dossier ZONA SISMICA E CEMENTO
ARMATO |
per approfondimenti vedi anche:
L.
05.11.1971 n. 1086
<--->
L.
02.02.1974 n. 64
<--->
artt. da 83 a 103 del D.P.R. 06.06.2001 n. 380
<--->
L.R. 12.10.2015 n. 33
* * *
Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici
<--->
Regione Lombardia <--->
Regione Toscana <--->
Istituto Nazionale di
Geofisica e Vulcanologia <--->
Protezione Civile
* * *
L.R. 05.01.2000 n. 1
[Riordino del sistema delle autonomie in Lombardia. Attuazione del d.lgs.
31.03.1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello
Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge
15.03.1997, n. 59)]
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maggio 2023 |
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EDILIZIA PRIVATA: Sopraelevazione
a fini antisismici, non servono permessi.
Lo ricorda il Tar Campania bocciando la richiesta di demolizione di un
Comune.
Le finalità sottese a determinati interventi edilizi, hanno una rilevanza a
dir poco notevole.
Difatti, qualora il privato intervenga sugli edifici allo scopo di metterli
in sicurezza, renderli energeticamente
efficienti, e garantirne la stabilità sismica, ecco che tutta una serie di
previsioni derogatorie vengono "in
soccorso" nel caso di provvedimenti sanzionatori adottati
dall'amministrazione.
La
sentenza
24.05.2023 n. 1194 emessa dal TAR
Campania-Salerno, Sez. II, in data attraverso un'attenta disamina normativa, illustra quali
deroghe alla
disciplina ordinaria valgano in caso di sopraelevazioni realizzate per
finalità antisismiche.
La vicenda
Il proprietario di un immobile ad uso abitativo, aveva avviato alcune
attività edilizie finalizzate all'adozione
di misure antisismiche, nonché all'efficientamento energetico della propria
abitazione. I lavori in parola,
richiamavano l'attenzione del Comune provvedeva ad emettere un'ordinanza di
demolizione finalizzata a
sanzionare l'innalzamento del tetto
di copertura in assenza dei pareri paesaggistici e naturalistico-ambientali. L'ordinanza veniva impugnata al
Tar.
Secondo i ricorrenti 'intervento edilizio è riconducibile alle nozioni di
manutenzione straordinaria e
consolidamento statico, dunque è da considerarsi sottratto al regime
abilitativo dell'autorizzazione
paesaggistica, in ossequio a quanto previsto dallo stesso Codice dei beni
culturali e del paesaggio.
Inoltre, la
sopraelevazione posta in essere, essendo derivata dalla realizzazione del
cosiddetto cordolo sommitale
(preordinato all'adeguamento della costruzione alla normativa antisismica),
e della struttura ventilata in
legno lamellare delle falde di copertura, si sarebbe sostanziata in un
incremento ammesso.
Le norme richiamate dal Tar
Secondo il Tar non vi è dubbio sul fatto che l'incremento altimetrico
rilevato nel tetto di copertura sia dipeso
dall'esecuzione di opere di manutenzione straordinaria e di consolidamento
statico preordinate
all'adeguamento antisismico ed all'efficientamento energetico dell'edificio.
Un siffatto incremento, non può
dirsi rilevante né sul piano urbanistico-edilizio, né su quello
paesaggistico-naturalistico- ambientale.
Il
Tar richiama anzitutto, l'articolo 14, comma 7, del Dlgs n. 102/2014 in tema
di efficientamento energetico, nel
caso di interventi di manutenzione straordinaria, restauro, e
ristrutturazione edilizia, il maggiore spessore
delle murature esterne e degli elementi di chiusura superiori ed inferiori,
necessario per ottenere una
riduzione dei limiti di trasmittanza (ovvero la capacità di un materiale di
lasciarsi attraversare da parte della
luce che su di esso incide), non è considerato nei computi per la
determinazione dei volumi, delle altezze, delle superfici, e dei rapporti di
copertura.
È dunque permesso derogare, nell'ambito delle procedure di
rilascio dei titoli abilitativi, a quanto previsto dalle normative
nazionali, regionali, o dai regolamenti edilizi
comunali, in merito alle distanze minime tra edifici, alle distanze minime
dai confini di proprietà, alle
distanze minime di protezione del nastro stradale e ferroviario, nonché alle
altezze massime degli edifici.
Inoltre, a norma dell'articolo 119, comma 3, del decreto legge numero 34/2020
in tema di incentivi per
l'adozione di misure antisisimiche, gli interventi attinenti al cordolo
sismico non concorrono al conteggio
della distanza e dell'altezza; mentre a norma del punto 8.4.1 del Decreto
ministeriale 14.01.2008 in
tema di nuove norme tecniche sulle costruzioni, una variazione dell'altezza
dell'edificio per la realizzazione
di cordoli sommitali, sempre che resti immutato il numero di piani di un
edificio, non è considerata
sopraelevazione o ampliamento.
Infine, a norma dell'articolo 27, comma 5, della legge regionale campana
numero 31/2021, negli interventi di miglioramento sismico, la ricostruzione
di elementi strutturali è
possibile anche con materiali e spessori differenti da quelli originari, al
fine di garantire una sicurezza
strutturale e sismica.
Alla luce di tutta la normativa richiamata, l'intervento edilizio deve
anzitutto intendersi legittimo, e poi va
ascritto al novero degli interventi di manutenzione straordinaria di
consolidamento statico, e di restauro
conservativo non alteranti lo stato dei luoghi e l'aspetto esteriore degli
edifici che, l'articolo 149, lettera a), del
Codice dei beni culturali e del paesaggio, sottrae al regime abilitativo
dell'autorizzazione paesaggistica-naturalistica-ambientale (articolo
NT+Enti Locali & Edilizia del 13.07.2023).
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SENTENZA
Premesso che:
- col ricorso in epigrafe, Ta.Ma. (in appresso, T.M.) impugnava,
chiedendone l’annullamento, previa adozione di idonee misure cautelari,
l’ordinanza di demolizione n. 4 del 23.12.2022 (prot. n. 11038),
emessa, sulla scorta della relazione di sopralluogo prot. n. 10003 del 16.11.2022, dal Responsabile dello Sportello Unico per l’Edilizia (SUE)
del Comune di Pisciotta;
- gli illeciti edilizi contestati con l’ingiunta misura
repressivo-ripristinatoria erano consistiti, da un lato, nell’innalzamento
del tetto di copertura in assenza dei pareri paesaggistici e naturalistico-ambientali da parte, rispettivamente, della Soprintendenza
Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le Province di Salerno e Avellino
(in appresso Soprintendenza di Salerno e Avellino) e dell’Ente Parco
Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni (in appresso, Ente Parco) e,
d’altro lato, nella realizzazione, in assenza di permesso di costruire, di
due corpi di fabbrica aggiunti (aventi dimensioni pari a m 2,10 x 5,05 e
0,90 x 3,60) non rinvenibili nella rappresentazione dello stato di fatto
acquisita in sede di permesso di costruire (PdC) in sanatoria n. 41 del 29.02.2005 (prot. n. 3785) ex artt. 31 ss. della l. n. 47/1985, in
corrispondenza dell’immobile ad uso abitativo ubicato in Pisciotta, località
Marina di Campagna, censito in catasto al foglio 13, particella 390,
ricadente in zona assoggettata a vincolo paesaggistico ai sensi dell’art.
142, comma 1, lett. f), del d.lgs. n. 42/2004 (siccome rientrante nell’area
del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni), nonché attinto
da lavori di cui alla CILA ex art. 119 del d.l. n. 34/2020, conv. in l. n.
77/2020 (c.d. CILA Superbonus 110% o CILAS), presentata il 25.05.2022;
- a sostegno dell’esperito gravame, la ricorrente, nel premettere di aver
rimosso i contestati corpi di fabbrica aggiunti e nel circoscrivere, quindi,
l’allestito impianto censorio al parimenti contestato innalzamento del tetto
di copertura, lamentava, in estrema sintesi, che:
a) l’intervento de quo,
dacché riconducibile all’orbita della manutenzione straordinaria e del
consolidamento statico, ai sensi dell’art. 119, comma 13-ter, del d.l. n.
34/2020, avrebbe dovuto intendersi sottratto al regime abilitativo
dell’autorizzazione paesaggistica, così come consentito dall’art. 149, lett.
a), del d.lgs. n. 42/2004;
b) l’accertamento della sopraelevazione del tetto
di copertura non sarebbe supportato da adeguata istruttoria, tenuto conto
che il PdC in sanatoria n. 41 del 29.02.2005 sarebbe stato rilasciato
in relazione a porzioni di edificio diverse dal menzionato tetto di
copertura e che, quindi, i grafici prodotti in sede di istanza di condono prot. n. 3277 del
04.09.1986 non sarebbero sufficientemente indicativi
dell’effettivo assetto dimensionale-altimetrico di quest’ultimo;
c) detta
sopraelevazione, essendo derivata dalla realizzazione del c.d. ‘cordolo sommitale’, preordinato all’adeguamento della costruzione alla normativa
antisismica, e della struttura ‘ventilata’ in legno lamellare delle falde di
copertura, si sarebbe sostanziata in un incremento ammesso ai sensi degli artt. 14, comma 7, del d.lgs. n. 104/2012, 119, comma 3, del d.l. n.
34/2020, 2, comma 10, della l.r. Campania n. 10/2022, 27, comma 5, della l.r. Campania n. 31/2021 e del punto 8.4.1 del d.m. 14.01.2008, e, come
tale, non integrante la creazione di nuove superfici o volumi, necessitante
di titolo paesaggistico e naturalistico-ambientale, ma classificabili entro
le categorie di interventi di cui ai punti A.2 o A.3 dell’allegato A al
d.p.r. n. 31/2017, sottratte al regime abilitativo dell’autorizzazione
paesaggistica;
d) la misura demolitoria non sarebbe stata, comunque,
adottabile nella specie, avendo per oggetto un’attività edilizia subordinata
alla presentazione della CILA (la cui irritualità non sarebbe stata
sanzionabile in via ripristinatoria) e risultando, nel contempo
sproporzionata in rapporto al confliggente interesse primario del privato al
mantenimento ed al miglioramento della propria condizione abitativa;
e) in
ogni caso, la rilevata assenza pareri paesaggistici e naturalistico-ambientali avrebbe potuto essere ovviata dall’amministrazione
comunale tramite soccorso istruttorio, preordinato a incanalare la CILAS del
25.05.2022 entro l’alveo procedimentale conforme al relativo oggetto;
f)
l’Ente Parco, nella nota del 10.09.2020, prot. n. 10254, avrebbe
chiarito che gli interventi di efficientamento energetico –quale, appunto,
quello in contestazione–, siccome rispondenti ai primari interessi di
transizione ecologica, pariordinati rispetto a quelli
paesaggistico-ambientali, sarebbero qualificabili in termini di attività
edilizia libera ex art. 6, comma 1, lett. a), del d.p.r. n. 380/2001 e non
richiederebbero il previo rilascio del proprio nulla osta;
g) l’ingiunzione demolitoria non sarebbe stata preceduta dalla comunicazione di avvio del
procedimento sanzionatorio con essa definito;
...
Considerato, innanzitutto, che:
- nel contestare l’abusiva sopraelevazione del tetto di copertura,
l’ordinanza di demolizione n. 4 del 23.12.2022 fa ellitticamente
riferimento ad una presunta discordanza tra la rappresentazione dello stato
di fatto acquisita in sede di PdC in sanatoria n. 41 del 29.02.2005 e
l’assetto del manufatto in esito ai lavori eseguiti in forza della CILAS del
25.05.2022;
- ciò, senza tener conto, da un lato, dell’approssimazione riproduttiva
degli elaborati grafici a corredo dell’istanza istanza di condono prot. n.
3277 del 04.09.1986 (riferita a porzioni di edificio diverse dal
menzionato tetto di copertura) e, d’altro lato, delle evidenze morfologico-dimensionali della struttura originaria, agevolmente rilevabili
dalle riproduzioni fotografiche riportate, oltre che nella stessa relazione
di sopralluogo prot. n. 10003 del 16.11.2022, nella relazione tecnica
asseverata, depositata in giudizio da parte ricorrente;
- queste ultime ritraggono, in particolare:
-- un preesistente sfalsamento
di circa cm 60 nel solaio del sottotetto;
-- l’originaria quota di imposta
della falda di copertura ad un’altezza pari non già a m 0,00 (così come
visualizzabile nei grafici a corredo dell’istanza istanza di condono prot.
n. 3277 del 04.09.1986), bensì a circa cm 60 rispetto alla gronda;
- di qui, dunque, il deficit istruttorio in cui è incorsa l’amministrazione
intimata in sede di sopralluogo;
Considerato, poi, che:
- come illustrato nella relazione tecnica asseverata versata in atti da
parte ricorrente, l’incremento altimetrico rilevato nel tetto di copertura
dell’immobile ubicato in Pisciotta, località Marina di Campagna, censito in
catasto al foglio 13, particella 390, rispetto al relativo assetto
preesistente è dipeso dalla realizzazione del c.d. ‘cordolo sommitale’ e
della struttura ‘ventilata’ in legno lamellare delle falde, ossia
dall’esecuzione di opere di manutenzione straordinaria e di consolidamento
statico, elettivamente preordinate all’adeguamento antisismico ed all’efficientamento
energetico dell’edificio;
- ebbene, un simile incremento non può dirsi rilevante tanto sul piano
urbanistico-edilizio quanto sul piano paesaggistico-naturalistico-ambientale,
siccome ottenuto in conformità alla disciplina derogatoria di cui agli artt.
14, comma 7, del d.lgs. n. 104/2012, 119, comma 3, del d.l. n. 34/2020, 2,
comma 10, della l.r. Campania n. 10/2022, 27, comma 5, della l.r. Campania
n. 31/2021, nonché al punto 8.4.1 del d.m. 14.01.2008, e cioè siccome
finalizzato all’attuazione, tramite variazioni quantitative tollerabili, dei
target ordinamentali di recupero, miglioramento e ottimizzazione del
patrimonio edilizio esistente sotto il profilo della sicurezza antisismica e
del risparmio energetico;
- in dettaglio:
-- a norma dell’art. 14, comma 7, del d.lgs. n. 104/2012,
«nel caso di interventi di manutenzione straordinaria, restauro e
ristrutturazione edilizia, il maggior spessore delle murature esterne e
degli elementi di chiusura superiori ed inferiori, necessario per ottenere
una riduzione minima del 10% dei limiti di trasmittanza previsti dal decreto
legislativo 19.08.2005, n. 192, e successive modificazioni, certificata
con le modalità di cui al medesimo decreto legislativo, non è considerato
nei computi per la determinazione dei volumi, delle altezze, delle superfici
e dei rapporti di copertura. Entro i limiti del maggior spessore di cui
sopra, è permesso derogare, nell'ambito delle pertinenti procedure di
rilascio dei titoli abitativi di cui al titolo II del decreto del Presidente
della Repubblica 06.06.2001, n. 380, a quanto previsto dalle normative
nazionali, regionali o dai regolamenti edilizi comunali, in merito alle
distanze minime tra edifici, alle distanze minime dai confini di proprietà,
alle distanze minime di protezione del nastro stradale e ferroviario, nonché
alle altezze massime degli edifici» (cfr. art. 2, comma 10, della l.r.
Campania n. 10/2022);
-- a norma dell’art. 119, comma 3, del d.l. n.
34/2020, «gli interventi di dimensionamento del cappotto termico e del
cordolo sismico» beneficianti del Superbonus «non concorrono al conteggio
della distanza e dell'altezza, in deroga alle distanze minime riportate
all'articolo 873 del codice civile»;
-- a norma dell’art. 27, comma 5, della
l.r. Campania n. 31/2021, «negli interventi di miglioramento sismico la
ricostruzione di elementi strutturali è possibile anche con materiali e
spessori differenti da quelli originari al fine di garantire una sicurezza
strutturale e sismica»;
-- a norma del punto 8.4.1 del d.m. 14.01.2008,
«una variazione dell’altezza dell’edificio, per la realizzazione di cordoli sommitali, sempre che resti immutato il numero di piani, non è considerata
sopraelevazione o ampliamento, ai sensi dei punti a e b …»;
Considerato, infine, che:
- i superiori rilievi militano nel senso, propugnato dalla T., che il
rifacimento del tetto di copertura realizzato nell’ambito dei lavori di cui
alla CILAS del 25.05.2022 (avente per oggetto “lavori di efficientamento
energetico … ai sensi della l. n. 77/2020, c.d. Superbonus 110%”,
consistenti in “isolamento termico delle pareti opache, sostituzione
infissi, sostituzione impianto di climatizzazione, installazione impianto fotovoltaico con relativo accumulo, colonnina per ricarica autoveicoli
elettrici, impianto solare termico abbinato alla pompa di calore,
installazione di schermature solari, sistema di building automation,
interventi di consolidamento statico”) debba intendersi attratto all’orbita
degli interventi di manutenzione straordinaria e di consolidamento statico e
di restauro conservativo, non alteranti lo stato dei luoghi e l’aspetto
esteriore degli edifici, che l’art. 149, lett. a), del d.lgs. n. 42/2004
sottrae al regime abilitativo dell’autorizzazione paesaggistica, nonché
all’orbita degli interventi «di efficientamento energetico dell’involucro
edilizio … di sostituzione ed efficientamento degli impianti», di
installazione dei «punti di ricarica dei veicoli elettrici, nonché … dei
pannelli fotovoltaici», che l’Ente Parco, nella circolare del 10.09.2020, prot. n. 10254, reputa affrancati dall’obbligo della previa
acquisizione del nulla osta naturalistico-ambientale;
- di qui, dunque, a fronte dell’insufficientemente ed erroneamente ravvisata
sussistenza di un innalzamento rilevante del tetto di copertura, la
legittimità della CILAS del 25.05.2022, pure in assenza dei pareri
paesaggistici e naturalistico-ambientali da parte della Soprintendenza di
Salerno e Avellino e dell’Ente Parco;
Ritenuto, quindi, che:
- stante l’acclarata fondatezza dei profili di censura dianzi scrutinati, e
restando assorbiti quelli ulteriori, il ricorso in epigrafe va accolto, con
conseguente annullamento del provvedimento con esso impugnato, nella parte
in cui viene contestato l’abusivo innalzamento del tetto di copertura
dell’edificio ubicato in Pisciotta, località Marina di Campagna, censito in
catasto al foglio 13, particella 390; |
ottobre 2021 |
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EDILIZIA PRIVATA: Attività
edilizia in zona sismica.
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Edilizia – Zone sismiche – Autorizzazione - Criterio.
Le deroghe all’obbligo di munirsi
dell’autorizzazione per iniziare lavori edilizi in zona sismica disposte dai
commi 4 e 5 dell’art. 94-bis, d.P.R. n. 380 del 2001, introdotto dall’art.
3, comma 1, d.l. n. 32 del 2019, sono immediatamente applicabili senza che
occorra attendere l’emanazione delle linee guida di cui al comma 2 dello
stesso art. 94-bis (approvate con d.m. 30.04.2020) qualora l’immobile
rientri nelle categorie definite dal comma 1, lett. b) e c), della medesima
disposizione (1).
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(1) Ha chiarito la Sezione che le linee guida sono strumentali
all’individuazione delle opere per cui non è necessario neppure il preavviso
ex art. 93, d.P.R. n. 380 del 2001, mentre risulta immediatamente
applicabile la deroga all’obbligo di autorizzazione disposta dai commi 4 e 5
dell’art. 94-bis del medesimo T.U.E.D. per gli interventi rispetto a cui le
regioni possono limitarsi a istituire controlli a campione.
Gli interventi che non necessitano, quindi, di autorizzazione preventiva
sono quelli di cui all’art. 94-bis, comma 1, lett. b) e c); tra essi è
senz’altro ricompreso quello di cui si discute poiché, come indicato nella
denuncia versata in atti e corredata di ampia documentazione tecnica, il
manufatto è una nuova costruzione “non rientrante” nella fattispecie
di cui alla lettera a) n. 2) (“le nuove costruzioni che si discostino
dalle usuali tipologie o che per la loro particolare complessità strutturale
richiedano più articolate calcolazioni e verifiche, situate nelle località
sismiche, ad eccezione di quelle a bassa sismicità”) e, in quanto tale,
non più soggetto all’obbligo di autorizzazione.
Stante la immediata precettività della norma, l’operato della Regione è,
quindi, da ritenersi illegittimo con conseguente accoglimento della prima
censura.
Va aggiunto che tale conclusione non muta in rapporto alla pretesa
violazione dei limiti dell’autonomia regionale. Gli artt. 1 e 2 del medesimo
d.P.R. n. 380 del 2001 ergono a principi fondamentali –cogenti per la
legislazione regionale– quelli desunti dal testo unico e la giurisprudenza
ha chiarito che la qualificazione degli interventi edilizi, ai fini
dell’applicazione di un determinato regime regolatorio, compete, appunto,
alla legislazione statale. Tale principio è stato declinato proprio con
riferimento alla regolamentazione generale degli interventi edilizi in zona
sismica, ricondotta appunto ai principi fondamentali della legislazione
statale nelle materie della “protezione civile” e del “governo del
territorio” (Corte cost. 10.12.2019, n. 264).
(TAR Campania-Napoli, Sez. VIII,
sentenza 19.10.2021 n. 6548 -
commento tratto da e link a www.giustizia-amministrativa.it).
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SENTENZA
3.1. Nel merito, va confermata la decisione già ampiamente tratteggiata in
sede cautelare.
A tal fine, è necessario esaminare l’ordito normativo onde verificare la
bontà della tesi, affermata dalla parte ricorrente e confutata dalla
Regione, secondo cui la costruzione in argomento potesse essere realizzata
all’esito della denuncia che è stata ritualmente effettuata.
L’art. 93 del D.P.R. n. 380/2001 (cd. T.U.E.D.) regola l’obbligo di
preavviso per costruire in zone sismiche; l’art. 94 impone l’obbligo di
munirsi di autorizzazione a tal fine. Tale obbligo subisce delle deroghe a
opera del successivo art. 94-bis, introdotto dall’art. 3, co. 1, del D.L. n.
32/2019 e già più volte modificato.
Tale disposizione, per quanto qui interessa:
-) cataloga gli interventi secondo un criterio di minore o maggiore
rilevanza (co. 1);
-) prevede che siano emanate delle linee guida per l’individuazione
degli interventi non bisognevoli di alcun preavviso e che, nelle more, le
regioni “possono confermare le disposizioni vigenti” (co. 2);
-) prevede una deroga all’obbligo di munirsi di autorizzazione
preventiva per gli interventi di minore rilevanza o privi di rilevanza di
cui al co. 1 lett. b) e c), interventi per cui le Regioni possono “istituire
controlli anche con modalità a campione” (co. 4 e 5).
3.2. Orbene, la Regione, con il provvedimento impugnato e anche nel
rigettare la richiesta di revoca (provv. sub. ‘a’ e sub ‘c’) sostiene che la
deroga all’obbligo di autorizzazione sarebbe da intendersi procrastinata
all’emanazione delle linee guida (avvenuta solo in data 30.04.2020) e che,
comunque, la Regione Campania al tempo dell’intervento non aveva
regolamentato nuovamente la materia all’esito della modifica della normativa
statale. L’ente sostiene che tale circostanza avrebbe, in ogni caso,
impedito l’operatività della deroga all’obbligo di ottenere
l’autorizzazione. In particolare, la Regione Campania ha recepito le
modifiche solo con il reg. regionale n. 9 del 27.07.2020, entrato in vigore
l’11.08.2020: solo da quel momento (nella tesi della Regione Campania) è
stato escluso, per taluni interventi, l’obbligo di ottenere
l’autorizzazione.
3.3. La lettura della norma conduce a preferire la tesi della parte
ricorrente in quanto, le disposizioni sopra riportate chiariscono che le
linee guida sono strumentali all’individuazione delle opere per cui non è
necessario neppure il preavviso ex art. 93 del D.P.R. n. 380/2001, mentre
risulta immediatamente applicabile la deroga all’obbligo di autorizzazione
disposta dai commi 4 e 5 dell’art. 94 bis del medesimo T.U.E.D. per gli
interventi rispetto a cui le regioni possono limitarsi a istituire controlli
a campione.
3.4. Gli interventi che non necessitano, quindi, di autorizzazione
preventiva sono quelli di cui all’art. 94-bis, co. 1, lett. b) e c); tra
essi è senz’altro ricompreso quello di cui si discute poiché, come indicato
nella denuncia versata in atti e corredata di ampia documentazione tecnica,
il manufatto è una nuova costruzione “non rientrante” nella
fattispecie di cui alla lettera a) n. 2) (“le nuove costruzioni che si
discostino dalle usuali tipologie o che per la loro particolare complessità
strutturale richiedano più articolate calcolazioni e verifiche, situate
nelle località sismiche, ad eccezione di quelle a bassa sismicità”) e,
in quanto tale, non più soggetto all’obbligo di autorizzazione.
In merito, è bene precisare che la Regione contesta l’applicabilità del
regime semplificato mentre nulla controdeduce in merito alle caratteristiche
dell’immobile che -descritte dalla parte ricorrente e confermate dalla
documentazione versata in atti- sono tali da farlo rientrare, appunto, negli
interventi di “minore rilevanza”.
3.5. Stante la immediata precettività della norma, l’operato della Regione
è, quindi, da ritenersi illegittimo con conseguente accoglimento della prima
censura.
4. Va aggiunto che tale conclusione non muta in rapporto alla pretesa
violazione dei limiti dell’autonomia regionale. Gli artt. 1 e 2 del medesimo
D.P.R. n. 380/2001 ergono a principi fondamentali –cogenti per la
legislazione regionale– quelli desunti dal testo unico e la giurisprudenza
ha chiarito che la qualificazione degli interventi edilizi, ai fini
dell’applicazione di un determinato regime regolatorio, compete, appunto,
alla legislazione statale.
Tale principio è stato declinato proprio con riferimento alla
regolamentazione generale degli interventi edilizi in zona sismica,
ricondotta appunto ai principi fondamentali della legislazione statale nelle
materie della “protezione civile” e del “governo del territorio”
(Corte Costituzionale, 10/12/2019, n. 264). Proprio con riferimento
all’introduzione dell’art. 94-bis T.U.E.D. ad opera del D.L. n. 32/2019,
poi, la Corte costituzionale ha ritenuto inammissibile l’intervento
regionale teso a procrastinare l’immediata entrata in vigore dei “nuovi”
principi fondamentali in materia (Corte Costituzionale, 13/01/2021, n. 2,
par. 13.3).
Tanto, evidentemente, conferma l’immediata cogenza della deroga all’obbligo
di autorizzazione introdotta dalla legislazione statale.
5. Passando alla seconda censura, pur assorbita in ragione dell’accoglimento
della prima, va dichiarata l’illegittimità del provvedimento anche per la
modalità operativa –evidenziata pure in sede cautelare– di adottare il
provvedimento di sospensione a distanza di oltre un anno dalla presentazione
della prescritta denuncia (il provvedimento è del 15.2.2021 a fronte di una
denuncia presentata il 01.02.2020). Quest’ultima, infatti, era chiaramente
intesa quale denuncia afferente al regime semplificato e, pertanto, il Genio
civile avrebbe dovuto –secondo un elementare canone di buona amministrazione
(art. 97 Cost.)– provvedere entro termini stringenti a sospendere i lavori
anziché provvedere in tal senso dopo lungo tempo a lavori quasi ultimati.
5.1. Le considerazioni che precedono conducono ad accogliere il ricorso per
quanto riguarda i provvedimenti sub a) e sub c), mentre va dichiarato il
difetto di giurisdizione per quel che riguarda il provvedimento sub b) di
comunicazione della notizia di reato
(TAR Campania-Napoli, Sez. VIII,
sentenza 19.10.2021 n. 6548 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
maggio 2021 |
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EDILIZIA PRIVATA: Regolarità
sismica quale presupposto per la sanatoria urbanistica.
Il rilascio di un permesso in sanatoria con
prescrizioni, con le quali si subordina l'efficacia dell'accertamento alla
realizzazione di lavori che consentano di rendere il manufatto conforme alla
disciplina urbanistica vigente al momento della domanda o al momento della
decisione, contraddice, innanzitutto sul piano logico, la rigida direttiva
normativa poiché la previsione di condizioni o prescrizioni smentisce
qualsiasi asserzione circa la doppia conformità dell'opera, dimostrando che
tale conformità non sussiste se non attraverso l'esecuzione di modifiche
ulteriori e postume (rispetto alla stessa presentazione della domanda di
accertamento in sanatoria).
---------------
La disciplina antisismica considera la regolarità
sismica del progetto (da intendersi come effettiva conformità del progetto
alle prescrizioni tecniche di sicurezza sismica) come un requisito
indefettibile per la realizzazione delle opere e per l’ottenimento di un
valido titolo edilizio, e dunque anche ai fini del rilascio del permesso di
costruire in sanatoria ex articolo 36 del TUED.
Se nel sistema dei principi delineati dalla normativa statale, sia gli
interventi edilizi soggetti a permesso di costruire, sia quelli consentiti a
seguito di denuncia, presuppongono sempre la previa verifica del rispetto
delle norme sismiche, non pare possa dubitarsi che la verifica della doppia
conformità, alla quale l’art. 36 del testo unico subordina il rilascio
dell’accertamento di conformità in sanatoria, debba riferirsi anche al
rispetto delle norme sismiche, da comprendersi nelle norme per l’edilizia,
sia al momento della realizzazione dell’intervento che al momento di
presentazione della domanda di sanatoria.
Deve pertanto ritenersi che l’accertamento del rispetto delle specifiche
norme tecniche antisismiche è sempre un presupposto necessario per
conseguire il titolo che consente di edificare, al quale si riferisce il
criterio della doppia conformità.
---------------
Sugli atti di motivi aggiunti.
10. Lo scrutinio delle censure introdotte con il primo atto di motivi
aggiunti richiede di soffermarsi prima brevemente sui fatti di causa seguiti
all’adozione del permesso di costruire in sanatoria n. 1/2016.
10.1. Il sig. Pa. D’Al., dopo aver ottenuto tale permesso di costruire, ha
presentato allo sportello unico edilizia il c.d. deposito sismico.
La Commissione tecnica regionale, dopo aver chiesto delle integrazioni alla
documentazione del predetto istante nella seduta del 12.09.2016, nella
successiva data del 20.09.2016 rilasciava il proprio parere favorevole, ma
con prescrizioni, sul progetto presentato.
A fronte del citato parere il sig. Pa. D’Al. presentava indi al Comune una
domanda di permesso di costruire teso alla realizzazione degli occorrenti
lavori di adeguamento sismico. E il Comune rilasciava anche il chiesto
permesso di costruire con atto n. 1296 (VII/2016) del 15.10.2016, impugnato
con il presente atto di motivi aggiunti.
10.2. Orbene, nel nuovo permesso di costruire così rilasciato si legge:
“(…) A seguito di presentazione del deposito sismico presso i competenti
uffici regionali e delle successive integrazioni richieste in data
20/09/2016 la commissione tecnica regionale rilasciava con esito positivo il
parere definitivo sulla base delle seguenti premesse;
- Dato atto che è necessario effettuare lavori di adeguamento sismico al
fabbricato a seguito delle prescrizioni della Commissione Tecnica Regionale
e i lavori da eseguire consistono;
- Nel prolungamento del setto murario al piano terra adiacente alla porta
d’ingresso;
- Nel prolungamento del setto murario al piano terra adiacente la finestra
del bagno;
- Nell’adeguamento dei due pilastri in c.a. posti tra il piano di fondazione
ed il balcone del primo piano con aumento della sezione da cm 25x25 a cm
30x30 dei sei pilastri in c.a. posti al piano portico;
- Nell’adeguamento con la posa in opera di tubolari verticali ed orizzontali
delle dimensioni di cm. 80x80x del portico in ferro e legno esistente al
piano terra;
- Visto l’esito dell’istruttoria del progetto;
- Acquisita la comunicazione da parte della Regione Molise Servizio Tecnico
Sismico e Gerologico, dalla quale si evince che la Commissione tecnica
regionale ha rilasciato con esito positivo il parere definitivo in data
20/09/2016 con prescrizione (…)”.
10.3. Fatte queste premesse, il Collegio rileva che ragioni di opportunità
inducono a trattare prioritariamente il quinto mezzo dell’atto di motivi
aggiunti, con cui si è tornati a denunciare, ma da una nuova prospettiva, la
violazione del principio di doppia conformità di cui all’art. 36 del TUED.
Sostiene parte ricorrente che il Comune, una volta conosciuti gli esiti
dell’iter tecnico specialistico, avrebbe dovuto prendere atto delle
criticità sostanziali emerse in occasione dell’accertamento di compatibilità
sismica, al cui esito positivo aveva condizionato le sorti del permesso di
costruire n. 1/2016. E, pertanto, avrebbe dovuto ritirare in autotutela la
sanatoria del 07.01.2016, invece di rilasciare un nuovo titolo edilizio che
presupponeva la validità e permanente efficacia del precedente.
Da questa angolazione la ricorrente deduce dunque nuovamente la violazione
del principio di doppia conformità di cui all’articolo 36 del TUED e la
conseguente illegittimità del permesso di costruire in sanatoria n. 1 del
2016; essa afferma inoltre, di riflesso, l’illegittimità (anche derivata)
del successivo permesso n. VII del 2016, che aveva autorizzato i lavori di
adeguamento sismico sull’erroneo presupposto della validità e perdurante
efficacia del citato permesso di sanatoria.
Questa censura è fondata.
Dagli atti di causa emerge chiaramente, invero, che l’intervento sanato con
il permesso di costruire n. 1 del 16 non fosse conforme alle norme tecniche
costruttive di cui al DM 14.01.2008 (tant’è che si è ravvisata la necessità
di procedere ad interventi di messa in sicurezza sismica del fabbricato),
con conseguente violazione dell’articolo 36 del TUED, il quale subordina il
rilascio della sanatoria alla condizione che l’opera fosse conforme alle
norme edilizie sia al tempo della realizzazione dell’intervento, sia a
quello della richiesta dell’accertamento sanante.
10.4. Né può assumere rilievo la circostanza che una conformità alle norme
antisismiche sia stata comunque conseguita, di fatto, a seguito
dell’esecuzione degli interventi richiesti dalla Regione.
Il principio della doppia conformità di cui all’articolo 36 del TUED,
infatti, non consente delle sanatorie sottoposte a condizioni di modifica
dell’immobile (cfr., tra le molte, Consiglio di Stato, sez. VI, 04.07.2014,
n. 3410, pronuncia la quale puntualizza che "il rilascio di un permesso
in sanatoria con prescrizioni, con le quali si subordina l'efficacia
dell'accertamento alla realizzazione di lavori che consentano di rendere il
manufatto conforme alla disciplina urbanistica vigente al momento della
domanda o al momento della decisione, contraddice, innanzitutto sul piano
logico, la rigida direttiva normativa poiché la previsione di condizioni o
prescrizioni smentisce qualsiasi asserzione circa la doppia conformità
dell'opera, dimostrando che tale conformità non sussiste se non attraverso
l'esecuzione di modifiche ulteriori e postume (rispetto alla stessa
presentazione della domanda di accertamento in sanatoria”; si veda anche
TAR Campania, Napoli, sezione III, sentenza n. 696 del 2021).
10.5. Nemmeno è persuasiva la linea argomentativa del Comune e del
controinteressato che si richiama alla specificità della disciplina
regionale del Molise di cui agli artt. 7 e 8 della L.R. n. 20 del 1996.
Le resistenti sottolineano, in sintesi, che le norme regionali subordinano
solo l’inizio dei lavori, e non anche il rilascio del titolo edilizio, al
c.d. deposito sismico, di tal ché la conformità del progetto di opera alle
prescrizioni sismiche non potrebbe considerarsi un presupposto per il
rilascio del titolo edilizio: e, dunque, si sostiene, nemmeno del titolo in
sanatoria.
A tanto è tuttavia immediato obiettare che il titolo edilizio in sanatoria,
proprio per la sua specifica natura, diversamente dal comune permesso di
costruire è senz’altro posteriore all’inizio dei lavori, momento cui non può
più essere fatto rinvio. Sicché l’automatico parallelismo che le resistenti
tentano d’instaurare tra i due titoli non si presenta convincente.
L’impostazione delle resistenti appare, inoltre, incompatibile con la ratio
della disciplina antisismica, la quale considera la regolarità sismica del
progetto (da intendersi come effettiva conformità del progetto alle
prescrizioni tecniche di sicurezza sismica) come un requisito indefettibile
per la realizzazione delle opere e per l’ottenimento di un valido titolo
edilizio, e dunque anche ai fini del rilascio del permesso di costruire in
sanatoria ex articolo 36 del TUED.
Questa interpretazione trova conferma in una recente pronuncia della Corte
costituzionale (sent. n. 101 del 2013) la quale, dopo aver ricostruito il
quadro normativo di riferimento in materia, ha affermato dei principi di
carattere generale che risultano applicabili anche al caso di specie, e che,
anche per la loro chiarezza, meritano di essere richiamati.
“Se nel sistema dei principi delineati dalla normativa statale, sia gli
interventi edilizi soggetti a permesso di costruire, sia quelli consentiti a
seguito di denuncia, presuppongono sempre la previa verifica del rispetto
delle norme sismiche, non pare possa dubitarsi che la verifica della doppia
conformità, alla quale l’art. 36 del testo unico subordina il rilascio
dell’accertamento di conformità in sanatoria, debba riferirsi anche al
rispetto delle norme sismiche, da comprendersi nelle norme per l’edilizia,
sia al momento della realizzazione dell’intervento che al momento di
presentazione della domanda di sanatoria.
(…) Deve pertanto ritenersi che l’accertamento del rispetto delle specifiche
norme tecniche antisismiche è sempre un presupposto necessario per
conseguire il titolo che consente di edificare, al quale si riferisce il
criterio della doppia conformità” (con tale pronuncia la Corte ha
dichiarato l’illegittimità costituzionale, per violazione dell’articolo 117,
comma 3 Cost., dell’articolo 5 della legge regionale toscana n. 1 del 2005,
nella parte in cui prevedeva la possibilità di ottenere il permesso in
sanatoria per le opere edilizie che risultassero conformi alla normativa
tecnico-sismica vigente soltanto al momento della loro realizzazione, e non
anche al momento della presentazione dell’istanza di accertamento di
conformità, nonché per le opere realizzate in difformità dalla normativa
tecnica vigente al momento della loro realizzazione, purché le stesse
venissero adeguate alle norme vigenti: secondo la Corte attraverso tale
previsione la Regione, eccedendo le sue competenze in materia, ha violato la
norma statale di principio sulla doppia conformità di cui all’articolo 36
del TUED).
10.6. Fermo l’accoglimento del motivo di censura da ultimo vagliato, giova
infine evidenziare che il permesso di costruire n. 1 del 2016, dato il
mancato perfezionamento favorevole della verifica sostanziale del rispetto
della normativa antisismica (esito che il Comune aveva fatto oggetto di
apposita condizione), avrebbe perso di validità già ex se.
Da qui la dubbia permanenza di un interesse a ricorrere alla base del terzo
profilo del secondo motivo del ricorso introduttivo (v. supra, paragr.
8.2.3.), con cui il ricorrente poneva in discussione la legittimità della
previsione di un siffatto meccanismo condizionale.
Quel che qui più importa notare, tuttavia, è che tale originario profilo di
censura risulta superato dall’avvento, appunto, del quinto mezzo dell’atto
di motivi aggiunti, la cui accertata fondatezza induce a considerarlo
recessivo e passibile di assorbimento.
11. L’accertata illegittimità del permesso in sanatoria n. 1/16 per
violazione dell’articolo 36 del TUED comporta per via d’illegittimità
derivata l’annullamento non solo del permesso n. 1296 (VII/2016), ma anche
dell’ulteriore permesso edilizio n. 1303 del 14.04.2018 di mutamento di
destinazione d’uso del locale sottotetto, titolo che è stato qui avversato
con il secondo atto di motivi aggiunti.
Non pare dubbio, infatti, che l’assentimento del mutamento di destinazione
d’uso di cui si tratta risenta della sorte dei provvedimenti edilizi a monte
riguardanti la struttura del fabbricato interessato
(TAR Molise,
sentenza 05.05.2021 n. 169 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
marzo 2021 |
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EDILIZIA PRIVATA: Sull’annullamento
in autotutela di autorizzazione sismica.
Occorre muovere dall’art. 94, comma 1, del d.P.R. n. 380
del 2001 che, riprendendo l’art. 18 della Legge n. 64 del 1974, stabilisce
che “1. Fermo restando l’obbligo del titolo abilitativo all’intervento
edilizio, nelle località sismiche, ad eccezione di quelle a bassa sismicità
all’uopo indicate nei decreti di cui all’articolo 83, non si possono
iniziare lavori senza preventiva autorizzazione del competente ufficio
tecnico della regione”.
Sul punto è stato chiarito che l’intento unificatore
del citato art. 94 è “palesemente orientato ad eseguire una vigilanza assidua
sulle costruzioni riguardo al rischio sismico, attesa la rilevanza del bene
protetto, che trascende anche l’ambito della disciplina del territorio, per
attingere a valori di tutela dell’incolumità pubblica che fanno capo alla
materia della protezione civile”, materia in cui peraltro, come per il
governo del territorio, compete sempre allo Stato la determinazione dei
principi fondamentali.
In
questa ottica l’art. 94, che esprime il fondamentale principio della
preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico regionale
per l’inizio dei lavori nelle località dichiarate sismiche, è stato così
ritenuto espressione di un “principio fondamentale in materia di governo del
territorio e protezione civile”.
La giurisprudenza maggioritaria è consolidata nel ritenere, alla stregua del
citato art. 94, che l’autorizzazione sismica, sebbene non costituisca
presupposto per il rilascio del permesso di costruire (o per la
presentazione della SCIA), è pur sempre condizione di efficacia dello stesso
e, quindi, è necessaria per l’inizio dei lavori; la Sezione ha anche rimarcato
come la stessa incompletezza dell'autorizzazione sismica in sanatoria sia un
profilo rilevante ai fini del rigetto dell'istanza.
Comunque una esplicita
previsione a livello di legislazione statale della sua possibilità di
rilascio in sanatoria sarebbe stata necessaria, analogamente a quanto, del
resto, è previsto in materia edilizia in generale dall’art. 36 del d.P.R. n. 380
cit., ovvero dalla legislazione condonistica speciale.
Peraltro va considerato che anche disposizioni in materia di vigilanza
sulle costruzioni in zone sismiche, come l’art. 96 del d.P.R. n. 380 cit.
secondo cui
“1. I funzionari, gli ufficiali ed agenti indicati all’articolo
103, appena accertato un fatto costituente violazione delle presenti norme,
compilano processo verbale trasmettendolo immediatamente al competente
ufficio tecnico della regione. 2. Il dirigente dell’ufficio tecnico
regionale, previ, occorrendo, ulteriori accertamenti di carattere tecnico,
trasmette il processo verbale all’autorità giudiziaria competente con le sue
deduzioni”,
sono norme relative all’accertamento in sede penale delle
violazioni sismiche, che in alcun modo possono essere interpretate come
volte a consentire il rilascio di un’autorizzazione postuma rispetto a
interventi già posti in essere.
Egualmente è a dirsi per i successivi artt.
98, 99 e 100, che consentono:
a) al giudice penale di impartire con il
decreto o la sentenza di condanna le “prescrizioni necessarie per rendere le
opere conformi alle norme […], fissando il relativo termine” che, in caso di
irrevocabilità della sentenza o di esecutività del decreto, possono essere
eseguite dal competente ufficio tecnico regionale, “se del caso con
l’assistenza della forza pubblica, a spese del condannato”;
b) alla Regione,
qualora il reato sia estinto per qualsiasi causa, di ordinare con
provvedimento definitivo, adottato sentito l’organo tecnico consultivo della
Regione, “l’esecuzione di modifiche idonee a renderle conformi alle norme
stesse”. È di ogni evidenza che le disposizioni da ultimo citate, quali
applicabili ratione temporis, non danno in alcun modo vita a un procedimento
amministrativo di autorizzazione in sanatoria su istanza del privato,
limitandosi a consentire la conservazione del manufatto eretto in difetto di
autorizzazione sismica preventiva, una volta che la vicenda penale sia stata
comunque definita.
---------------
3.1 Il presente giudizio ha ad oggetto l’annullamento in autotutela
di autorizzazione sismica in ragione di interventi edilizi già esaminati da
questo Tribunale (III, 17.04.2015, n. 2197) con sentenza appellata al
Consiglio di Stato, sezione VI, con giudizio Rg. n. 9256/15 mai fissato.
Conseguentemente non è meritevole di accoglimento la richiesta formulata dal
controinteressato di riunione con detto separato giudizio, per come ormai
definito.
3.2 In via preliminare occorre muovere dall’art. 94, comma 1, del d.P.R. n. 380
del 2001 che, riprendendo l’art. 18 della Legge n. 64 del 1974, stabilisce
che “1. Fermo restando l’obbligo del titolo abilitativo all’intervento
edilizio, nelle località sismiche, ad eccezione di quelle a bassa sismicità
all’uopo indicate nei decreti di cui all’articolo 83, non si possono
iniziare lavori senza preventiva autorizzazione del competente ufficio
tecnico della regione”.
Sul punto è stato chiarito che l’intento unificatore
del citato art. 94 è “palesemente orientato ad eseguire una vigilanza assidua
sulle costruzioni riguardo al rischio sismico, attesa la rilevanza del bene
protetto, che trascende anche l’ambito della disciplina del territorio, per
attingere a valori di tutela dell’incolumità pubblica che fanno capo alla
materia della protezione civile”, materia in cui peraltro, come per il
governo del territorio, compete sempre allo Stato la determinazione dei
principi fondamentali (Corte cost., 20.07.2012, n. 201; 05.05.2006, n. 182).
In
questa ottica l’art. 94, che esprime il fondamentale principio della
preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico regionale
per l’inizio dei lavori nelle località dichiarate sismiche, è stato così
ritenuto espressione di un “principio fondamentale in materia di governo del
territorio e protezione civile” (Corte cost., 12.04.2013, n. 64; 05.11.2010, n. 312).
La giurisprudenza maggioritaria è consolidata nel ritenere, alla stregua del
citato art. 94, che l’autorizzazione sismica, sebbene non costituisca
presupposto per il rilascio del permesso di costruire (o per la
presentazione della SCIA), è pur sempre condizione di efficacia dello stesso
e, quindi, è necessaria per l’inizio dei lavori (questa Sezione, 30.10.2020,
n. 4949; 07.05.2013, n. 2356; TAR Lazio, Latina, 07.02.2018, n. 243; Cass. Pen.,
III, 09.07.2008, n. 38405); la Sezione (01.06.2020, n. 2104) ha anche rimarcato
come la stessa incompletezza dell'autorizzazione sismica in sanatoria sia un
profilo rilevante ai fini del rigetto dell'istanza. Comunque una esplicita
previsione a livello di legislazione statale della sua possibilità di
rilascio in sanatoria sarebbe stata necessaria, analogamente a quanto, del
resto, è previsto in materia edilizia in generale dall’art. 36 del d.P.R. n. 380
cit., ovvero dalla legislazione condonistica speciale.
3.3 Peraltro va considerato che anche disposizioni in materia di vigilanza
sulle costruzioni in zone sismiche, come l’art. 96 del d.P.R. n. 380 cit.
secondo cui “1. I funzionari, gli ufficiali ed agenti indicati all’articolo
103, appena accertato un fatto costituente violazione delle presenti norme,
compilano processo verbale trasmettendolo immediatamente al competente
ufficio tecnico della regione. 2. Il dirigente dell’ufficio tecnico
regionale, previ, occorrendo, ulteriori accertamenti di carattere tecnico,
trasmette il processo verbale all’autorità giudiziaria competente con le sue
deduzioni”, sono norme relative all’accertamento in sede penale delle
violazioni sismiche, che in alcun modo possono essere interpretate come
volte a consentire il rilascio di un’autorizzazione postuma rispetto a
interventi già posti in essere.
Egualmente è a dirsi per i successivi artt.
98, 99 e 100, che consentono:
a) al giudice penale di impartire con il
decreto o la sentenza di condanna le “prescrizioni necessarie per rendere le
opere conformi alle norme […], fissando il relativo termine” che, in caso di
irrevocabilità della sentenza o di esecutività del decreto, possono essere
eseguite dal competente ufficio tecnico regionale, “se del caso con
l’assistenza della forza pubblica, a spese del condannato”;
b) alla Regione,
qualora il reato sia estinto per qualsiasi causa, di ordinare con
provvedimento definitivo, adottato sentito l’organo tecnico consultivo della
Regione, “l’esecuzione di modifiche idonee a renderle conformi alle norme
stesse”.
È di ogni evidenza che le disposizioni da ultimo citate, quali
applicabili ratione temporis, non danno in alcun modo vita a un
procedimento amministrativo di autorizzazione in sanatoria su istanza del
privato, limitandosi a consentire la conservazione del manufatto eretto in
difetto di autorizzazione sismica preventiva, una volta che la vicenda
penale sia stata comunque definita
(TAR Campania-Napoli, Sez. VIII,
sentenza 01.03.2021 n. 1347 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
ottobre 2020 |
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EDILIZIA PRIVATA: Inapplicabilità
della sanatoria in materia antisismica.
Nel sistema introdotto dagli artt. 94 ss., d.P.R.
06.06.2001 n. 380, 27, l.reg. Lazio 11.08.2009 n. 21 e dal r.reg. Lazio
13.07.2016 n. 14, non è previsto il rilascio dell’autorizzazione sismica in
sanatoria su istanza del privato per opere edili già eseguite ed
assoggettate a controllo preventivo, a nulla rilevando che il fatto sia
accertato dagli uffici amministrativi o dagli organi di polizia giudiziaria
ovvero che sia portato a conoscenza dell’ufficio tecnico regionale per
effetto di una auto-denuncia di chi ne sia stato l’autore
(TAR Lazio-Latina,
sentenza 13.10.2020 n. 376 - massima tratta da https://lexambiente.it).
---------------
... per l’annullamento:
1) della determinazione dirigenziale dell’Area genio civile Lazio
Sud della Regione Lazio prot. n. -OMISSIS-, notificata in pari data, con la
quale è stata respinta l’istanza di autorizzazione sismica in sanatoria,
presentata dalla ricorrente con istanza prot. n. -OMISSIS- del -OMISSIS-;
...
3. – Il ricorso è infondato.
3.1 La disamina del primo mezzo di impugnazione richiede una breve
ricostruzione del quadro normativo di riferimento in materia di rilascio
dell’autorizzazione sismica.
A tal riguardo viene in primo luogo in questione l’art. 94, comma 1, d.P.R.
n. 380 cit. (Autorizzazione per l’inizio dei lavori) che, riprendendo l’art.
18, l. 02.02.1974 n. 64, stabilisce: “1. Fermo restando l’obbligo del
titolo abilitativo all’intervento edilizio, nelle località sismiche, ad
eccezione di quelle a bassa sismicità all’uopo indicate nei decreti di cui
all’articolo 83, non si possono iniziare lavori senza preventiva
autorizzazione del competente ufficio tecnico della regione”.
Sul punto è stato chiarito che l’intento unificatore dell’art. 94, d.P.R. n.
380 cit., è “palesemente orientato ad eseguire una vigilanza assidua
sulle costruzioni riguardo al rischio sismico, attesa la rilevanza del bene
protetto, che trascende anche l’ambito della disciplina del territorio, per
attingere a valori di tutela dell’incolumità pubblica che fanno capo alla
materia della protezione civile”, materia in cui peraltro, come per il
governo del territorio, compete sempre allo Stato la determinazione dei
principi fondamentali (Corte cost. 05.05.2006 n. 182; conf. Corte cost.
20.07.2012 n. 201).
In questa ottica, l’art. 94, d.P.R. n. 380 cit., che esprime il fondamentale
principio della preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio
tecnico regionale per l’inizio dei lavori nelle località dichiarate
sismiche, è stato così ritenuto espressione di un “principio fondamentale
in materia di governo del territorio e protezione civile” (Corte cost.
05.11.2010 n. 312; conf. Corte cost. 12.04.2013 n. 64).
Fermo, quindi, il valore di principio fondamentale nella materia de qua
della natura preventiva dell’autorizzazione sismica, l’art. 27, l.reg. Lazio
11.08.2009 n. 21 (Misure straordinarie per il settore edilizio ed interventi
per l’edilizia residenziale sociale), ha demandato a un regolamento c.d.
autorizzato, adottato dalla Giunta ai sensi dell’art. 47, comma 2, lett. c),
St. reg., “in conformità alla normativa statale vigente in materia di
prevenzione del rischio sismico […]”, la definizione dei criteri e delle
modalità, tra l’altro, per il rilascio dell’autorizzazione sismica. In tal
senso, l’art. 1, comma 1, lett. c), r.reg. n. 14 del 2016, conferma proprio
che le disposizioni in esso contenute sono adottate “in conformità a
quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 06.06.2001, n.
380”.
Ebbene, con riferimento al quadro giuridico sopra delineato, la tesi
sostenuta da parte ricorrente appare destituita di fondamento ove si
consideri che né la legislazione statale né quella regionale, adottata in
conformità ai principi fondamentali della materia dalla prima evincibili,
prevedono l’istituto dell’autorizzazione sismica in sanatoria. Al contrario,
stante la ricordata rilevanza di principio fondamentale della materia
rivestita dalla natura esclusivamente preventiva del titolo abilitativo de
quo, una esplicita previsione a livello di legislazione statale della sua
possibilità di rilascio in sanatoria sarebbe stata necessaria, analogamente
a quanto, del resto, è previsto in materia edilizia in generale dall’art.
36, d.P.R. n. 380 cit., ovvero dalla legislazione condonistica speciale.
Né a conclusioni diverse può indurre la considerazione di altre disposizioni
statali in materia di vigilanza sulle costruzioni in zone sismiche, come
l’art. 96, d.P.R. n. 380 cit., evocato da parte ricorrente, per il quale: “1.
I funzionari, gli ufficiali ed agenti indicati all’articolo 103, appena
accertato un fatto costituente violazione delle presenti norme, compilano
processo verbale trasmettendolo immediatamente al competente ufficio tecnico
della regione. 2. Il dirigente dell’ufficio tecnico regionale, previ,
occorrendo, ulteriori accertamenti di carattere tecnico, trasmette il
processo verbale all’autorità giudiziaria competente con le sue deduzioni”;
infatti, si tratta di norme relative all’accertamento in sede penale delle
violazioni sismiche, che in alcun modo possono essere interpretate come
volte a consentire il rilascio di un’autorizzazione postuma rispetto a
interventi già posti in essere.
Egualmente è a dirsi per i successivi artt. 98, 99 e 100, che consentono:
a) al giudice penale di impartire con il decreto o la sentenza di
condanna le “prescrizioni necessarie per rendere le opere conformi alle
norme […], fissando il relativo termine” che, in caso di irrevocabilità
della sentenza o di esecutività del decreto, possono essere eseguite dal
competente ufficio tecnico regionale, “se del caso con l’assistenza della
forza pubblica, a spese del condannato”;
b) alla Regione, qualora il reato sia estinto per qualsiasi causa,
di ordinare con provvedimento definitivo, adottato sentito l’organo tecnico
consultivo della Regione, “l’esecuzione di modifiche idonee a renderle
conformi alle norme stesse”.
È di ogni evidenza che le disposizioni da ultimo citate non danno in alcun
modo vita a un procedimento amministrativo di autorizzazione in sanatoria su
istanza del privato, limitandosi a consentire la conservazione del manufatto
eretto in difetto di autorizzazione sismica preventiva, una volta che la
vicenda penale sia stata comunque definita, cosa che peraltro, nella specie,
non risulta essere ancora avvenuta.
Alle ragioni di parte ricorrente, poi, non giova neppure invocare l’art. 36,
d.P.R. n. 380 cit., dal momento che l’applicazione dell’istituto
dell’accertamento di conformità non può che essere armonizzata con i
successivi artt. 96, 98, 99 e 100, che delineano le uniche modalità
attraverso le quali la legge rende possibile pervenire all’effetto utile di
conservare un manufatto realizzato ab origine in carenza di
autorizzazione sismica.
Peraltro, ove si accedesse alla tesi della società ricorrente, mancando una
puntuale disciplina positiva dell’autorizzazione sismica in sanatoria, si
finirebbe con l’introdurre in una materia così delicata per l’incolumità
delle persone –peraltro neppure pienamente disponibile da parte del
legislatore regionale– una sorta di sanatoria giurisprudenziale fondata
sull’accertamento postumo della conformità dell’opera comunque edificata
alle norme tecniche per la costruzione in zone sismiche al momento della
richiesta.
Una simile sanatoria evocherebbe l’omologo controverso istituto
riconosciuto privo di valore qualificante in molte pronunce del giudice
amministrativo (cfr.: Cons. Stato, sez. VI, 18.01.2019 n. 470; sez. VI,
04.06.2018 n. 3363; sez. VI, 18.07.2016 n. 3194; sez. VI, 18.09.2015 n.
4359; sez. V, 17.09.2012 n. 4914; sez. IV, 26.03.2010 n. 1763; sez. VI,
07.05.2009 n. 2835; sez. IV, 26.04.2006 n. 2306) ed espressamente escluso
dall’art. 36, d.P.R. n. 380 cit.
In definitiva, può ritenersi nel sistema introdotto dagli artt. 94 ss.,
d.P.R. 06.06.2001 n. 380, 27, l.reg. Lazio 11.08.2009 n. 21 e dal r.reg.
Lazio 13.07.2016 n. 14, non è previsto il rilascio dell’autorizzazione
sismica in sanatoria su istanza del privato per opere edili già eseguite ed
assoggettate a controllo preventivo, a nulla rilevando che il fatto sia
accertato dagli uffici amministrativi o dagli organi di polizia giudiziaria
ovvero che sia portato a conoscenza dell’ufficio tecnico regionale per
effetto di una auto-denuncia di chi ne sia stato l’autore.
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Si legga, al riguardo, acnhe:
● M Grisanti,
Inesistenza di disciplina in tema di sanatoria sismica (commento a TAR
Lazio-Latina, sentenza 13.10.2020 n. 376) (20.10.2020 -
link a https://lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Competenze sulle violazioni concernenti le costruzioni in
zone sismiche – Attività di accertamento delle violazioni
(dirigente o funzionari dell’U.T.R., geometri degli U.T.C. –
Audizione del dirigente dell’ufficio tecnico della regione –
Principio dell’inammissibilità della prova manifestamente
superflua o irrilevante – Artt. 93, 95, 98, 103, 106 d.P.R.
n. 380/2001 – Fattispecie: accertamenti su opere abusive in
zone sismiche (recinzione di notevoli dimensioni).
La disposizione di cui all’art. 98,
comma 2, d.P.R. n. 380 del 2001 non può essere intesa quale
vincolo assoluto all’audizione del dirigente dell’ufficio
tecnico della regione, in quanto anche detta escussione, in
ossequio al principio dell’inammissibilità della prova
manifestamente superflua o irrilevante, deve essere
subordinata alla valutazione circa l’utilità della
deposizione in ordine all’accertamento delle contravvenzioni
o all’esercizio del potere–dovere di adottare le particolari
statuizioni previste dal terzo comma della disposizione
citata nel caso di violazioni di carattere sostanziale.
Pertanto, il comma 2 dell’art. 98 d.P.R. n. 380/2001 impone
l’obbligo di procedere «in ogni caso» all’esame del
dirigente dell’ufficio tecnico della regione, o di un
funzionario dipendente da lui delegato e a conoscenza dei
fatti, solo nell’ipotesi in cui si sia proceduto ad
«ulteriori accertamenti tecnici» a norma dell’art. 98, comma
1, d.P.R. n. 380/2001.
