dossier DEBITI FUORI BILANCIO |
anno 2020 |
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INCARICHI PROFESSIONALI:
No della Corte dei Conti al riconoscimento dei debiti fuori
bilancio da spese legali.
Con il
parere 03.08.2020 n. 99, la sezione regionale della Corte dei
conti della Lombardia, rispondendo al quesito di un Comune, ritorna sul tema
dei debiti fuori bilancio e in particolare, sui debiti dovuti a spese
legali.
Il Comune istante, che già aveva provveduto al riconoscimento di legittimità
di debiti fuori bilancio disciplinato dall'articolo 194 del Dlgs 267/2020,
in ragione della soccombenza in una causa pendente presso il Tar, chiedeva
il parere circa la possibilità di "estendere"
il riconoscimento, oltre che alle spese liquidate dal giudice in sentenza a
carico del Comune e a favore dei ricorrenti vittoriosi in primo grado, anche
alle spese legali sostenute dall'ente locale resistente per la propria
difesa, rimaste a suo carico.
La Corte ha evidenziato come l'ente abbia correttamente e doverosamente
proceduto al riconoscimento dei debiti fuori bilancio per le spese legali
che è stato condannato a rifondere alla controparte con sentenza esecutiva
ma ha precisato che il riconoscimento non può essere esteso alla diversa
fattispecie di debito derivante dall'acquisizione del servizio legale di
difesa in giudizio del Comune rimasto soccombente.
In proposito la Corte ha evidenziato come nella fattispecie si debba
desumere che non siano state seguite le regole ordinarie per l'assunzione
degli impegni di spesa previste dall'articolo 191 del Dlgs n. 267, e dal
principio contabile, al fine di garantire la copertura finanziaria delle
spese di difesa in giudizio dell'amministrazione locale.
In effetti, il principio contabile 4/2 al punto 5.2, lettera g), prevede che
gli impegni derivanti dal conferimento di incarico a legali esterni, la cui
esigibilità non è determinabile, siano imputati all'esercizio in cui il
contratto è firmato, in deroga al principio della competenza potenziata, al
fine di garantire la copertura della spesa.
In sede di predisposizione del rendiconto, in occasione della verifica dei
residui prevista dall'articolo 3, comma 4, Dlgs 118/2011, se l'obbligazione
non è esigibile, si provvede alla cancellazione dell'impegno e alla sua
immediata re-imputazione all'esercizio in cui si prevede che sarà esigibile,
anche sulla base delle indicazioni presenti nel contratto di incarico al
legale. Nell'esercizio in cui l'impegno è cancellato si iscrive, tra le
spese, il fondo pluriennale vincolato, al fine di consentire la copertura
dell'impegno nell'esercizio in cui l'obbligazione è imputata.
Al fine di evitare la formazione di debiti fuori bilancio, l'ente chiede
ogni anno al legale di confermare o meno il preventivo di spesa sulla base
del quale è stato assunto l'impegno e, di conseguenza, provvede ad assumere
gli eventuali ulteriori impegni.
Così operando l'ente avrebbe garantito la copertura in bilancio delle
proprie spese legali evitando la formazione di ulteriori debiti fuori
bilancio, avrebbe evitato altresì di dover procedere con una nuova procedura
di riconoscimento (articolo 194 del Tuel) e alla trasmissione della stessa
alla Procura regionale della Corte dei conti, per la valutazione dei profili
di responsabilità (articolo NT+Enti Locali & Edilizia del 02.09.2020).
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PARERE
Il riconoscimento di
legittimità del debito fuori bilancio, derivante da sentenza esecutiva, per
le spese legali che il comune è stato condannato a rifondere alla
controparte vittoriosa in primo grado, già correttamente e doverosamente
riconosciuto con deliberazione del consiglio comunale secondo l’articolo
194, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 18.08.2000, n. 267, non
può estendersi alla diversa fattispecie di debito derivante
dall’acquisizione del servizio legale di difesa in giudizio del comune
rimasto soccombente.
...
Il commissario per la provvisoria gestione del comune di Tartano (SO) ha
presentato una richiesta di parere, articolata nei due seguenti quesiti,
in merito alle spese legali sostenute in un recente giudizio davanti al TAR
Lombardia, in cui l’ente locale è risultato soccombente:
- il riconoscimento del debito fuori bilancio ex art. 194 d.lgs.
267/2000, già riconosciuto nella citata deliberazione consiliare [n. 11 del
14.05.2020], può estendersi anche alle spese legali sostenute dall’Ente per
la resistenza in giudizio, sul ricorso presentato dai consiglieri di
minoranza?
- è configurabile in capo all’Ente l’esercizio di azioni di
recupero di tutte le spese legali ed oneri, liquidati in favore dei legali
delle parti in giudizio, con conseguente imputazione di tutte le spese ai
componenti della Giunta, resistenti e risultati soccombenti all’esito del
giudizio?
...
2.1. Con deliberazione del consiglio comunale n. 11 del 14.05.2020,
dichiarata immediatamente eseguibile, è stato riconosciuto un debito fuori
bilancio di € 7.295,60 complessivi, posti a carico del comune in ragione
della soccombenza nella causa iscritta al numero 1624/2019 del registro dei
ricorsi del TAR Lombardia.
Il giudice amministrativo, infatti, si è pronunciato con sentenza
29.01.2020, n. 547, accogliendo il ricorso presentato dai consiglieri di
minoranza in relazione alla contestata invalidità degli atti assunti dal
sindaco, in costanza della predetta sospensione di diritto, all’indomani
delle elezioni amministrative del 26.05.2019.
Il primo quesito, dunque, mira a conoscere il parere di questa
Sezione sulla possibilità di “estendere” il riconoscimento di
legittimità di debiti fuori bilancio disciplinato dall’articolo 194 del
decreto legislativo 18.08.2000, n. 267, oltre che alle spese liquidate dal
giudice in sentenza a carico del comune di Tartano e a favore dei ricorrenti
vittoriosi in primo grado, anche alle spese legali sostenute dall’ente
locale resistente per la propria difesa, rimaste a carico del comune in
forza del principio di diritto processuale per cui le spese seguono la
soccombenza.
2.2. Occorre notare, in primo luogo, che il debito derivante dalla sentenza
esecutiva del TAR Lombardia, già riconosciuto con la deliberazione del
consiglio comunale n. 11 del 14.05.2020, è stato correttamente inquadrato
nella fattispecie prevista dalla lettera a) del comma 1 del predetto
articolo 194.
Occorre per contro evidenziare, in secondo luogo, come dalla stessa
prospettazione della richiesta di parere debba desumersi che non siano state
seguite le regole ordinarie per l’assunzione degli impegni di spesa previste
dall’articolo 191 del decreto legislativo 18.08.2000, n. 267, al fine di
garantire la copertura finanziaria delle spese di difesa in giudizio
dell’amministrazione locale.
Data la diversità delle due fattispecie, quindi, non è neppure possibile,
sotto il profilo logico, prima ancora che giuridico, prospettare una pretesa
“estensione” alla seconda fattispecie del riconoscimento operato in
relazione alla prima.
2.3. In questo quadro, pertanto, spetterà al comune di Tartano,
nell’esercizio della propria discrezionalità, valutare se –e a quale titolo–
riconoscere con la procedura prevista dall’articolo 194 del decreto
legislativo 18.08.2000, n. 267, anche “le spese legali sostenute
dall’Ente per la resistenza in giudizio, sul ricorso presentato dai
consiglieri di minoranza”.
Sarà invece doveroso, per il comune, trasmettere alla Procura regionale
della Corte dei conti l’eventuale provvedimento di riconoscimento di questo
debito, così come la deliberazione consiliare n. 11 del 14.05.2020, ove non
già trasmessa alla medesima Procura regionale, per la valutazione dei
sottesi profili di responsabilità.
2.4. Il dispositivo della deliberazione n. 11 del 14.05.2020, peraltro,
evidenzia un fraintendimento del piano tenore letterale del citato articolo
23, comma 5, della legge 27.12.2002, n. 289 (finanziaria 2003), che
testualmente recita: "5. I provvedimenti di riconoscimento di debito
posti in essere dalle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma
2, del decreto legislativo 30.03.2001, n. 165, sono trasmessi agli organi di
controllo ed alla competente procura della Corte dei conti".
Al punto 7 del deliberato, infatti, si prevede “DI TRASMETTERE la
presente deliberazione alla Sezione di Controllo della Corte dei Conti, ex
art. 23, comma 5, L. 289/2002”. È evidente l’equivoco sul contenuto
precettivo della richiamata disposizione di legge, che si riferisce
distintamente agli organi di controllo, e pertanto all’organo di revisione
dell’ente locale, e alla competente Procura della Corte.
P.Q.M.
La Corte dei conti –Sezione regionale di controllo per la Lombardia–
dichiara inammissibile sotto il profilo oggettivo il secondo quesito posto
con la richiesta di parere del comune di Tartano (SO) e si pronuncia come
segue nel merito del primo quesito: “Il
riconoscimento di legittimità del debito fuori bilancio, derivante da
sentenza esecutiva, per le spese legali che il comune è stato condannato a
rifondere alla controparte vittoriosa in primo grado, già correttamente e
doverosamente riconosciuto con deliberazione del consiglio comunale secondo
l’articolo 194, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 18.08.2000, n.
267, non può estendersi alla diversa fattispecie di debito derivante
dall’acquisizione del servizio legale di difesa in giudizio del comune
rimasto soccombente". |
ATTI AMMINISTRATIVI: Questo
Comune ha dichiarato il dissesto finanziario, ai sensi dell'art. 244 del
TUEL, nel corso dell'esercizio 2018.
Il Comune, per consentire la rilevazione della massa passiva, ha trasmesso
all'OSL (organo straordinario di liquidazione), nominato ed insediato nel
gennaio 2019, un elenco dei debiti fuori bilancio per fatti ed atti di
gestione verificatisi entro il 31 dicembre dell'anno precedente a quello
dell'ipotesi di bilancio riequilibrato, pur in mancanza della delibera
consiliare di riconoscimento prescritta dall’art. 194 del Tuel.
L'OSL ha eccepito che i predetti debiti, pur ricadendo nell'arco temporale
di propria competenza, necessitano della preventiva deliberazione del
Consiglio Comunale.
Si chiede se l'indicazione fornita dall'OSL sia corretta.
Il quesito proposto, a differenza di orientamenti consolidati da parte delle
Sezioni Regionali della Corte dei Conti che si erano quasi sempre espresse,
nella situazione di cui trattasi di Enti in dissesto finanziario ex art. 244
del TUEL, nel favor del preventivo riconoscimento dei debiti fuori bilancio
da parte dell'organo consiliare, ai sensi dell'art. 194 del TUEL (cfr.
parere Corte dei Conti Puglia Sez. contr. Delib., 14.11.2019, n. 104 e
parere Corte dei Conti Sicilia Sez. contr. Delib., 17.06.2019, n. 124), ha
trovato recente soluzione nella Corte dei Conti, sezione Autonomie Delib. n.
12/SEZAUT/2020/QMIG pubblicata lo scorso 20 luglio.
I magistrati contabili della sezione autonomie hanno pertanto,
contrariamente a quanto disciplinato in precedenza dai colleghi delle
sezioni regionali, sancito un principio fondamentale ovvero quello secondo
il quale "Per i debiti fuori bilancio rinvenienti da atti e fatti di
gestione verificatisi entro il 31 dicembre precedente a quello dell'ipotesi
di bilancio stabilmente riequilibrato, non assume carattere indefettibile la
previa adozione della deliberazione consiliare di riconoscimento, spettando
all'organo straordinario di liquidazione ogni valutazione sull'ammissibilità
del debito alla massa passiva".
La Corte dei Conti, infatti, ha stabilito che il discrimine fondamentale che
dirime la questione è la distinzione tra la "gestione ordinaria" e la
"gestione straordinaria" dell'Ente locale che si avvia con la
dichiarazione del dissesto finanziario ex art. 244 del TUEL creando un c.d.
"microsistema extra ordinem" al quale vanno ricondotte le
disposizioni che regolano, nel dettaglio, l'intera attività dell'organo
straordinario di liquidazione ed al quale va riconosciuto un proprio statuto
informato al principio della par condicio creditorum ed alla tutela
della concorsualità.
Di qui, dunque, la possibilità di operare un netto discrimen tra le
regole ordinarie che presidiano la gestione dell'Ente in bonis e quelle
proprie, eccezionali ed inderogabili applicabili alla gestione dissestata
che prevedono "non solo procedure straordinarie ad hoc per il dissesto,
ma anche competenze straordinarie ad hoc ed un organo straordinario ad hoc,
in funzione sostitutiva di quelli ordinari".
Sulla scorta di quanto detto, non può che affermarsi che, per gli Enti in
dissesto, al fine del riconoscimento dei debiti fuori bilancio rivenienti da
atti e fatti di gestione verificatisi entro il 31 dicembre a quello
dell'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato, la deliberazione di
Consiglio Comunale di riconoscimento di debiti fuori bilancio ex art. 194
del TUEL non è condizione necessaria per la rilevazione degli stessi nella
massa passiva da parte dell'organo straordinario di liquidazione che può
autonomamente procedere sulla valutazione dell'ammissibilità del debito di
cui trattasi.
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Riferimenti normativi e contrattuali
D.Lgs. 18.08.2000, n. 267, art.
194 - D.Lgs. 18.08.2000, n. 267, art. 244 - D.Lgs. 18.08.2000, n. 267, art.
253 - D.Lgs. 18.08.2000, n. 267, art. 254
Riferimenti di giurisprudenza
Corte dei Conti Sicilia Sez. contr. Delib., 17.06.2019, n. 124 - Corte dei
Conti Puglia Sez. contr. Delib., 14.11.2019, n. 104
Documenti allegati
Corte dei Conti, sezione Autonomie Delib. n. 12/SEZAUT/2020/QMIG
(29.07.2020 - tratto da www.risponde.leggiditalia.it/#doc_week=true). |
APPALTI SERVIZI: Danno
erariale. Il Sindaco ed il dirigente rispondono delle spese sostenute
inutilmente dall'ente locale per il mancato tempestivo riconoscimento del
debito fuori bilancio.
Sussiste la responsabilità del Sindaco e del
Responsabile dell'Ufficio urbanistica e lavori pubblici per non aver
esperito, a fronte di debiti fuori bilancio riconoscibili, tutti gli
strumenti giuridici atti a evitare l'aggravio della situazione economica-finanziaria dell'ente. In particolar modo si è fatto riferimento allo
strumento del cosiddetto "riconoscimento del debito".
Lo strumento però avrebbe dovuto considerarsi conforme a legge solamente nel
caso in cui fosse stato assunto con tempestività e in presenza di
un'effettiva e comprovata utilità delle prestazioni ricevute e mai come
modalità ordinaria di adempimento delle obbligazioni assunte.
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Con atto di citazione del 09/07/2019 depositato in pari data, la Procura
Regionale riferisce di aver ricevuto la deliberazione numero 33 del
10/12/2014 del consiglio comunale di Pomarico avente ad oggetto il
riconoscimento di legittimità di debiti fuori bilancio relativi agli esborsi
dannosi per le finanze del Comune, in conseguenza di ordinanze di
assegnazione rese dal tribunale di Matera nell'ambito di procedura esecutiva
(fatture emesse dall'officina meccanica Ma.Gi.).
A seguito di atto di pignoramento presso terzi notificato al Comune il
09/04/2014, il Tribunale di Matera con ordinanza 372/14 del 09/05/2014 assegnava
in pagamento al creditore le somme trattenute dal terzo pignorato.
Con determina numero 242/T del 19.12.2014, il responsabile del servizio
urbanistico e lavori pubblici, architetto Pi., determinava di
impegnare una somma di corrispondente importo, onde procedere alla
regolarizzazione contabile mediante emissione del mandato di pagamento di
euro 11.738,92 in favore dell'officina meccanica suddetta.
Vi era poi una seconda esecuzione che traeva origine dal conferimento di
mandato da parte del predetto Comune all'avvocato Br. per resistere ad
un giudizio promosso contro l'ente; il tribunale di Matera in conseguenza di
ricorso del predetto creditore (in ordine al mancato pagamento delle
spettanze forensi), emetteva il decreto numero 249 del 24/04/2013 con il
quale si ingiungeva al Comune di Pomarico il pagamento della somma di euro
5.093,16.
Perdurando l'inadempimento dell'ente, il Tribunale di Matera con ordinanza
242/2014 del 14/03/2014 assegnava in pagamento al creditore le somme già
trattenute e con determina numero 244 del 19.12.2014, il responsabile del
servizio urbanistico e lavori pubblici, Dottor Pi., determinava di
impegnare una somma corrispondente mediante emissione del mandato di
pagamento di euro 7.438,08 a favore dell'avvocato Br..
Per le suesposte causali dell'amministrazione comunale, a fronte degli
originari crediti di euro 5.724 dell'officina meccanica Ma. e di euro
5.093,16 dell’avv. Br., in conseguenza dei ritardati pagamenti e spese
accessorie, ha dovuto sostenere l'esborso di euro rispettivamente 14.651,73
e di euro 7.138,08 (per un totale di euro 22.089,81).
Conseguentemente, secondo la Procura, la somma di euro 11.272,65, quale
differenza degli importi sopra indicati, è stata erogata senza alcuna
utilità e costituisce danno erariale che va imputato all'inerzia
dell'architetto Pi., attuale responsabile dell'ufficio urbanistica e
lavori pubblici a partire dal 04.10.2004, della mancata adozione degli atti
istruttori e provvedimentali per provvedere al tempestivo pagamento di
quanto dovuto; risultava altresì sussistente, secondo il Requirente, la
responsabilità del signor Ca.Gi., sindaco del Comune dal
24/06/2004 al 09/06/2014, per non aver provveduto a porre in essere gli atti
necessari per la concreta liquidazione delle somme dovute, anche attraverso
tempestivi provvedimenti di storno da diversi capitoli e comunque con ogni
risorsa disponibile.
Conseguentemente veniva emesso invito a dedurre in data 18.09.2018
nei confronti di Pi., chiamato a rispondere nella misura del 60% e
del Ca. nella misura del 40%, cui seguiva l'atto di citazione indicato
in epigrafe, atteso che non sono state ritenute significative le
argomentazioni difensive spiegate dai convenuti ed in particolare dal
Ca. in ordine alla circostanza relativa alle "glosse" che gli avrebbe
apposto sui frontespizi degli atti e provvedimenti notificati da leggersi
come un intervento da parte del sindaco espressivo di diligenza nella
vigilanza.
Tale argomentazione, secondo parte attrice, non è riscontrabile se non in
alcuni casi limitati e sporadici nonché per la impossibilità di attribuire
una data certa agli stessi ed anzi le predette annotazioni attestano
l'esistenza di una situazione assolutamente caotica nella gestione presso il
Comune di tali priorità.
Allo stesso modo non rivestono valore liberatorio le dichiarazioni del
Pi. in ordine alla mancanza di una dotazione adeguata dei conferenti
capitoli di bilancio che non elidono l'inerzia dallo stesso serbata nelle
concrete fattispecie di danno in contestazione.
Con memoria di costituzione in giudizio dell'Avvocato Di. del 26/12/2019 in
difesa di Pi., nel richiamare il valore di esimente delle sopracitate
glosse -nel senso che da esse può evincersi la costante interlocuzione tra
il Pi. e il Ca., atteso che il Sindaco informato di tali
situazioni di debenza promuoveva, sia pure velleitariamente, richieste di
informativa e di adempimento salvo poi in altre circostanze affermare che: ”bisognava
far pagare al sindaco che lo aveva preceduto” -si evidenzia che il
convenuto ha esercitato ogni utile condotta per reperire i fondi per i
pagamenti dovuti ma che i pertinenti capitoli risultavano insufficienti a
tali fini e che dunque non ricorrono gli estremi della colpa grave ma
piuttosto di una condizione di oggettiva impossibilità di adempimento
dell'obbligazione di cui trattasi.
Peraltro i debiti di cui trattasi sono precedenti al periodo di competenza
del convenuto.
Conseguentemente si chiede di rigettare tutte le domande risarcitorie
assolvendo il convenuto da ogni addebito e in subordine si chiede
l'esercizio del potere riduttivo.
In sede dibattimentale, parte attrice nel riportarsi all’atto di citazione
confermandone le conclusioni, si oppone all’esperimento della prova
testimoniale avanzata dalla difesa del convenuto; l’avv. Di. insiste, di
contro, per il rigetto della pretesa attrice, ribadendo che il proprio
assistito nel corso del servizio ha sempre puntualmente ammonito gli organi
decisionali del Comune al pagamento tempestivo delle partite di debito
pregresse, adoperandosi in prima persona in tal senso.
...
2. Nel merito questo collegio ritiene pienamente fondata la pretesa attrice,
atteso che, per quanto emerge dagli atti di causa, è agevole constatare un
notevole grado di approssimazione gestionale, segnatamente sul versante del
corretto pagamento delle spese disposte dall'ente locale, sia pure
finalizzate alla realizzazione di attività di interesse pubblico, in totale
carenza di un'attività programmatoria della spesa stessa, pur nella assoluta
consapevolezza di una generale insufficienza dei fondi assegnati in
bilancio.
In tale ottica ben avrebbe potuto l’amministrazione locale avvalersi, a
tempo debito, dello strumento del cosiddetto "riconoscimento di debito"
in tutte quelle circostanze in cui si fosse proceduto a disporre una
prestazione irregolarmente ordinata, (per l'impossibilità di avvalersi delle
ordinarie procedure contabili) e al solo scopo di non aggravare
ulteriormente gli equilibri finanziari di bilancio, tanto di competenza che
di cassa.
Tale strumento, pur non potendosi, in assoluto, considerare, in quanto tale,
espressione di scelte gestionali rigorose e pur tenendo conto del suo
carattere eccezionale, avrebbe potuto ritenersi conforme a legge, (qualora
assunto con tempestività ed in presenza di un'effettiva e comprovata utilità
delle prestazioni ricevute e giammai come modalità ordinaria di adempimento
di obbligazioni assunte dall'ente locale) in chiave di regolarizzazione
dell'impegno contabile assunto, utile ad evitare l’aggravio delle spese, poi
invece realizzato.
Per la copertura dei debiti fuori bilancio riconoscibili, possono essere
utilizzate per l'anno in corso, secondo un piano di rateizzazione convenuto
con i creditori, tutte le entrate e le disponibilità, ad eccezione di quelle
provenienti dall'assunzione di prestiti e di quelle aventi specifica
destinazione per legge, nonché i proventi derivanti dall'alienazione di beni
patrimoniali disponibili e, beninteso, solo per sanare vizi contabili,
ovverosia impegni di spesa assunti senza copertura contabile e non anche per
i vizi formali e sostanziali.
Nel caso di specie, di contro, è del tutto mancata ogni attività di
programmazione degli impegni contabili assunti, (anche ex post, e pur
tenendo conto delle finalità pubbliche perseguite con essi); ed a tale
riguardo non può assumere valenza di esimente, la mancanza di disponibilità
finanziaria sul pertinente capitolo di bilancio per sottrarsi all'onere del
pagamento di debiti assunti che vanno onorati anche attraverso il ricorso a
variazioni di bilancio onde reperire fondi, modificando, se del caso, le
priorità di spesa.
Non solo, ma con irresponsabile trascuratezza e sciatteria amministrativa,
si è colpevolmente atteso il trascorrere del tempo, pur a fronte di debiti
assai risalenti, rivendicati con legittime azioni giudiziali e fatalmente
aggravati, sul fronte dell’incremento del debito, anche da oneri accessori
in costante espansione.
Sotto tale profilo e segnatamente in punto di elemento psicologico, sia il
sindaco Ca. che il dottor Pi., responsabile del servizio urbanistica e
lavori pubblici, hanno posto in essere condotte sul piano amministrativo,
non solo colpevolmente difformi da quanto richiesto dalla legge in materia,
ma anche disutili e del tutto improduttive ed in ogni caso contraddistinte
da ingiustificabili inerzie ed omissioni; a tale riguardo appare, invero,
palesemente sterile l'indicazione, pur riscontrabile in alcune specifiche
circostanze, da parte del sindaco, del ricorso a "glosse", ossia
generiche sollecitazioni agli uffici competenti senza tuttavia,
successivamente, verificarne in concreto l'esito risolutivo, e soprattutto
senza porsi il problema della provvista di fondi necessaria affinché la
struttura burocratica provvedesse al riguardo.
Del pari, in ordine alla posizione del Pi., quest'ultimo, pur consapevole
del plurimo indebitamento del Comune, non risulta abbia mai formalizzato con
atto scritto nei confronti degli amministratori del Comune l’impossibilità
di procedere al tempestivo adempimento delle obbligazioni giuridiche
insorte, ovvero ed in ogni caso, a ricorrere alla predisposizione di atti
formali (quali ad esempio la proposta di introdurre criteri che stabilissero
priorità nella spesa) che avrebbero potuto attestare, se compiuti, la non
ascrivibilità dei fatti di causa, per grave difetto di diligenza
professionale, come di contro, è riscontrabile a suo carico, del danno
erariale insorto per l'oggettivo disvalore della condotta inerte ed omissiva
assunta in materia.
Peraltro, e in conclusione, appare destituita di fondamento la tesi
defensionale secondo cui:”l’arch. Pi. richiedeva le somme per poter
onorare i debiti puntualmente ad ogni previsione di bilancio, tuttavia non
venivano mai inserite in bilancio”.
Tale asserzione non poteva che riferirsi alle spese di competenza dell’anno
solare nel quale andava redatto il bilancio, ma, evidentemente, è priva di
valore esimente e non ha alcuna attinenza in ordine ai debiti pregressi
accumulati nel tempo, a fronte dei quali non sono state assunte iniziative
incisive di qualsivoglia natura.
3. Sotto il profilo dell’ascrivibilità percentuale del danno erariale
verificatosi, questo collegio ritiene congrua e certamente più rispettosa
del contributo causale reso nella genesi del danno dai vocati in giudizio,
l’ascrivibilità al Ca. di una percentuale pari al 60% del danno e del 40% a
carico del Pi., attesa non solo la piana cognizione della vicenda in
questione in capo al Ca., ma anche e soprattutto che spettava all’organo
politico programmare, disporre la provvista finanziaria e dare indirizzi su
come utilizzarla, e poi alla struttura burocratica la concreta gestione nel
rispetto degli indirizzi ricevuti.
Le spese della sentenza seguono la soccombenza.
PQM
La Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Basilicata,
definitivamente pronunciando, così decide:
a) condanna il convenuto Gi.Ca. al pagamento di € 6.763, ed il
convenuto Gi.An.Pi. al pagamento a di € 4.509 a favore del comune di
Pomarico; sulle predette somme sono altresì dovute la rivalutazione
monetaria a decorrere dal verificarsi del pregiudizio erariale e sino alla
data della presente sentenza, e gli interessi legali a decorrere dalla data
della presente sentenza e sino al pagamento (Corte dei Conti, Sez. giurisdiz.
Basilicata,
sentenza 14.02.2020 n. 6). |
anno 2019 |
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ATTI AMMINISTRATIVI: Il
pagamento di un debito fuori bilancio riveniente da una sentenza esecutiva
deve, sempre, essere preceduto dall’approvazione da parte del Consiglio
dell’ente della relativa deliberazione di riconoscimento.
Il pagamento di un debito fuori bilancio riveniente da
una Sentenza esecutiva deve, sempre, essere preceduto dall’approvazione da
parte del Consiglio dell’Ente della relativa deliberazione di
riconoscimento.
La contabilità armonizzata ha posto l’attenzione sull’esigenza che le
attività gestionali e contabili siano improntate al Principio
dell’efficienza e della celerità del procedimento di spesa, tenuto conto
anche della normativa in tema di interessi moratori per ritardati pagamenti.
In questa prospettiva ben potranno gli Enti Locali prevedere, con
riferimento ai debiti fuori bilancio derivanti da Sentenza, specifiche
procedure e misure organizzative che consentano il tempestivo riconoscimento
degli stessi, facendo applicazione dell’autonomia regolamentare loro
accordata dall’art. 152 del Dlgs. n. 267/2000 (Tuel), che in tale ambito può
trovare, a mente del comma 3, piena esplicazione.
Dunque, in una corretta gestione finanziaria l’emersione di un debito non
previsto nel bilancio di previsione deve essere portato tempestivamente al
Consiglio dell’Ente per l’adozione dei necessari provvedimenti, quali la
valutazione della riconoscibilità, ai sensi dell’art. 194, comma 1, e il
reperimento delle necessarie coperture secondo quanto previsto dall’art.
193, comma 3, e 194, commi 2 e 3, ammonendo nel contempo che, laddove vi sia
un ritardo che comporti il rinvio del riconoscimento ad esercizi successivi
a quello in cui il debito è emerso, si produrrebbe una non corretta
rappresentazione della situazione patrimoniale e finanziaria dell’Ente.
Il termine dilatorio previsto dall’art. 14 del Dl. n. 669/996, convertito
dalla Legge n. 30/1997, è sufficientemente ampio, anche alla luce del
generale Principio di buon andamento ex art. 97 della Costituzione, per
provvedere agli adempimenti di cui all’art. 194 del Tuel e gli istituti
della nuova contabilità armonizzata
(commento tratto da www.entilocali-online.it).
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PARERE
Con la nota citata il Sindaco del Comune di Taranto ha formulato
una richiesta di parere ex art. 7, comma 8, della l. 05.06.2003, n. 131 in
materia di debiti fuori bilancio. In particolare, dopo aver:
· dato dell’orientamento espresso da alcune pronunce consultive del
giudice contabile nel senso della possibilità per gli enti locali, nel caso
di debiti fuori bilancio derivanti da sentenza esecutiva, di procedere al
pagamento della relativa obbligazione anche prima della deliberazione
consiliare di riconoscimento prevista dall’art. 194 TUEL (SRC Campania,
parere 10.01.2018 n. 2; SRC Liguria,
parere 22.03.2018 n. 73; SRC Lombardia,
parere 20.12.2018 n. 368);
· richiamato che l’art. 152 TUEL consente agli enti locali di
approvare i regolamenti di contabilità nel rispetto delle norme della parte
seconda del TUEL, «da considerarsi come principi generali con valore di
limite inderogabile» (comma 4), con l’eccezione di alcune disposizioni
(fra cui non figura l’art. 194 TUEL) destinate a non trovare applicazione
qualora il regolamento di contabilità dell’ente rechi una differente
disciplina;
ha reso nota l’intenzione di disciplinare, a livello di regolamento di
contabilità, l’iter di riconoscimento dei debiti fuori bilancio ex art. 194,
comma 1, lett. a) TUEL, contemplando il pagamento anticipato, rispetto alla
delibera consiliare di riconoscimento, di quelli derivanti da sentenze del
giudice di pace; a tal fine ha prospettato due formulazioni alternative in
merito alle quali ha chiesto il parere della Sezione.
Con (deliberazione
15.04.2019 n. 44 questa Sezione, avendo rilevato un contrasto fra
le pronunce consultive richiamate dall’Ente istante e altre ferme nel
ritenere l’indefettibilità del previo riconoscimento consiliare (SRC Puglia,
parere 22.02.2018 n. 29; SRC Campania,
parere 09.05.2018 n. 66; SRC Sicilia,
parere 29.04.2014 n. 55,
parere 30.10.2014 n. 189 e
parere 03.02.2015 n. 80), ha sospeso la pronuncia e sottoposto al
Presidente della Corte dei conti la valutazione sull’opportunità di deferire
alla Sezione delle Autonomie o alle Sezioni riunite in sede di controllo, ai
sensi dell’art. 6 comma 4, del d.l. 10.10.2012, n. 174 (convertito dalla l.
07.12.2012, n. 213) la seguente questione: «se, con riferimento al
procedimento per il riconoscimento di legittimità di debiti fuori bilancio
derivanti da sentenze esecutive, ai sensi dell’art. 194, comma 1, lett. a)
TUEL, sia possibile effettuare il pagamento prima della prevista delibera
del Consiglio comunale ovvero se quest’ultima debba sempre precedere
l’attività solutoria».
A seguito dell’ordinanza del Presidente della Corte dei conti n. 17 del
26.07.2019 di rimessione della pronuncia in ordine alla questione riferita,
con
deliberazione 21.11.2019 n. 27 la Sezione delle Autonomie, dopo
aver rappresentato, tra l’altro, che:
· l’art. 194 TUEL non introduce alcun distinguo per la regolazione
contabile delle eterogenee fattispecie disciplinate ma prevede, anzi, un «regime
indifferenziato, disponendo, infatti, per tutte una uniforme procedura di
riconoscimento di competenza consiliare»;
· la deliberazione consiliare di riconoscimento non ha natura
costitutiva della obbligazione, ma assolve alla finalità di «ricondurre
all’interno del sistema di bilancio un fenomeno di rilevanza finanziaria
–che è, comunque, maturato al di fuori delle normali procedure di
programmazione e di gestione delle spese– provvedendo alle contestuali
verifiche circa il mantenimento degli equilibri di bilancio»; inoltre,
le funzioni di indirizzo e la responsabilità politica del Consiglio comunale
non sono «circoscritte alle sole scelte di natura discrezionale, ma si
estendano anche ad attività, o procedimenti di spesa, di natura vincolante
ed obbligatoria»;
· tale ricostruzione, elaborata nella vigenza del sistema di
contabilità ante armonizzazione, risulta ancora attuale, trovando conferma
nelle disposizioni del d.lgs. n. 118/2011 che, unitamente all’art. 194 TUEL,
regolano la materia e che devono considerarsi norme di stretta
interpretazione; in particolare, il paragrafo 9 punto 9.1. dell’allegato 4/2
al d.lgs. n. 118/2011, con riferimento «all’emersione di debiti assunti
dall’ente e non registrati quando l’obbligazione è sorta», sottolinea «la
necessità di attivare la procedura amministrativa di riconoscimento del
debito fuori bilancio prima di impegnare le spese con imputazione
all’esercizio in cui le relative obbligazioni sono esigibili»: di qui
l’inammissibilità di ogni forma di contabilizzazione prima dell’avvenuto
riconoscimento;
· ulteriore argomento testuale a conforto della indefettibilità
della delibera di riconoscimento si rinviene nell’art. 73 del d.lgs.
118/2011, che ha introdotto una specifica disciplina per i debiti fuori
bilancio delle Regioni, riproducendo il contenuto dell’art. 194 TUEL circa
la tipologia di debiti fuori bilancio e ribadendo in maniera netta la
necessità del previo riconoscimento degli stessi con legge regionale, senza
introdurre deroghe ed eccezioni in relazione ai provvedimenti
giurisdizionali;
· nel senso dell’indefettibilità del previo riconoscimento ai fini
del pagamento depongono anche le «disposizioni del TUEL che considerano
il riconoscimento come presupposto o condizione per l’esercizio di
specifiche facoltà gestionali» (art. 187, comma 3-ter, lett. d), art.
188, comma 1-quater) nonché la previsione dell’art. 1, comma 849, della l.
30.12.2018, n. 145 (Legge di bilancio 2019) che, nell’accordare agli enti
territoriali un’anticipazione di liquidità da destinare al «pagamento di
debiti, certi, liquidi ed esigibili, maturati alla data del 31.12.2018,
relativi a somministrazioni, forniture, appalti e obbligazioni per
prestazioni professionali», subordina l’utilizzazione di dette risorse
per il pagamento di debiti fuori bilancio al relativo riconoscimento;
· la materia dei debiti fuori bilancio va presidiata da estremo
rigore siccome di rilievo anche con riguardo all’effettivo rispetto dei
vincoli di finanza pubblica ed alla corretta determinazione dei relativi
saldi; «la tematica, centrale nella vigenza del sistema incentrato sul
patto di stabilità, assume ancor più consistenza con riferimento a quello
attuale avente ad oggetto il pareggio rispetto al quale rileva come noto,
unicamente, l’impegno»;
· la contabilità armonizzata ha posto l’attenzione sull’esigenza
che «le attività gestionali e contabili siano improntate al principio
dell’efficienza e della celerità del procedimento di spesa tenuto conto
anche della normativa in tema di interessi moratori per ritardati pagamenti»;
in questa prospettiva ben potranno gli enti locali prevedere, con
riferimento ai debiti fuori bilancio derivanti da sentenza, «specifiche
procedure e misure organizzative che consentano il tempestivo riconoscimento
degli stessi, facendo applicazione dell’autonomia regolamentare loro
accordata dall’art. 152 Tuel, che in tale ambito può trovare, a mente del
comma 3, piena esplicazione».
· la
deliberazione 23.10.2018 n. 21 ha evidenziato come «in una
corretta gestione finanziaria l’emersione di un debito non previsto nel
bilancio di previsione debba essere portata tempestivamente al Consiglio
dell’ente per l’adozione dei necessari provvedimenti, quali la valutazione
della riconoscibilità, ai sensi dell’art. 194, comma 1, e il reperimento
delle necessarie coperture secondo quanto previsto dall’art. 193, comma 3, e
194, commi 2 e 3», ammonendo nel contempo che, laddove vi sia un ritardo
che comporti il rinvio del riconoscimento ad esercizi successivi a quello in
cui il debito è emerso, si produrrebbe una non corretta rappresentazione
della situazione patrimoniale e finanziaria dell’ente;
· il termine dilatorio previsto dall’art. 14 del d.l. 31.12.1996,
n. 669 (convertito dalla l. 28.2.1997, n. 30) è sufficientemente ampio,
anche alla luce del generale principio di buon andamento ex art. 97 Cost.,
per provvedere agli adempimenti di cui all’art. 194 TUEL e gli istituti
della nuova contabilità armonizzata, nella specie il Fondo contenzioso –e il
costante monitoraggio dell’evoluzione delle passività da contenzioso cui
l’ente è tenuto in vista dell’adozione di eventuali provvedimenti di
adeguamento del Fondo medesimo– sono funzionali a procedure di
riconoscimento e di finanziamento tempestive;
ha enunciato il seguente principio di diritto: «Il
pagamento di un debito fuori bilancio riveniente da una sentenza esecutiva
deve, sempre, essere preceduto dall’approvazione da parte del Consiglio
dell’ente della relativa deliberazione di riconoscimento».
Pertanto, ai sensi del citato art. 6, comma 4, del d.l. n. 174/2012, che
pone in capo alle Sezioni regionali di controllo un obbligo di conformazione
alle delibere di orientamento emanate dalla Sezione delle Autonomie, il
Collegio fornisce risposta al quesito nei termini sopra richiamati (Corte
dei Conti, Sez. controllo Puglia,
parere 12.12.2019 n. 112). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Interpretazione della normativa in tema di debiti fuori bilancio, con
specifico riguardo alla regolamentazione contabile di quelli rivenienti da
sentenze esecutive di cui all'art. 194, comma 1, lett. a), del TUEL.
Il pagamento di un debito fuori bilancio riveniente da
una sentenza esecutiva deve, sempre, essere preceduto dall’approvazione da
parte del Consiglio dell’ente della relativa deliberazione di
riconoscimento.
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PREMESSO
1. È all’esame della Sezione delle autonomie –a seguito di rimessione
operata dalla Sezione regionale di controllo per la Puglia con
deliberazione 15.04.2019 n. 44–
l’interpretazione della normativa in tema di debiti fuori bilancio con
specifico riguardo alla regolamentazione contabile di quelli rivenienti da
sentenze esecutive di cui all’art. 194, comma 1, lett. a), del Tuel.
La pronuncia della Sezione regionale di controllo per la Puglia trae origine
dalla richiesta di parere formulata dal Sindaco del Comune di Taranto che,
nel rappresentare l’intenzione dell’Ente di provvedere, ai sensi dell’art.
152 Tuel, all’adozione di una specifica disciplina regolamentare, ha posto
una questione relativamente al riconoscimento dei debiti fuori bilancio
afferenti a sentenze esecutive rese dal giudice di pace.
Richiamato, in particolare, l’orientamento maturato nella magistratura
contabile circa la sussistenza di un interesse generale alla celerità del
procedimento di spesa e, conseguentemente, in ordine alla possibilità di
individuare un peculiare statuto per il pagamento dei debiti in parola –cui
potrebbe, legittimamente, provvedersi anche prima della prescritta
deliberazione consiliare (cfr. in tal senso Sez. reg.le di controllo per la
Campania,
parere 10.01.2018 n. 2;
Sez. reg.le di controllo per la Liguria,
parere 22.03.2018 n. 73;
Sez. reg.le di controllo per la Lombardia,
parere 20.12.2018 n. 368)–
il Comune di Taranto ha chiesto il motivato avviso della competente Sezione
in ordine alla possibilità di prevedere nel predetto regolamento una
disposizione che consenta l’immediato pagamento, differendo la procedura di
riconoscimento ad un momento successivo, per la cui individuazione
prospetta, peraltro, una duplice opzione.
Con
deliberazione 15.04.2019 n. 44
la Sezione regionale di controllo per la Regione Puglia, all’esito di una
puntuale ricostruzione del quadro normativo di riferimento oltre che degli
orientamenti maturati nell’ambito della magistratura contabile, ravvisando
un contrasto interpretativo in ordine alla specifica questione prospettata
dal Comune di Taranto, ha sospeso la decisione e rimesso al Presidente della
Corte dei conti la valutazione circa la sussistenza dei presupposti per il
deferimento alla Sezione delle Autonomie, o alle Sezioni Riunite, della
seguente questione: «se, con riferimento al procedimento per il
riconoscimento di legittimità di debiti fuori bilancio derivanti da sentenze
esecutive, ai sensi dell’art. 194, comma 1, lett. a) Tuel, sia possibile
effettuare il pagamento prima della prevista delibera di Consiglio comunale
ovvero se quest’ultima debba sempre precedere l’attività solutoria».
Con successiva ordinanza del Presidente della Corte dei conti n. 17 del
26.07.2019 l’anzidetta questione è stata rimessa all’esame della Sezione
delle autonomie.
2. Ed invero, in più occasioni la magistratura contabile ha avuto modo di
pronunciarsi in materia di debiti fuori bilancio.
Come evidenziato dalla Sezione remittente in merito alla problematica che ne
occupa, ed alla possibilità di procedere al pagamento di un debito fuori
bilancio derivante da sentenza prescindendo dal previo riconoscimento dello
stesso, è possibile individuare due difformi indirizzi.
Secondo un primo e consolidato orientamento –recepito, peraltro,
dalla stessa Sezione remittente (cfr.
parere 22.02.2018 n. 29)–
valorizzando una interpretazione strettamente aderente al tenore letterale
delle disposizioni recate dagli artt. 193 e 194 Tuel si ritiene come non
possa, per via interpretativa, riconoscersi una differenziata regolazione
per i debiti fuori bilancio afferenti a sentenze esecutive e come debba,
dunque, anche per questi procedersi all’adozione della prescritta
deliberazione di riconoscimento: tale atto, nel caso di specie, assolve alla
funzione «non già di riconoscere la legittimità del debito, già
verificata in sede giudiziale», ma piuttosto di «ricondurre al sistema di
bilancio un fenomeno di rilevanza finanziaria maturato all’esterno», oltre
che di «accertare le cause che hanno generato l’obbligo e le eventuali
responsabilità».
Conformi sono le conclusioni della Sezione regionale di controllo per la
Campania (cfr.
parere 09.05.2018 n. 66)
chiamata a pronunciarsi su una peculiare richiesta formulata dall’organo
straordinario di liquidazione di un ente in dissesto.
Nell’occasione, prendendo le mosse dalle conclusioni cui sono pervenute le
Sezioni riunite in sede giurisdizionale (sentenza
27.12.2007 n. 12) circa la
natura eterogenea delle fattispecie ricomprese nell’art 194 Tuel –ed in
ordine alle peculiarità di quella prevista dalla lett. a) della citata
disposizione, rispetto alla quale non sussistono in sede di riconoscimento
margini di discrezionalità– l’anzidetta Sezione di controllo, richiamando il
proprio orientamento (parere
29.04.2009 n. 22), ha rilevato che «in
mancanza di una disposizione che preveda una disciplina specifica e diversa
per le sentenze esecutive non è consentito discostarsi dalla stretta
interpretazione dell’art. 194 Tuel ai sensi del quale il riconoscimento del
debito avviene, prima del pagamento, con atto del Consiglio comunale».
In linea con tali principi è, altresì, l’interpretazione resa dalla Sezione
di controllo per la Regione siciliana che ha sottolineato la necessarietà
della delibera di riconoscimento del debito fuori bilancio, evidenziando
come la stessa adempia non solo alla funzione di riconoscere la legittimità
di una obbligazione e, nei casi di cui alla lett. e) dell’art. 194 Tuel, di
valutare l’utilità, ma anche ad una finalità giuscontabilistica e di
salvaguardia degli equilibri di bilancio che si esplica attraverso il
reperimento delle risorse necessarie a finanziare il debito (cfr.
parere 05.06.2014 n. 78).
Né a parere della stessa Sezione può riconnettersi alcuna dirimente al
carattere, di fatto, obbligatorio e privo di discrezionalità dell’anzidetto
provvedimento consiliare ovvero al rischio di azioni esecutive invocato a
giustificazione di discipline derogatorie.
A tal riguardo è stato, invero, evidenziato come le funzioni di indirizzo e
la responsabilità politica del Consiglio comunale non siano circoscritte
alla sola attività discrezionale, ma investano, di contro, anche attività e
procedimenti di spesa di natura obbligatoria (cfr. tra le altre 80/2015/PAR)
e come, d’altro canto, il termine dilatorio previsto dall’art. 14 del d.l.
n. 669/1996 sia più che congruo rispetto agli adempimenti di cui all’art.
194 Tuel.
Coerenti sono, altresì, le conclusioni cui la medesima Sezione di controllo
per la Regione siciliana è pervenuta con la
parere 19.01.2016 n. 18 laddove è rimarcato come il preventivo
riconoscimento del debito da parte dell’Organo consiliare –disposto
espressamente dall’art. 194 del Tuel- risulti necessario «anche nella
ipotesi di debiti derivanti da sentenza esecutiva, per loro natura
caratterizzati da assenza di discrezionalità per via del provvedimento
giudiziario a monte che, accertando il diritto di credito del terzo, rende
agevole la riconduzione al sistema di bilancio di un fenomeno di rilevanza
finanziaria maturato all’esterno di esso».
A sostegno delle proprie conclusioni detta Sezione rileva che, diversamente
opinando, si verrebbe a «sovvertire la fondamentale distinzione tra
attività politica (di cui è manifestazione la deliberazione di
riconoscimento del debito fuori bilancio) e attività gestionale dei
dirigenti (cui deve ascriversi l’eventuale pagamento)».
Assolutamente nette –e prive di margini di incertezze– circa l’indefettibilità
della deliberazione di riconoscimento del debito fuori bilancio quale
presupposto di un legittimo pagamento devono considerarsi, da ultimo, le
conclusioni cui è pervenuta la Sezione delle Autonomie che, pronunciandosi
relativamente ad una richiesta formulata dall’Anci, ha, tra l’altro,
statuito (cfr.
deliberazione 23.10.2018 n. 21
punto 1 del principio di diritto) che «ai fini di una
corretta gestione finanziaria, l’emersione di un debito non previsto nel
bilancio di previsione deve essere portata tempestivamente al Consiglio
dell’Ente per l’adozione dei necessari provvedimenti quali la valutazione
della riconoscibilità, ai sensi dell’art. 194, comma 1, del Tuel ed il
reperimento delle necessarie coperture secondo quanto previsto dall’art.
193, comma 3, e 194, commi 2 e 3, del medesimo testo unico».
Tali conclusioni sono disattese da un diverso orientamento che, per i debiti
fuori bilancio rivenienti da sentenze esecutive, ritiene possa pervenirsi al
pagamento prima della deliberazione di riconoscimento prevista dal combinato
disposto di cui agli artt. 193 e 194 Tuel, atteso che, per le obbligazioni
in parola, il Consiglio non è chiamato ad esercitare poteri discrezionali
essendo tenuto, in ogni caso, al pagamento: di qui la natura ricognitiva
dell’anzidetto provvedimento consiliare quale mera presa d’atto finalizzata
al mantenimento degli equilibri.
A tal riguardo, peraltro, si osserva (Sezione regionale di controllo per la
Campania,
parere 10.01.2018 n. 2)
come il pagamento immediato eviterebbe ulteriori pregiudizi di carattere
economico-finanziario all’ente dal momento che «la prassi seguita dagli
enti di attendere per il pagamento di quanto dovuto il preventivo
riconoscimento della legittimità del legittimità del debito da parte del
consiglio comunale comporta il lievitare degli oneri patrimoniali per
interessi legali ed eventuale rivalutazione monetaria cui vanno aggiunte le
spese derivanti dalle procedure esecutive, nel caso in cui la predetta
deliberazione non intervenga in tempi ragionevoli».
In tale contesto interpretativo si colloca l’articolata ricostruzione della
Sezione regionale di controllo per la Liguria (cfr.
parere 22.03.2018 n. 73),
che perviene a soluzioni positive circa l’ammissibilità –nella ricorrenza di
specifici presupposti– di una attività solutoria precedente a quella di
formale riconoscimento del debito.
Pur ribadendo che, alla luce anche del principio contabile n. 2
dell’Osservatorio per la finanza e la contabilità degli enti locali (da
considerarsi ancora vigente non rinvenendosi indicazioni diverse nei
principi contabili armonizzati), obbligo prioritario sia l’attivazione della
procedura per il riconoscimento del debito fuori bilancio, la Sezione ligure
evidenzia come possano esservi casi in cui il corso del procedimento in
parola incontri degli ostacoli che impediscono l’adozione di una
deliberazione consiliare utile allo scopo, esponendo l’ente al rischio di un
pregiudizio economico per mancato, o non tempestivo, riconoscimento.
A detti fini la medesima Sezione opera un distinguo a seconda che per il
debito fuori bilancio sussista, o meno, un pertinente e capiente
stanziamento nel bilancio.
Nel dettaglio la Sezione osserva che, nella prima ipotesi, «non si
ravvedono ragioni per precludere all’organo competente alla gestione della
spesa la possibilità di procedere all’assunzione del nuovo impegno
contabile, propedeutico alle successive fasi della spesa e quindi anche al
pagamento, atteso che, in fattispecie di questo genere, non si è in presenza
di alcuna situazione patologica né nel sistema di bilancio esistente, visto
che già di per sé reca la copertura finanziaria per la nuova spesa, né
nell’impegno contabile».
A corroborare detta ricostruzione si osserva, peraltro, che «nel nuovo
ordinamento contabile, la registrazione di un impegno di spesa può avvenire
soltanto dal momento in cui l’obbligazione a carico dell’ente è
giuridicamente perfezionata (cfr. punto 5.1 del già menzionato principio
applicato della contabilità finanziaria di cui all’allegato 4/2). Perciò non
può rilevarsi un’anomalia nell’assunzione dell’impegno a seguito
dell’obbligazione giuridica che sorge e si perfeziona per effetto del
provvedimento del giudice. Prima di tale momento ciò non sarebbe neppure
stato possibile, come è confermato dal punto 5.2, lett. h), del medesimo
principio contabile proprio con riferimento alle obbligazioni passive, solo
potenziali, in attesa degli esiti di un giudizio. L’esposta conclusione non
significa che la situazione qui considerata fuoriesca dal campo di
applicazione dell’art. 194 del TUEL».
Per tale ipotesi, che comunque secondo le prospettazioni della Sezione non
fuoriesce dal campo di applicazione dell’art. 194 Tuel, si conclude,
superando gli angusti limiti di un ingiustificato formalismo giuridico, che
«laddove la strada dell’ordinario di procedimento si appalesa non
tempestivamente o utilmente praticabile, gli amministratori o funzionari
competenti potranno comunque, al verificarsi delle condizioni descritte,
ugualmente attivarsi per il pagamento del debito, salvo l’obbligo per i
medesimi di adoperarsi contemporaneamente per la definizione della
deliberazione consiliare di riconoscimento».
Maggiormente problematica è la situazione «laddove nel bilancio in corso
di gestione non sussista uno stanziamento con oggetto corrispondente al tipo
di spesa derivante dal provvedimento del giudice, oppure che tale
stanziamento non offra più la necessaria capienza, ricorrendo, in tal caso,
effettivamente, una situazione patologica del bilancio rispetto alla quale
si attua la funzione propria della deliberazione di riconoscimento del
debito, ovvero quella della riconduzione dell’obbligazione al sistema di
bilancio attraverso l’individuazione delle modalità di copertura».
Ciò nondimeno, anche per tale ipotesi, l’anzidetta Sezione ritiene che «sempre
sul presupposto della non avvenuta tempestiva convocazione dell’organo
consiliare, le apposite disponibilità di bilancio, necessarie per procedere
al pagamento del debito ed evitare aggravi di spesa, possano essere
ugualmente individuate attraverso l’esercizio dei poteri di variazione del
bilancio spettanti in via ordinaria agli altri organi dell’ente».
Tale soluzione sarebbe inoltre in linea con «l’attuale conformazione
degli schemi contabili armonizzati degli enti locali, in cui si può
distinguere, anche concettualmente, un bilancio cd. decisionale,
corrispondente al bilancio di previsione per missioni e programmi sottoposto
all’approvazione del Consiglio comunale (l’unità di voto è il programma), e
un bilancio cd. gestionale, ovvero il Piano esecutivo di gestione (PEG)
elaborato dalla Giunta, nel quale le previsioni del primo documento vengono
ulteriormente articolate», nonché coerente con la distribuzione delle
competenze nella materia delle variazioni di bilancio.
Tale risultato interpretativo, a parere della Sezione regionale di
controllo, «non determina un’esautorazione di poteri del Consiglio
comunale, posto che, anche in tale circostanza, occorre ugualmente portare a
compimento il procedimento di riconoscimento del debito previsto dall’art.
194 TUEL ed in tale sede l’organo consiliare potrà verificare e ratificare
l’operato degli organi precedentemente intervenuti, ma potrà anche scegliere
di adottare, attraverso variazioni di bilancio di propria pertinenza, una
diversa soluzione in ordine alle modalità di finanziamento del nuovo debito».
In questa prospettiva, anzi, si considera ammissibile «anche l’adozione
in via d'urgenza da parte della Giunta di una variazione di bilancio di
competenza del Consiglio, ai sensi degli articoli 42, comma 4, e 175, comma
4, del TUEL. Si ritiene infatti che l’esigenza di evitare maggiori oneri a
carico dell’ente possa essere sufficiente ai fini della richiesta
motivazione da sottoporre all’esame dell’organo consiliare. Si osserva,
anzi, che tale opportunità consente di poter accedere fin da subito, per il
ripiano del nuovo debito, allo strumento finanziario più idoneo allo scopo,
ovvero alle risorse eventualmente accantonate nel bilancio di previsione a
titolo di fondo rischi derivanti da contenzioso, il cui utilizzo in via
ordinaria richiede, appunto, in base all’attuale sistema di classificazione
delle spese e alle regole fissate dall’art. 175 TUEL, una variazione di
bilancio di competenza del Consiglio. Anche in questo caso, la successiva
verifica da parte dell’organo consiliare resta senz’altro garantita, non
solo con la previsione della ratifica a pena di decadenza delle variazioni
d’urgenza entro i sessanta giorni seguenti, ma anche perché non viene meno
la necessità di pervenire comunque alla deliberazione di riconoscimento del
debito, in occasione della quale il Consiglio potrà disporre dei suoi poteri
con immutata efficacia».
CONSIDERATO
1. Così ricostruiti il thema decidendum, ed i differenti orientamenti
maturati in seno alla magistratura contabile, osserva il Collegio come sia
opportuno far precedere la trattazione nel merito della questione al suo
esame, da alcune, sia pur brevi, considerazioni in ordine ai rapporti tra la
disciplina recata dall’art. 194 Tuel e l’autonomia regolamentare accordata
agli enti locali, in tema di ordinamento finanziario e contabile, dall’art.
152 Tuel.
Detta ultima disposizione al comma 1 prevede che con «il regolamento di
contabilità ciascun ente applica i principi contabili stabiliti dal Testo
unico e dal d.lgs. 118/2011 s.m.i. con modalità organizzative corrispondenti
alle caratteristiche di ciascuna comunità» rimarcando, al contempo, la
doverosa osservanza delle disposizioni previste dall’ordinamento per
assicurare l’unitarietà del sistema finanziario e contabile.
Analogamente il successivo comma 3, nel disciplinarne il contenuto, dispone
che «il regolamento di contabilità stabilisce le norme relative alle
competenze specifiche dei soggetti dell’amministrazione preposti alla
programmazione, adozione ed attuazione dei provvedimenti di gestione che
hanno carattere finanziario e contabile, in armonia con le disposizioni del
presente Testo unico e delle altre leggi vigenti».
Ne consegue, dunque, un particolare richiamo al principio della riserva di
legge statale in materia di ordinamento finanziario e contabile che trova la
massima espressione nel comma 4 a mente del quale «i regolamenti di
contabilità sono approvati nel rispetto delle norme della parte seconda del
presente testo unico, da considerarsi come principi generali con valore di
limite inderogabile».
Nondimeno sono previste delle eccezioni con riferimento ad alcune
fattispecie per le quali le disposizioni del Testo unico risultano recessive
rispetto all’omologa previsione regolamentare: tra le anzidette ipotesi –che
si sono, peraltro, ridotte in ragione della novella recata dal d.lgs.
126/2014 che ha significativamente ridimensionato gli spazi di autonomia
degli enti– non è ricompresa però quella di cui all’art. 194 Tuel.
Sotto questo profilo, dunque, deve evidenziarsi come la relativa disciplina
prevista da detta disposizione si ponga, a legislazione vigente, quale “principio
generale con valore di limite inderogabile” rispetto alla potestà
regolamentare dell’ente locale.
2. Ciò posto circa la portata precettiva dell’art. 194 Tuel, venendo alla
questione posta all’esame della Sezione, deve evidenziarsi come l’anzidetta
disposizione non introduca alcun distinguo per la regolazione contabile di
ciascuna delle eterogenee fattispecie disciplinate ma preveda, anzi, un
regime indifferenziato, disponendo, infatti, per tutte una uniforme
procedura di riconoscimento di competenza consiliare.
In difetto di una espressa previsione il Collegio è, dunque, chiamato a
verificare se possa, in via interpretativa, individuarsi uno specifico
statuto per i debiti fuori bilancio rivenienti da sentenza esecutiva,
fissando, se del caso, i presupposti in costanza dei quali procedersi
all’immediato pagamento dei relativi oneri e differendo, dunque, ad un
successivo momento l’adozione della deliberazione consiliare di
riconoscimento del debito.
Come evidenziato dalla Sezione remittente –e come dianzi ampiamente
illustrato– trattasi di questione non del tutto inedita, sulla quale si è
formato un consolidato orientamento della Corte che, soprattutto nell’ambito
della funzione consultiva ha già avuto più volte occasioni per pronunciarsi
sulla tematica.
Al riguardo, pur non disconoscendosi le specificità della fattispecie in
esame –il cui riconoscimento è, evidentemente, privo, in ragione del titolo
giudiziario da cui trae origine, dei profili di discrezionalità che
caratterizzano le altre ipotesi– è stata, in maniera pressoché univoca,
rimarcata, tuttavia, la necessità della previa deliberazione consiliare di
cui al primo comma del più volte richiamato art. 194 Tuel.
Si è, invero, sostenuto che, in tal caso, la deliberazione consiliare di
riconoscimento non avrebbe natura costitutiva della obbligazione, ma
assolverebbe alla finalità di ricondurre all’interno del sistema di bilancio
un fenomeno di rilevanza finanziaria –che è, comunque, maturato al di fuori
delle normali procedure di programmazione e di gestione delle spese–
provvedendo alle contestuali verifiche circa il mantenimento degli equilibri
di bilancio.
A sostegno di tale assunto, sul punto è stato, peraltro, evidenziato come le
funzioni di indirizzo e la responsabilità politica del Consiglio comunale
non siano circoscritte alle sole scelte di natura discrezionale, ma si
estendano anche ad attività, o procedimenti di spesa, di natura vincolante
ed obbligatoria (cfr. Sezione di controllo per la Regione siciliana
parere 03.02.2015 n. 80).
Tale ricostruzione, elaborata nella vigenza del sistema di contabilità ante
armonizzazione, risulta, a parere del Collegio, ancora attuale, trovando
ulteriore conferma nelle disposizioni del d.lgs. 118/2011 che, unitamente
alla fondamentale disposizione di cui all’art. 194 Tuel, regolano la materia
e che devono considerarsi norme di stretta interpretazione.
A tal riguardo preme, infatti, rilevare come la disciplina dei debiti fuori
bilancio rappresenti una eccezione rispetto alle ordinarie procedure di
spesa e, conseguentemente, debba privilegiarsi una interpretazione della
normativa strettamente aderente al tenore letterale delle disposizioni di
rilievo.
Ebbene, facendo applicazione di tale criterio ermeneutico, come già
riservato, non è dato rinvenire alcuna deroga con riferimento alla
fattispecie di cui all’art. 194, comma 1, lett. a), Tuel.
Sotto tale profilo preme, anzi, evidenziare che la contabilità armonizzata
–la quale pure ha novellato, talora in modo significativo, plurimi istituti–
ha in definitiva recepito e positivizzato il cennato orientamento rigoroso.
In tal senso depone il Paragrafo 9 punto 9.1. dell’allegato 4/2 al d.lgs. n.
118/2011, laddove, con riferimento «all’emersione di debiti assunti
dall’ente e non registrati quando l’obbligazione è sorta» sottolinea «la
necessità di attivare la procedura amministrativa di riconoscimento del
debito fuori bilancio prima di impegnare le spese con imputazione
all’esercizio in cui le relative obbligazioni sono esigibili»: di qui
l’inammissibilità di ogni forma di contabilizzazione prima dell’avvenuto
riconoscimento.
Né a diverse conclusioni può pervenirsi valorizzando la disciplina dettata
dal Paragrafo 6 punto 6.3. in tema di pagamenti effettuati direttamente dal
Tesoriere che, con riferimento ai pagamenti effettuati per procedure
esecutive non regolarizzati, prevede il riconoscimento postumo da parte del
Consiglio del relativo debito fuori bilancio contestualmente
all’approvazione del rendiconto.
Trattasi, invero, di una ipotesi specifica, peraltro afferente ad una fase
assolutamente patologica della procedura di spesa (pagamento effettuato dal
Tesoriere per azioni esecutive non regolarizzate), da cui non possono trarsi
argomenti per elaborare un principio che vada a derogare o, comunque, ad
inficiare la portata dell’art. 194 Tuel e della previsione del richiamato
paragrafo 9.
Ulteriore e significativo argomento testuale a conforto della
indefettibilità della delibera di riconoscimento può rinvenirsi nella
previsione di cui all’art. 73 del d.lgs. 118/2011 che ha introdotto una
specifica disciplina per i debiti fuori bilancio delle Regioni.
Detta norma ha, di fatto, riprodotto, in maniera pedissequa, il contenuto
dell’art. 194 Tuel circa la tipologia di debiti fuori bilancio ed ha
ribadito in maniera netta la necessità del previo riconoscimento degli
stessi –che deve avvenire con legge regionale– senza introdurre deroghe ed
eccezioni in relazione ai provvedimenti giurisdizionali.
Con riguardo alle sentenze, a tutela dell’efficacia e della celerità del
procedimento di spesa, è, infatti, prevista unicamente una rigorosa
scansione temporale per i prescritti adempimenti, da compiersi entro 60
giorni, ed una ipotesi di silenzio-significativo atteso che, decorso
infruttuosamente il predetto termine il debito si intende riconosciuto.
Di qui il delinearsi, dunque, di un argomento positivo che, per quanto di
interesse, va ad ulteriormente confermare la indefettibilità del previo
riconoscimento ai fini del pagamento.
Medesimo conforto è, peraltro, offerto da alcune disposizioni del Tuel che
considerano il riconoscimento come presupposto o condizione per l’esercizio
di specifiche facoltà gestionali: si richiamano, a tal riguardo, l’art. 187,
comma 3-ter, lett d), e l’art. 188, comma 1-quater.
Nella medesima prospettiva di interesse si appalesa, altresì, la previsione
di cui all’art. 1, comma 849, della legge 30.12.2018, n. 145 (Legge di
bilancio 2019) che, nell’accordare agli enti territoriale una anticipazione
di liquidità da destinare al «pagamento di debiti, certi, liquidi ed
esigibili, maturati alla data del 31.12.2018, relativi a somministrazioni,
forniture, appalti e obbligazioni per prestazioni professionali»
subordina l’utilizzazione di dette risorse per il pagamento di debiti fuori
bilancio al relativo riconoscimento.
Alla luce di tale ricostruzione appare, allora, evidente come
l’orientamento, sin qui invalso nella giurisprudenza contabile, lungi dal
peccare di formalismo giuridico, sia in effetti aderente al complesso delle
norme regolatrici della materia e ad una lettura sistematica delle stesse.
Diverse conclusioni, di contro, oltre ad appalesarsi non coerenti con il
tratteggiato quadro dispositivo, travalicano gli anzidetti limiti della
stretta interpretazione andando ad integrare le previsioni normative e
creando, per via interpretativa, uno specifico, e surrettizio, regime per i
debiti fuori bilancio derivanti da sentenza che il legislatore non ha
ritenuto di accordare.
Sotto tale profilo, non può essere condivisa, pertanto, l’articolata
prospettazione della Sezione regionale di controllo per la Liguria (cfr.
parere 22.03.2018 n. 73)
che ritiene ammissibile l’immediato pagamento, in difetto della previa
deliberazione di riconoscimento, prevedendo una soluzione differenziata a
seconda che sia previsto in bilancio un capiente capitolo ovvero che detta
copertura non sussista o non sia più sufficiente.
Dette conclusioni, invero, pur subordinate alla circostanza che «la
strada dell’ordinario procedimento si appalesi non tempestivamente o
utilmente praticabile», comportano, in primo luogo, una evidente
alterazione rispetto al riparto legale delle competenze tra organo politico
ed organo gestionale fissato dall’art. 194, Tuel ma, soprattutto, non
tengono in adeguata considerazione, specialmente per le ipotesi di
insussistenza o di incapienza del pertinente capitolo di bilancio,
l’importante funzione assolta, tra le altre, dalla deliberazione consiliare
di riconoscimento quale fondamentale momento di valutazione della incidenza
degli oneri che si vanno ad assumere sugli equilibri di bilancio.
Sotto tale profilo appare opportuno rimarcare come tale finalità potrebbe
essere frustrata laddove l’anzidetta deliberazione intervenga dopo il
pagamento e come, in ogni caso, l’accantonamento di somme in bilancio non
esima dalla doverosa verifica circa la effettività dei mezzi di copertura,
anche in relazione alla sussistenza di ulteriori passività.
Ne conseguirebbe, in ogni caso, una dequotazione della deliberazione di
riconoscimento del debito fuori bilancio –risolvendosi la stessa in una mera
ratifica da parte dell’organo politico dell’operato dell’organo gestionale–
non in linea con le rilevanti funzioni di indirizzo intestate all’organo
consiliare ed alle acquisizioni, ormai pacifiche alla luce delle chiare
indicazioni della Corte costituzionale, in tema di bilancio quale “bene
pubblico”.
In una prospettiva più generale non può, inoltre, revocarsi in dubbio come,
la richiamata impostazione, introduca un elemento di incertezza nel sistema
atteso che l’immediato pagamento è subordinato alla circostanza –di non
facile perimetrazione, sia nell’an che nel quomodo, e, dunque,
suscettiva di un utilizzo improprio– che «la strada dell’ordinario di
procedimento si appalesa non tempestivamente o utilmente praticabile».
Deve, di contro, rimarcarsi che la materia dei debiti fuori bilancio va
presidiata da estremo rigore siccome di rilievo anche con riguardo
all’effettivo rispetto dei vincoli di finanza pubblica ed alla corretta
determinazione dei relativi saldi: la tematica, centrale nella vigenza del
sistema incentrato sul patto di stabilità, assume ancor più consistenza con
riferimento a quello attuale avente ad oggetto il pareggio rispetto al quale
rileva come noto, unicamente, l’impegno.
Ulteriore elemento di incertezza, sotto il profilo della copertura e del
finanziamento del debito, si introdurrebbe allorché per accreditare
l’integrità delle competenze del Consiglio si evidenzia che «l’organo
consiliare potrà verificare e ratificare l’operato degli organi
precedentemente intervenuti, ma potrà anche scegliere di adottare,
attraverso variazioni di bilancio di propria pertinenza, una diversa
soluzione in ordine alle modalità di finanziamento del nuovo debito».
Né appare convincente il diverso percorso argomentativo della Sezione
regionale di controllo per la Campania (cfr.
parere 10.01.2018 n. 2),
che ha parimenti ritenuto ammissibile l’immediato pagamento delle sentenze
esecutive, sul presupposto che detta soluzione consente di ovviare ai
ritardi con i quali i Consigli provvedono al riconoscimento del debito e
che, comunque, la situazione del pagamento immediato non è dissimile da
quella in cui si versa allorché si proceda a pignoramento ad esecuzione
presso il tesoriere con speciale ordine di pagamento allo stesso, e a
successiva regolarizzazione.
Sotto il primo profilo deve, anzi, ribadirsi come l’iter procedurale
tratteggiato dall’art. 194 Tuel individui precise competenze e correlate
responsabilità –che possono discendere dal ritardo nell’espletare gli
adempimenti dovuti– e come la contabilità armonizzata abbia posto
l’attenzione sull’esigenza che «le attività gestionali e contabili siano
improntate al principio dell’efficienza e della celerità del procedimento di
spesa tenuto conto anche della normativa in tema di interessi moratori per
ritardati pagamenti».
In questa prospettiva ben potranno gli enti locali prevedere, con
riferimento ai debiti fuori bilancio derivanti da sentenza, specifiche
procedure e misure organizzative che consentano il tempestivo riconoscimento
degli stessi, facendo applicazione dell’autonomia regolamentare loro
accordata dall’art. 152 Tuel, che in tale ambito può trovare, a mente del
comma 3, piena esplicazione.
A tal riguardo questa Sezione (cfr.
deliberazione 23.10.2018 n. 21)
ha già evidenziato come «in una corretta gestione finanziaria l’emersione
di un debito non previsto nel bilancio di previsione debba essere portata
tempestivamente al Consiglio dell’ente per l’adozione dei necessari
provvedimenti, quali la valutazione della riconoscibilità, ai sensi
dell’art. 194, comma 1, e il reperimento delle necessarie coperture secondo
quanto previsto dall’art. 193, comma 3, e 194, commi 2 e 3» ammonendo
nel contempo che, laddove vi sia un ritardo che comporti il rinvio del
riconoscimento ad esercizi successivi a quello in cui il debito è emerso, si
produrrebbe una non corretta rappresentazione della situazione patrimoniale
e finanziaria dell’ente.
Non appare, peraltro, superfluo rammentare come il termine dilatorio
previsto dall’art. 14 del d.l. 31.12.1996, n. 669 (convertito dalla legge
28.02.1997, n. 30) sia sufficientemente ampio, anche alla luce del generale
principio di buon andamento ex art. 97 Costituzione, per provvedere agli
adempimenti di cui all’art. 194 del Testo unico e come gli istituti della
nuova contabilità armonizzata, nella specie il Fondo contenzioso –ed il
costante monitoraggio dell’evoluzione delle passività da contenzioso cui
l’ente è tenuto in vista dell’adozione di eventuali provvedimenti di
adeguamento del Fondo medesimo– siano funzionali a procedure di
riconoscimento e di finanziamento tempestive.
D’altro canto, pur riconoscendosi sul piano fattuale una identità tra il
pagamento del debito in difetto di previa deliberazione di riconoscimento e
l’esecuzione forzata presso il tesoriere, come già evidenziato, non appare
possibile desumere da una ipotesi patologica della procedura di spesa un
criterio derogatorio rispetto alla procedura ordinaria per la regolazione
degli oneri derivanti dalla sentenza.
Conclusivamente ritiene, dunque, la Sezione che, alla luce del vigente
quadro normativo, non può delinearsi un regime differenziato per la
fattispecie di cui all’art. 194, comma 1, lett. a), del d.lgs. 18.08.2000,
n. 267, talché il pagamento di un debito fuori bilancio riveniente da
sentenza esecutiva deve sempre essere preceduta dall’approvazione da parte
del Consiglio dell’ente della relativa delibera di riconoscimento.
P.Q.M.
La Sezione delle autonomie della Corte dei conti, pronunciandosi sulla
questione di massima posta dalla Sezione regionale di controllo per la
Puglia con la
deliberazione 15.04.2019 n. 44,
enuncia il seguente principio di diritto:
«Il pagamento di un debito fuori bilancio riveniente da
una sentenza esecutiva deve, sempre, essere preceduto dall’approvazione da
parte del Consiglio dell’ente della relativa deliberazione di riconoscimento»
(Corte dei Conti, Sez. autonomie,
deliberazione 21.11.2019 n. 27). |
LAVORI PUBBLICI:
M. Terzi,
LAVORI DI SOMMA URGENZA: LE NOVITÀ INTRODOTTE DALLA LEGGE DI
BILANCIO 2019 ED IL RECENTE ORIENTAMENTO DELLA CORTE DEI
CONTI (PublikaDaily n. 15 - 31.07.2019). |
ATTI AMMINISTRATIVI - APPALTI: Debiti
fuori bilancio: anche in caso di dissesto, non si può
prescindere dal formale riconoscimento da parte dell’Organo
consiliare.
Circa la questione "se la gestione della massa passiva e
attiva nella ipotesi di Ente in dissesto è ad esclusiva
competenza dell'organo straordinario di liquidazione, o sono
previste deroghe istruttorie diverse dal dettato normativo",
la Sezione, sulla base della giurisprudenza di legittimità
stratificatasi nel tempo sulla materia dei debiti fuori
bilancio disciplinati dall'art. 194 TUEL, è dell'avviso che
il momento genetico dell'obbligazione contrattuale per
l'ente locale è l'esito dell'esternazione di una volontà
esplicita dell'organo rappresentativo a mezzo del tipizzato
atto deliberativo, in quanto competente ad esprimere un
apprezzamento di carattere generale in ordine alla
conciliabilità dei relativi oneri con gli indirizzi di fondo
della gestione economico-finanziaria dell'ente e con le
scelte amministrative compiute nei documenti di
programmazione a carattere autorizzatorio.
Alla luce dell'ordinamento positivo, considerata
l¿estraneità del debito fuori bilancio non riconosciuto
rispetto alla sfera patrimoniale dell'ente, anche in fase di
dissesto il momento costitutivo dell'obbligazione di
pagamento non può prescindere dal formale riconoscimento del
debito da parte dell'organo consiliare, senza che tale
espressione di volontà, non testualmente indicata
all'interno dell'art. 254 TUEL, possa essere interpretata
quale "deroga istruttoria".
La delibera consiliare costituisce in ogni caso elemento
costitutivo della fattispecie normativa tipizzata dall'art.
194 TUEL che individua in un determinato atto di volontà
promanante dall'organo istituzionale la genesi della
responsabilità patrimoniale dell'ente per le obbligazioni
maturate al di fuori del sistema autorizzatorio di bilancio.
---------------
1. Il Sindaco del Comune di Vizzini (CT), ente in stato di
dissesto a seguito della deliberazione del Consiglio
Comunale n. 13 del 09.05.2018, premette che, successivamente
all’insediamento dell’organo straordinario di liquidazione (OSL)
in data 05.09.2018, sono sorti dubbi interpretativi in
ordine alla competenza circa il formale riconoscimento dei
debiti fuori bilancio correlati ad atti e fatti di gestione
verificatasi entro il 31.12.2016.
In particolare, il Consiglio comunale, a fronte della
proposta dell’OSL di adottare la deliberazione di
riconoscimento di un debito fuori bilancio, avrebbe deciso
di non determinarsi sul punto, richiedendo un
approfondimento giuridico al Segretario dell’ente.
Mentre quest’ultimo ha espresso l’opinione della carenza di
competenza dell’organo consiliare, l’OSL, a sua volta, ha
declinato la propria competenza in materia, argomentando in
ordine alla posizione assunta dalla Sezione regionale di
controllo per la Campania nel parere adottato con la
deliberazione n. 66 del 09.05.2018.
In ragione del principio enunciato in quest’ultima
deliberazione, pertanto, il Sindaco formula la richiesta
di parere nei termini che seguono: se “la gestione della
massa passiva e attiva nella ipotesi di Ente in dissesto è
ad esclusiva competenza dell’organo straordinario di
liquidazione, o sono previste deroghe istruttorie diverse
dal dettato normativo”.
...
4. Occorre ripercorrere nelle sue linee essenziali la
disciplina della procedura di dissesto finanziario e,
segnatamente, analizzare il riparto legislativo delle
competenze tra gli organi ordinari e straordinari dell’ente
locale, alla luce delle disposizioni contenute nel capo II e
III del titolo VIII del TUEL (artt. 244-258).
Come già illustrato da questa Sezione di controllo
nell’esercizio della sua funzione consultiva (deliberazione
n. 176/2016, cit.), la dichiarazione di dissesto produce,
fondamentalmente, l’effetto di separare la c.d. gestione
ordinaria, di competenza degli organi istituzionali
dell’ente locale, dalla gestione straordinaria, c.d.
dissestata, specificamente attribuita all’organo
straordinario di liquidazione (art. 245 TUEL).
Agli organi istituzionali dell’ente, infatti, competono le
opportune manovre correttive tendenti ad assicurare
condizioni stabili di equilibrio della gestione finanziaria,
rimuovendo le cause strutturali che hanno determinato il
dissesto; al secondo, invece, la tacitazione delle pretese
creditorie e la risoluzione di eventuali pendenze,
ripianando l’indebitamento pregresso con i mezzi consentiti
dalla legge.
Nel separare le gestioni, la disciplina in esame mira a
garantire, secondo un percorso procedurale improntato a
esigenze di celerità, da un lato, la fuoriuscita dell’ente
locale dalle condizioni di dissesto funzionale, per condurlo
al ripristino dell’erogazione di funzioni e servizi
essenziali con lo strumento del bilancio stabilmente
riequilibrato; dall’altro, la soddisfazione dei creditori
sulla massa attiva dell’ente in condizioni di par condicio,
ossia secondo un ordine di priorità ispirato a criteri
costituzionali di imparzialità, ragionevolezza e non
discriminazione, nel rispetto delle cause legittime di
prelazione (Sezione regionale di controllo per la Campania,
deliberazione n. 128 del 12.12.2018).
4.1 In particolare, l’organo straordinario di liquidazione
ha una competenza temporalmente limitata, circoscritta a
tutti gli atti e fatti di gestione verificatisi entro il 31
dicembre dell’anno precedente a quello dell’ipotesi di
bilancio riequilibrato (art. 252 TUEL), dovendo provvedere:
a) alla rilevazione della massa passiva (art. 254 TUEL); b)
all’acquisizione e gestione dei mezzi finanziari disponibili
ai fini del risanamento, anche mediante alienazione dei beni
patrimoniali (art. 255 TUEL); c) alla liquidazione e
pagamento della massa passiva, secondo la procedura
ordinaria (art. 256 TUEL) o, ove possibile, secondo la
modalità semplificata (art. 258 TUEL).
Ai fini di un approfondimento sulla corretta interpretazione
della locuzione normativa “atti e fatti di gestione”, il
Collegio ritiene di poter operare un mero rinvio alla
completa disamina recentemente svolta dalla Sezione
regionale di controllo per la Campania nella deliberazione
n. 132 del 28.11.2018, in quanto questione non
specificamente ricadente nel perimetro del quesito
sollevato.
4.2 Ai fini della redazione del piano di rilevazione della
massa passiva dell’ente locale, l’art. 254, comma 3, TUEL,
elenca in maniera puntuale le diverse tipologie di debito
che l’OSL deve considerare. In particolare, trattasi di: a)
debiti di bilancio e fuori bilancio di cui all’art. 194 TUEL,
verificatisi entro il 31 dicembre dell’anno precedente
quello dell’ipotesi di bilancio riequilibrato; 2) debiti
derivanti dalle procedure esecutive estinte ai sensi
dell’art. 248, comma 2, TUEL; 3) debiti originati dalle
transazioni compiute dall’OSL ai sensi del comma 7 dello
stesso art. 254 TUEL.
Le disposizioni in esame devono essere applicate in
conformità alla norma d’interpretazione autentica introdotta
con l’art. 5, comma 2, del decreto-legge 29.03.2004, n.
80, convertito dalla legge 28.05.2004, n. 140, per la
quale “[a]i fini dell'applicazione degli articoli 252, comma
4, e 254, comma 3, del testo unico delle leggi
sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto
legislativo 18.08.2000, n. 267, si intendono compresi
nelle fattispecie ivi previste tutti i debiti correlati ad
atti e fatti di gestione verificatisi entro il 31 dicembre
dell'anno precedente a quello dell'ipotesi di bilancio
riequilibrato, pur se accertati, anche con provvedimento
giurisdizionale, successivamente a tale data ma, comunque,
non oltre quella di approvazione del rendiconto della
gestione di cui all'articolo 256, comma 11, del medesimo
testo unico”.
4.3 L’OSL provvede, altresì, all’accertamento della massa
attiva (art. 255 TUEL) con cui procedere, successivamente,
alla liquidazione e al pagamento delle passività inserite
nel piano di rilevazione, secondo la procedura cadenzata dal
legislatore (art. 256 TUEL).
A tali fini, come compiutamente illustrato dalla Sezione
delle autonomie (deliberazione n. 3/SEZAUT/2017/QMIG dell’08.02.2017), l’organo straordinario dovrà individuare,
innanzitutto, le poste attive dell’ente rappresentate da: 1)
i residui non riscossi, comprensivi dei ruoli non ancora
totalmente o parzialmente riscossi, ma anche delle entrate
tributarie per le quali non siano stati predisposti i
relativi ruoli e per le quali sia stata omessa la
predisposizione del relativo titolo di entrata,
opportunamente sottoposti al riaccertamento straordinario;
2) i ratei di mutuo disponibili, in quanto non ancora
utilizzati dall’ente; 3) i proventi derivanti da eventuali
alienazioni di beni patrimoniali disponibili,
all’individuazione dei quali l’OSL procede ai sensi
dell’art. 255, comma 9, TUEL.
Relativamente al perimetro delle eccezioni disciplinate
dall’art. 255, comma 10, a norma del quale “[n]on compete
all'organo straordinario di liquidazione l'amministrazione
delle anticipazioni di tesoreria di cui all'articolo 222 e
dei residui attivi e passivi relativi ai fondi a gestione
vincolata, ai mutui passivi già attivati per investimenti,
ivi compreso il pagamento delle relative spese, nonché
l'amministrazione dei debiti assistiti dalla garanzia della
delegazione di pagamento di cui all'articolo 206”, la
disposizione in esame deve essere coordinata con le novelle
normative successivamente intervenute.
In particolare, l'art. 2-bis, comma 1, del decreto-legge 24.06.2016, n. 113, convertito con modificazioni dalla
legge 07.08.2016, n. 160, ha disposto: “In deroga a
quanto previsto dall'articolo 255, comma 10, del testo unico
di cui al decreto legislativo 18.08.2000, n. 267, per le
amministrazioni provinciali in stato di dissesto,
l'amministrazione dei residui attivi e passivi relativi ai
fondi a gestione vincolata compete all'organo straordinario
di liquidazione”.
Successivamente, l'art. 1, comma 457, della legge 11.12.2016, n. 232, ha previsto: “In deroga a quanto
previsto dall'articolo 255, comma 10, del testo unico di cui
al decreto legislativo 18.08.2000, n. 267, per i comuni
in stato di dissesto, l'amministrazione dei residui attivi e
passivi relativi ai fondi a gestione vincolata compete
all'organo straordinario di liquidazione”.
Infine, a modifica delle citate disposizioni, l'art. 36,
comma 2, del decreto-legge 24.04.2017, n. 50, convertito
con modificazioni dalla legge 21.06.2017, n. 96, ha
conseguentemente disposto: “1. In deroga a quanto previsto
dall'articolo 255, comma 10, del decreto legislativo 18.08.2000, n. 267, per i comuni e per le province in stato
di dissesto finanziario l'amministrazione dei residui attivi
e passivi relativi ai fondi a gestione vincolata compete
all'organo straordinario della liquidazione. 2.
L'amministrazione dei residui attivi e passivi di cui al
comma 1 è gestita separatamente, nell'ambito della gestione
straordinaria di liquidazione. Resta ferma la facoltà
dell'organo straordinario della liquidazione di definire
anche in via transattiva le partite debitorie, sentiti i
creditori”.
In ordine alle predette deroghe, la Sezione delle autonomie
(deliberazione n. 3/2017, cit.), nel pronunciarsi sulla
questione di massima posta dalla Sezione di controllo per la
Regione siciliana con la deliberazione n. 176/2016, ha
ritenuto che, a far data dal momento dell’entrata in vigore
dell’art. 2-bis del d.l. n. 113/2016, sia venuto meno il
principale riferimento normativo in ragione del quale parte
della giurisprudenza ha giustificato l’esclusione dei debiti
fuori bilancio riferiti a gestioni vincolate dalla c.d.
gestione dissestata dell’organo straordinario di
liquidazione, in analogia a quanto previsto per i residui
attivi e passivi, cosicché “rientrano nella competenza
dell’organo straordinario di liquidazione degli enti in
stato di dissesto i debiti fuori bilancio che, pur attenendo
al servizio indispensabile per il quale la legge prevede una
gestione vincolata, non siano stati ricompresi nell’ambito
di quest’ultima o non abbiano trovato adeguata copertura”.
L’interpretazione dell’art. 255, comma 10, TUEL è completata
dal recente parere pronunciato dalla Sezione regionale di
controllo per la Campania che, con la deliberazione n. 99
del 18.04.2019, ha precisato che “[a] seguito delle
modifiche intervenute, i residui considerati dalla deroga
riguardano solo quelli relativi ai fondi a gestione
vincolata. Tutti gli altri residui, considerati nel comma 10
dell’art. 255 TUEL, pertanto, restano soggetti
all’amministrazione dell’Ente, ivi compresi quelli relativi
ai debiti assistiti dalla garanzia della delegazione di
pagamento di cui all’art. 206.”
4.4 Dall’esposto quadro normativo è dato, pertanto,
enucleare il principio generale che la creazione di una
massa separata affidata alla gestione di un organo
straordinario, distinto dagli organi istituzionali dell’ente
locale, continui a rappresentare l’asse portante dell’intera
disciplina del dissesto, nonostante le modifiche intervenute
nel tempo su taluni aspetti della procedura.
5. All’interno di tale contesto ordinamentale, dunque, si
innesta il dubbio interpretativo prospettato dal Comune
richiedente il parere in esame, il quale domanda di
conoscere se possano sussistere “deroghe istruttorie” nella
gestione della massa passiva e attiva, ossia –secondo il
significato attribuito da questo Collegio– se, con
riferimento alla gestione “dissestata”, possano essere
ascritte agli organi istituzionali dell’ente competenze
ulteriori da quelle testualmente indicate dal legislatore
nella disciplina della procedura di risanamento.
Come illustrato nelle premesse, la questione concerne, in
particolare, la materia dei debiti fuori bilancio per fatti
e atti di gestione verificatisi entro il 31 dicembre
dell’anno precedente a quello dell’ipotesi riequilibrato.
5.1 Il Collegio osserva, in proposito, che i profili di
incertezza attengono al solo caso in cui, successivamente al
dissesto, l’OSL individui, in fase di rilevazione della
massa passiva e sulla base della documentazione messa a
disposizione dai responsabili dei servizi, debiti fuori
bilancio mai oggetto di riconoscimento dell’organo
consiliare, riferibili a fatti e atti di gestione
verificatisi entro il 31 dicembre dell’anno precedente a
quello dell’ipotesi riequilibrato.
Diversamente, sulla base del delineato quadro normativo,
appaiono certi i comportamenti da adottare nelle seguenti
circostanze: 1) l’OSL deve includere nel piano di
rilevazione della massa passiva i debiti fuori bilancio
maturati entro il 31 dicembre dell’anno precedente quello
cui si riferisce l’ipotesi di bilancio riequilibrato, che
abbiano già formato oggetto di esplicito e formale
riconoscimento da parte dell’ente a norma dell’art. 194 TUEL,
in quanto la delibera del Consiglio implica accertamento
dell’utilità e del conseguito arricchimento da parte
dell’ente; 2) quanto ai debiti fuori bilancio concernenti
atti e fatti verificatisi successivamente al 31 dicembre
dell’anno precedente quello cui si riferisce l’ipotesi di
bilancio riequilibrato, il relativo riconoscimento compete
agli organi istituzionali dell’ente nell’ambito della
gestione ordinaria.
5.2 Lo specifico argomento è stato trattato dalla Sezione
regionale di controllo per la Campania in un recente parere
(delibera n. 66/2018, cit.) pronunciato in ordine
all’interpretazione dell’art. 254, comma 3, lett. a), TUEL,
su richiesta di un Comune in dissesto tendente a conoscere
se i debiti fuori bilancio, verificatisi entro il 31
dicembre dell’anno precedente a quello dell’ipotesi di
bilancio riequilibrato, possano essere inclusi nel piano di
rilevazione della massa passiva in conseguenza di un
provvedimento di riconoscimento adottato direttamente dall’OSL
oppure se quest’ultimo debba richiedere al Consiglio
comunale di deliberare a norma dell’art. 194 TUEL.
Dal complessivo tenore del quesito sottoposto dall’ente
sembra potersi ragionevolmente dedurre che il dubbio
prospettato riguardasse unicamente quei debiti fuori
bilancio non oggetto di formale riconoscimento da parte
dell’organo consiliare anteriormente al dissesto.
La Sezione regionale di controllo per la Campania, nel
prendere posizione in merito al quesito, manifesta
l’opinione che l’OSL “nella richiamata logica della
separazione tra gestione passata e quella corrente, pur
avendo ampi poteri organizzatori per un rapido assolvimento
dei propri compiti di liquidazione della massa passiva
pregressa e di garanzia della par condicio creditorum, non
risulta dotato di un autonomo potere deliberativo di
riconoscimento dei debiti fuori bilancio, che resta una
prerogativa esclusiva del Consiglio comunale. È suo onere,
peraltro, accertare avvalendosi della collaborazione dei
responsabili competenti per materia, la sussistenza delle
altre condizioni di cui al comma 4 dell’art. 254, ossia che
la prestazione è stata effettivamente resa; che la stessa
rientra nell’ambito delle funzioni e dei servizi di
competenza dell’ente; che il debito non è stato pagato,
anche solo parzialmente; che lo stesso non è prescritto”.
Nel motivare la soluzione in questione, la Sezione sofferma
l’attenzione –in linea con il costante orientamento di
questa Corte- sull’ampio apprezzamento discrezionale
esercitato dall’organo consiliare nelle fattispecie
delineate dall’art. 194 TUEL, specialmente, riguardo alle
obbligazioni passive riconducibili alla lett. e), in punto
di accertamento dell'utilità di una prestazione contrattuale
richiesta in violazione delle ordinarie procedure di spesa e
dell’arricchimento conseguito dall’ente.
La Sezione, inoltre, pur riconoscendo la sostanziale
diversità delle obbligazioni giuridiche passive originate
dalle sentenze esecutive rispetto alle altre ipotesi
descritte dalla norma -in quanto la valutazione dell’an e
del quantum dell’obbligazione verso il terzo è
cristallizzata nella statuizione contenuta nel provvedimento
dell'autorità giudiziaria senza ulteriori margini di
apprezzamento da parte del Consiglio comunale– rimarca, in
continuità con la consolidata giurisprudenza della Corte dei
conti (Sezioni Riunite in sede giurisdizionale,
sentenza 27.12.2007 n. 12/2007/QM), che, in mancanza di una disposizione che
preveda una disciplina specifica e diversa per le sentenze
esecutive, non sia consentito discostarsi dalla stretta
interpretazione dell'art. 194 TUEL, ai sensi del quale il
riconoscimento del debito avviene, prima del pagamento, con
atto del Consiglio comunale (nei medesimi termini, Sezione
di controllo per la Regione siciliana,
parere 13.05.2015 n. 177).
In definitiva, la spendita di un potere implicante esercizio
di discrezionalità amministrativa demarcherebbe le
rispettive competenze tra il Consiglio comunale e l’OSL
nella fase dell’inclusione dei debiti fuori bilancio nel
piano di rilevazione della massa passiva, cosicché mentre il
primo avrebbe esclusiva prerogativa nel deliberarne il
riconoscimento, specialmente in punto di utilità e di
arricchimento per l’ente, il secondo avrebbe solo l’onere di
accertare, avvalendosi della collaborazione dei responsabili
competenti, che ricorrano tutte le altre condizioni di cui
all’art. 254, comma 4, TUEL, ossia: che la prestazione sia
stata effettivamente resa; che la stessa rientri nell’ambito
delle funzioni e dei servizi di competenza dell’ente; che il
debito non sia stato pagato, anche solo parzialmente; che lo
stesso non sia prescritto.
La medesima Sezione, nella successiva deliberazione n.
132/2018, ribadisce la necessità che i debiti fuori
bilancio, originati da atti e fatti di gestione antecedenti
alla data del 31 dicembre anteriore all’ipotesi di bilancio
riequilibrato e accertati entro la data di presentazione del
rendiconto della gestione liquidatoria (art. 256, comma 11,
TUEL), siano riconosciuti dall’ente e non dall’OSL2.
E ciò –aggiunge la Sezione– in quanto “espressione di un
orientamento da ritenere ormai consolidato, tenuto conto dei
precedenti di questa Corte” 3.
6. Il Collegio esprime condivisione per tale impostazione
concettuale per le ragioni che seguono.
La tesi della spendita di un potere discrezionale
ascrivibile unicamente al Consiglio comunale è corroborata
dalla giurisprudenza di legittimità stratificatasi, nel
tempo, sulla materia dei debiti fuori bilancio disciplinati
dall’art. 194 TUEL.
In particolare, la Corte di Cassazione, nel soffermarsi
sulla circostanza che la disciplina normativa imputi
distintamente alla diretta responsabilità patrimoniale del
funzionario le obbligazioni scaturenti dall’effettuazione di
spese in violazione dell’ordinamento giuscontabile (art.
191, comma 4, TUEL), ha costantemente sostenuto che la
pretesa del pagamento del terzo contraente non possa trovare
soddisfacimento a prescindere dall’espresso riconoscimento
del debito da parte dell’ente locale, con conseguente
esclusione dell’azione di arricchimento senza causa (ex multis, ordinanza 19.05.2017, n. 12608, seguita dalla
successiva ordinanza 21.11.2018, n. 30109).
L’ordinamento positivo muove, pertanto, nella chiara
direzione di precludere che, in presenza dell’ordinazione di
servizi o di forniture di beni al di fuori dello schema
procedimentale delineato dalle norme imperative
sull’assunzione di impegni, il mero dato fattuale
dell’utilizzazione della prestazione, con appropriazione del
correlato risultato utile da parte dell’Amministrazione,
possa produrre ex se l’effetto giuridico di uno spostamento
della responsabilità contrattuale dalla sfera patrimoniale
del funzionario a quella dell’ente.
In tale contesto normativo, dunque, il momento genetico
dell’obbligazione contrattuale per l’ente locale è l’esito
dell’esternazione di una volontà esplicita dell’organo
rappresentativo a mezzo del tipizzato atto deliberativo, in
quanto competente “ad esprimere un apprezzamento di
carattere generale in ordine alla conciliabilità dei
relativi oneri con gli indirizzi di fondo della gestione
economico-finanziaria dell'ente e con le scelte
amministrative” compiute nei documenti di programmazione a
carattere autorizzatorio (ordinanza 19.05.2017, n.
12608, cit.).
Alla luce dell’ordinamento positivo e della citata
giurisprudenza, il Collegio ritiene che, considerata
l’estraneità del debito fuori bilancio non riconosciuto
rispetto alla sfera patrimoniale dell’ente, anche in fase di
dissesto il momento costitutivo dell’obbligazione di
pagamento non possa prescindere dal formale riconoscimento
del debito da parte dell’organo consiliare, senza che tale
espressione di volontà, non testualmente indicata
all’interno dell’art. 254 TUEL, possa essere interpretata
quale “deroga istruttoria” (secondo la terminologia
utilizzata dal Comune richiedente il parere), trattandosi
piuttosto dell’esercizio di un potere discrezionale
ricavabile dalla logica del sistema.
Se, infatti, fosse consentito all’OSL di includere il debito
fuori bilancio all’interno della massa passiva, sulla base
della mera istanza del creditore e della semplice
ricognizione della documentazione acquisita dai responsabili
dell’ente, idonea a dimostrare che la prestazione è stata
effettivamente resa nell’espletamento di pubbliche funzioni
e servizi di competenza dell’ente locale, si consentirebbe,
invero, di utilizzare le risorse finanziarie e i beni propri
dell’ente (la massa attiva) per l’estinzione di obbligazioni
ascrivibili alla responsabilità patrimoniale altrui, anche
qualora esse abbiano trovato origine nella violazione degli
indirizzi espressi in precedenza dall’organo consiliare
nella programmazione della gestione economico-finanziaria
dell'ente.
In disparte ogni considerazione sulla circostanza che, in
una situazione di grave patologia finanziaria dell’ente, sia
consentito agli stessi funzionari –cui siano eventualmente
imputabili le obbligazioni contratte in violazione
dell’ordinamento giuscontabile– far gravare sull’ente la
propria diretta responsabilità patrimoniale con la mera
esibizione all’OSL della documentazione disciplinata
dall’art. 254, comma 4, TUEL, deve essere considerato che il
riconoscimento del debito fuori bilancio involge un
apprezzamento discrezionale estraneo alle funzioni
dell’organo straordinario.
Sotto tale profilo deve essere ricordato, infatti, il
principio richiamato da questa Sezione di controllo nella
citata deliberazione n. 176/2016 in riferimento ad una
pronuncia del giudice amministrativo che, nel risolvere una
questione di riparto di giurisdizione, ha affermato:
“[L]'organo straordinario di liquidazione non effettua mai
valutazioni caratterizzate da discrezionalità amministrativa
[…] ma compie accertamenti o, tutt'al più, valutazioni di
ordine tecnico […]” (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza
02.10.2012, n. 5170).
In definitiva, è da escludere che il
coinvolgimento del Consiglio comunale nella fase di
ammissione alla massa passiva dei debiti fuori bilancio
possa essere inteso quale inutile “incombente istruttorio”
gravante sulla procedura descritta dall’art. 254 TUEL, non
potendo dare luogo alla mera replica della valutazione
spettante all’OSL in punto di pertinenza della prestazione
all'espletamento di pubbliche funzioni e servizi di
competenza dell'ente locale.
La delibera consiliare costituisce,
piuttosto, elemento costitutivo della fattispecie normativa
tipizzata dall’art. 194 TUEL che individua in un determinato
atto di volontà promanante dall’organo istituzionale la
genesi della responsabilità patrimoniale dell’ente per le
obbligazioni maturate al di fuori del sistema autorizzatorio
di bilancio (Corte
dei Conti, Sez. controllo Sicilia,
parere 17.06.2019 n. 124). |
LAVORI PUBBLICI: Somma
urgenza, la violazione dei termini taglia l'utile d'impresa.
È necessario procedere sempre al riconoscimento consiliare
dei lavori di somma urgenza. Non solo: occorre rispettare i
termini temporali previsti dalla legge, pena l'impossibilità
di riconoscere l'utile d'impresa.
Con il
parere 11.06.2019 n. 121 la Sezione regionale di
controllo della Corte dei conti per la Sicilia ha chiarito
la portata applicativa delle novità della manovra 2019 in
materia di lavori di somma urgenza e il collegamento alle
modalità previste per il riconoscimento dei debiti fuori
bilancio (si veda anche il Quotidiano degli enti locali e
della Pa del 19 giugno).
I lavori di somma urgenza
In circostanze di somma urgenza, il responsabile
dell'ufficio tecnico che si reca prima sul luogo, può
disporre, contemporaneamente alla redazione del verbale (che
indica lo stato di urgenza, le cause che lo hanno provocato
e le opere necessarie per rimuoverlo), l'immediata
esecuzione dei lavori (articolo 163 del Dlgs 50/2016). Le
attività necessarie per la regolarizzazione della spesa
decorrono dall'ordine di esecuzione dei lavori fatto a
terzi. Entro dieci giorni il responsabile del procedimento
(o il tecnico) compila la perizia giustificativa dei lavori
e la trasmette, insieme al verbale di somma urgenza, per la
copertura della spesa e l'approvazione dei lavori.
Novità della manovra 2019
Il comma 901 dell'articolo 1 della legge 145/2018 ha
abrogato, dal comma 3 dell'articolo 191 del Tuel, il
riferimento all'insufficienza delle risorse finanziarie per
giustificare l'avvio delle procedure di riconoscimento dei
debiti fuori bilancio derivanti dai lavori pubblici di somma
urgenza, causati dal verificarsi di un evento eccezionale o
imprevedibile. Pertanto, secondo la nuova versione della
norma, è sempre obbligatorio riconoscere come debito fuori
bilancio i lavori di somma urgenza per i quali non risulta
possibile rispettare l'iter ordinario del procedimento di
spesa, e non già solo quando sull'apposito capitolo vi è
insufficienza di fondi.
La procedura contabile
Sono però previsti termini rigidi entro i quali la giunta
deve sottoporre, su proposta del responsabile del
procedimento, il riconoscimento del debito al consiglio:
entro venti giorni (sempre dall'ordine). Le modalità sono
quelle disciplinate dall'articolo 194, comma 1, lettera e),
del Tuel, prevedendo la relativa copertura finanziaria nei
limiti delle accertate necessità per la rimozione dello
stato di pregiudizio alla pubblica incolumità (comma 3
dell'articolo 191 del Tuel). Il quantum da
riconoscere non può eccedere dunque i termini della
accertata necessità per la rimozione dello stato di
pericolo, al fine di evitare che il ricorso alle procedure
di somma urgenza si trasformi da strumento eccezionale a
mezzo per effettuare interventi eccedenti la necessità
contingente.
Il provvedimento di riconoscimento va adottato entro 30
giorni dalla data di deliberazione della proposta da parte
della giunta, e comunque entro il 31 dicembre dell'anno in
corso, se a quella data il termine non sia scaduto. La
comunicazione al terzo interessato è data contestualmente
all'adozione della deliberazione consiliare.
L'utile d'impresa
Laddove l'iter procedurale per il riconoscimento della spesa
si sia svolto nell'ambito dei ristretti termini temporali
previsti dalla legge, l'utilitas per
l'amministrazione coincide con la spesa sostenuta come
risultante dalla perizia tecnica e dal corrispettivo
concordato consensualmente; non vi è dunque ragione per
giustificare la decurtazione dell'utile d'impresa. La
violazione di termini procedurali determina, invece,
l'applicazione della disciplina sostanziale stabilita
dall'articolo 194, lettera e), del Tuel, senza possibilità
di riconoscere l'utile d'impresa, come da costante
giurisprudenza della Corte dei conti. Per questa parte,
concludono i giudici contabili, il rapporto obbligatorio
intercorrerà tra il privato fornitore e l'amministratore che
ha disposto la fornitura (articolo Quotidiano Enti Locali
& Pa del 05.07.2019).
---------------
PARERE
Con la nota in epigrafe, il sindaco del comune di Roccalumera ha
chiesto un parere in ordine all’interpretazione dell’art.
191, comma 3, del D.lgs. n. 267 del 2000 (TUEL) a seguito
della modifica recata dall’art. 1, comma 901, della legge
finanziaria n. 145 del 2018, in materia di lavori di somma
urgenza.
In particolare, il Sindaco chiede di precisare se, pur in
presenza di regolare copertura finanziaria della spesa, si
configuri un debito fuori bilancio, atteso che l’art. 191,
comma 3, del TUEL, fa riferimento al riconoscimento di detta
spesa secondo le modalità previste dall’art. 194, comma 1,
lett. e), che riguardano i debiti fuori bilancio.
...
Ciò detto, occorre innanzitutto riassumere le principali
disposizioni normative cui il quesito fa riferimento.
L’art. 163 del decreto legislativo n. 50 del 18.04.2016,
recante il Codice dei contratti pubblici, disciplina le
procedure per gli interventi di somma urgenza e di
protezione civile; il comma 4, riferito alle procedure
adottate dagli enti locali, recita: “4. Il responsabile
del procedimento o il tecnico dell'amministrazione
competente compila entro dieci giorni dall'ordine di
esecuzione dei lavori una perizia giustificativa degli
stessi e la trasmette, unitamente al verbale di somma
urgenza, alla stazione appaltante che provvede alla
copertura della spesa e alla approvazione dei lavori.
Qualora l'amministrazione competente sia un ente locale, la
copertura della spesa viene assicurata con le modalità
previste dall'articolo 191, comma 3, e 194 comma 1, lettera
e), del decreto legislativo 18.08.2000 n. 267 e successive
modificazioni e integrazioni”.
Il richiamato
art. 191 del decreto legislativo n. 267 del 2000,
come modificato dall’art. 1, comma 901, della legge n. 145
del 2018, ai commi 3 e 4, recita: ”3. Per i lavori
pubblici di somma urgenza, cagionati dal verificarsi di un
evento eccezionale o imprevedibile, la Giunta, entro venti
giorni dall'ordinazione fatta a terzi, su proposta del
responsabile del procedimento, sottopone al Consiglio il
provvedimento di riconoscimento della spesa con le modalità
previste dall'articolo 194, comma 1, lettera e), prevedendo
la relativa copertura finanziaria nei limiti delle accertate
necessità per la rimozione dello stato di pregiudizio alla
pubblica incolumità. Il provvedimento di riconoscimento è
adottato entro 30 giorni dalla data di deliberazione della
proposta da parte della Giunta, e comunque entro il 31
dicembre dell'anno in corso, se a tale data non sia scaduto
il predetto termine. La comunicazione al terzo interessato è
data contestualmente all'adozione della deliberazione
consiliare.
4. Nel caso in cui vi è stata l'acquisizione di beni e
servizi in violazione dell'obbligo indicato nei commi 1, 2 e
3, il rapporto obbligatorio intercorre, ai fini della
controprestazione e per la parte non riconoscibile ai sensi
dell'articolo 194, comma 1, lettera e), tra il privato
fornitore e l'amministratore, funzionario o dipendente che
hanno consentito la fornitura. Per le esecuzioni reiterate o
continuative detto effetto si estende a coloro che hanno
reso possibili le singole prestazioni”.
Infine, l’art. 194, comma 1, del TUEL dispone: “1. Con
deliberazione consiliare di cui all'articolo 193, comma 2, o
con diversa periodicità stabilita dai regolamenti di
contabilità, gli enti locali riconoscono la legittimità dei
debiti fuori bilancio derivanti da: ( omissis) e)
acquisizione di beni e servizi, in violazione degli obblighi
di cui ai commi 1, 2 e 3 dell'articolo 191, nei limiti degli
accertati e dimostrati utilità ed arricchimento per l'ente,
nell'ambito dell'espletamento di pubbliche funzioni e
servizi di competenza”.
Con l'introduzione dell'articolo 1, comma 901, della legge
finanziaria n. 145 del 2018 viene abrogato, all'interno del
terzo comma dell'articolo 191 del TUEL, il riferimento
all'insufficienza delle risorse finanziarie per giustificare
l'avvio delle procedure di riconoscimento dei debiti fuori
bilancio derivanti dai lavori pubblici di somma urgenza,
causati dal verificarsi di un evento eccezionale o
imprevedibile.
Pertanto, secondo la nuova versione della norma, è sempre
obbligatorio riconoscere come debito fuori bilancio i lavori
di somma urgenza, per i quali non risulta possibile
rispettare l'iter ordinario del procedimento di spesa e non
già solo quando sull’apposito capitolo vi è insufficienza di
fondi. La modifica in questione determina un cambiamento di
rotta nell'interpretazione del terzo comma dell'articolo 191
del Tuel. Già con il
parere 18.03.2013 n. 12 ed il
parere 10.05.2013 n. 22, la Sezione regionale di
controllo della Corte dei conti per la Liguria aveva
espresso il proprio parere in merito, specificando come il
riferimento alla carenza dei fondi in bilancio costituisse
una deroga alla disciplina ordinaria, una sorta di “autorizzazione”
da parte del legislatore a derogare in presenza di
situazioni che richiedono un intervento immediato (somma
urgenza) a tutela di interessi primari.
Con la novella del 2018, invero, il regime derogatorio
rispetto all’ordinaria procedura contabile è stato esteso
all’intera materia dei lavori di somma urgenza e di
protezione civile: la giunta è tenuta a sottoporre al
consiglio dell'ente, entro venti giorni dall'ordinazione
fatta a terzi, su proposta del responsabile del
procedimento, il provvedimento di riconoscimento della spesa
con le modalità previste dall'articolo 194, comma 1, lettera
e), del TUEL, a prescindere dalla circostanza che il
capitolo di spesa presenti o meno disponibilità finanziaria.
In altre parole, sarà necessario procedere sempre al
riconoscimento consiliare delle spese derivanti per i lavori
di somma urgenza apprestando la relativa copertura
finanziaria, tuttavia solamente nei limiti delle necessità
accertate per la rimozione dello stato di pregiudizio alla
pubblica incolumità. Il provvedimento di riconoscimento deve
essere adottato entro 30 giorni dalla data di deliberazione
della proposta da parte dell'organo esecutivo e comunque
entro il 31 dicembre dell'anno in corso se a tale data non
sia scaduto il predetto termine. La comunicazione al terzo
interessato è data contestualmente all'adozione della
deliberazione consiliare.
Laddove, tuttavia, si verifichi la violazione dei commi 1,2
e, per quanto di interesse ai fini del presente parere, del
comma 3 (ovvero dei termini entro i quali la Giunta deve
provvedere alla sottoposizione al Consiglio del
provvedimento di riconoscimento del debito) si applica il
successivo comma 4 e il riconoscimento potrà essere
adottato, ai sensi dell’art. 194, comma 1, lett. e) “nei
limiti degli accertati e dimostrati utilità e arricchimento
per l’ente”.
La vigente versione dell'articolo
191, terzo comma, del TUEL, pertanto, prevede
sempre -in presenza di lavori di somma urgenza- una deroga
alla procedura ordinaria, da circoscrivere, tuttavia, al
rispetto dei termini di cui all’art. 191, terzo comma, al di
fuori dei quali si è comunque in presenza di “acquisizione
di beni e servizi in violazione dell’obbligo indicato nei
commi 1, 2 e 3” e il riconoscimento non può che operare
nei limiti dell’art. 2041 cod. civ., senza possibilità di
riconoscere l’utile d’impresa, come da costante
giurisprudenza della Corte dei conti.
L’art. 191 del TUEL novellato, infatti, privato dell’inciso
“qualora i fondi specificamente previsti in bilancio si
dimostrino insufficienti”, ha inteso introdurre una
disciplina derogatoria per tutti i lavori di somma urgenza e
di protezione civile; tuttavia, l’esigenza di celerità e di
preminente tutela della pubblica incolumità che giustifica
l’affidamento diretto e la determinazione consensuale del
corrispettivo con l’affidatario prima che venga assunto
l’impegno contabile, risulta controbilanciata dalla rigida
previsione di termini entro i quali la Giunta deve
sottoporre la proposta di riconoscimento di debito al
Consiglio, al fine di ricondurre la spesa nell’alveo del
bilancio; il quantum da riconoscere, inoltre, non può
eccedere i termini della accertata necessità per la
rimozione dello stato di pericolo, al precipuo fine di
evitare che il ricorso alle procedure di somma urgenza si
trasformi da strumento eccezionale in occasione per
provvedere, contestualmente, ad interventi eccedenti la
necessità contingente.
In ordine al quesito, pertanto, il Collegio
ritiene che il rinvio alle modalità previste dall’art.
194, lett. e), per il riconoscimento di detti
debiti fuori bilancio non abbia valenza esclusivamente
procedimentale ma anche sostanziale: tuttavia, laddove
l’iter procedurale seguito dall’amministrazione si sia
svolto nell’ambito dei ristretti termini previsti dalla
legge, il riferimento alle “modalità” di cui all’art.
194 lett. e), è da intendersi nel senso che è
sempre necessaria l’adozione della delibera consiliare con
la quale riconoscere la spesa sostenuta per lavori di somma
urgenza, purché strettamente attinenti alla rimozione dello
stato di pericolo: in tal caso l’utilitas per
l’amministrazione coincide con la spesa sostenuta come
risultante dalla perizia tecnica e dal corrispettivo
concordato consensualmente: ciò in quanto tale modalità
procedurale, sia pure derogatoria rispetto all’ordinaria
gestione contabile, è stata estesa dal legislatore, con la
novella del 2018, all’intera materia dei lavori di somma
urgenza e di protezione civile; pertanto, laddove l’attività
gestionale sia mantenuta entro l’alveo temporale segnato
dalla legge non v’è ragione che giustifichi la decurtazione
dell’utile d’impresa.
La violazione di detti termini procedurali, invece,
determina l’applicazione della disciplina sostanziale di cui
all’art.
194, lett. e), come da consolidata giurisprudenza
del giudice contabile: in tal caso il riconoscimento opererà
esclusivamente nei limiti dell’utilità ricevuta
dall’amministrazione mentre per la parte non riconoscibile
(l’utile d’impresa) il rapporto obbligatorio intercorrerà
tra il privato fornitore e l’amministratore che ha disposto
la fornitura. |
LAVORI PUBBLICI:
E’ sempre necessaria la delibera di riconoscimento di debito per i lavori di
somma urgenza.
E' sempre obbligatorio
riconoscere come debito fuori bilancio i lavori di somma urgenza, per i
quali non risulta possibile rispettare l'iter ordinario del procedimento di
spesa e non già solo quando sull’apposito capitolo vi è insufficienza di
fondi.
La giunta è tenuta a sottoporre al consiglio dell'ente, entro venti giorni
dall'ordinazione fatta a terzi, su proposta del responsabile del
procedimento, il provvedimento di riconoscimento della spesa con le modalità
previste dall'articolo 194, comma 1, lettera e), del TUEL.
In altre parole, sarà necessario procedere sempre al riconoscimento
consiliare delle spese derivanti per i lavori di somma urgenza apprestando
la relativa copertura finanziaria, tuttavia solamente nei limiti delle
necessità accertate per la rimozione dello stato di pregiudizio alla
pubblica incolumità. Il provvedimento di riconoscimento deve essere adottato
entro 30 giorni dalla data di deliberazione della proposta da parte
dell'organo esecutivo e comunque entro il 31 dicembre dell'anno in corso se
a tale data non sia scaduto il predetto termine. La comunicazione al terzo
interessato è data contestualmente all'adozione della deliberazione
consiliare.
Laddove, tuttavia, si verifichi la violazione dei commi 1, 2 e, per quanto di
interesse ai fini del presente parere, del comma 3 (ovvero dei termini entro
i quali la Giunta deve provvedere alla sottoposizione al Consiglio del
provvedimento di riconoscimento del debito) si applica il successivo comma 4
e il riconoscimento potrà essere adottato, ai sensi dell’art. 194, comma 1,
lett. e), “nei limiti degli accertati e dimostrati utilità e arricchimento
per l’ente”.
La vigente versione dell'articolo 191, terzo comma, del TUEL, pertanto,
prevede sempre -in presenza di lavori di somma urgenza- una deroga alla
procedura ordinaria, da circoscrivere, tuttavia, al rispetto dei termini di
cui all’art. 191, terzo comma, al di fuori dei quali si è comunque in
presenza di “acquisizione di beni e servizi in violazione dell’obbligo
indicato nei commi 1, 2 e 3” e il riconoscimento non può che operare nei
limiti dell’art. 2041 cod. civ., senza possibilità di riconoscere l’utile
d’impresa, come da costante giurisprudenza della Corte dei conti.
---------------
In ordine al primo quesito, pertanto, il Collegio ritiene che
il rinvio alle
modalità previste dall’art. 194, lett. e) per il riconoscimento di detti
debiti fuori bilancio non abbia valenza esclusivamente procedimentale ma
anche sostanziale: tuttavia, laddove l’iter procedurale seguito
dall’amministrazione si sia svolto nell’ambito dei ristretti termini
previsti dalla legge, il riferimento alle “modalità” di cui all’art. 194,
lett. e), è da intendersi nel senso che è sempre necessaria l’adozione della
delibera consiliare con la quale riconoscere la spesa sostenuta per lavori
di somma urgenza, purché strettamente attinenti alla rimozione dello stato
di pericolo: in tal caso l’utilitas per l’amministrazione coincide con la
spesa sostenuta come risultante dalla perizia tecnica e dal corrispettivo
concordato consensualmente: ciò in quanto tale modalità procedurale, sia
pure derogatoria rispetto all’ordinaria gestione contabile, è stata estesa
dal legislatore, con la novella del 2018, all’intera materia dei lavori di
somma urgenza e di protezione civile; pertanto, laddove l’attività
gestionale sia mantenuta entro l’alveo temporale segnato dalla legge non v’è
ragione che giustifichi la decurtazione dell’utile d’impresa.
