizi della volontà o
ipotesi di risoluzione del contratto (es.: per vizi della
volontà o per eccessiva onerosità dell’accordo sottoscritto)
nella specie non dedotti.
Dette opere sono finalizzate alla fruizione dell’area ad uso
esclusivo della società ricorrente, che è un soggetto che
svolgerà un’attività dalla quale ritrarrà necessariamente un
utile d’impresa.
Nessuna delle opere realizzate dalla ricorrente sarà
trasferita al Comune in quanto trattasi di svincoli di
strade regionali o statali.
Non si può quindi fondatamente ritenere che il Comune,
negando lo scomputo, si viene ad arricchire delle opere
realizzate direttamente, perché, si ripete, trattasi opere
tutte a beneficio della realizzazione dell’Autoporto e con
nessun riflesso diretto (peraltro non dimostrato) per la
collettività.
Viceversa, è proprio la realizzazione della nuova struttura
e della creazione degli asseriti nuovi posti di lavoro che
potrà determinare una futura, nuova urbanizzazione anche di
carattere residenziale per coloro che vi lavorano, il che
comporta che il Comune si dovrà addossare altri oneri di
urbanizzazione per finalità pubbliche; ecco che si
giustifica il fatto di non aver previsto, negli atti tutti
della procedura, nessuno scomputo ulteriore rispetto a
quello esplicitamente determinato nella misura di circa
160.000 euro.
1. La
controversia ha ad oggetto la corretta quantificazione degli
oneri di urbanizzazione, primaria e secondaria, dovuti per
la realizzazione di un Autoporto nel Comune di
Collesalvetti; la previsione dell’opera è
la risultante di un accordo tra la Regione toscana e taluni
enti locali (Provincia di Livorno e comuni di Livorno e di
Collesalvetti) per la qualificazione di una determinata zona
e la realizzazione di una piattaforma per lo stoccaggio
delle auto provenienti dal porto di Livorno, e in relazione
ad essa è stata anche prevista una variante urbanistica
apposita.
Nel ricorso si lamenta in sostanza il mancato
riconoscimento, da parte del Comune, di una maggiore
quantità di opere di urbanizzazione, realizzate o
realizzande direttamente dalla società titolare della
concessione edilizia, da calcolare ai fini di un maggiore
scomputo dagli oneri dovuti ai sensi dell’art. 16 del t.u.
sull’edilizia (d.p.r. n. 380/2001).
In particolare si
sostiene che anche le opere idrauliche, in quanto poste a
servizio della collettività, devono essere considerate opere
di urbanizzazione e quindi scomputate dagli oneri, come pure
tutte le opere inerenti il piazzale. Si conclude quindi
circa l’esistenza di un vero e proprio diritto ad ottenere
lo scomputo di quanto realizzato direttamente.
2. Il ricorso non è fondato.
2.1. Va precisato che l’opera che sarà realizzata è di
ingenti dimensioni (65 ettari) ed è costituita da un
piazzale per lo stoccaggio delle autovetture (a detta del
Comune, nel numero di 28.000) e da alcuni edifici, con
rilevante impatto sia per l’impegno del suolo che per le
ripercussioni sulla rete viaria e con creazione di 100 nuovi
posti di lavoro, il che ha determinato la sua ammissione a
finanziamento pubblico.
Per consentire la realizzazione dell’intervento il Comune di
Collesalvetti, previ accordi di pianificazione con la
Regione toscana, la Provincia di Livorno e il Comune di
Livorno diretti a favorire la decongestione del porto di
Livorno con la realizzazione della struttura in altra area,
ha approvato una variante (delibera n. 48/2002) al proprio
strumento urbanistico, variante che in tempi passati non era
stata invece ammessa dalla regione stessa.
Anche per
superare le difficoltà (pericolosità idraulica, viabilità)
riscontrate a suo tempo dalla Regione, l’art. 31 delle N.T.A. della variante indica analiticamente le opere a
carico del privato.
2.2. Nella convenzione sottoscritta in data 25.08.2003, accessiva alla concessione edilizia per la realizzazione
dell’Autoporto, la società
ricorrente quale “soggetto utilizzatore e realizzatore”
dell’opera (definito anche come concessionario) si impegna
(art. 3) a realizzare una serie di opere (finalizzate alla
costruzione e gestione dell’Autoporto), tra le quali lo
svincolo di accesso all’area sulla S.S. 206, l’adeguamento
dello svincolo di Vicarello sulla S.S. Firenze-Pisa-Livorno, le opere di bonifica idraulica e geologica, secondo
l’autorizzazione rilasciata dall’Autorità di bacino dell’Arno
il 20.12.2002, ed altre opere.
Nell’art. 5 della convenzione è specificato che la società
“si impegna e si obbliga a realizzare le opere di
urbanizzazione primaria, oltre a quelle di allacciamento ai
pubblici servizi secondo le normative igienico-sanitarie
vigenti, così come individuate nell’elaborato grafico
allegato alla presente convenzione”. E’ altresì previsto che
“le opere di urbanizzazione realizzate all’interno dell’area
dell’Autoporto rimangono in carico al soggetto utilizzatore
e realizzatore che ha l’obbligo di assicurarne la
funzionalità e la manutenzione”, mentre “le opere di
urbanizzazione relative alla viabilità di accesso…e il primo
lotto…dello svincolo di Vicarello e le altre poste
all’esterno dell’area il Faldo richiamate nelle premesse
saranno cedute gratuitamente all’ente concedente una volta
realizzate e collaudate”.
Viene quindi concordato che “gli standard a parcheggio di
cui al d.m. n. 1444/1968 e 122/1989 inseriti nell’Autoporto o a
questo connessi sono classificati come parcheggi privati a
uso pubblico e sono gestiti dal concessionario” e che
“l’importo relativo alla realizzazione degli standard è di
complessivi Euro 159.542,50 (pari a 3.250 mq. per Euro
49,09/mq.), dedotti dal computo metrico estimativo… che…
saranno scomputati dagli oneri di urbanizzazione…”; quindi
si precisa che “tutte le opere comprese nell’area sono
subordinate al rilascio di concessione edilizia…soggetta al
pagamento degli oneri di urbanizzazione primaria pari a Euro
1.183.140,01 e urbanizzazione secondaria pari a Euro
998.102,42 per complessivi Euro 2.181.242,43”.
A sua volta la concessione edilizia riporta l’ammontare di
159.542,5 euro quale solo “oggetto di scomputo dagli oneri
di urbanizzazione”.
Nello stesso atto consensuale, poi, all’art. 6 è previsto
che la società “a
garanzia della perfetta osservanza degli obblighi oggetto
della …convenzione e delle norme tecniche per l’esecuzione
delle opere di urbanizzazione… costituisce apposita
fideiussione per l’importo di Euro 4.362.484,00”; tale
somma, come comunemente avviene, è
esattamente il doppio di quanto dovuto per oneri concessori
quantificati nel precedente art. 5.
2.3. Orbene, la detta convenzione –che si configura come un
atto facente parte del procedimento che porta al rilascio
della concessione edilizia– determina con l’accordo
sottoscritto il contenuto dei relativi obblighi secondo i
principi del codice civile, così come precisato nell’art.
11 della legge n. 241/1990. In particolare lo scomputo degli
oneri di urbanizzazione e la sua misura sono stati oggetto
di una determinazione consensuale che non può essere
modificata unilateralmente.
E’ infatti giurisprudenza costante che l’art. 16, comma 2,
del d.p.r. n. 380/2001 (che ha riprodotto l’art. 11, comma
1, della legge n. 10/1977 e che corrisponde sostanzialmente
anche all’art. 26, comma 11, della legge regionale n. 52/1999
come modificato con la legge regionale n. 43/2003) consente al
privato di eseguire direttamente le opere di urbanizzazione
in alternativa al pagamento dei connessi oneri (con
possibilità quindi di ottenerne poi lo scomputo da quanto
deve pagare a titolo di oneri di urbanizzazione primaria e
secondaria), ma tale facoltà ha effetto soltanto se la
proposta del privato sia accettata dal Comune secondo le
modalità e le garanzie dettate dal medesimo e con
conseguente acquisizione delle opere al patrimonio
indisponibile del comune.
La ricorrente sostiene che la sottoscrizione della
convenzione non può costituire acquiescenza all’obbligo del
pagamento e rinuncia a ogni altro scomputo, perché la
mancata effettuazione dello scomputo doveroso sarebbe emersa
soltanto a seguito della nota del Comune 09.09.2003 nella
quale è contenuto il calcolo degli oneri dovuti; nella
convenzione viceversa viene solo quantificata la cifra
complessiva degli oneri di urbanizzazione, ma non è
specificato che da detto importo non saranno detratti i
costi per le opere di urbanizzazione eseguite direttamente;
anzi l’approvazione, da parte del Comune, del computo
metrico estimativo di dette opere redatto dal tecnico della
ricorrente avrebbe indotto quest’ultima a ritenere accettato
il doveroso scomputo, anche perché la realizzazione
dell’intervento era stata prevista dalla variante
urbanistica che poneva a carico del privato realizzatore
ogni spesa necessaria per rendere attuabile l’intervento
stesso; la contestuale richiesta di oneri per opere
realizzate direttamente costituirebbe una indebita
duplicazione.
La tesi non può essere condivisa.
La concessione edilizia è normalmente onerosa, tranne le
tassative ipotesi di gratuità (artt. 3-9 della legge n.
10/1977, trasfusi nel d.p.r. n. 380/2001 – art. 16) che, nella
specie, non vengono invocate.
Gli oneri di urbanizzazione (che unitamente al costo di
costruzione sono gli elementi della onerosità) sono stati
previsti dal legislatore a carico del costruttore, quale
prestazione patrimoniale, a titolo di partecipazione di
costui al costo delle opere di urbanizzazione connesse alle
esigenze della collettività che scaturiscono dagli
interventi di edificazione e dal maggior carico urbanistico
che si realizza nella zona in ordine all’aumento della
necessaria dotazione dei servizi (rete viaria, fognature,
ecc.); esigenze, queste, cui prioritariamente doveva
provvedere il comune appunto con questi proventi (art. 12
della legge n. 10/1977, norma non più riprodotta nella
normativa successiva in ossequio al principio dell’autonomia
degli enti locali ).
Detti oneri prescindono dall’esistenza o meno delle opere di
urbanizzazione e vengono determinati indipendentemente sia
dall’utilità che il concessionario ritrae dal titolo
edificatorio sia dalle spese effettivamente occorrenti per
realizzare siffatte opere (Cons. di Stato, V, n. 462/1977).
Infatti, ai sensi dell’art. 16, comma 4, del d.p.r. n.
380/2001 (e della normativa precedente), essi sono stabiliti
dai comuni secondo tabelle parametriche definite dalla
regione per classi di comuni (ampiezza e andamento
demografico, caratteristiche geografiche, destinazioni di
zona, limiti e rapporti minimi inderogabili di cui al d.m.
n. 1444 del 02.04.1968).
I commi 7, 7-bis e 8 dello stesso
art. 16 recano un elenco tassativo delle opere di
urbanizzazione primaria e secondaria cui sono connessi i
relativi oneri. Essi sono dovuti anche in caso di modifica
della destinazione d’uso dell’immobile, quando sia
necessaria la concessione edilizia (ora: permesso di
costruire), indipendentemente dalla realizzazione di nuove
opere edilizie (Cons. di Stato, V, n. 529/1977).