Sicché, in forza del combinato disposto degli artt. 96 e 103
d.P.R. n. 380 del 2001, l’attività di accertamento delle
violazioni concernenti le costruzioni in zone sismiche non è
rimessa in via esclusiva al dirigente dell’ufficio tecnico
regionale, o ai funzionari del suo ufficio, ma può essere
svolta, in via alternativa, anche da numerose altre autorità
amministrative, tra le quali, ad esempio, come nella specie,
i geometri degli uffici tecnici delle amministrazioni
comunali.
Infine, il dirigente dell’ufficio tecnico regionale deve
essere sempre informato dell’avvenuta constatazione della
violazione, ma dispone «ulteriori accertamenti di carattere
tecnico» solo ove necessario, e, precisamente, per ripetere
la previsione testuale del legislatore, «occorrendo».
Nella specie, la prova era stata raggiunta, attraverso
l’esame di un funzionario dell’ufficio tecnico del Comune
competente, dell’avvenuta realizzazione di un’opera,
(recinzione lunga circa 200 metri di cui 70 di altezza
variabile tra metri 1,70 e 2,00 metri) e quindi di una nuova
costruzione, di notevoli dimensioni, ubicata in zona
sismica, in assenza del preventivo deposito del relativo
progetto presso gli uffici del Genio Civile.
In questo modo, si è dato atto, con congrua motivazione,
della completezza del quadro istruttorio, e, quindi, della
superfluità dell’esame del responsabile dell’Ufficio del
Genio Civile
(Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 06.10.2020 n. 27592 - link a
www.ambientediritto.it). |
aprile 2020 |
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EDILIZIA PRIVATA: Il
gazebo in legno è edilizia libera non soggetta alle norme antisimiche.
Il gazebo di legno non va sottoposto a collaudo sulla
staticità perché va qualificato tra gli «interventi privi di rilevanza per
la pubblica incolumità» in quanto non è del tipo di opere edilizie –quali i
conglomerati cementizi o le strutture metalliche- elencate dall'articolo 53
del Dpr 380/2001 (Testo unico dell'edilizia).
---------------
2. Avverso la sentenza del Tribunale di Rimini ha proposto ricorso per
cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Rimini.
2.1. Con il primo motivo si deduce la violazione degli artt. 95
d.P.R. 380/2001 e 53, 67, 75 d.P.R. 380/2001, in relazione ai capi f), g),
h) punto 2.
Il Tribunale avrebbe errato nel ritenere che il gazebo oggetto delle
fattispecie di reato ascritte agli imputati potesse rientrare fra i c.d.
IPRiPi (Interventi Privi di Rilevanza per la Pubblica Incolumità), senza
necessità di autorizzazione sismica.
Il giudice di primo grado avrebbe in questo modo ripetuto l'errore commesso
dal tribunale del riesame la cui decisione era stata annullata con rinvio da
parte della Suprema Corte.
Quanto al capo h) punto 2, si afferma che «anche Gu. risponde, poiché
appare di assoluta normalità che il falso sia stato concordato tra Ca. (che
non ha un interesse esclusivo sul punto) e Gu. ...».
2.2. Con il secondo motivo si deduce la violazione dell'art. 44
d.P.R. 380/2001 anche in relazione all'art. 6 d.P.R. 380/2001, quanto al
capo e). Il Tribunale avrebbe errato nel ricondurre la costruzione del
manufatto nell'ambito dell'edilizia libera.
...
1. Il ricorso è manifestamente infondato.
1.1. Quanto al capo f), deve rilevarsi che il Tribunale ha correttamente
escluso la sussistenza del reato in quanto l'art. 67 del d.P.R. 380/2001
prevede che il collaudo statico riguardi solo le costruzioni di cui
all'articolo 53, comma 1 del d.P.R.
Le strutture in legno, come quelle in esame, non rientrano tra quelle
previste nell'art. 53, comma 1, d.P.R. 380/2001 (1. Ai fini del presente
testo unico si considerano: a) opere in conglomerato cementizio armato
normale, quelle composte da un complesso di strutture in conglomerato
cementizio ed armature che assolvono ad una funzione statica; b) opere in
conglomerato cementizio armato precompresso, quelle composte di strutture in
conglomerato cementizio ed armature nelle quali si imprime artificialmente
uno stato di sollecitazione addizionale di natura ed entità tali da
assicurare permanentemente l'effetto statico voluto; c) opere a struttura
metallica quelle nelle quali la statica è assicurata in tutto o in parte da
elementi strutturali in acciaio o in altri metalli)
(Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza
24.04.2020 n. 12851). |
gennaio 2020 |
|
EDILIZIA PRIVATA: B.U.R.
Lombardia, serie ordinaria n. 5 del 31.01.2020, "Profili
applicativi in materia di opere o di costruzioni e relativa
vigilanza in zone sismiche, di cui alla l.r. 33/2015, a
seguito dell’entrata in vigore della legge 156/2019, della
l.r. 21/2019 e della d.g.r. XI/2584/2019" (circolare
regionale 28.01.2020 n. 1). |
dicembre 2019 |
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EDILIZIA PRIVATA: Costruzioni
in zona sismica: l'omessa denuncia non si può sanare a posteriori.
Cassazione: il deposito allo sportello unico, dopo la
realizzazione delle opere, cioè "a sanatoria" della comunicazione richiesta
dall'art. 93 Testo Unico Edilizia e degli elaborati progettuali non estingue
la contravvenzione antisismica.
Un'omessa denuncia amministrativa per la realizzazione di un'opera in zona a
rischio sismico non si può sanare 'a posteriori'.
Lo ha chiaramente affermato la Corte di Cassazione, Sez. III penale, nella
sentenza
23.12.2019 n. 51652, che ha confermato
la condanna dell'imputato alle pene di legge in ordine ai reati di cui agli
artt. 44, comma 1, lett. b), 71, 72 e 95 del dpr 380/2001 per aver
realizzato opere in totale difformità dalla concessione edilizia ottenuta e
senza osservare le disposizioni previste dalla disciplina sulle costruzioni
in conglomerato cementizio armato ed in zona sismica.
Antitismisca: no alla comunicazione ex post
La difesa sostiene che sussista una violazione dell'art. 546 coc. proc. pen.
e la mancanza assoluta di motivazione rispetto alla documentazione che
attestava la idoneità sismica delle opere, prodotta sin dal primo grado, e
che avrebbe dovuto condurre alla declaratoria di estinzione dei reati
edilizi diversi da quello urbanistico strettamente inteso.
Ma la Cassazione smonta questa tesi chiarendo subito che la Corte d'Appello
aveva già esaminato la doglianza circa l'omessa valutazione, da parte del
giudice di primo grado, della documentazione che attestava la compatibilità
delle opere con la disciplina tecnica prevista per le costruzioni in cemento
armato ed in zona sismica, correttamente escludendo che la stessa potesse
spiegare l'effetto estintivo dei relativi reati, posto che le comunicazioni
erano state effettuate successivamente alla realizzazione delle opere, al
fine di ottenerne la regolarizzazione sul piano amministrativo.
Insomma: il deposito allo sportello unico, dopo la realizzazione delle opere
e, quindi, "a sanatoria", della comunicazione richiesta dall'art. 93
del dpr 380 e degli elaborati progettuali non estingue la contravvenzione
antisismica, che punisce l'omesso deposito preventivo di detti elaborati, in
quanto l'effetto estintivo è limitato dall'art. 45 del medesimo dpr alle
sole contravvenzioni urbanistiche (Sez. 3, n. 19196 del 26/02/2019, Greco,
Rv. 275757; Sez. 3, n. 11271 del 17/02/2010, Braccolino e aa., Rv. 246462).
La sanatoria vale per le contravvenzioni urbanistiche, non
per quelle sismiche
Questo principio, sottolinea la Corte suprema, è certamente estensibile
anche ai reati previsti dagli artt. 71 ss. del dpr 380 per la violazione
della disciplina delle opere in conglomerato cementizio armato, normale e
precompresso ed a struttura metallica. Diversamente dalla previsione di cui
all'art. 45, comma 3, non v'è, di fatti, alcuna disposizione che preveda
l'estinzione di detti reati nel caso di tardivo adempimento degli obblighi
omessi, o, più in generale, di "sanatoria" amministrativa delle
violazioni e, in forza della citata disposizione, lo stesso accertamento di
conformità ai sensi dell'art. 36 comporta l'estinzione dei reati
contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti, ma non di
quelli previsti dalla normativa antisismica e sulle opere di conglomerato
cementizio (Sez. 3, n n. 54707 del 13/11/2018, Cardella, Rv. 274212; Sez. 3,
n. 38953 del 04/07/2017, Rizzo, Rv. 270792; Sez. F, n. 44015 del 04/09/2014,
Conforti, Rv. 261099).
Denuncia e autorizzazione sismica sono due cose diverse:
chiarimenti
A scopo informativo, chiariamo che:
• la denuncia di lavori in zona sismica è normata dall'art. 93 del
TUE, il quale dispone che, nelle zone sismiche, chiunque intenda procedere a
costruzioni, riparazioni e sopraelevazioni, è tenuto a darne preavviso
scritto allo sportello unico, che provvede a trasmetterne copia al
competente ufficio tecnico della regione, indicando il proprio domicilio, il
nome e la residenza del progettista, del direttore dei lavori e
dell'appaltatore. Alla domanda deve essere allegato il progetto, in doppio
esemplare e debitamente firmato da un ingegnere, architetto, geometra o
perito edile iscritto nell'albo, nei limiti delle rispettive competenze,
nonché dal direttore dei lavori.
I progetti relativi ai lavori in zona sismica sono accompagnati da una
dichiarazione del progettista che asseveri il rispetto delle norme tecniche
per le costruzioni e la coerenza tra il progetto esecutivo riguardante le
strutture e quello architettonico, nonché il rispetto delle eventuali
prescrizioni sismiche contenute negli strumenti di pianificazione
urbanistica. Per tutti gli interventi il preavviso scritto con il
contestuale deposito del progetto e dell'asseverazione è valido anche agli
effetti della denuncia dei lavori di cui all'art. 65;
• l'autorizzazione sismica è invece normata dall'art. 94, il quale
dispone che nelle località sismiche, ad eccezione di quelle a bassa
sismicità all'uopo indicate nei decreti di cui all'art. 83, non si possono
iniziare lavori senza preventiva autorizzazione scritta del competente
ufficio tecnico della regione. L'autorizzazione è rilasciata entro sessanta
giorni dalla richiesta e viene comunicata al comune, subito dopo il
rilascio, per i provvedimenti di sua competenza (tratto da e link a
www.ingenio-web.it).
---------------
SENTENZA
1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile per manifesta
infondatezza.
Diversamente da quanto si sostiene in ricorso, la sentenza impugnata (pag.
2) ha esaminato la doglianza circa l'omessa valutazione, da parte del
giudice di primo grado, della documentazione che attestava la compatibilità
delle opere con la disciplina tecnica prevista per le costruzioni in cemento
armato ed in zona sismica, correttamente escludendo che la stessa potesse
spiegare l'effetto estintivo dei relativi reati, posto che le comunicazioni
erano state effettuate successivamente alla realizzazione delle opere, al
fine di ottenerne la regolarizzazione sul piano amministrativo.
La Corte territoriale ha fatto corretta applicazione del consolidato
principio,
anche di recente ribadito, secondo cui il deposito allo sportello unico,
dopo la
realizzazione delle opere e, quindi, "a sanatoria", della comunicazione
richiesta
dall'art. 93 d.P.R. 06.06.2001, n. 380 e degli elaborati progettuali non
estingue la contravvenzione antisismica, che punisce l'omesso deposito
preventivo di detti elaborati, in quanto l'effetto estintivo è limitato
dall'art. 45 del
medesimo d.P.R. alle sole contravvenzioni urbanistiche (Sez. 3, n. 19196 del
26/02/2019, Greco, Rv. 275757; Sez. 3, n. 11271 del 17/02/2010, Braccolino e
aa., Rv. 246462).
Tale principio è certamente estensibile anche ai reati previsti
dagli artt. 71 ss. T.U.E. per la violazione della disciplina delle opere in
conglomerato cementizio armato, normale e precompresso ed a struttura
metallica. Diversamente dalla previsione di cui all'art. 45, comma 3, d.P.R.
380
del 2001, non v'è, di fatti, alcuna disposizione che preveda l'estinzione di
detti
reati nel caso di tardivo adempimento degli obblighi omessi, o, più in
generale,
di "sanatoria" amministrativa delle violazioni e, in forza della citata
disposizione,
lo stesso accertamento di conformità ai sensi dell'art. 36 del d.P.R. 06.06.2001, n. 380 comporta l'estinzione dei reati contravvenzionali previsti
dalle
norme urbanistiche vigenti, ma non di quelli previsti dalla normativa
antisismica
e sulle opere di conglomerato cementizio (Sez. 3, n n. 54707 del 13/11/2018,
Cardella, Rv. 274212; Sez. 3, n. 38953 del 04/07/2017, Rizzo, Rv. 270792; Sez.
F, n. 44015 del 04/09/2014, Conforti, Rv. 261099) (Corte
di Cassazione, Sez. III penale, nella
sentenza
23.12.2019 n. 51652). |
ottobre 2019 |
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EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA:
Com'è noto, per il combinato disposto di cui agli artt. 36 e 45, comma 3,
T.U.E., quest'ultima previsione dispone che «il rilascio in sanatoria del
permesso di costruire estingue i reati contravvenzionali previsti dalle
norme urbanistiche vigenti».
L'ambito di applicazione della speciale causa
di estinzione del reato dipende, in primo luogo, dalla tipologia di
accertamento di conformità che la disposizione richiama (che si limita alla
disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento della realizzazione
dell'opera ed al momento di presentazione della domanda in sanatoria: cfr.
art. 36, comma 1, T.U.E.), sicché, ad es., lo stesso non spiega ovviamente
alcun effetto con riguardo ai reati paesaggistici previsti dall'art. 181
d.lgs. 42 del 2004.
D'altro canto, per espressa previsione normativa, la sanatoria opera
soltanto per le contravvenzioni urbanistiche e non anche per quelle
edilizie, sicché la giurisprudenza è consolidata nel ritenere che il
conseguimento del permesso di costruire in sanatoria ai sensi dell'art. 36
del d.P.R. 06.06.2001, n. 380 non comporta l'estinzione dei reati previsti,
dallo stesso testo unico, con riguardo alle inosservanze della normativa
antisismica e di quelle sulle opere di conglomerato cementizio.
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La
sanatoria delle violazioni edilizie che, ai
sensi dell'art. 36 del d.P.R. 06.06.2001, n.
380, determina l'estinzione del reato, non è
applicabile alla lottizzazione abusiva in
quanto essa presuppone la conformità delle
opere eseguite alla disciplina urbanistica
vigente sia al momento della realizzazione
del manufatto, sia a quello della
presentazione della domanda di sanatoria,
mentre nel caso di lottizzazione abusiva, le
opere non possono mai considerarsi conformi
alla disciplina urbanistica ed edilizia
vigente, al momento della loro costruzione.
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3. Ciò acclarato, reputa il Collegio che sia infondata l'ulteriore doglianza
proposta in ricorso circa il fatto che il rilascio del permesso di costruire
in sanatoria abbia estinto anche la contravvenzione in esame.
Com'è noto, per il combinato disposto di cui agli artt. 36 e 45, comma 3,
T.U.E., quest'ultima previsione dispone che «il rilascio in sanatoria del
permesso di costruire estingue i reati contravvenzionali previsti dalle
norme urbanistiche vigenti». L'ambito di applicazione della speciale causa
di estinzione del reato dipende, in primo luogo, dalla tipologia di
accertamento di conformità che la disposizione richiama (che si limita alla
disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento della realizzazione
dell'opera ed al momento di presentazione della domanda in sanatoria: cfr.
art. 36, comma 1, T.U.E.), sicché, ad es., lo stesso non spiega ovviamente
alcun effetto con riguardo ai reati paesaggistici previsti dall'art. 181
d.lgs. 42 del 2004 (Sez. 7, n. 11254 del 20/10/2017, dep. 2018, Franchino e
aa., Rv. 272546; Sez. 3, n. 40375 del 09/09/2015, Casalanguida e a., Rv.
264931).
D'altro canto, per espressa previsione normativa, la sanatoria opera
soltanto per le contravvenzioni urbanistiche e non anche per quelle
edilizie, sicché la giurisprudenza è consolidata nel ritenere che il
conseguimento del permesso di costruire in sanatoria ai sensi dell'art. 36
del d.P.R. 06.06.2001, n. 380 non comporta l'estinzione dei reati previsti,
dallo stesso testo unico, con riguardo alle inosservanze della normativa
antisismica e di quelle sulle opere di conglomerato cementizio (Sez. 3, n.
19196 del 26/02/2019, Greco, Rv. 275757; Sez. 3, n. 54707 del 13/11/2018,
Cardella, Rv. 274212; Sez. 3, n. 38953 del 04/07/2017, Rizzo, Rv. 270792).
Ciò posto, occorre allora chiarire se la contravvenzione in esame sia
configurabile come urbanistica, ovvero edilizia, se, cioè, abbia riguardo
(esclusivamente) a profili concernenti la conformità dei lavori alle
previsioni (normative e, soprattutto, di pianificazione) che disciplinano la
trasformazione del territorio, ovvero (anche) a profili concernenti il
rispetto della normativa tecnica in tema di costruzioni, come quella appunto
prevista nelle zone sismiche ovvero per le opere che, anche in relazione ai
materiali utilizzati, interessano la pubblica incolumità.
In conformità a quanto ritenuto dal giudice di merito, il Collegio reputa
corretta la seconda linea interpretativa, come si ricava dalle informazioni
che -secondo il regolamento comunale nella specie violato- il cartello di
cantiere era deputato a fornire.
Ed invero -si legge nella sentenza
impugnata- la previsione regolamentare prescrive che esso contenga dati che
certamente si riferiscono al profilo edilizio (e non soltanto urbanistico)
della costruzione, come "il nome del calcolatore della struttura" e
il "nome del Direttore dei lavori", ciò che è ad es. funzionale ad
accertare l'eventuale violazione dell'art. 64, commi 2 e 3, T.U.E.,
sanzionata dalla contravvenzione edilizia di cui al successivo art. 71,
comma 1, ovvero la sussistenza della contravvenzione, parimenti edilizia, di
cui all'art. 73 T.U.E., nonché all'attuazione delle disposizioni in materia
di vigilanza sui medesimi reati e su quelli, analoghi, previsti dalla
disciplina delle costruzioni in zone sismiche (si consideri, ad es., i
provvedimenti di sospensione dei lavori di cui agli artt. 70 e 97 T.U.E.).
Ulteriori informazioni da contenersi nel cartello di cantiere riguardano,
poi, la diversa materia del rispetto delle prescrizioni sulla sicurezza del
lavoro nei cantieri edili (si pensi all'indicazione del "Coordinatore
della sicurezza in fase di progettazione e Coordinatore della sicurezza in
fase di escuzione" e agli "estremi della notifica preliminare").
La violazione sull'obbligo di affiggere il cartello di cantiere, dunque,
riguarda beni giuridici diversi (e ulteriori) rispetto a quello, tipico
delle contravvenzioni urbanistiche, della mera conformità dell'opera alle
previsioni di piano e agli standards urbanistici, sicché la contravvenzione
non può dirsi sanata nel caso di rilascio del permesso di costruire in
sanatoria.
Del resto, la riprova della correttezza di tale conclusione si ha
constatando che la contravvenzione di regola sussiste indipendentemente
dall'esistenza di una delle "classiche" ipotesi di illecito urbanistico che
sono sanate dal rilascio del permesso di costruire in sanatoria.
Ed invero,
nel caso di abuso c.d. "totale", vale a dire allorquando si è posto
mano alla modifica del territorio assoggettata al rilascio del permesso di
costruire senza richiede alcun titolo abilitativo, l'unico reato
configurabile è quello di costruzione in assenza di permesso, posto che la
contravvenzione di omessa affissione del cartello di cantiere presuppone che
un titolo edilizio sia stato rilasciato e che ci si trovi di fronte ad un
iter amministrativo quantomeno ab origine regolare; se, d'altro
canto, la contravvenzione di cui all'art. 44, comma 1, lett. a), T.U.E.
riguardi -come si è visto essere ben possibile- un intervento non
assoggettato a permesso di costruire, sarebbe irrazionale legare la
possibilità di estinguere il reato al rilascio di un provvedimento che non
sarebbe possibile né richiedere, né ottenere.
In sostanza, l'inosservanza di cui qui si discute si muove su un piano
diverso da quello della mera compatibilità urbanistica tra pianificazione ed
opera eseguita sul quale invece opera l'accertamento di conformità di cui
all'art. 36 T.U.E. che produce effetti estintivi a norma del successivo art.
45, comma 3, del testo unico.
Queste considerazioni hanno peraltro indotto questa Corte, ad es., a negare
l'effetto estintivo con riguardo ad una Contravvenzione che, invece, è
sicuramente definibile come urbanistica, ma rispetto alla quale
l'accertamento di conformità è privo di alcun rilievo: la sanatoria delle
violazioni edilizie che, ai sensi dell'art. 36 del d.P.R. 06.06.2001, n.
380, determina l'estinzione del reato, non è applicabile alla lottizzazione
abusiva in quanto essa presuppone la conformità delle opere eseguite alla
disciplina urbanistica vigente sia al momento della realizzazione del
manufatto, sia a quello della presentazione della domanda di sanatoria,
mentre nel caso di lottizzazione abusiva, le opere non possono mai
considerarsi conformi alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente, al
momento della loro costruzione (Sez. 3, n. 28784 del 16/05/2018, Amente e aa.,
Rv. 273307; Sez. 3, n. 38064 del 18/06/2004, Semeraro, Rv. 230039)
(Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza
28.10.2019 n. 43698). |
maggio 2019 |
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EDILIZIA PRIVATA: Permesso
di costruire in sanatoria e normativa antisismica: nuovo intervento della
Cassazione.
Il conseguimento del permesso di costruire in sanatoria
comporta l'estinzione dei reati contravvenzionali previsti dalle norme
urbanistiche vigenti ma non di quelli previsti dalla normativa antisismica e
sulle opere di conglomerato cementizio.
Lo ha chiarito la Suprema Corte di Cassazione con la
sentenza 07.05.2019 n. 19221
con la quale ha rigettato il ricorso presentato avverso una sentenza di
primo grado che aveva condannato il ricorrente per il reato di abuso
edilizio previsto dagli articoli 64, 65, 71, 72, 93 e 95 del DPR n. 380/2001
(c.d. Testo Unico Edilizia).
In particolare, il Tribunale di primo grado aveva condannato l'attuale
ricorrente per i suddetti reati, dichiarando di non doversi procedere per il
reato di cui all'art. 44, comma 1, lett. b), del Testo Unico Edilizia perché
estinto per il rilascio del permesso a costruire in sanatoria. In appello,
il ricorrente ha fatto presente che il rilascio del permesso di costruire in
sanatoria da parte dell'Amministrazione ai sensi dell'art. 36 del DPR n.
380/2001 implicherebbe l'estinzione di tutti i reati essendo stata
verificata la doppia conformità urbanistica.
Gli ermellini, rigettando il ricorso, hanno confermato che sull'argomento
esiste ormai una pacifica giurisprudenza che in tema di reati edilizi
afferma che il conseguimento del permesso di costruire in sanatoria ai sensi
dell'art. 36 del Testo Unico Edilizia comporta l'estinzione dei reati
contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti, ma non di
quelli previsti dalla normativa antisismica e sulle opere di conglomerato
cementizio. Nel caso in esame, il Tribunale si è attenuto al principio ora
evocato, correttamente limitando gli effetti del rilascio del permesso in
sanatoria al solo reato edilizio, con esclusione degli ulteriori reati di
cui agli artt. 64, 65, 71, 72, 93 e 95 del DPR n. 380/2001 (commento tratto
da www.lavoripubblici.it).
---------------
SENTENZA
5. Ciò premesso, il ricorso è inammissibile.
Invero, per pacifica giurisprudenza, in tema di reati edilizi, il
conseguimento del permesso di costruire in sanatoria ai sensi dell'art. 36
del d.P.R. 06.06.2001, n. 380, comporta l'estinzione dei reati
contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti, ma non di
quelli previsti dalla normativa antisismica e sulle opere di conglomerato
cementizio (Sez. 3, n. 38953 del 04/07/2017 - dep. 07/08/2017, Rizzo, Rv.
270792; Sez. F, n. 44015 del 04/09/2014 - dep. 22/10/2014, Conforti, Rv.
261099).
Nel caso in esame, il Tribunale si è attenuto al principio ora evocato,
correttamente limitando gli effetti del rilascio del permesso in sanatoria
al solo reato edilizio, con esclusione degli ulteriori reati di cui agli
artt. 64, 65, 71, 72, 93 e 95 d.P.R. n. 380 del 2001
(Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 07.05.2019 n. 19221). |
EDILIZIA PRIVATA:
Costruzioni in zona sismica - Natura precaria o permanente
dell'intervento e materiali utilizzati - Sicurezza e
pubblica incolumità - Controllo preventivo da parte della
P.A. - Necessità - Artt. 83 e 95 d.P.R. n. 380/2001 -
Disciplina sismica - Applicazione a tutte le costruzioni
realizzate in zona sismica.
Le disposizioni previste dagli artt. 83
e 95 d.P.R. 06.06.2001, n. 380 si applicano a tutte le
costruzioni realizzate in zona sismica, la cui sicurezza
possa interessare la pubblica incolumità e per le quali si
rende pertanto necessario il controllo preventivo da parte
della P.A., a prescindere dai materiali utilizzati e dalle
relative strutture, nonché dalla natura precaria o
permanente dell'intervento
(Sez. 3, n. 9126/2017, Aliberti).
La sentenza impugnata, poi, richiama il
corretto principio secondo cui il reato di omessa denuncia
lavori in zona sismica, previsto dall'art. 93, d.P.R.
06.06.2001, n. 380, è configurabile anche in caso di
esecuzione di opere in zona inclusa tra quelle a basso
indice sismico, atteso che l'art. 83, comma secondo, del
citato decreto, non pone alcuna distinzione in merito alle
categorie delle zone medesime
(Sez. 3, n. 30651 del 20/12/2016, dep. 2017, Rubini e a., Rv.
270233; Sez. 3, n. 22312 del 15/02/2011, Morini, Rv.
250369).
...
Reati edilizi in zona sismica - Depositato allo sportello
unico "in sanatoria" degli elaborati progettuali -
Effetti - Contravvenzione antisismica - Comunicazione
richiesta dall'art. 93 T.U.E.
Il deposito allo sportello unico "in
sanatoria" degli elaborati progettuali non estingue la
contravvenzione antisismica, che punisce l'omesso deposito
preventivo di detti elaborati in quanto l'effetto estintivo
è limitato dall'art. 45 d.P.R. 06.06.2001, n. 380 alle sole
contravvenzioni urbanistiche
(Sez. 3, n. 11271 del 17/02/2010, Braccolino e aa., Rv.
246462; il principio è stato di recente ritenuto estensibile
anche ai reati previsti dagli artt. 71 ss. d.P.R. 380 del
2001 per la violazione della disciplina delle opere in
conglomerato cementizio armato, normale e precompresso ed a
struttura metallica: Sez. 3, n. 54707 del 13/11/2018,
Cardella) (Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 07.05.2019 n. 19196 - link a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Realizzazione di una veranda - Natura tecnico-giuridico di
nuovo locale autonomamente utilizzabile - Esclusione del
carattere di precarietà - Permesso di costruire - Natura
precaria o permanente dell'intervento - Costruzioni
realizzate in zona sismica - Disciplina sismica -
Applicazione - Artt. 44, c. 1, lett. c), 83, 93, 94, 95,
d.P.R. n. 380/2001.
In materia edilizia, una veranda è da
considerarsi, in senso tecnico-giuridico, un nuovo locale
autonomamente utilizzabile e difetta normalmente del
carattere di precarietà, trattandosi di opera destinata non
a sopperire ad esigenze temporanee e contingenti con la sua
successiva rimozione, ma a durare nel tempo, ampliando così
il godimento dell'immobile. Inoltre, le disposizioni
previste dagli artt. 83 e 95 d.P.R. 06.06.2001, n. 380 si
applicano a tutte le costruzioni realizzate in zona sismica,
anche alle opere edili con struttura in legno, a prescindere
dai materiali utilizzati e dalle relative strutture, nonché
dalla natura precaria o permanente dell'intervento
(Sez. 3, n. 4567 del 10/10/2017 - dep. 31/01/2018, Airo'
Farulla; Sez. 3, n. 48950 del 04/11/2015 - dep. 11/12/2015,
Baio) (Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 02.05.2019 n. 18000
- link a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Le
disposizioni previste dagli artt. 83 e 95 d.P.R. 06.06.2001, n. 380 si applicano a tutte le costruzioni realizzate in zona
sismica,
anche alle opere edili con struttura in legno, a prescindere dai materiali
utilizzati
e dalle relative strutture, nonché dalla natura precaria o permanente
dell'intervento.
---------------
4.
Il terzo motivo è infondato.
4.1. Va premesso che le disposizioni previste dagli artt. 83 e 95 d.P.R. 06.06.2001, n. 380 si applicano a tutte le costruzioni realizzate in zona
sismica,
anche alle opere edili con struttura in legno, a prescindere dai materiali
utilizzati
e dalle relative strutture, nonché dalla natura precaria o permanente
dell'intervento (Sez. 3, n. 4567 del 10/10/2017 - dep. 31/01/2018, Airo'
Farulla,
Rv. 273068; Sez. 3, n. 48950 del 04/11/2015 - dep. 11/12/2015, Baio, Rv.
266033).
4.2. Ciò chiarito, la Corte territoriale ha puntualmente confutato, con
apprezzamento fattuale logicamente motivato, la valutazione espressa dal
primo
giudice, che aveva escluso la concreta offensività del fatto, correttamente
evidenziando le caratteristiche strutturali e dimensionali della veranda
coperta,
costituita da cinque ritti in legno, con copertura a falde composta da
assoni e
travi di legno, sormontate da tavolato e regolato, con superficie
residenziale di
55 mq. e con un'altezza media di 3,30 m. e volume di 180 mc.; da tali
elementi
la Corte territoriale, con apprezzamento fattuale non manifestamente
illogico, ha
desunto che l'opera costituisce un serio pericolo per l'incolumità pubblica,
essendo stata realizzata senza ottemperare alle prescrizioni previste in
materia
antisismica.
4.3. Non pertinente appare il richiamo all'art. 131-bis cod. pen., il quale,
prevedendo una causa di esclusione di punibilità, presuppone la sussistenza
di
un fatto tipico e offensivo, ancorché di un'offensività minima, valutata
secondo i
parametri previsti dalla norma, così impedendo la punibilità di fatti tipici
così
esiguamente lesivi del bene giuridico tutelato da non risultare meritevoli
di pena.
Si osserva, infine, che l'imputata, nella memoria difensiva, alle cui
argomentazioni e richieste si era riportato il difensore in sede di
discussione, non
aveva richiesto, pur in via gradata, l'applicazione dell'art. 131-bis cod. pen., la
cui applicabilità nel caso concreto, in ogni caso è stata -sia pure
implicitamente- esclusa, dalla Corte territoriale, laddove ha ravvisato la non
trascurabile
offensività della condotta in considerazione delle caratteristiche
strutturali e dimensionali dell'opera in esame (Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 02.05.2019 n.
18000). |
aprile 2019 |
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EDILIZIA PRIVATA:
Violazione sostanziale e/o formali in materia antisismica -
Omessa denuncia lavori in zona sismica - Configurabilità del
reato - Zona inclusa tra quelle a basso indice sismico -
Violazione delle prescrizioni tecniche antisismiche -
Decorrenza del termine di prescrizione - Giurisprudenza -
Artt. 44, 83, 93 e 95, d.P.R. n. 380/2001.
Il reato di omessa denuncia lavori in
zona sismica, previsto dall'art. 93, d.P.R. 06.06.2001, n.
380, è configurabile anche in caso di esecuzione di opere in
zona inclusa tra quelle a basso indice sismico, atteso che
l'art. 83, comma secondo, del d.P.R. n. 380/2001, non pone
alcuna distinzione in merito alle categorie delle zone
medesime (Sez. 3,
n. 30651/2017, Rubini; Sez. 3, n. 22312 del 15/02/2011,
Marini).
Quanto al reato di cui all'art. 95, d.P.R.
n. 380 del 2001, la decorrenza iniziale del termine di
prescrizione è stata variabilmente risolta a seconda che sia
contestata la violazione sostanziale delle prescrizioni
tecniche in materia antisismica
(nel qual caso la permanenza ha termine con la cessazione
dei lavori; cfr. Sez. Un., n. 18 del 23/07/1999, Lauriola;
Sez. U, n. 17178 del 27/02/2002, Cavallaro)
o, come nel caso di specie, che vengano contestate
le violazioni formali della omessa denunzia dei lavori e/o
dell'omesso deposito dei progetti
(nel qual caso si registra un contrasto di giurisprudenza
tra chi ritiene la natura istantanea del reato - Sez. Un.,
n. 18/1999; Sez. 3, n. 20728 del 29/03/2018, Staiano; Sez. 3,
n. 23656 del 26/05/2011, Armatori -e chi, invece, ne afferma
la natura permanente con cessazione alla data di adempimento
degli obblighi formali ovvero di cessazione dei lavori-
così, da ultimo, Sez. 3, n. 12235 del 11/02/2014, Petrolo;
Sez. 3, n. 1145 del 08/10/2015, Stabile; Sez. 3, n. 2209 del
03/06/2015, Russo).
...
Costruzione abusiva - Reato di natura permanente -
Decorrenza e cessazione della permanenza - Edificio
concretamente funzionale - Provvedimento di sequestro.
Il reato di costruzione abusiva cessa
con il totale esaurimento dell'attività illecita e, quindi:
a) quando siano terminati i lavori di rifinitura
(Sez. 3, n. 48002 del 17/09/2014, Surano, secondo cui deve
ritenersi "ultimato" solo l'edificio concretamente
funzionale che possegga tutti i requisiti di agibilità o
abitabilità, di modo che anche il suo utilizzo effettivo,
ancorché accompagnato dall'attivazione delle utenze e dalla
presenza di persone al suo interno, non è sufficiente per
ritenere sussistente l'ultimazione dell'immobile
abusivamente realizzato, coincidente generalmente con la
conclusione dei lavori di rifinitura interni ed esterni;
Sez. 3, n. 8172 del 27/01/2010, Vitali);
b) ovvero, se precedente, con
il provvedimento di sequestro, che sottrae all'imputato la
disponibilità di fatto e di diritto dell'immobile (Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 29.04.2019 n. 17701 - link a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Cassazione:
la disciplina edilizia antisismica è sottratta alla legislazione regionale.
La disciplina edilizia antisismica e quella per le costruzioni in
conglomerato cementizio armato attengono alla sicurezza statica degli
edifici, rientrante nella competenza esclusiva dello Stato.
---------------
Dei rapporti tra la summenzionata disciplina regionale e la normativa
statale contenuta nel D.p.r. 380/2001 si è ripetutamente occupata la
giurisprudenza di questa Corte.
Si è così avuto modo di chiarire che, in ogni caso, le disposizioni
introdotte da leggi regionali devono rispettare i principi generali fissati
dalla legislazione nazionale e, conseguentemente, devono essere interpretate
in modo da non collidere con i detti principi (Sez. 3, n. 28560 del
26/03/2014, Alonzo, Rv. 259938; Sez. 3, n. 2017 del 25/10/2007 (dep. 2008),
Giangrasso, Rv. 238555; Sez. 3, n. 33039 del 15/06/2006, RM. in proc.
Moltisanti, Rv. 234935. Conf., ma con riferimento ad altre disposizioni
normative della Regione siciliana, Sez. 3, n. 4861 del 09/12/2004 (dep.
2005), Garufi, Rv. 230914; Sez. 3, n. 6814 del 11/01/2002, Castiglia V, Rv.
221427) (Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 10.04.2019 n.
15746). |
febbraio 2019 |
|
EDILIZIA PRIVATA:
Antisismica, violare è un reato.
Non è rilevante la mancata pericolosità dell’edificio. Linea dura della Cassazione: da ogni modifica discende la responsabilità
penale.
Costruire in zone antisismiche in violazione delle disposizioni
di legge configura un reato indipendentemente dalla pericolosità
dell'edificio realizzato.
Per la Corte di Cassazione - Sez.
III penale (sentenza
08.02.2019 n. 6243) da ogni modifica ad una costruzione compiuta in zona
sismica contrariamente alle prescrizioni, discende la responsabilità penale.
All'imputato veniva contestata la violazione degli articoli 44, lett. c), dpr
380/2001 (capo A), 93-95, dpr 380/2001 (capo B) e 181, dlgs 42/2004 (secondo
capo A) per avere compiuto opere di muratura aventi ad oggetto una
costruzione sita in zona sismica. All'assoluzione in primo grado conseguiva
una condanna in appello.
Il procedimento proseguiva per cassazione ove
l'imputato a propria discolpa deduceva tra i motivi di ricorso, anche
l'assenza di uno dei requisiti richiesti dalla normativa per la configurabilità
del reato: la costruzione anche a seguito delle opere realizzate non
presentava il carattere della pericolosità richiesto per la punibilità della
condotta.
Il procedimento, dopo avere esaurito il proprio corso veniva deciso dagli
ermellini. I quali escludono che tra i requisiti richiesti dalla normativa,
rientri anche quello della pericolosità della costruzione a seguito delle
opere compiute. Osservano infatti che il bene tutelato viene ad ogni modo
leso indipendentemente dalle caratteristiche assunte dalla costruzione a
seguito dei lavori effettuati.
Ad avviso dei giudici la funzione della normativa nel settore antisismico è
costituita dalla tutela dell'attività di controllo della pubblica
amministrazione circa l'esecuzione delle opere in tali settori del
territorio, garantendo con la previsione di apposite figure di reato e delle
relative sanzioni l'adempimento degli obblighi di legge e delle prescrizioni
impartite dall'amministrazione durante il compimento delle costruzioni (articolo ItaliaOggi Sette del 18.03.2019).
---------------
MASSIMA
1. Il secondo motivo del ricorso della Lo. e il primo motivo
del ricorso di In. possono essere trattati congiuntamente, concernendo
entrambi, in termini sovrapponibili, il giudizio sulla configurabilità dei
reati contestati, che invero, a differenza di quanto dedotto, non presenta
vizi rilevabili in questa sede.
La sentenza impugnata, infatti, ha innanzitutto operato un'adeguata
ricostruzione della vicenda oggetto di impugnazione, pervenendo a coerenti
conclusioni giuridiche, all'esito di un percorso motivazionale non illogico
e ben più esaustivo della scarna esposizione della sentenza assolutoria di
primo grado.
I giudici di appello hanno invero rimarcato come il Tribunale abbia
indebitamente ridimensionato la rilevanza urbanistica delle opere
contestate, con particolare riferimento alla realizzazione in muratura della
tamponatura perimetrale della veranda di circa 27 metri quadri e
all'edificazione della tettoia di 48 metri quadri.
Tali opere non potevano ritenersi regolarmente assentite né dalla d.i.a.
presentata il 18.04.2013, né dal nulla osta rilasciato dalla Soprintendenza
il 18.07.2012, né dalla precedente concessione edilizia in sanatoria, avendo
entrambe le opere caratteristiche strutturalmente ben diverse rispetto a
quelle riportate nei progetti assentiti, posto che, quanto alla
veranda-cucina, era prevista sia la perimetrazione in legno e non in
muratura, come in realtà accertato, sia una diversa e minore altezza (di
circa 20 cm.) della linea di gronda rispetto a quella rilevata in sede di
sopralluogo, mentre, per quanto concerne la tettoia di 48 mq., la stessa,
per come verificato dalla P.G., era a falda inclinata e aveva un'altezza di
2,45 metri alla gronda e di 2,70 metri al colmo, mentre negli elaborati
progettuali era prevista una struttura piana con altezza di 2,25 metri.
Alla stregua di tali elementi, desunti da una rilettura più attenta delle
acquisizioni probatorie, soprattutto di natura documentale, la Corte dì
appello ha dunque ritenuto configurabili tutte e tre le fattispecie
contestate, richiamando, quanto ai reati di cui agli art. 44 del d.P.R. n.
380 del 2001 e 181 del d.lgs. 42 del 2004, oltre alla pacifica circostanza
della costruzione delle opere in area vincolata dal punto di vista
paesaggistico, la costante affermazione di questa Corte (cfr. Sez. 3, n.
42330 del 26/06/2013, Rv. 257290 e Sez. 3, n. 21351 del 06/05/2010, Rv.
247628), secondo cui assume rilievo penale la realizzazione, senza il
preventivo rilascio del permesso di costruire, di una tettoia di copertura
che, non rientrando nella nozione tecnico-giuridica di pertinenza per la
mancanza di una propria individualità fisica e strutturale, costituisce
parte integrante dell'edificio sul quale viene realizzata, a nulla rilevando
che si trattasse di strutture aperte all'esterno.
In ordine poi alla contravvenzione di cui all'art. 93-95 del d.P.R. 380 del
2001, i giudici di appello hanno rimarcato la natura meramente assertiva
della motivazione della sentenza di primo grado, nella parte in cui ha
ritenuto che le riscontrate variazioni rispetto agli elaborati progettuali,
per la loro entità, non abbiano comportato alcun "disequilibrio
nell'economia complessiva dell'impianto architettonico, statico e
paesaggistico della costruzione nel suo complesso", mentre in realtà,
come sostenuto anche dal funzionario del Genio civile di Agrigento Gi.Ca.,
la preventiva autorizzazione del predetto Ufficio sarebbe stata necessaria,
ricadendo in area sismica le tettoie realizzate, peraltro dotate di
dimensioni e caratteristiche strutturali non proprio trascurabili e dunque
potenzialmente idonee a mettere in pericolo la pubblica incolumità.
Peraltro, come ricordato dalla Corte territoriale e come ribadito più volte
dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. Sez. 3, n. 41617 del 02/10/2007,
Rv. 238007),
in tema di costruzioni in zone sismiche, ai fini della
configurabilità delle contravvenzioni previste dalla normativa antisismica
(art. 95 del d.P.R. 06.06.2001, n. 380) è irrilevante che le costruzioni
realizzate siano effettivamente pericolose, in quanto la normativa è
finalizzata a garantire l'esercizio del controllo preventivo della P.A.
sulle attività edificatorie nelle zone sismiche.
Ribadita la configurabilità delle fattispecie contestate, risulta altresì
immune da censure il giudizio di ascrivibilità delle stesse agli odierni
imputati, alla luce delle rispettive qualità di proprietaria e committente
delle opere (la Lo.) e di progettista e direttore dei lavori (In.), avendo
quest'ultimo curato, in prossimità dell'accertamento dei reati, anche l'iter
procedimentale dei lavori, rivelatosi tuttavia inadeguato rispetto alle
attività edilizie in concreto realizzate.
In definitiva, la motivazione della sentenza impugnata, in quanto saldamente
ancorata alle fonti dimostrative acquisite e sorretta da argomentazioni
prive di profili di irrazionalità, si sottrae alle doglianze difensive, che
invero, oltre ad articolarsi in considerazioni prevalentemente fattuali
(scontando peraltro i ricorsi evidenti limiti di autosufficienza), appaiono
fondate su una non consentita lettura alternativa, e comunque frammentaria,
dell'intero materiale probatorio raccolto (Corte
di Cassazione, Sez. III penale, sentenza
08.02.2019 n. 6243. |
dicembre 2018 |
|
EDILIZIA PRIVATA:
M. Grisanti,
La Cassazione torna sull'obbligo dell'autorizzazione sismica nelle zone 3 e
4 (commento a Cassazione, Sez. III penale, n. 51600 depositata il
15.11.2017)
(17.12.2018 - link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA: B.U.R.
Lombardia, serie ordinaria n. 49 del 06.12.2018, "Nomina della
commissione regionale in materia di opere o di costruzioni e relativa
vigilanza in zone sismiche (l.r. 33/2015 e ss.mm.ii., art. 4, comma 2 –
D.g.r. 5001/2016, all. L)" (deliberazione
G.R. 03.12.2018 n. 943). |
novembre 2018 |
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EDILIZIA PRIVATA:
Reato di omessa denuncia lavori in zona sismica - Aree a
bassa sismicità - Obbligo della progettazione antisismica -
Introduzione della zona 4 - Facoltà per le Regioni -
Disciplina applicabile - Artt. 83, 93, 94 e 95 d.PR.
380/2001.
In conseguenza
dell'eliminazione di quello che, in precedenza, era definito
"territorio non classificato" e considerando che è
attualmente prevista la facoltatività della prescrizione
dell'obbligo della progettazione antisismica per le opere
rientranti nella zona 4, alla stessa devono ritenersi
corrispondenti le aree a bassa sismicità.
Pertanto, in mancanza di altre definizioni normative, per le
opere rientranti nella zona 4, devono ritenersi
corrispondenti le aree a bassa sismicità, di cui al
combinato disposto degli artt. 83 e 94 d.P.R. 380/2001.
Sicché, il reato di omessa denuncia lavori in zona sismica,
previsto dall'art. 93 d.PR. 380/2001, è configurabile anche
in caso di esecuzione di opere in zona inclusa tra quelle a
basso indice sismico, atteso che l'art. 83, comma secondo,
del d.PR. 380/2001, non pone alcuna distinzione in merito
alle categorie delle zone medesime.
...
Zona sismica - Esecuzione di lavori edilizi - Consistenza
delle opere "modesta entità" - Natura dei materiali usati e
delle strutture realizzate - Progettazione - Necessità -
Tutela normativa - Pubblica incolumità e sicurezza delle
costruzioni - Giurisprudenza.
In materia di progettazione in zona
sismica, la natura delle opere è irrilevante e ciò in quanto
la violazione delle norme antisismiche richiede soltanto
l'esecuzione di lavori edilizi in zona sismica.
Altrettanto inconferente è ritenuta la natura dei materiali
usati e delle strutture realizzate, in quanto le
disposizioni relative alla disciplina antisismica hanno una
portata particolarmente ampia e si applicano a tutte le
costruzioni la cui sicurezza possa comunque interessare la
pubblica incolumità.
Nel caso di specie, peraltro, si tratta comunque di opere di
una certa consistenza, come emerge dalla semplice lettura
dell'imputazione, riferita a realizzazione di manufatti
adibiti a box, deposito, ricovero autoclave, chiosco bar,
laboratorio di pasticceria etc. (Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 15.11.2018 n. 51600 - link a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
In conseguenza dell'eliminazione di quello che,
in precedenza, era definito "territorio non classificato" e
considerando che è attualmente prevista la facoltatività
della prescrizione dell'obbligo della progettazione
antisismica per le opere rientranti nella zona 4,
alla stessa devono ritenersi corrispondenti le aree a
bassa sismicità, di cui al combinato disposto degli artt.
83 e 94 d.PR. 380/2001.
Altresì, il reato di omessa denuncia lavori in zona sismica,
previsto dall'art. 93 d.P.R. 380/2001, è configurabile anche
in caso di esecuzione di opere in zona inclusa tra quelle a
basso indice sismico, atteso che l'art. 83, comma secondo,
del citato decreto, non pone alcuna distinzione in merito
alle categorie delle zone medesime.
---------------
Quanto alla consistenza delle opere, occorre ricordare che
la giurisprudenza di questa Corte ha, in più occasioni,
delimitato l'ambito di applicazione della normativa sulle
costruzioni in zona sismica con riferimento alla natura
degli interventi realizzati.
Seppure, in un primo tempo, si sia affermato che la funzione
di salvaguardia della pubblica utilità perseguita porta ad
escluderne l'applicazione per gli interventi che non
interessano la pubblica incolumità, quali quelli di
manutenzione ordinaria o straordinaria del patrimonio
edilizio già esistente, si è successivamente chiarito che la
natura delle opere è irrilevante e ciò in quanto la
violazione delle norme antisismiche richiede soltanto
l'esecuzione di lavori edilizi in zona sismica.
Altrettanto inconferente è stata ritenuta la natura dei
materiali usati e delle strutture realizzate, in quanto le
disposizioni relative alla disciplina antisismica hanno una
portata particolarmente ampia e si applicano a tutte le
costruzioni la cui sicurezza possa comunque interessare la
pubblica incolumità.
---------------
1. Il ricorso è inammissibile.
2. Occorre rilevare, con riferimento al primo motivo
di ricorso, la collocazione del comune di Licata tra le zone
con grado di sismicità 4, caratterizzate da
pericolosità sismica molto bassa, come risulta
dall'imputazione e dalla sentenza impugnata. Sulla base di
tale evenienza la ricorrente assume, del tutto
apoditticamente, che il giudice del merito non avrebbe
dovuto affermare la sua responsabilità penale.
A tale proposito richiama una recente pronuncia di questa
Corte (Sez.
3, n. 56040 del 15.12.2017, D'Alessio, non
massimata) la quale, considerando la eliminazione del
territorio non classificato e la previsione della
facoltatività della prescrizione dell'obbligo della
progettazione antisismica per le opere rientranti nella
zona 4, individua, in mancanza di altre definizioni
normative, come aree a bassa sismicità, di cui al combinato
disposto degli
artt. 83 e
94 d.P.R. 380/2001, solamente quelle ricomprese
nella zona 4.
3. Le conclusioni cui perviene la richiamata decisione sono
pienamente condivisibili.
La sentenza richiama, infatti, il contenuto dell'art.
94 d.P.R. 380/2001 nella parte in cui, al primo
comma, esclude la necessità della preventiva autorizzazione
scritta del competente Ufficio regionale per le opere da
realizzare in località a bassa sismicità, all'uopo indicate
nei decreti di cui all'articolo
83 del medesimo decreto, ricordando anche come il
secondo comma di tale ultima disposizione preveda la
definizione, con decreto del Ministro per le infrastrutture
e i trasporti, di concerto con il Ministro per l'interno,
sentiti il Consiglio superiore dei lavori pubblici, il
Consiglio nazionale delle ricerche e la Conferenza
unificata, dei criteri generali per l'individuazione delle
zone sismiche e dei relativi valori differenziati del grado
di sismicità, da prendere a base per la determinazione delle
azioni sismiche e di quant'altro specificato dalle norme
tecniche.
La decisione chiarisce, poi, che a tale fine è stata emanata
l'ordinanza
del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274
del 20.03.2003 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 105
dell'08.05.2003), con la quale sono stati dettati i principi
generali sulla base dei quali le Regioni, a cui lo Stato ha
delegato l'adozione della classificazione sismica del
territorio, hanno redatto l'elenco dei comuni con la
relativa attribuzione a una delle quattro zone, a
pericolosità decrescente, nelle quali è stato riclassificato
il territorio nazionale. Ciò ha comportato, ricorda sempre
la sentenza D'Alessio, l'eliminazione del territorio "non
classificato" e l'introduzione della zona 4,
rispetto alla quale è data alle Regioni la facoltà di
prescrivere l'obbligo della progettazione antisismica, da
considerarsi quindi, in assenza di ulteriori specificazioni,
come a bassa sismicità.
4. Occorre pertanto ribadire che in conseguenza
dell'eliminazione di quello che, in precedenza, era definito
"territorio non classificato" e considerando che è
attualmente prevista la facoltatività della prescrizione
dell'obbligo della progettazione antisismica per le opere
rientranti nella zona 4, alla stessa devono ritenersi
corrispondenti le aree a bassa sismicità, di cui al
combinato disposto degli
artt. 83 e
94 d.PR. 380/2001.
5. Ciò posto, va anche ricordato come, in maniera
altrettanto condivisibile, la giurisprudenza di questa Corte
abbia ripetutamente affermato che il reato di omessa
denuncia lavori in zona sismica, previsto dall'art.
93 d.P.R. 380/2001, è configurabile anche in caso
di esecuzione di opere in zona inclusa tra quelle a basso
indice sismico, atteso che l'art.
83, comma secondo, del citato decreto, non pone
alcuna distinzione in merito alle categorie delle zone
medesime (Sez. 3, n. 30651 del 20/12/2016 (dep. 2017),
Rubini ed altro, Rv. 270233; Sez. 3, n. 22312 del
15/02/2011, Morini, Rv. 250369).
Alla odierna ricorrente è stato contestato anche il reato di
cui al menzionato
art. 93 d.P.R. 380/2001, sicché è evidente come le
osservazioni formulate nel motivo di ricorso in esame siano
del tutto inconferenti.
6. Per ciò che concerne, poi, l'ulteriore contestazione
della violazione sanzionata dall'art.
94, osserva il
Collegio come il motivo di ricorso si risolva, sul punto, in
una mera asserzione, non essendo stato in alcun modo
specificato per quali ragioni il giudice avrebbe errato
nell'affermare la responsabilità dell'imputata, dal momento
che la mera collocazione del territorio del comune dove
insistono le opere abusivamente realizzate in zona 4
non esclude automaticamente la necessità del titolo
abilitativo, ben potendo la Regione prevedere comunque, come
si è appena visto, tale obbligo.
La ricorrente non fornisce alcun elemento che consenta di
ritenere che la Regione non abbia utilizzato tale facoltà
ed, anzi, una esplicita smentita si rinviene nella
Deliberazione n. 408 del 19.12.2003, recante "Individuazione,
formazione ed aggiornamento dell'elenco delle zone sismiche
ed adempimenti connessi al recepimento ed attuazione dell'Ordinanza
del Presidente del Consiglio dei Ministri 20.03.2003, n.
3274" e nell'allegato decreto dirigenziale
del 15/01/2004, ove, nell'art. 5, si afferma la volontà di "introdurre
l'obbligo della progettazione antisismica anche per i Comuni
classificati sismicamente in zona 4, sia per la
progettazione delle nuove costruzioni che per gli interventi
sul patrimonio edilizio esistente, fermi restando i
contenuti semplificati delle norme tecniche e il regime
transitorio previsto dall'Ordinanza del Presidente del
Consiglio dei Ministri n. 3274 del 20.03.2003".
...
8. Quanto alla
consistenza delle opere, che la ricorrente ritiene modesta,
occorre ricordare che la giurisprudenza di questa Corte ha,
in più occasioni, delimitato l'ambito di applicazione della
normativa sulle costruzioni in zona sismica con riferimento
alla natura degli interventi realizzati.
Seppure, in un primo tempo, si sia affermato che la funzione
di salvaguardia della pubblica utilità perseguita porta ad
escluderne l'applicazione per gli interventi che non
interessano la pubblica incolumità, quali quelli di
manutenzione ordinaria o straordinaria del patrimonio
edilizio già esistente (Sez. 3, n. 10188 del 10/07/1981,
Filloramo, Rv. 150961), si è successivamente chiarito che la
natura delle opere è irrilevante e ciò in quanto la
violazione delle norme antisismiche richiede soltanto
l'esecuzione di lavori edilizi in zona sismica (Sez. 3, n.
46081 del 08/10/2008, Sansone, Rv. 241783). Il principio è
stato successivamente ribadito (Sez. 3, n. 34604 del
17/06/2010, Todaro, Rv. 248330).
Altrettanto inconferente è stata ritenuta la natura dei
materiali usati e delle strutture realizzate, in quanto le
disposizioni relative alla disciplina antisismica hanno una
portata particolarmente ampia e si applicano a tutte le
costruzioni la cui sicurezza possa comunque interessare la
pubblica incolumità (cfr. Sez. 3, n. 24086 del 11/04/2012,
Di Nicola, Rv. 253056; Sez. 3, n. 6591 del 24/11/2011 (dep.
2012), D'Onofrio, Rv. 252441; Sez. 3, n. 30224 del
21/06/2011, Floridia, Rv. 251284; Sez. 3, n. 23076 del
27/04/2011, Coppa, non massimata; Sez. 3, n. 33767 del
10/05/2007, Puleo, Rv. 237375; Sez. 3, n. 38142 del
26/09/2001, Tucci, Rv. 220269).
Nel caso di specie, peraltro, si tratta comunque di opere di
una certa consistenza, come emerge dalla semplice lettura
dell'imputazione, riferita a realizzazione di manufatti
adibiti a box, deposito, ricovero autoclave, chiosco bar,
laboratorio di pasticceria etc. (Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 15.11.2018 n. 51600). |
ottobre 2018 |
|
EDILIZIA PRIVATA: PAVIMENTAZIONI
INDUSTRIALI: devono essere considerate strutture? Il parere del Genio
Regione Toscana.
PAVIMENTAZIONI INDUSTRIALI: un parere richiesto al Genio
della Regione Toscana conferma la novità, in alcuni casi devono essere
considerate strutture.
Come già evidenziato in alcune Circolari la nuova edizione delle Norme
Tecniche delle Costruzioni contiene delle novità che portano ad includere
alcune tipologie di pavimentazioni industriali tra le strutture.
Cosa significa questo? Per saperne di più abbiamo inviato un quesito alla
Sezione Sismica della Regione Toscana, che ha portato il caso alla propria
Commissione tecnica.
---------------
IL NOSTRO QUESITO ALLA REGIONE TOSCANA
Premesso:
●
che la nuova revisione delle Norme Tecniche (ed. 2018) prevede al capitolo
4.1 che “Formano oggetto delle presenti norme le strutture di:
Calcestruzzo armato normale (cemento armato), Calcestruzzo armato
precompresso (cemento armato precompresso), Calcestruzzo a bassa percentuale
di armatura o non armato” e che quindi anche le pavimentazioni
industriali in calcestruzzo possano essere richiamate in quest’ultima voce;
●
che la proposta della circolare esplicativa delle NTC2018, introduce per la
prima volta un riferimento esplicito alle pavimentazioni, attraverso il
riferimento alle istruzioni sopra citate, riportato nel capitolo 4 (C4.1
Costruzioni in calcestruzzo);
●
che le Istruzioni per la Progettazione, l’Esecuzione ed il Controllo delle
Pavimentazioni di Calcestruzzo emesse dal CNR (doc. CNR-DT 211/2014),
stabiliscono per opere rilevanti la necessità di dimensionare e verificare
la pavimentazione agli Stati Limite di Esercizio e Ultimi a cura di un
progettista, di cui specificano compiti e responsabilità;
Qualora fosse confermato, nel decreto di pubblicazione, il testo della
circolare sopra citato, si chiede:
• se la progettazione delle pavimentazioni in calcestruzzo debba
essere realizzata da un progettista abilitato;
• se il progetto debba essere depositato presso il Genio Civile;
• se la realizzazione della pavimentazione debba essere controllata
da una direzioni lavori;
• se non richieda la denuncia allo sportello unico, pur trattandosi
di opere in conglomerato cementizio armato normale, composte da un complesso
di strutture in conglomerato cementizio e armature con funzione statica,
oppure in conglomerato cementizio armato post-tesi, quelle composte da
strutture in conglomerato cementizio e armature nelle quali si imprime
artificialmente uno stato di sollecitazione addizionale di natura ed entità
che assicurano permanentemente l'effetto statico voluto.
Cordiali saluti.
Andrea Dari - Direttore CONPAVIPER
...
LA RISPOSTA
DELLA REGIONE TOSCANA
Regione Toscana - Sismica: Responsabile di Settore
OGGETTO: DPR 380/2001 e LR 65/2014. Costruzioni in zona sismica - Parere in
merito a “Le pavimentazioni in calcestruzzo” - Richiedente: Ente
Nazionale CONPAVIPER.
In riferimento alla Vs. richiesta di parere via e-mail in data 21/09/2018
relativa ad eventuali obblighi connessi alla realizzazione di pavimentazioni
in calcestruzzo si osserva occorre distinguere i seguenti casi:
• la pavimentazione (ipotizzata come una soletta almeno debolmente
armata) abbia una specifica funzione strutturale, autonoma oppure in
combinazione con altri elementi (ad esempio travi) e che la stessa sia
essenziale per assicurare, localmente o globalmente, la sicurezza statica
della costruzione;
• la pavimentazione costituisca solo un elemento di “finitura”
della costruzione e pertanto lo si possa considerare come elemento “portato”
alla stregua dei carichi permanenti non strutturali usualmente gravanti
sulle costruzioni.
