dossier S.U.E. (SPORTELLO
UNICO per l'EDILIZIA)
* * *
art. 32 L.R. 11.03.2005 n. 12
* * *
D.P.R. 06.06.2001 n. 380, art. 5 |
anno 2020 |
|
EDILIZIA PRIVATA:
BENI CULTURALI ED AMBIENTALI – Area boschiva e vincolo
paesaggistico – BOSCHI E MACCHIA MEDITERRANEA – Intervento
edilizio su zona vincolata – Disboscamento del terreno –
Piano paesaggistico – DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA –
Realizzazione dei capannoni in un’area boscata – Permesso di
costruire – Fattispecie – Artt. 146, 153, 154, 159 e 181,
d.lgs. n. 42/2004 – Artt. 5 e 44 d.P.R. n. 380/2001.
In tema di tutela dei beni culturali e
ambientali, i proprietari, possessori o detentori a
qualsiasi titolo dei beni indicati al comma 1, dell’articolo
146 d.lgs. 42/2004, hanno l’obbligo di sottoporre alle
amministrazioni competenti i progetti delle opere che
intendano eseguire, corredati della documentazione prevista,
preordinata alla verifica della compatibilità fra interesse
paesaggistico tutelato ed intervento progettato, al fine di
ottenere la preventiva autorizzazione, ne deriva che
costituisce onere dell’interessato rappresentare, nel
richiedere il permesso di costruire, che l’intervento
progettato insiste su una zona vincolata sul piano
paesaggistico, così come verificare, una volta conseguito il
titolo abilitativo ai fini urbanistici, se lo stesso sia
congruo in relazione alla situazione di fatto, riferita cioè
alla specifica zona in cui l’intervento deve essere
realizzato.
Nella specie, il ricorrente non poteva sottrarsi agli
obblighi su lui stesso incombenti per la realizzazione dei
capannoni in un’area boscata trincerandosi dietro
un’insussistente autonoma iniziativa del Comune sol perché
si tratta dello stesso ente deputato al rilascio sia
dell’autorizzazione paesaggistica che del permesso di
costruire, quando era lui stesso ad aver taciuto quale fosse
l’effettivo stato dei luoghi al momento della domanda.
...
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Funzioni e limiti dello Sportello
Unico per l’Edilizia – Cura dei rapporti fra il privato,
l’amministrazione e le altre amministrazioni tenute a
pronunciarsi – VIA VAS AIA – Taglio di un’area boscata –
Impatto sul contesto ambientale – Fattispecie: preventiva
modifica abusiva dello stato dei luoghi a fini edilizi
(taglio di un bosco senza richiedere l’autorizzazione).
Lo Sportello Unico per l’Edilizia, in
conformità a quanto previsto dall’art. 5 d.P.R. 380/2001,
assolve alla funzione di curare tutti i rapporti fra il
privato, l’amministrazione e, ove occorra, le altre
amministrazioni tenute a pronunciarsi in ordine
all’intervento edilizio oggetto della richiesta di permesso
o di denuncia di inizio attività, ha unicamente finalità di
semplificazione procedimentale ed organizzativa, fungendo da
tramite tra il privato e l’amministrazione per il rilascio
dei titoli abilitativi, ma certamente non può sostituirsi
alla carente rappresentazione dello stato dei luoghi da
parte dell’interessato.
Nella specie, invece, l’interessato era ben consapevole
dell’esistenza di un bosco sull’area destinata ad intervento
edilizio essendo stato lui stesso ad averne eseguito
preventivamente il taglio senza averne richiesto neppure in
tale occasione l’autorizzazione.
Diversamente opinando, verrebbe con un sol colpo annullato
lo stesso vincolo paesaggistico, contemplante per sua natura
la valutazione dell’impatto sul contesto ambientale
circostante dell’opera realizzanda, rimettendo allo stesso
interessato la possibilità, con una condotta,
necessariamente arbitraria proprio in quanto non
preventivamente autorizzata, mediante la preventiva modifica
dello stato dei luoghi, di aggirare il vincolo stesso:
conseguenza questa all’evidenza paradossale, tenuto conto
che nello specifico l’imputato non aveva mai chiesto,
neppure in relazione al disboscamento, che entrambi i
giudici di merito ritengono logicamente preordinato alla
successiva edificazione, alcuna autorizzazione sul piano
paesaggistico essendosi munito soltanto del parere
favorevole ai fini del diverso vincolo idrogeologico, che
attesta in via ineludibile la preesistente sussistenza di
un’area boschiva, così come la consapevolezza in capo al
medesimo di operare in area vincolata.
...
BENI CULTURALI ED AMBIENTALI – Area boscata – Vincolo
paesaggistico – T.U. in materia forestale del 03.04.2018 n.
34 – Art. 142 d.Lgs. 42/2004 – DIRITTO URBANISTICO –
EDILIZIA – Altra definizione contenuta nei PRG e strumenti
urbanistici comunali – Irrilevanza.
Il vincolo paesaggistico sussiste per il
solo fatto della presenza di un bosco, inteso secondo il
previgente l’art. 2 d.Lgs. 227/2001, come un “terreno
coperto da vegetazione forestale arborea associata o meno a
quella arbustiva, di origine naturale o artificiale, in
qualsiasi stadio di sviluppo ed evoluzione, con estensione
non inferiore ai 2.000 metri quadri, larghezza media non
inferiore a 20 metri e con copertura arborea forestale
maggiore del 20 per cento”, definizione questa non
modificata dalla vigente normativa, costituita dal T.U. in
materia forestale del 03.04.2018 n. 34 null’altro
evincendosi dall’art. 142 d.Lgs. 42/2004 che rimanda alla
nozione recepita dal legislatore nazionale in materia
forestale.
Pertanto, ne consegue che nessuna rilevanza possa
attribuirsi alle determinazioni assunte dal Comune al
riguardo o da eventuali diverse definizioni ad essa date
dagli strumenti urbanistici comunali (Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 10.03.2020 n. 9402 - link a www.ambientediritto.it). |
anno 2013 |
|
EDILIZIA PRIVATA: Permesso
di Costruire e Sportello Unico per l’Edilizia: ecco lo
Speciale di BibLus-net, con tabelle di sintesi e schemi.
Lo Sportello Unico per l’Edilizia (SUE) è diventato
l’interlocutore principale per tutte le questioni relative
al rilascio dei titoli abilitativi e ai controlli
sull’attività edificatoria. È stato istituito oltre 10 anni
fa dal D.P.R. 380/2001 (Testo Unico dell’Edilizia), con lo
scopo di curare i rapporti con i cittadini, i progettisti e
le imprese per tutto quanto attiene il disbrigo delle
pratiche edilizie. Uno dei compiti principali dello
Sportello Unico è quello di rilasciare il Permesso di
Costruire.
Nel corso del tempo il SUE ha subito diverse modifiche
finalizzate alla semplificazione.
In questo articolo proponiamo ai lettori
uno Speciale a cura della redazione di BibLus-net, utile
sia ai cittadini, per comprendere in maniera semplice come
funziona lo Sportello Unico e come viene rilasciato il
Permesso di Costruire, sia ai tecnici progettisti e ai
tecnici delle Amministrazioni Pubbliche, come promemoria di
sintesi, che illustra le funzioni dello Sportello Unico
dell’Edilizia, alla luce dei nuovi interventi normativi.
Alla fine del documento è presente una schematizzazione
delle fasi per il rilascio del Permesso di Costruire
(28.11.2013 - link a www.acca.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Sportello unico per l'edilizia.
Domanda
Con lo Sportello unico per l'edilizia, l'autorizzazione
paesaggistica deve essere richiesta dal Comune o dal privato
cittadino?
Risposta
L'articolo 5, comma 1, del decreto Presidente della
Repubblica del 06.06.2001, numero 380, prevede che le
Amministrazioni comunali, nell'ambito della propria
autonomia organizzativa, provvedono a costituire un ufficio
denominato Sportello unico per l'edilizia che ha l'onere di
curare tutti i rapporti tra il privato e l'Amministrazione
e, ove occorra, le altre amministrazioni tenute a
pronunciarsi in ordine all'intervento edilizio oggetto della
richiesta di permesso o di denuncia di inizio attività.
Il Consiglio di Stato, sezione quarta, con la sentenza del
30.07.2012, numero 4312, ha affermato che il Comune è
tenuto ad acquisire soltanto tutti i pareri e nulla osta di
carattere endoprocedimentale tesi al rilascio del permesso
edilizio. Fra questi pareri, per il Consiglio di Stato, non
può essere inclusa l'autorizzazione paesaggistica.
Però, di recente, il legislatore, con il decreto legge 22.06.2012, numero 83, convertito con modificazioni, dalla
legge 07.08.2012, numero 134, rafforzando il ruolo dello
Sportello Unico, prevede espressamente che detto Ufficio
debba acquisire tutti gli atti di assenso, comunque
denominati, delle Amministrazioni preposte alla tutela
ambientale, paesaggistico-territoriale e del patrimonio
storico artistico, nonché degli atti di assenso previsti per
immobili vincolati ai sensi del Codice dei beni culturali e
del paesaggio di cui al decreto legislativo numero 42, del
2004, anche mediante l'istituto della Conferenza di servizi,
prevista dalla legge numero 241, del 1990 .
È da dire, per chiarezza, che l'autorizzazione
paesaggistica, volta alla tutela, conservazione
preservazione dell'ambiente e dei beni culturali, è distinta
dal permesso di costruire, che è preposto alla tutela e al
governo dello sviluppo del territorio e del corretto
estrinsecarsi dell'ius aedificandi
(articolo ItaliaOggi Sette del
30.09.2013). |
EDILIZIA PRIVATA: Sopraelevazione, cambio d'uso e sfruttamento
delle volumetrie residue tra gli effetti della norma per le
città.
La ricostruzione perde i vincoli.
Con il decreto «del fare» sostituzione edilizia anche senza
rispetto della sagoma.
Con l'eliminazione del vincolo di rispettare la sagoma negli
interventi di demolizione e ricostruzione del patrimonio
edilizio esistente per effetto del Dl 69/2013 (decreto "del
fare") si potrà rimodellare profondamente la conformazione
delle città, superando gli indici di edificabilità assegnati
dai piani regolatori alla sola condizione di non aumentare
la volumetria preesistente.
Secondo il Testo unico dell'edilizia (Dpr 380/2001) gli
interventi di ristrutturazione edilizia consistono nelle
opere rivolte a trasformare gli organismi edilizi «mediante
un insieme sistematico di opere che possono portare ad un
edificio in tutto o in parte diverso dal precedente». Questi
interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di
alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l'eliminazione,
la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti.
Nella ristrutturazione edilizia è compresa anche la
demolizione e ricostruzione. Mentre la possibilità di
modificare la sagoma era già riconosciuta dal Testo unico
per le opere che non comportano la demolizione integrale, il
decreto "del fare" consentirà di modificare la sagoma anche
nelle operazioni di demolizione e ricostruzione.
Le possibilità di intervento
La norma entra in vigore con la legge di conversione del
decreto, quindi al più tardi il 21 agosto. A breve sarà
possibile, ad esempio, trasformare un'autorimessa composta
da più piani interrati (a cui il titolo edilizio originario
riconosceva la permanenza di persone per lo svolgimento di
attività lavorative), in una palazzina che trasferisce la
volumetria nel soprassuolo (aumentando l'altezza
dell'edificio preesistente o erigendo ex novo sull'area
sovrastante), collocando nel sottosuolo i parcheggi senza
permanenza di persone.
Il caso può apparire irragionevole, ma corrisponde alla
realtà di diversi interventi realizzati in Lombardia durante
la vigenza dell'articolo 27, comma 1, lettera d), della
legge regionale 12/2005, che per primo aveva eliminato
l'obbligo del rispetto della sagoma negli interventi di
demolizione e ricostruzione. La norma era stata annullata
dalla sentenza della Corte Costituzionale 309/2011 per il
contrasto con il principio fondamentale contenuto nella
definizione di ristrutturazione del Testo unico
sull'edilizia. Ma la definizione ora è stata riscritta nei
termini citati eliminando così il vizio di
incostituzionalità.
Senza giungere al caso limite appena illustrato, si deve
rimarcare che il solo vincolo del rispetto della volumetria
consentirà agli interventi di demolizione e ricostruzione
infedele di superare l'indice edilizio (generalmente
espresso dal rapporto tra la volumetria o superficie
edificabile e la superficie dell'area di intervento)
assegnato dallo strumento urbanistico comunale, tutte le
volte in cui esso sia inferiore alla volumetria esistente.
Questo è un caso molto frequente nei tessuti consolidati
delle nostre città, dove gli edifici sono stati costruiti
ben prima dell'approvazione del primo piano regolatore (che
ha poi imposto indici inferiori all'esistente), se non prima
della stessa legge urbanistica nazionale del 1942.
Appaiono evidenti le positive implicazioni per la
rigenerazione dello stock edilizio italiano il cui valore,
in ragione del riconosciuto degrado, è da attribuirsi quasi
esclusivamente alla localizzazione e alla volumetria
espressa.
Ma vi è una seconda novità non meno importante introdotta
dal decreto: potranno mantenere la volumetria esistente
senza vincolo di sagoma anche «gli interventi rivolti al
ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente
crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione purché
sia possibile accertarne la preesistente consistenza». Per
questa via, di cui non risultano precedenti nella
legislazione regionale, si potrà porre rimedio alle ferite
inferte alle nostre città da sinistri, calamità naturali ed
eventi bellici.
Gli edifici vincolati
Un'ultima notazione, critica, merita la previsione che
continua ad imporre il rispetto della sagoma agli immobili
sottoposti a vincoli. Il decreto non considera che la difesa
dei valori culturali riconosciuti dal vincolo è assicurata
dalla necessaria e preventiva autorizzazione che deve essere
rilasciata dagli organi tutori (su tutti le soprintendenze).
Per salvaguardare i beni vincolati resta ferma anche la
possibilità che il Prg inibisca gli interventi di
demolizione e ricostruzione infedele in determinate aree o
zone urbanistiche.
---------------
Semplificazioni. Raccolta pareri centralizzata.
Allo sportello unico le autorizzazioni per la Scia e la Cia.
Prosegue il percorso legislativo finalizzato a perfezionare
la Segnalazione certificata di inizio attività (Scia) in
materia edilizia. Il decreto "del fare" (Dl 69/2013)
interviene direttamente sul Testo unico in materia edilizia,
inserendo un nuovo articolo (articolo 23-bis), che ha ad
oggetto le autorizzazioni preliminari alla Scia e alla
comunicazione di inizio lavori (Cia) in materia edilizia.
La norma prevede che l'interessato a realizzare opere
edilizie soggette a Scia o Cia, prima della presentazione
della segnalazione stessa, possa richiedere allo sportello
unico comunale per l'edilizia di acquisire tutti gli atti di
assenso necessari per realizzare l'intervento. A fronte
della richiesta, lo sportello dovrà ottenere gli atti dagli
uffici competenti e comunicarne l'avvenuta acquisizione. Se
non sono acquisiti entro 60 giorni dalla domanda, lo
sportello unico deve, invece, convocare una conferenza di
servizi tra le amministrazioni competenti.
