dossier SICUREZZA SUL LAVORO |
per approfondimenti vedi anche:
Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali |
agosto 2020 |
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SICUREZZA LAVORO - VARI: Oggetto:
Emergenza Covid-19: aggiornamento sugli ultimi provvedimenti. Ordinanza
regionale 590/2020; DPCM 07/08/2020. Proroga al 15.10.2020 dello stato di
emergenza legato al rischio sanitario
(ANCE di Bergamo,
circolare 28.08.2020 n. 333). |
settembre 2018 |
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SICUREZZA LAVORO:
APPALTI - SICUREZZA SUL LAVORO - Appalto di lavori di tipo
domestico, quali ristrutturazioni, pitturazione, ecc. -
Responsabilità del committente dei lavori - Onere di
vigilanza - Dovere di sicurezza gravante sul datore di
lavoro - Assenza della redazione di un documento di
valutazione dei rischi o della nomina di un responsabile dei
lavori - Configurabilità della responsabilità - Valutazione
dei rischi e organizzazione delle opere - Committente
corresponsabile con l'appaltatore - Giurisprudenza - Art. 26
e 90 d.lgs. 81/2008.
In tema di sicurezza sul lavoro, dal
committente non può esigersi un controllo pressante,
continuo e capillare sull'organizzazione e sull'andamento
dei lavori con la conseguenza che ai fini della
configurazione della responsabilità del committente, occorre
verificare in concreto quale sia stata l'incidenza della sua
condotta nell'eziologia dell'evento, a fronte delle capacità
organizzative della ditta scelta per l'esecuzione dei
lavori, avuto riguardo alla specificità dei lavori da
eseguire, ai criteri seguiti dallo stesso committente per la
scelta dell'appaltatore o del prestatore d'opera, alla sua
ingerenza nell'esecuzione dei lavori oggetto di appalto o
del contratto di prestazione d'opera, nonché alla agevole ed
immediata percepibilità da parte del committente di
situazioni di pericolo
(Cass. Sez. 4, n. 3563 del 18/01/2012 - dep. 30/01/2012,
Marangio e altri; nel medesimo senso Sez. 4, Sentenza n.
44131 del 15/07/2015 Ud. (dep. 02/11/2015); Sez. 4, n. 27296
del 02/12/2016 - dep. 31/05/2017, Vettor).
Pertanto, pur dovendosi escludere che
incomba sul committente -ed ancor di più su un committente
che può, in qualche modo, definirsi 'non professionale',
come quello che appalta lavori di tipo domestico, quali
ristrutturazioni, pitturazione, ecc.- un onere di vigilanza
continua sullo svolgimento delle opere, deve affermarsi che
il medesimo, in assenza della redazione di un documento di
valutazione dei rischi o della nomina di un responsabile dei
lavori, cui sia conferito anche il compito di realizzare la
sicurezza del cantiere prima della realizzazione delle
opere, ha l'onere generalissimo di mettere l'appaltatore
nella condizione di operare in sicurezza.
E ciò, non solo segnalando i pericoli, ma provvedendo alla
loro eliminazione prima dell'inizio dell'attività, così da
consentire a colui al quale siano affidati i lavori di
assumere, anche in qualità di datore di lavoro (quando non
operi come artigiano) i rischi proprii delle lavorazioni e
non i rischi derivanti dalla conformazione dei luoghi.
Solo, infatti, nell'ipotesi in cui l'oggetto dell'incarico
-dei pur minimi interventi consistenti nella pitturazione di
un'abitazione- includa la messa in sicurezza dei luoghi sui
quali insisterà il cantiere, così da consegnarlo agli
esecutori scevro da ogni pericolo, è possibile per il
committente andare esente da responsabilità, che, al
contrario, resta in capo a lui quando l'incarico o gli
incarichi siano conferiti per la sola esecuzione delle
opere, non estendendosi espressamente all'eliminazione dei
rischi preesistenti, al fine della consegna dei luoghi in
piena sicurezza (Corte
di Cassazione, Sez. IV penale,
sentenza 24.09.2018 n. 40922 - link a www.ambientediritto.it). |
luglio 2018 |
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SICUREZZA LAVORO:
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE - Ente locale -
Distinzione tra ruolo politico e ruolo amministrativo -
Attribuzioni e funzioni dei dirigenti - Funzioni di
indirizzo e controllo politico-amministrativo degli organi
di governo - Art. 107 d.lgs. n. 267/2000 - SICUREZZA SUL
LAVORO - Datore di lavoro nelle pubbliche amministrazioni -
Dirigente con poteri di gestione - Funzionario non avente
qualifica dirigenziale ma preposto ad un ufficio avente
autonomia gestionale - Omessa o non conforme individuazione
- Responsabilità del sindaco quale organo di vertice -
Impianti non dotati di certificato di conformità - Art. art.
2, c. 1, lett. b), e art. 70, c.1, in relazione all'art. 87,
c. 2, lett. a), d.lgs. n. 81/2008 - Fattispecie: impianti
elettrici, degli edifici scolastici non a norma.
L'individuazione del dirigente (o del funzionario) cui
attribuire la qualifica di datore di lavoro è demandata alla
pubblica amministrazione, la quale vi provvede con
l'attribuzione della qualità e il conferimento dei relativi
poteri di autonomia gestionale, non potendo tale qualifica
essere attribuita implicitamente ad un dirigente o
funzionario solo perché preposti ad articolazioni della
pubblica amministrazione che hanno competenze nel settore
specifico.
Nelle pubbliche amministrazioni, l'attribuzione della
qualità di datore di lavoro a persona diversa dall'organo di
vertice non può che essere espressa, anche perché comporta i
poteri di gestione in tema di sicurezza. Sono gli organi di
direzione politica che devono procedere all'individuazione,
tenendo conto dell'ubicazione e dell'ambito funzionale degli
uffici, non essendo per tale ragione possibile una scelta
non espressa e non accompagnata dal conferimento di poteri
di gestione alla persona fisica; di conseguenza, in mancanza
di tale individuazione permane in capo a suddetti organi
l'indicata qualità, anche ai fini dell'eventuale
responsabilità per la violazione della normativa
antinfortunistica (Sez. 4, n. 35295 del 23/04/2013 - dep.
21/08/2013, R.C., Bendotti e altro).
Pertanto, il sindaco di un Comune va esente da
responsabilità in materia antinfortunistica, in base
all'art. 2, comma 1, lett. b), d.lgs. 09.04.2008, 81, solo
se procede all'individuazione dei soggetti cui attribuire in
sua vece la qualifica di datore di lavoro (Sez. 3, n. 15206
del 22/03/2012 - dep. 20/04/2012, Passiu); viceversa,
l'organo di direzione politica che non abbia espressamente
attribuito la qualifica di datore di lavoro al dirigente del
settore competente, conserva lui stesso la qualifica (Sez.
2, n. 32358, del 17/01/2017 - dep. 05/07/2017; Sez. 4, n.
30214 del 12/04/2013 - dep. 12/07 /2013, R.C. e Orcìani).
Nella fattispecie, non risultava che il Sindaco del Comune
avesse espressamente attribuito la qualifica di datore di
lavoro al dirigente del settore competente, con la
conseguenza che egli stesso conservava detta qualifica
(Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 05.07.2018 n. 30170 - link a
www.ambientediritto.it). |
SICUREZZA LAVORO: Nelle
pubbliche amministrazioni l'attribuzione
della qualità di datore di lavoro a
persona diversa dall'organo di vertice non
può che essere espressa, anche perché
comporta i poteri di gestione in tema di
sicurezza.
Sono gli organi di direzione politica che
devono procedere all'individuazione, tenendo
conto dell'ubicazione e dell'ambito
funzionale degli uffici, non essendo per
tale ragione possibile una scelta non
espressa e non accompagnata dal conferimento
di poteri di gestione alla persona fisica;
di conseguenza, in mancanza di tale
individuazione permane in capo a suddetti
organi l'indicata qualità, anche ai fini
dell'eventuale responsabilità per la
violazione della normativa
antinfortunistica.
Pertanto, il sindaco di un Comune va esente
da responsabilità in materia
antinfortunistica, in base all'art. 2, comma
1, lett. b), d.lgs. 09.04.2008, 81, solo se
procede all'individuazione dei soggetti cui
attribuire in sua vece la qualifica di
datore di lavoro; viceversa, l'organo di
direzione politica che non abbia
espressamente attribuito la qualifica di
datore di lavoro al dirigente del settore
competente, conserva lui stesso la
qualifica.
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1. Il ricorso è manifestamente infondato.
2. Occorre ricordare che il principio di
distinzione tra ruolo politico e ruolo
amministrativo nell'ambito dell'ente locale
è espressamente affermata dall'art. 107
d.lgs. n. 267 del 2000, a perché tale
disposizione attribuisce "ai dirigenti la
direzione degli uffici e dei servizi secondo
i criteri e le norme dettati dagli statuti e
dai regolamenti" e stabilisce che questi
"si uniformano al principio per cui i
poteri di indirizzo e di controllo
politico-amministrativo spettano agli organi
di governo, mentre la gestione
amministrativa, finanziaria e tecnica è
attribuita ai dirigenti mediante autonomi
poteri di spesa, di organizzazione delle
risorse umane, strumentali e di controllo"
(comma 1).
Ai sensi del successivo comma 2, spettano "ai
dirigenti tutti i compiti, compresa
l'adozione degli atti e provvedimenti
amministrativi che impegnano
l'amministrazione verso l'esterno, non
ricompresi espressamente dalla legge o dallo
statuto tra le funzioni di indirizzo e
controllo politico-amministrativo degli
organi di governo dell'ente o non rientranti
tra le funzioni del segretario o del
direttore generale, di cui rispettivamente
agli artt. 97 e 108".
E a ciò deve aggiungersi, con specifico
riferimento al settore della sicurezza sul
lavoro, che, a norma dell'art. 2, lett. b),
d.lgs. n. 81 del 2008 per datore di
lavoro si intende "Il soggetto
titolare del rapporto di lavoro con il
lavoratore o, comunque, il soggetto che,
secondo il tipo e l'assetto
dell'organizzazione nel cui ambito il
lavoratore presta la propria attività, ha la
responsabilità dell'organizzazione stessa o
dell'unità produttiva in quanto esercita i
poteri decisionali e di spesa. Nelle
pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1,
comma 2, d.lgs. 30.03.2001, n. 165, per
datore di lavoro si intende il dirigente
al quale spettano i poteri di gestione,
ovvero il funzionario non avente qualifica
dirigenziale, nei soli casi in cui
quest'ultimo sia preposto ad un ufficio
avente autonomia gestionale, individuato
dall'organo di vertice delle singole
amministrazioni tenendo conto
dell'ubicazione e dell'ambito funzionale
degli uffici nei quali viene svolta
l'attività, e dotato di autonomi poteri
decisionali e di spesa. In caso di omessa
individuazione, o di individuazione non
conforme ai criteri sopra indicati, il
datore di lavoro coincide con l'organo
di vertice medesimo".
2.1. In tale disposizione sono confluite le
soluzioni adottate da parte della
giurisprudenza nella vigenza della
precedente normativa, laddove si era
specificata la necessità di un atto espresso
di individuazione del dirigente o del
funzionario quale datore di lavoro,
altrimenti rimanendo quella posizione in
capo al vertice politico dell'Ente pubblico.
Si era, in altre parole, riconosciuto
carattere costitutivo all'atto dell'organo
di vertice dell'Ente che attribuisse ad
altri la qualità di datore di lavoro, data
la natura originaria della posizione
datoriale del dirigente, individuato in
quanto tale dalla legge.
2.2. Corollario di tali affermazioni di
principio, oggi recepite dal testo
normativo, è che l'individuazione del
dirigente (o del funzionario) cui attribuire
la qualifica di datore di lavoro è demandata
alla pubblica amministrazione, la quale vi
provvede con l'attribuzione della qualità e
il conferimento dei relativi poteri di
autonomia gestionale, non potendo tale
qualifica essere attribuita implicitamente
ad un dirigente o funzionario solo perché
preposti ad articolazioni della pubblica
amministrazione che hanno competenze nel
settore specifico.
Nelle pubbliche amministrazioni, in altre
parole, l'attribuzione della qualità di
datore di lavoro a persona diversa
dall'organo di vertice non può che essere
espressa, anche perché comporta i poteri di
gestione in tema di sicurezza.
Sono gli organi di direzione politica che
devono procedere all'individuazione, tenendo
conto dell'ubicazione e dell'ambito
funzionale degli uffici, non essendo per
tale ragione possibile una scelta non
espressa e non accompagnata dal conferimento
di poteri di gestione alla persona fisica;
di conseguenza, in mancanza di tale
individuazione permane in capo a suddetti
organi l'indicata qualità, anche ai fini
dell'eventuale responsabilità per la
violazione della normativa antinfortunistica
(Sez. 4, n. 35295 del 23/04/2013 - dep.
21/08/2013, R.C., Bendotti e altro, Rv.
256398).
Pertanto, il sindaco di un Comune va esente
da responsabilità in materia
antinfortunistica, in base all'art. 2, comma
1, lett. b), d.lgs. 09.04.2008, 81, solo se
procede all'individuazione dei soggetti cui
attribuire in sua vece la qualifica di
datore di lavoro (Sez. 3, n. 15206 del
22/03/2012 - dep. 20/04/2012, Passiu, Rv.
252383); viceversa, l'organo di direzione
politica che non abbia espressamente
attribuito la qualifica di datore di lavoro
al dirigente del settore competente,
conserva lui stesso la qualifica (Sez. 2, n.
32358, del 17/01/2017 - dep. 05/07/2017, non
massimata; Sez. 4, n. 30214 del 12/04/2013 -
dep. 12/07/2013, R.C. e Orciani, Rv.
255896).
3. Nel caso in esame, non risulta che lo
Sp., nella veste di Sindaco del Comune
-peraltro di modeste dimensioni- di Gioiosa
Marea abbia espressamente attribuito la
qualifica di datore di lavoro al dirigente
del settore competente (tanto che la
relativa questione non risulta che sia
nemmeno stata dedotta nel giudizio di
merito), con la conseguenza che egli stesso
conservava detta qualifica.
Del resto, come evidenziato dal Tribunale
con motivazione logica, le riscontrate
criticità, relative agli impianti elettrici,
furono segnalate dal dirigente dell'istituto
comprensivo di Gioiosa Marea, Le.Zi.,
proprio (e solo) al Sindaco, il quale, ove
avesse espressamente individuato un
dirigente cui attribuire la qualifica di
datore di lavoro, avrebbe investito costui
della problematica; ma tale circostanza,
come detto, non risulta affatto, a conferma
che nessuna individuazione era stata
compiuta dal Sindaco, il quale, pertanto,
era l'unico soggetto cui attribuire la
qualifica di datore di lavoro
(Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 05.07.2018 n.
30170). |
maggio 2019 |
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SICUREZZA LAVORO:
Cantieri - Prevenzione degli infortuni sul lavoro -
Lavorazioni da eseguire ad altezza superiore ai due metri -
Obbligo di parapetti, impalcature, ponteggi o altre opere -
Sostituzione con uso di cinture di sicurezza - Impossibilità
- Attuazione della direttiva 92/57/CEE concernente le
prescrizioni minime di sicurezza e di salute da attuare nei
cantieri temporanei o mobili - Fattispecie.
L'obbligo del datore di lavoro, nel caso
di lavorazioni eseguite ad altezza superiore a due metri, di
apprestare (quando possibile) impalcature, ponteggi o altre
opere provvisionali non può essere sostituito dall'uso delle
cinture di sicurezza, previsto solo sussidiariamente o in
via complementare.
Sicché, in tema di infortuni sul lavoro, l'uso delle cinture
di sicurezza -misura di carattere generale e imperativo-
deve essere adottato in tutti i casi in cui il lavoratore
sia esposto al rischio di caduta dall'alto, con la sola
esclusione della ipotesi di presenza di impalcati di
protezione e di parapetti idonei a scongiurare del tutto il
rischio di caduta: ne consegue che l'esonero dalla
protezione delle cinture non è previsto allorché tali
parapetti siano idonei soltanto a facilitare il lavoro, o,
tutt'al più, ad attenuare soltanto il rischio.
...
Cantiere e piani di sicurezza (PSC, POS, PSS) -
Responsabilità del datore di lavoro o del committente,
appaltatore o del concessionario - Responsabile dei lavori e
sicurezza - Sussistenza - Giurisprudenza.
I vari piani di sicurezza (Piano di
Sicurezza e Coordinamento (i cui contenuti minimi sono
definiti dagli artt. 2, 3 e 4, d.P.R. 222/2003), redatto dal
committente o dal responsabile dei lavori; il Piano di
Sicurezza Sostitutivo, redatto a cura dell'appaltatore e del
concessionario; il Piano Operativo di Sicurezza, redatto da
ciascun datore di lavoro delle imprese esecutrici) sono
strumenti che non si sostituiscono, ma si integrano,
nell'ottica di una sicurezza del cantiere che il legislatore
tende a garantire sempre con maggiore rigore.
La giurisprudenza ha delineato gli ambiti di responsabilità
anche del committente
(dal quale, peraltro, non può esigersi un controllo
pressante, continuo e capillare sull'organizzazione e
sull'andamento dei lavori, occorrendo verificare in concreto
quale sia stata l'incidenza della sua condotta
nell'eziologia dell'evento, a fronte delle capacità
organizzative della ditta scelta per l'esecuzione dei
lavori, avuto riguardo alla specificità dei lavori da
eseguire, ai criteri seguiti dallo stesso committente per la
scelta dell'appaltatore o del prestatore d'opera, alla sua
ingerenza nell'esecuzione dei lavori oggetto di appalto o
del contratto di prestazione d'opera, nonché alla agevole ed
immediata percepibilità, da parte del committente, di
situazioni di pericolo; tra le altre, Sez. 4, n. 27296 del
02/12/2016, Vettor, Rv. 270100; Sez. 4, n. 44131 del
15/07/2015, Heqimi, Rv. 264974), senza
tuttavia rimuovere alcun profilo di responsabilità in capo
al datore di lavoro, primo destinatario della posizione di
garanzia nei confronti dei propri dipendenti, allorquando -
anche a fronte di competenze altrui - destini gli stessi a
mansioni oggettivamente pericolose, in ragione del generale
contesto in cui si svolgono.
...
Infortuni sul lavoro - Responsabilità del datore di lavoro -
Comportamento negligente o imprudente del lavoratore -
Irrilevanza - Cautele insufficienti.
In tema di infortuni sul lavoro, non
vale a escludere la responsabilità del datore di lavoro il
comportamento negligente del lavoratore infortunato che
abbia dato occasione all'evento, quando questo sia da
ricondurre comunque all'insufficienza di quelle cautele che,
se adottate, sarebbero valse a neutralizzare proprio il
rischio derivante dal richiamato comportamento imprudente
(Sez. 4, n. 7364 del 14/01/2014, Scarselli: fattispecie
relativa alle lesioni "da caduta" riportate da un lavoratore
nel corso di lavorazioni in alta quota, in relazione alla
configurabilità della responsabilità del datore di lavoro
che non aveva predisposto un'idonea impalcatura -"trabattello"-
nonostante il lavoratore avesse concorso all'evento, non
facendo uso dei tiranti di sicurezza) (Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 27.05.2019 n. 23140 - link a www.ambientediritto.it). |
luglio 2017 |
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PATRIMONIO - SICUREZZA LAVORO: Sicurezza
scuole: responsabile il sindaco o il dirigente?
Secondo la giurisprudenza di questa Corte,
in tema di tutela della sicurezza e salute dei
luoghi di lavoro negli enti locali, per datore di lavoro
deve intendersi il dirigente al quale spettano poteri di
gestione, ivi compresa la titolarità di autonomi poteri
decisori in materia di spesa.
E la condizione necessaria per riconoscere in capo
al dirigente la qualità di datore di lavoro è che questo sia
dotato di effettivi poteri gestionali, decisionali e di
spesa.
Più in particolare, si è affermato che il
dirigente del settore manutenzione del patrimonio edilizio
comunale, pur potendo assumere la qualità di datore di
lavoro ex art. 2, lettera b), del d.Lgs. n. 81 del 2008, non
è responsabile delle violazioni che sanzionano la mancata
esecuzione degli interventi di messa in sicurezza e
ristrutturazione degli edifici scolastici, qualora risulti
in concreto privo di autonomi poteri gestionali, decisionali
e di spesa.
Ne consegue che, qualora l'organo politico
dell'ente locale sia imputato di una violazione in materia
di sicurezza sul lavoro, incombe sullo stesso l'onere della
prova dell'esistenza di un soggetto dirigente dotato di
competenza nel settore, nonché dei mezzi per esercitare in
concreto detta competenza.
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RITENUTO IN FATTO
1. - Con sentenza del 17.02.2015, il Tribunale di Vibo
Valentia ha condannato l'imputato alla pena dell'ammenda,
per il reato di cui agli artt. 46, comma 2, 55, comma 5,
lettera c), 64, comma 1, lettera c), 68, comma 1, lettera
b), del decreto legislativo n. 81 del 2008, per avere, nella
sua qualità di Sindaco di un Comune, quale datore di lavoro,
omesso di attuare le misure necessarie al fine di verificare
che i luoghi di lavoro (scuola materna comunale) venissero
sottoposti alla regolare manutenzione tecnica ed eliminare
quanto più rapidamente possibile i difetti rilevati, tali da
pregiudicare la sicurezza e la salute dei lavoratori.
2. - Avverso la sentenza l'imputato ha proposto, tramite il
difensore, ricorso per cassazione, deducendo, con unico
motivo di doglianza, la mancanza di motivazione in relazione
all'avvenuta individuazione, da parte del Comune, del
responsabile del servizio scuole, nella persona del
dirigente comunale Pi.Ra..
Tale soggetto sarebbe -ad avviso della difesa- l'unico
responsabile delle omissioni oggetto di contestazione, in
ossequio al principio generale della distinzione dei ruoli e
delle competenze degli organi politici e gli organi
amministrativi e di gestione, ai sensi dell'art. 107 del
d.lgs. n. 267 del 2000.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. - Il ricorso è infondato.
Il ricorrente non contesta il fatto nella sua materialità,
limitandosi ad affermare che la responsabilità penale
avrebbe dovuto essere ritenuta sussistente in capo al solo
soggetto dirigente del Servizio scuole comunale, Pi.Ra., per
il principio della distinzione tra ruolo politico e ruolo
amministrativo nell'ambito dell'ente locale.
3.1. - Non vi è dubbio che tale principio sia espressamente
affermato dall'art. 107 del d.lgs. n. 267 del 2000, perché
tale disposizione attribuisce «ai dirigenti la direzione
degli uffici e dei servizi secondo i criteri e le norme
dettati dagli statuti e dai regolamenti» e stabilisce
che questi «si uniformano al principio per cui i poteri
di indirizzo e di controllo politico-amministrativo spettano
agli organi di governo, mentre la gestione amministrativa,
finanziaria e tecnica è attribuita ai dirigenti mediante
autonomi poteri di spesa, di organizzazione delle risorse
umane, strumentali e di controllo» (comma 1).
Ai sensi del successivo comma 2, spettano «ai dirigenti
tutti i compiti, compresa l'adozione degli atti e
provvedimenti amministrativi che impegnano l'amministrazione
verso l'esterno, non ricompresi espressamente dalla legge o
dallo statuto tra le funzioni di indirizzo e controllo
politico-amministrativo degli organi di governo dell'ente o
non rientranti tra le funzioni del segretario o del
direttore generale, di cui rispettivamente agli articoli 97
e 108».
E a ciò deve aggiungersi, con specifico riferimento al
settore della sicurezza sul lavoro, che l'art. 2, comma 1,
lettera b), secondo periodo, del d.lgs. n. 81 del 2008,
prevede che «nelle pubbliche amministrazioni di cui
all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30.03.2001,
n. 165, per datore di lavoro si intende il dirigente al
quale spettano i poteri di gestione del rapporto di lavoro»
dovendosi considerare quali "poteri di gestione"
quelli conferiti con deliberazione dell'amministrazione di
appartenenza.
Da tale complesso normativo, deriva, secondo la
giurisprudenza di questa Corte, che, in
tema di tutela della sicurezza e salute dei luoghi di lavoro
negli enti locali, per datore di lavoro deve intendersi il
dirigente al quale spettano poteri di gestione, ivi compresa
la titolarità di autonomi poteri decisori in materia di
spesa (Sez. 3, n.
47249 del 30/11/2005, Rv. 233017). E la
condizione necessaria per riconoscere in capo al dirigente
la qualità di datore di lavoro è che questo sia dotato di
effettivi poteri gestionali, decisionali e di spesa
(Sez. 3, n. 2862 del 17/10/2013, dep. 22/01/2014, Rv.
258374; Sez. 4, n. 34804 del 02/07/2010, Rv. 248349).
Più in particolare, si è affermato che il
dirigente del settore manutenzione del patrimonio edilizio
comunale, pur potendo assumere la qualità di datore di
lavoro ex art. 2, lettera b), del d.Lgs. n. 81 del 2008, non
è responsabile delle violazioni che sanzionano la mancata
esecuzione degli interventi di messa in sicurezza e
ristrutturazione degli edifici scolastici, qualora risulti
in concreto privo di autonomi poteri gestionali, decisionali
e di spesa (Sez.
3, n. 6370 del 07/11/2013, dep. 11/02/2014, Rv. 258898).
Ne consegue che, qualora l'organo politico
dell'ente locale sia imputato di una violazione in materia
di sicurezza sul lavoro, incombe sullo stesso l'onere della
prova dell'esistenza di un soggetto dirigente dotato di
competenza nel settore, nonché dei mezzi per esercitare in
concreto detta competenza.
3.2. - Non vi è dubbio che tali principi si attaglino, in
astratto, anche alla fattispecie qui in esame.
Nondimeno, deve rilevarsi che la difesa non ha fornito in
concreto alcuna prova né dell'effettivo conferimento della
qualifica dirigenziale del servizio scuole comunale a Pi.Ra.,
né di quali siano l'oggetto e i limiti di tale eventuale
conferimento, né della disponibilità da parte del dirigente
di autonomi poteri ai fini della realizzazione della
regolare manutenzione tecnica e della tutela della sicurezza
e della salute dei lavoratori scolastici.
Ci si limita infatti ad asserire che il Tribunale non
avrebbe preso in considerazione tali circostanze, senza
richiamare gli atti dai quali le stesse sarebbero emerse.
Anzi, dalla lettura della sentenza impugnata, risulta che la
difesa ha espressamente rinunciato proprio all'audizione di
Pi.Ra., soggetto dalla stessa indicato quale dirigente
responsabile della sicurezza sul lavoro nel settore
scolastico e, di conseguenza, della contestata omissione.
La lamentata mancanza di motivazione della sentenza
impugnata risulta, dunque, insussistente
(Corte di Cassazione, Sez. II penale,
sentenza 05.07.2017 n. 32358). |
maggio 2016 |
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SICUREZZA LAVORO: Dopo la fine dei lavori edili il cantiere non è chiuso.
Resta l’obbligo di vigilare sulla sicurezza dei lavoratori.
Cassazione. La posizione di garanzia del committente e del
coordinatore.
Il cantiere non può considerarsi chiuso una volta
ultimati i lavori di carpenteria: per gli addetti resta
dunque l’obbligo di vigilare sulla sicurezza degli operai.
La Corte di Cassazione
- Sez. IV penale, con
la
sentenza 09.05.2016 n. 19208, accoglie il ricorso del pm
contro la decisione del giudice per le indagini preliminari
di dichiarare il non luogo a procedere nei confronti del
coordinatore per la sicurezza e del committente, accusati di
omicidio colposo per la morte di un operaio.
Secondo il pm, il cantiere, al momento dell’incidente non
poteva dirsi chiuso, perché erano ancora in corso alcune
attività. Ad iniziare dallo “scassero” delle forme
utilizzate per i pilastri di cemento armato, tanto più che
non c’era stata nessuna rituale comunicazione di fine lavori
alla committente da parte della ditta affidataria.
Per la Suprema corte ci sono certamente margini per una
lettura alternativa a quella data dal gip, come evidenziato
dal consulente tecnico che aveva considerato verosimile la
sussistenza di un nesso di causalità tra la condotta degli
indagati e l’evento. Molte le irregolarità riscontrate:
dall’omessa verifica degli obblighi relativi
all’applicazione delle disposizioni sulla sicurezza previste
dal Piano di sicurezza e coordinamento, alla mancata
verifica della validità del contratto di subappalto, in
realtà nullo in origine per l’assenza di dettagli sui costi
della sicurezza.
La Cassazione mette l’accento sul primario compito di
coordinamento delle attività di più imprese nell’ambito di
uno stesso cantiere attribuito al coordinatore dalla legge (Dlgs
89/2008). Secondo la norma, per cantiere temporaneo o mobile
si intende qualunque luogo nel quale si effettuino lavori
edili: dalla costruzione alla demolizione. Si pone dunque in
netto contrasto con la legge l’interpretazione in base alla
quale con la fine dei lavori edili si esaurisce la posizione
di garanzia del coordinatore per l’esecuzione e del
committente.
Per la Cassazione, ciò che mantiene operante
tale ruolo non può essere tanto il mancato completamento
delle attività inerenti i lavori edili o di ingegneria
civile, quanto piuttosto la persistenza di ulteriori fasi di
lavorazione tipiche dell’attività di cantiere nel suo
complesso.
L’esecuzione di lavori edili o di ingegneria civile -scrivono i giudici- serve, a connotare, in ragione del tipo
di attività svolta, il cantiere temporaneo o mobile, ma non
è sufficiente a definire anche i suoi limiti spaziotemporali
«diversamente correlati al perfezionamento di tutte le fasi
di lavorazione anche successive ai lavori edili o di
ingegneria civile in senso stretto, funzionali al collaudo e
alla consegna dell’opera».
La vicenda, sottolinea la
Cassazione, impone, in sede di udienza preliminare, un esame
più dettagliato del fatto e del comportamento dei singoli
indagati (articolo Il Sole 24 Ore del
10.05.2016 - tratto da www.centrostudicni.it).
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MASSIMA
5.1. Per contro, la vicenda, nella sua delicatezza e
peculiarità allo
stato delle indagini, presenta sicuramente possibilità di
lettura alternativa
rispetto a quella esposta dal Giudice, come del resto
manifestato dal consulente
tecnico del p.m. (ing. Gi.Ru.), il quale ha comunque
rappresentato la
verosimile sussistenza del nesso di causalità tra la
condotta, colpevole, degli
imputati Le. e Pr. e l'evento.
Quanto al primo si
evidenziava che lo
stesso aveva omesso di verificare l'adempimento, da parte
del coordinatore per
l'esecuzione dei lavori, degli obblighi relativi
all'applicazione delle disposizioni
sulla sicurezza previste dal Piano di Sicurezza e
Coordinamento (PSC), ed, in
particolare, di vigilare sulla presenza del Coordinatore in
cantiere e, inoltre, non
avrebbe assolto ad alcune rilevanti incombenze:
a) non
avrebbe verificato la
validità temporale del Documento Ufficiale di Regolarità
Contributiva dell'impresa
affidataria "Or.Co. srl", allegata alla
comunicazione d'inizio lavori;
b) non
avrebbe eccepito alcunché sulla validità del contratto di
subappalto intercorso tra
la suddetta e la "Ed.Ve. srl", sebbene lo stesso
ne avesse avuto la
contezza per averlo preventivamente autorizzato, in quanto
viziato, nella sua
genesi, dalla mancata specificazione dei costi relativi alla
sicurezza ex art. 26,
comma 5, D.Lgs. 81/2008, come tale, quindi, da ritenersi nullo
ai sensi
dell'art. 1418 del codice civile, quindi improduttivo di
effetti ab origine.
Quanto al
secondo si evidenziava che, oltre ad essere stato autore di
incoerenze su taluni
dati inseriti nell'iter procedimentale della gara di
appalto, aveva omesso di
ottemperare alle incombenze a lui prescritte dall'articolo
92, comma 1, D.Lgs.
81/2008.
6. Mette conto, ancora, ricordare che i compiti e la
funzione
normativamente attribuiti alla posizione di garanzia del
coordinatore per
l'esecuzione dei lavori risalgono all'entrata in vigore del
D.Lgs. 14.08.1996,
n. 494 (di attuazione della Direttiva 92/57/CEE)
-nell'ambito
di una generale e
più articolata ridefinizione delle posizioni di garanzia e
delle connesse sfere di
responsabilità correlate alle prescrizioni minime di
sicurezza e di salute da
attuare nei cantieri temporanei o mobili- a fianco di quella
del committente, allo
scopo di consentire a quest'ultimo di delegare, a soggetti
qualificati, funzioni e
responsabilità di progettazione e coordinamento, altrimenti
su di lui ricadenti,
implicanti particolari competenze tecniche.
La definizione
dei relativi compiti e
della connessa sfera di responsabilità discende, pertanto,
da un lato, dalla
funzione di generale, alta vigilanza che la legge demanda
allo stesso
committente, dall'altro dallo specifico elenco,
originariamente contenuto nel
D.Lgs. 14.08.1996, n. 494, art. 5, ed attualmente
trasfuso nel D.Lgs. n. 81
del 2008, art. 92, a mente del quale il coordinatore per
l'esecuzione è tenuto:
- a verificare, con opportune azioni di
coordinamento e controllo, l'applicazione, da
parte delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi,
delle disposizioni loro
pertinenti contenute nel Piano di Sicurezza e di
Coordinamento (P.S.C.) e la
corretta applicazione delle relative procedure di lavoro;
- a
verificare l'idoneità del
Piano Operativo di Sicurezza (P.O.S.), assicurandone la
coerenza con il P.S.C.,
che deve provvedere ad adeguare in relazione all'evoluzione
dei lavori ed alle
eventuali modifiche intervenute, valutando le proposte delle
imprese esecutrici
dirette a migliorare la sicurezza in cantiere; a verificare
che le imprese esecutrici
adeguino, se necessario, i rispettivi P.O.S.;
- ad organizzare
tra i datori di lavoro,
ivi compresi i lavoratori autonomi, la cooperazione ed il
coordinamento delle
attività nonché la loro reciproca informazione;
- a verificare
l'attuazione di quanto
previsto negli accordi tra le parti sociali al fine di
realizzare il coordinamento tra i
rappresentanti della sicurezza finalizzato al miglioramento
della sicurezza in
cantiere;
- a segnalare, al committente o al responsabile dei
lavori, le
inosservanze alle disposizioni cautelari e alle prescrizioni
del P.S.C., proponendo
la sospensione dei lavori, l'allontanamento delle imprese o
dei lavoratori
autonomi dal cantiere, o la risoluzione del contratto in
caso di inosservanza;
- a
dare comunicazione di eventuali inadempienze alla Azienda
Unità Sanitaria
Locale e alla Direzione Provinciale del Lavoro
territorialmente competenti;
- a
sospendere, in caso di pericolo grave e imminente,
direttamente riscontrato, le
singole lavorazioni fino alla verifica degli avvenuti
adeguamenti effettuati dalle
imprese interessate.
6.1. Ed è proprio in relazione al primario compito di
coordinamento
delle attività di più imprese nell'ambito di un medesimo
cantiere,
normativamente attribuito a tale figura professionale, che
deve trovare
fondamento la definizione della sua posizione di garanzia
nel cantiere
temporaneo o mobile come positivizzata nel D.Lgs. n. 81 del
2008, art. 89,
comma 1, lett. a).
Secondo tale norma, per cantiere
temporaneo o mobile
s'intende qualunque luogo in cui si effettuano lavori edili
o di ingegneria civile,
ossia qualunque luogo in cui si effettuano lavori di
costruzione, manutenzione,
riparazione, demolizione, conservazione, risanamento,
ristrutturazione o
equipaggiamento; la trasformazione, il rinnovamento o lo
smantellamento di
opere fisse, permanenti o temporanee, in muratura, in
cemento armato, in
metallo, in legno o in altri materiali, comprese le parti
strutturali delle linee
elettriche e le parti strutturali degli impianti elettrici,
le opere stradali,
ferroviarie, idrauliche, marittime, idroelettriche e, solo
per la parte che comporta
lavori edili o di ingegneria civile, le opere di bonifica,
di sistemazione forestale e
di sterro; gli scavi, ed il montaggio e lo smontaggio di
elementi prefabbricati
utilizzati per la realizzazione di lavori edili o di
ingegneria civile.
6.2. Come è evidente, la lettera della legge non autorizza a
ritenere
che il cantiere temporaneo o mobile debba considerarsi
concluso, e che sia
correlativamente esaurita la posizione di garanzia del
coordinatore per
l'esecuzione e del committente, allorché siano terminate le
opere edili in senso
stretto, ponendosi tale interpretazione in contrasto tanto
con la pluralità delle
lavorazioni che, ordinariamente, afferiscono ai cantieri in
cui si eseguono lavori
edili, e che sono agli stessi funzionali, quanto con la
necessità di garantire la
massima sicurezza dei lavoratori legata al coordinamento
delle diverse attività
lavorative per tutto il tempo necessario a consentire la
completa esecuzione
dell'opera, ancorché í lavori edili in senso stretto siano
stati terminati in un
momento antecedente.
6.3. Ciò che mantiene operante la posizione di garanzia del
coordinatore per l'esecuzione e del committente non può
essere tanto il mancato
completamento delle attività inerenti ai lavori edili o di
ingegneria civile
propriamente detti, quanto piuttosto la persistenza di
ulteriori fasi di lavorazione
proprie dell'attività di cantiere nel suo complesso.
L'esecuzione di lavori edili o di
ingegneria civile giova, in altre parole, a connotare, in
ragione del tipo di attività
che ivi si svolge, il cantiere temporaneo o mobile, ma non è
sufficiente a definire
anche i limiti spaziotemporali di tale cantiere,
diversamente correlati al
perfezionamento di tutte le fasi di lavorazione, anche
successive ai lavori edili o
di ingegneria civile in senso stretto, funzionali al
collaudo ed alla consegna
dell'opera (cfr. sez. 4, n. 3809 del 07/01/2015).
6.4. Tanto vieppiù vale se si considera che non vi era stata
(e
comunque non ve n'è traccia agli atti) alcuna rituale
comunicazione di fine lavori
alla committente da parte dell'impresa affidataria. |
SICUREZZA LAVORO: Non si sfugge alla sicurezza.
La sentenza della corte di cassazione.
Una qualsiasi prestazione lavorativa, al nero o resa a
titolo amichevole, presuppone l'osservanza delle misure di
sicurezza sul lavoro.
È la volta, da ultimo, della
sentenza
02.05.2016 n. 18208 della Corte di Cassazione, Sez.
IV penale.
Il titolare di un'officina ricorreva avverso la sentenza
che, riformando quella di primo grado, lo aveva riconosciuto
corresponsabile del reato di omicidio colposo aggravato
dalla violazione della normativa antinfortunistica in danno
altra persona.
L'imputato, nella qualità di titolare di
un'impresa esercente la attività di lavorazione in ferro,
era stato chiamato a rispondere della morte di un lavoratore
che, mentre era impegnato a eseguire lavori di montaggio di
una ringhiera in ferro ad un balcone esterno di un
fabbricato in costruzione, era precipitato al suolo
dall'alto, riportando lesioni mortali.
L'addebito di colpa
era stato ravvisato nell'avere l'imputato omesso le adeguate
misure precauzionali atte a prevenire le cadute dall'alto:
in assenza di impalcati di protezione o parapetti, adeguata
cintura di sicurezza. Sostenevano tra l'altro i giudici
d'appello che nessun rilievo per escludere la responsabilità
poteva farsi discendere dalla mancanza di un formale
rapporto lavorativo tra vittima e imputato (la
collaborazione della vittima era basata su un rapporto
amicale), perché tale circostanza non escludeva l'obbligo
del rispetto della normativa cautelare.
Con il ricorso per
Cassazione si invocava il proscioglimento pieno,
sostenendosi una diversa ricostruzione dell'incidente, e
riproponendosi la tesi della collaborazione amicale che
escluderebbe l'applicabilità della normativa prevenzionale.
Infondata, a giudizio della Suprema corte, è da ritenersi la
doglianza basata sull'assenza di formale rapporto di lavoro,
ove si consideri che le norme antinfortunistiche non sono
dettate soltanto per la tutela dei lavoratori, ossia per
eliminare il rischio che i lavoratori (e solo i lavoratori)
possano subire danni nell'esercizio della loro attività, ma
sono dettate finanche a tutela dei terzi, cioè di tutti
coloro che, per una qualsiasi legittima ragione, accedono
nei cantieri o comunque in luoghi ove vi sono macchine che,
se non munite dei presidi antinfortunistici voluti dalla
legge, possono essere causa di eventi dannosi.
Le
disposizioni prevenzionali, infatti, sono da considerare
emanate nell'interesse di tutti, finanche degli estranei al
rapporto di lavoro, occasionalmente presenti nel medesimo
ambiente lavorativo, a prescindere, quindi, da un rapporto
di dipendenza diretta con il titolare dell'impresa: non è
dubbia quindi l'applicabilità nel caso di interesse, laddove
è pacifica l'attività comunque prestata dalla vittima in
favore dell'imputato, quale che ne sia stata la «causale»
(amicizia o altro). Respinto il ricorso con conferma della
condanna
(articolo ItaliaOggi del
20.05.2016).
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MASSIMA
Infondata è la doglianza basata sull'assenza di formale
rapporto di lavoro, ove si consideri che le norme
antinfortunistiche non sono dettate soltanto per la tutela
dei lavoratori, ossia per eliminare il rischio che i
lavoratori (e solo i lavoratori) possano subire danni
nell'esercizio della loro attività, ma sono dettate finanche
a tutela dei terzi, cioè di tutti coloro che, per una
qualsiasi legittima ragione, accedono nei cantieri o
comunque in luoghi ove vi sono macchine che, se non munite
dei presidi antinfortunistici voluti dalla legge, possono
essere causa di eventi dannosi.
Le disposizioni prevenzionali,
infatti, sono da considerare emanate
nell'interesse di tutti, finanche degli estranei al rapporto
di lavoro, occasionalmente presenti nel medesimo ambiente
lavorativo, a prescindere, quindi, da un rapporto di
dipendenza diretta con il titolare dell'impresa
[Sezione IV, 06.11.2009, Morelli]: non è dubbia quindi
l'applicabilità nel caso di interesse, laddove è pacifica
l'attività comunque prestata dalla vittima in favore
dell'imputato, quale che ne sia stata la "causale"
[amicizia o altro]. |
marzo 2016 |
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PATRIMONIO - SICUREZZA LAVORO: Incolumità, palla ai professori. I responsabili e i
dirigenti garantiscono la sicurezza.
SCUOLA/ La Cassazione sulle iniziative da assumere se gli
edifici sono pericolanti.
È responsabilità penale specifica dei docenti delle scuole
incaricati come responsabili del servizio prevenzione e
protezione, nonché dei dirigenti degli enti locali addetti
all'edilizia scolastica, garantire l'incolumità degli
edifici scolastici.
Per queste ragioni, la Corte di Cassazione, IV Sez. penale,
con la
sentenza 22.03.2016 n. 12223,
ha confermato la sentenza di condanna in appello di
funzionari e dirigenti della Provincia di Torino e dei
docenti responsabili della prevenzione della protezione del
Liceo Darwin di Rivoli, ove avvenne il 22.11.2008 il
crollo nel quale perse la vita Vi.Sc., col ferimento
di 16 altri studenti.
La sentenza fa chiarezza su punti da sempre controversi
della disciplina della sicurezza negli edifici e luoghi di
lavoro. La Cassazione considera assodato che spetti alla
Provincia, quale ente proprietario degli immobili
scolastici, assumere direttamente le iniziative necessarie
per svolgere attività di controllo, manutenzione preventiva
e riparazione, senza dovere allo scopo aspettare
segnalazioni della scuola.
Tuttavia, rileva la sentenza, la scuola, nonostante sia
priva di poteri decisionali e di spesa in merito agli
interventi di manutenzione edilizia, di per sé non può
restare esente da responsabilità e, con sé, gli incaricati
della prevenzione e della sicurezza. I quali hanno in ogni
caso l'obbligo di adottare ogni misura per l'incolumità,
come del resto indicato nel decreto ministeriale 382/1998 e
nella circolare 119/1999.
Nella sostanza, tanto i dirigenti e funzionari della
provincia quanto i docenti del Liceo Darwin hanno violato la
diligenza specifica richiesta hanno violato i doveri posti
in capo a quello che la Cassazione definisce «l'agente
modello», cioè il soggetto «ideale», in grado di svolgere
pienamente e al meglio il compito affidatogli. Nelle difese,
i funzionari e dirigenti, nonché i docenti della scuola,
secondo la Cassazione non hanno operato così da rendere il
danno che poi si è verificato come «prevedibile» ed
«evitabile», nonostante vi fossero chiari indizi tecnici.
Né, a discolpa, potevano appellarsi all'assenza di una
preparazione scientifica adeguata al caso specifico.
Infatti, spiega la IV Sezione, l'agente modello adegua la
propria condotta alle conoscenze disponibili nella comunità
scientifica e se non dispone di tali conoscenze ha l'obbligo
di acquisirle, oppure di utilizzare le conoscenze di
professionisti terzi o, ancora, di «segnalare al datore di
lavoro la propria incapacità a svolgere adeguatamente la
funzione alla quale è incaricato».
Responsabilità particolare dei dirigenti degli uffici
tecnici di edilizia scolastica provinciali succedutisi negli
anni, poi, non è tanto non aver effettuato personalmente
sopralluoghi e rilievi, del resto impossibili da chiedere
dato l'elevato numero degli edifici, ma non aver provveduto
a un'adeguata mappatura degli edifici, per valutarne i
rischi connessi.
La sentenza oltre a mettere in rilievo le rilevanti
responsabilità dei dirigenti provinciali e dei docenti
incaricati della prevenzione, indirettamente mette il dito
sulla piaga sempre aperta dello stato degli edifici
scolastici in Italia, molti dei quali in condizioni di
pericolosità. Sul punto, molte sono le contraddizioni
dell'ordinamento. Infatti, per esempio, la Cassazione esorta
i responsabili ad avvalersi delle competenze altrui, se
privi delle conoscenze scientifiche: ma nella pubblica
amministrazione incarichi di consulenza sono sostanzialmente
tutti fonte di danno erariale.
Ma, cosa ancora più
rilevante, le province sono rimaste titolari delle
competenze sull'edilizia scolastica, pur essendo stati
falcidiati i loro bilanci con tagli che le destinano al
dissesto e nel personale. Essere nei panni di dirigenti
dell'edilizia scolastica, date queste premesse, non è
impresa facile
(articolo ItaliaOggi del 02.04.2016).
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MASSIMA
9. Con motivo comune le difese degli imputati Ma., Pi. e
Tu., richiamando il contenuto dell'art. 18, comma 3, del
decreto legislativo n. 81 del 2008 sostengono che avrebbero
dovuto essere mandati esenti da ogni responsabilità per gli
eventi di cui è causa. Significativamente la questione è
posta sia da imputati ritenuti responsabili in quanto
funzionari della Provincia che da altri che rivestivano,
invece, il ruolo di RSPP.
Tale norma che ha trasfuso l'art, 4 comma 12, del decreto
legislativo n. 626 del 1994 prevede che gli obblighi
relativi agli interventi strutturali e di manutenzione
necessari per assicurare, ai sensi del presente Decreto
Legislativo, la sicurezza dei locali e degli edifici
assegnati in uso a pubbliche amministrazioni o a pubblici
uffici, ivi comprese le istituzioni scolastiche ed
educative, restano a carico dell'amministrazione tenuta, per
effetto di norme o convenzioni, alla loro fornitura e
manutenzione.
In tale caso gli obblighi previsti dal presente Decreto
Legislativo, relativamente ai predetti interventi, si
intendono assolti, da parte dei dirigenti o funzionari
preposti agli uffici interessati, con la richiesta de/loro
adempimento all'amministrazione competente o al soggetto che
ne ha l'obbligo giuridico.
Va osservato a riguardo che nella specie è
pacifico che il liceo Darwin dipendesse per gli interventi
strutturali e di manutenzione dalla Provincia, mentre "datore
di lavoro" era da intendersi l'istituzione scolastica,
soggetto che non possiede poteri decisionali e di spesa. Non
può pertanto dubitarsi della posizione di garanzia dei
funzionari della Provincia cui gravava l'obbligo degli
interventi di manutenzione straordinaria dell'edificio.
Ciò tuttavia non comporta che la scuola resti esente da
responsabilità anche nel caso in cui abbia richiesto
all'Ente locale idonei interventi strutturali e di
manutenzione poi non attuati, incombendo comunque al datore
di lavoro (e per lui come si vedrà al RSPP da questi
nominato) l'adozione di tutte le misure rientranti nelle
proprie possibilità, quali in primis la previa
individuazione dei rischi esistenti e ove non sia possibile
garantire un adeguato livello di sicurezza, con
l'interruzione dell'attività.
Ulteriore conferma si rinviene nel decreto ministeriale n.
382 del 1998 e nella circolare ministeriale n. 119 del 1999
che prevede l'obbligo per l'istituzione
scolastica di adottare ogni misura idonea in caso di
pregiudizio per l'incolumità dell'utenza. Si configura
insomma una pregnante posizione di garanzia in tema di
incolumità delle persone. Tale obbligo è stato palesemente
violato a causa della mancata valutazione della
inadeguatezza dell'edificio sotto il profilo della sicurezza
a causa della presenza del vano tecnico sovrastante il
controsoffitto.
10. Quanto, in particolare, al ruolo ed ai
connessi profili di responsabilità della figura del RSPP, va
osservato che
(Sez. 4, n. 49821 del 23/11/2012, Rv. 254094)
svolge una delicata funzione di supporto
informativo, valutativo e programmatico ma è priva di
autonomia decisionale: esse, tuttavia coopera in un contesto
che vede coinvolti diversi soggetti, con distinti ruoli e
competenze.
Tale figura non è destinataria in prima persona di obblighi
sanzionati penalmente; e svolge un ruolo non operativo, ma
di mera consulenza. L'argomento non è tuttavia di per sé
decisivo ai fini dell'esonero dalla responsabilità penale.
In realtà, l'assenza di obblighi penalmente sanzionati si
spiega agevolmente proprio per il fatto che il servizio è
privo di un ruolo gestionale, decisionale. Tuttavia quel che
importa è che il RSPP sia destinatario di obblighi
giuridici; e non può esservi dubbio che, con l'assunzione
dell'incarico, egli assuma l'obbligo giuridico di svolgere
diligentemente le funzioni che si sono viste.
D'altra parte, il ruolo svolto dal RSPP è parte inscindibile
di una procedura complessa che sfocia nelle scelte operative
sulla sicurezza compiute dal datore di lavoro e la sua
attività può ben rilevare ai fini della spiegazione causale
dell'evento illecito.
Gli imputati, nella veste di RSPP, erano astretti, come si è
sopra esposto, all'obbligo giuridico di fornire attenta
collaborazione al datore di lavoro individuando i rischi
lavorativi e fornendo le opportune indicazioni tecniche per
risolverli. Le singole posizioni dei tre imputati sono state
a riguardo debitamente evidenziate (cfr. pag. 68
dell'impugnata sentenza).
Né può censurarsi la gravata sentenza nella parte in cui ha
ritenuto che gli imputati in questione avessero posseduto le
competenze adeguate alla natura dei rischi presenti per
poter adempiere in primis al loro obbligo di preliminare
adeguata valutazione dei rischi, trattandosi comunque di
professionisti qualificati, dotati di ampia esperienza nel
campo.
Né può farsi genericamente valere la presenza di altri
titolari della posizione di garanzia perché la compresenza
di più titolari della posizione di garanzia non è evenienza
che esclude, per ciascuno, il contributo causale nella
condotta incriminata (cfr. Sez. 4 n. 1194 del 15/11/2013 Rv.
258232).
11. Con riferimento alle ulteriori problematiche sottese
all'odierna vicenda, vanno richiamati i
principi individuati da questa Corte di legittimità
(cfr. ex plurimis Sez. 4, n. 16761 del 11/03/2010, Rv.
247015) ed i criteri utilizzati per
verificare la prevedibilità dell'evento e anche quelli
riguardanti l'evitabilità del medesimo; nel senso che anche
per quanto riguarda lo scrutinio sulla possibilità che un
evento possa verificarsi e sul grado di diligenza usato per
evitarlo è necessario individuare criteri di misura
oggettivi.
La giurisprudenza e la dottrina dominanti
si rifanno a criteri che rifiutano i livelli di diligenza
esigibili dal concreto soggetto agente (perché in tal modo
verrebbe premiata l'ignoranza di chi non si pone in grado di
svolgere adeguatamente un'attività di natura eminentemente
tecnica) o dall'uomo più esperto (che condurrebbe a
convalidare ipotesi di responsabilità oggettiva) o dall'uomo
normale (verrebbero privilegiate prassi scorrette) e si
rifanno invece a quello del c.d. "agente modello" (homo
ejusdem professionis et condicionis), un agente ideale
in grado di svolgere al meglio, anche in base all'esperienza
collettiva, il compito assunto evitando i rischi prevedibili
e le conseguenze evitabili.
Ciò sul presupposto che se un soggetto intraprende
un'attività, tanto più se di carattere tecnico, ha l'obbligo
di acquisire le conoscenze necessarie per svolgerla senza
porre in pericolo (o in modo da limitare il pericolo nei
limiti del possibile nel caso di attività pericolose
consentite) i beni dei terzi. Si parla dunque di misura "oggettiva"
della colpa diversa dal concetto di misura "soggettiva"
della colpa che non rileva nel presente giudizio.
È stato sottolineato che la necessità di individuare un
modello standard di agente si rende ancor più necessaria nei
casi (per es. l'attività medico chirurgica) nei quali
difettano regole cautelari codificate anche se vanno sempre
più diffondendosi linee guida e protocolli terapeutici.
L'agente modello, si è detto, va di volta
in volta individuato in relazione alle singole attività
svolte e "lo standard della diligenza, della perizia e
della prudenza dovute sarà quella del modello di agente che
"svolga" la stessa professione, lo stesso mestiere, lo
stesso ufficio, la stessa attività, insomma dell'agente
reale, nelle medesime circostanze concrete in cui opera
quest'ultimo".
Il parametro di riferimento non è quindi
ciò che forma oggetto di una ristretta cerchia di
specialisti o di ricerche eseguite in laboratori
d'avanguardia ma, per converso, neppure ciò che usualmente
viene fatto, bensì ciò che dovrebbe essere fatto. Non può
infatti da un lato richiedersi ciò che solo pochi settori di
eccellenza possono conoscere e attuare ma, d'altro canto,
neppure possono essere convalidati usi scorretti e
pericolosi; questi principi sono ormai patrimonio comune di
dottrina e giurisprudenza pressoché unanimi nel sottolineare
l'esigenza di non consentire livelli non adeguati di
sicurezza sia che siano ricollegabili a trascuratezza sia
che il movente economico si ponga alla base delle scelte.
Utilizzando quindi tale criterio dell'agente modello quale
-lo si ribadisce- agente ideale in grado di svolgere al
meglio il compito affidatogli; in questo giudizio si deve
tener conto non solo di quanto l'agente concreto ha
percepito ma altresì di quanto l'agente modello avrebbe
dovuto percepire valutando anche le possibilità di
aggravamento di un evento dannoso in atto che non possano
essere ragionevolmente escluse.
L'addebito soggettivo dell'evento richiede comunque non
soltanto che l'evento dannoso sia prevedibile ma altresì che
lo stesso sia evitabile dall'agente con l'adozione delle
regole cautelari idonee a tal fine, non potendo essere
soggettivamente ascritto per colpa un evento che, con
valutazione ex ante, non avrebbe potuto comunque
essere evitato. A questi criteri si è attenuta la Corte di
merito che si è posta il problema dell'osservanza delle
regole cautelari in relazione alla situazione percepibile
con l'osservanza delle regole di cautela esigibili nella
fattispecie dall'agente modello e non in relazione -come
sostanzialmente sostenuto da parte di alcuni ricorrenti-
alla preparazione professionale degli agenti concreti
negando l'esistenza della colpa perché i medesimi non
avevano la preparazione scientifica necessaria.
Detta tesi è da ritenere erronea perché
agente modello è colui che adegua la propria condotta alle
conoscenze disponibili nella comunità scientifica e che, se
non dispone di queste conoscenze, adempie all'obbligo -se
intende svolgere un'attività che comporta il rischio di
eventi dannosi- di acquisirle o di utilizzare le conoscenze
di chi ne dispone o, al limite, di segnalare al datore di
lavoro la propria incapacità di svolgere adeguatamente la
propria funzione.
Insomma se un soggetto riveste una
posizione di garanzia per una funzione di protezione del
garantito deve operare per assicurare la protezione
richiesta dalla legge al fine di evitare eventi dannosi e
non può addurre la propria ignoranza per escludere la
responsabilità dell'evento dannoso. Ove si accedesse ad una
diversa impostazione, chiunque, anche se inesperto e
incapace, potrebbe svolgere un'attività che comporta rischi
di eventi dannosi e che richiede, per il suo svolgimento,
conoscenze tecniche o scientifiche adducendo la sua
ignoranza nel caso in cui questi eventi dannosi in concreto
si verifichino.
I ricorsi degli imputati nel resto sono a riguardo peraltro
articolati con numerosi riferimenti a dati fattuali e,
sostanzialmente, propongono una lettura alternativa del
compendio probatorio effettuata, nella maggior parte dei
casi, attraverso il confronto tra i contenuti della sentenza
di primo grado e quella impugnata.
Va in proposito ricordata la consolidata giurisprudenza di
questa Corte orientata nel senso di ritenere che il
controllo sulla motivazione demandato al giudice di
legittimità resta circoscritto, in ragione della espressa
previsione normativa, al solo accertamento sulla congruità e
coerenza dell'apparato argomentativo con riferimento a tutti
gli elementi acquisiti nel corso del processo e non può
risolversi in una diversa lettura degli elementi di fatto
posti a fondamento della decisione o l'autonoma scelta di
nuovi e diversi criteri di giudizio in ordine alla
ricostruzione e valutazione dei fatti (si vedano ad esempio,
limitatamente alla pronunce successive alle modifiche
apportate all'art. 606 cod. proc. pen. dalla L. n. 46 del
2006, Sez. 3 n. 12110, 19.03.2009; Sez. 6 n. 23528,
06.07.2006; Sez. 6 n. 14054, 20.04.2006; Sez. 6 n. 10951,
29.03.2006).
Si è altresì precisato che il vizio di motivazione ricorre
nel caso in cui la stessa risulti inadeguata perché non
consente di riscontrare agevolmente le scansioni e gli
sviluppi critici che connotano la decisione riguardo a ciò
che è stato oggetto di prova ovvero impedisce, per la sua
intrinseca oscurità od incongruenza, il controllo
sull'affidabilità dell'esito decisorio, sempre avendo
riguardo alle acquisizioni processuali ed alle
prospettazioni formulate dalle parti (Sez. 6 n.7651,
25.02.2010).
Ancor più efficacemente si è specificato come il sindacato
del giudice di legittimità sul discorso giustificativo della
decisione impugnata sia circoscritto alla verifica
dell'assenza, in quest'ultima, di argomenti viziati da
evidenti errori di applicazione delle regole della logica o
fondati su dati contrastanti con il senso della realtà degli
appartenenti alla collettività o connotati da vistose e
insormontabili incongruenze tra loro, oppure inconciliabili
con "atti del processo", specificamente indicati dal
ricorrente, che siano dotati autonomamente di forza
esplicativa o dimostrativa tale che la loro rappresentazione
disarticoli l'intero ragionamento svolto, determinando al
suo interno radicali incompatibilità così da vanificare o da
rendere manifestamente incongrua la motivazione (Sez. 4 n.
15801, 19.04.2010, Sez. 6 n. 38698, 22.11.2006).
Nel caso in esame la Corte territoriale ha sviluppato un
percorso argomentativo del tutto coerente e logico,
confrontandosi adeguatamente -come già sopra sottolineato
con la sentenza assolutoria di primo grado.
Con riferimento alla prevedibilità dell'evento (unica
questione su cui sostanzialmente le due sentenze di merito
divergono, avendo il primo giudice ritenuto che non si era
in presenza di segni di dissesto agevolmente riconoscibili)
la Corte territoriale ha in primo luogo posto in evidenza
-come già ricordato- come quello che la sentenza di primo
grado definiva un semplice "controsoffitto", aveva
invece la funzione di costituire il solaio di un cosiddetto
vano tecnico della estensione di circa 1000 mq., e del peso
di circa otto tonnellate, che, come tale doveva sostenere
oltre il peso proprio, di per sé molto rilevante, anche il
sovraccarico dei servizi presenti, del materiale che nel
tempo si era ivi accumulato, nonché l'eventuale peso del
personale della manutenzione, che sicuramente vi aveva fatto
accesso, quanto meno per la sostituzione dei tubi di scarico
del piano superiore.
Agli imputati è stato quindi dì fatto addebitato di aver
ignorato l'esistenza dei detto vano che presentava numerose
varie criticità e difetti, nonostante l'accertata presenza
di una botola che ne consentiva agevolmente l'accesso.
In particolare la sentenza impugnata ha sottolineato come il
detto accesso, previa apertura della botola non costituiva
un eccesso di scrupolo, ma una doverosa necessità per tutti
gli imputati, onde adempiere agli obblighi giuridici
connessi alle rispettive funzioni. L'apertura della botola
avrebbe consentito di verificare lo stato del vano tecnico
ed di evidenziarne le già ricordate problematiche (cfr.
pagg. 34 e ss. della impugnata sentenza).
...
13. Vanno da ultimo
esaminate alcune questioni specifiche poste in particolare
dal ricorrente Mo., anche se riecheggiate anche in altri
ricorsi.
Sostiene in particolare il Mo. che nulla gli potrebbe essere
addebitato per aver emesso un'apposita direttiva volta ad
effettuare dei sopralluoghi finalizzati ad accertare la
necessità di eventuali interventi. Sul punto la gravata
sentenza ha ritenuto l'assoluta genericità di detta
direttiva.
Detta affermazione -confutata dal ricorrente- va tuttavia
calata nell'ambito dell'intero compendio motivazionale della
gravata sentenza che ha sottolineato che pur essendo
evidente che i funzionari e dirigenti della Provincia di
Torino non avrebbero potuto svolgere personalmente tutti i
controlli, agli stessi doveva comunque essere addebitata la
mancata adeguata mappatura degli edifici al fine della
valutazione di tutti i "rischi" verificabili,
incombente questo rientrante nei precipui obblighi di
controllo e di interevento su tutte le fonti di insicurezza.
E che tale fosse la presenza del "controsoffitto" di
cui si discute è di palmare evidenza alla luce delle
caratteristiche dello stesso quali in precedenza rammentate,
della sua risalenza nel tempo, elementi questi che, come
icasticamente affermato dalla difesa della parte civile nel
corso del giudizio di appello e riportato nella sentenza
impugnata (cfr. pag. 15) lo rendevano una vera e propria "bomba
ad orologeria", innescata e sovrastante l'aula $ G del
liceo Darwin, a fronte della quale per quasi mezzo secolo,
nessun intervento era stato operato.
Altra questione posta è quella relativa alla individuazione
quale "luogo di lavoro" del vano tecnico. Il motivo è
manifestamente infondato, atteso che nella
nozione di "luogo di lavoro", rilevante ai fini della
sussistenza dell'obbligo di attuare le misure
antinfortunistiche, rientra ogni luogo in cui viene svolta e
gestita una qualsiasi attività implicante prestazioni di
lavoro, indipendentemente dalle finalità -sportive, ludiche,
artistiche, di addestramento o altro- della struttura in cui
essa si svolge e dell'accesso ad essa da parte di terzi
estranei all'attività lavorativa
(cfr. Sez. 4, n. 2343 del 27/11/2013, Rv. 258435).
Nel caso di specie, anche a voler prescindere dalla
circostanza che il vano tecnico in questione era accessibile
e che allo stesso si era concretamente fatto in passato
accesso da parte degli operai per la sostituzione dei tubi,
non può tralasciarsi che esso costituiva anche il
controsoffitto dell'aula sottostante (nonché di numerosi
altri locali) , aula in cui si svolgeva costantemente
attività lavorativa anche in senso stretto.
E' stata posta altresì questione in ordine alle effettive
cause di morte dello studente Vi.Sc., individuate dai
giudici di merito nel colpo da questi subito alla testa ove
era stato attinto da uno dei tubi di ghisa abbandonati nel
vano tecnico. Anche detto accertamento è stato compiuto dai
giudici di merito sulla base delle risultanze peritali per
cui si rimanda alle osservazioni svolte in precedenza.
La questione tuttavia non ha la rilevanza che gli viene
attribuita atteso che non modifica sostanzialmente il
decorso causale dell'evento, in ogni caso immediata
conseguenza del crollo del solaio, cui ha sicuramente
contribuito quale concausa il sovraccarico del materiale ivi
lasciato. La presenza di detto materiale, icto oculi
accertabile rafforza per altro verso le argomentazioni in
ordine alla prevedibilità e prevedibilità dell'evento come
sopra formulate. |
SICUREZZA LAVORO:
Sicurezza, il datore non è responsabile per
l’operaio distratto. Prevenzione. Sentenza della Cassazione.
Il datore di lavoro non ha un obbligo di vigilanza assoluta
nei riguardi del lavoratore, ma una volta forniti tutti i
mezzi idonei alla prevenzione e adempiute tutte le
obbligazioni proprie della sua posizione di garanzia, egli
non risponderà dell’evento derivante da una condotta
imprevedibilmente colposa del lavoratore.
Il principio è stato enunciato dalla Corte di Cassazione
-Sez. IV penale- con la
sentenza
03.03.2016 n. 8883, in cui si considera maggiormente
la responsabilità dei lavoratori attuando il cosiddetto
«principio di auto responsabilità» degli stessi. Viene così
abbandonato il criterio esterno delle mansioni che «si
sostituisce con il parametro della prevedibilità, intesa
come dominabilità del fattore causale».
La sentenza trae motivo dal ricorso proposto
dall’amministratore di una società e dal responsabile del
servizio di prevenzione e protezione (Rspp) della società
stessa, contro la sentenza d’appello che li aveva
riconosciuti colpevoli del reato di lesioni a carico di un
lavoratore caduto dal tetto di un capannone. Dai fatti
accertati è risultato che la sera prima dell’incidente, il
lavoratore, elettricista manutentore, dipendente della
società da 5 anni, si era recato per un sopralluogo, su
incarico della propria azienda e accompagnato
dall’amministratore della società, presso un capannone del
committente dove avrebbe dovuto montare dei faretti sulle
pareti esterne.
In tale circostanza il lavoratore e il Rspp
della committente avevano utilizzato un elevatore con
braccio meccanico. A conclusione del sopralluogo il Rspp
della società datrice di lavoro, informato telefonicamente
del lavoro da eseguire, gli aveva detto di prendere tutte le
attrezzature di lavoro e di sicurezza, con la verosimile
certezza che l’operaio avrebbe operato dall’elevatore messo
a disposizione dal committente. È avvenuto invece che il
lavoratore, pur servendosi dell’elevatore, si era portato
sul cordolo esterno del capannone, frantumatosi per
l’esilità delle lastre di eternit causando l’infortunio.
In base alla ricostruzione istruttoria dei fatti, per il
Tribunale non era possibile sostenere che quei lavori
dovessero essere svolti dal tetto e non dall’elevatore. Era
risultato, inoltre, che gli imputati avevano organizzato il
lavoro da effettuare senza che fosse prevista la necessità
di salire sul tetto, sincerandosi che la ditta cliente
mettesse a disposizione l’elevatore, ritenuto più che
sufficiente per svolgere l’attività in sicurezza.
Di diverso avviso la Corte d’appello, che condannava invece
i due imputati per aver omesso di predisporre i necessari
apprestamenti di sicurezza.
Prima di stabilire il principio già citato, la Corte di
legittimità ha ribadito che la radicale riforma in appello
di una sentenza di assoluzione non può essere basata su
valutazioni semplicemente diverse dello stesso compendio
probatorio, qualificate da pari o persino minore razionalità
e plausibilità rispetto a quelle sviluppate dalla sentenza
di primo grado, ma deve fondarsi su elementi dotati di
effettiva e scardinante efficacia persuasiva, in grado di
vanificare ogni ragionevole dubbio immanente nella delineata
situazione di conflitto valutativo delle prove (articolo Il Sole 24 Ore del 14.04.2016).
-----------------
MASSIMA
9. Questa Corte Suprema ha reiteratamente affermato -e
si ritiene di dover ribadire- che non vale
a escludere la responsabilità del datore di lavoro il
comportamento negligente del lavoratore infortunato che
abbia dato occasione all'evento, quando questo sia da
ricondurre comunque all'insufficienza di quelle cautele che,
se adottate, sarebbero valse a neutralizzare proprio il
rischio derivante dal richiamato comportamento imprudente
(cfr. ex multis questa sez. 4, n. 7364 del
14.01.2014, Scarselli, rv. 259321).
Tuttavia, quello che ci occupa è proprio un caso in cui
tutte le cautele possibili da assumersi ex ante erano
state assunte.
Era da prevedersi che un operaio dotato di siffatta
qualificazione -ponesse in essere un comportamento del
genere?
Sul punto va ricordato che, come affermato nella recente
sentenza delle Sezioni Unite n. 38343/2014 sul c.d. caso
Thyssenkrupp, in tema di colpa, la
necessaria prevedibilità dell'evento -anche sotto il profilo
causale- non può riguardare la configurazione dello
specifico fatto in tutte le sue più minute articocolazioni,
ma deve mantenere un certo grado di categorialità, nel senso
che deve riferirsi alla classe di eventi in cui si colloca
quello oggetto del processo
(Cass. Sez. Un., n. 38343 del 24.04.2014, P.G., R.C.,
Espenhahn e altri, rv. 261103 nella cui motivazione la Corte
ha precisato che, ai fini della imputazione soggettiva
dell'evento, il giudizio di prevedibilità deve essere
formulato facendo riferimento alla concreta capacità
dell'agente di uniformarsi alla regola, valutando le sue
specifiche qualità personali).
Inoltre, è stato precisato che nel reato
colposo omissivo improprio, il rapporto di causalità tra
omissione ed evento non può ritenersi sussistente sulla base
del solo coefficiente di probabilità statistica, ma deve
essere verificato alla stregua di un giudizio di alta
probabilità logica, che a sua volta deve essere fondato,
oltre che su un ragionamento di deduzione logica basato
sulle generalizzazioni scientifiche, anche su un giudizio di
tipo induttivo elaborato sull'analisi della
caratterizzazione del fatto storico e sulle particolarità
del caso concreto
(Cass. Sez. Un., n. 38343 del 24.04.2014, P.G., R.C.,
Espenhahn e altri, rv. 261103; conf. sez. 4, n. 49707 del
04.11.2014, Incorcaia ed altro, rv. 263284; sez. 4, n. 22378
del 19.03.2015, PG in proc. Volcan ed altro, rv. 263494).
Ebbene, la risposta in termini di possibile prevedibilità
dell'evento non può che essere che il comportamento posto in
essere dal Se. non era assolutamente prevedibile.
10. Questa Corte di legittimità ha anche ricordato, in una
recente pronuncia (sez. 4, n. 41486 del 05.05.2015, Viotto,
non mass.), come il sistema della normativa
antinfortunistica, si sia lentamente trasformato da un
modello "iperprotettivo", interamente incentrato
sulla figura del datore di lavoro che, in quanto soggetto
garante era investito di un obbligo di vigilanza assoluta
sui lavoratori (non soltanto fornendo i dispositivi di
sicurezza idonei, ma anche controllando che di questi i
lavoratori facessero un corretto uso, anche imponendosi
contro la loro volontà), ad un modello "collaborativo"
in cui gli obblighi sono ripartiti tra più soggetti,
compresi i lavoratori.
Tale principio, normativamente affermato
dal Testo Unico della Sicurezza sul Lavoro di cui al D.Lgs.
09.04.2008 n. 81, naturalmente non ha escluso, per la
giurisprudenza di questa Corte, come si ricordava, che
permanga la responsabilità del datore di lavoro, laddove la
carenza dei dispositivi di sicurezza, o anche la mancata
adozione degli stessi da parte del lavoratore, non può certo
essere sostituita dall'affidamento sul comportamento
prudente e diligente di quest'ultimo.
Ricordava ancora la sentenza 41486/2015 -che il Collegio
condivide pienamente- che in
giurisprudenza, dal principio "dell'ontologica
irrilevanza della condotta colposa del lavoratore"
(che si rifà spesso all'art. 2087 del codice civile),
si è passati
-a seguito dell'introduzione del D.Lgs. 626/1994 e, poi del
T.U. 81/2008- al concetto di "area di
rischio" (cfr.
sez. 4, n. 36257 del 01.07.2014, rv. 260294; sez. 4, n.
43168 del 17.06.2014, rv. 260947; sez. 4, n. 21587 del
23.03.2007, rv. 236721) che il datore di
lavoro è chiamato a valutare in via preventiva.
Strettamente connessa all'area di rischio
che l'imprenditore è tenuto a dichiarare nel DVR si sono,
perciò, andati ad individuare i criteri che consentissero di
stabilire se la condotta del lavoratore dovesse risultare
appartenente o estranea al processo produttivo o alle
mansioni di sua specifica competenza.
Si è dunque affermato il concetto di
comportamento "esorbitante", diverso da quello "abnorme"
del lavoratore. Il primo riguarda quelle condotte che
fuoriescono dall'ambito delle mansioni, ordini, disposizioni
impartiti dal datore di lavoro o di chi ne fa le veci,
nell'ambito del contesto lavorativo, il secondo,
quello, abnorme, già costantemente delineato dalla
giurisprudenza di questa Corte di legittimità, si riferisce
a quelle condotte poste in essere in maniera imprevedibile
dal prestatore di lavoro al di fuori del contesto
lavorativo, cioè, che nulla hanno a che vedere con
l'attività svolta.
La recente normativa (T.U. 2008/81) impone anche ai
lavoratori di attenersi alle specifiche disposizioni
cautelari e comunque di agire con diligenza, prudenza e
perizia.
Le tendenze giurisprudenziali -va qui
ribadito- si dirigono anch'esse verso una maggiore
considerazione della responsabilità dei lavoratori (c.d. "principio
di autoresponsabilità del lavoratore"). In buona
sostanza, si abbandona il criterio esterno delle mansioni e
-come condìvisibilmente rilevava la sentenza 41486/2015
"si sostituisce con il parametro della
prevedibilità intesa come dominabìlità umana del fattore
causale".
Il datore di lavoro non ha più, dunque, un
obbligo di vigilanza assoluta rispetto al lavoratore, come
in passato, ma una volta che ha fornito tutti i mezzi idonei
alla prevenzione ed ha adempiuto a tutte le obbligazioni
proprie della sua posizione di garanzia, egli non risponderà
dell'evento derivante da una condotta imprevedibilmente
colposa del lavoratore.
Questi princìpi si attagliano specificamente al caso di
specie, essendo rimaste provate non solo la valutazione
preventiva del rischio derivante dallo svolgimento in quota
dei lavori di sostituzione dei faretti e di posizionamento
dei fili, ma anche la concreta dotazione al lavoratore, nel
frangente dell'infortunio, degli strumenti idonei ad
effettuare tali tipi di lavoro in sicurezza.
Ne deriva, ad avviso del Collegio, l'assenza di violazione
della norma cautelare che, idonea forse, come ritenuto dal
giudice di primo grado, ad influire sotto il profilo della
tipicità oggettiva del reato, lo è certamente sotto il
profilo soggettivo dell'assenza di colpa.
Ne deriva che la sentenza impugnata va annullata senza
rinvio e che entrambi gli imputati vanno mandati assolti dal
reato loro ascritto perché il fatto non costituisce reato,
con il conseguente venir meno delle statuizioni civili del
giudice di secondo grado. |
gennaio 2016 |
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SICUREZZA LAVORO:
Appalti, vigilanza generale al committente.
Sicurezza. Spetta al coordinatore controllare che le ditte
esecutrici rispettino gli adempimenti previsti dal Psc.
Nell'appalto d'opera la vigilanza
sull'operato delle ditte esecutrici non è passibile di
delega: il coordinatore controlla gli adempimenti delle
aziende e il committente esercita una “vigilanza” sul
coordinatore.
È i principio della
Corte di cassazione, IV Sez. penale, con la
sentenza 05.01.2015 n. 16.
Il giudizio trae origine da un infortunio mortale sul lavoro
accaduto a un lavoratore apprendista il quale era caduto
attraverso l'apertura esistente sul tetto di un fabbricato
in costruzione, mentre era intento ai lavori di posa in
opera di una guaina bituminosa.
Sia in primo che in secondo grado sono stati condannati per
omicidio colposo sia l'amministratore della società
committente che il coordinatore per l'esecuzione.
Quanto a quest'ultimo la Corte di cassazione, nel respingere
i motivi di ricorso, ha ribadito che compito del
coordinatore per l'esecuzione è quello di verificare che le
misure previste dal piano di sicurezza e di coordinamento (Psc)
siano adottate dalle ditte esecutrici. Nel caso di specie si
trattava di porre in essere le misure che già nel piano
erano state ritenute necessarie a proteggere dal rischio di
cadute di lavoratori, stante la presenza di aperture nel
tetto dell'edificio in costruzione.
In merito alla posizione del committente la sentenza non
manca di puntualizzare la previsione di cui all'articolo 93,
comma 2, del Dlgs 81/2008 (Tu sulla salute e sicurezza sul
lavoro), secondo la quale la designazione del coordinatore
per la progettazione e per l'esecuzioni non esonera il
committente dalle responsabilità connesse alla verifica
dell'adempimento degli obblighi in capo al coordinatore per
l'esecuzione.
Il committente è tenuto a svolgere attività di vigilanza
sull'adempimento, da parte del coordinatore per la
sicurezza, della verifica che l'impresa esecutrice abbia
osservato le disposizioni a essa pertinenti, contenute nel
Psc. Pertanto, è palese l'infondatezza secondo cui la “delega
di funzioni” rilasciata dal committente al coordinatore
per l'esecuzione dei lavori esonera il committente stesso
dall'obbligo di vigilare sugli adempimenti ai quali il
coordinatore è tenuto. Certamente quelli del committente non
sono obblighi delegabili al coordinatore sul quale è invece
tenuto a vigilare, né, essenzialmente, appare imputabile il
committente su compiti propri del coordinatore.
Infatti, come si rileva dalla sentenza della Cassazione che
ha assolto il committente, l'affermazione svolta dalla Corte
di appello secondo cui il committente non aveva vigilato sul
rispetto delle misure contenute nel Pos, non è in alcun modo
connessa a specifiche circostanze di fatto, che ne
evidenzino il fondamento.
Né è apparsa rilevante la stessa
sentenza della corte territoriale allorché afferma quando e
come l'azione di controllo del committente sull'operato del
coordinatore si sarebbe e potuto svolgere, in rapporto delle
fasi di lavorazione (articolo Il Sole 24 Ore del
07.01.2016 - tratto da www.centrostudicni.it). |
SICUREZZA LAVORO:
Sicurezza sul lavoro, il committente deve vigilare sul
coordinatore.
Cassazione penale: il committente è tenuto a vigilare
sull'adempimento da parte del coordinatore della verifica
che l'impresa esecutrice abbia osservato le disposizioni ad
essa pertinenti contenute nel Psc.
Con la
sentenza
05.01.2016 n.
16, la IV Sez. penale
della Corte di Cassazione fornisce alcuni chiarimenti in merito alla
posizione di garanzia gravante sul committente in materia di
sicurezza sul lavoro.
La suprema Corte ricorda che a partire dall'entrata in
vigore del d.lgs. n. 494/1996, nella giurisprudenza di
legittimità la responsabilità del committente ha cominciato
ad essere derivata dalla violazione di alcuni obblighi
specifici, quali l'informazione sui rischi dell'ambiente di
lavoro e la cooperazione nell'apprestamento delle misure di
protezione e prevenzione, ritenendosi che resti ferma la
responsabilità dell'appaltatore per l'inosservanza degli
obblighi prevenzionali su di lui gravanti.
Ribadito il dovere di sicurezza, con riguardo ai lavori
svolti in esecuzione di un contratto di appalto o di
prestazione d'opera, tanto in capo al datore di lavoro (di
regola l'appaltatore, destinatario delle disposizioni
antinfortunistiche) che del committente, si è anche
richiamata la necessità che tale principio non conosca
un'applicazione automatica, "non potendo esigersi dal
committente un controllo pressante, continuo e capillare
sull'organizzazione e sull'andamento dei lavori".
Ne consegue che, ai fini della configurazione della
responsabilità del committente, "occorre verificare in
concreto quale sia stata l'incidenza della sua condotta
nell'eziologia dell'evento, a fronte delle capacità
organizzative della ditta scelta per l'esecuzione dei
lavori, avuto riguardo alla specificità dei lavori da
eseguire, ai criteri seguiti dallo stesso committente per la
scelta dell'appaltatore o del prestatore d'opera, alla sua
ingerenza nell'esecuzione dei lavori oggetto di appalto o
del contratto di prestazione d'opera, nonché alla agevole ed
immediata percepibilità da parte del committente di
situazioni di pericolo".
DOVERI DI PREVENZIONE TANTO SUL COMMITTENTE
TANTO SUL COORDINATORE PER L'ESECUZIONE.
Ciò posto -e rimarcata infine la non coincidenza degli
statuti rispettivamente del committente e del datore di
lavoro-committente, fermo restando che le due figure possono
in concreto cumularsi – la Cassazione penale sottolinea che
la nomina di un coordinatore per l'esecuzione alloca doveri
prevenzionistici tanto sulla figura del committente che su
quella del coordinatore per la esecuzione.
La suprema Corte richiama la previsione dell'art. 6 d.lgs.
n. 494/1996 (norma vigente al tempo del fatto), oggi
riproposta dall'articolo 93, co. 2, d.lgs. n. 81/2008,
secondo la quale la designazione del coordinatore per la
progettazione e del coordinatore per l'esecuzione dei lavori
non esonera il committente dalle responsabilità connesse
alla verifica dell'adempimento degli obblighi posti in capo
al coordinatore per l'esecuzione.
Alla lettera a) dell'art.
93, in particolare, si legge che il coordinatore per
l'esecuzione dei lavori durante la realizzazione dell'opera
verifica l'applicazione da parte dell'impresa esecutrice o
dei lavoratori autonomi delle disposizioni loro pertinenti
contenuti nel piano di sicurezza e di coordinamento.
Tanto
implica che il committente è tenuto a svolgere un'attività
di vigilanza sull'adempimento da parte del coordinatore
della verifica che l'impresa esecutrice abbia osservato le
disposizioni ad essa pertinenti contenute nel piano di
sicurezza e di coordinamento.
NESSUNA DELEGA DAL COMMITTENTE AL
COORDINATORE. Ciò
–conclude la Cassazione- rende palese l'infondatezza del
rilievo difensivo per il quale la "delega di funzioni"
rilasciata dal committente al coordinatore per l'esecuzione
dei lavori esonera il primo dall'obbligo di vigilare sugli
adempimenti ai quali il secondo è tenuto.
Quello di vigilare
sull'operato delle ditte esecutrici non è obbligo possibile
oggetto di delega dal committente al coordinatore, essendo
previsto dalla legge in via originaria in capo al
coordinatore per l'esecuzione.
Non vi è luogo quindi ad
alcuna delega di funzioni al riguardo, e l'area di rischio
governata dal committente è per l'appunto definita in
passato dall'art. 6 citato ed oggi dall'articolo 93, co. 2,
d.lgs. n. 81/2008 (commento tratto da
www.casaeclima.com).
---------------
MASSIMA
4.
Quanto al secondo motivo, esso risulta fondato con
riferimento alla
posizione del Di Be..
4.1. Quanto al Ca., non è nella capacità di questo
collegio comprendere
l'argomento utilizzato dall'esponente per affermarne
l'assenza di responsabilità.
Il compito del coordinatore per l'esecuzione é quello di
verificare che le
misure previste nel piano di sicurezza di coordinamento
siano adottate dalle ditte
esecutrici. Nel caso di specie si trattava di porre in
essere le misure che già nel
predetto piano erano state ritenute necessarie a proteggere
dal rischio di cadute
i lavoratori stante la presenza di apertura nel tetto
dell'edificio in costruzione.
4.2. Quanto al Di Be., a questi è stato ascritto di
non aver osservato
l'obbligo di "verificare l'adempimento da parte delle ditte
esecutrici, delle
disposizioni loro pertinenti contenuti nel piano di
sicurezza e di coordinamento,
con particolare riferimento all'adozione di misure atte a
prevenire la caduta dei
lavoratori dall'alto" (così l'imputazione).
La Corte di appello ha affermato che al medesimo è stato
contestato "di non
aver verificato l'adempimento delle disposizioni contenute
nel piano di sicurezza,
in violazione dell'obbligo che permane a suo carico anche in
caso di delega di
funzioni".
In nessun passaggio si esplicitano le circostanze fattuali
dalle quali si
ricavano tali giudizi. Ma, soprattutto, essi presuppongono
obblighi che la
legislazione non pone in capo al committente.
E' opportuno svolgere qualche breve considerazione in merito
alla posizione
di garanzia gravante sul committente.
A partire dall'entrata in vigore del d.lgs. n. 494/1996,
nella giurisprudenza
di legittimità la responsabilità del committente ha
cominciato ad essere derivata
dalla violazione di alcuni obblighi specifici, quali
l'informazione sui rischi
dell'ambiente di lavoro e la cooperazione nell'apprestamento
delle misure di
protezione e prevenzione, ritenendosi che resti ferma la
responsabilità
dell'appaltatore per l'inosservanza degli obblighi prevenzionali su di lui gravanti
(Sez. 3, n. 6884 del 18/11/2008 - dep. 18/02/2009, Rappa, Rv.
242735).
Ribadito il dovere di sicurezza, con riguardo ai lavori
svolti in esecuzione di un
contratto di appalto o di prestazione d'opera, tanto in capo
al datore di lavoro (di
regola l'appaltatore, destinatario delle disposizioni
antinfortunistiche) che del committente, si è anche richiamata la necessità che tale
principio non conosca
un'applicazione automatica, "non potendo esigersi dal
committente un controllo
pressante, continuo e capillare sull'organizzazione e
sull'andamento dei lavori".
Ne consegue che, ai fini della configurazione della
responsabilità del committente, "occorre verificare in concreto quale sia stata
l'incidenza della sua
condotta nell'eziologia dell'evento, a fronte delle capacità
organizzative della
ditta scelta per l'esecuzione dei lavori, avuto riguardo
alla specificità dei lavori da eseguire, ai criteri seguiti
dallo stesso committente per la scelta dell'appaltatore
o del prestatore d'opera, alla sua ingerenza nell'esecuzione
dei lavori oggetto di
appalto o del contratto di prestazione d'opera, nonché alla
agevole ed
immediata percepibilità da parte del committente di
situazioni di pericolo" (Sez.
4, n. 3563 del 18/01/2012 - dep. 30/01/2012, Marangio e
altri, Rv. 252672).
4.3. Ciò posto -e rimarcata infine la non coincidenza degli
statuti
rispettivamente del committente e del datore di
lavoro-committente, fermo
restando che le due figure possono in concreto cumularsi-
va ancora considerato
che la nomina di un coordinatore per l'esecuzione alloca
doveri prevenzionistici
tanto sulla figura del committente che su quella del
coordinatore per la
esecuzione.
E' sufficiente porre mente alla previsione dell'art. 6
d.lgs. n. 494/1996
(norma vigente al tempo del fatto), oggi riproposta
dall'articolo 93, co. 2 d.lgs.
n. 81/2008, secondo la quale la designazione del
coordinatore per la
progettazione e del coordinatore per l'esecuzione dei lavori
non esonera il
committente dalle responsabilità connesse alla verifica
dell'adempimento degli
obblighi posti in capo al coordinatore per l'esecuzione.
Alla lettera a) dell'art. 93,
in particolare, si legge che il coordinatore per
l'esecuzione dei lavori durante la
realizzazione dell'opera verifica l'applicazione da parte
dell'impresa esecutrice o
dei lavoratori autonomi delle disposizioni loro pertinenti
contenuti nel piano di
sicurezza e di coordinamento. Tanto implica che il
committente é tenuto a
svolgere un'attività di vigilanza sull'adempimento da parte
del coordinatore della
verifica che l'impresa esecutrice abbia osservato le
disposizioni ad essa pertinenti
contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento. Come
d'altra parte
ripetutamente rammentato anche da questa Corte.
Ciò rende palese l'infondatezza del rilievo difensivo per il
quale la "delega di
funzioni" rilasciata dal committente al coordinatore per
l'esecuzione dei lavori
esonera il primo dall'obbligo di vigilare sugli adempimenti
ai quali il secondo é
tenuto.
Quello di vigilare sull'operato delle ditte
esecutrici non è obbligo possibile
oggetto di delega dal committente al coordinatore, essendo
previsto dalla legge
in via originaria in capo al coordinatore per l'esecuzione.
Non vi è luogo quindi ad
alcuna delega di funzioni al riguardo, e l'area di rischio
governata dal
committente é per l'appunto definita in passato dall'art. 6
citato ed oggi
dall'articolo 93, co. 2, d.lgs. n. 81/2008.
E tuttavia, si deve rilevare che, l'affermazione svolta
dalla Corte di Appello,
per la quale il Di Be. non aveva vigilato sul rispetto
delle misure contenute
nel Piano di sicurezza e di coordinamento, non é in alcun
modo connessa a
specifiche circostanze di fatto, che ne evidenzino il
fondamento. Non rivela, la
sentenza, quando e come l'azione di controllo sull'operato
del Ca. si sarebbe dovuta e potuta svolgere, in rapporto
alle fasi di lavorazione, secondo le linee di
principio sopra rammentate.
Neppure integrando la
motivazione qui impugnata
con quella resa dal primo giudice é possibile comprendere a
quali evidenze
processuali la Corte di Appello abbia inteso riferirsi,
poiché il Tribunale aveva
fondato il giudizio di responsabilità dell'imputato sulla
mancata fornitura alla
ditta appaltatrice di informazioni specifiche sui pericoli
all'interno del cantiere
(richiamandosi all'art. 7 d.lgs. n. 626/94) e sull'omessa
formazione e
apprestamento di tutela al giovane lavoratore, apprendista
(Corte di Cassazione, Sez. IV penale,
sentenza
05.01.2016 n.
16). |
dicembre 2015 |
|
SICUREZZA LAVORO:
Quando muore una persona estranea al cantiere si deve sempre
verificare se il comportamento della stessa possa essere
qualificato come anormale e quindi capace di interrompere il
nesso eziologico tra l’evento e la condotta inosservante.
Nel valutare la possibile dipendenza
causale tra le contestate omissioni di norme cautelari e
l'evento morte occorso a carico della Gi. (e in relazione
alla presenza di una RSA nel comprensorio dell'ospedale),
sarebbe stato (ed è) necessario approfondire -secondo la
giurisprudenza di questa Corte richiamata nella stessa
sentenza impugnata- se il fatto fosse ricollegabile
all'inosservanza delle predette norme secondo i principi di
cui agli artt. 40 e 41 cod. pen., e cioè sempre che la
presenza di soggetto passivo estraneo all'attività ed
all'ambiente di lavoro, nel luogo e nel momento
dell'infortunio non rivestisse carattere di anormalità,
atipicità ed eccezionalità tali da fare ritenere interrotto
il nesso eziologico tra l'evento e la condotta inosservante,
e la norma violata miri a prevenire l'incidente
verificatosi.
---------------
Il ricorso è fondato e merita accoglimento.
La motivazione offerta dal GUP nella sentenza impugnata, e
contestata dal P.M. ricorrente, appare infatti quanto meno
lacunosa e comunque insufficiente, nella premessa che,
secondo il prevalente e qui condiviso indirizzo di questa
Corte, il controllo del giudice di legittimità sulla
motivazione della sentenza di non luogo a procedere non può
avere per oggetto gli elementi acquisiti dal Pubblico
Ministero ma solo la giustificazione adottata dal giudice
nel valutarli e, quindi, la riconoscibilità del criterio
prognostico adottato nella valutazione d'insieme degli
elementi acquisiti dal P.M. per escludere che l'accusa sia
sostenibile in giudizio (da ultimo vds. Cass. Sez. 2, n.
5669 del 28/01/2014 - dep. 05/02/2014, P.M. in proc.
Schiaffino e altri, Rv. 258211).
Nella specie, la prognosi negativa formulata dal giudice
dell'udienza preliminare sull'utilità del dibattimento e sui
suoi possibili sviluppi probatori si fonda su una
ricostruzione assai sommaria e incompleta del nesso causale
fra l'accesso della vittima nel cantiere e il suo successivo
decesso.
Ed invero, nella detta sentenza si riconosce che l'art. 109
D.Lgs. 81/2008 -violazione specificamente contestata in
rubrica- imponeva una recinzione atta a impedire l'accesso
al cantiere da parte di terzi estranei.
Sennonché, posto che la Gi. era invece sicuramente entrata
nel cantiere ove fu poi trovata morta, il GUP deduce che non
vi sarebbe prova che la donna sia deceduta per effetto del
suo ingresso nel cantiere, essendo invece risultato che la
stessa era morta per una causa naturale non correlabile ad
alcuna delle attività che si svolgevano all'interno del
cantiere stesso; ed aggiunge che non sarebbero
identificabili integrazioni probatorie che possano eliminare
le incertezze circa il concreto svolgimento dei fatti e che
possano modificare le conclusioni tratte dal GUP.
A parere di questa Corte, le lacune motivazionali in
siffatto percorso logico ineriscono all'esame della serie
causale che condusse all'evento, comprensiva dì fattori che
il GUP ha totalmente omesso di valutare, dei quali
l'ingresso della Gi. nel cantiere fu solo il primo, ma
indefettibile elemento:
- nulla si legge nella sentenza circa il fatto che la donna
era molto anziana e non autosufficiente, con ciò che ne
consegue in punto di possibilità di rimanere vittima di
cadute e di difficoltà nell'invocare aiuto;
- né circa il fatto che la Gi. cadeva in un luogo -non
adeguatamente recintato- in cui ben difficilmente sarebbe
stato possibile trovarla e soccorrerla, in modo tale da
rimanere in stato di abbandono;
- né circa il fatto che il decesso avvenne bensì per infarto
ma -si legge nell'imputazione- in correlazione con la
disidratazione della donna (verificatasi in seguito
all'accesso della stessa ad area che doveva essere
interdetta all'ingresso di estranei, e presumibilmente a
distanza di diverse ore o giorni dall'uscita dell'anziana
donna dall'ospedale), disidratazione resa ancor più
probabile dalla stagione estiva (i fatti sono dell'agosto
2010);
- né circa il fatto che il primo elemento della serie
causale che condusse al decesso della Gi. era pur sempre
costituito dalla violazione di una regola codificata di
prevenzione di infortuni a terzi estranei al luogo di
lavoro, con ciò che ne consegue in termini di prevedibilità
di incidenti a terzi, oltretutto nel comprensorio di un
ospedale ove insisteva una RSA;
- né infine circa il fatto che non risulta affatto
esplorata, in punto di prevedibilità in concreto, la
tipologia di pazienti della RSA ove la Gi. era ricoverata,
da valutarsi in relazione con i rischi di un potenziale
accesso di alcuno di detti pazienti in area non
adeguatamente recintata e di un possibile verificarsi di
conseguenti incidenti a loro carico.
Con precipuo riguardo a quest'ultimo profilo,
nel valutare la possibile dipendenza causale tra le
contestate omissioni di norme cautelari e l'evento morte
occorso a carico della Gi. (e in relazione alla presenza di
una RSA nel comprensorio dell'ospedale), sarebbe stato (ed
è) necessario approfondire -secondo la giurisprudenza di
questa Corte richiamata nella stessa sentenza impugnata- se
il fatto fosse ricollegabile all'inosservanza delle predette
norme secondo i principi di cui agli artt. 40 e 41 cod. pen.,
e cioè sempre che la presenza di soggetto passivo estraneo
all'attività ed all'ambiente di lavoro, nel luogo e nel
momento dell'infortunio non rivestisse carattere di
anormalità, atipicità ed eccezionalità tali da fare ritenere
interrotto il nesso eziologico tra l'evento e la condotta
inosservante, e la norma violata miri a prevenire
l'incidente verificatosi
(vds. per tutte Cass. Sez. 4, Sentenza n. 23147 del
17/04/2012 Ud. -dep. 12/06/2012 - Rv. 253322).
Tuttavia, il percorso motivazionale seguito dal GUP con
l'impugnata sentenza non risulta, secondo questa Corte, aver
convenientemente esaminato nella sua completezza né gli
effetti della condotta omissiva e negligente contestata agli
odierni imputati, nella rispettiva posizione, né gli
elementi concomitanti e successivi potenzialmente rilevanti
nel decorso causale che portò alla morte dell'anziana donna,
né la prevedibilità o meno del comportamento della stessa
(e, più in generale, di pazienti presenti all'interno del
comprensorio ospedaliero, in specie della RSA ove era
ricoverata la Gi.), né conseguentemente -e soprattutto- i
possibili sviluppi probatori riferiti all'esame
dibattimentale di siffatti elementi (Corte
di Cassazione, Sez. IV penale,
sentenza 04.12.2015 n. 48269). |
novembre 2015 |
|
SICUREZZA LAVORO: Il
datore di lavoro non va esente da responsabilità in caso di
caduta conseguente a malore.
In tema di infortuni sul
lavoro, non occorre, per configurare la responsabilità del
datore, che sia integrata la violazione di specifiche norme
dettate per la prevenzione degli infortuni stessi, essendo
sufficiente che l’evento dannoso si verifichi a causa
dell’omessa adozione di quelle misure ed accorgimenti
imposti all’imprenditore dall’art. 2087 cod. civ. ai fini
della più efficace tutela dell’integrità fisica del
lavoratore, con la conseguenza che ricadono sul datore di
lavoro, che abbia omesso di adottare tali misure ed
accorgimenti, anche quei rischi derivanti da cadute
accidentali, stanchezza, disattenzione o malori comunque
inerenti al tipo di attività che il lavoratore sta svolgendo.
---------------
2. Il secondo ed il terzo motivo di ricorso sono infondati in
quanto muovono
da un'interpretazione della sentenza non coerente con il
testo della motivazione.
2.1. E' bene sottolineare che la condotta colposa ascritta a
Mi.Br. era descritta nel capo d'imputazione, oltre che
in termini di colpa
generica, anche quale specifica violazione della regola
cautelare posta
dall'art. 11, comma 7, lett. d), d.P.R. 27.04.1955, n. 547,
a mente del quale
<Quando i lavoratori occupano posti di lavoro all'aperto,
questi devono essere
strutturati, per quanto tecnicamente possibile, in modo tale
che i lavoratori non
possano scivolare o cadere>, per avere il datore di lavoro
permesso che il
Br. lavorasse in piedi su una trave di cemento armato
posta ad
un'altezza di m. 1,47 dal piano del solaio ed avente una
larghezza di m. 0,30
omettendo di strutturare il posto di lavoro in modo tale che
il lavoratore non
potesse scivolare o cadere.
Tale obbligo era stato, quindi,
specificato nella
sentenza di primo grado in termini di omesso utilizzo di
scarpe antiscivolamento
e casco protettivo, nonché in termini di utilizzo di un
cordolo non munito di
alcuna protezione da cadute con una base dì appoggio di
appena m. 0,30 sulla
quale il lavoratore doveva effettuare le operazioni con le
braccia alzate.
2.2. La Corte territoriale, in replica a specifico motivo di
gravame, ha
richiamato il punto della decisione di primo grado in cui si
era sostenuto che
l'esecuzione dell'opera commissionata al lavoratore
infortunato avrebbe dovuto
indurre il responsabile a predisporre adeguate opere
provvisionali (ponteggi) ai
sensi dell'art. 16 d.P.R. 07.01.1956, n. 164 per evitare
il rischio di cadute
dall'alto in quanto il lavoratore doveva operare con le
braccia alzate ad un'altezza di tre metri.
Tale richiamo è
stato, tuttavia, operato al solo fine di
evidenziare che la normativa richiamata dall'appellante
(art. 107 d.Lgs. 09.04.2008, n. 81) era entrata in vigore successivamente
all'infortunio. L'erronea
interpretazione dell'art. 16 d.P.R. n. 164/1956 come norma
applicabile alla
lavorazione in esame, considerando l'altezza di tre metri
alla quale erano le
braccia del lavoratore, non ha avuto influenza sul
dispositivo e può essere
emendata mediante soppressione ai sensi dell'art. 619, comma
1, cod. proc. pen..
2.3. Se è, infatti, vero che la necessità di predisporre un
ponteggio nel caso
in esame non avrebbe potuto comunque desumersi da una
precisa previsione
normativa, non essendo applicabile l'art. 16 d.P.R. 07.01.1956, n. 164 che
disciplinava i lavori eseguiti ad un'altezza superiore ai 2
metri, deve sottolinearsi
che la censura, seppure suggestiva, trascura gli altri
profili di colpa presi in
esame dal giudice di merito e richiamati a pag. 3 della
sentenza impugnata, ossia
l'omessa predisposizione di scarpe antiscivolamento e di una
base di appoggio
idonea ad evitare perdite di equilibrio.
