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50-DIAP
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52-DISTANZA dai CONFINI
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54-DISTANZA dalla FERROVIA

55-DISTANZA dalle PARETI FINESTRATE
56-DURC
57-EDICOLA FUNERARIA
58-EDIFICIO UNIFAMILIARE
59-ESPROPRIAZIONE
60-GESTIONE ASSOCIATA FUNZIONI COMUNALI
61-INCARICHI LEGALI e/o RESISTENZA IN GIUDIZIO
62-INCARICHI PROFESSIONALI E PROGETTUALI
63-INCENTIVO PROGETTAZIONE (ora INCENTIVO FUNZIONI TECNICHE)
64-INDUSTRIA INSALUBRE
65-L.R. 12/2005
66-L.R. 23/1997
67-L.R. 31/2014
68-LEGGE CASA LOMBARDIA
69-LICENZA EDILIZIA (necessità)
70-LOTTO EDIFICABILE - ASSERVIMENTO AREA - CESSIONE CUBATURA
71-LOTTO INTERCLUSO
72-MAPPE e/o SCHEDE CATASTALI (valore probatorio o meno)
73-MOBBING
74-MURO DI CINTA/RECINZIONE, DI CONTENIMENTO/SOSTEGNO, ECC.
75-OPERE PRECARIE
76-PARERE DI REGOLARITA' TECNICA, CONTABILE E DI LEGITTIMITA'
77-PATRIMONIO
78-PERGOLATO e/o GAZEBO e/o BERCEAU e/o DEHORS e/o POMPEIANA e/o PERGOTENDA e/o TETTOIA
79-PERMESSO DI COSTRUIRE (annullamento e/o impugnazione)
80-PERMESSO DI COSTRUIRE (decadenza)
81-PERMESSO DI COSTRUIRE (deroga)
82-PERMESSO DI COSTRUIRE (legittimazione richiesta titolo)
83-PERMESSO DI COSTRUIRE (parere commissione edilizia)
84-PERMESSO DI COSTRUIRE (prescrizioni)
85-PERMESSO DI COSTRUIRE (proroga)
86-PERMESSO DI COSTRUIRE (verifica in istruttoria dei limiti privatistici al rilascio)
87
-
PERMESSO DI COSTRUIRE (volturazione)
88-
PERTINENZE EDILIZIE ED URBANISTICHE
89-PIANI PIANIFICATORI ED ATTUATIVI
90-PIANI PIANIFICATORI ED ATTUATIVI (aree a standard)
91-PIF (Piano Indirizzo Forestale)
92-PISCINE
93-PUBBLICO IMPIEGO
94-PUBBLICO IMPIEGO (quota annuale iscrizione ordine professionale)
95-RIFIUTI E BONIFICHE
96-
RINNOVO/PROROGA CONTRATTI
97-RUDERI
98-
RUMORE
99-SAGOMA EDIFICIO
100-SANATORIA GIURISPRUDENZIALE E NON (abusi edilizi)
101-SCOMPUTO OO.UU.
102-SEGRETARI COMUNALI
103-SEMINTERRATI
104-SIC-ZSC-ZPS - VAS - VIA
105-SICUREZZA SUL LAVORO
106
-
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107-SINDACATI & ARAN
108-SOPPALCO
109-SOTTOTETTI
110-SUAP
111-SUE
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114-TENDE DA SOLE
115-TINTEGGIATURA FACCIATE ESTERNE
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117-VERANDA
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dossier DISTANZA DALLA FERROVIA
anno 2021

EDILIZIA PRIVATAÈ ben vero che la normativa in materia di vincolo ferroviario fonda una presunzione di pericolosità di qualsiasi manufatto posto a meno di metri 30 dalle rotaie, ma l’ente preposto alla tutela del vincolo può concedere una deroga, ai sensi dell’art. 60 d.P.R. n. 753/1980.
Se la deroga deve essere adeguatamente motivata in relazione alle circostanze rappresentate in tale ultima norma, è altrettanto vero che anche il diniego della stessa va motivato con riferimento alle circostanze fattuali e con una valutazione che, pur essendo espressione di discrezionalità tecnica, può essere sindacata e, soprattutto, deve essere ancorata ad una corretta rappresentazione di tutte le circostanze del caso concreto atte a giustificare ragionevolmente il diniego.