La Scia è stata introdotta dalla legge 122/2010 che ha
sostituito l'articolo 19 della legge 07.08.1990, n. 241,
norma che originariamente regolava la denuncia di inizio
attività (Dia). La disposizione ha poi subito ulteriori
modifiche e correzioni, in buona parte dirette a regolare
l'applicazione al settore dell'edilizia.
Con l'ultima precisazione introdotta dal decreto legge
69/2013, a partire dal 22 giugno scorso vengono meno i dubbi
sorti sull'individuazione del soggetto tenuto ad acquisire
le autorizzazioni inerenti ai vincoli ambientali,
paesaggistici, culturali o previsti dalla normativa per le
costruzioni in zone sismiche, la conformità ai quali non è
autocertificabile mediante Scia: su richiesta
dell'interessato, l'onere ricade in capo allo sportello
unico.
Il tenore letterale della disposizione, peraltro, non pare
escludere che l'interessato possa richiedere la formale
acquisizione di atti di assenso che sarebbero comunque
sostituibili mediante Scia. La norma così interpretata
potrebbe rivelarsi utile nei casi in cui sussistano margini
di incertezza rispetto alla conformità del progetto a
specifiche normative.
Il Dl 69 introduce, infine, un'importante previsione a
tutela delle zone omogenee A del Dm 1444/1968, ossia delle
parti del territorio interessate da agglomerati a carattere
storico, artistico e di particolare pregio ambientale: in
tali zone (di fatto i centri storici) gli interventi e le
varianti a permessi di costruire attuabili mediante Scia e
che comportano modifiche alla sagoma dell'edificio
preesistente o già assentito non potranno avere inizio prima
di 20 giorni dalla data di presentazione della segnalazione.
La disposizione se, da un lato, consente una maggior tutela
dei centri storici, dall'altro incide parzialmente sulla
natura della Scia che, in effetti, si distingue dalla Dia e
dal permesso di costruire in particolare per la possibilità
di avviare i lavori immediatamente. Una breve attesa è, in
ogni caso, un sacrificio accettabile se rivolto, come pare,
a tutelare i beni di pregio del patrimonio edilizio
esistente.
---------------
Procedure. Il titolo di livello «parziale».
Sull'agibilità spazio ai professionisti.
L'AUTOCERTIFICAZIONE/
I tecnici abilitati potranno dichiarare l'esistenza dei
requisiti per il rilascio del certificato al posto del
Comune.
Nessun dubbio sulla possibilità di rilasciare certificati di
agibilità parziali. Inoltre i professionisti abilitati
potranno autocertificare i requisiti di agibilità. Il
decreto "del fare" ha introdotto rilevanti novità anche in
materia di agibilità.
Il legislatore ha sancito la possibilità di rilascio
dell'agibilità parziale delle costruzioni. L'istituto, in
realtà, era già in uso nella prassi anche a seguito di
alcuni interventi interpretativi resi da parte della
giurisprudenza amministrativa (Tar Lombardia-Milano,
Sezione II, sentenza n. 332/2010).
Ma in assenza di un dato normativo esplicito, alcune
amministrazioni comunali hanno, tuttavia, continuato a
negare la possibilità di certificazione parziale. Il decreto
"del fare" fuga ora ogni dubbio in merito, subordinando però
l'agibilità parziale a puntuali condizioni.
In forza delle nuove disposizioni (articolo 30 del Dl
69/2013), il certificato di agibilità potrà essere richiesto
anche per singoli edifici o singole porzioni della
costruzione, purché funzionalmente autonomi.
La richiesta risulterà accoglibile se sono state realizzate
e collaudate le opere di urbanizzazione primaria relative
all'intero intervento edilizio e sono state completate le
parti comuni relative al singolo edificio o alla singola
porzione della costruzione.
L'istanza può anche avere ad oggetto singole unità
immobiliari, purché siano state completate le opere
strutturali, gli impianti e le parti comuni e a condizione
che le opere di urbanizzazione primaria siano state ultimate
o dichiarate funzionali rispetto all'edificio oggetto di
agibilità parziale.
Il decreto, nondimeno, prevede che il rilascio delle
agibilità parziali incida direttamente sulla durata dei
titoli edilizi: nei casi di rilascio di agibilità parziale,
prima della scadenza del termine di fine lavori dettato dal
titolo, il termine stesso è infatti prorogato per una sola
volta per tre anni.
Non solo. La precedente formulazione del Testo unico in
materia edilizia (Dpr 380/2001) prevedeva che l'agibilità
degli edifici potesse essere acquisita esclusivamente
attraverso il rilascio espresso del certificato da parte
dell'amministrazione ovvero mediante silenzio-assenso.
L'autocertificazione circa l'agibilità dell'edificio da
parte di un professionista abilitato era, infatti,
contemplata esclusivamente riguardo alle attività produttive
(Dpr 07.09.2010, n. 160) e da parte di alcune
specifiche normative regionali (ad esempio articolo 86,
legge regionale Toscana n. 1/2005).
Ebbene, il decreto, modificando l'articolo 25 del Testo
unico, estende ora questa facoltà a tutte le costruzioni.
L'interessato, in luogo dell'ordinaria domanda di rilascio
del certificato di agibilità, potrà presentare una
dichiarazione del direttore dei lavori o, qualora questi non
sia stato nominato, di un professionista abilitato, con la
quale si attesti l'agibilità dell'opera e la sua conformità
al progetto.
L'autodichiarazione, salvo diversa indicazione da parte
delle Regioni –che dovranno anche prevedere norme attuative
e per l'effettuazione dei controlli– non potrà però essere
utilizzata riguardo alle agibilità parziali (articolo Il Sole 24 Ore
dell'01.07.2013). |
EDILIZIA PRIVATA: Sportello unico edilizia, nessuna sanzione se il Comune non
parte.
Ampia flessibilità alla Pa, ma su molti punti restano nodi
da sciogliere.
Per lo Sportello unico edilizia la legge affida ai Comuni
molta flessibilità organizzativa, ma nessuna conseguenza
deriva in realtà dalla mancata costituzione del Sue, e
qualche dubbio resta sul nodo dell’acquisizione dei pareri
di terzi.
LE NUOVE COMPETENZE
Lo Sportello unico edilizia, ancor prima delle recenti
novelle operate dalle leggi 106/2001 e 134/2012, vedeva tra
le sue attribuzioni non solo la competenza per il rilascio
dei permessi di costruire e di tutte le certificazioni
edilizio-urbanistiche, ma anche l’assunzione di tutti i
provvedimenti a carattere urbanistico,
paesaggistico-ambientale, edilizio e comunque rilevanti ai
fini degli interventi di trasformazione edilizia del
territorio.
Tale funzione generale risulta ora rafforzata con il
riconoscimento legislativo di unico punto di accesso per il
privato interessato in relazione a tutte le vicende
amministrative riguardanti il titolo abilitativo e
l’intervento edilizio oggetto dello stesso, al fine di
fornire una risposta tempestiva in luogo delle altre Pa
coinvolte nel procedimento (comprese quelle preposte alla
tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del
patrimonio storico-artistico o della salute e pubblica
incolumità), oltre a essere l’unico ufficio ad acquisire
direttamente da tali amministrazioni tutti gli atti di
assenso (cfr. commi 1-bis e 1-ter aggiunti all’art. 5 Testo
Unico dalla legge 134/2012).
ORGANIZZAZIONE ELASTICA
Il modello organizzativo –a dir poco elastico– previsto
dalla legge (accorpamento, disarticolazione, soppressione di
uffici o organi già esistenti), se da un lato non pone
limitazioni alle Amministrazioni, dall’altro non risolve
evidenti questioni organizzative e procedurali laddove
l’attivazione dello Sportello non avvenga in forma associata
(si tratta comunque di una scelta, non di un obbligo) per
tutti gli Enti locali appartenenti a uno specifico ambito di
area vasta (in cui altro ente territoriale esercita
competenze specifiche, si pensi ad es. alla Provincia o alla
Comunità montana).
Uniche certezze sono date dall’obbligatorietà di
costituzione dell’ufficio “unico” da parte dei Comuni con
proprio atto organizzativo, non ravvisando nel testo di
legge una costituzione automatica in caso di inerzia
dell’amministrazione e dall’obbligo di interfacciarsi con il
Sue (laddove costituito) sia per quanto attiene al privato,
sia per gli atti di competenza delle diverse amministrazioni
coinvolte.
Pertanto istanze private pervenute a una singola
amministrazione interessata in un ambito territoriale in cui
risulta istituito lo Sportello, andranno inoltrate d’ufficio
dall’ente ricevente allo Sportello per l’avvio
dell’istruttoria; diversamente, nei casi di mancata
costituzione del Sue, l’istanza andrà inoltrata al
competente ufficio comunale, salvo non contenga la richiesta
di rilascio di un atto di competenza esclusiva dell’ente
ricevente (ovviamente diverso dal Comune: si pensi ad es.
alle autorizzazioni ambientali ecc.).
ENTI DI TUTELA, LA SENTENZA
La recente giurisprudenza ha precisato che il Dpr 380/2001,
nell’assegnare al Sue l’acquisizione di tutti gli «atti di
assenso, comunque denominati», si riferisce certamente a
tutti i pareri e nulla osta endoprocedimentali intesi al
rilascio del permesso di costruire, ma non può estendersi
anche a un’autorizzazione diversa ed esterna rispetto a tale
procedimento, quale è l’autorizzazione paesaggistica
eventualmente richiesta per l’esecuzione dell’intervento
(cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 30/07/2012, n. 4312).
La questione si complica ulteriormente nei casi in cui sia
manifestato il dissenso da parte dell’amministrazione
preposta alla tutela, dato che lo stesso Dlgs 42/2004
disciplina la conferenza dei servizi esclusivamente per i
procedimenti relativi a opere o lavori incidenti su beni
culturali (cfr. art. 25), ma nulla dispone con riguardo alla
conferenza dei servizi indetta per gli interventi su aree e
immobili di interesse paesaggistico (anche se devono
comunque ritenersi applicabili le disposizioni generali
dell’art. 14-quater della 241/1990).
ALTRO NODO: LA VIGILANZA
Ulteriori questioni insorgono anche in materia di vigilanza,
dato che l’individuazione delle competenze del Sue operata
dalla legge (ancorché non tassativa) nulla prevede, e lo
stesso Titolo IV Dpr 380/2001 assegna tale funzione al
dirigente o al responsabile del competente ufficio comunale,
ma sempre secondo le modalità stabilite dallo statuto o dai
regolamenti dell’ente, che può quindi decidere di attribuire
anche questa attività al Sue.
Se invece il regolamento locale del Sue nulla prevede sulla
vigilanza, la competenza resta dell’ufficio tecnico.
---------------
I PRINCIPALI PROBLEMI OPERATIVI - Dai nuovi compiti ai poteri
istruttori e di vigilanza
I nuovi compiti
- Lo Sportello è l’unico punto di accesso per
il privato interessato, in tutte le vicende amministrative
riguardanti il titolo abilitativo e l’intervento edilizio
oggetto dello stesso, con la conseguenza che:
a) deve acquisire d’ufficio presso le Pa competenti (anche
con conferenza di servizi) gli atti di assenso delle
amministrazioni preposte alla tutela ambientale,
paesaggistico-territoriale, storico-artistica o della salute
e pubblica incolumità;
b) deve trasmettere all’interessato tutte le comunicazioni
relative al procedimento, sia per gli atti di propria
competenza che per atti emessi dalle altre amministrazioni e
inviati allo Sportello.
Mancata
costituzione - La costituzione dello Sportello unico è
obbligatoria per i Comune, ma l’omessa costituzione non
comporta sanzioni a carico dell’ente obbligato né
l’esercizio di poteri sostitutivi in capo alla Regione o
allo Stato.
Tuttavia, anche senza Sue: a) resta l’obbligo in capo al
soggetto interveniente di richiedere preventivamente i
titoli abilitativi all’ufficio tecnico del Comune (dato che
la mancata istituzione non ha alcuna incidenza sul regime
autorizzatorio e non esonera dal conseguimento dei necessari
titoli abilitativi);
b) resta l’obbligo di ottenere tutte le autorizzazioni o
pareri previsti dalla legge incidenti sulla specifica opera
e di eseguire tutti gli adempimenti in materia di sicurezza;
c) resta legittimato il potere di repressione degli abusi
edilizi da parte dell’organo competente.
Esercizio
del diritto
di accesso - L’accesso gratuito alle informazioni sugli
adempimenti necessari per lo svolgimento delle procedure,
all’elenco delle domande presentate, allo stato dell’iter
procedurale, nonché a tutte le possibili informazioni utili
disponibili, non può prescindere dalle regole generali
dettate dal Capo V della legge 241/1990: il richiedente deve
sempre dimostrare un interesse diretto, concreto e attuale,
corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e
collegata al documento richiesto.
Conferenza
di servizi
e diniego di enti
di tutela - Lo Sportello, qualora debba procedere mediante
conferenza di servizi ai sensi dell’art. 14 e ss. l.
241/1990, deve sempre valutare se il parere negativo
espresso da una delle amministrazioni di tutela coinvolte
sia fondato su profili di legittimità (rispetto delle leggi
o degli atti amministrativi presupposti) o sia invece
espressione di una valutazione di merito di tipo
discrezionale: solo nella prima fattispecie non potrà essere
superato il diniego, diversamente la valutazione è rimessa
alle amministrazioni coinvolte le quali potranno, sulla base
dell’interesse prevalente, pronunciarsi favorevolmente.
Poteri istruttori
e di vigilanza - L’esercizio dei poteri istruttori deve sempre
svolgersi in ossequio del principio di leale collaborazione
tra privato e pubblica amministrazione e finalizzato ad
accertare la corrispondenza del progetto presentato alle
norme vigenti.
Laddove il regolamento organizzativo dello Sportello nulla
preveda in materia di vigilanza, tale funzione e gli
eventuali provvedimenti sanzionatori restano di competenza
del responsabile dell’ufficio comunale preposto.
---------------
I quesiti
AVVIO AUTOMATICO
O SERVE UNA DELIBERA?
Il Comune per rispondere all’art. 5, comma 1, del Dpr 380/2001
deve formalizzare l’istituzione del Sue con un atto interno
all’Ente (delibera di Giunta, determina del Responsabile
servizio ecc.) oppure trattandosi di un obbligo normativo il
Sue è già automaticamente attivato?
COSA SUCCEDE
SENZA SUE COSTITUITO
Nel caso serva un atto di costituzione, e il Comune non lo
faccia, l’ente preposto al rilascio di autorizzazioni (nel
nostro caso, una Comunità montana: autorizzazioni su vincoli
forestali, idrogeologico e paesaggistico) cosa deve fare se
l’interessato gli chiede direttamente il parere? Rinvia
l’atto al Comune come se il Sue esistesse, o procede
all’emanazione del parere?
