dossier DISTANZA DALLA FERROVIA |
anno 2021 |
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EDILIZIA PRIVATA: È
ben vero che la normativa in materia di vincolo ferroviario fonda una
presunzione di pericolosità di qualsiasi manufatto posto a meno di metri 30
dalle rotaie, ma l’ente preposto alla tutela del vincolo può concedere una
deroga, ai sensi dell’art. 60 d.P.R. n. 753/1980.
Se la deroga deve essere adeguatamente motivata in relazione alle
circostanze rappresentate in tale ultima norma, è altrettanto vero che anche
il diniego della stessa va motivato con riferimento alle circostanze
fattuali e con una valutazione che, pur essendo espressione di
discrezionalità tecnica, può essere sindacata e, soprattutto, deve essere
ancorata ad una corretta rappresentazione di tutte le circostanze del caso
concreto atte a giustificare ragionevolmente il diniego.
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Il contenzioso in esame riguarda la legittimità del provvedimento emesso da
RFI spa (nonché degli atti e pareri ad esso sottostanti), con il quale è
stata respinta la richiesta dei ricorrenti finalizzata ad ottenere
l’autorizzazione a ricostruire un edificio, in deroga alla distanza minima
che deve intercorrere tra le costruzioni e la linea ferroviaria.
Più in dettaglio, dal punto di vista normativo, l’art. 49 del D.P.R. n.
753/1980 prescrive che “Lungo i tracciati delle linee ferroviarie è
vietato costruire, ricostruire o ampliare edifici o manufatti di qualsiasi
specie ad una distanza, da misurarsi in proiezione orizzontale, minore di
metri trenta dal limite della zona di occupazione della più vicina rotaia”.
A tale regola generale si aggiunge quella prevista dall’art. 60 del DPR
753/1980, in base al quale: “Quando la sicurezza pubblica, la
conservazione delle ferrovie, la natura dei terreni e le particolari
circostanze locali lo consentano, possono essere autorizzate dagli uffici
lavori compartimentali delle F.S., per le ferrovie dello Stato, e dai
competenti uffici della M.C.T.C., per le ferrovie in concessione, riduzioni
alle distanze prescritte dagli articoli dal 49 al 56”.
Nel caso in esame, l’autorizzazione richiesta ai sensi dell’art. 60 citato è
stata denegata dal RFI attraverso una valutazione di assenza di adeguate
garanzie per la sicurezza pubblica e per la conservazione delle Ferrovie.
Il Collegio prende in esame il primo motivo, contenuto nel ricorso
introduttivo del giudizio, con il quale viene denunciata l’insufficienza
della motivazione e la carenza istruttoria che vizierebbero il provvedimento
impugnato.
La censura risulta fondata dato che il provvedimento conclusivo oggi
impugnato si rivela apodittico e basato su argomentazioni non eloquenti. In
particolare deve rilevarsi:
a) che sia il provvedimento conclusivo del 06.04.2020, sia il
parere del Comitato Tecnico del 14.01.2020 richiamato dal primo, si limitano
a dichiarare in modo assertivo che non sussistono le condizioni di sicurezza
(pubblica e per l’impianto ferroviario) tali da poter consentire il rilascio
l’autorizzazione in deroga;
b) siffatta motivazione, già di per sé laconica, risulta ancor meno
accettabile ove rapportata allo stato di fatto dei luoghi descritto dai
ricorrenti -e non contestato in giudizio dalla resistente- secondo il
quale il lotto destinato alla nuova costruzione si inserisce in un contesto
urbanizzato, fitto di costruzioni a schiera, che si collocano su entrambi i
lati della linea ferrata, a volte a distanza ben più ravvicinata rispetto a
quella che verrebbe garantita nel caso di specie. Pertanto, i provvedimenti
impugnati non spiegano perché le esigenze di sicurezza proclamate possono
risultare pregiudicate proprio dalla realizzazione di un edificio nell’unico
lotto pressoché libero che costella i lati del percorso ferroviario
all’interno del Comune di Santa Teresa Riva;
c) inoltre, il deficit di motivazione risalta ulteriormente
dal confronto fra i pareri espressi nel corso dell’istruttoria, e
segnatamente: tra quello favorevole del 29.08.2018, adottato dall’Unità
Territoriale di Catania, e quello contrarioemesso dal Comitato Tecnico il
14.01.2020 (che sembra aver assunto nella vicenda una rilevanza decisiva),
che però non contiene una esplicita e motivata spiegazione del perché si sia
deciso di mutare avviso rispetto al precedente parere emesso il 29.08.2018;
d) infine, non può sottacersi che la individuazione di ulteriori
ragioni che potessero supportare la decisione adottata da RFI (imperniate
essenzialmente nell’esigenza di garantire adeguati spazi di intervento per
operazioni di soccorso nell’ipotesi di incidente ferroviario) risulti
affidata -in modo giuridicamente inammissibile- più alle argomentazioni
difensive espresse in giudizio dal procuratore della parte resistente, che
alle deduzioni dell’azienda resistente leggibili nel provvedimento
impugnato.
In relazione a vicende analoghe a quella oggi esaminata, la giurisprudenza
ha affermato che “È ben vero che la normativa in materia di vincolo
ferroviario fonda una presunzione di pericolosità di qualsiasi manufatto
posto a meno di metri 30 dalle rotaie, ma l’ente preposto alla tutela del
vincolo può concedere una deroga, ai sensi dell’art. 60 d.P.R. n. 753/1980.
Se la deroga deve essere adeguatamente motivata in relazione alle
circostanze rappresentate in tale ultima norma, è altrettanto vero che anche
il diniego della stessa va motivato con riferimento alle circostanze
fattuali e con una valutazione che, pur essendo espressione di
discrezionalità tecnica, può essere sindacata e, soprattutto, deve essere
ancorata ad una corretta rappresentazione di tutte le circostanze del caso
concreto atte a giustificare ragionevolmente il diniego.” (Tar Toscana
297/2020).