La violazione di detti termini procedurali, invece, determina l’applicazione
della disciplina sostanziale di cui all’art. 194, lett. e), come da
consolidata giurisprudenza del giudice contabile, senza che possano rilevare
le motivate ragioni del ritardo: in tal caso il riconoscimento opererà
esclusivamente nei limiti dell’utilità ricevuta dall’amministrazione mentre
per la parte non riconoscibile (l’utile d’impresa) il rapporto obbligatorio
intercorrerà tra il privato fornitore e l’amministratore che ha disposto la
fornitura.
La ratio della disposizione si rinviene, proprio, nella circostanza che
viene assoggettato al regime speciale derogatorio l’intero settore dei
lavori di somma urgenza (e non già come in precedenza solamente nei casi di
insufficienza di fondi) e, pertanto, anche la cadenza temporale entro la
quale ricondurre a bilancio le spese sostenute è fissata dal legislatore in
termini precisi, sottratti alle valutazioni discrezionali dell’organo di
gestione.
---------------
Con la nota in epigrafe, il sindaco del comune di Palermo ha chiesto un
parere in ordine all’interpretazione dell’art. 191, comma 3, del D.lgs. n. 267
del 2000 (TUEL) a seguito della modifica recata dall’art. 1, comma 901, della
legge finanziaria n. 145 del 2018.
In particolare, il Sindaco, con un primo quesito chiede di conoscere se il
riferimento operato dall’art. 191 novellato alla lettera e) dell’art. 194
del TUEL attenga semplicemente all’individuazione dell’iter procedurale da
adottare (apposita delibera del Consiglio) ovvero anche ai profili di
diritto sostanziale richiamati al successivo comma 4, in forza del quale il
riconoscimento opera nei termini dell’art. 2041 del codice civile laddove
l’acquisizione di beni e servizi sia avvenuta in violazione delle norme
giuscontabili.
Con il secondo quesito chiede di precisare se, in caso di mancato rispetto
da parte della Giunta dei termini previsti per la sottoposizione al
Consiglio della proposta di riconoscimento di debito fuori bilancio
derivante da lavori di somma urgenza, ancorché determinato da motivate
ragioni, debba applicarsi comunque la decurtazione dell’utile d’impresa,
come da consolidata giurisprudenza della Corte dei conti.
...
La Sezione, preliminarmente, ritiene la richiesta di parere ammissibile
sotto il profilo soggettivo -in quanto proveniente dal legale
rappresentante del comune– nonché sotto il profilo oggettivo, atteso che la
tematica del riconoscimento dei debiti fuori bilancio è indubbiamente
attinente alla materia della contabilità pubblica.
La richiesta, inoltre, presenta profili di carattere generale e non
interferisce con le competenze degli altri organi giurisdizionali.
Ciò detto, occorre innanzitutto riassumere le principali disposizioni
normative cui il quesito fa riferimento.
L’art. 163 del decreto legislativo n. 50 del 18.04.2016, recante il
Codice dei contratti pubblici, disciplina le procedure per gli interventi di
somma urgenza e di protezione civile; il comma 4, riferito alle procedure
adottate dagli enti locali, recita:
“4. Il responsabile del procedimento o il tecnico dell'amministrazione
competente compila entro dieci giorni dall'ordine di esecuzione dei lavori
una perizia giustificativa degli stessi e la trasmette, unitamente al
verbale di somma urgenza, alla stazione appaltante che provvede alla
copertura della spesa e alla approvazione dei lavori. Qualora
l'amministrazione competente sia un ente locale, la copertura della spesa
viene assicurata con le modalità previste dall'articolo 191, comma 3, e 194,
comma 1, lettera e), del decreto legislativo 18.08.2000 n. 267 e
successive modificazioni e integrazioni”.
Il richiamato art. 191 del decreto legislativo n. 267 del 2000, come
modificato dall’art. 1, comma 901, della legge n. 145 del 2018, ai commi 3 e
4, recita:
”3. Per i lavori pubblici di somma urgenza, cagionati dal verificarsi di un
evento eccezionale o imprevedibile, la Giunta, entro venti giorni
dall'ordinazione fatta a terzi, su proposta del responsabile del
procedimento, sottopone al Consiglio il provvedimento di riconoscimento
della spesa con le modalità previste dall'articolo 194, comma 1, lettera e),
prevedendo la relativa copertura finanziaria nei limiti delle accertate
necessità per la rimozione dello stato di pregiudizio alla pubblica
incolumità. Il provvedimento di riconoscimento è adottato entro 30 giorni
dalla data di deliberazione della proposta da parte della Giunta, e comunque
entro il 31 dicembre dell'anno in corso, se a tale data non sia scaduto il
predetto termine. La comunicazione al terzo interessato è data
contestualmente all'adozione della deliberazione consiliare.
4. Nel caso in cui vi è stata l'acquisizione di beni e servizi in violazione
dell'obbligo indicato nei commi 1, 2 e 3, il rapporto obbligatorio
intercorre, ai fini della controprestazione e per la parte non riconoscibile
ai sensi dell'articolo 194, comma 1, lettera e), tra il privato fornitore e
l'amministratore, funzionario o dipendente che hanno consentito la
fornitura. Per le esecuzioni reiterate o continuative detto effetto si
estende a coloro che hanno reso possibili le singole prestazioni”.
Infine, l’art. 194, comma 1, del TUEL dispone:
“1. Con deliberazione consiliare di cui all'articolo 193, comma 2, o con
diversa periodicità stabilita dai regolamenti di contabilità, gli enti
locali riconoscono la legittimità dei debiti fuori bilancio derivanti da: (omissis)
e) acquisizione di beni e servizi, in violazione degli obblighi di cui ai
commi 1, 2 e 3 dell'articolo 191, nei limiti degli accertati e dimostrati
utilità ed arricchimento per l'ente, nell'ambito dell'espletamento di
pubbliche funzioni e servizi di competenza”.
Con l'introduzione dell'articolo 1, comma 901, della legge finanziaria n.
145 del 2018 viene abrogato, all'interno del terzo comma dell'articolo 191
del TUEL, il riferimento all'insufficienza delle risorse finanziarie per
giustificare l'avvio delle procedure di riconoscimento dei debiti fuori
bilancio derivanti dai lavori pubblici di somma urgenza, causati dal
verificarsi di un evento eccezionale o imprevedibile.
Pertanto, secondo la nuova versione della norma, è sempre obbligatorio
riconoscere come debito fuori bilancio i lavori di somma urgenza, per i
quali non risulta possibile rispettare l'iter ordinario del procedimento di
spesa e non già solo quando sull’apposito capitolo vi è insufficienza di
fondi.
La giunta è tenuta a sottoporre al consiglio dell'ente, entro venti giorni
dall'ordinazione fatta a terzi, su proposta del responsabile del
procedimento, il provvedimento di riconoscimento della spesa con le modalità
previste dall'articolo 194, comma 1, lettera e), del TUEL.
In altre parole, sarà necessario procedere sempre al riconoscimento
consiliare delle spese derivanti per i lavori di somma urgenza apprestando
la relativa copertura finanziaria, tuttavia solamente nei limiti delle
necessità accertate per la rimozione dello stato di pregiudizio alla
pubblica incolumità. Il provvedimento di riconoscimento deve essere adottato
entro 30 giorni dalla data di deliberazione della proposta da parte
dell'organo esecutivo e comunque entro il 31 dicembre dell'anno in corso se
a tale data non sia scaduto il predetto termine. La comunicazione al terzo
interessato è data contestualmente all'adozione della deliberazione
consiliare.
Laddove, tuttavia, si verifichi la violazione dei commi 1, 2 e, per quanto di
interesse ai fini del presente parere, del comma 3 (ovvero dei termini entro
i quali la Giunta deve provvedere alla sottoposizione al Consiglio del
provvedimento di riconoscimento del debito) si applica il successivo comma 4
e il riconoscimento potrà essere adottato, ai sensi dell’art. 194, comma 1,
lett. e), “nei limiti degli accertati e dimostrati utilità e arricchimento
per l’ente”.
La vigente versione dell'articolo 191, terzo comma, del TUEL, pertanto,
prevede sempre -in presenza di lavori di somma urgenza- una deroga alla
procedura ordinaria, da circoscrivere, tuttavia, al rispetto dei termini di
cui all’art. 191, terzo comma, al di fuori dei quali si è comunque in
presenza di “acquisizione di beni e servizi in violazione dell’obbligo
indicato nei commi 1, 2 e 3” e il riconoscimento non può che operare nei
limiti dell’art. 2041 cod. civ., senza possibilità di riconoscere l’utile
d’impresa, come da costante giurisprudenza della Corte dei conti.
L’art. 191 del TUEL novellato, infatti, privato dell’inciso “qualora i fondi
specificamente previsti in bilancio si dimostrino insufficienti”, ha inteso
introdurre una disciplina derogatoria per tutti i lavori di somma urgenza e
di protezione civile; tuttavia, l’esigenza di celerità e di preminente
tutela della pubblica incolumità che giustifica l’affidamento diretto e la
determinazione consensuale del corrispettivo con l’affidatario prima che
venga assunto l’impegno contabile, risulta controbilanciata dalla rigida
previsione di termini entro i quali la Giunta deve sottoporre la proposta di
riconoscimento di debito al Consiglio, al fine di ricondurre la spesa
nell’alveo del bilancio; il quantum da riconoscere, inoltre, non può
eccedere i termini della accertata necessità per la rimozione dello stato di
pericolo, al precipuo fine di evitare che il ricorso alle procedure di somma
urgenza si trasformi da strumento eccezionale in occasione per provvedere,
contestualmente, ad interventi eccedenti la necessità contingente.
In ordine al primo quesito, pertanto, il Collegio ritiene che
il rinvio alle
modalità previste dall’art. 194, lett. e) per il riconoscimento di detti
debiti fuori bilancio non abbia valenza esclusivamente procedimentale ma
anche sostanziale: tuttavia, laddove l’iter procedurale seguito
dall’amministrazione si sia svolto nell’ambito dei ristretti termini
previsti dalla legge, il riferimento alle “modalità” di cui all’art. 194,
lett. e), è da intendersi nel senso che è sempre necessaria l’adozione della
delibera consiliare con la quale riconoscere la spesa sostenuta per lavori
di somma urgenza, purché strettamente attinenti alla rimozione dello stato
di pericolo: in tal caso l’utilitas per l’amministrazione coincide con la
spesa sostenuta come risultante dalla perizia tecnica e dal corrispettivo
concordato consensualmente: ciò in quanto tale modalità procedurale, sia
pure derogatoria rispetto all’ordinaria gestione contabile, è stata estesa
dal legislatore, con la novella del 2018, all’intera materia dei lavori di
somma urgenza e di protezione civile; pertanto, laddove l’attività
gestionale sia mantenuta entro l’alveo temporale segnato dalla legge non v’è
ragione che giustifichi la decurtazione dell’utile d’impresa.
La violazione di detti termini procedurali, invece, determina l’applicazione
della disciplina sostanziale di cui all’art. 194, lett. e), come da
consolidata giurisprudenza del giudice contabile, senza che possano rilevare
le motivate ragioni del ritardo: in tal caso il riconoscimento opererà
esclusivamente nei limiti dell’utilità ricevuta dall’amministrazione mentre
per la parte non riconoscibile (l’utile d’impresa) il rapporto obbligatorio
intercorrerà tra il privato fornitore e l’amministratore che ha disposto la
fornitura.
La ratio della disposizione si rinviene, proprio, nella circostanza che
viene assoggettato al regime speciale derogatorio l’intero settore dei
lavori di somma urgenza (e non già come in precedenza solamente nei casi di
insufficienza di fondi) e, pertanto, anche la cadenza temporale entro la
quale ricondurre a bilancio le spese sostenute è fissata dal legislatore in
termini precisi, sottratti alle valutazioni discrezionali dell’organo di
gestione (Corte dei Conti, Sez. controllo Sicilia,
parere 04.06.2019 n. 118). |
APPALTI: Il
debito fuori bilancio reiterato mette a rischio il pareggio.
Se nella pubblica amministrazione il debito fuori bilancio ha assunto
dimensioni rilevanti e reiterate in più esercizi finanziari, è presumibile
che il fenomeno sia indice dell'incapacità di perseguire una corretta
politica di programmazione e gestione finanziaria delle risorse e delle
spese (per la sottostima degli stanziamenti di bilancio rispetto alle
effettive necessità di spesa), con un inevitabile pregiudizio per i vincoli
del pareggio e gli equilibri interni.
La Corte dei conti, del Veneto, con la
deliberazione
07.05.2019 n.
103 ha analizzato con rigore la situazione finanziaria di un
Comune alla luce del rendiconto per l'esercizio finanziario 2016, da cui
sono emersi debiti fuori bilancio che, sommati a quelli già registrati
nell'esercizio del 2014, hanno raggiunto l'importo di 150 mila euro.
Una cifra enorme, specie in rapporto alle esigue dimensioni dell'ente, che
ha portato il collegio a trasmettere senza indugio gli atti alla procura
della sezione regionale, nonché a soffermarsi sulla natura del debito fuori
bilancio e sui rimedi approntati dall'ordinamento per farvi fronte.
Il debito fuori bilancio, hanno scritto i giudici, è «un'obbligazione verso
terzi per il pagamento di una determinata somma di denaro, assunta in
violazione delle norme giuscontabili che regolano il procedimento
finanziario della spesa degli enti locali».
La strada del risanamento
Premesso che questa evenienza non può assumere un carattere ricorrente, il
collegio rammenta che per ricondurre nell'alveo della regolarità contabile
una siffatta obbligazione l'unica via possibile è quella indicata
dall'articolo 194 del Tuel (Riconoscimento di legittimità dei debiti fuori
bilancio).
Trattandosi di una norma per la disciplina di un istituto avente carattere
eccezionale, è fuor di dubbio che la casistica delle ipotesi ivi prescritta
va presa alla lettera, essendo tassativa e inderogabile.
L'applicazione dell'articolo 194 è peraltro «subordinata all'accertamento
sia dell'utilità pubblica del bene acquisito in relazione alle funzioni e ai
servizi di competenza dell'ente, sia dell'arricchimento dell'ente stesso».
Nel contesto descritto, la delibera consiliare ha dunque il compito di:
• riscontrare e dimostrare che il debito rientra in una delle
fattispecie tipizzate dall'articolo 194 del Tuel;
• accertare e documentare puntualmente se e in che misura
sussistano i presupposti dell'utilità e dell'arricchimento;
• accertare, conseguentemente, se vi sia una parte del debito non
sorretta da entrambi questi presupposti, e dunque non riconoscibile (per la
quale, ai sensi dell'articolo 191, comma 4, del Tuel, il rapporto
obbligatorio intercorre tra il privato fornitore e l'amministratore,
funzionario o dipendente che hanno consentito la prestazione in favore
dell'ente);
• ricondurre l'obbligazione all'interno della contabilità e del
sistema di bilancio dell'ente;
• individuare le risorse per il finanziamento;
• accertare le cause che hanno originato l'obbligo, anche al fine
di evidenziare eventuali responsabilità.
Si ribadisce che l'istituto rappresenta un'eccezione al principio che
postula la necessità del previo impegno formale e della copertura
finanziaria, fatto questo che giustifica facilmente la previsione dell'invio
della delibera consiliare in parola alla Procura regionale della Corte dei
conti.
Posto che la formazione di debiti fuori bilancio costituisce un evidente
fattore di rischio per gli equilibri di bilancio, ben si comprende la
preoccupazione espressa dai giudici per le dimensioni rilevanti e reiterate
del fenomeno riscontrato nella gestione finanziaria del Comune. Di qui la
censura senza mezzi termini della Sezione veneta e la contestuale
raccomandazione di segnalare con tempestività l'insorgenza di questi debiti
e del loro riconoscimento, allo scopo di evitare la formazione di ulteriori
passività a carico dell'ente, quali ad esempio gli oneri per interessi di
mora o spese legali
(articolo Quotidiano Enti Locali & Pa del 16.05.2019).
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MASSIMA
Tuttavia, si vuole qui rammentare, innanzitutto, che il debito fuori
bilancio è un'obbligazione verso terzi per il pagamento di una determinata
somma di denaro, assunta in violazione delle norme giuscontabili che
regolano il procedimento finanziario della spesa degli enti locali.
L'istituto, che ha carattere eccezionale, è disciplinato dall'art. 194 del
D.Lgs. n. 267/2000, che prevede, tra l'altro, che tale adempimento vada
posto in essere in occasione della ricognizione dello stato di attuazione
dei programmi e dell'accertamento degli equilibri generali di bilancio (art.
193, comma 2, del TUEL), nonché nelle altre cadenze periodiche previste dal
regolamento di contabilità.
L'elencazione prevista dalla norma contempla una serie di ipotesi, tassative
in quanto derogatorie rispetto all'ordinario procedimento di spesa, in cui è
possibile procedere al riconoscimento, e tra queste (art. 194, comma 1, lett.
e) rientra anche l'acquisizione di beni e servizi, in violazione degli
obblighi di cui ai commi 1, 2 e 3 dell'articolo 191, nei limiti degli
accertati e dimostrati utilità ed arricchimento per l'ente, nell'ambito
dell'espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza.
L'operatività di quest'ultima norma è dunque subordinata all'accertamento
sia dell'utilità pubblica del bene acquisito in relazione alle funzioni ed
ai servizi di competenza dell'ente, sia dell'arricchimento dell'ente (che
corrisponde al depauperamento patrimoniale sofferto senza giusta causa dal
privato contraente ai sensi dell'art. 2041 cc.). L'accertamento della
sussistenza di entrambi questi presupposti, come già più volte ricordato da
questa Sezione (cfr.
deliberazione 11.09.2009 n. 156 e
deliberazione 19.06.2009 n. 107), è obbligatorio
e non può essere automaticamente ed implicitamente ricondotto alla semplice
adozione della deliberazione di riconoscimento, in quanto vi può essere una
parte del debito non riconoscibile ai sensi dell'art. 191, comma 4, del D.Lgs.
n. 267/2000.
In questo contesto, la delibera consiliare ha dunque il compito di:
- riscontrare e dimostrare che il debito rientra in una delle
fattispecie tipizzate dall'art. 194 del TUEL;
- accertare e documentare puntualmente se ed in che misura
sussistano i presupposti dell'utilità e dell'arricchimento;
- accertare, conseguentemente, se vi sia una parte del debito non
sorretta da entrambi questi presupposti, e dunque non riconoscibile (per la
quale, ai sensi dell'art. 191, comma 4, del TUEL, il rapporto obbligatorio
intercorre tra il privato fornitore e l'amministratore, funzionario o
dipendente che hanno consentito la prestazione in favore dell'ente);
- ricondurre l'obbligazione all'interno della contabilità e del
sistema di bilancio dell'ente;
- individuare le risorse per il finanziamento;
- accertare le cause che hanno originato l'obbligo, anche al fine
di evidenziare eventuali responsabilità.
In altri termini, l’art. 194, primo comma, TUEL rappresenta un’eccezione ai
principi riguardanti la necessità del preventivo impegno formale e della
copertura finanziaria; onde per riportare le ipotesi previste nell’ambito
del principio di copertura finanziaria è richiesta la delibera consiliare
con la quale viene ripristinata la fisiologia della fase della spesa e i
debiti de quibus vengono ricondotti a sistema (cfr. ex multis
Corte dei Conti, sez. contr. Friuli Venezia Giulia, 6/1c/2005 e sez. contr.
Campania
parere 23.05.2013 n. 213) mediante l’adozione dei necessari
provvedimenti di riequilibrio finanziario.
Ulteriore funzione svolta dalla delibera consiliare è quindi, come detto,
l’accertamento delle cause che hanno originato l’obbligo, con le
consequenziali ed eventuali responsabilità; infatti, questa funzione di
accertamento è rafforzata dalla previsione dell’invio alla Procura regionale
della Corte dei conti (art. 23, comma 5, L. 289/2002) delle delibere di
riconoscimento di debito fuori bilancio. Nella delineata prospettiva
interpretativa, la delibera consiliare svolge una duplice funzione, per un
verso, tipicamente giuscontabilistica, finalizzata ad assicurare la
salvaguardia degli equilibri di bilancio; per l’altro, garantista, ai fini
dell’accertamento dell’eventuale responsabilità amministrativo-contabile (cfr.
ex multis: Corte dei conti, Sezione Regionale per la Puglia
deliberazione 23.10.2014 n. 180 e
deliberazione 03.06.2016 n. 122).
Va ricordato, inoltre, che il riferimento ad opera dell'art. 194, comma 1,
del TUEL ad adempimenti periodici e temporalmente cadenzati testimonia come
l'adempimento in questione, in presenza dei presupposti di legge,
costituisca un atto dovuto e vincolato per l'ente, in quanto consente di far
emergere eventuali passività insorte nel corso dell'esercizio, in
applicazione dei principi di veridicità, trasparenza e pareggio di bilancio,
nonché di adottare le misure necessarie al ripristino dell'equilibrio della
gestione finanziaria.
La tempestività della segnalazione dell'insorgenza di tali debiti e del loro
riconoscimento consente di evitare l'insorgere di ulteriori passività a
carico dell'ente, quali, ad esempio, eventuali interessi o spese di
giustizia.
Come si è sottolineato in precedenza, la formazione di debiti fuori bilancio
costituisce un fattore di rischio per gli equilibri e per la stabilità degli
esercizi successivi causa di partite debitorie riferite a quelli precedenti.
Nel caso di specie, la spesa riconosciuta per l’esercizio oggetto di
scrutinio ammonta a Euro 96.687,19, oltre a quegli € 668,16 di cui ha dato
evidenza l’Organo di revisione.
Va da sé, tuttavia, che quando il fenomeno assume dimensioni rilevanti e
reiterate in più esercizi finanziari, è presumibile che gran parte dei
debiti fuori bilancio sia riconducibile alla incapacità di porre in essere
una corretta politica di programmazione e gestione finanziaria delle risorse
e delle spese, alla possibile sottostima degli stanziamenti di bilancio
rispetto alle effettive necessità di spesa, ovvero al fine di garantire i
vincoli del pareggio e degli equilibri interni.
Per il finanziamento di tali spese, il legislatore pone precisi limiti (art.
193 e 194 del D.Lgs. n. 267/2000). La formazione di debiti fuori bilancio
costituisce infatti indice della difficoltà dell’Ente nel governare
correttamente i procedimenti di spesa attraverso il rispetto delle norme
previste dal TUEL. La necessità di una modifica delle priorità nelle
previsioni di spesa è, altresì, dimostrata dalla disposizione di cui
all’art. 191, comma 5, TUEL, che vieta, per l’appunto, agli enti che non
hanno validamente adottato i provvedimenti di salvaguardia degli equilibri e
di riconoscimento dei debiti fuori bilancio, di assumere impegni e di pagare
spese per servizi che non siano obbligatori per legge. |
ATTI AMMINISTRATIVI: Debiti
fuori bilancio da sentenze esecutive, necessario l'intervento della Sezione
Autonomie.
Le divergenze dei giudici contabili sulla obbligatorietà o meno del
riconoscimento preventivo da parte del consiglio comunale dei debiti fuori
bilancio che derivano da sentenze esecutive ovvero la possibilità di poter
disciplinare con il proprio regolamento di contabilità casi specifici di
pagamento anticipato da parte di altri organi (dirigenti o giunta comunale)
ha spinto la Corte dei conti pugliese (deliberazione
15.04.2019 n. 44) a richiedere un intervento della Sezione delle
Autonomie.
La richiesta del Comune
Il sindaco di un Comune ha chiesto alla propria sezione regionale della
Corte dei conti di poter disciplinare in via autonoma, con il proprio
regolamento di contabilità, il pagamento anticipato delle sentenze esecutive
prima della delibera consiliare.
Il caso posto all'attenzione riguarda le sentenze esecutive del giudice di
pace che, in considerazione degli importi modesti da corrispondere, avrebbe
il vantaggio di ridurre le spese rispetto alla procedura prevista
dall'articolo 194 del testo unico degli enti locali. Fermo restando, in ogni
caso, l'obbligo della trasmissione dei pagamenti al consiglio comunale ai
fini del rispetto delle procedure previste dalla normativa.
L'obbligatorio passaggio in consiglio comunale
Una parte della giurisprudenza contabile ha negato che possa essere
utilizzata una procedura diversa da quella stabilita dalle disposizioni del
testo unico degli enti locali che ha intestato il riconoscimento del debito
fuori bilancio alla approvazione preventiva da parte del consiglio, anche se
si tratti di sentenze esecutive che, a differenza delle altre ipotesi
-lettere b), c), d) ed e) del comma 1 dell'articolo 194 del Tuel– non
lasciano alcun margine di discrezionalità da parte del consiglio di poterne
riconoscere l'utilità.
È stato, infatti, sostenuto come il valore della deliberazione consiliare
non è quello di riconoscere la legittimità del debito, già verificata in
sede giudiziale, bensì, da un lato, di ricondurre al sistema di bilancio un
fenomeno di rilevanza finanziaria maturato all'esterno e, dall'altro, di
accertare le cause che hanno generato l'obbligo, con le conseguenti
eventuali responsabilità (anche mediante l'obbligatorio invio alla procura
contabile).
Va, infine, rilevato come la stessa Sezione delle Autonomie (si veda il
Quotidiano degli enti locali e della Ps del 23.04.2018) abbia indicato come
il riconoscimento e la copertura finanziaria del debito fuori bilancio
spetti, in via esclusiva e non delegabile, alla sola massima assise
comunale.
L'apertura sul pagamento prima del consiglio
Altra parte della giurisprudenza contabile (si veda il Quotidiano degli e
della Pa del 31.01.2018) ha, invece, consentito la possibilità di adempiere
prima della deliberazione del consiglio comunale, motivando sull'assenza di
discrezionalità dell'organo di indirizzo politico di valutare l'an e
il quantum del debito, poiché l'entità del pagamento rimane stabilita
nella misura indicata dal provvedimento dell'autorità giudiziaria,
rappresentando il riconoscimento del debito un atto dovuto. Ma ancora più
incisiva appare la posizione della Corte dei conti ligure (parere
22.03.2018 n. 73) che distingue due ipotesi.
La prima si presenta nel caso in cui sussista un pertinente e capiente
stanziamento nel bilancio in corso di gestione, in questo caso non si
sarebbe in presenza di alcuna situazione patologica tipica del debito fuori
bilancio. La seconda ipotesi riguarda, invece, il caso in cui nel bilancio
non sussista uno stanziamento corrispondente al tipo di spesa derivante dal
provvedimento giurisdizionale o lo stesso non offra la necessaria capienza,
con la conseguenza che si è in presenza di una situazione patologica del
bilancio. Tuttavia, in quest'ultimo caso, nulla vieterebbe al dirigente o
alla giunta comunale di poter procedere attraverso l'esercizio dei poteri di
variazione del bilancio al pagamento del debito.
In ogni caso, precisa la Sezione ligure, resta impregiudicato l'obbligo
della pronta attivazione e celere definizione del procedimento previsto
dall'articolo 194 del Tuel, nonché quello di includere la determinazione
relativa al pagamento anticipato nella documentazione da trasmettere alla
Procura della Corte dei conti competente.
In considerazione della divisione tra le Sezioni territoriali della Corte,
la Sezione pugliese ha rimesso la decisione alla Sezione Autonomie, al fine
di chiarire, in via definitiva, l'obbligo del consiglio comunale del previo
riconoscimento del debito fuori bilancio da sentenze esecutiva prima del suo
pagamento
(articolo Quotidiano Enti Locali & Pa del 05.06.2019). |
ATTI AMMINISTRATIVI: Debiti
fuori bilancio da sentenze esecutive, necessario l'intervento della Sezione
Autonomie.
La Sezione regionale di
controllo per la Puglia sottopone al Presidente della Corte dei conti la
valutazione sull’opportunità di deferire alla Sezione delle Autonomie o alle
Sezioni Riunite in sede di controllo la seguente questione: «se, con
riferimento al procedimento per il riconoscimento di legittimità di debiti
fuori bilancio derivanti da sentenze esecutive, ai sensi dell’art. 194,
comma 1, lett. a) TUEL, sia possibile effettuare il pagamento prima della
prevista delibera del Consiglio comunale ovvero se quest’utima debba sempre
precedere l’attività solutoria».
-----------------
Con nota del 13.03.2019 il Sindaco del Comune di Taranto ha formulato una
richiesta di parere ex art. 7, comma 8 della l. 05.06.2003, n. 131 in
materia di riconoscimento di debiti fuori bilancio. In particolare,
premesso che:
· la Sezione regionale di controllo per la Campania ha ritenuto che
«è stato correttamente affermato (cfr. Corte dei conti -
SS.RR. per la Regione Sicilia,
parere 11.03.2005 n. 2)
che nel caso di debiti derivanti a carico dell’Ente locale da sentenza
esecutiva, l’Ente medesimo può procedere al pagamento ancor prima della
deliberazione consiliare di riconoscimento, atteso che, in ogni caso, “non
potrebbe in alcun modo impedire l’avvio della procedura esecutiva per
l’adempimento coattivo del debito” e che, anzi, la prassi seguita dagli enti
locali di attendere per il pagamento di quanto dovuto il preventivo
riconoscimento della legittimità del debito da parte del consiglio comunale
comporta il lievitare degli oneri patrimoniali per interessi legali ed
eventuale rivalutazione monetaria, cui vanno aggiunte le spese giudiziali
derivanti dalle procedure esecutive, nel caso in cui la predetta detta
deliberazione non intervenga in tempi ragionevoli»
(parere
10.01.2018 n. 2);
· anche la Sezione regionale di controllo per la Liguria ha
affermato che «in coerenza con i principi di efficienza
ed economicità dell’azione amministrativa e con l’interesse pubblico volto
ad evitare inutili sprechi di danaro pubblico, sia possibile per i
competenti organi dell’ente locale, nelle ipotesi e con le modalità
precisate nel presente pronunciamento, procedere al pagamento
dell’obbligazione derivante da un provvedimento giurisdizionale esecutivo
anche prima della deliberazione consiliare di riconoscimento. Restano
comunque salvi l’obbligo della pronta attivazione e celere definizione del
procedimento di cui all’art. 194 TUEL, nonché quello di includere la
determinazione relativa al pagamento anticipato nella documentazione da
trasmettere alla competente Procura della Corte dei conti ai sensi dell’art.
23 della legge n. 289 del 2002»
((parere
22.03.2018 n. 73);
· più di recente la Sezione regionale di controllo per la Lombardia
ha sostenuto che «E’ utile, sebbene non sia oggetto del
quesito, ma soltanto per completezza espositiva, richiamare il
parere 22.03.2018 n. 73 la Sezione della
Corte dei Conti per la Liguria con cui ha espresso un orientamento,
condiviso da questa Sezione, che ritiene legittimo, anche prima del
riconoscimento da parte del Consiglio del debito determinato dalla sentenza,
comunque necessario, provvedere al pagamento della somma in alcuni casi
espressamente indicati nel parere appena ricordato, al fine di evitare
l’aggravarsi della posizione debitoria in capo all’Ente»
(parere
20.12.2018 n. 368);
· l’art. 152 TUEL consente agli enti locali di approvare i
regolamenti di contabilità nel rispetto delle norme della parte seconda del
TUEL, «da considerarsi come principi generali con valore di limite
inderogabile» (comma 4), con l’eccezione di alcune disposizioni (fra cui
non figura l’art. 194 TUEL) destinate a non trovare applicazione qualora il
regolamento di contabilità dell’ente rechi una differente disciplina;
ha reso nota l’intenzione di disciplinare, a livello di regolamento di
contabilità, l’iter di riconoscimento dei debiti fuori bilancio ex art. 194,
comma 1, lett. a) TUEL, contemplando il pagamento anticipato, rispetto alla
delibera consiliare di riconoscimento, di quelli derivanti da sentenze del
giudice di pace.
In particolare, il Comune ha prospettato di prevedere
nel citato regolamento –alternativamente e per il caso in cui la prima
formulazione «non sia ritenuta legittima»– che:
a) «le sentenze rientranti nella competenza per valore del
Giudice di Pace siano pagate dalla direzione competente prima della scadenza
del termine di cui all’art. 14 del d.l. 31.12.1996, n. 669, convertito nella
legge 28.02.1997, n. 30, fermo restando da parte del Consiglio comunale, a
cui la determinazione di pagamento sarà trasmessa tempestivamente,
l’obbligatorio riconoscimento del debito a norma dell’art. 194, comma 1,
lett. A), TUEL da deliberare entro l’esercizio finanziario di riferimento
dell’avvenuto pagamento»;
b) «le sentenze rientranti nella competenza per valore del
Giudice di Pace siano pagate dalla direzione competente prima della scadenza
del termine di cui all’art. 14 del d.l. 31.12.1996, n. 669, convertito nella
legge 28.02.1997, n. 30, fermo restando da parte del Consiglio comunale, a
cui la determinazione di pagamento sarà trasmessa tempestivamente,
l’obbligatorio riconoscimento del debito a norma dell’art. 194, comma 1,
lett. A), TUEL da deliberare nel rispetto del predetto termine di legge».
In relazione alle suddette ipotesi regolamentari il Comune ha chiesto il
parere della Sezione.
...
2. Passando al merito, è opportuna una sintetica ricostruzione del
pertinente quadro normativo e della lettura offertane dal Giudice contabile.
2.1 Viene in primo luogo in rilievo l’art. 194 TUEL (rubricato «Riconoscimento
di legittimità di debiti fuori bilancio»), il quale, per quanto di
interesse in questa sede, prevede (comma 1) che con deliberazione consiliare
ex art. 193, comma 2, TUEL o con diversa periodicità stabilita dai
regolamenti di contabilità, gli enti locali riconoscono la legittimità dei
debiti fuori bilancio derivanti da: sentenze esecutive (lett. a); copertura
di disavanzi di consorzi, aziende speciali e istituzioni, nei limiti ivi
specificati (lett. b); ricapitalizzazione, nei limiti e nelle forme previsti
dal codice civile o da norme speciali, di società di capitali costituite per
l’esercizio di servizi pubblici locali (lett. c); procedure espropriative o
di occupazione d’urgenza per opere di pubblica utilità (lett. d);
acquisizione di beni e servizi, in violazione degli obblighi di cui ai commi
1, 2 e 3 dell’art. 191 TUEL, nei limiti degli accertati e dimostrati utilità
e arricchimento per l’ente, nell’ambito dell’espletamento di pubbliche
funzioni e servizi di competenza (lett. e).
A sua volta, l’art. 193 TUEL («Salvaguardia degli equilibri di bilancio»),
dopo aver sancito l’obbligo per gli enti locali di rispettare durante la
gestione e nelle variazioni di bilancio il pareggio finanziario e tutti gli
equilibri stabiliti in bilancio per la copertura delle spese correnti e per
il finanziamento degli investimenti (comma 1), prevede che, con periodicità
stabilita dal regolamento di contabilità e comunque almeno una volta entro
il 31 luglio di ciascun anno, l’organo consiliare provvede con delibera a
dare atto del permanere degli equilibri generali di bilancio o, in caso di
accertamento negativo, ad adottare, contestualmente le misure correttive ivi
previste, tra cui «i provvedimenti per il ripiano degli eventuali debiti
di cui all’art. 194» (comma 2, lett. b).
Infine, occorre richiamare l’art. 14 del d.l. 31.12.1996, n. 669
(convertito, con modificazioni, nella l. 28.02.1997, n. 30), in base al
quale «Le amministrazioni dello Stato, gli enti pubblici non economici e
l’ente Agenzia delle entrate - Riscossione completano le procedure per
l’esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali e dei lodi arbitrali aventi
efficacia esecutiva e comportanti l’obbligo di pagamento di somme di danaro
entro il termine di centoventi giorni dalla notificazione del titolo
esecutivo. Prima di tale termine il creditore non può procedere ad
esecuzione forzata né alla notifica di atto di precetto» (comma 1).
3. Nell’esercizio della sua funzione consultiva il giudice
contabile ha avuto modo di pronunciarsi in più occasioni sulla tematica del
riconoscimento dei debiti fuori bilancio derivanti da sentenze esecutive,
giungendo a conclusioni tra loro non conformi.
3.1
Secondo un primo indirizzo, di cui sono espressione le pronunce
richiamate dal Comune istante,
nel caso di debiti derivanti da sentenza
esecutiva la delibera consiliare varrebbe non già a riconoscere la
legittimità del debito, di per sé esistente in virtù della statuizione del
giudice, bensì quale strumento attraverso cui il debito viene ricondotto al
«sistema di bilancio», con la precipua funzione di salvaguardarne gli
equilibri.
A differenza delle ipotesi sub lett. b), c), d) ed e) del comma 1 dell’art.
194 TUEL, per le quali il debito fuori bilancio è oggetto di valutazioni
discrezionali più o meno ampie da parte del Consiglio,
di fronte ad un
titolo esecutivo l’organo assembleare dell’ente locale non dovrebbe compiere
alcuna valutazione, non potendo, in ogni caso, impedire il pagamento del
relativo debito.
Di conseguenza,
l’interpretazione logica-sistematica delle norme imporrebbe
di «distinguere i debiti derivanti da sentenze esecutive dalle altre
ipotesi, consentendo di affermare che per i primi il riconoscimento da parte
del Consiglio Comunale svolge una mera funzione ricognitiva, di presa d’atto
finalizzata al mantenimento degli equilibri di bilancio, ben potendo gli
organi amministrativi, accertata la sussistenza del provvedimento
giurisdizionale esecutivo, procedere al relativo pagamento anche prima della
deliberazione consiliare di riconoscimento»
(Sezioni Riunite per la
Regione Siciliana,
parere 11.03.2005 n. 2).
Inoltre, «la prassi seguita dagli enti locali di attendere per il
pagamento di quanto dovuto il preventivo riconoscimento della legittimità
del debito da parte del consiglio comunale comporta il lievitare degli oneri
patrimoniali per interessi legali ed eventuale rivalutazione monetaria, cui
vanno aggiunte le spese giudiziali derivanti dalle procedure esecutive, nel
caso in cui la predetta detta deliberazione non intervenga in tempi
ragionevoli» (Sezione regionale di controllo per la Campania,
parere 10.01.2018 n. 2).
Nella stessa prospettiva si colloca
il parere della Sezione regionale di
controllo per la Liguria
(parere
22.03.2018 n. 73), che
distingue l’ipotesi in cui, in relazione
all’obbligazione cui si riferisce la statuizione giurisdizionale, sussista
un pertinente e capiente stanziamento nel bilancio in corso di gestione da
quella in cui tale stanziamento sia assente o incapiente.
Nel primo caso, «(…) premesso che le obbligazioni giuridiche derivanti da
provvedimenti giudiziari esecutivi si presentano come obbligazioni che si
perfezionano senza il concorso della volontà dell’amministrazione, occorre
notare che in fattispecie di questo genere non si è in presenza di alcuna
situazione patologica né nel sistema di bilancio esistente, visto che già di
per sé reca la copertura finanziaria per la nuova spesa, né nell’impegno
contabile.
Sotto questo secondo profilo si osserva, infatti, che,
come è stato tradotto
in diritto positivo nel nuovo ordinamento contabile, la registrazione di un
impegno di spesa può avvenire soltanto dal momento in cui l’obbligazione a
carico dell’ente è giuridicamente perfezionata (cfr. punto 5.1 del già
menzionato principio applicato della contabilità finanziaria di cui
all’allegato 4/2). Perciò non può rilevarsi un’anomalia nell’assunzione
dell’impegno a seguito dell’obbligazione giuridica che sorge e si perfeziona
per effetto del provvedimento del giudice (…)
(…) anche in tali circostanze, il procedimento che culmina con la
deliberazione consiliare di riconoscimento del debito continua a
rappresentare la via ordinaria da seguire, che il legislatore ha
evidentemente scelto di prescrivere con il richiamo anche alle sentenze
esecutive, in considerazione della possibile, anche se non necessaria,
presenza di elementi di irregolarità o di anomalie negli atti o fatti
sottesi alla controversia giudiziale.
Ove, però, tale strada si riveli non tempestivamente e utilmente
praticabile, gli amministratori o funzionari competenti potranno comunque,
al verificarsi delle condizioni descritte, ugualmente attivarsi per il
pagamento del debito, salvo l’obbligo per i medesimi di adoperarsi
contemporaneamente per la definizione della deliberazione consiliare di
riconoscimento.
Negare tale possibilità, nei casi in cui costituisce l’unico rimedio per
evitare maggiori aggravi di spesa per l’ente, condurrebbe questa Sezione a
privilegiare un formalismo giuridico che si appalesa all’evidenza non
giustificato. (…) infatti, la sottoposizione della fattispecie di spesa da
provvedimento giurisdizionale esecutivo all’esame del Consiglio comunale in
un momento successivo al pagamento del debito, lascia inalterati i poteri e
i margini di valutazione che competono all’organo nell’ambito della
deliberazione di riconoscimento e che potrà esercitare con uguali modalità
e, soprattutto, con pari efficacia e rilevanza».
Nella seconda ipotesi, ovvero quella in cui nel bilancio non sussista uno
stanziamento corrispondente al tipo di spesa derivante dal provvedimento
giurisdizionale o lo stesso non offra la necessaria capienza,
si è in
presenza di una situazione patologica del bilancio; ciononostante, sempre
sul presupposto della non avvenuta tempestiva convocazione dell’organo
consiliare, le disponibilità finanziarie, necessarie per procedere al
pagamento del debito ed evitare aggravi di spesa, potrebbero essere
individuate attraverso l’esercizio dei poteri di variazione del bilancio
spettanti in via ordinaria agli altri organi dell’ente.
Per la Sezione ligure «Tale soluzione, d’altronde, si rivela pienamente
in linea con l’attuale conformazione degli schemi contabili armonizzati
degli enti locali, in cui si può distinguere, anche concettualmente, un
bilancio cd. “decisionale”, corrispondente al bilancio di previsione per
missioni e programmi sottoposto all’approvazione del Consiglio comunale
(l’unità di voto è il programma), e un bilancio cd. “gestionale”, ovvero il
Piano esecutivo di gestione (PEG) elaborato dalla Giunta, nel quale le
previsioni del primo documento vengono ulteriormente articolate».
In definitiva, in coerenza con i principi di efficienza ed economicità
dell’azione amministrativa,
la Sezione ligure ritiene «possibile per i
competenti organi dell’ente locale, nelle ipotesi e con le modalità
precisate nel presente pronunciamento, procedere al pagamento
dell’obbligazione derivante da un provvedimento giurisdizionale esecutivo
anche prima della deliberazione consiliare di riconoscimento. Restano
comunque salvi l’obbligo della pronta attivazione e celere definizione del
procedimento di cui all’art. 194 TUEL, nonché quello di includere la
determinazione relativa al pagamento anticipato nella documentazione da
trasmettere alla competente Procura della Corte dei conti ai sensi dell’art.
23 della legge n. 289 del 2002».
3.2
Un secondo indirizzo
è stato espresso anche di recente da questa
Sezione (parere
22.02.2018 n. 29). In dettaglio,
è stato osservato che:
· in mancanza di una disciplina specifica per le sentenze
esecutive, non è consentito discostarsi dalla stretta interpretazione
dell’art. 193, comma 2, lett. b), TUEL, ai sensi del quale «i provvedimenti
per il ripiano di eventuali debiti di cui all’art. 194» sono assunti
dall’organo consiliare contestualmente all’accertamento negativo del
permanere degli equilibri di bilancio;
· il valore della deliberazione consiliare non è quello di
riconoscere la legittimità del debito che già è stata verificata in sede
giudiziale, bensì, da un lato, di ricondurre al sistema di bilancio un
fenomeno di rilevanza finanziaria maturato all’esterno e, dall’altro, di
accertare le cause che hanno generato l’obbligo, con le conseguenti
eventuali responsabilità; a tale funzione di accertamento è connessa la
previsione dell’invio alla Procura regionale della Corte dei conti delle
delibere di riconoscimento di debito fuori bilancio (art. 23, comma 5, l.
27.12.2002, n. 289);
· la necessità del riconoscimento consiliare della legittimità del
debito fuori bilancio appare rafforzata dalla disposizione del d.lgs.
23.06.2011, n. 118 (art. 73) che, con formulazione analoga a quella
dell’art. 194, comma 1, TUEL, disciplina il riconoscimento, mediante legge,
dei debiti fuori bilancio delle regioni;
· la previsione legislativa del riconoscimento ad opera dell’organo
consiliare trova ulteriore specificazione nella misura di carattere
sanzionatorio dell’art. 188, comma 1-quater, TUEL, ai sensi del quale agli
enti locali che presentino, nell’ultimo rendiconto deliberato, debiti fuori
bilancio, ancorché da riconoscere, nelle more della variazione di bilancio
che dispone il riconoscimento e il finanziamento del debito fuori bilancio,
è fatto divieto di assumere impegni e pagare spese per servizi non
espressamente previsti per legge;
· pertanto, «nel caso di sentenze esecutive e di pignoramenti,
sussiste, l’obbligo di procedere con tempestività alla convocazione del
Consiglio comunale per il riconoscimento del debito, in modo da impedire il
maturare di interessi, rivalutazione monetaria ed ulteriori spese legali
(Sezione Regionale per la Puglia,
deliberazione 03.06.2016 n. 122,
parere 15.09.2016 n. 152)».
A conclusioni analoghe è pervenuto il
parere 09.05.2018 n. 66 della Sezione regionale di controllo per
la Campania, secondo cui «in mancanza di una
disposizione che preveda una disciplina specifica e diversa per le "sentenze
esecutive", non è consentito discostarsi dalla stretta interpretazione
dell’art. 194 Tuel ai sensi del quale il "riconoscimento" del debito
avviene, prima del pagamento, con atto del Consiglio comunale. Bisogna
infatti constatare che in tutte le ipotesi previste dall'art. 194 Tuel la
delibera del Consiglio serve per riportare all’interno del sistema del
bilancio un fenomeno di rilevanza finanziaria che è maturato al di fuori
delle normali procedure di programmazione e di gestione delle spese
(cfr.
parere 29.04.2009 n. 22 di questa Sezione)».
In precedenza, nello stesso senso si era espressa la Sezione di controllo
per la Regione Siciliana (parere
29.04.2014 n. 55,
parere 30.10.2014 n. 189 e
parere 03.02.2015 n. 80).
In particolare, il
parere 03.02.2015 n. 80 ha affermato che:
· sussiste «la necessità, per tutte le ipotesi contemplate
dall’art. 194 del Tuel, della preventiva e tempestiva deliberazione
consiliare finalizzata a ricondurre l’obbligazione all’interno della
contabilità dell’ente, ad individuare le risorse per farvi fronte, ad
accertare la sussumibilità del debito all’interno di una delle fattispecie
tipizzate dalla norma, ed, infine, ad individuare le cause che hanno
originato l’obbligo, anche al fine di evidenziare eventuali responsabilità»;
· il preventivo riconoscimento del debito da parte dell’organo
consiliare risulta necessario anche nell’ipotesi di debiti derivanti da
sentenza esecutiva, per loro natura caratterizzati da assenza di
discrezionalità per via del provvedimento giudiziario a monte che,
accertando il diritto di credito del terzo, rende agevole la riconduzione al
sistema di bilancio di un fenomeno di rilevanza finanziaria maturato
all’esterno di esso: «Anche in questi casi, infatti, l’avvio del
procedimento di spesa ex art. 183 e ss. del Tuel postula comunque, già sul
piano logico, una positiva valutazione dell’Organo consiliare sulla
sussistenza dei presupposti di riconoscibilità, sulle cause ed eventuali
responsabilità connesse, nonché sulle misure correttive tese ad evitare il
reiterarsi delle anomalie oggetto di soccombenza giudiziale»;
· le funzioni di indirizzo e la responsabilità politica del
Consiglio comunale non sono circoscritte alle scelte discrezionale, ma si
estendono anche ad attività e procedimenti di spesa di natura obbligatoria,
che transitano necessariamente attraverso l’atto programmatorio generale e
di natura autorizzatoria rappresentato dal bilancio di previsione;
· «Rispetto a tale complesso di autorizzazioni di spesa,
l’attività gestionale, affidata dalla legge ai dirigenti, rappresenta
espressione di un momento necessariamente successivo e, quindi,
inevitabilmente conseguenziale rispetto alla decisione dell’Organo cui è
intestata la responsabilità politica dell’azione amministrativa. La fase
gestionale, di natura prevalentemente esecutiva, non potrebbe dunque
validamente allocarsi in un segmento temporale anteriore rispetto
all’attività decisionale del Consiglio, senza che ne risulti sovvertita la
fondamentale distinzione tra attività di indirizzo politico ed attività
gestionale. L’eventuale previsione in bilancio di uno specifico stanziamento
per liti, arbitraggi, transazioni e quant'altro non elimina perciò la
necessità che il Consiglio deliberi anche sulla riconoscibilità dei singoli
debiti formatisi al di fuori delle norme giuscontabili (pr. cont. 1-105;
Sezione controllo per la Basilicata,
parere 27.03.2007 n. 6).
In conclusione,
anche in tale fattispecie, l’eventuale pretermissione o postergazione della
procedura consiliare vanificherebbe la disciplina di garanzia prevista
dall’ordinamento e la correlata fase di controllo politico amministrativo,
nonché la correlata verifica da parte della Procura regionale della Corte
dei conti ex art. 23, comma 5, della L. n. 289 del 2002»;
· quanto al rischio di azioni esecutive, il termine di 120 giorni
dalla notifica del titolo esecutivo, previsto dall’art. 14, del d.l. n.
669/1996 per la conclusione delle procedure di esecuzione dei provvedimenti
giurisdizionali e dei lodi arbitrali aventi efficacia esecutiva e
comportanti l’obbligo di pagamento di somme di danaro, è sufficientemente
ampio per provvedere agli adempimenti di cui all'art. 194 TUEL, alla luce
del principio di buon andamento di cui all’art. 97 Cost.
4. Merita, inoltre, ricordare che di recente la Sezione delle Autonomie
–pronunciandosi su una richiesta di parere riguardante le modalità di
copertura finanziaria dei debiti fuori bilancio e, in particolare, di
imputazione contabile della relativa spesa in funzione della scadenza
dell’obbligazione giuridica- ha affermato, tra gli altri, il seguente
principio di diritto: «Ai fini di una corretta gestione
finanziaria, l’emersione di un debito non previsto nel bilancio di
previsione deve essere portata tempestivamente al Consiglio dell’ente per
l’adozione dei necessari provvedimenti, quali la valutazione della
riconoscibilità, ai sensi dell’art. 194, comma 1, del TUEL ed il reperimento
delle necessarie coperture secondo quanto previsto dall’art. 193, comma 3, e
194, commi 2 e 3, del medesimo testo unico»
(deliberazione
23.10.2018 n. 21).
5. Questa Sezione, in considerazione della rilevanza della questione
trattata e del contrasto fra le soluzioni prospettate dalle Sezioni
regionali di controllo, ritiene opportuno che la stessa sia sottoposta
all’esame del Presidente della Corte dei conti per la valutazione
sull’opportunità di deferirla alla Sezione delle Autonomie o alle Sezioni
Riunite in sede di controllo, ai sensi dell’art. 6, comma 4, del d.l.
10.10.2012, n. 174, convertito con modificazioni dalla l. 07.12.2012, n.
213.
La connessione del quesito posto alla Sezione rispetto alla questione in
esame impone la sospensione della pronuncia sul medesimo.
P.Q.M.
la Sezione regionale di controllo per la Puglia sottopone
al Presidente della Corte dei conti la valutazione sull’opportunità di
deferire alla Sezione delle Autonomie o alle Sezioni Riunite in sede di
controllo, ai sensi dell’art. 6, comma 4, del d.l. n. 174/2012, la seguente
questione: «se, con riferimento al procedimento per il riconoscimento di
legittimità di debiti fuori bilancio derivanti da sentenze esecutive, ai
sensi dell’art. 194, comma 1, lett. a) TUEL, sia possibile effettuare il
pagamento prima della prevista delibera del Consiglio comunale ovvero se
quest’utima debba sempre precedere l’attività solutoria».
La Sezione sospende la pronuncia
sul quesito formulato dal Sindaco del Comune di Taranto in attesa della
pronuncia di orientamento sopra richiesta (Corte dei Conti, sez. controllo
Puglia,
deliberazione
15.04.2019 n. 44). |
ATTI AMMINISTRATIVI: Nel caso di omessa creazione del fondo contenzioso, ciò che
rileva ai fini della determinazione delle iniziative da
assumere per la copertura delle spese derivanti da una
sentenza di condanna è l’emissione di tale pronuncia, dal
momento che l’esistenza di una sentenza esecutiva determina
in capo all’Ente l’obbligo di attivare la procedura di
riconoscimento di un debito fuori bilancio ai sensi
dell’art. 194, comma 1, lett. a) del T.U.E.L..
---------------
Nel periodo
antecedente all’emissione della sentenza, il principio
contabile applicato concernente la contabilità finanziaria (cfr.
allegato 4/2, punto 5.2 lett. h), del D.Lgs. n. 118/2011),
in presenza di contenzioso di importo particolarmente
rilevante, consente di ripartire l'accantonamento annuale,
in quote uguali, tra gli esercizi considerati nel bilancio
di previsione o a prudente valutazione dell'Ente.
---------------
Il termine
di 120 previsto dall’art. 14 del D.L. n. 669 del 1996
preclude al creditore la sola notifica dell’atto di precetto
per avviare un’azione esecutiva nei confronti dell’Ente
inadempiente, per cui, dal momento della notifica della
sentenza munita di formula esecutiva sorge comunque in capo
al debitore l’obbligo di avviare la procedura di
riconoscimento del relativo debito fuori bilancio nel cui
ambito l’Ente deve individuare le risorse necessarie alla
copertura della spesa, senza poter ricorrere alla
dismissione di un immobile dal momento che i proventi da
alienazione di beni patrimoniali disponibili non possono
avere destinazione diversa da quelle indicate negli artt. 1,
comma 443, della legge di stabilità 2013 e 193, comma 3, del
TUEL, come modificato dall'art. 1, comma 444, della legge di
stabilità 2013, salvo i casi contemplati dal TUEL in materia
di dissesto (art. 255) e di accesso al fondo di rotazione di
cui all'art. 243-ter e per le finalità di cui all'art.
243-bis del TUEL, casi nei quali detti proventi concorrono a
finanziare l'intera massa passiva.
---------------
Il Sindaco del Comune di Borgofranco d’Ivrea (TO),
dopo aver premesso che, in occasione di verifiche
propedeutiche all’elaborazione del bilancio di previsione
2019/2021, è emersa per l’Ente la necessità di accantonare
una cifra significativa al fondo contenzioso con riferimento
ad un giudizio instaurato contro lo stesso Comune nell’anno
2016, chiede:
- se è possibile stanziare un congruo accantonamento nel
redigendo bilancio di previsione in più esercizi (2019-2021),
nonché
- se è possibile vendere un immobile e accantonare l’entrata a
fondo contenzioso e, infine,
- se, nel caso la sentenza esecutiva di condanna fosse
pronunciata nel periodo ottobre-dicembre 2019, avendo 120
giorni di tempo per pagare, un fondo contenzioso con un
accantonamento di risorse di bilancio delle annualità 2019 e
2020 sarebbe considerato congruo.
...
Ciò posto, si rappresenta che il D.Lgs. n. 118 del 2011, nel
disciplinare l’armonizzazione dei sistemi contabili e degli
schemi di bilancio delle Regioni, degli Enti locali e dei
loro organismi, per quel che rileva ai fini dell’esame del
quesito proposto, all’allegato n. 4/2, avente ad oggetto “Principio
contabile applicato concernente la contabilità finanziaria”,
prevede al punto 5.2, lettera h: “nel
caso in cui l'ente, a seguito di contenzioso in cui ha
significative probabilità di soccombere, o di sentenza non
definitiva e non esecutiva, sia condannato al pagamento di
spese, in attesa degli esiti del giudizio, si è in presenza
di una obbligazione passiva condizionata al verificarsi di
un evento (l'esito del giudizio o del ricorso), con
riferimento al quale non è possibile impegnare alcuna spesa.
In tale situazione l'ente è tenuto ad accantonare le risorse
necessarie per il pagamento degli oneri previsti dalla
sentenza, stanziando nell'esercizio le relative spese che, a
fine esercizio, incrementeranno il risultato di
amministrazione che dovrà essere vincolato alla copertura
delle eventuali spese derivanti dalla sentenza definitiva. A
tal fine si ritiene necessaria la costituzione di un
apposito fondo rischi […omissis…]. In presenza di
contenzioso di importo particolarmente rilevante,
l'accantonamento annuale può essere ripartito, in quote
uguali, tra gli esercizi considerati nel bilancio di
previsione o a prudente valutazione dell'ente. Gli
stanziamenti riguardanti il fondo rischi spese legali
accantonato nella spesa degli esercizi successivi al primo,
sono destinati ad essere incrementati in occasione
dell'approvazione del bilancio di previsione successivo, per
tenere conto del nuovo contenzioso formatosi alla data
dell'approvazione del bilancio. […omissis…]. L'organo di
revisione dell'ente provvede a verificare la congruità degli
accantonamenti”.
Dal predetto principio, citato in parte dallo stesso Comune
istante, emerge come l’accantonamento di risorse per il
pagamento degli oneri previsti da una sentenza di condanna
sia necessario al fine di preservare gli equilibri di
bilancio atteso che “una delle cause del rischio di
squilibri strutturali del bilancio in grado di provocare il
dissesto finanziario è rappresentata da sentenze che
determinano per l’ente l’insorgere di oneri di rilevante
entità finanziaria e che il bilancio non riesce ad
affrontare con risorse disponibili nell’anno o nel triennio
di riferimento del bilancio (art. 193 TUEL)” (cfr.
parere 27.09.2017 n. 238 della Sezione regionale
di controllo per la Campania).
Da tale punto di vista, la Sezione regionale di controllo
per la Liguria, con
deliberazione 20.06.2018 n. 103 (citata dallo
stesso Ente richiedente), ha evidenziato che, in presenza di
contenziosi di ingente valore, l’ente deve valutare il grado
di possibilità/probabilità/quasi certezza dei medesimi, ai
fini di procedere ai necessari accantonamenti per evitare
che gli importi derivanti dalle relative sentenze di
condanna siano tali da minare gli equilibri di bilancio.
Tali accantonamenti devono, necessariamente, essere già
posti in essere nel corso del giudizio di primo grado e,
soprattutto, prima della sentenza di condanna la quale,
essendo de iure esecutiva, non rientra più tra le fonti
delle c.d. passività potenziali, ma tra quelle dei debiti da
riconoscere fuori bilancio, in assenza di una specifica
copertura finanziaria.
Ed è questa la fattispecie oggetto della richiesta di parere
formulata dal Comune di Borgofranco d’Ivrea, ovvero viene
prospettata la condizione di un Ente che prevede di essere
destinatario a breve di una sentenza di condanna di ingente
importo rispetto alla capacità finanziaria dell’Ente stesso,
con riferimento ad un contenzioso iniziato in anni pregressi
e per il quale non sono state accantonate risorse da
impegnare in caso di soccombenza.
Fermo restando quanto sancito dal predetto principio
indicato al punto 5.2., lett. h), dell’allegato 4/2 del
D.Lgs. n. 118 del 2011 in ordine alla necessità di creare (o
incrementare) il “fondo rischi spese legali” (di
seguito anche: fondo contenzioso) già al momento del
verificarsi di un nuovo contenzioso, nel caso in esame ciò
che rileva ai fini della determinazione delle iniziative da
assumere per la copertura delle spese derivanti da una
sentenza di condanna è proprio il momento di emissione di
tale pronuncia, dato che l’esistenza di una sentenza
esecutiva determina in capo all’Ente l’obbligo di attivare
la procedura di riconoscimento di un debito fuori bilancio
ai sensi dell’art. 194, comma 1, lett. a), del T.U.E.L.
Tale aspetto assume valore dirimente per la formulazione del
parere richiesto dal Comune di Borgofranco d’Ivrea che, per
la situazione ipotizzata, chiede se è possibile stanziare un
congruo accantonamento nel redigendo bilancio di previsione
in più esercizi (2019-2021), nonché se è possibile vendere
un immobile e accantonare l’entrata a fondo contenzioso e,
infine, se, nel caso la sentenza esecutiva di condanna fosse
pronunciata nel periodo ottobre-dicembre 2019, avendo 120
giorni di tempo per pagare, un fondo contenzioso con un
accantonamento di risorse di bilancio delle annualità 2019 e
2020 sarebbe considerato congruo.
Ebbene, fino all’emissione della sentenza esecutiva l’Ente,
al fine di preservare anche in prospettiva gli equilibri di
bilancio, è tenuto ad accantonare le risorse necessarie per
sostenere le spese derivanti dalla condanna. Sul punto, la
Sezione delle autonomie, con
deliberazione 23.06.2017 n. 14, ha affermato che
“particolare attenzione deve essere
riservata alla quantificazione degli altri accantonamenti a
fondi, ad iniziare dal Fondo contenzioso, legato a rischi di
soccombenza su procedure giudiziarie in corso. Risulta
essenziale procedere ad una costante ricognizione e
all’aggiornamento del contenzioso formatosi per attestare la
congruità degli accantonamenti, che deve essere verificata
dall’Organo di revisione. Anche in questo caso, la somma
accantonata non darà luogo ad alcun impegno di spesa e
confluirà nel risultato di amministrazione per la copertura
delle eventuali spese derivanti da sentenza definitiva, a
tutela degli equilibri di competenza nell’anno in cui si
verificherà l’eventuale soccombenza”.
In ordine alla possibilità di stanziare un congruo
accantonamento nel redigendo bilancio di previsione in più
esercizi, il menzionato principio (punto 5.2., lett. h)
dell’allegato 4/2 del D.Lgs. n. 118) prevede espressamente
che: “In presenza di contenzioso di importo
particolarmente rilevante, l'accantonamento annuale può
essere ripartito, in quote uguali, tra gli esercizi
considerati nel bilancio di previsione o a prudente
valutazione dell'ente”, per cui l’Ente ha la possibilità
di stanziare le risorse necessarie a sostenere le spese
derivanti da una probabile condanna di rilevante importo
ripartendo gli accantonamenti negli anni oggetto del
bilancio di previsione.
Qualora, tuttavia, la sentenza esecutiva dovesse essere
emessa prima che l’Ente effettui l’accantonamento totale
delle risorse, subentra l’obbligo di avviare le procedure di
riconoscimento del debito fuori bilancio ai sensi dell’art.
194 del T.U.E.L. con il conseguente obbligo di adottare i
provvedimenti per il ripiano del debito fuori bilancio
secondo le modalità indicate dagli artt. 193 e 194 del
T.U.E.L.
Sul punto, la Sezione delle autonomie, con
deliberazione 23.10.2018 n. 21
ha precisato che “Ai fini di una
corretta gestione finanziaria, l’emersione di un debito non
previsto nel bilancio di previsione deve essere portata
tempestivamente al Consiglio dell’ente per l’adozione dei
necessari provvedimenti, quali la valutazione della
riconoscibilità, ai sensi dell’art. 194 comma 1, del TUEL ed
il reperimento delle necessarie coperture secondo quanto
previsto dall’art. 193 comma 3, e 194, commi 2 e 3, del
medesimo testo unico. Gli impegni di spesa per il pagamento
dei debiti fuori bilancio riconosciuti e già scaduti devono
essere imputati all’esercizio nel quale viene deliberato il
riconoscimento. Per esigenze di sostenibilità finanziaria,
con l’accordo dei creditori interessati, è possibile
rateizzare il pagamento dei debiti riconosciuti in tre anni
finanziari compreso quello in corso, ai sensi dell’art. 194,
comma 2, del TUEL, a condizione che le relative coperture,
richieste dall’art. 193, comma 3, siano puntualmente
individuate nella delibera di riconoscimento, con
conseguente iscrizione, in ciascuna annualità del bilancio,
della relativa quota di competenza secondo gli accordi del
piano di rateizzazione convenuto con i creditori. Nel caso
in cui manchi un accordo con i creditori sulla dilazione di
pagamento, la spesa dovrà essere impegnata ed imputata tutta
nell’esercizio finanziario in cui il debito scaduto è stato
riconosciuto, con l’adozione delle conseguenti misure di
ripiano”.
Queste sono, pertanto, le disposizioni che l’Ente deve
applicare nel momento in cui viene emessa a suo carico una
sentenza esecutiva, per cui deve tempestivamente adoperarsi
per individuare le risorse per assicurare adeguata copertura
delle relative spese, che potrà reperire da fondi già
accantonati, ovvero tramite i rimedi previsti dai predetti
articoli 193 e 194 del T.U.E.L., ferma restando la necessità
di assicurare forme di copertura credibili, sufficientemente
sicure, non arbitrarie o irrazionali.
La giurisprudenza della Corte dei conti ha ripetutamente
evidenziato la sostanziale diversità esistente tra la
fattispecie di debito derivante da sentenze esecutive e le
altre previste dall’art. 194 TUEL, osservando come, mentre
nel caso di sentenza esecutive di condanna il Consiglio
comunale non ha alcun margine di discrezionalità nel
valutare l’an e il quantum del debito, poiché
l’entità del pagamento rimane stabilita nella misura
indicata dal provvedimento dell’autorità giudiziaria, negli
altri casi descritti dall’art. 194 del T.U.E.L. l’organo
consiliare esercita un ampio apprezzamento discrezionale (cfr.
ex multis, SS.RR.
sentenza 27.12.2007 n. 12/2007/QM). A
fronte dell’imperatività del provvedimento giudiziale
esecutivo, il valore della delibera consiliare non è quello
di riconoscere la legittimità del debito che già è stata
verificata in sede giudiziale, bensì di ricondurre al
sistema di bilancio un fenomeno di rilevanza finanziaria che
è maturato all’esterno di esso.
Nel contempo, si evidenzia che la procedura
di riconoscimento consiliare ex art. 194 del T.U.E.L. del
debito fuori bilancio derivante da una sentenza esecutiva è
comunque necessaria anche qualora il pagamento del debito
avvenisse utilizzando uno specifico fondo presente in
bilancio al fine di non vanificare la disciplina di garanzia
prevista dall’ordinamento, impendendo sia il controllo
previsto dalla norma citata da parte del Consiglio comunale
che la verifica da parte della Procura della Corte dei conti
ex art 23, comma 5, della legge n. 289 del 2002
(cfr. Sezione regionale di controllo per la Campania,
parere 08.11.2017 n. 249).
In ordine, poi, alla prospettata ipotesi di poter sostenere
le spese di condanna utilizzando un fondo contenzioso
realizzato con un accantonamento di risorse di bilancio
delle annualità 2019 e 2020 qualora la sentenza esecutiva di
condanna fosse pronunciata nel periodo ottobre-dicembre 2019
sulla base della considerazione che l’Ente avrebbe 120
giorni di tempo per pagare, questa Sezione ritiene non
corretta la soluzione prospettata in quanto fondata
sull’erroneo presupposto di considerare il predetto termine
di 120 giorni un termine che dilazionerebbe la scadenza
dell'obbligazione derivante dalla sentenza di condanna.
Si premette che l’art. 14 del decreto legge 31.12.1996 n.
669, convertito con modificazioni dalla legge 28.02.1997 n.
30, prevede che “Le amministrazioni
dello Stato, gli enti pubblici non economici e l'ente
Agenzia delle entrate - Riscossione completano le procedure
per l'esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali e dei
lodi arbitrali aventi efficacia esecutiva e comportanti
l'obbligo di pagamento di somme di danaro entro il termine
di centoventi giorni dalla notificazione del titolo
esecutivo. Prima di tale termine il creditore non può
procedere ad esecuzione forzata né alla notifica di atto di
precetto”.
Su tale norma si è pronunciata la Corte Costituzionale con
la sentenza n. 142 del 1998 con la quale, nell’affermare
l’infondatezza di una questione di legittimità
costituzionale del disposto normativo in esame, ha affermato
che “la disposizione denunciata, accordando alle
Amministrazioni statali e agli enti pubblici non economici,
attraverso il differimento dell'esecuzione, uno "spatium
adimplendi" per l'approntamento dei mezzi finanziari
occorrenti al pagamento dei crediti azionati, persegue lo
scopo di evitare il blocco dell'attività amministrativa
derivante dai ripetuti pignoramenti di fondi, contemperando
in tal modo l'interesse del singolo alla realizzazione del
suo diritto con quello, generale, ad una ordinata gestione
delle risorse finanziarie pubbliche”.
Dal testo della norma e dall’interpretazione formulata dalla
Corte Costituzionale emerge come il termine in discussione
precluda al creditore la sola notifica dell’atto di precetto
per avviare un’azione esecutiva nei confronti dell’Ente
inadempiente, per cui, dal momento della notifica della
sentenza munita di formula esecutiva sorge comunque in capo
al debitore l’obbligo di pagare, con il conseguente onere di
avviare la procedura di riconoscimento del relativo debito
fuori bilancio nel cui ambito l’Ente deve individuare le
risorse necessarie alla copertura della spesa nei termini
prima enunciati.
Con riguardo, infine, alla prospettata possibilità di
vendere un immobile per accantonare l’entrata a fondo
contenzioso, si evidenzia che l’art. 1, comma 443, della
Legge 24.12.2012 n. 228 (legge di stabilità per il 2013)
prevede che “in applicazione del secondo periodo del
comma 6 dell'articolo 162 del decreto legislativo
18.08.2000, n. 267, i proventi da alienazioni di beni
patrimoniali disponibili possono essere destinati
esclusivamente alla copertura di spese di investimento
ovvero, in assenza di queste o per la parte eccedente, per
la riduzione del debito”.
Il comma 444 dell’art. 1 della medesima legge ha poi
integrato il testo del comma 3 dell’art. 193 del T.U.E.L.
che, nell’attuale formulazione, prevede che “ai fini del
comma 2 [ovvero l’onere dell’organo consiliare, in caso di
accertamento negativo del permanere degli equilibri generali
di bilancio, di provvedere ad adottare, tra gli altri, i
provvedimenti per il ripiano dei debiti fuori bilancio di
cui all’art. 194 del T.U.E.L.], fermo restando quanto
stabilito dall'art. 194, comma 2, possono essere utilizzate
per l'anno in corso e per i due successivi le possibili
economie di spesa e tutte le entrate, ad eccezione di quelle
provenienti dall'assunzione di prestiti e di quelle con
specifico vincolo di destinazione, nonché i proventi
derivanti da alienazione di beni patrimoniali disponibili e
da altre entrate in c/capitale con riferimento a squilibri
di parte capitale”.
Sul tema è intervenuta la Sezione delle autonomie che, con
deliberazione 20.05.2013 n. 14, ha affermato che
“I proventi da alienazione di beni
patrimoniali disponibili non possono avere destinazione
diversa da quelle indicate negli artt. 1, comma 443, della
legge di stabilità 2013 e 193, comma 3, del TUEL, come
modificato dall'art. 1, comma 444 della legge di stabilità
2013, salvo i casi contemplati dal TUEL in materia di
dissesto (art. 255) e di accesso al fondo di rotazione di
cui all'art. 243-ter e per le finalità di cui all'art.
243-bis del TUEL, casi nei quali detti proventi concorrono a
finanziare l'intera massa passiva”.
Conclusivamente, pertanto, deve escludersi
la possibilità di utilizzare risorse derivanti dalla
dismissione di beni patrimoniali disponibili al di fuori
delle ipotesi indicate dalla Sezione delle autonomie con la
predetta deliberazione
(Corte dei Conti, Sez. controllo Piemonte,
parere 06.02.2019
n. 8). |
anno 2018 |
|
ATTI AMMINISTRATIVI:
Non appare legittimo che il regolamento di contabilità possa
contenere una disposizione che consenta di riconoscere debiti fuori bilancio
determinati da una sentenza del giudice di pace, anche se di modestissimo
importo, in assenza di una norma di legge che permetta al regolamento di
contabilità di introdurre una disciplina che deroghi rispetto a quanto
previsto dall'art 194, comma 1, lett. a), del decreto legislativo 267/2000.
---------------
Il Sindaco del Comune di Pavia con la nota sopraindicata ha formulato una
richiesta di parere avente ad oggetto la disciplina relativa al
riconoscimento dei debiti fuori bilancio in conseguenza di una sentenza di
condanna emessa dal giudica di pace che ha annullato un verbale di
accertamento contenente sanzioni al cds.
In particolare il Sindaco chiede: “in conseguenza di condanne alla
rifusione delle spese legali ed alla restituzione di quanto già pagato dal
contravventore, disposte con sentenze (esecutive) del giudice di pace, a
seguito dell'impugnazione di sanzioni comminate per violazioni al codice
della strada, questo Ente ha finora fatto ricorso alla procedura di cui
all'articolo 194" del D.Lgs. n. 267/2000 per il riconoscimento di debiti
fuori bilancio.
Si tratta, nella quasi totalità dei casi, di somme molto modeste, anche
dell'ordine di poche decine di euro.
E' evidente che, anche in questi casi, almeno in linea di principio, le
emergenti obbligazioni non erano previste né quantificabili in precedenza e
che occorre, pertanto, ricondurle al complessivo sistema del bilancio
pubblico. E' evidente che resta sempre ferma resta la problematica relativa
all'accertamento di eventuali profili di responsabilità. E' altrettanto
evidente, però, che tali situazioni non comportano di per sé il recupero
degli equilibri di bilancio in senso sostanziale né la destinazione di
speciali risorse.
Nondimeno la trattazione da parte del Consiglio comunale delle relative
fattispecie bagatellari appare oltremodo incongruente ed asimmetrica
rispetto al sistema complessivo, fosse anche in base ad un elementare
principio di economicità dell'attività amministrativa e di buona
amministrazione.
Si chiede pertanto di sapere se e, in caso di risposta positiva, con
quali cautele possano ricondursi tali fattispecie in altro ambito, tenuto
conto che l'accantonamento nel fondo rischi contenzioso di per sé non
consente di impegnare e pagare spese di sorta. Si potrebbe, per esempio,
prevedere, attraverso specifica disposizione del regolamento di contabilità,
una informativa periodica al Consiglio comunale ed anche alla stessa Corte
dei Conti sulle determinazioni di rimborso adottate, in modo da non
pregiudicare, in ogni caso, l'eventuale esercizio dell'azione di
responsabilità.
In sintesi l’Istante chiede se sia possibile, non fosse che per ragioni
di economia procedimentale, eliminare il passaggio consiliare per il
riconoscimento del debito fuori bilancio allorquando si tratta di somme
modeste e le stesse possano essere soddisfatte attingendo al fondo rischi
per il contenzioso, prevedendo tuttavia una regolamentazione che informi il
Consiglio Comunale e venga informata la Corte dei Conti per l’accertamento
di eventuali responsabilità.
...
La Sezione comprende le osservazioni critiche del Sindaco in ordine alla
competenza del consiglio comunale per il riconoscimento di un debito
derivante da una sentenza di condanna alla restituzione di poche centinaia
di euro a causa dell’annullamento di verbali di accertamento per violazioni
al c.d.s. Tale procedura non pare ,a giudizio dell’Istante rispettosa del
principio di economia procedimentale .
Il tenore letterale della norma, tuttavia, non consente un’interpretazione
diversa da quella già espressa con orientamento costante dalle diverse
sezioni della Corte. L’art. 194 del D.Lgs. n. 267/2000 individua, in modo
tassativo, l’ambito e le procedure per riconoscere la legittimità dei debiti
fuori bilancio.
L’ente in presenza di una sentenza esecutiva (o altro provvedimento
esecutivo) è tenuto comunque procedere al tempestivo riconoscimento del
debito, ricorrendone evidentemente i presupposti di legge ai sensi dell’art.
194, comma 1, lett. a), e consentire, pertanto, alla Procura regionale della
Corte dei conti di verificare la sussistenza di una possibile ipotesi di
responsabilità erariale.
Secondo consolidata giurisprudenza della Corte dei conti,
il valore della delibera del Consiglio non è quello di riconoscere la
legittimità del debito che già è stata verificata in sede giudiziale, bensì
di ricondurre “al sistema di bilancio un fenomeno di rilevanza
finanziaria che è maturato all’esterno di esso”.
In tale prospettiva l’art. 194, comma 1, del TUEL
rappresenta un’eccezione ai principi riguardanti la necessità del preventivo
impegno formale e della copertura finanziaria; onde per riportare le ipotesi
previste nell’ambito del principio di copertura finanziaria è, dunque,
richiesta la delibera consiliare con la quale viene ripristinata la
fisiologia della fase della spesa ed i debiti de quibus vengono
ricondotti al sistema (in tal
senso Corte dei Conti, sez. contr. Friuli Venezia Giulia, 6/1c/2005, cit.)
con l’adozione dei necessari provvedimenti di riequilibrio finanziario.
Ulteriore funzione svolta dalla delibera consiliare è
l’accertamento delle cause che hanno originato l’obbligo, con le
consequenziali ed eventuali responsabilità; infatti, questa funzione di
accertamento è rafforzata dalla previsione dell’invio alla Procura regionale
della Corte dei conti (art. 23, comma 5, L. 289/2002) delle delibere di
riconoscimento di debito fuori bilancio.
Nella prospettiva interpretativa delineata, la
Giurisprudenza unanime della Corte ha sancito che la delibera consiliare
svolge una duplice funzione, per un verso giuscontabilistica,
finalizzata ad assicurare la salvaguardia degli equilibri di bilancio; e per
l’altro garantista, ai fini dell’accertamento dell’eventuale responsabilità
amministrativo-contabile.
In base alle considerazioni esposte, sussiste, nel caso di
sentenze esecutive l’obbligo di procedere con tempestività alla convocazione
del Consiglio per il riconoscimento del debito, in modo da impedire il
maturare d’interessi, rivalutazione monetaria ed ulteriori spese legali. La
correttezza di tale condotta è confermata dal punto 103 del principio
contabile n. 2.
Pertanto, alla luce dell’attuale normativa, non è consentito all’ente locale
discostarsi dalle prescrizioni letterali dell’art. 194 TUEL. che
garantiscono una maggiore efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa
per salvaguardare gli equilibri finanziari dell’ente locale, né procedere al
pagamento di tale tipologia di debiti prima dell’adozione della delibera
consiliare; tale impostazione non muta neanche qualora vi sia già una
disponibilità finanziaria sui pertinenti capitoli di bilancio.
E’ utile, sebbene non sia oggetto del quesito, ma soltanto per completezza
espositiva, richiamare il
parere 22.03.2018 n. 73
la Sezione della Corte dei Conti per la Liguria con cui ha espresso un
orientamento, condiviso da questa Sezione, che ritiene legittimo, anche
prima del riconoscimento da parte del Consiglio del debito determinato dalla
sentenza, comunque necessario, provvedere al pagamento della somma in alcuni
casi espressamente indicati nel parere appena ricordato, al fine di evitare
l’aggravarsi della posizione debitoria in capo all’Ente.
In caso di contenzioso giudiziario, l’ente ha l’onere di
accantonare le risorse necessarie per tutelarsi, quantomeno sotto il profilo
finanziario, da una probabile soccombenza ed evitare o neutralizzare gli
effetti sfavorevoli che ne potrebbero derivare; tuttavia, anche la
sussistenza di uno specifico fondo non consentirebbe, comunque, all’ente di
omettere la delibera di riconoscimento, in quanto in tal modo si
vanificherebbe la disciplina di garanzia predisposta dall’ordinamento.
Non appare, quindi, legittimo che il regolamento di
contabilità possa contenere una disposizione che consenta di riconoscere
debiti fuori bilancio determinati da una sentenza del giudice di pace anche
se di modestissimo importo, in assenza di una norma di legge che permetta al
regolamento di contabilità di introdurre una disciplina che deroghi rispetto
a quanto previsto dall’art. 194, primo comma, lettera a), del decreto
legislativo 267/2000 (Corte dei
Conti, Sez. controllo Lombardia,
parere 20.12.2018 n. 368). |
LAVORI PUBBLICI: Lavori
di somma urgenza, è sempre obbligatorio il riconoscimento come debiti fuori
bilancio.
Sempre obbligatorio riconoscere come debito fuori bilancio i lavori di somma
urgenza per i quali non è stato rispettato l'iter del procedimento di spesa.
Con l'introduzione dell'articolo 65-bis al disegno di legge di bilancio 2019
viene abrogato, all'interno del terzo comma dell'articolo 191 del Tuel, il
riferimento all'insufficienza delle risorse finanziarie per giustificare
l'avvio delle procedure di riconoscimento dei debiti fuori bilancio
derivanti dai lavori pubblici di somma urgenza, causati dal verificarsi di
un evento eccezionale o imprevedibile.
La giunta, secondo la nuova versione
della norma, sarà pertanto tenuta a sottoporre al consiglio dell'ente, entro
venti giorni dall'ordinazione fatta a terzi, su proposta del responsabile
del procedimento, il provvedimento di riconoscimento della spesa con le
modalità previste dall'articolo 194, comma 1, lettera e), del Tuel.
Il provvedimento di riconoscimento
In altre parole, sarà necessario precedere al riconoscimento consiliare
delle spese derivanti dalla acquisizione di beni e servizi, effettuate in
violazione degli obblighi dell'articolo 191 del Tuel, nei limiti degli
accertati e dimostrati utilità e arricchimento per l'ente, nell'ambito
dell'espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza.
Contestualmente, deve essere prevista la relativa copertura finanziaria nei
limiti delle necessità accertate per la rimozione dello stato di pregiudizio
alla pubblica incolumità. Il provvedimento di riconoscimento deve essere
adottato entro 30 giorni dalla data di deliberazione della proposta da parte
dell'organo esecutivo, e comunque entro il 31 dicembre dell'anno in corso se
a tale data non sia scaduto il predetto termine. La comunicazione al terzo
interessato è data contestualmente all'adozione della deliberazione
consiliare.
Le indicazioni dei giudici contabili
La modifica in questione determina un cambiamento di rotta
nell'interpretazione del terzo comma dell'articolo 191 del Tuel. Già con
il
parere 18.03.2013 n. 12 ed il
parere 10.05.2013 n. 22, la Sezione regionale di controllo della
Corte dei conti per la Liguria aveva espresso il proprio parere in merito,
specificando come il riferimento alla carenza dei fondi a bilancio
costituisse una deroga alla disciplina ordinaria, una sorta di
“autorizzazione” da parte del legislatore a derogare in presenza di
situazioni che richiedono un intervento immediato (somma urgenza) a tutela
di interessi primari.
A parere dei magistrati liguri, la vigente versione dell'articolo 191, terzo
comma, del Tuel consentirebbe di interpretare chiaramente la volontà del
legislatore, che sarebbe quella di consentire una deroga alla procedura
ordinaria non solo in presenza di lavori di somma urgenza ma anche quando i
fondi a questo fine stanziati non risultino sufficienti. La carenza di
fondi, difatti, rende impossibile l'assunzione dell'impegno di spesa sul
competente capitolo o intervento di bilancio.
Diversamente, la presenza di fondi destinati o, in altre parole, quando
l'ente può attivare l'ordinaria procedura d'impegno, non risulta necessario
ricorrere alla disciplina derogatoria e attivare la procedura di
riconoscimento di debito fuori bilancio
(articolo Quotidiano Enti Locali & Pa del 10.12.2018). |
APPALTI: Senza
impegno di spesa paga personalmente il funzionario pubblico. I debiti fuori
bilancio e l'azione di arricchimento senza causa nei principi espressi dalla
Cassazione.
La Corte di Cassazione, Sez. I civile, con
ordinanza 20.11.2018 n. 29911 ha ribadito l’indirizzo
giurisprudenziale a tenore del quale il funzionario pubblico che abbia
attivato un impegno di spesa per l'ente locale senza l'osservanza dei
controlli contabili relativi alla gestione risponde degli effetti di tale
attività di spesa verso il terzo contraente, il quale è, pertanto, tenuto ad
agire direttamente e personalmente nei suoi confronti e non già in danno
dell'ente, essendo preclusa anche l'azione di ingiustificato arricchimento
per carenza del necessario requisito della sussidiarietà, che è esclusa
quando esista altra azione esperibile non solo contro l'arricchito, ma anche
verso persona diversa.
Per quanto attiene al procedimento di riconoscimento di un debito fuori
bilancio (previsto all’art. 194, comma 1, lett. e), del d.lgs. n. 267 del
2000, n. 267), secondo la Corte non può valere ad introdurre una sanatoria
per i contratti nulli o, comunque, invalidi -come quelli conclusi senza il
rispetto della forma scritta ad substantiam- ovvero a derogare al
regime di inammissibilità dell'azione di indebito arricchimento di cui
all’art. 23 del decreto-legge n. 66 del 1989.
Sul punto, peraltro, la Suprema Corte -nell'altra
ordinanza 21.11.2018 n. 30109 della I Sez. civile- ha precisato
quando può avvenire il riconoscimento dei debiti fuori bilancio affermando “che
resta esclusa l'azione di indebito arricchimento nei confronti dell'ente, il
quale può soltanto riconoscere a posteriori il debito fuori bilancio, ai
sensi dell'art. 194 del d.lgs. n. 267 del 2000 (cd. T.u.e.l.), nei limiti
dell'utilità e dell'arricchimento per l'ente stesso puntualmente dedotti e
dimostrati”.
Tale riconoscimento può avvenire solo espressamente, con apposita
deliberazione dell'organo competente, e non può essere desunto anche dal
mero comportamento tenuto dagli organi rappresentativi, essendo esso
insufficiente a esprimere un apprezzamento di carattere generale in ordine
alla conciliabilità dei relativi oneri con gli indirizzi di fondo della
gestione economico-finanziaria dell'ente e con le scelte amministrative
compiute.
Se ne ricava -conclude la Corte- che il funzionario pubblico non può
attivare un impegno di spesa per l'ente locale senza un previo contratto e
senza l'osservanza dei controlli contabili relativi alla gestione dello
stesso, ossia al di fuori dello schema procedimentale previsto dalle norme
cosiddette di evidenza pubblica
(commento tratto da www.ilquotidianodellapa.it). |
APPALTI:
E' inammissibile
la domanda di indebito arricchimento formulata contro il
comune in difetto di un'obbligazione derivante da un atto
contrattualmente vincolante per l'amministrazione.
Il contratto si rende necessario in
quanto il funzionario responsabile del servizio non può
altrimenti impegnare il comune sul piano delle obbligazioni
contrattuali.
---------------
In tema di assunzione di obbligazioni da
parte degli enti locali, qualora le obbligazioni contratte
non rientrino nello schema procedimentale di spesa, insorge
un rapporto obbligatorio direttamente con l'amministratore o
il funzionario che abbia consentito la prestazione, per
difetto del requisito della sussidiarietà, sicché resta
esclusa l'azione di indebito arricchimento nei confronti
dell'ente, il quale può soltanto riconoscere a posteriori il
debito fuori bilancio, ai sensi dell'art. 194 del d.lgs. n.
267 del 2000 (cd. T.u.e.l.), nei limiti dell'utilità e
dell'arricchimento per l'ente stesso puntualmente dedotti e
dimostrati.
Peraltro, tale riconoscimento può avvenire
solo espressamente, con apposita deliberazione dell'organo
competente, e non può essere desunto anche dal mero
comportamento tenuto dagli organi rappresentativi, essendo
esso insufficiente a esprimere un apprezzamento di carattere
generale in ordine alla conciliabilità dei relativi oneri
con gli indirizzi di fondo della gestione
economico-finanziaria dell'ente e con le scelte
amministrative compiute.
Se ne ricava che il funzionario pubblico
non può attivare un impegno di spesa per l'ente locale senza
un previo contratto e senza l'osservanza dei controlli
contabili relativi alla gestione dello stesso, ossia al di
fuori dello schema procedimentale previsto dalle norme
cosiddette di evidenza pubblica.
In simile eventualità, degli effetti di
tale attività di spesa verso il terzo risponde proprio e
soltanto il funzionario inadempiente, nei confronti del
quale, pertanto, è tenuto ad agire il terzo interessato.
L'azione di ingiustificato arricchimento
dell'ente locale è preclusa dalla carenza del necessario
requisito della sussidiarietà, notoriamente inesistente
quando vi sia un'altra azione esperibile non solo contro
l'arricchito ma anche verso un distinto soggetto.
---------------
Rilevato che:
- l'arch. Ge.Ma. ricorre per cassazione, con unico motivo,
avverso la sentenza della corte d'appello di Roma depositata
il 30.04.2013, non notificata, che ha rigettato il gravame
del medesimo nei confronti della decisione con la quale il
tribunale di Tivoli, per quanto ancora rileva, aveva
dichiarato inammissibile la domanda di indebito
arricchimento formulata contro il comune di Mentana,
relativamente alle prestazioni eseguite per il collaudo di
alcuni lavori di ristrutturazione della locale piazza C.A.
Dalla Chiesa;
- il comune ha replicato con controricorso;
- il ricorrente ha depositato una memoria.
Considerato che:
- con l'unico motivo il ricorrente denunzia la violazione o
falsa applicazione dell'art. 191, primo e quarto comma, del
T.u.e.l. e degli artt. 2041 e 2042 cod. civ., per avere la
corte d'appello affermato che la sussistenza dell'impegno
contabile assunto con la determinazione dirigenziale di
affidamento dell'incarico, recante l'indicazione del
capitolo di bilancio cui imputare la spesa con visto di
regolarità contabile, non integrava i presupposti per
l'applicazione della norma;
- nello specifico addebita alla Corte d'appello di essersi
avviluppata in una contraddizione, avendo dapprima stabilito
che il responsabile del servizio, conseguita l'esecutività
del provvedimento di spesa, doveva comunicare al terzo
l'impegno di copertura finanziaria e poi, invece, affermato
che, in mancanza di un atto contrattuale giuridicamente
vincolante per l'amministrazione, il funzionario operante
non poteva ordinare la prestazione;
- in termini concreti sostiene che l'avvenuta comunicazione
dell'impegno di spesa era ricavabile dalla fattura n. 2 del
2005, emessa dal ricorrente medesimo e recante i riferimenti
previamente comunicati;
- il motivo è in parte inammissibile, poiché non coglie la ratio
dell'impugnata sentenza, e in parte comunque infondato;
- occorre premettere che la corte d'appello ha accertato che la
prestazione era stata ordinata dal funzionario responsabile
del comune di Mentana in difetto di un'obbligazione
derivante da un atto contrattualmente vincolante per
l'amministrazione, mediante convocazione (risultante da
apposito verbale) della visita periodica di collaudo del
28.12.2004;
- la circostanza non è smentita dal ricorso e rende irrilevante la
questione dell'impegno contabile di spesa, visto che
l'impegno di spesa deve pur sempre conseguire a un atto
contrattuale giuridicamente vincolante per il comune;
- da questo punto di vista deve essere puntualizzato che
il contratto si rende necessario in quanto il
funzionario responsabile del servizio non può altrimenti
impegnare il comune sul piano delle obbligazioni
contrattuali;
- ora la ratio dell'impugnata sentenza si rinviene nella
negazione in tal guisa della possibilità di proporre
l'azione di indebito arricchimento contro l'ente locale, e
tanto è conforme alla giurisprudenza di questa Corte;
- infatti, in tema di assunzione di obbligazioni
da parte degli enti locali, qualora le obbligazioni
contratte non rientrino nello schema procedimentale di
spesa, insorge un rapporto obbligatorio direttamente con
l'amministratore o il funzionario che abbia consentito la
prestazione, per difetto del requisito della sussidiarietà,
sicché resta esclusa l'azione di indebito arricchimento nei
confronti dell'ente, il quale può soltanto riconoscere a
posteriori il debito fuori bilancio, ai sensi dell'art. 194
del d.lgs. n. 267 del 2000 (cd. T.u.e.l.), nei limiti
dell'utilità e dell'arricchimento per l'ente stesso
puntualmente dedotti e dimostrati
(cfr. per tutte Cass. n. 24860/2015, Cass. n. 12608/2017);
- peraltro, tale riconoscimento può avvenire solo
espressamente, con apposita deliberazione dell'organo
competente, e non può essere desunto anche dal mero
comportamento tenuto dagli organi rappresentativi (oltre
tutto nella specie neppure dedotto), essendo esso
insufficiente a esprimere un apprezzamento di carattere
generale in ordine alla conciliabilità dei relativi oneri
con gli indirizzi di fondo della gestione
economico-finanziaria dell'ente e con le scelte
amministrative compiute;
- se ne ricava che il funzionario pubblico non può
attivare un impegno di spesa per l'ente locale senza un
previo contratto e senza l'osservanza dei controlli
contabili relativi alla gestione dello stesso, ossia al di
fuori dello schema procedimentale previsto dalle norme
cosiddette di evidenza pubblica; e proprio questo nella
specie è stato accertato dal giudice del merito;
- in simile eventualità, degli effetti di tale
attività di spesa verso il terzo risponde proprio e soltanto
il funzionario inadempiente, nei confronti del quale,
pertanto, è tenuto ad agire il terzo interessato;
- l'azione di ingiustificato arricchimento
dell'ente locale è preclusa dalla carenza del necessario
requisito della sussidiarietà, notoriamente inesistente
quando vi sia un'altra azione esperibile non solo contro
l'arricchito ma anche verso un distinto soggetto
(cfr. Cass. n. 80/2017); (Corte
di Cassazione, Sez. I civile,
ordinanza 21.11.2018 n. 30109). |
APPALTI:
Chi ordina la prestazione, senza il preventivo impegno di
spesa, paga di tasca propria.
Il funzionario pubblico che abbia
attivato un impegno di spesa per l'ente locale senza
l'osservanza dei controlli contabili relativi alla gestione
dello stesso (ossia al di fuori dello schema procedimentale
previsto dalle norme ccdd. di evidenza pubblica), risponde,
ai sensi dell'art. 23, comma 4, del d.l. n. 66 del 1989,
conv., con modif., dalla l. n. 144 del 1989, degli effetti
di tale attività di spesa verso il terzo contraente, il
quale è, pertanto, tenuto ad agire direttamente e
personalmente nei suoi confronti e non già in danno
dell'ente, essendo preclusa anche l'azione di ingiustificato
arricchimento per carenza del necessario requisito della
sussidiarietà, che è esclusa quando esista altra azione
esperibile non solo contro l'arricchito, ma anche verso
persona diversa.
Né può ipotizzarsi una responsabilità dell'ente ex art. 28
Cost., in quanto tale norma presuppone che l'attività del
funzionario sia riferibile all'ente medesimo, mentre la
violazione delle regole contabili determina una frattura del
rapporto di immedesimazione organica con la pubblica
amministrazione.
Le ragioni fondanti l'indirizzo
summenzionato e, ancor prima, le disposizioni di legge
oggetto della censura in esame sono di tutta evidenza:
l'assunzione di impegni di spesa da parte degli enti locali
postula l'inderogabilità delle modalità procedimentali
imposte dall'art. 23 del decreto-legge n. 66 del 1989
(norma del resto inserita nel titolo IV dedicato al
risanamento finanziario delle gestioni locali),
desumibile sia dalla ratio (intesa
alla consapevole assunzione da parte degli enti locali degli
impegni di spesa), sia dalla rilevanza di ordine
pubblico della norma (diretta a garantire la correttezza
nella gestione amministrativa, il contenimento della spesa
pubblica e l'equilibrio economico-finanziario degli enti
locali), con la logica conseguenza che, in mancanza, il
rapporto obbligatorio non è riferibile all'ente, ma
intercorre, ai fini della controprestazione, tra il privato
e l'amministratore o funzionario che abbia assunto
l'impegno; tale inderogabilità non conosce eccezioni,
né il procedimento di riconoscimento di un debito
fuori bilancio, ex
art. 5 del d.lgs. 15.09.1997, n. 342, poi trasfuso nell'art.
194, comma 1, lett. e), del d.lgs. n. 267 del 2000, n. 267,
può valere ad introdurre una sanatoria per i
contratti nulli o, comunque, invalidi -come quelli conclusi
senza il rispetto della forma scritta ad substantiam- ovvero
a derogare al regime di inammissibilità dell'azione di
indebito arricchimento di cui al citato art. 23 del
decreto-legge n. 66 del 1989.
---------------
Il terzo contraente, nell'accettare
di eseguire lavori di somma urgenza, non può ignorare che,
ove successivamente non intervenga l'autorizzazione da parte
dell'ente, il rapporto contrattuale deve intendersi
intercorso direttamente con il funzionario (o
l'amministratore) ed assume, quindi, volontariamente il
rischio conseguente alla definitiva individuazione della
parte contraente (e patrimonialmente responsabile).
---------------
Ritenuto che:
4. con l'unico motivo di ricorso si deduce, in relazione
agli artt. 3, 24, 41, 42 e 97 Cost., l'illegittimità
costituzionale dell'art. 23, commi 3 e 4, del d.l. n. 66 del
1989, conv. con modif. dalla legge n. 144 del 1989, come
riprodotto nell'art. 191, commi 3 e 4, del d.lgs.
18.08.2000, n. 267, con riferimento alle spese disposte in
situazioni di somma urgenza: con varie argomentazioni parte
ricorrente sostiene, tra l'altro, che svincolare per legge
l'amministrazione dal rapporto obbligatorio «significa
rendere responsabile della spesa unicamente la persona
fisica di chi l'ha ordinata. Questo equivale sottrarre alla
garanzia patrimoniale del creditore il soggetto maggiormente
solvente -per l'oggettiva maggior consistenza della risorse
che, secondo l'id quod plerumque accidit, sono di titolarità
dell'ente, rispetto a quelle di uno stipendiato- e dunque
ridurre le possibilità di realizzo che normalmente
l'ordinamento assegna al creditore (art. 2740 c.c.). Ciò è
tanto più grave, in quanto la prestazione, se ricorrono le
condizioni dell'art. 2041 cod. civ., è resa oggettivamente
nell'interesse dell'Amministrazione, che però se ne
avvantaggerebbe a danno del fornitore, perché questi non
potrebbe agire più nei suoi confronti bensì unicamente nei
confronti del dipendente, con probabilistica incapienza e
comunque con un ingiustificato, rilevante aggravamento nel
realizzo» (p. 6 del ricorso); secondo il ricorrente, le
disposizioni in questione parificherebbero irragionevolmente
situazioni diverse sul piano della meritevolezza quali, da
un lato, quella del «fornitore che, senza alcuna
giustificazione, offre la propria prestazione in violazione
delle norme che disciplinano il procedimento di spesa»
e, dall'altro, quella del «fornitore che -in ragione
dello stato di necessità, fonte di legittimazione prevista e
tipizzata dalla legge- si rende disponibile a prestazioni,
peraltro da realizzarsi normalmente in condizioni non
particolarmente favorevoli», laddove invece, in ragione
della disponibilità manifestata alla P.A., il comportamento
del fornitore "solidale" (tale l'espressione usata in
ricorso) «andrebbe non solo riconosciuto ma addirittura
incentivato», sicché tanto l'appaltatore che ha operato
secondo la normativa ordinario quanto quello che ha operato
secondo la normativa emergenziale avrebbero «pari
legittimità» (pp. 6-7); sempre secondo il ricorrente, la
disciplina censurata avrebbe inoltre un effetto
disincentivante degli interventi di somma urgenza (ciò che
inciderebbe anche sui principi di buona amministrazione)
introducendo, in sostanza, un'esenzione di responsabilità
per le obbligazioni assunte dall'ente, laddove più opportuna
soluzione normativa sarebbe quella di prevedere la
responsabilità del funzionario direttamente nei confronti
dell'amministrazione (pp. 8-9);
5. la doglianza, veicolata con la proposizione di una questione
di legittimità costituzionale manifestamente infondata, non
ha pregio;
5.1. è consolidato l'indirizzo di legittimità -che in questa sede
non può non essere senz'altro confermato- secondo il quale «Il
funzionario pubblico che abbia attivato un impegno di spesa
per l'ente locale senza l'osservanza dei controlli contabili
relativi alla gestione dello stesso (ossia al di fuori dello
schema procedimentale previsto dalle norme ccdd. di evidenza
pubblica), risponde, ai sensi dell'art. 23, comma 4, del
d.l. n. 66 del 1989, conv., con modif., dalla l. n. 144 del
1989, degli effetti di tale attività di spesa verso il terzo
contraente, il quale è, pertanto, tenuto ad agire
direttamente e personalmente nei suoi confronti e non già in
danno dell'ente, essendo preclusa anche l'azione di
ingiustificato arricchimento per carenza del necessario
requisito della sussidiarietà, che è esclusa quando esista
altra azione esperibile non solo contro l'arricchito, ma
anche verso persona diversa. Né può ipotizzarsi una
responsabilità dell'ente ex art. 28 Cost., in quanto tale
norma presuppone che l'attività del funzionario sia
riferibile all'ente medesimo, mentre la violazione delle
regole contabili determina una frattura del rapporto di
immedesimazione organica con la pubblica amministrazione»
(per tutte, Sez. 1, 04.01.2017, n. 80);
5.2. le ragioni fondanti l'indirizzo summenzionato e, ancor prima,
le disposizioni di legge oggetto della censura in esame sono
di tutta evidenza: l'assunzione di impegni di spesa da parte
degli enti locali postula l'inderogabilità delle modalità
procedimentali imposte dall'art. 23 del decreto-legge n. 66
del 1989 (norma del resto inserita nel titolo IV dedicato al
risanamento finanziario delle gestioni locali), desumibile
sia dalla ratio (intesa alla consapevole
assunzione da parte degli enti locali degli impegni di
spesa), sia dalla rilevanza di ordine pubblico della
norma (diretta a garantire la correttezza nella gestione
amministrativa, il contenimento della spesa pubblica e
l'equilibrio economico-finanziario degli enti locali), con
la logica conseguenza che, in mancanza, il rapporto
obbligatorio non è riferibile all'ente, ma intercorre, ai
fini della controprestazione, tra il privato e
l'amministratore o funzionario che abbia assunto l'impegno;
tale inderogabilità non conosce eccezioni (come chiarito da
Sez. U, 18.12.2014, n. 26657 in fattispecie di spesa
interamente finanziata da altro ente pubblico), né il
procedimento di riconoscimento di un debito fuori bilancio,
ex art. 5 del d.lgs. 15.09.1997, n. 342, poi trasfuso
nell'art. 194, comma 1, lett. e), del d.lgs. n. 267 del
2000, n. 267, può valere ad introdurre una sanatoria per i
contratti nulli o, comunque, invalidi -come quelli conclusi
senza il rispetto della forma scritta ad substantiam-
ovvero a derogare al regime di inammissibilità dell'azione
di indebito arricchimento di cui al citato art. 23 del
decreto-legge n. 66 del 1989 (in tal senso Sez. 1,
27.01.2015, n. 1510);
5.3. a fronte di ciò, le argomentazioni, sopra riassunte, svolte da
parte ricorrente a supporto della pretesa illegittimità
costituzionale della norma obliterano del tutto sia la
dimensione pubblicistica degli interessi dalla stessa
presidiati, sia i principi in tema di corretta riferibilità
dell'attività degli agenti amministrativi all'ente pubblico
secondo lo schema dell'immedesimazione organica; per altro
verso, parte ricorrente offre una ricostruzione affatto
monca della fattispecie normativa trascurando tanto la
prevista regolarizzazione dell'ordine dei lavori di somma
urgenza a posteriori entro il termine stabilito (che
costituisce per la P.A. un preciso obbligo, la cui eventuale
violazione può essere fatta valere anche dal terzo
contraente in via di responsabilità precontrattuale: Corte
cost., ord. 06.02.2001, n. 26) quanto il dato
dell'effettività della tutela comunque riconosciuta -nella
cornice del bilanciamento degli interessi in gioco- al
privato contraente, pervenendo infine ad attingere
inammissibilmente il merito delle scelte legislative;
5.4. non può poi mancarsi di rilevare, da ultimo, che la Corte
costituzionale ha in più occasioni (sent. 24.10.1995, n.
446; sent. 30.07.1997, n. 295; ord. n. 26/2001 cit.)
dichiarato infondata la questione di legittimità
costituzionale dell'art. 23 cit. proposta dal ricorrente
proprio con riferimento al profilo della disparità di
trattamento nell'esecuzione dei lavori di somma urgenza,
significativamente osservando, tra l'altro, che «il terzo
contraente, nell'accettare di eseguire lavori di somma
urgenza, non può ignorare che, ove successivamente non
intervenga l'autorizzazione da parte dell'ente, il rapporto
contrattuale deve intendersi intercorso direttamente con il
funzionario (o l'amministratore) ed assume, quindi,
volontariamente il rischio conseguente alla definitiva
individuazione della parte contraente (e patrimonialmente
responsabile)» (cfr. Corte cost., nn. 295/1997 e 446/1995) (Corte
di Cassazione, Sez. I civile,
ordinanza 20.11.2018 n. 29911). |
APPALTI: I
debiti fuori bilancio a rate fanno litigare contabilità finanziaria ed
economico-patrimoniale.
La
deliberazione 23.10.2018 n. 21 della Sezione delle autonomie della Corte dei conti
(si veda il Quotidiano degli enti locali e della Pa del 7 novembre), che
sancisce definitivamente la possibilità di rateizzare contabilmente un
debito fuori bilancio a determinate condizioni, rappresenta l'ennesimo caso
di disallineamento tra la contabilità finanziaria e quella
economico-patrimoniale.
Il contenuto della delibera
Un debito fuori bilancio è un'obbligazione scaduta che va inserita tra le
spese dell'ente previo formale riconoscimento da parte dell'organo
consiliare, il quale deve provvedere anche a reperire le necessarie risorse
per finanziarlo.
L'iter amministrativo previsto dalla legge discende dalla necessità di
rispettare due regole fondamentali della contabilità finanziaria (che
ricordiamo è deputata a misurare l'effettivo impiego delle risorse prelevate
dai cittadini) e cioè:
1) predittività: le spese (e quindi i debiti) devono essere contabilizzate a
carico di stanziamenti di bilancio previsti nel bilancio di previsione o in
successive variazioni;
2) autorizzatorietà: gli stanziamenti approvati dal consiglio comunale
costituiscono il limite invalicabile per poter assumere impegni di spesa.
Da questi principi discende la regola, interpretata dalla Corte dei conti
con la delibera, secondo la quale il debito fuori bilancio andrebbe imputato
interamente a carico dell'esercizio in cui avviene il formale riconoscimento
dello stesso da parte dell'organo consiliare. Ciò in quanto la regolare
registrazione dell'impegno di spesa che ne deriva può essere effettuata solo
previa costituzione del necessario stanziamento di spesa autorizzato
dall'organo consiliare.
La normativa però, per facilitare la tenuta degli equilibri finanziari degli
enti, ha introdotto una deroga alla regola generale, sopravvissuta anche
alla riforma contabile, e cioè la possibilità di finanziare il debito su tre
annualità, compresa quella in corso, previo accordo scritto con i creditori
(articolo 193, comma 2, e articolo 194, comma 2, del Tuel). Quali
comportamenti dovranno tenere, quindi, gli enti per registrare e imputare il
debito fuori bilancio rateizzato?
Le regole di contabilizzazione
Le due caratteristiche sopra illustrate condizionano le regole di
contabilizzazione del debito fuori bilancio che, se rateizzato, presenta una
sorta di esigibilità rinegoziata, facendo sorgere un disallineamento tra la
contabilità finanziaria e quella economico-patrimoniale.
Nel caso preso in esame, in contabilità finanziaria l'impegno di spesa sarà
spalmato su tre anni, compreso quello in corso all'atto del riconoscimento,
con conseguente possibilità di iscrizione, in ciascuna annualità del
bilancio, della relativa quota di competenza secondo gli accordi del piano
di rateizzazione convenuto con i creditori, a condizione che le relative
coperture, richieste dall'articolo 193, comma 3, siano puntualmente
individuate nella delibera di riconoscimento.
In contabilità economico-patrimoniale, invece, il debito dovrà essere
interamente registrato a carico dell'esercizio senza rilevare, in termini
economici, l'eventuale rateizzazione concordata con il creditore. Di
conseguenza si rende necessario tenere memoria di tale registrazione negli
esercizi successivi, quando la matrice di correlazione contabilizzerà a
costo, in economico-patrimoniale, l'impegno di spesa rateizzato su tre
annualità in contabilità finanziaria.
Il fondo rischi
Nel caso in cui l'ente abbia provveduto, negli anni precedenti, alla
formazione di uno specifico fondo rischi, potrà ridurlo ed utilizzare quindi
tali accantonamenti.
In contabilità finanziaria dovrà essere assunto l'impegno di spesa, sulla
base degli accordi di rateizzazione, che sarà finanziato, in entrata, dalle
quote di avanzo di amministrazione accantonato.
A fine esercizio però, dovranno essere prodotte le necessarie scritture di
rettifica in contabilità economico-patrimoniale, in quanto l'impegno di
spesa avrà prodotto la registrazione di un costo di esercizio, così come
previsto dalla matrice di correlazione. Dovrà quindi essere effettuata una
scrittura di rettifica, in cui l'utilizzo del Fondo rischi da registrarsi in
Dare sostituirà, di fatto, la registrazione del costo avvenuta a seguito
della rilevazione dell'impegno
(articolo Quotidiano Enti Locali & Pa del 21.11.2018). |
APPALTI: I
debiti fuori bilancio con ripiano pluriennale vanno iscritti nel passivo
dello stato patrimoniale.
Indicazioni puntuali per il ripiano ultrannuale dei debiti fuori bilancio,
che devono essere anche iscritti nel passivo dello stato patrimoniale.
Con la
deliberazione 23.10.2018 n. 21
la Sezione Autonomie della Corte dei conti
(si veda il Quotidiano degli enti locali e della Pa del 25 ottobre), nel
dirimere positivamente la questione della imputazione in più annualità,
torna sull'urgenza del coinvolgimento dell'organo consiliare e chiarisce che
la spesa può essere impegnata nell'anno in corso e nei due successivi solo
per esigenze di sostenibilità finanziaria e previo accordo con i creditori.
Spetta al consiglio dell'ente la valutazione della riconoscibilità, secondo
l'articolo 194, comma 1, del Tuel e il reperimento delle necessarie
coperture finanziarie secondo quanto previsto dall'articolo 193, comma 3, e
194, commi 2 e 3 del medesimo testo unico.
Rate e alternative
La rateizzazione, che non può avere scopo solo dilatorio, dovrà comunque
rispettare tutti i criteri in materia di programmazione e di effettiva
copertura delle quote di spesa previste per le varie annualità.
Diversamente, si ricadrebbe in una situazione non dissimile a quella del
ritardato riconoscimento, con violazione dei principi di copertura delle
spese, di salvaguardia degli equilibri di bilancio e di veridicità dei
documenti contabili. In mancanza di un preventivo accordo con i creditori
sulla dilazione di pagamento, la spesa dovrà essere impegnata ed imputata
tutta nell'esercizio finanziario in cui il debito scaduto è stato
riconosciuto, con l'adozione delle conseguenti misure di ripiano.
In estrema sintesi, secondo la Corte, dal riconoscimento del debito possono
conseguire tre alternative:
a) l'ente ha risorse, imputa e paga nell'esercizio;
b) l'ente non ha risorse sufficienti a finanziare ed estinguere nel solo
esercizio di riconoscimento tutto il debito, ma deve dare copertura con
risorse esigibili nel triennio compreso nel bilancio, dunque ricorrere ad un
piano di rientro da convenire con i creditori;
c) l'ente non ha risorse ed accerta il disavanzo applicando le disposizioni
relative al suo ripiano.
La copertura finanziaria
L'individuazione delle necessarie coperture finanziarie deve
prioritariamente tenere conto delle possibili economie di spesa
dell'esercizio in corso o chiuso, ma anche delle risorse ancora da accertare
o che saranno accertate a conclusione di procedimenti che richiedono tempo,
come, ad esempio, l'alienazione dei beni patrimoniali disponibili.
La copertura finanziaria deve essere credibile, sufficientemente sicura, non
arbitraria o irrazionale, ed in equilibrato rapporto con la spesa che si
intende effettuare in esercizi futuri. La quota di spesa per debiti fuori
bilancio relativa ad ogni annualità del piano rateale dovrà pertanto trovare
copertura in entrate che siano ragionevolmente e seriamente realizzabili,
dunque esigibili nell'esercizio di scadenza della rata, nonché utilizzabili
per questo specifico fine coerentemente con quanto dettato dai principi
contabili, ulteriormente enunciati e precisati dalla giurisprudenza
costituzionale, con riferimento a qualsivoglia tipologia di spesa. In questa
circostanza, all'accordo con i creditori potrà riconoscersi una validità
sostanziale.
Se, viceversa, nella delibera di riconoscimento del debito fuori bilancio
non sono puntualmente individuate le risorse specificamente destinate alla
copertura di tali spese -risorse la cui esigibilità dovrebbe realizzarsi
negli esercizi successivi- manca il presupposto giuridico per dare valore
ed efficacia all'accordo con i creditori ed il debito scaduto dovrà essere
imputato all'esercizio di riconoscimento con tutte le conseguenze sul piano
della situazione di equilibrio e dei rimedi da assumere secondo
l'ordinamento contabile.
Nel caso in cui, infine, il creditore acconsenta alla stipula di un piano di
rateizzazione, il debito deve essere iscritto per intero nello stato
patrimoniale, anche se per la copertura si dovrà tenere conto della scadenza
delle singole rate secondo quanto concordato nel piano
(articolo Quotidiano Enti Locali & Pa del 07.11.2018). |
ATTI AMMINISTRATIVI - APPALTI: Enti
locali - Debiti fuori bilancio - Artt. 193 e 194 Tuel - Allegato 4/2 d.lgs.
n. 118/2011 - Scadenza dell'obbligazione e copertura debiti fuori bilancio.
Copertura
finanziaria dei debiti fuori bilancio ed imputazione della relativa spesa in
funzione della scadenza dell'obbligazione giuridica.
---------------
1. “Ai fini di una corretta gestione
finanziaria, l’emersione di un debito non previsto nel bilancio di
previsione deve essere portata tempestivamente al Consiglio dell’ente per
l’adozione dei necessari provvedimenti, quali la valutazione della
riconoscibilità, ai sensi dell’art. 194, comma 1, del TUEL ed il reperimento
delle necessarie coperture secondo quanto previsto dall’art. 193, comma 3, e
194, commi 2 e 3, del medesimo testo unico.
2. Gli impegni di spesa per il pagamento dei debiti fuori bilancio
riconosciuti e già scaduti devono essere imputati all’esercizio nel quale
viene deliberato il riconoscimento. Per esigenze di sostenibilità
finanziaria, con l’accordo dei creditori interessati, è possibile rateizzare
il pagamento dei debiti riconosciuti in tre anni finanziari compreso quello
in corso, ai sensi dell’art. 194, comma 2, del TUEL, a condizione che le
relative coperture, richieste dall’art. 193, comma 3, siano puntualmente
individuate nella delibera di riconoscimento, con conseguente iscrizione, in
ciascuna annualità del bilancio, della relativa quota di competenza secondo
gli accordi del piano di rateizzazione convenuto con i creditori.
3. Nel caso in cui manchi un accordo con i creditori sulla
dilazione di pagamento, la spesa dovrà essere impegnata ed imputata tutta
nell’esercizio finanziario in cui il debito scaduto è stato riconosciuto,
con l’adozione delle conseguenti misure di ripiano.”
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L’art. 10-bis del d.l. 24.06.2016, n. 113, convertito in l. 07.08.2016, n. 160, ha modificato l'articolo 7, comma 8, della legge n. 131/2003,
ampliando la platea dei soggetti abilitati ad azionare la funzione
consultiva della Corte dei conti. È stato previsto, infatti, che le
richieste di parere in materia di contabilità pubblica “possono essere
rivolte direttamente alla Sezione delle Autonomie della Corte dei Conti: per
le Regioni, dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome e dalla
Conferenza dei Presidenti delle Assemblee Legislative delle Regioni e delle
Province Autonome; per i Comuni, le Province e le Città Metropolitane, dalle
rispettive componenti rappresentative nell'ambito della Conferenza
unificata”. Con la deliberazione n. 32/2016 la Sezione delle autonomie ha
fornito linee di indirizzo interpretative e applicative sulla novella
legislativa.
Sulla scorta della richiamata disposizione, l’Associazione Nazionale dei
Comuni Italiani – ANCI, ha rivolto al Presidente della Corte dei conti, con
nota n. 51/SG/DGA/AD/dc-18 del 26.07.2018, una richiesta di parere
riguardante le modalità di copertura finanziaria dei debiti fuori bilancio
e, in particolare, come debba essere imputata contabilmente la relativa
spesa in funzione della scadenza dell’obbligazione giuridica, tenuto conto
delle nuove regole dettate dall’armonizzazione contabile.
L’Associazione istante, tra le innovazioni introdotte dal nuovo ordinamento
contabile degli enti territoriali e dei loro enti e organismi strumentali (d.lgs.
n. 118/2011), richiama, in particolare, le regole che sovrintendono alla
gestione dell’impegno delle spese (punto 5 dell’allegato 4/2 al medesimo
decreto legislativo), con precipuo riferimento a quelle sull’esigibilità
della spesa stessa, correlata alla scadenza dell’obbligazione giuridica
sottostante.