IL PARERE CHIESTO
ALLA PA TERZA
Se il soggetto interessato, nonostante il Sue sia stato
costituito, invia la richiesta di parere direttamente alla
Pa terza competente, questa può emanarlo direttamente, o
deve necessariamente girare la richiesta al Sue?
COMUNITÀ MONTANE, QUALI POTERI RESTANO?
In base alla nostra legge regionale, le Comunità montana
esercitano in alcuni casi un potere diretto di emanazione di
titoli abilitativi edilizi. L’art. 44, c. 4, della Lr 31/2008
cita: «Le Province, le Comunità montane e gli enti gestori
di parchi e riserve regionali, per il territorio di
rispettiva competenza, rilasciano ... le autorizzazioni alla
trasformazione d’uso del suolo». L’art. 80, c. 3-bis, della Lr
12/2005 cita: «Nei territori compresi ... le funzioni
amministrative di cui al comma 1 inerenti interventi di
trasformazione del bosco, di cui ... (Orientamento e
modernizzazione del settore forestale, ...) sono esercitate
dalle Comunità montane».
Anche in questi casi tutto passa al Sue, e il nostro si
trasforma in un parere, o restano queste nostre competenze? (articolo Edilizia e Territorio n. 19/2013). |
EDILIZIA
PRIVATA:
I. Meo e A. Pesce,
Sportello unico edilizia operativo su tutto il territorio
- Finalmente operativo lo Sportello unico edilizia (SUE), un
unico ufficio per tutte le pratiche: procedure, quindi, più
semplici per il rilascio del permesso di costruire e la
presentazione della DIA (Consulente Immobiliare n.
925/2013). |
EDILIZIA
PRIVATA:
OGGETTO: Obbligo o meno di costituzione, anche in
Lombardia, dello sportello unico per l’edilizia (S.U.E.) a
far data dal 12.02.2013 (Regione Lombardia, Direzione
Generale Territorio e Urbanistica,
risposta e-mail del 21.02.2013). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Sportelli unici, un avvio lento. La
scadenza per i comuni era il 12 febbraio, ma le città sono
in affanno. Enti locali. La
criticità è soprattutto nella gestione di grandi flussi di
informazione per il «front office» unico.
TECNOLOGIA CERCASI/ Senza sistemi online adeguati, i nuovi
obblighi rischiano di mandare in tilt gli uffici
trasformando la semplificazione in boomerang.
È ancora in
gran parte scritta su un pezzo di carta la riforma dello
Sportello unico edilizia introdotta dall'articolo 13 del
decreto sviluppo dell'estate scorsa (Dl 83/2012), la cui
attuazione da parte dei Comuni doveva scattare entro il 12
febbraio.
In prevalenza gli sportelli unici (Sue) sono operativi, ma
ora, con le nuove disposizioni, sono in molti (tecnici
comunali e professionisti) a temere un sovraccarico degli
uffici, mentre la vera innovazione che sarebbe in grado di
farli funzionare, le piattaforme informatiche per i permessi
di costruire, è attiva in poche decine di Comuni.
Dall'inchiesta condotta da «Edilizia e Territorio»
(www.ediliziaeterritorio.ilsole24ore.com) su 12 capoluoghi
di provincia (Torino, Milano, Brescia, Verona, Padova,
Bologna, Rimini, Ancona, Firenze, Roma, Bari, Napoli) emerge
che senza i sistemi on-line, i nuovi obblighi del Sue
rischiano di mandare in tilt gli uffici, trasformando così
la semplificazione in un boomerang.
Due sono infatti le novità: lo sportello edilizia deve
diventare l'unico «front office» per le pratiche
edilizie, obbligando così i Comuni ad attivarlo e ad
accorpare i vari uffici; e questo in gran parte dei Comuni è
stato fatto. Ma soprattutto deve essere lo sportello stesso
a raccogliere tutti i pareri, nulla osta o atti tecnici,
interni o da enti terzi (Vigili del fuoco, Asl, genio
vivile, Regione, Soprintendenze, ecc.) necessari ai fini del
rilascio del permesso di costruire (ristrutturazioni
edilizie, ampliamenti, nuove costruzioni).
In teoria è una notevole semplificazione, perché mentre
prima il tecnico incaricato (geometra, architetto,
ingegnere) doveva girare come una trottola a cercare atti e
nulla osta, ora deve fare tutto il responsabile del Sue, e
se entro i 90 giorni di legge (120 nei Comuni sopra 100mila
abitanti) lo sportello non rilascia (o rigetta) il permesso
di costruire, scatta il silenzio-assenso (Dl 70/2011).
Tuttavia responsabili dei Sue e professionisti sono
d'accordo nel temere che gli uffici non riusciranno a
reggere il sovraccarico, anche perché i tempi dipendono
molto da enti terzi. E d'altra parte il silenzio-assenso, in
vigore da un anno e mezzo, non viene praticamente mai
utilizzato dal proponente privato, perché le banche senza
permesso “esplicito” difficilmente finanziano.
Quale sarebbe allora la vera semplificazione? Tecnici
comunali e professionisti sono d'accordo: la creazione di
piattaforme informatiche on-line, da parte dei Comuni, per
gestire l'invio di progetti e tutta la procedura, compresi
atti e pareri di enti terzi (Asl, Soprintendenze, ecc.). «Se
però gli enti terzi non aderiscono –spiegano ad esempio
tecnici comunali di Bari– il privato presenta on-line al
Sue, e poi noi dobbiamo stampare montagne di carte e
portarle a destra e a manca».
Il Dl 70/2011 stabiliva già l'obbligo dei Comuni di
attrezzarsi per l'invio telematico allo Sportello, e per
l'invio a enti terzi, ma tutto (o quasi) è rimasto lettera
morta. Tuttavia molti grandi Comuni, seppure in affanno,
stanno sperimentando queste piattaforme on-line (tra questi
Torino, Bologna, Padova, Verona, Bari), e contano di
renderle operative entro l'anno.
«Saranno non più di alcune decine in tutta Italia –spiega
Paolo Teti, Ad di Ancitel– i Comuni dotati di una
piattaforma informatica completa per gestire le pratiche del
Sue. I costi vanno da 1.000 l'euro l'anno per i micro-Comuni
a decine di migliaia di euro l'anno per i grandi. Più le
spese di formazione del personale. Ma oltre ai costi pesa la
scarsa cultura informatica da parte dei Comuni».
«C'è anche un'inerzia da parte dei professionisti” – ammette
Fausto Savoldi, presidente dell'Ordine dei Geometri. «Molti
tecnici preferiscono andare allo sportello, parlare con i
funzionari comunali. Noi cerchiamo di spingere per
l'informatizzazione, che significherebbe da una parte
semplificazione, e d'altra anche più standardizzazione e
meno discrezionalità degli uffici» (articolo
Il Sole 24 Ore del 20.02.2013 - tratto da
www.ecostampa.it). |
anno 2012 |
|
EDILIZIA
PRIVATA:
G. A. Dato,
Sportello unico per l’edilizia: interventi giurisprudenziali
e novità normative (Diritto e pratica amministrativa
n. 11-12/2012). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Circa il diritto di accesso agli atti in
materia edilizia, l’individuazione della “situazione
giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è
chiesto l’accesso” (art. 22 della legge n. 241/1990) è
operata, così come evidenziato dalla giurisprudenza
amministrativa, direttamente dalla legislazione, che di
seguito si riporta.
L’art. 31, comma 9, della legge 17.08.1942, n. 1150, già
disponeva che “chiunque può prendere visione presso gli
uffici comunali, della licenza edilizia e dei relativi atti
di progetto e ricorrente contro il rilascio della licenza
edilizia in quanto in contrasto con le disposizioni di leggi
o dei regolamenti o con le prescrizioni di piano regolatore
generale e dei piani particolareggiati di esecuzione”.
L’art. 5 del Testo unico approvato con D.P.R. 06.06.2001, n.
380, nel fissare le competenze e responsabilità dello
“sportello unico per l’edilizia”, ha individuato quella di
“fornire informazioni sulle materie di cui al punto a)”
(cioè sul rilascio dei titoli abilitativi) “anche mediante
predisposizione di un archivio informatico”, al dichiarato
fine di consentire a chiunque vi abbia interesse “l’accesso
gratuito, anche in via telematica, … all’elenco delle
domande presentate, allo stato del loro iter procedurale,
nonché a tutte le possibili informazioni utili disponibili”.
E, circa la definizione dell’interesse “giuridicamente
tutelato”, la giurisprudenza amministrativa, se da un lato
ha fornito del concetto di “chiunque” una portata non
incondizionatamente espansiva, tale, cioè, da non
ricomprendervi qualsiasi persona (come la formulazione
letterale della norma potrebbe far supporre), al contempo ha
fornito allo stesso concetto una portata sostanzialistica,
che prescinde dalla sola titolarità di diritti reali
insistenti su terreni direttamente confinanti con quello ove
è stato realizzato l’intervento edilizio, ma ricomprende
qualsiasi situazione, anche di fatto, di “stabile
collegamento” con l’area comprendente il terreno edificato.
In proposito, si è anche recentemente ribadito che la
legittimazione ad impugnare titoli abilitativi edilizi
sussiste per il fatto stesso che il terzo di trova in una
situazione, appunto, di “stabile collegamento” con la “zona”
interessata dalla costruzione oggetto di concessione, a
prescindere da ogni indagine sulla sussistenza di un
ulteriore specifico interesse.
Per la giurisprudenza, il proprietario o il possessore
dell’immobile o il semplice residente o domiciliato nella
zona interessata è legittimato a ricorrere in ragione di
tale stabile collegamento, idoneo a radicare una posizione
d’interesse, differenziata rispetto a quella posseduta dal
“quisque de populo”, all’impugnazione di una concessione
edilizia in sanatoria.
In via generale deve ricordarsi che la legge n. 241/1990,
nel fornire definizioni e princìpi in materia di accesso, ha
qualificato il “diritto di accesso” come il diritto
degli interessati di prendere visione e di estrarre copia di
documenti amministrativi, mentre per “interessati” ha
inteso tutti i soggetti privati, compresi quelli portatori
di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse
diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una
situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento
al quale è chiesto l’accesso (art. 22, comma 1, lett. a e
b).
Al contempo, la stessa legge n. 241/1990 conferisce al “diritto”
di accesso, attese le sue rilevanti finalità di pubblico
interesse, valore di “principio generale dell’attività
amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di
assicurarne l’imparzialità e la trasparenza” (art. 22,
comma 2, come sostituito dalla legge n. 69/2009).
Circa il diritto di accesso agli atti in materia edilizia,
l’individuazione della “situazione giuridicamente
tutelata e collegata al documento al quale è chiesto
l’accesso” (art. 22 della legge n. 241/1990) è operata,
così come evidenziato dalla giurisprudenza amministrativa
(cfr., Cons. di Stato, sez. IV, n. 2092/2010), direttamente
dalla legislazione, che di seguito si riporta.
L’art. 31, comma 9, della legge 17.08.1942, n. 1150, già
disponeva che “chiunque può prendere visione presso gli
uffici comunali, della licenza edilizia e dei relativi atti
di progetto e ricorrente contro il rilascio della licenza
edilizia in quanto in contrasto con le disposizioni di leggi
o dei regolamenti o con le prescrizioni di piano regolatore
generale e dei piani particolareggiati di esecuzione”.
L’art. 5 del Testo unico approvato con D.P.R. 06.06.2001, n.
380, nel fissare le competenze e responsabilità dello “sportello
unico per l’edilizia”, ha individuato quella di “fornire
informazioni sulle materie di cui al punto a)” (cioè sul
rilascio dei titoli abilitativi) “anche mediante
predisposizione di un archivio informatico”, al
dichiarato fine di consentire a chiunque vi abbia interesse
“l’accesso gratuito, anche in via telematica, …
all’elenco delle domande presentate, allo stato del loro
iter procedurale, nonché a tutte le possibili informazioni
utili disponibili”.
E, circa la definizione dell’interesse “giuridicamente
tutelato”, la giurisprudenza amministrativa, se da un
lato ha fornito del concetto di “chiunque” una
portata non incondizionatamente espansiva, tale, cioè, da
non ricomprendervi qualsiasi persona (come la formulazione
letterale della norma potrebbe far supporre), al contempo ha
fornito allo stesso concetto una portata sostanzialistica,
che prescinde dalla sola titolarità di diritti reali
insistenti su terreni direttamente confinanti con quello ove
è stato realizzato l’intervento edilizio, ma ricomprende
qualsiasi situazione, anche di fatto, di “stabile
collegamento” con l’area comprendente il terreno
edificato. In proposito, si è anche recentemente ribadito
che la legittimazione ad impugnare titoli abilitativi
edilizi sussiste per il fatto stesso che il terzo di trova
in una situazione, appunto, di “stabile collegamento”
con la “zona” interessata dalla costruzione oggetto
di concessione, a prescindere da ogni indagine sulla
sussistenza di un ulteriore specifico interesse.
Per la giurisprudenza (Cons. St., sez. VI, 26.07.2001, n.
4123, e, con specifico riferimento alle concessioni in
sanatoria, Cons. St., V, 07.05.2008, n. 2086), il
proprietario o il possessore dell’immobile o il semplice
residente o domiciliato nella zona interessata è legittimato
a ricorrere in ragione di tale stabile collegamento, idoneo
a radicare una posizione d’interesse, differenziata rispetto
a quella posseduta dal “quisque de populo”,
all’impugnazione di una concessione edilizia in sanatoria
(v. da ultimo Cons. Stato, sez. IV, 30.11.2009, n. 7491)
(Cons. Stato, 14.04.2010, n. 2092).
Potendosi senz’altro applicare i principi sopra esposti
anche quando si tratti di richieste di accesso agli atti in
materia edilizia, non vi è dubbio –così come dedotto dalla
ricorrente con il primo motivo di ricorso– che nella
fattispecie in esame quest’ultima sia titolare del richiesto
interesse, come è stato evidenziato nella relativa domanda,
laddove la stessa ha esplicitamente fondato il proprio
predetto interesse sul rapporto di vicinitas
intercorrente tra il terreno di propria titolarità e quello
di proprietà del sig. Varanini, nonché sulla necessità di
verificare la legittimità e conformità urbanistico-edilizia
del titolo ad aedificandum oggetto di estensione.
E tale posizione, in quanto qualificata e differenziata e
non meramente emulativa o preordinata ad un controllo
generalizzato dell'azione amministrativa, basta ai sensi
dell'art. 22 della L. n. 241/1990 a legittimare il diritto
di accesso alla documentazione amministrativa richiesta
(cfr. Cons. Stato. Sez. V, 14.05.2010, n. 2966).
Sicché, il diniego opposto dall’amministrazione comunale
risulta, sotto il profilo esaminato, illegittimo.
A ciò si aggiunga che, sotto il profilo oggettivo,
limitazioni all'accesso possono essere disposte unicamente
nelle ipotesi tassativamente previste dal comma 1 e dal
comma 6 dell'art. 24, ovvero in quelle ulteriori
eventualmente individuate, ai sensi del comma 2 del medesimo
art. 24, dai regolamenti di cui le Amministrazioni si siano
dotate per disciplinare l'accesso alla documentazione in
loro possesso.