In definitiva, assorbite le ulteriori censure ed impugnazioni, il Collegio
reputa che il provvedimento adottato da RFI sia illegittimo perché
caratterizzato da una non compiuta motivazione, che trovi sostegno in
univoci atti endoprocedimentali. Rimane, ovviamente, salvo la possibilità
per la RFI spa di adottare un nuovo provvedimento adeguatamente motivato ed
istruito.
Di conseguenza, anche l’impugnato provvedimento comunale che ha disposto
l’archiviazione del procedimento edilizio avviato dai ricorrenti va
annullato, perché affetto da invalidità derivata
(TAR Sicilia-Catania, Sez. IV,
sentenza 15.07.2021 n. 2327 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Per giurisprudenza consolidata,
il vincolo di inedificabilità che vige nella zona di rispetto ferroviario di
cui all'art. 39 del d.P.R. n. 753/1980 (“Nuove norme in materia di polizia,
sicurezza e regolarità dell'esercizio delle ferrovie e di altri servizi di
trasporto”) ha carattere relativo e non assoluto, come si ricava dall’art.
60 del medesimo d.P.R., in forza del quale l'autorità competente può
assentire deroghe alle distanze dai binari prescritte.
Ne discende che il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria per
opere eseguite all’interno della zona di rispetto è subordinato al parere
favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo, ai sensi
dell’art. 32 della legge n. 47/1985, ancorché l’introduzione del vincolo sia
successiva alla realizzazione degli abusi.
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3. Con il secondo motivo è dedotta l’irrilevanza del vincolo
derivante dall’introduzione della fascia di rispetto ferroviaria,
sopravvenuto alla costruzione dei garage. I ricorrenti invocano l’art. 33
della legge n. 47/1985 unitamente alla disciplina transitoria che ha
accompagnato l’entrata in vigore del d.P.R. n. 753/1980, recante appunto
l’introduzione del vincolo.
Con il terzo motivo, connesso, si afferma che il provvedimento
impugnato sarebbe illegittimo anche a voler considerare relativo, e non
assoluto, il vincolo gravante sull’immobile, con conseguente applicabilità
dell’art. 32 della legge n. 47/1985. In tale prospettiva, sostengono i
ricorrenti, il diniego di sanatoria e il presupposto parere contrario di
R.F.I. mancherebbero di qualsivoglia motivazione, e il vizio sarebbe reso
tanto più evidente dal contestuale rilascio del condono per le opere
realizzate sull’edificio principale del condominio, ricadente all’interno
della medesima fascia di rispetto dei garage. Questi ultimi, oltretutto,
sarebbero costruiti in aderenza a un muro di confine, relativamente al quale
nessuna contestazione sarebbe stata sollevata dalle amministrazioni
procedenti.
Neppure tali censure sono fondate.
Per giurisprudenza consolidata, dalla quale non vi è ragione di discostarsi,
il vincolo di inedificabilità che vige nella zona di rispetto ferroviario di
cui all'art. 39 del d.P.R. n. 753/1980 (“Nuove norme in materia di polizia,
sicurezza e regolarità dell'esercizio delle ferrovie e di altri servizi di
trasporto”) ha carattere relativo e non assoluto, come si ricava dall’art.
60 del medesimo d.P.R., in forza del quale l'autorità competente può
assentire deroghe alle distanze dai binari prescritte.
Ne discende che il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria per
opere eseguite all’interno della zona di rispetto è subordinato al parere
favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo, ai sensi
dell’art. 32 della legge n. 47/1985, ancorché l’introduzione del vincolo sia
successiva alla realizzazione degli abusi (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 05.04.2013, n. 1902; id., 19.09.2012, n. 4974; TAR Toscana, sez. III, 18.01.2010, n. 37).
Nella specie, l’istanza di condono è stata sottoposta al parere di Rete
Ferroviaria Italiana S.p.a., che ha ritenuto ammissibili alla sanatoria gli
abusi commessi sull’edificio condominiale, ma non i garage.
Secondo i ricorrenti il parere non sarebbe sostenuto da motivazioni di sorta
circa la ricorrenza o meno dei presupposti per l’autorizzazione in deroga
alla fascia di rispetto.
L’assunto si scontra con la presunzione di pericolosità sottesa al divieto
di costruire, ricostruire o ampliare edifici o manufatti di qualsiasi specie
a una distanza minore di metri trenta dal limite della zona di occupazione
della più vicina rotaia, sancito dall’art. 49 del d.P.R. n. 753/1980 e posto
a tutela della sicurezza pubblica, della circolazione ferroviaria e della
“conservazione delle ferrovie”, com’è confermato a contrario dal successivo
art. 60, disposizione che identifica le condizioni per derogare al divieto.
Appare infatti evidente che, a fronte di un bilanciamento di interessi
operato a monte dalle norme dianzi citate, l’amministrazione preposta alla
tutela del vincolo sia tenuta a esporre compiutamente le ragioni che, avuto
riguardo alle concrete circostanze di fatto, giustificano di volta in volta
la concessione della deroga. Il diniego della deroga non richiede, invece,
un particolare approfondimento motivazionale, posto che il divieto di
costruire all’interno della fascia di rispetto rappresenta la regola ed è
radicato, come detto, nella pericolosità intrinseca dell’attività
ferroviaria.
Né i ricorrenti hanno allegato alcun elemento obiettivo idoneo a evidenziare
l’incongruità del diniego con riferimento alla natura dei luoghi e alle
altre circostanze che, a norma dell’art. 60 d.P.R. n. 753/1980, potrebbero
legittimare il mantenimento della costruzione, ubicata a meno di dieci metri
dalla rotaia più vicina.
L’unico argomento, in tal senso, è costituito dal diverso trattamento
irragionevolmente riservato da R.F.I. ai garage e all’edificio principale
del condominio, per il quale la deroga è stata concessa.
La situazione dei due fabbricati, quello principale e quello adibito a
garage, non è però assimilabile.