A parere di questo Settore solo il sopra illustrato caso 2 risulta
esentato dall’obbligo del deposito del progetto ai sensi degli art. 65 e 93
del DPR 380/2001, restando inteso che le strutture chiamate a sostenere tale
pavimentazione dovranno essere verificate da tecnico abilitato e, se già
esistenti, essere sottoposte a eventuali interventi di rinforzo locale o
globale per il quale sarà necessario predisporre uno specifico progetto da
depositare ai sensi dei sopra citati articoli del DPR 380/2001.
Ricorrendo il caso 1, invece, occorrerà che la pavimentazione in
calcestruzzo (elemento con funzione strutturale) sia progettata da
professionista abilitata, sia oggetto di deposito presso gli organi di
controllo (ex Genio Civile), sia sottoposta al controllo di un Direttore dei
lavori abilitato.
Infine si fa presente che l’art. 53 del DPR 380/2001 (da leggersi in
parallelo al successivo art. 64 e comunque anche nel testo originario
dell’art. 1 dell’ancora vigente L. 1086/1971) classifica le opere in c.a.
quelle “composte da un complesso di strutture in conglomerato cementizio
ed armature che assolvono una funzione statica”; inoltre l’art. 64,
sempre per le medesime opere richiede di “evitare qualsiasi pericolo per la
pubblica incolumità”. Ne consegue che tali evenienze ricorrono solo nel
sopra descritto caso 2.
Cordiali saluti.
Il responsabile PO: Ing. Luca Gori - Il Dirigente responsabile Ing. Franco
Gallori
---------------
Ricevuta la lettera di cui sopra, abbiamo posto agli stessi
uffici un ulteriore quesito:
"Salve ingegnere,
se il parere non è ancora formalmente chiuso ci sarebbe utile capire se le
pavimentazioni industriali su cui poggiano scaffalature rientrino nella
categoria 1 o 2."
...
LA RISPOSTA DELLA REGIONE TOSCANA
Se il pavimento ha funzioni strutturali proprie o collabora con la struttura
principale allora va considerato come elemento strutturale. E' il caso 1.
Altrimenti, se è solo un pavimento cioè una finitura -anche se di tipo
industriale dell'edificio- dovrà rispondere a esigenze di altra natura, non
strutturali.
Il fatto che poi sopra ci vadano carichi pesanti (botti o parmigiano, per
esempio) deve far porre questa domanda: il pavimento industriale è solo un
ripartitore di carico prima di incontrare le strutture oppure collabora
insieme alle strutture a garantire la capacità portante?
Da questo discende se si debba considerare struttura o meno
(26.10.2018 - tratto da e link a www.conpaviper.org). |
EDILIZIA PRIVATA: Costruzione di un gazebo in zona sismica.
Risponde dei reati di cui all’art. 44, lett. b), e artt. 88, 93, 95, DPR
380/2001, e di cui all’art. 2, L.Reg. 07.01.1983, n. 9, colui che, in
zona sismica, omettendo di depositare prima dell’inizio dei lavori gli atti
progettuali presso l’Ufficio del Genio Civile competente, realizzi, in
assenza del permesso di costruire, ma depositando soltanto una DIA, un
gazebo in legno delle dimensioni di 36 mq.
(TRIBUNALE di Napoli, Sez. I, sentenza 03.10.2018 n. 10908 - massima
tratta da www.laleggepertutti.it). |
luglio 2018 |
|
EDILIZIA PRIVATA:
la Regione Toscana chiede lumi a Roma in ordine alla portata
pratica della statuizione Corte di Cassazione, Sez. III
penale,
sentenza 15.12.2017 n. 56040.
---------------
1-0-
nota 16.01.2018 n.
T/22340/A.060.010 di prot. (Regione Toscana);
1-1- Oggetto: Legge
64/1974, Classificazione sismica del Comune di
Tignale. Brescia (Consiglio Superiore dei LL.PP.,
Sez. I,
parere 16.11.2005 n.
234 di prot.);
1-2- Oggetto: Applicazione del D.M. 14.09.2005, recante "Norme
tecniche per le costruzioni" (Consiglio
Superiore dei LL.PP., Sez. I,
parere 13.12.2005 n. 264 di prot.);
1-3- Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 18.04.2012 n. 2275;
1-4- TAR Liguria, Sez. I,
sentenza 03.12.2015
n. 996;
2- Oggetto: Richiesta di parere sul regime dei controlli delle
costruzioni in zone sismiche. Artt. 83, 93 e 94 del
DPR 380/2001 (Presidenza del Consiglio dei
Ministri, Dipartimento per gli Affari Regionali e le
Autonomie,
nota 29.01.2018 n.
1637 di prot.);
3- Sentenze Corte di Cassazione, Sez. penale, 05.07.2017 n.
56040 e 14.11.2017, n. 2118 (190/2018) - Artt. 93 e
94 D.P.R. 06.06.2001, n. 380 recante ‟TESTO UNICO
DELLE DISPOSIZIONI LEGISLATIVE E REGOLAMENTARI IN
MATERIA EDILIZIA” - Ordine del giorno di impegno per
il Governo (Conferenza delle Regioni ed elle
Province autonome,
ordine del
giorno 19.04.2018 n. 18/45/SRFS/C4);
4- Oggetto: Interpretazione sulla classificazione delle zone
sismiche in relazione all’attivazione dei controlli
sulle costruzioni edilizie di cui agli artt. 93 e 94
del D.P.R. 380/2001, nell’ambito delle competenze
esclusive dello Stato di cui all’art. 83 del
medesimo D.P.R. (Consiglio Superiore dei LL.PP.,
Servizio Tecnico Centrale,
nota 17.07.2018 n. 6602 di prot.), |
giugno 2018 |
|
EDILIZIA PRIVATA:
Il completamento dell’esistente secondo piano
configura in ogni caso una “sopraelevazione”,
con la conseguenza che per detta attività era comunque
necessario il previo rilascio dell’autorizzazione ai
sensi dell’art.
90 d.p.r. n. 380/2001.
A tal riguardo, va evidenziato che ai sensi della citata
disposizione: «1. È consentita, nel rispetto degli
strumenti urbanistici vigenti:
a) la sopraelevazione di un piano negli edifici in muratura, purché
nel complesso la costruzione risponda alle prescrizioni di
cui al presente capo;
b) la sopraelevazione di edifici in cemento armato normale e
precompresso, in acciaio o a pannelli portanti, purché il
complesso della struttura sia conforme alle norme del
presente testo unico.
2. L’autorizzazione è consentita previa certificazione
del competente ufficio tecnico regionale che specifichi il
numero massimo di piani che è possibile realizzare in
sopraelevazione e l’idoneità della struttura esistente a
sopportare il nuovo carico.».
In ogni caso, per quanto l’art.
94 d.p.r. n. 380/2001 limita la necessità del
conseguimento della previa autorizzazione agli
interventi edilizi da realizzare in zone sismiche “ad
eccezione di quelle a bassa sismicità all’uopo indicate nei
decreti di cui all’articolo 83” (e quindi certamente
rientra in detta eccezione il Comune di -OMISSIS- in quanto
territorio classificato a bassa sismicità (ndr:
zona 3), va tuttavia evidenziato che la disposizione di
portata più generale in precedenza analizzata (i.e.
art. 90 d.p.r. n. 380/2001) impone la necessità
in via generale della previa autorizzazione per opere
particolarmente impattanti dal punto di vista della statica
dell’edificio quale la sopraelevazione, senza
specificazione alcuna e quindi a prescindere che l’opera sia
realizzata in un Comune a bassa sismicità ovvero ad
elevato livello di sismicità.
Ne consegue che nel caso di specie la ricorrente avrebbe
dovuto richiedere ed ottenere l’autorizzazione ai
sensi dell’art.
90 d.p.r. n. 380/2001.
---------------
1. - In data 10.12.2015 l’odierna ricorrente -OMISSIS-
presentava DIA (n. 670/15) per la “manutenzione
straordinaria di piccola copertura esistente al secondo
piano dell’immobile di proprietà sito in -OMISSIS- alla via
-OMISSIS- ed ampliamento nel limite del 20% ex c.d. Piano
Casa (L.R. 14/2009)”.
I lavori subivano una sospensione con ordinanza dell’UTC n.
3 del 04.02.2016 al fine di verificare l’eventuale
inosservanza delle norme di legge e di regolamento, delle
prescrizioni degli strumenti urbanistici o delle modalità
esecutive fissate nei titoli abilitativi.
La ricorrente provvedeva, inoltre, ad una integrazione
istruttoria ed al pagamento dell’oblazione al fine di
estinguere il procedimento penale nel frattempo attivato.
Con successiva ordinanza n. 4/2016 l’Amministrazione, preso
atto del deposito dei calcoli statici da parte della
-OMISSIS-, revocava la precedente ordinanza di sospensione.
I lavori, pertanto, riprendevano quando, in prossimità della
loro ultimazione, veniva dapprima notificato l’avvio del
procedimento di annullamento in autotutela del titolo
abilitativo, poi conclusosi con l’adozione della gravata
ordinanza n. -OMISSIS- di revoca del titolo abilitativo, e
successivamente ordinata la riduzione in pristino dei luoghi
con la censurata ordinanza n. 11/2017.
La violazione constatata dalla Amministrazione nei censurati
provvedimenti consisteva nella: “… mancanza di conformità
tra la documentazione fotografica allegata relativa allo
stato dei luoghi con la planimetria catastale e l’assenza
della preventiva autorizzazione per opere di sopraelevazione
ai sensi dell’art. 90 del D.P.R. n. 380/2001 e s.m.i., al
piano lastrico solare facente parte dell’immobile sito in
-OMISSIS- via -OMISSIS-, distinto in catasto al fg. 22 p.lla
373 sub 22”.
La -OMISSIS- impugnava le citate ordinanze, deducendo
censure così sinteticamente riassumibili:
1) inesistenza dei presupposti fattuali per l’adozione del
provvedimento; difetto di motivazione e vizio di
presupposizione: l’incongruenza tra la documentazione
fotografica allegata e la planimetria catastale
(incongruenza pur ammessa dalla stessa interessata, non
essendovi stato accatastamento dell’originaria struttura)
non può comportare l’annullamento del titolo, dovendo al più
l’Amministrazione richiedere alla istante in fase
istruttoria di procedere all’accatastamento della struttura
esistente al secondo piano, la cui consistenza e risalenza
non può essere posta in dubbio, essendo attestata anche
dall’atto pubblico di acquisto; inoltre, l’intervento per
cui è causa non sarebbe soggetto ad autorizzazione alla
sopraelevazione ai sensi dell’art. 90 d.p.r. n. 380/2001, in
quanto non si tratterebbe di sopraelevazione, ma di
completamento fisiologico di costruzione preesistente
(secondo piano); in ogni caso, per la mera
sopraelevazione anche in base alla disciplina
regionale di cui alla
DGR
26.07.2016 n. 1166 dettata con
riferimento ai territori a bassa sismicità è
sufficiente il semplice deposito ex art. 93 d.p.r. n.
380/2001, anziché l’autorizzazione di cui all’art. 94
d.p.r. n. 380/2001 non necessaria per i territori a bassa
sismicità come appunto nel caso di -OMISSIS-;
2) eccesso di potere per contraddittorietà tra le ordinanze gravate
ed i precedenti atti e comportamenti tenuti
dall’Amministrazione (ordinanza di revoca della sospensione
n. 4/16 e nota di trasmissione prot. n. 7608 del
16.03.2016): sarebbe contraddittorio l’atteggiamento assunto
dall’Amministrazione; questa, infatti, in precedenza
revocava con il provvedimento n. 4/2016 l’ordinanza di
sospensione dei lavori n. 3/2016; subito dopo la ricorrente
provvedeva al deposito delle calcolazioni ex art. 93 d.p.r.
n. 380/2001; l’Amministrazione comunale avrebbe avuto tutte
le possibilità di verificare la compatibilità del progetto
con la disciplina antisismica ed eventualmente chiedere al
privato di ottenere la supposta necessaria autorizzazione
dal Genio civile (attualmente la Provincia).
La istante invocava, infine, tutela risarcitoria per lesione
dell’affidamento.
...
4. - Ciò premesso in punto di fatto, ritiene questo Giudice
che il ricorso debba essere respinto in quanto infondato.
Invero, il completamento dell’esistente secondo piano
configura in ogni caso una “sopraelevazione”
come correttamente evidenziato nelle censurate ordinanze e
come emerge anche dalla documentazione fotografica in atti,
con la conseguenza che per detta attività era comunque
necessario il previo rilascio dell’autorizzazione ai
sensi dell’art.
90 d.p.r. n. 380/2001.
A tal riguardo, va evidenziato che ai sensi della citata
disposizione: «1. È consentita, nel rispetto degli
strumenti urbanistici vigenti:
a) la sopraelevazione di un piano negli edifici in muratura, purché
nel complesso la costruzione risponda alle prescrizioni di
cui al presente capo;
b) la sopraelevazione di edifici in cemento armato normale e
precompresso, in acciaio o a pannelli portanti, purché il
complesso della struttura sia conforme alle norme del
presente testo unico.
2. L’autorizzazione è consentita previa certificazione
del competente ufficio tecnico regionale che specifichi il
numero massimo di piani che è possibile realizzare in
sopraelevazione e l’idoneità della struttura esistente a
sopportare il nuovo carico.».
In ogni caso, per quanto l’art.
94 d.p.r. n. 380/2001 limita la necessità del
conseguimento della previa autorizzazione agli
interventi edilizi da realizzare in zone sismiche “ad
eccezione di quelle a bassa sismicità all’uopo indicate nei
decreti di cui all’articolo 83” (e quindi certamente
rientra in detta eccezione il Comune di -OMISSIS- in quanto
territorio classificato a bassa sismicità (ndr:
zona 3), va tuttavia evidenziato che la disposizione di
portata più generale in precedenza analizzata (i.e.
art. 90 d.p.r. n. 380/2001) impone la necessità
in via generale della previa autorizzazione per opere
particolarmente impattanti dal punto di vista della statica
dell’edificio quale la sopraelevazione, senza
specificazione alcuna e quindi a prescindere che l’opera sia
realizzata in un Comune a bassa sismicità ovvero ad
elevato livello di sismicità.
Ne consegue che nel caso di specie la ricorrente avrebbe
dovuto richiedere ed ottenere l’autorizzazione ai
sensi dell’art.
90 d.p.r. n. 380/2001 (disposizione correttamente
richiamata nella motivazione dei censurati provvedimenti).
Stante il carattere assorbente della citata ragione ostativa
rispetto alla legittimità dell’opera, ragione di per sé sola
idonea a sorreggere la motivazione dei provvedimenti
impugnati, può quindi prescindersi dalla disamina di quanto
evidenziato dalla istante con il motivo di ricorso sub 2) in
linea con l’insegnamento di cui alla pronunzia dell’Adunanza
Plenaria n. 5/2015 (punto 9.3.4.3 della motivazione).
5. - Dalle argomentazioni espresse in precedenza discende la
reiezione del ricorso.
In ogni caso non può trovare accoglimento la domanda
risarcitoria formulata dalla ricorrente.
Invero, non sussiste alcun legittimo affidamento maturato
dalla -OMISSIS- suscettibile di tutela risarcitoria, posto
che il potere di autotutela è stato legittimamente
esercitato dalla P.A. nella osservanza del termine di 18
mesi prescritto dall’art. 21-nonies, comma 1 legge n.
241/1990 nella formulazione ratione temporis
applicabile alla fattispecie de qua (cfr. legge n. 124/2015)
(TAR Puglia-Bari, Sez. III,
sentenza 08.06.2018 n. 860 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
maggio 2018 |
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EDILIZIA PRIVATA: Oggetto:
Differimento dei termini di presentazione pratiche sismiche
in formato cartaceo - Decreto dirigenziale n. 7262 del
21.05.2018 (Regione Lombardia - D.G. Sicurezza,
Protezione Civile e Immigrazione - Sistema Integrato di
Prevenzione - Prevenzione Rischio Sismico e Rischi
Integrati,
nota 22.05.2018 n. 4688 di prot.). |
marzo 2018 |
|
EDILIZIA PRIVATA:
PER AMPLIAMENTO, CAMBIO DI DESTINAZIONE D’USO E MANUTENZIONE
STRAORDINARIA IN ZONA SISMICA NECESSARIO IL PROGETTO AL
S.U.E.
In materia di reati antisismici, i
lavori di ampliamento e cambio di destinazione d’uso
parziale, nonché di manutenzione straordinaria di un
fabbricato in zona sismica, necessitano della presentazione
del progetto allo sportello unico per l’edilizia; ne
consegue che l’eventuale omissione integra la
contravvenzione di cui al d.P.R. 06.06.2001, n. 380, art.
95.
Il tema affrontato dalla Corte di cassazione con la sentenza
in esame attiene alla necessità o meno di presentare il
progetto allo Sportello Unico dell’Edilizia in caso di
interventi edilizi in zona sismica.
La vicenda processuale segue alla sentenza con cui il
Tribunale aveva condannato un imputato per i reati di cui al
d.P.R. 06.06.2001, n. 380, artt. 83 e 95 e L.R. 07.01.1983,
n. 9, art. 2, stante l’omesso previo deposito degli atti
progettuali relativi a lavori di ampliamento e cambio di
destinazione di un fabbricato di sua proprietà.
Avverso la detta sentenza proponeva ricorso per cassazione
l’imputato, in particolare sostenendo che dall’istruttoria
esperita non era stato possibile desumere né le modalità né
la tipologia d’intervento eseguito sull’immobile, laddove
solamente in caso di realizzazione di costruzioni,
riparazioni, sopraelevazioni in zona sismica vi era obbligo
alla presentazione del progetto allo sportello unico per
l’edilizia per essere autorizzato dall’Ufficio tecnico
regionale.
La tesi difensiva è stata ritenuta infondata dagli Ermellini
che, sul punto, nell’affermare il principio di cui in
massima, hanno ricordato che, in materia di reati
antisismici, integra la contravvenzione di cui al d.P.R.
06.06.2001, n. 380, art. 95, qualsiasi intervento edilizio,
con la sola eccezione di quelli di semplice manutenzione
ordinaria, effettuato in zona sismica, comportante o meno
l’esecuzione di opere in conglomerato cementizio armato, che
non sia preceduto dalla previa denuncia al competente
ufficio con presentazione di un progetto redatto da tecnico
abilitato, o per il quale non sia stato rilasciato il titolo
abilitativo, i cui lavori non siano stati svolti sotto la
direzione di professionista abilitato (Cass. pen., Sez. III,
17.09.2014, n. 48005, G. e altro, CED, 261155; Id., Sez. III,
17.06.2010, n. 34604, T., CED, 248330).
In particolare, anzi, è stato precisato che, in tema di
prevenzione del rischio sismico, il reato previsto dall’art.
95 cit. è applicabile a qualsiasi opera, eseguita in assenza
della prescritta autorizzazione antisismica, in grado di
esporre a pericolo la pubblica incolumità, senza che le
Regioni possano adottare in via amministrativa deroghe per
particolari categorie di interventi (in specie si trattava
di opere di sostegno di cartellonistica pubblicitaria di
rilevanti dimensioni, illegittimamente qualificate da
delibera della regione Calabria come “opere minori”,
sottratte alle leggi nazionali e regionali in materia di
edilizia sismica: Cass. pen., Sez. III, 14.01.2015, n.
19185, G., CED, 263376).
Nel caso esaminato, era emerso che l’imputato aveva eseguito
lavori di ampliamento e cambio di destinazione d’uso
parziale, nonché di manutenzione straordinaria del
fabbricato di sua proprietà in zona sismica, omettendo la
presentazione del progetto allo sportello unico per
l’edilizia. Alla stregua dei rilievi che precedono, quindi,
l’intervento siccome eseguito, si legge nella sentenza della
Cassazione, postulava la presentazione del progetto allo
sportello unico, non risolvendosi in una mera ordinaria
manutenzione del fabbricato (Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 12.03.2018 n. 10794
- Urbanistica e appalti 3/2018). |
febbraio 2018 |
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EDILIZIA PRIVATA:
Edilizia in zone sismiche - Pericolo la pubblica
incolumità e normativa antisismica - Variazione delle
dimensioni dei pilastri di sostegno di un manufatto - Reati
di pericolo - Rilascio postumo del parere favorevole da
parte dell'Ufficio del Genio Civile - Ininfluenza.
L'art. 93, comma 1, d.P.R. 380/2001, prevede che nelle zone
sismiche «chiunque intenda procedere a costruzioni,
riparazioni e sopraelevazioni è tenuto a darne preavviso
scritto allo sportello unico», non potendo iniziare i
lavori senza la preventiva autorizzazione scritta del
competente ufficio tecnico regionale a norma del successivo
art. 94, comma 1, d.P.R. 380/2001.
La disciplina penale in parola è applicabile a qualsiasi
opera in grado di esporre a pericolo la pubblica incolumità
(Sez. 3, n. 19185 del 14/01/2015, Garofano; Sez. 3, n. 24086
del 11/04/2012, Di Nicola e a.) e non v'è dubbio che ciò
ricorra nella variazione delle dimensioni dei pilastri di
sostegno di un manufatto di rilevanti dimensioni come quello
di specie, nella costruzione di una rampa in cemento armato
adibita al transito veicolare, addirittura nella
sopraelevazione di un intero piano del fabbricato (tipologia
di opera, quest'ultima, espressamente contemplata nell'art.
93, comma 1, d.P.R. 380/2001).
Essendo le ultime menzionate due opere nuove, non
contemplate nell'originario progetto, non v'è dubbio che non
possa riconoscersi alcuna rilevanza alla precedente denuncia
dei lavori ed alla relativa autorizzazione, essendo fuori di
luogo parlare di "varianti non sostanziali" ovvero
-come pure fa la Corte d'appello- richiamare il concetto di
variazione non essenziale ricavabile dall'art. 32 d.P.R.
380/2001, disposizione che riguarda esclusivamente la
legittimità urbanistica dell'opera rispetto al contenuto del
permesso di costruire.
Trattandosi di reati di pericolo, poi, nessun rilievo può
riconoscersi alla verifica postuma della compatibilità
dell'opera con le norme tecniche costruttive, essendo del
pari pacifico il principio secondo cui, in tema di reati
concernenti l'attività edificatoria in zone sismiche,
l'eventuale rilascio postumo del parere favorevole da parte
dell'Ufficio del Genio Civile competente, che attesta la
rispondenza alla normativa antisismica delle opere
realizzate, non elide l'antigiuridicità penale della
condotta consistita nell'aver iniziato i relativi lavori
senza preventiva autorizzazione scritta dal competente
ufficio tecnico regionale (Sez. 3, n. 27876 del 16/06/2015,
Pro, Rv. 264201) (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 12.02.2018 n. 6738 - link a
www.ambientediritto.it).
---------------
MASSIMA
5. Del pari fondate sono le doglianze dei ricorrenti -e
della parte civile
specialmente- relative all'assoluzione dalle
contravvenzioni in materia di
vigilanza sulle costruzioni in zone sismiche, quale
pacificamente è il comune di
Sant'Agata di Puglia, previste dagli artt. 93-95 e 94-95 d.P.R. 380/2001
rispettivamente contestati ai capi i) e l) della rubrica.
La
Corte territoriale,
invero, ha riconosciuto che gli elaborati progettuali per la
realizzazione della
rampa esterna di cui alla d.i.a. del 29.07.2008 e del
piano sottotetto di cui al
permesso di costruire in variante del 30.07.2009, nonché
la variazione della
dimensione di alcuni pilastri, non erano presenti tra gli
atti a suo tempo
depositati al Genio Civile e furono tardivamente presentati,
dopo l'esecuzione
delle opere, soltanto il 25.09.2009 ed approvati il
31.03.2010.
Il
giudice d'appello, tuttavia, ha assolto l'imputato sul
rilievo che l'Ufficio del Genio
Civile aveva approvato i progetti osservando che i trattava
di varianti "non
sostanziali", sicché le stesse, non comportando un mutamento
dell'impatto
statico del manufatto, non sarebbero state soggette al
deposito preventivo del
progetto, potendo invece essere presentate successivamente
prima della fine dei
lavori.
Detto rilievo
-in alcun modo motivato in diritto-
è
indubbiamente errato
e contrario al chiaro principio espresso nell'art. 93, comma
1, d.P.R. 380/2001,
secondo cui nelle zone sismiche «chiunque intenda procedere
a costruzioni,
riparazioni e sopraelevazioni è tenuto a darne preavviso
scritto allo sportello
unico», non potendo iniziare i lavori senza la preventiva
autorizzazione scritta del
competente ufficio tecnico regionale a norma del successivo
art. 94, comma 1,
d.P.R. 380/2001.
La disciplina penale in parola, invero, è
applicabile a qualsiasi
opera in grado di esporre a pericolo la pubblica incolumità
(Sez. 3, n. 19185 del
14/01/2015, Garofano, Rv. 263376; Sez. 3, n. 24086 del
11/04/2012, Di Nicola
e a., Rv. 253056)
e non v'è dubbio che ciò ricorra nella
variazione delle
dimensioni dei pilastri di sostegno di un manufatto di
rilevanti dimensioni come
quello di specie, nella costruzione di una rampa in cemento
armato adibita al
transito veicolare, addirittura nella sopraelevazione di un
intero piano del
fabbricato (tipologia di opera, quest'ultima, espressamente
contemplata nell'art.
93, comma 1, d.P.R. 380/2001).
Essendo le ultime menzionate
due opere nuove,
non contemplate nell'originario progetto, non v'è dubbio che
non possa
riconoscersi alcuna rilevanza alla precedente denuncia dei
lavori ed alla relativa autorizzazione, essendo fuori di
luogo parlare di "varianti non sostanziali" ovvero
-come pure fa la Corte d'appello- richiamare il concetto
di variazione non
essenziale ricavabile dall'art. 32 d.P.R. 380/2001,
disposizione che riguarda
esclusivamente la legittimità urbanistica dell'opera
rispetto al contenuto del
permesso di costruire.
Trattandosi di reati di pericolo,
poi, nessun rilievo può
riconoscersi alla verifica postuma della compatibilità
dell'opera con le norme
tecniche costruttive, essendo del pari pacifico il principio
secondo cui,
in tema di
reati concernenti l'attività edificatoria in zone sismiche,
l'eventuale rilascio
postumo del parere favorevole da parte dell'Ufficio del
Genio Civile competente,
che attesta la rispondenza alla normativa antisismica delle
opere realizzate, non
elide l'antigiuridicità penale della condotta consistita
nell'aver iniziato i relativi
lavori senza preventiva autorizzazione scritta dal
competente ufficio tecnico
regionale
(Sez. 3, n. 27876 del 16/06/2015, Pro, Rv. 264201)
(Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 12.02.2018 n. 6738). |
gennaio 2018 |
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EDILIZIA PRIVATA:
Attività edilizia in zona sismica - Opere
edilizie con strutture in legno - Opere precarie -
Applicabilità della disciplina per le costruzioni in zona
sismica - Giurisprudenza - Artt. 44, 93, 94 e 95, d.P.R. n.
380/2001.
Anche le opere edilizie con strutture in legno, allorché
realizzate in una zona dichiarata sismica, sono sottoposte
alla disciplina di cui alla L. 02.02.1974 n. 64, in quanto
l'utilizzo di elementi strutturali di minore solidità rende
ancora più necessari i controlli e le cautele prescritte
dalla citata legge in materia di costruzioni in zona sismica
(Sez. 3, n. 10205 del 18/01/2006, Solis).
Ciò sul rilievo che ai fini della configurabilità dei reati
previsti dalla disciplina in tema di costruzioni in zone
sismiche, le norme dettate dagli artt. 93, 94 e 95, d.P.R.
n. 380 del 2001 si riferiscono a tutte le costruzioni,
sopraelevazioni e riparazioni edili, a prescindere dal
materiale con cui vengono realizzate (Sez. 3, n. 9126 del
16/11/2016, Aliberti; Sez. 3, n. 48950 del 04/11/2015, Baio;
Sez. 3, n. 34604 del 17/06/2010, Todaro; Sez. 3, n. 28514
del 29/05/2007, Libonati).
Per tale ragione, non sono escluse dall'orbita applicativa
della fattispecie in questione nemmeno le opere precarie
(Sez. 3, n. 37322 del 03/07/2007, Borgia; Sez. 3, n. 24086
del 11/04/2012, Di Nicola, che ritenuto soggetta a regime
autorizzatorio antisismico l'installazione di pannelli
autostradali a messaggi variabili) (Corte di Cassazione,
Sez. III penale,
sentenza 31.01.2018 n. 4567 - link a
www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Anche le opere edilizie con strutture in legno,
allorché realizzate in una zona dichiarata sismica, sono
sottoposte alla disciplina di cui alla L. 02.02.1974 n. 64,
in quanto l'utilizzo di elementi strutturali di minore
solidità rende ancora più necessari i controlli e le cautele
prescritte dalla citata legge in materia di costruzioni in
zona sismica.
Ciò sul rilievo che ai fini della configurabilità dei reati
previsti dalla disciplina in tema di costruzioni in zone
sismiche, le norme dettate dagli artt. 93, 94 e 95, d.P.R.
n. 380 del 2001 si riferiscono a tutte le costruzioni,
sopraelevazioni e riparazioni edili, a prescindere dal
materiale con cui vengono realizzate.
Per tale ragione, non sono escluse dall'orbita applicativa
della fattispecie in questione nemmeno le opere precarie.
---------------
4. Il secondo motivo è manifestamente infondato,
considerato che anche le opere edilizie con strutture in
legno, allorché realizzate in una zona dichiarata sismica,
sono sottoposte alla disciplina di cui alla L. 02.02.1974 n.
64, in quanto l'utilizzo di elementi strutturali di minore
solidità rende ancora più necessari i controlli e le cautele
prescritte dalla citata legge in materia di costruzioni in
zona sismica (Sez. 3, n. 10205 del 18/01/2006, Solis, Rv.
233671).
Ciò sul rilievo che ai fini della configurabilità dei reati
previsti dalla disciplina in tema di costruzioni in zone
sismiche, le norme dettate dagli artt. 93, 94 e 95, d.P.R.
n. 380 del 2001 si riferiscono a tutte le costruzioni,
sopraelevazioni e riparazioni edili, a prescindere dal
materiale con cui vengono realizzate (Sez. 3, n. 9126 del
16/11/2016, Aliberti, Rv. 269303; Sez. 3, n. 48950 del
04/11/2015, Baio, Rv. 266033; Sez. 3, n. 34604 del
17/06/2010, Todaro, Rv. 248330; Sez. 3, n. 28514 del
29/05/2007, Libonati, Rv. 237656).
Per tale ragione, non sono escluse dall'orbita applicativa
della fattispecie in questione nemmeno le opere precarie
(Sez. 3, n. 37322 del 03/07/2007, Borgia, Rv. 237842; Sez.
3, n. 24086 del 11/04/2012, Di Nicola, Rv. 253056, che
ritenuto soggetta a regime autorizzatorio antisismico
l'installazione di pannelli autostradali a messaggi
variabili) (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 31.01.2018 n. 4567). |
EDILIZIA PRIVATA: Il
condono non salva l'immobile. Se è in zona
sismica l'edificio abusivo può essere
abbattuto. Una sentenza della Cassazione
individua il pericolo di danno nel solo
rischio di terremoto.
L'abuso edilizio compiuto in zona sismica
che comprometta la stabilità di un edificio
va abbattuto anche se è stato oggetto di
condono. L'attualità del pericolo di danno
deve valutarsi non già in riferimento allo
stato asismico, bensì in relazione alla
possibilità, sempre incombente nelle zone
sismiche, di un movimento tellurico. Sicché
dalla inosservanza delle prescrizioni
tecniche deve desumersi una presunzione di
instabilità della costruzione realizzata, e,
quindi, una situazione di pericolo
permanente, da rimuovere senza indugio
alcuno.
È il principio espresso dalla Corte di
Cassazione, II Sez. civile, con la
sentenza 29.01.2018 n. 2115 con
la quale è stato rigettato un ricorso contro
la demolizione di un corpo di fabbrica
realizzato sulla superficie sovrastante un
immobile del tutto abusivo, con ripristino
del lastrico solare preesistente.
I giudici di piazza Cavour ricordano che
l'articolo 1127, secondo comma, c.c., fa
divieto al proprietario dell'ultimo piano
dell'edificio condominiale di realizzare
sopraelevazioni precluse dalle condizioni
statiche del fabbricato e consente agli
altri condomini di agire per la demolizione
del manufatto eseguito in violazione di tale
limite.
Inoltre lo stesso dettato normativo
impedisce altresì di costruire
sopraelevazioni che non osservino le
specifiche disposizioni dettate dalle leggi
antisismiche. Fondando la necessità di
adeguamento alla relativa normativa tecnica
su una presunzione di pericolosità, senza
che abbia rilievo, ai fini della valutazione
della legittimità delle opere sotto il
profilo del pregiudizio statico, il
conseguimento della concessione in sanatoria
relativa ai corpi di fabbrica elevati sul
terrazzo dell'edificio. Atteso che tale
provvedimento prescinde da un giudizio
tecnico di conformità alle regole di
costruzione.
Osservano ancora i cassazionisti che, in via
generale, la salvaguardia delle condizioni
statiche dell'edificio ha carattere
assoluto. L'accertamento delle condizioni
statiche non costituisce propriamente un
limite all'esercizio del diritto a
sopraelevare, ma un presupposto della sua
esistenza. Il relativo divieto deve essere
inteso non solo nel senso che le strutture
del fabbricato devono consentire di
sopportare il peso della sopraelevazione, ma
anche nel senso che dette strutture devono
permettere di sopportare –una volta eretta
la nuova fabbrica– l'urto di forze in
movimento quali le sollecitazioni di origine
sismica.
Pertanto, quando le norme antisismiche
prescrivano particolari cautele tecniche da
adottarsi, in ragione delle caratteristiche
del territorio, nella sopraelevazione degli
edifici, esse sono da considerarsi
integrative dell'articolo 1127, comma 2,
c.c., e la loro inosservanza determina una
presunzione di pericolosità della
sopraelevazione che può essere superata
esclusivamente mediante l'allegazione della
prova, incombente sull'autore della nuova
costruzione, che non solo la
sopraelevazione, ma anche la struttura
sottostante, sia idonea a fronteggiare il
rischio sismico
(articolo ItaliaOggi del
03.02.2018).
---------------
MASSIMA
Osserva il collegio che, in via
generale, l'art. 1127 c.c. (con particolare
riferimento al disposto del comma 2°)
prevede il rispetto di tre condizioni,
di cui quella riguardante la salvaguardia
delle condizioni statiche dell'edificio ha
carattere assoluto.
L'accertamento delle
condizioni statiche non costituisce
propriamente un limite all'esercizio del
diritto a sopraelevare, ma un presupposto
della sua esistenza. Il relativo divieto
deve essere inteso non solo nel senso che le
strutture del fabbricato devono consentire
di sopportare il peso della sopraelevazione,
ma anche nel senso che dette strutture
devono permettere di sopportare -una volta
eretta la nuova fabbrica- l'urto di forze in
movimento quali le sollecitazioni di origine
sismica: pertanto, quando le norme
antisismiche prescrivano particolari cautele
tecniche da adottarsi, in ragione delle
caratteristiche del territorio, nella
sopraelevazione degli edifici, esse sono da
considerarsi integrative dell'art. 1127,
comma 2, c.c., e la loro inosservanza
determina una presunzione di pericolosità
della sopraelevazione che può essere
superata esclusivamente mediante
l'allegazione della prova, incombente
sull'autore della nuova costruzione, che non
solo la sopraelevazione, ma anche la
struttura sottostante, sia idonea a
fronteggiare il rischio sismico
(v. Cass. n. 3196/2008 e Cass. n.
10082/2013).
Con riferimento al ricorso in questione è
importante rilevare che la prescrizione
dell'art. 1127, comma 2, c.c. si applica
anche con riferimento alle sopraelevazioni
realizzate dal proprietario del lastrico
solare (in relazione a quanto previsto dal
1° comma della stessa norma), qualità
ricoperta, nella fattispecie, dal dante
causa dei coniugi Os.-Pi. (odierni
ricorrenti e originari convenuti), il quale
aveva iniziato la costruzione (in assenza di
concessione edilizia ed in violazione della
normativa antisismica), al di sopra
dell'immobile degli attori, di un altro
piano, utilizzando la superficie di mq. 50 a
lui donata dai genitori, non risultando,
quindi, decisiva, ai fini dell'applicabilità
della norma censurata di cui all'art. 9
della legge n. 1684/1962, la circostanza che
gli immobili contigui interessati debbano
risultare tra loro in aderenza.
Del resto, l'inosservanza
delle norme antisismiche comporta il diritto
alla riduzione in pristino non solo quando
risultino violate norme integrative di
quelle previste dall'art. 873 c.c. e segg.
in materia di distanze, ma anche quando
emerga una concreta lesione o il pericolo
attuale di una lesione all'integrità
materiale del bene oggetto di proprietà,
ovvero si sia verificata la violazione di
altra specifica disposizione delimitativa
della sfera delle proprietà (in senso ampio)
contigue, che conceda in via autonoma la
tutela diretta.
In particolare, l'attualità del pericolo di
danno deve valutarsi non già in riferimento
allo stato asismico, bensì in relazione alla
possibilità, sempre incombente nelle zone
sismiche, di un movimento tellurico, sicché
dalla inosservanza delle prescrizioni
tecniche dettate per prevenire le
conseguenze dannose del sisma deve desumersi
una presunzione di instabilità della
costruzione realizzata, e, quindi, una
situazione di pericolo permanente, da
rimuovere senza indugio alcuno
(cfr. Cass. n. 2335/1981; Cass. n. 5024/1991
e, più recentemente, Cass. n. 24141/2007).
Da ciò consegue la superfluità di un
accertamento di pericolo attuale e di una
motivazione necessariamente specifica al
riguardo, stante l'immanenza del pericolo,
per il futuro, nel fatto stesso
dell'edificazione effettuata in violazione
della normativa antisismica.
Sulla base di tali presupposti, la Corte
distrettuale ha -con corretta e compiuta
motivazione- espressamente evidenziato, in
più passaggi, nella sentenza impugnata, come
-ai fini della pronuncia di merito da
adottare in ordine all'azione così come
esperita- non rilevava lo stato peculiare
dell'immobile di proprietà degli originari
attori, quanto lo stato di sopravvenuto
pericolo derivante dalla realizzazione della
fabbrica nuova soprastante di proprietà
degli attuali ricorrenti, avvenuta in
violazione delle relative norme
urbanistiche, edilizie e, soprattutto,
antisismiche. |
EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI:
Oggetto: Linee guida per la messa in opera del
calcestruzzo strutturale (ANCE di Bergamo,
circolare 26.01.2018 n. 38). |
EDILIZIA PRIVATA:
In giurisprudenza, già sotto il regime dell’art.
8 d.l. 23.01.1982 n. 9, conv., con modificazione, dalla l.
25.03.1982 n. 94, è stato affermato che il nulla-osta del
Genio civile per le costruzioni da realizzare in zone
sismiche, anche se non è condizione per il rilascio della
concessione edilizia, è presupposto di efficacia di
quest’ultima, finendo per condizionare l’inizio dei lavori e
la stessa formazione del silenzio-assenso.
Attualmente, dal testo dell’art. 94, comma 1, del D.P.R. n.
380/2001 (alla stregua del quale, “fermo restando l’obbligo
del titolo abilitativo all’intervento edilizio, nelle
località sismiche, ad eccezione di quelle a bassa sismicità
all’uopo indicate nei decreti di cui all’art. 83, non si
possono iniziare lavori senza preventiva autorizzazione
scritta del competente ufficio tecnico della regione”), si
desume l’autonomia di ciascuno dei due titoli ampliativi e
la loro suscettibilità di essere rilasciati
indipendentemente dall’avvenuta emissione dell’altro, ma,
considerato il tenore dell’art. 20, commi 3 e 5-bis, del
D.P.R. 380/2001, è l’autorizzazione sismica a dover
intervenire prima del rilascio del titolo edilizio.
---------------
FATTO
Con sentenza n. 284/2017, divenuta definitiva, questo TAR ha
annullato il diniego opposto dal Comune di Vibo Valentia al
rilascio del p.d.c. in variante richiesto dalla ricorrente
sulla base del c.d. “piano casa”, riconoscendo
l’avvenuta formazione del silenzio-assenso ed affermando
testualmente che “alla data del diniego (27.07.2016), il
suddetto termine di 100 giorni [per la formazione del
silenzio-assenso sulla domanda di rilascio del p.d.c.] era
ormai perento, sia che lo si faccia decorrere dal 23.09.2015
(data di comunicazione al Comune dell’avvenuto deposito del
progetto presso l’ex Genio civile), sia che lo si faccia
decorrere dal 12.01.2016 (data di comunicazione al Comune
dell’avvenuta verifica del progetto da parte dell’ex Genio
civile)”.
Con il ricorso principale, integrato da motivi aggiunti,
viene quindi impugnato il provvedimento con cui il Comune di
Vibo Valentia ha, successivamente, proceduto
all’annullamento d’ufficio del predetto silenzio-assenso.
Resiste il Comune di Vibo Valentia.
All’udienza del 24.01.2018, la causa è stata trattenuta in
decisione.
DIRITTO
La ricorrente lamenta innanzitutto che l’annullamento è
intervenuto quando era già spirato il termine di 18 mesi,
previsto dell’art. 21-nonies, comma 1, della L. 241/1990.
Occorre premettere, al riguardo, che l’Amministrazione, per
come espressamente enunciato nella motivazione del
provvedimento di autotutela, ha fatto applicazione del comma
2-bis del citato art. 21-nonies, a mente del quale “i
provvedimenti amministrativi conseguiti sulla base di false
rappresentazioni dei fatti o di dichiarazioni sostitutive di
certificazione e dell’atto di notorietà false o mendaci per
effetto di condotte costituenti reato, accertate con
sentenza passata in giudicato, possono essere annullati
dall’amministrazione anche dopo la scadenza del termine di
diciotto mesi di cui al comma 1”.
Tuttavia, nel caso di specie, detta norma non appare
applicabile, posto che non vi è alcuna “sentenza passata
in giudicato”, che contenga l’accertamento della falsità
del contenuto dei suddetti elaborati tecnici.
Occorre, pertanto, stabilire se l’impugnato provvedimento
sia stato adottato oltre il termine di 18 mesi previsto
dalla disposizione normativa richiamata.
Come anzidetto, la sentenza del TAR n. 284/2017, che ha
annullato il diniego opposto dal Comune di Vibo al rilascio
del p.d.c. richiesto dalla ricorrente, riconoscendo
l’avvenuta formazione del silenzio-assenso, ha affermato che
“alla data del diniego (27.07.2016), il suddetto termine
di 100 giorni era ormai perento, sia che lo si faccia
decorrere dal 23.09.2015 (data di comunicazione al Comune
dell’avvenuto deposito del progetto presso l’ex Genio
civile), sia che lo si faccia decorrere dal 12.01.2016 (data
di comunicazione al Comune dell’avvenuta verifica del
progetto da parte dell’ex Genio civile)”.
Ora, se il titolo abilitativo tacito si è formato 100 giorni
dopo il 23.09.2015 (e, quindi, l’01.01.2016), l’autotutela,
adottata con atto del 20.07.2017, è certamente intervenuta
oltre i 18 mesi.
Se, invece, il titolo si è formato 100 giorni dopo il
12.01.2016, l’autotutela è intervenuta tempestivamente.
In giurisprudenza, già sotto il regime dell’art. 8 d.l.
23.01.1982 n. 9, conv., con modificazione, dalla l.
25.03.1982 n. 94, è stato affermato che il nulla-osta del
Genio civile per le costruzioni da realizzare in zone
sismiche, anche se non è condizione per il rilascio della
concessione edilizia, è presupposto di efficacia di
quest’ultima, finendo per condizionare l’inizio dei lavori e
la stessa formazione del silenzio-assenso (cfr. Cons. Stato,
Sez. V, 02.02.1996 n. 117).
Attualmente, dal testo dell’art. 94, comma 1, del D.P.R. n.
380/2001 (alla stregua del quale, “fermo restando
l’obbligo del titolo abilitativo all’intervento edilizio,
nelle località sismiche, ad eccezione di quelle a bassa
sismicità all’uopo indicate nei decreti di cui all’art. 83,
non si possono iniziare lavori senza preventiva
autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della
regione”), si desume l’autonomia di ciascuno dei due
titoli ampliativi e la loro suscettibilità di essere
rilasciati indipendentemente dall’avvenuta emissione
dell’altro (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 24.09.2010 n. 7128),
ma, considerato il tenore dell’art. 20, commi 3 e 5-bis, del
D.P.R. 380/2001, è l’autorizzazione sismica a dover
intervenire prima del rilascio del titolo edilizio (cfr. TAR
Campania, Napoli, Sez. VIII, 18.12.2015 n. 5810; TAR
Sicilia, Palermo, 27.10.2010 n. 13720).
Alla stregua di ciò, il dies a quo di decorrenza del
termine per la formazione del silenzio-assenso deve
necessariamente individuarsi nella data del 12.01.2016,
rispetto alla quale il provvedimento di autotutela risulta
adottato tempestivamente (TAR Calabria-Catanzaro, Sez. II,
sentenza 24.01.2018 n. 202 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
PATRIMONIO: Sisma,
sì al sequestro preventivo. Il sindaco non
può opporsi alla chiusura della scuola. La
Cassazione: non rileva che il rischio sia
basso, le regole di edificazione vanno
rispettate.
Va posto sotto sequestro preventivo un
edificio dedicato ad attività scolastiche,
risultato inadeguato dal punto di vista
dell'idoneità statica, anche se il rischio
sismico risulta essere lieve.
Lo sottolinea la VI Sez. della Corte di
Cassazione,
sentenza
08.01.2018 n. 190, accogliendo il
ricorso del capo della procura di Grosseto
contro la decisione del Riesame di revocare
il sequestro disposto dal gip di un plesso
scolastico situato a Ribolla, plesso che
accoglieva 300 alunni.
Il tribunale aveva ritenuto l'insussistenza
di un «pericolo concreto ed attuale di
crollo», anche se dall'accertamento del
tecnico che aveva redatto il certificato di
idoneità statica dell'edificio il rischio
sismico era risultato essere (in
applicazione dell'indicatore del rischio di
collasso previsto dalle norme tecniche per
le costruzioni del 2008) pari a 0,985,
registrando così una «inadeguatezza
minima rispetto ai vigenti parametri
costruttivi antisismici soddisfatti al
raggiungimento del valore «1», espressivo
dell'assenza di criticità in caso di
terremoto», in un territorio, come
quello del caso in esame, «a bassa
sismicità».
La procura di Grosseto, dunque, aveva
presentato ricorso in Cassazione, sostenendo
che «in materia antisismica il pericolo
legittimante l'adozione del sequestro
preventivo, nella non prevedibilità dei
terremoti, doveva intendersi insito nella
violazione della normativa di settore,
indipendentemente dall'esistenza di un
pericolo in concreto»: dunque, secondo
il pm, «nessun rilievo avrebbe potuto
attribuirsi alla circostanza che l'edificio
insistesse su un territorio classificato a
bassa sismicità o che l'inadeguatezza
dell'immobile rispetto ai parametri
costruttivi antisismici fosse minima».
La Suprema corte ha condiviso questa tesi,
rilevando che «nel carattere non
prevedibile dei terremoti la regola tecnica
di edificazione è ispirata alla finalità di
contenimento del rischio di verificazione
dell'evento».
Il rischio, apprezzato in chiave generale su
tutto il territorio nazionale, classificato
per zone con indicazione, per ciascuna,
della percentuale di esposizione all'evento
sismico, si traduce, scrivono i giudici, «nella
mappatura dell'intero patrimonio immobiliare
con attribuzione alle singole costruzioni di
un indicatore del rischio del collasso».
L'inosservanza della regola tecnica di
edificazione, conclude il Palazzaccio, «integra
pur sempre la violazione di una norma di
aggravamento del pericolo e come tale va
indagata e rileva ai fini dell'applicabilità
del sequestro preventivo»
(articolo ItaliaOggi del
09.01.2018).
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MASSIMA
RITENUTO IN FATTO
1. Il Procuratore della Repubblica presso il
Tribunale di Grosseto ricorre in cassazione
avverso l'ordinanza del 26.04.2017 con cui
il Tribunale di Grosseto, in accoglimento
della richiesta di riesame proposta da
Fr.Li., sindaco del comune di Roccastrada,
indagato per il reato di cui all'art. 328
cod. pen., aveva revocato il sequestro
preventivo disposto dal G.i.p. sul plesso
scolastico sito in Ribolla, frazione
dell'indicato comune.
2. Al Li. nell'indicata qualità, in concorso
con l'assessore ai lavori pubblici ed al
dirigente dei servizi tecnici, si contesta,
in via provvisoria, di avere indebitamente
rifiutato un atto del proprio ufficio che,
per ragioni di sicurezza pubblica, egli
avrebbe dovuto compiere senza ritardo,
omettendo di chiudere l'indicato edificio
nonostante dal certificato di idoneità
statica dell'immobile, redatto il
28.06.2013, ne emergesse la non idoneità
sismica.
3. Il Tribunale aveva ritenuto
l'insussistenza di un pericolo concreto ed
attuale di crollo ragionevolmente derivante
dal protratto utilizzo del bene secondo
destinazione d'uso, avuto riguardo
all'attività scolastica nel primo svolta
ininterrottamente dalla fine degli anni
sessanta.
4. In ragione dell'accertamento condotto dal
tecnico che aveva redatto il certificato di
idoneità statica dell'edificio, il rischio
sismico era risultato —in applicazione del
cd. indicatore del rischio di collasso
previsto dalle 'Norme tecniche per le
costruzioni' emanate con il d.m.
14.01.2008— pari a 0,985, registrando in tal
modo una 'inadeguatezza minima rispetto
ai vigenti parametri costruttivi antisismici'
soddisfatti al raggiungimento del valore
'1', espressivo dell'assenza di criticità in
caso di terremoto, in un territorio a bassa
sismicità, qual era quello su cui insisteva
l'edificio già attinto da sequestro.
5. Il Pubblico ministero ricorrente denuncia
inosservanza ed erronea applicazione della
legge penale e delle norme integrative,
deducendo che in materia antisismica il
pericolo legittimante l'adozione del
sequestro preventivo di cui all'art. 321,
comma 1, cod. proc. pen., nella non
prevedibilità dei terremoti, doveva
intendersi insito nella violazione della
normativa di settore, indipendentemente
dall'esistenza di un pericolo in concreto.
Nessun rilievo avrebbe pertanto potuto
attribuirsi alla circostanza che l'edificio
insistesse su territorio classificato a
bassa sismicità o che l'inadeguatezza
dell'immobile rispetto ai parametri
costruttivi antisismici fosse minima.
Il richiesto periculum sarebbe stato
integrato infatti dal mantenere in funzione
un edificio scolastico che, in quanto non
rispettoso della normativa
antisismica, sarebbe stato portatore di
possibili conseguenze sulla incolumità dei
terzi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato e nel suo
accoglimento va disposto l'annullamento
dell'ordinanza impugnata nei termini e per
le ragioni di seguito indicate.
2. In tema di sequestro
preventivo, il periculum rilevante al
fine della adozione della misura cautelare
deve presentare i requisiti della
concretezza e della attualità e deve essere
valutato con riferimento alla situazione
esistente al momento della sua adozione,
sicché esso deve essere inteso, non già come
mera astratta eventualità, ma come concreta
possibilità —desunta dalla natura del bene e
da tutte le circostanze del fatto— che la
libera disponibilità del bene assuma
carattere strumentale rispetto alla
agevolazione della commissione di altri
reati della stessa specie.
Inoltre, è necessaria la
sussistenza del requisito della
pertinenzialità del bene sequestrato, nel
senso che il bene oggetto di sequestro
preventivo deve caratterizzarsi da una
intrinseca, specifica e strutturale
strumentalità rispetto al reato commesso non
essendo sufficiente una relazione meramente
occasionale tra la res ed il reato
commesso
(Sez. 5, n. 12064 del 16/12/2009, dep. 2010,
Marcante, Rv. 246881).
3. Il Tribunale del riesame cautelare,
incorrendo in erronea applicazione
dell'indicato principio, ha ritenuto di
poter escludere l'aggravamento delle
conseguenze del reato di omissione di atti
di ufficio —contestato, ai sensi dell'art.
328, primo comma, cod. pen., all'indagato,
sindaco di Roccastrada per aver omesso di
inibire al persistente uso della
collettività un edificio scolastico, in
quanto non rispondente a criteri di
adeguatezza sismica— in ragione della bassa
sismicità della zona e del rilevato minimo
scostamento dai parametri tecnici della
tecnica di edificazione dell'immobile.
4. In materia di sequestro
preventivo di cui all'art. 321 cod. proc.
pen., ove venga in considerazione il
pericolo di aggravamento del reato con
riguardo al perdurante utilizzo di un
immobile pubblico la cui realizzazione sia
soggetta al rispetto di normativa
antisismica, la nozione di concreta
possibilità del pericolo, che va scrutinata
in ragione della natura del bene e di tutte
le circostanze che connotino il fatto, è
insita nella violazione della normativa dì
settore
(arg. ex Sez. 4, n. 6382 del 18/01/2007,
Gagliano, Rv. 236104).
Nel carattere non
prevedibile dei terremoti la regola tecnica
di edificazione è ispirata alla finalità di
contenimento del rischio di verificazione
dell'evento.
Il rischio, apprezzato in chiave generale su
tutto il territorio nazionale, classificato
per zone con indicazione, per ciascuna,
della percentuale di esposizione all'evento
sismico, si traduce nella mappatura
dell'intero patrimonio immobiliare con
attribuzione alle singole costruzioni di un
indicatore del 'rischio di collasso',
calcolato in ragione dell'esposizione al
rischio sismico di zona.
La inosservanza della regola tecnica di
edificazione proporzionata al rischio
sismico di zona, anche ove quest'ultimo si
attesti su percentuali basse di
verificabilità, integra pur sempre la
violazione di una norma di aggravamento del
pericolo e come tale va indagata e rileva ai
fini dell'applicabilità del sequestro
preventivo.
5. Nella mancata applicazione dei richiamati
principi, si impone l'annullamento
dell'ordinanza impugnata.
6. Il Tribunale in sede di rinvio procederà
a nuovo esame in punto di pericolosità
provvedendo altresì a dare conto del
presupposto giudizio di pertinenzialità tra
il reato di omissione di atti di ufficio,
contestato all'indagato ai sensi dell'art.
328, primo comma, cod. pen., ed il giudizio
dì persistente disponibilità del bene
destinata ad aggravare o protrarre le
conseguenze del reato. |
EDILIZIA PRIVATA:
Oggetto: Sentenza della Corte Costituzionale n. 232 del
26.09.2017. Illegittimità costituzionale dell'articolo 16,
comma 1, della legge regionale 10.08.2016, n. 16. Effetti
della sentenza sui procedimenti pendenti. Parere reso
dall'Ufficio Legislativo e Legale con nota protocollo n.
27218/150.11.2017 del 20.12.2017 (Regione Sicilia,
nota 04.01.2018 n. 1651 di prot.). |
dicembre 2017 |
|
EDILIZIA PRIVATA:
Autorizzazione sismica, Cassazione: la zona 3 non è di bassa
sismicità.
Per poter avviare i lavori in un territorio classificato
zona sismica 3 è necessaria la speciale preventiva
autorizzazione sismica.
Per poter avviare i lavori in un
territorio classificato zona sismica 3 è necessaria la
speciale preventiva autorizzazione sismica. Sono esentate
dall’obbligo di legge di cui all'articolo 94 del d.P.R.
380/2001 solamente le zone 4, le quali sole sono di bassa
sismicità.
Lo ha affermato la III Sez. penale della Corte di Cassazione
nella
sentenza 15.12.2017 n. 56040.
“L'art. 94 d.P.R. 380/2001", ricorda la suprema
Corte, “esclude la necessità della preventiva
autorizzazione scritta del competente Ufficio regionale per
le opere da realizzare in località a bassa sismicità,
all'uopo indicate nei decreti di cui all'articolo 83 del
medesimo d.P.R. 380/2001.
Il secondo comma di tale disposizione prevede la
definizione, con decreto del Ministro per le infrastrutture
e i trasporti, di concerto con il Ministro per l'interno,
sentiti il Consiglio superiore dei lavori pubblici, il
Consiglio nazionale delle ricerche e la Conferenza
unificata, dei criteri generali per l'individuazione delle
zone sismiche e dei relativi valori differenziati del grado
di sismicità, da prendere a base per la determinazione delle
azioni sismiche e di quant'altro specificato dalle norme
tecniche.
A tal fine è stata emanata l'ordinanza del Presidente del
Consiglio dei Ministri n. 3274 del 20.03.2003 (pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale n. 105 del 08.05.2003), con cui
sono stati dettati i principi generali sulla base dei quali
le Regioni, a cui lo Stato ha delegato l'adozione della
classificazione sismica del territorio, hanno redatto
l'elenco dei comuni con la relativa attribuzione a una delle
quattro zone, a pericolosità decrescente, nelle quali è
stato riclassificato il territorio nazionale.
E' stato così eliminato quello che in precedenza era il
territorio "non classificato" ed è stata introdotta la zona
4, nella quale è facoltà delle Regioni prescrivere l'obbligo
della progettazione antisismica.
A ciascuna zona, inoltre, è stato attribuito un valore
dell'azione sismica utile per la progettazione, espresso in
termini di accelerazione massima su roccia (zona 1=0.35 g,
zona 2=0.25 g, zona 3=0.15 g, zona 4=0.05 g)".
"Ora”, osserva la Cassazione, “alla luce della
eliminazione del territorio non classificato e della
previsione della facoltatività della prescrizione
dell'obbligo della progettazione antisismica per le opere
rientranti nella zona 4, pare evidente, in mancanza di altre
definizioni normative, come le aree a bassa sismicità, di
cui al combinato disposto degli artt. 83 e 94 d.P.R.
380/2001, debbano essere considerate solamente quelle
rientranti nella zona 4, cioè quella di minor rischio
sismico, per le quali è stato reso facoltativo l'obbligo di
prescrivere la progettazione antisismica" (commento
tratto da e link a www.casaeclima.com). |
EDILIZIA PRIVATA:
Aree a bassa sismicità - Individuazione -
Facoltatività della prescrizione dell'obbligo della
progettazione antisismica - Artt. 83, 93, 94, 95 e 98 d.P.R.
n. 380/2001.
Alla luce della eliminazione del territorio non classificato
e della previsione della facoltatività della prescrizione
dell'obbligo della progettazione antisismica per le opere
rientranti nella zona 4, pare evidente, in mancanza
di altre definizioni normative, come le aree a bassa
sismicità, di cui al combinato disposto degli artt. 83 e
94 d.P.R. n. 380/2001, debbano essere considerate solamente
quelle rientranti nella zona 4, cioè quella di minor
rischio sismico, per le quali è stato reso facoltativo
l'obbligo di prescrivere la progettazione antisismica.
Normativa antisismica - Configurabilità
delle contravvenzioni - Finalità del controllo preventivo
dello Stato - Interesse protetto - Salvaguardia della
pubblica incolumità e del territorio.
Al fine della configurabilità delle contravvenzioni previste
dalla normativa antisismica, dunque anche di quella di cui
agli artt. 93 e 95 d.P.R. 380/2001, è irrilevante che le
costruzioni realizzate siano effettivamente pericolose, in
quanto tale normativa è finalizzata a garantire l'esercizio
del controllo preventivo dello Stato sulle attività
edificatorie nelle zone sismiche (Sez. 3, n. 41617 del
02/10/2007, lavine; Sez. 3, n. 7893 del 11/01/2012, Cruciani).