Il paragrafo 5.1 prevede infatti che “L’impegno si perfeziona
mediante l’atto gestionale, che verifica ed attesta gli elementi anzidetti e
la copertura finanziaria, e con il quale si dà atto, altresì, degli effetti
di spesa in relazione a ciascun esercizio finanziario contemplato dal
bilancio di previsione. Pur se il provvedimento di impegno deve annotare
l’intero importo della spesa, la registrazione dell’impegno che ne consegue,
a valere sulla competenza avviene nel momento in cui l’impegno è
giuridicamente perfezionato, con imputazione agli esercizi finanziari in cui
le singole obbligazioni passive risultano esigibili. Non possono essere
riferite ad un determinato esercizio finanziario le spese per le quali non
sia venuta a scadere, nello stesso esercizio finanziario, la relativa
obbligazione giuridica”.
Un nodo da sciogliere sarebbe, quindi, la definizione di “scadenza
dell’obbligazione”.
Sempre secondo i principi contabili (all. 4/2, punto 2,
ultimi periodi), “la scadenza dell’obbligazione è il momento in cui
l’obbligazione diventa esigibile. La consolidata giurisprudenza della Corte
di Cassazione definisce come esigibile un credito per il quale non vi siano
ostacoli alla sua riscossione ed è consentito, quindi, pretendere
l’adempimento. Non si dubita, quindi, della coincidenza tra esigibilità e
possibilità di esercitare il diritto di credito”. Con riferimento alle
entrate il paragrafo 3.5, prevede che: “Nel caso di rateizzazione di entrate
proprie l’accertamento dell’entrata è effettuato ed imputato all’esercizio
in cui l’obbligazione nasce a condizione che la scadenza dell’ultima rata
non sia fissata oltre i 12 mesi successivi. L’accertamento di entrate
rateizzate oltre tale termine è effettuato nell’esercizio in cui
l’obbligazione sorge con imputazione agli esercizi in cui scadono le rate.
(...)”.
L’ANCI rileva che, per quanto riguarda alcune tipologie di spesa e, in
particolare, la spesa derivante dal riconoscimento dei debiti fuori
bilancio, il momento della scadenza (e della conseguente imputazione
contabile) non risulterebbe di immediata individuazione.
Circa la disciplina contabile dei debiti fuori bilancio, vengono richiamati
la circolare del Ministero dell’Interno F.L. n. 21/1993, che definisce il
debito fuori bilancio “un’obbligazione verso terzi per il pagamento di una
determinata somma di denaro che grava sull’ente (…) assunta in violazione
delle norme giuscontabili che regolano i procedimenti di spesa degli enti
locali”, e gli artt. 193 e 194 del d.lgs. n. 267 del 2000 (TUEL).
L’art. 194 del TUEL prevede, come atto propedeutico all’inserimento del
debito fuori bilancio nell’ambito della contabilità dell’ente locale, il
riconoscimento della legittimità dello stesso, da effettuarsi “Con
deliberazione consiliare di cui all'articolo 193, comma 2, o con diversa
periodicità stabilita dai regolamenti di contabilità”.
L’art. 193 del TUEL, rubricato “Salvaguardia degli equilibri di bilancio”,
al comma 2 sancisce che “Con periodicità stabilita dal regolamento di
contabilità dell'ente locale, e comunque almeno una volta entro il 31 luglio
di ciascun anno, l'organo consiliare provvede con delibera a dare atto del
permanere degli equilibri generali di bilancio o, in caso di accertamento
negativo, ad adottare, contestualmente: (…) b) i provvedimenti per il
ripiano degli eventuali debiti di cui all'articolo 194; (...)”. Il comma 3
del medesimo articolo prevede inoltre che, a tali fini, possano essere
“utilizzate per l'anno in corso e per i due successivi le possibili economie
di spesa e tutte le entrate, ad eccezione di quelle provenienti
dall'assunzione di prestiti e di quelle con specifico vincolo di
destinazione, nonché i proventi derivanti da alienazione di beni
patrimoniali disponibili e da altre entrate in c/capitale con riferimento a
squilibri di parte capitale”, “fermo restando quanto stabilito dall'articolo
194, comma 2”. Quest’ultima disposizione stabilisce che “Per il pagamento
[dei debiti fuori bilancio] l'ente può provvedere anche mediante un piano di
rateizzazione, della durata di tre anni finanziari compreso quello in corso,
convenuto con i creditori”.
L’istante rileva che le norme sopra riportate –preesistenti al d.lgs. n.
118/2011– devono essere interpretate in conformità ai principi del nuovo
sistema contabile, con riferimento al nuovo paradigma di esigibilità della
spesa connesso alla scadenza dell’obbligazione.
In proposito, viene
richiamata la
sentenza
29.03.2018 n. 11 delle Sezioni Riunite in speciale
composizione, che, secondo la prospettazione rappresentata nella richiesta
di parere «definitivamente pronunciandosi rispetto alla possibilità di
imputare la spesa connessa ai debiti oggetto di accordi con i creditori in
funzione dei tempi di pagamento concordati, chiarisce che “tali accordi
riguardano i soli tempi di pagamento ed hanno effetto esclusivamente sulla
cassa”. Le Sezioni Riunite giungono a tale conclusione richiamando il punto
9.1 dell’allegato 4/2 al d.lgs. n. 118/2011, nella parte in cui dispone
testualmente che “L’emersione di debiti assunti dall’ente e non registrati
quando l’obbligazione è sorta comporta la necessità di attivare la procedura
amministrativa di riconoscimento del debito fuori bilancio, prima di
impegnare le spese con imputazione all’esercizio in cui le relative
obbligazioni sono esigibili. Nel caso in cui il riconoscimento intervenga
successivamente alla scadenza dell’obbligazione, la spesa è impegnata
nell’esercizio in cui il debito fuori bilancio è riconosciuto” e definendo i
debiti fuori bilancio quali “obbligazioni perfezionate e scadute, ma non
registrate in bilancio tempestivamente ai sensi dell’art. 183 TUEL”».
Sulla scorta di quanto premesso, l’Associazione Nazionale dei Comuni
Italiani chiede se: «quanto affermato dalle Sezioni Riunite della Corte dei
Conti nella
sentenza
29.03.2018 n. 11, che qualifica i debiti fuori bilancio
quali obbligazioni già scadute, si applica quando, in sede di rilevazione
dei risultati di gestione, o comunque successivamente al termine ultimo per
disporre variazioni di bilancio a salvaguardia degli equilibri (30
novembre), si rilevino debiti fuori bilancio non riconosciuti, mentre, di
converso, resta impregiudicata la facoltà per l’ente locale di prevedere, in
corso di gestione, la copertura di debiti fuori bilancio su più anni del
bilancio di previsione, a valere sugli stanziamenti contemplati nel bilancio
di previsione, previa dimostrazione dell’avvenuto raggiungimento
dell’accordo con il creditore per il pagamento del debito su più annualità
ed avendo cura di imputare le spese, nelle annualità del bilancio,
conformemente all’accordo di rateizzazione.
Ciò in quanto non v’è dubbio che la norma di cui all’articolo 193 TUEL,
comma 3, si riferisca alla copertura e non al pagamento della spesa
derivante dai debiti fuori bilancio riconosciuti dall’ente. L’inciso “fermo
restando quanto stabilito dall'articolo 194, comma 2” ha un significato ben
preciso, in quanto è riferito al presupposto indefettibile affinché l’ente
locale possa esercitare la facoltà di “utilizzare”, per l’anno in corso e i
due successivi, “le possibili economie di spesa e tutte le entrate, ad
eccezione di quelle provenienti dall'assunzione di prestiti e di quelle con
specifico vincolo di destinazione (...)”, ossia la sussistenza del previo
accordo con il creditore in ordine ai tempi di pagamento, che devono
anch’essi articolarsi sul triennio del bilancio di previsione. In altre
parole, tale facoltà è preclusa in assenza di una precisa manifestazione di
volontà del soggetto terzo di percepire le somme in maniera frazionata.
La conferma a tale conclusione è fornita dallo stesso articolo 194 TUEL, il
cui comma 3 parla espressamente di “finanziamento” delle spese in questione,
per le quali, “ove non possa documentalmente provvedersi a norma
dell'articolo 193, comma 3”, è previsto il ricorso a mutui (facoltà oggi da
ritenersi limitata esclusivamente ai debiti fuori bilancio riferiti a spese
di investimento, tenuto conto di quanto stabilito dall’articolo 119 della
Costituzione).
Tuttavia, il fatto che l’espressa manifestazione di volontà del creditore ad
accettare il pagamento frazionato debba avvenire prima del momento in cui il
debito fuori bilancio viene riconosciuto, si ricollega in maniera coerente
con il concetto di scadenza/esigibilità della spesa. La sottoscrizione di un
accordo tra le parti interviene infatti proprio sulla scadenza della spesa
correlata al debito fuori bilancio, determinandone l’esigibilità non più per
intero sull’anno nel quale è effettuato il riconoscimento del debito, bensì
in ragione della scansione dei pagamenti oggetto di accordo.
Tale lettura appare corroborata dal fatto che le stesse Sezioni Riunite
richiamino uno stralcio del paragrafo 9.1 dei principi contabili, rubricato
“La gestione dei residui”. In questo caso, non potendo più attivare la
“leva” costituita dagli accordi con i creditori, essendo ovviamente preclusa
qualsivoglia manovra di salvaguardia degli equilibri, non risulta più
possibile variare la scadenza/esigibilità della spesa connessa al debito
fuori bilancio oggetto di riconoscimento. Ne consegue che, in tal caso,
allorquando le spese derivanti dai debiti fuori bilancio risultano, come
evidenziato dalle Sezioni Riunite, “non registrate in bilancio
tempestivamente ai sensi dell’art. 183 TUEL”, la copertura deve essere
necessariamente assicurata nell’anno in cui avviene il riconoscimento, per
cui eventuali accordi con i creditori conservano valenza solo ed
esclusivamente dal punto di vista della cassa».
...
2. Tanto precisato, per quanto concerne la richiamata
sentenza
29.03.2018 n. 11 delle
Sezioni Riunite può soltanto osservarsi che detta decisione riguardava il
giudizio su un caso concreto, articolato in molteplici questioni.
Il punto
specifico dal quale sono state estrapolate le affermazioni riportate nella
richiesta di parere ineriva alla valutazione di un comportamento elusivo
degli obblighi relativi al rispetto dei saldi di finanza pubblica:
comportamento sostanziantesi nel ritardato riconoscimento di debiti emersi
in esercizi precedenti a quello in cui si era proceduto al formale
riconoscimento degli stessi; successivamente era anche intervenuto un
accordo con i creditori per una dilazione dei pagamenti. Di conseguenza,
negli esercizi di riferimento, non era stata considerata la voce passiva
relativa al debito emerso. Evidentemente un posteriore accordo per la
dilazione dei pagamenti non poteva essere preso in considerazione ai fini
della positiva valutazione del rispetto dei saldi di finanza pubblica.
2.1. È opportuno rammentare, infatti, che, secondo il combinato disposto
dell’art. 194, comma 1, con l’art. 193, comma 2, del TUEL, con deliberazione
consiliare da adottarsi con periodicità stabilita dai regolamenti di
contabilità e comunque almeno una volta entro il 31 luglio di ciascun anno,
gli enti locali riconoscono la legittimità dei debiti fuori bilancio. Da ciò
scaturisce una prima considerazione: in una corretta gestione finanziaria
l’emersione di un debito non previsto nel bilancio di previsione deve essere
portata tempestivamente al Consiglio dell’ente per l’adozione dei necessari
provvedimenti, quali la valutazione della riconoscibilità, ai sensi
dell’art. 194, comma 1, e il reperimento delle necessarie coperture secondo
quanto previsto dall’art. 193, comma 3, e 194, commi 2 e 3. Il ritardo nel
riconoscimento, con rinvio ad esercizi successivi a quello in cui il debito
è emerso, comporta una non corretta rappresentazione della situazione
patrimoniale e finanziaria dell’ente.
3. Andando ad esaminare, invece, i profili di una gestione eseguita nel
rispetto della tempistica sopra indicata, la questione può essere risolta
nei termini che seguono.
3.1 Il comma 1 dell’art. 194 TUEL individua le fattispecie in cui il debito
fuori bilancio è riconoscibile. Il riconoscimento da parte del Consiglio,
per costante giurisprudenza della Cassazione (cfr., ex multis, Cass.
Civ., Sez. II,
sentenza 11.06.2018 n. 15050) è costitutivo dell’obbligazione. Se il
riconoscimento riguarda obbligazioni “scadute”, nel senso che il
creditore può esigere immediatamente il pagamento in quanto la prestazione è
già stata interamente eseguita, la spesa è impegnata nell’esercizio in cui
il debito fuori bilancio è riconosciuto, secondo quanto precisato dal punto
9.1 del principio contabile di cui all’all. 4/2 del d.lgs. n. 118/2011. Se
il riconoscimento riguarda prestazioni che ancora non sono state
completamente effettuate, e quindi il pagamento del prezzo non è esigibile o
lo è solo parzialmente, potrà essere imputato all’esercizio in corso solo la
quota esigibile, mentre la restante parte sarà imputata alle scadenze
previste.
3.2. Il comma 2 dell’art. 194 TUEL, peraltro, prevede la possibilità di un
pagamento rateizzato in un arco temporale massimo di tre anni, compreso
quello in cui è effettuato il riconoscimento. Il piano di rateizzazione deve
essere concordato con i creditori. La disposizione, infatti, testualmente
recita “Per il pagamento [dei debiti fuori bilancio] l'ente può
provvedere anche mediante un piano di rateizzazione, della durata di tre
anni finanziari compreso quello in corso, convenuto con i creditori”. Il
termine “convenuto” non può avere altro significato se non di un
accordo negoziale tra amministrazione e creditori avente come contenuto la
temporizzazione del pagamento del debito.
3.3. Trattandosi di un accordo, che richiede il consenso di entrambe le
parti, se il creditore non intende accedere ad un’ipotesi di rateizzazione,
l’ente che abbia riconosciuto il debito dovrà necessariamente registrarlo ed
impegnarlo integralmente nello stesso esercizio. Conseguentemente dovrà, con
idonea variazione di bilancio, reperire le risorse a copertura e quindi
procedere al pagamento.
Potrà ricorrere, se del caso, agli strumenti
previsti dall’art. 193, comma 3 (Salvaguardia degli equilibri di bilancio),
in base al quale: “Ai fini del comma 2, fermo restando quanto stabilito
dall'art. 194, comma 2, possono essere utilizzate per l'anno in corso e per
i due successivi le possibili economie di spesa e tutte le entrate, ad
eccezione di quelle provenienti dall'assunzione di prestiti e di quelle con
specifico vincolo di destinazione, nonché i proventi derivanti da
alienazione di beni patrimoniali disponibili e da altre entrate in
c/capitale con riferimento a squilibri di parte capitale. Ove non possa
provvedersi con le modalità sopra indicate è possibile impiegare la quota
libera del risultato di amministrazione. Per il ripristino degli equilibri
di bilancio e in deroga all'art. 1, comma 169, della legge 27.12.2006, n.
296, l'ente può modificare le tariffe e le aliquote relative ai tributi di
propria competenza entro la data di cui al comma 2)”, o ricorrere a
mutui (ma solo nel caso in cui la spesa sia qualificabile come
investimento), ai sensi dell’art. 194, comma 3: “Per il finanziamento
delle spese suddette, ove non possa documentalmente provvedersi a norma
dell'articolo 193, comma 3, l'ente locale può far ricorso a mutui ai sensi
degli articoli 202 e seguenti. Nella relativa deliberazione consiliare viene
dettagliatamente motivata l'impossibilità di utilizzare altre risorse”.
4. Nel caso in cui il creditore acconsenta alla stipula di un piano di
rateizzazione, il debito deve essere registrato per intero e per intero
essere iscritto nello stato patrimoniale, ma per la copertura si dovrà
tenere conto della scadenza delle singole rate secondo quanto concordato nel
piano.
In altre parole, l’ipotesi della rateizzazione non è espressamente
prevista dal punto 9.1 del principio contabile, ma poiché la rateizzazione
incide sull’esigibilità, da riferirsi ora alle singole rate, si torna
all’applicazione del criterio generale espresso nel punto 5.1 del principio
stesso: il paragrafo 5.1 prevede infatti che “L’impegno si perfeziona
mediante l’atto gestionale, che verifica ed attesta gli elementi anzidetti e
la copertura finanziaria, e con il quale si dà atto, altresì, degli effetti
di spesa in relazione a ciascun esercizio finanziario contemplato dal
bilancio di previsione. Pur se il provvedimento di impegno deve annotare
l’intero importo della spesa, la registrazione dell’impegno che ne consegue,
a valere sulla competenza avviene nel momento in cui l’impegno è
giuridicamente perfezionato, con imputazione agli esercizi finanziari in cui
le singole obbligazioni passive risultano esigibili. Non possono essere
riferite ad un determinato esercizio finanziario le spese per le quali non
sia venuta a scadere, nello stesso esercizio finanziario, la relativa
obbligazione giuridica”.
5. La questione, in estrema sintesi, va valutata in relazione a due ipotesi:
a) riconoscimento di obbligazione scaduta (in quanto la prestazione
è già stata interamente eseguita) senza accordo con i creditori, che
comporta l’impegno dell’intera somma subito e riporto a residuo passivo, se
non si riesce a pagare tutto;
b) riconoscimento di obbligazione scaduta con accordo di
rateizzazione, che comporta registrazione dell’intero importo con impegno a
valere sull’esercizio in cui la singola rata è a scadenza.
6. Tanto premesso, va peraltro chiarito che l’accordo con i creditori non
può avere una mera finalità dilatoria, ma la rateizzazione dovrà comunque
rispettare tutti i criteri in materia di programmazione e di effettiva
copertura delle quote di spesa previste per le varie annualità.
Diversamente, si ricadrebbe in una situazione non dissimile a quella del
ritardato riconoscimento, con violazione dei principi di copertura delle
spese, di salvaguardia degli equilibri di bilancio e di veridicità dei
documenti contabili.
Il rispetto del criterio di imputazione enunciato al punto 9.1 del principio
contabile applicato 4/2, insomma, non è derogabile con il semplice accordo
con i creditori a prescindere da ogni altra condizione. In particolare, il
riconoscimento del debito scaduto costituisce atto di gestione che deve
necessariamente misurarsi con i principi fondamentali della gestione del
bilancio, trattandosi, comunque, di una spesa riconosciuta dall’ente per le
sue finalità istituzionali.
In effetti, dal riconoscimento possono conseguire le seguenti situazioni:
a) l’Ente ha risorse, imputa e paga nell’esercizio;
b) l’Ente non ha risorse sufficienti a finanziare ed estinguere nel
solo esercizio di riconoscimento tutto il debito ma deve dare copertura con
risorse esigibili nel triennio compreso nel bilancio, ricorre ad un piano di
rientro secondo i criteri di cui all’art. 193, comma 3, TUEL (“possono
essere utilizzate per l'anno in corso e per i due successivi le possibili
economie di spesa e tutte le entrate, ad eccezione di quelle provenienti
dall'assunzione di prestiti e di quelle con specifico vincolo di
destinazione, nonché i proventi derivanti da alienazione di beni
patrimoniali disponibili e da altre entrate in c/capitale con riferimento a
squilibri di parte capitale. Ove non possa provvedersi con le modalità sopra
indicate è possibile impiegare la quota libera del risultato di
amministrazione”); ai sensi dell’art. 194, comma 2, può convenire con i
creditori la tempistica dei pagamenti, nei limiti di tre anni finanziari
compreso quello in corso;
c) non ha risorse nei termini di cui ai punti a) e b), accerta il
disavanzo ed applica le disposizioni relative al ripiano del disavanzo.
7. Il comma 3 dell’art. 193, infatti, certamente si riferisce all’aspetto
delle coperture, ma bisogna considerare che, nell’individuare le medesime,
la norma tiene conto di quelle immediatamente disponibili, quali le
possibili economie di spesa che non possono che attenere all’esercizio in
corso o chiuso, ma anche delle risorse ancora da accertare o che saranno
accertate a conclusione di procedimenti che richiedono tempo, come, ad
esempio, l’alienazione dei beni patrimoniali disponibili. È questo possibile
gap temporale che costituisce la ratio della disposizione che
contempla l’accordo con i creditori e cioè la necessità di allineare
disponibilità di risorse e obbligo di pagamento. Bisogna considerare in
proposito che il principio di copertura delle spese contenuto nell’art. 81
Cost., richiede la contestualità tanto dei presupposti che giustificano le
previsioni di spesa quanto di quelli posti a fondamento delle previsioni di
entrata necessarie per la copertura finanziaria delle prime (C. Cost. sent.
n. 6/2017). Così come occorre tenere presente che la copertura delle spese
deve essere credibile, sufficientemente sicura, non arbitraria o
irrazionale, ed in equilibrato rapporto con la spesa che si intende
effettuare in esercizi futuri (C. Cost. sent. n. 192/2012).
Per cui la quota di spesa per debiti fuori bilancio relativa ad ogni
annualità del piano rateale dovrà trovare copertura in entrate che siano
ragionevolmente e seriamente realizzabili (in altre parole, “esigibili”
nell’esercizio di scadenza della rata) nonché utilizzabili per questo
specifico fine coerentemente con quanto dettato dai principi contabili,
ulteriormente enunciati e precisati dalla giurisprudenza costituzionale, con
riferimento a qualsivoglia tipologia di spesa. In questa circostanza,
all’accordo con i creditori potrà riconoscersi una validità sostanziale. Se,
viceversa, nella delibera di riconoscimento del debito fuori bilancio non
sono puntualmente individuate le risorse specificamente destinate alla
copertura di tali spese -risorse la cui esigibilità dovrebbe realizzarsi
negli esercizi successivi- manca il presupposto giuridico per dare valore ed
efficacia all’accordo con i creditori ed il debito scaduto dovrà essere
imputato all’esercizio di riconoscimento con tutte le conseguenze sul piano
della situazione di equilibrio e dei rimedi da assumere secondo
l’ordinamento contabile.
8. Il quadro normativo e procedurale sopra ricostruito appare coerente con
il complessivo sistema delle misure ordinarie di risanamento del bilancio:
disavanzo ex art. 188 TUEL, salvaguardia degli equilibri ex art. 193 TUEL,
riecheggiate anche nel sistema delle misure straordinarie di risanamento,
piani di riequilibrio e dissesti che riflettono tutti la stessa struttura, e
cioè accertamento delle passività e pianificazione della estinzione delle
stesse. Ipotizzare che l’accordo con i creditori, sganciato dai principi che
regolano le spese secondo i criteri della competenza finanziaria potenziata,
possa tout court stabilire una diversa esigibilità del debito fuori bilancio
scaduto e riconosciuto significherebbe introdurre in maniera asistematica
una facoltà di gestione delle posizioni fuori bilancio secondo criteri che
esporrebbero le gestioni stesse al pericolo di comportamenti opportunistici,
non potendosi escludere che la prospettiva di poter spalmare, comunque in
più anni, un debito, potrebbe alimentare un maggior livello di
approssimazione nella programmazione delle spese.
P.Q.M.
La Sezione delle autonomie della Corte dei conti, pronunciandosi sulla
richiesta di parere presentata dell’Associazione Nazionale dei Comuni
Italiani, enuncia i seguenti principi di diritto:
1. “Ai fini di una corretta gestione
finanziaria, l’emersione di un debito non previsto nel bilancio di
previsione deve essere portata tempestivamente al Consiglio dell’ente per
l’adozione dei necessari provvedimenti, quali la valutazione della
riconoscibilità, ai sensi dell’art. 194 comma 1, del TUEL ed il reperimento
delle necessarie coperture secondo quanto previsto dall’art. 193, comma 3, e
194, commi 2 e 3, del medesimo testo unico.
2. Gli impegni di spesa per il pagamento dei debiti fuori bilancio
riconosciuti e già scaduti devono essere imputati all’esercizio nel quale
viene deliberato il riconoscimento. Per esigenze di sostenibilità
finanziaria, con l’accordo dei creditori interessati, è possibile rateizzare
il pagamento dei debiti riconosciuti in tre anni finanziari compreso quello
in corso, ai sensi dell’art. 194, comma 2, del TUEL, a condizione che le
relative coperture, richieste dall’art. 193, comma 3, siano puntualmente
individuate nella delibera di riconoscimento, con conseguente iscrizione, in
ciascuna annualità del bilancio, della relativa quota di competenza secondo
gli accordi del piano di rateizzazione convenuto con i creditori.
3. Nel caso in cui manchi un accordo con i creditori sulla
dilazione di pagamento, la spesa dovrà essere impegnata ed imputata tutta
nell’esercizio finanziario in cui il debito scaduto è stato riconosciuto,
con l’adozione delle conseguenti misure di ripiano.”
(Corte dei Conti, Sez. autonomie,
deliberazione 23.10.2018 n. 21). |
APPALTI - ATTI AMMINISTRATIVI: Debiti
fuori bilancio: sentenze esecutive e transazioni. Le corrette regole indicate dai giudici
contabili.
Il preventivo riconoscimento del debito da parte dell’Organo
consiliare risulta comunque necessario anche nell’ipotesi di debiti
derivanti da sentenza esecutiva, per loro natura caratterizzati da assenza
di discrezionalità per via del provvedimento giudiziario a monte, posto che
le funzioni di indirizzo e la responsabilità politica del Consiglio comunale
o provinciale non sono circoscritte alle scelte di natura discrezionale, ma
si estendono anche ad attività o procedimenti di spesa di natura vincolante
ed obbligatoria.
Pertanto, alla luce dell’attuale normativa, non è
consentito all’ente locale discostarsi dalle prescrizioni letterali degli artt. 193 e 194 del Tuel che garantiscono una maggiore efficienza ed
efficacia dell’azione amministrativa per salvaguardare gli equilibri
finanziari dell’ente locale.
Inoltre, il tempestivo riconoscimento e
finanziamento del debito fuori bilancio, nonché il conseguente pagamento,
non esporrebbero l’ente al rischio di azioni esecutive, considerato che il
decorso di 120 giorni dalla notifica del titolo esecutivo (previsto
dall’art. 14, del D.L. 31/12/1996, n. 669 convertito in legge 28/02/1997, n.
30 come modificato dall’art. 147 della Legge 23/12/2000, n. 288),
comporterebbe l’avvio delle procedure esecutive nei confronti della pubblica
amministrazione.
---------------
Gli enunciati principi valgono, a maggior ragione, in caso di debiti fuori
bilancio di cui alla lett. e) derivanti dall’acquisizione di beni e servizi
senza preventivo impegno di spesa, ove sussiste la discrezionalità dell’Ente
nel riconoscimento dell’utilità dell’acquisizione.
---------------
La formazione di debiti fuori
bilancio costituisce indice della difficoltà dell’Ente di governare
correttamente i procedimenti di spesa attraverso il rispetto delle norme
previste dal TUEL.
L’esatta individuazione e quantificazione dei debiti
fuori bilancio nel corso dell’esercizio finanziario costituisce, pertanto,
un preciso dovere dell’organo consiliare, il quale è stato investito dal
legislatore dell’obbligo di dare atto del permanere degli equilibri di
bilancio (almeno una volta all’anno e comunque entro il 30 settembre) e, in
quella sede, di verificare se la sussistenza di debiti f.b. possa, in
qualche modo, incidere negativamente sulla situazione finanziaria o alterare
i risultati di competenza.
---------------
Quanto alle transazioni oggetto di delibera di Giunta comunale, nel ribadire
quanto sopra affermato con riferimento alla necessaria tempestività della
definizione della debitoria fuori bilancio, questa Sezione ha precisato
come, quando ricorrano ipotesi transattive che comportino il finanziamento di operazioni contrattuali in più esercizi
finanziari, “non può essere messa in dubbio la competenza a provvedere in
capo al Consiglio comunale ai sensi dell’art. 42, comma 2, lett. i), del TUEL“.
---------------
Pur prendendo atto di quanto
riferito, il Collegio non può che censurare il ritardo nel riconoscimento e
nella definizione dei debiti fuori bilancio. La circostanza che si tratti di
debiti derivanti dalle gestioni pregresse non assurge a fattore scriminante,
atteso che l’esame della Sezione è, in questa sede, limitato -in una
dimensione puramente oggettiva- alla situazione contabile e finanziaria
dell’ente, a prescindere dall’imputazione soggettiva di eventuali
responsabilità.
Si sottolinea la necessità che la gestione contabile sia conforme alle
regole per l’assunzione di impegni e per l’effettuazione delle spese di cui
all’art. 191 TUEL, atteso che le fattispecie di debiti fuori bilancio
rivestono carattere assolutamente eccezionale. Si ribadisce, inoltre,
l’imprescindibile priorità della fase di riconoscimento rispetto a quella di
pagamento.
In particolare, si richiama quanto ripetutamente statuito da questa Corte in
tema di tempestivo riconoscimento dei debiti fuori bilancio, anche se
derivanti da sentenze esecutive. Questa Sezione ha, infatti, sottolineato
che “il preventivo riconoscimento del debito da parte dell’Organo
consiliare risulta comunque necessario anche nell’ipotesi di debiti
derivanti da sentenza esecutiva, per loro natura caratterizzati da assenza
di discrezionalità per via del provvedimento giudiziario a monte, posto che
le funzioni di indirizzo e la responsabilità politica del Consiglio comunale
o provinciale non sono circoscritte alle scelte di natura discrezionale, ma
si estendono anche ad attività o procedimenti di spesa di natura vincolante
ed obbligatoria. Pertanto, alla luce dell’attuale normativa, non è
consentito all’ente locale discostarsi dalle prescrizioni letterali degli artt. 193 e 194 del Tuel che garantiscono una maggiore efficienza ed
efficacia dell’azione amministrativa per salvaguardare gli equilibri
finanziari dell’ente locale. Inoltre, il tempestivo riconoscimento e
finanziamento del debito fuori bilancio, nonché il conseguente pagamento,
non esporrebbero l’ente al rischio di azioni esecutive, considerato che il
decorso di 120 giorni dalla notifica del titolo esecutivo (previsto
dall’art. 14, del D.L. 31/12/1996, n. 669 convertito in legge 28/02/1997, n.
30 come modificato dall’art. 147 della Legge 23/12/2000, n. 288),
comporterebbe l’avvio delle procedure esecutive nei confronti della pubblica
amministrazione“ (parere
22.02.2018 n. 29).
Gli enunciati principi valgono, a maggior ragione, in caso di debiti fuori
bilancio di cui alla lett. e) derivanti dall’acquisizione di beni e servizi
senza preventivo impegno di spesa, ove sussiste la discrezionalità dell’Ente
nel riconoscimento dell’utilità dell’acquisizione.
Questa Sezione ha, inoltre, osservato che “La formazione di debiti fuori
bilancio costituisce indice della difficoltà dell’Ente di governare
correttamente i procedimenti di spesa attraverso il rispetto delle norme
previste dal TUEL. L’esatta individuazione e quantificazione dei debiti
fuori bilancio nel corso dell’esercizio finanziario costituisce, pertanto,
un preciso dovere dell’organo consiliare, il quale è stato investito dal
legislatore dell’obbligo di dare atto del permanere degli equilibri di
bilancio (almeno una volta all’anno e comunque entro il 30 settembre) e, in
quella sede, di verificare se la sussistenza di debiti f.b. possa, in
qualche modo, incidere negativamente sulla situazione finanziaria o alterare
i risultati di competenza” (deliberazione
03.06.2016 n. 122).
Quanto alle transazioni oggetto di delibera di Giunta comunale, nel ribadire
quanto sopra affermato con riferimento alla necessaria tempestività della
definizione della debitoria fuori bilancio, questa Sezione ha precisato
come, quando ricorrano ipotesi transattive che comportino, come nel caso di
specie, il finanziamento di operazioni contrattuali in più esercizi
finanziari, “non può essere messa in dubbio la competenza a provvedere in
capo al Consiglio comunale ai sensi dell’art. 42, comma 2, lett. i), del TUEL“
(parere
25.05.2017 n. n. 80).
Infine, in relazione ai debiti fuori bilancio derivanti dal conferimento di
incarichi professionali, si richiama quanto attualmente previsto da punto 5,
lett. g), dell’allegato 4/2 in relazione agli impegni derivanti dal
conferimento di incarico a legali esterni (Corte dei Conti, Sez. controllo Puglia,
deliberazione 13.07.2018 n. 109). |
LAVORI PUBBLICI: Somme
urgenze, sempre necessario il riconoscimento nei limiti delle necessità
accertate.
Dopo la modifica della Legge di Bilancio 2019, è sempre necessario attivare
la procedura di riconoscimento di debito fuori bilancio per le spese di
somma urgenza, non essendo più previsto il presupposto dell'insufficienza
delle risorse.
È quanto ha stabilito la Corte dei Conti della Sicilia con la
deliberazione 21.05.2018 n. 121 (si veda anche il Quotidiano
degli enti locali e della Pa del 19 giugno).
L'iter di riconoscimento
Pertanto, è sempre necessario avviare l'iter di riconoscimento come debito
fuori bilancio dei lavori di somma urgenza, per i quali non risulta
possibile rispettare l'iter ordinario del procedimento di spesa e non già
solo quando sull'apposito capitolo vi è insufficienza di fondi. Di
conseguenza, la giunta è tenuta a sottoporre al Consiglio dell'ente, entro
20 giorni dall'ordinazione fatta a terzi, su proposta del responsabile del
procedimento, il provvedimento di riconoscimento della spesa, con le
modalità previste dall'articolo 194, comma 1, lettera e), del Tuel, a
prescindere, appunto, dalla circostanza che il capitolo di spesa presenti (o
meno) sufficiente disponibilità finanziaria.
Il riconoscimento, nondimeno, deve avvenire (trattandosi di somme urgenze)
–individuando la relativa copertura finanziaria– nei limiti delle necessità
accertate per la rimozione dello stato di pregiudizio alla pubblica
incolumità.
Il provvedimento consiliare, poi, deve essere adottato nei 30 giorni
successivi all'approvazione della proposta da parte della giunta e comunque
entro il 31 dicembre, se non ancora scaduto il termine, con la contestuale
comunicazione dei riferimenti al terzo interessato.
Se non si rispettano i termini
Giustamente la pronuncia sottolinea che, qualora l'iter non sia rispettato
(anche in relazione ai termini per la proposta da parte della giunta), è
destinata a operare la previsione in forza della quale il rapporto
obbligatorio intercorre tra il privato fornitore e l'amministratore,
funzionario o dipendente che hanno consentito la fornitura, ovviamente fatta
salva la parte riconoscibile (articolo 194, comma 1, lettera e), nei limiti
(però) «degli accertati e dimostrati utilità e arricchimento per l'ente».
In quest'ultimo caso, tra l'altro, la pronuncia –riprendendo un consolidato
orientamento della Corte dei conti– sottolinea che il riconoscimento deve
operare nei limiti stabiliti dall'articolo 2041 del codice civile, con
l'effetto che non risulta possibile computare l'utile d'impresa (che sarà a
carico dell'amministratore o funzionario che ha disposto o consentito la
fornitura).
La delibera consiliare
Laddove, invece, lo stesso iter si sia svolto nell'ambito dei termini
previsti dalla legge, il riferimento alle modalità è da intendersi nel senso
che è sempre necessaria l'adozione della delibera consiliare con la quale
riconoscere la spesa sostenuta per i lavori di somma urgenza, purché
strettamente attinenti alla rimozione dello stato di pericolo. In questo
caso, l'utilità ricavata dall'amministrazione coincide con la spesa
sostenuta, come risulta dalla perizia tecnica e dal corrispettivo concordato
consensualmente, dal momento che qualora l'attività gestionale sia mantenuta
entro l'alveo temporale segnato dalla legge non sussiste alcuna motivazione
per la decurtazione dell'utile d'impresa.
Attraverso il percorso descritto, sottolinea infine la Corte, è quindi
realizzato un congruo bilanciamento tra, da una parte, l'esigenza di
celerità e di preminente tutela della pubblica incolumità che giustifica
l'affidamento diretto prima che venga assunto l'impegno contabile con,
dall'altra parte, la rigida previsione dei termini entro i quali la giunta
deve sottoporre la proposta di riconoscimento di debito al consiglio, nella
prospettiva di ricondurre la spesa all'alveo del bilancio (articolo
Quotidiano Enti Locali & Pa del 20.06.2019). |
ATTI
AMMINISTRATIVI: Transazione
impossibile sulle sanzioni.
Solo i rapporti patrimoniali disponibili possono essere oggetto di
transazione da parte dell'ente locale.
Con il
parere 12.04.2018 n. 108 la Sez. regionale
di controllo della Corte dei Conti per la Lombardia riassume i requisiti
essenziali dell'accordo transattivo disciplinato agli articoli 1965 e
seguenti del Codice civile.
La scelta discrezionale
Ai magistrati viene chiesto se sia ammissibile una transazione con la
curatela di un fallimento, nell'ambito di un contenzioso giudiziario, per il
pagamento di fatture relative a prestazioni mai impegnate nel bilancio
dell'ente. La Sezione ritiene oggettivamente inammissibile la richiesta di
parere, non ravvisando le necessarie caratteristiche di astrattezza e
generalità, ma in ottica collaborativa giudica utile richiamare i limiti al
ricorso alla transazione da parte degli enti pubblici.
La scelta se
proseguire un giudizio o arrivare ad un accordo transattivo spetta all'amministrazione nell'ambito dello svolgimento dell’ordinaria attività
amministrativa, e come tutte le scelte discrezionali non è soggetta a
sindacato giurisdizionale. Uno degli elementi che l'ente deve considerare è
sicuramente la convenienza economica della transazione in relazione
all'incertezza del giudizio, intesa quest'ultima in senso relativo, da
valutare in relazione alla natura delle pretese, alla chiarezza della
situazione normativa e ad eventuali orientamenti giurisprudenziali.
L’esame sulla convenienza
I limiti alla stipula della transazione da parte di enti pubblici attengono
alla legittimazione soggettiva e alla disponibilità dell'oggetto, oltre che
al rispetto della disciplina pubblicistica. La transazione richiede poi
l'esistenza di una controversia giuridica (e non di un semplice conflitto
economico), che sussiste o può sorgere quando si contrappongono pretese
confliggenti di cui non sia possibile a priori stabilire quale sia
giuridicamente fondata.
Di conseguenza, il contrasto tra l'affermazione di
due posizioni giuridiche è la base della transazione, in quanto serve per
individuare le reciproche concessioni, elemento collegato alla
contrapposizione delle pretese che ciascuna parte ha in relazione
all'oggetto della controversia.
I diritti disponibili
Infine la transazione è valida solo se ha ad oggetto diritti disponibili e
cioè, secondo la prevalente dottrina e giurisprudenza, quando le parti hanno
il potere di estinguere il diritto in forma negoziale. È nulla, infatti, la
transazione nel caso in cui i diritti che formano oggetto della lite siano
sottratti alla disponibilità delle parti per loro natura o per espressa
disposizione di legge.
In particolare, il potere sanzionatorio
dell'amministrazione e le misure afflittive che ne sono l'espressione
possono farsi rientrare nel novero delle potestà e dei diritti
indisponibili, in merito ai quali è escluso che possano concludersi accordi
transattivi con la parte privata destinataria degli interventi sanzionatori
(articolo Quotidiano Enti Locali & Pa del 26.04.2018).
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MASSIMA
Il Sindaco del Comune di Mozzate (Co) ha formulato a questa Sezione
il seguente quesito: se sia ammissibile una transazione in un
contenzioso giudiziario con la curatele di un fallimento per il quale si
chiede il riconoscimento di fatture, e conseguente pagamento, per pranzi (n.
1784 coperti) erogati nell'anno 2007 presso un ristorante) per la
motivazione presunta di presentazione Piano del Governo del Territorio
(approvato l'anno successivo).
La ricorrente Fa. S.r.l. afferma di essere creditore della somma di €
35.057,60 comprovata da n. 17 fatture emesse tra il 2006 e il 2007, rimaste
impagate, nonostante l'asserita prestazione di servizi di ristorazione
avvenuta in diverse occasioni, a favore del Comune.
A riguardo il segretario comunale evidenzia l'impossibilità a transare,
perché, ex art. 194 TU 267/2000, trattasi di debito fuori bilancio non
riconoscibile. In questo caso -sempre secondo il segretario- ricorre
l'ipotesi di cui all'art. 191, co. 4 del predetto T.U. per cui "il
rapporto obbligatorio intercorre tra il privato fornitore e
l'amministratore, funzionario o dipendente che hanno consentito la
fornitura. Per le esecuzioni reiterate e continuative detto effetto si
estende a coloro che hanno reso possibile le singole prestazioni. Secondo il
suggerimento del legale del Comune, si può ritenere civilisticamente
conveniente la transazione caldeggiata anche dal Giudice della causa, al
fine di scongiurare una conclusione con esito sfavorevole per il Comune, con
il rischio di condanna alle spese legali anche di controparte."
Il Sindaco poi allega una sintesi della vicenda dove gli elementi più
significativi secondo la prospettazione dell'istante, sono rappresentati dal
fatto che non esiste da parte dell'Ente alcun impegno di spesa per le
prestazioni rese in favore dei partecipanti all'incontro per la
presentazione del nuovo P.G.T. (incontro durato alcuni giorni) e che si
dubita che tali prestazioni possano essere imputate all'amministrazione.
...
1.3. Alla luce dei principi ora richiamati, la richiesta di
parere in esame deve ritenersi oggettivamente inammissibile, in quanto il
relativo quesito sottende valutazioni attinenti alla concreta attività
gestionale ed amministrativa di esclusiva competenza dell'Ente istante
(cfr., ex multis, le deliberazioni della Sezione nn. 161/2013/PAR e
128/2013/PAR), risultando, dunque, finalizzato ad ottenere
-più che un parere avente rilievo interpretativo generale- un vaglio di
legittimità e di merito.
Nel caso in esame, infatti, non si deve interpretare una norma di
contabilità pubblica, che presenti incertezze o problemi esegetici
particolari, ma si deve legittimare una scelta che l'Amministrazione dovrà
adottare in ordine ad una transazione caldeggiata addirittura dal Giudice
del contenzioso in atto.
Non vi è chi non veda che il caso è caratterizzato da una concretezza
estrema.
La Sezione, tuttavia, in un'ottica collaborativa e sempre
in linea generale, ritiene di richiamare i seguenti limiti al ricorso alla
transazione da parte degli enti pubblici già espressi con orientamenti
costanti dalla Corte che possono essere utili al Comune:
• "i limiti alla stipulazione della
transazione da parte di enti pubblici sono quelli propri di ogni soggetto
dell'ordinamento giuridico, e cioè la legittimazione soggettiva e la
disponibilità dell'oggetto, e quelli specifici di diritto pubblico, e cioè
la natura del rapporto tra privati e pubblica amministrazione. Sotto quest'ultimo
profilo va ricordato che, nell'esercizio dei propri poteri pubblicistici,
l'attività degli enti territoriali è finalizzata alla cura concreta di
interessi pubblici e quindi alla migliore cura dell'interesse intestato
all'ente. Pertanto, i negozi giuridici conclusi con i privati non possono
condizionare l'esercizio del potere dell'Amministrazione pubblica sia
rispetto alla miglior cura dell'interesse concreto della comunità
amministrata, sia rispetto alla tutela delle posizioni soggettive di terzi,
secondo il principio di imparzialità dell'azione amministrativa;
• la scelta se proseguire un giudizio o addivenire
ad una transazione e la concreta delimitazione dell'oggetto della stessa
spetta all'Amministrazione nell'ambito dello svolgimento della ordinaria
attività amministrativa e come tutte le scelte discrezionali non è soggetta
a sindacato giurisdizionale, se non nei limiti della rispondenza delle
stesse a criteri di razionalità, congruità e prudente apprezzamento, ai
quali deve ispirarsi l'azione amministrativa. Uno degli elementi che l'ente
deve considerare è sicuramente la convenienza economica della transazione in
relazione all'incertezza del giudizio, intesa quest'ultima in senso
relativo, da valutarsi in relazione alla natura delle pretese, alla
chiarezza della situazione normativa e ad eventuali orientamenti
giurisprudenziali;
• ai fini dell'ammissibilità della transazione è
necessaria l'esistenza di una controversia giuridica (e non di un semplice
conflitto economico), che sussiste o può sorgere quando si contrappongono
pretese confliggenti di cui non sia possibile a priori stabilire quale sia
giuridicamente fondata. Di conseguenza, il contrasto tra l'affermazione di
due posizioni giuridiche è la base della transazione in quanto serve per
individuare le reciproche concessioni, elemento collegato alla
contrapposizione delle pretese che ciascuna parte ha in relazione
all'oggetto della controversia. Si tratta di un elemento che caratterizza la
transazione rispetto ad altri modi di definizione della lite;
• la transazione è valida solo se ha ad oggetto
diritti disponibili (art 1966, co. 2 cod. civ.) e cioè, secondo la
prevalente dottrina e giurisprudenza, quando le parti hanno il potere di
estinguere il diritto in forma negoziale. E' nulla, infatti, la transazione
nel caso in cui i diritti che formano oggetto della lite siano sottratti
alla disponibilità delle parti per loro natura o per espressa disposizione
di legge. In particolare, il potere sanzionatorio dell'amministrazione e le
misure afflittive che ne sono l'espressione possono farsi rientrare nel
novero delle potestà e dei diritti indisponibili, in merito ai quali è
escluso che possano concludersi accordi transattivi con la parte privata
destinataria degli interventi sanzionatori
(cfr. Sez. Lombardia n. 1116/2009 cit.);
• requisito essenziale dell'accordo transattivo disciplinato dal
codice civile (artt. 1965 e ss.) è, in forza dell'art. 1321 dello stesso
codice, la patrimonialità del rapporto giuridico".
Per quanto attiene alla legittimità della transazione, questa Sezione
(deliberazione n. 161/2013/PAR) ha già chiarito che "non
può pronunciarsi in ordine alla ragionevolezza, intesa in termini di
opportunità e di convenienza per l'Ente, di una potenziale transazione.
Circa gli eventuali spazi per un eventuale accordo [transattivo] si rimanda
ai principi elaborati da dottrina e giurisprudenza in merito a presupposti e
limiti entro i quali le amministrazioni pubbliche possono stipulare
contratti di transazione (senza
pretesa di esaustività, deliberazioni della scrivente Sezione n. 26 del
16/04/2008 e n. 1161 del 18/12/2009)".
Appare utile evidenziare, inoltre, che il comune che sarà
tenuto ad una prestazione (il pagamento di una somma di denaro) in
esecuzione di un accordo transattivo, debba comunque accertarsi, prima di
aderire all’accordo, che la prestazione sia stata effettivamente ricevuta
dall’Ente e perciò che l’Ente sia il soggetto legittimato a concludere il
contratto di transazione e che non siano, invece, altri i soggetti tenuti
all’adempimento. |
ATTI AMMINISTRATIVI: Il
debito rateizzato non sposta l’impegno.
L’eventuale intesa con i creditori sul frazionamento di un debito fuori
bilancio in più anni non permette al Comune di spalmare in più esercizi
anche l’imputazione contabile, perché secondo i nuovi principi contabili la
mossa eluderebbe il pareggio in caso di incapienza dell’obiettivo di saldo
nell’anno di riferimento.
Lo spiega la Corte dei conti a Sezioni riunite, in
sede giurisdizionale in speciale composizione, con la
sentenza
29.03.2018 n. 11.
Questo principio importante si incontra nell’analisi sulla violazione del
Patto da parte del Comune di Napoli.
Sul punto, la Corte ha confutato il ragionamento del Comune che da un lato
ha accettato un peggioramento del risultato dell’anno 2016 per dare
copertura ai debiti fuori bilancio, ma dall’altro ha ritenuto escluso che
sullo stesso peggioramento potesse essere disposta anche un’elusione del
pareggio di bilancio.
Per i magistrati, invece, l’elusione dei saldi di
finanza pubblica si riferisce a una diversa analisi rispetto al
peggioramento del risultato accertato, in quanto il ritardato riconoscimento
dei debiti fuori bilancio da parte del Consiglio comunale viola l’articolo
194 del Tuel. Una volta accertato il mancato riconoscimento dei debiti fuori
bilancio, resta da chiarire se un eventuale accordo sulla ripartizione su
più esercizi del pagamento verso i debitori possa generare una posta
rettificativa del debito totale che avrebbe dovuto essere iscritto in
bilancio per il rispetto dei vincoli di finanza pubblica.
Secondo i principi della contabilità armonizzata, l’impegno deve essere
inserito al momento in cui l’obbligazione giuridica si è perfezionata
(articolo 183, comma 5, del Tuel), mentre il principio della contabilità
finanziaria punto 9.1 dell’allegato A/2 del Dlgs 118/2011 dispone che «nel
caso in cui il riconoscimento intervenga successivamente alla scadenza
dell’obbligazione, la spesa è impegnata nell’esercizio in cui il debito
fuori bilancio è riconosciuto».
Secondo le Sezioni Riunite, pertanto, va esclusa la possibilità da parte
dell’ente locale di detrarre dall’ammontare del debito la somma oggetto di
accordi di rateizzazione, perché questi accordi riguardano i soli tempi di
pagamento e hanno effetto esclusivamente sulla cassa. Effettuando le
rettifiche, ossia inserendo l’intero importo del debito fuori bilancio,
l’ente ha violato i saldi di finanza pubblica per un importo pari a circa
85,5 milioni di euro, a cui segue la sanzione di pari importo nell’anno
successivo alla violazione riscontrata
(articolo Il Sole 24 Ore del 09.04.2018).
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MASSIMA
Occorre premettere che la nuova formulazione dell’articolo 183 TUEL, al
comma 5, dispone che l’impegno deve essere registrato in bilancio “...quando
l’obbligazione è perfezionata con imputazione all’esercizio in cui viene a
scadenza...”.
In relazione ai debiti fuori bilancio, che costituiscono obbligazioni
perfezionate e scadute, ma non registrate in bilancio tempestivamente ai
sensi dell’art. 183 TUEL, il principio della contabilità finanziaria 9.1
dell’allegato A/2 del d.lgs. n. 118/2011 dispone testualmente che “L’emersione
di debiti assunti dall’ente e non registrati quando l’obbligazione è sorta
comporta la necessità di attivare la procedura amministrativa di
riconoscimento del debito fuori bilancio, prima di impegnare le spese con
imputazione all’esercizio in cui le relative obbligazioni sono esigibili.
Nel caso in cui il riconoscimento intervenga successivamente alla scadenza
dell’obbligazione, la spesa è impegnata nell’esercizio in cui il debito
fuori bilancio è riconosciuto”.
Deve, conseguentemente, escludersi la possibilità di detrarre l’ammontare di
quanto oggetto di accordi di rateizzazione, in quanto tali accordi
riguardano i soli tempi di pagamento ed hanno effetto esclusivamente sulla
cassa. |
ATTI
AMMINISTRATIVI - APPALTI: La
Sezione Autonomie chiude al pagamento del debito fuori bilancio prima del
consiglio.
Diversamente dall’ultime indicazioni dei giudici contabili (si veda il
Quotidiano degli enti locali e della Pa del 31 gennaio) sulla possibilità
del pagamento dei debiti fuori bilancio originati da sentenze esecutive
prima del loro formale riconoscimento in consiglio comunale, la Sezione
delle Autonomie, con la
deliberazione 28.03.2018 n. 4,
chiude la porta a questa ipotesi stabilendo che il riconoscimento e la
copertura finanziaria del debito fuori bilancio spetti, in via esclusiva e
non delegabile, alla sola massima assise comunale (si veda il Quotidiano
degli enti locali e della Pa del 20 aprile).
La posizione delle Sezioni regionali
Un primo parere, sulla possibilità di procedere al pagamento del debito
fuori bilancio, limitatamente alle sentenze esecutive, prima del suo formale
riconoscimento in Consiglio comunale, è della Sezione Campania
(parere 10.01.2018 n. 2) essendo i pagamenti certi sia nell'an che nel
quantum. Tale possibilità è stata successivamente confermata dalla Sezione
Liguria (parere 22.03.2018 n. 73) che ha indicato, inoltre, il seguente
iter:
a) mediante pagamento disposto dal dirigente della spesa su capitoli
esistenti;
b) mediante variazioni di competenza della giunta comunale;
c) e, in ultima istanza, mediante variazioni di urgenza da parte dell'organo
esecutivo, secondo gli articoli 42, comma 4, e 175, comma 4, del Tuel. Le
motivazioni di entrambi gli orientamenti discendono dall'evitare ulteriori
spese a carico dell'ente locale in caso di inerzia del consiglio.
Le indicazioni della Sezione delle Autonomie
Tra i contenuti dell'analisi della situazione finanziaria degli enti locali,
nel primo anno di applicazione della contabilità armonizzata sui dati del
consuntivo 2016, la Sezione delle Autonomie si sofferma in modo particolare
sul fenomeno dei debiti fuori bilancio e delle evidenti criticità che da
questi debiti discendono.
Prima di analizzare le conseguenze di un ritardo
del loro riconoscimento da parte del consiglio comunale, i giudici contabili
precisano che «la procedura da seguire per ricondurre nella contabilità
dell'Ente i debiti fuori bilancio consiste nel riconoscimento, in via
esclusiva e non delegabile, da parte dell'organo consiliare di quest'ultimo
che, con apposita delibera, accerta o autorizza la riconducibilità del
debito ad una delle fattispecie previste dal legislatore, le cause della sua
formazione e le eventuali responsabilità, individuando, quindi, le risorse
necessarie per provvedere al relativo pagamento».
Precisando, inoltre che
«la copertura del debito avvenga con il riconoscimento di legittimità, in
qualsiasi momento questo si determini». È evidente, quindi, come anche per
le sentenze esecutive l'unico organo competente, prima della disposizione
del pagamento, resti solo il consiglio non potendo essere accettate altre
modalità di liquidazione indicate dalle Sezioni regionali.
Il ritardo nel riconoscimento del debito
Una volta chiarita in via definitiva la competenza, la Corte indica anche le
conseguenze di un possibile ritardo del riconoscimento del debito e, in
particolare:
• con l'introduzione del Dlgs 118/2011 il relativo principio applicato n.
4/2 ha statuito i criteri per una corretta contabilizzazione dei debiti
fuori bilancio riconosciuti, stabilendo che essi vanno sempre imputati
all'esercizio di scadenza, anche se riconosciuti successivamente alla
chiusura dell'esercizio e rilevati in sede di rendiconto, mediante correlata
riduzione del risultato di amministrazione;
• si sarebbe in presenza di una violazione del principio di veridicità dei
documenti e delle risultanze contabili e, nel contempo, verrebbero alterate
le risultanze rilevanti ai fini del rispetto dei vincoli di finanza pubblica
(si veda il Quotidiano degli enti locali e della Pa del 10 aprile) e degli
equilibri di bilancio.
La Corte, infine, fa presente che agli enti locali che presentino,
nell'ultimo rendiconto deliberato, un disavanzo di amministrazione, ovvero
debiti fuori bilancio, ancorché da riconoscere, nelle more della variazione
di bilancio che dispone la copertura del disavanzo e del riconoscimento e
finanziamento del debito fuori bilancio, è fatto divieto di assumere impegni
e pagare spese per servizi non espressamente previsti per legge (articolo
188, comma 1-quater, del Tuel)
(articolo Quotidiano Enti Locali & Pa del 23.04.2018).
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7 DEBITI FUORI BILANCIO
7.1 I criteri armonizzati d’imputazione
La riforma dei sistemi contabili si fonda su importanti principi generali
dal cui rispetto dipende
la sana gestione degli Enti. Il filo conduttore che rende omogeneo un intero
ciclo di bilancio è
quello che lega gli obblighi della programmazione, osservando un’attendibile
previsione di entrate
e spese, sia in termini di competenza sia in termini di cassa, a quelli
della corretta contabilizzazione
ed imputazione delle stesse e ad una loro attenta rendicontazione, il tutto
funzionale ad una
gestione rispettosa della regola costituzionale dell’obbligo del pareggio di
bilancio. Le patologie
delle gestioni, sia che attengano a puntuali irregolarità
amministrativo-contabili, sia che
raggiungano i livelli strutturali della costruzione del bilancio deliberato
in pareggio finanziario,
producono effetto sugli equilibri.
L’alterazione degli equilibri di bilancio può essere, infatti,
imputabile,
tra le varie cause, alla
presenza dei debiti fuori bilancio214,
cioè ad obbligazioni che, non essendo registrate da subito nelle
scritture contabili dell’Ente, restano fuori dalla programmazione
finanziaria. La disciplina
legislativa che declina i principi di gestione di cui al capo IV del Titolo
III della parte II del Tuel,
in quanto finalizzata alla migliore applicazione dei principi di veridicità,
trasparenza ed equilibrio
di bilancio, obbliga i singoli Enti, al ricorrere dei presupposti, ad
adottare con tempestività i
provvedimenti di riconoscimento dei debiti fuori bilancio, onde evitare la
formazione di oneri
aggiuntivi a carico dell’Ente, come eventuali interessi o spese di
giustizia.
Rafforza tale obbligo anche la previsione contenuta nell’art. 188-quater,
Tuel, secondo il quale
nelle more del finanziamento e riconoscimento dei predetti debiti, non è
possibile assumere
impegni e pagare spese non previsti dalla legge.
Peraltro il corretto sviluppo della programmazione finanziaria è presidiato
da rilevanti momenti
di verifica come quello di cui all’art. 193, co. 2, lett. b), Tuel, che
obbliga il Consiglio a deliberare,
almeno una volta l’anno, il permanere degli equilibri, assumendo, ove
necessario, i relativi
provvedimenti di ripiano così come previsti dal legislatore all’art. 194,
Tuel.
Naturalmente anche la riconduzione in bilancio di spese non programmate ne
impone la copertura
e, per lo più inevitabilmente, l’adozione di misure di ripiano che siano
coerenti con gli equilibri di
bilancio, misure che il consiglio comunale assume, contestualmente, alla
rilevazione dei debiti, così come, più in generale, degli squilibri per il
ripristino del pareggio, e ciò con facoltà di utilizzare
anche l’avanzo libero come mezzo di copertura nel caso di insufficienza
delle altre risorse, che in
via principale devono essere utilizzate secondo le previsioni dell’art. 193, co. 3.
Il rigore dei provvedimenti di riequilibrio è dimostrato dal fatto che il
mancato ripiano è
equiparato alla mancata approvazione del bilancio di previsione (art. 193,
co. 4) con la
conseguente applicazione della procedura di scioglimento del consiglio
comunale di cui al co. 2,
art. 141, Tuel.
Occorre considerare che le misure di risanamento ex art. 193 Tuel segnano il
confine con le
eventuali diverse misure che si rendono necessarie in caso di squilibrio
strutturale che integra una
condizione di precarietà finanziaria più estesa. In tale prospettiva si pone
il ricorso alla procedura
di riequilibrio finanziario pluriennale prevista dall'art. 243-bis, Tuel,
che richiede la preliminare
ricognizione complessiva di tutta la massa debitoria, compresa quella
cosiddetta sommersa, che
si riconosce grazie all’applicazione dell’art. 194, Tuel. In caso contrario,
oltre a violare lo specifico
disposto di cui all’art. 243-bis, Tuel, si altererebbe l’attendibilità
complessiva del Piano di
riequilibrio, la cui disciplina è stata di recente modificata dall’art. 1,
co. 888, della legge di bilancio
per il 2018. Esso è anche indispensabile per accedere ad un Fondo di
rotazione per assicurare la
stabilità finanziaria degli Enti locali, presso il Ministero dell’Interno.
Sempre in un’ottica di sana gestione, risulta opportuno che l’Ente, in sede
di programmazione,
per garantire il mantenimento dell’equilibrio del bilancio nel tempo,
preveda appositi
accantonamenti, per affrontare gli eventuali oneri connessi ai rischi di
possibili situazioni
debitorie.
Tra gli accantonamenti di maggior rilievo si colloca l’obbligo di
accantonare al Fondo
rischio spese legali le risorse atte a coprire le maggiori spese derivanti
da contenzioso.
Con l’introduzione del d.lgs. n. 118/2011, sull’armonizzazione dei sistemi
contabili, il relativo
principio applicato n. 4/2 ha statuito i criteri per una corretta
contabilizzazione dei DFB
riconosciuti, stabilendo che essi vanno sempre imputati all’esercizio di
scadenza, anche se
riconosciuti successivamente alla chiusura dell’esercizio e rilevati in sede
di rendiconto.
Se, viceversa, i debiti riconosciuti non sono ancora scaduti devono essere
registrati nell’esercizio
di riconoscimento ed imputati secondo esigibilità.
Il legislatore ha cercato di porre limiti a questa disfunzione gestionale
con la disciplina
sanzionatoria contenuta nelle norme del Tuel, con le limitazioni al ricorso
all’indebitamento e con
l’obbligo dell’invio alle Procure regionali della Corte dei conti delle
relative delibere. I debiti fuori
bilancio, infatti, non solo alterano la stabilità degli equilibri, ma
possono anche preludere a
situazioni più gravi, come il dissesto.
In tale contesto, assume rilievo la previsione normativa del parere del
revisore nel caso di
riconoscimento del debito fuori bilancio e della eventuale transazione che
lo riguarda.
L’indagine
svolta dalla Sezione sull’esercizio 2016 si è proposta di verificare
l’andamento del fenomeno nelle
Amministrazioni provinciali e comunali, comprensive delle Città
metropolitane, estesa, talora,
anche agli anni 2014-2015, analizzando i riconoscimenti deliberati sotto i
vari profili di interesse
ed in particolare rilevando:
a) il dato dei ripiani con impegno sul bilancio
di esercizio e sui due
successivi;
b) le tipologie delle risorse utilizzate per la copertura dei
debiti;
c) l’importo dei debiti
fuori bilancio non ancora riconosciuti al 31.12.2015;
d) il numero
degli stessi Enti che hanno
riconosciuto debiti fuori bilancio nell’ultimo biennio;
e) gli Enti con
debiti fuori bilancio che hanno
usufruito degli strumenti finanziari previsti dal d.l. n. 35/2013 e, infine
f) gli Enti che hanno
deliberato il ripiano dei debiti riconosciuti nell’ambito della procedura di
riequilibrio finanziario
pluriennale.
Tra gli Enti che hanno un debito riconosciuto si è dato particolare risalto
alla categoria peculiare
di quelli per i quali pur avendo provveduto al riconoscimento
antecedentemente all’esercizio di
riferimento, non risultavano ancora finanziati per il relativo importo: tale
categoria, che si colloca
tra debiti riconosciuti e non riconosciuti, non interessa, in realtà, molti
casi (61 Comuni, una Città
metropolitana e una Provincia), anche se, sotto il profilo della gravità del
fenomeno, è talora
accomunata a quella dei debiti non riconosciuti.
Si è dato ancora particolare rilievo ai DFB ancora da riconoscere al 31.12.2016 che inficiano
l’attendibilità delle scritture contabili. L’indagine è stata condotta
utilizzando i dati riferiti dagli
Enti interessati, attraverso la compilazione di un questionario.
Per entrambi gli esercizi considerati (2015-2016) sono risultati adempienti
alla rilevazione,
tramite il citato questionario, la quasi totalità degli Enti di area vasta;
mentre per i Comuni si è
registrata nel 2016, rispetto al precedente esercizio, una rilevazione più
ridotta avendo inviato i
questionari 7.299 Enti su 8.047.
...
7.4 Conclusioni
Tra le varie cause dell’alterazione degli equilibri di bilancio c’è
l’impatto che possono avere con
essi i debiti fuori bilancio, ovvero le obbligazioni che, non essendo
registrate all’origine nelle
scritture contabili dell’Ente, restano al di fuori della programmazione
finanziaria. Sono questi
fenomeni gestori in grado di porre a rischio l’attendibilità del risultato
di amministrazione
conseguito in sede di rendiconto, e che occorre considerare, se si vuole
rappresentare
correttamente la situazione finanziaria.
Va, infatti, tenuto presente che
non sempre i DFB
riconosciuti sono contestualmente finanziati, là dove, invece, le norme
contabili impongono che
la copertura del debito avvenga con il riconoscimento di legittimità, in
qualsiasi momento questo
si determini. La procedura per ricondurre i DFB nella contabilità dell’Ente
consiste nella sua
identificazione, in via esclusiva e non delegabile, da parte di una delibera
dell’organo consiliare,
che autorizzi o accerti la riconducibilità del debito ad una delle
fattispecie previste dal legislatore,
le cause della sua formazione e le eventuali responsabilità, individuando,
infine, le risorse
necessarie per provvedere al relativo pagamento.
Il principio applicato n. 4/2 par. 9.1, sull’armonizzazione dei sistemi
contabili, di cui al d.lgs. n.
118/2011, ha disposto i criteri per una corretta contabilizzazione dei DFB
riconosciuti (e scaduti),
stabilendo che essi vanno sempre imputati all’esercizio di scadenza, anche
se rilevati, come spesso
accade, in sede di rendiconto. Se, viceversa, i debiti riconosciuti non sono
ancora scaduti, vanno
registrati nell’esercizio di riconoscimento ed imputati nel momento in cui
diventano esigibili.
In seno ai 105 Enti censiti di area vasta, il riscontro si è avuto da 63
Province e 9 Città
metropolitane con debiti fuori bilancio riconosciuti nell’esercizio 2016,
per un totale di poco più
di 64 milioni di euro, di cui circa 45 milioni imputati alle Province e
circa 19 milioni alle Città
metropolitane, con un insignificante incremento complessivo rispetto
all’esercizio 2015.
Non si è,
dunque, confermata la tendenza ad una flessione di tutti i debiti fuori
bilancio riconosciuti,
comprensivi delle Province e delle Città metropolitane, il cui incremento
non solo è, come si è
visto, trascurabile, ma anche in sostanza riconducibile alle Città
metropolitane. In effetti, dai dati
del raffronto con l’esercizio 2015 risulta che, nelle Province, il numero
dei debiti riconosciuti si è
ridotto assai poco, dai 45.572.444 euro del 2015 ai menzionati 45.025.528
euro del 2016, a fronte
di un marginale incremento del 2% nelle Città metropolitane (da 18.090.637 a
18.476.170 euro).
Presso i Comuni, nell’esercizio 2016 il fenomeno della contrazione di debiti
fuori bilancio rimane
tendenzialmente stabile per numero di Enti coinvolti, pari a 1.669 (nel 2015
erano stati 1.676), mentre diminuisce in valore assoluto e percentuale
l’ammontare dei debiti riconosciuti, che scende
complessivamente a circa 559 milioni di euro, rispetto ai circa 623 milioni
dell’anno 2015 (-10%).
Nelle 63 Province che, nel 2016, registrano DFB riconosciuti per circa 45
milioni, le coperture con
avanzo libero si sono ridotte, passando dal 50% circa del 2015 (in cui vi
era una Provincia in più)
a circa il 44% del 2016. Nel 2016 nelle 9 Città metropolitane, che hanno
riconosciuto circa 19
milioni di debiti, l’avanzo libero è stato lo strumento di copertura in
circa il 60% dei casi
(11.395.044 euro).
I DFB non riconosciuti sono quelli che non compaiono affatto nelle scritture
contabili,
inficiandole, perché alla data di riferimento non era stata ancora emanata
alcuna relativa
delibera. Sfuggono, infatti, a ogni corretta rilevazione contabile, violando
in modo palese il
principio del rispetto della veridicità e attendibilità dei documenti
contabili.
I debiti non
riconosciuti al 31.12.2016, e da riconoscere nello stesso anno, riguardano 3
Città metropolitane e
22 Province, per un totale di 27.809.758 euro. Nel raffronto con l’esercizio
2015 si rileva che allora
le Città metropolitane con questo tipo di debiti erano 5 e i loro debiti
ammontavano a circa
3.271.942 euro, mentre le 23 Province avevano debiti pari a 31.957.588 euro,
per un totale di DFB
da riconoscere di 35.229.530 euro. Si registra, pertanto, una considerevole
diminuzione di questi
pari a 7.419.772 euro (circa il 21%). Presso i Comuni, invece, i DFB che al
31.12.2016 erano ancora
da riconoscere ammontavano a circa 752 milioni di euro, con una crescita
netta rispetto al 2015
in cui si erano registrati debiti per circa 684 milioni di euro (+10%
circa).
Infine, i debiti fuori bilancio riconosciuti ma non ripianati nell’esercizio
stesso, sono di importo
limitato e poco significativo. Per le Province e Città metropolitane
trattasi di un fenomeno quasi
in via di estinzione. Per i Comuni, la stessa tipologia di debiti,
riconosciuti ma da finanziare
riguarda, nel 2016, 61 Comuni (erano 76 nel 2015) e un importo di circa 176
milioni di euro,
ripianati tra l’anno stesso e i due successivi. Il ripiano riferito al
biennio 2017/2018 investe una
quota di debito pari a 5.104.887 euro (3% circa).
---------------
214 Il quadro normativo dell’istituto è stato ampiamente trattato
dalla Relazione di questa Sezione sulla gestione finanziaria degli Enti
locali del 2015. Cfr. deliberazione n. 4/SEZAUT/2017/FRG (pagg. 354-358). |
ATTI AMMINISTRATIVI - APPALTI: In coerenza con i principi di
efficienza ed economicità dell’azione amministrativa e con
l’interesse pubblico volto ad evitare inutili sprechi di
danaro pubblico, è possibile per i competenti organi
dell’ente locale, nelle ipotesi e con le modalità precisate
nel presente pronunciamento, procedere al pagamento
dell’obbligazione derivante da un provvedimento
giurisdizionale esecutivo anche prima della deliberazione
consiliare di riconoscimento.
Resta comunque salvo l’obbligo della pronta attivazione e
celere definizione del procedimento di cui all’art. 194 TUEL,
nonché l’obbligo di includere la determinazione relativa al
pagamento anticipato nella documentazione da trasmettere
alla competente Procura della Corte dei conti ai sensi
dell’art. 23 della legge n. 289 del 2002.
---------------
In tema di debiti fuori bilancio, ovvero
delle obbligazioni pecuniarie maturate senza la previa
adozione dei dovuti adempimenti per la necessaria regolare
assunzione dell’impegno contabile, la disciplina normativa
si rinviene negli articoli 191, 193 e 194 del TUEL.
In particolare, è quest’ultima disposizione che prevede la
possibilità per gli enti locali di riconoscere la
legittimità dei debiti fuori bilancio derivanti da
determinate fattispecie tassativamente elencate nel primo
comma, tra cui è compreso alla lett. a) il caso delle
“sentenze esecutive”.
Dell’estesa elaborazione giurisprudenziale (oltre che
dottrinaria) della materia, interessa qui ricordare in
particolare due approdi interpretativi che risultano ormai
assolutamente consolidati.
Un primo punto considerato certo attiene alla competenza del
Consiglio comunale in ordine al riconoscimento dei debiti
fuori bilancio, che è ritenuta esclusiva, non derogabile e
non assumibile da altri organi, essenzialmente in ragione
delle funzioni generali di indirizzo e controllo
politico-amministrativo e di garante dell’equilibrio e della
regolarità del sistema di bilancio, proprie dell’organo
elettivo.
L’altro dato pacificamente acquisito è quello per cui, al di
là del rilievo letterale, la riconoscibilità dei debiti
derivanti da sentenze esecutive ammessa dall’art. 194, comma
1, lett. a), TUEL, è da intendersi riferita a tutti i
provvedimenti giudiziari idonei a costituire un titolo
esecutivo e ad instaurare un processo di esecuzione, ivi
compreso, pertanto, il decreto ingiuntivo dichiarato
esecutivo.
…
Per gli amministratori e i funzionari che vengono a
conoscenza dell’avvenuta notificazione di un decreto
ingiuntivo, rimane obbligo prioritario quello di attivare e
svolgere prontamente, ciascuno per la propria competenza, il
procedimento che conduce alla tempestiva convocazione del
Consiglio comunale deputato all’assunzione delle
determinazioni inerenti il riconoscimento del debito fuori
bilancio, in modo che l’adozione della deliberazione
consiliare possa giungere in tempo utile per effettuare il
pagamento nei termini stabiliti ed impedire la formazione di
oneri aggiuntivi a carico dell’ente, come quelli connessi
alla maturazione di interessi e rivalutazione monetaria o
alle ulteriori spese legali conseguenti ad eventuali azioni
esecutive.
La procedura di riconoscimento dei debiti fuori bilancio ha
la finalità generale di ricondurre entro il sistema di
bilancio dell’ente determinate tipologie di spese generate
al di fuori delle autorizzazioni già concesse.
Coerente allo scopo è la complessità della funzione assolta
della delibera consiliare di riconoscimento.
In tale fase il Consiglio comunale ha, in primo luogo, il
compito di riscontrare e dimostrare che la spesa rientri in
una delle casistiche tipizzate dall’art. 194 TUEL. Tale
accertamento si svolge secondo canoni e livelli di analisi
alquanto diversi a seconda della tipologia di riferimento
del debito, talora risultando sostanzialmente doveroso (come
di seguito si vedrà, è questo il caso proprio dei
provvedimenti giudiziari esecutivi), talaltra lasciando
all’organo un certo margine di discrezionalità, come in
particolare avviene con riguardo all’ipotesi di cui alla
lett. e) della disposizione in parola, relativa alle
obbligazioni sorte da acquisizioni di beni e servizi in
violazione delle procedure di spesa.
Una volta valutata positivamente la riconoscibilità del
debito, la delibera consiliare è diretta a garantire la
salvaguardia degli equilibri generali di bilancio, in quanto
deve contestualmente indicare le risorse per far fronte alla
conseguente assunzione del nuovo impegno contabile e al
relativo pagamento, individuandole tra le fonti di
finanziamento consentite dall’ordinamento (cfr. in
particolare, art. 193, comma 3 e art. 194, commi 2 e 3, TUEL).
La pronuncia del Consiglio comunale è altresì chiamata ad
indagare su modalità e cause della irregolare formazione
della posizione debitoria e ad accertare le eventuali
responsabilità.
Dovrebbe cioè procedersi ad esaminare le procedure e
operazioni amministrative eseguite, sia al fine di rilevare
le anomalie da correggere per il futuro, sia per verificare
se vi siano state mancanze ascrivili ad amministratori o
funzionari dell’Ente, in grado di dar luogo in particolare a
danni erariali.
Tale funzione di accertamento risulta rafforzata dalla
previsione legislativa dell’obbligo di invio delle delibere
di riconoscimento di debiti agli organi di controllo ed alla
Procura regionale della Corte dei conti (articolo 23, comma
5, legge 27.12.2002, n. 289).
…
Come sopra accennato, sotto tale profilo la giurisprudenza
della Corte dei conti ha ripetutamente osservato come, la
fattispecie del riconoscimento di debiti derivanti da
provvedimenti giudiziari esecutivi, presenti elementi di
specificità che la distinguono dalle altre tipologie
considerate dall’art. 194 TUEL.
Ciò per il fatto che, in questo caso, l’obbligazione
debitoria si impone all’ente “ex se”, in virtù della forza
imperativa dell’atto proveniente dal giudice che vincola
chiunque, e quindi tanto un soggetto privato quanto
un’Amministrazione pubblica, ad osservarlo ed eseguirlo
(articolo 2909 del codice civile).
L’ente, cioè, è tenuto a saldare detti debiti effettuandone
il pagamento, indipendentemente da qualsivoglia
manifestazione di giudizio in ordine alla loro legittimità,
che è già implicita nella fonte da cui promanano, tenuto
conto che, in caso contrario, il creditore può ricorrere a
misure esecutive per soddisfare la propria pretesa, con un
pregiudizio ancora maggiore per l’ente.
Si afferma anche che cambia la natura dei poteri
esercitabili dall’organo consiliare, posto che ad esso non
residua alcun margine di discrezionalità in ordine all’an e
al quantum del debito da riconoscere, che sono esplicitati
nella statuizione del giudice.
Sotto questo specifico aspetto la deliberazione di
riconoscimento assume una valenza meramente ricognitiva, di
presa d’atto, mentre restano salve le altre funzioni di
riconduzione della spesa nel sistema di bilancio nel
rispetto degli equilibri finanziari e di analisi delle cause
e delle eventuali responsabilità.
In ogni caso, il tempestivo svolgimento dell’iter ordinario
stabilito per il riconoscimento del debito deve risultare
idoneo, tanto più nel caso di provvedimenti giudiziari
esecutivi, a condurre al pagamento in termini utili e a
scongiurare il rischio di maggiori pregiudizi economici per
l’ente.
Ciò specialmente quando, come nel caso del Comune istante,
l’ente trovi un’intesa con il creditore sulle modalità di
adempimento dell’obbligazione derivante dal provvedimento,
ad esempio per una dilazione di pagamento (ipotizzata anche
dall’art. 194, comma 2, TUEL) o per la rinuncia o riduzione
degli interessi.
E ciò anche ove si ritenga applicabile agli enti locali
(come incidentalmente adombrato in diversi pareri di sezioni
regionali di controllo tra cui quello già citato della
sezione pugliese) il lasso temporale di centoventi giorni
tra notificazione del titolo esecutivo e possibilità di
attivare il procedimento di esecuzione forzata, previsto
dall’articolo 14 del decreto-legge 31.12.1996, n. 669,
convertito nella legge 28.02.1997, n. 30.
----------------
Il Sindaco del Comune di Imperia formula una richiesta di
parere in tema di debiti fuori bilancio derivanti da
provvedimenti giudiziari esecutivi.
A tale scopo, il Sindaco ricostruisce in maniera alquanto
circostanziata e con allegazione di documenti, una vicenda
amministrativa riguardante l’intervenuta revisione dei
prezzi del servizio di gestione dei rifiuti solidi urbani,
la quale, tuttavia, ai fini del presente esame merita di
essere esposta con riferimento soltanto ad alcuni aspetti
essenziali e alle fasi più recenti.
Risulta quindi che, su richiesta della società affidataria
del predetto servizio, il Tribunale Amministrativo Regionale
per la Liguria ha emesso un decreto ingiuntivo, notificato
in data 28.12.2017, con cui si ordina al Comune di Imperia
il pagamento di una somma di danaro corrispondente ad un
credito certo, liquido ed esigibile vantato dalla parte
ricorrente, oltre all’IVA, agli interessi dalla domanda al
saldo e alle spese del relativo procedimento.
In presenza di atti dirigenziali, comunicati alla società
creditrice, che già in precedenza riconoscevano la debenza
della somma richiesta in pagamento, e non ravvisando ora la
sussistenza di elementi per proporre opposizione al decreto
ingiuntivo, la Giunta Municipale, in base all’articolo 194,
comma 1, lett. a), del decreto legislativo 18.08.2000, n. 267
(TUEL), con deliberazione del 30.01.2018 ha quindi formulato
al Consiglio comunale una proposta di riconoscimento del
debito fuori bilancio scaturente dal summenzionato decreto
ingiuntivo, con l’indicazione delle relative modalità di
ripiano.
Pressoché in parallelo, la società creditrice ha aderito,
con note formali del 24.01.2018 e del 05.02.2018, alla
richiesta dell’Ente di rinunciare agli interessi
riconosciuti dal decreto ingiuntivo, a condizione che il
pagamento avvenga entro la data del 31.03.2018.
Sennonché, allo stato il Consiglio comunale non è ancora
giunto ad approvare la prevista deliberazione di
riconoscimento del debito, in quanto nella seduta convocata
nel giorno del 12.02.2018 è venuto a mancare il numero
legale prima della votazione finale.
Ciò posto, il Sindaco intende sapere se, dinanzi alla
possibilità di evitare al Comune il maggior esborso degli
interessi dovuti in base al decreto ingiuntivo, e ritenuta
sussistente la copertura finanziaria nel bilancio dell’Ente,
sia legittimo procedere al pagamento di cui al decreto
ingiuntivo in questione con apposita determinazione del
dirigente competente, prima dell’adozione da parte del
Consiglio comunale della deliberazione di riconoscimento del
debito fuori bilancio prevista dalla disposizione sopra
citata.
Nel rivolgere la richiesta, il Sindaco assume altresì un
duplice impegno, volto ad assicurare sia il nuovo
inserimento della proposta di riconoscimento del debito tra
gli argomenti dell’ordine del giorno della prossima seduta
del Consiglio comunale, sia la trasmissione della suddetta
eventuale determinazione dirigenziale autorizzativa del
pagamento alla competente Procura regionale della Corte dei
conti, in attuazione dell’articolo 23, comma 5, della legge
27.12.2002, n. 289.
...
3. Sulla scorta delle suesposte osservazioni, dunque, la
questione di merito sulla quale questo Collegio è chiamato a
pronunciarsi può essere individuata nei seguenti precisi
termini: “può un Comune, in quanto
destinatario di un decreto ingiuntivo divenuto
definitivamente esecutivo per la mancata proposizione di
opposizione, procedere mediante determinazione dirigenziale
al pagamento della somma ordinata dal giudice, prima che
intervenga la deliberazione del Consiglio comunale di
riconoscimento del debito fuori bilancio, nell’ipotesi in
cui questa sia comunque necessaria per l’assenza di un
corrispondente previo impegno di spesa, quando ciò
consentirebbe di evitare l’aggravio di oneri conseguente
alla maturazione di interessi legali da corrispondere al
creditore o alle spese giudiziarie connesse all’eventuale
attivazione delle procedure esecutive?”.
Il tema generale chiamato in causa, dunque, è quello dei
debiti fuori bilancio, ovvero delle obbligazioni pecuniarie
maturate senza la previa adozione dei dovuti adempimenti per
la necessaria regolare assunzione dell’impegno contabile, la
cui essenziale disciplina normativa si rinviene negli
articoli 191, 193 e 194 del TUEL. In particolare, è
quest’ultima disposizione che prevede la possibilità per gli
enti locali di riconoscere la legittimità dei debiti fuori
bilancio derivanti da determinate fattispecie tassativamente
elencate nel primo comma, tra cui è compreso alla lett. a)
il caso delle “sentenze esecutive”.
Dell’estesa elaborazione giurisprudenziale (oltre che
dottrinaria) della materia, interessa qui ricordare in
particolare due approdi interpretativi che risultano ormai
assolutamente consolidati.
Un primo punto considerato certo attiene alla competenza del
Consiglio comunale in ordine al riconoscimento dei debiti
fuori bilancio, che è ritenuta esclusiva, non derogabile e
non assumibile da altri organi, essenzialmente in ragione
delle funzioni generali di indirizzo e controllo
politico-amministrativo e di garante dell’equilibrio e della
regolarità del sistema di bilancio, proprie dell’organo
elettivo.
L’altro dato pacificamente acquisito è quello per cui, al di
là del rilievo letterale, la riconoscibilità dei debiti
derivanti da sentenze esecutive ammessa dall’art. 194, comma
1, lett. a), TUEL, è da intendersi riferita a tutti i
provvedimenti giudiziari idonei a costituire un titolo
esecutivo e ad instaurare un processo di esecuzione, ivi
compreso, pertanto, il decreto ingiuntivo dichiarato
esecutivo.
Ciò detto, la sopra operata puntuale delimitazione
dell’oggetto della questione da risolvere consente di
escludere dal presente campo di osservazione altri profili
problematici che sorgerebbero in relazione a situazioni che
presentino varianti rispetto a quella prospettata.
Così vale, ad esempio, per i casi, rispettivamente, di
decreto ingiuntivo non ancora esecutivo (non essendo
trascorso il periodo indicato dal codice di procedura
civile), o di decreto ingiuntivo la cui esecutività è stata
sospesa nell’ambito del giudizio di opposizione. Rispetto al
rapporto tra tali ipotesi e la materia dei debiti fuori
bilancio, infatti, sorgono una serie di ulteriori questioni
il cui esame, però, non assume rilievo in relazione alla
situazione qui considerata in cui, appunto, il decreto
ingiuntivo ha acquistato esecutività in via definitiva.
Allo stesso modo, in quanto non direttamente rilevanti ai
presenti fini, si omettono le varie e complesse
considerazioni che andrebbero svolte con riguardo
all’ipotesi in cui l’obbligazione sottesa al decreto
ingiuntivo fosse inquadrabile in origine nella tipologia di
debiti fuori bilancio di cui art. 194, comma 1, lett. e),
del TUEL, relativa all’acquisizione di beni e servizi in
violazione delle procedure di spesa.
Per ragioni analoghe, non si considera l’ipotesi in cui, per
la somma richiesta in pagamento col decreto ingiuntivo, sia
stato in precedenza già assunto regolare impegno di spesa,
visto che in tal caso si verserebbe al di fuori della
disciplina dei debiti fuori bilancio e residuerebbe soltanto
il problema del trattamento contabile da riservare ai
maggiori oneri derivanti dalle spese giudiziarie, se non
preventivati nel bilancio dell’Ente.
A tale situazione è assimilabile e, pertanto, esula
anch’essa dall’esame della Sezione, quella in cui il
precedente impegno di spesa sussista ma per importo
inferiore a quello determinato nel decreto ingiuntivo, nel
qual caso le problematiche si intrecciano con il tema del
possibile inquadramento della fattispecie nell’area delle
cd. “passività pregresse”, le quali non
richiederebbero l’attivazione del procedimento di
riconoscimento di debito, quanto invece la mera integrazione
dell’impegno originario nonché, al verificarsi dei relativi
presupposti, l’applicazione dei punti n. 5.2, lett. h) e n.
9.1 del principio contabile applicato della contabilità
finanziaria di cui all’allegato 4/2 del decreto legislativo
23.06.2011, n. 118.
Con riferimento alla fattispecie concreta portata a
conoscenza della Sezione dall’Ente istante, è bene
sottolineare, incidentalmente, che la valutazione circa la
sussistenza degli elementi di questa diversa ipotesi avrebbe
dovuto essere svolta dagli organi competenti, non appena
avuto cognizione della passività insorta e, quindi, prima
ancora che questa diventasse oggetto del decreto ingiuntivo.
4. Muovendo da tali premesse, occorre anzitutto chiarire
che, per gli amministratori e i funzionari che vengono a
conoscenza dell’avvenuta notificazione di un decreto
ingiuntivo, rimane obbligo prioritario quello di attivare e
svolgere prontamente, ciascuno per la propria competenza, il
procedimento che conduce alla tempestiva convocazione del
Consiglio comunale deputato all’assunzione delle
determinazioni inerenti il riconoscimento del debito fuori
bilancio, in modo che l’adozione della deliberazione
consiliare possa giungere in tempo utile per effettuare il
pagamento nei termini stabiliti ed impedire la formazione di
oneri aggiuntivi a carico dell’ente, come quelli connessi
alla maturazione di interessi e rivalutazione monetaria o
alle ulteriori spese legali conseguenti ad eventuali azioni
esecutive.
In tal senso già si esprimeva, nella vigenza
dell’ordinamento contabile precedente al d.lgs. n. 118 del
2011, il principio contabile n. 2 dell’Osservatorio per la
finanza e la contabilità degli Enti locali nel testo
approvato il 12.03.2008, sia con generale riferimento
all’insorgenza di passività idonee a determinare debiti
fuori bilancio di qualsiasi tipologia (punti 93, 94, 95),
sia con specifico riguardo al caso dell’obbligazione
derivante da sentenza esecutiva (punto 103). Non sembra
potersi dubitare, infatti, che in assenza di contenuti
simili nei nuovi principi contabili armonizzati, quelle
indicazioni costituiscano tuttora validi criteri di azione
per gli enti locali.
5. La procedura di riconoscimento dei debiti fuori bilancio
ha la finalità generale di ricondurre entro il sistema di
bilancio dell’ente determinate tipologie di spese generate
al di fuori delle autorizzazioni già concesse.
Coerente allo scopo è la complessità della funzione assolta
della delibera consiliare di riconoscimento.
In tale fase il Consiglio comunale ha, in primo luogo, il
compito di riscontrare e dimostrare che la spesa rientri in
una delle casistiche tipizzate dall’art. 194 TUEL. Tale
accertamento si svolge secondo canoni e livelli di analisi
alquanto diversi a seconda della tipologia di riferimento
del debito, talora risultando sostanzialmente doveroso (come
di seguito si vedrà, è questo il caso proprio dei
provvedimenti giudiziari esecutivi), talaltra lasciando
all’organo un certo margine di discrezionalità, come in
particolare avviene con riguardo all’ipotesi di cui alla
lett. e) della disposizione in parola, relativa alle
obbligazioni sorte da acquisizioni di beni e servizi in
violazione delle procedure di spesa.
Una volta valutata positivamente la riconoscibilità del
debito, la delibera consiliare è diretta a garantire la
salvaguardia degli equilibri generali di bilancio, in quanto
deve contestualmente indicare le risorse per far fronte alla
conseguente assunzione del nuovo impegno contabile e al
relativo pagamento, individuandole tra le fonti di
finanziamento consentite dall’ordinamento (cfr. in
particolare, art. 193, comma 3 e art. 194, commi 2 e 3, TUEL).
La pronuncia del Consiglio comunale è altresì chiamata ad
indagare su modalità e cause della irregolare formazione
della posizione debitoria e ad accertare le eventuali
responsabilità. Dovrebbe cioè procedersi ad esaminare le
procedure e operazioni amministrative eseguite, sia al fine
di rilevare le anomalie da correggere per il futuro, sia per
verificare se vi siano state mancanze ascrivili ad
amministratori o funzionari dell’Ente, in grado di dar luogo
in particolare a danni erariali. Tale funzione di
accertamento risulta rafforzata dalla previsione legislativa
dell’obbligo di invio delle delibere di riconoscimento di
debiti agli organi di controllo ed alla Procura regionale
della Corte dei conti (articolo 23, comma 5, legge
27.12.2002, n. 289).
Come sopra accennato, sotto tale profilo la giurisprudenza
della Corte dei conti ha ripetutamente osservato come, la
fattispecie del riconoscimento di debiti derivanti da
provvedimenti giudiziari esecutivi, presenti elementi di
specificità che la distinguono dalle altre tipologie
considerate dall’art. 194 TUEL.
Ciò per il fatto che, in questo caso, l’obbligazione
debitoria si impone all’ente “ex se”, in virtù della
forza imperativa dell’atto proveniente dal giudice che
vincola chiunque, e quindi tanto un soggetto privato quanto
un’Amministrazione pubblica, ad osservarlo ed eseguirlo
(articolo 2909 del codice civile). L’ente, cioè, è tenuto a
saldare detti debiti effettuandone il pagamento,
indipendentemente da qualsivoglia manifestazione di giudizio
in ordine alla loro legittimità, che è già implicita nella
fonte da cui promanano, tenuto conto che, in caso contrario,
il creditore può ricorrere a misure esecutive per soddisfare
la propria pretesa, con un pregiudizio ancora maggiore per
l’ente.
Si afferma anche che cambia la natura dei poteri
esercitabili dall’organo consiliare, posto che ad esso non
residua alcun margine di discrezionalità in ordine all’an
e al quantum del debito da riconoscere, che sono
esplicitati nella statuizione del giudice. Sotto questo
specifico aspetto la deliberazione di riconoscimento assume
una valenza meramente ricognitiva, di presa d’atto, mentre
restano salve le altre funzioni di riconduzione della spesa
nel sistema di bilancio nel rispetto degli equilibri
finanziari e di analisi delle cause e delle eventuali
responsabilità (l’orientamento è da tempo consolidato: cfr.
da ultimo,
parere 22.02.2018 n. 29 della Sezione regionale di
controllo per la Puglia e
parere 10.01.2018 n. 2 della
Sezione regionale di controllo per la Campania).
6. In ogni caso, il tempestivo svolgimento dell’iter
ordinario stabilito per il riconoscimento del debito deve
risultare idoneo, tanto più nel caso di provvedimenti
giudiziari esecutivi, a condurre al pagamento in termini
utili e a scongiurare il rischio di maggiori pregiudizi
economici per l’ente. Ciò specialmente quando, come nel caso
del Comune istante, l’ente trovi un’intesa con il creditore
sulle modalità di adempimento dell’obbligazione derivante
dal provvedimento, ad esempio per una dilazione di pagamento
(ipotizzata anche dall’art. 194, comma 2, TUEL) o per la
rinuncia o riduzione degli interessi. E ciò anche ove si
ritenga applicabile agli enti locali (come incidentalmente
adombrato in diversi pareri di sezioni regionali di
controllo tra cui quello già citato della sezione pugliese)
il lasso temporale di centoventi giorni tra notificazione
del titolo esecutivo e possibilità di attivare il
procedimento di esecuzione forzata, previsto dall’articolo
14 del decreto-legge 31.12.1996, n. 669, convertito
nella legge 28.02.1997, n. 30.
Il problema si pone per i casi in cui, per qualsivoglia
ragione, il corso del procedimento relativo al
riconoscimento del debito incontri ostacoli che impediscono
l’adozione di una deliberazione consiliare che sia utile
allo scopo. Ciò è quello che è avvenuto nel Comune istante
per le riferite circostanze eccezionali, ma lo stesso
potrebbe verificarsi anche in relazione a fattori più
probabili, come ad esempio la tempistica non immediata per
la convocazione e l’istruttoria delle deliberazioni del
Consiglio comunale, oppure i limiti normativi alla gestione
del bilancio e alle relative variazioni in caso di esercizio
provvisorio o gestione provvisoria.
Occorre allora porsi la domanda, che è insita nel quesito
posto dal Comune, se quelle stesse esigenze di evitare
all’ente i danni patrimoniali rinvenibili dal mancato o
tardivo adempimento dell’obbligo di pagamento derivante dal
provvedimento giurisdizionale esecutivo, le quali hanno
ispirato e ispirano i sopra evidenziati canoni di azione
amministrativa, anche di origine giurisprudenziale, volti
alla rapida adozione della deliberazione consiliare di
riconoscimento e al suo tempestivo pagamento, possano
condurre, sempre e comunque attraverso l’interpretazione
delle norme esistenti, all’individuazione della possibilità
per amministratori e funzionari dell’ente stesso di
effettuare detto pagamento prima dell’intervento del
Consiglio comunale.
7. A tale questione, la Sezione ritiene di fornire soluzione
affermativa, nei termini di seguito precisati.
7.1 Si rappresenta anzitutto l’ipotesi in cui, in
considerazione dell’oggetto della spesa cui si riferisce
l’obbligazione perfezionata con il provvedimento del
giudice, sussista un pertinente e capiente stanziamento nel
bilancio in corso di gestione.
In tale evenienza non si ravvedono ragioni per precludere
all’organo competente alla gestione della spesa la
possibilità di procedere all’assunzione del nuovo impegno
contabile, propedeutico alle successive fasi della spesa e
quindi anche al pagamento.
Ed invero, premesso che le obbligazioni giuridiche derivanti
da provvedimenti giudiziari esecutivi si presentano come
obbligazioni che si perfezionano senza il concorso della
volontà dell’amministrazione, occorre notare che in
fattispecie di questo genere non si è in presenza di alcuna
situazione patologica né nel sistema di bilancio esistente,
visto che già di per sé reca la copertura finanziaria per la
nuova spesa, né nell’impegno contabile.
Sotto questo secondo profilo si osserva, infatti, che, come
è stato tradotto in diritto positivo nel nuovo ordinamento
contabile, la registrazione di un impegno di spesa può
avvenire soltanto dal momento in cui l’obbligazione a carico
dell’ente è giuridicamente perfezionata (cfr. punto 5.1 del
già menzionato principio applicato della contabilità
finanziaria di cui all’allegato 4/2). Perciò non può
rilevarsi un’anomalia nell’assunzione dell’impegno a seguito
dell’obbligazione giuridica che sorge e si perfeziona per
effetto del provvedimento del giudice. Prima di tale momento
ciò non sarebbe neppure stato possibile, come è confermato
dal punto 5.2, lett. h), del medesimo principio contabile
proprio con riferimento alle obbligazioni passive, solo
potenziali, in attesa degli esiti di un giudizio.
L’esposta conclusione non significa che la situazione qui
considerata fuoriesca dal campo di applicazione dell’art.
194 del TUEL. Anzi, anche in tali circostanze, il
procedimento che culmina con la deliberazione consiliare di
riconoscimento del debito continua a rappresentare la via
ordinaria da seguire, che il legislatore ha evidentemente
scelto di prescrivere con il richiamo anche alle sentenze
esecutive, in considerazione della possibile, anche se non
necessaria, presenza di elementi di irregolarità o di
anomalie negli atti o fatti sottesi alla controversia
giudiziale.
Ove, però, tale strada si riveli non tempestivamente e
utilmente praticabile, gli amministratori o funzionari
competenti potranno comunque, al verificarsi delle
condizioni descritte, ugualmente attivarsi per il pagamento
del debito, salvo l’obbligo per i medesimi di adoperarsi
contemporaneamente per la definizione della deliberazione
consiliare di riconoscimento.
Negare tale possibilità, nei casi in cui costituisce l’unico
rimedio per evitare maggiori aggravi di spesa per l’ente,
condurrebbe questa Sezione a privilegiare un formalismo
giuridico che si appalesa all’evidenza non giustificato.
Come sarà evidenziato meglio in seguito, infatti, la
sottoposizione della fattispecie di spesa da provvedimento
giurisdizionale esecutivo all’esame del Consiglio comunale
in un momento successivo al pagamento del debito, lascia
inalterati i poteri e i margini di valutazione che competono
all’organo nell’ambito della deliberazione di riconoscimento
e che potrà esercitare con uguali modalità e, soprattutto,
con pari efficacia e rilevanza.
7.2 Può accadere, invece, che nel bilancio in corso di
gestione non sussista uno stanziamento con oggetto
corrispondente al tipo di spesa derivante dal provvedimento
del giudice, oppure che tale stanziamento non offra più la
necessaria capienza. In tale evenienza, si ha di fronte
effettivamente una situazione patologica del bilancio, che
non è in grado di recepire il nuovo fenomeno di rilevanza
finanziaria. Ed è in relazione a questa situazione, e ad
altre simili, che si svolge una delle ricordate funzioni
proprie della deliberazione di riconoscimento del debito,
ovvero quella della sua riconduzione al sistema di bilancio
attraverso l’individuazione delle modalità di copertura.
Ciò nonostante, si ritiene che, sempre sul presupposto della
non avvenuta tempestiva convocazione dell’organo consiliare,
le apposite disponibilità di bilancio, necessarie per
procedere al pagamento del debito ed evitare aggravi di
spesa, possano essere ugualmente individuate attraverso
l’esercizio dei poteri di variazione del bilancio spettanti
in via ordinaria agli altri organi dell’ente.
Tale soluzione, d’altronde, si rivela pienamente in linea
con l’attuale conformazione degli schemi contabili
armonizzati degli enti locali, in cui si può distinguere,
anche concettualmente, un bilancio cd. “decisionale”,
corrispondente al bilancio di previsione per missioni e
programmi sottoposto all’approvazione del Consiglio comunale
(l’unità di voto è il programma), e un bilancio cd. “gestionale”,
ovvero il Piano esecutivo di gestione (PEG) elaborato dalla
Giunta, nel quale le previsioni del primo documento vengono
ulteriormente articolate.
Il nuovo sistema di classificazione del bilancio si
riverbera anche sulla distribuzione delle competenze nella
materia delle variazioni di bilancio, le quali, come noto,
rappresentano un importante strumento con cui viene
garantita la necessaria flessibilità della gestione
finanziaria.
Rinviando all’analitica disciplina contenuta principalmente
nell’articolo 175 del TUEL, peraltro da coordinarsi con le
norme e i limiti relativi all’esercizio provvisorio e alla
gestione provvisoria (in specie l’art. 163 TUEL e il punto 8
del principio applicato di cui all’allegato 4/2), si osserva
che, anche nel mutato quadro, la regola generale individua
nel Consiglio l’organo deputato ad adottare le variazioni
del bilancio di previsione, salve specifiche eccezioni. Alla
Giunta, di contro, è invece formalmente riconosciuta, oltre
alla competenza per alcune variazioni del bilancio di
previsioni non aventi natura discrezionale, la pressoché
esclusiva titolarità delle variazioni del Piano esecutivo di
gestione, fatte solo salve alcune competenze rimesse ad
organi dell’apparato amministrativo. Nella nuova disciplina,
infatti, degli spazi per variazioni sia al bilancio di
previsione che al Piano esecutivo di gestione sono
attribuiti anche al responsabile finanziario dell’ente o ai
singoli responsabili della spesa.
A fronte di questa precisa definizione dei diversi livelli
di competenza e di responsabilità, appare dunque
indubitabile che l’esercizio dei poteri di variazione
spettanti alla Giunta e ai responsabili finanziari o della
spesa non sia impedito dinanzi all’obbligo di adeguarsi al
provvedimento del giudice, ove non si sia riusciti a
provvedere in tempo con la deliberazione consiliare. Ciò,
ovviamente, non determina un’esautorazione di poteri del
Consiglio comunale, posto che, anche in tale circostanza,
occorre ugualmente portare a compimento il procedimento di
riconoscimento del debito previsto dall’art. 194 TUEL. In
tale sede, l’organo consiliare potrà verificare e ratificare
l’operato degli organi precedentemente intervenuti, ma potrà
anche scegliere di adottare, attraverso variazioni di
bilancio di propria pertinenza, una diversa soluzione in
ordine alle modalità di finanziamento del nuovo debito.
7.3 Quest’ultima osservazione permette altresì di
considerare praticabile, al fine di adeguare il sistema di
bilancio alla necessità di adempiere all’obbligo di
pagamento discendente dal provvedimento esecutivo del
giudice, anche l’adozione in via d'urgenza da parte della
Giunta di una variazione di bilancio di competenza del
Consiglio, ai sensi degli articoli 42, comma 4 e 175, comma
4, del TUEL. Si ritiene infatti che l’esigenza di evitare
maggiori oneri a carico dell’ente possa essere sufficiente
ai fini della richiesta motivazione da sottoporre all’esame
dell’organo consiliare.
Si osserva, anzi, che tale opportunità consente di poter
accedere fin da subito, per il ripiano del nuovo debito,
allo strumento finanziario più idoneo allo scopo, ovvero
alle risorse eventualmente accantonate nel bilancio di
previsione a titolo di fondo rischi derivanti da
contenzioso, il cui utilizzo in via ordinaria richiede,
appunto, in base all’attuale sistema di classificazione
delle spese e alle regole fissate dall’art. 175 TUEL, una
variazione di bilancio di competenza del Consiglio.
Anche in questo caso, la successiva verifica da parte
dell’organo consiliare resta senz’altro garantita, non solo
con la previsione della ratifica a pena di decadenza delle
variazioni d’urgenza entro i sessanta giorni seguenti, ma
anche perché non viene meno la necessità di pervenire
comunque alla deliberazione di riconoscimento del debito, in
occasione della quale il Consiglio potrà disporre dei suoi
poteri con immutata efficacia.
8. Risulta dunque chiaramente assodato che, in tutte le
esposte ipotesi in cui si ritiene ammissibile il pagamento
del debito derivante da decreto ingiuntivo prima della
delibera consiliare di riconoscimento, la necessità di
pervenire comunque all’adozione di tale provvedimento rimane
confermata, perché in tal senso è espressa la volontà del
legislatore nell’art. 194 TUEL.
Si è anche fatto cenno all’osservazione per cui il
Consiglio, sebbene giunto a deliberare soltanto dopo il
pagamento, può nondimeno svolgere in tale successivo momento
le funzioni tipiche del procedimento, con gli stessi margini
di valutazione e la stessa efficacia di cui avrebbe disposto
ove il procedimento medesimo avesse avuto corso regolare.
Si tratta ora di precisare meglio tale asserzione.
In effetti, il punto che, prima facie, può generare
qualche problematicità è soltanto quello che si ricollega al
rilievo per cui, con l’anticipato pagamento del debito,
viene a determinarsi l’ingresso nella gestione finanziaria
dell’ente di un fenomeno di spesa manifestatosi in modo
anomalo e prima non rilevato, quando invece tale prerogativa
viene tradizionalmente riservata al Consiglio comunale in
sede di deliberazione di riconoscimento.
A questo riguardo, occorre tuttavia rifarsi a quanto innanzi
già riferito in ordine alla peculiarità del riconoscimento
di debito da provvedimenti giudiziari esecutivi. Si è visto,
infatti, che nel caso all’attenzione l’organo consiliare non
dispone di uno spazio valutativo in ordine alla legittimità
del debito e alla necessità di riportarlo all’interno del
bilancio, trattandosi di adempimento assolutamente doveroso
e vincolato in virtù della forza imperativa della
statuizione del giudice.
Ne consegue che, sotto siffatto specifico profilo, il
diverso organo che, ordinando il pagamento del debito,
anticipa gli effetti del riconoscimento, non provoca una
compressione, e con essa un vulnus, dei poteri
consiliari. Si può anzi affermare che esso soggiaccia, come
il Consiglio, all’obbligo derivante dal provvedimento
esecutivo e abbia quindi agito, nell’ambito delle proprie
competenze, per assicurarne l’esecuzione.
Per quanto concerne, invece, l’integra conservazione dei
poteri del Consiglio sulle modalità di copertura del debito
fuori bilancio già pagato, sono sufficienti le notazioni in
precedenza già svolte con riferimento a tutte le ipotesi
considerate.
Infine, anche con riferimento alla funzione di accertamento
delle cause e delle responsabilità delle fattispecie di
debito, non vi è dubbio che in sede di deliberazione di
riconoscimento successiva al pagamento, essa possa svolgersi
con le stesse modalità ed efficacia e potrà ovviamente
riguardare anche l’operato degli organi che hanno disposto
il previo pagamento.
9. In conclusione, questa Sezione ritiene
che, in coerenza con i principi di efficienza ed economicità
dell’azione amministrativa e con l’interesse pubblico volto
ad evitare inutili sprechi di danaro pubblico, sia possibile
per i competenti organi dell’ente locale, nelle ipotesi e
con le modalità precisate nel presente pronunciamento,
procedere al pagamento dell’obbligazione derivante da un
provvedimento giurisdizionale esecutivo anche prima della
deliberazione consiliare di riconoscimento.
Restano comunque salvi l’obbligo della
pronta attivazione e celere definizione del procedimento di
cui all’art. 194 TUEL, nonché quello di includere la
determinazione relativa al pagamento anticipato nella
documentazione da trasmettere alla competente Procura della
Corte dei conti ai sensi dell’art. 23 della legge n. 289 del
2002.
Nei precisati termini la Sezione si esprime in ordine alla
questione giuridica astratta individuata sulla base della
richiesta di parere pervenuta, senza che le considerazioni
ed indicazioni riportate nella presente pronuncia possano
precludere o limitare in alcun modo altre possibili future
valutazioni, nella pertinente sede del controllo, sui vari
profili della fattispecie concreta descritta dall’Ente
istante qui non presi direttamente in esame
(cfr. Corte dei Conti, Sez. controllo Liguria,
parere 22.03.2018 n. 73). |
ATTI
AMMINISTRATIVI: Debiti
fuori bilancio, niente deroghe all'obbligo di passare in consiglio.
Il
parere 22.02.2018 n. 29 della Corte dei
Conti, Sez. di controllo della Puglia, fa luce sull'iter amministrativo
che gli enti locali devono seguire per la corretta gestione (riconoscimento,
finanziamento e pagamento) dei debiti fuori bilancio derivanti da sentenze
esecutive.
Il caso
In particolare, la decisione interviene in risposta alla richiesta di parere
avanzata da un Comune in merito alla possibilità, nelle more dell'adozione
della delibera consiliare di riconoscimento e nel caso in cui nel bilancio
di previsione siano state prudenzialmente allocate risorse finanziarie per
farvi fronte, di provvedere anticipatamente alla liquidazione e al pagamento
del debito fuori bilancio, al fine di prevenire l'eventuale esecuzione
coattiva, comportante un incremento degli oneri a carico dell'ente a titolo
di interessi legali, eventuale rivalutazione monetaria e spese giudiziali.
Le disposizioni che assumono rilievo in materia sono gli articoli 193, comma
2, e 194, comma 1, lettera a), del Testo unico degli enti locali. Dal loro
combinato disposto discende che Comuni e Province riconoscono la legittimità
dei debiti fuori bilancio derivanti da sentenze esecutive con deliberazione
consiliare, da approvare entro il 30 settembre di ogni anno, o con diversa
periodicità stabilita dal regolamento di contabilità.
L'orientamento precedente
Al riguardo, il Comune ha richiamato il recente orientamento della
giurisprudenza contabile, espresso nella deliberazione n. 2/2018 della
sezione di controllo della Campania (si veda il Quotidiano degli enti locali
e della Pa del 31 gennaio), che consentirebbe all'ente debitore di procedere
al pagamento prima dell'approvazione della delibera di riconoscimento del
debito da sentenza esecutiva.
Dalla lettura della deliberazione n. 29/2018, si rileva che proprio la
pronuncia n. 2 della sezione Campania è stata oggetto di errata (favorevole)
interpretazione da parte del Comune istante. Questa pronuncia dei giudici
campani, dopo aver richiamato –per confermare l'opzione di pagamento
anticipato del debito– la decisione n. 2/2005 delle sezioni riunite della
Sicilia, riporta ampiamente i principi della delibera n. 152/2016 emanata
dalla stessa sezione Puglia ora interpellata, concludendo che «è ai
suindicati principi che l'ente richiedente il parere deve attenersi».
La lettura «autentica»
Con una sorta di interpretazione autentica, i magistrati pugliesi
ribadiscono le indicazioni fornite in precedenza. Più in dettaglio, come già
chiarito nella deliberazione n. 152/2016, viene affermato che, in mancanza
di una disposizione che preveda una disciplina specifica e diversa per le
sentenze esecutive, non è consentito discostarsi dalla stretta
interpretazione dell'articolo 193, comma 2, lettera b), del Tuel in base al
quale i provvedimenti per il ripiano di eventuali debiti di cui all'articolo
194 del Tuel sono assunti dall'organo consiliare contestualmente
all'accertamento negativo del permanere degli equilibri di bilancio.
La valenza della delibera consiliare
Infatti, a fronte dell'imperatività del provvedimento giudiziale esecutivo,
il valore della delibera del consiglio non è quello di riconoscere la
legittimità del debito, che di per sé già esiste in virtù della decisione
del giudice, che non lascia alcun margine di valutazione all'organo
consiliare dell'ente. Nell'ipotesi in esame, invero, deve ragionevolmente
ritenersi che l'atto deliberativo consiliare costituisca lo strumento
attraverso cui viene ricondotto al «sistema di bilancio» un fenomeno di
rilevanza finanziaria (debito da sentenza) che è maturato all'esterno di
esso.
Al riguardo, conformemente anche il
parere 03.02.2015 n. 80 della sezione
di controllo della Sicilia ha chiarito che il preventivo riconoscimento del
debito da parte dell'organo consiliare risulta comunque necessario anche
nell'ipotesi di debiti derivanti da sentenza esecutiva, per loro natura
caratterizzati da assenza di discrezionalità per via del provvedimento
giudiziario a monte. Ciò nella considerazione che le funzioni di indirizzo e
la responsabilità politica del consiglio comunale o provinciale non sono
circoscritte alle scelte di natura discrezionale, ma si estendono anche ad
attività o procedimenti di spesa di natura vincolante ed obbligatoria.
L'articolo 194, comma 1, del Tuel rappresenterebbe un'eccezione alla
preventività dell'impegno formale e della copertura finanziaria; è con la
delibera consiliare che viene ripristinata la fisiologia della fase della
spesa e i debiti in esame vengono ricondotti a sistema attraverso l'adozione
dei necessari provvedimenti di riequilibrio finanziario. In questo senso,
allora, l'attivazione della procedura consiliare assume la funzione di
salvaguardia degli equilibri bilancistici.
Su questi ultimi, poi, il debito
da riconoscere avrà un diverso peso a seconda che esso trovi o meno
copertura finanziaria in un impegno di spesa assunto precedentemente nelle
previsioni della sua insorgenza. In altri termini, spetta alla diligente,
tempestiva e puntuale valutazione dell'ente l'opportunità di effettuare un
preventivo accantonamento per evitare un forte e destabilizzante impatto
della passività sugli equilibri del bilancio.
Ma la delibera di consiglio svolge una ulteriore funzione: l'accertamento
delle cause che hanno originato l'obbligo del pagamento, con le
consequenziali ed eventuali responsabilità. Questa funzione di accertamento
è rafforzata dalla previsione dell'invio alla Procura regionale della Corte
dei conti (articolo 23, comma 5, della legge 289/2002) delle delibere di
riconoscimento di debito fuori bilancio.
Dunque, la delibera consiliare svolge una duplice funzione: per un verso,
tipicamente giuscontabilistica, finalizzata ad assicurare la tutela degli
equilibri di bilancio; per altro, garantista, ai fini dell'accertamento
dell'eventuale responsabilità amministrativo-contabile.
A parere della sezione Puglia, inoltre, la necessità del (preventivo)
riconoscimento consiliare della legittimità del debito fuori bilancio
parrebbe rafforzata dall'intervento del legislatore dell'armonizzazione, il
quale si è premurato di estendere alle Regioni la stessa procedura
disciplinata per gli enti locali, con la differenza che il riconoscimento
avvenga mediante apposita legge regionale.
Il collegio pugliese ricorda, inoltre, che la previsione legislativa del
riconoscimento consiliare trova ulteriore specificazione nel dettato di
natura “sanzionatoria” dell'articolo 188, comma 1-quater, del Tuel, in virtù
del quale agli enti locali che presentino, nell'ultimo rendiconto
deliberato, debiti fuori bilancio, ancorché da riconoscere, nelle more della
variazione di bilancio che dispone il riconoscimento e finanziamento del
debito fuori bilancio, è fatto divieto di assumere impegni e pagare spese
per servizi non espressamente previsti per legge.
Necessità del preventivo riconoscimento del debito
Alla luce di questo quadro normativo e giurisprudenziale, la corte pugliese
conclude affermando che, nel caso di sentenze esecutive, non è consentito
all'ente locale discostarsi dalle prescrizioni letterali degli articoli 193
e 194 del Tuel, che impongono (prima del pagamento) la preventiva e
tempestiva adozione della delibera consiliare di riconoscimento e
finanziamento del debito fuori bilancio e che garantiscono una maggiore
efficacia ed efficienza dell'azione amministrativa per salvaguardare gli
equilibri finanziari dell'ente locale
(articolo Quotidiano Enti Locali & Pa del 14.03.2018). |
ATTI AMMINISTRATIVI: Sulla possibilità, nelle more dell’adozione della delibera
consiliare di riconoscimento del debito fuori bilancio ex art. 194, lett. a) Tuel, di provvedere -al fine di prevenire l’eventuale esecuzione coattiva- a
liquidazione e pagamento del debito per il quale siano state prudenzialmente
allocate risorse finanziarie per farvi fronte.
In mancanza di
una disposizione che preveda una disciplina specifica e diversa per le
sentenze esecutive, non è consentito discostarsi dalla stretta
interpretazione dell’art. 193, comma 2, lett. b), del TUEL ai sensi del
quale “i provvedimenti per il ripiano di eventuali debiti di cui all’art.
194” sono assunti dall’organo consiliare contestualmente
all’accertamento negativo del permanere degli equilibri di bilancio.
Infatti, a fronte dell’imperatività del provvedimento giudiziale esecutivo,
il valore della deliberazione consiliare non è quello di riconoscere
la legittimità del debito che già è stata verificata in sede giudiziale,
bensì di ricondurre al sistema di bilancio un fenomeno di rilevanza
finanziaria che è maturato all’esterno di esso. Ulteriore funzione svolta
dalla delibera consiliare è l’accertamento delle cause che hanno originato
l’obbligo, con le consequenziali ed eventuali responsabilità; infatti,
questa funzione di accertamento è rafforzata dalla previsione dell’invio
alla Procura regionale della Corte dei conti
(art. 23, comma 5, L. n. 289/2002) delle delibere di
riconoscimento di debito fuori bilancio.
Ritiene, quindi, la Sezione che, nel caso di sentenze
esecutive e di pignoramenti, sussiste, l’obbligo di procedere con
tempestività alla convocazione del Consiglio comunale per il riconoscimento
del debito, in modo da impedire il maturare di interessi, rivalutazione
monetaria ed ulteriori spese legali.
Pertanto, alla luce dell’attuale normativa, non è
consentito all’ente locale discostarsi dalle prescrizioni letterali degli
artt. 193 e 194 del Tuel che garantiscono una maggiore efficienza ed
efficacia dell’azione amministrativa per salvaguardare gli equilibri
finanziari dell’ente locale.
Inoltre, il tempestivo riconoscimento e finanziamento del
debito fuori bilancio, nonché il conseguente pagamento, non esporrebbero
l’ente al rischio di azioni esecutive, considerato che il decorso di 120
giorni dalla notifica del titolo esecutivo
(previsto dall’art. 14, del D.L. 31/12/1996, n. 669 convertito in legge
28/02/1997, n. 30 come modificato dall’art. 147 della Legge 23/12/2000, n.
288), comporterebbe l’avvio delle procedure esecutive nei
confronti della pubblica amministrazione.
---------------
Il Sindaco del Comune di Bari, dopo aver richiamato la normativa
prevista in materia di riconoscimento di debiti fuori bilancio derivanti da
sentenze esecutive e la disciplina prevista dall’art. 14 del D.L. n.