Il primo è stato edificato in forza di regolare titolo, salve alcune
modifiche di sagoma e di superficie comportanti modeste difformità,
localizzate sul prospetto opposto alla ferrovia e, pertanto, non incidenti
sulla distanza dai binari. E, soprattutto, il parere favorevole alla
sanatoria non riguarda l’intero fabbricato, ma le sole difformità dalla
licenza originaria, di per sé non comportanti alcun incremento di
pericolosità rispetto alla situazione determinata dalla presenza
dell’immobile, venutosi a trovare all’interno della fascia di rispetto
successivamente alla sua legittima costruzione e, come tale, soggetto semmai
alla differente valutazione di compatibilità prevista dall’art. 61 del
d.P.R. n. 753/1980 per gli edifici preesistenti all’introduzione del
vincolo. Ma è, questa, una valutazione che esula dall’oggetto del parere
impugnato.
Si aggiunga che l’edificio condominiale è comunque collocato a maggior
distanza dal binario (12,30 m) rispetto ai garage, edificati senza titolo a
ridosso del confine con la proprietà ferroviaria. La loro pericolosità è in
re ipsa e non risulta smentita sulla base di elementi obiettivi che ne
giustifichino la conservazione in conformità al parametro normativo. Per
questo aspetto, le doglianze sono generiche (cfr. Cons. Stato, A.P., 17.10.2017, n. 9)
(TAR Toscana, Sez. III,
sentenza 08.04.2021 n. 482 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2015 |
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EDILIZIA PRIVATA: No
al barbecue fatto con la Scia.
Questa casa non è un ristorante. Stop al forno-barbecue del
confinante che è stato realizzato senza permesso di
costruire ma solo con la Scia in sanatoria: il vicino
ottiene l'annullamento del provvedimento autorizzatorio
mettendo fine ai fumi molesti che invadono casa sua, specie
nel weekend. E ciò perché in ambito urbanistico il concetto
di pertinenza del cespite risulta più restrittivo che in
campo civile e non si può invocare quando manca un rapporto
di stretta consequenzialità con l'immobile principale.
È quanto emerge dalla
sentenza 24.09.2015 n. 900, pubblicata dal TAR
Calabria-Reggio Calabria.
Oggetto e soggetto
Il manufatto «incriminato» è una grossa fornace con
struttura portante in mattoni e cemento, chiusa da due lati:
dal tetto spiovente in tegole, di ben venti metri quadrati,
spuntano due vistosi comignoli.
La segnalazione di inizio attività non basta perché,
diversamente che in ambito civile, in materia edilizia la
pertinenza non può avvenire ex articolo 817, secondo comma
c.c., per destinazione per destinazione del proprietario
dell'immobile o da chi un diritto reale sul bene: per
l'urbanistica conta l'oggetto e non il soggetto e dunque il
rapporto di pertinenzialità deve nascere dalla struttura
stessa dell'opera destinata a servizio di quella principale.
Quando i servizi dell'abitazione sono completi, allora, non
può ritenersi che il forno-barbecue sia necessario:
costituisce invece una costruzione autonoma che ha bisogno
della concessione.
Il Comune e i vicini pagano le spese di giudizio
(articolo ItaliaOggi del 14.10.2015).
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MASSIMA
3) Parte ricorrente reputa che l’intervento in questione
costituisca attività di trasformazione urbanistica ed
edilizia, subordinata non ad una S.c.i.a. (in sanatoria),
quale quella presentata dai contro-interessati, bensì a
permesso di costruire.
I contro-interessati sostengono, invece, che si tratti di un
intervento pertinenziale ai sensi dell’art. 3, I comma,
lett. e. 6) del T.U.Ed. e, come tale, soggetto a S.c.i.a.
Il motivo è fondato.
Precedente, numerosa e consolidata giurisprudenza ha messo
in rilievo che la nozione di pertinenza
urbanistica è meno ampia di quella civilistica e non può
consentire la costruzione di opere consistenti, in quanto
l’impatto volumetrico incide in modo permanente e non
precario sull’assetto edilizio e, conseguentemente, si rende
necessario il rilascio di permesso di costruire
La nozione di pertinenza urbanistica, in altre parole,
richiede che si tratti di opera collegata all’edificio
principale in un rapporto di stretta e necessaria
consequenzialità funzionale
(ex multis, da ultimo, TAR Calabria, Catanzaro, Sez.
II, 07.05.2015, n. 789).
Il rapporto di strumentalità, pertanto, non
può essere frutto sic et simpliciter della
destinazione “effettuata dal proprietario della cosa
principale o da chi ha un diritto reale sulla medesima”,
come previsto dall’art. 817, II comma, c.c., bensì deve,
altresì, ontologicamente emergere dalla struttura stessa
dell’opera destinata a servizio di quella principale, sì da
rivelare un carattere oggettivo e non meramente soggettivo.
In un caso del tutto analogo a quello che qui ci occupa
(corpo separato adibito a forno con dimensioni raggiungenti
un’altezza di mt. 2,20 con copertura sporgente in mattoni),
è stata già negata la “individuabilità di un obiettivo
rapporto pertinenziale, connaturale alla struttura del
fabbricato principale … il quale appare invece come una
realizzazione autonoma ed a sé stante” (TAR Lazio, Roma,
Sezione II-ter, n. 7292/2002) in ragione della completezza
dei servizi situati nella costruzione principale, adibita ad
uso residenziale e della mancanza di ogni collegamento,
anche funzionale, con l’edificio abitativo.
In applicazione di tali principi, anche il Giudice penale ha
affermato che “non costituisce
pertinenza, ed abbisogna di concessione, un forno costruito
come corpo separato dal fabbricato, sul confine del fondo”
(Cass. pen., 09.02.1990, in Riv. pen., 1991, 201).
Ne consegue la necessità del rilascio del
permesso di costruire e la non realizzabilità
dell’intervento in questione tramite S.C.I.A.
L’art. 37, IV comma, T.U.Ed., pertanto, non
è applicabile al caso di specie
dal che deriva l’illegittimità della nota prot. n. 10977 del
23.08.2013 con cui il Comune resistente ha ritenuto di
definire positivamente il procedimento di sanatoria ivi
previsto.