Ma, la documentazione afferente la concessione edilizia
rilasciata ai Sigg.ri Varanini e Guscioni, di cui l'odierna
ricorrente ha domandato l'ostensione, non rientra –così come
evidenziato dalla ricorrente- in alcuna delle summenzionate
ipotesi e, pertanto, la relativa domanda di accesso non è
suscettibile -sotto tale aspetto- di limitazioni (TAR
Toscana, Sez. III,
sentenza 07.12.2012 n. 1993 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Procedure amministrative. Le
semplificazioni introdotte dal decreto 83/2012.
Permessi edilizi più veloci in conferenza dei servizi. Gli
assenti possono inviare il parere favorevole.
Con le novità dettate dal decreto sviluppo –il Dl 83/2012–
lo sportello unico per l'edilizia (Sue) costituisce l'unico
punto di accesso per il privato interessato in relazione a
tutte le vicende amministrative riguardanti il titolo
abilitativo e l'intervento edilizio, che risponde al posto
di tutte le Pa coinvolte.
Tra i compiti dello sportello c'è anche quello di acquisire
– anche mediante conferenza dei servizi – gli atti di
assenso delle amministrazioni preposte alla tutela
ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio
storico-artistico o alla tutela della salute e della
pubblica incolumità (articolo 5, comma 1-bis, del Dpr
380/2001) nonché gli altri pareri di autorità eventualmente
coinvolte nel procedimento, come ad esempio il parere
vincolante della Commissione per la salvaguardia di Venezia
per gli interventi in quell'area. E proprio
all'accelerazione della conferenza dei servizi è dedicata
un'altra delle modifiche del Dl 83.
La conferenza dei servizi è uno strumento di semplificazione
procedimentale disciplinato in via generale dagli articoli
14 e seguenti della legge 241/1990. Esistono due tipi di
conferenza dei servizi. Quella istruttoria, prevista dal
comma 1 dell'articolo 14 della legge, può essere indetta
quando è opportuno che l'attività istruttoria relativa a un
certo procedimento si svolga con la collaborazione di più
soggetti pubblici variamente interessati.
La riunione «decisoria»
Più complessa è la disciplina del l'altro tipo di conferenza
dei servizi, quella decisoria. L'adozione di un determinato
provvedimento amministrativo è sempre competenza di una
specifica amministrazione (per i titoli edilizi, il Comune).
Tuttavia, nei procedimenti più complessi, la competenza
dell'amministrazione procedente si integra con quella di
altre amministrazioni a tutela di determinati interessi
superiori. E così, ad esempio, l'attività dei permessi
edilizi è sempre soggetta al parere delle Pa poste a tutela
del paesaggio, dell'ambiente, della salute pubblica, del
patrimonio storico e archeologico.
Quando ciò avvenga, ciascuna di queste amministrazioni è
chiamata a dare il proprio assenso. Quando queste
amministrazioni siano più d'una e le valutazioni da compiere
siano particolarmente complesse, l'esercizio dei loro poteri
potrebbe rallentare notevolmente il procedimento. La
conferenza dei servizi, obbligatoria ormai per la stragrande
maggioranza dei procedimenti, consente la valutazione, in
un'unica sede di tutti gli interessi variamente coinvolti
nel procedimento. Tutte le amministrazioni sono convocate in
un'unica sede secondo le forme previste dall'articolo 14-ter
della legge 241 perché esprimano nella medesima sede il
proprio assenso o dissenso all'interno della conferenza dei
servizi entro un dato termine.
La conferenza e gli assenti
La regola è che le determinazioni in sede di conferenza dei
servizi vengano prese a maggioranza degli enti coinvolti:
meglio, l'amministrazione che ha la competenza ad adottare
il provvedimento finale può provvedere se ha l'assenso della
maggioranza degli enti interessati. In alcuni casi,
tuttavia, esigenze di tutela di interessi superiori
giustificano dei correttivi. E così, ad esempio, se il
procedimento ha ad oggetto permessi relativi ad opere
soggette a valutazione di impatto ambientale, la decisione
finale non può essere assunta prescindendone, mentre il
dissenso di un'amministrazione preposta alla tutela
ambientale, paesaggistico-territoriale, o del patrimonio
storico e artistico può essere superato solo con la
remissione della decisione alla Presidenza del Consiglio dei
ministri.
In ogni caso le amministrazioni coinvolte hanno l'onere di
intervenire in conferenza dei servizi manifestando la
propria posizione. Qualora ciò non avvenga, salvo per i
provvedimenti in materia di Via e Vas, si considera assunto
l'assenso dell'amministrazione, anche se preposta alla
tutela paesaggistico territoriale e ambientale, il cui
rappresentante non abbia espresso definitivamente la volontà
dell'amministrazione rappresentata.
Da ultimo, dopo le modifiche del Dl 83/2012, le
amministrazioni che intendono esprimere parere positivo
possono non intervenire alla conferenza di servizi e
trasmettere i propri atti di assenso. Non sarà necessario,
pertanto, che le amministrazioni volta per volta interessate
al procedimento partecipino fisicamente alle riunioni della
conferenza dei servizi inviando un loro rappresentante
autorizzato a esprimere la volontà per l'ente, essendo
sufficiente l'invio tempestivo di un atto d'assenso allo
sportello. Infine la determinazione adottata dalla
conferenza di servizi è, ad ogni effetto, titolo per la
realizzazione dell'intervento.
---------------
La giurisprudenza. Gli orientamenti del
Consiglio di Stato. L'atto finale va impugnato verso tutte
le Pa coinvolte.
I PIANI DI SVILUPPO/ In caso di ristrutturazione degli
impianti industriali l'assenso adottato dagli enti si
traduce in una variante da sottoporre al Comune.
La conferenza dei servizi è uno strumento procedimentale di
semplificazione. Ha lo scopo di far riunire in un unico
luogo, fisico o anche virtuale (conferenza dei servizi
telematica), tutte le amministrazioni che possono essere
interessate, per la tutela degli interessi alla quale sono
preposte, ad esprimere il proprio parere su un procedimento.
Quello che occorre sempre tenere a mente è che, anche quando
viene utilizzato lo strumento della conferenza dei servizi,
da un lato l'amministrazione competente a emettere il
procedimento finale è sempre una, dall'altro che il modulo
procedimentale della conferenza dei servizi non supera la
soggettività delle singole amministrazioni coinvolte nel
procedimento.
La conferenza dei servizi non è pertanto un organo nuovo e
diverso rispetto ai soggetti che vi partecipano, ma
rappresenta solamente un modo operativo col quale queste
prendono coscienza del procedimento in corso ed esprimono il
loro parere sul progetto. E così, nel caso di procedimenti
complessi per il rilascio di titoli edilizi l'autorità
competente sarà sempre una, ossia il Comune, mentre tutte le
altre amministrazioni preposte alla tutela di interessi
diversi hanno l'onere di esprimere il proprio parere sul
progetto per il quale è richiesto il permesso di costruire
nell'ambito della conferenza dei servizi.
Questa è l'impostazione ribadita recentemente dal Consiglio
di Stato, sezione V, con la sentenza del 02.05.2012, n.
2488, secondo il quale «l'utilizzo del modulo
procedimentale della conferenza di servizi, che come tale
non configura un ufficio speciale della pubblica
amministrazione, autonomo rispetto ai soggetti che vi
partecipano, non altera le regole che presiedono, in via
ordinaria e generale, all'individuazione delle autorità
emananti».
Con questa decisione il Consiglio di Stato, oltre a
precisare ancora una volta i caratteri della conferenza dei
servizi, si preoccupa di ribadire che l'impugnazione del
provvedimento finale di assenso o dissenso deliberato in
sede di conferenza dei servizi deve essere impugnato non nei
confronti della «conferenza dei servizi», non
costituendo questa un organo nuovo e distinto dai suoi
partecipanti, bensì nei confronti di tutte le singole
amministrazioni coinvolte.
I caratteri della conferenza dei servizi sono confermati
anche dalla sentenza della IV sezione del Consiglio di Stato
n. 2170 del 16.04.2012, in materia di piani di sviluppo
industriale ex Dpr 447 del 1998, secondo la quale la
ristrutturazione o l'ampliamento degli impianti industriali
sono soggetti a un iter semplificato che si risolve in un
procedimento che, mediante la conferenza di servizi indetta
dal responsabile del procedimento, porta alla formazione di
una proposta di variante sulla quale il consiglio comunale
si pronuncia definitivamente per giungere, con una variante
urbanistica adottata nell'ambito della conferenza di
servizi, alla rapida realizzazione di tali iniziative, anche
quando esse siano in contrasto con gli strumenti urbanistici
in vigore, purché il relativo progetto sia conforme alle
norme in materia ambientale, sanitaria e di sicurezza del
lavoro e lo strumento urbanistico non individui aree
destinate all'insediamento di impianti produttivi o queste
siano insufficienti in relazione al progetto presentato.
---------------
Il caso della Dia. È ancora possibile
rivolgersi all'ufficio.
Allo sportello
unico per l'edilizia, del quale si discuteva l'abolizione
visto l'insuccesso relativo che l'istituto aveva avuto sul
piano pratico –specie se paragonato con lo sportello per le
attività produttive– sono ora attribuiti poteri e competenze
che appaiono idonei a garantire un buon impulso
procedimentale. Questo, pertanto, nelle intenzioni del
legislatore, dovrebbe essere lo strumento di accertamento di
tutte le attività di competenza comunale relative alle
pratiche edilizie, oltre che l'ufficio deputato a dare
impulso al procedimento edilizio.
Tant'è vero che le comunicazioni al richiedente sono
trasmesse esclusivamente dallo sportello unico per
l'edilizia; gli altri uffici comunali e le amministrazioni
pubbliche diverse dal Comune, che sono interessati al
procedimento, non possono trasmettere al richiedente atti
autorizzatori, nulla osta, pareri o atti di consenso, anche
a contenuto negativo, comunque denominati e sono tenuti a
trasmettere immediatamente allo sportello unico per
l'edilizia le denunce, le domande, le segnalazioni, gli atti
e la documentazione ad esse eventualmente presentati,
dandone comunicazione al richiedente.
Viene da chiedersi, a questo punto, se sia ancora possibile,
come avviene oggi nella prassi, che gli interessati si
facciano parte diligente e si rivolgano direttamente alle
amministrazioni interessate per risolvere i profili di
tutela dei valori vincolati, prima di presentare al Comune
il progetto edilizio. A giudicare dalle nuove disposizioni
parrebbe di no, e che il Sue accentri e assorba ogni
competenza. Anche perché secondo il nuovo comma 7-bis
dell'articolo 5 del Dpr 380/2001 «le amministrazioni
pubbliche diverse dal Comune, che sono interessate al
procedimento sono tenute a trasmettere immediatamente allo
sportello unico per l'edilizia le denunce, le domande, le
segnalazioni, gli atti e la documentazione ad esse
eventualmente presentati, dandone comunicazione al
richiedente», con la conseguenza che la domanda di nulla
osta presentata direttamente all'ente competente sarebbe
destinata a tornare in Comune prima ancora di essere
istruita nel merito.
Eppure un'attività preventiva del privato che scegliesse di
rivolgersi alle amministrazioni interessate per ottenerne
l'assenso prima della presentazione del progetto parrebbe
consentita, almeno per gli interventi soggetti a Dia,
dall'articolo 23, Dpr 380/2001, non modificato in parte qua,
laddove consente l'allegazione alla Dia del parere
favorevole dell'amministrazione preposta, ad esempio, alla
tutela paesaggistica e ambientale.
Sempre in termini di accelerazione e semplificazione, il
decreto sviluppo è intervenuto anche sul procedimento di
rilascio del permesso di costruire (articolo 20 Dpr
380/2001) prevedendo che, se entro i 60 giorni non siano
intervenute tutte le intese, i concerti, i nulla osta o gli
assensi, il responsabile dello sportello unico indice la
conferenza di servizi (articolo
Il Sole 24 Ore del 15.10.2012). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Permessi light e sportello unico per i
cantieri. Ampliato il ricorso all'autocertificazione Comuni
attesi alla sfida dei tempi brevi.
Puntuale come ormai succede da un paio d'anni, con l'ultimo
decreto sviluppo arriva anche un pacchetto di
semplificazioni edilizie. Questa volta, però, accanto al
consueto ritocco delle procedure, il Governo gioca la carta
dell'attività amministrativa: lo sportello unico
dell'edilizia, infatti, è destinato a diventare un
front-office universale per cittadini, imprese e
professionisti. Di fatto, i funzionari comunali dovranno
dialogare con tutte le amministrazioni coinvolte –dalle
soprintendenze al genio civile– raccogliendo gli atti e
permessi necessari. E convocando, quando serve, una
conferenza di servizi per accelerare la decisione.
L'attuazione
Tra le righe del Dl 83/2012 (convertito dalla legge 134) si
annida una rivoluzione che potrebbe spazzare via in un solo
colpo tutte le frasi come «non è di nostra competenza»
e «si rivolga a un altro ufficio». Ma tutto dipenderà
dall'attuazione concreta delle nuove regole, che pongono una
sfida organizzativa molto impegnativa a Comuni già sotto
pressione per il blocco del turn-over e il patto di
stabilità.
Il rischio, quindi, è che l'accentramento delle pratiche in
un unico ufficio si traduca in un allungamento dei tempi.
Senza che i cittadini possano rivolgersi alle altre
amministrazioni per procurarsi gli atti o accelerare l'iter.
Proprio per scongiurare questi inconvenienti è stato
assegnato ai Comuni un termine di sei mesi per implementare
le nuove procedure, ed è stato previsto anche un meccanismo
che –in caso di inerzia– consentirà ai cittadini di far
intervenire un funzionario che si "sostituirà" a
quello inadempiente.
Un possibile effetto a doppio taglio è contenuto anche in
un'altra delle novità inserite nel decreto sviluppo, e cioè
l'estensione alla Dia di tutte le autocertificazioni
previste dalla Scia. Il vantaggio è evidente: il
professionista certifica il possesso di tutta una serie di
requisiti e non serve reperire alcuna documentazione. Ma, di
contro, dove le norme sostanziali non sono chiarissime –e
spesso succede– il tecnico è chiamato ad assumersi una
grande responsabilità, sia nei confronti
dell'amministrazione (che potrebbe bloccare i lavori anche
dopo i canonici 30 giorni azionando il potere di autotutela)
sia nei confronti del committente (che potrebbe chiedere il
risarcimento dei danni derivanti da eventuali errori). Non è
un caso, a ben vedere, che poche imprese abbiano scelto il
permesso di costruire con il silenzio-assenso (introdotto un
anno fa dal Dl 70/2011) preferendo invece avere un via
libera esplicito ai lavori.
