dossier SOPPALCO |
anno
2021 |
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EDILIZIA PRIVATA: Con
riferimento ai soppalchi la giurisprudenza del Giudice d’Appello ritiene che
il relativo regime edilizio debba essere considerato in relazione alle
concrete caratteristiche del manufatto; in particolare è quindi necessario
il permesso di costruire quando il soppalco sia di dimensioni non modeste e
comporti una sostanziale ristrutturazione dell’immobile preesistente, con
incremento delle superfici dell’immobile e ulteriore carico urbanistico;
rientra invece nell’ambito degli interventi edilizi minori il soppalco che,
per le dimensioni e l’altezza modesta o le modalità di realizzazione (ad
esempio vano chiuso, senza finestre o luci), sia tale da non incrementare la
superficie dell'immobile e in particolare quello che non sia suscettibile di
utilizzo come stanza di soggiorno a sé stante.
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Il soppalco non si configura quale autonoma categoria edilizia per modo che,
quanto alla individuazione del regime edilizio-urbanistico ad esso
riferibile, non ci si può che rifare al principio generale per il quale il
rilascio del permesso di costruire è necessario in presenza di ogni
trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio.
In tale situazione la individuazione del titolo autorizzativo necessario per
la realizzazione di un soppalco, ossia di quella superficie praticabile
aggiuntiva (rispetto ai piani dell’edificio) ottenuta attraverso
l’interposizione di uno o più solai orizzontali in uno spazio chiuso, è
questione che non può risolversi una tantum ed in astratto, ma va
concretamente valutata, caso per caso.
In proposito la dottrina e la giurisprudenza sono da tempo concordi nel
ritenere che per la costruzione di aree soppalcate occorre sostanzialmente o
il permesso di costruire o in alternativa la DIA onerosa, rilevandosi, in
ordine al titolo abilitativo richiesto per la realizzazione di soppalchi
interni alle abitazioni, che: <<occorre distinguere i casi nei quali, in
relazione alla tipologia ed alla dimensione dell’intervento, può essere
sufficiente una denuncia di inizio di attività, dai casi nei quali occorre
una vera e propria concessione edilizia, oggi permesso di costruire; deve
infatti ritenersi sufficiente una d.i.a. nel caso in cui il soppalco sia di
modeste dimensione al servizio della preesistente unità immobiliare, mentre,
viceversa, deve ritenersi necessario il permesso di costruire quando il
soppalco sia di dimensioni non modeste e comporti una sostanziale
ristrutturazione dell’immobile preesistente, ai sensi dell’art. 3. comma 1.
D.P.R. 06.06.2001, n. 380, comportando un incremento delle superfici
dell’immobile e quindi anche un ulteriore possibile carico urbanistico>>.
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... per l’annullamento:
- dell'ordinanza Dirigenziale n. 197/2017 (prot. 31125) notificata
il 23/05/2017 con cui, ai ricorrenti, in qualità di proprietari veniva
contestata la realizzazione delle seguenti opere edilizie abusive
consistenti in: “un soppalco in muratura che occupa interamente due
camere, un vano bagno e un corridoio per una superficie di mq 60 circa. Tale
nuovo livello e diviso in 2 camere da letto e in un vano bagno. L’altezza
dal piano di calpestio del nuovo livello al soffitto è di mt. 1,85 circa
mentre l’altezza del piano di calpestio dell’appartamento all’intradosso del
solaio del nuovo livello è di mt. 2,20 circa. A tale soppalco si accede
mediante una scala in ferro”;
...
Il motivo è infondato.
Con riferimento ai soppalchi la giurisprudenza del Giudice d’Appello,
condivisa dal Collegio, ritiene che il regime edilizio dei soppalchi debba
essere considerato in relazione alle concrete caratteristiche del manufatto;
in particolare è quindi necessario il permesso di costruire quando il
soppalco sia di dimensioni non modeste e comporti una sostanziale
ristrutturazione dell’immobile preesistente, con incremento delle superfici
dell’immobile e ulteriore carico urbanistico; rientra invece nell’ambito
degli interventi edilizi minori il soppalco che, per le dimensioni e
l’altezza modesta o le modalità di realizzazione (ad esempio vano chiuso,
senza finestre o luci), sia tale da non incrementare la superficie
dell'immobile e in particolare quello che non sia suscettibile di utilizzo
come stanza di soggiorno a sé stante (Consiglio di Stato, Sez. II,
30.10.2020, n. 6681 e 26.06.2019, n. 4384; Sez. VI, 07.05.2018, n. 2701; id.,
27.11.2017, n, 5517; id., 02.03.2017, n. 985).
Il motivo peraltro è infondato alla luce della giurisprudenza richiamata
dalla stessa parte ricorrente.
Inoltre questa Sezione ha condivisibilmente rilevato che il soppalco non si
configura quale autonoma categoria edilizia per modo che, quanto alla
individuazione del regime edilizio-urbanistico ad esso riferibile, non ci si
può che rifare al principio generale per il quale il rilascio del permesso
di costruire è necessario in presenza di ogni trasformazione urbanistica ed
edilizia del territorio.
In tale situazione la individuazione del titolo autorizzativo necessario per
la realizzazione di un soppalco, ossia di quella superficie praticabile
aggiuntiva (rispetto ai piani dell’edificio) ottenuta attraverso
l’interposizione di uno o più solai orizzontali in uno spazio chiuso, è
questione che non può risolversi una tantum ed in astratto, ma va
concretamente valutata, caso per caso (TAR Campania, Napoli, Sez. III,
17.04.2015, n. 2197).
In proposito la dottrina e la giurisprudenza sono da tempo concordi nel
ritenere che per la costruzione di aree soppalcate occorre sostanzialmente o
il permesso di costruire o in alternativa la DIA onerosa, rilevandosi, in
ordine al titolo abilitativo richiesto per la realizzazione di soppalchi
interni alle abitazioni, che: <<occorre distinguere i casi nei quali, in
relazione alla tipologia ed alla dimensione dell’intervento, può essere
sufficiente una denuncia di inizio di attività, dai casi nei quali occorre
una vera e propria concessione edilizia, oggi permesso di costruire; deve
infatti ritenersi sufficiente una d.i.a. nel caso in cui il soppalco sia di
modeste dimensione al servizio della preesistente unità immobiliare, mentre,
viceversa, deve ritenersi necessario il permesso di costruire quando il
soppalco sia di dimensioni non modeste e comporti una sostanziale
ristrutturazione dell’immobile preesistente, ai sensi dell’art. 3. comma 1.
D.P.R. 06.06.2001, n. 380, comportando un incremento delle superfici
dell’immobile e quindi anche un ulteriore possibile carico urbanistico>>
(TAR Campania, Napoli, Sez. III, 17.04.2015, n. 2197 cit., Sez. IV,
10.12.2007, n. 15871 e 27.06.2005, n. 8681)
(TAR Campania-Napoli, Sez. III,
sentenza 30.11.2021 n. 7693 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Il soppalco di 60 mq con travi in ferro e cemento è una ristrutturazione
edilizia.
La
realizzazione di un soppalco rientra nella ristrutturazione edilizia laddove
sia idoneo a generare un maggiore carico urbanistico, mentre potrà
considerarsi un intervento minore nel caso in cui i lavori siano tali da
dare vita a una superficie accessoria, non utilizzabile per il soggiorno
delle persone, ossia un vano chiuso, senza finestre o luci, di altezza
interna modesta, tale da renderlo assolutamente non fruibile alle persone.
Al di fuori di tale ultima ipotesi, il soppalco comporta ulteriore
superficie calpestabile ed autonomi spazi, e rientra nel novero degli
interventi di ristrutturazione edilizia, dal momento che determina un
aumento della superficie utile dell'unità con conseguente aggravio del
carico urbanistico.
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5.13 Sotto diverso profilo, non può
essere condiviso l’assunto difensivo per cui le opere in corso di
realizzazione al momento del sopralluogo della Polizia municipale erano
riconducibili alla categoria della manutenzione ordinaria, integrando
un’attività edilizia libera.
5.14 Per contro, come rilevato in precedenza, veniva accertato che era in
fase di realizzazione un soppalco con travi in acciaio e in cemento armato
di 60 mq, non coincidente con quello oggetto di condono.
5.15 Si tratta, invero, di interventi di ristrutturazione edilizia
comportanti un organismo edilizio in parte diverso da quello precedente, con
aumento degli spazi abitabili e della superficie calpestabile e, quindi,
necessitanti di permesso di costruire ai sensi dell’art. 10 D.P.R. 380/2001,
anche nella versione all’epoca vigente.
5.16 La giurisprudenza amministrativa ha costantemente affermato che la
realizzazione di un soppalco rientra nella ristrutturazione edilizia laddove
sia idoneo a generare un maggiore carico urbanistico, mentre potrà
considerarsi un intervento minore nel caso in cui i lavori siano tali da
dare vita a una superficie accessoria, non utilizzabile per il soggiorno
delle persone, ossia un vano chiuso, senza finestre o luci, di altezza
interna modesta, tale da renderlo assolutamente non fruibile alle persone.
Al di fuori di tale ultima ipotesi, il soppalco comporta ulteriore
superficie calpestabile ed autonomi spazi, e rientra nel novero degli
interventi di ristrutturazione edilizia, dal momento che determina un
aumento della superficie utile dell'unità con conseguente aggravio del
carico urbanistico (Cons. Stato Sez. VI, 20/07/2021 n. 5461 e 17/11/2020, n.
7132 relativo a un soppalco di mq 5,16 mq; Cons. Stato Sez. VI, 09/07/2018,
n. 4166; Cons. Stato Sez. II, 05/08/2019, n. 5518).
5.17 Nel caso di specie, è stato realizzato un soppalco di 60 mq, suddiviso
in cinque ambienti tutti al grezzo, che ha determinato quasi il raddoppio
della superficie abitativa fruibile, per cui correttamente il giudice di
primo grado ha ricondotto l’intervento nell’ambito della ristrutturazione
edilizia che impone il rilascio del permesso di costruire
(Consiglio di Stato, Sez. II,
sentenza 22.11.2021 n. 7817 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: E'
bastevole la SCIA per la realizzazione di un modesto soppalco (all'interno
di un garage) inidoneo ad ospitare il soggiorno di persone.
La realizzazione di un soppalco costituisce un
intervento la cui consistenza deve essere apprezzata caso per caso,
conseguentemente sarà riconducibile all'ambito della ristrutturazione
edilizia, qualora sia idoneo a generare un maggiore carico urbanistico
mentre, nel caso in cui i lavori siano tali da comportare una superficie
accessoria, non utilizzabile per il soggiorno delle persone, potrà
considerarsi un intervento minore.
Nella fattispecie, è d’uopo rilevare che il soppalco de quo, realizzato
all’interno di un garage, non presenta dimensioni significative e,
soprattutto, non accresce il carico urbanistico dell’immobile, non
risultando idoneo né ad ospitare il soggiorno di persone né ad alterare lo
stato dei luoghi modificando sagoma o prospetto dell’edificio; si tratta, in
definitiva, di un’opera realizzabile dietro semplice dia/Scia, talché la
relativa assenza non è sanzionabile in via demolitoria, ai sensi del
combinato disposto di cui agli artt. 22 e 37 D.p.r. n. 380/2001.
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1. Con il ricorso in epigrafe, notificato a mezzo dell’Ufficiale Giudiziario
il -OMISSIS- al Comune di -OMISSIS- (Sa), tempestivamente depositato il
-OMISSIS-, i ricorrenti hanno adito questo Tribunale, al fine di ottenere
l’annullamento:
- dell'ordinanza n.-OMISSIS-, prot. n. -OMISSIS-, emessa dal Comune
di -OMISSIS- e successivamente notificata ai ricorrenti,
nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente, anche non
conosciuto.
2. In particolare, i ricorrenti hanno rappresentato di essere destinatari
dell'ordinanza n. -OMISSIS-, prot. n. -OMISSIS- del Comune di -OMISSIS-, con
la quale è stata loro ordinata la rimozione con il ripristino dello stato
dei luoghi delle opere, consistenti nella realizzazione, all'interno del
locale garage, di un soppalco in ferro e pannelli di compensato di legno.
3. Contro il suddetto provvedimento insorgevano gli epigrafati ricorrenti,
evidenziando la piena illegittimità degli atti, per i motivi di seguito
sinteticamente esposti e come meglio articolati nel ricorso:
3.1 VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTI. 9 E 26 DELLA LEGGE
47/85, NONCHE' DEGLI ARTT. 6 E 10 DEL T.U. EDILIZIA (DPR 380/2001). ECCESSO
DI POTERE.
Si contesta che la realizzazione del soppalco in questione, conformemente
agli approdi della giurisprudenza, non incidendo sul carico urbanistico
rappresenta opera non soggetta a permesso di costruire ma a Dia, talché la
relativa assenza non legittima la sanzione demolitoria, ai sensi e per gli
effetti degli artt. 22 e 37 D.p.r. n. 380/2001.
...
1. La presente controversia ha ad oggetto l’impugnazione dell’ingiunzione
demolitoria adottata dal Comune di -OMISSIS- (non costituito in giudizio) in
riferimento ad opere sine titulo, consistenti nella realizzazione di
un soppalco all’interno di un garage.
Il citato provvedimento così descrive l’opera de qua:
- “realizzazione all'interno del locale garage di un soppalco,
che presenta le seguenti dimensioni (7,26 mt. x 3,71 mt.) = mq 26.93, posto
a quota +1,99 mt. dal calpestio interno del garage fino all'intradosso del
soppalco costituito da pannelli di compensato di legno;
- il soppalco occupa quasi la totalità del garage;
- l'altezza originaria interna del garage è pari a mt. 3,98;
. il soppalco presenta una struttura orizzontale portante in ferro
(tubolari di forma rettangolare 10x5) ancorata alle pareti in c.a.
perimetrali e al pilastro in c.a. posto tra le due serrande di ingresso;
- la superficie calpestabile del soppalco è costituita da pannelli
di compensato di legno; l'altezza rilevata tra il calpestio del soppalco e
l'intradosso del solaio di copertura del garage è pari a circa mt. 1,96;
- il soppalco è raggiungibile a mezzo di una scaletta in ferro con
pedate in legno posta al lato in aderenza alla parete, incorporata nella
superficie dello stesso;
- il soppalco ed è posto ad una distanza di circa mt. 0,99 dalla
parete dove sono posizionate le due serranda di accesso;
- il soppalco, risulta posizionato in aderenza alle tre pareti
interne del locale garage, quella opposta alle due entrate e le due
laterali, mentre per la parete libera risulta realizzata una balaustra di
protezione alta circa mt. 1,00 dal calpestio del soppalco”.
2. Il ricorso, è fondato, per le ragioni di seguito rappresentate, avuto
riguardo ai motivi di ricorso proposti nel ricorso, e sintetizzati nei par.
3 (e relativa sottonumerazione) della parte in fatto della presente
decisione.
3. E’ fondato, in particolare, il primo motivo di ricorso (sub 3.1.).
Soccorre, al riguardo, il consolidato e condiviso approdo della
giurisprudenza sul tema, secondo cui “la realizzazione di un soppalco
costituisce un intervento la cui consistenza deve essere apprezzata caso per
caso, conseguentemente sarà riconducibile all'ambito della ristrutturazione
edilizia, qualora sia idoneo a generare un maggiore carico urbanistico
mentre, nel caso in cui i lavori siano tali da comportare una superficie
accessoria, non utilizzabile per il soggiorno delle persone, potrà
considerarsi un intervento minore” (da Consiglio di Stato, -OMISSIS-;
v., in senso conforme, Tar Napoli,-OMISSIS-; Tar Salerno,-OMISSIS-; Tar
Salerno, -OMISSIS-).
Nella fattispecie, così come ritenuto dall’Autorità Giudiziaria in sede
penale, è d’uopo rilevare che il soppalco de quo, realizzato
all’interno di un garage, non presenta dimensioni significative e,
soprattutto, non accresce il carico urbanistico dell’immobile, non
risultando idoneo né ad ospitare il soggiorno di persone né ad alterare lo
stato dei luoghi modificando sagoma o prospetto dell’edificio; si tratta, in
definitiva, di un’opera realizzabile dietro semplice dia/Scia, talché la
relativa assenza non è sanzionabile in via demolitoria, ai sensi del
combinato disposto di cui agli artt. 22 e 37 D.p.r. n. 380/2001.
4. Per tutto quanto precede, il ricorso merita accoglimento e, per
l’effetto, va disposto l’annullamento dell’ordinanza del Comune di -OMISSIS-
n. -OMISSIS-
(TAR Campania-Salerno, Sez. II,
sentenza 17.06.2021 n. 1477 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: La
realizzazione di un soppalco rientra nell’ambito degli interventi edilizi
minori per i quali non è richiesto il permesso di costruire solo qualora
abbia caratteristiche tali da non incrementare la superficie dell'immobile,
ipotesi che si verifica solo nel caso in cui lo spazio realizzato col
soppalco consista in un vano chiuso, senza finestre o luci, di altezza
interna modesta, tale da renderlo assolutamente non fruibile alle persone.
Al contrario, qualora il soppalco determini un aumento della superficie
utile dell'unità con conseguente aggravio del carico urbanistico, rientra
nel novero degli interventi di ristrutturazione edilizia necessitando,
quindi, di un titolo abilitativo.
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4. L’appello è infondato.
4.1 Nel condividere le argomentazioni e le conclusioni formulate dal Giudice
di prime cure, va richiamato l’orientamento di questo Consiglio che, ancora
di recente, ha ribadito come la realizzazione di un soppalco rientri
nell’ambito degli interventi edilizi minori per i quali non è richiesto il
permesso di costruire sola qualora abbia caratteristiche tali da non
incrementare la superficie dell'immobile, ipotesi che si verifica solo nel
caso in cui lo spazio realizzato col soppalco consista in un vano chiuso,
senza finestre o luci, di altezza interna modesta, tale da renderlo
assolutamente non fruibile alle persone; al contrario, qualora il soppalco
determini un aumento della superficie utile dell'unità con conseguente
aggravio del carico urbanistico, rientra nel novero degli interventi di
ristrutturazione edilizia necessitando, quindi, di un titolo abilitativo (cfr.
ad es. Consiglio di Stato, sez. IV, 08.07.2019, n. 4780, sez. VI ,
09.07.2018, n. 4166 e sez. II, 03.12.2019, n. 8268) (Consiglio di Stato,
Sez. IV,
sentenza 21.05.2021 n. 3947 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno
2020 |
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EDILIZIA PRIVATA: Per
giurisprudenza consolidata, la costruzione di un soppalco
rientra nell'ambito degli interventi edilizi minori, per i
quali non è richiesto il permesso di costruire allorquando
sia insuscettibile di incrementare la superficie
dell'immobile, ossia allorquando lo spazio realizzato col
soppalco consista in un vano chiuso, senza finestre o luci,
di altezza interna modesta, tale da renderlo assolutamente
non fruibile al soggiorno delle persone.
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Considerato, poi, che:
- per ammissione della stessa amministrazione comunale intimata
(cfr. relazione del Responsabile dell’Ufficio Tecnico
Comunale prot. n. 182 del 09.01.2019), il soppalco
contestato, per le relative caratteristiche dimensionali e
strutturali, è configurabile a guisa di vano adibito a
deposito-ripostiglio ed è da intendersi, come tale,
assoggettato non già al regime abilitativo del permesso di
costruire, bensì al regime abilitativo della SCIA;
- al riguardo, giova rammentare che, per giurisprudenza
consolidata, la costruzione di un soppalco rientra
nell'ambito degli interventi edilizi minori, per i quali non
è richiesto il permesso di costruire, allorquando sia
insuscettibile di incrementare la superficie dell'immobile,
ossia allorquando –come, appunto, nella specie– lo spazio
realizzato col soppalco consista in un vano chiuso, senza
finestre o luci, di altezza interna modesta, tale da
renderlo assolutamente non fruibile al soggiorno delle
persone (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. VI, n.
4166/2018; sez. IV, n. 4780/2019; sez. II, n. 5518/2019);
- di qui, dunque, l’illegittimità della misura
repressivo-ripristinatoria adottata nei confronti della C.;
- né vale a menomare tale approdo la circostanza che, a norma
dell’art. 37, comma 6, del d.p.r. n. 380/2001, invocato dal
Comune di Atrani, in assenza della prescritta SCIA, «resta
comunque salva, ove ne ricorrano i presupposti in relazione
all’intervento realizzato, l’applicazione delle sanzioni di
cui agli articoli 31, 33, 34, 35 e 44»;
- ed invero, l’amministrazione intimata non ha argomentato in
sede procedimentale né in sede processuale come e perché
ricorressero i presupposti applicativi della sanzione
demolitoria (TAR Campania-Salerno, Sez. II,
sentenza 09.03.2020 n. 352 - link a
www.giustizia-amministrartiva.it). |
anno
2019 |
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EDILIZIA PRIVATA: La
realizzazione di un soppalco rientra nell’ambito degli interventi edilizi
minori per i quali non è richiesto il permesso di costruire sola qualora
abbia caratteristiche tali da non incrementare la superficie dell’immobile.