Il giudice di primo
grado aveva, peraltro,
rimarcato che l'infortunato non portava casco protettivo né
abbigliamento da
lavoro (scarpe antiscivolamento) e che il cordolo sul quale
egli era salito non era
munito di alcuna protezione da eventuali cadute, mentre il
lavoro da eseguire
comportava una situazione di instabilità dell'operatore
anche in relazione alla
larghezza della base d'appoggio, pari a 30 centimetri.
La
decisione risulta,
dunque, immune da erronea applicazione della normativa
antinfortunistica in
vigore all'epoca dell'infortunio, non dovendosi sovrapporre
l'obbligo di
predisposizione di idonei ponteggi per i lavori da eseguire
ad un'altezza superiore
ai due metri al più generale obbligo, regolarmente indicato
nel capo
d'imputazione, di strutturare il posto di lavoro in modo da
evitare scivolamenti o
cadute.
2.4. Tale regola cautelare è, peraltro, rispondente ai
generali principi di
diligenza e di prudenza, che impongono a chiunque assuma, in
qualsiasi
momento ed in qualsiasi occasione, una posizione di garanzia
rispetto ad
un'attività di lavoro, di operare per prevenire ogni
prevedibile ed evitabile rischio
e per garantire la sicurezza del luogo di lavoro. Invero,
entrambe le regole
cautelari menzionate (art. 11, comma 7, lett. d), d.P.R.
n. 547/55 e art. 16 d.P.R.
n. 164/1956) possono riferirsi a lavori non eseguiti ad altezza
d'uomo, bensì ad
un'altezza dal suolo -qualunque essa sia- che ne renda più
difficile e rischiosa
l'esecuzione, tanto da rendere necessario il ricorso a
misure capaci di prevenire il
rischio di cadute.
Il diverso ambito di operatività di tali
regole non concerne,
pertanto, la sussistenza o meno dell'obbligo di protezione
gravante sul datore di
lavoro in caso di lavorazioni, ove svolte ad altezza
inferiore ai due metri dal suolo, quanto piuttosto il tipo
di opere provvisionali e di sistemi di protezione da
predisporre in rapporto all'altezza alla quale si svolge la
lavorazione.
2.5. L'individuazione della regola cautelare che l'imputato
avrebbe dovuto
rispettare risulta, peraltro, frutto di un ragionamento
coerente anche rispetto
all'evento che l'osservanza di tale regola avrebbe dovuto
evitare, ossia la caduta
del lavoratore.
La Corte territoriale ha, in proposito,
rimarcato che la morte di
Br.Gu. era stata causata da un grave trauma
cranico e che non vi
fosse prova certa che la caduta fosse conseguenza di un
malore piuttosto che
della perdita di equilibrio o di scivolamento.
Contrariamente a quanto dedotto nel
ricorso, non è dunque certo che la caduta del lavoratore sia
stata causata da
malore.
Pleonastica, e comunque inidonea a scardinare la
congruità della
motivazione, risulta l'affermazione secondo la quale <la
predisposizione di
misure di protezione (realizzazione di un ponteggio) avrebbe
evitato l'evento
mortale in caso di caduta a seguito di malore>, fondandosi
in ogni caso la
decisione sull'assunto che di tale malore non fosse stata
fornita prova certa.
2.6. E' bene, in ogni caso, ricordare che, in tema di
infortuni sul lavoro, non
occorre, per configurare la responsabilità del datore, che
sia integrata la
violazione di specifiche norme dettate per la prevenzione
degli infortuni stessi,
essendo sufficiente che l'evento dannoso si verifichi a
causa dell'omessa
adozione di quelle misure ed accorgimenti imposti
all'imprenditore dall'art.2087
cod. civ. ai fini della più efficace tutela dell'integrità
fisica del lavoratore (Sez. 4,
n. 4917 del 01/12/2009, dep. 2010, Filiasi, Rv. 246643; Sez.
4, n. 13377 del
28/09/1999, Bassi, Rv. 215537); con la conseguenza che
ricadono sul datore di
lavoro, che abbia omesso di adottare tali misure ed
accorgimenti, anche quei
rischi derivanti da cadute accidentali, stanchezza,
disattenzione o malori
comunque inerenti al tipo di attività che il lavoratore sta
svolgendo (Corte
di Cassazione, Sez. IV penale,
sentenza 26.11.2015 n.
46979). |
SICUREZZA LAVORO: Il
sindaco omette l’ordinanza? Rischia l’omicidio colposo.
Cassazione. Le conseguenze dell’incidente nella zona di un
cantiere.
Il sindaco che non firma
un’ordinanza urgente per chiudere ai cittadini una zona
interessata da lavori pubblici può essere condannato per
omicidio colposo, oltre che per lesioni e omissione di atti
d’ufficio, se capita un incidente. E se l’incidente si
rivela mortale per più persone, la pena può arrivare a 15
anni di carcere, come prevede l’articolo 589 del Codice
penale.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, Sez. IV penale, che
nella
sentenza 23.11.2015 n. 46400
ha scritto un altro capitolo nella complicata vicenda
giudiziaria nata dalla «tragedia del 1° maggio», quando otto
anni fa a Sorrento due donne furono uccise dalla caduta del
cestello di una gru, mentre alcuni operai addobbavano con le
luminarie la chiesa di Sant’Antonino.
La lunga storia giudiziaria ha fatto scattare la
prescrizione per le lesioni e l’omissione di atti d’ufficio,
mentre la Corte d’appello di Napoli dovrà tornare a
occuparsi del caso per rideterminare alla luce di questi
sviluppi la pena applicata all’omicidio colposo.
Al di là del caso sorrentino, sono i princìpi generali
indicati dalla Cassazione a fissare il perimetro per
l’attività dei sindaci. Anche se la ditta incaricata dei
lavori non presenta una richiesta di intervento, resta il
fatto che il sindaco «non poteva non essere consapevole» del
pericolo creato dal cantiere. In questo caso, il principio è
rafforzato dal fatto che l’ufficio del sindaco si trova
nella stessa piazza del cantiere. Con questa premessa,
scatta l’obbligo di adottare in modo tempestivo tutti gli
atti necessari «a tutelare l’incolumità dei cittadini», come
prevede l’articolo 54 del Testo unico degli enti locali.
Questo contesto di urgenza, aggiunge la Corte, fa sì che per
la legittimità dell’atto occorra solo «l’effettiva
esistenza di una situazione di pericolo» e non servono «formule
o formalità o procedure sacramentali». Ma non è solo
l’ordinanza urgente a tradurre in pratica il dovere del
sindaco, che può manifestarsi con qualsiasi «atto idoneo» a
evitare il pericolo, allertando la polizia o i vigili del
fuoco oppure imponendo misure di sicurezza alla ditta. È
l’inerzia, invece, a condannarlo (articolo Il Sole 24 Ore del 24.11.2015).
---------------
MASSIMA
9. Quanto al ricorso di Fi.Ma. (proposto con
distinti atti di impugnazione dei
suoi due difensori) valgono le considerazioni che seguono.
Giova premettere che il Sindaco è a capo della struttura
comunale, ne coordina le
attività, provvede con ogni mezzo a sua disposizione ad
aiutare la propria cittadinanza
ad uscire dalle difficoltà dell'emergenza. E' un richiamo
assai generico ad una
funzione che invece secondo alcuni avrebbe avuto bisogno del
conferimento di ampi e
ben delineati poteri.
Ai sensi dell'art 54 Decreto Legislativo 18.08.2000
n. 267, c.d. TUEL (nel testo
vigente pro tempore) (Attribuzioni del Sindaco nei servizi
di competenza statale), il
Sindaco, quale ufficiale del Governo, oltre a sovraintendere
ad alcune materie che il
Comune tratta per conto dello Stato, "adotta, con atto
motivato e nel rispetto dei
princìpi generali dell'ordinamento giuridico, provvedimenti
contingibili e urgenti al fine
di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano
l'incolumità dei cittadini; per
l'esecuzione dei relativi ordini può richiedere al prefetto,
ove occorra, l'assistenza
della forza pubblica" (non si parlava di "sicurezza urbana",
introdotta nel 2008). Ne
consegue che nel potere del Sindaco non sono più ravvisabili
le limitazioni per materia
(sanità, etc.) già previste dal testo unico del 1915 e dalla
legge n. 142 del 1990 (Cons.
di Stato Sez. I del 20.02.2002).
Il Sindaco si limita dunque a "sovrintendere" al lavoro dei
dipendenti, ed in generale a
tutte le attività che oggi sono fondamentalmente assegnate
alla struttura comunale e
ai responsabili dei servizi; adotta invece (prendendosene in
carico tutta la
responsabilità civile e penale senza possibilità -se non
parziale- di trasferirla su altri
soggetti), i provvedimenti contingibili ed urgenti necessari
a tutelare l'incolumità dei
cittadini.
Orbene, è chiaro come l'attribuzione dei reati di omicidio
colposo e lesioni al
Fi. sia collegata in buona parte a quello di cui
all'art. 328, comma 1, c.p. sub
capo c).
Il delitto di omissione di atti d'ufficio è un reato di
pericolo la cui previsione sanziona il
rifiuto non già di un atto urgente, bensì di un atto dovuto
che deve essere compiuto
senza ritardo, ossia con tempestività, in modo da conseguire
gli effetti che gli sono
propri in relazione al bene oggetto di tutela (fattispecie
in cui Corte ha ritenuto che
legittimamente la decisione impugnata avesse escluso la
configurabilità del reato con riferimento alla mancata
adozione di un'ordinanza sindacale contingibile e urgente,
in
relazione al pericolo cagionato ai pedoni e ad un'abitazione
da una frana insistente
sulla sede stradale, cui si sarebbe potuto ovviare anche con
la chiusura della strada
ad opera dei Vigili del Fuoco) [Cass. pen. Sez. VI, n.
33857 del 07.05.2014 Rv.
262076].
Inoltre, ai fini della configurabilità dell'elemento
psicologico del delitto di rifiuto di atti
d'ufficio, è necessario che il pubblico ufficiale abbia
consapevolezza del proprio
contegno omissivo, dovendo egli rappresentarsi e volere la
realizzazione di un evento
"contra ius", senza che il diniego di adempimento trovi
alcuna plausibile
giustificazione alla stregua delle norme che disciplinano il
dovere di azione.
Infine, è bene precisare che il rifiuto di un atto d'ufficio
si verifica non solo a fronte di
una richiesta o di un ordine, ma anche quando sussista
un'urgenza sostanziale,
impositiva del compimento dell'atto, in modo tale che
l'inerzia del pubblico ufficiale
assuma, per l'appunto, la valenza del consapevole rifiuto
dell'atto medesimo.
Ciò premesso, se è vero che il ricorrente non fu investito
della specifica richiesta
d'intervento in relazione ai lavori posti in essere dalla
ditta Do., di certo egli
non poteva non essere consapevole della situazione di
effettivo e concreto pericolo
per la pubblica incolumità pedonale e veicolare in cui
versava l'attività posta in essere
dalla ditta Do., avvertita nettamente dalla comunità
cittadina e persino dal
Vice-Sindaco Fi.Ro. (pag. 26 sent.) sia per il
contatto con Di Ma.Ro.
il giorno precedente ai fatti e l'eloquente reazione
comportamentale avuta
dall'imputato a seguito dell'esplicita doglianza
rappresentata dalla donna (pag. 27
sent.) in relazione alle modalità dei lavori in questione,
sia per l'ubicazione del suo
ufficio -ove si recava assiduamente-posto nella Piazza S.
Antonino di fronte al luogo
del sinistro nelle immediate adiacenze della Basilica. Per
non dire degli accertati
frequenti contatti tra il sindaco e i Do., anche
nella stessa piazza (pag. 27
sent.), in occasione dei quali non potette non rendersi
conto delle modalità esecutive
dei lavori per le luminarie.
Sicché è innegabile sia la consapevolezza di Fi.Ma. dell'incombente pericolo
sia la sua oggettiva inerzia a fronte dell'immediata
necessità di prevenire o eliminare
il medesimo.
Orbene, nelle ordinanze contingibili ed urgenti ai sensi
dell'art. 54 c. 2 TUEL, rientra
una tipologia di provvedimenti amministrativi aventi un
contenuto non previamente
determinabile e quindi di atti del tutto atipici ed
eccezionali che presuppongono una
situazione di estrema gravità dipendente dai fattori più
disparati i quali, però, non
possono ricondursi solo a fenomeni di dimensioni bibliche
(quali terremoti, frane,
valanghe, inondazioni, etc.), bensì anche ad eventi più
modesti, ma comunque idonei
a porre in pericolo l'incolumità di un numero indeterminato
di persone.
Né può ritenersi che l'adozione di tali ordinanze
presupponga formule o formalità o
procedure sacramentali proprio a cagione dell'estrema
urgenza che le impone,
contando ai fini della legittimità dell'atto precipuamente
l'effettiva esistenza di una
situazione di pericolo imminente al momento di adozione
dell'ordinanza (Cons. di
Stato, n. 125 del 04.02.1998).
Né la presenza in Sorrento del Commissariato di P.S.,
competente per il rilascio della
necessaria autorizzazione (ex art. 110 R.D. n. 635/1949 della
quale non risulta, prima
della data del fatto, essere mai stata avanzata richiesta:
v. pag. 13 sent. di primo
grado) per i lavori concernenti le luminarie che doveva
effettuare la ditta
Do., implicava l'esclusione dalle prerogative del
Sindaco della competenza
attribuitagli dall'art. 54, c. 2, TUEL sopra richiamato.
Invero, la sicurezza pubblica non coincide con l'incolumità
pubblica, anche se sovente
i due termini siano adoperati impropriamente in via
cumulativa o alternativa. La prima
ha portata certamente più vasta ed attiene ad ogni possibile
attentato a qualsiasi
bene giuridico o materiale facente capo ai cittadini (è
stata definita come "quella
funzione che consente agli individui di vivere in
tranquillità nella società e di agire in
essa per manifestare la loro individualità e per soddisfare
i loro interessi"), mentre la
seconda si riferisce esclusivamente alla preservazione delle
condizioni fisiche degli
stessi (ovvero anche dell'integrità fisica della
popolazione).
Sicché sotto tale profilo è innegabile che
il Sindaco, al
quale il capo d'imputazione ascrive espressamente anche la
mancanza di diligenza e, quindi, la colpa generica, dovesse comunque attivarsi, quale massimo rappresentante
dell'Ente Comunale e
della collettività cittadina, non solo e non necessariamente
con l'adozione di
un'ordinanza ad hoc bensì con qualsiasi altro atto
amministrativo o comportamentale
(allertamento delle Forze dell'ordine, dei Vigili del Fuoco
o della stessa Polizia
municipale che da lui dipende, imposizione alla ditta
Do. delle opportune e
palesemente omesse cautele) idoneo a prevenire il pericolo
per la pubblica incolumità
e gl'infortuni sul lavoro, con adozione di ogni mezzo
appropriato (almeno
transennando la zona ed impedendo il traffico pedonale e
veicolare in prossimità ed,
ancor più, nello spazio sottostante la piattaforma mobile).
Si deve, infine, rammentare che non è mai deducibile in sede
di legittimità la
questione relativa alla pretesa eccessività della somma di
denaro liquidata a titolo di
provvisionale e comunque il provvedimento di liquidazione
della provvisionale (Cass. pen. Sez. IV, n. 24791 del 23.06.2010, Rv. 248348; Sez. H n.
36536 del 20.06.2003,
Rv. 226454).
Se, dunque, in merito al reato sub a) deve ritenersi
l'infondatezza dei ricorsi presentati nell'interesse del
Fiorentino, si deve al contempo, ai sensi dell'art. 129, 1°
comma c.p.p. rilevare che i reati di cui agli artt. 590 c.p.
(capo b) e 328 c.p. (capo c) ascritti al Fi. sono
rimasti estinti per l'intervenuto decorso del termine
prescrizionale all'11.5.2014, in assenza di periodi di
sospensione per una durata utile alla data odierna e di
cause di inammissibilità, né risultando gli estremi evidenti
per l'assoluzione di merito ai sensi dell'art. 129, 2° comma, c.p.p..
10. Consegue, nei confronti di Fi.Ma.,
l'annullamento della sentenza impugnata relativamente al
reato di cui al capo b) perché estinto per prescrizione con
rinvio per la determinazione ed eliminazione della relativa
pena applicata ex art. 589, ultimo comma, c.p., ad altra
sezione della Corte d'Appello di Napoli. La sentenza
impugnata dev'essere, invece, annullata senza rinvio in
ordine al reato di cui al capo c) perché estinto per
prescrizione con eliminazione della relativa pena di mesi
quattro di reclusione.
Residua il rigetto del ricorso di Fi.Ma. nel
resto.
11. Quanto al ricorso del responsabile civile Comune di
Sorrento, dalla lettura del decreto di citazione a giudizio
notificato si rileva la sua sostanziale completezza e
correttezza essendo stati trascritti a sufficienza nel corpo
di esso gli elementi relativi all'allegato di cui si lamenta
la mancanza e non rilevandosi peculiari violazioni previste
dall'art. 83 c.p.p..
Ma, in ogni caso, la pretesa nullità della citazione
dovrebbe comunque ritenersi sanata dalla comparizione e
costituzione in primo grado del responsabile civile Comune
di Sorrento ai sensi dell'art. 184 c.p.p. trattandosi di
nullità a regime intermedio e non risultando che la relativa
eccezione sia stata sollevata se non in sede di discussione
del giudizio di primo grado, tramite la memoria all'uopo
depositata.
Inoltre, non può escludersi la responsabilità solidale del
Comune di Sorrento in relazione alla residuata posizione del
Sindaco.
Questi, oltre che essere imputato quale Ufficiale del
Governo, rappresenta in ogni caso anche, e soprattutto,
l'organo di vertice dell'amministrazione Comunale ed in tale
veste ha omesso di attivarsi tempestivamente ed
adeguatamente per scongiurare l'incombente e visibile
pericolo per la pubblica incolumità.
Del resto, non va sottaciuto che "Le questioni concernenti
l'eventuale esclusione della parte civile o l'ammissibilità
della citazione del responsabile civile, che già siano state
poste e risolte nel giudizio di primo grado, non possono
essere oggetto di mera riproposizione nel processo di
appello, dovendosi considerare in tal caso irrevocabili le
deliberazioni adottate in argomento nella fase antecedente
di giudizio" (Cass. pen. Sez. IV, n. 7291 del 21.11.2002, Rv.
225727): a fortiori, deve aggiungersi, non può esserne
consentita l'ulteriore riproposizione in sede di
legittimità. |
SICUREZZA LAVORO:
Infortuni. Il concorso di colpa non scagiona
l’impresa.
L’imprenditore è integralmente responsabile dell’infortunio
che sia conseguenza dell’inosservanza delle norme
infortunistiche. La violazione dell’obbligo di sicurezza
integra l’unico fattore causale dell’evento, non rilevando
il concorso di colpa del lavoratore, atteso che il datore di
lavoro è tenuto a proteggerne l’incolumità nonostante la sua
imprudenza e negligenza.
È tale la massima a cui si attiene la Corte di Cassazione
-Sez. lavoro- con la
sentenza 03.11.2015 n. 22413 riguardante
l’infortunio mortale causato ad un lavoratore che, pur
operando su una scarpata, non aveva fatto uso della fune di
trattenuta contro la caduta dall’alto.
Nel dispositivo la Suprema corte la quale ha ribadito il
principio secondo cui in materia di tutela dell’integrità
fisica del lavoratore, il datore di lavoro, in caso di
violazione della disciplina antinfortunistica, è esonerato
da responsabilità solo quando la condotta del dipendente
abbia assunto i caratteri di abnormità, imprevedibilità ed
esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alle
direttive ricevute.
Pertanto, l’omissione di cautele da parte del lavoratore non
è di per sé idonea ad escludere il nesso causale rispetto
alla condotta del datore di lavoro che non abbia provveduto
all’adozione di tutte le misure di prevenzione o non abbia
adeguatamente vigilato, anche tramite i suoi preposti, sul
rispetto della loro osservanza, non essendo né
imprevedibile, né anomala una dimenticanza del lavoratore
nell'adozione di tutte le cautele necessarie (articolo Il Sole 24 Ore del 04.11.2015).
---------------
MASSIMA
Osserva la Corte che è opportuno esaminare con priorità
logico-giuridica l'ultimo motivo del ricorso, col quale si
contesta la decisione sulla ritenuta insussistenza di una
responsabilità ex art. 2087 cod. civ. della datrice di
lavoro, atteso che la verifica della correttezza della
motivazione che ha escluso la ricorrenza del nesso
eziologico tra l'evento occorso al lavoratore e la condotta
della parte datoriale si rivela dirimente.
A tal riguardo la Corte territoriale ha dato rilievo alla
indiscutibile preponderanza causale dell'omissione colpevole
del lavoratore deceduto, costituita dal fatto di non avere
il medesimo utilizzato la fune di trattenuta, disponibile
alla sommità della scarpata, assicurata ad un idoneo
ancoraggio. La stessa Corte è pervenuta al convincimento che
l'univocità di tale fatto comportava che il responso tecnico
e le dichiarazioni testimoniali assumevano mero significato
di riscontro e, per tale motivo, apparivano scarsamente
pertinenti le doglianze difensive in ordine alle dotazioni
tecniche ed alle modalità alternative di esecuzione
dell'opera.
Infine, secondo la Corte di merito, l'obbligo incombente sul
datore di lavoro ex art. 2087 cod. civ. di vigilare
sull'osservanza, da parte dei lavoratori, delle misure di
sicurezza non si estendeva fino al punto di comprendere
l'obbligo di impedire comportamenti anomali ed imprevedibili
posti in essere in violazione delle norme di sicurezza, come
quello posto in essere da Zi.Gi..
Rileva la Corte che tale ragionamento dei giudici di secondo
grado non è condivisibile per le seguenti ragioni: si è già
statuito (Cass. Sez. Lav. n. 27127 del 4/12/2013) che "in
materia di tutela dell'integrità fisica del lavoratore, il
datore di lavoro, in caso di violazione della disciplina
antinfortunistica, è esonerato da responsabilità soltanto
quando la condotta del dipendente abbia assunto i caratteri
dell'abnormità, dell'imprevedibilità e dell'esorbitanza
rispetto al procedimento lavorativo ed alle direttive
ricevute. Ne consegue che, qualora non ricorrano detti
caratteri della condotta del lavoratore, l'imprenditore è
integralmente responsabile dell'infortunio che sia
conseguenza dell'inosservanza delle norme
antinfortunistiche, poiché la violazione dell'obbligo di
sicurezza integra l'unico fattore causale dell'evento, non
rilevando in alcun grado il concorso di colpa del
lavoratore, posto che il datore di lavoro è tenuto a
proteggerne l'incolumità nonostante la sua imprudenza e
negligenza."
Pertanto, l'omissione di cautele da parte
dei lavoratori, come quella ravvisata nella fattispecie dai
giudici di merito, non è idonea di per sé ad escludere il
nesso causale rispetto alla condotta colposa del datore di
lavoro che non abbia provveduto, pur avendone la
possibilità, all'adozione di tutte le misure di prevenzione
rese necessarie dalle condizioni concrete di svolgimento del
lavoro o non abbia adeguatamente vigilato, anche tramite
suoi preposti, sul rispetto della loro osservanza, non
essendo né imprevedibile né anomala una dimenticanza dei
lavoratori nell'adozione di tutte le cautele necessarie, con
conseguente esclusione, in tale ipotesi, del cd. rischio
elettivo, idoneo ad interrompere il nesso causale ma
ravvisabile solo quando l'attività non sia in rapporto con
lo svolgimento del lavoro o sia esorbitante dai limiti di
esso (in tal senso
v. anche Cass. Sez. 3, n. 21694 del 20/10/2011).
Infatti, si è affermato (Cass. Sez. Lav. n. 19494 del
10/9/2009) che le norme dettate in tema di
prevenzione degli infortuni sul lavoro, tese ad impedire
l'insorgenza di situazioni pericolose, sono dirette a
tutelare il lavoratore non solo dagli incidenti derivanti
dalla sua disattenzione, ma anche da quelli ascrivibili ad
imperizia, negligenza ed imprudenza dello stesso, con la
conseguenza che il datore di lavoro è sempre responsabile
dell'infortunio occorso al lavoratore, sia quando ometta di
adottare le idonee misure protettive, sia quando non accerti
e vigili che di queste misure venga fatto effettivamente uso
da parte del dipendente, non potendo attribuirsi alcun
effetto esimente, per l'imprenditore, all'eventuale concorso
di colpa del lavoratore, la cui condotta può comportare,
invece, l'esonero totale del medesimo imprenditore da ogni
responsabilità solo quando presenti i caratteri
dell'abnormità, inopinabilità ed esorbitanza,
necessariamente riferiti al procedimento lavorativo "tipico"
ed alle direttive ricevute, così da porsi come causa
esclusiva dell'evento
(in senso conf. v. Cass. Sez. Lav. n. 22818 del 28/10/2009 e
Cass. Sez. Lav. n. 4656 del 25/02/2011).
In definitiva, si può affermare che nella fattispecie la
mancata adozione, da parte del lavoratore, della specifica
misura di sicurezza rappresentata dall'ancoraggio alla fune
di sostegno non rappresentava affatto un evento
imprevedibile atto a scagionare l'imprenditore dal dovere di
vigilanza finalizzato al rispetto delle misure di
prevenzione e, pertanto, quest'ultimo avrebbe dovuto offrire
la prova di aver preteso il rispetto di tale fondamentale
accorgimento, per cui il comportamento semplicemente
omissivo del lavoratore non spezzava il nesso eziologico tra
l'evento occorsogli e l'omissione della datrice di lavoro. |
SICUREZZA LAVORO:
Controlli
sanitari previsti per tutti.
INTERPELLO/2 - Medico competente.
Tutti i lavoratori hanno diritto a richiedere la visita
presso il medico competente (se nominato in azienda).
Lo precisa, tra l'altro, la commissione per gli interpelli
sulla sicurezza del lavoro nell'interpello
02.11.2015 n. 8/2015 a risposta dei quesiti della
Cisl.
Due, in particolare, le richieste formulate dal sindacato:
a) se la visita medica possa essere richiesta esclusivamente
dai lavoratori soggetti a sorveglianza sanitaria ovvero da
tutti i lavoratori;
b) se il medico competente, nel visitare gli ambienti di
lavoro almeno una volta all'anno, sia tenuto a recarsi in
ogni ambiente di lavoro nel quale si svolge l'attività o se
debba limitarsi a fare i sopralluoghi soltanto nelle
postazioni dove sono occupati i lavoratori soggetti a
sorveglianza sanitaria.
A risposta del primo quesito, la commissione precisa che «la
richiesta di essere sottoposto a visita media da parte del
medico competenze, ove nominato, può essere avanzata da
qualsiasi lavoratore, indipendentemente dal fatto che lo
stesso sia o meno già sottoposto a sorveglianza sanitaria,
con l'unico limite che il medico competente la ritenga
accoglibile in quanto correlata a rischi lavorativi».
In merito al secondo quesito, relativo all'obbligo per il
medico competente di visitare i luoghi di lavoro, la
commissione, considerato che l'obbligo è strettamente
correlato alla valutazione dei rischi, ritiene che la visita
agli ambienti di lavoro debba essere estesa a tutti quei
luoghi che possano avere rilevanza per la prevista
collaborazione con il datore di lavoro e con il servizio di
prevenzione e protezione «alla valutazione dei rischi
anche ai fini della programmazione, ove necessario, della
sorveglianza sanitaria, alla predisposizione dell'attuazione
delle misure per la tutela della salute e dell'integrità
psico-fisica dei lavoratori, all'attività di formazione e
informazione nei confronti dei lavoratori, per la parte di
competenza, e all'organizzazione del servizio di primo
soccorso considerando i particolari tipi di lavorazione ed
esposizione e le peculiari modalità organizzative del lavoro»
(articolo ItaliaOggi del 04.11.2015). |
SICUREZZA LAVORO:
Delega di
funzioni, il lavoratore può dire di no. Sicurezza.
Chiarimento ministeriale.
Non esiste alcun obbligo di accettazione della
delega di funzioni in materia di sicurezza sul lavoro da
parte del soggetto delegato individuato dal datore di
lavoro: il lavoratore interessato, infatti, può rifiutare
tale delega.
Il chiarimento è
stato fornito dalla Commissione per gli interpelli in
materia di salute e sicurezza sul lavoro, istituita presso
il Ministero del Lavoro, con l’interpello
02.11.2015 n. 7/2015.
La questione è stata sempre dibattuta a causa delle varie
soluzioni sinora fornite al quesito sia nel settore
pubblico, sia in quello privato, influenzate da
problematiche di ordine burocratico o gerarchico, ossia se
la delega di funzioni rientrasse nella discrezionalità del
datore di lavoro o del dirigente (nel settore pubblico), di
definire l’assetto dell’organizzazione del lavoro fino ad
individuare inderogabilmente il soggetto a cui conferire la
delega stessa.
L’interpello riporta all’articolo 16 del Dlgs 81/2008 (Testo
unico sulla salute e sicurezza sui luoghi di lavoro), nel
cui comma 1 viene stabilito che la delega delle funzioni da
parte del datore di lavoro, ove non espressamente esclusa, è
ammessa a condizione che risulti da atto scritto con data
certa; il delegato sia in possesso di tutti i requisiti
professionali e d’esperienza richiesti dalla natura delle
funzioni delegate; con essa vengano attribuiti al delegato
tutti i poteri di organizzazione, gestione e controllo
richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate;
con essa venga attribuita al delegato l’autonomia di spesa
necessaria allo svolgimento della funzione oggetto di
delega; la delega sia accettata dal delegato.
Perché dunque la delega sia efficace occorre che si
verifichino tutte le caratteristiche di cui si è fatto
cenno, preordinate all’accettazione, in forma scritta, da
parte del delegato. Del resto, spesso la non accettazione è
motivata dal riconoscimento da parte del soggetto
individuato dal datore di lavoro o dirigente di non
possedere i requisiti professionali per il corretto e
completo svolgimento della funzione, la quale è quasi sempre
accompagnata da provvedimenti sanzionatori penali in caso di
inosservanze, ovvero di non riconoscere sufficientemente
l’organizzazione del lavoro a cui è preposto, oppure, il più
delle volte, dalla mancanza delle risorse economiche per far
fronte alle varie e mutevoli esigenze che caratterizzano la
funzione.
Va osservato, infatti, che fatta salva l’esclusione della
nomina del responsabile del servizio di prevenzione
protezione, la valutazione dei rischi e la redazione del
documento della sicurezza, tutte le altre funzioni elencate
nell’articolo 18 del Testo unico sono delegabili e tutte
richiedono professionalità specifica, potere di
organizzazione e di spesa che se non coperte o previste
possono costituire un valido motivo di non accettazione del
soggetto individuato (articolo Il Sole 24 Ore del 04.11.2015). |
SICUREZZA LAVORO: Sicurezza,
la delega deve essere accettata.
INTERPELLO/1 - Possibile il rifiuto del
destinatario.
La delega di funzioni sulla sicurezza del lavoro deve essere
accettata dal delegato, altrimenti non è valida. A
differenza del conferimento d'incarico che implica
l'impossibilità del rifiuto, infatti, la delega presuppone
la possibilità della non accettazione da parte del
destinatario.
Lo precisa la commissione per gli interpelli sulla sicurezza
del lavoro nell'interpello
02.11.2015 n. 7/2015.
La questione.
La precisazione arriva a risposta di un quesito formulato
dall'unione sindacale di base vigili del fuoco, in merito
all'istituto della «delega di funzioni» disciplinato
dall'art. 16 del dlgs n. 81/2008 (T.u. sicurezza).
Tale articolo, in particolare, prevede che la delega di
funzioni da parte del datore di lavoro, ove non
espressamente esclusa, è ammessa con i seguenti limiti e
condizioni:
a) che essa risulti da atto scritto recante data certa;
b) che il delegato possegga tutti i requisiti di
professionalità ed esperienza richiesti dalla specifica
natura delle funzioni delegate;
c) che essa attribuisca al delegato tutti i poteri di
organizzazione, gestione e controllo richiesti dalla
specifica natura delle funzioni delegate;
d) che essa attribuisca al delegato l'autonomia di spesa
necessaria allo svolgimento delle funzioni delegate;
e) che la delega sia accettata dal delegato per iscritto.
In relazione all'ultimo requisito, l'unione sindacale ha
chiesto di sapere «se esiste l'obbligo di accettazione
della delega da parte del soggetto delegato individuato dal
datore di lavoro e se il soggetto delegato può rifiutare
tale delegata».
Ammesso il rifiuto di delega.
Il ministero spiega, innanzitutto, che la disposizione
(citato art. 16 del T.u. sicurezza) prevede, per il datore
di lavoro, la possibilità di delegare i propri obblighi a
eccezione della valutazione dei rischi e relativo documento
e la designazione del responsabile del servizio prevenzione
e protezione (Rspp) ad altro soggetto dotato dei requisiti
di professionalità ed esperienze che sono richiesti dalla
specifica natura delle funzioni delegate.
Poi spiega che, affinché la delega sia efficace, è
necessario che abbia «tutte» le caratteristiche
previste dalla norma (art. 16), quali la forma scritta, la
certezza della data, il possesso da parte del delegato di
tutti gli elementi di professionalità ed esperienza
richiesti dalla natura specifica delle funzioni delegate e,
infine, la possibilità da parte dello stesso delegato di
disporre di tutti i poteri di organizzazione, gestione e
controllo richiesti dalla specifica natura delle funzioni a
lui delegate. In conclusione, a risposta del quesito,
precisa che la delega deve essere accettata dal delegato per
iscritto.
Infatti, aggiunge, «tra le caratteristiche indicate
nell'art. 16, comma 1, il legislatore ha espressamente
previsto, alla lettera e) del decreto, che la delega «sia
accettata dal delegato per iscritto», elemento che la
distingue dal conferimento di incarico, il che implica la
possibilità di una non accettazione della stessa»
(articolo ItaliaOggi del 04.11.2015 - tratto da www.centrostudicni.it). |
ottobre 2015 |
|
SICUREZZA LAVORO:
Le Responsabilità del coordinatore per l'esecuzione dei
lavori.
Il coordinatore per l'esecuzione dei
lavori è tenuto:
- a verificare, con opportune azioni di coordinamento e
controllo, l'applicazione, da parte delle imprese esecutrici
e dei lavoratori autonomi, delle disposizioni loro
pertinenti contenute nel Piano di Sicurezza e di
Coordinamento (P.S.C.) e la corretta applicazione delle
relative procedure di lavoro;
- a verificare l'idoneità del Piano Operativo di Sicurezza (P.O.S.),
assicurandone la coerenza con il P.S.C., che deve provvedere
ad adeguare in relazione all'evoluzione dei lavori ed alle
eventuali modifiche intervenute, valutando le proposte delle
imprese esecutrici dirette a migliorare la sicurezza in
cantiere;
- a verificare che le imprese esecutrici adeguino, se
necessario, i rispettivi P.O.S.;
- ad organizzare tra i datori di lavoro, ivi compresi i
lavoratori autonomi, la cooperazione ed il coordinamento
delle attività nonché la loro reciproca informazione;
- a verificare l'attuazione di quanto previsto negli accordi
tra le parti sociali al fine di realizzare il coordinamento
tra i rappresentanti della sicurezza finalizzato al
miglioramento della sicurezza in cantiere;
- a segnalare, al committente o al responsabile dei lavori,
le inosservanze alle disposizioni degli artt. 94, 95 e 96, e
art. 97, comma 1, e alle prescrizioni del P.S.C., proponendo
la sospensione dei lavori, l'allontanamento delle imprese o
dei lavoratori autonomi dal cantiere, o la risoluzione del
contratto in caso di inosservanza;
- a dare comunicazione di eventuali inadempienze alla
Azienda Unità Sanitaria Locale e alla Direzione Provinciale
del Lavoro territorialmente competenti;
- a sospendere, in caso di pericolo grave e imminente,
direttamente riscontrato, le singole lavorazioni fino alla
verifica degli avvenuti adeguamenti effettuati dalle imprese
interessate.
In forza di quanto precede, risulta quindi evidente che
il coordinatore per l'esecuzione
riveste un ruolo di vigilanza "alta", che riguarda la
generale configurazione delle lavorazioni e non la puntuale
e stringente vigilanza "momento per momento", demandata alle
figure operative, ossia al datore di lavoro, al
dirigente, al preposto.
---------------
1. Con sentenza del 27/03/2014, il Tribunale di Messina
dichiarava Le.Ca. -nella qualità di coordinatore per
l'esecuzione dei lavori e di responsabile della "... C.
s.r.l."- responsabile di talune violazioni commesse
nell'ambito di un cantiere edile sito in Messina,
analiticamente indicate nel capo di imputazione, e lo
condannava alla pena di 6 mila euro di ammenda.
...
3. Il ricorso è fondato; al riguardo, risulta assorbente il
secondo motivo.
Come già affermato da questa Corte, con
riguardo alla figura del coordinatore per l'esecuzione
dei lavori, di
cui all'art. 92, d.lgs. n. 81 del 2008,
occorre rilevare che i compiti assegnati alla stessa
risalgono al d.lgs. 14.08.1996, n. 494
(di attuazione della Direttiva 92/57/CEE) -nell'ambito di
una generale e più articolata ridefinizione delle posizioni
di garanzia e delle connesse sfere di responsabilità
correlate alle prescrizioni minime di sicurezza e di salute
da attuare nei cantieri temporanei o mobili- a fianco di
quella del committente, allo scopo
di consentire a quest'ultimo di delegare, a soggetti
qualificati, funzioni e responsabilità di progettazione e
coordinamento, diversamente a lui riferibili, implicanti
particolari competenze tecniche.
La definizione dei relativi compiti e della connessa sfera
di responsabilità discende, pertanto, da un lato,
dalla funzione di generale, "alta vigilanza" che la
legge demanda allo stesso, dall'altro dallo specifico
elenco, originariamente contenuto nell'art. 5, d.lgs. n. 494
del 1996, ed attualmente trasfuso nel citato art. 92, d.lgs.
n. 81 del 2008, in forza del quale il
coordinatore per l'esecuzione è tenuto:
- a verificare, con opportune azioni di coordinamento e
controllo, l'applicazione, da parte delle imprese esecutrici
e dei lavoratori autonomi, delle disposizioni loro
pertinenti contenute nel Piano di Sicurezza e di
Coordinamento (P.S.C.) e la corretta applicazione delle
relative procedure di lavoro;
- a verificare l'idoneità del Piano Operativo di Sicurezza (P.O.S.),
assicurandone la coerenza con il P.S.C., che deve provvedere
ad adeguare in relazione all'evoluzione dei lavori ed alle
eventuali modifiche intervenute, valutando le proposte delle
imprese esecutrici dirette a migliorare la sicurezza in
cantiere;
- a verificare che le imprese esecutrici adeguino, se
necessario, i rispettivi P.O.S.;
- ad organizzare tra i datori di lavoro, ivi compresi i
lavoratori autonomi, la cooperazione ed il coordinamento
delle attività nonché la loro reciproca informazione;
- a verificare l'attuazione di quanto previsto negli accordi
tra le parti sociali al fine di realizzare il coordinamento
tra i rappresentanti della sicurezza finalizzato al
miglioramento della sicurezza in cantiere;
- a segnalare, al committente o al responsabile dei lavori,
le inosservanze alle disposizioni degli artt. 94, 95 e 96, e
art. 97, comma 1, e alle prescrizioni del P.S.C., proponendo
la sospensione dei lavori, l'allontanamento delle imprese o
dei lavoratori autonomi dal cantiere, o la risoluzione del
contratto in caso di inosservanza;
- a dare comunicazione di eventuali inadempienze alla
Azienda Unità Sanitaria Locale e alla Direzione Provinciale
del Lavoro territorialmente competenti;
- a sospendere, in caso di pericolo grave e imminente,
direttamente riscontrato, le singole lavorazioni fino alla
verifica degli avvenuti adeguamenti effettuati dalle imprese
interessate.
In forza di quanto precede, risulta quindi evidente che
-come affermato dal ricorrente- il
coordinatore per l'esecuzione riveste un ruolo di
vigilanza "alta", che riguarda la generale
configurazione delle lavorazioni e non la puntuale e
stringente vigilanza "momento per momento", demandata
alle figure operative, ossia al datore di lavoro, al
dirigente, al preposto
(tra le altre, Sez. 4, n. 3809 del 07/01/2015, Cominotti, Rv.
261960; Sez. 4, n. 443 del 17/01/2013, Palmisano, Rv.
255102; Sez. 4, n. 18149 del 21/04/2010, Cellie, Rv.
247536).
Orbene, tutto ciò premesso, rileva il Collegio che la
motivazione stesa dal Tribunale di Messina risulta -oltre
che molto sintetica- non aderente al principio di diritto da
ultimo enunciato, atteso che riconosce la responsabilità del
Ca. in ordine a violazioni molto specifiche e puntuali
(relative, tra l'altro, alle lavorazioni in prossimità di
cavi elettrici, alle passerelle, alle aperture lasciate per
il vano ascensore), senza precisare se le stesse siano
comunque riferibili -nel caso di specie- a quei doveri di
vigilanza "alta" sopra richiamati, imposti al
coordinatore per l'esecuzione dei lavori, oppure invero
demandate ad altre figure.
Ancora, la sentenza non ha speso alcuna considerazione in
ordine ai testi Sa. e Di., escussi ex art. 507 cod. proc.
pen., i quali -giusta tenore del ricorso, in ciò specifico e
completo- avrebbero reso dichiarazioni in palese dissonanza
con quanto affermato dai testimoni indotti dal pubblico
ministero (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 19.10.2015 n. 41820). |
agosto 2015 |
|
LAVORI PUBBLICI - SICUREZZA LAVORO:
Ai sensi del d.PR. n. 554 del 1999, art.
7, comma 2 (regolamento di attuazione della legge
Quadro dei Lavori Pubblici), il responsabile del
procedimento (RUP) provvede a creare le condizioni
affinché il processo realizzativo dell’intervento
risulti condotto nei tempi e costi preventivati e
nel rispetto della sicurezza e della salute dei
lavoratori, in conformità a qualsiasi altra
disposizione di legge in materia.
Inoltre egli, ai sensi dell’art. 8, lett. f), deve
coordinare le attività necessarie alla redazione del
progetto definitivo ed esecutivo, verificando che
siano rispettate le indicazioni contenute nel
documento preliminare alla progettazione e nel
progetto preliminare, nonché alla redazione del
piano di sicurezza e di coordinamento e del piano
generale di sicurezza.
Inoltre, ai sensi dell’art. 8, comma 3, egli vigila
sulla attività, valuta il piano di sicurezza e di
coordinamento e l’eventuale piano generale di
sicurezza e il fascicolo predisposti dal
coordinatore per la progettazione.
In sostanza a carico del RUP (responsabile unico del
procedimento) grava una posizione di garanzia
connessa ai compiti di sicurezza, non solo nella
fase genetica dei lavori, laddove vengono redatti i
piani di sicurezza, ma anche durante il loro
svolgimento, fase nella quale vige l’obbligo di
sorvegliarne la corretta attuazione, controllando
anche l’adeguatezza e la specificità dei piani di
sicurezza rispetto alla loro finalità, preordinata
alla incolumità dei lavoratori.
Con sentenza del 03.03.2010 il Tribunale di Sassari
condannava Ch.G.B.F. e altri in ordine al reato di
cui all'articolo 590, co. 1, 2 e 3, c.p. alla pena
di mesi due di reclusione, concesse le attenuanti
generiche con giudizio di equivalenza rispetto
all'aggravante contestata, con i benefici della
sospensione condizionale della pena e della non
menzione ex art. 175 c.p..
All'imputato, nella sua qualità di responsabile del
procedimento e dell'esecuzione dei lavori, era stato
contestato di avere cagionato per colpa generica e
specifica lesioni personali comportanti una malattia
di durata superiore ai quaranta giorni all'operaio
C.R. (costituito parte civile nel processo), che il
25.07.2002, a Siligo, era stato colpito
violentemente alla testa dall'entrata della pompa di
una betoniera erogante calcestruzzo.
In particolare al Ch., quale coordinatore in fase di
progettazione e di esecuzione dei lavori (per conto
della committente Amministrazione comunale di Siligo)
era stato contestato di avere omesso di far
applicare all'impresa esecutrice il piano di
sicurezza e di coordinamento (P.S.C.), ai sensi
dell'art. 5, 1 co., lett. b), d.lgs. 494/1996.
...
Va premesso che la responsabilità del Ch. è stata
ritenuta sulla base della sua qualità di "responsabile
del procedimento" e "responsabile dei lavori".
Sul responsabile dei lavori incombe, ai sensi del
d.PR. n. 494 del 1996, art. 6, l'obbligo della
verifica delle condizioni di sicurezza del lavoro in
attuazione dei relativi piani (art. 4 e art. 5,
comma 1, lett. a) d.PR. citato).
Orbene, ciò premesso, deve ricordarsi che ai sensi
del d.PR. n. 554 del 1999, art. 7, comma 2
(regolamento di attuazione della legge Quadro dei
Lavori Pubblici), il responsabile del procedimento
provvede a creare le condizioni affinché il processo
realizzativo dell'intervento risulti condotto nei
tempi e costi preventivati e nel rispetto della
sicurezza e della salute dei lavoratori, in
conformità a qualsiasi altra disposizione di legge
in materia. Inoltre egli, ai sensi dell'art. 8,
lett. f), deve coordinare le attività necessarie
alla redazione del progetto definitivo ed esecutivo,
verificando che siano rispettate le indicazioni
contenute nel documento preliminare alla
progettazione e nel progetto preliminare, nonché
alla redazione del piano di sicurezza e di
coordinamento e del piano generale di sicurezza.
Inoltre, ai sensi dell'art. 8, comma 3, egli vigila
sulla attività, valuta il piano di sicurezza e di
coordinamento e l'eventuale piano generale di
sicurezza e il fascicolo predisposti dal
coordinatore per la progettazione.
In sostanza a carico del RUP (responsabile unico del
procedimento) grava una posizione di garanzia
connessa ai compiti di sicurezza, non solo nella
fase genetica dei lavori, laddove vengono redatti i
piani di sicurezza, ma anche durante il loro
svolgimento, fase nella quale vige l'obbligo di
sorvegliarne la corretta attuazione, controllando
anche l'adeguatezza e la specificità dei piani di
sicurezza rispetto alla loro finalità, preordinata
alla incolumità dei lavoratori (cfr, Cass., sez. 4,
sent. n. 7597 dell'08.11.2013, Rv. 259123; Cass.,
sez. 4, sent. n. 41993 del 14.06.2011, Rv. 251925).
Orbene, nel caso di specie, come correttamente
rilevato dal giudice di merito, il Ch. è venuto meno
all'adempimento degli oneri gravanti a suo carico. I
giudici della Corte territoriale hanno infatti
evidenziato a tal proposito che i compiti
dell'imputato non potevano esaurirsi nella mera
redazione del P.S.C., dovendo egli anche svolgere
l'indispensabile opera di coordinatore che prevedeva
innanzitutto il controllo che il sub-appaltatore Fe.
avesse a sua volta predisposto il P.O.S e lo avesse
a sua volta portato a conoscenza dei lavoratori
interessati. Egli inoltre avrebbe dovuto accertarsi
che in cantiere sussistesse una buona coordinazione
tra appaltatore (E. s.r.l.), sub-appaltatore
(impresa individuale Fe.) e ditta incaricata del
solo gettito del calcestruzzo.
Le predette attività demandate al Ch. erano state da
lui omesse e tale omissione è collegata con nesso di
causalità all'evento lesivo per cui è giudizio.
La difesa ha sostenuto che la sentenza impugnata non
aveva spiegato da dove il Ch. avrebbe dovuto trarre
la conoscenza di un sub-appalto in favore del Fe. e
soprattutto della sua ritualità. Sul punto si
osserva che si tratta di una questione di fatto non
introdotta in appello e comunque entrambe le
sentenze, sia quella di primo, sia quella di secondo
grado, hanno ritenuto di non porre in dubbio la
conoscenza da parte del ricorrente del subappalto.
Il ricorso deve essere pertanto rigettato e il
ricorrente condannato al pagamento delle spese
processuali (massima tratta da http://renatodisa.com
- Corte di Cassazione, Sez. IV penale,
sentenza 04.08.2015 n. 34088). |
luglio 2015 |
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SEGRETARI COMUNALI -
SICUREZZA LAVORO: Sulla
possibilità, o meno, di individuare il Segretario Comunale
quale "datore di lavoro".
Il
datore di lavoro nelle pubbliche amministrazioni può essere
un dirigente o un preposto ma, d’altro lato, non tutti i
dirigenti e non tutti i preposti sono, per ciò stesso,
datori di lavoro. Quest’ultima qualificazione, in
definitiva, non accede necessariamente alla qualifica di
“dirigente” e a quella di “preposto”.
Occorre che il “datore
di lavoro” sia specificamente individuato dall’organo di
vertice delle singole amministrazioni tra quei dirigenti o
quei preposti dotati di autonomi poteri decisionali e di
spesa, tenendo conto dell’ubicazione e dell’ambito
funzionale degli uffici nei quali viene svolta l’attività.
Ciascuna di queste figure è, del resto, destinataria di
specifiche funzioni e obblighi, con conseguenti
responsabilità.
Peraltro, a fronte della possibilità di
delegare e sub-delegare alcune delle funzioni proprie del
datore di lavoro (art. 16), nel rispetto di rigorosi
presupposti e formalità, non è attività delegabile la
valutazione di tutti i rischi con la conseguente
elaborazione del documento previsto dall’articolo 28, nonché
la designazione del responsabile del servizio di prevenzione
e protezione dai rischi.
---------------
Se può essere designato “datore di lavoro”
solo chi è dirigente o funzionario fornito di tutti i poteri
gestionali e di spesa autonomi, in tanto si può porre il
problema se è designabile il segretario comunale in quanto
si dia per verificato e accertato, nel concreto, che al
segretario comunale siano stati conferiti, se sono
conferibili, quei poteri autonomi di gestione e di spesa che
sono propri del dirigente.
In altre parole, la questione di
fondo non è se il segretario comunale possa essere designato
“datore di lavoro” ma, prima ancora, se e in che misura il
segretario comunale possa assumere le funzioni proprie e
piene del dirigente così da poter attrarre in questo ambito
funzionale anche le attribuzioni del datore di lavoro.
---------------
L’attribuzione della
qualifica di “datore di lavoro” in capo al segretario
comunale presuppone la mancanza di figure dirigenziali in
seno all’Ente o di funzionari che, pur non avendo la
qualifica dirigenziale, siano preposti ad un ufficio avente
autonomia gestionale e di spesa.
In tali fattispecie, nei limiti e con le cautele che si
impongono per la peculiarità della situazione, secondo le
considerazioni che precedono, il segretario comunale al
quale sia conferita con atto formale la titolarità effettiva
del potere gestionale adeguato alle sue competenze, con
attribuzione di poteri di spesa, può essere anche espressamente designato “datore
di lavoro”, ai fini e con le responsabilità di cui alla D.Lgs. n. 81/2008.
---------------
Con la nota in epigrafe il Sindaco del Comune di Pomarico
(MT) ha chiesto a questa Sezione di esprimere un
parere circa la possibilità di individuare nel Segretario
Comunale il “datore di lavoro”, ai sensi dell’art. 2
del D.Lgs.vo n. 81/2008, nell’ambito della normativa
sulla tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di
lavoro, soprattutto laddove, in luogo delle figure
dirigenziali mancanti, le posizioni apicali siano state
assegnate a responsabili di area e di posizione
organizzativa.
Chiede di sapere, inoltre, se tale attribuzione di
funzioni determini una maggiorazione della retribuzione di
posizione.
...
6. L’art. 3 della Direttiva 12/6/1989, n. 89/391/CEE (prima di una
serie di direttive riguardanti il miglioramento della
sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro)
definiva "datore di lavoro" qualsiasi persona, fisica o
giuridica, che fosse titolare del rapporto di lavoro con il
lavoratore e avesse la responsabilità dell’impresa e/o dello
stabilimento.
A sua volta, l’art. 2, lett. b), del D.Lgs.
626/1994, come sostituito dal D.Lgs. n. 242/1996, in
attuazione delle direttive comunitarie, specificava le
caratteristiche del datore di lavoro: tale è il soggetto
titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o,
comunque, il soggetto che, secondo il tipo e
l’organizzazione dell'impresa, ha la responsabilità
dell’impresa stessa ovvero dell’unità produttiva, in quanto
titolare dei poteri decisionali e di spesa.
Dovendo, le
norme di tutela, applicarsi anche alle amministrazioni
pubbliche, con le eccezioni giustificate da specifiche
funzioni, il legislatore nazionale aggiungeva il seguente
periodo: “Nelle pubbliche amministrazioni di cui all' art.
1, comma 2, del decreto legislativo 03.02.1993, n. 29,
per datore di lavoro si intende il dirigente al quale
spettano i poteri di gestione, ovvero il funzionario non
avente qualifica dirigenziale, nei soli casi in cui
quest'ultimo sia preposto ad un ufficio avente autonomia
gestionale”.
L’art. 30 (Disposizioni transitorie e finali)
stabiliva, ancora, che entro sessanta giorni dalla data di
entrata in vigore del decreto legislativo, gli organi di
direzione politica o, comunque, di vertice delle
amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, comma 2, del
d.lgs. n. 29/1993 (allora vigente, oggi n. 165/2001),
avrebbero proceduto all’individuazione dei datori di lavoro,
di cui all’art. 2, comma 1, lettera b), secondo periodo,
tenendo conto dell’ubicazione e dell’ambito funzionale degli
uffici nei quali viene svolta l’attività.
L’art. 2, lett. b), del d.lgs. n. 81/2008, fondendo le
disposizioni precettive sopra riportate, ha individuato il
«datore di lavoro» nel contesto delle pubbliche
amministrazioni, nel “dirigente al quale spettano i poteri
di gestione, ovvero il funzionario non avente qualifica
dirigenziale, nei soli casi in cui quest'ultimo sia preposto
ad un ufficio avente autonomia gestionale, individuato
dall'organo di vertice delle singole amministrazioni tenendo
conto dell'ubicazione e dell'ambito funzionale degli uffici
nei quali viene svolta l'attività, e dotato di autonomi
poteri decisionali e di spesa. In caso di omessa
individuazione, o di individuazione non conforme ai criteri
sopra indicati, il datore di lavoro coincide con l'organo di
vertice medesimo”.
È questa la fonte oggi vigente cui
occorre prestare attenzione.
Le successive lettere d) ed e) del medesimo art. 2,
aggiungono ulteriori definizioni. È «dirigente» la persona
che, in ragione delle competenze professionali e di poteri
gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell'incarico
conferitogli, attua le direttive del datore di lavoro
organizzando l’attività lavorativa e vigilando su di essa. È
«preposto» la persona che, in ragione delle competenze
professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali
adeguati alla natura dell’incarico conferitogli, sovrintende
alla attività lavorativa e garantisce l’attuazione delle
direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da
parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di
iniziativa.
Particolarmente significative sono, poi, le sanzioni, anche
penali, che colpiscono le figure del datore di lavoro, del
dirigente e del preposto (artt. 55 e 56).
A chiusura del sistema, vale la pena aggiungere che l’art.
299 del d.lgs. n. 81/2008, ha stabilito che le posizioni di
garanzia relative ai soggetti di cui all’articolo 2, comma
1, lettere b), d) ed e), gravano altresì su colui il quale,
pur sprovvisto di regolare investitura, eserciti in concreto
i poteri giuridici riferiti a ciascuno dei soggetti ivi
definiti.
7. Mentre il D.Lgs. n. 626/1994 nulla diceva circa
l’individuazione del datore di lavoro, il D.Lgs. n.
242/1996, con riferimento alle amministrazioni pubbliche, ha
onerato sia gli organi di direzione politica che gli organi
comunque di vertice, di procedere a tale adempimento (art.
30). Con l’art. 2, lett. b), D.Lgs. n. 81/2008, che
rappresenta la vigente norma, è venuta meno la competenza
dell’organo di direzione politica mentre è rimasta quella
dell’organo di vertice, onerato di individuare,
conformemente ai criteri previsti, il “datore di lavoro”.
Non è compito di questa Sezione, per i limiti dell’attività
consultiva intestata sopra richiamati, entrare nel
dibattito, dottrinario e giurisprudenziale, se il datore di
lavoro, indipendentemente da un atto espresso dell’organo di
vertice politico dell’ente, si identifichi ex se nel
dirigente “al quale spettano i poteri di gestione”,
lasciando all’organo di vertice l’onere di identificare il
datore di lavoro nei soli casi in cui tale figura
dirigenziale non sia presente, come nel caso degli EE.LL. di
minori dimensioni; ovvero, se tale designazione occorra che
sia fatta in ogni caso, sicché, “in caso di omessa
individuazione, o di individuazione non conforme ai criteri
sopra indicati, il datore di lavoro coincide con l'organo di
vertice medesimo”.
Quel che sembra indiscutibile, sia che si acceda all’una o
all’altra soluzione, è che il “datore di lavoro” deve essere
fornito di tutti quei poteri gestionali autonomi che lo
contraddistinguono come tale e sui quali si radica la sua
responsabilità. In questo senso la norma è chiara nel
vincolare la idoneità e la “genuinità” della nomina alla
effettiva autonomia gestionale e di spesa in capo al
prescelto.
In altre parole, quale che sia la modalità e la fonte che lo
individua, deve escludersi che il datore di lavoro possa
essere solo il soggetto, dirigente o preposto, da
responsabilizzare senza, nel contempo, dotarlo di tutti quei
poteri gestionali e di spesa sui quali si fondano, nella
evidente intenzione del legislatore, le responsabilità che è
chiamato ad assumersi.
Ancor più chiaramente, proprio il
richiamato art. 299 del d.lgs. n. 81/2008, spiega che
l’organo di vertice dell’amministrazione pubblica non si
libera delle responsabilità conseguenti dall’essere, sia
pure in via residuale, il “datore di lavoro” se si limita ad
attribuire tale qualifica ad altro soggetto, rimanendo ad un
tempo egli il dominus effettivo dell’organizzazione
gestionale e di spesa. È, in altre parole, il criterio
dell’effettività sostanziale che prevale rispetto
all’individuazione per indici formali del datore di lavoro (vds.,
Cass. pen. n. 34804/2010).
8. Così strutturato il sistema della responsabilità è
coerente con l’attribuzione di effettivi poteri gestori. Da
un lato, responsabilizza solo coloro che hanno la concreta
possibilità di valutare i rischi e di assumere le decisioni
idonee a ridurlo. Dall’altro, rispetta l’ordinamento degli EE.LL. che, pur rinvenendo negli Statuti e nei Regolamenti
la disciplina delle funzioni dei dirigenti, subordina tali
atti normativi secondari al principio per cui la gestione
amministrativa, finanziaria e tecnica è attribuita ai
dirigenti mediante autonomi poteri di spesa, di
organizzazione delle risorse umane, strumentali e di
controllo. Sono questi, dunque, i medesimi poteri richiamati
dalla disposizione del D.Lgs. n. 81/2008 che rendono
effettiva, e non formale, la individuazione del datore di
lavoro.
Se poi, nella realtà del singolo Ente, i dirigenti, o quanti
svolgono in loro mancanza le funzioni dirigenziali, sono
privi del potere gestionale autonomo o di spesa, perché, ad
esempio, non sono stati loro assegnati gli obiettivi e gli
strumenti e le dotazioni per raggiungerli, è un problema
che, prima di tutto, potrebbe mettere in discussione
l’adeguatezza della individuazione del datore di lavoro
rispetto al paradigma normativo e al criterio
sostanzialistico sopra richiamato e, d’altro canto, potrebbe
incidere, in concreto, sul riparto delle responsabilità
connesse alla qualifica.
È da osservare, peraltro, che la presenza del datore di
lavoro non manleva di ogni responsabilità i soggetti
obbligati, da altre fonti normative, a intervenire. Ai sensi
dell’art. 18, commi 3 e 3-bis, gli “interventi strutturali e
di manutenzione necessari per assicurare, ai sensi del
presente decreto legislativo, la sicurezza dei locali e
degli edifici assegnati in uso a pubbliche amministrazioni o
a pubblici uffici, ivi comprese le istituzioni scolastiche
ed educative, restano a carico dell'amministrazione tenuta,
per effetto di norme o convenzioni, alla loro fornitura e
manutenzione. In tale caso gli obblighi previsti dal
presente decreto legislativo, relativamente ai predetti
interventi, si intendono assolti, da parte dei dirigenti o
funzionari preposti agli uffici interessati, con la
richiesta del loro adempimento all'amministrazione
competente o al soggetto che ne ha l'obbligo giuridico.
3-bis. Il datore di lavoro e i dirigenti sono tenuti altresì
a vigilare in ordine all'adempimento degli obblighi di cui
agli articoli 19, 20, 22, 23, 24 e 25, ferma restando
l'esclusiva responsabilità dei soggetti obbligati ai sensi
dei medesimi articoli qualora la mancata attuazione dei
predetti obblighi sia addebitabile unicamente agli stessi e
non sia riscontrabile un difetto di vigilanza del datore di
lavoro e dei dirigenti.”
9. Da quanto precede può trarsi una prima conclusione:
il
datore di lavoro nelle pubbliche amministrazioni può essere
un dirigente o un preposto ma, d’altro lato, non tutti i
dirigenti e non tutti i preposti sono, per ciò stesso,
datori di lavoro. Quest’ultima qualificazione, in
definitiva, non accede necessariamente alla qualifica di
“dirigente” e a quella di “preposto”. Occorre che il “datore
di lavoro” sia specificamente individuato dall’organo di
vertice delle singole amministrazioni tra quei dirigenti o
quei preposti dotati di autonomi poteri decisionali e di
spesa, tenendo conto dell’ubicazione e dell’ambito
funzionale degli uffici nei quali viene svolta l’attività.
Ciascuna di queste figure è, del resto, destinataria di
specifiche funzioni e obblighi, con conseguenti
responsabilità. Peraltro, a fronte della possibilità di
delegare e sub-delegare alcune delle funzioni proprie del
datore di lavoro (art. 16), nel rispetto di rigorosi
presupposti e formalità, non è attività delegabile la
valutazione di tutti i rischi con la conseguente
elaborazione del documento previsto dall’articolo 28, nonché
la designazione del responsabile del servizio di prevenzione
e protezione dai rischi (cfr. Cass. Penale, Sez. 4, 27.05.2015, n. 22415).
10. Dalla considerazione che precede può ulteriormente
argomentarsi che, se può essere designato “datore di lavoro”
solo chi è dirigente o funzionario fornito di tutti i poteri
gestionali e di spesa autonomi, in tanto si può porre il
problema se è designabile il segretario comunale in quanto
si dia per verificato e accertato, nel concreto, che al
segretario comunale siano stati conferiti, se sono
conferibili, quei poteri autonomi di gestione e di spesa che
sono propri del dirigente.
In altre parole, la questione di
fondo non è se il segretario comunale possa essere designato
“datore di lavoro” ma, prima ancora, se e in che misura il
segretario comunale possa assumere le funzioni proprie e
piene del dirigente così da poter attrarre in questo ambito
funzionale anche le attribuzioni del datore di lavoro.
11. Non rientra nel tema posto dal quesito in esame la
questione se il segretario comunale possa assumere anche, e
contemporaneamente, una funzione gestoria di livello
dirigenziale e se questa funzione sia compatibile con le
attribuzioni istituzionali che il segretario deve adempiere.
In questa sede ci si può solo limitare a offrire alcuni
spunti di riflessione sul tema.
11.1. In coerenza col principio già affermato dall’art. 3
del D.Lgs. n. 29/1993, poi trasfuso nell’art. 4 del D.Lgs.
n. 165/2001, è indiscusso che anche gli EE.LL. si
uniformano al principio per cui i poteri di indirizzo e di
controllo politico-amministrativo spettano agli organi di
governo, mentre la gestione amministrativa, finanziaria e
tecnica è attribuita ai dirigenti mediante autonomi poteri
di spesa, di organizzazione delle risorse umane, strumentali
e di controllo. In questo senso dispone l’art. 107 del TUEL
che assegna ai dirigenti la direzione degli uffici e dei
servizi secondo i criteri e le norme dettati dagli statuti e
dai regolamenti. Nei comuni privi di personale di qualifica
dirigenziale le funzioni di cui all'articolo 107, commi 2 e
3, possono essere attribuite, a seguito di provvedimento
motivato del sindaco, ai responsabili degli uffici o dei
servizi, indipendentemente dalla loro qualifica funzionale,
anche in deroga a ogni diversa disposizione.
Secondo l’art. 97, comma 2, del TUEL, il segretario comunale
svolge compiti di collaborazione e funzioni di assistenza
giuridico-amministrativa nei confronti degli organi
dell'ente in ordine alla conformità dell’azione
amministrativa alle leggi, allo statuto ed ai regolamenti.
Salvo il caso in cui sia stato nominato il Direttore
Generale (per i comuni con popolazione superiore a 100.000
abitanti), è al segretario che spetta, negli altri casi,
sovrintendere allo svolgimento delle funzioni dei dirigenti
e coordinarne l’attività. Il segretario inoltre (…) “d)
esercita ogni altra funzione attribuitagli dallo statuto o
dai regolamenti, o conferitagli dal sindaco o dal presidente
della provincia”.
11.2 Ora proprio la previsione dell’art. 97, comma 4,
lettera d), ha costituito argomento per sostenere la
possibilità di attribuire funzioni dirigenziali al
segretario comunale.
Ad esempio, nel parere del 09.10.2009,
reso dal Ministero dell’Interno, si legge che “tale norma,
come evidenziato anche nella circolare di questo Ministero
del 15.07.1997 n. 1/1997, citata dall’esponente, ha valenza
di clausola di salvaguardia ai fini del buon andamento della
macchina organizzativa, amministrativa e gestionale
dell’ente. Infatti, occorre rilevare che le assegnazioni di
ulteriori funzioni al segretario può avvenire solo nel
momento in cui l’ente locale risulti privo sia di personale
di qualifica dirigenziale sia di responsabili dei servizi,
ovvero qualora l’ente intenda fare una specifica scelta
gestionale in tal senso. Bisogna, difatti, rammentare che i
dirigenti -ovvero i dipendenti nominati responsabili degli
uffici e dei servizi- sono titolari delle funzioni loro
attribuite, risultando, quindi, residuale l’applicazione
della citata disposizione di cui al comma 4 lett. d)
dell’art. 97.
Ciò posto, poiché ai sensi dell’art. 89 del
D.lgs. 267/2000 l’ordinamento generale degli uffici e dei
servizi è coperto da riserva di tipo regolamentare, si deve
ritenere che l’eventuale attribuzione di specifiche funzioni
gestionali o di titolarità degli uffici o dei servizi al
segretario sia necessariamente da prevedere attraverso una
specifica disposizione regolamentare, previa un’attenta
verifica dell’assenza all’interno dell’ente di adeguate
figure professionali; mentre il conferimento delle funzioni,
riservato al Sindaco o al presidente della Provincia, non
può che essere temporaneo e limitato all’espletamento di una
prestazione nell’ambito di una funzione (ad esempio la
presidenza di una gara per temporanea assenza del
dirigente)”.
Rammenta, infine, il citato parere che le stesse
disposizioni contrattuali, contenute nell’art. 1 del CCNL
dei segretari comunali e provinciali del 22.12.2003,
stabiliscono che, relativamente agli incarichi per attività
di carattere gestionale, occorre che gli stessi siano
conferiti in via temporanea e dopo aver accertato
l’inesistenza delle necessarie professionalità all’interno
dell’Ente, anche in relazione al fatto che per l’esercizio
delle funzioni aggiuntive affidate al segretario è prevista
una maggiorazione della retribuzione di posizione in
godimento.
Fermo che, nel parere in questione, le funzioni aggiuntive
alle quali si collega la maggiorazione della retribuzione si
riferiscono all’attività gestoria attribuita e non alla
qualificazione di “datore di lavoro”, che neppure potrebbe
attribuirsi scissa dalla funzione gestoria piena,
a venire
in rilievo è la fonte normativa, che l’art. 97, comma 4,
lettera d), individua nello Statuto o nel Regolamento
dell’Ente, alla quale occorre fare esclusivo riferimento per
verificare la possibilità di attribuire al Segretario
comunale specifiche funzioni gestionali o la titolarità di
uffici o servizi. Occorre cioè che sia lo Statuto o il
Regolamento (sull’ordinamento degli uffici e dei servizi) a
prevedere la conferibilità al Segretario di dette funzioni
(sulla esclusione di una “incompatibilità” ex lege
all’assunzione di funzioni dirigenziali, vsd. Sezione
controllo per la Sardegna, delibera n. 28/2013).
Tale previsione, tuttavia, a parere di questa Sezione, non
potrebbe che essere residuale, per il caso in cui l’Ente non
rinvenga al proprio interno figure professionali adeguate
all’affidamento degli incarichi e delle funzioni. Si tratta,
in effetti, di una soluzione di estremo compromesso, volta a
mantenere ferma la funzionalità dell’Ente, soprattutto di
minori dimensioni, senza sacrificare, oltre la misura minima
consentita dalle circostanze, la distinzione che deve essere
mantenuta tra gli ambiti propri dell’attività gestoria e
quelli propri del sistema dei controlli interni all’ente
medesimo, controlli che hanno visto il segretario comunale
assumere, di recente, un ruolo sempre più centrale. In altre
parole, la evoluzione della normativa in tema di controlli
interni e di contrasto alla corruzione sembra esercitare una
forza di attrazione delle funzioni del segretario comunale,
già in origine prevalentemente di coordinamento e di
assistenza, verso un’area caratterizzata da funzioni più
spiccatamente di garanzia e di controllo interno, che
finiscono per relegare al margine la possibilità di un
coinvolgimento di tale figura professionale nell’attività
gestoria piena.
In questo senso, se è vero che il citato art. 97 del TUEL
non esclude che il segretario comunale possa esercitare ogni
altra funzione attribuitagli dallo statuto o dai
regolamenti, o conferitagli dal sindaco, è anche vero che è
lo stesso articolo ad affermare, poco prima, l’esigenza di
disciplinare i rapporti tra il segretario e il direttore
generale, ove nominato, secondo l'ordinamento dell'ente e
“nel rispetto dei loro distinti ed autonomi ruoli”.
Del resto, rispetto a una sorta di generica idoneità del
segretario ad assumere funzioni dirigenziali giova osservare
che il nuovo articolo 49, comma 2, del TUEL, così come
riscritto dal D.L. 174/2012, introduce il principio per cui
la funzione eventualmente conferita al segretario deve
essere adeguata alle sue competenze. Ed infatti, su ogni
proposta di deliberazione sottoposta alla Giunta e al
Consiglio che non sia mero atto di indirizzo, è richiesto il
parere di regolarità tecnica al responsabile del servizio
interessato, che se ne assume la responsabilità
amministrativa e contabile.
In sostanza, il segretario
comunale è chiamato, in assenza del responsabile del
servizio, a rendere il parere di regolarità tecnica solo se
ha le competenze adeguate a quel servizio. Se ciò è vero per
il rilascio del parere, vera è anche la conclusione che non
ogni servizio potrebbe essere affidato alla direzione del
segretario comunale, ma solo quel servizio adeguato alle sue
competenze. Sembra infatti contraddittorio ammettere che
possa affidarsi al segretario la responsabilità di un
servizio per il quale lo stesso segretario, mancando di
adeguata competenza, non potrebbe neppure rendere il parere
di regolarità tecnica previsto dal citato art. 49 TUEL.
Ed ancora, secondo l’art. 147-bis, commi 2 e seg., anche
esso introdotto dal citato D.L. n. 174/2012, il controllo di
regolarità amministrativa è assicurato, nella fase
successiva all’adozione dell’atto, per le determinazioni di
impegno di spesa, i contratti e gli altri atti
amministrativi, scelti secondo una selezione casuale
effettuata con motivate tecniche di campionamento, “sotto la
direzione del segretario”.
Le risultanze del controllo di
cui al comma 2 sono, poi, trasmesse periodicamente, a cura
del segretario, ai responsabili dei servizi, unitamente alle
direttive cui conformarsi in caso di riscontrate
irregolarità, nonché ai revisori dei conti e agli organi di
valutazione dei risultati dei dipendenti, come documenti
utili per la valutazione, e al consiglio comunale. Ora,
se
anche non si può ritenere l’attività di controllo qui
descritta senz’altro incompatibile con quella di
responsabile delle medesime attività gestionali svolte, non
di meno, sempre per i comuni di minori dimensioni e con
minori risorse da destinare alle funzioni di controllo
interno, è da ritenere una anomalia il fatto che
l’ordinamento consenta di unificare in capo al medesimo
soggetto le funzioni di controllo e di gestione.
12. Ora, tornando al tema del parere, si ritiene di poter
affermare, in via conclusiva, che l’attribuzione della
qualifica di “datore di lavoro” in capo al segretario
comunale presuppone la mancanza di figure dirigenziali in
seno all’Ente o di funzionari che, pur non avendo la
qualifica dirigenziale, siano preposti ad un ufficio avente
autonomia gestionale e di spesa.
In tali fattispecie, nei limiti e con le cautele che si
impongono per la peculiarità della situazione, secondo le
considerazioni che precedono, il segretario comunale al
quale sia conferita con atto formale la titolarità effettiva
del potere gestionale adeguato alle sue competenze, con
attribuzione di poteri di spesa (Cass. Pen. Sez. VI,
07.10.2004), può essere anche espressamente designato “datore
di lavoro”, ai fini e con le responsabilità di cui alla D.Lgs. n. 81/2008 (Corte dei Conti, Sez. controllo
Basilicata,
parere 29.07.2015 n. 50). |
SICUREZZA LAVORO:
Personale degli enti locali. Gestione ufficio associato.
Datore di lavoro e medico competente.
L'art. 3, comma 6, del d.lgs. 81/2008,
prevede che, per il personale delle pubbliche
amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, del d.lgs.
165/2001, che presta servizio con rapporto di dipendenza
funzionale presso altre amministrazioni pubbliche, gli
obblighi imposti dal medesimo decreto sono a carico del
datore di lavoro designato dall'amministrazione ospitante
(nel caso di associazione intercomunale, l'amministrazione
presso cui ha sede l'ufficio comune cui viene assegnato il
personale). Pertanto, è compito del datore di lavoro, come
individuato, procedere alla nomina del medico competente per
la sorveglianza sanitaria di tutto il personale assegnato
all'ufficio comune.
Il Comune ha chiesto un parere rappresentando la seguente
fattispecie.
Nell'ambito di un ufficio associato costituito ai sensi
della l.r. 1/2006, il titolare di posizione organizzativa,
dipendente del Comune Y ove ha sede lo stesso ufficio, è
datore di lavoro ex d.lgs. 81/2008 anche per il personale
assegnato all'ufficio medesimo e dipendente del Comune X.
Si precisa che i due Comuni interessati hanno ciascuno il
proprio medico competente e la convenzione attuativa nulla
specifica in relazione agli adempimenti e prestazioni
richieste al medico incaricato nell'ambito della forma
associativa.
Premesso un tanto, si pone la questione se sia corretto che
il titolare di posizione organizzativa del Comune Y
sottoponga a visita medica anche i dipendenti del Comune X,
ricorrendo alle prestazioni professionali del medico
contrattualmente incaricato da e per il Comune Y,
provvedendo poi a chiedere al Comune X il rimborso dei costi
a tal fine sostenuti.
L'Ente istante riterrebbe più corretto che il titolare di
posizione organizzativa garantisca gli adempimenti della
sicurezza sui luoghi di lavoro avvalendosi degli
strumenti/forniture di cui gli altri Comuni sono
autonomamente dotati, facendo effettuare le visite mediche
prescritte dai medici incaricati dai rispettivi comuni per
il proprio personale e con i costi direttamente fatturati al
comune di appartenenza.
Sentito il Servizio finanza locale, Posizione organizzativa
sviluppo forme associative, innovazione finanza locale e
monitoraggio del sistema regionale, si espone quanto segue.
Si osserva preliminarmente che la questione sottoposta si
sarebbe dovuta affrontare e definire, in maniera puntuale,
nell'ambito o della convenzione quadro o dei singoli atti
attuativi della medesima, in quanto atti fondamentali che
disciplinano l'organizzazione e il funzionamento della forma
associativa.
In carenza di tali presupposti, soccorre comunque quanto
disposto in materia dalla legislazione vigente, tenendo
conto che la problematica in esame coinvolge esclusivamente
i dipendenti assegnati all'ufficio comune e non incide sul
contratto di fornitura di servizio già stipulato dal Comune
X, che conserva piena validità nei confronti del restante
personale dipendente del Comune medesimo.
L'art. 2 del d.lgs. 81/2008 definisce la figura del 'datore
di lavoro' nell'ambito delle pubbliche amministrazioni
di cui all'art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165/2001 (enti
locali compresi).
La citata disposizione precisa che per datore di lavoro si
intende il dirigente al quale spettano i poteri di gestione,
ovvero il funzionario non avente qualifica dirigenziale, nei
soli casi in cui quest'ultimo sia preposto ad un ufficio
avente autonomia gestionale, individuato dall'organo di
vertice delle singole amministrazioni tenendo conto
dell'ubicazione e dell'ambito funzionale degli uffici nei
quali viene svolta l'attività, e dotato di autonomi poteri
decisionali e di spesa.
Pertanto, il datore di lavoro, individuato ai sensi e per le
finalità della normativa di cui trattasi, è in sostanza il
dipendente (dirigente o titolare di p.o.) cui, a termini di
regolamento, viene affidata la responsabilità di un
determinato ufficio/servizio, all'interno della struttura
organizzativa dell'ente [1].
L'art. 18 del citato decreto elenca esaurientemente gli
obblighi organizzativi e gestionali propri del datore di
lavoro e dei dirigenti/responsabili che collaborano con lui,
vigilando sulla sicurezza dell'attività lavorativa dei
rispettivi settori.
Premesso un tanto, si osserva che lo scrivente Ufficio ha in
precedenza affrontato la problematica relativa
all'individuazione del datore di lavoro nell'ambito di
un'associazione intercomunale, nei termini di seguito
riportati [2].
Si è in particolare rilevato che l'art. 3, comma 6, del del
d.lgs. 81/2008 prevede che, per il personale delle pubbliche
amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del d.lgs.
165/2001 che presta servizio con rapporto di dipendenza
funzionale presso altre amministrazioni pubbliche, organi o
autorità nazionali, gli obblighi imposti dall'art. 18 del
citato decreto sono a carico del datore di lavoro designato
dall'amministrazione, organo o autorità ospitante.
Pertanto, nel caso di associazione intercomunale,
l'amministrazione ospitante risulta individuata nell'ente
locale presso cui ha sede l'ufficio comune e al quale viene
assegnato il personale dei Comuni associati, in dipendenza
funzionale.
Detta amministrazione deve quindi procedere a designare il
datore di lavoro responsabile per la sicurezza dell'ufficio
comune ai fini del d.lgs. 81/2008, e spetta a tale datore di
lavoro, come indicato espressamente al comma 1, lett. a),
del citato articolo 18 del d.lgs. 81/2008, nominare il
medico competente per l'effettuazione della sorveglianza
sanitaria nei casi previsti dal legislatore.
Pertanto, è compito del datore di lavoro/titolare di
posizione organizzativa, all'uopo individuato, procedere sia
alla definizione delle modalità di effettuazione delle
visite sanitarie, sia alla designazione del medico
competente, che diviene quindi l'unico referente per gli
adempimenti prescritti dal legislatore in materia di
sorveglianza sanitaria nei confronti di tutto il personale
assegnato all'ufficio comune, e ciò a prescindere
dall'appartenenza a Comuni diversi dell'associazione.
Si osserva peraltro che una soluzione univoca alla
problematica è auspicabile anche alla luce della vigente
disciplina contrattuale, in relazione al peculiare rapporto
che viene a crearsi nell'ambito dell'ufficio comune delle
forme associative.
Si rammenta infatti che l'art. 47, comma 1, del CCRL del
07.12.2006 stabilisce che il personale degli enti che
costituiscono uffici comuni nell'ambito delle forme
associative, ai quali sia affidato l'esercizio delle
funzioni pubbliche in luogo degli enti partecipanti
all'accordo costitutivo, viene assegnato dagli enti stessi
agli uffici comuni.
Come precisato dal successivo comma 2 dell'articolo in
esame, detta assegnazione avviene automaticamente in forza
della stipula della convenzione attuativa che costituisce
l'ufficio della forma associativa.
Il comma 3 del citato art. 47 precisa inoltre che
l'assegnazione del personale non comporta la costituzione di
un distinto rapporto di lavoro, il vincolo di dipendenza
organica permane con l'ente di provenienza, e (ciò che
rileva ai fini della questione sottoposta) il rapporto di
servizio si svolge nell'ambito dell'ufficio della forma
associativa [3].
Esposto quanto sopra se, come segnalato, le varie
convenzioni attuative e la convenzione quadro nulla hanno
disposto in merito all'attività in esame da parte del
responsabile dell'ufficio comune e se, soprattutto, non sono
state indicate le modalità di riparto degli oneri derivanti
dall'effettuazione dei controlli sanitari, il silenzio in
materia parrebbe lasciar intendere una volontà sottesa: che
la gestione di tale attività debba essere comunque svolta in
modo da non determinare oneri aggiuntivi per i comuni
partecipanti alla gestione. Un tanto anche al fine di
garantire l'economicità dell'azione amministrativa.
Al riguardo, peraltro, si rinvia ad una verifica in seno
alla conferenza dei sindaci, anche al fine eventualmente di
apportare le dovute modifiche alle convenzioni in essere,
come anticipato in premessa.
---------------
[1] L'art. 16 del d.lgs. 81/2008 prevede inoltre che il
datore di lavoro possa delegare le proprie funzioni ad altri
soggetti, con determinati limiti e condizioni.
[2] Cfr. prot. n. 20833 dell'08.07.2013 e prot. n. 7268 del
07.03.2014.
[3] Cfr. anche Comparto unico e contrattazione/Pareri -
Convenzioni e forme associative, parere n. 7, consultabile
sul sito della regione.fvg.it (20.07.2015 -
link a
www.regione.fvg.it). |
maggio 2015 |
|
SICUREZZA LAVORO: Sulle
responsabilità del dirigente e del sindaco in
materia di sicurezza sul posto di lavoro.
A norma dell'art. 2, lett. b), d.lgs. n. 81/2008
<Nelle pubbliche amministrazioni di
cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo
30.03.2001, n. 165, per datore di lavoro si intende
il dirigente al quale spettano i poteri di gestione,
ovvero il funzionario non avente qualifica
dirigenziale, nei soli casi in cui quest'ultimo sia
preposto ad un ufficio avente autonomia gestionale,
individuato dall'organo di vertice delle singole
amministrazioni tenendo conto dell'ubicazione e
dell'ambito funzionale degli uffici nei quali viene
svolta l'attività, e dotato di autonomi poteri
decisionali e di spesa. In caso di omessa
individuazione, o di individuazione non conforme ai
criteri sopra indicati, il datore di lavoro coincide
con l'organo di vertice medesimo>.
L'individuazione del dirigente (o
del funzionario) cui attribuire la qualifica di
datore di lavoro è demandata alla pubblica
amministrazione, la quale vi provvede con
l'attribuzione della qualità e il conferimento dei
relativi poteri di autonomia gestionale, non potendo
tale qualifica essere attribuita implicitamente ad
un dirigente o funzionario solo perché preposti ad
articolazioni della pubblica amministrazione che
hanno competenze nel settore specifico.
Nelle pubbliche amministrazioni, in
altre parole, l'attribuzione della qualità di datore
di lavoro a persona diversa dall'organo di vertice
non può che essere espressa, anche perché comporta i
poteri di gestione in tema di sicurezza. Sono gli
organi di direzione politica che devono procedere
all'individuazione, tenendo conto dell'ubicazione e
dell'ambito funzionale degli uffici, non essendo per
tale ragione possibile una scelta non espressa e non
accompagnata dal conferimento di poteri di gestione
alla persona fisica. La conseguenza della mancata
indicazione è la conservazione in capo all'organo di
direzione politica della qualità di datore di
lavoro.
Con la precisazione che agli organi
di direzione politica del Comune (Sindaco e
Giunta Comunale) sono attribuiti in via originaria
anche i poteri di sovrintendere alle scelte di
gestione e direzione amministrativa, con il
conferimento di tutti i poteri conseguenti. Anche il
potere di individuare il datore di lavoro conferma
che all'organo di direzione politica compete un
potere originario.
Occorre coordinare la disciplina sopra indicata con
le regole inerenti ai compiti datoriali non
delegabili, tra i quali rientra l'obbligo di stilare
il documento di valutazione dei rischi a norma
dell'art. 17 d.lgs. n. 81/2008, la cui inadeguata
elaborazione costituisce, appunto, il presupposto
sul quale si è fondata l'affermazione di
responsabilità del Sindaco.
Diversi sono, infatti, gli effetti
dell'individuazione del dirigente pubblico al quale
viene conferita la qualifica di datore di lavoro
rispetto alla delega di funzioni datoriali
disciplinata dall'art. 16 d.lgs. n. 81/2008.
L'atto di individuazione è correlato alla specialità
della disciplina dettata per le pubbliche
amministrazioni, alle quali non si applicano i
criteri di imputazione della responsabilità per
cosiddetta colpa di organizzazione individuati dal
d.lgs. 08.06.2001, n. 231 e dall'art. 30 d.lgs. n.
81/2008; tale specialità impone di chiarire che al
soggetto così individuato competono tutte le
funzioni datoriali, senza distinzione tra funzioni
delegabili e non delegabili, in ragione della
qualifica di datore di lavoro che tale soggetto
viene ad assumere.
In tema di norme per la prevenzione
degli infortuni, la normativa vigente esclude, in
altre parole, che si possa ascrivere al Sindaco,
anche se di un Comune di modeste dimensioni, quale
organo politico, ogni violazione di specifiche norme
antinfortunistiche, quando risulti individuato il
dirigente con qualifica di datore di lavoro in
correlazione all'ubicazione ed all'ambito funzionale
del singolo ufficio.
Sussisterà responsabilità
per il Sindaco solo se risulti che questi, essendo a
conoscenza della situazione antigiuridica inerente
alla sicurezza dei locali e degli edifici in uso
all'Ente territoriale, abbia omesso di intervenire,
con i suoi autonomi poteri, per porvi rimedio; tanto
si desume dalla regola dettata dall'art. 18, comma
3, d.lgs. n. 81/2008, in base alla quale <Gli
obblighi relativi agli interventi strutturali e di
manutenzione necessari per assicurare, ai sensi del
presente decreto legislativo, la sicurezza dei
locali e degli edifici assegnati in uso a pubbliche
amministrazioni o a pubblici uffici, ivi comprese le
istituzioni scolastiche ed educative, restano a
carico dell'amministrazione tenuta, per effetto di
norme o convenzioni, alla loro fornitura e
manutenzione. In tale caso gli obblighi previsti dal
presente decreto legislativo, relativamente ai
predetti interventi, si intendono assolti, da parte
dei dirigenti o funzionari preposti agli uffici
interessati, con la richiesta del loro adempimento
all'amministrazione competente o al soggetto che ne
ha l'obbligo giuridico>.
Quindi nelle pubbliche
amministrazioni, nel cui novero rientrano ovviamente
gli enti locali, la qualifica di datore di lavoro
-ai fini della normativa sulla sicurezza e salute
nei luoghi di lavoro-, con tutte le conseguenze che
tale qualifica comporta, è riconosciuta al dirigente
dotato di poteri di gestione e titolare di autonomi
poteri decisionali anche in materia di spesa, tenuto
conto peraltro della ripartizione di funzioni
indicata dall'Ordinamento degli enti locali (art.
107 d.lgs. 18.08.2000, n. 267), che conferisce ai
dirigenti amministrativi autonomi poteri di
organizzazione delle risorse.
---------------
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di Appello di Milano, con sentenza del
28/01/2014, ha confermato la pronuncia emessa in
data 19/07/2012 dal Giudice dell'Udienza Preliminare
presso il Tribunale di Busto Arsizio, che aveva
dichiarato B.A.M., in qualità di Sindaco del Comune
di Caronno Pertusella (VA), responsabile del delitto
di lesioni personali gravi ai danni del messo
comunale B.A..
2. Il giudice di primo grado aveva così ricostruito
l'infortunio: A.B., addetto all'Ufficio 'Messi e
Notificazioni', il giorno dell'infortunio
avrebbe dovuto archiviare alcuni documenti, da
collocare sulla sommità degli armadi, ormai
incapienti, ad un'altezza superiore a due metri da
terra; aveva, quindi, utilizzato una scala in
dotazione all'Ufficio; si trattava di una scala
portatile in alluminio a due tronchi, che il B. non
aveva, però, potuto aprire in considerazione
dell'esiguità dello spazio intercorrente tra gli
armadi e le scrivanie e che aveva, dunque,
appoggiato chiusa all'armadio; salito sulla scala,
questa era scivolata lateralmente facendo così
cadere il lavoratore di schiena.
3. A.M.B. propone ricorso per cassazione lamentando
omessa motivazione con specifico riferimento al
motivo di appello relativo all'errata
interpretazione ed applicazione dell'art. 2 lett.
b), d.Lgs. 09.04.2008, n. 81, nonché inosservanza o
erronea applicazione della medesima norma.
Le doglianze sviluppate nel ricorso si incentrano,
sostanzialmente, sull'unico punto della decisione in
cui si è affermata la qualifica di <datore di
lavoro> dell'imputata laddove, secondo la
ricorrente, la costituzione presso il Comune di
Caronne Pertusella, con delibera n. 158 del
13.05.2003, dell'Organo Collegiale dei Datori di
Lavoro, avrebbe dovuto esonerare il Sindaco da
responsabilità penale in materia di salute e
sicurezza sul luogo di lavoro, dovendosi riconoscere
a tale Organo Collegiale la qualifica di datore di
lavoro nell'ambito dell'Amministrazione Comunale.
La sentenza impugnata, si assume, avrebbe del tutto
omesso dì prendere in esame tale motivo di gravame,
limitandosi a richiamare la sentenza di primo grado
che, tuttavia, non aveva affrontato la questione.
La corretta applicazione dell'art. 2, lett. b),
d.Lgs. n. 81/2008, secondo la ricorrente, avrebbe
imposto di ritenere che, una volta individuato il
soggetto al quale attribuire la qualifica di datore
di lavoro, il Sindaco avrebbe dovuto andare esente
da responsabilità in materia antinfortunistica,
avendo il giudice di appello errato nell'ascrivere
l'elemento soggettivo del reato a soggetto diverso
dal datore di lavoro, da individuare invece
nell'Organo Collegiale dei Datori di Lavoro, che
aveva incaricato la società di consulenza M.A.S.
s.r.l. di redigere il documento di valutazione dei
rischi.
4. In data 11.05.2015 la ricorrente ha depositato
memoria difensiva sviluppando i motivi di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
2. Occorre ricordare che, a norma
dell'art. 2, lett. b), d.lgs. n. 81/2008,
per datore di lavoro si intende <il soggetto
titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o,
comunque, il soggetto che, secondo il tipo e
l'assetto dell'organizzazione nel cui ambito il
lavoratore presta la propria atti vita, ha la
responsabilità dell'organizzazione stessa o
dell'unità produttiva in quanto esercita i poteri
decisionali e di spesa.
Nelle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo
1, comma 2, del decreto legislativo 30.03.2001, n.
165, per datore di lavoro si intende il dirigente al
quale spettano i poteri di gestione, ovvero il
funzionario non avente qualifica dirigenziale, nei
soli casi in cui quest'ultimo sia preposto ad un
ufficio avente autonomia gestionale, individuato
dall'organo di vertice delle singole amministrazioni
tenendo conto dell'ubicazione e dell'ambito
funzionale degli uffici nei quali viene svolta
l'attività, e dotato di autonomi poteri decisionali
e di spesa. In caso di omessa individuazione, o di
individuazione non conforme ai criteri sopra
indicati, il datore di lavoro coincide con l'organo
di vertice medesimo>.
2.1. In tale disposizione sono confluite le
soluzioni adottate da parte della
giurisprudenza nella vigenza della precedente
normativa, meno esaustiva di quella attuale, laddove
si era specificata la necessità di un atto espresso
di individuazione del dirigente o del funzionario
quale datore di lavoro, altrimenti rimanendo quella
posizione in capo al vertice politico dell'Ente
pubblico.
Si era, in altre parole, riconosciuto carattere
costitutivo all'atto dell'organo di vertice
dell'Ente che attribuisse ad altri la qualità di
datore di lavoro, data la natura originaria della
posizione datoriale del dirigente, individuato in
quanto tale dalla legge.
2.2. Coronario di tali affermazioni di principio,
oggi positivizzate nel testo normativo, è che
l'individuazione del dirigente (o del funzionario)
cui attribuire la qualifica di datore di lavoro è
demandata alla pubblica amministrazione, la quale vi
provvede con l'attribuzione della qualità e il
conferimento dei relativi poteri di autonomia
gestionale, non potendo tale qualifica essere
attribuita implicitamente ad un dirigente o
funzionario solo perché preposti ad articolazioni
della pubblica amministrazione che hanno competenze
nel settore specifico.
Nelle pubbliche amministrazioni, in
altre parole, l'attribuzione della qualità di datore
di lavoro a persona diversa dall'organo di vertice
non può che essere espressa, anche perché comporta i
poteri di gestione in tema di sicurezza. Sono gli
organi di direzione politica che devono procedere
all'individuazione, tenendo conto dell'ubicazione e
dell'ambito funzionale degli uffici, non essendo per
tale ragione possibile una scelta non espressa e non
accompagnata dal conferimento di poteri di gestione
alla persona fisica. La conseguenza della mancata
indicazione è la conservazione in capo all'organo di
direzione politica della qualità di datore di
lavoro.
Con la precisazione che agli organi
di direzione politica del Comune (Sindaco e
Giunta Comunale) sono attribuiti in via originaria
anche i poteri di sovrintendere alle scelte di
gestione e direzione amministrativa, con il
conferimento di tutti i poteri conseguenti. Anche il
potere di individuare il datore di lavoro conferma
che all'organo di direzione politica compete un
potere originario
(in tal senso soprattutto, Sez. 4, n. 38840 del
22/06/2005, Ioriatti, Rv. 232418).
3. Premesso che in relazione al punto della
decisione concernente la riconducibilità dell'evento
all'inadeguata elaborazione del D.U.V.R.I. non è
stata svolta alcuna censura, occorre coordinare la
disciplina sopra indicata con le
regole inerenti ai compiti datoriali non delegabili,
tra i quali rientra l'obbligo di stilare il
documento di valutazione dei rischi a norma
dell'art. 17 d.lgs. n. 81/2008, la cui inadeguata
elaborazione costituisce, appunto, il presupposto
sul quale si è fondata l'affermazione di
responsabilità del Sindaco A.M.B..
Diversi sono, infatti, gli effetti
dell'individuazione del dirigente pubblico al quale
viene conferita la qualifica di datore di lavoro
rispetto alla delega di funzioni datoriali
disciplinata dall'art. 16 d.lgs. n. 81/2008.
L'atto di individuazione è correlato alla specialità
della disciplina dettata per le pubbliche
amministrazioni, alle quali non si applicano i
criteri di imputazione della responsabilità per
cosiddetta colpa di organizzazione individuati dal
d.lgs. 08.06.2001, n. 231 e dall'art. 30 d.lgs. n.
81/2008; tale specialità impone di chiarire che al
soggetto così individuato competono tutte le
funzioni datoriali, senza distinzione tra funzioni
delegabili e non delegabili, in ragione della
qualifica di datore di lavoro che tale soggetto
viene ad assumere.
3.1. In tema di norme per la
prevenzione degli infortuni, la normativa vigente
esclude, in altre parole, che si possa ascrivere al
Sindaco, anche se di un Comune di modeste
dimensioni, quale organo politico, ogni violazione
di specifiche norme antinfortunistiche, quando
risulti individuato il dirigente con qualifica di
datore di lavoro in correlazione all'ubicazione ed
all'ambito funzionale del singolo ufficio.
3.2. Sussisterà responsabilità per
il Sindaco solo se risulti che questi, essendo a
conoscenza della situazione antigiuridica inerente
alla sicurezza dei locali e degli edifici in uso
all'Ente territoriale, abbia omesso di intervenire,
con i suoi autonomi poteri, per porvi rimedio; tanto
si desume dalla regola dettata dall'art. 18, comma
3, d.lgs. n. 81/2008, in base alla quale <Gli
obblighi relativi agli interventi strutturali e di
manutenzione necessari per assicurare, ai sensi del
presente decreto legislativo, la sicurezza dei
locali e degli edifici assegnati in uso a pubbliche
amministrazioni o a pubblici uffici, ivi comprese le
istituzioni scolastiche ed educative, restano a
carico dell'amministrazione tenuta, per effetto di
norme o convenzioni, alla loro fornitura e
manutenzione. In tale caso gli obblighi previsti dal
presente decreto legislativo, relativamente ai
predetti interventi, si intendono assolti, da parte
dei dirigenti o funzionari preposti agli uffici
interessati, con la richiesta del loro adempimento
all'amministrazione competente o al soggetto che ne
ha l'obbligo giuridico>.
3.3. Quindi nelle pubbliche
amministrazioni, nel cui novero rientrano ovviamente
gli enti locali, la qualifica di datore di lavoro
-ai fini della normativa sulla sicurezza e salute
nei luoghi di lavoro-, con tutte le conseguenze che
tale qualifica comporta, è riconosciuta al dirigente
dotato di poteri di gestione e titolare di autonomi
poteri decisionali anche in materia di spesa, tenuto
conto peraltro della ripartizione di funzioni
indicata dall'Ordinamento degli enti locali (art.
107 d.lgs. 18.08.2000, n. 267), che conferisce ai
dirigenti amministrativi autonomi poteri di
organizzazione delle risorse.
4. Esaminando il caso concreto, nella sentenza di
primo grado si era dato atto che il Sindaco, con
decreto del 14.09.2006, dunque in epoca ampiamente
antecedente l'infortunio, avesse nominato un
Direttore Generale con compiti di presidenza delle
riunioni dei datori di lavoro comunali e di
formulazione della proposta per il Piano Esecutivo
di Gestione (PEG), che è lo strumento con il quale
viene attribuito il potere di spesa annuo ai datori
di lavoro, conferendogli <la direzione ed il
coordinamento dell'organo dei Datori di Lavoro>;
il Tribunale aveva accertato, altresì, che il
Sindaco aveva nominato un Responsabile del settore
amministrativo di cui faceva parte l'Ufficio <Messi
e Notificazioni> e che, a norma dell'art. 17 del
Regolamento Comunale sull'ordinamento degli uffici e
dei servizi, fra le competenze di tale figura
rientravano le <funzioni proprie del datore di
lavoro in relazione al decreto- i legge. n. 626/1994
e successive modifiche, in relazione al proprio
settore>.
Quanto ai poteri di spesa, nella sentenza si legge
che la previsione di spesa per i datori di lavoro
era stata approvata con delibera della Giunta
comunale n. 49 del 18.03.2008, che aveva attribuito
la somma di euro 18.000,00 all'Organo collegiale dei
Datori di Lavoro, composto da tutti i Responsabili
di settore, coordinati dal Direttore Generale.
Nell'esaminare la posizione del Direttore Generale,
il Tribunale aveva ritenuto che le funzioni proprie
del datore di lavoro fossero state conferite ai
singoli Responsabili di Settore e che i poteri di
spesa fossero subordinati ad approvazione della
Giunta Comunale e a delibera del Collegio dei
Datori.
4.1. Si era, tuttavia, affermata la
responsabilità del Sindaco in relazione all'omessa
redazione di un adeguato documento di valutazione
dei rischi, causalmente correlata all'infortunio
occorso al dipendente comunale, sul presupposto che
l'attività prevista dall'art. 17 d.lgs. n. 81/2008
non fosse delegabile e che, per tale ragione,
dell'incompleta redazione di tale documento dovesse,
in ogni caso, rispondere l'organo di vertice
dell'Ente.
4.2. Nella sentenza impugnata la
doglianza concernente l'esonero da responsabilità
penale del Sindaco in materia antinfortunistica,
contrariamente a quanto dedotto nel ricorso, è stata
espressamente presa in considerazione nell'elenco
dei motivi di appello (ove si richiama la delibera
n. 158 del 13.05.2003 con la quale era stato
individuato l'Organo Collegiale dei Datori di
Lavoro, che aveva a sua volta emanato la delibera n.