La ricorrente si sofferma molto nelle sue difese nel
sostenere che le opere idrauliche che essa si è impegnata a
realizzare sono da considerarsi opere di urbanizzazione
(primaria o secondaria?), sia perché rivolte alle esigenze
della collettività sia perché previste nella specifica
variante che ha appunto consentito la realizzazione
dell’intervento dell’Autoporto.
La tesi non può essere condivisa perché è indubbio che
l’opera sia da ricomprendere tra le iniziative
imprenditoriali private che, seppur prevista in uno
strumento urbanistico, non per questo diventa opera pubblica
o di pubblico interesse tale da fruire di particolari misure
derogatorie rispetto al sistema legale della concessione
edilizia onerosa. Al contrario, tutte le opere previste
nello strumento urbanistico, alla cui esecuzione è
subordinato il rilascio della concessione edilizia, sono
state indicate al solo scopo di rendere tecnicamente
possibile l’intervento stesso e non servono a rendere
vivibile la zona nell’interesse della collettività ma
nell’esclusivo interesse dell’imprenditore che realizzerà e
gestirà l’opera con il consueto utile di impresa. Tali sono,
oltre alle opere idrauliche, il piazzale di stoccaggio
delle auto e gli interventi viari finalizzati, non ad una
fruizione generale, ma solo al transito dei camion che
trasportano le autovetture e quindi sempre per un interesse
privato dell’impresa.
In ogni caso la società ricorrente –che non può vantare un
“diritto”
allo scomputo, dal momento che la legge configura la facoltà
di esecuzione diretta con possibilità di scomputo nei soli
limiti accettati dalla controparte pubblica- era
perfettamente consapevole che al momento della
sottoscrizione della convenzione con il Comune dovevano
essere precisati tutti i relativi obblighi, perché è in quel
momento che si realizza l’incontro delle volontà delle parti
contraenti nell’esercizio dell’autonomia negoziale; ed anche
se alcuni contenuti
dell’accordo sono proposti dall’Amministrazione in termini
non modificabili dal privato, ciò non esclude che la parte
privata che abbia sottoscritto la convenzione, conoscendone
il contenuto e senza apporvi nessuna riserva, abbia inteso
aderirvi e ne resti vincolata (Cons. di Stato n. 33/2003).
Avvalorano la conclusione anche le N.T.A. della specifica
Variante urbanistica comunale (non impugnata) che ha
consentito la realizzazione dell’opera, ove si precisa (art.
31), al punto D1F (Autoporto Faldo), che “l’intervento è
attuabile mediante concessione convenzionata contenente
l’impegno a realizzare tutti gli interventi presenti nel
progetto, i relativi costi…” (tra cui lo svincolo di accesso
all’area sulla strada statale, adeguamento di altro svincolo
viario,
attivazione di tratto ferroviario, opere di bonifica
idraulica e geologica) nonché, alla lettera f, che l’“atto
d’obbligo” del titolare della concessione edilizia dovrà
contenere, tra l’altro, l’impegno a “effettuare i versamenti
relativi agli oneri concessori secondo gli importi all’uopo
stabiliti”. La variante non è stata impugnata.
Nemmeno la invocata circostanza che l’intervento è oggetto
di un finanziamento pubblico, previsto dal Patto
territoriale di Livorno e dell’area livornese, approvato con
decreti interministeriali nn. 983 e 996 del 1999, può valere
a considerare il complesso intervento come tutta un’opera di
urbanizzazione.
Da tutto ciò deriva che, firmata la convenzione e non
esistendo nell’ordinamento un “diritto allo scomputo”, le
clausole relative e gli impegni assunti non possono
unilateralmente essere rimessi in discussione, a meno di non
invocare vizi della volontà o ipotesi di risoluzione del
contratto (es.: per vizi della volontà o per eccessiva
onerosità dell’accordo sottoscritto) nella specie non
dedotti.
Dette opere sono finalizzate alla fruizione dell’area ad uso
esclusivo della società ricorrente, che è un soggetto che
svolgerà un’attività
dalla quale ritrarrà necessariamente un utile d’impresa.
Nessuna delle opere realizzate dalla ricorrente sarà
trasferita al Comune in quanto trattasi di svincoli di
strade regionali o statali.
Non si può quindi fondatamente ritenere che il Comune,
negando lo scomputo, si viene ad arricchire delle opere
realizzate direttamente, perché, si ripete, trattasi opere
tutte a beneficio della realizzazione dell’Autoporto e con
nessun riflesso diretto (peraltro non dimostrato) per la
collettività. Viceversa, è proprio la realizzazione della
nuova struttura e della creazione degli asseriti nuovi posti
di lavoro che potrà
determinare una futura, nuova urbanizzazione anche di
carattere residenziale per coloro che vi lavorano, il che
comporta che il Comune si dovrà addossare altri oneri di
urbanizzazione per finalità pubbliche; ecco che si
giustifica il fatto di non aver previsto, negli atti tutti
della procedura, nessuno scomputo ulteriore rispetto a
quello esplicitamente determinato nella misura di circa
160.000 euro.
Per tal parte il ricorso non può essere accolto
(TAR Toscana, Sez. III,
sentenza 14.09.2004 n. 3782 - link
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EDILIZIA PRIVATA:
La realizzazione di opere di urbanizzazione 1^ in luogo del
versamento degli oo.uu. 1^ è una facoltà in capo al concessionario.
Una volta sottoscritta la convenzione per la realizzazione diretta
delle opere di urbanizzazione 1^, a scomputo della quota oneri dovuta, i
contenuti non sono modificabili.
E’ giurisprudenza costante che l’art. 16, comma 2, del d.p.r. n.
380/2001 (che ha riprodotto l’art. 11, comma 1, della legge n. 10/1977 e
che corrisponde sostanzialmente anche all’art. 26, comma 11, della legge
regionale n. 52/1999 come modificato con la legge regionale n. 43/2003)
consente al privato di eseguire direttamente le opere di urbanizzazione
in alternativa al pagamento dei connessi oneri (con possibilità quindi
di ottenerne poi lo scomputo da quanto deve pagare a titolo di oneri di
urbanizzazione primaria e secondaria), ma tale facoltà ha effetto
soltanto se la proposta del privato sia accettata dal Comune secondo le
modalità e le garanzie dettate dal medesimo e con conseguente
acquisizione delle opere al patrimonio indisponibile del comune.
Gli oneri di urbanizzazione (che unitamente al costo di costruzione sono
gli elementi della onerosità) sono stati previsti dal legislatore a
carico del costruttore, quale prestazione patrimoniale, a titolo di
partecipazione di costui al costo delle opere di urbanizzazione connesse
alle esigenze della collettività che scaturiscono dagli interventi di
edificazione e dal maggior carico urbanistico che si realizza nella zona
in ordine all’aumento della necessaria dotazione dei servizi (rete
viaria, fognature, ecc.); esigenze, queste, cui prioritariamente doveva
provvedere il comune appunto con questi proventi (art. 12 della legge n.
10/1977, norma non più riprodotta nella normativa successiva in ossequio
al principio dell’autonomia degli enti locali ).
Detti oneri prescindono dall’esistenza o meno delle opere di
urbanizzazione e vengono determinati indipendentemente sia dall’utilità
che il concessionario ritrae dal titolo edificatorio sia dalle spese
effettivamente occorrenti per realizzare siffatte opere (Cons. di Stato,
V, n. 462/1977). Infatti, ai sensi dell’art. 16, comma 4, del d.p.r. n.
380/2001 (e della normativa precedente), essi sono stabiliti dai comuni
secondo tabelle parametriche definite dalla regione per classi di comuni
(ampiezza e andamento demografico, caratteristiche geografiche,
destinazioni di zona, limiti e rapporti minimi inderogabili di cui al
d.m. n. 1444 del 02.04.1968). I commi 7, 7-bis e 8 dello stesso art. 16
recano un elenco tassativo delle opere di urbanizzazione primaria e
secondaria cui sono connessi i relativi oneri. Essi sono dovuti anche in
caso di modifica della destinazione d’uso dell’immobile, quando sia
necessaria la concessione edilizia (ora: permesso di costruire),
indipendentemente dalla realizzazione di nuove opere edilizie (Cons. di
Stato, V, n. 529/1977).
La società ricorrente –che non può vantare un “diritto” allo scomputo,
dal momento che la legge configura la facoltà di esecuzione diretta con
possibilità di scomputo nei soli limiti accettati dalla controparte
pubblica- era perfettamente consapevole che al momento della
sottoscrizione della convenzione con il Comune dovevano essere precisati
tutti i relativi obblighi, perché è in quel momento che si realizza
l’incontro delle volontà delle parti contraenti nell’esercizio
dell’autonomia negoziale; ed anche se alcuni contenuti dell’accordo sono
proposti dall’Amministrazione in termini non modificabili dal privato,
ciò non esclude che la parte privata che abbia sottoscritto la
convenzione, conoscendone il contenuto e senza apporvi nessuna riserva,
abbia inteso aderirvi e ne resti vincolata (Cons. di Stato n. 33/2003)
(TAR Toscana, Sez. III,
sentenza 14.09.2004 n. 3782
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EDILIZIA PRIVATA:
Lo scomputo delle opere di urbanizzazione 1^ è una facoltà in capo
al concessionario sempre che sia accettata dal Comune.
Per quanto riguarda gli oneri di urbanizzazione si deve osservare che la
possibilità di sostituire le somme dovute a tale titolo con la
realizzazione diretta delle opere costituisce una facoltà per il
titolare della concessione (ora permesso di costruire) che deve essere
peraltro accettata dall’amministrazione: è infatti solo con la stipula
di apposito atto convenzionale che vengono determinate esattamente le
opere di urbanizzazione che il privato si impegna a realizzare con la
conseguente esatta determinazione degli eventuali altri oneri concessori
monetari dovuti.
In mancanza di tale accordo viceversa il soggetto che ha ottenuto il
rilascio di una concessione edilizia è tenuto al pagamento integrale
degli oneri concessori (correlati all’urbanizzazione ed al costo di
costruzione)
(TAR Campania-Napoli, Sez. IV,
sentenza 13.09.2004 n. 11949
- link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Sulla questione
dell’astratta scomputabilità –dall’importo dovuto a titolo
di oneri di urbanizzazione secondaria– del valore delle
opere di urbanizzazione primaria eseguite o da
eseguirsi.
Come previsto dalla legge 28.01.1977 n.
10, il concessionario può obbligarsi a realizzare
direttamente le opere di urbanizzazione con le modalità e le
garanzie stabilite dal comune a scomputo totale o parziale
degli oneri di urbanizzazione primaria o secondaria (artt.
11 e 5).
L’obbligazione per oneri di urbanizzazione, a differenza di
quella contributiva per costo di costruzione che è stata
definita acausale perché connessa alla mera utilizzazione
edificatoria del territorio e perciò ritenuta di natura
paratributaria, deve ritenersi invece causale ed ha natura
di corrispettivo di diritto pubblico di natura non
tributaria, dovuto dal titolare della concessione edilizia
per la partecipazione ai costi delle opere di urbanizzazione
connessi all’edificazione.
Peraltro, la quota di urbanizzazione è stata anche
qualificata come tassa, in quanto essenzialmente
corrispettivo di una prestazione resa o da rendere da parte
dell’amministrazione, o avente natura di corrispettivo di
diritto pubblico.