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Il contenzioso in esame riguarda la legittimità del provvedimento emesso da RFI spa (nonché degli atti e pareri ad esso sottostanti), con il quale è stata respinta la richiesta dei ricorrenti finalizzata ad ottenere l’autorizzazione a ricostruire un edificio, in deroga alla distanza minima che deve intercorrere tra le costruzioni e la linea ferroviaria.
Più in dettaglio, dal punto di vista normativo, l’art. 49 del D.P.R. n. 753/1980 prescrive che “Lungo i tracciati delle linee ferroviarie è vietato costruire, ricostruire o ampliare edifici o manufatti di qualsiasi specie ad una distanza, da misurarsi in proiezione orizzontale, minore di metri trenta dal limite della zona di occupazione della più vicina rotaia”. A tale regola generale si aggiunge quella prevista dall’art. 60 del DPR 753/1980, in base al quale: “Quando la sicurezza pubblica, la conservazione delle ferrovie, la natura dei terreni e le particolari circostanze locali lo consentano, possono essere autorizzate dagli uffici lavori compartimentali delle F.S., per le ferrovie dello Stato, e dai competenti uffici della M.C.T.C., per le ferrovie in concessione, riduzioni alle distanze prescritte dagli articoli dal 49 al 56”.
Nel caso in esame, l’autorizzazione richiesta ai sensi dell’art. 60 citato è stata denegata dal RFI attraverso una valutazione di assenza di adeguate garanzie per la sicurezza pubblica e per la conservazione delle Ferrovie.
Il Collegio prende in esame il primo motivo, contenuto nel ricorso introduttivo del giudizio, con il quale viene denunciata l’insufficienza della motivazione e la carenza istruttoria che vizierebbero il provvedimento impugnato.
La censura risulta fondata dato che il provvedimento conclusivo oggi impugnato si rivela apodittico e basato su argomentazioni non eloquenti. In particolare deve rilevarsi:
   a) che sia il provvedimento conclusivo del 06.04.2020, sia il parere del Comitato Tecnico del 14.01.2020 richiamato dal primo, si limitano a dichiarare in modo assertivo che non sussistono le condizioni di sicurezza (pubblica e per l’impianto ferroviario) tali da poter consentire il rilascio l’autorizzazione in deroga;
   b) siffatta motivazione, già di per sé laconica, risulta ancor meno accettabile ove rapportata allo stato di fatto dei luoghi descritto dai ricorrenti -e non contestato in giudizio dalla resistente- secondo il quale il lotto destinato alla nuova costruzione si inserisce in un contesto urbanizzato, fitto di costruzioni a schiera, che si collocano su entrambi i lati della linea ferrata, a volte a distanza ben più ravvicinata rispetto a quella che verrebbe garantita nel caso di specie. Pertanto, i provvedimenti impugnati non spiegano perché le esigenze di sicurezza proclamate possono risultare pregiudicate proprio dalla realizzazione di un edificio nell’unico lotto pressoché libero che costella i lati del percorso ferroviario all’interno del Comune di Santa Teresa Riva;
   c) inoltre, il deficit di motivazione risalta ulteriormente dal confronto fra i pareri espressi nel corso dell’istruttoria, e segnatamente: tra quello favorevole del 29.08.2018, adottato dall’Unità Territoriale di Catania, e quello contrarioemesso dal Comitato Tecnico il 14.01.2020 (che sembra aver assunto nella vicenda una rilevanza decisiva), che però non contiene una esplicita e motivata spiegazione del perché si sia deciso di mutare avviso rispetto al precedente parere emesso il 29.08.2018;
   d) infine, non può sottacersi che la individuazione di ulteriori ragioni che potessero supportare la decisione adottata da RFI (imperniate essenzialmente nell’esigenza di garantire adeguati spazi di intervento per operazioni di soccorso nell’ipotesi di incidente ferroviario) risulti affidata -in modo giuridicamente inammissibile- più alle argomentazioni difensive espresse in giudizio dal procuratore della parte resistente, che alle deduzioni dell’azienda resistente leggibili nel provvedimento impugnato.
In relazione a vicende analoghe a quella oggi esaminata, la giurisprudenza ha affermato che “È ben vero che la normativa in materia di vincolo ferroviario fonda una presunzione di pericolosità di qualsiasi manufatto posto a meno di metri 30 dalle rotaie, ma l’ente preposto alla tutela del vincolo può concedere una deroga, ai sensi dell’art. 60 d.P.R. n. 753/1980. Se la deroga deve essere adeguatamente motivata in relazione alle circostanze rappresentate in tale ultima norma, è altrettanto vero che anche il diniego della stessa va motivato con riferimento alle circostanze fattuali e con una valutazione che, pur essendo espressione di discrezionalità tecnica, può essere sindacata e, soprattutto, deve essere ancorata ad una corretta rappresentazione di tutte le circostanze del caso concreto atte a giustificare ragionevolmente il diniego.” (Tar Toscana 297/2020).
In definitiva, assorbite le ulteriori censure ed impugnazioni, il Collegio reputa che il provvedimento adottato da RFI sia illegittimo perché caratterizzato da una non compiuta motivazione, che trovi sostegno in univoci atti endoprocedimentali. Rimane, ovviamente, salvo la possibilità per la RFI spa di adottare un nuovo provvedimento adeguatamente motivato ed istruito.
Di conseguenza, anche l’impugnato provvedimento comunale che ha disposto l’archiviazione del procedimento edilizio avviato dai ricorrenti va annullato, perché affetto da invalidità derivata (TAR Sicilia-Catania, Sez. IV, sentenza 15.07.2021 n. 2327 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Per giurisprudenza consolidata, il vincolo di inedificabilità che vige nella zona di rispetto ferroviario di cui all'art. 39 del d.P.R. n. 753/1980 (“Nuove norme in materia di polizia, sicurezza e regolarità dell'esercizio delle ferrovie e di altri servizi di trasporto”) ha carattere relativo e non assoluto, come si ricava dall’art. 60 del medesimo d.P.R., in forza del quale l'autorità competente può assentire deroghe alle distanze dai binari prescritte.