I vincoli
Tutta da sperimentare è anche la semplificazione nei casi di
interventi in zone vincolate: finora il dialogo preventivo e
informale tra professionista e tecnici della soprintendenza
è servito in molti casi ad avvicinare le parti, a plasmare i
progetti in modo da rendere più facile il parere favorevole
dell'organo di tutela.
Cosa succederà ora che di fatto tecnici e privati saranno "scavalcati"
dallo sportello? L'accentramento riuscirà a garantire la
stessa flessibilità anche di fonte a soprintendenze in
perenne deficit di organico?
Dubbi di non poco conto se si pensa che in alcune regioni
italiane metà del territorio italiano è coperta da un
vincolo, ambientale o paesaggistico. E che dunque
conquistare anche attraverso il dialogo e la flessibilità il
via libera degli enti incaricati della tutela è un passaggio
cruciale per molti interventi edilizi. Insomma: anche per
quest'ultima innovazione normativa occorre quanto meno un
primo periodo di sperimentazione, e magari qualche
chiarimento interpretativo, un po' come è capitato con la
Scia.
Del resto sulle procedure edilizie –dopo le modifiche
normative degli ultimi due anni– resta poco da semplificare:
è ormai notevolmente ampliata l'area dell'edilizia libera,
con il nuovo strumento della comunicazione di inizio
attività che assomiglia da vicino alla Dia ma consente di
iniziare subito i lavori anche per la manutenzione
starordinaria (Dl 40/2011), fino all'ultima deregulation
contenuta proprio nel decreto sviluppo che ha portato in
edilizia libera le modifiche interne e il cambio di
destinazione d'uso dei fabbricati di impresa.
Il tutto in nome di un effetto anticrisi attribuito da
sempre ai lavori edili. Ma al di là delle semplificazioni di
procedure e organizzative, una forte spinta adesso è attesa
dai robusti incentivi fiscali, cioè da quel 50% di
detrazione sulle spese di ristrutturazione fino a 96mila
euro che proprio il decreto sviluppo ha portato con sé, a
partire dal 26 giugno scorso e fino al 30.06.2013 (articolo
Il Sole 24 Ore del 17.09.2012). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Il nuovo front-office accentra le
pratiche di tutti gli altri enti. Lo sportello comunale
«dialoga» con le amministrazioni pubbliche.
PRO E CONTRO/ I cittadini ora hanno un solo referente ma se
servono i pareri di soggetti diversi i tempi si allungano.
Lo sportello unico per l'edilizia (Sue) accentra tutti i
rapporti tra cittadino e pubblica amministrazione in merito
a permessi e assensi edili, senza che sia più possibile con
le modifiche introdotte dal Dl 83/2012 bypassarlo, ottenendo
da altri uffici documentazione, informazioni o permessi,
comunque definiti.
Con «tutti i rapporti» si intende davvero tutti,
fatta l'unica eccezione di quelli di competenza di un altro
sportello unico, quello delle attività produttive (Suap),
che può a buon diritto entrare in gioco quando, insieme a
opere edili propriamente dette, occorre ottenere assensi in
merito all'apertura, alla cessazione, localizzazione,
trasformazione, ristrutturazione, riconversione,
ampliamento, trasferimento di un'attività produttiva o di
servizi.
Gli sportelli unici –da attivare entro il 12.02.2013– posso
essere aperti dai Comuni, soprattutto se di piccole
dimensioni, anche in forma associata, per diminuire i costi
e razionalizzare il servizio.
Le funzioni dello sportello unico, così come ridisegnato dal
Dl 83 sono le seguenti:
- ricevere tutte le comunicazioni o le domande relative al
l'attività edilizia (comunicazioni con o senza relazione
asseverata, segnalazioni di inizio attività, denunce di
inizio attività, permessi di costruire, certificati di
agibilità) ivi comprese quella relative alle opere per le
fonti rinnovabili di energia (fatta eccezione per
l'autorizzazione unica che è curata dalla Regione o dalle
province da essa delegate con procedimenti assai simili a
quelli previsti per gli sportelli unici comunali);
- rilasciare tutti i permessi e gli assensi relativi;
- fornire informazioni del tutto gratuite in merito al
l'iter delle pratiche, alle normative d riferimento, ai
documenti e provvedimenti amministrativi;
- essere tramite obbligatorio tra il privato e tutte le
amministrazioni pubbliche chiamate a pronunciarsi
sull'intervento edilizio, richiedendo a tali amministrazioni
gli atti di assenso, comunque denominati, necessari per
realizzare le opere, direttamente (se possibile) o anche
tramite le cosiddette conferenze di servizi (si veda
l'articolo in pagina).
Il tipo e il numero di assensi integrativi che possono
essere necessari sono riportati nella tabella pubblicata a
fianco: si tratta di un elenco molto nutrito, più
dettagliato di quello riportato nel Testo unico
dell'edilizia (Dpr 380/2011), ma che non esaurisce tutte le
possibilità.
In buona sostanza gli sportelli unici sono nati per offrire
un solo referente al cittadino, dando un colpo di spugna
alla vecchia prassi dello "scaricabarile" tra le diverse
amministrazioni coinvolte in un intervento edile e fornendo
tempi certi per l'esame delle pratiche. Ai sensi della legge
241/1990, anzi, il cittadino deve essere informato di chi,
al l'interno del Sue, è «responsabile del procedimento»,
fornendo le informazioni base per potersi mettere in
contatto (per esempio, telefono,indirizzo ed e-mail): quindi
il rapporto non è con un'entità astratta (il Sue) ma con una
persona ben definita.
Il Testo unico privilegia comunque espressamente sia l'invio
delle domande da parte dei cittadini che l'acquisizione di
pareri e assensi per via telematica. Qualora sia possibile,
lo sportello unico raccoglie pareri, autorizzazioni o
documenti direttamente dalla diversa amministrazione
competente. Se non riesce a riceverli entro 30 giorni,
oppure entro lo stesso termine una della amministrazioni
esprime il suo dissenso, o il tipo di opere lo prevede
comunque (interventi di particolare complessità, opere
pubbliche, necessità della valutazione di impatto
ambientale), lo sportello convoca la conferenza di servizi.
Anch'essa può svolgersi per via telematica, ma, ovviamente,
l'iter della pratica finirà per prolungarsi.
---------------
IN PRATICA
Il divieto di chiedere atti già in possesso
della Pa
In base all'articolo 9-bis del Testo unico dell'edilizia (Dpr
380/2001), introdotto dalla legge di conversione del Dl
83/2012, ai fini della presentazione, rilascio o formazione
dei titoli abilitativi previsti dal Testo unico, la pubblica
amministrazione è tenuta «ad acquisire d'ufficio i
documenti, le informazioni e i dati, compresi quelli
catastali, che siano in possesso delle pubbliche
amministrazioni», senza possibilità di «richiedere
attestazioni, comunque denominate, o perizie sulla
veridicità e sull'autenticità di tali documenti,
informazioni e dati».
L'acquisizione del nulla-osta paesaggistico
I compiti di acquisizione indicati in precedenza sono
riferibili allo sportello unico per l'edilizia (Sue), al
quale
l'attuale formulazione dell'articolo 5 del Testo unico
assegna anche il compito di acquisire –direttamente o
tramite conferenza di servizi– tutti gli atti di assenso,
comunque denominati, necessari ai fini della realizzazione
dell'intervento, tra cui quelli per eseguire interventi
edilizi su immobili assoggettati a vincolo storico-artistico
o paesaggistico ai sensi del Dlgs 42/2004, «fermo
restando che, in caso di dissenso manifestato
dall'amministrazione preposta alla tutela dei beni
culturali, si procede ai sensi del medesimo codice».
Il rinvio, quindi, è all'articolo 25 del codice del 2004
–che a sua volta richiama l'istituto della conferenza di
servizi– e riguarda unicamente quelli assoggettati a vincolo
storico-artistico, poiché la norma utilizza il termine «beni
culturali» e non «patrimonio culturale», così
escludendo i «beni paesaggistici», che ne sono una
delle due distinte componenti, ai sensi dell'articolo 2 del
medesimo codice. La sostanza, tuttavia, non cambia, poiché
anche nel caso del nulla-osta paesaggistico, se non
direttamente acquisito dal Sue, dovrà farsi ricorso alla
conferenza di servizi, che questo ufficio, come in passato,
è tenuto ad indire.
L'orientamento del Consiglio di Stato
Sul punto va peraltro segnalata la recente sentenza del
Consiglio di Stato 4312/2012, contenente specifici rilievi
sui poteri del Sue. La pronuncia richiama innanzitutto il
consolidato indirizzo giurisprudenziale (tra le tante,
Consiglio di Stato, 6878/2011) secondo cui il procedimento
per il rilascio del permesso di costruire e quello per il
nulla-osta di compatibilità paesaggistica dell'intervento,
ancorché connessi, sono due procedimenti distinti, avendo a
oggetto la tutela di beni diversi ed essendo articolati
sulla base di competenze diverse.
Se ne fa conseguire che l'articolo 5 del Dpr 380/2001,
nell'assegnare al Sue l'acquisizione di tutti gli «atti
di assenso, comunque denominati, necessari ai fini della
realizzazione dell'intervento edilizio», si riferisce ai
soli pareri e nulla-osta endoprocedimentali volti al
rilascio del permesso di costruire, ma non può estendersi
anche a un'autorizzazione diversa ed esterna rispetto a tale
procedimento, quale è l'autorizzazione paesaggistica
eventualmente richiesta per l'esecuzione dell'intervento.
Tale orientamento, espresso dai giudici di Palazzo Spada
pochi giorni prima della pubblicazione della legge 134/2012,
andrà oggi rimeditato, alla luce della esclusività delle
funzioni assegnate al Sue (articolo
Il Sole 24 Ore del 17.09.2012). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Il catalogo degli interventi/ L'edilizia
libera guadagna spazio. Senza titoli abilitativi anche i
lavori interni e i cambi d'uso sui capannoni.
TEMPI RAPIDI/ In tutti i casi diversi da permesso di
costruire e denuncia d'inizio attività il proprietario può
avviare subito il cantiere.
All'insegna della semplificazione, la disciplina dei titoli
edilizi cambia ancora nello sforzo di agevolare la ripresa
economica. In sede di conversione del decreto legge 83/2012
(da parte della legge 134) sono stati ulteriormente
modificati l'iter per il rilascio del permesso di costruire
e il novero degli interventi realizzabili con comunicazione
di inizio attività (Cia), ai sensi dell'articolo 6 del Testo
unico in materia edilizia, Dpr 380/2001.
Per quanto attiene al permesso di costruire, è ora previsto
che se entro 60 giorni dalla presentazione della domanda non
siano intervenuti gli assensi eventualmente necessari da
parte delle altre amministrazioni (o se sia intervenuto il
dissenso di una o più amministrazioni), il responsabile
dello sportello unico indica una conferenza di servizi.
In tema di Cia, sono invece state assoggettate a
comunicazione anche le «modifiche interne di carattere
edilizio sulla superficie coperta dei fabbricati adibiti ad
esercizio d'impresa, ovvero le modifiche della destinazione
d'uso dei locali adibiti ad esercizio d'impresa».
Anche per queste opere, così come per gli interventi di
manutenzione straordinaria, l'interessato, insieme alla
comunicazione, dovrà però trasmettere i dati dell'impresa e
una relazione tecnica che attesti la conformità agli
strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi, oltre a una
dichiarazione riguardo alla non necessità di titolo
abilitativo.
La riforma si pone del solco delle precedenti che hanno
complessivamente delineato cinque distinti modelli
abilitativi, ciascuno corrispondente a determinate categorie
di interventi edilizi:
- l'attività edilizia libera, attuabile senza alcuna
formalità;
- l'attività soggetta a Cia (asseverata in caso di
manutenzione straordinaria e modifiche interne o funzionali
a fabbricati d'impresa), realizzabile previa comunicazione;
- l'attività soggetta a segnalazione certificata di inizio
attività (Scia), anch'essa eseguibile contestualmente alla
presentazione della prevista documentazione e soggetta ad
eventuale inibitoria comunale entro 30 giorni;
- l'attività soggetta a denuncia di inizio attività (Dia),
realizzabile decorsi 30 giorni dalla presentazione del
relativo modello;
- le opere subordinate a rilascio di permesso di costruire,
espresso o ottenuto mediante silenzio-assenso.
Nel novero dell'attività edilizia libera ricadono la
manutenzione ordinaria, gli interventi per l'eliminazione di
barriere architettoniche che non alterino la sagoma
dell'edificio, le opere temporanee per ricerca nel
sottosuolo, i movimenti di terra pertinenti all'attività
agricola e le pratiche agro-silvo-pastorali ed, infine, le
serre mobili stagionali, non in muratura.
Sono, invece, soggetti a Cia gli interventi di manutenzione
straordinaria (sempre che non riguardino parti strutturali,
non comportino aumento delle unità immobiliari e non
implichino incremento dei parametri urbanistici); le opere
per esigenze contingenti (destinate ad esser rimosse
comunque entro novanta giorni); le opere di pavimentazione e
di finitura di spazi esterni; l'installazione di pannelli
solari, fotovoltaici, al di fuori delle zona omogenee A); le
aree ludiche senza fini di lucro e gli elementi di arredo
delle aree pertinenziali ed infine, come visto, le modifiche
edilizie interne e quelle funzionali dei fabbricati adibiti
ad esercizio d'impresa.
Il rilascio del permesso di costruire permane per le
attività edilizie più rilevanti ed, in particolare per:
- interventi di nuova costruzione;
- interventi di ristrutturazione urbanistica;
- interventi di ristrutturazione edilizia "maggiori", cioè
che portino a un organismo edilizio diverso dal precedente e
che comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del
volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici, o che
–solo per gli immobili compresi nelle zone A (centri
storici)– comportino cambi d'uso.
Infine, quali modelli residuali restano la Scia e la Dia. La
Scia è prevista in relazione agli interventi non
qualificabili né come attività edilizia libera, né come
attività soggetta a permesso di costruire o a Cia (come, ad
esempio, per gli interventi di restauro o di risanamento
conservativo e le ristrutturazioni cosiddette "minori")
e per le varianti a permessi di costruire che non incidano
sui parametri urbanistici e sulle volumetrie, non
modifichino la destinazione d'uso e la categoria edilizia,
non alterino la sagoma e non violino le prescrizioni del
permesso di costruire.
La Dia è ancora prevista (come chiarito all'articolo 5,
comma 2, lettera c) del Dl 70/2011) nelle fattispecie in cui
essa si configuri quale alternativa al permesso di costruire
–la cosiddetta Super-Dia– cioè relativamente alle
ristrutturazioni edilizie maggiori, agli interventi di nuova
costruzione o di ristrutturazione urbanistica disciplinati
da piani attuativi con precise disposizioni
plano-volumetriche e per le nuove costruzioni in esecuzione
di strumenti urbanistici generali recanti precise
disposizioni plano-volumetriche. Rimangono altresì soggetti
a Dia, gli interventi per i quali tale strumento sia stato
previsto dalle Regioni in base all'articolo 22, comma 4 del
Testo unico dell'edilizia.