Ad avviso del Collegio, si tratta, comunque, di una forma di
partecipazione alle spese pubbliche con caratteri atipici,
ma sempre collegata all’attività di trasformazione del
territorio; più precisamente, ha carattere di corrispettivo
di diritto pubblico, di natura non tributaria, posto a
carico del costruttore a titolo di partecipazione del
concessionario ai costi delle opere di urbanizzazione in
proporzione all’insieme dei benefici che la nuova
costruzione ne ritrae.
Pertanto, il relativo contributo può essere scomputato nei
casi in cui, ricorrendone i presupposti e le condizioni, le
opere di urbanizzazione siano realizzate dal titolare della
concessione edilizia (art. 11, comma 1, citato, l. 10/1977).
Ne consegue che ben può ammettersi anche la scomputabilità
del valore corrispondente alle opere di urbanizzazione
primaria
dall’importo dovuto a titolo di oneri di urbanizzazione
secondaria, attesa la comune natura giuridica degli oneri di
cui trattasi, non ravvisandosi ragioni ostative alla
compensazione tra obbligazioni intercorrenti tra i medesimi
soggetti e nascenti dal medesimo rapporto convenzionale.
La giurisprudenza, anche di questo Tribunale, ha già
affermato che lo scomputo, totale o parziale, della quota di
contributo dovuta in caso di realizzazione diretta delle
opere di urbanizzazione deve essere effettuato senza
distinzione tra opere di urbanizzazione primaria e
secondaria, atteso che la mancata distinzione nella sede
legislativa specifica (art. 11 legge n. 10/1977) delle due
categorie di opere vieta all’interprete di introdurre una
siffatta distinzione.
---------------
Come già chiarito, deve ammettersi la possibilità per il
titolare della concessione edilizia di realizzare in tutto o
in parte le opere di urbanizzazione, sia primarie che
secondarie, a scomputo dei relativi oneri, “con le modalità
e le garanzie stabilite dal comune”, ai sensi dell’art. 11
l. 10/1977 e, ora, dell’art. 16 del d.p.r. 06.06.2001 n. 380
(t.u. in materia edilizia) e dell’art. 26, comma 11, l.r.t.
52/1999.
Tale facoltà, peraltro, non implica in nessun caso una
pretesa indiscriminata allo scomputo del valore di qualsiasi
opera di urbanizzazione volontariamente seguita al di fuori
di un preventivo accordo con il comune che è il soggetto
destinatario degli oneri di urbanizzazione e, in caso di
scomputo del valore delle opere direttamente eseguite dal
concessionario, delle opere stesse che devono soddisfare,
sotto il profilo quantitativo, qualitativo e funzionale le
necessità del nuovo insediamento.
Pertanto, l’accertamento del se (e della misura in cui) le
opere eseguite direttamente dal privato rispondano alle
predette necessità non può che spettare al comune, in via
preventiva o successiva alla realizzazione delle opere
medesime.
Laddove sussista, la convenzione sugli oneri di
urbanizzazione inserita nei procedimenti di concessione
edilizia onerosa ha carattere di contratto di natura
peculiare che viene ad innestarsi nel procedimento che si
conclude con rilascio della concessione edilizia; pertanto,
come la pubblica amministrazione non può apportare modifiche
unilaterali alla convenzione urbanistica stipulata tra essa
ed il privato con la quale siano stati quantificati gli
oneri di urbanizzazione, così il concessionario non può
mettere in discussione l’obbligazione convenzionalmente
assunta.
Al più, ove modalità e garanzie non siano state oggetto di
preventivo accordo con il comune, la giurisprudenza ritiene
che la pretesa del concessionario sia subordinata alla
valutazione comunale dell’entità e della effettiva
utilizzazione delle opere realizzate.
--------------
Infine, non appare condivisibile l’affermazione secondo cui
il diritto allo scomputo delle eccedenze discende ex lege
ove il privato si impegni –con le garanzie e le modalità
concordate con l’amministrazione– alla realizzazione diretta
(e alla cessione) delle opere di urbanizzazione primaria e
tale diritto non sia stato convenzionalmente escluso o
limitato dalle parti, soprattutto se, come nella
fattispecie, la convenzione non abbia quantificato il valore
delle opere di urbanizzazione secondaria e preveda la
necessità del conguaglio solo in favore
dell’amministrazione.
---------------
Il presupposto dell’azione di indebito arricchimento,
costituito dall’indebito oggettivo e individuato nella
fattispecie nella pretesa eccedenza tra il valore delle
opere di urbanizzazione primaria da realizzare e il
contributo, a tale titolo, determinato in sede di
convenzione tra le parti, è nella specie insussistente.
Infatti, l’azione di indebito arricchimento presuppone, come
fatto oggettivo, l’avvenuto arricchimento di una parte e la
correlativa diminuzione patrimoniale dell’altra, il che
nella specie non si verifica, trattandosi di indebito
riferito, dalla stessa parte ricorrente, al costo di opere
ancora non eseguite.
Inoltre, condizione necessaria per l’esperimento dell’azione
di arricchimento nei confronti della pubblica
amministrazione è il riconoscimento dell’utilità parziale o
totale dell'opera, cosa o prestazione in quanto la
configurabilità stessa di un arricchimento senza causa della
p.a. resta affidata ad una valutazione discrezionale di
quest’ultima, unica legittimata ad esprimere il relativo
giudizio che presuppone il ponderato apprezzamento circa la
rispondenza, diretta o indiretta, della cosa o della
prestazione al pubblico interesse.
4 – In ordine alla questione
dell’astratta scomputabilità –dall’importo dovuto a titolo
di oneri di urbanizzazione secondaria– del valore delle
opere di urbanizzazione primaria eseguite o da eseguirsi
dalla ricorrente va premesso che, come previsto dalla
legge 28.01.1977 n. 10, il concessionario può
obbligarsi a realizzare direttamente le opere di
urbanizzazione con le modalità e le garanzie stabilite dal
comune a scomputo totale o parziale degli oneri di
urbanizzazione primaria o secondaria (artt. 11 e 5).
L’obbligazione per oneri di urbanizzazione, a differenza di
quella contributiva per costo di costruzione che è stata
definita acausale perché connessa alla mera utilizzazione
edificatoria del territorio e perciò ritenuta di natura
paratributaria, deve ritenersi invece causale ed ha natura
di corrispettivo di diritto pubblico di natura non
tributaria, dovuto dal titolare della concessione edilizia
per la partecipazione ai costi delle opere di urbanizzazione
connessi all’edificazione (da ultimo, Tar Campania,
Salerno, II, 23.05.2003 n. 548).
Peraltro, la quota di urbanizzazione è stata anche
qualificata come tassa, in quanto essenzialmente
corrispettivo di una prestazione resa o da rendere da parte
dell’amministrazione, o avente natura di corrispettivo di
diritto pubblico (Tar Lombardia Milano, II, 06.11.2002 n.
4267).
Ad avviso del Collegio, si tratta, comunque, di una forma di
partecipazione alle spese pubbliche con caratteri atipici,
ma sempre collegata all’attività di trasformazione del
territorio (C.S., V, 06.05.1997 n. 462); più precisamente, ha
carattere di corrispettivo di diritto pubblico, di natura
non tributaria, posto a carico del costruttore a titolo di
partecipazione del concessionario ai costi delle opere di
urbanizzazione in proporzione all’insieme dei benefici che
la nuova costruzione ne ritrae (C.S., V, 23.05.1997 n. 529).
Pertanto, il relativo contributo può essere scomputato nei
casi in cui, ricorrendone i presupposti e le condizioni, le
opere di urbanizzazione siano realizzate dal titolare della
concessione edilizia (art. 11, comma 1, citato, l. 10/1977).
Ne consegue che ben può ammettersi anche la scomputabilità
del valore corrispondente alle opere di urbanizzazione
primaria
dall’importo dovuto a titolo di oneri di urbanizzazione
secondaria, attesa la comune natura giuridica degli oneri di
cui trattasi, non ravvisandosi ragioni ostative alla
compensazione tra obbligazioni intercorrenti tra i medesimi
soggetti e nascenti dal medesimo rapporto convenzionale.
La giurisprudenza, anche di questo Tribunale, ha già
affermato che lo scomputo, totale o parziale, della quota di
contributo dovuta in caso di realizzazione diretta delle
opere di urbanizzazione deve essere effettuato senza
distinzione tra opere di urbanizzazione primaria e
secondaria, atteso che la mancata distinzione nella sede
legislativa specifica (art. 11 legge n. 10/1977) delle due
categorie di opere vieta all’interprete di introdurre una
siffatta distinzione (da ultimo, Tar Toscana, III, 11.03.2004
n. 679 e giurisprudenza ivi richiamata).
Pertanto, deve ritenersi ammissibile la richiesta in tal
senso formulata dalla ricorrente al comune resistente.
5 – Nello specifico, peraltro, la domanda di scomputo
avanzata dalla ricorrente non è fondata.
Essa, infatti, si basa sui seguenti assunti:
- in base alla
convenzione stipulata con il comune, l’ente pubblico ha
diritto all’esecuzione (e cessione) a cura del privato di
tutte le opere indicate nella convenzione medesima,
indipendentemente dal loro valore;
- per la quantificazione (e
l’eventuale scomputo) degli oneri rileva il valore in
concreto sostenuto dal privato e non quello (implicitamente)
presunto ai soli fini del calcolo della polizza fidejussoria
dovuta;
- il valore delle opere che la ricorrente dovrebbe
realizzare supera di ben tre volte quello degli oneri da
essa dovuti al comune, pur utilizzando i criteri stabiliti
dalla stessa amministrazione comunale.
Contrariamente alla tesi sostenuta dalla ricorrente, il
Collegio ritiene quanto segue.
Come già chiarito, deve ammettersi la possibilità per il
titolare della concessione edilizia di realizzare in tutto o
in parte le opere di urbanizzazione, sia primarie che
secondarie, a scomputo dei relativi oneri, “con le modalità
e le garanzie stabilite dal comune”, ai sensi dell’art. 11
l. 10/1977 e, ora, dell’art. 16 del d.p.r. 06.06.2001 n.
380 (t.u. in materia edilizia) e dell’art. 26, comma 11, l.r.t. 52/1999.
Tale facoltà, peraltro, non implica in nessun caso una
pretesa indiscriminata allo scomputo del valore di qualsiasi
opera di urbanizzazione volontariamente seguita al di fuori
di un preventivo accordo con il comune che è il soggetto
destinatario degli oneri di urbanizzazione e, in caso di
scomputo del valore delle opere direttamente eseguite dal
concessionario, delle opere stesse che devono soddisfare,
sotto il profilo quantitativo, qualitativo e funzionale le
necessità del nuovo insediamento.
Pertanto, l’accertamento del se (e della misura in cui) le
opere eseguite direttamente dal privato rispondano alle
predette necessità non può
che spettare al comune, in via preventiva o successiva alla
realizzazione delle opere medesime.
Laddove sussista, la convenzione sugli oneri di
urbanizzazione inserita nei procedimenti di concessione
edilizia onerosa ha carattere di contratto di natura
peculiare che viene ad innestarsi nel procedimento che si
conclude con rilascio della concessione edilizia; pertanto,
come la pubblica amministrazione non può apportare modifiche
unilaterali alla convenzione urbanistica stipulata tra essa
ed il privato con la quale siano stati quantificati gli
oneri di urbanizzazione (C.G.A., 01.02.2001 n. 184), così il
concessionario non può mettere in discussione l’obbligazione
convenzionalmente assunta.