669/1996 che impone ad amministrazioni statali, enti pubblici economici ed
Agenzia delle Entrate di completare le procedure per l’esecuzione dei
provvedimenti giurisdizionali entro il termine di centoventi giorni dalla
notificazione del titolo esecutivo, rileva che, nelle ipotesi in cui
pervenga la notifica di un debito ricompreso nella previsione dell’art. 194,
lett. a) del Tuel, le amministrazioni sono solite far precedere il relativo
pagamento dal preventivo riconoscimento di legittimità da parte del
competente Consiglio.
Tuttavia, ad avviso del Sindaco, in considerazione della tempistica
di convocazione del Consiglio, tale prassi potrebbe determinare un
incremento degli oneri a carico dell’Ente a titolo di interessi legali ed
eventuale rivalutazione monetaria cui vanno aggiunte le eventuali spese
giudiziali conseguenti all’attivazione di procedure esecutive
nell’eventualità che la delibera di riconoscimento del debito fosse
approvata tardivamente.
Conseguentemente, il Sindaco, preso atto di recenti orientamenti
della giurisprudenza contabile che consentono all’Ente debitore di procedere
al pagamento preliminarmente all’approvazione della deliberazione di
riconoscimento del debito derivante da sentenza esecutiva, chiede
alla Sezione se, nel caso in cui nel bilancio di previsione siano state
prudenzialmente allocate risorse finanziarie per farvi fronte, i competenti
uffici possano, nelle more dell’adozione della delibera consiliare di
riconoscimento, provvedere alla liquidazione ed al pagamento del debito, al
fine di prevenire l’eventuale esecuzione coattiva.
...
Ritiene il Collegio che il quesito, da ricondurre in ogni caso a generalità
ed astrattezza, possa reputarsi riconducibile nell’ambito della materia
della contabilità pubblica poiché inerente l’interpretazione della
disciplina normativa in materia di riconoscimento di debiti fuori bilancio
che, come noto, assume carattere eccezionale ed è finalizzata a ricondurre,
nei casi tassativamente indicati dal legislatore, particolari tipologie di
spesa nel sistema di bilancio.
L’articolo 194, comma 1, lett. a), del Tuel prevede che, con deliberazione
consiliare, gli enti locali riconoscono la legittimità dei debiti fuori
bilancio derivanti da sentenze esecutive.
Osserva la Sezione che dal combinato disposto della predetta norma e
dell’art. 193, comma 2, del Tuel si rileva che, con
periodicità stabilita dal regolamento di contabilità dell'ente locale e
comunque almeno una volta entro il 31 luglio di ciascun anno, l'Organo
consiliare deve provvedere, con delibera, a dare atto del permanere degli
equilibri generali di bilancio o, in caso di accertamento negativo, ad
adottare, contestualmente i provvedimenti per il ripiano degli eventuali
debiti.
Conseguentemente, come già chiarito da questa Sezione nel
parere 15.09.2016 n. 152
richiamato nel quesito proposto dall’Ente, in mancanza di
una disposizione che preveda una disciplina specifica e diversa per le
sentenze esecutive, non è consentito discostarsi dalla stretta
interpretazione dell’art. 193, comma 2, lett. b), del TUEL ai sensi del
quale “i provvedimenti per il ripiano di eventuali debiti di cui all’art.
194” sono assunti dall’organo consiliare contestualmente
all’accertamento negativo del permanere degli equilibri di bilancio.
Infatti, a fronte dell’imperatività del provvedimento giudiziale esecutivo,
il valore della deliberazione consiliare non è quello di riconoscere
la legittimità del debito che già è stata verificata in sede giudiziale,
bensì di ricondurre al sistema di bilancio un fenomeno di rilevanza
finanziaria che è maturato all’esterno di esso. Ulteriore funzione svolta
dalla delibera consiliare è l’accertamento delle cause che hanno originato
l’obbligo, con le consequenziali ed eventuali responsabilità; infatti,
questa funzione di accertamento è rafforzata dalla previsione dell’invio
alla Procura regionale della Corte dei conti
(art. 23, comma 5, L. n. 289/2002) delle delibere di
riconoscimento di debito fuori bilancio
(Sezione regionale di controllo per la Puglia,
parere 15.09.2016 n. 152).
La necessità del riconoscimento consiliare della legittimità del debito
fuori bilancio da parte dell’Organo consiliare appare, peraltro, rafforzata
dall’intervento del legislatore dell’armonizzazione che, all’art. 73 del
D.Lgs. n. 118/2011, ha esteso alle Regioni la medesima procedura
disciplinata per gli enti locali con la differenza della necessità del
riconoscimento mediante apposita legge.
Il Collegio rammenta, inoltre, che la previsione legislativa del
riconoscimento ad opera dell’Organo consiliare trova ulteriore
specificazione nel dettato di natura “sanzionatoria” dell’art. 188,
comma 1-quater, del Tuel, come modificato dal citato D.Lgs. n. 118/2011, ai
sensi del quale agli enti locali che presentino, nell'ultimo rendiconto
deliberato, debiti fuori bilancio, ancorché da riconoscere, nelle more della
variazione di bilancio che dispone il riconoscimento e finanziamento del
debito fuori bilancio, è fatto divieto di assumere impegni e pagare spese
per servizi non espressamente previsti per legge.
Ritiene, quindi, la Sezione che, nel caso di sentenze
esecutive e di pignoramenti, sussiste, l’obbligo di procedere con
tempestività alla convocazione del Consiglio comunale per il riconoscimento
del debito, in modo da impedire il maturare di interessi, rivalutazione
monetaria ed ulteriori spese legali
(Sezione Regionale per la Puglia, deliberazioni n. 122/PRSP/2016,
parere 15.09.2016 n. 152).
A tali conclusioni è pervenuta anche la Sezione regionale di controllo per
la Campania, con
deliberazione 10.01.2018 n. 1 anch’essa richiamata dal Comune di
Bari ove, dopo aver riportato ampiamente il già citato
parere 15.09.2016 n. 152
di questa Sezione, specifica che: “è ai suindicati principi che l'Ente
richiedente il parere deve attenersi”.
La Sezione regionale di controllo per la Regione Siciliana, con
parere 03.02.2015 n. 80, ha ulteriormente chiarito che
il preventivo riconoscimento del debito da parte dell’Organo
consiliare risulta comunque necessario anche nell’ipotesi di debiti
derivanti da sentenza esecutiva, per loro natura caratterizzati da assenza
di discrezionalità per via del provvedimento giudiziario a monte, posto che
le funzioni di indirizzo e la responsabilità politica del Consiglio comunale
o provinciale non sono circoscritte alle scelte di natura discrezionale, ma
si estendono anche ad attività o procedimenti di spesa di natura vincolante
ed obbligatoria.
Pertanto, alla luce dell’attuale normativa, non è
consentito all’ente locale discostarsi dalle prescrizioni letterali degli
artt. 193 e 194 del Tuel che garantiscono una maggiore efficienza ed
efficacia dell’azione amministrativa per salvaguardare gli equilibri
finanziari dell’ente locale.
Inoltre, il tempestivo riconoscimento e finanziamento del
debito fuori bilancio, nonché il conseguente pagamento, non esporrebbero
l’ente al rischio di azioni esecutive, considerato che il decorso di 120
giorni dalla notifica del titolo esecutivo
(previsto dall’art. 14, del D.L. 31/12/1996, n. 669 convertito in legge
28/02/1997, n. 30 come modificato dall’art. 147 della Legge 23/12/2000, n.
288), comporterebbe l’avvio delle procedure esecutive nei
confronti della pubblica amministrazione
(Corte dei Conti, Sez. controllo Puglia,
parere 22.02.2018 n. 29). |
ATTI
AMMINISTRATIVI:
Nel caso di debiti a carico
dell'Ente locale derivanti da sentenza esecutiva, l'Ente può procedere
al pagamento ancor prima della deliberazione consiliare di
riconoscimento, atteso che, in ogni caso, "non potrebbe in
alcun modo impedire l'avvio della procedura esecutiva per
l'adempimento coattivo del debito"; anzi, la prassi seguita
dagli enti locali di attendere per il pagamento di quanto
dovuto il preventivo riconoscimento della legittimità del
debito da parte del consiglio comunale comporta il lievitare
degli oneri patrimoniali per interessi legali ed eventuale
rivalutazione monetaria, cui vanno aggiunte le spese
giudiziali derivanti dalle procedure esecutive, nel caso in
cui la predetta delibera non intervenga in tempi
ragionevoli.
La giurisprudenza della Corte dei conti ha ripetutamente
evidenziato la sostanziale diversità esistente tra la
fattispecie di debito derivante da sentenze esecutive e le
altre previste dall’art. 194 TUEL, osservando come, mentre
nel caso di sentenza esecutive di condanna il Consiglio
comunale non ha alcun margine di discrezionalità nel
valutare l’an e il quantum del debito, poiché l’entità del
pagamento rimane stabilita nella misura indicata dal
provvedimento dell’autorità giudiziaria, negli altri casi
descritti dall’art. 194 TUEL l’organo consiliare esercita un
ampio apprezzamento discrezionale.
A fronte dell’imperatività del provvedimento giudiziale
esecutivo, il valore della delibera consiliare non è quello
di riconoscere la legittimità del debito che già è stata
verificata in sede giudiziale, bensì di ricondurre al
sistema di bilancio un fenomeno di rilevanza finanziaria che
è maturato all’esterno di esso.
Sicché, l'Ente richiedente deve
attenersi ai suindicati principi in relazione alle
statuizioni di condanna all'erogazione dei contributi ex
legge 219/1981 contenute nelle pronunce dell'A.G.O. indicate
nella citata richiesta, a nulla rilevando, al fine di
elidere l'obbligo di pagamento così sancito, la disposizione
contenuta nell'art. 19, co. 7, d.lgs. n. 76/1990 1990 e
dovendosi fare in ogni caso ricorso, nel caso di mancanza di
disponibilità finanziaria sul fondo in cui confluiscono i
predetti contributi, ai rimedi suggeriti dallo stesso art.
194 TUEL.
---------------
Con la nota indicata in epigrafe, il Sindaco del Comune
di Paternopoli (AV) ha rivolto alla Sezione, ai sensi
dell'art. 7, comma 8, della legge n. 131/2003, una
richiesta di parere sui seguenti quesiti:
1) Se il Comune, Ente autonomo distinto dallo Stato, sia
obbligato a riconoscere un debito, ai sensi dell'art. 194,
comma 1°, lett. A) del vigente TUEL, per sentenze di
accertamento del diritto al contributo e di condanna
all'erogazione del contributo di cui alle L. n. 219/1981 e
L. 32/1991, in assenza delle relative disponibilità
finanziarie di cui alla stessa L. n. 219/1981;
2) Se il Comune debba procedere comunque al riconoscimento del
debito, ai sensi dell'art. 194, comma 1°, lett. A), del TUEL,
per sentenze di condanna all'erogazione del contributo ex
legge n. 219/1981, in assenza delle disponibilità a valere
sui fondi della L. n. 219/1981, e quindi con risorse proprie
del bilancio dell'Ente;
3) Se, nell'ipotesi in cui non si debba procedere al
riconoscimento del debito in assenza di disponibilità
finanziarie in bilancia ex L. n. 219/1981, le 'spese di
lite', derivanti dalla soccombenza dell'Ente nel
giudizio, seguano la stessa disciplina oppure esse vadano
comunque riconosciute con copertura finanziaria a valere sul
bilancio dell'Ente.
Ai fini dell'inquadramento storico-giuridico della
problematica proposta, il Comune richiedente ha
rappresentato di avere un numero di abitanti inferiore a
3.000, di appartenere alla fascia IV e di essere
beneficiario dei contributi di cui alle L. n. 219/1981 e L.
n. 32/1991 per la ricostruzione post-terremoto del 1980,
come disciplinati con D.Lgs. n. 76/1990.
L'Ente ha altresì esposto di aver ricevuto condanna -con
sentenza n. 200/2016 del Tribunale di Avellino (ex Sezione
Distaccata di Ariano Irpino) notificata il 29.09.2016 e con
sentenza n. 124/2017 del Tribunale di Benevento (ex Sezione
Distaccata di Ariano Irpino) notificata il 21.09.2017- a
provvedere all'erogazione in favore dei richiedenti del
contributo, ex L. 219/1981, ponendo a carico dell'ente (con
la seconda delle indicate decisioni) le spese di lite.
Il Comune di Paternopoli, quindi, rappresentando
l'indisponibilità di fondi sulla contabilità attinente alla
L. n. 219/1981 e richiamando la disposizione contenuta
nell'art. 19, comma 7°, del D.lgs. n. 76/1990, ha formulato
l'ipotesi che l'Ente non debba procedere all'uopo al
riconoscimento di debito fuori bilancio, "trattandosi di
obbligazione a cui il Comune, quale Ente territoriale, è del
tutto estraneo, derivante da 'contabilità speciale', ex T.U.
n. 76/1990, i cui debiti devono essere soddisfatti
unicamente con i 'fondi statali' accreditati sul richiamato
Fondo Speciale. Ciò in quanto, per espressa previsione
normativa, il Comune agisce nella veste di 'mandatario'
dello Stato Centrale, unico ed esclusivo debitore per detti
crediti"; ha rilevato, altresì -ritenendo di esser
confortato da quanto osservato dalla Corte d'Appello di
Napoli nella sentenza che n. 2599 del 06.06.2012- che "una
diversa soluzione, volta a ipotizzare di porre a carico del
Comune l'obbligo di provvedere comunque al pagamento con
'propri fondi' (in caso di incapienza di fondi messi a
disposizione della Regione), si pone in palese contrasto con
l'art. 119 Cost., laddove riconosce l'autonomia finanziaria
del Comune ed, inoltre, sconvolge gli equilibri finanziari
dell'Ente nella realizzazione del programma
economico-politico dell'Amministrazione comunale".
...
C. In primo luogo, riguardo le disposizioni legislative
sulla cui applicabilità alla fattispecie descritta nel
parere il Comune si interroga -e chiede lumi a questa
Sezione regionale di controllo- vanno, in primo luogo,
riportate quelle contenute nell'art. 194 TUEL ("Riconoscimento
di legittimità di debiti fuori bilancio"):
1. Con deliberazione consiliare di cui
all'articolo 193, comma 2, o con diversa periodicità
stabilita dai regolamenti di contabilità, gli enti locali
riconoscono la legittimità dei debiti fuori bilancio
derivanti da:
a) sentenze esecutive;
b) copertura di disavanzi di consorzi, di aziende
speciali e di istituzioni, nei limiti degli obblighi
derivanti da statuto, convenzione o atti costitutivi, purché
sia stato rispettato l'obbligo di pareggio del bilancio di
cui all' articolo 114 ed il disavanzo derivi da fatti di
gestione;
c) ricapitalizzazione, nei limiti e nelle forme
previste dal codice civile o da norme speciali, di società
di capitali costituite per l'esercizio di servizi pubblici
locali;
d) procedure espropriative o di occupazione
d'urgenza per opere di pubblica utilità;
e) acquisizione di beni e servizi, in violazione
degli obblighi di cui ai commi 1, 2 e 3 dell'articolo 191,
nei limiti degli accertati e dimostrati utilità ed
arricchimento per l'ente, nell'ambito dell'espletamento di
pubbliche funzioni e servizi di competenza.
2. Per il pagamento l'ente può provvedere anche mediante un piano
di rateizzazione, della durata di tre anni finanziari
compreso quello in corso, convenuto con i creditori.
3. Per il finanziamento delle spese suddette, ove non possa
documentalmente provvedersi a norma dell'articolo 193, comma
3, l'ente locale può far ricorso a mutui ai sensi degli
articoli 202 e seguenti. Nella relativa deliberazione
consiliare viene dettagliatamente motivata l'impossibilità
di utilizzare altre risorse.
Ai fini di un brevissimo inquadramento storico, il Collegio
ricorda che
la dicitura 'debito fuori bilancio' è
comparsa, per la prima volta, nell'art. 1-bis, comma 3, del
d.l. n. 318/1986, convertito con legge 488/1986; in tale
contesto il legislatore -in una logica di 'sanatoria'-
ha voluto rendere visibili i debiti fuori bilancio, intesi
dalla Corte dei Conti (Sezione Enti Locali - deliberazione
n. 30 del 24.11.1986) quali residui occulti o 'di fatto'
la cui diffusione risultava essere idonea a celare la
veridicità delle risultanze contabili della gestione,
articolandone la disciplina in un'ottica di riequilibrio di
gestione.
Il quadro normativo è stato rivisitato dal d.lgs. n.
77/1995, che ha introdotto una serie di regole e di vincoli
finalizzati al mantenimento degli equilibri gestionali, i
cui artt. 35 e 37 sono stati riprodotti fedelmente, in
attuazione dell'art. 31 della legge n. 285/1999, nell'art.
194, comma 1, del d.lgs. n. 267/2000; norma quest'ultima,
che traccia un'eccezione ai principi sanciti dall'art. 191,
stesso T.U. degli Enti Locali, in tema di impegno di spesa,
per cinque categorie espressamente delineate dal comma 1
dell'art. 194 qui in rilievo, da finanziare con la procedura
di cui all'art. 193.
Al di là della diversa natura delle fattispecie debitorie
ivi tassativamente contemplate, l'elemento che le unifica è
rinvenibile nel fatto che il debito viene ad esistenza al di
fuori e indipendentemente dalle ordinarie procedure che
regolamentano la formazione della volontà dell'ente.
Riguardo le caratteristiche proprie delle singole ipotesi di
debito, invece, quelli di cui alla lett. a) -che vengono in
rilievo nella fattispecie proposta nell'epigrafata richiesta
di parere-
si distinguono dagli altri per il fatto che il
debito si impone all'ente in virtù del provvedimento
dell'autorità giudiziaria.
La fattispecie del riconoscimento del debito fuori bilancio
per sentenza è presa in considerazione, come detto,
dall'art. 194, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 267/2000,
ove si fa riferimento alle sole sentenze esecutive,
ritenendo dunque, perfezionato l'obbligo di pagare in
conseguenza dell'esecutività delle stesse, a differenza di
quanto previsto in precedenza dal d.lgs. n. 77/1995, che
comprendeva tanto le sentenze passate in giudicato quanto
quelle immediatamente esecutive.
Certamente, la necessità di
pagare immediatamente somme cospicue, a seguito di sentenza
non ancora passata in giudicato, pone almeno due ordini di
difficoltà: reperire il finanziamento senza pregiudicare gli
equilibri di bilancio; ripetere le somme in caso di vittoria
in un successivo grado di giudizio.
Si presentano, così, apparentemente confliggenti l'obbligo
di ottemperare all'ordine del giudice e quello, non meno
rilevante, di tutelare, nell'interesse pubblico, gli
equilibri di bilancio; conflitto che va risolto
auspicabilmente ricercando soluzioni -posto che occorre
pagare i debiti con la massima sollecitudine al fine di
evitare ulteriori oneri a carico dell'ente- intese ad
accordi con le controparti per attuare ipotesi transattive
tendenti alla falcidia, se non altro, dell'ammontare della
rivalutazione monetaria e degli interessi moratori dovuti.
Valga, altresì osservare, in argomento, che nel caso di
debiti derivanti da sentenza esecutiva, la valenza della
delibera consiliare richiesta dall'art. 193, comma 2, TUEL
ai fini del riconoscimento dei debiti fuori bilancio -da
approvare entro il 30 settembre di ogni anno, o con diversa
periodicità stabilita dal regolamento di contabilità- non
può essere quella di riconoscere la legittimità del debito,
che di per sé già esiste in virtù della statuizione del
giudice, che non lascia alcun margine di valutazione
all'organo consiliare dell'Ente.
Nell'ipotesi de qua, invero,
è ragionevole ritenere che
l'atto deliberativo consiliare costituisce lo strumento
attraverso cui il debito da sentenza viene ricondotto al
'sistema bilancio', nel senso che l'attivazione della
procedura consiliare permane, ma con la sola funzione di
salvaguardare gli equilibri di bilancio; sul quale il debito
avrà un diverso peso a seconda che esso trovi o meno
copertura finanziaria in un impegno di spesa assunto
precedentemente nelle previsioni della sua insorgenza.
Spetta, cioè, alla diligente, tempestiva e puntuale
valutazione dell'Ente l'opportunità di effettuare un
preventivo accantonamento al fine di evitare un forte
impatto della passività sugli equilibri del bilancio.
E' per le ragioni suesposte, che
è stato correttamente
affermato
(cfr. Corte dei conti - SS.RR. per la Regione
Sicilia,
parere 11.03.2005 n. 2)
che nel caso di
debiti derivanti a carico dell'Ente locale da sentenza
esecutiva, l'Ente medesimo può procedere al pagamento ancor
prima della deliberazione consiliare di riconoscimento,
atteso che, in ogni caso, "non potrebbe in alcun modo
impedire l'avvio della procedura esecutiva per l'adempimento
coattivo del debito" e che, anzi, la prassi seguita dagli
enti locali di attendere per il pagamento di quanto dovuto
il preventivo riconoscimento della legittimità del debito da
parte del consiglio comunale comporta il lievitare degli
oneri patrimoniali per interessi legali ed eventuale
rivalutazione monetaria, cui vanno aggiunte le spese
giudiziali derivanti dalle procedure esecutive, nel caso in
cui la predetta detta deliberazione non intervenga in tempi
ragionevoli.
I principi sin qui illustrati sono correttamente e
condivisibilmente compendiati nel
parere 15.09.2016 n. 152
della Sezione regionale di controllo della Puglia, al cui
vaglio consultivo veniva ivi sottoposta una questione
coinvolgente l’istituto giuridico del riconoscimento dei
debiti fuori bilancio derivanti da sentenza esecutiva
previsto dall’art. 194, comma 1, lett. a), del TUEL:
●
"La giurisprudenza della Corte dei conti (cfr. ex multis,
SSRR
sentenza 27.12.2007 n. 12/2007/QM) ha ripetutamente evidenziato la
sostanziale diversità esistente tra la fattispecie di debito
derivante da sentenze esecutive e le altre previste
dall’art. 194 TUEL, osservando come, mentre nel caso di
sentenza esecutive di condanna il Consiglio comunale non ha
alcun margine di discrezionalità nel valutare l’an e il
quantum del debito, poiché l’entità del pagamento rimane
stabilita nella misura indicata dal provvedimento
dell’autorità giudiziaria, negli altri casi descritti
dall’art. 194 TUEL l’organo consiliare esercita un ampio
apprezzamento discrezionale.
In mancanza di una disposizione che preveda una disciplina
specifica e diversa per le 'sentenze esecutive', tuttavia,
non è consentito discostarsi dalla stretta interpretazione
dell’art. 193, comma 2, lett. b), del TUEL (nella
formulazione vigente), ai sensi del quale: “... i
provvedimenti per il ripiano di eventuali debiti di cui
all’art. 194 ...' sono assunti dall’organo consiliare
contestualmente all’accertamento negativo del permanere
degli equilibri di bilancio (cfr. art. 193, comma 2 cit.).
Infatti, a fronte dell’imperatività del provvedimento
giudiziale esecutivo, il valore della delibera del Consiglio
non è quello di riconoscere la legittimità del debito che
già è stata verificata in sede giudiziale, bensì di
ricondurre al sistema di bilancio un fenomeno di rilevanza
finanziaria che è maturato all’esterno di esso.
In tale prospettiva l’art. 194, primo comma, TUEL
rappresenta un’eccezione ai principi riguardanti la
necessità del preventivo impegno formale e della copertura
finanziaria; onde per riportare le ipotesi previste
nell’ambito del principio di copertura finanziaria è,
dunque, richiesta la delibera consiliare con la quale viene
ripristinata la fisiologia della fase della spesa e i debiti
de quibus vengono ricondotti a sistema (cfr. ex multis Corte
dei Conti, sez. contr. Friuli Venezia Giulia, 6/1c/2005,)
mediante l’adozione dei necessari provvedimenti di
riequilibrio finanziario.
Ulteriore funzione svolta dalla delibera consiliare è
l’accertamento delle cause che hanno originato l’obbligo,
con le consequenziali ed eventuali responsabilità; infatti,
questa funzione di accertamento è rafforzata dalla
previsione dell’invio alla Procura regionale della Corte dei
conti (art. 23, comma 5, L. 289/2002) delle delibere di
riconoscimento di debito fuori bilancio.
Nella delineata prospettiva interpretativa, la delibera
consiliare svolge una duplice funzione, per un verso,
tipicamente giuscontabilistica, finalizzata ad assicurare la
salvaguardia degli equilibri di bilancio; per l’altro,
garantista, ai fini dell’accertamento dell’eventuale
responsabilità amministrativo-contabile (cfr. ex multis:
Corte dei conti, Sezione Regionale per la Puglia
deliberazione 23.10.2014 n. 180).
Sulla base delle esposte considerazioni, nel caso di
sentenze esecutive e di pignoramenti, sussiste, l’obbligo di
procedere con tempestività alla convocazione del Consiglio
comunale per il riconoscimento del debito, in modo da
impedire il maturare di interessi, rivalutazione monetaria
ed ulteriori spese legali (cfr. ex multis Corte dei conti,
Sezione Regionale per la Puglia n.
deliberazione 03.06.2016 n. 122).
Pertanto, alla luce dell’attuale normativa, non è consentito
all’ente locale discostarsi dalle prescrizioni letterali
degli artt. 193 e 194 TUEL che garantiscono una maggiore
efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa per
salvaguardare gli equilibri finanziari dell’ente locale.
Inoltre, il tempestivo riconoscimento e finanziamento del
debito fuori bilancio, nonché il conseguente pagamento, non
esporrebbero l’ente al rischio di azioni esecutive,
considerato che il decorso di 120 giorni dalla notifica del
titolo esecutivo (previsti dall’art. 14, del Decreto Legge
31.12.1996, n. 669 convertito in legge 28.02.1997, n. 30
come modificato dall’art. 147 della Legge 23.12.2000, n.
288), comporterebbe l’avvio delle procedure esecutive nei
confronti della P.A.".
Ebbene,
è ai suindicati principi che l'Ente richiedente il
parere deve attenersi in relazione alle statuizioni di
condanna all'erogazione dei contributi ex legge 219/1981
contenute nelle pronunce dell'A.G.O. indicate nella medesima
richiesta di parere, a nulla rilevando, al fine di elidere
l'obbligo di pagamento così sancito, la disposizione
contenuta nell'art. 19, comma 7, d.lgs. n. 76/1990
richiamata dal Comune di Paternopoli.
Tale disposizione, invero, prevede, nell'ambito della "Disciplina
delle commissioni comunali e del procedimento di
assegnazione del contributo" cui è dedicato il predetto
art. 19, che "In mancanza di disponibilità finanziarie,
il sindaco indica il contributo, riservandosi, ad avvenuta
integrazione dei fondi, la formale determinazione e
assegnazione aggiornata del contributo stesso in attuazione
degli articoli 10, 11 e 12"; attenendo, di conseguenza,
all'ipotesi in cui, esitata positivamente l'istanza di
assegnazione del contributo ex legge 219/1981 ricorrendone
tutti i necessari presupposti, vada tuttavia attivata la
procedura d'integrazione del fondo all'uopo costituito
mancando in esso la necessaria disponibilità finanziaria.
In altri termini: in tema di contributi per la ricostruzione
o riparazione di immobili colpiti dagli eventi sismici del
novembre 1980 e del febbraio 1981, il decreto sindacale di "indicazione"
del contributo "in mancanza di disponibilità finanziarie",
di cui all'art. 19, comma 7, del T.U. approvato con il
d.lgs. 30.03.1990, n. 76, integra, in presenza del parere
positivo dell'apposita commissione, una fattispecie di "riconoscimento"
del contributo medesimo, con riserva di successiva e
concreta erogazione-liquidazione dello stesso (Cass. SS.UU.
Civ., sent. n. 3849/2012).
La mancanza di disponibilità finanziaria non potrà, per
contro, essere invocata al fine di rinviare ad un momento
successivo alla reintegrazione del predetto fondo speciale,
il pagamento dei debiti scaturenti dalle sentenze esecutive
indicate nell'epigrafata richiesta di parere, di cui si è
detto in precedenza.
E ciò, non soltanto in relazione alla necessità prevista
ex lege, di onorare con la massima tempestività le
situazioni debitorie indicate alla lettera a) del primo
comma dell'art. 194 TUEL, ma anche perché i fondi per la
ricostruzione assegnati ai Comuni ai sensi della legge n.
219/1981 e successive modificazioni sono direttamente
gestiti dai predetti enti locali attraverso i propri organi
individuali e collegiali, competendo ad essi l'istruzione
delle pratiche di ricostruzione, lo svolgimento dei
controlli stabiliti dalla legge, la determinazione e
l'assegnazione, tramite il sindaco, dei contributi previsti
dalla normativa citata; ne consegue che unico legittimato
passivo nei giudizi instaurati per ottenere il
riconoscimento e la corresponsione dei contributi in
questione è il Comune (C. Cass., Sez. I Civ., sent. n.
10806/2006).
Infatti, com’è noto, l’accertamento di fondi rivenienti
dalla ridetta contabilità speciale, non genera, per gli enti
territoriali interessati, una gestione ”in conto terzi”,
ma una gestione vincolata con impatto sul risultato di
amministrazione (art. 187 TUEL) e sulla cassa (artt. 195 e
222 TUEL).
Riguardo la prospettata mancanza di disponibilità
finanziaria necessaria per far fronte ai debiti derivati
dalle pronunce di condanna indicate nella richiesta di
parere oggetto della presente delibera, va ricordato che è
la legge stessa che disciplina le modalità di pagamento ed
il reperimento dei mezzi finanziari a copertura dei debiti
fuori bilancio, completando, in questo modo, il procedimento
che ha per fine quello di far rientrare nella corretta
gestione di bilancio quelle spese che ne erano del tutto
fuori.
In particolare,
l'art. 194 TUEL stabilisce, al 2° e al 3°
comma, che per il pagamento dei debiti fuori bilancio
-quindi, ovviamente, anche di quelli derivanti da sentenze
esecutive- "l'ente può provvedere anche mediante un piano
di rateizzazione, della durata di tre anni finanziari
compreso quello in corso, convenuto con i creditori" e
che comunque, per il finanziamento delle spese de quibus,
"ove non possa documentalmente provvedersi a norma
dell'articolo 193, comma 3, l'ente locale può far ricorso a
mutui ai sensi degli articoli 202 e seguenti",
provvedendo altresì a motivare dettagliatamente nella
relativa deliberazione consiliare l'impossibilità di
utilizzare altre risorse.
E' di tutta evidenza, comunque, come il ricorso
all'indebitamento non possa avvenire se non entro i limiti
legislativamente imposti a tal fine.
Il Collegio non ritiene, tuttavia, di addentrarsi
ulteriormente in considerazioni analitiche su tali ultimi
aspetti, in quanto ciò determinerebbe un coinvolgimento in
termini di cogestione o coamministrazione in scelte che
spettano esclusivamente agli amministratori ed ai dirigenti
degli enti locali.
Inoltre, ulteriori valutazioni in questa
sede delle prospettive interpretative proposte dal Comune di Paternopoli, implicherebbero soluzioni suscettibili di
interferire con eventuali profili giudiziari di
responsabilità, ovvero di condizionare il regolare
svolgimento dell’attività di controllo di questa Sezione
regionale.
Ritiene, quindi, il Collegio che l’analisi debba essere
circoscritta agli aspetti generali ed astratti della
questione, dianzi illustrati, essendo preclusa nella
presente sede -come già in precedenza rappresentato, in
punto di esame dell'ammissibilità oggettiva dei quesiti
proposti dal Comune richiedente parere- qualunque
valutazione inerente ai risvolti applicativi della
fattispecie esaminata (Corte dei Conti, Sez. controllo
Campania,
parere 10.01.2018 n. 2). |
anno 2017 |
|
ATTI AMMINISTRATIVI: La
Sezione rileva la necessità di porre in essere la procedura
di “riconoscimento” del debito fuori bilancio (art. 194 TUEL)
anche in presenza di un accantonamento a Fondo rischi, in
ragione della duplice sottostante ratio legislativa della
disposizione citata: da un lato, recuperare gli
equilibri rintracciando in bilancio e destinando eventuali
risorse disponibili per la copertura del debito emerso;
dall’altro evidenziare eventuali profili di
responsabilità correlati alla dinamica della trasformazione
della passività potenziale in “debito” attuale e certo.
Da un punto di vista strettamente probatorio, la Sezione
ritiene che la conoscenza assuma certezza legale con la
notifica o si presume comunque maturata scaduti i termini
per la proposizione di impugnativa o gravame avverso il
provvedimento, tenuto conto, altresì, che è lo stesso
legislatore (art. 194, lett. a TUEL) a specificare che per
il riconoscimento è sufficiente l’esecutività del
provvedimento giurisdizionale (che rende pienamente
esigibile il debito).
---------------
Il Sindaco del Comune di Frattamaggiore (NA) ha posto alla
Sezione un parere sullo stesso tema per cui la Sezione si è
già espressa con SRC Campania n. 238/2017/PAR, con alcuni
quesiti di appendice.
Il thema opinandi concerne sempre le modalità di gestione e
utilizzazione del Fondo rischi rispetto alla manifestazione
di rischi per cui è stato effettuato accantonamento,
segnatamente, sentenze esecutive connesse a pregressi e
monitorati contenziosi.
Più specificamente chiede:
«1- se si sia o meno fuori dalla fattispecie dei debiti fuori
bilancio qualora, accantonato il fondo spese relativo al
contenzioso in relazione alla probabile futura soccombenza
dell'Ente, pervenuta la sentenza esecutiva, che segna il
sorgere dell'obbligazione giuridica passiva, si formalizzi,
entro il termine previsto per il pagamento (art. 14, 1°
comma, d.l. n. 669/1996, conv. dalla l. 30/1997, come
modificato dall'art. 147 della l. n. 388/2000), l'impegno
della spesa nelle scritture contabili attingendo dalle
risorse accantonate;
2.- se, in ipotesi affermativa, debba ritenersi il sorgere
dell'obbligazione passiva in concomitanza con la notifica
della sentenza esecutiva, per cui l'impegno della spesa va
registrato nelle scritture contabili dell'ente entro i
successivi 120 giorni previsti per il pagamento, ovvero
coincidente con la pubblicazione della sentenza, ancorché
non ancora conosciuta, prescindendosi così dall'evento della
relativa notifica, tenuto conto che il principio contabile
della competenza finanziaria potenziata prevede che le spese
sono impegnate quando l'obbligazione giuridica nasce ed
imputate all'esercizio in cui l'obbligazione è esigibile;
3.- se, infine, ai predetti effetti in cui si articola il
posto quesito, alla sentenza passata in giudicato cui fa
riferimento la Commissione [ARCONET] di seguito richiamata
sia equiparabile la sentenza esecutiva di soccombenza
dell'ente».
...
1. Il presente parere viene espresso ad integrazione ed in
continuità di quanto già precisato dalla Sezione con la
pronuncia n. 238/2017/PAR, in materia di Fondo Rischi (FR).
Con il primo quesito, l’Ente chiede se una sentenza
esecutiva, per cui peraltro è già stato effettuato un
accantonamento a fondo rischi, costituisca o meno debito
fuori bilancio.
Lo stesso quesito esclude, quindi, che l’ente abbia già
registrato la spesa contestata e oggetto del contenzioso; in
tal caso, la sussistenza di un pertinente residuo passivo
non rende necessario procedere ad accantonamento a FR, in
virtù del principio applicato 4/2, punto 5.2, n. 3, lett. h,
del D.lgs. n. 118/2011 (salvo, ovviamente, il rischio di
maggiori spese da contenzioso e spese legali, per cui è
necessario procedere ad accantonamento, sulla base di un
coefficiente di rischio individuato dall’ente, in base alla
sua discrezionalità tecnica).
La necessità di porre in essere la procedura di
“riconoscimento” del debito fuori bilancio (art. 194 TUEL),
anche in presenza di un accantonamento a Fondo rischi, si
impone in ragione della duplice sottostante ratio
legislativa della disposizione citata: da un lato,
recuperare gli equilibri rintracciando in bilancio e
destinando eventuali risorse disponibili per la copertura
del debito emerso; dall’altro evidenziare eventuali profili
di responsabilità correlati alla dinamica della
trasformazione della passività potenziale in “debito”
attuale e certo
(cfr. SRC Campania n. 3/2017/PRSP, § 3.1.1).
1.1. Con riguardo alla prima finalità, si deve infatti
ricordare che un “accantonamento” non costituisce in sé una
copertura di bilancio. Pertanto, su di esso non è possibile
impegnare e pagare spesa (art. 167, comma 3, TUEL), essendo
previamente necessario –verificatosi il rischio cui
l’accantonamento è funzionale– effettuare una variazione di
bilancio per fornire la capienza finanziaria necessaria ai
programmi interessati dalla spesa sopravvenuta, previo
riconoscimento della stessa (art. 176, 175 e 194 TUEL).
Il riconoscimento determina la competenza finanziaria, in
quanto sancisce la sopravvenuta “certezza”
dell’obbligazione, che costituisce un presupposto, insieme
alla esigibilità (che nel caso dei provvedimenti
giurisdizionali è insita nell’esecutività della sentenza)
per la registrazione in bilancio della passività; detto in
altri termini, solo con la sentenza esecutiva maturano i
presupposti per l’imputazione a bilancio della spesa,
laddove in assenza di contenzioso, la competenza finanziaria
e/o economica, sarebbe stata più risalente.
1.2. Con riguardo alla seconda finalità legislativa, si deve
rammentare che la procedura di riconoscimento del debito
fuori bilancio non può non comportare l’analisi della
vicenda sottostante di nascita della passività potenziale e
della sua trasformazione in debito certo, tanto a livello
amministrativo, valorizzando la funzione di indirizzo del
Consiglio in materia di bilancio, tanto sotto il profilo
contabile, con il correlato obbligo di trasmissione della
delibera di riconoscimento alla competente Procura della
Corte dei conti (art. 23, comma 5, della Legge n. 289/2002).
2. Con il secondo quesito, l’Ente chiede, in sostanza, se
tale “certezza” si determina con il deposito del
provvedimento giurisdizionale o con la sua notifica.
L’incertezza che ha causato lo slittamento della competenza
finanziaria che astrattamente l’obbligazione avrebbe dovuto
avere in assenza di contenzioso è un’incertezza soggettiva,
che il provvedimento del giudice rimuove quando viene
“aliunde” a conoscenza dell’ente stesso.
In ogni caso,
da un punto di vista strettamente probatorio,
la conoscenza ha certezza legale con la notifica o si
presume comunque maturata scaduti i termini per la
proposizione di impugnativa o gravame avverso il
provvedimento.
3. In ultimo, con riguardo al terzo quesito, occorre tenere
presente che
è lo stesso legislatore (art. 194, lett. a TUEL)
a specificare che per il riconoscimento è sufficiente
l’esecutività del provvedimento giurisdizionale (che rende
pienamente esigibile il debito).
In tale caso,
atteso che l’obbligo di pagamento oltre che
certo è divenuto anche esecutivo, l’ente sarà tenuto ad
individuare le coperture e iscrivere la posta passiva in
bilancio (art. 194).
Ove l’ente tuttavia non sia in grado di trovare copertura e
quindi completare la procedura di riconoscimento, innescando
l’evidenza di uno squilibrio strutturale ai sensi dell’art.
244 TUEL
(“esistenza di crediti liquidi ed esigibili di
terzi cui non si possa fare validamente fronte con le
modalità di cui all'articolo 193, nonché con le modalità di
cui all'articolo 194”),
occorrerà comunque dare evidenza a
tale latente passività nel risultato di amministrazione, per
evitare una falsa rappresentazione del saldo di bilancio e
tutelare i principi di prudenza e di verità.
All’uopo,
per dare evidenza contabile dei ridetti debiti, in
via surrogatoria ed analogica, potrà avvalorarsi il Fondo
rischi, come componente negativa del risultato di
amministrazione: in questo modo sarà possibile comprimere la
spesa nell’esercizio successivo nella misura dei debiti per
cui l’ente non ha potuto completare la procedura ai sensi
dell’art. 194, precostituendo, indirettamente, le condizioni
per il riequilibrio e per il rinvenimento, negli esercizi
successivi, delle coperture per il riconoscimento
(cfr. SRC
Campania n. 240/2017/PRSP)
(Corte dei Conti, Sez. controllo Campania,
parere 08.11.2017 n. 249). |
ATTI
AMMINISTRATIVI: Secondo
i principi formulati dalla giurisprudenza contabile,
è stata
rimarcata l’impossibilità di procedere al riconoscimento
dei debiti fuori bilancio nel corso dell’esercizio
provvisorio di bilancio.
E ciò per un duplice ordine di
ragioni.
In primo luogo, la delibera di riconoscimento può
essere adottata solo in occasione di precise scansioni
temporali, in particolare in sede di approvazione del
bilancio di previsione ovvero in occasione della delibera di
salvaguardia degli equilibri di bilancio ex art 193, comma
2, del TUEL. Si tratta, non a caso, dei momenti in cui gli
equilibri di bilancio vengono valutati in maniera
approfondita e complessiva. Di conseguenza, ipotizzare che
si possa provvedere al riconoscimento dei debiti fuori
bilancio proprio durante la “vacanza” di bilancio,
costituirebbe un’evidente aporia logica.
In secondo luogo,
il principio di tipicità e tassatività delle spese
consentite nel corso dell’esercizio provvisorio esclude che
si possa procedere all’adempimento di obbligazioni che non
rientrano nei casi contemplati e, ancor di più, di carattere
eccezionale (come quelle aventi a oggetto debiti fuori
bilancio).
---------------
Alla luce di siffatto quadro interpretativo
nessuna valenza dirimente può annettersi alle
deduzioni svolte dall’Amministrazione circa l’urgenza di
provvedere al pagamento dei debiti in parola in ragione
degli accordi transattivi intercorsi con i legali
interessati trattandosi di mere circostanze di fatto che non
valgono a superare il rilevato profilo di irregolarità.
Parimenti inconferente si appalesa il richiamo delle
peculiari vicende dell’esercizio 2013 caratterizzato da un
inedito ed anomalo differimento al 30 novembre del termine
di approvazione del bilancio di previsione.
Sul punto preme, peraltro, rilevare come
la Sezione delle
Autonomie abbia segnalato i rischi insiti nel reiterato
differimento del termine per l’approvazione del bilancio di
previsione richiamando gli enti all’adozione di ogni cautela
per il rispetto della normativa giuscontabile
.
Né appaiono persuasive le deduzioni
dell’Amministrazione circa l’insussistenza di rischi per la
tenuta degli equilibri di bilancio trattandosi di
valutazioni postume e, comunque, inconferenti vertendosi in
tema di procedura posta in essere in una situazione di
vacanza del bilancio ed in assenza dello strumento di
programmazione finanziaria.
---------------
Ben più
significative le irregolarità rilevate con riguardo alle
modalità osservate per il riconoscimento dei debiti fuori
bilancio (cfr.
supra § 7).
A tal riguardo, pur dandosi doverosamente atto della
significativa rivisitazione della materia dell’esercizio
provvisorio operata dal d.lgs. n. 126/2014 –che ha, tra
l’altro, novellato l’art. 163 Tuel– rileva
il Collegio come, alla stregua della normativa applicabile
ratione temporis, non potesse darsi corso al
riconoscimento dei debiti di cui trattasi in difetto della
previa approvazione del bilancio di previsione.
Depongono, in tal senso, i principi formulati dalla
giurisprudenza contabile laddove è stata
rimarcata l’impossibilità di “procedere al riconoscimento
dei debiti fuori bilancio nel corso dell’esercizio
provvisorio di bilancio. E ciò per un duplice ordine di
ragioni. In primo luogo, la delibera di riconoscimento può
essere adottata solo in occasione di precise scansioni
temporali, in particolare in sede di approvazione del
bilancio di previsione ovvero in occasione della delibera di
salvaguardia degli equilibri di bilancio ex art 193, comma
2, del TUEL. Si tratta, non a caso, dei momenti in cui gli
equilibri di bilancio vengono valutati in maniera
approfondita e complessiva. Di conseguenza, ipotizzare che
si possa provvedere al riconoscimento dei debiti fuori
bilancio proprio durante la “vacanza” di bilancio,
costituirebbe un’evidente aporia logica. In secondo luogo,
il principio di tipicità e tassatività delle spese
consentite nel corso dell’esercizio provvisorio esclude che
si possa procedere all’adempimento di obbligazioni che non
rientrano nei casi contemplati e, ancor di più, di carattere
eccezionale (come quelle aventi a oggetto debiti fuori
bilancio)”
(cfr. deliberazione Sezione di controllo per la Regione
Siciliana n. 189/2014/PAR nonché
parere 05.06.2014 n. 78).
Alla luce di siffatto quadro interpretativo
nessuna valenza dirimente può annettersi alle
deduzioni svolte dall’Amministrazione circa l’urgenza di
provvedere al pagamento dei debiti in parola in ragione
degli accordi transattivi intercorsi con i legali
interessati trattandosi di mere circostanze di fatto che non
valgono a superare il rilevato profilo di irregolarità.
Parimenti inconferente si appalesa il richiamo delle
peculiari vicende dell’esercizio 2013 caratterizzato da un
inedito ed anomalo differimento al 30 novembre del termine
di approvazione del bilancio di previsione.
Sul punto preme, peraltro, rilevare come
la Sezione delle
Autonomie abbia segnalato i rischi insiti nel reiterato
differimento del termine per l’approvazione del bilancio di
previsione richiamando gli enti all’adozione di ogni cautela
per il rispetto della normativa giuscontabile (cfr.
deliberazioni n. 23/2013/INPR, n. 18/2014/INPR).
Né appaiono persuasive le deduzioni
dell’Amministrazione circa l’insussistenza di rischi per la
tenuta degli equilibri di bilancio trattandosi di
valutazioni postume e, comunque, inconferenti vertendosi in
tema di procedura posta in essere in una situazione di
vacanza del bilancio ed in assenza dello strumento di
programmazione finanziaria.
Da ultimo, sotto altro profilo, deve, inoltre, rimarcarsi
come la tempistica osservata dall’Amministrazione si ponga
in contrasto con i contenuti del regolamento di contabilità
approvato con deliberazione di Consiglio comunale n. 95/2003
e, segnatamente, con la previsione dell’art. 21 che sotto la
rubrica “Riconoscimento di debiti fuori bilancio” al
comma 2 testualmente recita “al riconoscimento di
legittimità di detti debiti il Consiglio può provvedere
tutte le volte che se ne manifesta la necessità e, comunque,
entro e non oltre il 31 dicembre di ciascun anno
relativamente ai debiti che si sono manifestati entro il 30
novembre dell’anno stesso”
(Corte dei Conti, Sez. controllo Marche,
deliberazione 13.10.2017 n. 82). |
INCARICHI PROFESSIONALI:
Il debito derivante dalla sentenza (condanna che
ha per oggetto le sole spese legali per il giudizio)
determina, dunque, un debito fuori bilancio se non è stato
disposto un accantonamento di somme nel fondo rischi.
---------------
Il Sindaco del Comune di Noviglio (MI) ha formulato
un quesito con cui ha chiesto se la sentenza di condanna
pronunciata dalla Corte di Cassazione alle sole spese legali
ed al contributo unificato, atteso che l’ente aveva già
provveduto a pagare quanto stabilito in primo grado con
sentenza del Tribunale, confermata in appello, configuri o
meno un debito fuori bilancio, in assenza di un
accantonamento nel fondo rischi nel momento in cui è stato
proposto il ricorso per Cassazione.
...
La fattispecie evocata dal comune si riferisce al punto 5.2,
lettera h), dell’allegato A2 del decreto legislativo n.
118/2011 per comodità di esposizione di seguito si riporta:
“nel caso in cui l’ente, a seguito di contenzioso in cui
ha significative probabilità di soccombere, o di sentenza
non definitiva e non esecutiva, sia condannato al pagamento
di spese, in attesa degli esiti del giudizio, si è in
presenza di una obbligazione passiva condizionata al
verificarsi di un evento (l’esito del giudizio o del
ricorso), con riferimento al quale non è possibile impegnare
alcuna spesa. In occasione della prima applicazione dei
principi applicati della contabilità finanziaria, si
provvede alla determinazione dell’accantonamento del fondo
rischi spese legali sulla base di una ricognizione del
contenzioso esistente a carico dell’ente formatosi negli
esercizi precedenti, il cui onere può essere ripartito, in
quote uguali, tra gli esercizi considerati nel bilancio di
previsione o a prudente valutazione dell’ente, fermo
restando l’obbligo di accantonare nel primo esercizio
considerato nel bilancio di previsione, il fondo riguardante
il nuovo contenzioso formatosi nel corso dell’esercizio
precedente (compreso l’esercizio in corso, in caso di
esercizio provvisorio).
In presenza di contenzioso di importo particolarmente
rilevante, l’accantonamento annuale può essere ripartito, in
quote uguali, tra gli esercizi considerati nel bilancio di
previsione o a prudente valutazione dell’ente. Gli
stanziamenti riguardanti il fondo rischi spese legali
accantonato nella spesa degli esercizi successivi al primo,
sono destinati ad essere incrementati in occasione
dell’approvazione del bilancio di previsione successivo, per
tenere conto del nuovo contenzioso formatosi alla data
dell’approvazione del bilancio.
In occasione dell’approvazione del rendiconto è possibile
vincolare una quota del risultato di amministrazione pari
alla quota degli accantonamenti riguardanti il fondo rischi
spese legali rinviati agli esercizi successivi, liberando in
tal modo gli stanziamenti di bilancio riguardanti il fondo
rischi spese legali (in quote costanti tra gli
accantonamenti stanziati nel bilancio di previsione).
L’organo di revisione dell’ente provvede a verificare la
congruità degli accantonamenti”.
In ossequio alla disposizione di cui al punto 5.2
dell’allegato A2 del decreto legislativo 118/2011, è
evidente che in occasione di un contenzioso
occorre accantonare nel fondo rischi contenzioso una somma
adeguata per l’eventuale soccombenza nel giudizio.
Se poi l’ente è risultato soccombente sia in primo che in
secondo grado (Tribunale e Corte di Appello) appare ancora
più doveroso l’accantonamento delle somme nel suddetto fondo
in quanto il rischio di soccombenza appare molto alto.
Il debito derivante dalla sentenza
(condanna che ha per oggetto le sole spese legali per il
giudizio) determina dunque un debito fuori bilancio se non è
stato disposto un accantonamento di somme nel fondo rischi
(Corte dei Conti, Sez. controllo Lombardia,
parere 06.10.2017 n. 265). |
APPALTI: Gli
accordi transattivi non possono ricomprendersi
nell'istituto del "debito fuori bilancio".
Le fattispecie di debito fuori
bilancio, analiticamente indicate nell’art. 194,
comma 1, del D.Lgs. n. 267/2000, devono considerarsi
tassative e non suscettibili di estensione ad altre
tipologie di spesa, in considerazione della “…natura
eccezionale di detta previsione normativa
finalizzata a limitare il ricorso ad impegni non
derivanti dalla normale procedura di bilancio…”.
Ferma restando, tuttavia, la
possibilità del legislatore di disciplinare
ulteriori ipotesi di debito fuori bilancio, così
come è avvenuto con la modifica apportata all’art.
191, comma 3, del D.Lgs. n. 267/2000, a seguito
dell’entrata in vigore dell'art. 3, comma 1, lett.
i), D.L. 10.10.2012, n. 174, convertito, con
modificazioni, dalla L. 07.12.2012, n. 213,
con riferimento alla procedura di
riconoscimento del debito derivante da lavori di
somma urgenza.
Di conseguenza, nell’ambito delle
fattispecie normative di riconoscimento dei debiti
fuori bilancio, non può considerarsi incluso
l’istituto contrattuale della transazione.
Invero, si ravvisa l’impossibilità
di ricondurre la fattispecie degli accordi
transattivi al concetto di sopravvenienza
passiva e, dunque, alla nozione di debito fuori
bilancio. Infatti, a differenza dei debiti fuori
bilancio (chiaramente riconducibili al concetto di
sopravvenienza passiva in quanto, in assenza di una
specifica previsione nel bilancio di esercizio in
cui i debiti si manifestano, esse prescindono
necessariamente da un previo impegno di spesa), gli
accordi transattivi presuppongono, invece, la
decisione dell’Ente di pervenire ad un accordo con
la controparte, per cui è possibile prevedere, da
parte del Comune, tanto il sorgere dell’obbligazione
quanto i tempi per l’adempimento.
Ne deriva che l’ente locale, in tali casi, si trova
nelle condizioni (ed ha l’obbligo) di attivare le
normali procedure contabili di spesa (stanziamento,
impegno, liquidazione e pagamento) previste
dall’art. 191 del TUEL e di correlare ad esse
l’assunzione delle obbligazioni derivanti dagli
accordi transattivi.
---------------
Con riguardo all’individuazione dell’Organo deputato
a pronunciarsi sugli atti transattivi che
s’intendono stipulare, il Collegio ritiene opportuno
richiamare il dettato dell’art. 42, comma 2 lett.
i), del TUEL, che espressamente riserva al Consiglio
comunale l’adozione di qualsiasi atto che comporti
l’assunzione, da parte del Comune, di “…spese che
impegnino i bilanci per gli esercizi successivi,
escluse quelle relative alle locazioni di immobili
ed alla somministrazione e fornitura di beni e
servizi a carattere continuativo…”.
Pertanto, quando ricorrono
ipotesi transattive che comportino il
finanziamento di operazioni contrattuali in più
esercizi finanziari, non può essere messa in dubbio
la competenza a provvedere in capo al Consiglio
comunale.
---------------
Con la nota indicata in epigrafe, il Sindaco del
Comune di Lizzanello (LE) ha presentato una
richiesta di parere in merito alla qualificazione
giuridico-contabile del contratto di transazione,
con possibile identificazione nella fattispecie di
debito fuori bilancio, ovvero, in caso di risposta
negativa, alla competenza dell’organo consiliare ad
autorizzare la spesa pluriennale, anche in sede di
approvazione del bilancio di previsione.
Preliminarmente il Sindaco ha rappresentato che:
“…- il Comune di Lizzanello, Ente sottoposto a Piano di
riequilibrio Pluriennale approvato in data
19/02/2016, - con deliberazione n. 203 dello
01/12/2016, la G.C. approvava una Transazione con la
Ditta Mo. Srl, finalizzata a definire il contenzioso
in essere per la corretta applicazione dell’art. 8
del contratto di igiene urbana e relativa al periodo
21.09.2006-28.02.2014 anche in esecuzione della
sentenza del Consiglio di Stato n. 4013/2016 (anni
2006/2010), prevedendo la corresponsione delle
relative somme, senza aggravio di interessi e
rivalutazione, in cinque annualità;
- con deliberazione della G.C. n. 220 del 19/12/2016 approvava una
transazione con la ditta SFL–Se.Fa.Lo. soc. coop. a
r.l., finalizzata alla conclusione della
controversia pendente innanzi al Tribunale di Lecce,
prevedendo la corresponsione delle relative somme,
senza aggravio di interessi, in quattro annualità;
- con deliberazione del C.C., n. 12 del 13.03.2017, esecutiva,
veniva approvato il Bilancio di Previsione
2017/2019, contenente la previsione di spesa
relativa alle predette transazioni (…).
Tutto ciò premesso, al fine di non incorrere
inconsapevolmente in erronee applicazioni della
legge, il Sindaco ha formulato la seguente
istanza di parere: “…Se la transazione si
ponga come una fattispecie di riconoscimento di
debito fuori bilancio ex art. 194 del TUEL e, in
caso di risposta negativa al predetto quesito, se la
competenza del Consiglio comunale si limiterebbe
alla mera autorizzazione alla spesa pluriennale (ex
art. 42, comma 2, lett. i del TUEL) e quindi
potrebbe essere prevista direttamente in sede di
approvazione del bilancio di previsione, oppure si
estenderebbe anche al merito della transazione
necessitando quindi di un provvedimento ad hoc…”.
...
Preliminarmente, si rende necessario precisare che
la giurisprudenza della Corte dei conti ha avuto già
occasione di pronunciarsi in merito
all’individuazione della normativa di riferimento
per analoghe fattispecie, sia in sede consultiva,
che in occasione dei controlli sulla gestione
finanziaria degli enti locali, prevista dall’art. 1,
comma 166 e ss. della legge n. 266/2005 (Finanziaria
per il 2006) e dall’art. 148-bis del Tuel.
Può, infatti, definirsi consolidato ed accolto
pienamente da questa Sezione, l’orientamento,
secondo il quale le fattispecie di
debito fuori bilancio, analiticamente indicate
nell’art. 194, comma 1, del D.Lgs. n. 267/2000,
devono considerarsi tassative e non suscettibili di
estensione ad altre tipologie di spesa, in
considerazione della “…natura eccezionale di
detta previsione normativa finalizzata a limitare il
ricorso ad impegni non derivanti dalla normale
procedura di bilancio…”
(v. ex multis, Sez. Piemonte,
parere
11.05.2007 n. 4; Sez. Basilicata, del. n. 16/2007; Sez. Puglia, del.
n. 106/2009). Ferma restando,
tuttavia, la possibilità del legislatore di
disciplinare ulteriori ipotesi di debito fuori
bilancio, così come è avvenuto con la modifica
apportata all’art. 191, comma 3, del D.Lgs. n.
267/2000, a seguito dell’entrata in vigore dell'art.
3, comma 1, lett. i), D.L. 10.10.2012, n. 174,
convertito, con modificazioni, dalla L. 07.12.2012,
n. 213 (cfr.
Sez. Puglia
deliberazione 14.05.2014 n. 93 e
deliberazione 03.06.2016 n. 122),
con riferimento alla procedura di
riconoscimento del debito derivante da lavori di
somma urgenza.
Di conseguenza, nell’ambito delle
fattispecie normative di riconoscimento dei debiti
fuori bilancio, non può considerarsi incluso
l’istituto contrattuale della transazione.
Tale opzione ermeneutica risulta, inoltre,
confermata da ulteriori considerazioni elaborate in
sede consultiva (cfr. Sezione Piemonte,
parere
11.05.2007 n. 4, cit. e Sezione Umbria
parere 24.09.2015 n. 123),
secondo le quali si ravviserebbe
l’impossibilità di ricondurre la fattispecie degli
accordi transattivi al concetto di
sopravvenienza passiva e, dunque, alla nozione di
debito fuori bilancio. Infatti, a differenza dei
debiti fuori bilancio (chiaramente riconducibili al
concetto di sopravvenienza passiva in quanto, in
assenza di una specifica previsione nel bilancio di
esercizio in cui i debiti si manifestano, esse
prescindono necessariamente da un previo impegno di
spesa), gli accordi transattivi presuppongono,
invece, la decisione dell’Ente di pervenire ad un
accordo con la controparte, per cui è possibile
prevedere, da parte del Comune, tanto il sorgere
dell’obbligazione quanto i tempi per l’adempimento.
Ne deriva che l’ente locale, in tali casi, si trova
nelle condizioni (ed ha l’obbligo) di attivare le
normali procedure contabili di spesa (stanziamento,
impegno, liquidazione e pagamento) previste
dall’art. 191 del TUEL e di correlare ad esse
l’assunzione delle obbligazioni derivanti dagli
accordi transattivi.
L’ente, inoltre, ha chiesto, in caso di risposta
negativa al primo quesito, se la competenza
del Consiglio comunale debba intendersi limitata
alla mera autorizzazione alla spesa pluriennale (ex
art. 42, co. 2, lett. i del TUEL), oppure possa
considerarsi estesa anche alle questioni di merito
inerenti i contenuti ed i termini della transazione.
Così come anticipato in punto di ammissibilità della
richiesta di parere, questa Sezione non può certo
pronunciarsi sulle fattispecie concrete di
transazioni, approvate dal comune e riportate in
elenco nella parte in fatto. La pronuncia deve,
quindi, limitarsi ad individuare i limiti generali
di applicabilità della transazione agli Enti
pubblici, al fine di escludere qualsiasi commistione
con le scelte gestionali di esclusiva competenza e
responsabilità degli organi dell’Ente; né può
considerarsi rientrante nell’alveo della funzione
consultiva, ed in particolare della contabilità
pubblica, l’interpretazione della normativa che
disciplina l’ambito di operatività delle competenze
specifiche ascritte dal legislatore all’organo
consiliare (cfr. art. 42 del TUEL, rubricato:
Attribuzioni dei consigli).
Preliminarmente, si evidenzia che
con riguardo all’individuazione dell’Organo deputato
a pronunciarsi sugli atti transattivi che
s’intendono stipulare, il Collegio ritiene opportuno
richiamare il dettato dell’art. 42, comma 2 lett.
i), del TUEL, che espressamente riserva al Consiglio
comunale l’adozione di qualsiasi atto che comporti
l’assunzione, da parte del Comune, di “…spese che
impegnino i bilanci per gli esercizi successivi,
escluse quelle relative alle locazioni di immobili
ed alla somministrazione e fornitura di beni e
servizi a carattere continuativo…”
(cfr. Sez. Piemonte
parere 26.09.2013 n. 345 e Sez. Puglia
parere 28.11.2013 n. 181).
Pertanto, quando ricorrono
ipotesi transattive che comportino, come nel
caso di specie, il finanziamento di operazioni
contrattuali in più esercizi finanziari, non può
essere messa in dubbio la competenza a provvedere in
capo al Consiglio comunale.
Per quel che concerne le modalità di applicazione
dell’istituto della transazione (a prescindere dagli
specifici contenuti nei quali tale contratto può
essere declinato) e l’individuazione dei principi
giuridico-contabili ai quali gli Enti pubblici
contraenti devono conformarsi, si rappresenta che si
è formata una consolidata giurisprudenza delle
Sezioni di controllo alla quale, in considerazione
della piena condivisione degli orientamenti
espressi, questo Collegio si riporta integralmente.
A titolo meramente esemplificativo si segnala che la
Sezione regionale di controllo per l’Umbria, con
parere 24.09.2015 n. 123
cit., ha indicato in modo esaustivo alcuni dei
principi applicabili alle pubbliche amministrazioni
che intendono stipulare contratti di transazione
(Corte dei Conti, Sez. controllo Puglia,
parere 25.05.2017 n. n. 80). |
INCARICHI PROGETTUALI:
Va esclusa l'esperibilità dell'azione d'ingiustificato
arricchimento nei confronti dell'ente in considerazione
della mancanza di una delibera comunale di riconoscimento
del debito fuori bilancio.
A norma del D.L. n. 66 del 1989,
art. 23 (convertito in L. n. 144 del 1989, riprodotto senza
sostanziali modifiche dal D.Lgs. n. 77 del 1995, art. 35, ed
ora rifluito nel D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 191), qualora
la richiesta di prestazioni e servizi proveniente da un
amministratore o un funzionario dell'ente locale non rientri
nello schema procedimentale di spesa tipizzato dal terzo
comma di tale disposizione, non sorgono obbligazioni a
carico dell'ente, bensì dell'amministratore o del
funzionario, i quali ne rispondono con il proprio
patrimonio, con la conseguente esclusione della
proponibilità dell'azione di indebito arricchimento nei
confronti dell'ente.
E' stato peraltro precisato che, ai sensi del D.Lgs. n. 267
del 2000, art. 194, comma 1, lett. e), il predetto principio
non esclude la facoltà dell'ente di riconoscere a posteriori
il debito fuori bilancio, con apposita deliberazione
consiliare, nei limiti degli accertati e dimostrati utilità
ed arricchimento per l'ente stesso, nell'ambito
dell'espletamento di pubbliche funzioni e servizi di
competenza, fermo restando che, in caso di mancato
riconoscimento, il rapporto contrattuale intercorre
unicamente tra il terzo contraente e il funzionario o
l'amministratore che ha autorizzato la prestazione, i quali
restano comunque soggetti all'azione diretta e rispondono
delle obbligazioni irregolarmente assunte nei limiti della
parte non riconosciuta mediante la procedura relativa alla
contabilizzazione dei debiti fuori bilancio.
---------------
In tema di assunzione di
obbligazioni da parte degli enti locali, agli effetti di
quanto disposto dall'art. 23, comma 4, del d.l. n. 66 del
1989 (convertito, con modificazioni nella 1. n. 144 del
1989), qualora le obbligazioni contratte non rientrino nello
schema procedimentale di spesa, insorge un rapporto
obbligatorio direttamente con l'amministratore o il
funzionario che abbia consentito la prestazione, per difetto
del requisito della sussidiarietà, sicché resta esclusa
l'azione di indebito arricchimento nei confronti dell'ente,
il quale può, comunque, riconoscere "a posteriori" il debito
fuori bilancio, ai sensi dell'art. 194 del d.lgs. n. 267 del
2000, nei limiti degli accertati e dimostrati utilità ed
arricchimento per l'ente stesso.
Peraltro, tale
riconoscimento può avvenire solo espressamente, con apposita
deliberazione dell'organo competente, e non può essere
desunto anche dal mero comportamento tenuto dagli organi
rappresentativi, insufficiente ad esprimere un apprezzamento
di carattere generale in ordine alla conciliabilità dei
relativi oneri con gli indirizzi di fondo della gestione
economico-finanziaria dell'ente e con le scelte
amministrative compiute.
Invero, il riconoscimento del debito fuori
bilancio richiede, ai sensi dell'art. 194, D.Lgs. n. 267 del
2000 "un'apposita deliberazione dell'organo competente a
formare la volontà dell'ente, da allegarsi al bilancio di
esercizio, con cui quest'ultimo non deve limitarsi a dare
atto del vantaggio arrecato dalla prestazione, in relazione
all'espletamento di funzioni e servizi di competenza
dell'ente, ma deve procedere alla verifica dell'incidenza
del corrispettivo sugli equilibri generali di bilancio, e
adottare, in caso di alterazione degli stessi, le misure
necessarie a ripristinare il pareggio ed a ripianare il
debito, in tal modo compiendo una valutazione globale che
investe la compatibilità della prestazione ricevuta con la
situazione economico-finanziaria dell'ente e con gli impegni
già assunti sulla base delle risorse disponibili, nonché la
reperibilità dei fondi necessari per far fronte ad ulteriori
obblighi. A differenza di quella riguardante l'utilità della
prestazione, che può emergere anche dall'appropriazione del
relativo risultato da parte dell'Amministrazione, tale
valutazione non può evidentemente essere desunta dal mero
comportamento degli organi rappresentativi, che, in quanto
riferibile al singolo rapporto, risulta di per sé
insufficiente ad esprimere un apprezzamento di carattere
generale in ordine alla conciliabilità dei relativi oneri
con gl'indirizzi di fondo della gestione economico-
inanziaria dell'ente e con le scelte amministrative già
compiute".
Pertanto, la mancanza di una
formale deliberazione, adottata nelle forme prescritte del
cit. D.Lgs. n. 267, art. 193, comma 2, e art. 191, comma 4,
esclude "la stessa imputabilità dell'obbligazione
all'Amministrazione, prevedendo che il rapporto s'instauri
direttamente tra il privato fornitore e l'amministratore, il
funzionario o il dipendente che hanno consentito la
fornitura, i quali rispondono con il loro patrimonio, con la
conseguente esclusione dell'esperibilità dell'azione
d'ingiustificato arricchimento, per difetto del requisito
della sussidiarietà prescritto dall'art. 2042 c.c., il quale
presuppone che nessun'altra azione sia proponibile non solo
nei confronti dell'arricchito, ma anche nei confronti di
terzi".
Quindi, "la questione riguardante l'accertamento
dell'utilità della prestazione è destinata a porsi soltanto
nel caso in cui l'Amministrazione abbia espressamente
provveduto al riconoscimento del debito fuori bilancio,
assumendo a suo carico l'obbligazione nei limiti consentiti
dalle preminenti esigenze di salvaguardia degli equilibri di
bilancio, ovvero nel caso in cui il funzionario,
l'amministratore o il dipendente, responsabili nei confronti
dell'autore della prestazione, propongano a loro volta
l'azione di cui all'art. 2041 c.c., nei confronti
dell'Amministrazione".
---------------
1. Nel 2004, Ma.Si. convenne in giudizio il Comune di Vische
e Il.Ac., sindaco del predetto Comune nel periodo
1999- 2003, al fine di sentirli condannare, ai sensi
dell'art. 2041 c.c., al pagamento dell'indennizzo a lui
dovuto per i servizi professionali svolti in favore del
Comune di Vische, per un importo di € 14.798,40.
Si costituì il Comune di Vische, il quale contestò la
domanda, assumendo che i lavori erano stati svolti
dall'attore quale responsabile dell'ufficio tecnico e che
comunque non vi era stato alcun conferimento di incarico,
con la conseguenza che la domanda era improponibile nei
confronti del Comune.
Si costituì anche Il.Ac., eccependo il proprio
difetto di legittimazione passiva e chiedendo, nel merito,
il rigetto della domanda.
Il Tribunale di Ivrea, con la
sentenza n. 429/2010, condannò il Comune di Vische al
pagamento dell'importo richiesto, rilevando che era stato
dimostrato che lavori erano stati svolti a titolo di
incarico professionale, che l'esecuzione dei lavori era
stata approvata e comunque non era contestata, che il
quantum richiesto non era stato contestato e che il Comune
aveva tratto utilità dell'attività professionale
dell'attore.
Il Tribunale respinse invece la domanda proposta dall'attore
nei confronti di Il.Ac., non essendovi prova che
quest'ultimo avesse tratto vantaggio dall'opera
professionale dell'attore.
2. La decisione è stata riformata dalla Corte d'Appello di
Torino, con la sentenza n. 408 del 27.02.2014.
La Corte di Appello ha evidenziato che l'azione di
arricchimento senza causa nei confronti della pubblica
amministrazione presuppone non solo il fatto materiale
dell'esecuzione dell'opera o della prestazione vantaggiosa
per l'ente pubblico, ma anche il riconoscimento da parte di
questo dell'utilità dell'opera realizzata o del servizio
prestato, riconoscimento che, benché possa essere
implicitamente desumibile dall'utilizzazione dell'opera o
della prestazione consapevolmente attuata dai suoi organi
rappresentativi, non può essere compiuto, in sostituzione
dell'amministrazione, dal giudice.
Nel caso di specie, non essendovi mai stata, da parte del
Comune di Vischi, una formale delibera avente ad oggetto il
riconoscimento della legittimità del debito fuori bilancio,
il rapporto contrattuale sarebbe intercorso unicamente tra
il terzo contraente e il funzionario che ha autorizzato la
prestazione.
...
4.1. Con l'unico motivo di ricorso, il ricorrente
lamenta la "violazione e falsa applicazione dell'art. 2041
c.c. anche in relazione agli artt. 191, comma 4, e 194, comma 1,
lett. e), del D.Lgs. 267/2000".
La decisione della Corte di appello contrasterebbe con la
consolidata giurisprudenza di legittimità secondo cui, ai
fini dell'ammissibilità dell'azione di arricchimento senza
causa nei confronti della P.A., il riconoscimento
dell'utilità conseguita a mezzo della prestazione di un
privato si realizzerebbe con la mera utilizzazione della
prestazione stessa.
Quando è pacifica l'utilizzazione da parte dell'ente
pubblico della prestazione del privato, l'utilità e
conseguentemente il vantaggio e l'arricchimento della P.A.
sarebbe provato ed evidente e non vi sarebbe necessità del
riconoscimento del debito fuori bilancio, richiesto solo nel
caso in cui l'utilità e il vantaggio non siano palesi.
Nel caso di specie sarebbe stata pacificamente provata
l'utilità che il Comune di Vische ha tratto dalle
prestazioni del geom. Si., grazie alle quali sarebbero
stati eseguiti interventi di interesse pubblico.
Tali ultime circostanze non sarebbero state smentite dal
Comune di Vische il quale, pertanto, avrebbe ammesso i
fatti.
Il motivo è infondato.
In tema di assunzione d'impegni ed effettuazione di spese da
parte degli enti locali, la giurisprudenza di legittimità ha
da tempo affinato che, a norma del D.L. n. 66 del 1989,
art. 23 (convertito in L. n. 144 del 1989, riprodotto senza
sostanziali modifiche dal D.Lgs. n. 77 del 1995, art. 35, ed
ora rifluito nel D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 191), qualora
la richiesta di prestazioni e servizi proveniente da un
amministratore o un funzionario dell'ente locale non rientri
nello schema procedimentale di spesa tipizzato dal terzo
comma di tale disposizione, non sorgono obbligazioni a
carico dell'ente, bensì dell'amministratore o del
funzionario, i quali ne rispondono con il proprio
patrimonio, con la conseguente esclusione della
proponibilità dell'azione di indebito arricchimento nei
confronti dell'ente (cfr. tra le più recenti, Cass., Sez. 1,
30.10.2013, n. 24478; 26.05.2010, n. 12880; 22.05.2007, n. 11854).
E' stato peraltro precisato che, ai sensi del D.Lgs. n. 267
del 2000, art. 194, comma 1, lett. e), il predetto principio
non esclude la facoltà dell'ente di riconoscere a posteriori
il debito fuori bilancio, con apposita deliberazione
consiliare, nei limiti degli accertati e dimostrati utilità
ed arricchimento per l'ente stesso, nell'ambito
dell'espletamento di pubbliche funzioni e servizi di
competenza, fermo restando che, in caso di mancato
riconoscimento, il rapporto contrattuale intercorre
unicamente tra il terzo contraente e il funzionario o
l'amministratore che ha autorizzato la prestazione, i quali
restano comunque soggetti all'azione diretta e rispondono
delle obbligazioni irregolarmente assunte nei limiti della
parte non riconosciuta mediante la procedura relativa alla
contabilizzazione dei debiti fuori bilancio (cfr. Cass.,
Sez. 3, 18.04.2006, n. 8950; 31.05.2005, n. 11597).
Circa la possibilità che il riconoscimento del debito possa
essere anche desunto dalla condotta tenuta
dall'Amministrazione, si segnala un primo orientamento della
giurisprudenza di legittimità secondo cui il riconoscimento
dell'utilità della prestazione non richiede
necessariamente un'espressa deliberazione dell'organo
competente a formare la volontà dell'ente, ma può essere
desunto anche per implicito da fatti concludenti, e
segnatamente dalla consapevole utilizzazione della
prestazione, purché la stessa risulti ascrivibile agli
organi rappresentativi dell'ente, e quindi tale da rivelare
un positivo apprezzamento in ordine alla rispondenza
dell'opera all'interesse pubblico, nella cui valutazione,
avente carattere discrezionale, il giudice non può
sostituirsi alla Pubblica Amministrazione (cfr. ex plurimis,
Cass., Sez. 1, 07.03.2014, n. 5397; 18.04.2013, n.
9486; Cass., Sez. 3, 06.09.2012, n. 14939).
Recentemente, una pronuncia di questa Corte (Cass. civ. Sez.
I, 09/12/2015, n. 24860) ha disatteso il suddetto
ragionamento, affermando che in tema di assunzione di
obbligazioni da parte degli enti locali, agli effetti di
quanto disposto dall'art. 23, comma 4, del d.l. n. 66 del
1989 (convertito, con modificazioni nella 1. n. 144 del
1989), qualora le obbligazioni contratte non rientrino nello
schema procedimentale di spesa, insorge un rapporto
obbligatorio direttamente con l'amministratore o il
funzionario che abbia consentito la prestazione, per difetto
del requisito della sussidiarietà, sicché resta esclusa
l'azione di indebito arricchimento nei confronti dell'ente,
il quale può, comunque, riconoscere "a posteriori" il debito
fuori bilancio, ai sensi dell'art. 194 del d.lgs. n. 267 del
2000, nei limiti degli accertati e dimostrati utilità ed
arricchimento per l'ente stesso.
Peraltro, tale
riconoscimento può avvenire solo espressamente, con apposita
deliberazione dell'organo competente, e non può essere
desunto anche dal mero comportamento tenuto dagli organi
rappresentativi, insufficiente ad esprimere un apprezzamento
di carattere generale in ordine alla conciliabilità dei
relativi oneri con gli indirizzi di fondo della gestione
economico-finanziaria dell'ente e con le scelte
amministrative compiute.
Secondo tale pronuncia, il riconoscimento del debito fuori
bilancio richiede, ai sensi dell'art. 194, D.Lgs. n. 267 del
2000 "un'apposita deliberazione dell'organo competente a
formare la volontà dell'ente, da allegarsi al bilancio di
esercizio, con cui quest'ultimo non deve limitarsi a dare
atto del vantaggio arrecato dalla prestazione, in relazione
all'espletamento di funzioni e servizi di competenza
dell'ente, ma deve procedere alla verifica dell'incidenza
del corrispettivo sugli equilibri generali di bilancio, e
adottare, in caso di alterazione degli stessi, le misure
necessarie a ripristinare il pareggio ed a ripianare il
debito, in tal modo compiendo una valutazione globale che
investe la compatibilità della prestazione ricevuta con la
situazione economico-finanziaria dell'ente e con gli impegni
già assunti sulla base delle risorse disponibili, nonché la
reperibilità dei fondi necessari per far fronte ad ulteriori
obblighi. A differenza di quella riguardante l'utilità della
prestazione, che può emergere anche dall'appropriazione del
relativo risultato da parte dell'Amministrazione, tale
valutazione non può evidentemente essere desunta dal mero
comportamento degli organi rappresentativi, che, in quanto
riferibile al singolo rapporto, risulta di per sé
insufficiente ad esprimere un apprezzamento di carattere
generale in ordine alla conciliabilità dei relativi oneri
con gl'indirizzi di fondo della gestione economico-
inanziaria dell'ente e con le scelte amministrative già
compiute".
Pertanto la Corte ha affermato che la mancanza di una
formale deliberazione, adottata nelle forme prescritte del
cit. D.Lgs. n. 267, art. 193, comma 2, e art. 191, comma 4,
esclude "la stessa imputabilità dell'obbligazione
all'Amministrazione, prevedendo che il rapporto s'instauri
direttamente tra il privato fornitore e l'amministratore, il
funzionario o il dipendente che hanno consentito la
fornitura, i quali rispondono con il loro patrimonio, con la
conseguente esclusione dell'esperibilità dell'azione
d'ingiustificato arricchimento, per difetto del requisito
della sussidiarietà prescritto dall'art. 2042 c.c., il quale
presuppone che nessun'altra azione sia proponibile non solo
nei confronti dell'arricchito, ma anche nei confronti di
terzi (cfr. Cass., Sez. 1, 30.10.2013, n. 24478; Cass.
14.10.2010, Cass. n. 21242; 22.05.2007, n. 11854)".
Secondo quest'ultimo orientamento cui si intende dare
seguito, quindi, "la questione riguardante l'accertamento
dell'utilità della prestazione è destinata a porsi soltanto
nel caso in cui l'Amministrazione abbia espressamente
provveduto al riconoscimento del debito fuori bilancio,
assumendo a suo carico l'obbligazione nei limiti consentiti
dalle preminenti esigenze di salvaguardia degli equilibri di
bilancio, ovvero nel caso in cui il funzionario,
l'amministratore o il dipendente, responsabili nei confronti
dell'autore della prestazione, propongano a loro volta
l'azione di cui all'art. 2041 c.c., nei confronti
dell'Amministrazione (cfr. Cass., Sez. 6, 23.01.2014,
n. 1391)".
In quest'ottica, non assumerebbe rilievo la pronuncia delle
Sezioni Unite di questa Corte n. 10798 del 26.05.2015,
nella quale si osserva, in via generale, che il
riconoscimento dell'utilità della prestazione da parte
dell'arricchito non costituisce requisito dell'azione di cui
all'art. 2041, e si afferma pertanto che l'esercizio di tale
azione nei confronti di un ente pubblico pone a carico
dell'attore l'onere di provare soltanto il fatto oggettivo
dell'arricchimento, senza che il convenuto possa opporre il
mancato riconoscimento dello stesso.
In tale occasione,
infatti, le Sezioni Unite hanno precisato che nel caso
sottoposto al loro esame non era in discussione la
sussistenza del requisito della sussidiarietà dell'azione,
non essendo applicabile ratione temporis la disciplina
dettata dal D.L. n. 66 del 1989, art. 23, che, in quanto non
avente efficacia retroattiva, non è riferibile a prestazioni
e servizi resi in epoca anteriore alla sua entrata in
vigore.
Nel caso di specie, è invece pacifico che l'incarico
professionale posto a fondamento della domanda è
assoggettabile alla disciplina dettata dagli artt. 191 e
segg. del D.Lgs. n. 267 del 2000, che, riproducendo quella
introdotta dal D.L. n. 66 del 1989, impone di accertare,
ancor prima del vantaggio arrecato dalla prestazione al
Comune, l'eventuale adozione di una delibera di
riconoscimento del debito fuori bilancio da parte del
Consiglio comunale.
Pertanto, la sentenza della Corte di Appello di Torino, che
ha escluso l'esperibilità dell'azione d'ingiustificato
arricchimento nei confronti dell'ente, in considerazione
della mancanza di una delibera comunale di riconoscimento
del debito di bilancio, è scevra da qualsiasi vizio
logico-giuridico (Corte di Cassazione, Sez. I civile,
ordinanza 19.05.2017 n. 12608). |
APPALTI FORNITURE E SERVIZI: Senza
contratto è il dipendente che paga la fornitura.
La Cassazione individua nel singolo funzionario che ha
permesso la consegna dei beni il responsabile tenuto a
pagare il prezzo in favore del privato.
Una società inviava ad un Comune veneto del software, in
forza di una deliberazione adottata dalla Giunta che poi non
veniva più ratificata dal Consiglio, che l’Amministrazione
utilizzava nell’ambito della informatizzazione del servizio
cimiteriale. Non ottenuto il pagamento reclamato, la società
adiva il Tribunale civile che nel 2002 rigettava la domanda
di ingiustificato arricchimento motivando con il difetto del
requisito della sussidiarietà, in quanto la ditta avrebbe
potuto esercitare l'azione di rivendicazione dei materiali
consegnati.
In sede di gravame la Corte di appello ribaltava in parte la
decisione di primo grado rilevando che, pur in assenza di un
valido contratto, l'Amministrazione comunale aveva tratto un
vantaggio dall'utilizzazione dei materiali e programmi
ricevuti, traendo un arricchimento, da farsi valere con una
domanda che non trovava corrispondenza in alcuna altra
azione esperibile.
Ciò costringeva il Comune a proporre ricorso per Cassazione,
che è stato accolto, la quale ha osservato che il tema della
sussidiarietà dell'azione di indebito arricchimento,
proposto dell'ente ricorrente sotto il profilo della
possibilità di rivendicare i beni a suo tempo consegnati
dev’essere esaminato alla stregua della normativa,
applicabile ratione temporis, di cui all'art. 23 del
D.L. n. 66 del 1989, convertito nella L. n. 144 del 1989 ed
oggi rifluito nell'art. 191 del D.L.vo. n. 267 del 2000
(c.d. TUEL), che così recita: "Nel caso in cui vi sia
stata l'acquisizione di beni o servizi in violazione
dell'obbligo indicato nel comma 3, il rapporto obbligatorio
intercorre, ai fini della controprestazione e per ogni altro
effetto di legge tra il privato fornitore e l'amministratore
o il funzionario che abbiano consentita la fornitura. Detto
effetto si estende per le esecuzioni reiterate o
continuative a tutti coloro che abbiano reso possibili le
singole prestazioni".
La Corte, con la sentenza in commento ha, quindi, ribadito
il contenuto e la finalità della normativa in questione, la
quale ha previsto un innovativo sistema di imputazione alla
sfera giuridica diretta e personale dell'amministratore o
funzionario degli effetti dell'attività contrattuale dallo
stesso condotta in violazione delle regole contabili in
merito alla gestione degli enti locali, comportante
relativamente ai beni ed ai servizi acquisiti, una vera e
propria frattura o scissione ope legis del rapporto
di immedesimazione organica tra i suddetti agenti e la
Pubblica Amministrazione, con conseguente esclusione della
riferibilità a quest'ultima delle iniziative adottate al di
fuori dello schema procedimentale previsto dalle norme ad
evidenza pubblica.
La normativa in esame ha poi comportato la sostituzione del
pregresso regime di nullità del contratto per effetto delle
norme regolataci della sua formazione con quello della sua
piena validità ed efficacia tra agente in proprio e
fornitore (del quale sotto questo profilo viene incrementata
la tutela) per via di una sorta di novazione soggettiva (di
fonte normativa) dell'originario rapporto obbligatorio che
avrebbe dovuto intercorrere con l'ente pubblico di cui
l'agente è organo, con l'introduzione di una nuova
disciplina del rapporto tra gli enti medesimi e i soggetti
agenti, nonché tra questi ultimi e i privati contraenti
improntata a schemi privatistici.
E' stato quindi valorizzato, sia ai fini della
controprestazione, che per ogni altro effetto di legge, il
reale incontro di volontà tra il privato contraente (che
nell'accettare di eseguire l'incarico conferitogli contra
legem non possa ignorare che il rapporto contrattuale
deve intendersi intercorso con il funzionario o
l'amministratore ed assumere, quindi, volontariamente il
rischio conseguente alla definitiva individuazione della
parte contraente e patrimonialmente responsabile) e quest'ultimo,
che, nell'attribuirlo o nel consentirlo, accetta, per
converso, la propria responsabilità personale diretta verso
il terzo contraente per gli impegni assunti al di fuori od
in violazione del procedimento contabile previsto dalla
legge.
L'interpretazione della disposizione sopra menzionata, in
relazione al senso fatto palese dal significato proprio
delle parole secondo la connessione di esse (art. 12
preleggi) e alla finalità della normativa, indiscutibilmente
volta a prevenire il formarsi di debiti fuori bilancio a
carico delle Amministrazioni, secondo i giudici di
legittimità esclude la necessità di un ruolo attivo in capo
al funzionario. Infatti, l'uso del verbo "consentire"
descrive il comportamento di chi, trovandosi privo del
potere decisionale sul conferimento dell'incarico o
l'acquisizione del bene, nell'esercizio delle sue funzioni
permetta che avvenga l'acquisizione della prestazione o
della fornitura, senza opporvisi per quanto dovuto nei
limiti delle sue attribuzioni. Il disposto normativo è volto
a far sì che un contratto non perfezionatosi secondo legge
non pervenga alla fase esecutiva.
A questo fine viene responsabilizzato l'amministratore o il
funzionario che, chiamato ad operare, a cagione del suo
ufficio, per la conclusione e l'attuazione del contratto,
cooperi, lasciando che la prestazione venga eseguita.
In definitiva, secondo la sentenza n. 80, l'assenza di
qualsiasi vincolo contrattuale e di una previsione di spesa
rende la prestazione comunque espletata dalla ditta privata
assolutamente avulsa dal paradigma sopra evidenziato, e non
può in alcun modo -essendo prevista la responsabilità del
funzionario o dell'amministratore che la consentì- rendere
predicabile l'esperimento dell'azione di indebito
arricchimento nei confronti del Comune. Da qui
l’accoglimento del ricorso (commento tratto da
www.ilquotidianodellapa.it).
---------------
MASSIMA
3.2. Il tema della sussidiarietà dell'azione di indebito
arricchimento, proposto dell'ente ricorrente sotto il
profilo della possibilità di rivendicare i beni mobili a suo
tempo consegnati -non priva di aspetti problematici, in
relazione, a tacer d'altro, alla già avvenuta assegnazione
degli stessi da parte del Comune all'Amav- deve essere
esaminato alla stregua della normativa, applicabile
ratione temporis, di cui all'art. 23 del D.L. n. 66 del
1989, convertito nella l. n. 144 del 1989 ed oggi rifluito
nell'art. 191 del d.lgs. n. 267 del 2000.
3.3. Come risulta pacificamente, i beni posti a fondamento
della pretesa della Ri. vennero consegnati in assenza di un
valido rapporto contratto e al di fuori della previsione
della delibera della Giunta in data 30.04.1990, con la quale
venne stanziata la spesa di lire 71.400.000 e che, benché
inidonea, di per sé, alla costituzione di un rapporto
obbligatorio, comportò, previa ratifica da parte del
Consiglio comunale, il successivo pagamento di tale somma da
parte dell'ente territoriale nell'anno 2000.
Come si dà atto nell'impugnata decisione, il materiale in
questione "tra cui mobili di ufficio e stampanti, mai
ordinato e inviato solo a titolo di visione e prova",
venne consegnato tra il 26.11.1990 ed il 26.06.1991.
4. Deve quindi ribadirsi il contenuto e la
finalità della normativa sopra richiamata, la quale,
secondo la giurisprudenza di questa Corte (Cass.,
21.09.2015, n. 18567, Cass., 30.01.2013, n. 24478; Cass.,
27.03.2008, n. 7966), ha previsto un
innovativo sistema di imputazione alla sfera giuridica
diretta e personale dell'amministratore o funzionario degli
effetti dell'attività contrattuale dallo stesso condotta in
violazione delle regole contabili in merito alla gestione
degli enti locali, comportante relativamente ai beni ed ai
servizi acquisiti, una vera e propria frattura o scissione
ope legis del rapporto di immedesimazione organica
tra i suddetti agenti e la Pubblica Amministrazione, con
conseguente esclusione della riferibilità a quest'ultima
delle iniziative adottate al di fuori dello schema
procedimentale previsto dalla norme c.d. ad evidenza
pubblica.
4.1. La normativa in esame ha poi comportato la sostituzione
del pregresso regime di nullità del contratto per effetto
delle norme regolataci della sua formazione con quello della
sua piena validità ed efficacia tra agente in proprio e
fornitore (del quale sotto questo profilo viene incrementata
la tutela) per via di una sorta di novazione soggettiva (di
fonte normativa) dell'originario rapporto obbligatorio che
avrebbe dovuto intercorrere con l'ente pubblico di cui
l'agente è organo, con l'introduzione di una nuova
disciplina del rapporto tra gli enti medesimi e i soggetti
agenti, nonché tra questi ultimi e i privati contraenti
improntata a schemi privatistici.
E' stato quindi valorizzato, sia ai fini
della controprestazione, che per ogni altro effetto di
legge, il reale incontro di volontà tra il privato
contraente (che
nell'accettare di eseguire l'incarico conferitogli contra
legem non possa ignorare che il rapporto contrattuale
deve intendersi intercorso con il funzionario o
l'amministratore ed assumere, quindi, volontariamente il
rischio conseguente alla definitiva individuazione della
parte contraente e patrimonialmente responsabile)
e quest'ultimo, che, nell'attribuirlo o nel
consentirlo, accetta, per converso, la propria
responsabilità personale diretta verso il terzo contraente
per gli impegni assunti al di fuori od in violazione del
procedimento contabile previsto dalla legge.
4.2. A entrambi i contraenti, infine, non è consentito
invocare la disposizione contenuta nell'art. 28 Cost., che,
nel contemplare la responsabilità dell'amministrazione
accanto a quella degli agenti pubblici presuppone, in via di
principio, che si tratti di attività riferibile all'ente
stesso (Cass., 31.05.2005, n. 11597).
4.3. Il comma 4 dell'art. 23 del citato D.L. n. 66 del 1989,
poi riprodotto nell'art. 35 del d.lgs. n. 77 del 1995, così
dispone: "Nel caso in cui vi sia stata
l'acquisizione di beni o servizi in violazione dell'obbligo
indicato nel comma 3, il rapporto obbligatorio intercorre,
ai fini della controprestazione e per ogni altro effetto di
legge tra il privato fornitore e l'amministratore o il
funzionario che abbiano consentita la fornitura. Detto
effetto si estende per le esecuzioni reiterate o
continuative a tutti coloro che abbiano reso possibili le
singole prestazioni".
L'interpretazione di tale disposizione, in
relazione al senso fatto palese dal significato proprio
delle parole secondo la connessione di esse (art. 12
preleggi) e alla finalità della normativa, indiscutibilmente
volta a prevenire il formarsi di debiti fuori bilancio a
carico delle amministrazioni, esclude la necessità di un
ruolo attivo in capo al funzionario. Infatti, l'uso del
verbo "consentire" descrive il comportamento di chi,
trovandosi privo del potere decisionale sul conferimento
dell'incarico o l'acquisizione del bene, nell'esercizio
delle sue funzioni permetta che avvenga l'acquisizione della
prestazione o della fornitura, senza opporvisi per quanto
dovuto nei limiti delle sue attribuzioni. Il disposto
normativo è volto a far sì che un contratto non
perfezionatosi secondo legge non pervenga alla fase
esecutiva.
A questo fine viene responsabilizzato
l'amministratore o il funzionario che, chiamato ad operare,
a cagione del suo ufficio, per la conclusione e l'attuazione
del contratto, cooperi, lasci che la prestazione venga
eseguita (così
Cass., 09.10.2014, n. 21340).
5. L'assenza di qualsiasi vincolo
contrattuale e di una previsione di spesa rende la
prestazione comunque resa
dalla FEP assolutamente avulsa dal
paradigma sopra evidenziato, e non può in alcun modo,
essendo prevista la responsabilità del funzionario o
dell'amministratore che la consentì, rendere predicabile
l'esperimento dell'azione di indebito arricchimento nei
confronti del Comune
(Corte di Cassazione, Sez. I civile,
sentenza 04.01.2017 n. 80). |
anno 2016 |
|
ATTI AMMINISTRATIVI: La giurisprudenza della Corte dei conti
ha ripetutamente evidenziato la sostanziale diversità esistente
tra la fattispecie di debito derivante da sentenze esecutive e le altre
previste dall’art. 194 TUEL, osservando come, mentre nel caso di sentenza
esecutive di condanna il Consiglio comunale non ha alcun margine di
discrezionalità nel valutare l’an e il quantum del debito,
poiché l’entità del pagamento rimane stabilita nella misura indicata dal
provvedimento dell’autorità giudiziaria, negli altri casi descritti
dall’art. 194 TUEL l’organo consiliare esercita un ampio apprezzamento
discrezionale.
In mancanza di una disposizione che preveda una disciplina specifica e
diversa per le “sentenze esecutive”, tuttavia, non è consentito
discostarsi dalla stretta interpretazione dell’art. 193, comma 2, lett. b),
del TUEL (nella formulazione vigente), ai sensi del quale: “…i
provvedimenti per il ripiano di eventuali debiti di cui all’art. 194…”
sono assunti dall’organo consiliare contestualmente all’accertamento
negativo del permanere degli equilibri di bilancio (cfr. art. 193, comma 2
cit.).
Infatti, a fronte dell’imperatività del provvedimento giudiziale esecutivo,
il valore della delibera del Consiglio non è quello di riconoscere la
legittimità del debito che già è stata verificata in sede giudiziale, bensì
di ricondurre al sistema di bilancio un fenomeno di rilevanza finanziaria
che è maturato all’esterno di esso.
In tale prospettiva l’art. 194, primo comma, TUEL rappresenta un’eccezione
ai principi riguardanti la necessità del preventivo impegno formale e della
copertura finanziaria; onde per riportare le ipotesi previste nell’ambito
del principio di copertura finanziaria è, dunque, richiesta la delibera
consiliare con la quale viene ripristinata la fisiologia della fase della
spesa e i debiti de quibus vengono ricondotti a sistema
mediante l’adozione dei necessari provvedimenti di riequilibrio finanziario.
Ulteriore funzione svolta dalla delibera consiliare è l’accertamento delle
cause che hanno originato l’obbligo, con le consequenziali ed eventuali
responsabilità; infatti, questa funzione di accertamento è rafforzata dalla
previsione dell’invio alla Procura regionale della Corte dei conti (art. 23,
comma 5, L. 289/2002) delle delibere di riconoscimento di debito fuori
bilancio.
Nella delineata prospettiva interpretativa, la delibera consiliare svolge
una duplice funzione, per un verso, tipicamente giuscontabilistica,
finalizzata ad assicurare la salvaguardia degli equilibri di bilancio; per
l’altro, garantista, ai fini dell’accertamento dell’eventuale responsabilità
amministrativo-contabile.
Sulla base delle esposte considerazioni, nel caso di sentenze esecutive e di
pignoramenti, sussiste, l’obbligo di procedere con tempestività alla
convocazione del Consiglio comunale per il riconoscimento del debito, in
modo da impedire il maturare di interessi, rivalutazione monetaria ed
ulteriori spese legali.
Pertanto, alla luce dell’attuale normativa, non è consentito
all’ente locale discostarsi dalle prescrizioni letterali degli artt. 193 e
194 TUEL che garantiscono una maggiore efficienza ed efficacia dell’azione
amministrativa per salvaguardare gli equilibri finanziari dell’ente locale.
Inoltre, il tempestivo riconoscimento e finanziamento del debito fuori
bilancio, nonché il conseguente pagamento, non esporrebbero l’ente al
rischio di azioni esecutive, considerato che il decorso di 120 giorni dalla
notifica del titolo esecutivo,
comporterebbe l’avvio delle
procedure esecutive nei confronti della P.A..
---------------
Con la nota indicata in epigrafe, il Sindaco del Comune di Salve (LE) ha
presentato una richiesta di parere prospettando più soluzioni alternative,
sulle quali chiede a questa Sezione di pronunciarsi, rispetto alla
problematica attinente all’esistenza di un debito fuori bilancio derivante
da sentenza di condanna di 1° grado esecutiva per legge.
Preliminarmente il Sindaco ha rappresentato che:
- il Comune di Salve, a seguito di sentenza emessa da Tribunale di
Lecce, è stato condannato al risarcimento del danno per un importo di circa
600.000,00 euro per il quale non dispone delle risorse necessarie di
bilancio;
- l’avanzo di amministrazione di cui dispone consentirebbe di
coprire il debito solo in parte, ma non verrebbero rispettati i vincoli di
finanza pubblica;
- non è stato raggiunto alcun accordo transattivo.
Nello specifico, chiede un parere in merito alla possibilità di approvare in
Consiglio comunale una delibera di riconoscimento del debito che non
provveda al ripiano del debito, bensì all’accantonamento delle somme che si
rendano disponibili nei bilancio dei tre esercizi successivi, al fine di
disporre di un tempo maggiore per raggiungere un accordo col creditore e, in
considerazione della mancanza di disponibilità finanziaria, per attivare le
procedure ex artt. 153 e 193 del TUEL.
Altra soluzione alternativa sulla quale l’ente ha chiesto a questa Sezione
di pronunciarsi è la seguente: “…è possibile non procedere al
riconoscimento entro il 31 luglio e dare atto del permanere degli equilibri
a condizione che si proceda in termini brevi alla transazione e nel caso non
si raggiunga alcunché si procedere ex artt. 153 e 193 Tuel?...”.
...
Preliminarmente, si rende necessario precisare che la giurisprudenza della
Corte dei conti ha avuto già occasione di pronunciarsi in merito
all’individuazione della normativa di riferimento per analoghe fattispecie,
sia in sede consultiva, che in occasione dei controlli sulla gestione
finanziaria degli enti locali, prevista dall’art. 1, comma 166 e ss., della
legge n. 266/2005 (Finanziaria per il 2006) e dall’art. 148-bis del Tuel.
La questione sottoposta al vaglio consultivo della Sezione, investe
l’istituto giuridico del riconoscimento dei debiti fuori bilancio derivanti
da sentenza esecutiva previsto dall’art. 194, comma 1, lett. a), del TUEL.
La giurisprudenza della Corte dei conti (cfr. ex multis, SSRR n.
12/2007/QM) ha ripetutamente evidenziato la sostanziale diversità esistente
tra la fattispecie di debito derivante da sentenze esecutive e le altre
previste dall’art. 194 TUEL, osservando come, mentre nel caso di sentenza
esecutive di condanna il Consiglio comunale non ha alcun margine di
discrezionalità nel valutare l’an e il quantum del debito,
poiché l’entità del pagamento rimane stabilita nella misura indicata dal
provvedimento dell’autorità giudiziaria, negli altri casi descritti
dall’art. 194 TUEL l’organo consiliare esercita un ampio apprezzamento
discrezionale.
In mancanza di una disposizione che preveda una disciplina specifica e
diversa per le “sentenze esecutive”, tuttavia, non è consentito
discostarsi dalla stretta interpretazione dell’art. 193, comma 2, lett. b),
del TUEL (nella formulazione vigente), ai sensi del quale: “…i
provvedimenti per il ripiano di eventuali debiti di cui all’art. 194…”
sono assunti dall’organo consiliare contestualmente all’accertamento
negativo del permanere degli equilibri di bilancio (cfr. art. 193, comma 2
cit.).
Infatti, a fronte dell’imperatività del provvedimento giudiziale esecutivo,
il valore della delibera del Consiglio non è quello di riconoscere la
legittimità del debito che già è stata verificata in sede giudiziale, bensì
di ricondurre al sistema di bilancio un fenomeno di rilevanza finanziaria
che è maturato all’esterno di esso.
In tale prospettiva l’art. 194, primo comma, TUEL rappresenta un’eccezione
ai principi riguardanti la necessità del preventivo impegno formale e della
copertura finanziaria; onde per riportare le ipotesi previste nell’ambito
del principio di copertura finanziaria è, dunque, richiesta la delibera
consiliare con la quale viene ripristinata la fisiologia della fase della
spesa e i debiti de quibus vengono ricondotti a sistema (cfr. ex
multis Corte dei Conti, sez. contr. Friuli Venezia Giulia, 6/1c/2005,)
mediante l’adozione dei necessari provvedimenti di riequilibrio finanziario.
Ulteriore funzione svolta dalla delibera consiliare è l’accertamento delle
cause che hanno originato l’obbligo, con le consequenziali ed eventuali
responsabilità; infatti, questa funzione di accertamento è rafforzata dalla
previsione dell’invio alla Procura regionale della Corte dei conti (art. 23,
comma 5, L. 289/2002) delle delibere di riconoscimento di debito fuori
bilancio.
Nella delineata prospettiva interpretativa, la delibera consiliare svolge
una duplice funzione, per un verso, tipicamente giuscontabilistica,
finalizzata ad assicurare la salvaguardia degli equilibri di bilancio; per
l’altro, garantista, ai fini dell’accertamento dell’eventuale responsabilità
amministrativo-contabile (cfr. ex multis: Corte dei conti, Sezione
Regionale per la Puglia n. 180/PRSP/2014).
Sulla base delle esposte considerazioni, nel caso di sentenze esecutive e di
pignoramenti, sussiste, l’obbligo di procedere con tempestività alla
convocazione del Consiglio comunale per il riconoscimento del debito, in
modo da impedire il maturare di interessi, rivalutazione monetaria ed
ulteriori spese legali (cfr. ex multis Corte dei conti, Sezione Regionale
per la Puglia n. 122/PRSP/2016).
Pertanto, alla luce dell’attuale normativa, non è consentito
all’ente locale discostarsi dalle prescrizioni letterali degli artt. 193 e
194 TUEL che garantiscono una maggiore efficienza ed efficacia dell’azione
amministrativa per salvaguardare gli equilibri finanziari dell’ente locale.
Inoltre, il tempestivo riconoscimento e finanziamento del debito fuori
bilancio, nonché il conseguente pagamento, non esporrebbero l’ente al
rischio di azioni esecutive, considerato che il decorso di 120 giorni dalla
notifica del titolo esecutivo (previsti dall’art. 14, del Decreto Legge
31.12.1996, n. 669 convertito in legge 28.02.1997, n. 30 come modificato
dall’art. 147 della Legge 23.12.2000, n. 288), comporterebbe l’avvio delle
procedure esecutive nei confronti della P.A. (Corte dei Conti, Sez.
controllo Puglia,
parere 15.09.2016 n. 152). |
APPALTI: La transazione non permette il debito fuori bilancio.
Corte dei conti.
Il Comune
chiamato al pagamento di un debito dopo aver chiuso una
controversia con un accordo di «negoziazione assistita»,
evitando cioè di definire la questione nelle aule dei
tribunali, non può far ricorso al debito fuori bilancio, ma
deve ricorrere alla procedura ordinaria di spesa poiché la
somma dovuta non rientra nelle tipologie di debito
disciplinate dal Tuel (articolo 194) e perché l’evento è
stato previsto dall’ente sia nei modi sia nei tempi.
A precisarlo è la
Corte dei conti nel
parere 05.09.2016 n. 164 della Sezione di
controllo per la Sicilia, rispondendo a un Comune che
chiedeva di considerare nella nozione più ampia di debito
fuori bilancio anche il titolo esecutivo derivato dalla
cosiddetta «convenzione di negoziazione» prevista in
determinate materie dalla riforma del processo civile
(articolo 3 del Dl 132/2014, convertito in legge 162/2014) –obbligatoria per il risarcimento del danno da circolazione
di veicoli e natanti e per il pagamento a qualsiasi titolo
di somme purché fine a 50mila euro e per liti per cui non è
prevista la «mediazione obbligatoria»-, così come
riconosciuto in diversi casi di transazione dalla stessa
giurisprudenza contabile, da quella della stessa sezione
isolana (delibera 38/2014), a quelle del Piemonte (delibera
20/2015) e della Lombardia (delibera 396/2015).
La Corte ha spiegato che proprio questi stessi pareri, in
particolare la delibera 396/2015 dei magistrati contabili
lombardi, hanno affermato che in questi casi le uniche
tipologie di debito ammissibili sono quelle definite dal
legislatore nell’ordinamento sugli enti locali.
Come noto,
nel caso in cui derivino da sentenze esecutive; dalla
necessità di coprire il disavanzo di consorzi aziende
speciali e istituzioni; dalla quella di ricapitalizzare
società di capitali create dallo stesso ente locale per
l’esercizio dei servizi pubblici locali; da procedure
d’esproprio o di occupazione d’urgenza per opere di
pubbliche utilità; per acquisire beni e servizi necessari ma
non programmati nel bilancio di previsione né riconducibili
a emergenze.
Nella delibera si è ribadito che proprio per la tassatività
dei casi che legittimano il riconoscimento del debito fuori
bilancio, che di fatto violano la regola di previsione di
spesa e impegno contabile, si è ritenuto di non equiparare
«gli accordi diretti a comporre una controversia» alle
sentenze esecutive e in generale al concetto di
«sopravvenienza passiva» richiamata dal Tuel perché
«presuppongono la decisione dell’ente di pervenire a un
accordo con la controparte, per cui è possibile prevedere,
da parte del Comune, tanto il sorgere dell’obbligazione
quanto i tempi per l’adempimento».
Secondo la Corte, questo
principio non vale soltanto per gli accordi transattivi ma
anche per quello che deriva dalla negoziazione assistita
come nel caso in esame poiché questa procedura prevede che
le parti, supportate dai rispettivi avvocati, si impegnino a
cooperare in buona fede e con lealtà per chiudere la lite in
via amichevole.
La tesi, secondo i magistrati contabili, è valida anche se
per il legislatore questo patto «costituisce titolo
esecutivo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale» (articolo
5, comma 1): questo infatti resta pur sempre «rimesso alla
disponibilità delle parti che consensualmente decidono di
comporre e regolare i rispettivi interessi senza rimettersi
alla decisione di un terzo» e ha le stesse funzioni di un
contratto di transazione che consente al debitore di
valutarne la convenienza economica rispetto all’incertezza
del giudizio e al contenzioso in ballo concordando i tempi e
i modi per liquidare il debito, quindi di fatto di
programmarne la spesa al contrario di quanto dettato dalla
procedura per i debiti fuori bilancio (articolo Il Sole 24 Ore del
12.09.2016).
---------------
MASSIMA
Con la nota in epigrafe, il Sindaco del comune di Licata
ha chiesto un parere relativo alla legittimità del
riconoscimento di un debito fuori bilancio, ai sensi
dell’art. 194 del D.lgs. 18.08.2000, n. 267, a fronte di un
titolo esecutivo costituito dall’accordo che compone la
controversia a seguito dell’espletamento della procedura di
negoziazione assistita prevista dall’ art. 2 e seguenti del
decreto legge 12.09.2014, n.132, convertito, con
modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 10.11.2014,
n. 162.
Il Sindaco ha premesso che la suddetta procedura di
negoziazione assistita si inserisce nel più ampio quadro dei
mezzi di risoluzione alternativa delle controversie, ossia
degli strumenti atti a consentire una composizione
stragiudiziale delle liti con finalità deflattive del
contenzioso giudiziario: l’accordo raggiunto dalle parti, da
ricondursi funzionalmente al contratto di transazione,
determinando l’insorgere di un titolo esecutivo nei
confronti dell’ente, ha posto il problema della possibilità
o meno di considerare il debito dell’Ente quale
sopravvenienza passiva rientrante nella più ampia nozione di
“debito fuori bilancio”, il cui riconoscimento è
disciplinato dall’art. 194 del Tuel, nei casi previsti dal
comma 1, lett. a-b-c-d-e.
In tal senso il Sindaco del Comune di Licata ha citato la
giurisprudenza della Corte dei conti formatasi sulla
questione e, segnatamente, i pareri espressi dalla Sezione
di controllo per la Regione siciliana (delibera n.
38/2014/PAR), della Sezione regionale di controllo del
Piemonte (delibera n. 20/2015/PAR), dalla Sezione regionale
di controllo della Lombardia (n. 396/2015/PAR).
...
Nel merito, la Sezione rileva che la tematica oggetto della
richiesta di parere è stata già diffusamente affrontata da
altre Sezioni di controllo della Corte dei conti, né vi sono
ragioni per discostarsi dall’indirizzo interpretativo
delineato dalle deliberazioni sopracitate.
In particolare, la Sezione di controllo per la Lombardia,
con la deliberazione n. 396 del 28 ottobre 2015, dopo aver
precisato che i debiti fuori bilancio costituiscono
obbligazioni pecuniarie assunte in violazione dei principi
contabili e delle disposizioni di legge che regolano i
procedimenti di spesa negli enti locali, sorte in assenza di
specifica previsione di spesa e del conseguente impegno
contabile, le quali si manifestano come sopravvenienze
passive che l’ente -al ricorrere di determinati presupposti-
è tenuto a “riconoscere” nel proprio bilancio, ha ribadito
la tassatività delle tipologie di debiti fuori bilancio
previste dall’art. 194 del TUEL, imputabili all’ente
mediante apposita deliberazione consiliare, articolate delle
seguenti fattispecie:
a) sentenze esecutive;
b) coperture di disavanzi di consorzi, di aziende speciali e
di istituzioni;
c) ricapitalizzazione di società di capitali costituite per
l'esercizio di servizi pubblici locali;
d) procedure espropriative o di occupazione d'urgenza per
opere di pubblica utilità;
e) acquisizione di beni e servizi, in violazione degli
obblighi di cui ai commi 1, 2 e 3 dell'articolo 191, nei
limiti degli accertati e dimostrati utilità ed arricchimento
per l'ente.
La giurisprudenza contabile ha più volte affermato il
carattere tassativo della predetta elencazione, escludendo,
in particolare, che gli accordi diretti a comporre una
controversia potessero essere assimilati alle sentenze
esecutive, ai fini del riconoscimento di un debito fuori
bilancio.
Si è evidenziato, al riguardo, che “l’accordo transattivo
non può essere ricondotto al concetto di sopravvenienza
passiva e dunque alla nozione di debito fuori bilancio
sottesa alla disciplina in questione. Gli accordi
transattivi, infatti, presuppongono la decisione dell’Ente
di pervenire ad un accordo con la controparte, per cui è
possibile prevedere, da parte del Comune, tanto il sorgere
dell’obbligazione quanto i tempi per l’adempimento. Pertanto
con riferimento agli accordi transattivi l’Ente può attivare
le ordinarie procedure contabili di spesa, rapportando ad
esse l’assunzione delle obbligazioni derivanti dagli accordi
stessi” (Cfr. Corte Conti, Sezione Piemonte, delibere n. 383
del 2013 e n. 20 del 2015, Sezione Calabria, delibera n. 406
del 03.08.2011).
Le medesime argomentazioni possono essere sostenute anche
riguardo all’accordo concluso a seguito di una procedura di
negoziazione assistita, introdotta dal decreto legge 12
settembre 2014, n. 132, convertito dalla legge 10 novembre
2014, n. 162.
L’art. 3, del decreto legge sopra citato, subordina la
procedibilità della domanda giudiziale in determinate
materie al previo esperimento della predetta procedura,
consistente nell’invito rivolto all’altra parte di stipulare
una convenzione di negoziazione assistita.
Quest’ultima, come espressamente affermato dal precedente
art. 2, comma 1, del medesimo decreto legge, consiste in un
accordo con il quale le parti si impegnano a cooperare in
buona fede e con lealtà per risolvere in via amichevole la
controversia tramite l'assistenza di avvocati.
La cooperazione concordata per effetto della predetta
convenzione può, pertanto, portare alla conclusione di un
accordo che compone la controversia fra le parti e a cui
l’art. 5, comma 1, del decreto legge citato attribuisce
l’efficacia di titolo esecutivo per l’iscrizione
dell’ipoteca giudiziale.
Tale accordo, in quanto rimesso alla disponibilità delle
parti che consensualmente decidono di comporre e regolare i
rispettivi interessi senza rimettersi alla decisione di un
terzo, può essere ricondotto funzionalmente al contratto di
transazione che, qualora abbia buon esito, consente al
debitore di concordare (e quindi di prevedere) i tempi e i
modi della prestazione dovuta allo stesso modo della
transazione, rimanendo pertanto escluso il carattere di
sopravvenienza passiva che legittima il riconoscimento del
debito fuori bilancio.
Questa Sezione ritiene di poter affermare -in linea con la
giurisprudenza della Corte formatasi in proposito- che
l’accordo concluso a seguito di negoziazione assistita, al
pari di ogni altro accordo transattivo, non essendo
riconducibile alle ipotesi tassative di cui all’art. 194 del
TUEL non può costituire il titolo per il riconoscimento di
un debito fuori bilancio, con la conseguenza che gli oneri
scaturenti dallo stesso, nella misura in cui siano
prevedibili e determinabili dal debitore, devono essere
contabilizzati secondo le ordinarie procedure di spesa. |
APPALTI:
Procedimento per il pagamento dei debiti fuori bilancio
di Roma Capitale di competenza della Gestione Commissariale
(parere
04.08.2016-369240, AL 25906/16 - Rassegna
Avvocatura dello Stato n. 3/2016). |
ATTI AMMINISTRATIVI: Non si
rinvengono, nell’ordinamento, disposizioni che precludano
all’Ente Locale, creditore di somma di danaro, di convenire
con il debitore un piano di rateizzazione dei pagamenti.
---------------
Con la nota in epigrafe il Sindaco del Comune di Nova Siri (MT)
chiede:
a) se sia possibile applicare la rateizzazione prevista
dall’art. 194, comma 2, del Tuel, per il caso di debiti
fuori bilancio derivanti da sentenze, anche ai crediti
vantati dal Comune oggetto di accordo transattivo con il
debitore e con tutte le garanzia dei legge a tutela del
pagamento;
b) nel caso di risposta affermativa, ove sia stato approvato
un piano di riequilibro pluriennale in corso di attuazione,
se sia possibile la rateizzazione per tutta la durata del
piano.
...
4. Il principale interrogativo che pone il Comune è se
l’Ente Locale, che sia creditore di somma di danaro
derivante da sentenza, possa concordare con il debitore, con
atto successivo alla decisione che ha accertato il credito,
la rateizzazione dei pagamenti, ferme tutte le garanzie di
legge per la tutela del credito. In via subordinata e nel
caso di risposta affermativa, chiede se sia possibile che la
durata della rateizzazione possa estendersi alla durata del
piano di riequilibrio già approvato e in corso di
esecuzione.
Propone, al riguardo, una analogia con la situazione
inversa, nella quale cioè è l’ente comunale a essere
debitore di somma a seguito di sentenza da riconoscere ai
sensi dell’art. 194, comma 2, del TUEL, che espressamente
prevede la rateizzazione del debito nel termine di tre anni.
5.1 Sulla prima questione rileva la Sezione che
non si
rinvengono, nell’ordinamento, disposizioni che precludano
all’Ente Locale, creditore di somma di danaro, di convenire
con il debitore un piano di rateizzazione dei pagamenti.
La convenzione in questione, ovviamente,
non potrà ridurre
l’importo del credito, non essendo consentito all’Ente
rimettere, neppure in parte, un debito, se non per motivate
utilità dell’Ente medesimo, né fondare la “causa debendi” in
un titolo diverso da quello portato in sentenza, ma, nella
parte dispositiva, si limiterà a modulare nel tempo i
pagamenti, definendo data, modalità di riscossione e importo
di ciascuno.
La concessione del beneficio del termine per adempiere
dovrà, necessariamente, essere assistita da idonee garanzie
a tutela della realizzazione del credito.
Particolare attenzione dovrà essere riposta nelle garanzie
di adempimento che dovranno necessariamente essere presenti
nella convenzione. Ritiene il Collegio che garanzia adeguata
sia la fideiussione bancaria, rilasciata da istituto di
credito sottoposto alla vigilanza della Banca d’Italia.
Ammesse nei confronti degli Enti pubblici sono anche le
garanzie emesse da compagnie di assicurazione.
Tuttavia, in questo caso, si raccomanda particolare cautela
nella scelta, eventualmente, della compagnia garante, non
essendo sufficiente la iscrizione in determinati registri,
dovendosi, invece, per ragioni di pronta realizzazione del
credito, operare opportuna selezione, orientata anche alla
accessibilità alla tutela giudiziaria apprestata
dall’ordinamento italiano.
5.2 Nel caso l’ente si trovasse a gestire un piano di
riequilibrio pluriennale, non si intravedono particolari
problemi di natura contabile che possano interferire nella modulabilità del termine di riscossione del credito.