Un'altra novità (si veda l'articolo a fianco in basso) è
l'estensione alla Dia del principio di "autocertificazione"
già previsto con l'introduzione della Scia. Il Governo, in
particolare, rilevando che le leggi regionali prevedono per
analoghi interventi Dia o Scia in termini spesso confusi e
alternativi, ha espressamente inteso rimettere ordine
quantomeno procedimentale, dettando regole di
semplificazione analoghe.
---------------
LE RICADUTE
1 - REGIONI E COMUNI - La Consulta boccia
le modifiche locali
Il quadro
normativo statale può dirsi definito, ma quale spazio resta
alle Regioni e ai Comuni per differenziare la disciplina
delle costruzioni rispetto alle nuove semplificazioni?
Davvero poco a detta della Corte Costituzionale che, con la
decisione n. 164 dello scorso 4 luglio, ha stabilito che la
Pa presta un "servizio" ai cittadini mentre evade le
pratiche edilizie (attraverso l'istruttoria, il rilascio o
il diniego dei titoli edificatori, l'esercizio o il mancato
esercizio della potestà inibitoria rispetto alle Dia e alle
Scia degli interessati).
Secondo la Corte, il legislatore statale può legittimamente
ritenere opportuno che il servizio, ora di esclusiva
competenza dello sportello unico sia assicurato in termini
omogenei su tutto il territorio nazionale, determinando i
livelli essenziali delle prestazioni in relazione ai diritti
civili e sociali (articolo 117, comma 2, lettera m) della
Costituzione).
Se dunque il legislatore nazionale ritiene –come ha fatto–
che le nuove semplificazioni edilizie siano necessarie per
assicurare a tutti il godimento di prestazioni garantite,
ecco che per la Consulta la legislazione regionale non può
introdurre limitazioni o condizioni che possano appesantire
l'esercizio dello ius aedificandi (si vedano le
sentenze 322/2009 e 282/2002). Alle Regioni non resta dunque
che prendere atto delle nuove disposizioni in materia di
formazione dei titoli edilizi.
Discorso solo leggermente diverso va fatto rispetto alla
documentazione da allegare a Dia, Scia, comunicazioni e
domande in genere. Le amministrazioni sono ora tenute ad
acquisire d'ufficio i documenti, le informazioni e i dati
che siano in possesso della Pa. Mentre resta fermo che le
Regioni e, a maggior ragione, i Comuni non possono stabilire
regole differenti rispetto alle modalità di reperimento e
messa a disposizione degli allegati progettuali, i
regolamenti comunali restano pienamente titolati a stabilire
quali atti e rappresentazioni (tavole progettuali, tabelle
quantificative, rendering architettonici, relazioni
illustrative) debbano essere prodotti o acquisiti. Certo, le
richieste non possono mai essere ingiustificatamente onerose
o illogiche, nel qual caso l'interessato può rivolgersi al
Tar per impugnare le indebite richieste, le norme
regolamentari che le prevedessero e l'eventuale diniego del
titolo edilizio o l'ordine di fermare i lavori.
---------------
2 - RAPPORTI CON LA PA - Più oneri ai
privati con la nuova Dia
La Dia come la
Scia, almeno dal punto di vista delle autocertificazioni. Il
nuovo comma 1-bis dell'articolo 23 del Testo unico prevede
che –anche per la Dia– quando è prevista l'acquisizione di «atti
o pareri» di organi o enti o l'esecuzione di «verifiche
preventive», tali atti, pareri e verifiche siano
sostituiti da autocertificazioni, attestazioni e
asseverazioni o certificazioni di tecnici abilitati. Resta
fermo il potere della Pa di verificare la correttezza delle
valutazioni dei tecnici. La misura –che non si applica a
vincoli ambientali, paesaggistici o culturali e agli atti
delle amministrazioni preposte alla tutela di altri
interessi preminenti– se rafforza la posizione del privato
nella dialettica con la Pa in qualche misura ne appesantisce
la posizione, in quanto l'interessato deve ora farsi carico
dell'assunzione di ulteriori responsabilità e spese
tecnico-professionali.
Per contro, la nuova funzione di controllo rispetto alle
attestazioni del privato può essere più rischiosa per la Pa
in termini di danni da risarcire qualora, nonostante le
attestazioni di conformità predisposte dal privato, sia
disposto un ordine di non eseguire i lavori, poi ritenuto
illegittimo dal Tar.
La giustizia amministrativa ha già evidenziato che, a
seguito dell'annullamento di un provvedimento inibitorio, la
Pa ha il potere di verificare di nuovo la sussistenza dei
requisiti per l'esercizio dell'attività costruttiva, ma è
responsabile dei danni causati dalla sospensione illegittima
dei lavori (Tar Milano Lombardia, sez. II, 5901/2011 e
1092/2010).
Per ottenere la condanna della Pa, il danneggiato può
limitarsi a invocare l'illegittimità dell'atto quale indice
presuntivo di colpa. Spetterà, per contro, alla Pa
dimostrare che si è trattato di un «errore scusabile» o che
comunque non fosse esigibile una alternativa condotta lecita
(Consiglio di Stato, sez. IV, 483/2012). A fronte di un
provvedimento inibitorio illegittimo, mediante il quale
siano state confutate considerazioni tecniche, poi giudicate
corrette e conformi alla legge, il Comune difficilmente
potrà sostenere di essere ricaduto in un errore scusabile e
che una diversa valutazione non fosse possibile (articolo
Il Sole 24 Ore del 17.09.2012). |
EDILIZIA
PRIVATA:
La vigilanza/ Al Comune 30 giorni per
bloccare i lavori. Ma lo stop è sempre possibile per gravi
motivi.
L'AUTOTUTELA/ Scaduto il termine per le verifiche l'ente può
intervenire per garantire il bene primario della tutela del
territorio.
Anche di fronte a interventi realizzati in edilizia libera o
con una semplice comunicazione o segnalazione di inizio
attività, senza quindi un esplicito controllo e assenso del
Comune, all'ente locale restano dei poteri di intervento di
fronte a opere illegittime. Ma come può il Comune
intervenire quando l'intervento edilizio è già partito?
Una risposta si può certamente ricavare dalla sentenza
188/2012, con cui la Corte costituzionale, dando una
interpretazione autentica del l'articolo 19 della legge
241/1990, ha definito l'ambito dei poteri di intervento
delle amministrazioni.
La Regione Emilia Romagna aveva paventato l'illegittimità
costituzionale della norma se interpretata nel senso che,
decorso il termine di 30 giorni concesso dal comma 3 per
inibire la prosecuzione dell'attività e non ricorrendo
nessuna delle ipotesi tassative indicate dal comma 4,
all'amministrazione fosse preclusa la repressione di abusi
edilizi esercitando il potere di autotutela.
Secondo la Consulta, l'articolo 19 può e deve essere letto
nel senso che il decorso del termine di legge non esclude
affatto il ricorso all'autotutela previsto dal comma 3, il
quale si aggiunge alla ulteriore potestà di intervento
configurata dal comma 4, esercitabile «in caso di pericolo
di danno per gli interessi ivi indicati».
L'esame della disposizione, infatti, deve essere effettuato
inserendola «nel più ampio contesto costituito dalla
configurazione normativa dei poteri amministrativi di
repressione dell'abuso edilizio con cui il legislatore ha
inteso accompagnare e completare la riforma dei titoli
abilitativi all'edificazione, culminata con l'introduzione
della segnalazione certificata di inizio attività».
La sentenza evidenzia come proprio il rilevante interesse
costituzionale di garantire un armonico sviluppo del
territorio e preservarne l'integrità, abbia indotto il
legislatore ad introdurre «un rimedio che, per i casi di
più grave sacrificio del bene pubblico, possa consentire di
superare l'affidamento ingenerato dalla Scia».
Negli stessi termini si è espressa di recente anche la
giurisprudenza di merito. Il Tar Emilia Romagna (sezione di
Bologna sentenza 272/2912), ha evidenziato come
indipendentemente dalla natura giuridica della Dia (o della
Scia), il mancato rispetto del termine di legge di 30 giorni
«comporta la definitiva preclusione dell'esercizio del
potere vincolato di controllo inibitorio potendo venire in
rilievo soltanto il discrezionale potere di autotutela».
Questo sarebbe «l'unico concreto vantaggio per il
privato, in termini di tempestività del l'azione
amministrativa e conseguentemente di certezza e di
affidamento, che ha indotto il legislatore a sottoporre
alcuni interventi edilizi alla più snella disciplina della
Dia in luogo del procedimento necessario, per altri
interventi edilizi più rilevanti, di un titolo abilitativo
espresso».
Alla luce di tali pronunce è quindi possibile individuare
distinte possibilità di intervento per la Dia e per la Scia
in materia edilizia:
- il potere inibitorio di carattere generale, esercitabile
nel termine di 30 giorni (articolo 19, commi 3 e 6-bis,
legge 241/1990, e articolo 23, comma 6, del Testo unico), in
caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti
per l'avvio dell'attività, salva la possibilità per il
privato di conformarsi alle previsioni di legge;
- la specifica potestà di intervento contemplata
dall'articolo 19, comma 4, esercitabile anche dopo il
decorso del termine di 30 giorni, ma unicamente nel caso di
pericolo di danno per:
- il patrimonio artistico e culturale;
- l'ambiente;
- la salute ;
- la sicurezza pubblica;
- la difesa nazionale;
sempre con possibilità di conformazione dell'attività dei
privati alla normativa vigente;
- il generale potere di autotutela, anche questo
esercitabile dopo lo scadere dei 30 giorni e nel rispetto
dei presupposti indicati agli articoli 21-quinquies e
21-nonies della legge 241/1990, quindi, nel caso di
annullamento di ufficio, comunque entro un termine
ragionevole.
A tali poteri, inoltre, andrebbero aggiunte le possibilità
di intervento previste dall'articolo 27 del Testo unico,
visto l'esplicito richiamo dell'articolo 19, comma 6-bis
alle disposizioni relative alla vigilanza sull'attività
urbanistico-edilizia, alle responsabilità e alle sanzioni di
cui al Dpr 380/2001 e alle leggi regionali in materia.
La vigilanza e il potere di autotutela sono senz'altro
esercitabili anche nelle ipotesi di attività di edilizia
libera, laddove questa non risulti rispettosa dei parametri
indicati dall'articolo 6 del Testo unico.
---------------
LE SANZIONI
1 - I TERZI - Il vicino può chiedere alla
Pa di fermare la Scia o la Dia
Contro la
presentazione di una Dia o una Scia, ritenute dal terzo
contrarie alla legge, il regime della tutela giurisdizionale
è oggi contenuto nell'articolo 19, legge 241/1990. La norma,
al comma 6-ter, esclude innanzitutto che la Dia e la Scia
siano provvedimenti amministrativi taciti direttamente
impugnabili, aderendo in tal modo alle conclusioni cui era
giunta l'adunanza plenaria del Consiglio di Stato con la
sentenza n. 15/2011, salvo poi discostarsene per ciò che
attiene alle forme di tutela giurisdizionale.
Il secondo periodo dello stesso comma stabilisce infatti che
i terzi possano solo sollecitare l'esercizio delle verifiche
spettanti all'amministrazione e, in caso di inerzia, sia
loro consentita «esclusivamente», la proposizione
dell'azione prevista dall'articolo 31 del Dlgs 104/2010,
cioè l'azione contro il silenzio della Pa.
Secondo la giurisprudenza (da ultimo Tar Lombardia-Milano
1075/2012), la "sollecitazione" dei poteri di
verifica della Pa da parte del terzo non può essere una
generica denuncia di eventuali abusi edilizi e, anche se non
necessita di formule specifiche, deve comunque possedere
alcuni requisiti minimi, atti a garantire la serietà
dell'istanza e a delineare un obbligo di provvedere. Tra
questi la forma scritta, l'indicazione, almeno sommaria,
della lamentata illegittimità delle opere edilizie e la
richiesta di esercizio del potere/dovere di verifica e di
eventuale repressione dell'abuso. Se questo tipo di istanza
rimane inascoltata potrà configurarsi il
silenzio-inadempimento impugnabile.
A fronte della più restrittiva ipotesi normativa, il
Consiglio di Stato (Sez. IV, 4255/2012 e 6614/2011) ammette
più ampie forme di tutela del terzo, sempre traendo spunto
dalla pronuncia 15/2011, secondo cui Scia e Dia sono
dichiarazioni imputabili a manifestazione di volontà privata
dalla quale scaturisce un procedimento doveroso di verifica
che, in assenza di requisiti per l'avvio o la continuazione
dell'attività, si conclude con un diniego espresso o tacito
di adozione del provvedimento inibitorio.
Il terzo, a tutela del proprio interesse pretensivo al
corretto esercizio della potestà di verifica e controllo,
potrà proporre l'azione di annullamento dell'atto (espresso
o tacito) di diniego di adozione del provvedimento
inibitorio, entro l'usuale termine di impugnazione,
decorrente dalla piena conoscenza dell'atto lesivo (cioè la
percezione dell'esistenza di un provvedimento e degli
aspetti che ne rendono evidente la lesività della sfera
giuridica del potenziale ricorrente, in modo da rendere
percepibile l'attualità dell'interesse ad agire). Inoltre,
congiuntamente o separatamente, potrà proporre l'azione di
adempimento dell'obbligo dell'amministrazione di adottare i
provvedimenti interdittivi o restrittivi, da esercitare
comunque nel termine di un anno previsto dall'articolo 31,
comma 3, Dlgs 104/2010, per l'azione avverso il silenzio.
---------------
2 - I PROFESSIONISTI - Per i tecnici
aumentano responsabilità e sanzioni
Procedure snelle
aggravano la responsabilità dei professionisti. Con lo
sportello unico dell'edilizia ai tecnici è chiesta una
collaborazione di tipo sostitutivo nei confronti della Pa,
ma è una collaborazione rischiosa. In materia edilizia, chi
costruisce deve asseverare (cioè dichiarare, assumendosene
la responsabilità) che le opere da realizzare siano conformi
agli strumenti urbanistici, ai regolamenti edilizi e alle
leggi.
In caso di errore, il professionista risponde al committente
(se emergono danni o ritardi), verso l'amministrazione (per
i reati di falso, in base agli articoli 359 e 481 del Codice
penale), nonché verso l'ordine professionale (per le
sanzioni disciplinari).
Tutto ciò secondo un principio di gradualità che oscilla
dalla colpa lieve a quella grave, secondo una scansione che
valuta le difficoltà di accesso e comprensione dei dati
(norme di piano, circolari, prassi), la prestazione
richiesta (di routine oppure originale), i tempi e modi di
esecuzione dell'incarico. I casi più gravi sono quelli in
cui il tecnico espone una dolosa rappresentazione della
realtà (ad esempio, non rappresenta una distanza che andava
rispettata). È invece esclusa la responsabilità del
professionista che, non avendo una conoscenza diretta, è
indotto in errore dal comportamento del privato (ad esempio,
circa l'epoca di costruzione di un manufatto): in tal caso è
il privato a rispondere della stessa pena cui andrebbe
incontro il professionista nell'attività di attestazione.