Al più, ove modalità e garanzie non siano state oggetto di
preventivo accordo con il comune, la giurisprudenza ritiene
che la pretesa del concessionario sia subordinata alla
valutazione comunale dell’entità e della effettiva
utilizzazione delle opere realizzate (Tar Lazio, II-bis,
22.07.2003 n. 6570 e giurisprudenza ivi citata).
Peraltro, nella fattispecie, la concessione n. 2267, per il
completamento delle opere di urbanizzazione primaria,
prevede che è
concesso di eseguire i relativi lavori , secondo il progetto
costituito da n. 21 tavole, relazione tecnica e computo
metrico-estimativo, “quale parte integrante e sostanziale
del presente atto”.
Essa, quanto agli oneri di urbanizzazione (art. 2),
prescrive che i concessionari si obbligano a realizzare le
opere di urbanizzazione primaria nel rispetto della
convenzione e a cedere al comune le relative aree; la
medesima concessione determina l’importo complessivo
previsto per le suddette opere indicandolo nella misura di
Euro 752.475,25.
Allo stesso provvedimento è allegato il computo metrico
estimativo delle opere di urbanizzazione.
Sulla scorta delle circostanze precisate, ritiene il
Collegio che la ricorrente non possa vantare una pretesa
patrimoniale eccedente il valore delle opere che si era
obbligata a realizzare, senza aver preventivamente, con l’amministrazione comunale, giustificato l’esistenza e
concordato l’entità della differenza tra l’ammontare
prestabilito e quello richiesto.
Né vale sostenere, da parte ricorrente, che l’esecuzione
diretta delle opere di urbanizzazione primaria,
convenzionalmente prevista, avrebbe un valore triplo
rispetto a quello che sarebbe il costo degli oneri allo
stesso titolo dovuti e che la convenzione non preclude lo
scomputo delle eventuali somme eccedenti; non vale, neanche,
richiamare che la giurisprudenza avrebbe ritenuto
inammissibile la richiesta di scomputo solamente ove, in
sede di convenzione, tale diritto sia stato espressamente
escluso o limitato (cfr. C.S., V, 29.09.1999 n. 1209).
Invero, la sentenza citata dalla ricorrente non pare
contribuire a sorreggere la tesi qui prospettata,
limitandosi ad affermare la possibilità che la parte
promittente possa liberamente assumere impegni patrimoniali
più onerosi rispetto a quelli astrattamente previsti dalla
legge (che ammette lo scomputo parziale, anziché
totale).
Infine, non appare condivisibile l’affermazione secondo cui
il diritto allo scomputo delle eccedenze discende ex lege
ove il privato si impegni –con le garanzie e le modalità
concordate con l’amministrazione– alla realizzazione
diretta (e alla cessione) delle opere di urbanizzazione
primaria e tale diritto non sia stato convenzionalmente
escluso o limitato dalle parti, soprattutto se, come nella
fattispecie, la convenzione non abbia quantificato il valore
delle opere di urbanizzazione secondaria e preveda la necessità del conguaglio solo in favore
dell’amministrazione (cfr. ricorso n. 73/04).
Vero è che la convenzione stipulata in data 28.05.2002
tra il comune e la ricorrente prevede: a) l’obbligo di
rispettare la variante al piano di recupero approvato la cui
attuazione avverrà “previa approvazione del nuovo progetto
esecutivo delle opere di urbanizzazione primaria” (art. 2);
b) che i presentatori del piano di recupero si obbligano
alla realizzazione a propria cura e spese della
urbanizzazione primaria e delle opere ….previste nel
progetto esecutivo, composto da relazione tecnica, elaborati
grafici, computo metrico estimativo il quale è redatto sulla
base del prezzario ufficiale del Provveditorato alle opere
pubbliche della regione Toscana (art. 3).
La stessa convenzione prevede, altresì, che al termine dei
lavori dovrà
essere presentato all’amministrazione comunale un quadro di
raffronto tra le opere stimate e quelle effettivamente
eseguite e che se la stima delle opere risulterà inferiore a
quanto dovuto per gli oneri di urbanizzazione primaria,
calcolati sulla base delle tabelle, dovrà
esservi un conguaglio a favore del comune (art. 3 citato).
6 – Escluso, per le ragioni esposte, il “diritto” della
ricorrente a scomputare, dall’importo dovuto a titolo di
oneri di urbanizzazione secondaria, il valore corrispondente
alle opere di urbanizzazione eccedente quello stabilito in
convenzione, ne consegue l’infondatezza delle ulteriori
domande proposte.
Secondo la ricorrente, atteso che dallo scomputo del maggior
valore delle opere di urbanizzazione primaria direttamente
realizzate o realizzande conseguirebbe l’inesistenza di
alcun debito della ricorrente
medesima per oneri di urbanizzazione secondaria, il credito
nei confronti del comune, a suo tempo cedutole dalla sua
dante causa (C.C.), risulterebbe, ad oggi,
insoluto.
Sulla base di tali premesse, la ricorrente ha proposto
domanda di condanna dell’amministrazione al pagamento della
somma di cui risulterebbe debitrice.
Sennonché, venuta meno la premessa (il c.d. diritto allo
scomputo delle somme eccedenti), resta a carico della
ricorrente l’obbligazione relativa gli oneri di
urbanizzazione secondaria.
Peraltro, come risulta dagli atti di causa, l’amministrazione ha provveduto a computare il costo delle
opere di urbanizzazione eseguite dalla dante causa della
ricorrente (cfr. relazione tecnica depositata come doc. 5,
ed ivi riferimento alle opere “riutilizzabili”).
Ciò in conformità all’art. 5 della convenzione tra la
ricorrente ed il comune che prevede che nel calcolo degli
oneri concessori si debba tener conto di quanto già
corrisposto dalla società Cooper Chianti e che sarà
consentito l’eventuale conguaglio con le somme già pagate
per oneri di urbanizzazione secondaria e costo di
costruzione relativi ad interventi non eseguiti e/o non
ultimati, previsti dalla precedente convenzione.
Restano da esaminare, infine, l’azione di indebito
arricchimento del comune e la connessa domanda di condanna
dell’amministrazione alla corresponsione dell’indennizzo ex
art. 2041 c.c., proposte con il secondo ricorso in esame.
A fondamento dell’azione, la ricorrente deduce la
corresponsione sine titulo, a favore del comune, del costo
delle opere di urbanizzazione primaria indicato in circa
1.300.000 euro e del contributo di urbanizzazione
secondaria a fronte del contributo dovuto in base alle
tabelle parametriche, a titolo di urbanizzazione primaria,
in misura pari a circa 410.000 euro.
L’assunto è infondato.
Il presupposto dell’azione di indebito arricchimento,
costituito dall’indebito oggettivo e individuato nella
fattispecie nella pretesa eccedenza tra il valore delle
opere di urbanizzazione primaria da realizzare e il
contributo, a tale titolo, determinato in sede di
convenzione tra le parti, è nella specie insussistente.
Infatti, l’azione di indebito arricchimento presuppone, come
fatto oggettivo, l’avvenuto arricchimento di una parte e la
correlativa diminuzione patrimoniale dell’altra, il che
nella specie non si verifica, trattandosi di indebito
riferito, dalla stessa parte ricorrente, al costo di opere
ancora non eseguite.
Inoltre, condizione necessaria per l’esperimento
dell’azione di arricchimento nei confronti della pubblica
amministrazione è il riconoscimento dell’utilità parziale o
totale dell'opera, cosa o prestazione in quanto la
configurabilità stessa di un arricchimento senza causa della
p.a. resta affidata ad una valutazione discrezionale di
quest’ultima, unica legittimata ad esprimere il relativo
giudizio che presuppone il ponderato apprezzamento circa la
rispondenza, diretta o indiretta, della cosa o della
prestazione al pubblico interesse (Cass. civ., II, 11.02.2002
n. 1884).
Nella fattispecie, per le considerazioni già illustrate,
mancano entrambe le condizioni per un valido esperimento
dell’azione di che trattasi
(TAR Toscana, Sez. III,
sentenza 11.08.2004 n. 3181 - link a
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EDILIZIA PRIVATA: Lo
scomputo, totale o parziale, della quota di
contributo dovuta in caso di realizzazione
diretta delle opere di urbanizzazione deve
essere effettuato senza distinzione tra
opere di urbanizzazione primaria e
secondaria, atteso che la mancata
distinzione, nella sede legislativa
specifica, delle due categorie di opere
vieta all’interprete di introdurre una
siffatta distinzione.
In ordine alla questione della
scomputabilità –dall’importo dovuto a titolo
di oneri di urbanizzazione secondaria– del
valore delle opere di urbanizzazione
primaria eseguite o da eseguirsi dalla
ricorrente va premesso che, come previsto
dalla legge 28.01.1977 n. 10, il
concessionario può obbligarsi a realizzare
direttamente le opere di urbanizzazione con
le modalità e le garanzie stabilite dal
comune a scomputo totale o parziale degli
oneri di urbanizzazione primaria o
secondaria (artt. 11 e 5).
L’obbligazione per oneri di urbanizzazione,
a differenza di quella contributiva per
costo di costruzione che è stata definita
acausale perché connessa alla mera
utilizzazione edificatoria del territorio e
perciò ritenuta di natura paratributaria,
deve ritenersi invece causale ed ha natura
di corrispettivo di diritto pubblico di
natura non tributaria, dovuto dal titolare
della concessione edilizia per la
partecipazione ai costi delle opere di
urbanizzazione connessi all’edificazione (da
ultimo, Tar Campania, Salerno, II,
23.05.2003 n. 548).
Peraltro, la quota di urbanizzazione è stata
anche qualificata come tassa, in quanto
essenzialmente corrispettivo di una
prestazione resa o da rendere da parte
dell’amministrazione, o avente natura di
corrispettivo di diritto pubblico (Tar
Lombardia Milano, II, 06.11.2002 n. 4267).
Ad avviso del Collegio, si tratta, comunque,
di una forma di partecipazione alle spese
pubbliche con caratteri atipici, ma sempre
collegata all’attività di trasformazione del
territorio (C.S., V, 06.05.1997 n. 462); più
precisamente, ha carattere di corrispettivo
di diritto pubblico, di natura non
tributaria, posto a carico del costruttore a
titolo di partecipazione del concessionario
ai costi delle opere di urbanizzazione in
proporzione all’insieme dei benefici che la
nuova costruzione ne ritrae (C.S., V,
23.05.1997 n. 529).
Pertanto, il relativo contributo può essere
scomputato nei casi in cui, ricorrendone i
presupposti e le condizioni, le opere di
urbanizzazione siano realizzate dal titolare
della concessione edilizia (art. 11, comma
1, citato, l. 10/1977).
Ne consegue che ben può ammettersi anche la
scomputabilità del valore corrispondente
alle opere di urbanizzazione primaria
dall’importo dovuto a titolo di oneri di
urbanizzazione secondaria, attesa la comune
natura giuridica degli oneri di cui
trattasi, non ravvisandosi ragioni ostative
alla compensazione tra obbligazioni
intercorrenti tra i medesimi soggetti e
nascenti dal medesimo rapporto
convenzionale.
La giurisprudenza, anche di questo
Tribunale, ha già affermato che lo scomputo,
totale o parziale, della quota di contributo
dovuta in caso di realizzazione diretta
delle opere di urbanizzazione deve essere
effettuato senza distinzione tra opere di
urbanizzazione primaria e secondaria, atteso
che la mancata distinzione nella sede
legislativa specifica (art. 11 legge n.