...
5) Quanto alla
domanda di annullamento dell’autorizzazione in deroga ex
art. 60 del D.P.R. n. 753/1980 prot. n. 1736, rilasciata da
R.F.I. in data primo luglio 2013 si osserva quanto segue.
L’art. 60 del D.P.R. n. 753/1980 prevede che quando la
sicurezza pubblica, la conservazione delle ferrovie, la
natura dei terreni e le particolari circostanze lo
consentano, possono essere autorizzate riduzioni alle
distanze prescritte dagli articoli dal 49 al 56.
L'art. 49 prevede il divieto lungo i tracciati delle linee
ferroviarie di costruire, ricostruire o ampliare edifici o
manufatti di qualsiasi specie ad una distanza minore di
trenta metri dal limite della zona di occupazione della più
vicina rotaia.
In base all’art. 64, II comma, c.p.a., il manufatto adibito
a forno deve ritenersi posizionato a 5 metri dalla prima
rotaia della linea ferroviaria. Tale circostanza, a
prescindere dalle varie planimetrie di parte allegate, è
affermata dal ricorrente e non è stata contestata, neanche
genericamente, dalle parti costituite.
Per quanto riguarda R.F.I., non costituita, non v’è dubbio
che comunque la distanza sia inferiore a metri 30.
Parte ricorrente, in considerazione delle dimensioni e della
particolare vicinanza del manufatto alla linea ferroviaria,
contesta nel merito (e, dunque inammissibilmente) la scelta
effettuata dall’Autorità ferroviaria, denunciando la
pericolosità per la sicurezza pubblica dell’opera assentita
in deroga, ed eccepisce il difetto di istruttoria e di
motivazione.
La censura relativa al difetto di motivazione è meritevole
di accoglimento.
Deve rilevarsi che la normativa di settore,
definendo soltanto le eventuali ragioni di sicurezza
ferroviaria, conservazione delle ferrovie, natura dei
terreni e altro, poste a base dell'autorizzazione alla
deroga alle distanze e non anche i presupposti, le
condizioni o i parametri per esprimere un eventuale diniego,
attribuisce all’Amministrazione una ferroviaria un’ampia
discrezionalità.
E’ evidente, inoltre, come il Legislatore
abbia configurato la deroga alle distanze come ipotesi del
tutto eccezionale: come chiarito dalla giurisprudenza
amministrativa, “il disposto dell' art. 60, D.P.R.
11.07.1980, n. 753 va interpretato nel senso che, in
mancanza delle cause ostative ivi previste (sicurezza
pubblica, conservazione delle ferrovie, natura dei terreni e
particolari circostanze locali), l'amministrazione sia non
già obbligata a rilasciare l'autorizzazione in deroga, bensì
semplicemente facultata a valutare discrezionalmente
l'opportunità di rilasciare o meno l'autorizzazione stessa;
nel senso, cioè, che la mancanza di dette cause costituisca
un presupposto necessario ma non sufficiente per il rilascio
dell'autorizzazione”
(in tal senso, da ultimo, TAR Piemonte, Sez. II, 23.01.2015,
n. 151).
Dall’ampiezza della discrezionalità e dalla
eccezionalità della deroga non può che derivare in capo
all’Amministrazione un onere motivazionale rafforzato.
La motivazione dell’autorizzazione in deroga prot. n. 1736
del primo luglio reca i seguenti passaggi:
a) (all’ottava riga) “Visto il parere sulla sicurezza
pubblica e sull’esercizio ferroviario del 19.06.2013”;
b) (alla decima riga) “Vista l’avvenuta eliminazione
della canaletta di raccolta acque piovane e la definitiva
chiusura del cancello con blocchi di cemento per comunicato
dalla Ditta richiedente in data 24.05.2013”;
c) (all’undicesima riga) “considerato che viene garantita
la sicurezza pubblica e dell’esercizio delle ferrovie,
nonché delle opere, della sede e degli impianti ferroviari”;
d) (alla dodicesima riga) “considerato che la zona dove
ricade l’opera da mantenere, allo stato attuale, non è
interessata da potenziamenti o ampliamenti, né da varianti
alla linea F.S.:
e) (alla tredicesima riga) “considerato che il patrimonio è
garantito per il rispetto delle norme vigenti”.
Appare evidente che, in disparte il non chiaro contenuto
motivazionale del solo indicato parere del 19.06.2013,
l’autorizzazione è stata rilasciata senza
dare conto della comparazione tra l’interesse del
richiedente al mantenimento del manufatto e l’interesse
pubblico alla sicurezza dell’esercizio delle ferrovie,
comparazione da effettuare alla luce della caratteristiche
dimensionali (per
stessa ammissione dei contro interessati, il manufatto ha
una dimensione di 17,66 mq ed è alto almeno tre metri,
sempre in considerazione della mancata contestazione di
quanto affermato dal ricorrente) e
funzionali dell’opera abusiva, adibita a forno e barbecue,
nonché della ravvicinata distanza alla linea ferroviaria. |
EDILIZIA PRIVATA:
Sulla concessione -o meno- della deroga a costruire dalla
più vicina rotaia.
La deroga alle distanze è, nella legge,
un’ipotesi del tutto eccezionale e, come chiarito dalla
giurisprudenza amministrativa, “il disposto dell'art. 60,
d.p.r. 11.07.1980, n. 753 va interpretato nel senso che, in
mancanza delle cause ostative ivi previste (sicurezza
pubblica, conservazione delle ferrovie, natura dei terreni e
particolari circostanze locali), l'amministrazione sia non
già obbligata a rilasciare l'autorizzazione in deroga, bensì
semplicemente facultata a valutare discrezionalmente
l'opportunità di rilasciare o meno l'autorizzazione stessa;
nel senso, cioè, che la mancanza di dette cause costituisca
un presupposto necessario ma non sufficiente per il rilascio
dell'autorizzazione; è pertanto legittimo il provvedimento
con il quale si nega l'autorizzazione per ragioni di tutela
del patrimonio ferroviario”.