105 del 12.04.2005 per conferire l'incarico di
Responsabile del Servizio di prevenzione) e,
successivamente, laddove si è rimarcato che
l'imputata in prima persona avesse affidato alla
società di consulenza M. l'incarico di stilare il
documento di valutazione dei rischi, implicitamente
negando fondamento all'assunto difensivo secondo il
quale si sarebbe dovuto individuare nell'Organo
Collegiale dei funzionari apicali il datore di
lavoro ai sensi dell'art. 2, comma 1, lett. b),
d.lgs. n. 81/2008.
4.3. A tale conclusione la Corte territoriale è
pervenuta ribadendo che l'attività
di redazione del documento di valutazione dei rischi
fosse compito non delegabile, come peraltro
confermato dal pacifico dato che fosse stato il
Sindaco B. ad affidare alla società M. il relativo
incarico, richiamando anche il disposto dell'art. 33
(rectius 31), comma 5, d.lgs. n. 81/2008, a
mente del quale il datore di lavoro che <ricorra
a persone o servizi esterni non e' per questo
esonerato dalla propria responsabilità in materia>.
5. Non vi è, dunque, dubbio che nel
caso concreto gli organi di vertice
dell'amministrazione comunale (Sindaco e Giunta
Comunale) avessero individuato i dirigenti ai quali
attribuire la qualifica di datore di lavoro, secondo
quanto si legge nella sentenza di primo grado,
ritenendo tuttavia entrambi i giudici di merito che
l'attività la cui omissione aveva nel caso concreto
contribuito al verificarsi dell'infortunio, ossia
l'omessa redazione di un adeguato e completo
documento di valutazione dei rischi, non fosse
delegabile e fosse, per tale motivo, conservata in
capo all'organo di direzione politica la posizione
di garanzia inerente a detta attività.
5.1. Si tratta di motivazione
erronea in diritto, non potendo l'imputata B.
considerarsi <datore di lavoro> ai sensi del
decreto n. 81/2008 e non essendo applicabile alle
pubbliche amministrazioni che abbiano proceduto
all'individuazione del dirigente a norma dell'art.
2, comma 1, lett. b), d.lgs. n. 81/2008, secondo
quanto si è detto, la regola che limita la
delegabilità di taluni obblighi propri del datore di
lavoro (art. 17 d.lgs. n. 81/2008).
5.2. Tuttavia, tale errore di
diritto non inficia la correttezza della decisione,
ed è quindi emendabile ai sensi dell'art. 619, comma
1, cod. proc. pen., in quanto dalla pronuncia
impugnata emerge come pacifico il dato che il
Sindaco avesse in prima persona provveduto
all'adempimento dell'obbligo di redazione del
D.U.V.R.I., incaricando una società di consulenza,
da tale dato risultando evidente che non avesse
inteso conferire ad altri la relativa posizione di
garanzia
(Corte di Cassazione, Sez. IV penale,
sentenza 27.05.2015 n. 22415). |
SICUREZZA LAVORO:
Sicurezza e benessere nelle scuole.
Il volume riassume i risultati di uno studio
realizzato dai professionisti Inail della Contarp centrale,
il quale prende spunto dal protocollo d’intesa stipulato tra
Inail e Miur nel 2007 ed è finalizzato ad implementare le
conoscenze sui fattori di rischio e di comfort negli
ambienti scolastici.
In particolare, sono stati presi in esame aspetti specifici
di notevole rilevanza e influenza sulla qualità dell’aria
(fattori di rischio chimico e biologico) e dell’ambiente
(microclima, acustica ed ergonomia degli arredi).
Lo studio è stato condotto in collaborazione con un Rspp di
alcuni istituti di scuola superiore di Roma e provincia, che
ha curato l’osservazione dello stato degli edifici
scolastici dal punto di vista delle strutture e degli
impianti.
Il volume contiene, infine, i risultati di una serie di
questionari somministrati agli studenti, al fine di
comprendere la loro percezione dei rischi individuati nelle
scuole oggetto di indagine (21.05.2015 - tratto da
http://sicurezzasullavoro.inail.it). |
SICUREZZA LAVORO: Sicurezza
sul lavoro, un utile vademecum sulla gestione.
Sicurezza sul lavoro: gestione della sicurezza, attori,
ruoli e obblighi. Tutto quello che c’è da sapere nel
vademecum dell’Università di Perugia.
L'Università degli studi di Perugia ha pubblicato
un'interessante guida sulla gestione della sicurezza nei
luoghi di lavoro, che illustra in maniera semplice e chiara
norme, compiti e responsabilità relative alla sicurezza sul
lavoro.
Attori della sicurezza sul lavoro e loro
obblighi
Il testo individua tutti gli attori della sicurezza, ossia:
●
datore di lavoro
●
dirigente
●
preposto per la sicurezza
●
addetto antincendio e primo soccorso
●
responsabile del servizio di prevenzione e protezione (RSPP)
●
medico competente
●
rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RLS)
●
lavoratore
Per ciascuno di questi vengono definiti in maniera chiara e
sintetica i compiti specifici e gli obblighi previsti dalla
norma.
Documenti per la gestione della sicurezza sul lavoro
Vengono quindi individuati e schematizzati i documenti per
la gestione della sicurezza e della salute, ossia:
●
il documento di valutazione dei rischi (DVR)
●
il piano di sorveglianza sanitaria
●
il piano di manutenzione di ambienti di lavoro, impianti,
attrezzature
Gestione della sicurezza sul lavoro
Vengono illustrate le modalità di intervento e gestione
delle emergenze, in particolare:
●
come utilizzare un estintore
●
come effettuare una rianimazione cardiopolmonare
●
quali numeri chiamare in caso di emergenza
Sicurezza sul lavoro in caso di evento
sismico
Viene illustrato come comportarsi in caso di evento sismico
e in quali luoghi trovare riparo.
Ergonomia della postazione di lavoro
Infine vengono analizzate le questioni legate all’ergonomia
della postazione di lavoro e al corretto utilizzo del
videoterminale
(21.05.2015 - link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO: Lavori
in quota, le misure per il rischio caduta dall'alto.
Suva ha pubblicato il documento “Lavori sui tetti”
sui lavori in quota con le misure per il rischio caduta
dall'alto.
Il rischio di caduta dall’alto non va mai sottovalutato
quando si lavora in quota; è sempre opportuno adoperare
tutte le misure di prevenzione e protezione opportune.
In questo articolo proponiamo la guida Suva su “Lavori
sui tetti”, rivolta sia a coloro che svolgono attività
lavorative sui tetti che ai progettisti, contenente le
indicazioni e le misure di sicurezza da adottare per ridurre
i rischi nei lavori in quota.
La pubblicazione illustra attraverso immagini, schemi
esplicativi e tabelle le principali misure di protezione da
adottare quando si lavora su un’impalcatura o su un tetto,
analizzando i diversi dispositivi di protezione individuale.
Nel dettaglio sono affrontati i seguenti argomenti:
●
Pianificazione, coordinamento, responsabilità
●
Panoramica delle misure di protezione prescritte
●
Dispositivi anticaduta su tetti inclinati (a partire da una
pendenza di 10°)
●
Dispositivi anticaduta su tetti piani
●
Materiale informativo
(14.05.2015 - link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO: Lana
di roccia e lana di vetro: tutti i pericoli, gli effetti
sulla salute e le modalità di smaltimento.
La Conferenza Stato Regioni ha approvato le linee guida per
la riduzione del rischio da esposizione alle fibre
artificiali vetrose (FAV).
Con il termine FAV (fibre artificiali vetrose) si intende
una serie di prodotti e materiali costituiti da fibre che
includono una larga varietà di prodotti inorganici fibrosi
ottenuti sinteticamente, come le lane di vetro, di scoria e
di roccia (utilizzate per l’isolamento termico, acustico e
la protezione incendio) o le fibre ceramiche refrattarie,
fibre di silicato.
Linee guida lana di roccia, lana di vetro e fibre vetrose
In considerazione del largo impiego delle FAV in edilizia,
grazie alle loro buone caratteristiche di isolamento termico
e acustico, e dei possibili effetti anche gravi che possono
provocare alla salute (effetti irritativi, all’apparato
respiratorio, ecc.), la Conferenza permanente per i rapporti
tra Stato e Regioni ha approvato le linee guida finalizzate
alla riduzione del rischio da esposizione a fibre
artificiali vetrose (FAV).
Il documento fornisce le procedure utili a consentire una
corretta valutazione dei rischi e l'individuazione delle
misure di prevenzione da adottare al fine di tutelare la
salute della popolazione e dei lavoratori, sia in ambienti
di lavoro che di vita.
Le Linee guida contengono le indicazioni per una corretta
modalità di impiego, uso e manutenzione da rispettare.
Questi gli argomenti trattati:
►
le proprietà chimico-fisiche
►
la classificazione di pericoli e aspetti normativi
►
i metodi di prova ai fini della classificazione delle fibre
►
la tipologia di utilizzo e settori di impiego
►
gli effetti sulla salute
►
l'esposizione a fibre vetrose artificiali nei luoghi di
lavoro (D.Lgs. 81/2008)
►
i valori di riferimento e dati di esposizione
►
la gestione operativa dei rifiuti contenenti fibre minerali
►
le indicazioni operative
Gli allegati contengono la Nota metodologica relativa
all'analisi del materiale fibroso in massa e gli obblighi e
le responsabilità del medico competente
(14.05.2015 - link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO:
Responsabilità del RSPP per mancata previsione del rischio
specifico?
Quesito
E' possibile che un RSPP possa essere
condannato penalmente per il reato di omicidio colposo
aggravato dalla violazione della normativa
antinfortunistica, in danno di un lavoratore precipitato
dall'alto durante l'esecuzione dei lavori, evidenziando in
proposito che anche il RSPP, nella sua qualità, avrebbe
dovuto prevedere lo specifico rischio caduta dall'alto ove
avesse operato con la dovuta diligenza?
Risposta
L'obbligo dei titolari della posizione di sicurezza in
materia di infortuni sul lavoro è articolato e comprende non
solo l'istruzione dei lavoratori sui rischi connessi alle
attività lavorative svolte e la necessità di adottare tutte
le opportune misure di sicurezza, ma anche la effettiva
predisposizione di queste, il controllo, continuo ed
effettivo, circa la concreta osservanza delle misure
predisposte per evitare che esse vengano trascurate o
disapplicate nonché il controllo sul corretto utilizzo, in
termini di sicurezza, degli strumenti di lavoro e sul
processo stesso di lavorazione.
Il datore di lavoro deve sempre attivarsi positivamente per
organizzare le attività lavorative in modo sicuro,
assicurando anche l'adozione da parte dei dipendenti delle
doverose misure tecniche ed organizzative per ridurre al
minimo i rischi connessi all'attività lavorativa: tale
obbligo dovendolo ricondurre, oltre che alle disposizioni
specifiche, proprio, più generalmente, al disposto dell'art.
40, comma 2, c.p..
La responsabilità del datore di lavoro non esclude, però, la
concorrente responsabilità del RSPP. Anche il RSPP, infatti,
che pure è privo dei poteri decisionali e di spesa (e quindi
non può direttamente intervenire per rimuovere le situazioni
di rischio), può essere ritenuto (cor)responsabile del
verificarsi di un infortunio, ogni qualvolta questo sia
oggettivamente riconducibile ad una situazione pericolosa
che egli avrebbe avuto l'obbligo di conoscere e segnalare,
dovendosi presumere che alla segnalazione avrebbe fatto
seguito l'adozione, da parte del datore di lavoro, delle
necessarie iniziative idonee a neutralizzare detta
situazione (Cass. pen., Sez. IV, 20.04.2011, n. 28779).
Di conseguenza, in tema di infortuni sul lavoro, il
responsabile del servizio di prevenzione e protezione, pur
svolgendo all'interno della struttura aziendale un ruolo non
operativo ma di consulenza, ha l'obbligo giuridico -Cass.
Pen. n. 22233 del 2014- di collaborare con il datore di
lavoro, individuando i rischi connessi all'attività
lavorativa e fornendo le opportune indicazioni tecniche per
risolverli, con la conseguenza che, in relazione a tale suo
compito, può essere chiamato a rispondere, quale garante,
degli eventi che si verifichino in conseguenza della
violazione dei suoi doveri (07.05.2015 - link a
www.insic.it). |
aprile 2015 |
|
SICUREZZA LAVORO: Sicurezza
nei cantieri stradali: arriva il manuale operativo.
“Facendo Strada” è il nuovo manuale operativo che
Friuli Venezia Giulia Strade S.p.A. ha realizzato per la
gestione e la manutenzione delle strade, allo scopo di
migliorare le condizioni di sicurezza dei propri dipendenti
durante lo svolgimento dell'attività lavorativa.
Il manuale contiene le modalità operative, con riferimento
agli specifici interventi, da adottare per tutto il
personale che opera lungo le strade, al fine di migliorare
le condizioni di sicurezza per i lavoratori (D.Lgs.
81/2008).
La pubblicazione contiene:
- indicazioni generali sui cantieri
- procedure operative ordinarie (vengono individuate le
caratteristiche delle diverse attrezzature utilizzate e i
Dispositivi di protezione individuale, DPI, da adottare
prima, durante e dopo l'attività)
- procedure per i lavori in galleria
- indicazioni sul servizio di sorveglianza H24
- procedure di emergenza
Inoltre sono presenti 4 allegati relativi a :
-organizzazione della sicurezza
- riferimenti normativi e bibliografici
- mezzi e attrezzature
- modulistica da adottare
(29.04.2015 - link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO:
RSPP e responsabilità in caso di infortunio: chi risponde?
Un RSPP esterno ad un'amministrazione
comunale ha chiesto chi risponde in caso di infortunio o di
malattia professionale derivante dal mancato adempimento
degli obblighi derivanti dal "Testo Unico".
Il Quesito
Sono stato designato quale RSPP esterno da una
amministrazione comunale che ha più sedi operative, o unità
produttive, in edifici distinti e separati.
Ho preso visione della documentazione in possesso
dell'amministrazione e riscontrato la seguente situazione:
- il Sindaco con specifico decreto ha individuato e nominato
n. 5 Responsabili di Servizio (non dirigenti) quali datori
di lavoro delle proprie unità produttive. Trattasi di una
nomina e non di una "delega";
- i suddetti datori di lavoro sono dei responsabili preposti
alla gestione e coordinamento delle attività lavorative, ma
di fatto e in sostanza non hanno poteri decisionali né di
spesa in quanto qualsiasi spesa (anche per l'acquisito di un
cartello segnaletico) deve essere approvata a livello
superiore. In sostanza si limitano a segnalare eventuali
necessità di adeguamento e/o di prevenzione e protezione dai
rischi all'ufficio tecnico comunale;
- il decreto comunale, inoltre, individua e nomina un
responsabile unico delle attività di prevenzione incendi per
tutte le sedi operative. La persona nominata è anche datore
di lavoro di una unità produttiva;
- alcuni datori di lavoro condividono uno stesso edificio o
sede operativa che ha ambienti di lavoro, spazi ed impianti
tecnologici comuni. È stato redatto unico DVR dai due datori
di lavori;
- il Rls è unico per tutte le unità produttive o sedi
operative.
Personalmente, sulla base dell'esperienza professionale e in
seguito a specifici chiarimenti pubblicati sulla Vs.
rivista, ritengo che la nomina dei datori di lavoro che non
hanno poteri decisionali e di spesa, perché mancanti di
proprio budget di spesa, sia solo formale e non sostanziale.
Quindi chi risponde in caso di infortunio o
di malattia professionale derivante dal mancato adempimento
degli obblighi derivanti dal "Testo Unico"?
Quale RSPP se individuo e segnalo al datore di lavoro "nominato"
carenze, criticità e rischi per la salute e la sicurezza dei
lavoratori che poi non vengono eliminati, posso avere
responsabilità anche penali?
Secondo l'Esperto
Il vertice di una P.A. (il Sindaco di un Comune nel caso
descritto) può designare uno o più datori di lavoro
(dirigenti o funzionari di qualifica non dirigenziale),
purché essi siano dotati di autonomi poteri decisionali e di
spesa, ferme restando le responsabilità connesse alle scelte
strateghe di indirizzo e di allocazione delle risorse
economiche che permangono in capo all'organismo di vertice.
In capo a quest'ultimo, peraltro, verrebbe ricondotta anche
la funzione di datore di lavoro ove le designazioni di altri
soggetti fossero state eseguite in difetto dei predetti
requisiti (ultimo periodo della norma sopra richiamata).
Nel caso descritto, peraltro, si deve ritenere che la nomina
a RSPP sia stata effettuata dai cinque datori di lavoro e
non da altri, attesa il divieto di delega di tale
adempimento ex art. 17 D.Lgs. 81/2008.
Quanto agli altri quesiti, fermo restando il tema dei
requisiti necessari per lo svolgimento della funzione di
datore di lavoro, non sussistono specifici doveri di
corrispondenza tra fabbricati e DVR. Ove, effettivamente, vi
fosse una articolazione organizzativa su diversi datori di
lavoro, tutti questi potrebbero delegare le attività
inerenti la prevenzione incendi ad un unico soggetto nel
rispetto delle condizioni di delega di funzioni di cui
all'art. 16 D.Lgs. 81/2008. Neppure ritengo sia
normativamente vietata l'elaborazione, consultazione,
sottoscrizione ed adozione di un D.V.R. congiuntamente tra
più datori di lavoro; per tale circostanza, tuttavia, si
deve ritenere la piena omogeneità dei rischi per le due
organizzazioni.
Parimenti, ad un'unica organizzazione lavorativa, ancorché
ripartita su diverse unità produttive o rami di
organizzazione sindacale, potrà corrispondere un'unica forma
di rappresentanza dei lavoratori (RLS); ovviamente gli RLS
così designati eserciteranno le loro attribuzioni nei
confronti dei diversi datori di lavoro, salvo che uno
specifico accordo sindacale non ne disciplini ulteriori
articolazioni di competenze. Sul punto, si dovranno
osservare la previsioni dell'accordo confederale con l'ARAN,
nonché le eventuali disposizioni della contrattazione
decentrata applicabile.
In ultimo, il tema delle responsabilità.
Non si può affermare presuntivamente una responsabilità
penale in caso di infortunio o malattia professionale,
prescindendo dalle modalità di accadimento. Le possibili
responsabilità connesse con gli eventi lesivi sono
molteplici e sono riconducibili alle diverse posizioni di
garanzia descritte nel D.Lgs. 81/2008 e ricordate dal suo
art. 299. Tutto ciò che fosse riferibile alla posizione di
datore di lavoro, ove i cinque designati fossero privi di
autonomi poteri decisionali e di spesa, sarebbe quindi
riconducibile all'autore di tali designazioni; ciò non
esclude altri ordini di responsabilità, quali dirigenti (ai
fini della sicurezza e non necessariamente sotto il profilo
di inquadramento) o preposti o una delle altre figure
previste nel D.Lgs. 81/2008.
Quanto al RSPP, la relativa fonte di responsabilità è
funzione diretta della propria professionalità: oltre a far
presente le eventuali carenze organizzative del sistema (es.
inadeguata designazione datori di lavoro), egli dovrà
svolgere consapevolmente le sue funzioni, segnalando
eventuali situazioni di rischio e proponendone le
corrispondenti valutazioni e misure, oltre agli altri
compiti di cui all'art. 31 D.Lgs. 81/2008. Un RSPP esterno,
inoltre, che svolga tale attività in virtù di un rapporto
libero professionale, avrà la possibilità di non accettare
l'incarico ovvero di esercitare le proprie facoltà
contrattuali, ove non ritenga bilaterale il rapporto
fiduciario.
Una volta svolte le segnalazioni, se il RSPP esterno non ha
poteri diretti di intervento (perché non gli sono stati
attribuiti dal/dai datore/i di lavoro) non incorre in
ulteriori responsabilità; sarà, al rinnovo contrattuale, una
sua valutazione se proseguire o meno nel rapporto (06.04.2015
- link a www.insic.it). |
marzo 2015 |
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SICUREZZA LAVORO:
AFFIDAMENTO DELLA VALUTAZIONE DEI RISCHI A SOCIETÀ ESTERNA.
Sussiste in capo al datore di lavoro
, nel caso di specie, sia una culpa in eligendo, per
l’affidamento dell’incarico di redazione del documento
di
valutazione dei rischi
ad una società dotata dì un’organizzazione
inadeguata, sia una culpa in vigilando, per il mancato
controllo dell’imputato sui tempi di esecuzione di tale
importante e indifferibile adempimento.
Altresì, ’imputato, pur consapevole
della mancanza del documento, ha comunque continuato lo
svolgimento dell’attività aziendale, rispetto alla quale
tale documento, che deve avere data certa ed essere
custodito presso l’unità produttiva a cui si riferisce la
valutazione dei rischi, costituisce un presupposto
indefettibile (ai sensi degli artt. 28, comma 2, e 29, comma
4, del D.Lgs. n. 81/2008).
---------------
Di frequente, il datore di lavoro –titolare
dell’obbligo indelegabile di effettuare la valutazione dei
rischi e di elaborare il relativo documento– si affida a
consulenti o società esterne, e, qualora venga poi chiamato
a rispondere penalmente per carenze relative al DVR, tenti
di discolparsi, chiamando in causa la società o il
consulente (sul punto v. Guariniello, Il T.U. Sicurezza sul
Lavoro commentato con la giurisprudenza. Integrato con i
commenti al Codice penale (artt. 434, 437, 449, 575, 582,
589, 590), VI edizione, Milano, 2014, 216 ss.).
La presente sentenza considera un’ipotesi in cui un datore
di lavoro fu condannato per la «contravvenzione prevista
dall’art. 29, comma 1, e punita dall’art. 55, comma 1, del
D.Lgs. n. 81/2008, perché non effettuava la valutazione dei
rischi e non elaborava il documento di cui all’art. 17,
comma 1, lett. a), dello stesso D.Lgs., in collaborazione
con il responsabile del servizio di prevenzione e protezione
ed il medico competente, nei casi previsti dal successivo
art. 41».
A sua discolpa, l’imputato deduce che «aveva
commissionato a una società la redazione del documento di
valutazione dei rischi; documento che era stato redatto in
ritardo per cause imputabili a tale società ed era stato
presentato all’ASL 48 ore dopo il sopralluogo nel quale era
stato accertato il reato».
La Sez. III conferma la condanna.
Rileva che «vi sarebbero, nel caso di
specie, sia una culpa in eligendo, per l’affidamento
dell’incarico di redazione del documento ad una società
dotata dì un’organizzazione inadeguata, sia una culpa in
vigilando, per il mancato controllo dell’imputato sui tempi
di esecuzione di tale importante e indifferibile adempimento».
Aggiunge che «l’imputato, pur
consapevole della mancanza del documento, ha comunque
continuato lo svolgimento dell’attività aziendale, rispetto
alla quale tale documento, che deve avere data certa ed
essere custodito presso l’unità produttiva a cui si
riferisce la valutazione dei rischi, costituisce un
presupposto indefettibile (ai sensi degli artt. 28, comma 2,
e 29, comma 4, del D.Lgs. n. 81/2008)»
(Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 26.03.2015 n. 12962
- tratto da Igiene e
Sicurezza del Lavoro n. 5/2015). |
SICUREZZA LAVORO:
NON SANZIONATI GLI OBBLIGHI DI INFORMAZIONE E FORMAZIONE?
Errare è umano, perseverare diabolico.
In materia di prevenzione
degli infortuni ai danni dei lavoratori, la norma di cui
all’art. 18, comma 1, lett. l), D.Lgs. n. 81/2008 –che
obbliga il datore di lavoro ad adempiere agli
obblighi di informazione, formazione e addestramento di cui
agli artt. 36 e 37 stesso decreto– non rientra tra quelle
disposizione precettive la cui violazione, ai sensi del
successivo art. 55, è presidiata da sanzione penale.
---------------
Già Cass. 23.01.2014, n. 3145, Dal Sasso, in ISL, 2014, 6,
307, nell’annullare la condanna di un datore di lavoro per
la violazione dell’art. 18, comma 1, lett. l), D.Lgs. n.
81/2008, per non aver adempiuto agli obblighi di
informazione, formazione ed addestramento dei lavoratori,
asserì: «La struttura del testo normativo in esame (D.Lgs.
n. 81/2008) è chiarissima nel distinguere, al proprio
interno, un complesso di diposizioni precettive che, poi,
trovano una sanzione negli articoli che vanno dal 55 al 60.
Tuttavia, nell’art. 55 –unica norma nella quale si cita
l’art. 18 [comma 5, lett. c), d) ed e)]– non è richiamata la
disposizione che qui si assume violata, vale a dire la lett.
l) del comma 1 dell’art. 18). È, quindi, evidente, nella
specie, la violazione del principio di legalità perché il
fatto non è previsto dalla legge come reato e, quindi,
nessuna sanzione avrebbe potuto essere irrogata.
L’enunciazione di cui alla citata lett. l), infatti, si
risolve in una disposizione programmatica priva di sanzione
penale.»
La Sez. III torna ora sul tema, e annulla la condanna di un
datore di lavoro per violazione degli obblighi di
formazione ed informazione di un suo dipendente: «in
materia di prevenzione degli infortuni ai danni dei
lavoratori, la norma di cui all’art. 18, comma 1, lett. l),
D.Lgs. n. 81/2008 –che obbliga il datore di lavoro ad
adempiere agli obblighi di informazione, formazione e
addestramento di cui agli artt. 36 e 37 stesso decreto– non
rientra tra quelle disposizione precettive la cui
violazione, ai sensi del successivo art. 55, è presidiata da
sanzione penale».
Il fatto è che la violazione degli obblighi di informazione
e formazione è sanzionata dall’art. 55, comma 1, lett. c),
con riguardo agli artt. 36 e 37, D.Lgs. n. 81/2008 (v.,
infatti, esattamente, della stessa Sez. III, ad es., Cass.
09.09.2014, n. 37312, inedita) (Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 10.03.2015 n. 10023
- tratto da Igiene e
Sicurezza del Lavoro n. 5/2015). |
SICUREZZA LAVORO:
Personale degli enti locali. Individuazione dirigente e
preposto ai sensi del d.lgs. 81/2008.
Competono al 'dirigente' individuato ai
sensi del d.lgs. n. 81/2008 gli specifici obblighi imposti
dal legislatore in materia di sicurezza, in stretta
collaborazione con il 'datore di lavoro'.
Il 'preposto' è il soggetto al quale siano attribuiti, anche
di fatto, poteri di sovraordinazione sugli altri dipendenti
operanti in un determinato settore, che vigila concretamente
sull'attività lavorativa degli stessi, per garantire che la
medesima si svolga nel rispetto delle regole prevenzionali.
Il Comune ha chiesto un parere in ordine alla corretta individuazione
della figura del 'dirigente' e del 'preposto', come definiti
dal d.lgs. 81/2008, all'interno della struttura
organizzativa dell'Ente medesimo e sulla base del
regolamento di organizzazione.
Preliminarmente è doveroso precisare che esula dalle
competenze dello scrivente Servizio ingerirsi nelle scelte
discrezionali che le amministrazioni locali, in piena
autonomia, sono tenute ad effettuare per ottemperare ai
dettami imposti da specifiche disposizioni legislative.
Si osserva, infatti, che l'individuazione dei soggetti
previsti dalle vigenti norme a tutela della sicurezza nei
luoghi di lavoro presuppone il concreto riferimento,
nell'ambito dei singoli enti locali, alla ripartizione
interna delle specifiche competenze, così come definite e
disciplinate dagli atti di autorganizzazione e
regolamentazione adottati dalle medesime amministrazioni.
Premesso un tanto, in via collaborativa e in termini
generali, si forniscono le seguenti indicazioni, dalle quali
l'Amministrazione istante potrà ricavare le determinazioni
da assumere.
L'art. 2, comma 1, lett. b), del d.lgs. 81/2008 definisce la
figura del 'datore di lavoro' nell'ambito delle pubbliche
amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, del d.lgs. n.
165/2001 (enti locali compresi).
La citata disposizione precisa che, per datore di lavoro, si
intende 'il dirigente al quale spettano i poteri di
gestione, ovvero il funzionario non avente qualifica
dirigenziale, nei soli casi in cui quest'ultimo sia preposto
ad un ufficio avente autonomia gestionale, individuato
dall'organo di vertice delle singole amministrazioni tenendo
conto dell'ubicazione e dell'ambito funzionale degli uffici
nei quali viene svolta l'attività, e dotato di autonomi
poteri decisionali e di spesa'. Il legislatore ha peraltro
previsto che, in caso di omessa individuazione o di
individuazione non conforme ai criteri indicati, il datore
di lavoro coincida con l'organo di vertice medesimo
[1].
Lo stesso comma 1, alla lett. d) definisce poi, ai fini
applicativi del decreto stesso, 'dirigente' la persona che,
in ragione delle competenze professionali e di poteri
gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell'incarico
conferitogli, attua le direttive del datore di lavoro
organizzando l'attività lavorativa e vigilando su di essa.
La figura del 'preposto', come indicato dalla lett. e) del
comma in argomento, è da rinvenirsi invece nella 'persona
che, in ragione delle competenze professionali e nei limiti
di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura
dell'incarico conferitogli, sovrintende alla attività
lavorativa e garantisce l'attuazione delle direttive
ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei
lavoratori ed esercitando un funzionale potere di
iniziativa'.
Preliminarmente si osserva che il ruolo centrale, nella
applicazione delle disposizioni introdotte dal d.lgs.
81/2008, è riservato comunque alla figura del 'datore di lavoro', col quale il 'dirigente' è tenuto a collaborare e a
condividere determinate responsabilità. Il 'dirigente'
pertanto, assume una posizione di responsabilità intermedia,
tra 'datore di lavoro' e 'preposto', in quanto ha l'onere di
organizzare in modo adeguato e sicuro le strutture e i mezzi
messi a disposizione dal 'datore di lavoro', a prescindere
da eventuali poteri di spesa.
Proprio dalla disamina, di quanto previsto all'art. 18 del
citato d.lgs. 81/2008, emerge la stretta connessione tra
l'attività esercitata dal 'datore di lavoro' dell'ente e
quella dei 'dirigenti', in quanto detti soggetti hanno il
compito precipuo di organizzare e dirigere le stesse
attività, secondo le attribuzioni e competenze ad essi
conferite e sono parimenti destinatari di specifici obblighi
imposti dal legislatore.
Il 'dirigente' non si sostituisce al 'datore di lavoro', ma
con questo condivide, secondo le reali incombenze, oneri e
responsabilità in materia di sicurezza del lavoro.
Con particolare riferimento alla realtà delle autonomie
locali, acclarato che, ai fini applicativi del d.lgs.
81/2008 la figura del 'dirigente' non deve necessariamente
corrispondere ad una rigida individuazione di tipo
giuridico/contrattualistico [2], i comuni privi di dirigenti
nella propria discrezionalità possono attribuire ai soggetti
che, per legge e contratto, svolgono comunque funzioni
dirigenziali (i titolari di posizione organizzativa) anche
gli obblighi specifici derivanti dal d.lgs. 81/2008 in
materia di sicurezza, in relazione agli adempimenti
connessi, compresa l'attuazione di tutte le funzioni che
eventualmente il datore di lavoro riterrà di delegare nei
limiti previsti dalla legge.
In relazione poi alla distinzione tra la figura del
'dirigente' e quella del 'preposto' nell'ambito della
prevenzione, appare utile riportare le considerazioni
espresse in proposito dalla Suprema Corte [3]. Si è, in tale
contesto, affermato che l'apprestamento e la dotazione dei
mezzi di sicurezza costituiscono compito e responsabilità
del 'datore di lavoro' e del 'dirigente'.
Nel confermare, inoltre, la linea di confine tra
programmazione ed apprestamento della sicurezza, affidata al
'datore di lavoro' e al 'dirigente', e la sorveglianza,
affidata invece al 'preposto', la Corte di Cassazione con la
medesima sentenza ha identificato in particolare, ai fini
degli obblighi di prevenzione, la figura del 'preposto'.
Si è, infatti, precisato che il 'preposto' è colui che
sovraintende a determinate attività lavorative e si è
affermato che la specifica competenza prevenzionale
attribuita a detta figura consiste nel controllare
l'ortodossia antinfortunistica dell'esecuzione delle
prestazioni lavorative e non si estende quindi anche alla
scelta dei dispositivi di sicurezza, che rientra, invece,
nelle attribuzioni del 'datore di lavoro' (o anche dei
'dirigenti' nel caso in cui costoro abbiano un potere di
spesa appropriato).
Per 'dirigenti', pertanto, devono intendersi, ai fini che ci
occupano e al di là della mera classificazione contrattuale,
i dipendenti che hanno il compito di impartire ordini ed
esercitare la necessaria vigilanza, in conformità alle
scelte di politica adottate dagli organi di vertice che
formano la volontà dell'ente (essi rappresentano quindi
l'alter ego del 'datore di lavoro', nell'ambito delle
competenze loro attribuite e nei limiti dei poteri
decisionali e di spesa loro conferiti).
I 'preposti' sono invece i soggetti che vigilano
concretamente sull'attività lavorativa degli altri
dipendenti, per garantire che la medesima si svolga nel
rispetto delle regole prevenzionali, e sono forniti di un
limitato potere di impartire ordini e istruzioni, peraltro
di natura tendenzialmente (a volte meramente) esecutiva
[4].
Conseguentemente ne deriva un 'doppio binario' di
responsabilità. In pratica, accanto ad una responsabilità di
organizzazione e programmazione della sicurezza spettante al
'datore di lavoro' ed al 'dirigente', si riscontra una
tipologia di responsabilità di gestione e controllo
quotidiano, che fa capo ai 'preposti'.
La Corte di Cassazione ha sottolineato inoltre che il
'preposto', in quanto delegato alla diretta sorveglianza dei
lavoratori a lui affidati, è certamente tenuto 'ad una
attenta ed assidua vigilanza e specialmente a dare
istruzioni anche per lavori che possono ritenersi di
semplice esecuzione' [5]. Ed ancora: 'il caposquadra va
inquadrato nella figura del preposto perché rientra nei suoi
compiti dirigere e sorvegliare il lavoro dei componenti la
squadra' [6].
Il 'preposto', inoltre, deve essere un soggetto qualificato
per tale mansione. A tal proposito, sempre la Suprema Corte
ha evidenziato che 'per istituire una posizione di garanzia
individuabile nella qualità di preposto non è sufficiente
che il lavoratore abbia una qualifica superiore a quella
degli altri dipendenti ma è necessario che gli siano
attribuiti, anche di fatto, poteri di sovraordinazione sugli
altri dipendenti operanti in un determinato settore'
[7].
---------------
[1] Con riferimento alla specifica realtà dei Comuni,
'datore di lavoro' è il Sindaco.
[2] Inquadramento nella categoria dirigenziale.
[3] Cfr. Corte di Cass. pen., sentenza n. 21593 del 2007.
Nella fattispecie esaminata, in occasione di un grave
infortunio subito dal lavoratore, il datore di lavoro aveva
affermato la responsabilità, in sua vece, del preposto.
[4] Il preposto, in sostanza, in ragione della propria
posizione professionale, ha un potere limitato al proprio
campo di operatività, per controllare e verificare lo
svolgimento del lavoro in sicurezza.
[5] Cfr. Cassaz. Pen., sez. IV, sentenza n. 4412 del 2012.
'Tra i preposti è da annoverarsi il soggetto avente
qualifica e funzioni di capo-squadra'.
[6] Cfr. Cass. pen. Sez. IV, sentenza n. 14192 del 2006.
[7] Cfr. Cass. pen., sez. IV, sentenza n. 40939 del 2002
(03.03.2015 -
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SICUREZZA LAVORO: I POTERI DI SOSPENSIONE DEL COORDINATORE PER L’ESECUZIONE
DEI LAVORI.
Il coordinatore per la sicurezza è
titolare
di una posizione di garanzia nei limiti degli obblighi
specificamente individuati dall’art. 92 D.Lgs. 09.04.2008,
n. 81.
Tale posizione di garanzia gli impone,
nell’ambito
dei cantieri temporanei o mobili contrassegnati da
lavori appaltati, di assicurare il collegamento tra impresa
appaltatrice e committente al fine della migliore
organizzazione
del lavoro sotto il profilo della tutela antinfortunistica:
in particolare sono a suo carico i compiti di adeguare il
piano
di sicurezza in relazione allo stato di avanzamento dei
lavori, di vigilare sul rispetto dello stesso e di
sospendere le
singole lavorazioni in caso di pericolo grave ed imminente.
Le funzioni del coordinatore non si limitano a
compiti organizzativi e di raccordo o di collegamento tra le
eventuali varie imprese che collaborano nella realizzazione
dell’opera, ma si estendono anche al compito di vigilare
sulla corretta osservanza da parte delle imprese o della
singola
impresa delle prescrizioni del piano di sicurezza e ciò
a maggior garanzia dell’incolumità dei lavoratori.
La presenza in cantiere del coordinatore per
la sicurezza non va intesa come stabile presenza in
cantiere,
ma secondo il significato che consegue dalla posizione
di garanzia di cui lo stesso è titolare nei limiti degli
obblighi
specificamente individuati dall’art. 92 del citato D.Lgs. n.
81/2008), che comprendono anche poteri a contenuto impedivo
in situazioni di pericolo grave ed imminente.
---------------
Condannato in cooperazione colposa con il datore di lavoro
della vittima titolare della ditta appaltatrice per un
infortunio
mortale in danno di un operaio precipitato da un ponteggio
da una altezza di 16/18 metri nel corso di lavori di
restauro della facciata di un edificio, un coordinatore per
la
esecuzione dei lavori sicurezza sostiene a sua discolpa che
«i poteri del coordinatore per l’esecuzione debbano essere
esercitati solo nei casi in cui il pericolo grave ed
imminente
sia direttamente riscontrato dallo stesso.»
La Sez. IV ribatte che «il coordinatore per la sicurezza è
titolare
di una posizione di garanzia nei limiti degli obblighi
specificamente individuati dall’art. 92 D.Lgs. 09.04.2008,
n. 81», e che «tale posizione di garanzia gli impone,
nell’ambito
dei cantieri temporanei o mobili contrassegnati da
lavori appaltati, di assicurare il collegamento tra impresa
appaltatrice e committente al fine della migliore
organizzazione
del lavoro sotto il profilo della tutela antinfortunistica:
in particolare sono a suo carico i compiti di adeguare il
piano
di sicurezza in relazione allo stato di avanzamento dei
lavori, di vigilare sul rispetto dello stesso e di
sospendere le
singole lavorazioni in caso di pericolo grave ed imminente».
Rileva che «le funzioni del coordinatore non si limitano a
compiti organizzativi e di raccordo o di collegamento tra le
eventuali varie imprese che collaborano nella realizzazione
dell’opera, ma si estendono anche al compito di vigilare
sulla corretta osservanza da parte delle imprese o della
singola
impresa delle prescrizioni del piano di sicurezza e ciò
a maggior garanzia dell’incolumità dei lavoratori».
Chiarisce che «la presenza in cantiere del coordinatore per
la sicurezza non va intesa come stabile presenza in
cantiere,
ma secondo il significato che consegue dalla posizione
di garanzia di cui lo stesso è titolare nei limiti degli
obblighi
specificamente individuati dall’art. 92 del citato D.Lgs. n.
81/2008), che comprendono anche poteri a contenuto impedivo
in situazioni di pericolo grave ed imminente».
Prende atto che «le circostanze di fatto afferenti lo stato
del cantiere e le condizioni in cui lavorava l’operaio
(l’assenza
di parapetti nel ponteggio e la presenza sullo stesso
di varchi seguenti allo smontaggio di un elevatore,
effettuato
circa dieci giorni prima del fatto, utilizzati per il
passaggio
dei materiali e l’omessa adozione da parte della vittima di
cinture di sicurezza), non consentono dubbi sulla palese
violazione degli obblighi sopra indicati da parte
dell’imputato,
che, per sua stessa ammissione assicurava in cantiere
una presenza a cadenza settimanale o al più quindicennale»
(circa la posizione di garanzia del coordinatore per
l’esecuzione dei lavori v. Guariniello, Il T.U. Sicurezza
sul Lavoro commentato con la giurisprudenza. Integrato con i
commenti al Codice penale (artt. 434, 437, 449, 575, 582,
589, 590), VI edizione, Milano, 2014, 659 ss., cui adde, da
ultimo, Cass. pen., sez. IV, 23.01.2015, n. 3272,
Cardarelli e altro; Cass. pen., sez. IV, 17.11.2014,
n. 47283; Bartoli, Cass. pen., sez. IV, 17.10.2014, n.
43466, Turroni e altro, tutte in ISL, n. 3/2015, 144; nonché
Cass. pen., sez. fer., 01.09.2014, n. 36510, Caporale
e altri, ibid., 2014, 11, 551; Cass. pen., sez. IV, 05.05.2014, n. 18515, Landi e R.C., ibid., 2014, 7, 365; Cass. pen.,
sez. IV, 05.05.2014, n. 18459, Brioschi e altri, ibid.,
2014, 7, 363; Cass. pen., sez. IV, 05.05.2014, n. 18436, Angele, ibid., 2014, 7, 366; nonché, retro, la sentenza
Bellinato) (Corte
di
Cassazione, Sez. IV penale,
sentenza 02.03.2015
n. 9158
- tratto da Igiene e
Sicurezza del Lavoro n. 4/2015). |
febbraio 2015 |
|
SICUREZZA LAVORO:
DATORE DI LAVORO DI FATTO E DATORE DI LAVORO DI DIRITTO.
In materia prevenzionistica, il datore
di lavoro, titolare degli obblighi prevenzionistici, va
individuato sia in colui che risulta parte in senso formale
del contratto di lavoro sia nel soggetto che di fatto assume
i poteri tipici della figura datoriale [art. 2, lett. b), D.Lgs. n. 81/2008; ed inoltre l’art. 299 D.Lgs. n. 81/2008].
Ne consegue che l’individuazione di un datore di lavoro
“formale” non si pone in contrapposizione con
l’eventualità dell’esistenza anche di un datore di lavoro
di fatto.
---------------
Nel settore della sicurezza del lavoro, alla luce degli
artt. 2, comma 1, lettera b), e 299 D.Lgs. n. 81/2008, è
ormai incalzante l’individuazione del datore di lavoro di
fatto (v., in proposito, Guariniello, Il T.U. Sicurezza
sul Lavoro commentato con la giurisprudenza. Integrato con i
commenti al Codice penale (artt. 434, 437, 449, 575, 582,
589, 590), VI edizione, Milano, 2014, 17 ss. e 859 ss., cui
adde Cass. pen., Sez. Un., 18.09.2014, n. 39343, in ISL,
2014, 11, 552, in motivazione).
Nel contempo, la giurisprudenza più recente si preoccupa di
mettere in guardia contro un’esenzione da responsabilità
dello stesso datore di lavoro di fatto pur in presenza di un
datore di lavoro di diritto (circa il garante formale v.
Guariniello, op. cit., 861 ss.).
In particolare, Cass. 28.11.2014, n. …., Canigiani e altri,
in ISL, … (ma v. anche, ibid., Cass. 01.10.2014, n. ….,
Fortino), rilevò che «la giurisprudenza di legittimità ha
avuto modo di precisare che in tema di sicurezza e di igiene
del lavoro, nelle società di capitale, il datore di lavoro
si identifica con i soggetti effettivamente titolari dei
poteri decisionali e di spesa all’interno dell’azienda, e
quindi con i vertici dell’azienda stessa, salvo il caso di
espressa delega di funzioni». Ma subito chiarì che «la
responsabilità dell’amministratore della società non può
venir meno per il fatto che il ruolo rivestito sia meramente
apparente e ciò in ragione della posizione di garanzia ad
esso assegnata dall’ordinamento».
Spiegò che, «ove si ritenesse esonerato da responsabilità
colui che formalmente assume uno dei ruoli, in ragione della
sua apparenza, si consentirebbe attraverso l’interposizione
fittizia di vanificare la cogenza della tutela penale per
omissione di cautele doverose correlate alla salvaguardia di
soggetti ritenuti dall’ordinamento deboli e bisognevoli di
protezione», e che «l’esigenza imprescindibile
connessa alle norme di salvaguardia nei confronti di terzi,
nella specie finalizzate a prevenire gli infortuni sul
lavoro, impone, salva restando la possibilità di cumulo con
le responsabilità di altri soggetti, l’attribuzione a colui
che si interpone, in prima persona, dei doveri di garanzia
che derivano dal ruolo rivestito».
Osservò che «sulle garanzie connesse alle attribuzioni di
ruolo fanno affidamento i garantiti, i quali devono essere
esonerati dall’onere di accertare compiutamente il
fondamento del potere di colui che formalmente si presenta
come titolare di una posizione di garanzia nei loro
confronti».
Ne ricavò che «la funzione di garanzia non può che
derivare direttamente dall’assunzione formale del ruolo,
senza possibilità per colui che si presenta come garante di
invocare la mera apparenza quale ragione di esonero da colpa».
La Sez. IV torna ora sul tema in termini quanto mai limpidi:
«In materia prevenzionistica, il datore
di lavoro, titolare degli obblighi prevenzionistici, va
individuato sia in colui che risulta parte in senso formale
del contratto di lavoro sia nel soggetto che di fatto assume
i poteri tipici della figura datoriale [art. 2, lett. b), D.Lgs. n. 81/2008; ed inoltre l’art. 299 D.Lgs. n. 81/2008].
Ne consegue che l’individuazione di un datore di lavoro
“formale” non si pone in contrapposizione con
l’eventualità dell’esistenza anche di un datore di lavoro
di fatto»
(Corte
di Cassazione, Sez. IV penale,
sentenza 16.02.2015 n. 6723
- tratto da Igiene e
Sicurezza del Lavoro n. 4/2015). |
SICUREZZA LAVORO: I RAPPORTI TRA DATORE DI LAVORO E RSPP.
Non è il
datore di lavoro a dover
informare
il RSPP delle modalità e degli aspetti logistici e
organizzativi
di ogni momento del processo lavorativo e dei pericoli
connessi ma è al contrario quest’ultimo a dover attentamente
valutare tali elementi, attraverso una costante
opera di controllo e verifica delle condizioni di lavoro e
di
eventuali mutamenti, anche di fatto, dell’organizzazione
aziendale, da comunicare prontamente al datore di lavoro
onde metterlo in grado di esercitare i suoi poteri/doveri di
intervento a fini di prevenzione e sicurezza.
Diversamente, la previsione di una siffatta
figura di collaboratore non avrebbe significato alcuno dal
momento che, postulandosi un onere informativo in capo
allo stesso datore di lavoro, si presuppone per ciò stesso,
contrariamente al vero, che lo stesso sia sempre e comunque
in grado di procurarsi ex se le informazioni necessarie
al fine di un compiuto espletamento dei doveri
prevenzionali su di lui gravanti (si pensi all’esistenza di
rischi la cui conoscenza derivi da competenze
specialistiche).
S ne ricava che «il RSPP può essere tenuto a rispondere –proprio perché la sua inosservanza si pone come concausa
dell’evento– dell’infortunio in ipotesi verificatosi
proprio
in ragione dell’inosservanza colposa dei compiti di
prevenzione attribuitigli dalla legge», e che,
«relativamente
alle funzioni che la normativa di settore attribuisce al
RSPP, l’assenza di capacità immediatamente operative
sulla struttura aziendale non esclude che l’eventuale
inottemperanza
a tali funzioni –e segnatamente la mancata o
erronea individuazione e segnalazione dei fattori di rischio
delle lavorazioni e la mancata elaborazione delle procedure
di sicurezza nonché di informazione e formazione dei
lavoratori– possa integrare una omissione rilevante per
radicare la responsabilità tutte le volte in cui un sinistro
sia oggettivamente riconducibile ad una situazione
pericolosa
ignorata o male considerata dal responsabile del
servizio».
L’omissione colposa al potere-dovere di
segnalazione
in capo al RSPP, impedendo l’attivazione da
parte dei soggetti muniti delle necessarie possibilità di
intervento,
finirebbe con il costituire (con)causa dell’evento
dannoso verificatosi in ragione della mancata rimozione
della condizione di rischio: con la conseguenza, quindi,
che, qualora il RSPP, agendo con imperizia, negligenza,
imprudenza
o inosservanza di leggi e discipline, abbia dato
un suggerimento sbagliato o abbia trascurato di segnalare
una situazione di rischio, inducendo, così, il datore di
lavoro
ad omettere l’adozione di una doverosa misura prevenzionale,
ben può e deve essere chiamato a risponderne insieme
a questi (ex art. 41 c.p., comma 1) dell’evento dannoso
derivatone.
---------------
La sentenza qui presentata fa spicco, in quanto non si
limita
a ribadire gli insegnamenti della Corte Suprema in merito
agli obblighi e alle responsabilità del RSPP (in proposito
v. Guariniello, Il T.U. Sicurezza sul Lavoro commentato con
la giurisprudenza. Integrato con i commenti al Codice penale
(artt. 434, 437, 449, 575, 582, 589, 590), VI edizione,
Milano,
2014, 453 ss.), ma ha cura di approfondire l’analisi dei
rapporti tra datore di lavoro e RSPP sotto un profilo non
ancora
adeguatamente esplorato.
Nel caso di specie, l’RSPP, condannato al pari del datore di
lavoro per un infortunio mortale occorso a un lavoratore
durante il lavaggio tramite idropulitrice di pannelli in
conglomerato
cementizio, sostiene a propria discolpa che «il
datore di lavoro aveva negligentemente omesso di indicare
all’interno del documento di valutazione dei rischi la fase
di
lavaggio delle pareti in cemento e la relativa
organizzazione
della zona dell’azienda a ciò destinata, senza peraltro
fornire
in altri modi informazioni utili», e che «la pulitura delle
pareti in cemento avveniva in una zona dello stabilimento
che era destinata, nel documento di valutazione dei rischi,
ad altre fasi della produzione».
La Sez. IV respinge la tesi dell’imputato secondo cui
l’obbligo
dell’RSPP di individuare i fattori di rischio e suggerire
le misure da adottare per la sicurezza e la salubrità
dell’ambiente
di lavoro «presuppone l’indicazione, da parte del datore
di lavoro, nel documento di valutazione dei rischi, dello
specifico aspetto organizzativo interessato dalla possibile
insorgenza di rischi non trova alcun appiglio nel dato
positivo
e ancor prima è manifestamente illogico dal momento
che finisce con l’invertire il rapporto di collaborazione
tra
responsabile del servizio di prevenzione e protezione e
datore
di lavoro, quale presupposto dalla norma, e in definitiva,
come detto, a privare di senso la stessa previsione della
figura del RSPP».
Ritiene «evidente che
non è il datore di lavoro a dover
informare
il RSPP delle modalità e degli aspetti logistici e
organizzativi
di ogni momento del processo lavorativo e dei pericoli
connessi ma è al contrario quest’ultimo a dover attentamente
valutare tali elementi, attraverso una costante
opera di controllo e verifica delle condizioni di lavoro e
di
eventuali mutamenti, anche di fatto, dell’organizzazione
aziendale, da comunicare prontamente al datore di lavoro
onde metterlo in grado di esercitare i suoi poteri/doveri di
intervento a fini di prevenzione e sicurezza».
Osserva che, «diversamente, la previsione di una siffatta
figura di collaboratore non avrebbe significato alcuno dal
momento che, postulandosi un onere informativo in capo
allo stesso datore di lavoro, si presuppone per ciò stesso,
contrariamente al vero, che lo stesso sia sempre e comunque
in grado di procurarsi ex se le informazioni necessarie
al fine di un compiuto espletamento dei doveri
prevenzionali su di lui gravanti (si pensi all’esistenza di
rischi la cui conoscenza derivi da competenze
specialistiche)».
Ne ricava che «il RSPP può essere tenuto a rispondere –proprio perché la sua inosservanza si pone come concausa
dell’evento– dell’infortunio in ipotesi verificatosi
proprio
in ragione dell’inosservanza colposa dei compiti di
prevenzione attribuitigli dalla legge», e che,
«relativamente
alle funzioni che la normativa di settore attribuisce al
RSPP, l’assenza di capacità immediatamente operative
sulla struttura aziendale non esclude che l’eventuale
inottemperanza
a tali funzioni –e segnatamente la mancata o
erronea individuazione e segnalazione dei fattori di rischio
delle lavorazioni e la mancata elaborazione delle procedure
di sicurezza nonché di informazione e formazione dei
lavoratori– possa integrare una omissione rilevante per
radicare la responsabilità tutte le volte in cui un sinistro
sia oggettivamente riconducibile ad una situazione
pericolosa
ignorata o male considerata dal responsabile del
servizio».
E spiega che «l’omissione colposa al potere-dovere di
segnalazione
in capo al RSPP, impedendo l’attivazione da
parte dei soggetti muniti delle necessarie possibilità di
intervento,
finirebbe con il costituire (con)causa dell’evento
dannoso verificatosi in ragione della mancata rimozione
della condizione di rischio: con la conseguenza, quindi,
che, qualora il RSPP, agendo con imperizia, negligenza,
imprudenza
o inosservanza di leggi e discipline, abbia dato
un suggerimento sbagliato o abbia trascurato di segnalare
una situazione di rischio, inducendo, così, il datore di
lavoro
ad omettere l’adozione di una doverosa misura prevenzionale,
ben può e deve essere chiamato a risponderne insieme
a questi (ex art. 41 c.p., comma 1) dell’evento dannoso
derivatone» (Corte
di
Cassazione, Sez. IV penale,
sentenza 10.02.2015
n. 5983
- tratto da Igiene e
Sicurezza del Lavoro n. 5/2015). |
gennaio 2015 |
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SICUREZZA LAVORO:
RESPONSABILITÀ DEL LIBERO PROFESSIONISTA DIRETTORE DEI
LAVORI IN CASO D’INFORTUNIO.
Il
direttore dei lavori è incaricato, per conto del
committente, di curare l’esatta esecuzione dei lavori,
e svolge
normalmente una attività limitata alla sorveglianza tecnica
attinente all’esecuzione del progetto nell’interesse di
questi.
E' irrilevante
il tema della presenza del direttore dei lavori in cantiere
in quanti tale presenza non è da
intendere come presenza fisica costante, durante i lavori,
trattandosi di adempimento in tal caso pressoché
impossibile, ma va intesa come presenza di volta in volta
necessaria a seconda dell’iter dei lavori e delle emergenze.
Il
direttore dei lavori è responsabile a titolo di colpa
del crollo di costruzioni anche nell’ipotesi di sua assenza
dal cantiere, dovendo egli esercitare un’oculata attività di
vigilanza sulla regolare esecuzione delle opere edilizie ed
in caso di necessità adottare le necessarie precauzioni
d’ordine tecnico, ovvero scindere immediatamente la propria
posizione di garanzia da quella dell’assuntore dei lavori,
rinunciando all’incarico ricevuto.
---------------
Sempre più incalzante è l’attenzione prestata dalla
giurisprudenza alla posizione di garanzia del direttore dei
lavori in tema di sicurezza del lavoro (v. Guariniello, Il
T.U. Sicurezza sul Lavoro commentato con la giurisprudenza.
Integrato con i commenti al Codice penale (artt. 434, 437,
449, 575, 582, 589, 590), VI edizione, Milano, 2014, 704 s.,
cui aggiungi Cass. 19.08.2014, n. 35970, Consonni, in Dir.
prat. lav., 2014, 38, 2045; Cass. 16.06.2014, n. 25815,
Corona e altri, in ISL, 2014, 430; Cass. 05.05.2014, n.
18459, Brioschi e altri, ibid., 7, 363).
Nel caso affrontata da questa nuova sentenza, un
professionista «incaricato della redazione del progetto
e, in ogni caso, quale direttore dei lavori, tenuto per ciò
a garantire sia la conformità dell’opera al progetto, sia il
rispetto nell’esecuzione, delle regole della tecnica»,
fu condannato per omicidio colposo in danno di un lavoratore
deceduto nel corso dei lavori di ristrutturazione di un
immobile.
Nel confermare la condanna, la Sez. IV afferma che «il
direttore dei lavori è incaricato, per conto del
committente, di curare l’esatta esecuzione dei lavori»,
e «svolge
normalmente una attività limitata alla sorveglianza tecnica
attinente all’esecuzione del progetto nell’interesse di
questi».
Precisa che «questo rende irrilevante ai fini
dell’addebito finanche la questione dell’essere o no
l’ampliamento della cantina con opere strutturali di cemento
armato ricompreso nel progetto, perché, quale che fosse la
situazione, comunque, l’imputato avrebbe dovuto sorvegliare
l’esecuzione dei lavori; ed anzi, la omissione sarebbe
ancora più evidente laddove l’intervento che ha provocato il
crollo della struttura non fosse neppure previsto in
progetto, palesandosi un comportamento ancora più
accentuatamente violativo dell’obbligazione assunta nei
confronti del committente».
Chiarisce, altresì, che «è irrilevante
il tema della presenza del direttore dei lavori in cantiere»,
in quanto «tale presenza non è da
intendere come presenza fisica costante, durante i lavori,
trattandosi di adempimento in tal caso pressoché
impossibile, ma va intesa come presenza di volta in volta
necessaria a seconda dell’iter dei lavori e delle emergenze».
Prende atto che, «se l’imputato si fosse recato sul luogo
di svolgimento dei lavori, avrebbe notato che gli stessi
erano diversi da quelli segnalati ed eseguiti in violazione
delle regole in tema di prevenzione degli infortuni», e
che «l’iter dello scavo effettuato lungo la muratura del
seminterrato dell’immobile teatro dell’infortunio mortale e
l’impegno che questo non può non aver richiesto avrebbe
dovuto imporre una sorveglianza e una presenza che non vi è
stata, almeno nel momento della verificazione del crollo».
Osserva che «una presenza immediatamente precedente,
laddove fosse stata attenta, avrebbe impedito l’attività che
ha poi originato il crollo».
Ne desume, «così ricostruito il ruolo dell’imputato»,
che «correttamente è stata apprezzata l’inosservanza agli
obblighi cautelari assunti in primo luogo nei confronti del
committente e, conseguentemente la rilevanza di tale
inosservanza ai fini della verificazione dell’evento mortale».
Con riferimento al contenuto degli obblighi del direttore
dei lavori, ricorda che «il
direttore dei lavori è responsabile a titolo di colpa
del crollo di costruzioni anche nell’ipotesi di sua assenza
dal cantiere, dovendo egli esercitare un’oculata attività di
vigilanza sulla regolare esecuzione delle opere edilizie ed
in caso di necessità adottare le necessarie precauzioni
d’ordine tecnico, ovvero scindere immediatamente la propria
posizione di garanzia da quella dell’assuntore dei lavori,
rinunciando all’incarico ricevuto».
Rileva che, «nella fattispecie in esame, è stato
addebitato all’imputato, nella qualità di direttore dei
lavori nel cantiere relativo ai lavori di ristrutturazione
di un immobile, non solo di avere omesso di intervenire e di
segnalare le specifiche violazioni alla normativa
antinfortunistica ivi realizzate ma di avere contribuito
alla produzione dell’evento anche attraverso la
predisposizione di una S.C.I.A. con l’indicazione di lavori
diversi da quelli indicati nel capitolato, poi eseguiti»
(Corte
di Cassazione, Sez. IV penale,
sentenza 23.01.2015 n. 3286
- tratto da Igiene e
Sicurezza del Lavoro n. 3/2015). |
ottobre
2014 |
|
SICUREZZA LAVORO: Quaderni
Tecnici per i cantieri temporanei o mobili -
Reti di sicurezza
(ottobre 2014 - tratto da www.inail.it). |
SICUREZZA LAVORO: Quaderni
Tecnici per i cantieri temporanei o mobili -
Scale portatili
(ottobre 2014 - tratto da www.inail.it). |
SICUREZZA LAVORO: Quaderni
Tecnici per i cantieri temporanei o mobili -
Sistemi di protezione degli scavi a cielo aperto (ottobre
2014 - tratto da www.inail.it). |
SICUREZZA LAVORO: Quaderni
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(ottobre 2014 - tratto da www.inail.it). |
SICUREZZA LAVORO: Quaderni
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(ottobre 2014 - tratto da www.inail.it). |
SICUREZZA LAVORO: Quaderni
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SICUREZZA LAVORO: Quaderni
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Parapetti provvisori
(ottobre 2014 - tratto da www.inail.it). |
settembre
2014 |
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SICUREZZA LAVORO:
La vigilanza impositiva del coordinatore per l’esecuzione
dei lavori.
Il coordinatore per l’esecuzione dei lavori
ha non soltanto compiti organizzativi e di raccordo tra le
imprese che collaborano alla realizzazione dell’opera, ma
deve anche vigilare sulla corretta osservanza delle
prescrizioni del piano di sicurezza.
Va escluso che «la
sola segnalazione all’impresa esecutrice in ordine alle
inadeguatezze dei ponteggi rispetto ai pericoli di caduta
dall’alto, esaurisca gli obblighi gravanti nei suoi
confronti, dovendosi ricomprendere anche quello della
verifica dell’effettiva e tempestiva predisposizione dei
dispositivi idonei ad evitare la caduta degli oggetti
dall’alto, nei tempi dallo stesso indicati, e dunque prima
dell’accesso degli operai.
---------------
Per l’infortunio occorso a un dipendente di un’impresa
nell’ambito di un cantiere edile, furono imputati, oltre che
il datore di lavoro dell’infortunato e il capo
cantiere, il coordinatore per l’esecuzione dei lavori
(circa la posizione di garanzia del coordinatore per
l’esecuzione dei lavori v. Guariniello, Il T.U. Sicurezza
sul Lavoro commentato con la giurisprudenza, VI edizione,
Milano, 2014, 659 ss., cui adde Cass. 05.05.2014, Landi e
R.C., in ISL, 2014, 7, 365; Cass. 05.05.2014, Brioschi e
altri, ibid., 2014, 7, 363; Cass. 05.05.2014, Angele, ibid.,
2014, 7, 366).
Nel caso esaminato dalla Corte Suprema, l’imputato lamenta
che i magistrati di merito, «dopo aver condiviso principi
di legittimità in ordine ai compiti ed ai doveri del
coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione dei
lavori, hanno tratto una conclusione del tutto
contraddittoria stabilendo -in presenza delle segnalazioni
delle inadeguatezze effettuate dall’imputato- che, pur non
essendovi un obbligo di vigilanza quotidiana, tuttavia
l’imputato doveva verificare l’effettiva e tempestiva
predisposizione degli appositi dispositivi».
La Sezione feriale ribatte che «il
coordinatore per l’esecuzione dei lavori ha non soltanto
compiti organizzativi e di raccordo tra le imprese che
collaborano alla realizzazione dell’opera, ma deve anche
vigilare sulla corretta osservanza delle prescrizioni del
piano di sicurezza»;
ed esclude che «la sola segnalazione
all’impresa esecutrice in ordine alle inadeguatezze dei
ponteggi rispetto ai pericoli di caduta dall’alto, esauriva
gli obblighi gravanti nei suoi confronti, dovendosi
ricomprendere anche quello della verifica dell’effettiva e
tempestiva predisposizione dei dispositivi idonei ad evitare
la caduta degli oggetti dall’alto, nei tempi dallo stesso
indicati, e dunque prima dell’accesso degli operai»
(Corte
di Cassazione, Sez. fer. penale,
sentenza 01.09.2014 n. 36510
- tratto da Igiene e Sicurezza del Lavoro n. 11/2014). |
SICUREZZA LAVORO:
Incidente a scuola: dirigente comunale, preside, ASPP.
Gli
obblighi relativi agli interventi strutturali e di
manutenzione necessari per assicurare ai sensi del D.Lgs. n.
81/2008 la sicurezza dei locali e degli edifici assegnati in
uso a pubbliche amministrazioni o a uffici pubblici, ivi
comprese le istituzioni scolastiche ed educative, restano a
carico dell’amministrazione tenuta, per effetto di norme o
convenzioni, alla loro fornitura e manutenzione.
In tal caso gli obblighi previsti dal suddetto decreto,
relativamente ai predetti interventi, si intendono assolti,
da parte dei dirigenti o funzionari preposti agli uffici
interessati, con la richiesta del loro adempimento
all’amministrazione competente o al soggetto che ne ha
l’obbligo giuridico.
Trattasi di un rafforzamento della
prevenzione, attribuita dalla legge, su un piano paritario,
a due soggetti: il datore di lavoro ed il
proprietario dell’immobile, secondo il principio di
‘‘effettività della prevenzione’’.
Sul responsabile dell'UTC (ovvero del Responsabile Ufficio
LL.PP.) incombe l’obbligo di verificare l’efficienza della
struttura scolastica e delle sue pertinenze»,
e ciò a prescindere dal fatto che sia stata, o meno, «effettuata
da parte del datore di lavoro effettivo -il dirigente
scolastico- richiesta di intervento per l’esecuzione di
necessarie opere di manutenzione».
--------------
Nel cortile di una scuola materna, durante il periodo di
ricreazione, una minore di anni quattro, mentre giocava con
altri bambini sotto la vigilanza della maestra, a seguito
della caduta di un’anta del cancello, riportava un trauma
cranico con esito mortale.
Per colpa consistita nella violazione delle norme per la
prevenzione degli infortuni sul lavoro furono dichiarati
colpevoli del delitto di omicidio il responsabile dei lavori
pubblici presso l’ufficio tecnico del comune, il dirigente
scolastico del circolo didattico datore di lavoro, l’addetta
al SPPR della scuola, e l’incaricato dalla ditta
appaltatrice di lavori di sistemazione del piazzale della
scuola.
La Sez. IV assolve l’addetta al SPPR, e conferma la condanna
degli altri imputati.
A)
Quanto al dirigente comunale, la Sez. IV osserva che «la
dedotta mancanza di prova circa la conoscenza da parte sua
della fatiscenza del cancello non rileva, poiché,
in considerazione della qualità da lui ricoperta
di responsabile dei lavori pubblici presso l’ufficio tecnico
del comune, di rappresentante dell’ente territoriale
proprietario dell’edificio scolastico, di responsabile della
sicurezza dei luoghi di lavoro, ed, ancor prima, nel periodo
di esecuzione delle opere di sistemazione del piazzale della
scuola, riguardanti anche il cancello, del ruolo di
direttore dei lavori, era suo dovere verificare
(innanzitutto) la bontà dell’esecuzione delle saldature
delle cerniere del cancello, e curarne, poi, la
manutenzione, e, quindi, indipendentemente dalla circostanza
che le condizioni del cancello gli venissero portate a
conoscenza da altri».
Considera rilevante, «non tanto che il
cancello era fatiscente, quanto che, ad ogni apertura di
anno scolastico, egli effettuava dei sopralluoghi presso il
plesso scolastico, per conto del comune, al fine di
verificare che tutto fosse a posto, e costituiva, per la
scuola, il referente in ordine alla soluzione di ogni
questione attinente a lavori, anche minimi, da eseguire
nell’edificio scolastico, tanto che aveva provveduto, su
segnalazione della scuola, a munire il cancello di catena e
lucchetto per evitare l’uso improprio che estranei alla
scuola ne facevano quale scorciatoia per raggiungere un
insediamento abitativo».
Precisa che, «per un tecnico (geometra),
quale è l’imputato, non ci voleva molto per verificare lo
stato del cancello e rendersi conto della sua fatiscenza e,
quindi, della sua pericolosità».
Nel riferirsi alla norma attualmente dettata dall’art. 18,
comma 3, D.Lgs. n. 81/2008 («Gli
obblighi relativi agli interventi strutturali e di
manutenzione necessari per assicurare ai sensi del presente
decreto la sicurezza dei locali e degli edifici assegnati in
uso a pubbliche amministrazioni o a uffici pubblici, ivi
comprese le istituzioni scolastiche ed educative, restano a
carico dell’amministrazione tenuta, per effetto di norme o
convenzioni, alla loro fornitura e manutenzione. In tal caso
gli obblighi previsti dal presente decreto, relativamente ai
predetti interventi, si intendono assolti, da parte dei
dirigenti o funzionari preposti agli uffici interessati, con
la richiesta del loro adempimento all’amministrazione
competente o al soggetto che ne ha l’obbligo giuridico»),
chiarisce efficacemente che «trattasi di
un rafforzamento della prevenzione, attribuita dalla legge,
su un piano paritario, a due soggetti: il datore di
lavoro ed il proprietario dell’immobile, secondo
il principio di ‘‘effettività della prevenzione’’»,
e che «sull’imputato
incombeva l’obbligo di verificare l’efficienza della
struttura scolastica e delle sue pertinenze»,
e ciò a prescindere dal fatto che fosse stata, o no, «effettuata
da parte del datore di lavoro effettivo -il dirigente
scolastico- richiesta di intervento per l’esecuzione di
opere di manutenzione sul cancello».
Ritiene l’ipotesi di omicidio colposo aggravata a norma
dell’art. 589, comma 2, cod. pen., sul presupposto che «il
richiamo della norma attualmente dettata dall’art. 18, comma
3, D.Lgs. n. 81/2008, che prevede l’obbligo degli enti
territoriali di provvedere alla manutenzione degli edifici
di cui sono proprietari ed adibiti ad uso pubblico, tra i
quali gli edifici scolastici, individua in capo ai
rappresentanti di detti enti una posizione di garanzia
nell’ambito della sicurezza e prevenzione sul lavoro»,
e sull’ulteriore presupposto che, «in
tema di lesioni e di omicidio colposi, perché possa
ravvisarsi l’ipotesi del fatto commesso con violazione delle
norme dirette a prevenire gli infortuni sul lavoro, è
sufficiente che sussista legame causale tra siffatta
violazione e l’evento dannoso, legame che non può ritenersi
escluso sol perché il soggetto colpito da tale evento non
sia un dipendente (o equiparato) dell’impresa obbligata al
rispetto di dette norme, ma ricorre tutte le volte che il
fatto sia ricollegabile alla inosservanza delle norme stesse».
B)
Con riguardo al dirigente scolastico, la Sez. IV
sostiene che, «acclarata la sua
qualifica formale di dirigente scolastico dell’Istituto,
prima del verificarsi dell’evento, è indubitabile la
titolarità della posizione di garanzia alla stregua delle
disposizioni normative già indicate, essendo pacifico che al
preside è attribuita la qualità di datore di lavoro nei
confronti del personale della scuola, non essendo
contestabile la qualificazione di quest’ultima come ‘‘luogo
di lavoro’’, il comportamento dovuto per legge era pertanto
rappresentato dal dovere di richiedere all’ente
territoriale, proprietario del plesso scolastico, un
intervento risolutivo per la eliminazione del pericolo
derivante dalla fatiscenza del cancello, e, nelle more
dell’intervento del comune, dell’adozione di misure di
propria pertinenza e disponibilità per eliminare il pericolo
mediante un ordine di interdizione, con l’apposizione di
ostacoli fisici, di accedere a chicchessia all’area ove
insisteva il cancello.»
E ribadisce che «gli obblighi di
vigilanza e controllo del datore di lavoro, di per sé
delegabili ad altro, non vengono meno con la nomina del
responsabile del servizio prevenzione e protezione al quale
sono demandati compiti diversi intesi ad individuare i
fattori a rischio, ad elaborare le misure preventive e
protettive, le procedure di sicurezza per le varie attività
aziendali.»
C) La
Sez. IV annulla, invece, la condanna dell’addetta al SPPR
nell’ambito scolastico.
Avverte che «il datore di lavoro designa
il responsabile del servizio di prevenzione e protezione
interno o esterno all’azienda nonché gli addetti al servizio
di prevenzione e protezione interno o esterno all’azienda».
Osserva che «il soggetto cui siano stati
affidati i compiti del servizio di prevenzione e protezione,
ancorché sia privo di poteri decisionali e di spesa, può,
tuttavia, essere ritenuto corresponsabile del verificarsi di
un infortunio, ogni qual volta questo sia oggettivamente
riconducibile ad una situazione pericolosa che egli avrebbe
avuto l’obbligo di conoscere e segnalare, dovendosi
presumere, nel sistema elaborato dal legislatore, che alla
segnalazione avrebbe fatto seguito l’adozione, da parte del
datore di lavoro, delle necessarie iniziative idonee a
neutralizzare detta situazione».
Aggiunge che «l’assenza di capacità
immediatamente operative sulla struttura aziendale non
esclude che l’inottemperanza alle stesse -e segnatamente la
mancata individuazione e segnalazione dei fattori di rischio
delle lavorazioni e la mancata elaborazione delle procedure
di sicurezza nonché di informazione e formazione dei
lavoratori- possa integrare un’omissione ‘‘sensibile’’ tutte
le volte in cui un sinistro sia oggettivamente riconducibile
a una situazione pericolosa ignorata dal responsabile del
servizio».
Chiarisce che, «considerata la
particolare conformazione concepita dal legislatore per il
sistema antinfortunistico, con la individuazione di un
soggetto incaricato di monitorare costantemente la sicurezza
degli impianti e di interloquire con il datore di lavoro,
deve presumersi che, ove una situazione di rischio venga dal
primo segnalata, il secondo assuma le iniziative idonee a
neutralizzarla».
Rileva che «l’addetto alla prevenzione e protezione e` un
collaboratore del responsabile della prevenzione e
protezione ed insieme, nella esplicazione dei compiti ad
essi demandati, concorrono alla attuazione ed efficienza del
servizio di prevenzione e protezione».
Con riguardo al caso di specie, prende atto che «il
datore di lavoro era bene a conoscenza della situazione di
pericolo determinata dalla fatiscenza del cancello,
all’esito della redazione e della spedizione al comune del
documento di valutazione dei rischi»,
che «lo stato del cancello ed il
pericolo che ne derivava era noto a tutti già da diverso
tempo anche a seguito di ‘‘passaparola’’»,
e che
«il
responsabile del servizio di prevenzione e protezione, che
si avvaleva per l’espletamento dei suoi compiti anche della
collaborazione della addetta, era a conoscenza della
situazione ed era in continuo contatto con il preside.»
Considera contraddittorio «ritenere che
il dirigente comunale e il dirigente scolastico hanno posto
in essere una condotta colpevolmente omissiva sebbene
fossero pienamente e perfettamente a conoscenza della
situazione di potenziale pericolo derivante dal cancello de
quo», e «poi
sostenere che l’addetta sia colpevole di non aver effettuato
un’ulteriore segnalazione del pericolo, atteso altresì che,
anche ove fosse stata effettuata, la citata comunicazione
non avrebbe assolutamente evitato l’evento e/o mutato la
situazione di fatto esistente, perché riguardava un pericolo
già a conoscenza del datore di lavoro ed ancor prima dal
responsabile del servizio di prevenzione e protezione, i
quali, pur a fronte di un proprio potere-dovere di
intervento - potere di cui invece era priva l’imputata -
erano rimasti consapevolmente inerti».
La conclusione è che «la condotta
omissiva contestata alla addetta al SPPR -ovvero l’ulteriore
segnalazione- non avrebbe con ragionevole certezza e/o
elevato grado di probabilità evitato l’evento mortale e ciò
in quanto riguardava un pericolo perfettamente a conosciuto
ai soggetti che erano rimasti inerti e che erano detentori
del potere-dovere di intervento»
(per una vicenda similare, accaduta presso il liceo Darwin
di Rivoli, v. Corte App. Torino, 28.10.2013, est. Grasso,
imp. Delmastro e altri, inedita. Quanto alla posizione di
garanzia del SPPR v. Guariniello, Il T.U. Sicurezza sul
Lavoro commentato con la giurisprudenza, VI edizione,
Milano, 2014, 453 ss., e ivi, 477, in particolare, Cass.
26.10.2007, Aimone, ove si rileva: «la
totale omissione di ogni attività sia pure nei limiti della
collaborazione con il datore di lavoro, e specialmente la
mancanza di una formale segnalazione della situazione,
dovuta ai sensi dell’art. 9, lettera a), D.Lgs. n. 626/1994
[ora art. 33, comma 1, lettera a), D.Lgs. n. 81/2008] che
impone l’individuazione dei fattori di rischio e delle
misure necessarie per la sicurezza, costituisce un
antecedente causalmente ricollegabile alla verificazione
dell’infortunio, della cui incidenza causale non può
dubitarsi solo perché la pericolosità della situazione era
comunque nota al datore di lavoro; deve infatti ritenersi,
secondo il sistema di prevenzione delineato dal legislatore
con il D.Lgs. n. 626/1994, che la segnalazione formale della
situazione avrebbe indotto il datore di lavoro, dovendosi
presumere il corretto funzionamento del sistema
prevenzionale, a quegli interventi di adeguamento
(sostanzialmente consistenti nell’acquisto e utilizzo di
nuove stive) che invece solo a seguito dell’incidente in
questione vennero adottati»)
(Corte
di Cassazione, Sez. IV penale,
sentenza 01.09.2014 n. 36476
- tratto da Igiene e
Sicurezza del Lavoro n. 11/2014). |
LAVORI PUBBLICI - SICUREZZA LAVORO:
M. Trapè,
I compiti del responsabile unico del procedimento in
materia di sicurezza dei cantieri dopo l’entrata in
vigore del regolamento sui contratti pubblici
(01.09.2014 - link a www.studiocataldi.it). |
agosto
2014 |
|
SICUREZZA LAVORO:
Le responsabilità del libero professionista direttore dei
lavori.
Va riconosciuto che il direttore dei lavori nominato
dal committente è responsabile dell’infortunio sul lavoro,
quando allo stesso sia affidato il compito di sovrintendere
all’esecuzione dei lavori, con la possibilità di impartire
ordini alle maestranze; e ciò, sia per convenzione, cioè per
una particolare clausola introdotta nel contratto di
appalto, sia quando, per fatti concludenti, risulti che egli
si sia in concreto ingerito nell’organizzazione del lavoro.
In tema di prevenzione degli infortuni,
il direttore dei lavori nominato dal committente, mentre
svolge normalmente un’attività limitata alla sorveglianza
tecnica attinente all’esecuzione del progetto nell’interesse
di questi, risponde invece dell’infortunio subito dal
lavoratore là dove sia concretamente accertata, come nel
caso di specie, una sua effettiva ingerenza
nell’organizzazione del cantiere.
---------------
Sempre più
pressante è l’attenzione prestata dalla giurisprudenza alla
posizione di garanzia del direttore dei lavori in tema di
sicurezza del lavoro (v. Guariniello, Il T.U. Sicurezza sul
Lavoro commentato con la giurisprudenza, VI edizione,
Milano, 2014, 704 ss., cui aggiungi Cass. 16.06.2014, in ISL,
2014, 430; Cass. 05.05.2014, Brioschi e altri, 7, 363).
Nel caso ora esaminato dalla Corte Suprema, un architetto
libero professionista designato come direttore tecnico da
una s.a.s. subappaltante fu condannato per il delitto di
lesione personale colposa, in quanto «aveva consentito, o
comunque non impedito, che il titolare della ditta
subappaltatrice, impegnato nelle operazioni di getto del
calcestruzzo per il completamento di un solaio di copertura
in cemento armato prefabbricato, cadesse al suolo,
provocandosi gravi lesioni personali, a causa del cedimento
di detto solaio, cedimento dovuto all’inadeguatezza delle
opere provvisionali di sostegno, collocate in assenza di uno
specifico calcolo tale da garantire che le armature
supportassero, oltre il peso delle strutture, anche quello
delle persone e dei sovraccarichi eventuali, nonché le
sollecitazioni dinamiche dovute all’esecuzione dei lavori».
A sua discolpa, l’imputato osserva che il proprio ruolo era
limitato «a una mera collaborazione professionale per la
predisposizione dell’istruttoria ai fini della
partecipazione alla gara d’appalto pubblico, posizione alla
quale non faceva riscontro l’attribuzione di alcuna mansione
in materia di conduzione del cantiere o di sicurezza dei
lavoratori, non disponendo lo stesso, né del tempo
necessario, né delle specifiche competenze indispensabili a
tal fine».
La Sez. IV prende atto che «dal contratto di prestazione
d’opera stipulato tra l’imputato e la s.a.s. è emerso come
all’imputato era stata attribuita la qualifica e le mansioni
di direttore tecnico, unitamente e/o disgiuntamente al
titolare della s.a.s. subappaltante, per la direzione
tecnica dei lavori pubblici eseguiti, e che, con una missiva
inviata dalla società subappaltante al Servizio di
prevenzione degli infortuni sul lavoro della ASL
(coerentemente con il contenuto del contratto di prestazione
d’opera), si precisava come l’architetto,
nell’organizzazione della ditta subappaltante, rivestisse la
funzione di direttore tecnico, come da attestazione SOA, con
competenza sui lavori di carattere edilizio per tutti i
contratti di lavori pubblici di cui alla stessa attestazione
SOA (e quindi ivi compreso il cantiere) sulla base della
specifica professionalità acquisita dallo stesso».
Prende atto, altresì, che l’imputato «disponeva ed
esercitava effettivamente e concretamente i poteri di
gestione e di direzione del cantiere, anche perché spesso
presente in loco impegnato ad attendervi, e ciò anche
nell’immediatezza dell’infortunio, prima del quale
l’imputato, che aveva partecipato all’organizzazione dei
lavori, nessuna direttiva o disposizione aveva impartito ai
fini del corretto e sicuro posizionamento dei puntelli di
sostegno del solaio successivamente crollato».
A questo punto, la Sez. IV richiama «il consolidato
insegnamento di questa corte di legittimità, ai sensi del
quale va riconosciuto che il
direttore dei lavori nominato dal committente è responsabile
dell’infortunio sul lavoro, quando allo stesso sia affidato
il compito di sovrintendere all’esecuzione dei lavori, con
la possibilità di impartire ordini alle maestranze; e ciò ,
sia per convenzione, cioè per una particolare clausola
introdotta nel contratto di appalto, sia quando, per fatti
concludenti, risulti che egli si sia in concreto ingerito
nell’organizzazione del lavoro».
Spiega che, «in tema di prevenzione
degli infortuni, il direttore dei lavori nominato dal
committente, mentre svolge normalmente un’attività limitata
alla sorveglianza tecnica attinente all’esecuzione del
progetto nell’interesse di questi, risponde invece
dell’infortunio subito dal lavoratore là dove sia
concretamente accertata, come nel caso di specie, una sua
effettiva ingerenza nell’organizzazione del cantiere»
(Corte
di Cassazione, Sez. IV penale,
sentenza 19.08.2014 n. 35970
- tratto da Igiene e
Sicurezza del Lavoro n. 10/2014). |
maggio
2014 |
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SICUREZZA LAVORO:
Coordinatore non informato della ripresa del lavoro o
dell’ingresso di nuova impresa.
L’eventuale sussistenza di profili di colpa
gravanti su altro soggetto destinatario di obblighi
prevenzionali non vale ad escludere quelli specificamente
affermati e gravanti sulla componente datoriale.
Nella specie la rilevanza di eventuali
manchevolezze attribuibili al coordinatore per la
sicurezza è esclusa in radice, in ragione dell’accertata
ripresa dei lavori dopo la sospensione dei medesimi senza
preventiva comunicazione all’architetto che tale ruolo
rivestiva, con conseguente carenza in concreto di una
posizione di garanzia in capo alla menzionata figura
prevenzionale.
---------------
Le funzioni del coordinatore non si limitano a
compiti organizzativi e di raccordo o di collegamento tra le
eventuali varie imprese che collaborano nella realizzazione
dell’opera, ma si estendono anche al compito di vigilare
sulla corretta osservanza da parte delle imprese o della
singola impresa delle prescrizioni del piano di sicurezza e
ciò a maggior garanzia dell’incolumità dei lavoratori.
La presenza in cantiere del
coordinatore per la sicurezza non va intesa come stabile
presenza in cantiere, ma secondo il significato che consegue
dalla posizione di garanzia di cui lo stesso è titolare nei
limiti degli obblighi specificamente individuati ora
dall’art. 92 del D.Lgs. n. 81/2008, che comprendono anche
poteri a contenuto impedivo in situazioni di pericolo grave
ed imminente.
Il coordinatore per l’esecuzione «ha
anche il potere di vigilare sul rispetto del piano di
sicurezza da parte dei lavoratori, senza limitarsi ad una
verifica superficiale, che non tenga conto delle molteplici
ed indefinite situazioni di pericolo grave derivanti nei
cantieri dalla violazione sistematica della normativa
antinfortunistica.
---------------
Tra la ricca giurisprudenza in tema di obblighi e
responsabilità del coordinatore per l’esecuzione dei lavori
(per un’ampia analisi dei precedenti in materia v.
Guariniello, Il T.U. Sicurezza sul Lavoro commentato con la
giurisprudenza, VI edizione, Milano, 2014, sub art. 92;
cfr., altresì la sentenza Brioschi sopra riportata),
segnaliamo due sentenze che affrontano un tema rilevante
quale quello relativo alla responsabilità del coordinatore
per l’esecuzione dei lavori disinformato circa la ripresa
della giornata lavorativa o l’ingresso di una nuova impresa.
A)
Cominciamo dalla sentenza Angelé (Corte di Cassazione, Sez. IV penale,
sentenza 05.05.2014 n. 18436).
Condannato per un infortunio mortale subito da un dipendente
in un cantiere edile, il datore di lavoro di
un’impresa esecutrice rimprovera ai magistrati di merito di
non aver rilevato le anomalie della condotta tenuta dal
coordinatore per l’esecuzione dei lavori.
La Sez. IV ribatte che «l’eventuale
sussistenza di profili di colpa gravanti su altro soggetto
destinatario di obblighi prevenzionali non varrebbe a
escludere quelli specificamente affermati e gravanti sulla
componente datoriale»,
e che «nella specie la rilevanza di
eventuali manchevolezze attribuibili al coordinatore per
la sicurezza è esclusa in radice, in ragione
dell’accertata ripresa dei lavori dopo la sospensione dei
medesimi senza preventiva comunicazione all’architetto che
tale ruolo rivestiva, con conseguente carenza in concreto di
una posizione di garanzia in capo alla menzionata figura
prevenzionale».
B) Nel
caso considerato dalla sentenza Landi (Corte
di Cassazione, Sez. IV penale,
sentenza 05.05.2014 n. 18515),
un operaio, «mentre era impegnato al montaggio di
pannelli prefabbricati, costituenti la facciata
dell’erigendo prefabbricato presso una Università, raggiunta
l’altezza di metri 21,60, a bordo della navetta con cui
terminava il braccio telescopico della piattaforma, a causa
del ribaltamento della predetta navetta, franava al suolo».
Al coordinatore per l’esecuzione dei lavori designato
dall’Amministrazione committente, si addebitò di avere
omesso di «verificare l’applicazione da parte delle
imprese esecutrici delle disposizioni contenute nel piano di
sicurezza e la corretta applicazione delle relative
procedure e di segnalare al responsabile dei lavori
l’inosservanza delle disposizioni», e, segnatamente, di
«avere omesso di segnalare l’inosservanza dell’obbligo di
fornire adeguata informazione al manovratore della
piattaforma aerea in ordine ai rischi per la sicurezza
connessi all’attività lavorativa, nonché di procurargli il
corretto addestramento per la manovra della detta
piattaforma», nonché «l’inosservanza dell’obbligo di
adottare tutte le misure necessarie affinché la piattaforma
aerea fosse installata in conformità alle istruzioni del
fabbricante ed utilizzata correttamente».
Nell’escludere la responsabilità del coordinatore, la Sez.
IV premette che «le funzioni del
coordinatore non si limitano a compiti organizzativi e
di raccordo o di collegamento tra le eventuali varie imprese
che collaborano nella realizzazione dell’opera, ma si
estendono anche al compito di vigilare sulla corretta
osservanza da parte delle imprese o della singola impresa
delle prescrizioni del piano di sicurezza e ciò a maggior
garanzia dell’incolumità dei lavoratori»,
e che «la presenza in cantiere del
coordinatore per la sicurezza non va intesa come stabile
presenza in cantiere, ma secondo il significato che consegue
dalla posizione di garanzia di cui lo stesso è titolare nei
limiti degli obblighi specificamente individuati ora
dall’art. 92 del D.Lgs. n. 81/2008, che comprendono anche
poteri a contenuto impedivo in situazioni di pericolo grave
ed imminente.»
Precisa che il coordinatore per l’esecuzione «ha
anche il potere di vigilare sul rispetto del piano di
sicurezza da parte dei lavoratori, senza limitarsi ad una
verifica superficiale, che non tenga conto delle molteplici
ed indefinite situazioni di pericolo grave derivanti nei
cantieri dalla violazione sistematica della normativa
antinfortunistica».
Prende atto, peraltro, che, nel caso di specie, «la
successione degli eventi dimostrava l’interruzione dei
canali informativi, a seguito della quale vi era la
dimostrazione che nessuna delle ditte presenti nel cantiere
aveva comunicato al coordinatore l’ingresso nel cantiere di
una nuova società, risultata alla fine, l’unica ad avere la
disponibilità della piattaforma aerea cingolata».
Ne desume che il coordinatore «non
era stato posto in condizione di conoscere la disponibilità
di una ditta diversa da quella originariamente prevista nel
piano di sicurezza».
Conclude che «è evidente in questo caso
l’insussistenza rispetto all’evento dannoso del parametro
della prevedibilità»
(tratto da Igiene e
Sicurezza del Lavoro n. 7/2014). |
SICUREZZA LAVORO:
Committente, progettista-direttore dei lavori,
coordinatori.
Quanto ai committenti, «la mancata nomina di un
responsabile
dei lavori e la mancata promozione del contatto
tra impresa esecutrice e coordinatore per
l’esecuzione dei lavori pongono gli stessi committenti
nella posizione di diretti destinatari degli
obblighi di vigilanza e verifica sull’operato
della prima posti dalle norme di legge, il
cui inadempimento rileva (nel caso di specie)
sia sotto il profilo causale che sotto quello della
colpa, senza che lo stesso possa ritenersi scriminato
dalla assenza di competenze tali da consentire
di rendersi conto del pericolo incombente».
Con il D.Lgs. n. 81/2008 e già prima con il D.Lgs. n. 494/1996
«la figura del committente trova esplicito riconoscimento
e definizione (‘il soggetto per conto
del quale l’intera opera viene realizzata’’ e ne
vengono esplicitati gli obblighi».
Sicché «l’individuazione di tale peculiare
figura di garante è coerente con la complessiva
configurazione del sistema di protezione in
materia di sicurezza sul lavoro, che tende a
connettere la sfera di responsabilità con il ruolo
esercitato da alcune figure che tipicamente
intervengono nell’ambito delle varie attività
lavorative»:
- «normalmente la figura di vertice
della sicurezza è costituita dal datore di lavoro
che, come è noto, è individuato non solo nel
titolare del rapporto di lavoro, ma anche nel
soggetto che ha la responsabilità dell’impresa,
ed è quindi chiamato a compiere le più importanti
scelte di carattere economico, gestionale
ed organizzativo e ne porta le connesse responsabilità»;
- «è quindi razionale che, nel diverso
contesto dell’attività cantieristica di cui
qui si tratta, emerga anche la figura del committente,
che è il soggetto che normalmente
concepisce, programma, progetta, finanzia l’opera»;
- «tale ruolo giustifica l’attribuzione di
una sfera di responsabilità per ciò che riguarda
la sicurezza e la conseguente assegnazione del
ruolo di garante»;
- «la legge gli attribuisce alcuni obblighi
sia nella fase progettuale che in quella esecutiva,
destinati ad interagire e ad integrarsi con quelli di altre
figure di garanti legali».
La nomina di un
coordinatore non può esonerare da responsabilità
il committente (o il responsabile dei lavori),
né per ciò che riguarda la redazione del piano di
sicurezza e del fascicolo per la protezione dai
rischi, né per ciò che attiene alla vigilanza sul
coordinatore in ordine allo svolgimento dell’attività
di coordinamento e controllo circa l’osservanza
delle disposizioni contenute nel piano
di sicurezza e di coordinamento.
Una tale congerie di doveri imposti
a carico del committente dalle norme ora
trasposte in termini coincidenti nel Testo Unico
per la sicurezza del lavoro di cui al D.Lgs. 09.04.2008, n. 81), tanto più in quanto non
schermati dalla nomina di un responsabile dei
lavori, configura a carico degli stessi una posizione
di garanzia rilevante ai fini della imputazione
oggettiva anche ad essi, secondo lo schema
della causalità omissiva (del tragico evento de quo).
Nel caso di specie, «la mancata comunicazione al
coordinatore per l’esecuzione dei lavori del nominativo
dell’impresa installatrice del pesante
cancello non è motivo comunque di esonero
da responsabilità per quest’ultimo, i cui obblighi
in tema di coordinamento prescindono dall’assolvimento
dei compiti di cooperazione attribuiti
al committente»,
con la precisazione che
«ciò, lungi dal rendere senza conseguenze tale
mancata cooperazione, ha semmai l’effetto di
rendere più pressante e attuale per il committente
l’obbligo di vigilanza sulle attività del coordinatore,
costituendo essa stessa motivo di
preallarme per il primo sul completo ed efficace
svolgimento dei compiti su questo incombenti».
In tema di prevenzione
nei luoghi di lavoro, le norme antinfortunistiche
non sono dettate soltanto per la tutela
dei lavoratori nell’esercizio della loro attività,
ma anche a tutela dei terzi che si trovino nell’ambiente
di lavoro, indipendentemente dall’esistenza
di un rapporto di dipendenza con il titolare
dell’impresa», e «sempre che la presenza
di soggetto passivo estraneo all’attività ed all’ambiente
di lavoro, nel luogo e nel momento
dell’infortunio non rivesta carattere di anormalità,
atipicità ed eccezionalità tali da fare ritenere
interrotto il nesso eziologico tra l’evento e la
condotta inosservante.
---------------
A proposito
del progettista-direttore dei lavori,
«il ruolo di progettista
del cancello non può di per sé considerarsi fonte
di una posizione di garanzia cui riferire la condotta
omissiva penalmente rilevante attribuitagli,
nessuna norma imponendo infatti al progettista
di un’opera di seguirne e controllarne la sua
concreta esecuzione in modo conforme al progetto
e in condizioni di sicurezza. Però, valorizza
la qualifica di direttore dei lavori al contempo
rivestita dall’imputato nell’occorso».
Al riguardo, «la figura del
direttore
dei lavori è estranea alla disciplina prevenzionistica,
non comportando essa, automaticamente,
la responsabilità per la sicurezza sul lavoro.»
Peraltro, sussiste «in capo allo
stesso l’obbligo di esercitare un’oculata attività
di vigilanza sulla regolare esecuzione delle opere
edilizie (quale pur sempre deve considerarsi
anche l’installazione del cancello in questione,
tanto più in quanto compreso nell’ambito di
un più ampio intervento di ristrutturazione edilizia)
ed in caso di necessità adottare le necessarie
precauzioni d’ordine tecnico, ovvero scindere
immediatamente la propria posizione di garanzia
da quella dell’assuntore dei lavori, rinunciando
all’incarico ricevuto».
Sicché «tale obbligo trova fondamento nell’art.
29 D.P.R. 06.06.2001, n. 380 che, in
materia edilizia, pone a carico del direttore dei
lavori una posizione di garanzia in merito alla
regolare esecuzione dei lavori, che lo rende responsabile,
anche nei confronti dei terzi, dei
danni derivanti dall’esecuzione dell’opera in difformità delle prescrizioni contenute nel permesso
di costruire».
---------------
Relativamente al coordinatore.
Ciò che
fondatamente può rimproverarsi al coordinatore è, non già di aver omesso di seguire passo passo
le singole fasi della installazione del cancello,
né di avvedersi di una contingente e imprevedibile
specifica inosservanza del piano di
coordinamento e sicurezza da parte dell’impresa
esecutrice, ma proprio di aver omesso di
provvedere a una completa e puntuale predisposizione
di tale piano e/o al suo aggiornamento
in modo da comprendere anche tale specifica attività, con ciò venendo meno all’adempimento
degli obblighi di vigilanza, ancorché alta,
connessi al suo ruolo.
L’insorgenza in concreto di tali obblighi
presupponesse la comunicazione da parte dei committenti del
nominativo dell’impresa esecutrice dei lavori di
installazione del cancello scorrevole.
L’omissione da parte dei committenti di tale comunicazione può certamente rilevare
quale fattore causale concorrente addebitabile
agli stessi committenti, ma non vale certo a
esonerare il coordinatore per la sicurezza dall’obbligo
predetto, ben potendo e dovendo egli
autonomamente accertarsi, attraverso l’esame
del progetto esecutivo dell’opera realizzanda,
della natura e consistenza di tutte le opere progettate
e delle conseguenti necessità operative di coordinamento, in
modo da garantire la sicurezza di tutte le operazioni.
E' indubitabile la sussistenza
di una efficacia causale diretta della
violazione della regola cautelare inosservata rispetto
al tragico evento verificatosi, essendo di
tutta evidenza che la predisposizione di un piano
di sicurezza esteso anche alla lavorazione in
questione avrebbe del tutto verosimilmente impedito
che il manufatto fosse lasciato nelle condizioni
di assoluta precarietà e, al contempo, di
agevole accessibilità a chiunque, nelle quali si è
tragicamente trovato ad essere.
---------------
Con questa sentenza di alto profilo, la Sez. IV
esamina un caso particolarmente significativo:
«una bambina, entrata nell’area non recintata
e non segnalata di un cantiere edile veniva a
contatto con il cancello scorrevole in metallo,
del peso di 250 kg, collocato a chiusura dell’unico
accesso carraio, fissato in modo precario e
privo dei relativi fermi a fine corsa, che, ribaltandosi,
le cadeva addosso, cagionandole lesioni
mortali.»
Furono dichiarati colpevoli di omicidio colposo,
oltre che il titolare dell’impresa individuale
appaltatrice dei lavori di realizzazione e posa in
opera del cancello e all’esecutore materiale dell’attività
di installazione della recinzione e del
cancello, i proprietari dell’immobile committenti
dell’opera in assenza della nomina di un
responsabile dei lavori, il direttore dei lavori nonché progettista del cancello, il
coordinatore
in fase di progettazione e di esecuzione.
Illuminanti sono le analisi condotte dalla Corte
Suprema in merito a ciascuna di tali tre figure.
A) Quanto ai committenti, la Sez. IV osserva
che, «ricondotti gli obblighi di vigilanza in capo
ai committenti, nessun rilievo può assumere
la considerazione che la situazione di pericolo
non fosse percepibile ad un non addetto ai lavori», e che «la mancata nomina di un
responsabile
dei lavori e la mancata promozione del contatto
tra impresa esecutrice e coordinatore per
l’esecuzione dei lavori ponevano gli stessi committenti
nella posizione di diretti destinatari degli
obblighi di vigilanza e verifica sull’operato
della prima posti dalle norme richiamate, il
cui inadempimento rileva nel caso di specie
sia sotto il profilo causale che sotto quello della
colpa, senza che lo stesso possa ritenersi scriminato
dalla assenza di competenze tali da consentire
di rendersi conto del pericolo incombente».
Rammenta che,
in passato, «la giurisprudenza
di legittimità escludeva, anche nel contesto dell’attività
cantieristica, che il committente potesse
rispondere delle inadempienze prevenzionistiche
verificatesi nell’approntamento del cantiere
e nell’esecuzione dei lavori, salvo che
non si ingerisse nell’esecuzione dei lavori o privasse
l’appaltatore di autonomia tecnica o operativa
nell’attuazione delle misure di prevenzione
degli infortuni», e che, con il D.Lgs. n. 81/2008 e già prima con il D.Lgs. n. 494/1996,
«la figura del committente trova esplicito riconoscimento
e definizione (‘il soggetto per conto
del quale l’intera opera viene realizzata’’ e ne
vengono esplicitati gli obblighi».
Ne trae che «l’individuazione di tale peculiare
figura di garante è coerente con la complessiva
configurazione del sistema di protezione in
materia di sicurezza sul lavoro, che tende a
connettere la sfera di responsabilità con il ruolo
esercitato da alcune figure che tipicamente
intervengono nell’ambito delle varie attività
lavorative»: «normalmente la figura di vertice
della sicurezza è costituita dal datore di lavoro
che, come è noto, è individuato non solo nel
titolare del rapporto di lavoro, ma anche nel
soggetto che ha la responsabilità dell’impresa,
ed è quindi chiamato a compiere le più importanti
scelte di carattere economico, gestionale
ed organizzativo e ne porta le connesse responsabilità»; «è quindi razionale che, nel diverso
contesto dell’attività cantieristica di cui
qui si tratta, emerga anche la figura del committente,
che è il soggetto che normalmente
concepisce, programma, progetta, finanzia l’opera»; «tale ruolo giustifica l’attribuzione di
una sfera di responsabilità per ciò che riguarda
la sicurezza e la conseguente assegnazione del
ruolo di garante»;
«la legge gli attribuisce alcuni obblighi
sia nella fase progettuale che in quella esecutiva,
destinati ad interagire e ad integrarsi con quelli di altre
figure di garanti legali».
Sottolinea efficacemente che «la nomina di un
coordinatore non può esonerare da responsabilità
il committente (o il responsabile dei lavori),
né per ciò che riguarda la redazione del piano di
sicurezza e del fascicolo per la protezione dai
rischi, né per ciò che attiene alla vigilanza sul
coordinatore in ordine allo svolgimento dell’attività
di coordinamento e controllo circa l’osservanza
delle disposizioni contenute nel piano
di sicurezza e di coordinamento».