Pertanto, l'interesse protetto, sia pure strumentalmente
alla salvaguardia della pubblica incolumità e del
territorio, è dunque quello di consentire l'esercizio delle
attribuzioni di controllo nella materia antisismica,
attraverso la sanzione delle condotte elusive di tali
potestà, o che ne impediscano l'esercizio: ne consegue che
l'eventuale assenza di pericolosità delle opere, realizzate
in mancanza delle prescritte comunicazioni e autorizzazioni
preventive, non determina l'assenza di offensività della
condotta, comunque idonea a pregiudicare il bene protetto
dalla norma incriminatrice, tanto che è stata affermata
l'irrilevanza, al fine della configurabilità di tali reati,
della compatibilità delle opere realizzate con le cautele
antisimiche imposte dalla legge (Sez. 3, n. 7893 del
11/01/2012, Cruciani), e anche del successivo rilascio della
autorizzazione sismica in sanatoria (Sez. 3, n. 27876 del
16/06/2015).
Costruzioni in zona sismica -
Potere-dovere del giudice di ordinare la demolizione
dell'immobile - Inosservanza delle norme tecniche -
Violazioni sostanziali - Giurisprudenza.
In tema di disciplina delle costruzioni in zona sismica, il
potere-dovere del giudice di ordinare la demolizione
dell'immobile, ai sensi dell'art. 98, comma terzo, del
d.P.R. n. 380 del 2001, in caso di condanna per i reati
previsti dalla relativa normativa, sussiste soltanto con
riferimento alle violazioni sostanziali, ovvero per la
inosservanza delle norme tecniche, e non anche per le
violazioni meramente formali (Sez. 3, n. 6371 del
07/11/2013, De Cesare; Sez. 3, n. 37322 del 03/07/2007,
Borgia; Sez. 3, n. 40985 del 07/11/2006, Rigano), anche in
considerazione dell'interesse sotteso alle disposizioni di
cui agli artt. 93 e 94 d.P.R. 380/2001 (Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 15.12.2017 n. 56040
- link a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
L'art.
94 d.P.R. 380/2001 esclude la necessità della
preventiva autorizzazione scritta del competente Ufficio
regionale per le opere da realizzare in località a bassa
sismicità, all'uopo indicate nei decreti di cui all'articolo
83 del medesimo d.P.R. 380/2001.
Il secondo comma di tale disposizione prevede la
definizione, con decreto del Ministro per le infrastrutture
e i trasporti, di concerto con il Ministro per l'interno,
sentiti il Consiglio superiore dei lavori pubblici, il
Consiglio nazionale delle ricerche e la Conferenza
unificata, dei criteri generali per l'individuazione delle
zone sismiche e dei relativi valori differenziati del grado
di sismicità, da prendere a base per la determinazione delle
azioni sismiche e di quant'altro specificato dalle norme
tecniche.
A tal fine è stata emanata l'ordinanza
del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274 del
20.03.2003, con cui sono stati dettati i principi
generali sulla base dei quali le Regioni, a cui lo Stato ha
delegato l'adozione della classificazione sismica del
territorio, hanno redatto l'elenco dei comuni con la
relativa attribuzione a una delle quattro zone, a
pericolosità decrescente, nelle quali è stato riclassificato
il territorio nazionale.
E' stato così eliminato quello che in precedenza era il
territorio "non classificato" ed è stata introdotta la
zona 4, nella quale è facoltà delle Regioni prescrivere
l'obbligo della progettazione antisismica. A ciascuna zona,
inoltre, è stato attribuito un valore dell'azione sismica
utile per la progettazione, espresso in termini di
accelerazione massima su roccia (zona 1=0.35 g,
zona 2=0.25 g, zona 3=0.15 g, zona 4=0.05
g).
Ora, alla luce della eliminazione del territorio non
classificato e della previsione della facoltatività
della prescrizione dell'obbligo della progettazione
antisismica per le opere rientranti nella zona 4,
pare evidente, in mancanza di altre definizioni normative,
come le aree a bassa sismicità, di cui al combinato
disposto degli artt. 83 e 94 d.P.R. 380/2001, debbano essere
considerate solamente quelle rientranti nella zona 4,
cioè quella di minor rischio sismico, per le quali è stato
reso facoltativo l'obbligo di prescrivere la progettazione
antisismica.
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Al fine della configurabilità delle contravvenzioni previste
dalla normativa antisismica, dunque anche di quella di cui
agli artt. 93 e 95 d.P.R. 380/2001, è irrilevante che le
costruzioni realizzate siano effettivamente pericolose, in
quanto tale normativa è finalizzata a garantire l'esercizio
del controllo preventivo dello Stato sulle attività
edificatorie nelle zone sismiche.
L'interesse protetto, sia pure strumentalmente alla
salvaguardia della pubblica incolumità e del territorio, è
dunque quello di consentire l'esercizio delle attribuzioni
di controllo nella materia antisismica, attraverso la
sanzione delle condotte elusive di tali potestà, o che ne
impediscano l'esercizio: ne consegue che l'eventuale assenza
di pericolosità delle opere, realizzate in mancanza delle
prescritte comunicazioni e autorizzazioni preventive, non
determina l'assenza di offensività della condotta, comunque
idonea a pregiudicare il bene protetto dalla norma
incriminatrice, tanto che è stata affermata l'irrilevanza,
al fine della configurabilità di tali reati, della
compatibilità delle opere realizzate con le cautele
antisimiche imposte dalla legge, e anche del successivo
rilascio della autorizzazione sismica in sanatoria.
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"In tema di disciplina delle costruzioni in zona sismica, il
potere-dovere del giudice di ordinare la demolizione
dell'immobile, ai sensi dell'art. 98, comma terzo, del
d.P.R. n. 380 del 2001, in caso di condanna per i reati
previsti dalla relativa normativa, sussiste soltanto con
riferimento alle violazioni sostanziali, ovvero per la
inosservanza delle norme tecniche, e non anche per le
violazioni meramente formali", anche in considerazione di
quanto già osservato a proposito dell'interesse sotteso alle
disposizioni di cui agli artt. 93 e 94 d.P.R. 380/2001.
Ne consegue che indebitamente è stata disposta dal Tribunale
di Teramo la demolizione delle opere realizzate dagli
imputati, in relazione alle quali non è stata contestata
l'inosservanza delle norme tecniche, bensì degli obblighi di
carattere formale di cui agli artt. 93 e 94 d.P.R. 380/2001,
sicché di tale ordine va disposta la revoca.
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RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 30.11.2016 il Tribunale di Teramo ha
condannato An. D'A. e Fe. Di Fr. alla pena di euro 2.000,00
di ammenda, in relazione ai reati di cui agli artt. 93, 94 e
95 d.P.R. 380/2001 (per avere, quali amministratori della
Te.Ab. S.n.c., proprietaria di un immobile in Comune di
Tortoreto, ricadente in zona sismica, realizzato due tettoie
in legno omettendo di darne preventivamente avviso allo
Sportello unico per l'edilizia e in mancanza della previa
autorizzazione dell'Ufficio tecnico regionale), disponendo
altresì, ai sensi dell'art. 98, comma 3, d.P.R. 380/2001, la
demolizione delle opere.
Nell'affermare la responsabilità degli imputati, il
Tribunale ha ribadito la sussistenza degli obblighi di cui
agli artt. 93 e 94 d.P.R. 380/2001 anche in relazione alle
opere da realizzare in zona a bassa sismicità, quale
il Comune di Tortoreto nel cui territorio erano state
realizzate le opere oggetto della imputazione, rientrante in
zona sismica 3, non ponendo alcuna distinzione
riguardo agli obblighi di comunicazione l'art. 83, comma 2,
d.P.R. 380/2001, e l'irrilevanza della mancanza di
pericolosità della costruzione realizzata in assenza delle
prescritte comunicazioni preventive, in considerazione del
carattere formale dei reati di cui agli artt. 93 e 94 d.P.R.
380/2001.
2. Avverso tale sentenza hanno proposto congiuntamente
ricorso per cassazione entrambi gli imputati, affidato a
quattro motivi.
2.1. Con un primo motivo hanno denunciato violazione
dell'art. 94 d.P.R. 380/2001, in quanto tale disposizione
esclude espressamente dalla incriminazione le condotte
relative a fabbricati posti in zone a bassa sismicità, quale
il territorio del Comune di Tortoreto, classificato dal 2006
come zona sismica 3.
2.2. Con un secondo motivo hanno prospettato
violazione dell'art. 93 d.P.R. 380/2001, in relazione alla
configurazione del reato contemplato da tale disposizione
come reato di pericolo astratto, senza alcuna considerazione
della concreta esposizione al rischio del bene protetto, in
contrasto con il principio di offensività, derivante dal
principio di legalità di cui all'art. 25 Cost..
Hanno al riguardo esposto che le opere realizzate in assenza
della preventiva comunicazione allo Sportello unico per
l'edilizia non avevano alcuna potenzialità lesiva,
trattandosi di due tettoie in legno lamellare poste al piano
terreno di un edificio eretto in condominio, addossate al
lato esterno di due appartamenti, della superficie di circa
dieci metri quadrati ciascuna, prive di qualsiasi incidenza
strutturale e, dunque, di pericolosità.
2.3. Con un terzo motivo hanno denunciato violazione
dell'art. 98 d.P.R. 380/2001, lamentando l'indebita
disposizione della demolizione delle opere realizzate in
assenza delle prescritte comunicazioni preventive, essendo
stata rilasciata autorizzazione in sanatoria da parte
dell'Ufficio del Genio Civile, che, pur non privando di
rilevanza penale le condotte, spiegava comunque effetti
riguardo al mantenimento delle opere realizzate,
impendendone la demolizione.
2.4. Con un quarto motivo hanno lamentato violazione
dell'art. 131-bis cod. pen., per la mancata applicazione da
parte del Tribunale della causa di non punibilità per
particolare tenuità del fatto contemplata da tale
disposizione, proprio in considerazione della già
evidenziata mancanza di offensività delle condotte, da cui
non era derivato alcun pericolo per la pubblica incolumità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato esclusivamente in relazione al
terzo motivo.
2. Il primo motivo, mediante il quale è stata
denunciata violazione dell'art. 94 d.P.R. 380/2001, per
l'affermazione di responsabilità degli imputati nonostante
il Comune di Tortoreto, nel cui territorio sono state
realizzate le opere, sia classificato a bassa sismicità,
è manifestamente infondato.
L'art.
94 d.P.R. 380/2001 esclude la necessità della
preventiva autorizzazione scritta del competente Ufficio
regionale per le opere da realizzare in località a bassa
sismicità, all'uopo indicate nei decreti di cui all'articolo
83 del medesimo d.P.R. 380/2001.
Il secondo comma di tale disposizione prevede la
definizione, con decreto del Ministro per le infrastrutture
e i trasporti, di concerto con il Ministro per l'interno,
sentiti il Consiglio superiore dei lavori pubblici, il
Consiglio nazionale delle ricerche e la Conferenza
unificata, dei criteri generali per l'individuazione delle
zone sismiche e dei relativi valori differenziati del grado
di sismicità, da prendere a base per la determinazione delle
azioni sismiche e di quant'altro specificato dalle norme
tecniche.
A tal fine è stata emanata l'ordinanza
del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274 del
20.03.2003 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
n. 105 del 08.05.2003), con cui sono stati dettati i
principi generali sulla base dei quali le Regioni, a cui lo
Stato ha delegato l'adozione della classificazione sismica
del territorio, hanno redatto l'elenco dei comuni con la
relativa attribuzione a una delle quattro zone, a
pericolosità decrescente, nelle quali è stato riclassificato
il territorio nazionale.
E' stato così eliminato quello che in precedenza era il
territorio "non classificato" ed è stata introdotta
la zona 4, nella quale è facoltà delle Regioni
prescrivere l'obbligo della progettazione antisismica. A
ciascuna zona, inoltre, è stato attribuito un valore
dell'azione sismica utile per la progettazione, espresso in
termini di accelerazione massima su roccia (zona 1=0.35
g, zona 2=0.25 g, zona 3=0.15 g, zona 4=0.05
g).
Ora, alla luce della eliminazione del territorio non
classificato e della previsione della facoltatività
della prescrizione dell'obbligo della progettazione
antisismica per le opere rientranti nella zona 4,
pare evidente, in mancanza di altre definizioni normative,
come le aree a bassa sismicità, di cui al combinato
disposto degli artt. 83 e 94 d.P.R. 380/2001, debbano essere
considerate solamente quelle rientranti nella zona 4,
cioè quella di minor rischio sismico, per le quali è stato
reso facoltativo l'obbligo di prescrivere la progettazione
antisismica.
Poiché l'area nella quale sono state realizzate le opere
oggetto della contestazione è inclusa in zona sismica 3,
correttamente ne è stata esclusa la bassa sismicità,
ravvisabile solo per la zona 4, con la conseguente
manifesta infondatezza della doglianza sollevata dai
ricorrenti sul punto.
3. Anche il secondo motivo, mediante il quale è stata
prospettata violazione dell'art. 93 d.P.R. 380/2001, per
l'insufficiente considerazione della mancanza di pericolo
concreto, e dunque di offensività, in conseguenza della
realizzazione delle opere in questione in assenza delle
prescritte comunicazioni preventive, è manifestamente
infondato.
Al fine della configurabilità delle contravvenzioni previste
dalla normativa antisismica, dunque anche di quella di cui
agli artt. 93 e 95 d.P.R. 380/2001, è irrilevante che le
costruzioni realizzate siano effettivamente pericolose, in
quanto tale normativa è finalizzata a garantire l'esercizio
del controllo preventivo dello Stato sulle attività
edificatorie nelle zone sismiche (Sez. 3, n. 41617 del
02/10/2007, Iovine, Rv. 238007; Sez. 3, n. 7893 del
11/01/2012, Cruciani, Rv. 252750).
L'interesse protetto, sia pure strumentalmente alla
salvaguardia della pubblica incolumità e del territorio, è
dunque quello di consentire l'esercizio delle attribuzioni
di controllo nella materia antisismica, attraverso la
sanzione delle condotte elusive di tali potestà, o che ne
impediscano l'esercizio: ne consegue che l'eventuale assenza
di pericolosità delle opere, realizzate in mancanza delle
prescritte comunicazioni e autorizzazioni preventive, non
determina l'assenza di offensività della condotta, comunque
idonea a pregiudicare il bene protetto dalla norma
incriminatrice, tanto che è stata affermata l'irrilevanza,
al fine della configurabilità di tali reati, della
compatibilità delle opere realizzate con le cautele
antisimiche imposte dalla legge (Sez. 3, n. 7893 del
11/01/2012, Cruciani, Rv. 252750, cit.), e anche del
successivo rilascio della autorizzazione sismica in
sanatoria (Sez. 3, n. 27876 del 16/06/2015, Pro., Rv.
264201).
Ne consegue, in definitiva, la manifesta infondatezza della
doglianza.
4. Il quarto motivo, relativo alla mancata
applicazione della causa di non punibilità di cui all'art.
131-bis cod. pen., da esaminare in ordine logico prima del
terzo motivo, relativo alla indebita disposizione
dell'ordine di demolizione, è inammissibile, a causa della
mancata prospettazione della applicabilità di tale causa di
non punibilità nel corso del giudizio di merito.
La sentenza impugnata è, infatti, successiva alla
introduzione della disposizione di cui all'art. 131-bis cod.
pen., essendo stata resa il 30.11.2016, sicché di tale
istituto avrebbe dovuto essere richiesta l'applicazione al
giudice del merito, anche mediante istanza formulata in
udienza o nel corso della discussione finale, sicché la
mancanza di tale richiesta esclude la sussistenza di una
violazione di legge sul punto e preclude a questa Corte
l'esame della relativa questione, in quanto l'aspetto
dell'applicabilità dell'art. 131-bis cod. pen. non può
essere dedotto per la prima volta in sede di legittimità,
ostandovi il disposto di cui all'art. 609, comma terzo, cod.
proc. pen., se tale disposizione era, come nella specie, già
in vigore alla data della deliberazione della sentenza
impugnata (Sez. 6, n. 20270 del 27/04/2016, Gravina, Rv.
266678, nella quale è stato precisato che la questione
postula un apprezzamento di merito precluso in sede di
legittimità, ma che poteva essere proposto al giudice
procedente al momento dell'entrata in vigore della nuova
disposizione, almeno come sollecitazione in sede di
conclusioni del giudizio di merito; conf. Sez. 7, Ordinanza
n. 43838 del 27/05/2016, Savini, Rv. 268281).
5. Il terzo motivo, relativo alla indebita
disposizione dell'ordine di demolizione delle opere
realizzate in assenza delle prescritte comunicazioni e
autorizzazioni preventive nonostante il rilascio della
autorizzazione in sanatoria da parte dell'Ufficio del Genio
civile, è fondato.
Va, al riguardo, ribadito il principio, costantemente
affermato da questa Corte, secondo cui "In tema di
disciplina delle costruzioni in zona sismica, il
potere-dovere del giudice di ordinare la demolizione
dell'immobile, ai sensi dell'art. 98, comma terzo, del
d.P.R. n. 380 del 2001, in caso di condanna per i reati
previsti dalla relativa normativa, sussiste soltanto con
riferimento alle violazioni sostanziali, ovvero per la
inosservanza delle norme tecniche, e non anche per le
violazioni meramente formali" (Sez. 3, n. 6371 del
07/11/2013, De Cesare, Rv. 258899; Sez. 3, n. 37322 del
03/07/2007, Borgia, Rv. 237843; Sez. 3, n. 40985 del
07/11/2006, Rigano, Rv. 235411), anche in considerazione di
quanto già osservato a proposito dell'interesse sotteso alle
disposizioni di cui agli artt. 93 e 94 d.P.R. 380/2001.
Ne consegue che indebitamente è stata disposta dal Tribunale
di Teramo la demolizione delle opere realizzate dagli
imputati, in relazione alle quali non è stata contestata
l'inosservanza delle norme tecniche, bensì degli obblighi di
carattere formale di cui agli artt. 93 e 94 d.P.R. 380/2001,
sicché di tale ordine va disposta la revoca.
6. In conclusione la sentenza impugnata deve essere
annullata limitatamente al disposto ordine di demolizione,
che deve essere eliminato, e i ricorsi dichiarati
inammissibili nel resto, stante l'autonomia delle doglianze
formulate con gli altri motivi di ricorso (cfr. Sez. U, n.
6903 del 27/05/2016, Aiello, Rv. 268966) (Corte di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 15.12.2017 n. 56040). |
novembre 2017 |
|
EDILIZIA PRIVATA:
Sussiste l'illegittimità costituzionale dell’art.
16, comma 1, della legge regionale Sicilia n. 16 del 2016,
nella parte in cui consente l’inizio dei lavori edilizi
nelle località sismiche, senza la necessità della previa
autorizzazione scritta.
Invero, l’art. 94 del Testo unico dell’edilizia, oggetto di
recepimento, è volto, come risulta dalla medesima
intitolazione, a disciplinare l’«autorizzazione per
l’inizio dei lavori» e prescrive, al comma 1, che «nelle
località sismiche, ad eccezione di quelle a bassa sismicità
all'uopo indicate nei decreti di cui all’articolo 83, non si
possono iniziare lavori senza preventiva autorizzazione
scritta del competente ufficio tecnico della regione».
Come ripetutamente affermato da questa Corte, tale principio
costituisce espressione evidente «dell’intento
unificatore che informa la legislazione statale, palesemente
orientata […] ad esigere una vigilanza assidua sulle
costruzioni riguardo al rischio sismico, attesa la rilevanza
del bene protetto, che trascende anche l’ambito della
disciplina del territorio, per attingere a valori di tutela
dell’incolumità pubblica che fanno capo alla materia della
protezione civile, in cui ugualmente compete allo Stato la
determinazione dei principi fondamentali».
Sicché, l’art. 16, comma 1, della legge regionale n.
16/2016, nella parte in cui consente l’avvio dei lavori
nelle zone sismiche in assenza della previa autorizzazione
scritta del competente ufficio tecnico della Regione,
contrasta con il principio fondamentale espresso dall’art.
94 del Testo unico dell’edilizia, secondo cui, nelle zone
sismiche, «l’autorizzazione scritta del competente ufficio
tecnico della Regione condiziona l’effettivo inizio di tutti
i lavori, nel senso che in mancanza di essa il soggetto
interessato non può intraprendere alcuna opera, pur se in
possesso del prescritto titolo abilitativo edilizio».
Si tratta, peraltro, di un principio che «riveste una
posizione “fondante” del settore dell’ordinamento al quale
pertiene, attesa la rilevanza del bene protetto», costituito
dall’incolumità pubblica, che «non tollera alcuna
differenziazione collegata ad ambiti territoriali».
---------------
Sussiste, altresì, l'illegittimità costituzionale del comma
3 dello stesso art. 16 della citata legge regionale, nella
parte in cui stabilisce che «[p]er lo snellimento delle procedure
di denuncia dei progetti ad essi relativi, non sono
assoggettati alla preventiva autorizzazione scritta del
competente ufficio del Genio civile le opere minori ai fini
della sicurezza per le costruzioni in zona sismica, gli
interventi privi di rilevanza per la pubblica incolumità ai
fini sismici e le varianti in corso d’opera, riguardanti
parti strutturali che non rivestono carattere sostanziale,
in quanto definiti e ricompresi in un apposito elenco
approvato con deliberazione della Giunta regionale» e
che «[i]l progetto di tali interventi, da redigere
secondo le norme del D.M. 14.01.2008 e successive modifiche
ed integrazioni, è depositato al competente ufficio del
Genio civile prima del deposito presso il comune del
certificato di agibilità».
Anche in tal caso si tratta di disposizioni riconducibili
alla materia della «protezione civile», di cui la
necessità della previa autorizzazione scritta costituisce
principio fondamentale, al quale sono strettamente e
strumentalmente connessi gli obblighi di preventiva «[d]enuncia
dei lavori e presentazione dei progetti di costruzioni in
zone sismiche», nonché di generale preventiva denuncia
dei lavori allo sportello unico, di cui agli artt. 93 e 65
del medesimo t.u. edilizia.
Le disposizioni regionali impugnate, pertanto, là dove
sottraggono alla autorizzazione scritta le “opere minori”,
escludendo peraltro ogni forma di comunicazione dei relativi
progetti, si pongono in contrasto con il principio
fondamentale della previa autorizzazione scritta,
contemplato dall’art. 94 del t.u. edilizia, in materia di «protezione
civile», e con i connessi principi di previa
comunicazione dei relativi progetti.
Con riguardo ad analoghe norme regionali, questa Corte ha
dichiarato che nessun rilievo riveste la circostanza che la
norma regionale esenterebbe dalla previa autorizzazione
sismica le sole opere “minori”, rispetto alle quali
sarebbe sufficiente l’autocertificazione del tecnico sul
rispetto della disciplina di settore.
Per un verso, gli interventi sul patrimonio edilizio
esistente (alcuni dei quali possono anche presentare
rilevante impatto edilizio) sono ricompresi nell’ampio e
trasversale concetto di opera edilizia rilevante per la
pubblica incolumità utilizzato dalla normativa statale
(artt. 83 e 94 del t.u. edilizia) con riguardo alle zone
dichiarate sismiche, e ricadono quindi nell’ambito di
applicazione dello stesso art. 94. Per altro verso,
l’autorizzazione preventiva costituisce «uno strumento
tecnico idoneo ad assicurare un livello di protezione
dell’incolumità pubblica indubbiamente più forte e capillare».
---------------
5.– Il Presidente del Consiglio dei ministri dubita,
inoltre, della legittimità costituzionale dell’art. 16,
comma 1, della legge regionale n. 16 del 2016, nella parte
in cui consente l’inizio dei lavori edilizi nelle località
sismiche, senza la necessità della previa autorizzazione
scritta.
Tale norma determinerebbe una violazione dell’art. 14 dello
statuto speciale e dell’art. 117, terzo comma, Cost., in
quanto si porrebbe in contrasto con il principio della
previa autorizzazione scritta all’inizio dei lavori edilizi
nelle località sismiche, contenuto nell’art. 94 del Testo
unico dell’edilizia e qualificato come principio
fondamentale in materia di protezione civile, materia di
competenza concorrente.
5.1.–
La questione è fondata.
La disposizione impugnata è contenuta nell’art. 16,
intitolato «Recepimento con modifiche dell’articolo 94
“Autorizzazione per l’inizio dei lavori” del decreto del
Presidente della Repubblica 06.06.2001, n. 380». Il
comma 1 del predetto art. 16 testualmente recita: «Fermo
restando l’obbligo del titolo abilitativo all’intervento
edilizio, nelle località sismiche, il richiedente può
applicare le procedure previste dall’articolo 32 della legge
regionale 19.05.2003, n. 7».
Tale art. 32 delinea un regime relativo alla realizzazione
di opere in zone sismiche secondo il quale «non si rende
necessaria l’autorizzazione all’inizio dei lavori», che
«possono essere comunque avviati, dopo l’attestazione di
avvenuta presentazione del progetto rilasciata dall’Ufficio
del Genio civile».
L’art. 94 del Testo unico dell’edilizia, oggetto di
recepimento, è volto, come risulta dalla medesima
intitolazione, a disciplinare l’«autorizzazione per
l’inizio dei lavori» e prescrive, al comma 1, che «nelle
località sismiche, ad eccezione di quelle a bassa sismicità
all'uopo indicate nei decreti di cui all’articolo 83, non si
possono iniziare lavori senza preventiva autorizzazione
scritta del competente ufficio tecnico della regione».
Come ripetutamente affermato da questa Corte, tale principio
costituisce espressione evidente «dell’intento
unificatore che informa la legislazione statale, palesemente
orientata […] ad esigere una vigilanza assidua sulle
costruzioni riguardo al rischio sismico, attesa la rilevanza
del bene protetto, che trascende anche l’ambito della
disciplina del territorio, per attingere a valori di tutela
dell’incolumità pubblica che fanno capo alla materia della
protezione civile, in cui ugualmente compete allo Stato la
determinazione dei principi fondamentali (così la citata
sentenza n. 182 del 2006)» (sentenza n. 60 del 2017).
La disposizione regionale impugnata, pertanto, deve essere
ricondotta alla materia della «protezione civile»,
rispetto alla quale lo statuto speciale non assegna alcuna
specifica competenza alla Regione siciliana, cosicché, in
virtù dell’art. 10 della legge costituzionale 18.10.2001, n.
3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della
Costituzione), deve applicarsi anche ad essa quanto previsto
dall’art. 117, terzo comma, Cost.
L’art. 16, comma 1, della legge regionale n. 16 del 2016, di
conseguenza, nella parte in cui consente l’avvio dei lavori
nelle zone sismiche in assenza della previa autorizzazione
scritta del competente ufficio tecnico della Regione,
contrasta con il principio fondamentale espresso dall’art.
94 del Testo unico dell’edilizia, secondo cui, nelle zone
sismiche, «l’autorizzazione scritta del competente
ufficio tecnico della Regione condiziona l’effettivo inizio
di tutti i lavori, nel senso che in mancanza di essa il
soggetto interessato non può intraprendere alcuna opera, pur
se in possesso del prescritto titolo abilitativo edilizio»
(sentenza n. 272 del 2016).
Si tratta, peraltro, di un principio che «riveste una
posizione “fondante” del settore dell’ordinamento al quale
pertiene, attesa la rilevanza del bene protetto»,
costituito dall’incolumità pubblica, che «non tollera
alcuna differenziazione collegata ad ambiti territoriali»
(sentenza n. 272 del 2016).
Va, pertanto, dichiarata l’illegittimità
costituzionale dell’art. 16, comma 1, della legge regionale
n. 16 del 2016.
6.– Sulla base dei medesimi argomenti e in riferimento agli
stessi parametri, è, infine, promossa questione di
legittimità costituzionale nei confronti del comma 3 dello
stesso art. 16 della citata legge regionale, nella parte in
cui stabilisce che «[p]er lo snellimento delle procedure
di denuncia dei progetti ad essi relativi, non sono
assoggettati alla preventiva autorizzazione scritta del
competente ufficio del Genio civile le opere minori ai fini
della sicurezza per le costruzioni in zona sismica, gli
interventi privi di rilevanza per la pubblica incolumità ai
fini sismici e le varianti in corso d’opera, riguardanti
parti strutturali che non rivestono carattere sostanziale,
in quanto definiti e ricompresi in un apposito elenco
approvato con deliberazione della Giunta regionale» e
che «[i]l progetto di tali interventi, da redigere
secondo le norme del D.M. 14.01.2008 e successive modifiche
ed integrazioni, è depositato al competente ufficio del
Genio civile prima del deposito presso il comune del
certificato di agibilità».
Il ricorrente sostiene che tali disposizioni introducano una
categoria di lavori (“minori” secondo il legislatore
siciliano), sottratti all’autorizzazione scritta preventiva,
estranei all’orizzonte della disciplina statale e quindi in
violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto in
contrasto con i principi fondamentali della normativa
statale vigente in materia di protezione civile, desumibili
dagli artt. 94, 93 e 65 del t.u. edilizia, che impongono
anche di dare comunicazione delle opere prima del loro
inizio.
6.1. – La questione è fondata sulla base dei medesimi
argomenti svolti nel paragrafo 5.1.
Anche in tal caso si tratta di disposizioni riconducibili
alla materia della «protezione civile», di cui la
necessità della previa autorizzazione scritta costituisce
principio fondamentale, al quale sono strettamente e
strumentalmente connessi gli obblighi di preventiva «[d]enuncia
dei lavori e presentazione dei progetti di costruzioni in
zone sismiche», nonché di generale preventiva denuncia
dei lavori allo sportello unico, di cui agli artt. 93 e 65
del medesimo t.u. edilizia.
Le disposizioni regionali impugnate, pertanto, là dove
sottraggono alla autorizzazione scritta le “opere minori”,
escludendo peraltro ogni forma di comunicazione dei relativi
progetti, si pongono in contrasto con il principio
fondamentale della previa autorizzazione scritta,
contemplato dall’art. 94 del t.u. edilizia, in materia di «protezione
civile», e con i connessi principi di previa
comunicazione dei relativi progetti.
Con riguardo ad analoghe norme regionali, questa Corte ha
dichiarato che nessun rilievo riveste la circostanza che la
norma regionale esenterebbe dalla previa autorizzazione
sismica le sole opere “minori”, rispetto alle quali
sarebbe sufficiente l’autocertificazione del tecnico sul
rispetto della disciplina di settore (sentenza n. 272 del
2016).
Per un verso, gli interventi sul patrimonio edilizio
esistente (alcuni dei quali possono anche presentare
rilevante impatto edilizio) sono ricompresi nell’ampio e
trasversale concetto di opera edilizia rilevante per la
pubblica incolumità utilizzato dalla normativa statale
(artt. 83 e 94 del t.u. edilizia) con riguardo alle zone
dichiarate sismiche, e ricadono quindi nell’ambito di
applicazione dello stesso art. 94. Per altro verso,
l’autorizzazione preventiva costituisce «uno strumento
tecnico idoneo ad assicurare un livello di protezione
dell’incolumità pubblica indubbiamente più forte e capillare»
(sentenza n. 272 del 2016).
Deve, pertanto, essere dichiarata
l’illegittimità costituzionale dell’art. 16, comma 3, della
legge regionale n. 16 del 2016.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
...
3) dichiara l’illegittimità costituzionale
dell’art. 16, commi 1 e 3, della legge della Regione
siciliana n. 16 del 2016
(Corte Costituzionale,
sentenza 08.11.2017 n. 232). |
settembre 2017 |
|
EDILIZIA PRIVATA:
In tema di reati antisismici, l'eventuale
rilascio postumo del parere favorevole da parte
dell'ufficio del Genio Civile competente che attesti
la rispondenza alla normativa antisismica delle
opere realizzate, non elide l'antigiuridicità penale
della condotta consistente nell'aver iniziato i
relativi lavori senza preventiva autorizzazione
scritta del competente ufficio tecnico della
regione.
---------------
1. I ricorsi sono manifestamente infondati.
2. Preliminarmente, giova soffermarsi sulla
richiesta di declaratoria di estinzione del reato
per avvenuto rilascio del permesso di costruire in
sanatoria, formulata da Mo. e Sa. con il loro primo
motivo di ricorso.
Secondo la previsione dell'art. 36 del d.P.R. n. 380
del 2001, l'estinzione del reato edilizio a seguito
del perfezionamento della procedura amministrativa
di accertamento di conformità presuppone "che
l'intervento risulti conforme alla disciplina
urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della
realizzazione dello stesso, sia al momento della
presentazione della domanda", nonché il "pagamento,
a titolo di oblazione, del contributo di costruzione
in misura doppia, ovvero, in caso di gratuità a
norma di legge, in misura pari a quella prevista
dall'articolo 16"; oblazione "calcolata con
riferimento alla parte di opera difforme dal
permesso".
Peraltro, secondo la consolidata giurisprudenza di
questa Corte, il rilascio del titolo amministrativo
non produce, ipso iure, il suddetto effetto
estintivo, residuando, comunque, in capo al giudice
penale, il potere-dovere di verificarne in concreto
la legittimità, con particolare riguardo alla sua
conformità agli strumenti urbanistici vigenti al
momento del fatto ed a quello della richiesta (tra
le tante, Sez. 3, n. 36366 del 16/06/2015, dep.
09/09/2015, Faiola, Rv. 265034).
Orbene, anche a prescindere dal fatto che
l'accertamento di conformità ai sensi del
citato art. 36 comporta l'estinzione delle sole
ipotesi contravvenzionali previste dalle norme
urbanistiche vigenti, nella cui nozione non rientra
la disciplina per le costruzioni da eseguirsi nelle
zone sismiche, che ha una oggettività giuridica
diversa da quella riguardante il corretto assetto
del territorio
(Sez. F, n. 44015 del 04/09/2014, dep. 22/10/2014,
Conforti, Rv. 261099), deve osservarsi che, al fine
di verificare l'integrazione della fattispecie
estintiva, è necessario operare una valutazione che
involge, inevitabilmente, elementi fattuali della
situazione concreta, il cui scrutinio è, tuttavia,
assolutamente precluso al giudice di legittimità,
tanto più che gli atti istruttori richiamati nel
permesso di costruire in sanatoria non sono stati in
alcun modo allegati, sicché non è possibile nemmeno
effettuare un semplice riscontro cartolare circa
l'effettivo adempimento delle condizioni poste con
il provvedimento in data 22/09/2011 del comune di
Vasto.
Ciò assume rilevanza, in particolare, ove si
consideri che l'elemento qualificante del fatto
contestato consisteva proprio nella totale
difformità tra quanto assentito e l'opera
effettivamente realizzata, atteso l'evidente
mutamento di destinazione d'uso, dalla rimessa di
attrezzi agricoli originariamente prevista al
fabbricato destinato a civile abitazione, realmente
costruito.
Ne consegue, pertanto, la manifesta infondatezza
della relativa deduzione (Corte di Cassazione, Sez. III
penale,
sentenza 21.09.2017 n.
43151). |
EDILIZIA PRIVATA:
Premesso che il ricorrente presentava, dapprima,
una SCIA in data 16.10.2015 e
successivamente, in data 16.11.2015 una richiesta di
permesso di costruire per la realizzazione di un gazebo su
suolo pubblico dinanzi alla propria attività commerciale
laddove, in
entrambe le istanze, precisava che non sarebbe stata
realizzata alcuna opera in cemento armato, è palese che la realizzazione di una piattaforma
di forma rettangolare in calcestruzzo sulla sede stradale
antistante l’attività commerciale dell’esponente costituisce
una evidente difformità dell’intervento rispetto a quanto
autorizzato dal Comune
che, nel rispetto del regolamento comunale, autorizzava la
realizzazione sul suolo pubblico di pedane in legno sulle
quali posizionare il gazebo, assicurando in tal modo il
raccordo tra la quota del piano stradale ed il marciapiede.
Del resto solo una struttura in legno poteva assicurare che
si trattasse di struttura precaria e facilmente rimovibile,
come tale compatibile con la destinazione dell’area pubblica
oggetto di occupazione che, nel caso del ricorrente, è
quella a parcheggio pubblico.
---------------
Quanto al preteso omesso esame della variante depositata il
29.06.2016 presso lo sportello unico per l’edilizia, rileva
il collegio che non si tratta di una modifica
dell’originario progetto, sub specie di variante in corso
d’opera o di richiesta di autorizzazione in sanatoria, bensì
di una nuova richiesta di deposito sismico ai sensi
dell’articolo 93 del d.p.r. 380 del 2001 che in alcun modo
rileva ai fini del superamento della contestata difformità
tra il basamento realizzato -in calcestruzzo- e quello
autorizzato -pedana in legno- donde la sostanziale
irrilevanza della nuova richiesta di deposito sismico, come
tale inidonea ad incidere sulla legittimità dell’ordine di
demolizione e dei presupposti provvedimenti di sospensione
dei lavori, tutti incentrati sulla predetta, pacifica,
difformità del basamento realizzato rispetto a quello
autorizzato.
In altre parole il deposito in questione rileva ai fini del
procedimento autorizzatorio di competenza regionale, avente
ad oggetto la regolarità dell’intervento dal punto di vista
sismico e, come tale, non integra i presupposti della
variante architettonica o della richiesta di sanatoria
sicché nessun obbligo di riesame preventivo poteva ritenersi
sussistente in capo al Comune prima dell’adozione
dell’ordine di demolizione.
---------------
Non risponde al vero che le
disposizioni in materia di costruzioni in zone sismiche
richiedano necessariamente la realizzazione di fondamenta in
cemento armato.
Il deposito previsto dall’art. 93 del d.p.r. numero 380
del 2001 per le zone sismiche ha infatti portata generale ed
è riferito a qualunque tipologia di costruzioni, a
prescindere dai materiali utilizzati. Ne discende che anche
le costruzioni in legno sono soggette all’obbligo del
deposito sismico.
La caratteristica delle opere costruttive incide invece
sull’operatività dell’art. 65 del d.p.r. numero 380 del
2001 atteso che solo per le opere di conglomerato cementizio
armato è prescritto l’obbligo di denuncia al competente
ufficio tecnico regionale.
A conferma di quanto precede deve ancora evidenziarsi che il
d.m. del 14.01.2008, recante il
compendio di norme sulle caratteristiche tecniche
costruttive, contempla una sezione dedicata esclusivamente
alle costruzioni di legno in zona sismica (cfr. il
capitolo
7 rubricato “Progettazione per azioni sismiche” al punto 7.7
rubricato “Costruzioni di legno”).
Ne discende, conclusivamente, che dal richiamo contenuto nel
titolo autorizzatorio (comunale) all’obbligo del deposito sismico non
può inferirsi alcuna valutazione circa le caratteristiche
dei materiali impiegati per la costruzione, ben potendo
trattarsi anche di costruzioni in legno, secondo quanto
peraltro espressamente indicato nella relazione presentata
dal ricorrente ai fini del rilascio del titolo
autorizzatorio.
---------------
Manifestamente infondata è la tesi per cui il deposito
sismico presso la regione potrebbe contenere elementi
progettuali integrativi rispetto all’originario progetto
depositato presso il competente ufficio comunale poiché, ove
si accedesse a tale tesi, quest’ultimo si vedrebbe spogliato
del potere di verificare la compatibilità dei materiali
utilizzati per la costruzione rispetto alle prescrizioni
edilizie che, come noto, disciplinano, a seconda delle zone,
anche le tipologie dei materiali consentiti, tanto è vero
che la dichiarazione di asseverazione del professionista, da
presentare ai sensi dell’art. 20 del d.p.r. 380 del
2001, deve attestare anche la conformità del progetto alle
norme antisismiche e quindi illustrare le caratteristiche
costruttive dell’intervento.
---------------
Con ricorso notificato il 27.09.2016 e depositato il
successivo 17 ottobre, il signor Bernardo Angelo ha
impugnato dinanzi all’intestato Tribunale amministrativo
regionale per il Molise gli atti indicati in epigrafe con i
quali il Comune di Bojano, avendo accertato che l’esponente
stava eseguendo le opere di posizionamento di un gazebo su
suolo pubblico –già autorizzato con provvedimento n. 9 del
05.05.2016- in difformità rispetto al progetto approvato
dal Comune, dapprima sospendeva i lavori e successivamente
ne ordinava la rimessione in pristino.
In particolare, la polizia municipale in data 22.06.2016, a seguito di sopralluogo, constatava la realizzazione
-ai fini della installazione del gazebo- di una
piattaforma di forma rettangolare in calcestruzzo, sulla
sede stradale antistante l’esercizio pubblico del
ricorrente, con la funzione di raccordo tra la quota del
piano stradale ed il marciapiede, in violazione di quanto
previsto dall’articolo 7 della delibera di consiglio
comunale numero 32 del 28.08.2015 -recante il
regolamento per l’autorizzazione all’installazione di gazebo
su aree comunali- il quale prescrive che l’attacco a terra
del gazebo, di carattere precario e facilmente amovibile,
debba essere costituito da una pedana in legno, aderente al
suolo, al fine di raccordare la differenza di quota tra il
piano della strada e quello del marciapiede. Ciò, in
generale, al fine di non arrecare pregiudizio alle aree
comunali che, in particolare, nella parte antistante
l’attività commerciale dell’esponente sono destinate a
parcheggio.
...
Il ricorso è infondato.
L’articolo 7 della delibera di consiglio comunale numero 32
del 28.08.2015 recante il regolamento “per il rilascio
di autorizzazioni al posizionamento di gazebo, pedane,
tavoli e sedie su area pubblica antistante di esercizi
commerciali” prescrive espressamente, con riferimento ai
gazebo, che “…2. L’attacco a terra, di carattere precario,
deve essere costituito da una pedana in legno, aderente al
suolo, che nasconda l’ancoraggio terra e raccordi la
differenza di quota tra il piano della strada e quello del
marciapiede. 3. Tale struttura, interamente e facilmente
amovibile, è composta da un telaio in legno o ferro”.
Conformemente a tale previsione regolamentare, il ricorrente
presentava, dapprima, una SCIA in data 16.10.2015 e
successivamente, in data 16.11.2015 una richiesta di
permesso di costruire per la realizzazione di un gazebo su
suolo pubblico dinanzi alla propria attività commerciale. In
entrambe le istanze precisava che non sarebbe stata
realizzata alcuna opera in cemento armato.
E’ dunque evidente che la realizzazione di una piattaforma
di forma rettangolare in calcestruzzo sulla sede stradale
antistante l’attività commerciale dell’esponente costituisce
una evidente difformità dell’intervento rispetto a quanto
autorizzato dal Comune con provvedimento numero 9 del 2016
che, nel rispetto del regolamento comunale, autorizzava la
realizzazione sul suolo pubblico di pedane in legno sulle
quali posizionare il gazebo, assicurando in tal modo il
raccordo tra la quota del piano stradale ed il marciapiede.
Del resto solo una struttura in legno poteva assicurare che
si trattasse di struttura precaria e facilmente rimovibile,
come tale compatibile con la destinazione dell’area pubblica
oggetto di occupazione che, nel caso del ricorrente, è
quella a parcheggio pubblico.
A fronte di tale dato oggettivo, univocamente comprovato
dalla documentazione in atti, il ricorrente articola una
serie di censure che tuttavia non colgono nel segno.
Quanto al preteso omesso esame della variante depositata il
29.06.2016 presso lo sportello unico per l’edilizia,
rileva il collegio che non si tratta di una modifica
dell’originario progetto, sub specie di variante in corso
d’opera o di richiesta di autorizzazione in sanatoria, bensì
di una nuova richiesta di deposito sismico ai sensi
dell’articolo 93 del d.p.r. 380 del 2001 che in alcun modo
rileva ai fini del superamento della contestata difformità
tra il basamento realizzato -in calcestruzzo- e quello
autorizzato -pedana in legno- donde la sostanziale
irrilevanza della nuova richiesta di deposito sismico, come
tale inidonea ad incidere sulla legittimità dell’ordine di
demolizione e dei presupposti provvedimenti di sospensione
dei lavori, tutti incentrati sulla predetta, pacifica,
difformità del basamento realizzato rispetto a quello
autorizzato.
In altre parole il deposito in questione rileva ai fini del
procedimento autorizzatorio di competenza regionale, avente
ad oggetto la regolarità dell’intervento dal punto di vista
sismico e, come tale, non integra i presupposti della
variante architettonica o della richiesta di sanatoria
sicché nessun obbligo di riesame preventivo poteva ritenersi
sussistente in capo al Comune prima dell’adozione
dell’ordine di demolizione.
Tale circostanza è stata peraltro debitamente esplicitata in
sede istruttoria da parte del Comune atteso che nelle
premesse dell’ordinanza di demolizione si richiama altresì
la relazione dell’ufficio urbanistica del 20.07.2016
protocollo numero 1085 nella quale si rileva che “non si può
dar seguito alla variante strutturale proposta in data 29.06.2016 con nota di prot. 9579 in quanto le opere,
costituendo anche variante architettonica, non sono
consentite dal regolamento adottato con D.C.C. n. 32/2015".
Ne discende che alcuna violazione dell’obbligo di provvedere
può configurarsi nel caso di specie né tantomeno una
violazione dell’obbligo di valutare i contributi istruttori
esibiti dal ricorrente, ai sensi e per gli effetti
dell’articolo 10 della legge numero 241 del 90 e, in
generale, dell’articolo 97 della costituzione.
La stessa regione Molise, nell’accertare, con nota
protocollo numero 6571 del 13.04.2017, la conformità
della variante strutturale alla normativa tecnica sismica,
precisava che l’esito positivo della verifica non poteva
intendersi come sostitutivo della valutazione urbanistica di
competenza comunale, evidenziando che quanto realizzato non
era comunque conforme a quanto previsto dall’articolo 7,
comma 2, del regolamento comunale.
In conclusione, non solo la variante strutturale è stata
espressamente esaminata dal comune nel corso
dell’istruttoria prodromica all’adozione dell’ordine di
demolizione, ma deve convenirsi con quanto rilevato sia dal
comune che dalla regione circa l’irrilevanza di tale atto a
sanare l’assenza di idoneo titolo edilizio in quanto atto
rilevante ai soli fini del deposito sismico e comunque in
contrasto con il regolamento comunale, con conseguente
abusività della piattaforma in calcestruzzo poiché
realizzata in violazione di quanto previsto dall’articolo 7,
comma 2, del regolamento approvato con delibera di consiglio
comunale numero 32 del 2015 e della stessa autorizzazione
numero 9/2016.
Con ulteriore motivo di censura il ricorrente deduce la
contraddittorietà dell’azione amministrativa per avere il
comune sanzionato la realizzazione di un’opera -rappresentata da una piattaforma in cemento armato-
implicitamente imposta come condizione al punto 13
dell’autorizzazione comunale n. 9 del 2016 laddove viene
prescritto, prima dell’inizio dei lavori, l’obbligo di
procedere al deposito sismico e strutturale ai sensi della
legge regionale numero 20 del 1996 e dell’articolo 93 del
d.p.r. numero 380 del 2001.
La doglianza è infondata in quanto non risponde al vero che
le disposizioni in materia di costruzioni in zone sismiche
richiedano necessariamente la realizzazione di fondamenta in
cemento armato.
Il deposito previsto dall’articolo 93 del d.p.r. numero 380
del 2001 per le zone sismiche ha infatti portata generale ed
è riferito a qualunque tipologia di costruzioni, a
prescindere dai materiali utilizzati. Ne discende che anche
le costruzioni in legno sono soggette all’obbligo del
deposito sismico sicché quanto previsto al punto 13
dell’autorizzazione numero 9/2016 non rappresenta altro che
una prescrizione riproduttiva dell’obbligo legale di cui al
richiamato articolo 93 valevole per tutte le tipologie
costruttive.
La caratteristica delle opere costruttive incide invece
sull’operatività dell’articolo 65 del d.p.r. numero 380 del
2001 atteso che solo per le opere di conglomerato cementizio
armato è prescritto l’obbligo di denuncia al competente
ufficio tecnico regionale.
A conferma di quanto precede deve ancora evidenziarsi che il
decreto ministeriale del 14.01.2008, recante il
compendio di norme sulle caratteristiche tecniche
costruttive, contempla una sezione dedicata esclusivamente
alle costruzioni di legno in zona sismica (cfr. il
capitolo
7 rubricato “Progettazione per azioni sismiche” al punto 7.7
rubricato “Costruzioni di legno”).
Ne discende, conclusivamente, che dal richiamo contenuto nel
titolo autorizzatorio all’obbligo del deposito sismico non
può inferirsi alcuna valutazione circa le caratteristiche
dei materiali impiegati per la costruzione, ben potendo
trattarsi anche di costruzioni in legno, secondo quanto
peraltro espressamente indicato nella relazione presentata
dal ricorrente ai fini del rilascio del titolo
autorizzatorio.
Manifestamente infondata è poi la tesi per cui il deposito
sismico presso la regione potrebbe contenere elementi
progettuali integrativi rispetto all’originario progetto
depositato presso il competente ufficio comunale poiché, ove
si accedesse a tale tesi, quest’ultimo si vedrebbe spogliato
del potere di verificare la compatibilità dei materiali
utilizzati per la costruzione rispetto alle prescrizioni
edilizie che, come noto, disciplinano, a seconda delle zone,
anche le tipologie dei materiali consentiti, tanto è vero
che la dichiarazione di asseverazione del professionista, da
presentare ai sensi dell’articolo 20 del d.p.r. 380 del
2001, deve attestare anche la conformità del progetto alle
norme antisismiche e quindi illustrare le caratteristiche
costruttive dell’intervento.
In definitiva l’introduzione nel distinto -seppur collegato-
procedimento di autorizzazione sismica di modifiche alle
caratteristiche costruttive dell’intervento, deve ritenersi
non coperta dal titolo edilizio in quanto sottratta alle
verifiche istruttorie di competenza comunale, prodromiche al
rilascio dell’autorizzazione, come la stessa regione non ha
mancato di evidenziare con la nota protocollo numero 6571
del 13.04.2017.
Infondato è anche il terzo motivo di censura in quanto non
può ritenersi sussistente un contrasto dell’articolo 7 del
regolamento comunale con la disciplina regionale e nazionale
in materia di norme antisismiche atteso che la previsione
della realizzazione della pedana di appoggio in legno,
anziché in cemento armato, in zona sismica, non viola alcuna
norma della legislazione antisismica, sia perché, come si è
visto, è lo stesso decreto ministeriale del 14.01.2008
ad ammettere la realizzazione in zona sismica di costruzioni
in legno (cfr. punto 7.7), sia perché, in ogni caso, la
valutazione circa l’idoneità di una struttura di supporto in
legno rispetto ai parametri tecnici previsti dalla normativa
antisismica è rimessa alla competente struttura regionale,
con la precisazione che appare tutt’altro che manifestamente
illogico prevedere che un semplice gazebo abbia come
struttura di appoggio una pedana in legno, in zona peraltro
tutelata dal punto di vista paesaggistico.
Alla luce delle motivazioni che precedono il ricorso deve
conseguentemente essere respinto (TAR Molise,
sentenza 14.09.2017 n. 304 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
agosto 2017 |
|
EDILIZIA PRIVATA:
Opere realizzate in violazione della disciplina
antisismica e sulle opere in cemento armato - Efficacia
estintiva del permesso di costruire in sanatoria -
Esclusione - Artt. 44, lett. b), 64, 65, 71, 72, 93, 94, 95
d.P.R. n. 380/2001 - Giurisprudenza.
L'efficacia estintiva del permesso di costruire in
sanatoria, deve escludersi per le opere realizzate in
violazione della disciplina antisismica e sulle opere in
cemento armato. Sul punto la giurisprudenza (Cass. Sez. 3,
n. 11271 del 17/02/2010; Braccolino; Sez. 3, n. 19256 del
13/04/2005, Cupelli; Sez. 3, n. 1658 del 01/12/1997 (dep.
1998), Agnesse) (Corte Cost. sent. 149 del 30/04/1999). Tali
esclusioni riguardano anche la disciplina delle opere in
cemento armato (Cass. Sez. 3, n. 11511 del 15/02/2002, Menna
A.; Sez. 3, n. 50 del 07/11/1997 (dep. 1998), Casà G. ed
altre prec. conf.).
Intervento abusivo - Violazioni edilizie
e paesaggistiche - Valutazione della particolare tenuità.
Ai fini della valutazione della particolare tenuità del
fatto in tema di violazioni edilizie e paesaggistiche la
consistenza dell'intervento abusivo (tipologia di
intervento, dimensioni e caratteristiche costruttive)
costituisce solo uno dei parametri di valutazione, perché,
per ciò che riguarda gli aspetti urbanistici, in
particolare, assumono rilievo anche altri elementi, quali,
ad esempio, la destinazione dell'immobile, l'incidenza sul
carico urbanistico.
Inoltre, altro indice sintomatico della non particolare
tenuità del fatto è rappresentato dalla contestuale
violazione di più disposizioni quale conseguenza
dell'intervento abusivo, come nel caso in cui siano
contestualmente violate, mediante la realizzazione
dell'opera, anche altre disposizioni finalizzate alla tutela
di interessi diversi (norme in materia di costruzioni in
zone sismiche, di opere in cemento armato, di tutela del
paesaggio e dell'ambiente, a quelle relative alla fruizione
delle aree demaniali) (Sez. 3, n. 47039 del 08/10/2015, P.M.
in proc. Derossi; Conf. Sez. 3, n. 19111 del 10/03/2016,
Mancuso) (Corte di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 07.08.2017 n. 38953
- link a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Secondo
la uniforme giurisprudenza di questa Corte, deve escludersi l'efficacia
estintiva del permesso di costruire in sanatoria per le opere realizzate in
violazione della disciplina antisismica.
E tale esclusione riguarda anche la disciplina delle opere in cemento
armato.
---------------
3. Del tutto errata risulta, al contrario, l'affermazione, contenuta nel
motivo di ricorso in esame, secondo la quale la sanatoria conseguita
dall'imputato avrebbe comportato anche l'estinzione della violazione della
disciplina antisismica.
Va detto, peraltro, che anche sul punto la sentenza impugnata offre una
confusa descrizione della sequenza procedimentale che avrebbe preceduto il
rilascio del titolo abilitativo sanante, facendo peraltro riferimento a
titoli diversi (concessione, autorizzazione, denuncia attività), ad attività
di demolizione di opere in difformità e ad altra procedura di sanatoria
pendente per l'abuso di cui al capo a) punto 5 per il quale è intervenuta
comunque l'assoluzione.
Ciò nonostante, va comunque osservato che, secondo la uniforme
giurisprudenza di questa Corte, deve escludersi l'efficacia estintiva del
permesso di costruire in sanatoria per le opere realizzate in violazione
della disciplina antisismica.
Sul punto la giurisprudenza di questa Corte è uniforme (v., ex pl., Sez. 3,
n. 11271 del 17/02/2010; Braccolino, Rv. 246462; Sez. 3, n. 19256 del
13/04/2005, Cupelli, Rv. 231850; Sez. 3, n. 1658 del 01/12/1997 (dep. 1998),
Agnesse, Rv. 209571) e le esclusioni individuate dalla condivisibile lettura
della norma in esame, hanno superato anche il vaglio della Corte
Costituzionale (Corte Cost. sent. 149 del 30.04.1999).
Va per inciso rilevato che tali esclusioni riguardano anche la disciplina
delle opere in cemento armato, la sanabilità delle quali il Tribunale ha
invece erroneamente ammesso (v. Sez. 3, n. 11511 del 15/02/2002, Menna A, Rv.
22143901: Sez. 3, n. 50 del 07/11/1997 (dep. 1998), Casà G, Rv. 20966201 ed
altre prec. conf.)
(Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 07.08.2017 n. 38953). |
giugno 2017 |
|
EDILIZIA PRIVATA:
Costruzioni da eseguirsi nelle zone sismiche -
Violazioni della disciplina antisismica - Inefficacia della
sanatoria - Ultimazione dei lavori - Criteri -
Giurisprudenza - Artt. 36, 65-72, 93-95 del D.P.R. n.
380/2001.
Il conseguimento del permesso di costruire in sanatoria ai
sensi dell'art. 36 del d.P.R. 06.06.2001, n. 380, comporta
l'estinzione dei soli reati contravvenzionali previsti dalle
norme urbanistiche vigenti, nella cui nozione non rientra la
disciplina per le costruzioni da eseguirsi nelle zone
sismiche, che ha una oggettività giuridica diversa da quella
riguardante il corretto assetto del territorio.
Inoltre, l'ultimazione dei lavori, coincide con la
conclusione dei lavori di rifinitura interni ed esterni,
quali gli intonaci e gli infissi (Sez. 3, n. 39733 del
18/10/2011, Ventura), di modo che anche il suo utilizzo
effettivo, ancorché accompagnato dall'attivazione delle
utenze e dalla presenza di persone al suo interno, non è
sufficiente per ritenere sussistente l'ultimazione
dell'immobile abusivamente realizzato (Sez. 3, n. 48002 del
17/09/2014, Surano) (Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 20.06.2017 n. 30654
- link a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Il conseguimento del permesso di costruire
in sanatoria ai sensi dell'art. 36 del d.P.R.
06.06.2001, n. 380, comporta l'estinzione dei soli
reati contravvenzionali previsti dalle norme
urbanistiche vigenti, nella cui nozione non rientra
la disciplina per le costruzioni da eseguirsi nelle
zone sismiche, che ha una oggettività giuridica
diversa da quella riguardante il corretto assetto
del territorio.
---------------
4. Il terzo motivo è manifestamente
infondato, considerata l'autonomia delle fattispecie
contestate ai capi B), C), e D) dell'imputazione
rispetto al reato di cui al capo A) e la assoluta
irrilevanza, rispetto alle predette fattispecie
contravvenzionali, del rilascio del permesso a
costruire in sanatoria.
Costituisce principio consolidato, infatti, che il conseguimento del permesso di costruire
in sanatoria ai sensi dell'art. 36 del d.P.R.
06.06.2001, n. 380, comporta l'estinzione dei soli
reati contravvenzionali previsti dalle norme
urbanistiche vigenti, nella cui nozione non rientra
la disciplina per le costruzioni da eseguirsi nelle
zone sismiche, che ha una oggettività giuridica
diversa da quella riguardante il corretto assetto
del territorio
(Sez. F, n. 44015 del 04/09/2014, dep. 22/10/2014,
Conforti, Rv. 261099; nonché Sez. 3, n. 7764 del
04/05/1999, dep. 16/06/1999, P.M. in proc. Cosentino
A ed altro, Rv. 214165 e Sez. 3, n. 2114 del
26/11/2002, dep. 17/01/2003, PG in proc. Frascani e
altro, Rv. 223145, pronunciate con riferimento alla
omologa disposizione, ratione temporis
vigente, di cui all'art. 22 della legge 28.02.1985
n. 47) (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 20.06.2017 n. 30654). |
maggio 2017 |
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EDILIZIA PRIVATA:
L'aver omesso di presentare allo Sportello unico
per l'edilizia la denuncia delle opere strutturali (nella
fattispecie consistenti di un muro di confine, dei piloni di
sostegno di un cancello, di un muretto di recinzione su
strada, prima dì procedere al loro inizio) integra la
contravvenzione di cui all'art. 93, comma 1,
indipendentemente sia dalle caratteristiche
dell'opera edilizia, che può consistere in qualsiasi
intervento edilizio -con la sola eccezione di quelli di
semplice manutenzione ordinaria- effettuato in zona sismica,
comportante o meno l'esecuzione di opere in conglomerato
cementizio armato sia dal grado di sismicità
dell'area, essendo il reato de quo configurabile anche in
caso di esecuzione di lavori in zona inclusa tra quelle a
basso indice sismico.