... per l'annullamento del provvedimento prot. n. 1483
dell'11.07.2008, recante l'espressione del parere negativo
espresso da Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. sull'istanza
presentata da Manifattura Gomma Finnord S.p.A. per
l'ottenimento della riduzione della fascia di rispetto
ferroviaria relativa alla linea Vignale-Oleggio-Arona, nel
tratto presente nel Comune di Dormelletto (NO);
...
Il parere di RFI s.p.a. sull’istanza di deroga della
ricorrente è negativo in quanto l’opera progettata “interferisce
con il progetto di raddoppio della tratta ferroviaria
Vignale - Arona, il cui potenziamento è compreso nel
contratto di Programma 2007-2011, sottoscritto in data
31.10.2007 tra il Ministero delle Infrastrutture e Rete
Ferroviaria Italiana”.
Tale progetto, come evidenziato dalla difesa di RFI s.p.a.,
è stato confermato anche dal successivo contratto di
programma 2012-2016 (cfr. doc. n. 3 di RFI) e dalla Regione
Piemonte con DGR n. 22/2012 (cfr. doc. n. 4 di RFI).
Alla luce di tale ragione, concretamente ostativa
all’accoglimento della domanda della ricorrente, il diniego
di deroga alle distanze appare pienamente legittimo,
ragionevole e motivato, poiché, in questo caso, l’interesse
pubblico al potenziamento dei collegamenti ferroviari, così
come precisato nel progetto approvato dall’Amministrazione,
preclude a priori la riduzione della zona di rispetto, che
può essere autorizzata solo quando “la sicurezza
pubblica, la conservazione delle ferrovie, la natura dei
terreni e le particolari circostanze locali lo consentano”
(cfr. art. 60 DPR n. 753/1980).
La prospettiva scelta dal legislatore nella norma citata
appare, dunque, diversa da quella posta dalla ricorrente
alla base del suo ricorso: la deroga alle distanze è, nella
legge, un’ipotesi del tutto eccezionale e, come chiarito
dalla giurisprudenza amministrativa, “il disposto
dell'art. 60, d.p.r. 11.07.1980, n. 753 va interpretato nel
senso che, in mancanza delle cause ostative ivi previste
(sicurezza pubblica, conservazione delle ferrovie, natura
dei terreni e particolari circostanze locali),
l'amministrazione sia non già obbligata a rilasciare
l'autorizzazione in deroga, bensì semplicemente facultata a
valutare discrezionalmente l'opportunità di rilasciare o
meno l'autorizzazione stessa; nel senso, cioè, che la
mancanza di dette cause costituisca un presupposto
necessario ma non sufficiente per il rilascio
dell'autorizzazione; è pertanto legittimo il provvedimento
con il quale si nega l'autorizzazione per ragioni di tutela
del patrimonio ferroviario” (cfr. Cons. Giust. Amm. Sic,
Sez. Giurisd, 29.07.1992 n. 215).
Nel caso in questione sono, poi, proprio particolari
circostanze locali (raddoppio della linea ferroviaria, già
progettato ed approvato) a rendere la richiesta della
ricorrente inaccoglibile, con conseguente superfluità per
l’Amministrazione di ulteriori approfondimenti istruttori.
La suddetta ragione (obbligata) del diniego rende infondato
anche il secondo motivo, con il quale la ricorrente -che ha
comunque potuto interloquire con RFI s.p.a. in sede di
richiesta di riesame del provvedimento- ha dedotto il
mancato invio dell’avviso ex art. 10-bis l.n. 241/1990,
senza però allegare alcun ulteriore elemento che avrebbe
potuto incidere sull’esistenza della causa ostativa e,
dunque, far mutare avviso ad RFI.
In conseguenza delle argomentazioni che precedono il ricorso
deve essere, così, integralmente rigettato (TAR Piemonte, Sez. II,
sentenza 23.01.2015 n. 151 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2013 |
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EDILIZIA PRIVATA: B.U.R.
Lombardia, serie ordinaria n. 47 del 21.11.2013, "Termini
del procedimento amministrativo per il rilascio
dell’autorizzazione alla riduzione delle distanze legali
dalla linea ferroviaria in concessione, ai sensi dell’art.
60 del d.p.r. 11.07.1980 n. 753" (deliberazione
G.R. 21.11.2013 n. 936). |
EDILIZIA PRIVATA: Nella
zona di rispetto ferroviario di cui all’art. 39 del D.P.R.
753 del 1980 vige un vincolo di inedificabilità relativa e
non già assoluta, come tale quindi rientrante nella
previsione dell’art. 32 e non dell’art. 33 della L.
28.02.1985 n. 47, posto che a’ sensi dell’art. 60 del
medesimo D.P.R. 753 del 19890 l’Autorità a ciò competente
può assentire deroghe alle distanze dai binari ivi
contemplate.
A tale riguardo va evidenziato che la giurisprudenza, a
differenza dell’approdo interpretativo qui raggiunto dal
giudice di primo grado, unanimemente ormai afferma che nella
zona di rispetto ferroviario di cui all’art. 39 del D.P.R.
753 del 1980 vige un vincolo di inedificabilità relativa e
non già assoluta, come tale quindi rientrante nella
previsione dell’art. 32 e non dell’art. 33 della L. 28.02.1985 n. 47, posto che a’ sensi dell’art. 60 del
medesimo D.P.R. 753 del 19890 l’Autorità a ciò competente
può assentire deroghe alle distanze dai binari ivi
contemplate (cfr. al riguardo, ad es., Cons. Stato, Sez. V,
13.02.1997 n. 158; del tutto costante sul punto anche
la giurisprudenza in primo grado: cfr., ex plurimis, TAR
Emilia Romagna, Bologna, Sez. II, 04.08.2008 n. 3593,
TAR Toscana, Sez. III, 18.01.2010 n. 37 e, tra le
più recenti, TAR Puglia, Lecce,sez. III, 12.09.2012 n. 1518; per completezza espositiva va detto che la
fascia di rispetto di cui all’art. 49 del D.P.R. 753 del
1980 seguita ad essere definita come area di in
edificabilità assoluta soltanto dal giudice ordinario e dal
Tribunale superiore delle acque pubbliche ai soli fini della
determinazione dell’indennità di espropriazione: cfr. in tal
senso, ex plurimis, Cass. Civ., Sez. I, 10.11.2008 n.