Tuttavia, quest’ultima ipotesi si verifica solo nel caso in cui lo spazio
realizzato col soppalco consista in un vano chiuso, senza finestre o luci,
di altezza interna modesta, tale da renderlo assolutamente non fruibile alle
persone.
Al contrario, qualora il soppalco determini un aumento della superficie
utile dell’unità con conseguente aggravio del carico urbanistico, rientra
nel novero degli interventi di ristrutturazione edilizia necessitando,
quindi, di un titolo abilitativo.
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7. L’appello è fondato.
Al riguardo, è utile richiamare la giurisprudenza amministrativa, la quale
ha messo in luce che la realizzazione di un soppalco rientra nell’ambito
degli interventi edilizi minori per i quali non è richiesto il permesso di
costruire sola qualora abbia caratteristiche tali da non incrementare la
superficie dell’immobile. Tuttavia, quest’ultima ipotesi si verifica solo
nel caso in cui lo spazio realizzato col soppalco consista in un vano
chiuso, senza finestre o luci, di altezza interna modesta, tale da renderlo
assolutamente non fruibile alle persone.
Al contrario, qualora il soppalco determini un aumento della superficie
utile dell’unità con conseguente aggravio del carico urbanistico, rientra
nel novero degli interventi di ristrutturazione edilizia necessitando,
quindi, di un titolo abilitativo (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 09.07.2018, n.
4166)
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 08.07.2019 n. 4780 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: La
disciplina edilizia del soppalco, ovvero dello spazio aggiuntivo che si
ricava all’interno di un locale, di solito un'abitazione, interponendovi un
solaio, non è definita in modo univoco, ma va apprezzata caso per caso, in
relazione alle caratteristiche del manufatto.
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6. E’ condivisibile viceversa la valutazione del TAR in ordine alla “natura
interna delle opere realizzate, non assoggettabili a permesso di costruire,
peraltro del tutto irrilevanti, stante la loro modestissima entità, in
termini edilizi”.
Ai sensi dell’art. 10, lett. c), d.P.R. n. 380/2001 “sono subordinati a
permesso di costruire gli interventi di ristrutturazione edilizia che
portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente”.
Nel caso di specie, è indubbio che l’opera realizzata sia di modeste
dimensioni e, benché abbia determinato un aumento della superficie, si può
affermare che la modificazione riguardi comunque la diversa organizzazione
interna degli spazi e che pertanto non fosse soggetta a permesso di
costruire.
Tale conclusione è coerente con quanto ritenuto da questo Consiglio secondo
cui “la disciplina edilizia del soppalco, ovvero dello spazio aggiuntivo
che si ricava all’interno di un locale, di solito un'abitazione,
interponendovi un solaio, non è definita in modo univoco, ma va apprezzata
caso per caso, in relazione alle caratteristiche del manufatto” (Cons.
Stato, sez. VI, n. 985/2017).
Peraltro, ove anche ritenuto non riconducibile alla nozione di opere
interne, l’intervento per cui è causa in relazione all’epoca di sua
esecuzione sarebbe stato al più soggetto a DIA, anziché a permesso di
costruire
(Consiglio di Stato, Sez. II,
sentenza 05.07.2019 n. 4668 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: E'
necessario il permesso di costruire quando il soppalco sia di dimensioni non
modeste e comporti una sostanziale ristrutturazione dell'immobile
preesistente, con incremento delle superfici dell’immobile e, in
prospettiva, ulteriore carico urbanistico.
Si rientrerà invece nell’ambito degli interventi edilizi minori, per i quali
comunque il permesso di costruire non è richiesto, ove il soppalco sia tale
da non incrementare la superficie dell’immobile e in particolare quello che
non sia suscettibile di utilizzo come stanza di soggiorno a sé stante.
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Ai sensi dell’art. 26 della legge n. 47 del 1985, non erano “soggette a
concessione né ad autorizzazione le opere interne alle costruzioni che non
siano in contrasto con gli strumenti urbanistici adottati o approvati e con
i regolamenti edilizi vigenti, non comportino modifiche della sagoma della
costruzione, dei prospetti, né aumento delle superfici utili e del numero
delle unità immobiliari, non modifichino la destinazione d’uso delle
costruzioni e delle singole unità immobiliari, non rechino pregiudizio alla
statica dell’immobile… Ai fini dell’applicazione del presente articolo non è
considerato aumento delle superfici utili l'eliminazione o lo spostamento di
pareti interne o di parti di esse”.
In base a tale disciplina, il soppalco, comportando indubitabilmente
l’aumento di superfici utili e incidendo sulla statica dell’immobile, non
avrebbe potuto rientrare nelle opere interne, potendo se mai essere
qualificata come ristrutturazione edilizia per cui era necessaria la
concessione edilizia ai sensi dell’art. 9 della legge n. 47 del 1985 (che
rinviava all’art. 31, comma 1, lettera d), della legge n. 431 del 1978, che
definiva “gli interventi di ristrutturazione edilizia, quelli rivolti a
trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere
che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal
precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di
alcuni elementi costitutivi dell’edificio, la eliminazione, la modifica e
l’inserimento di nuovi elementi ed impianti”).
Su tale disciplina era intervenuto l’art. 2, comma 60, della legge n. 662
del 1996, che ha modificato l’art. 4 della legge 04.12.1993, n. 493,
prevedendo la denuncia di inizio attività per “a) opere di manutenzione
straordinaria, restauro e risanamento conservativo; b) opere di eliminazione
delle barriere architettoniche in edifici esistenti consistenti in rampe o
ascensori esterni, ovvero in manufatti che alterino la sagoma dell’edificio;
c) recinzioni, muri di cinta e cancellate; d) aree destinate ad attività
sportive senza creazione di volumetria; e) opere interne di singole unità
immobiliari che non comportino modifiche della sagoma e dei prospetti e non
rechino pregiudizio alla statica dell’immobile; f) revisione o installazione
di impianti tecnologici al servizio di edifici o di attrezzature esistenti e
realizzazione di volumi tecnici che si rendano indispensabili, sulla base di
nuove disposizioni”.
Ritiene il Collegio che anche l’applicazione di tale disposizione,
contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante, non consenta di ritenere
i soppalchi soggetti solo alla DIA (comunque non presentata nel caso di
specie) e, quindi, la loro esecuzione in assenza di DIA soggetta al regime
sanzionatorio della sola sanzione pecuniaria, in quanto si tratta sì di
opere interne che non incidono evidentemente sul prospetto e sulla sagoma
dell’immobile, ma ne possono pregiudicare la statica, in relazione alla posa
di solai intermedi.
Inoltre, se le modifiche introdotte dalle legge n. 662 del 1996, prevedevano
la DIA anche per gli interventi di “restauro e risanamento conservativo”
(che, in base alla definizione della legge n. 431 del 1978, comma 1, lettera
c), come anche in base a quella di cui all’art. 3 del d.P.R. n. 380 del
2001, prevede il “rispetto degli elementi tipologici, formali e
strutturali dell’organismo stesso”), non modificavano per la “ristrutturazione
edilizia” il regime della legge n. 47 del 1985, per cui restava
necessaria la concessione edilizia.
Ne deriva che anche in relazione al periodo di vigenza della legge n. 662
del 1996, deve farsi applicazione del consolidato orientamento
giurisprudenziale, ribadito anche di recente da questo Consiglio, per cui i
soppalchi possano ritenersi opere interne non soggette a concessione in
relazione alle concrete caratteristiche del manufatto; in particolare è,
quindi, necessario il permesso di costruire quando il soppalco sia di
dimensioni non modeste e comporti una sostanziale ristrutturazione
dell'immobile preesistente, con incremento delle superfici dell’immobile e,
in prospettiva, ulteriore carico urbanistico; si rientrerà invece
nell’ambito degli interventi edilizi minori, per i quali comunque il
permesso di costruire non è richiesto, ove il soppalco sia tale da non
incrementare la superficie dell’immobile e in particolare quello che non sia
suscettibile di utilizzo come stanza di soggiorno a sé stante (Consiglio di
Stato, sez. VI, 07.05.2018, n. 2701; id., 27.11.2017, n, 5517; id.,
02.03.2017, n. 985).
Applicando tali coordinate giurisprudenziali al caso di specie è evidente
che i soppalchi concretamente realizzati non possano ritenersi mere opere
interne non soggette a permesse di costruire, essendo stato di fatto
realizzato un nuovo ampio locale nell’appartamento, delle dimensioni di un
altro medio appartamento
(Consiglio di Stato, Sez. II,
sentenza 26.06.2019 n. 4386 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno
2018 |
|
EDILIZIA PRIVATA: Il
soppalco? Non serve permesso a costruire.
Per il soppalco non serve il permesso di costruire solo quando l'opera sia
tale da non incrementare la superficie dell'immobile. Tuttavia, quest'ultima
ipotesi si verifica solo nel caso in cui lo spazio realizzato col soppalco
consista in un vano chiuso, senza finestre o luci, di altezza interna
modesta, tale da renderlo non fruibile alle persone.
È il principio espresso dal Consiglio di Stato, Sez. VI, con la
sentenza 09.07.2018 n. 4166 sulla realizzazione di un soppalco e
sulla tipologia di permesso richiesto per la costruzione.
Il caso: in una casa di alto valore storico di proprietà di una società
venne compiuto un sopralluogo da parte di tecnici comunali da cui era emersa
la realizzazione di opere edilizie in difformità dai titoli edilizi
abilitativi. Per tale ragione la società presentava istanza di concessione
in sanatoria per la realizzazione di un soppalco e il cambio di destinazione
d'uso delle opere.
Il comune ha respinto l'istanza. E la società ha
presentato ricorso al Tar. I giudici del Consiglio di stato affermano che la
realizzazione di un soppalco quando comporta ulteriore superficie
calpestabile ed autonomi spazi rientra nel novero degli interventi di
ristrutturazione edilizia. In quanto determina un aumento della superficie
utile dell'unità con conseguente aggravio del carico urbanistico.
Il
Collegio, però, non ha disconosciuto l'orientamento che mitiga il principio
innanzi ricordato e volto a ricondurre la realizzazione di un soppalco
nell'ambito degli interventi edilizi minori, per i quali non è richiesto il
permesso di costruire, qualora l'opera sia tale da non incrementare la
superficie dell'immobile.
Nel caso di specie, sostengono i giudici di
Palazzo Spada, al contrario dalle rappresentazioni fotografiche prodotte in
causa, il soppalco in questione, seppur di modeste dimensioni, integra un
aumento di superficie fruibile, concretizzando la possibilità di accedervi
in sicurezza per lo svolgimento del normale esercizio di calpestio e di
posizionamento di carichi variabili.
Ne consegue che, su tale aspetto, la
statuizione del Tar risulta assolutamente condivisibile. In definitiva,
l'appello deve essere respinto, con condanna della società appellante al
pagamento delle spese di lite (articolo
ItaliaOggi del 28.08.2018). |
EDILIZIA PRIVATA: Serve
il permesso di costruire per un soppalco di rilevanti dimensioni poiché
determina una modifica della superficie utile dell'appartamento.
In linea generale, la realizzazione di un soppalco non
rientra nell'ambito degli interventi di restauro o risanamento conservativo,
ma nel novero degli interventi di ristrutturazione edilizia, qualora
determini una modifica della superficie utile dell'appartamento, con
conseguente aggravio del carico urbanistico.
Osserva il Collegio che la realizzazione di un soppalco può ritenersi
rientrare nel concetto di restauro o risanamento conservativo quando per le
sue limitate caratteristiche di estensione e per le modeste dimensioni sia
tale da escludere la possibilità di creare un ambiente abitativo e, quindi,
di incrementare le superfici o il carico urbanistico.
Al riguardo, la giurisprudenza ritiene ad esempio
che la costruzione di un soppalco di modeste dimensioni ad uso deposito o
ripostiglio, all'interno di un locale per ottenere la duplice utilizzazione
di un vano, è, di regola, opera che, non comportando aumento di volume, né
aumento della superficie utile, né modifica della destinazione d'uso
dell'immobile, non è riconducibile alla categoria della ristrutturazione
edilizia, ricorrendo in tale ipotesi una fattispecie di restauro e
risanamento conservativo in quanto si rivela rispettoso delle
caratteristiche tipologiche, formali e strutturali dell'edificio e non
comporta una destinazione d'uso con esse incompatibile.
---------------
3. Con altro ordine di censure il ricorrente si duole della mancata
sanatoria del soppalco.
3.1. Su tale aspetto il responsabile del Servizio Antiabusivismo, sul
presupposto della esistenza di una superficie di rilevantissima dimensione
(descritti in circa 80 mq), ne ha ordinato la demolizione, avendo valutato
l’intervento quale realizzazione di una nuova superficie abitativa priva dei
requisiti di abitabilità.
3.2. Giova osservare, in linea generale, che la realizzazione di un soppalco
non rientra nell'ambito degli interventi di restauro o risanamento
conservativo, ma nel novero degli interventi di ristrutturazione edilizia,
qualora determini una modifica della superficie utile dell'appartamento, con
conseguente aggravio del carico urbanistico (TAR Sardegna Cagliari Sez.
II, 23.09.2011, n. 952; TAR Lombardia Milano Sez. II, 11.07.2011, n.
1863; TAR Campania Napoli Sez. II, 21.03.2011, n. 1586; TAR Campania
Napoli Sez. IV Sent., 29.07.2008, n. 9518).
3.3. Osserva il Collegio che la realizzazione di un soppalco può ritenersi
rientrare nel concetto di restauro o risanamento conservativo quando per le
sue limitate caratteristiche di estensione e per le modeste dimensioni sia
tale da escludere la possibilità di creare un ambiente abitativo e, quindi,
di incrementare le superfici o il carico urbanistico.
Al riguardo la giurisprudenza, condivisa dal Collegio, ritiene ad esempio
che la costruzione di un soppalco di modeste dimensioni ad uso deposito o
ripostiglio, all'interno di un locale per ottenere la duplice utilizzazione
di un vano, è, di regola, opera che, non comportando aumento di volume, né
aumento della superficie utile, né modifica della destinazione d'uso
dell'immobile, non è riconducibile alla categoria della ristrutturazione
edilizia, ricorrendo in tale ipotesi una fattispecie di restauro e
risanamento conservativo in quanto si rivela rispettoso delle
caratteristiche tipologiche, formali e strutturali dell'edificio e non
comporta una destinazione d'uso con esse incompatibile.
3.4. In particolare nel caso in esame la peculiare conformazione strutturale
del soppalco e la realizzazione di una superficie comunque rilevante della
sopraelevazione (circa 80 mq complessivi) costituiscono elementi che
denotano l’astratta vocazione abitativa del soppalco, con la conseguenza che
l’opera non può essere considerata una superficie di servizio.
Nel caso di specie si è in presenza di una chiara creazione di ulteriore
superficie utile, con la conseguenza che, a differenza di quanto sostenuto
da quest’ultima, per l’esecuzione dei predetti interventi sarebbe stato
sicuramente necessario il previo rilascio del permesso di costruire,
trattandosi di opere idonee a incidere sulle superfici.
3.5. Deve, sul punto, essere evidenziato che gli interventi oggetto di causa
sono stati realizzati prima della normativa che ha portato alla graduale
liberalizzazione delle opere interne (cfr. art. 3 t.u. n. 380 del 2001 come
modificato dall'art. 17, comma 1, lett. a), nn. 1) e 2), d.l. 12.09.2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11.11.2014, n.
164), nella specie comunque non applicabile in ragione del principio tempus
regit actum. Solo a seguito dell’entrata in vigore del citato art. 17 sono
da considerarsi interventi di manutenzione straordinaria, ai sensi della
novellata lett. b), dell’art. 3, comma 1, del d.p.r. 380/2001, anche quelli
che, come nella specie, consistono “nel frazionamento o accorpamento delle
unità immobiliari con esecuzione di opere anche se comportanti la variazione
delle superfici delle singole unità immobiliari nonché del carico
urbanistico purché non sia modificata la volumetria complessiva degli
edifici e si mantenga l'originaria destinazione di uso”.
3.6. Ciò premesso, l’amministrazione ha contestato una insuperabile ragione
di contrasto del soppalco con le norme edilizie, consistente nella
violazione delle altezze minime stabilite come richieste dal d.m. 05.07.1975 (come modificato dal d.M.
09.06.1999) e dall’art. 43, comma 2, della
legge n. 457 del 1978, e cioè metri 2,70 tra pavimento e soffitto, per gli
ambienti abitativi, e metri 2,40 per i vani accessori.
Tale riferimento normativo è esattamente quello richiamato nel regolamento
edilizio del Comune di Napoli, il quale ammette una deroga per i soppalchi
destinati a deposito (art. 15, co. 4) in relazione all’altezza massima della
parte soppalcata (metri 1,80) ma rimanendo invariata quella del locale
sottostante al soppalco.
Ne discende che le opere in contestazione, non rispettando i rapporti di
altezza dei locali sottostanti al soppalco (come emerge dai verbali di
sopralluogo in atti) sono comunque non legittime e non regolarizzabili.
4. Vanno poi disattese le residue
censure che impingono in violazioni ordine procedimentale (violazione delle
garanzie di partecipazione al procedimento, omessa comunicazione del
nominativo del responsabile del procedimento, violazione dei termini del
procedimento autorizzatorio) che dequotano a mera irregolarità non
invalidanti secondo lo schema di cui all’articolo 21-octies della legge n.
241/1990.
5. Né coglie nel segno l’evocato difetto di istruttoria relativamente al
raffronto tra l’entità dell’abuso realizzato e la normativa urbanistica
vigente, poiché, all’epoca dell’emanazione dell’atto gravato, doveva
ritenersi necessario il permesso di costruire quando il soppalco, come nella
specie, fosse di dimensioni non modeste e comportasse una sostanziale
ristrutturazione dell’immobile preesistente, ai sensi dell’art. 3 comma 1,
D.P.R. 06.06.2001, n. 380, mediante un incremento delle superfici
dell’immobile e quindi anche un ulteriore possibile carico urbanistico (cfr.
TAR Campania, sez. IV, 10.12.2007, n. 15871 e 27.06.2005, n. 8681)
(TAR Campania-Napoli, Sez. IV,
sentenza 26.02.2018 n. 1273 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno
2017 |
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EDILIZIA PRIVATA: Realizzazione
soppalco costituito da una struttura in legno della
superficie di 12 m² circa, impostato ad un’altezza di 2 m 80
dal piano di calpestio del 3º piano, soppalco avente una
altezza variabile da 1 m 80 a 2 m 10 rispetto al sottotetto.
La realizzazione di un soppalco non rientra nell'ambito
degli interventi di restauro o risanamento conservativo ma
nel novero degli interventi di ristrutturazione edilizia,
qualora determini una modifica della superficie utile
dell'appartamento, con conseguente aggravio del carico
urbanistico.
In linea generale, la realizzazione di un soppalco può
ritenersi rientrare, per le sue limitate caratteristiche di
estensione, nel concetto di restauro o risanamento
conservativo solo quando sia di modeste dimensioni, anche
avuto riguardo alla sua altezza, in modo tale da escludere
la possibilità di creare un ambiente abitativo e quindi ad
incrementare le superfici residenziali o il carico
urbanistico.
---------------
Nella fattispecie si deve ritenere che il soppalco
costituisca un vero e proprio ambiente, per le sue
dimensioni rilevanti, tale da configurare un nuovo vano; il
conseguente incremento della superficie abitativa avrebbe
quindi richiesto, per la realizzazione di esso, un titolo
abilitativo che nella fattispecie manca.
Pertanto, deve ritenersi legittima l’ordinanza di
demolizione del soppalco abusivamente realizzato, essendo
irrilevante la preesistenza di esso e tenuto conto che
l’articolo 9 della legge numero 47 del 1985, disciplinante
la fattispecie all’epoca dei fatti controversi, disponeva la
demolizione delle opere di ristrutturazione edilizia
eseguite in assenza di concessione.
---------------
... per l'annullamento della D.D. n. 2457 del 09.10.2000 di
demolizione o rimozione di opere abusive;
...
Con il provvedimento impugnato è ordinata, nei confronti
della ricorrente, la rimozione o demolizione delle opere
eseguite all’interno dell’appartamento, consistenti in un
soppalco costituito da una struttura in legno della
superficie di 12 m² circa, impostato ad un’altezza di 2 m 80
dal piano di calpestio del 3º piano, soppalco avente una
altezza variabile da 1 m 80 a 2 m 10 rispetto al sottotetto,
al quale si accede a mezzo di una scala in legno; è stata
inoltre accertata la suddivisione di un preesistente bagno
per la realizzazione di 2 nuovi bagni e la chiusura di un
vano porta di 2 m per 1 m al pianterreno.
Avverso il provvedimento impugnato, la ricorrente deduce,
con il primo motivo, il vizio di violazione della
legge.