Ne discende che il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria per opere eseguite all’interno della zona di rispetto è subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo, ai sensi dell’art. 32 della legge n. 47/1985, ancorché l’introduzione del vincolo sia successiva alla realizzazione degli abusi.
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3. Con il secondo motivo è dedotta l’irrilevanza del vincolo derivante dall’introduzione della fascia di rispetto ferroviaria, sopravvenuto alla costruzione dei garage. I ricorrenti invocano l’art. 33 della legge n. 47/1985 unitamente alla disciplina transitoria che ha accompagnato l’entrata in vigore del d.P.R. n. 753/1980, recante appunto l’introduzione del vincolo.
Con il terzo motivo, connesso, si afferma che il provvedimento impugnato sarebbe illegittimo anche a voler considerare relativo, e non assoluto, il vincolo gravante sull’immobile, con conseguente applicabilità dell’art. 32 della legge n. 47/1985. In tale prospettiva, sostengono i ricorrenti, il diniego di sanatoria e il presupposto parere contrario di R.F.I. mancherebbero di qualsivoglia motivazione, e il vizio sarebbe reso tanto più evidente dal contestuale rilascio del condono per le opere realizzate sull’edificio principale del condominio, ricadente all’interno della medesima fascia di rispetto dei garage. Questi ultimi, oltretutto, sarebbero costruiti in aderenza a un muro di confine, relativamente al quale nessuna contestazione sarebbe stata sollevata dalle amministrazioni procedenti.
Neppure tali censure sono fondate.
Per giurisprudenza consolidata, dalla quale non vi è ragione di discostarsi, il vincolo di inedificabilità che vige nella zona di rispetto ferroviario di cui all'art. 39 del d.P.R. n. 753/1980 (“Nuove norme in materia di polizia, sicurezza e regolarità dell'esercizio delle ferrovie e di altri servizi di trasporto”) ha carattere relativo e non assoluto, come si ricava dall’art. 60 del medesimo d.P.R., in forza del quale l'autorità competente può assentire deroghe alle distanze dai binari prescritte.
Ne discende che il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria per opere eseguite all’interno della zona di rispetto è subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo, ai sensi dell’art. 32 della legge n. 47/1985, ancorché l’introduzione del vincolo sia successiva alla realizzazione degli abusi (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 05.04.2013, n. 1902; id., 19.09.2012, n. 4974; TAR Toscana, sez. III, 18.01.2010, n. 37).
Nella specie, l’istanza di condono è stata sottoposta al parere di Rete Ferroviaria Italiana S.p.a., che ha ritenuto ammissibili alla sanatoria gli abusi commessi sull’edificio condominiale, ma non i garage.
Secondo i ricorrenti il parere non sarebbe sostenuto da motivazioni di sorta circa la ricorrenza o meno dei presupposti per l’autorizzazione in deroga alla fascia di rispetto.
L’assunto si scontra con la presunzione di pericolosità sottesa al divieto di costruire, ricostruire o ampliare edifici o manufatti di qualsiasi specie a una distanza minore di metri trenta dal limite della zona di occupazione della più vicina rotaia, sancito dall’art. 49 del d.P.R. n. 753/1980 e posto a tutela della sicurezza pubblica, della circolazione ferroviaria e della “conservazione delle ferrovie”, com’è confermato a contrario dal successivo art. 60, disposizione che identifica le condizioni per derogare al divieto.
Appare infatti evidente che, a fronte di un bilanciamento di interessi operato a monte dalle norme dianzi citate, l’amministrazione preposta alla tutela del vincolo sia tenuta a esporre compiutamente le ragioni che, avuto riguardo alle concrete circostanze di fatto, giustificano di volta in volta la concessione della deroga. Il diniego della deroga non richiede, invece, un particolare approfondimento motivazionale, posto che il divieto di costruire all’interno della fascia di rispetto rappresenta la regola ed è radicato, come detto, nella pericolosità intrinseca dell’attività ferroviaria.
Né i ricorrenti hanno allegato alcun elemento obiettivo idoneo a evidenziare l’incongruità del diniego con riferimento alla natura dei luoghi e alle altre circostanze che, a norma dell’art. 60 d.P.R. n. 753/1980, potrebbero legittimare il mantenimento della costruzione, ubicata a meno di dieci metri dalla rotaia più vicina.
L’unico argomento, in tal senso, è costituito dal diverso trattamento irragionevolmente riservato da R.F.I. ai garage e all’edificio principale del condominio, per il quale la deroga è stata concessa.
La situazione dei due fabbricati, quello principale e quello adibito a garage, non è però assimilabile.
Il primo è stato edificato in forza di regolare titolo, salve alcune modifiche di sagoma e di superficie comportanti modeste difformità, localizzate sul prospetto opposto alla ferrovia e, pertanto, non incidenti sulla distanza dai binari. E, soprattutto, il parere favorevole alla sanatoria non riguarda l’intero fabbricato, ma le sole difformità dalla licenza originaria, di per sé non comportanti alcun incremento di pericolosità rispetto alla situazione determinata dalla presenza dell’immobile, venutosi a trovare all’interno della fascia di rispetto successivamente alla sua legittima costruzione e, come tale, soggetto semmai alla differente valutazione di compatibilità prevista dall’art. 61 del d.P.R. n. 753/1980 per gli edifici preesistenti all’introduzione del vincolo. Ma è, questa, una valutazione che esula dall’oggetto del parere impugnato.
Si aggiunga che l’edificio condominiale è comunque collocato a maggior distanza dal binario (12,30 m) rispetto ai garage, edificati senza titolo a ridosso del confine con la proprietà ferroviaria. La loro pericolosità è in re ipsa e non risulta smentita sulla base di elementi obiettivi che ne giustifichino la conservazione in conformità al parametro normativo. Per questo aspetto, le doglianze sono generiche (cfr. Cons. Stato, A.P., 17.10.2017, n. 9) (TAR Toscana, Sez. III, sentenza 08.04.2021 n. 482 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2015