Ne desume che «una tale congerie di doveri imposti
a carico del committente dalle norme ora
trasposte in termini coincidenti nel Testo Unico
per la sicurezza del lavoro di cui al D.Lgs. 09.04.2008, n. 81), tanto più in quanto non
schermati dalla nomina di un responsabile dei
lavori, configuri a carico degli stessi una posizione
di garanzia rilevante ai fini della imputazione
oggettiva anche ad essi, secondo lo schema
della causalità omissiva, del tragico evento
de quo».
Nota, in particolare, che «proprio l’inosservanza
dell’obbligo di mettere in contatto l’impresa
esecutrice dei lavori di installazione del cancello
con il coordinatore per l’esecuzione dei lavori -nell’una e nell’altra direzione- imposto al
committente, da un lato, ha avuto significativa
incidenza nella sequenza causale che ha condotto
al tragico evento, come è possibile agevolmente
cogliere, con giudizio controfattuale,
ove si consideri che l’adempimento di un tale
obbligo avrebbe potuto avere l’effetto di attivare
e sollecitare l’uno e l’altro soggetto rispettivamente
alla predisposizione di un piano operativo
di sicurezza e al controllo della sua realizzazione
e osservanza; dall’altro, ha indubbiamente
reso particolarmente pregnante e cogente
l’obbligo sussidiario di garanzia direttamente
incombente sui committenti ai sensi del citato
art. 6, comma 2, D.Lgs. n. 494/1996 [ora 93,
comma 2, D.Lgs. n. 81/2008], in particolare
per quel che riguarda la vigilanza sul coordinatore
in ordine allo svolgimento dell’attività di
coordinamento e controllo circa l’osservanza
delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza
e di coordinamento».
Ammette che «la mancata comunicazione al
coordinatore per l’esecuzione dei lavori del nominativo
dell’impresa installatrice del pesante
cancello non è motivo comunque di esonero
da responsabilità per quest’ultimo, i cui obblighi
in tema di coordinamento prescindono dall’assolvimento
dei compiti di cooperazione attribuiti
al committente», ma chiarisce che
«ciò, lungi dal rendere senza conseguenze tale
mancata cooperazione, ha semmai l’effetto di
rendere più pressante e attuale per il committente
l’obbligo di vigilanza sulle attività del coordinatore,
costituendo essa stessa motivo di
preallarme per il primo sul completo ed efficace
svolgimento dei compiti su questo incombenti».
Considera irrilevante che «il tragico evento che
si afferma essere conseguito alle omissioni dei
committenti abbia riguardato terzi e non lavoratori
impegnati nell’esecuzione delle opere commesse
in appalto», poiché, «in tema di prevenzione
nei luoghi di lavoro, le norme antinfortunistiche
non sono dettate soltanto per la tutela
dei lavoratori nell’esercizio della loro attività,
ma anche a tutela dei terzi che si trovino nell’ambiente
di lavoro, indipendentemente dall’esistenza
di un rapporto di dipendenza con il titolare
dell’impresa», e «sempre che la presenza
di soggetto passivo estraneo all’attività ed all’ambiente
di lavoro, nel luogo e nel momento
dell’infortunio non rivesta carattere di anormalità,
atipicità ed eccezionalità tali da fare ritenere
interrotto il nesso eziologico tra l’evento e la
condotta inosservante.»
Afferma che, «nel caso di specie, non è certamente
predicabile un siffatto carattere di eccezionalità
e atipicità della presenza della bambina
e dei suoi genitori sui luoghi del tragico sinistro,
attesa la mancanza di recinzione e segnalazione
e la prossimità di edifici destinati a civile
abitazione».
B) A proposito
del progettista-direttore dei lavori,
la Sez. IV concede che «il ruolo di progettista
del cancello non può di per sé considerarsi fonte
di una posizione di garanzia cui riferire la condotta
omissiva penalmente rilevante attribuitagli,
nessuna norma imponendo infatti al progettista
di un’opera di seguirne e controllarne la sua
concreta esecuzione in modo conforme al progetto
e in condizioni di sicurezza. Però, valorizza
la qualifica di direttore dei lavori al contempo
rivestita dall’imputato nell’occorso».
Al riguardo, ammette che «la figura del direttore
dei lavori è estranea alla disciplina prevenzionistica,
non comportando essa, automaticamente,
la responsabilità per la sicurezza sul lavoro.»
Peraltro, individua nondimeno «in capo allo
stesso l’obbligo di esercitare un’oculata attività
di vigilanza sulla regolare esecuzione delle opere
edilizie (quale pur sempre deve considerarsi
anche l’installazione del cancello in questione,
tanto più in quanto compreso nell’ambito di
un più ampio intervento di ristrutturazione edilizia)
ed in caso di necessità adottare le necessarie
precauzioni d’ordine tecnico, ovvero scindere
immediatamente la propria posizione di garanzia
da quella dell’assuntore dei lavori, rinunciando
all’incarico ricevuto».
Ritiene che «tale obbligo trova fondamento nell’art.
29 D.P.R. 06.06.2001, n. 380 che, in
materia edilizia, pone a carico del direttore dei
lavori una posizione di garanzia in merito alla
regolare esecuzione dei lavori, che lo rende responsabile,
anche nei confronti dei terzi, dei
danni derivanti dall’esecuzione dell’opera in difformità delle prescrizioni contenute nel permesso
di costruire».
Prende atto che, nel caso di specie, i magistrati
di merito hanno, «da un lato, escluso, nei confronti
del direttore dei lavori, l’applicabilità dell’aggravante
della violazione di norme per la
prevenzione degli infortuni sul lavoro, dall’altro
focalizzato correttamente il profilo di colpa
ad esso addebitato nell’omesso accertamento
della conformità delle modalità di esecuzione
alle regole della tecnica e nella mancata attiva
vigilanza su tutte le fasi esecutive dell’opera».
C) Lucida è poi l’analisi relativa al coordinatore.
Al riguardo, la Sez. IV rileva come «ciò che
fondatamente può rimproverarsi al coordinatore
è, non già di aver omesso di seguire passo passo
le singole fasi della installazione del cancello,
né di avvedersi di una contingente e imprevedibile
specifica inosservanza del piano di
coordinamento e sicurezza da parte dell’impresa
esecutrice, ma proprio di aver omesso di
provvedere a una completa e puntuale predisposizione
di tale piano e/o al suo aggiornamento
in modo da comprendere anche tale specifica attività, con ciò venendo meno all’adempimento
degli obblighi di vigilanza, ancorché alta,
connessi al suo ruolo».
Esclude che «l’insorgenza in concreto di tali
obblighi presupponesse la comunicazione da
parte dei committenti del nominativo dell’impresa
esecutrice dei lavori di installazione del
cancello scorrevole.»
Spiega che «l’omissione da parte dei committenti di tale comunicazione può certamente rilevare
quale fattore causale concorrente addebitabile
agli stessi committenti, ma non vale certo a
esonerare il coordinatore per la sicurezza dall’obbligo
predetto, ben potendo e dovendo egli
autonomamente accertarsi, attraverso l’esame
del progetto esecutivo dell’opera realizzanda,
della natura e consistenza di tutte le opere progettate
e delle conseguenti necessità operative di coordinamento, in
modo da garantire la sicurezza di tutte le operazioni».
Prende atto che, «nel caso di specie: a) il coordinatore
per la sicurezza aveva, per sua stessa
ammissione, consapevolezza della previsione
del cancello tra le opere in progetto;
b) egli
non poteva non avere contezza del fatto che alla
sua installazione ormai ci si stesse di fatto avviando,
considerato lo stato di avanzamento
dei lavori;
c) di più, egli era presumibilmente
consapevole del progetto esecutivo del cancello
nonché della ditta incaricata, avuto riguardo alla
accertata con titolarità al coordinatore e al progettista-direttore dei lavori del medesimo studio
tecnico associato e considerato che tale circostanza
e lo stretto rapporto di colleganza da essa
desunto sono risultati fonte di conoscenze comuni,
relative ad altri momenti dell’attività del
cantiere e alle sottostanti vicende negoziali e sono
stati anche confermati da alcuni testi».
Nota, a questo punto, che «è indubitabile la sussistenza
di una efficacia causale diretta della
violazione della regola cautelare inosservata rispetto
al tragico evento verificatosi, essendo di
tutta evidenza che la predisposizione di un piano
di sicurezza esteso anche alla lavorazione in
questione avrebbe del tutto verosimilmente impedito
che il manufatto fosse lasciato nelle condizioni
di assoluta precarietà e, al contempo, di
agevole accessibilità a chiunque, nelle quali si è
tragicamente trovato ad essere»
(Circa le figure del committente, del progettista,
del direttore dei lavori e dei coordinatori, v., oltre
le sentenze Landi e Angele qui di seguito,
Guariniello, Il T.U. Sicurezza sul Lavoro commentato
con la giurisprudenza, VI edizione,
Milano, 2014, sub artt. 92 e 93)
(Corte
di Cassazione, Sez. IV penale,
sentenza 05.05.2014 n. 18459
- tratto da Igiene e
Sicurezza del Lavoro n. 7/2014). |
febbraio
2014 |
|
SICUREZZA LAVORO: Testo unico sulla sicurezza anche per concerti e fiere.
Manifestazioni. Firmato il decreto che attua l'obbligo
introdotto l'anno scorso.
Completato il
quadro normativo per l'applicazione del testo unico sulla
sicurezza nei luoghi di lavoro per l'attività di
allestimento di palchi per spettacoli e nelle manifestazioni
fieristiche.
L'articolo 32, comma, 1, lettera g-bis, del Dl 69/2013 aveva
esteso le disposizioni del titolo IV del testo unico agli
spettacoli musicali, cinematografici e teatrali nonché alle
manifestazioni fieristiche. Però l'estensione non poteva
essere applicata in attesa di un decreto ministeriale che
avrebbe dovuto individuare le particolari esigenze connesse
allo svolgimento di tali attività.
Il decreto firmato ieri dal ministro del Lavoro, di concerto
con quello della Salute, colma il vuoto normativo. Il testo,
che entrerà in vigore con la sua pubblicazione sul sito
internet del ministero del Lavoro e di cui sarà fornita
notizia sulla Gazzetta ufficiale, è diviso in due capi: nel
primo ci sono le disposizioni riguardanti gli spettacoli
musicali, cinematografici e teatrali, mentre nel secondo
quelle per le manifestazioni fieristiche.
Le disposizioni del capo I, in considerazione della
compresenza di più imprese esecutrici, di un elevato numero
di lavoratori, subordinati e non, anche di diverse
nazionalità, si applicano alle attività di montaggio e
smontaggio di opere temporanee, compreso il loro
allestimento e disallestimento con impianti audio, luci e
scenotecnici, realizzate per spettacoli musicali,
cinematografici teatrali e di intrattenimenti, con
esclusione, tra l'altro, del montaggio/smontaggio di pedane
di altezza fino a 2 metri rispetto al piano stabile, non
connesse ad altre strutture o supportanti altre strutture.
Per tali attività, come per quelle fieristiche, ai fini
della sicurezza non trovano applicazione le disposizioni
relative al documento unico di regolarità contributiva (Durc).
Per quanto concerne le manifestazioni fieristiche, il
decreto fa rientrare nel campo di applicazione del testo
unico le attività di approntamento e smantellamento di
strutture allestitive o tensostrutture per manifestazioni
fieristiche con esclusione di quelle di altezza inferiore a
6 metri rispetto al piano stabile e di quelle biplanari con
superficie fino a 50 metri quadrati.
Nelle attività oggetto del decreto in esame, la copia del
piano di sicurezza e di coordinamento (Psc) e del piano
operativo di sicurezza (Pos) devono essere messi a
disposizione dei rappresentanti della sicurezza prima
dell'inizio dei lavori. Gli allegati al decreto riguardano
le informazioni minime sul sito di installazione dell'opera
temporanea, il modello di dichiarazione di idoneità tecnico
professionale delle imprese straniere, i contenuti minimi
del Psc e del Pos, le informazioni minime sul quartiere
fieristico, i contenuti minimi del Duvri di cui all'articolo
26 del testo unico (articolo Il Sole 24 Ore del 22.02.2014). |
SICUREZZA LAVORO: Il
rischio chimico nei cantieri edili, "se lo conosci, lo
eviti!"
Il rischio chimico in edilizia è legato all’impiego di
materie prime (sostanze o preparati chimici) e alla
possibilità di esposizione di polveri inorganiche, durante
specifiche lavorazioni.
L’utilizzo di prodotti chimici risulta pericoloso sia per la
salute del lavoratore ma anche per la sicurezza in generale,
in quanto possono verificarsi incendi, esplosioni, ustioni
chimiche.
L’Inail ha pubblicato una
guida pratica dedicata al rischio chimico, utile per la
formazione dei lavoratori impiegati nei cantieri edili. La
guida, infatti, è realizzata tenendo conto delle nuove
esigenze di informazione e formazione dei lavoratori
introdotte dalle recenti normative (Regolamento CE n.
1272/2008 e l’Accordo Stato Regioni del 21/12/2011).
I temi affrontati vengono esposti facendo ricorso a numerose
illustrazioni, al fine di renderne maggiormente
comprensibili i contenuti, tenendo conto anche dell’ambiente
multietnico che contraddistingue il settore edile.
Gli argomenti trattati dalla guida sono i seguenti:
●
rischio chimico nel settore edile
●
nuova etichettatura dei prodotti e le schede di sicurezza
●
mansioni che espongono al rischio chimico in edilizia
●
cosa fare per evitare il rischio chimico
●
prodotti specifici
●
approfondimenti
(20.02.2014 - link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO: Sicurezza
nei cantieri e nei luoghi di lavoro, le risposte alle
domande più frequenti.
Al fine di fornire indicazioni in materia di salute e
sicurezza sui luoghi di lavoro, la Regione Piemonte ha
selezionato e raccolto i requisiti più interessanti sul
proprio sito, che viene periodicamente aggiornato.
Il contenuto della
pubblicazione (aggiornata al 15.05.2013), pur avendo
carattere esclusivamente informativo, è un utile strumento
per datori di lavoro, responsabili e addetti dei servizi di
prevenzione e protezione, preposti, professionisti,
lavoratori per essere sempre informati sulla normativa a
tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
In allegato la raccolta delle FAQ della Regione Piemonte
sulla sicurezza, raggruppate in maniera omogenea in base ai
seguenti argomenti:
●
applicazione generale del Decreto Legislativo 81/2008 e
s.m.i.
●
luoghi di lavoro, macchine e DPI
●
sicurezza nei cantieri
●
segnaletica di sicurezza, movimentazione manuale dei
carichi, videoterminali
●
agenti fisici, sostanze pericolose, agenti biologici,
protezione da atmosfere esplosive (13.02.2014 - link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO: Sicurezza
sui cantieri, ecco una utile guida con definizioni,
procedure e liste di controllo.
La valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza dei
lavoratori è finalizzata ad individuare le necessarie misure
di prevenzione e protezione e a predisporre il programma
delle misure atte a garantire il miglioramento nel tempo dei
livelli di sicurezza.
Gli obblighi in materia di sicurezza in capo ad un’impresa
edile sono vari, come ad esempio l’elaborazione del
Documento di valutazione dei rischi (DVR) e la redazione del
Piano Operativo di Sicurezza (POS) in osservanza
dell’eventuale Piano di Sicurezza e Coordinamento (PSC)
predisposto dal Coordinatore per la sicurezza.
In questi documenti devono essere individuate tutte le
misure di sicurezza, preventive e protettive, da applicare
nei luoghi di lavoro.
In questo articolo proponiamo una guida per la sicurezza in
edilizia elaborate dal CPT di Taranto che ha lo scopo di
fornire agli operatori del settore edile uno strumento utile
per il controllo dell’applicazione delle misure di
sicurezza, della congruenza dei documenti e
dell’organizzazione aziendale in materia di prevenzione e
protezione dai rischi.
In dettaglio, il documento analizza i seguenti argomenti:
●
figure della sicurezza
●
documentazione attestante l’attuazione di adempimenti a
carico del datore di lavoro
●
adempimenti e documenti a cura del committente
●
dispositivo di protezione individuale
●
segnaletica di sicurezza
●
dotazione della tessera di riconoscimento ai lavoratori
●
comunicazione telematica d’infortunio all’INAIL
(06.02.2014 - link a www.acca.it). |
LAVORI PUBBLICI - SICUREZZA LAVORO:
P. Stoja,
Individuazione di obblighi e responsabilità penale
in tema di sicurezza sul lavoro nell’ambito degli
appalti pubblici: aspetti problematici (03.02.2015
- tratto da www.giustizia.lazio.it). |
gennaio
2014 |
|
SICUREZZA LAVORO: Macchine
in edilizia, come usarle correttamente al fine di prevenire
gli infortuni sui cantieri. Il manuale completo Inail-CPT di
Torino.
Utilizzare le macchine in edilizia in maniera corretta è un
requisito fondamentale per la sicurezza sui cantieri.
In questo articolo proponiamo un’interessante pubblicazione
a cura di Inail e CPT di Torino rivolta agli utilizzatori
delle macchine e agli addetti alla salute e sicurezza sui
luoghi di lavoro (datori di lavoro, dirigenti, preposti per
la sicurezza, RSPP e ASPP).
Il documento contiene oltre 60 rilievi di macchine usate in
edilizia, con apposite schede contenenti i dati principali,
corredate da foto e relativo libretto di istruzioni d’uso,
utile per conoscerne le specifiche peculiarità.
La prima parte del manuale, di carattere più generale, è
costituita da 3 capitoli riguardanti: gli obblighi normativi
previsti, le caratteristiche di sicurezza che le macchine
hanno e l’impianto elettrico di cui sono dotate.
Nella seconda parte, ci sono le schede relative alle
macchine raggruppate in 4 categorie:
●
apparecchi di sollevamento
●
macchine semoventi
●
macchine trasportabili
●
utensili
Per ogni attrezzatura sono forniti la descrizione, gli
elementi costituenti, i dispositivi di sicurezza, i
dispositivi di comando e di controllo, i fattori di rischio,
le istruzioni per l’uso e i riferimenti normativi
(23.01.2014 - link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO: Appalti senza valutazione rischi.
Il Duvri è superfluo nelle gare per servizi e forniture.
Il Consiglio di stato corregge il tiro della giurisprudenza
di merito, molto più restrittiva.
Non è sempre necessario il Documento di valutazione dei
rischi interferenti (Duvri) nelle procedure di gara per
l'affidamento di servizi e forniture.
Lo chiarisce la sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 22.01.2014 n. 330, che corregge il tiro della
giurisprudenza di primo grado e di alcune teorie, secondo le
quali l'obbligo di predisporre il Duvri scatterebbe sempre e
comunque, per qualsiasi procedura d'appalto.
I giudici di palazzo Spada contestano radicalmente
l'assunto.
Occasione ne è stata una controversia relativa ad un appalto
di servizio di mediazione culturale, per il quale
l'amministrazione appaltante non aveva previsto, nel bando e
capitolato, alcuna norma relativa all'eventuale sussistenza
e quantificazione degli oneri per la sicurezza dei
lavoratori, astenendosi anche da valutare i rischi di
interferenze nello svolgimento delle attività
dell'aggiudicatario. Ciò in considerazione della natura
prevalentemente intellettuale della prestazione richiesta ai
mediatori culturali e, ancora, della circostanza che
l'appalto non chiedeva lo svolgimento di nessuna attività al
di fuori della sede di lavoro della aggiudicataria o
comunque presso le sedi della stazione appaltante. Il che
escludeva in radice la possibilità di «interferenze» fisiche
tra lavoratori.
Secondo il Consiglio di stato, in presenza di servizi
caratterizzati da prestazioni prevalentemente intellettuali
e di una oggettiva impossibilità di interferenze con il
lavoro dei dipendenti della stazione appaltante, le regole
speciali di tutela dei lavoratori previste dall'ordinamento
non debbono essere applicate. Il Duvri, ai sensi
dell'articolo 26 del dlgs 81/2008, ha lo scopo di
evidenziare le misure di sicurezza necessarie per ridurre il
rischio che attività lavorative svolte nella sede della
stazione appaltante si «incastrino» con i lavori svolti
dall'appaltatore, esponendo lavoratori ai rischi propri
delle lavorazioni dell'appaltatore.
È piuttosto evidente che se, per un verso, l'attività
dell'appaltatore è esente da rischi, in quanto
prevalentemente di natura intellettuale; e, per altro verso,
non viene svolta nelle sedi di potenziale interferenza, la
redazione del Duvri non avrebbe alcuna utilità.
Nel caso di specie, Palazzo Spada ha ritenuto non dimostrata
la presenza di fattori di rischio, tali da imporre una
regolamentazione particolare dei profili di sicurezza
connessi al servizio di mediazione culturale.
La sentenza della sezione V ricorda anche l'illegittimità di
clausole di gara poste per imporre ai concorrenti di
specificare nelle offerte la consistenza degli oneri per la
sicurezza «in assenza conclamata di rischi», perché ciò
lederebbe i principio di razionalità nella conduzione degli
appalti e il favore per la partecipazione. Dunque,
apparirebbe «assolutamente meccanicistico e del tutto non
pertinente con gli interessi sostanziali
dell'Amministrazione» appaltante prevedere negli atti di
gara da un lato il Duvri, dall'altro la valutazione dei
rischi, se per la prestazione contrattuale richiesta non
risultino evidenze di rischi connessi all'attività
lavorativa (articolo ItaliaOggi del
28.02.2014 - tratto da www.centrostudicni.it). |
SICUREZZA LAVORO: Testo
Unico sulla Sicurezza: disponibile l’edizione aggiornata a
dicembre 2013 del testo coordinato.
Pubblicato sul sito del Ministero del Lavoro e delle
Politiche sociali il nuovo Testo Unico sulla Sicurezza,
(Decreto Legislativo 09.04.2008 n. 81) coordinato con tutte
le modifiche integrative e correttive introdotte fino a
dicembre 2013.
Le novità di maggior rilievo presenti nel testo coordinato
nell’edizione di dicembre 2013 sono:
●
la Circolare 41 del Ministero del Lavoro e delle Politiche
Sociali
●
la modifica all'art. 71, comma 11, introdotta dalla Legge
30.10.2013, n. 125 recante disposizioni urgenti per il
perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle
Pubbliche Amministrazioni
●
gli interpelli dal n. 8 al n. 15 del 24.10.2013
●
le correzioni ad alcuni importi delle sanzioni rivalutate
(per alcune sanzioni l’importo di 7.014, 00 Euro è stato
sostituito con 7.104,40 Euro)
●
la Nota del 27.11.2013, con oggetto: nozione di “trasferimento”
ex art. 37, comma 4, lett. b), D.Lgs. 81/2008 e s.m.i.
(09.01.2014 - link a www.acca.it). |
dicembre
2013 |
|
SICUREZZA LAVORO: Per il settore degli spettacoli le regole sui cantieri
mobili. Sicurezza. Un decreto ministeriale sarà emanato
entro il 31 dicembre.
Entro il
prossimo 31 dicembre il ministero del Lavoro dovrà emanare
un decreto che consentirà di estendere le regole in tema di
cantieri mobili previste dal Testo Unico sicurezza sul
lavoro ai palchi utilizzati negli spettacoli musicali e
negli eventi teatrali, cinematografici e fieristici.
Come noto, i palchi non sono ponteggi fissi e, per questo
motivo, non sono soggetti alle norme di sicurezza relative a
tali strutture. Prima che fosse approvato il cosiddetto
Decreto del fare (Dl 69/2013, convertito con la legge 98/2013),
anche le norme sui cantieri mobili e temporanei contenute
nel Testo Unico erano di dubbia applicazione. Tale
situazione si traduceva in procedure alquanto farraginose e
inefficaci: per montare un palco, erano sufficienti la
comunicazione al Comune di competenza e la predisposizione
di una relazione tecnica.
Il Decreto del fare ha sbloccato tale situazione, estendendo
anche gli eventi musicali, teatrali, cinematografici e
fieristici la normativa sui cantieri mobili, ma la novità
sarà operativa solo dopo l'emanazione del decreto
ministeriale sopra ricordato.
Tale decreto dovrà individuare quali delle attività connesse
al montaggio e allo smontaggio dei palchi saranno soggette
alle misure di sicurezza già operanti per i cantieri
temporanei e mobili. Secondo le prime indiscrezioni, il
decreto sembra destinato a non fare distinzioni tra attività
escluse ed attività incluse, optando quindi per un ambito di
applicazione molto ampio delle norme sui cantieri mobili.
A prescindere dai possibili contenuto del decreto, tuttavia,
il problema della sicurezza nello spettacolo richiede uno
sforzo che va oltre la semplice modifica delle regole. Come
è stato messo in evidenza ieri nel convegno promosso a
Trieste da una serie di enti pubblici (Comune di Trieste,
Regione Friuli Venezia Giulia, Inail, Ass Triestina, Inail)
e organizzato in memoria di Francesco Pinna, il giovane
morto a Trieste per il crollo del palco che stava
collaborando a costruire, la prevenzione dei rischi per i
lavoratori addetti al montaggio e allo smontaggio dei palchi
per gli spettacoli non è soltanto un problema normativo.
Diversi relatori intervenuti al convegno hanno sottolineato
la necessità di adottare modelli organizzativi e produttivi
meno frammentati di quelli attuali. Gli spettacoli musicali
sono oggi realizzati mediante la partecipazione di un numero
molto elevato di imprese; non è raro che nello stesso luogo
di lavoro siano compresenti decine e decine di datori di
lavoro diversi, con personale assunto mediante tipologie
contrattuali altrettanto differenti. Questa situazione non
aiuta la prevenzione dei rischi, in quanto rende difficile
il coordinamento delle misure e l'individuazione delle
responsabilità, spesso parcellizzate in un numero troppo
alto di soggetti
(articolo Il Sole 24 Ore del
14.12.2013). |
SICUREZZA LAVORO:
Oggetto: Uso di scale a pioli nelle attività di cantiere
(ANCE Bergamo,
circolare 13.12.2013 n. 266). |
SICUREZZA LAVORO:
Contravvenzione penale in materia di sicurezza del lavoro.
La magistratura contabile sottolinea il
carattere personale della responsabilità per le violazioni
in materia di sicurezza ed igiene del lavoro di cui al
D.Lgs. n. 758/1994, con la conseguenza che gli adempimenti
previsti da detto decreto per l'estinzione delle
contravvenzioni -adempimento della prescrizione impartita
dall'organo di vigilanza e pagamento dell'ammenda in misura
ridotta- hanno del pari carattere del tutto personale,
predisposti come essi sono ad evitare la sanzione penale
edittalmente prevista.
Pertanto l'ente pubblico, in presenza di una sanzione per
violazione della normativa sulla sicurezza de qua, a carico
della persona (dipendente o amministratore) individuata
dagli organi a ciò preposti quale contravventore, non può
assumersene l'onere senza cagionare un danno all'erario.
Il Consorzio riferisce che a un proprio dipendente è stato
notificato dall'organo di vigilanza competente un verbale di
accertamento di alcune contravvenzioni in materia di
sicurezza del lavoro, recante la prescrizione della
regolarizzazione delle situazioni di illegittimità
riscontrate, al fine di eliminare le contravvenzioni
accertate, ai sensi dell'art. 20, D.Lgs. n. 758/1994
[1]. A
seguito dell'accertamento positivo dell'adempimento delle
prescrizioni, l'organo di vigilanza ha comunicato al
dipendente (contravventore) l'ammissione al pagamento nel
termine di 30 giorni della sanzione amministrativa nella
misura ridotta ai sensi dell'art. 21 del decreto citato.
Poiché il dipendente ha chiesto al Consorzio di farsi carico
del pagamento della sanzione, l'Ente pone alcune questioni
circa la possibilità di procedere direttamente al pagamento
della stessa, ovvero, qualora a ciò debba provvedere il
dipendente, circa la possibilità di disporre, poi, nei suoi
confronti, il rimborso di quanto pagato.
Il D.Lgs. n. 758/1994 ha dettato con gli artt. 19 e ss. una
disciplina in tema di estinzione delle contravvenzioni in
materia di sicurezza ed igiene del lavoro. L'art. 20
prescrive che, allo scopo di eliminare la contravvenzione
accertata, l'organo di vigilanza, nell'esercizio delle
funzioni di polizia giudiziaria, deve impartire al
contravventore un'apposita prescrizione, fissando per la
regolarizzazione un termine non eccedente il periodo di
tempo tecnicamente necessario, ma prorogabile in certi casi,
ed imponendo se del caso specifiche misure atte a far
cessare il pericolo per la sicurezza o per la salute dei
lavoratori durante il lavoro [2].
La norma prevede che copia della prescrizione è notificata o
comunicata anche al rappresentante legale dell'ente
nell'ambito o al servizio del quale opera il contravventore.
Il successivo art. 21 stabilisce, poi, che entro sessanta
giorni dalla scadenza del termine fissato nella
prescrizione, l'organo di vigilanza deve verificare se la
violazione è stata eliminata secondo le modalità e nel
termine indicati, e in caso di riscontro positivo in tal
senso, l'organo di vigilanza ammette il contravventore a
pagare, nel termine di 30 giorni, una sanzione, in sede
amministrativa, pari al quarto del massimo dell'ammenda
stabilita per la contravvenzione commessa
[3]. Ai sensi del
successivo art. 24, l'adempimento della prescrizione e il
pagamento della sanzione amministrativa determinano
l'estinzione della contravvenzione.
Nel caso concreto, l'adempimento della prescrizione imposta
dall'organo di vigilanza risulta avvenuto nelle modalità e
nel termine fissati, con conseguente ammissione del
trasgressore al pagamento della sanzione amministrativa in
misura ridotta.
Ciò premesso, si tratta di capire se l'Ente possa tenere
indenne il dipendente trasgressore dal pagamento della
sanzione.
Muovendo dall'espressione testuale delle disposizioni sopra
richiamate, si osserva che destinatario della prescrizione è
il contravventore (art. 20) che, in caso di adempimento
della prescrizione, è ammesso al pagamento in misura ridotta
(art. 21).
Come ha osservato la giurisprudenza [4],
le disposizioni di cui al D.Lgs. n. 758/1994 individuano
inequivocabilmente il soggetto tenuto al pagamento della
sanzione pecuniaria (al fine di ottenere il beneficio
dell'estinzione del reato contravvenzionale commesso) in
colui che sia stato riconosciuto personalmente responsabile
di trasgressioni alle disposizioni vigenti in materia di
sicurezza ed igiene sui luoghi di lavoro
[5].
Per quanto concerne la posizione dell'Ente con cui
intercorre il rapporto di lavoro subordinato del dipendente
che ha ricevuto la notifica della prescrizione, il comma 2
dell'art. 20 ricordato prevede che copia della prescrizione
è notificata o comunicata anche al rappresentante legale
dell'ente nell'ambito o al servizio del quale opera il
contravventore.
Pertanto, atteso che la normativa di cui al D.Lgs. n.
758/1994 pone quale destinatario esclusivo della
prescrizione il contravventore e che, dalla documentazione
acquisita dall'Ente, consta l'individuazione del
contravventore nella persona del dipendente, l'onere del
pagamento della sanzione graverà su quest'ultimo.
Per quanto concerne, infine, la possibilità di un eventuale
rimborso da parte dell'Ente al contravventore della somma
che questo è chiamato a pagare, si segnalano le
considerazioni espresse dalla Corte dei Conti nella materia
specifica delle contravvenzioni per violazioni della
normativa concernente la sicurezza nel luogo di lavoro.
Specificamente, i Giudici contabili, muovendo dal
riconoscimento del carattere personale della responsabilità
connessa alle suddette violazioni, spiegano che,
conseguentemente, anche il pagamento dell'ammenda in misura
ridotta, accompagnato dall'adempimento della prescrizione
impartita dall'organo di vigilanza, idoneo ad estinguere la
contravvenzione, ha del pari carattere del tutto personale,
predisposto come esso è ad evitare la sanzione penale
edittalmente prevista. Pertanto l'ente pubblico, in presenza
di una sanzione a carico del datore di lavoro per violazione
della normativa sulla sicurezza de qua, non può assumersene
l'onere, senza cagionare un danno all'erario
[6].
Ad ogni buon conto, stante la delicatezza della questione,
si suggerisce all'Ente di valutare l'opportunità di
richiedere un parere in ordine alla rimborsabilità di somme
pagate da dipendenti, nell'ambito della procedura stabilita
dal D.Lgs. n. 758/1994 in tema di estinzione delle
contravvenzioni in materia di sicurezza e di igiene del
lavoro, alla Sezione regionale di controllo della Corte dei
conti [7],
muovendo dalla rappresentazione della fattispecie di fatto
in cui è consistita la violazione sanzionata, anche in
relazione alla rilevanza o meno della valutazione
dell'elemento soggettivo del dipendente/contravventore.
---------------
[1] D.Lgs. 19.12.1994, recante: 'Modificazioni alla
disciplina sanzionatoria in materia di lavoro'.
[2] Si ricorda che resta, ovviamente, fermo, l'obbligo
dell'organo di vigilanza di riferire al pubblico ministero
la notizia di reato inerente alla contravvenzione ai sensi
dell'art. 347, c.p.p..
[3] Quindi entro 120 giorni dalla scadenza del termine
fissato nella prescrizione, deve comunicare al pubblico
ministero l'adempimento della prescrizione e l'eventuale
pagamento della sanzione amministrativa.
[4] Corte dei Conti, sez, giurisd. per la Regione siciliana,
sentenza n. 1829/1998; Corte dei Conti, sez. giurisd. per la
Regione Calabria, sentenza n. 950/2008, che nel richiamare
l'art. 24, comma 2, del D.Lgs. n. 758/1994, commenta che la
contravvenzione si estingue se il contravventore (e non la
persona giuridica) adempie alla prescrizione impartita
dall'organo di vigilanza nel termine ivi fissato e provvede
al pagamento previsto dall'art. 21, comma 2.
[5] Al riguardo, corre, peraltro, l'obbligo di segnalare
alcune osservazioni formulate in dottrina, secondo cui,
nell'ipotesi in cui sorgano dubbi sull'individuazione del
soggetto responsabile della violazione accertata, gli organi
di vigilanza emettono la prescrizione sulla base della
situazione di fatto e documentale verificata
nell'immediatezza in una logica di urgente intervento a
fronte di una situazione per la sicurezza dei lavoratori che
deve ritenersi prevalente rispetto alla piena e definitiva
cognizione dei vari profili di responsabilità in seno
all'ente. In siffatta ipotesi, il PM potrà, successivamente,
sollecitare, una più approfondita verifica, con possibilità
di successive integrazioni o modificazioni dei destinatari
della prescrizione stessa (Cfr, Pasquale Fimiani,
magistrato, L'accertamento delle contravvenzioni in materia
di sicurezza sul lavoro, 20.10.1999).
[6] Corte dei Conti, sez. giurisd., Regione Sicilia,
sentenza n. 1574/2010; Corte dei Conti, sez. contr., Emilia
Romagna, parere n. 276/2011.
[7] Ai sensi dell'art. 7, comma 8, L. n. 131/2003. Si
specifica, al riguardo, che, secondo gli indirizzi dettati
dalla Corte dei conti, ai fini dell'ammissibilità, la
richiesta di parere deve essere formulata prima che siano
assunti dall'ente richiedente comportamenti potenzialmente
illeciti sotto il profilo contabile (03.12.2013 -
link a
www.regione.fvg.it). |
novembre
2013 |
|
SICUREZZA LAVORO:
G. Benedetti,
Cantieri: ‘‘intreccio’’ delle responsabilità tra
appaltatore, datore di lavoro e committente -
Cassazione nn. 35826/2013 e 35827/2013
(Igiene e Sicurezza del Lavoro n. 11/2013). |
AMBIENTE-ECOLOGIA - SICUREZZA LAVORO: Esposizione
a campi elettromagnetici.
Domanda
Vorrei sapere se è obbligatorio effettuare la valutazione
dei rischi da esposizione a campi elettromagnetici sui
luoghi di lavoro.
Risposta
Nella Gazzetta Ufficiale Europea del 29.06.2013 è stata
pubblicata la direttiva n. 2013/35/Ce, sulle esposizioni
occupazionali ai campi elettromagnetici, che abroga e
sostituisce la precedente direttiva 2004/40. Il termine
ultimo di recepimento della nuova direttiva è il 01.07.2016. Bisogna tuttavia considerare che sono immediatamente
vigenti le disposizioni generali sulla protezione dagli
agenti fisici, contenute nel capo I del titolo VIII del dlgs
81/2008, indipendentemente dall'entrata in vigore dei
successivi capi specifici.
Il vincolo più stringente ad oggi
in vigore riguarda pertanto l'obbligatorietà della
valutazione del rischio elettromagnetico, la cui mancanza è
sanzionabile già attualmente. Come chiarito dagli organi
istituzionali, ad oggi la valutazione del rischio
elettromagnetico va condotta confrontandosi con il nuovo
sistema di limiti, contenuto nella nuova direttiva e non più
con quello proposto dalla precedente direttiva 2004/40 e
ripreso dal dlgs 81/2008, al titolo VIII, capo IV (che sarà
riscritto).
L'impianto della valutazione di rischi da
esposizione a campi elettromagnetici si presenta fortemente
rinnovato a partire dal sistema di limiti. Se la direttiva
2004/40 presentava lo stesso sistema di limiti che Icnirp ha
proposto con le linee guida emanate nel 1998, il sistema di
limiti presente nella nuova direttiva è aggiornato con le
revisioni che la stessa Icnirp ha compiuto delle proprie
linee guida nel 2009, con riferimento ai campi magnetici
statici e nel 2010, con riferimento ai campi elettrici e
magnetici nell'intervallo di frequenze 1 Hz-10 MHz.
La
Commissione europea ha inoltre arricchito il sistema di
limiti Icnirp alle basse frequenze, introducendo altre due
soglie non di derivazione Icnirp denominate «livelli di
azione superiori» e «livelli di azione per gli arti».
La nuova direttiva identifica inoltre in modo esplicito il
metodo del picco ponderato come quello elettivo ai fini
della valutazione dell'esposizione
(articolo ItaliaOggi Sette del
18.11.2013). |
SICUREZZA LAVORO: L'accesso ai verbali è blindato. No alla consultazione delle
dichiarazioni dei lavoratori.
Il ministero del lavoro adegua le
istruzioni agli ispettori a una sentenza del Consiglio di
stato.
Blindate le dichiarazioni dei lavoratori. Gli ispettori,
infatti, devono negare al datore di lavoro e ai suoi
eventuali obbligati in solido il diritto di accesso alle
dichiarazioni rilasciate dai lavoratori in sede di
ispezione. Un'eccezione, da valutarsi comunque caso per
caso: quando sia possibile adottare modalità che escludono
l'identificazione degli autori delle dichiarazioni (come ad
esempio con le cancellature e/o gli omissis).
Lo stabilisce il ministero del lavoro nella
circolare 08.11.2013 n.
43/2013 con cui invita gli uffici ad attenersi alla sentenza
n. 4035/2013 del consiglio di stato nelle decisioni sulle
richieste di accesso alla documentazione ispettiva.
Orientamenti contrastanti. La questione riguarda la
legittimità del diniego opposto dagli uffici ispettivi alle
richieste di accesso alle dichiarazioni rese dai lavoratori
nel corso di verifiche ispettive, avanzate da datori di
lavoro o loro coobbligati in solido. Una questione, spiega
il ministero, connotata da orientamenti contrastanti e
oscillanti nel tempo tra due opposti: la prevalenza del
diritto di difesa (quindi la illegittimità dei dinieghi agli
accessi); ovvero la prevalenza della tutela della
riservatezza dei lavoratori unitamente alla preservazione
della funzione pubblica di vigilanza (quindi la legittimità
dei dinieghi).
Orientamento a sfavore. L'orientamento che ritiene
illegittimo il diniego dato al datore di lavoro di prendere
visione delle dichiarazioni rilasciate agli ispettori dai
suoi collaboratori (lavoratori) si basa sul presupposto che
l'esigenza di riservatezza e di protezione dei lavoratori
intervistati è recessiva di fronte al diritto esercitato dal
richiedente (il datore di lavoro) per la difesa di un
interesse giuridico.
Peraltro, tale orientamento si fonda
anche sulla possibilità che gli ispettori possano
intervenire con opportuni accorgimenti (cancellature e
omissis per nascondere i nominativi dei dipendenti
interessati) al fine di consentire il giusto contemperamento
tra gli opposti interessi in gioco: diritto alla difesa e
tutela privacy.
Orientamento a favore. L'orientamento che ritiene legittimo
il diniego verte invece sulla prevalenza dell'interesse
pubblico all'acquisizione di ogni possibile informazione, a
tutela della sicurezza e regolarità dei rapporti di lavoro
rispetto al diritto di difesa della società o impresa
sottoposte a ispezione, poiché il primo non potrebbe non
essere compromesso dalla comprensibile reticenza dei
lavoratori, mentre il secondo è comunque garantito
dall'obbligo di motivazione per eventuali contestazioni e
dalla documentazione che ogni datore di lavoro è tenuto a
possedere.
Peraltro questo orientamento dissente pure dalla
possibilità di adottare accorgimenti per celare l'identità
dei lavoratori (cancellature ecc.), in quanto tali cautele
risultano del tutto insufficienti nelle imprese di piccole
dimensioni in cui già il semplice contenuto delle
dichiarazioni consente facilmente di risalire alla persona
che le ha rese.
La sentenza n. 4035 del 31.07.2013.
In questo contesto di orientamenti contrastanti, e dopo un
biennio di pronunce del tutto favorevoli all'accesso, spiega
il ministero, è sopraggiunta la pronuncia n. 4035/2013 con
cui il consiglio di stato pur entro certi limiti e previa
valutazione caso per caso riafferma la legittimità per gli
ispettori (direzioni territoriali del lavoro) di sottrarre
all'accesso le dichiarazioni rese durante l'accesso
ispettivo (si veda tabella). Ad essa, in conclusione, invita
gli uffici a uniformare il proprio operato
(articolo ItaliaOggi
del 12.11.2013). |
SICUREZZA LAVORO: Prevenzione incendi, insegna l'ingegnere.
I professionisti possono svolgere i
corsi per gli addetti.
Gli ingegneri possono svolgere i corsi per addetti
all'emergenza nella prevenzione incendi e, quindi, possono
rilasciare anche i relativi attestati di frequenza.
Lo
precisa la commissione per gli interpelli sulla sicurezza
del lavoro nell'interpello 24.10.2013 n. 10/2013 in risposta ai quesiti
del Consiglio nazionale degli ingegneri.
Il Consiglio nazionale, in particolare, ha posto due quesiti
chiedendo di sapere:
a) se l'ingegnere sia un professionista adeguatamente
titolato ai sensi del dm 10.03.1998 quale soggetto
formatore per gli addetti alle aziende valutate a rischio
medio e basso;
b) se l'ingegnere sia un professionista abilitato al
rilascio degli attestati di frequenza per gli stessi corsi e
se tali attestati siano validi agli effetti della
documentazione e delle formazione prevista come obbligatoria
del T.u. sicurezza (dlgs n. 81/2008).
Le risposte della commissione sono entrambe positive. Il
citato decreto 10.03.1998 (che reca i criteri generali di
sicurezza antincendio e per la gestione dell'emergenza nei
luoghi di lavoro), spiega la commissione non prevede né
requisiti specifici né titoli ai fini dell'idoneità del
soggetto formatore per gli addetti all'emergenza. Infatti,
il provvedimento stabilisce che «i datori di lavoro
assicurano la formazione dei lavoratori addetti alla
prevenzione incendi, lotta antincendio e gestione
dell'emergenza secondo quanto previsto nell'allegato IX»
(art. 7) e che «è obbligo del datore di lavoro fornire ai
lavoratori un'adeguata informazione e formazione sui
principi di base della prevenzione incendi e sulle azioni da
attuare in presenza di un incendio» (allegato VII).
Tuttavia, aggiunge la commissione, i soggetti formatori
devono possedere competenza nella specifica materia
antincendio. Pertanto, conclude nel ritenere che gli
ingegneri, abilitati ai sensi della legge n. 818/1984
possano svolgere i corsi per addetti all'emergenza e,
quindi, rilasciare i relativi attestati di frequenza.
La commissione, inoltre, sottolinea che, per le aziende
individuate nell'allegato X del predetto dm 10 marzo 1998
(si tratta dei luoghi di lavoro dove si svolgono attività a
rischio d'incidente rilevante quali fabbriche e depositi di
esplosivi; centrali termoelettriche; impianti di estrazione
di oli minerali e gas combustibili; impianti e laboratori
nucleari; depositi al chiuso di materiali combustibili
aventi superficie superiore a 10 mila metri quadrati;
attività commerciali e/o espositive con superficie aperta al
pubblico superiore a 5 mila metri quadrati; aeroporti,
infrastrutture ferroviarie e metropolitane; alberghi con
oltre 100 posti letto; ospedali, case di cura e case di
ricovero per anziani; scuole di ogni ordine e grado con
oltre 300 persone presenti; uffici con oltre 500 dipendenti
ecc.), «i lavoratori incaricati dell'attuazione delle misure
di prevenzione incendi, lotta antincendio e gestione delle
emergenze» debbano conseguire «l'attestato di idoneità
tecnica di cui all'art. 3 della legge n. 609/1996», ossia
l'attestato di formazione rilasciato dal corpo nazionale dei
vigili del fuoco.
Infine, la commissione precisa che i predetti attestati di
formazione sono validi anche ai fini della formazione degli
addetti alla prevenzione e alle emergenze (obbligo previsto
dall'art. 37, comma 9, del T.u. sicurezza)
(articolo ItaliaOggi
del 12.11.2013). |
ATTI AMMINISTRATIVI - SICUREZZA LAVORO:
Oggetto: sentenza del Consiglio di Stato, Sez. VI, n.
4035/2013 del 31.07.2013 in materia di diritto di accesso
alle dichiarazioni rilasciate dai lavoratori in sede
ispettiva. Istruzioni operative (Ministero del Lavoro e
delle Politiche Sociali,
circolare 08.11.2013 n.
43/2013). |
ottobre
2013 |
|
SICUREZZA LAVORO:
Oggetto: Art. 12, D.Lgs. n. 81/2008 e successive
modificazioni e integrazioni - risposta al
quesito sulla formazione degli addetti alla
gestione delle emergenze per la prevenzione
incendi, DM 10.03.1998 (Ministero del
Lavoro e delle Politiche Sociali,
interpello 24.10.2013 n. 10/2013). |
SICUREZZA LAVORO: Testo
Unico sulla Sicurezza. Ecco l’edizione aggiornata ad ottobre
2013.
Il Testo Unico in materia di salute e sicurezza nei luoghi
di lavoro, in vigore dal 15.05.2008 (D.Lgs. 81/2008), nel
corso del tempo ha subito diverse modifiche ed integrazioni.
In allegato a questo articolo proponiamo la
versione aggiornata ad ottobre 2013 pubblicata sul sito
del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
Il testo, corredato da allegati, note, commenti e da
un’ampia appendice normativa, è coordinato con le più
recenti disposizioni integrative e correttive.
Le novità nella versione di ottobre sono:
●
Legge 119/2013 di conversione al Decreto Legislativo 93/2008
con modifiche agli artt. 8, comma 4, 71, comma 13-bis e 73,
comma 5-bis;
●
Legge 98/2013 di conversione al Decreto 69/2013 con
modifiche agli artt. 3, 6, 26, 27, 29, 31, 32, 37, 67, 73,
71, 88, 104-bis, 225, 240, 250 e 277;
●
Legge 99/2013 di conversione al Decreto 76/2013 con
l’aggiornamento degli importi delle sanzioni;
●
Circolari del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali
n.: 18, 21, 28, 30, 31 e 35;
●
Circolari del Ministero della Salute del 10.05.2013 e del
10.06.2013;
●
Decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e
del Ministero della Salute del 30.05.2013 riguardante
l’elenco delle aziende autorizzate ad effettuare lavori
sotto tensione su impianti elettrici alimentati a frequenza
industriale a tensione superiore a 1000V (ai sensi del punto
3.4 dell’allegato I al D.M. 04/02/2011);
●
Decreto Dirigenziale del 31.07.2013 riguardante il sesto
elenco dei soggetti abilitati per l’effettuazione delle
verifiche periodiche di cui all’art. 71, comma 11
(24.10.2013 - link a www.acca.it). |
settembre
2013 |
|
SICUREZZA LAVORO: Le
linee guida per la gestione della sicurezza nei cantieri
mobili e temporanei, un utile documento per i coordinatori e
le imprese.
L’ASL di Brianza e Monza ha pubblicato le linee guida sulla
corretta applicazione delle norme in materia di salute e
sicurezza sul lavoro (D.Lgs. 81/2008), utile strumento per
tutti i tecnici e le imprese impegnate in cantieri edili.
L’obiettivo principale della guida è quello di fornire un
valido strumento al coordinatore della sicurezza, guidandolo
passo passo nello svolgimento delle proprie mansioni, in
ottemperanza alle disposizioni normative.
Il documento contiene:
●
definizioni sulla sicurezza,
●
procedure operative per il coordinatore per la sicurezza,
●
diagrammi di flusso esplicativi,
●
modelli dei vari documenti sulla sicurezza,
●
check-list per il controllo della documentazione e del
cantiere
(26.09.2013 - link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO: Il datore risponde per rischi specifici.
La responsabilità del datore per l'infortunio del lavoratore
scatta solo se il rischio è specifico.
Infortuni sul lavoro. Il pericolo occulto non
rientra nell'attività di controllo quotidiano.
Lo ha precisato la
Corte di Cassazione, Sez. IV penale, con la
sentenza 24.09.2013 n. 39491.
La vicenda riguarda una ditta, aggiudicataria dell'appalto
della nettezza urbana dell'area mercatale comunale, che
aveva consentito a un proprio dipendente di lavorare vicino
a un cancello in ferro, senza il perno di fermo di fine
corsa. Così, il lavoratore, mentre spostava una delle ante
scorrevoli per effettuare le pulizie, ha fatto fuoriuscire
l'anta dal binario, che lo ha travolto e gli ha provocato
gravi lesioni, con compromissione della colonna vertebrale.
Sia in primo grado sia in appello, l'imprenditore è stato
condannato per il delitto di lesioni colpose, poiché non ha
garantito la piena sicurezza del luogo dove l'operaio
svolgeva le sue mansioni, informandolo dei rischi specifici
della sua attività. Infatti, precisa il giudice del merito,
gli obblighi di sicurezza gravano non solo sul committente,
titolare dell'area dove si svolgono i lavori, ma anche sul
l'appaltatore.
La vicenda arriva in Cassazione. La Corte, ribaltando la
decisione, afferma che il datore di lavoro non è
responsabile per l'infortunio del dipendente, se il rischio
non è specifico e proprio dell'attività imprenditoriale
svolta. In sostanza, sono rischi specifici soltanto quelli
rispetto ai quali sono richieste precauzioni e regole che
comportano una determinata competenza tecnica, mentre il
pericolo occulto non rientra nel quotidiano controllo di cui
deve farsi carico il datore.
Inoltre la Cassazione, con la sentenza 14468 del 7 giugno,
ha affermato che l'obbligo di tutela dell'integrità fisica
del lavoratore imposto dall'articolo 2087 del Codice civile
è un obbligo di prevenzione che impone al datore di lavoro
di adottare non solo le particolari misure tassativamente
imposte dalla legge per il tipo specifico di attività
esercitata e quelle generiche dettate dalla comune prudenza,
ma anche tutte le altre misure che in concreto si rendano
necessarie per proteggere il lavoratore dai rischi legati
all'impiego di attrezzi e macchinari e anche al l'ambiente
di lavoro.
Con la sentenza 23670 del 31 maggio, la Corte di legittimità
ha sostenuto che, in caso di affidamento dei lavori a
imprese appaltatrici o a lavoratori autonomi all'interno
dell'azienda, tra gli altri obblighi che gravano sul datore,
c'è quello di fornire a questi soggetti informazioni
dettagliate sui rischi specifici esistenti nell'ambiente in
cui sono destinati a operare e sulle misure di prevenzione e
di emergenza adottate per la propria attività.
---------------
I principi
01 | ONERI DEL DATORE
In base alla sentenza della Cassazione 39491 del 24
settembre, il datore di lavoro non è responsabile per
l'infortunio del dipendente, se il rischio non è specifico e
proprio dell'attività imprenditoriale svolta. Sono rischi
specifici quelli per i quali è richiesta una competenza
tecnica
02 | APPALTO DI LAVORI
In base alla sentenza della Cassazione 23670 del 31 maggio,
in caso di affidamento dei lavori a imprese appaltatrici o a
lavoratori autonomi all'interno dell'azienda, il datore deve
fornire agli stessi soggetti informazioni dettagliate sui
rischi specifici dell'ambiente in cui lavoreranno
(articolo Il Sole 24 Ore del 28.10.2013). |
SICUREZZA LAVORO:
Oggetto: Disposizioni urgenti per il rilancio
dell’economia – Legge 09.08.2013, n. 98 – Sicurezza del
lavoro (ANCE Bergamo,
circolare 20.09.2013 n. 214). |
SICUREZZA LAVORO:
F. G. Pagliari,
Documento di Valutazione dei Rischi da Interferenza -
D.U.V.R.I.: le modifiche introdotte dal “Decreto del Fare”
(17.09.2013 - link a www.diritto24.ilsole24ore.com). |
SICUREZZA LAVORO:
Cassazione. Scattano le sanzioni per gli incidenti se il
proprietario della casa sovraintende alle operazioni.
Lavori, responsabilità divisa.
Determinante verificare chi dirige gli interventi di
ristrutturazione.
Il proprietario dell'appartamento che chiama una ditta per
ristrutturarlo non è corresponsabile per la morte
dell'operaio, se non ha interferito nella direzione dei
lavori, limitando l'autonomia della società edile.
La Corte
di Cassazione, con la
sentenza
05.09.2013 n. 36398, fa
chiarezza sulle responsabilità che il Dlgs 494/1996 addossa
al committente. E la fa in favore dei ricorrenti, condannati
per omicidio colposo nei primi due gradi di giudizio.
I
giudici di merito avevano inflitto una pena pesante ai
proprietari contestandogli la violazione delle norme anti
infortunistiche. A farne le spese era stato un operaio morto
dopo essere caduto, mentre trasportava una tavola di legno,
dalle scale, prive di parapetto. Per il tribunale di prima
istanza e per la Corte i committenti avrebbero omesso una
serie di azioni di loro competenza. A cominciare dalla
verifica della corretta applicazione delle norme di
sicurezza, dovevano poi: non consentire l'utilizzo di un
ponteggio non a norma, nominare un coordinatore alla
sicurezza e verificare l'idoneità della ditta. Per la
Cassazione si tratta di oneri eccessivi non richiesti dalla
norma di riferimento.
I giudici della quarta sezione penale ricordano che la
figura del committente è stata considerata solo con il Dlgs
494/1996.
Il committente deve essere considerato corresponsabile per
omicidio colposo, con l'appaltatore e il direttore dei
lavori, se c'è una relazione tra la sua azione od omissione
e l'evento mortale. Questo avviene quando dà direttive o
chiede la realizzazione di progetti pericolosi o consente
l'inizio dei lavori in situazioni di rischio. C'è
responsabilità anche quando il cantiere è gestito
dall'appaltante o se la ditta utilizza strutture di supporto
e strumenti di proprietà del committente e l'infortunio è
determinato dall'inefficienza dell'attrezzatura.
Nel caso specifico la Cassazione rinvia alla Corte d'Appello
per chiedergli di chiarire quali di questi obblighi siano
venuti meno. Secondo i giudici non c'era, ad esempio, il
dovere di nominare un coordinatore per la progettazione,
previsto solo in caso di cantieri di grandi dimensioni o di
affidamento di lavori a più imprese. Non c'è un obbligo
neppure di indicare un direttore dei lavori, essendo una
facoltà concessa al committente che vuole sottrarsi agli
obblighi di legge.
Per finire la Cassazione esclude anche l'incidenza nel
verificarsi dell'evento, di una mancata previsione sulla
durata e le fasi dei lavori. Per quello che riguarda
l'omesso rispetto dell'articolo 3 della legge 626/1994 sulla
sicurezza lavoro, nella fase di progettazione dell'opera, la
Cassazione specifica che «la norma persegue l'obiettivo di
far adottare scelte progettuali più sicure e non può
confondersi con l'adozione di misure "speciali" quali la
dotazione dei ponteggi di tavole fermapiede e parapetti».
A
parere dei giudici nulla fa supporre che i proprietari
dell'appartamento abbiano interferito nell'organizzazione
del cantiere o nell'esecuzione dei lavori. Con una sentenza
14207 del 5 giugno scorso la Cassazione ha affermato la
responsabilità del committente, per non aver adottato le
misure necessarie a tutelare l'integrità del lavoratore
morto, anche se dipendente dell'impresa appaltatrice (articolo Il Sole 24 Ore del 06.09.2013). |
agosto
2013 |
|
APPALTI - SICUREZZA LAVORO:
Oggetto: D.L. n. 76/2013 (conv. da L. n. 99/2013) recante
“Primi interventi urgenti per la promozione
dell’occupazione, in particolare giovanile, della coesione
sociale, nonché in materia di Imposta sul valore aggiunto
(IVA) e altre misure finanziarie urgenti” – indicazioni
operative per il personale ispettivo (Ministero
del Lavoro e delle Politiche Sociali,
circolare
29.08.2013 n. 35/2013).
---------------
Di interesse, si leggano i seguenti paragrafi:
● Solidarietà negli appalti
(art. 9, comma 1) (a pag. 16);
● Rivalutazione sanzioni in materia salute e sicurezza
sul lavoro (art. 9, comma 2) (a pag. 17). |
SICUREZZA LAVORO:
Sicurezza lavoro senza sconti.
A regime la cartella sanitaria con tutte le informazioni.
Il 24 agosto è finito il periodo
sperimentale. E scattano anche le sanzioni sulle violazioni.
A regime la cartella sanitaria con le comunicazioni dei dati
rilevanti per la sicurezza sul lavoro, obbligo di cui
rispondono i medici competenti. Al 24 agosto è fissata
infatti la fine della sperimentazione durata un anno (12
mesi dal 25.08.2012), durante il quale i nuovi
adempimenti hanno operato in regime di prova e soprattutto
senza applicazione del relativo regime sanzionatorio. Dal 25
agosto dunque medici a rischio: il persistente mancato invio
dei dati relativi all'anno 2012 comporta il pagamento della
multa da 1.096 e 4.384 euro.
La cartella sanitaria. L'adempimento è stato introdotto dal
decreto 09.07.2012 che ha individuato i contenuti della
cartella sanitaria e di rischio, nonché le modalità per la
trasmissione annuale al servizio sanitario degli stessi
contenuti, obbligo a cui è tenuto il medico competente (o di
fabbrica) per effetto dell'art. 40 del T.u. sicurezza
(approvato dal dlgs n. 81/2008). Il decreto precisa che la
cartella sanitaria deve essere tenuta sia su supporto
cartaceo che informatico. Si tratta di dati relativi
all'anagrafica di lavoratore e datore di lavoro; alla visita
preventiva; ai contenuti minimi della comunicazione scritta
su giudizio d'idoneità alla mansione (informazioni minime,
quindi inevitabili).
Quanto alle responsabilità, il decreto
ribadisce che il medico competente risponde della raccolta,
aggiornamento e custodia delle informazioni; mentre, per la
mancata fornitura da parte del datore di lavoro di dati e
informazioni di propria esclusiva pertinenza non può essere
imputata alcuna responsabilità al medico competente che le
abbia richieste.
Più «statistici» sono le informazioni che
il medico deve comunicare (per esempio, dati
sull'occupazione in azienda al 30 giugno e al 31 dicembre).
Il decreto stabilisce che la trasmissione di tali dati deve
essere effettuata dal medico competente entro il primo
trimestre (cioè 31 marzo) dell'anno successivo a quello di
riferimento, esclusivamente in via telematica. Il decreto è
entrato in vigore il 25.08.2012 (30 giorni dopo la
pubblicazione in Gazzetta Ufficiale); per il primo anno
prevede un periodo transitorio (appunto di mesi 12
dall'entrata in vigore, cioè fino al 24.08.2013) per la
sperimentazione delle nuove norme. Unicamente in relazione a
tale periodo di sperimentazione, il termine per la
trasmissione dei dati, quella relativa all'anno 2012, è
stato prorogato dal 31.03.2013 che rappresenta la
scadenza ordinaria annuale (così sarà dall'anno 2014 in
avanti) al 30.06.2013 con lo stop alla sanzione a carico
dei medici per le inadempienze.
Disciplina a regime. Dal 25 agosto pertanto la disciplina
deve ritenersi a regime. È stato in considerazione della
probabilità di possibili criticità nella fase di prima
attuazione che il decreto aveva previsto la fase
transitoria, della durata di 12 mesi peraltro al fine di
effettuare un'adeguata sperimentazione del nuovo obbligo a
carico dei medici. Il ministero della salute in merito ha
spiegato che il periodo transitorio era finalizzato ad
evidenziare eventuali necessità sia di modifiche delle
procedure telematiche previste inizialmente in via
sperimentale, ove le stesse si dimostrassero non pienamente
rispondenti ai previsti criteri di semplicità, e sia anche
dei dati richiesti con l'allegato 3 B, per renderli meglio
fruibili e utilizzabili a fini epidemiologici (nota prot.
13313/2013).
Relativamente alla sospensione della sanzione a carico dei
medici in caso di inottemperanza all'obbligo di trasmissione
dei dati, il ministero della salute precisava che, stante la
formulazione letterale della norma (art. 4 del decreto 09.07.2012), che può prestarsi a generare possibili dubbi
interpretativi, «si chiarisce che “fino al termine della
sperimentazione di cui al comma che precede” non va inteso
come una temporanea sospensione dell'accertabilità di
eventuale inosservanza dell'obbligo di trasmissione entro il
30 giugno, che duri “fino al 24.08.2013”, per cui solo
successivamente a tale data l'eventuale violazione può
essere accertata e sanzionata, ma nel senso che, ove
ricorrano i presupposti richiamati all'articolo 4 del
decreto ministeriale 9 luglio 2012, la omessa trasmissione
dei dati relativi all'anno 2012 entro il termine fissato non
è soggetto a sanzione in quanto tale periodo di
sperimentazione risulta coperto dalla condizione di
sospensione dell'applicazione della sanzione prevista».
Peraltro, il ministero aggiungeva che le possibili
difficoltà operative non sarebbero mai state, in ogni caso,
tali da ostacolare l'utile acquisizione delle informazioni
richieste dall'allegato 3 B, anche successivamente al
termine del 30.06.2013, atteso che la procedura
telematica dell'Inail prevede, per la fase sperimentale in
funzione di questa evenienza tale ulteriore possibilità
(cioè l'invio anche dopo il 30.06.2013).
Evidentemente però, sia il periodo transitorio (un anno,
fino al 25.08.2013) e sia la possibilità di inviare i dati
oltre il termine (30.06.2013, in deroga per il solo anno
2012) non possono costituire una esimente generalizzata
all'obbligo stesso di comunicazione delle informazioni. Con
la conseguenza che, a partire dal 26 agosto, i medici ancora
inottemperanti corrono il serio rischio di incappare nella
sanzione da 1.096 e 4.384 euro (trattandosi di inadempienze
effettuare successivamente al 01.07.2013) (articolo
ItaliaOggi Sette del 26.08.2013). |
SICUREZZA LAVORO: DECRETO
DEL FARE/ Molte le novità contenute nella legge di
conversione 98/2013.
Al restyling la sicurezza lavoro. Semplificazioni per
valutazione rischi, Duvri, infortuni.
Un professionista al posto del Duvri (il documento di
valutazione rischi da interferenza obbligatorio quando più
aziende operano contemporaneamente). Per sovrintendere al
coordinamento con le altre aziende, infatti, invece di
predisporre il Duvri il datore di lavoro può nominare un
proprio incaricato in possesso di formazione, esperienza e
competenze professionali adeguate.
Lo prevede la legge n.
98/2013 di conversione del decreto fare (n. 69/2013), agli
artt. 32-35, con diverse semplificazioni in materia di
sicurezza sul lavoro (al T.u. approvato dal dlgs n.
81/2008).
Valutazione rischi più semplice
Una prima novità concerne la valutazione dei rischi,
operazione già semplificata dalla previsione della procedura
standard a favore delle piccole aziende: obbligatoria per
quelle fino a 10 addetti e facoltativa per quelle con più di
10 e fino a 50 addetti. Il decreto fare prevede che, con dm
del ministro del lavoro, da adottarsi sulla base delle
indicazioni della commissione consultiva permanente per la
salute e sicurezza sul lavoro, vengano individuati i settori
di attività a basso rischio di infortuni e di malattie
professionali, sulla base di criteri e parametri oggettivi
desunti dagli indici infortunistici e delle malattie
professionali dell'Inail.
Individuati i settori le imprese
che vi operano potranno fare la valutazione rischi
utilizzando un modello semplificato che sarà previsto (e
allegato) dal medesimo dm di individuazione dei nuovi
settori. La nuova previsione lascerà ferma la facoltà già
riconosciuta alle piccole aziende di utilizzare le procedure
standardizzate attualmente in vigore.
Un professionista invece del Duvri
Sempre riguardo alle imprese operanti in settori a basso
rischio di infortuni e malattie professionali, il decreto
fare prevede inoltre che, in alternativa alla
predisposizione del Duvri, il datore di lavoro possa
nominare un proprio incaricato in possesso di adeguata
formazione, esperienza e competenze professionali per
sovrintendere alla cooperazione e coordinamento con le altre
imprese. In tal caso, dell'individuazione dell'incaricato (o
della sua eventuale sostituzione) va immediatamente data
evidenza nel contratto di appalto o di opera.
Sempre in tema di Duvri, ancora, il decreto Fare prevede che
ai dati presenti nel documento accedano il rappresentante
dei lavoratori per la sicurezza (Rls) e le organizzazioni
sindacali locali dei lavoratori comparativamente più
rappresentative a livello nazionale. Ancora, il decreto
stabilisce che l'obbligo di redazione del Duvri non trova
applicazione per i servizi di natura intellettuale, per le
mere forniture di materiali o attrezzature, nonché per i
lavori o servizi la cui durata non sia superiore a cinque
uomini-giorno, e che non comportino rischi derivanti dal
rischio incendio alto (dm 10.03.1998), dallo svolgimento
di attività in ambienti confinati (dpr n. 177/2011), o dalla
presenza, oltre ad agenti cancerogeni nonché biologici,
atmosfere esplosive o dalla presenza dei rischi particolari
(Allegato XI del T.u. sicurezza) anche di agenti mutageni e
amianto.
Verifiche attrezzature di lavoro
Vengono ridotti da 60 a 45 giorni i termini per effettuare
la prima verifica periodica delle attrezzature di lavoro. E
viene inoltre introdotto l'obbligo a carico dei soggetti
pubblici di comunicare al datore di lavoro, entro 15 giorni,
l'impossibilità di effettuare la verifica di propria
competenza. In caso di comunicazione negativa o comunque
dopo 45 giorni, il datore di lavoro si potrà rivolgere, a
propria scelta, a soggetti pubblici o privati abilitati alle
verifiche.
Pos e Psc semplificati nei cantieri
Un decreto interministeriale (lavoro e infrastrutture,
sentite la commissione consultiva permanente e previa intesa
con la conferenza permanente per i rapporti tra stato e
regioni) dovrà semplificare la vita «burocratica» nei
cantieri temporanei e mobili. Tale decreto, infatti, dovrà
adottare modelli semplificati per la redazione del piano
operativo di sicurezza (Pos), del piano di sicurezza e
coordinamento (Psc) e del fascicolo dell'opera.
Denuncia infortuni
Dal prossimo anno basterà la sola denuncia all'Inail, in
caso di infortunio sul lavoro. Diversamente da oggi, quando
il datore di lavoro è tenuto ad effettuare la denuncia
all'Inail (obbligatoriamente per via telematica, dallo
scorso 1° luglio) e all'autorità di pubblica sicurezza (che
a sua volta ne invia copia all'azienda sanitaria locale,
Asl) generalmente per raccomandata postale a/r, entro due
giorni, in caso di infortunio con conseguenza di morte del
lavoratore o di inabilità al lavoro per più di tre giorni,
dal 01.01.2014 andrà effettuata unicamente la denuncia
all'Inail. Sarà poi l'istituto a farsi carico di trasmettere
le denunce, per via telematica, all'autorità di pubblica
sicurezza, all'Asl e alle altre autorità competenti
(articolo ItaliaOggi del 22.08.2013). |
EDILIZIA
PRIVATA - SICUREZZA LAVORO: Sicurezza
sui luoghi di lavoro e nei cantieri e nuove regole in
edilizia: ecco le modifiche introdotte dalla “Legge del
Fare”.
La “Legge del Fare” (Legge 09.08.2013, n. 98 di conversione
del Decreto del Fare) apporta modifiche al testo unico della
sicurezza e al testo unico sull’edilizia.
Tra le modifiche e le semplificazioni più interessanti,
segnaliamo:
Edilizia
●
Ricostruzioni e ristrutturazioni edilizie senza vincolo di
sagoma
●
SCIA ed edilizia libera: semplificazioni per autorizzazioni
e nulla-osta
●
Deroghe in materia di limiti di distanza tra fabbricati
●
Possibilità di richiedere “Certificato di agibilità
parziale”
●
Stop al silenzio-rifiuto per il Permesso di Costruire in
caso di vincoli
●
Proroghe ai termini di inizio e fine dei Permessi di
Costruire
●
Estensione della validità del DURC
Sicurezza
●
DUVRI facoltativo e semplificazione per la valutazione dei
rischi per le attività a basso rischio
●
POS, PSC e Fascicolo dell’Opera semplificati per i cantieri
temporanei e mobili
●
Tempi più rapidi per le verifiche periodiche delle
attrezzature
●
Misure di semplificazione per le prestazioni lavorative di
breve durata
La redazione di BibLus-net mette a disposizione dei lettori
lo Speciale di approfondimento con tutte le misure
introdotte dalla “Legge del Fare” in materia di
edilizia e sicurezza nei luoghi di lavoro
(22.08.2013 - link a www.acca.it). |
luglio
2013 |
|
SICUREZZA LAVORO: Tutto
quello che c’è da sapere sul ruolo e le responsabilità del
committente.
Chiunque affidi la progettazione o
l’esecuzione di lavori per la costruzione, la
ristrutturazione o la manutenzione di un’opera edile riveste
la funzione di committente dei lavori e, quindi assume gli
obblighi e le funzioni previste dalla legge, con importanti
responsabilità penali in caso di mancato rispetto di tali
obblighi.
L’Inail e il Coordinamento toscano dei CPT hanno pubblicato
una utile guida destinata ai privati cittadini, agli
amministratori di condominio, ai proprietari di immobili, ai
titolari di aziende che intendono far costruire una nuova
opera edile o intervenire su una esistente con lavori di
riparazione, manutenzione ordinaria e straordinaria ed
installazione impianti.
La pubblicazione elenca tutti i rischi e gli obblighi del
proprietario di un’opera edile, richiamando puntualmente le
norme e le sanzioni in materia di salute e sicurezza sul
lavoro (Decreto Legislativo 81/2008 e s.m.i.) nonché gli
articoli del Codice Penale ai quali può essere soggetto il
committente.
La guida risponde in maniera chiara ed efficace a questi
quesiti:
●
chi è il Committente?
●
quali sono gli obblighi del Committente?
●
quali sono le sanzioni civili e penali?
(25.07.2013 - link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO: Appaltatore e subappaltatore obbligati al piano sicurezza.
In caso contrario tutte le imprese
sono responsabili per gli incidenti.
I VINCOLI/
In caso di distacco il lavoratore deve ricevere una
formazione adeguata al rischio tipico che dovrà fronteggiare.
Sia l'appaltatore sia il subappaltatore sono tenuti alla
presentazione del Piano operativo sicurezza. In caso
contrario, tutti gli imprenditori possono essere considerati
responsabili dell'incidente verificatosi.
Lo precisa la
Corte di Cassazione con la
sentenza
22.07.2013 n. 31304 della IV Sez. penale depositata ieri.
La pronuncia chiarisce
innanzitutto che la responsabilità in carico al committente
va valutata con attenzione per evitare che possano venire
richieste forme di controllo eccessivamente pressanti,
continue e capillari sull'organizzazione dei lavori.
Quanto però alla ripartizione dei doveri tra imprese
esecutrici, anche nella forma del subappalto, la Cassazione
ricorda che non possono essere accettate forme di
"scaricamento" della irresponsabilità. Infatti, tra gli
obblighi che l'articolo 9 del decreto legislativo n. 194 del
1996 mette in capo ai datori di lavoro delle imprese
esecutrici, quindi di tutte coloro che eseguono anche una
sola parte dei lavori come le subappaltatrici, c'è la
redazione del piano di sicurezza che corrisponde al piano di
valutazione rischi. Il datore di lavoro deve cioè
individuare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei
lavoratori e individuare le misure di prevenzione e
protezione a tutela dei lavoratori occupati nell'esecuzione.
La presenza poi di più imprese esecutrici non può avere come
conseguenza il trasferimento o l'accentramento di
quest'obbligo a carico di una sola delle aziende. Anzi,
sottolinea la Corte, ciascuna di queste è tenuta a redigere
un proprio Pos. Non può allora non essere sanzionato il
comportamento dell'imprenditore che non ha redatto il piano
e poi si è difeso scaricando la responsabilità sia sul
committente sia sulle altre imprese maggiormente coinvolte
nell'esecuzione dei lavori.
E sempre in materia di sicurezza lavoro, la sentenza della
Cassazione n. 31300, sempre depositata ieri, avverte che il
datore di lavoro, prima di effettuare il distacco di un
proprio dipendente presso un altra azienda, deve procedere
alla verifica. In caso di inadempimento e di incidente
verificatosi al lavoratore sarà chiamato a risponderne
insieme al collocatario per il mancato rispetto della
disciplina antinfortunistica.
Pur non dovendo vigilare nel dettaglio sulle condizioni di
sicurezza nell'esecuzione della prestazione, l'imprenditore
che provvede al distacco deve avere una consapevolezza della
realtà in cui il suo dipendente è chiamato a lavorare e,
semmai, provvedere a una formazione specifica e idonea a
metterlo al riparo da eventi traumatici. Una formazione del
dipendente "in missione" che deve riguardare i rischi più
tipici della lavorazione che sarà chiamato a svolgere
(articolo Il Sole 24 Ore del 23.07.2013). |
SICUREZZA LAVORO:
Sicurezza sul lavoro.
Domanda
Il datore di lavoro, in caso di violazione delle norme di
sicurezza, è interamente responsabile dell'infortunio?
Risposta
Le norme dettate in materia di prevenzione degli infortuni
sul lavoro, tese ad impedire l'insorgenza di situazioni
pericolose, sono dirette a tutelare il lavoratore non solo
dagli incidenti derivanti dalla sua disattenzione, ma anche
da quelli ascrivibili ad imperizia, negligenza e imprudenza
dello stesso.
Ne consegue che il datore di lavoro è sempre
responsabile dell'infortunio occorso al lavoratore, sia
quando ometta di adottare le idonee misure protettive, sia
quando non accerti e vigili che di queste misure venga fatto
effettivamente uso da parte del dipendente, non potendo
attribuirsi alcun effetto esimente, per l'imprenditore che
abbia provocato un infortunio sul lavoro per violazione
delle relative prescrizioni, all'eventuale concorso di colpa
del lavoratore.
L'imprenditore è esonerato da responsabilità
solo quando il comportamento del dipendente presenti i
caratteri dell'abnormità, inopinabilità e esorbitanza
rispetto al procedimento lavorativo ed alle direttive
ricevute, come pure dell'atipicità ed eccezionalità, così da
porsi come causa esclusiva dell'evento.
Pertanto, il datore di lavoro, in caso di violazione delle
norme poste a tutela dell'integrità fisica del lavoratore, è
interamente responsabile dell'infortunio che ne sia
conseguito e non può invocare il concorso di colpa del
danneggiato, avendo egli il dovere di proteggere
l'incolumità di quest'ultimo nonostante la sua imprudenza o
negligenza (articolo ItaliaOggi
Sette del 15.07.2013). |
EDILIZIA PRIVATA - SICUREZZA LAVORO:
Oggetto: “Decreto del Fare” – D.L. n. 69/2013 –
Semplificazione in materia di lavoro e prevenzione incendi
(ANCE Bergamo,
circolare 12.07.2013 n. 171). |
SICUREZZA LAVORO: Formazione
sulla sicurezza più semplice con i crediti.
Formazione con lo sconto nel decreto del fare. Il Dl 69/2013
è intervenuto, infatti, sul sistema di formazione disegnato
dal Testo unico sulla sicurezza nei luoghi di lavoro e
completato dagli accordi della Conferenza Stato-Regioni del
26.01.2006 per i responsabili del servizio di
prevenzione e protezione, e poi dagli accordi del 21.12.2011 per datori di lavoro, dirigenti, preposti e
lavoratori.
Le disposizioni di carattere generale non prevedevano la
possibilità di riconoscere crediti formativi a coloro che,
nell'ambito del lavoro, svolgessero più funzioni soggette a
obbligo formativo: in pratica, ad esempio, il responsabile
del servizio di prevenzione e protezione interno, essendo
anche un lavoratore, doveva conseguire la formazione
obbligatoria, sia come Rspp, sia come lavoratore,
affrontando spesso lo stesso argomento, con dispersione di
tempo e di risorse economiche a carico del datore di lavoro,
che si vedeva costretto a dover assicurare al proprio
dipendente una formazione sostanzialmente doppia su vari
argomenti.
La modifica
Con un provvedimento che può consentire notevoli risparmi ai
datori di lavoro, e senza allentare la tensione sugli
obblighi di formazione (fondamentali per ridurre il rischio
di infortuni sul lavoro), il legislatore ha sanato una
situazione che appariva paradossale: in tutti i casi di
formazione e aggiornamento previsti nel Testo unico
sicurezza, in cui i contenuti si sovrappongano in tutto o in
parte a quelli previsti per il responsabile del servizio di
prevenzione e protezione, è riconosciuto un credito
formativo per la durata e i contenuti della formazione e
dell'aggiornamento erogati (è quanto dispone il nuovo comma
5-bis dell'articolo 32 del Dlgs 81/2008, introdotto
dall'articolo 32 del Dl 69/2013).
Il provvedimento interessa una platea di addetti piuttosto
estesa: in primo luogo coloro che per acquisire i titoli per
poter esercitare la funzione di Rspp devono frequentare i
corsi di formazione, perché non hanno una delle lauree
elencate nel comma 5 dell'articolo 32 del Testo unico (ad
esempio, laurea in ingegneria civile, ambientale,
industriale o dell'informazione, scienze dell'architettura,
scienze e tecniche dell'edilizia), e in generale gli Rspp
che, indipendentemente dal tipo di laurea conseguita, sono
tenuti a frequentare i corsi di aggiornamento per mantenere
l'abilitazione.
Il Dl 69/2013 ha poi aggiunto il comma 14-bis all'articolo
37 del Testo unico, ampliando la platea degli interessati
sostanzialmente a tutti i datori di lavoro, dirigenti,
preposti e lavoratori, che si vedranno riconosciuti crediti
per i corrispondenti argomenti affrontati, in tutti i casi
in cui due o più percorsi formativi vadano a sovrapporsi. Il
lavoratore che ricopre anche la carica di rappresentante dei
lavoratori per la sicurezza, dunque, dovrà frequentare una
sola volta i corsi di formazione per gli argomenti previsti
nei due percorsi, come ad esempio il modulo giuridico,
sostanzialmente comune per i due ambiti formativi. Resta da
vedere se le disposizioni sulla formazione saranno
modificate nell'iter di conversione del Dl, iniziato dalla
Camera. Questa settimana arriverà il parere della
commissione Lavoro, che dovrebbe sollecitare emendamenti
proprio su questi temi.
È bene ricordare, infine, che, salvo proroghe, scade l'11
luglio il termine per completare la formazione di dirigenti
e preposti in base all'accordo della Conferenza
Stato-Regioni pubblicato a gennaio 2012.
Sanzioni inasprite
Il Dl 76/2013 sul lavoro ha previsto, dal primo luglio 2013,
l'adeguamento del 9,6% delle sanzioni pecuniarie per le
contravvenzioni relative all'igiene e alla sicurezza sul
lavoro, per la violazione delle norme sulle visite
preassuntive, sul Durc e per il mancato rilascio (o mancato
uso) del tesserino di riconoscimento ai lavoratori. Le
sanzioni saranno aggiornate ogni 5 anni in base all'indice
Istat
(articolo Il Sole 24 Ore dell'08.07.2013). |
SICUREZZA LAVORO: Sicurezza, le multe rincarano.
Dal 1° luglio ammende e sanzioni salgono del 9,6%.
Le istruzioni del ministero del lavoro dopo la rivalutazione
prevista dal dl 76/2013.
Multe più salate per gli inadempimenti sulla sicurezza
lavoro. Ammende e sanzioni infatti vanno su del 9,6%, per le
violazioni commesse dal 1° luglio, senza arrotondamento per
i nuovi importi.
Lo precisa il ministero del lavoro nella
nota 02.07.2013 n. 12059 di prot..
Per esempio, dimenticare di
effettuare la valutazione dei rischi costa oggi al datore di
lavoro l'ammenda da 2.740 a 7.014,40 euro; fino al 30 giugno
la multa è stata da 2.500 a 6.400 euro. La novità è stata
prevista dal dl n. 76/2013 (il pacchetto lavoro) in vigore
dal 29 giugno.
Tra le varie modifiche normative introdotte,
spiega il ministero, il decreto ha modificato il comma 4-bis
dell'art. 306 del Tu sicurezza (dlgs n. 81/2008) e nella
nuova versione recita così: «Le ammende previste con
riferimento alle contravvenzioni in materia di igiene salute
e sicurezza sul lavoro e le sanzioni amministrative
pecuniarie previste dal presente decreto nonché da atti
aventi forza di legge sono rivalutate ogni cinque anni con
decreto del direttore generale della direzione generale per
l'attività ispettiva del ministero del lavoro e delle
politiche sociali, in misura pari all'indice Istat dei
prezzi al consumo previo arrotondamento delle cifre al
decimale superiore. In sede di prima applicazione la
rivalutazione avviene, a decorrere dal 01.07.2013, nella
misura del 9,6%».
La norma, precisa il ministero, individua in un decreto
direttoriale lo strumento per la rivalutazione quinquennale
di ammende e sanzioni pecuniarie; e inoltre consente
l'immediata applicazione della rivalutazione, dal 1° luglio,
in quanto già fissata nella misura del 9,6%.
Pertanto, tutte le ammende previste con riferimento alle
contravvenzioni in materia di igiene, salute e sicurezza sul
lavoro e le sanzioni amministrative previste dal Tu
sicurezza nonché da altre normative, riferite a violazioni
commesse dal 1° luglio, sono incrementate del 9,6%
(articolo ItaliaOggi del
04.07.2013). |
SICUREZZA LAVORO:
E. Faiazza,
Il “Decreto del Fare”: le modifiche apportate in materia di
sicurezza sul lavoro
(03.07.2013 - link a www.diritto.it). |
SICUREZZA LAVORO: Oggetto:
Applicazione delle disposizioni contenute nell'articolo 306,
comma 4-bis, del d.lgs. 09.04.2008, n. 81 così come
modificato dal decreto-legge 28.06.2013, n. 76
(Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali,
nota 02.07.2013 n. 12059 di prot.).
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Sicurezza nei luoghi di lavoro:
aumentate ammende e sanzioni.
A seguito dell'aumento, stabilito dal D.L. n. 76/2013, delle
contravvenzioni in materia di igiene, salute e sicurezza sul
lavoro e delle sanzioni amministrative pecuniarie previste
dal D.Lgs. n. 81/2008, il Ministero del Lavoro sottolinea
l'applicazione dall'01.07.2013 della rivalutazione del 9,6%.
Il D.L. n. 76/2013, con l’art. 9, comma 2, ha sostituito il
comma 4-bis del D.Lgs. n. 81/2008, relativo alle
contravvenzioni in materia di igiene, salute e sicurezza sul
lavoro ed alle sanzioni amministrative pecuniarie previste
dal medesimo decreto legislativo.
In virtù della nuova modifica, le ammende previste con
riferimento alle contravvenzioni in materia di igiene,
salute e sicurezza sul lavoro e le sanzioni amministrative
pecuniarie previste dal Testo Unico sulla salute e sicurezza
nei luoghi di lavoro, nonché da atti aventi forza di legge
sono rivalutate ogni cinque anni con decreto del direttore
generale della Direzione generale per l'Attività Ispettiva
del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, in
misura pari all'indice ISTAT dei prezzi al consumo previo
arrotondamento delle cifre al decimale superiore.
Tuttavia lo stesso articolo stabilisce che in sede di prima
applicazione la rivalutazione avviene, a decorrere dal
01.07.2013, nella misura del 9,6%.
A seguito di quanto sopra, con nota prot. 12059 del
02.07.2013 la Direzione Generale per l’Attività Ispettiva ha
comunicato che tutte le ammende riferite alle
contravvenzioni in materia di igiene, salute e sicurezza sul
lavoro e le sanzioni amministrative previste dal D.Lgs. n.
81/2008 nonché da altre normative in materia, riferite a
violazioni commesse a decorre dall’01.07.2013, sono
incrementate del 9,6%.
Inoltre, per il momento, salvo successive modifiche in sede
di conversione del decreto legge, il risultato finale della
sanzione non va arrotondato
(commento tratto da www.ispoa.it). |
giugno
2013 |
|
SICUREZZA LAVORO:
P. Gremigni,
FOCUS decreto del "fare" - Le nuove norme su lavoro e
sicurezza (Consulente
Immobiliare n. 937/2013). |
APPALTI -
EDILIZIA PRIVATA - SICUREZZA LAVORO:
Decreto del Fare, semplificazioni su DUVRI e DVR per le
attività a basso rischio. La tavola sinottica delle
modifiche al TUS.
Con la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale del Decreto
Legge 21.06.2013, n. 69, dal 23.06.2013, vengono introdotte
una serie di semplificazioni in materia di sicurezza sul
lavoro.
Il provvedimento apporta, infatti, significative modifiche
al Testo Unico della Sicurezza sul Lavoro (D.Lgs. 09.04.
2008, n. 81).
Rimandando per tutti gli approfondimenti allo speciale di
BibLus-net dedicato al “Decreto del Fare” (V. art. “Il
Decreto del Fare è già in vigore! Lo Speciale di BibLus-net
con tutte le novità per il settore edile, per il Codice
Appalti e non solo…”), segnaliamo di seguito le novità
più importanti in tema di sicurezza sul lavoro.
►
DUVRI
Nelle attività a basso rischio infortunistico, stabiliti da
un Decreto del Ministro del Lavoro da emanarsi, non sarà più
necessario il DUVRI ma sarà invece sufficiente
l’individuazione di un incaricato, in possesso di
formazione, esperienza e competenza professionali, che
sovrintenda alla cooperazione e al coordinamento.
E’ prevista, inoltre, l’esenzione del DUVRI per i servizi di
natura intellettuale, le mere forniture di materiali o
attrezzature, i lavori o i servizi la cui durata non è
superiore ai 10 uomini-giorno.
►
Attestazione Valutazione dei Rischi
Il Decreto del Ministro del Lavoro da emanarsi dovrà
definire, oltre all’elenco di attività a basso rischio,
anche un modello con cui i datori di lavoro che operano in
tali attività potranno attestare di aver effettuato la
valutazione dei rischi. Resta ferma la possibilità di
utilizzare le Procedure Standardizzate.
►
POS, PSC e Fascicolo dell'Opera semplificati per i
cantieri temporanei e mobili
Per i cantieri temporanei o mobili, il Ministero del Lavoro
individuerà, entro 60 giorni dall’entrata in vigore del
Decreto, modelli semplificati per la redazione del Piano
Operativo di Sicurezza, Piano di Sicurezza e Coordinamento e
Fascicolo dell’Opera.
►
Semplificazione delle notifiche agli organi di
vigilanza
Previste semplificazioni per le notifiche agli organi di
vigilanza, come ad esempio la comunicazione telematica.
►
Nuova tempistica per le verifiche periodiche delle
attrezzature
Sarà ridotto da 60 a 45 giorni il termine entro il quale
l’INAIL è tenuta ad effettuare la prima verifica. INAlL, ASL
o ARPA devono comunicare entro 15 giorni dalla richiesta l’
eventuale impossibilità di effettuare la verifica.
►
Semplificazioni in materia di formazione
Saranno adottate misure per evitare la duplicazione delle
attività formative rivolte a Responsabili, Addetti al
servizio di protezione, Dirigenti, Preposti, Lavoratori e
Rappresentanti.
►
Semplificazione della denuncia degli infortuni sul
lavoro da parte del datore di lavoro
È abrogato l’obbligo per il datore di lavoro di comunicare
entro 2 giorni all’autorità locale di pubblica sicurezza
ogni infortunio sul lavoro che abbia per conseguenza la
morte o l’inabilità al lavoro per più di tre giorni.
Le autorità di pubblica sicurezza, le aziende sanitarie
locali, etc. acquisiranno direttamente dall’INAIL, mediante
accesso telematico, i dati relativi alle denunce di
infortuni sul lavoro mortali e di quelli con prognosi
superiore a trenta giorni.
►
Ampliamento delle attività a cui non si applicano le
misure per la salute e sicurezza nei cantieri temporanei o
mobili
Nei cantieri temporanei e mobili i piccoli lavori la cui
durata presunta non è superiore ai 10 uomini-giorno
finalizzati alla realizzazione o manutenzione delle
infrastrutture per servizi non si applicheranno più le
disposizioni del TUSL.
Si precisa che l’operatività delle nuove norme su DVR, DUVRI
e cantieri temporanei e mobili sono legate all’emanazione di
appositi Decreti del Ministero del Lavoro che dovranno
individuare le tipologie di attività a basso rischio e i
modelli semplificati da adottare.
Insieme allo speciale dedicato al “Decreto del Fare”,
mettiamo a disposizione dei lettori la tavola sinottica con
le modifiche del Decreto Legge 69/2013 al Testo Unico della
Sicurezza
(27.06.2013 - link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO: Cosa
accade se il coordinatore per la sicurezza non è riuscito ad
effettuare il corso di aggiornamento entro il 15.05.2013?
Il D.Lgs. 81/2008 prescrive, per coloro che si sono
abilitati a svolgere incarichi di coordinatore per la
sicurezza a norma della Legge 494/1996, un aggiornamento
obbligatorio di 40 ore entro 5 anni dall’entrata in vigore
del Decreto stesso, ossia entro il 15.05.2013.
Cosa accade se il coordinatore per la sicurezza non è
riuscito ad effettuare il corso di aggiornamento entro la
data del 15.05.2013?
Il quesito, presentato dal CNA (Confederazione Nazionale
dell'Artigianato e della Piccola e Media Impresa) in un
interpello al Ministero del Lavoro, finora non ha avuto
risposta.
Non è dato sapere, quindi, in via ufficiale se
l'abilitazione viene resa inefficace e risulta necessario
rifrequentare il corso abilitante di 120 ore o se si è
semplicemente sospesi finché non ci si aggiorna.
Secondo l'interpretazione del Consiglio nazionale degli
ingegneri (CNI), espressa con la
circolare 03.05.2013 n. 210, se il professionista non è
riuscito ad effettuare il corso di aggiornamento entro la
data del 15.05.2013, non è più abilitato a ricoprire il
ruolo di Coordinatore per la sicurezza fino a quando non
avrà espletato gli aggiornamenti previsti.
Non potrà, quindi, esercitare le proprie funzioni, che
saranno “sospese” fino a quando egli non completerà
l'aggiornamento per il monte ore mancante.
Ancora più cauto l’orientamento
26.06.2013 dell’Ordine degli Architetti di Roma (in
ordine alla
risposta 09.04.2013 n.
32/0008112/MA006.A001 di prot.
della Direzione Generale divisione III del Ministero del
lavoro e delle Politiche Sociali prot. 32/0008112/MA006.A001
a due quesiti posti dall’Ordine degli ingegneri di Bologna,
la quale, pur non avendo valenza di risposta ad interpello,
offre un’autorevole chiave interpretativa) che consiglia di
attendere i chiarimenti del Ministero e di non frequentare,
per il momento, corsi di aggiornamento della cui efficacia
non si hanno certezze
(27.06.2013 - link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO: DECRETO
DEL FARE/
LA SICUREZZA.
Per la valutazione dei rischi ritorna l'autocertificazione.
Per le aziende che operano in ambiti più sicuri e
individuati con decreto.
Le semplificazioni in materia di lavoro tendono a rendere
meno burocratici i numerosi ed onerosi obblighi che sono
imposti ai datori di lavoro in materia di salute e sicurezza
nei luoghi di lavoro.
Essi riguardano diversi aspetti, alcuni di natura formale ma
con risvolti senz'altro sostanziale –quando di parla di
valutazione dei rischi– altri di natura documentale.
Il Duvri
Una prima modifica riguarda l'articolo 26 del decreto
legislativo 81/2008 (Tu sulla salute e sicurezza nei luoghi
di lavoro), che ha istituito il Duvri, Documento unico di
valutazione dei rischi, cui è obbligato il datore di lavoro
committente in caso di affidamento di lavori, servizi e
forniture all'impresa appaltatrice o a lavoratori autonomi
all'interno della propria azienda.
Il Duvri, ora non sarà
l'unica scelta ma è previsto che il datore di lavoro
committente, se opera in settori di attività a basso rischio
infortunistico, da determinare con decreto ministeriale che
sarà emanato entro 90 giorni, potrà, in alternativa,
individuare un proprio incaricato, in possesso di
formazione, esperienza e competenza professionali, tipiche
del preposto, nonché di periodico aggiornamento e di
conoscenza diretta dell'ambiente di lavoro, per
sovraintendere alla cooperazione e coordinamento.
L'obbligo del Duvri o dell'incaricato non si applica ai
servizi di natura intellettuale, alle mere forniture di
materiali o attrezzature, ai lavori o servizi la cui durata
non è superiore a dieci uomini-giorno (con riferimento
all'arco temporale di un anno dall'inizio dei lavori) e
sempre che essi non comportino rischi derivanti dalla
presenza di agenti cancerogeni, biologici, atmosfere
esplosive o dalla presenza di rischi particolari di cui
all'allegato XI Tu.
Procedure standardizzate
Le nuove procedure standardizzate obbligatorie per le micro
imprese (datori di lavoro che occupano fino a 10 lavoratori)
già entrate il 1° giugno scorso (Dm 30.11.2012), ora
subiscono una modifica, facendo ritornare la possibilità di
ricorrere all'autocertificazione. La novità riguarda le
aziende che operano nei settori a basso rischio
infortunistico che saranno individuate con lo stesso decreto
ministeriale di cui di è detto sopra. Qui sarà riportato un
apposito allegato recante il modello con il quale, fermi
restando i vari obblighi, i datori di lavoro interessati
potranno optare (in luogo delle procedure standardizzate)
mediante l'attestazione di aver effettuato la valutazione
dei rischi di cui agli articoli 17, 28 e 29 del Tu.
Resta fermo che fino alla emanazione del decreto
ministeriale non si applica la deroga ma dovranno essere
seguite obbligatoriamente le procedure standardizzate.
Formazione e aggiornamento
Il decreto di semplificazione in esame abolisce i doppioni
in materia di formazione e aggiornamento riguardanti i
responsabili ed addetti al servizio di prevenzione e
protezione (Rspp-Aspp), i dirigenti, preposti,
rappresentanti dei lavoratori e lavoratori, previste dagli
articoli 32 e 37 Tu. È infatti previsto che in tutti casi di
formazione e aggiornamento, in cui i contenuti dei percorsi
formativi, in tutto o in parte, si sovrappongono, è
riconosciuto il credito formativo per la durata della
formazione e aggiornamento corrispondenti erogati.
Notifiche all'organo di vigilanza di nuovi lavori
Le novità riguardano l'articolo 67 del Tu, come ora
modificato e si riferiscono all'obbligo di comunicazione
all'organo di vigilanza competente per territorio, da parte
di chi intenda procedere alla costruzione o realizzazione di
edifici o locali da adibire a lavorazioni industriali,
nonché nei casi di ampliamenti e di ristrutturazione di
quelli esistenti, ove si presume l'impiego di più di tre
lavoratori. Resta fermo che i lavori devono essere eseguiti
nel rispetto della normativa di settore.
Con un apposito decreto ministeriale, che sarà emanato entro
90 giorni, saranno individuate, secondo criteri di
semplicità e di comprensibilità, le informazioni da
trasmettere mediante modelli uniformi da utilizzare. Fino
alla emanazione del predetto decreto la comunicazione deve
contenere:
- la descrizione dell'oggetto delle lavorazioni e delle
principali modalità di esecuzione delle stesse;
- la descrizione delle caratteristiche dei locali e degli
impianti.
Le comunicazioni suddette avverranno presso lo sportello
unico per le attività produttive, con le modalità stabilite
con Dpr 160/2010, che provvederà ad informare il competente
organo di vigilanza in via telematica.
---------------
Le altre misure. Con durata non superiore a dieci
uomini-giorno.
Piccoli interventi, regole semplificate.
Il decreto sulle semplificazioni in materia di salute e
sicurezza nei luoghi di lavoro, non manca di incidere
notevolmente sulle verifiche obbligatorie e sulle varie
comunicazioni riguardanti anche gli infortuni sul lavoro.
Le modifiche che sono state apportate ai commi 11 e 12
dell'articolo 71 del Tu, riguardano sostanzialmente
l'entrata in campo delle Regioni e quindi dell'Agenzia
regionale per la protezione ambientale (Arpa). Il nuovo
comma 11 stabilisce che la prima verifica delle attrezzature
riportate nell'allegato VI al Tu è effettuata dall'Inail che
provvede nel termine di 45 giorni dalla richiesta, decorso
inutilmente il quale, il datore di lavoro può avvalersi
della Asl o, qualora ciò sia previsto dalla legge regionale,
dell'Arpa e di soggetti pubblici o privati abilitati secondo
le modalità stabilite con l'apposito decreto dell'11.04.2011. Le successive verifiche sono effettuate dalla Asl o,
ove ciò sia previsto con legge regionale, dall'Arpa, che vi
provvede entro 30 giorni dalla richiesta. Decorso
inutilmente tale termine, il datore di lavoro può avvalersi
dei soggetti pubblici o privati abilitati.
L'Inail, le Asl e l'Arpa hanno l'obbligo di comunicare al
datore di lavoro l'eventuale impossibilità di effettuare le
verifiche di propria competenza. Oltre al privato anche
l'Inail, l'Asl e Arpa possono avvalersi del supporto dei
soggetti pubblici e privati abilitati per le verifiche di
loro competenza. Le spese sono poste a carico del datore di
lavoro.
In merito alla salute e sicurezza nei cantieri temporanei e
mobili le modifiche riguardano il campo di applicazione del
Titolo IV del Tu e la semplificazione, dei vari Piani di
sicurezza, tra cui il piano operativo di sicurezza (Pos). In
merito al campo di applicazione esso si restringe, infatti,
modificando l'articolo 88 del Tu, alla lettera g-bis, che
esclude alcune attività soggette al Titolo IV, sono inseriti
anche i piccoli lavori la cui durata presunta non è
superiore a 10 uomini-giorno, finalizzati alla realizzazione
o manutenzione delle infrastrutture per servizi.
In merito alla semplificazione del Pos è stato inserito nel
Tu il nuovo articolo 104-bis con il quale viene previsto che
con decreto ministeriale, da emanare entro 60 giorni, sono
individuati modelli semplificati per la sua redazione nei
termini ex articolo 89, comma 1, lettera h), del Tu, del
piano di sicurezza e coordinamento (Psc), previsto
all'articolo 100, comma 1, del Tu e del fascicolo dell'opera
disciplinato all'articolo 99, comma 1, lettera b), del Tu.
Restano fermi i relativi obblighi a essi connessi.
Le comunicazioni obbligatorie all'organo di vigilanza in
caso di situazioni di emergenza durante i lavori con
esposizione a particolari e specifici rischi, potranno
essere effettuate in via telematica anche tramite gli
organismi paritetici o le organizzazioni sindacali dei
datori di lavoro. Le comunicazioni riguardano il superamento
dei valori limite nelle lavorazioni con esposizione ad
agenti chimici, ad agenti cancerogeni e mutageni, ad agenti
biologici, nonché la notifica prima dell'inizio dei lavori
con esposizione all'amianto.
Sul fronte delle denunce infortuni l'articolo 54 del Dpr
1124/65, che prevedeva la denuncia all'autorità di pubblica
sicurezza, degli infortuni occorsi e per i quali era stata
diagnosticata una prognosi per più di tre giorni è stato
abrogato. È prevista, invece, la modifica all'articolo 56,
Dpr 1124/65, per cui è ora stabilito che le autorità di
pubblica sicurezza, le Asl, le Autorità portuali e
consolari, le direzioni territoriali del lavoro (Dtl) e i
corrispondenti uffici della Regione siciliana e delle
Province autonome di Trento e Bolzano, acquisiscano
dall'Inail, mediante accesso telematico (secondo le modalità
che entreranno in vigore dopo il 180° giorno dalla
emanazione del Dm istitutivo del sistema informativo
nazionale per la prevenzione-Sinp), i dati relativi alle
denunce infortuni sul lavoro mortali e di quelli con
prognosi superiore a 30 giorni (articolo Il Sole 24 Ore del 26.06.2013). |
SICUREZZA LAVORO: GUIDA
PRATICA AL DECRETO DEL FARE/
SICUREZZA NEI CANTIERI AFFIDATA A UN DELEGATO.