A suo avviso, essendo stata presentata una denuncia di
inizio attività per manutenzione ordinaria nel mese di
febbraio 2000, non sarebbe stato necessario alcun altro
titolo abilitativo; i lavori eseguiti avrebbero riguardato
esclusivamente opere interne, senza aumenti di superficie o
variazioni della destinazione d’uso e le opere non sarebbero
in contrasto con le norme urbanistiche; si tratterebbe,
inoltre, di un soppalco preesistente, come risulterebbe
dalla relazione tecnica del perito di parte, allegata al
ricorso; la ricorrente, quindi, avrebbe eseguito nel solaio
interventi di consolidamento per l’appoggio dei laterali e
del tavolato costituente il soppalco, per cui non sarebbe
stata necessaria alcuna concessione edilizia; anche la
realizzazione di 2 bagni, avvenuta mediante la suddivisione
del bagno preesistente, così come la chiusura di un vano
porta di 2 m di altezza e 1 m di larghezza al pianterreno,
sarebbero opere esclusivamente interne; per tutti i lavori,
quindi, sarebbe stata sufficiente la preventiva
comunicazione dell’inizio attività, eseguita dalla
ricorrente nel mese di febbraio del 2000; anche il
procedimento sarebbe illegittimo non essendo mai stato
disposto l’ordine di non eseguire le trasformazioni; se pure
si trattasse di manutenzione straordinaria, il rinnovo di
parti già esistenti dell’immobile sarebbe stato sottoposto
esclusivamente ad autorizzazione gratuita.
A giudizio del Collegio, le censure della ricorrente sono
solo parzialmente fondate.
Per costante giurisprudenza (cfr. TAR Napoli, sez. IV,
27.03.2017 n. 1668) la realizzazione di un soppalco non
rientra nell'ambito degli interventi di restauro o
risanamento conservativo, ma nel novero degli interventi di
ristrutturazione edilizia, qualora determini una modifica
della superficie utile dell'appartamento, con conseguente
aggravio del carico urbanistico (Cfr. anche TAR Campania,
Napoli, sez. II, 26.09.2016, n. 4433; TAR Sardegna, sez. II,
23.09.2011 n. 952; TAR Lombardia, Milano, sez. II,
11.07.2011 n. 1863; TAR Campania, Napoli, sez. II,
21.03.2011 n. 1586).
In linea generale, la realizzazione di un soppalco può
ritenersi rientrare, per le sue limitate caratteristiche di
estensione, nel concetto di restauro o risanamento
conservativo solo quando sia di modeste dimensioni, anche
avuto riguardo alla sua altezza, in modo tale da escludere
la possibilità di creare un ambiente abitativo e quindi ad
incrementare le superfici residenziali o il carico
urbanistico (TAR Napoli, sez. IV, 02.03.2017 n. 1220; Cfr.
anche TAR Lazio, Roma, 17.05.1996 n. 962; TAR Lazio, Roma,
15.07.1997 n. 1161).
Nella fattispecie si deve ritenere che il soppalco
costituisca un vero e proprio ambiente, per le sue
dimensioni rilevanti, tale da configurare un nuovo vano; il
conseguente incremento della superficie abitativa avrebbe
quindi richiesto, per la realizzazione di esso, un titolo
abilitativo che nella fattispecie manca.
Pertanto, deve ritenersi legittima l’ordinanza di
demolizione del soppalco abusivamente realizzato, essendo
irrilevante la preesistenza di esso e tenuto conto che
l’articolo 9 della legge numero 47 del 1985, disciplinante
la fattispecie all’epoca dei fatti controversi, disponeva la
demolizione delle opere di ristrutturazione edilizia
eseguite in assenza di concessione.
La denuncia di inizio attività presentata dalla ricorrente
nel 2000 non può costituire titolo abilitativo alla
realizzazione del soppalco essendo riferita esclusivamente
alla manutenzione strutturale dello stesso e non alla
realizzazione di esso.
Diversamente si deve ritenere per quanto concerne la
suddivisione del bagno preesistente in due nuovi bagni e la
chiusura di una porta, trattandosi di opere di manutenzione
straordinaria, ad esclusiva rilevanza interna, per le quali
non è configurabile la fattispecie della ristrutturazione
edilizia.
Ne consegue che il provvedimento impugnato è illegittimo
nella misura in cui non si limita ad ordinare la demolizione
del soppalco abusivo ma estende la portata dell’ingiunzione
ripristinatoria anche alle opere interne rientranti
sicuramente nell’ambito della categoria della manutenzione
straordinaria.
Il primo motivo di ricorso, quindi, è solo in parte fondato
(TAR Lazio-Roma, Sez. II-bis,
sentenza 05.09.2017 n. 9576 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Realizzazione
soppalco: quando occorre il permesso di costruire.
In base ad un rilievo logico, prima che giuridico, la
disciplina edilizia del soppalco, ovvero dello spazio
aggiuntivo che si ricava all’interno di un locale, di solito
come nella specie, un’abitazione, interponendovi un solaio,
non è definita in modo univoco, ma va apprezzata caso per
caso, in relazione alle caratteristiche del manufatto.
In linea di principio, sarà necessario il permesso di
costruire quando il soppalco sia di dimensioni non modeste e
comporti una sostanziale ristrutturazione dell'immobile
preesistente, ai sensi dell'art. 3, comma 1, D.P.R. 06.06.2001,
n. 380, con incremento delle superfici dell'immobile e in
prospettiva ulteriore carico urbanistico.
Si rientrerà invece
nell’ambito degli interventi edilizi minori, per i quali
comunque il permesso di costruire non è richiesto, ove il
soppalco sia tale da non incrementare la superficie
dell’immobile, e ciò sicuramente avviene quando esso non sia
suscettibile di utilizzo come stanza di soggiorno.
---------------
...
per la riforma
della sentenza del TAR Lazio, sede di Roma, sezione I-quater
30.11.2011 n. 9401, resa fra le parti, con la quale è
stato respinto il ricorso per annullamento della
determinazione dirigenziale 29.09.2006 n.1803 di Roma
Capitale, di demolizione in quanto abusive di opere
realizzate senza permesso di costruire all’interno di
un’unità immobiliare sita a Roma, in via ... n. 17;
...
I ricorrenti appellanti hanno impugnato in primo grado il
provvedimento indicato in epigrafe, con il quale hanno
ricevuto ingiunzione a demolire, in quanto realizzate senza
permesso di costruire, una serie di opere realizzate
all’interno di un immobile di proprietà -sito a Roma, via
... 17, e distinto al catasto al f. 622, part. 300
sub. 501- costituite da una struttura di putrelle in ferro
orizzontali e verticali, disposte in modo da formare un
soppalco a forma di “L” della superficie di circa 24,80 mq
all’interno di un locale più ampio.
L’area soppalcata al
piano superiore consiste di un solaio in muratura con due
finestre, posto ad altezza variabile da un soffitto
irregolare, da metri 2,30 a metri 1.55 circa; la struttura
del soppalco poggia invece per circa 20 mq su una pedana in
muratura di circa 0,40 metri di altezza, ha un distacco di
metri 1,88 e un’altezza interna praticabile di circa 1,45
metri; per la parte restante di circa 4,80 mq poggia sul
piano di calpestio ed ha un distacco di 2,10 metri.
L’area
sottostante il soppalco è poi priva di finestre, con nuove
tramezzature ed attacchi per impianti idrici ed elettrici
(v. doc. 1 in primo grado ricorrenti appellanti, ordinanza
impugnata).
Con la sentenza indicata in epigrafe, il TAR ha respinto il
ricorso, ritenendo in sintesi estrema che l’intervento fosse
effettivamente soggetto a permesso di costruire, mai
ottenuto né richiesto.
Contro tale sentenza, i ricorrenti in primo grado propongono
appello, affidato a due motivi:
- con il primo di essi, deducono propriamente eccesso di
potere per carenza di presupposti e mancanza di motivazione.
Premettono in fatto che, a loro dire, da un lato per l’opera
in questione sarebbe stato pendente un procedimento di
condono edilizio, su istanza dei precedenti proprietari,
certi Salvi; dall’altro, che per una porzione dello stesso
immobile sarebbe stata emessa un’analoga ordinanza,
annullata dal TAR del Lazio con sentenza 30.01.2007
n. 636.
Ciò premesso, sostengono che l’intervento, in quanto
soppalco non praticabile, non sarebbe soggetto a permesso di
costruire, contrariamente a quanto ritenuto dal Giudice di
primo grado. Ciò sarebbe stato in qualche modo riconosciuto
dall’Autorità giudiziaria penale, che ne avrebbe disposto il
dissequestro;
- con il secondo motivo, deducono violazione degli artt. 33
e 37 T.U. 06.06.2001 n. 380, perché il Giudice di primo
grado non avrebbe valutato la presentazione da parte loro di
una denuncia di inizio attività – DIA a sanatoria, che in
ogni caso avrebbe dovuto far venir meno l’abuso.
...
1. Il primo motivo di appello è fondato ed assorbente, nei
termini che seguono.
2. In base ad un rilievo logico, prima che giuridico, la
disciplina edilizia del soppalco, ovvero dello spazio
aggiuntivo che si ricava all’interno di un locale, di solito
come nella specie, un’abitazione, interponendovi un solaio,
non è definita in modo univoco, ma va apprezzata caso per
caso, in relazione alle caratteristiche del manufatto.
3. In linea di principio, sarà necessario il permesso di
costruire quando il soppalco sia di dimensioni non modeste e
comporti una sostanziale ristrutturazione dell'immobile
preesistente, ai sensi dell'art. 3, comma 1, D.P.R. 06.06.2001, n. 380, con incremento delle superfici dell'immobile e
in prospettiva ulteriore carico urbanistico: così per tutte
C.d.S. 03.09.2014 n. 4468.
Si rientrerà invece
nell’ambito degli interventi edilizi minori, per i quali
comunque il permesso di costruire non è richiesto, ove il
soppalco sia tale da non incrementare la superficie
dell’immobile, e ciò sicuramente avviene quando esso non sia
suscettibile di utilizzo come stanza di soggiorno.
4. Quest’ultima è l’ipotesi che si verifica nel caso di
specie, in cui, come detto in narrativa, lo spazio
realizzato con il soppalco è un vano chiuso, senza finestre
o luci, di altezza interna modesta, tale da renderlo
assolutamente non fruibile alle persone: si tratta, in buona
sostanza, di un ripostiglio.
5. Quanto sopra è sufficiente per affermare l’illegittimità
dell’ordinanza di demolizione impugnata, che va annullata,
in riforma della sentenza di primo grado, perché fondata, in
sintesi, su un presupposto non corretto.
6. Va invece assorbito il secondo motivo, che si fonda sul
rapporto fra l’ordinanza impugnata ed un fatto ulteriore, la
presentazione in un momento successivo della DIA. E’
evidente infatti che, annullata l’ordinanza stessa, la
possibilità che rispetto alla demolizione da essa ordinata
si sia prodotta una sanatoria è priva di rilievo.
Spetterà
invece all’amministrazione, nel prosieguo della propria
attività, valutare se l’opera compiuta integri un diverso e
minore tipo di abuso, e in caso affermativo se esso sia
stato sanato dalla DIA in questione. Ciò però rientra nel
futuro esercizio di poteri amministrativi, sui quali il
Giudice non può pronunciare
(Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 02.03.2017 n. 985 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno
2016 |
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EDILIZIA PRIVATA:
Opere interne e reati edilizi - Realizzazione di
un soppalco senza modifiche volumetriche - Incremento della
superficie utile calpestabile - Aumento di unità immobiliari
o modifiche dei volumi - Necessità di permesso di costruire
- Presupposti.
La semplice realizzazione di un soppalco, pur senza
modifiche volumetriche, determina un incremento della
superficie utile calpestabile, con necessità di permesso di
costruire e conseguente configurabilità del reato edilizio.
Sicché, le cosiddette "opere interne" non sono più
previste nel d.P.R. 06.06.2001, n. 380, come categoria
autonoma di intervento edilizio sugli edifici esistenti, e
rientrano negli interventi di ristrutturazione edilizia
quando comportino aumento di unità immobiliari o modifiche
dei volumi, dei prospetti e delle superfici ovvero mutamento
di destinazione d'uso (Sez. 3, n. 47438 del 24/11/2011 -
dep. 21/12/2011, Truppi; fattispecie relativa proprio alla
realizzazione di un soppalco all'interno di un'unità
immobiliare che per la sua esecuzione si rendeva necessario
il permesso di costruire o, in alternativa, la denuncia di
inizio attività) (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 19.10.2016 n. 44319 - link a
www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Anche
la semplice realizzazione di un soppalco, pur senza
modifiche volumetriche, determina un incremento della
superficie utile calpestabile, con necessità di permesso di
costruire e conseguente configurabilità del reato edilizio.
Ed invero, questa Corte ha affermato che
le cosiddette "opere interne" non sono più
previste nel d.P.R. 06.06.2001, n. 380, come categoria
autonoma di intervento edilizio sugli edifici esistenti, e
rientrano negli interventi di ristrutturazione edilizia
quando comportino aumento di unità immobiliari o modifiche
dei volumi, dei prospetti e delle superfici ovvero mutamento
di destinazione d'uso.
---------------
L'apertura di "pareti finestrate"
sulla facciata di un edificio, senza il preventivo rilascio
del permesso di costruire, integra il reato previsto
dall'art. 44 del d.P.R. n. 380 del 2001, poiché si tratta di
un intervento edilizio comportante una modifica dei
prospetti non qualificabile come ristrutturazione edilizia
"minore", e per il quale, quindi, non è sufficiente la mera
denuncia di inizio attività.
---------------
5. Tanto premesso, è sufficiente, nell'affrontare il primo
motivo, ripercorrere sinteticamente la motivazione della
sentenza impugnata per rendersi conto dell'inammissibilità
dei relativi profili di doglianza.
Dall'istruttoria era infatti emerso quanto segue:
a) all'interno dell'immobile di proprietà dell'imputato era
stato creato -in difformità della d.i.a. presentata, che
aveva per oggetto opere di manutenzione ordinaria e
straordinaria, con sostituzione del solaio preesistente- un
nuovo piano ammezzato, suddiviso in due stanze e due bagni
mediante realizzazione di un soppalco "intermedio"
-così definito dal tecnico comunale assunto quale teste ex
art. 603 c.p.p. all'udienza tenutasi davanti alla Corte
d'appello- nella realizzazione di una scala interna che
conduceva al soppalco medesimo e di due finestre, definite
come "luci" dal predetto tecnico, nonché,
soprattutto, di un innalzamento del solaio di copertura
preesistente;
b) il tecnico, sentito dalla Corte d'appello al fine di
fornire gli opportuni chiarimenti rispetto a quanto era
stato argomentato nella sentenza assolutoria del primo
giudice, aveva precisato categoricamente:
- che il solaio di copertura era stato innalzato,
rispetto alla posizione originaria indicata nei grafici
allegati al progetto, di 50 cm; che dai resti del solaio
preesistente, ancora presenti sui luoghi al momento
dell'accertamento, era stato possibile accertare che nei
grafici la quota del solaio esistente era stata falsamente
rappresentata ad un'altezza di 80 cm., maggiore rispetto a
quella effettivamente esistente prima dei lavori, cosicché
alla fine l'altezza del nuovo solaio di copertura risultava
di fatto maggiore di 130 cm. rispetto a quello originario;
- che la maggiore altezza di 25 cm. del nuovo solaio
realizzato, la quale aveva tratto in inganno il primo
giudice, non lo era rispetto alla posizione del solaio
originario così come indicata nei grafici, bensì rispetto
all'altezza del solaio dell'edificio viciniore.
Pertanto, precisavano i giudici di appello, la
sopraelevazione del solaio di copertura realizzata -anche a
voler limitare ai soli 50 cm. indicati in contestazione-
unitamente all'apertura delle due luci ed alla creazione del
solaio intermedio (opere che nel loro insieme avevano
permesso di ricavare all'interno dell'immobile due nuove
stanze e due bagni) si presentava idonea ad integrare i
reati oggetto di contestazione.
6. La Corte d'appello, in particolare, con riferimento al
reato edilizio, ha correttamente ricordato come, secondo la
giurisprudenza di questa Corte anche la
semplice realizzazione di un soppalco, pur senza modifiche
volumetriche, determina un incremento della superficie utile
calpestabile, con necessità di permesso di costruire e
conseguente configurabilità del reato edilizio;
ed invero, questa Corte ha affermato che le
cosiddette "opere interne" non sono più previste nel
d.P.R. 06.06.2001, n. 380, come categoria autonoma di
intervento edilizio sugli edifici esistenti, e rientrano
negli interventi di ristrutturazione edilizia quando
comportino aumento di unità immobiliari o modifiche dei
volumi, dei prospetti e delle superfici ovvero mutamento di
destinazione d'uso
(Sez. 3, n. 47438 del 24/11/2011 - dep. 21/12/2011, Truppi,
Rv. 251637; fattispecie relativa proprio alla realizzazione
di un soppalco all'interno di un'unità immobiliare nella
quale questa Corte ha affermato che per la sua esecuzione è
necessario il permesso di costruire o, in alternativa, la
denuncia di inizio attività).
7. I giudici di appello hanno poi correttamente affrontato
il tema, sollevato e sostanzialmente replicato nel primo
motivo di ricorso, relativo alla applicabilità della novella
introdotta con il decreto-legge n. 133 del 2014; a tal
proposito correttamente la Corte d'appello evidenzia la
irrilevanza di tale modifica legislativa rispetto al caso in
esame, non essendovi stata solo creazione di nuova
superficie utile interna mediante la realizzazione di un
solaio intermedio, ma anche l'apertura di luci ed una
sopraelevazione del solai di copertura preesistente pari ad
almeno 50 cm; vi è stato dunque, in aggiunta al mero aumento
di superficie utile, anche un aumento di volumetria e una
modifica dei prospetti.
A tal proposito correttamente richiamando la Corte
territoriale la giurisprudenza di questa Corte secondo cui
l'apertura di "pareti finestrate"
sulla facciata di un edificio, senza il preventivo rilascio
del permesso di costruire, integra il reato previsto
dall'art. 44 del d.P.R. n. 380 del 2001, poiché si tratta di
un intervento edilizio comportante una modifica dei
prospetti non qualificabile come ristrutturazione edilizia "minore",
e per il quale, quindi, non è sufficiente la mera denuncia
di inizio attività
(Sez. 3, n. 30575 del 20/05/2014 - dep. 11/07/2014, Limongi,
Rv. 259905, relativa a fattispecie in cui l'intervento era
consistito, come nel caso in esame, nella realizzazione di
alcune "luci" su di una parete verso l'esterno).
8. Afferma dunque correttamente la Corte d'appello come nel
caso in esame si rientri nell'ambito di quegli interventi di
ristrutturazione edilizia per i quali è necessario il
permesso di costruire anche a seguito delle modifiche
introdotte dal predetto decreto-legge n. 133 del 2014; sul
punto, inoltre, correttamente i giudici d'appello
evidenziano come il predetto aumento di volumetria fosse
ostativo anche a far rientrare quanto realizzato nell'ambito
degli interventi di manutenzione straordinaria, così
confutando la identica doglianza riproposta in sede di
ricorso per cassazione; a tal proposito la Corte d'appello
confuta la tesi difensiva secondo cui detto aumento
volumetrico non sussisterebbe a seguito di una d.i.a. in
precedenza presentata, nell'intero immobile all'interno del
quale si trova anche la proprietà dell'imputato nel quale è
stata innalzata la quota del calpestio di 25 cm., motivo per
cui l'aumento di altezza del solaio di copertura avrebbe
compensato la volumetria conseguente all'innalzamento del
piano di calpestio.
Trattasi di doglianza suggestiva ma infondata, come
correttamente evidenziato dai giudici d'appello, in quanto
la formulazione dell'art. 10, lett. c), d.P.R. n. 380 del
2001, si riferisce alla volumetria complessiva esistente al
momento dell'intervento e non a quella esistente in un
qualsiasi altro precedente momento della vita del fabbricato
e che però, al momento del nuovo intervento da effettuare,
si era già ridotta, come appunto avvenuto nel caso in esame;
puntualizza correttamente peraltro la Corte d'appello come,
nel caso di specie, vi fosse stata anche la modifica dei
prospetti a seguito della realizzazione delle luci, e ciò
stato sarebbe sufficiente a rendere necessario il permesso
di costruire anche in base al novellato articolo 10 del
testo unico dell'edilizia (Corte di Cassazione, Sez. III
penale,
sentenza 19.10.2016 n. 44319). |
anno
2015 |
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EDILIZIA PRIVATA: Da
accertamenti è emersa la realizzazione di un soppalco all'interno di una
abitazione con la presenza di posti letto aggiuntivi ed un locale ufficio.
Come si qualifica sotto il profilo edilizio questo intervento?
La realizzazione di un soppalco, in linea teorica, può essere qualificata
come attività edilizia che rientra nell'ambito degli interventi di restauro
o risanamento conservativo.
Tuttavia, la giurisprudenza ha sottolineato come tale intervento ricada
nella disciplina della ristrutturazione edilizia, qualora determini una
modifica della superficie utile dell'appartamento, con conseguente aggravio
del carico urbanistico
Il D.P.R. 06.06.2001, n. 380, art. 3, lett. d), definisce infatti "interventi
di ristrutturazione edilizia", gli interventi rivolti a trasformare gli
organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono
portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente.
Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni
elementi costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e
l'inserimento di nuovi elementi ed impianti.
Nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi
anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa
volumetria di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni
necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica nonché quelli volti
al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o
demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne
la preesistente consistenza.
L'elemento che, in linea generale, contraddistingue la ristrutturazione
dalla nuova edificazione deve rinvenirsi nella già avvenuta trasformazione
del territorio, mediante una edificazione di cui si conservi la struttura
fisica ovvero la cui stessa struttura fisica venga del tutto sostituita, ma,
in quest'ultimo caso, con ricostruzione, se non fedele, comunque rispettosa
della volumetria e della sagoma della costruzione preesistente.
Gli interventi edilizi che alterano, anche sotto il profilo della
distribuzione, l'originaria consistenza fisica di un immobile e comportano
l'inserimento di nuovi impianti e la modifica e ridistribuzione dei volumi,
non si configurano né come manutenzione straordinaria, né come restauro o
risanamento conservativo, ma rientrano appunto nell'ambito della
ristrutturazione edilizia come il caso della realizzazione di un soppalco
con aumento del carico urbanistico.
La giurisprudenza penale ha sottolineato come gli interventi di "ristrutturazione
edilizia", la cui realizzazione senza il preventivo rilascio del
permesso di costruire integra il reato di cui all' art. 44, D.P.R.
06.06.2001, n. 380, comprendono l'esecuzione di lavori consistenti nel
ripristino o nella sostituzione di alcuni elementi costitutivi
dell'edificio, ovvero nella eliminazione, modificazione e inserimento di
nuovi elementi ed impianti, e sono distinguibili dagli interventi di "risanamento
conservativo", i quali si caratterizzano per il mancato apporto di
modifiche sostanziali all'assetto edilizio preesistente, alla luce di una
valutazione compiuta tenendo conto della globalità dei lavori eseguiti e
delle finalità con questi perseguite.
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Riferimenti normativi e contrattuali
D.P.R. 06.06.2001, n. 380, art. 3
Riferimenti di giurisprudenza
Cons. Stato Sez. IV, 07.04.2015, n. 1763 - TAR Campania-Napoli Sez. IV,
05.02.2015, n. 869 - TAR Lazio-Roma Sez. I-quater, 12.01.2015, n. 347 -
Cons. Stato Sez. V, 05.12.2014, n. 5988 - Cass. pen. Sez. III, 06.11.2014,
n. 49221 (rv. 261216) - TAR Campania, sez. VII, 09.12.2013, n. 5641 - TAR
Lombardia-Milano, sez. II, 02.10.2003, n. 4502 (10.06.2015 - tratto da https://www.risponde.leggiditalia.it/#doc_week=true). |
anno
2014 |
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EDILIZIA PRIVATA: Serve la Dia per il soppalco.
Tar Campania e permessi di costruire.
Non basta la Dia ma serve il permesso di costruire quando si
scopre che nel soppalco c'è il bagno, per quanto chimico:
ciò significa che i locali sono comunque abitabili.
È quanto
emerge dalla
sentenza
25.09.2014 n. 5027, pubblicata dal TAR Campania-Napoli,
Sez. IV.
Confermato l'ordine di demolizione di due soppalchi di otto
metri quadrati ciascuno impostati a due metri dal calpestìo.
Non ha buon gioco il proprietario a sostenere che si tratta
di semplici magazzini. In realtà dal sopralluogo emerge che
si tratta di strutture servite da una scala, dotate di wc,
perfettamente abitabili anche perché posti a un'altezza
compatibile con la natura residenziale, vale a dire a un
metro settanta centimetri dalla copertura.
In realtà si tratta di un'opera qualificabile come
ristrutturazione edilizia ai sensi dell'articolo 10 del
testo unico sull'edilizia, come tale soggetta al rilascio
del permesso di costruire, aumentando la superficie utile. E
il soppalco deve ritenersi abitabile sia per la presenza del
bagno chimico sia per la presenza di un bagno chimico.
Ancora: per l'ordinanza di demolizione emessa dall'ente
locale non sussiste alcun obbligo da parte
dell'amministrazione di comunicare l'avvio del procedimento,
essendo questa un atto repressivo tipizzato e vincolato, per
il quale, dunque, non è richiesta alcuna partecipazione del
privato destinatario, che non avrebbe alcuna utilità, vista
la natura dell'atto.
Al proprietario del manufatto non resta che pagare le spese
processuali al Comune
(articolo ItaliaOggi Sette dell'08.12.2014). |
anno
2013 |
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EDILIZIA PRIVATA:
Differente tipologia di soppalchi e norma
applicabile.
La distinzione tra i soppalchi la cui
realizzazione sia "rivolta a conservare l'organismo edilizio
e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme
sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi
tipologici, formali e strutturali dell'organismo stesso, ne
consentano destinazioni d'uso con essi compatibili" (art.
31, I comma, lettera c, L. 457/1978, e, oggi, art. 3, comma I,
lettera c, del DPR 380/2001) e soppalchi che, invece, per le
loro caratteristiche (soprattutto dimensionali) rientrano a
pieno titolo nel novero degli interventi di ristrutturazione
edilizia, di cui all'art. 10, I comma, lettera c del
medesimo Testo unico, che viene in considerazione allorché
la loro posa in opera determini una modifica della
superficie utile dell'appartamento, con conseguente aggravio
del carico urbanistico.
Questa sezione ha avuto modo di affermare –con orientamento
che non appare meritevole di ripensamenti- la distinzione
(presente anche nell’art. 15 del regolamento edilizio
comunale di Napoli) tra i soppalchi la cui realizzazione sia
"rivolta a conservare l'organismo edilizio e ad
assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico
di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici,
formali e strutturali dell'organismo stesso, ne consentano
destinazioni d'uso con essi compatibili" (art. 31, I
comma, lettera C, L. 457/1978, e, oggi, art. 3, comma I,
lettera C, del DPR 380/2001) e soppalchi che, invece, per le
loro caratteristiche (soprattutto dimensionali) rientrano a
pieno titolo nel novero degli interventi di ristrutturazione
edilizia, di cui all'art. 10, I comma, lettera C del
medesimo Testo unico, che viene in considerazione allorché
la loro posa in opera determini una modifica della
superficie utile dell'appartamento, con conseguente aggravio
del carico urbanistico (TAR Campania Napoli, sez. IV,
28.11.2008, n. 20563; 12.06.2012 n. 2776 ).
Nel caso in esame le dimensioni del soppalco, pari a trenta
metri quadrati su complessivi sessantacinque circa,
comportano, nella sostanza, l'introduzione nell'appartamento
in questione di due ambienti in più rispetto al passato
(che, infatti, in ricorso sono qualificati, rispettivamente,
come camera munita di bagno e come studio), e, pertanto, di
nuove superfici utili.
Dette opere, allora, ben lungi dal potere essere qualificate
pertinenziali, integrano un caso di ristrutturazione
edilizia, tale da richiedere il preventivo permesso di
costruire; e ledono senz’altro l’interesse tutelato dalla
normativa edilizia che il Comune assume violata, palesando
la legittimità della conseguente sanzione (massima tratta da www.lexambiente.it - TAR
Campania-Napoli, Sez. IV,
sentenza 22.05.2013 n. 2649 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
E' illegittima la realizzazione
di un soppalco (ad uso deposito, di superficie pari ad
appena mq. 10, ad altezza di ml. 2,60 dal pavimento e con
altezza pari a ml. 2,00 dal solaio di copertura) che
concretizza (riducendola) un'altezza inferiore a quella di
legge (mt. 2,70) del locale sottostante.
L’appello in epigrafe è fondato e deve essere accolto, onde
in riforma della sentenza impugnata deve essere rigettato il
ricorso proposto in primo grado.
Anche seguendo la prospettazione dell’appellato, secondo la
quale, nel caso di specie, doveva trovare applicazione
l’art. 16 del regolamento edilizio vigente alla data di
presentazione della denuncia d’inizio attività (29.05.1996) -con divieto realizzazione di soppalchi con altezze
interne inferiori a ml. 1,80 e con altezza interna minima
dei vani non inferiore a ml. 2,40-, nondimeno l’art. 43,
comma 2, lettera b), della legge 05.08.1978, n. 457
(recante “Norme per l'edilizia residenziale”), prescriveva
“altezze nette degli ambienti abitativi e dei vani accessori
delle abitazioni, misurate tra pavimento e soffitto...non
inferiori a metri 2,70 per gli ambienti abitativi, e metri
2,40 per i vani accessori”, ammettendo deroga soltanto per
“…eventuali inferiori altezze previste da vigenti
regolamenti edilizi”, e quindi salvaguardando soltanto le
prescrizioni anteriori alla sua entrata in vigore.
Peraltro, l’art. 1, comma 1, del d.m. 05.07.1975 (recante
“Modificazioni alle istruzioni ministeriali 20.06.1896
relativamente all'altezza minima ed ai requisiti
igienico-sanitari principali dei locali di abitazione”) ha
fissato l’altezza minima dei locali adibiti ad abitazione,
senza alcuna distinzione, in ml. 2,70, consentendo di
derogarvi, con altezza minima pari a ml. 2,40, soltanto per
“…per i corridoi, i disimpegni in genere, i bagni, i
gabinetti ed i ripostigli”.
Nel caso di specie è incontestato che l’altezza del vano
sottostante il soppalco, a seguito della realizzazione del
medesimo, è pari a ml. 2,60 e quindi inferiore a quella
minima prescritta pari a ml. 2,70.
Ne consegue che l’intervento edilizio, indipendentemente dal
regime autorizzativo (ossia se assoggettato a d.i.a. o a
concessione edilizia), non poteva essere comunque realizzato
perché in contrasto con disposizioni legislative e
regolamentari statali prevalenti sulle disposizioni di
regolamento edilizio invocate dall’appellato (Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 13.02.2013 n. 905 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
anno
2012 |
|
EDILIZIA
PRIVATA:
Il soppalco, per le sue
significative dimensioni (pari a 47 mq.), deve essere
qualificato come opera di ristrutturazione edilizia in
quanto, così come previsto dall’art. 3, lettera d), d.p.r.
n. 380/2001, è intervento che comporta un significativo
aumento di superficie dell’organismo edilizio preesistente.
La rilevanza giuridica di tale aumento di superficie, ai
fini della qualificazione edilizia dell’intervento, è,
pertanto, riconducibile alla sua notevole entità e prescinde
dall’abitabilità del soppalco e, quindi, dall’altezza dello
stesso in quanto comporta, in ogni caso, un significativo
incremento, rispetto allo status quo ante, dei vani
utilizzabili dal privato anche a fini di mero deposito.
Ne consegue che ogni questione circa l’altezza del soppalco
(che, all’esito della verificazione disposta dal Collegio,
risulta avere un’altezza utile tra piano di calpestio e
controsoffitto pari a mt. 1,48 laddove la distanza tra
l’intradosso del controsoffitto e quello del soffitto è
pari, nel suo punto più alto, a mt. 0,38) è irrilevante ai
fini della qualificazione giuridica dell’intervento e
dell’individuazione del regime autorizzativo ad esso
applicabile da ravvisarsi, nella fattispecie, nel permesso
di costruire o nella c.d. denuncia d’inizio di attività
“sostitutiva”, così come previsto dagli artt. 10, comma 1°,
lettera c), e 22, comma 3°, d.p.r. n. 380/2001.
Quanto, poi, al soppalco è da rilevare che lo stesso, per le sue
significative dimensioni (pari a 47 mq.), deve essere
qualificato come opera di ristrutturazione edilizia in
quanto, così come previsto dall’art. 3, lettera d), d.p.r. n.
380/2001, è intervento che comporta un significativo aumento
di superficie dell’organismo edilizio preesistente (in
questo senso TAR Campania–Napoli n. 2776/2012 in relazione
ad un soppalco di 19 mq. posto a mt. 1,60 di distanza dal
soffitto).
La rilevanza giuridica di tale aumento di superficie, ai
fini della qualificazione edilizia dell’intervento, è,
pertanto, riconducibile alla sua notevole entità e prescinde
dall’abitabilità del soppalco e, quindi, dall’altezza dello
stesso in quanto comporta, in ogni caso, un significativo
incremento, rispetto allo status quo ante, dei vani
utilizzabili dal privato anche a fini di mero deposito.
Ne consegue che ogni questione circa l’altezza del soppalco
(che, all’esito della verificazione disposta dal Collegio,
risulta avere un’altezza utile tra piano di calpestio e
controsoffitto pari a mt. 1,48 laddove la distanza tra
l’intradosso del controsoffitto e quello del soffitto è
pari, nel suo punto più alto, a mt. 0,38), posta a
fondamento del gravame, è irrilevante ai fini della
qualificazione giuridica dell’intervento e
dell’individuazione del regime autorizzativo ad esso
applicabile da ravvisarsi, nella fattispecie, nel permesso
di costruire o nella c.d. denuncia d’inizio di attività “sostitutiva”,
così come previsto dagli artt. 10, comma 1°, lettera c), e
22, comma 3°, d.p.r. n. 380/2001 (TAR Lazio, Roma, Sez. I-quater,
sentenza 13.11.2012 n. 9301 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: La
realizzazione di un soppalco deve essere considerata
rientrante nel novero degli interventi di ristrutturazione
edilizia, dal momento che determina una modifica della
superficie utile dell'appartamento, con conseguente aggravio
del carico urbanistico.
Deve ritenersi assoggettata al preventivo rilascio della
concessione (oggi permesso di costruire) la realizzazione di
un soppalco; laddove venga accertata l'esecuzione di opere
in assenza della prescritta concessione edilizia, l'adozione
dell'ordine di demolizione costituisce un atto dovuto; ciò
in quanto, come nel caso di specie, il soppalco comporta un
innegabile incremento della superficie calpestabile.
Per quanto concerne il diverso
profilo dell’eccesso di potere, e con riferimento al
presunto “travisamento dei fatti” in cui sarebbe
incorsa l’Amministrazione, va evidenziato come la
realizzazione di un soppalco determini “effettivamente”
un aumento di superficie utile, in espresso contrasto con le
disposizioni di cui alla variante n. 33 del Comune di
Verona.
Si consideri ancora come il mutamento di destinazione d’uso
sia stato posto in essere (così come risulta dagli
accertamenti) mediante la realizzazione di opere edilizie,
espressamente preordinate e funzionali allo stesso.
Sul punto va ricordato come, un’altrettanto risalente
giurisprudenza, reiterata peraltro con recentissime pronunce
(TAR Sardegna Cagliari Sez. II, 23.09.2011, n. 952, TAR
Sicilia Catania Sez. I, 07-11-2002, n. 1939), ha sancito che
la realizzazione di un soppalco deve essere considerata
rientrante nel novero degli interventi di ristrutturazione
edilizia, dal momento che determina una modifica della
superficie utile dell'appartamento, con conseguente aggravio
del carico urbanistico.
Si consideri ancora, che…."deve ritenersi assoggettata al
preventivo rilascio della concessione (oggi permesso di
costruire) la realizzazione di un soppalco; laddove venga
accertata l'esecuzione di opere in assenza della prescritta
concessione edilizia, l'adozione dell'ordine di demolizione
costituisce un atto dovuto; ciò in quanto, come nel caso di
specie, il soppalco comporta un innegabile incremento della
superficie calpestabile" (TAR Campania Napoli Sez. IV
Sent., 29-07-2008, n. 9518) (TAR
Veneto, Sez. II,
sentenza 08.11.2012 n. 1363 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Deve affermarsi
la necessità di premunirsi del permesso di costruire, o di
far luogo a DIA alternativa, in presenza di soppalchi di
dimensioni non modeste comportanti un incremento di
superfici dell’immobile e quindi anche un ulteriore carico
urbanistico.
L'esecuzione di soppalchi nella ristrutturazione interna di
un edificio, pure se non realizzi un mutamento di
destinazione d'uso, costituisce opera che richiede il
permesso a costruire o, in alternativa, la denuncia d'inizio
di attività, poiché comporta modifica delle superfici
interne, la quale, a norma dell'art. 10, comma 1, lett. c),
T.U. dell'edilizia (D.P.R. n. 380 del 2001) è necessaria e
sufficiente a far sorgere tale obbligo, indipendentemente,
quindi, da una contemporanea modifica della sagoma o del
volume.
---------------
Nel vagliare un intervento edilizio consistente in una
pluralità di opere deve effettuarsi una valutazione globale
delle stesse atteso che “la considerazione atomistica dei
singoli interventi non consente di comprendere l'effettiva
portata dell'operazione”, ovvero che, nel caso in cui
un'opera consista nella ristrutturazione di un immobile
effettuata tramite la realizzazione di “corposi interventi
edili, essa non è scomponibile in distinte fasi cosicché
possano individuarsi interventi soggetti ad autorizzazione
ed altri soggetti a concessione, ma va valutata nella sua
unitarietà e risulta soggetta al regime concessorio".
---------------
Ove gli interventi ricadano in zona assoggettata a vicolo
paesaggistico, stante l’alterazione dell’aspetto esteriore
(cfr. art. 149 del d.l.vo n. 42 del 2004), gli stessi
risultano soggetti alla previa acquisizione
dell’autorizzazione paesaggistica, titolo autonomo non
conseguibile a sanatoria ex combinato disposto fra art. 146
e successivo art. 167, commi 4 e 5 del medesimo decreto, che
esclude sanatorie per interventi non qualificabili come
manutentivi o che abbiano determinato la creazione di
superfici utili o volumi.
Quanto al soppalco ed annessi, rispetto al quale si sostiene
la non necessità del permesso di costruire non incidendo lo
stesso sulla sagoma e sui prospetti della costruzione, il
Collegio non ha ragione di discostarsi dai precedenti della
Sezione e, segnatamente, dalle ampie argomentazioni e
conclusioni contenute nella sentenza n. 908 del 22.02.2011,
cui può per brevità rinviarsi, qui solo ricordandosi che,
per prevalente indirizzo del giudice amministrativo e di
quello penale, deve invece affermarsi la necessità di
premunirsi del permesso di costruire, o di far luogo a DIA
alternativa, in presenza di soppalchi di dimensioni non
modeste comportanti un incremento di superfici
dell’immobile, come nella fattispecie data si trae
visivamente dalla stessa documentazione fotografica versata
in atti dalla Rizzo, e quindi anche un ulteriore carico
urbanistico.
Conclusione, questa, cui non può esser opposta la
legislazione regionale campana (l’art. 2 della legge
regionale della Campania 28.11.2001, n. 19, qui pure
invocato), come sostenuto da Cass. penale, sez. III,
22.09.2006, n. 37705, che, all’esito di una compiuta
ricostruzione della normativa statale e regionale, ha
fissato il principio di diritto, dalla Sezione già condiviso
in seno alla cennata pronuncia n. 908/2011, secondo cui "l'esecuzione
di soppalchi nella ristrutturazione interna di un edificio,
pure se non realizzi un mutamento di destinazione d'uso,
costituisce opera che richiede il permesso a costruire o, in
alternativa, la denuncia d'inizio di attività, poiché
comporta modifica delle superfici interne, la quale, a norma
dell'art. 10, comma 1, lett. c), T.U. dell'edilizia (D.P.R.
n. 380 del 2001) è necessaria e sufficiente a far sorgere
tale obbligo, indipendentemente, quindi, da una
contemporanea modifica della sagoma o del volume.
Tale disciplina è applicabile pure in presenza della
disposizione dell'art. 2 L.R. Campania, che dichiara
sufficiente la semplice denuncia d'inizio attività in
ipotesi di opere interne di singole unità immobiliari che
non comportino modifiche della sagoma e dei prospetti e non
rechino pregiudizio alla statica dell'immobile, risultando
la corrispondente disposizione della legislazione statale
richiamata (l. n. 662 del 1996, art. 2, comma 60) abrogata
dall'art. 36, comma 2, lett. h), dello stesso T.U.”.
---------------
Quanto, poi, all’asserita modesta entità delle restanti
opere, come detto prive di titolo (recte: di titoli)
abilitativo (i) per stessa ammissione attorea, va ancora
richiamato il condiviso orientamento della Sezione secondo
cui nel vagliare un intervento edilizio consistente in una
pluralità di opere, come qui accade, deve effettuarsi una
valutazione globale delle stesse atteso che “la
considerazione atomistica dei singoli interventi non
consente di comprendere l'effettiva portata dell'operazione”
(cfr. in tali sensi, Tar Campania, Napoli, questa sezione
sesta, sentenze n. 1114 del 05.03.2012; n. 26787 del
03.12.2010; 16.04.2010, n. 1993; 25.02.2010, n. 1155;
09.11.2009, n. 7053; Tar Lombardia, Milano, sezione seconda,
11.03.2010, n. 584), ovvero che, nel caso in cui un'opera
consista nella ristrutturazione di un immobile effettuata
tramite la realizzazione di “corposi interventi edili,
essa non è scomponibile in distinte fasi cosicché possano
individuarsi interventi soggetti ad autorizzazione ed altri
soggetti a concessione, ma va valutata nella sua unitarietà
e risulta soggetta al regime concessorio” (così la
giurisprudenza sopra riportata e così già Tar Puglia, Bari,
sezione seconda, 16.07.2001, n. 2955).