EDILIZIA PRIVATANo al barbecue fatto con la Scia.
Questa casa non è un ristorante. Stop al forno-barbecue del confinante che è stato realizzato senza permesso di costruire ma solo con la Scia in sanatoria: il vicino ottiene l'annullamento del provvedimento autorizzatorio mettendo fine ai fumi molesti che invadono casa sua, specie nel weekend. E ciò perché in ambito urbanistico il concetto di pertinenza del cespite risulta più restrittivo che in campo civile e non si può invocare quando manca un rapporto di stretta consequenzialità con l'immobile principale.

È quanto emerge dalla sentenza 24.09.2015 n. 900, pubblicata dal TAR Calabria-Reggio Calabria.
Oggetto e soggetto
Il manufatto «incriminato» è una grossa fornace con struttura portante in mattoni e cemento, chiusa da due lati: dal tetto spiovente in tegole, di ben venti metri quadrati, spuntano due vistosi comignoli.
La segnalazione di inizio attività non basta perché, diversamente che in ambito civile, in materia edilizia la pertinenza non può avvenire ex articolo 817, secondo comma c.c., per destinazione per destinazione del proprietario dell'immobile o da chi un diritto reale sul bene: per l'urbanistica conta l'oggetto e non il soggetto e dunque il rapporto di pertinenzialità deve nascere dalla struttura stessa dell'opera destinata a servizio di quella principale.
Quando i servizi dell'abitazione sono completi, allora, non può ritenersi che il forno-barbecue sia necessario: costituisce invece una costruzione autonoma che ha bisogno della concessione.
Il Comune e i vicini pagano le spese di giudizio (articolo ItaliaOggi del 14.10.2015).
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MASSIMA
3) Parte ricorrente reputa che l’intervento in questione costituisca attività di trasformazione urbanistica ed edilizia, subordinata non ad una S.c.i.a. (in sanatoria), quale quella presentata dai contro-interessati, bensì a permesso di costruire.
I contro-interessati sostengono, invece, che si tratti di un intervento pertinenziale ai sensi dell’art. 3, I comma, lett. e. 6) del T.U.Ed. e, come tale, soggetto a S.c.i.a.
Il motivo è fondato.
Precedente, numerosa e consolidata giurisprudenza ha messo in rilievo che
la nozione di pertinenza urbanistica è meno ampia di quella civilistica e non può consentire la costruzione di opere consistenti, in quanto l’impatto volumetrico incide in modo permanente e non precario sull’assetto edilizio e, conseguentemente, si rende necessario il rilascio di permesso di costruire
La nozione di pertinenza urbanistica, in altre parole, richiede che si tratti di opera collegata all’edificio principale in un rapporto di stretta e necessaria consequenzialità funzionale
(ex multis, da ultimo, TAR Calabria, Catanzaro, Sez. II, 07.05.2015, n. 789).
Il rapporto di strumentalità, pertanto, non può essere frutto sic et simpliciter della destinazione “effettuata dal proprietario della cosa principale o da chi ha un diritto reale sulla medesima”, come previsto dall’art. 817, II comma, c.c., bensì deve, altresì, ontologicamente emergere dalla struttura stessa dell’opera destinata a servizio di quella principale, sì da rivelare un carattere oggettivo e non meramente soggettivo.
In un caso del tutto analogo a quello che qui ci occupa (corpo separato adibito a forno con dimensioni raggiungenti un’altezza di mt. 2,20 con copertura sporgente in mattoni), è stata già negata la “individuabilità di un obiettivo rapporto pertinenziale, connaturale alla struttura del fabbricato principale … il quale appare invece come una realizzazione autonoma ed a sé stante” (TAR Lazio, Roma, Sezione II-ter, n. 7292/2002) in ragione della completezza dei servizi situati nella costruzione principale, adibita ad uso residenziale e della mancanza di ogni collegamento, anche funzionale, con l’edificio abitativo.
In applicazione di tali principi, anche il Giudice penale ha affermato che “
non costituisce pertinenza, ed abbisogna di concessione, un forno costruito come corpo separato dal fabbricato, sul confine del fondo” (Cass. pen., 09.02.1990, in Riv. pen., 1991, 201).
Ne consegue la necessità del rilascio del permesso di costruire e la non realizzabilità dell’intervento in questione tramite S.C.I.A.
L’art. 37, IV comma, T.U.Ed., pertanto, non è applicabile al caso di specie dal che deriva l’illegittimità della nota prot. n. 10977 del 23.08.2013 con cui il Comune resistente ha ritenuto di definire positivamente il procedimento di sanatoria ivi previsto.
...
5) Quanto alla domanda di annullamento dell’autorizzazione in deroga ex art. 60 del D.P.R. n. 753/1980 prot. n. 1736, rilasciata da R.F.I. in data primo luglio 2013 si osserva quanto segue.
L’art. 60 del D.P.R. n. 753/1980 prevede che quando la sicurezza pubblica, la conservazione delle ferrovie, la natura dei terreni e le particolari circostanze lo consentano, possono essere autorizzate riduzioni alle distanze prescritte dagli articoli dal 49 al 56.
L'art. 49 prevede il divieto lungo i tracciati delle linee ferroviarie di costruire, ricostruire o ampliare edifici o manufatti di qualsiasi specie ad una distanza minore di trenta metri dal limite della zona di occupazione della più vicina rotaia.
In base all’art. 64, II comma, c.p.a., il manufatto adibito a forno deve ritenersi posizionato a 5 metri dalla prima rotaia della linea ferroviaria. Tale circostanza, a prescindere dalle varie planimetrie di parte allegate, è affermata dal ricorrente e non è stata contestata, neanche genericamente, dalle parti costituite.
Per quanto riguarda R.F.I., non costituita, non v’è dubbio che comunque la distanza sia inferiore a metri 30.
Parte ricorrente, in considerazione delle dimensioni e della particolare vicinanza del manufatto alla linea ferroviaria, contesta nel merito (e, dunque inammissibilmente) la scelta effettuata dall’Autorità ferroviaria, denunciando la pericolosità per la sicurezza pubblica dell’opera assentita in deroga, ed eccepisce il difetto di istruttoria e di motivazione.
La censura relativa al difetto di motivazione è meritevole di accoglimento.
Deve rilevarsi che
la normativa di settore, definendo soltanto le eventuali ragioni di sicurezza ferroviaria, conservazione delle ferrovie, natura dei terreni e altro, poste a base dell'autorizzazione alla deroga alle distanze e non anche i presupposti, le condizioni o i parametri per esprimere un eventuale diniego, attribuisce all’Amministrazione una ferroviaria un’ampia discrezionalità.
E’ evidente, inoltre, come
il Legislatore abbia configurato la deroga alle distanze come ipotesi del tutto eccezionale: come chiarito dalla giurisprudenza amministrativa, “il disposto dell' art. 60, D.P.R. 11.07.1980, n. 753 va interpretato nel senso che, in mancanza delle cause ostative ivi previste (sicurezza pubblica, conservazione delle ferrovie, natura dei terreni e particolari circostanze locali), l'amministrazione sia non già obbligata a rilasciare l'autorizzazione in deroga, bensì semplicemente facultata a valutare discrezionalmente l'opportunità di rilasciare o meno l'autorizzazione stessa; nel senso, cioè, che la mancanza di dette cause costituisca un presupposto necessario ma non sufficiente per il rilascio dell'autorizzazione (in tal senso, da ultimo, TAR Piemonte, Sez. II, 23.01.2015, n. 151).
Dall’ampiezza della discrezionalità e dalla eccezionalità della deroga non può che derivare in capo all’Amministrazione un onere motivazionale rafforzato.
La motivazione dell’autorizzazione in deroga prot. n. 1736 del primo luglio reca i seguenti passaggi:
a) (all’ottava riga) “Visto il parere sulla sicurezza pubblica e sull’esercizio ferroviario del 19.06.2013”;
b) (alla decima riga) “Vista l’avvenuta eliminazione della canaletta di raccolta acque piovane e la definitiva chiusura del cancello con blocchi di cemento per comunicato dalla Ditta richiedente in data 24.05.2013”;
c) (all’undicesima riga) “considerato che viene garantita la sicurezza pubblica e dell’esercizio delle ferrovie, nonché delle opere, della sede e degli impianti ferroviari”;
d) (alla dodicesima riga) “considerato che la zona dove ricade l’opera da mantenere, allo stato attuale, non è interessata da potenziamenti o ampliamenti, né da varianti alla linea F.S.:
e) (alla tredicesima riga) “considerato che il patrimonio è garantito per il rispetto delle norme vigenti
”.
Appare evidente che, in disparte il non chiaro contenuto motivazionale del solo indicato parere del 19.06.2013,
l’autorizzazione è stata rilasciata senza dare conto della comparazione tra l’interesse del richiedente al mantenimento del manufatto e l’interesse pubblico alla sicurezza dell’esercizio delle ferrovie, comparazione da effettuare alla luce della caratteristiche dimensionali (per stessa ammissione dei contro interessati, il manufatto ha una dimensione di 17,66 mq ed è alto almeno tre metri, sempre in considerazione della mancata contestazione di quanto affermato dal ricorrente) e funzionali dell’opera abusiva, adibita a forno e barbecue, nonché della ravvicinata distanza alla linea ferroviaria.