10/1977) delle due categorie di opere vieta
all’interprete di introdurre una siffatta
distinzione (da ultimo, Tar Toscana, III,
11.03.2004 n. 679 e giurisprudenza ivi
richiamata).
Come già
chiarito, deve ammettersi la possibilità per
il titolare della concessione edilizia di
realizzare in tutto o in parte le opere di
urbanizzazione, sia primarie che secondarie,
a scomputo dei relativi oneri, “con le
modalità e le garanzie stabilite dal
comune”, ai sensi dell’art. 11 l. 10/1977 e,
ora, dell’art. 16 del d.p.r. 06.06.2001 n.
380 (t.u. in materia edilizia) e dell’art.
26, comma 11, l.r.t. 52/1999.
Tale facoltà, peraltro, non implica in
nessun caso una pretesa indiscriminata allo
scomputo del valore di qualsiasi opera di
urbanizzazione volontariamente seguita al di
fuori di un preventivo accordo con il comune
che è il soggetto destinatario degli oneri
di urbanizzazione e, in caso di scomputo del
valore delle opere direttamente eseguite dal
concessionario, delle opere stesse che
devono soddisfare, sotto il profilo
quantitativo, qualitativo e funzionale le
necessità del nuovo insediamento.
Pertanto, l’accertamento del se (e della
misura in cui) le opere eseguite
direttamente dal privato rispondano alle
predette necessità non può che spettare al
comune, in via preventiva o successiva alla
realizzazione delle opere medesime.
Laddove sussista, la convenzione sugli oneri
di urbanizzazione inserita nei procedimenti
di concessione edilizia onerosa ha carattere
di contratto di natura peculiare che viene
ad innestarsi nel procedimento che si
conclude con rilascio della concessione
edilizia; pertanto, come la pubblica
amministrazione non può apportare modifiche
unilaterali alla convenzione urbanistica
stipulata tra essa ed il privato con la
quale siano stati quantificati gli oneri di
urbanizzazione (C.G.A., 01.02.2001 n. 184),
così il concessionario non può mettere in
discussione l’obbligazione convenzionalmente
assunta.
Al più, ove modalità e garanzie non siano
state oggetto di preventivo accordo con il
comune, la giurisprudenza ritiene che la
pretesa del concessionario sia subordinata
alla valutazione comunale dell’entità e
della effettiva utilizzazione delle opere
realizzate (Tar Lazio, II-bis, 22.07.2003 n.
6570 e giurisprudenza ivi citata) (TAR
Toscana, Sez. III,
sentenza 11.08.2004 n. 3181 -
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EDILIZIA PRIVATA: Conformemente
ai precedenti di questa stessa Sezione, laddove la
quantificazione dei contributi di concessione edilizia sia
contenuta in una convenzione (e non derivi perciò da un atto
unilaterale del Comune), questa diviene vincolante ed
inderogabile per tutte le parti stipulanti, con la
conseguenza che il Comune non può di norma apportare nessuna
modifica a quanto ivi stabilito.
La determinazione del Comune di addivenire ad una
convenzione in materia urbanistica segna il mutamento dei
termini del rapporto tra le parti, facendo venir meno la
possibilità di emenda delle determinazioni amministrative
sull’oggetto del rapporto, (in quanto) la convenzione è
stipulata anche nell’interesse pubblico, e la valutazione
degli oneri che graveranno sull’intervento ha carattere
unitario, sì che non è possibile pretendere di esercitare
nuovamente il potere già esercitato (...) dopo la
definizione del rapporto in termini convenzionali.
- Considerato che la società ricorrente espone di aver
presentato al Comune di Oleggio un piano esecutivo
convenzionato per l’edificazione di un appezzamento di
terreno;
- Considerato che a seguito dell’approvazione di detto
piano, disposta con deliberazione C.C. 06.09.2001, n. 51,
essa ha stipulato con il Comune convenzione urbanistica per
atto a rogito Notaio Cafagno di Novara in data 24.10.2001,
rep. n. 35165/9291;
- Considerato che con l’art. 9 della convenzione le parti
hanno stabilito che, per quanto interessa nella presente
sede, “in relazione al disposto n. 2 dell’art. 45 L.R.
56/1977, il contributo per le opere di urbanizzazione
primarie e secondarie viene determinato, di volta in volta,
per ogni singolo intervento, applicando l’onere unitario
stabilito dalle tariffe vigenti all’atto di ritiro della
concessione, per il tipo di attività richiesta, in rapporto
alla superficie progettata”;
- Considerato che con nota 08.03.2003, prot. n. 7801 il
Comune, riferendosi alla richiesta di “variante in corso
d’opera del progetto approvato con C.E. n. 80/02 del
30.07.2002”, ha comunicato che la Commissione Edilizia
si era espressa in senso favorevole e che il rilascio della
concessione era subordinato al pagamento dei contributi
quantificati come in appresso:
- contributo per oneri di urbanizzazione primaria €
23.872,87 a scomputo;
- contributo per oneri di urbanizzazione secondaria €
9.214,09 a scomputo;
- quota smaltimento rifiuti € 16.543,38 a scomputo;
- Considerato che la ricorrente ha versato il totale
richiesto in data 15.04.2003;
- Considerato che con nota 11.08.2003, prot. n. 24511 il
Comune, riferendosi alla domanda presentata dalla ricorrente
in data 09.04.2002, prot. n. 10478 per i lavori di “costruzione
di un capannone industriale con annessi uffici e alloggio
del custode”, la nota del Commissario Prefettizio in
data 23.04.2003, prot. n. 14139 e la deliberazione C.C.
09.09.1977, n. 118, ha preteso il pagamento di ulteriori €
190.249,39 per “quota di smaltimento rifiuti”;
- Considerato che con il primo motivo la società ricorrente
deduce che poiché tale voce contributiva non era prevista in
convenzione, essa non è dovuta;
- Ritenuto, conformemente ai precedenti di questa stessa
Sezione, che laddove la quantificazione dei contributi di
concessione edilizia sia contenuta in una convenzione (e non
derivi perciò da un atto unilaterale del Comune), questa
diviene vincolante ed inderogabile per tutte le parti
stipulanti, con la conseguenza che il Comune non può di
norma apportare nessuna modifica a quanto ivi stabilito (TAR
Piemonte, I, 21.11.2001, n. 2154);
- Ritenuto in particolare che “la determinazione del
Comune di addivenire ad una convenzione in materia
urbanistica segna il mutamento dei termini del rapporto tra
le parti, facendo venir meno la possibilità di emenda delle
determinazioni amministrative sull’oggetto del rapporto, (in
quanto) la convenzione è stipulata anche nell’interesse
pubblico, e la valutazione degli oneri che graveranno
sull’intervento ha carattere unitario, sì che non è
possibile pretendere di esercitare nuovamente il potere già
esercitato (...) dopo la definizione del rapporto in termini
convenzionali” (TAR Piemonte, I, 27.03.2002, n. 748);
- Ritenuto che occorre pertanto verificare l’esatta portata
della pattuizione convenzionale;
- Considerato che questa menziona unicamente gli oneri di
urbanizzazione primaria e secondaria, senza alcuna
precisazione o elencazione;
- Ritenuto che per la loro definizione occorre pertanto fare
riferimento alla normativa in vigore all’atto del rilascio
della concessione, così come espressamente stabilito in
convenzione;
- Considerato che la richiesta di concessione cui afferisce
in contributo richiesto è stata presentata il 09.04.2002, ma
non consta dagli atti quale sia la data di rilascio della
concessione medesima;
- Considerato che il nuovo testo unico in materia edilizia
approvato con D.P.R. 06.06.2001, n. 380 è entrato in vigore
il 30.06.2002;
- Considerato in ogni modo che, fino a quella data ha
trovato applicazione l’art. 4 L. 29.09.1964, n. 847,
richiamato dall’art. 5 L. 29.01.1977, n. 10, che conteneva
un elenco delle opere di urbanizzazione primarie (le uniche
che rilevano in questa sede) comprendente: a) strade
residenziali; b) spazi di sosta o di parcheggio; c)
fognature; c) rete idrica; e) rete di distribuzione
dell’energia elettrica e del gas; f) pubblica illuminazione;
g) spazi di verde attrezzato;
- Considerato che il nuovo testo unico ha variato tale
elencazione, includendovi, al suo art. 16, commi 7 e 7-bis,
oltre alle opere precedentemente citate “i cavedi
multiservizi e i cavidotti per il passaggio di reti di
telecomunicazioni, salvo nelle aree individuate dai Comuni
sulla base dei criteri definiti dalle Regioni”;
- Considerato che secondo l’art. 51 L.R. 05.12.1977, n. 56
l’elenco delle opere di urbanizzazione primaria comprende:
a) opere di risanamento e di sistemazione del suolo
eventualmente necessarie per rendere il terreno idoneo
all’insediamento;
b) sistema viario pedonale e veicolare, per il collegamento
e per l’accesso agli edifici residenziali e non; spazi di
sosta e di parcheggio a livello di quartiere; sistemazione
delle intersezioni stradali pertinenti gli insediamenti
residenziali e non; attrezzature per il traffico;
c) opere di presa, adduzione e reti di distribuzione idrica;
d) rete ed impianti per lo smaltimento e la depurazione dei
rifiuti liquidi;
e) sistema di distribuzione dell’energia elettrica e
canalizzazioni per gas e telefono;
f) spazi attrezzati di verde pubblico di nucleo residenziale
o di quartiere; reti ed impianti di pubblica illuminazione
per gli spazi di cui alla lettera b);
- Considerato che, in esito all’istruttoria disposta con
precedente ordinanza collegiale 10.12.2003, n. 1459/i, il
Comune di Oleggio ha riferito con nota 27.01.2004, prot. n.