Ed ancora deve ricordarsi che ove gli
interventi ricadano in zona assoggettata a vicolo
paesaggistico, stante l’alterazione dell’aspetto esteriore
(cfr. art. 149 del d.l.vo n. 42 del 2004), gli stessi
risultano soggetti alla previa acquisizione
dell’autorizzazione paesaggistica, titolo autonomo non
conseguibile a sanatoria ex combinato disposto fra art. 146
e successivo art. 167, commi 4 e 5 del medesimo decreto, che
esclude sanatorie per interventi non qualificabili come
manutentivi o che abbiano determinato la creazione di
superfici utili o volumi (Tar Campania, questa sesta
sezione, sentenza n. 1114 del 05.03.2012 cit.; n. 26787 del
03.12.2010 cit.; n. 1973 del 14.04.2010) (TAR
Campania-Napoli, Sez. VI,
sentenza 18.05.2012 n. 2291 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Secondo la giurisprudenza
amministrativa, In ordine al titolo abilitativo per la
realizzazione di soppalchi interni alle abitazioni occorre
distinguere i casi nei quali, in relazione alla tipologia e
alla dimensione dell'intervento, può essere sufficiente una
denuncia di inizio di attività, dai casi nei quali occorre
una vera e propria concessione edilizia, oggi permesso di
costruire; deve infatti ritenersi sufficiente una d.i.a. nel
caso in cui il soppalco sia di modeste dimensioni e al
servizio della preesistente unità immobiliare mentre,
viceversa, deve ritenersi necessario il permesso di
costruire quando il soppalco sia di dimensioni non modeste e
comporti una sostanziale ristrutturazione dell'immobile
preesistente, ai sensi dell'art. 3, comma 1, d.P.R.
06.06.2001 n. 380, comportando un incremento delle superfici
dell'immobile e quindi anche un ulteriore possibile carico
urbanistico.
Seconda la giurisprudenza della Cassazione penale,
l'esecuzione di soppalchi nella ristrutturazione interna di
un edificio, pure se non realizzi un mutamento di
destinazione d'uso, costituisce opera che richiede il
permesso a costruire o, in alternativa, la denuncia d'inizio
di attività, poiché comporta modifica delle superfici
interne, la quale, a norma dell'art. 10, comma 1, lett. c)
T.U. dell'edilizia (D.P.R. n. 380 del 2001) è necessaria e
sufficiente a far sorgere tale obbligo, indipendentemente,
quindi, da una contemporanea modifica della sagoma o del
volume.
6b-
Venendo ai soppalchi, la questione va risolta alla luce dei
convergenti principi fissati dalla giurisprudenza
amministrativa e da quella della Cassazione penale, di cui
alle statuizioni qui di seguito riprodotte:
● quanto alla giurisprudenza amministrativa: “In ordine
al titolo abilitativo per la realizzazione di soppalchi
interni alle abitazioni occorre distinguere i casi nei
quali, in relazione alla tipologia e alla dimensione
dell'intervento, può essere sufficiente una denuncia di
inizio di attività, dai casi nei quali occorre una vera e
propria concessione edilizia, oggi permesso di costruire;
deve infatti ritenersi sufficiente una d.i.a. nel caso in
cui il soppalco sia di modeste dimensioni e al servizio
della preesistente unità immobiliare mentre, viceversa, deve
ritenersi necessario il permesso di costruire quando il
soppalco sia di dimensioni non modeste e comporti una
sostanziale ristrutturazione dell'immobile preesistente, ai
sensi dell'art. 3, comma 1, d.P.R. 06.06.2001 n. 380,
comportando un incremento delle superfici dell'immobile e
quindi anche un ulteriore possibile carico urbanistico”
(Tar Campania, Napoli, sez. IV, 10.12.2007, n. 15871 e
27.06.2005, n. 8681).
● quanto a quella della Cassazione penale, in una vicenda
aventi contenuti analoghi a quella qui data sia in fatto che
in diritto e che, in ragione di tanto, appare il caso di
riportare di seguito nella sua interezza: “La questione
relativa alla costruzione di soppalchi, nell'eseguire opere
interne in preesistenti costruzioni, veniva risolta nel
senso che non occorressero né concessione né autorizzazione
nel vigore della l. n. 47 del 1985, art. 26 e della l. n.
493 del 1993, art. 4, come modificato dalla l. n. 662 del
1996, art. 2, comma 60 (v. Cass., 3^, 4746/1998; id.,
6189/2000); si riteneva, quindi, sufficiente la DIA, la cui
mancanza era punita con una sanzione pecuniaria.
Intervenuta la nuova normativa, col D.P.R. n. 380 del 2001,
Cass., 3^, 40829/2005 ha confermato tale indirizzo -con
riguardo a fattispecie analoga a quella in esame, regolata
dalla medesima legislazione regionale-, sulle seguenti
considerazioni: "La realizzazione di opere interne anche in
base al testo unico deve ritenersi consentita, come avveniva
nella legislazione previgente, previa mera denunzia di
inizio dell'attività a condizione che non integri veri e
propri interventi di ristrutturazione comportanti modifiche
della sagoma o della destinazione d'uso (cfr. Cass. 3577 del
2001) e ciò perché in base all'attuale disciplina sono
assentibili con la denuncia d'inizio dei lavori, cosiddetta
semplice ossia quella prevista dal D.P.R. 06.06.2001, n.
380, art. 22, commi 1 e 2 (...), tutti quegli interventi per
i quali non è richiesto il permesso a costruire e per quello
in questione tale permesso, alle condizioni sopra indicate,
non è richiesto giacché, anche se è aumentata la superficie
in concreto utilizzabile, non sono stati modificati volume e
sagoma. La L.R. Campania citata nella decisione impugnata
per quanto concerne la questione in esame ossia la
realizzabilità delle opere interne, in base a semplice
denuncia d'inizio attività, alle condizioni dianzi
evidenziate, è conforme alla disciplina statale".
L'orientamento (relativo a fatti accertati il (omissis), cui
la sentenza impugnata si è attenuta, non può, con riguardo
alla fattispecie in esame (fatti protrattisi fino al
(omissis), essere condiviso.
Il D.P.R. 06.06.2001, n. 380, art. 10, comma 3, lett. c),
(T.U. dell'edilizia) definisce infatti interventi di
trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio,
subordinati a permesso a costruire, "gli interventi di
ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo
edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che
comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del
volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici,
ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone
omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d'uso".
Le opere interne, dunque, non sono più autonomamente
regolate, e, nell'assetto dello stesso T.U. possono essere
eseguite previa mera DIA, a condizione che: a) non integrino
veri e propri interventi di ristrutturazione edilizia
comportanti aumento di unità immobiliari, ovvero modifiche
dei volumi, dei prospetti o delle superfici; b) non
integrino veri e propri interventi di ristrutturazione
edilizia con mutamento di destinazione d'uso; c) non
comportino comunque mutamenti di destinazione d'uso di
immobili compresi nelle zone omogenee A). E, nell'ipotesi
considerata, il carattere minore dell'intervento appare da
escludere, essendosi realizzato -come nessuno dubita- un
aumento delle superfici, necessario e sufficiente ad imporre
il permesso a costruire (o, in alternativa, la cd.
superdia).
L'idea che la nuova normativa ancora richieda -perché debba
considerarsi insufficiente la semplice DIA- una
contemporanea modifica di volume e sagoma costituisce, in
realtà, un riflesso dell'impostazione precedente, e,
segnatamente, della disciplina contenuta nella l. n. 662 del
1996, art. 2, comma 60, là dove, al comma 7, lett. e), del
sostituito dalla L. n. 493 del 1993, art. 4, si richiede la
sola denuncia di inizio attività per le "opere interne di
singole unità immobiliari che non comportino modifiche della
sagoma e dei prospetti e non rechino pregiudizio alla
statica dell'immobile", apparendo peraltro chiaro, in
termini definitori, che una qualche modifica in tal senso
avrebbe escluso il carattere interno dell'intervento.
La nuova disciplina comporta invece che, in caso di
interventi di ristrutturazione, l'organismo edilizio risulti
in parte diverso per effetto della diversità di disposizione
interna degli spazi, e che, ai fini della necessità del
permesso a costruire (od, in alternativa, della denuncia di
inizio dell'attività) debba aversi riguardo -a parte le
ipotesi di mutamento di destinazione d'uso- alle "modifiche
del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici".
Ciascuna modifica, dunque, autonomamente realizza la
fattispecie, senza possibilità di sovrapposizione, come si
deduce dalla disgiuntiva finale (v., negli stessi sensi,
Cass., 3^, ud. 20.09.2006, Montilli).
Né la conclusione può essere influenzata dalla normativa
regionale, solo evocata nel provvedimento impugnato. La L.R.
Campania n. 19 del 2001, art. 2, comma 1, lett. a), invero,
autorizza, in base a semplice denuncia d'inizio attività,
"gli interventi edilizi, di cui al D.L. 05.10.1993, n. 398,
art. 4, convertito, con modificazioni, dalla l. 04.12.1993,
n. 493, come sostituito dalla l. 23.12.1996, n. 662, art. 2,
comma 60, lettere a), b), c), d) e) f)", così richiamando
proprio la previgente disciplina.
Al riguardo, deve osservarsi che l'abolizione della
categoria delle opere interne, nel T.U. dell'edilizia,
appare significativamente ribadita dalla abrogazione
espressa di cui all'art. 136, comma 2, lett. f),
riguardante, in generale, la l. n. 47 del 1985, art. 26,
lett. h), relativa al medesimo complesso normativo
riprodotto dalla legge regionale. Il carattere formale del
rinvio, desumibile dalla stessa formulazione letterale della
disposizione unitariamente considerata, comporta, con
riguardo alla ipotesi prevista nella lett. e) più sopra
interamente riprodotta, che quella abrogazione non possa non
essersi riflettuta sulla corrispondente previsione della
legislazione regionale: sicché il regime delle opere interne
resta correlato a quello dell'intervento edilizio
complessivo che, attraverso l'esecuzione delle stesse, viene
posto in essere (nella specie, di ristrutturazione
edilizia).
Da ciò discende il principio di diritto secondo cui
"l'esecuzione di soppalchi nella ristrutturazione interna di
un edificio, pure se non realizzi un mutamento di
destinazione d'uso, costituisce opera che richiede il
permesso a costruire o, in alternativa, la denuncia d'inizio
di attività, poiché comporta modifica delle superfici
interne, la quale, a norma dell'art. 10, comma 1, lett. c)
T.U. dell'edilizia (D.P.R. n. 380 del 2001) è necessaria e
sufficiente a far sorgere tale obbligo, indipendentemente,
quindi, da una contemporanea modifica della sagoma o del
volume.
Tale disciplina è applicabile pure in presenza della
disposizione dell'art. 2 L.R. Campania, che dichiara
sufficiente la semplice denuncia d'inizio attività in
ipotesi di opere interne di singole unità immobiliari che
non comportino modifiche della sagoma e dei prospetti e non
rechino pregiudizio alla statica dell'immobile, risultando
la corrispondente disposizione della legislazione statale
richiamata (l. n. 662 del 1996, art. 2, comma 60) abrogata
dall'art. 36, comma 2, lett. h), dello stesso T.U. La
sentenza impugnata va dunque annullata, con rinvio al
Tribunale di Napoli, il cui G.I.P. si atterrà all'enunciato
principio.” (Cass. penale, sez. III, 22.09.2006, n.
37705).
6c-
Quanto ai “sopralzi”, è ben vero che la loro
realizzazione è stata resa possibile a mezzo di “semplice
denuncia di inizio attività” dall’art. 1, comma 6,
lettera d, della l. 21.12.2001, n. 443, ma ancora vero che
il ricorso ad essa è consentito solo “in diretta
esecuzione di idonei strumenti urbanistici diversi da quelli
indicati alla lettera c), ma recanti analoghe previsioni di
dettaglio” ed ancora vero che negli stessi sensi, in
conformità alla norma statale, recita quella regionale (art.
2, comma 1, lettera d, l.r. n. 19 del 2001).
Conformità alla strumentazione urbanistica di dettaglio, qui
non solo non comprovata, ma cui non è fatto cenno alcuno.
6d-
E ciò a tacersi dei profili paesaggistici che, ancorché solo
genericamente evocati in seno al provvedimento, non appaiono
estranei alla fattispecie (nella sua interezza) ove si abbia
presente il contesto di ristrutturazione qui dato (in
presenza, cioè, di “un'unità immobiliare allo stato
grezzo…..”, implicante distribuzione degli spazi e delle
superfici) incidente, nel suo coacervo, su esterni ed
interni (TAR Campania-Napoli, Sez. VI,
sentenza 22.02.2012 n. 908 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
L'obbligo di motivazione, normalmente
attenuato nei casi di atti dovuti ed a contenuto vincolato,
si riespande quando la sola descrizione degli abusi
accertati non rifletta di per sé l'illecito contestato,
occorrendo, in siffatte evenienze, in aggiunta ad una
descrizione materiale delle opere accertate, una
qualificazione giuridica dell'intervento abusivo, onde
consentirne la sussunzione in una delle diverse, e tra loro
alternative, fattispecie incriminatici e nella
corrispondente sanzione.
---------------
La costruzione di un soppalco di modeste dimensioni ad uso
deposito all'interno di un appartamento è, di regola, opera
che, non comportando aumento di volume né aumento della
superficie utile né modifica della destinazione d'uso
dell'immobile, non è riconducibile alla categoria della
ristrutturazione edilizia e quindi non necessita di permesso
di costruire, ma di semplice denuncia di inizio attività.
-------------
Il permesso di costruire non occorre allorquando la
costruzione di una scala non determini una significativa
trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio e, al
contrario, si tratti di mera pertinenza, essendo preordinata
ad un'oggettiva esigenza dell'edificio principale,
funzionalmente inserita al servizio dello stesso, sfornita
di un autonomo valore di mercato e caratterizzata da un
volume minimo, tale da non consentire una destinazione
autonoma e diversa da quella a servizio dell'immobile al
quale accede e, comunque, tale da non comportare un aumento
del carico urbanistico.
Preliminarmente, giova
rammentare che il Testo Unico sull'Edilizia, referente
normativo anche in materia di vigilanza e repressione degli
abusi edilizi, sanziona, sul piano amministrativo, la
condotta di realizzazione di manufatti edilizi abusivi in
una pluralità di disposizioni incriminatici (art. 27, 31, 32
comma 3, 33, 34, 35, 37), ciascuna delle quali
corrispondente ad un'autonoma fattispecie di illecito,
caratterizzata da propri presupposti e per esse, in
relazione alla gravità dell'abuso, prevede tre tipi diversi
di sanzione: la demolizione, la sanzione pecuniaria,
l'acquisizione gratuita al patrimonio comunale o anche la
confisca amministrativa, tutte strumentali rispetto alla
precipua funzione riparatoria dell'ordine urbanistico
violato e tendenzialmente applicabili in via alternativa
ovvero consequenziale.
In siffatto contesto, appare di evidenza intuitiva come
l'obbligo di motivazione, normalmente attenuato nei casi di
atti dovuti ed a contenuto vincolato, si riespanda quando la
sola descrizione degli abusi accertati non rifletta di per
sé l'illecito contestato, occorrendo, in siffatte evenienze,
in aggiunta ad una descrizione materiale delle opere
accertate, una qualificazione giuridica dell'intervento
abusivo, onde consentirne la sussunzione in una delle
diverse, e tra loro alternative, fattispecie incriminatici e
nella corrispondente sanzione (TAR Campania, Napoli, Sez. II,
23.09.2008 n. 10617).
Applicando tale principio al caso in esame, il difetto di
motivazione appare particolarmente evidente, tenuto conto
della dubbia riconducibilità di alcune delle opere
contestate ad interventi la cui realizzazione richiede il
previo rilascio del permesso di costruire.
Ciò è tanto più evidente per la realizzazione del tubo in
pvc e all’intonaco al piano terra: infatti, gli interventi
edilizi prima citati rientrano nella nozione di manutenzione
ordinaria, ex art. 3, comma 1, lett. a), D.P.R. n. 380/2001
(secondo cui si intendono per "interventi di manutenzione
ordinaria... gli interventi edilizi che riguardano le opere
di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture
degli edifici e quelle necessarie ad integrare o mantenere
in efficienza gli impianti tecnologici esistenti"), per
i quali il successivo l'art. 6, comma 1, lett. a), dispone
che sono eseguiti senza alcun titolo abilitativo (TAR
Campania, Salerno, Sez. I, 24.05.2011 n. 967).
Si aggiunga che, dall’esame degli atti, non risulta che tali
opere abbiano comportato la benché minima modificazione di
superfici, volumi, altezze, aspetto esteriore e destinazione
funzionale, ma si sono risolti in una mera attività
manutentiva rivolta esclusivamente a conservare in
condizioni di funzionalità e fruibilità il preesistente
manufatto.
Quanto al soppalco (per il quale la ricorrente ha escluso
qualsiasi incremento di superficie utilizzabile o di
volumetria), deve richiamarsi l’orientamento espresso da
questo TAR, secondo cui la costruzione di un soppalco di
modeste dimensioni ad uso deposito all'interno di un
appartamento è, di regola, opera che, non comportando
aumento di volume né aumento della superficie utile né
modifica della destinazione d'uso dell'immobile, non è
riconducibile alla categoria della ristrutturazione edilizia
e quindi non necessita di permesso di costruire, ma di
semplice denuncia di inizio attività (TAR Campania, Napoli,
Sez. IV, 20.04.2010 n. 2040 e 27.03.2007, n. 2859).
-------------
Con riferimento alla realizzazione della scala di n. 6
gradini, l’amministrazione non ha fornito alcun elemento
motivazionale a sostegno della necessità del previo rilascio
del permesso di costruire, specie tenuto conto
dell’indirizzo pretorio secondo cui tale titolo edilizio non
occorre allorquando la costruzione di una scala non
determini una significativa trasformazione urbanistica ed
edilizia del territorio e, al contrario, si tratti di mera
pertinenza, essendo preordinata ad un'oggettiva esigenza
dell'edificio principale, funzionalmente inserita al
servizio dello stesso, sfornita di un autonomo valore di
mercato e caratterizzata da un volume minimo, tale da non
consentire una destinazione autonoma e diversa da quella a
servizio dell'immobile al quale accede e, comunque, tale da
non comportare un aumento del carico urbanistico (TAR
Campania Napoli, Sez. VII, 27.05.2009 n. 2945 e 20.11.2007
n. 14443; TAR Lazio, Latina, Sez. I, 07.05.2010 n. 740; TAR
Piemonte, Sez. I, 25.03.2008 n. 505)
(TAR Campania-Napoli, Sez.
VIII,
sentenza 22.02.2012 n. 872 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Realizzazione di soppalco di modeste
dimensioni che non costituisca un vano abitabile –
intervento di ristrutturazione edilizia – necessità di
permesso di costruire – esclusione.
La realizzazione di un soppalco di modeste dimensioni che
non ha determinato un aumento di superficie utilizzabile,
non ha modificato il volume o sagome dell’immobile, né la
destinazione di uso, e non costituisca un vano abitabile, è
assentibile con la denuncia di inizio lavori “semplice”,
la cui mancanza è sanzionata solo amministrativamente
(TRIBUNALE di Napoli, Sez. penale,
sentenza 06.02.2012 - link a www.iussit.eu).
---------------
Con riferimento ad opere interne quali i soppalchi, vanno
svolte alcune brevi premesse per un corretto inquadramento
della materia.
Si considerano opere interne quegli interventi minori che,
in quanto eseguiti all'interno di un edificio, non incidono
sulla sua sagoma o sui prospetti.
Nel vigore dell'art. 26 della legge n. 47/1985 e dell’art. 4
legge n. 493/1993, come modificato dall'art. 2, comma 60,
legge n. 662/1996, tali opere potevano essere eseguite in
base a semplice denuncia qualora non avessero comportato
modifiche della sagoma o dei prospetti e non avessero recato
pregiudizio alla statica dell'immobile, sebbene esse
determinassero un aumento della superficie utilizzabile o il
numero delle unità immobiliari a condizione però
dell’assenza di vincoli paesaggistici, storici, ambientali,
urbanistici e di contrasto con strumenti di pianificazione o
programmazione urbanistica immediatamente operativi.
L'esecuzione di tali opere senza la denuncia d'inizio
d'attività era punita con una sanzione pecuniaria.