EDILIZIA PRIVATA: Sulla concessione -o meno- della deroga a costruire dalla più vicina rotaia.
La deroga alle distanze è, nella legge, un’ipotesi del tutto eccezionale e, come chiarito dalla giurisprudenza amministrativa, “il disposto dell'art. 60, d.p.r. 11.07.1980, n. 753 va interpretato nel senso che, in mancanza delle cause ostative ivi previste (sicurezza pubblica, conservazione delle ferrovie, natura dei terreni e particolari circostanze locali), l'amministrazione sia non già obbligata a rilasciare l'autorizzazione in deroga, bensì semplicemente facultata a valutare discrezionalmente l'opportunità di rilasciare o meno l'autorizzazione stessa; nel senso, cioè, che la mancanza di dette cause costituisca un presupposto necessario ma non sufficiente per il rilascio dell'autorizzazione; è pertanto legittimo il provvedimento con il quale si nega l'autorizzazione per ragioni di tutela del patrimonio ferroviario”.
... per l'annullamento del provvedimento prot. n. 1483 dell'11.07.2008, recante l'espressione del parere negativo espresso da Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. sull'istanza presentata da Manifattura Gomma Finnord S.p.A. per l'ottenimento della riduzione della fascia di rispetto ferroviaria relativa alla linea Vignale-Oleggio-Arona, nel tratto presente nel Comune di Dormelletto (NO);
...
Il parere di RFI s.p.a. sull’istanza di deroga della ricorrente è negativo in quanto l’opera progettata “interferisce con il progetto di raddoppio della tratta ferroviaria Vignale - Arona, il cui potenziamento è compreso nel contratto di Programma 2007-2011, sottoscritto in data 31.10.2007 tra il Ministero delle Infrastrutture e Rete Ferroviaria Italiana”.
Tale progetto, come evidenziato dalla difesa di RFI s.p.a., è stato confermato anche dal successivo contratto di programma 2012-2016 (cfr. doc. n. 3 di RFI) e dalla Regione Piemonte con DGR n. 22/2012 (cfr. doc. n. 4 di RFI).
Alla luce di tale ragione, concretamente ostativa all’accoglimento della domanda della ricorrente, il diniego di deroga alle distanze appare pienamente legittimo, ragionevole e motivato, poiché, in questo caso, l’interesse pubblico al potenziamento dei collegamenti ferroviari, così come precisato nel progetto approvato dall’Amministrazione, preclude a priori la riduzione della zona di rispetto, che può essere autorizzata solo quando “la sicurezza pubblica, la conservazione delle ferrovie, la natura dei terreni e le particolari circostanze locali lo consentano” (cfr. art. 60 DPR n. 753/1980).
La prospettiva scelta dal legislatore nella norma citata appare, dunque, diversa da quella posta dalla ricorrente alla base del suo ricorso: la deroga alle distanze è, nella legge, un’ipotesi del tutto eccezionale e, come chiarito dalla giurisprudenza amministrativa, “il disposto dell'art. 60, d.p.r. 11.07.1980, n. 753 va interpretato nel senso che, in mancanza delle cause ostative ivi previste (sicurezza pubblica, conservazione delle ferrovie, natura dei terreni e particolari circostanze locali), l'amministrazione sia non già obbligata a rilasciare l'autorizzazione in deroga, bensì semplicemente facultata a valutare discrezionalmente l'opportunità di rilasciare o meno l'autorizzazione stessa; nel senso, cioè, che la mancanza di dette cause costituisca un presupposto necessario ma non sufficiente per il rilascio dell'autorizzazione; è pertanto legittimo il provvedimento con il quale si nega l'autorizzazione per ragioni di tutela del patrimonio ferroviario” (cfr. Cons. Giust. Amm. Sic, Sez. Giurisd, 29.07.1992 n. 215).
Nel caso in questione sono, poi, proprio particolari circostanze locali (raddoppio della linea ferroviaria, già progettato ed approvato) a rendere la richiesta della ricorrente inaccoglibile, con conseguente superfluità per l’Amministrazione di ulteriori approfondimenti istruttori.
La suddetta ragione (obbligata) del diniego rende infondato anche il secondo motivo, con il quale la ricorrente -che ha comunque potuto interloquire con RFI s.p.a. in sede di richiesta di riesame del provvedimento- ha dedotto il mancato invio dell’avviso ex art. 10-bis l.n. 241/1990, senza però allegare alcun ulteriore elemento che avrebbe potuto incidere sull’esistenza della causa ostativa e, dunque, far mutare avviso ad RFI.
In conseguenza delle argomentazioni che precedono il ricorso deve essere, così, integralmente rigettato (TAR Piemonte, Sez. II, sentenza 23.01.2015 n. 151 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2013

EDILIZIA PRIVATA: B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 47 del 21.11.2013, "Termini del procedimento amministrativo per il rilascio dell’autorizzazione alla riduzione delle distanze legali dalla linea ferroviaria in concessione, ai sensi dell’art. 60 del d.p.r. 11.07.1980 n. 753" (deliberazione G.R. 21.11.2013 n. 936).