Qualora
il credito fosse già stato inserito nel piano, e dunque già
accertata l’entrata, si tratterà di verificare se i termini
previsti per la sua realizzazione (riscossione) coincidono
con quelli della rateizzazione concordata. Qualora così non
fosse, ritiene la Sezione che, senza dover apportare
modifiche al piano, sia possibile imputare le riscossioni
agli esercizi convenuti in sede di elaborazione dei bilanci
pluriennali. Nel caso in cui il credito non fosse stato
considerato nel piano, se ne dovrà accertare l’importo e
imputare le riscossioni agli esercizi di scadenza delle
singole rate, secondo i criteri di contabilità vigenti.
In ogni caso, l’arco temporale di rateizzazione del credito,
soprattutto laddove è in esecuzione un piano di riequilibrio
pluriennale, dovrà tener conto del bilanciamento delle
esigenze del debitore con le ragioni del più celere
raggiungimento dell’obiettivo di risanamento, che è
l’interesse primario della collettività amministrata
(Corte dei Conti, Sez. controllo Basilicata,
parere 02.03.2016 n. 6). |
ATTI AMMINISTRATIVI: Stante
l’ammissibilità di disporre pagamenti per “le obbligazioni derivanti da
provvedimenti giurisdizionali esecutivi” durante l’esercizio provvisorio, ne
deriva la possibilità che -per tali specifici atti- tale evenienza avvenga
anche tramite l’adozione del necessario provvedimento formale di
riconoscimento del debito.
Per le sentenze esecutive, di cui alla lett. a) dell’art. 194 del TUEL,
(relativo al riconoscimento di legittimità di debiti fuori bilancio), si
ritiene sia, dunque, ammissibile, la richiesta formulata dall’Ente.
---------------
il Collegio ritiene di dover ribadire quanto già
affermato in precedenti deliberazioni in merito alla necessità che il
pagamento avvenga in conseguenza di una preventiva e tempestiva
deliberazione consiliare finalizzata, in particolare, a ricondurre
l’obbligazione nell’ambito della contabilità dell’ente, ad individuarne le
risorse per farvi fronte, ad accertare la riconducibilità del debito alla
fattispecie tassativamente individuata dalla legge, anche al fine di
evidenziare eventuali responsabilità.
Invero, il preventivo riconoscimento del debito da parte dell’Organo
consiliare -disposto espressamente dall’art. 194 del TUEL- risulta
necessario anche nell’ipotesi di debiti derivanti da sentenza esecutiva, per
loro natura caratterizzati da assenza di discrezionalità per via del
provvedimento giudiziario a monte, che accertando il diritto di credito del
terzo, rende agevole la riconduzione al sistema di bilancio di un fenomeno
di rilevanza finanziaria maturato all’esterno di esso (secondo il principio
contabile 2.101).
Anche in questi casi, infatti, l’avvio del procedimento di spesa ex art. 183
e ss. del TUEL postula, comunque, già sul piano logico, una positiva
valutazione dell’Organo consiliare sulla sussistenza dei presupposti di
riconoscibilità, sulle cause ed eventuali responsabilità connesse, nonché
sulle eventuali misure da adottarsi in relazione all’oggetto della
soccombenza giudiziaria.
Inoltre, si osserva che l’attività esecutiva affidata ai dirigenti
costituisce un momento necessariamente successivo e, quindi, conseguente
alla decisione dell’Organo cui per legge è intestata la responsabilità
politica dell’azione amministrativa, diversamente ne risulterebbe sovvertita
la fondamentale distinzione tra attività di indirizzo politico ed attività
gestionale.
---------------
Da ultimo, in ordine alle valutazioni di maggiore lunghezza dei tempi di
approvazione dell’atto di riconoscimento, formulate dall’Ente richiedente il
parere, si osserva che il termine di centoventi giorni dalla notifica del
titolo esecutivo (ex art. 14 del d.l. 31.12.1996, n. 669, convertito dalla
legge 28.02.1997, n. 30 e s.m.i.) per l’avvio di procedure esecutive nei
confronti della p.a. sia sufficientemente ampio per provvedere agli
adempimenti di cui all’art. 194 del TUEL anche alla luce del principio di
buon andamento di cui all’art. 97 della Costituzione.
---------------
Con la nota in epigrafe, il Sindaco del Comune di Palermo, nel
richiamare il
parere 30.10.2014 n. 189
di questa Sezione di controllo, riguardante la fattispecie del pagamento di
debiti fuori bilancio derivanti da “sentenza provvisoriamente esecutiva
di condanna” durante l’esercizio provvisorio di bilancio, che ne
escludeva la possibilità di procedere al relativo riconoscimento del debito
in tale fase contabile, formulava un primo quesito relativo alla
possibilità di procedere -in conformità dei principi di tutela dettati
dall’art. 163 del d.lgs. 267/2000- al pagamento dei debiti fuori
bilancio, ivi inclusi quelli di cui alla lett. a) dell’art. 194 del d.lgs.
267/2000, prima dell’approvazione del bilancio di previsione, ossia durante
le fasi di esercizio provvisorio o gestione provvisoria.
L’Ente richiamava, a tale riguardo, altra deliberazione (parere
09.05.2014 n. 31
della Sezione di controllo della Corte dei conti per la Liguria) relativa
alla possibilità di riconoscimento di debiti fuori bilancio “atteso che
il d.lgs. 267/2000 non pone limiti di applicazione degli artt. 191, comma 3,
e 194 del TUEL in caso di esercizio provvisorio, se non quelli esplicitati
dal medesimo art. 163, comma 3, del TUEL, alcuni dei quali fissati in
maniera puntuale, altri suscettibili di margini di autonoma valutazione da
parte dei competenti organi dell’ente locale.”
Un secondo quesito, collegato al precedente, riguardava la
possibilità, per i soli debiti di cui alla lettera a) del primo comma
dell’art. 194 citato, a seguito dell’approvazione del bilancio di previsione
o nel caso in cui la risposta al primo quesito fosse positiva, anche nelle
more che tale approvazione intervenga, l’ente possa procedere con
determinazione dirigenziale al pagamento del debito citato in una fase
antecedente all’adozione dell’atto di riconoscimento della legittimità, da
parte dell’organo consiliare, dello specifico debito.
L’Ente proseguiva la richiesta di parere, con l’illustrazione dei motivi,
essenzialmente legati ad una maggiore velocità di esecuzione che, a suo
avviso, consiglierebbero l’adozione di tale soluzione.
...
Nel merito, quanto al primo quesito, si osserva che nelle more
dell’emanazione del precedente
parere 30.10.2014 n. 189 di questa Sezione di controllo è
intervenuta, ad opera del d.lgs. 10.08.2014, n. 126, la sostituzione
dell’art. 163 del d.lgs. 267/2000 (TUEL) che, nel testo modificato -per le
parti che interessano la questione posta dal Comune di Palermo- così
espressamente dispone:
(Esercizio provvisorio e gestione provvisoria)
1. Se il bilancio di previsione non è approvato dal Consiglio entro
il 31 dicembre dell'anno precedente, la gestione finanziaria dell'ente si
svolge nel rispetto dei principi applicati della contabilità finanziaria
riguardanti l'esercizio provvisorio o la gestione provvisoria. (Omissis)
2. (omissis) Nel corso della gestione provvisoria l'ente può
assumere solo obbligazioni derivanti da provvedimenti giurisdizionali
esecutivi, quelle tassativamente regolate dalla legge e quelle necessarie ad
evitare che siano arrecati danni patrimoniali certi e gravi all'ente. Nel
corso della gestione provvisoria l'ente può disporre pagamenti solo per
l'assolvimento delle obbligazioni già assunte, delle obbligazioni derivanti
da provvedimenti giurisdizionali esecutivi e di obblighi speciali
tassativamente regolati dalla legge, per le spese di personale, di residui
passivi, di rate di mutuo, di canoni, imposte e tasse, e, in particolare,
per le sole operazioni necessarie ad evitare che siano arrecati danni
patrimoniali certi e gravi all'ente.
Pertanto, risolta legislativamente in senso favorevole all’ammissibilità di
disporre pagamenti per “le obbligazioni derivanti da provvedimenti
giurisdizionali esecutivi” durante l’esercizio provvisorio, ne deriva la
possibilità che -per tali specifici atti- tale evenienza avvenga anche
tramite l’adozione del necessario provvedimento formale di riconoscimento
del debito. Per le sentenze esecutive, di cui alla lett. a) dell’art. 194
del TUEL, (relativo al riconoscimento di legittimità di debiti fuori
bilancio), si ritiene sia, dunque, ammissibile, la richiesta formulata
dall’Ente.
Quanto al secondo quesito, il Collegio ritiene di dover ribadire
quanto già affermato in precedenti deliberazioni di questa Sezione (in
particolare, il
parere 03.02.2015 n. 80)
in merito alla necessità che il pagamento avvenga in conseguenza di una
preventiva e tempestiva deliberazione consiliare finalizzata, in
particolare, a ricondurre l’obbligazione nell’ambito della contabilità
dell’ente, ad individuarne le risorse per farvi fronte, ad accertare la
riconducibilità del debito alla fattispecie tassativamente individuata dalla
legge, anche al fine di evidenziare eventuali responsabilità.
Come già affermato nella deliberazione di questa Sezione, da ultimo citata,
il preventivo riconoscimento del debito da parte dell’Organo consiliare
-disposto espressamente dall’art. 194 del TUEL- risulta, dunque, necessario
anche nell’ipotesi di debiti derivanti da sentenza esecutiva, per loro
natura caratterizzati da assenza di discrezionalità per via del
provvedimento giudiziario a monte, che accertando il diritto di credito del
terzo, rende agevole la riconduzione al sistema di bilancio di un fenomeno
di rilevanza finanziaria maturato all’esterno di esso (secondo il principio
contabile 2.101).
Anche in questi casi, infatti, l’avvio del procedimento di spesa ex art. 183
e ss. del TUEL postula, comunque, già sul piano logico, una positiva
valutazione dell’Organo consiliare sulla sussistenza dei presupposti di
riconoscibilità, sulle cause ed eventuali responsabilità connesse, nonché
sulle eventuali misure da adottarsi in relazione all’oggetto della
soccombenza giudiziaria.
Inoltre, si osserva che l’attività esecutiva affidata ai dirigenti
costituisce un momento necessariamente successivo e, quindi, conseguente
alla decisione dell’Organo cui per legge è intestata la responsabilità
politica dell’azione amministrativa, diversamente ne risulterebbe sovvertita
la fondamentale distinzione tra attività di indirizzo politico ed attività
gestionale.
Da ultimo, in ordine alle valutazioni di maggiore lunghezza dei tempi di
approvazione dell’atto di riconoscimento, formulate dall’Ente richiedente il
parere, si osserva che, come peraltro già ricordato nel precedente
parere 03.02.2015 n. 80 di questa Sezione di controllo, il
termine di centoventi giorni dalla notifica del titolo esecutivo (ex art. 14
del d.l. 31.12.1996, n. 669, convertito dalla legge 28.02.1997, n. 30 e
s.m.i.) per l’avvio di procedure esecutive nei confronti della p.a. sia
sufficientemente ampio per provvedere agli adempimenti di cui all’art. 194
del TUEL anche alla luce del principio di buon andamento di cui all’art. 97
della Costituzione (Corte dei Conti, Sez. controllo Sicilia,
parere 19.01.2016 n. 18). |
anno 2015 |
|
INCARICHI PROGETTUALI:
Sul pagamento, o meno,
dell'indennizzo dovuto per l'ingiustificato arricchimento
(da parte del comune) derivante da prestazioni professionali
rese, diverse ed ulteriori rispetto a quelle precedentemente
e legittimamente affidate, non costituenti oggetto di un
valido contratto essendo state conferite con lettera firmata
da un assessore e non recante la determinazione
dell'attività commissionata e del relativo compenso.
In tema di assunzione d'impegni ed
effettuazione di spese da parte degli enti locali, la
giurisprudenza di legittimità ha da tempo affermato che, a
norma dell'art. 23 del decreto-legge n. 66 del 1989
(convertito in legge n. 144 del 1989, riprodotto senza
sostanziali modifiche dall'art. 35 del d.lgs. n. 77 del 1995
ed ora rifluito nell'art. 191 del d.lgs. n. 267 del 2000),
qualora la richiesta di prestazioni e servizi proveniente da
un amministratore o un funzionario dell'ente locale non
rientri nello schema procedimentale di spesa tipizzato dal
terzo comma di tale disposizione, non sorgono obbligazioni a
carico dell'ente, bensì dell'amministratore o del
funzionario, i quali ne rispondono con il proprio
patrimonio, con la conseguente esclusione della
proponibilità dell'azione di indebito arricchimento nei
confronti dell'ente.
E' stato peraltro precisato che, ai sensi
dell'art. 194, primo comma, lett. e), del d.lgs. n. 267 del
2000, il predetto principio non esclude la facoltà dell'ente
di riconoscere a posteriori il debito fuori bilancio, con
apposita deliberazione consiliare, nei limiti degli
accertati e dimostrati utilità ed arricchimento per l'ente
stesso, nell'ambito dell'espletamento di pubbliche funzioni
e servizi di competenza, fermo restando che, in caso di
mancato riconoscimento, il rapporto contrattuale intercorre
unicamente tra il terzo contraente e il funzionario o
l'amministratore che ha autorizzato la prestazione, i quali
restano comunque soggetti all'azione diretta e rispondono
delle obbligazioni irregolarmente assunte nei limiti della
parte non riconosciuta mediante la procedura relativa alla
contabilizzazione dei debiti fuori bilancio.
---------------
La sentenza
impugnata ha richiamato il principio, fino ad oggi
costantemente ribadito dalla giurisprudenza di legittimità
in tema di indebito arricchimento,
secondo cui l'esercizio della relativa
azione nei confronti di una Pubblica Amministrazione postula
l'avvenuto riconoscimento dell'utilità della prestazione da
parte di quest'ultima, il quale non richiede necessariamente
un'espressa deliberazione dell'organo competente a formare
la volontà dell'ente, ma può essere desunto anche per
implicito da fatti concludenti, e segnatamente dalla
consapevole utilizzazione della prestazione, purché la
stessa risulti ascrivibile agli organi rappresentativi
dell'ente, e quindi tale da rivelare un positivo
apprezzamento in ordine alla rispondenza dell'opera
all'interesse pubblico, nella cui valutazione, avente
carattere discrezionale, il giudice non può sostituirsi alla
Pubblica Amministrazione.
Il predetto ragionamento non può essere
tuttavia condiviso, presupponendo un'evidente
sovrapposizione tra l'accertamento del beneficio tratto
dalla prestazione ricevuta, quale presupposto necessario per
il riconoscimento del diritto dell'attore all'indennizzo per
il sacrificio indebitamente sopportato dall'attore a
vantaggio dell'ente pubblico, ed il riconoscimento del
debito fuori bilancio, cui la legge subordina
l'instaurazione del rapporto obbligatorio con l'ente
pubblico.
Ai sensi dell'art. 194 del d.lgs. n. 267 del 2000,
tale riconoscimento richiede un'apposita
deliberazione dell'organo competente a formare la volontà
dell'ente, da allegarsi al bilancio di esercizio, con cui
quest'ultimo non deve limitarsi a dare atto del vantaggio
arrecato dalla prestazione, in relazione all'espletamento di
funzioni e servizi di competenza dell'ente, ma deve
procedere alla verifica dell'incidenza del corrispettivo
sugli equilibri generali di bilancio, e adottare, in caso di
alterazione degli stessi, le misure necessarie a
ripristinare il pareggio ed a ripianare il debito, in tal
modo compiendo una valutazione globale che investe la
compatibilità della prestazione ricevuta con la situazione
economico-finanziaria dell'ente e con gl'impegni già assunti
sulla base delle risorse disponibili, nonché la reperibilità
dei fondi necessari per far fronte ad ulteriori obblighi.
A differenza di quella riguardante
l'utilità della prestazione,
che può emergere anche dall'appropriazione del relativo
risultato da parte dell'Amministrazione,
tale valutazione non può evidentemente essere desunta dal
mero comportamento degli organi rappresentativi, che, in
quanto riferibile al singolo rapporto, risulta di per sé
insufficiente ad esprimere un apprezzamento di carattere
generale in ordine alla conciliabilità dei relativi oneri
con gl'indirizzi di fondo della gestione
economico-finanziaria dell'ente e con le scelte
amministrative già compiute.
In mancanza di una formale deliberazione,
adottata nelle forme prescritte dall'art. 193, secondo
comma, del d.lgs. n. 267 cit., l'art. 191, quarto comma,
esclude d'altronde la stessa imputabilità dell'obbligazione
all'Amministrazione, prevedendo che il rapporto s'instaura
direttamente tra il privato fornitore e l'amministratore, il
funzionario o il dipendente che hanno consentito la
fornitura, i quali rispondono con il loro patrimonio, con la
conseguente esclusione dell'esperibilità dell'azione
d'ingiustificato arricchimento, per difetto del requisito
della sussidiarietà prescritto dall'art. 2042 cod. civ., il
quale presuppone che nessun'altra azione sia proponibile non
solo nei confronti dell'arricchito, ma anche nei confronti
di terzi.
Per effetto di tale disciplina, la
questione riguardante l'accertamento dell'utilità della
prestazione è destinata a porsi soltanto nel caso in cui
l'Amministrazione abbia espressamente provveduto al
riconoscimento del debito fuori bilancio, assumendo a suo
carico l'obbligazione nei limiti consentiti dalle preminenti
esigenze di salvaguardia degli equilibri di bilancio, ovvero
nel caso in cui il funzionario, l'amministratore o il
dipendente, responsabili nei confronti dell'autore della
prestazione, propongano a loro volta l'azione di cui
all'art. 2041 cod. civ. nei confronti dell'Amministrazione.
---------------
1. — Gli arch. Vi.No. ed An.Ma.Ra. convennero in giudizio il
Comune di Grugliasco, per sentirlo condannare al pagamento
dell'indennizzo dovuto per l'ingiustificato arricchimento
derivante dalle prestazioni professionali da loro rese ai
fini della predisposizione del progetto di massima da
allegarsi alla richiesta di un finanziamento CEE per la
riqualificazione di un'area di proprietà del Comune di
Torino concessa in comodato all'Amministrazione convenuta.
Premesso che la riqualificazione dell'area aveva costituito
precedentemente oggetto di uno studio di fattibilità a loro
stesse commissionato dalla Giunta Municipale con delibera
del 27.05.1993 e regolarmente pagato, esposero che con
sentenza n. 495/1992, passata in giudicato, il Tribunale di
Torino aveva accertato che la redazione del progetto di
massima aveva formato oggetto di un distinto incarico,
conferito dall'Assessore ai lavori pubblici con lettera del
20.02.1995, ma aveva dichiarato nullo il contratto per
difetto di forma scritta, rigettando la domanda di pagamento
del compenso professionale.
1.1. — Con sentenza del 02.07.2004, il Tribunale di Torino
accolse la domanda, condannando il Comune al pagamento della
somma di Euro 36.798,01, oltre rivalutazione monetaria,
interessi al tasso annuo del 2% sull'importo via via
rivalutato ed interessi legali dalla data della sentenza.
2. — L'impugnazione proposta dal Comune di Grugliasco è
stata rigettata dalla Corte d'Appello di Torino con sentenza
del 21.03.2008.
Ha premesso la Corte che, come accertato dalla precedente
sentenza, l'incarico professionale posto a fondamento della
domanda, riguardante attività diverse ed ulteriori rispetto
a quelle affidate con la precedente delibera della Giunta
municipale, non aveva costituito oggetto di un valido
contratto, essendo stato conferito con lettera firmata da un
assessore e non recante la determinazione dell'attività
commissionata e del relativo compenso, ma era stato
regolarmente eseguito, essendo risultato che gli elaborati
progettuali consegnati dalle attrici non erano affetti dai
vizi lamentati dal Comune.
Ciò posto, ha osservato che l'art. 191 del d.lgs.
18.08.2000, n. 267, così come il precedente art. 35 del
d.lgs. 25.02.1995, n. 77 e l'art. 23 del decreto-legge
02.03.1989, convertito in legge 24.04.1989, n. 144, pur
subordinando l'effettuazione di spese da parte degli enti
territoriali alla deliberazione dell'impegno contabile da
parte dell'organo competente con attestazione della
copertura finanziaria, e prevedendo che in mancanza di tali
presupposti il rapporto obbligatorio intercorra
esclusivamente con la persona fisica che ha consentito la
fornitura, non esclude in ogni caso la responsabilità
dell'ente: l'art. 194, primo comma, lett. e), consente
infatti a quest'ultimo di sanare la frattura del rapporto
organico derivante dall'inosservanza della procedura
prescritta attraverso la formale acquisizione del rapporto
obbligatorio al proprio patrimonio, previa valutazione
dell'interesse pubblico e nei limiti dell'utilità
conseguita, con la conseguente legittimazione del privato
all'esercizio dell'azione d'ingiustificato arricchimento,
restando limitata l'azione contrattuale nei confronti del
pubblico funzionario alla sola ipotesi in cui non vi sia
stato il predetto riconoscimento.
Precisato inoltre che quest'ultimo può risultare anche da
fatti concludenti, purché imputabili agli organi
rappresentativi dell'ente, la Corte, per quanto ancora
interessa in questa sede, ha rilevato che nella specie
l'attività svolta dalle attrici era stata compiuta con
l'assistenza del personale tecnico del Comune, il quale,
oltre ad essersene avvalso per ottenere un finanziamento
comunitario, si era mostrato consapevole di aver recepito il
relativo risultato, essendosi limitato a contestare
l'autonomia dell'incarico rispetto a quello precedentemente
conferito, ed avendo comunque provveduto all'acquisizione
dell'elaborato con delibera dell'08.06.1995, con cui la
Giunta aveva approvato il progetto di riqualificazione
dell'area.
...
1. — Con l'unico motivo d'impugnazione, il Comune
denuncia la violazione e la falsa applicazione dell'art. 35
del d.lgs. n. 77 del 1995, degli artt. 191, comma quarto,
lett. e), e 194 del d.lgs. n. 267 del 2000 e dell'art. 2042
cod. civ., censurando la sentenza impugnata nella parte in
cui ha ritenuto configurabile la responsabilità
dell'Amministrazione pur in assenza di una specifica
deliberazione di riconoscimento del debito fuori bilancio
adottata dal Consiglio comunale.
Premesso infatti che le norme invocate, volte ad assicurare
che l'attività negoziale degli enti territoriali costituisca
espressione della volontà degli organi istituzionalmente
competenti, anche in funzione del contenimento della spesa
pubblica e della prevenzione della formazione di disavanzi,
hanno inciso profondamente sul rapporto tra l'ente, il
funzionario o l'amministratore ed il privato fornitore,
escludendo la riferibilità al primo delle obbligazioni
contratte al di fuori dello schema procedimentale previsto,
afferma che ai fini dell'ammissibilità dell'azione
d'ingiustificato arricchimento nei confronti
dell'Amministrazione non è sufficiente una generica
dichiarazione di utilità della prestazione, ma è necessaria
una delibera specificamente adottata ai sensi dell'art. 194
cit. Tale disposizione, individuando nel Consiglio comunale
l'unico organo competente a riconoscere il debito e ad
impegnare l'ente al pagamento, escludeva nella specie la
possibilità di ravvisare
un implicito riconoscimento nella delibera di approvazione
del progetto adottata dalla Giunta municipale, sprovvista di
competenza al riguardo.
1.1. — Il motivo è fondato.
In tema di assunzione d'impegni ed effettuazione di spese da
parte degli enti locali, la giurisprudenza di legittimità ha
da tempo affermato che, a norma dell'art. 23 del
decreto-legge n. 66 del 1989 (convertito in legge n. 144 del
1989, riprodotto senza sostanziali modifiche dall'art. 35
del d.lgs. n. 77 del 1995 ed ora rifluito nell'art. 191 del
d.lgs. n. 267 del 2000), qualora la richiesta di prestazioni
e servizi proveniente da un amministratore o un funzionario
dell'ente locale non rientri nello schema procedimentale di
spesa tipizzato dal terzo comma di tale disposizione, non
sorgono obbligazioni a carico dell'ente, bensì
dell'amministratore o del funzionario, i quali ne rispondono
con il proprio patrimonio, con la conseguente esclusione
della proponibilità dell'azione di indebito arricchimento
nei confronti dell'ente (cfr. tra le più recenti, Cass.,
Sez. I, 30.10.2013, n. 24478; 26.05.2010, n. 12880;
22.05.2007, n. 11854).
E' stato peraltro precisato che, ai sensi dell'art. 194,
primo comma, lett. e), del d.lgs. n. 267 del 2000, il
predetto principio non esclude la facoltà dell'ente di
riconoscere a posteriori il debito fuori bilancio, con
apposita deliberazione consiliare, nei limiti degli
accertati e dimostrati utilità ed arricchimento per l'ente
stesso, nell'ambito dell'espletamento di pubbliche funzioni
e servizi di competenza, fermo restando che, in caso di
mancato riconoscimento, il rapporto contrattuale intercorre
unicamente tra il terzo contraente e il funzionario o
l'amministratore che ha autorizzato la prestazione, i quali
restano comunque soggetti all'azione diretta e rispondono
delle obbligazioni irregolarmente assunte nei limiti della
parte non riconosciuta mediante la procedura relativa alla
contabilizzazione dei debiti fuori bilancio (cfr. Cass.,
Sez. III, 18.04.2006, n. 8950; 31.05.2005, n. 11597).
Nel porre a fondamento della decisione il citato
orientamento, la Corte di merito ha ritenuto che il
riconoscimento del debito potesse essere desunto anche dalla
condotta tenuta dall'Amministrazione comunale: ha infatti
rilevato che quest'ultima aveva consapevolmente recepito i
risultati dell'incarico professionale conferito alle
attrici, sia attraverso l'ausilio e l'assistenza prestata
alle attrici dal suo personale tecnico, sia mediante
l'utilizzazione del progetto di massima per il conseguimento
di un finanziamento comunitario, ritenendo a tal fine
decisiva la delibera adottata l'08.06.1995, con cui la
Giunta municipale aveva espressamente approvato l'elaborato,
disponendone la trasmissione alla Regione Piemonte a corredo
della richiesta del contributo.
A sostegno di tali conclusioni, la sentenza impugnata ha
richiamato il principio, fino ad oggi costantemente ribadito
dalla giurisprudenza di legittimità in tema di indebito
arricchimento, secondo cui l'esercizio della relativa azione
nei confronti di una Pubblica Amministrazione postula
l'avvenuto riconoscimento dell'utilità della prestazione da
parte di quest'ultima, il quale non richiede necessariamente
un'espressa deliberazione dell'organo competente a formare
la volontà dell'ente, ma può essere desunto anche per
implicito da fatti concludenti, e segnatamente dalla
consapevole utilizzazione della prestazione, purché la
stessa risulti ascrivibile agli organi rappresentativi
dell'ente, e quindi tale da rivelare un positivo
apprezzamento in ordine alla rispondenza dell'opera
all'interesse pubblico, nella cui valutazione, avente
carattere discrezionale, il giudice non può sostituirsi alla
Pubblica Amministrazione (cfr. ex plurimis, Cass.,
Sez. I, 07.03.2014, n. 5397; 18.04.2013, n. 9486; Cass.,
Sez. III, 06.09.2012, n. 14939).
Il predetto ragionamento non può essere tuttavia condiviso,
presupponendo un'evidente sovrapposizione tra l'accertamento
del beneficio tratto dalla prestazione ricevuta, quale
presupposto necessario per il riconoscimento del diritto
dell'attore all'indennizzo per il sacrificio indebitamente
sopportato dall'attore a vantaggio dell'ente pubblico, ed il
riconoscimento del debito fuori bilancio, cui la legge
subordina l'instaurazione del rapporto obbligatorio con
l'ente pubblico.
Ai sensi dell'art. 194 del d.lgs. n. 267 del 2000, tale
riconoscimento richiede un'apposita deliberazione
dell'organo competente a formare la volontà dell'ente, da
allegarsi al bilancio di esercizio, con cui quest'ultimo non
deve limitarsi a dare atto del vantaggio arrecato dalla
prestazione, in relazione all'espletamento di funzioni e
servizi di competenza dell'ente, ma deve procedere alla
verifica dell'incidenza del corrispettivo sugli equilibri
generali di bilancio, e adottare, in caso di alterazione
degli stessi, le misure necessarie a ripristinare il
pareggio ed a ripianare il debito, in tal modo compiendo una
valutazione globale che investe la compatibilità della
prestazione ricevuta con la situazione economico-finanziaria
dell'ente e con gl'impegni già assunti sulla base delle
risorse disponibili, nonché la reperibilità dei fondi
necessari per far fronte ad ulteriori obblighi.
A differenza di quella riguardante l'utilità della
prestazione, che può emergere anche dall'appropriazione del
relativo risultato da parte dell'Amministrazione, tale
valutazione non può evidentemente essere desunta dal mero
comportamento degli organi rappresentativi, che, in quanto
riferibile al singolo rapporto, risulta di per sé
insufficiente ad esprimere un apprezzamento di carattere
generale in ordine alla conciliabilità dei relativi oneri
con gl'indirizzi di fondo della gestione
economico-finanziaria dell'ente e con le scelte
amministrative già compiute.
In mancanza di una formale deliberazione, adottata nelle
forme prescritte dall'art. 193, secondo comma, del d.lgs. n.
267 cit., l'art. 191, quarto comma, esclude d'altronde la
stessa imputabilità dell'obbligazione all'Amministrazione,
prevedendo che il rapporto s'instaura direttamente tra il
privato fornitore e l'amministratore, il funzionario o il
dipendente che hanno consentito la fornitura, i quali
rispondono con il loro patrimonio, con la conseguente
esclusione dell'esperibilità dell'azione d'ingiustificato
arricchimento, per difetto del requisito della sussidiarietà
prescritto dall'art. 2042 cod. civ., il quale presuppone che
nessun'altra azione sia proponibile non solo nei confronti
dell'arricchito, ma anche nei confronti di terzi (cfr. Cass.,
Sez. I, 30.10.2013, n. 24478; 14.10.2010, n. 21242;
22.05.2007, n. 11854).
Per effetto di tale disciplina, la questione riguardante
l'accertamento dell'utilità della prestazione è destinata a
porsi soltanto nel caso in cui l'Amministrazione abbia
espressamente provveduto al riconoscimento del debito fuori
bilancio, assumendo a suo carico l'obbligazione nei limiti
consentiti dalle preminenti esigenze di salvaguardia degli
equilibri di bilancio, ovvero nel caso in cui il
funzionario, l'amministratore o il dipendente, responsabili
nei confronti dell'autore della prestazione, propongano a
loro volta l'azione di cui all'art. 2041 cod. civ. nei
confronti dell'Amministrazione (cfr. Cass., Sez. VI,
23.01.2014, n. 1391).
In quest'ottica, nessun rilievo può assumere neppure la
recente pronuncia con cui le Sezioni Unite di questa Corte,
componendo un contrasto di giurisprudenza insorto tra le
Sezioni semplici in tema d'ingiustificato arricchimento
della Pubblica Amministrazione, hanno sottoposto a revisione
l'orientamento in precedenza richiamato,
osservando in via generale che il riconoscimento
dell'utilità della prestazione da parte dell'arricchito non
costituisce requisito dell'azione di cui all'art. 2041, ed
affermando pertanto che l'esercizio di tale azione nei
confronti di un ente pubblico pone a carico dell'attore
l'onere di provare soltanto il fatto oggettivo
dell'arricchimento, senza che il convenuto possa opporre il
mancato riconoscimento dello stesso, ferma restando la
possibilità di eccepire e provare che, in quanto non voluto
o non consapevole, la fattispecie è configurabile come
arricchimento imposto (cfr. Cass., Sez. Un., 26.05.2015, n.
10798).
Nell'affermare tale principio, le Sezioni Unite hanno
d'altronde avvertito l'esigenza di precisare che nel caso
sottoposto al loro esame non era in discussione la
sussistenza del requisito della sussidiarietà dell'azione,
non essendo applicabile ratione temporis la
disciplina dettata dall'art. 23 del decreto-legge n. 66 del
1989, che, in quanto non avente efficacia retroattiva, non è
riferibile a prestazioni e servizi resi in epoca anteriore
alla sua entrata in vigore.
Nella specie, è invece pacifico che l'incarico professionale
posto a fondamento della domanda fu conferito ed eseguito
dopo l'entrata in vigore del d.lgs. n. 267 del 2000, con la
conseguente assoggettabilità alla disciplina dettata dagli
artt. 191 e ss. di tale decreto, che, riproducendo quella
introdotta dal decreto-legge n. 66 del 1989, avrebbe imposto
alla Corte di merito di accertare, ancor prima del vantaggio
arrecato dalla prestazione al Comune, l'eventuale adozione
di una delibera di riconoscimento del debito fuori bilancio
da parte del Consiglio comunale (Corte di Cassazione, Sez. I
civile,
sentenza 09.12.2015 n. 24860). |
APPALTI: L'elencazione
delle fattispecie di riconoscimento dei debiti fuori
bilancio contenuta nell''art. 194 del TUEL è da
considerarsi tassativa e non può estendersi alle
transazioni, in considerazione della natura
eccezionale di detta previsione normativa
finalizzata a limitare il ricorso ad impegni non
derivanti dalla normale procedura di bilancio.
Inoltre, non può essere messa in dubbio la
competenza a provvedere in capo al Consiglio
comunale, trattandosi di una ipotesi di
transazione in relazione alla quale l'Ente
intende finanziare la presumibile spesa in modo
rateizzato, mediante imputazione delle singole rate
annuali nei bilanci di previsione dei prossimi dieci
anni.
---------------
Con la nota indicata in premessa il Sindaco del
Comune di Terni, dopo avere premesso che:
- la richiesta di parere attiene all'attività di verifica della
situazione debitoria/creditoria di detto Comune con
una società partecipata;
- dall'esito della verifica emerge un credito a favore della
società, che l'Amministrazione intenderebbe
finanziare in modo rateizzato, mediante imputazione
delle singole rate annuali nei bilanci di previsione
dei prossimi dieci anni;
- la mancata risoluzione di detta situazione rischierebbe di
produrre un contenzioso dall'esito molto incerto e
che potrebbe esporre l'Ente ad oneri economici
rilevanti, magari anche superiori all'entità del
credito vantato dalla società, a causa del maturare
di interessi;
- per evitare il suddetto rischio è intenzione dell'Amministrazione
comunale procedere ad una soluzione transattiva con
la società partecipata, riconoscendo una parte del
credito vantato, previa attenta verifica e
valutazione che la transazione presenti tutti i
requisiti sostanziali previsti dalle regole di sana
gestione finanziaria: elevata aleatorietà dell'esito
di un eventuale e molto probabile contenzioso,
congruità delle prestazioni corrispettive dei
transigenti e convenienza economica per l'Ente,
chiede a questa Sezione:
- se la transazione
si ponga come una fattispecie di riconoscimento di
debito fuori bilancio ex art. 194 del TUEL e, in
caso di risposta negativa al predetto quesito,
- se la
competenza del Consiglio Comunale si limiterebbe
alla mera autorizzazione alla spesa pluriennale (ex
art. 42, co. 2, lett. i), del TUEL) oppure si
estenderebbe anche al merito della transazione.
...
Con il primo quesito il Comune di Terni
chiede l’avviso della Sezione sulla riconducibilità
della transazione all’alveo delle fattispecie di
riconoscimento di debito fuori bilancio disciplinate
dall’art. 194 del TUEL.
La risposta al quesito richiede un breve richiamo
della disciplina normativa di riferimento, ed in
particolare dei principi o postulati contabili
emanati dall’Osservatorio per la finanza e la
contabilità degli Enti locali presso il Ministero
dell’Interno costituito a norma dell’art. 154 del
TUEL.
Il principio contabile n. 2, lett. f), adottato dal
predetto Osservatorio in data 12.03.2008, prevede,
al punto 104, che “gli accordi transattivi
non sono previsti tra le ipotesi tassative elencate
all’articolo 194 del TUEL e non sono equiparabili
alle sentenze esecutive di cui alla lettera a) del
comma 1 del citato articolo”. Precisa, inoltre,
il punto 104 che la fattispecie degli accordi
transattivi non può essere ricondotta al concetto di
debito fuori bilancio e che gli accordi transattivi
presuppongono la decisione dell’Ente di pervenire ad
un accordo con la controparte, per cui è possibile
per l’Ente “definire tanto il sorgere
dell’obbligazione quanto i tempi dell’adempimento.
In ogni caso tale decisione è assunta sulla base di
una motivata analisi di convenienza per l’ente di
addivenire alla conclusione dell’accordo”.
Le Sezioni di controllo di questa Corte dei conti,
che si sono già occupate di detta questione, hanno
maturato l’orientamento, che può pertanto definirsi
consolidato e dal quale questa Sezione non ha motivo
di discostarsi, secondo la quale l’elencazione delle
fattispecie di riconoscimento dei debiti fuori
bilancio contenuta nell’art. 194 del TUEL “è da
considerarsi tassativa” e non può estendersi
alle transazioni, in considerazione della “natura
eccezionale di detta previsione normativa
finalizzata a limitare il ricorso ad impegni non
derivanti dalla normale procedura di bilancio”
(v. ex multis, Sez. Piemonte,
parere
11.05.2007 n. 4; Sez. Basilicata, del. n. 16/2007; Sez. Puglia, del.
n. 106/2009).
A sostegno di tale opzione ermeneutica è stata
peraltro addotta (v. Sezione Piemonte,
parere
11.05.2007 n. 4, cit.)
l’impossibilità di ricondurre la
fattispecie degli accordi transattivi al concetto di
sopravvenienza passiva e dunque alla nozione di
debito fuori bilancio, precisando che, a differenza
dei debiti derivanti da sentenze esecutive
(chiaramente riconducibili al concetto di
sopravvenienza passiva in quanto, in assenza di una
specifica previsione nel bilancio di esercizio in
cui i debiti si manifestano, esse prescindono
necessariamente da un previo impegno di spesa), gli
accordi transattivi presuppongono, invece, la
decisione dell’Ente di pervenire ad un accordo con
la controparte, per cui è possibile prevedere, da
parte del Comune, tanto il sorgere dell’obbligazione
quanto i tempi per l’adempimento. Ne discende che
l’Amministrazione in tali casi si trova nelle
condizioni (ed ha l’obbligo) di attivare le normali
procedure contabili di spesa (stanziamento, impegno,
liquidazione e pagamento) previste dall’art. 191 del TUEL e di rapportare ad esse l’assunzione delle
obbligazioni derivanti dagli accordi transattivi.
Con il secondo quesito l’Ente interpellante
chiede a questa Sezione se, in caso di risposta
negativa al primo quesito, la competenza del
Consiglio comunale debba intendersi limitata alla
mera autorizzazione alla spesa pluriennale (ex art.
42, co. 2, lett. i), del TUEL) oppure estendersi
anche al merito della transazione.
Come già precisato in punto di ammissibilità della
richiesta di parere, questa Sezione non può certo
pronunciarsi sulla opportunità dello strumento
(accordo transattivo) prescelto dall’Amministrazione
per risolvere in via bonaria un possibile
contenzioso con una sua società partecipata, che
vanta un credito nei confronti dell’Ente in
dipendenza del servizio pubblico dalla stessa
svolto. La pronuncia deve, quindi, limitarsi ad
individuare i limiti generali di applicabilità della
transazione agli Enti pubblici, al fine di escludere
qualsiasi commistione con le scelte gestionali di
esclusiva competenza e responsabilità degli organi
dell’Ente.
Quanto alla competenza in ordine alla transazione
del Consiglio comunale, il Collegio ritiene
opportuno richiamare il dettato dell’art. 42, comma
2, lett. i), del TUEL, che espressamente riserva a
detto organo consiliare l’adozione di qualsiasi atto
che comporti l’assunzione, da parte del Comune, di “spese
che impegnino i bilanci per gli esercizi successivi,
escluse quelle relative alle locazioni di immobili
ed alla somministrazione e fornitura di beni e
servizi a carattere continuativo”.
Va, peraltro, richiamato l’orientamento di alcune
Sezioni regionali di controllo che si sono occupate
della questione (da ultimo, Sezione Liguria, deliberazione 5/2014) secondo cui la materia delle
transazioni è riconducibile di regola alla
competenza dirigenziale, potendo la stessa rientrare
nell’ambito di attribuzione della Giunta o del
Consiglio solo in situazioni particolari e cioè
qualora la transazione involga atti di disposizione
che implicano valutazioni esulanti dalla mera
gestione.
Nel caso di specie non può essere messa in dubbio la
competenza a provvedere in capo al Consiglio
comunale, trattandosi di una ipotesi di transazione
in relazione alla quale l’Ente intende finanziare la
presumibile spesa “in modo rateizzato, mediante
imputazione delle singole rate annuali nei bilanci
di previsione dei prossimi dieci anni”.
Quanto all’applicabilità della transazione agli Enti
pubblici, altre Sezioni regionali di controllo che
si sono occupate della questione
(v. ex multis,
Sez. Lombardia,
parere 05.05.2008 n. 26 e
parere 18.12.2009 n. 1116; Sez.
Piemonte, del. 15/2007 e
parere 28.02.2012 n. 20)
hanno affermato i
seguenti principi, che questo Collegio condivide:
- anche gli Enti pubblici possono di norma transigere le
controversie delle quali siano parte ex art 1965 c.c.;
- i limiti del ricorso alla transazione da parte degli Enti
pubblici sono quelli propri di ogni soggetto
dell’ordinamento giuridico, e cioè la legittimazione
soggettiva e la disponibilità dell’oggetto, e quelli
specifici di diritto pubblico, e cioè la natura del
rapporto tra privati e pubblica Amministrazione.
Sotto quest’ultimo profilo va ricordato che,
nell’esercizio dei propri poteri pubblicistici,
l’attività degli Enti territoriali è finalizzata
alla cura concreta di interessi pubblici e quindi
alla migliore cura dell’interesse intestato
all’Ente. Pertanto, i negozi giuridici conclusi con
i privati non possono condizionare l’esercizio del
potere dell’Amministrazione pubblica sia rispetto
alla miglior cura dell’interesse concreto della
comunità amministrata, sia rispetto alla tutela
delle posizioni soggettive di terzi, secondo il
principio di imparzialità dell’azione
amministrativa;
- la scelta se proseguire un giudizio o addivenire ad una
transazione e la concreta delimitazione dell’oggetto
della stessa spetta all’Amministrazione nell’ambito
dello svolgimento della ordinaria attività
amministrativa e come tutte le scelte discrezionali
non è soggetta a sindacato giurisdizionale, se non
nei limiti della rispondenza delle stesse a criteri
di razionalità, congruità e prudente apprezzamento,
ai quali deve ispirarsi l’azione amministrativa. Uno
degli elementi che l’Ente deve considerare è
sicuramente la convenienza economica della
transazione in relazione all’incertezza del
giudizio, intesa quest’ultima in senso relativo, da
valutarsi in relazione alla natura delle pretese,
alla chiarezza della situazione normativa e ad
eventuali orientamenti giurisprudenziali;
- ai fini dell’ammissibilità della transazione è necessaria
l’esistenza di una controversia giuridica (e non di
un semplice conflitto economico), che sussiste o può
sorgere quando si contrappongono pretese
confliggenti di cui non sia possibile a priori
stabilire quale sia giuridicamente fondata. Di
conseguenza il contrasto tra l’affermazione di due
posizioni giuridiche è la base della transazione in
quanto serve per individuare le reciproche
concessioni, elemento collegato alla
contrapposizione delle pretese che ciascuna parte ha
in relazione all’oggetto della controversia. Si
tratta di un elemento che caratterizza la
transazione rispetto ad altri modi di definizione
della lite;
- la transazione è valida solo se ha ad oggetto diritti disponibili
(art 1966, co. 2 c.c.) e cioè, secondo la prevalente
dottrina e giurisprudenza, quando le parti hanno il
potere di estinguere il diritto in forma negoziale.
E’ nulla, infatti, la transazione nel caso in cui i
diritti che formano oggetto della lite siano
sottratti alla disponibilità delle parti per loro
natura o per espressa disposizione di legge;
- requisito essenziale dell’accordo transattivo disciplinato dal
codice civile (artt. 1965 e ss. c.c.) è, in forza
dell’art. 1321 dello stesso codice, la
patrimonialità del rapporto giuridico;
- inoltre, come affermato dalla giurisprudenza civile (cfr., ex
multis, Cass. 06.05.2003 n. 6861),
costituisce
transazione solo quell’accordo che cade su un
rapporto che, oltre a presentare, almeno
nell'opinione delle parti, carattere di incertezza,
è contrassegnato dalla reciprocità delle
concessioni. Oggetto della transazione, quindi, non
è il rapporto o la situazione giuridica cui si
riferisce la discorde valutazione delle parti, ma la
lite cui questa ha dato luogo o possa dar luogo e
che le parti stesse intendono eliminare mediante
reciproche concessioni. Quanto ai termini (soggetto
e oggetto) del contratto di transazione va ancora
rammentato che i soggetti devono essere dotati non
solo di capacità giuridica ma devono avere anche la
legittimazione intesa come potere di agire in ordine
ai rapporti sui quali incide la transazione. Sotto
questo profilo vengono in rilievo per gli enti
pubblici le procedure che prevedono le modalità di
formazione ed espressione della volontà
amministrativa. Per gli Enti territoriali non è
previsto un particolare iter procedimentale per gli
atti di transazione, ma, ove il medesimo sia dotato
di una propria avvocatura, sarebbe opportuno che
questa fosse investita della questione in analogia a
quanto prevede per le Amministrazioni dello Stato
l’art. 14 del R.D. n. 2440/1923 (legge di
contabilità generale)
(Corte dei Conti, Sez.
controllo Umbria,
parere 24.09.2015 n. 123). |
APPALTI: Sulla
possibilità, o meno, di riconoscere quali debiti fuori
bilancio alcune poste relative ad interessi moratori
maturati a seguito del ritardato pagamento di fatture per
contratti stipulati dall’ente con ditte esterne.
...
L’obbligazione di pagamento degli
interessi moratori non può configurare un’ipotesi di debito
fuori bilancio.
Invero, l’Amministrazione
richiedente ha correttamente inquadrato la peculiarità della
tipologia di spesa de qua; infatti, la non riconoscibilità
del debito è riconducibile al difetto del requisito
dell’utilità e dell’arricchimento nei confronti dell’ente
stesso.
---------------
In
generale, l’assenza di un regolare impegno
di spesa, comporta che il pagamento della medesima sia
preceduta dal riconoscimento del debito fuori bilancio nei
termini indicati dall’art. 194, comma 1, lett. e), del TUEL.,
sempre che ne ricorrano tutti i presupposti.
Occorre mettere in luce, infatti, che
può procedersi al riconoscimento del debito solamente nei
limiti nei quali il bene o il servizio acquisito rientrino
“nell'ambito dell'espletamento di pubbliche funzioni e
servizi di competenza” e venga accertata, con delibera
motivata, sia l'utilità del bene o del servizio che
l'arricchimento che l'attività ha comportato per l'ente
(art. 194, co. 1, lett. e).
Il riconoscimento del debito fuori bilancio
che derivi dall'acquisizione di un bene o servizio in
assenza di impegno di spesa risulta essere, quindi,
possibile, sempreché sussistano le condizioni previste dalla
norma suindicata; con la conseguenza che ogni volta che
l'ente abbia seguito una procedura irregolare può attuare
una sorta di regolarizzazione a posteriori.
Tale regolarizzazione, però, non opera
automaticamente in quanto viene demandata al Consiglio
dell'ente la valutazione discrezionale in ordine alla
sussistenza, in concreto, dei presupposti della norma e solo
in caso positivo potrà procedersi all'effettivo
riconoscimento.
Osserva il Collegio che il
legislatore ha richiesto che venga accertata e dimostrata il
requisito dell’“utilità” della prestazione, senza che nella
legislazione vigente si possa rinvenire una precisa nozione
della fattispecie, demandando alla delibera consiliare di
riconoscimento l’individuazione dei requisiti delle spese in
questione, in un ottica di efficienza, efficacia e buona
amministrazione.
In mancanza del requisito dell’utilità
[art. 194, comma 1, lettera e), del TUEL]
il comune non può riconoscere spontaneamente alcun debito
né, tantomeno, quello per interessi che per sua stessa
natura non produce affatto utilità all’ente.
----------------
Peraltro, non è pensabile che il comune, in
presenza di un’obbligazione di interessi di mora per
ritardato pagamento debba sostenere un contenzioso
giudiziale, al fine di poter fare rientrare il debito nella
fattispecie di cui alla lettera a) del citato comma 1
dell’art. 194 TUEL e subire le ulteriori conseguenze
negative della condanna alle spese del giudizio.
Questa Sezione di controllo,
pertanto, ritiene che se l’obbligazione
degli interessi scaturisca dal mancato pagamento di un
credito certo, liquido ed esigibile del creditore, l’ente
debitore debba verificare la fondatezza e la correttezza
delle richieste della parte privata, valutando eventualmente
l’opportunità di giungere ad un accordo transattivo in cui
dovranno, ovviamente, essere ben chiare le reciproche
concessioni (cod.
civ., art. 1965).
L’Amministrazione dovrà assumere
tempestivamente l’impegno di spesa e provvedere, quanto
prima, al relativo pagamento per evitare il proliferare di
ulteriori interessi ed il rischio di subire azioni esecutive
in sede giudiziaria.
---------------
Il Sindaco del Comune di Taranto ha formulato una
richiesta di parere alla Sezione volta a conoscere la
corretta procedura di contabilizzazione degli interessi
maturati, nel caso in cui l’ente non abbia provveduto ad
assumere regolare impegno di spesa.
In particolare, il Rappresentante legale del comune istante,
premettendo che gli interessi derivano dal ritardato
pagamento di fatture relative a contratti stipulati
dall’ente, per i quali è risultato insufficiente il relativo
stanziamento di bilancio, ha posto il seguente quesito:
- “…si chiede se occorra seguire la procedura del
riconoscimento dei debiti fuori bilancio di cui alla lettera
e) art. 194 TUEL, anche se non si tratta di fattispecie
rispetto alla quale in senso stretto è possibile apprezzare
un’utilitas, oppure si debba procedere all’impegno di spesa
sull’esercizio corrente, fatte salve le responsabilità a
causa del ritardo di pagamento della fattura ed agire nei
confronti di chi di ragione…”.
...
La questione in esame concerne la
possibilità o meno,
per il comune di Taranto, di riconoscere
quali debiti fuori bilancio alcune poste relative ad
interessi moratori maturati a seguito del ritardato
pagamento di fatture per contratti stipulati dall’ente con
ditte esterne.
Il comune, quindi, si interroga se debba procedere con
l’ordinaria procedura di spesa, stanziando e impegnando la
somma necessaria nell’esercizio di competenza in cui la
pretesa è sorta e rivolta all’ente, oppure se debba attivare
la procedura del riconoscimento del debito fuori bilancio,
trattandosi, per l’appunto di debiti non precedentemente
impegnati.
Le Sezioni regionali di controllo hanno in
molteplici occasioni
(cfr. ex multis, Sezione regionale di controllo per
la Sardegna, deliberazione n. 118/PAR/2011, Sezione
regionale di controllo per il Piemonte, deliberazione n.
354/PAR/2013, Sezione regionale di controllo per Sezione
regionale di controllo per la Regione siciliana n. 55/2014)
espresso l’avviso che debito fuori bilancio sia ogni
debito che non risulti preventivamente previsto nel bilancio
dell’ente e, quindi, impegnato, su quel bilancio, nelle
forme di legge, in coincidenza con l’assunzione di
un’obbligazione giuridicamente perfezionata.
Ritiene il Collegio che l’obbligazione di
pagamento degli interessi moratori non può configurare
un’ipotesi di debito fuori bilancio.
Invero, l’Amministrazione richiedente ha
correttamente inquadrato la peculiarità della tipologia di
spesa de qua; infatti, la non riconoscibilità del
debito è riconducibile al difetto del requisito dell’utilità
e dell’arricchimento nei confronti dell’ente stesso.
In generale, l’assenza di un regolare
impegno di spesa, comporta che il pagamento della medesima
sia preceduta dal riconoscimento del debito fuori bilancio
nei termini indicati dall’art. 194, comma 1, lett. e), del
TUEL., sempre che ne ricorrano tutti i presupposti.
Occorre mettere in luce, infatti, che può
procedersi al riconoscimento del debito solamente nei limiti
nei quali il bene o il servizio acquisito rientrino “nell'ambito
dell'espletamento di pubbliche funzioni e servizi di
competenza” e venga accertata, con delibera motivata,
sia l'utilità del bene o del servizio che l'arricchimento
che l'attività ha comportato per l'ente
(art. 194, co. 1, lett. e).
Il riconoscimento del debito fuori bilancio
che derivi dall'acquisizione di un bene o servizio in
assenza di impegno di spesa risulta essere, quindi,
possibile, sempreché sussistano le condizioni previste dalla
norma suindicata; con la conseguenza che ogni volta che
l'ente abbia seguito una procedura irregolare può attuare
una sorta di regolarizzazione a posteriori.
Tale regolarizzazione, però, non opera
automaticamente in quanto viene demandata al Consiglio
dell'ente la valutazione discrezionale in ordine alla
sussistenza, in concreto, dei presupposti della norma e solo
in caso positivo potrà procedersi all'effettivo
riconoscimento.
Osserva il Collegio che il legislatore ha
richiesto che venga accertata e dimostrata il requisito
dell’“utilità” della prestazione, senza che nella
legislazione vigente si possa rinvenire una precisa nozione
della fattispecie, demandando alla delibera consiliare di
riconoscimento l’individuazione dei requisiti delle spese in
questione, in un ottica di efficienza, efficacia e buona
amministrazione.
In mancanza del requisito dell’utilità
[art. 194, comma 1, lettera e), del TUEL]
il comune
non può riconoscere spontaneamente alcun debito né,
tantomeno, quello per interessi che per sua stessa natura
non produce affatto utilità all’ente.
Peraltro, non è pensabile che il comune, in
presenza di un’obbligazione di interessi di mora per
ritardato pagamento debba sostenere un contenzioso
giudiziale, al fine di poter fare rientrare il debito nella
fattispecie di cui alla lettera a) del citato comma 1
dell’art. 194 TUEL e subire le ulteriori conseguenze
negative della condanna alle spese del giudizio.
Questa Sezione di controllo,
pertanto, ritiene che se,
come nel caso sottoposto all’esame,
l’obbligazione degli interessi scaturisca dal mancato
pagamento di un credito certo, liquido ed esigibile del
creditore, l’ente debitore debba verificare la fondatezza e
la correttezza delle richieste della parte privata,
valutando eventualmente l’opportunità di giungere ad un
accordo transattivo in cui dovranno, ovviamente, essere ben
chiare le reciproche concessioni
(cod. civ., art. 1965).
L’Amministrazione dovrà assumere
tempestivamente l’impegno di spesa e provvedere, quanto
prima, al relativo pagamento per evitare il proliferare di
ulteriori interessi ed il rischio di subire azioni esecutive
in sede giudiziaria.
Tali considerazioni sono avallate da quanto prescrive il
nuovo principio contabile applicato (Allegato n. 4/2 al
D.Lgs. 118/2011 - Aggiornato al D.M. del 20.05.2015),
concernente la contabilità finanziaria, il quale al punto
6.3, capoverso. 7^ stabilisce che: “…Le attività
gestionali e contabili sono improntate al principio
dell’efficienza e della celerità del procedimento di spesa,
tenuto conto anche della normativa in tema di interessi
moratori per ritardati pagamenti...”.
In disparte, la questione inerente all’eventuale
responsabilità erariale che si potrebbe configurare nel caso
in cui fosse accertato, nelle sedi opportune, il ricorrere
dei requisiti previsti dalla legge. Ne
deriva l’obbligatoria comunicazione alla competente Procura
regionale della Corte dei conti
(Corte dei Conti, Sez. controllo Puglia,
parere 23.07.2015 n. 149). |
APPALTI:
Debiti fuori bilancio Serve la copertura.
Non sono riconosciuti con il piano di riequilibrio.
I debiti fuori bilancio non sono riconosciuti con il piano
di riequilibrio finanziario.
Questo è il principio affermato
dalla sezione di controllo della Corte dei Conti per la
Regione siciliana che, con il
parere 13.05.2015 n. 177,
ha esaustivamente chiarito la rilevanza del piano di
riequilibrio finanziario pluriennale ex art. 243-bis del Tuel in merito alla ricognizione dei debiti fuori bilancio
anche in considerazione delle linee guida dettate dalla
deliberazione 16/Sezaut/2012/Inpr.
Come richiamato dalla deliberazione, l'approvazione o la
rimodulazione del piano di riequilibrio al consiglio
comunale non equivale al riconoscimento ex art. 194 del Tuel
con il quale l'approvazione consiliare autorizza il
pagamento dei debiti fuori bilancio, ancorché contenuti nel
piano stesso. Ove occorra, è lo stesso comma 7 dell'art. 243
del Tuel che distingue chiaramente tra la ricognizione dei
debiti, contenuta nel piano di riequilibrio, e l'effettivo
riconoscimento al quale se ne dà rinvio anche temporale. La
ricognizione non comporta di per sé la copertura della spesa
connessa al debito fuori bilancio.
Per quanto riguarda la
necessità di tale copertura, il Collegio deliberante ha
condiviso le argomentazioni del
parere 23.05.2013 n. 213 della sezione regionale di controllo per la
Campania, che ha affermato che: «In base a quanto esposto
non è possibile aderire all'interpretazione proposta
dall'ente ammettendo un riconoscimento solo formale del
debito da parte del consiglio con rinvio del pagamento dello
stesso a successiva approvazione del bilancio e ciò al solo
fine di impedire il maturare di interessi, rivalutazione
monetaria e ulteriori spese legali.
È indubbio che la
delibera di riconoscimento dei debiti fuori bilancio deve
necessariamente provvedere a indicare i mezzi finanziari
destinati alla loro copertura, completandosi in questo modo
il procedimento che ha per fine quello di far rientrare
nella corretta gestione di bilancio quelle spese che ne
erano del tutto fuori. Tra l'altro è consentito farvi fronte
con ogni mezzo finanziario a disposizione dell'ente, secondo
quanto espressamente indicato dall'art. 193, comma 3, del Tuel».
Si rammenta che «la mancata adozione, da parte dell'ente,
dei provvedimenti di riequilibrio previsti dal presente
articolo è equiparata a ogni effetto alla mancata
approvazione del bilancio di previsione. Da quanto esposto
consegue che il riconoscimento di un debito fuori bilancio
derivante da sentenza esecutiva necessita di regolare
copertura finanziaria negli stanziamenti di bilancio,
presupposto ineliminabile dell'attivazione del procedimento
di spesa nel sistema di bilancio».
Pertanto, conclude il collegio deliberante, in assenza di
riconoscimento ai sensi del Tuel, non si è autorizzati al
pagamento dei debiti fuori bilancio solo perché l'ente ha
approvato il piano di riequilibrio finanziario
(articolo ItaliaOggi del 17.07.2015). |
APPALTI: In
materia di debiti fuori bilancio:
1) non è corretto sotto il profilo contabile il pagamento
del debito nascente da sentenza esecutiva prima del suo
riconoscimento come debito fuori bilancio da parte del
Consiglio Comunale;
2) in
assenza di deliberazione di riconoscimento ex art. 194 TUEL,
gli uffici non sono autorizzati al pagamento dei debiti
fuori bilancio sol perché l'ente ha approvato e rimodulato
il piano di riequilibrio finanziario nell'anno 2014;
3) durante l'esercizio provvisorio di un ente, che ha
dichiarato e approvato di ricorrere allo strumento del Piano
di riequilibrio pluriennale finanziario, non si possono
riconoscere debiti fuori bilancio.
---------------
Con la nota indicata in epigrafe il Sindaco del Comune di
Modica, premesso che l’ente ha deliberato il ricorso al
piano di riequilibrio (tuttora all’esame della Commissione
ministeriale), chiede:
1)- se sia corretto sotto il profilo contabile il
pagamento del debito nascente da sentenza divenuta esecutiva
prima che il Consiglio comunale ne deliberi il
riconoscimento come debito fuori bilancio;
2)- se gli uffici possano ritenersi autorizzati al
pagamento dei debiti fuori bilancio, visto che l'ente ha
approvato e rimodulato il piano di riequilibrio finanziario
nell'anno 2014; ciò, infatti, presuppone che il consiglio
comunale abbia avuto conoscenza dei debiti fuori bilancio;
3)- se si possano riconoscere debiti fuori bilancio
durante l'esercizio provvisorio da parte di un ente che ha
deliberato di ricorrere allo strumento del Piano di
riequilibrio pluriennale finanziario, considerando che
comunque il Consiglio comunale, adottando lo schema del
piano, ha già avuto contezza della situazione debitoria
dell'ente.
...
1)- Con il primo quesito viene chiesto se sia
corretto sotto il profilo contabile il pagamento del debito
nascente da sentenza esecutiva prima che il Consiglio
comunale ne deliberi il riconoscimento come debito fuori
bilancio.
In via preliminare, il Collegio osserva che i debiti fuori
bilancio costituiscono posizioni debitorie maturate al di
fuori del sistema del bilancio, poiché si riferiscono ad
uscite per le quali manca un’originaria previsione di spesa
ovvero a spese effettuate in violazione delle procedure
stabilite dalle norme di contabilità.
La corretta
programmazione e gestione finanziaria dell’Ente locale, per
contro, impone che tutte le spese siano anticipatamente
previste nel documento di bilancio approvato dal Consiglio
comunale e che le decisioni di spesa siano assunte nel
rispetto delle norme giuscontabili che ne disciplinano la
procedura (artt. 151 e 191 TUEL).
Tutto ciò costituisce la
diretta conseguenza della funzione autorizzatoria a cui
assolve il bilancio di previsione degli Enti Locali che
possono effettuare le sole spese autorizzate dal Consiglio
comunale che, attraverso l’approvazione del bilancio annuale
e pluriennale, esercita le sue prerogative di organo di
indirizzo dell’attività politico-amministrativa dell’Ente.
Per effetto della deliberazione consiliare il debito fuori
bilancio viene ricondotto all’interno del sistema del
bilancio dell’Ente e, conseguentemente, si rende possibile
provvedere al relativo pagamento.
L’art. 194 del TUEL contiene l’elencazione delle fattispecie
debitorie che possono essere riconosciute. Ai sensi della
citata disposizione sono riconoscibili i debiti relativi a:
sentenze esecutive (lettera a); copertura di disavanzi di
consorzi, aziende speciali ed istituzioni (lettera b);
ricapitalizzazione di società di capitali (lettera c);
procedure espropriative o di occupazione di urgenza per
opere di pubblica utilità (lettera d); acquisizione di beni
e servizi in violazione degli obblighi dei primi tre commi
dell’art. 191 del TUEL, nei limiti dell’utilità e
dell’arricchimento dell’Ente (lettera e).
La giurisprudenza della Corte dei conti ha già messo in
risalto la sostanziale diversità tra la fattispecie
concernente le sentenze esecutive e le altre ipotesi
previste dall’art. 194 TUEL (SSRR n. 12/2007/QM).
Infatti,
mentre nel caso di sentenza di condanna il Consiglio
comunale non ha alcun margine di discrezionalità per
valutare l’an e il quantum del debito, poiché l’entità del
pagamento rimane stabilita nella misura indicata dal
provvedimento dell’autorità giudiziaria, negli altri casi
descritti dall’art. 194 TUEL l’organo consiliare esercita un
ampio apprezzamento discrezionale che, ad esempio, riguardo
alla lett. e), concerne l’accertamento dell’utilità e
dell’arricchimento derivanti dalla fornitura effettuata in
violazione delle procedure di spesa.
In mancanza di una
disposizione che preveda una disciplina specifica e diversa
per le “sentenze esecutive”, tuttavia, non è consentito
discostarsi dalla stretta interpretazione dell’art. 194 TUEL
ai sensi del quale il “riconoscimento” del debito avviene,
prima del pagamento, con atto del Consiglio comunale.
Bisogna infatti constatare che in tutte le ipotesi previste
dall’art. 194 TUEL la delibera del Consiglio serve per
riportare all’interno del sistema del bilancio un fenomeno
di rilevanza finanziaria che è maturato al di fuori delle
normali procedure di programmazione e di gestione delle
spese.
E’ vero che il mancato tempestivo pagamento espone
l’ente locale al rischio di azioni esecutive; nondimeno, i
120 giorni di tempo dalla notifica del titolo esecutivo
previsti dall’art. 14, del Decreto Legge 31.12.1996,
n. 669 (convertito in legge 28.02.1997, n. 30 come
modificato dall’art. 147 della Legge 23.12.2000, n.
288) -ai fini dell’avvio di procedure esecutive nei
confronti della P.A.- costituiscono un periodo
sufficientemente ampio per provvedere agli adempimenti di
cui all’art. 194 TUEL.
La competenza esclusiva del Consiglio comunale nel
riconoscimento del debito fuori bilancio è stata ribadita
dalla deliberazione di questa Sezione n. 55/2014/PAR, ove si
è chiarito che: “Superando il precedente orientamento
(Sezioni Riunite per la Regione siciliana in sede
consultiva, delibera n. 2/2005), la più recente
giurisprudenza (da ultimo, cfr. delibera n. 21/2013/VSGF, n.
74/2013/PRSP, n. 270/2011/GEST) formatasi in materia ha
posto particolare attenzione sull’imprescindibile attività
valutativa da parte dell’organo consiliare, ascrivibile alla
funzione di indirizzo e controllo politico amministrativo,
che non ammette alcuna possibilità di interposizione, sia
pur in via d’urgenza, da parte di altri organi. Nel quadro
appena delineato, i responsabili dei servizi hanno l’obbligo
di effettuare periodiche ricognizioni (art. 193 del TUEL) ai
fini di un controllo concomitante e costante della
situazione gestionale, teso alla tempestiva segnalazione
delle passività all’organo consiliare”.
Nello stesso senso la Sezione si è espressa con
deliberazione n. 80/2015/PAR, ove si è sostenuto che: “Il
preventivo riconoscimento del debito da parte dell’Organo
consiliare risulta dunque necessario anche nell’ipotesi di
debiti derivanti da sentenza esecutiva, per loro natura
caratterizzati da assenza di discrezionalità per via del
provvedimento giudiziario a monte che, accertando il diritto
di credito del terzo, rende agevole la riconduzione al
sistema di bilancio di un fenomeno di rilevanza finanziaria
maturato all’esterno di esso (pr. cont. 2.101).
Anche in
questi casi, infatti, l’avvio del procedimento di spesa ex
art. 183 e ss. del Tuel postula comunque, già sul piano
logico, una positiva valutazione dell’Organo consiliare
sulla sussistenza dei presupposti di riconoscibilità, sulle
cause ed eventuali responsabilità connesse, nonché sulle
misure correttive tese ad evitare il reiterarsi delle
anomalie oggetto di soccombenza giudiziale.
Le funzioni di indirizzo e la responsabilità politica del
Consiglio comunale o provinciale non sono infatti
circoscritte alle scelte di natura discrezionale, ma si
estendono anche ad attività e procedimenti di spesa di
natura vincolante ed obbligatoria, atti che, come noto,
transitano necessariamente anch’essi attraverso l’atto
programmatorio generale e di natura autorizzatoria, che è
appunto il bilancio di previsione.
Rispetto a tale complesso di autorizzazioni di spesa,
l’attività gestionale, affidata dalla legge ai dirigenti,
rappresenta espressione di un momento necessariamente
successivo e, quindi, inevitabilmente conseguenziale
rispetto alla decisione dell’Organo cui è intestata la
responsabilità politica dell’azione amministrativa.
La fase gestionale, di natura prevalentemente esecutiva, non
potrebbe dunque validamente allocarsi in un segmento
temporale anteriore rispetto all’attività decisionale del
Consiglio, senza che ne risulti sovvertita la fondamentale
distinzione tra attività di indirizzo politico ed attività
gestionale.
L’eventuale previsione in bilancio di uno specifico
stanziamento per liti, arbitraggi, transazioni e quant’altro
non elimina perciò la necessità che il Consiglio deliberi
anche sulla riconoscibilità dei singoli debiti formatisi al
di fuori delle norme giuscontabili (pr. cont. 1-105; Sezione
controllo per la Basilicata, delibera n. 6/2007/PAR)”.
Ciò premesso, il Collegio ritiene che, allo stato, non
sussistano motivi per discostarsi dall’orientamento
maggioritario sopra illustrato, che viene integralmente
condiviso.
Di conseguenza, al primo quesito può rispondersi nel
senso che non è corretto sotto il profilo
contabile il pagamento del debito nascente da sentenza
esecutiva prima del suo riconoscimento come debito fuori
bilancio da parte del Consiglio Comunale.
2)- Con il secondo quesito viene chiesto se gli
uffici comunali possano ritenersi autorizzati al pagamento
dei debiti fuori bilancio, poiché l'ente ha approvato e
rimodulato il piano di riequilibrio finanziario nell'anno
2014; quest’ultima circostanza, infatti, presuppone che il
consiglio comunale abbia avuto comunque conoscenza dei
debiti fuori bilancio.
La giurisprudenza non si è ancora espressa in merito alla
specifica questione, anche se è palese il nesso tra debiti
fuori bilancio e piani di riequilibrio, come emerge da
alcune considerazioni presenti nella deliberazione
114/2014/PAR della Sezione regionale di controllo per la
Basilicata: “La delibera di riconoscimento del debito
costituisce il presupposto giuridico per l’individuazione
delle misure volte alla sua copertura finanziaria, e ciò in
conformità alle misure individuate dal combinato disposto
degli artt. 193 e 194 Tuel. La copertura finanziaria di tale
tipologia di debiti è, infatti, funzionale a salvaguardare
ovvero a ripristinare gli equilibri di bilancio incisi
dall’emersione di tali posizioni debitorie (cfr. art. 193
Tuel, comma 2).
Qualora tali strumenti non fossero
sufficienti allo scopo, l’Ente corre il rischio di versare,
di fatto, in uno stato di dissesto ai sensi dell’art. 244 Tuel.
Al fine di ovviare a tale situazione, l'Ente può
ricorrere, sussistendone i relativi presupposti, alla
procedura di riequilibrio finanziario pluriennale prevista
dall'art. 243-bis del Tuel. Ai sensi del comma 7 di tale
articolato normativo “(..) per il finanziamento dei debiti
fuori bilancio l'ente può provvedere anche mediante un piano
di rateizzazione, della durata massima pari agli anni del
piano di riequilibrio, compreso quello in corso, convenuto
con i creditori”.
Inoltre, ai sensi dell’art. 43 del Dl
133/2014, convertito nella legge 164/2014 «Gli enti locali
che hanno deliberato il ricorso alla procedura di
riequilibrio finanziario pluriennale, ai sensi dell'articolo
243-bis del decreto legislativo 18.08.2000, n. 267,
possono prevedere, tra le misure di cui alla lettera c) del
comma 6 del medesimo articolo 243-bis necessarie per il
ripiano del disavanzo di amministrazione accertato e per il
finanziamento dei debiti fuori bilancio, l'utilizzo delle
risorse agli stessi enti attribuibili a valere sul "Fondo di
rotazione per assicurare la stabilità finanziaria degli enti
locali” di cui all'articolo 243-ter del decreto legislativo
n. 267 del 2000».
Sul punto si è peraltro di recente
espressa la Sezione Autonomie di questa Corte, nell’ambito
dell’audizione sul “DDL- Disposizioni urgenti in materia di
finanza locale, nonché misure volte a garantire la
funzionalità dei servizi svolti nelle istituzioni
scolastiche. A.C 2162” del 21.03.2014, confermando che “La chiara individuazione e la conseguente correzione dei
fattori di squilibrio strutturale, da un lato, e
l’alleggerimento delle gestioni dal peso dei debiti fuori
bilancio, dall’altro, possono contribuire, attraverso il
piano di rientro decennale, ad un effettivo risanamento dei
bilanci”.
A tale scopo, però, è necessario che l’Ente
effettui in via preliminare una “(…) ricognizione di tutti i
debiti fuori bilancio riconoscibili ai sensi dell'articolo
194” (cfr. comma 7, art. 243-bis Tuel), e ciò al fine di
consentire l’emersione della complessiva situazione
debitoria dell’Ente, funzionale all’adozione di un piano di
risanamento del bilancio dell’Ente, effettivo ed efficace.
In caso contrario, oltre a violare lo specifico disposto di
cui all’art. 243-bis Tuel, si altererebbe l’attendibilità
complessiva del piano, con tutte le conseguenze a questo
connesse anche in termini di sussistenza dei presupposti per
la sua approvazione da parte degli organi competenti”.
In merito alla tematica in esame, va sottolineato che l’art.
243-bis TUEL attribuisce notevole rilievo proprio alla
ricognizione dei debiti fuori bilancio, su cui peraltro la
Sezione delle Autonomie si è soffermata nelle Linee guida
contenute nella deliberazione 16/SEZAUT/2012/INPR.
Nello
schema allegato, in particolare, sono indicate alcune
valutazioni necessarie che la Corte deve compiere
relativamente ai debiti fuori bilancio nel piano di
riequilibrio: “9.4 Verificare se l’Ente abbia acquisito, da
tutti i responsabili dei servizi, ciascuno per le spese di
sua competenza, un’attestazione sull’esistenza o meno di
debiti fuori bilancio non riconosciuti, per i quali devono
essere ancora assunti provvedimenti di riconoscimento
sussistendone i presupposti di legge.
9.4.a Laddove venga attestata l’esistenza di debiti fuori
bilancio non riconosciuti è necessario che l’Ente indichi:
motivazioni per le quali il debito è sorto, con la
specificazione del capitolo di spesa di competenza al quale
si riferisce; l’utilità e l’arricchimento per l’Ente; se
sono stati individuati i mezzi di finanziamento precisando
quali; la sussistenza di tutti i requisiti per il
riconoscimento ai sensi di legge.
9.5 Verificare se nel corso di eventuali verifiche a
campione, fino alla data della delibera per l’accesso alla
procedura di riequilibrio finanziario pluriennale, sia stata
riscontrata la presenza di spese che, pur avendo la natura
di debiti fuori bilancio, sono state imputate agli
stanziamenti correnti senza aver operato il riconoscimento,
da parte del Consiglio, previsto dall’art. 194 del TUEL.
9.6 Passività potenziali - Indicare se siano state
identificate e valutate eventuali sopravvenienze o
insussistenze passive probabili, specificandone la natura,
l’entità e la provenienza”.
Ciò premesso, occorre osservare che la deliberazione del
piano di riequilibrio non equivale al riconoscimento dei
debiti fuori bilancio ai sensi e per gli effetti di cui
all’art. 194 TUEL; a tal proposito, va rimarcato che il
comma 7 dell’art. 243-bis TUEL distingue chiaramente tra la
ricognizione dei debiti, contenuta nel piano di
riequilibrio, e l’effettivo riconoscimento ai sensi
dell’art. 194 TUEL; il citato comma 7 dell’art. 243-bis TUEL,
infatti, prevede che: “Ai fini della predisposizione del
piano, l'ente è tenuto ad effettuare una ricognizione di
tutti i debiti fuori bilancio riconoscibili ai sensi
dell'articolo 194. Per il finanziamento dei debiti fuori
bilancio l'ente può provvedere anche mediante un piano di
rateizzazione, della durata massima pari agli anni del piano
di riequilibrio, compreso quello in corso, convenuto con i
creditori”.
La formulazione letterale implica che la ricognizione, per
quanto indispensabile ai fini del piano di riequilibrio, non
equivale alla deliberazione ex art. 194 TUEL, tant’è che il
testo normativo si riferisce a “debiti riconoscibili”,
lasciando intendere che il riconoscimento è atto successivo
alla ricognizione. Se il legislatore avesse inteso
equiparare ricognizione ex art. 243-bis TUEL e
riconoscimento ex art. 194 TUEL, la disposizione avrebbe
avuto un tenore letterale diverso.
Va poi aggiunto che la ricognizione non comporta di per sé
la copertura finanziaria della spesa connessa al debito
fuori bilancio da riconoscere ex art. 194 TUEL. Per quanto
riguarda la necessità di tale copertura, si condividono le
argomentazioni della deliberazione n. 213/2013/PAR della
Sezione regionale di controllo per la Campania, che ha
affermato che: “In base a quanto esposto non è possibile
aderire all’interpretazione proposta dall’ente interpellante
ammettendo un riconoscimento solo “formale” del debito da
parte del Consiglio comunale con rinvio del pagamento dello
stesso a successiva approvazione del bilancio e ciò al solo
fine di impedire il maturare di interessi, rivalutazione
monetaria e ulteriori spese legali. In base a quanto esposto
è indubbio, in quanto connaturata alla sua funzione, che la
delibera di riconoscimento dei debiti fuori bilancio deve
necessariamente provvedere ad indicare i mezzi finanziari
destinati alla loro copertura, completandosi in questo modo
il procedimento che ha per fine quello di far rientrare
nella corretta gestione di bilancio quelle spese che ne
erano del tutto fuori.
Tra l’altro è consentito farvi fronte
con ogni mezzo finanziario a disposizione dell'ente, secondo
quanto espressamente indicato dall’art. 193, comma 3, del Tuel, richiamato dall’art. 194 citato: ... Si rammenta
altresì che “la mancata adozione, da parte dell'ente, dei
provvedimenti di riequilibrio previsti dal presente articolo
è equiparata ad ogni effetto alla mancata approvazione del
bilancio di previsione di cui all'articolo 141, con
applicazione della procedura prevista dal comma 2 del
medesimo articolo ad eccezione delle entrate provenienti
dall'assunzione di prestiti e di quelle aventi specifica
destinazione per legge, nonché con i proventi derivanti da
alienazione di beni patrimoniali disponibili”.
Da quanto
esposto consegue che il riconoscimento di un debito fuori
bilancio derivante da sentenza esecutiva necessita di
regolare copertura finanziaria negli stanziamenti di
bilancio, presupposto ineliminabile dell’attivazione del
procedimento di spesa nel sistema di bilancio (cfr.
Principio contabile n. 2 per gli enti locali- Gestione nel
sistema del bilancio, n. 65-73)”.
Sulla stessa linea si pone pure la deliberazione n.
78/2014/PAR di questa Sezione: “La deliberazione consiliare
non ha solo la funzione di riconoscere la legittimità di
un’obbligazione e, nei casi di cui alla lett. e) dell’art.
194 del TUEL, di valutare l’utilità e l’arricchimento
dell’ente, ma anche una funzione giuscontabilistica e una
garantista; la prima consiste nella salvaguardia degli
equilibri di bilancio e si esplica attraverso il reperimento
delle risorse necessarie a finanziare il debito, la seconda
si sostanzia nell’individuazione del responsabile… La
deliberazione consiliare, proprio perché finalizzata a
preservare l’equilibrio economico–finanziario dell’ente,
deve individuare una “regolare copertura finanziaria negli
stanziamenti di bilancio, presupposto ineliminabile
dell’attivazione del procedimento di spesa nel sistema”.
Da quanto sopra illustrato si evince che la deliberazione ex
art. 194 TUEL deve avere specifici contenuti, che non
possono rinvenirsi nella ricognizione effettuata con il
piano di riequilibrio.
In definitiva, il tenore letterale dell’art. 243-bis, comma
7, TUEL e la ratio sopra esposta della deliberazione ex art.
194 TUEL inducono ad esprimersi in maniera negativa rispetto
all’opzione interpretativa prospettata dal Comune.
Al secondo quesito può quindi rispondersi nel senso
che, in assenza di deliberazione di
riconoscimento ex art. 194 TUEL, gli uffici non sono
autorizzati al pagamento dei debiti fuori bilancio sol
perché l'ente ha approvato e rimodulato il piano di
riequilibrio finanziario nell'anno 2014.
3)- Con il terzo quesito viene chiesto se si possano
riconoscere debiti fuori bilancio durante l'esercizio
provvisorio da parte di un ente che ha dichiarato e
approvato di ricorrere allo strumento del Piano di
riequilibrio pluriennale finanziario.
La domanda viene
formulata sul presupposto che il Consiglio comunale,
approvando lo schema del piano, in cui i due pilastri sono
il ripianamento di disavanzo e il pagamento debiti fuori
bilancio, avrebbe già avuto contezza della situazione
debitoria dell'ente.
Per quanto attiene alla disciplina dell’esercizio
provvisorio nell’anno 2015, la Sezione si è già espressa con
la deliberazione 167/2015/PAR, ove si è rilevato che l’art.
163 del TUEL, concernente l’esercizio provvisorio, è stato
novellato dall’art. 74, comma 1, n. 12), del D.Lgs. 23.06.2011, n. 118 , aggiunto –a sua volta- dall’art. 1,
comma 1, lett. aa), D.Lgs. 10.08.2014, n. 126 , entrato
in vigore il 12.09.2014.
L’art. 74 sopra citato è inserito nel titolo IV “Adeguamento
delle disposizioni riguardanti la finanza regionale e
locale” del d.lgs. n. 118 del 2011. Tale dato sulla
collocazione della disposizione è rilevante alla luce
dell’art. 80, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 118 del 2011,
che prevede che: “1. Le disposizioni del Titolo I, III, IV e
V si applicano, ove non diversamente previsto nel presente
decreto, a decorrere dall'esercizio finanziario 2015, con la
predisposizione dei bilanci relativi all'esercizio 2015 e
successivi, e le disposizioni del Titolo II si applicano a
decorrere dall'anno successivo a quello di entrata in vigore
del presente decreto legislativo”.
Ciò premesso, si
evidenzia che l’art. 74 del d.lgs. n. 118 del 2011, essendo
collocato nel titolo IV del d.lgs. n. 118 del 2011, si
applica a partire dall’esercizio 2015 con la predisposizione
dei bilanci per tale anno.
Pertanto, l’esercizio provvisorio del 2015, in quanto
precede il bilancio del 2015, resta soggetto alla previgente
disciplina dell’art. 163 del TUEL (cioè a quella antecedente
alle modifiche introdotte dal d.lgs. n. 126 del 2014). Non
vi sono poi indici testuali nel medesimo decreto, che
portino a una soluzione interpretativa diversa; e infatti,
trattandosi di deroga, sarebbe necessaria una disposizione
espressa, che, per il profilo analizzato, riguarda solo gli
enti sperimentatori.
In breve, durante l’esercizio provvisorio dell’anno 2015 non
va applicata la nuova disciplina sostanziale dell’art. 163
TUEL, come modificato dall’art. 74, comma 1, n. 12), del
D.Lgs. 23.06.2011, n. 118, aggiunto dall’art. 1, comma
1, lett. aa), del D.Lgs. 10.08.2014, n. 126. Tutto ciò
implica che esulano dal presente parere le questioni
derivanti dall’interpretazione della nuova formulazione
dell’art. 163 TUEL e dei principi contabili contenuti nel
d.lgs. n. 118 del 2011.
Ciò premesso, in relazione ai rapporti tra l’art. 163 TUEL,
che deve quindi applicarsi nel testo previgente, e l’art.
194 TUEL, concernente i debiti fuori bilancio, la Sezione si
è pronunciata in senso contrario al riconoscimento dei
debiti durante l’esercizio provvisorio. Con la deliberazione
n. 78/2014/PAR, infatti, è stato rilevato che: “Non è
possibile procedere al riconoscimento dei debiti fuori
bilancio nel corso dell’esercizio provvisorio, per un
duplice ordine di ragioni.
In primo luogo, la delibera di riconoscimento può essere
adottata solo in occasione di precise scansioni temporali,
in particolare in sede di approvazione del bilancio di
previsione, ovvero in occasione della delibera di
salvaguardia degli equilibri di bilancio ex art. 193, comma
2, del TUEL, ferma restando la possibilità di disporre a
livello regolamentare che si possa provvedere in ogni fase
dell'esercizio, secondo il dettato del comma 1° dell’art.
194 del TUEL. Si tratta, non a caso, dei momenti in cui gli
equilibri di bilancio vengono valutati in maniera
approfondita e complessiva. In quest’ottica, ipotizzare che
si possa provvedere proprio durante la “vacanza” del
bilancio, costituirebbe un’inammissibile aporia logica.
In secondo luogo, il principio di tipicità e tassatività
delle spese consentite nel corso dell’esercizio provvisorio
esclude che si possa procedere all’adempimento di
obbligazioni che non rientrano nei casi contemplati e, ancor
più, di quelli di carattere eccezionale come i debiti fuori
bilancio; a fortiori, non è ammissibile che si possano
prendere in considerazione spese di ammontare superiore ai
dodicesimi a disposizione, calcolati sullo stanziamento
dell’ultimo bilancio approvato”.
Si può anche rammentare la deliberazione n. 55/2014/PAR di
questa Sezione: “Condivisibili, a riguardo, appaiono le
conclusioni ermeneutiche cui approda la Sezione regionale di
controllo per la Campania (cfr.
parere 23.05.2013 n. 213),
circa l’impossibilità, durante il periodo di esercizio
provvisorio, di provvedere al riconoscimento dei debiti
fuori bilancio per via dell’eccezionalità della fattispecie
di cui all’art. 194 del Tuel rispetto alle ipotesi previste
dall’art. 163, comma 3, del Tuel, ma soprattutto per la
mancanza del bilancio d’esercizio, cui ricondurre le
passività emerse. L’esigenza di urgente ripristino degli
equilibri di bilancio -recentemente assurti a rango
costituzionale– impone la necessità di abbreviare al
massimo, nella fattispecie, la durata dell’esercizio
provvisorio, che di per sé costituisce una fase eccezionale
e transitoria (cfr., sul punto, Sezione delle Autonomie,
delibera n. 23/SEZAUT/2013/INPR).
Giova ricordare, peraltro, che l’art. 191, comma 5, del Tuel
introduce forti limitazioni per gli enti locali che
presentino, nell’ultimo rendiconto deliberato, disavanzo di
amministrazione o che indichino debiti fuori bilancio per i
quali non sono stati validamente adottati i provvedimenti di
cui all’art. 193 del Tuel, vietando agli stessi di assumere
impegni e pagare spese per servizi non espressamente
previsti per legge, salve le spese da sostenere a fronte di
impegni già assunti in esercizi precedenti”.
In sintesi, tenuto conto della risposta già fornita al
quesito n. 2, va ribadito che la ricognizione dei debiti
fuori bilancio presente nel piano di riequilibrio non
equivale al riconoscimento ex art. 194 TUEL, che, quindi,
resta soggetto alla disciplina desumibile dalle norme citate
(artt. 163 e 194 TUEL) come interpretate dalla richiamata
giurisprudenza, che –con orientamento unanime- ha comunque
escluso il riconoscimento dei debiti fuori bilancio durante
l’esercizio provvisorio.
Inoltre, le motivazioni di natura
sistematica poste a fondamento dell’orientamento qui
condiviso tanto più devono sostenersi per gli enti che si
avvalgono del piano di riequilibrio, poiché quest’ultimo è
sottoposto a una rigorosa scansione temporale e procedurale.
Al terzo quesito può quindi rispondersi nel senso che
durante l'esercizio provvisorio di un ente, che ha
dichiarato e approvato di ricorrere allo strumento del Piano
di riequilibrio pluriennale finanziario, non si possono
riconoscere debiti fuori bilancio
(Corte dei Conti, Sez. controllo Sicilia,
parere 13.05.2015 n. 177). |
INCARICHI PROFESSIONALI:
La regola secondo cui i debiti per incarichi a legali
esterni, ove maggiori rispetto a quelli contabilizzati senza
una causa di oggettiva imprevedibilità, con una non
ingiustificata “irrisorietà” o “non congruità” dell’importo
contabilizzato, devono essere riconosciuti attraverso la
procedura di riconoscimento del debito fuori bilancio deve
essere confermata anche nel mutato quadro normativo, per
effetto dell’entrata in vigore, dal 01.01.2015, della
nuova contabilità pubblica (Dlgs. n. 118/2011).
Nel caso di impegni per incarichi a legali esterni risalenti
ad annualità anteriori al 2015, per cui la prestazione per
il corrispettivo non sia ancora esigibile, il residuo va
riaccertato ai sensi dell’articolo 3, comma 4, del D.lgs.
n. 118/2011 per addivenire alla ricollocazione temporale
dello stesso secondo il principio della competenza
finanziaria rafforzata: infatti, «se l’obbligazione non è
esigibile, si provvede alla cancellazione dell’impegno ed
alla sua immediata re-imputazione all’esercizio in cui si
prevede che sarà esigibile, anche sulla base delle
indicazioni presenti nel contratto di incarico al legale».
---------------
In pratica, a partire dal 2015, ove l’impegno sia stato in
origine sottostimato, per cause oggettive, in sede di
bilancio preventivo, annualmente, deve essere adeguato
l’’importo stanziato, di modo che vi siano risorse
sufficienti per l’impegno ed il pagamento del corrispettivo,
consentendo al Consiglio di controllare costantemente
l’evolversi della spesa a fronte di fatti nuovi e
imprevedibili.
Ove peraltro emergesse una non congruità dell’impegno
originario imputabile a circostanze soggettive, imputabili
al professionista o al funzionario che ha consentito alla
spesa, la maggior somma dovrà invece essere oggetto della
procedura di riconoscimento del debito fuori bilancio ai
sensi dell’art. 194, comma 1, lett. e), nei limiti del
valutato “arricchimento” per l’ente.
Altrimenti opinando, infatti, il funzionario che ha operato
in modo incauto o non diligente potrebbe facilmente
sottrarsi alla responsabilità diretta (art. 191, comma 4,
TUEL) e al filtro valutativo che la legge prevede che il
Consiglio eserciti in sede di riconoscimento del debito per
prestazioni per beni e servizi, a garanzia della propria
competenza autorizzativa delle spesa.
---------------
Con la nota richiamata in epigrafe il Sindaco di Santa Maria La
Carità (NA) ha chiesto alla Sezione un parere in ordine alla
corretta procedura per l’imputazione in bilancio dei
maggiori oneri per parcelle professionali presentate a
conclusione di un giudizio da parte degli avvocati
incaricati della difesa tecnica del Comune.
L’Ente fa l’ipotesi di un impegno a suo tempo assunto in
bilancio all’atto del conferimento dell’incarico in una
misura “irrisoria”, «senza pattuire condizioni e modalità di
espletamento dell'incarico e senza indicare i criteri di
determinazione della parcella da presentare a saldo, a
conclusione del giudizio».
Chiede pertanto di sapere, nel caso in cui «la parcella
presentata dal professionista incaricato, a conclusione del
giudizio, si [discostasse] significativamente dall'impegno
iniziale assunto» quale sia la procedura corretta da seguire
tra:
«a) attivazione del procedimento per il riconoscimento del
debito fuori bilancio ai sensi dell'art. 194, comma 1, lett.
e), del T.U.E.L 18.08.2000, n. 267, per provvedere al
pagamento della quota della spesa eccedente l'impegno
assunto al momento del conferimento dell'incarico, "nei
limiti degli accertati e dimostrali utilità e arricchimento
per l'ente, nell’ambito dell’espletamento di pubbliche
funzioni e servizi di competenza";
b) la semplice integrazione dell'impegno assunto per la
quota di spesa eccedente».
Il Comune soggiunge un ulteriore quesito, subordinato al
primo sopra esposto. Segnatamente, nel caso in cui si
ritenesse corretto procedere nel senso del riconoscimento
del debito fuori bilancio (ipotesi sub. a), «chiede di
conoscere come debba essere determinato il requisito
dell'arricchimento. In particolare, si chiede di conoscere
se l'arricchimento deve essere stabilito secondo i valori
minimi dei nuovi parametri professionali approvati con D.M.
n. 55/2014 e se, dunque, qualora la parcella presentata dal
professionista (tenuto conto dell'esito positivo del
giudizio, del numero delle udienze, del valore della causa
prossimo al limite massimo dello scaglione) superi tali
valori minimi, il Comune sia legittimato a rideterminarla
d'ufficio secondo i minimi tariffari senza correre il
rischio di essere citato in giudizio dal professionista ed
essere condannato al pagamento della parcella così come
dallo stesso redatta con l'ulteriore aggravio della
rifusione delle spese legali».
...
1. Il thema quaestionandi riguarda la corretta procedura
contabile da seguire nel caso in cui emerga un debito per
parcelle professionali emesse da legali a conclusione di un
giudizio, in misura superiore al quantum a suo tempo
impegnato al momento del conferimento dell’incarico, impegno
poi confluito tra i residui del bilancio dell’ente locale.
In particolare si chiede di sapere se, in tal caso, la
maggiore prestazione, debba ritenersi un debito
contabilmente nuovo, da impegnarsi, per competenza,
nell’esercizio finanziario di presentazione della parcella
sul pertinente capitolo di bilancio, nei limiti dello
stanziamento (con la procedura ordinaria di cui all’art. 191
TUEL), ovvero debba ritenersi lo stesso un debito per
competenza riferibile all’esercizio in cui è stato conferito
l’incarico che, pertanto, non può che essere riconosciuto
con l’eccezionale procedura dei debiti fuori bilancio (ex
art. 194 TUEL, sub specie di debito per prestazioni e
servizi ai sensi della lett. e).
Il tema è stato abbondantemente esaminato dalla
giurisprudenza contabile (cfr., ex plurimis, SCRC Emilia
Romagna
parere 25.07.2013 n.
256 e 311/2012/PAR nonché SRC Campania
nn. 261/2014/PAR, 241/2014/PRSP e 35/2014/PRSP) nel
precedente sistema di contabilità basato sul principio della
competenza finanziaria “semplice”, prima dell’entrata in
vigore, per tutti gli enti locali, del D.lgs. n. 118/2011,
a partire dal 01.01.2015. Tale giurisprudenza,
peraltro, per i principi che esprime rimane per gran parte
attuale, salvo le precisazioni che seguono.
2. Secondo tale pregressa giurisprudenza, i debiti per
prestazioni professionali devono essere imputati
nell’esercizio in cui è stato conferito l’incarico legale,
nel rispetto del principio di prudenza e di sana gestione
finanziaria, in una misura pari ad una stima, la più precisa
possibile, del costo finale della prestazione. Ciò in
aderenza al principio contabile n. 2, cpv. 108, del Testo
approvato dall’Osservatorio del Ministero dell’Interno il 12.03.2008, ai sensi del quale «l’ente deve determinare
compiutamente, anche in fasi successive temporalmente,
l’ammontare del compenso (esempio gli incarichi per
assistenza legale) al fine di evitare la maturazione di
oneri a carico del bilancio non coperti dall’impegno di
spesa inizialmente assunto. Il regolamento di contabilità
dell’ente potrà disciplinare l’assunzione di ulteriore
impegno, per spese eccedenti l’impegno originario, dovute a
cause sopravvenute ed imprevedibili».
L’obbligo di procurarsi un congruo preventivo del
corrispettivo, oltre a gravare sulla pubblica
amministrazione e discendere da principi di sana gestione
contabile, è oggi un espresso obbligo gravante sullo stesso
professionista per effetto delle innovative disposizioni di
cui all’art. 9 del D.L. n. 1/2012 conv. L. n. 27/2012. Tale
norma ha abrogato le tariffe professionali e ha stabilito
che «Il compenso per le prestazioni professionali è pattuito
al momento del conferimento dell'incarico professionale. Il
professionista deve rendere noto al cliente il grado di
complessità dell'incarico, fornendo tutte le informazioni
utili circa gli oneri ipotizzabili dal momento del
conferimento alla conclusione dell'incarico […]».
Detto in altri termini, l’ente, da un lato, è tenuto in sede
di incarico a concordare nel titolo il corrispettivo
affinché il suo ammontare risulti definito o, quantomeno,
sufficientemente determinabile, di modo che, a scadenza, la
liquidazione dell’onorario e della spesa trovi preventiva e
sufficiente provvista nella contabilità dell’ente, evitando
la formazione di debiti fuori bilancio.
Nel vecchio sistema contabile, in base al principio della
competenza finanziaria “semplice”, tale stima preventiva si
traduceva, di norma, nell’impegno nell’anno d’incarico e
nella traslazione di tale impegno in conto residui negli
anni successivi.
Diversamente la sottostima del compenso, la mancanza
assoluta di stima o la sua contabilizzazione per importi
irrisori non poteva che comportare e comporta la formazione
di un debito extra-bilancio.
Infatti, in caso di stima mancante in assoluto o
oggettivamente inadeguata in relazione alle caratteristiche
della causa (mediante l’impegno di una somma “irrisoria” o
comunque ingiustificatamente incongrua), l’unica via
perseguibile per la riconduzione del debito al bilancio
dell’ente è quella del ricorso alla procedura del
riconoscimento del debito fuori bilancio ai sensi dell’art.
194, comma 1, lett. e) (sussistendo il debito, in
alternativa, direttamente in capo al funzionario che ha
consentito la prestazione, ex art. 191, comma 4, TUEL).
In tale ipotesi, infatti, sarebbero state violate le norme
contabili che presidiano la corretta imputazione in bilancio
della spesa; il titolo e la fattispecie generativa
dell’obbligazione, inoltre, riguarderebbero integralmente un
esercizio precedente nel quale l’ammontare della spesa non è
stato correttamente rilevato.
In definitiva, l'adozione di una formale deliberazione di
riconoscimento consente la verifica sull'utilità del
patrocinio, nonché di attivare il controllo in relazione a
possibili profili di responsabilità erariale, stante
l'obbligo di trasmissione delle deliberazioni di
riconoscimento dei debiti fuori bilancio alla competente
Procura presso la Sezione giurisdizionale della Corte dei
conti (art. 23 della Legge n. 289/2002).
Infatti, come è noto, il procedimento di riconoscimento dei
debiti fuori bilancio è lo strumento giuridico per riportare
un’obbligazione giuridicamente perfezionata all’interno
della sfera patrimoniale dell’ente, ricongiungendo il debito
insorto con la volontà amministrativa (SRC Lombardia
parere 22.07.2013 n. 339 e n. 482/2013/PAR).
Il procedimento mira, da un
lato, a consentire al Consiglio di vagliare la legittimità
del titolo (verificando, in primo luogo, la sussunzione in
una delle fattispecie tipizzate dall’art. 194 TUEL) e,
dall’altro, a reperire modalità di copertura finanziaria
(indicate sempre nell’art. 194 TUEL).
Si ricorda poi come la giurisprudenza contabile (SRC
Lombardia n. 65/2013 e n. 436/2013, SCR Liguria n. 122/2010
e n. 56/2011) abbia costantemente ritenuto eccezionale la
disciplina dell’art. 194 TUEL, salva l’interpretazione
estensiva delle ipotesi ivi considerate quando funzionale al
non aggravamento della situazione debitoria dell’ente (ad
esempio in tema di provvedimenti giurisdizionali
legittimanti il riconoscimento, cfr. SRC Campania n.
42/2014/PRSP).
Per altro verso, eccezionalmente, la giurisprudenza ha
talvolta ammesso che eventuali maggiori oneri
successivamente liquidati, esclusivamente per fatti
sopravvenuti ed imprevedibili, quali lo sviluppo del
processo in termini di maggiore tempo e complessità
procedimentale causata dalla peculiarità della causa,
avrebbero potuto essere impegnati per competenza
nell’esercizio di manifestazione degli stessi, secondo
l’ordinaria procedura di spesa (art. 191 TUEL), integrando
l’originario impegno a residuo, con un nuovo impegno nel
pertinente capitolo di spesa (cfr. Sez. Lombardia,
deliberazioni nn. 19/2009/PAR e 441/2012/PAR; SRC Campania
n. 9/2007/PAR; SRC Sardegna deliberazione n. 2/2007/PAR).
La ratio di tale orientamento, da un lato, è che l’ente,
ricorrendo tali eccezionali presupposti (fatti sopravvenuti
ed imprevedibili) non avrebbe violato le norme che
presidiano la procedura di spesa e, per altro verso, il
titolo giuridico alla base del residuo originario rimarrebbe
immutato e non coinciderebbe con la “causa” del nuovo
debito; detto in altri termini, si sarebbe in presenza di
una nuova obbligazione giuridica, sorta in un esercizio
successivo a fronte di fatti nuovi, imputabili secondo il
principio della competenza finanziaria in un esercizio
finanziario diverso da quello in cui l’incarico è stato
assunto.
In relazione a queste tipologie di debiti sopravvenuti,
scaturenti da un titolo a suo tempo regolarmente registrato
e imputato ma che, per fatti oggettivamente non
preventivabili, si fossero manifestati in sede di
liquidazione in un importo superiore a quello a suo tempo
impegnato, la giurisprudenza contabile ha parlato di
“passività pregresse” (cfr. SRC Lombardia
parere 22.07.2013 n. 339 e
n. 482/2013/PAR).
3. La regola secondo cui i debiti per incarichi a legali
esterni, ove maggiori rispetto a quelli contabilizzati senza
una causa di oggettiva imprevedibilità, con una non
ingiustificata “irrisorietà” o “non congruità” dell’importo
contabilizzato, devono essere riconosciuti attraverso la
procedura di riconoscimento del debito fuori bilancio deve
essere confermata anche nel mutato quadro normativo, per
effetto dell’entrata in vigore, dal 01.01.2015, della
nuova contabilità pubblica (Dlgs. n. 118/2011).
Peraltro, i sopra richiamati principi elaborati in sede
ermeneutica vanno arricchiti dal sistema di regole oggi
espressamente previsto per gli incarichi a legali eterni, in
adattamento al nuovo principio della competenza finanziaria
“potenziata” o “rafforzata”, articolatamente disciplinato
negli allegati di cui al richiamato decreto, sia in sede di
principi generali (Allegato 1, punto 16) che in sede di
principi “applicati” (Allegato 4.2, §2).
Secondo tali principi, come è noto, le obbligazioni devono
essere registrate in bilancio tenendo conto non solo del
perfezionamento del titolo, ma anche della scadenza
(esigibilità) della prestazione che, nel caso di spesa per
l’acquisto di beni e servizi, di norma, coincide con
l’adempimento della prestazione da parte del fornitore
(Allegato 4.2, al § 5.2., lett. b).
Nel caso di impegni per incarichi a legali esterni risalenti
ad annualità anteriori al 2015, per cui la prestazione per
il corrispettivo non sia ancora esigibile, il residuo va
riaccertato ai sensi dell’articolo 3, comma 4, del D.lgs.
n. 118/2011 per addivenire alla ricollocazione temporale
dello stesso secondo il principio della competenza
finanziaria rafforzata: infatti, «se l’obbligazione non è
esigibile, si provvede alla cancellazione dell’impegno ed
alla sua immediata re-imputazione all’esercizio in cui si
prevede che sarà esigibile, anche sulla base delle
indicazioni presenti nel contratto di incarico al legale».
Inoltre, in deroga al principio secondo cui nel fondo
pluriennale vincolato confluiscono solo entrate correnti
vincolate ed entrate destinate al finanziamento di
investimenti (Allegato 4.2., § 5.4) «Nell’esercizio in cui
l’impegno è cancellato si iscrive, tra le spese, il fondo
pluriennale vincolato al fine di consentire la copertura
dell’impegno nell’esercizio in cui l’obbligazione è
imputata».
Cionondimeno, il richiamato principio subisce una deroga (in
sostanza continuando ad applicare il pregresso criterio
della competenza finanziaria “semplice”) nel caso di
incarichi a legali esterni dal cui contesto non sia
possibile desumere la scadenza: ai sensi del principio
contabile applicato di cui all’Allegato 4.2, al § 5.2.,
lett. g), infatti, «gli impegni derivanti dal conferimento
di incarico a legali esterni, la cui esigibilità non è
determinabile, sono imputati all’esercizio in cui il
contratto è firmato, in deroga al principio della competenza
potenziata, al fine di garantire la copertura della spesa».
Tale imputazione, peraltro, presuppone la necessità che la
spesa sia stata congruamente stimata «al fine di evitare la
formazione di debiti fuori bilancio». Tale necessità viene
resa costante, imponendo un obbligo di verifica annuale; il
§ 5.2, lett. c), infatti, prevede che l’ente chieda «ogni
anno al legale di confermare o meno il preventivo di spesa
sulla base della quale è stato assunto l’impegno e, di
conseguenza, provvede ad assumere gli eventuali ulteriori
impegni».
In pratica, a partire dal 2015, ove l’impegno sia stato in
origine sottostimato, per cause oggettive, in sede di
bilancio preventivo, annualmente, deve essere adeguato
l’’importo stanziato, di modo che vi siano risorse
sufficienti per l’impegno ed il pagamento del corrispettivo,
consentendo al Consiglio di controllare costantemente
l’evolversi della spesa a fronte di fatti nuovi e
imprevedibili.
Ove peraltro emergesse una non congruità dell’impegno
originario imputabile a circostanze soggettive, imputabili
al professionista o al funzionario che ha consentito alla
spesa, la maggior somma dovrà invece essere oggetto della
procedura di riconoscimento del debito fuori bilancio ai
sensi dell’art. 194, comma 1, lett. e), nei limiti del
valutato “arricchimento” per l’ente.
Altrimenti opinando, infatti, il funzionario che ha operato
in modo incauto o non diligente potrebbe facilmente
sottrarsi alla responsabilità diretta (art. 191, comma 4,
TUEL) e al filtro valutativo che la legge prevede che il
Consiglio eserciti in sede di riconoscimento del debito per
prestazioni per beni e servizi, a garanzia della propria
competenza autorizzativa delle spesa (Corte dei Conti, Sez.
controllo Campania,
parere 01.04.2015 n. 110). |
APPALTI:
Sulla fattispecie dei "debiti fuori
bilancio".
Il debito fuori bilancio è
un'obbligazione verso terzi per il pagamento
di una determinata somma di denaro, assunta
in violazione delle norme giuscontabili che
regolano il procedimento finanziario della
spesa degli enti locali.
L'istituto, che ha carattere eccezionale, è
disciplinato dall'art. 194 del D.Lgs. n.
267/2000, che prevede, tra l'altro, che tale
adempimento vada posto in essere in
occasione della ricognizione dello stato di
attuazione dei programmi e dell'accertamento
degli equilibri generali di bilancio (art.
193, comma 2, del TUEL), nonché nelle altre
cadenze periodiche previste dal regolamento
di contabilità.
L'elencazione prevista dalla norma contempla
una serie di ipotesi, tassative in quanto
derogatorie rispetto all'ordinario
procedimento di spesa, in cui è possibile
procedere al riconoscimento, e tra queste
(art. 194, comma 1, lett. e) rientra anche
l'acquisizione di beni e servizi, in
violazione degli obblighi di cui ai commi 1,
2 e 3 dell'articolo 191, nei limiti degli
accertati e dimostrati utilità ed
arricchimento per l'ente, nell'ambito
dell'espletamento di pubbliche funzioni e
servizi di competenza.
L'operatività di quest'ultima norma è dunque
subordinata all'accertamento sia
dell'utilità pubblica del bene acquisito in
relazione alle funzioni ed ai servizi di
competenza dell'ente, sia dell'arricchimento
dell'ente (che corrisponde al depauperamento
patrimoniale sofferto senza giusta causa dal
privato contraente ai sensi dell'art. 2041
cc.).
L'accertamento della sussistenza di entrambi
questi presupposti
è obbligatorio e non può essere automaticamente ed
implicitamente ricondotto alla semplice
adozione della deliberazione di
riconoscimento, in quanto vi può essere una
parte del debito non riconoscibile ai sensi
dell'art. 191, comma 4, del D.Lgs. n.
267/2000.
In questo contesto,
la delibera consiliare ha dunque il compito
di:
- riscontrare e dimostrare che il debito
rientra in una delle fattispecie tipizzate
dall'art. 194 del TUEL;
- accertare e documentare puntualmente se ed
in che misura sussistano i presupposti
dell'utilità e dell'arricchimento;
- accertare, conseguentemente, se vi sia una
parte del debito non sorretta da entrambi
questi presupposti, e dunque non
riconoscibile (per la quale, ai sensi
dell'art. 191, comma 4, del TUEL, il
rapporto obbligatorio intercorre tra il
privato fornitore e l'amministratore,
funzionario o dipendente che hanno
consentito la prestazione in favore
dell'ente);
- ricondurre l'obbligazione all'interno
della contabilità e del sistema di bilancio
dell'ente;
- individuare le risorse per il
finanziamento;
- accertare le cause che hanno originato
l'obbligo, anche al fine di evidenziare
eventuali responsabilità.
---------------
La situazione debitoria fuori bilancio e
l’incidenza delle passività potenziali
possono richiedere scelte di programmazione
e, conseguentemente, di gestione volte a
reperire le risorse necessarie per fare
fronte ai debiti insorti.
A tal fine può essere utile prevedere un
apposito fondo rischi per passività
potenziali vincolando l’avanzo libero, se
disponibile, o reperendo risorse a carico
del bilancio annuale.
La presenza di tale tipologia di debiti può
assumere una particolare rilevanza nel
contesto degli equilibri della gestione anno
corrente e degli anni futuri e ciò deve
essere valutato in sede di controllo a
salvaguardia degli stessi, tutte le volte in
cui emergono sopravvenienze passive per le
quali non si sia fatto validamente fronte
con le modalità previste dall'art. 193 del
TUEL.
---------------
La tempestività della segnalazione
dell'insorgenza di tali debiti e del loro
riconoscimento consente di evitare
l'insorgere di ulteriori passività a carico
dell'ente, quali, ad esempio, eventuali
interessi o spese di giustizia.
La Sezione ricorda, infine,
l'obbligo di trasmissione della delibera
anzidetta alla Procura della Corte dei
conti, in virtù di quanto stabilito
dall’art. 23 L. 289/2002.
---------------
7. Riconoscimento di debiti fuori
bilancio
Dall’esame della relazione emerge una
cospicua consistenza dei debiti fuori
bilancio formatisi nel corso dell’esercizio,
pari allo 0,81% dei valori di accertamento
delle entrate correnti.
In un'ottica collaborativa, il Collegio
ricorda, innanzitutto, che
il debito fuori bilancio è un'obbligazione
verso terzi per il pagamento di una
determinata somma di denaro, assunta in
violazione delle norme giuscontabili che
regolano il procedimento finanziario della
spesa degli enti locali.
L'istituto, che ha carattere eccezionale, è
disciplinato dall'art. 194 del D.Lgs. n.
267/2000, che prevede, tra l'altro, che tale
adempimento vada posto in essere in
occasione della ricognizione dello stato di
attuazione dei programmi e dell'accertamento
degli equilibri generali di bilancio (art.
193, comma 2, del TUEL), nonché nelle altre
cadenze periodiche previste dal regolamento
di contabilità.
L'elencazione prevista dalla norma contempla
una serie di ipotesi, tassative in quanto
derogatorie rispetto all'ordinario
procedimento di spesa, in cui è possibile
procedere al riconoscimento, e tra queste
(art. 194, comma 1, lett. e) rientra anche
l'acquisizione di beni e servizi, in
violazione degli obblighi di cui ai commi 1,
2 e 3 dell'articolo 191, nei limiti degli
accertati e dimostrati utilità ed
arricchimento per l'ente, nell'ambito
dell'espletamento di pubbliche funzioni e
servizi di competenza.
L'operatività di quest'ultima norma è dunque
subordinata all'accertamento sia
dell'utilità pubblica del bene acquisito in
relazione alle funzioni ed ai servizi di
competenza dell'ente, sia dell'arricchimento
dell'ente (che corrisponde al depauperamento
patrimoniale sofferto senza giusta causa dal
privato contraente ai sensi dell'art. 2041
cc.). L'accertamento della sussistenza di
entrambi questi presupposti,
come già più volte ricordato da questa
Sezione (cfr. delibere 156/2009/PRSP e
107/2009/PRSP), è
obbligatorio e non può essere
automaticamente ed implicitamente ricondotto
alla semplice adozione della deliberazione
di riconoscimento, in quanto vi può essere
una parte del debito non riconoscibile ai
sensi dell'art. 191, comma 4, del D.Lgs. n.
267/2000.
In questo contesto, la
delibera consiliare ha dunque il compito di:
- riscontrare e dimostrare che il debito
rientra in una delle fattispecie tipizzate
dall'art. 194 del TUEL;
- accertare e documentare puntualmente se ed
in che misura sussistano i presupposti
dell'utilità e dell'arricchimento;
- accertare, conseguentemente, se vi sia una
parte del debito non sorretta da entrambi
questi presupposti, e dunque non
riconoscibile (per la quale, ai sensi
dell'art. 191, comma 4, del TUEL, il
rapporto obbligatorio intercorre tra il
privato fornitore e l'amministratore,
funzionario o dipendente che hanno
consentito la prestazione in favore
dell'ente);
- ricondurre l'obbligazione all'interno
della contabilità e del sistema di bilancio
dell'ente;
- individuare le risorse per il
finanziamento;
- accertare le cause che hanno originato
l'obbligo, anche al fine di evidenziare
eventuali responsabilità.
Va ricordato, inoltre, che il riferimento ad
opera dell'art. 194, comma 1, del TUEL ad
adempimenti periodici e temporalmente
cadenzati testimonia come l'adempimento in
questione, in presenza dei presupposti di
legge, costituisca un atto dovuto e
vincolato per l'ente, in quanto consente di
far emergere eventuali passività insorte nel
corso dell'esercizio, in applicazione dei
principi di veridicità, trasparenza e
pareggio di bilancio, nonché di adottare le
misure necessarie al ripristino
dell'equilibrio della gestione finanziaria.
Si rammenta che la Sezione delle Autonomie
nella propria deliberazione di indirizzo 23/SEZAUT/2013/INPR
recante “Indicazioni per la sana gestione
delle risorse nel caso del protrarsi
dell’esercizio provvisorio e primi
indirizzi, ex art. 1, commi 166 e seguenti,
della legge 23.12.2005, n. 266, relativi al
Bilancio di Previsione 2013”, al punto
H) ha sottolineato come “….la
situazione debitoria fuori bilancio e
l’incidenza delle passività potenziali
possono richiedere scelte di programmazione
e, conseguentemente, di gestione volte a
reperire le risorse necessarie per fare
fronte ai debiti insorti. A tal fine può
essere utile prevedere un apposito fondo
rischi per passività potenziali vincolando
l’avanzo libero, se disponibile, o reperendo
risorse a carico del bilancio annuale. La
presenza di tale tipologia di debiti può
assumere una particolare rilevanza nel
contesto degli equilibri della gestione 2013
e degli anni futuri e ciò deve essere
valutato in sede di controllo a salvaguardia
degli stessi, tutte le volte in cui emergono
sopravvenienze passive per le quali non si
sia fatto validamente fronte con le modalità
previste dall'art. 193 del TUEL”.
Rammenta il Collegio che la
tempestività della segnalazione
dell'insorgenza di tali debiti e del loro
riconoscimento consente di evitare
l'insorgere di ulteriori passività a carico
dell'ente, quali, ad esempio, eventuali
interessi o spese di giustizia.
La Sezione ricorda, infine,
l'obbligo di trasmissione della delibera
anzidetta alla Procura della Corte dei
conti, in virtù di quanto stabilito
dall’art. 23 L. 289/2002
(Corte dei Conti, Sez. controllo Veneto,
deliberazione 19.03.2015 n. 182). |
INCARICHI PROFESSIONALI:
Se, in presenza di apposito stanziamento nel bilancio, nelle
more del perfezionamento del riconoscimento dei debiti fuori
bilancio ex art. 194, comma 1, lett. a), sia possibile
procedere al pagamento delle spese legali di soccombenza e
delle spese di parte capitale con apposite determinazioni da
sottoporre all’Organo collegiale in un momento successivo al
pagamento.
Sussiste la necessità, per tutte le
ipotesi contemplate dall’art. 194 del Tuel, della preventiva
e tempestiva deliberazione consiliare finalizzata a
ricondurre l’obbligazione all’interno della contabilità
dell’ente, ad individuare le risorse per farvi fronte, ad
accertare la sussumibilità del debito all’interno di una
delle fattispecie tipizzate dalla norma, ed, infine, ad
individuare le cause che hanno originato l’obbligo, anche al
fine di evidenziare eventuali responsabilità.
Si rinvia pertanto alle motivazioni già ampiamente esposte
in altri pareri a sostegno della linea
interpretativa tesa ad escludere qualsiasi attività
gestionale (impegno di spesa e/o pagamento) dell’Ente prima
della deliberazione di riconoscimento del debito, al fine di
evitare un’inversione procedimentale lesiva delle
attribuzioni dell’Organo consiliare.
Il preventivo riconoscimento del debito da
parte dell’Organo consiliare risulta dunque necessario anche
nell’ipotesi di debiti derivanti da sentenza esecutiva, per
loro natura caratterizzati da assenza di discrezionalità per
via del provvedimento giudiziario a monte che, accertando il
diritto di credito del terzo, rende agevole la riconduzione
al sistema di bilancio di un fenomeno di rilevanza
finanziaria maturato all’esterno di esso.
Anche in questi
casi, infatti,
l’avvio del procedimento di
spesa ex art. 183 e ss. del Tuel postula comunque, già sul
piano logico, una positiva valutazione dell’Organo
consiliare sulla sussistenza dei presupposti di
riconoscibilità, sulle cause ed eventuali responsabilità
connesse, nonché sulle misure correttive tese ad evitare il
reiterarsi delle anomalie oggetto di soccombenza giudiziale.