Nel novero delle opere interne rientrava la realizzazione di
soppalchi in quanto tale intervento, pur aumentando la
superficie utilizzabile, non modificava i volumi o la sagoma
dell'edificio. La giurisprudenza della Suprema Corte di
Cassazione si era, dunque, orientata nel senso di ritenere
che per la realizzazione di soppalchi aventi destinazione
abitativa, interni a costruzioni preesistenti, non
occorresse la concessione né l'autorizzazione edilizia ma
era sufficiente il procedimento di D.I.A. in. via esclusiva,
la cui mancanza era sanzionata solo in via amministrativa
(cfr. Cass. Sez. III, 22.04.1998, n. 4746, Matera;
03.06.1994, n. 6573, Vicini; 28.03.1990 n. 4323, De Pan,
Cass. sez. III 20.05.2000 n. 6189).
Di contro, il nuovo testo unico dell'edilizia non prevede
tale tipo d'intervento come categoria autonoma da cui il
problema interpretativo del suo inquadramento normativo.
Nella giurisprudenza di legittimità si registra un contrasto
sul punto.
Ed invero, dopo l'entrata in vigore del TU. n. 380/2001,
l’orientamento che riteneva le opere interne assentite con
la mera denunzia di inizio attività è stato confermato dalla
III Sezione penale con la sentenza 10.11.2005 n. 40829 (ric.
P.M. in proc. D'Amato ed altro), ove si è precisato che: “la
realizzazione di opere interne anche in base al testo unico
deve ritenersi consentita, come avveniva nella legislazione
previgente, previa mera denunzia di inizio dell'attività a
condizione che non integri veri e propri interventi
comportanti modifiche della sagoma o della destinazione
d'uso e ciò perché in base all'attuale disciplina sono
assentibili con la denuncia d'inizio lavori cosiddetta
semplice, ossia quella prevista dall’art. 22 dei T.U. commi
1 e 2 (da distinguere dalla cosiddetta superdia introdotta
con il decreto legislativo n. 301 del 2002 che è prevista
dal terzo comma dell'articolo 22, e che, essendo alternativa
al permesso di costruire, è sottoposta alla stessa
disciplina sanzionatoria penale prevista per la mancanza del
permesso di costruire o per la difformità da esso), tutti
quegli interventi per i quali non è richiesto il permesso di
costruire e per quello in questione tale permesso, alle
condizioni sopra indicate, non è richiesto giacché, anche se
è aumentata la superficie in concreto utilizzabile, non sono
stati modificati volume e sagoma».
Tale indirizzo giurisprudenziale non è stato però condiviso
in altre più recenti pronunce della stessa III Sezione
penale nelle quali è stato precisato che le opere interne
non sono più previste, nella nuova formulazione del T.U. nr.
380/2001, come categoria autonoma di intervento sugli
edifici esistenti e devono quindi ritenersi riconducibili
alla «ristrutturazione edilizia» allorquando
comportino aumento di unità immobiliari, ovvero modifiche
dei volumi, dei prospetti o delle superfici, o mutamenti di
destinazione d'uso.
Statuisce la Suprema Corte: “l'esecuzione di un soppalco
all’interno di una unità immobiliare, realizzato attraverso
la divisione in altezza di un vano allo scopo di ottenerne
una duplice utilizzazione abitativa, pure se non realizzi un
mutamento di destinazione d'uso, costituisce intervento di
ristrutturazione edilizia che richiede il permesso di
costruire o, in alternativa, la denunzia di inizio attività,
ai sensi dell'art. 22, 3° comma, del T.u. 380/2001.
Detto intervento, infatti, comporta un incremento della
superficie utile calpestabile che, a norma dell’art. 10, 1°
comma, lett. c), dello stesso T.u., impone l'applicazione
del regime di alternatività indipendentemente da una
contemporanea modifica della sagoma o del volume, senza la
necessità cioè che concorrano tutte le condizioni previste
nello stesso articolo (modifiche del volume, della sagoma,
dei prospetti, delle superfici) in quanto queste sono
alternative come ricavasi dal’uso della disgiuntiva nel
citato testo normativo" (cfr. Cass. pen. sez. III
26.10.2006, n. 35863, Montilli; Cass. pen. sez. III
16.11.2006, n. 37705 Richiello; 26.01.2007, n. 2881, P.M. in
proc. Picone ed altro; Cass. pen. 01.03.2007, n. 8669, De
Martino).
Va da sé che restano fuori dal regime del permesso di
costruire (e quindi dalla sanzionabilità penale) i meri
spazi inidonei (in particolare in ragione dell’altezza) ad
essere occupati dall'uomo od utilizzati come vani abitabili
(quali gli spazi-ripostiglio).
La realizzazione del soppalco interno, secondo tale
indirizzo giurisprudenziale, va inquadrata, quindi,
nell’ambito degli interventi di cui all’art. 22, comma 3,
T.U. che comportano un aumento di superficie e sono
suscettivi di essere eseguiti con permesso di costruire
ovvero, in alternativa, con denuncia di inizio attività.
In base al disposto dell’art. 44, comma 2-bis, T.U.
380/2001, l’assenza della D.I.A. ove sia previsto il regime
di alternatività, o la totale difformità dalla stessa,
comportano l’applicazione delle sanzioni penali e non già di
quelle meramente amministrative.
Orbene, ritiene il Giudicante che, nel caso in esame, la
tipologia di intervento realizzata dall’imputata, non si
profila come penalmente rilevante ricadendo negli interventi
sanzionati in via amministrativa.
In punto di diritto si premette che la fattispecie
contestata di cui all'art. 44, lett. B), del D.P.R. 380/2001
sanziona penalmente l'esecuzione di opere in assenza o
difformità dalla concessione edilizia e sono da reputarsi
tali tutti gli interventi che comportano significativi
aumenti di superficie o volume, modifiche della sagoma,
alterazione dei prospetti. In altri termini, la sanzione
penale è riservata agli interventi edilizi che incidono in
modo significativo sul territorio comportando aumenti
planovolumetrici e, dunque, una significativa trasformazione
dell'assetto edilizio ed urbanistico che richiede
necessariamente l'autorizzazione della Pubblica
Amministrazione deputata alla sua tutela attraverso il
rilascio della concessione edilizia.
L'art. 10 del T.U. sull'edilizia prescrive il preventivo
rilascio del permesso di costruire per le nuove costruzioni
e per gli interventi di ristrutturazione edilizia che
portino ad un organismo in tutto o in parte diverso dal
precedente e che comportino aumento delle superfici e dei
volumi; di contro, gli altri interventi per i quali non è
richiesto il permesso di costruire possono essere assentiti
con semplice denuncia d'inizio attività a norma
dell'articolo 22, primo e secondo comma, purché siano
conformi agli strumenti urbanistici vigenti, la cui
inosservanza integra una mera violazione amministrativa ex
art. 37, comma 1, T.U.
Viceversa e salvo diverse disposizioni previste dalla
disciplina regionale o dagli strumenti urbanistici, possono
essere eseguite senza alcun titolo abilitativo, in base
all’art. 6 T.U., solo gli interventi di manutenzione
ordinaria, quelli rivolti all'eliminazione delle barriere
architettoniche (qualora non comportino la realizzazione di
rampe o di ascensori esterni ovvero di manufatti che
alterino la sagoma degli edifici) nonché le opere temporanee
per l'attività di ricerca nel sottosuolo in aree esterne al
centro edificato (interventi liberi).
Opere diverse da quelle innanzi indicate devono essere
assentite dall'autorità comunale o con il permesso a
costruire o con la denuncia di inizio attività.
L'art. 22, comma 4, del T.U. ha peraltro facultato le
regioni a statuto ordinario, con legge regionale, ad "ampliare
o ridurre l'ambito applicativo delle disposizioni di cui ai
commi precedenti”.
Nella fattispecie, la Regione Campania ha emanato la Legge
Regionale n. 19 del 28.11.2001 ove, all’art. 2, è stato
stabilito che possono essere realizzati in base a semplice
denuncia d'inizio attività:
a) gli interventi edilizi, di cui all'art. 4 del decreto
legge 05.10.1993, n. 398, convertito, con modificazioni,
nella legge 04.12.1993 n. 493, come sostituito dall'art. 2,
co. 60, della legge 23.12.1996 n. 662, lettere a), b), c),
d), e), f);
b) le ristrutturazioni edilizie, comprensive della
demolizione e della ricostruzione con lo stesso ingombro
volumetrico.
Dunque, con riferimento alla Regione Campania, nella
categoria di cui alla lettera a) vi rientrano certamente le
opere interne di singole unità immobiliari -tra cui i
soppalchi- a condizione che non comportino modifiche della
sagoma e dei prospetti e non rechino pregiudizio alla
statica dell'immobile e, limitatamente agli interventi
compresi nelle zone omogenee A) di cui all'art. 2 del
decreto del Ministro dei lavori pubblici 02.04.1968,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 97 del 16.04.1968,
non modifichino la destinazione d'uso.
Tali interventi, in base alla legge regionale della
Campania, sono soggetti alla denuncia d'inizio attività, ma
alle condizioni suindicate del tutto conformi alla legge
statale, la cui omissione non integra ipotesi di reato, ma
semplice sanzione amministrativa. (1)
Orbene, nel caso in esame, traendo le dovute conclusioni,
non può che rimarcarsi in primo luogo il dato fattuale della
scarsità di informazioni sulla natura, conformazione ed
entità dell’intervento realizzato, dovendosi far riferimento
esclusivamente alla testimonianza del verbalizzante di P.G.
in mancanza di rilievi fotografici, di sequestro e di atti
descrittivi dell’intervento edilizio in contestazione, in
assenza, inoltre, di relazione dell’ufficio tecnico del
Comune che alcun sopralluogo ha operato presso l’immobile da
cui l’impossibilità di attivare i poteri di integrazione ex
art.507 c.p.p. (in atti risulta allegata una perizia di
parte in cui sono contenuti alcune foto raffiguranti –si
presume- l’interno dell’abitazione in esame che confortano
quanto si dirà a breve).
Dalle dichiarazioni del teste della polizia locale può
evincersi che l’intervento edilizio realizzato dalla
imputata (proprietaria dell’immobile come risulta in atti
dalla nota di trascrizione) è consistito in un soppalco
interno all’abitazione di dimensioni modeste e di altezza
non idonea a consentire il calpestio agevole di un adulto
(l’altezza è di mt. 1,65 dal piano di calpestio del soppalco
al soffitto; la copertura ha interessato una parte limitata
dell’area dell’appartamento sì da somigliare per lo più ad
un comodo spazio ripostiglio, sia pur in elevazione, o,
comunque, ad un’area destinata ad un bambino idonea a
collocarvi, al massimo, un letto di piccole dimensioni).
All’atto del sopralluogo, pur essendo i lavori ultimati,
nessun arredo era stato collocato (per cui non è da
escludersi la destinazione a vano ripostiglio e, comunque,
non può dirsi acclarata, attesa l’altezza e le dimensioni,
la certa destinazione a vano abitabile).
Non risulta, inoltre, realizzato alcun locale igienico né
risultano predisposti gli impianti idrici (il dato è stato
confermato dal teste di P.G.), di talché anche sotto il
profilo del carico urbanistico, l’intervento appare poco
significativo.
Nulla è poi emerso quanto alla incidenza dell’opera sulla
staticità dell’immobile, che appare, tuttavia, da
escludersi, in ragione delle ridotte dimensioni ed altezza
del manufatto.
Si tratta, infine, di un intervento edilizio che non ha
comportato alcun mutamento
di destinazione d’uso del locale (trattandosi di immobile
destinato a civile abitazione ricadente zona avente tale
destinazione e tale è la funzione dell’intervento edilizio
realizzato).
Inoltre, l’intervento edilizio ricade in territorio non
sottoposto a vincoli ambientali o di altra natura né risulta
in contrasto con strumenti di pianificazione o
programmazione urbanistica.
Quanto alla dedotta modifica del vano-finestra, trattasi di
intervento che dalla descrizione fornita dal teste di P.G.
(l’unica alla quale ci si può attenere stante la mancata
redazione di fascicoli fotografici) appare di modestissima
entità e poco significativo (in immobile, si badi bene, non
ricadente in area sottoposta ai vincoli paesaggistici o
storici).
L’assenza di dati probatori che non è stato possibile
acquisire, non consente di stabilire realmente l’entità
dell’intervento, la sua risalenza nel tempo e l’incidenza
sulla sagoma o prospetto del fabbricato (si rammenta infatti
che il vano-finestra cui sarebbe stato rimosso il parapetto
è preesistente ed affaccia su un terrazzo interno
condominiale; il teste di P.G. non è stato in grado di
riferire le dimensioni precise del parapetto per quanto
desumibili dal fatto stesso che si tratti di una finestra,
né di descrivere lo stato dei luoghi anteriore a tale
sopralluogo, non avendo operato in precedenza alcun
accesso).
Sulla scorta dei dati fattuali raccolti ed in assenza di
ulteriori elementi di prova, ritiene il Giudicante che si
sia in presenza di un intervento di modeste dimensioni che
non può inquadrarsi negli interventi di ristrutturazione
edilizia comportanti un organismo planovolumetrico
integralmente o parzialmente diverso, bensì negli interventi
minori poiché, seppure ha determinato un aumento della
superficie in concreto utilizzabile, non ha modificato il
volume o la sagoma dell’immobile, né ha indotto il mutamento
della destinazione d'uso, né infine, pare possa costituire
un vero e proprio vano abitabile (in ragione dell’altezza
ridotta) sicché esso è assentibile con la denuncia d'inizio
lavori “semplice” in forza degli artt.10-22 T.U.
380/2001 e della Legge Regione Campania n. 19/2001.
L’assenza della D.I.A. è sanzionata quale illecito
amministrativo sicché s’impone la pronuncia assolutoria con
la formula di cui al dispositivo.
Con rifermento al capo B) della rubrica, va, per converso,
affermata la responsabilità penale dell’imputata per la
contravvenzione di cui agli artt. 83-95 T.U.E. 380/2001.
Si premette che l'art. 95 T.U., che riproduce integralmente
il contenuto del previgente art. 20 della legge n. 64 del
1974 (la quale non è stata espressamente abrogata
dall'articolo 136 T.U.; di contro, l'art. 137 ha precisato
che la legge n. 64 del 1974 resta in vigore per tutti i
campi di applicazione originariamente previsti dal testo
normativo e non applicabili alla parte prima del testo
unico), punisce chiunque violi le disposizioni contenute nel
presente capo ( 4°) e nei decreti interministeriali di cui
agli artt. 52 ed 83 del T.U. sanzionando con l'ammenda da
206 euro a 10329 euro, la condotta (descritta negli artt. 93
e 94) di chi intenda procedere a costruzioni,
sopraelevazioni e riparazioni in zone sismiche ed ometta di
dare preavviso scritto allo sportello unico (che provvede a
trasmettere copia al competente ufficio tecnico della
regione art. 93) ovvero di chi inizi ad eseguire i lavori in
assenza di autorizzazione (art. 94).
In altri termini, tale normativa è finalizzata a
salvaguardare la staticità dei fabbricati in relazione ai
fenomeni sismici e, quindi, l'incolumità pubblica sia nella
fase di progettazione che in quella di esecuzione.
Tale normativa, a ben vedere, non distingue tra opere
interne ed opere esterne, imponendo il controllo di
qualsiasi costruzione, riparazione o sopraelevazione.
La giurisprudenza di legittimità fa rientrare nel concetto
di costruzione rilevante ai fini della normativa antisismica
qualsiasi opera a prescindere dal titolo abilitativo
richiesto e dalle sue caratteristiche o dimensioni, attesa
la finalità della legge che è quella di consentire il
controllo preventivo e documentale dell'attività edile
eseguita in zone sismiche (cfr. Cass n. 10640 del 1985;
21.07.1992 n. 8140; Cass. Sez. 3^ n. 7353 del 1995;
02.06.1999 n. 6923).
Dunque, la vigilanza sull'attività edilizia nei territori
sismici demandata all’ufficio tecnico della regione, si
affianca a quella ordinaria demandata all’autorità comunale
basata sul rilascio di un titolo abilitativo conforme alle
prescrizioni urbanistiche ed edilizie.
Ne discende che tutte le opere per le quali è richiesto un
titolo abilitativo, sia esso il permesso di costruire o la
denuncia d'inizio dell'attività, devono essere
preventivamente denunciate anche all'ufficio tecnico della
Regione se realizzate in zone sismiche come nel caso in
esame, con obbligo di deposito del progetto onde consentire
la verifica della staticità.
Del pari, anche per gli “interventi liberi” s’impone
l’obbligo della preventiva denuncia ed il rispetto della
normativa tecnica antisismica (mentre, quali interventi di
manutenzione ordinaria, non sono soggetti all'autorizzazione
di cui all'articolo 94 del T.U.).
Nel caso in esame, s’imponeva quindi da parte della Imputat,
proprietaria dell’immobile e committente dei lavori (alcuna
contestazione è stata sollevata al riguardo dalla difesa),
l'obbligo della preventiva denuncia all'ufficio tecnico
regionale con il deposito degli atti progettuali e
l’autorizzazione ad iniziare ed eseguire i lavori,
trattandosi di intervento che, seppure eseguito all'interno
di un immobile, non rientra tra quelli di manutenzione
ordinaria e rileva comunque, a prescindere dalle dimensioni,
ai fini dei fenomeni sismici.
Invero, per le sue caratteristiche strutturali e tipologiche
e per la classificazione della zona su cui insiste il
manufatto come sismica, s'imponeva l'adempimento degli
obblighi di cui alla normativa edilizia specifica, normativa
che trova applicazione in relazione ad ogni tipologia di
opera realizzata sul territorio, anche di natura precaria
ovvero anche se realizzata con materiale diverso dal cemento
armato in senso stretto, posto che –ripetesi- la sua
funzione è quella di consentire, attraverso l'osservanza
formale degli obblighi di deposito degli atti progettuali
all’organismo tecnico il controllo preventivo della pubblica
amministrazione di ogni struttura realizzata in zona sismica
e di verificarne la pericolosità (cfr. Cass. pen. sez. III
04/10/2002 nr. 33158; Cass. pen. sez. 3° sentenza n.
40829/11.10.2005).
Del resto,il committente dei lavori non può addurre a sua
discolpa la non conoscenza della normativa di settore,
essendo tenuto ad un obbligo specifico di informazione prima
di realizzare un intervento edilizio.
Alla stregua delle considerazioni svolte, va affermata la
penale responsabilità dell’imputata in relazione al capo B)
della rubrica.
Quanto al profilo sanzionatorio, mentre gli interventi
edilizi, come ritenuto quello in esame, eseguiti in assenza
o in difformità dalla denuncia d'inizio attività, sono
puniti con la sola sanzione amministrativa per cui s’impone
l’inoltro all’autorità amministrativa per l’avvio del
relativo procedimento, di contro, qualsiasi intervento
eseguito in zona sismica (salvo quelli di manutenzione
ordinaria e non è questo il caso), senza la preventiva
denuncia e senza l'osservanza delle prescrizioni contenute
nel capo quarto del T.U. continua ad essere penalmente
sanzionato con l'ammenda.
Valutati i criteri direttivi offerti dall'art. 133 c.p.,
stimasi equo irrogare la pena, concesse le attenuanti
generiche in ragione della incensuratezza e della natura
occasionale del reato, contenendola nei minimi edittali, di
EURO 200,00 di ammenda cui si perviene:
- pena base EURO 300,00 di ammenda
- ridotta per la concessione delle attenuanti generiche alla
pena di Euro 200,00 di ammenda.
Segue per legge il pagamento delle spese processuali.
Attesa la irrogazione della sola sanzione pecuniaria in
relazione al capo B), non si applica il beneficio della
sospensione condizionale presumendosi un interesse
dell’imputata in tal senso (laddove la richiesta difensiva
di applicazione dei benefici di cui al verbale di udienza
attiene all’ipotesi di condanna complessiva anche in
relazione al capo A) sanzionato con l’arresto oltre
l’ammenda, non avendo esso difensore null’altro specificato
in proposito).
Alcuna sanzione amministrativa demolitoria va adottata nel
caso di specie attesa la pronuncia assolutoria in relazione
al capo A) (la demolizione non può essere impartita per gli
interventi di cui all’art. 22 assentibili con D.I.A.
semplice, mentre tale ordine va impartito nella diversa
ipotesi della D.I.A. in alternativa al permesso a
costruire).
Con riferimento alla violazione della normativa antisismica,
l’ordine di demolizione che il Giudice penale ha il
potere-dovere di adottare giusta il disposto del comma 3
dell’art. 98 T.U. non consegue alle violazioni della
normativa antisismica solo formali come quelle contestate
nel caso in esame (ovvero l’omessa denuncia e deposito degli
atti progettuali o l’assenza dell’autorizzazione
preventiva), ma consegue solo alle violazioni sostanziali di
specifiche disposizioni tecniche dalle quali possa derivare
il pericolo concreto per la pubblica incolumità (cfr. tra le
altre Cass. pen. sez. 3° 10.10.2007 nr. 37372) ed in tal
caso l’esecuzione compete all'Ufficio Tecnico della Regione.
P.Q.M.
Letto l’art. 530 c.p.p. assolve l’imputata dal reato
ascritto al capo A) della rubrica perché il fatto non è
previsto dalla legge come reato.
Dispone trasmettersi gli atti alla competente autorità
amministrativa.