---------------
Nelle fattispecie contravvenzionali la buona fede può
acquistare rilevanza giuridica solo a condizione che essa si
traduca nella mancanza di consapevolezza dell'illiceità del
fatto e che derivi da un elemento positivo estraneo
all'agente, consistente in una circostanza che induca alla
convinzione della liceità del comportamento tenuto, la prova
della sussistenza del quale deve essere fornita
dall'imputato, unitamente alla dimostrazione di avere
compiuto tutto quanto poteva per osservare la norma violata.
Ciò sul presupposto che gli inderogabili doveri di
solidarietà sociale stabiliti dall'art. 2 Cost. impongono al
destinatario di una determinata normativa di adempiere a
stringenti oneri informativi, i quali richiedono che, prima
di porre in essere l'attività disciplinata da specifiche
disposizioni, egli si adoperi per sciogliere i dubbi che
eventualmente concernano il lecito svolgimento di essa o le
particolari modalità previste per la sua esecuzione.
---------------
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 04/07/2016 il Tribunale di Asti
aveva assolto, con la formula "perché
il fatto non costituisce reato",
No.Ma., Gi.So. e Sa.Ma. in relazione ai reati di cui agli
artt. 71 (capo a) e 93 e 95 (capo b) del d.p.r. n. 380 del
2001, per avere: la prima in qualità di committente, il
secondo di esecutore ed il terzo di direttore dei lavori,
eseguito opere in conglomerato cementizio armato
-consistenti in un muro di confine, in piloni di sostegno
del cancello, in un muretto di recinzione su strada- in
violazione dell'art. 64, commi 2, 3 e 4, nonché per avere
omesso di presentare allo Sportello unico per l'edilizia la
denuncia delle predette opere strutturali
prima del loro inizio; fatti accertati in Asti in data
12/06/2013.
1.1. Secondo il primo giudice, infatti, pur essendo stata
pacificamente dimostrata la realizzazione delle opere sopra
menzionate, dall'istruttoria dibattimentale era, altresì,
emerso che i manufatti, costruiti in cemento armato, non
erano destinati ad assolvere alcuna funzione statica e che,
per tale motivo, gli imputati avevano ritenuto di non dovere
presentare preventivamente la denuncia prevista dall'art. 65
del d.p.r. n. 380/2001 per le opere in conglomerato
cementizio armato, che l'art. 53, comma 1, considera come
tali, appunto, solo quando assolvano ad una funzione
statica.
Sulla base della riportata interpretazione della normativa
di riferimento, avallata dalla Circolare del Ministero dei
lavori pubblici 14/02/1974, n. 11951, gli imputati si erano,
dunque, consapevolmente determinati a non presentare la
denuncia in questione, incorrendo in un errore scusabile,
siccome indotto da una normativa suscettibile di differenti
opzioni esegetiche e non potendo attribuirsi rilievo
dirimente al contrario indirizzo della giurisprudenza di
legittimità, che gli imputati non sarebbero stati tenuti a
conoscere.
2. Avverso la predetta sentenza ha presentato ricorso per
cassazione il Procuratore della Repubblica presso il
Tribunale di Asti, deducendo, con un unico motivo di
impugnazione proposto ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett.
b), cod. proc. pen., l'inosservanza o erronea applicazione
della legge penale in relazione alla sola contravvenzione di
cui agli artt. 93 e 95 del d.p.r. n. 380 del 2001 contestata
al capo b).
Ciò sul presupposto che tale figura di reato sia applicabile
a tutte le opere realizzate in zona sismica,
indipendentemente dalla funzione statica dalle stesse
svolte; e non essendo stato, per altro verso, dimostrato che
gli imputati versassero, nella specie, in una situazione di
errore scusabile, anche tenuto conto del consolidato
indirizzo interpretativo della giurisprudenza di legittimità
in materia di obblighi di informazione sulla normativa
settoriale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
2. Con la fattispecie descritta al capo b) della rubrica è
stato contestato agli imputati di avere omesso di presentare
allo Sportello unico per l'edilizia la denuncia delle opere
strutturali indicate al capo a) -consistenti di un muro di
confine, dei piloni di sostegno di un cancello, di un
muretto di recinzione su strada- prima dì procedere al loro
inizio.
Come correttamente posto in luce dal ricorrente, la
contravvenzione de qua sanziona, al comma 1, l'omesso
preavviso scritto allo sportello unico delle "costruzioni,
riparazioni e sopraelevazioni" alla cui presentazione è
tenuto chiunque intenda procedervi "nelle zone sismiche
di cui all'articolo 83".
Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di
questa Corte il reato in contestazione
resta integrato indipendentemente sia dalle caratteristiche
dell'opera edilizia, che può consistere in qualsiasi
intervento edilizio -con la sola eccezione di quelli di
semplice manutenzione ordinaria- effettuato in zona sismica,
comportante o meno l'esecuzione di opere in conglomerato
cementizio armato
(Sez. 3, n. 48005 del 17/09/2014, dep. 20/11/2014, Gulizzi e
altro, Rv. 261155), sia dal grado di
sismicità dell'area, essendo il reato de quo
configurabile anche in caso di esecuzione di lavori in zona
inclusa tra quelle a basso indice sismico
(v. Sez. 3, n. 22312 del 15/02/2011, dep. 06/06/2011, Morini,
Rv. 250369).
Ne consegue che, già sotto il profilo dell'elemento
oggettivo, la sentenza impugnata si mostra gravemente
carente, essendosi la stessa soffermata unicamente sulle
caratteristiche dell'opera in rapporto alla sua funzione
statica ed ai conseguente obbligo di denuncia, senza in
alcun modo affrontare il concorrente profilo della sismicità
dell'area interessata dall'intervento, la quale avrebbe,
dunque, imposto di ottemperare agli obblighi comunicativi.
3. Sotto altro aspetto, si è opinato, da parte della difesa
degli imputati, e il primo giudice ha condiviso tale
prospettazione, che gli stessi sarebbero incorsi in errore
scusabile per avere deciso di non presentare la denuncia
allo Sportello unico sulla base della Circolare del
Ministero dei lavori pubblici 14/02/1974, n. 11951, non
essendo gli stessi tenuti a conoscere il contrario indirizzo
della giurisprudenza di legittimità, che affermerebbe, in
siffatte ipotesi, la rilevanza penale dell'omissione della
denuncia e, per converso, l'irrilevanza delle eventuali
previsioni difformi da parte delle circolari amministrative.
3.1. Sul punto, osserva il Collegio che la consolidata
produzione giurisdizionale di questa Corte è ormai pervenuta
ad affermare, sulla scia della fondamentale sentenza n.
368/1988 della Corte costituzionale, che
nelle fattispecie contravvenzionali la buona fede può
acquistare rilevanza giuridica solo a condizione che essa si
traduca nella mancanza di consapevolezza dell'illiceità del
fatto e che derivi da un elemento positivo estraneo
all'agente, consistente in una circostanza che induca alla
convinzione della liceità del comportamento tenuto, la prova
della sussistenza del quale deve essere fornita
dall'imputato, unitamente alla dimostrazione di avere
compiuto tutto quanto poteva per osservare la norma violata
(Sez. 3, n. 35314 del 20/05/2016, dep. 23/08/2016, P.M. in
proc. Oggero, Rv. 268000; Sez. 4, n. 9165 del 05/02/2015,
dep. 02/03/2015, Felli, Rv. 262443; Sez. 3, n. 42021 del
18/07/2014, dep. 09/10/2014, Paris, Rv. 260657; Sez. 3, n.
49910 del 04/11/2009, dep. 30/12/2009, Cangialosí e altri,
Rv. 245863; Sez. 3, n. 46671 del 05/10/2004, dep.
01/12/2004, Sferlazzo, Rv. 230889; Sez. 3, n. 12710 del
29/11/1994, dep. 21/12/1994, D'Alessandro, Rv. 200950).
Ciò sul presupposto che gli inderogabili
doveri di solidarietà sociale stabiliti dall'art. 2 Cost.
impongono al destinatario di una determinata normativa di
adempiere a stringenti oneri informativi, i quali richiedono
che, prima di porre in essere l'attività disciplinata da
specifiche disposizioni, egli si adoperi per sciogliere i
dubbi che eventualmente concernano il lecito svolgimento di
essa o le particolari modalità previste per la sua
esecuzione.
Ora, se per un verso non può in assoluto escludersi che la
presenza di determinate circolari amministrative possa
contribuire a delineare un quadro regolativo confuso e
scarsamente idoneo a orientare il comportamento dei
consociati (rientrando, l'ipotesi delle circolari, tra gli
esempi offerti dalla citata sentenza n. 364/1988 per
configurare una situazione di scarsa perspicuità
dell'assetto normativo, tale eventualmente determinare un
errore scusabile), deve nondimeno rilevarsi che, nel caso di
specie, le circolari invocate riguardavano, come già
osservato (v. supra § 2), tutt'altro oggetto rispetto alla
problematica che viene, qui, in rilievo: ovvero
l'obbligatorietà della preventiva denuncia di opere in
cemento armato inidonee ad assolvere una funzione statica e
non, come invece sarebbe stato necessario, l'obbligatorietà
della comunicazione connessa alla sismicità dell'area
interessata dall'intervento edificatorio.
Consegue a quanto appena rilevato che, in ogni caso, anche
sotto questo dirimente profilo, deve escludersi qualunque
rilevanza, sotto il profilo scusante, a quanto stabilito
dalla cennata circolare e, corrispondentemente, al
convincimento maturato dagli imputati alla stregua delle sue
disposizioni (Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 18.05.2017 n.
24585). |
EDILIZIA PRIVATA:
Reati di omessa denuncia dei lavori e
presentazione dei progetti e di inizio dei lavori senza
preventiva autorizzazione - Natura permanente dei reati -
Violazione della normativa antisimica - Individuazione della
cessazione della permanenza - Artt. 64, 65, 71, 72, 93, 94,
95 e 101 dlgs n. 380/2001 - Giurisprudenza.
In materia antisismica, i reati di omessa denuncia dei
lavori e presentazione dei progetti e di inizio dei lavori
senza preventiva autorizzazione scritta dell'ufficio
competente hanno natura di reati permanenti, la cui
consumazione si protrae sino a quando il responsabile non
presenta la relativa denuncia con l'allegata documentazione,
non completa l'opera, ovvero, non ricorrendo alcuna delle
precedenti condizioni, sino alla data della sentenza di
condanna di primo grado (Corte di cassazione, Sezione III
penale, 20/01/2016, n. 2209; idem Sezione III penale,
14/01/2016, n. 1145).
Atteso che la lesione dell'interesse protetto dalla norma,
ravvisabile nell'apprestamento degli strumenti necessari
alla amministrazione competente per potere effettivamente ed
efficacemente esercitare i propri compiti in tema di
vigilanza sulla regolarità tecnica di ogni costruzione
eseguita in zona sismica, permane sin tanto che tale
controllo non viene consentito ovvero, una volta completata
la realizzazione dell'opera, esso risulta oramai
sostanzialmente non più utile.
Opere edilizie in zona sismica -
Acquisizione delle autorizzazioni in materia antisismica -
Necessità - Individuazione di un errore scusabile in capo
all'agente - Integrazione degli elementi soggettivi ed
oggettivi.
La realizzazione in zona sismica, di un ballatoio aggettante
esterno e la sostituzione e dislocazione di parte di una
scala interna, in assenza delle prescritte comunicazioni e
autorizzazioni integra l'elemento materiale della
contravvenzione in materia antisismica, mentre, ai fini
della integrazione dell'elemento soggettivo è sufficiente
accertare l'avvenuta consapevole violazione della norma
legislativa prescrittiva, in assenza di fattori che
avrebbero potuto legittimare l'individuazione di un errore
scusabile in capo all'agente, per giustificare quanto meno
la colposità della condotta (Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 18.05.2017 n. 24574
- link a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Le contravvenzioni previste
dalla normativa antisismica puniscono inosservanze
formali, volte a presidiare il controllo preventivo
della P.A. Ne deriva che l'effettiva pericolosità
della costruzione realizzata senza i prescritti
adempimenti è del tutto irrilevante ai fini della
sussistenza del reato e la verifica postuma
dell'assenza del pericolo ed il rilascio dei
provvedimenti abilitativi non incide sulla illiceità
della condotta, poiché gli illeciti sussistono in
relazione al momento di inizio della attività.
Le disposizioni della normativa antisismica si
applicano, invero, a tutte le costruzioni la cui
sicurezza possa interessare la pubblica incolumità,
a nulla rilevando la natura dei materiali usati e
delle strutture realizzate- a differenza della
disciplina relativa alle opere in conglomerato
cementizio armato- in quanto l'esigenza di maggior
rigore nelle zone dichiarate sismiche rende ancor
più necessari i controlli e le cautele prescritte,
quando si impiegano elementi strutturali meno solidi
e duraturi del cemento armato.
---------------
4. Altrettanto ineccepibilmente i Giudici di merito
hanno ritenuto che le contravvenzioni previste dalla
normativa antisismica puniscono inosservanze
formali, volte a presidiare il controllo preventivo
della P.A. Ne deriva che l'effettiva pericolosità
della costruzione realizzata senza i prescritti
adempimenti è del tutto irrilevante ai fini della
sussistenza del reato e la verifica postuma
dell'assenza del pericolo ed il rilascio dei
provvedimenti abilitativi non incide sulla illiceità
della condotta, poiché gli illeciti sussistono in
relazione al momento di inizio della attività (cfr.
Cass. pen. sez. 3, 17/06/1997 n. 5738).
Le disposizioni della normativa antisismica si
applicano, invero, a tutte le costruzioni la cui
sicurezza possa interessare la pubblica incolumità,
a nulla rilevando la natura dei materiali usati e
delle strutture realizzate- a differenza della
disciplina relativa alle opere in conglomerato
cementizio armato- in quanto l'esigenza di maggior
rigore nelle zone dichiarate sismiche rende ancor
più necessari i controlli e le cautele prescritte,
quando si impiegano elementi strutturali meno solidi
e duraturi del cemento armato (Cass. pen. sez. 3,
24/1012001 n. 38142).
Ugualmente irrilevante, infine, è che la costruzione
si trovasse all'interno di una proprietà privata,
tutelando la norma la pubblica incolumità (in tale
concetto rientra anche il possibile danno al singolo
individuo e quindi allo stesso proprietario del
manufatto) dagli effetti delle azioni sismiche.
In ordine al reato di cui agli artt. 94 e 95 DPR
380/2001, ascritto all'originario capo c), il
Tribunale aveva già mandato assolti gli imputati "perché
il fatto non sussiste" proprio in considerazione
del fatto che la zona in cui era stata realizzato il
muro di recinzione era "a bassa sismicità"
(livello 4) per cui non era necessaria la preventiva
autorizzazione.
5. Non era poi certamente maturata la prescrizione,
non essendo decorso il termine massimo di anni
cinque: la realizzazione del muro di recinzione fu
accertata, infatti, in data 31.05.2012 ed i
ricorrenti non hanno addotto alcun elemento da cui
desumere, in contrasto con tale accertamento, che la
permanenza sia invece cessata in epoca anteriore.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, invero,
"...sempre restando a carico dell'accusa l'onere
della prova della data di inizio della decorrenza
del termine prescrittivo, non basta una mera e
diversa affermazione da parte dell'imputato a far
ritenere che il reato si sia realmente estinto per
prescrizione e neppure a determinare l'incertezza
sulla data di inizio della decorrenza del relativo
termine con la conseguente applicazione del
principio in dubio pro reo, atteso che, In base al
principio generale per cui ciascuno deve dare
dimostrazione di quanto afferma, grava sull'imputato
che voglia giovarsi della causa estintiva, in
contrasto o in aggiunta a quanto già risulta in
proposito dagli atti di causa, l'onere di allegare
gli elementi in suo possesso, dei quali è il solo a
potere concretamente disporre, per determinare la
data di inizio del decorso del termine di
prescrizione, data che in tali ipotesi coincide con
quella di esecuzione dell'opera incriminata"
Cass. pen. n. 10562 dell'11/10/2000).
Anche la giurisprudenza successiva ha ribadito che "In
tema di prescrizione, grava sull'imputato, che
voglia giovarsi di tale causa estintiva del reato,
l'onere di allegare gli elementi in suo possesso dai
quali desumere la data di inizio del decorso del
termine, diversa da quella risultante dagli atti"
(Cass. pen. sez. 3 n. 19082 del 24/03/2009) (Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 09.05.2017 n. 22336). |
aprile 2017 |
|
EDILIZIA PRIVATA:
L'articolo 93 d.p.r. 380 del 2001, con il quale si
intende assicurare la vigilanza sulle costruzioni in
zone sismiche, garantisce, prevedendo la denuncia
allo sportello unico, la sinergia fra gli
interessati e le amministrazioni coinvolte nel
procedimento, imponendo a chi intende procedere agli
interventi di costruzione nella zone sismiche di
presentare un preavviso scritto (cd. denuncia allo
sportello unico) e tale adempimento assume la
funzione di informativa dell'attività intrapresa,
mirando a rendere effettivo il controllo preventivo
della P.A., a presidio del territorio.
L'articolo 83 d.p.r. 380 del 2001, cui l'articolo 93
rinvia, indica le opere disciplinate e i gradi di
sismicità, mentre l'articolo 84 definisce il
contenuto delle norme tecniche, che devono essere
osservate.
L'articolo 94 d.p.r. 380 del 2001, infine, prevede
la necessità di una preventiva autorizzazione del
competente ufficio tecnico regionale, fermo restando
l'obbligo del titolo abilitativo all'intervento
edilizio, ed impone che la direzione dei lavori sia
assunta da un soggetto abilitato.
Si tratta dunque di una diversità di
precetti la cui violazione implica il compimento di
condotte plurime, tant'è che, mentre le violazioni
della normativa tecnica hanno natura di reato
permanente, i reati relativi all'omissione della
presentazione della denuncia dei lavori e
dell'avviso di inizio lavori hanno natura di reati
istantanei, che si consumano nel luogo e nel momento
in cui il soggetto intraprende l'attività di
edificazione, avendo omesso gli adempimenti
richiesti prima dell'esecuzione delle opere.
---------------
1. Il ricorso è infondato.
2. Quanto al primo motivo, i reati contestati
integrano l'ipotesi del concorso materiale e non del
concorso formale di reati, come invece sostiene la
ricorrente.
Per rendersene conto, è sufficiente considerare la
struttura delle fattispecie incriminatrici.
L'articolo 93 d.p.r. 380 del 2001, con il quale si
intende assicurare la vigilanza sulle costruzioni in
zone sismiche, garantisce, prevedendo la denuncia
allo sportello unico, la sinergia fra gli
interessati e le amministrazioni coinvolte nel
procedimento, imponendo a chi intende procedere agli
interventi di costruzione nella zone sismiche di
presentare un preavviso scritto (cd. denuncia allo
sportello unico) e tale adempimento assume la
funzione di informativa dell'attività intrapresa,
mirando a rendere effettivo il controllo preventivo
della P.A., a presidio del territorio.
L'articolo 83 d.p.r. 380 del 2001, cui l'articolo 93
rinvia, indica le opere disciplinate e i gradi di
sismicità, mentre l'articolo 84 definisce il
contenuto delle norme tecniche, che devono essere
osservate.
L'articolo 94 d.p.r. 380 del 2001, infine, prevede
la necessità di una preventiva autorizzazione del
competente ufficio tecnico regionale, fermo restando
l'obbligo del titolo abilitativo all'intervento
edilizio, ed impone che la direzione dei lavori sia
assunta da un soggetto abilitato.
Si tratta dunque di una diversità di
precetti la cui violazione implica il compimento di
condotte plurime, tant'è che, mentre le violazioni
della normativa tecnica hanno natura di reato
permanente, i reati relativi all'omissione della
presentazione della denuncia dei lavori e
dell'avviso di inizio lavori hanno natura di reati
istantanei, che si consumano nel luogo e nel momento
in cui il soggetto intraprende l'attività di
edificazione, avendo omesso gli adempimenti
richiesti prima dell'esecuzione delle opere.
Ne consegue che la pluralità delle condotte osta
all'applicazione della causa di non punibilità
reclamata, avendo questa Corte affermato che la
causa di esclusione della punibilità per particolare
tenuità del fatto di cui all'art. 131-bis cod. pen.
non può essere dichiarata in presenza di più reati
legati dal vincolo della continuazione, in quanto
anche il reato continuato configura un'ipotesi di "comportamento
abituale", ostativa al riconoscimento del
beneficio (Sez. 3, n. 43816 del 01/07/2015, Amodeo,
Rv. 265084) (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 10.04.2017 n. 17908). |
marzo 2017 |
|
EDILIZIA PRIVATA: Edilizia
in zone sismiche sempre sotto vigilanza.
Incostituzionale la disposizione che sottrae ad ogni forma
di vigilanza e controllo alcuni interventi edilizi
realizzati in zone sismiche, non tipizzati dalla
legislazione statale di riferimento.
Questo emerge dalla
sentenza
24.03.2017 n. 60, emessa ieri dalla Corte
costituzionale in merito al ricorso promosso dal presidente
del Consiglio dei ministri contro la regione Abruzzo.
Il ricorrente aveva invitato la Consulta a pronunciarsi
sulla legittimità costituzionale degli art. 5 e 7 della
legge regionale 12/2015, che apportava «Modifiche alla legge
regionale 11.08.2011, n. 28 (Norme per la riduzione del
rischio sismico e modalità di vigilanza e controllo su opere
e costruzioni in zone sismiche)», introducendo un art.
19-bis. Entrambe le disposizioni sarebbero state in
contrasto con l'art. 117, terzo comma, della Costituzione,
nelle materie di legislazione concorrente della «protezione
civile» e del «governo del territorio».
Mentre dichiara
inammissibile la questione in merito all'art. 5 e all'art. 7
nella parte in cui amplia l'art. 19-bis della legge 28 con
il comma 3, la Corte individua un contrasto fra il dettame
costituzionale e il comma 2, lett. d), dell' art. 19-bis,
che rimandava a un regolamento della giunta la definizione
delle «opere minori» e di «quelle prive di rilevanza ai fini
della pubblica incolumità», tutte strutture da considerare
estranee sia al procedimento di autorizzazione preventiva
che al preavviso.
Ma queste due categorie di immobili,
sottolinea nella sentenza, non esistono nella disciplina
statale per l'edilizia in zone a rischio sisma. Le regioni
non possono che allinearsi ai principi stabiliti dallo
normativa statale, che detta i parametri a cui attenersi
agli art. 65, 93 e 94 del dpr 380/2001, conclude la Consulta
(articolo ItaliaOggi del 25.03.2017). |
EDILIZIA PRIVATA:
La denuncia prescritta dall’art. 65 d.p.r. n.
380/2001 per la realizzazione dei lavori in cemento armato
non costituisce presupposto del titolo edilizio ma è un
adempimento necessario per la sola esecuzione dei lavori come si evince dalle seguenti circostanze:
a) la denuncia non deve essere effettuata prima del rilascio del
permesso di costruire, bensì prima dell'inizio lavori;
b) gli artt. 68 e segg. del d.P.R. n. 380 del 2001 riservano una
disciplina speciale per l'esecuzione di lavori in assenza di
denuncia diversa, rispetto a quella concernente la
realizzazione di opere senza titolo edilizio ed anche la
disciplina penalistica della fattispecie, contenuta negli
artt. 71 e ss., diverge da quella prevista dall’art. 44 del
medesimo testo normativo nel caso di mancanza del titolo
edilizio;
c) la giurisprudenza ritiene che la presentazione della denuncia
delle opere in cemento armato non sia idonea ad impedire la
decadenza del permesso di costruire per l'inutile decorso
del termine annuale previsto per l'inizio lavori, termine
stabilito dall'art. 15, primo comma, del d.P.R. n. 380 del
2001. La
tesi in esame, nel propugnare la perdurante decorrenza del
termine, presuppone la piena efficacia del titolo edilizio;
Nella stessa ottica, anche la denuncia e
l’autorizzazione ex artt. 93 e 94 d.p.r. n. 380/2001
costituiscono atti necessari per il solo inizio dei lavori e
non anche per il perfezionamento del titolo edilizio come si
evince dal fatto che le disposizioni in esame riguardano il
solo inizio dei lavori e dall’inciso iniziale del citato
art. 94 secondo cui “fermo restando l'obbligo del titolo
abilitativo all’intervento edilizio, nelle località
sismiche, ad eccezione di quelle a bassa sismicità all'uopo
indicate nei decreti di cui all’articolo 83, non si possono
iniziare lavori senza preventiva autorizzazione scritta del
competente ufficio tecnico della regione”.
---------------
- Considerato che con un’unica censura la ricorrente
prospetta la violazione degli artt. 6 d.lgs. n. 28/2011, 65,
93 e 94 d.p.r. n. 380/2001, 10 d.m. 06/07/2012 e 3 e 10 l. n.
241/1990 nonché eccesso di potere per difetto d’istruttoria,
di motivazione e travisamento dei fatti in quanto, al
momento della scadenza dei termini per l’iscrizione al
registro, la società esponente sarebbe stata in possesso del
titolo autorizzativo per la realizzazione dell’impianto; in
quest’ottica sia la denuncia ex art. 65 d.p.r. n. 380/2001
che la denuncia e l’autorizzazione a fini sismici ex artt.
93 e 94 d.p.r. n. 380/2001 non influirebbero sul
perfezionamento del titolo edilizio necessario per la
realizzazione dell’impianto ma solo sull’esecuzione dei
relativi lavori.
Tale circostanza sarebbe stata
rappresentata nelle osservazioni presentate nell’ambito del
procedimento che, però, non sarebbero state valutate il che
integrerebbe l’ulteriore vizio di difetto di motivazione del
provvedimento impugnato (così a pag. 14 dell’atto
introduttivo);
- Considerato che il motivo in esame è fondato e deve essere
accolto;
- Considerato, in particolare, che, secondo quanto previsto
dall’art. 6 d.lgs. n. 28/2011, il titolo autorizzativo, ivi
previsto, si perfeziona decorsi trenta giorni dalla
presentazione della dichiarazione del privato, unitamente
alla documentazione prescritta, senza che il Comune
competente abbia esercitato il potere inibitorio di sua
pertinenza (si veda, in particolare, il comma 4 della
disposizione in esame secondo cui “il Comune, ove entro il
termine indicato al comma 2 sia riscontrata l'assenza di una
o più delle condizioni stabilite al medesimo comma,
notifica all'interessato l'ordine motivato di non effettuare
il previsto intervento e, in caso di falsa attestazione del
professionista abilitato, informa l'autorità giudiziaria e
il consiglio dell'ordine di appartenenza; è comunque salva
la facoltà di ripresentare la dichiarazione, con le
modifiche o le integrazioni necessarie per renderla conforme
alla normativa urbanistica ed edilizia. Se il Comune non
procede ai sensi del periodo precedente, decorso il termine
di trenta giorni dalla data di ricezione della dichiarazione
di cui comma 2, l'attività di costruzione deve ritenersi
assentita”);
- Considerato, poi, che la denuncia prescritta dall’art. 65
d.p.r. n. 380/2001 per la realizzazione dei lavori in
cemento armato non costituisce presupposto del titolo
edilizio ma è un adempimento necessario per la sola
esecuzione dei lavori (così TAR Lombardia–Milano n.
2581/2015) come si evince dalle seguenti circostanze:
a) la denuncia non deve essere effettuata prima del rilascio del
permesso di costruire, bensì prima dell'inizio lavori;
b) gli artt. 68 e segg. del d.P.R. n. 380 del 2001 riservano una
disciplina speciale per l'esecuzione di lavori in assenza di
denuncia diversa, rispetto a quella concernente la
realizzazione di opere senza titolo edilizio ed anche la
disciplina penalistica della fattispecie, contenuta negli
artt. 71 e ss., diverge da quella prevista dall’art. 44 del
medesimo testo normativo nel caso di mancanza del titolo
edilizio;
c) la giurisprudenza ritiene che la presentazione della denuncia
delle opere in cemento armato non sia idonea ad impedire la
decadenza del permesso di costruire per l'inutile decorso
del termine annuale previsto per l'inizio lavori, termine
stabilito dall'art. 15, primo comma, del d.P.R. n. 380 del
2001 (cfr. TAR Veneto, sez. II, 24.01.2008, n. 174). La
tesi in esame, nel propugnare la perdurante decorrenza del
termine, presuppone la piena efficacia del titolo edilizio;
- Considerato che, nella stessa ottica, anche la denuncia e
l’autorizzazione ex artt. 93 e 94 d.p.r. n. 380/2001
costituiscono atti necessari per il solo inizio dei lavori e
non anche per il perfezionamento del titolo edilizio come si
evince dal fatto che le disposizioni in esame riguardano il
solo inizio dei lavori e dall’inciso iniziale del citato
art. 94 secondo cui “fermo restando l'obbligo del titolo
abilitativo all’intervento edilizio, nelle località
sismiche, ad eccezione di quelle a bassa sismicità all'uopo
indicate nei decreti di cui all’articolo 83, non si possono
iniziare lavori senza preventiva autorizzazione scritta del
competente ufficio tecnico della regione” (in questo senso
anche TAR Campania–Napoli n. 2356/2013);
- Considerato, poi, che la nota del Comune di Viggiano del
28.06.2016 deve essere interpretata nel senso che le vicende
evidenziate nella motivazione della stessa, concernenti la
denuncia e l’autorizzazione sismica, abbiano influito sulla
sola esecuzione dei lavori (come emerge dal terzo alinea
dell’atto ove si richiama la precedente nota del 02/05/2013
in cui si parla espressamente di mera “sospensione dei
lavori”) e non anche sull’efficacia del titolo edilizio
essendo la contraria opzione ermeneutica contraria alla
normativa vigente, come in precedenza evidenziato;
- Considerato, pertanto, che, al momento dell’iscrizione nel
registro, la ricorrente era in possesso del titolo
autorizzativo richiesto dall’art. 10, comma 1, d.m.
06/07/2012 tale dovendosi intendere il titolo per la
realizzazione dell’impianto e non già quello per l’avvio dei
lavori;
- Considerato che, in questo senso, deve essere interpretato
anche il disposto dell’art. 2.2.1. delle Procedure
Applicative elaborate dal GSE secondo cui “possono
richiedere l’iscrizione al registro i soggetti responsabili
titolari del titolo autorizzativo/abilitativo conseguito per
la costruzione e l’esercizio dell’impianto”;
- Considerato che l’opzione ermeneutica in esame è coerente
con i punti 2.2.7 e 3.1. delle stesse Procedure Applicative
ove si specifica che “nell’ipotesi di denuncia di inizio
attività (DIA) o di procedura abilitativa semplificata
(PAS)…il titolo abilitativo si intende conseguito decorsi 30
giorni dalla data di presentazione della relativa
documentazione senza che siano intervenuti espliciti
dinieghi e senza che si siano verificate cause di
sospensione di detto termine, quali la necessità di
acquisire, anche mediante convocazione di conferenza di
servizi, atti di amministrazioni diverse e di attivare il
potere sostitutivo (articolo 23 d.p.r. n. 380/2001 e articolo
6, comma 5, d.lgs. n. 28/2011)”;
- Considerato che, come già precisato, tra gli atti di
assenso necessari ai fini del conseguimento del titolo
edilizio abilitativo ed acquisibili tramite conferenza di
servizi ex artt. 14 e ss. l. n. 241/1990, così come
individuati nell’art. 6 comma 5, d.lgs. n. 28/2001
(richiamato dal punto 2.2.7 delle Procedure Applicative),
non rientrano quelli ex artt. 65 e 94 d.p.r. n. 380/2001 di talché nella fattispecie il titolo deve ritenersi conseguito
alla scadenza del termine di trenta giorni dalla
presentazione della dichiarazione del soggetto responsabile
dell’impianto, così come stabilito dall’art. 6, comma 5,
citato;
- Considerato che tali circostanze sono state rappresentate
dalla ricorrente nell’ambito delle osservazioni del 13.10.2016 (si veda l’allegato n. 9 alla memoria del GSE
del 20/02/17) che non risultano specificamente valutate dal
gravato provvedimento di decadenza che, pertanto, risulta
affetto anche dal dedotto difetto motivazionale;
- Considerato che la fondatezza della censura in esame
comporta l’accoglimento della domanda caducatoria e
l’annullamento del provvedimento prot. GSE/P20160084362 del
24 ottobre 2016, unico tra gli atti impugnati lesivi
dell’interesse dalla ricorrente stante la natura
endoprocedimentale delle ulteriori note gravate (TAR
Lazio-Roma, Sez. III-ter,
sentenza 09.03.2017 n. 3308 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
febbraio 2017 |
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EDILIZIA PRIVATA: Antisismica
speciale per tutti gli edifici in aree a rischio.
La speciale disciplina antisismica si applica a tutte le
costruzioni, la cui sicurezza possa comunque interessare la
pubblica incolumità, e realizzate in zone delle quali sia
dichiarata la sismicità. A prescindere dai materiali e dalle
relative strutture, nonché dalla natura precaria o
permanente dell'intervento. Con l'obbligatorietà della
comunicazione al genio civile per consentire il controllo
preventivo da parte della pubblica amministrazione di tutte
le costruzioni realizzate in zone sismiche.
Questo è il principio espresso dalla Corte di Cassazione,
Sez. III penale,
sentenza 24.02.2017
n. 9126 (udienza del 16/11/2016) sulla disciplina
antisismica delle costruzioni.
Il fatto in sintesi.
Il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto ordinava la
demolizione dell'abusivo realizzato attorno ad un immobile.
I proprietari della costruzione avevano realizzato infatti
una recinzione di mq 1.282, in zona sismica ed in assenza
del necessario preavviso e della preventiva autorizzazione
del genio civile. I responsabili dell'intervento sostenevano
che il muro non necessitava di alcuna armatura perché non
aveva la funzione di contenimento e sostegno di altre
strutture.
I giudici ritenevano al contrario integrata la violazione
dell'articolo 606, comma 1, lett. b), cpp, perché sul
cordolo di cemento armato gli imputati avevano apposto dei
blocchi di calcestruzzo e non dei mattoni forati. Gli
imputati sottolineavano che il termine «forati» non deve e
non può essere inteso come sinonimo di «mattone forato», ma
come termine generico indicante qualsiasi blocco di
costruzione che al suo interno sia cavo e privo di armatura.
Per gli stessi motivi ritenevano non necessaria alcuna
comunicazione preventiva alle autorità competenti.
I giudici, sostenevano che il preavviso e il rispetto delle
norme antisismiche erano obbligatori dal momento che per la
costruzione del muro erano stati utilizzati blocchi di
calcestruzzo. Il reato antisismico, sussiste nel caso di
opere realizzate nelle zone sismiche senza adempimento
dell'obbligo di denuncia e di presentazione dei progetti
allo sportello unico e senza la preventiva autorizzazione
scritta del competente ufficio tecnico della regione, a
nulla rilevando la natura dei materiali impiegati e delle
relative strutture ovvero la natura precaria
dell'intervento.
L'articolo 93 del dpr del 2001 n. 380 prescrive, tra
l'altro, che nelle zone sismiche, chiunque intenda procedere
a costruzioni, riparazioni e sopraelevazioni è tenuto a
darne preavviso scritto allo sportello unico, che provvede a
trasmettere al competente ufficio tecnico della regione
copia della domanda e del progetto che ad esso deve essere
allegato.
L'art. 94 del medesimo dpr n. 380 del 2001 prescrive poi che
nelle località sismiche non si possono iniziare lavori senza
la preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio
tecnico della regione
(articolo ItaliaOggi del 25.03.2017). |
EDILIZIA PRIVATA: Cassazione:
la disciplina antisismica si applica a prescindere dai
materiali e dalle relative strutture. Non conta la natura
precaria o permanente dell'intervento.
"Forati" è termine generico che si
riferisce al fatto che l'elemento utilizzato per la
costruzione sia vuoto e non al tipo di materiale. Del resto
lo stesso termine "mattone", dal punto di vista tecnico, è
generico e si tipizza per il materiale usato per la sua
realizzazione, tra cui la terra, il calcestruzzo, il gesso
etc.
Il termine "mattone" prescinde dal
materiale usato mentre il termine "forato" si riferisce
esclusivamente alla presenza di fori.
---------------
Secondo l'orientamento consolidato, la
speciale disciplina antisismica si applica a tutte le
costruzioni, la cui sicurezza possa comunque interessare la
pubblica incolumità, realizzate in zone delle quali sia
dichiarata la sismicità, a prescindere dai materiali e dalle
relative strutture,
nonché dalla natura precaria o permanente
dell'intervento, attesa la natura formale dei relativi reati
ed il fine di consentire il controllo preventivo da parte
della pubblica amministrazione di tutte le costruzioni
realizzate in zone sismiche.
---------------
2. Con il primo motivo di ricorso, lamentano la
violazione dell'art. 606, comma 1, lett. b), c.p.p., in
relazione alla disposizione di servizio n. 235 del
26.08.2008 emessa dal Genio civile di Messina nonché agli
art. 93, 94 e 95 DPR 380/2001, perché la predetta
disposizione escludeva l'autorizzazione dell'Ufficio per la
realizzazione di muri di semplice recinzione in forati e
cordolo di fondazione in cemento armato di altezza non
superiore a 3 metri, mentre il Giudicante aveva ritenuto
integrata la violazione perché sul cordolo di cemento armato
gli imputati avevano apposto dei blocchi di calcestruzzo e
non dei mattoni forati.
Precisano che il termine "forati" non deve e non può
essere inteso come sinonimo di "mattone forato", ma
come termine generico indicante qualsiasi blocco di
costruzione che al suo interno sia cavo e privo di armatura.
Affermano che la ratio della disposizione risiede nel
fatto che il muro di recinzione non ha funzione di
contenimento e sostegno di altre strutture e perciò non
abbisogna di armatura.
...
3. Il ricorso è fondato.
E' corretta e condivisibile la deduzione dei ricorrenti
secondo cui "forati" è termine
generico che si riferisce al fatto che l'elemento utilizzato
per la costruzione sia vuoto e non al tipo di materiale. Del
resto lo stesso termine "mattone", dal punto di vista
tecnico, è generico e si tipizza per il materiale usato per
la sua realizzazione, tra cui la terra, il calcestruzzo, il
gesso etc.
Il Giudice di prime cure, senza censurare il contenuto della
disposizione del Genio civile, dopo aver accertato che il
muro era stato realizzato con blocchi di calcestruzzo al di
sopra del cordolo in cemento armato, ha ritenuto l'illiceità
della condotta, perché risultava evidente come ben diverso
fosse il carico dell'uno o dell'altro tipo di materiale, con
ragionevole spiegazione del diverso tipo di disciplina
prevista e con un'interpretazione che vista la natura
derogatoria della regolamentazione citata, deve essere
rigorosa e strettamente aderente al suo tenore letterale.
Tale motivazione non convince, perché il
termine "mattone" prescinde dal materiale usato
mentre il termine "forato" si riferisce
esclusivamente alla presenza di fori.
L'osservazione sul maggiore o minore carico è del tutto
apodittica e prescinde da accertamenti di tipo tecnico-
scientifico.
Secondo l'orientamento consolidato, la
speciale disciplina antisismica si applica a tutte le
costruzioni, la cui sicurezza possa comunque interessare la
pubblica incolumità, realizzate in zone delle quali sia
dichiarata la sismicità, a prescindere dai materiali e dalle
relative strutture
(Sez. 3, n. 48950 del 04/11/2015 ud, dep. 11/12/2015, Baio,
Rv. 266033 e sentenze ivi citate, nonché Sez. 3, n. 48005,
del 17/09/2014 ud, dep. 20/11/2014, Rv 261156, in un caso di
chiusura di verande con mattoni forati secondo la disciplina
della Regione Sicilia), nonché dalla
natura precaria o permanente dell'intervento, attesa la
natura formale dei relativi reati ed il fine di consentire
il controllo preventivo da parte della pubblica
amministrazione di tutte le costruzioni realizzate in zone
sismiche (si
vedano per i riferimenti ai precedenti la citata Sez. 3, n.
48950/15).
La prescrizione dell'Ufficio invocata dai ricorrenti a
proprio favore ben può essere sindacata dal giudice penale,
sebbene gli imputati abbiano riferito che il muro di
recinzione realizzato non aveva funzioni di sostegno né di
contenimento, sicché la prescrizione era da considerarsi
giustificata.
La sentenza impugnata, però, non ha evidenziato alcun
elemento che consenta questo sindacato, quale ad esempio la
collocazione del muro, la natura del terreno, etc., da cui
desumere l'integrazione del presupposto dell'art. 83 D.P.R.
380/2001, limitandosi, come detto, ad interpretare
arbitrariamente l'espressione usata dall'Ufficio come
riferita al solo "mattone forato", inteso, forse,
come "laterizio".
In definitiva, il fatto contestato non sussiste
(Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 24.02.2017 n. 9126). |
COMPETENZE PROGETTUALI: Lavori
viari a ingegneri.
È di pertinenza esclusiva degli ingegneri la progettazione
di opere viarie non connesse ai singoli fabbricati. Deve
dunque essere annullata l'aggiudicazione della gara
d'appalto laddove il bando prevedeva l'affiancamento di un
architetto nella progettazione esecutiva. E ciò perché il
contributo dell'altra categoria professionale non risulta
necessario quando i lavori riguardano opere di
urbanizzazione primaria. L'impresa che è stata esclusa
ottiene dunque il risarcimento del lucro cessante e del
danno curriculare.
È quanto emerge dalla
sentenza
20.02.2017 n. 1023,
pubblicata dalla I Sez. del Tar Campania-Napoli.
È illegittimo il bando nella parte in cui impone di
associare un architetto ai concorrenti privi della
qualificazione Soa per la progettazione delle classi e della
categoria indicate. Il discrimine fra le competenze degli
ingegneri e degli architetti sta ancora rappresentato dalle
norme di cui agli articoli 51 e 52 del regio decreto
2537/1925.
E nell'esclusiva responsabilità dei primi non rientrano solo
la progettazione delle opere necessarie all'estrazione e
lavorazione di materiali destinati alle costruzioni e quella
delle costruzioni industriali. All'ingegnere competono anche
le opere che riguardano viabilità, acquedotti, depuratori,
condotte fognarie e impianti di illuminazione, a meno non
siano di pertinenza di singoli edifici civili.
Nella specie si tratta di opere di un comparto del piano di
insediamenti produttivi del comune. Comune e impresa
aggiudicataria pagano le spese processuali all'azienda
ingiustamente estromessa
(articolo ItaliaOggi del 21.03.2017). |
dicembre
2016 |
|
EDILIZIA PRIVATA:
Ad eccezione dei soli interventi di semplice
manutenzione
ordinaria, qualsiasi intervento edilizio in zona
sismica, comportante o meno l'esecuzione di opere in
conglomerato cementizio armato, deve essere previamente
denunciato al competente ufficio al fine di consentire i
preventivi controlli; necessita, inoltre, del rilascio del
preventivo titolo abilitativo.
Il relativo
progetto deve essere redatto da un professionista abilitato
ed allegato alla
denuncia di esecuzione dei lavori; questi ultimi devono
essere parimenti diretti
da un professionista abilitato, conseguendone, in difetto,
la violazione del d.P.R. 06.06.2001, n. 380, art. 95 e ciascuna
violazione, risolvendosi
nell'inosservanza di specifiche prescrizioni, costituisce un
titolo autonomo di
reato.
Ne consegue che l'intervento edilizio realizzato
dall'imputato rientra,
dunque, nella nozione di costruzione assoggettata agli
obblighi di cui ai citati
artt. 93 e 94 d.P.R. 380/2001, non trattandosi di intervento
di semplice
manutenzione ordinaria, ma della realizzazione di due
manufatti in cemento di
apprezzabile consistenza (ndr:
due piattaforme in
cemento, una del perimetro di m. 2x3 e dell'altezza di
m. 5x0,2, su cui è stato posizionato un gruppo refrigerante,
e l'altra del perimetro di m. 1,2x1,6, destinata al
posizionamento di insegne), come tali rientranti nella nozione
di costruzione,
soggetti agli obblighi richiamati, in considerazione della
loro potenziale idoneità a
porre in pericolo la pubblica incolumità.
---------------
Il reato previsto dall'art. 95
del d.P.R. 06.06.2001,
n. 380 è configurabile in relazione a qualsiasi opera,
eseguita in assenza della
prescritta autorizzazione antisismica, in grado di esporre a
pericolo la pubblica
incolumità, senza che le Regioni possano adottare in via
amministrativa deroghe
per particolari categorie di interventi.
Ne consegue l'infondatezza della doglianza, stante l'assenza
di rilievo della
suddetta delibera della Giunta regionale della Calabria, in
considerazione della
entità delle opere, tali, per la loro estensione e la loro
dimensione, da costituire
un possibile pericolo per la pubblica incolumità in caso di
eventi sismici.
---------------
Come già evidenziato in relazione al secondo
motivo, la
delibera della Giunta regionale
della Calabria n. 330
del 22/07/2011
tale delibera
non poteva, comunque, creare ex novo la categoria delle
"opere minori" che non
sarebbero soggette alla disciplina antisismica, in aperta
violazione del disposto
del d.P.R. n. 380 del 2001, art. 83, il quale prevede che
tutte le costruzioni la cui
sicurezza possa comunque interessare la pubblica incolumità
sono soggette alla
normativa antisismica, senza consentire alle Regioni di
adottare in via
amministrativa deroghe per particolari categorie di opere.
L'affidamento su essa riposto dal ricorrente non
consente, dunque, di escludere la negligenza del ricorrente
nella verifica della
necessità delle comunicazioni ed autorizzazioni richieste
dagli artt. 93 e 94 d.P.R.
380/2001, trattandosi di delibera illegittima, inidonea ad
escludere l'applicabilità
di norme di rango primario, considerando, tra l'altro, le
dimensioni e l'estensione
delle due piattaforme in cemento fatte realizzare
dall'imputato, come tali
certamente non riconducibili alla categoria delle opere
minori, sottratte alle leggi
nazionali e regionali in materia antisismica, con la
conseguenza che essere
esclusa l'incolpevolezza della condotta dell'imputato.
---------------
2. Per quanto riguarda il primo motivo, mediante il
quale sono stati
denunciati violazione dell'art. 93 d.P.R. 380/2001 e vizio
della motivazione, sulla
base del rilievo che le opere fatte realizzare dall'imputato
sarebbero escluse
dall'obbligo di comunicazione stabilito dall'art. 93 d.P.R.
380/2001, che lo
contempla esclusivamente in relazione a costruzioni,
riparazioni e
sopraelevazioni, va evidenziato che le opere oggetto della
contestazione,
realizzate in zona sottoposta a vincolo sismico, consistono
in due piattaforme in
cemento, una del perimetro di m. 2x3 e dell'altezza di m.
5x0,2, su cui è stato
posizionato un gruppo refrigerante, e l'altra del perimetro
di m. 1,2x1,6,
destinata al posizionamento di insegne, e da tre strutture
metalliche, con
copertura in plexiglass, destinate a deposito dei carrelli
per la spesa.
Alla luce di tale consistenza delle opere oggetto della
contestazione il
Tribunale, dato atto del rilascio della sanatoria e della
conseguente estinzione
della violazione dell'art. 44 d.P.R. 380/2001, ha escluso
che in relazione alle tre
strutture metalliche con copertura in plexiglass fosse
configurabile la violazione
degli artt. 93 e 94 d.P.R. 380/2001, essendo asservite
all'edificio principale e
qualificabili, quindi, come pertinenze, mentre ne ha
ravvisato la configurabilità in
relazione alle due piattaforme in cemento, sottolineando che
le contravvenzioni
di cui agli artt. 93 e 94 d.P.R. 380/2001 sono integrate
dalla realizzazione di
qualsiasi intervento edilizio, con la sola eccezione di
quelli di semplice
manutenzione ordinaria.
2.1. Dette conclusioni risultano del tutto corrette e
sfuggono, di
conseguenza, ai rilievi di violazione di legge e vizio di
motivazione formulati dal
ricorrente.
L'art. 93 d.P.R. n. 380 del 2001 prescrive, tra l'altro, che
nelle zone
sismiche, di cui all'art. 83 d.P.R. n. 380 del 2001,
chiunque intenda procedere a
costruzioni, riparazioni e sopraelevazioni è tenuto a darne
preavviso scritto allo
sportello unico, che provvede a trasmettere al competente
ufficio tecnico della
regione copia della domanda e del progetto che ad esso deve
essere allegato
(comma 2).
L'art. 94 del medesimo d.P.R. n. 380 del 2001 prescrive poi
che nelle località
sismiche non si possono iniziare lavori senza la preventiva
autorizzazione scritta
del competente ufficio tecnico della regione. Il quarto
comma della medesima
disposizione dispone infine che i lavori devono essere
diretti da un ingegnere, un
architetto, un geometra o un perito edile iscritto
nell'albo, nei limiti delle
rispettive competenze.
Ne deriva che, ad eccezione dei soli interventi di semplice
manutenzione
ordinaria, qualsiasi intervento edilizio in zona sismica,
comportante o meno
l'esecuzione di opere in conglomerato cementizio armato,
deve essere
previamente denunciato al competente ufficio al fine di
consentire i preventivi
controlli; necessita, inoltre, del rilascio del preventivo
titolo abilitativo; il relativo
progetto deve essere redatto da un professionista abilitato
ed allegato alla
denuncia di esecuzione dei lavori; questi ultimi devono
essere parimenti diretti
da un professionista abilitato, conseguendone, in difetto,
la violazione del d.P.R. 06.06.2001, n. 380, art. 95 (cfr., Sez. 3, n. 19185 del
14/01/2015, Garofano, Rv. 263376; Sez. 3, n. 48005 del 17/09/2014, Gulizzi, Rv.
261155; Sez. 3, n.
34604 del 17/06/2010, Todaro, Rv. 248330) e ciascuna
violazione, risolvendosi
nell'inosservanza di specifiche prescrizioni, costituisce un
titolo autonomo di
reato.
Ne consegue che l'intervento edilizio realizzato
dall'imputato rientra,
dunque, nella nozione di costruzione assoggettata agli
obblighi di cui ai citati
artt. 93 e 94 d.P.R. 380/2001, non trattandosi di intervento
di semplice
manutenzione ordinaria, ma della realizzazione di due
manufatti in cemento di
apprezzabile consistenza, come tali rientranti nella nozione
di costruzione,
soggetti agli obblighi richiamati, in considerazione della
loro potenziale idoneità a
porre in pericolo la pubblica incolumità.
3. Per quanto riguarda il
secondo motivo, mediante è stata
denunciata
l'erronea applicazione della
delibera della Giunta regionale
della Calabria n. 330
del 22/07/2011, che ha individuato gli interventi edilizi per
i quali è disposta
l'esenzione da qualsiasi comunicazione al comune ed anche
dalla preventiva
autorizzazione scritta regionale, interventi tra i quali
dovrebbe ritenersi
compreso anche quello oggetto della contestazione,
rientrante tra le opere
minori di cui all'allegato A di tale delibera, va osservato
che questa Corte ha già
avuto modo di affrontare la questione della portata di tale
delibera,
escludendone la rilevanza, sulla base della considerazione,
che il Collegio
condivide e ribadisce, che il reato previsto dall'art. 95
del d.P.R. 06.06.2001,
n. 380 è configurabile in relazione a qualsiasi opera,
eseguita in assenza della
prescritta autorizzazione antisismica, in grado di esporre a
pericolo la pubblica
incolumità, senza che le Regioni possano adottare in via
amministrativa deroghe
per particolari categorie di interventi (Sez. 3, n. 19185
del 14/01/2015,
Garofano, Rv. 263376, relativa alla realizzazione di opere
di sostegno di
cartellonistica pubblicitaria di rilevanti dimensioni, illegittimamente qualificate da
delibera della regione Calabria come "opere minori"
sottratte alle leggi nazionali
e regionali in materia di edilizia sismica).
Ne consegue l'infondatezza della doglianza, stante l'assenza
di rilievo della
suddetta delibera della Giunta regionale della Calabria, in
considerazione della
entità delle opere, tali, per la loro estensione e la loro
dimensione, da costituire
un possibile pericolo per la pubblica incolumità in caso di
eventi sismici.
4. Tali considerazioni determinato l'infondatezza anche del
terzo motivo,
mediante il quale è stata prospettata violazione di legge
penale in ordine alla
sussistenza dell'elemento soggettivo dei reati e vizio di
motivazione, per
l'omessa o, comunque, insufficiente considerazione
dell'affidamento riposto dal
ricorrente sulla predetta delibera della Giunta regionale,
nonché sulla relazione
tecnica commissionata ad un esperto in vista della
realizzazione delle medesime
opere, perché, come già evidenziato in relazione al secondo
motivo,
tale delibera
non poteva, comunque, creare ex novo la categoria delle
"opere minori" che non
sarebbero soggette alla disciplina antisismica, in aperta
violazione del disposto
del d.P.R. n. 380 del 2001, art. 83, il quale prevede che
tutte le costruzioni la cui
sicurezza possa comunque interessare la pubblica incolumità
sono soggette alla
normativa antisismica, senza consentire alle Regioni di
adottare in via
amministrativa deroghe per particolari categorie di opere.
L'affidamento su essa riposto dal ricorrente, come pure
sulla suddetta
relazione tecnica commissionata in vista della realizzazione
di tali opere, non
consente, dunque, di escludere la negligenza del ricorrente
nella verifica della
necessità delle comunicazioni ed autorizzazioni richieste
dagli artt. 93 e 94 d.P.R.
380/2001, trattandosi di delibera illegittima, inidonea ad
escludere l'applicabilità
di norme di rango primario, considerando, tra l'altro, le
dimensioni e l'estensione
delle due piattaforme in cemento fatte realizzare
dall'imputato, come tali
certamente non riconducibili alla categoria delle opere
minori, sottratte alle leggi
nazionali e regionali in materia antisismica, con la
conseguenza che essere
esclusa l'incolpevolezza della condotta dell'imputato (Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 05.12.2016 n. 51683). |
settembre
2016 |
|
EDILIZIA PRIVATA:
Disposizioni regionali in materia di opere o di
costruzioni e relativa vigilanza in zone sismiche.
Convegno a Milano del 13.09.2017 organizzato
da Anci Lombardia, presso la sala Gaber di Palazzo
Pirelli, circa le trasferite competenze (regionali)
ai comuni in materia sismica. Si guardino/ascoltino
i video:
-
1^ parte -
2^ parte -
3^ parte -
4^ ed ultima parte.
Di particolare interesse pragmatico, si guardi/ascolti la 3^
parte dal minuto 50 in poi ... ed anche la 4^ parte. |
EDILIZIA PRIVATA:
Terremoto, restauro parziale dell’edificio e
responsabilità del direttore dei lavori.
In tema di responsabilità penale per
violazione degli obblighi incombenti al progettista o
al direttore dei lavori, l’obbligo di garanzia non
può andare oltre l’oggetto del rapporto contrattuale, non
potendo concernere opere che non siano investite
dell’attività del progettista e/o direttore dei lavori.
Invero, ove si tratti di opere del tutto autonome rispetto
ad altre già esistenti in situ o in via di realizzazione non
può pretendersi dal tecnico delle prime che si faccia carico
della conformità e più genericamente della sicurezza di
opere rispetto alle quali non vi è norma di diritto privato
o di diritto pubblico che gli riconosca un potere di
intervento.
Con la
sentenza 01.09.2016 n. 36285, la IV Sez. penale
della Corte di Cassazione si è soffermata sulla
responsabilità per i reati di omicidio colposo (art. 589
c.p.), lesioni colpose (art. 590 c.p.) e crollo di
costruzioni colposo (art. 434, in relazione all’art. 449
c.p.) di un progettista e direttore dei lavori che aveva
provveduto ad alcune opere di manutenzione straordinaria
(incamiciatura di sei pilastri in calcestruzzo armato) nel
2002 in un condominio crollato in conseguenza del terremoto
dell’Aquila del 2009.
In particolare, oltre al dato temporale intercorrente tra
l’esecuzione dei lavori e il crollo dell’edificio, risulta
di peculiare interesse la circostanza che i lavori
commissionati all’imputato riguardassero esclusivamente
delle opere autonome rispetto al complesso strutturale dello
stabile.
La Cassazione, aderendo alla tesi della Corte d’Appello
dell’Aquila, ha riconosciuto la posizione di garanzia del
direttore dei lavori in quanto il suo intervento, pur
essendo limitato e autonomo, aveva carattere strutturale «sicché
egli aveva l’obbligo giuridico di osservare la normativa
antisismica all’epoca vigente, la quale implicava
l’accertamento della consistenza dei pilastri sui quali
eseguire l’intervento; dal che sarebbe derivata la
conoscenza dei difetti strutturali che viziavano i sei
pilastri».
Avendo poi il direttore dei lavori attestato la rispondenza
delle opere alle norme edilizie, urbanistiche e di sicurezza
vigenti, anche volendo considerare il suo intervento
esclusivamente migliorativo, avrebbe dovuto comunque
svolgere gli accertamenti di tipo statico che avrebbero
evidenziato le bias dell’edificio e quindi segnalarle
al committente, che avrebbe potuto predisporre un intervento
di adeguamento del condominio, mettendolo in sicurezza da
eventuali rischi sismici.
Tanto precisato e dopo aver rimarcato il profilo di
responsabilità soggettiva, la Cassazione, in accoglimento
del terzo motivo della difesa dell’imputato, ha annullato
con rinvio la condanna della Corte di Appello, in quanto non
sufficientemente motivato il nesso di causa tra i lavori
svolti dal progettista e il crollo del condominio,
verificatosi parecchi anni dopo.
Ad avviso degli Ermellini, difatti, a mero titolo di
esempio, «non è stato indagato quali
fossero i rimedi concretamente adottabili, se essi fossero
nella disponibilità del condominio, tanto per l’aspetto
economico, che per quello dispositivo; se vi fosse una
concreta possibilità di intervento dell’autorità pubblica, a
fronte di una eventuale inattività dei condomini (…); quali
fossero i tempi di adozione delle misure concretamente
adottabili».
Non sono state, infine, vagliate o anche solo prese in
considerazioni alternative ipotetiche ulteriori, quali la
possibile persistenza dell’uso delle abitazioni pur in
assenza di interventi di adeguamento sismico (commento
tratto da www.giurisprudenzapenale.com).
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MASSIMA
4. Il ricorso è fondato, nei termini dì seguito precisati.
4.1. In ordine logico-giuridico si impone per prima la
trattazione del tema relativo alla esistenza di una
posizione di garanzia del Ci., nella qualità, posta in
dubbio con il secondo motivo di ricorso.
La Corte di appello ha rammentato al riguardo due arresti
giurisprudenziali (Cass. n. 34376/2005 e 18445/2008) che
attengono alla posizione del direttore dei lavori,
quale fu nella vicenda che occupa il Ci..
Con il primo si è affermato che, in
tema di costruzioni edilizie abusive, il direttore dei
lavori ha una posizione di garanzia circa la regolare
esecuzione dei lavori, con la conseguente responsabilità per
le ipotesi di reato configurate, dalla quale questi può
andare esente soltanto ottemperando agli obblighi di
comunicazione e rinuncia all'incarico previsti dall'art. 29,
comma secondo, d.P.R. n. 380 del 2001, sempre che il recesso
dalla direzione dei lavori sia stato tempestivo, ossia sia
intervenuto non appena l'illecito edilizio si sia
evidenziato in via obiettiva, ovvero non appena avuta
conoscenza che le direttive impartite erano state disattese
o violate (Sez. 3,
n. 34376 del 10/05/2005 - dep. 27/09/2005, Scimone ed altri,
Rv. 232475).