2487 di aver quantificato la quota di contributo in
contestazione richiamandosi al disposto della deliberazione
C.R. 26.05.1977, n. 179-4170, che si riferisce alle “opere
necessarie al trattamento e allo smaltimento dei rifiuti
solidi, l iquidi e gassosi e di quelle necessarie alla
sistemazione dei luoghi”;
- Considerato che, secondo il Comune, con tale provvedimento
la Regione “correttamente distinse tale quota di
contributo concessorio da quelle relative agli oneri di
urbanizzazione primaria e secondaria”;
- Ritenuto che dal tenore della sopra citata relazione
comunale risulta che la quota di contributo in contestazione
(smaltimento rifiuti) non si riferisce ai costi di
costruzione delle opere a tale scopo necessarie (condotte
fognarie), bensì a quelli del loro esercizio, quantificati
forfetariamente;
- Ritenuto che tale conclusione è confermata sul piano
logico dal fatto che le fognature sono comprese per legge
fra le opere di urbanizzazione primaria, per cui non vi
sarebbe ragione di scorporare la quota di contributo ad esse
relativa dalla somma dovuta per l’urbanizzazione primaria
medesima;
- Ritenuto che l’interpretazione del Comune, secondo cui la
concessione edilizia (oggi, il permesso di costruire),
sconterebbe, oltre alla quota di contributo commisurata agli
oneri di urbanizzazione primaria e secondaria, anche
un’ulteriore quota commisurata allo “smaltimento rifiuti”
non può essere né argomentata dalla deliberazione regionale
sopra citata, né condivisa nel merito;
- Ritenuto infatti che la deliberazione regionale menziona
espressamente le opere necessarie per lo smaltimento rifiuti
(in pratica, le condotte fognarie), e non il loro esercizio;
- Ritenuto inoltre che lo smaltimento delle acque reflue
sconta comunque una separata tariffa disciplinata da norme
speciali (artt. 13, ss. L. 05.01.1994, n. 36) e che
identiche considerazioni valgono per lo smaltimento dei
rifiuti solidi urbani e degli eventuali rifiuti industriali,
esso pure soggetto a tributi particolari, disciplinati da
norme speciali (art. 58 D.L.vo 15.11.1993, n. 507);
- Ritenuto perciò che i costi dell’attività di smaltimento
rifiuti non concorrono a formare il contributo dovuto a
fronte del rilascio della concessione edilizia o del
permesso di costruire;
- Ritenuto che per le esposte considerazioni la quota di
contributo di concessione pretesa dal Comune di Oleggio a
titolo di “quota smaltimento rifiuti” non può
considerarsi dovuta e le somme già versate dalla ricorrente
a tale titolo dovranno essere rimborsate;
- Ritenuto che, dovendosi presumere la buona fede del Comune
(in applicazione analogica dell’art. 1147, comma 2 cod. civ)
e non avendo la ricorrente fornito prova contraria, tale
somma potrà essere aumentata degli interessi legali secondo
domanda soltanto a decorrere dalla data di notificazione del
ricorso (art. 2033 cod. civ.);
- Ritenuto che entro tali limiti il ricorso merita
conclusivamente accoglimento, con le consequenziali pronunce
sopra indicate (TAR Piemonte, Sez. I,
sentenza 21.04.2004 n. 643 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Lo scomputo delle opere di urbanizzazione 1^ da realizzare
direttamente (se di importo maggiore alla somma da versare al Comune)
riguardano anche la somma da versare quale oo.uu. 2^.
Con riguardo allo scomputo delle spese sostenute per le opere di
urbanizzazione primaria il Collegio ritiene in primo luogo, in adesione
a quanto più volte affermato dalla giurisprudenza amministrativa (cfr.
T.A.R. Toscana sentenza 23.10.1985 n. 868, confermata da Cons. Stato V
Sez. 04.12.1989 n. 806; T.A.R. Toscana III Sez. 17.12.1999 n. 743, Cons.
Stato V Sez. 12.10.1990 n. 716) che lo scomputo, totale o parziale,
della quota di contributo dovuta in caso di realizzazione diretta delle
opere di urbanizzazione debba essere effettuato senza alcuna distinzione
tra opere di urbanizzazione primaria e secondaria.
L'art. 11 della L. 28.01.1977, n. 10 ammette, infatti, lo scomputo
totale o parziale della quota di contributo dovuta in caso di
realizzazione diretta delle opere di urbanizzazione senza operare alcuna
distinzione tra opere di urbanizzazione primaria e secondaria.
Una diversa interpretazione produrrebbe l'effetto, certamente contrario
alla volontà del legislatore (che, nell'introdurre i contributi di
urbanizzazione, ha inteso obbligare i concessionari edilizi a
partecipare agli oneri relativi alle trasformazioni urbanistiche ed
edilizie dei territori comunali ma non ha voluto provocare un
ingiustificato arricchimento dei Comuni), di trasferire gratuitamente
alle Amministrazioni la quota di valore delle opere realizzate in una
categoria senza tener conto degli oneri globali gravanti sul
concessionario.
In termini ancor più semplici, ad avviso del Collegio, la mancata
distinzione nella sede legislativa specifica (l'art. 11) delle due
categorie di opere, vieta all'interprete di introdurre una siffatta
distinzione
(TAR Toscana, Sez. III,
sentenza 11.03.2004 n. 679
- link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Relativamente
al contributo per oneri di urbanizzazione, dispone l’art. 11
della legge 28.01.1977, n. 10, ora trasfuso nell’art. 16 del
d.P.R. 06.06.2001, n. 380, che a “… scomputo totale o
parziale della quota dovuta, il concessionario può
obbligarsi a realizzare direttamente le opere di
urbanizzazione con le modalità e le garanzie stabilite dal
comune” (comma 1).
Si è osservato, in proposito, che pur trattandosi di una
“prestazione patrimoniale imposta” –sì da venire determinata
senza tenere conto dell’utilità che riceve il beneficiario
della concessione ovvero delle spese effettivamente
necessarie per l’esecuzione delle opere di urbanizzazione
relative alla costruzione assentita–, il contributo deve in
ogni caso considerarsi come una prestazione “causale”, non
finalizzata esclusivamente a procurare all’ente impositore
un’entrata patrimoniale.
E allora, se la ragion d’essere del contributo è quella di
far partecipare il privato ai costi relativi alle
trasformazioni urbanistiche ed edilizie del territorio,
l’esecuzione diretta delle relative opere da parte del
concessionario impone il correttivo dello scomputo delle
spese in tal modo affrontate, senza peraltro distinguere tra
opere di urbanizzazione primaria o secondaria –e quindi
agendo sul contributo complessivo–, nel senso che
l’eventuale eccedenza della spesa di una delle due categorie
di opere rispetto all’importo della corrispondente quota di
contributo può essere portata in detrazione da quanto dovuto
per l’altra categoria; ad opinare diversamente, del resto,
si darebbe luogo ad un ingiustificato arricchimento delle
Amministrazioni comunali, trasferendo loro il valore di una
parte delle opere eseguite dal privato, che sarebbe ciò
nonostante tenuto a versare il restante ammontare del
contributo.
Alla base dell’orientamento giurisprudenziale, già fatto
proprio da questa Sezione, è in definitiva il principio per
cui l’importo delle spese sostenute dal privato per
l’esecuzione in proprio delle opere di urbanizzazione va
sempre integralmente compensato con quanto dovuto a titolo
di contributo complessivo per i relativi oneri,
indipendentemente dalle voci che concorrono a determinare
l’ammontare della prestazione patrimoniale che grava sul
concessionario; questi, insomma, deve essere tenuto indenne
dai costi dei lavori, anche se concernenti solo alcune delle
opere di urbanizzazione necessarie, fino alla concorrenza
del contributo totale.
L’Amministrazione, del resto, autorizza preventivamente
l’effettuazione delle opere da parte del privato, e può
quindi valutarne l’adeguatezza, opponendosi quando, pur
sotto il profilo finanziario, emergano contrastanti ragioni
di opportunità.
Di qui la fondatezza della pretesa azionata, e il
conseguente annullamento in parte qua della concessione
edilizia n. 148/2002 del 14.02.2003 e della nota prot. n.
18464 del 10.02.2003, in quanto il Comune di Parma ha
illegittimamente concesso lo scomputo degli oneri di
urbanizzazione nei limiti della quota di incidenza
percentuale delle opere eseguite dalla ricorrente, alla luce
dei parametri regionali (19% per le opere di urbanizzazione
primaria e 25% per le opere di urbanizzazione secondaria),
raccordando quindi il beneficio al corrispondente importo
astratto delle voci di contributo anziché alla spesa
effettivamente sostenuta.
Aziona la società ricorrente, titolare di concessione
edilizia per la realizzazione di “comparto di
progettazione unitaria – Direzionale Uffici Comunali (D.U.C.)
– ambito C” nel territorio del Comune di Parma, il
diritto a scomputare dal contributo per oneri di
urbanizzazione le somme effettivamente spese per
l’esecuzione diretta delle relative opere, con conseguente
condanna dell’Amministrazione comunale alla restituzione di
quanto a tale titolo indebitamente percepito, oltre ad
interessi e rivalutazione monetaria; inoltre, impugna in
parte qua gli atti adottati dall’ente locale, nonché le
determinazioni generali, anche di provenienza regionale, in
tema di modalità di scomputo delle spese originate dalla
diretta realizzazione delle opere di urbanizzazione da parte
del concessionario.
Assume di avere titolo all’integrale –e non parziale–
compensazione degli oneri in tal modo sostenuti, ai sensi
dell’art. 11 della legge n. 10 del 1977, e quindi di dover
essere completamente esonerata dal pagamento del contributo,
essendo questo di importo inferiore alle spese affrontate.
Replica l’Amministrazione comunale che la detrazione è
legittimamente avvenuta nei limiti dell’incidenza
percentuale delle opere di urbanizzazione (realizzate)
rispetto alla totalità degli interventi che concorrono a
determinare l’importo globale del contributo. Il tutto in
conformità delle tabelle parametriche regionali, che
peraltro la ricorrente avrebbe espressamente accettato in
sede di sottoscrizione di un “atto unilaterale d’obbligo”,
tanto da dar luogo ad una sostanziale acquiescenza nei
confronti delle previste modalità di scomputo delle spese
per esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione, e
comunque da privare di fondamento qualsiasi pretesa in
contrasto con il regolamento negoziale che ne sarebbe
scaturito.
Ciò stante, il Collegio è chiamato a definire entro quali
limiti la società ricorrente, che con il preventivo assenso
dell’Amministrazione comunale ha curato in proprio la
realizzazione di alcune opere di urbanizzazione, possa far
valere il diritto a compensare le spese a tale titolo
sostenute con il contributo che grava su di essa in quanto
titolare di concessione edilizia.
Orbene, relativamente al contributo per oneri di
urbanizzazione, dispone l’art. 11 della legge 28.01.1977, n.
10, ora trasfuso nell’art. 16 del d.P.R. 06.06.2001, n. 380,
che a “… scomputo totale o parziale della quota dovuta,
il concessionario può obbligarsi a realizzare direttamente
le opere di urbanizzazione con le modalità e le garanzie
stabilite dal comune” (comma 1).
Si è osservato, in
proposito, che pur trattandosi di una “prestazione
patrimoniale imposta” –sì da venire determinata senza
tenere conto dell’utilità che riceve il beneficiario della
concessione ovvero delle spese effettivamente necessarie per
l’esecuzione delle opere di urbanizzazione relative alla
costruzione assentita–, il contributo deve in ogni caso
considerarsi come una prestazione “causale”, non
finalizzata esclusivamente a procurare all’ente impositore
un’entrata patrimoniale (v. Cons. Stato, Sez. V, 27.06.1994
n. 716).
E allora, se la ragion d’essere del contributo è quella di
far partecipare il privato ai costi relativi alle
trasformazioni urbanistiche ed edilizie del territorio,
l’esecuzione diretta delle relative opere da parte del
concessionario impone il correttivo dello scomputo delle
spese in tal modo affrontate, senza peraltro distinguere tra
opere di urbanizzazione primaria o secondaria –e quindi
agendo sul contributo complessivo–, nel senso che
l’eventuale eccedenza della spesa di una delle due categorie
di opere rispetto all’importo della corrispondente quota di
contributo può essere portata in detrazione da quanto dovuto
per l’altra categoria; ad opinare diversamente, del resto,
si darebbe luogo ad un ingiustificato arricchimento delle
Amministrazioni comunali, trasferendo loro il valore di una
parte delle opere eseguite dal privato, che sarebbe ciò
nonostante tenuto a versare il restante ammontare del
contributo (v., ex multis, Cons. Stato, Sez. V, 04.12.1989 n. 806; TAR Campania, Salerno, Sez. II,
11.06.2002 n. 459).