26899 e Tribunale superiore delle acque pubbliche, 13.10.2010
n. 140) (Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 05.04.2013 n. 1902 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2012 |
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EDILIZIA PRIVATA:
L’art. 49 del D.P.R. 753/1980 prevede che la
distanza minima delle costruzioni dalle ferrovie debba
essere di almeno 30 metri.
La finalità del vincolo è quella di impedire la
realizzazione di costruzioni che pregiudichino la sicurezza
e la regolarità dell’esercizio delle ferrovie. Solo
particolari circostanze locali possono giustificare
riduzioni di tale distanza.
Nel caso di specie, risulta che il fabbricato di proprietà
dei ricorrenti si trova ad una distanza inferiore ai tre
metri dalla sede ferroviaria.
E’ evidente, pertanto, che proprio tale estrema vicinanza
del fabbricato costituisca di per sé ragione di pericolo per
la sicurezza e la regolarità del traffico ferroviario e
dunque valido motivo di diniego della deroga, non potendo la
fascia di rispetto essere ridotta fino all’annullamento
della stessa.
L’art. 49 del D.P.R. 753/1980 prevede che la distanza minima
delle costruzioni dalle ferrovie debba essere di almeno 30
metri.
La finalità del vincolo è quella di impedire la
realizzazione di costruzioni che pregiudichino la sicurezza
e la regolarità dell’esercizio delle ferrovie. Solo
particolari circostanze locali possono giustificare
riduzioni di tale distanza.
Nel caso di specie, risulta che il fabbricato di proprietà
dei ricorrenti si trova ad una distanza inferiore ai tre
metri dalla sede ferroviaria.
E’ evidente, pertanto, che proprio tale estrema vicinanza
del fabbricato costituisca di per sé ragione di pericolo per
la sicurezza e la regolarità del traffico ferroviario e
dunque valido motivo di diniego della deroga, non potendo la
fascia di rispetto essere ridotta fino all’annullamento
della stessa. Di conseguenza, la società R.F.I., a
motivazione del proprio parere, non avrebbe potuto
aggiungere altro rispetto all’affermazione dell’esistenza di
tale potenziale pericolo.
Peraltro, il predetto ente ha anche proposto la soluzione
ragionevole di accorpare il garage in questione
all’abitazione, in modo da portarlo a distanza superiore ai
tre metri dalla sede ferroviaria. Spetterà poi al ricorrente
proporre tale soluzione al Comune in modo da evitare la
demolizione, ma tale possibilità e le conseguenti scelte
dell’amministrazione non costituiscono oggetto del presente
giudizio (TAR
Veneto, Sez. II,
sentenza 07.11.2012 n. 1348 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Il vincolo di rispetto ferroviario è sempre stato
considerato come vincolo di inedificabilità relativa e non
assoluta.
Tale qualificazione ha consentito, tra l’altro, di
permettere l’utilizzo dell’autorizzazione in deroga anche in
sanatoria di edificazioni già compiute, rendendo evidente
come il mero ritardo nella richiesta, anche quando proposta
tramite un soggetto terzo, e nel rilascio di tale
autorizzazione, non possano portare all’illegittimità della
concessione edilizia rilasciata.
Il citato d.P.R. 11.07.1980, n. 753 “Nuove norme in
materia di polizia, sicurezza e regolarità dell'esercizio
delle ferrovie e di altri servizi di trasporto”,
all’art. 60, prevede: “Quando la sicurezza pubblica, la
conservazione delle ferrovie, la natura dei terreni e le
particolari circostanze locali lo consentano, possono essere
autorizzate dagli uffici lavori compartimentali delle F.S.,
per le ferrovie dello Stato, e dai competenti uffici della
M.C.T.C., per le ferrovie in concessione, riduzioni alle
distanze prescritte dagli articoli dal 49 al 56.
I competenti uffici della M.C.T.C., prima di autorizzare le
richieste riduzioni delle distanze legali prescritte, danno,
mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento,
comunicazione alle aziende interessate delle richieste
pervenute, assegnando loro un termine perentorio di giorni
trenta per la presentazione di eventuali osservazioni.
Trascorso tale termine, i predetti uffici possono
autorizzare le riduzioni richieste”.
Nel caso in esame, risulta agli atti come il soggetto
preposto alla tutela, ossia RFI - Rete Ferroviaria Italiana,
avesse effettivamente autorizzato il citato intervento
relativo alla stazione autolinee, in deroga alle distanze
minime previste dai binari e dalle rotatorie ferroviarie più
vicine, con lettera del 25.10.2002, dove espressamente si
legge: “autorizza l'intervento in oggetto alla distanza
minima di mt. 9,60 dalla più vicina rotaia FS”.
Le parti appellate lamentano tuttavia come la detta
autorizzazione in deroga non sia in ogni caso legittima, non
potendo incidere sulla correttezza della concessione
rilasciata, sia perché non comprendente tutte le opere
realizzate, ed in specie l’ulteriore recinzione posta a
distanza ancora inferiore dal tratto delle rotaie, sia per i
vizi procedurali che la connotano.
Gli ulteriori profili di censura non possono essere
condivisi.
In merito poi alla recinzione, non vi sono elementi che
inficino l’affermazione del Comune per cui questa fosse un
manufatto esistente e non di nuova costruzione, tanto da
essere indicata nel progetto di cui alla concessione come
mera ricostruzione, e quindi non integrante i presupposti
per l’applicazione dell’autorizzazione in deroga di cui al
citato art. 60 e, quindi, nemmeno a legittimare una
richiesta di provvedimento in tal senso.