L'errore professionale (commesso cioè senza dolo) genera
responsabilità se non è scusabile: il tecnico risponde, come
tutti i professionisti, anche per colpa lieve cioè per
errori dovuti a leggerezza o generica trascuratezza. Solo
nel caso in cui emergano particolari difficoltà
nell'espletamento dell'incarico, il professionista vede
alleviata la propria responsabilità, rispondendo solo per
colpa grave, cioè per grave ed inescusabile violazione di
principi o prassi consolidate.
È in ogni caso dovere del professionista rivolgersi a uno
specialista se emergono speciali difficoltà. Se il
professionista di media capacità non lo fa, risponde per
colpa lieve anche se la prestazione da lui svolta è di
particolare difficoltà.
La lettura dei piani urbanistici non è ritenuta di elevata
difficoltà e nei casi dubbi il tecnico potrà allegare
all'asseverazione un foglio illustrativo che chiarisca il
ragionamento adottato.
---------------
3 - IMPIEGATI PUBBLICI - I funzionari in
ritardo rischiano di pagare i danni
Se lo sportello
unico non ritiene che le dichiarazioni indirizzategli siano
utili o sufficientemente chiare, può chiedere integrazioni,
e nei casi più rilevanti inviare una comunicazione di
preavviso di archiviazione della pratica: questo è previsto
dall'articolo 10-bis della legge 241/1990, affinché il
privato interessato possa effettuare rettifica o cercare di
convincere della validità della propria dichiarazione.
Se lo sportello dubita del contenuto della dichiarazione non
può chiedere ulteriori attestazioni o perizie (articolo
9-bis, Dpr 380/2001) ma se ritiene che la dichiarazione non
sia corrispondente al vero, può segnalare la circostanza
all'autorità giudiziaria (articolo 19, comma 6, legge
241/1990, articoli 359 e 481 del Codice penale).
Se il funzionario incaricato della pratica presso lo
sportello ritarda indebitamente la procedura, vi sono rischi
di risarcimento danni e conseguenze di carriera a carico del
funzionario stesso.
Ma perché il privato ottenga il risarcimento danni occorre
dimostrare che il ritardo ha frenato un procedimento che
sicuramente sarebbe giunto a risultati favorevoli. Se, al
contrario, una procedura tempestiva sarebbe stata inutile
perché non avrebbe comunque condotto ad un provvedimento
favorevole per il privato, non è possibile chiedere il
risarcimento per i danni causati dal mero ritardo (Consiglio
di Stato sentenza 2535/2012). Se il ritardo non è
giustificato, si possono chiedere i danni sia commerciali
(il ritardo nella vendita di un bene, la perdita di
occasioni) sia i danni biologici (affanni, ansia,
depressione, problemi neurologici): ad esempio, il Consiglio
di Stato (sentenza 1271/2011) ha riconosciuto un indennizzo
di 11mila euro per danni biologici e 44mila per danni
economici conseguenti ad un ritardo di due anni nel rilascio
di un permesso di costruire.
In proprio, il pubblico dipendente che omette o ritarda atti
rischia danni alla carriera (articolo 2, comma 9, della
legge 241/1990, articolo 72, comma 3, Dpr 445/2000) cioè
valutazioni negative di performance, oltre a responsabilità
disciplinari e amministrativo contabili.
In particolare il decreto sviluppo (Dl 83/2012) impone al
Comune, in caso di inerzia del responsabile del procedimento
di individuare (e pubblicare sul sito) il soggetto a cui
attribuire poteri sostitutivi che dovrà sbloccare la pratica
nella metà del tempo originariamente previsto e segnalare il
dipendente inadempiente all'ufficio per i provvedimenti
disciplinari.
---------------
DOMANDE E RISPOSTE
1 - Documenti dal privato
Il professionista può raccogliere i pareri di varie
amministrazioni prima di rivolgersi allo sportello unico
comunale, oppure deve attender che la raccolta dei vari
pareri avvenga attraverso il Comune?
Se il privato ha interesse ad ottenere una Dia invece di una
Scia, o un permesso di costruire invece di una Dia, può
scegliere la strada più articolata (ad esempio, per meglio
presentarsi a terzi acquirenti o a banche finanziatrici).
Chiedendo una Dia, si rinuncia ai vantaggi di rapidità della
Scia ma si riesce ad evitare l'obbligo di utilizzare lo
sportello unico comunale e quindi si possono raccogliere
dalla Soprintendenza o dalla Regione i pareri ambientali o,
ad esempio, sulla normativa antisismica (articolo 23, comma
4, Dpr 380/2001).
2 - Il «no» come ultima ratio
Lo sportello unico del Comune può rifiutare alcuni documenti
forniti dal cittadino o dal professionista?
Un rifiuto immotivato, un respingimento dell'utente per
incompletezza della domanda, non è previsto, né, tutto
sommato, necessario. Domande incomplete o incomprensibili
possono essere archiviate dopo aver informato l'utente con
un motivato preavviso di archiviazione a norma dell'articolo
10-bis della legge 241/1990, dando cioè un termine per
regolarizzare.
L'accentramento di varie attività nello sportello unico
consentirà ai professionisti di seguire la pratica
all'interno dell'ufficio con maggiore facilità. Anzi è
auspicabile che lo sportello adotti protocolli di buona
prassi, unificando la trattazione di domande analoghe (articolo
Il Sole 24 Ore del 17.09.2012 - tratto da
www.ecostampa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Fondazione De Iure Publico,
EDILIZIA, UNO SPORTELLO SEMPRE PIÙ "UNICO” (Geometra
Orobico n. 4/2012). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Decreto sviluppo. L'obiettivo delle
nuove norme è creare un'interfaccia «globale» che dialoghi
con cittadini e professionisti.
Front-office unico per l'edilizia. Lo sportello comunale
dovrà ottenere tutti gli assensi dalle altre Pa coinvolte.
LE CRITICITÀ/ L'allargamento delle competenze pone una sfida
organizzativa non trascurabile a molte realtà locali.
Varie sono le novità, formali e sostanziali, che l'articolo
13 della legge 134/2012, di conversione del decreto sviluppo
83/2012, ha apportato alla disciplina dello sportello unico
per l'edilizia (Sue), del quale sono ridefinite e rafforzate
le funzioni, sia nei confronti del cittadino, che delle
altre amministrazioni. Il fatto che lo sportello debba
acquisire direttamente gli atti di assenso dalle altre
amministrazioni, comunque, porrà anche una sfida
organizzativa di non poco conto per molti uffici, chiamati
ad attrezzarsi per affrontare le nuove incombenze, senza
però poter contare su maggiori risorse.
All'articolo 5 del Dpr 380/2001 viene innanzitutto aggiunto
il comma 1-bis, in forza del quale il Sue costituisce da
oggi il solo front-office per il privato, essendo «l'unico
punto di accesso» al quale il soggetto interessato da
una pratica dovrà rivolgersi «in relazione a tutte le
vicende amministrative riguardanti il titolo abilitativo e
l'intervento edilizio oggetto dello stesso».
A rimarcare la peculiarità della funzione svolta dal Sue, lo
stesso comma stabilisce inoltre che sia questo l'ufficio
tenuto a fornire al cittadino una «tempestiva risposta»
alle sue istanze «in luogo di tutte le pubbliche
amministrazioni», che possono essere a vario titolo
coinvolte nel procedimento. A questo fine, ricalcando le
previsioni relative al responsabile del procedimento
(articolo 6, legge 241/1990), la norma dispone che il Sue,
anche attraverso l'indizione di conferenza di servizi, debba
acquisire gli atti di assenso eventualmente necessari e che
debbano essere rilasciati dalle Pa preposte alla tutela
ambientale, paesaggistico-territoriale e storico-artistica o
alla tutela della salute e della pubblica incolumità.
Il comma lascia comunque espressamente inalterate le
competenze dello sportello unico per le attività produttive,
così come definite dal regolamento approvato col Dpr
160/2010.
Viene aggiunto anche il comma 1-ter, che ribadisce l'unicità
delle attribuzioni del Sue, che diviene l'unico ufficio
competente a intrattenere rapporti col soggetto interessato
e a trasmettergli qualunque comunicazione.
Ogni altro ufficio comunale o Pa interessata dal
procedimento dovrà inoltrare «immediatamente» al Sue
eventuali atti autorizzatori, nulla osta, pareri o atti di
consenso, anche a contenuto negativo, comunque denominati,
senza avere rapporti diretti col cittadino, al quale dovrà
in ogni caso comunicare di avere trasmesso allo sportello la
documentazione che lo interessa.
Ulteriori modifiche riguardano l'abrogazione del comma 4, i
cui contenuti vengono in parte trasfusi nel nuovo comma 3,
che ridefinisce l'attività istruttoria dell'ufficio e tende
a escludere qualunque obbligo di produzione di certificati
da parte del cittadino, in coerenza con le disposizioni in
tema di decertificazione; finalità rimarcata anche dalle
modifiche introdotte all'articolo 20, comma 3, ove non si
prevede più che il richiedente possa autonomamente allegare
alla domanda per il rilascio del permesso di costruire
pareri o altri atti di assenso.
Spetta dunque unicamente allo sportello l'acquisizione
–diretta o tramite conferenza di servizi– degli atti di
assenso, comunque denominati, necessari alla realizzazione
dell'intervento edilizio.
Tra questi, oltre ai pareri della Asl e dei Vigili del
fuoco, già previsti dalle lettere a) e b) dell'originario
comma 3, vengono ricompresi quelli delle nuove lettere da c)
a m), che ricalcano le previsioni contenute nelle lettere da
a) a i) del soppresso quarto comma.
In particolare, sarà compito del Sue acquisire: dagli uffici
tecnici regionali le autorizzazioni relative alle
costruzioni in zone sismiche di cui agli articoli 61, 62 e
94 del Testo unico e dall'amministrazione militare quelle
relative alle costruzioni nelle zone di salvaguardia
contigue a opere di difesa dello Stato o a stabilimenti
militari, nei Comuni militarmente importanti, ai sensi
dell'articolo 333 del Dlgs 66/2010.
Le ulteriori autorizzazioni che il Sue, ove necessario, è
tenuto ad acquisire sono quelle del direttore della
circoscrizione doganale, nei casi di costruzione,
spostamento o modifica di edifici posti nelle zone di
salvaguardia in prossimità della linea doganale e del mare
territoriale (articolo 19, Dlgs 374/1990), nonché quelle
dell'autorità competente per le costruzioni su terreni
confinanti con il demanio marittimo (articolo 55, Codice
della navigazione).
Lo sportello unico dovrà inoltre acquisire gli atti di
assenso necessari per l'esecuzione di interventi edilizi su
immobili assoggettati a vincoli da parte del Codice dei beni
culturali e del paesaggio –fermo restando che, in caso di
dissenso manifestato dall'amministrazione preposta alla
tutela dei beni culturali, si procede ai sensi del medesimo
Codice (articolo 25, Dlgs 42/2004)– nonché il parere
vincolante della Commissione per la salvaguardia di Venezia,
ai sensi dell'articolo 6, legge 171/1973.
Di competenza dello sportello è infine l'acquisizione di:
- parere dell'autorità competente in materia di assetti e
vincoli idrogeologici;
- assensi in materia di servitù viarie, ferroviarie,
portuali e aeroportuali;
- nulla osta dell'autorità competente in materia di aree
naturali protette, ai sensi dell'articolo 13 della legge
quadro 394/1991 ... (articolo
Il Sole 24 Ore del 20.08.2012). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Semplificato il percorso per i permessi
edilizi. Niente copie di documenti già in possesso
dell'amministrazione.
Le novità introdotte dal decreto sviluppo incidono
profondamente sull'attività edilizia, liberalizzando le
procedure soprattutto se i lavori si svolgono all'interno
delle unità produttive. Vediamole in sintesi.
Sportello unico
Lo sportello unico per l'edilizia diventa il punto di
riferimento obbligato per tutti gli atti «riguardanti il
titolo abitativo e l'intervento edilizio oggetto dello
stesso». Lo sportello fornisce una risposta tempestiva in
luogo di tutte le Pa comunque coinvolte.
Tutti gli atti dovranno essere gestiti da questa struttura,
e altri uffici comunali o altre amministrazioni coinvolte
dal procedimento non potranno trasmettere autonomamente «ai
richiedenti» atti autorizzatori, pareri, nulla osta o
consensi.
Dia e Scia
Viene stabilito che, nei casi in cui per la Dia è prevista
l'acquisizione di atti o pareri di organi o enti, essi sono
sempre sostituiti dalle autocertificazioni o dalle
asseverazioni di tecnici abilitati che potranno essere
prodotte insieme alla denuncia. Con alcune eccezioni, come i
casi di vincoli ambientali o di limiti dovuti alla
sismicità. Le amministrazioni avranno la possibilità di
effettuare le loro verifiche in un secondo momento.
Permesso di costruire
Per il rilascio del permesso di costruire, rientra nelle
competenze dello sportello unico l'acquisizione, diretta o
tramite conferenza di servizi, di pareri di amministrazioni
finora escluse. Tra queste, Regione, Difesa e autorità sui
vincoli idrogeologici.
Il responsabile dello sportello unico ha l'obbligo di indire
la conferenza di servizi se entro sessanta giorni dalla
domanda manca ancora qualche nulla osta o c'è il dissenso di
qualche amministrazione.
Documenti inutili
Scatta un taglio consistente della documentazione richiesta
per tutti gli interventi, compresi quelli minori fatti in
casa, grazie all'acquisizione d'ufficio dei documenti già in
possesso degli uffici pubblici, come documenti catastali o
variazioni di mappa.
In base alle nuove disposizioni contenute nella versione
definitiva del Dl Sviluppo le amministrazioni «non possono
richiedere attestazioni, comunque denominate, o perizie,
sulla veridicità e l'autenticità di tali documenti,
informazioni e dati».
Lavori nelle imprese
Novità importanti nei fabbricati adibiti a esercizio
d'impresa, nei quali possono essere realizzate modifiche
interne di carattere edilizio o mutamenti di destinazione
d'uso senza alcun titolo abilitativo. Lo consente l'articolo
13-bis del Dl Sviluppo.
Dal giugno 2012 tutti gli interventi edilizi interni sono
sottratti al passaggio burocratico del Comune, perché sono
equiparati alle opere libere, che non esigono titoli
edilizi. Prima erano esclusi solo manutenzione
straordinaria, pannelli solari e aree ludiche.
Cambi di destinazione d'uso
Vengono regolati anche i mutamenti di destinazione d'uso dei
locali adibiti a esercizio di impresa: all'interno di un
immobile d'impresa i singoli locali (uffici, magazzini,
depositi, servizi) possono trasmigrare da una destinazione
all'altra.