Letti gli artt. 533-535 c.p.p. dichiara l’imputata colpevole
del reato ascritto al capo B) e, concesse le attenuanti
generiche, la condanna alla pena di EURO 200,00 di ammenda,
oltre spese processuali.
NAPOLI 6/02/2012
IL GIUDICE
---------------
1)
cfr. la già citata sentenza Cass. pen. sez. 3 n. 40829
dell'11.10.2005 |
anno
2011 |
|
EDILIZIA
PRIVATA:
La realizzazione di soppalchi
all'interno di un'unità immobiliare non può rientrare
nell'ambito degli interventi di restauro o risanamento
conservativo (i quali presuppongono, ai sensi dell'art. 3,
lett. c) d.P.R. n. 380/2001, la conservazione di elementi,
anche strutturali, degli edifici, che siano comunque
preesistenti, ovvero l'inserimento di elementi nuovi che
abbiano tuttavia carattere accessorio), ma nel novero degli
interventi di ristrutturazione edilizia, di cui alla lett.
c) del comma primo dell'art. 10 d.P.R. n. 380/2001, dal
momento che determina una modifica della superficie
dell'appartamento.
Dagli atti emerge infatti che l’ordinanza è stata emessa in
quanto i soppalchi non sono mai stati rappresentati nelle
tavole progettuali e quindi si tratta di un’opera realizzata
in difformità dal titolo edilizio.
Ciò rende legittimo l’ordine di demolizione, disposto ai
sensi dell’art 33 DPR 380/2001, mentre non ha alcun rilievo
che i soppalchi siano o meno destinati alla permanenza delle
persone, ovvero siano finalizzati ad un miglioramento
igienico-sanitario dei locali.
Indipendentemente poi dalla permanenza o meno delle persone,
l’opera non può rientrare nell'ambito degli interventi di
restauro o risanamento conservativo (i quali presuppongono,
ai sensi dell'art. 3, lett. c) d.P.R. n. 380/2001, la
conservazione di elementi, anche strutturali, degli edifici,
che siano comunque preesistenti, ovvero l'inserimento di
elementi nuovi che abbiano tuttavia carattere accessorio),
ma nel novero degli interventi di ristrutturazione edilizia,
di cui alla lett. c) del comma primo dell'art. 10 d.P.R. n.
380/2001, dal momento che determina una modifica della
superficie dell'appartamento
(TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 16.12.2011 n. 3210 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
La realizzazione di un soppalco non
rientra nell'ambito degli interventi di restauro o
risanamento conservativo.
La realizzazione di un soppalco non rientra nell'ambito
degli interventi di restauro o risanamento conservativo, ma
nel novero degli interventi di ristrutturazione edilizia,
dal momento che determina una modifica della superficie
utile dell'appartamento, con conseguente aggravio del carico
urbanistico.
Per quanto concerne la realizzazione del soppalco, anche a
prescindere dalla questione di fatto se il soppalco medesimo
sia stato realizzato nel 1982, come sostenuto dalla
ricorrente, oppure in data successiva, deve comunque
ritenersi la necessità del previo rilascio della concessione
edilizia ai fini della legittima realizzazione dell’opera in
questione, in considerazione delle caratteristiche concrete
di tale opera che nel caso di specie, non può essere
classificata quale mero “ripostiglio ricavato da un
sottotetto”, come invece sostenuto dalla ricorrente
nella memoria del 22.02.2010.
L’esistenza di un servizio igienico, anche se di soli mq.
2,50, nonché la rilevata presenza, in sede di sopralluogo,
di un letto nel soppalco in questione, devono ritenersi
elementi sufficienti a provare che l’opera abbia determinato
una modifica della superficie utile dell'appartamento, con
conseguente aggravio del carico urbanistico.
Alla luce delle predette circostanze, ritiene pertanto il
collegio di dare applicazione, ai principi giurisprudenziali
in materia, secondo cui la realizzazione di un soppalco non
rientra nell'ambito degli interventi di restauro o
risanamento conservativo, ma nel novero degli interventi di
ristrutturazione edilizia, dal momento che determina una
modifica della superficie utile dell'appartamento, con
conseguente aggravio del carico urbanistico (cfr. TAR
Campania Napoli, sez. IV, 28.12.2009, n. 9607; TAR Campania
Napoli, sez. IV, 28.11.2008, n. 20563; TAR Piemonte Torino,
sez. I, 17.12.2007, n. 3714; TAR Sicilia Catania, sez. I,
08.05.2006, n. 699).
Per le suesposte considerazioni, risultano infondate le
censure mosse dalla ricorrente, relativamente all’ordine di
demolizione del soppalco, di violazione della legge n. 47
del 28.02.1985 e del D.P.R. n. 380 del 06.06.2001, per
difetto dei presupposti; di eccesso di potere per difetto
dei presupposti; di eccesso di potere per omessa motivazione
circa la necessità della demolizione in relazione al lungo
tempo trascorso dalla realizzazione dell’opera e al
perdurare dell’interesse pubblico alla sua eliminazione
contrapposto a quello privato; di eccesso di potere per
omessa accertamento della predetta circostanza; di difetto
di istruttoria; di violazione dell’articolo 43 del
regolamento edilizio del 2003.
In particolare, stante la natura di atto vincolato
dell’ordine di demolizione di opere abusive, non può
ritenersi necessaria alcuna particolare motivazione in
ordine all’interesse pubblico all’eliminazione dell’opera
abusiva, dovendosi ritenere sufficienti i rilievi, contenuti
nell’ordinanza impugnata, sia in ordine all’”incremento
della superficie utile abitabile all’interno dell’unità data
dalla realizzazione di un soppalco…omissis…”, “in
assenza della Concessione Edilizia e in difformità dal N.O.
Ufficio Tutela del Paesaggio”, sia in ordine al fatto che
tali opere “sono da ritenersi abusive e lesive dei
pubblici interessi” (TAR Sardegna, Sez. II,
sentenza 23.09.2011 n. 952 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
La realizzazione di un soppalco
praticabile all’interno di una unità immobiliare, privo di
autonomia strutturale e funzionale, costituisce un
intervento di ristrutturazione edilizia, ai sensi dell’art.
3, comma 1 - lett. d), d.P.R. n. 380/2001.
La realizzazione di un soppalco praticabile all’interno di
una unità immobiliare, privo di autonomia strutturale e
funzionale, costituisce un intervento di ristrutturazione
edilizia, ai sensi dell’art. 3, comma 1 - lett. d), d.P.R.
n. 380/2001 (secondo cui sono interventi di ristrutturazione
edilizia quelli "rivolti a trasformare gli organismi
edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono
portare ad un organismo in tutto o in parte diverso dal
precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la
sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio,
l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi
elementi ed impianti") (cfr. TAR Campania Napoli, sez.
IV, 28.11.2008, n. 20563; sez. VI, 11.04.2007, n. 3329).
L’opera edilizia in questione rientra, in particolare, tra
gli interventi di ristrutturazione edilizia che l’art. 10,
comma 1 - lett. c), D.P.R. 06.06.2001, n. 380 assoggetta a
permesso di costruire, in quanto porta ad un organismo
edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e
comporta un aumento delle superfici utili.
La necessità del permesso di costruire –contrariamente a
quanto affermato dalla difesa dell’amministrazione- non
consente però di ricondurre l’abuso alla tipologia 1:
l’intervento in questione, nonostante necessitasse del
permesso di costruire e non sola della denuncia di inizio
attività, rimane pur sempre qualificabile quale intervento
di ristrutturazione edilizia e non quale nuova costruzione;
esso rientra, pertanto, nella tipologia 3 di cui
all’allegato 1 al d.l. n. 269/2003 (“opere di
ristrutturazione edilizia come definite dall'articolo 3,
comma 1, lettera d) del D.P.R. 06.06.2001, n. 380 realizzate
in assenza o in difformità dal titolo abilitativo edilizio”).
Il Collegio non condivide le ulteriori ragioni addotte dalla
difesa dell’amministrazione resistente a sostegno della
qualificazione dell’abuso quale nuova costruzione.
Non assumono, difatti, rilievo, nel caso di specie, i limiti
posti dal testo unico dell’edilizia agli interventi di
ristrutturazione mediante demolizione e ricostruzione, ciò
perché non risulta né che l’opera abusiva sia stata
realizzata previa demolizione di un preesistente fabbricato
né che siano state poste in essere modifiche alla volumetria
o alla sagoma (ma solo alla superficie).
La difesa dell’amministrazione non può, poi, utilmente
invocare la nozione di ristrutturazione edilizia dettata
dall’art. 66 del regolamento edilizio del Comune di Milano
(ai sensi della quale gli interventi che portano a
incrementi di volume e di superficie lorda di pavimento non
sono da intendere quali interventi di ristrutturazione
edilizia ma di nuova costruzione) in quanto l’unica
definizione di ristrutturazione applicabile, ai fini della
individuazione della tipologia cui ricondurre l’abuso
oggetto di condono, è quella contenuta all’art. 3, c. 1,
lett. d), d.P.R. n. 380/2001: è a tale norma, invero, che il
d.lgs. n. n. 269/2003, nell’indicare le opere ricomprese
nella tipologia 3, fa espressamente rinvio.
Per le ragioni esposte, l’inquadramento dell’abuso in
questione nella tipologia 1 si pone pertanto in contrasto
con le previsioni dettate dal d.lgs. n. 269/2003 (TAR
Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 11.07.2011 n. 1863 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
La esecuzione di un soppalco all'interno
di una unità immobiliare, realizzato attraverso la divisione
in altezza di un vano, allo scopo di ottenerne una duplice
utilizzazione abitativa, pure se non realizzi un mutamento
di destinazione d'uso, costituisce intervento di
ristrutturazione edilizia che richiede il permesso di
costituire o, in alternativa, la denunzia di inizio
attività, ex D.P.R. n. 380 del 2001, art. 22, comma 3.
Questa Corte ha avuto modo di affermare il principio, ormai
da tempo consolidatosi, secondo cui la esecuzione di un
soppalco all'interno di una unità immobiliare, realizzato
attraverso la divisione in altezza di un vano, allo scopo di
ottenerne una duplice utilizzazione abitativa, pure se non
realizzi un mutamento di destinazione d'uso costituisce
intervento di ristrutturazione edilizia che richiede il
permesso di costituire o, in alternativa, la denunzia di
inizio attività, ex D.P.R. n. 380 del 2001, art. 22, comma
3.
Detto intervento comporta, infatti, un incremento della
superficie utile calpestabile che a norma dell'art. 110,
comma 1, lett. c), del citato decreto, impone il regime di
alternatività, indipendentemente da una contemporanea
modifica della sagoma o del volume (Cass. 26/10/2006
Montilli; Cass. 26/1/07, n. 2881; Cass. 01/03/2007 n. 8669).
Con le stesse pronunce di questa Corte è stato rilevato che
le opere interne non sono più previste, nella formulazione
del D.P.R. n. 380 del 2001, come categoria autonoma di
intervento sugli edifici esistenti e devono ritenersi
riconducibili alla "ristrutturazione edilizia"
allorquando comportino aumento di unità immobiliari, ovvero
modifiche dei volumi, dei prospetti o delle superfici o
mutamenti di destinazione d'uso (Corte di Cassazione, Sez.
III penale, sentenza 13.06.2011 n. 23643).
---------------
Quando il soppalco nell'appartamento
diventa un reato edilizio.
L’esecuzione di un soppalco all’interno
di un’unità immobiliare, realizzato attraverso la divisione
in altezza di un vano, allo scopo di ottenerne una duplice
utilizzazione abitativa, pure se non realizzi un mutamento
di destinazione d’uso, costituisce intervento di
ristrutturazione edilizia che richiede il permesso di
costruire o, in alternativa, la denunzia di inizio attività
ex art. 22, co. 3 D.P.R. 380/2001 (Testo Unico
dell’Edilizia).
La pronuncia sub iudice, inserendosi in un
consolidato filone giurisprudenziale, mira -nel silenzio
della legge- a riempire di contenuti pratici una delle
fattispecie più diffuse (e dai confini applicativi più
incerti) del diritto penale edilizio, l’art. 44, lett. b)
TUE, che punisce con l’arresto fino a due anni e con
l’ammenda da 10.328 a 103.290 i casi di esecuzione dei
lavori in totale difformità o assenza del permesso o di
prosecuzione degli stessi nonostante l’ordine di
sospensione.
L’intervento dei giudici di legittimità prende le mosse da
una duplice condanna di merito: entrambe le corti
territoriali campane avevano, infatti, ritenuto integrato il
reato di cui all’art. 44 lett. b) TUE nell’ipotesi di
realizzazione di due aree soppalcate all’interno di un’unità
abitativa, in difetto del titolo abitativo ed in violazione
della normativa sulle edificazioni.
La Corte di Cassazione si trova dunque ancora una volta a
dover interpretare la materia penale edilizia, tutt’altro
che lineare.
Nel tentativo di fornire delle coordinate chiare e precise
al fine di individuare il contenuto, rectius il
disvalore penale della fattispecie applicata, i giudici
mettono a confronto il diritto penale con la normativa
urbanistica sostanziale e ribadiscono la propria recente e
consolidata giurisprudenza sul punto.
A quali condizioni la realizzazione di un soppalco può
dunque rappresentare un abuso edilizio penalmente rilevante,
con tutte le conseguenze pratiche che ne discendono?
L’esecuzione di un soppalco rientra a pieno titolo -dicono i
giudici- nel novero degli interventi di ristrutturazione
edilizia (sulla ‘qualifica urbanistica’ del soppalco
come ristrutturazione edilizia e non come intervento di
restauro o risanamento conservativo, vedi TAR Napoli, sez.
IV, 23.12.2010, n. 27997, S.R. c. Comune di Napoli), nel
momento in cui la stessa determina una modifica della
superficie utile e calpestabile dell’unità abitativa, con
conseguente aggravio del carico urbanistico.
E come tale, richiede un doppio regime abilitativo:
- il permesso di costruire nei casi indicati dall’art. 10,
comma 1, lett. c), che dispone espressamente che “gli
interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un
organismo edilizio in tutto in parte diverso dal precedente
e comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del
volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici,
ovvero che comportino mutamenti della destinazione d’uso”;
- o, in alternativa per tutti gli altri casi, la D.I.A.
Le opere cd. interne, aggiungono i giudici, non possono che
essere ricondotte alla categoria della ristrutturazione
interna, dal momento che comportano l’aumento di unità
immobiliari o modifiche dei volumi, dei prospetti o delle
superfici oppure mutamenti delle destinazioni d’uso.
Nessun dubbio, dunque, sul fatto che anche il soppalco
necessiti –con tutte le ricadute applicative che ne
conseguono– del permesso di costruire come condizione di
operatività (12.08.2011 - commento tratto da
www.ipsoa.it). |
anno
2010 |
|
EDILIZIA
PRIVATA:
La costruzione di un soppalco,
pari a 16 metri quadrati, integra l’introduzione
nell’appartamento di un ambiente in più rispetto al passato,
e, pertanto, di nuova superficie utile, che, come tale,
integra la nozione di ristrutturazione edilizia e richiede
il preventivo permesso di costruire.
Questa Sezione ha avuto modo di
affermare, che, in ordine al titolo abilitativo per la
realizzazione di soppalchi interni alle abitazioni occorre
distinguere i casi nei quali, in relazione alla tipologia e
alla dimensione dell'intervento, può essere sufficiente una
denuncia di inizio di attività, dai casi nei quali occorre
una vera e propria concessione edilizia, oggi permesso di
costruire; deve infatti ritenersi sufficiente una d.i.a. nel
caso in cui il soppalco sia di modeste dimensioni e al
servizio della preesistente unità immobiliare mentre,
viceversa, deve ritenersi necessario il permesso di
costruire quando il soppalco sia di dimensioni non modeste e
comporti una sostanziale ristrutturazione dell'immobile
preesistente, ai sensi dell'art. 3 DPR 380/2001, comportando
un incremento delle superfici dell'immobile e quindi anche
un ulteriore possibile carico urbanistico (TAR Campania
Napoli, sez. IV, 10.12.2007, n. 15871).
Orbene, nel caso in esame le dimensioni del soppalco, pari a
16 metri quadrati, integrano, nella sostanza, l’introduzione
nell’appartamento in questione di un ambiente in più
rispetto al passato, e, pertanto, di nuova superficie utile,
che, come tale, integra la nozione di ristrutturazione
edilizia e richiede il preventivo permesso di costruire
(TAR Campania-Napoli, Sez.
IV,
sentenza 23.12.2010 n. 27997 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
La realizzazione di un soppalco interno,
sorretto da una struttura portante, in un immobile
sottoposto alla tutela di cui alla L. n. 1089 del 1939, deve
ritenersi subordinata al nulla-osta della Soprintendenza,
non potendosi ragionevolmente qualificare il soppalco quale
mero arredo interno, all’occorrenza rimuovibile ed estraneo
al giacimento culturale e, quindi, non modificativo della
consistenza e dell’identità del bene sottoposto a vincolo,
dovendosi viceversa ritenere che tale opera si integra nella
struttura dell’immobile, comportando altresì una rilevante
modifica dell’altezza di considerevole parte dell’unità
immobiliare.
A proposito di un soppalco si è affermato che “La
realizzazione di un soppalco interno, sorretto da una
struttura portante, in un immobile sottoposto alla tutela di
cui alla L. n. 1089 del 1939, deve ritenersi subordinata al
nulla-osta della Soprintendenza, non potendosi
ragionevolmente qualificare il soppalco quale mero arredo
interno, all’occorrenza rimuovibile ed estraneo al
giacimento culturale e, quindi, non modificativo della
consistenza e dell’identità del bene sottoposto a vincolo,
dovendosi viceversa ritenere che tale opera si integra nella
struttura dell’immobile, comportando altresì una rilevante
modifica dell’altezza di considerevole parte dell’unità
immobiliare” (TAR Emilia Romagna-Parma, Sez. I,
07.02.2007 n. 32) (TAR Lombardia-Milano, Sez. IV,
sentenza 20.12.2010 n. 7595 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
E' ormai pacifico secondo la
giurisprudenza di questa Corte che la realizzazione di un
soppalco necessita del preventivo rilascio del permesso di
costruire, atteso che il D.P.R. n. 380 del 2001, art. 10,
comma 1, lett. c), assoggetta a permesso di costruire gli
interventi di ristrutturazione edilizia che portano ad un
organismo in tutto o in parte diverso dal precedente, senza
la necessità che concorrano tutte le condizioni previste
nello stesso articolo (modifiche del volume, della sagoma,
dei prospetti, delle superfici), in quanto queste sono
alternative, come ricavasi dall'uso della disgiuntiva nel
citato testo normativo.
Con la sentenza n. 1893 del 13.12.2006 questa Corte ha
affermato: "In materia edilizia sono realizzabili con
denuncia di inizio attività gli interventi di
ristrutturazione edilizia di portata minore, ovvero che
comportano una semplice modifica dell'ordine in cui sono
disposte le diverse parti dell'immobile, e con conservazione
della consistenza urbanistica iniziale, classificabili
diversamente dagli interventi di ristrutturazione edilizia
descritti dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 10, comma 1,
lett. c), che portano ad un organismo in tutto o in parte
diverso dal precedente con aumento delle unità immobiliari o
modifiche del volume, sagoma, prospetti o superfici e per i
quali è necessario il preventivo permesso di costruire."
(conf. Cass. pen. sez. 3 n. 12369 del 25.02.2003).
In motivazione si evidenzia che "la stessa attività di
ristrutturazione, del resto, può attuarsi attraverso una
serie di interventi che, singolarmente considerati, ben
potrebbero ricondursi agli altri tipi dianzi enunciati.
L'elemento caratterizzante, però è la connessione
finalistica delle opere eseguite, che non devono essere
riguardate partitamente ma valutate nel loro complesso al
fine di individuare se esse siano o meno rivolte al recupero
edilizio dello spazio attraverso la realizzazione di un
edificio in tutto o in parte nuovo" e dopo aver
esaminato il D.P.R. n. 380 del 2001, art. 10, comma 1, lett.
c) e art. 22, comma 3, lett. a) conclude che "Dalle
disposizioni legislative dianzi ricordate si deduce che sono
sempre realizzabili previa mera denunzia di inizio
dell'attività le ristrutturazioni edilizie di portata
minore: quelle cioè che determinano una semplice modifica
dell'ordine in cui sono disposte le diverse parti che
compongono la costruzione, in modo che, pur risultando
complessivamente innovata, questa conserva la sua iniziale
consistenza urbanistica (diverse da quelle descritte nel
citato DPR, art. 10, comma 1, lett. c) che possono incidere
sul carico urbanistico)".
Per quanto riguarda più specificamente il "soppalco"
è, ormai, pacifico secondo la giurisprudenza di questa Corte
(come del resto riconosce lo stesso ricorrente) che esso
necessita del preventivo rilascio del permesso di costruire,
"atteso che il D.P.R. n. 380 del 2001, art. 10, comma 1,
lett. c), assoggetta a permesso di costruire gli interventi
di ristrutturazione edilizia che portano ad un organismo in
tutto o in parte diverso dal precedente, senza la necessità
che concorrano tutte le condizioni previste nello stesso
articolo (modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti,
delle superfici), in quanto queste sono alternative, come
ricavasi dall'uso della disgiuntiva nel citato testo
normativo" (cfr. ex multis Cass. pen. sez. 3 n.