Rispetto poi ai profili procedurali di tale rilascio, e
quindi in relazione al tema della tardività del rilascio ed
al soggetto al quale la stessa è stata rilasciata, occorre
ricordare come in giurisprudenza, il vincolo di rispetto
ferroviario sia sempre stato considerato come vincolo di
inedificabilità relativa e non assoluta. Tale qualificazione
ha consentito, tra l’altro, di permettere l’utilizzo
dell’autorizzazione in deroga anche in sanatoria di
edificazioni già compiute (ad esempio in relazione ai
profili di sanatoria di abusi edilizi, vedi da ultimo TAR
Toscana, sez. III, 18.01.2010 n. 37), rendendo evidente come
il mero ritardo nella richiesta, anche quando proposta
tramite un soggetto terzo, e nel rilascio di tale
autorizzazione, non possano portare all’illegittimità della
concessione edilizia rilasciata (Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 19.09.2012 n. 4974 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Dagli
artt. 49 e 60 del dpr n. 753/1980 la
giurisprudenza ha ritenuto di dover ricavare
la regola che i medesimi siano applicabili
non solo all'erezione di un manufatto del
tutto nuovo, ma anche alle modifiche a
manufatti esistenti capaci comunque di
aggravare la limitazione della visuale, ed
inoltre ha precisato che tali norme
richiedono che l’autorizzazione in deroga
sia rilasciata prima dell'inizio dei lavori,
perché, trattandosi di opere che incidono
sulla sicurezza ferroviaria, la deroga
condiziona la stessa possibilità di rilascio
delle autorizzazioni necessarie alla
realizzazione del manufatto.
L’art. 49 del DPR 11.07.1980, n. 753,
recante “norme in materia di polizia,
sicurezza e regolarità dell'esercizio delle
ferrovie e di altri servizi di trasporto”
dispone che “lungo i tracciati delle
linee ferroviarie è vietato costruire,
ricostruire o ampliare edifici o manufatti
di qualsiasi specie ad una distanza, da
misurarsi in proiezione orizzontale, minore
di metri trenta dal limite della zona di
occupazione della più vicina rotaia”, e
l’art. 60 prevede che le distanze siano
derogabili dagli uffici lavori
compartimentali delle F.S., per le ferrovie
dello Stato “quando la sicurezza
pubblica, la conservazione delle ferrovie,
la natura dei terreni e le particolari
circostanze locali lo consentano”.
Dalle norme citate la giurisprudenza, tenuto
conto della loro ratio, ha ritenuto
di dover ricavare la regola che le medesime
siano applicabili non solo all'erezione di
un manufatto del tutto nuovo, ma anche alle
modifiche a manufatti esistenti capaci
comunque di aggravare la limitazione della
visuale (cfr. Cassazione civile, Sez. I,
25.09.1996, n. 8452), ed inoltre ha
precisato che tali norme richiedono che
l’autorizzazione in deroga sia rilasciata
prima dell'inizio dei lavori, perché,
trattandosi di opere che incidono sulla
sicurezza ferroviaria, la deroga condiziona
la stessa possibilità di rilascio delle
autorizzazioni necessarie alla realizzazione
del manufatto (cfr. Tar Campania, Napoli,
Sez. II, 11.04.2008, n. 2075).
In base a tali premesse il Collegio ritiene
che il rispetto delle norme citate avrebbe
richiesto il preventivo ottenimento di una
nuova autorizzazione per ottenere la deroga
ad innalzare di circa cinque metri il
manufatto già esistente in fregio alla linea
ferroviaria ad una distanza inferiore a
quella stabilita dalla legge
(TAR
Veneto, Sez. III,
sentenza 08.03.2012 n. 333 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Il
vincolo di inedificabilità relativa posto
dall'art. 49 DPR 753/1980 (distanza minima
dalla ferrovia) è determinato da ragioni di
sicurezza, non di tutela dell’ordinato
assetto del territorio, e può essere
derogato, quando la situazione concreta lo
consenta, su autorizzazione degli uffici
ferroviari preposti alla tutela del vincolo
stesso: é evidente come l’esercizio di
quest’ultimo potere, previsto dall’art. 60
del d.P.R. n. 753/1980, non possa essere
condizionato dalla circostanza che le norme
urbanistiche locali non vi abbiano fatto
espresso riferimento.
Con il secondo
motivo di ricorso, gli esponenti denunciano
la violazione della vigente prescrizione
urbanistica di livello locale che impone di
costruire ad una distanza non inferiore a
metri 30 dalla linea ferroviaria, mentre il
nuovo edificio disterebbe appena metri 15
dalla più vicina rotaia.
Più precisamente, gli esponenti rilevano
come l’art. 19 delle n.t.a. richiami
puntualmente il divieto stabilito dall’art.
49 del d.P.R. n. 753/1980, senza tuttavia
contemplare le possibilità di deroga
previste da quest’ultima disposizione, con
la conseguenza che il citato limite di metri
30 non potrebbe essere superato neppure in
forza di apposita autorizzazione
dell’autorità preposta alla tutela del
vincolo.
L’accennata prospettazione è priva di pregio
giuridico.
Il vincolo di inedificabilità relativa posto
dal citato art. 49 è determinato, infatti,
da ragioni di sicurezza, non di tutela
dell’ordinato assetto del territorio, e può
essere derogato, quando la situazione
concreta lo consenta, su autorizzazione
degli uffici ferroviari preposti alla tutela
del vincolo stesso: é evidente come
l’esercizio di quest’ultimo potere, previsto
dall’art. 60 del d.P.R. n. 753/1980, non
possa essere condizionato dalla circostanza
che le norme urbanistiche locali non vi
abbiano fatto espresso riferimento.