Alla base dell’orientamento giurisprudenziale, già fatto
proprio da questa Sezione (v. sentt. n. 219 del 23.04.2002 e
n. 7 del 13.01.1999), è in definitiva il principio per cui
l’importo delle spese sostenute dal privato per l’esecuzione in proprio delle opere di urbanizzazione va
sempre integralmente compensato con quanto dovuto a titolo
di contributo complessivo per i relativi oneri,
indipendentemente dalle voci che concorrono a determinare
l’ammontare della prestazione patrimoniale che grava sul
concessionario; questi, insomma, deve essere tenuto indenne
dai costi dei lavori, anche se concernenti solo alcune delle
opere di urbanizzazione necessarie, fino alla concorrenza
del contributo totale.
L’Amministrazione, del resto,
autorizza preventivamente l’effettuazione delle opere da
parte del privato, e può quindi valutarne l’adeguatezza,
opponendosi quando, pur sotto il profilo finanziario,
emergano contrastanti ragioni di opportunità.
Di qui la fondatezza della pretesa azionata, e il
conseguente annullamento in parte qua della concessione
edilizia n. 148/2002 del 14.02.2003 e della nota prot. n.
18464 del 10.02.2003, in quanto il Comune di Parma ha
illegittimamente concesso lo scomputo degli oneri di
urbanizzazione nei limiti della quota di incidenza
percentuale delle opere eseguite dalla ricorrente, alla luce
dei parametri regionali (19% per le opere di urbanizzazione
primaria e 25% per le opere di urbanizzazione secondaria),
raccordando quindi il beneficio al corrispondente importo
astratto delle voci di contributo anziché alla spesa
effettivamente sostenuta.
Questa peraltro eccede l’ammontare
complessivo del contributo –circostanza non contestata
dall’Amministrazione–, sì che nulla poteva essere in
conclusione richiesto al privato.
Non vi è invece motivo per procedere all’annullamento degli
altri atti impugnati.
Quanto alle deliberazioni con cui la
Regione Emilia-Romagna e il Comune di Parma hanno stabilito
i criteri generali per la determinazione del contributo di
urbanizzazione, va rilevato che le stesse non recano
prescrizioni ostative all’invocato scomputo integrale degli
oneri assunti dal concessionario (anche ove la spesa per
l’esecuzione diretta sia superiore alla quota di contributo
dovuta per le opere realizzate); in particolare, non è
significativo che la deliberazione regionale n. 849 del 1998
regoli le modalità di scomputo nel caso di esecuzione in
proprio di opere di urbanizzazione primaria mentre taccia di
analoga eventualità nel caso di opere di urbanizzazione
secondaria, o che la deliberazione comunale n. 140/1977 del
2000 non contempli l’ipotesi di spesa del privato in misura
superiore alla corrispondente quota di contributo, o che
l’art. 13 del regolamento urbanistico ed edilizio prenda a
riferimento lo scomputo degli oneri di urbanizzazione per
l’esecuzione diretta di parcheggi senza apparentemente
consentire la detrazione dell’eventuale maggiore spesa, in
quanto il diritto allo “scomputo” scaturisce ex
lege, e nella normativa di rango primario trova la sua
integrale disciplina, prevalendo su quella di rango
secondario, ove rechi disposizioni incompatibili con la
prima.
Né, ancora, è rilevante l’impegno precedentemente
sottoscritto dalla ricorrente (“… Le opere descritte
andranno a scomputo degli oneri di urbanizzazione primaria e
di urbanizzazione secondaria, secondo quanto stabilito dalle
normative vigenti ed in funzione delle opere effettivamente
realizzate …”). Il generico rinvio alla normativa in
materia non poteva implicare alcuna rinuncia al meccanismo
dell’integrale scomputo delle spese sostenute, essendo anzi
la disciplina applicabile quella correttamente invocata
dalla ricorrente. Ed è quindi infondata anche l ’eccezione
di acquiescenza, alcun elemento inducendo in tal senso.
In definitiva, la società ricorrente ha diritto a che sia
portato in detrazione dall’ammontare complessivo del
contributo di urbanizzazione quanto speso per l’esecuzione
diretta di opere preventivamente autorizzate dall’Amministrazione,
anche se di importo superiore alla quota di contributo
corrispondente.
Di conseguenza il Comune di Parma va
condannato alla restituzione delle somme indebitamente
percepite, coprendo lo scomputo l’intero ammontare del
contributo; su dette somme, inoltre, competono gli interessi
legali dalla data della domanda giudiziale, mentre non
spetta la rivalutazione monetaria, trattandosi di indebito
oggettivo ex art. 2033 cod.civ., il quale genera
esclusivamente l’obbligazione accessoria degli interessi
(v., ex multis, TAR Emilia-Romagna, Bologna, Sez. II,
06.08.2002 n. 981)
(TAR Emilia Romagna-Parma,
sentenza 10.03.2004 n. 107
- link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2003 |
|
EDILIZIA PRIVATA: Ritiene il Collegio che nella fattispecie
coesistono i requisiti soggettivi ed oggettivi previsti
dalla più volte richiamata norma di cui all’art. 9, primo
comma, lettera f), prima parte, della L. n. 10/1977, secondo
cui il contributo afferente il rilascio della concessione
edilizia non è dovuto per gli impianti, le attrezzature, le
opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli
enti istituzionalmente competenti.
Circa il requisito soggettivo ritiene infatti il Collegio di
dover condividere quell’ampia e qualificata giurisprudenza
per cui ai fini dell’individuazione dell’“ente
istituzionalmente competente” non è necessariamente
rilevante la natura pubblica immediata dell’ente
realizzatore quanto piuttosto quella oggettiva relativa alla
realizzazione dell’opera; in tale ambito questa Sezione ha
avuto modo di precisare che ai fini dell’esecuzione del
contributo di costruzione la norma può venire riferita anche
ad un’opera realizzata ad un soggetto privato perché per
conto di un ente pubblico;
mentre sotto il profilo oggettivo è indubbio che la
realizzazione dell’opera in questione –caserma dei Vigili
del Fuoco– risponde sicuramente alle caratteristiche di
un’opera pubblica e/o di un’opera di interesse generale.
---------------
L’elenco delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria
non deve intendersi tassativo e vincolato perché, come
esattamente ritenuto dalla giurisprudenza condivisa dalla
Sezione, debbono ritenersi rientrare nella nozione di opere
di urbanizzazione previste dalla normativa anche quelle
realizzazioni di specifica rilevanza pubblica e sociale,
qual è certamente la costruzione di un immobile da adibirsi
a caserma dei VV.FF..
Inoltre, è errato escludere il carattere di urbanizzazione
della Caserma de qua perché la stessa sarebbe al servizio di
utenti appartenenti a più centri abitativi.
Invero, come esattamente dedotto dall’appellante, il
requisito del dimensionamento di quartiere risulta previsto
solo per i mercati, gli impianti sportivi e le aree vedi
(cfr. art. 4, 2° comma, della legge n. 847/1964), con la
conseguenza che le altre opere di urbanizzazione secondaria
ben possono essere dimensionate su scala diversa e
superiore.
In punto di fatto va rammentato che la realizzazione in
oggetto riguardava la costruzione di un fabbricato da
adibirsi a Caserma dei Vigili del Fuoco, realizzazione per
la quale il Comune di Prato con i provvedimenti
originariamente impugnati negava l’esenzione dal pagamento
per gli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria.
Ritiene al riguardo il Collegio che nella fattispecie
coesistono i requisiti soggettivi ed oggettivi previsti
dalla più volte richiamata norma di cui all’art. 9, primo
comma, lettera f), prima parte, della L. n. 10/1977, secondo
cui il contributo afferente il rilascio della concessione
edilizia non è dovuto per gli impianti, le attrezzature, le
opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli
enti istituzionalmente competenti.
Circa il requisito soggettivo ritiene infatti il Collegio di
dover condividere quell’ampia e qualificata giurisprudenza
per cui ai fini dell’individuazione dell’“ente
istituzionalmente competente” non è necessariamente
rilevante la natura pubblica immediata dell’ente
realizzatore quanto piuttosto quella oggettiva relativa alla
realizzazione dell’opera; in tale ambito questa Sezione ha
avuto modo di precisare che ai fini dell’esecuzione del
contributo di costruzione la norma può venire riferita anche
ad un’opera realizzata ad un soggetto privato perché per
conto di un ente pubblico (cfr. C.S. Sezione V n. 206/1999);
mentre sotto il profilo oggettivo è indubbio che la
realizzazione dell’opera in questione –caserma dei Vigili
del Fuoco– risponde sicuramente alle caratteristiche di
un’opera pubblica e/o di un’opera di interesse generale.
Fondate sono anche le censure contenute nel secondo motivo
di appello perché ritiene il Collegio che al contrario di
quanto dedotto dal Tribunale l’elenco delle opere di
urbanizzazione primaria e secondaria non debba intendersi
tassativo e vincolato perché, come esattamente ritenuto
dalla giurisprudenza condivisa dalla Sezione, debbono
ritenersi rientrare nella nozione di opere di urbanizzazione
previste dalla normativa anche quelle realizzazioni di
specifica rilevanza pubblica e sociale, qual è certamente la
costruzione di un immobile da adibirsi a caserma dei VV.FF..
Inoltre, la decisione appare errata nella parte in cui è
stato escluso il carattere di urbanizzazione della Caserma
de qua perché la stessa sarebbe al servizio di utenti
appartenenti a più centri abitativi.
Invero, come esattamente dedotto dall’appellante, il
requisito del dimensionamento di quartiere risulta previsto
solo per i mercati, gli impianti sportivi e le aree vedi
(cfr. art. 4, 2° comma, della legge n. 847/1964), con la
conseguenza che le altre opere di urbanizzazione secondaria
ben possono essere dimensionate su scala diversa e
superiore.
Conclusivamente pertanto il ricorso deve essere accolto e,
in riforma dell’impugnata sentenza va annullata la
determinazione comunale di non concedere la gratuità della
concessione edilizia n. 2643 del 16.12.1995
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 18.09.2003 n. 5315). |
EDILIZIA PRIVATA:
Sulla possibilità in capo al concessionario di scomputare, o meno,
la realizzazione delle opere di urbanizzazione.
Il soggetto interessato può –previa convenzione con il Comune (ovvero
–come prescrive l’art. 11, comma 1 della legge 28.01.1977, n. 10, ora
sostituito dall’art. 16 del T.U., emanato con D.P.R. n. 380/2001– “con
le modalità e le garanzie stabilite dal Comune”)– realizzare in tutto o
in parte le opere di urbanizzazione, sia primarie che secondarie, a
scomputo dei relativi oneri; quando anche, tuttavia, modalità e garanzie
non siano state previamente concordate con il Comune stesso, la
prevalente giurisprudenza ritiene che il concessionario abbia diritto
allo scomputo, previa valutazione comunale della entità e della
effettiva utilizzazione delle opere realizzate, ovvero della idoneità
delle medesime a soddisfare le necessità del nuovo insediamento (in tal
senso cfr. Cons. St., sez. V, 26.06.1994, n. 716; Cons. St., sez. IV,
07.06.1977, n. 578; Cons. Giust. Amm. Sic., 30.06.1995, n. 245; TAR
Calabria, Catanzaro, 24.07.1997, n. 526 e 24.10.1996, n. 797; TAR
Toscana, 21.10.1985, n. 849; TAR Lombardia, Milano, 02.10.1982, n. 924).