Con il secondo che il direttore
dei lavori è responsabile a titolo di colpa del crollo
di costruzioni anche nell'ipotesi di sua assenza dal
cantiere, dovendo egli esercitare un'oculata attività di
vigilanza sulla regolare esecuzione delle opere edilizie ed
in caso di necessità adottare le necessarie precauzioni
d'ordine tecnico, ovvero scindere immediatamente la propria
posizione di garanzia da quella dell'assuntore dei lavori,
rinunciando all'incarico ricevuto
(Sez. 4, n. 18445 del 21/02/2008 - dep. 08/05/2008,
Strazzanti, Rv. 240157).
Occorre dare atto al ricorrente che la
puntualizzazione operata dalla corte distrettuale attraverso
il richiamo giurisprudenziale è opportuna ma non sufficiente
perché il tema è più esattamente quello della attribuzione
al tecnico che venga chiamato ad occuparsi di lavori che
incidono su una limitata porzione dell'edificio dell'obbligo
di garantire non solo la corretta esecuzione dei lavori
affidatagli, ma anche la complessiva sicurezza
dell'edificio.
Non sembra seriamente discutibile che il
progettista e direttore dei lavori sia tenuto a
garantire che gli stessi siano eseguiti a regola d'arte: lo
è sulla scorta del contratto che lo lega al committente,
tanto che la giurisprudenza civile afferma in termini
diversificati ma convergenti l'obbligo (in specie per il
direttore dei lavori) di garantire che l'esecuzione dei
lavori sia non solo conforme a quanto previsto dal
capitolato ma anche alle regole della tecnica
(Sez. 3, Sentenza n. 7370 del 13/04/2015, Rv. 635038; Sez.
2, Sentenza n. 10728 del 24/04/2008, Rv. 603056; argomenti
si ricavano anche da Cass. civ., Sez. 3, Sentenza n. 12995
del 31/05/2006, Rv. 591371, che ritiene
sussistere, discendente dall'art. 1176 c.c., un obbligo di
diligenza particolarmente rigoroso dell'appaltatore che sia
anche progettista e direttore dei lavori, in forza del quale
egli è tenuto, in presenza di situazioni rivelatrici di
possibili fattori di rischio, ad eseguire gli opportuni
interventi per accertarne la causa ed apprestare i necessari
accorgimenti tecnici volti a garantire la realizzazione
dell'opera senza difetti costruttivi).
Al contempo, è palese che l'obbligo di garanzia non può
andare oltre l'oggetto del rapporto contrattuale; e quindi
non può concernere opere che non siano investite
dell'attività del progettista e/o direttore dei lavori.
Ove si tratti di opere del tutto autonome
rispetto ad altre già esistenti in situ o in via di
realizzazione non può pretendersi dal tecnico delle prime
che si faccia carico della conformità e più genericamente
della sicurezza di opere rispetto alle quali non vi è norma
di diritto privato o di diritto pubblico che gli riconosca
un potere di intervento.
Si immagini il direttore dei lavori di una piscina che si
debba realizzare su un fondo ove già insiste un'abitazione,
senza che vi siano interferenze di sorta tra i due
manufatti. Non può ritenersi che sia elevabile nei confronti
di quel direttore dei lavori la pretesa -non si dice di
intervenire ma- anche solo di segnalare difetti strutturali,
pur evidenti, dell'abitazione; la posizione di garanzia,
espressione parafrastica dell'obbligo giuridico di impedire
l'evento menzionato dall'art. 40 cpv. cod. pen., va tenuta
ben distinta dalla possibilità materiale di agire così come
da un dovere morale.
Ma nella vicenda in esame la Corte di appello -ben
diversamente da quanto assume il ricorrente- non ha posto a
carico del Ci. l'obbligo di verificare la qualità statica
dell'intero edificio o anche solo di tutti i pilastri che lo
sostenevano. Piuttosto, come già il primo giudice, ha
affermato che il tipo di intervento affidato alle cure del
Ci. aveva carattere strutturale perché si trattava di lavori
di incamiciatura di sei pilastri, con effetti sullo stato
tensionale dei medesimi (oggetto dell'intervento a sue
cure).
Sicché egli aveva l'obbligo giuridico di osservare la
normativa antisismica all'epoca vigente, la quale implicava
l'accertamento della consistenza dei pilastri sui quali
eseguire l'intervento; dal che sarebbe derivata la
conoscenza dei difetti strutturali che viziavano i sei
pilastri.
Non si è affermato, quindi, un obbligo di intervento o di
segnalazione di difetti che attenevano a ulteriori e
differenti porzioni dell'edificio; ma di un obbligo
delimitato all'opera affidata alle cure del Ci.. E occorre
intendersi: non già di un obbligo di segnalazione ai
committenti ma di un obbligo di ben eseguire il mandato
conferito; il che avrebbe di per sé attivato una serie di
effetti a cascata senza alcun ulteriore intervento del Ci.,
poiché -per dire della più evidente delle conseguenza-
sarebbe stato compito del committente nominare il
collaudatore e questi sarebbe stato tenuto a riportare al
medesimo l'esito -che si può certamente ritenere negativo-
del collaudo.
Ne consegue che la Corte di appello ha esattamente
delimitato la posizione di garanzia assunta dal Ci. ed ha
rimproverato a questi nulla più della violazione degli
obblighi da quella posizione discendenti.
4.2. Quanto al primo motivo, esso pure è infondato.
La condotta colposa ascritta al Ci. è stata
ben identificata dalla Corte distrettuale: egli non ha
osservato le norme della legislazione antisismica, le quali
hanno per l'appunto la funzione di rendere l'edificato in
grado di resistere agli eventi tellurici caratteristici
dell'area dell'insediamento (non a caso esisteva al tempo
una classificazione della aree del territorio nazionale,
distinte per grado di rischio sismico, con effetti diretti
sulla tipologia costruttiva da adottare). Inoltre, egli ha
attestato che le opere erano rispondenti alle norme
edilizie, urbanistiche e di sicurezza vigenti.
Il ricorrente assume che, trattandosi di intervento
migliorativo, secondo la definizione datane dal d.m.
16.01.1996, punto C.9.1.2., non erano applicabili le
disposizioni che imponevano adempimenti concernenti la
sicurezza statica. Ma l'accertamento condotto nei gradi di
merito ha avuto un differente esito.
Come già il Tribunale, sulla scorta di una perizia che non è
stata investita da alcuna censura, anche la Corte di appello
ha affermato che i lavori di incamiciatura
dei sei pilastri -che contemplavano demolizioni di massetto
fino alle fondazioni, realizzazione di fori passanti nel
pilastro ogni 30-40 cm., realizzazione di fori profondi
15-20 cm. sulla fondazione, collegamento ad essa dei nuovi
ferri del pilastro- ebbero carattere di opera di risanamento
strutturale e funzionale, con implicazioni importanti di
natura statica, interessando essi parti strutturali in
cemento armato; sicché era prescritta la verifica prevista
dagli articoli 4, 6 e 7 della legge n. 1086/1971, dalla
legge n. 64/1974, dalla legge Regione Abruzzo n. 138/1996 e
dal d.m. 16.01.1996.
Si tratta di un accertamento di merito che questa Corte non
può mettere in discussione, atteso che esso risulta
sostenuto da motivazione non manifestamente illogica e che
non ne viene neppure posta in discussione la rispondenza
alle emergenze processuali.
Peraltro, non è inutile rilevare che, anche qualora si fosse
trattato di intervento di miglioramento, sul Ci. sarebbe
gravato comunque l'obbligo di svolgere le indagini
concernenti la sicurezza statica dei sei pilastri. Il punto
C.9.2.2. del d.m. 16.01.1996 prevedeva, infatti, che "nel
caso di interventi di miglioramento il progetto deve
contenere la documentazione prescritta per gli interventi di
adeguamento limitatamente alle opere interessate. Nella
relazione tecnica deve essere dimostrato che gli interventi
progettati non producano sostanziali modifiche nel
comportamento strutturale globale dell' edificio".
E, per gli interventi di adeguamento, il punto C. 9.2.1.
prescriveva che "gli interventi di adeguamento
antisismico di un edificio devono essere eseguiti sulla base
di un progetto esecutivo ... completo ed esauriente per
planimetria, piante, sezioni, particolari esecutivi,
relazione tecnica, relazione sulle fondazioni e fascicolo
dei calcoli per la verifica sismica. In particolare la
relazione tecnica deve riferirsi anche a quanto indicato nei
successivi punti C.9.2.3. e C.9.2.4.". Disposizioni,
queste ultime, che indicavano le operazioni e le scelte
progettuali richieste in funzione della sicurezza statica
dell'opera da realizzare.
Pertanto, la variazione degli adempimenti tra l'una e
l'altra tipologia di intervento non era tanto di carattere
qualitativo quanto di carattere quantitativo.
Ancora in relazione al contenuto della condotta colposa va
osservato che le disposizioni appena evocate recano regole
cautelari di tipo rigido; sicché il richiamo alla
prevedibilità ed evitabilità di un evento quale quello
verificatosi il 06.04.2009 a L'Aquila in chiave di
definizione di una regola cautelare 'generica' appare
non pertinente.
Va poi rilevato che l'asserita impossibilità di procedere
alla verifica sismica dei pilastri per la indisponibilità
dei dati, lungi dal costituire un fattore interpretabile a
favore del ricorrente, rappresenta circostanza che avrebbe
dovuto condurre ad una ancora maggior cura per gli aspetti
concernenti la sicurezza statica.
Del tutto improprio è il richiamo al principio di
affidamento, che qui si evoca a giustificazione delle
omissioni dei Ci., poiché questi era tenuto ad eseguire gli
adempimenti richiesti dalla normativa antisismica ex novo,
per la natura dell'intervento affidato alle sue cure, come
precisato al superiore punto 4.1. Quanto ai cenni alla
causalità della colpa (ovvero la pretesa irrilevanza causale
della condotta colposa ascritta al Ci.), essi manifestano
come non sia stato colto che -ben diversamente da quanto
affermato dal ricorrente- l'omissione colposa attribuita
all'odierno imputato -nei termini sin qui ribaditi e
non in quelli rimarcati dall'esponente- è stata ritenuta
causalmente efficiente.
4.3. Ma se non vi è alcun dubbio che sul Ci. gravava
l'obbligo di eseguire gli adempimenti funzionali alla
conformità alla normativa antisismica dell'opera alla quale
attendeva, e che la colpa in senso oggettivo è stata ben
definita, sicché la sentenza impugnata non risulta
censurabile su tali versanti, parimenti non v'è dubbio che
prima di concludere per la responsabilità dell'imputato in
parola per l'evento verificatosi nove anni dopo occorre
accertare l'esistenza della relazione causale tra questo e
l'omissione accertata.
Rimarcato che non è in discussione la prevedibilità del
sisma che si verificò il 06.04.2009 (la giurisprudenza di
questa Corte è sul punto ben consolidata; da ultimo, Sez. 4,
n. 2536 del 23/10/2015 - dep. 21/01/2016, P.C. in proc.
Bearzi e altro, Rv. 265794), i principi in materia sono
ormai talmente noti che è sufficiente rammentarli con una
delle più recenti formulazioni, avendo questa Corte ribadito
che nel reato colposo omissivo improprio,
il rapporto di causalità tra omissione ed evento non può
ritenersi sussistente sulla base del solo coefficiente di
probabilità statistica, ma deve essere verificato alla
stregua di un giudizio di alta probabilità logica, che a sua
volta deve essere fondato, oltre che su un ragionamento di
deduzione logica basato sulle generalizzazioni scientifiche,
anche su un giudizio di tipo induttivo elaborato
sull'analisi della caratterizzazione del fatto storico e
sulle particolarità del caso concreto
(Sez. 4, n. 22378 del 19/03/2015 - dep. 27/05/2015, Pg in
proc. Volcan e altri, Rv. 263494; Sez. U, n. 38343 del
24/04/2014 - dep. 18/09/2014, P.G., R.C., Espenhahn e altri,
Rv. 261103).
Sotto tale profilo la sentenza impugnata appare del tutto
carente, limitandosi ad affermare che, accortosi dei deficit
strutturali, il Ci. "sarebbe stato in grado di far
presente al committente la situazione di pericolo in cui
versavano tutti coloro che abitavano nel palazzo ...";
ed ancora che "l'imputato avrebbe potuto far presente al
committente la necessità di un intervento generale
sull'intera struttura portante dell'edificio e ciò avrebbe
consentito di porre in essere gli opportuni rimedi per
rendere l'edificio più solido, così evitandone il crollo".
Né la lacuna è colmata dalla decisione di primo grado, nella
quale allo stesso modo non è descritta la sequenza che
dall'omissione degli adempimenti connessi alla normativa
antisismica avrebbe condotto, secondo quel criterio di alta
probabilità logica del quale si è scritto, all'adeguamento
statico o ad altra misura che, a sua volta, avrebbe avuto
l'effetto di evitare gli eventi illeciti per cui è processo.
In tal modo l'accertamento del nesso causale viene risolto
in un giudizio esclusivamente di tipo deduttivo, basato su
massime di esperienza (non rese esplicite dalla corte
territoriale, ma chiaramente identificabili dal lettore),
che tradisce la struttura bifasica di quell'accertamento,
poiché non vi è un solo dato processuale che venga
richiamato a sostegno della deduzione. Eppure non si
trattava di assumere misure di agevole reperimento ed
adozione.
Ben si comprende, proprio perché la corte distrettuale ha
fatto riferimento ad interventi sull'intero edificio, che
sarebbe stato necessario un notevole impegno di spesa. A
mero titolo di esempio si può rilevare che non è stato
indagato quali fossero i rimedi concretamente adottabili, se
essi fossero nella disponibilità del condominio tanto per
l'aspetto economico che per quello dispositivo; se vi fosse
la concreta possibilità di un intervento dell'autorità
pubblica, a fronte di una eventuale inattività dei
condomini, ciò nonostante permanenti nelle rispettive
abitazioni (anche solo perché confidenti nelle abitudine
autoprotettive che sono state in altro procedimento
accertate: Cass. Sez. 4, sent. n. 12478 del 19-20.11.2015,
P.G. in proc. Barberi ed altri, n.m.); quali fossero i tempi
di attuazione delle misure concretamente adottabili.
Ben possibili, poi, alternative ipotetiche ulteriori (una
delle quali si è già menzionata: la persistenza dell'uso
delle abitazioni pur in assenza di interventi di adeguamento
sismico), che aprono a percorsi ricostruttivi del nesso
causale invero del tutto peculiari, quali la causalità
psichica (a riguardo della quale, con precipua attinenza
alla vicenda aquilana, la già citata decisione in causa P.G.
c. Barberi ed altri).
E' quindi fondato il terzo motivo di ricorso e,
risultando non conforme alla previsione di legge in tema di
causalità nei reati omissivi impropri, la sentenza impugnata
deve essere annullata con rinvio alla Corte di appello di
Perugia per nuovo esame. Alla medesima corte va demandata la
regolamentazione tra le parti delle spese di questo
giudizio. |
agosto
2016 |
|
EDILIZIA PRIVATA: Per
costruire in zona sismica obbligatorio ok della regione.
L'appaltatore che realizza in zona sismica un'opera pubblica
senza l'autorizzazione della regione rischia un'ammenda. Il
costruttore, infatti, è sempre tenuto al deposito del
progetto, indipendentemente dal fatto che sia l'ente stesso
il committente dell'opera.
A stabilirlo la Corte di Cassazione, Sez. III penale, con
la
sentenza 26.08.2016 n. 35491,
con la quale gli appaltatori sono stati ritenuti
responsabili dei reati previsti agli art. 93, 94 e 95 del
dpr 380/2001 e condannati ad una ammenda di 1.000 euro
ciascuno.
Nel dettaglio i soggetti interessati sono stati ritenuti
responsabili di aver realizzato una struttura, su
indicazione del comune, in una zona ad alta sismicità, senza
preavviso al comune stesso e senza la preventiva
autorizzazione dell'Ufficio tecnico regionale.
In particolare omettendo il deposito dei progetti e
procedendo ugualmente alla realizzazione dell'opera. A nulla
è, quindi, valsa la motivazione dei ricorrenti in merito al
fatto che, in realtà, l'opera fosse di proprietà del comune
committente.
A tal proposito, infatti, la Cassazione ha precisato che «il
reato in oggetto può essere commesso da chiunque violi o
concorra a violare l'obbligo imposto del preavviso e del
deposito dei progetti e degli allegati tecnici e della
richiesta al competente ufficio regionale»
(articolo ItaliaOggi del 27.08.2016).
---------------
MASSIMA
1. Con sentenza in data 18.12.2014, il Tribunale di
Salerno ha condannato Ma.Fr.An., Le.Do. e Gi.Vi., alla pena
di € 1.000 di ammenda ciascuno in relazione ai reati di cui
agli artt. 93-94 e 95 d.P.R. 06.06.2001, n. 380, previa
riqualificazione giuridica dell'originaria imputazione di
cui all'art. 328 cod. pen. contestata al Gi., concesse le
circostanze attenuanti generiche e aumentata la pena per la
continuazione.
I ricorrenti sono stati ritenuti responsabili di aver
realizzato una struttura di contenimento in gabbioni
metallici a sei file soprapposte, opere assentite con
delibera del Comune di Riciliano, comune classificato ad
alta sismicità, senza preavviso allo sportello unico del
Comune, omettendo il contestuale deposito dei progetti
presso quest'ultimo ufficio, ed eseguito le opere senza la
preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio
tecnico della Regione Campagna; Ma.Fr.An. quale titolare
della ditta Se.Co., esecutrice dei lavori appaltati dal
Comune suddetto, Le.Do. quale direttore dei lavori e
comunque progettista e rilevatore architettonico e Gi.Vi.
quale funzionario del Comune e responsabile del procedimento
relativo alle opere in oggetto.
...
4. Il ricorso di Ma.Fr.An. è infondato.
4.1. E' infondato il primo motivo di ricorso con cui si
deduce la violazione dell'art. 522, comma 2, cod. proc. pen.
La contestazione di aver dato corso ai lavori senza la
preventiva autorizzazione del competente ufficio tecnico
regionale, integrante la contravvenzione di cui all'art. 94
cit., è stata contestata nel corpo della contestazione come
è facilmente evincibile dalla lettura del capo a), essendo
solamente omessa l'indicazione dell'articolo di legge
violato, è stato garantito il diritto di difesa, sicché non
ricorre la violazione di cui all'art. 522, comma 2, cod.
proc. pen.
Non integra la nullità di cui all'art. 522 cod. proc. pen.
l'omessa indicazione della norma di legge violata, non
essendo necessaria la sua specifica indicazione in presenza
di una chiara e precisa enunciazione "in fatto" e
quando l'imputato abbia avuto piena cognizione degli
elementi dì fatto che la integrano (Sez. 6, n. 40283 del
28/09/2012, P.G. in proc. Diaji, Rv. 253776).
4.2. Parimenti infondato è il secondo motivo di ricorso con
cui il ricorrente deduce la violazione della legge penale in
relazione agli artt. 5 cod. pen. e 93 e 94 d.P.R. 380 del
2001, sotto un duplice profilo: l'assenza in capo al
medesimo, legale rappresentante della ditta esecutrice di
un'opera pubblica conferita con appalto pubblico dal Comune
di Riciliano, degli obblighi previsti dalla normativa
antisismica sul rilievo che l'ente, che doveva ricevere la
comunicazione prevista dall'art. 93 cit. e a cui competeva
richiedere l'autorizzazione al competente ufficio regionale,
era il medesimo che aveva conferito l'appalto ed era dunque
il committente dell'opera, in secondo luogo difetterebbe
l'elemento soggettivo del reato ai sensi dell'art. 5 cod.
pen. avendo fatto affidamento sulla legge regionale che
prevede, nel caso di appalto pubblico, che gli obblighi
informativi spettino al titolare del potere di spesa e cioè
al Comune.
Con riferimento al primo profilo questa Corte ha
ripetutamente affermato che
il soggetto attivo del reato di cui all'art. 95 del d.P.R.
380/2001 è anche il titolare della ditta chiamata ad
eseguire opere edilizie in zone sismiche, in quanto
destinatario diretto del divieto di esecuzione dei lavori in
assenza dell'autorizzazione e senza preventiva
autorizzazione scritta del competente ufficio regionale
(Sez. 3, n. 6675 del 20/12/2011, Lo Presti, Rv. 252021; Sez.
F, n. 35298 del 24/07/2008, Sparviero, Rv. 240665; Sez, 3,
n. 35387 del 24/05/2007, Trozzo, Rv. 237537; Sez. 3, n. 887
del 10/12/1999, Scardellato Rv. 215602).
Dunque
la contravvenzione in oggetto può essere commessa da
chiunque violi o concorra a violare l'obbligo imposto del
preavviso e del deposito dei progetti e degli allegati
tecnici e della richiesta al compente ufficio tecnico
regionale, sicché, pur non trattandosi di un reato proprio
del proprietario, la configurazione giuridica dello stesso
può esser inquadrata in quelli a soggettività ristretta,
giacché, oltre che da questi, può esser commesso dal
committente, dal titolare della concessione edilizia ed, in
genere, da chi ha la disponibilità dell'immobile o dell'area
su cui esso sorge, nonché da quei soggetti che esplicano
attività tecnica ed hanno iniziato la costruzione senza
accertarsi degli intervenuti adempimenti e, come tale, non è
esonerato automaticamente da responsabilità per la presenza
di un direttore dei lavori.
Tali principi devono essere ritenuti applicabili anche nel
caso in esame, posto che il ricorrente ha assunto la
qualifica di soggetto "esecutore delle opere",
affidate dall'ente pubblico con appalto pubblico
(contratto rep. n. 30/2010 del 28.09.2010).
La circostanza che egli fosse esecutore di un'opera
pubblica, conferita con contratto di appalto pubblico dal
Comune
di Riciliano,
non lo esonera dagli obblighi che gravano sul medesimo, per
la considerazione che nel contratto di appalto, anche
pubblico, l'appaltatore si impegna ad eseguire l'opera a
regola d'arte con mezzi propri e sotto la sua responsabilità
in piena autonomia anche nel caso in cui l'amministrazione
pubblica abbia predisposto il progetto e le indicazioni
(Cass. Civ. sez. 1, n. 15784, del 02/07/2010, Rv 613928).
Dunque, come correttamente ritenuto nella sentenza impugnata
(pag. 10),
l'esecutore di opere pubbliche è costruttore/esecutore delle
opere, sicché non si può escludersi la responsabilità per
violazione agli obblighi derivanti dalla legge, obblighi che
non possono venir meno per il fatto che l'ente appaltante
sia lo stesso che doveva ricevere la comunicazioni. E ciò in
forza della ratio delle disposizioni dettate in tema
di vigilanza sulle costruzioni in zone sismiche, che
prevedendo un complesso sistema di cautele rivolto ad
impedire l'esecuzione di opere non conformi alle norme
tecniche, ed impongono a tutti i soggetti esecutori delle
opere (proprietari, committenti, direttore dei lavori) ad
osservare le cautele a cui sono connessi gli obblighi, che
sono sanzionati con le contravvenzioni in parola.
Deve pertanto ribadirsi il principio secondo cui
il reato di cui all'art. 95 cit., potendo essere commesso da
chiunque violi o concorra a violare l'obbligo di deposito
del progetto delle opere realizzate in zona sismica, e senza
autorizzazione del competente ufficio regionale, può essere
realizzato dal proprietario, dall'esecutore di
un'opera pubblica, che abbia esplicato attività tecnica ed
iniziato la costruzione, senza il doveroso controllo del
rispetto degli adempimenti di legge.
Consegue che non possa ravvisarsi alcun errore di diritto
scusabile quando l'attività professionale del soggetto, come
nel caso di specie, presupponga la conoscenza della
normativa di settore e il suo comportamento sia sintomatico
della inosservanza dell'obbligo di adeguata informazione per
conseguire la conoscenza della legislazione vigente in
materia
(Sez. 3, n. 11045 del 18/02/2015, De Santis, Rv. 263288).
Inoltre, priva di pregio è la tesi difensiva secondo cui il
comportamento antidoveroso era conseguente ad un errore di
diritto sulla legge extrapenale scusabile.
Il comportamento antidoveroso di aver dato inizio ai lavori
senza autorizzazione ex art. 94 cit., non può essere escluso
dalla circostanza che la legge regionale della Campania
9/1983 succ. mod. 19/2012 e 1/2012 e Reg. 23/2010,
stabilisce che l'obbligato alla presentazione della denunzia
è, in caso di committenza pubblica, il committente
individuato nel titolare del potere decisionale e di spesa
ai sensi del art. 2, comma 3, DPGR 23/2010, e ciò in quanto,
come correttamente evidenziato nella sentenza impugnata, la
legislazione in materia di governo del territorio non è
esercitata, ai sensi dell'art. 117 Cost., in via esclusiva
nella regione Campania, bensì concorrente e non può
investire la materia della sicurezza staticità degli edifici
in zona sismica che rimane di esclusiva competenza statale
(Sez. 3, n. 37375 del 20/06/2013, P.M. in proc. Serpicelli,
Rv 257594; Sez. 3, n. 16182 del 28/02/2013, Crisafulli, Rv
241287), sicché la legge regionale non esonera da quanto
previsto dalla legge statale in termini di precauzione
antisismiche e, considera la natura professionale del
soggetto agente, non vale ad escludere il dolo del reato
invocando l'art. 5 cod. pen..
5. Infondato è, anche, il ricorso di Do.Le..
In primo luogo la qualità di direttore dei lavori non
richiede incarico formale, peraltro deve rilevarsi che la
sentenza motiva sulla circostanza che egli era direttore dei
lavori, con incarico formale per la realizzazione dell'opera
principale (opere per la realizzazione delle rete di
adduzione per la metanizzazione) e che, con riguardo alle
opere in oggetto (gabbioni metallici di contenimento di un
muro, opere connesse a quella principale), il Le. aveva
redatto la perizia di variante e il progetto sottoposto alla
Giunta Comunale, a cui era seguita la sottoscrizione del
verbale ripresa lavori in data 25.01.2010, sicché anche
privo di fondamento è il vizio di travisamento della prova.
Il Tribunale ha correttamente argomentato la qualifica di
progettista e direttore dei lavori assunta con incarico
formale (determina n. 154 del 16/07/20109) ed avendo di
fatto e in concreto operato, in tale veste, anche con
riferimento alle opere in oggetto. La motivazione è priva di
censure di illogicità e dunque non sussiste il lamentato
vizio di travisamento della prova.
5.1. Con riferimento al secondo motivo è sufficiente
richiamare quanto esposto al par. 4.2. e con riguardo alla
qualifica ricoperta dal Le., deve ricordarsi che,
in materia di costruzioni in zone sismiche, il direttore dei
lavori risponde del reato previsto dall'art. 95 d.P.R. n.
380 del 2001, per l'esecuzione di interventi edilizi in
assenza del previo deposito del progetto presso il Genio
Civile, in virtù della posizione di controllo affidatagli su
costruzioni potenzialmente lesive della pubblica incolumità
e del conseguente obbligo di verificare il rispetto degli
adempimenti prescritti dalla normativa in materia
(Sez. 3, n. 7775 del 05/12/2013, Damiano, Rv. 258854). |
luglio
2016 |
|
EDILIZIA PRIVATA:
Nota di Lettura LR 33/2015 “Disposizioni in materia di
opere o di costruzioni e relativa vigilanza in zone
sismiche” e DGR n. X/5001 30.03.2016 “Approvazione delle
linee di indirizzo e coordinamento per l’esercizio delle
funzioni trasferite ai comuni in materia sismica" (ANCI
Lombardia,
nota 22.07.2016).
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ANCI Lombardia,
circolare 28.07.2016 n. 119/2016 (link a
www.anci.lombardia.it). |
giugno
2016 |
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EDILIZIA PRIVATA:
Addio al certificato di agibilità. E dal
2017 saranno su internet tutti i dati dei rogiti. DECRETO
COMPETITIVITÀ/ Le misure allo studio per il rilancio
dell'economia.
Addio al certificato di agibilità. Sarà sostituito dalla
segnalazione certificata di agibilità. Inoltre trasparenza
delle vendite immobiliari: dal 2017 sul sito dell'Agenzia
del territorio saranno disponibili i dati dei rogiti (tranne
nomi delle parti).
Sono alcune
delle novità, nel settore dell'edilizia e degli immobili, in
corso di definizione nel decreto competitività, atteso in
uno dei prossimi consigli dei ministri.
Ma vediamo di tratteggiare le disposizioni in corso di
elaborazione.
AGIBILITÀ
Viene riscritta tutta la procedura per l'agibilità. Viene
definitivamente eliminato il certificato di agibilità, che
prevede da parte del comune un mero controllo documentale.
Si valorizza il collaudo statico e il controllo ispettivo
sull'opera realizzata.
Inoltre il certificato di collaudo statico assorbirà il
certificato di rispondenza dell'opera alle norme tecniche
eliminando le duplicazioni di adempimenti.
Secondo le misure allo studio è attribuito al direttore
lavori o, se non è stato nominato, ad un professionista
abilitato il compito di attestare la sussistenza delle
condizioni di sicurezza, igiene e salubrità e risparmio
energetico degli edifici e degli impianti, valutate secondo
quanto dispone la normativa.
Alla presentazione delle Scia seguiranno i controlli anche
attraverso un'attività ispettiva sulle opere realizzate da
effettuarsi con modalità stabilite dalle regioni e dai
comuni. Le nuove norme danno uniformità alla procedura
relativa all'agibilità degli edifici, ad oggi sottoposta a
regimi differenziati tra una regione e l'altra (certificato
di agibilità rilasciato dal comune, attestazione del tecnico
e certificato di collaudo sempre previsti).
AUTORIZZAZIONE SISMICA
Per quanto riguarda gli adempimenti formali nei confronti
dell'ufficio tecnico regionale, ferma restando, se prevista,
l'autorizzazione sismica, viene assicurato nelle località a
bassa sismicità un regime omogeneo e tempi certi.
Sono previste modifiche agli articoli 93 e 94 del T.u.
Edilizia (dpr 80/2001). Il governo, le regioni e enti locali
concluderanno in sede di conferenza unificata accordi, ai
sensi dell'articolo 9 del dlgs 281/1997, in base ai quali
viene individuato un elenco tassativo di interventi
secondari e minori che non comportano pericoli per la
pubblica incolumità da sottoporre a Scia e Cil.
In questo modo gli adempimento vengono differenziati in
relazione alle esigenze di tutela della pubblica incolumità
sulla base del principio di proporzionalità.
Nelle relazioni esplicative del provvedimento si legge che
attualmente la costruzione di un muretto a secco in campagna
o di un tramezzo sono soggetti alla stessa disciplina
prevista per la sopraelevazione di un edificio. Le
disposizioni allo studio riducono i tempi medi di rilascio
delle autorizzazioni e del permesso di costruire.
Viene introdotta l'autorizzazione attualmente non prevista
nelle zone a bassa sismicità per interventi relativi a
edifici di interesse strategico e alle opere
infrastrutturali, la cui funzionalità durante gli eventi
sismici assume rilievo fondamentale per le finalità di
protezione civile nonché per gli interventi relativi agli
edifici e alle opere.
TRASPARENZA IMMOBILIARE
Il decreto vuole dare visibilità alle informazioni su
compravendite e prezzi nel settore immobiliare, informato
elettronico. Sul sito dell'Agenzia del territorio, dal 2017,
disponibili i dati sulla descrizione degli immobili e sui
prezzi degli atti rogitati dai notai. È una cosa diversa
dalla visura, che viene chiesta caso per caso presso le
conservatorie. La proposta normativa non riguarda gli
immobili e la loro storia come nelle visure in
catasto/conservatoria. Si tratta di informazioni sulle
transazioni definite con atti notarili.
Si potrà tracciare una mappa in cui si evidenziano i prezzi
delle singole case, cosicché gli operatori potranno
visualizzare i prezzi delle transazioni immobiliari in una
certa area.
Per ragioni di riservatezza non sono visibili le
informazioni personali delle parti e non sarà disponibile la
copia degli atti (per cui si dovrà continuare a chiedere la
visura) (articolo
ItaliaOggi dell'01.06.2016 - tratto da
www.centrostudicni.it). |
maggio
2016 |
|
EDILIZIA PRIVATA:
La classificazione sismica degli edifici
ha nuovi canoni.
In arrivo le linee guida per la classificazione sismica
degli edifici. Sei le classi di appartenenza, dalla A alla
F, che indicheranno il rischio cui sarà sottoposto
l'edificio e il modo in cui dovrà risponde ad un evento
sismico. Tutto questo consentirà di misurare il
miglioramento antisismico generato da un intervento di messa
in sicurezza non solo dal punto di vista strutturale, ma
anche da quello economico.
Questa la risposta del sottosegretario al Ministero delle
Infrastrutture e dei Trasporti, Umberto Del Basso De Caro,
in Commissione Ambiente della Camera a un'interrogazione (INTERROGAZIONE
A RISPOSTA IMMEDIATA IN COMMISSIONE 5/08720)
posta dall'onorevole del Movimento cinque stelle, Claudia
Mannino in merito ai tempi di emanazione delle linee guida
per la classificazione sismica degli edifici.
Le linee guida per la classificazione sismica degli edifici
sono state redatte dall'Ingegneria sismica italiana (Isi)
con la finalità di fotografare un quadro degli investimenti
necessari per la messa in sicurezza del patrimonio edilizio.
L'onorevole Claudia Mannino ha sottolineato nel corso
dell'intervento che un'inadeguata progettazione, una
scadente qualità dei materiali e delle modalità di
costruzione e una scarsa manutenzione aggravano le
conseguenze degli eventi sismici.
L'adeguamento antisismico deve quindi essere visto come una
strategia preventiva diretta a ridurre la perdite di vite
umane, i danni alle cose e gli impatti sociali, economici e
finanziari. Il rischio sismico di una singola costruzione,
ha risposto il sottosegretario Del Basso De Caro, dipende da
tre fondamentali fattori, la pericolosità del sito, la
vulnerabilità della costruzione e l'esposizione delle
attività, dei beni e delle persone presenti nella
costruzione.
Le linee guida hanno l'obiettivo di arrivare ad una
classificazione riferita al rischio sismico dipendente non
solo dalla vulnerabilità, ma anche dalla pericolosità del
sito e dall'esposizione (articolo
ItaliaOggi del 26.05.2016 - tratto da
www.centrostudicni.it). |
EDILIZIA PRIVATA: B.U.R.
Lombardia, serie ordinaria n. 20 del 19.05.2016 "Disposizioni
in merito al nuovo sistema informativo integrato per la
gestione informatica delle pratiche sismiche di cui all’art.
3, comma 2, legge regionale 33 del 12.10.2015 «Disposizioni
in materia di opere o di costruzioni e relativa vigilanza in
zone sismiche»" (decreto
D.U.O. 03.05.2016 n. 3809). |
EDILIZIA PRIVATA: Slide
Convegno: "La nuova legge regionale 33/2015 e la nuova
zonazione sismica" tenutosi il 04.05.2016 presso
l'Ufficio Territoriale Regionale di Brescia:
-1-
l.r. 12.10.2015 n. 33 - Disposizioni in materia di opere o
di costruzioni e relativa vigilanza in zone sismiche
-2-
La zonazione sismica e l’aggiornamento delle zone sismiche
in Regione Lombardia
-3-
Delibera Giunta Regionale 30.03.2016 - n. X/5001 -
«Approvazione delle linee di indirizzo e coordinamento per
l’esercizio delle funzioni trasferite ai comuni in materia
sismica»
-4-
D.G.R. n. 5001 del 30.03.2016 - Approvazione delle linee di
indirizzo e coordinamento per l’esercizio delle funzioni
trasferite ai comuni in materia sismica (artt. 3, comma 1, e
13, comma 1, della l.r. 33/2015)
-5-
Il sistema informativo integrato per la gestione delle
pratiche sismiche
-6-
Titoli abilitativi all’edificazione, costruzione di opere
pubbliche e l.r. 33/2015 |
aprile
2016 |
|
EDILIZIA PRIVATA:
La penale responsabilità in ordine ai
reati di cui agli artt. 44, comma 1, lettera b), del dPR n.
380 del 2001, 64, 65, 71 e 72 del medesimo dPR ed ancora 93,
93 e 95 sempre del dPR n. 380 del 2001 concernono
esclusivamente la disciplina penale di manufatti la cui
tenuta statica sia assicurata tramite l'uso e l'applicazione
di opere in cemento armato ovvero di elementi strutturali in
acciaio o in altri metalli con funzione portante.
Esse appaiono, pertanto, eterogenee rispetto alla
realizzazione di un manufatto (abusivo) -struttura portante
realizzata con travi e pilastri di legno e pareti
perimetrali costruite in muratura- che non ha comportato la
utilizzazione né di cemento armato né di altri elementi
strutturali in metallo.
Detto altrimenti, non è configurabile la violazione della
disciplina delle opere in conglomerato cementizio armato in
caso di struttura portante realizzata con travi e pilastri
di legno e pareti perimetrali costruite in muratura, ove la
stessa non comporti la utilizzazione né di cemento armato né
di altri elementi strutturali in metallo.
---------------
La Corte di appello di Caltanissetta, con sentenza del
27.05.2014, ha confermato la decisione con la quale il
Tribunale di Gela aveva dichiarato la penale responsabilità
di Pe.Sa. in ordine ai reati di cui agli artt. 44, comma 1,
lettera b), del dPR n. 380 del 2001, 64, 65, 71 e 72 del
medesimo dPR ed ancora 93, 93 e 95 sempre del dPR n. 380 del
2001, per avere egli realizzato, in assenza della prescritta
concessione edilizia, su di un preesistente manufatto, una
sopraelevazione della superficie di circa 30 mq con pilastri
e travi in legno e con pareti perimetrali in muratura, per
avere eseguito la predetta opera in assenza di un progetto
esecutivo redatto da un tecnico abilitato, senza la
direzione tecnica di un professionista abilitato e senza
avere presentato la preventiva denunzia agli uffici
competenti così violando, altresì, la normativa applicabile
per le costruzioni in zona sismica; con la ricordata
sentenza della Corte territoriale era stata confermata anche
la condanna del Pellegrino alla pena di giustizia.
...
Va, viceversa, annullata la sentenza impugnata relativamente
alla affermazione della penale responsabilità del Pellegrino
in ordine ai reati a lui contestati al capo 2) della rubrica
elevata nei suoi confronti.
Siffatta contestazione, invero, concerne la realizzazione da
parte del prevenuto delle opere descritte sub 1) del capo di
imputazione, in violazione degli artt. 64, 65, 71 e 72 del
dPR n. 380 del 2001, in assenza di un progetto esecutivo
redatto da tecnico abilitato, senza che la direzione dei
relativi lavori sia stata assunta da tecnico a ciò abilitato
ed in assenza della preventiva denunzia delle realizzande
opere al Comune di Gela ovvero all'Ufficio provincia del
Genio civile.
Le disposizioni delle quali è stata contestata la
violazione, va ora considerato, concernono, tuttavia,
esclusivamente la disciplina penale di manufatti la cui
tenuta statica sia assicurata tramite l'uso e l'applicazione
di opere in cemento armato ovvero di elementi strutturali in
acciaio o in altri metalli con funzione portante (Corte di
cassazione, Sezione III penale, 17.04.2014, n. 17022).
Esse appaiono, pertanto, eterogenee rispetto alla
realizzazione da parte del Pe. di un manufatto che per
avere, come puntualmente precisato nella descrizione del
fatto contestato contenuta nel punto 1) del capo di
imputazione, una struttura portante realizzata con travi e
pilastri di legno e pareti perimetrali costruite in
muratura, non ha comportato la utilizzazione né di cemento
armato né di altri elementi strutturali in metallo.
La sentenza impugnata va, pertanto, annullata senza rinvio
limitatamente alla condanna concernente la contestazione di
cui al capo 2) della rubrica elevata a carico del Pe. perché
il fatto non sussiste e la relativa condanna, quantificata
dal giudice di prime cure, con la sentenza confermata dalla
Corte territoriale nissena, in 10 giorni di arresto ed euro
500.00 di ammenda, va conseguentemente eliminata (Corte di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 26.04.2016 n. 17085). |
EDILIZIA PRIVATA:
Sia l’art. 18 della l. 02.02.1974, n. 64, che
l’art. 94 del D.P.R. 380/2001 stabiliscono che, fermo
restando l’obbligo del titolo abilitativo, nelle località
sismiche, a eccezione di quelle a bassa sismicità, non si
possono iniziare lavori senza preventiva autorizzazione
scritta del competente ufficio tecnico della regione.
Sicché, lo sbancamento si configura come esempio tipico di
intervento di trasformazione e dissodamento di terreno,
normato dal R.D. 30.12.1923, n. 3267, recante “Riordinamento
e riforma della legislazione in materia di boschi e di
terreni montani”, e la fattispecie in esame non ne
costituisce un’eccezione, attesa sia la soggezione dell’area
al vincolo idrogeologico che lo stato di fatto descritto in
ricorso, laddove, illustrandosi il riversamento verso la
strada di accesso di cospicue quantità di terriccio e acqua
determinato dal caso di pioggia, si conferma la precarietà
della situazione idrogeologica del terreno su cui insiste
l’immobile interessato dall’attività edilizia abusiva.
---------------
Con l’odierno gravame la ricorrente ha interposto azione impugnatoria
avverso l’ordinanza del Comune di Monte Porzio Catone n. 7
del 09.03.2007, che le ha ingiunto la demolizione di opere
abusive realizzate in via Romoli, località Valle Formale,
nell’ambito di un immobile di proprietà sito in area
soggetta a vincolo paesistico, sismico e idrogeologico.
Tali opere consistono nello sbancamento di un terrapieno
adiacente l’ingresso del garage posto al piano interrato,
con demolizione del muro di contenimento dello stesso,
nell’apertura di una finestra sulla parete ovest del
villino, per l’effetto risultante posizionata fuori terra,
nello spostamento della scala esterna in cemento armato di
accesso al primo piano.
...
3. Nel merito, il ricorso è infondato.
...
5. Con il quarto motivo la ricorrente sostiene che l’ordine
di demolizione non avrebbe potuto richiamare la carenza
delle autorizzazioni sismica e idrogeologica, non essendo le
opere di cui trattasi suscettibili di minare la sicurezza
delle abitazioni, la pubblica incolumità, l’equilibrio
idrogeologico dell’area.
Per respingere la censura non occorrono molte parole.
Sia l’art. 18 della l. 02.02.1974, n. 64, che l’art. 94
del D.P.R. 380/2001 stabiliscono infatti che, fermo restando
l’obbligo del titolo abilitativo, nelle località sismiche, a
eccezione di quelle a bassa sismicità (ipotesi che non
risulta ricorrente nella fattispecie), non si possono
iniziare lavori senza preventiva autorizzazione scritta del
competente ufficio tecnico della regione.
Inoltre, lo sbancamento si configura come esempio tipico di
intervento di trasformazione e dissodamento di terreno,
normato dal R.D. 30.12.1923, n. 3267, recante
“Riordinamento e riforma della legislazione in materia di
boschi e di terreni montani”, e la fattispecie in esame
non ne costituisce un’eccezione, attesa sia la soggezione
dell’area al vincolo idrogeologico che lo stato di fatto
descritto in ricorso, laddove, illustrandosi il riversamento
verso la strada di accesso di cospicue quantità di terriccio
e acqua determinato dal caso di pioggia, si conferma la
precarietà della situazione idrogeologica del terreno su cui
insiste l’immobile interessato dall’attività edilizia
abusiva (TAR Lazio-Roma, Sez. I-quater,
sentenza 19.04.2016 n. 4536 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Oggetto: Comunicazione relativa alle nuove norme in
materia sismica (Regione Lombardia,
nota 18.04.2016 n. 3833 di prot.) |
EDILIZIA PRIVATA:
Oggetto: Efficacia della nuova classificazione sismica
del territorio lombardo – Linee guida per le funzioni
trasferite ai Comuni. Prossima riunione informativa
(ANCE di Bergamo,
circolare 13.04.2016 n. 93). |
EDILIZIA PRIVATA:
Lombardia, dal 10 aprile è in vigore la nuova
classificazione sismica.
Sono 57 i comuni lombardi in zona 2, 1027 in zona 3 e 446 in
zona 4 (13.04.2016 - link a www.casaeclima.com). |
EDILIZIA PRIVATA:
B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 14 del 07.04.2016, "Approvazione
delle linee di indirizzo e coordinamento per l’esercizio
delle funzioni trasferite ai comuni in materia sismica
(artt. 3, comma 1, e 13, comma 1, della l.r. 33/2015)" (deliberazione
G.R. 30.03.2016 n. 5001).
---------------
Le istanze dovranno essere presentate compilando la
modulistica on-line, attraverso l'utilizzo del sistema
informativo integrato per la sismica, attualmente
disponibile sulla piattaforma M.U.T.A, all'indirizzo:
www.muta.servizirl.it,
previa autenticazione e profilazione da parte dell'utenza.
In alternativa al sistema informativo,
fino al 03.05.2017
sarà possibile presentare le istanze anche in formato
cartaceo con la seguente modulistica:
-1-
MODULO 1 -
ISTANZA DI AUTORIZZAZIONE SISMICA
(ai sensi e per gli effetti dell'art. 94 del DPR 380/2001 e
della Legge Regionale 12.10.2015, n. 33)
-2-
MODULO 2 -
COMUNICAZIONE DI DEPOSITO SISMICO
(ai sensi e per gli effetti dell'art. 93 del DPR 380/2001 e
della Legge Regionale 12 ottobre 2015, n. 33)
-3-
MODULO 3 -
DENUNCIA DI COSTRUZIONE IN CORSO IN ZONA DI NUOVA
CLASSIFICAZIONE SISMICA
art. 104, comma 1, D.P.R. 380/2001 – art. 12, L.R. 33/2015)
-4-
MODULO 4 -
DICHIARAZIONE DEL PROGETTISTA (COORDINATORE) DELLE STRUTTURE
AI SENSI DELL’ART. 12, COMMA 5, DELLA L.R. 33/2015
(art. 104, comma 1, D.P.R. 380/2001)
-5-
MODULO 5 -
PROCURA SPECIALE AUTOGRAFA PER L’EFFETTUAZIONE IN FORMA
TELEMATICA DELLE PROCEDURE DI CUI ALLA L.R. 33/2015
(ai sensi dell’art.3 8, comma 3, del DPR. 445/2000 e art.
1392 del c.c.)
-6-
MODULO 6 -
ASSEVERAZIONE DI CONGRUITÀ E CONFORMITÀ DEL PROGETTO
STRUTTURALE
(art. 6, comma 1, lett. b, della L.R. 33/2015)
-7-
MODULO 7 -
ASSEVERAZIONE DI CONGRUITÀ E CONFORMITÀ DEL PROGETTO
ARCHITETTONICO
(art. 6, comma 1, lett. b, della L.R. 33/2015)
-8-
MODULO 8 -
DICHIARAZIONE DEL PROGETTISTA PER INTERVENTI DI
SOPRAELEVAZIONE
[L.R. 12.10.2015, n. 33 - dichiarazione del progettista che,
in relazione ad un intervento di sopraelevazione, attesta
l’idoneità della struttura esistente a sopportare il nuovo
carico (art. 90 del DPR 380/2001)]
-9-
MODULO 9
- DICHIARAZIONE / ASSEVERAZIONE DEL GEOLOGO DI CONGRUITA'
DEI CONTENUTI DELLA RELAZIONE GEOLOGICA AI REQUISITI
RICHIESTI DAL PUNTO 6.2.1 DELLE N.T.C. DM 14/01/2008 e/o
DALLA D.G.R. IX 2616/2011
-10-
MODULO 10
- DICHIARAZIONE / ASSEVERAZIONE DELL’ESTENSORE DELLA
RELAZIONE GEOTECNICA DI CONGRUITA' DEI CONTENUTI DELLA
RELAZIONE GEOTECNICA AI REQUISITI RICHIESTI DAL PUNTO 6.2.2
DELLE N.T.C. DM 14/01/2008
-11-
MODULO 11
- DICHIARAZIONE DEL PROGETTISTA STRUTTURALE RELATIVA ALLE
OPERE O SISTEMI GEOTECNICI
-12-
MODULO 12
- RELAZIONE ILLUSTRATIVA E SCHEDA SINTETICA DELL'INTERVENTO
(L.R. 12.10.2015, n. 33)
-13-
MODULO 13
- DICHIARAZIONE DI FINE LAVORI STRUTTURALI
(ai sensi dell'art. 12, comma 8, lett. b), della L.R.
33/2015) |
febbraio
2016 |
|
EDILIZIA PRIVATA:
Il reato di
omessa denuncia lavori in zona sismica (art. 93,
d.P.R. 06.06.2001, n. 380) è configurabile anche in
caso di esecuzione di lavori in zona inclusa tra
quelle a basso indice sismico (in motivazione la
Corte ha precisato che l'art. 83, comma secondo, del
citato decreto, non pone alcuna distinzione in
merito alle categorie delle zone medesime).
---------------
In tema di reati edilizi, il conseguimento
del permesso di costruire in sanatoria ai sensi
dell'art. 36 del d.P.R. 06.06.2001, n. 380, comporta
l'estinzione dei soli reati contravvenzionali
previsti dalle norme urbanistiche vigenti, nella cui
nozione non rientra la disciplina per le costruzioni
da eseguirsi nelle zone sismiche, che ha una
oggettività giuridica diversa da quella riguardante
il corretto assetto del territorio.
---------------
3. Il ricorso è infondato e deve rigettarsi.
In tema di contestazione dell'accusa, si deve avere
riguardo alla specificazione del fatto più che
all'indicazione delle norme di legge violate, per
cui ove il fatto sia precisato in modo puntuale, la
mancata individuazione degli articoli di legge
violati è irrilevante e non determina nullità, salvo
che non si traduca in una compressione
dell'esercizio del diritto di difesa (Sez. 3, n.
5469 del 05/12/2013 - dep. 04/02/2014, Russo, Rv.
258920; Sez. 6, n. 45289 del 08/11/2011 - dep.
05/12/2011, Floridia, Rv. 250991; Sez. 5, n. 44707
del 09/11/2005 - dep. 07/12/2005, Bombagi, Rv.
233069).
L'imputazione, quindi, deve leggersi nella sua
esatta descrizione del fatto, ovvero le norme che
vengono in considerazione sono l'art. 93 e l'art. 65
del d.P.R. n. 380 del 2001. Infatti nella
descrizione della condotta si individua l'assenza
dell'attestato di avvenuto deposito di cui all'art.
65, comma 5, del d.P.R. citato, e l'omessa denuncia
dei lavori in zona sismica, ex art 93 del d.P.R.
citato. Non è contestata pertanto la condotta
prevista dall'art. 94 del d. P.R. n. 380 del 2001,
inizio dei lavori senza preventiva autorizzazione.
Per queste fattispecie dì reato, quindi, non opera
la previsione dell'art. 94 del d.P.R. n. 380 del
2001, espressamente riferita alla sola preventiva
autorizzazione. Prevede infatti la norma: "Fermo
restando l'obbligo del titolo abilitativo
all'intervento edilizio, nelle località sismiche, ad
eccezione di quelle a bassa sismicità all'uopo
indicate nei decreti di cui all'art. 83, non si
possono iniziare i lavori senza preventiva
autorizzazione scritta del competente ufficio
tecnico della regione".
Per la fattispecie dell'art. 93 infatti la Corte di
Cassazione ha sempre ritenuto irrilevante il grado
di sismicità: "Il reato di
omessa denuncia lavori in zona sismica (art. 93,
d.P.R. 06.06.2001, n. 380) è configurabile anche in
caso di esecuzione di lavori in zona inclusa tra
quelle a basso indice sismico (in motivazione la
Corte ha precisato che l'art. 83, comma secondo, del
citato decreto, non pone alcuna distinzione in
merito alle categorie delle zone medesime)"
(Sez. 3, n. 22312 del 15/02/2011 - dep. 06/06/2011,
Morini, Rv. 250369; nello stesso senso vedi anche
Cassazione, sez. 3, n. 37385 del 2013, Cosmo).
Irrilevante, quindi, risulta il grado dì sismicità
del Comune di Roseto degli Abruzzi.
Infondato è anche il motivo relativo alla sanatoria
della Provincia di Teramo (attestato in sanatoria n.
225811 del 19.11.2011).
In tema di reati edilizi, il conseguimento
del permesso di costruire in sanatoria ai sensi
dell'art. 36 del d.P.R. 06.06.2001, n. 380, comporta
l'estinzione dei soli reati contravvenzionali
previsti dalle norme urbanistiche vigenti, nella cui
nozione non rientra la disciplina per le costruzioni
da eseguirsi nelle zone sismiche, che ha una
oggettività giuridica diversa da quella riguardante
il corretto assetto del territorio
(Sez. F, n. 44015 del 04/09/2014 - dep. 22/10/2014,
Conforti, Rv. 261099) (Corte di Cassazione, Sez. III
penale,
sentenza 29.02.2016 n.
8175). |
gennaio
2016 |
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EDILIZIA PRIVATA:
Il reato di omessa denuncia dei lavori e
presentazione dei progetti (...in zone sismiche) ha natura
di reato permanente, la cui consumazione si protrae sino a
quando il responsabile non presenta la relativa denuncia con
l’allegato progetto, ovvero non termina l’intervento
edilizio.
La lesione dell’interesse pubblico tutelato ha carattere
continuativo poiché, malgrado la scadenza del termine di
legge, permangono pur sempre gli obblighi di informazione
dell’autorità comunale, di presentazione dei progetti e di
ottenimento dell’autorizzazione regionale, essendo anche
oltre quel termine operante il precetto di agire e rilevante
penalmente la protrazione dell’omissione e, inoltre, il
protrarsi della lesione al bene giuridico protetto è
imputabile ad una persistente condotta volontaria del
soggetto, il quale continua a “produrre l’effetto” del reato
sottraendosi al controllo dell’autorità competente.
Vi è un’intima correlazione tra la procedura di rilascio dei
permesso di costruire e quella finalizzata al conseguimento
dell’autorizzazione per l’edificazione in zona sismica: al
preavviso è attribuita una funzione di controllo della
progettazione e di primo atto di quel procedimento che,
attraverso le successive fasi della presentazione dei
progetti e del loro esame tecnico da parte degli uffici
competenti, confluisce nel finale giudizio di eseguibilità
dell’opera, atteso che senza l’acquisizione
dell’autorizzazione regionale il permesso di costruire non
potrebbe essere rilasciato, per la ragione che risulterebbe
contraddittorio il riconoscimento della natura permanente
(fino all’ultimazione dei lavori) del reato di costruzione
in carenza del titolo abilitativo edilizio ed il
disconoscimento, invece, della medesima natura al reato di
costruzione in assenza di quella autorizzazione che si pone
quale presupposto indefettibile del permesso di costruire.
---------------
3.2. - Quanto al secondo motivo di doglianza, relativo alla
prescrizione, deve preliminarmente essere affrontata la
questione della natura istantanea o permanente degli
illeciti di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 93 e 94.
Sul punto, com'è noto, vi è stato un contrasto
giurisprudenziale nell'ambito della terza sezione della
Corte di cassazione.
3.2.1. - Il più recente filone giurisprudenziale (da ultimo
sostenuto da sez. 3, 11.02.2014, n. 12235, rv. 258738; sez.
3. 04.06.2013, n. 29737, rv. 255823) ritiene che il reato di
omessa denuncia dei lavori e presentazione dei progetti ha
natura di reato permanente, la cui consumazione si protrae
sino a quando il responsabile non presenta la relativa
denuncia con l'allegato progetto, ovvero non termina
l'intervento edilizio.
Si riprendono, in particolare, le osservazioni contenute
nella precedente sentenza sez. 3, 17.02.2011, n. 17217,
secondo cui «la lesione dell'interesse pubblico tutelato
ha carattere continuativo poiché, malgrado la scadenza del
termine di legge, permangono pur sempre gli obblighi di
informazione dell'autorità comunale, di presentazione dei
progetti e di ottenimento dell'autorizzazione regionale,
essendo anche oltre quel termine operante il precetto di
agire e rilevante penalmente la protrazione dell'omissione»
e, inoltre, «il protrarsi della lesione al bene giuridico
protetto è imputabile ad una persistente condotta volontaria
del soggetto, il quale continua a "produrre l'effetto" del
reato sottraendosi al controllo dell'autorità competente».
Secondo tale orientamento, vi è un'intima correlazione tra
la procedura di rilascio del permesso di costruire e quella
finalizzata al conseguimento dell'autorizzazione per
l'edificazione in zona sismica: al preavviso è attribuita
una funzione di controllo della progettazione e di primo
atto di quel procedimento che, attraverso le successive fasi
della presentazione dei progetti e del loro esame tecnico da
parte degli uffici competenti, confluisce nel finale
giudizio di eseguibilità dell'opera, atteso che senza
l'acquisizione dell'autorizzazione regionale il permesso di
costruire non potrebbe essere rilasciato, per la ragione che
risulterebbe contraddittorio «il riconoscimento della
natura permanente (fino all'ultimazione dei lavori) del
reato di costruzione in carenza del titolo abilitativo
edilizio ed il disconoscimento, invece, della medesima
natura al reato di costruzione in assenza di quella
autorizzazione che si pone quale presupposto indefettibile
del permesso di costruire» (nello stesso senso, sez. 3,
25.06.2008, n. 35912, rv. 241093, e sez. 3, 05.12.2007, n.
3069/2008, rv. 238629; con riferimento alla normativa
previgente, sez. 3, 19.03.1999, n. 7873, rv. 214501).
Se ne conclude che i reati previsti dai richiamati artt. 93
e 94 e sanzionati dal successivo art. 95 del d.P.R. n. 380
del 2000, hanno natura di reati permanenti, in quanto il
primo (art. 93) permane sino a quando chi intraprende
l'intervento edilizio in zona sismica non presenta la
relativa denuncia con l'allegato progetto ovvero non termina
l'intervento e, il secondo (art. 94), permane sino a quando
chi intraprende l'intervento edilizio in zona sismica lo
termina ovvero ottiene la relativa autorizzazione.
3.2.2. - Secondo un diverso, più risalente, orientamento
(sostenuto, da ultimo, da sez. 3, 30.05.2012, n. 37060; sez.
3, 26.05.2011, n. 23656, Rv. 250487; sez. 3, 08.10.2008, n.
41854, Rv. 241383), il termine di prescrizione delle
contravvenzioni di omessa denuncia di inizio lavori in zona
sismica, e di esecuzione dei medesimi in assenza di
autorizzazione, decorre dalla data di inizio dei lavori,
attesa la loro natura istantanea. Si fa, in particolare
applicazione del principio affermato dalle sezioni unite,
con la decisione 14.07.1999, n. 18, rv 213933, sotto la
vigenza della abrogata legge n. 64 del 1974, secondo cui: «I
reati previsti dalla legge n. 64 del 1974, artt. 17, 18 e 20
(provvedimenti per le costruzioni con particolari
prescrizioni per le zone sismiche) e consistenti
nell'omissione della presentazione della denuncia dei
lavori, e dell'avviso di inizio dei lavori, hanno natura di
reati istantanei».
Tale orientamento è stato negli anni richiamato e condiviso
da: sez. 3, 08.10.2008, n. 41858, rv. 241424; sez. 3,
08.10.2008, n. 41854, rv. 241383; sez. 3, 13.11.2003, n.
3351/2004, rv. 227396.
3.2.3. - Questo Collegio ritiene di dover aderire al primo
degli orientamenti sopra richiamati, seguito nelle più
recenti decisioni. Infatti, come da ultimo evidenziato nella
sentenza n. 12235 del 2014, la persistenza
dell'offesa al bene giuridico tutelato deve essere mantenuta
concettualmente distinta dall'apertura formale di un
procedimento amministrativo e comunque dalla possibilità di
un controllo postumo, attivate dall'adempimento tardivo del
contravventore; con la conseguenza che la persistenza della
condotta antigiuridica e la connessa protrazione della
lesione all'interesse pubblico di vigilare sulla regolarità
tecnica di ogni costruzione in zona sismica, sussistono
anche se (anzi proprio perché) l'amministrazione competente
non ha aperto un procedimento formale o non ha attivato
alcun controllo.