Le funzioni di indirizzo e la responsabilità politica del
Consiglio comunale o provinciale non sono infatti
circoscritte alle scelte di natura discrezionale, ma si
estendono anche ad attività e procedimenti di spesa di
natura vincolante ed obbligatoria, atti che, come noto,
transitano necessariamente anch’essi attraverso l’atto
programmatorio generale e di natura autorizzatoria, che è
appunto il bilancio di previsione.
Rispetto a tale complesso di autorizzazioni di spesa,
l’attività gestionale, affidata dalla legge ai
dirigenti, rappresenta espressione di un momento
necessariamente successivo e, quindi, inevitabilmente
conseguenziale rispetto alla decisione dell’Organo cui è
intestata la responsabilità politica dell’azione
amministrativa.
La fase gestionale, di natura
prevalentemente esecutiva, non potrebbe dunque validamente
allocarsi in un segmento temporale anteriore rispetto
all’attività decisionale del Consiglio, senza che ne risulti
sovvertita la fondamentale distinzione tra attività di
indirizzo politico ed attività gestionale.
L’eventuale previsione in bilancio di uno
specifico stanziamento per liti, arbitraggi, transazioni e
quant’altro non elimina perciò la necessità che il Consiglio
deliberi anche sulla riconoscibilità dei singoli debiti
formatisi al di fuori delle norme giuscontabili.
In conclusione, anche in tale fattispecie,
l’eventuale pretermissione o postergazione della procedura
consiliare vanificherebbe la disciplina di garanzia prevista
dall’ordinamento e la correlata fase di controllo politico
amministrativo, nonché la correlata verifica da parte della
Procura regionale della Corte dei conti ex art. 23, comma 5,
della legge n. 289/2002.
---------------
Con la nota in epigrafe, il Commissario straordinario della
Provincia regionale di Catania formula una richiesta di
parere in materia di debiti fuori bilancio.
L’Ente chiede di conoscere se, in presenza di apposito
stanziamento nel bilancio, nelle more del perfezionamento
del riconoscimento dei debiti fuori bilancio ex art. 194,
comma 1, lett. a), sia possibile procedere al pagamento
delle spese legali di soccombenza e delle spese di parte
capitale con apposite determinazioni da sottoporre
all’Organo collegiale in un momento successivo al pagamento,
fase in cui, secondo la prospettazione dell’Ente
richiedente, potrebbe utilmente collocarsi l’esercizio delle
funzioni di controllo e di indagine di specifica competenza
del Consiglio.
Quanto sopra sia in considerazione della peculiarità
dell’ipotesi contemplata dalla lettera a) dell’art. 194 del
TUEL che, a differenza delle altre fattispecie, escluderebbe
qualsiasi valutazione, da parte del Consiglio, dei fatti o
rapporti giuridici produttivi dell’obbligazione di
pagamento, sia in ragione dell’opportunità di evitare un
aumento delle spese per l’Ente -con effetti pregiudizievoli
sulle finanze dello stesso- ove il creditore procedesse
all’esecuzione forzata del titolo in proprio possesso prima
dell’intervento della delibera consiliare di riconoscimento.
A tale ipotesi viene assimilata quella contemplata nella
lettera e) dell’art. 194 del Tuel, con specifico riferimento
alle sentenze di condanna nei giudizi di opposizione alla
stima o di risarcimento danni per occupazioni illegittime.
La rilevata disomogeneità delle varie ipotesi contemplate
dal richiamato art. 194 del Tuel, sotto il profilo della
sussistenza o meno di un’attività valutativa del Consiglio
circa la validità e riconducibilità all’Ente della fonte
giuridica dell’obbligazione -da escludersi nelle ipotesi di
ottemperanza alle sentenze ed ai provvedimenti esecutivi di
condanna– potrebbe, sempre secondo la prospettazione
dell’Ente richiedente, sorreggere l’opzione ermeneutica
della legittimità dei pagamenti effettuati prima della
delibera consiliare di riconoscimento del debito.
Tale approdo interpretativo, riferito alle peculiari ipotesi
sopra citate, consentirebbe peraltro il superamento
dell’orientamento già espresso dalla Sezione nei più recenti
pareri sul tema (55/2014/PAR e 189/2014/PAR), ove, per tutte
le ipotesi contemplate dall’art. 194 del Tuel, si è esclusa
qualsiasi possibilità di interposizione, sia pure in via
d’urgenza, da parte di altri Organi, rispetto
all’imprescindibile attività valutativa dell’Organo
consiliare.
...
Nel merito, la Sezione ritiene di dover richiamare
integralmente le argomentazioni già esposte nei succitati
pareri n. 55/2014/PAR e n. 189/2014/PAR, ove si è affermata
la necessità, per tutte le ipotesi contemplate
dall’art. 194 del Tuel, della preventiva e tempestiva
deliberazione consiliare finalizzata a ricondurre
l’obbligazione all’interno della contabilità dell’ente, ad
individuare le risorse per farvi fronte, ad accertare la
sussumibilità del debito all’interno di una delle
fattispecie tipizzate dalla norma, ed, infine, ad
individuare le cause che hanno originato l’obbligo, anche al
fine di evidenziare eventuali responsabilità.
Si rinvia pertanto alle motivazioni già ampiamente esposte
nei succitati pareri a sostegno della linea
interpretativa tesa ad escludere qualsiasi attività
gestionale (impegno di spesa e/o pagamento) dell’Ente prima
della deliberazione di riconoscimento del debito, al fine di
evitare un’inversione procedimentale lesiva delle
attribuzioni dell’Organo consiliare.
Il preventivo riconoscimento del debito da
parte dell’Organo consiliare risulta dunque necessario anche
nell’ipotesi di debiti derivanti da sentenza esecutiva, per
loro natura caratterizzati da assenza di discrezionalità per
via del provvedimento giudiziario a monte che, accertando il
diritto di credito del terzo, rende agevole la riconduzione
al sistema di bilancio di un fenomeno di rilevanza
finanziaria maturato all’esterno di esso
(pr. cont. 2.101).
Anche in questi
casi, infatti,
l’avvio del procedimento di
spesa ex art. 183 e ss. del Tuel postula comunque, già sul
piano logico, una positiva valutazione dell’Organo
consiliare sulla sussistenza dei presupposti di
riconoscibilità, sulle cause ed eventuali responsabilità
connesse, nonché sulle misure correttive tese ad evitare il
reiterarsi delle anomalie oggetto di soccombenza giudiziale.
Le funzioni di indirizzo e la responsabilità politica del
Consiglio comunale o provinciale non sono infatti
circoscritte alle scelte di natura discrezionale, ma si
estendono anche ad attività e procedimenti di spesa di
natura vincolante ed obbligatoria, atti che, come noto,
transitano necessariamente anch’essi attraverso l’atto
programmatorio generale e di natura autorizzatoria, che è
appunto il bilancio di previsione.
Rispetto a tale complesso di autorizzazioni di spesa,
l’attività gestionale, affidata dalla legge ai
dirigenti, rappresenta espressione di un momento
necessariamente successivo e, quindi, inevitabilmente
conseguenziale rispetto alla decisione dell’Organo cui è
intestata la responsabilità politica dell’azione
amministrativa.
La fase gestionale, di natura
prevalentemente esecutiva, non potrebbe dunque validamente
allocarsi in un segmento temporale anteriore rispetto
all’attività decisionale del Consiglio, senza che ne risulti
sovvertita la fondamentale distinzione tra attività di
indirizzo politico ed attività gestionale.
L’eventuale previsione in bilancio di uno
specifico stanziamento per liti, arbitraggi, transazioni e
quant’altro non elimina perciò la necessità che il Consiglio
deliberi anche sulla riconoscibilità dei singoli debiti
formatisi al di fuori delle norme giuscontabili
(pr. cont. 1-105; Sezione controllo per la Basilicata,
delibera n. 6/2007/PAR).
In conclusione, anche in tale fattispecie,
l’eventuale pretermissione o postergazione della procedura
consiliare vanificherebbe la disciplina di garanzia prevista
dall’ordinamento e la correlata fase di controllo politico
amministrativo, nonché la correlata verifica da parte della
Procura regionale della Corte dei conti ex art. 23, comma 5,
della legge n. 289/2002.
La soluzione prospettata risulta infine coerente anche con i
nuovi parametri di deficitarietà strutturale (DM Interno
18.02.2013), che, non prendendo più a riferimento la
consistenza dei debiti “formatisi” nel corso
dell’esercizio di riferimento, bensì quella dei debiti “riconosciuti”
(cfr. parametro n. 8), valorizzano al massimo livello
l’importanza del momento formale di riconduzione della
passività al sistema di bilancio, nonché del rispetto della
scansione procedimentale delineata dal legislatore.
In merito al rischio di azioni esecutive, la Sezione rileva,
come già nel ricordato parere n. 189/2014/PAR, come il
termine di 120 giorni dalla notifica del titolo esecutivo
previsto (art. 14, del D.L. 31.12.1996, n. 669 convertito in
L. n. 30/1997 e s.m.i.) per l’avvio di procedure esecutive
nei confronti della P.A. sia “sufficientemente ampio per
provvedere agli adempimenti di cui all'art. 194 del TUEL”,
alla luce del principio di buon andamento di cui all’art. 97
Cost. (cfr. Corte dei Conti, Sezione regionale di controllo
per la Puglia, par. 9/2012, Sezione regionale di controllo
per la Campania, delibera n. 213/2013/PAR)
(Corte dei Conti, Sez. controllo Sicilia,
parere 03.02.2015 n. 80). |
anno 2014 |
|
APPALTI:
Debito fuori bilancio.
La corresponsione di interessi di mora per
ritardato pagamento da parte di un ente locale dà luogo a un
debito fuori bilancio, in quanto l’obbligazione è sprovvista
del requisito dell’utilità per l’ente ed è da considerarsi
fuori bilancio ogni debito che non risulti preventivamente
previsto nel bilancio dell’ente e quindi impegnato su quel
bilancio a fronte di obbligazione giuridicamente
perfezionata.
A nulla rileva la circostanza che l’ente abbia previsto in
apposito capitolo di bilancio uno stanziamento per far
fronte a interessi di mora per ritardati pagamenti.
Inoltre, nel caso in questione, l’obbligo alla
corresponsione degli interessi di mora è stabilito da
sentenza esecutiva del tribunale, ciò che dà luogo a debito
fuori bilancio ai sensi dell’art. 194, comma 1, lettera a)
TUEL. Lo stesso art. 194, comma 1, stabilisce che il
riconoscimento del debito fuori bilancio necessita di
delibera consiliare.
La stessa delibera, a norma dell’art. 23, comma 5 della
legge 289/2002 (legge finanziaria per il 2003) dovrà essere
trasmessa alla Procura della Corte dei conti per la
valutazione di eventuali responsabilità.
---------------
Il Sindaco del Comune di Parma ha formulato alla Sezione una
richiesta di parere in ordine alla necessità o meno di
adottare un atto consiliare di riconoscimento di debito
fuori bilancio, a seguito di richiesta di interessi per
ritardato pagamento, avanzata da alcune imprese.
Nella richiesta di parere si precisa che l’Ente ha comunque
predisposto, nel PEG allegato al bilancio di previsione per
il 2014, un capitolo “per interessi per ritardato
pagamento” con gli stanziamenti finalizzati a far fronte
alle richieste di corresponsione di interessi di mora che
alcune imprese hanno avanzato in riferimento ai ritardati
pagamenti avvenuti negli anni dal 2010 al 2012.
...
Il quesito sul quale la Sezione è chiamata a pronunciarsi
riguarda la necessità di assoggettare alla procedura di
riconoscimento dei debiti fuori bilancio, di cui all’art.
194 TUEL, la corresponsione delle somme assegnate ai
creditori a titolo di interessi per ritardato pagamento a
seguito di sentenza del tribunale, ovvero se sia possibile
procedere con atti gestionali delegati sulla base delle
disponibilità di bilancio e degli indirizzi contenuti nella
RPP e nel PEG.
La risposta è univocamente determinata dall’art. 194, comma
1, lettera a), del D.lgs. 267/2000 (TUEL). Precisa infatti
la norma che gli enti locali riconoscono la
legittimità dei debiti fuori bilancio derivanti da sentenze
esecutive, (e da altre fattispecie, eventi o incombenze) con
delibera consiliare.
Il caso prospettato nella richiesta di parere è dunque
tipicamente contemplato dalla lettera della norma. Né può
dubitarsi circa la natura di debito fuori bilancio della
spesa per corresponsione di interessi di mora, in quanto
essa è evidentemente sprovvista del requisito dell’utilità
per l’ente (art. 194, comma 1, lettera e TUEL).
Come precisato inoltre in alcune deliberazioni di Sezioni
regionali di controllo della Corte (cfr., per tutte, Sezione
di controllo per la Regione Sardegna, deliberazione n.
118/2011/PAR), deve ritenersi debito fuori
bilancio “ogni debito che non risulti preventivamente
previsto nel bilancio dell’ente e, quindi, impegnato, su
quel bilancio, nelle forme di legge, in coincidenza con
l’assunzione di un’obbligazione giuridicamente perfezionata”.
A nulla rileva in proposito che in apposito
capitolo del PEG l’Ente in questione abbia inserito uno
stanziamento volto a fronteggiare la spesa per interessi per
ritardato pagamento di somme dovute in esercizi precedenti.
La delibera consiliare si rende pertanto necessaria per il
riconoscimento motivato del debito fuori bilancio, cioè per
accertare che l’obbligazione si riferisce a funzioni e
servizi di propria competenza e, nel caso in questione, che
essa deriva da sentenza esecutiva del tribunale. Esso dovrà
contenere inoltre le indicazioni sul quantum
riconosciuto della spesa che dovrà essere posta a carico del
bilancio dell’Ente.
Infine, la deliberazione dovrà essere
trasmessa alla Procura della Corte dei conti. L’art. 23
della legge 27.12.2002 (legge finanziaria per il 2003), che
dispone in materia di razionalizzazione delle spese e
flessibilità di bilancio, pone infatti quest’obbligo in capo
all’Ente (comma 5) per la valutazione di eventuali
responsabilità per danno erariale connesse all’emersione del
debito fuori bilancio
(Corte dei Conti, Sez. controllo Emilia Romagna,
parere 20.11.2014 n. 205). |
ATTI AMMINISTRATIVI:
Non risulta possibile procedere al
riconoscimento dei debiti fuori bilancio nel corso
dell’esercizio provvisorio di bilancio. E ciò per un
duplice ordine di ragioni.
In primo luogo, la delibera di riconoscimento
può essere adottata solo in occasione di precise
scansioni temporali, in particolare in sede di
approvazione del bilancio di previsione ovvero in
occasione della delibera di salvaguardia degli
equilibri di bilancio ex art 193, comma 2, del TUEL.
Si tratta, non a caso, dei momenti in cui gli
equilibri di bilancio vengono valutati in maniera
approfondita e complessiva. Di conseguenza,
ipotizzare che si possa provvedere al riconoscimento
dei debiti fuori bilancio proprio durante la
“vacanza” di bilancio, costituirebbe un’evidente
aporia logica.
In secondo luogo, il principio di tipicità e
tassatività delle spese consentite nel corso
dell’esercizio provvisorio esclude che si possa
procedere all’adempimento di obbligazioni che non
rientrano nei casi contemplati e, ancor di più, di
carattere eccezionale (come quelle aventi a oggetto
debiti fuori bilancio)
---------------
Il Comune di Vita (TP) chiede di conoscere se sia
possibile procedere al riconoscimento di debiti
fuori bilancio (nel caso concreto, di un debito
derivante da sentenza provvisoriamente esecutiva di
condanna al risarcimento del danno) durante
l’esercizio provvisorio di bilancio, nell’ipotesi in
cui risulti idoneo e capiente stanziamento per la
copertura della spesa.
...
I debiti fuori bilancio sono obbligazioni verso
terzi per il pagamento di una determinata somma di
denaro, assunte in violazione delle norme
giuscontabili che regolano il processo finanziario
della spesa e, in particolare, in mancanza del
dovuto atto contabile d’impegno.
La corretta programmazione e gestione finanziaria
dell’Ente locale impone, infatti, che tutte le spese
siano anticipatamente previste nel documento di
bilancio approvato dal Consiglio Comunale e che le
decisioni di spesa siano assunte nel rispetto delle
norme giuscontabili che ne disciplinano la procedura
(artt. 151 e 191 TUEL).
Tutto ciò costituisce la diretta conseguenza della
funzione autorizzatoria del bilancio di previsione
degli enti locali, i quali possono effettuare le
sole spese autorizzate dal Consiglio Comunale.
Quest’ultimo, attraverso l’approvazione del bilancio
annuale e pluriennale, esercita le sue prerogative
di organo di indirizzo dell’attività
politico-amministrativa dell’Ente, vincolando, al
contempo, i poteri di spesa degli organi
amministrativi.
L’art. 194 del TUEL ne disciplina l’ambito di
applicazione e le procedure, ed individua
tassativamente i presupposti per poter ricondurre
tali obbligazioni al sistema di bilancio dell’ente,
ossia: a) sentenze esecutive; b) copertura di
disavanzi di consorzi, di aziende speciali e di
istituzioni, nei limiti degli obblighi derivanti da
statuto, convenzione o atti costitutivi; c)
ricapitalizzazione, nei limiti e nelle forme
previste dal codice civile o da norme speciali, di
società di capitali costituite per l'esercizio di
servizi pubblici locali; d) procedure espropriative
o di occupazione d'urgenza per opere di pubblica
utilità; e) acquisizione di beni e servizi, in
violazione degli obblighi di cui ai commi 1, 2 e 3
dell'articolo 191, nei limiti degli accertati e
dimostrati utilità ed arricchimento per l'ente,
nell'ambito dell'espletamento di pubbliche funzioni
e servizi di competenza.
In ciascuna delle sopra elencate tipologie, il
debito viene ad esistenza al di fuori ed
indipendentemente dalle ordinarie procedure che
disciplinano la formazione della volontà dell’ente,
e la deliberazione consiliare, che riconduce
l’obbligazione all’interno della contabilità
dell’ente ed individua le risorse per farvi fronte,
deve essere tesa ad accertare la riconducibilità del
debito ad una delle fattispecie tipizzate dalla
norma, nonché le cause che hanno originato
l’obbligo, anche al fine di evidenziare eventuali
responsabilità.
Superando il precedente orientamento (Sezioni
Riunite per la Regione siciliana in sede consultiva,
parere 11.03.2005 n. 2), la più recente giurisprudenza
contabile (da ultimo, Sezione di controllo per la
Regione siciliana,
deliberazione
15.03.2013 n. 21,
deliberazione 03.05.2013 n.
74, deliberazione 30.11.2011 n. 270/2011/GEST), in coerenza con i
principi contabili dell’Osservatorio sulla finanza
locale (pr. n. 2-101/103), ha posto particolare
attenzione sull’imprescindibile attività valutativa
da parte dell’organo consiliare, che, essendo
ascrivibile alla funzione di indirizzo e controllo
politico-amministrativo, non ammette alcuna
possibilità di interposizione, sia pur in via
d’urgenza, da parte di altri organi.
La caratteristica funzione “autorizzatoria”
del bilancio preventivo, nella contabilità
finanziaria degli enti locali, impone la corretta
programmazione e conseguente assunzione, nel
rispetto di tutte le norme giuscontabili, delle
decisioni di spesa.
Nel quadro appena delineato, non risulta possibile
procedere al riconoscimento dei debiti fuori
bilancio nel corso dell’esercizio provvisorio di
bilancio. E ciò per un duplice ordine di ragioni.
In primo luogo, la delibera di riconoscimento
può essere adottata solo in occasione di precise
scansioni temporali, in particolare in sede di
approvazione del bilancio di previsione ovvero in
occasione della delibera di salvaguardia degli
equilibri di bilancio ex art 193, comma 2, del TUEL.
Si tratta, non a caso, dei momenti in cui gli
equilibri di bilancio vengono valutati in maniera
approfondita e complessiva. Di conseguenza,
ipotizzare che si possa provvedere al riconoscimento
dei debiti fuori bilancio proprio durante la “vacanza”
di bilancio, costituirebbe un’evidente aporia
logica.
In secondo luogo, il principio di tipicità e
tassatività delle spese consentite nel corso
dell’esercizio provvisorio esclude che si possa
procedere all’adempimento di obbligazioni che non
rientrano nei casi contemplati e, ancor di più, di
carattere eccezionale (come quelle aventi a oggetto
debiti fuori bilancio) (Corte dei Conti, Sez.
controllo Sicilia,
parere 30.10.2014 n. 189). |
ENTI LOCALI - PATRIMONIO:
Chiarimenti sulla disciplina del riconoscimento dei debiti
fuori bilancio.
Il procedimento di riconoscimento del
debito fuori bilancio è lo strumento giuridico per riportare
un’obbligazione giuridicamente perfezionata ed esistente,
all’interno della sfera patrimoniale dell’ente,
ricongiungendo debito e volontà amministrativa sul piano
dell’adempimento.
Il procedimento mira, da un lato, a consentire al Consiglio
di vagliare la legittimità del titolo medesimo (in termini
di “pertinenza”, cioè inerenza alle competenze di legge
attribuite all’ente, e di “continenza”, vale a dire, di
esercizio delle stesse in modo conforme all’ordinamento) e
di sussistenza/reperimento dei mezzi di copertura
(procedura ex art. 194 TUEL).
La funzione di tale procedura è
quella di consentire a debiti sorti al di fuori della
legittima procedura di spesa e di stanziamento di rientrare
nella contabilità dell’ente.
----------------
Accanto a quelli definibili tecnicamente “debiti fuori
bilancio”, si collocano le c.d. “passività pregresse” o
arretrate, spese che, a differenze dei primi, riguardano
debiti per cui si è proceduto a regolare impegno
(amministrativo, ai sensi dell’art. 183 TUEL) ma che, per
fatti non prevedibili, di norma collegati alla natura della
prestazione, hanno dato luogo ad un debito in assenza di
copertura (mancanza o insufficienza dell’impegno contabile
ai sensi dell’art. 191 TUEL).
Proprio perché le passività pregresse si pongono all’interno
di una regolare procedura di spesa, esulano dalla
fenomenologia del debito fuori bilancio e costituiscono,
invero, debiti la cui competenza finanziaria è riferibile
all’esercizio di loro manifestazione.
In tali casi, lo strumento
procedimentale di spesa è costituito dalla procedura
ordinaria di spesa (art. 191 TUEL), accompagnata dalla
eventuale variazione di bilancio necessaria a reperire le
risorse ove queste siano insufficienti (art. 193 TUEL).
---------------
Quando nell’anno di competenza
finanziaria non è stata attivata la procedura di spesa
ordinaria, l’unico modo di riportare il debito nella
contabilità dell’ente (con effetto vincolante per l’ente) è
la procedura ex art. 194 T.U.E.L, peraltro, ammessa nei casi
eccezionali ivi tipicamente indicati.
Nel caso di specie, invece, risulta
evidente che il debito in questione, è, per competenza
finanziaria, riferibile solo all’anno delle liquidazione
degli importi.
Anche in considerazione del dato che detta posta non rientra
tra i casi tassativamente elencati di riconoscimento fuori
bilancio, quindi, nel caso di specie, non paiono sussistere
i requisiti per il ricorso a tale procedura, atteso che il
comune ben poteva, e potrà, procedere a stanziare le somme
necessarie nella programmazione finanziaria di propria
competenza per il periodo interessato.
Resta invece salva la facoltà di un
riconoscimento del debito fuori bilancio nei più ristretti
limiti dell’arricchimento conseguito (e riconosciuto) dal
comune a danno dei privati, facoltà che comunque dovrà
essere discrezionalmente esercitata in modo assolutamente
prudenziale, attesa la potenziale interferenza di profili di
responsabilità connessi a esborsi illegittimi.
---------------
Il sindaco del comune in epigrafe richiede chiarimenti sulla
disciplina del riconoscimento dei debiti fuori bilancio.
In particolare, espone che il comune, con atto consiliare,
ha approvato una convenzione per la cessione in proprietà di
un suolo da sistemare ad area verde e parcheggi;
successivamente la suddetta convenzione è stata sottoscritta
dalle parti.
Nella succitata convenzione era previsto l’impegno del
comune a versare ai proprietari la somma dell’area la somma
di euro 40.000, a seguito del collaudo finale delle opere.
Successivamente, i proprietari hanno eseguito le opere,
come da convenzione, e hanno comunicato l’intendimento di
cederle al comune previo pagamento del corrispettivo;
tuttavia è stato accertato che all’epoca nessuno
stanziamento era stato predisposto.
Il comune chiede quindi se possa procedere legittimamente
al riconoscimento del debito fuori bilancio, ai sensi
dell'art. 194 del T.U. n. 267/2000 e procedere al pagamento
di quanto convenuto.
...
La Sezione ha già avuto modo in diverse occasioni di
occuparsi della tematica dei debiti fuori bilancio (da
ultimo
parere 22.07.2013 n. 339; e
parere 05.02.2014 n. 41) con considerazioni da cui non sussiste motivo per
discostarsi.
Si deve ricordare che, il procedimento di
riconoscimento del debito fuori bilancio è lo strumento
giuridico per riportare un’obbligazione giuridicamente
perfezionata ed esistente, all’interno della sfera
patrimoniale dell’ente, ricongiungendo debito e volontà
amministrativa sul piano dell’adempimento. Il procedimento
mira, da un lato, a consentire al Consiglio di vagliare la
legittimità del titolo medesimo (in termini di “pertinenza”,
cioè inerenza alle competenze di legge attribuite all’ente,
e di “continenza”, vale a dire, di esercizio delle
stesse in modo conforme all’ordinamento) e di
sussistenza/reperimento dei mezzi di copertura
(procedura ex art. 194 TUEL). La funzione
di tale procedura è quella di consentire a debiti sorti al
di fuori della legittima procedura di spesa e di
stanziamento di rientrare nella contabilità dell’ente.
Al fine di evitare l’insorgere di situazioni debitorie non
assistite dai relativi impegni, il legislatore ha previsto
che solo in alcuni casi tassativi tali debiti possano essere
riconosciuti, attraverso il procedimento di riconoscimento
di legittimità di debiti fuori bilancio; ciò è infatti
possibile solo qualora tali debiti derivino da: “a)
sentenze esecutive; b) copertura di disavanzi di consorzi,
di aziende speciali e di istituzioni, nei limiti degli
obblighi derivanti da statuto, convenzione o atti
costitutivi, purché sia stato rispettato l’obbligo di
pareggio del bilancio di cui all’articolo 114 ed il
disavanzo derivi da fatti di gestione; c)
ricapitalizzazione, nei limiti e nelle forme previste dal
codice civile o da norme speciali, di società di capitali
costituite per l’esercizio di servizi pubblici locali; d)
procedure espropriative o di occupazione d’urgenza per opere
di pubblica utilità; e) acquisizione di beni e servizi, in
violazione degli obblighi di cui ai commi 1, 2 e 3
dell’articolo 191, nei limiti degli accertati e dimostrati
utilità ed arricchimento per l’ente, nell’ambito
dell’espletamento di pubbliche funzioni e servizi di
competenza” (art. 194, comma 1, lett. a)-e), Tuel)”.
Accanto a quelli definibili tecnicamente “debiti
fuori bilancio”, si collocano le c.d. “passività
pregresse” o arretrate, spese che, a differenze dei
primi, riguardano debiti per cui si è proceduto a regolare
impegno
(amministrativo, ai sensi dell’art. 183 TUEL)
ma che, per fatti non prevedibili, di norma
collegati alla natura della prestazione, hanno dato luogo ad
un debito in assenza di copertura
(mancanza o insufficienza dell’impegno contabile ai sensi
dell’art. 191 TUEL). Proprio perché le
passività pregresse si pongono all’interno di una regolare
procedura di spesa, esulano dalla fenomenologia del debito
fuori bilancio
(cfr., in proposito, la recente deliberazione di questa
Sezione in merito al caso delle prestazioni professionali,
n. 441/2012/PAR) e costituiscono, invero,
debiti la cui competenza finanziaria è riferibile
all’esercizio di loro manifestazione.
In tali casi, lo strumento procedimentale
di spesa è costituito dalla procedura ordinaria di spesa
(art. 191 TUEL), accompagnata dalla eventuale variazione di
bilancio necessaria a reperire le risorse ove queste siano
insufficienti (art. 193 TUEL).
Tanto premesso circa la funzione e l’effetto della procedura
di riconoscimento e alla distinzione della fenomenologia
delle passività pregresse e dei debiti fuori bilancio, per
rispondere al quesito qui posto è opportuno rammentare i
criteri attraverso cui, in contabilità finanziaria, i debiti
assumono rilevanza e vanno imputati ai bilanci degli enti
pubblici.
In base al principio dell’annualità, i documenti di bilancio
devono rappresentare, a cadenza annuale, fatti che
finanziariamente si riferiscano ad un periodo di gestione
coincidente con l’esercizio finanziario, in modo che siano
rese evidenti tutte le poste di entrata e di spesa che
afferiscono in termini sostanziali al corso dell’anno di
riferimento. Solo così il bilancio potrà servire
correttamente alla sua funzionalità di controllo, sia in
chiave autorizzatoria (bilancio di previsione) che ispettiva
(rendiconto).
Si deve rammentare, infatti, che in contabilità finanziaria,
un debito rileva nella misura in cui esso è certo, liquido e
esigibile. Detto in altri termini, è assai frequente che vi
sia un disallineamento tra esistenza giuridica e rilevanza
contabile di un debito. Un debito, infatti, assume rilevanza
contabile solo se sono venute a maturazione tutte le
condizioni per il suo adempimento pecuniario, in particolare
se il debito è “certo” (non contestato nell’an
e/o nel quantum), liquidato o di pronta liquidazione
(cioè è stato determinato nel suo ammontare) ed è esigibile
(scadenza del termine). Solo la concorrenza di queste
condizioni radica la “competenza finanziaria”.
In presenza di tali condizioni è possibile attivare
dell’ordinaria procedura di spesa (adozione del
provvedimento amministrativo; assunzione dell’impegno di
spesa; presenza e attestazione della copertura finanziaria;
cfr. l’art. 191 T.U.E.L.), nei limiti degli stanziamenti
autorizzati. Tale procedura di spesa consente non solo di
dare rilevanza nel bilancio al debito, ma costituisce il
titolo per l’imputazione istituzionale del debito.
Ciò comporta, altresì, che il tempo dell’esistenza giuridica
di una posta passiva, della manifestazione finanziaria
(competenza finanziaria) e quello della competenza economica
tendono a disallinearsi, vale a dire l’imputazione temporale
di un costo è di norma diversa da quella che caratterizza
l’esigibilità del credito da parte del creditore.
La competenza finanziaria, infatti, va tenuta radicalmente
distinta dalla competenza economica, secondo cui un debito
non è rilevante in base alla sua dimensione di “spesa”
(cioè l’essersi un debito manifestato finanziariamente, in
quanto liquidabile ed esigibile) ma di “costo”
(debito, anche di valore e non solo di valuta, sostenuto per
l’acquisto dei fattori produttivi che hanno sostenuto il
ciclo annuale di produzione). Detto in altri termini, a
livello contabile, un debito può avere una competenza
annuale (economica) disallineata rispetto alla sua
manifestazione finanziaria (competenza finanziaria), che può
essere anteriore o successiva.
Tanto premesso, quando nell’anno di
competenza finanziaria non è stata attivata la procedura di
spesa ordinaria, l’unico modo di riportare il debito nella
contabilità dell’ente (con effetto vincolante per l’ente) è
la procedura ex art. 194 T.U.E.L, peraltro, ammessa nei casi
eccezionali ivi tipicamente indicati.
Nel caso di specie, invece, risulta
evidente che il debito in questione, è, per competenza
finanziaria, riferibile solo all’anno delle liquidazione
degli importi.
Anche in considerazione del dato che detta posta non rientra
tra i casi tassativamente elencati di riconoscimento fuori
bilancio, quindi, nel caso di specie, non paiono sussistere
i requisiti per il ricorso a tale procedura, atteso che il
comune ben poteva, e potrà, procedere a stanziare le somme
necessarie nella programmazione finanziaria di propria
competenza per il periodo interessato.
Resta invece salva la facoltà di un
riconoscimento del debito fuori bilancio nei più ristretti
limiti dell’arricchimento conseguito (e riconosciuto) dal
comune a danno dei privati, facoltà che comunque dovrà
essere discrezionalmente esercitata in modo assolutamente
prudenziale, attesa la potenziale interferenza di profili di
responsabilità connessi a esborsi illegittimi
(Corte dei Conti, Sez. controllo Lombardia,
parere 15.07.2014 n. 212). |
APPALTI: I
debiti fuori bilancio rappresentano obbligazioni pecuniarie
imputabili all’ente e maturate al di fuori del sistema del
bilancio, in quanto si riferiscono ad uscite per le quali
manca un’originaria previsione di spesa, ovvero a spese
effettuate in violazione delle procedure stabilite dalle
norme di contabilità. In virtù della deliberazione
consiliare, il debito fuori bilancio viene ricondotto
all’interno del sistema e, conseguentemente, si rende
possibile procedere al pagamento.
La deliberazione consiliare non ha
solo la funzione di riconoscere la legittimità di
un’obbligazione e, nei casi di cui alla lett. e) dell’art.
194 del TUEL, di valutare l’utilità e l’arricchimento
dell’ente, ma anche una funzione giuscontabilistica e una
garantista; la prima consiste nella salvaguardia
degli equilibri di bilancio e si esplica attraverso il
reperimento delle risorse necessarie a finanziare il debito,
la seconda si sostanzia nell’individuazione del
responsabile.
La funzione giuscontabilistica è strettamente connessa alla
“funzione autorizzatoria cui assolve il bilancio di
previsione” degli enti locali, che “possono effettuare le
sole spese autorizzate dal Consiglio Comunale”; questo
perché l’organo consiliare, “attraverso l’approvazione del
bilancio annuale e pluriennale, esercita le sue prerogative
di organo di indirizzo dell’attività politico-amministrativa
dell’Ente”.
La deliberazione consiliare, proprio
perché finalizzata a preservare l’equilibrio
economico–finanziario dell’ente, deve individuare una
“regolare copertura finanziaria negli stanziamenti di
bilancio, presupposto ineliminabile dell’attivazione del
procedimento di spesa nel sistema".
Ne consegue che non è possibile
ammettere “un riconoscimento solo “formale” del debito da
parte del Consiglio comunale, con rinvio del pagamento” alla
“successiva approvazione del bilancio”, nemmeno se “al solo
fine di impedire il maturare di interessi, rivalutazione
monetaria e ulteriori spese legali”.
----------------
Sotto il profilo temporale, non è possibile procedere al
riconoscimento dei debiti fuori bilancio nel corso
dell’esercizio provvisorio, per un duplice ordine di
ragioni.
In primo luogo, la delibera
di riconoscimento può essere adottata solo in occasione di
precise scansioni temporali, in particolare in sede di
approvazione del bilancio di previsione, ovvero in occasione
della delibera di salvaguardia degli equilibri di bilancio
ex art. 193, comma 2, del TUEL, ferma restando la
possibilità di disporre a livello regolamentare che si possa
provvedere in ogni fase dell'esercizio, secondo il dettato
del comma 1° dell’art. 194 del TUEL.
Si tratta, non a caso, dei momenti in cui gli equilibri di
bilancio vengono valutati in maniera approfondita e
complessiva. In quest’ottica, ipotizzare che si possa
provvedere proprio durante la “vacanza” del bilancio,
costituirebbe un’inammissibile aporia logica.
In secondo luogo, il principio di
tipicità e tassatività delle spese consentite nel corso
dell’esercizio provvisorio esclude che si possa procedere
all’adempimento di obbligazioni che non rientrano nei casi
contemplati e, ancor più, di quelli di carattere eccezionale
come i debiti fuori bilancio;
a fortiori, non è ammissibile che si
possano prendere in considerazione spese di ammontare
superiore ai dodicesimi a disposizione, calcolati sullo
stanziamento dell’ultimo bilancio approvato.
---------------
Il Sindaco del Comune di Delia ha chiesto a questa
Sezione se i debiti fuori bilancio, di cui al comma 1,
lett. e), dell’art. 194 del D.Lgs. n. 267 del 2000, emersi
nel corso dell’esercizio provvisorio e di ammontare
superiore alle somme disponibili, possano essere oggetto di
un riconoscimento meramente formale al fine di evitare atti
esecutivi da parte dei creditori; in tal caso, la
liquidazione e l’individuazione della copertura finanziaria
avverrebbero dopo l’approvazione del bilancio di previsione
per l’esercizio in corso, unitamente ad un eventuale piano
di rateizzo triennale da concordare con i creditori.
...
Nel merito, il Comune di Delia ha chiesto di sapere se i
debiti fuori bilancio, derivanti da acquisizioni di beni e
servizi effettuate in violazione degli obblighi di cui ai
commi 1°, 2° e 3° dell'art. 191, possano essere
riconosciuti:
1) solo formalmente e senza impegno di spesa;
2) durante l’esercizio provvisorio di bilancio ex art. 163
del TUEL, pur essendo di ammontare superiore ai dodicesimi a
disposizione calcolati sullo stanziamento dell’ultimo
bilancio approvato.
Com’è noto, i debiti fuori bilancio
rappresentano obbligazioni pecuniarie imputabili all’ente e
maturate al di fuori del sistema del bilancio, in quanto si
riferiscono ad uscite per le quali manca un’originaria
previsione di spesa, ovvero a spese effettuate in violazione
delle procedure stabilite dalle norme di contabilità. In
virtù della deliberazione consiliare, il debito fuori
bilancio viene ricondotto all’interno del sistema e,
conseguentemente, si rende possibile procedere al pagamento.
La deliberazione consiliare non ha solo la
funzione di riconoscere la legittimità di un’obbligazione e,
nei casi di cui alla lett. e) dell’art. 194 del TUEL, di
valutare l’utilità e l’arricchimento dell’ente, ma anche una
funzione giuscontabilistica e una garantista; la prima
consiste nella salvaguardia degli equilibri di bilancio e si
esplica attraverso il reperimento delle risorse necessarie a
finanziare il debito, la seconda si sostanzia
nell’individuazione del responsabile.
La funzione giuscontabilistica è strettamente connessa alla
“funzione autorizzatoria cui assolve il bilancio di
previsione” degli enti locali, che “possono effettuare le
sole spese autorizzate dal Consiglio Comunale”; questo
perché l’organo consiliare, “attraverso l’approvazione
del bilancio annuale e pluriennale, esercita le sue
prerogative di organo di indirizzo dell’attività
politico-amministrativa dell’Ente”
(così Sezione Campania, delib. n. 213/2013/PAR.).
La deliberazione consiliare, proprio perché
finalizzata a preservare l’equilibrio economico–finanziario
dell’ente, deve individuare una “regolare copertura
finanziaria negli stanziamenti di bilancio, presupposto
ineliminabile dell’attivazione del procedimento di spesa nel
sistema”
(Sezione Campania, delib. cit.).
Ne consegue che non è possibile ammettere “un
riconoscimento solo “formale” del debito da parte del
Consiglio comunale, con rinvio del pagamento” alla
“successiva approvazione del bilancio”, nemmeno se “al solo
fine di impedire il maturare di interessi, rivalutazione
monetaria e ulteriori spese legali”
(ibidem).
Sotto il profilo temporale, non è possibile
procedere al riconoscimento dei debiti fuori bilancio nel
corso dell’esercizio provvisorio, per un duplice ordine di
ragioni.
In primo luogo, la delibera di
riconoscimento può essere adottata solo in occasione di
precise scansioni temporali, in particolare in sede di
approvazione del bilancio di previsione, ovvero in occasione
della delibera di salvaguardia degli equilibri di bilancio
ex art. 193, comma 2, del TUEL, ferma restando la
possibilità di disporre a livello regolamentare che si possa
provvedere in ogni fase dell'esercizio, secondo il dettato
del comma 1° dell’art. 194 del TUEL.
Si tratta, non a caso, dei momenti in cui gli equilibri di
bilancio vengono valutati in maniera approfondita e
complessiva. In quest’ottica, ipotizzare che si possa
provvedere proprio durante la “vacanza” del bilancio,
costituirebbe un’inammissibile aporia logica.
In secondo luogo, il principio di
tipicità e tassatività delle spese consentite nel corso
dell’esercizio provvisorio esclude che si possa procedere
all’adempimento di obbligazioni che non rientrano nei casi
contemplati e, ancor più, di quelli di carattere eccezionale
come i debiti fuori bilancio;
a fortiori, non è ammissibile che si
possano prendere in considerazione spese di ammontare
superiore ai dodicesimi a disposizione, calcolati sullo
stanziamento dell’ultimo bilancio approvato
(Corte dei Conti, Sez. controllo Sicilia,
parere 05.06.2014 n. 78). |
ATTI AMMINISTRATIVI - INCARICHI PROFESSIONALI:
I debiti fuori bilancio sono
obbligazioni verso terzi per il pagamento di una
determinata somma di denaro, assunte in violazione
delle norme giuscontabili che regolano il
procedimento finanziario di spesa.
La corretta programmazione e gestione finanziaria
dell’ente locale impone, infatti, che tutte le spese
siano anticipatamente previste nel documento di
bilancio approvato dal Consiglio comunale e che le
decisioni di spesa siano assunte nel rispetto delle
relative procedure (artt. 151 e 191 TUEL).
Il
debito viene ad esistenza al di fuori ed
indipendentemente dalle ordinarie procedure che
disciplinano la formazione della volontà dell’ente,
e la deliberazione consiliare, che riconduce
l’obbligazione all’interno della contabilità
dell’ente ed individua le risorse per farvi fronte,
deve accertare la sussumibilità del debito
all’interno di una delle fattispecie tipizzate dalla
norma, nonché le cause che hanno originato
l’obbligo, anche al fine di evidenziare eventuali
responsabilità.
La più recente giurisprudenza di
questa Sezione
formatasi in materia ha posto particolare
attenzione sull’imprescindibile attività valutativa
da parte dell’organo consiliare, ascrivibile alla
funzione di indirizzo e controllo politico-amministrativo, che non ammette alcuna possibilità
di interposizione, sia pur in via d’urgenza, da
parte di altri organi.
Nel quadro appena delineato, i responsabili dei
servizi hanno l’obbligo di effettuare periodiche
ricognizioni (art. 193 del TUEL) ai fini di un
controllo concomitante e costante della situazione
gestionale, teso alla tempestiva segnalazione delle
passività all’organo consiliare.
Per quest’ultimo, una volta accertata la sussistenza
dei presupposti di cui all’art. 194 del TUEL, il
riconoscimento della legittimità costituisce atto
dovuto e vincolato, da espletare senza indugio, al
fine di evitare indebito aggravio di spesa per
maturazione di oneri accessori (interessi moratori,
spese legali, ecc.).
Le sottese esigenze di celerità, che trovano ragione
nell’esigenza di impedire la maturazione di oneri
ulteriori, e di adottare le conseguenti misure di
riequilibrio devono essere, infatti, soddisfatte
attraverso la celere convocazione dell’organo
consiliare, unico intestatario della funzione.
---------------
Seppur in presenza di apposito stanziamento nel
bilancio, nelle more del perfezionamento del
riconoscimento ex art. 194, lett. a) o lett. e), non
è possibile assumere impegno di spesa con apposita
determinazione dirigenziale, rinviandone in ogni
caso il pagamento ad un momento successivo al
riconoscimento.
Nell’ipotesi di acquisizione di beni e servizi in
violazione delle procedure di spesa di cui all’art.
191, commi 1, 2 e 3, del Tuel, l’organo consiliare,
pur in presenza di idonea copertura della spesa, è
chiamato ad una valutazione discrezionale –e al
conseguente obbligo di motivazione- sulla
sussistenza dei seguenti requisiti imprescindibili:
- l’utilità, ricavata dalla prestazione di beni e servizi del terzo
creditore, in termini anche di obiettivo riscontro
della congruità dei prezzi;
- l’arricchimento, da intendersi non necessariamente come
accrescimento patrimoniale, bensì come risparmio di
spesa, che include solo la quota corrispondente al
valore materiale della prestazione effettivamente
ricevuta, con esclusione della quota di utile d’impresa e
di voci accessorie quali interessi, rivalutazione,
spese legali, ecc. ;
- la propedeuticità all’espletamento di funzioni e servizi di
competenza, ossia la stretta coerenza con l’attività
istituzionale dell’ente.
Dall’eventuale carenza –totale o parziale- dei
predetti presupposti discende addirittura
l’interruzione del rapporto di immedesimazione
organica e l’estraneità dell’ente rispetto al
rapporto obbligatorio, che per la parte non
riconoscibile intercorre, ai fini della
controprestazione, tra il privato fornitore e
l'amministratore, funzionario o dipendente che hanno
consentito la fornitura.
Nel quadro appena tratteggiato,
è evidente che
l’eventuale adozione interinale dell’impegno di
spesa, pur in assenza di pagamento, darebbe comunque
luogo ad un’inversione procedimentale lesiva delle
attribuzioni dell’organo consiliare.
Nelle ipotesi
contemplate dall’art. 194, comma 1, lett. e), del Tuel, il preliminare riconoscimento della
legittimità del debito appare strumentale alla
complessiva regolarizzazione contabile della spesa.
---------------
A conclusioni non difformi, il Collegio perviene
anche nell’ipotesi di riconoscimento di un debito da
sentenza esecutiva, caratterizzato da assenza di
discrezionalità per via del provvedimento
giudiziario a monte che, accertando il diritto di
credito del terzo, rende agevole la riconduzione al
sistema di bilancio di un fenomeno di rilevanza
finanziaria maturato all’esterno di esso
(pr. cont.
2.101).
Anche in questo caso, l’avvio del procedimento di
spesa ex art. 183 e ss. del Tuel postula comunque,
già sul piano logico, una positiva valutazione
dell’organo consiliare sulla sussistenza dei
presupposti di riconoscibilità, sulle cause ed
eventuali responsabilità connesse, nonché sulle
misure correttive tese ad evitare il reiterarsi
delle anomalie oggetto di soccombenza giudiziale.
L’eventuale previsione in bilancio di uno specifico
stanziamento per liti, arbitraggi, transazioni e
quant’altro non elimina la necessità che il
Consiglio deliberi anche sulla riconoscibilità dei
singoli debiti formatisi al di fuori delle norme
giuscontabili
(pr. cont. 1-105).
Anche in tale fattispecie, l’eventuale
pretermissione o postergazione della procedura
consiliare vanificherebbe la disciplina di garanzia
prevista dall’ordinamento e la correlata fase di
controllo politico amministrativo, nonché la
correlata verifica da parte della Procura regionale
della Corte dei conti ex art. 23, comma 5, della
legge n. 289/2002.
---------------
Al
fine di evitare possibili prassi elusive del patto
di stabilità interno, in presenza di riconoscimento
del debito ex art. 194, c. 1, e), e di idoneo
stanziamento, a cui non sia seguito entro
l’esercizio finanziario il relativo impegno di
spesa, non è possibile considerare impegnate le somme
dovute sullo stanziamento, dandone atto nel
rendiconto di gestione.
Invero, la soluzione contraria
postulerebbe una modifica al regolamento di
contabilità che, nella fattispecie, trova ostacolo
nell’inderogabilità della disciplina degli “impegni
di spesa automatici” (art. 183, commi 2, 3, 5
del Tuel), sancita dall’art. 152, comma 4, del Tuel.
In prossimità della scadenza dell’esercizio
finanziario, la tempestiva formalizzazione
dell’impegno di spesa conseguente alla deliberazione
consiliare ex art. 194 del Tuel costituirebbe un
obiettivo prioritario per l’ente, proprio al fine di
scongiurare i rischi di elusione paventati
dall’ente, che esporrebbero il dirigente competente
alle possibili conseguenze sanzionatorie per
l’indebito miglioramento dei saldi rilevanti ai fini
del patto di stabilità interno connesso al suo
ritardo.
---------------
Qualora l’ente sia a conoscenza di un debito
fuori bilancio da sentenza esecutiva al termine
dell’esercizio, abbia il dovere di convocare con la
massima celerità il consiglio comunale ai fini della
tempestiva adozione dei provvedimenti di
riconoscimento e delle contestuali misure tese a
riportare in equilibrio la gestione (art. 193, comma
3, e 194 del Tuel) modificando, se necessario, le
priorità in ordine alle spese già deliberate per
assicurare la copertura delle passività insorte.
La consolidata giurisprudenza di questa Sezione ha
più volte evidenziato come
il rinvio di oneri
finanziari ad esercizi successivi rispetto a quello
in cui maturano i presupposti del riconoscimento può
costituire una prassi elusiva del patto di stabilità
interno, e dunque illecita, nella misura in cui
finisca per rinviare artificiosamente ad esercizi
futuri oneri finanziari di cui l’ente è -formalmente
o sostanzialmente- a conoscenza entro il termine
utile per la variazione di assestamento generale di
bilancio.
Nel caso particolare in cui
la passività da soccombenza giudiziaria emerga oltre
il termine per la variazione di assestamento
generale di bilancio (circostanza, quest’ultima,
comprovabile dalla data di comunicazione via PEC del
deposito del provvedimento), si ritiene che
l’amministrazione, in assenza di strumenti per
assicurare la copertura finanziaria della spesa,
abbia l’obbligo di approvare il nuovo bilancio di
previsione nel più breve termine possibile, ai fini
del celere riconoscimento della passività insorta.
In merito al rischio di azioni esecutive, la Sezione
riconosce che
il termine di 120 giorni dalla
notifica del titolo esecutivo previsto (art. 14, del
D.L. 31.12.1996, n. 669 convertito in L. n. 30/1997
e s.m.i.) per l’avvio di procedure esecutive nei
confronti della P.A. sia “sufficientemente ampio
per provvedere agli adempimenti di cui all'art. 194
del TUEL”, alla luce del principio di buon andamento
di cui all’art. 97 Cost..
Tale termine, ad avviso della Sezione,
è da
ritenersi “ragionevole” anche per consentire
all’ente di approvare celermente il nuovo bilancio
di previsione.
Condivisibili, a riguardo, appaiono le conclusioni
ermeneutiche cui approda la Sezione regionale di
controllo per la Campania circa
l’impossibilità, durante il
periodo di esercizio provvisorio, di provvedere al
riconoscimento dei debiti fuori bilancio per via
dell’eccezionalità della fattispecie di cui all’art.
194 del Tuel rispetto alle ipotesi previste
dall’art. 163, comma 3, del Tuel, ma soprattutto per
la mancanza del bilancio d’esercizio, cui ricondurre
le passività emerse.
L’esigenza di urgente ripristino degli equilibri di
bilancio -recentemente assurti a rango
costituzionale– impone la necessità di abbreviare al
massimo, nella fattispecie, la durata dell’esercizio
provvisorio, che di per sé costituisce una fase
eccezionale e transitoria.
Giova ricordare, peraltro, che
l’art. 191, comma 5,
del Tuel introduce forti limitazioni per gli enti
locali che presentino, nell’ultimo rendiconto
deliberato, disavanzo di amministrazione o che
indichino debiti fuori bilancio per i quali non sono
stati validamente adottati i provvedimenti di cui
all’art. 193 del Tuel, vietando agli stessi di
assumere impegni e pagare spese per servizi non
espressamente previsti per legge, salve le spese da
sostenere a fronte di impegni già assunti in
esercizi precedenti.
---------------
I debiti riconoscibili ex art. 194, comma
1, lett. a), del Tuel, sono quelli strettamente
riconducibili alla sentenza o al provvedimento
giudiziario esecutivo.
In tale ambito,
si ritiene possano rientrare anche
le spese di registrazione della sentenza,
che chi ha
assolto l’onere fiscale può ripetere dalla
controparte secondo le regole dell’azione di
regresso tra condebitori solidali, in coerenza con
la statuizione del giudice in punto di spese.
Sono da ritenere parimenti riconoscibili gli oneri
per il contributo unificato (costituenti spese di
giustizia, e dovuti in ogni caso dalla parte
soccombente nell’ipotesi di cui all’art. 13, comma
6-bis, del DPR n. 115/2002), nonché le spese legali
della parte vincitrice, entrambe di norma liquidate
dal giudice con il dispositivo in seno alle spese di
giudizio, secondo i criteri di cui all’art. 91 e ss.
del c.p.c..
Non rientrano, invece, nella fattispecie, le
eventuali altre spese collegate non al dispositivo
della sentenza, bensì ad autonome iniziative
dell’ente (ad esempio, incarichi di consulente
tecnico di parte, ecc.), semmai riconducibili, in
presenza dei relativi presupposti, alla fattispecie
di cui all’art. 194, c. 1, lett. e), del Tuel.
---------------
Tra le spese riconoscibili ex lett. a) possono
rientrare anche gli oneri legati al consulente
tecnico d’ufficio,
la cui parcella è liquidata con
decreto dal giudice che ne pone provvisoriamente
l’onere del pagamento a carico di una o più parti
della causa, salva statuizione in sentenza circa la
parte definitivamente onerata a riguardo.
---------------
Con la nota in epigrafe, il sindaco del comune di
Trapani formula una richiesta di parere in materia
di debiti fuori bilancio.
In particolare, dopo aver richiamato i
principi contabili dell’Osservatorio per la finanza
locale n. 2.96, 2.97, 2.101, 2.105, 3.65, formula
i seguenti quesiti:
1. se, in presenza di apposito stanziamento nel bilancio, nelle
more del perfezionamento del riconoscimento ex art.
194, comma 1, lett. a) ed e), sia possibile assumere
impegno di spesa con apposita determinazione
dirigenziale, rinviandone in ogni caso il pagamento
ad un momento successivo al riconoscimento;
2. se, al fine di evitare possibili prassi elusive del patto di
stabilità interno, in presenza di riconoscimento del
debito ex art. 194, c. 1, lett. e), e di idoneo
stanziamento, a cui non sia seguito entro
l’esercizio finanziario il relativo impegno di
spesa, sia possibile considerare impegnate le somme
dovute sullo stanziamento, dandone atto nel
rendiconto di gestione;
3. se, nell’ipotesi di conoscenza di un debito fuori bilancio da
sentenza esecutiva notificata oltre il termine utile
per la variazione di assestamento generale e in
assenza di copertura finanziaria, l’ente, pur avendo
la possibilità in sede di rendiconto di riservare
quota parte dell’avanzo, incorra nel divieto, fino
all’adozione dei provvedimenti consiliari di
riconoscimento e finanziamento, di assumere impegni
e pagare spese per servizi non espressamente
previsti per legge ex art. 191, c. 5, del Tuel;
4. se nell’ambito delle spese da sentenza esecutiva rientrino
anche la tassa di registro, le spese del contributo
unificato e le spese legali di soccombenza;
5. se le spese di nomina del CTU siano da considerare debiti
fuori bilancio o se lo siano solo se l’impegno di
spesa non avvenga nell’esercizio di conferimento
dell’incarico.
...
Nel merito, ricorda il Collegio che
i debiti fuori bilancio sono
obbligazioni verso terzi per il pagamento di una
determinata somma di denaro, assunte in violazione
delle norme giuscontabili che regolano il
procedimento finanziario di spesa.
La corretta programmazione e gestione finanziaria
dell’ente locale impone, infatti, che tutte le spese
siano anticipatamente previste nel documento di
bilancio approvato dal Consiglio comunale e che le
decisioni di spesa siano assunte nel rispetto delle
relative procedure (artt. 151 e 191 TUEL).
Ciò costituisce la diretta conseguenza della
funzione autorizzatoria del bilancio di previsione,
con il quale l’organo consiliare esercita le sue
prerogative di indirizzo dell’attività
politico-amministrativa dell’ente, vincolando, al
contempo, i poteri di spesa degli organi
amministrativi.
L’art. 194 del TUEL fornisce un elenco tassativo
delle tipologie di obbligazioni riconoscibili,
riconducibili a: a) sentenze esecutive; b) copertura
di disavanzi di consorzi, di aziende speciali e di
istituzioni, nei limiti degli obblighi derivanti da
statuto, convenzione o atti costitutivi; c)
ricapitalizzazione, nei limiti e nelle forme
previste dal codice civile o da norme speciali, di
società di capitali costituite per l'esercizio di
servizi pubblici locali; d) procedure espropriative
o di occupazione d'urgenza per opere di pubblica
utilità; e) acquisizione di beni e servizi, in
violazione degli obblighi di cui ai commi 1, 2 e 3
dell'articolo 191, nei limiti degli accertati e
dimostrati utilità ed arricchimento per l'ente, e
nell'ambito dell'espletamento di pubbliche funzioni
e servizi di competenza.
In ciascuna delle sopra elencate tipologie,
il
debito viene ad esistenza al di fuori ed
indipendentemente dalle ordinarie procedure che
disciplinano la formazione della volontà dell’ente,
e la deliberazione consiliare, che riconduce
l’obbligazione all’interno della contabilità
dell’ente ed individua le risorse per farvi fronte,
deve accertare la sussumibilità del debito
all’interno di una delle fattispecie tipizzate dalla
norma, nonché le cause che hanno originato
l’obbligo, anche al fine di evidenziare eventuali
responsabilità.
Superando il precedente orientamento (Sezioni
Riunite per la Regione siciliana in sede consultiva,
parere 11.03.2005 n. 2),
la più recente giurisprudenza
di questa Sezione (da ultimo, cfr.
deliberazione
15.03.2013 n. 21,
deliberazione 03.05.2013 n.
74,
deliberazione 30.11.2011 n. 270/2011/GEST)
formatasi in materia ha posto particolare
attenzione sull’imprescindibile attività valutativa
da parte dell’organo consiliare, ascrivibile alla
funzione di indirizzo e controllo politico-amministrativo, che non ammette alcuna possibilità
di interposizione, sia pur in via d’urgenza, da
parte di altri organi.
Nel quadro appena delineato, i responsabili dei
servizi hanno l’obbligo di effettuare periodiche
ricognizioni (art. 193 del TUEL) ai fini di un
controllo concomitante e costante della situazione
gestionale, teso alla tempestiva segnalazione delle
passività all’organo consiliare.
Per quest’ultimo, una volta accertata la sussistenza
dei presupposti di cui all’art. 194 del TUEL, il
riconoscimento della legittimità costituisce atto
dovuto e vincolato, da espletare senza indugio, al
fine di evitare indebito aggravio di spesa per
maturazione di oneri accessori (interessi moratori,
spese legali, ecc.).
Le sottese esigenze di celerità, che trovano ragione
nell’esigenza di impedire la maturazione di oneri
ulteriori, e di adottare le conseguenti misure di
riequilibrio devono essere, infatti, soddisfatte
attraverso la celere convocazione dell’organo
consiliare, unico intestatario della funzione.
Effettuato questo breve excursus di carattere
generale, può darsi risposta ai quesiti dell’ente.
Con il primo, il comune chiede se, in
presenza di apposito stanziamento nel bilancio,
nelle more del perfezionamento del riconoscimento ex
art. 194, lett. a) o lett. e), sia possibile
assumere impegno di spesa con apposita
determinazione dirigenziale, rinviandone in ogni
caso il pagamento ad un momento successivo al
riconoscimento.
Alla luce della superiore premessa, la risposta al
quesito è sicuramente negativa.
Nell’ipotesi di acquisizione di beni e servizi in
violazione delle procedure di spesa di cui all’art.
191, commi 1, 2 e 3, del Tuel, l’organo consiliare,
pur in presenza di idonea copertura della spesa, è
chiamato ad una valutazione discrezionale –e al
conseguente obbligo di motivazione- sulla
sussistenza dei seguenti requisiti imprescindibili:
- l’utilità, ricavata dalla prestazione di beni e servizi del terzo
creditore, in termini anche di obiettivo riscontro
della congruità dei prezzi;
- l’arricchimento, da intendersi non necessariamente come
accrescimento patrimoniale, bensì come risparmio di
spesa, che include solo la quota corrispondente al
valore materiale della prestazione effettivamente
ricevuta, con esclusione della quota di utile d’impresa e
di voci accessorie quali interessi, rivalutazione,
spese legali, ecc. ;
- la propedeuticità all’espletamento di funzioni e servizi di
competenza, ossia la stretta coerenza con l’attività
istituzionale dell’ente.
Dall’eventuale carenza –totale o parziale- dei
predetti presupposti discende addirittura
l’interruzione del rapporto di immedesimazione
organica e l’estraneità dell’ente rispetto al
rapporto obbligatorio, che per la parte non
riconoscibile intercorre, ai fini della
controprestazione, tra il privato fornitore e
l'amministratore, funzionario o dipendente che hanno
consentito la fornitura.
Nel caso di esecuzioni reiterate o continuative,
questo effetto potrà essere esteso a coloro che
-colpevolmente- hanno reso possibili le singole
prestazioni.
Nel quadro appena tratteggiato,
è evidente che
l’eventuale adozione interinale dell’impegno di
spesa, pur in assenza di pagamento, darebbe comunque
luogo ad un’inversione procedimentale lesiva delle
attribuzioni dell’organo consiliare.
Come testualmente ricordato dall’ente,
nelle ipotesi
contemplate dall’art. 194, comma 1, lett. e), del Tuel, il preliminare riconoscimento della
legittimità del debito appare strumentale alla
complessiva regolarizzazione contabile della spesa.
A conclusioni non difformi, il Collegio perviene
anche nell’ipotesi di riconoscimento di un debito da
sentenza esecutiva, caratterizzato da assenza di
discrezionalità per via del provvedimento
giudiziario a monte che, accertando il diritto di
credito del terzo, rende agevole la riconduzione al
sistema di bilancio di un fenomeno di rilevanza
finanziaria maturato all’esterno di esso
(pr. cont.
2.101).
Anche in questo caso, l’avvio del procedimento di
spesa ex art. 183 e ss. del Tuel postula comunque,
già sul piano logico, una positiva valutazione
dell’organo consiliare sulla sussistenza dei
presupposti di riconoscibilità, sulle cause ed
eventuali responsabilità connesse, nonché sulle
misure correttive tese ad evitare il reiterarsi
delle anomalie oggetto di soccombenza giudiziale.
L’eventuale previsione in bilancio di uno specifico
stanziamento per liti, arbitraggi, transazioni e
quant’altro non elimina la necessità che il
Consiglio deliberi anche sulla riconoscibilità dei
singoli debiti formatisi al di fuori delle norme
giuscontabili
(pr. cont. 1-105; in termini Sezione
controllo per la Basilicata,
parere
27.03.2007 n. 6).
Anche in tale fattispecie, l’eventuale
pretermissione o postergazione della procedura
consiliare vanificherebbe la disciplina di garanzia
prevista dall’ordinamento e la correlata fase di
controllo politico amministrativo, nonché la
correlata verifica da parte della Procura regionale
della Corte dei conti ex art. 23, comma 5, della
legge n. 289/2002.
La soluzione appena prospettata risulta anche
coerente con i nuovi parametri di deficitarietà
strutturale (DM Interno 18.02.2013), che, non
prendendo più a riferimento la consistenza dei
debiti “formatisi” nel corso dell’esercizio
di riferimento, bensì quella dei debiti “riconosciuti”
(cfr. parametro n. 8), valorizzano al massimo
livello l’importanza del momento formale di
riconduzione della passività al sistema di bilancio,
nonché del rispetto della scansione procedimentale
delineata dal legislatore.
Con il secondo quesito
l’ente chiede se, al
fine di evitare possibili prassi elusive del patto
di stabilità interno, in presenza di riconoscimento
del debito ex art. 194, c. 1, e), e di idoneo
stanziamento, a cui non sia seguito entro
l’esercizio finanziario il relativo impegno di
spesa, sia possibile considerare impegnate le somme
dovute sullo stanziamento, dandone atto nel
rendiconto di gestione.
Anche in questo caso, la risposta al quesito è
negativa.
La soluzione prospettata dall’ente, infatti,
postulerebbe una modifica al regolamento di
contabilità che, nella fattispecie, trova ostacolo
nell’inderogabilità della disciplina degli “impegni
di spesa automatici” (art. 183, commi 2, 3, 5
del Tuel), sancita dall’art. 152, comma 4, del Tuel.
In prossimità della scadenza dell’esercizio
finanziario, la tempestiva formalizzazione
dell’impegno di spesa conseguente alla deliberazione
consiliare ex art. 194 del Tuel costituirebbe un
obiettivo prioritario per l’ente, proprio al fine di
scongiurare i rischi di elusione paventati
dall’ente, che esporrebbero il dirigente competente
alle possibili conseguenze sanzionatorie per
l’indebito miglioramento dei saldi rilevanti ai fini
del patto di stabilità interno connesso al suo
ritardo.
Venendo al terzo quesito, osserva il Collegio
che
qualora l’ente sia a conoscenza di un debito
fuori bilancio da sentenza esecutiva al termine
dell’esercizio, abbia il dovere di convocare con la
massima celerità il consiglio comunale ai fini della
tempestiva adozione dei provvedimenti di
riconoscimento e delle contestuali misure tese a
riportare in equilibrio la gestione (art. 193, comma
3, e 194 del Tuel) modificando, se necessario, le
priorità in ordine alle spese già deliberate per
assicurare la copertura delle passività insorte.
La consolidata giurisprudenza di questa Sezione ha
più volte evidenziato (cfr., ex multis, delibera n. 44/2013/PRSP e
deliberazione
15.03.2013 n. 21; in
termini, cfr. Ragioneria generale dello Stato,
circolare 07.02.2013 n. 5/2013) come
il rinvio di oneri
finanziari ad esercizi successivi rispetto a quello
in cui maturano i presupposti del riconoscimento può
costituire una prassi elusiva del patto di stabilità
interno, e dunque illecita, nella misura in cui
finisca per rinviare artificiosamente ad esercizi
futuri oneri finanziari di cui l’ente è -formalmente
o sostanzialmente- a conoscenza entro il termine
utile per la variazione di assestamento generale di
bilancio.
Nel caso particolare prospettato dall’ente, in cui
la passività da soccombenza giudiziaria emerga oltre
il termine per la variazione di assestamento
generale di bilancio (circostanza, quest’ultima,
comprovabile dalla data di comunicazione via PEC del
deposito del provvedimento), si ritiene che
l’amministrazione, in assenza di strumenti per
assicurare la copertura finanziaria della spesa,
abbia l’obbligo di approvare il nuovo bilancio di
previsione nel più breve termine possibile, ai fini
del celere riconoscimento della passività insorta.
In merito al rischio di azioni esecutive, la Sezione
riconosce che
il termine di 120 giorni dalla
notifica del titolo esecutivo previsto (art. 14, del
D.L. 31.12.1996, n. 669 convertito in L. n. 30/1997
e s.m.i.) per l’avvio di procedure esecutive nei
confronti della P.A. sia “sufficientemente ampio
per provvedere agli adempimenti di cui all'art. 194
del TUEL”, alla luce del principio di buon
andamento di cui all’art. 97 Cost.
(cfr. Corte dei
Conti, Sezione regionale di controllo per la Puglia, par. 9/2012, Sezione regionale di controllo per la
Campania,
parere 23.05.2013 n. 213).
Tale termine, ad avviso della Sezione,
è da
ritenersi “ragionevole” anche per consentire
all’ente di approvare celermente il nuovo bilancio
di previsione.
Condivisibili, a riguardo, appaiono le conclusioni
ermeneutiche cui approda la Sezione regionale di
controllo per la Campania (cfr.
parere 23.05.2013 n. 213, cit.), circa
l’impossibilità, durante il
periodo di esercizio provvisorio, di provvedere al
riconoscimento dei debiti fuori bilancio per via
dell’eccezionalità della fattispecie di cui all’art.
194 del Tuel rispetto alle ipotesi previste
dall’art. 163, comma 3, del Tuel, ma soprattutto per
la mancanza del bilancio d’esercizio, cui ricondurre
le passività emerse.
L’esigenza di urgente ripristino degli equilibri di
bilancio -recentemente assurti a rango
costituzionale– impone la necessità di abbreviare al
massimo, nella fattispecie, la durata dell’esercizio
provvisorio, che di per sé costituisce una fase
eccezionale e transitoria
(cfr., sul punto, Sezione
delle Autonomie, delibera n. 23/SEZAUT/2013/INPR).
Giova ricordare, peraltro, che
l’art. 191, comma 5,
del Tuel introduce forti limitazioni per gli enti
locali che presentino, nell’ultimo rendiconto
deliberato, disavanzo di amministrazione o che
indichino debiti fuori bilancio per i quali non sono
stati validamente adottati i provvedimenti di cui
all’art. 193 del Tuel, vietando agli stessi di
assumere impegni e pagare spese per servizi non
espressamente previsti per legge, salve le spese da
sostenere a fronte di impegni già assunti in
esercizi precedenti.
Con il quarto quesito, l’ente chiede se tra
le spese riconoscibili rientrino anche quelle
relative all’imposta di registro della sentenza, al
contributo unificato e alle spese legali.
A riguardo, il Collegio osserva che, al fine di
consentire un controllo del costo complessivo della
soccombenza da parte dell’organo consiliare (sì da
potere valutare anche le responsabilità ivi
annesse),
i debiti riconoscibili ex art. 194, comma
1, lett. a), del Tuel, sono quelli strettamente
riconducibili alla sentenza o al provvedimento
giudiziario esecutivo.
In tale ambito,
si ritiene possano rientrare anche
le spese di registrazione della sentenza
(cfr., in
termini, Sezione regionale di controllo per la
Sardegna,
parere
21.01.2009 n. 2),
che chi ha
assolto l’onere fiscale può ripetere dalla
controparte secondo le regole dell’azione di
regresso tra condebitori solidali, in coerenza con
la statuizione del giudice in punto di spese.
Sono da ritenere parimenti riconoscibili gli oneri
per il contributo unificato (costituenti spese di
giustizia, e dovuti in ogni caso dalla parte
soccombente nell’ipotesi di cui all’art. 13, comma
6-bis, del DPR n. 115/2002), nonché le spese legali
della parte vincitrice, entrambe di norma liquidate
dal giudice con il dispositivo in seno alle spese di
giudizio, secondo i criteri di cui all’art. 91 e ss.
del c.p.c..
Non rientrano, invece, nella fattispecie, le
eventuali altre spese collegate non al dispositivo
della sentenza, bensì ad autonome iniziative
dell’ente (ad esempio, incarichi di consulente
tecnico di parte, ecc.), semmai riconducibili, in
presenza dei relativi presupposti, alla fattispecie
di cui all’art. 194, c. 1, lett. e), del Tuel.
Si richiamano, a riguardo, i principi di
programmazione della spesa e di prudenza e
veridicità nella contabilizzazione, più volte
affermati dalla giurisprudenza contabile.
Alla stregua di quanto detto,
la Sezione ritiene che
tra le spese riconoscibili ex lett. a) possano
rientrare anche gli oneri legati al consulente
tecnico d’ufficio
(cfr. Sezione regionale di
controllo per la Lombardia,
parere 18.09.2012 n. 401),
la cui parcella è liquidata con
decreto dal giudice che ne pone provvisoriamente
l’onere del pagamento a carico di una o più parti
della causa, salva statuizione in sentenza circa la
parte definitivamente onerata a riguardo
(Corte dei
Conti, Sez. controllo Sicilia,
parere 29.04.2014 n. 55). |
APPALTI: Sulla
distinzione tra l’istituto delle passività pregresse
e quello del riconoscimento di debiti fuori bilancio.
Le passività
pregresse si collocano all’interno di un ordinario
procedimento di spesa (art. 183 Tuel): si tratta, infatti,
di spese per le quali l’ente locale ha proceduto a un
regolare impegno, ma che, per fatti non prevedibili, di
norma collegati alla natura della prestazione, hanno dato
luogo a un debito non assistito da idonea copertura (art.
191 Tuel), che può rilevare come mancanza o come
insufficienza dell’impegno contabile. In tal caso, l’ente
locale dovrà adottare i provvedimenti necessari al fine di
soddisfare la copertura delle passività (art. 193 Tuel).
I debiti fuori bilancio identificano, invece,
obbligazioni assunte in assenza della necessaria preventiva
assunzione dell’impegno di spesa: in sostanza, a fronte di
un’obbligazione giuridicamente valida dal punto di vista
civilistico, difetta il relativo provvedimento di impegno.
---------------
Al fine di evitare l’insorgere di
situazioni debitorie non assistite dai relativi impegni, il
legislatore ha previsto che solo in alcuni casi tassativi
tali debiti possano essere riconosciuti, attraverso il
procedimento di riconoscimento di legittimità di debiti
fuori bilancio; ciò è infatti possibile solo qualora tali
debiti derivino da:
a) sentenze esecutive;
b) copertura di disavanzi di consorzi, di aziende speciali e
di istituzioni, nei limiti degli obblighi derivanti da
statuto, convenzione o atti costitutivi, purché sia stato
rispettato l’obbligo di pareggio del bilancio di cui
all’articolo 114 ed il disavanzo derivi da fatti di
gestione;
c) ricapitalizzazione, nei limiti e nelle forme previste dal
codice civile o da norme speciali, di società di capitali
costituite per l’esercizio di servizi pubblici locali;
d) procedure espropriative o di occupazione d’urgenza per
opere di pubblica utilità;
e) acquisizione di beni e servizi, in violazione degli
obblighi di cui ai commi 1, 2 e 3 dell’articolo 191, nei
limiti degli accertati e dimostrati utilità ed arricchimento
per l’ente, nell’ambito dell’espletamento di pubbliche
funzioni e servizi di competenza (art. 194, comma 1, lett.
a)-e), Tuel).
---------------
Il sindaco del Comune di Mozzo, mediante nota n.
13176 del 19.12.2013, chiede se, a fronte di uno
stanziamento di bilancio pari ad euro 1.000,00 e ad un onere
effettivo pari ad euro 13.736,00, i maggiori esborsi
connessi all’adesione, da parte del Comune, alla società
Uniacque S.p.A., possano essere considerati quali passività
pregresse o se trovi applicazione la disciplina dei debiti
fuori bilancio ai sensi dell’art. 194 del d.lgs. n. 267/2000
(Tuel).
...
Con la richiesta di parere in premessa, il Comune di Mozzo
chiede di conoscere quale sia la corretta modalità di
contabilizzazione degli oneri da sostenere per l’adesione
del Comune alla società Uniacque S.p.A.; in particolare, se
tali oneri essi possano essere considerati quali passività
pregresse o se, invece, debba applicarsi la disciplina dei
debiti fuori bilancio di cui all'art. 194 del d.lgs. n.
267/2000 (Tuel).
Il Consiglio comunale aveva deliberato l’adesione del Comune
alla società Uniacque S.p.A. (società individuata a livello
provinciale quale unico gestore del servizio idrico
integrato) con delibera n. 43 del 19.12.2006. La quota di
partecipazione del Comune corrispondeva a 808 azioni del
valore nominale di 1 euro ciascuna, per un totale -quindi-
di 808,00 euro. In bilancio veniva allocata una somma pari a
1.000,00 euro.
Tuttavia, alla delibera consiliare non faceva seguito il
versamento del corrispettivo previsto al fine di
perfezionare l’adesione del Comune alla società, sicché la
somma di 1.000,00 euro veniva riportata a residuo.
Passati alcuni anni -ben sette-, ed essendosi verificato un
aumento del capitale sociale, ad oggi l’adesione del Comune
alla società Uniacque S.p.A. è condizionata
all’acquisizione, da parte del Comune di 13.736 azioni del
valore nominale di 1 euro ciascuna, per corrispettivo pari a
13.736,00 euro.
Al fine di valutare quale sia la disciplina applicabile e se
tali oneri possano essere considerati quali passività
pregresse o se, invece, debba applicarsi la disciplina
dei debiti fuori bilancio di cui all’art. 194 del
d.lgs. n. 267/2000 (Tuel), occorre ricordare la distinzione
tra l’istituto delle passività pregresse e quello
del riconoscimento di debiti fuori bilancio.
Le passività pregresse si collocano
all’interno di un ordinario procedimento di spesa (art. 183
Tuel): si tratta, infatti, di spese per le quali l’ente
locale ha proceduto a un regolare impegno, ma che, per fatti
non prevedibili, di norma collegati alla natura della
prestazione, hanno dato luogo a un debito non assistito da
idonea copertura (art. 191 Tuel), che può rilevare come
mancanza o come insufficienza dell’impegno contabile. In tal
caso, l’ente locale dovrà adottare i provvedimenti necessari
al fine di soddisfare la copertura delle passività (art. 193
Tuel).
I debiti fuori bilancio identificano, invece,
obbligazioni assunte in assenza della necessaria preventiva
assunzione dell’impegno di spesa: in sostanza, a fronte di
un’obbligazione giuridicamente valida dal punto di vista
civilistico, difetta il relativo provvedimento di impegno.
Al fine di evitare l’insorgere di
situazioni debitorie non assistite dai relativi impegni, il
legislatore ha previsto che solo in alcuni casi tassativi
tali debiti possano essere riconosciuti, attraverso il
procedimento di riconoscimento di legittimità di debiti
fuori bilancio; ciò è infatti possibile solo qualora tali
debiti derivino da: “a) sentenze esecutive; b) copertura
di disavanzi di consorzi, di aziende speciali e di
istituzioni, nei limiti degli obblighi derivanti da statuto,
convenzione o atti costitutivi, purché sia stato rispettato
l’obbligo di pareggio del bilancio di cui all’articolo 114
ed il disavanzo derivi da fatti di gestione; c)
ricapitalizzazione, nei limiti e nelle forme previste dal
codice civile o da norme speciali, di società di capitali
costituite per l’esercizio di servizi pubblici locali; d)
procedure espropriative o di occupazione d’urgenza per opere
di pubblica utilità; e) acquisizione di beni e servizi, in
violazione degli obblighi di cui ai commi 1, 2 e 3
dell’articolo 191, nei limiti degli accertati e dimostrati
utilità ed arricchimento per l’ente, nell’ambito
dell’espletamento di pubbliche funzioni e servizi di
competenza” (art. 194, comma 1, lett. a)-e), Tuel).
Quanto alla tassatività delle fattispecie di cui all’art.
194, comma 1, Tuel), occorre ricordare la parte del
principio contabile n. 2 per gli enti locali (“Gestione
nel sistema del bilancio”) in base alla quale: “Il
debito riconoscibile di cui alla lettera c) dell’art. 194
comma del TUEL è quello derivante da ricapitalizzazione, nei
limiti e nelle forme previste dal codice civile o da norme
speciali, delle sole società di capitali costituite per
l’esercizio di servizi pubblici locali. Il termine
ricapitalizzazione identifica un’azione specifica, di
ricostituzione del capitale deliberato dai soci per la
costituzione della società, normativamente disciplinata e
non è suscettibile di interpretazione estensiva ad altre
fattispecie di ripianamento di perdile d’esercizio. La
posizione debitoria non è riconoscibile nel caso di società
di capitali non costituite per l’esercizio di servizi
pubblici” (princ. cont. n. 2, cpv. 106).
Inoltre, “La formulazione della lettera c) dell’art. 194
del TUEL comporta che può essere riconosciuta la tipologia
di debito fuori bilancio ivi prevista soltanto laddove la
reintegrazione del capitale sociale della società di cui
l’Ente possiede una quota avvenga nelle forme e nei limiti
della disciplina di cui al codice civile o di altre norme
speciali cui il legislatore fa espresso rinvio. Il
riconoscimento del debito deve prevedere anche una
valutazione sulla progettazione e organizzazione dei
controlli interni che devono ricomprendere il controllo
sugli organismi partecipati e l’organizzazione del
monitoraggio sull’andamento gestionale dei medesimi” (princ.
cont. n. 2, cpv. 107).
Il Consiglio comunale, verificata la “pertinenza” del
titolo (rispetto alle competenze attribuite dalla legge
all’ente), la sua “continenza” (relativa
all’esercizio delle competenze stesse in modo conforme
all’ordinamento), nonché la sussistenza di adeguati mezzi di
copertura, adotta un’apposita delibera, con cui riconosce la
legittimità dei debiti fuori bilancio (che vengono, così,
ricondotti nella contabilità dell’ente).
Occorre, altresì, ricordare che l’art. 23, comma 5, della
legge 27.12.2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge
finanziaria 2003) ha previsto che “I provvedimenti di
riconoscimento di debito posti in essere dalle
amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2,
del decreto legislativo 30.03.2001, n. 165, sono trasmessi
agli organi di controllo ed alla competente procura della
Corte dei conti”.
Premesso quanto sopra, e alla luce degli elementi forniti
con la richiesta di parere, si ritiene che
i nuovi e maggiori oneri connessi alla sottoscrizione
dell’aumento del capitale sociale non possano essere
considerati quali passività pregresse e che non possa
neanche applicarsi la disciplina dei debiti fuori
bilancio di cui all’art. 194 del d.lgs. n. 267/2000 (Tuel).
In ogni caso, inoltre, v’è da sottolineare che
l’obbligazione pecuniaria nasce nel momento in cui
l’ente locale delibera la sottoscrizione di aumento del
capitale (e ciò vale anche nel caso in cui grava sull’ente
l’obbligo di aderire alla società); alla delibera deve poi
seguire l’adozione di un impegno di spesa, relativo
all’esercizio cui si riferisce
(Corte dei Conti, Sez. controllo Lombardia,
parere 05.02.2014 n. 41). |
anno 2013 |
|
INCARICHI PROFESSIONALI - APPALTI:
Sul riconoscimento, o meno, dei debiti fuori
bilancio.
Il riconoscimento dei debiti
fuori bilancio afferisce ad un istituto
pubblicistico previsto dagli artt. 191 e 194 TUEL,
che impone al Comune di valutare e apprezzare
eventuali prestazioni rese in suo favore, ancorché
in violazione formale delle norme di contabilità.
Trattasi di una novità rispetto al precedente
assetto normativo della finanza locale (art. 35,
comma 4, d.lgs. 25.02.1995, n.77 che prevedeva
unicamente, in caso di acquisizione di beni e
servizi in violazione degli obblighi di contabilità,
che “il rapporto obbligatorio intercorre(sse), ai
fini della controprestazione, e per ogni effetto di
legge, tra il privato fornitore e l’amministratore,
funzionario o dipendente che (aveva) consentito la
fornitura”).
L’art. 4 del d.lgs. 15.09.1997, n. 342, confluito
nell’art. 191 del TUEL, ha introdotto il principio
della validità del rapporto obbligatorio
direttamente con l’Amministrazione, a condizione che
la prestazione o il bene fornito siano riconoscibili
come dei debiti fuori bilancio (art. 194) e, quindi,
che siano passibili di dichiarazione di utilità da
parte dell’ente, con conseguente previsione di
spesa, anche fuori bilancio, nel caso in cui il
relativo impegno non sia stato ancora previsto.
La ratio della disciplina contenuta nel TUEL è,
quindi, quella di garantire il riconoscimento di
debiti per prestazioni e servizi resi in favore
dell’ente locale che, benché privi di titolo, siano
considerati utili per l’amministrazione.
Si è recepita in definitiva quella che è stata
l'elaborazione giurisprudenziale, in particolare
della Corte dei conti, ma anche del giudice
ordinario, stabilendo che sono permanentemente
sanabili i debiti derivanti da acquisizioni di beni
e servizi, relativi a spese assunte in violazione
delle norme giuscontabili, per la parte di cui sia
accertata e dimostrata l'utilità e l'arricchimento
che ne ha tratto l'ente locale, sempre che rientrino
nelle funzioni di competenza dell'ente.
Il riconoscimento del debito fuori bilancio
costituisce, pertanto, atto dovuto come si desume
dall’art. 194 del TUEL e l’amministrazione non può
sottrarsi attraverso una semplice e immotivata
comunicazione di un qualunque ufficio, essendo
invece necessario un procedimento ad hoc.
---------------
Quanto al procedimento per il riconoscimento del
debito fuori bilancio, l’art. 194 del TUEL
stabilisce che “con deliberazione consiliare di cui
all’art. 193, comma 2, o con diversa periodicità
stabilita dai regolamenti di contabilità, gli enti
locali riconoscono la legittimità dei debiti fuori
bilancio derivanti da:… e) acquisizione di beni e
servizi, in violazione degli obblighi di cui ai
commi 1, 2, 3 dell’art. 191, nei limiti degli
accertati e dimostrati utilità e arricchimento per
l’ente, nell’espletamento di pubbliche funzioni e
servizi di competenza”.
La proposta della deliberazione per il
riconoscimento dei debiti spetta al responsabile del
servizio competente per materia che dovrà accertare
l’eventuale effettiva utilità che l'ente ha tratto
dalla prestazione altrui, che è un concetto di
carattere funzionale, costituendo l'arricchimento un
concetto derivato, teso alla misurazione
dell'utilità ricavata.
E’ quindi necessaria un’attività istruttoria da
parte del responsabile del settore formalizzata in
una relazione che contenga i riferimenti della
situazione debitoria dell’ente da riconoscere
eventualmente ai sensi dell’art. 194, comma 1, lett.
e), del D.Lgs. n. 267/2000, la sussistenza dei
requisiti oggettivi richiesti per il legittimo
riconoscimento di ciascun debito, ovvero l’utilità e
l’arricchimento per l’Ente di servizi acquisiti
nell’ambito dell’espletamento di servizi di
competenza.
E’ utile rammentare che il riconoscimento dei
debiti fuori bilancio afferisce ad un istituto pubblicistico
previsto dagli artt. 191 e 194 TUEL, che impone al Comune di
valutare e apprezzare eventuali prestazioni rese in suo
favore, ancorché in violazione formale delle norme di
contabilità.
Trattasi di una novità rispetto al precedente assetto
normativo della finanza locale (art. 35, comma 4, d.lgs. 25.02.1995, n. 77 che prevedeva unicamente, in caso di
acquisizione di beni e servizi in violazione degli obblighi
di contabilità, che “il rapporto obbligatorio intercorre(sse),
ai fini della controprestazione, e per ogni effetto di
legge, tra il privato fornitore e l’amministratore,
funzionario o dipendente che (aveva) consentito la
fornitura”).
L’art. 4 del d.lgs. 15.09.1997, n. 342, confluito
nell’art. 191 del TUEL, ha introdotto il principio della
validità del rapporto obbligatorio direttamente con
l’Amministrazione, a condizione che la prestazione o il bene
fornito siano riconoscibili come dei debiti fuori bilancio
(art. 194) e, quindi, che siano passibili di dichiarazione
di utilità da parte dell’ente, con conseguente previsione di
spesa, anche fuori bilancio, nel caso in cui il relativo
impegno non sia stato ancora previsto.
La ratio della disciplina contenuta nel TUEL è, quindi,
quella di garantire il riconoscimento di debiti per
prestazioni e servizi resi in favore dell’ente locale che,
benché privi di titolo, siano considerati utili per
l’amministrazione.
Si è recepita in definitiva quella che è stata
l'elaborazione giurisprudenziale, in particolare della Corte
dei conti, ma anche del giudice ordinario, stabilendo che
sono permanentemente sanabili i debiti derivanti da
acquisizioni di beni e servizi, relativi a spese assunte in
violazione delle norme giuscontabili, per la parte di cui
sia accertata e dimostrata l'utilità e l'arricchimento che
ne ha tratto l'ente locale, sempre che rientrino nelle
funzioni di competenza dell'ente.
Il riconoscimento del debito fuori bilancio costituisce,
pertanto, atto dovuto come si desume dall’art. 194 del TUEL
e l’amministrazione non può sottrarsi attraverso una
semplice e immotivata comunicazione di un qualunque ufficio,
essendo invece necessario un procedimento ad hoc.
Quanto al procedimento per il riconoscimento del debito
fuori bilancio, l’art. 194 del TUEL stabilisce che “con
deliberazione consiliare di cui all’art. 193, comma 2, o con
diversa periodicità stabilita dai regolamenti di
contabilità, gli enti locali riconoscono la legittimità dei
debiti fuori bilancio derivanti da:… e) acquisizione di beni
e servizi, in violazione degli obblighi di cui ai commi 1, 2,
3 dell’art. 191, nei limiti degli accertati e dimostrati
utilità e arricchimento per l’ente, nell’espletamento di
pubbliche funzioni e servizi di competenza”.
La proposta della deliberazione per il riconoscimento dei
debiti spetta al responsabile del servizio competente per
materia che dovrà accertare l’eventuale effettiva utilità
che l'ente ha tratto dalla prestazione altrui, che è un
concetto di carattere funzionale, costituendo
l'arricchimento un concetto derivato, teso alla misurazione
dell'utilità ricavata (Cassazione Civile, Sezione I, 12.07.1996, n. 6332).
E’ quindi necessaria un’attività istruttoria da parte del
responsabile del settore formalizzata in una relazione che
contenga i riferimenti della situazione debitoria dell’ente
da riconoscere eventualmente ai sensi dell’art. 194, comma
1, lett. e), del D.Lgs. n. 267/2000, la sussistenza dei
requisiti oggettivi richiesti per il legittimo
riconoscimento di ciascun debito, ovvero l’utilità e
l’arricchimento per l’Ente di servizi acquisiti
nell’ambito dell’espletamento di servizi di
competenza
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 27.12.2013 n. 6269 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
APPALTI -
ATTI AMMINISTRATIVI: Se
occorre, o meno, il parere preventivo del Revisore dei Conti
sull'atto di transazione.
L'art. 239 del d.Lgs. 267/2000 individua sette
materie nelle quali è obbligatoria la resa del parere
dell’Organo di revisione. Si tratta di materie che, in base
all’art. 42 ed all’art. 194 del TUEL, appartengono alla
competenza funzionale del Consiglio. Fra esse, al n. 6,
risulta obbligatorio il parere in relazione alle “proposte
di riconoscimento di debiti fuori bilancio e transazioni”.
Con specifico riferimento al parere in merito alle proposte
di transazione, l’elemento da considerare al fine di
individuare i casi nei quali l’Organo di revisione deve
esprimere il proprio avviso è la competenza consiliare a
deliberare in merito alla conclusione della transazione, e
non la natura di quest’ultima.
In altri termini,
non è rilevante se l’Ente intenda procedere alla
definizione di un contenzioso giudiziale o stragiudiziale,
quanto se, in ordine all’atto conclusivo del procedimento,
debba pronunciarsi o meno il Consiglio, considerato che,
come si è visto sopra, il parere deve essere reso all’Organo
consiliare, il quale è tenuto “ad adottare i
provvedimenti conseguenti o a motivare adeguatamente la
mancata adozione delle misure proposte dall’organo di
revisione”.
La natura del parere, funzionale allo
svolgimento delle competenze consiliari, evidenzia che
l’obbligo riguarda principalmente le proposte di transazione
riferite a:
- passività in relazione alle quali non è stato assunto uno
specifico impegno di spesa, vale a dire quelle che possono
generare un debito fuori bilancio nei casi previsti dalle
lettere a, d ed e dell’art. 194, comma 1, del TUEL;
- accordi che comportano variazioni di bilancio;
- accordi che comportano l’assunzione di impegni per gli esercizi
successivi (art. 42, comma 2, lett. i, del TUEL); accordi
che incidono su acquisti, alienazioni immobiliari e relative
permute (art. 42, comma 2, lett. l, del TUEL).
Da ultimo occorre osservare che il TUEL
all’art. 239, comma 6, prevede la possibilità che lo Statuto
dell’Ente possa prevedere “ampliamenti delle funzioni
affidate ai Revisori”. Ferma restando la specifica
funzione di ausilio al Consiglio che si estrinseca con la
resa dei pareri nelle materie indicate sopra, l’Ente può
ampliare le competenze dell’Organo di revisione, anche
prevedendo attività ulteriori, ivi compresa la resa di
pareri in altre materie.
In conclusione, i pareri dell’Organo di
revisione sono funzionali allo svolgimento dei compiti del
Consiglio e devono essere resi a quest’ultimo nelle materie
indicate nell’art. 239, comma 1, lett. b, del TUEL, fra le
quali è compresa quella riferita alle “proposte di
riconoscimento di debiti fuori bilancio e transazioni”
(n. 6).
Al fine di individuare, in concreto, se l’atto debba
essere preceduto dal parere dell’Organo di revisione, non è
rilevante la natura della transazione (giudiziale o
stragiudiziale) ma se si tratti di atto di procedimento che
deve concludersi con delibera del Consiglio, rientrando fra
le sue attribuzioni funzionali.
---------------
Il Sindaco del Comune di Rutigliano (BA) chiede a
questa Sezione “se il parere di competenza del
Collegio dei Revisori, ai sensi dell’art. 239, comma 1,
lett. b, punto 6, del D.lgs. n. 267/2000 debba essere
richiesto in ogni ipotesi di transazione <letteralmente
intesa> o piuttosto lo stesso debba essere limitatamente
reso in riferimento alle transazioni per la definizione di
un contenzioso giudiziario già formalmente instaurato”.
Espone, infatti, il Sindaco che l’Amministrazione sottopone
periodicamente al Collegio dei Revisori le proposte di
transazione che intende perfezionare ai sensi dell’art. 239,
comma 1, lett. b, del TUEL. In alcuni casi si tratta di
proposte di definizione di contenzioso giudiziario ed in
altri casi di transazioni di questioni non ancora sfociate
in un giudizio, riferite, principalmente, a piccoli danni
richiesti da terzi.
Il Sindaco evidenzia poi che, da un confronto con l’Organo
di revisione è emerso che, nei casi di transazione
extragiudiziale, il parere non dovrebbe essere reso, non
essendosi instaurato formalmente un contenzioso e non
costituendo l’accordo transattivo un debito fuori bilancio.
...
Prima di ogni considerazione, anche di carattere
preliminare, preme al Collegio rilevare che il parere
inviato dal Sindaco ricalca letteralmente ed in ogni singola
parte quello già proposto dal Sindaco del Comune di Chieri
alla Sezione regionale di controllo per il Piemonte,
questione sulla quale detta Sezione si è di recente
pronunciata con
parere 26.09.2013 n. 345.
L’interrogativo riguardava “se il parere di competenza
del Collegio dei Revisori, ai sensi dell’art. 239, comma 1,
lett. b), punto 6, del DLgs. 267/2000 debba essere richiesto
in ogni ipotesi di transazione <<letteralmente intesa>> o
piuttosto lo stesso debba essere limitatamente reso in
riferimento alle transazioni per la definizione di un
contenzioso giudiziario già formalmente instaurato”.
In tale ipotesi, come evidenziato dai giudici torinesi, “al
fine di meglio illustrare il quesito, il richiedente ha
evidenziato che l’Amministrazione sottopone periodicamente
al Collegio dei revisori le proposte di transazione che
intende perfezionare ai fini dell’acquisizione del parere
richiesto dall’art. 239, co. 1, lett. b, del TUEL. Ha
specificato che in alcuni casi si tratta di proposte di
definizione di un contenzioso giudiziario ed in altri di
transazione di questioni non ancora sfociate in un giudizio,
riferite, principalmente, a piccoli danni richiesti da
terzi. Richiamata la prassi illustrata sopra, il Sindaco del
Comune di Chieri ha precisato che è sorta una divergenza con
il Collegio dei revisori che in relazione ai casi di
transazione extragiudiziale non dovrebbe essere espresso
alcun parere da parte dell’Organo di revisione poiché “non
essendosi instaurato formalmente un contenzioso, il parere
non debba essere reso a garanzia dell’autonoma valutazione
dirigenziale di cui all’art. 107 del Dlgs 267/2000 ritenendo
che la ratio della riforma della norma abbia come obiettivo
di sottoporre al controllo gli accordi transattivi
intervenuti in corso di causa che per loro natura non
soggiacciono alla comunicazione successiva alla Corte dei
conti non costituendo debito fuori bilancio”.
...
Passando dunque ad analizzare il merito della richiesta,
come evidenziato nella citata delibera della Sezione
controllo Piemonte, il parere riguarda l’interpretazione
dell’art. 239, co. 1, lett. b), punto 6 del TUEL, e verte
sul quesito concernente l’individuazione dei casi in cui
l’Organo di revisione debba rendere il parere previsto dalla
disposizione sulle proposte di transazione che l’Ente
intende concludere.
La disciplina relativa alla composizione ed alle competenze
dell’Organo di revisione è contenuta nel Titolo VII, parte
seconda del TUEL (artt. 234-241). Nell’individuare le
funzioni dell’Organo di revisione, l’art. 239 del TUEL
rileva che è suo compito specifico la collaborazione con il
Consiglio dell’Ente nei limiti precisati dallo Statuto e dal
Regolamento dell’Ente stesso (comma 1, lett. a). In
concreto, l’attività di collaborazione si esplica attraverso
pareri, rilievi, osservazioni e proposte finalizzate a
conseguire una migliore efficienza, produttività ed
economicità della gestione. La lett. b del comma 1 dell’art.
239 specifica che, fra le funzioni obbligatorie dell’Organo
di revisione, è compresa quella della resa di pareri nelle
materie analiticamente indicate nella stessa disposizione,
da svolgersi secondo le modalità indicate nel Regolamento.
L’esame di casi nei quali è richiesto il parere del Collegio
conferma che si tratta di un’attività di collaborazione che
riguarda le attribuzioni consiliari nelle materie
economico–finanziarie, propedeutica all’assunzione delle
delibere di competenza del Consiglio e strumentale alla
funzione di vigilanza sull’andamento economico–finanziario,
propria dell’Organo di revisione. Il successivo comma 1-bis
dell’art. 239 precisa che i pareri sono espressi su proposte
di deliberazioni che dovranno essere sottoposte all’esame
del Con-siglio dell’Ente, il quale è tenuto “ad adottare
i provvedimenti conseguenti o a motivare adeguatamente la
mancata adozione delle misure proposte dall’organo di
revisione”.
La formulazione originaria dell’art. 239, comma 1, lett. b,
è stata integrata nel 2012 ad opera del D.L. 10.10.2012, n.
174, conv. dalla legge 07.12.2012, n. 213. Il comma 1-bis è
stato introdotto nel TUEL dall’art. 3, co. 1, lett. o, del
medesimo D.L., ed ora la disposizione individua sette
materie nelle quali è obbligatoria la resa del parere
dell’Organo di revisione. Si tratta di materie che, in base
all’art. 42 ed all’art. 194 del TUEL, appartengono alla
competenza funzionale del Consiglio. Fra esse, al n. 6,
risulta obbligatorio il parere in relazione alle “proposte
di riconoscimento di debiti fuori bilancio e transazioni”.
Con specifico riferimento al parere in merito alle proposte
di transazione, l’elemento da considerare al fine di
individuare i casi nei quali l’Organo di revisione deve
esprimere il proprio avviso è la competenza consiliare a
deliberare in merito alla conclusione della transazione, e
non la natura di quest’ultima.
In altri termini,
non è rilevante se l’Ente intenda procedere alla
definizione di un contenzioso giudiziale o stragiudiziale,
quanto se, in ordine all’atto conclusivo del procedimento,
debba pronunciarsi o meno il Consiglio, considerato che,
come si è visto sopra, il parere deve essere reso all’Organo
consiliare, il quale è tenuto “ad adottare i
provvedimenti conseguenti o a motivare adeguatamente la
mancata adozione delle misure proposte dall’organo di
revisione”.
La natura del parere, funzionale allo
svolgimento delle competenze consiliari, evidenzia che
l’obbligo riguarda principalmente le proposte di transazione
riferite a:
- passività in relazione alle quali non è stato assunto uno
specifico impegno di spesa, vale a dire quelle che possono
generare un debito fuori bilancio nei casi previsti dalle
lettere a, d ed e dell’art. 194, comma 1, del TUEL;
- accordi che comportano variazioni di bilancio;
- accordi che comportano l’assunzione di impegni per gli esercizi
successivi (art. 42, comma 2, lett. i, del TUEL); accordi
che incidono su acquisti, alienazioni immobiliari e relative
permute (art. 42, comma 2, lett. l, del TUEL).
Da ultimo occorre osservare che il TUEL
all’art. 239, comma 6, prevede la possibilità che lo Statuto
dell’Ente possa prevedere “ampliamenti delle funzioni
affidate ai Revisori”. Ferma restando la specifica
funzione di ausilio al Consiglio che si estrinseca con la
resa dei pareri nelle materie indicate sopra, l’Ente può
ampliare le competenze dell’Organo di revisione, anche
prevedendo attività ulteriori, ivi compresa la resa di
pareri in altre materie.
In conclusione, i pareri dell’Organo di
revisione sono funzionali allo svolgimento dei compiti del
Consiglio e devono essere resi a quest’ultimo nelle materie
indicate nell’art. 239, comma 1, lett. b, del TUEL, fra le
quali è compresa quella riferita alle “proposte di
riconoscimento di debiti fuori bilancio e transazioni”
(n. 6). Al fine di individuare, in concreto, se l’atto debba
essere preceduto dal parere dell’Organo di revisione, non è
rilevante la natura della transazione (giudiziale o
stragiudiziale) ma se si tratti di atto di procedimento che
deve concludersi con delibera del Consiglio, rientrando fra
le sue attribuzioni funzionali.
Con le esposte conclusioni, già espresse dalla Sezione
controllo Piemonte nel citato
parere 26.09.2013 n. 345, il Collegio ritiene di
concordare
(Corte dei Conti, Sez. controllo Puglia,
parere 28.11.2013 n. 181). |
ATTI AMMINISTRATIVI: In
tema di riconoscimento di debiti fuori bilancio deve
ritenersi che la dizione “sentenze esecutive” di cui alla
lett. a) del primo comma dell’art. 194 del TUEL possa
ricomprendere i provvedimenti giudiziari esecutivi da cui
derivino debiti pecuniari e, conseguentemente, i decreti
ingiuntivi esecutivi.
---------------
Con nota prot. n. 4057 del 21.11.2013 il Sindaco del comune
di Campomaggiore, dopo aver premesso che l’Ente, «… con
deliberazione di Giunta Comunale del 2001, al fine di dotare
l'Amministrazione Comunale di una specifica ed alta
professionalità in campo legale, sia per fornire un supporto
consulenziale legale e sia per la redazione di pareri su
casi legali e amministrativi, deliberava di affidare a
professionista esterno l'espletamento delle suddette
attività per un periodo di dodici mesi, con tacito rinnovo,
e approvava relativa bozza di convenzione, sottoscritta
dall'allora Sindaco pro tempore e dal professionista esterno»,
ha rappresentato che «…è stato notificato al Comune di
Campomaggiore decreto ingiuntivo da parte del professionista
per il credito, a suo dire, vantato in forza della
convenzione suddetta».
Con la stessa nota, dopo essere stato tra l’altro
specificato che «… il Comune nei termini di legge ha
proposto opposizione al decreto ingiuntivo», che «…
nel corso del giudizio di opposizione, sebbene richiesta,
non è stata sospesa la esecuzione provvisoria del decreto
ingiuntivo» e che «… il professionista ha avviato
l’espropriazione presso terzi, oggi in corso», è
stato chiesto di conoscere l’avviso di questa Sezione
regionale di controllo «… in ordine:
1. all'obbligo di procedere al riconoscimento del debito
fuori bilancio ai sensi dell'art. 193, comma 2, del D.lgs.
267/2000 nel caso di obbligazioni pecuniarie nascenti da
decreto ingiuntivo del quale nel corso del giudizio di
opposizione, sebbene richiesta, non sia stata sospesa la
provvisoria esecuzione, atteso che lo stesso non rientra
nella categoria di cui all'art. 194, comma 1, lett. a), del
D.lgs. 267/2000;
2. all'obbligo di riconoscere il debito fuori bilancio in
presenza di eventuale ordinanza di assegnazione emessa ai
sensi dell'art. 553 c.p.p.,» (recte: 553 c.p.c.) «in
favore del creditore che procede al pignoramento presso
terzi, sebbene l'ordinanza de qua, ancorché
presupponga la necessaria verifica da parte del Giudice
dell'esecuzione dell'esistenza del titolo esecutivo e della
correttezza della quantificazione del credito operata dal
creditore in precetto, non abbia alcuna attitudine ad
acquisire valore di cosa giudicata, in quanto il Giudice
dell'esecuzione non risolve una controversia nei modi della
cognizione con una decisione che fa stato tra le parti, ma
esaurisce il suo accertamento nell'ambito della procedura
esecutiva».
Si è chiesto, infine, «… di conoscere se l'attuale
assetto legislativo consente di non riconoscere il debito
secondo la procedura di cui all'art. 193 D.lgs. 267/2000, in
pendenza di giudizio di opposizione ex art. 645 c.p.p.,» (recte:
645 c.p.c.) «nel quale l'Ente potrebbe vedere riconosciute
le sue ragioni, senza arrecare danni patrimoniali all'Ente
locale».
...
L’art. 194 del D.lgs. n. 267/2000 (TUEL)
detta la disciplina regolante il riconoscimento della
legittimità dei debiti fuori bilancio, stabilendo che, in
occasione della deliberazione con cui l’Organo consiliare
effettua la ricognizione sullo stato di attuazione dei
programmi e verifica se permangono gli equilibri generali di
bilancio (art. 193, secondo comma, del TUEL), o con la
diversa periodicità prevista dai regolamenti di contabilità,
gli enti locali riconoscono la legittimità dei debiti fuori
bilancio derivanti, tra l’altro, dalle sentenze esecutive,
contemplate dalla lett. a) del primo comma del predetto art.
194.
Si osserva, preliminarmente, come il legislatore non
richieda che l’accertamento recato dalla sentenza sia
connotato dalla definitività del giudicato, visto che, in
conseguenza dell’ultima formulazione dell’art. 282 del
codice di procedura civile, le sentenze di primo grado sono
provvisoriamente esecutive.
Le disposizioni recate dal predetto art. 194 sono ritenute
di carattere eccezionale e, quindi, se non ammettono il
ricorso all’analogia, per ius receptum sono
suscettibili di intepretazione estensiva.
Alcuni recenti pareri resi dalle Sezioni regionali di
controllo della Corte dei conti ai sensi dell’art. 7, comma
8, della L. n. 131/2003 hanno espresso un orientamento, da
cui questo Collegio non ritiene doversi discostare, secondo
il quale la dizione “sentenze esecutive” possa
ricomprendere i provvedimenti giudiziari esecutivi da cui
derivino debiti pecuniari e, conseguentemente, i decreti
ingiuntivi esecutivi.
È stato evidenziato che ciò che pare «…
escludere decisamente l’ipotesi che il Legislatore abbia
voluto limitare l'applicazione della disposizione
eccezionale, di cui alla lett. a) dell’art. 194, alle sole
sentenze esecutive è il carattere garantistico del
procedimento solutorio previsto dalla norma de qua, in
quanto imperniato sulla presa di conoscenza, da parte
dell’Organo Consiliare dell’Ente locale, dell’esistenza
dell’obbligazione in questione e sulla rimodulazione, da
parte di detto Organo, delle previsioni di bilancio, quale
unica e tipica procedura per la riconduzione della spesa de
qua nell’alveo della contabilità dell’Ente.
In considerazione delle particolari caratteristiche di
trasparenza contabile cui … è informato il procedimento di
cui all’art. 194, non si ha, dunque, motivo di ipotizzare
-nell’assenza di specifiche disposizioni di legge- che il
Legislatore abbia inteso ancorare il pagamento di debiti
pecuniari derivanti da altri (rispetto alle sentenze
esecutive) provvedimenti giudiziari esecutivi -quali,
appunto, i decreti ingiuntivi- all’adozione di diversi
procedimenti giuscontabili, meno garantistici o comunque più
complessi e tortuosi; così come sarebbe decisamente
paradossale sospettare che il medesimo Legislatore abbia
voluto propiziare il rinvio della “solutio” ad altro
esercizio, viste le immancabili conseguenze che ne
deriverebbero in termini di inutili lungaggini e di
lievitazione della spesa, per effetto dell’instaurazione di
procedimenti esecutivi e, comunque, per la maturazione, nel
tempo, degli accessori di legge»
(parere n. 384/2011 del 26.07.2011 della Sez. reg. contr.
per la Campania; nello stesso senso cfr. la deliberazione n.
242/2013/PAR del 25.06.2013 della Sez. reg. contr. per
l’Emilia Romagna).
Ulteriori utili indicazioni possono trarsi dal Principio
contabile n. 2 per gli Enti locali, approvato
dall’Osservatorio per la finanza e la contabilità degli Enti
locali il 28.11.2008, nel quale, al punto 94, trovasi
sottolineata la obbligatorietà, ove sussistano i
presupposti, dell’adozione tempestiva della procedura di
riconoscimento «… onde evitare, la formazione di
ulteriori oneri aggiuntivi a carico dell’ente come eventuali
interessi o spese di giustizia». Allo stesso punto è
stato, peraltro, evidenziato che «La mancata tempestiva
adozione degli atti amministrativi necessari è astrattamente
idonea a generare responsabilità per funzionari e/o
amministratori».
Con riferimento all’ipotesi di cui alla lettera a) del primo
comma del predetto art. 194, poi, non sussistono, in capo al
Consiglio dell’ente, margini di discrezionalità nella
delimitazione della debitoria oggetto del riconoscimento.
Nel caso di debiti derivanti da sentenza esecutiva, infatti,
il significato del provvedimento del Consiglio non è quello
di riconoscere la legittimità del debito, il cui
accertamento è effettuato aliunde in quanto riservato
alla sede giurisdizionale, ma quello di
«ricondurre
al sistema di bilancio un fenomeno di rilevanza finanziaria
che è maturato all’esterno di esso» (punto 101).
Altra funzione della delibera consiliare
deve, in ogni caso, essere individuata nel «…
ruolo di accertamento delle cause che hanno originato
l’obbligo, con le consequenziali ed eventuali
responsabilità. Del resto, questa funzione di accertamento è
rafforzata dalla previsione dell’invio agli organi di
controllo e alla Procura regionale della Corte dei conti
(art. 23, comma 5, L. 289/02) delle
delibere in esame
(in tal senso, cfr. Corte dei conti, sez. contr. Lombardia,
1/2007)»
(parere n. 15/2013 del 31.01.2013 della Sez. reg. contr. per
la Campania).
Si consideri, d’altro canto, che il Comune non potrebbe, a
tutela delle proprie finanze, ritardare oltre i termini di
legge il pagamento di quanto ingiunto con formula esecutiva,
essendo allo stesso pagamento astretto dalla necessità di
rispettare l’ordine del giudice.
Infatti, «Nel caso di sentenza esecutiva
al fine di evitare il verificarsi di conseguenze dannose per
l’ente per il mancato pagamento nei termini previsti
decorrenti dalla notifica del titolo esecutivo, la
convocazione del Consiglio per l’adozione delle misure di
riequilibrio deve essere disposta immediatamente e in ogni
caso in tempo utile per effettuare il pagamento nei termini
di legge ed evitare la maturazione di oneri ulteriori a
carico del bilancio dell’ente»
(punto 103).
La necessità di regolarizzazione contabile, poi, diventa
ancor più stringente nell’ipotesi concernente pagamenti
effettuati direttamente dal Tesoriere a seguito di procedure
esecutive. In tal caso, infatti, «…l’ente deve
immediatamente provvedere al riconoscimento e finanziamento
del debito e alla regolarizzazione del pagamento avvenuto».
Ad ogni modo, «Tale procedura non costituisce …
impedimento all’attivazione delle azioni a tutela dell’ente»
(punto 95).
A tale ultimo scopo, comunque, sono rivolti anche i principi
derivanti dal punto 102, che ha stabilito quanto segue: «Il
riconoscimento della legittimità del debito fuori bilancio
derivante da sentenza esecutiva non costituisce acquiescenza
alla stessa e pertanto non esclude l’ammissibilità
dell’impugnazione. Il medesimo riconoscimento, pertanto,
deve essere accompagnato dalla riserva di ulteriori
impugnazioni ove possibili e opportune».
Al fine di assicurare la maggior tutela possibile alle casse
dell’Ente appare necessaria, in ogni caso, l’adozione da
parte dell’amministrazione comunale di tutte le possibili
misure idonee a garantire il recupero di quanto risultasse
non dovuto all’esito della definizione dei procedimenti
giurisdizionali pendenti.
Ovviamente, nel caso in cui l’esecutività della sentenza di
primo grado o la provvisoria esecutività del decreto
ingiuntivo opposto fossero sospese nel giudizio di appello o
di opposizione non sussisterebbe l’obbligo al riconoscimento
del debito fuori bilancio ai sensi della lett. a sopra
citata. In ogni caso, però, «… l’ente potrebbe
accantonare in via prudenziale e nel rispetto dei principi
di una sana e corretta gestione finanziaria, idonee risorse
atte a garantire la copertura del debito in caso di
eventuale soccombenza» (parere n. 15/2013 della Sez.
reg. controllo per la Campania).
Anche in tal caso, però, il Consiglio comunale dovrebbe
comunque verificare se, per il rapporto sostanziale sotteso
all’azione giudiziale, sussista la riconoscibilità sulla
base di altre ipotesi previste dal primo comma dell’art. 194
citato (ad esempio alla lett. e -che contempla
l’acquisizione di beni e servizi, in violazione degli
obblighi di cui ai commi 1, 2 e 3 dell'articolo 191 del TUEL,
nei limiti degli accertati e dimostrati utilità ed
arricchimento per l'ente, nell'ambito dell'espletamento di
pubbliche funzioni e servizi di competenza- sempre
ovviamente che non ricorra la fattispecie di cui al quarto
comma dell’art. 191 del TUEL, e quindi l’ingresso del debito
nella sfera patrimoniale dell’ente non possa verificarsi
perché il rapporto debba ritenersi instaurato tra il privato
fornitore e l'amministratore, funzionario o dipendente che
hanno consentito la fornitura o che, per le esecuzioni
reiterate o continuative, abbiano reso possibili le singole
prestazioni)
(Corte dei Conti, Sez. controllo Basilicata,
deliberazione 27.11.2013 n. 121). |
LAVORI PUBBLICI:
Parere - debiti fuori bilancio.
Il verificarsi di una mancata entrata,
che era stata precedentemente accertata, con conseguente
impegno della relativa spesa in conto capitale ed
aggiudicazione dei lavori, non costituisce un debito fuori
bilancio, ma determina la necessità di ripristinare
l’equilibrio finanziario del bilancio, adottando i
provvedimenti previsti dall’art. 193 Tuel.
---------------
Con nota n. 8416 in data 26.09.2013, trasmessa per
il tramite del Consiglio delle Autonomie (nota n.
30261/2013) e pervenuta in data 03.10.2013, il sindaco del
comune di Nole pone un quesito in materia di debiti fuori
bilancio.
Premesso che in data 18/12/2009 è stata stipulata una
convenzione con l’ASL T04 di Chivasso (TO) per la locazione
di un fabbricato di proprietà comunale con obbligo da parte
del comune di eseguire i lavori di ristrutturazione, il cui
costo, pari a complessivi € 1.400.000,00, sarebbe stato
parzialmente anticipato dall’ASL per € 933.000,00,
scomputandolo dal canone, e che dopo l’aggiudicazione dei
lavori l’ASL ha chiesto, a modifica della convenzione, la
riduzione degli spazi locati e la conseguente riduzione
proporzionale della quota del costo dei lavori di propria
competenza, riducendola a complessivi € 513.000,00,
l’amministrazione comunale chiede se il rifinanziamento dei
lavori, applicando l'avanzo di amministrazione per €
336.000,00, sia da considerarsi debito fuori bilancio ai
sensi dell’art. 194 del TUEL.
...
Com’è noto con il termine di “debito fuori bilancio”
si intende un’obbligazione verso terzi per il pagamento di
una determinata somma di denaro, assunta in violazione delle
norme giuscontabili che regolano i procedimenti di spesa
degli enti locali (Principio contabile n. 2, paragrafo
91). Si tratta di un fenomeno riconducibile al concetto di “sopravvenienza
passiva”, trattandosi di debiti sorti al di fuori
dell’impegno di spesa costituito secondo le prescrizioni
dell’art. 191 Tuel e in assenza di una specifica previsione
nel bilancio di esercizio in cui i debiti si manifestano.
L’art. 194 del individua le tipologie di debiti fuori
bilancio che è possibile riconoscere, imputando l’obbligo
insorto in capo all’ente, con l’adozione di apposita
deliberazione del Consiglio.
Il primo comma della suddetta norma così testualmente
dispone: "1. Con deliberazione consiliare di cui
all'articolo 193, comma 2, o con diversa periodicità
stabilita dai regolamenti di contabilità, gli enti locali
riconoscono la legittimità dei debiti fuori bilancio
derivanti da:
a) sentenze esecutive;
b) copertura di disavanzi di consorzi, di aziende speciali e
di istituzioni, nei limiti degli obblighi derivanti da
statuto, convenzione o atti costitutivi, purché sia stato
rispettato l'obbligo di pareggio del bilancio di cui
all'articolo 114 ed il disavanzo derivi da fatti di
gestione;
c) ricapitalizzazione, nei limiti e nelle forme previste dal
codice civile o da norme speciali, di società di capitali
costituite per l'esercizio di servizi pubblici locali;
d) procedure espropriative o di occupazione d'urgenza per
opere di pubblica utilità;
e) acquisizione di beni e servizi, in violazione degli
obblighi di cui ai commi 1, 2 e 3 dell'articolo 191, nei
limiti degli accertati e dimostrati utilità ed arricchimento
per l'ente, nell'àmbito dell'espletamento di pubbliche
funzioni e servizi di competenza.".