EDILIZIA PRIVATANella zona di rispetto ferroviario di cui all’art. 39 del D.P.R. 753 del 1980 vige un vincolo di inedificabilità relativa e non già assoluta, come tale quindi rientrante nella previsione dell’art. 32 e non dell’art. 33 della L. 28.02.1985 n. 47, posto che a’ sensi dell’art. 60 del medesimo D.P.R. 753 del 19890 l’Autorità a ciò competente può assentire deroghe alle distanze dai binari ivi contemplate.
A tale riguardo va evidenziato che la giurisprudenza, a differenza dell’approdo interpretativo qui raggiunto dal giudice di primo grado, unanimemente ormai afferma che nella zona di rispetto ferroviario di cui all’art. 39 del D.P.R. 753 del 1980 vige un vincolo di inedificabilità relativa e non già assoluta, come tale quindi rientrante nella previsione dell’art. 32 e non dell’art. 33 della L. 28.02.1985 n. 47, posto che a’ sensi dell’art. 60 del medesimo D.P.R. 753 del 19890 l’Autorità a ciò competente può assentire deroghe alle distanze dai binari ivi contemplate (cfr. al riguardo, ad es., Cons. Stato, Sez. V, 13.02.1997 n. 158; del tutto costante sul punto anche la giurisprudenza in primo grado: cfr., ex plurimis, TAR Emilia Romagna, Bologna, Sez. II, 04.08.2008 n. 3593, TAR Toscana, Sez. III, 18.01.2010 n. 37 e, tra le più recenti, TAR Puglia, Lecce,sez. III, 12.09.2012 n. 1518; per completezza espositiva va detto che la fascia di rispetto di cui all’art. 49 del D.P.R. 753 del 1980 seguita ad essere definita come area di in edificabilità assoluta soltanto dal giudice ordinario e dal Tribunale superiore delle acque pubbliche ai soli fini della determinazione dell’indennità di espropriazione: cfr. in tal senso, ex plurimis, Cass. Civ., Sez. I, 10.11.2008 n. 26899 e Tribunale superiore delle acque pubbliche, 13.10.2010 n. 140)
(Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 05.04.2013 n. 1902 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2012

EDILIZIA PRIVATA: L’art. 49 del D.P.R. 753/1980 prevede che la distanza minima delle costruzioni dalle ferrovie debba essere di almeno 30 metri.
La finalità del vincolo è quella di impedire la realizzazione di costruzioni che pregiudichino la sicurezza e la regolarità dell’esercizio delle ferrovie. Solo particolari circostanze locali possono giustificare riduzioni di tale distanza.
Nel caso di specie, risulta che il fabbricato di proprietà dei ricorrenti si trova ad una distanza inferiore ai tre metri dalla sede ferroviaria.
E’ evidente, pertanto, che proprio tale estrema vicinanza del fabbricato costituisca di per sé ragione di pericolo per la sicurezza e la regolarità del traffico ferroviario e dunque valido motivo di diniego della deroga, non potendo la fascia di rispetto essere ridotta fino all’annullamento della stessa.

L’art. 49 del D.P.R. 753/1980 prevede che la distanza minima delle costruzioni dalle ferrovie debba essere di almeno 30 metri.
La finalità del vincolo è quella di impedire la realizzazione di costruzioni che pregiudichino la sicurezza e la regolarità dell’esercizio delle ferrovie. Solo particolari circostanze locali possono giustificare riduzioni di tale distanza.
Nel caso di specie, risulta che il fabbricato di proprietà dei ricorrenti si trova ad una distanza inferiore ai tre metri dalla sede ferroviaria.
E’ evidente, pertanto, che proprio tale estrema vicinanza del fabbricato costituisca di per sé ragione di pericolo per la sicurezza e la regolarità del traffico ferroviario e dunque valido motivo di diniego della deroga, non potendo la fascia di rispetto essere ridotta fino all’annullamento della stessa. Di conseguenza, la società R.F.I., a motivazione del proprio parere, non avrebbe potuto aggiungere altro rispetto all’affermazione dell’esistenza di tale potenziale pericolo.
Peraltro, il predetto ente ha anche proposto la soluzione ragionevole di accorpare il garage in questione all’abitazione, in modo da portarlo a distanza superiore ai tre metri dalla sede ferroviaria. Spetterà poi al ricorrente proporre tale soluzione al Comune in modo da evitare la demolizione, ma tale possibilità e le conseguenti scelte dell’amministrazione non costituiscono oggetto del presente giudizio (
TAR Veneto, Sez. II, sentenza 07.11.2012 n. 1348 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Il vincolo di rispetto ferroviario è sempre stato considerato come vincolo di inedificabilità relativa e non assoluta.
Tale qualificazione ha consentito, tra l’altro, di permettere l’utilizzo dell’autorizzazione in deroga anche in sanatoria di edificazioni già compiute, rendendo evidente come il mero ritardo nella richiesta, anche quando proposta tramite un soggetto terzo, e nel rilascio di tale autorizzazione, non possano portare all’illegittimità della concessione edilizia rilasciata.