3.2.4. - Ne discende, quanto al caso in esame, che il reato
deve ritenersi prescritto, sia se si ritiene -come fa il
ricorrente- che le opere siano state concluse nel giugno del
2008, sia se si ritiene -come fa invece il Tribunale- che le
stesse si siano concluse nel giugno del 2009. L'ultimazione
delle opere è infatti precedente rispetto alla trasmissione
degli atti alla Regione e al rilascio della relativa
autorizzazione (26.07.2011).
Il termine prescrizionale per le contravvenzioni, che è di
cinque anni, a partire dall'entrata in vigore delle
modifiche all'art. 157 c.p. e art. 161 c.p., comma 2,
operate dalla legge n. 251 del 2005, applicabili ratione
temporis ai fatti per cui si procede, è in ogni caso
decorso alla data della pronuncia della presente sentenza
(massima tratta da http://renatodisa.com - Corte di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 14.01.2016 n. 1145). |
dicembre
2015 |
|
EDILIZIA PRIVATA - ENTI LOCALI - PUBBLICO IMPIEGO:
B.U.R. Lombardia, supplemento n. 53 del 30.12.2015, "Disposizioni
per l’attuazione della programmazione economico-finanziaria
regionale, ai sensi dell’articolo 9-ter della l.r.
31.03.1978, n. 34 (Norme sulle procedure della
programmazione, sul bilancio e sulla contabilità della
Regione) - Collegato 2016" (L.R.
29.12.2015 n. 42).
---------------
Di interesse si leggano:
●
Art. 7 - (Modifiche
agli articoli 1, 17 e 20 della l.r. 19/2008)
●
Art. 15 - (Modifiche
all’articolo 1 della l.r. 35/2014)
●
Art. 16 - (Modifiche
all’articolo 8 della l.r. 33/2015)
●
Art. 20 - (Personale
trasferito in Regione in attuazione della legge 07.04.2014,
n. 56) |
EDILIZIA PRIVATA:
Ritiene il Collegio che tra permesso di costruire
e autorizzazione sismica non sussista il rapporto di
presupposizione (costituito dal necessario previo rilascio
del primo per potersi ottenere la seconda) ipotizzato dal
Comune, poiché dal testo dell’art. 94, co. 1, del DPR
380/2001 (alla stregua del quale, “Fermo restando l'obbligo
del titolo abilitativo all'intervento edilizio, nelle
località sismiche, ad eccezione di quelle a bassa sismicità
all'uopo indicate nei decreti di cui all'articolo 83, non si
possono iniziare lavori senza preventiva autorizzazione
scritta del competente ufficio tecnico della regione”) si
desume l’autonomia di ciascuno dei due titoli ampliativi e
la loro suscettibilità di essere rilasciati
indipendentemente dall’avvenuta emissione dell’altro, o che,
al più, considerato il tenore dell’art. 20 DPR 380/2001 (e,
in particolare dei commi 3 e 5-bis), dovrebbe essere
l’autorizzazione sismica a dover intervenire prima del
rilascio del titolo edilizio; e ciò sia trattandosi di
autorizzazione sismica ordinaria, sia in sanatoria.
---------------
Oggetto del presente giudizio è il provvedimento prot. n.
7298 del 10.10.2014, con cui il Comune di Guardia
Sanframondi (incontestatamente titolare della relativa
competenza, trasferitagli dal Genio Civile di Benevento) ha
negato il rilascio dell’autorizzazione sismica in sanatoria
chiesta da Fo.Ab. (con istanza prot. n. 7144 del
06.10.2014), relativamente a lavori di modifica prospetti e
ampliamento di un fabbricato a lui appartenente, sito in via
..., con la seguente affermazione: “la pratica non può
essere istruita in quanto, non risulta ancora perfezionato
il permesso di costruire richiesto”.
Il riferimento riportato, in tale occasione, è alla
richiesta di permesso di costruire formulata, sempre per le
medesime opere, in data 07.05.2013 (acquisita al protocollo
comunale con il n. 3227) da Fo.Ab., e con riferimento alla
quale il richiedente, non essendo intervenuto alcun
riscontro nel termine posto dall’art. 20, co. 8, DPR
380/2001, ha ritenuto essersi formato un tacito assenso, con
conseguente legittimazione all’effettuazione dei relativi
lavori.
Orbene, ritiene il Collegio che tra permesso di costruire e
autorizzazione sismica non sussista il rapporto di
presupposizione (costituito dal necessario previo rilascio
del primo per potersi ottenere la seconda) ipotizzato dal
Comune di Guardia Sanframondi, poiché, dal testo dell’art.
94, co. 1, del DPR 380/2001 (alla stregua del quale, “Fermo
restando l'obbligo del titolo abilitativo all'intervento
edilizio, nelle località sismiche, ad eccezione di quelle a
bassa sismicità all'uopo indicate nei decreti di cui
all'articolo 83, non si possono iniziare lavori senza
preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio
tecnico della regione”), si desume l’autonomia di
ciascuno dei due titoli ampliativi e la loro suscettibilità
di essere rilasciati indipendentemente dall’avvenuta
emissione dell’altro (cfr. TAR Campania-Napoli n. 2356 del
07.05.2013; Cons. di Stato sez. VI, n. 7128 del 24.09.2010),
o che, al più, considerato il tenore dell’art. 20 DPR
380/2001 (e, in particolare dei commi 3 e 5-bis), dovrebbe
essere l’autorizzazione sismica a dover intervenire prima
del rilascio del titolo edilizio; e ciò sia trattandosi di
autorizzazione sismica ordinaria, sia in sanatoria (cfr. TAR
Sicilia-Palermo n. 13720 del 27.10.2010).
La descritta situazione, allora, fa sì che
–indipendentemente dalla circostanza che si sia, o meno,
sostanziato l’assenso tacito sulla domanda di permesso di
costruire prot. n. 3227 del 07.05.2013– comunque il Comune
di Guardia Sanframondi non avrebbe potuto negare all’odierno
ricorrente il rilascio dell’autorizzazione sismica da lui
chiesta, per non essersi “perfezionato” il permesso
di costruire da lui precedentemente richiesto.
Per tale ragione, rimanendo assorbito ogni ulteriore e
diverso profilo di censura, il ricorso risulta, in
definitiva, fondato, per cui va annullata l’impugnata nota
prot. n. 7298 del 10.10.2014 del Comune di Guardia
Sanframondi (TAR Campania-Napoli, Sez. VIII,
sentenza 18.12.2015 n. 5810 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Ai sensi dell’art. 65, primo comma, del
d.P.R. n. 380 del 2001, la denuncia concernente le opere di
conglomerato cementizio non deve essere effettuata prima del
rilascio del permesso di costruire, bensì prima dell’inizio
lavori.
Tale denuncia non costituisce dunque presupposto del
permesso di costruire, il quale deve essere comunque
rilasciato qualora l’opera sia conforme alla normativa
urbanistico edilizia vigente, ma costituisce adempimento
necessario affinché l’interessato possa dar corso ai lavori
(assentiti con il permesso di costruire già rilasciato).
Questa ricostruzione è confermata dagli artt. 68 e segg. del
d.P.R. n. 380 del 2001 i quali riservano una disciplina
speciale per l’esecuzione di lavori in assenza di denuncia:
la fattispecie non viene regolata in maniera analoga a
quella dell’abuso edilizio, prevedendosi l’intervento del
dirigente dell’ufficio tecnico regionale il quale -una volta
constatato, anche su segnalazione del comune, l’inizio di
lavori in assenza denuncia- ne dispone l’immediata
sospensione.
Se la denuncia costituisse un presupposto del permesso di
costruire, i lavori realizzati in assenza di essa dovrebbero
considerarsi abusivi (proprio come prospetta
l’Amministrazione resistente); con conseguente inutilità di
prevedere un trattamento sanzionatorio differenziato.
Ulteriore conferma è data dalla giurisprudenza, la quale
ritiene che la presentazione della denuncia delle opere in
cemento armato non è idonea ad impedire la decadenza del
permesso di costruire per l’inutile decorso del termine
annuale previsto per l’inizio lavori, termine stabilito
dall’art. 15, primo comma, del d.P.R. n. 380 del 2001.
E’ difatti ovvio che se si ritiene che, in questo caso, il
termine non viene interrotto e continua a decorre è perché
si ritiene anche che il permesso di costruire adottato prima
della presentazione della denuncia costituisce titolo
pienamente efficace.
----------------
Analogo discorso può essere svolto con riferimento alla
relazione per il contenimento energetico atteso che, anche
in questo caso, le norme dispongono che la sua presentazione
vada effettuata non già prima del rilascio del permesso di
costruire ma prima dell’inizio lavori.
Esplicito in tal senso è l’art. 28, primo comma, della legge
09.01.1991, n. 10 (Norme per l'attuazione del Piano
energetico nazionale in materia di uso razionale
dell'energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle
fonti rinnovabili di energia) il quale stabilisce
espressamente che tale relazione va presentata
contestualmente alla denuncia di inizio lavori.
----------------
10. Ritiene il
Collegio che il motivo sia fondato per le ragioni di seguito
esposte.
11. Il permesso di costruire che ha assentito le opere in
relazione alla quali il Comune di Legano ha applicato il
contributo di costruzione in misura doppia è stato emanato
in data 23.11.2005.
12. L’accertamento compiuto dall’Amministrazione, in esito
al quale si è desunta l’abusività dell’intervento, è stato
effettuato successivamente: solo in data 26.01.2006 si è
proceduto a sopralluogo e si è verificata l’avvenuta
realizzazione delle opere.
13. Il ricorrente sostiene che l’intervento sarebbe stato
realizzato in questo lasso temporale e, dunque, dopo il
rilascio del titolo edilizio. In base a questa
ricostruzione, l’intervento stesso dovrebbe pertanto
considerarsi regolare.
14. L’Amministrazione sostiene però a sua volta che il
titolo sarebbe stato in realtà rilasciato solo in data
26.01.2006, giorno in cui la ricorrente ha provveduto al
deposito della denuncia dei conglomerati cementizi e della
relazione per il contenimento energetico. Prima di questo
momento, secondo la stessa Amministrazione, il permesso di
costruire doveva considerarsi inefficace, con conseguente
abusività delle opere precedentemente realizzate.
15. Ritiene il Collegio che questa argomentazione non sia
condivisibile.
16. Va invero osservato che, ai sensi dell’art. 65, primo
comma, del d.P.R. n. 380 del 2001, la denuncia concernente
le opere di conglomerato cementizio non deve essere
effettuata prima del rilascio del permesso di costruire,
bensì prima dell’inizio lavori.
17. Tale denuncia non costituisce dunque presupposto del
permesso di costruire, il quale deve essere comunque
rilasciato qualora l’opera sia conforme alla normativa
urbanistico edilizia vigente, ma costituisce adempimento
necessario affinché l’interessato possa dar corso ai lavori
(assentiti con il permesso di costruire già rilasciato).
18. Questa ricostruzione è confermata dagli artt. 68 e segg.
del d.P.R. n. 380 del 2001 i quali riservano una disciplina
speciale per l’esecuzione di lavori in assenza di denuncia:
la fattispecie non viene regolata in maniera analoga a
quella dell’abuso edilizio, prevedendosi l’intervento del
dirigente dell’ufficio tecnico regionale il quale -una volta
constatato, anche su segnalazione del comune, l’inizio di
lavori in assenza denuncia- ne dispone l’immediata
sospensione. Se la denuncia costituisse un presupposto del
permesso di costruire, i lavori realizzati in assenza di
essa dovrebbero considerarsi abusivi (proprio come prospetta
l’Amministrazione resistente); con conseguente inutilità di
prevedere un trattamento sanzionatorio differenziato.
19. Ulteriore conferma è data dalla giurisprudenza, la quale
ritiene che la presentazione della denuncia delle opere in
cemento armato non è idonea ad impedire la decadenza del
permesso di costruire per l’inutile decorso del termine
annuale previsto per l’inizio lavori, termine stabilito
dall’art. 15, primo comma, del d.P.R. n. 380 del 2001 (cfr.
TAR Veneto, sez. II, 24.01.2008, n. 174). E’ difatti ovvio
che se si ritiene che, in questo caso, il termine non viene
interrotto e continua a decorre è perché si ritiene anche
che il permesso di costruire adottato prima della
presentazione della denuncia costituisce titolo pienamente
efficace.
20. Analogo discorso può essere svolto con riferimento alla
relazione per il contenimento energetico atteso che, anche
in questo caso, le norme dispongono che la sua presentazione
vada effettuata non già prima del rilascio del permesso di
costruire ma prima dell’inizio lavori.
21. Esplicito in tal senso è l’art. 28, primo comma, della
legge 09.01.1991, n. 10 (Norme per l'attuazione del Piano
energetico nazionale in materia di uso razionale
dell'energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle
fonti rinnovabili di energia) il quale stabilisce
espressamente che tale relazione va presentata
contestualmente alla denuncia di inizio lavori.
22. Peraltro il permesso di costruire del 23.11.2005 non
contiene alcuna clausola che subordini la sua efficacia alla
presentazione della denuncia dei cementi armati e/o della
relazione per il contenimento del consumo energetico.
23. Solo nella comunicazione di avvenuta emanazione si
specifica che il rilascio è subordinato al deposito dei
summenzionati atti (oltre che ad altri adempimenti ivi
specificati); si deve però ritenere che l’Amministrazione
con il termine “rilascio” abbia in questo caso inteso
riferirsi alla consegna del titolo, ormai già in essere e
pienamente efficace. Ciò è confermato dal fatto che, in tale
comunicazione, il “rilascio” del titolo è subordinato
anche ad una serie di altri adempimenti (quali ad esempio il
versamento degli oneri) che certamente non incidono
sull’efficacia del titolo già emanato.
24. Da quanto sopra discende che, nella fattispecie
concreta, non è stata provata la sussistenza dell’abuso; ne
consegue quindi che non è giustificata la pretesa del Comune
di esigere il doppio del valore del contributo di
costruzione.
25. Per queste ragioni il motivo in esame deve essere
accolto. L’atto impugnato va pertanto annullato in parte qua
e l’Amministrazione deve essere condannata alla restituzione
della somma indebitamente percepita pari ad euro 19.852,16,
oltre interessi legali.
26. Poiché non è stata provata la malafede del Comune, ai
sensi dell’art. 2033 cod. civ., gli interessi decorrono dal
giorno della domanda e, dunque, dal giorno di notifica del
presente ricorso. Trattandosi di debito di valuta (cfr.
Cass. civ., sez. I, 10.11.1994, n. 9388), non è invece
dovuta la rivalutazione monetaria (TAR Lombardia-Milano,
Sez. II,
sentenza 09.12.2015 n. 2581
- link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Il reato di omessa denuncia dei lavori e
presentazione dei progetti sottoposti a valutazione sismica
(art. 50 d.P.R. n. 380 del 2001) può essere commesso da
chiunque violi o concorra a violare gli obblighi imposti e,
quindi, anche dal proprietario, dal committente, dal
titolare della concessione edilizia, dal direttore e
dall’assuntore dei lavori.
---------------
3. Per ciò che concerne, invece, la violazione della
normativa antisismica di cui al capo C) dell'imputazione,
la prevalente giurisprudenza di questa
Corte qualifica come permanente il reato di omessa denuncia
dei lavori e presentazione dei progetti, osservando che la
sua consumazione si protrae sino a quando il responsabile
non presenta la relativa denuncia con l'allegato progetto,
ovvero non termina l'intervento edilizio
(Sez. 3, n. 12235 del 11/2/2014, Petrolo, Rv. 258738; Sez.
3, n. 29737 del 4/6/2013, Vella Pasquale, Rv. 255823, cui si
rinvia anche per i richiami ai precedenti).
Ne consegue che, anche in questo caso, la prescrizione non
risulta ancora maturata.
4. Con riferimento a tale ipotesi contravvenzionale,
peraltro, i ricorrenti hanno posto in discussione anche la
riferibilità del reato alle loro posizioni soggettive.
Segnatamente, come rilevato in premessa, la questione è
stata sollevata dal PU., quale direttore dei lavori e
progettista e dai GE., assuntori dei lavori.
L'assunto, in entrambi i casi, è infondato.
L'articolo 95 d.P.R. 380/2001 attribuisce
la responsabilità del reato a chiunque violi le disposizioni
richiamate, cosicché la violazione assume la natura di reato
comune, che può essere quindi realizzato dal proprietario,
dal committente, dal titolare della concessione edilizia e
da qualsiasi altro soggetto che abbia la disponibilità
dell'immobile o dell'area su cui esso sorge, nonché da
coloro che abbiano esplicato attività tecnica ed iniziato la
costruzione senza il doveroso controllo del rispetto degli
adempimenti di legge
(Sez. 3, n. 35387 del 24/05/2007, Trozzo, Rv. 237537; Sez.
3, n. 887 del 10/12/1999 (dep. 2000), Scardellato O, Rv.
215602; Sez. 3, n. 4438 del 10/04/1997, Biagiottì, Rv.
208031).
Con particolare riferimento alla figura del direttore dei
lavori, si è affermato che «(...) Il direttore dei lavori
risponde del reato previsto dagli artt. 93 e 94 d.P.R. n.
380 del 2001, essendo anch'egli destinatario del divieto di
esecuzione dei lavori in assenza della autorizzazione ed in
violazione delle prescrizioni tecniche contenute nei decreti
ministeriali di cui agli artt. 52 e 83 del citato d.P.R.,
atteso che le disposizioni sulla vigilanza sulle costruzioni
in zone sismiche, prevedendo un complesso sistema di cautele
rivolto ad impedire l'esecuzione di opere non conformi alle
norme tecniche, ha determinato una posizione di controllo su
attività potenzialmente lesive in capo al direttore dei
lavori» (Sez. 3, n. 33469 del 15/06/2006, Osso ed altri,
Rv. 235122. V. anche Sez. 3, n. 7775 del 05/12/2013 (dep.
2014), Damiano, Rv. 258854; Sez. 3, n. 6675 del 20/12/2011
(dep. 2012), Lo Presti, Rv. 252021).
A conclusioni analoghe si è pervenuti, come si è detto,
anche con specifico riguardo agli assuntori dei lavori (Sez.
F, n. 35298 del 24/07/2008, Sparviero, Rv. 240665. Conf.
Sez. 3, n. 35387 del 24/05/2007, Trozzo, Rv. 237537, cit.;
Sez. 3, n. 33558 del 06/06/2003, Mosca, Rv. 225555).
5. Va pertanto ribadito il principio secondo il quale
il reato di cui all'art. 95 d.RR. 380/2001
può essere commesso da chiunque violi o concorra a violare
gli obblighi imposti e, quindi, anche dal proprietario, dal
committente, dal titolare della concessione edilizia, dal
direttore e dall'assuntore dei lavori
(massima tratta da http://renatodisa.com - Corte di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza
18.12.2015 n. 49991). |
PATRIMONIO: G.U.
03.12.2015 n. 282 "Definizione dei termini e delle
modalità di attuazione degli interventi di adeguamento
strutturale e antisismico, in attuazione dell’art. 1, comma
160, della legge 13.07.2015, n. 107" (D.P.C.M.
12.10.2015). |
novembre
2015 |
|
EDILIZIA PRIVATA: Disciplina
delle costruzioni in zone sismiche: “Non conta la natura
dei materiali impiegati”.
Cassazione: è irrilevante anche l'eventuale natura precaria
dell'intervento.
Le specifiche finalità della disciplina
delle costruzioni in zone sismiche hanno determinato “la
previsione di un rigoroso regime autorizzatorio (articolo
93) che impone, a chiunque intenda procedere ad interventi
in tali zone, di darne preavviso scritto allo sportello
unico che, a sua volta, provvede alla trasmissione al
competente ufficio tecnico regionale.
La speciale disciplina si applica a tutte le costruzioni, la
cui sicurezza possa comunque interessare la pubblica
incolumità, realizzate in zone delle quali sia dichiarata la
sismicità”.
Lo rammenta la Corte di Cassazione, Sez. III penale, con la
sentenza 11.12.2015 n. 48950.
“Dal contenuto delle disposizioni che regolano la materia
si rileva come il loro ambito di applicazione sia
particolarmente esteso, riferendosi non solo alla
costruzione dei nuovi edifici, ma anche ad interventi su
manufatti già esistenti, in ordine ai quali si prendono in
esame le sopraelevazioni (articolo 90) e le riparazioni
(articolo 91)”, osserva la suprema Corte.
IRRILEVANTE LA NATURA DEI MATERIALI
IMPIEGATI E DELLE RELATIVE STRUTTURE.
“Del tutto inconferente, ai fini dell'applicazione della
disciplina, è stata ritenuta la natura dei materiali usati e
delle strutture realizzate, in quanto le disposizioni che
regolano la materia hanno una portata particolarmente ampia,
perché finalizzate alla tutela dell'incolumità pubblica e
devono, quindi, applicarsi a “tutte le costruzioni la cui
sicurezza possa comunque interessare la pubblica incolumità"
a nulla rilevando, appunto, la natura dei materiali
impiegati e delle relative strutture.
Altrettanto irrilevante –aggiunge la Cassazione- è la
eventuale natura precaria dell'intervento, attesa la natura
formale dei relativi reati ed il fine di consentire il
controllo preventivo da parte della pubblica amministrazione
di tutte le costruzioni realizzate in zone sismiche”
(commento tratto da www.casaeclima.com).
---------------
MASSIMA
1. Il ricorso è inammissibile.
Occorre preliminarmente ricordare, per quanto attiene al
primo motivo di ricorso, come l'articolo 20 della Legge
Regionale 16.04.2003 n. 4 stabilisca che, in deroga ad ogni
altra disposizione normativa, non sono soggette a
concessione o autorizzazione né sono considerate aumento di
superficie utile o di volume né modifica della sagoma della
costruzione, la chiusura di terrazze di collegamento e/o la
copertura di spazi interni con strutture precarie, ferma
restando l'acquisizione preventiva del nulla osta da parte
della Soprintendenza dei beni culturali ed ambientali nel
caso di immobili soggetti a vincolo.
In tali casi, contestualmente all'inizio dei lavori, il
proprietario dell'unità immobiliare deve limitarsi a
presentare al sindaco una relazione a firma di un
professionista abilitato alla progettazione, che asseveri le
opere da compiersi ed il rispetto delle norme di sicurezza e
delle norme urbanistiche, nonché di quelle
igienico-sanitarie vigenti ed a versare a favore del comune
un determinato importo per ogni metro quadro di superficie
sottoposta a chiusura con struttura precaria.
Tali disposizioni sono applicabili anche alla chiusura di
verande o balconi con strutture precarie, come previsto
dall'articolo 9 della legge regionale 10.08.1985, n. 37.
Ai fini dell'applicazione delle richiamate disposizioni il
medesimo articolo precisa, al comma 4, che sono da
considerare strutture precarie tutte quelle realizzate in
modo tale da essere suscettibili di facile rimozione, mentre
si definiscono verande tutte le chiusure o strutture
precarie come sopra realizzate, relative a qualunque
superficie esistente su balconi, terrazze e anche tra
fabbricati. Alle verande sono assimilate le altre strutture,
aperte almeno da un lato, quali tettoie, pensiline, gazebo
ed altre ancora, comunque denominate, la cui chiusura sia
realizzata con strutture precarie, sempreché ricadenti su
aree private.
La disposizione in esame consente anche, a determinate
condizioni, la regolarizzazione delle opere della stessa
tipologia già realizzate.
2. Dei rapporti tra la summenzionata disciplina regionale e
la normativa statale contenuta nel D.p.r. 380/2001 si è
ripetutamente occupata la giurisprudenza di questa Corte.
Si è così avuto modo di chiarire che, in ogni caso, le
disposizioni introdotte da leggi regionali devono rispettare
i principi generali fissati dalla legislazione nazionale e,
conseguentemente, devono essere interpretate in modo da non
collidere con i detti principi (Sez. 3, n. 28560 del
26/03/2014, Alonzo, Rv. 259938; Sez. 3, n. 2017 del
25/10/2007 (dep. 2008), Giangrasso, Rv. 238555; Sez. 3, n.
33039 del 15/06/2006, RM. in proc. Moltisanti, Rv. 234935.
Conf., ma con riferimento ad altre disposizioni normative
della Regione siciliana, Sez. 3, n. 4861 del 09/12/2004
(dep. 2005), Garufi, Rv. 230914; Sez. 3, n. 6814 del
11/01/2002, Castiglia V, Rv. 221427).
Con specifico riferimento alla individuazione in via di
eccezione, ad opera della Legge regionale 4/2003, di opere
precarie non soggette a permesso di costruire, si è
osservato che il legislatore regionale ha privilegiato il "criterio
strutturale", considerando la circostanza che le parti
di cui la costruzione si compone siano facilmente
rimovibili, in luogo di quello "funzionale", relativo
all'uso realmente precario e temporaneo cui la costruzione è
destinata e che dette disposizioni non possono trovare
applicazione al di fuori dei casi in esse espressamente
previsti (Sez. 3, n. 48005 del 17/09/2014, Gulizzi e altro,
Rv. 261156; Sez. 3, n. 16492 del 16/03/2010, Pennisi, Rv.
246771; Sez. 3, n. 35011 del 26/04/2007, Camarda, Rv.
237533).
Si è infine specificato, come pure ricordato in ricorso, che
la legislazione regionale in disamina è applicabile con
riferimento alla sola disciplina urbanistica, restando
quindi sottratta quella relativa alla disciplina edilizia
antisismica e quella per le costruzioni in conglomerato
cementizio armato, le quali attengono alla sicurezza statica
degli edifici, rientrante nella competenza esclusiva dello
Stato ai sensi dell'articolo 117, comma secondo, Cost., con
la conseguenza che dette opere continuano ad essere soggette
ai controlli preventivi previsti dalla legislazione
nazionale (Sez. 3, n. 37375 del 20/06/2013, P.M. in proc.
Serpicelli, Rv. 257594; Sez. 3, n. 16182 del 28/02/2013,
Crisafulli ed altro, Rv. 255254; Sez. 3, n. 38405 del
09/07/2008, Di Benedetto e altro, Rv. 241287).
3. Date tali premesse, appare di tutta evidenza che la Corte
territoriale non è incorsa in alcuna violazione della
disciplina statale applicata né, tanto meno, di quella
regionale impropriamente richiamata in ricorso.
I giudici del gravame hanno infatti dato dimostrazione di
aver fatto buon uso dei condivisibili principi dianzi
richiamati e di aver adeguatamente considerato l'ambito di
operatività della normativa regionale, inequivocabilmente
limitato alle opere chiaramente definite dal menzionato
articolo 20 L.R. 4/2003, entro il quale non potevano certo
collocarsi le opere descritte nel capo di imputazione.
Invero, la Corte del merito evidenzia come sia stata
accertata in fatto la realizzazione, attraverso la chiusura
di una veranda, di un diverso e stabile corpo di fabbrica,
la cui consistenza risulta dimostrata dalla documentazione
fotografica in atti.
I giudici del gravame, richiamando il condiviso contenuto
della decisione del primo giudice, evidenziano anche, in
modo inequivocabile, che le opere erano state realizzate
mediante mattoni forati e non anche con materiale amovibile.
A fronte di tali dati decisivi, il ricorso si limita a
riproporre la tesi difensiva già platealmente smentita nel
giudizio di merito, facendo peraltro ricorso ad argomenti in
fatto che non possono avere ingresso in questa sede. Le
censure formulate in ricorso sul punto sono, pertanto,
destituite di fondamento.
4. A conclusioni analoghe deve pervenirsi per ciò che
concerne il secondo motivo di ricorso.
Le opere realizzate, per la loro natura e consistenza,
richiedevano il rispetto della disciplina dettata per la
realizzazione di costruzioni in zone sismiche.
Va a tale proposito ricordato come si sia specificato (Sez.
3, n. 29737 del 04/06/2013, Vella, Rv. 255823) con
argomentazioni che pare opportuno riproporre anche in questa
occasione, come le specifiche finalità
della disciplina delle costruzioni in zone sismiche abbiano
determinato la previsione di un rigoroso regime
autorizzatorio (articolo 93) che impone, a chiunque intenda
procedere ad interventi in tali zone, di darne preavviso
scritto allo sportello unico che, a sua volta, provvede alla
trasmissione al competente ufficio tecnico regionale.
La speciale disciplina si applica a tutte
le costruzioni, la cui sicurezza possa comunque interessare
la pubblica incolumità, realizzate in zone delle quali sia
dichiarata la sismicità.
Dal contenuto delle disposizioni che regolano la materia si
rileva come il loro ambito di applicazione sia
particolarmente esteso, riferendosi non solo alla
costruzione dei nuovi edifici, ma anche ad interventi su
manufatti già esistenti, in ordine ai quali si prendono in
esame le sopraelevazioni (articolo 90) e le riparazioni
(articolo 91).
Del tutto inconferente, ai fini dell'applicazione della
disciplina, è stata ritenuta la natura dei materiali usati e
delle strutture realizzate, in quanto le disposizioni che
regolano la materia hanno una portata particolarmente ampia,
perché finalizzate alla tutela dell'incolumità pubblica e
devono, quindi, applicarsi a "tutte le costruzioni la cui
sicurezza possa comunque interessare la pubblica incolumità"
a nulla rilevando, appunto, la natura dei materiali
impiegati e delle relative strutture
(Sez. 3, n. 6591 del 24/11/2011 (dep. 2012), D'Onofrio, Rv.
252441; Sez. 3, n. 30224 del 21/06/2011, Floridia, Rv.
251284; Sez. 3, n. 23076 del 27/4/2011, Coppa, non massimata;
Sez. 3, n. 33767 del 10/05/2007, Puleo e altro, Rv. 237375;
Sez. 3, n. 38142 del 26/09/2001, Tucci R, Rv. 220269.
Il principio è stato ribadito anche con
riferimento alla cartellonistica autostradale
in Sez. 3, n. 24086 del 11/04/2012, Di Nicola e altro, Rv.
253056).
Altrettanto irrilevante è la eventuale natura precaria
dell'intervento, attesa la natura formale dei relativi reati
ed il fine di consentire il controllo preventivo da parte
della pubblica amministrazione di tutte le costruzioni
realizzate in zone sismiche (Sez. 3, n.23076 del 27/4/2011,
cit.; Sez. 3, n. 38405 del 09/07/2008, Di Benedetto e altro,
Rv. 241288; Sez. 3, n. 37322 del 03/07/2007, Borgia e altro,
Rv. 237842; Sez. 3, n. 48684 del 28/10/2003, Noto, Rv.
226561; Sez. 3, n. 33158 del 29/05/2002, P.M. in proc.
Bianchini P, Rv. 222254).
A ciò va aggiunto che, nel caso di specie, la Corte del
merito ha opportunamente rivolto l'attenzione alla specifica
tipologia delle opere, osservando anche in punto di fatto
che, per ciò che concerne la realizzazione del muro di
contenimento, la rilasciata sanatoria era stata preceduta da
un certificato di idoneità sismica, evidentemente richiesto
dall'interessato, comprovante, dunque, l'applicabilità della
suddetta normativa anche nel caso in esame.
Le osservazioni formulate dai giudici dell'appello rendono
peraltro evidente l'irrilevanza dei contenuti della
Circolare richiamata dal ricorrente, evidentemente riferita
a fattispecie del tutto diverse da quella in esame ed, in
ogni caso, non avente alcun valore vincolante (cfr. Sez. 3,
n. 25170 del 13/06/2012 Rv. 252771) (Corte di Cassazione,
Sez. III penale, con la
sentenza 11.12.2015 n. 48950). |
ottobre
2015 |
|
EDILIZIA PRIVATA:
Oggetto: Nuova classificazione sismica del territorio
lombardo – Nuova legge regionale in tema di costruzioni e
vigilanza in zone sismiche (ANCE di Bergamo,
circolare 16.10.2015 n. 206). |
EDILIZIA PRIVATA: B.U.R.
Lombardia, supplemento n. 42 del 16.10.2015, "Disposizioni
in materia di opere o di costruzioni e relativa vigilanza in
zone sismiche" (L.R.
12.10.2015 n. 33). |
EDILIZIA PRIVATA:
B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 42 del 13.10.2015, "Ulteriore
differimento del termine di entrata in vigore della nuova
classificazione sismica del territorio approvata con d.g.r.
11.07.2014, n. 2129 «Aggiornamento delle zone sismiche in
Regione Lombardia (l.r. 1/2000, art. 3, comma 108, lett. d)»" (deliberazione
G.R. 08.10.2015 n. 4144). |
luglio
2015 |
|
EDILIZIA
PRIVATA:
Quanto alla applicabilità della
disciplina in materia antisismica alla realizzazione della
scala, conducente dalla quota 0,00 alla quota +7,30, in
calcestruzzo,
questa Corte rileva che, nella materia in
questione, la giurisprudenza di questa Corte ha più volta
precisato che, integra la contravvenzione di cui all'art. 95
del dPR n. 380 del 2001, qualsiasi intervento edilizio, con
la sola eccezione di quelli di semplice manutenzione
ordinaria, effettuato in zona sismica, comportante o meno
l'esecuzione di opere in conglomerato cementizio armato, che
non sia preceduto dalla previa denuncia al competente
ufficio con presentazione di un progetto redatto da tecnico
abilitato, o per il quale non sia stato rilasciato il titolo
abilitativo, i cui lavori non siano stati svolti sotto la
direzione di professionista abilitato.
Con riferimento al quarto motivo di ricorso la Corte osserva
che, essendo adeguatamente e plausibilmente motivata, non è
suscettibile di riesame di fronte alla Corte di legittimità
la natura di nuova costruzione, e non di semplice
ricostruzione delle precedenti parti ammalorate, attribuita
dalla Corte territoriale, e già prima dal Tribunale di
Palermo, alla realizzazione dei muri di contenimento di cui
alla contestazione mossa alla Lo Brano, né vi è alcun
elemento, trascurato dai giudici del merito per ritenere che
tali opere siano state edificate nella attuale necessità di
evitare la rovina della restante parte del preesistente
manufatto.
Quanto alla applicabilità della disciplina
in materia antisismica alla realizzazione della scala,
conducente dalla quota 0,00 alla quota +7,30, in
calcestruzzo
operata dalla Lo B., questa Corte rileva
che, nella materia in questione, la giurisprudenza di questa
Corte ha più volta precisato che, integra la contravvenzione
di cui all'art. 95 del dPR n. 380 del 2001, qualsiasi
intervento edilizio, con la sola eccezione di quelli di
semplice manutenzione ordinaria, effettuato in zona sismica,
comportante o meno l'esecuzione di opere in conglomerato
cementizio armato, che non sia preceduto dalla previa
denuncia al competente ufficio con presentazione di un
progetto redatto da tecnico abilitato, o per il quale non
sia stato rilasciato il titolo abilitativo, i cui lavori non
siano stati svolti sotto la direzione di professionista
abilitato (Corte
di cassazione, Sezione, III penale, 20.11.2014, n. 48005).
La già dimostrata estraneità della realizzazione della
predetta scala al concetto di manutenzione ordinaria,
conferma, se necessario, la legittimità della impugnata
sentenza sul punto
(Corte di Cassazione, Sez.
III penale,
sentenza 14.07.2015 n. 30165 - tratto da e link a
www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
In tema di reati antisismici, l'eventuale
rilascio postumo del parere favorevole da parte
dell'ufficio del Genio Civile competente che attesti
la rispondenza alla normativa antisismica delle
opere realizzate, non elide l'antigiuridicità penale
della condotta consistente nell'aver iniziato i
relativi lavori senza preventiva autorizzazione
scritta del competente ufficio tecnico della
regione.
---------------
4. Non miglior sorte merita il motivo di
impugnazione nella parte in cui contesta l'asserito
errore giuridico commesso dal giudice.
Ed invero, non merita censura la soluzione cui è
pervenuto il giudice di merito laddove ha escluso
l'effetto estintivo della sanatoria edilizia anche
al reato antisismico.
E' infatti pacifico nella giurisprudenza di
questa Corte che in tema di reati edilizi, il
conseguimento del permesso di costruire in sanatoria
ai sensi dell'art. 36 del d.P.R. 06.06.2001, n. 380,
comporta l'estinzione dei soli reati
contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche
vigenti, nella cui nozione non rientra la disciplina
per le costruzioni da eseguirsi nelle zone sismiche,
che ha una oggettività giuridica diversa da quella
riguardante il corretto assetto del territorio
(giurisprudenza costante; da ultimo, v.: Sez. F, n.
44015 del 04/09/2014 - dep. 22/10/2014, Conforti, Rv.
261099)-
5. Quanto, poi, alla tesi sostenuta dalla difesa
dell'impugnante, secondo cui dal parere dell'Ufficio
del Genio Civile di Frosinone attestante la
rispondenza alla normativa antisismica delle opere
realizzate ne sarebbe derivata l'insussistenza del
reato, la questione -oltre a comportare un
apprezzamento di fatto sottratto all'ambito
cognitivo di questa Corte- è comunque giuridicamente
irrilevante, una volta accertata dal giudice la
mancanza del preventivo rilascio del n.o. da parte
del Genio Civile. Ed infatti,
la circostanza del rilascio del parere
favorevole al mantenimento delle opere realizzate da
parte del Genio Civile vale solo ad attestare la
regolarità sotto il profilo antisismico di quanto
eseguito, ma non elide l'antigiuridicità del fatto,
consistito nell'aver omesso di chiedere (ed
ottenere) dall'Ufficio del Genio Civile
territorialmente competente il preventivo nulla osta
alla loro esecuzione.
Non deve, infatti, essere dimenticato che la
legislazione in materia antisismica, obbligando i
costruttori
(nonché il direttore dei lavori: Sez. 3, n. 33469
del 15/06/2006 - dep. 05/10/2006, Osso ed altri, Rv.
235122)
a sottoporre al controllo ed
all'autorizzazione del genio civile la realizzazione
delle opere edilizie in zona soggetta a fenomeni
sismici, ha riguardo ad una particolare situazione
determinante un pericolo di pregiudizio per la
pubblica incolumità. Tuttavia il concetto di
pericolo nella materia in questione non è inteso in
via assoluta ed astratta, come si evince dal fatto
che, sia pure attraverso il particolare procedimento
di cui si occupano gli artt. 83 e segg. del D.P.R.
06.06.2001, n. 380, l'omissione degli anzidetti
adempimenti formali non esclude una successiva
sanatoria delle opere conformi alle prescrizioni
tecniche e tipi di struttura specificatamente
elencate dal legislatore. Pertanto, la violazione
delle prescrizioni della citata legge costituisce un
reato omissivo di natura formale per ciò che attiene
all'omessa autorizzazione del genio civile per
l'inizio dei lavori, ma non rappresenta ipso
facto un pericolo presunto "juris et de jure"
di pregiudizio alla pubblica incolumità, che escluda
ogni indagine diretta ad accertare la possibilità
del pericolo in concreto
(v., sul punto: Sez. 3, n. 34 del 02/10/1981 - dep.
05/01/1982, Campisi, Rv. 151464).
Ciò, quindi, giustifica, come emerge
dall'impugnata sentenza, la mancata irrogazione
dell'ordine di demolizione, attesa proprio la
presenza in atti del parere favorevole dell'Ufficio
del Genio Civile competente, ma certamente non
legittima l'accoglimento della tesi difensiva basata
sull'erroneo assunto per il quale il rilascio del
parere favorevole dell'ufficio del Genio Civile
rende superfluo il preventivo rilascio del n.o..
Deve, conclusivamente, essere affermato il seguente
principio di diritto: «In tema
di reati antisismici, l'eventuale rilascio postumo
del parere favorevole da parte dell'ufficio del
Genio Civile competente che attesti la rispondenza
alla normativa antisismica delle opere realizzate,
non elide l'antigiuridicità penale della condotta
consistente nell'aver iniziato i relativi lavori
senza preventiva autorizzazione scritta del
competente ufficio tecnico della regione"
(Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 02.07.2015 n. 27876). |
giugno
2015 |
|
EDILIZIA PRIVATA: IL
PROPRIETARIO COMMITTENTE RISPONDE DEL REATO DI OMESSA
DENUNCIA DEI LAVORI IN ZONA SISMICA.
Il reato di omessa denuncia (art. 93,
d.P.R. 06.06.2001, n. 380) dei lavori in zona sismica, in
quanto reato a soggettività ristretta, è ascrivibile
unicamente al committente, al titolare della concessione
edilizia e, in genere, a chi abbia la disponibilità
dell’immobile o dell’area sui cui lo stesso sorge, mentre
del medesimo non risponde il titolare della ditta esecutrice
o il mero esecutore dei lavori, la cui responsabilità è
configurabile solo in caso di esecuzione dei lavori in
difetto di autorizzazione e di inosservanza delle norme o
prescrizioni tecniche contenute nei decreti
interministeriali vigenti.
La Corte di cassazione torna ad occuparsi, nella sentenza
qui esaminata, del tema della responsabilità penale del
proprietario committente lavori edilizi in zona sismica, il
quale ometta di presentare la relativa denuncia all’Ufficio
del Genio civile.
La vicenda processuale che ha fornito l’occasione alla Corte
per occuparsi della questione segue alla sentenza che aveva
dichiarato responsabile dei reati di cui al d.P.R. n. 380
del 2001, artt. 64, 71, 93 e 95 il proprietario di un
immobile per avere realizzato in zona sismica, senza
l’ausilio di un tecnico qualificato ed omettendo di
depositare prima dell’inizio dei lavori gli atti progettuali
presso l’ufficio del Genio Civile competente, relativamente
alla realizzazione di una sopraelevazione di un piano
abitabile di un fabbricato.
Contro la sentenza proponeva ricorso per cassazione il
proprietario-committente, in particolare eccependo l’errore
in cui era caduto il giudice di merito nel riconoscerlo
responsabile delle violazioni contestate, rilevato che gli
illeciti rubricati concretizzano fattispecie di reati
omissivi propri giammai imputabili al proprietario
dell’immobile.
La Cassazione, nell’affermare il principio di cui in
massima, ha dichiarato inammissibile il ricorso, in
particolare precisando che le fattispecie di cui al d.P.R.
n. 380 del 2001, artt. 64, 71, 93 e 95, hanno natura di
reati propri; tuttavia l’ambito di ascrivibilità è più
ristretto, investendo unicamente il soggetto interessato
alla realizzazione dell’intervento edilizio non denunciato,
prevedendo specifici obblighi formali, ricadenti sul
committente dei lavori o su chi abbia la disponibilità
dell’immobile o dell’area ubicata in zona sismica.
L’art. 71 sanziona il comportamento di chi commette, dirige
ed esegue le opere senza progetto redatto da un tecnico
abilitato; l’art. 93 punisce, altresì, tra gli altri anche
il committente, il quale deve accertare che tutti gli
adempimenti, ex lege previsti, siano stati
ritualmente posti in essere, come quello di informare
preventivamente l’UTC (v., in senso conforme, tra le tante:
Cass. pen., Sez. III, 23.02.2010, n. 7098, M., in CED, n.
246018) (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 10.06.2015 n. 24585 - Urbanistica e
appalti n. 10/2015). |
maggio
2015 |
|
PATRIMONIO:
G.U. 15.05.2015 n. 111 "Modalità per l’individuazione di
un modello unico di rilevamento e potenziamento della rete
di monitoraggio e di prevenzione del rischio sismico per la
predisposizione del piano di messa in sicurezza degli
edifici scolastici" (D.P.C.M.
02.04.2015). |
EDILIZIA PRIVATA: SOGGETTA
ALLA NORMATIVA ANTISISMICA LA REALIZZAZIONE DI UN BAGNO PER
DISABILI.
Neppure il d.P.R. n. 380 del 2001, art.
6, sottrae gli interventi di edilizia libera al rispetto
delle norme antisismiche ed alle altre disposizioni di
settore, come si ricava dalla testuale formulazione del
comma 1, che fa salve “le prescrizioni degli strumenti
urbanistici comunali, e comunque nel rispetto delle altre
normative di settore aventi incidenza sulla disciplina
dell’attività edilizia e, in particolare, delle norme
antisismiche. di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie,
di quelle relative all’efficienza energetica nonché delle
disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del
paesaggio”.
Il tema affrontato dalla Corte di Cassazione con la sentenza
in esame attiene alla necessità o meno del preventivo
rispetto della normativa antisismica per la realizzazione di
interventi edilizi rientranti nella c.d. attività edilizia
libera, disciplinata dall’art. 6 del d.P.R. n. 380 del 2001.
La vicenda processuale segue all’ordinanza con cui il
Tribunale ha parzialmente accolto la richiesta di riesame,
presentata nell’interesse di D.M.L., avverso il decreto di
sequestro preventivo emesso dal Giudice per le indagini
preliminari e concernente alcune strutture abusive, ubicate
all’interno di uno stabilimento balneare, in relazione ai
reati di cui agli artt. 54, 55 e 1161 c.n., d.P.R. n. 380
del 2001, art. 44, lett. c), artt. 93 e 95, D.Lgs. n. 42 del
2004, art. 181 e L. 394 del 1991, art. 30, disponendo la
restituzione all’avente diritto di un’area adibita a sala
ristorante e confermando invece il vincolo reale
relativamente alla tamponatura di una tettoia adibita a sala
ristorante, un gazebo, un bagno per disabili ed un
collegamento tra locale lavapiatti e cucina, ma con
riferimento al solo reato sanzionato dal d.P.R. n. 380 del
2001, art. 95, concernente il mancato deposito del progetto
strutturale per le opere suddette.
Contro l’ordinanza proponeva ricorso per cassazione
l’interessato, sostenendo, per quanto qui di interesse, che
il bagno per disabili rientrerebbe tra le opere di edilizia
libera per l’abbattimento di barriere architettoniche di cui
al d.P.R. n. 380 del 2001, art. 6 e, dunque, non sarebbe
soggetto alla normativa antisismica.
La Cassazione, sul punto, ha dichiarato inammissibile il
ricorso affermando il principio di cui in massima, rilevando
come, proprio in base alla normativa richiamata
dall’interessato, l’esecuzione di tale intervento edilizio,
pur potendo rientrare astrattamente nella attività edilizia
libera, resta comunque soggetto alla disciplina antisismica,
nella specie non rispettata.
Sul punto, va qui ricordato che, già in precedenza, la
Cassazione aveva affermato che, per l’esecuzione delle opere
dirette a favorire il superamento e l’eliminazione delle
barriere architettoniche negli edifici privati vanno
rispettate le disposizioni della legge antisismica con
esclusione dell’obbligo dell’autorizzazione (Cass. pen.,
Sez. III, n. 11605 dell’11.11.1993 - dep. 18.12.1993, F., in
CED, n. 196070) (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 11.05.2015 n. 19362 - Urbanistica e
appalti n. 8-9/2015). |
EDILIZIA PRIVATA:
La
deliberazione della Giunta regionale
della Calabria n. 330
del 22/07/2011
(Approvazione elenco opere dichiarate «minori».
Indirizzi interpretativi in materia di sopraelevazione di
edifici esistenti), per la
parte che qui rileva, deve essere ritenuta illegittima,
perché crea ex novo la categoria delle "opere
minori" che non sarebbero soggette alla disciplina
antisismica, in aperta violazione del disposto dell'art. 83
del d.P.R. n. 380 del 2001, il quale prevede che tutte le
costruzioni la cui sicurezza possa comunque interessare la
pubblica incolumità sono soggette alla normativa
antisismica, senza consentire alle Regioni di adottare in
via amministrativa deroghe per particolari categorie di
opere.
E l'illegittimità della deliberazione regionale
emerge dalla sua stessa formulazione laterale, laddove nel
preambolo si riconosce espressamente che «le norme
legislative nonché quelle tecniche in vigore non dettano,
espressamente, alcuna particolare limitazione o esclusione
delle opere da assoggettare alle discipline di cui sopra».
---------------
3. - Il ricorso non è fondato.
3.1. — Le articolate argomentazioni poste dal ricorrente a
sostegno del primo motivo di doglianza si scontrano con il
consolidato orientamento di questa Corte secondo
cui la
sistemazione di un'insegna o tabella pubblicitaria richiede
il rilascio del preventivo permesso di costruire quando per
le sue rilevanti dimensioni comporti mutamento territoriale;
atteso che soltanto un sostanziale mutamento del territorio
nel suo contesto preesistente, sia sotto il profilo
urbanistico che edilizio, fa assumere rilevanza penale alla
violazione del regolamento edilizio, con conseguente
integrazione del reato di cui all'art. 44, comma 1, lettera
b), del d.P.R. n. 380 del 2001 (sez. 3, 15.01.2004, n. 5328, rv. 227402; sez. 4, 18.01.2007, n. 6382, rv. 236104; sez. 3,
22.10.2010, n. 43249, rv. 248724).
Deve osservarsi, in particolare, che non vi è rapporto di
specialità tra la disciplina sanzionatoria penale dettata in
materia urbanistica e antisismica dal d.P.R. n. 380 del 2001
e quella, amministrativa pecuniaria, dettata dal decreto
legislativo n. 507 del 1993, in materia di imposta comunale
sulla pubblicità e pubbliche affissioni, in quanto si tratta
di sanzioni poste a tutela di interessi giuridici diversi,
presidiando la prima la pubblica incolumità e l'altra il
controllo sulle pubbliche affissioni, in relazione al loro
contenuto, alla loro natura commerciale, all'applicazione
dell'imposta sulla pubblicità.
Né a tale ricostruzione vale
obiettare, come fa il ricorrente, che l'art. 168 del d.lgs.
n. 42 del 2004 richiama, per l'apposizione di cartelli con
mezzi pubblicitari in violazione delle disposizioni poste a
tutela del paesaggio, le stesse sanzioni amministrative
previste dal codice della strada, perché la tutela del
paesaggio rappresenta un interesse diverso e ulteriore
rispetto al corretto assetto del territorio e, soprattutto,
alla tutela dell'incolumità pubblica nelle zone sismiche (ex
plurimis, Cass., sez. 3, 22.10.2010, n. 43249, rv.
248724; sez. 3, 10.04.2013, n. 39796, rv. 257677).
E tale giurisprudenza ha ampiamente superato il contrario
orientamento isolatamente espresso dalla sentenza sez. 3,
03.05.2006, n. 323, richiamata dalla difesa.
Né può valere ad escludere la sussistenza del reato il
riferimento alla
deliberazione della Giunta regionale
della Calabria n. 330
del 22/07/2011
(Approvazione elenco opere dichiarate «minori».
Indirizzi interpretativi in materia di sopraelevazione di
edifici esistenti).
Si tratta infatti, a ben vedere,
di una delibera che, per la
parte che qui rileva, deve essere ritenuta illegittima,
perché crea ex novo la categoria delle "opere
minori" che non sarebbero soggette alla disciplina
antisismica, in aperta violazione del disposto dell'art. 83
del d.P.R. n. 380 del 2001, il quale prevede che tutte le
costruzioni la cui sicurezza possa comunque interessare la
pubblica incolumità sono soggette alla normativa
antisismica, senza consentire alle Regioni di adottare in
via amministrativa deroghe per particolari categorie di
opere. E l'illegittimità della deliberazione regionale
emerge dalla sua stessa formulazione laterale, laddove nel
preambolo si riconosce espressamente che «le norme
legislative nonché quelle tecniche in vigore non dettano,
espressamente, alcuna particolare limitazione o esclusione
delle opere da assoggettare alle discipline di cui sopra».
Anche a prescindere dalle considerazioni appena svolte, deve
in ogni caso rilevarsi che tale deliberazione
—contrariamente a quanto ritenuto dal ricorrente—
non opera
una liberalizzazione generalizzata dell'istallazione di
strutture di sostegno per pannelli pubblicitari.
Non vi è dubbio che l'art. 2 del provvedimento stabilisca
che le opere minori individuate nell'allegato A sono
esentate dalla trasmissione del progetto presso gli uffici
regionali al fine dell'ottenimento dell'autorizzazione ai
sensi delle leggi nazionali e regionali in materia edilizia
sismica, e che in tale allegato siano comprese le «strutture
di sostegno per dispositivi di illuminazione, segnaletica
stradale, pannelli pubblicitari, insegne e simili, isolate e
non ancorati agli edifici, e qualora ancorati agli edifici,
aventi un peso complessivo uguale o inferiore a 1 KN
[...]» (punto 17 dell'allegato A).
Nondimeno, tale esenzione risulta sottoposta a due
condizioni. La prima, prevista dal successivo art. 3, è che
«la rispondenza della progettazione e della realizzazione
delle opere di che trattasi alle norme tecniche in vigore
dovrà essere certificata presso l'Ufficio tecnico del Comune
interessato, da un tecnico abilitato che dovrà dichiarare,
altresì che le stesse sono quelle riportate nel citato
elenco A». La seconda è fissata dal richiamato punto
17 dell'allegato A, il quale prevede che siano
escluse dall'assoggettabilità alle procedure previste in
materia edilizia sismica le strutture di sostegno, anche per
pannelli pubblicitari, alla condizione che esse siano dotate
di certificato e/o brevetto ministeriale.
Ne consegue che, anche a prescindere dalla già rilevata
illegittimità della deliberazione, la stessa non può avere
in nessun caso l'effetto di depenalizzare la condotta del
ricorrente, perché la realizzazione di sostegni per pannelli
pubblicitari non è libera, ma sottoposta ai regimi di
certificazione sopra richiamati. E del resto nel caso di
specie il ricorrente non ha neanche prospettato che il
sostegno da lui realizzato fosse dotato di certificazione ai
sensi dell'art. 3 e di certificato e/o brevetto ministeriale
ai sensi dell'art. 17 dell'allegato A alla richiamata
deliberazione regionale del 22.07.2011.
In relazione, infine, alle dimensioni del manufatto, va
osservato che le stesse sono molto significative,
trattandosi di un sostegno di 60 cm di diametro e di
un'altezza all'incirca corrispondente a quella di un
edificio di due piani; con la conseguenza che le
considerazioni svolte dalla difesa circa l'esclusione dei
manufatti di piccole dimensioni dall'ambito di applicazione
della disciplina antisismica risultano comunque irrilevanti
(Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 08.05.2015 n. 19185). |
aprile
2015 |
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EDILIZIA PRIVATA: Edifici
storici, sui lavori test rischio sismico.
Dal 1° settembre un modulo in più per gli interventi sugli
edifici storici. In casi di interventi di miglioramento
sismico oppure per interventi straordinari sugli edifici
storici la documentazione allegata alla richiesta di
autorizzazione o di pareri dovrà prevedere la nuova scheda.
Tutto questo lo prevede la
circolare 30.04.2015 n. 15 del Ministero dei beni
e della attività culturali e del turismo (Mibact) per la
tutela del patrimonio architettonico e la mitigazione del
rischio sismico.
La suddetta scheda non costituirà documentazione tecnica
aggiuntiva rispetto a quella obbligatoria prevista per legge
ma rappresenterà una sintesi finalizzata ad evidenziare
l'approccio progettuale. Visti i ripetuti danni subiti dagli
edifici culturali per gli eventi sismici, il Mibact ha
predisposto un'azione per la sensibilizzazione degli enti
coinvolti nel rilascio dei permessi, ma soprattutto per la
conoscenza più approfondita della vulnerabilità del
patrimonio architettonico.
Secondo il Mibact, una volta individuato il problema, la
riduzione del rischio sismico sarà possibile attraverso
buone pratiche da adottare in occasione degli interventi che
influiscono sul comportamento strutturale. Nelle
manutenzioni straordinarie il Mibact prescrive inoltre
particolare attenzione alle lavorazioni edili anche non
riguardanti gli elementi portanti, come la realizzazione o
la modifica di porte e finestre, l'introduzione di pavimenti
più pesanti, la modifica del manto di copertura, la modifica
della distribuzione dei tramezzi, le tracce e i fori che
riducono le sezioni resistenti.
L'applicazione di queste buone pratiche consentirà, assicura
il Mibact, la rilevazione di altre carenze eventualmente già
esistenti e non connesse con i progetti da realizzare, ma
anche la previsione di ulteriori interventi senza sensibili
costi aggiuntivi.
Come rilevato dal Mibact, nell'edilizia storica ci sono
specifiche vulnerabilità strutturali. I terremoti hanno
infatti rivelato che ogni elemento architettonico, anche se
secondario e non strutturalmente portante, può influenzare
la risposta strutturale in caso di sollecitazione sismica.
Nel centri storici, infatti, gli effetti disastrosi degli
eventi sismici sono correlati a carenze strutturali locali o
a interventi sugli elementi secondari, considerati
ininfluenti, ma che invece hanno comportato una modifica
dell'assetto strutturale.
Per mettere in pratica queste raccomandazioni, il Mibact ha
messo a disposizione una scheda, da compilare e allegare
alla richiesta di autorizzazione, che costituirà una sintesi
dell'approccio progettuale seguito. Come si legge nella
circolare, la compilazione della scheda non comporterà un
aggravio dell'attività tecnica connessa alla presentazione
delle istanze (articolo ItaliaOggi del 29.08.2015). |
EDILIZIA PRIVATA:
Edifici storici, scheda riscritta.
Autorizzazioni new style da
settembre.
Per gli interventi sugli edifici storici dal 1° settembre
andrà allegata una nuova scheda tecnica per la richiesta di
autorizzazione. In casi di interventi di miglioramento
sismico oppure per interventi straordinari sugli edifici
storici la documentazione allegata alla richiesta di
autorizzazione o di pareri dovrà prevedere la nuova scheda.
La suddetta scheda non costituirà documentazione tecnica
aggiuntiva rispetto a quella obbligatoria prevista per legge
ma rappresenterà una sintesi finalizzata a evidenziare
l'approccio progettuale.
Tutto questo lo prevede la
circolare 30.04.2015 n. 15 del ministero dei beni
e della attività culturali e del turismo (Mibact) per la
tutela del patrimonio architettonico e la mitigazione del
rischio sismico.
Visti i ripetuti danni subiti dagli edifici culturali per
gli eventi sismici, il Mibact ha predisposto un'azione per
la sensibilizzazione degli enti coinvolti nel rilascio dei
permessi, ma soprattutto per la conoscenza più approfondita
della vulnerabilità del patrimonio architettonico.
Secondo il Mibact, una volta individuato il problema, la
riduzione del rischio sismico sarà possibile attraverso
buone pratiche da adottare in occasione degli interventi che
influiscono sul comportamento strutturale. Nelle
manutenzioni straordinarie il Mibact prescrive inoltre
particolare attenzione alle lavorazioni edili anche non
riguardanti gli elementi portanti, come la realizzazione o
la modifica di porte e finestre, l'introduzione di pavimenti
più pesanti, la modifica del manto di copertura, la modifica
della distribuzione dei tramezzi, le tracce e i fori che
riducono le sezioni resistenti.
L'applicazione di queste buone pratiche consentirà, assicura
il Mibact, la rilevazione di altre carenze eventualmente già
esistenti e non connesse con i progetti da realizzare, ma
anche la previsione di ulteriori interventi senza sensibili
costi aggiuntivi (articolo ItaliaOggi del 03.07.2015). |
EDILIZIA PRIVATA:
Oggetto: Disposizioni in materia di tutela del patrimonio
architettonico e di mitigazione del rischio sismico (MIBACT,
circolare 30.04.2015 n. 15). |
EDILIZIA PRIVATA:
Sottotetti con rischio di carico. Oltre
al cambio di destinazione d’uso serve il rispetto delle
norme antisismiche.
Ristrutturazioni. Valutazioni approfondite sulla staticità
con progetto firmato da un tecnico per evitare le sanzioni
penali.
Lavori a rischio nei sottotetti, per
il cumulo di norme edilizie, sul cemento armato e zone
sismiche.