Alternativa al documento unico di valutazione dei rischi da
interferenze nei settori meno pericolosi.
Semplificare la burocrazia senza che a rimetterci siano
sicurezza del lavoro e regolarità contributiva. In questa
strettoia le norme del decreto del fare cercano un
compromesso che, per quel che riguarda il Durc, il documento
di regolarità contributiva, dovrà essere acquisto
telematicamente dall'ente.
Sul fronte della sicurezza si prevede una riduzione degli
obblighi relativi al documento unico di valutazione dei
rischi in caso di appalto mentre anche per la formazione si
potranno evitare corsi specifici da parte dei laureati in
materie coerenti con il lavoro svolto
(articolo Il Sole 24 Ore del 22.06.2013). |
SICUREZZA LAVORO: Edilizia e piccoli lavori: i «piani» saranno facilitati.
Pos
e Psc. Per i cantieri con durata fino a 10 uomini/giorno.
La semplificazione interessa anche il settore dell'edilizia.
Il decreto legge approvato sabato 15 giugno dal Consiglio
dei ministri limita il campo di applicazione del Titolo IV
del decreto legislativo 09.04.2008, n. 81 (Tu sulla
salute e sicurezza nei luoghi di lavoro) e prevede la
semplificazione dei vari documenti obbligatori.
Il titolo IV del Testo unico detta le misure per la salute e
sicurezza nei cantieri temporanei o mobili alle quali non
sono tenute le attività contenute nell'articolo 88.
Il decreto legislativo 106/2009, al comma 2 dell'articolo 88
ha introdotto la lettera g-bis), che ha previsto, nelle
esclusioni, i lavori relativi a impianti elettrici, reti
informatiche, gas, acqua, condizionamento e riscaldamento
che non comportino lavori edili o di ingegneria civile di
cui all'allegato X.
Il decreto legge a tali attività ha aggiunto i «piccoli
lavori la cui durata presunta non è superiore ai dieci
uomini giorno, finalizzati alla realizzazione o manutenzione
delle infrastrutture per servizi». I limiti sono dunque due:
il primo riguarda la condizione che tali attività non
comportino lavori edili o di ingegneria civile e che la
durata non sia superiore i dieci uomini-giorno, intendendo
per tali la somma delle giornate di lavoro necessarie a
effettuare i lavori considerati con riferimento all'arco
temporale di un anno dall'inizio dei lavori.
L'intervento del legislatore riguarda la semplificazione del
piano operativo di sicurezza (Pos), del piano di sicurezza e
di coordinamento (Psc) e del fascicolo dell'opera.
Si tratta di documenti che impegnano i committenti dei
lavori edili (rientranti nel campo di applicazione di cui al
Titolo IV) e l'impresa esecutrice di tali lavori.
Più in dettaglio il Pos è il documento che il datore di
lavoro dell'impresa esecutrice – in base agli articoli 89,
comma 1, lettera h) e 96, comma 1, lettera g) del Testo
unico– deve redigere in riferimento al singolo cantiere; i
contenuti sono riportati nell'allegato XV.
Il Psc –in base all'articolo 91, comma 1, lettera a)– è
redatto dal coordinatore per la progettazione, i cui
contenuti sono specificati nell'allegato XV al Testo unico.
Esso è costituito –articolo 100, comma 1– da una relazione
tecnica e prescrizioni correlate alla complessità dell'opera
da realizzare ed eventuali fasi critiche del processo di
costruzione, atte a prevenire o ridurre i rischi per la
sicurezza e la salute dei lavoratori. Il Psc è obbligatorio
nei cantieri in cui sia prevista la presenza, anche non
contemporanea, di più imprese esecutrici.
Il fascicolo dell'opera è previsto dall'articolo 91, comma
1, lettera b) ed è redatto dal coordinatore per la
progettazione. Il fascicolo è adattato alle caratteristiche
dell'opera, i cui contenuti sono definiti dall'allegato XVI,
contenente le informazioni utili ai fini della prevenzione e
della protezione dai rischi cui sono esposti i lavoratori,
tenendo conto delle specifiche norme di buona tecnica e
dell'allegato II al documento UE del 26.05.1993.
Esso, tuttavia, non viene predisposto nel caso di lavori di
manutenzione ordinaria di cui all'articolo 3, comma 1,
lettera a), del Dpr 380/2001 (Testo unico delle disposizioni
legislative e regolamentari in materia di edilizia).
In merito a tali documenti il decreto legge, introducendo
l'articolo 104-bis al Tu sulla sicurezza, stabilisce che con
decreto del ministro del Lavoro, di concerto con quello
delle Infrastrutture, sentita la Commissione consultiva
permanente per la salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e
la conferenza permanente Stato-Regioni e province autonome
di Trento e Bolzano, saranno individuati modelli
semplificati.
L'articolo 32, comma 2, del decreto legge, stabilisce
altresì che il decreto ministeriale sarà emanato entro 60
giorni dalla data della sua entrata in vigore.
L'utilizzo dei modelli semplificati non ha rilevanza sugli
altri obblighi, comunque correlati alla documentazione
obbligatoria
(articolo Il Sole 24 Ore del 21.06.2013). |
SICUREZZA LAVORO: Sicurezza
lavoro. Possibile la redazione di un unico documento.
Valutazione dei rischi al committente.
Il decreto legge ieri all'esame di Palazzo Chigi modifica
diversi aspetti del testo unico della sicurezza sul lavoro (Dlgs
09.04.2008, n. 81).
Si prevede, tra le altre cose, che nell'ambito degli appalti
il datore di lavoro committente promuove la cooperazione e
il coordinamento elaborando un unico documento di
valutazione dei rischi che indichi le misure adottate per
eliminare o, dove ciò non sia possibile, ridurre al minimo i
rischi da interferenze.
Limitatamente ai settori di attività a basso rischio
infortunistico sempre il datore di lavoro committente, in
alternativa può individuare un proprio incaricato, in
possesso di formazione, esperienza e competenza
professionali, tipiche di un preposto, nonché di periodico
aggiornamento e di conoscenza diretta dell'ambiente di
lavoro, per sovrintendere a tali cooperazione e
coordinamento. Nel caso in cui si opti per la redazione del
documento lo stesso va allegato al contratto di appalto o di
opera e deve essere adeguato in funzione dell'evoluzione dei
lavori, servizi e forniture.
Questo obbligo non si applica ai servizi di natura
intellettuale, alle mere forniture di materiali o
attrezzature, ai lavori o servizi la cui durata non è
superiore ai dieci "uomini-giorno", sempre che essi non
comportino rischi derivanti dalla presenza di agenti
cancerogeni, biologici, atmosfere esplosive o dalla presenza
dei rischi particolari indicati nell'allegato XI.
Con decreto del ministro del Lavoro, inoltre, dovranno
essere individuati settori di attività a basso rischio
infortunistico, sulla base di criteri e parametri oggettivi,
desunti dagli indici infortunistici di settore dell'Inail.
Vengono poi riviste le regole sulle notifiche all'organo di
vigilanza competente per territorio in caso di costruzione e
realizzazione di edifici o locali da adibire a lavorazioni
industriali, nonché nei casi di ampliamenti e di
ristrutturazioni di quelli esistenti e quelle sulle
verifiche periodiche volte a valutarne l'effettivo stato di
conservazione e di efficienza ai fini di sicurezza delle
attrezzature riportate nell'allegato VII
(articolo Il Sole 24 Ore del 16.06.2013). |
maggio
2013 |
|
SICUREZZA LAVORO:
C. Macaluso,
Il ruolo centrale della valutazione dei rischi
(tratto da www.ispoa.it - Igiene e Sicurezza del Lavoro
n. 5/2013). |
SICUREZZA LAVORO: Testo
Unico della Sicurezza sul Lavoro, ecco la versione
aggiornata a maggio 2013 con note e commenti.
Il Testo Unico in materia di salute e sicurezza nei luoghi
di lavoro, in vigore dal 15.05.2008 (D.Lgs. 81/2008), nel
corso del tempo ha subito diverse modifiche ed integrazioni.
In allegato a questo articolo proponiamo la
versione aggiornata a maggio 2013 pubblicata sul sito
del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
Il testo, corredato da allegati, note e commenti e da
un’ampia appendice normativa, è coordinato con le più
recenti disposizioni integrative e correttive:
●
Decreto Interministeriale 04.03.2013: criteri generali di
sicurezza relativi alle procedure di revisione, integrazione
e apposizione della segnaletica stradale destinata alle
attività lavorative che si svolgono in presenza di traffico
veicolare;
●
Decreto Interministeriale 06.03.2013: criteri di
qualificazione della figura del formatore per la salute e
sicurezza sul lavoro;
●
Circolare n. 9/2013 del 05/03/2013: D.M. 11.04.2011 –
chiarimenti;
●
Circolare n. 12/2013 del 11/03/2013: accordo 22.02.2012 in
attuazione dell’articolo 73, comma 5, del decreto
legislativo 09.04.2008, n. 81 – chiarimenti.
●
Decreto Interministeriale del 27.03.2013: semplificazione in
materia di informazione, formazione e sorveglianza sanitaria
dei lavoratori stagionali del settore agricolo;
●
Decreto Legislativo 13.03.2013, n. 32 che modifica l’art. 6,
comma 8;
●
Interpelli dal n. 1 al 7 del 2013;
●
sostituzione del Decreto Dirigenziale del 19.12.2012 con il
Decreto Dirigenziale del 24.04.2013 dei soggetti abilitati
per l’effettuazione delle verifiche periodiche di cui
all’art. 71, comma 11
(30.05.2013 - link a www.acca.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA- SICUREZZA LAVORO: Dall’INAIL
la guida su come valutare il rischio biologico nella
bonifica dei siti contaminati.
Il problema dell’inquinamento dei suoli e delle falde
acquifere da parte dei contaminanti organici di svariata
natura chimica (idrocarburi, naftoli, pesticidi) è
particolarmente rilevante in numerose zone dell'Italia e
molto spesso è aggravato dalla elevata persistenza e
tossicità di questi composti.
In base a quanto disposto dal Titolo X del D.Lgs. 81/2008,
il rischio biologico per i lavoratori deve essere valutato
al pari degli altri rischi al fine di definirne le corrette
modalità di gestione e controllo alla luce delle più
aggiornate conoscenze scientifiche in materia.
Allo scopo di offrire agli operatori coinvolti in questo
tipo di attività precisi indirizzi in materia di
prevenzione, valutazione e gestione dei rischi lavorativi,
l’INAIL ha realizzato la pubblicazione “Il rischio
biologico nel settore della bonifica dei siti contaminati”.
La monografia fornisce importanti indicazioni per le diverse
fasi operative, dal sopralluogo conoscitivo alla fase di
allestimento del cantiere ed alle operazioni di bonifica
vera e propria.
Di particolare interesse le sezioni del documento dedicate
ai seguenti argomenti:
►
classificazione degli agenti biologici (infettività,
patogenicità, trasmissibilità, neutralizzabilità)
►
criteri di individuazione, identificazione, la valutazione e
la gestione del rischio
►
tipi di esposizione nelle varie tecniche di bonifica
►
casistica epidemiologica
►
sorveglianza sanitaria
(30.05.2013 - link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO:
A. Proietti Semproni,
Infortunio: la
responsabilità del delegato alla sicurezza - (commento a
Cassazione penale, Sez. III, 11.03.2013 n. 11442) (Pratica
Lavoro n. 17/2013 - tratto da www.ipsoa.it). |
SICUREZZA LAVORO: Guida
ANCE per la sicurezza nelle imprese edili: le responsabilità
del datore di lavoro e la delega di funzioni, con 13 modelli
di incarico.
Garantire adeguati livelli di sicurezza sul lavoro
nell’ambito di un’impresa edile è un’operazione complessa
che richiede un’apposita organizzazione che deve collaborare
con il datore di lavoro.
Con la delega di funzioni il Testo Unico sulla Sicurezza sul
Lavoro (D.Lgs. 81/2008) ha introdotto un importante istituto
che permette di delineare i ruoli e le responsabilità
all’interno di un’azienda.
La delega di funzioni è per definizione un atto
organizzativo interno all’impresa, con il quale il datore di
lavoro (delegante) trasferisce ad un altro soggetto
(delegato) doveri originariamente gravanti su di lui, il cui
omesso o negligente adempimento può dare luogo a
responsabilità penali.
Il TUSL prevede che la delega di funzioni:
●
risulti da atto scritto recante data certa;
●
sia affidata a personale dotato di tutti i requisiti di
professionalità ed esperienza richiesti dalla specifica
natura delle funzioni delegate;
●
attribuisca al delegato tutti i poteri di organizzazione,
gestione e controllo richiesti dalla specifica natura delle
funzioni delegate;
●
attribuisca al delegato l’autonomia di spesa necessaria allo
svolgimento delle funzioni delegate;
●
sia accettata dal delegato per iscritto.
Con l’obiettivo di fornire agli imprenditori edili le
indispensabili indicazioni sulla delega in materia di
sicurezza sul lavoro, l’ANCE ha pubblicato
l’opuscolo “La responsabilità in materia di sicurezza sul
lavoro”.
La guida fornisce un quadro dettagliato sui ruoli e sulle
responsabilità tracciate dal D.Lgs. 81/2008.
Questi gli argomenti trattati:
►
Le figure previste dal Testo Unico Sicurezza e le relative
posizioni di garanzia (il datore di lavoro, il dirigente, il
preposto, il responsabile del servizio di prevenzione e
protezione)
►
La delega di funzioni (i requisiti di validità, la posizione
del delegante, modelli di organizzazione e gestione, la
posizione del delegato, la subdelega)
►
Applicazione della disciplina al settore dei lavori in
edilizia: imprese esecutrici ed impresa affidataria (il
datore di lavoro dell’impresa esecutrice, dirigenti e
preposti nei cantieri, l’impresa affidataria)
Nel documento sono inoltre presenti 13 esempi di lettere di
incarico e di delega in materia di sicurezza, utilizzabili
direttamente dai datori di lavoro
(16.05.2013 - link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO: Cantiere pericoloso. Tutti responsabili.
Ne risponde pure il subappaltatore.
Se il cantiere dell'appaltatore è pericoloso la
responsabilità si estende anche al subappaltatore. Gli
obblighi di osservanza delle norme antinfortunistiche, con
specifico riferimento all'esecuzione di lavori in subappalto
all'interno di un unico cantiere edile predisposto
dall'appaltatore, grava su tutti coloro che esercitano i
lavori, quindi anche sul subappaltatore interessato
all'esecuzione di un'opera parziale e specialistica,.
Quest'ultimo, infatti, ha l'onere di riscontrare e accertare
la sicurezza dei luoghi di lavoro, pur se la sua attività si
svolga contestualmente ad altra, prestata da altri soggetti,
e sebbene l'organizzazione del cantiere sia direttamente
riconducibile all'appaltatore, che non cessa di essere mai
titolare dei poteri direttivi generali.
Questo è il principio giuridico contenuto nella
sentenza
07.05.2013 n. 19505, IV Sez. penale, della Corte di
Cassazione.
Il fatto in sintesi: un subappaltatore veniva condannato
alla pena di 550 euro per avere omesso di predisporre che
una gru a rotazione bassa fosse munita di apposita
recinzione. L'imputato lamentava, in primo luogo con
riferimento alla violazione relativa alla assenza di
recinzione della gru a rotazione bassa, che non è stato
considerato che egli, operante nel cantiere impiantato ed
organizzato da altri unicamente come subappaltatore, aveva
espressamente vietato ai propri dipendenti di usare detta
gru di cui egli non era, infatti, proprietario. Del resto lo
stesso ispettore del lavoro intervenuto in loco non aveva
verificato a chi appartenesse la gru.
I giudici di cassazione ricordano che le disposizioni
normative riguardanti l'antinfortunistica, con specifico
riguardo all'esecuzione di lavori in subappalto all'interno
di un unico cantiere edile predisposto dall'appaltatore,
grava su tutti coloro che esercitano i lavori, quindi anche
sul subappaltatore
(articolo ItaliaOggi dell'11.05.2013). |
SICUREZZA LAVORO:
Responsabilità
del committente
e del coordinatore
per l’esecuzione dei lavori.
Ecco una nuova, preziosa sentenza in tema di
responsabilità penale sia del coordinatore per
l’esecuzione dei lavori, sia dello stesso committente
per omessa vigilanza sull’operato dei
coordinatori (in merito v. Guariniello, Il T.U.
Sicurezza sul Lavoro commentato con la giurisprudenza,
V edizione, Ipsoa, Milano, 2013,
sub art. 92, quanto al coordinatore, e sub art.
93 quanto al committente).
Per un infortunio occorso in un cantiere edile,
furono condannati il coordinatore per l’esecuzione
dei lavori (oltre che direttore di lavori
per la parte strutturale e impiantistica) e il legale
responsabile della società: il primo per «non
aver verificato, con opportune azioni di coordinamento
e di controllo l’applicazione, da parte
delle imprese esecutrici, delle disposizioni loro
pertinenti contenute nel piano di sicurezza e
coordinamento (PSC) e dei piani operativi di sicurezza
(POS) predisposti dalle imprese esecutrici, non effettuando,
nella duplice qualita` richiamata,
le necessarie riunioni e i sopralluoghi,
e omettendo di vigilare sulla corretta gestione
del cantiere, consentendo in particolare
l’esecuzione dei lavori nel vano ascensore all’interno
del quale si era verificato l’infortunio
de quo, in occasione del quale l’infortunato
era precipitato, da un’altezza superiore a due
metri, da un precario piano di calpestio allestito
sul montante orizzontale della struttura in ferro
del ridetto vano ascensore»; il secondo «per
non aver verificato l’applicazione, da parte delle
imprese esecutrici, delle disposizioni loro impartite
e contenute nel piano di sicurezza e
coordinamento.»
A) La Sez. IV respinge il ricorso degli imputati.
Quanto al coordinatore, rileva «come la circostanza
che l’imputato fosse a conoscenza della
realizzazione degli impalcati nel vano ascensore
avrebbe dovuto in ogni caso indurlo a verificare
la corretta esecuzione dei piani di lavoro,
da parte del lavoratore infortunato, senza delegare
a quest’ultimo ogni incombente riferibile
al controllo della verifica della loro realizzazione
in conformità alle norme antinfortunistiche.»
Ascrive «alla posizione funzionale assunta dal
coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione
la concreta sussistenza di precisi doveri
d’iniziativa e di responsabilità, sul piano della
conoscenza effettiva dei processi lavorativi in
corso e dei necessari accorgimenti funzionali
alla preservazione della tutela delle condizioni
di salute e di sicurezza dei lavoratori impegnati
nelle lavorazioni riguardanti l’appalto.»
Osserva che, «secondo il consolidato insegnamento
della giurisprudenza di legittimità, diversamente
da quanto sostenuto dall’imputato, in
tema di prevenzione antinfortunistica, al coordinatore
per l’esecuzione dei lavori non è assegnato
esclusivamente il compito di organizzare
il lavoro tra le diverse imprese operanti nello
stesso cantiere, bensì anche quello di vigilare
sulla corretta osservanza da parte delle stesse
delle prescrizioni del piano di sicurezza e sulla
scrupolosa applicazione delle procedure di lavoro
a garanzia dell’incolumità dei lavoratori,
spettando al coordinatore per l’esecuzione dei
lavori la titolarità di un’autonoma posizione di
garanzia che, nei limiti degli obblighi specificamente
individuati dalla legge, si affianca a quelle
degli altri soggetti destinatari delle norme
antinfortunistiche,
e comprende, non solo l’istruzione
dei lavoratori sui rischi connessi alle attività
lavorative svolte e la necessità di adottare
tutte le opportune misure di sicurezza, ma anche
la loro effettiva predisposizione, nonché il
controllo continuo ed effettivo sulla concreta
osservanza delle misure predisposte al fine di
evitare che esse siano trascurate o disapplicate,
nonché, infine, il controllo sul corretto utilizzo,
in termini di sicurezza, degli strumenti di lavoro
e sul processo stesso di lavorazione.»
Insegna che «il coordinatore per l’esecuzione
dei lavori è tenuto a verificare, attraverso un’attenta
e costante opera di vigilanza, l’eventuale
sussistenza di obiettive situazioni di pericolo
nel cantiere, e tanto, in relazione a ciascuna fase
dello sviluppo dei lavori in corso di esecuzione.»
Prende atto che, «nel caso di specie, logicamente
si è tratto, dall’accertata avvenuta acquisizione
della conoscenza, da parte dell’imputato,
della necessità di procedere all’esecuzione di
lavorazioni all’interno del vano ascensore aperto
all’interno del fabbricato in corso di costruzione,
l’insorgenza dello specifico dovere, riferibile
alla sua posizione funzionale, di provvedere
all’immediata adozione di tutte le cautele
concretamente necessarie a impedire che l’esecuzione
di attività lavorative all’interno di tale
vano potesse costituire un potenziale pericolo
per l’incolumità dei lavoratori ivi coinvolti.»
B) Per quanto concerne il committente, la Sez.
IV premette che, «in tema di prevenzione degli
infortuni sul lavoro, mentre in capo al datore di
lavoro incombe l’obbligo di predisporre le idonee
misure di sicurezza, nonché quelli di impartire
le direttive da seguire a tale scopo e di controllarne
costantemente il rispetto da parte dei
lavoratori, nel caso di prestazioni lavorative
eseguite in attuazione di un contratto d’appalto,
al committente è ascritta la piena corresponsabilità
con l’appaltatore per le violazioni delle
misure prevenzionali e protettive sulla base degli
obblighi sullo stesso incombenti ai sensi di
legge, con la conseguenza che la responsabilità
dell’appaltatore non esclude quella del committente,
da ritenersi corresponsabile unitamente al
primo, qualora l’evento si ricolleghi causalmente
ad una sua omissione colposa.»
Precisa che «il committente (unitamente al responsabile
dei lavori) è chiamato a verificare
l’adempimento da parte dei coordinatori degli
obblighi di assicurare e di verificare il rispetto,
da parte delle imprese esecutrici e dei lavoratori
autonomi, delle disposizioni contenute nel piano
di sicurezza e di coordinamento, nonché la
corretta applicazione delle procedure di lavoro.»
Ne desume che «al committente (così come al
responsabile dei lavori) è attribuito dalla legge
un compito di verifica non meramente formale,
bensì una posizione di garanzia particolarmente
ampia, comprendente l’esecuzione di controlli
sostanziali e incisivi su tutto quel che concerne
i temi della prevenzione, della sicurezza del
luogo di lavoro e della tutela della salute del lavoratore,
accertando, inoltre, che i coordinatori
adempiano agli obblighi sugli stessi incombenti
in detta materia.»
Constata che, nel caso di specie, si è «correttamente
ascritta alla posizione del committente
l’inosservanza dell’obbligo di vigilare sul corretto
adempimento degli obblighi cautelari da
parte dell’impresa esecutrice, il cui rispetto
avrebbe consentito di rilevare la situazione di
pericolo creata attraverso la realizzazione, da
parte del lavoratore infortunato, dei piani di lavoro
all’interno del vano ascensore, eventualmente
scongiurandola, in tal senso indiscutibilmente
ponendosi in termini di immediata e diretta relazione
causale con l’infortunio verificatosi» (Corte
di
Cassazione, Sez. IV penale, sentenza 06.05.2013 n. 19382
- tratto da Igiene e Sicurezza del Lavoro n. 6/2013). |
SICUREZZA LAVORO:
Il chiarimento della commissione sulla sicurezza.
Stress senza delega.
La valutazione rischi al datore.
La valutazione dello stress lavoro correlato non è
delegabile. Infatti, in quanto parte integrante della
valutazione del rischio, è un adempimento che il Tu
sicurezza prescrive tra quelli non delegabili da parte del
datore di lavoro, il quale ne resta l'unico responsabile
anche qualora decida di avvalersi di soggetti in possesso di
specifiche competenze in materia.
Lo spiega l'interpello 02.05.2013 n.
5/2013 (prot. n. 7883/2013) con cui la commissione per gli interpelli sulla
sicurezza del lavoro risponde alle richieste di chiarimento
della Federazione italiana metalmeccanici.
La valutazione dello stress. L'articolo 28, comma 1, del Tu
sicurezza (dlgs n. 81/2008) stabilisce che la valutazione
dei rischi, anche nella scelta delle attrezzature di lavoro
e delle sostanze o dei preparati chimici impiegati nonché
nella sistemazione dei luoghi di lavoro, deve riguardare
tutti i rischi per la sicurezza e salute dei lavoratori,
compresi quelli collegati allo stress lavoro-correlato.
Il
successivo comma 1-bis dello stesso articolo 28,
estrapolando il rischio stress lavoro correlato, stabilisce
che la sua valutazione deve essere effettuata nel rispetto
delle indicazioni della commissione consultiva approvate il
17 novembre 2010. La Federazione dei metalmeccanici ha
chiesto se il datore di lavoro può delegare a terzi
l'attività della valutazione del rischio stress
lavoro-correlato.
I chiarimenti. Il Tu sicurezza, spiega il ministero,
contempla il principio di generale delegabilità delle
funzioni in materia di sicurezza sul lavoro. L'articolo 16,
infatti, stabilisce che la delega di funzioni da parte del
datore di lavoro, ove non espressamente esclusa, è ammessa
con i seguenti limiti e condizioni: che risulti da atto
scritto recante data certa; che il delegato possegga tutti i
requisiti di professionalità ed esperienza richiesti dalla
specifica natura delle funzioni delegate; che attribuisca al
delegato tutti i poteri di organizzazione, gestione e
controllo richiesti dalla specifica natura delle funzioni
delegate; che attribuisca al delegato l'autonomia di spesa
necessaria allo svolgimento delle funzioni delegate; che sia
accettata dal delegato per iscritto. La delega, dunque, è
sempre possibile tranne che nei casi in cui sia «espressamente
esclusa».
L'articolo 17 del Tu stabilisce che il datore di lavoro non
può delegare le seguenti attività: valutazione di tutti i
rischi con la conseguente elaborazione del relativo
documento; designazione del responsabile del servizio di
prevenzione e protezione dai rischi. Poiché la valutazione
dello stress lavoro-correlato è parte integrante della
valutazione del rischio, il ministero spiega che ad essa si
applica integralmente la relativa disciplina inclusa
l'individuazione tra i compiti non delegabili da parte del
datore di lavoro
(articolo ItaliaOggi del 04.05.2013). |
SICUREZZA LAVORO:
I requisiti dei luoghi di lavoro.
Il bagno pubblico esonera dai servizi.
Il vespasiano esonera l'azienda dall'obbligo di dotare il
luogo di lavoro dei servizi igienici. Infatti, se i servizi
pubblici sono fruibili dai lavoratori liberamente,
facilmente e senza aggravio di costi, il luogo di lavoro è
conforme alle prescrizioni dettate dal Tu sicurezza (il dlgs
n. 81/2008) e, dunque, il datore di lavoro non ha alcun
obbligo di adeguamento.
È quanto precisa il Ministero del
Lavoro nell'interpello 02.05.2013 n. 4/2013
(prot. n. 7882/2013) della commissione per gli
interpelli in materia di sicurezza.
Luoghi di lavoro. L'allegato IV del Tu elenca i requisiti
dei luoghi di lavoro, prescrivendo, tra l'altro, che in essi
o nelle loro immediate vicinanze deve essere messa a
disposizione dei lavoratori acqua in quantità sufficiente,
tanto per uso potabile quanto per lavarsi (punto 1.13.1.1) e
che i lavoratori devono disporre, in prossimità dei loro
posti di lavoro, dei locali di riposo, degli spogliatoi e
delle docce, di gabinetti e di lavabi con acqua corrente
calda, se necessario, e dotati di mezzi detergenti e per
asciugarsi (punto 1.13.3.1).
Sui due punti, i consulenti del
lavoro hanno chiesto parere al ministero in merito alla
corretta interpretazione dell'articolo 63, comma 1, del Tu
sicurezza il quale, appunto, prescrive che i luoghi di
lavoro devono essere conformi ai requisiti indicati
nell'allegato IV.
I chiarimenti. Il ministero spiega che, nei casi in cui un
luogo di lavoro è posto all'interno di un ambiente ben
definito e circoscritto, considerato che la norma impone al
datore di lavoro di mettere a disposizione del lavoratore i
servizi igienico-assistenziali nel «luogo di lavoro o
nelle sue immediate vicinanze», è da ritenersi che il
datore di lavoro assolva al suo obbligo purché questi
servizi, anche se non in uso esclusivo, siano fruibili dai
lavoratori liberamente, facilmente e senza aggravio di costo
per loro e nel rispetto delle norme igieniche
(articolo ItaliaOggi del 04.05.2013). |
SICUREZZA LAVORO: Cantieri mobili, idoneità libera.
La richiesta è facoltà del
committente.
La formazione specifica e l'idoneità sanitaria non sono
requisiti di legge per la verifica dell'idoneità tecnico
professionale dei lavoratori autonomi destinati a operare
nei cantieri mobili. Ciò non vieta, tuttavia, che possano
essere previsti dal committente in aggiunta ai requisiti
minimi individuati dalla legge.
Lo precisa il Ministero del
Lavoro nell'interpello 02.05.2013 n. 7/2013 (prot. n. 7885/2013), in
risposta al quesito dell'Ance sulle norme dell'allegato XVII
del Tu sicurezza approvato dal dlgs n. 81/2008.
Cantieri mobili. La sorveglianza sanitaria e la
partecipazione a corsi di formazione, spiega il ministero,
sono due vie attraverso cui i lavoratori autonomi possono
dimostrare la propria idoneità tecnico professionale. Si
tratta di possibilità e la non obbligatorietà è stata
chiarita dalle modifiche al Tu introdotte dal dlgs n.
106/2009. In una prima versione del Tu, infatti, pur
disciplinate come benefici aggiuntivi a favore dei
lavoratori autonomi, sia la formazione che la sorveglianza
sanitaria erano richieste all'atto di operare in un cantiere
temporaneo o mobile (occorreva esibire i relativi
attestati).
Facoltà non obbligo. Successivamente alle modifiche del dlgs
n. 106/2009 invece, committenti e imprese affidataria sono
tenuti a verificare il possesso da parte del lavoratore
autonomo di tutta la documentazione prescritta all'allegato
XVII, ma non anche degli attestati inerenti la formazione e
l'idoneità sanitaria. In altre parole, precisa il ministero,
«risulta legittimo sia l'affidamento di lavori al lavoratore
autonomo in possesso di documentazione inerente la
formazione e l'idoneità sanitaria sia l'affidamento di
lavori al lavoratore autonomo privo dei predetti requisiti».
In ogni caso, conclude il ministero, resta fermo per il
committente la facoltà di richiedere al lavoratore autonomo
ulteriori requisiti rispetto a quelli minimi individuati
dall'allegato XVII e che, dunque, possono anche consistere
proprio nel possesso della documentazione (gli attestati)
inerente la formazione e l'idoneità sanitaria
(articolo ItaliaOggi del 04.05.2013). |
INCARICHI PROGETTUALI - SICUREZZA LAVORO:
Oggetto: Art. 12, D.Lgs. n. 81/2008 e successive
modifiche e integrazioni - risposta al quesito relativo ai
requisiti professionali del coordinatore per la
progettazione e per l'esecuzione dei lavori - definizione di
"attività lavorativa nel settore delle costruzioni"
(Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Commissione
per gli Interpelli,
interpello 02.05.2013 n. 2/2013). |
aprile
2013 |
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EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI - SICUREZZA LAVORO:
Oggetto: Nuovo decreto sulla segnaletica stradale per
attività lavorative in presenza di traffico veicolare
(ANCE Bergamo,
circolare 12.04.2013 n. 94). |
marzo
2013 |
|
SICUREZZA LAVORO: Come
redigere un POS (Piano Operativo di Sicurezza): dal CPT di
Firenze un modello versatile.
Il POS è il documeno in cui sono contenute tutte le misure
di prevenzione e protezione da adottare nelle attività di
cantiere al fine di salvaguardare la salute e l'incolumità
fisica dei lavoratori.
Il Testo Unico per la Sicurezza (D.Lgs. 81/2008) prevede
l'obbligo del datore di lavoro di un’impresa esecutrice di
redigere il POS (Piano Operativo di Sicurezza) con i
contenuti minimi previsti all’Allegato XV e l’onere per il
coordinatore della sicurezza in fase di esecuzione di
verificare l’idoneità di questo documento.
In allegato all’articolo proponiamo uno schema di POS,
elaborato dal Comitato Paritetico Territoriale per la
sicurezza sul lavoro (CPT) di Firenze.
Il documento rappresenta uno strumento versatile a
disposizione di tutti gli operatori del settore (imprese,
committenti e coordinatori) improntato alla praticità,
all’efficacia e alla concretezza.
In esso vengono schematizzate sinteticamente tutte le
informazioni e le misure di sicurezza da inserire nel POS.
Il modello contiene le seguenti sezioni:
●
anagrafica dell’impresa (soggetti interessati, interventi
formativi ed informativi)
●
dati relativi al cantiere e ai lavori da eseguire
●
soggetti di riferimento per la sicurezza
●
indicazione delle lavorazioni affidate in subappalto
●
elenco delle lavorazioni
●
elenco dei ponteggi, dei ponti su ruote o altre opere
provvisionali, delle macchine o attrezzature che si
utilizzeranno in cantiere
●
elenco dei DPI (Dispositivi di protezione individuale)
forniti ai lavoratori
●
caratteristiche dell’impianto elettrico
●
elenco delle sostanze e prodotti pericolosi che saranno
utilizzati
●
scheda tipo della fase di lavorazione (descrizione,
individuazione dei rischi, modalità di gestione della fase
lavorativa e misure di prevenzione, D.P.I. necessari)
(28.03.2013 - link a www.acca.it). |
EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI:
Decreto sulla segnaletica nei cantieri.
Lavori in corso, sicurezza doc.
I lavoratori impegnati sulle strade dove scorre il traffico
veicolare devono essere specificamente formati alla
particolare mansione. Evidenti cautele dovranno poi essere
osservate dal datore di lavoro in condizioni meteorologiche
avverse.
Lo ha evidenziato il decreto interministeriale 04.03.2013 che fissa i criteri per l'apposizione della
segnaletica stradale destinata alle attività lavorative che
si svolgono in presenza di traffico veicolare.
Il comunicato
dell'avvenuta emanazione è stato pubblicato sulla G.U. n. 67
del 20.03.2013. In sostanza ai sensi del dlgs 81/2008,
gli enti proprietari delle strade e le imprese appaltatrici,
esecutrici o affidatarie, dovranno applicare nuovi criteri
minimi di sicurezza per chi lavora in presenza di traffico
veicolare.
Il provvedimento prevede che in caso di nebbia,
precipitazioni nevose o, comunque, condizioni che limitano
notevolmente la visibilità o le caratteristiche di aderenza
della pavimentazione, non si potranno eseguire operazioni
che comportano l'esposizione al traffico di operatori e di
mezzi. Qualora tali condizioni meteorologiche avverse
sopraggiungano, le attività dovranno essere immediatamente
sospese, rimuovendo ogni sbarramento e segnalamento, salvo
che si tratti di lavori di emergenza o indifferibili.
Per la
regolamentazione del senso unico alternato o comunque per le
fermate temporanee del traffico, i movieri dovranno essere
avvicendati con altri operatori con una cadenza non
superiore a 45 minuti. Sono imposte particolari misure di
sicurezza per gli spostamenti sulla carreggiata a piedi
oppure con i mezzi operativi.
Inoltre, il decreto prevede l'adozione di importanti cautele
per l'installazione e la rimozione del cantiere, per
l'entrata e l'uscita del personale dal cantiere e per la
gestione delle situazioni emergenza, come per esempio i
sinistri. I lavoratori adibiti all'installazione e alla
rimozione della segnaletica di cantieri stradali in presenza
di traffico o comunque addetti ad attività in presenza di
traffico dovranno frequentare uno specifico corso di
formazione e addestramento, con una prova di verifica
finale, e, ogni quattro anni, un corso di aggiornamento
(articolo ItaliaOggi del 26.03.2013). |
SICUREZZA LAVORO: “Quaderno
della sicurezza per il lavoratore”: ecco un utile
vademecum per la sicurezza nei cantieri.
In questo articolo proponiamo un “Quaderno tecnico”,
a cura del Comitato Paritetico Territoriale per la sicurezza
sul lavoro di Taranto che illustra, in maniera molto chiara
e precisa i diversi aspetti da tenere in considerazione
quando si lavora in un cantiere edile.
Il documento evidenzia, grazie anche a illustrazioni e foto
esplicative, i principali aspetti relativi a:
●
rischi derivanti
dalle attività svolte dai lavoratori
●
adempimenti
prescritti dalla vigente normativa
L’intento della pubblicazione è quello di costituire un
utile strumento di lavoro che, attraverso una facile
lettura, possa permettere la diffusione della cultura sulla
sicurezza basata sul principio che solo l’osservanza delle
norme può limitare gli infortuni e, quindi, sul valore
indiscusso della prevenzione.
Il documento costituisce un utile strumento per tutte le
figure che operano in cantiere o si occupano di sicurezza e
fornisce indicazioni utili su:
●
Diritti e doveri dei
lavoratori
●
Figure di cantiere
(es. preposto, coordinatore, RSPP, ecc.)
●
Organi di Vigilanza
●
Rischi e misure di
prevenzione
●
Attrezzature e
Macchine da Lavoro
●
Dispositivi di
Protezione Individuale (DPI)
●
La segnaletica di
sicurezza
●
Documenti da tenere
in cantiere: il PIMUS, il POS ed il PSC
(21.03.2013 - link a www.acca.it). |
EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI: G.U.
20.03.2013 n. 67 "Criteri generali di sicurezza relativi
alle procedure di revisione, integrazione e apposizione
della segnaletica stradale destinata alle attività
lavorative che si svolgono in presenza di traffico veicolare"
(Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali,
decreto 04.03.2013). |
SICUREZZA
LAVORO: Lavoro.
Requisito in più rispetto a quelli del decreto 81/2008.
La delega sulla sicurezza deve precisare i compiti.
Perché la delega in materia di sicurezza sul lavoro sia
valida, è necessario che il delegante precisi i compiti
antinfortunistici attribuiti al delegato. Altrimenti
mancherebbe, nel documento, un elemento essenziale per
valutare l'adeguatezza delle risorse date dal delegante al
delegato.
È questo il principio stabilito dalla Corte di Cassazione,
Sez. IV
penale, che, con la
sentenza
11.03.2013 n. 11442, ha
aggiunto un requisito per la validità della delega di
funzioni oltre a quelli previsti dall'articolo 16 del
decreto legislativo 81/2008.
Il caso esaminato dai giudici riguarda un lavoratore che
viene colpito al volto da parti di un macchinario,
modificato dall'azienda utilizzatrice per esigenze
produttive. Il tribunale condanna il direttore di
stabilimento per il reato di lesioni personali colpose
(articolo 590 del Codice penale), considerandolo delegato
alla sicurezza e coordinatore del servizio di ingegneria
industriale, nell'ambito del quale si è verificato
l'infortunio. Il direttore ricorre in secondo grado,
sostenendo la responsabilità del capo del servizio
ingegneria industriale, da lui incaricato dell'osservanza
delle norme antinfortunistiche. Ma la Corte d'appello
conferma la condanna ritenendo il direttore incaricato, dal
Cda, della prevenzione riguardante le macchine e
coordinatore del servizio. I giudici, in particolare, negano
validità alla delega perché non idonea a trasferire le
funzioni del direttore e, comunque, non operativa, dato che
il presunto delegato è assente, da tempo, e non è stato
sostituito.
Il direttore, a questo punto, ricorre in Cassazione, che
però conferma la sentenza d'appello. Per farlo, i giudici
precisano che l'articolo 16 del decreto legislativo 81/2008
stabilisce che la delega di funzioni in materia di sicurezza
sul lavoro può essere conferita dal datore di lavoro o da
chi sia già stato da lui delegato, nel rispetto di una serie
di requisiti: il delegato deve possedere i requisiti di
professionalità ed esperienza richiesti dalla natura delle
funzioni delegate; la delega deve risultare da atto scritto
con data certa; la delega deve conferire i poteri di
organizzazione, gestione e controllo richiesti dalla
funzione e l'autonomia di spesa necessaria; la delega deve
essere accettata dal delegato per iscritto e a essa deve
essere data adeguata e tempestiva pubblicità.
In questo quadro normativo la Cassazione, in primo luogo,
afferma che non è delega l'atto che si limiti a nominare un
responsabile di servizio o che concretizzi la normale
articolazione organizzativa aziendale. Inoltre, non basta
per la delega che il documento precisi che i compiti
aziendali delegati siano da svolgere «nel rispetto di tutte
le norme infortunistiche»: formula utile solo a evidenziare
la necessità di rispettare gli obblighi derivanti dalla
legge. La Corte sostiene, inoltre, che l'individuazione
specifica dei compiti antinfortunistici trasferiti, anche se
non richiesta dall'articolo 16, è requisito necessario della
delega, perché senza di esso manca un parametro per valutare
l'adeguatezza delle risorse messe a disposizione del
delegato.
I giudici, infine, prendono atto che il presunto delegato
fosse assente, già da tempo prima dell'avvenuto infortunio,
e chiariscono che ciò, comunque, escluderebbe l'operatività
della delega di funzioni (articolo Il Sole 24 Ore del
25.03.2013). |
SICUREZZA
LAVORO: Obblighi
del coordinatore per l’esecuzione dei
lavori.
Esemplare continua ad essere l’analisi
svolta dalla Corte Suprema in ordine agli
obblighi e alle responsabilità del
coordinatore per l’esecuzione dei lavori
(quanto alla posizione di garanzia dei
coordinatori v. Guariniello, Il T.U.
Sicurezza sul Lavoro commentato con la
giurisprudenza, IV edizione, Milano, 2012,
501 ss. e 508 ss., cui aggiungi Cass.
14.02.2013, Palmisano e altri, in ISL, 2013,
4; 224; Cass. 01.10.2012, Cassera e altro, e
Cass. 26.09.2012, Farina e altro, ibid.,
2013, 1, 39; Cass. 10.08.2012, P.C. in c.
Torlaschi, ibid., 2012, 11, 609; Cass.
14.06.2012, Gencarelli, e Cass. 07.06.2012,
Goracci, ibid., 2012, 10, 544).
Il dipendente di un’impresa appaltatrice di
lavori di scavo e di trasporto con mansione
di autista era stato schiacciato sotto il
cancello metallico di accesso all’area del
cantiere uscito dalle guide di scorrimento.
Oltre ai datori di lavoro dell’infortunato e
all’appaltatore della costruzione del
cancello, fu condannato il coordinatore per
l’esecuzione dei lavori, con l’addebito di «non
aver adeguato il piano di sicurezza e di
coordinamento (PSC) ed il fascicolo di
prevenzione in relazione all’evoluzione dei
lavori ed alle eventuali modifiche
intervenute, ai rischi conseguenti al
sopravvenuto accesso al cantiere attraverso
il cancello de quo e non aver quindi
verificato l’idoneità del piano operativo di
sicurezza della impresa datrice di lavoro
rispetto alla valutazione del rischio
attinente all’accesso al cantiere e
conseguentemente alla individuazione delle
relative misure di prevenzione e di
protezione.»
La Sez. IV premette che «più imprese
appaltatrici operavano sul cantiere e una
molteplicità di imprese risultavano
incaricate di operare nell’area della
società committente.»
Ne ricava «la sussistenza della ragion
d’essere della presenza del coordinatore per
la sicurezza in fase di esecuzione (CSE):
ruolo che l’imputato era tenuto a svolgere
per la durata di tutti lavori di ampliamento
del capannone con annessa tettoia, con gli
obblighi previsti, a nulla rilevando che
egli avesse disposto la sospensione dei
lavori per la mancanza del permesso a
costruire tant’è vero che successivamente
ebbe ad effettuare altro sopralluogo sul
cantiere.»
Rileva che «l’imputato, in violazione in
particolare della posizione di garanzia di
cui era investito quale coordinatore per
l’esecuzione dei lavori, ha cooperato con
gli altri imputati alla determinazione
dell’evento.»
Spiega che «egli (per effetto dei precisi
obblighi assunti con la nomina a CSE) non
era perfettamente a conoscenza anche prima
della data di sospensione dei lavori, come
dimostrato dai verbali dei numerosi
sopralluoghi da lui stesso redatti previo
accesso al cantiere, dello stato di
intrinseca pericolosità e di precaria
stabilità del cancello, comunque utilizzato
per l’accesso al cantiere benché privo del
fermo di fine corsa», che, «ciononostante,
nel Piano di sicurezza in fase di
progettazione neppure si accennava al
cancello scorrevole in acciaio (causa del
mortale infortunio) attraverso il quale
ordinariamente si accedeva al cantiere»,
e che non «risultavano integrazioni di
detto piano di sicurezza.»
La conclusione è che «il rischio per
l’incolumità dei lavoratori dei terzi,
derivante delle descritte condizioni del
cancello, non era stato minimamente valutato
e che pertanto l’evento -del tutto
prevedibile visto che l’impresa datrice di
lavoro comunque disponeva delle chiavi di
accesso al cantiere e, quale appaltatrice,
aveva del tutto legittimamente incaricato il
dipendente di recarsi a prelevare un
escavatore- si sarebbe potuto evitare ove
l’imputato avesse adempiuto ai suoi obblighi.» (Corte
di Cassazione, Sez. IV penale, sentenza
06.03.2013 n. 10319
- tratto da Igiene e Sicurezza del Lavoro n.
5/2013). |
febbraio
2013 |
|
SICUREZZA
LAVORO: Responsabilità
del RSPP
con funzioni operative
dell’impresa appaltatrice
in cantiere.
In un cantiere di opere pubbliche appaltate da
un comune per il consolidamento di un movimento
franoso con presenza di più imprese esecutrici,
per l’infortunio mortale occorso a un lavoratore della
s.r.l. appaltatrice furono condannati
il presidente del consiglio di amministrazione,
l’amministratore delegato-direttore tecnico,
il vicepresidente, e il RSPP della s.r.l., (a
sorpresa, non risulta considerata la posizione
dell’organizzazione committente).
La Sez. IV conferma la condanna anche del
RSPP.
Rileva che «la responsabilità del predetto viene
ravvisata nell’assunzione di garanzia circa l’esecuzione
dei lavori derivante dall’accettazione
della delega che gli attribuiva funzioni operative
in materia di sicurezza, rispetto alla quale
non può assumere rilievo la dedotta estromissione
da parte degli amministratori e la privazione
delle concrete possibilità di intervenire
(‘egli aveva soltanto la possibilità o di adoperarsi
in concreto per adempiere l’incarico ricevuto
malgrado gli ostacoli frapposti dagli amministratori
o di rinunciare all’incarico formalmente,
ottenendo così l’esonero da responsabilità’’).»
Ne desume che, «in primo luogo, l’imputato,
quale soggetto assuntore di fatto, in forza di delega,
della responsabilità del cantiere, era tenuto
a sorvegliare circa le attività, anche non previste
o programmate, che si svolgevano presso
il medesimo, quali quelle avvenute in occasione
dell’incidente.»
Osserva che, «prescindendo da chi in concreto
dispose l’interruzione della sospensione dei lavori,
i fatti avvenuti il giorno dell’infortunio
evidenziano omissioni relative alle dotazioni
di sicurezza del cantiere riferibili all’imputato
in ragione tanto della delega menzionata, quanto
della posizione di responsabile del servizio di
prevenzione e protezione della s.r.l..»
Spiega che «si tratta di manchevolezze attinenti
a presidi da attuare in epoca precedente al giorno
dell’infortunio e, quindi, rientranti nella sfera
di controllo di quest’ultimo in forza del menzionato
duplice titolo.»
Prende atto delle «macroscopiche omissioni degli
obblighi concernenti l’informazione e la formazione
del personale spettanti al servizio di
prevenzione e protezione, nonché la mancata
realizzazione di misure tecnico-organizzative e
adeguate opere di protezione ai fini della corretta
e sicura esecuzione dell’attività lavorativa, e,
in particolare, di idonei, stabili e ancorati ponteggi.»
E conclude che, «In presenza della descritta situazione,
la responsabilità dell’evento non può
essere ascritta esclusivamente a chi ha trasgredito
il provvedimento di sospensione dei lavori,
ma anche a colui cui sono riconducibili macroscopiche
pregresse violazioni relative alla sicurezza
del cantiere.» (Circa le responsabilità del
RSPP v. Guariniello, Il T.U. Sicurezza sul Lavoro
commentato con la giurisprudenza, IV
edizione, Milano, 2012, 342, cui adde Cass.
21.12.2012, R.C., Lovison e altro, in
ISL, 2013, 2, 106)
(Corte di
Cassazione, Sez. IV penale, sentenza 26.02.2013 n. 9154
- tratto da Igiene e Sicurezza del Lavoro n. 4/2013). |
SICUREZZA
LAVORO: Gli
obblighi di
cooperazione e
coordinamento del datore
di lavoro committente.
Ancora un’utile sentenza sugli obblighi del datore
di lavoro committente nel quadro dell’art.
26 D.Lgs. n. 81/2008 (per una illustrazione di
tali obblighi v. Guariniello, Sicurezza sul lavoro
commentato con la giurisprudenza, IV edizione,
Milano, 2012, specialmente 260 ss., cui
adde Cass. 19.09.2012, R.C., Pinto e altri,
in ISL, 2012, 12, 673; Cass. 20.09.2012, Varvarotto e altro, ibid., 2012, 11, 611;
Cass. 10.08.2012, Bifulco, ibid., 2012,
11, 611; Cass. 10.07.2012, Sguassero e altro,
ibid., 2012, 8-9, 488; Cass. 11.05.2012, P.C. e Andreacchio, ibid., 2012, 7, 425).
Nel caso esaminato dalla Corte Suprema, il datore
di lavoro committente di lavori di ritiro del
materiale contenuto in un silo della sua azienda
fu riconosciuto colpevole del delitto di omicidio
colposo in danno di un lavoratore dipendente
dell’impresa appaltatrice dei lavori di ritiro e
deceduto per asfissia all’interno del silo, «essendo
rimasto sepolto da diversi metri cubi di
segatura che lo avevano investito e fatto cadere
all’interno del manufatto mentre era intento alle
operazioni di svuotamento e di recupero degli
scarti di lavorazione.»
Due i profili di colpa addebitati all’imputato:
«la mancata predisposizione di cautele contro
il rischio di caduta all’interno del silo dal portello
laterale; la mancanza di personale in grado
di attivare interventi di salvataggio e di primo
soccorso.»
La Sez. IV prende atto che, «mentre il documento
di valutazione dei rischi della impresa
appaltatrice prevedeva, in caso di ritiro del materiale
presso il cliente, sia il presidio di quest’ultimo
che il divieto di operare su impianti
altrui, quello della impresa committente prevedeva
che le operazioni di scarico del silo fossero
affidati a terzi, ai quali spettava di adottare le
necessarie misure di sicurezza», e che «tale evidente
contraddizione era stata ritenuta in contrasto con l’obbligo di coordinamento e di cooperazione
prescritto dall’art. 26, comma 2,
D.Lgs. n. 81/2008 che individua un preciso
profilo di responsabilità in capo all’imputato,
la cui tesi, diretta ad escludere la sussistenza
tra le due imprese di un contratto di appalto,
ma solo di fornitura, è stata respinta.»
Rileva, altresì, che «negli accordi in concreto
intercorsi tra le due imprese doveva rinvenirsi
un rapporto assimilabile all’appalto quanto agli
obblighi in materia di prevenzione degli infortuni,
e quindi al rispetto delle relative norme»,
visto che la vittima non si limitava a prelevare
la segatura, oggetto del contratto di fornitura,
ma provvedeva anche allo svuotamento del silo», e che, quindi, «a margine del rapporto di
fornitura, il lavoratore concretamente svolgeva
un’attività strettamente connessa con l’attività
produttiva della impresa committente, poiché
questa, per poter procedere, non poteva prescindere
dal periodico svuotamento del silo, al quale
da anni il lavoratore deceduto provvedeva
ogni quindici giorni.»
Sottolinea, altresì, che, «a fronte dei divergenti
contenuti dei documenti di valutazione dei rischi
riconducibili due imprese (quello dell’impresa
appaltatrice prevedeva che l’accesso presso
i clienti per il ritiro del materiale si dovesse
svolgere alla presenza del cliente o di un suo
rappresentante, con il divieto di operare sugli
impianti altrui; quello della impresa committente
prevedeva che le operazioni di scarico della
segatura fossero affidate a terzi che avrebbero
dovuto adottare idonee misure di sicurezza),
non poteva non ritenersi indispensabile un
coordinamento tra le due ditte, idoneo a chiarire
un aspetto di tanta rilevanza, ai fini della sicurezza,
nello svolgimento frequente e pluridecennale
delle segnalate attività.»
Osserva che «di tale coordinamento, giustamente
ritenuto riconducibile alla normale diligenza
e prudenza che sempre deve sovraintendere
alle attività imprenditoriali, non poteva
non farsi carico l’imputato, al quale, in ogni caso,
in quanto proprietario degli impianti, spettava
di garantire la sicurezza dei luoghi di lavoro,
con riguardo non solo ai propri dipendenti, ma
anche a chiunque, pur estraneo all’impresa, fosse
chiamato a svolgere la propria opera all’interno
della stessa.»
Nota che «proprio all’imputato, e proprio ai fini
della sicurezza del luogo di lavoro, spettava di
installare idonei presidi, volti a garantire che
gli interventi sul silo, di cui era proprietario, a
chiunque e per qualunque motivo affidati, si
svolgessero in condizioni di sicurezza.»
Ne desume che, «al di là della qualificazione
giuridica del rapporto intercorrente tra le due
ditte sopra indicate, ciò che comunque rileva è che le condizioni di lavoro nel silo non garantivano
la sicurezza degli addetti, dipendenti o
meno dell’imputato», e che «il principale profilo
di colpa a costui attribuito è stato individuato
nell’avere omesso di adottare misure idonee ad
impedire la caduta all’interno del silo di persone
addette allo svuotamento dello stesso, come il lavoratore
deceduto ovvero ad altre mansioni»
(Corte di
Cassazione, Sez. IV penale, sentenza 26.02.2013 n. 9153
- tratto da Igiene e Sicurezza del Lavoro n. 4/2013). |
SICUREZZA
LAVORO: Gli
obblighi del
coordinatore per
l’esecuzione dei lavori.
Magistrale continua ad essere l’analisi svolta
dalla Corte Suprema in ordine agli obblighi e
alle responsabilità del coordinatore per l’esecuzione
dei lavori (quanto alla posizione di garanzia
dei coordinatori v. Guariniello, Il T.U. Sicurezza
sul Lavoro commentato con la giurisprudenza,
IV edizione, Milano, 2012, 501 ss. e 508
ss., cui aggiungi Cass. 01.10.2012, Cassera
e altro, e Cass. 26.09.2012, Farina e altro,
in ISL, 2013, 1, 39; Cass. 10.08.2012,
P.C. in c. Torlaschi, ibid., 2012, 11, 609; Cass.
14.06.2012, Gencarelli, e Cass. 07.06.2012, Goracci, ibid., 2012, 10, 544).
Significativo appare l’insegnamento impartito
dalla presente sentenza: «la qualità di coordinatore
per l’esecuzione dei lavori non è valsa in
nessun caso ad escluderne la rilevante posizione
di garanzia, assegnatagli dal sistema ai fini della
garanzia della sicurezza dei lavoratori, in conformità
all’insegnamento della giurisprudenza di
questa Corte, più volte ribadito nel senso della
spettanza, al coordinatore per l’esecuzione dei
lavori, non soltanto dei compiti organizzativi e
di raccordo tra le imprese che collaborano alla
realizzazione dell’opera, ma anche di quelli riguardanti
la vigilanza sulla corretta osservanza
delle prescrizioni del piano di sicurezza.
Trattasi
di figure le cui posizioni di garanzia non si sovrappongono
a quelle degli altri soggetti responsabili
nel campo della sicurezza sul lavoro, ma
ad esse si affiancano per realizzare, attraverso
la valorizzazione di una figura unitaria con compiti
di coordinamento e controllo, la massima garanzia
dell’incolumità dei lavoratori.» (Corte
di
Cassazione, Sez. IV penale, sentenza 14.02.2013 n. 7443
- tratto da Igiene e Sicurezza del Lavoro n. 4/2013). |
SICUREZZA
LAVORO: Guida
interattiva per il committente e il responsabile dei lavori:
obblighi e responsabilità.
Il committente viene definito dal D.Lgs. 81/2008 (Testo
Unico sulla Sicurezza) come il “soggetto per conto del
quale l’intera opera viene realizzata, indipendentemente da
eventuali frazionamenti della sua realizzazione …”.
Assume automaticamente la funzione di committente chi, ad
esempio:
●
in qualità di proprietario di una villetta affida i lavori
di tinteggiatura interna od esterna
●
in qualità di locatario di un appartamento, affida i lavori
di rifacimento del bagno
●
in qualità di amministratore di condominio, affida i lavori
di rifacimento del manto di copertura o di isolamento a
cappotto dei muri
●
in qualità di titolare d’impresa, affida i lavori di
sistemazione degli uffici o di ampliamento della zona
produttiva del suo capannone aziendale;
●
in qualità di proprietario di un lotto edificabile, affida i
lavori di costruzione della sua nuova casa
Il committente ha precise responsabilità penali ed
amministrative attribuitegli dalla legislazione vigente,
come ad esempio:
►
designare il coordinatore per la sicurezza se necessario
►
accertare i requisiti del coordinatore
►
trasmettere il P.S.C. a tutte le imprese invitate a
presentare l’offerta
►
etc.
Il Comune di Reggio Emilia, in collaborazione con i vari
ordini professionali, ha pubblicato qualche tempo fa una
guida interattiva molto utile, con l'intento di fornire
ai Committenti e ai Responsabili dei Lavori uno strumento
operativo basato su domande e risposte, che li supporti
negli adempimenti e negli obblighi previsti dalla legge.
Il documento è strutturato in forma interattiva, con domande
e risposte e fornisce informazioni sui ruoli e le
responsabilità del committente sia in caso di lavori
pubblici che privati.
Sarà sufficiente rispondere ai semplici quesiti e seguire
l’iter proposto, per essere in regola con gli adempimenti.
Alla fine della guida sono presenti modelli utili al
committente, quali:
● notifica preliminare
● comunicazione
dell'avvenuta verifica dell'idoneità tecnico-professionale
●
comunicazione nominativi del Coordinatore per la sicurezza
●
modelli di incarico professionale
(14.02.2013 - link a www.acca.it). |
gennaio
2013 |
|
SICUREZZA
LAVORO: Duvri.
Domanda.
In quali situazioni è necessario predisporre il documento
unico di valutazione dei rischi da interferenza (Duvri)?
Risposta.
L'articolo 26 del dlgs n. 81/2008, recante disposizioni in
materia di «Obblighi connessi ai contratti d'appalto o
d'opera o di somministrazione» prevede al comma 3 che «il
datore di lavoro committente promuove la cooperazione e il
coordinamento di cui al comma 2, elaborando un unico
documento di valutazione dei rischi che indichi le misure
adottate per eliminare o, ove ciò non è possibile, ridurre
al minimo i rischi da interferenze. Tale documento è
allegato al contratto di appalto o di opera e va adeguato in
funzione dell'evoluzione dei lavori, servizi e fornitura. Ai
contratti stipulati anteriormente al 25.08.2007 e ancora
in corso alla data del 31.12.2008, il documento di cui
al precedente periodo deve essere allegato entro tale ultima
data. Le disposizioni del presente comma non si applicano ai
rischi specifici propri dell'attività delle imprese
appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi. Nel campo di
applicazione del decreto legislativo 12.04.2006 n. 163,
e successive modificazioni, tale documento è redatto, ai
fini dell'affidamento del contratto, dal soggetto titolare
del potere decisionale e di spesa relativo alla gestione
dello specifico appalto».
Il datore di lavoro committente
deve, dunque, promuovere la cooperazione e il coordinamento
in primo luogo elaborando un unico documento di valutazione
dei rischi che indichi le misure adottate per eliminare o,
ove ciò non è possibile, ridurre al minimo i rischi da
interferenze (c.d. Duvri), che deve sempre riflettere lo
stato attuale delle interferenze presenti durante i lavori,
servizi e forniture. L'art. 26, comma 3, esclude l'obbligo
di promuovere la cooperazione e il coordinamento per il
datore di lavoro committente per i «rischi specifici delle
attività delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori
autonomi», ma questa esclusione va riferita non alle
generiche precauzioni da adottarsi negli ambienti di lavoro
per evitare il verificarsi di incidenti, ma alle regole che
richiedono una specifica competenza tecnica settoriale -generalmente mancante in chi opera in settori diversi-
nella conoscenza delle procedure da adottare nelle singole
lavorazioni o nell'utilizzazione di speciali tecniche o
nell'uso di determinate macchine (Cass. sez. IV, 17/05/2005,
n. 31296, rv. 231658, Mogliani).
Va, per esempio,
sottolineato, che «non può... considerarsi rischio specifico
quello derivante dalla generica necessità di impedire crolli
di solai dovuta alla fatiscenza delle strutture portanti,
[essendo] questo pericolo, riconoscibile da chiunque
indipendentemente dalle sue specifiche competenze» (Sez. 4,
Sentenza n. 12348 del 29/01/2008 Ud. Rv. 239252); dunque i
rischi «riconoscibili da chiunque indipendentemente dalle
sue specifiche competenze» sono oggetto del Duvri. Nel campo
di applicazione del dlgs. 163/2006 (codice dei contratti
pubblici), il Duvri va redatto dal soggetto titolare del
potere decisionale e di spesa relativo alla gestione dello
specifico appalto, che resta dunque legalmente l'unico
soggetto direttamente responsabile in caso di omessa
predisposizione.
L'Autorità per la vigilanza sui contratti
pubblici di lavori, servizi e forniture, con la
determinazione n. 3 del 05.03.2008, recante disposizioni
in materia di «Sicurezza nell'esecuzione degli appalti
relativi a servizi e forniture. Predisposizione del
documento unico di valutazione dei rischi (Duvri) e
determinazione dei costi della sicurezza» (G.U. n. 64 del
15/03/2008 ) precisa quanto di seguito riportato: «si parla
di interferenza nella circostanza in cui si verifica un
«contatto rischioso» tra il personale del committente e
quello dell'appaltatore o tra il personale di imprese
diverse che operano nella stessa sede aziendale con
contratti differenti. In linea di principio, occorre mettere
in relazione i rischi presenti nei luoghi in cui verrà
espletato il servizio o la fornitura con i rischi derivanti
dall'esecuzione del contratto. Le Stazioni appaltanti hanno
come unico riferimento per la redazione del Duvri l'art. 7
del citato decreto legislativo n. 626/1994 riguardante i
contratti di appalto o contratti d'opera, che non fornisce
indicazioni di dettaglio sulle modalità operative per la sua
redazione. Dal dettato normativo, tuttavia, discende che il
Duvri deve essere redatto solo nei casi in cui esistano
interferenze. In esso, dunque, non devono essere riportati i
rischi propri dell'attività delle singole imprese
appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi, in quanto
trattasi di rischi per i quali resta immutato l'obbligo
dell'appaltatore di redigere un apposito documento di
valutazione e di provvedere all'attuazione delle misure
necessarie per ridurre o eliminare al minimo tali rischi. In
assenza di interferenze non occorre redigere il Duvri_».
È
stato sottolineato dal Ministero del lavoro che «vi è la
necessità, negli appalti pubblici o privati, di realizzare
la cooperazione e il coordinamento tra committenti e
appaltatori al fine della predisposizione della sicurezza
«globale» delle opere e dei servizi da realizzare. Tale
obiettivo risulta essere raggiungibile mediante
l'elaborazione di uno specifico documento che formalizza
tutta l'attività di cooperazione, coordinamento e
informazione reciproca delle imprese coinvolte ai fini
dell'eliminazione ovvero della riduzione dei possibili
rischi legati all'interferenza delle diverse lavorazioni,
tale obiettivo si raggiunge mediante la stesura del Duvri,
la cui redazione deve essere effettuata con la stessa logica
del Piano di sicurezza e coordinamento (Psc) previsto per i
cantieri temporanei e mobili» (Titolo IV del dlgs n.
81/2008).
In questo modo, si estende a tutti i settori di
attività l'obiettivo di lasciare una traccia precisa e
puntuale delle «attività prevenzionistiche» poste in essere
da tutti i soggetti che, a qualunque titolo, interagiscono
nell'appalto. Il Duvri, elaborato a cura del
committente-datore di lavoro, racchiude le linee guida
operative che devono essere seguite dalle imprese e dai
lavoratori autonomi coinvolti nelle attività oggetto di
appalto. Viene poi indicato che nel contratto di appalto
vanno identificati i costi relativi alla realizzazione delle
misure adottate per eliminare o ridurre al minimo i rischi
derivanti dalle interferenze delle lavorazioni a pena
nullità del contratto stesso e che i Rappresentanti dei
Lavoratori per la sicurezza (Rls) e gli organismi locali
delle organizzazioni sindacali dei lavoratori hanno diritto
di accesso ai dati relativi ai costi della sicurezza. La
Circolare n. 5/2011 dell'11.02.2011 del Ministero del
lavoro sul quadro giuridico degli appalti ha, inoltre,
stabilito che i Rappresentanti dei lavoratori (Rls) hanno la
possibilità di richiedere copia del Duvri stesso per
l'espletamento della propria funzione».
La Cassazione ha
precisato che «in materia di normativa antinfortunistica, il
datore di lavoro [committente] è titolare di una posizione
di garanzia e di controllo dell'integrità fisica anche dei
lavoratori dipendenti dell'appaltatore e dei lavoratori
autonomi operanti nell'impresa, poiché, ai sensi dell'art.
7, dlgs n. 626 del 1994 [ora art. 26 dlgs. n. 81/2008] è
tenuto, tra l'altro, a cooperare all'attuazione delle misure
di prevenzione e protezione e a fornire alle imprese
appaltatrici e ai lavoratori autonomi dettagliate
informazioni sui rischi specifici esistenti nell'ambiente di
lavoro» [Cass. pen., Sez. 4, Sentenza n. 13917 del 17/01/2008 Ud. (dep. 3/4/2008 )].
La sentenza Cassazione penale, Sez.
4, 21.02.2012, n. 6857 ha fornito una accezione meglio
definita di interferenza, e di conseguenti obblighi prevenzionali: l'accezione di interferenza tra impresa
appaltante e impresa appaltatrice non può ridursi, ai fini
della individuazione di responsabilità colpose penalmente
rilevanti, al riferimento alle sole circostanze che
riguardano «contatti rischiosi» tra il personale delle due
imprese, ma deve fare necessario riferimento anche a tutte
quelle attività preventive, poste in essere da entrambe
antecedenti ai contatti rischiosi, destinate, per l'appunto,
a prevenirli. In sostanza, ancorché il personale della ditta
appaltatrice operi autonomamente nell'ambito del luogo di
lavoro della ditta appaltante, deve esser messo in
condizione di conoscere, a cura della appaltante,
preventivamente i rischi cui può andare incontro in quel
luogo di lavoro con riferimento, ovviamente, all'attività
lavorativa che deve ivi svolgere.
Il principio generale in
materia di interferenze tra ditta appaltante e appaltatrice,
affermato con continuità da questa Corte è quello che, ove i
lavori si svolgano nello stesso cantiere predisposto
dall'appaltante in esso inserendosi anche l'attività
dell'appaltatore per l'esecuzione di un'opera parziale e
specialistica (ivi compresa, ovviamente, anche quella di cui
ci si occupa), e non venendo meno l'ingerenza
dell'appaltante e la diretta riconducibilità (quanto meno)
anche a lui dell'organizzazione del comune cantiere, in
quanto investito dei poteri direttivi generali inerenti alla
propria qualità, sussiste la responsabilità di entrambi tali
soggetti in relazione agli obblighi antinfortunistici, alla
loro osservanza e alla dovuta sorveglianza al riguardo.
Un'esclusione della responsabilità dell'appaltante è
configurabile solo qualora all'appaltatore sia affidato lo
svolgimento di lavori, ancorché determinati e circoscritti,
che svolga in piena e assoluta autonomia organizzativa e
dirigenziale rispetto all'appaltante, e non nel caso in cui
la stessa interdipendenza dei lavori svolti dai due soggetti
escluda ogni estromissione dell'appaltante
dall'organizzazione del cantiere. Nella ricorrenza delle
anzidette condizioni, trattandosi di norme di diritto
pubblico che non possono essere derogate da determinazioni pattizie, non potrebbero avere rilevanza operativa, per
escludere la responsabilità dell'appaltante, neppure
eventuali clausole di trasferimento del rischio e della
responsabilità intercorse tra questi e l'appaltatore».
La
sanzione penale contravvenzionale, che punisce la violazione
dell'articolo 26, comma 3, del dlgs n. 81/2008, oblazionabile
in via amministrativa col tramite degli ufficiali di polizia
giudiziaria (u.p.g.) dei servizi ispettivi nei luoghi di
lavoro delle Asl territorialmente competenti è dell'ammenda
da 2 mila a 4 mila euro a carico del datore di lavoro o del
dirigente eventualmente delegato in modo specifico per tal
fine, per violazione dell'art. 18, lett. p), del dlgs n.
81/2008 (obbligo di elaborare il documento di cui
all'articolo 26, comma 3) (articolo ItaliaOggi Sette
del 28.01.2013). |
EDILIZIA
PRIVATA - LAVORI PUBBLICI:
D.Lgs. 09.04.2008 n. 81 - Testo coordinato ed aggiornato a
gennaio 2013 - TESTO UNICO SULLA SALUTE E SICUREZZA SUL
LAVORO (link a www.lavoro.gov.it). |
SICUREZZA
LAVORO:
L. Fantini,
Le procedure standardizzate per la valutazione dei rischi
sul lavoro (Igiene e Sicurezza del Lavoro n. 1/2013
- tratto da www.ipsoa.it). |
anno
2012 |
|
EDILIZIA
PRIVATA:
M. Nadalini,
I lavoratori autonomi in cantiere (Igiene e Sicurezza
del Lavoro n. 11/2012). |
EDILIZIA
PRIVATA - LAVORI PUBBLICI:
E' possibile accordarsi tra appaltatore e
subappaltatore per derogare alle norme prevenzionistiche?
In caso di infortunio sul lavoro,
l'esclusione della responsabilità dell'appaltatore, nel
corso dello svolgimento di attività di appalto d'opera, è
configurabile solo qualora al subappaltatore sia affidato lo
svolgimento di lavori, ancorché determinati e circoscritti,
che questi svolga in piena ed assoluta autonomia
organizzativa e dirigenziale rispetto all'appaltatore, e non
nel caso in cui la stessa interdipendenza dei lavori svolti
dai due soggetti escluda ogni estromissione dell'appaltatore
dall'organizzazione del cantiere; nella ricorrenza delle
anzidette condizioni, trattandosi di norme di diritto
pubblico che non possono essere derogate da determinazioni
pattizie, non potrebbero avere rilevanza operativa, per
escludere la responsabilità dell'appaltatore, neppure
eventuali clausole di trasferimento del rischio e della
responsabilità intercorse tra questi ed il subappaltatore.
Interessante decisione della Corte di Cassazione sul tema
della delimitazione degli obblighi e delle responsabilità
gravanti sull’appaltatore dei lavori e sul subappaltatore,
in caso di affidamento dell’esecuzione a quest’ultimo di
parte delle attività oggetto del contratto di appalto. La
Corte, con la sentenza in esame, esamina approfonditamente l
a questione pervenendo alla conclusione che i rapporti tra
appaltatore e subappaltatore, pur potendo essere oggetto di
regolamentazione convenzionale, sono comunque disciplinati
dalle norme prevenzionistiche e, pertanto, eventuali deroghe
di natura “pattizia” tra le parti (ad esempio
finalizzate ad escludere la responsabilità dell’appaltatore
addossandola al subappaltatore) devono considerarsi senza
effetto in quanto su di esse prevalgono le norme in materia
di infortuni sul lavoro.
Il caso
La vicenda processuale vedeva imputati il datore di lavoro e
rappresentante legale di un’impresa edile, subappaltatrice
dei lavori in muratura, ed il preposto (capo cantiere) di
altra impresa, appaltatrice dei lavori per la
ristrutturazione di un palazzo municipale; agli stessi era
stato addebitato di aver cagionato le lesioni personali
patite da un operaio a seguito dell'infortuno occorsogli nel
mentre era intento alla sua attività lavorativa di manovale
edile alle dipendenze della ditta subappaltatrice quando,
sfondando la soletta del tetto dell'edificio su cui si
trovava, precipitava al piano sottostante. A seguito delle
indagini si accertava che sul cantiere non era presente
neppure una cintura di sicurezza idonea a trattenere in
posizione corretta l'operatore in caso di caduta, né erano
stati apprestati rimedi di sicurezza di altro genere per
impedire la caduta al suolo di operai nel caso di
sfondamento, tutt'altro che remoto, della soletta che era
stata messa in sicurezza soltanto per una parte.
Il ricorso
Contro la sentenza di condanna, proponevano ricorso per
cassazione gli imputati, in particolare sostenendo il datore
di lavoro dell’infortunato che tra la società solo
formalmente subappaltatrice dell'opera e la società
appaltatrice ed esecutrice dell'opera, sarebbe intercorso un
rapporto di somministrazione di lavoro, nel senso che la
società dell’imputato si sarebbe limitata a "prestare"
i propri dipendenti all’altra. Il datore di lavoro che
somministra o affitta, o concede l'utilizzazione della
propria manodopera ad altra impresa, di fatto, secondo la
tesi difensiva, si spoglia di qualsiasi potere o facoltà di
direzione e di controllo sull'attività svolta da quelli che
solo formalmente restano suoi dipendenti. Dunque,
contrariamente a quanto affermato dai giudici di merito, il
rapporto tra l'impresa subappaltatrice e l'impresa
appaltatrice ha comportato una pregnante delega di compiti
ad un soggetto idoneo ad assumerli.
La decisione della Cassazione
La prospettazione difensiva è stata respinta dalla
Cassazione che ha, infatti, dichiarato inammissibile il
ricorso.
Per meglio comprendere la soluzione accolta dalla Cassazione
è utile un breve inquadramento normativo della questione.
L’appalto è il contratto con cui una parte (appaltatore)
assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con
gestione a proprio rischio, l'obbligazione di compiere in
favore di un'altra (committente o appaltante) un'opera o un
servizio. Nell'ordinamento italiano, il contratto d'appalto
è regolato dagli artt. 1655 e seguenti del codice civile. La
disciplina è integrata, con riferimento ai contratti
conclusi con enti pubblici o enti che svolgono servizi
pubblici, dal D.Lgs. n. 163/2006, il cosiddetto "Codice
dei Contratti pubblici" e suo regolamento di esecuzione
e attuazione, il d.P.R. n. 207/2010. Il subappalto non è
consentito, salvo autorizzazione, per iscritto, del
committente (art.1656 c.c.). L'appalto è infatti un
contratto fondato sull'intuitus personae (ovvero,
sulla scelta esplicita della controparte contrattuale), per
cui non è consentita una sostituzione non autorizzata del
soggetto obbligato.
Tale peculiarità caratterizza il rapporto tra appaltatore e
subappaltatore. Ed infatti, nel caso di esecuzione di lavori
in subappalto, all’interno di un unico cantiere edile
predisposto dall’appaltatore, secondo un consolidato
indirizzo, gli obblighi di osservanza gravano su tutti
coloro che esercitano i lavori, quindi anche sul
subappaltatore interessato all’esecuzione di un’opera
parziale e specialistica. Pure il titolare dell’impresa
subappaltatrice ha l’onere di riscontrare ed accertare la
sicurezza dei luoghi di lavoro, anche se la sua attività si
svolga contestualmente ad altra, prestata da altri soggetti,
e sebbene l’organizzazione del cantiere sia direttamente
riconducibile all’appaltatore, che non cessa di essere
titolare dei poteri direttivi generali. Peraltro, è
precisamente il subappalto parziale che chiama in causa con
maggior forza il ruolo del committente, mentre il subappalto
totale permette di delimitare in modo più netto le
responsabilità delle parti.
Orbene, nel caso esaminato, i giudici di legittimità hanno
affermato che l'esclusione della responsabilità
dell'appaltatore, nel corso dello svolgimento di attività di
appalto d’opera, è configurabile solo qualora al
subappaltatore sia affidato lo svolgimento di lavori,
ancorché determinati e circoscritti, che questi svolga in
piena ed assoluta autonomia organizzativa e dirigenziale
rispetto all'appaltatore, e non nel caso in cui la stessa
interdipendenza dei lavori svolti dai due soggetti escluda
ogni estromissione dell'appaltatore dall'organizzazione del
cantiere (in precedenza, sul tema dei rapporti tra
appaltatore e subappaltatore, v.: Cass. pen., Sez. 4, n.
42477 del 16/07/2009, dep. 05/11/2009, imp. C., in Ced Cass.
n. 245786).
La soluzione della Cassazione merita di essere condivisa,
anche per quanto riguarda l’ulteriore profilo affrontato,
concernente la derogabilità delle norme prevenzionistiche
che stabiliscono obblighi e responsabilità dell’appaltatore
mediante un accordo tra quest’ultimo e il subappaltatore. In
tal senso, osserva la Cassazione, le norme
prevenzionistiche, in quanto norme di diritto pubblico, non
possono essere derogate da determinazioni pattizie;
pertanto, non potrebbero avere rilevanza operativa, per
escludere la responsabilità dell'appaltatore, neppure
eventuali clausole di trasferimento del rischio e della
responsabilità intercorse tra questi ed il subappaltatore.
Sul punto, si noti, già da tempo la giurisprudenza di
legittimità ha chiarito che i poteri doveri del datore di
lavoro non possono essere validamente trasferiti ad altro
imprenditore, in quanto eventuali accordi sarebbero privi di
efficacia, appartenendo le norme antinfortunistiche al
diritto pubblico ed essendo le stesse inderogabili in forza
di atti privati (Cass. pen., Sez. 4, n. 10043 del
08/07/1994, dep. 22/09/1994, imp. V. ed altro, in Ced Cass.
n. 00149) (commento tratto da www.ispoa.it - Corte di
Cassazione, Sez. IV penale,
sentenza 15.11.2012 n. 44829). |
SICUREZZA
LAVORO: Testo
Unico sulla Sicurezza (D.Lgs. 81/2008): ecco la versione con
commenti e note aggiornata a novembre 2012.
In Italia la salute e la sicurezza sul lavoro sono
disciplinate dal Decreto Legislativo n. 81 del 09.04.2008,
anche noto come Testo Unico in materia di salute e Sicurezza
sul lavoro (TUS), entrato in vigore il 15.05.2008.
Il TUS ha subito varie modifiche ed integrazioni nel corso
del tempo, attraverso correttivi (v. Decreto Legislativo
03.08.2009 n. 106) e successivi ulteriori decreti.
Tra gli ultimi aggiornamenti, ricordiamo:
►
Legge 12.07.2012, n. 101, pubblicata sulla Gazzetta
Ufficiale n. 162 del 13.07.2012, di conversione del Decreto
Legge 12.05.2012, n. 57;
►
Decreto Interministeriale del 06.08.2012, pubblicato
sulla Gazzetta Ufficiale n. 218 del 18.09.2012;
►
Legge 01.10.2012, n. 177, pubblicata sulla Gazzetta
Ufficiale n. 244 del 18/10/2012, come da errata corrige
pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 245 del 19/10/2012.
In allegato a questa notizia proponiamo
il testo coordinato con le ultime modifiche, con note e
commenti, realizzato dal Ministero del Lavoro, aggiornato a
novembre 2012
(15.11.2012 - link a www.acca.it). |
SICUREZZA
LAVORO: Disturbi
alla vista sui luoghi di lavoro: ecco il vademecum per i
datori di lavoro, lavoratori e consulenti della sicurezza.
Il videoterminale è uno strumento indispensabile nella
maggior parte delle attività lavorative (uffici pubblici,
uffici privati, studi professionali, etc.). Un utilizzo non
corretto può comportare disturbi visivi, muscolo-scheletrici
e stress.
Causa di questi disturbi spesso è una inadeguata
progettazione delle postazioni e delle modalità di lavoro,
fattori questi su cui è possibile intervenire attraverso
l’applicazione di principi ergonomici e l’adozione di
comportamenti corretti da parte degli utilizzatori.
La Camera di Commercio di Roma fornisce il suo contributo
informativo con la pubblicazione del
vademecum “Linee guida per le aziende su prevenzione
della disabilità e degli infortuni alla vista”, al
fine di prevenire e ridurre al minimo i rischi durante
l’utilizzo di videoterminali.
Le Linee guida, utili a tutti i datori di lavoro, ai
lavoratori stessi e ai consulenti, oltre a fornire una breve
descrizione dei disturbi, propongono una rassegna di
semplici e concrete norme pratiche, anche attraverso
illustrazioni grafiche, da adottare nei posti di lavoro.
Le indicazioni riguardano:
►
un corretto uso dei videoterminali (scelta, posizionamento,
impostazioni di luminosità e contrasto, ecc.)
►
le condizioni ambientali (microclima e illuminazione)
►
le postazioni di lavoro
►
l’organizzazione del lavoro
►
i disturbi più frequenti alla vista
►
la prevenzione e le raccomandazioni
(08.11.2012 - link a www.acca.it). |
SICUREZZA
LAVORO: Sicurezza
nei cantieri e nei luoghi di lavoro: ecco le risposte più
interessanti alle domande più frequenti.
1. Qual è la differenza tra DUVRI e POS?
2. Con quale frequenza gli RSPP devono fare i corsi di
aggiornamento?
3. Un proprietario che non rimuove la copertura di eternit
del suo capannone deve comunicarlo al comune?
4. Ai sensi del Decreto 81/2008 chi è il datore di lavoro?
Il Condominio o l’amministratore condominiale pro-tempore?
La risposta a queste e molte altre domande è contenuta nella
pubblicazione “Quesiti sulla sicurezza nei luoghi di
lavoro”, aggiornata a luglio 2012, a cura del servizio
“Info.Sicuri” della Regione Piemonte.
Il documento, rivolto ai datori di lavoro, responsabili e
addetti alla sicurezza, dirigenti, preposti, professionisti,
lavoratori e loro rappresentanti, contiene una serie di
domande a cui la Regione Piemonte ha fornito utili risposte,
a carattere esclusivamente informativo, sulla normativa a
tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro,
relativamente a:
● Applicazione generale del D.Lgs. 81/2008
●
Luoghi di lavoro, macchine e DPI
●
Sicurezza sui cantieri
●
Segnaletica di sicurezza, movimentazione manuale dei
carichi, videoterminali
●
Agenti fisici, sostanze pericolose, agenti biologici,
protezione da atmosfere esplosive
(27.09.2012 - link a www.acca.it). |
SICUREZZA
LAVORO:
Obbligo di vigilanza
del committente
sulla sicurezza dei lavori
appaltati.
I) In conseguenza di un infortunio occorso durante
i lavori di pulitura di un capannone industriale
affidati in appalto ed eseguiti in assenza
dei prescritti strumenti di protezione quali cinture
di sicurezza, ponteggi o impalcature, il rappresentante
legale della società committente
proprietaria del capannone e il titolare dell’impresa
appaltatrice datore di lavoro dell’infortunato
furono condannati per il reato di lesione
personale colposa.
Nel confermare la condanna degli imputati, la
sentenza Varvarotto sottolinea, anzitutto, che
«anche a carico dell’appaltatore, quali che siano
stati i rapporti interni con il beneficiario della
prestazione, è il rispetto delle disposizioni prevenzionali,
appartenendo le norme antinfortunistiche
al diritto pubblico ed essendo le stesse inderogabili
in forza di atti privati.»
E nega che si possa invocare «una causa di
esclusione della responsabilità, fondata su una
asserita estraneità alle disposizioni impartite
dal committente al lavoratore, posto che l’appaltatore
non ha in alcun modo cooperato nell’attuazione
delle misure di sicurezza e non ha
promosso alcuna attività di coordinamento ai fini
della effettiva realizzazione delle misure di
sicurezza, tenuto conto che il lavoratore impiegato
non era nelle condizioni di autonomia tecnico professionale
da poter provvedere ai rischi
propri dell’attivita` che era chiamato ad eseguire
(v. art. 7, commi 2 e 3, D.Lgs. n. 626/1994 [e
ora art. 26, commi 2 e 3, D.Lgs. n. 81/2008]).» (Circa gli obblighi dell’appaltatore v.
Guariniello, Il T.U. Sicurezza sul lavoro commentato
con la giurisprudenza, IV edizione,
Milano, 2012, 279 ss., cui adde Cass. 10.07.2012, Sguassero e altro, in ISL, 2012, 8-9, 488).
Di grande interesse è poi l’analisi dedicata al
ruolo del committente.
In proposito, la Sez. IV premette che «la responsabilità
dell’appaltatore non esclude, in caso
di infortunio, la configurabilità della responsabilità
anche del committente (in ossequio alla
disciplina di settore: prima, l’art. 7 D.Lgs. n.
626, ora trasfuso sostanzialmente nell’art. 26
D.Lgs. n. 81/2008)», e che «questi, in termini
generali, è corresponsabile qualora l’evento si
colleghi casualmente anche alla sua colposa
omissione e ciò avviene, ad esempio, quando
abbia consentito l’inizio dei lavori in presenza
di situazioni di fatto pericolose.»
Inoltre, rileva che «il committente può essere
chiamato a rispondere dell’infortunio qualora
l’omessa adozione delle misure di prevenzione
prescritte sia immediatamente percepibile cosicché il committente medesimo sia in grado
di accorgersi dell’inadeguatezza delle stesse
senza particolari indagini, mentre, in questa
evenienza, ad escludere la responsabilità del
committente, non sarebbe sufficiente che questi
abbia impartito le direttive da seguire a tale scopo,
essendo comunque necessario che ne abbia
controllato, con prudente e continua diligenza,
la puntuale osservanza.»
Chiarisce, peraltro, che «tale principio non può
essere applicato automaticamente, non potendo
esigersi dal committente un controllo pressante,
continuo e capillare sull’organizzazione e sull’andamento
dei lavori», e che, «in questa prospettiva,
per fondare la responsabilità del committente,
non si può prescindere da un attento
esame della situazione fattuale, al fine di verificare
quale sia stata, in concreto, l’effettiva incidenza
della condotta del committente nell’eziologia
dell’evento, a fronte delle capacità organizzative
della ditta scelta per l’esecuzione dei
lavori.»
Segnala che, «a tal fine, vanno considerati: la
specificità dei lavori da eseguire; i criteri seguiti
dal committente per la scelta dell’appaltatore o
del prestatore d’opera (quale soggetto munito
dei titoli di idoneità prescritti dalla legge e della
capacità tecnica e professionale proporzionata
al tipo di attività commissionata ed alle concrete
modalità di espletamento della stessa); l’ingerenza
del committente stesso nell’esecuzione
dei lavori oggetto dell’appalto o del contratto di
prestazione d’opera; nonché, la percepibilità
agevole ed immediata da parte del committente
di eventuali situazioni di pericolo.»
E con riguardo al caso di specie, richiama «la
concreta ingerenza da parte del committente nella esecuzione dei lavori», mette in luce che
«il committente era certamente a conoscenza
delle condizioni dell’immobile che aveva acquistato
ad un’asta fiduciaria ed aveva visionato
personalmente prima di affidare i lavori in
appalto», sottolinea che il committente «aveva
frequentato il cantiere, tanto da avere avanzato
specifiche richieste per la rimozione e l’illegittimo
‘‘smaltimento’’ delle lastre in eternit.»
Quanto alla culpa in eligendo, constata «la evidente
incapacità tecnica ed organizzativa della
ditta appaltatrice (con riferimento in particolare
all’assenza di ogni dispositivo di protezione),
che non poteva sfuggire al committente.»
II) Dal suo canto, la sentenza Bifulco insegna
che «il committente è costituito come corresponsabile
con l’appaltatore per le violazioni
delle misure prevenzionali e protettive sulla base
degli obblighi sullo stesso incombenti art. 7
D.Lgs. n. 626/1994 [ora trasfuso nell’art. 26
D.Lgs. n. 81/2008]», e che, «in materia di infortuni
sul lavoro, nel caso di appalto di lavori di
ristrutturazione edilizia il committente, anche
quando non si ingerisce nella loro esecuzione,
rimane comunque obbligato a verificare l’idoneità
tecnico-professionale dell’impresa e dei
lavoratori autonomi prescelti in relazione ai lavori
affidati.»
Insegna, altresì, che «l’esistenza di un contratto
d’appalto o di un contratto d’opera, non esclude
la responsabilità del committente per gli infortuni
subiti dal medesimo, atteso che il committente è esonerato dagli obblighi in materia antinfortunistica
esclusivamente con riguardo ai
rischi specifici delle attività proprie dell’appaltatore
o del prestatore d’opera.»
Anche se poi nel caso specifico afferma che «la
motivazione addotta dalla sentenza impugnata
per ritenere la responsabilità dell’imputata, quale
proprietaria dell’immobile e committente dei
lavori, risulta ictu oculi insufficiente e generica,
dal momento che non consente di comprendere
come l’omesso fissaggio del telone s’inserisca
nella mancanza di coordinamento di cui all’art.
7 D.Lgs. n. 626/1994.»
(Per una illustrazione degli obblighi del committente
nel quadro dell’art. 26 D.Lgs. n. 81/2008 v. Guariniello, op. cit., specialmente 260
ss.: da segnalare, in ispecie, è, del medesimo
estensore della sentenza Varvarotto, Cass. 30.01.2012, Marangio e altri, ibid., 263 ss.)
(Corte di
Cassazione, Sez. IV penale, sentenza 20.09.2012 n. 36284
- tratto da Igiene
e Sicurezza del Lavoro n. 11/2012). |
SICUREZZA
LAVORO: Cassazione
sulla mancata visita. Sicurezza, risponde il responsabile.
Se c'è un responsabile della sicurezza il datore di lavoro
non risponde per la mancata visita medica ai dipendenti.
Lo
ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione che, con la
sentenza 30.08.2012 n. 33521, ha annullato con
rinvio la condanna a carico di un imprenditore sorpreso
dall'ispettorato con alcuni dipendenti che non avevano fatto
la visita per il lavoro notturno.
Il caso ad Ancona. Un 61enne era stato accusato per non aver
fatto visitare due dipendenti addetti al lavoro notturno.
Quindi era scattata la sanzione. Il tribunale e la Corte
d'appello avevano confermato la responsabilità penale
dell'uomo. Verdetto completamente ribaltato dalla Suprema
corte cui l'imprenditore si è rivolto sostenendo che in
azienda era presente un responsabile della sicurezza,
regolarmente nominato, che avrebbe dovuto provvedere al
rispetto delle norme antinfortunistiche.
La tesi è stata accolta dalla sezione feriale della Suprema
corte di cassazione. Ad avviso degli Ermellini, infatti,
«laddove ci sia un responsabile della sicurezza, è
quest'ultimo che deve attivarsi per il rispetto delle norme
antinfortunistiche. Quindi è rilevante accertare se in
azienda vi sia stato, o no, un responsabile della sicurezza,
fermo restando comunque che il datore di lavoro ha un
generale obbligo di vigilare in ordine al corretto
espletamento da parte di quest'ultimo delle attività a lui
delegate e concernenti l'adozione delle misure di
prevenzione degli infortuni sul lavoro».
Ora la causa tornerà ad altra sezione della Corte d'appello
di Perugia che, nel decidere dovrà uniformarsi al principio
di diritto sancito in sede di legittimità
(articolo ItaliaOggi del 31.08.2012). |
SICUREZZA
LAVORO:
La cartella
sanitaria è d'obbligo.
Rischia l'arresto il medico che non inserisce e aggiorna i
dati. Lo prevede il T.u. sicurezza
per i lavoratori esposti a rischio. Prima scadenza il 30.06.2013.
Rischia l'arresto il medico competente che non istituisce,
aggiorna e custodisce la cartella sanitaria e di rischio con
riferimento ai singoli lavoratori. È entrato in vigore il 25
agosto il decreto 09.07.2012 che individua i contenuti
della cartella sanitaria e le modalità di trasmissione
annuale al servizio sanitario da parte dei medici
competenti, come previsto dall'articolo 40 del Tu sicurezza
(dlgs n. 81/2008).
Per un anno, tuttavia, vigerà un periodo transitorio che
sposta la scadenza del termine della prima trasmissione dei
dati (relativi al 2012) dal 31 marzo (termine ordinario) al
30 giugno 2013, e sospende la sanzione a carico dei medici
inadempienti (da 1.000 a 4 mila euro).
Il medico competente. Il T.u. sicurezza definisce «medico
competente» il medico in possesso di uno di titoli e
requisiti, formativi e professionali indicati dallo stesso
T.u., nominato dal datore di lavoro per effettuare la
sorveglianza sanitaria e per tutti gli altri compiti
previsti dalla disciplina della sicurezza sul lavoro; nonché
per collaborare (sempre con il datore di lavoro) ai fini
della valutazione dei rischi.
In primo luogo, dunque, il
medico competente è tenuto a collaborare con il datore di
lavoro e con il servizio di prevenzione e protezione alla
valutazione dei rischi, anche ai fini della programmazione,
se necessario, della sorveglianza sanitaria, alla
predisposizione della attuazione delle misure per la tutela
della salute ed integrità psico-fisica dei lavoratori,
all'attività di formazione e informazione nei confronti dei
lavoratori, per la parte di competenza, e all'organizzazione
del servizio di primo soccorso considerando i particolari
tipi di lavorazione ed esposizione e peculiari modalità
organizzative del lavoro.
La sorveglianza sanitaria. Il medico competente, inoltre,
deve programmare ed effettuare la sorveglianza sanitaria in
azienda, attraverso protocolli sanitari definiti in funzione
dei rischi specifici e tenendo in considerazione gli
indirizzi scientifici più avanzati. A tal fine, deve
istituire, aggiornare e custodire, sotto la propria
responsabilità, una cartella sanitaria e di rischio per ogni
lavoratore sottoposto a sorveglianza sanitaria.
Tale
cartella è conservata con salvaguardia del segreto
professionale e, salvo il tempo strettamente necessario per
l'esecuzione della sorveglianza sanitaria e la trascrizione
dei relativi risultati, presso il luogo di custodia
concordato al momento della nomina del medico competente.
Alla cessazione dell'incarico professionale, è tenuto a
consegnare al datore di lavoro la documentazione sanitaria
in suo possesso, nel rispetto delle disposizioni sulla
privacy (dlgs n. 196/2003), e con salvaguardia del segreto
professionale.
Mentre alla cessazione del rapporto di lavoro
deve consegnare al lavoratore copia della cartella sanitaria
e di rischio, e deve fornirgli le informazioni necessarie
relative alla conservazione della medesima. L'originale
della cartella di rischio e sanitaria va conservata, nel
rispetto della privacy, da parte del datore di lavoro, per
almeno dieci anni, salvo il diverso termine previsto da
altre disposizioni del T.u. ... (articolo
ItaliaOggi Sette del 27.08.2012). |
SICUREZZA
LAVORO:
Omessa nomina
del coordinatore
e responsabilità
del committente.
Nel corso di lavori di rifacimento del tetto di un
fabbricato affidati dal proprietario a una impresa
appaltatrice, un operaio dipendente di tale
impresa precipita al suolo dal quarto piano a
causa della mancata predisposizione di parapetti
in corrispondenza del cornicione esterno.
Oltre al datore di lavoro appaltatore, fu condannato
il committente, in quanto «aveva omesso
di designare il coordinatore per la progettazione
ed il coordinatore per l’esecuzione dei lavori,
donde la mancanza di un piano per la sicurezza
nonostante che nei cantiere operassero in contemporanea
due distinte imprese» e «qualora
fossero stati previsti nel piano di sicurezza e posti
in opera parapetti dell’altezza normativamente
prescritta, in ogni parte del cantiere (come
imposto dalla disciplina antinfortunistica sia
al committente che all’appaltatore) al fine di
impedire la caduta dall’alto, l’evento non si sarebbe
certamente verificato.»
Nel respingere il ricorso proposto dal solo committente,
la Sez. IV prende atto che «nel cantiere
operavano, anche se non in contemporanea,
più imprese», tanto è vero che, «il giorno
dell’infortunio,
erano impegnate nel cantiere ben
tre ditte individuali, subappaltatrici», e che «l’esecuzione
dei lavori di rifacimento del tetto
comportava ex se il rischio per gli operai di caduta
da altezza superiore a metri due dal suolo,
rischio espressamente previsto dall’Allegato II
al D.Lgs. n. 494/1996 [e ora Allegato XI al
D.Lgs. n. 81/2008].»
Osserva eloquentemente che «dalla mancata
nomina dei coordinatori per la progettazione e
per l’esecuzione dei lavori (cui il committente
era, nella concreta fattispecie, obbligato) è pertanto
conseguita la mancata redazione del piano
di sicurezza che, per quanto qui rileva, avrebbe
dovuto in particolare contenere misure generali
di protezione da adottare contro il rischio di caduta
dall’alto, nonché la predisposizione di accessi
e segnalazioni al fine di tutelare l’incolumità
dei lavoratori impegnati ad accedere alla
copertura del fabbricato e negli interventi veri
e propri di rifacimento del tetto.»
Considera «indubbia la relazione causale esistente
tra le omissioni ascritte al committente
e il verificarsi dell’evento», in quanto «la doverosa
(ma omessa) nomina del coordinatore per
la progettazione e per l’esecuzione dei lavori
cui era demandata ex lege l’adozione del piano
per la sicurezza del cantiere avrebbe comportato
la predisposizione di apposite e concrete misure
antinfortunistiche con la designazione di
colui che avrebbe dovuto controllarne la puntuale
ottemperanza», e «a tanto avrebbe fatto
seguito non solo l’istituzione del divieto di transito
nei punti più pericolosi, ma anche l’adozione
di parapetti dell’altezza normativamente prescritta.»
Conclude che, «alla stregua del giudizio c.d.
‘‘controfattuale’’, la condotta positiva omessa
sarebbe stata ex se atta ad impedire l’evento,
donde la comprovata sussistenza del nesso
eziologico».
Aggiunge che, «in caso di inosservanza alle
prescrizioni del piano, il coordinatore per l’esecuzione
dei lavori aveva l’espressa facoltà di
proporre la sospensione dell’esecuzione dei lavori,
provvedendo poi, in caso di inerzia o di
difetto di motivazione, a segnalare inadempienza
alla ASL ed alla direzione provinciale del lavoro,
competenti.»
(Circa l’omessa nomina dei coordinatori come
causa dell’infortunio occorso in un cantiere
con compresenza di più imprese v. i precedenti
richiamati da Guariniello, Il T.U. Sicurezza sul
Lavoro commentato con la giurisprudenza, IV edizione,
Milano, 2012, 488 ss.) (Corte
di
Cassazione, Sez. IV penale, sentenza 13.08.2012 n. 32433
- tratto da Igiene
e Sicurezza del Lavoro n. 11/2012). |
SICUREZZA
LAVORO:
Obblighi e responsabilità
del coordinatore
nei cantieri.
Ancora una illuminante sentenza della Corte
Suprema a proposito degli obblighi e delle responsabilità
del coordinatore per la progettazione
e del coordinatore per l’esecuzione nei cantieri
temporanei o mobili (quanto alla posizione
di garanzia dei coordinatori v. Guariniello, Il
T.U. Sicurezza sul Lavoro commentato con la
giurisprudenza, IV edizione, Milano, 2012,
501 s. e 508 ss., cui aggiungi Cass. 14.06.2012, Gencarelli, e Cass.
07.06.2012, Goracci,
in ISL, 2012, 10, 544).
Condannato in primo grado dal Tribunale di
Parma, al pari del datore di lavoro dell’impresa
esecutrice dei lavori, per un infortunio sul lavoro,
il coordinatore per la progettazione e per l’esecuzione
dei lavori fu assolto dalla Corte
d’Appello di Bologna, sul presupposto che costui
«non era tenuto a sorvegliare che i lavoratori
facessero un uso puntuale e corretto dei
mezzi di protezione e ad impedire eventuali
condotte negligenti e imprudenti degli stessi.»
Nell’annullare con rinvio agli effetti civili la
sentenza di assoluzione, la Sez. IV prende atto
che l’imputato «rivestiva pacificamente la qualifica
di coordinatore per la progettazione e l’esecuzione
dei lavori per conto del committente», e che «si tratta di una figura che secondo
la giurisprudenza di questa Corte comporta rilevanti
oneri di protezione a carico di colui
che la riveste, le cui posizioni di garanzia
non si sovrappongono a quelle degli altri soggetti
responsabili nel campo della sicurezza
sul lavoro, ma ad esse si affiancano per realizzare,
attraverso la valorizzazione di una figura
unitaria con compiti di coordinamento e controllo,
la massima garanzia dell’incolumità
dei lavoratori.»