Il citato d.P.R. 11.07.1980, n. 753 “Nuove norme in materia di polizia, sicurezza e regolarità dell'esercizio delle ferrovie e di altri servizi di trasporto”, all’art. 60, prevede: “Quando la sicurezza pubblica, la conservazione delle ferrovie, la natura dei terreni e le particolari circostanze locali lo consentano, possono essere autorizzate dagli uffici lavori compartimentali delle F.S., per le ferrovie dello Stato, e dai competenti uffici della M.C.T.C., per le ferrovie in concessione, riduzioni alle distanze prescritte dagli articoli dal 49 al 56.
I competenti uffici della M.C.T.C., prima di autorizzare le richieste riduzioni delle distanze legali prescritte, danno, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, comunicazione alle aziende interessate delle richieste pervenute, assegnando loro un termine perentorio di giorni trenta per la presentazione di eventuali osservazioni.
Trascorso tale termine, i predetti uffici possono autorizzare le riduzioni richieste
”.
Nel caso in esame, risulta agli atti come il soggetto preposto alla tutela, ossia RFI - Rete Ferroviaria Italiana, avesse effettivamente autorizzato il citato intervento relativo alla stazione autolinee, in deroga alle distanze minime previste dai binari e dalle rotatorie ferroviarie più vicine, con lettera del 25.10.2002, dove espressamente si legge: “autorizza l'intervento in oggetto alla distanza minima di mt. 9,60 dalla più vicina rotaia FS”.
Le parti appellate lamentano tuttavia come la detta autorizzazione in deroga non sia in ogni caso legittima, non potendo incidere sulla correttezza della concessione rilasciata, sia perché non comprendente tutte le opere realizzate, ed in specie l’ulteriore recinzione posta a distanza ancora inferiore dal tratto delle rotaie, sia per i vizi procedurali che la connotano.
Gli ulteriori profili di censura non possono essere condivisi.
In merito poi alla recinzione, non vi sono elementi che inficino l’affermazione del Comune per cui questa fosse un manufatto esistente e non di nuova costruzione, tanto da essere indicata nel progetto di cui alla concessione come mera ricostruzione, e quindi non integrante i presupposti per l’applicazione dell’autorizzazione in deroga di cui al citato art. 60 e, quindi, nemmeno a legittimare una richiesta di provvedimento in tal senso.
Rispetto poi ai profili procedurali di tale rilascio, e quindi in relazione al tema della tardività del rilascio ed al soggetto al quale la stessa è stata rilasciata, occorre ricordare come in giurisprudenza, il vincolo di rispetto ferroviario sia sempre stato considerato come vincolo di inedificabilità relativa e non assoluta. Tale qualificazione ha consentito, tra l’altro, di permettere l’utilizzo dell’autorizzazione in deroga anche in sanatoria di edificazioni già compiute (ad esempio in relazione ai profili di sanatoria di abusi edilizi, vedi da ultimo TAR Toscana, sez. III, 18.01.2010 n. 37), rendendo evidente come il mero ritardo nella richiesta, anche quando proposta tramite un soggetto terzo, e nel rilascio di tale autorizzazione, non possano portare all’illegittimità della concessione edilizia rilasciata (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 19.09.2012 n. 4974 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATADagli artt. 49 e 60 del dpr n. 753/1980 la giurisprudenza ha ritenuto di dover ricavare la regola che i medesimi siano applicabili non solo all'erezione di un manufatto del tutto nuovo, ma anche alle modifiche a manufatti esistenti capaci comunque di aggravare la limitazione della visuale, ed inoltre ha precisato che tali norme richiedono che l’autorizzazione in deroga sia rilasciata prima dell'inizio dei lavori, perché, trattandosi di opere che incidono sulla sicurezza ferroviaria, la deroga condiziona la stessa possibilità di rilascio delle autorizzazioni necessarie alla realizzazione del manufatto.
L’art. 49 del DPR 11.07.1980, n. 753, recante “norme in materia di polizia, sicurezza e regolarità dell'esercizio delle ferrovie e di altri servizi di trasporto” dispone che “lungo i tracciati delle linee ferroviarie è vietato costruire, ricostruire o ampliare edifici o manufatti di qualsiasi specie ad una distanza, da misurarsi in proiezione orizzontale, minore di metri trenta dal limite della zona di occupazione della più vicina rotaia”, e l’art. 60 prevede che le distanze siano derogabili dagli uffici lavori compartimentali delle F.S., per le ferrovie dello Stato “quando la sicurezza pubblica, la conservazione delle ferrovie, la natura dei terreni e le particolari circostanze locali lo consentano”.
Dalle norme citate la giurisprudenza, tenuto conto della loro ratio, ha ritenuto di dover ricavare la regola che le medesime siano applicabili non solo all'erezione di un manufatto del tutto nuovo, ma anche alle modifiche a manufatti esistenti capaci comunque di aggravare la limitazione della visuale (cfr. Cassazione civile, Sez. I, 25.09.1996, n. 8452), ed inoltre ha precisato che tali norme richiedono che l’autorizzazione in deroga sia rilasciata prima dell'inizio dei lavori, perché, trattandosi di opere che incidono sulla sicurezza ferroviaria, la deroga condiziona la stessa possibilità di rilascio delle autorizzazioni necessarie alla realizzazione del manufatto (cfr. Tar Campania, Napoli, Sez. II, 11.04.2008, n. 2075).
In base a tali premesse il Collegio ritiene che il rispetto delle norme citate avrebbe richiesto il preventivo ottenimento di una nuova autorizzazione per ottenere la deroga ad innalzare di circa cinque metri il manufatto già esistente in fregio alla linea ferroviaria ad una distanza inferiore a quella stabilita dalla legge
(TAR Veneto, Sez. III, sentenza 08.03.2012 n. 333 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Il vincolo di inedificabilità relativa posto dall'art. 49 DPR 753/1980 (distanza minima dalla ferrovia) è determinato da ragioni di sicurezza, non di tutela dell’ordinato assetto del territorio, e può essere derogato, quando la situazione concreta lo consenta, su autorizzazione degli uffici ferroviari preposti alla tutela del vincolo stesso: é evidente come l’esercizio di quest’ultimo potere, previsto dall’art. 60 del d.P.R. n. 753/1980, non possa essere condizionato dalla circostanza che le norme urbanistiche locali non vi abbiano fatto espresso riferimento.
Con il secondo motivo di ricorso, gli esponenti denunciano la violazione della vigente prescrizione urbanistica di livello locale che impone di costruire ad una distanza non inferiore a metri 30 dalla linea ferroviaria, mentre il nuovo edificio disterebbe appena metri 15 dalla più vicina rotaia.
Più precisamente, gli esponenti rilevano come l’art. 19 delle n.t.a. richiami puntualmente il divieto stabilito dall’art. 49 del d.P.R. n. 753/1980, senza tuttavia contemplare le possibilità di deroga previste da quest’ultima disposizione, con la conseguenza che il citato limite di metri 30 non potrebbe essere superato neppure in forza di apposita autorizzazione dell’autorità preposta alla tutela del vincolo.
L’accennata prospettazione è priva di pregio giuridico.
Il vincolo di inedificabilità relativa posto dal citato art. 49 è determinato, infatti, da ragioni di sicurezza, non di tutela dell’ordinato assetto del territorio, e può essere derogato, quando la situazione concreta lo consenta, su autorizzazione degli uffici ferroviari preposti alla tutela del vincolo stesso: é evidente come l’esercizio di quest’ultimo potere, previsto dall’art. 60 del d.P.R. n. 753/1980, non possa essere condizionato dalla circostanza che le norme urbanistiche locali non vi abbiano fatto espresso riferimento.
Nel caso in esame, pertanto, l’edificazione è stata legittimamente assentita in deroga alla distanza minima dalla linea ferroviaria, sulla base di specifica autorizzazione in deroga rilasciata da R.F.I. in data 13.01.2011, in atti
(TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 12.01.2012 n. 17 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2011