Secondo la costante giurisprudenza l’elencazione
contenuta nella predetta norma ha carattere tassativo,
sicché non è possibile riconoscere debiti fuori bilancio che
non rientrano nelle tipologie individuate (ex multis
delibera 314/2012 di questa sezione e precedenti ivi
richiamati).
Con riferimento al caso di specie, fermo restando che
questa Sezione non può che limitarsi all’esame degli aspetti
contabili e ad indicazioni di carattere generale, rimanendo
riservate alla esclusiva competenza dell’Amministrazione le
valutazioni e le decisioni del caso concreto, si osserva
che, secondo quanto riferito, al momento dell’aggiudicazione
i lavori erano stati regolarmente finanziati ed era stato
previsto in bilancio il relativo stanziamento.
Pertanto, la Sezione ritiene che non si tratti di un
debito fuori bilancio, ma del verificarsi di una mancata
entrata, che era stata precedentemente accertata, con la
conseguente necessità di ripristinare l’equilibrio
finanziario del bilancio, adottando i provvedimenti previsti
dall’art. 193 Tuel (Corte dei
Conti, Sez. controllo Piemonte,
parere
12.11.2013 n. 383). |
LAVORI PUBBLICI:
Enti locali - Debiti fuori bilancio - Spese di “somma
urgenza” - Competenze della Giunta - Attivazione della
procedura di riconoscimento dei debiti fuori bilancio ex
art. 194 - Rinvio alla sola forma dell’atto - Limiti degli
“accertati e dimostrati utilità e arricchimento per l’ente”
- Insussistenza.
Per i lavori di
“somma urgenza” ex art. 191, co. 3, del Tuel il rinvio
all’art. 194 va riferito alla mera forma dell’atto e alla
competenza del consiglio.
La Corte dei conti, sez. reg. controllo per il Piemonte, in
risposta a un quesito posto dal Presidente della provincia,
ha espresso un parere in merito alle spese “di somma
urgenza” di cui all’art. 191 del Tuel, con particolare
riferimento alle competenze in tal senso in seno alla
Giunta.
L’art. 191 del Tuel dispone le regole che gli enti locali
devono rispettare per l’assunzione di impegni e per
l’effettuazione di spese.
Al primo comma della norma richiamata è stata prevista la
procedura ordinaria, in base alla quale gli enti locali
possono effettuare spese solo qualora sussista l’impegno
contabile registrato sul competente intervento o capitolo di
bilancio di previsione e l’attestazione della copertura
finanziaria di cui all’articolo 153, comma 5. Solo dopo aver
conseguito l’esecutività del provvedimento di spesa il
responsabile del servizio comunica al terzo interessato
l’impegno e la copertura finanziaria, ovvero contestualmente
all’ordinazione della prestazione. Il successivo terzo comma
predispone invece una procedura speciale da adottare qualora
sussistano delle circostanze che richiedano un intervento
immediato a tutela di interessi primari.
In quanto derogatoria alla disciplina ordinaria, la diversa
procedura di cui al terzo comma dell’art. 191 del Tuel va
applicata restrittivamente e deve, in ogni caso, essere
seguita da una rigorosa regolarizzazione che riconduca tale
spesa “anomala” nell’ambito della contabilità
ordinaria dell’ente.
La ratio della norma va individuata nella volontà del
legislatore di “consentire una deroga alla procedura
ordinaria non ogni qualvolta vi siano lavori di somma
urgenza ma solo allorquando non vi siano difatti,
sufficienti fondi a tal fine stanziati” (cfr. sez.
contr. Liguria, deliberazioni n. 12/2013 e n. 22/2013).
Di conseguenza, il dirigente responsabile del centro di
costo su cui deve gravare la specifica spesa deve
preliminarmente verificare la presenza in bilancio di
risorse disponibili da utilizzare per i lavori di somma
urgenza. In caso di esito positivo, lo stesso deve quindi
predisporre la determinazione dirigenziale per l’assunzione
dell’impegno dei fondi.
Qualora invece venga appurata, in tutto o anche
parzialmente, l’indisponibilità di tali fondi nelle risorse
in bilancio, il dirigente deve predisporre una proposta di
deliberazione di riconoscimento della legittimità del debito
fuori bilancio ex art. 194, comma 1, lett. e), del Tuel, nei
limiti delle accertate necessità per la rimozione dello
stato di pregiudizio all’incolumità pubblica, sottoponendo
tale delibera alla Giunta. L’organo esecutivo a sua volta,
in base alla nuova formulazione dell’art. 191 del Tuel (così
come modificato dall’art. 3, comma 1, lett. i), del Dl n.
174 del 10.10.2012, conv. con modificazioni, nella legge n.
213 del 07.12.2012) deve attivare la procedura di
riconoscimento dei debiti fuori bilancio ex art. 194 di
competenza dell’Organo consiliare entro il termine breve
indicato dalla norma.
“Che poi tali fondi vadano reperiti ex novo o possano
trovarsi all’interno del bilancio dell’ente non interessa al
fine della corretta applicazione della norma. Altro non farà
l’ente, in sede di riconoscimento del debito, se non quello
che è già previsto dagli artt. 175 (Variazioni al bilancio
di previsione e al piano esecutivo di gestione) e 193
(Salvaguardia degli equilibri di bilancio) del Tuel”
(cfr. sez. contr. Liguria, sopra cit.). La regolarizzazione
delle spese di “somma urgenza” senza attivare la procedura
di riconoscimento dei debiti fuori bilancio può pertanto
essere disposta in tutti i casi in cui esistono stanziamenti
in bilancio (anche ordinari) sufficientemente capienti
all’effettuazione della spesa di somma urgenza.
Qualora tali fondi non sussistano invece, la Giunta su
proposta del responsabile del procedimento attiva la
procedura di riconoscimento dei debiti fuori bilancio di
competenza consiliare.
A parere della Corte, il rinvio all’art. 194 del Tuel deve
ritenersi riferito alle mera forma dell’atto e alla
competenza del Consiglio e pertanto, in tali circostanze, in
nessun caso deve operare per il riconoscimento della spesa
il limite “degli accertati e dimostrati utilità e
arricchimento per l’ente” (Corte dei Conti, Sez.
controllo Piemonte,
parere 24.10.2013
n. 360 -
commento tratto da Diritto e Pratica Amministrativa n.
1/2014). |
APPALTI:
In materia di regolarizzazione delle spese di "somma
urgenza" e di debiti fuori bilancio.
La regolarizzazione delle spese “di somma urgenza”
senza attivare la procedura di riconoscimento dei debiti
fuori bilancio può essere disposta in tutti i casi in cui
esistono stanziamenti in bilancio (anche ordinari)
sufficientemente capienti all’effettuazione della spesa di
somma urgenza.
Nel caso in cui non vi siano idonei stanziamenti in
bilancio, la Giunta, su proposta del responsabile del
procedimento, attiva la procedura di riconoscimento dei
debiti fuori bilancio di competenza consiliare.
Il rinvio all’art. 194 TUEL è da intendersi unicamente
riferito alla forma dell’atto e alla competenza dell’Organo
(Consiglio) e quindi si ritiene che in nessun caso debba
operare, per il riconoscimento della spesa, il limite “degli
accertati e dimostrati utilità ed arricchimento per l’Ente”.
---------------
Con la nota indicata in epigrafe il Presidente della
Provincia di Torino chiede:
1) se, ai sensi dell’art. 191 TUEL la regolarizzazione delle
spese “di somma urgenza” possa essere disposta dalla Giunta
solo ed esclusivamente nelle ipotesi di stanziamenti
appositamente intestati a tale finalità;
2) se, invece, la competenza dell’esecutivo si possa
ritenere radicata anche nell’ipotesi di ricorso agli
ordinari stanziamenti di bilancio per la manutenzione
ordinaria o straordinaria purché preesistenti, anche in
ordine alla capienza, all’effettuazione della spesa
regolarizzata;
3) se le regolarizzazioni di che trattasi costituiscono,
sempre, debito fuori bilancio anche quando allocate sugli
ordinari stanziamenti di bilancio o solo nell’ipotesi di
competenza consiliare;
4) se, pertanto, le regolarizzazioni attuate con
provvedimento dell’esecutivo siano indenni dall’onere del
riconoscimento solo nei limiti dell’utilità conseguita;
5) se, in sede di prima applicazione della norma, le
regolarizzazioni effettuate con deliberazione consiliare,
anche quando potevano esserlo con provvedimento di giunta,
possano essere ugualmente escluse dall’assimilazione ai
debiti fuori bilancio facendo prevalere considerazioni di
ordine sostanziale rispetto a quelle di ordine formale.
...
L’art. 191, comma 3, del TUEL, nel testo modificato dal
D.L. n. 174/2012, convertito nella L. n. 213/2012 così
dispone:
“Per i lavori pubblici di somma urgenza, cagionati dal
verificarsi di un evento eccezionale o imprevedibile, la
Giunta, qualora i fondi specificamente previsti in bilancio
si dimostrino insufficienti, entro venti giorni
dall'ordinazione fatta a terzi, su proposta del responsabile
del procedimento, sottopone al Consiglio il provvedimento di
riconoscimento della spesa con le modalità previste
dall'articolo 194, comma 1, lettera e), prevedendo la
relativa copertura finanziaria nei limiti delle accertate
necessità per la rimozione dello stato di pregiudizio alla
pubblica incolumità. Il provvedimento di riconoscimento è
adottato entro 30 giorni dalla data di deliberazione della
proposta da parte della Giunta, e comunque entro il 31
dicembre dell'anno in corso se a tale data non sia scaduto
il predetto termine. La comunicazione al terzo interessato è
data contestualmente all'adozione della deliberazione
consiliare”.
Nella relazione illustrativa della nuova norma, come
innovata dall’art. 3, comma 1, lett. i) del D.L. n.
174/2012, come convertito nella L. n. 213/2012, si evidenzia
che “si prevede una maggiore responsabilizzazione degli
organi di governo per l’effettuazione di lavori pubblici di
somma urgenza, cagionati dal verificarsi di un evento
eccezionale o imprevedibile. La norma mira, infatti, a
ricondurre al sistema di bilancio le spese effettuate con
procedure non tipiche in considerazione dell’urgenza di
realizzare gli interventi eccezionali ed imprevedibili”.
In effetti, l’art. 191, comma 3, del TUEL nel testo
antecedente alla novella del 2012 prevedeva unicamente che
“per i lavori di somma urgenza cagionati dal verificarsi di
un evento eccezionale od imprevedibile, l’ordinazione fatta
a terzi è regolarizzata, a pena di decadenza entro trenta
giorni e comunque entro il 31 dicembre dell’anno in corso se
a tale data non sia scaduto il predetto termine. La
comunicazione al terzo interessato è data contestualmente
alla regolarizzazione.”
Immutato invece è rimasto il tenore del comma 4 dell’art.
191 TUEL che prevede:
“Comma 4. Nel caso in cui vi è stata l'acquisizione di beni
e servizi in violazione dell'obbligo indicato nei commi 1, 2
e 3, il rapporto obbligatorio intercorre, ai fini della
controprestazione e per la parte non riconoscibile ai sensi
dell'articolo 194, comma 1, lettera e), tra il privato
fornitore e l'amministratore, funzionario o dipendente che
hanno consentito la fornitura. Per le esecuzioni reiterate o
continuative detto effetto si estende a coloro che hanno
reso possibili le singole prestazioni”.
Come noto, l'art. 191 TUEL fissa le "Regole per l'assunzione
di impegni e per l'effettuazione di spese".
Il primo comma dell’articolo individua l'ordinaria procedura
di spesa per cui l'Ente può attivarsi solo se sussiste
l'impegno contabile registrato sul competente intervento o
capitolo del bilancio di previsione e l'attestazione della
copertura finanziaria di cui all'articolo 153, comma 5. Solo
dopo il responsabile del servizio, conseguita l'esecutività
del provvedimento di spesa, comunica al terzo interessato
l'impegno e la copertura finanziaria, contestualmente
all'ordinazione della prestazione.
Se questa, come detto, è la procedura ordinaria, il comma 3
dell’art. 191 risulta essere una deroga alla disciplina
ordinaria, una sorta di "autorizzazione" da parte del
legislatore a diversamente procedere in presenza di
situazioni che richiedono un intervento immediato (somma
urgenza) a tutela di interessi primari.
Tuttavia, proprio perché si tratta di una procedura
derogatoria a quella ordinaria di spesa, deve essere
applicata in maniera restrittiva e deve, in ogni caso,
essere seguita da una rigorosa “regolarizzazione” a
posteriori, che riconduca tale spesa anomala nell’ambito
della contabilità ordinaria dell’Ente.
Nell’ambito della disciplina antecedente al D.L. n.
174/2012, la norma contenuta nel comma 3 dell’art. 191 TUEL,
nello stabilire che, per i lavori di somma urgenza,
l'ordinazione fatta a terzi andava regolarizzata dall'Ente
locale improrogabilmente entro 30 giorni -e, comunque,
entro la fine dell'esercizio, a pena di decadenza-, serviva
ad evitare che, alla fine di ciascun esercizio
s'accumulassero ordinativi di pagamento per lavori di somma
urgenza che, non trovando debita copertura finanziaria, si
trasformavano in debiti fuori bilancio (cfr. in tal senso
Cass. n. 20763/2009; Cons. Stato, Sez. 5, 23/04/2001, n.
2419).
Nell’ambito di questa logica normativa ancora attuale, la
finalità della novella legislativa del 2012 sembra essere
quella di responsabilizzare maggiormente gli organi di
governo dell’Ente.
Come già evidenziato da questa Corte, “appare chiara la
volontà del legislatore di consentire una deroga alla
procedura ordinaria non ogni qualvolta vi siano lavori di
somma urgenza ma solo allorquando non vi siano difatti,
sufficienti fondi a tal fine stanziati. In tale circostanza,
non è possibile per l'Ente procedere all'impegno di somme
sul competente capitolo o intervento di bilancio in quanto,
appunto perché fondi non ve ne sono o non sono sufficienti"
(Sez. controllo Liguria, deliberaz. n. 12/2013 e n.
22/2013).
Pertanto,
il dirigente responsabile del centro di costo su
cui deve essere fatta gravare la spesa deve procedere a
verificare la presenza in bilancio di risorse disponibili da
utilizzare per i lavori di somma urgenza e, nel caso di
esito positivo, deve predisporre la determinazione
dirigenziale per l’assunzione dell’impegno dei fondi.
Nell’ipotesi, invece, in cui venga appurata
l’indisponibilità, in toto o in quota parte, delle risorse
in bilancio, il dirigente responsabile del centro di costo
deve predisporre una proposta di deliberazione di
riconoscimento della legittimità del debito fuori bilancio
ex art. 194, comma 1, lett. e), del TUEL, nei limiti delle
accertate necessità per la rimozione dello stato di
pregiudizio alla pubblica incolumità, sottoponendo tale
delibera alla Giunta, la quale, in base al nuovo dettato
dell’art. 191 TUEL, deve attivare la procedura di
riconoscimento dei debiti fuori bilancio ex art. 194 di
competenza dell’Organo consiliare entro il termine breve
indicato dalla norma.
“Che poi tali fondi vadano reperiti ex novo o possano
trovarsi all'interno del bilancio dell'Ente non interessa al
fine della corretta applicazione della norma. Altro non farà
l'Ente, in sede di riconoscimento del debito, se non quello
che è già previsto dagli artt. 175 (Variazioni al bilancio
di previsione ed al piano esecutivo di gestione) e 193
(Salvaguardia degli equilibri di bilancio) del TUEL”
(Sez.
controllo Liguria, deliberaz. n. 12/2013 e n. 22/2013).
Si ritiene, pertanto, che ai quesiti posti
dall’Amministrazione provinciale possano essere date le
seguenti risposte:
- la regolarizzazione delle spese “di somma urgenza” senza
attivare la procedura di riconoscimento dei debiti fuori
bilancio può essere disposta in tutti i casi in cui esistono
stanziamenti in bilancio (anche ordinari) sufficientemente
capienti all’effettuazione della spesa di somma urgenza;
- nel caso in cui non vi siano idonei stanziamenti in
bilancio, la Giunta, su proposta del responsabile del
procedimento, attiva la procedura di riconoscimento dei
debiti fuori bilancio di competenza consiliare;
- il rinvio all’art. 194 TUEL è da intendersi unicamente
riferito alla forma dell’atto e alla competenza dell’Organo
(Consiglio) e quindi si ritiene che in nessun caso debba
operare, per il riconoscimento della spesa, il limite “degli
accertati e dimostrati utilità ed arricchimento per l’Ente”
(Corte dei Conti, Sez. controllo Piemonte,
parere 24.10.2013 n. 360). |
INCARICHI PROFESSIONALI:
Il maggior onere finanziario che l’ente
locale deve sostenere per il pagamento, a saldo, di parcelle
di avvocati esterni che hanno assunto il patrocinio
dell’ente in un giudizio non costituisce una fattispecie di
debito fuori bilancio, ex art. 191, lett. e), TUEL, tutte le
volte in cui, essendoci la capienza del capitolo di bilancio
relativo al pagamento delle spese legali, possa essere
disposta una integrazione dell’originario atto di impegno
registrato nel momento di conferimento dell’incarico
professionale.
---------------
Il Sindaco del Comune di Parma ha formulato alla Sezione una
richiesta di parere con la quale intende conoscere quale
sia il corretto procedimento di natura contabile da seguire
per poter assumere il maggior onere finanziario relativo al
pagamento, a saldo, delle parcelle di avvocati esterni
incaricati della difesa giudiziale dell’Ente originato,
rispetto alle previsioni iniziali, da imprevedibili
complessità e peculiarità del giudizio penale.
In particolare, vengono posti i seguenti quesiti:
1) “se, in ipotesi di inadeguata previsione di spesa
da parte di un professionista incaricato della difesa
dell’Ente –motivata dalla difficoltà di apprezzamento “a
priori” delle prestazioni richieste, in ragione della
peculiarità, complessità ed imprevedibilità del giudizio
penale– la richiesta di pagamento della somma residua “non
impegnata” costituisca -una volta intervenuta la sentenza
che definisce il giudizio– un debito fuori bilancio”;
2) "se, diversamente, in caso di capienza del capitolo
destinato al pagamento delle spese legali, sia possibile
procedere all’impegno della somma residua richiesta dal
professionista a titolo di saldo parcella -quest’ultima
regolarmente opinata dall’ordine forense-, facendola
gravare, con determinazione dirigenziale di liquidazione, su
esercizio finanziario successivo rispetto a quello in cui
l’incarico si sia concluso”.
...
Ai fini della soluzione del quesito posto occorre
preliminarmente richiamare la deliberazione n. 311/2012/PAR
nella quale questa Sezione si è ampiamente occupata del
rapporto tra la procedura contabile “ordinaria” per
l’assunzione di spese che gravano sui bilanci degli enti
locali e la procedura per il riconoscimento dei cd. debiti
fuori bilancio.
In tale pronuncia la Sezione ha rilevato, che gli enti
locali, al pari di tutte le altre pubbliche amministrazioni,
per poter legittimamente assumere a carico del proprio
bilancio obbligazione giuridiche nei confronti dei terzi,
devono seguire una procedura, articolata in più fasi,
prevista e disciplinata negli articoli 182-185 e 191 TUEL.
Tale ultima disposizione, al comma 1, stabilisce che gli
enti locali possono effettuare spese solo a seguito
dell’assunzione, da parte del responsabile del servizio
finanziario, dell’atto di impegno da registrarsi sul
pertinente intervento o capitolo di bilancio, munito
dell’attestazione della relativa copertura finanziaria.
Il rispetto di tale procedura, oltre a garantire l’obbligo
della copertura finanziaria degli atti da cui derivano
impegni di spesa e la salvaguardia degli equilibri di
bilancio, consente di evitare la formazione di debiti
originati in via extracontabile.
Pur tuttavia, qualora vengano in essere obbligazioni
giuridiche al di fuori della descritta procedura ordinaria,
l’ordinamento giuscontabile prevede, comunque, la
possibilità di ricondurle nella contabilità ordinaria
dell’ente, purché si tratti di obbligazioni rientranti nelle
fattispecie tassativamente elencate nell’articolo 191 TUEL e
purché venga adottato un atto di riconoscimento del debito
da parte dell’organo consiliare.
Ciò premesso, la Sezione rileva che, in
ossequio ai principi di prudenza e di sana gestione
finanziaria, nel momento in cui l’ente locale assume
obbligazioni giuridiche nei confronti dei terzi deve,
contestualmente, procedere a determinare, secondo la stima
più precisa possibile, le somme da corrispondere al fine di
poter adottare i relativi atti della procedura contabile,
evitando la formazione di debiti che si originano con una
procedura extracontabile.
Per le ipotesi di assunzione di atti di
impegno derivanti da contratti di prestazione d’opera
intellettuale si richiama il principio contabile n. 2, cpv.
108, del Testo approvato dall’Osservatorio del Ministero
dell’Interno il 12.03.2008, ai sensi del quale <l’ente
deve determinare compiutamente, anche in fasi successive
temporalmente, l’ammontare del compenso (esempio gli
incarichi per assistenza legale) al fine di evitare la
maturazione di oneri a carico del bilancio non coperti
dall’impegno di spesa inizialmente assunto. Il regolamento
di contabilità dell’ente potrà disciplinare l’assunzione di
ulteriore impegno, per spese eccedenti l’impegno originario,
dovute a cause sopravvenute ed imprevedibili>.
Ne deriva, pertanto, che è onere dell’ente
trovare, nel momento del conferimento dell’incarico
professionale, la copertura finanziaria della spesa per gli
onorari da pagare quale compenso per la prestazione resa che
tenga conto non solo degli acconti, ma anche del saldo in
modo da coprire la spesa complessiva e nella sua interezza.
Ciò nonostante nell’ipotesi in cui vi sia
uno scostamento tra la previsione di spesa iniziale
(ricompresa nel formale atto di impegno) e quella finale, il
cui superiore ammontare sia derivato,
nella specie, da fatti sopravvenuti ed
imprevedibili, quali la peculiarità, complessità e
imprevedibilità del giudizio penale, questa Sezione,
in conformità all’orientamento già formatosi presso altre
Sezioni regionali di controllo (cfr. Sez. Lombardia,
deliberazioni nn. 19/2009/PAR e 441/2012/PAR; Sez. Campania,
deliberazione n. 9/2007; Sez. Sardegna deliberazione n.
2/2007), ritiene che il maggior onere di
imprevedibile quantificazione debba essere coperto
integrando l’originario atto di impegno di spesa, poiché è
necessario solo aumentare l’importo delle somme da
corrispondere al professionista, restando invariati il
titolo giuridico e gli altri elementi dell’obbligazione
assunta dall’Ente (atto di conferimento dell’incarico
professionale, soggetto creditore).
Si rileva, infine, che, pur potendo il
conferimento di incarichi di natura professionale
astrattamente rientrare nell’ipotesi di cui alla lettera e)
all’articolo 191 TUEL, in quanto trattasi di acquisizione di
un servizio, ritiene la Sezione che non sia necessario
utilizzare la procedura di riconoscimento di debito fuori
bilancio nell’ipotesi,
quale quella in esame, nei limiti
dell’ipotesi di maggiori oneri di imprevedibile
quantificazione, poiché l’incarico era stato regolarmente
conferito ed il relativo impegno era stato assunto secondo
la ordinaria procedura di spesa di cui all’art. 183 TUEL,
seppur con un importo inferiore rispetto a quello necessario
a soddisfare interamente la pretesa creditoria del
professionista esterno.
Il presente parere ed i principi in esso espressi vengono
resi dalla Sezione prescindendo dalla verifica, rimessa
all’amministrazione istante, del rispetto della procedura di
conferimento dell’incarico professionale, della valutazione
circa la convenienza e congruità del compenso pattuito,
nonché delle ragioni che non hanno consentito
l’utilizzazione di risorse interne all’amministrazione
(Corte dei Conti, Sez. controllo Emilia Romagna,
parere 25.07.2013 n.
256). |
APPALTI FORNITURE:
La distinzione tra passività pregresse e debiti fuori
bilancio. La corretta imputazione contabile.
La corretta modalità di
contabilizzazione di debiti per fornitura di energia
elettrica relativo a conguagli per il consumo di energia
elettrica in esercizi finanziari differenti, è per
competenza finanziaria riferibile solo all’anno delle
liquidazione degli importi.
Pertanto l’imputazione al bilancio non può che avvenire
nell’anno della comunicazione della fattura con la procedura
ordinaria di spesa (art. 191 T.U.E.L.) e, in caso di
incapienza dei capitoli, l’ente avrebbe dovuto effettuare
necessarie variazioni di bilancio, sotto il controllo e il
giudizio dell’organo deputato ad autorizzare e controllare
la spesa, vale a dire il Consiglio comunale.
Nel caso in cui, invece, al pervenimento della fattura non
sia seguito nello stesso anno regolare impegno e correlativa
formazione di residui per gli anni successivi, esso
costituirà debito fuori bilancio, riconoscibile nei termini
e alle condizioni di cui all’art. 194 TUEL.
---------------
Il procedimento di riconoscimento del debito fuori bilancio
è lo strumento giuridico per riportare un’obbligazione
giuridicamente perfezionata ed esistente, all’interno della
sfera patrimoniale dell’ente, ricongiungendo debito e
volontà amministrativa sul piano dell’adempimento.
Il procedimento mira, da un lato, a consentire al Consiglio
di vagliare la legittimità del titolo medesimo (in termini
di “pertinenza”, cioè inerenza alle competenze di legge
attribuite all’ente, e di “continenza”, vale a dire, di
esercizio delle stesse in modo conforme all’ordinamento) e
di sussistenza/reperimento dei mezzi di copertura (procedura
ex art. 194 TUEL).
La funzione di tale procedura è quella di consentire a
debiti sorti al di fuori della legittima procedura di spesa
e di stanziamento di rientrare nella contabilità dell’ente.
Accanto a quelli definibili tecnicamente “debiti fuori
bilancio”, si collocano le c.d. “passività pregresse” o
arretrate, spese che, a differenze dei primi, riguardano
debiti per cui si è proceduto a regolare impegno
(amministrativo, ai sensi dell’art. 183 TUEL) ma che, per
fatti non prevedibili, di norma collegati alla natura della
prestazione, hanno dato luogo ad un debito in assenza di
copertura (mancanza o insufficienza dell’impegno contabile
ai sensi dell’art. 191 TUEL).
Proprio perché la passività pregressa si pone all’interno di
una regolare procedura di spesa, esula dalla fenomenologia
del debito fuori bilancio e costituiscono, invero, debiti la
cui competenza finanziaria è riferibile all’esercizio di
loro manifestazione. In tali casi, lo strumento
procedimentale di spesa è costituito dalla procedura
ordinaria di spesa (art. 191 TUEL), accompagnata dalla
eventuale variazione di bilancio necessaria a reperire le
risorse ove queste siano insufficienti (art. 193 TUEL).
---------------
In contabilità finanziaria, un debito rileva nella misura in
cui esso è certo, liquido e esigibile. Detto in altri
termini, è assai frequente che vi sia un disallineamento tra
esistenza giuridica e rilevanza contabile di un debito. Un
debito, infatti, assume rilevanza contabile solo se sono
venute a maturazione tutte le condizioni per il suo
adempimento pecuniario, in particolare se il debito è
“certo” (non contestato nell’an e/o nel quantum), liquidato
o di pronta liquidazione (cioè è stato determinato nel suo
ammontare) ed è esigibile (scadenza del termine). Solo la
concorrenza di queste condizioni radica la “competenza
finanziaria”.
In presenza di tali condizioni è possibile attivare
l’ordinaria procedura di spesa (adozione del provvedimento
amministrativo; assunzione dell’impegno di spesa; presenza e
attestazione della copertura finanziaria; cfr. l’art. 191
T.U.E.L.), nei limiti degli stanziamenti autorizzati. Tale
procedura di spesa consente non solo di dare rilevanza nel
bilancio al debito, ma costituisce il titolo per
l’imputazione istituzionale del debito.
Ciò comporta, altresì, che il tempo dell’esistenza giuridica
di una posta passiva, della manifestazione finanziaria
(competenza finanziaria) e quello della competenza economica
tendono a disallinearsi, vale a dire l’imputazione temporale
di un costo è di norma diversa da quella che caratterizza
l’esigibilità del credito da parte del creditore.
La competenza finanziaria, infatti, va tenuta radicalmente
distinta dalla competenza economica, secondo cui un debito
non è rilevante in base alla sua dimensione di “spesa” (cioè
l’essersi un debito manifestato finanziariamente, in quanto
liquidabile ed esigibile) ma di “costo” (debito, anche di
valore e non solo di valuta, sostenuto per l’acquisto dei
fattori produttivi che hanno sostenuto il ciclo annuale di
produzione). Detto in altri termini, a livello contabile, un
debito può avere una competenza annuale (economica)
disallineata rispetto alla sua manifestazione finanziaria
(competenza finanziaria), che può essere anteriore o
successiva.
---------------
Il comune in epigrafe ha avanzato una richiesta di parere
concernente la disciplina del riconoscimento di debiti fuori
bilancio ai sensi del D.lgs. 267/2000, testo unico degli
enti locali (TUEL), con riferimento alla qualificazione di
debiti per la fornitura di energia elettrica, liquidati a
conguaglio dal fornitore nell’anno corrente ma riferiti ad
anni precedenti.
Segnatamente, l’ente chiede quale sia la corretta procedura
d’imputazione a bilancio di fatture che riguardano conguagli
relativi a consumi di anni precedenti (per un importo
complessivo di € 34.502,73) dal 2008 al 2012, con le
seguenti date e importi:
- fattura del 16.03.2012 per € 10.896,06;
- fattura del 16.01.2013 per € 18.622,73;
- fattura del 28.09.2012 per € 4.983,94.
Il Sindaco pone questione circa il trattamento contabile
di debiti sorti e quindi sulla corretta procedura di
imputazione a bilancio, in particolare chiede di sapere se
le stesse fatture integrino passività pregresse ovvero
debiti fuori bilancio da riconoscere ai sensi dell’art. 194
TUEL.
...
1. Il Comune intende conoscere quale sia la corretta
modalità di contabilizzazione di debiti per fornitura di
energia elettrica che, in termini di competenza economica, è
riferibile ad esercizi precedenti, ma che, in termini di
competenza finanziaria, si sono manifestati solo
nell’esercizio in corso e in quello precedente, mediante la
liquidazione, in fattura di conguaglio, degli importi
dovuti.
Si deve ricordare che, il procedimento di
riconoscimento del debito fuori bilancio è lo strumento
giuridico per riportare un’obbligazione giuridicamente
perfezionata ed esistente, all’interno della sfera
patrimoniale dell’ente, ricongiungendo debito e volontà
amministrativa sul piano dell’adempimento. Il procedimento
mira, da un lato, a consentire al Consiglio di vagliare la
legittimità del titolo medesimo (in termini di “pertinenza”,
cioè inerenza alle competenze di legge attribuite all’ente,
e di “continenza”, vale a dire, di esercizio delle
stesse in modo conforme all’ordinamento) e di
sussistenza/reperimento dei mezzi di copertura (procedura ex
art. 194 TUEL). La funzione di tale procedura è quella di
consentire a debiti sorti al di fuori della legittima
procedura di spesa e di stanziamento di rientrare nella
contabilità dell’ente.
Accanto a quelli definibili tecnicamente “debiti fuori
bilancio”, si collocano le c.d. “passività pregresse”
o arretrate, spese che, a differenze dei primi, riguardano
debiti per cui si è proceduto a regolare impegno
(amministrativo, ai sensi dell’art. 183 TUEL) ma che, per
fatti non prevedibili, di norma collegati alla natura della
prestazione, hanno dato luogo ad un debito in assenza di
copertura (mancanza o insufficienza dell’impegno contabile
ai sensi dell’art. 191 TUEL).
Proprio perché la passività pregressa si pone all’interno di
una regolare procedura di spesa, esula dalla fenomenologia
del debito fuori bilancio (cfr., in proposito, la recente
deliberazione di questa Sezione in merito al caso delle
prestazioni professionali, n. 441/2012/PAR) e costituiscono,
invero, debiti la cui competenza finanziaria è riferibile
all’esercizio di loro manifestazione. In tali casi, lo
strumento procedimentale di spesa è costituito dalla
procedura ordinaria di spesa (art. 191 TUEL), accompagnata
dalla eventuale variazione di bilancio necessaria a reperire
le risorse ove queste siano insufficienti (art. 193 TUEL).
2. Tanto premesso circa la funzione e l’effetto della
procedura di riconoscimento e alla distinzione della
fenomenologia delle passività pregresse e dei debiti fuori
bilancio, per rispondere al quesito qui posto è opportuno
rammentare i criteri attraverso cui, in contabilità
finanziaria, i debiti assumono rilevanza e vanno imputati ai
bilanci degli enti pubblici.
In base al principio dell’annualità, i documenti di bilancio
devono rappresentare, a cadenza annuale, fatti che
finanziariamente si riferiscano ad un periodo di gestione
coincidente con l’esercizio finanziario, in modo che siano
rese evidenti tutte le poste di entrata e di spesa che
afferiscono in termini sostanziali al corso dell’anno di
riferimento. Solo così il bilancio potrà servire
correttamente alla sua funzionalità di controllo, sia in
chiave autorizzatoria (bilancio di previsione) che ispettiva
(rendiconto).
Si deve rammentare, infatti, che in
contabilità finanziaria, un debito rileva nella misura in
cui esso è certo, liquido e esigibile. Detto in altri
termini, è assai frequente che vi sia un disallineamento tra
esistenza giuridica e rilevanza contabile di un debito. Un
debito, infatti, assume rilevanza contabile solo se sono
venute a maturazione tutte le condizioni per il suo
adempimento pecuniario, in particolare se il debito è “certo”
(non contestato nell’an e/o nel quantum),
liquidato o di pronta liquidazione (cioè è stato determinato
nel suo ammontare) ed è esigibile (scadenza del termine).
Solo la concorrenza di queste condizioni radica la “competenza
finanziaria”.
In presenza di tali condizioni è possibile
attivare l’ordinaria procedura di spesa (adozione del
provvedimento amministrativo; assunzione dell’impegno di
spesa; presenza e attestazione della copertura finanziaria;
cfr. l’art. 191 T.U.E.L.), nei limiti degli stanziamenti
autorizzati. Tale procedura di spesa consente non solo di
dare rilevanza nel bilancio al debito, ma costituisce il
titolo per l’imputazione istituzionale del debito.
Ciò comporta, altresì, che il tempo dell’esistenza giuridica
di una posta passiva, della manifestazione finanziaria
(competenza finanziaria) e quello della competenza economica
tendono a disallinearsi, vale a dire l’imputazione temporale
di un costo è di norma diversa da quella che caratterizza
l’esigibilità del credito da parte del creditore.
La competenza finanziaria, infatti, va tenuta radicalmente
distinta dalla competenza economica, secondo cui un debito
non è rilevante in base alla sua dimensione di “spesa”
(cioè l’essersi un debito manifestato finanziariamente, in
quanto liquidabile ed esigibile) ma di “costo”
(debito, anche di valore e non solo di valuta, sostenuto per
l’acquisto dei fattori produttivi che hanno sostenuto il
ciclo annuale di produzione). Detto in altri termini, a
livello contabile, un debito può avere una competenza
annuale (economica) disallineata rispetto alla sua
manifestazione finanziaria (competenza finanziaria), che può
essere anteriore o successiva.
3. Tanto premesso, quando nell’anno di
competenza finanziaria non è stata attivata la procedura di
spesa ordinaria, l’unico modo di riportare il debito nella
contabilità dell’ente (con effetto vincolante per l’ente) è
la procedura ex art. 194 T.U.E.L, peraltro, ammessa nei casi
eccezionali ivi tipicamente indicati.
Orbene, appare evidente che il debito in
questione, relativo a conguagli per il consumo di energia
elettrica in esercizi finanziari differenti, è per
competenza finanziaria riferibile solo all’anno delle
liquidazione degli importi; pertanto l’imputazione al
bilancio non poteva che avvenire nell’anno della
comunicazione della fattura con la procedura ordinaria di
spesa (art. 191 T.U.E.L.) e, in caso di incapienza dei
capitoli, l’ente avrebbe dovuto effettuare necessarie
variazioni di bilancio, sotto il controllo e il giudizio
dell’organo deputato ad autorizzare e controllare la spesa,
vale a dire il Consiglio comunale.
Nel caso in cui, invece, al pervenimento della fattura non
sia seguito nello stesso anno regolare impegno e correlativa
formazione di residui per gli anni successivi, esso
costituirà debito fuori bilancio, riconoscibile nei termini
e alle condizioni di cui all’art. 194 TUEL
(Corte dei Conti, Sez. controllo Lombardia,
parere 22.07.2013 n. 339). |
CONSIGLIERI COMUNALI - APPALTI - PUBBLICO IMPIEGO -
SEGRETARI COMUNALI:
Anche il Segretario comunale è responsabile per
l'approvazione illegittima di debiti fuori bilancio.
Osserva il Collegio che i lavori oggetto
della presente controversia –determinativi del pagamento–
non rientravano tra quelli oggetto di appalto e la loro
realizzazione era stata decisa in piena autonomia
dall’impresa, senza alcun coinvolgimento istituzionale della
stazione appaltante o della direzione dei lavori.
Né sussisteva la presenza di apposite riserve negli atti
adottati nelle varie fasi di esecuzione dell’appalto.
In altri termini l’impresa aveva deciso autonomamente e
contra legem –vista la normativa di settore-, in assenza di
richiesta o autorizzazione dell’Amministrazione comunale
committente di effettuare lavori che esulavano dall’opus
appaltato.
La normativa in tema di opere pubbliche preclude –in via
generale– all’appaltatore la possibilità di operare con tali
modalità pur, se in ipotesi, al fine di realizzare
interventi caratterizzati da intrinseca utilità.
In siffatto modo l’art. 342, comma primo, della legge sui
lavori pubblici (all. F) 20.03.1865 n. 2248, applicabile
nella specie, impedisce in via generale all’appaltatore di
apportare “variazioni o addizioni di sorta al lavoro assunto
senza averne ricevuto l’ordine per iscritto dall’ingegnere
direttore”, ed in seguito si aggiunge che “mancando una tale
approvazione gli appaltatori non possono pretendere alcun
aumento di prezzo od indennità per le variazioni od
addizioni avvenute, e sono tenuti ad eseguire senza compenso
quelle riforme che in conseguenza l’Amministrazione credesse
opportuno di ordinare, oltre il risarcimento dei danni
recati”.
Nella stessa direzione l’art. 134 del d.P.R. 21.12.1999 n.
554 dispone che “nessuna variazione o addizione al progetto
approvato può essere introdotta dall’appaltatore se non è
disposta dal direttore dei lavori e preventivamente
approvata dalla stazione appaltante nel rispetto delle
condizioni e dei limiti indicati dal’art. 25 della legge. Il
mancato rispetto di tale disposizione non dà titolo al
pagamento dei lavori non autorizzati e comporta la
rimessione in pristino, a carico dell’appaltatore, dei
lavori e delle opere nella situazione originaria secondo le
disposizioni del direttore dei lavori”.
I regimi derogatori che si sono succeduti nel tempo non
hanno mai permesso la possibilità di variazioni unilaterali
dell’appaltatore, senza che questi ne avesse fatto riserva
(sulla necessità di una tempestiva iscrizione di riserva,
pena la decadenza del diritto al pagamento per i maggiori
costi delle opere eseguite e preclusione anche dell’azione
ai sensi dell’art. 2041 c.c.. cfr. Corte Cassazione
12.09.2003 n. 13440) o prescindendo dal coinvolgimento della
direzione dei lavori.
Il Giudice di Legittimità ha, pertanto, più volte ribadito
che “in materia di appalti l’onere dell’iscrizione nel
registro di contabilità (di cui al RD n. 350 del 1895)
condiziona la tutelabilità delle pretese dell’appaltatore
non accolte dalla committente PA in ordine alle partite di
lavoro eseguite".
Vieppiù il Giudice di Legittimità ha statuito che “non è poi
esatto che l’appaltatore abbia l’onere di iscrivere la
riserva per maggiori compensi pretesi soltanto al momento
della scadenza contrattuale prevista …. In quanto dal
combinato disposto degli artt. 53 e 54 r.d. n. 350 del 1895…
si ricava la regola assoluta ed inderogabile che
l’appaltatore che richieda maggiori compensi, rimborsi o
indennizzi, per qualsiasi titolo e in relazione a qualsiasi
situazione nel corso dell’esecuzione dell’opera, è tenuto a
iscrivere nel registro di contabilità la riserva
“immediatamente” e quindi contestualmente all’insorgenza e
percezione del fatto dannoso. Solo dal registro di
contabilità è rilevabile l’incidenza che le varie vicende
potranno avere sui costi dell’appalto e per il committente e
per l’appaltatore”.
Ove anche, come prospettato dalle parti convenute in ipotesi
fossero da considerare opere extracontrattuali, ai sensi
dell’art. 344 della l. 20.03.1865 n. 2248 all. F, era
necessario un nuovo impegno di spesa ed un autonomo
contratto, ad oggetto tipologie di opere e compensi
spettanti all’appaltatore, dovendo ricorrere, a pena di
nullità ed improduttività di effetti, un atto adottato
dall’organo rappresentativo esterno dell’ente, il solo
legittimato a stipulare in nome e per conto di esso.
Sicché vi è improponibilità della domanda ex art. 2041 c.c.
rivolta all’ente locale per opere e lavori commissionati
senza alcun previo impegno di spesa né copertura
finanziaria, come disposto dal previgente art. 23, comma 4,
del D.L. 66 del 1989 convertito nella legge n. 144 del 1989
(norme più volte modificate ed infine cristallizzate negli
artt. 191 e 194 del d.lgs. n. 267 del 2000, sempre in
armonia con il dettato dell’art. 23 D.L. 66/1989). La
improponibilità deriva dal fatto che le norme, impositive di
sole azioni dirette nei confronti del funzionario
deliberante, hanno fatto venir meno la necessaria
residualità dell’azione ex art. 2041 c.c. nei riguardi
dell’ente locale.
---------------
L’art.
1, comma 1–ter della l. n. 20/1994 dispone che “nel caso di
deliberazioni di organi collegiali la responsabilità si
imputa esclusivamente a coloro che hanno espresso voto
favorevole. Nel caso di atti che rientrano nella competenza
propria degli uffici tecnici o amministrativi la
responsabilità non si estende ai titolari degli organi
politici che in buona fede li abbiano approvati ovvero ne
abbiano autorizzato o consentito l’esecuzione”.
Pertanto, ribadisce il Collegio, che l’atto dannoso, ossia
il riconoscimento del debito fuori bilancio, rientra tra le
competenze dell’organo politico (art. 194 d.lgs. 267/2000) e
non in quella propria dell’organo tecnico (che in ogni caso
è responsabile in quanto proponente).
Nella fattispecie, non si è trattato di ratificare o
approvare un atto proprio di altro organo (tecnico), ma di
adottare un atto di riconoscimento di debito fuori bilancio,
rientrante appieno nella propria sfera di competenza e
responsabilità.
L’aver autorizzato l’accollo della spesa risulta, pertanto,
decisione poco avveduta e assolutamente antigiuridica e, in
ordine al profilo psicologico, va sicuramente affermata la
colpa grave sia degli amministratori (rectius dell’apparato
politico), sia dei funzionari amministrativi che hanno
espresso parere favorevole all’adozione del provvedimento,
in quanto la normativa di riferimento era assolutamente
intellegibile, non sussistendo i presupposti per riconoscere
quanto richiesto (non essendo state avanzate riserve o
richieste di alcun genere sui lavori extracontratto per i
quali non era stata coinvolta la direzione dei lavori o
l’Amministrazione comunale).
Pertanto va affermata la colpa grave degli odierni convenuti
in forza dei differenti ruoli rivestiti nell’ambito del
Comune e della palese erroneità dell’atto nell’ambito delle
rispettive competenze.
Il pagamento di lavori esulanti dal contratto, decisi in
piena autonomia dall’impresa senza coinvolgimento
dell’Amministrazione in mancanza della richiesta di
pagamento durante la loro effettuazione o l’apposizione di
riserve, determina una anomala richiesta di pagamento (a
distanza di cinque anni dall’ultimo pagamento afferenti al
lavori), e tale anomalia non poteva trovare “copertura”
attraverso il riconoscimento di un debito fuori bilancio.
---------------
Nel novero dei soggetti che hanno avuto un apporto causale
più rilevante nella causazione del danno (pari al 70% dello
stesso) va anche ritenuto responsabile il segretario
comunale che aveva, ai sensi dell’art. 97 d.Lgs. n.
267/2000, il dovere di esercitare compiti di “assistenza
giuridico amministrativa” ed era tenuto a segnalare
l’illegittimità di un atto palesemente in contrasto con i
principi in tema di contrattualistica pubblica, tanto più
che non vi era in atti alcuna controversia, giudiziaria o
stragiudiziale, che potesse indurre ad indirizzare verso una
decisione (il riconoscimento del debito fuori bilancio)
costituente un minor danno a fronte di ipotetici esborsi a
seguito della soccombenza in giudizio.
---------------
La Procura contesta agli odierni convenuti di aver espresso
voto favorevole –o di aver consentito– alla legittimità del
pagamento senza rilevare, nonostante le specifiche
competenze istituzionali, l’intervenuta decadenza.
Osserva il Collegio che i lavori oggetto della presente
controversia –determinativi del pagamento– non rientravano
tra quelli oggetto di appalto e la loro realizzazione era
stata decisa in piena autonomia dall’impresa, senza alcun
coinvolgimento istituzionale della stazione appaltante o
della direzione dei lavori.
Né sussisteva la presenza di apposite riserve negli atti
adottati nelle varie fasi di esecuzione dell’appalto.
In altri termini l’impresa aveva deciso autonomamente e
contra legem –vista la normativa di settore-, in assenza
di richiesta o autorizzazione dell’Amministrazione comunale
committente di effettuare lavori che esulavano dall’opus
appaltato.
La normativa in tema di opere pubbliche preclude –in via
generale– all’appaltatore la possibilità di operare con tali
modalità pur, se in ipotesi, al fine di realizzare
interventi caratterizzati da intrinseca utilità.
In siffatto modo l’art. 342, comma primo, della legge sui
lavori pubblici (all. F) 20.03.1865 n. 2248, applicabile
nella specie, impedisce in via generale all’appaltatore di
apportare “variazioni o addizioni di sorta al lavoro
assunto senza averne ricevuto l’ordine per iscritto
dall’ingegnere direttore”, ed in seguito si aggiunge che
“mancando una tale approvazione gli appaltatori non
possono pretendere alcun aumento di prezzo od indennità per
le variazioni od addizioni avvenute, e sono tenuti ad
eseguire senza compenso quelle riforme che in conseguenza
l’Amministrazione credesse opportuno di ordinare, oltre il
risarcimento dei danni recati”.
Nella stessa direzione l’art. 134 del d.P.R. 21.12.1999 n.
554 dispone che “nessuna variazione o addizione al
progetto approvato può essere introdotta dall’appaltatore se
non è disposta dal direttore dei lavori e preventivamente
approvata dalla stazione appaltante nel rispetto delle
condizioni e dei limiti indicati dal’art. 25 della legge. Il
mancato rispetto di tale disposizione non dà titolo al
pagamento dei lavori non autorizzati e comporta la
rimessione in pristino, a carico dell’appaltatore, dei
lavori e delle opere nella situazione originaria secondo le
disposizioni del direttore dei lavori”.
I regimi derogatori che si sono succeduti nel tempo non
hanno mai permesso la possibilità di variazioni unilaterali
dell’appaltatore, senza che questi ne avesse fatto riserva
(sulla necessità di una tempestiva iscrizione di riserva,
pena la decadenza del diritto al pagamento per i maggiori
costi delle opere eseguite e preclusione anche dell’azione
ai sensi dell’art. 2041 c.c.. cfr. Corte Cassazione
12.09.2003 n. 13440) o prescindendo dal coinvolgimento della
direzione dei lavori.
Il Giudice di Legittimità ha, pertanto, più volte ribadito
che “in materia di appalti l’onere dell’iscrizione nel
registro di contabilità (di cui al RD n. 350 del 1895)
condiziona la tutelabilità delle pretese dell’appaltatore
non accolte dalla committente PA in ordine alle partite di
lavoro eseguite": in termini C. Cass. Sez. I 4851/1997.
Vieppiù il Giudice di Legittimità ha statuito che “non è
poi esatto che l’appaltatore abbia l’onere di iscrivere la
riserva per maggiori compensi pretesi soltanto al momento
della scadenza contrattuale prevista …. In quanto dal
combinato disposto degli artt. 53 e 54 r.d. n. 350 del 1895…
si ricava la regola assoluta ed inderogabile che
l’appaltatore che richieda maggiori compensi, rimborsi o
indennizzi, per qualsiasi titolo e in relazione a qualsiasi
situazione nel corso dell’esecuzione dell’opera, è tenuto a
iscrivere nel registro di contabilità la riserva
“immediatamente” e quindi contestualmente all’insorgenza e
percezione del fatto dannoso. Solo dal registro di
contabilità è rilevabile l’incidenza che le varie vicende
potranno avere sui costi dell’appalto e per il committente e
per l’appaltatore”: cfr. Corte Cass., I Sez. Civ.
07.10.2010 n. 20828.
Ove anche, come prospettato dalle parti convenute in ipotesi
fossero da considerare opere extracontrattuali, ai sensi
dell’art. 344 della l. 20.03.1865 n. 2248 all. F, era
necessario un nuovo impegno di spesa ed un autonomo
contratto, ad oggetto tipologie di opere e compensi
spettanti all’appaltatore, dovendo ricorrere, a pena di
nullità ed improduttività di effetti, un atto adottato
dall’organo rappresentativo esterno dell’ente, il solo
legittimato a stipulare in nome e per conto di esso: in
termini Cass. I Sez. 28.02.2013 n. 5020.
Sicché vi è improponibilità della domanda ex art. 2041 c.c.
rivolta all’ente locale per opere e lavori commissionati
senza alcun previo impegno di spesa né copertura
finanziaria, come disposto dal previgente art. 23, comma 4,
del D.L. 66 del 1989 convertito nella legge n. 144 del 1989
(norme più volte modificate ed infine cristallizzate negli
artt. 191 e 194 del d.lgs. n. 267 del 2000, sempre in
armonia con il dettato dell’art. 23 D.L. 66/1989). La
improponibilità deriva dal fatto che le norme, impositive di
sole azioni dirette nei confronti del funzionario
deliberante, hanno fatto venir meno la necessaria
residualità dell’azione ex art. 2041 c.c. nei riguardi
dell’ente locale: cfr. Cass. 5020/2013 e 4216 del 2012).
Tanto ribadito in ordine al fatto causativo del danno
erariale e ritenuta la sussistenza del rapporto di servizio,
le parti convenute –apparato politico (i consiglieri
comunali, il sindaco e l’assessore comunale)- invocano la
cd. esimente politica, ai sensi dell’art. 1, comma 1–ter
della l. n. 20/1994, avendo gli stessi fatto affidamento
sull’istruttoria svolta dagli uffici tecnici comunali
competenti preposti al momento gestorio amministrativo.
Osserva il Collegio che la norma invocata dispone che “nel
caso di deliberazioni di organi collegiali la responsabilità
si imputa esclusivamente a coloro che hanno espresso voto
favorevole. Nel caso di atti che rientrano nella competenza
propria degli uffici tecnici o amministrativi la
responsabilità non si estende ai titolari degli organi
politici che in buona fede li abbiano approvati ovvero ne
abbiano autorizzato o consentito l’esecuzione”.
Pertanto, ribadisce il Collegio, che l’atto dannoso, ossia
il riconoscimento del debito fuori bilancio, rientra tra le
competenze dell’organo politico (art. 194 d.lgs. 267/2000) e
non in quella propria dell’organo tecnico (che in ogni caso
è responsabile in quanto proponente).
Non si è trattato, quindi, di ratificare o approvare un atto
proprio di altro organo (tecnico), ma di adottare un atto di
riconoscimento di debito fuori bilancio, rientrante appieno
nella propria sfera di competenza e responsabilità.
L’aver autorizzato l’accollo della spesa risulta, pertanto,
decisione poco avveduta e assolutamente antigiuridica e, in
ordine al profilo psicologico, va sicuramente affermata la
colpa grave sia degli amministratori (rectius
dell’apparato politico), sia dei funzionari amministrativi
che hanno espresso parere favorevole all’adozione del
provvedimento, in quanto la normativa di riferimento era
assolutamente intellegibile, non sussistendo i presupposti
per riconoscere quanto richiesto (non essendo state avanzate
riserve o richieste di alcun genere sui lavori
extracontratto per i quali non era stata coinvolta la
direzione dei lavori o l’Amministrazione comunale): cfr.
Corte conti Sez. III Centr. 12.05.2008 n. 161 e 27.12.2011
n. 888.
Pertanto va affermata la colpa grave degli odierni convenuti
in forza dei differenti ruoli rivestiti nell’ambito del
Comune e della palese erroneità dell’atto nell’ambito delle
rispettive competenze.
Il pagamento di lavori esulanti dal contratto, decisi in
piena autonomia dall’impresa senza coinvolgimento
dell’Amministrazione in mancanza della richiesta di
pagamento durante la loro effettuazione o l’apposizione di
riserve, determina una anomala richiesta di pagamento (a
distanza di cinque anni dall’ultimo pagamento afferenti al
lavori), e tale anomalia non poteva trovare “copertura”
attraverso il riconoscimento di un debito fuori bilancio.
L’adozione di un atto avente particolare rilievo finanziario
e contabile determina pertanto una più rilevante
responsabilità per il maggior rigore che avrebbero dovuto
avere i convenuti cui si imputa il 70% del danno
finanziario, ed in specie i sigg.ri Michele Bello, Enzo
Bianchi, Franco Dringoli, Giuseppe Fanfani e Valter
Tirannanzi.
Il sig. Giuseppe Fanfani, sindaco –e come tale organo di
sovrintendenza al funzionamento dei servizi e degli uffici-,
ha espresso voto favorevole sulla delibera C.C. n. 147 del
26.07.2007 nonostante la palese violazione della stessa per
la normativa in tema di contrattualistica pubblica, ed
essendo o dovendo essere a conoscenza della non debenza del
pagamento dei lavori dell’impresa a fronte dell’assenza di
apposizioni di riserve: cfr. questa Sezione 617/2009.
Parimenti responsabile è il sig. Franco Dringoli, assessore
competente, per le medesime considerazioni mosse nei
confronti del sindaco, cioè per la violazione palese della
normativa in tema di contrattualistica pubblica, ma anche
per le sue attribuzioni specifiche in materia di lavori
pubblici.
Responsabile è anche il sig. Valter Tirinnanzi, direttore
dei lavori, che con comportamento gravemente omissivo non ha
vigilato adeguatamente sulla legittima esecuzione dei lavori
oggetto dell’appalto con specifica responsabilità nell’aver
consentito variazioni ed integrazioni al contratto approvato
dall’Amministrazione, ma anche per non aver rilevato la
tardività delle richieste.
Fondata appare anche la richiesta di condanna del sig. Enzo
Bianchi, responsabile dell’Area Servizi Infrastrutture che
ha avuto un ruolo rilevante nella formazione del
provvedimento contestato, poi sottoposto all’approvazione
del Consiglio Comunale.
Infine nel novero dei soggetti che hanno avuto un apporto
causale più rilevante nella causazione del danno (pari al
70% dello stesso) va anche ritenuto responsabile il
segretario comunale che aveva, ai sensi dell’art. 97 d.Lgs.
n. 267/2000, il dovere di esercitare compiti di “assistenza
giuridico amministrativa” ed era tenuto a segnalare
l’illegittimità di un atto palesemente in contrasto con i
principi in tema di contrattualistica pubblica, tanto più
che non vi era in atti alcuna controversia, giudiziaria o
stragiudiziale, che potesse indurre ad indirizzare verso una
decisione (il riconoscimento del debito fuori bilancio)
costituente un minor danno a fronte di ipotetici esborsi a
seguito della soccombenza in giudizio: in termini Sezione
giurisdizionale Regione Calabria n. 208/2006.
Tutti i soggetti con il loro comportamento hanno
contribuito, a parere del Collegio in pari misura,
all’assunzione di un onere finanziario da parte del Comune
in assenza di un obbligazione giuridicamente rilevante, non
rilevando (o non facendo rilevare) la incontestabile
esistenza della decadenza realizzata dall’impresa, ritenuta
l’assenza di riserve da parte dell’appaltatore.
Né rileva, ai fini della individuazione delle
responsabilità, l’argomentazione difensiva secondo cui
l’inosservanza della prescritte procedure sarebbe dovuta
alla “extracontrattualità” dei lavori eseguiti,
atteso che non viene contestato che questi non fossero
compresi nel contratto, ma che essi, benché connessi e
strumentali a quelli appaltati, siano stati pagati con
procedura irregolare: cfr. questa Sezione 16.11.2009 n. 617
(Corte dei Conti, Sez.
giurisdiz. Toscana,
sentenza 17.06.2013 n. 206). |
INCARICHI PROFESSIONALI: Debiti fuori bilancio - Fattispecie
-
L’integrazione dell’impegno originario in alcuni casi è
possibile.
Relativamente ad incarichi legali di difesa in giudizio
dell’ente, qualora fatti successivi all’originario impegno
di spesa determinino un aumento della spesa prevista
inizialmente in termini non rilevanti ma ‘‘fisiologici’’,
l’ente locale può non ricorrere alla procedura di
riconoscimento del debito fuori bilancio ma potrà procedere
ad adeguare lo stanziamento
iniziale integrando l’originario impegno
di spesa per garantire la copertura finanziaria della
parcella professionale qualora, verificata la congruità
dell’impegno originario, siano già disponibili
le risorse finanziarie a tal fine necessarie,
e l’acquisizione del servizio sia stata effettuata nel
rispetto delle procedure contabili. (1)
------------------
(1) Si tratta di questione controversa che ha trovato
soluzioni opposte nella giurisprudenza
contabile.
Hanno stabilito che è sempre necessaria la procedura di
riconoscimento del debito
fuori bilancio: sez. reg. contr. Veneto, n. 7 del 2008; sez.
reg. contr. Sardegna,
n. 2 del 2007.
Hanno ritenuto, invece, che sia possibile integrare
l’originario impegno, qualora
circostanze sopravvenute, quali ad es. la durata del
contenzioso rendano insufficiente
l’impegno originario: Sez. reg. contr. Campania, n. 9 del
2007; Sez.
reg. contr. Lombardia 05.02.2009, n. 19; 12.10.2011, n. 511; 11.07.2012, n. 322; 23.10.2012, n. 441).
Per una ricostruzione della questione in relazione alla
complessiva disciplina dei
debiti fuori bilancio: G. Astegiano, I debiti fuori
bilancio, in G. Astegiano (a cura
di), Ordinamento e gestione contabile-finanziaria degli
Enti locali, Ipsoa, 2012,
810 e segg. (Corte
dei Conti, Sez. controllo Liguria,
parere 17.06.2013 n. 55 - commento tratto da Azienditalia, Enti Locali, n. 8-9/2013).
---------------
Il Sindaco del Comune di Ronco Scrivia chiede alla Sezione
di controllo un parere in merito alla corretta liquidazione
di compensi a favore di professionisti in conseguenza del
conferimento di incarichi legali, formulando due distinti
quesiti.
In riferimento al primo il Sindaco chiede di
sapere se le parcelle di liquidazione dell’attività
professionale del legale incaricato dall’Ente (attività
stragiudiziale e giudiziale) commissionata negli anni 2002,
2003 e 2005 possano essere liquidate secondo le previgenti
tariffe professionali anche se le relative parcelle di
liquidazione sono state emesse nell’anno 2012 a seguito
della conclusione dei contenziosi.
Con il secondo quesito il Sindaco chiede di sapere
se per la liquidazione di compensi relativi a prestazioni
professionali legali, connesse alla difesa in giudizio
dell’Ente eccedenti gli impegni contabili assunti, si debba
ricorrere alla procedura di cui all’art.194 del TUEL ossia
al previo riconoscimento di legittimità del debito fuori
bilancio ai sensi del comma 1, lettera e) o se invece sia
sufficiente, disponendo dell’intera somma richiesta,
adottare una determina dirigenziale di integrazione della
spesa e successivamente di liquidazione anche considerando
l’imprevedibile lunga durata dei contenziosi in oggetto.
Ciò anche alla luce dei diversi orientamenti osservati dalle
Sezioni regionali della Corte dei conti.
...
La fattispecie all’esame di questo Collegio concerne la
liquidazione di compensi relativi a prestazioni
professionali di natura legale eccedenti gli impegni
contabili assunti e più precisamente quale sia la corretta
procedura di liquidazione della spesa in esame. Sul punto si
sono creati due contrapposti indirizzi giurisprudenziali.
Secondo il primo orientamento, sostenuto
principalmente dalla Sezione di controllo lombarda, in
situazioni come quella all’esame di questo Collegio non
necessariamente occorre ricorrere alla procedura di
riconoscimento di debito fuori bilancio di cui all’art. 194,
comma 1, lett. e) del TUEL, in quanto “si
ritiene che l’impegno di spesa per prestazioni professionali
a tutela dell’ente può dirsi assunto correttamente quando in
presenza di un eventuale maggior onere (emergente
dall’imprevedibile lunga durata della causa), l’ente al fine
di garantire la copertura finanziaria procede ad adeguare lo
stanziamento iniziale integrando l’originario impegno di
spesa. In altri termini, fatti successivi, non prevedibili
al momento dell’originario impegno di spesa quali il
protrarsi della durata del processo, costituiscono una
legittima causa giuridica per la spesa da sostenere e
consentono, quindi, di assumere il relativo impegno in
bilancio. In questa ipotesi, anzi, il ricorso all’istituto
del riconoscimento del debito fuori bilancio contrasterebbe
con i principi di contabilità pubblica. Ne consegue che
qualora l’importo legittimamente impegnato si riveli
insufficiente, la differenza non realizza automaticamente
una fattispecie di debito fuori bilancio, da legittimare ai
sensi dell’art. 194, co. 1, lett. e TUEL"
(Sez. reg. contr. Lombardia delibere n. 19/2009, n.
322/2012, n. 441/2012).
Secondo un diverso orientamento, sostenuto, tra le
altre, dalle Sezioni Veneto, Puglia, Sardegna,
anche in situazioni come quella in esame è
necessario ricorrere alla procedura di cui all’art. 194 del
TUEL. La liquidazione di una spesa può, infatti, avvenire ai
sensi dell’art. 184, primo comma del T.U.E.L. nei limiti
dell’impegno definitivo assunto: “ogni qualvolta si
verifichi questo scostamento tra impegno contabile assunto a
tempo debito e somma definitiva da pagare ad operazione
conclusa, si incorre in un’ipotesi di debito fuori bilancio
che introduce un elemento di imprevedibilità potenzialmente
idoneo a creare uno squilibrio nelle previsioni di spesa del
bilancio”
(Sez. reg. contr. Veneto, delibera n. 7/2008).
Pertanto “nel caso che l’importo
impegnato si riveli insufficiente, la differenza tra quanto
impegnato e quanto richiesto dalla controparte contrattuale
–a parte ogni considerazione sulla valutazione della
congruità della parcella, sulla effettiva realizzazione
delle attività fatturate e sulla corretta applicazione degli
scaglioni tariffari– costituisce debito fuori bilancio e
come tale deve essere riconosciuto dal Consiglio comunale,
ai sensi dell’art. 194 TUEL. Precisamente si tratta di
riconoscimento ai sensi della lettera e) del comma 1:
acquisizione di beni e servizi, in violazione degli obblighi
di cui ai commi 1, 2 e 3 dell’articolo 191, nei limiti degli
accertati e dimostrati utilità ed arricchimento per l’ente,
nell’ambito dell’espletamento di pubbliche funzioni e
servizi di competenza”
(Sez. reg. contr. Sardegna delibera n. 2/2007).
Entrambi gli orientamenti evidenziati hanno però una
base comune: ferma restando la necessità del rispetto delle
regole per il conferimento dell’incarico (determina a
contrarre, stipula del contratto, ecc.), in osservanza del
principi di prudenza, buona amministrazione, sana gestione
finanziaria l’Ente, nel caso di
conferimento di incarico legale, ha il dovere di acquisire
dall’avvocato un preventivo di massima che si avvicini il
più possibile alla spesa che sarà definitivamente sostenuta,
ciò al fine di quantificare correttamente l’impegno di spesa
necessario e predisporre adeguata copertura finanziaria. Ciò
pur in presenza di variabili, connaturali al tipo di
incarico in esame, che possono determinare incertezza sulla
quantificazione dell’impegno finanziario al momento
dell’ordinazione della prestazione ai sensi dell’art. 191
TUEL (lunghezza del giudizio, esito dello stesso, ecc.). In
tal modo si realizza una corretta imputazione di bilancio,
se pur non precisa nel suo ammontare definitivo, e si
salvaguarda la sana e prudente gestione finanziaria. Inoltre
si consente all’Ente, ad all’organo Consiliare, di valutare
correttamente l’utilità ed il vantaggio della prestazione
professionale.
Diversamente qualora la previsione iniziale
ed il relativo impegno siano non veritieri in quanto la
spesa preventivata si discosta in modo sensibile dalla spesa
effettivamente sostenuta (senza che ricorrano magari
situazioni eccezionali ed imprevedibili), si crea un
vulnus alla sana e prudente gestione finanziaria in
quanto, di fatto, la spesa per l’incarico legale si sottrae
alle ordinarie procedure di spesa determinando (o potendo
determinare) squilibri finanziari. In tale circostanza è
doveroso, rectius, obbligatorio ricorrere alla
procedura di riconoscimento di debito fuori bilancio al fine
di ricondurre la spesa in esame all’interno della gestione
di bilancio individuando le risorse necessarie alla
copertura finanziaria, valutando l’utilità della prestazione
(lo scostamento significativo tra impegno iniziale e spesa
definitiva può anche essere sintomatico di un non corretto
ricorso all’incarico legale).
In tal senso sembrano concordare, implicitamente, entrambi
gli orientamenti giurisprudenziali sopra ricordati.
Diverso appare il caso in cui l’impegno iniziale non si
discosti significativamente dalla spesa definitiva. Come
detto la tipologia di incarico si presta ad una
determinazione della spesa non puntuale. Ciò non toglie che
una quantificazione dell’esborso finanziario impegnato il
più vicino possibile al compenso realmente fatturato dal
professionista consenta di rispettare la sana e prudente
gestione finanziaria, ricorrendo ad adeguata copertura
finanziaria della spesa senza che la fattispecie in esame si
sottragga, di fatto, alla gestione di bilancio.
Nel caso di specie viene meno l’utilità della procedura di
cui all’art. 194 del TUEL in quanto non si è in presenza di
un’acquisizione di servizio in assenza di impegno contabile
(cosa di cui si potrebbe dubitare, come già detto, qualora
vi fosse uno scostamento significativo tra impegno iniziale
e compenso definitivo), l’utilità della prestazione è stata
già valutata al momento del conferimento dell’incarico se
affidato nel rispetto delle procedure di legge (determina a
contrarre, stipula del contratto, ecc.) ed, infine, ricorre
la copertura finanziaria in quanto sono già disponibili le
risorse destinate al pagamento del compenso professionale.
Pertanto ritiene questo Collegio che,
relativamente ad incarichi legali di difesa in giudizio
dell’Ente, qualora fatti successivi all’originario impegno
di spesa determinino un aumento della spesa prevista
inizialmente in termini non rilevanti ma “fisiologici”,
l’Ente potrà procedere ad adeguare lo stanziamento iniziale
integrando l’originario impegno di spesa per garantire la
copertura finanziaria della parcella professionale qualora,
verificata la congruità dell’impegno originario, siano già
disponibili le risorse finanziarie a tal fine necessarie, e
l’acquisizione del servizio sia stata effettuata nel
rispetto delle procedure contabili. |
ENTI
LOCALI:
Conti locali a rischio. La sanatoria dei
debiti fuori bilancio non paga.
L'emendamento al dl 35 penalizza le amministrazioni più
virtuose.
Dagli emendamenti al dl 35/2013 sullo
sbocco dei pagamenti della p.a. spunta una sanatoria
generalizzata per i debiti fuori bilancio maturati al
31/12/2012 e riconoscibili dal consiglio degli enti locali,
ai sensi dell'art. 194 del dlgs 267/2000.
In pratica, con la nuova formulazione dell'art. 1, comma 1,
sarà possibile conteggiare anche i debiti fuori bilancio
relativi a spese in conto capitale, ai fini della
distribuzione degli «spazi finanziari» esclusi dai
vincoli del patto di stabilità interno e, quindi,
consentirne il pagamento in deroga agli obiettivi stabiliti
dagli artt. 30 e seguenti della legge 183/2011, circ. 5 del
07/02/2013 e dm 14/05/2013.
Però, il lodevole intento di procedere all'immediato
pagamento di tutti i debiti scaduti della p.a., rischia di
fare d'ogni erba un fascio; infatti, così facendo si
considerano irrazionalmente allo stesso modo sia i debiti
regolarmente contabilizzati da parte di enti virtuosi che
hanno comunque adeguato i loro investimenti alle restrizioni
del patto di stabilità ed ai vincoli dell'indebitamento, sia
i debiti generati da comportamenti non conformi alla legge,
definiti per l'appunto «debiti fuori bilancio»
dall'art. 194 del Tuel e dal principio contabile n. 2
dell'Osservatorio per la finanza locale.
Si tratta, ad esempio, di palesi violazioni delle procedure
di trasparenza nella scelta del contraente, delle norme
sulla programmazione di bilancio, progettazione ed
esecuzione dei lavori pubblici, indebitamento e così via,
senza contare la pratica (purtroppo) diffusa di realizzare
opere pubbliche fuori da qualsiasi regola nella
consapevolezza di avviare in un secondo momento il
riconoscimento della spesa quale debito fuori bilancio.
La nuova formulazione dell'art. 1, fa saltare anche il
pesante sistema sanzionatorio previsto per gli enti che non
rispettano i vincoli di finanza pubblica: taglio
trasferimenti pari allo sforamento dell'obiettivo, blocco
assoluto delle assunzioni di personale e dell'indebitamento,
contenimento delle spese correnti, riduzione del 30%
indennità e gettoni degli amministratori (art. 1, comma 439,
legge 228/2012).
Di fatto, vengono premiati gli enti meno virtuosi e,
contemporaneamente, penalizzati quelli che hanno rispettato
le regole, perché non avendo questi ultimi debiti da pagare
né debiti fuori bilancio, non possono richiedere «spazi
ulteriori» ai fini del patto di stabilità.
D'altro canto, un simile ragionamento vale anche per i
fornitori degli enti locali che vantano crediti inevasi:
sono posti tutti sullo stesso piano, sia quelli risultanti i
migliori offerenti a seguito di regolari gare pubbliche sia
quelli assegnatari di lavori/forniture in assenza di un
analogo percorso di trasparenza amministrativa.
Inoltre, non si dispone al momento attuale di nessuna stima
sull'entità del fenomeno dei debiti fuori bilancio che
potrebbero rientrare nella fattispecie considerata dalla
nuova riformulazione dell'art. 1 anche in relazione alla
possibilità di riformulare la richiesta di spazi finanziari
entro il 05/07/2013.
In ultima analisi, si pone un grande problema di disparità
di trattamento tra enti e tra fornitori della p.a., che
comunque potrebbe essere ancora corretto prima della
conversione in legge del dl 35/2013 (articolo
ItaliaOggi del 31.05.2013 - tratto da
www.ecostampa.it). |
ATTI AMMINISTRATIVI - CONSIGLIERI COMUNALI -
PUBBLICO IMPIEGO:
Responsabilità da parte degli amministratori per il
riconoscimento dei debiti fuori bilancio.
Il riconoscimento del debito non può inglobare l’utile
di impresa.
E’ fondata la pretesa di parte attrice, che ha fondatamente
rilevato la sussistenza di un danno erariale da ricollegare
all’illegittimo riconoscimento di un importo da qualificare
come “utile di impresa”, privo di qualsiasi utilità per
l’Ente locale.
Invero in fattispecie relativa a “acquisizione di beni o
servizi a favore di un ente locale -illegittima sotto il
profilo sostanziale (nella fattispecie, perché promanante da
soggetto non legittimato) e sotto il profilo contabile
(nella fattispecie, perché mancante di atto di impegno
contabile)– può essere ipotizzato un “ingiusto” danno
erariale nel caso di riconoscimento del debito oltre i
limiti del consentito (nel caso di specie oltre l’effettivo
arricchimento dell’ente) o in mancanza dei presupposti di
riconoscibilità del debito stesso, atteso che la
ricognizione di debito della pubblica amministrazione non ha
valore di autonoma fonte di obbligazione per l’ente verso il
terzo, e non sana vizi originari del rapporto obbligatorio
(ad esempio: la mancanza di delibera di conferimento
dell’incarico, stipulazione di contratto senza forma
scritta) ma solo la mancanza di atto di impegno, per cui, in
mancanza di regolare contratto, il terzo non ha azione
contrattuale verso l’ente.
---------------
Costituisce
senz’altro danno ingiusto il pagamento -a titolo di debito
fuori bilancio-:
a) delle somme richieste per prestazioni…non collegate
all’esercizio di funzioni o servizi di competenza dell’ente;
b) delle somme cui non corrisponda un “arricchimento”
dell’ente, nel senso precisato dall’art. 2041 cod. civ.,
ovvero di somme rispetto alle quali non vi sia diritto
all’indennizzo del privato, in particolare:
aa) somme cui non corrisponda un beneficio per l’ente
stesso, ad esempio le spese eccedenti il valore della
prestazione resa (ovvero la differenza tra quanto
effettivamente pagato e la somma congrua rispetto al prezzo
di mercato, o al prezzo imposto da atti normativi, della
prestazione) o le spese legali sostenute dal privato per il
pagamento delle prestazioni rese;
bb) somme cui non corrisponde una diminuzione
patrimoniale del privato (danno emergente), ma un mancato
utile del privato stesso (lucro cessante) ad esempio
interessi e rivalutazione, utile di impresa.
---------------
Nel merito, deve essere innanzitutto valutata la pretesa
attorea con riferimento al danno derivante dal
riconoscimento di danno in violazione di legge (per la quota
eccedente gli importi riconoscibili).
In relazione a tale pretesa, il Giudicante si riporta
integralmente alla propria giurisprudenza (cfr. sent. n.
30/2009): “Nell’ordinamento degli enti locali, le
obbligazioni contratte per acquisto di beni o servizi senza
atto di impegno contabile registrato sul competente capitolo
di bilancio ovvero senza attestazione di copertura
finanziaria non vincolano l’amministrazione, bensì
intercorrono tra il terzo e l’amministratore o funzionario
che le ha stipulate e/o ne ha consentito la esecuzione (art.
23 D.L. n. 66/1989, riprodotto nell’art. 37 D.Lgs. n. 77/95
e nell’art. 191 D.Lgs. n. 267/2000; nell’ordinamento del
Trentino Alto Adige cfr. il combinato disposto dell’art. 2,
comma 1, e dell’art. 19, comma 3, D.P.G.R. - T.A.A.
28.5.1999, n. 4/L come modificato dal D.P.Reg. -T.A.A. n.
4/L 1.2.2005, testo unico che recepisce l’art. 17, commi 27
segg. L.R. T.A.A. n. 10 del 23.10.1998). Nelle ipotesi di
“somma urgenza” (art. 191, cit.) o di “urgenza” “per evento
eccezionale e imprevedibile” (art. 191 e 19, comma 3,
citati), la mancanza dell’atto di impegno può essere
ratificata entro 30 giorni o comunque entro il 31 dicembre
dell’anno in corso qualora non sia scaduto il predetto
termine; ma “in caso di mancata regolarizzazione
dell’ordinazione entro i termini stabiliti, il rapporto
obbligatorio intercorre (…) tra il privato fornitore e
l’amministratore, funzionario o dipendente che hanno
consentito la fornitura o la prestazione” (cfr. articoli 191
e 19 sopra citati, da cui si desume chiaramente la
perentorietà del termine).”
Soggiunge questa medesima Sezione (cfr. sent. cit.) che “con
l’art. 5 D.Lgs. n. 342/1997 (modificativo dell’art. 37
D.Lgs. n. 77/1995) poi recepito nell’art. 193, comma 4, e
nell’art. 194, lett. e) del D.Lgs. n. 267/2000 (cui
corrispondono esattamente, nell’ordinamento locale, gli
artt. 19, comma 3, e 21, lett. f), D.P.G.R. n. 4/L del
28.05.1999 citato e l’art. 17, commi 29 e 35, L.R. T.A.A. n.
10 del 23.10.1998), si è prevista la possibilità per il
Consiglio dell’ente di riconoscere con propria delibera i
debiti fuori bilancio nei confronti dei terzi, dovuti
all’acquisto di beni e servizi senza previo atto di impegno
(o senza ratifica nei casi di somma urgenza), “nei limiti
degli accertati e dimostrati utilità ed arricchimento per
l’ente, nell’ambito dell’espletamento di pubbliche funzioni
e servizi di competenza” [artt. 194, lett. e) e 21, lett. f)
citati], stabilendosi altresì che il rapporto obbligatorio
intercorre tra terzo ed amministratore, funzionario o
dipendente solo “per la parte non riconoscibile” dall’ente
con la delibera predetta (art. 193 comma 4 e 19 citati);
donde si desume che, per la parte “riconoscibile” (anche se
non ancora “riconosciuta” espressamente dall’ente), il terzo
non ha azione nei confronti del funzionario e, perciò, può
esperire azione di arricchimento nei confronti della
pubblica amministrazione.
In merito a tali disposizioni, la Corte di cassazione -in
sede civile- ha precisato quanto segue:
a) Ai sensi dell’art. 1988 c.c., la ricognizione di
debito della pubblica amministrazione non ha valore di
autonoma fonte di obbligazione per l’ente verso il terzo, e
non sana vizi originari del rapporto obbligatorio (ad
esempio: la mancanza di delibera di conferimento
dell’incarico, stipulazione di contratto senza forma
scritta) ma solo la mancanza di atto di impegno, per cui, in
mancanza di regolare contratto, il terzo non ha azione
contrattuale verso l’ente (in tal senso cfr. Sez. I, sent.
n. 7966 del 27.03.2008, Sez. 3, sent. n. 27406 del
18.11.2008).
b) Tale ricognizione di debito, tuttavia, consente al
privato di esperire “un’azione di indebito arricchimento, in
precedenza non consentita, nei limiti del riconoscimento
dell’utilità della prestazione e dell’arricchimento per
l’ente che, quindi, non resta obbligato per la parte di
compenso non riconoscibile, dovendo di questa rispondere
direttamente chi ha consentito la fornitura” (Sez. I, sent.
n. 7966 del 27.03.2008).
c) Infatti, premesso che ai sensi dell’art. 4 della legge
n. 2248, all. E del 1865 il giudizio circa l’“arricchimento”
della pubblica amministrazione “è riservato esclusivamente
alla pubblica amministrazione e non può essere effettuato
dal giudice ordinario, che può solo accertare se e in quale
misura l’opera o la prestazione del terzo siano state
effettivamente utilizzate”, ne consegue che “l’azione di
indebito arricchimento nei confronti della pubblica
amministrazione differisce da quella ordinaria, in quanto
presuppone non solo il fatto materiale dell’esecuzione di
un’opera o di una prestazione vantaggiosa per
l’Amministrazione stessa, ma anche il riconoscimento, da
parte di questa, dell’utilità dell’opera o della
prestazione”.
“Tale riconoscimento, che sostituisce il requisito
dell’arricchimento previsto dall’art. 2041 cod. civ. nei
rapporti tra privati, può avvenire in maniera esplicita,
cioè con un atto formale, oppure può risultare in modo
implicito da atti o comportamenti della pubblica
amministrazione” (in specie, l’utilizzo di fatto della
prestazione: Sez. 1, sent. n. 16596 del 18.06.2008) “dai
quali si desuma inequivocabilmente un effettuato giudizio
positivo circa il vantaggio o l’utilità della prestazione,
promanante da organi rappresentativi dell’amministrazione
interessata, mentre non può essere desunta dalla mera
acquisizione e successiva utilizzazione della prestazione
stessa” (in tal senso, Sez. 3, n. 25156 del 14.10.2008, che
conferma Sez. 1, sent. n. 16595 del 18.06.2008, Sez. 2,
sent. n. 2312 del 31.01.2008 Sez. 2, sent. n. 2312 del
31.01.2008; in senso contrario si registra solo Sez. 3,
sent. n. 11597 del 31.05.2005, che afferma la necessità di
un riconoscimento espresso con apposita delibera dell’ente
della utilità della prestazione ex art. 35 D.Lgs. n. 77 del
1995 e succ. modd.).
d) In ogni caso, ai sensi dell’art. 2041 cod. civ.,
l’indebito arricchimento va indennizzato nei limiti, da un
lato, dell’effettivo arricchimento del beneficiato,
dall’altro alla “diminuzione patrimoniale” subita dal
soggetto impoverito, e quindi non può comprendere il lucro
cessante che sarebbe spettato a quest’ultimo se fosse stata
contratta una valida obbligazione, ma solo la diminuzione
patrimoniale da lui subita (Sez. Un., sent. n. 1875 del
27.01.2009); onde in tal caso l’indennizzo può essere
liquidato con riferimento a parametri diversi dal prezzo di
mercato della prestazione (ad esempio, l’arricchimento della
p.a., per la partecipazione di un professionista ad una
commissione comunale per gare, può essere liquidato con
riferimento non alla tariffa professionale ma al gettone di
presenza degli altri componenti: Cass. Civ. Sez. Un. ult.
cit.) e non spettano altre voci di lucro cessante come la
revisione prezzi (Sez. Un, sent. n. 23385 dell’01.09.2008).”
Ritiene di conseguenza il Giudicante, in aderenza ai propri
orientamenti interpretativi, che in fattispecie relativa a “acquisizione
di beni o servizi a favore di un ente locale -illegittima
sotto il profilo sostanziale (nella fattispecie, perché
promanante da soggetto non legittimato) e sotto il profilo
contabile (nella fattispecie, perché mancante di atto di
impegno contabile)- un “ingiusto” danno erariale può essere
ipotizzato….in mancanza dei suddetti presupposti di
riconoscibilità del debito (strumentalità della prestazione
fuori bilancio all’esercizio di funzioni o di servizi di
competenza dell’ente, riconoscimento dell’utilità della
prestazione, nel senso di rispondenza agli obiettivi
dell’amministrazione, arricchimento dell’ente, nel senso di
locupletazione dell’altrui danno ex art. 2041 cod. civ.)”.
“Pertanto, costituisce senz’altro danno ingiusto il
pagamento -a titolo di debito fuori bilancio-:
a) delle somme richieste per prestazioni…non collegate
all’esercizio di funzioni o servizi di competenza dell’ente;
b) delle somme cui non corrisponda un “arricchimento”
dell’ente, nel senso precisato dall’art. 2041 cod. civ.,
ovvero di somme rispetto alle quali non vi sia diritto
all’indennizzo del privato, in particolare:
aa) somme cui non corrisponda un beneficio per l’ente
stesso, ad esempio le spese eccedenti il valore della
prestazione resa (ovvero la differenza tra quanto
effettivamente pagato e la somma congrua rispetto al prezzo
di mercato, o al prezzo imposto da atti normativi, della
prestazione: Corte dei conti, Sez. II, n. 44 del 12.02.2003;
Sez. T.A.A., sede di Trento, n. 12 del 07.02.2006 e n. 24
del 05.04.2006) o le spese legali sostenute dal privato per
il pagamento delle prestazioni rese;
bb) somme cui non corrisponde una diminuzione
patrimoniale del privato (danno emergente), ma un mancato
utile del privato stesso (lucro cessante) ad esempio
interessi e rivalutazione, utile di impresa”.
Si manifesta quindi munita di giuridico pregio la pretesa di
parte attrice, che ha fondatamente rilevato la sussistenza
di un danno erariale da ricollegare all’illegittimo
riconoscimento di un importo da qualificare come “utile
di impresa”, privo di qualsiasi utilità per l’Ente
locale (tratto da www.respamm.it - Corte dei Conti, Sez.
giurisdiz. Trentino Alto Adige-Trento,
sentenza 27.05.2013 n. 27). |
ENTI
LOCALI: Slitta
l'emersione dei debiti imprevisti.
Il calendario. Riconoscimento al 30 novembre.
CHE COSA CAMBIA/ Il finanziamento non può più essere coperto
da alienazioni se non per le amministrazioni che fanno
ricorso all'anticipazione anti-default.
Anche il riconoscimento dei debiti fuori bilancio da
effettuare entro il 30 settembre con la salvaguardia degli
equilibri quest'anno risente degli effetti delle fitte
nebbie che ancora circondano i conti locali.
I Comuni che non hanno ancora approvato il preventivo e si
avvalgono delle proroga al 30 novembre, durante l'esercizio
provvisorio, in assenza di stanziamenti di spesa dell'ultimo
bilancio approvato, non possono riconoscere debiti fuori
bilancio (Corte dei conti della Campania,
parere 23.05.2013 n. 213).
Questa regola –sottolineano i magistrati contabili– discende
dalla considerazione del carattere autorizzatorio del
bilancio di previsione e dei relativi stanziamenti.
Per gli enti locali che hanno approvato il bilancio di
previsione, il riconoscimento di questi debiti quest'anno
deve fare i conti con le novità arrivate a restringere i
vincoli di finanza pubblica.
Innanzitutto per il finanziamento dei debiti di parte
corrente, dal 01.01.2013 non possono essere più utilizzate
le alienazioni, a differenza di quanto consentito fino
all'anno scorso; l'unica via disponibile per il ripiano di
spese correnti è ora l'utilizzo della leva tributaria, per
cui l'ente può modificare le tariffe e le aliquote relative
ai tributi entro il 30 settembre.
Qualora la rateizzazione triennale non fosse sufficiente a
superare le condizioni di squilibrio, il consiglio può
deliberare il ricorso al piano di riequilibrio finanziario
pluriennale della durata massima di dieci anni, disciplinato
dall'articolo 243-bis del Testo unico degli enti locali (Dlgs
267/2000).
Il ricorso alla procedura anti-dissesto consente agli enti
locali di continuare a destinare anche le entrate da
alienazioni al finanziamento dello squilibrio corrente,
derogando così al nuovo principio imposto dalla legge di
stabilità 2013, a condizione che l'ente acceda al fondo di
rotazione per il finanziamento del piano di riequilibrio
pluriennale e si attenga quindi alle conseguenti condizioni
restrittive (deliberazione sezione Autonomie della Corte dei
conti n. 14/2013).
Ai fini del Patto di stabilità interno, si ricorda che sono
stati concessi spazi finanziari anche per i debiti in conto
capitale riconosciuti alla data del 31.12.2012 oppure che
presentavano i requisiti per il riconoscimento ai sensi
dell'articolo 194 del Tuel (Dl 35/2013).
La proposta consiliare di deliberazione del debito fuori
bilancio è soggetta –dopo le novità introdotte dal Dl
174/2012– al parere preventivo dell'organo di revisione. Una
volta approvato, l'atto di riconoscimento del debito va
inviato alla procura regionale della Corte dei conti.
I Comuni soggetti al Patto di stabilità devono porre
particolare attenzione al riconoscimento di debiti fuori
bilancio per l'acquisizione di beni e servizi in violazione
degli obblighi di preventivo impegno di spesa nei limiti
dell'utilità e dell'arricchimento dell'ente (la tipologia
indicata alla lettera e) dell'articolo 194 del Testo unico
degli enti locali).
Questa fattispecie è infatti particolarmente delicata ai
fini delle elusioni ai vincoli di finanza pubblica; al
riguardo si deve dimostrare che i debiti non rappresentano
il rinvio a esercizi successivi di spese prevedibili e non
impegnate a carico dei bilanci precedenti proprio per poter
rientrare nei vincoli del patto. Il valore medio nazionale
dell'incidenza di questi debiti per beni e servizi sul
totale ripianato (29%) nel 2012 si divarica in una forbice
molto ampia su base regionale.
Negli enti umbri l'incidenza è pari all'81%, in Toscana,
Marche e Liguria supera il 60%. Mentre il fenomeno scende
sotto il 20% in Puglia, Veneto, Sicilia e Campania (articolo
Il Sole 24 Ore del 09.09.2013). |
LAVORI PUBBLICI - PATRIMONIO:
In merito ai cosiddetti "lavori di somma urgenza".
Il comma 3 dell’art. 191 dlgs n. 267/2000 risulta
essere una deroga alla disciplina ordinaria, una sorta di
“autorizzazione” da parte del legislatore a derogare in
presenza di situazioni che richiedono un intervento
immediato (somma urgenza) a tutela di interessi primari.
Tale deroga è ammessa quindi solo in
presenza dei presupposti indicati dal legislatore: necessità
di lavori di somma urgenza e mancanza (o insufficienza) di
fondi destinati a coprire la spesa relativa ai predetti
lavori. Solo in presenza di tali presupposti l’Ente può
procedere all’ordinazione dei lavori a terzi ed attivare la
procedura di riconoscimento del debito fuori bilancio nei
modi indicati dal terzo comma.
Allora, appare chiara la volontà del legislatore di
consentire una deroga alla procedura ordinaria non ogni
qualvolta vi siano lavori di somma urgenza ma solo
allorquando non vi siano fondi a tal fine stanziati. In tale
circostanza, difatti, non è possibile per l’Ente procedere
all’impegno di somme sul competente capitolo o intervento di
bilancio in quanto fondi non ve ne sono o non sono
sufficienti.
Diversamente, la presenza di fondi a tal
fine destinati o, in altre parole, quando l’Ente può
attivare l’ordinaria procedura d’impegno, non risulta
necessario ricorrere alla disciplina derogatoria ed attivare
la procedura di riconoscimento di debito fuori bilancio.
---------------
... il Sindaco del Comune di Riva Ligure chiede alla Sezione
di controllo un parere in merito alla corretta
interpretazione ed applicazione dell’art. 191, comma 3, del
d.lgs. n. 267/2000, (come modificato dall'art. 3, comma 1,
lettera i), legge n. 213 del 2012), in base a cui “Per i
lavori pubblici di somma urgenza, cagionati dal verificarsi
di un evento eccezionale o imprevedibile, la Giunta, qualora
i fondi specificamente previsti in bilancio si dimostrino
insufficienti, entro dieci giorni dall'ordinazione fatta a
terzi, su proposta del responsabile del procedimento,
sottopone al Consiglio il provvedimento di riconoscimento
della spesa con le modalità previste dall'articolo 194,
comma 1, lettera e), prevedendo la relativa copertura
finanziaria nei limiti delle accertate necessità per la
rimozione dello stato di pregiudizio alla pubblica
incolumità. Il provvedimento di riconoscimento è adottato
entro 30 giorni dalla data di deliberazione della proposta
da parte della Giunta, e comunque entro il 31 dicembre
dell'anno in corso se a tale data non sia scaduto il
predetto termine. La comunicazione al terzo interessato è
data contestualmente all'adozione della deliberazione
consiliare.”
Il Sindaco chiede di conoscere se nel caso in cui per i
lavori di somma urgenza i fondi previsti a bilancio siano
sufficienti occorra seguire la procedura di cui all’art. 194
(riconoscimento di legittimità di debiti fuori bilancio).
...
Quesito analogo era stato posto dalla provincia di La Spezia
cui questa Sezione di controllo ha rilasciato parere con
delibera n. 12 del 2013, dalle cui conclusioni questa
Sezione non intende discostarsi.
Brevemente il Collegio, nel ripercorrere quanto già
osservato nelle delibera suddetta, ritiene che non sia
indifferente, al fine di un corretto percorso argomentativo,
evidenziare l’allocazione della norma all’interno del TUEL.
L’art. 191, difatti, fissa le “Regole per l'assunzione di
impegni e per l'effettuazione di spese” nel rispetto dei
“Principi di gestione e controllo di gestione” (CAPO IV).
Il primo comma della norma citata individua l’ordinaria
procedura di spesa per cui l’Ente può attivarsi solo se
sussistono l'impegno contabile registrato sul competente
intervento o capitolo del bilancio di previsione e
l'attestazione della copertura finanziaria di cui
all'articolo 153, comma 5. Solo dopo, il responsabile del
servizio, conseguita l'esecutività del provvedimento di
spesa, comunica al terzo interessato l'impegno e la
copertura finanziaria, contestualmente all'ordinazione della
prestazione.
Se questa, come detto, è la procedura ordinaria prevista
dalla legge, il comma 3 dell’articolato
normativo risulta essere una deroga alla disciplina
ordinaria, una sorta di “autorizzazione” da parte del
legislatore a derogare in presenza di situazioni che
richiedono un intervento immediato (somma urgenza) a tutela
di interessi primari.
Tale deroga è ammessa quindi solo in
presenza dei presupposti indicati dal legislatore: necessità
di lavori di somma urgenza e mancanza (o insufficienza) di
fondi destinati a coprire la spesa relativa ai predetti
lavori. Solo in presenza di tali presupposti l’Ente può
procedere all’ordinazione dei lavori a terzi ed attivare la
procedura di riconoscimento del debito fuori bilancio nei
modi indicati dal terzo comma.
Accendendo un faro sui due requisiti appena evidenziati
appare chiara la volontà del legislatore di
consentire una deroga alla procedura ordinaria non ogni
qualvolta vi siano lavori di somma urgenza ma solo
allorquando non vi siano fondi a tal fine stanziati. In tale
circostanza, difatti, non è possibile per l’Ente procedere
all’impegno di somme sul competente capitolo o intervento di
bilancio in quanto fondi non ve ne sono o non sono
sufficienti.
Diversamente, la presenza di fondi a tal
fine destinati o, in altre parole, quando l’Ente può
attivare l’ordinaria procedura d’impegno, non risulta
necessario ricorrere alla disciplina derogatoria ed attivare
la procedura di riconoscimento di debito fuori bilancio.
Come detto, la deroga è una sorta di
autorizzazione del legislatore con cui l’Ente può procedere
a costituire un debito fuori bilancio al fine di tutelare
interessi primari e consentire, successivamente, attivare un
percorso che consenta l’individuazione delle risorse da
destinare alla copertura finanziaria dei lavori ordinati in
via d’urgenza.
Che poi tali fondi vadano reperiti ex novo o possano
trovarsi all’interno del bilancio dell’Ente non interessa al
fine della corretta applicazione della norma.
Altro non farà l’Ente, in sede di
riconoscimento del debito, se non quello che è già previsto
dagli artt. 175 (Variazioni al bilancio di previsione ed al
piano esecutivo di gestione) e 193 (Salvaguardia degli
equilibri di bilancio) del TUEL
(Corte dei Conti, Sez. controllo Liguria,
parere 10.05.2013 n. 22). |
LAVORI PUBBLICI:
Il Collegio ritiene che la corretta
interpretazione e, conseguentemente, la corretta
applicazione della norma in esame (art. 191, comma 3, del D.Lgs.
n. 267/2000) sia la seguente.
Non è indifferente, al fine di un corretto
percorso argomentativo, evidenziare l'allocazione della
norma all'interno del TUEL. L'art. 191, difatti, fissa le "Regole
per l'assunzione di impegni e per l'effettuazione di spese"
nell'ambito dei "Principi di gestione e controllo di
gestione".
Il primo comma della norma citata individua l'ordinaria
procedura di spesa per cui l'Ente può attivarsi solo se
sussiste l'impegno contabile registrato sul competente
intervento o capitolo del bilancio di previsione e
l'attestazione della copertura finanziaria di cui
all'articolo 153, comma 5. Solo dopo il responsabile del
servizio, conseguita l'esecutività del provvedimento di
spesa, comunica al terzo interessato l'impegno e la
copertura finanziaria, contestualmente all'ordinazione della
prestazione.
Se questa, come detto, è la procedura ordinaria prevista
dalla legge, il comma 3 dell'articolato
normativo risulta essere una deroga alla disciplina
ordinaria, una sorta di "autorizzazione" da parte del
legislatore a diversamente procedere in presenza di
situazioni che richiedono un intervento immediato (somma
urgenza) a tutela di interessi primari.
Tale deroga è ammessa quindi solo in
presenza dei presupposti indicati dal legislatore: necessità
di lavori di somma urgenza e mancanza di fondi destinati a
coprire la spesa relativa ai predetti lavori. Solo in
presenza di tali presupposti l'Ente può procedere
all'ordinazione dei lavori a terzi ed attivare la procedura
di riconoscimento del debito fuori bilancio nei modi
indicati dal terzo comma.
Accendendo un faro sui due requisiti appena evidenziati appare chiara la volontà del legislatore di
consentire una deroga alla procedura ordinaria non ogni
qualvolta vi siano lavori di somma urgenza ma solo
allorquando non vi siano, difatti, sufficienti fondi a tal
fine stanziati. In tale circostanza, 9 non è possibile per
l'Ente procedere all'impegno di somme sul competente
capitolo o intervento di bilancio in quanto, appunto, perché
fondi non ve ne sono o non sono sufficienti.
Diversamente, in presenza di fondi a tal
fine destinati o, in altre parole, quando l'Ente può
attivare l'ordinaria procedura d'impegno, non risulta
necessario ricorrere alla disciplina derogatoria ed attivare
la procedura di riconoscimento di debito fuori bilancio.
Come detto, la deroga è una sorta di
autorizzazione del legislatore con cui l'Ente può procedere
a costituire un debito fuori bilancio al fine di tutelare
interessi primari e consentire, successivamente, all'Ente di
attivare un percorso che consenta l'individuazione delle
risorse da destinare alla copertura finanziaria dei lavori
ordinati in via d'urgenza.
Che poi tali fondi vadano reperiti ex
novo o possano trovarsi all'interno del bilancio
dell'Ente non interessa al fine della corretta applicazione
della norma. Altro non farà l'Ente, in sede di
riconoscimento del debito, se non quello che è già previsto
dagli artt. 175 (Variazioni al bilancio di previsione ed al
piano esecutivo di gestione) e 193 (Salvaguardia degli
equilibri di bilancio) del TUEL.
---------------
... il Commissario straordinario presso la provincia di La
Spezia chiede alla Sezione di controllo un parere in merito
alla corretta interpretazione ed applicazione dell'art. 191,
comma 3, del D.Lgs. n. 267/2000, (come modificato dall'art.
3, comma 1, lettera i), legge n. 213 del 2012), in base a
cui "Per i lavori pubblici di somma urgenza, cagionati
dal verificarsi di un evento eccezionale o imprevedibile, la
Giunta, qualora i fondi specificamente previsti in bilancio
si dimostrino insufficienti, entro dieci giorni
dall'ordinazione fatta a terzi, su proposta del responsabile
del procedimento, sottopone al Consiglio il provvedimento di
riconoscimento della spesa con le modalità previste
dall'articolo 194, comma 1, lettera e), prevedendo la
relativa copertura finanziaria nei limiti delle accertate
necessità per la rimozione dello stato di pregiudizio alla
pubblica incolumità. Il provvedimento di riconoscimento è
adottato entro 30 giorni dalla data di deliberazione della
proposta da parte della Giunta, e comunque entro il 31
dicembre dell'anno in corso se a tale data non sia scaduto
il predetto termine. La comunicazione al terzo interessato è
data contestualmente all'adozione della deliberazione
consiliare.″
A parere del Commissario straordinario sembrerebbe che il
legislatore, utilizzando l'espressione "fondi
specificatamente previsti" abbia voluto intendere che se
in bilancio vi è iscritto un capitolo per somme urgenze
generiche, capiente per la somma urgenza specifica, non si
deve attivare la procedura di riconoscimento del debito
fuori bilancio, ancorché l'ordinativo all'impresa sia
avvenuto prima dell'impegno della relativa somma.
Più frequentemente accade però che in bilancio non vi sia un
capitolo ad hoc per le somme urgenze ma nell'ambito
del PEG del servizio che attiva la somma urgenza vi possano
essere stanziamenti adeguati sia in merito alla funzione che
all'intervento.
Pertanto il Commissario chiede se anche in questo caso,
mancando fondi specifici ma sussistendo fondi adeguati sia
in merito al servizio che alla funzione che all'intervento
(pur se non specificatamente previsti) l'Ente debba
procedere al riconoscimento del debito fuori bilancio.
...
Come narrato in fatto, il Commissario straordinario presso
la provincia di La Spezia chiede di sapere, a seguito di
corretta interpretazione dell'art. 191, comma 3, del D.lgs.
267/2000, quale sia l'ambito di applicazione della suddetta
norma ossia quando è necessario procedere al riconoscimento
della spesa relativa ai lavori di somma urgenza con le
modalità previste dall'articolo 194, comma 1, lettera e),
(riconoscimento dei debiti fuori bilancio).
Premesso che non appare corretta la ricostruzione effettuata
dalla Provincia di La Spezia circa le presunte intenzioni
del legislatore mediante l'utilizzo dell'inciso "fondi
specificatamente previsti", il Collegio ritiene che la
corretta interpretazione e, conseguentemente, la corretta
applicazione della norma in esame sia la seguente.
Non è indifferente, al fine di un corretto
percorso argomentativo, evidenziare l'allocazione della
norma all'interno del TUEL. L'art. 191, difatti, fissa le "Regole
per l'assunzione di impegni e per l'effettuazione di spese"
nell'ambito dei "Principi di gestione e controllo di
gestione".
Il primo comma della norma citata individua l'ordinaria
procedura di spesa per cui l'Ente può attivarsi solo se
sussiste l'impegno contabile registrato sul competente
intervento o capitolo del bilancio di previsione e
l'attestazione della copertura finanziaria di cui
all'articolo 153, comma 5. Solo dopo il responsabile del
servizio, conseguita l'esecutività del provvedimento di
spesa, comunica al terzo interessato l'impegno e la
copertura finanziaria, contestualmente all'ordinazione della
prestazione.
Se questa, come detto, è la procedura ordinaria prevista
dalla legge, il comma 3 dell'articolato
normativo risulta essere una deroga alla disciplina
ordinaria, una sorta di "autorizzazione" da parte del
legislatore a diversamente procedere in presenza di
situazioni che richiedono un intervento immediato (somma
urgenza) a tutela di interessi primari.
Tale deroga è ammessa quindi solo in
presenza dei presupposti indicati dal legislatore: necessità
di lavori di somma urgenza e mancanza di fondi destinati a
coprire la spesa relativa ai predetti lavori. Solo in
presenza di tali presupposti l'Ente può procedere
all'ordinazione dei lavori a terzi ed attivare la procedura
di riconoscimento del debito fuori bilancio nei modi
indicati dal terzo comma.
Accendendo un faro sui due requisiti appena evidenziati
appare chiara la volontà del legislatore di
consentire una deroga alla procedura ordinaria non ogni
qualvolta vi siano lavori di somma urgenza ma solo
allorquando non vi siano, difatti, sufficienti fondi a tal
fine stanziati. In tale circostanza, 9 non è possibile per
l'Ente procedere all'impegno di somme sul competente
capitolo o intervento di bilancio in quanto, appunto, perché
fondi non ve ne sono o non sono sufficienti.
Diversamente, in presenza di fondi a tal
fine destinati o, in altre parole, quando l'Ente può
attivare l'ordinaria procedura d'impegno, non risulta
necessario ricorrere alla disciplina derogatoria ed attivare
la procedura di riconoscimento di debito fuori bilancio.
Come detto, la deroga è una sorta di
autorizzazione del legislatore con cui l'Ente può procedere
a costituire un debito fuori bilancio al fine di tutelare
interessi primari e consentire, successivamente, all'Ente di
attivare un percorso che consenta l'individuazione delle
risorse da destinare alla copertura finanziaria dei lavori
ordinati in via d'urgenza.
Che poi tali fondi vadano reperiti ex
novo o possano trovarsi all'interno del bilancio
dell'Ente non interessa al fine della corretta applicazione
della norma. Altro non farà l'Ente, in sede di
riconoscimento del debito, se non quello che è già previsto
dagli artt. 175 (Variazioni al bilancio di previsione ed al
piano esecutivo di gestione) e 193 (Salvaguardia degli
equilibri di bilancio) del TUEL
(Corte dei Conti, Sez. controllo Liguria,
parere 18.03.2013 n. 12). |
ENTI LOCALI:
Il riconoscimento del debito fuori
bilancio derivante da sentenza, a differenza delle altre
ipotesi elencate dal legislatore alle lettere da b) ad e)
dell'art. 194 dlgs 267/2000, non lascia alcun margine di
apprezzamento discrezionale all’organo consiliare.
In altri termini, nel caso in esame, il Consiglio dell’ente
locale non deve e non può compiere alcuna valutazione, in
quanto il pagamento del relativo debito è dovuto in base a
un titolo esecutivo prodottosi in sede giurisdizionale.
Diversamente nelle altre ipotesi l’organo assembleare gode
della discrezionalità necessaria per valutare e riconoscere
la legittimità del debito, al fine poi di procedere al
relativo pagamento.
Pertanto, nel caso di debiti derivanti da sentenze il
riconoscimento consiliare svolge una mera funzione
ricognitiva; si tratta di una presa d’atto finalizzata al
mantenimento degli equilibri di bilancio.
---------------
In mancanza di una disposizione che preveda una disciplina
specifica e diversa per le sentenze esecutive, analogamente
a quanto dettato per le amministrazioni statali, ai fini di
una maggiore efficienza ed efficacia dell’azione
amministrativa, se del caso con ulteriori accorgimenti
predisposti dal legislatore per salvaguardare gli equilibri
finanziari dell’ente locale, la Sezione ritiene di non
poter accogliere, allo stato attuale, un’interpretazione
estensiva dell’art. 14, comma 2, del D.L. 31.12.1996, n.
669, conv. in L. 28.02.1997, n. 30, che consenta anche agli
enti locali di procedere al pagamento prima della delibera
consiliare.
...
In particolare, il Sindaco chiede se “sia possibile o
no procedere al pagamento delle somme scaturenti da
provvedimenti giurisdizionali esecutivi ai sensi dell’art.
194, lett. a), del D.lgs. 267/2000 con provvedimento del
Dirigente anche prima dell’adozione della deliberazione
consiliare di presa d’atto”.
Ad avviso del Sindaco, essendo tale procedura sottratta alla
discrezionalità dell’ente locale, si potrebbe effettuare il
pagamento con un provvedimento dirigenziale prima
dell’adozione della delibera consiliare, anche al fine di
evitare ulteriori aggravi di spese. Il procedimento, di
conseguenza, sarebbe così scandito: “a.1 adozione di
Determinazione dirigenziale da parte del Dirigente
competente di riconoscimento del debito, previa verifica
della sussistenza del titolo esecutivo;
a.2 emissione dell'ordinativo di pagamento al Tesoriere
comunale da parte del Dirigente dell'Ufficio
Economo—Finanziario;
a.3 proposta di Deliberazione del Consiglio Comunale per la
presa d'atto della sentenza liquidata al creditore che
preveda, ai sensi dell'art. 23, comma 5, della legge
27.12.2002 n. 289, la trasmissione alla Corte dei Conti”.
Con specifico riferimento all’oggetto della presente
pronuncia, il Collegio ritiene di poter fornire
all’amministrazione richiedente indicazioni di principio
volte a coadiuvare quest’ultima nell’esercizio delle proprie
funzioni.
Al riguardo rilevano le norme concernenti i debiti fuori
bilancio e, in primo luogo, la lettera a) dell’art. 194 del
Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali
(d’ora in poi TUEL). La disposizione stabilisce che gli enti
locali, con periodicità stabilita dai regolamenti di
contabilità degli enti medesimi ovvero almeno una volta
entro il 30 settembre di ciascun anno (in tal senso,
infatti, opera il richiamo all’art. 193, comma 2, TUEL,
ndr), riconoscono con deliberazione consiliare la
legittimità dei debiti fuori bilancio derivanti da sentenze
esecutive.
In secondo luogo, occorre ricordare l’art. 14 del D.L.
31.12.1996, n. 669, conv. in L. 28.02.1997, n. 30 rubricato
“esecuzione forzata nei confronti di pubbliche
amministrazioni” che, al primo comma, dispone: “Le
amministrazioni dello Stato e gli enti pubblici non
economici completano le procedure per l’esecuzione dei
provvedimenti giurisdizionali e dei lodi arbitrali aventi
efficacia esecutiva e comportanti l’obbligo di pagamento di
somme di denaro entro il termine di centoventi giorni dalla
notificazione del titolo esecutivo. Prima di tale termine il
creditore non può procedere ad esecuzione forzata né alla
notifica di atto di precetto”.
Infine, non è possibile tralasciare il secondo comma della
disposizione appena citata che afferma che “Nell'ambito
delle amministrazioni dello Stato, nei casi previsti dal
comma 1, il dirigente responsabile della spesa, in assenza
di disponibilità finanziarie nel pertinente capitolo,
dispone il pagamento mediante emissione di uno speciale
ordine di pagamento rivolto all'istituto tesoriere, da
regolare in conto sospeso. La reintegrazione dei capitoli
avviene a carico del fondo previsto dall'articolo 7 della
legge 05.08.1978, n. 468, in deroga alle prescrizioni
dell'ultimo comma. Con decreto del Ministro del tesoro sono
determinate le modalità di emissione nonché le
caratteristiche dello speciale ordine di pagamento previsto
dal presente comma”. La norma, dunque,
si riferisce specificamente alle amministrazioni statali,
non disponendo alcunché in relazione agli enti diversi dallo
Stato.
In base ad un’interpretazione letterale
risulterebbero esclusi da tale procedura gli enti locali. In
tal senso, pur in presenza delle risorse finanziarie
necessarie, l’amministrazione locale non potrebbe procedere
al pagamento del debito derivante da sentenza esecutiva se
non prima del riconoscimento consiliare.
Tuttavia, prima di rispondere al quesito proposto occorre
effettuare una premessa in ordine alla natura giuridica da
attribuire alla deliberazione consiliare di riconoscimento
della legittimità dei debiti fuori bilancio nella specifica
ipotesi delle sentenze esecutive. In particolare, bisogna
accertare se il provvedimento abbia natura autorizzatoria
ovvero meramente ricognitiva in relazione alla salvaguardia
degli equilibri generali di bilancio.
Invero, in base alle norme citate e con riferimento ai
poteri dell’organo assembleare nell’ipotesi de qua,
il riconoscimento del debito fuori bilancio derivante da
sentenza, a differenza delle altre ipotesi elencate dal
legislatore alle lettere da b) ad e), non lascia alcun
margine di apprezzamento discrezionale all’organo
consiliare.
In altri termini, nel caso in esame, il Consiglio dell’ente
locale non deve e non può compiere alcuna valutazione, in
quanto il pagamento del relativo debito è dovuto in base a
un titolo esecutivo prodottosi in sede giurisdizionale.
Diversamente nelle altre ipotesi l’organo assembleare gode
della discrezionalità necessaria per valutare e riconoscere
la legittimità del debito, al fine poi di procedere al
relativo pagamento.
Pertanto, nel caso di debiti derivanti da
sentenze il riconoscimento consiliare svolge una mera
funzione ricognitiva; si tratta di una presa d’atto
finalizzata al mantenimento degli equilibri di bilancio.
In tal senso depone anche l’interpretazione letterale
dell’art. 194 TUEL che disponendo che gli enti locali “riconoscono
la legittimità dei debiti fuori bilancio”, usa
un’espressione che non indica un provvedimento “preventivo”
a contenuto autorizzatorio, necessario al fine di rimuovere
un limite legale allo svolgimento di una attività.
Viceversa, si tratta di un provvedimento di puro
riconoscimento di debito accostabile all’art. 1988 c.c.
secondo cui la ricognizione di debito non costituisce
autonoma fonte di obbligazione, ma ha solo l'effetto
confermativo di un preesistente rapporto fondamentale, “venendo
ad operarsi, un'astrazione meramente processuale della
"causa debendi", comportante una semplice "relevatio ab
onere probandi" per la quale il destinatario della promessa
è dispensato dall'onere di provare l'esistenza del rapporto
fondamentale, che si presume fino a prova contraria, ma
dalla cui esistenza o validità non può prescindersi sotto il
profilo sostanziale, con il conseguente venir meno di ogni
effetto vincolante della ricognizione di debito, ove rimanga
giudizialmente provato che il rapporto fondamentale non è
mai sorto o è invalido o si è estinto” (cfr. in tal
senso, ex multis, Cass. civ. sez. II, sent. n. 18259
del 22.08.2006; nonché Cass. civ. sez. lav., sent. n. 17423
dell’08.08.2007). In tale ottica, la Suprema Corte ha,
anche, ritenuto che “il riconoscimento del debito fuori
bilancio non costituisce fattispecie idonea a produrre i
medesimi effetti negoziali riconducibili alla (sottostante,
ndr) fattispecie legale" (cfr. Cass. civ., sez. I, sent.
n. 7966 del 27.03.2008).
In virtù di tale natura giuridica, secondo una certa
prospettiva, si ritiene che in tal caso
anche in ambito locale gli organi amministrativi, accertata
la sussistenza del provvedimento giurisdizionale, possano
procedere al relativo pagamento anche prima della
deliberazione consiliare di riconoscimento. Ciò pure perché
ex art. 14, comma 2, cit., neanche l’eventuale delibera
potrebbe impedire l’avvio delle procedure esecutive per
l’adempimento coattivo del debito
(cfr. Corte dei conti, S.R. Regione Sicilia, 2/2005; Corte
dei Conti, sez. contr. Sardegna, 6/2005, cit.; Corte dei
conti, sez. contr. Sardegna, 12/2006). Come, infatti,
afferma il Comune di Torre Annunziata “a differenza delle
ipotesi di riconoscimento di legittimità di debito fuori
bilancio elencate dalla lett. b) alla lett. e) del
richiamato art. 194 del D.lgs. n. 267/2000, quella prevista
alla lett. a) non lascia alcuna discrezionalità valutativa
all'Organo Consiliare tanto che, sempre secondo la normativa
dello Stato (art. 14 del d.l. 31/12/1996 n. 669, convertito
con modificazioni nella legge 28/02/1997 n. 30) trascorsi
120 giorni dalla notifica del titolo esecutivo, il creditore
può azionare la procedura esecutiva forzata (pignoramento
presso terzi) previa notifica dell'atto di precetto”.
Indubbiamente tale interpretazione ha il vantaggio di essere
coerente con i principi di efficienza ed economicità
dell’azione amministrativa e con l’interesse della
collettività alla eliminazione di ogni superfluo esborso di
denaro pubblico. Infatti, attendere la delibera consiliare
potrebbe comportare dei costi inutili rappresentati, in
primo luogo, dagli interessi legali e dall’eventuale
rivalutazione monetaria. Inoltre, nell’ipotesi in cui il
provvedimento consiliare non intervenga entro il termine di
centoventi giorni previsto dall’art. 14 del D.L. 669/96, a
tali oneri andrebbero ad aggiungersi le spese giudiziali
derivanti dalle procedure esecutive, con ulteriori pesi
economici ricadenti sulla collettività.
Come evidenziato dal Comune richiedente “il procedimento
amministrativo fino ad ora attuato comporta maggiori oneri
di spesa a carico dell'Amministrazione comunale costituiti
oltre che dagli interessi e dalla eventuale rivalutazione
monetaria, anche delle spese giudiziali derivanti dalle
procedure esecutive di pignoramento presso terzi
eventualmente azionate dai creditori qualora il
riconoscimento del debito venga effettuato oltre i 120
giorni previsti dal più volte richiamato art. 14 del d. I.
31/12/1996 n. 669, convertito con modificazioni nella legge
28/02/1997 n. 30 e ss.mm.ii.”
In virtù di tali considerazioni risulta evidente come il
legislatore avrebbe dovuto disciplinare a parte il caso in
esame, anche ai fini di una parità di trattamento, ex art. 3
Cost., tra i creditori delle amministrazioni statali,
tutelati dal comma 2 dell’art. 14 cit., che, come detto,
dispone la possibilità del pagamento del debito fuori
bilancio mediante emissione di uno speciale ordine di
pagamento rivolto al tesoriere, ed i creditori degli enti
locali, ove tale procedura non è prevista. Ciò, in quanto,
se, da un lato, può riscontrarsi un elemento unificante fra
tutte le ipotesi previste dall’art. 194 TUEL, consistente
nella circostanza che il debito nasce al di fuori e
indipendentemente dalle ordinarie procedure riguardanti la
formazione della volontà dell’ente, dall’altro e per contro,
la natura dei diversi casi di debito non è assolutamente
unitaria. Nell’ipotesi in esame, come visto, a differenza
delle altre, il debito si impone all’ente ex se, in
base alla forza imperativa della sentenza (in tal senso cfr.
Corte dei Conti, sez. contr. Friuli Venezia Giulia, n.
6/1c/2005), non residuando in capo all’ente alcun margine di
discrezionalità circa l’an e il quantum del
debito, stabiliti già dal provvedimento giurisdizionale
(cfr. Corte dei Conti, sez. contr. Puglia, n. 9/2012).