Ribadisce che «il coordinatore per l’esecuzione
dei lavori ha non soltanto il compito di organizzare
il lavoro tra le diverse imprese operanti
nello stesso cantiere, bensì anche quello di vigilare
sulla corretta osservanza da parte delle stesse
delle prescrizioni del piano di sicurezza e
sulla scrupolosa applicazione delle procedure
di lavoro a garanzia dell’incolumità dei lavoratori.»
Rileva che, «nella specie, l’imputato rivestiva
entrambe le qualifiche e dunque era suo compito
assolvere puntualmente gli obblighi.»
Rimprovera alla Corte d’Appello di Bologna di
non «aver correttamente inquadrato la figura di
tale soggetto ed essersi fatta carico di un effettivo
controllo circa il rispetto da parte dell’imputato
dei doveri che la stessa comporta». In
particolare, rileva che «non risulta neppure positivamente
accertato se il piano di sicurezza era
stato redatto, se in esse figuravano le necessarie
opere provvisionali e il coordinamento tra imprese
non solo con riferimento ai ponteggi perimetrali,
ma altresì in relazione ad eventuali altre
opere la cui realizzazione avesse comportato
l’esposizione a pericolo da parte dei lavoratori
addetti, come appunto la realizzazione dell’armatura
di una trave da realizzarsi a notevole altezza da terra.»
(Corte di
Cassazione, Sez. IV penale, sentenza 10.08.2012 n. 32331
- tratto da Igiene
e Sicurezza del Lavoro n. 11/2012). |
SICUREZZA LAVORO:
La sicurezza sul lavoro e la delega delle
funzioni (articolo
ItaliaOggi Sette del 06.08.2012). |
SICUREZZA LAVORO:
A.G. Riu e L. Riu.,
Luoghi di lavoro diversi dai Cantieri
Temporanei o Mobilii e relativi obblighi
- L'idoneità tecnica professionale ai sensi
del D.Lgs. n. 81/2008, gli obblighi del
Datore di Lavoro Committente nei luoghi di
lavoro diversi dai Cantieri Temporanei o
Mobili, gli obblighi del Committente o del
Responsabile dei Lavori e gli obblighi del
Datore di Lavoro dell'Impresa Affidataria
nei Cantieri Temporanei o Mobili (link a
www.lexambiente.it). |
SICUREZZA LAVORO: G.
Cuccui,
Morti sul lavoro: chi il responsabile? La
responsabilità del datore di lavoro e del
lavoratore in caso di decesso del secondo
(link a www.leggioggi.it). |
SICUREZZA
LAVORO:
Il datore di lavoro pubblico in materia di sicurezza del
lavoro.
Ancora una sentenza della Corte Suprema sul datore di lavoro
pubblico in materia di sicurezza del lavoro.
Ultimamente, la Sez. III osservò che «la definizione di
datore di lavoro, contenuta nell’art. 2 D.Lgs. n. 81/2008,ha
dato esclusivo rilievo, ai fini della individuazione dei
soggetti titolari del debito di sicurezza, al requisito
della organizzazione della attività, unito, ovviamente,
all’esercizio dei poteri decisionali e di spesa inerenti la
stessa», e che, «nella sua seconda parte, l’art. 2, comma 1,
lettera b), del citato decreto individua la figura del
datore di lavoro nelle pubbliche amministrazioni, e, a
differenza del D.Lgs. n. 626/1994, il vigente 81/2008
recepisce, esplicitandolo, lo stabile indirizzo
giurisprudenziale secondo il quale è l’organo di vertice
delle singole amministrazioni, ovverosia l’organo di
direzione politica, a dovere individuare il dirigente, o il
funzionario non dirigente, cui attribuire la qualità di
datore di lavoro».
Aggiunse che «mutuate dal predetto orientamento della Corte
di legittimità sono anche le conseguenze che secondo il
dettato del citato decreto derivano dalla omessa
individuazione dell’organo politico del dirigente designato
ad assumere il debito di sicurezza», poiché «in tali casi
la qualifica di datore di lavoro continuerà a coincidere
con l’organo di vertice medesimo, quindi con il sindaco». (Così
Cass. 20.04.2012, in Dir. prat. lav., 2012, 22, 1446.
Sul tema v. anche Cass. 28.09.2011, Laganà e R.C,
ibid., 2012, 4, 233; Cass. 06.06.2011, Betti, ibid.,
2011, 8-9, 674; Cass. 05.05.2011, Angeloni e altri,
ibid., 2011, 6, 360, alle cui note si rinvia per il richiamo
di ulteriori riferimenti giurisprudenziali).
Nel caso ora esaminato dalla presente sentenza, il direttore
generale di un consorzio intercomunale rifiuti, energia
servizi, ente consortile con personalità giuridica ed
autonomia negoziale, fu dichiarato colpevole quale datore di
lavoro per più violazioni antinfortunistiche, sul
presupposto che lo statuto del consorzio «attribuisce al
direttore generale ampi e pregnanti poteri gestionali,
decisionali e di spesa, propri del datore di lavoro».
A sua discolpa, l’imputato lamenta che, «secondo il T.U.
81/2008, che ha mutuato l’indirizzo giurisprudenziale,
compete all’organo di direzione politica il dovere di
individuare il dirigente cui attribuire la qualità di
datore di lavoro», e che, «non risultando alcuna delega, la
qualifica di datore di lavoro non poteva che competere al
presidente del consorzio».
La Sez. III non è d’accordo.
Premette che, «ai fini dell’applicazione della normativa
antinfortunistica, datore di lavoro sia il soggetto titolare
del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il
soggetto che, secondo il tipo e l’organizzazione
dell’impresa, ha la responsabilità dell’impresa stessa
ovvero dell’unità produttiva», e che «nelle pubbliche
amministrazioni per datore di lavoro si intende il dirigente
al quale spettano i poteri gestionali, decisionali e di
spesa, ovvero il funzionario non avente qualifica
dirigenziale, nei soli casi in cui quest’ultimo sia preposto
ad un ufficio avente autonomia gestionale».
Nel richiamare Cass. 17.07.2009 Corea e altro (in
Guariniello, Il T.U. Sicurezza sul Lavoro commentato con la
giurisprudenza, IV edizione, Milano, 2012, 22), precisa che
«gli obblighi di prevenzione infortuni e sicurezza in luoghi
di lavoro, che per legge fanno capo al datore di lavoro, nel
settore degli enti pubblici gravano sul titolare effettivo
del potere di gestione», e che «tali obblighi possono
gravare su un funzionario non avente qualifica dirigenziale
qualora lo stesso, a norma dell’art. 2 del D.Lgs. n. 81 del
2008, sia preposto ad un ufficio avente autonomia
gestionale, individuato dall’organo di vertice
dell’amministrazione tenendo conto dell’ubicazione e
dell’ambito funzionale degli uffici nei quali viene svolta
l’attività e sia altresì dotato di poteri decisionali e di
spesa».
Rileva come «il datore di lavoro, individuato secondo i
criteri sopra indicati, possa delegare gli obblighi su di
lui gravanti ad altri, con conseguente sostituzione e
subentro del delegato nella posizione di garanzia, ma l’atto
di delega deve essere espresso, inequivoco e certo, dovendo
inoltre investire persona tecnicamente capace, dotata delle
necessarie cognizioni tecniche e dei relativi poteri
decisionali e di intervento, che abbia accettato lo
specifico incarico, fermo restando l’obbligo per il datore
di lavoro di vigilare e controllare che il delegato usi,
poi, concretamente la delega, secondo quanto la legge
prescrive», e, quindi, come «la delega è in linea generale
ed astratta consentita, ma per essere rilevante ai fini
dell’esonero da responsabilità del delegante, deve avere i
seguenti requisiti: essere puntuale ed espressa, senza che
siano trattenuti in capo al delegante poteri residuali di
tipo discrezionale; il soggetto delegato deve essere
tecnicamente idoneo e professionalmente qualificato per lo
svolgimento del compito affidatogli; il trasferimento delle
funzioni deve essere giustificato in base alle esigenze
organizzative dell’impresa; unitamente alle funzioni debbono
essere trasferiti i correlativi poteri decisionali e di
spesa; l’esistenza della delega deve essere giudizialmente
provata in modo certo».
Afferma che, nel caso di specie, «mentre l’art. 20 dello
statuto dell’ente attribuisce al presidente del consiglio di
amministrazione, oltre alla rappresentanza legale del
consorzio, mere funzioni generali di raccordo, di
coordinamento e di vigilanza, l’art. 28 attribuisce al
direttore generale ampi poteri gestionali, decisionali e di
spesa, assegnandogli ‘‘la responsabilità gestionale del
consorzio’’, la possibilità di operare ‘‘assicurando il
raggiungimento dei risultati programmatici, sia in termini
di servizio che in termini economici’’ e, in particolare, i
compiti di ‘‘dirigere il personale del consorzio,
organizzare funzioni ed attribuzioni di servizi, settori e
coordinamenti di aree; predisporre i piani di formazione ed
aggiornamento del personale; provvedere agli acquisti in
economia ed alle spese indispensabili per il normale ed
ordinario funzionamento del consorzio ed entro i limiti e
con le modalità previste da apposito regolamento; firmare
gli ordinativi di incasso ed i mandati di pagamento».
Conclude che «il direttore generale del consorzio aveva,
a norma di statuto, poteri gestionali, decisionali e di
spesa e, quindi, su di lui gravavano gli obblighi di
prevenzione infortuni e sicurezza nei luoghi di lavoro»,
e che «non risulta che tali obblighi siano stati delegati
ad altri» (Corte
di
Cassazione, Sez. III penale, sentenza 16.07.2012 n. 28410
- tratto da Igiene
e Sicurezza del Lavoro n. 10/2012). |
SICUREZZA LAVORO: Sicurezza
sui cantieri: ecco un pratico vademecum
sugli obblighi e le responsabilità del
committente e delle imprese.
Il Testo Unico sulla Sicurezza prevede
obblighi ben precisi per le diverse figure
legate al cantiere.
Gli adempimenti variano in funzione di
alcuni aspetti, quali ad esempio l’entità
del cantiere (uomini/giorno impiegati) e la
presenza di rischi particolari (v. Allegato
XI D.Lgs. 81/2008).
Ance Giovani L’Aquila ha pubblicato un
interessante vademecum, utile a tutti i
datori di lavoro, alle imprese, ai
lavoratori autonomi e a tutte le figure
impegnate nella sicurezza (RSPP, RLS,
preposto, etc.), che illustra in maniera
chiara e precisa i ruoli e i compiti di
ciascuno di essi.
Il documento, contenente varie tabelle
riepilogative e schemi di sintesi,
definisce:
● le figure chiave della sicurezza
● l’elenco della documentazione che
l’impresa deve fornire al committente, in
funzione della tipologia di cantiere
● quando è possibile ricorrere
all’autocertificazione dei rischi
● le modalità di redazione del DVR
(Documento di Valutazione dei Rischi)
● quando fare la riunione periodica
● le modalità di formazione e informazione
dei lavoratori
Vengono, inoltre, analizzati gli obblighi
per le imprese affidatarie, esecutrici e il
lavoratore autonomo, quali, ad esempio:
● comunicazione al committente
● trasmissione del PSC, Piano di Sicurezza e
Coordinamento alle imprese esecutrici e ai
lavoratori autonomi
● prima di iniziare i lavori
● trasmissione del POS al coordinatore, dopo
averne verificato la congruità
● verifica delle condizioni di sicurezza dei
lavori
● modalità di verifica dell’idoneità
tecnico-professionale
● misure generali di tutela della salute
Alla fine è riportata una pratica check-list
che permette al datore di lavoro o al
direttore di cantiere di verificare che il
luogo di lavoro sia in regola con tutta la
documentazione e tutti gli adempimenti
previsti
(19.07.2012 - link a www.acca.it). |
APPALTI FORNITURE E SERVIZI - INCARICHI
PROGETTUALI - SICUREZZA LAVORO: Consip,
la gara è la regola.
Le gare Consip sono illegittime se prevedono
che l'aggiudicatario possa a sua volta
scegliere senza gara professionisti ai quali
affidare servizi di ingegneria, proponendoli
direttamente alle amministrazioni aderenti
alla convenzione Consip; occorre invece
affidare una gara ad hoc.
È questo il
contenuto principale della interessante
sentenza
16.07.2012 n. 4163 della
VI Sez. del Consiglio di stato.
La sentenza,
almeno con riguardo all'impostazione di
alcune gare seguite da Consip negli ultimi
anni, pone dei paletti invalicabili quando
le attività date in appalto contengano anche
servizi di ingegneria e architettura, sia
pure in misura complessivamente marginale.
Nel caso specifico gli atti di gara
prevedevano che l'aggiudicatario stipulasse
una convenzione con la Consip, aperta
all'adesione delle amministrazioni
interessate, attraverso la quale egli si
impegnasse a indicare all'amministrazione
aderente alla convenzione il curriculum e
quindi il nominativo del professionista da
incaricare per lo svolgimento del
coordinamento della sicurezza in fase di
progettazione e in fase di esecuzione.
In
prima istanza il Tar aveva giudicato
legittimo l'operato della Consip sul rilievo
che le attività di coordinamento della
sicurezza non sarebbero riservate a
ingegneri e architetti e che gli affidamenti
non sarebbero stati soggetti
all'applicazione dell'articolo 91 del Codice
dei contratti pubblici. Il Consiglio di
stato ribalta il giudizio di primo grado
innanzitutto per quel che riguarda la non
esclusività delle prestazioni in capo a
ingegneri e architetti.
Per quel che riguarda invece le modalità di
affidamento di tali prestazioni i giudici
affermano che se ad assumere le vesti del
committente-datore di lavoro è un soggetto
pubblico, le regole per la individuazione
delle figure professionali incaricate del
coordinamento della sicurezza non potrebbero
essere diverse da quelle prescritte dal
codice dei contratti in relazione alle
medesime figure.
Si tratta quindi di attività riservate da
affidare secondo le regole del Codice dei
contratti pubblici: oltre 100.000 euro con
gara e al di sotto con la procedura a inviti
(a cinque) prevista dall'art. 57, comma 6.
La convenzione è dunque illegittima perché
aggira l'evidenza pubblica
(articolo ItaliaOggi
del 17.08.2012 - link a www.corteconti.it).
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Coordinatori sicurezza: Sentenza del
Consiglio di Stato sulle modalità di
affidamento.
Con la
sentenza
16.07.2012 n. 4163, il Consiglio
di Stato, sezione VI, si è definitivamente
espresso in merito alle modalità delle
nomine del coordinatore della sicurezza in
fase di progettazione ed in fase di
esecuzione nei cantieri temporanei e mobili.
La vicenda nasce da un ricorso del Consiglio
nazionale degli Ingegneri contro la Consip
s.p.a. per la riforma della sentenza n.
7124/2011 del Tar del Lazio–Roma sezione III
concernente la fornitura servizi e gestione
integrata della salute e della sicurezza sui
luoghi di lavoro.
Con bando pubblicato sulla Gazzetta
ufficiale delle comunità europee del
23.10.2009 Consip spa aveva indetto una gara
a procedura aperta, strutturata in sei lotti
corrispondenti a distinte aree geografiche
del Paese, per la fornitura del servizio di
gestione integrata della sicurezza sui
luoghi di lavoro negli immobili in uso a
qualsiasi titolo alle pubbliche
amministrazioni.
Tra i tanti servizi oggetto di gara era
anche ricompreso il servizio denominato “Misure
di sicurezza nei cantieri”, avente ad
oggetto la fornitura, alle amministrazione
richiedenti, delle risorse e degli strumenti
necessari a garantire la tutela della salute
e della sicurezza nei cantieri temporanei e
mobili che rientrano nel campo di
applicazione del d.lgs. n. 81 del 2008, in
forza del quale l'aggiudicatario avrebbe tra
l'altro fornito all'amministrazione i
nominativi del coordinatore della sicurezza
in fase di progettazione e del coordinatore
della sicurezza in fase esecutiva.
Con ricorso al Tar del Lazio il Consiglio
Nazionale degli Ingegneri aveva impugnato
gli esiti della predetta gara nella parte in
cui a mezzo di tale selezione è stato
sostanzialmente affidato all'aggiudicatario
dei singoli lotti d'appalto anche il compito
di indicare alle amministrazioni aderenti
alla convenzione i nominativi dei soggetti
responsabili dei servizi relativi al
coordinamento della sicurezza in fase di
progettazione ed in fase di esecuzione.
Con sentenza n. 7124 del 05.09.2011 il Tar
aveva respinto il ricorso.
Ora il Consiglio di stato da ragione al
Consiglio nazionale degli Ingegneri
precisando che le conclusioni cui pervengono
i giudici del Tar in ordine alla legittimità
degli affidamenti degli incarichi di
coordinatore della sicurezza in fase di
progettazione e di coordinatore della
sicurezza in fase esecutiva non appaiono
condivisibili.
I Giudici di Palazzo Spada ricordano che
alla luce delle previsioni contenute negli
articoli 90 e 91 del Codice dei contratti,
l'affidamento degli incarichi di
progettazione preliminare, definitiva ed
esecutiva nonché gli incarichi di supporto
tecnico-amministrativo, può essere compiuto
in favore di una pluralità di soggetti ma
quel che più rileva è che, indipendentemente
dalla natura giuridica del soggetto
affidatario dell'incarico, lo stesso deve
essere espletato da professionisti iscritti
negli appositi albi previsti dai vigenti
ordinamenti professionali, personalmente
responsabili e nominativamente indicati già
in sede di presentazione dell'offerta, con
la specificazione delle rispettive
qualificazioni professionali. Deve inoltre
essere indicata, sempre nell'offerta, la
persona fisica incaricata dell'integrazione
tra le varie prestazioni specialistiche.
Quanto alle modalità di affidamento,
l'articolo 91 è tassativo nel prescrivere
che gli incarichi di progettazione, di
coordinamento della sicurezza in fase di
progettazione, di direzione dei lavori, di
coordinamento della sicurezza in fase di
esecuzione e di collaudo , ovvero, per i
soggetti operanti nei settori di cui alla
parte III, delle disposizioni ivi previste.
Nella sentenza viene, anche, precisato che
tali affidamenti, nei quali rientrano anche
quelli afferenti i servizi di coordinatore
della sicurezza in fase di progettazione ed
in fase di esecuzione, postulano
l'esperimento di una procedura ad evidenza
pubblica per l’individuazione del contraente
e che, anche per le gare di importo
inferiore alla soglia di centomila euro,
devono comunque osservarsi i principi di non
discriminazione, parità di trattamento,
proporzionalità e trasparenza, secondo la
procedura prevista dall'articolo 57, comma
6, del Codice dei contratti. Per altro,
nell'articolo 91, comma 8, del codice dei
contratti viene definito il divieto di
affidamento di attività di progettazione
coordinamento della sicurezza in fase di
progettazione, direzione dei lavori,
coordinamento della sicurezza in fase di
esecuzione, collaudo, indagine e attività di
supporto a mezzo di contratti a tempo
determinato o altre procedure diverse da
quelle previste dal codice.
Peraltro ai giudici del Consiglio di Stato,
stante l'obbligo normativo dell'evidenza
pubblica in tal genere di affidamenti, non
appare pertinente, per evidente
incompatibilità applicativa, il richiamo
alla disciplina del subappalto ed ai suoi
limiti applicativi (commento tratto da
www.lavoripubblici.it). |
SICUREZZA LAVORO: F.
Iaconi,
Sicurezza sul lavoro: la delega di funzioni
trasferisce il rischio lavorativo sul
delegato
(link a www.leggioggi.it). |
SICUREZZA LAVORO: Linee
Guida Regionali per la Sorveglianza
Sanitaria in Edilizia: aggiornamento del
decreto Direttore Generale Giunta Regionale
31.10.2002 n. 20647 (decreto
D.G. 19.06.2012 n. 5408).
---------------
Regione Lombardia: ecco
le Linee Guida per la sorveglianza sanitaria
in edilizia.
Le malattie professionali in edilizia sono
le più numerose tra quelle riconosciute
dall’Inail, nonostante sia notoria la
sottostima di tale fenomeno.
Al riguardo, la Regione Lombardia ha
approvato le nuove “Linee Guida Regionali
per la Sorveglianza Sanitaria in Edilizia”,
con il Decreto n. 5408 del 19.06.2012.
Le linee guida, seppur di carattere
regionale, offrono utili indicazioni a tutti
gli operatori della prevenzione, pubblici e
privati, ai medici competenti, ai medici
delle ASL, ai datori di lavoro, ai RSPP, ai
RLS e lavoratori del settore edile,
Il documento è così strutturato:
Parte 1
Þ
Visita ed accertamenti sanitari periodici
Þ
Visite di minori, apprendisti e studenti
della scuola edile
Þ
Accertamenti finalizzati ad escludere o
identificare l’assunzione di sostanze
stupefacenti
Þ
Vaccinazioni
Parte 2
Þ
Esami integrativi per i lavoratori esposti
ad AMIANTO
Þ
Esami integrativi per i lavoratori esposti a
SILICE
Þ
Esami integrativi per i lavoratori esposti a
IPA
Þ
Esami integrativi per i lavoratori che
svolgono attività in quota in sospensione su
funi
Parte 3
Þ
Accertamenti sanitari a richiesta del
lavoratore
Þ
Accertamenti sanitari nel caso di cambio di
mansione del lavoratore
Þ
Accertamenti sanitari nel caso di ripresa
del lavoro dopo assenza per motivi di salute
di durata superiore ai 60 giorni
Þ
Accertamenti sanitari a fine rapporto di
lavoro
Þ
Titolari di impresa, artigiani e
lavoratori autonomi del settore edile che
svolgono attività a rischio come i
lavoratori dipendenti (commento tratto
da www.acca.it). |
EDILIZIA
PRIVATA - LAVORI PUBBLICI - SICUREZZA LAVORO:
Direttore dei lavori e coordinatori nei cantieri.
Di notevole interesse, in questa sentenza, è quel che
s’insegna a proposito della posizione di garanzia vuoi del
direttore dei lavori, vuoi dei coordinatori, nell’ambito dei
cantieri temporanei o mobili.
Invero, la Sez. IV, dopo aver ribadito la responsabilità
del datore di lavoro dell’imprese esecutrice, sottolinea che
«le posizioni di garanzia del coordinatore per la
progettazione e del coordinatore per l’esecuzione «non si
sovrappongono a quelle degli altri soggetti responsabili nel
campo della sicurezza sul lavoro, ma ad esse si affiancano
per realizzare, attraverso la valorizzazione di una figura
unitaria con compiti di coordinamento e controllo, la
massima garanzia dell’incolumità dei lavoratori».
E insegna, inoltre, che «il direttore dei lavori o
responsabile dei lavori edili è titolare di una posizione
di garanzia nei confronti dei lavoratori, ed ha, pertanto,
l’obbligo di predisporre e fare osservare i presidi di
sicurezza richiesti dalla legge per l’esecuzione dei
predetti lavori, a nulla rilevando la compresenza di un
‘‘coordinatore della sicurezza in fase di progettazione’’ e
di un ‘‘coadiutore della sicurezza in fase di esecuzione’’,
a loro volta titolari di autonome e concorrenti posizioni di
garanzia». (Quanto alla posizione di garanzia dei
coordinatori v. Guariniello, Il T.U. Sicurezza sul Lavoro
commentato con la giurisprudenza, IV edizione, Milano, 2012,
501 ss. e 508 ss.; sulle responsabilità del direttore dei
lavori cfr., in particolare, Cass. 31.05.2012, Ciulla e
altro, in ISL, 2012, ..., alla cui nota si rinvia per
ulteriori riferimenti giurisprudenziali)
(Corte di
Cassazione, Sez. IV penale, sentenza 14.06.2012 n. 23630
- tratto da Igiene e Sicurezza del Lavoro n. 10/2012). |
SICUREZZA LAVORO: Infortunio
sul cantiere: può essere responsabile anche
il committente?
In materia di affidamento di lavori in
appalto per un cantiere edile, il
committente ha l’obbligo di adottare tutte
le misure necessarie al fine di tutelare
l’integrità e la salute dei lavoratori e
dipendenti dell’impresa appaltatrice, tanto
più se utilizzano macchinari pericolosi.
Nel caso in esame, committente e appaltatore
vengono condannati entrambi per l'infortunio
accaduto ad un lavoratore durante l’uso di
un muletto che risultava in cattivo stato di
conservazione (freni non funzionanti).
Il dovere di garantire adeguata sicurezza e
formazione ai singoli lavoratori è un
obbligo ascrivibile oltre al datore di
lavoro anche al committente.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con
la
sentenza 11.06.2012 n. 9441 che, facendo
riferimento alla normativa di settore (art.
2087 del Codice Civile, art. 7 del D.Lgs.
626/1994, art. 26 del D.Lgs. n. 81/2008), ha
ritenuto responsabile il committente per
aver omesso di verificare l'idoneità tecnico
professionale dell’impresa e per non aver
sorvegliato nella fase esecutiva del
contratto di appalto.
Pertanto, è sempre necessario che il
committente verifichi l’idoneità delle
imprese a cui affida i lavori e si accerti
che siano adottate tutte le misure di
sicurezza necessarie
(link a www.acca.it). |
EDILIZIA
PRIVATA - LAVORI PUBBLICI - SICUREZZA LAVORO:
PSC generico e responsabilità del coordinatore per la
progettazione.
In un cantiere aperto per il rifacimento della facciata di
un fabbricato, un dipendente dell’impresa esecutrice con
qualifica di tinteggiatore, «mentre stava smontando il
ponteggio utilizzato, impugnava un tavolone di legno, della
lunghezza di circa quattro metri, del peso di 26
chilogrammi, per caricarlo sul camion», «inciampava su di un
cordolo di cemento alto circa 35 centimetri posto a poca
distanza da un lucernario, chiuso con pezzi di legno e nylon
che non reggeva il peso dell’operaio», e «rovinava al suolo,
da una altezza di diversi metri».
A dire dei giudici di merito, «l’apertura, presente nel
piazzale antistante il fabbricato, non era stata
adeguatamente coperta e costituiva perciò una palese fonte
di pericolo, proprio in relazione alle possibili cadute
delle persone che operavano nel cantiere»; e il
«coordinatore per la progettazione e la esecuzione delle
opere avrebbe dovuto evidenziare tale rischio nel piano di
sicurezza e coordinamento e provvedere alla eliminazione in
concreto della fonte di pericolo», là dove per contro «il
piano, su tale punto, risultava di converso del tutto
generico».
Nel confermare la condanna dell’imputato, la Sez. IV ritiene
che il coordinatore della sicurezza, «in presenza di una
copertura che appariva del tutto inadeguata, avrebbe dovuto
provvedere a mettere in sicurezza il lucernario», e che,
«sul punto, il piano di sicurezza e coordinamento era stato
redatto dall’imputato in modo del tutto generico, in assenza
di alcun coordinamento con le diverse ditte che si erano
occupate della ristrutturazione dello stabile».
Osserva che «l’appaltatore è il destinatario degli obblighi prevenzionali, salvi alcuni obblighi specifici che restano a
carico del committente, quali l’informazione sui rischi
dell’ambiente di lavoro e la cooperazione nell’apprestamento
delle misure di protezione e prevenzione», e che, «nel caso
di specie, vengono in rilievo proprio i rischi connessi
all’ambiente di lavoro, in relazione all’apertura presente
nel piazzale antistante il fabbricato».
Né il reato di lesione personale colposa ascritto
all’imputato risulta improcedibile per difetto di querela:
«l’infortunio si era verificato all’interno di un cantiere,
a causa della violazione delle norme di sicurezza, con
riferimento al piano di sicurezza e coordinamento redatto
dall’imputato. Di talché certamente sussisteva l’aggravante di cui
all’art. 590, comma 3, c.p., ed il reato risultava
perseguibile di ufficio»
(Sulla responsabilità del coordinatore per insufficienza o
incompletezza del PSC v. Guariniello, Il T.U. Sicurezza sul
Lavoro commentato con la giurisprudenza, IV edizione,
Milano, 2012, 501 ss.) (Corte
di
Cassazione, Sez. IV penale, sentenza 07.06.2012 n. 22044
- tratto da Igiene
e Sicurezza del Lavoro n. 10/2012). |
SICUREZZA LAVORO: Il
ministero sulla sicurezza nei cantieri edili. Formazione agli enti doc.
Organismi paritetici doc per la formazione
dei lavoratori edili sulla sicurezza lavoro.
Ossia, gli enti bilaterali emanati dalle
parti sociali con maggiore rappresentatività
in termini comparativi che hanno
sottoscritto i ccnl dei settori industria,
artigianato, cooperazione e industria pmi.
Lo stabilisce il Ministero del Lavoro nella
circolare
06.06.2012 n. 13/2012, con cui individua le
associazioni sindacali e di categoria
corrispondenti al predetto requisito e,
dunque, abilitate all'emanazione degli
organismi paritetici.
Il ministero risponde alle richieste di
chiarimento del personale ispettivo, circa
le problematiche della formazione dei
lavoratori nel settore edile e,
specificatamente, in merito al
coinvolgimento nell'attività formativa degli
«organismi paritetici», previsti
dall'articolo 2, lettera ee), del dlgs n.
81/2008 (T.u. sicurezza). In particolare, è
stato chiesto di conoscere quali organismi
del settore siano da ritenersi costituiti da
«una o più associazioni dei datori e
prestatori di lavoro comparativamente più
rappresentativi sul piano nazionale».
Circostanza questa, spiega il ministero,
essenziale in quanto possono definirsi tali
solo gli enti bilaterali emanazione delle
parti sociali dotate del requisito della
maggiore rappresentatività in termini
comparativi, e non tutti gli organismi
genericamente frutto di qualsivoglia
contrattazione collettiva in ambito edile.
Per ora, precisa dunque il ministero, nel
settore dell'edilizia, i contratti
collettivi nazionali (ccnl) sottoscritti
dalla organizzazioni sindacati e datoriali
comparativamente più rappresentative sempre
a livello nazionale sono: industria (Ance;
Feneal-Uil; Filca-Cisl; Fillea-Cgil);
artigianato (Anaepa; Cna-costruzioni;
Fiae-Casartigiani; Claai; Feneal-Uil;
Filca-Cisl; Fillea-Cgil); Cooperazione (Ancpl-Legacoop;
Federlavoro e servizi-Confcooperative; Pls
Agci; Feneal-Uil; Filca-Cisl; Fillea-Cgil);
Piccola e media industria (Anieme;
Feneal-Uil; Filca-Cisl; Fillea-Cgil).
In conclusione, il ministero precisa che
soltanto gli organismi bilaterali costituiti
a iniziativa di una o di più associazioni
dei datori di lavoro o dei prestatori di
lavoro firmatarie dei predetti contratti
(sigle in parentesi) possono definirsi «organismi
paritetici» ai sensi del T.u. sicurezza
e, pertanto, legittimati a svolgere
l'attività di formazione, in collaborazione
con i datori di lavoro, come previsto sempre
dal T.u. sicurezza (articolo 37)
(articolo ItaliaOggi
del 09.06.2012). |
SICUREZZA LAVORO: Come
si redige un DUVRI (Documento Unico di
Valutazione di Rischi Interferenti): ecco un
modello completo e versatile.
La redazione del DUVRI, come previsto dal
Testo Unico per la Sicurezza (D.Lgs.
81/2008), è sempre obbligatoria in caso di
affidamento di lavori, servizi e forniture
all’impresa appaltatrice o a lavoratori
autonomi. Anche nel caso in cui non siano
presenti rischi dovuti a interferenze il
DUVRI va redatto, in quanto la compilazione
di tale modello testimonia l’avvenuta
valutazione dei rischi.
Questo indica le misure preventive da
adottare per la cooperazione e il
coordinamento dei lavoratori, nel caso in
cui i lavori vengano affidati a più imprese,
al fine di prevenire e ridurre i rischi
dovuti alle interferenze presenti sul luogo
di lavoro.
L’INAIL ha prodotto uno schema di
elaborazione del DUVRI, utile a tutti i
tecnici e agli addetti ai lavori, in
particolare ai datori di lavoro committenti
cui spetta il compito di informare i
lavoratori dell’impresa appaltatrice circa i
rischi e di verificare l’idoneità tecnico
professionale dell’impresa appaltatrice
stessa.
La guida dell’INAIL è così strutturata:
►
Descrizione del modello DUVRI
►
Modalità operative
►
Ipotesi A: assenza di rischi dovuti
all’interferenza
►
Ipotesi B: presenza di rischi dovuti
all’interferenza
►
Ipotesi C: caso in cui NON deve essere
redatto il DUVRI
►
Esemplificazione con diagramma di flusso
►
Il quadro normativo
►
Determinazione AVCP n. 3 del 05.03.2008
►
Definizioni
►
Allegati
Oltre alla guida, in allegato a questo
articolo anche il modello di DUVRI relativo
ai contratti di appalto, d'opera o di
somministrazione adottato dall’Inail
(31.05.2012 - link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO: Ecco
la guida completa alla prevenzione incendi e
alla valutazione del rischio d’incendio.
Il D.Lgs. 81/2008 (Testo Unico sulla
Sicurezza) e s.m.i. obbliga ogni datore di
lavoro, in relazione alla natura
dell’attività dell’azienda di cui è
responsabile, ad una valutazione dei rischi
cui sono esposti i lavoratori.
L’INAIL ha pubblicato la nuova guida
antincendio, contenente i criteri generali
di sicurezza antincendio per la gestione
dell’emergenza sui luoghi di lavoro.
Il documento è utile a tutti i tecnici
impegnati nel settore della sicurezza o
dell’antincendio, ai datori di lavoro, ai
responsabili del servizio di prevenzione e
protezione e ai responsabili dei lavoratori
per la sicurezza.
Infatti, la guida risulta molto completa e
tratta i seguenti argomenti:
● Evoluzione normativa antincendio
● Criteri generali di prevenzione incendi
● Valutazione del rischio incendio
● Criteri di verifica della resistenza al
fuoco e calcolo del carico d’incendio
● Quantificazione e dislocazione degli
estintori
● Tipologie di impianti di estinzione
● Piano di emergenza
● Formazione e informazione
● Esempio di registro della sicurezza
antincendio
● Schede tipo sulla formazione ed
esercitazioni antincendio
● Glossario antincendio
Il documento può essere utilizzato anche
come strumento per la formazione antincendio
per le figure impegnate nella sicurezza
(11.05.2012 - link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO:
Omissioni in relazione al D.Lgs. 81/2008 e
responsabilità di un Sindaco.
Responsabilità di un Sindaco per i reati di
cui al D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 17, lett.
b) e art. 18, lett. a), articolo 43, lett.
b) per non avere nominato il responsabile
del servizio di prevenzione, né il medico
competente per la sorveglianza sanitaria, e
per non avere designato i lavoratori addetti
al primo soccorso.
---------------
La definizione di datore
di lavoro, contenuta nel D.Lgs. n. 81 del
2008, articolo 2, ha dato esclusivo rilievo,
ai fini della individuazione dei soggetti
titolari del debito di sicurezza, al
requisito della organizzazione della
attività, unito, ovviamente, all'esercizio
dei poteri decisionali e di spesa inerenti
la stessa.
Nella sua seconda parte l'articolo 2, comma
1, lettera b), del citato decreto, individua
la figura del datore di lavoro nelle
pubbliche amministrazioni e, a differenza
del D.Lgs. n. 626 del 1994, il vigente
81/2008 recepisce, esplicitandolo, lo
stabile indirizzo giurisprudenziale secondo
il quale è l'organo di vertice delle singole
amministrazioni, ovverosia l'organo di
direzione politica, a dovere individuare il
dirigente, o il funzionario non dirigente,
cui attribuire la qualità di datore di
lavoro.
Mutuate dal predetto orientamento della
Corte di legittimità anche le conseguenze
che secondo il dettato del citato decreto
derivano dalla omessa individuazione
dell'organo politico del dirigente designato
ad assumere il debito di sicurezza: in tali
casi la qualifica di datore di lavoro
continuerà a coincidere con l'organo di
vertice medesimo, quindi con il Sindaco.
La difesa del prevenuto ha interposto
appello, che è stato trasmesso a questa
Corte ex articolo 568 cod. proc. pen. -
Rigetto.
Ad avviso del decidente, le prescrizioni
dettate nelle predette disposizioni
normative sono entrate in vigore il
15/05/2008, mentre dagli atti è emerso, in
modo incontestabile, che fino al 20/03/2009
l'amministrazione comunale non aveva ancora
adempiuto al disposto normativo, rendendo
inconferente, ai fini della integrazione
delle fattispecie contestate,
l'ottemperamento alle prescrizioni de
quibus in data antecedente
all'effettuato controllo da parte della ASL
(Omissis), perché, anche in quella data il
relativo termine era abbondantemente
decorso.
Va osservato, altresì, in punto di affermata
responsabilità del Sindaco, che la
definizione di datore di lavoro, contenuta
nel D.Lgs. n. 81 del 2008, articolo 2, ha
dato esclusivo rilievo, ai fini della
individuazione dei soggetti titolari del
debito di sicurezza, al requisito della
organizzazione della attività, unito,
ovviamente, all'esercizio dei poteri
decisionali e di spesa inerenti la stessa.
Nella sua seconda parte l'articolo 2, comma
1, lettera b), del citato decreto, individua
la figura del datore di lavoro nelle
pubbliche amministrazioni e, a differenza
del Decreto Legislativo n. 626 del 1994, il
vigente 81/2008 recepisce, esplicitandolo,
lo stabile indirizzo giurisprudenziale
secondo il quale è l'organo di vertice delle
singole amministrazioni, ovverosia l'organo
di direzione politica, a dovere individuare
il dirigente, o il funzionario non
dirigente, cui attribuire la qualità di
datore di lavoro.
Mutuate dal predetto orientamento della
Corte di legittimità anche le conseguenze
che secondo il dettato del citato decreto
derivano dalla omessa individuazione
dell'organo politico del dirigente designato
ad assumere il debito di sicurezza: in tali
casi la qualifica di datore di lavoro
continuerà a coincidere con l'organo di
vertice medesimo, quindi con il Sindaco
(Corte dei Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 20.04.2012 n. 15206 - tratto e
link a http://olympus.uniurb.it).
---------------
J. Cortinovis,
Sicurezza nei luoghi di lavoro ed eventuale
responsabilità del Sindaco.
Con la
sentenza 20.04.2012 n. 15206 la Corte di
Cassazione, Sez. III penale, si pronuncia in
tema di tutela della salute e della
sicurezza nei luoghi di lavoro nelle
pubbliche amministrazioni, ed in particolare
negli Enti Locali. Secondo i Giudici,
considerato che la Pubblica Amministrazione
è soggetta, al pari dell’impresa privata, al
rispetto delle previsioni indicate dal
D.Lgs. n. 81/2008 e ss.mm.ii., ove il
Sindaco, non provveda ad individuazione la
figura del datore di lavoro in seno
all’organigramma dell’ente locale, tale
qualifica continuerà a coincidere con la
figura del Sindaco medesimo.
Nel caso di specie, a seguito di sopralluogo
ispettivo, eseguito ad opera del personale
del Dipartimento prevenzione sicurezza
ambienti di lavoro dell’azienda ASL, presso
una amministrazione comunale, al Sindaco
venivano contestati i reati di cui agli
artt. 17, lettera b), 18, lettera a) e 43,
lettera b) del D.Lgs. n. 81/2008, per non
avere nominato, né il responsabile del
servizio di prevenzione, né il medico
competente per la sorveglianza sanitaria e
per non avere designato i lavoratori addetti
al primo soccorso.
Secondo il Giudice di merito, gli elementi
acquisiti consentivano di ritenere già
chiaramente provata la responsabilità del
Sindaco per le violazioni addebitate, in
quanto, fino alla data dell'ispezione,
l’amministrazione comunale non aveva ancora
adempiuto a quanto previsto dalla vigente
normativa.
Avverso tale sentenza, il Sindaco proponeva
ricorso per Cassazione censurando la non
configurabilità in capo alla figura del
Sindaco della qualifica di ^datore di
lavoro^. Ciò in considerazione del fatto
che, a seguito della chiarita distinzione
tra ^organo politico^ e ^organo
amministrativo^ ad opera del T.U.E.L. (D.Lgs.
267/2000), spetterebbe solo al secondo e mai
al primo la responsabilità per la mancata
attuazione degli obblighi prevenzionistici.
La Suprema Corte non ritiene di accogliere
una tale prospettazione, evidenziando, al
contrario, come la definizione di ^datore di
lavoro^, contenuta all'art. 2 del D.Lgs. n.
81 del 2008, dia esclusivo rilievo, ai fini
della individuazione dei soggetti titolari
dell'obbligo di sicurezza, al requisito
della organizzazione della attività, unito,
ovviamente, all'esercizio dei poteri
decisionali e di spesa inerenti la stessa.
Inoltre, il comma 1, lettera b), del
medesimo articolo 2, individuando nello
specifico la figura del datore di lavoro
nelle pubbliche amministrazioni, recepisce
il consolidato indirizzo giurisprudenziale
secondo il quale è l'organo di vertice delle
singole amministrazioni, ovverosia l'organo
di direzione politica, a dover individuare
il dirigente, o il funzionario non
dirigente, cui attribuire la qualità di
datore di lavoro. Ne consegue che dalla
omessa individuazione la qualifica di datore
di lavoro continuerà a coincidere con
l'organo di vertice dell'amministrazione,
quindi con il Sindaco (link a http://studiospallino.blogspot.it). |
SICUREZZA LAVORO: “Io
non ci casco”: ecco la guida illustrata
sui lavori in quota, con esempi pratici di
POS e Fascicolo Tecnico.
La caduta dall’alto rappresenta il rischio
più frequente e grave a cui sono esposti gli
operai durante i lavori in quota.
L’USLL di Padova ha pubblicato il manuale “Io
non ci casco”, che affronta passo passo
i rischi a cui sono esposti i lavoratori in
quota e propone la giusta soluzione per ogni
caso, sottolineando la necessità di far
seguire ad un’adeguata progettazione delle
misure di sicurezza un’adeguata formazione
dei lavoratori stessi.
Il documento è un valido strumento per
committenti, progettisti, lavoratori e ha
l’obiettivo di ridurre l’incidenza di cadute
dall’alto. Riporta regole, comportamenti e
pratiche di lavoro che migliorano la
sicurezza dei lavoratori, adottando
opportune misure di protezione collettiva e
adeguati dispositivi di protezione
individuali (DPI).
L’ultima parte del manuale contiene esempi
illustrati di:
● P.O.S. (Piano Operativo di Sicurezza)
● Fascicolo Tecnico dell’opera
(12.04.2012 - link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO:
A. Veltri,
Individuazione della figura giuridica del
dirigente nel Testo Unico di Sicurezza sul
Lavoro (link a
www.filodiritto.com). |
SICUREZZA LAVORO: La
responsabilità in materia di sicurezza del
lavoro - I ruoli individuati dal decreto
legislativo 09.04.2008 n. 81 e la delega di
funzioni (ANCE, febbraio 2012). |
SICUREZZA LAVORO:
Il committente privato è sempre
responsabile della morte in cantiere di un
lavoratore?
Durante l'esecuzione di un contratto d'opera
si è verificato un incidente che ha
provocato la morte di un lavoratore a
seguito della caduta dalla copertura di un
immobile di proprietà del committente.
La Corte di Appello di Catania confermando
quanto previsto dal Tribunale di primo
grado, condanna i proprietari, in qualità di
committenti, per omicidio colposo dovuto al
mancato adempimento degli obblighi normativi
in materia di prevenzione e sicurezza.
Gli imputati ricorrono in Cassazione.
Quest’ultima sottolinea che:
● la responsabilità del committente,
espressamente prevista dal D.Lgs. 626/1994
prima e dal D.Lgs. 81/2008 poi, non è
automatica, ma è necessario individuare
l'effettiva incidenza della condotta dello
stesso;
● il “dovere di sicurezza” è
riferibile sia al datore di lavoro che al
committente;
● vanno considerate tutte le circostanze
specifiche e le condizioni al contorno che
hanno caratterizzato l’infortunio.
Pertanto, la Corte Suprema annulla la
sentenza del Tribunale di prime cure perché
non hanno effettuato opportune valutazioni
circa le capacità tecniche e organizzative
della ditta e considerato che l’incidente
era avvenuto a lavori ultimati.
Pertanto annulla la Sentenza e rinvia ad
altra sezione della Corte di Appello per
nuovo giudizio (Corte di Cassazione, Sez. IV
penale,
sentenza 30.01.2012 n. 3563 -
commento tratto da e link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO: Stress
lavoro correlato: la guida con le domande
più frequenti.
● Che cos’è lo stress?
● Cosa si intende per “stressor”?
● Lo stress è una malattia?
● Che cos'è il mobbing?
● Che cos’è il “burn-out”?
A tutte queste domande, risposte chiare e
precise dall'ASS4 medio Friuli che ha
pubblicato una guida sullo stress da lavoro
correlato contenente indicazioni per la
corretta gestione del rischio e per
l’attività di vigilanza alla luce della
lettera circolare del 18.11.2010 del
Ministero del lavoro e delle Politiche
Sociali.
Ricordiamo che dal 31.12.2010 è entrato in
vigore l’obbligo di valutazione del rischio
da stress correlato al lavoro, introdotto in
forma esplicita dall'art. 28 del D.Lgs.
81/2008.
Il documento proposto è strutturato sotto
forma di FAQ (Frequently Asked Questions,
ossia domande più frequenti) e ha lo scopo
di fornire risposte puntuali e sintetiche ai
numerosi interrogativi che sono sorti in
relazione alla valutazione del rischio da
stress
(26.01.2012 - link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO: Come
si redige un PiMUS (Piano di Montaggio, Uso
e Smontaggio di un ponteggio).
Dopo la pubblicazione del POS nella
Newsletter precedente, è la volta del PiMUS
(Piano di Montaggio, Uso e Smontaggio di un
ponteggio).
Ricordiamo innanzitutto che il PiMUS è un
documento obbligatorio per tutti i cantieri
in cui si ricorre al ponteggio per
l’esecuzione dei lavori. Esso rappresenta lo
strumento di lavoro per gli addetti e i
preposti all’utilizzo del ponteggio affinché
sia tutelata la salute e la sicurezza di
tutti i lavoratori.
Il Testo Unico per la Sicurezza (D.Lgs.
81/2008) prevede l'obbligo del datore di
lavoro di redigere il PiMUS, rispettando i
contenuti minimi previsti dall’Allegato XXII.
In allegato a questo articolo proponiamo uno
schema di PiMUS elaborato dal Gruppo di
lavoro della Provincia di Padova, di
concerto con il Comitato Provinciale di
Coordinamento.
Il documento rappresenta uno strumento
versatile a disposizione di tutte le imprese
che operano con l'utilizzo di ponteggi; in
esso sono contenute tutte le misure
preventive di sicurezza da adottare in
cantiere.
E' così strutturato:
● dati identificativi generali
● verifica del ponteggio
● disegno esecutivo del ponteggio
● caratteristiche degli impalcati, degli
appoggi e degli ancoraggi
● indicazioni generali per le operazioni di
montaggio, trasformazione, smontaggio
● modalità di tracciamento del ponteggio
● descrizione dei DPI e delle attrezzature
da utilizzare
● regole generali
● ponteggi metallici a telai prefabbricati
● ponteggi metallici a montanti e traversi
prefabbricati
● ponteggi metallici a tubi e giunti
(19.01.2012 - link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO: Datore
di lavoro, dirigente e preposto:
definizioni, obblighi e responsabilità.
Dall'ANCE i modelli per incarichi e delega
di funzioni.
Il Datore di lavoro è “il soggetto
titolare del rapporto di lavoro con il
lavoratore o, comunque, il soggetto che,
secondo il tipo e l’assetto
dell’organizzazione nel cui ambito il
lavoratore presta la propria attività, ha la
responsabilità dell’organizzazione stessa o
dell’unità produttiva in quanto esercita i
poteri decisionali e di spesa”.
Il Dirigente è “la persona che, in
ragione delle competenze professionali e di
poteri gerarchici e funzionali adeguati alla
natura dell’incarico conferitogli, attua le
direttive del datore di lavoro organizzando
l’attività lavorativa e vigilando sulla
stessa”.
Il Preposto è “la persona che, in ragione
delle competenze professionali e nei limiti
dei poteri gerarchici e funzionali adeguati
alla natura dell’incarico conferitogli,
sovrintende all'attività lavorativa e
garantisce l’attuazione delle direttive
ricevute, controllandone la corretta
esecuzione da parte dei lavoratori ed
esercitando un funzionale potere di
iniziativa”.
L’RSPP (Responsabile del Servizio di
Prevenzione e Protezione) è “la persona
in possesso delle capacità e dei requisiti
professionali di cui all’articolo 32
designata dal datore di lavoro, a cui
risponde, per coordinare il servizio di
prevenzione e protezione dai rischi”.
L’ANCE ha pubblicato una guida in materia di
sicurezza sul lavoro, con l’intento di
chiarire le responsabilità in materia di
sicurezza delle principali figure
dell’impresa e di elencare i ruoli e le
possibili deleghe all’interno della stessa e
dei cantieri edili.
Gli Argomenti trattati sono:
►
Le figure previste dal Testo Unico sicurezza
e le relative posizioni di garanzia
►
La delega di funzioni
►
Applicazione della disciplina al settore dei
lavori in edilizia: imprese esecutrici ed
impresa affidataria
In allegato sono presenti i seguenti
modelli:
● Lettera di incarico per l'intero complesso
aziendale
● Lettera di incarico per il singolo
cantiere
● Lettera di incarico per l'impresa
affidataria
● Delega di funzioni in materia di sicurezza
per imprese esecutrici
● Delega di funzioni in materia di sicurezza
sul lavoro per imprese affidatarie
(19.01.2012 - link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO:
Responsabilità in materia di
sicurezza sul lavoro.
ANCE, come formalizzare un atto di delega di
funzioni? L’Associazione Nazionale
Costruttori Edili ha predisposto un
documento sulla
responsabilità in materia di sicurezza sul
lavoro che si occupa, in particolare
della c.d. “delega di funzioni”.
L’art. 16 del D.Lgs. n. 81/2008 e successive
modifiche definisce come deve essere
formalizzato un atto di delega affinché sia
efficace sotto il profilo delle
responsabilità del delegato e del delegante.
A tal fine, l’Associazione Nazionale
Costruttori Edili ha predisposto un
documento sulla “delega di funzioni”,
composto da due parti:
- la prima parte approfondisce le figure
rilevanti previste dal Testo Unico sulla
sicurezza (datore di lavoro, dirigente,
proposto, Rspp) analizzando le relative
posizioni di garanzia ed effettuando
un’ampia trattazione giuridica sulla delega
di funzioni;
- la seconda parte riporta esempi di lettere
di incarico ed esempi di deleghe di funzioni
in materia di sicurezza che possono essere
adattare dai datori di lavoro alla realtà
organizzativa della loro impresa (16.01.2012
- commento tratto da www.ipsoa.it). |
SICUREZZA LAVORO: Come
si redige un POS (Piano Operativo di
Sicurezza): ecco un modello completo e
versatile.
Il POS è il documento in cui sono contenute
tutte le misure di prevenzione e protezione
da adottare nelle attività di cantiere al
fine di salvaguardare l'incolumità fisica
dei lavoratori.
Il Testo Unico per la Sicurezza (D.Lgs.
81/2008) prevede l'obbligo del datore di
lavoro di un’impresa esecutrice di redigere
il POS (Piano Operativo di Sicurezza) con i
contenuti minimi previsti all’Allegato XV;
il coordinatore della sicurezza in fase di
esecuzione avrà l’obbligo di verificare
l’idoneità di questo documento.
In allegato a questo articolo proponiamo uno
schema di POS elaborato dal Gruppo di lavoro
della Provincia di Padova, di concerto con
il Comitato Provinciale di Coordinamento.
Il documento rappresenta uno strumento
versatile a disposizione di tutti gli
operatori del settore (imprese, committenti
e coordinatori) improntato alla praticità,
all’efficacia e alla concretezza.
In esso sono contenute tutte le misure
preventive di sicurezza da adottare in
cantiere ed è così strutturato:
►
dati generali del cantiere
►
dati identificativi dell'impresa esecutrice
►
specifiche mansioni inerenti la sicurezza
►
descrizione dell'attività di cantiere
►
descrizione delle modalità organizzative
►
elenco dei ponteggi, delle macchine,
attrezzature ed impianti
►
elenco delle sostanze e preparati pericolosi
►
elenco dei dispositivi di protezione
individuale
►
esiti dei rapporti di valutazione del rumore
e delle vibrazioni
►
macroclima
►
procedure complementari e di dettaglio
richieste dal PSC (quando previsto)
►
documentazione in merito all’informazione e
formazione fornite ai lavoratori occupati in
cantiere
►
valutazione dei rischi del cantiere
(12.01.2012 - link a www.acca.it). |
anno
2011 |
|
SICUREZZA LAVORO:
Obbligo di formazione per i datori di lavoro
con funzioni di RSPP: finalmente l'accordo
Stato-Regioni.
Il Testo Unico sulla Sicurezza (D.Lgs.
81/2008) prevede che il datore di lavoro
garantisca che ciascun lavoratore riceva
adeguata formazione in materia di salute e
sicurezza, anche rispetto alle conoscenze
linguistiche, con particolare riferimento a:
● concetti di rischio, danno, prevenzione,
protezione, organizzazione della prevenzione
aziendale, diritti e doveri dei vari
soggetti aziendali, organi di vigilanza,
controllo, assistenza;
● rischi riferiti alle mansioni e ai
possibili danni e alle conseguenti misure e
procedure di prevenzione e protezione
caratteristici del settore o comparto di
appartenenza dell'azienda.
Inoltre il Testo Unico prevede che la
durata, i contenuti minimi e le modalità
della formazione siano definiti mediante
accordo in sede di Conferenza permanente per
i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le
Province autonome, previa consultazione
delle parti sociali.
Il 21.12.2011 la Conferenza Permanente per i
rapporti tra Stato e Regioni ha approvato
gli Accordi relativi alla formazione sulla
sicurezza.
Le nuove regole entreranno in vigore dopo la
pubblicazione degli accordi in Gazzetta
Ufficiale, prevista per gennaio.
La novità principale riguarda
l’individuazione della durata della
formazione in base al rischio dell’attività
aziendale: basso, medio, alto.
In particolare, le imprese saranno suddivise
per grado di rischio cui competeranno
diversi obblighi formativi.
I livelli saranno:
►
Basso: uffici e servizi, commercio,
artigianato e turismo
►
Medio: agricoltura, pesca, P.A., istruzione,
trasporti, magazzinaggio,
►
Alto: costruzioni, industria, alimentare,
tessile, legno, manifatturiero, energia,
rifiuti, raffinerie, chimica, sanità,
servizi residenziali.
Tutti i lavoratori, nessuno escluso dovranno
seguire corsi specifici in base al livello
di rischio:
Þ
Rischio Basso: 4 ore
Þ
Rischio Medio: 8 ore
Þ
Rischio Alto: 16 ore
con aggiornamento obbligatorio quinquennale.
La formazione può essere seguita in modalità
e-learning.
I datori di lavoro che svolgano funzioni di
RSPP dovranno seguire corsi specifici in
base al livello di rischio:
◊ Rischio Basso: 16 ore
◊ Rischio Medio: 32 ore
◊ Rischio Alto: 48 ore
Preposti e Dirigenti dovranno seguire corsi
di formazione specifici con aggiornamenti
obbligatori.
In allegato a questo articolo proponiamo il
testo dell'Accordo Stato-Regioni e uno
schema riepilogativo predisposto dall'AiFOS
(Associazione italiana FOrmatori della
Sicurezza sul lavoro)
(29.12.2011 - link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO: Prevenire
prima di soccorrere! Esempi pratici, schemi
illustrativi e soluzioni da adottare nella
guida pratica alla sicurezza nei cantieri.
Prevenire prima di soccorrere! Questo è lo
scopo della guida pratica illustrata
all'infortunistica sui cantieri pubblicata
dalla regione Emilia Romagna.
La guida, certamente utile per tutti gli
operatori del settore edile, risulta ben
strutturata e completa; affronta molti degli
aspetti relativi alla sicurezza e alla
valutazione dei rischi presenti in cantiere
e propone una serie di soluzioni da
adottare, con esempi pratici, particolari
costruttivi e schemi esplicativi.
Dopo aver analizzato la normativa di
riferimento in materia di igiene e sicurezza
sul lavoro, il documento tratta i seguenti
argomenti:
►
Viabilità in cantiere
►
Scavi e fondazioni
►
Protezione dei posti di lavoro
►
Scale
►
Ponteggi, ponti su ruote a torre, impalcati
e parapetti dei castelli
►
Macchine e attrezzature da cantiere
►
Impianti elettrici in genere
►
Lavori di demolizione
►
Schemi di montaggio coperture prefabbricate
in cemento
►
Dispositivi di protezione individuali
►
Sistemi di arresto caduta
►
Prescrizioni per i segnali gestuali - Gesti
convenzionali da utilizzare
►
Sorveglianza sanitaria in edilizia
►
Prevenzione incendi
(15.12.2011 - link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO:
Il coordinatore per l'esecuzione
deve verificare l'osservanza delle norme.
Il coordinatore ha l'obbligo, oltreché di
esser presente in cantiere, di controllare
l'osservanza alle regole in materia di
sicurezza dettate sia dal piano di sicurezza
e di coordinamento, sia dalle susseguenti
integrazioni dallo stesso disposti.
Si susseguono le sentenze che forniscono un
quadro esemplare della posizione di garanzia
del coordinatore per la esecuzione dei
lavori nei cantieri temporanei o mobili (sul
tema v. i precedenti richiamati da
Guariniello, Il T.U. Sicurezza sul lavoro
commentato con la giurisprudenza aggiornato
con le sentenze sui D.Lgs. n. 81/2008 e
106/2009, terza ed., Milano, 2011, 397 s.,
cui adde, da ultimo, Cass. 03.10.2011, Bea e
altri, in ISL, 2011, 11, 795; Cass.
17.08.2011, Goggi, in Dir. prat. lav., 2011,
36, 2166; Cass. 27.06.2011, Caiazza e altri,
in ISL, 2011, 10, 741; Cass. 05.05.2011,
Lombardini, ibid., 2011, 7, 409; Cass.
18.04.2011, Marini e altro, ibid., 2011, 6,
359).
La sentenza che qui presentiamo affronta il
caso di un coordinatore per la esecuzione
(oltre che per la progettazione) dei lavori
di posa della copertura di un fabbricato ad
uso residenziale commissionati dalla società
proprietaria a un’impresa, condannato per
l’infortunio mortale in danno di un esperto
operaio con mansioni di capocantiere
deceduto per precipitazione “attraverso
l'apertura di un lucernaio coperta da una
guaina protettiva e, pertanto, non visibile
in conseguenza delle negligenti ed
imprudenti omissioni e della violazione
delle specifiche norme antinfortunistiche”.
Questo fu l’addebito mosso al coordinatore:
“dopo aver provveduto, in adempimento
all'incarico ricevuto previo diretto accesso
al cantiere, all'aggiornamento del piano di
sicurezza e di coordinamento al fine di
delineare la sicura procedura di posa del
tetto, prescrivendo in particolare l'uso
delle cinture di sicurezza oppure di
ponteggi sottostanti e dopo aver constatato,
in concomitanza con altri due successivi
sopralluoghi, l'omesso rispetto di dette
prescrizioni a tutela del rischio di caduta
dall'altro, aveva tuttavia omesso di
segnalare siffatti reiterati inadempimenti
al committente od al responsabile del
cantiere, ed aveva altresì mancato di dare
comunicazione della rilevata inadempienza
alla USL ed alla Direzione provinciale del
lavoro, essendo lo stesso tenuto ad ordinare
la sospensione dei lavori, ai sensi di
legge, fino alla verifica dell'avvenuto
adeguamento da parte delle ditte interessate”.
Lo stesso si era occupato di effettuare gli
aggiornamenti del suddetto piano; che lo
stesso, recandosi peraltro, due volte alla
settimana, in cantiere, aveva effettuato
specifici interventi in data 23 settembre, 6
ottobre e 27.10.2003, in particolare
prescrivendo l'uso delle cinture di
sicurezza in presenza del rischio di caduta
al suolo, da un'altezza superiore ai due
metri.
A seguito dei sopralluoghi eseguiti il 6 ed
il 27.10.2003, il Tadini aveva verificato
che i dipendenti della ditta Lucci Legnami
s.r.l., benché impegnati sul tetto, si erano
resi inadempienti alle prescrizioni di
indossare le cinture di sicurezza. Da qui
quindi la ricorrenza della pacifica
responsabilità colposa dell'imputato per
l'omessa adozione, in presenza di pericolo
imminente e grave per l'incolumità dei
lavoratori, di quanto previsto dall'art. 5,
comma 10, lett. E) ed F) D.I.vo n. 494 del
1996 come novellato dall'art. 5 del D.I.vo
n. 528 del 1999. Ed è del tutto ovvio che
l'evento sarebbe stato evitato, qualora
l'imputato avesse concretamente ed
esplicitamente dato corso a quanto previsto
dalla legge, fino a giungere a disporre la
sospensione delle lavorazioni in caso di
reiterata inottemperanza alle già impartite
prescrizioni di sicurezza: la sola condotta
attiva, dallo stesso esigibile, dotata di
incontestabili rilevanza ed efficacia
cautelare.
L'obiezione dell'imputato secondo la quale,
illogicamente e contraddittoriamente, la
Corte distrettuale ne avrebbe ravvisato la
colpevole omissione nel provvedere alla
sospensione delle lavorazioni sul tetto, in
difetto di un pericolo grave ed imminente
integra invero un'inammissibile censura in
punto di fatto con la quale, in buona
sostanza, il ricorrente, sotto l'apparenza
di un insussistente vizio motivazionale
della sentenza impugnata, intenderebbe,
nella presente sede di legittimità, "sostituire"
una propria lettura delle risultanze
istruttorie, "alternativa" a quella
compiuta dai Giudici di merito che hanno
ritenuto tutto il tetto zona pericolosa per
l'incolumità dei lavoratori per la presenza
di aperture e di cavità che era necessario "porre
allo scoperto" per eseguire le previste
lavorazione, dopodiché peraltro già si era
verificata la caduta di altro operaio (Zonca),
fortunosamente, senza gravi conseguenze.
A sua discolpa, l’imputato lamenta che “egli
stesso, la mattina dell'incidente, aveva
ordinato alla vittima di chiudere tutte le
aperture ancora rimaste aperte”, e che “siffatta
richiesta avrebbe automaticamente comportato
la sospensione dei lavori fintantoché non si
fosse provveduto a tale operazione proprio
perché le maestranze addette alla posa della
guaina avrebbero dovuto interrompere tale
attività per procedere al posizionamento
delle funi di sicurezza cui collegare le
cinture di sicurezza”. E ne desume che,
“ordinando la chiusura delle aperture,
aveva ottemperato di fatto all'onere
previsto dall'art. 5, comma 1, lettera f),
D.Lgs. n. 494/1996 [e ora dall’art. 92,
comma 1, lettera e, D.Lgs. n. 81/2008],
dovendo le singole lavorazioni restare
sospese fino alla verifica dell'avvenuto
adempimento delle prescrizioni imposte”.
Sostiene, inoltre, che i giudici di merito
avrebbero “indebitamente ampliato oltre
modo il ruolo e le responsabilità del
coordinatore per l'esecuzione dei lavori che
non era più tenuto ad assicurare
l'applicazione del piano di sicurezza, ma
solamente a verificarne l'applicazione, non
assumendo quindi un'obbligazione c.d. di
risultato”, e che, “nel caso di
specie, il piano di sicurezza e di
coordinamento della impresa appaltatrice
rispondeva alle prescrizioni del
regolamento, chiaramente imponendo
l'adozione della misura di sicurezza
prevista, relativamente alla necessità della
preventiva chiusura delle aperture del
solaio”, sicché “il piano di
sicurezza rispondeva ai requisiti di legge e
la relativa applicazione esecutiva era stata
verificata dal coordinatore, dal quale
null'altro poteva esigersi”.
La Sez. IV disattende queste argomentazioni
difensive. In accordo con i giudici di
merito, osserva che sul coordinatore “gravava
l'obbligo, oltreché di esser presente in
cantiere, di controllare (id est: ‘di
verificare’) l'osservanza alle regole in
materia di sicurezza dettate sia dal piano
di sicurezza e di coordinamento, sia
-ovviamente- dalle susseguenti integrazioni
dallo stesso disposti”. E con
particolare lucidità precisa che “l'eventuale
adozione dei provvedimenti a valenza
prettamente cautelare di cui all'art. 5,
comma 1, lettere e) ed f), D.Lgs. n.
494/1996 [e ora all’art. 92, comma 1,
lettere e) ed f), D.Lgs. n. 81/2008]
logicamente e necessariamente implica la
preventiva verifica sia delle condizioni di
esecuzione delle lavorazioni sia
dell'inottemperanza delle prescrizioni
antinfortunistiche”. Dove si coglie
efficacemente la determinante connessione
tra le disposizioni attualmente dettate
nell’art. 92, comma 1, D.Lgs. n. 81/2008
alla lettera a) e alla lettera e) (non a
caso, quest’ultima, esplicita nel
prescrivere l’obbligo di segnalare “le
inosservanze alle disposizioni degli
articoli 94, 95, 96 e 97, comma 1, e alle
prescrizioni del piano di cui all'articolo
100 ove previsto”) (Corte di Cassazione,
Sez. IV penale, sentenza 02.12.2011 n.
45009 - tratto da www.ipsoa.it). |
EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI: Se
il capocantiere non vigila l'imprenditore
non risponde.
L'imprenditore edile non risponde per i
danni subiti dall'operaio in seguito alla
caduta da un'impalcatura se ha nominato un
capocantiere e un coordinatore che non hanno
vigilato.
Ad allentare la morsa sulla
responsabilità a tutti i costi del datore di
lavoro in caso di infortuni è la Corte di
Cassazione, Sez. IV penale, che, con la
sentenza
01.12.2011 n. 44650, ha confermato
l'assoluzione nei confronti di un
imprenditore accusato di lesioni colpose per
la caduta di un operario da un'impalcatura
alta 185 cm.
Ma da quanto ricostruito dagli
inquirenti era emerso in primo luogo che non
erano applicabili al caso le norme antinfortunitische
poste a tutela dei lavori in quota (per
impalcature superiori ai due metri). Non
solo. L'imprenditore aveva inoltre nominato
un capocantiere, assente per malattia il
giorno dell'incidente, e un coordinatore,
ritenuto colpevole in un altro procedimento
con patteggiamento della pena.
Dunque, secondo i giudici di merito del
Tribunale di Asti, nulla poteva essere
rimproverato al datore di lavoro che aveva
predisposto tutte le misure a tutela
dell'operaio. Contro questa decisione la
pubblica accusa ha presentato ricorso in
Cassazione osservando che l'altezza
dell'impalcato dal quale è caduto
l'infortunato sembra rendere non
direttamente applicabili le norme
antinfortunistiche specificamente dettate
per i lavori in quota. Non basta. Secondo la
Procura, in considerazione degli obblighi
cautelari imposti dall'art. 2087, cod. civ.
al datore di lavoro, nel caso di specie
residua a carico dell'imprenditore un
profilo di colpa generica, atteso che
l'altezza dell'impalcato, di poco inferiore
ai due metri (cm. 185), rendeva la situazione
concreta estremamente pericolosa per
l'incolumità degli addetti, tenuto conto
della eccessiva distanza tra asse e parete
dell'edificio (da 50 a 70 centimetri).
Dunque il datore di lavoro avrebbe dovuto
rimuovere i fattori di rischio presenti in
cantiere, dando disposizioni affinché
l'impalcato aderisse alla parete del
fabbricato, evitando interstizi pericolosi
per gli operai. Una tesi, questa, che non ha
convinto la quarta sezione penale che, nel
confermare l'assoluzione dell'imputato ha
ritenuto che l'organigramma aziendale, con
la nomina di capocantiere e coordinatore,
fosse impeccabile. Anche la Procura generale
della Suprema corte, nell'udienza tenutasi
al Palazzaccio lo scorso 20 ottobre ha
chiesto la conferma della pronuncia di
assoluzione dell'imprenditore
(articolo ItaliaOggi del 02.12.2011). |
ENTI LOCALI -
PUBBLICO IMPIEGO - SICUREZZA LAVORO: Sanzioni per violazioni di norme in materia
di sicurezza sul lavoro.
La Corte dei Conti Sez. Reg.le Emilia
Romagna, con
parere
30.11.2011 n. 239, ha stabilito che:
"La posizione che emerge è quella del
riconoscimento del carattere personale della
responsabilità conseguente alle violazioni
della normativa concernente la sicurezza nel
luogo di lavoro...Pertanto l'ente pubblico,
in presenza di una sanzione a carico del
datore di lavoro per violazione della
normativa sulla sicurezza de qua, non può
assumersene l'onere, senza cagionare un
danno all'Erario."
"La Sezione ritiene che il Sindaco (nella
fattispecie, datore di lavoro) debba essere
destinatario dell'eventuale risarcimento che
l'ente locale dovesse ottenere dalla società
incaricata degli adempimenti previsti dal
d.lgs. 81/2008, fino alla concorrenza della
somma dallo stesso pagata a titolo di
sanzione."
(tratto da www.publika.it). |
SICUREZZA LAVORO: SICUREZZA/ Pulizia di silos, serve esperienza.
Stop ai lavori in ambienti a rischio senza
giusta formazione. Entra
in vigore il dpr n. 177/2011 che approva il
regolamento per la qualificazione delle
imprese.
Stop ai lavori di pulitura di silos e
cisterne senza adeguata formazione dei
lavoratori e dispositivi di sicurezza. Il 23
novembre entra in vigore il dpr n. 177/2011
che approva il regolamento per la
qualificazione di imprese e lavoratori
autonomi che operano in ambienti sospetti di
inquinamento o confinati.
Le disposizioni, che resteranno valide in
attesa della definizione del complessivo
sistema di qualificazione delle imprese
previsto dal T.u. sicurezza (dlgs n.
81/2008), stabiliscono tra l'altro che per
svolgere attività lavorativa in ambienti
confinati l'azienda deve avere in forza
personale con esperienza almeno triennale
(in misura non inferiore al 30% della forza
lavoro), munito di specifici dispositivi di
protezione individuale (maschere protettive
ecc.), di attrezzature e di strumentazioni
(come rilevatori di gas, respiratori ecc.)
idonei a prevenire i rischi.
Finalità e ambito di applicazione. Il
regolamento disciplina il sistema di
qualificazione di imprese e lavoratori
autonomi destinati a operare nel settore
degli ambienti sospetti di inquinamento o
confinati, quali individuati ai sensi degli
articoli 66 e 121 del T.u. sicurezza (si
veda tabella). Restano comunque disposizioni
di carattere temporaneo, in attesa della
definizione del complessivo sistema previsto
dal T.u. sicurezza.
Le nuove regole. Il regolamento stabilisce
che qualsiasi attività lavorativa nel
settore degli ambienti sospetti di
inquinamento o confinati può essere svolta
unicamente da imprese o lavoratori autonomi
qualificati in ragione del possesso dei
seguenti requisiti:
a) integrale applicazione delle disposizioni
in materia di valutazione dei rischi,
sorveglianza sanitaria e misure di gestione
delle emergenze;
b) integrale e vincolante applicazione delle
norme relative alle imprese familiari e
lavoratori autonomi;
c) presenza di personale, in percentuale non
inferiore al 30% della forza lavoro, con
esperienza almeno triennale relativa a
lavori in ambienti sospetti di inquinamento
o confinati, assunta con contratto di lavoro
subordinato a tempo indeterminato ovvero
anche con altre tipologie contrattuali o di
appalto, a condizione, in questa seconda
ipotesi, che i relativi contratti siano
stati preventivamente certificati. Tale
esperienza deve essere necessariamente in
possesso dei lavoratori che svolgono le
funzioni di preposto;
d) avvenuta effettuazione di attività di
informazione e formazione di tutto il
personale, ivi compreso il datore di lavoro
ove impiegato per attività lavorative in
ambienti sospetti di inquinamento o
confinati, specificamente mirato alla
conoscenza dei fattori di rischio propri di
tali attività, oggetto di verifica di
apprendimento e aggiornamento (contenuti e
modalità della formazione verranno
individuati entro 90 giorni con accordo in
Conferenza permanente per i rapporti tra lo
stato, le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano, sentite le parti
sociali);
e) possesso di dispositivi di protezione
individuale, strumentazione e attrezzature
di lavoro idonei alla prevenzione dei rischi
propri delle attività lavorative in ambienti
sospetti di inquinamento o confinati e
avvenuta effettuazione di attività di
addestramento all'uso corretto di tali
dispositivi, strumentazione e attrezzature;
f) avvenuta effettuazione di attività di
addestramento di tutto il personale
impiegato per le attività lavorative in
ambienti sospetti di inquinamento o
confinati, ivi compreso il datore di lavoro,
relativamente alla applicazione di procedure
di sicurezza;
g) rispetto delle vigenti previsioni, ove
applicabili, in materia di Documento unico
di regolarità contributiva (Durc);
h) integrale applicazione della parte
economica e normativa della contrattazione
collettiva di settore, compreso il
versamento della contribuzione all'eventuale
ente bilaterale di riferimento, ove la
prestazione sia di tipo retributivo, con
riferimento ai contratti e accordi
collettivi di settore sottoscritti da
organizzazioni dei datori di lavoro e dei
lavoratori comparativamente più
rappresentative sul piano nazionale
(articolo ItaliaOggi
Sette del 21.11.2011). |
LAVORI PUBBLICI - SICUREZZA LAVORO:
Sicurezza: R.U.P. deve
sorvegliare anche durante la fase di
svolgimento dei lavori.
A carico del
responsabile unico del procedimento (R.U.P.)
grava una posizione di garanzia connessa ai
compiti di sicurezza non solo nella fase
genetica dei lavori, laddove vengono redatti
i piani di sicurezza, ma anche durante il
loro svolgimento, ove è previsto che debba
svolgere un'attività di sorveglianza del
loro rispetto.
E’ questo il principio ribadito dalla
Suprema Corte di Cassazione, Sez. IV penale,
con la
sentenza 15.11.2011 n. 41993.
Nel caso di specie il giudice di prime cure
condannava per il delitto di cui all’art.
589 c.p. per omicidio colposo, il
responsabile del procedimento amministrativo
di lavori pubblici e responsabile dei
lavori, il coordinatore in materia di
sicurezza e il titolare della ditta
subappaltatrice, rispettivamente a 6 mesi di
reclusione il primo e a 5 mesi di reclusione
gli altri due con l’ulteriore risarcimento
danni in favore della parte civile. Ai tre,
infatti, era stato addebitato di avere
consentito, in violazione degli obblighi di
sicurezza a loro carico gravanti, che un
operaio, intento alla posa in opera della
copertura di una piscina, lavorasse in
totale assenza delle opere di protezione
collettiva previste dal piano di sicurezza e
senza precauzioni atte ad evitare la caduta
dall'alto. In tale frangente l’operaio
cadeva da un'altezza di circa 10 m.
decedendo per gravi lesioni al capo.
La situazione viene confermata anche in
secondo grado, ad eccezione del titolare
della ditta dichiarando l'estinzione del
reato a suo carico per morte dell'imputato.
Il ricorso per cassazione procede solo per
il responsabile del procedimento
amministrativo di lavori pubblici, in quanto
quello presentato dal coordinatore in
materia di sicurezza è dichiarato
inammissibile per presentazione tardiva.
Sul responsabile dei lavori, ai sensi
dell'art. 6 del d.p.r. 494 del 1996, incombe
l’obbligo delle verifica delle condizioni di
sicurezza del lavoro in attuazione dei
relativi piani (art. 4 ed art. 5, co. 1,
lett. a), d.p.r. cit.). Inoltre, il
responsabile del procedimento provvede a
creare le condizioni affinché il processo
realizzativo dell'intervento risulti
condotto nei tempi e costi preventivati e
nel rispetto della sicurezza e la salute dei
lavoratori, in conformità a qualsiasi altra
disposizione di legge in materia.
Sommando i diversi compiti a carico del
responsabile deriva quella posizione di
garanzia ai compiti di sicurezza non solo
nella fase genetica dei lavori, laddove
vengono redatti i piani di sicurezza, ma
anche durate il loro svolgimento, ove è
previsto che debba svolgere un'attività di
sorveglianza del loro rispetto.
Da ciò ne consegue che in ogni caso era
onere del RUP, a fronte di modifiche
progettuali, in adempimento degli obblighi
sopra richiamati, controllare la adeguatezza
dei piani di sicurezza alla salvaguardia
dell'incolumità dei lavoratori.
Né il lamentato comportamento negligente
della persona offesa (che non avrebbe
utilizzato le cinture), può escludere la
rilevanza causale della condotta omissiva
dell'imputato. Infatti, «la condotta
colposa del lavoratore infortunato non
assurge a causa sopravvenuta da sola
sufficiente a produrre l'evento quando sia
comunque riconducibile all'area di rischio
propria della lavorazione svolta».
La vittima ha subito l'infortunio mentre
svolgeva, senza alcuna abnormità di
condotta, la sua ordinaria attività di
lavoro. Da qui il rigetto del ricorso da
parte dei giudici del Palazzaccio e la
condanna al pagamento delle spese
processuali (link a www.altalex.com). |
LAVORI PUBBLICI - SICUREZZA LAVORO:
Responsabilità del RUP e
posizione di garanzia nei lavori pubblici.
Responsabilità per omicidio colposo occorso
ad un lavoratore.
Furono imputati del reato il responsabile
del procedimento amministrativo di lavori
pubblici e responsabile dei lavori, il
coordinatore in materia di sicurezza, il
titolare della ditta subappaltatrice, per
aver consentito, in violazione degli
obblighi di sicurezza a loro carico
gravanti, che il lavoratore, intento alla
posa in opera della copertura di una
piscina, lavorasse in totale assenza delle
opere di protezione collettiva previste dal
piano di sicurezza e senza precauzioni atte
ad evitare la caduta dall'alto e in tale
frangente cadeva da un'altezza di circa 10
mt., decedendo per gravi lesioni al capo.
Condannati in primo grado, la Corte di
Appello di Genova confermava la pronuncia di
condanna per il Responsabile del
Procedimento e del coordinatore per la
sicurezza, dichiarando l'estinzione del
reato a carico del titolare della ditta
subappaltatrice per morte dell'imputato.
Ricorso in Cassazione
- Il ricorso proposto dal coordinatore per
la sicurezza è inammissibile perché tardivo;
La Corte rigetta invece il ricorso del
Responsabile del procedimento
amministrativo.
"La Corte afferma che va premesso che la
sua responsabilità è stata ritenuta sulla
base della qualità di "Responsabile del
procedimento amministrativo" e responsabile
dei lavori, figura che nei lavori pubblici
rappresenta il committente.
Sul responsabile del lavori incombe, ai
sensi dell'art. 6 del d.P.R. 494 del 1996,
l'obbligo della verifica delle condizioni di
sicurezza del lavoro in attuazione dei
relativi piani (art. 4 ed art. 5, co, 1,
lett a), d.P.R. cit).
Orbene ciò premesso, deve ricordarsi che ai
sensi dell'art. 7, co. 2°, del d.P.R. 554
del 1999 (Regolamento di attuazione della
Legge Quadro dei Lavori Pubblici), il
"Responsabile del procedimento" provvede a
creare le condizioni affinché il processo
realizzativo dell'intervento risulti
condotto nei tempi e costi preventivati e
nel rispetto della sicurezza e la salute dei
lavoratori, in conformità a qualsiasi altra
disposizione di legge in materia."
... In sostanza a carico del RUP
(responsabile unico del procedimento) grava
una posizione di garanzia connessa ai
compiti di sicurezza non solo nella fase
genetica dei lavori, laddove vengono redatti
i piani di sicurezza, ma anche durate il
loro svolgimento, ove è previsto che debba
svolgere un'attività di sorveglianza del
loro rispetto.
Orbene, nel caso di specie, come
correttamente rilevato dal giudice di
merito, l'imputato è venuto meno
all'adempimento degli oneri a suo carico
gravanti.
Per quanto detto, va ribadito che la
radicata posizione di garanzia in capo
all'imputato, rende rilevante causalmente la
sua negligente condotta omissiva, non avendo
l'imputato controllato l'adeguatezza e
specificità dei piani di sicurezza rispetto
alle loro finalità; nonché non avendo
vigilato sulla loro corretta attuazione.
Né il lamentato comportamento negligente
della persona offesa (che non avrebbe
utilizzato le cinture), può escludere la
rilevanza causale della condotta omissiva
dell'imputato. Nel caso di specie la vittima
ha patito l'infortunio mentre svolgeva,
senza alcuna abnormità di condotta, la sua
ordinaria attività di lavoro nel pozzo
citato, che era privo di presidi anticaduta
(Corte di Cassazione, Sez. IV penale,
sentenza 15.11.2011 n. 41993 -
link a http://olympus.uniurb.it). |
SICUREZZA LAVORO: Criteri,
metodi e strumenti di valutazione del
rischio stress lavoro correlato. Linee guida
dalla Regione Lombardia.
Lo stress lavoro correlato costituisce una
situazione di prolungata tensione che può
ridurre l'efficienza sul lavoro e può
determinare un cattivo stato di salute.
Esso può essere causato da diversi fattori
come la tipologia di lavoro, l’inadeguatezza
della gestione e dell'organizzazione del
lavoro, le carenze nella comunicazione, i
difficili rapporti interpersonali.
Il datore di lavoro è tenuto a valutare il
rischio stress da lavoro correlato per la
propria azienda, come previsto dal D.Lgs. n.
81/2008 e s.m.i.
La Regione Lombardia ha pubblicato il
decreto D.G. 15.11.2011 n. 10611
contenente le linee guida generali sulla
"Valutazione del rischio stress lavoro-correlato
- Indicazioni generali esplicative sulla
base degli atti normativi integrati.
Il documento illustra come definire un “buon
percorso” valutazione dei rischi da
parte del datore di lavoro. In particolare,
vengono analizzati:
►
i criteri;
►
i metodi;
►
gli strumenti.
Pur avendo carattere regionale, la
pubblicazione costituisce una valida guida e
fornisce indicazioni generali utili a
chiunque sia impegnato nella valutazione del
rischio specifico nei luoghi di lavoro
(01.12.2011 - tratto da e link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO: Ruolo,
obblighi e responsabilità del coordinatore
per la sicurezza nei cantieri edili. Ecco le
linee di indirizzo della Regione Lombardia.
Esistono due tipologie di incarichi
professionali relative al coordinamento per
la sicurezza nei cantieri:
- il coordinatore per la sicurezza in
fase di progettazione, che ha il compito
di:
● pianificare le misure necessarie a tutela
di salute e sicurezza
● redigere il piano di sicurezza e di
coordinamento (PSC)
● predisporre il fascicolo con le
caratteristiche dell'opera
- il coordinatore per la sicurezza in
fase di esecuzione, che deve:
● verificare l’applicazione da parte delle
imprese delle disposizioni contenute nel PSC;
● verificare l’idoneità del piano operativo
di sicurezza (POS) redatto dalle imprese;
● adeguare il piano di sicurezza e di
coordinamento e il fascicolo, in relazione
all’evoluzione dei lavori ed alle eventuali
modifiche intervenute, al fine di migliorare
la sicurezza in cantiere;
● organizzare la cooperazione ed il
coordinamento tra le varie imprese;
● sospendere, in caso di pericolo grave e
imminente, le singole lavorazioni o
allontanare lavoratori che non operano in
sicurezza.
La Regione Lombardia ha approvato con il
decreto D.G. 15.11.2011 n. 10602
le "Linee di indirizzo per l’attività di
coordinatore per la sicurezza nei cantieri
edili".
Il documento propone una serie di strumenti
per assolvere correttamente agli obblighi
dei coordinatori per la sicurezza previsti
dalla normativa vigente.
Gli argomenti trattati sono i seguenti:
● Quadro normativo di riferimento;
● Figure coinvolte nella gestione della
sicurezza nei cantieri;
● Responsabilità congiunte del committente e
del coordinatore;
● Ruolo e obblighi delle imprese
affidatarie;
● Ruolo e obblighi delle imprese esecutrici;
● Obblighi del coordinatore per la
progettazione;
● Obblighi del coordinatore per l’esecuzione
dei lavori;
● Compiti e ruolo del coordinatore per
l'esecuzione dei lavori
(01.12.2011 - tratto da e link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO: Testo
Unico sulla Sicurezza e verifica periodica
delle attrezzature: domande, risposte e
chiarimenti.
Gli obblighi del datore di lavoro sono
disciplinati dall’articolo 71 del Decreto
Legislativo 81/2008; tra questi vi è la
verifica periodica delle attrezzature di
lavoro.
Le attrezzature sono definite come qualsiasi
macchina, apparecchio, utensile o impianto
necessari all’attuazione di un processo
produttivo; le attrezzature da sottoporre a
verifica periodica sono specificate
nell’Allegato VII del D.Lgs. 81/2008.
Le modalità attuative sono state stabilite
dal D.M. 11.04.2011 che entrerà in vigore il
24.01.2012. In particolare il Decreto
definisce:
►
le modalità di effettuazione delle verifiche
periodiche cui sono sottoposte le
attrezzature di lavoro;
►
i criteri per l'abilitazione dei soggetti
pubblici o privati;
►
le modalità con cui l'INAIL e le ASL possono
avvalersi del supporto di soggetti pubblici
o privati per l'effettuazione delle
verifiche periodiche di cui all'articolo 71,
comma 11.
La Regione Piemonte e la ASL di Alessandria
hanno reso disponibile una pubblicazione
completa sulla verifica periodica delle
attrezzature.
Il documento fornisce utili chiarimenti e
delucidazioni, fornendo risposta a tante
domande frequenti, tipo cosa accade se non
vengono effettuate le verifiche nei termini
previsti, oppure quali sono i costi da
sostenere.
Gli argomenti trattati sono:
● Analisi del DM 11 aprile 2011;
● Denuncia dei dispositivi di messa a terra
e obblighi di verifica;
● Infortuni connessi all'uso di macchine,
attrezzature e impianti
(10.11.2011 - link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO:
Guida illustrata sulla sicurezza nei
cantieri: disegni, schemi e didascalie su
cosa fare e cosa non fare.
Durante le attività di cantiere i lavoratori
devono prestare particolare attenzione alle
operazioni svolte, anche quelle
apparentemente più semplici.
Al riguardo è necessaria un'opportuna
attività di formazione e informazione da
parte dei datori di lavoro.
In questo articolo proponiamo ai lettori di
BibLus-net una guida realizzata da ANFOS
(Associazione Nazionale Formatori della
Sicurezza sul Lavoro) in collaborazione con
E.Bi.N.Fo.S. (Ente Paritetico Bilaterale
Nazionale Formazione della Sicurezza) che ha
lo scopo di richiamare l’attenzione sugli
aspetti principali della sicurezza e
dell’igiene del lavoro nei cantieri edili.
La guida è costituita da illustrazioni e
didascalie riportanti i comportamenti
corretti e quelli da evitare in diverse fasi
da affrontare in un cantiere edile ed è
facilmente comprensibile anche dagli
operatori extracomunitari.
In particolare, i temi trattati sono:
● Dispositivi di protezione individuale
nelle varie lavorazioni;
● Lavori in quota;
● Movimentazione dei carichi;
● Operazioni di scavo;
● Operazioni di demolizione
(10.11.2011 - link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO:
G.U. 08.11.2011 n. 260 "Regolamento
recante norme per la qualificazione delle
imprese e dei lavoratori autonomi operanti
in ambienti sospetti di inquinamento o
confinanti, a norma dell’articolo 6, comma
8, lettera g), del decreto legislativo
09.04.2008, n. 81" (D.P.R.
14.09.2011 n. 177).
---------------
Più
sicurezza in silos e cisterne. In G.U. il
dpr sugli ambienti confinati.
Per svolgere attività lavorativa in ambienti
confinati l'azienda deve avere personale con
esperienza almeno triennale (in misura non
inferiore al 30% della forza lavoro), munito
di specifici dispositivi di protezione
individuale (maschere protettive ecc.), di
attrezzature e di strumentazioni (rilevatori
di gas, respiratori ecc.) idonei a prevenire
i rischi di tali attività e provvedere
all'addestramento all'uso corretto degli
stessi.
Lo stabilisce, tra l'altro, il dpr
n. 177/2011 pubblicato sulla Gazzetta
Ufficiale n. 260/2011 che entrerà in vigore
dal 23.11.2011.
Il provvedimento approva il regolamento per
la qualificazione di imprese e lavoratori
autonomi che operano in ambienti sospetti di
inquinamento o confinati; sono disposizioni
che restano valide in attesa della
definizione del complessivo sistema di
qualificazione delle imprese previsto dal
T.u. sicurezza (dlgs n. 81/2008).
Tra le
novità principali, il provvedimento
introduce le condizioni per lo svolgimento
delle attività nel settore degli ambienti
sospetti di inquinamento o confinati.
Infatti, possono svolgere tali attività
unicamente le imprese e i lavoratori
autonomi qualificati in ragione del
possesso, tra l'altro, dei seguenti
requisiti: integrale applicazione delle
disposizioni in materia di valutazione dei
rischi, sorveglianza sanitaria e misure di
gestione delle emergenze; presenza di
personale, in percentuale non inferiore al
30% della forza lavoro, con esperienza
almeno triennale relativa a lavori in
ambienti sospetti di inquinamento o
confinati, assunta con contratto di lavoro
subordinato a tempo indeterminato ovvero
anche con altre tipologie contrattuali o di
appalto, a condizione, in questa seconda
ipotesi, che i relativi contratti siano
stati preventivamente certificati; avvenuta
effettuazione di attività di informazione e
formazione di tutto il personale, ivi
compreso il datore di lavoro se impiegato
per attività lavorative in ambienti sospetti
di inquinamento o confinati, mirato
specificamente alla conoscenza dei fattori
di rischio propri di tali attività; ancora
possesso di dispositivi di protezione
individuale, strumentazione e attrezzature
di lavoro idonei alla prevenzione dei rischi
propri delle attività lavorative in ambienti
sospetti di inquinamento o confinati e
avvenuta effettuazione di attività di
addestramento al loro corretto uso; infine
rispetto delle norme, se applicabili, in
materia di Durc
(articolo ItaliaOggi
del 10.11.2011). |
SICUREZZA LAVORO: Assenza
di sicurezza sui luoghi di lavoro? Nessuno
sgravio fiscale!
Nessuno sgravio fiscale se nei luoghi di
lavoro non sono rispettate le norme di
igiene e sicurezza.
Lo stabilisce la Corte di Cassazione con l'ordinanza
03.11.2011 n. 22860, precisando
che, in presenza di violazioni in materia di
sicurezza sul lavoro da parte delle Imprese,
non è dovuta alcuna agevolazione fiscale per
il Datore di Lavoro che le richiede.
Il rispetto delle Norme in materia di tutela
del lavoratore rappresenta, quindi, un
elemento necessario e fondamentale per le
Imprese che richiedano sgravi fiscali e/o
contributivi quando assumono nuovi
dipendenti.
In particolare, la Cassazione ha bocciato il
ricorso di un datore di lavoro che si era
visto negare il diritto ad un credito di
imposta, a causa delle sanzioni subite per
violazioni delle norme di prevenzione e
protezione dai rischi dei propri lavoratori
(link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO: Progettazione,
installazione e valutazione dei rischi dei
sistemi di ancoraggio. Ecco le pubblicazioni
INAIL.
Gli ancoraggi nelle costruzioni sono sempre
stati fonte di dibattito. Risulta difficile,
infatti, affrontare in maniera organica ed
esauriente le questioni relative
all’identificazione, qualificazione,
progettazione e installazione dei sistemi di
ancoraggio.
Le principali confusioni scaturiscono dal
fatto che gli ancoraggi possono essere
classificati secondo diverse normative, in
particolare:
►
Direttiva prodotti da costruzione 89/106/CEE
►
Direttiva DPI 89/686/CEE
►
Norme Tecniche (UNI EN 795)
►
Circolari del Ministero del Lavoro e della
Previdenza Sociale (è il caso degli
ancoraggi dei ponteggi)
►
L’INAIL (ex Ispesl) ha reso disponibili gli
atti del Convegno tenutosi a Bologna il
07.10.2011.
Le pubblicazioni sono le seguenti:
● Classificazione degli ancoraggi
● Valutazione del rischio relativa alla
scelta degli ancoraggi
● Aspetti relativi ai materiali costituenti
le strutture di copertura
● Ancoranti ed ETAG 001
● Dispositivi di ancoraggio e punti di
ancoraggio
● Ancoraggio per Ponteggi
(27.10.2011 - link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO: Rischio
elettrico e individuazione e gestione dei
rischi. Ecco il quaderno tecnico.
I rischi di natura elettrica assumono
particolare rilevanza nei cantieri edili a
causa delle condizioni ambientali in cui si
trovano a dover operare gli impianti e le
apparecchiature elettriche.
Basti pensare agli effetti delle escursioni
termiche e della luce diretta, alle
vibrazioni prodotte dai macchinari,
all’esposizione alle intemperie e alla
presenza di polveri o liquidi.
La ASL di Milano ha pubblicato un Quaderno
Tecnico sui controlli fondamentali in
cantiere per ridurre il rischio elettrico.
La pubblicazione è rivolta a tutti coloro
che si occupano di valutazione e gestione
dei rischi (datori di lavoro, coordinatori
per la sicurezza, RSPP, consulenti per la
sicurezza) e costituisce una guida per
l’individuazione dei principali rischi
elettrici e le misure di prevenzione più
comuni.
Gli argomenti trattati sono:
● Integrità del materiale elettrico;
● Modifiche non autorizzate delle
apparecchiature;
● Idoneità del materiale elettrico in
cantiere;
● Installazione dell’impianto a regola
d’arte;
● Protezione contro i fulmini;
● Organizzazione e gestione dei rischi
(27.10.2011 - link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO: Figure
della Sicurezza nei luoghi di lavoro e nei
cantieri edili: chi sono, cosa devono fare e
cosa non devono fare!
Le figure coinvolte nella sicurezza sui
luoghi del lavoro, e in particolare sui
cantieri, sono diverse e ciascuna di essa ha
degli adempimenti ben precisi.
Tra queste figure ricordiamo:
● Committente privato;
● Committente pubblico;
● Coordinatore per la sicurezza in fase di
progettazione;
● Coordinatore per la sicurezza in fase di
esecuzione;
● Medico competente;
● Lavoratore;
● Responsabile del servizio di prevenzione e
protezione;
● Rappresentante dei lavoratori per la
sicurezza.
Ciascuna di queste figure ha degli obblighi
ben precisi, individuati dalla normativa
vigente.
L'ASLE (Associazione per la Sicurezza dei
Lavoratori Edili) di Milano e Lodi ha
pubblicato in passato un manuale rivolto ai
lavoratori e a tutti i soggetti che
concorrono alla sicurezza sui luoghi di
lavoro. Il documento, seppur riferito alla
vecchia normativa (D.Lgs. 626/1994),
contiene tutte le definizioni, i compiti e
gli adempimenti relativi alle varie figure
impegnate sia dentro che fuori dal cantiere
e risulta di semplice comprensione.
Chiaramente va riadattato alle modifiche
previste dal D.Lgs. 81/2008 e s.m.i.
(20.10.2011 - link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO: Come
porre quesiti interpretativi sul Testo Unico
sulla Sicurezza.
Il Testo Unico in materia di salute e
sicurezza nel lavoro (D.Lgs. 81/2008)
stabilisce, all'articolo 12, che il
Ministero del Lavoro, della salute e delle
politiche sociali istituisca la Commissione
per gli Interpelli, con la finalità di
fornire risposte ai quesiti che
costituiscano criteri interpretativi e
direttivi per l’esercizio delle attività di
vigilanza.
Con Decreto Direttoriale del 28.09.2011 è
stata istituita la Commissione per gli
Interpelli ed è stato attivato l’indirizzo
di posta elettronica interpellosicurezza@lavoro.gov.it.
I tecnici o le imprese o i datori di lavoro
che abbiano necessità di formulare quesiti
interpretativi o di ordine generale
sull’applicazione della normativa in materia
di salute e sicurezza del lavoro possono
rivolgersi agli ordini professionali o ad
organismi di rilevanza nazionale, al fine di
inoltrare tali quesiti alla Commissione per
gli Interpelli.
Infatti, hanno possibilità di consultare la
Commissione per gli interpelli solo:
● gli organismi associativi a rilevanza
nazionale;
● le organizzazioni sindacali dei datori di
lavoro e dei lavoratori;
● i consigli nazionali degli ordini o
collegi professionali.
Le istanze di interpello dovranno essere
necessariamente inoltrate via e-mail (interpellosicurezza@lavoro.gov.it).
Le indicazioni fornite nelle risposte ai
quesiti costituiscono criteri interpretativi
e direttivi per l’esercizio delle attività
di vigilanza
(20.10.2011 - link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO: Vademecum
per il medico competente: un utile
riferimento per la redazione del DVR.
La Sovrintendenza Medica Generale ha
recentemente pubblicato il Vademecum per il
medico competente, nato dall’esperienza
professionale dei medici del lavoro
dell’INAIL nella Pubblica Amministrazione.
Il vademecum rappresenta certamente un utile
strumento per il medico competente della
Pubblica Amministrazione, ma costituisce
anche una preziosa guida agli adempimenti
normativi necessari alla redazione del DVR
(Documento di Valutazione dei Rischi). Al
riguardo, ricordiamo che inadempienze anche
formali degli obblighi previsti dalla legge
sono oggetto di pesanti sanzioni.
Nel documento vengono forniti i consigli su
come informare i lavoratori, come
predisporre i corsi di formazione e come
gestire i rapporti con il servizio sanitario
nazionale.
La pubblicazione tratta i seguenti
argomenti:
● la sorveglianza sanitaria nella pubblica
amministrazione;
● informazione del lavoratore e consenso
informato;
● organizzazione del pronto soccorso;
● classificazione delle aziende;
● requisiti e formazione degli addetti al
pronto soccorso;
● attrezzature minime per gli interventi di
pronto soccorso;
● contenuto minimo della cassetta di pronto
soccorso;
● contenuto minimo del pacchetto di
medicazione;
● riunione periodica;
● partecipazione a corsi di formazione e
informazione;
● tenuta dei registri;
● rapporti del medico competente con il
servizio sanitario nazionale
(13.10.2011 - link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO:
Responsabilità penale di soci di società di
persone: sussiste per inadempimenti in
materia di sicurezza sul lavoro?
Domanda.
I soci di una società di persone possono
essere chiamati a rispondere delle sanzioni
penali che conseguono ad inadempimenti
formali in materia di sicurezza sul lavoro
come previsto dal decreto 81 del 2008
cosiddetto Testo Unico?
Risposta.
In materia penale, come è quella
prevenzionistica relativa alla tutela della
salute e della sicurezza dei lavoratori nei
luoghi di lavoro di cui al d.lgs. n.
81/2008, come modificato dal d.lgs. n.
106/2009, anche quando attivata in via
contravvenzionale con la procedura di
prescrizione obbligatoria, la responsabilità
per le condotte illecite rilevate dal
personale ispettivo è personale di ciascuno
dei soggetti che, in qualità di datore di
lavoro, avrebbero dovuto e potuto agire
diversamente, tenendo la condotta doverosa o
non ponendo in essere il comportamento
antidoveroso, per conto dell'azienda nella
quale le violazioni vengono ad essere
riscontrate e debitamente accertate.
L'articolo 16 del d.lgs. n. 81/2008,
peraltro, disciplina espressamente i
requisiti legali della delega di funzioni in
materia di sicurezza, che è ammessa entro
limiti precisi e tassativi, con adeguata e
tempestiva pubblicità, e deve possedere i
seguenti elementi oggettivi:
a) risultare da atto scritto recante data
certa;
b) il delegato deve possedere tutti i
requisiti di professionalità ed esperienza
richiesti dalla specifica natura delle
funzioni delegate;
c) la delega attribuisca al delegato tutti i
poteri di organizzazione, gestione e
controllo richiesti dalla specifica natura
delle funzioni delegate;
d) la delega attribuisca al delegato
l'autonomia di spesa necessaria allo
svolgimento delle funzioni delegate;
e) la delega sia accettata dal delegato per
iscritto.
In mancanza della delega realizzata e
prodotta come sopra indicato, ciascuno dei
soci della società di persone, quale datore
di lavoro, potrà essere chiamato a
rispondere delle violazioni
prevenzionistiche rilevate dagli organi di
vigilanza, fatta salva la dimostrazione di
una obiettiva insussistenza della
responsabilità personale colpevole che però
potrà essere offerta esclusivamente durante
il procedimento penale dinanzi all'Autorità
giudiziaria e non già nelle attività di
Polizia Giudiziaria quale è la prescrizione
obbligatoria di cui al D.lgs. n. 758/1994.