Le nuove libertà riguardano non solo le aree produttive, ma
in generale tutte le destinazioni a esercizio di impresa,
quindi anche qualsiasi intervento di tipo produttivo purché
interno all'attività (articolo
Il Sole 24 Ore del 04.08.2012 - tratto da
www.ecostampa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Il procedimento per il rilascio del
permesso di costruire e quello per il nulla-osta di
compatibilità paesaggistica dell’intervento, ancorché
connessi, restano due procedimenti ontologicamente e
logicamente distinti, avendo a oggetto la tutela di beni
diversi ed essendo articolati sulla base di competenze
diverse.
Ne consegue che il richiamato art. 5 del d.P.R. nr. 380 del
2001, nell’assegnare allo Sportello unico per l’edilizia
l’acquisizione di tutti gli “atti di assenso, comunque
denominati, necessari ai fini della realizzazione
dell’intervento edilizio”, si riferisce certamente a tutti i
pareri e nulla-osta endoprocedimentali intesi al rilascio
del permesso di costruire, ma non può estendersi anche a
un’autorizzazione diversa ed esterna rispetto a tale
procedimento, quale è l’autorizzazione paesaggistica
eventualmente richiesta per l’esecuzione dell’intervento.
In estrema sintesi, assumono le appellanti che
illegittimamente il Comune avrebbe ritenuto carente la
pratica di sanatoria a causa della mancata acquisizione del
nulla-osta della Soprintendenza, in quanto tale acquisizione
sarebbe stata a loro dire a carico della stessa
Amministrazione comunale: ciò in forza del disposto
dell’art. 5 del d.P.R. nr. 380 del 2001, il quale pone a
carico dello Sportello unico per l’edilizia “gli
incombenti necessari ai fini dell’acquisizione, anche
mediante Conferenza di servizi ai sensi degli articoli 14,
14-bis, 14-ter, 14-quater della legge 07.08.1990, n. 241,
degli atti di assenso, comunque denominati, necessari ai
fini della realizzazione dell’intervento edilizio”.
Il primo giudice, condividendo sul punto le difese
dell’Amministrazione comunale, ha ritenuto che quest’ultima
disposizione si applichi soltanto agli interventi di nuova
edificazione, e non anche a quelli a sanatoria, con
interpretazione che le odierne appellanti contestano
vivacemente.
Al riguardo, la Sezione reputa che le conclusioni del TAR
siano esatte, ancorché sulla base di un diverso –e, forse,
assorbente– ordine di considerazioni.
Ed invero, nella specie l’autorizzazione paesaggistica
necessaria per le opere realizzate sull’immobile per cui è
causa deve essere rilasciata ex post, e pertanto
trova applicazione l’art. 167 del decreto legislativo
22.01.2004, nr. 42 (“Codice dei beni culturali e del
paesaggio”), norma entrata in vigore in epoca successiva
al d.P.R. nr. 380 del 2001, la quale manifestamente
s’incentra sull’onere dell’interessato di richiedere
l’autorizzazione alla competente Soprintendenza.
Tale previsione, peraltro, conferma il consolidato indirizzo
giurisprudenziale secondo cui il procedimento per il
rilascio del permesso di costruire e quello per il
nulla-osta di compatibilità paesaggistica dell’intervento,
ancorché connessi, restano due procedimenti ontologicamente
e logicamente distinti, avendo a oggetto la tutela di beni
diversi ed essendo articolati sulla base di competenze
diverse (cfr. ex multis Cons. Stato, sez. VI,
28.12.2011, nr. 6878).
Ne consegue che il richiamato art. 5 del d.P.R. nr. 380 del
2001, nell’assegnare allo Sportello unico per l’edilizia
l’acquisizione di tutti gli “atti di assenso, comunque
denominati, necessari ai fini della realizzazione
dell’intervento edilizio”, si riferisce certamente a
tutti i pareri e nulla-osta endoprocedimentali intesi al
rilascio del permesso di costruire, ma non può estendersi
anche a un’autorizzazione diversa ed esterna rispetto a tale
procedimento, quale è l’autorizzazione paesaggistica
eventualmente richiesta per l’esecuzione dell’intervento
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 30.07.2012 n. 4312 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2011 |
|
EDILIZIA
PRIVATA:
Sportello unico.
Lo Sportello Unico per l’edilizia previsto dall’articolo 5
del D.P.R. 380/2001 (testo unico per l’edilizia) ha
unicamente finalità di semplificazione procedimentale ed
organizzativa, con la conseguenza che la mancata istituzione
da parte dell’amministrazione comunale non ha alcuna
incidenza sul regime autorizzatorio dell’attività edilizia e
non esonera, pertanto, dal conseguimento dei necessari
titoli abilitativi (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 17.05.2011 n. 19315 - link a
www.lexambiente.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
L'assenza dello Sportello unico per
l'edilizia non esonera dalle autorizzazioni.
Per salvarsi dal reato di abuso edilizio
non basta invocare la mancata costituzione dello Sportello
unico da parte del comune.
Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, Sez. III penale, con
la
sentenza 17.05.2011 n. 19315.
Una signora condannata per aver eseguito dei lavori di
ampliamento del garage in totale difformità al permesso a
costruire ha sostenuto "la mancata istituzione dello
Sportello Unico presso l'amministrazione comunale di Riposto
e la conseguente impossibilità di presentare le dovute
comunicazioni".
Una giustificazione che non ha convinto i giudici di
legittimità che hanno affermato il seguente principio di
diritto: "Lo Sportello Unico per l'edilizia previsto
dell'articolo 5 del Dpr 380/2001 (Testo unico per
l'edilizia) ha unicamente finalità di semplificazione
procedimentale ed organizzativa, con la conseguenza che la
mancata istituzione da parte dell'amministrazione comunale
non ha alcuna incidenza sul regime autorizzativo
dell'attività edilizia e non esonera, pertanto, dal
conseguimento dei necessari titoli abilitativi" (massima
tratta e link a www.diritto24.ilsole24ore.com). |
anno 2010 |
|
EDILIZIA
PRIVATA:
Artt. 5 e 20 d.P.R. n. 380/2001 -
Rilascio del permesso di costruire - Sportello unico per
l’edilizia - Acquisizione degli atti di assenso necessari
per la realizzazione dell’intervento - Obbligo del Comune -
Rilascio del permesso di costruire - Subordinazione
all’acquisizione di pareri o documenti - Illegittimità.
Ai sensi del combinato disposto degli artt. 5 e 20 del
D.P.R. 06.06.2001 n. 380 e ss.mm. (Testo unico in materia
edilizia), la domanda per il rilascio del permesso di
costruire va presentata al Comune presso l'ufficio
denominato "sportello unico per l'edilizia", che cura
tutti i rapporti fra il privato, l'Amministrazione Comunale
e le altre Pubbliche Amministrazioni tenute a pronunciarsi
in ordine all'intervento edilizio oggetto della richiesta di
permesso di costruire, anche ai fini dell'acquisizione degli
atti di assenso (comunque denominati) necessari per la
realizzazione dell'intervento richiesto (TAR Lecce,
06.02.2007, n. 312), sia pure attraverso l’indizione
obbligatoria della conferenza di servizi (art. 14, comma 2,
della l. n. 241/1990).
Ne consegue l’illegittimità del provvedimento che, in sede
di rilascio del permesso di costruire, ne subordina
l’operatività all’acquisizione di documenti e pareri,
essendo invece obbligo del Comune provvedere direttamente e,
alla ricorrenza delle condizioni legislativamente previste
(avere formalmente richiesto e non ottenuto, entro 30
giorni, dalla Amministrazione competente, l’assenso
necessario), convocare, altresì, una conferenza di servizi
finalizzata all’acquisizione della volontà delle
Amministrazioni preposte alla tutela dei vari interessi in
gioco (TAR Puglia Lecce, sez. III, 21.11.2007, n. 3932;
15.01.2010, n. 170) (TAR Puglia-Lecce, Sez. III,
sentenza 28.09.2010 n. 2032 - link a
www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Arriva lo sportello unico a 360°.
CONSIGLIO DEI MINISTRI/ Il regolamento stabilisce la
creazione di in unico soggetto pubblico. Competenze
sull'edilizia in quello per le attività produttive.
Anche le competenze dello sportello
unico per l'edilizia passano, salvo diversa disposizione dei
comuni, allo sportello unico per le attività produttive (Suap).
Quest'ultimo diventa l'unico soggetto pubblico di
riferimento sul territorio per tutti i procedimenti che
abbiano per oggetto l'esercizio di attività produttive e di
prestazione di servizi: avvio, trasformazione,
ristrutturazione, riconversione, ampliamento, trasferimento,
nonché cessazione e riattivazione delle attività. Restano
esclusi dalla disciplina gli impianti e le infrastrutture
energetiche, soggette a normativa speciale.
Il Suap comunicherà con i cittadini, ma anche con le altre
p.a. interessate, esclusivamente in via telematica, mentre
il portale «impresainungiorno» fornirà i servizi informativi
e operativi allo sportello unico, oltre a contenere un
sistema di pagamento per i diritti, le imposte e gli oneri
relativi ai procedimenti gestiti dai Suap.
È quanto prevede un
dpr che sarà oggi all'attenzione del consiglio dei ministri,
presieduto dal presidente del consiglio Silvio Berlusconi,
recante il regolamento per la semplificazione e il riordino
della disciplina sullo sportello unico per le attività
produttive.
Il provvedimento dà attuazione all'articolo 38, comma 3 del
dl n. 112/2008, allineandosi anche al dettato della «direttiva
servizi», recepita mediante il dlgs n. 59/2010.
Il Suap, istituito presso i municipi, dovrà assicurare in
maniera omogenea su tutto il territorio una risposta
telematica unica e tempestiva agli operatori che esercitano
attività produttive o prestazioni di servizi, sostituendosi
quindi agli uffici comunali e a tutte gli enti pubblici
comunque coinvolti nell'iter amministrativo (inclusi quelli
preposti alla tutela ambientale, paesaggistica, culturale e
di tutela della salute). Tali enti, dispone peraltro lo
schema di dpr, dovranno astenersi dal trasmettere alcun
documento al richiedente. Ogni ente locale dovrà individuare
il responsabile del Suap; nelle more, il ruolo è ricoperto
dal segretario comunale. I municipi potranno esercitare
dette funzioni in forma singola o associata tra loro, nonché
in convenzione con le Cciaa.
Laddove entro 180 giorni dall'entrata in vigore delle norme
i comuni non abbiano provveduto a costituire lo Sportello
unico, oppure non ne siano in grado per motivi tecnici,
l'esercizio delle funzioni relative alla gestione del Suap
saranno delegate alla camera di commercio territorialmente
competente.
Previste ulteriori norme, inoltre, per accelerare la fase di
avvio di un'impresa. Tra queste, la possibilità di
presentare contestualmente la Dia e la comunicazione unica
presso il registro delle imprese, che provvederà a inoltrare
al Suap la documentazione.
Il provvedimento oggi sul tavolo del governo prevede poi che
la ricevuta telematica rilasciata dal Suap a seguito di
presentazione della Dia rappresenti il termine di avvio del
procedimento e consenta anche l'avvio immediato
dell'attività nei casi in cui la Dia si riferisca alle
attività di cui al dlgs n. 59/2010 (sono esclusi, per
esempio, ristoranti, bar, taxi, nonché i servizi finanziari
e assicurativi) (articolo ItaliaOggi del 10.06.2010). |
EDILIZIA
PRIVATA - ENTI LOCALI - PUBBLICO IMPIEGO:
Presentato alla Camera il 12.02.2010, da parte dei Ministri
Brunetta e Calderoli, il
ddl C-3209 "Disposizioni in materia di
semplificazione dei rapporti della Pubblica Amministrazione
con cittadini e imprese e delega al Governo per l’emanazione
della Carta dei doveri delle amministrazioni pubbliche e per
la codificazione in materia di pubblica amministrazione".
Di interesse sono i seguenti articoli:
- art. 5 "Attività edilizia libera";
- art. 12 "Disposizioni in materia di sportello unico per
l'edilizia";
- art. 21 "Giuramento dei dipendenti pubblici";
- art. 28 "Delega al Governo per l’emanazione della Carta
dei doveri delle amministrazioni pubbliche";
- art. 29 "Princìpi e criteri direttivi";
- art. 30 "Codificazione". |
anno 2009 |
|
EDILIZIA
PRIVATA:
Permesso di costruire - Rilascio -
Competenza - Sportello Unico per l'edilizia - Regolamento
Comune di Milano, artt. 115 e 117- Inapplicabilità.
Il
procedimento per il rilascio del permesso di costruire è
demandato allo Sportello unico per l'edilizia che le
amministrazioni comunali sono tenute a costituire ai sensi
dell'art. 5 d.p.r. 380/2001: pertanto, non possono trovare
applicazione le previsioni degli articoli 115 e 117 del
Regolamento edilizio del Comune di Milano, in quanto
modellati sulla disciplina statale previgente (art. 4 D.L.
398/1993), la quale è stata abrogata dall'art. 136 del testo
unico in materia edilizia (massima tratta da www.solom.it -
TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 09.03.2009 n. 1767 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
In tema di denuncia inizio attività
quanto al dies a quo va fatto riferimento a quello in cui la
d.i.a. sia pervenuta allo sportello unico per l’edilizia e
non già a quello in cui essa denuncia sia stata presentata
all’ufficio di protocollo del Comune.
Alla
D.I.A. non trova applicazione l’art. 10-bis della 241 sul
preavviso di rigetto nei procedimenti amministrativi ad
istanza di parte.
In tema di denuncia inizio attività quanto al dies a quo
va fatto riferimento a quello in cui la d.i.a. sia pervenuta
allo sportello unico per l’edilizia (nella specie il
21.12.2007 prot. n. 22358) e non già a quello in cui essa
denuncia sia stata presentata all’ufficio di protocollo del
Comune (nella specie, cioè, il 18.12.2007).
I tempi ristretti per eseguire le verifiche (appunto 30 gg.)
giustificano la individuazione del giorno iniziale in quello
in cui la d.i.a. perviene effettivamente all’Ufficio
deputato a dette verifiche e cioè allo Sportello Unico per
l’Edilizia (SUE) dotato di un proprio protocollo, diverso
dal protocollo generale del Comune; la disposizione di cui
al 1^ comma art. 23 T.U. dell’Edilizia fa riferimento allo
sportello unico (“…presenta allo sportello unico la
denuncia…”) il che letteralmente avvalora la conclusione
sopra riferita. Quindi iniziando il conteggio dei giorni dal
21.12.2007, alcun silenzio assenso conseguente al decorso
dei 30 giorni si era determinato al 18.01.2008.
La d.i.a. non dà l’avvio ad un
procedimento ad istanza di parte (il potere
dell’Amministrazione non è di rigetto di istanza
procedimentale bensì inibitorio della realizzazione delle
opere nel termine di trenta giorni dalla presentazione della
denuncia e ciò sulla base di riscontrata assenza di una o
più delle condizioni previste) sicché alla medesima denuncia
non trova applicazione l’art. 10-bis della 241 sul preavviso
di rigetto nei procedimenti amministrativi ad istanza di
parte (Tar Milano 5651/2008)
(TAR Puglia-Bari, Sez. III,
sentenza 02.04.2009 n. 763 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
|