Tuttavia, la Sezione ritiene di dover
condividere una diversa interpretazione secondo cui nel caso
in esame alla luce dell’imperatività del provvedimento
giudiziale il significato della delibera del Consiglio non è
quello di riconoscere una legittimità del debito che già è
stata verificata, ma di ricondurre “al sistema di
bilancio un fenomeno di rilevanza finanziaria che è maturato
all’esterno di esso”,
così come previsto al punto 101 dal principio contabile n. 2
nella versione redatta dall’Osservatorio per la Finanza e la
Contabilità degli Enti locali in data 12/03/2008 (cfr. in
tal senso Corte dei Conti, sez. contr. Puglia, 93/2010).
La delibera consiliare è necessaria,
quindi, al fine di individuare la fonte di finanziamento in
ottemperanza all’obbligo di copertura finanziaria gravante
sui provvedimenti di spesa ex art. 191 TUEL.
La norma da ultimo citata, infatti, disciplina le “regole
per l’assunzione di impegni e per l’effettuazione di spese”,
imponendo dei “meccanismi di natura tecnico-contabile per
evitare il formarsi di debiti fuori bilancio e per garantire
l’equilibrio tra le entrate e le spese.
Sinteticamente: le spese possono essere effettuate solo se
vi è stata l’assunzione dell’impegno contabile e
l’attestazione della copertura finanziaria” (in tali
termini si esprime Corte dei Conti, sez. contr. Campania,
22/2009). Ogni spesa può essere effettuata solo in presenza
di una regolare assunzione di atto di impegno registrato, e
purché vi sia la relativa copertura finanziaria negli
stanziamenti di bilancio, in modo da contenere appunto il
fenomeno dei debiti fuori bilancio (Corte dei Conti, sez.
contr. Emilia Romagna, 311/2012). In tale prospettiva,
l’art. 194, primo comma, TUEL rappresenta un’eccezione ai
principi riguardanti la necessità del preventivo impegno
formale e della copertura finanziaria; onde per riportare le
ipotesi previste nei principi di copertura finanziaria è,
dunque, richiesta la delibera consiliare.
In tal senso, con il provvedimento
consiliare viene ripristinata la fisiologia della fase della
spesa e i debiti de quibus vengono ricondotti al
sistema (in tal
senso vd. Corte dei Conti, sez. contr. Friuli Venezia
Giulia, 6/1c/2005, cit.) con l’adozione dei
necessari provvedimenti di riequilibrio finanziario.
Inoltre, la delibera consiliare svolge
anche il ruolo di accertamento delle cause che hanno
originato l’obbligo, con le consequenziali ed eventuali
responsabilità. Del resto, questa funzione di accertamento è
rafforzata dalla previsione dell’invio agli organi di
controllo e alla Procura regionale della Corte dei conti
(art. 23, comma 5, L. 289/2002) delle
delibere in esame
(in tal senso, cfr. Corte dei conti, sez. contr. Lombardia,
1/2007).
Nell’ottica delineata, la delibera
consiliare svolge una duplice funzione: da un lato,
giuscontabilistica, per la salvaguardia degli equilibri di
bilancio; dall’altro garantista, per l’accertamento
delle responsabilità nella fattispecie in esame
(cfr. Corte dei conti, sez. contr. Lombardia, 1/2007, cit.;
Corte dei conti, sez. contr. Emilia Romagna, 20/2007; Corte
dei conti, sez. contr. Lombardia, 401/2012).
In base alle considerazioni esposte, ad
avviso del Collegio, sussiste, nel caso di sentenza
esecutiva, l’obbligo di procedere con tempestività alla
convocazione del Consiglio per il riconoscimento del debito,
in modo da impedire il maturare di interessi, rivalutazione
monetaria ed ulteriori spese legali.
Come infatti previsto anche dal punto 103 del principio
contabile n. 2 cit. “Nel caso di
sentenza esecutiva al fine di evitare il verificarsi di
conseguenze dannose per l’ente per il mancato pagamento nei
termini previsti decorrenti dalla notifica del titolo
esecutivo, la convocazione del Consiglio per l’adozione
delle misure di riequilibrio deve essere disposta
immediatamente e in ogni caso in tempo utile per effettuare
il pagamento nei termini di legge ed evitare la maturazione
di oneri ulteriori a carico del bilancio dell’ente”.
Diversamente, si potrebbero prospettare evidenti e
consequenziali profili di responsabilità, nel caso di tempi
di attesa troppo lunghi, in particolare se in prossimità
dello scadere ovvero oltre il periodo di salvaguardia
previsto per le Pubbliche Amministrazioni (120 giorni) ex
art. 14 comma 1, cit.. Pertanto, alla luce dell’attuale
normativa, non è consentito all’ente locale discostarsi
dalle prescrizioni letterali dell’art. 194 TUEL.
In mancanza di una disposizione che preveda una
disciplina specifica e diversa per le sentenze esecutive,
analogamente a quanto dettato per le amministrazioni
statali, ai fini di una maggiore efficienza ed efficacia
dell’azione amministrativa, se del caso con ulteriori
accorgimenti predisposti dal legislatore per salvaguardare
gli equilibri finanziari dell’ente locale, la Sezione
ritiene di non poter accogliere, allo stato attuale,
un’interpretazione estensiva dell’art. 14, comma 2, cit. che
consenta anche agli enti locali di procedere al pagamento
prima della delibera consiliare.
Ora, posto questo ragionamento in via di principio, occorre
notare che per la Regione Campania sussiste una particolare
disciplina. Il legislatore regionale, nella sua riconosciuta
autonomia legislativa ex artt. 117, 121 e 127 Cost., ha
infatti imposto un termine perentorio alla convocazione del
Consiglio regionale nel caso in esame.
In tal senso, l’art. 47, comma 5, della legge regionale
30.04.2002, n. 7 (Ordinamento contabile della regione
Campania, pubblicata nel B.U. Campania 06.05.2002, n. 23),
stabilisce che “al riconoscimento della legittimità dei
debiti fuori bilancio di cui al comma a), il Consiglio
regionale provvede entro sessanta giorni dalla ricezione
della relativa proposta”.
Proprio al fine di evitare ulteriori danni a carico
dell’Ente, in caso di difficoltà o di ritardi nella
convocazione del Consiglio regionale, la Regione si è
autovincolata, in relazione ai termini di convocazione.
La natura perentoria di tale termine si deduce nel prosieguo
della norma secondo cui “Decorso inutilmente tale
termine, la legittimità di detto debito si intende
riconosciuta”. In caso di inadempimento all’obbligo di
convocazione tempestiva, pertanto, è prevista un’ipotesi di
silenzio significativo. Naturalmente, in tal caso, non solo
sarà necessaria una successiva delibera con cui indicare la
copertura finanziaria, ma dall’eventuale formazione del
provvedimento in via significativa potrebbero derivare
eventuali profili di responsabilità.
Nella prospettiva delineata, la possibilità di agire in
virtù di una delibera formatasi “silenziosamente”,
prevista quale eccezione e sanzione all’inottemperanza del
Consiglio, rappresenta la conferma della correttezza
dell’impostazione proposta e cioè della necessità della
previa delibera consiliare.
Tale impostazione non muta neanche qualora vi sia già una
disponibilità finanziaria sui pertinenti capitoli di
competenza del bilancio. Secondo la Sezione anche nel caso
di una preesistente copertura finanziaria non viene meno la
necessità dell’attivazione della procedura consiliare di
riconoscimento. Indubbiamente, sarebbe opportuno che l’ente
valuti previamente in base alle circostanze ed alle diverse
fattispecie, se effettuare un accantonamento in vista di una
probabile soccombenza giudiziale al fine di evitare o
neutralizzare gli effetti sfavorevoli della sentenza sugli
equilibri di bilancio; ma la presenza di uno specifico fondo
non consentirebbe comunque all’ente di omettere la delibera
di riconoscimento, in quanto in tal modo si vanificherebbe
la disciplina di garanzia prevista dall’ordinamento (cfr. in
tal senso Corte dei conti, sez. contr. Lombardia, 1/2007,
cit.).
A tal proposito, risulta utile evidenziare che l’impatto sul
bilancio può essere minore se nel bilancio viene previsto
uno specifico fondo per la copertura di spese giudiziali in
caso di soccombenza, perché si potrà fronteggiare il
pagamento del debito utilizzando quanto già destinato a tale
scopo. Diversamente, con la delibera consiliare dovranno
essere indicate quali risorse utilizzare; il che potrebbe
comportare evidenti ricadute sulla collettività, in quanto
presumibilmente l’ente potrebbe trovarsi costretto ad
aumentare le entrate ovvero a diminuire spese già previste
(cfr. in tal senso Corte dei Conti, sez. contr. Lombardia,
483/2011).
Un problema particolare potrebbe porsi nel caso di appello
della sentenza da parte del Comune. Anzi, come precisato dal
punto 102 del citato principio contabile n. 2: “Il
riconoscimento della legittimità del debito fuori bilancio
derivante da sentenza esecutiva non costituisce acquiescenza
alla stessa e pertanto non esclude l’ammissibilità
dell’impugnazione. Il medesimo riconoscimento, pertanto,
deve essere accompagnato dalla riserva di ulteriori
impugnazioni ove possibili e opportune”.
La questione si pone, in particolare, in quanto a seguito
della modifica apportata all’art. 282 c.p.c. dalla L.
353/1990, le sentenze di primo grado sono provvisoriamente
esecutive tra le parti (tant’è che l’art. 194, lett. a),
TUEL non ha riproposto l’analoga disposizione contenuta
nell’art. 37, lett. a), d.lgs. 25.02.1995, n. 77 che faceva
riferimento a “sentenze passate in giudicato o sentenze
immediatamente esecutive”).
La Sezione ritiene, in tal caso, opportuno precisare che se
il Giudice di Appello sospendesse in via cautelare
l’esecutività della sentenza, con il conseguente venire meno
dell’obbligo di provvedere al riconoscimento del debito da
parte del Consiglio, l’ente potrebbe accantonare in via
prudenziale e nel rispetto dei principi di una sana e
corretta gestione finanziaria, idonee risorse atte a
garantire la copertura del debito in caso di eventuale
soccombenza (Corte dei Conti, Sez. controllo Campania,
parere 31.01.2013 n. 15). |
anno 2012 |
|
ENTI
LOCALI: E.
Materia,
IL FENOMENO DEI DEBITI FUORI BILANCIO QUALE COMPONENTE
FONDAMENTALE NELLA REGOLAMENTAZIONE DEL CONTROLLO DI
REGOLARITÀ AMMINISTRATIVA E CONTABILE PREVISTA DAL D.L. N.
174/2012
(Gazzetta Amministrativa
n. 4/2012). |
ATTI
AMMINISTRATIVI - COMPETENZE GESTIONALI
La firma sulle transazioni.
DOMANDA:
Il Comune deve firmare con urgenza una transazione che
all'uopo viene approvata con deliberazione giuntale; nella
deliberazione de qua la giunta autorizza testé il
sindaco -in qualità di legale rappresentante dell'ente- alla
firma dell'atto.
Il segretario generale sostiene che è necessario il parere
del revisore contabile e che, la firma sulla transazione non
deve essere apposta dal sindaco ma dal dirigente del settore
contenzioso: è corretto?
RISPOSTA:
Facendo riferimento alla questione posta, si fa presente
quanto segue:
In linea generale si sottolinea che, sulla base di quanto
stabilito dall’articolo 239 del Tuel, è previsto che
l’Organo di revisione svolga una attività di collaborazione
nei confronti dell’organo consiliare. Le modifiche
introdotte dalla legge 283/2012, hanno allargato l’elenco
delle materie sulle quali l’organo di revisione deve
esprimere il proprio parere; in particolare, è stato
previsto che l’organo di revisione esprima un parere anche
sulle “proposte di riconoscimento dei debiti fuori
bilancio e transazioni”.
La materia della autorizzazione alle “transazioni”
rientra tra le competenze della Giunta. Pertanto si potrebbe
ritenere che il parere dell’Organo di revisione su questi
provvedimenti non sia dovuto. Però, in considerazione del
fatto che la nuova versione dell’articolo 239 prevede
espressamente questa tipologia di provvedimenti, si ritiene
opportuno e prudenziale sottoporre anche questi
provvedimenti al preventivo parere dell’Organo di revisione.
Si condivide quanto affermato nel quesito a proposito di chi
deve sottoscrivere l’atto. Infatti, sulla base di quanto
stabilito dall’articolo 107 del Tuel, la firma sulla
transazione deve essere apposta dal dirigente del settore di
competenza (20.12.2012 - tratto da
www.ancirisponde.ancitel.it). |
ENTI LOCALI -
LAVORI PUBBLICI - PUBBLICO IMPIEGO:
Il debito derivante da lodo arbitrale
rituale in materia di lavori pubblici è riconoscibile quale
debito fuori bilancio attesa l’equiparabilità, quanto
all’efficacia, alla sentenza.
Per la copertura dello stesso è possibile applicare
dell’avanzo di amministrazione disponibile, ovviamente nel
pieno rispetto dei presupposti di legge (cfr. art. 187 TUEL)
e tenendo in considerazione l’obbligo giuridico del Comune
di rispettare gli obblighi derivanti dal patto di stabilità
interno.
Nella delibera di riconoscimento del debito fuori bilancio
occorre individuare il soggetto responsabile della
formazione della fattispecie debitoria in questione.
A tale individuazione deve fare seguito l’adozione delle
necessarie misure a tutela del patrimonio dell’ente (ed, in
particolare, la messa in mora del debitore), provvedendo a
trasmettere alla Procura regionale della Corte dei Conti
competente per territorio la delibera di riconoscimento del
debito fuori bilancio in ossequio ai vigenti obblighi di
legge.
Il Sindaco del
Comune di Cisano Bergamasco (BG) ha posto alla Sezione una
richiesta di parere avente ad oggetto le modalità e gli
effetti del riconoscimento quale debito fuori bilancio
dell’obbligazione in capo all’ente di pagare una somma di
denaro a seguito di condanna contenuta in un lodo arbitrale.
Più nel dettaglio, l’organo rappresentativo dell’ente
precisa quanto segue.
E’ pervenuto al Comune da parte del Collegio arbitrale un
lodo relativo a maggiori somme dovute per la costruzione di
una scuola materna.
Dall’esame del lodo si evince che l’Amministrazione Comunale
deve corrispondere all’impresa aggiudicataria dei lavori la
somma di euro 411.978,17 oltre ad euro 76.000 circa per
compensi al Collegio arbitrale, CTU, spese per marche da
bollo, trasferte, etc.. per un totale complessivo di euro
487.978,17.
Il Sindaco precisa che, a tre mesi dalla nomina, deve
fronteggiare una situazione che porterà al sicuro sforamento
del patto di stabilità con gravi conseguenze sia a livello
di erogazione di servizi alla cittadinanza, sia a livello di
futura gestione amministrativa che subirà sanzioni pesanti
quali la decurtazione del Fondo di riequilibrio, la mancata
assunzione di personale, l’impossibilità di contrarre mutui,
la decurtazione delle indennità, etc..
Tutto ciò premesso, al fine di avere un quadro preciso su
quale comportamento attuare al fine di non incorrere in
responsabilità contabili, tenuto conto che l’Amministrazione
intende ricorrere in appello per nullità del lodo, chiedendo
la sospensiva dello stesso, il Sindaco pone alla Sezione i
seguenti quattro quesiti.
1) Indipendentemente dal ricorso in
appello, il Consiglio Comunale deve riconoscere subito il
debito fuori bilancio ai sensi dell’art. 194 TUEL?
2) Per la copertura finanziaria dello stesso è possibile
ricorrere all’avanzo di amministrazione, provvedendo al
pagamento mediante un piano di rateizzazione della durata di
tre anni finanziari da convenire con la controparte?
3) Tenuto conto che l’impiego dell’avanzo di amministrazione
porterebbe al sicuro sforamento del patto di stabilità, è
forse più utile provvedere ad aumentare le imposte e le
tasse o prevedere un aumento di entrate relative ad
eventuali alienazioni di immobili, tenuto conto che la
riduzione della spesa fissa è praticamente impossibile?
4) L’azione di responsabilità nei confronti di chi ha
provocato tale debito è da intraprendere nella stessa
delibera di riconoscimento del debito?
Per quanto concerne il primo quesito, il Sindaco
chiede se il Consiglio Comunale debba riconoscere subito il
debito fuori bilancio ai sensi dell’art. 194 TUEL.
Orbene, la Sezione osserva che nel caso di debiti derivanti
da sentenza esecutiva il significato del provvedimento del
Consiglio Comunale non è quello di riconoscere una
legittimità del debito che già esiste, ma di ricondurre al
sistema di bilancio un fenomeno di rilevanza finanziaria che
è maturato all’esterno di esso.
In altri termini, la valenza della delibera consiliare ex
art. 194, comma 1, lett. a), T.U.E.L. non è quella di
riconoscere la legittimità di una obbligazione, la cui
validità è stata oggetto di delibazione in sede giudiziaria,
quanto una funzione giuscontabilistica individuabile nella
salvaguardia degli equilibri di bilancio (mediante
l’individuazione delle risorse necessarie a finanziare il
debito), ed anche garantista consistente nell’accertamento
di chi sia responsabile della formazione della fattispecie
debitoria che si è formata al di fuori della ordinaria
contabilità dell’ente (cfr. la delibera della Sezione n.
1/2007). Deve, altresì, aggiungersi che, in ogni caso, dal
riconoscimento di legittimità discende l’obbligo, per l’ente
pubblico, di contabilizzazione e di quantificazione
finanziaria del debito riconosciuto, in virtù dei principi
di universalità, veridicità ed attendibilità del bilancio.
Peraltro, il riconoscimento della legittimità del debito
fuori bilancio derivante da sentenza esecutiva non
costituisce acquiescenza alla stessa, e pertanto non esclude
l’ammissibilità dell’impugnazione. Il medesimo
riconoscimento deve essere accompagnato dalla riserva di
ulteriori impugnazioni ove possibili e opportune.
Ne deriva che nel caso di sentenza esecutiva, al fine di
evitare il verificarsi di conseguenze dannose per l’ente per
il mancato pagamento nei termini previsti, la convocazione
del Consiglio Comunale per l’adozione delle misure di
riequilibrio deve essere disposta immediatamente e in ogni
caso in tempo utile per effettuare il pagamento nei termini
di legge ed evitare la maturazione di oneri ulteriori a
carico del bilancio dell’ente.
Tali principi possono essere estesi alla riconoscibilità
quale debito fuori bilancio di un debito derivante da lodo
arbitrale rituale in materia di lavori pubblici, attesa
l’equiparabilità, quanto all’efficacia, alla sentenza (Corte
Conti, Sez. Lombardia, delib. n. 910/2009).
In relazione al secondo quesito, il Sindaco si
interroga se per la copertura finanziaria del debito fuori
bilancio in esame sia possibile ricorrere all’avanzo di
amministrazione, provvedendo al pagamento mediante un piano
di rateizzazione della durata di tre anni finanziari da
convenire con la controparte.
Ai sensi dell’art. 194, comma 2, TUEL per il pagamento del
debito fuori bilancio l’ente può provvedere anche mediante
un piano di rateizzazione, della durata di tre anni
finanziari, compreso quello in corso, convenuto con i
creditori. Per il finanziamento delle spese suddette, in
ossequio all’art. 193, comma 3, TUEL, possono essere
utilizzate per l’anno in corso e per i due successivi tutte
le entrate e le disponibilità, ad eccezione di quelle
provenienti dall’assunzione di prestiti e di quelle aventi
specifica destinazione per legge, nonché i proventi
derivanti dall’alienazione di beni patrimoniali disponibili.
E’ possibile provvedere alla copertura della spesa in
argomento mediante l’applicazione dell’avanzo di
amministrazione disponibile, ovviamente nel pieno rispetto
dei presupposti di legge (cfr. art. 187 TUEL).
Passando al terzo quesito, il Sindaco -tenuto conto
che l’impiego dell’avanzo di amministrazione porterebbe al
sicuro sforamento del patto di stabilità– chiede se sia più
utile provvedere ad aumentare le imposte e le tasse o
prevedere un aumento di entrate relative ad eventuali
alienazioni di immobili, tenuto conto che la riduzione della
spesa fissa è praticamente impossibile.
Ribadita la declaratoria di inammissibilità di siffatto
quesito nella parte in cui involge profili di
discrezionalità politica rientranti nell’esclusiva sfera
dell’ente, il Collegio rammenta il cogente obbligo giuridico
in capo alla Civica Amministrazione –anche in sede di
reperimento delle risorse a copertura del debito in esame-
di rispettare il patto di stabilità interno sin dalla
predisposizione del bilancio di previsione (oltre che,
ovviamente, all’esito della gestione), adottando gli
opportuni provvedimenti.
Infine, con il quarto quesito l’organo
rappresentativo dell’ente chiede se l’azione di
responsabilità nei confronti di chi ha provocato tale debito
debba essere intrapresa nella stessa delibera di
riconoscimento del debito.
A questo proposito, il Collegio ribadisce innanzitutto
quanto già segnalato sub quesito n. 1, in merito alla
necessità di individuare, all’interno della delibera di
riconoscimento del debito fuori bilancio, il soggetto
responsabile della formazione della suddetta fattispecie
debitoria che si è formata al di fuori della ordinaria
contabilità dell’ente. A tale individuazione deve fare
seguito l’adozione delle necessarie misure a tutela del
patrimonio dell’ente (ed, in particolare, la messa in mora
del debitore), provvedendo a trasmettere alla Procura
regionale della Corte dei Conti della Lombardia la delibera
di riconoscimento del debito fuori bilancio in ossequio ai
vigenti obblighi di legge (Corte dei Conti, Sez. controllo
Lombardia,
parere 18.09.2012 n. 401). |
APPALTI: Contratti.
Danno erariale per appalti
«scoperti». Pagamento a carico del
funzionario che ha autorizzato l'impegno.
LE AUTORIZZAZIONI/ Imputabili all'ente solo le obbligazioni
assunte con delibera autorizzativa e copertura prevista nei
documenti contabili.
Il contratto sottoscritto dal Comune
senza un valido impegno di spesa non può essere inquadrato
nella categoria dei cosiddetti contratti attivi dell'ente e,
pertanto, ne risponde per danno erariale direttamente il
funzionario responsabile.
L'atto negoziale posto in essere con un impegno di spesa
assunto senza la necessaria copertura finanziaria non è
imputabile al Comune e l'azione di responsabilità è
esperibile dai privati contro gli amministratori e i
funzionari degli enti locali per prestazioni e servizi resi
senza il rispetto delle prescritte formalità.
Questi i principi sanciti dalla Corte di Cassazione nella
sentenza 04.09.2012 n. 14785, con cui è stato
respinto il ricorso presentato da una società contro il
Comune che non aveva pagato il corrispettivo di un contratto
d'appalto, sottoscritto anni prima, relativo al servizio di
rilevazione dei tributi comunali evasi.
La Corte ha chiarito che, nel rispetto dei principi di
legalità e correttezza, gli atti di acquisizione di beni e
servizi possono essere imputati all'ente solo in presenza di
una delibera autorizzativa e della relativa copertura
finanziaria. In mancanza di questa documentazione, il
contratto d'appalto è solo apparentemente riconducibile al
l'ente pubblico, mentre è sempre imputabile al funzionario
che ha autorizzato l'effettuazione dei lavori.
In assenza dei necessari atti di imputazione della spesa, si
realizza una frattura del nesso organico con l'apparato
pubblico e la conseguente responsabilità non può essere
attribuita all'amministrazione.
Secondo i magistrati, il mancato pagamento del dovuto non è
in contrasto con i principi di correttezza e buona fede, in
quanto la violazione dei principi sopra richiamati determina
l'inesistenza di un rapporto diretto tra terzo contraente e
Pa.
Come la nullità di una delibera conferente ad un
professionista l'incarico per la progettazione di un'opera
pubblica esclude la sua idoneità a costituire titolo per il
compenso, la Cassazione ha chiarito che anche l'assenza di
un valido impegno di spesa determina l'impossibilità di
imputare all'ente l'obbligazione derivante dal contratto.
Inoltre, non avendo l'ente proceduto al formale
riconoscimento di legittimità del debito fuori bilancio (che
costituisce valutazione di competenza dell'amministrazione),
il vizio di legittimità del contratto, conseguente alla
mancata copertura finanziaria, non è stato nemmeno sanato
dal Comune interessato.
Pertanto, il rapporto obbligatorio intercorreva unicamente
tra il terzo contraente e il funzionario che aveva
autorizzato la prestazione.
Il quadro normativo di riferimento stabilisce che il giudice
non può sostituirsi al l'amministrazione, affermando
l'esistenza di un diritto al riconoscimento del debito
assunto fuori bilancio.
Infatti, se si ritenesse sussistente un diritto al
riconoscimento giustiziabile davanti al giudice ordinario,
in presenza e nei limiti degli accertati e dimostrati
parametri di utilità e arricchimento per l'ente, nell'ambito
del l'espletamento di pubbliche funzioni e servizi di
competenza, non si comprenderebbe poi il mantenimento del
principio della sussistenza del rapporto obbligatorio
unicamente tra il terzo e l'amministratore o il funzionario
che ha irritualmente autorizzato i lavori o i servizi, ai
sensi dell'articolo 191, comma 4, del Testo unico enti
locali (articolo
Il Sole 24 Ore del 17.09.2012 - tratto da
www.corteconti.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA - ATTI AMMINISTRATIVI - CONSIGLIERI
COMUNALI - PUBBLICO IMPIEGO:
Sanzione amministrativa al sindaco pro tempore, azione di
regresso del comune.
Qualora il sindaco pro tempore rifiuti
di pagare la sanzione comminata per un illecito
amministrativo del quale è stato dichiarato responsabile, il
comune presso cui svolgeva il proprio mandato, obbligato in
solido, può accollarsi l'onere del pagamento solamente
facendo valere, contestualmente, il proprio diritto di
regresso nei confronti dell'autore della violazione.
Il Comune riferisce di avere ricevuto, quale soggetto
obbligato in solido, la notifica di un'ordinanza-ingiunzione
dell'Amministrazione provinciale diretta al sindaco pro
tempore per un'infrazione dell'art. 54, comma 2, del D.Lgs.
11.05.1999, n. 152.
Dopo avere presentato ricorso in opposizione senza ottenerne
l'accoglimento, il Comune intende chiudere la vertenza con
l'Amministrazione provinciale riconoscendole la somma dovuta
tra i propri debiti fuori bilancio.
L'Ente chiede di sapere se esso sia tenuto o meno a
richiedere al sindaco pro tempore il pagamento dell'importo
prima di procedere a tale operazione e come si debba
comportare, con riferimento ai termini di prescrizione del
diritto di regresso, nel caso in cui lo stesso non intenda
provvedervi ovvero dalla sentenza emergano responsabilità di
altri soggetti.
Sentito il Servizio finanza locale di questa Direzione
centrale, si formulano le seguenti considerazioni.
L'art. 54, comma 2, del D.Lgs. 152/1999 puniva con la
sanzione amministrativa pecuniaria da lire 10 milioni a lire
cento milioni chiunque aprisse o effettuasse scarichi di
acque reflue domestiche o di reti fognarie senza
l'autorizzazione di cui all'art. 45[1].
L'Amministrazione provinciale, contestando tale infrazione
al Comune istante, ha ingiunto con ordinanza motivata, ai
sensi degli artt. 6 e 18 della legge 24.11.1981, n. 689, il
pagamento sanzionatorio al sindaco pro tempore e, in solido,
all'Ente stesso.
Come è noto, le violazioni che danno origine alle sanzioni
amministrative di cui alla L. 689/1981 sono riconosciute
come fattispecie depenalizzate, aventi cioè una struttura
simile a quella dei reati, ma che il legislatore ha deciso
di punire solamente con una sanzione pecuniaria.
Analogamente ai reati, la legge prevede che la condotta di
chi ha commesso la violazione debba essere realizzata con
dolo (cioè con coscienza e volontà) ovvero colpa (cioè per
negligenza, imprudenza o imperizia) (art. 3). Per tale
ragione, in virtù del necessario requisito dell'elemento
soggettivo, il soggetto destinatario di tali provvedimenti
non può che essere una persona fisica, in quanto, secondo il
noto brocardo, societas delinquere non potest[2].
La responsabilità della persona giuridica è, infatti,
puramente sussidiaria e deve ritenersi sussistente quando
sia stato commesso un illecito amministrativo da un soggetto
ricollegabile all'ente, che ha agito nell'esercizio delle
sue funzioni ed incombenze, a prescindere
dall'identificazione dell'autore materiale
dell'illecito.[3].
A favore della persona giuridica obbligata in solido, che ha
pagato, la legge ha previsto il diritto di regresso per
l'intero[4] nei confronti dell'autore della violazione (art.
6).
Applicando tali regole al caso in esame, spetta al sindaco
pro tempore, individuato quale responsabile dell'illecito,
per la sua qualità di rappresentante legale dell'ente
pubblico, pagare la sanzione amministrativa comminata dalla
Provincia[5]. Pertanto, il Comune dovrebbe rivolgersi allo
stesso per chiedergli di provvedere a suo carico alla
liquidazione della sanzione[6].
Qualora il sindaco pro tempore rifiuti di pagare quanto
dovuto alla Provincia e sia invece il Comune, tenuto in via
solidale, ad adempiervi, l'Ente ha il diritto-obbligo di
agire in regresso per richiedere l'intera somma versata.
Secondo la giurisprudenza contabile, infatti, il comune può
accollarsi l'onere del pagamento della sanzione
amministrativa solamente facendo valere, contestualmente, il
proprio diritto di regresso nei confronti dell'autore della
violazione. In mancanza di un tanto, sarebbe configurabile
nel bilancio dell'ente un depauperamento illegittimo e,
conseguentemente, sorgerebbe una responsabilità
amministrativa indiretta nei confronti di chi ha disposto il
pagamento a carico dell'ente di una sanzione che sarebbe
dovuta rimanere a carico di altri soggetti[7]. Qualora poi
il responsabile dell'illecito non risarcisca per intero
l'ente, si ritiene che questo sia tenuto a formulare
tempestivamente una denuncia circostanziata alla Procura
regionale della Corte dei conti, affinché, nell'ambito
dell'azione di regresso, proceda all'accertamento dei
presupposti della responsabilità per danno, ed, in
particolare, del grado di colpa ascrivibile al soggetto
individuato[8].
Il più recente orientamento della Corte di cassazione,
infatti, ritiene esclusiva la giurisdizione della Corte dei
conti, riconosciuta quale giudice naturale, per tutti i
giudizi aventi ad oggetto la tutela dei crediti erariali[9].
In conclusione, l'Ente che, non avendovi il sindaco pro
tempore provveduto, abbia pagato la sanzione
all'Amministrazione provinciale -dopo l'eventuale tentativo
di escutere, anche in via bonaria, l'ex amministratore-
dovrebbe avviare l'azione di regresso, dando tempestiva
comunicazione alla Procura della Corte dei conti, ai fini
dell'attivazione dell'azione di responsabilità
amministrativa.
Al riguardo, si precisa che il termine di prescrizione di
detta azione è di cinque anni[10], prendendo come dies a
quo da cui computare il decorso il giorno in cui si è
verificato il fatto dannoso[11], ossia, nel caso in esame,
quello dell'esborso per il pagamento della sanzione alla
Provincia[12].
Infine, con particolare riferimento alla richiesta dell'Ente
circa la necessità, nel caso in cui intenda procedere al
pagamento, di riconoscere il debito maturato nei confronti
della Provincia per fatto dell'amministratore come debito
fuori bilancio, si osserva che la fattispecie non rientra
tra le ipotesi tassativamente previste come tali dall'art.
194 del D.Lgs. 267/2000. Di conseguenza, il Comune dovrebbe
prevedere, qualora non lo avesse già fatto, con variazione
di bilancio, un apposito capitolo, provvedendo al relativo
finanziamento.
---------------
[1] Il decreto è stato abrogato dall'art. 175 del D.Lgs.
03.04.2006, n. 152.
[2] V. Cassazione civile, sentenza 30.05.2001, n. 7351: 'le
sanzioni amministrative rientrano tra quelle sanzioni
repressive per le quali è richiesta, oltre alla capacità di
intendere e di volere, la colpa o il dolo [...]
conseguentemente, una persona giuridica non può considerarsi
autore della violazione alla quale la legge riconnetta dette
sanzioni, ma, ai sensi dell'art. 6 della legge n. 689 del
1981, è solo obbligata in solido per le violazioni commesse,
nell'esercizio delle proprie funzioni ed incombenze, dal suo
rappresentante o dai suoi dipendenti, con diritto di
regresso nei confronti degli stessi'.
[3] Cfr. Cassazione civile,sentenza 20.11.2006, n. 24573.
[4] Nelle obbligazioni solidali disciplinate dal Codice
civile, invece, il diritto di regresso di chi ha pagato
riguarda solamente la parte spettante a ciascuno degli altri
condebitori (art. 1299 c.c.).
[5] Corte dei conti, sez. Abruzzo, sentenza 23.05.2005, n.
472. La Cassazione civile (sentenza 03.04.1996, n. 3116) ha
sostenuto che 'la responsabilità dell'illecito
amministrativo compiuto da un soggetto che abbia la qualità
di legale rappresentante della persona giuridica grava
sull'autore medesimo e non sull'ente rappresentato, il quale
è solo solidalmente obbligato al pagamento delle somme
corrispondenti alle sanzioni irrogate [...]. Ne consegue
che, una volta individuato nella persona del sindaco il
soggetto responsabile delle infrazioni riconducibili alla
sfera delle attività del comune, incombe allo stesso
soggetto la dimostrazione del venir meno della propria
responsabilità personale per essere affidato il compimento
delle attività medesime ad altra o ad altre persone fisiche,
nei confronti dei quali egli, in ragione della particolare
struttura ed organizzazione dell'ente, non debba esercitare
diretta vigilanza'.
[6] Cfr. Corte dei conti, I sez. centrale, 13.02.2012, n.
57, secondo la quale non risulta possibile procedere al
pagamento 'con somme provenienti dal bilancio aziendale,
senza in alcun modo (tentare di ) escutere gli autori delle
violazioni sanzionate'.
[7] Cfr. Corte dei conti, sez. Abruzzo, cit.; Corte dei
conti, sez. giurisd. Calabria, 31.10.2007, n. 970; Corte dei
conti, sez. giurisd. Lombardia, 07.09.2009, n. 593; Corte
dei conti, I sez. centrale, cit.
[8] A differenza di quanto previsto dall'art. 3 della L.
689/1981, secondo cui l'autore della violazione risponde per
dolo o per colpa, anche lieve, ai sensi dell'art. 1 della
legge 14.01.1994, n. 20, nel giudizio avanti alla Corte dei
conti, la responsabilità di amministratori e dipendenti
pubblici è, infatti, limitata ai fatti ed alle omissioni
commessi con dolo o colpa grave.
[9] V. Corte di cassazione, S.U., ordinanza 25.09.2007, n.
22059; si veda anche Corte dei conti, sez. giurisd.
d'appello per la Sicilia, 18.04.2011, n. 145.
[10] Cfr. art. 1, comma 2, L. 20/1994.
[11] V. Corte dei conti, S.R., 25.10.1996, n. 62/A e Corte
dei conti, sez. Friuli Venezia Giulia 21.10.2010.
Quest'ultima ha sostenuto che: 'il dies a quo, per un
condivisibile orientamento giurisprudenziale delle Sezioni
Riunite di questa Corte, coincide con l'effettiva
verificazione del fatto dannoso che consiste non solo
nell'azione che si reputa illecita, ma, soprattutto,
nell'effetto lesivo della stessa. Pertanto se questi due
momenti non sono temporalmente coincidenti, assume rilievo
il momento produttivo del danno in quanto solo da quel
momento la Procura Contabile ha interesse ad agire'.
[12] V. Corte dei conti, sez. riun., 05.09.2011, n. 14;
Corte dei conti, Sicilia, 04.03.2008, n. 734 (18.05.2012
- link a www.regione.fvg.it). |
INCARICHI PROFESSIONALI:
I rimborsi spese legali a seguito di archiviazione e/o
sentenze di assoluzione non debbono essere considerati
debiti fuori bilancio, ancorché non vi sia alcun impegno di
spesa formale.
Sul punto, il Collegio ritiene che
il
procedimento di rimborso sia composto da una serie di
valutazioni logicamente connesse tra loro, che vanno dalla
richiesta dei diretti interessati corredata dalla
documentazione giustificativa, alla verifica da parte
dell’ente della sussistenza di tutti i presupposti richiesti ex lege per il rimborso.
L’eventuale decisione del rimborso può
essere adottata solo all’esito di tali valutazioni, da
formalizzare in un provvedimento gestionale che dia contezza
–attraverso adeguata motivazione- della sussistenza delle
condizioni sopra citate.
Solo in tale ipotesi può nascere
l’eventuale obbligazione per l’ente che, divenutone soggetto
passivo, può procedere con riferimento alle somme ritenute
congrue ad adottare impegno contabile sul bilancio
dell’esercizio in corso, coerentemente con il principio di
competenza finanziaria, ex artt. 183 e 191 del TUEL.
---------------
... il Sindaco del Comune di Castellammare del Golfo chiede
di sapere:
1. se i rimborsi spese legali a seguito di archiviazione
e/o sentenze di assoluzione debbano essere considerati
debiti fuori bilancio –atteso che non vi è alcun impegno di
spesa formale-;
2. se rientrano nell’ipotesi di cui all’art. 194, c. 1,
lett. a), del D.Lgs. n. 267/2000;
3. se l’eventuale delibera di riconoscimento di debito
fuori bilancio debba essere considerata dal Consiglio
comunale come mero atto ricognitorio (delibera SSRR per
la Regione siciliana in sede consultiva n. 2/2005) che
presuppone a priori il pagamento con apposita determinazione
dirigenziale o se invece debba soggiacere all’esclusiva
competenza consiliare.
...
Venendo al merito, con il primo quesito, il comune
chiede se il rimborso delle spese legali, ove ammissibile
ex lege, costituisca debito fuori bilancio, vista
l’assenza di formale impegno di spesa.
Sul punto, il Collegio ritiene che il
procedimento di rimborso sia composto da una serie di
valutazioni logicamente connesse tra loro, che vanno dalla
richiesta dei diretti interessati corredata dalla
documentazione giustificativa, alla verifica da parte
dell’ente della sussistenza di tutti i presupposti richiesti
ex lege per il rimborso
(che, con riferimento ai casi prospettati, esula dal
presente quesito e compete esclusivamente all’ente, in
possesso dei necessari elementi documentali e conoscitivi).
L’eventuale decisione del rimborso può
essere adottata solo all’esito di tali valutazioni, da
formalizzare in un provvedimento gestionale che dia contezza
–attraverso adeguata motivazione- della sussistenza delle
condizioni sopra citate.
Solo in tale ipotesi può nascere
l’eventuale obbligazione per l’ente che, divenutone soggetto
passivo, può procedere con riferimento alle somme ritenute
congrue ad adottare impegno contabile sul bilancio
dell’esercizio in corso, coerentemente con il principio di
competenza finanziaria, ex artt. 183 e 191 del TUEL
(in termini, Cfr. Sezione di controllo per la Lombardia,
delibera n. 514/2010/PAR).
Non rientrando la fattispecie astrattamente prospettata
nella fattispecie del debito fuori bilancio (peraltro
oggetto di ampia revisione interpretativa da parte delle
Sezioni Riunite per la Regione siciliana in sede di
controllo nella relazione sullo stato della finanza locale
2011), restano assorbiti i quesiti n. 2 e 3 (Corte
dei Conti, Sezz. riunite controllo Sicilia,
parere 12.01.2012 n. 2). |
anno 2011 |
|
ATTI AMMINISTRATIVI:
L’elaborazione dottrinale e le
pronunce giurisprudenziali considerano il debito fuori
bilancio obbligazione pecuniaria riferibile all’ente,
assunta in violazione delle norme di contabilità pubblica
che riguardano le fasi di erogazione delle spese ed in
particolare di quelle che disciplinano l’assunzione di
impegni di spese.
Sono dunque da ricondursi al concetto di “sopravvenienza
passiva”, trattandosi di debiti sorti al di fuori
dell’impegno di spesa costituito secondo le prescrizioni
dell’art. 191 del TUEL ed in assenza di una specifica
previsione nel bilancio di esercizio in cui si manifestano.
---------------
Il quesito proposto è indirizzato a
conoscere se il debito scaturente da una fideiussione debba
o meno rientrare nelle ipotesi di riconoscimento del debito
fuori bilancio di cui alla lettera e) sopra riportata.
La fideiussione costituisce una garanzia personale fornita
allo scopo di soddisfare un'obbligazione assunta da un terzo
nel caso che questi risulti inadempiente.
L'obbligazione del fideiussore ha carattere accessorio. Ciò
vuol dire che essa esiste nei limiti in cui esiste
l'obbligazione garantita (debito altrui); il vincolo di
accessorietà perdura nel corso di tutto il rapporto
fideiussorio e quindi le vicende che attengono al rapporto
principale si ripercuotono necessariamente sulla garanzia
fideiussoria.
Da tutto ciò discende che il mantenimento
dell’iscrizione in bilancio della posta inerente
l’obbligazione di garanzia, fin tanto che sussista
l’obbligazione principale, rappresenta un preciso obbligo da
parte del Comune, dettato non a presidio di vincoli di
prudenza o di opportunità, bensì di imprescindibili doveri
di veridicità e chiarezza del bilancio,
affermati dal principio contabile n. 1 (Finalità e postulati
dei principi contabili degli enti locali), punto c. sezione
II, approvato il 12.03.2008 dall’Osservatorio per la finanza
e la contabilità degli enti locali costituito presso il
Ministero degli Interni, nonché, da ultimo, dall'Allegato 1
(punto 5) dell'art. 3, comma 1, del D.Lgs. n. 118 del
23/06/2011.
Il rispetto di questa condizione fa sì che
in ciascun esercizio finanziario (per la durata
dell’obbligazione principale del terzo debitore) il Comune
debba iscrivere in bilancio lo stanziamento per far fronte
al debito scaturente dall’eventuale escussione; inoltre,
rispondendo al principio di prudenza, sarà opportuno che lo
stesso provveda ad impegnare la somma di cui trattasi
ponendo, quindi, un vincolo sullo stanziamento di bilancio a
presidio dell'obbligazione eventualmente dovuta, impegno che
diverrà economia di bilancio al termine dell'esercizio in
caso di adempimento del soggetto debitore; in presenza di
tale corretto comportamento non sarà necessario per il
comune procedere al riconoscimento di un debito fuori
bilancio, ma al momento in cui sorge il suo obbligo a pagare
sarà sufficiente provvedere a valere sull’impegno già
previsto.
---------------
... richiesta di parere formulata dal Sindaco del Comune di
Castiglion Fibocchi, in cui chiede di conoscere se, in
caso di insolvenza del debitore principale e di escussione
della fideiussione a carico del Comune, occorre procedere al
riconoscimento del debito fuori bilancio ai sensi dell’art.
194, comma 1, lettera e), del TUEL pur in presenza dello
stanziamento in bilancio delle necessarie risorse
finanziarie.
...
Nel merito, l’elaborazione dottrinale e le
pronunce giurisprudenziali considerano il debito fuori
bilancio obbligazione pecuniaria riferibile all’ente,
assunta in violazione delle norme di contabilità pubblica
che riguardano le fasi di erogazione delle spese ed in
particolare di quelle che disciplinano l’assunzione di
impegni di spese. Sono dunque da ricondursi al concetto di “sopravvenienza
passiva”, trattandosi di debiti sorti al di fuori
dell’impegno di spesa costituito secondo le prescrizioni
dell’art. 191 del TUEL ed in assenza di una specifica
previsione nel bilancio di esercizio in cui si manifestano.
L’art. 194 del TUEL disciplina l’ambito e le procedure per
riconoscere la legittimità dei debiti fuori bilancio
individuando tassativamente le tipologie per le quali è resa
possibile l’imputazione dell’insorto obbligo in capo
all’ente, con l’adozione di apposita deliberazione di
riconoscimento di legittimità da parte del Consiglio.
Precisamente, “gli enti locali riconoscono la legittimità
dei debiti fuori bilancio derivanti da:
a) sentenze esecutive;
b) copertura di disavanzi di consorzi, di aziende speciali e
di istituzioni, nei limiti degli obblighi derivanti da
statuto, convenzione o atti costitutivi, purché sia stato
rispettato l'obbligo di pareggio del bilancio di cui
all'articolo 114 ed il disavanzo derivi da fatti di
gestione;
c) ricapitalizzazione, nei limiti e nelle forme previste dal
codice civile o da norme speciali, di società di capitali
costituite per l'esercizio di servizi pubblici locali;
d) procedure espropriative o di occupazione d'urgenza per
opere di pubblica utilità;
e) acquisizione di beni e servizi, in violazione degli
obblighi di cui ai commi 1, 2 e 3 dell'articolo 191, nei
limiti degli accertati e dimostrati utilità ed arricchimento
per l'ente, nell'ambito dell'espletamento di pubbliche
funzioni e servizi di competenza.”
Il quesito proposto è indirizzato a
conoscere se il debito scaturente da una fideiussione debba
o meno rientrare nelle ipotesi di riconoscimento del debito
fuori bilancio di cui alla lettera e) sopra riportata.
La fideiussione costituisce una garanzia personale fornita
allo scopo di soddisfare un'obbligazione assunta da un terzo
nel caso che questi risulti inadempiente.
L'obbligazione del fideiussore ha carattere accessorio. Ciò
vuol dire che essa esiste nei limiti in cui esiste
l'obbligazione garantita (debito altrui); il vincolo di
accessorietà perdura nel corso di tutto il rapporto
fideiussorio e quindi le vicende che attengono al rapporto
principale si ripercuotono necessariamente sulla garanzia
fideiussoria (Cassazione, sezione I civile, 14.12.2007, n.
26262).
Da tutto ciò discende che il mantenimento
dell’iscrizione in bilancio della posta inerente
l’obbligazione di garanzia, fin tanto che sussista
l’obbligazione principale, rappresenta un preciso obbligo da
parte del Comune, dettato non a presidio di vincoli di
prudenza o di opportunità, bensì di imprescindibili doveri
di veridicità e chiarezza del bilancio,
affermati dal principio contabile n. 1 (Finalità e postulati
dei principi contabili degli enti locali), punto c. sezione
II, approvato il 12.03.2008 dall’Osservatorio per la finanza
e la contabilità degli enti locali costituito presso il
Ministero degli Interni, nonché, da ultimo, dall'Allegato 1
(punto 5) dell'art. 3, comma 1, del D.Lgs. n. 118 del
23/06/2011 (in tal senso si esprime anche altra sezione
della Corte dei conti: deliberazione Veneto n. 268 del
28.10.2011).
Il rispetto di questa condizione fa sì che
in ciascun esercizio finanziario (per la durata
dell’obbligazione principale del terzo debitore) il Comune
debba iscrivere in bilancio lo stanziamento per far fronte
al debito scaturente dall’eventuale escussione; inoltre,
rispondendo al principio di prudenza, sarà opportuno che lo
stesso provveda ad impegnare la somma di cui trattasi
ponendo, quindi, un vincolo sullo stanziamento di bilancio a
presidio dell'obbligazione eventualmente dovuta, impegno che
diverrà economia di bilancio al termine dell'esercizio in
caso di adempimento del soggetto debitore; in presenza di
tale corretto comportamento non sarà necessario per il
comune procedere al riconoscimento di un debito fuori
bilancio, ma al momento in cui sorge il suo obbligo a pagare
sarà sufficiente provvedere a valere sull’impegno già
previsto.
Nelle sopra esposte considerazioni è il parere della Corte
dei conti –Sezione regionale di controllo per la Toscana- in
relazione alla richiesta formulata dal Consiglio delle
autonomie con nota Prot. n. 18987/1.13.9 (Corte dei Conti,
Sez. controllo Toscana,
parere
20.12.2011 n. 518). |
APPALTI:
Al momento del riconoscimento di un
debito fuori bilancio, il Consiglio
deve prendere atto, anzitutto, che l'obbligazione si
riferisce a funzioni e servizi di propria competenza, per
poi dichiarare l’effettiva utilità ricevuta dalla
prestazione in termini di arricchimento per l'ente.
L’accertamento della sussistenza dei predetti elementi
attiene alla dimostrazione dell'effettiva utilità che l'ente
ha tratto dalla prestazione altrui, in termini di
misurazione dell'utilità ricavata dalla prestazione di beni
o servizi eseguita dal terzo creditore.
Il
legislatore ha correttamente indicato il requisito dell’“utilità”
della prestazione, che deve essere accertata e dimostrata, “senza
che si possa rinvenire nella legislazione una precisa
nozione della fattispecie”, demandando alla delibera
consiliare di riconoscimento l’individuazione delle singole
fattispecie e dei requisiti delle spese in questione, in un
ottica di efficienza, efficacia e buona amministrazione.
---------------
Con riferimento, poi, alla possibilità che il riconoscimento
di debito possa comprendere anche ulteriori elementi come
l’“utile d’impresa” deve richiamarsi l’orientamento
secondo cui
l’utile d’impresa, in quanto rappresentativo della
componente economica della controprestazione integrante il
guadagno del privato, non può in alcun modo costituire, come
tale, un arricchimento per l’Ente.
---------------
Il Sindaco del comune di Bellaria Igea-Marina (RN), per il
tramite del Consiglio delle Autonomie Locali, ha inoltrato a
questa Sezione, ai sensi dell’articolo 7, comma 8, della
legge 05.06.2003 n. 131, richiesta di parere riguardante
l’interpretazione dell’articolo 194, comma 1, lett. e), del
TUEL con riferimento ai requisiti dell’“utilità e
arricchimento dell’Ente”, che devono essere accertati e
dimostrati, con riferimento alla possibilità di attivare la
procedura di riconoscimento di debito fuori bilancio per
passività pregresse, emerse nel corso dell’anno 2010, ma
riferibili ad annualità precedenti.
In particolare l’Ente chiede se il concetto di utilità
debba essere connotato dal carattere dell’indispensabilità,
necessità e urgenza e se nella determinazione del quantum
dell’arricchimento debba essere decurtato il 15% costituito
dall’utile d’impresa.
...
Nel merito, si osserva che l'art. 194 del T.U.E.L. (d.lgs.
167/2000) consente, infatti, la riconoscibilità della
legittimità di un debito fuori bilancio per acquisizione di
beni e servizi "nei limiti degli accertati e dimostrati
utilità ed arricchimento per l'ente, nell'ambito
dell'espletamento di pubbliche funzioni e servizi di
competenza".
Al momento del riconoscimento, il Consiglio
deve prendere atto, anzitutto, che l'obbligazione si
riferisce a funzioni e servizi di propria competenza, per
poi dichiarare l’effettiva utilità ricevuta dalla
prestazione in termini di arricchimento per l'ente.
L’accertamento della sussistenza dei predetti elementi
attiene alla dimostrazione dell'effettiva utilità che l'ente
ha tratto dalla prestazione altrui, in termini di
misurazione dell'utilità ricavata dalla prestazione di beni
o servizi eseguita dal terzo creditore.
Sull’argomento deve, altresì, richiamarsi il principio
contabile n. 2, punto 98, Ministero dell’Interno -
Osservatorio per la finanza e la contabilità degli Enti
locali .
Tanto premesso, occorre precisare che il
legislatore ha correttamente indicato il requisito dell’“utilità”
della prestazione, che deve essere accertata e dimostrata, “senza
che si possa rinvenire nella legislazione una precisa
nozione della fattispecie”, demandando alla delibera
consiliare di riconoscimento l’individuazione delle singole
fattispecie e dei requisiti delle spese in questione, in un
ottica di efficienza, efficacia e buona amministrazione.
Da tale orientamento, condiviso anche da altre Sezioni
regionali di questa Corte (cfr. deliberazione 67/2007/Par. e
173/2009/Par. della Sezione di Controllo per la Calabria;
deliberazione 10/2008/Par. della Sezione di Controllo per la
Campania) il Collegio ritiene non sussistano sopravvenute
argomentazioni giuridiche per discostarsene.
Con riferimento, poi, alla possibilità che il riconoscimento
di debito possa comprendere anche ulteriori elementi come
l’“utile d’impresa” deve richiamarsi l’orientamento
di questa Corte (Corte dei conti, Trentino Alto Adige,
sezione giurisdizionale, 02.07.2008 n. 34) secondo cui
l’utile d’impresa, in quanto rappresentativo della
componente economica della controprestazione integrante il
guadagno del privato, non può in alcun modo costituire, come
tale, un arricchimento per l’Ente
(Corte dei Conti, Sez. controllo Emilia Romagna,
parere 28.07.2011 n. 32).
---------------
L'arricchimento
non deve essere inteso necessariamente come accrescimento
patrimoniale, potendo questo consistere anche in un
risparmio di spesa (Cassazione Civile, Sezione I,
12.07.1996, n. 6332). Esso va stabilito con riferimento a
criteri oggettivi (ad es. la congruità dei prezzi andrà
valutata sulla base delle indicazioni e delle rilevazioni
del mercato o dei prezzari e tariffe approvati da enti
pubblici a ciò deputati, o dagli ordini professionali).
Principio contabile n. 2, punto 98:
Il riconoscimento della legittimità dei debiti fuori
bilancio ascrivibili alla lettera (e) dell’art.
194 del TUEL comporta
l’accertamento della sussistenza non solo dell’elemento
dell’utilità
pubblica, nell’ambito dell’espletamento di pubbliche
funzioni e servizi di competenza, ma
anche quello dell’arricchimento senza giusta causa.
Ai fini del riconoscimento della legittimità
dei debiti fuori bilancio ascrivibili alla lettera e)
dell’art. 194 del TUEL la sussistenza
dell’utilità conseguita va valutata in relazione alla
realizzazione dei vantaggi economici
corrispondenti agli interessi istituzionali dell’ente. Sono,
comunque, da qualificarsi utili e vantaggiose
le spese specificatamente previste per legge.
L'arricchimento corrisponde alla diminuzione patrimoniale
sofferta senza giusta causa dal soggetto privato e terzo che
va indennizzato nei limiti dell'arricchimento ottenuto
dall'ente.
Principio contabile n. 2, punto 90:
L’elaborazione dottrinale e le pronunce giurisprudenziali
conducono a considerare il debito
fuori bilancio quale
obbligazione pecuniaria riferibile all’ente, assunta in
violazione delle
norme di contabilità
pubblica che riguardano la fase della spesa ed in
particolare di quelle che
disciplinano l’assunzione di impegni di spesa. |
ENTI LOCALI:
Non c'è obbligo per il Comune di
accollarsi i debiti di una partecipata.
Nel caso di società partecipate, anche laddove il Comune
eserciti sulla stessa un controllo analogo a quello
esercitato sui propri servizi, non sussiste un obbligo per
l’Ente di assumere a carico del proprio bilancio i debiti
societari rimasti insoddisfatti all’esito della procedura di
liquidazione della società. Qualora l’Ente, con una scelta
del tutto discrezionale, che va adeguatamente motivata,
decide di rinunziare al limite legale della responsabilità
patrimoniale per debiti, occorre che si individui lo schema
causale di contratto al quale ricondurre l’operazione di
assunzione del debito, che si dia conto delle ragioni di
vantaggio e di utilità evidente per l’Ente che la
giustificano e che si verifichi se le condizioni finanziare
dell’Ente la permettono. Escluso il ricorso al
riconoscimento del debito fuori bilancio, al Comune non
resta altra possibilità, per assumere impegni o effettuare
spese a soddisfazione dei creditori rimasti insoddisfatti
all’esito della procedura liquidatoria di società
partecipate, che agire contabilmente secondo le procedure
ordinarie disciplinate dall’art. 191 TUEL. La possibilità di
avvalersi dei proventi derivanti dalla vendita del
patrimonio immobiliare disponibile per spese diverse dagli
investimenti, sussiste, eccezionalmente, solo nel caso in
cui occorra provvedere al mantenimento degli equilibri di
bilancio ex art. 193, 2° e 3° c., TUEL. Se trattasi di
proventi rivenienti da alienazione di beni patrimoniali
aventi specifica destinazione per legge, il Comune ha
facoltà di utilizzarli, oltre i vincoli di legge, ex comma
28 dell’art. 3 della legge n. 350/2003, nei limiti del
plusvalore realizzato, quando occorre sostenere spese
connesse alle finalità di cui all'articolo 187, comma 2, del
TUEL.
Con il
parere 17.05.2011 n. 28 la Corte dei Conti, Sez.
regionale di controllo per la Regione Basilicata, ha fornito
un interessante parere che merita una analisi, in una
situazione economica come quella attuale, dove la crisi,
potrebbe colpire anche un ente locale che possiede società
partecipate.
I giudici contabili affermano sostanzialmente che non c’è
nessun obbligo per un ente locale di assumersi nel proprio
bilancio i debiti non “saldati” dalla procedura di
liquidazione della società partecipata costituita “in
house” dall’ente locale stesso.
In particolare la vicenda posta all’attenzione dei giudici
contabili nasce a seguito di una istanza di un Sindaco; la
situazione rappresentata è quella che nel 2009 è stata posta
in liquidazione una SRL a capitale interamente pubblico,
costituita nel 2005 ai sensi del comma 5, lett. c),
dell’art. 113, del D.Lgs. 276/2000 (nel testo allora
vigente), al fine di conferirle direttamente (in house
providing) la titolarità di servizi pubblici locali a
rilevanza economica. La SRL è tuttora in liquidazione e il
Commissario liquidatore ha quantificato la perdita della
società e l’ammontare complessivo dei debiti presunti
accumulati.
Il sindaco si chiede nell’ipotesi in cui, al termine delle
operazioni di liquidazione, la massa attiva (i “fondi
disponibili” ex art. 2491 C.C.) dovesse risultare
incapiente rispetto ai debiti sociali e, dunque,
insufficiente a soddisfare i creditori della società, tra i
quali anche lo stesso socio pubblico per la quota
sottoscritta e versata, quale sia il comportamento corretto
da tenere. Le possibili soluzione avanzate dal Sindaco ai
giudici contabili sono le seguenti:
a) riconoscere, quale debito fuori bilancio a carico del
Comune, ai sensi dell’art. 194 TUEL, il disavanzo di
liquidazione;
b) in alternativa, se sia possibile l’assunzione del debito
con procedura ordinaria di iscrizione in bilancio attraverso
il reperimento di risorse ordinarie, vuoi in sede di
approvazione del bilancio di previsione, vuoi in sede di
riequilibrio, ovvero in fase di assestamento;
c) nel caso di risposta positiva (sub. b), non trattandosi
di spesa di investimento, se possa essere finanziata con i
proventi derivanti dall’alienazione di beni patrimoniali
disponibili e nell’ipotesi affermativa se le risorse
utilizzabili siano quelle pari al valore complessivo della
cessione dell’immobile, ovvero la sola plusvalenza.
La risposta della Corte dei conti.
Per la Corte dei
Conti è ferma volontà del legislatore di applicare alle
società pubbliche gli stessi istituti previsti dal diritto
comune in materia; tali criteri possono essere riscontrati
sia dall’art. 6, comma 19, del D.L. n. 78/2010, per quanto
riguarda le operazioni sul capitale e i finanziamenti a
dette società, sia dall’art. 14, comma 32 dello stesso
decreto legge, per quanto riguarda le società partecipate
dagli enti locali, la loro liquidazione e la stessa capacità
di costituirle.
E’, quindi, da escludersi che si possano ipotizzare diversi
e ulteriori casi di responsabilità dell’ente locale per i
debiti delle società da esso partecipate, al di fuori di
quelli espressamente previsti dal codice civile o dalle
leggi speciali in materia. Una particolare riflessione si
impone per quei casi in cui proprio la mancanza di
(sostanziale) autonomia tra Comune e società giustifica la
deroga alle disposizioni comunitarie in materia di
conferimento della gestione di servizi pubblici. È questo il
caso delle società di capitali, interamente partecipate da
enti pubblici locali, come appunto il Comune, costituite per
la gestione c.d. “in house” di servizi pubblici
locali, secondo le modalità di cui all’art. 113 del D.Lgs.
267/2000 (nel testo tempo per tempo vigente), ovvero secondo
l’art. 23-bis, 3°comma , del D.L. n. 112/2008 (conv. L. n.
133/2008).
Per i giudici contabili non sussiste un obbligo per il
Comune di assumere a carico del proprio bilancio i debiti
societari rimasti insoddisfatti all’esito della procedura di
liquidazione. Sussistendone le condizioni, infatti, spetta
di regola al creditore agire affinché il Comune sia chiamato
a rispondere dei debiti della società partecipata.
Si tratta, tuttavia, di una scelta del tutto discrezionale
che va adeguatamente motivata, poiché, con essa, il Comune
decide di rinunziare al limite legale della responsabilità
patrimoniale per debiti. Si tratta, in ogni caso, di scelte
gestionali sulle quali i giudici contabili non possono, né
potrebbero, esprimere parere alcuno per non interferire sia
con l’attività degli organi di gestione sia con eventuali
iniziative giudiziarie di altri Uffici della Corte dei conti
o di altre magistrature. L’ente locale chiede, in primo
luogo, se sia corretto riconoscere il “disavanzo di
liquidazione” quale debito fuori bilancio con la
procedura dell’art. 194 del TUEL. Per la Corte dei Conti la
risposta non può che essere negativa.
La disposizione citata prevede che, con deliberazione
consiliare di cui all'articolo 193, comma 2, o con diversa
periodicità stabilita dai regolamenti di contabilità, si
provveda al riconoscimento della legittimità dei debiti
fuori bilancio derivanti da:
a) sentenze esecutive;
b) copertura di disavanzi di consorzi, di aziende speciali e
di istituzioni, nei limiti degli obblighi derivanti da
statuto, convenzione o atti costitutivi, purché sia stato
rispettato l'obbligo di pareggio del bilancio di cui
all'articolo 114 ed il disavanzo derivi da fatti di
gestione;
c) ricapitalizzazione, nei limiti e nelle forme previste dal
codice civile o da norme speciali, di società di capitali
costituite per l'esercizio di servizi pubblici locali;
d) procedure espropriative o di occupazione d'urgenza per
opere di pubblica utilità;
e) acquisizione di beni e servizi, in violazione degli
obblighi di cui ai commi 1, 2 e 3 dell'articolo 191, nei
limiti degli accertati e dimostrati utilità ed arricchimento
per l'ente, nell'ambito dell'espletamento di pubbliche
funzioni e servizi di competenza.
Escluso il ricorso al riconoscimento del debito fuori
bilancio, al Comune non resta altra possibilità, per
assumere impegni o effettuare spese a soddisfazione dei
creditori rimasti insoddisfatti all’esito della procedura
liquidatoria di società partecipate, che agire contabilmente
secondo le procedure ordinarie disciplinate dall’art. 191
del D.Lgs. 276/2000.
Ciò comporta che si provveda al previo stanziamento in
bilancio, che assume valenza autorizzatoria. I giudici
contabili evidenziano che il Comune pone un quesito anche in
ordine alla natura delle risorse dalle quali attingere la
provvista finanziaria per assumere l’impegno e effettuare il
pagamento, secondo l’ordinaria procedura ex art. 191 del
D.Lgs. 267/2000. In particolare, nell’istanza è chiesto se
possano essere utilizzati i proventi derivanti dalla vendita
del patrimonio immobiliare disponibile.
La questione non rileva sul piano della legittimità della
procedura contabile, quanto, piuttosto, sul piano della sana
gestione e del mantenimento degli equilibri finanziari.
Come correttamente osserva lo stesso Ente istante, la spesa
in argomento non è di investimento e, dunque, non dovrebbe
essere finanziata con risorse destinate a investimenti,
ovvero che discendano dal realizzo del patrimonio comunale.
Particolare attenzione merita, a questo proposito, il
ricavato dalla vendita di beni immobili, dovendosi tenere
conto della diversa natura che il bene oggetto di cessione
può avere, soprattutto con riguardo agli eventuali vincoli
di destinazione che l’ordinamento pone al loro realizzo. In
generale, i “proventi derivanti da alienazione di beni
patrimoniali disponibili” possono essere utilizzati,
eccezionalmente, per spese diverse dagli investimenti solo
nel caso in cui occorra provvedere al mantenimento degli
equilibri di bilancio ex art. 193, 2° e 3° comma del D.Lgs.
267/2000.
Tuttavia l’assunzione dei debiti della società a carico del
bilancio comunale presuppone che se ne sia già riscontrata
la sostenibilità.
D’altra parte, si deve osservare che il legislatore, con la
disposizione contenuta nel comma 28 dell’art. 3 della legge
n. 350/2003, ha stabilito che gli enti locali “hanno
facoltà di utilizzare le entrate derivanti dal plusvalore
realizzato con l'alienazione di beni patrimoniali, inclusi i
beni immobili, per spese, aventi carattere non permanente”,
connesse alle finalità di cui all'articolo 187, comma 2, del
D. Lgs. 267/2000.
Quelle in discussione sono, quindi, risorse che il Comune ha
facoltà di utilizzare, oltre i vincoli di legge, che non
risultano essere stati abrogati, nei limiti del plusvalore
realizzato, quando occorre sostenere spese connesse alle
finalità di cui all'articolo 187, comma 2, del D.Lgs.
267/2000 .
Tuttavia, anche in questo caso per i giudici contabili ,
vale ribadire che l’operazione di accollo del debito non può
prescindere dalla previa valutazione di sostenibilità
finanziaria per l’Ente (commento tratto da www.ipsoa.it -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2010 |
|
ENTI LOCALI -
PUBBLICO IMPIEGO: Visite
fiscali, rimborsi retroattivi. Gli enti locali devono pagare
anche i costi dei controlli passati. Una sentenza delle
sezioni unite della Corte conti rischia di aprire una
voragine nei bilanci comunali.
Gli enti locali (ma il principio può
valere per tutte le pubbliche amministrazioni) debbono
rimborsare alle Usl i costi per le visite fiscali di
controllo ai dipendenti in malattia, anche retroattivamente.
Lo chiarisce la Corte dei conti, sezioni riunite, con la
deliberazione 14.12.2010 n. 62, secondo la quale
l'effetto della sentenza della Corte costituzionale
207/2010, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale
dell'articolo 71, commi 5-bis e 5-ter, del dl 112/2008,
convertito in legge 133/2008 non può che avere efficacia
ex tunc, come avviene per tutte le sentenze della
Consulta, le quali privano di effetti le norme sin dal
momento della loro vigenza.
E adesso, per gli enti locali si apre un quadro di forte
incertezza ed un rischio di un vero e proprio buco
finanziario, come le stesse sezioni riunite ammettono.
Il quadro normativo.
Con i due commi dichiarati incostituzionali dalla Consulta
erano stati il tentativo del legislatore di porre a carico
del sistema sanitario nazionale i costi per le visite
fiscali di controllo effettuati dalle aziende sanitarie nei
confronti dei dipendenti pubblici in malattia. Ma, la
legislazione statale ha invaso una potestà legislativa
esclusiva delle regioni, non rientrando le visite fiscali in
prestazioni sanitarie da rendere per la cura della salute,
bensì finalizzate all'interesse datoriale a verificare il
corretto comportamento dei propri dipendenti. Come tali,
potenzialmente onerose.
Incertezze risolte.
Le sezioni riunite risolvono ogni possibile incertezza,
rispetto agli effetti della sentenza. Per quanto la sentenza
della Consulta indirettamente indichi che le regioni possono
con propria normativa disporre diversamente in tema di
rimborsi per le visite fiscali, la declaratoria di
incostituzionalità delle norme viste prima non consente ai
comuni di tergiversare, laddove le aziende sanitarie
richiedano il rimborso.
La magistratura contabile è chiara: non è consentito «attendere
un nuovo intervento del legislatore (o più precisamente un
intervento del legislatore regionale, ovvero dell'organo
amministrativo di vertice della regione, ovvero del
dirigente competente)». I comuni debbono pagare tutto e
subito, al momento della richiesta delle Usl.
Effetto boomerang della lotta ai «fannulloni».
L'incremento delle visite fiscali, imposto dalla prima
riforma-Brunetta, rischia di creare un buco finanziario
estremamente rilevante.
Sin dalla sentenza della Consulta, gli enti del sistema
sanitario nazionale non se lo sono fatti dire due volte:
hanno immediatamente chiesto alle amministrazioni pubbliche
il pagamento per le attività di controllo sulle malattie.
Dopo la pronuncia della Corte dei conti arriveranno anche le
richieste retroattive, decorrenti dal maggio 2008.
Per gli enti locali si rischia un salasso.
Infatti, il costo del rimborso chiesto dalle Asl, sia pure
in ordine sparso, si aggira mediamente intorno ai 45 euro a
visita. Il «conto del personale» nel 2008 ha registrato
circa 470 mila eventi di malattia, coincidenti col primo
giorno di assenza, da cui deve derivare la richiesta della
visita di controllo. Moltiplicando questa cifra per il costo
medio del rimborso l'onere per gli enti locali in teoria
ammonterebbe a oltre 21 milioni di euro, con buona pace del
federalismo. Solo la circostanza che le asl non sono in
grado di effettuare tutte le visite richieste attenua nei
fatti l'immane onere.
Gli arretrati non sono debiti fuori
bilancio. Le
sezioni riunite, nel parere escludono che per gli enti
locali il rimborso delle visite, anche se riferito a quelle
risalenti al 2008, sia da considerare debito fuori bilancio.
Al contrario, si tratta di oneri straordinari della gestione
cui far fronte con le ordinarie risorse di bilancio, «in
quanto l'esercizio sul quale detti oneri potranno gravare
non può essere anteriore al 2010, poiché solo a decorrere da
tale esercizio, tuttora in corso, le aziende sanitarie
potranno avere titolo a presentare richieste di rimborso dei
costi connessi alle prestazioni per visite fiscali
effettuate in base alla normativa caducata dalla sentenza n.
207 del 2010».
Il parere apre, senza risolvere, il dubbio sulla possibilità
di escludere i costi dai saldi relativi al patto di
stabilità, considerando che sul 2010 possono scaricarsi
all'improvviso oneri ovviamente non previsti gli anni
precedenti.
Esigenza di correre ai ripari.
Il parere in maniera pacata e prudente evidenzia gli effetti
potenzialmente molto negativi per la finanza locale. E,
dando atto che il governo, in base all'articolo 17, comma
13, della legge 196/2009, ha la facoltà di intervenire, in
sostanza esorta l'esecutivo a valutare l'opportunità
(necessità?) di adottare apposite iniziative legislative
specie per quanto riguarda i profili di copertura di detti
oneri (articolo
ItaliaOggi del 24.12.2010 - tratto da
www.corteconti.it). |
APPALTI:
I debiti fuori
bilancio derivanti da sentenze esecutive, per i quali è
consentito il riconoscimento da parte del Consiglio Comunale
ai sensi dell’art. 194, lett. a), del D.Lgs. 18/08/2000 n.
267, conseguono all’imperatività del provvedimento
giudiziale e pertanto come rilevato, al punto 101 dal
principio contabile n. 2 redatto dall’Osservatorio per la
Finanza e la Contabilità degli Enti locali in data
18/11/2008, il significato del provvedimento del Consiglio
Comunale non è quello di riconoscere una legittimità del
debito che già esiste, ma di ricondurre al sistema di
bilancio un fenomeno di rilevanza finanziaria che è maturato
all’esterno di esso.
Sussiste,
pertanto, in
presenza di una sentenza munita della formula esecutiva,
l’obbligo di procedere con tempestività alla convocazione
del Consiglio Comunale per provvedere al riconoscimento del
debito al fine di impedire il maturare di interessi,
rivalutazione monetaria ed ulteriori spese legali generate
da eventuali azioni esecutive.
D’altronde, come precisato dal successivo punto 102 del su
richiamato principio contabile n. 2: “il riconoscimento
della legittimità del debito fuori bilancio derivante da
sentenza esecutiva non costituisce acquiescenza alla stessa
e pertanto non esclude l’ammissibilità dell’impugnazione. Il
medesimo riconoscimento, pertanto, deve essere accompagnato
dalla riserva di ulteriori impugnazioni ove possibili e
opportune”.
Con il provvedimento consiliare di
riconoscimento del debito fuori bilancio devono
necessariamente individuarsi le fonti di
finanziamento rilevata la sussistenza dell’obbligo di
copertura finanziaria gravante sui provvedimenti di spesa
sancita dall’art. 191 del D.Lgs. n. 267/2000.
Infatti, come noto, la fattispecie del
debito fuori bilancio costituisce un’obbligazione pecuniaria
dell’Ente locale perfezionatasi giuridicamente ma assunta in
violazione delle norme giuscontabili che regolano
l’assunzione di impegni di spesa ed il provvedimento del
Consiglio Comunale di riconoscimento del debito consente di
ricondurre l’obbligazione nell’osservanza delle norme di
contabilità mediante la individuazione delle risorse per
farvi fronte.
Invero, deve dedursi dalla
ratio del sistema normativo nel suo insieme che il
debito, una volta riconosciuto dall’Ente, deve essere
finanziato ed adempiuto con necessaria celerità nel rispetto
degli equilibri di bilancio anche al fine di evitare
ulteriore aggravio per le finanze pubbliche.
Deve, inoltre, aggiungersi che le linee guida per la
predisposizione delle relazioni ai bilanci di previsione
2010 a cui devono attenersi gli Organi di Revisione
Contabile degli Enti locali, approvate con la deliberazione
della Sezione Autonomie n. 9/AUT/2010 depositata il
16/04/2010, richiedono, alla domanda preliminare n. 13), se
sono previsti stanziamenti per il finanziamento di debiti
fuori bilancio ancora non riconosciuti dal Consiglio
Comunale manifestando particolare attenzione anche alle
potenziali passività affinché gli Enti predispongano
adeguati accantonamenti che permettano la copertura dei
futuri debiti.
La Sezione ritiene, quindi, opportuno precisare che qualora il Giudice di Appello disponesse la
sospensione dell’esecutività della sentenza con il
conseguente venire meno dell’obbligo di provvedere al
riconoscimento del debito da parte del Consiglio Comunale,
l’Ente potrebbe accantonare in via prudenziale e nel
rispetto dei principi di una sana e corretta gestione
finanziaria, idonee risorse atte a garantire la copertura
del debito in caso di eventuale soccombenza.
---------------
Il Sindaco del Comune di Castrignano del Capo (LE), con la
nota riportata in epigrafe, illustra che l’Ente, risultato
soccombente in un giudizio civile, è stato condannato al
pagamento della somma di €. 2.700.000,00 circa con sentenza
provvisoriamente esecutiva ai sensi dell’art. 282 del codice
di procedura civile.
Il Sindaco evidenzia che il Comune ha tempestivamente
affidato al proprio difensore l’incarico di proporre il
giudizio di appello con contestuale istanza di sospensione
dell’esecutività della sentenza considerando “le
gravissime ripercussioni” sul bilancio dell’Ente.
Pertanto, il Sindaco espone alla Sezione i seguenti quesiti
al fine di conoscere:
- se sussista l’obbligo per la Giunta Comunale di
sottoporre immediatamente all’esame del Consiglio il
riconoscimento del debito fuori bilancio derivante dalla
sentenza provvisoriamente esecutiva o se tale obbligo
scaturisca soltanto con la notifica all’Ente della sentenza
munita della formula esecutiva;
- e se il Consiglio Comunale possa limitarsi a prendere
atto del debito e dell’istanza di sospensione
dell’esecutività riservandosi all’esito dell’udienza o in
seguito all’attivazione della procedura di esecuzione
forzata di individuare le fonti di finanziamento del debito
in sede di salvaguardia degli equilibri di bilancio.
...
Il Collegio evidenzia che i debiti fuori
bilancio derivanti da sentenze esecutive, per i quali è
consentito il riconoscimento da parte del Consiglio Comunale
ai sensi dell’art. 194, lett. a), del D.Lgs. 18/08/2000 n.
267, conseguono all’imperatività del provvedimento
giudiziale e pertanto come rilevato, al punto 101 dal
principio contabile n. 2 redatto dall’Osservatorio per la
Finanza e la Contabilità degli Enti locali in data
18/11/2008, il significato del provvedimento del Consiglio
Comunale non è quello di riconoscere una legittimità del
debito che già esiste, ma di ricondurre al sistema di
bilancio un fenomeno di rilevanza finanziaria che è maturato
all’esterno di esso.
Sussiste,
pertanto, ad avviso della Sezione, in
presenza di una sentenza munita della formula esecutiva,
l’obbligo di procedere con tempestività alla convocazione
del Consiglio Comunale per provvedere al riconoscimento del
debito al fine di impedire il maturare di interessi,
rivalutazione monetaria ed ulteriori spese legali generate
da eventuali azioni esecutive.
D’altronde, come precisato dal successivo punto 102 del su
richiamato principio contabile n. 2: “il riconoscimento
della legittimità del debito fuori bilancio derivante da
sentenza esecutiva non costituisce acquiescenza alla stessa
e pertanto non esclude l’ammissibilità dell’impugnazione. Il
medesimo riconoscimento, pertanto, deve essere accompagnato
dalla riserva di ulteriori impugnazioni ove possibili e
opportune”.
Con il provvedimento consiliare di
riconoscimento del debito fuori bilancio devono
necessariamente individuarsi,
ad avviso del Collegio, le fonti di
finanziamento rilevata la sussistenza dell’obbligo di
copertura finanziaria gravante sui provvedimenti di spesa
sancita dall’art. 191 del D.Lgs. n. 267/2000.
Infatti, come noto, la fattispecie del
debito fuori bilancio costituisce un’obbligazione pecuniaria
dell’Ente locale perfezionatasi giuridicamente ma assunta in
violazione delle norme giuscontabili che regolano
l’assunzione di impegni di spesa ed il provvedimento del
Consiglio Comunale di riconoscimento del debito consente di
ricondurre l’obbligazione nell’osservanza delle norme di
contabilità mediante la individuazione delle risorse per
farvi fronte.
Come precisato dalla Sezione Regionale di Controllo per
l’Emilia Romagna con la deliberazione n. 20/2007 depositata
in data 03/04/2007, deve dedursi dalla
ratio del sistema normativo nel suo insieme che il
debito, una volta riconosciuto dall’Ente, deve essere
finanziato ed adempiuto con necessaria celerità nel rispetto
degli equilibri di bilancio anche al fine di evitare
ulteriore aggravio per le finanze pubbliche.
Deve, inoltre, aggiungersi che le linee guida per la
predisposizione delle relazioni ai bilanci di previsione
2010 a cui devono attenersi gli Organi di Revisione
Contabile degli Enti locali, approvate con la deliberazione
della Sezione Autonomie n. 9/AUT/2010 depositata il
16/04/2010, richiedono, alla domanda preliminare n. 13), se
sono previsti stanziamenti per il finanziamento di debiti
fuori bilancio ancora non riconosciuti dal Consiglio
Comunale manifestando particolare attenzione anche alle
potenziali passività affinché gli Enti predispongano
adeguati accantonamenti che permettano la copertura dei
futuri debiti.
La Sezione ritiene, quindi, opportuno precisare che
qualora il Giudice di Appello disponesse la
sospensione dell’esecutività della sentenza con il
conseguente venire meno dell’obbligo di provvedere al
riconoscimento del debito da parte del Consiglio Comunale,
l’Ente potrebbe accantonare in via prudenziale e nel
rispetto dei principi di una sana e corretta gestione
finanziaria, idonee risorse atte a garantire la copertura
del debito in caso di eventuale soccombenza
(Corte dei Conti, Sez. controllo Puglia,
parere 29.09.2010 n. 93). |
INCARICHI
PROFESSIONALI: In
tema di acquisizione da parte di un ente pubblico di
prestazioni professionali in assenza di copertura
finanziaria, il riconoscimento del debito fuori bilancio non
costituisce fattispecie idonea a produrre i medesimi effetti
negoziali riconducibili alla fattispecie legale (costituita
dalla delibera di conferimento dell’incarico, dalla
stipulazione del contratto e dal relativo impegno
contabile), ma può solo fondare un’azione di indebito
arricchimento nei limiti del riconoscimento dell’utilità
della prestazione e dell’arricchimento per
l’Amministrazione.
Come è stato osservato dalla
Corte di Cassazione (sez. I, n. 7966 del 27.03.2008), in
tema di acquisizione da parte di un ente pubblico di
prestazioni professionali in assenza di copertura
finanziaria, il riconoscimento del debito fuori bilancio non
costituisce fattispecie idonea a produrre i medesimi effetti
negoziali riconducibili alla fattispecie legale (costituita
dalla delibera di conferimento dell’incarico, dalla
stipulazione del contratto e dal relativo impegno
contabile), ma può solo fondare un’azione di indebito
arricchimento nei limiti del riconoscimento dell’utilità
della prestazione e dell’arricchimento per l’Amministrazione
(C.G.A.R.S.,
sentenza 12.08.2010 n. 1106 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
ENTI LOCALI:
Il creditore dell'ente locale non ha
interesse qualificato in merito alla procedura di
riconoscimento del debito fuori bilancio.
Il caso affrontato dai Giudici siciliani, offre un
interessante spunto di riflessione sui rapporti tra i
cittadini e la pubblica amministrazione. Avendo ottenuto il
riconoscimento di un proprio credito verso l'amministrazione
con sentenza esecutiva, la ricorrente chiedeva al comune di
reperire le relative somme mediante l'attivazione della
procedura di riconoscimento di debito fuori bilancio di cui
all'art. 194 D.Lgs. 267/2000.
Il Comune non forniva risposta alla richiesta né si attivava
nel senso indicato dalla ricorrente. In ragione di tale
comportamento, la signora attivava la procedura
giurisdizionale sul silenzio. La scelta del rimedio
giurisdizionale attivato si è però rivelata inadeguata:
innanzitutto -sostengono i Giudici- la pretesa creditoria ha
natura civilistica e quindi in quell'ambito doveva essere
individuato il rimedio.
Il ricorso avverso il silenzio della pubblica
amministrazione ha senso solo in riferimento a questioni
sostanziali sui quali sussiste giurisdizione amministrativa.
Con specifico riguardo all’obbligo di provvedere, va
precisato che a incardinare il dovere di rispondere alle
istanze dei privati non è sufficiente il solo disposto
dell'art. 2 della L. n. 241/1990, il quale pone il generale
obbligo per le amministrazioni di concludere il procedimento
amministrativo, ma è, altresì, necessaria la compresenza di
un interesse specifico al procedimento attivato,
normativamente qualificato come tale.
Ed infine, la procedura di riconoscimento dei debiti fuori
bilancio, da parte degli enti locali, di cui agli artt. 193
e 194 del D.Lgs. 18.08.2000, n. 267 risponde, esclusivamente
all'interesse pubblico alla regolarità della gestione
finanziaria dell'ente e non è posta alla tutela diretta di
situazioni giuridiche dei privati.
Di conseguenza, in riferimento a tale procedura non si può
rinvenire il carattere della differenziazione dell'interesse
in modo da identificare un dovere qualificato ex lege
dell'Amministrazione comunale di pronunciarsi sulla domanda
della ricorrente così come formulata (commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - TAR Sicilia-Palermo, Sez.
III,
sentenza 22.06.2010 n. 7859 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
ENTI LOCALI:
Al sindaco niente indennità retroattiva.
Parere della corte conti Campania.
All'ex sindaco non può essere erogata
l'indennità di funzione mai deliberata in consiglio
comunale, né prevista nei rispettivi bilanci di previsione.
Tale fattispecie manca, altresì, di qualsiasi presupposto
giuscontabilistico che permetta un suo riconoscimento quale
debito fuori bilancio.
Così si è espressa la Corte dei Conti, Sez. regionale di
controllo per la Campania, con il
parere 15.01.2010 n. 3.
Il sindaco del comune di S. Arcangelo Trimonte ha richiesto
parere riguardo la possibilità di erogare all'ex sindaco, in
carica dal 2004 al 2008, l'indennità di funzione, mai
deliberata, né prevista nei bilanci di previsione in
considerazione delle difficoltà economiche dell'ente, e se,
in caso positivo, la somma poteva essere inserita a
competenza o necessitava di riconoscimento di debito fuori
bilancio.
L'articolo 82 del Tuel, in attuazione del principio
costituzionale per il quale chi ricopre cariche pubbliche ha
il diritto di disporre dei servizi e delle risorse
necessarie, riconosce al sindaco un'indennità mensile,
determinata con apposito decreto del Ministero dell'interno,
adottato di concerto con il Ministero dell'economia: il d.m.
oggi in vigore è il n. 119 del 04.04.2000, che ha fissato,
all'articolo 1, le indennità di funzione e le misure
percentuali di incremento delle stesse.
Pertanto, in sede di programmazione, l'ente locale prevede
le indennità che spettano agli amministratori e stanzia le
necessarie somme in bilancio, con erogazione mensile, previa
assunzione dell'impegno di spesa. La mancanza dell'atto
d'impegno delle somme stanziate determina che, a fine
esercizio, confluiscono nelle economie di bilancio e quindi
non è possibile l'imputazione al bilancio corrente del
pagamento delle indennità di funzione.
Per la Corte dei conti, nel caso in esame, la mancanza di
stanziamenti nei bilanci di previsione degli esercizi
2004/2008 è un elemento ostativo all'assunzione, comunque
postuma, dell'impegno contabile e alla successiva erogazione
degli emolumenti, in quanto la caratteristica principale del
bilancio di previsione è il suo contenuto autorizzatorio
degli stanziamenti di spesa, per il quale non è possibile
assumere impegni che eccedano gli importi stanziati. Tale
principio è una garanzia del rispetto dell'equilibrio
finanziario del bilancio e uno strumento per il perfetto
governo della gestione, così come chiarito anche dal
principio contabile n. 2.
Non può essere erogata, di conseguenza, l'indennità di
funzione per gli esercizi passati, senza la preventiva
deliberazione consiliare e in mancanza di stanziamento in
bilancio. Circa la possibilità di riconoscere la fattispecie
come debito fuori bilancio, per la Corte manca qualsiasi
presupposto giuscontabile che permetta tale riconoscimento,
in mancanza di un titolo giuridico che sorregga la richiesta
dell'ex sindaco, considerando anche la partecipazione dello
stesso alle sedute consiliari di approvazione dei bilanci,
che non contenevano gli stanziamenti per le indennità ex
articolo 82 (articolo ItaliaOggi del 26.02.2010, pag. 35). |
ENTI LOCALI:
P. Russo e M. I. Bruno,
Debiti fuori bilancio: nuovi profili di responsabilità per
danno erariale (15.01.2010 - link a
www.altalex.com). |
anno 2009 |
|
ENTI LOCALI: P.
Russo e M. I. Bruno,
Nuovi profili di responsabilità per danno erariale nel
riconoscimento dei debiti fuori bilancio per acquisto di
beni e servizi alla luce del c.d. "decreto anticrisi" (d.l.
78/2009) (26.11.2009 - link a
www.diritto.it). |
LAVORI PUBBLICI:
Nell’importo complessivo del debito
fuori bilancio sono comprese sia le somme relative ai lavori
pubblici sia altri oneri non strettamente connessi alle
opere realizzate, ma conseguenti al comportamento del
comune, quali interessi legali, gli oneri di fideiussione e
gli onorari agli arbitri.
Ai fini dell’imputazione in bilancio vanno
distinte le somme relative alle opere pubbliche da
annoverare tra le spese in conto capitale dagli altri oneri
che vanno invece allocati tra le spese di parte corrente.
Pertanto, a parere di questa Sezione, le
somme corrisposte dall’ente, derivanti da un debito fuori
bilancio per effetto di sentenza esecutiva (nel caso di
specie lodo arbitrale), limitatamente alle spese per lavori
pubblici, possono essere imputate come spese di capitale e,
a tale titolo, possono concorrere a determinare, in termini
di cassa, i risultati del saldo utile ai fini del rispetto
dell’obiettivo del Patto di stabilità interno.
---------------
Il Sindaco del Comune di Muggiò (MB) ha posto alla Sezione
un quesito concernente l’imputazione della spesa
derivante da un debito fuori bilancio per effetto di
sentenza esecutiva (lodo arbitrale).
In particolare viene richiesto se sia possibile
considerare il debito riconoscibile ai sensi dell’art. 194,
comma 1, lettera a, del D.Lgs n. 267/2000, come spesa in
conto capitale, poiché l’oggetto del contratto, da cui è
derivato il contenzioso e dunque la sentenza di condanna,
attiene a lavori di realizzazione di una strada provinciale.
...
Dalla documentazione acquisita, a seguito di formale
richiesta istruttoria, si evince che nell’importo
complessivo del debito fuori bilancio sono comprese sia le
somme relative ai lavori pubblici sia altri oneri non
strettamente connessi alle opere realizzate, ma conseguenti
al comportamento del comune, quali interessi legali, gli
oneri di fideiussione e gli onorari agli arbitri.
Ai fini dell’imputazione in bilancio vanno
distinte le somme relative alle opere pubbliche da
annoverare tra le spese in conto capitale dagli altri oneri
che vanno invece allocati tra le spese di parte corrente.
Pertanto, a parere di questa Sezione, le
somme corrisposte dall’ente, derivanti da un debito fuori
bilancio per effetto di sentenza esecutiva (nel caso di
specie lodo arbitrale), limitatamente alle spese per lavori
pubblici, possono essere imputate come spese di capitale e,
a tale titolo, possono concorrere a determinare, in termini
di cassa, i risultati del saldo utile ai fini del rispetto
dell’obiettivo del Patto di stabilità interno
(Corte dei Conti, Sez. controllo Lombardia,
parere 12.11.2009 n. 1002). |
AMBIENTE-ECOLOGIA:
Acque. Responsabilità per mancanza di
autorizzazione.
In tema di
responsabilità di dirigente del servizio tecnico e
segretario comunale per danno alle casse dell'Ente derivante
dal riconoscimento di un debito fuori bilancio pagato, a
titolo di sanzione amministrativa, alla Provincia e
conseguente la mancata autorizzazione definitiva dei lavori
per l'adeguamento alla normativa in materia di scarico dei
reflui (Corte dei Conti, Sez. giurisdiz. Lombardia,
sentenza 07.09.2009 n. 593 - link a
www.lexambiente.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA: Seppur
in misura diversa, Segretario e Responsabile dell’Ufficio
tecnico rispondono della mancata acquisizione di
autorizzazione definitiva allo scarico di reflui fognari.
E’ questo il decisum del giudice contabile lombardo.
Il comune, presso il quale operavano il segretario comunale
e il responsabile dell’ufficio tecnico condannati, veniva
sanzionato per la realizzazione di scarichi in assenza del
titolo abilitativo richiesto da una legge regionale del 1985
che già richiedeva l’autorizzazione poi disciplinata
dall’art. 45 del D.Lgs 152/2006.
L’articolo in questione prescrive che per l’effettuazione
dello scarico di reflui è necessario acquisire
l’autorizzazione apposita per lo scarico recapitato negli
strati superficiali del sottosuolo. Il comune in effetti era
dotato solo di una autorizzazione provvisoria necessaria
alla realizzazione dei lavori di adeguamento, la durata
dell’autorizzazione era limitata al tempo necessario
all’esecuzione dei lavori, nello specifico la durata era
fissata in 24 mesi.
Scaduta l’autorizzazione il comune non procedeva a
richiedere il titolo abilitativo definitivo, pertanto
continuava l’attività di scarico di reflui provenienti dalla
scuola materna, di conseguenza la Asl adottava il verbale
della trasgressione amministrativa e la provincia deputata
alla sanzione procedeva con l’ingiunzione della medesima nei
confronti del comune. A tale sanzione il comune si opponeva
invano ottenendo la conferma della condanna della sanzione.
A valle di questo quadro, i giudici contabili sono stati
chiamati a valutare la responsabilità per danno erariale
procurato al comune dagli autori della trasgressione. Il
comune infatti per pagare la sanzione ha dovuto riconoscere
il debito fuori bilancio e ritenendo che non rientrasse
nella sua competenza l’accertamento della responsabilità dei
singoli nei confronti dell’ente, ha rimesso al collegio
contabile tale verifica, non procedendo quindi al recupero
delle somme nei confronti di tali soggetti.
Secondo i giudici contabili lombardi è indubitabile che il
danno si sia prodotto e che potesse essere evitato mediante
l’attivazione della semplice procedura di richiesta
dell’autorizzazione definitiva. Per la semplicità degli
adempimenti da attivare per l’acquisizione
dell’autorizzazione risulta ancor più grave il comportamento
omissivo posto in essere dai soggetti che i giudici hanno
avuto il compito di individuare. Quello che si richiedeva a
questi soggetti era il normale svolgersi dei doveri di
ufficio.
Ad avviso della corte, la responsabilità è ripartita tra il
responsabile dell’ufficio tecnico e il segretario comunale.
Il responsabile dell’ufficio tecnico è tenuto secondo il
disciplinare per il servizio di tecnico comunale vigente in
comune al disbrigo delle pratiche concernenti gli edifici
comunali, le fognature e, più in generale tutte le opere
pubbliche, nonché le funzioni relative ai servizi tecnici.
E’ di tutta evidenza che la richiesta di autorizzazione
definitiva (anche considerando che dalla precedente
autorizzazione era chiara la scadenza e quindi la
provvisorietà dell’atto) rappresentava uno degli adempimenti
rientranti nei compiti suddetti.
Per quanto riguarda la responsabilità del segretario
comunale, il ragionamento del collegio contabile è del
seguente tenore: l’adempimento richiesto è di tipo
gestionale, il segretario comunale ha il compito di curare
l’attuazione dei provvedimenti, di provvedere agli atti
esecutivi delle deliberazioni adottate, nonché di
sovrintendere e coordinare l’attività dei dirigenti e dei
preposti o incaricati attivando le forme di controllo e di
vigilanza necessarie a tale scopo.
Per questo motivo visto che il segretario ha infine il
compito di segnalare al Sindaco i ritardi e le omissioni
nell’espletamento dell’azione amministrativa e di segnalare
gli interventi conseguenti, i giudici lombardi non hanno
potuto che riconoscere anche nei confronti di tale figura la
sussistenza della responsabilità seppur in misura ridotta
rispetto a quanto deciso per il responsabile dell’ufficio
tecnico (commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it -
Corte dei Conti, Sez.
giurisdiz. Lombardia,
sentenza 07.09.2009 n. 593 -
link a www.corteconti.it). |
ENTI LOCALI:
L'assessore ordina i lavori. E se li
paga.
Per i lavori ordinati direttamente
dall'assessore, senza preventivo impegno di spesa, paga
direttamente l'assessore e non il comune. Non è, infatti,
ammissibile l'azione di arricchimento senza causa, nei
confronti delle amministrazioni locali, per effetto della
normativa speciale che disciplina il procedimento di spesa.
La Corte di cassazione, Sezione I civile, con la sentenza
29.07.2009 n. 17550 chiarisce pregevolmente la normativa
particolare posta a regolare le obbligazioni degli enti
locali, respingendo per inammissibilità il ricorso
presentato da un appaltatore avverso la sentenza di appello,
che aveva ritenuto infondata la doglianza nel giudizio di
merito, basata sull'azione di indebito arricchimento.
In particolare, l'impresa aveva chiesto alla Cassazione di
considerare erronea la sentenza del giudice di merito, in
quanto non aveva preso in considerazione il riconoscimento
dell'utilità della prestazione ordinata dall'assessore per
il comune e la sua rispondenza all'interesse pubblico. Il
riconoscimento dell'utilità della prestazione ricevuta,
anche se non regolarmente ordinata, da parte del comune
debitori, ai sensi dell'articolo 2041 del codice civile
potrebbe, in apparenza, fondare la pretesa degli appaltatori
di agire in giudizio contro l'ente locale, per pretendere
l'indennizzo scaturente dall'arricchimento derivante
dall'esecuzione della loro prestazione.
Crea, però, ostacolo a questa ricostruzione basata
esclusivamente sul codice civile lo specifico ordinamento
degli enti locali e, in particolare, l'articolo 191, comma
3, del dlgs 267/2000, ai sensi del quale, qualora l'ordine
di esecuzione di appalti sia stato emesso senza l'adozione
dell'impegno di spesa preventivo, il rapporto obbligatorio
intercorre, ai fini della controprestazione e per la parte
non riconoscibile come debito fuori bilancio direttamente
tra il privato fornitore e l'amministratore, funzionario o
dipendente che hanno consentito la fornitura.
La presenza di questa disposizione speciale fa sì, osserva
la Cassazione, che il rapporto obbligatorio, ai fini del
pagamento del corrispettivo insorga tra appaltatore e, in
via esclusiva, amministratore o funzionario che abbia
consentito la prestazione. Ciò, allora, determina
l'impossibilità di esperire nei confronti del comune
l'azione di arricchimento senza causa, perché la norma
speciale elimina in radice il necessario requisito della
sussidiarietà dell'azione di indebito arricchimento,
consistente nella possibilità di farvi ricorso solo qualora
manchino altri mezzi di tutela diretta. Ai sensi
dell'articolo 2042 del codice civile, infatti, «l'azione
di arricchimento non è proponibile quando il danneggiato può
esercitare un'altra azione per farsi indennizzare del
pregiudizio subito».
L'articolo 191, del dlgs 267/2000 consente agli appaltatori
di rivalersi nei confronti delle persone fisiche degli
amministratori o funzionari che abbiano dato causa a
ordinazioni di prestazioni in violazione delle regole
sull'impegno preventivo della spesa: ciò significa, da un
lato, che la norma esime del tutto da responsabilità l'ente
locale per le attività di illegittima gestione delle
obbligazioni contrattuali poste in essere da amministratori
e funzionari; dall'altro, l'appaltatore può agire in via
diretta contro questi ultimi, per ottenere il pagamento dei
corrispettivi (articolo 28.08.2009 tratto da ItaliaOggi,
pag. 11). |
ENTI LOCALI:
Parere richiesto dal Sindaco del Comune di Marigliano (Na)
in ordine alla possibilità di conoscere se,
avendo disponibilità finanziaria sui capitoli di bilancio, è
possibile procedere alla liquidazione di un debito fuori
bilancio scaturente da una sentenza esecutiva [ex art. 194
del d.lgs n. 267/2000 lett. a)] prima che la legittimità
dello stesso sia riconosciuta dal Consiglio comunale, nonché
se l'ulteriore somma necessaria per la liquidazione delle
competenze professionali dei legali incaricati dall'Ente, il
cui importo previsto è regolarmente impegnato all'atto di
conferimento dell'incarico risulta insufficiente al termine
del giudizio, è da considerarsi debito fuori bilancio ai
sensi dell'art. 194 del d.lgs n. 267/2000 lett. e)
(Corte
dei Conti, Sez. regionale di controllo Campania,
parere 29.04.2009 n. 22). |
APPALTI SERVIZI:
Parere richiesto dal Sindaco del comune di Agerola (Na)
sulla possibilità di conoscere se qualora
all'atto dell'instaurazione di un contratto di servizi non
sia stato possibile determinare preventivamente l'ammontare
della spesa e l'Ente abbia provveduto ad assumere un impegno
rivelatosi insufficiente a coprire il costo finale
dell'intera prestazione l'Amministrazione possa assumere un
impegno suppletivo per il pagamento della differenza dovuta,
oppure si renda necessaria la procedura di riconoscimento
del debito fuori bilancio.
La regola generale fissata dall’art. 191 del TUEL n.
267/2000 è che gli enti locali possono effettuare spese solo
quando sussista la regolare assunzione dell’impegno
contabile, registrato sul competente intervento di bilancio
e sia stata emessa la prescritta attestazione di copertura
della spesa da parte del Dirigente del Servizio finanziario.
L’inosservanza di questo fondamentale precetto determina,
come conseguenza, l’insorgenza dei debiti fuori bilancio,
dei quali, com’è noto, soltanto alcuni, contemplati
dall’art. 194 del TUEL, sono riconoscibili.
Occorre distinguere, in
astratto, tre possibili fattispecie.
La prima concerne l’ipotesi in cui l’impegno
suppletivo debba essere assunto nel medesimo esercizio cui
l’impegno contrattuale si riferisce. In tal caso nulla
osterebbe all’assunzione di un impegno suppletivo sullo
stanziamento di bilancio del medesimo esercizio.
La seconda ipotesi è che si tratti di spese previste
nel bilancio pluriennale. Anche in tal caso possono essere
assunti impegni suppletivi, sempre che gli stessi siano
compresi nel bilancio pluriennale e nel limite delle
previsioni in esso contenute (altrimenti il debito residuo
costituirebbe un debito fuori bilancio).
L’ultima ipotesi -nella quale rientra la fattispecie
ipotizzata nella richiesta di parere- riguarda il caso in
cui la somma necessaria al pagamento del saldo riguardi
importi non impegnati entro l’esercizio in cui si è
perfezionato il contratto. Diversamente da quanto accade per
le due ipotesi precedenti, in questa ipotesi non è possibile
far luogo ad impegni suppletivi in quanto detti
provvedimenti devono essere adottati entro il termine
dell’esercizio finanziario cui l’impegno si riferisce ed
oltre tale termine anche le eventuali prenotazioni perdono
qualsiasi efficacia, con la conseguenza che le relative
somme vanno in economia. In tal caso, avendo il Comune
impegnato e coperto finanziariamente solo una parte della
spesa e non tutta quella dell’importo contrattuale,
risulterebbe violato il procedimento prescritto dagli
articoli 183 e 191, primo comma, del TUEL n. 267/2000;
conseguentemente, la spesa eccedente l’impegno assunto
verrebbe a configurare un debito fuori bilancio, per il cui
riconoscimento va adottata la procedura prevista dall’art.
194, lett. e) del TUEL citato (cfr. ex plurimis, Sezioni
riunite per la Regione siciliana in sede consultiva Del.ni
n. 9/2005 e n. 2/2007)
(Corte
dei Conti, Sez. regionale di controllo Campania,
parere 26.02.2009 n. 9). |
APPALTI - INCENTIVO PROGETTAZIONE:
Sin dal momento della designazione del
responsabile unico del procedimento (RUP), l’Ente deve
procedere all’assunzione di un regolare impegno di spesa
(per la liquidazione dell'incentivo alla progettazione
interna) rilevato che risultano già noti l’importo massimo
della spesa e le somme a disposizione dell’Amministrazione
per la realizzazione del progetto.
La mancata assunzione dell’impegno di spesa determina, inevitabilmente, un debito fuori
bilancio che deve essere tempestivamente evidenziato e
sottoposto alla valutazione discrezionale dell’Organo
Consiliare per l’eventuale riconoscimento.
---------------
Nel caso
di riconoscimento di debiti fuori bilancio per
l’acquisizione di beni e servizi senza impegno di spesa, ai
sensi del’art. 194, lett. e), del TUEL, l’Organo Consiliare
deve valutare, mediante specifica e motivata deliberazione
che accerti anche l’eventuale prescrizione, che la spesa
rientri tra quelle disposte per l’espletamento di pubbliche
funzioni e servizi di competenza dell’Ente nei limiti degli
accertati e dimostrati utilità ed arricchimento.
Il Collegio ritiene, quindi, che per gli
Enti locali corrisponde a principi di prudenza e di sana
gestione finanziaria procedere ad un’attenta pianificazione
di bilancio che consenta la determinazione, almeno presunta,
delle somme da corrispondere a terzi al fine di adottare i
dovuti adempimenti contabili di impegno di spesa e di
evitare l’insorgenza di debiti fuori bilancio.
Le eventuali passività insorte durante la gestione assumono,
quindi, carattere eccezionale e devono essere
tempestivamente segnalate per garantirne la copertura
mediante i provvedimenti di riconoscimento di debito fuori
bilancio in presenza dei presupposti sanciti dall’art. 194
del TUEL.
---------------
Il Sindaco del Comune di Castellaneta (TA), con la nota
indicata in epigrafe, richiede il parere della Sezione
sull’esatta procedura contabile da applicare nel caso di
debito gravante sull’Ente per il pagamento degli incentivi
sulla progettazione interna previsti dall’art. 92 del D.Lgs.
12/04/2006 n. 163 e spettanti al responsabile del
procedimento ed ai dipendenti incaricati del progetto di
un’opera pubblica.
Il Sindaco, dopo aver illustrato che il Ministero del
Bilancio e della Programmazione Economica ed il Comune di
Castellaneta avevano sottoscritto, in data 26/03/1998,
apposita convenzione per la realizzazione di opere
infrastrutturali di adeguamento del sistema idrico, precisa
che, come richiesto dal Ministero, con deliberazione della
Giunta Municipale n. 205 del 06/04/1998 era stata effettuata
la designazione del responsabile unico del procedimento ma
non era stato previsto alcun formale impegno di spesa.
Tuttavia, l’allora vigente art. 18 della L. n. 109/1994 poi
trasfuso nell’art. 92 del D.Lgs. n. 163/2006 prevedeva, in
favore del responsabile del procedimento e degli incaricati
del progetto, la corresponsione di una somma non superiore
all’1,5% dell’importo posto a base di gara da ripartire
secondo i criteri assunti in un regolamento effettivamente
adottato dall’Ente con deliberazione della Giunta Municipale
n. 62 del 25/03/2003.
Il Sindaco ritiene che il responsabile del procedimento,
coadiuvato dai funzionari amministrativi, designati con
ordine di servizio del 29/10/1998, abbia svolto le proprie
funzioni sino al collaudo delle opere avvenuto in data
30/01/2003 e pertanto richiede il parere della Sezione
sull’esatta natura del debito per accertare se le somme
spettanti debbano essere ascritte tra i debiti fuori
bilancio del Comune o se ne sia consentita direttamente la
liquidazione da parte del dirigente del Settore.
...
Il debito fuori bilancio costituisce, come noto,
un’obbligazione pecuniaria dell’Ente locale assunta in
violazione delle norme giuscontabili che regolano
l’assunzione di impegni di spesa.
L’art. 194 del D.Lgs. 18/08/2000 n. 267, recante il Testo
Unico degli Enti Locali, consente il riconoscimento di
debiti fuori bilancio soltanto in ipotesi espressamente e
tassativamente determinate rilevato che costituisce regola
generale, sancita dall’art. 191 del TUEL, che gli Enti
locali effettuino spese solo se sussiste l’impegno contabile
registrato sul competente intervento o capitolo di bilancio
ed in presenza di formale attestazione della copertura
finanziaria.
La Sezione evidenzia che l’ordinamento contabile degli Enti
locali è improntato a principi di universalità e di
veridicità che impongono la completa rappresentazione in
bilancio di tutte le entrate e di tutte le spese in modo
veritiero ed attendibile.
Pertanto, sin dal momento della
designazione del responsabile unico del procedimento, l’Ente
avrebbe dovuto procedere all’assunzione di un regolare
impegno di spesa rilevato che risultavano già noti l’importo
massimo della spesa e le somme a disposizione
dell’Amministrazione per la realizzazione del progetto.
La mancata assunzione dell’impegno di spesa
ha, quindi, inevitabilmente determinato un debito fuori
bilancio che doveva essere tempestivamente evidenziato e
sottoposto alla valutazione discrezionale dell’Organo
Consiliare per l’eventuale riconoscimento atteso che il
completamento ed il collaudo delle opere è avvenuto sin
dall’esercizio 2003.
La disciplina per la salvaguardia degli equilibri di
bilancio, prevista dall’art. 193, comma 2, del TUEL impone,
infatti, che almeno annualmente entro il 30 settembre,
l’Organo Consiliare adotti i provvedimenti necessari per il
ripiano di eventuali debiti fuori bilancio.
Trattasi di normativa di peculiare rilevanza poiché la
mancata adozione di tali provvedimenti comporta, ai sensi
dell’art. 191, comma 5, del TUEL, il divieto di assumere
impegni e pagare spese per servizi non espressamente
previsti dalla legge.
La Sezione precisa, inoltre, che nel caso
di riconoscimento di debiti fuori bilancio per
l’acquisizione di beni e servizi senza impegno di spesa, ai
sensi del’art. 194, lett. e), del TUEL, l’Organo Consiliare
deve valutare, mediante specifica e motivata deliberazione
che accerti anche l’eventuale prescrizione, che la spesa
rientri tra quelle disposte per l’espletamento di pubbliche
funzioni e servizi di competenza dell’Ente nei limiti degli
accertati e dimostrati utilità ed arricchimento.
Il Collegio ritiene, quindi, che per gli
Enti locali corrisponde a principi di prudenza e di sana
gestione finanziaria procedere ad un’attenta pianificazione
di bilancio che consenta la determinazione, almeno presunta,
delle somme da corrispondere a terzi al fine di adottare i
dovuti adempimenti contabili di impegno di spesa e di
evitare l’insorgenza di debiti fuori bilancio.
Le eventuali passività insorte durante la gestione assumono,
quindi, carattere eccezionale e devono essere
tempestivamente segnalate per garantirne la copertura
mediante i provvedimenti di riconoscimento di debito fuori
bilancio in presenza dei presupposti sanciti dall’art. 194
del TUEL (Corte
dei Conti, Sez. controllo Puglia,
parere 12.02.2009 n. 6). |
INCARICHI PROFESSIONALI:
La spettanza del legale non è riconducibile ad una sentenza
esecutiva quale obbligo cogente nei confronti
dell’amministrazione, bensì al rapporto professionale
intercorso e alla successiva circostanza dell’insolvenza che
ha determinato l’insorgenza a carico dell’Ente locale di
adempiere il debito.
Essendo tale obbligo insorto al momento della nuova
richiesta può essere adempiuto mediante semplice
integrazione dello stanziamento di bilancio.
Tuttavia, qualora intervenga nell’esercizio
finanziario successivo ed il relativo capitolo non sia stato
impegnato, non sussistendo residui si dovrà procedere con il
riconoscimento di debito fuori bilancio.
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Il Comune di Frontone ha formulato richiesta di parere
concernente la necessità o meno di procedere al
riconoscimento di debito fuori bilancio derivante da una
parcella professionale posta dall’Autorità Giudiziaria a
carico della controparte insolvente ed irreperibile.
...
La spettanza del legale non è riconducibile ad una sentenza
esecutiva quale obbligo cogente nei confronti
dell’amministrazione, bensì al rapporto professionale
intercorso e alla successiva circostanza dell’insolvenza che
ha determinato l’insorgenza a carico dell’Ente locale di
adempiere il debito.
Essendo tale obbligo insorto al momento della nuova
richiesta può essere adempiuto mediante semplice
integrazione dello stanziamento di bilancio.
Tuttavia, qualora intervenga nell’esercizio
finanziario successivo ed il relativo capitolo non sia stato
impegnato, non sussistendo residui si dovrà procedere con il
riconoscimento di debito fuori bilancio
(Corte dei Conti, Sez. controllo Marche,
parere 02.02.2009 n. 4). |
INCARICHI
PROFESSIONALI:
Parere richiesto dal Sindaco del comune di Calitri (Av)
sulla possibilità di conoscere se -per la
liquidazione delle parcelle professionali relative agli
incarichi conferiti- occorra attivare il procedimento del
debito, ai sensi dell'art. 194, co. 1, del TUEL n. 267/2000
o se sia sufficiente procedere ad un impegno integrativo su
apposito capitolo di bilancio corrente con capienza
finanziaria, provvedendo, quindi, alla relativa
liquidazione.
Pur in presenza di
difficoltà nella individuazione della somma esatta relativa
alla parcelle del professionista, l’Ente è tenuto al
rispetto dei canoni di buona amministrazione (fra gli altri
a quello del prudente apprezzamento), delle regole
giuscontabili in materia di spesa e dei principi che
caratterizzano la corretta gestione dei pubblici bilanci.
Prima della determinazione dell’impegno di spesa va
acquisita dall’avvocato, al quale è stata affidata la
rappresentanza in giudizio del Comune, un preventivo di
massima relativo agli onorari, alle competenze ed alle spese
che presuntivamente deriveranno dall’espletamento
dell’incarico stesso ai fini di predisporre un adeguata
copertura finanziaria.
Nel caso in cui non venga seguita la descritta procedura, si
verifica una fattispecie tipica di debito fuori bilancio, in
quanto l’Ente ha impegnato e coperto finanziariamente solo
la spesa necessaria per corrispondere l’acconto al
professionista. Si determina, di conseguenza, la violazione
delle prescrizioni di cui all’art. 191 del d. lgs. 267/2000
che disciplinano le modalità attraverso le quali le spese
degli enti locali devono essere assunte prevedendo dei
procedimenti di natura tecnico-contabile per evitare il
formarsi dei debiti fuori bilancio e per garantire
l’equilibrio tra entrate e spese.
Nella fattispecie si da luogo a spese al di fuori
dell’impegno costituito ed in assenza di una specifica
previsione nel bilancio dell’esercizio in cui si
manifestano.
In conclusione per la differenza tra la somma destinata al
pagamento degli acconti e quella scaturente dalla
liquidazione della parcella definitiva si dovrà procedere al
loro riconoscimento ai sensi dell’art. 194 del T.U.E.L. n.
267/2000 e secondo le procedure ivi previste (cfr. in
termini l’indirizzo delle Sezioni Riunite per la Regione
Sicilia in sede consultiva, da ultimo deliberazione n.
2/2007)
(Corte
dei Conti, Sez. regionale di controllo Campania,
parere 04.02.2009 n. 8). |
PUBBLICO
IMPIEGO:
La responsabilità dei dirigenti per
riconoscimento di debito fuori bilancio. Che rilevanza ha il
parere di legittimità dato alla delibera consiliare?
I responsabili dell’area tecnica e dell’area economico
finanziaria esprimono il proprio parere sulla delibera di
riconoscimento di debito fuori bilancio secondo la
delimitazione che a detti pareri sono conferiti dalla legge;
tali limitazioni vanno individuate da un lato, nella
verifica di legittimità, in linea tecnica, che la materia in
deliberazione rientri nella effettiva competenza dell’organo
deliberante e che sul piano della regolarità
tecnico-amministrativa sussistono i presupposti di fatto che
legittimano il ricorso ad una tale deliberazione a
prescindere da ogni valutazione e sindacato nel merito degli
atti prodromici che hanno resa necessaria l’assunzione della
deliberazione.
I pareri espressi dai responsabili dell’aerea tecnica e del
servizio finanziario dei comuni costituiscono atti
preparatori che legittimano l’adozione delle deliberazioni
per le quali i pareri sono richiesti. Detti pareri, perciò,
rispetto alla validità formale della medesime deliberazioni
operano quale presupposto di diritto, ma non possono
interferire sull’autonomo e corretto esercizio dei poteri
spettanti all’organo deliberante; a questi spetta la
ponderazione concreta e corretta dei pubblici interessi, al
di là della mera relazione funzionale dei pareri stessi che
sono resi "ex ante" sulla proposta di deliberazione e
costituiscono il presupposto al corretto esercizio dei
poteri amministrativi dell’organo deliberante, senza
intervenire sulla volontà di questo nei casi in cui, come
nella specie, la competenza a provvedere spetta allo stesso
Consiglio comunale e non già ad altri uffici tecnici o
amministrativi dell’amministrazione comunale (Corte dei
Conti, Sez. giurisdiz. d'appello Sicilia,
sentenza 01.01.2009 n. 1 - link a
www.giuedanella.it). |
anno 2008 |
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ENTI LOCALI: Parere
richiesto dal Sindaco del Comune di Melfi (Pz), in materia
di debiti fuori bilancio per spese di giustizia
(Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Basilicata,
deliberazione 06.06.2008 n. 18). |
ENTI LOCALI: Richiesta
di parere in ordine all’obbligatorietà o meno del parere
preventivo da parte dell’Organo di revisione
economico-finanziaria sulle proposte di riconoscimento dei
debiti fuori bilancio ex art. 194, co. 1, lett. a)
(Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Campania,
parere 27.03.2008 n. 5). |
ENTI LOCALI:
Parere richiesto dal Sindaco del Comune di San Michele al
Tagliamento (VE) in merito al quesito circa la
possibilità che le parcelle conseguenti alla difesa
giudiziale dell'ente comportanti supero della spesa
originariamente impegnata rientri nella casisitica dei
debiti fuori bilancio o se non sia possibile procedere con
provvedimento dirigenziale (Corte dei Conti, Sez.
regionale di controllo Veneto,
parere
26.03.2008 n. 7). |
anno 2007 |
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ENTI LOCALI: Parere
in materia di riconoscimento di debiti fuori bilancio
(art. 194, comma 1, lett. c) del D.Lvo n. 267/2000)
(Corte dei Conti, Sez. regionale di controllo Lombardia,
parere 20.07.2007 n. 29). |
INCARICHI
PROFESSIONALI: Parere
in ordine all’ammissibilità di sottoposizione al
Consiglio comunale di proposte di deliberazioni di
riconoscimento debiti fuori bilancio per la liquidazione di
parcelle di professionisti legali, risultando insufficiente
l’impegno di spesa assunto contestualmente al conferimento
dell’incarico (Corte dei Conti, Sez. regionale di
controllo Campania,
parere
18.07.2007 n. 9). |
ENTI LOCALI: Parere
in materia di riconoscimento dei debiti fuori bilancio
(art. 194 del D.Lgs. n. 267/2000 (TUEL) (Corte dei
Conti, Sez. regionale di controllo Piemonte,
parere
11.05.2007 n. 4). |
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