8669 del 12.01.2007; Cass. pen. sez. 3 n. 35863 del 2006 Rv.
235066; N. 37705 del 2006 Rv. 235065) (Corte di Cassazione,
Sez. III penale, sentenza 04.11.2010 n. 39171). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Fattispecie in materia di
ristrutturazione - Realizzazione di
soppalco.
La realizzazione di un soppalco non rientra nell'ambito
degli interventi di restauro o risanamento conservativo (i
quali presuppongono, ai sensi dell'art. 3, lett. c), D.P.R.
n. 380/2001, la conservazione di elementi, anche
strutturali, degli edifici, che siano comunque preesistenti,
ovvero l'inserimento di elementi nuovi, che abbiano tuttavia
carattere accessorio), ma nel novero degli interventi di
ristrutturazione edilizia, di cui alla lettera c) del comma
primo dell'articolo 10 d.P.R. n. 380/2001, dal momento che
determina una modifica della superficie utile
dell'appartamento, con conseguente aggravio del carico
urbanistico (massima tratta da www.studiospallino.it - TAR
Sicilia-Palermo, Sez. II,
sentenza 18.02.2010 n. 1953 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Sono qualificabili interventi di
restauro e risanamento conservativo gli interventi
sistematici che, pur con rinnovo di elementi costitutivi
dell'edificio preesistente, ne conservano tipologia, forma e
struttura.
Gli interventi di restauro e di risanamento conservativo
sono interventi sistematici che, pur con rinnovo di elementi
costitutivi dell'edificio, ne conservano tipologia, forma e
struttura.
La realizzazione di un soppalco non rientra nell'ambito
degli interventi di restauro o risanamento conservativo ma
nel novero degli interventi di ristrutturazione edilizia dal
momento che determina una modifica della superficie utile
dell'appartamento, con conseguente aggravio del carico
urbanistico.
Non è dato comprendere come si possa considerare restauro
conservativo la costruzione ex novo di un soppalco in
muratura di 50 mq., sorretto da una poderosa trave in
cemento armato, “incastata sul muro affrescato“ che
divide in altezza, pressappoco a metà, l’originario vano e
comporta la creazione di quattro nuovi ambienti.
Non conferente è, perciò, la puntualizzazione che
l’intervento non inciderebbe sull’intera unità edilizia
(palazzo) i cui elementi resterebbero immutati, bensì sul
singolo alloggio, al primo piano, del palazzo stesso, non
costituendo, comunque, le opere realizzate restauro
parziale, ma ristrutturazione edilizia dell’alloggio.
Gli arresti giurisprudenziali formatisi al riguardo sono
assai chiari, ed affermano, infatti, che:
- sono qualificabili interventi di restauro e risanamento
conservativo gli interventi sistematici che, pur con rinnovo
di elementi costitutivi dell'edificio preesistente, ne
conservano tipologia, forma e struttura; per contro,
rientrano nella nozione di ristrutturazione edilizia le
opere rivolte a creare un organismo in tutto o in parte
diverso da quello oggetto di intervento (Consiglio
Stato, sez. IV, 16.06.2008, n. 2981);
- gli interventi di restauro e di risanamento
conservativo sono interventi sistematici che, pur con
rinnovo di elementi costitutivi dell'edificio, ne conservano
tipologia, forma e struttura; la ristrutturazione edilizia è
invece un insieme sistematico di opere dirette a creare un
organismo edilizio in tutto o in parte diverso. Un esempio
tipico di ristrutturazione edilizia è quello diretto a
trasformare una villa, mantenendo o meno l'aspetto
architettonico esterno, in un edificio ad appartamenti
(Consiglio Stato, sez. V, 09.10.2007, n. 5273);
- gli interventi comportanti incrementi volumetrici,
anche interni, rientrano nell'ambito degli interventi di
ristrutturazione edilizia e sono pertanto assoggettati a
permesso di costruire ex artt. 3, comma 1, lett. d), e 10
d.P.R. n. 380 del 2001, non potendo configurarsi né come
manutenzione straordinaria, né come restauro o risanamento
conservativo (TAR Campania Napoli, sez. IV, 06.11.2007,
n. 10674).
- la realizzazione di un soppalco non rientra nell'ambito
degli interventi di restauro o risanamento conservativo (i
quali presuppongono, ai sensi dell'art. 3, lett. c), D.P.R.
n. 380/2001, la conservazione di elementi, anche
strutturali, degli edifici, che siano comunque preesistenti,
ovvero l'inserimento di elementi nuovi, che abbiano tuttavia
carattere accessorio), ma nel novero degli interventi di
ristrutturazione edilizia, di cui alla lettera c) del comma
primo dell'articolo 10 d.P.R. n. 380/2001, dal momento che
determina una modifica della superficie utile
dell'appartamento, con conseguente aggravio del carico
urbanistico (TAR Campania-Napoli, sez. IV, 28.11.2008,
n. 20563).
Anche questo Tribunale (Catania, sez. I, 07.11.2002, n.
1939, 08.05.2006, n. 699) ha avuto occasione di affermare
che la costruzione di un soppalco all'interno di un
appartamento, impedisce la regolarizzazione ai sensi
dell'art. 9 l.reg. n. 37 del 1985, in quanto, comportando
effettivo aumento di superficie, non può considerarsi alla
stregua di mera opera interna. Dalla detta connotazione
consegue, altresì, l'impossibilità di considerare detto
intervento come pertinenziale e, come tale, suscettivo di
essere consentito con la mera autorizzazione. Inoltre, non
può essere considerato intervento di manutenzione
straordinaria la realizzazione di un soppalco all'interno di
un appartamento al fine di ricavare un autonomo
mini-appartamento, costituito da due vani più servizi, dal
momento che detto intervento, non soltanto amplia la
superficie utile, ma determina un maggiore peso urbanistico
in considerazione della costituzione di una autonoma unità
abitativa; conseguentemente per la realizzazione di detto
intervento è necessario il previo rilascio della concessione
edilizia.
Sempre in tema di distinzione tra restauro e risanamento
conservativo ex lett. c) dell’art. 20 della l.r. n. 71/1978,
e ristrutturazioni edilizie ex lett. d) dell’art. 31 l. n.
457/1978 (norma del tutto analoga al citato art. 20 l.r. n.
71/1978 ) cfr. anche C.G.A. decisione 25.05.2009, n. 481
(TAR Sicilia-Palermo, Sez. II,
sentenza 18.02.2010 n. 1953 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Realizzazione di un soppalco - Natura
dell’intervento - Restauro o risanamento conservativo -
Esclusione - Ristrutturazione edilizia - Fondamento - Art.
10, c. 1, lett. c), d.P.R. n. 380/2001.
La realizzazione di un soppalco non rientra nell'ambito
degli interventi di restauro o risanamento conservativo (i
quali presuppongono, ai sensi dell'art. 3, lett. c), D.P.R.
n. 380/2001, la conservazione di elementi, anche
strutturali, degli edifici, che siano comunque preesistenti,
ovvero l'inserimento di elementi nuovi, che abbiano tuttavia
carattere accessorio), ma nel novero degli interventi di
ristrutturazione edilizia, di cui alla lettera c) del comma
primo dell'articolo 10 d.P.R. n. 380/2001, dal momento che
determina una modifica della superficie utile
dell'appartamento, con conseguente aggravio del carico
urbanistico (TAR Campania-Napoli, sez. IV, 28.11.2008, n.
20563) (TAR Sicilia-Palermo, Sez. II,
sentenza 18.02.2010 n. 1953 - link a
www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Locali soppalcati - Abitabilità e
agibilità - Regolamento di igiene - Rispetto dei requisiti -
Sussiste.
Come si evince dalla documentazione in atti (verbale di
sopralluogo 17.07.1998), la superficie occupata dal soppalco
(13 mq.) è inferiore ad un terzo della superficie
complessiva dei locali di vendita (mq. 131); risulta,
inoltre, che il soppalco presenta nella parte inferiore
un'altezza di m. 2,27 e nella parte superiore, adibita ad
uso ufficio, un'altezza di m. 2,10 e che il rapporto
aeroilluminante è "regolamentare".
Pertanto il soppalco realizzato dalla società ricorrente
rispetta i requisiti specificamente prescritti dall'art.
3.6.0 del regolamento di igiene per rendere i locali
soppalcati abitabili ed agibili, con la conseguente
illegittimità dell'ordinanza (che ingiunge alla società di
procedere all'effettuazione delle opere di adeguamento)
nella parte in cui contesta alla ricorrente insussistenti
difformità rispetto alle previsioni del regolamento di
igiene (massima tratta da www.solom.it - TAR
Lombardia-Milano, Sez. III,
sentenza 18.01.2010 n. 65 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
anno
2009 |
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EDILIZIA
PRIVATA:
I soppalchi rientrano nel novero delle
opere interne non soggette a concessione di costruzione,
laddove non incidano sulla sagoma e sui prospetti della
costruzione.
La disposizione dirigenziale impugnata ingiungeva la
demolizione d’ufficio delle seguenti opere realizzate senza
il permesso di costruire: soppalco di mt. 1,50 x 3,30 a mt.
2,00 d’altezza dal calpestio interno e a mt. 1,70 dal solaio
di copertura.
Al riguardo, deve condividersi l’orientamento
giurisprudenziale formatosi nella vigenza degli artt. 9 e 26
L. 28.02.1985 n. 47, secondo cui i soppalchi rientrano nel
novero delle opere interne non soggette a concessione di
costruzione, laddove non incidano sulla sagoma e sui
prospetti della costruzione (TAR Firenze n. 21 del
07.02.1997, “La costruzione (o la ricostruzione) di un
soppalco di modeste dimensioni ad uso deposito, sbratto o
ripostiglio, all'interno di un appartamento (o di un
esercizio commerciale) per ottenere la duplice utilizzazione
di un vano, è, di regola, opera che, non comportando aumento
di volume né aumento della superficie utile né modifica
della destinazione d'uso dell'immobile, non è riconducibile
alla categoria della ristrutturazione edilizia, e ciò anche
nel caso in cui le dimensioni del manufatto e, soprattutto,
la circostanza che per la sua realizzazione occorra la
demolizione di un controsoffitto e la posa in opera di un
solaio ad una diversa quota d'imposta, ricorrendo in tale
ipotesi una fattispecie di restauro e risanamento
conservativo in quanto, pur introducendo un quid novi, si
rivela rispettoso delle caratteristiche tipologiche, formali
e strutturali dell'edificio e non comporta una destinazione
d'uso con esse incompatibile”; TAR Lazio-Roma n. 962 del
17.05.1996; TAR Lazio-Roma n. 1161 del 15.07.1997 “La
realizzazione di un soppalco con struttura in ferro e legno
di ridotte dimensioni all'interno di locale con destinazione
commerciale, ai fini di una migliore sistemazione ed
utilizzazione dello stesso -e che non risulti in contrasto
con la disciplina urbanistica della zona, non rechi
modifiche della sagoma o dei prospetti della costruzione o
aumento del numero delle superfici utili, del numero delle
unità immobiliari o della destinazione di zona e che non sia
pregiudizievole alla statica dell'immobile- non comporta
l'obbligo di munirsi di concessione edilizia”).
Pertanto, essendo i lavori descritti nell'impugnato
provvedimento qualificabili in termini di opere interne di
modestissime dimensioni, che non comportano aumento di
volume né aumento della superficie utile né modifica della
destinazione d'uso dell'immobile, si palesa illegittima la
irrogazione della sanzione del ripristino (in ciò
prescindendosi dalla altezza del realizzato soppalco).
L’Amministrazione comunale avrebbe infatti dovuto valutare,
trattandosi –per quanto sopra- di opere sottoposte al regime
della DIA, l’applicazione della semplice sanzione pecuniaria
(cfr. TAR Campania, Napoli, Sez. IV, 27.03.2007, n. 2859)
(TAR Campania-Napoli, Sez. IV,
sentenza 09.11.2009 n. 7068 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Quesito 9 -
Sulla realizzazione di una veranda e di un soppalco e sul
titolo edilizio necessario (Geometra Orobico n.
6/2009). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Opere interne (soppalco).
Le opere interne ed in genere una diversa ripartizione
interna degli ambienti non richiedono il permesso di
costruire, perché non aumentano il volume del fabbricato o
la sua superficie.
Tuttavia se, all’interno di un vano preesistente e lungo a
sua altezza, si realizza un piano intermedio orizzontale
(cosiddetto soppalco) non destinato a finalità
esclusivamente estetiche, se cioè, per le dimensioni e
caratteristiche dell’unità abitativa, si realizza un nuovo
vano effettivamente abitabile, è necessario il permesso di
costruire trattandosi di intervento potenzialmente idoneo ad
incidere sul carico urbanistico (Corte di Cassazione, Sez.
III penale,
sentenza 26.06.2009 n. 26566 - link a
www.lexambiente.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Sulla necessità o meno del permesso di
costruire per realizzare un soppalco.
Con riferimento ai soppalchi, quanto alla necessità o meno
di titolo abilitativo al fine della realizzazione degli
stessi, occorre distinguere i casi nei quali, in relazione
alla tipologia e alla dimensione dell’intervento, può essere
sufficiente una Denuncia di inizio di attività (DIA) dai
casi nei quali occorre una vera e propria concessione
edilizia (oggi permesso di costruire).
Deve ritenersi sufficiente una DIA nel caso in cui il
soppalco sia di modeste dimensioni e al servizio della
preesistente unità immobiliare (TAR Salerno 883 -
04.09.2003) mentre, viceversa, deve ritenersi necessario il
permesso di costruire quando il soppalco sia di dimensioni
non modeste e comporti una sostanziale ristrutturazione
dell’immobile preesistente, ai sensi dell’art. 3 comma 1,
lettera del D.P.R. 06.06.2001, n. 380, recante il Testo
Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in
materia edilizia, comportando un incremento delle superfici
dell’immobile e quindi anche un ulteriore possibile carico
urbanistico (cfr. TAR Campania Napoli, sez. IV, 28.11.2008,
n. 20563).
Si è, quindi, giustamente ritenuto che la realizzazione di
un soppalco che comporta la riorganizzazione interna
dell'immobile ampliandone considerevolmente le superfici e
riorganizzando i volumi determina un vero e proprio
intervento di ristrutturazione edilizia e necessita di
permesso di costruire (in termini TAR Campania Napoli, sez.
IV, 10.12.2007, n. 15871; TAR Piemonte Torino, sez. I,
17.12.2007, n. 3714), o in alternativa di D.I.A. proposta ai
sensi dell’art. 22 DPR n. 380/2001, come modificato
dall'articolo 1 del D.Lgs. 27.12.2002, n. 301 (TAR
Campania-Napoli, Sez. IV,
sentenza 16.04.2009 n. 1980 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
anno
2008 |
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EDILIZIA
PRIVATA:
Fattispecie in materia di
ristrutturazione - Realizzazione di
soppalco.
La realizzazione di un soppalco non rientra nell'ambito
degli interventi di restauro o risanamento conservativo (i
quali presuppongono, ai sensi dell'art. 3, lett. c), D.P.R.
n. 380/2001, la conservazione di elementi, anche
strutturali, degli edifici, che siano comunque preesistenti,
ovvero l'inserimento di elementi nuovi, che abbiano tuttavia
carattere accessorio), ma nel novero degli interventi di
ristrutturazione edilizia, di cui alla lettera c) del comma
primo dell'articolo 10 d.P.R. n. 380/2001, dal momento che
determina una modifica della superficie utile
dell'appartamento, con conseguente aggravio del carico
urbanistico (massima tratta da www.studiospallino.it - TAR
Campania-Napoli, Sez. IV,
sentenza 28.11.2008 n. 20563 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Realizzazione soppalco.
La
realizzazione di un soppalco all'interno di una preesistente
abitazione necessita del preventivo rilascio del permesso di
costruire (o della DIA alternativa al permesso) atteso che
l'art. 10, comma primo, lett. c), del d.P.R. 06.06.2001 n.
380 assoggetta a permesso di costruire gli interventi di
ristrutturazione edilizia che portano ad un organismo in
tutto o in parte diverso dal precedente, senza la necessità
che concorrano tutte le condizioni previste nello stesso
articolo (modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti,
delle superfici) in quanto queste sono alternative, come
ricavasi dall'uso della disgiuntiva nel citato testo
normativo (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 14.11.2008 n. 42539 - tratto da
www.lexambiente.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Realizzazione soppalco.
La realizzazione di un soppalco all'interno di una
preesistente abitazione necessita del preventivo rilascio
del permesso di costruire (o della DIA alternativa al
permesso), atteso che l'art. 10, comma primo, lett. c), del
D.P.R. 06.06.2001 n. 380 assoggetta a permesso di costruire
gli interventi di ristrutturazione edilizia che portano ad
un organismo in tutto o in parte diverso dal precedente,
senza la necessità che concorrano tutte le condizioni
previste nello stesso articolo (modifiche del volume, della
sagoma, dei prospetti, delle superfici), in quanto queste
sono alternative, come ricavasi dall'uso della disgiuntiva
nel citato testo normativo (Corte di Cassazione, Sez. III
penale,
sentenza 04.06.2008 n. 22240
- tratto da www.lexambiente.it). |
anno
2007 |
|
EDILIZIA
PRIVATA:
Fattispecie in materia di
ristrutturazione - Soppalchi.
In ordine al titolo abilitativo per la realizzazione di
soppalchi interni alle abitazioni occorre distinguere i casi
nei quali, in relazione alla tipologia e alla dimensione
dell’intervento, può essere sufficiente una denuncia di
inizio di attività, dai casi nei quali occorre una vera e
propria concessione edilizia, oggi permesso di costruire;
deve infatti ritenersi sufficiente una d.i.a. nel caso in
cui il soppalco sia di modeste dimensioni e al servizio
della preesistente unità immobiliare (TAR Salerno 883 -
04.09.2003) mentre, viceversa, deve ritenersi necessario il
permesso di costruire quando il soppalco sia di dimensioni
non modeste e comporti una sostanziale ristrutturazione
dell’immobile preesistente, ai sensi dell’art. 3, comma 1,
d.P.R. 06.06.2001 n. 380, comportando un incremento delle
superfici dell’immobile e quindi anche un ulteriore
possibile carico urbanistico.
Si è quindi giustamente ritenuto che la realizzazione di un
soppalco che comporta la riorganizzazione interna
dell'immobile ampliandone considerevolmente le superfici e
riorganizzando i volumi determina un vero e proprio
intervento di ristrutturazione edilizia e necessita di
concessione edilizia (in termini TAR Friuli Venezia Giulia,
Trieste n. 473 del 28.06.2003, Cassazione penale, sez. III,
14.06.2000) (massima tratta da www.studiospallino.it - TAR
Campania-Napoli, Sez. IV,
sentenza 10.12.2007 n. 15871 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Soppalco - Natura di opera interna - Ristrutturazione
edilizia - Permesso di costruire - Non necessita -
Fattispecie.
La costruzione di un soppalco ha natura di opera interna,
priva di autonomia funzionale, inidonea a determinare
modifiche della sagoma e dei prospetti e perciò soggetta al
regime della denuncia di inizio attività (TAR
Campania-Napoli, sez. II, 19.10.2006 n. 8680; TAR
Calabria-Catanzaro, saez. II, 24.04.2006 n. 406) poiché
rientrante nell’accezione lata di “ristrutturazione
edilizia” (TAR Piemonte Torino, Sez I, 15.02.2006 n.
910). Fattispecie: “mezzanino”, presuntivamente riattato
a soppalco nel corso dei lavori di ristrutturazione (TAR
Campania-Napoli, Sez. VI,
sentenza 11.04.2007 n. 3329
- link a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Fattispecie in materia di
ristrutturazione - Soppalchi.
L’abuso in contestazione (“soppalco ed opera accessoria
abusivamente realizzate all’interno di locale dell’ex
macello”) ha, senza dubbio alcuno, natura di opera
interna, priva di autonomia funzionale, inidonea a
determinare modifiche della sagoma e dei prospetti e perciò
soggetta al regime della denuncia di inizio attività (TAR
Campania Napoli, sez. II, 19.10.2006 n. 8680; TAR Calabria
Catanzaro, sez. II, 24.04.2006 n. 406) poiché rientrante
nell’accezione lata di “ristrutturazione edilizia”
(TAR Piemonte Torino, sez I, 15.02.2006 n. 910).
Di conseguenza, è sproporzionata la sanzione demolitoria
adottata in relazione ad un simile abuso, in quanto
eccessiva in riferimento ad opere edilizie abusive non
necessitanti del titolo concessorio concessorio (rectius
permesso di costruire) (ex multis TAR Campania Napoli
sez. II, 19.10.2006 n. 8680) (TAR Campania-Napoli, Sez. VI,
sentenza 11.04.2007 n. 3329 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
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