Le considerazioni sono frutto esclusivo del
pensiero dell'Autore e non hanno carattere
in alcun modo impegnativo per
l'Amministrazione alla quale appartiene (07.10.2011
- tratto da www.ipsoa.it). |
SICUREZZA LAVORO: Ponteggi insicuri, datore punito.
La Cassazione sulla continuità della 626.
La 626 sarà stata pure abrogata, ma
sopravvive nella successiva riforma che ha
riordinato la normativa in tema di sicurezza
sul lavoro: c'è continuità normativa fra i
due testi di legge. Risultato? Restano
invariate le sanzioni penali a carico del
datore che permette agli operai di lavorare
su ponteggi senza protezione e senza che
indossino elmetti e scarpe anti-infortuni.
Lo precisa la sentenza 27.09.2011 n. 34903 della
III sezione
penale della Corte di Cassazione.
Zero rischi. Il decreto legislativo 81/2008,
che ha abrogato la legge 626/94, prevede una
serie di obblighi precisi in tema di tutela
delle condizioni lavorative: sui ponteggi e
lavori in quota, in particolare, l'articolo
122 prescrive espressamente che durante
l'esecuzione debbano «essere adottate,
seguendo lo sviluppo dei lavori stessi,
adeguate impalcature o ponteggi o idonee
opere provvisionali o comunque precauzioni
atte ad eliminare i pericoli di caduta di
persone e di cose».
Si segnala, osserva il
collegio, che nel titolo I, capo III,
sezione I del decreto 81/2008 (articoli 15 e
seguenti) viene contemplata, come norma
generale, la tutela della salute e della
sicurezza dei lavoratori nei luoghi di
lavoro con particolare riguardo alla
necessità di valutare tutti i rischi per la
salute e sicurezza e programmare la
prevenzione e l'eliminazione dei rischi (ove
ciò non sia possibile, la loro riduzione al
minimo in relazione alle conoscenze
acquisite in base al progresso tecnico).
Il
titolo IV, poi, si occupa in particolare
della sicurezza nei cantieri e il capo II
(articoli 105 e seguenti), nella sezione IV,
prevede una articolata disciplina sui lavori
edilizi (in genere ed in dettaglio), nonché
sui ponteggi ed lavori in quota. Altro che
cancellazione dei reati, la 626 è stata
trasfusa nel nuovo testo e resta in qualche
modo viva e vegeta, almeno nello spirito.
Il piatto piange. Insomma: è inutile per il
piccolo imprenditore condannato accampare
«capziose» pretese di abolitio criminis.
Non evita la condanna, insomma, il datore
degli operai che sono stati sorpresi dagli
ispettori del lavoro mentre erano intenti ad
effettuare lavori di intonacatura su
ponteggi sforniti di apposite protezioni e
senza indossare elmetti e scarpe
antinfortunistiche. Non resta che pagare
1.000 euro alla cassa delle ammende
(articolo ItaliaOggi del 30.09.2011). |
SICUREZZA LAVORO: Addetti
alle pulizie: guida alla valutazione dei
rischi, liste di controlli.
Gli addetti alle pulizie prestano servizio
in svariati settori, al chiuso e all’aperto,
in aree pubbliche, spesso di notte o al
mattino presto, talvolta da soli. Proprio
per questo sono spesso soggetti a svariati
tipologie di rischi e pericoli per la
sicurezza sui luoghi di lavoro.
Disturbi muscolo-scheletrici, cadute
dall’alto, inalazione di polveri pericolose
e scosse elettriche sono solo alcuni dei
rischi a cui vanno incontro i lavoratori
impegnati nelle attività di pulizia.
L’Agenzia europea per la sicurezza e la
salute sul lavoro, OSHA, ha pubblicato una
guida, con lo scopo di informare sia i
datori di lavoro che i lavoratori del
settore delle pulizie sui pericoli insiti in
questa attività e di come è possibile
prevenire i rischi.
Il documento, oltre alla parte generale
relativa alla valutazione dei rischi,
contiene due casi studio e una check list
dei controlli da eseguire
(15.09.2011 - link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO: Valutazione
dei rischi: cosa vuol dire
AUTOCERTIFICAZIONE?
Autocertificare la
valutazione dei rischi non significa che il
datore di lavoro non debba provvedere a
valutare i rischi, ma che, una volta
effettuata tale valutazione, il datore di
lavoro deve elaborare un documento dal
contenuto sia pure meno analitico rispetto
al DVR.
Lo ha stabilito la
Corte di Cassazione, Sez. III penale,
rigettando un ricorso presentato dal datore
di lavoro di un’azienda che era stato
condannato dai Giudici di prime cure per non
aver effettuato la valutazione dei rischi
(secondo le disposizioni dell’art. 4 del
D.Lgs. n. 626/1994).
In particolare, la Cassazione ha ribadito
che l’obbligo di valutazione dei rischi e di
elaborazione del relativo documento è ora
confermato dal D.Lgs. n. 81/2008 con gli
artt. 17, 28 ed art. 29 comma 5, e che il
Decreto prevede modalità semplificate di
adempimento di tale obbligo per i datori di
lavoro che occupino fino a dieci dipendenti.
Pertanto, anche autocertificando la
valutazione dei rischi, è sempre opportuno
redigere un documento, seppur semplificato!
(15.09.2011 - link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO: Compiti
e responsabilità del committente. La guida
al cantiere impeccabile!
“Devi fare un lavoro? Devi aprire un
cantiere? … Allora sei un committente!”
Chiunque, dal privato cittadino al datore di
lavoro di un’azienda, all’amministratore di
condominio, può diventare un committente nel
momento in cui inizia un lavoro.
La materia degli obblighi del committente
relativamente alla sicurezza sul lavoro
risulta vasta, complessa e piena di insidie.
Le USLL 18 e 19 di Rovigo, in collaborazione
con gli Ordini professionali e INAIL, hanno
pubblicato una guida di orientamento rivolta
in primo luogo a chi si accinge a diventare
un committente, ma certamente utile per
tutti gli operatori del settore.
La guida contiene tutte le informazioni
sulla figura del committente, sugli
obblighi, gli adempimenti e responsabilità
ed è corredata da schemi, tabelle e
immagini.
Oltre agli obblighi, suddivisi anche in base
alla fase di esecuzione dei lavori, vi è una
parte dedicata alle sanzioni
(01.09.2011 - link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO:
Quando il lavoro diventa stressante.
I fattori di rischio per i dipendenti vanno
monitorati a 360°. La valutazione del
fenomeno riguarda tutta l'azienda. Le
diverse fasi commentate passo passo.
La valutazione del rischio stress lavoro
correlato coinvolge l'azienda nel suo
complesso. Infatti, non è solo il datore di
lavoro a essere interessato (sebbene lo sia
maggiormente di altri, poiché su di lui
ricade l'obbligo), ma riguarda il
responsabile del servizio di prevenzione e
protezione (Rspp), con il coinvolgimento del
medico competente, previa consultazione del
rappresentante dei lavoratori e dei
lavoratori medesimi, ai quali spetta
rilevare l'eventuale presenza di indicatori
del rischio.
Una volta effettuata, una nuova
valutazione del rischio deve essere
immediatamente rielaborata in occasione di
modifiche del processo produttivo o
dell'organizzazione del lavoro che risultino
significative ai fini della salute e
sicurezza dei lavoratori. Per l'Inail, però,
la nuova valutazione collegata al fattore
stress può ritenersi necessaria trascorsi
due/tre anni dall'ultima effettuata.
Lo stress lavoro correlato.
La definizione di «stress lavoro correlato»
è fornita dall'accordo Ue dell'08.10.2004, ai sensi del quale è la «condizione
che può essere accompagnata da disturbi o
disfunzioni di natura fisica, psicologia o
sociale ed è conseguenza del fatto che
taluni individui non si sentono in grado di
corrispondere alla richieste o aspettativa
riposte in loro».
Tuttavia, per la
commissione consultiva permanente
(indicazioni operative alla valutazione del
rischio da stress, diffuse con nota
protocollo n. 23692/2010 del ministero del
lavoro), non tutte le manifestazioni di
stress sul lavoro sono da considerarsi come
stress lavoro correlato; quest'ultimo è solo
quello causato da vari fattori propri del
contesto e del contenuto del lavoro.
Lo stress nella valutazione
rischi.
La valutazione del rischio stress lavoro è
parte integrante dell'obbligo generale della
«valutazione rischi» che ricade sul datore
di lavoro; pertanto, è da questi che deve
essere effettuata avvalendosi dell'ausilio
del responsabile del servizio di prevenzione
e protezione (Rspp), con il coinvolgimento
del medico competente, laddove presente, e
previa consultazione del rappresentante dei
lavoratori (Rls/Rlst).
È, quindi, necessario
preliminarmente seguire il percorso
metodologico indicato dalla commissione il
quale permette una corretta identificazione
dei fattori di rischio da stress
lavoro-correlato; in questo modo, dunque, da
tale identificazione, discenderanno la
pianificazione e la realizzazione di misure
di eliminazione o quando essa non sia
possibile, riduzione al minimo di tale
fattore di rischio.
La valutazione preliminare.
A facilitare l'applicazione della procedura
della commissione consultiva permanente,
l'Inail ha fornito una guida-manuale, al
fine di fornire alle aziende un percorso
sistematico, tale da permettere al datore di
lavoro e alle figure istituzionali coinvolte
nelle attività di prevenzione (medico
competente, responsabili e rappresentanti
dei lavoratori ecc.) di gestire il rischio
stress come uno dei tanti rischi che possono
essere presenti in azienda, nell'ottica
della semplicità ma senza pregiudizio al
rigore metodologico. Fermo restando che la
valutazione del rischio da stress
lavoro-correlato è parte integrante della
più generale «valutazione dei rischi»,
l'Inail suggerisce un percorso metodologico
in due fasi: 1) valutazione preliminare e 2)
valutazione approfondita.
La valutazione preliminare consiste nella
rilevazione, in tutte le aziende, di
indicatori di rischio da stress
lavoro-correlato oggettivi e verificabili e
ove possibile numericamente apprezzabili,
che siano appartenenti «almeno» a tre
famiglie: 1) eventi sentinella; 2) fattori
contenuto del lavoro; 3) fattori contesto
del lavoro (si veda tabella).
Relativamente
agli strumenti da utilizzare in questa prima
fase, il manuale suggerisce il ricorso alle
liste di controllo, mentre nelle aziende di
maggiori dimensioni ritiene possibile la
soluzione di sentire un campione
rappresentativo dei lavoratori. Se al
termine della valutazione preliminare non
risultano rilevati elementi di rischio da
stress lavoro-correlato e, quindi, la fase
si conclude con un «esito negativo», tale
risultato va riportato nel documento finale
della valutazione dei rischi (quello
generale, il Dvr) con la previsione,
comunque, di un piano di monitoraggio.
Invece, qualora la fase si concluda con un
«esito positivo», qualora cioè emergano
elementi di rischio, è necessario passare
alla fase successiva che è la valutazione
approfondita.
La valutazione
approfondita.
Nei casi in cui dalla valutazione
preliminare emergano elementi di rischi il
datore di lavoro è tenuto a procedere
immediatamente alla pianificazione e
all'adozione degli opportuni interventi
correttivi. Ad esempio, potrà trattarsi di
interventi organizzativi, tecnici,
procedurali, comunicativi, formativi. Se
anche tali interventi correttivi dovessero
risultare inefficaci, il datore di lavoro
dovrà procedere alla successiva fase
cosiddetta di valutazione approfondita, già
prevista (quanto ai tempi) in sede di
pianificazione degli interventi successivi
alla valutazione preliminare.
La valutazione
approfondita, spiegano le istruzioni della
Commissione, deve prevedere la valutazione
della percezione soggettiva dei lavoratori.
È possibile utilizzare differenti strumenti
quali questionari, focus group, interviste
semi-strutturate, tutti incentrati sempre
sulle tre famiglie di indicatori. Tale fase
di indagine deve far riferimento ai gruppi
omogenei di lavoratori rispetto ai quali
sono state rilevate le problematiche. Nelle
aziende di grandi dimensioni può essere
realizzata anche tramite un campione
rappresentativo di lavoratori (si veda
tabella).
La validità della
valutazione.
Il manuale dell'Inail fa notare che le
indicazioni della commissione consultiva non
riportano alcun termine di validità della
valutazione del rischio, rimandando
logicamente alla previsione normativa del Tu
sicurezza che, sul punto, stabilisce che la
valutazione dei rischi deve essere
immediatamente rielaborata in occasione di
modifiche del processo produttivo o
dell'organizzazione del lavoro che risultino
significative ai fini della salute e
sicurezza dei lavoratori oppure in relazione
al grado di evoluzione della tecnica, della
prevenzione o della protezione o a seguito
di infortuni significativi o quando i
risultati della sorveglianza sanitaria ne
evidenzino la necessità. Alla luce di tali
indicazioni secondo l'Inail si può
ragionevolmente ritenere corretta una nuova
valutazione trascorsi due/tre anni
dall'ultima effettuata.
Sanzioni pesanti, fino
all'arresto.
Il regime sanzionatorio è sufficientemente
punitivo: non effettuare la valutazione dei
rischi, oppure adottare il documento sulla
valutazione dei rischi senza gli elementi
essenziali (tra cui quello sullo stress)
comporta a carico del datore di lavoro
l'applicazione della sanzione dell'arresto
da 6 mesi a 1 anno e 6 mesi. A ciò si
aggiunge che la redazione del documento di
valutazione non rispondente alle
prescrizioni di legge è punita con
un'ammenda da 3 mila a 9 mila euro.
Ancora,
la mancata custodia del documento di
valutazione presso l'unità produttiva a cui
si riferisce è punita (stavolta la pena è
anche a carico del dirigente) con la
sanzione amministrativa pecuniaria da 2,5
mila a 10 mila euro. Infine, si ricorda che
l'inadempimento della valutazione dei
rischi, con relativa produzione del
documento finale, a prescindere dalla
dimensione aziendale, preclude all'impresa
la possibilità di instaurare taluni
contratti di lavoro. Per esempio, alle
imprese che non abbiano effettuato la
valutazione dei rischi è vietato stipulare
il contratto di somministrazione di lavoro.
Parimenti è stato per il contratto di lavoro
intermittente (continua ...) (articolo ItaliaOggi Sette del 29.08.2011). |
SICUREZZA LAVORO:
R. Allegrezza,
La Responsabilità penale del RSPP (commento
a Cass. Pen., Sez. 4, 27.01.2011, n. 2814)
(link a http://olympus.uniurb.it). |
SICUREZZA LAVORO: I.
Secco,
Il responsabile dei lavori: incarico e
incompatibilità
(link a www.ipsoa.it). |
SICUREZZA LAVORO:
Responsabilità di un coordinatore
per la sicurezza in fase di esecuzione.
Responsabilità del
coordinatore per la sicurezza in fase di
esecuzione per aver cagionato lesioni
personali gravi ad un lavoratore dipendente
di un'impresa individuale che aveva ottenuto
in appalto i lavori di ristrutturazione di
una serie di fabbricati.
Era accaduto che l'operaio specializzato
P.G., mentre stava lavorando alla
realizzazione di un solaio operando
all'altezza di circa tre metri di altezza
dal suolo, tenendo i piedi appoggiati sulle
pignatte (mattoni forati impiegati nella
costruzione dei solai), perdeva l'equilibrio
cadendo nel vuoto per la rottura di una
pignatta.
Condannato in primo e secondo grado, ricorre
in Cassazione - Rigetto.
"Si osserva che, in materia di sicurezza
del lavoro, il coordinatore per l'esecuzione
del lavori, cui sono riconosciuti dalla
normativa anche poteri a contenuto
impeditivo in situazioni di pericolo grave
ed imminente, è titolare di una posizione di
garanzia nei limiti degli obblighi
specificamente individuati dal D.Lgs. n. 494
del 1996, art. 5. Egli, nell'ambito dei
cantieri temporanei o mobili contrassegnati
da lavori appaltati, deve assicurare il
collegamento tra impresa appaltatrice e
committente al fine della migliore
organizzazione del lavoro sotto il profilo
della tutela antinfortunistica, ed in
particolare sono a suo carico i compiti di
adeguare il piano di sicurezza in relazione
allo stato di avanzamento dei lavori, di
vigilare sul rispetto dello stesso e di
sospendere le singole lavorazioni in caso di
pericolo grave ed imminente." (Corte di
Cassazione, Sez. IV penale,
sentenza 17.08.2011 n. 32142 -
link a http://olympus.uniurb.it). |
SICUREZZA LAVORO: Accesso
ai documenti in materia di igiene, salute e
sicurezza sul lavoro: è legittima la
richiesta da parte del RLS di avere copia
cartacea?
Domanda.
Considerato che l'art. 53 del decreto
81/2008 ha specificato che tutta la
documentazione rilevante in materia di
igiene, salute e sicurezza sul lavoro e
tutela delle condizioni di lavoro può essere
tenuta su unico supporto cartaceo o
informatico è legittima la richiesta da
parte del RLS di avere copia cartacea del
documento? Inoltre, di quanto tempo può
disporre il RLS per la consultazione?
Risposta
L'articolo 18 (obblighi del datore di lavoro
e del dirigente) del D.Lgs. 81/2008 così
come modificato dal D.Lgs. 106/2009, al
comma 1, lettera o), pone obbligo al datore
di lavoro di «consegnare tempestivamente
al rappresentante dei lavoratori per la
sicurezza, su richiesta di questi e per
l'espletamento della sua funzione, copia del
documento di cui all'articolo 17, comma 1,
lettera a), ANCHE su supporto informatico
come previsto dall'articolo 53, comma 5,
nonché di consentire al medesimo
rappresentante di accedere ai dati di cui
alla lettera r); il documento e'consultato
esclusivamente in azienda».
Per la prima domanda, la risposta è
indiscutibile: il RLS ha il diritto di
ottenere il DVR su supporto cartaceo e "anche"
(non "soltanto") su supporto
informatico.
Vero che il comma 5 dell'articolo 53 del
D.Lgs. 81/2008 specifica che «Tutta la
documentazione rilevante in materia di
igiene, salute e sicurezza sul lavoro e
tutela delle condizioni di lavoro può essere
tenuta su unico supporto cartaceo o
informatico. ...», ma questo non
significa che il RLS non possa richiedere
copia cartacea.
Per la seconda domanda, non c'e' un
riscontro normativo specifico, ma,
considerato che è obbligo del datore di
lavoro e del dirigente «consentire ai
lavoratori di verificare, mediante il
rappresentante dei lavoratori per la
sicurezza, l'applicazione delle misure di
sicurezza e di protezione della salute
[lettera n) del citato articolo 18, comma 1]
è di sicuro riferimento la sentenza del
Tribunale Ordinario di Milano, Sezione
Lavoro, 29.01.2010, Udienza del 29.01.2010,
n. 7273/2009 RGL, ove si afferma che «poiché
il ruolo del RLS all'interno dell'azienda
all'interno dell'azienda e' posto a presidio
e controllo della salvaguardia di intessi di
primaria importanza, quali sono quelli
relativi alla salute dei lavoratori ne
deriva che il datore di lavoro dovrà
consentire al RLS la consultazione del DVR
per tutto il tempo che sarà necessario,
tenuto conto della eventuale complessità del
documento stesso».
A parere dello scrivente, la sola
limitazione che il datore di lavoro può porre
al RLS è quella di evitare la consultazione
della documentazione inerente la sicurezza,
ove non sussistano motivi di palese urgenza,
nei momenti in cui l'attività lavorativa
svolta dal RLS sia essenziale per l'azienda
(ritardo nelle consegne, predisposizione di
materiali per una fiera, ecc.) (01.08.2011
- commento tratto da www.ipsoa.it). |
SICUREZZA LAVORO: Come
riconoscere e gestire i pericoli sul lavoro.
Ecco le regole FONDAMENTALI.
Molti infortuni si verificano svolgendo le
attività più semplici e banali, come
camminare, salire o scendere le scale,
trasportare carichi.
In questi casi si è soliti sottovalutare i
rischi e pensare “a me non capiterà mai”.
Il SUVA ha pubblicato un opuscolo, di
carattere generale (quindi adatto a diverse
tipologie di rischio), che contiene una
serie di regole fondamentali in materia di
sicurezza sul lavoro.
Nel documento viene messa in risalto la
necessità di prestare attenzione a tutta una
serie di circostanze, vengono forniti
pratici consigli su come utilizzare le
scale, su come sollevare i carichi, su come
comportarsi in caso di emergenza e tanto
altro
(28.07.2011 - link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO: Il
datore di lavoro può licenziare il
lavoratore impossibilitato ad indossare le
scarpe antinfortunio?
In linea generale, il licenziamento di un
lavoratore impossibilitato ad utilizzare i
dispositivi individuali di sicurezza per
malformazioni fisiche è legittimo solo se il
datore dimostri la non reperibilità sul
mercato di altri DPI idonei e compatibili
con la disabilità del dipendente.
Nella questione in esame, un datore di
lavoro ha licenziato un lavoratore che non
riusciva ad indossare le scarpe
antinfortunistiche per una malformazione al
piede che è stata dimostrata in sede
processuale.
La Corte di Cassazione, Sez. lavoro, con la
sentenza 25.07.2011 n. 16195, ha
ritenuto illegittimo il licenziamento perché
il datore di lavoro avrebbe dovuto provare
la non reperibilità sul mercato di scarpe
antinfortunistiche adatte a consentire in
sicurezza l'espletamento del lavoro.
In definitiva, prima di licenziare un
lavoratore perché impossibilitato ad usare
Dispositivi di Protezione Individuale per un
qualsiasi impedimento fisico, il datore di
lavoro deve adoperarsi a reperire sul
mercato altri DPI utilizzabili dal
dipendente che possano comunque garantire la
sicurezza richiesta dalla legge.
Solo se tali DPI dovessero risultare non
esistenti sul mercato, il datore di lavoro
sarà in grado di fornire la prova richiesta
per giustificare il licenziamento del
proprio dipendente
(link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO: SICUREZZA/
Volontariato a prova di sicurezza.
Prevenzione garantita, ma senza causare
omissioni e ritardi. In Gazzetta Ufficiale
il decreto sulle organizzazioni che dà
attuazione all'art. 3 del Testo unico.
Pronte le regole di
sicurezza nel volontariato. È la peculiarità
delle attività svolte a dovere guidare le
norme di sicurezza dei volontariati di
protezione civile, della croce rossa
italiana, del soccorso alpino e vigili del
fuoco. Così pure quelle dei lavoratori, soci
e volontari, delle cooperative sociali. In
ogni caso, però, prevale la mission delle
organizzazioni: l'applicazione delle
disposizioni sulla sicurezza, infatti, non
può comportare omissione o ritardo delle
attività e dei compiti di protezione civile.
Lo stabilisce, tra l'altro, il decreto
13.04.2011 pubblicato sulla G.U. n.
159/2011, che dà attuazione all'articolo 3
del Tu sicurezza (dlgs n. 81/2008). La nuova
disciplina entrerà a regime a partire dal
prossimo 8 gennaio.
Sicurezza sul lavoro a 360
gradi.
Una delle novità della riforma della
sicurezza del lavoro (Tu sicurezza di cui al
dlgs n. 81/2008 e successive modifiche) è
stata l'estensione dell'applicazione delle
norme a ogni settore di attività. E a
seguito delle modifiche del dlgs n. 106/2009
(in vigore dal 20.08.2009) pure a volontari
e alle cooperative sociali.
L'articolo 3 del Tu, in merito, è
sufficientemente chiaro: le norme di
sicurezza si applicano in tutti i settori,
sia pubblici che privati.
Soggetto tenuto all'osservanza delle norme è
il datore di lavoro: chi è titolare del
rapporto di lavoro con il lavoratore (il
beneficiario delle misure di sicurezza) o
comunque il soggetto che, secondo il tipo e
l'assetto dell'organizzazione nel cui ambito
il lavoratore presta la propria attività, ha
la responsabilità dell'organizzazione
medesima o dell'unità produttiva in quanto
esercita i poteri decisionali e di spesa.
Nelle pubbliche amministrazioni, per datore
di lavoro si intende il dirigente al quale
spettano i poteri di gestione, ovvero il
funzionario non avente qualifica
dirigenziale, nei soli casi in cui
quest'ultimo sia preposto ad un ufficio
avente autonomia gestionale, individuato
dall'organo di vertice delle singole
amministrazioni tenendo conto
dell'ubicazione e dell'ambito funzionale
degli uffici nei quali viene svolta
l'attività, e dotato di autonomi poteri
decisionali e di spesa. In caso di omessa
individuazione, o di individuazione non
conforme ai criteri sopra indicati, il
datore di lavoro coincide con l'organo di
vertice medesimo. Per alcuni datori di
lavoro le norme sono semplificate, per altri
invece vanno applicate con alcuni correttivi
fissati in sede amministrativa.
E' il caso dei vigili del fuoco, dei
volontari della croce rossa e via dicendo
per il quale è previsto che le nuove norme
trovino applicazione tenendo conto delle
effettive particolari esigenze connesse al
servizio espletato o alle peculiarità
organizzative, «particolarità» da
individuarsi con specifici provvedimenti.
Dopo alcune proroghe (l'ultima con il dpcm
25.03.2011), il decreto 13.04.2011 ha
fissato le norme di attuazione della
sicurezza nei settori del volontariato e
della cooperazione sociale.
Campo di applicazione. In base alla nuova
disciplina, pienamente operativa trascorsi
180 giorni (dall'08.01.2012), le norme in
materia di salute e sicurezza sul lavoro del
Tu sicurezza (dlgs n. 81/2008) vanno
applicate tenendo conto delle particolari
esigenze che caratterizzano le attività e
gli interventi svolti dai volontari della
protezione civile, dai volontari della croce
rossa italiana e del corpo nazionale
soccorso alpino e speleologico e dai
volontari dei vigili del fuoco, quali:
a) necessità di intervento immediato anche
in assenza di preliminare pianificazione;
b) organizzazione di uomini, mezzi e
logistica, improntata a carattere di
immediatezza operativa;
c) imprevedibilità e indeterminatezza del
contesto degli scenari emergenziali nei
quali il volontario viene chiamato ad
operare tempestivamente e conseguente
impossibilità pratica di valutare tutti i
rischi connessi (secondo quanto disposto
dagli articoli 28 e 29 del Tu sicurezza);
d) necessità di derogare, prevalentemente
per gli aspetti formali, alle procedure ed
agli adempimenti riguardanti le scelte da
operare in materia di prevenzione e
protezione, pur osservando ed adottando
sostanziali e concreti criteri operativi in
grado di garantire la tutela dei volontari e
delle persone comunque coinvolte.
In ogni caso, ciò non può comportare
omissione o ritardo delle attività e dei
compiti di protezione civile.
Con riferimento alle cooperative sociali (di
cui alla legge n. 381/1991), inoltre, il
decreto stabilisce che le norme di sicurezza
nei luoghi di lavoro del Tu sono applicate
tenendo conto delle peculiari esigenze
relative alle prestazioni che si svolgono in
luoghi diversi dalle sedi di lavoro e alle
attività che sono realizzate da persone con
disabilità
(articolo ItaliaOggi
del 25.07.2011). |
SICUREZZA LAVORO:
Infortunio sul lavoro:
responsabilità penale di datore,
coordinatore e committente.
Il Coordinatore per
l’esecuzione dei lavori ed il committente
dei lavori non sempre sono responsabili in
materia di sicurezza nei luoghi di lavoro
nel caso si verifichi un infortunio ad un
dipendente.
Il datore di lavoro,
però, è sempre responsabile ex articolo 2087
c.c. sul piano oggettivo e su quello
soggettivo.
Così il TRIBUNALE di Avezzano,
sentenza 23.07.2011 n. 263, a
firma del giudice dr. Spaziani, in un “singolare”
caso sul tema della sicurezza e tutela dei
lavoratori nei luoghi di lavoro.
La vicenda concerneva l’infortunio di un
operaio caduto a terra da un piano alto di
un cantiere edile, in fase di costruzione,
poiché ne era stato realizzato solamente lo
scheletro.
Tale cantiere risultava essere “formalmente
chiuso” in quanto la concessione
edilizia avente ad oggetto la realizzazione
del fabbricato era scaduta da tempo e non
era stata formulata alcuna richiesta di
proroga della stessa.
Il prestatore di lavoro si trovava in quel
cantiere in quanto il datore di lavoro,
nonché legale rappresentante della società
appaltatrice (che si trovava sul posto
all’atto dell’incidente occorso) aveva
chiesto allo stesso di “ritirare dei
materiali che avrebbero dovuto essere
utilizzati in un altro cantiere”.
Durante tale operazione l’operaio cadeva a
terra riportando gravi lesioni; in capo al
datore di lavoro sussiste, come si legge
nella sentenza in commento, il reato di
lesioni personali colpose commesse in
violazione delle norme per la prevenzione
degli infortuni sul lavoro.
Sul lato oggettivo si ritiene sussistente il
nesso di causalità tra il contegno omissivo
del datore e l’evento occorso al prestatore
di lavoro; mentre dal lato soggettivo la
colpa dello stesso emerge non solo sotto il
profilo “della colpa generica (attesa la
palese violazione del generale dovere di
adottare le misure necessarie… art. 2087
c.c.) ma anche sotto il profilo della colpa
specifica, in quanto la mancata
predisposizione delle opere provvisionali e
la mancata adozione delle cautele prescritte
in ipotesi di uso di scale a mano concretano
altrettante violazioni di specifiche
disposizioni prevenzionali”.
Per quanto concerne il committente ed il
coordinatore per l’esecuzione dei lavori “le
cose cambiano e con esse anche i profili di
responsabilità”..
Nella decisione de qua si legge, infatti,
testualmente che “dal raccordo e
dall’integrazione delle dichiarazioni dei
vari testimoni (nonché dall’esame delle
fotografie versate in atti) emerge piuttosto
chiaramente, se non la certezza, quanto meno
la rilevante probabilità che i lavori di
costruzione del fabbricato di proprietà di
... fossero stati sospesi in epoca
antecedente a quella dell’infortunio, e che,
al momento in cui questo si era verificato,
il cantiere fosse, quanto meno
temporaneamente, chiuso”.
Da ciò ne consegue che alcun rimprovero, in
base a quanto affermato dal giudice, può
essere mosso nei confronti di tali soggetti,
in quanto “le omissioni loro contestate
nelle rispettive qualità di committente dei
lavori e di coordinatore responsabile per la
progettazione e l’esecuzione, presuppongono
adempimenti esigibili soltanto in costanza
di un cantiere effettivamente operativo e
dell’effettivo svolgersi dei lavori su di
esso”.
Pertanto, tali imputati devono ritenersi
assolti dal delitto loro ascritto per non
aver commesso il fatto, nonché dalle
contravvenzioni loro ascritte in quanto i
fatti non sussistono.
Rimane, dunque, solo la responsabilità
penale del datore di lavoro, con conseguente
condanna al risarcimento del danno in favore
della parte civile costituita (link a
www.altalex.com). |
SICUREZZA LAVORO:
Sicurezza: obblighi datore di
lavoro, RSPP e capo cantiere. La Cassazione
fa il punto sulle responsabilità ricadenti
in capo a tutte le figure coinvolte dal
decreto 81/2008.
L’obbligo dei titolari
della posizione di sicurezza in materia di
infortuni sul lavoro è articolato e
comprende non solo l’istruzione dei
lavoratori sui rischi connessi alle attività
lavorative svolte e la necessità di adottare
tutte le opportune misure di sicurezza, ma
anche la effettiva predisposizione di
queste, il controllo, continuo ed effettivo,
circa la concreta osservanza delle misure
predisposte per evitare che esse vengano
trascurate o disapplicate nonché il
controllo sul corretto utilizzo, in termini
di sicurezza, degli strumenti di lavoro e
sul processo stesso di lavorazione.
Questo l’importante principio con il quale
la
sentenza 19.07.2011 n. 28779
della Corte di cassazione, Sez. IV penale,
ha fatto il punto sulle responsabilità in
capo ai soggetti coinvolti nell’attuazione
della normativa in materia di sicurezza sul
lavoro.
La responsabilità del datore di lavoro non
esclude peraltro la concorrente
responsabilità del RSPP. Anche il RSPP,
infatti, che pure è privo dei poteri
decisionali e di spesa (e quindi non può
direttamente intervenire per rimuovere le
situazioni di rischio), può essere ritenuto
corresponsabile del verificarsi di un
infortunio, ogni qualvolta questo sia
oggettivamente riconducibile ad una
situazione pericolosa che egli avrebbe avuto
l’obbligo di conoscere e segnalare,
dovendosi presumere che alla segnalazione
avrebbe fatto seguito l’adozione, da parte
del datore di lavoro, delle necessarie
iniziative idonee a neutralizzare detta
situazione.
Come il datore di lavoro ed il dirigente,
anche il preposto (ed è tale il capo
cantiere) è indubbiamente destinatario
diretto delle norme antinfortunistiche,
prescindendo da una eventuale «delega di
funzioni» conferita dal datore di
lavoro.
L’art. 19 D. Leg.vo 09.04.2008 n. 81
annovera, infatti, anche i preposti tra i
soggetti obbligati ad «attuare le misure
di sicurezza previste dal presente decreto».
Vero è che tale obbligo incombe innanzitutto
al datore di lavoro, ma il preposto non è
soggetto estraneo al conseguimento dei
risultati scaturenti dall’adempimento di
quell’obbligo (commento tratto da
www.legislazionetecnica.it). |
SICUREZZA LAVORO: Responsabilità
per la morte di un lavoratore che, intento a
completare i lavori di posa in opera di
parapetti in ferro sui balconi del piano
mansarda, dal piano di calpestio della
mansarda dell'edificio in questione,
precipitava nel vano sottostante per il
cedimento di un pannello in cartongesso
collocato su un'apertura a sezione
rettangolare praticata nel pavimento del
vano sottotetto inidonea a sorreggere una
persona e non opportunamente delimitata e
segnalata.
---------------
In materia di infortuni
sul lavoro, il coordinatore per l'esecuzione
dei lavori deve assicurare, nel caso della
effettuazione dei lavori, il collegamento
fra impresa appaltatrice e committente al
fine di realizzare la migliore
organizzazione ed ha il compito di adeguare
il plano di sicurezza in relazione alla
evoluzione dei lavori, di vigilanza sul
rispetto del piano stesso e di sospendere,
in caso di pericolo grave e imminente, le
singole lavorazioni. Ne consegue che egli è
responsabile delle conseguenze derivanti
dalla violazione di tale posizione di
garanzia.
---------------
L'orientamento di questa Corte individua
nell'appaltatore un sicuro centro
d'imputazione di responsabilità
nell'esecuzione dei lavori e degli infortuni
verificatisi in costanza di essi per colpa a
lui ascrivibile e alla cui responsabilità,
rimanendo egli pur sempre garante della
sicurezza delle persone da lui formalmente
dipendenti, si aggiunge a quella
dell'appaltante.
Infatti, "in tema di prevenzione degli
infortuni sul lavoro, il contratto d'appalto
determina il trasferimento dal committente
all'appaltatore della responsabilità
nell'esecuzione dei lavori, salvo che lo
stesso committente assuma una partecipazione
attiva nella conduzione e realizzazione
dell'opera, nel qual caso anch'egli rimane
destinatario degli obblighi assunti
dall'appaltatore".
Peraltro, il committente può essere chiamato
a rispondere dell'infortunio qualora
l'omessa adozione delle misure di
prevenzione prescritte sia immediatamente
percepibile cosicché il committente medesimo
sia in grado di accorgersi
dell'inadeguatezza delle stesse senza
particolari indagini; mentre, in questa
evenienza, ad escludere la responsabilità
del committente, non sarebbe sufficiente che
questi abbia impartito le direttive da
seguire a tale scopo, essendo comunque
necessario che ne abbia controllato, con
prudente e continua diligenza, la puntuale
osservanza.
---------------
In tema di prevenzione degli infortuni sul
lavoro, ciascun datore di lavoro, sia il
committente che l'appaltatore, è esclusivo
responsabile della tutela dei propri
dipendenti dai rischi che coinvolgano
unicamente questi ultimi, poiché la
cooperazione tra committente ed appaltatore
è imposta soltanto per eliminare i rischi
comuni ai lavoratori dipendenti di entrambe
le parti.
Sicché è chiaro come sia sul committente sia
sull'appaltatore incomba l'obbligo di
cooperazione, cioè di reciproca informazione
e "di contribuire attivamente, dall'una e
dall'altra parte, a predisporre ed applicare
le misure di prevenzione e protezione
necessarie" (la cui violazione ha
chiaramente avuto diretta efficienza causale
nella verificazione dell'evento letale).
Il datore di lavoro (al pari degli altri
titolari di analoghe e contestuali posizioni
di garanzia) è costituito garante
dell'incolumità fisica e della salvaguardia
della personalità morale dei prestatori di
lavoro, con l'ovvia conseguenza che, ove
egli non ottemperi agli obblighi di tutela,
l'evento lesivo correttamente gli viene
imputato in forza del meccanismo reattivo
previsto dall'art. 40 c.p., comma 2. Ne
segue che il datore di lavoro ha il dovere
di accertarsi che l'ambiente di lavoro abbia
i requisiti di affidabilità e di legalità
quanto a presidi antinfortunistici, idonei a
realizzare la tutela del lavoratore, e di
vigilare costantemente a che le condizioni
di sicurezza siano mantenute per tutto il
tempo in cui è prestata l'opera.
---------------
In tema di sicurezza antinfortunistica, il
compito del datore di lavoro, o del
dirigente cui spetta la "sicurezza del
lavoro", è molteplice e articolato, e va
dalla istruzione dei lavoratori sui rischi
di determinati lavori e dalla necessità di
adottare certe misure di sicurezza, alla
predisposizione di queste misure e quindi,
ove le stesse consistano in particolari cose
o strumenti, al mettere queste cose, questi
strumenti, a portata di mano del lavoratore
e, soprattutto, al controllo continuo,
pressante, per imporre che i lavoratori
rispettino quelle norme, si adeguino alla
misure in esse previste e sfuggano alla
superficiale tentazione di trascurarle.
Il responsabile della sicurezza, sia egli o
meno l'imprenditore, deve avere la cultura e
la "forma minus" del garante del bene
costituzionalmente rilevante costituito
dalla integrità del lavoratore ed ha perciò
il preciso dovere non di limitarsi a
assolvere normalmente il compito di
informare i lavoratori sulle norme
antinfortunistiche previste, ma deve
attivarsi e controllare sino alla
pedanteria, che tali norme siano assimilate
dai lavoratori nella ordinaria prassi di
lavoro.
Inoltre lo specifico onere di informazione e
di assiduo controllo, se è necessario nei
confronti dei dipendenti dell'impresa, si
impone a maggior ragione nei confronti di
coloro che prestino lavoro alle dipendenze
di altri e vengano per la prima volta a
contatto con un ambiente e delle strutture a
loro non familiari e che perciò possono
riservare insidie non note.
Si rammenta, al riguardo, che "In materia
di infortuni sul lavoro, il coordinatore per
l'esecuzione dei lavori -figura introdotta
dal D.Lgs. n. 494 del 1996, art. 5 in
attuazione della Direttiva 92/57/CEE sulle
prescrizioni minime di sicurezza e di salute
nei cantieri temporanei o mobili- deve
assicurare, nel caso della effettuazione dei
lavori, il collegamento fra impresa
appaltatrice e committente al fine di
realizzare la migliore organizzazione ed ha
il compito di adeguare il plano di sicurezza
in relazione alla evoluzione dei lavori, di
vigilanza sul rispetto del piano stesso e di
sospendere, in caso di pericolo grave e
imminente, le singole lavorazioni. Ne
consegue che egli è responsabile delle
conseguenze derivanti dalla violazione di
tale posizione di garanzia" (Cass. pen.
Sez. 4, n. 24010 del 03.04.2003, Rv.
228565).
Inoltre il F., come da imputazione, oltre al
ruolo di coordinatore per la progettazione e
per l'esecuzione dei lavori, assommava anche
quello di direttore dei lavori e, come tale,
ricopriva la cardinale posizione di garanzia
che comportava l'onere della sua costante
presenza sul cantiere e di controllo
specifico circa l'apprestamento dei presidi
antinfortunistici. Infatti a lui spettava la
direzione, sorveglianza e cura degli aspetti
sia tecnici che di prevenzione degli
infortuni, con precise direttive circa lo
svolgimento delle opere e la sicurezza dei
lavoratori: la palese situazione di pericolo
imponeva il suo tempestivo intervento e la
puntuale verifica circa il rispetto delle
direttive impartite.
Ne consegue che, a prescindere dal dedotto
accordo tra la proprietaria C. e il m. circa
la rifinitura della porzione del sottotetto
contigua al foro e all'informazione da parte
di costui di tale peculiare lavorazione al
F., questi avrebbe dovuto comunque
accorgersi tempestivamente dell'anomala
situazione creatasi sul pavimento del
sottotetto e della rimozione delle opere
prevenzionali e provvedere adeguatamente al
riguardo.
---------------
L'orientamento di questa Corte individua
nell'appaltatore un sicuro centro
d'imputazione di responsabilità
nell'esecuzione dei lavori e degli infortuni
verificatisi in costanza di essi per colpa a
lui ascrivibile e alla cui responsabilità,
rimanendo egli pur sempre garante della
sicurezza delle persone da lui formalmente
dipendenti, si aggiunge a quella
dell'appaltante (Sez. 4, n. 37840
dell'01.07.2009, Rv. 24527; Sez. 4, n. 37049
del 03.06.2008, non massimata nel CED).
Infatti, "in tema di prevenzione degli
infortuni sul lavoro, il contratto d'appalto
determina il trasferimento dal committente
all'appaltatore della responsabilità
nell'esecuzione dei lavori, salvo che lo
stesso committente assuma una partecipazione
attiva nella conduzione e realizzazione
dell'opera, nel qual caso anch'egli rimane
destinatario degli obblighi assunti
dall'appaltatore" (Cass. pen. Sez. 4, n.
38824 del 17.09.2008 Rv. 241063; Sez. 4, n.
46383 del 06.11.2007, Rv. 239338).
Peraltro, il committente può essere chiamato
a rispondere dell'infortunio qualora
l'omessa adozione delle misure di
prevenzione prescritte sia immediatamente
percepibile cosicché il committente medesimo
sia in grado di accorgersi
dell'inadeguatezza delle stesse senza
particolari indagini; mentre, in questa
evenienza, ad escludere la responsabilità
del committente, non sarebbe sufficiente che
questi abbia impartito le direttive da
seguire a tale scopo, essendo comunque
necessario che ne abbia controllato, con
prudente e continua diligenza, la puntuale
osservanza: nel caso di specie il m. aveva
dato disposizioni circa la contestuale
piastrellatura del pavimento della mansarda
(anche con ulteriore appalti, con ciò
inserendosi nell'organizzazione del
complesso dell'attività lavorativa da
svolgere sulla mansarda.
---------------
In tema di prevenzione degli infortuni sul
lavoro, ciascun datore di lavoro, sia il
committente che l'appaltatore, è esclusivo
responsabile della tutela dei propri
dipendenti dai rischi che coinvolgano
unicamente questi ultimi, poiché la
cooperazione tra committente ed appaltatore
è imposta soltanto per eliminare i rischi
comuni ai lavoratori dipendenti di entrambe
le parti (Cass. pen. Sez. 4, n. 28197 del
21.05.2009, Rv. 244691).
Sicché, essendo proprio questo il caso, è
chiaro come sia sul committente sia
sull'appaltatore incombesse l'obbligo di
cooperazione (Cass. pen. Sez. 4 n. 19752 del
19.03.2009, Rv. 243642), cioè di reciproca
informazione e "di contribuire
attivamente, dall'una e dall'altra parte, a
predisporre ed applicare le misure di
prevenzione e protezione necessarie" (n.
28197 del 09.07.2009 sopra citata) la cui
violazione ha chiaramente avuto diretta
efficienza causale nella verificazione
dell'evento letale.
In forza della disposizione generale di cui
all'art. 2087 cod. civ. e di quelle
specifiche previste dalla normativa
antinfortunistica, il datore di lavoro (al
pari degli altri titolari di analoghe e
contestuali posizioni di garanzia) è
costituito garante dell'incolumità fisica e
della salvaguardia della personalità morale
dei prestatori di lavoro, con l'ovvia
conseguenza che, ove egli non ottemperi agli
obblighi di tutela, l'evento lesivo
correttamente gli viene imputato in forza
del meccanismo reattivo previsto dall'art.
40 c.p., comma 2. Ne segue che il datore di
lavoro ha il dovere di accertarsi che
l'ambiente di lavoro abbia i requisiti di
affidabilità e di legalità quanto a presidi
antinfortunistici, idonei a realizzare la
tutela del lavoratore, e di vigilare
costantemente a che le condizioni di
sicurezza siano mantenute per tutto il tempo
in cui è prestata l'opera (cfr. Cass. pen.
Sez. Un. n. 5 del 25.11.1998, Rv. 212577 ed
altre successive conformi).
---------------
E' stato affermato che "in tema di
sicurezza antinfortunistica, il compito del
datore di lavoro, o del dirigente cui spetta
la "sicurezza del lavoro", è molteplice
e articolato, e va dalla istruzione dei
lavoratori sui rischi di determinati lavori
e dalla necessità di adottare certe misure
di sicurezza, alla predisposizione di queste
misure e quindi, ove le stesse consistano in
particolari cose o strumenti, al mettere
queste cose, questi strumenti, a portata di
mano del lavoratore e, soprattutto, al
controllo continuo, pressante, per imporre
che i lavoratori rispettino quelle norme, si
adeguino alla misure in esse previste e
sfuggano alla superficiale tentazione di
trascurarle.
Il responsabile della sicurezza, sia egli o
meno l'imprenditore, deve avere la cultura e
la "forma minus" del garante del bene
costituzionalmente rilevante costituito
dalla integrità del lavoratore ed ha perciò
il preciso dovere non di limitarsi a
assolvere normalmente il compito di
informare i lavoratori sulle norme
antinfortunistiche previste, ma deve
attivarsi e controllare sino alla
pedanteria, che tali norme siano assimilate
dai lavoratori nella ordinaria prassi di
lavoro.
Inoltre lo specifico onere di informazione e
di assiduo controllo, se è necessario nei
confronti dei dipendenti dell'impresa, si
impone a maggior ragione nei confronti di
coloro che prestino lavoro alle dipendenze
di altri e vengano per la prima volta a
contatto con un ambiente e delle strutture a
loro non familiari e che perciò possono
riservare insidie non note (Cass. pen. Sez.
4, n. 6486 del 03.03.1995, Rv. 201706; Sez.
4, n. 13251 del 10.02.2005, Rv. 231156).
Tale indirizzo giurisprudenziale non è certo
eliso o vanificato, secondo la
prospettazione finale del ricorrente, dalla
presenza del F., quale nominato coordinatore
per la realizzazione dell'opera e per
l'esecuzione dei lavori, nonché direttore
degli stessi, essendo questo un caso, come
sopra accennato, in cui più sono i titolari
della posizione di garanzia ovvero
dell'obbligo di impedire l'evento, onde
ciascuno è per intero destinatario
dell'obbligo di tutela imposto dalla legge
fino a quando si esaurisce il rapporto che
ha legittimato la costituzione della
suddetta posizione di garanzia (Cass. pen.
Sez. 4, n. 8593 del 22.01.2008, Rv. 238936)
(Corte di Cassazione, Sez. IV penale,
sentenza 14.07.2011 n. 27738 -
link a http://olympus.uniurb.it). |
SICUREZZA LAVORO:
Lavoratori esposti al sole: obbligo del
datore di lavoro proteggerli adeguatamente!
I "lavoratori outdoor" sono coloro
che svolgono una frazione significativa del
proprio orario lavorativo all'aperto e sono
esposti a patologie correlate con la
radiazione solare. Tra le categorie dei
lavoratori che possono essere soggette a
questi rischi ci sono: agricoltori,
giardinieri, portuali, operai di cantiere,
istruttori di sport all'aperto, benzinai,
postini, bagnini, vigili urbani e tanti
altri.
La radiazione solare ultravioletta deve
essere considerata a tutti gli effetti un
rischio di natura professionale che va
trattato alla stregua di tutti gli altri
rischi (chimici, fisici, biologici) presenti
nell'ambiente di lavoro. La permanenza al
sole per un periodo più o meno prolungato
(la variabilità è soggettiva) può provocare
danni seri all’organismo umano.
I datori di lavoro devono mettere in atto
strategie di protezione dai raggi solari.
Vediamone qualcuna: ... (link a
www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO:
Domande e risposte sulla sicurezza nei
cantieri e nei luoghi di lavoro.
- Quali sono i requisiti per svolgere la
funzione di R.S.P.P.?
- Come vanno trattati i lavoratori
occasionali?
- E’ obbligatorio tenere a bordo dei mezzi
d’opera cassette di medicazione?
- Il C.I.P. allegato al DURC appena scaduto
può considerarsi sostituivo dello stesso?
La risposta a queste e molte altre domande è
contenuta nella pubblicazione “Quesiti
sulla sicurezza nei luoghi di lavoro” a
cura del servizio “Info.Sicuri” della
Regione Piemonte.
Nel documento che alleghiamo a questo
articolo sono presenti una serie di domande
a cui la Regione Piemonte ha fornito precise
risposte.
Queste sono relative a:
- Applicazione generale del D.Lgs. 81/2008 e
smi – Titolo I
- Luoghi di lavoro, macchine e DPI – Titolo
II e III
- Cantieri – Titolo IV
- Segnaletica di sicurezza, movimentazione
manuale dei carichi, videoterminali – Titoli
V, VI, VII
- Agenti fisici, sostanze pericolose, agenti
biologici, protezione da atmosfere esplosive
– Titoli VIII, IX, X, XI (link a
www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO:
Responsabilità del datore di
lavoro ex art. 2087 c.c. - Natura
contrattuale - Riparto degli oneri probatori
- Art. 1218 c.c..
La responsabilità del datore di lavoro ex
art. 2087 c.c. ha natura contrattuale e
costituisce una norma di chiusura del
sistema infortunistico che obbliga il
medesimo datore di lavoro a tutelare
l’integrità psico-fisica dei propri
dipendenti imponendogli l’adozione di tutte
le cautele necessarie a preservare il bene
della salute nell’ambiente ed in costanza di
lavoro.
La natura contrattuale dell’obbligo in esame
esige che il riparto degli oneri probatori
nella domanda risarcitoria da infortunio sul
lavoro si ponga sullo stesso piano di quello
previsto dall’art. 1218 c.c. in ordine
all’adempimento delle obbligazioni.
Pertanto il lavoratore che agisce per il
risarcimento del danno deve allegare e
provare l’esistenza dell’obbligazione
lavorativa, l’esistenza del danno e il nesso
causale tra quest’ultimo e la prestazione,
mentre il datore di lavoro deve provare la
dipendenza del danno da causa a lui non
imputabile, ossia da caso fortuito o da
forza maggiore e di avere adempiuto
interamente all’obbligo di sicurezza
apprestando tutte le misure per evitare il
danno (TAR Emilia Romagna-Bologna, Sez. I,
sentenza 01.07.2011 n. 560 - link
a www.ambientediritto.it). |
SICUREZZA LAVORO:
L'imprenditore che svolge l'incarico di RSPP
deve possedere un titolo di studio
specifico?
Domanda.
L'imprenditore artigiano che si autonomina
RSPP, oltre che frequentare l'apposito corso
di formazione, deve essere in possesso del
diploma di istruzione secondaria superiore,
di cui all'art. 32 comma 2 del D.Lgs.
81/2008?
Risposta.
La
normativa consente ai datori di lavoro, nei
casi previsti dall'allegato II del D.lgs. n.
81/2008 di svolgere direttamente l'incarico
di responsabile del servizio di prevenzione
e protezione.
Il riferimento di legge da applicare nel
caso in cui il datore di lavoro decidesse di
avvalersi di tale possibilità, è costituito
dall'articolo 34 del D.Lgs. n. 81/2008, che
pone come requisiti essenziali per il
rispetto della norma:
1) la preventiva informazione al
rappresentante dei lavoratori per la
sicurezza
2) la frequentazione di appositi corsi di
formazione
Non vi è alcun espresso riferimento
all'eventuale titolo di studio di cui il
datore di lavoro debba essere in possesso,
né si ritiene possa applicarsi quanto
indicato dall'articolo 32, il quale si
riferisce ai responsabili ed agli addetti al
servizio di prevenzione e protezione esterni
e interni, ma diversi dal datore di lavoro,
per il quale il riferimento normativo è
l'articolo 34 (28.06.2011 - tratto da
www.ipsoa.it). |
SICUREZZA LAVORO: Responsabile
il lavoratore per l'imprudente violazione di
idonee misure di sicurezza.
Sussiste continuità
normativa tra l'art. 34, lett. b), del
d.P.R. n. 547/1955 e l'All. IV del D.Lgs. n.
81/2008 che vieta, nelle aziende o
lavorazioni in cui esistono pericoli
specifici di incendio, l'uso di apparecchi a
fiamma libera e di manipolare re materiali
incandescenti, a meno che non siano adottate
misure di sicurezza; in caso di violazione
del predetto divieto, risponde della
relativa violazione non soltanto il datore
di lavoro, ma anche il lavoratore che operi
imprudentemente violando idonee misure di
sicurezza.
Interessante sentenza quella qui esaminata
con cui la Corte si pronuncia, per la prima
volta dopo l'entrata in vigore del D.Lgs.
09.04.2008, n. 81, sulla questione relativa
alla configurabilità di una peculiare
fattispecie penale contemplata in materia di
disciplina dei luoghi di lavoro e,
soprattutto, sull'addebitabilità della
stessa, oltre che al datore di lavoro, anche
ai lavoratori dipendenti che imprudentemente
non osservano i divieti imposti dalla legge.
La Corte, nel risolvere la questione, si
pronuncia affermativamente sul primo
quesito, ritenendo esistente una successione
di leggi penali che non ha comportato alcun
effetto abrogativo della fattispecie
esaminata e, quanto al secondo quesito, ha
esteso l'ascrivibilità soggettiva del fatto
anche al lavoratore che imprudentemente non
abbia osservato quanto richiesto dalla
normativa a tutela della propria ed altrui
incolumità fisica.
Il caso.
La vicenda processuale che ha offerto
l'occasione agli Ermellini per occuparsi
della questione traeva origine da una
sentenza di condanna di un lavoratore che,
alle dipendenze di una S.n.c., effettuava
lavori di saldatura elettrica su tubazioni
facenti parte di un impianto di
distribuzione stradale gpl, senza adottare
idonee misure di sicurezza atte ad evitare
pericoli di incendio o di propagazione
fiamme.
Riteneva, in particolare, il Tribunale che
la responsabilità dell'imputato emergesse in
modo inequivocabile dalle risultanze
processuali, avendo egli agito con
grossolana imprudenza e senza adottare le
necessarie precauzioni, pur svolgendosi
l'attività di saldatura nelle vicinanze di
un serbatoio di GPL.
Il ricorso.
Resisteva alla condanna la difesa
dell'operaio contestando, da un lato, il
fatto che il Tribunale non avesse tenuto
conto che, a seguito dell'entrata in vigore
del D.Lgs. n. 81/2008, la violazione
contestata non costituisse per i lavoratori
subordinati un'ipotesi di reato: il nuovo
T.U.S., a dire della difesa, avrebbe infatti
abrogato il d.P.R. n. 547/1955 e la condotta
contestata sarebbe sanzionata penalmente
solo se attribuibile a soggetti diversi dal
lavoratore subordinato (v. artt. 63 e 68,
all. 4, D.Lgs. n. 81/2008); dall'altro,
contestava la sussistenza della violazione
ipotizzata, essendo emerso dall'istruttoria
dibattimentale che l'imputato non aveva
usato fiamme libere e tanto meno manipolato
materiali incandescenti.
Le cause dell'infortunio occorso al collega
di lavoro, a giudizio della difesa,
esulavano completamente dall'oggetto della
contestazione, sicché il Tribunale avrebbe
omesso di accertare se la saldatura
elettrica fosse sussumibile nell'ipotesi
prevista dall'art. 34 d.P.R. n. 547/1955.
Tale norma, oggi abrogata, non vietava l'uso
di scintille ma l'uso di fiamme libere: in
sintesi, nella motivazione il tribunale non
avrebbe spiegato perchè l'utilizzo di
scintille o la saldatura elettrica fossero
sussumibili nell'ipotesi contravvenzionale
contestata.
La decisione della
Cassazione.
La Corte di Cassazione, pur annullando senza
rinvio per prescrizione la sentenza di
condanna ritenendo che in relazione al reato
di pericolo contestato occorresse accertare
se la saldatura elettrica potesse essere
sussunta nelle ipotesi previste dalla norma,
ha colto l'occasione per fare chiarezza sui
nodi principali della vicenda.
Anzitutto, evidenzia la Cassazione come il
nuovo T.U.S. che ha abrogato il d.P.R.
27.04.1955, n. 547, prevede oggi all'all. 4
una disposizione identica all'art. 34, lett.
b), del decreto abrogato ("4.1 nelle
aziende o lavorazioni in cui esistono
pericoli specifici di incendio: 4.1.2 è
vietato usare apparecchi a fiamma libera e
manipolare materiali incandescenti, a meno
che non siano adottate misure di sicurezza").
Non può però sostenersi, come fa invece la
difesa, che tale norma sia sanzionata
penalmente solo quando la violazione sia
commessa dai datori di lavoro. Ed invero,
precisano gli Ermellini, pur essendo vero,
da un lato, che l'art. 63, comma 1, T.U.S.
prevede che i luoghi di lavoro debbano
essere conformi ai requisiti indicati
nell'allegato 4 e che, dall'altro, l'art. 64
prevede che tale obbligo gravi sul datore di
lavoro prevedendosi, in caso di mancata
ottemperanza, l'applicazione di una sanzione
penale a suo carico (art. 68); è, tuttavia,
altrettanto vero che lo stesso T.U.S.
contempla, all'art. 59 (come sostituito dal
D.Lgs. 03.08.2009, n. 106, art. 36) sanzioni
penali anche per i lavoratori "per la
violazione dell'articolo 20 comma 2 lettera
b), c), d), e), f), g), h) ed i), e articolo
43, comma 3, primo periodo".
Orbene, tra le violazioni sopra indicate
rientrano, per i giudici di Piazza Cavour,
anche quelle riguardanti la osservanza delle
disposizioni e delle istruzioni ai fini
della protezione collettiva ed individuale,
la corretta utilizzazione delle attrezzature
di lavoro, delle sostanze e dei preparati
pericolosi, nonché dei dispositivi di
sicurezza, e la utilizzazione in modo
appropriato dei dispositivi di protezione.
Poiché, dunque, al lavoratore era stato
addebitato di aver operato imprudentemente
in violazione di idonee misure di sicurezza,
vi è "continuità normativa" con la
previgente disciplina e sicura ascrivibilità
soggettiva del fatto sia al lavoratore
dipendente che al datore di lavoro.
Non può che convenirsi con
la soluzione cui è pervenuta la Suprema
Corte.
Sull'esistenza di un rapporto di continuità
normativa tra le disposizioni in materia di
luoghi di lavoro dettate dall'abrogato
d.P.R. n. 547/1955 e quelle contenute nel
nuovo D.Lgs. n. 81/2008 si è già, peraltro,
pronunciata più volte la Corte (v., ad es.:
Cass. pen., Sez. 3, n. 23976 del 07/05/2009,
dep. 11/06/2009, imp. P.M. in proc. D., in
Ced Cass. 244083, sulla continuità normativa
tra l'art. 8 dell'abrogato d.P.R. n. 547 e
la nuova fattispecie prevista dal combinato
disposto degli artt. 63, 64 e 68, lett. b),
in relazione all'All. IV, punto 1.4.1,
D.Lgs. n. 81 del 2008; Sez. 3, n. 17218 del
03/03/2009, dep. 23/04/2009, imp. G., in Ced
Cass. 243756, sulla continuità normativa tra
l'art. 34 del d.P.R. n. 547 del 1955 e gli
artt. 63 e 64 del D.Lgs. n. 81 del 2008,
riguardanti le misure necessarie ai fini
della prevenzione incendi).
Quanto, poi, alla responsabilità del
lavoratore per l'imprudente violazione di
norme di sicurezza, non v'è dubbio che, in
generale, l'art. 20 T.U.S., nel declinare
gli obblighi dei lavoratori, impone a
quest'ultimo di "prendersi cura della
propria salute e sicurezza e di quella delle
altre persone presenti sul luogo di lavoro,
su cui ricadono gli effetti delle sue azioni
o omissioni, conformemente alla sua
formazione, alle istruzioni e ai mezzi
forniti dal datore di lavoro",
dettagliando al comma 2 gli obblighi
specifici su ciascun dipendente incombenti,
tra cui rientrano quelli di "utilizzare
correttamente le attrezzature di lavoro, le
sostanze e i preparati pericolosi, i mezzi
di trasporto, nonché i dispositivi di
sicurezza" (lett. c), di "utilizzare
in modo appropriato i dispositivi di
protezione messi a loro disposizione" (lett.
d) ed, infine, di "non compiere di propria
iniziativa operazioni o manovre che non sono
di loro competenza ovvero che possono
compromettere la sicurezza propria o di
altri lavoratori" (lett. g).
L'osservanza di detti obblighi, oltre ad
essere penalmente sanzionata, costituisce un
utile parametro di riferimento normativo
della loro condotta (commento tratto da
www.ipsoa.it - Corte di Cassazione, Sez.
penale, sentenza 23.06.2011 n. 25205). |
SICUREZZA LAVORO: Ecco
perché occorre dotare i propri dipendenti di
opportuni D.P.I. (dispositivi di protezione
individuale).
La Corte di Cassazione, Sez. IV penale, con
la
sentenza 07.06.2011 n. 22514
ha condannato un datore di lavoro per
lesioni personali colpose gravi in danno di
un proprio dipendente.
In particolare, il cuoco di un ristorante ha
riportato ustioni di secondo grado dopo
essere scivolato sul pavimento della cucina
mentre procedeva a riempire una
lavastoviglie con una pentola d’acqua
bollente.
Tutto questo perché non indossava calzature
anti-scivolo.
L’imputato ha sostenuto la propria difesa
affermando che la condotta del lavoratore
fosse da considerarsi “abnorme ed
imprevedibile”; inoltre il datore di
lavoro non era presente al momento
dell’incidente e quindi la condotta omissiva
e negligente non poteva essergli addebitata.
La Cassazione ha rigettato integralmente le
motivazioni dell'imputato e ha confermato la
ricostruzione dei gradi precedenti,
condannando il datore di lavoro.
Si è rivelata determinante la mancata
fornitura al cuoco delle scarpe
antisdrucciolevoli, dotate di valenza
antinfortunistica con riferimento alle
mansioni svolte in un contesto scivoloso,
qual è la cucina di un ristorante (link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO:
A. Scarcella,
La «colpa» negli infortuni sul lavoro
(link a www.ipsoa.it). |
SICUREZZA LAVORO:
Guida alla realizzazione dei solai e
relativa valutazione dei rischi.
Il Coordinamento delle attività di
prevenzione in edilizia della Provincia di
Venezia ha pubblicato le Linee Guida per la
valutazione del rischio di caduta dall’alto
nelle operazioni di montaggio dei solai.
Il documento costituisce una guida per
progettisti, coordinatori per la sicurezza,
datori di lavoro e tecnici per la corretta
esecuzione dei lavori e relativa valutazione
dei rischi, con richiami alle normative
vigenti.
La guida ha lo scopo di: ... (link a
www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO: Documento
di Valutazione dei Rischi: redazione e
aggiornamento e miglioramento in otto mosse!
Il D.V.R. (Documento di Valutazione dei
Rischi) è lo strumento attraverso il quale
il Datore di Lavoro effettua “la
valutazione globale e documentata di tutti i
rischi per la sicurezza e la salute dei
lavoratori” (D.Lgs. 81/2008), al fine di
garantire il miglioramento dei livelli di
sicurezza nel tempo.
In particolare, il Datore di Lavoro nel DVR
definisce l'organizzazione che ha
predisposto per garantire la sicurezza dei
Lavoratori.
Tuttavia, si osserva che molto spesso il DVR
predisposto in adempimento dell'art. 17 del
D.Lgs. 81/2008 ha un eccessivo contenuto
formale e non è uno strumento efficace per
gestire le varie problematiche della
sicurezza dei Lavoratori. Inoltre,
nonostante la redazione del DVR sia un
obbligo INDELEGABILE, talvolta il datore di
lavoro non ne conosce il contenuto.
Lo S.P.I.S.A.L. (Servizio di Prevenzione
Igiene e Sicurezza degli Ambienti di Lavoro)
USSL 5 ovest vicentino propone 8 punti
chiave per la redazione/aggiornamento del
DVR. ...
(news del 16.06.2011 - link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO: Otto
regole vitali per chi lavora in edilizia. Un
interessante vademecum per la sicurezza sui
cantieri.
Il SUVA (INAIL svizzero) ha pubblicato un
vademecum sulle regole da far seguire in
cantiere.
Il documento è indirizzato ai Datori di
Lavoro o ai formatori sulla sicurezza e
contiene le regole basilari da impartire ai
lavoratori, esposte in modo semplice, chiaro
e preciso, con illustrazioni, schemi e foto.
Innanzitutto vengono forniti consigli ai
Datori di Lavoro su come predisporre la
formazione dei lavoratori, come preparare le
lezioni, come impartire le regole e come
rapportarsi con i propri dipendenti.
Vengono poi analizzate singolarmente otto
regole fondamenti, corredate da opportune
schede esplicative, consigli e istruzioni da
impartire.
Le regole sono:
1- mettere in sicurezza le aperture nel
vuoto a partire da un'altezza di 2 m;
2- mettere in sicurezza le aperture nel
pavimento;
3- manovrare opportunamente le gru e
imbracare opportunamente i carichi;
4- fare uso del ponteggio quando necessario
;
5- controllare il ponteggio ogni giorno;
6- realizzare accessi sicuri a tutti i posti
di lavoro;
7- utilizzare i D.P.I.;
8- mettere in sicurezza gli scavi
(news del 16.06.2011 - link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO:
M. Lai,
Appalti e sicurezza del lavoro: indicazioni
dal Minlavoro (link a
www.ipsoa.it). |
SICUREZZA LAVORO:
Lavorare sui cantieri nei giorni di “canicola”:
dal SUVA la check list per la valutazione
del rischio “caldo”.
Canicola, raggi UV e ozono sono fattori di
rischio da non sottovalutare, soprattutto
per i lavoratori in cantiere.
La canicola rappresenta il periodo di caldo
afoso e opprimente delle ore centrali della
giornata, caratterizzato da alti valori di
temperatura e umidità e assenza di vento. In
tali circostanze l’organismo è fortemente
sollecitato, soprattutto se l’umidità
atmosferica è molto elevata. A soffrirne
maggiormente è l’apparato circolatorio. Le
temperature molto elevate possono causare
crampi, esaurimento fisico o, nella peggiore
delle ipotesi, un colpo di calore.
I raggi ultravioletti, invisibili e
impercettibili, ci raggiungono ogni giorno
tramite l’irraggiamento solare. In estate i
valori massimi giornalieri si registrano tra
le 11:00 e le 15:00. A partire da una
determinata intensità i raggi UV possono
provocare tumori della pelle e/o lesioni
oculari.
L’ozono si forma quando l’irraggiamento
solare risulta molto intenso. I valori
massimi giornalieri si registrano nel tardo
pomeriggio (all’incirca tra le 16:00 e le
18:00). L’ozono che si forma in prossimità
del suolo (ozono troposferico) ha l’effetto
di un gas irritante. Una prolungata
esposizione ad elevate concentrazioni di
ozono può provocare bruciore agli occhi,
irritazioni della gola e della faringe,
insufficienza respiratoria e mal di testa.
Il SUVA (INAIL svizzero) ha reso disponibile
una check-list da utilizzare in cantiere al
fine di poter valutare se i lavoratori sono
realmente al sicuro da tali pericoli (news
09.06.2011 - link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO: Chi
ne risponde penalmente se il piano
antincendio risulta inefficace?
Il dirigente dell'azienda deve garantire la
presenza in sede di personale qualificato,
in grado di attuare il piano antincendio per
far fronte all'emergenza dovuta al
propagarsi di fiamme.
E' quanto stabilito dalla quarta sezione
penale della Corte di Cassazione con la
sentenza 06.06.2011 n. 22334.
La vicenda esaminata dalla Corte di
Cassazione riguarda la morte di tre turisti
ospiti di un albergo romano a causa di un
incendio provocato da due ospiti dell'hotel
cittadine americane. In particolare, le
donne avevano svuotato inavvertitamente un
posacenere nel cestino portarifiuti e, alla
vista delle prime fiamme, erano fuggite
senza dare l'allarme.
I responsabili dell'hotel sono stati
condannati per non aver predisposto un
adeguato piano antincendio e che prevedesse
sempre la presenza in hotel di personale
addestrato per affrontare l'emergenza.
Tale compito spettava infatti alla
direttrice che, in quanto dirigente, era
responsabile del coordinamento della squadra
antincendio e aveva il dovere di predisporre
dei turni per la rotazione di personale
qualificato. Il piano di emergenza era stato
redatto e prevedeva la costituzione di una
squadra di emergenza antincendio composta da
24 persone munite di apposito patentino. Il
caposquadra era il direttore dell'albergo e
in sua assenza un vice.
Nella notte in cui accaddero i fatti non era
in servizio nessun dei componenti della
squadra, ma solo il portiere e un facchino.
Pertanto, il piano era stato disatteso,
impedendo di fronteggiare tempestivamente ed
adeguatamente all'incendio.
Pertanto il titolare di una struttura
ricettiva è tenuto a garantire sempre
l'incolumità fisica degli utenti mediante
una idonea organizzazione dell'attività di
vigilanza rispettando così oltre alle regole
legali anche quelle imposte dalla comune
prudenza
(commento tratto e link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO:
Sicurezza, datore di lavoro:
colpa in eligendo. La responsabilità penale
diretta del datore di lavoro non è esclusa
per la sola designazione di un responsabile
per la sicurezza.
La responsabilità penale diretta del datore
di lavoro e dei dirigenti ad esso assimilati
non è affatto esclusa per la sola
designazione di un responsabile per la
sicurezza, in quanto essi rispondono anche
della eventuale manchevolezza del piano
stesso sotto forma di una colpa in eligendo.
Lo ha affermato la
sentenza 24.05.2011 n. 20576
della Corte di Cassazione, Sez. IV penale.
A tale riguardo vale considerare che diviene
anche irrilevante il comportamento della
vittima che abbia eventualmente rotto il
nesso di causalità fra il comportamento
dell’imputato e l’evento, in quanto è
motivatamente ritenuta decisiva
l’inadeguatezza del piano di sicurezza, la
valutazione dei rischi e la mancanza delle
condizioni di sicurezza della macchina.
Nella fattispecie sussiste la responsabilità
del datore di lavoro e dei dirigenti
assimilati per l’infortunio mortale del
lavoratore che, trovatosi nei pressi di una
macchina, vi rimaneva impigliato con il
braccio destro e poi schiacciato in parte
del torace con conseguenti lesioni che ne
procuravano il decesso. L’accusa consisteva
nell’aver consentito, e comunque non
impedito, che all’interno dello stabilimento
fosse installato ed utilizzato un impianto
di produzione composto da più macchine per
la produzione di film trasparente (propilene
ad uso alimentare), prodotto che viene
raccolto da un “gruppo avvolgitore”
privo dei dispositivi di sicurezza imposti
dalla legge al fine di evitare contatti
accidentali tra parti del corpo dei
lavoratori addetti al macchinario e gli
organi in movimento (commento tratto da
www.legislazionetecnica.it). |
SICUREZZA LAVORO:
Quali sono gli obblighi di
sicurezza a carico delle imprese coinvolte?
Domanda.
Quali sono i principali provvedimenti
legislativi ai quali deve attenersi
l'appaltatore per garantire la sicurezza e
l'incolumità delle persone durante
l'espletamento delle attività oggetto
dell'appalto?
Risposta.
Il
lettore non specifica la natura
dell'appalto, né tantomeno se esso riguardi
l'ambito pubblico o privato. La risposta
sarà pertanto dovutamente generica e
cercherà di delineare un quadro complessivo
degli obblighi a carico dell'appaltatore.
Cominciamo con l'affermare che la riforma
operata dall'entrata in vigore del D.Lgs. n.
81/2008 ha notevolmente semplificato la
materia, almeno per l'aspetto riguardante le
norme a cui riferirsi.
Alla domanda posta dal lettore: "Quali
sono i principali provvedimenti
legislativi..." oggi si può affermare
con sicurezza che abbiamo a che fare
sostanzialmente con un'unica norma di legge,
ovvero il Testo unico per la sicurezza sul
lavoro (D.Lgs. n. 81/2008, per l'appunto).
Nell'ambito del campo di applicazione del
Titolo IV del D.Lgs. n. 81/2008, ovvero
quando l'attività in appalto si svolga
all'interno di un cantiere edile, gli
obblighi delle imprese appaltatrici sono
contenute essenzialmente nell'articolo 96
del medesimo decreto.
Quando invece le attività in appalto non
rientrano nel campo di applicazione della
parte speciale del decreto sui cantieri
temporanei o mobili, il riferimento
normativo è costituito dall'articolo 26. In
questo caso si delinea un obbligo di
cooperazione e coordinamento a carico di
tutte le imprese coinvolte nelle attività in
appalto (datore di lavoro committente
compreso), restando fermo l'obbligo per
tutti questi soggetti di tutelare i propri
lavoratori, oltre che dai rischi derivanti
dalle interferenze, anche dai rischi
specifici delle attività svolte ed oggetto
dell'appalto, nei confronti delle quali
l'obbligo dell'appaltatore è primariamennte
quello di procedere alla valutazione ed alla
definizione delle conseguenti misure di
prevenzione e protezione, secondo le
modalità previste nello stesso D.Lgs. n.
81/2008 (23.05.2011 - tratto da
www.ipsoa.it). |
SICUREZZA LAVORO:
A. Scarcella,
D.Lgs. n. 81/2008 e soggetti obbligati - I
riflessi del Testo Unico sul ruolo di
dirigenti e preposti (Igiene e
Sicurezza del Lavoro n. 4/2011 - link a
www.ipsoa.it). |
SICUREZZA LAVORO:
Pubblico dipendente - Lesioni
subite a causa di caduta dalle scale -
Assenza del dispositivo antiscivolo -
Violazione dell’art. 2087 c.c..
Deve essere accolta, ai sensi dell’art. 2087
c.c., la domanda di risarcimento del danno
avanzata da un pubblico dipendente, per
lesioni subite a causa di caduta
verificatasi durante lo svolgimento del
servizio, determinata dell’assenza, sulle
scale dell’ufficio, del dispositivo
antiscivolo (bande); il fatto che le scale
siano prive del dispositivo antiscivolo è
idoneo, infatti, quantomeno, ad agevolare
una caduta, e tanto integra una violazione
dell’art. 2087 c.c., in ragione dell’onere
del datore di lavoro di adottare ogni
accorgimento idoneo a prevenire infortuni,
tanto più che l’accorgimento in questione è
di semplice applicazione (TAR Piemonte, Sez.
I,
sentenza 14.05.2011 n. 482 - link
a www.ambientediritto.it). |
SICUREZZA LAVORO:
Stress lavoro-correlato: Manuale
Inail. Disponibile un portale dedicato e un
manuale di valutazione e gestione del
rischio da stress lavoro-correlato.
L'Inail ha pubblicato il documento «Valutazione
e gestione del rischio da stress
lavoro-correlato. Manuale ad uso delle
aziende in attuazione del D. Leg.vo 81/2008»,
disponibile nel portale «Valutazione e
gestione del rischio da stress
lavoro-correlato» presente all'interno
del sito istituzionale dell'Istituto.
Il portale, oltre a contenere il citato
manuale, contiene una serie di risorse e
strumenti finalizzata a supportare, con
strumenti scientificamente validati, le
aziende nel processo di valutazione e
gestione del rischio da stress
lavoro-correlato, nel rispetto della
normativa vigente.
L'Inail -Dipartimento Medicina del Lavoro (DML)-
ex ISPESL, ha scelto di definire un percorso
metodologico basato sul Modello Management
Standards approntato dall'Health and Safety
Executive (HSE), contestualizzato al D.
Leg.vo 81/2008 e raccordato con le
esperienze del «Coordinamento Tecnico
Interregionale della prevenzione nei luoghi
di lavoro» e del «Network Nazionale
per la Prevenzione del Disagio Psicosociale
nei luoghi di lavoro» sulla specifica
tematica, nell'ottica di offrire all'utenza
un «metodo unico integrato» per la
valutazione e gestione del rischio da stress
lavoro-correlato.
Nel portale è disponibile documentazione di
approfondimento e, previa registrazione, si
ha accesso a strumenti per effettuare la
valutazione e la conseguente gestione del
rischio da stress lavoro-correlato.
L'indirizzo del portale è:
www.ispesl.it/focusstresslavorocorrelato
(commento tratto da
www.legislazionetecnica.it). |
SICUREZZA LAVORO:
Vademecum sulla sicurezza dei lavoratori
nelle opere di asfaltatura. DVR, verifiche
interne e autoanalisi.
La Regione Lombardia ha pubblicato un
Vademecum per il miglioramento della
sicurezza e della salute dei lavoratori
nelle opere di asfaltatura, realizzato dal
laboratorio Tumori Professionali.
Il documento ha lo scopo di individuare e
promuovere soluzioni tecnologiche in grado
di eliminare le sostanze cancerogene o,
quanto meno, di ridurre l'esposizione dei
lavoratori a tali sostanze.
Il vademecum può essere utilizzato per
verifiche interne e autoanalisi da parte di
datori di lavoro, servizi di prevenzione e
protezione aziendali, rappresentanti dei
lavoratori per la sicurezza, medici
competenti, organi di vigilanza delle ASL,
operatori delle UOOML (Unità Operativa
Ospedaliera di Medicina del Lavoro),
consulenti, organizzazioni sindacali dei
lavoratori, etc.
Il vademecum non si limita ad analizzare la
gestione del rischio da agenti cancerogeni
ma approfondisce in maniera dettagliata la
gestione dei rischi per la sicurezza
derivanti da:
- agenti chimici pericolosi;
- utilizzo di macchine;
- movimentazione carichi. ... (link a
www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO:
Scavi e movimentazione terre: messa in
sicurezza, modalità operative e PSC.
Il Coordinamento Tecnico Provinciale di
Verona, su proposta dello SPISAL (Servizio
Prevenzione Igiene Sicurezza Ambienti di
Lavoro), ha pubblicato un lavoro di ricerca
sulle tecniche di scavo e movimentazione
terre e sugli aspetti legati alla sicurezza.
Le informazioni contenute sono un utile
supporto per la redazione del PSC (Piano di
Sicurezza e Coordinamento), nel quale è
necessario definire le modalità di messa in
sicurezza dello scavo, corredando il
documento con elaborati grafici e tavole
esplicative.
Lo studio è stato impostato sull'edilizia
civile (villette a schiera e piccoli
condomini), individuando le seguenti
lavorazioni:
- scavi con sbancamento e splateamento per
nuove costruzioni;
- scavi in trincea per la posa di tubazioni
e/o sottoservizi in genere. ... (link a
www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO:
Linee operative sulla valutazione del
rischio stress lavoro correlato.
Lo stress da lavoro correlato è un disagio
non nuovo ma sicuramente attuale, visto il
costante aumento dei casi riscontrati. Il
fenomeno ha un costo economico per le
aziende stimato in miliardi di euro.
Le cause sono legate a:
- tipologie contrattuali sempre meno
stabili;
- elevati carichi lavorativi;
- violenze e molestie sul lavoro;
- interferenze tra lavoro e vita privata.
Il datore di lavoro è tenuto a valutare il
rischio da stress da lavoro correlato per la
propria azienda, come prevede il D.Lgs n.
81/2008 e s.m.i.
La valutazione del rischi si articola in due
fasi: una fase di valutazione preliminare,
dalla quale possono emergere o non emergere
elementi di rischio, e una approfondita, da
attuare quando gli interventi della prima
risultano inefficaci.
La Provincia di Verona ha definito una linea
operativa per la valutazione del rischio
stress partendo dalle direttive del Network
Nazionale per la Prevenzione Disagio
Psicosociale nei Luoghi di Lavoro dell'ISPESL.
Il documento ha lo scopo di coadiuvare le
imprese con meno di 30 lavoratori,
attraverso opportune chek-list (link
a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO:
Testo Unico sulla Sicurezza e verifiche
periodiche delle attrezzature.
Pubblicato in Gazzetta il Decreto 11.04.2011
che disciplina le modalità di verifica sulle
attrezzature da lavoro eseguite da INAIL e
ASL territoriali e definisce i criteri per
l'abilitazione dei soggetti verificatori.
Ricordiamo che il Testo Unico sulla
Sicurezza, relativamente agli obblighi del
datore di lavoro (art. 71 - D.Lgs. 81/2008)
recita che questi deve sottoporre le
attrezzature di lavoro riportate
nell'Allegato VII (quali scale, ponti
mobili, generatori di calore, tubazioni,
forni per industrie chimiche, etc.) a
verifiche periodiche per valutarne
l'effettivo stato di conservazione e di
efficienza ai fini di sicurezza, con una
certa frequenza.
Tale verifica deve essere effettuata
dall'INAIL ex ISPESL che vi provvede nel
termine di 60 giorni dalla richiesta.
Decorso tale termine, il datore di lavoro
può avvalersi delle ASL e o di soggetti
pubblici o privati abilitati. Il Testo Unico
per la sicurezza stabilisce, inoltre, che i
criteri per l'abilitazione dei soggetti
pubblici o privati ad effettuare tali
verifiche saranno stabiliti con Decreto del
Ministro del Lavoro.
Il Decreto 11.04.2011, quindi in
ottemperanza a quanto previsto dal Testo
Unico sulla Sicurezza, definisce modalità,
tempistiche, passaggi burocratici e
amministrativi per l'accreditamento di
soggetti terzi pubblici o privati alla
verifica delle attrezzature da lavoro (link
a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO:
Opere provvisionali e rischi di cadute
dall’alto.
L’ASL di Pavia ha pubblicato un documento
per la formazione degli studenti che tratta
le problematiche relative alle opere
provvisionali e ai rischi di caduta
dall’alto.
La pubblicazione è sintetica e di semplice
lettura; per ciascuna tipologia di opera
provvisionale vengono indicate tutte le
misure di sicurezza da adottare e i
riferimenti alle normative tecniche.
E’ così strutturata:
- Classificazione delle opere provvisionali
in base al loro utilizzo: opere di servizio,
opere di sicurezza e opere di sostegno;
- Definizione degli elementi costitutivi di
un ponteggio: elementi metallici (diagonale,
corrente, corrente di testata, cavalletto,
etc.), tipologie di parapetti, intavolati,
tipologie e modalità di ancoraggio;
- Altre tipologie di opere provvisionali:
ponti su cavalletti, trabattelli, scale,
etc. (link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO: AMBIENTI
CONFINATI/ Le istruzioni del ministero.
Appalti nel mirino. I controlli alle
direzioni provinciali.
Sotto controllo gli
appalti per le attività manutentive o di
pulizia in aree confinate (silos, cisterne,
pozzi ecc.). Le direzioni provinciali del
lavoro (Dpl) provvederanno ad acquisire la
documentazione utile a verificare la
correttezza degli aspetti gestionali sotto
il profilo del rispetto della normativa in
materia di salute e sicurezza sul lavoro
controllando, tra l'altro, la corretta
elaborazione del Duvri (Documento unico di
valutazione dei rischi interferenziali) e le
misure di prevenzione e protezione.
Lo stabilisce il Ministero del Lavoro nella
circolare 19.04.2011
n. 13/2011, a conclusione di una
prima iniziativa di verifica avviata con la
circolare n. 42/2010 ma praticamente non
riuscita.
Nella predetta circolare n. 42/2010,
infatti, il ministero aveva già espresso
l'intenzione di dare avvio ad azioni
specifiche di controllo degli appalti
riguardanti attività manutentive o di
pulizia di aree confinate, mediante un piano
straordinario d'ispezione. Un piano
finalizzato a individuare, a monitorare e
controllare gli appalti per attività in
silos, pozzi, cisterne, serbatoi, cunicoli,
impianti di depurazione, gallerie ecc..
Tuttavia, spiega il ministero, da una
ricognizione dei risultati (di cui alla nota
11.03.2011 con cui sono state richieste le
risultanze del monitoraggio) emerge che a
oggi, salvo una casistica limitata, non sono
state intraprese iniziative condivise o
coordinate con gli organi di vigilanza delle
aziende sanitarie locali (Asl), competenti
sulla specifica materia per difficoltà
operative legate a una non ancora piena
attuazione del disegno organizzativo
delineato dal T.u. sicurezza (dlgs n.
81/2008) che ha previsto, nell'ambito dei
comitati regionali di coordinamento in
materia di salute e sicurezza, la
costituzione di specifici uffici «operativi»
a livello provinciale.
Alla luce di questo primo test negativo, il
ministero ci riprova attribuendo la
titolarità dell'azione di verifica alle
direzioni provinciali del lavoro. Infatti,
si legge nella circolare, considerata
l'urgenza di porre in essere alcuni
interventi immediati per contrastare il
fenomeno infortunistico negli ambienti
confinati e, comunque, nelle more che le
predette iniziative coordinate con gli
organi di vigilanza del Servizio sanitario
nazionale (Ssn) vengano definite, alle
singole dpl è fatto obbligo di provvedere ad
acquisire la documentazione utile a
verificare la correttezza degli aspetti
gestionali degli appalti, anche sotto il
profilo del rispetto della normativa in
materia di salute e sicurezza. Nello
specifico, la circolare stabilisce che
durante gli accessi andrà acquisita e
verificata:
a) la corretta e completa elaborazione del
Duvri da parte delle aziende committenti;
b) le misure di prevenzione e protezione
previste per effettuare l'intervento
lavorativo;
c) i contenuti e la «effettività»
della formazione/informazione nei confronti
dei lavoratori delle aziende appaltatrici
sui rischi interferenziali delle attività
svolte;
d) l'efficienza del sistema organizzativo
dell'emergenza
(articolo ItaliaOggi
del 22.04.2011 - tratto da www.corteconti.it). |
SICUREZZA LAVORO: Oggetto:
Salute e sicurezza nei luoghi di lavoro;
lavori in ambienti sospetti di inquinamento.
Iniziative relative agli appalti aventi ad
oggetto attività manutentive e di pulizia
che espongono i lavoratori al rischio di
asfissia o di intossicazione dovuta ad
esalazione di sostanze tossiche o nocive
(Ministero del Lavoro e delle Politiche
Sociali,
circolare 19.04.2011
n. 13/2011). |
ATTI AMMINISTRATIVI - PUBBLICO IMPIEGO -
SICUREZZA LAVORO:
Oggetto: Accesso a verbali di visita
ispettiva in materia di salute e sicurezza
del lavoro.
Con nota del 19.03.2011 la S.V. ha
comunicato che un dipendente del
Conservatorio “E. R. Duni” di Matera, che
dichiara di agire a tutela del proprio
diritto alla salute ed alla sicurezza nei
luoghi di lavoro, ha chiesto di accedere ai
verbali di visita ispettiva con i quali la
ASL ha rilevato, negli edifici
dell’Istituto, varie violazioni,
oggettivamente imputabili alla S.V., alle
norme in materia di salute e sicurezza del
lavoro.
Al riguardo viene prospettato alla
Commissione che la domanda d’accesso
dovrebbe essere respinta, sia perché il
procedimento avviato con la visita ispettiva
non è ancora concluso, sia perché,
trattandosi di atti relativi ad un
contenzioso, opererebbe l’esclusione
prevista dall’art. 4, comma 2, del
regolamento per l’accesso vigente presso
l’Istituto. In via subordinata si prospetta
l’opportunità di un differimento
dell’accesso, ai sensi dell’art. 9, comma 2,
del regolamento generale n. 184/2006.
Osserva la Commissione che né la legge n.
241/1990 né il regolamento dell’Istituto
precludono l’accesso agli atti
infraprocedimentali relativi ad un
contenzioso (che peraltro allo stato non
risulta) tra terzi qualora vi sia un congruo
interesse personale, diretto, attuale e
giuridicamente protetto del richiedente;
interesse che nel caso in esame palesemente
sussiste, atteso che il dipendente intende
tutelare il proprio diritto fondamentale
alla salute. L’accesso pertanto non può
essere senz’altro negato.
Attesa peraltro
l’evidente lesione del diritto alla
riservatezza della S.V. che potrebbe
derivare da un accesso effettuato prima che
il Conservatorio abbia potuto esplicitare le
proprie eventuali controdeduzioni, può
ritenersi applicabile la citata disposizione
dell’art. 9, comma 2, del regolamento n.
184/2006, secondo cui “il differimento
dell’accesso è disposto ove sia sufficiente
per assicurare una temporanea tutela agli
interessi di cui all’art. 24, comma 6, della
legge”, che riguarda –tra l’altro– la
riservatezza delle persone; e che di
conseguenza l’accoglimento dell’accesso
possa essere differito al momento in cui
l’accertamento ispettivo diventerà
incontestabile da parte
dell’Amministrazione.
Va peraltro precisato che, in attesa della
prescritta messa a norma degli impianti e
delle strutture, i luoghi in cui l’indagine
ispettiva ha rilevato situazioni di pericolo
dovranno essere senza indugio opportunamente
segnalati e –ove possibile- preclusi sia
pure parzialmente al transito dei
dipendenti, al fine di richiamare questi
ultimi ad una condotta improntata ad una
responsabile cautela (Presidenza del
Consiglio dei Ministri, Commissione per
l'accesso ai documenti amministrativi,
risposta del Plenum in seduta del 19.04.2011
- link a www.commissioneaccesso.it). |
SICUREZZA LAVORO: AMIANTO
- Prescrizioni vincolanti sullo svolgimento
dei lavori di demolizione o rimozione -
Potere dell’ASL - Attribuzione - d.lgs. n.
106/2009, art. 118, c. 1, lett. c) - Art.
256 d.lgs. n. 81/2008.
Il potere di impartire prescrizioni
vincolanti sullo svolgimento dei lavori di
demolizione o rimozione dell’amianto, è
stato attribuito all’ASL solo con l’art.
118, comma 1, lettera c), del d.lgs.
03.08.2009 n. 106, in vigore dal 20 agosto
successivo, che ha aggiunto un capoverso in
tal senso al citato art. 256 d. lgs. 81/2008
(TAR Lombardia-Brescia, Sez. I,
sentenza 13.04.2011 n. 549 - link
a www.ambientediritto.it). |
SICUREZZA LAVORO:
Cassazione Penale, obblighi e
responsabilità del coordinatore per la
sicurezza in fase di esecuzione.
L'operato del
coordinatore per l'esecuzione deve mirare ad
un effettivo controllo, anche se non
necessariamente costante, dell'applicazione
da parte delle imprese delle disposizioni
del PSC e dei POS.
E' quanto sottolineato dalla Corte di
Cassazione, Sez. IV penale, nella
sentenza 12.04.2011 n. 14654
relativa ad un infortunio su un cantiere.
Ribadisce, inoltre, tre principi ormai
consolidati nella giurisprudenza in materia
di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro:
Il coordinatore per la sicurezza è garante
insieme al datore di lavoro della sicurezza
dei lavoratori che vengono a trovarsi ad
operare in un cantiere;
il lavoratore non risponde del suo operato,
se pure ha commesso una imprudenza, se
comunque l'infortunio accadutogli è legato a
delle carenze in materia di salute e di
sicurezza sul lavoro;
nel caso in cui ci siano più persone
titolari della garanzia di sicurezza e
dell'obbligo di evitare un evento, ciascuno
è destinatario per intero di quell'obbligo
con la conseguenza che, se un intervento è
eseguito da uno dei garanti, è necessario
che l'altro o gli altri si accertino che il
primo sia effettivamente intervenuto e nel
caso in cui l'intervento non risulti
adeguato questi versano in colpa se hanno
confidato nello stesso.
La sentenza di condanna.
Una sentenza di primo grado ha condannato
per il reato di omicidio colposo:
il responsabile dei lavori nonché
coordinatore per la progettazione e per
l'esecuzione di un cantiere edile durante i
lavori di ampliamento di uno stabilimento
industriale (violazione degli articoli 2 e
4, commi 1 e 2, e 5, del D. Lgs. n. 494 del
1996);
il legale rappresentante dell'impresa
appaltatrice per aver cagionato la morte di
un lavoratore dipendente della ditta
appaltatrice stessa (violazione degli
articoli 4 ed 8 del medesimo D. Lgs. n. 494
del 1996).
L'operaio infortunato, salito sulla
copertura di un capannone senza alcun mezzo
di protezione né individuale né collettivo,
poggiando il proprio peso su uno dei
pannelli in vetroresina, è precipitato al
suolo da un'altezza di circa dieci metri,
riportando trauma cranio-encefalico e trauma
toracico che ne hanno determinato il
decesso.
La Corte d'Appello ha confermato la sentenza
di condanna emessa dal Tribunale di primo
grado, ribadendo le responsabilità sia del
datore di lavoro che del responsabile per la
sicurezza.
Entrambi gli imputati hanno fatto ricorso
alla Corte di Cassazione.
Nel ricorso il coordinatore ha sostenuto che
è il datore di lavoro ad avere la
responsabilità dell'operato dei lavoratori,
con l'obbligo di individuare i rischi e
prevenirli, mentre al coordinatore
spetterebbe principalmente la verifica circa
il rispetto delle regole dettate dal piano
di sicurezza e di coordinamento, senza alcun
obbligo di una sua continua e giornaliera
presenza in cantiere.
Il datore di lavoro ha sostenuto, invece,
che i lavori appaltati non erano da
eseguirsi in quota ma solo esclusivamente a
terra, essendo stati i lavori di copertura
affidati dal committente ad altra impresa.
Entrambi i ricorsi degli imputati sono stati
rigettati dalla suprema Corte che ha
pertanto confermato la condanna (link a
www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO:
APPALTI - Infortuni sul lavoro -
Imprenditore - Posizione di garanzia -
Ambito di operatività.
La posizione di garante della sicurezza, che
l'ordinamento addossa all'imprenditore, non
é operativa nei soli confronti dei
lavoratori subordinati o dei soggetti a
questi equiparati (Decreto del Presidente
della Repubblica 27.04.1955, n. 547 ,
articolo 3, comma 2), ma si estende alle
persone estranee all'ambito imprenditoriale
che possano, comunque, venire a contatto o
trovarsi ad operare nel campo di loro
funzionalità (Cass. pen., sez. IV,
04.02.2004, n. 31303).
APPALTI - Infortuni sul
lavoro - Inidoneità delle misure di
prevenzione - Responsabilità del datore di
lavoro - Sussistenza.
L'obbligo di prevenzione si estende agli
incidenti che possono derivare da
negligenza, imprudenza e imperizia
dell'infortunato, essendo esclusa, la
responsabilità del datore di lavoro e, in
generale, del destinatario del presidio,
solo in presenza di comportamenti che
presentino i caratteri dell'eccezionalità,
dell'abnormità, dell'esorbitanza rispetto al
procedimento lavorativo, alle direttive
organizzative ricevute e alla comune
prudenza.
In ogni caso, nell'ipotesi di infortunio sul
lavoro originato dall'assenza o
dall'inidoneità delle misure di prevenzione,
nessuna efficacia causale viene attribuita
al comportamento del lavoratore infortunato,
che abbia dato occasione all'evento, quando
questo sia da ricondurre, comunque, alla
mancanza o insufficienza di quelle cautele
che, se adottate, sarebbero valse a
neutralizzare proprio il rischio di siffatto
comportamento (Cass., n. 31303 del 2004).
APPALTI - Infortuni sul
lavoro - Rappresentante della ditta
appaltante - Subappaltante - Obblighi di
protezione - Ambito di operatività.
La responsabilità del rappresentante della
ditta appaltante si estende alle persone
estranee all'ambito imprenditoriale che
possano, comunque, venire a contatto o
trovarsi ad operare nel campo di loro
funzionalità. Mentre il subappaltante é
esonerato dagli obblighi di protezione solo
nel caso in cui i lavori subappaltati
rivestano una completa autonomia, sicché non
possa verificarsi alcuna sua ingerenza
rispetto ai compiti del subappaltatore
(Cass. 20.11.2009 n. 1490) (conferma
sentenza n. 109/2009 Corte di Appello di
Cagliari Sez. Dist. di Sassari, del
23/03/2010) (fattispecie in tema di omicidio
colposo ex art. 589 c.p. ult. co. in
riferimento agli artt. 168 e 169 D.P.R. n.
547/1955 contestato al direttore del
cantiere rappresentante del datore di
lavoro, e responsabile della sicurezza del
lavoro, nei confronti di dipendenti di ditte
subappaltatrici) (Corte di cassazione,
Sez. IV penale,
sentenza 11.04.2011 n. 14527 -
link a www.ambientediritto.it). |
SICUREZZA LAVORO:
Infortuni sul lavoro - Esclusione
da responsabilità del datore di lavoro -
Presupposti.
Affinché la condotta colposa del lavoratore
faccia venire meno la responsabilità del
datore di lavoro, occorre un vero e proprio
contegno abnorme del lavoratore medesimo,
che esuli dalle normali operazioni
produttive e che esorbiti rispetto al
procedimento lavorativo e alle direttive
organizzative ricevute (Cass., Sez. IV,
23.05.2007, n. 25532, n. 15009 del
17.02.2009, n. 727 del 10.11.2009).
In altre parole, la condotta del lavoratore,
per giungere ad interrompere il nesso
causale (tra condotta colposa del datore di
lavoro o chi per esso, ed evento lesivo) e
ad escludere, in definitiva, la
responsabilità del garante, deve
configurarsi come un fatto assolutamente
eccezionale, del tutto al di fuori della
normale prevedibilità (Cass., Sez. IV, n.
952 del 27.11.1996).
Infortuni sul lavoro -
Comportamento abnorme del lavoratore -
Definizione.
Il datore di lavoro é esonerato da
responsabilità soltanto quando il
comportamento del dipendente sia abnorme,
dovendo definirsi tale il comportamento
imprudente del lavoratore che o sia stato
posto in essere da quest'ultimo del tutto
autonomamente e in un ambito estraneo alle
mansioni affidategli -e, pertanto, al di
fuori di ogni prevedibilità per il datore di
lavoro- o rientri nelle mansioni che gli
sono proprie ma sia consistito in qualcosa
di radicalmente, ontologicamente, lontano
dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili,
imprudenti scelte del lavoratore nella
esecuzione del lavoro).
Infortuni sul lavoro -
Risarcimento eseguito dal comune datore di
lavoro dell'imputato e del lavoratore
persona offesa - Attenuante del risarcimento
del danno ex art. 62 n. 6 c.p. -
Sussistenza.
Ai fini della sussistenza dell'attenuante di
cui all'articolo 62 n. 6 c.p., il
risarcimento, ancorché eseguito dalla
società assicuratrice, deve ritenersi
effettuato personalmente dall'imputato tutte
le volte in cui questi ne abbia conoscenza e
mostri la volontà di farlo proprio (Cass.,
Sez. IV, n. 13870 del 06.02.2009).
Deve, pertanto, ritenersi che l'attenuante
in questione possa operare laddove il
risarcimento sia stato effettuato dal comune
datore di lavoro dell'imputato e del
lavoratore persona offesa (Corte di
Cassazione, Sez. IV penale,
sentenza 11.04.2011 n. 14523 -
link a www.ambientediritto.it). |
SICUREZZA LAVORO: Le
responsabilità del committente nella
sicurezza del cantiere: guida per conoscere
i propri doveri.
Il Collegio dei Geometri e Periti
Industriali di Udine ha pubblicato una guida
chiara e semplice sulle responsabilità,
anche penali, del committente relative alla
sicurezza in cantiere.
Il committente viene definito dal Decreto
Legislativo 81/2008 come il “soggetto per
conto del quale l’intera opera viene
realizzata, indipendentemente da eventuali
frazionamenti della sua realizzazione …”.
Assume automaticamente la funzione di
committente chi, ad esempio:
- in qualità di proprietario di una
villetta, affida i lavori di tinteggiatura
interna od esterna;
- in qualità di locatario di un
appartamento, affida i lavori di rifacimento
del bagno;
- in qualità di amministratore di
condominio, affida i lavori di rifacimento
del manto di copertura o di isolamento a
cappotto dei muri;
- in qualità di titolare d’impresa, affida i
lavori di sistemazione degli uffici o di
ampliamento della zona produttiva del suo
capannone aziendale;
- in qualità di proprietario di un lotto
edificabile, affida i lavori di costruzione
della sua nuova casa.