Il diritto sopra enunciato, dunque, non implica una pretesa
indiscriminata allo scomputo del valore di qualsiasi opera di
urbanizzazione, volontariamente eseguita dal concessionario al di fuori
di un preventivo accordo con il Comune, ma esclude che il medesimo
Comune possa –senza adeguata motivazione e con oggettivo, indebito
arricchimento– porre a servizio della collettività e dello stesso
concessionario opere da quest’ultimo eseguite, senza che il relativo
valore venga scomputato dalla prestazione patrimoniale imposta, di tipo
causale -ovvero, finalizzata appunto alla predisposizione di
infrastrutture- corrispondente agli oneri di urbanizzazione (cfr., per
il principio, Cons. St., sez. V, n. 716/1994 cit. e 29.09.1999, n. 1209;
TAR Emilia Romagna, Parma, 07.04.1998, n. 149 e TAR E.R., Bologna,
13.11.1986, n. 597; TAR Veneto, 26.06.1993, n. 522; TAR Lombardia,
Milano, 20.05.1998, n. 1036; TAR Marche, 28.04.1995, n. 182)
(TAR Lazio-Roma, Sez. II-bis,
sentenza
22.07.2003 n. 6570
- link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2002 |
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EDILIZIA PRIVATA:
Sullo scomputo delle opere di urbanizzazione 1^.
Come più volte evidenziato dalla dottrina e della giurisprudenza, lo
sgravio contributivo di cui trattasi pretende il concorso di due
presupposti, e cioè uno oggettivo, ovvero l’ascrivibilità del manufatto
oggetto di concessione edilizia alla categoria delle opere pubbliche o
di interesse generale (nel senso che deve trattarsi di opere che,
quantunque non destinate direttamente a scopi propri della P.A., siano
comunque idonee a soddisfare i bisogni della collettività, anche se
realizzate e gestite da privati), e l’altro soggettivo, ovvero
l’esecuzione delle opere da parte di Enti istituzionalmente competenti,
vale a dire da parte di soggetti cui sia demandata in via istituzionale
la realizzazione di opere di interesse generale (cfr. C.G.A.R.S.
20.07.1999, n. 369; Cons. Stato, V, 06.12.1999, n. 2061), ovvero da
parte di privati concessionari dell’Ente pubblico (cfr. Cons. Stato, V,
07.09.1995, n. 1280), purché le opere siano inerenti all’esercizio del
rapporto concessorio.
Il Comune è, peraltro, tenuto ad accertare
d’ufficio tali presupposti indipendentemente dalla domanda del privato,
non prevista dalla legge. Il fine dell’applicazione della norma, fondata
dunque sul presupposto oggettivo della natura delle opere e su quello
soggettivo della qualità dell’ente realizzatore, è chiaramente quello di
assicurare una “ricaduta” del beneficio dello sgravio a vantaggio della
collettività: nel senso che la gratuità della concessione si traduce in
un abbattimento dei costi, a cui corrisponde, in definitiva, un minore
aggravio di oneri per il contribuente. E’ stato chiarito che le opere
per cui può ipotizzarsi lo sgravio dagli oneri concessori devono avere
carattere direttamente satisfattivo dell’interesse della collettività,
di per sé –poiché destinate ad uso pubblico o collettivo– o in quanto
strumentali rispetto ad opere del genere anzidetto, o comunque perché
immediatamente collegate con le funzioni di pubblico servizio espletate
dall’Ente (cfr. Cons. Stato, V, 08.06.1998, n. 777).
Il beneficio della
gratuità della concessione deriva non tanto dalla natura pubblica o
privata dell’Ente che ha realizzato l’opera, quanto piuttosto
dall’interesse perseguito, ponendosi l’accento sul connotato “generale”
di tale interesse; quindi, il beneficiario può essere anche un soggetto
non pubblico, purché però sia un “ente istituzionalmente competente” (cfr.
Cons. Stato, V, 20.07.1999, n. 849). Esso non spetta, pertanto, a
soggetti privati per gli immobili ove esercitino una mera attività
lucrativa di impresa, indipendentemente dalla rilevanza sociale
dell’attività stessa (cfr. Cons. Stato, V, 21.01.1997, n. 69). Al fine
dell’individuazione dell’anzidetto requisito di ordine soggettivo, la
giurisprudenza richiede, di norma, quanto meno il possesso della qualità
di concessionario, operante per conto di un Ente pubblico (Cons. Stato,
V, 07.09.1995, n. 1280, cit.).
Nel recente panorama
giurisprudenziale, il beneficio è stato negato:
- ad una società per azioni relativamente alla concessione di
ampliamento della clinica gestita dalla stessa (Cons. stato, V,
16.01.1992, n. 46);
- all’impresa che, senza alcun collegamento di concessione da parte di
un ente pubblico, svolga un’attività assistenziale, in quanto
l’agevolazione in parola implica, come accennato, il possesso del
requisito non solo oggettivo (impianti, attrezzature, opere pubbliche o
di interesse generale), ma pure soggettivo (ente pubblico o soggetto
concessionario di pubblico servizio o di opere pubbliche : cfr. Cons
Stato, V, 10.05.1999, n. 536);
- alle cooperative edilizie, in quanto curano in primo luogo l’interesse
dei soci;
- al privato che realizza impianti sportivi, anche se la loro
utilizzazione è oggetto di convenzione con il Comune;
- per la realizzazione di uffici direzionali di un’azienda creditizia;
- per la costruzione di scuole non previste tra le opere di
urbanizzazione dallo strumento urbanistico;
- alla società concessionaria del servizio distributivo del gas, per la
costruzione di una nuova sede (cfr. TAR Lombardia, Brescia, 18.03.1999,
n. 217);
- (caso particolarmente interessante e conferente) per le opere
realizzate da un privato, su proprietà e con capitali privati, pur se in
vista di un contratto di locazione con la P.A. (cfr. TAR Lombardia, II,
01.07.1997, n. 1074; TAR Puglia, I, 01.09.1999, n. 1018).
E’ stato però d’altra parte precisato che “realizzatore” dell’opera deve
intendersi non soltanto chi provvede materialmente all’edificazione, ma
anche il soggetto cui l’opera è riferibile dal punto di vista sia
progettuale che della destinazione finale (Cons. Stato, V, 08.06.1998,
n. 777, cit.).
Il legislatore richiede che le opere
–ammesse allo sgravio contributivo- siano “realizzate” dagli enti
istituzionalmente competenti, con conseguente necessità che sussista un
ben preciso vincolo relazionale tra il soggetto abilitato ad operare
nell’interesse pubblico ed il materiale esecutore della costruzione: la
giurisprudenza prevalente ha identificato tale vincolo nella concessione
di costruzione di opera pubblica o in altre analoghe figure organizzatorie (Cons. Stato, V, 19.05.1998, n. 617; 07.09.1995, n. 1280;
13.12.1993, n. 1280; 20.11.1989, n. 752). Deve cioè trattarsi di
attività compiuta da un concessionario, o più in generale da un soggetto
che curi istituzionalmente (è dunque questo l’elemento chiave) la
realizzazione di opere d'interesse generale per il perseguimento delle
specifiche finalità cui le opere stesse sono destinate; in tal senso non
ricade nell'esenzione dal contributo l'opera costruita da un
imprenditore per la propria attività d'impresa, considerato che il fine
dell'esenzione è quello di evitare una contribuzione intimamente
contraddittoria (quale sarebbe quella per opere costruite a carico della
collettività) e non quella di esonerare gli imprenditori dai costi
d'impresa (Consiglio
di Stato, Sez. V,
sentenza 02.12.2002 n. 6618
- link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2000 |
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EDILIZIA PRIVATA:
Perché possa qualificarsi la costruzione come “opera di
urbanizzazione eseguita in attuazione di strumenti
urbanistici” è, invero, necessario che essa sia
specificamente indicata come tale nello strumento
urbanistico.
Il complesso polifunzionale edificato non
solo non è mai stato qualificato come opera di
urbanizzazione, ma non corrisponde ad alcuna precisa
indicazione dello strumento urbanistico, sicché l’esenzione
dal contributo di concessione non può essere riconosciuta.
L’argomento contrario dedotto dall’appellata e fondato sulla
vigenza del piano di zona è del tutto insufficiente a
sovvertire il chiaro contenuto precettivo della
disposizione: essa beneficia il privato che dà immediata
esecuzione alla previsione di piano relativa ad una
specifica opera di urbanizzazione. Solo nel caso
espressamente previsto dalla norma, a ben vedere, risulta
contraddittoria ed irragionevole la richiesta al privato del
pagamento di un contributo commisurato anche alle “spese di
urbanizzazione”, che di regola sono sopportate dall’ente
pubblico. In ogni altro caso il contributo è dovuto.
A margine delle suddette considerazioni, d’altra parte, deve
rimarcarsi che la disposizione in oggetto, poiché concede un
beneficio derogatorio al regime generale, deve interpretarsi
secondo criteri restrittivi ed in stretta armonia con il suo
tenore e la sua ratio.
La seconda
parte dell’art. 9, lettera f), è parimenti inapplicabile
all’ipotesi in esame.
Perché possa qualificarsi la costruzione come “opera di
urbanizzazione eseguita in attuazione di strumenti
urbanistici” è, invero, necessario che essa sia
specificamente indicata come tale nello strumento
urbanistico.
Il complesso polifunzionale edificato dalla Fingruppo non
solo non è mai stato qualificato come opera di
urbanizzazione, ma non corrisponde ad alcuna precisa
indicazione dello strumento urbanistico, sicché l’esenzione
dal contributo di concessione non può essere riconosciuta.
L’argomento contrario dedotto dall’appellata e fondato sulla
vigenza del piano di zona è del tutto insufficiente a
sovvertire il chiaro contenuto precettivo della
disposizione: essa beneficia il privato che dà immediata
esecuzione alla previsione di piano relativa ad una
specifica opera di urbanizzazione. Solo nel caso
espressamente previsto dalla norma, a ben vedere, risulta
contraddittoria ed irragionevole la richiesta al privato del
pagamento di un contributo commisurato anche alle “spese di
urbanizzazione”, che di regola sono sopportate dall’ente
pubblico. In ogni altro caso il contributo è dovuto.
A margine delle suddette considerazioni, d’altra parte, deve
rimarcarsi che la disposizione in oggetto, poiché concede un
beneficio derogatorio al regime generale, deve interpretarsi
secondo criteri restrittivi ed in stretta armonia con il suo
tenore e la sua ratio
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 10.07.2000 n. 3860 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 1989 |
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EDILIZIA PRIVATA:
Sullo scomputo anche degli oo.uu. 2^ qualora le opere di
urbanizzazione 1^ siano di importo maggiore alla somma tra oo.uu. 1^ e
2^.
Ai sensi dell'art. 11, L. 10/1977, lo scomputo totale o parziale della
quota di contributo dovuta in caso di realizzazione diretta delle opere
di urbanizzazione deve essere effettuato senza alcuna distinzione tra
opere di urbanizzazione primaria e secondaria
(Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 04.12.1989 n. 805 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 1984 |
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EDILIZIA PRIVATA:
Sullo scomputo anche degli oo.uu. 2^ qualora le opere di
urbanizzazione 1^ siano di importo maggiore alla somma tra oo.uu. 1^ e
2^.
In sede di determinazione degli oneri per urbanizzazione secondaria a
cui il concessionario sia obbligato, va scomputato il valore delle opere
di urbanizzazione primaria eseguite dal concessionario medesimo in
eccedenza al dovuto sulla base delle aliquote tabellari
(TAR Toscana, sentenza 16.04.1984 n. 209 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
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