Nel caso in esame, pertanto, l’edificazione
è stata legittimamente assentita in deroga
alla distanza minima dalla linea
ferroviaria, sulla base di specifica
autorizzazione in deroga rilasciata da
R.F.I. in data 13.01.2011, in atti (TAR Piemonte, Sez. I,
sentenza 12.01.2012 n. 17 - link
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anno 2011 |
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EDILIZIA
PRIVATA:
Vincolo di rispetto ferroviario - Art.
49 DPR n. 753/1980 - Natura - Vincolo di inedificabilità
relativo.
Il vincolo di rispetto ferroviario di cui all'art. 49 del
DPR 753/1980, rappresenta un vincolo di inedificabilità
relativa e non assoluta.
Infatti, ai sensi dell'art. 60 del DPR citato, gli uffici
compartimentali di F.S. possono autorizzare riduzioni delle
distanze fissate dagli art. 49 e 55; inoltre l'art. 50,
comma 1°, dello stesso DPR stabilisce espressamente che il
divieto ex art. 49 "si applica a tutti gli edifici e
manufatti i cui progetti non siano stati approvati in via
definitiva dai competenti organi" alla data di entrata
in vigore del DPR 753/1980, mentre i vincoli di
inedificabilità assoluta, ai sensi dell'art. 33 della legge
47/1985, sono tali solo "se siano stati imposti prima
dell'esecuzione delle opere".
Ne segue che il vincolo ex art. 49 del DPR n. 753/1980, in
quanto relativo, si applica anche agli abusi preesistenti e
quindi alla odierna fattispecie, come ritenuto dalla
giurisprudenza oramai consolidata dopo la pronuncia in tal
senso della Adunanza Plenaria n. 20/1999 del Consiglio di
Stato (TAR Emilia Romagna-Bologna, sez. II, 04.08.2008, n.
3593) (TAR Emilia Romagna-Bologna, Sez. I,
sentenza 01.07.2011 n. 552 - link a
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EDILIZIA
PRIVATA:
Lungo i tracciati delle linee
ferroviarie l’autorizzazione alla deroga delle distanze
minime deve considerare la salvaguardia della pubblica
incolumità.
La fascia di rispetto ferroviario di cui all’art. 49 del
D.P.R. 753/1980 rappresenta un vincolo di inedificabilità
relativa –rientrante nella previsione dell’art. 32 della L.
47/1985– derogabile su parere dell’autorità preposta alla
sua osservanza (TAR Emilia Romagna Bologna, sez. II –
04/08/2008 n. 3593; TAR Toscana, sez. III – 18/01/2010 n.
37).
Secondo la normativa di cui al D.P.R. 753/1980, lungo i
tracciati delle linee ferroviarie è vietato costruire,
ricostruire o ampliare edifici o manufatti di qualsiasi
specie a distanza inferiore a metri 30 dal limite della zona
di occupazione della più vicina rotaia, e la ratio di
tale previsione risiede nell’evidente esigenza di tutelare
il preminente interesse pubblico alla sicurezza
dell’esercizio ferroviario e, ancor prima, alla salvaguardia
della pubblica incolumità: in proposito l’autorizzazione
alla deroga delle distanze minime –presupposto necessario
per il rilascio del titolo abilitativo– costituisce il
risultato di una valutazione discrezionale (demandata
all’Ente preposto) dei valori antagonisti, secondo il
criterio di prevalenza dell’interesse alla protezione della
pubblica incolumità (TAR Puglia Bari, sez. II – 06/11/2009
n. 2634)
(TAR Lombardia-Brescia,
Sez. II,
sentenza 16.02.2011 n. 304 - link a
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anno 2010 |
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EDILIZIA
PRIVATA:
Linea ferroviaria - Fascia di rispetto
di 30 metri - Art. 49 d.P.R. n. 753/1980 - Derogabilità -
Autorizzazione delle Ferrovie.
La distanza minima di mt. 30 dalla linea ferroviaria
prescritta dall’art. 49 del DPR n. 753/1980 è stabilita per
ragioni di sicurezza, derogabili, su autorizzazione delle
Ferrovie solo quando, secondo una valutazione
tecnico-discrezionale, la concreta situazione, in relazione
alla natura dei terreni ed alle particolari circostanze che
caratterizzano il luogo, lo consenta, garantendo comunque la
sicurezza e la conservazione della ferrovia (TAR Toscana,
Sez. III,
sentenza 04.10.2010 n. 6430 - link a
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anno 2008 |
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EDILIZIA
PRIVATA: Distanze
dalle linee ferroviarie - Tramvie e metropolitane -
Autorizzazione in deroga - Artt. 49-56 e 60 D.P.R. n.
753/1980.
In materia di distanze dalle linee ferroviarie -ai fini di
polizia, sicurezza e regolarità del loro esercizio- il
D.P.R. n. 753/1980 all'art. 49 (al primo comma) ha previsto
per le costruzioni lungo i tracciati delle linee ferroviarie
una distanza minima di 30 metri dal limite di occupazione
della più vicina rotaia, precisando (al secondo comma) che
tale limite si applica "solo alle ferrovie, con
esclusione degli altri servizi di pubblico trasporto
assimilabili ai sensi del terzo comma dell'art. 1".
L'art. 51 del medesimo D.P.R. fissa, per le costruzioni "lungo
i tracciati delle tramvie, ferrovie metropolitane e
funicolari terrestri su rotaia", la diversa distanza
minima di 6 metri dalla più vicina rotaia, pur aumentabile
all'occorrenza a 2 metri dal ciglio degli sterri o dal piede
dei rilevati e comunque in modo tale da rendere libera la
visuale per la sicurezza della circolazione nei tratti
curvilinei.
Infine, l'art. 60 dello stesso testo normativo prevede la
c.d. "autorizzazione in deroga" cioè che "quando la
sicurezza pubblica, la conservazione delle ferrovie, la
natura dei terreni e le particolari circostanze locali lo
consentono, possono essere autorizzate... (ora dalla
Regione) per le ferrovie in concessione riduzioni alle
distanze prescritte dagli artt. dal 49 al 56 (Consiglio di
Stato, Sez. VI,
sentenza 23.09.2008 n. 4591 -
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