EDILIZIA PRIVATA: Vincolo di rispetto ferroviario - Art. 49 DPR n. 753/1980 - Natura - Vincolo di inedificabilità relativo.
Il vincolo di rispetto ferroviario di cui all'art. 49 del DPR 753/1980, rappresenta un vincolo di inedificabilità relativa e non assoluta.
Infatti, ai sensi dell'art. 60 del DPR citato, gli uffici compartimentali di F.S. possono autorizzare riduzioni delle distanze fissate dagli art. 49 e 55; inoltre l'art. 50, comma 1°, dello stesso DPR stabilisce espressamente che il divieto ex art. 49 "si applica a tutti gli edifici e manufatti i cui progetti non siano stati approvati in via definitiva dai competenti organi" alla data di entrata in vigore del DPR 753/1980, mentre i vincoli di inedificabilità assoluta, ai sensi dell'art. 33 della legge 47/1985, sono tali solo "se siano stati imposti prima dell'esecuzione delle opere".
Ne segue che il vincolo ex art. 49 del DPR n. 753/1980, in quanto relativo, si applica anche agli abusi preesistenti e quindi alla odierna fattispecie, come ritenuto dalla giurisprudenza oramai consolidata dopo la pronuncia in tal senso della Adunanza Plenaria n. 20/1999 del Consiglio di Stato (TAR Emilia Romagna-Bologna, sez. II, 04.08.2008, n. 3593) (TAR Emilia Romagna-Bologna, Sez. I, sentenza 01.07.2011 n. 552 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: Lungo i tracciati delle linee ferroviarie l’autorizzazione alla deroga delle distanze minime deve considerare la salvaguardia della pubblica incolumità.
La fascia di rispetto ferroviario di cui all’art. 49 del D.P.R. 753/1980 rappresenta un vincolo di inedificabilità relativa –rientrante nella previsione dell’art. 32 della L. 47/1985– derogabile su parere dell’autorità preposta alla sua osservanza (TAR Emilia Romagna Bologna, sez. II – 04/08/2008 n. 3593; TAR Toscana, sez. III – 18/01/2010 n. 37).
Secondo la normativa di cui al D.P.R. 753/1980, lungo i tracciati delle linee ferroviarie è vietato costruire, ricostruire o ampliare edifici o manufatti di qualsiasi specie a distanza inferiore a metri 30 dal limite della zona di occupazione della più vicina rotaia, e la ratio di tale previsione risiede nell’evidente esigenza di tutelare il preminente interesse pubblico alla sicurezza dell’esercizio ferroviario e, ancor prima, alla salvaguardia della pubblica incolumità: in proposito l’autorizzazione alla deroga delle distanze minime –presupposto necessario per il rilascio del titolo abilitativo– costituisce il risultato di una valutazione discrezionale (demandata all’Ente preposto) dei valori antagonisti, secondo il criterio di prevalenza dell’interesse alla protezione della pubblica incolumità (TAR Puglia Bari, sez. II – 06/11/2009 n. 2634)
(TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 16.02.2011 n. 304 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2010

EDILIZIA PRIVATA: Linea ferroviaria - Fascia di rispetto di 30 metri - Art. 49 d.P.R. n. 753/1980 - Derogabilità - Autorizzazione delle Ferrovie.
La distanza minima di mt. 30 dalla linea ferroviaria prescritta dall’art. 49 del DPR n. 753/1980 è stabilita per ragioni di sicurezza, derogabili, su autorizzazione delle Ferrovie solo quando, secondo una valutazione tecnico-discrezionale, la concreta situazione, in relazione alla natura dei terreni ed alle particolari circostanze che caratterizzano il luogo, lo consenta, garantendo comunque la sicurezza e la conservazione della ferrovia (TAR Toscana, Sez. III, sentenza 04.10.2010 n. 6430 - link a www.ambientediritto.it).

anno 2008

EDILIZIA PRIVATADistanze dalle linee ferroviarie - Tramvie e metropolitane - Autorizzazione in deroga - Artt. 49-56 e 60 D.P.R. n. 753/1980.
In materia di distanze dalle linee ferroviarie -ai fini di polizia, sicurezza e regolarità del loro esercizio- il D.P.R. n. 753/1980 all'art. 49 (al primo comma) ha previsto per le costruzioni lungo i tracciati delle linee ferroviarie una distanza minima di 30 metri dal limite di occupazione della più vicina rotaia, precisando (al secondo comma) che tale limite si applica "solo alle ferrovie, con esclusione degli altri servizi di pubblico trasporto assimilabili ai sensi del terzo comma dell'art. 1".
L'art. 51 del medesimo D.P.R. fissa, per le costruzioni "lungo i tracciati delle tramvie, ferrovie metropolitane e funicolari terrestri su rotaia", la diversa distanza minima di 6 metri dalla più vicina rotaia, pur aumentabile all'occorrenza a 2 metri dal ciglio degli sterri o dal piede dei rilevati e comunque in modo tale da rendere libera la visuale per la sicurezza della circolazione nei tratti curvilinei.
Infine, l'art. 60 dello stesso testo normativo prevede la c.d. "autorizzazione in deroga" cioè che "quando la sicurezza pubblica, la conservazione delle ferrovie, la natura dei terreni e le particolari circostanze locali lo consentono, possono essere autorizzate... (ora dalla Regione) per le ferrovie in concessione riduzioni alle distanze prescritte dagli artt. dal 49 al 56 (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 23.09.2008 n. 4591 -
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