Egli ha precise responsabilità penali ed
amministrative attribuitegli dalla
legislazione vigente, come ad esempio:
- designare il coordinatore per la sicurezza
se necessario (pena l'arresto da 3 a sei
mesi o l'ammenda da € 2.500 a € 6.400);
- accertare i requisiti del coordinatore;
- trasmettere il P.S.C. (Piano di Sicurezza
e di Coordinamento) a tutte le imprese
invitate a presentare l’offerta (pena la
sanzione amministrativa pecuniaria da € 500
a € 1.800);
- comunicare alle imprese esecutrici e ai
lavoratori autonomi il nominativo del
coordinatore, in modo che venga anche
riportato sul cartello di cantiere (sanzione
amministrativa pecuniaria da € 500 a €
1.800);
- vigilare sull'operato del coordinatore
(pena l'arresto da due a quattro mesi o
ammenda da € 1.000 a € 4.800);
- verificare l'idoneità tecnico
professionale delle imprese e dei lavoratori
autonomi (pena l'arresto da due a quattro
mesi o l'ammenda da € 1.000 a € 4.800);
- trasmettere all'Amministrazione del titolo
abilitativo (pena la sanzione amministrativa
pecuniaria da € 500 a € 1.800)
(link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO:
Valutazione del rischio da stress
lavoro-correlato: linee operative per
piccole imprese.
Lo stress non è una malattia, ma una
situazione di prolungata tensione che può
ridurre l'efficienza sul lavoro e può
determinare un cattivo stato di salute. Esso
può essere causato da diversi fattori come
il contenuto del lavoro, l'eventuale
inadeguatezza della gestione e
dell'organizzazione del lavoro, carenze
nella comunicazione, etc..
Valutare il rischio dovuto a stress
lavoro-correlato è un obbligo di ciascun
datore di lavoro.
Il Network Nazionale per la Prevenzione
Disagio Psicosociale nei Luoghi di Lavoro
istituito dall'ISPESL ha messo a punto una
proposta metodologica di valutazione dei
rischi da stress correlato al lavoro, nata a
partire dallo studio pilota degli SPISAL
(Servizio Prevenzione Igiene Sicurezza
Ambienti di Lavoro) della Provincia di
Verona e del Centro clinico di Verona.
Queste linee operative hanno lo scopo di
assistere le imprese di piccole dimensioni
nella valutazione dello stress, attraverso
una unica check-list finalizzata alla
valutazione preliminare del rischio.
Il documento risulta sintetico e di semplice
comprensione. È così strutturato:
- definizione di stress lavoro-correlato;
- chi deve valutare il rischio;
- metodologie di valutazione;
- fase di valutazione preliminare;
- fase di valutazione approfondita;
- diagramma di flusso del processo di
valutazione;
- check-list per la valutazione preliminare
(link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO:
Rischio da esposizione a polveri. Una guida
ai dispositivi di protezione individuale.
Le polveri aerodisperse sono sostanze
pericolose per la salute e possono essere
causa di varie malattie professionali. Per
proteggere la salute dei lavoratori, il
datore di lavoro deve provvedere a far sì
che non siano superati i valori limite di
concentrazione e dotare i lavoratori esposti
di opportuni respiratori.
Il SUVA (INAIL svizzero) ha pubblicato un
manualetto destinato ai datori di lavoro, al
fine di indirizzarli nella scelta dei
dispositivi di protezione individuali
opportuni, e ai lavoratori esposti,
soprattutto nel settore edilizio, fornendo
consigli su come utilizzare i respiratori.
Il documento propone informazioni circa:
- quando risultano necessari i respiratori;
- tipologie di respiratori e relative
marcature;
- classi dei filtri e applicazioni;
- consigli per un uso corretto;
- manutenzione dei dispositivi;
- norme di riferimento (link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO:
“Quaderno della sicurezza”: tutto
sulla sicurezza nei cantieri edili.
Il Servizio Sanitario Regionale EMILIA
ROMAGNA ha pubblicato un quaderno della
sicurezza relativo ai cantieri edili.
La pubblicazione fornisce una visione
sintetica e integrata, con opportuni
richiami normativi, di tutti gli aspetti
relativi alla sicurezza nei cantieri edili e
costituisce un utile strumento per tutte le
figure che operano in cantiere o si occupano
di sicurezza.
Il documento fornisce utili indicazioni su:
- documentazione da tenere in cantiere;
- come organizzare il cantiere;
- tipologia delle lavorazioni (demolizioni,
scavi, lavori in quota, etc.);
- protezioni individuali e collettive;
- impianti di cantiere (link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO:
Testo Unico sulla Sicurezza: ecco la
versione aggiornata a marzo 2011.
É stato pubblicato sul sito del Ministero
del Lavoro e delle Politiche Sociali, nella
sezione sicurezza sul lavoro, il testo del
Decreto Legislativo 81/2008 coordinato e
aggiornato a marzo 2011.
In particolare, vengono aggiornati:
- art. 3 - comma 3 (inserite le proroghe dei
termini previste dall’art. 2 comma 51 della
Legge 26.02.2011 n. 10);
- art. 3 - comma 3-bis (inserite le proroghe
dei termini previste dall’art. 1 della Legge
26.02.2011 n. 10);
- ALLEGATO 36 - (lettera B, tabella 2:
ripristinati i caratteri apice e pedice
delle note) (link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO - VARI:
Formazione addetti alla prevenzione
incendi, lotta antincendio e gestione delle
emergenze (D.Lgs. 81/2008). Corsi di
aggiornamento
(Ministero dell'Interno,
nota 23.02.2011). |
SICUREZZA LAVORO:
Formazione, informazione e addestramento:
adempimenti del datore di lavoro. Dal CPT di
Bergamo un “numero speciale”.
Il CPT di Bergamo ha pubblicato uno speciale
dedicato alla formazione in materia di
sicurezza sul lavoro.
Scopo della pubblicazione è “fare
chiarezza” su un tema fondamentale come
quello della formazione nell’ambito della
prevenzione aiutando imprese, lavoratori e
tecnici a destreggiarsi più agevolmente tra
i diversi adempimenti previsti dalla norma.
“Formazione, programmazione,
informazione, validazione, addestramento,
collaborazione…” Molto spesso si sentono
questi termini ma non sempre è chiara la
differenza tra i diversi obblighi.
La pubblicazione inizia proprio con le
differenze tra informazione, formazione e
addestramento. ... (link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO:
Indicazioni operative per la FORMAZIONE dei
lavoratori impiegati nei cantieri di grandi
opere.
Il Tavolo Provinciale per la sicurezza nei
cantieri della Variante di Valico, in
collaborazione con la Provincia di Bologna,
della Regione Emilia Romagna e dell’Azienda
USL di Bologna, ha pubblicato un manuale
operativo sulla formazione dei lavoratori
impegnati nella variante autostradale di
valico e nelle grandi opere.
Scopo del manuale è quello di fornire
indicazioni operative per formare in maniera
adeguata ed efficiente tutti i lavoratori
coinvolti nei cantieri, al fine di
raggiungere elevati livelli di sicurezza e
prevenzione.
L'organizzazione dei grandi cantieri vede la
presenza e l’interazione continua di varie
figure, sia per le tante tipologie di
lavorazioni, sia per le diverse imprese
coinvolte. L’analisi svolta in un sistema
complesso diviene dunque un punto di
riferimento per l’organizzazione della
formazione in qualsiasi tipologia di
cantiere.
Bisogna quindi porre molta attenzione anche
verso aspetti estremamente pratici, come per
esempio la valutazione delle conoscenze
linguistiche dei lavoratori, in particolare
di quelli stranieri, o il tutoraggio dei
nuovi assunti.
Il testo sottolinea la necessità di puntare
su una formazione specifica anche per i
dirigenti, in maniera da mettere a loro
disposizione competenze ulteriori per una
gestione più efficace del loro ruolo sui
temi della sicurezza.
Il lavoro risulta così strutturato: ...
(link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO:
La sicurezza sul lavoro nei cantieri
stradali - Opuscolo informativo per i
lavoratori (INAIL, edizione
2011). |
APPALTI - SICUREZZA LAVORO:
Sicurezza e Codice dei Contratti Pubblici.
Pubblicati gli atti del convegno organizzato
da Regione Toscana e ARPAT.
Il 20 e 21.01.2011 si è tenuto a Firenze un
seminario su “La Sicurezza e il nuovo
Regolamento del Codice dei Contratti
Pubblici”, organizzato da ARPAT (Agenzia
Regionale per la Protezione Ambientale della
Toscana) e Regione Toscana.
Gli interventi sono stati i seguenti:
- Verifica dei requisiti Tecnico
Professionali e Redazione del DUVRI;
- Compiti e responsabilità del datore di
lavoro, del dirigente e del preposto nei
lavori e nella esecuzione di servizi e
forniture;
- Il nuovo Regolamento del Codice dei
Contratti Pubblici: aspetti connessi alla
sicurezza;
- Regolamento di esecuzione del codice dei
contratti pubblici;
- Il Prezzario dei Lavori pubblici della
Regione Toscana;
- I controlli delle Direzioni Provinciali
del Lavoro Esperienze, problemi, possibili
soluzioni;
- Controlli e vigilanza dei PISLL sui
cantieri e sui luoghi di esecuzione di
forniture e servizi.
In questo numero di Biblus-net pubblichiamo
le prime due relazioni, rimandando a
successive news l’analisi delle altre. ...
(link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO:
Sei sicuro. Dall’INAIL tutte le indicazioni
per la SICUREZZA nei CANTIERI STRADALI.
Il cantiere stradale presenta una
molteplicità di rischi, sia per chi ci
lavora, sia per coloro che vengono a
contatto con l’area dei lavori. La
conoscenza dei rischi, l’informazione e la
formazione sono elementi fondamentali per la
riduzione concreta del fenomeno
infortunistico.
A tal fine è stato realizzato questo
opuscolo che è una versione semplificata del
manuale “La Sicurezza sul lavoro nei
cantieri stradali” elaborato nell’ambito
del progetto promosso dal Comitato
Consultivo Provinciale di Verona e condiviso
dalla sede INAIL di Verona.
La pubblicazione risulta ben strutturata,
efficace e di semplice comprensione. Riporta
utili informazioni, quali:
- adempimenti delle varie figure coinvolte
(datore di lavoro, preposto -capo cantiere-
e lavoratore) per garantire la massima
sicurezza e le responsabilità; definizioni
chiare e precise dei termini più ricorrenti
in materia di sicurezza (P.O.S., P.S.C.,
D.P.I. e frasi di rischio)
- elenco di tutti i Dispositivi di
Protezione Individuale, indicando quando
usarli e da cosa proteggono;
- segnaletica del cantiere stradale (segnali
di pericolo, di prescrizione, di indicazione
e segnali complementari);
- fattori di rischio relativi
all'investimento di chi opera in cantiere
(cosa fare e cosa non fare);
- rischi di caduta e urti (cosa fare e cosa
evitare);
- organizzazione corretta del cantiere in
modo da evitare situazioni di rischio;
- esposizione a prodotti pericolosi
(tipologie di sostanze pericolose e soglie
di esposizione);
- esposizione a rumore e vibrazioni
(elementi che caratterizzano il rischio e
come evitare le situazioni di rischio);
- attrezzature usate in cantiere e corrette
modalità d'uso.
Infine è presente un utilissimo questionario
che consente di verificare il livello di
comprensione delle informazioni acquisite,
utile anche per effettuare formazione e
informazione tra i lavoratori (link a
www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO:
Requisiti di salute e sicurezza
dei luoghi di lavoro - Allegato IV, punto
1.11.1.5 del d.lgs. n. 81/2008 - Possibilità
di lavorare stando seduti - Prescrizioni
dell’autorità sanitaria - Art. 10 d.P.R. n.
520/1955 - Apprezzamento tecnico
discrezionale - Necessaria instaurazione del
contraddittorio con il datore di lavoro.
Agli operatori dell’Azienda Sanitaria è
riconosciuto (art. 10 del D.P.R. n.
520/1955) il potere di impartire
disposizioni esecutive implicanti un
apprezzamento tecnico-discrezionale
integrativo della disciplina stabilita dal
legislatore: segnatamente tale contenuto di
discrezionalità non può essere disconosciuto
nel caso in cui venga in rilievo
l’attuazione, con indicazione delle relative
modalità, della previsione dettata
dall’Allegato IV, punto 1.11.1.5., del
D.Lgs. n. 81/2008, secondo cui l'organo di
vigilanza può prescrivere che, anche nei
lavori continuativi, il datore di lavoro dia
modo ai dipendenti di lavorare stando a
sedere, ogni qualvolta ciò non pregiudichi
la normale esecuzione del lavoro.
Tale previsione va raccordata con gli artt.
63 e 64 del medesimo D.Lgs. n. 81/2008, che
rinviano all’Allegato IV per la
specificazione dei requisiti di salute e
sicurezza cui i luoghi di lavoro debbono
essere conformi ed ai quali il datore di
lavoro è tenuto a provvedere, nonché
all’art. 15, co. 1, lett. d), che annovera,
fra le misure generali di tutela della
salute e della sicurezza dei lavoratori nei
luoghi di lavoro, il rispetto dei principi
ergonomici nell'organizzazione del lavoro,
nella concezione dei posti di lavoro, nella
scelta delle attrezzature e nella
definizione dei metodi di lavoro e
produzione, in particolare al fine di
ridurre gli effetti sulla salute del lavoro
monotono e di quello ripetitivo.
Alla luce del quadro normativo così
delineato, il riportato intervento
dell’autorità di vigilanza presenta i
caratteri tipici della prescrizione
attuativa di un precetto che il legislatore
ha solo parzialmente determinato, rimettendo
all’amministrazione la scelta circa la
stessa opportunità di esercitare o meno il
potere di ordinare l’adeguamento delle
postazioni di lavoro.
Trattandosi di una misura di prevenzione dei
rischi, priva di connotazioni sanzionatorie,
la sua adozione non può legittimamente
considerarsi sottratta alla preventiva
instaurazione di un effettivo
contraddittorio con il datore di lavoro che
ne sia destinatario, alla stregua delle
regole generali che governano l’azione
amministrativa; la partecipazione del datore
di lavoro non può reputarsi esaurita con la
presenza al sopralluogo condotto dai
funzionari dell’A.S. (TAR Toscana, Sez. II,
sentenza 04.02.2011 n. 233 - link
a www.ambientediritto.it). |
SICUREZZA LAVORO:
Procedure, documenti e responsabilità per
garantire una corretta gestione dei lavori e
della sicurezza in cantiere: un documento
sintetico della Prefettura di Roma.
Nei giorni scorsi è stato firmato presso la
Prefettura di Roma un Protocollo d’intesa da
parte di INPS, INAIL, Direzione Provinciale
del Lavoro, e sindacati territoriali
dell'edilizia, con cui le parti intendono
contribuire alla lotta al lavoro nero,
all'evasione contributiva e alla presenza
d'imprese irregolari negli appalti pubblici
nel territorio della provincia di Roma.
Sono stati definiti i contenuti minimi di
uno schema di capitolato tipo per appalti di
opere pubbliche, che contenga criteri
uniformi a garanzia della qualità, della
trasparenza, della professionalità e della
salvaguardia dei diritti dei lavoratori.
Nel Protocollo sono evidenziati i contenuti
minimi dello schema di capitolato:
- Informazioni;
- Sopralluoghi preliminari;
- Misure organizzative e oneri diversi a
carico dell'appaltatore da dimostrare prima
dell'inizio dei lavori;
- Attività di controllo;
- Responsabilizzazione del coordinatore per
la sicurezza;
- Verifiche in corso di esecuzione sulla
regolarità;
- Subappalto;
- Responsabile dei lavoratori per la
sicurezza territoriale;
- Qualità del lavoro e delle imprese.
Il documento risulta certamente utile a
tutti gli operatori del settore (link a
www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO:
Guida pratica per la determinazione delle
ESPOSIZIONI SPORADICHE E DI DEBOLE INTENSITÀ
(ESEDI) all’amianto.
In attuazione alle disposizioni dell’art.
249 del D.lgs. 81/2008, la Commissione
consultiva permanente per la salute e
sicurezza sul lavoro ha pubblicato, con
Lettera Circolare del Ministero del Lavoro e
delle Politiche Sociali del 25.01.2011,
degli orientamenti pratici circa la
determinazione delle esposizioni sporadiche
e di debole intensità (ESEDI) all’amianto.
In particolare, le attività sporadiche e di
debole intensità ricadono in quelle che
prevedono:
- massimo di 60 ore di intervento all’anno;
- massimo 4 ore per singolo intervento;
- massimo di 2 interventi al mese;
- livello massimo di esposizione a fibre di
amianto pari a 10 F/L (in 8 ore);
- numero massimo di addetti operanti
contemporaneamente pari a 3 (se non
possibile occorre limitare gli addetti al
numero più basso possibile).
Inoltre, al fine di verificare se la propria
attività rientri nella categoria delle ESEDI,
è possibile consultare l’Allegato 1 delle
Lettera Circolare, in cui sono riportate,
sulla base delle attuali conoscenze, le
attività di tipo ESEDI (link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO:
Lombardia,
LINEE DI INDIRIZZO PER L’ATTIVITA’ DI
COORDINATORE PER LA SICUREZZA NEI CANTIERI
EDILI (Regione Lombardia -
Sanità, settembre 2010). |
SICUREZZA LAVORO:
L'impresa virtuale dell’INAIL per valutare
il rischio in 3D.
"L'impresa virtuale" è un nuovo
applicativo del portale INAIL che,
attraverso animazioni 3d, illustra alcune
situazioni di pericolo tipiche dei diversi
ambienti e attività di lavoro:
- uffici
- negozi
- logistica
- magazzino
- produzione
- imballaggio
- manutenzione
- pulizia
- fornendo, contestualmente, indicazioni sui
possibili interventi per la loro
eliminazione o riduzione.
Attraverso esempi concreti -precisa l’INAIL-
si è voluto rappresentare soprattutto il
processo di gestione della sicurezza e
salute sui luoghi di lavoro che mira ad
individuare e adottare le soluzioni più
idonee a ridurre i rischi che non possono
essere eliminati del tutto; le soluzioni
proposte non sono di certo le uniche
possibili.
L'applicativo è l'edizione italiana del
prodotto "L’entreprise virtuelle" del
Ministero del Lavoro francese ed è stata
realizzata e promossa dall'INAIL nell’ambito
di una convenzione tra il Ministero del
lavoro italiano e il Ministero del lavoro
francese (link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO: RSPP
e omessa segnalazione dei fattori di
rischio.
Responsabilità di un
RSPP per il reato di omicidio colposo
aggravato dalla violazione della normativa
antinfortunistica in danno del lavoratore
..., dipendente della società A., che, alla
guida di un trattore agricolo, utilizzato
ordinariamente per la movimentazione dei
vagoni ferroviari all'interno di uno
stabilimento, mentre compiva la manovra in
retromarcia all'ingresso del capannone n. 14
-manovra necessaria per accedere al
capannone n. 10, ove doveva essere
posizionata una carrozza ferroviaria- cadeva
lateralmente in una fossa di ispezione posta
lungo tutto il capannone, lasciata aperta, e
così sbalzato al di fuori della cabina,
cadeva in tale fossa, ove rimaneva
schiacciato dalle ruote del trattore.
Il (...) era stato chiamato a risponderne,
quale responsabile del servizio prevenzione
e protezione della società A., essendosi
ravvisati a suo carico profili di colpa
generica e specifica, non avendo lo stesso
valutato adeguatamente i rischi connessi
alle mansioni che gli operai dovevano
svolgere durante le operazioni di
movimentazione della carrozze, rischi
derivanti in particolare dalla presenza
delle fosse di lavorazione non protette al
fine di evitare la caduta accidentale di
uomini e i mezzi.
Ricorso in Cassazione - Rigetto.
Rileva la Suprema Corte che la sentenza
d'appello non pone in discussione il
principio che il responsabile del servizio
di prevenzione e protezione (RSPP) non è
titolare di alcuna posizione di garanzia
rispetto all'osservanza della normativa
antinfortunistica e che lo stesso opera,
piuttosto, quale "consulente" in tale
materia del datore di lavoro, il quale è [e
rimane] direttamente tenuto ad assumere le
necessarie iniziative idonee a neutralizzare
le situazioni di rischio.
"In effetti, la "designazione" del RSPP,
che il datore di lavoro è tenuto a fare a
norma dell'articolo 31 del decreto cit.
(ndr: D.Lgs. 81/2008 così come modificato
dal D.Lgs. 106/2009) [individuandolo, ai
sensi del successivo articolo 32, tra
persone i cui requisiti siano "adeguati alla
natura dei rischi presenti sul luogo di
lavoro e relativi alle attività
lavorative"], non equivale a "delega di
funzioni" utile ai fini dell'esenzione del
datore di lavoro da responsabilità per la
violazione della normativa
antinfortunistica, perché gli consentirebbe
di "trasferire" ad altri -il delegato- la
posizione di garanzia che questi
ordinariamente assume nei confronti dei
lavoratori.
Posizione di garanzia che, come è noto,
compete al datore di lavoro in quanto ex
lege onerato dell'obbligo di prevenire la
verificazione di eventi dannosi connessi
all'espletamento dell'attività lavorativa.
Dalla ricostruzione dei compiti del RSPP
discende, coerentemente, che il medesimo è
privo di capacità immediatamente operative
sulla struttura aziendale, spettandogli solo
di prestare "ausilio" al datore di lavoro
nella individuazione e segnalazione dei
fattori di rischio delle lavorazioni e nella
elaborazione delle procedure di sicurezza
nonché di informazione e formazione dei
lavoratori (cfr. articolo 33 del decreto
cit.).
Il datore di lavoro, quindi, è e rimane il
titolare della posizione di garanzia nella
subiecta materia, poiché l'obbligo di
effettuare la valutazione dei rischi e di
elaborare il documento contenente le misure
di prevenzione e protezione, appunto in
collaborazione con il RSPP, fa pur sempre
capo a lui, tanto che la normativa di
settore, mentre non prevede alcuna sanzione
penale a carico del RSPP, punisce
direttamente il datore di lavoro già per il
solo fatto di avere omessa la valutazione
dei rischi e non adottato il relativo
documento.
Quanto detto, però, non esclude che,
indiscussa la responsabilità del datore di
lavoro che rimane persistentemente titolare
della "posizione di garanzia", possa
profilarsi lo spazio per una (concorrente)
responsabilità del RSPP.
Anche il RSPP, che pure è privo dei poteri
decisionali e di spesa [e quindi non può
direttamente intervenire per rimuovere le
situazioni di rischio], può essere ritenuto
(cor)responsabile del verificarsi di un
infortunio, ogni qualvolta questo sia
oggettivamente riconducibile ad una
situazione pericolosa che egli avrebbe avuto
l'obbligo di conoscere e segnalare,
dovendosi presumere che alla segnalazione
avrebbe fatto seguito l'adozione, da parte
del datore di lavoro, delle necessarie
iniziative idonee a neutralizzare detta
situazione."
"Ne consegue che il responsabile del
servizio di prevenzione e protezione
qualora, agendo con imperizia, negligenza,
imprudenza o inosservanza di leggi e
discipline, abbia dato un suggerimento
sbagliato o abbia trascurato di segnalare
una situazione di rischio, inducendo, così,
il datore di lavoro ad omettere l'adozione
di una doverosa misura prevenzionale,
risponderà insieme a questi dell'evento
dannoso derivatone, essendo a lui
ascrivibile un titolo di colpa professionale
che può assumere anche un carattere
addirittura esclusivo (Sezione IV,
15.07.2010, Scagliarmi)."
"Secondo le regole generali, il RSPP può
essere tenuto a rispondere -proprio perché
la sua inosservanza si pone come concausa
dell'evento- dell'infortunio in ipotesi
verificatosi proprio in ragione
dell'inosservanza colposa dei compiti di
prevenzione attribuitigli dalla legge."
(Corte di Cassazione, Sez. IV penale,
sentenza 27.01.2011 n. 2814 -
link http://olympus.uniurb.it). |
SICUREZZA LAVORO:
Il capo cantiere è sempre
responsabile della sicurezza del lavoro.
Il “capo cantiere”, anche in assenza
di una formale delega in materia di
sicurezza sul lavoro, è destinatario diretto
dell’obbligo di verificare che le concrete
modalità di esecuzione delle prestazioni
lavorative all’interno del cantiere
rispettino le norme antinfortunistiche.
Questo consolidato principio di diritto è
stato confermato dalla Quarta Sezione penale
della cassazione nella sentenza in rassegna.
La Cassazione ha anche precisato che, in via
di principio generale, il capo cantiere è
certamente persona adatta ad individuare la
corretta applicazione delle norme
antinfortunistiche, o quanto meno di quelle
di comune prudenza, per la prevenzione di
incidenti in cui possono essere coinvolti i
dipendenti ovvero terze persone estranee ai
lavori.
Né ha alcun rilievo che potessero esservi
ulteriori garanti della sicurezza dei
lavoratori,in quanto se più sono i titolari
della posizione di garanzia ovvero
dell’obbligo di impedire l’evento, ciascuno
è per intero destinatario dell’obbligo di
tutela impostogli dalla legge fin quando si
esaurisce il rapporto che ha legittimato la
costituzione della suddetta posizione di
garanzia, per cui l’omessa applicazione di
una cautela antinfortunistica è addebitabile
ad ognuno dei titolari di tale posizione
(Corte di Cassazione,
sentenza 26.01.2011 n. 2578 -
link a www.litis.it). |
SICUREZZA LAVORO:
Ruolo del coordinatore per
l’esecuzione.
Prevenzione infortuni
Sicurezza in cantiere - Lavoro in quota
Caduta a terra del lavoratore - Omessa
predisposizione e dotazione di misure di
protezione individuale e collettiva - Omesso
controllo del CSE Responsabilità -
Valutazione.
È responsabile L’azione di controllo del
Coordinatore per l’esecuzione costituisce il
contenuto tipico e specifico degli obblighi
sullo stesso gravanti, e la ragione della
creazione di tale figura, che non vuole
essere, e non è, una duplicazione di quella
del datore di lavoro o del responsabile
delle imprese appaltatrici e dei lavoratori
autonomi, trova la sua propria ragione
d’essere ed un proprio ruolo nella specifica
situazione della compresenza di più soggetti
che operano nel medesimo cantiere, rendendo
necessario quel coordinamento che è
connaturale al ruolo del CSE.
--------------
COMMENTO
L’infortunio di
un lavoratore è avvenuto all’interno di uno
stabilimento industriale, nel corso di
lavori di ampliamento dello stesso.
Il responsabile dei lavori, coordinatore per
la progettazione e coordinatore per
l’esecuzione dei lavori nominato dal
committente e il titolare dell’impresa
esecutrice dei lavori erano stati condannati
per l’infortunio occorso al dipendente.
L’operaio era salito sulla copertura del
capannone, costituita in parte da pannelli
in vetroresina traslucidi non calpestabili,
senza alcun mezzo di protezione, né
individuale né collettivo, e, poggiando il
proprio peso su uno di questi pannelli in
vetroresina, ne aveva provocato lo
sfondamento precipitando al suolo da
un’altezza di circa dieci metri, con
conseguente immediato decesso.
Prima dell’inizio dei lavori di ampliamento
del capannone era stata tenuta una riunione
tecnica di coordinamento durante la quale
era stato stabilito che l’impresa esecutrice
avrebbe dovuto prestare assistenza alla
ditta incaricata della fornitura e del
montaggio delle strutture prefabbricate del
nuovo capannone, con particolare riferimento
alla rimozione della scossalina che
ricopriva il tetto del vecchio capannone.
Quindi, erano lavori che dovevano essere
eseguiti ”in quota” e il POS
dell’impresa esecutrice aveva previsto la
predisposizione di dispositivi di protezione
individuali e collettivi, contro il rischio
di caduta dall’alto, risultati del tutto
assenti nel caso concreto.
L’impresa di prefabbricazione aveva
comunicato che il capannone commissionato
presentava lucernai a raso, ottenuti
mediante distanziamento dei tegoli, non
pedonabili; pertanto, aveva consigliato di
collocare una rete anticaduta sotto le
lastre traslucide, al di sotto delle quali
non era presente alcuna struttura, e questo
«al fine di scongiurare spiacevoli eventi».
Il CSE era assolutamente consapevole della
natura dei lavori che dovevano essere
eseguiti "in quota” nel vecchio
capannone e della peculiare pericolosità
degli stessi e non aveva provveduto a
verificare l’applicazione delle disposizioni
del POS, con opportune azioni di controllo
effettivo, tanto più necessarie nella fase
iniziale di questi lavori (che risultavano
essere stati avviati appena due giorni prima
del verificarsi dell’evento mortale nel
cantiere).
Circa il nesso causale, la presenza di
presidi di sicurezza individuali (cinture di
sicurezza con bretelle collegate a
dispositivi di trattenuta) ovvero di mezzi
di protezione collettiva (come, per esempio,
la predisposizione di reti di
protezione in corrispondenza delle lastre
traslucide), avrebbe evitato l’evento
mortale; quindi, se il CSE fosse intervenuto
sui luoghi verificando l’assenza dei
dispositivi di trattenuta, l’evento non
sarebbe accaduto.
È vero che il CSE non aveva un obbligo di
presenza costante in cantiere; tuttavia, era
mancata una condotta di effettivo (anche se
non necessariamente costante) controllo del
cantiere sull’esecuzione dei lavori.
Con il ricorso per Cassazione:
● il CSE aveva dedotto, tra l’altro,
l’inesistenza di un dovere di controllo
costante, con una presenza continua e
giornaliera in cantiere, nonché l’abnormità
della condotta del lavoratore, il quale
aveva deciso di salire improvvidamente e
negligentemente sulla copertura del
capannone, ponendosi al di fuori del
cestello elevatore all’interno del quale
avrebbe potuto lavorare in condizioni di
massima sicurezza (consentendo, questo
stesso mezzo, lo spostamento sul fronte del
capannone e la rimozione della scossalina,
oggetto della lavorazione al momento del
sinistro);
● l’impresa esecutrice aveva sostenuto che
all’interno del cantiere le fosse stata
affidata solo l’esecuzione di lavori
prettamente edili che dovevano essere svolti
esclusivamente a terra e non in quota
(tant’è che la collocazione dei lucernari
sul tetto del nuovo capannone era stata
oggetto di un formale contratto di appalto
alcuni mesi dopo l’infortunio).
La Cassazione ha rigettato entrambi i
ricorsi, così motivando:
● quanto alla posizione del CSE, ritenendo
che questi era assolutamente consapevole
della natura dei lavori che la ditta avrebbe
dovuto eseguire ”in quota” nel
vecchio capannone e della peculiare
pericolosità degli stessi, ma non aveva
provveduto a verificare l’applicazione delle
disposizioni del POS, con opportune azioni
di controllo effettivo, tanto più necessarie
nella fase iniziale di questi lavori.
In effetti, i dispositivi di protezione
individuali e collettivi contro il rischio
di caduta dall’alto, la cui predisposizione
era stata prevista nel POS e che, se
esistenti, avrebbero impedito l’evento,
erano risultati del tutto assenti. Dunque,
anche ammesso che potesse esservi stata una
imprudenza del lavoratore, restava il fatto
oggettivo che la mancanza di una adeguata
protezione aveva reso possibile il
verificarsi dell’incidente.
Tra l’altro era emerso che la vittima
avrebbe dovuto necessariamente portarsi sul
tetto del capannone, quindi, uscendo dal
cestello elevatore, per eseguire parte del
compito lavorativo affidatogli, il che
impediva di configurare l’eventuale
imprudenza del lavoratore imprevedibile e
abnorme, tale da interrompere il rapporto di
causalità con l’evento infortunistico;
● quanto alla posizione del titolare
dell’impresa esecutrice, ritenendo le
doglianze espresse, come relative ad
apprezzamenti di merito sul fatto, pertanto,
non deducibili in sede di legittimità. In
ogni caso la Suprema Corte ha puntualizzato
che il compito del datore di lavoro è
molteplice e articolato e va dalla
istruzione dei lavoratori sui rischi di
determinati lavori e dalla conseguente
necessità di adottare certe misure di
sicurezza alla predisposizione di queste
misure e, soprattutto, al controllo
continuo, pressante, per imporre che i
lavoratori rispettino quelle norme, si
adeguino alla misure previste nelle stesse e
sfuggano alla superficiale tentazione di
trascurarle.
Il datore di lavoro deve avere la cultura e
la forma mentis del garante del bene
costituzionalmente rilevante costituito
dalla integrità del lavoratore e, quindi,
non deve limitarsi a informare i lavoratori
sulle norme antinfortunistiche previste, ma
deve attivarsi e controllare, sino alla
pedanteria, che queste norme siano
assimilate dai lavoratori nella ordinaria
prassi di lavoro
(tratto da Ambiente & Sicurezza n. 17/2011 -
Corte di Cassazione, Sez. IV penale,
sentenza 18.01.2011 n. 1225
- link a www.altalex.com). |
SICUREZZA LAVORO:
Gli obblighi, le responsabilità e le
sanzioni per il committente previste dal
Testo Unico della Sicurezza.
Il Capo I del Titolo IV del D.Lgs. 81/2008
ha attribuito al committente (o al
responsabile dei lavori che opera in sua
vece) precise responsabilità di carattere
penale ed amministrativo.
Gli obblighi e le sanzioni a carico dei
committenti e dei responsabili dei lavori
sono riassunti con chiarezza ed efficacia in
una tavola sinottica realizzata dalla ASL 5
Spezzina.
L'opuscolo, dal titolo "Il lavoro non è
un gioco", può costituire un utile
supporto per il professionista che vuole
illustrare al committente i rischi e le
potenziali conseguenze di scelte eseguite
con troppa superficialità o privilegiando
eccessivamente gli aspetti economici.
È il committente, infatti, che sceglie le
imprese sulla base dei loro requisiti
tecnico-professionali, concorda l’intervento
con il progettista entrando spesso nel
merito delle soluzioni tecnico-operative e,
non ultimo, affida i lavori sulla base di
una scelta spesso soprattutto economica
(link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO:
La legislazione in materia di sicurezza.
Si è recentemente tenuta una nuova lezione
del corso sull’attività professionale degli
ingegneri finalizzato alla preparazione agli
esami di stato organizzato dall’Ordine degli
Ingegneri della Provincia di Napoli e dalla
facoltà di Ingegneria della Federico II, di
cui BibLus-net si è più volte occupata nelle
precedenti edizioni della newsletter.
La lezione più recente, tenuta dall’ing.
Francesco Paolo Capone, ha riguardato la
legislazione in materia di sicurezza. Il
relatore ha illustrato la normativa e i
relativi adempimenti con riferimento:
- alla prevenzione nei luoghi di lavoro;
- alla prevenzione nei cantieri.
La documentazione della lezione è
disponibile on-line; essa può
risultare di notevole interesse per tutti i
tecnici che esercitano la professione (link
a www.acca.it). |
anno
2010 |
|
SICUREZZA LAVORO:
Dal Ministero del Lavoro chiarimenti su
requisiti degli RSPP e sulle imprese
familiari.
Nell’apposita sezione FAQ del proprio sito
internet il Ministero del Lavoro ha fornito
le risposte ai nuovi quesiti in materia di
RSPP e Impresa Familiare. Le risposte
elaborate dal Ministero sono disponibili in
allegato.
In particolare è stata data risposta ai
seguenti quesiti:
- Quali sono gli obblighi di sicurezza che
gravano sull’impresa familiare ai sensi
dell’art.21 del D.Lgs. 81/2008?
- Quali sono i requisiti professionali
necessari allo svolgimento delle funzioni di
Responsabile del servizio di prevenzione e
protezione ai sensi dell’art. 32, comma 5
del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i.? (link a
www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO:
Disponibili gli atti del convegno "D.Lgs.
81/2008 - due anni dopo".
L'Osservatorio per il monitoraggio
permanente della legislazione e
giurisprudenza sulla sicurezza del lavoro
(OLYMPUS) presso il Dipartimento di Scienze
Giuridiche della Facoltà di Giurisprudenza
dell'Università "Carlo Bò" di Urbino ha reso
disponibili on-line gli atti dell'incontro "Il
D.Lgs. 81/2008: due anni dopo - i "sistemi"
del diritto della sicurezza sul lavoro".
L'incontro, tenutosi ad Urbino nei giorni
dal 14 al 15.05.2010, ha visto la
partecipazione di numerosi esperti della
materia.
Tra gli interventi più interessanti
segnaliamo: ... (link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO: Rischio
stress ad andamento lento. Dal 31.12.2010
partono le fasi per la valutazione. Il
ministero del lavoro diffonde le istruzioni
operative della Commissione consultiva
permanente.
La data del 31.12.2010,
fissata dal T.u. sicurezza come decorrenza
dell'obbligo di valutazione del rischio
stress lavoro correlato, va intesa come data
di avvio e non di conclusione delle attività
di valutazione.
È quanto precisano le istruzioni della
Commissione consultiva permanente al nuovo
adempimento a carico dei datori di lavoro,
approvate il 17 novembre e diffuse ieri dal
ministero del lavoro con
nota 18.11.2010 prot. n. 23692.
Le istruzioni, che rappresentano il livello
minimo di attuazione del nuovo obbligo per
tutti i datori di lavoro, pubblici e privati
(se osservate, dunque, escludono la
sanzionabilità), indicano una metodologia su
due fasi: la prima necessaria, la seconda
eventuale.
Il documento del 17
novembre.
Le indicazioni della Commissione hanno il
fine di aiutare imprese e datori di lavoro
nelle difficoltà operative circa
l'individuazione di corrette modalità di
attuazione del nuovo obbligo di valutazione,
tra i rischi per la sicurezza sul lavoro, di
quello cosiddetto stress lavoro correlato.
In tal senso, dunque, individuano un
percorso metodologico che rappresenta il
livello minimo di attuazione dell'obbligo,
valevole per tutti i datori di lavoro
pubblici e privati che, se correttamente
attuato, esclude la sanzionabilità (ai sensi
del T.u. sicurezza).
Le definizioni.
Per definire lo stress lavoro correlato la
Commissione si richiama all'accordo Ue
dell'08.10.2004 ai sensi del quale è la «condizione
che può essere accompagnata da disturbi o
disfunzioni di natura fisica, psicologia o
sociale ed è conseguenza del fatto che
taluni individui non si sentono in grado di
corrispondere alla richieste o aspettativa
riposte in loro».
Tuttavia, spiega la Commissione, non tutte
le manifestazioni di stress sul lavoro sono
da considerarsi come stress lavoro
correlato; quest'ultimo è solo quello
causato da vari fattori propri del contesto
e del contenuto del lavoro.
Stress e valutazione dei
rischi.
La valutazione del rischio stress lavoro è
parte integrante della valutazione dei
rischi e va effettuata dal datore di lavoro
avvalendosi del responsabile del servizio di
prevenzione e protezione (Rspp) con il
coinvolgimento del medico competente,
laddove presente, e previa consultazione del
rappresentante dei lavoratori (Rls/Rlst).
Tutti i lavoratori, ma in
gruppi.
La valutazione del rischio stress lavoro
correlato deve essere compiuta con
riferimento a tutte le lavoratrici e a tutti
i lavoratori compresi dirigenti e preposti.
Non riguarda i singoli, ma gruppi omogenei
di lavoratori che risultino esposti a rischi
dello stesso tipo in base a una
individuazione che il datore di lavoro può
fare autonomamente (per esempio, lavoratori
che svolgono la stessa mansione; i turnisti;
i dipendenti di un settore ecc.).
Le metodologia.
La metodologia operativa suggerita dalla
Commissione si articola in due fasi: una
necessaria (la valutazione preliminare),
l'altra eventuale, ossia da attivare nel
caso in cui la valutazione preliminare abbia
rivelato elementi di rischio e le misure di
correzione, di conseguenza adottate dal
datore di lavoro, si rivelino inefficaci.
La valutazione preliminare consiste nella
rilevazione di indicatori oggettivi e
verificabili, ove siano numericamente
apprezzabili, appartenenti quanto meno alle
tre distinte famiglie indicate in tabella.
Se dalla valutazione preliminare non
emergono elementi di rischio, il datore di
lavoro è tenuto solo a darne conto del
Documento di valutazione dei rischi (Dvr) e
a prevedere un piano di monitoraggio.
Se, invece, emergono elementi di rischio
allora il datore di lavoro deve procedere ad
azioni correttive pianificando gli opportuni
interventi anche mediante una successiva
fase di valutazione approfondita.
Si parte a dicembre.
La Commissione, infine, precisa che la data
del 31.12.2010 di decorrenza del nuovo
obbligo va intesa come data «di avvio»
delle attività di valutazione, di cui il
datore di lavoro dovrà rendere conto
(insieme alla data finale e ai risultati
conseguiti) nel documento di valutazione dei
rischi. Di tanto terranno conto gli
ispettori in sede di vigilanza
(articolo ItaliaOggi
del 19.11.2010, pag. 27). |
SICUREZZA LAVORO:
OGGETTO: lettera circolare in ordine alla
approvazione delle indicazioni necessarie
alla valutazione del rischio da stress
lavoro-correlato di cui all'articolo 28,
comma 1-bis, del decreto legislativo
09.04.2008, n. 81, e successive modifiche e
integrazioni (Ministero del Lavoro e
delle Politiche Sociali,
nota 18.11.2010 n. 23692 di prot.). |
SICUREZZA LAVORO:
Art. 14, c. 1, d.lgs. n. 81/2008
- Provvedimenti di sospensione dell’attività
imprenditoriale - Applicazione delle
disposizioni di cui alla legge n. 241/1990 -
Deroga - Illegittimità costituzionale.
Va dichiarata l’illegittimità costituzionale
dell’articolo 14, comma 1, del decreto
legislativo 09.04.2008, n. 81 (Attuazione
dell’art. 1 della legge 03.08.2007, n. 123,
in materia di tutela della salute e di
sicurezza nei luoghi di lavoro), come
sostituito dall’articolo 11, comma 1,
lettera a), del decreto legislativo
03.08.2009, n. 106 (Disposizioni integrative
e correttive del decreto legislativo
09.04.2008, n. 81, in materia di tutela
della salute e della sicurezza nei luoghi di
lavoro), nella parte in cui, stabilendo che
ai provvedimenti di sospensione
dell’attività imprenditoriale previsti dalla
citata norma non si applicano le
disposizioni di cui alla legge 07.08.1990,
n. 241 (Nuove norme in materia di
procedimento amministrativo e di diritto di
accesso ai documenti amministrativi),
esclude l’applicazione ai medesimi
provvedimenti dell’articolo 3, comma 1,
della legge n. 241 del 1990 (Corte
Costituzionale,
sentenza 05.11.2010 n. 310 - link
a www.ambientediritto.it). |
SICUREZZA LAVORO:
In arrivo le linee guida per valutare lo
stress lavoro-correlato.
Il 31.12.2010 è il termine a partire dal
quale tutti i datori di lavoro, pubblici e
privati, dovranno svolgere la valutazione
dei rischi da stress lavoro correlato, nel
rispetto delle indicazioni che verranno
adottate dalla Commissione consultiva sulla
sicurezza sul lavoro.
In proposito, la Commissione ha istituito al
proprio interno uno specifico gruppo di
lavoro che, proprio in questi giorni, ha
terminato l’elaborazione di un documento
contenente le prime indicazioni operative e
di ordine metodologico per guidare il datore
di lavoro nei primi approcci alla
valutazione del rischio da stress
lavorativo. Il documento dovrà poi essere
sottoposto alla Commissione per la formale e
definitiva approvazione.
Il testo presenta elementi di forte
positività sia per la sua articolazione
strutturale, semplice e lineare, sia per i
contenuti che, pur se ancora migliorabili ed
integrabili, appaiono in linea con quanto
previsto dalla normativa vigente e, in
particolare, dall’accordo interconfederale
09.06.2008. Quest’ultimo, oltre a ribadire
che la valutazione del rischio da stress
lavoro-correlato, al pari di quanto avviene
per tutti gli altri rischi, deve essere
effettuata dal datore di lavoro nell’ambito
della propria organizzazione e secondo i
criteri già delineati dal quadro normativo
vigente, afferma i seguenti ulteriori
passaggi: ... (link a
www.professioni-imprese24.ilsole24ore.com). |
SICUREZZA LAVORO:
Quarta raccolta di contributi tecnici,
normativi e di attualità sulla salute e
sicurezza del lavoro.
L'ISPESL ha realizzato e reso disponibile un
raccolta di pubblicazioni sul tema della
sicurezza nei luoghi di lavoro.
La pubblicazione, giunta alla quarta
edizione è la "RACCOLTA DI CONTRIBUTI
TECNICI, NORMATIVI E DI ATTUALITÀ SULLA
SALUTE E SICUREZZA DEL LAVORO".
All'interno del volume, aggiornato a Maggio
2010, trovano spazio le seguenti
pubblicazioni: ... (link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO:
Tutto sulle Gru a torre e sui DPI anticaduta.
La Regione Veneto ha attivato una Campagna
Straordinaria di Formazione in Sicurezza
on-line attraverso il sito internet “Viversicura”,
appositamente realizzato.
Sul sito sono disponibili approfondimenti
inerenti la salute e sicurezza sul lavoro
nei diversi settori merceologici.
In particolare con riferimento al comparto
edile si segnalano due interessanti
documenti:
- Gru a torre: riferimenti normativi,
elementi dell’apparecchio, dispositivi di
sicurezza, installazione apparecchio,
segnaletica, utilizzo dell’apparecchio,
dispositivi di protezione individuale (d.p.i.),
sollevamento persone;
- DPI e sistemi anticaduta: normativa,
generalità, elementi di un sistema,
ancoraggi, linee flessibili e rigide (link a
www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO:
Stress Lavoro Correlato: le indicazioni di
Confindustria Udine.
Il termine entro il quale i datori di lavoro
devono effettuare la valutazione dei rischi
connessi allo stress lavoro correlato,
aggiornando conseguentemente il documento di
valutazione dei rischi, è stato rinviato al
31.12.2010, a causa della mancata emanazione
delle linee di indirizzo della Commissione
Consultiva Permanente (previste dall'art. 6
del D.Lgs. 81/2008).
Tale valutazione dovrà essere comunque
effettuata entro il 31.12.2010, anche in
assenza delle suddette linee guida.
Confindustria Udine ha elaborato indicazioni
metodologiche utili ai datori di lavoro per
adempiere agli obblighi di valutazione dei
rischi collegati allo stress lavoro
correlato entro la scadenza del prossimo
31.12.2010, anche in assenza delle suddette
linee di indirizzo.
La metodologia proposta nel documento
allegato ripercorre modalità di valutazione
consolidate e le applica con particolare
riferimento alla presenza del fattore stress
lavoro correlato, considerato quale elemento
incrementale di rischi già presenti o
elemento generatore di nuovi rischi per la
sicurezza e la salute dei lavoratori (link a
www.acca.it). |
EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI:
Trasmissione informatizzata della
notifica preliminare di avvio lavori nei
cantieri - Decreto del Direttore Generale
Sanità n. 9056 del 14.09.2009 e Decreto del
Direttore Regionale del Lavoro n. 117 del
23.09.2009 (Regione Lombardia,
Direzione Generale Sanità, Governo della
Prevenzione e Tutela Sanitaria, Prevenzione
Ambienti di Vita e di Lavoro,
nota 08.10.2010 n.
33248 di prot.). |
EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI -
SICUREZZA LAVORO:
Cantieri, coordinatore sempre
obbligatorio in presenza di più imprese.
La normativa italiana in materia di salute e
sicurezza nei cantieri trae origine dalla
direttiva comunitaria 92/57/CEE, recepita
inizialmente in Italia con il D.Lsg. 494/96
e successivamente confluita nel D.Lgs.
81/2008 (Testo Unico Sicurezza).
Recentemente la Corte di Giustizia
dell´Unione Europea è intervenuta con una
sentenza sulla normativa italiana di
recepimento della direttiva citata.
La sentenza verte su un procedimento penale
avviato contro un committente a seguito di
un’ispezione presso un cantiere edile per il
rifacimento della copertura del tetto di una
casa di abitazione ad un'altezza di circa
6-8 metri. Nella circostanza gli ispettori
avevano rilevato che parapetto, autogru e
manodopera erano forniti da tre imprese
diverse presenti contemporaneamente nel
cantiere e che il coordinatore della
sicurezza non era stato designato.
Il rilascio di un permesso di costruire non
era richiesto ai sensi della legislazione
italiana.
Il Tribunale di Bolzano, nutrendo dubbi
riguardo alle deroghe del diritto italiano
in relazione all'obbligo di designare un
coordinatore per la sicurezza, si rivolse
all'UE.
Ora la Corte di Giustizia dell'Unione
Europea, Sez. V, con
sentenza 07.10.2010, ha affermato
che il comma 1 dell’articolo 3 della
direttiva 92/57/CEE esclude che una
normativa nazionale consenta di derogare
all’obbligo (del committente o del
responsabile dei lavori) di nominare un
coordinatore per la sicurezza, nel caso di
un cantiere di lavori privati non soggetti a
permesso di costruire e nel quale sono
presenti più imprese.
Nella direttiva (articolo 3, paragrafo 1)
non è ammessa alcuna deroga a tale obbligo
e, pertanto, un coordinatore in materia di
sicurezza e di salute deve essere sempre
nominato, per qualsiasi cantiere in cui sono
presenti più imprese, al momento della
progettazione o, comunque, prima dell´inizio
dei lavori, indipendentemente dalla
circostanza che i lavori siano soggetti o
meno a permesso di costruire ovvero che tale
cantiere possa comportare rischi
particolari.
Occorre precisare che la normativa italiana,
già con la versione originaria del D.Lgs.
81/2008, ancor prima delle modifiche
apportate con il D.Lgs. 106/2009, prevedeva
la nomina del coordinatore in presenza di
più imprese; l’unica deroga ammessa dal
D.Lgs. 81/2008 (art. 90 comma 11), nella
prima versione, era la possibilità di
nominare, per i lavori privati, il
coordinatore prima dell’esecuzione e non in
fase di progettazione.
Con il D.Lgs. 494/1996, la nomina del
coordinatore era invece obbligatoria in
presenza di più imprese solo per lavori di
entità superiore a 200 uomini-giorno o in
presenza di rischi particolari.
La versione attualmente vigente del Testo
Unico della Sicurezza (aggiornata dal D.Lgs.
106/2009) prevede la nomina del coordinatore
contestualmente a quella del progettista con
la possibilità, per i lavori privati di
importo inferiore a 100.000 euro non
soggetti a permesso di costruire, di
nominare solo il coordinatore per la
sicurezza in fase di esecuzione che deve
provvedere, prima dell’inizio dei lavori, a
redigere P.S.C. e Fascicolo (link a
www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO:
La valutazione dei rischi derivanti da
esposizioni ad agenti fisici.
L’agente fisico è quel fattore, governato da
leggi fisiche, che provoca una
trasformazione delle condizioni ambientali
in cui esso si manifesta. La sua presenza in
ambienti di vita e di lavoro determina
l’immissione di energia “indesiderata”,
potenzialmente dannosa per la salute umana.
Tale energia può essere immessa in diverse
forme tra cui l’energia elettromagnetica,
nel caso delle radiazioni non ionizzanti, e
l’energia sonora, nel caso del rumore.
Il Titolo VIII del D.Lgs 81/2008 definisce “agenti
fisici” il rumore, gli ultrasuoni, gli
infrasuoni, le vibrazioni meccaniche, i
campi elettromagnetici, le radiazioni
ottiche, di origine artificiale, il
microclima e le atmosfere iperbariche che
possono comportare rischi per la salute e la
sicurezza dei lavoratori.
Sul sito della regione Campania è
disponibile il materiale didattico delle
lezioni sugli agenti fisici del corso “Il
D.Lgs. 81/2008 e la vigilanza negli ambienti
di lavoro”.
Le lezioni, tenute da funzionari del
Dipartimento Igiene del Lavoro dell’ISPESL,
hanno riguardato:
- illuminazione
- radiazioni ottiche
- rumore e vibrazioni (link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO:
Cantieri edili: tutte le violazioni
sanzionabili dagli ispettori.
La DPL di Modena ha predisposto un documento
riepilogativo delle possibili violazioni
alle disposizioni del D.Lgs. 81/2008 e delle
relative sanzioni, eventualmente applicabili
dagli ispettori del lavoro alle aziende
edili, ai committenti, ai coordinatori, ai
preposti, etc.
In relazione ai vari adempimenti richiesti
nell'ambito dei cantieri, il documento
riporta le violazioni previste dalla
normativa per le macchine e le attrezzature
(gru, ponteggi, etc.), gli impianti, i piani
di sicurezza, etc. e le relative sanzioni
amministrative o penali con l’indicazione
delle disposizioni di riferimento (link a
www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO:
Ponteggi, nuovi chiarimenti dal ministero.
Con la Circolare n. 29/2010 il Ministero del
Lavoro ha fornito risposte a numerosi
quesiti sull’impiego di ponteggi metallici
fissi.
I quesiti che hanno trovato risposta nel
documento del ministero sono inerenti
l’autorizzazione alla costruzione e all’uso
dei ponteggi (art. 131 T.U.S.), l’impiego di
ponteggi come mezzi di protezione
collettiva, gli apparecchi dì sollevamento
materiali montati su un ponteggio, le
sporgenze pericolose dei luoghi di
passaggio, gli elementi di ripartizione dei
carichi dei montanti al di sotto delle
piastre di base metalliche delle basette,
etc.
Per quanto riguarda l’autorizzazione
ministeriale, il ministero ha chiarito che
spetta al titolare della licenza stessa, e
non all'impresa utilizzatrice, l'obbligo di
richiederne il rinnovo al termine della
validità decennale. L'impresa utilizzatrice,
pertanto, può continuare ad utilizzare i
ponteggi anche dopo il termine della
validità di dieci anni della licenza ...
(link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO:
Testo Unico Sicurezza: disponibile il testo
nell'edizione settembre 2010 del Ministero
del Lavoro.
Il Ministero del Lavoro ha reso disponibile
on line il testo del Decreto
Legislativo 09.04.2008 n. 81 (Testo unico in
materia di tutela della salute e della
sicurezza nei luoghi di lavoro) aggiornato,
nella versione datata settembre 2010, con le
note introdotte per effetto delle
disposizioni della Legge 13.08.2010 n. 136
(Antimafia), pubblicata sulla G.U. n.196 del
23.08.2010, in vigore dal 07.09.2010 (link a
www.acca.it). |
LAVORI PUBBLICI - SICUREZZA LAVORO:
I costi della sicurezza comprendono i costi
per la pulizia e il riscaldamento dei “baraccamenti”.
Il Ministero del Lavoro ha risposto ad un
nuovo quesito sul tema dei costi della
sicurezza posto dall’ANCE, l’Associazione
Nazionale dei Costruttori Edili.
Il quesito riguarda i "baraccamenti"
di cantiere, ovvero "... gabinetti;
locali per lavarsi, spogliatoi, refettori
locali di ricovero e di riposo"
apprestamenti generalmente realizzati
mediante utilizzo di monoblocchi
prefabbricati.
Si chiedeva, in particolare, se tra i costi
della sicurezza, possano essere ricomprese,
oltre alle spese di installazione iniziale
degli apprestamenti citati, anche quelle
relative a riscaldamento/condizionamento,
pulizia e manutenzioni.
Nella risposta al quesito il Ministero
richiamando il punto 4.3.3 dell’All. XV al
D.Lgs. 81/2008 "Le singole voci dei costi
della sicurezza vanno calcolale considerando
il costo di utilizzo per il cantiere
interessato che comprende, quando
applicabile, la posa in opera ed il
successivo smontaggio, l'eventuale
manutenzione e l'ammortamento" chiarisce
che le spese di manutenzione dei suddetti "baraccamenti"
sono ricomprese tra i costi della sicurezza.
Parimenti le spese di
riscaldamento/condizionamento nonché dì
pulizia, risultando necessarie per il
corretto utilizzo degli stessi baraccamenti,
dovranno essere ricomprese tra i suddetti
costi della sicurezza (link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO:
Sicurezza di macchine e attrezzature:
Indicazioni operative da ISPESL e Regione
Lombardia.
ISPESL e Regione Lombardia hanno elaborato
un documento dal titolo "Indicazioni
operative e procedurali sull'applicazione
del D. Lgs. 09.04.2008 n. 81 e s.m.i.
relativamente agli aspetti inerenti la
sicurezza impiantistica delle macchine e
delle attrezzature impiegate nei luoghi di
lavoro".
Il documento, che fornisce indicazioni
operative e procedurali alla luce delle
integrazioni e modifiche introdotte dal D.
Lgs. 106/2009, è stato redatto da un gruppo
di lavoro costituito da funzionari dei
Dipartimenti ISPESL e delle ASL della
Lombardia.
Le informazioni riguardano tre tipologie di
attrezzature e impianti che sono oggetto di
controllo e/o verifica da parte dei due
enti:
- impianti elettrici;
- apparecchi di sollevamento;
- apparecchi a pressione (PED)
(link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO:
La Valutazione del rischio da stress
lavoro-correlato: gli atti del Convegno di
Perugia.
ACTAS (associazione per la cultura e le
tecnologie dell'ambiente e della sicurezza)
ha reso disponibile in rete la sintesi delle
relazioni presentate in occasione del
seminario di aggiornamento per RSPP
organizzato nell'ambito della convenzione
con il Dipartimento di Ingegneria
Industriale dell'Università di Perugia ...
(link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO: Nei
cantieri lavoratori ai raggi X. Sul
tesserino vanno indicati committente e data
di assunzione. Dal 7 settembre si cambia
registro: la legge antimafia aggiunge nuovi
criteri di riconoscimento.
Addetti nei cantieri ai
raggi X negli appalti.
Dal prossimo 7 settembre, la tessera di
riconoscimento deve essere arricchita di
nuovi dettagli. In particolare, i datori di
lavoro dovranno specificare anche la data di
assunzione di ciascun lavoratore tenuto a
indossarla nonché, nelle ipotesi di
subappalto, la relativa autorizzazione. I
lavoratori autonomi, invece, dovranno
indicare il nome del committente.
A stabilirlo è la legge n. 136/2010,
contenente il piano straordinario antimafia,
che integra con proprie norme, operative da
martedì prossimo, le disposizioni del T.u.
sicurezza (il dlgs n. 81/2008).
La tessera di
riconoscimento.
Munire i lavoratori con apposita tesserino è
un obbligo previsto dal T.u. sicurezza. In
particolare, il dlgs n. 81/2008 stabilisce,
all'articolo 18, che il datore di lavoro e i
dirigenti, i quali organizzano e dirigono le
attività secondo le attribuzioni e
competenze a essi conferite, devono munire i
lavoratori di apposita tessera di
riconoscimento, corredata di fotografia,
contenente le generalità del lavoratore e
l'indicazione del datore di lavoro.
L'obbligo è previsto nell'ambito dello
svolgimento di attività in regime di appalto
e subappalto.
Medesimo obbligo è disciplinato, sempre dal
T.u., all'articolo 21 a carico dei
lavoratori autonomi. Si tratta, in
particolare, dei componenti dell'impresa
familiare (articolo 230-bis del codice
civile), dei lavoratori autonomi che
compiono opere o servizi (ai sensi
dell'articolo 2222 del codice civile), dei
coltivatori diretti del fondo, dei soci di
società semplici operanti nel settore
agricolo, degli artigiani e piccoli
commercianti. Tutti questi lavoratori,
stabilisce il T.u., devono munirsi di
apposita tessera di riconoscimento,
corredata di fotografia e contenente le
proprie generalità, qualora effettuino la
loro prestazione in un luogo di lavoro nel
quale si svolgano attività in regime di
appalto o subappalto.
Le novità dal 7 settembre.
Il provvedimento contro le mafie, la legge
n. 136/2010 pubblicata in Gazzetta Ufficiale
n. 196/2010 (si veda ItaliaOggi del 24
agosto), integra le predette disposizioni
del Tu sicurezza prescrivendo altre
informazioni da dettagliare sulla tessera di
riconoscimento. Quest'ultima, in base
all'articolo 5 della predetta legge, nel
caso di tessera destinata ai lavoratori di
imprese, deve contenere oltre agli elementi
già previsti anche la data di assunzione
nonché, nelle ipotesi di subappalto, la
relativa autorizzazione.
Nel caso di lavoratori autonomi, inoltre, lo
stesso articolo 5 stabilisce che la tessera
contenga pure l'indicazione del committente.
Come accennato, l'integrazione delle
informazioni, sia per i lavoratori
dipendenti che per quelli autonomi, dovrà
avvenire a partire dal prossimo 7 settembre,
data di entrata in vigore delle nuove
disposizioni contro le mafie.
Le sanzioni.
Il T.u. sicurezza disciplina la tessera di
riconoscimento in due momenti: come obbligo,
per i datori di lavoro, di fornirla ai
propri lavoratori e come obbligo per gli
stessi lavoratori di esporla. In dettaglio
l'obbligo di munire il proprio personale di
tale tessera è previsto a carico delle
imprese appaltatrici e subappaltatrici,
nell'ambito dello svolgimento di attività in
regime di appalto o subappalto. Stesso
obbligo (cioè di esporre la tessera di
riconoscimento) vige anche in capo ai
lavoratori autonomi che esercitano
direttamente la propria attività nei
cantieri, i quali sono tenuti a provvedervi
per proprio conto.
A carico dei datori di lavoro e dirigenti
che non provvedono alla fornitura, al
personale, della tessera di riconoscimento è
prevista la sanzione amministrativa
pecuniaria da 100 a 500 euro per ciascun
lavoratore. I lavoratori che non espongono
la tessera di riconoscimento sono puniti con
la stessa sanzione, ma d'importo da 50 a 300
euro. Quest'ultima sanzione è prevista anche
a carico dei lavoratori autonomi che non
provvedono a munirsi di tessera
(articolo ItaliaOggi
del 03.09.2010, pag. 25). |
SICUREZZA LAVORO:
Disponibile il Testo Unico della Sicurezza
aggiornato al mese di AGOSTO 2010 e
commentato dal Ministero del Lavoro.
Il Ministero del Lavoro ha reso disponibile
il testo aggiornato (agosto 2010) del
Decreto Legislativo 81/2008 in materia di
salute e sicurezza nei luoghi di lavoro
(Testo Unico della Sicurezza).
Il testo, che riporta le sanzioni a margine
di ciascun articolo, è stato redatto "ad
uso degli ispettori" del lavoro.
Il "testo coordinato" è inoltre
corredato dalle note ufficiali pubblicate
fino ad agosto 2010 (link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO:
Il RSPP è un consulente del Datore di Lavoro
che mantiene le responsabilità in materia di
sicurezza.
La Corte di Cassazione, Sez. feriale penale, con la
sentenza
26.08.2010 n.
32357, ha affermato che la
designazione a Responsabile del Servizio di
Prevenzione e Protezione (RSPP) non equivale
a delega di funzioni.
Dalla normativa di settore (art. 31, commi 2
e 5, D.Lgs. 09.04.2008, n. 81) emerge
infatti che i componenti del servizio di
prevenzione e protezione, essendo
considerati dei semplici "ausiliari"
del datore di lavoro, non possono venire
chiamati a rispondere direttamente del loro
operato, proprio perché non hanno un
effettivo potere decisionale.
Ne deriva che il RSPP, come gli altri
componenti del sevizio, è soltanto un "consulente"
e i risultati dei suoi studi e delle sue
elaborazioni, come in qualsiasi altro
settore dell'amministrazione dell'azienda
(ad esempio, in campo fiscale, tributario,
etc.), vengono fatti propri dal vertice
aziendale che della loro opera si avvale per
meglio ottemperare agli obblighi di cui è
esclusivo destinatario.
Il datore di lavoro, quindi, è e rimane il
titolare dell'obbligo di prevenire la
verificazione di eventi dannosi connessi
all'espletamento dell'attività lavorativa
(link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO: Sicurezza,
risponde il dirigente Negli enti pubblici la
responsabilità erariale è personale.
In una pubblica
amministrazione, la violazione di una
disposizione in materia di prevenzione
infortuni ed igiene del lavoro, prevista dal
dlgs n. 626/1994, deve essere estinta
personalmente dal dirigente generale
dell'ente e non certo con i fondi della
collettività.
Infatti, la natura delle responsabilità per
le omissioni sanzionate da detta normativa,
assistite da sanzioni penali, hanno
carattere del tutto personale, così come il
pagamento dell'ammenda in misura ridotta,
atto, questo, teso ad evitare la sanzione
penale prevista dalla norma.
È quanto ha chiarito la sezione
giurisdizionale della Corte dei Conti per la
regione siciliana, nel testo della
sentenza 12.07.2010 n. 1574/2010,
con la quale ha condannato il direttore
generale del Comune di Palermo (in solido
con altro funzionario), a rifondere le casse
comunali della somma (poco più di ottomila
euro) che queste hanno subìto per effetto
del pagamento dell'ammenda prevista dal
decreto sulla sicurezza nei luoghi di
lavoro, riscontrate dalla competente azienda
sanitaria nei locali del comando della
polizia municipale del capoluogo siciliano.
Secondo il collegio della magistratura
contabile siciliana, la responsabilità per
le omissioni sanzionate dal dlgs n.
626/1994, assistite da sanzioni penali,
hanno carattere del tutto personale.
Infatti, l'art. 21 della norma prevede che,
entro e non oltre sessanta giorni dalla
scadenza del termine fissato nella
prescrizione a regolarizzare l'irregolarità
riscontrata, l'organo di vigilanza verifica
se la violazione è stata eliminata. In caso
positivo, si ammette a pagare in sede
amministrativa una somma pari a un quarto
del massimo dell'ammenda stabilita,
comunicando al pubblico ministero
l'adempimento nonché l'eventuale pagamento
della somma ovvero il mancato adempimento
alla prescrizione. Quindi, sanando
l'irregolarità e pagando la sanzione, la
contravvenzione si estingue e il pubblico
ministero chiede l'archiviazione.
Nel caso sotteso, pertanto, sussiste un
danno alle casse del comune di Palermo, in
quanto l'ammenda è stata posta a carico del
bilancio dell'ente e non con fondi personali
del soggetto responsabile della violazione.
Il direttore generale, diretto destinatario
della contravvenzione e, di conseguenza,
individuato come datore di lavoro
responsabile delle violazioni delle
disposizioni in materia di sicurezza
riscontrate dall'azienda sanitaria locale, è
incorso «in un errore inescusabile»
per aver disposto il pagamento della
sanzione di cui era diretto destinatario,
ponendola a carico del bilancio comunale.
Né può ritenersi, aggiunge il collegio, che
manchi il requisito della colpa grave, in
quanto si tratta di un soggetto non
rivestito di professionalità specifica,
considerato che il ruolo di direttore
generale dallo stesso ricoperto
nell'organizzazione comunale «evidentemente
presuppone il possesso di una
professionalità adeguata».
Ma il danno è stato altresì addebitato (in
misura molto ridotta) anche al funzionario
responsabile del procedimento del pagamento
dell'oblazione. Infatti, il dirigente
preposto alla salute e la sicurezza dei
lavoratori, quando ha accertato che la
sanzione veniva pagata con i fondi comunali,
«aveva l'obbligo di farne rimostranza al
diretto superiore e di darvi esecuzione solo
laddove l'ordine fosse stato nuovamente
confermato per iscritto»
(articolo
ItaliaOggi del 28.07.2010 - link a www.corteconti.it). |
SICUREZZA LAVORO:
Dall’INAIL un manuale innovativo per
l’informazione sui rischi in cantiere.
In edilizia è sempre più forte la presenza
di lavoratori stranieri che molto spesso,
non conoscendo bene la lingua, si trovano in
una situazione di svantaggio nella
comprensione delle più elementari norme di
sicurezza. L'Inail si propone di ovviare a
tale difficoltà con la realizzazione di
pubblicazioni "visuali" in modo che
il contenuto sia facilmente comprensibile
per i lavoratori di ogni lingua.
Questi "spot" risultano essere dei
mezzi informativi universalmente validi, a
prescindere dalla nazionalità e dalla
cultura del singolo lavoratore.
La pubblicazione "Audio-visivi per
l'informazione nel cantiere multietnico"
curata dall'INAIL contiene vignette che
illustrano l'esatto comportamento da
adottare in condizione di rischio.
Le situazioni di rischio illustrate nella
pubblicazione sono: ... (link a
www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO: La
movimentazione manuale dei carichi: una
guida dallo Spresal dell’ASL Roma H.
La valutazione del rischio per i lavoratori
legato alla Movimentazione Manuale dei
Carichi (MMC) è prevista dal Titolo VI e
dall'All. XXXIII del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i.
(Testo Unico della Sicurezza).
In particolare occorre effettuare la
valutazione del rischio per le diverse
azioni:
- sollevamento e Trasporto
- spinta e Traino
- azioni Ripetitive degli arti superiori ...
(link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO: Distribuzione
gratuita di 15.000 lettori della Carta
Regionale dei Servizi (CRS) per la
trasmissione informatizzata della notifica
preliminare di avvio lavori nei cantieri
(Regione Lombardia, Direzione Generale
Sanità,
nota
12.07.2010 n. 24366 di prot.). |
SICUREZZA LAVORO: Gli
atti del convegno "La valutazione del
rischio stress lavoro correlato e la
promozione del benessere organizzativo”.
Il prossimo 1° agosto scadono i termini per
effettuare la valutazione dei rischi da
stress lavoro correlato ai sensi dell'art.
28 del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i. (T.U.S).
Con l'approssimarsi della scadenza le ASL
del Veneto hanno organizzato un convegno sul
tema al fine di evidenziare e discutere le
problematiche legate al nuovo adempimento,
anche in considerazione del fatto che le
indicazioni della Commissione consultiva
permanente per la salute e sicurezza sul
lavoro previste dal TUS, come riferimento
necessario alla valutazione, non sono ancora
state emanate.
A Verona il 07.07.2010 si quindi è tenuto il
convegno "La valutazione del rischio
stress lavoro correlato e la promozione del
benessere organizzativo”.
Gli atti del convegno che ha visto la
partecipazione di docenti ed esperti sono
disponibili on line: ...
(link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO: Il
manuale dell’INAIL "Il lavoro al
videoterminale".
L’utilizzo del
videoterminale, soprattutto se prolungato,
può provocare qualche disturbo,
essenzialmente per l’apparato
muscolo-scheletrico e per la vista, o
problemi di affaticamento mentale. I
disturbi che i lavoratori addetti ai
videoterminali possono accusare sono:
- disturbi alla vista e agli occhi;
- problemi legati alla postura;
- affaticamento fisico e mentale.
Mal di testa, rigidità alla nuca, bruciore
agli occhi, lacrimazione, dolori in
corrispondenza di spalle, braccia e mani
sono i disturbi che più frequentemente
interessano gli addetti ai videoterminali.
Negli ultimi anni questi disturbi sembrano
essere più frequenti e ciò può essere
spiegato da un lato con la maggiore
diffusione del videoterminale, dall’altro
con i ritmi di lavoro più stressanti.
Tuttavia, osservando alcune norme di buona
pratica è possibile prevenirli.
L'Inail ha reso disponibile l'edizione 2010
della pubblicazione "Il lavoro al
videoterminale", aggiornata secondo le
indicazioni del D.Lgs. 81/2008 e del D.Lgs.
106/2009.
Il documento può essere utilizzato dai
datori di lavoro per informare correttamente
sui rischi a cui sono esposti i lavoratori
che utilizzano abitualmente il
videoterminale e per spiegare loro come
sistemare la postazione di lavoro e usare le
apparecchiature in modo corretto,
supportandoli nella esecuzioni degli
adempimenti previsti dal D.Lgs. 81/2008.
La pubblicazione è articolata nei seguenti
capitoli:
1. Come evitare i disturbi associati
all’uso del videoterminale;
2. Videoterminale, tastiera e mouse;
3. Condizioni ambientali;
4. Il corretto posizionamento del
videoterminale;
5. Piano di lavoro, sedia, poggiapiedi;
6. La postazione di lavoro;
7. Uso dei computer portatili;
8. I disturbi alla vista;
9. Affaticamento mentale;
10. Fare prevenzione: esercizi di
rilassamento e altre raccomandazioni;
11. Lista di controllo.
In appendice è riportato il testo della
normativa di riferimento:
- Titolo VII e Allegato XXXIV del D.Lgs.
81/2008;
- D.M. 02/10/2000 - Linee guida d’uso dei
videoterminali;
- Circolare 20/04/2001 n. 5/2001
(link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO:
Da SUVA la check-list per la sicurezza nei
cantieri all'aperto nei giorni di canicola.
Durante i periodi di caldo intenso
l’organismo è fortemente sollecitato,
soprattutto se l’umidità atmosferica è molto
elevata. Le persone più colpite sono quelle
che svolgono lavori fisici all’aperto. A
soffrirne maggiormente è l’apparato
circolatorio. Le temperature molto elevate
possono causare crampi, esaurimento fisico
o, nella peggiore delle ipotesi, un colpo di
calore.
I raggi ultravioletti (UV) raggiungono in
estate i valori massimi giornalieri tra le
11:00 e le 15:00; essi, per intensità
elevate, possono provocare tumori della
pelle e lesioni oculari.
Quando l’irraggiamento solare è molto
intenso, soprattutto in estate, inoltre, si
forma l’ozono (con valori massimi
all’incirca tra le 16:00 e le 18:00).
L’ozono che si forma in prossimità del suolo
(ozono troposferico) ha l’effetto di un gas
irritante: una prolungata esposizione ad
elevate concentrazioni di ozono può
provocare bruciore agli occhi, irritazioni
della gola e della faringe, insufficienza
respiratoria e mal di testa.
L'intenso irraggiamento solare quindi può
rendere più pericoloso il lavoro nei
cantieri all'aperto.
Per poter valutare e gestire meglio le
situazioni di pericolo derivanti
dall’esposizione all’intenso irraggiamento
solare Suva ha realizzato una specifica
check-list, che costituisce un utile
supporto per responsabili della sicurezza,
coordinatori della sicurezza e datori di
lavoro
(link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO: Associazioni
sportive e sociali e D.Lgs. 81/2008.
La Regione Veneto, con il parere del
22.06.2010, ha fornito alcuni chiarimenti
sulle modalità di applicazione delle
normative in tema di prevenzione della
salute e sicurezza (D.Lgs. 81/2008) per le
associazioni sportive e le associazioni di
promozione sociale.
Coloro che collaborano con tali associazioni
a titolo gratuito o ricevono semplici
rimborsi spese sono equiparati, secondo la
Regione Veneto, ai volontari.
Tali soggetti dovranno:
a) utilizzare attrezzature di lavoro in
conformità alle disposizioni di cui al
titolo III;
b) munirsi di dispositivi di protezione
individuale ed utilizzarli conformemente
alle disposizioni di cui al titolo III;
e) ove svolgano la propria attività
nell'ambito del l'organizzazione di un
datore di lavoro, questi è tenuto ad
adottare le misure utili ad eliminare e, ove
ciò non sia possibile, ridurre al minimo i
rischi da interferenze tra la prestazione
del volontario e le altre attività svolte,
nell'ambito della medesima organizzazione,
dal personale dipendente;
d) Inoltre, il titolare dell'organizzazione
(Presidente dell'Associazione) è tenuto a
fornire loro dettagliate informazioni sui
rischi specifici esistenti negli ambienti in
cui il volontario è chiamato ad operare e
sulle misure di prevenzione e di emergenza
adottate in relazione alla propria attività
...
(link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO:
Le Risposte dello SPISAL agli ingegneri
sull’applicazione del Testo Unico della
Sicurezza nei cantieri e nei luoghi di
lavoro.
Lo scorso 26 maggio si è tenuto a Vicenza un
incontro tra la Commissione Sicurezza
dell'Ordine degli Ingegneri provinciale e lo
Spisal (Servizio Prevenzione e Sicurezza su
Lavoro) dell'ASL.
L'incontro ha costituito l'occasione per
affrontare numerose problematiche connesse
alla sicurezza nei cantieri e sui luoghi di
lavoro in generale.
L'Ordine degli Ingegneri di Vicenza ha reso
disponibile on line la documentazione
prodotta sulla base delle tematiche
affrontate nel corso della discussione.
Si tratta di quattro diversi documenti: ...
(link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO:
M. Fabrizio,
Modello Organizzativo ex D.lgs. n. 231/2001
e sicurezza sui luoghi di lavoro - Spunti di
riflessione per la certificazione del
Sistema di Gestione Sicurezza - ottobre 2009
(link a
www.b2b24.ilsole24ore.com). |
SICUREZZA LAVORO:
L’obbligo di aggiornamento per il
coordinatore per la progettazione e per il
coordinatore in fase di esecuzione che hanno
conseguito l’attestato di frequenza ai corsi
abilitanti antecedentemente all’entrata in
vigore del D.Lgs. n. 81/2008.
Oggetto della presente nota è chiarire se
l’obbligo di aggiornamento quinquennale, di
cui all’art. 98, 2° comma ed Allegato XIV
del D.Lgs. n. 81/2008, sussista anche per i
coordinatori della sicurezza (per la
progettazione ed in fase di esecuzione) che
abbiano conseguito l’attestato di frequenza
ai corsi qualificanti ai sensi dell’art. 10,
comma 2, del D.Lgs. n. 494/1996 e, dunque,
antecedentemente all’entrata in vigore dello
stesso D.Lgs. n. 81/2008 (link a
www.centrostudicni.it). |
SICUREZZA LAVORO:
La guida per l’uso in sicurezza delle
macchine per il movimento terra aggiornata
al Testo Unico sulla Sicurezza (D.Lgs.
81/2008).
È consultabile online sul sito della
Provincia Autonoma di Bolzano una guida per
l'uso in sicurezza delle macchine per il
movimento terra, aggiornata al Testo Unico
sulla sicurezza.
La guida illustra, nella prima parte, i
principali tipi di macchina a seconda della
funzione:
- macchine adibite esclusivamente alla
movimentazione di materiale;
- macchine per il caricamento del materiale
e lo scavo;
- macchine per il trasporto del materiale.
Nella seconda parte, il documento analizza
norme di sicurezza e comportamenti corretti
per ciascuna delle macchine: ... (link a
www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO:
Come e perché proteggersi dal sole durante
il lavoro.
“Protezione Solare – l’essenziale in
breve”, è il titolo di un opuscolo
realizzato dal Suva (il principale
assicuratore svizzero per gli infortuni sul
lavoro), per informare e prevenire i dannosi
effetti dei raggi solari.
I raggi del sole nascondono pericoli: sono
composti di luce visibile (50 %), raggi
infrarossi (44 %) e raggi ultravioletti UV(6
%). I raggi UV sono una delle cause
principali del cancro della pelle e
favoriscono l'invecchiamento precoce della
pelle.
Quali i consigli di SUVA per il lavoro
all'aperto? ... (link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO:
Valutazione del rischio stress
lavoro-correlato: rinvio dell'obbligo al
31.12.2010 per la Pubblica Amministrazione.
Il D.L. 31.05.2010, n. 78 (la c.d. Manovra
del Governo) ha introdotto alcune novità
anche in materia di sicurezza sul lavoro.
Segnaliamo, in particolare:
- il rinvio al 31.12.2010 per la valutazione
dello stress da lavoro correlato per le
pubbliche amministrazioni;
- la soppressione dell'ISPESL e IPSEMA ...
(link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO:
Vademecum per l’impresa e il cantiere -
maggio 2010 (Comitato Paritetico
Territoriale -CPT- di Roma e Provincia).
Il documento contiene la lista esaustiva di
tutta la documentazione attestante
l’attuazione di adempimenti a carico del
datore di lavoro
A cura del Comitato Paritetico Territoriale
(CPT) di Roma e Provincia è stato preparato
un agile vademecum, aggiornato a maggio
2010, recante utilissime informazioni per il
cantiere.
Il documento contiene la lista esaustiva di
tutta la documentazione attestante
l’attuazione di adempimenti a carico del
datore di lavoro.
Inoltre il vademecum contiene anche l’elenco
degli adempimenti e della documentazione a
cura del committente, la documentazione
minima a cura delle imprese esecutrici che
utilizzano proprio personale, macchine e
attrezzature, da esibire al committente o
all’impresa affidataria in caso di
subappalto per dimostrare l’idoneità
tecnico-professionale delle imprese oltre
alla documentazione minima che i lavoratori
autonomi devono esibire al committente o
all’impresa affidataria in caso di
subappalto.
Chiude il vademecum una lista degli organi
con compiti di controllo, coordinamento e
vigilanza che hanno accesso nei cantieri
edili. |
SICUREZZA LAVORO:
Dal CPT di Roma Vademecum per l'impresa e il
committente.
Il Comitato Paritetico Territoriale di Roma
e Provincia ha realizzato e diffuso un
vademecum che sintetizza i principali
adempimenti in materia di sicurezza nei
cantieri delle imprese e dei committenti.
Il vademecum, aggiornato al mese di maggio
2010, definisce i seguenti punti:
- documentazione attestante l'attuazione di
adempimenti a carico del datore di lavoro;
- adempimenti e documentazione a cura del
committente;
- idoneità tecnico professionale delle
imprese;
- idoneità tecnico professionale dei
lavoratori autonomi;
- organi con compiti di controllo,
coordinamento e vigilanza che hanno accesso
nei cantieri edili ... (10.06.2010 - link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO:
Nuovi chiarimenti del Ministero del lavoro
su lavori di breve durata, rappresentanti
dei lavoratori e organismi paritetici
La sezione FAQ in materia di salute e
sicurezza sui luoghi di lavoro del sito web
del Ministero del lavoro è stata aggiornata
con la pubblicazione di risposte ai nuovi
quesiti in tema di:
- obblighi di sicurezza connessi a lavori o
servizi di durata non superiore ai due
giorni (art. 26, D.Lgs. n. 81/2008);
- aggiornamento della formazione dei
rappresentanti dei lavoratori (art. 37,
D.Lgs. n. 81/2008);
- organismi paritetici (art. 51, D.Lgs. n.
81/2008) (link a www.acca.it). |
SICUREZZA
LAVORO:
Il vademecum delle opere provvisionali di sicurezza.
Le opere provvisionali sono tutte quelle strutture ed opere
provvisorie indipendenti dalla struttura del fabbricato e
che non faranno parte dell'opera compiuta.
Le OPERE PROVVISIONALI possono suddividersi, in base al loro
utilizzo, in:
- opere di servizio:
- opere di sicurezza;
- opere di sostegno ... (link a www.acca.it). |
SICUREZZA
LAVORO:
I Chiarimenti di Confindustria sul Rappresentante dei
Lavoratori per la Sicurezza.
A seguito dei quesiti pervenuti da parte di numerose aziende
associate Confindustria Firenze ha fornito alcuni
chiarimenti sulle disposizioni del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i.
che si occupano della figura del Rappresentante dei
Lavoratori per la Sicurezza (RLS).
La sede locale di Confindustria chiarisce che il RLS è una
persona eletta o designata per rappresentare le esigenze dei
lavoratori nei confronti della direzione aziendale per
quanto concerne gli aspetti della salute e della sicurezza
durante il lavoro.
Il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza è quindi
una figura liberamente individuata dai lavoratori dipendenti
in tutte le aziende o unità produttive e la sua designazione
non costituisce, pertanto, un adempimento obbligatorio posto
a carico del datore di lavoro.
Nelle aziende (o unità produttive) che occupano fino a 15
lavoratori, il RLS è di norma eletto direttamente dai
lavoratori al loro interno oppure è individuato per più
aziende nell'ambito territoriale o del comparto produttivo
... (link a www.acca.it). |
SICUREZZA
LAVORO:
La sintesi dei compiti del medico competente.
L'AUSL di Verona ha reso disponibile un documento dal titolo
"la sintesi dei compiti del medico competente" che
illustra, dettagliatamente, compiti e responsabilità del
medico competente.
Il medico competente collabora con il datore di lavoro e con
il servizio di prevenzione e protezione alla valutazione dei
rischi: ... (27.05.2010 - link a www.acca.it). |
SICUREZZA
LAVORO:
DPI: obblighi per datori di lavoro e lavoratori. Le
indicazioni del Ministero del Lavoro.
Quali sono gli obblighi cui datori di lavoro e lavoratori
sono tenuti ad ottemperare in materia di Dispositivi di
Protezione Individuali?
Il Ministero del Lavoro risponde al quesito nell'apposita
sezione (FAQ) del sito ... (22.04.2004 - link a www.acca.it). |
EDILIZIA PRIVATA - LAVORI
PUBBLICI - SICUREZZA LAVORO:
Trasmissione informatizzata della notifica preliminare di
avvio lavori nei cantieri - Decreto del Direttore Generale
Sanità n. 9056 del 14.09.2009 e Decreto del Direttore
Regionale del Lavoro n. 117 del 23.09.2009 (Regione
Lombardia, Direzione Generale Sanità, Governo della
Prevenzione, Tutela Sanitaria, Piano Sicurezza Luoghi di
Lavoro e Emergenze Sanitarie,
nota 19.04.2010 n. 14379 di prot.). |
SICUREZZA
LAVORO:
La sicurezza sul lavoro nei cantieri stradali: il manuale
operativo dell'INAIL.
Il cantiere stradale presenta rischi elevati per i
lavoratori e per le persone esterne a causa, oltre che della
tipologia dei lavori, anche del traffico stradale
interferente.
Le norme di prevenzione, per tali tipologie di lavori, sono
complesse perché devono integrare aspetti di sicurezza e di
salute nei luoghi di lavoro, contenuti nel D.Lgs. 81/2008
con le norme previste dal Codice della strada.
Con l'intento di fornire un supporto a imprese e tecnici per
la valutazione dei rischi e per le misure di prevenzione da
adottare, l'INAIL ha curato la redazione del volume "La
sicurezza sul lavoro nei cantieri stradali – Manuale
Operativo 2010" ... (14.04.2010 - link a www.acca.it). |
SICUREZZA
LAVORO:
Il D.Lgs. 81/2008 e la vigilanza negli ambienti di lavoro -
Apparecchi di sollevamento e mezzi di trasporto.
La regione Campania ha predisposto una guida dal titolo "Il
D.Lgs. 81/08 e la vigilanza negli ambienti di lavoro -
Apparecchi di sollevamento e mezzi di trasporto".
Un apparecchio di sollevamento è una macchina destinata al
sollevamento ed alla manovra di carichi sospesi tramite
ganci o altri dispositivi di trattenuta del carico.
Le operazioni di carico e di scarico da effettuare con i
mezzi di sollevamento e di trasporto comportano obblighi per
i dirigenti ed i preposti che non si esauriscono con le
istruzioni date ai dipendenti in ordine ai rischi a cui sono
esposti ... (link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO: Comunicazione
del nominativo del Rappresentante dei
Lavoratori per la Sicurezza all'INAIL.
Il 31.03.2010 è il termine entro il quale è
necessario comunicare in via telematica
all'INAIL i nominativi dei rappresentanti
dei lavoratori per la sicurezza (RLS),
designati o eletti nel corso del 2009, solo
in caso di nuova nomina o designazione.
Con la circolare 25.08.2009, n. 43 l'INAIL,
infatti, ha definito le istruzioni per la
trasmissione dei nominativi dei
rappresentanti dei lavoratori per la
sicurezza, nel rispetto delle modifiche
intervenute con la pubblicazione del
correttivo al Testo unico della sicurezza
sul lavoro ...
(link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO:
Dal Ministero del Lavoro una check-list per
la sicurezza nei cantieri edili.
L'ing. M. Grandi - funzionario della
Direzione provinciale del Lavoro di Verbania
– ha curato la realizzazione una check
list dedicata alla sicurezza dei
cantieri.
La check list costituisce un valido
supporto per le imprese e per i tecnici che
vogliono valutare le condizioni di salute e
sicurezza sul lavoro nei cantieri; può
essere utilizzata sia dalle imprese come
check-up preventivo per verificare se il
cantiere è in regola prima di un'ispezione,
sia dai coordinatori per rilevare e
segnalare eventuali irregolarità .
La check-list è articolata in sette sezioni
... (link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO:
La documentazione obbligatoria da tenere in
cantiere e gli organi che hanno compiti di
controllo e vigilanza.
Il Comitato Paritetico Territoriale di Roma
e Provincia ha realizzato un documento
sintetico con l’elenco della documentazione
obbligatoria da tenere in cantiere.
L'Elenco è aggiornato con le disposizioni
del Decreto Legislativo n. 81 del 09.04.2008
e contempla:
- documenti concernenti obblighi a carico
del Datore di Lavoro
- documenti concernenti obblighi a carico
del Committente che devono essere conservati
in cantiere da parte dell’Impresa
affidataria
- documenti concernenti adempimenti a carico
del lavoratore autonomo.
Il documento del C.P.T. di Roma contiene
anche l'elenco degli organi con compiti di
controllo, coordinamento e vigilanza che
hanno accesso nei cantieri edili (di propria
iniziativa o su richiesta) ... (18.03.2010
- link a
www.acca.it). |
SICUREZZA
LAVORO:
Sicurezza sul lavoro: valutazione dei
rischi e infortuni.
In materia antinfortunistica c’è colpa del datore di lavoro
non solo per l’omessa redazione del DVR (documento
valutazione rischi) ma anche per il suo mancato,
insufficiente o inadeguato aggiornamento oppure per l’omessa
valutazione della individuazione degli specifici pericoli a
cui i prestatori di lavoro siano sottoposti in relazione
alle diverse mansioni.
I giudici della Suprema Corte, con la sentenza 10448/2010
ribadiscono il concetto che la valutazione dei rischi (con
la conseguenza elaborazione dell’idoneo documento)
costituisce, senza ombra di dubbio, un fondamentale
passaggio per la prevenzione degli infortuni, anche se il
rapporto di causalità tra omessa previsione del rischio e
infortunio (o il rapporto di causalità tra omesso
inserimento del rischio nel documento di valutazione dei
rischi e infortunio) deve essere accertato in concreto
rapportando gli effetti indagati e accertati della
omissione, all'evento che si è concretizzato, non potendo
essere affermata una causalità di principio.
In base alla normativa vigente in materia (TU unico 81/2008
e correttivo 106/2009) si prevede che uno dei primi e
fondamentali obblighi del datore di lavoro è quello di
redigere il documento contenente la valutazione dei rischi
dell’attività di lavoro da svolgere, e soprattutto che
l’elaborazione di tale documento da parte del datore non è
delegabile né ai dirigenti, né ai preposti (Corte di
Cassazione, Sez. IV penale,
sentenza 16.03.2010 n. 10448 - link a
www.altalex.com). |
SICUREZZA LAVORO:
Manuale Inail: il Medico Competente e gli
Addetti ai Videoterminali.
L’INAIL ha reso disponibile l'edizione 2010
del manuale “Il Medico Competente e gli
Addetti ai Videoterminali”.
L’aggiornamento si è reso necessario alla
luce dell'emanazione delle nuove normative
sulla prevenzione nei luoghi di lavoro
(Testo unico della sicurezza -D.Lgs.
81/2008- e recenti aggiornamenti D.Lgs.
106/2009) che hanno introdotto alcune novità
per quanto riguarda la sorveglianza
sanitaria ed il giudizio di idoneità
nell’attività del medico competente.
Il manuale è dedicato sia agli addetti al
videoterminale che al medico competente ...
(link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO:
Le Opere di protezione contro la caduta nei
cantieri dalla Provincia di Bolzano.
D-A-CH-S è un gruppo di lavoro
internazionale formato da esperti
provenienti dalla Germania, Austria,
Svizzera e Alto Adige, che ha lo scopo di
elaborare regolamenti standardizzati
internazionali per sistemi di protezione
contro le cadute dall’alto nei lavori in
quota ... (link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO:
Dall'ASL di Trento la collana "Strumenti per
la formazione Sicurezza sul Lavoro".
L’Unità operativa Prevenzione e sicurezza
ambienti di lavoro dell'Azienda provinciale
per i servizi sanitari della Provincia
autonoma di Trento, ha realizzato la collana
"Strumenti per la formazione SSL" che
raccoglie pubblicazioni dedicate alla
promozione della salute e della sicurezza
nei luoghi di lavoro ... (04.03.2010
- link a
www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO:
Il manuale per gli incaricati di primo
soccorso dell'Inail aggiornato al Testo
Unico della Sicurezza.
Il Manuale per incaricati di primo soccorso,
realizzato dall'Inail nel 2001, è stato
aggiornato secondo le disposizioni del
D.Lgs. 81/2008.
Con “primo soccorso”, si indica
l’insieme di manovre che si applica senza
l’ausilio di attrezzature particolari e che
consente di preservare la vita o migliorare
le condizioni generali della persona che ha
bisogno di soccorso ... (04.03.2010 - link a
www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO:
Sicurezza cantieri: arriva la guida
interattiva.
Pubblicato un vademecum basato su domande e
risposte e rivolto al committente e al
responsabile lavori del cantiere
Con l’intento di fornire ai Committenti e ai
Responsabili dei Lavori, uno strumento
operativo (interattivo), basato su domande e
risposte, che li supporti nell’ottemperare
agli obblighi previsti dalla legge, è stato
preparato un vademecum redatto in
collaborazione tra Ordini e Collegi
Professionali, Collegio Costruttori Edili
dell’Associazione Industriali, SPSAL AUSL,
Comune di Reggio Emilia–Servizio Edilizia
Privata, Provincia di Reggio Emilia ...
(link a
www.ediliziaurbanistica.it). |
SICUREZZA LAVORO:
Gli atti del convegno sulla tutela della
salute e della sicurezza sul lavoro "D.lgs.
81/2008: Aspetti giuridici, tecnici e
organizzativi".
Nei giorni 20 e 21.01.2010, a Firenze, si è
tenuto il convegno sulla tutela della salute
e della sicurezza sul lavoro dal titolo "D.Lgs.
81/2008: Aspetti giuridici, tecnici e
organizzativi".
Nel corso delle due giornate di studio sono
stati affrontati numerosi aspetti relativi
alla sicurezza, dalla gestione degli appalti
di lavori e forniture di beni e servizi agli
aspetti applicativi e procedurali dei
Modelli Organizzativi e Gestionali ... (link
a www.acca.it). |
SICUREZZA
LAVORO:
Il lavoratore che tiene una condotta
imprudente ed imprevedibile può essere l'unico responsabile
in caso di infortunio.
Non sussiste responsabilità del datore di lavoro nel caso di
una condotta del lavoratore imprudente ed imprevedibile,
come l'utilizzo di una attrezzatura in modo improprio e in
un ambito estraneo alle mansioni affidate.
La Corte di Cassazione, discostandosi da un orientamento
consolidato, afferma che "quando la condotta tenuta dai
lavoratori è del tutto imprevedibile ed è connotata da
assoluta imprudenza, il rischio che ne consegue non è
governabile, tanto da conferire forza eziologica esclusiva
alla condotta imprudente del lavoratore stesso".
La sentenza in questione riguarda l'esecuzione degli
impianti delle tubature di acqua potabile, di aria compressa
e di gas metano da eseguirsi nell'ambito dei lavori edili in
corso presso un capannone. La società appaltatrice ha
subappaltato a due artigiani rispettivamente l'esecuzione
dei lavori edili e di istallazione dei tubi stessi.
Nell'ambito di tale attività uno degli artigiani, avendo
necessità di svolgere dei lavori ad altezza di circa 6 metri
ed essendo il regolare mezzo di sollevamento in dotazione
già impegnato, posizionava, con l'aiuto dell'altro
artigiano, un cestello sopra le forche di un muletto,
facendosi sollevare verso il luogo di lavoro e lo stesso, a
causa della instabilità del cesto e del suo ribaltamento,
cadeva al suolo da un'altezza di circa cinque metri battendo
il capo in terra e decedendo per le gravi lesioni patite.
Dopo la condanna dell'amministratore della società
committente, del direttore dei lavori e dei datori di lavoro
della ditta appaltatrice, la Corte di Appello assolveva
tutti gli imputati.
La Corte di Cassazione confermava l'assoluzione e rigettava
il ricorso sulla base delle considerazioni esposte
preliminarmente (Corte di Cassazione, Sez. IV penale,
sentenza 23.02.2010 n. 7267 - link a
www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO:
Disponibile il Testo Unico della Sicurezza
aggiornato al mese di Febbraio 2010 e
commentato dal Ministero del Lavoro.
Il ministero del Lavoro ha reso disponibile
il testo aggiornato (febbraio 2010) del
Decreto legislativo 81/2008 in materia di
salute e sicurezza nei luoghi di lavoro
(Testo Unico della Sicurezza).
Il testo, che riporta le sanzioni a margine
di ciascun articolo, è stato redatto “ad uso
degli ispettori” del lavoro.
Il “testo coordinato" è inoltre corredato
dalle note ufficiali pubblicate fino a
febbraio 2010 (link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO:
Dal Ministero del Lavoro gli obblighi del
medico competente in merito alla gestione
della cartella sanitaria.
Quali sono gli obblighi del medico
competente in merito alla gestione della
cartella sanitaria e di rischio?
Alla domanda risponde il Ministero del
Lavoro ... (link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO:
Le Linee guida per la rimozione dell’amianto
dall'A.S.L. di Novara.
Il capo III del Titolo IX “Sostanze
pericolose” del Testo Unico della
Sicurezza (D.Lgs. 81/2008) fornisce precise
indicazioni sui rischi connessi
all’esposizione all’amianto e sugli obblighi
connessi, in particolare nelle attività di
demolizione o rimozione ... (link a
www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO:
Disponibili gli atti del Convegno “La
sicurezza in edilizia. Effetti pratici delle
modifiche apportate dal D.Lgs. 106/2009 al
Testo Unico Sicurezza".
Si è tenuto il 19.11.2009 a Bologna
l’incontro “La sicurezza in edilizia.
Effetti pratici delle modifiche apportate
dal D.Lgs. 106/09 al Testo unico sulla
sicurezza (D.Lgs. 81/2008)” ... (link a
www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO:
Dal Ministero del Lavoro gli obblighi del
datore di lavoro in relazione ai rischi
legati all’uso di videoterminali.
Quali sono gli obblighi a cui il datore di
lavoro deve ottemperare in relazione ai
rischi legati all'uso di attrezzature munite
di videoterminali?
Alla domanda risponde il Ministero del
Lavoro ... (link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO:
Testo Unico della Sicurezza: Vademecum e
check-list per i datori di lavoro.
La Provincia Autonoma di Trento e il
Servizio Sanitario del Trentino hanno
realizzato un documento dal titolo
"Vademecum per datori di lavoro".
La guida fornisce informazioni sulle
responsabilità di tutte le figure
individuate dal D.Lgs. 81/2008 (lavoratori,
dirigenti, preposti, RSPP, medici
competenti, RLS, etc.).
In particolare per il datore di lavoro
vengono individuati tutti gli obblighi, sia
quelli non delegabili (valutazione dei
rischi, designazione del RSPP, etc.), sia
quelli delegabili definiti dagli art. 16 e
18 ... (link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO:
Quale Formazione per il datore di lavoro che
si occupa direttamente di sicurezza? La
risposta del Ministero.
Quali sono gli obblighi di formazione per il
datore di lavoro che svolga direttamente i
compiti di prevenzione e protezione dai
rischi nonché di primo soccorso, di
prevenzione incendi e di evacuazione?
Il Ministero del Lavoro risponde al quesito
attraverso un'apposita sezione sul sito ...
(link a www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO:
Conoscere la sicurezza giocando: arriva il
videogioco dell’ISPESL.
L’ISPESL ha reso disponibile gratuitamente
in download il videogioco “Le avventure
di Riskio e Sicury’. Casa: missione
sicurezza”.
Si tratta di un utile ed innovativo mezzo di
divulgazione delle metodiche di prevenzione
dei rischi di incidenti negli ambienti di
vita.
Il videogioco educativo, destinato
principalmente alle scuole, è un utile mezzo
innovativo di divulgazione delle metodiche
di prevenzione dei rischi di incidenti negli
ambienti di vita, in linea con l’obiettivo
promosso dall’ISPESL di diffondere la
cultura della sicurezza ... (link a
www.acca.it). |
SICUREZZA LAVORO:
“Salute e Sicurezza nei luoghi di lavoro”,
raccolta di interventi curata da ADAPT.
ADAPT è un’associazione senza fini di lucro,
fondata da Marco Biagi nel 2000 per
promuovere, in una ottica internazionale e
comparata, studi e ricerche nell’ambito
delle relazioni industriali e di lavoro.
ADAPT ha diffuso il Bollettino Speciale n.
1/2010 il cui titolo è: “Salute e
Sicurezza nei luoghi di lavoro”.
Il bollettino 1/2010, con i seguenti
contributi, è disponibile per il download
... (link a www.acca.it). |
anno
2006 |
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SICUREZZA LAVORO: Morti
bianche: è responsabile l'imprenditore che non vigila.
Il datore di lavoro che
sceglie un professionista come responsabile della sicurezza
non si libera delle conseguenze legate alla sua posizione di
garanzia se non designa un professionista idoneo, non
elabora insieme a questi un piano di sicurezza, non gli
mette a disposizione i mezzi per attuarlo, non vigila su
tale attuazione
(Corte di
Cassazione, Sez. IV penale,
sentenza 04.10.2006 n. 41943
- link a www.altalex.com). |
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