Lo sottolinea, da ultimo, la Corte di Cassazione -Sez. III
penale- con la
sentenza 15.04.2015 n. 15429, che sanziona la
posa in opera di un parquet, di un radiatore, di infissi,
serramenti e servizi igienici su impianti di scarico già
esistenti. I lavori erano avvenuti nel sottotetto di un
Comune del Salernitano, in zona sismica, senza essere
preceduti né da comunicazioni, né da adeguate progettazioni.
L’errore che ha causato la condanna penale scaturisce da una
lettura semplificata del recupero dei sottotetti, con meri
cambi di destinazione, trascurando l’insidia rappresentata
dalla portata dei solai. Un sottotetto può, ad esempio,
sopportare 80 kg per mq, mentre il pavimento di una
residenza sopporta fino a 250 chili per mq. Questa rilevante
differenza dovrebbe essere tenuta presente sempre, anche
indipendentemente da divieti e sanzioni penali che scattano
quando l’edificio è in cemento armato o in zona sismica.
I sottotetti sono quindi solo in apparenza agevolmente
trasformabili e non deve indurre ad interventi affrettati la
giurisprudenza che tollera, nel sottotetto, la presenza di
mobilio (Tar Brescia, sentenza n. 40/2004, Consiglio di
Stato, 2586/2003), o quella che esige un titolo edilizio
solo qualora vi si realizzino luci, vedute, gas, acqua,
telefono ed impianti fognari (Consiglio di Stato, sentenza
1071/1995).
Inoltre, per usare un sottotetto non basta invocare lo “sblocca
Italia” (Dl 133/2013, convertito nella legge 164/2014),
che consente sempre i cambi di destinazione all’interno di
una stessa categoria funzionale. Non ha infatti rilievo la
circostanza che il sottotetto, in un edificio di abitazione,
appartenga ad un’omogenea categoria di «residenze»
(Consiglio di Stato, sentenza 357/2015).
L’esigenza di recupero dei sottotetti ha indotto molte
Regioni a legiferare ma nemmeno le leggi regionali liberano
dalle verifiche statiche, indispensabili, quando vi è
cemento armato o sismicità. Le prime incomprensioni che
sorgono in materia riguardano la terminologia, poiché le
norme tecniche usano il termine «riparazioni»
(articoli 17-19 legge 64/1974 sul cemento armato), mentre le
norme urbanistiche sembrano di più facile applicazione,
parlando di «manutenzioni» e di «ristrutturazioni».
Ma quando si è in zona sismica o si utilizza il cemento
armato, prevalgono le norme tecniche. Tra queste vi è il Dm
infrastrutture 14.01.2008, che distingue tra interventi
strutturali o non strutturali e secondo cui ogni modifica di
destinazione d’uso da sottotetto a vano abitabile, va
classificata come ristrutturazione edilizia quando variano
in modo significativo carichi e classe d’uso dell’immobile.
Anche le Regioni hanno voce in capitolo, poiché spetta loro
individuare le “parti strutturali” di edifici su cui
si può intervenire solo rispettando le norme sismiche e sul
cemento armato. Intervento strutturale può essere, ad
esempio, l’apertura di un passaggio da un piano residenziale
al sottotetto è soggetta ad asseverazioni ed elaborati
grafici , in aggiunta al necessario titolo edilizio (Tar
Catanzaro, sentenza 125/2006).
In caso di errori o omissioni, i controlli sono affidati ai
Comuni, ad esempio utilizzando l’articolo 32 del Dpr
380/2001 (Tu edilizia), che qualifica come variante
essenziale il mero cambio di destinazione in contrasto con
la normativa sul cemento armato e sulle zone sismiche,
imponendo il permesso di costruire. Se manca il permesso di
costruire, vi sono sanzioni ripristinatorie (demolizione)
oltre che penali. La violazione di norme penali sul cemento
armato o le zone sismiche è considerata un reato permanente,
che cessa solo con il rispetto delle procedure e delle
valutazioni che escludano rischi.
---------------
In bilico anche i vecchi recuperi.
Il passato. Quando si è intervenuti con modifiche
strutturali.
Anche il recupero
dei sottotetti senza cemento armato o in epoche precedenti
il vincolo sismico, può comunque riservare sorprese. In
questi casi la modifica dell’uso dei sottotetti sembra possa
rimanere nell’ambito delle opere di manutenzione o
addirittura dei cambi di destinazione senza opere, ma vi è
il diritto degli acquirenti e inquilini di ottenere
controlli sulla qualità dell’immobile che intendono
acquistare o abitare. Basta infatti una libreria, un
tramezzo fuori posto o una vasca idromassaggio per generare
forti rischi ed incidere sull’utilizzabilità del bene.
Stesso controllo possono chiedere i condomini, per i
potenziali danni a strutture comuni. Utilizzando il
parametro delle «riparazioni» che incidono sui
carichi, si può infatti sostenere, anche senza che sia
utilizzato il cemento armato ed anche per modifiche
anteriori la sismicità, l’esistenza di rischi. Di qui
l’importanza della
sentenza 15.04.2015 n. 15429
della Corte di Cassazione, che colloca l’esecuzione di
elementi di apparente mera manutenzione quali un parquet, un
radiatore, infissi e serramenti, tra le «riparazioni»
(articoli 17-19 legge 64 del 1974) al di fuori della
manutenzione ordinaria.
Gli elementi da tener presenti per rendersi conto della
necessità di approfondimenti possono essere vari: il mancato
o tardivo allineamento catastale (Dl 78/2010), l’esistenza
di una mera comunicazione di inizio attività o di una Scia
per modifiche interne, l’assenza di un progetto di un
ingegnere o di un architetto. In questi casi, anche
modifiche poco significative sulle strutture orizzontali
(quali la realizzazione di due finestre, Cassazione,
sentenza 6460/2010), devono generare una valutazione sulla
sicurezza.
Il parametro di maggior cautela è quello della distinzione
tra opere strutturali o non strutturali (Dm Infrastrutture
14.01.2008). Tale norma colloca ogni modifica di
destinazione d’uso da sottotetto a vano abitabile, tra le
ristrutturazioni edilizie (e non tra le manutenzioni
ordinarie), tutte le volte che vi sia una variazione
significativa dei carichi variabili o della classe d’uso
della costruzione.
--------------
Sul territorio oneri urbanistici a costi
variabili. Gli altri fattori. Incentivi o penalizzazioni
locali.
Il recupero del sottotetto è, di norma, catalogato nella
categoria delle ristrutturazioni edilizie. Il cittadino che
decide di mettere mano alla propria casa, dando nuova vita
alla mansarda inutilizzata, dovrà dunque far fronte a due
tipi di oneri: quelli di urbanizzazione primaria e
secondaria (che coprono una quota dei servizi comunali,
dalle reti alle tubature, dalla presenza di scuole e
biblioteche) oltre al costo vero e proprio di costruzione.
Non mancano, tuttavia, le eccezioni. In senso restrittivo
(più tasse per chi recupera) o di segno contrario (per
incentivare il minor consumo di suolo).
Va nella prima direzione la scelta di Lazio e Lombardia. Su
questi territori la norma regionale permette ai Comuni di
decidere se deliberare o meno un incremento del costo
urbanistico, fino a un massimo del 20 per cento. Ancora più
stringente la posizione della Sicilia: qui, oltre al
contributo di costruzione, è dovuta una somma pari al 20%
del valore catastale incrementato a seguito dell'aumento di
superficie. In Abruzzo, ancora, la legge prevede il
raddoppio dei soli oneri di urbanizzazione primaria e
secondaria.
Scelta di segno opposto quella di alcune regioni del
Nordovest, che invece incentivano il recupero anche sotto il
profilo economico con l’obiettivo di limitare la nuova
edificazione. In Piemonte il contributo può, infatti, essere
ridotto della metà se, nel recupero del sottotetto, non è
prevista la realizzazione di un’unità immobiliare autonoma
ed è trascritta una dichiarazione notarile di pertinenza dei
locali all’abitazione principale.
Stessa norma in Liguria, applicata anche nel caso in cui
venga recuperato un alloggio a destinazione popolare o
turistica.
Per ciò che riguarda, invece, l’osservanza della norma
nazionale che, in presenza di una nuova costruzione,
prescrive uno standard di destinazione di spazi a parcheggi
in misura pari a 1 mq. per ogni 10 mc. di costruzione,
questa regola è riportata tout court solo dalla legge
dell’Emilia Romagna, che precisa anche la possibilità per i
Comuni di monetizzare la mancata disponibilità degli spazi.
Buona parte delle altre regioni (Abruzzo, Lazio, Liguria,
Lombardia, Molise, Piemonte e Puglia) prevede che gli spazi
siano reperiti o monetizzati solo se viene realizzata nel
sottotetto un’unità immobiliare autonoma.
La Liguria, a tal proposito, precisa anche, nella nuova
legge, che la superficie dello spazio destinato alle auto
non deve essere inferiore a 12,50 metri quadrati e su tale
parametro deve essere calcolata anche l’eventuale
corresponsione della quota parcheggi non disponibile con il
versamento di soldi alla Città. Infine, in Veneto il
rispetto dello standard è richiesto solo se il consiglio
comunale lo pretende con delibera mentre in Basilicata e
Calabria soltanto se la mansarda resa abitabile supera
rispettivamente il 15% o il 25% del volume dell’intero
edificio.
---------------
Riutilizzo facilitato per altezze e
vedute in diciotto Regioni. Le deroghe. Norme più
permissive.
I restyling più recenti delle leggi regionali sul recupero
dei sottotetti sono quelli della Liguria e delle Marche. La
prima Regione, con la legge 30/2014, ha riscritto buona
parte della precedente disciplina, in vigore da oltre 13
anni (Lr 24/2001), ma ridotta alla semi-paralisi dalla
mancanza di una direzione chiara (ora introdotta) che
superasse la troppa giurisprudenza prodotta, specie nel
savonese, sulle modalità di rilascio dei permessi. Le Marche
hanno invece affidato alla legge sulla semplificazione
edilizia (la n. 17/2015), il compito di rinnovare i
contenuti di una disciplina ferma al 2010, aggiornando il
parco edifici su cui si può intervenire dando nuova vita
alle mansarde (tutti quelli esistenti al 30.06.2014) e
ritoccando altezze minime e rapporti di aero/illuminazione.
Al di là delle modifiche più recenti, dal Sud al Nord
Italia, quasi ovunque, le Regioni hanno in vigore regole per
il recupero, a fini abitativi (e non solo), dei sottotetti
in fabbricati esistenti.
La prima Giunta a muoversi in tal senso, in Italia, è stata
la Lombardia. Poi, a poco a poco, si sono aggiunti altri
casi: oggi i territori che hanno leggi specifiche sono 18. A
questi si aggiungono la Valle d’Aosta (con norme nella legge
urbanistica) e la Provincia di Bolzano (con una delibera)
con cui si dettano regole per agevolare l’abitabilità delle
soffitte (si veda la tabella). Inoltre, pur mancando una
normativa strutturata, qualche eccezione ai limiti
urbanistici relativi alle altezze per consentire il recupero
delle mansarde è presente anche in Provincia di Trento (Dpgp
2330/2003, Dgr 28/2003 e la legge 23/1981 sui servizi
alberghieri).
La maggior parte delle leggi regionali approvate riguarda
sottotetti in edifici realizzati a una certa data prefissata
(che è stata aggiornata nel tempo, con modifiche alla legge
madre). Diversi gli elementi in comune. Primo fra tutti, la
decisione di ammorbidire i rigidi requisiti di abitabilità
prescritti dalle norme statali (legge 457/1978 e Dm Sanità
05.07.1975), che fissano l’altezza media necessaria per il
recupero a 2,7 metri e il rapporto tra le finestre e il
pavimento delle stanze a 1/8.
In genere, nelle discipline locali, ci si accontenta di
un’altezza media di 2,4 metri, ma non manca chi ne richiede
solo 2,2 metri (come la Calabria, la Campania o il Molise) o
addirittura 2 metri (il Lazio) e 1,9 metri (il Friuli). Così
il rapporto di aero-illuminazione scende a 1/10 (Molise), a
1/12 (Marche), a 1/15 (a Bolzano e in Calabria), a 1/16 (in
Emilia Romagna e Liguria, ma non solo), addirittura a 1/32
nei centri storici della Vallée.
Rispetto alle misure minime, sono in genere agevolati i
comuni delle zone montane: anche se il concetto di “montano”
varia da regione a regione, da un minimo di 300 metri fino a
1.100 metri. Fanno eccezione a questa regola la Basilicata,
la provincia di Bolzano, la Sicilia, l’Umbria e (dopo
l’ultima revisione) anche la Liguria.
Altro tratto simile è che il recupero del sottotetto deve
avvenire a fini abitativi. In Liguria, però, è ammesso anche
l’uso a fini turistici-ricettivi mentre in Umbria si amplia
al terziario e al direzionale e in Valle d’Aosta sono
agevolate tutte le destinazioni. Per consentire il riuso del
solaio non è infrequente anche la concessione di deroghe
alle norme previste per le nuove costruzioni e
l’abbattimento delle barriere architettoniche.
Se viene, infine, concessa spesso l’apertura di finestre e
lucernari per assicurare l’osservanza dei requisiti di
aero-illuminazione, quasi ovunque è invece esclusa la
possibilità di sopraelevazione e la modifica delle pendenze
dei tetti (mentre a volte è consentito l’abbassamento dei
soffitti dei locali sottostanti per recuperare spazio,
purché si preservi un minimo di 2,7 metri di altezza).
Fanno eccezione sette territori: Lombardia, Liguria, Umbria,
Lazio, Sardegna, Friuli ed Emilia Romagna che danno diritto
al sopralzo, ma solo allo scopo di raggiungere i parametri
di altezza minima per l’abitabilità. In Valle d’Aosta questa
deroga è consentita solo nei centri storici (articolo
Il Sole 24 Ore del 25.05.2015 - tratto da
www.centrosctudicni.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Qualsiasi
intervento edilizio in zona sismica, comportante o meno
l'esecuzione di opere in conglomerato cementizio amato,
diverso dalla semplice manutenzione ordinaria, deve essere
previamente denunciato al competente ufficio al fine di
consentire i preventivi controlli e necessita del rilascio
del preventivo titolo abilitativo, conseguendone, in
difetto, la violazione dell'art. 95 del d.P.R. 06.06.2001,
n. 380.
Invero, la normativa antisismica non distingue tra opere
interne ed opere esterne, ma prescrive il controllo di
qualsiasi costruzione, riparazione o sopraelevazione. La
giurisprudenza di questa corte nel concetto di costruzione,
sotto il vigore della disciplina previgente, faceva
rientrare qualsiasi opera a prescindere dal titolo
abilitativo richiesto (concessione o autorizzazione) e dalle
sue caratteristiche o dimensioni e ciò al fine di consentire
il controllo preventivo e documentale dell'attività edile
eseguita in zone sismiche.
La vigilanza sull'attività edilizia nei comuni considerati
sismici si affianca a quella ordinaria basata sul rilascio
di un titolo abilitativo conforme alle prescrizioni
urbanistiche ed edilizie. Nelle zone sismiche l'attività
edilizia è quindi soggetta ad un duplice controllo: a
quello operato dall'ufficio tecnico regionale, riguardante
la sicurezza delle costruzioni rispetto ai fenomeni sismici,
ed a quello dell'autorità comunale, attinente all'osservanza
degli strumenti urbanistici e dei regolamenti edilizi.
Quindi, sia in base alla disciplina attuale, che a quella
previgente, qualsiasi intervento edilizio, fatta eccezione
per quelli di semplice manutenzione ordinaria, se eseguito
in zona sismica deve essere preventivamente denunciato
all'ufficio tecnico ai fine di consentire i dovuti controlli
in merito al rispetto della disciplina vigente in materia di
costruzione in zone sismiche.
---------------
La modifica della destinazione d'uso del locale sottotetto
in un vano abitabile non può essere considerata alla stregua
di un intervento di manutenzione ordinaria perché si tratta
di un intervento di ristrutturazione edilizia, in questo
caso con opere (messa in opera di parquet, apposizione di un
radiatore, installazione di infissi e serramenti,
apposizione di servizi igienici in costanza di impianti di
scarico ancorché già esistenti).
Va peraltro aggiunto che il D.M. Ministero delle
Infrastrutture del 14/01/2008 - Approvazione delle nuove
norme tecniche per le costruzioni in cemento armato ed in
zone sismiche, disciplina espressamente (capitolo 8) gli
interventi non dichiaratamente strutturali effettuati su
edifici esistenti, prescrivendo (paragrafo 8.3) che «le
costruzioni esistenti devono essere sottoposte a valutazione
della sicurezza quando ricorra anche una delle seguenti
situazioni: (...) cambio della destinazione d'uso della
costruzione o di parti di essa, con variazione significativa
dei carichi variabili e/o della classe d'uso della
costruzione».
Sottotetti ed ambienti residenziali hanno carichi variabili
diversi (capitolo 3, paragrafo 3.1.4); ne consegue che la
trasformazione del vano sottotetto non abitabile in ambiente
residenziale comporta sempre la necessaria valutazione di
sicurezza, con conseguente divieto di iniziare i lavori
senza l'autorizzazione scritta del competente ufficio
tecnico della regione.
3. Qualsiasi intervento edilizio in zona sismica,
comportante o meno l'esecuzione di opere in conglomerato
cementizio amato, diverso dalla semplice manutenzione
ordinaria, deve essere previamente denunciato al competente
ufficio al fine di consentire i preventivi controlli e
necessita del rilascio del preventivo titolo abilitativo,
conseguendone, in difetto, la violazione dell'art. 95 del
d.P.R. 06.06.2001, n. 380 (Sez. 3, 34604 del 17/06/2010;
cfr., altresì, Sez. 3, n. 45958 del 26/10/2005, che ha
condivisiblmente affermato che <<la normativa antisismica
non distingue tra opere interne ed opere esterne, ma
prescrive il controllo di qualsiasi costruzione, riparazione
o sopraelevazione. La giurisprudenza di questa corte nel
concetto di costruzione, sotto il vigore della disciplina
previgente, faceva rientrare qualsiasi opera a prescindere
dal titolo abilitativo richiesto (concessione o
autorizzazione) e dalle sue caratteristiche o dimensioni e
ciò al fine di consentire il controllo preventivo e
documentale dell'attività edile eseguita in zone sismiche
(Cass. n. 10640 del 1985; 21.07.1992 n. 8140; Cass. Sez. 3,
n. 7353 del 1995; 02.06.1999 n. 6923). La vigilanza
sull'attività edilizia nei comuni considerati sismici si
affianca a quella ordinaria basata sul rilascio di un titolo
abilitativo conforme alle prescrizioni urbanistiche ed
edilizie. Nelle zone sismiche l'attività edilizia è quindi
soggetta ad un duplice controllo: a quello operato
dall'ufficio tecnico regionale, riguardante la sicurezza
delle costruzioni rispetto ai fenomeni sismici, ed a quello
dell'autorità comunale, attinente all'osservanza degli
strumenti urbanistici e dei regolamenti edilizi. Quindi, sia
in base alla disciplina attuale, che a quella previgente,
qualsiasi intervento edilizio, fatta eccezione per quelli di
semplice manutenzione ordinaria, se eseguito in zona sismica
deve essere preventivamente denunciato all'ufficio tecnico
ai fine di consentire i dovuti controlli in merito al
rispetto della disciplina vigente in materia di costruzione
in zone sismiche>>).
La modifica della destinazione d'uso del locale sottotetto
in un vano abitabile non può essere considerata alla stregua
di un intervento di manutenzione ordinaria perché si tratta
di un intervento di ristrutturazione edilizia, in questo
caso con opere (messa in opera di parquet, apposizione di un
radiatore, installazione di infissi e serramenti,
apposizione di servizi igienici in costanza di impianti di
scarico ancorché già esistenti).
Va peraltro aggiunto che il D.M. Ministero delle
Infrastrutture del 14/01/2008 - Approvazione delle nuove
norme tecniche per le costruzioni in cemento armato ed in
zone sismiche (Pubblicato nella Gazz. Uff. 04.02.2008, n.
29, S.O.), disciplina espressamente (capitolo 8) gli
interventi non dichiaratamente strutturali effettuati su
edifici esistenti, prescrivendo (paragrafo 8.3) che «le
costruzioni esistenti devono essere sottoposte a valutazione
della sicurezza quando ricorra anche una delle seguenti
situazioni: (...) cambio della destinazione d'uso della
costruzione o di parti di essa, con variazione significativa
dei carichi variabili e/o della classe d'uso della
costruzione».
Sottotetti ed ambienti residenziali hanno carichi variabili
diversi (capitolo 3, paragrafo 3.1.4); ne consegue che la
trasformazione del vano sottotetto non abitabile in ambiente
residenziale comporta sempre la necessaria valutazione di
sicurezza, con conseguente divieto di iniziare i lavori
senza l'autorizzazione scritta del competente ufficio
tecnico della regione (Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 15.04.2015 n. 15429). |
marzo
2015 |
|
EDILIZIA PRIVATA: OPERE
IN CEMENTO ARMATO E RESPONSABILITÀ DEL TITOLARE DELL’IMPRESA
ESECUTRICE DEI LAVORI.
In materia edilizia, sia l’esecuzione di
opere in cemento armato in assenza di progetto esecutivo
redatto da tecnico abilitato, sia la realizzazione di opere
edili senza la direzione di un tecnico abilitato che
l’omessa denuncia delle opere in conglomerato cementizio
armato, sono reati ascrivibili al titolare della impresa
esecutrice dei lavori.
La questione giuridica oggetto di esame da parte della
Suprema Corte verte, in particolare, sull’individuazione
delle responsabilità gravanti in capo al titolare
dell’impresa esecutrice dei lavori con particolare riguardo
alla disciplina in materia di cemento armato.
La vicenda processuale trae origine dal provvedimento con
cui il Tribunale -per quanto di interesse in questa sede- ha
affermato la colpevolezza di M.V., quale titolare della
ditta esecutrice dei lavori, per violazione della legge
antisismica e sulle opere in cemento armato in relazione a
interventi eseguiti su un immobile.
Contro la sentenza proponeva ricorso per cassazione
l’imputato, in particolare sostenendo che un reato
(l’esecuzione di opere in cemento armato in assenza di
progetto esecutivo redatto da tecnico abilitato) aveva ad
oggetto violazioni a cui era estranea la ditta esecutrice
dei lavori; stesse considerazioni svolgeva in ordine agli
altri reati (la realizzazione di opere edili senza la
direzione di un tecnico abilitato; l’omessa denuncia delle
opere in conglomerato cementizio armato), per i quali non
era neppure contestato il concorso, richiamando in proposito
le dichiarazioni rese dal tecnico comunale circa i soggetti
tenuti ai relativi adempimenti.
La Cassazione, nell’affermare il principio di cui in massima
(v., per un precedente: Cass. pen., Sez. III, 30.09.2014, n.
40341, in CED Cass., n. 260752), ha respinto il ricorso, in
particolare, osservando, da un lato, che il reato di omessa
denuncia della realizzazione di opere in conglomerato
cementizio armato con deposito del relativo progetto, di cui
al d.P.R. n. 380 del 2001, art. 71 è ascrivibile unicamente
al committente e alla società esecutrice e, quanto ai
residui reati, che, anzitutto, la realizzazione di opere
edili senza la direzione di un tecnico abilitato (d.P.R. n.
380 del 2001, art. 53, art. 64, comma 3 e art. 71 in
relazione alla L. n. 1086 del 1971, artt. 1, 2, 3 e 13) vede
come soggetto attivo anche il costruttore che esegue le
opere in violazione dell’art. 64, comma 3, come si evince
dal chiaro dato testuale; in secondo luogo, infine, che la
contravvenzione di omessa denuncia delle opere in
conglomerato cementizio armato (d.P.R. 06.06.2001, n. 380,
artt. 65 e 72), è un reato omissivo proprio del costruttore
(v., per un precedente: Cass. pen., Sez. III, 31.05.2011, n.
21775, in CED Cass., n. 250377) (Corte di Cassazione, Sez.
III penale,
sentenza 25.03.2015 n. 12533 - Urbanistica e
appalti n. 6/2015). |
EDILIZIA PRIVATA:
"Proposta di Progetto di Legge "DISPOSIZIONI IN MATERIA
DI OPERE O DI COSTRUZIONI E RELATIVA VIGILANZA IN ZONE
SISMICHE” (Regione Lombardia,
deliberazione G.R. 16.03.2015 n. 3257). |
dicembre
2014 |
|
EDILIZIA PRIVATA:
LA REALIZZAZIONE DI OPERE STRUTTURALI IN CEMENTO ARMATO NON
È CONDIZIONE PER LA CONFIGURABILITÀ DELLE VIOLAZIONI
ANTISISMICHE
Gli obblighi di denunzia dei lavori e di
presentazione dei progetti di costruzioni in zone sismiche
imposti dal d.P.R. 06.06.2001, n. 380, art. 93 e la
necessità della preventiva autorizzazione scritta prescritta
dal successivo d.P.R. n. 380 del 2001, art. 94, devono
essere rispettati per qualsiasi costruzione, riparazione e
soprelevazione la cui sicurezza possa interessare la
pubblica incolumità, indipendentemente dalla natura dei
materiali utilizzati e, in particolare, dal fatto che si
tratti di opere in conglomerato cementizio armato.
Il tema affrontato dalla Corte di Cassazione con la sentenza
in esame attiene alla necessità o meno di poter ritenere
configurabile la violazione antisismica nel caso in cui
l’opera edilizia abusiva sia stata realizzata con materiali
diversi dal cemento armato.
La vicenda processuale trae origine dalla sentenza con cui
il Tribunale aveva assolto l’imputato dai reati di cui al
d.P.R. n. 380 del 2001, artt. 93, 94 e 95, contestati in
relazione ad un edificio adibito ad abitazione realizzato in
zona sismica, senza averne dato preavviso allo sportello
unico e senza la preventiva autorizzazione del competente
ufficio tecnico della regione. Il Tribunale, in particolare,
ha assolto l’imputato dal reato di cui sopra perché il fatto
non sussiste, non essendo stata contestata la realizzazione
di opere strutturali in cemento armato.
La Cassazione, accogliendo il ricorso del pubblico ministero
contro l’assoluzione, ha affermato il principio di cui in
massima, così dando continuità all’indirizzo
giurisprudenziale che ritiene che le disposizioni
antisimiche previste dagli artt. 83 e 95 d.P.R. 06.06.2001,
n. 380 si applicano a tutte le costruzioni la cui sicurezza
possa interessare la pubblica incolumità, anche quando si
impieghino per la realizzazione delle opere elementi
strutturali meno solidi e duraturi rispetto alla muratura e
al cemento armato (Cass. pen., Sez. III, n. 6591 del
24.11.2011 - dep. 17.02.2012, D’Onofrio, in CED Cass., n.
252441; fattispecie relativa a piscina prefabbricata) (Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 17.12.2014 n. 52297 - tratto da
Urbanistica e appalti n. 3/2015). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Violazione normativa antisismica.
Le prescrizioni per le costruzioni in
zona sismica si applicano a qualsiasi manufatto
indipendentemente dai materiali impiegati e dalle relative
strutture in quanto nelle zone dichiarate sismiche ricorre
l'esigenza di maggiore rigore e proprio l'eventuale impiego
di materiali strutturali meno solidi rende ancor più
necessari i controlli e le cautele prescritte, sicché
ricorre il reato antisismico nel caso di opere realizzate
nelle zone sismiche senza adempimento dell'obbligo di
denuncia e di presentazione dei progetti allo sportello
unico (art. 94 T.U.E.) e senza la preventiva autorizzazione
scritta del competente ufficio tecnico della regione (art.
94 T.U.E.), a nulla rilevando la natura dei materiali
impiegati e delle relative strutture.
2. Quanto al primo motivo, occorre premettere che l'art. 93
T.U.E. prescrive, tra l'altro, che nelle zone sismiche, di
cui all'art. 83 T.U.E., chiunque intenda procedere a
costruzioni, riparazioni e sopraelevazioni è tenuto a darne
preavviso scritto allo sportello unico, che provvede a
trasmettere al competente ufficio tecnico della regione
copia della domanda e del progetto che ad esso deve essere
allegato.
L'art. 94 T.U.E. prescrive poi che nelle località sismiche
non si possono iniziare lavori senza la preventiva
autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della
regione.
L'inosservanza delle predette disposizioni è sanzionata
dall'art. 95 T.U.E. e costituisce l'addebito ascritto
dell'imputata ai capi b) e c) della rubrica con l'unica
sottolineatura che competerà al giudice del rinvio accertare
se vi sia sovrapposizione tra l'addebito di cui al capo b) e
quello di cui al capo d) per essere stata elevata o meno la
contestazione dell'omesso preavviso dei lavori allo
sportello unico.
2.1. Il preavviso allo sportello unico (cui va depositato il
progetto) adempie, infatti, ad una funzione informativa, in
relazione all'attività da intraprendere, in modo da
assicurare la vigilanza sulle costruzioni in zone sismiche e
garantire la cooperazione fra le amministrazioni coinvolte
nel procedimento e gli interessati.
La giurisprudenza di questa Corte ha avuto modo di precisare
che, nelle zone sismiche, l'obbligo di informativa e di
produzione degli atti progettuali non è limitato in
relazione alle dimensioni e alle caratteristiche dell'opera,
ma riguarda tutte le opere indicate dalla disposizione
normativa, nessuna esclusa e dunque anche le opere cd. "minori",
perché diversamente verrebbe frustrato il fine di rendere
possibile il controllo preventivo e documentale
dell'attività edilizia nelle zone sismiche (Sez. 3, n. 8140
del 06/07/1992, Di Scala, Rv. 191390).
Sul punto, è stato anche affermato che le prescrizioni per
le costruzioni in zona sismica si applicano a qualsiasi
manufatto indipendentemente dai materiali impiegati e dalle
relative strutture in quanto nelle zone dichiarate sismiche
ricorre l'esigenza di maggiore rigore e proprio l'eventuale
impiego di materiali strutturali meno solidi rende ancor più
necessari i controlli e le cautele prescritte (Sez. 3, n.
38142 del 26/09/2001, Tucci R., Rv. 220269) sicché ricorre
il reato antisismico nel caso di opere realizzate nelle zone
sismiche senza adempimento dell'obbligo di denuncia e di
presentazione dei progetti allo sportello unico (art. 94
T.U.E.) e senza la preventiva autorizzazione scritta del
competente ufficio tecnico della regione (art. 94 T.U.E.), a
nulla rilevando la natura dei materiali impiegati e delle
relative strutture (Sez. 3, n. 30224 del 21/06/2011,
Floridia, Rv. 251284).
2.2. Siccome gli obblighi previsti dagli artt. 93 e 94
T.U.E. sono finalizzati a consentire il controllo preventivo
della pubblica amministrazione, non rileva, ai fini della
sussistenza del reato, l'effettiva pericolosità o meno della
costruzione realizzata, in violazione degli adempimenti e in
assenza delle prescritte autorizzazioni, perché le
contravvenzioni previste dalla normativa antisismica,
rientrando nel novero dei reati di pericolo presunto,
puniscono inosservanze formali, con la conseguenza che
neppure la verifica postuma dell'assenza del pericolo ed il
rilascio del provvedimento abilitativo incidono sulla
illiceità della condotta, in quanto gli illeciti sussistono
in relazione al momento di inizio dell'attività (Sez. 3, n.
5738 del 13/05/1997, Petroni, Rv. 208299).
Va ricordato che la normativa antisismica è ispirata a
preservare la pubblica incolumità in zone particolarmente
soggette al verificarsi di movimenti tellurici,
prescrivendo, da un lato, necessari obblighi burocratici e
particolari prescrizioni tecniche costruttive e costituendo,
dall'altro, un'anticipazione della tutela dell'interesse cui
appresta protezione (pubblica incolumità).
Ne consegue che, in materia urbanistica ed edilizia, le
disposizioni legislative regionali, espressione del potere
concorrente con quello dello Stato in materia, devono non
solo rispettare i principi fondamentali stabiliti in materia
edilizio-urbanistica dalla legislazione statale, ma devono
anche essere interpretate in modo da non collidere con i
medesimi (Sez. 3, n. 28560 del 26/03/2014, Alonzo, Rv.
259938).
2.3. La sentenza impugnata, come fondatamente lamenta il
ricorrente, non si è uniformata ai richiamati principi di
diritto e neppure ha spiegato se il deliberato della Giunta
regionale delle Marche (n. 836 del 25.05.2009) -che
sembrerebbe, contrariamente ai principi fissati dalla
legislazione statale e contenuti nel testo unico
dell'edilizia, distinguere gli interventi non sulla base
della natura dell'intervento stesso (costruzioni,
riparazioni, sopraelevazioni ex art. 93 T.U.E.) ma solo
sulla base delle caratteristiche costruttive- rispetti i
principi fondamentali stabiliti in materia
edilizia-urbanistica dalla legislazione statale ovvero se
collida con essi, come in sostanza ritenuto dal ricorrente,
posto che, in ogni caso, l'intervento si è risolto nella
realizzazione di una "costruzione", dovendosi anche
ricordare che la disciplina edilizia antisismica e delle
costruzioni, attenendo tali materie alla sicurezza statica
degli edifici, rientra come tale nella competenza esclusiva
dello Stato ex art. 117, comma secondo, Cost. (Sez. 3, n.
16182 del 28/02/2013, Crisafulli ed altro, Rv. 255254).
3. Quanto al secondo motivo, è sufficiente osservare che le
costruzioni nelle zone sismiche sono disciplinate dal capo
IV del T.U.E. e, per quanto qui interessa, le disposizioni,
ai fini dell'osservanza delle prescrizioni contenute in
detto capo, non distinguono tra opere in conglomerato
cementizio armato o non armato o a struttura metallica,
richiedendo l'adempimento delle prescrizioni prescritte
dalla legge e ciò indipendentemente dal materiale utilizzato
per la realizzazione dell'opera perché, come è stato in
precedenza precisato, è richiesto un maggiore rigore nel
controllo delle costruzioni realizzate nelle zone esposte al
rischio sismico.
L'art. 93 T.U.E. stabilisce, al comma 2, che (quanto alle
costruzioni, riparazioni, sopraelevazioni nelle zone
sismiche) va allegato, alla comunicazione allo sportello
unico, il progetto debitamente firmato da un professionista
(ingegnere, architetto, geometra, perito edile) iscritto
all'albo mentre l'art. 94, comma 4, T.U.E. dispone che i
lavori devono essere diretti da uno dei professionisti sopra
indicati.
Ne deriva che, ad eccezione dei soli interventi di semplice
manutenzione ordinaria, qualsiasi intervento edilizio in
zona sismica, comportante o meno l'esecuzione di opere in
conglomerato cementizio armato, deve essere (a) previamente
denunciato al competente ufficio al fine di consentire i
preventivi controlli, (b) necessita del rilascio del
preventivo titolo abilitativo, (c) il progetto deve essere
redatto da un professionista abilitato ed allegato alla
denuncia di esecuzione dei lavori, (d) questi ultimi devono
essere parimenti diretti da un professionista abilitato
conseguendone, in difetto, la violazione dell'art. 95 del
d.P.R. 06.06.2001, n. 380 (Sez. 3, n. 34604 del 17/06/2010,
Todaro, Rv. 248330) e ciascuna violazione, risolvendosi
nell'inosservanza di specifiche prescrizioni, costituisce un
titolo autonomo di reato.
Anche se errata la qualificazione giuridica data ai fatti
contestati ai capi d) ed e) della rubrica (ai quali fatti
non si applicano le norme contenute nel capo II del T.U.E.
bensì quelle di cui al capo IV, ricadendo la costruzione del
muro in zona sismica), è, per il resto, fondata la doglianza
sollevata dal ricorrente circa l'inidoneo affidamento che il
giudice ha fatto sul contenuto della deposizione del
testimone per inferire che, essendo le opere di conglomerato
cementizio sprovviste di armatura, l'imputata fosse
esonerata dagli obblighi indicati nei capi d) ed e) della
rubrica
(Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 03.12.2014 n. 50624 -
tratto da
www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
VIOLAZIONI ANTISISMICHE SUSSISTENTI ANCHE IN CASO DI
VERIFICA POSTUMA DELL’ASSENZA DEL PERICOLO E DEL RILASCIO
DELL’AUTORIZZAZIONE.
Le contravvenzioni previste dalla
normativa antisismica puniscono inosservanze formali, volte
a presidiare il controllo preventivo della pubblica
amministrazione.
Ne deriva che l’effettiva pericolosità della costruzione
realizzata senza l’autorizzazione del genio civile e senza
le prescritte comunicazioni è del tutto irrilevante ai fini
della sussistenza del reato e la verifica postuma
dell’assenza del pericolo ed il rilascio del provvedimento
abilitativo non incidono sulla illiceità della condotta,
poiché gli illeciti sussistono in relazione al momento di
inizio dell’attività.
La questione giuridica oggetto di esame da parte della
Suprema Corte verte, in particolare, sulla configurabilità
del reato “antisismico” in ipotesi in cui, a seguito
dell’attività di indagine, si accerti l’insussistenza della
pericolosità della condotta vietata e venga rilasciata
l’autorizzazione amministrativa.
La vicenda processuale segue alla sentenza con cui il
tribunale, nel giudicare la proprietaria committente per
aver realizzato, in zona sottoposta a vincolo paesaggistico
D.Lgs. 22.01.2004, n. 42, ex art. 136, una nuova opera ai
sensi dell’art. 3, lett. e.1), T.U.E. consistita in un muro
di confine costituito da blocchi in cemento aventi altezza
variabile tra cm 100 e cm 240, l’aveva eseguita senza avere
preventivamente depositato il progetto e senza avere
preventivamente ottenuto il prescritto nulla osta previsto
dalla normativa antisismica.
Il tribunale aveva però assolto la proprietaria osservando
che il geometra responsabile dell’ufficio sismico aveva
escluso che la recinzione della proprietà con blocchi di
conglomerato cementizio costituisse manufatto sottoposto
alla normativa sismica, rientrando nelle opere minori come
individuate dalla Giunta regionale delle Marche (n. 836 del
25.05.2009) e come tali ritenute, per caratteristiche
costruttive, come strutture non comportanti pericolo per la
pubblica incolumità.
Contro la sentenza assolutoria proponeva ricorso per
cassazione il PM, in particolare sostenendo che il giudice
aveva erroneamente ritenuto che l’opera edilizia realizzata
(muro di confine costituito da blocchi in cemento avanti
altezza variabile tra cm 100 e cm 240) non fosse soggetta
alla normativa sismica; assumeva il PM ricorrente come
l’approdo cui era giunto il tribunale fosse manifestamente
errato non potendosi ipotizzare che, per costruire un muro
alto oltre due metri da terra, non occorresse verificare la
rilevanza sismica dello stesso posto che, secondo la
costante giurisprudenza di legittimità, qualunque intervento
che per dimensioni, modalità di collocazione, morfologia,
caratteristiche del terreno, pendenza, etc. possa esporre a
pericolo la pubblica incolumità necessita di preventivo
adempimento degli obblighi di cui agli artt. 93 e 94 T.U.E.
Sono pertanto soggetti, secondo il PM, al rispetto delle
prescrizioni formali (artt. 93 e 94 T.U.E.) e sostanziali
(art. 83 T.U.E.) anche quegli interventi che non riguardino
un’abitazione, essendo poi assolutamente irrilevante il
fatto che la regione Marche consideri un muro alto oltre due
metri un’opera "minore".
La tesi è stata ritenuta fondata dalla Cassazione che, sul
punto, nell’affermare il principio di cui in massima, ha
precisato che la normativa antisismica è ispirata a
preservare la pubblica incolumità in zone particolarmente
soggette al verificarsi di movimenti tellurici,
prescrivendo, da un lato, necessari obblighi burocratici e
particolari prescrizioni tecniche costruttive e costituendo,
dall’altro, un’anticipazione della tutela dell’interesse cui
appresta protezione (pubblica incolumità).
Ne consegue che, in materia urbanistica ed edilizia, le
disposizioni legislative regionali, espressione del potere
concorrente con quello dello Stato in materia, devono non
solo rispettare i principi fondamentali stabiliti in materia
edilizia-urbanistica dalla legislazione statale, ma devono
anche essere interpretate in modo da non collidere con i
medesimi (Cass. pen., Sez. III, 13.05.1997, n. 5738 - dep.
17.06.1997, P., in CED Cass., n. 208299; Cass. pen., Sez.
III, 26.03.2014, n. 28560 - dep. 03.07.2014, A., in CED
Cass., n. 259938).
La sentenza in esame, osservano i giudici di legittimità,
non si è uniformata ai richiamati principi di diritto e
neppure ha spiegato se il deliberato della Giunta regionale
delle Marche (n. 836 del 25.05.2009) -che sembrerebbe,
contrariamente ai principi fissati dalla legislazione
statale e contenuti nel testo unico dell’edilizia,
distinguere gli interventi non sulla base della natura
dell’intervento stesso (costruzioni, riparazioni,
sopraelevazioni ex art. 93 T.U.E.) ma solo sulla base delle
caratteristiche costruttive- rispetti i principi
fondamentali stabiliti in materia edilizia-urbanistica dalla
legislazione statale ovvero se collida con essi, come in
sostanza ritenuto dal PM, posto che, in ogni caso,
l’intervento si è risolto nella realizzazione di una “costruzione”,
dovendosi anche ricordare che la disciplina edilizia
antisismica e delle costruzioni, attenendo tali materie alla
sicurezza statica degli edifici, rientra come tale nella
competenza esclusiva dello Stato ex art. 117, comma 2, Cost.
(Cass. pen., Sez. III, 28.02.2013, n. 16182 - dep.
09.04.2013, C. e altro, in questa Rivista, 2013, 7, 860,
rassegna a cura di A. Scarcella, Rapporti tra normativa
nazionale e normativa regionale in materia di “antisismica”
e “cemento armato”) (Corte di Cassazione, Sez. III
penale,
sentenza 03.12.2014 n. 50624 - tratto da
Urbanistica e appalti n. 2/2015). |
EDILIZIA PRIVATA:
Ad eccezione dei soli interventi di
semplice manutenzione ordinaria, qualsiasi intervento
edilizio in zona sismica, comportante o meno l’esecuzione di
opere in conglomerato cementizio armato, deve essere:
(a) previamente denunciato al competente ufficio al fine di
consentire i preventivi controlli,
(b) necessita del rilascio del preventivo titolo
abilitativo,
(c) il progetto deve essere redatto da un professionista
abilitato ed allegato alla denuncia di esecuzione dei
lavori,
(d) questi ultimi devono essere parimenti diretti da un
professionista.
1. Il ricorso è fondato nei limiti e sulla base delle
considerazioni che seguono.
2. Quanto al primo motivo, occorre premettere che
l’articolo 93 T.U.E. prescrive, tra l’altro, che nelle zone
sismiche, di cui all’articolo 83 T.U.E., chiunque intenda
procedere a costruzioni, riparazioni e sopraelevazioni è
tenuto a darne preavviso scritto allo sportello unico, che
provvede a trasmettere al competente ufficio tecnico della
regione copia della domanda e del progetto che ad esso deve
essere allegato.
L’articolo 94 T.U.E. prescrive poi che nelle località
sismiche non si possono iniziare lavori senza la preventiva
autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della
regione.
L’inosservanza delle predette disposizioni è sanzionata
dall’articolo 95 T.U.E. e costituisce l’addebito ascritto
dell’imputata ai capi b) e c) della rubrica con l’unica
sottolineatura che competerà al giudice del rinvio accertare
se vi sia sovrapposizione tra l’addebito di cui al capo b) e
quello di cui al capo d) per essere stata elevata o meno la
contestazione dell’omesso preavviso dei lavori allo
sportello unico.
2.1. Il preavviso allo sportello unico (cui va depositato
il progetto) adempie, infatti, ad una funzione informativa,
in relazione all’attività da intraprendere, in modo da
assicurare la vigilanza sulle costruzioni in zone sismiche e
garantire la cooperazione fra le amministrazioni coinvolte
nel procedimento e gli interessati.
La giurisprudenza di questa Corte ha avuto modo di precisare
che, nelle zone sismiche, l’obbligo di informativa e di
produzione degli atti progettuali non è limitato in
relazione alle dimensioni e alle caratteristiche dell’opera,
ma riguarda tutte le opere indicate dalla disposizione
normativa, nessuna esclusa e dunque anche le opere c.d. “minori”,
perché diversamente verrebbe frustrato il fine di rendere
possibile il controllo preventivo e documentale
dell’attività edilizia nelle zone sismiche (Sez. 3, n. 8140
del 06/07/1992, Di Scala, Rv. 191390).
Sul punto, è stato anche affermato che le prescrizioni per
le costruzioni in zona sismica si applicano a qualsiasi
manufatto indipendentemente dai materiali impiegati e dalle
relative strutture in quanto nelle zone dichiarate sismiche
ricorre l’esigenza di maggiore rigore e proprio l’eventuale
impiego di materiali strutturali meno solidi rende ancor più
necessari i controlli e le cautele prescritte (Sez. 3, n.
38142 del 26/09/2001, Tucci R., Rv. 220269) sicché’ ricorre
il reato antisismico nel caso di opere realizzate nelle zone
sismiche senza adempimento dell’obbligo di denuncia e di
presentazione dei progetti allo sportello unico (articolo 94
T.U.E.) e senza la preventiva autorizzazione scritta del
competente ufficio tecnico della regione (articolo 94 T.U.E.),
a nulla rilevando la natura dei materiali impiegati e delle
relative strutture (Sez. 3, n. 30224 del 21/06/2011,
Floridia, Rv. 251284).
2.2. Siccome gli obblighi previsti dagli articoli 93 e 94
T.U.E. sono finalizzati a consentire il controllo preventivo
della pubblica amministrazione, non rileva, ai fini della
sussistenza del reato, l’effettiva pericolosita’ o meno
della costruzione realizzata, in violazione degli
adempimenti e in assenza delle prescritte autorizzazioni,
perché le contravvenzioni previste dalla normativa
antisismica, rientrando nel novero dei reati di pericolo
presunto, puniscono inosservanze formali, con la conseguenza
che neppure la verifica postuma dell’assenza del pericolo ed
il rilascio del provvedimento abilitativo incidono sulla
illiceità della condotta, in quanto gli illeciti sussistono
in relazione al momento di inizio dell’attività (Sez. 3, n.
5738 del 13/05/1997, Petroni, Rv. 208299).
Va ricordato che la normativa antisismica è ispirata a
preservare la pubblica incolumità in zone particolarmente
soggette al verificarsi di movimenti tellurici,
prescrivendo, da un lato, necessari obblighi burocratici e
particolari prescrizioni tecniche costruttive e costituendo,
dall’altro, un’anticipazione della tutela dell’interesse cui
appresta protezione (pubblica incolumità).
Ne consegue che, in materia urbanistica ed edilizia, le
disposizioni legislative regionali, espressione del potere
concorrente con quello dello Stato in materia, devono non
solo rispettare i principi fondamentali stabiliti in materia
edilizia-urbanistica dalla legislazione statale, ma devono
anche essere interpretate in modo da non collidere con i
medesimi (Sez. 3, n. 28560 del 26/03/2014, Alonzo, Rv.
259938).
2.3. La sentenza impugnata, come fondatamente lamenta il
ricorrente, non si è uniformata ai richiamati principi di
diritto e neppure ha spiegato se il deliberato della Giunta
regionale delle Marche (n. 836 del 25.05.2009) –che
sembrerebbe, contrariamente ai principi fissati dalla
legislazione statale e contenuti nel testo unico
dell’edilizia, distinguere gli interventi non sulla base
della natura dell’intervento stesso (costruzioni,
riparazioni, sopraelevazioni ex articolo 93 T.U.E.) ma solo
sulla base delle caratteristiche costruttive– rispetti i
principi fondamentali stabiliti in materia
edilizio–urbanistica dalla legislazione statale ovvero se
collida con essi, come in sostanza ritenuto dal ricorrente,
posto che, in ogni caso, l’intervento si è risolto nella
realizzazione di una “costruzione”, dovendosi anche
ricordare che la disciplina edilizia antisismica e delle
costruzioni, attenendo tali materie alla sicurezza statica
degli edifici, rientra come tale nella competenza esclusiva
dello Stato ex articolo 117, comma secondo, Cost. (Sez. 3,
n. 16182 del 28/02/2013, Crisafulli ed altro, Rv. 255254).
3. Quanto al secondo motivo, è sufficiente osservare che
le costruzioni nelle zone sismiche sono disciplinate dal
capo 4 del T.U.E. e, per quanto qui interessa, le
disposizioni, ai fini dell’osservanza delle prescrizioni
contenute in detto capo, non distinguono tra opere in
conglomerato cementizio armato o non armato o a struttura
metallica, richiedendo l’adempimento delle prescrizioni
prescritte dalla legge e ciò indipendentemente dal materiale
utilizzato per la realizzazione dell’opera perché, come e’
stato in precedenza precisato, è richiesto un maggiore
rigore nel controllo delle costruzioni realizzate nelle zone
esposte al rischio sismico.
L’articolo 93 T.U.E. stabilisce, al comma 2, che (quanto
alle costruzioni, riparazioni, sopraelevazioni nelle zone
sismiche) va allegato, alla comunicazione allo sportello
unico, il progetto debitamente firmato da un professionista
(ingegnere, architetto, geometra, perito edile) iscritto
all’albo mentre l’articolo 94, comma 4, T.U.E. dispone che i
lavori devono essere diretti da uno dei professionisti sopra
indicati.
Ne deriva che, ad eccezione dei soli interventi di semplice
manutenzione ordinaria, qualsiasi intervento edilizio in
zona sismica, comportante o meno l’esecuzione di opere in
conglomerato cementizio armato, deve essere: (a) previamente
denunciato al competente ufficio al fine di consentire i
preventivi controlli, (b) necessita del rilascio del
preventivo titolo abilitativo, (c) il progetto deve essere
redatto da un professionista abilitato ed allegato alla
denuncia di esecuzione dei lavori, (d) questi ultimi devono
essere parimenti diretti da un professionista abilitato
conseguendone, in difetto, la violazione del Decreto del
Presidente della Repubblica 06.06.2001, n. 380, articolo 95,
(Sez. 3, n. 34604 del 17/06/2010, Todaro, Rv. 248330) e
ciascuna violazione, risolvendosi nell’inosservanza di
specifiche prescrizioni, costituisce un titolo autonomo di
reato.
Anche se errata la qualificazione giuridica data ai fatti
contestati ai capi d) ed e) della rubrica (ai quali fatti
non si applicano le norme contenute nel capo 2 del T.U.E.
bensì quelle di cui al capo IV, ricadendo la costruzione del
muro in zona sismica), è, per il resto, fondata la doglianza
sollevata dal ricorrente circa l’inidoneo affidamento che il
giudice ha fatto sul contenuto della deposizione del
testimone per inferire che, essendo le opere di conglomerato
cementizio sprovviste di armatura, l’imputata fosse
esonerata dagli obblighi indicati nei capi d) ed e) della
rubrica.
Al tribunale competeva dunque di qualificare correttamente
in iure i fatti e non di decretarne l’insussistenza (Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 03.12.2014 n. 50624 -
link a http://renatodisa.com). |
EDILIZIA PRIVATA: OBBLIGO
DI OSSERVANZA DELLA NORMATIVA ANTISISMICA ANCHE IN CASO DI
ACCERTATA PRECARIETÀ DELL’OPERA EDILIZIA.
In tema di costruzioni in zone sismiche,
la necessità che lavori edilizi di qualsiasi genere siano
preceduti da autorizzazione scritta del competente ufficio
tecnico della regione riguarda anche le opere di natura
precaria.
Il tema affrontato dalla Corte di Cassazione con la sentenza
in esame attiene alla necessità o meno di rispettare la
disciplina c.d. antisismica nel caso in cui l’opera edilizia
realizzata sia considerata dalla legislazione come “precaria”
e, quindi, sottoposta ad un regime giuridico agevolato sotto
il profilo del titolo abilitativo richiesto. La vicenda
processuale segue alla sentenza di condanna, confermata
anche in appello, per alcuni reati, tra cui delle violazioni
in materia antisismica.
Contro la sentenza proponevano ricorso per cassazione gli
imputati, in particolare lamentandosi, per quanto qui di
interesse, del fatto che i giudici avessero ritenuto
insignificanti le opere realizzate (un piccolo manufatto
precario con copertura a telone di plastica e tubi metallici
finalizzato a riparare dalle intemperie alcuni sacchi di
concime e di fertilizzanti) bisognevoli di preventive
autorizzazioni amministrative o di progetto ai fini
antisismici.
La Cassazione, sul punto, ha respinto il ricorso affermando
il principio di cui in massima, rilevando come l’opera
abusiva, caratterizzata da una struttura in tubolari in
ferro di metri 12,10 x 10,00 con altezza variabile da metri
3,40 a 4,60 ancorata ad una piattaforma in calcestruzzo
delle dimensioni di metri 15,70 x 13,90 e dello spessore di
cm. 17, e, collegata all’attività professionale svolta
stante la destinazione a ricovero di prodotti della c.d. “farmacia
delle piante”, era stata motivatamente indicata come
destinata, per le sue stesse obiettive caratteristiche di
consistenza e natura, a durare nel tempo, così assumendo
dunque, alla luce dei principi appena ricordati,
caratteristiche tutt’altro che precarie e tali da sottrarla
alla necessità del rilascio di permesso a costruire.
In ogni caso, tuttavia, dovendosi osservare l’irrilevanza
della natura precaria dell’opera, dovendosi comunque
rispettare la normativa antisismica (v., in precedenza, in
senso conforme: Cass. pen., Sez. III, 09.07.2008, n. 38405 -
dep. 09.10.2008, D.B. e altro, in CED Cass., n. 241288)
(Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 01.12.2014 n. 50001 - tratto da
Urbanistica e appalti n. 2/2015). |
novembre
2014 |
|
EDILIZIA
PRIVATA:
Opere in conglomerato cementizio armato e reati
configurabili.
Ad eccezione dei soli interventi di
semplice manutenzione ordinaria, qualsiasi intervento
edilizio in zona sismica, comportante o meno l'esecuzione di
opere in conglomerato cementizio armato, deve essere (a)
previamente denunciato al competente ufficio al fine di
consentire i preventivi controlli, (b) necessita del
rilascio del preventivo titolo abilitativo, (c) il progetto
deve essere redatto da un professionista abilitato ed
allegato alla denuncia di esecuzione dei lavori, (d) questi
ultimi devono essere parimenti diretti da un professionista
abilitato conseguendone, in difetto, la violazione dell'art.
95 del d.P.R. 06.06.2001, n. 380 e ciascuna violazione,
risolvendosi nell'inosservanza di specifiche prescrizioni,
costituisce un titolo autonomo di reato.
3. Manifestamente infondato è anche il secondo motivo di
gravame.
Sul punto, è sufficiente osservare che le costruzioni nelle
zone sismiche sono disciplinate dal capo IV del d.P.R. n.
380 del 2001 e, per quanto qui interessa, le disposizioni,
ai fini dell'osservanza delle prescrizioni contenute in
detto capo, non distinguono tra opere in conglomerato
cementizio armato o non armato o a struttura metallica,
richiedendo l'adempimento delle prescrizioni
indipendentemente dal materiale utilizzato per la
realizzazione dell'opera e ciò in considerazione del
maggiore rigore richiesto nel controllo delle costruzioni
realizzate nelle zone esposte al rischio sismico.
L'art. 93 d.P.R. n. 380 del 2001 prescrive, tra l'altro, che
nelle zone sismiche, di cui all'art. 83 d.P.R. n. 380 del
2001, chiunque intenda procedere a costruzioni, riparazioni
e sopraelevazioni è tenuto a darne preavviso scritto allo
sportello unico, che provvede a trasmettere al competente
ufficio tecnico della regione copia della domanda e del
progetto che ad esso deve essere allegato (comma 2).
L'art. 94 d.P.R. n. 380 del 2001 prescrive poi che nelle
località sismiche non si possono iniziare lavori senza la
preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio
tecnico della regione. L'art. 94, comma 4, d.P.R. n. 380 del
2001 dispone infine che i lavori devono essere diretti da
uno dei professionisti sopra indicati.
Ne deriva che, ad eccezione dei soli interventi di semplice
manutenzione ordinaria, qualsiasi intervento edilizio in
zona sismica, comportante o meno l'esecuzione di opere in
conglomerato cementizio armato, deve essere (a) previamente
denunciato al competente ufficio al fine di consentire i
preventivi controlli, (b) necessita del rilascio del
preventivo titolo abilitativo, (c) il progetto deve essere
redatto da un professionista abilitato ed allegato alla
denuncia di esecuzione dei lavori, (d) questi ultimi devono
essere parimenti diretti da un professionista abilitato
conseguendone, in difetto, la violazione dell'art. 95 del
d.P.R. 06.06.2001, n. 380 (Sez. 3, n. 34604 del 17/06/2010,
Todaro, Rv. 248330) e ciascuna violazione, risolvendosi
nell'inosservanza di specifiche prescrizioni, costituisce un
titolo autonomo di reato.
Anche se errata la qualificazione giuridica data ai fatti,
così come contestati ai capi b) e c) della rubrica (ai quali
fatti non si applicano le norme contenute nel capo II del
d.P.R. n. 380 del 2001 bensì quelle di cui al capo IV,
ricadendo la costruzione del vano in zona sismica), è dunque
destituita di fondamento la doglianza sollevata dai
ricorrenti che vorrebbero affrancata da ogni controllo e
cautela un'opera costruttiva realizzata in zona sismica con
mattoni forati legati da malta cementizia, posto che la
Corte territoriale ha, con la motivazione, sostanzialmente
corretto in iure l'originaria contestazione
(Corte di
Cassazione, Sez. III
penale,
sentenza 20.11.2014 n. 48005 -
tratto da
www.lexambiente.it). |
PATRIMONIO: B.U.R.
Lombardia, serie ordinaria n. 47 del 18.11.2014, "Finanziamento
interventi per l’adeguamento strutturale e antisismico degli
edifici scolastici, nonché di costruzione di nuovi immobili
sostitutivi di edifici esistenti a rischio sismico, a valere
sul fondo per interventi straordinari della presidenza del
Consiglio dei Ministri" (deliberazione
G.R. 14.11.2014 n. 2640). |
AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI -
PATRIMONIO:
G.U. 11.11.2014 n. 262, suppl. ord. n. 85/L, "Testo
del decreto-legge 12.09.2014, n. 133, coordinato con la
legge di conversione 11.11.2014, n. 164,
recante: «Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la
realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del
Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del
dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività
produttive»".
---------------
Di particolare interesse si leggano:
►
Art. 2 (Semplificazioni procedurali per le
infrastrutture strategiche affidate in concessione)
►
Art. 4 (Misure di semplificazione per le opere
incompiute segnalate dagli Enti locali e misure finanziarie
a favore degli Enti territoriali)
►
Art. 6 (Agevolazioni per la realizzazione di reti di
comunicazione elettronica a banda ultralarga e norme di
semplificazione per le procedure di scavo e di posa aerea
dei cavi, nonché per la realizzazione delle reti di
comunicazioni elettroniche)
►
Art. 6-ter (Disposizioni per l’infrastrutturazione
degli edifici con impianti di comunicazione elettronica)
►
Art. 7 (Norme in materia di gestione di risorse
idriche. Modifiche urgenti al decreto legislativo
03.04.2006, n. 152, per il superamento delle procedure di
infrazione 2014/2059, 2004/2034 e 2009/2034, sentenze
C-565-0 del 19.07.2012 e C-85-13 del 10.04.2014; norme di
accelerazione degli interventi per la mitigazione del
rischio idrogeologico e per l’adeguamento dei sistemi di
collettamento, fognatura e depurazione degli agglomerati
urbani; finanziamento di opere urgenti di sistemazione
idraulica dei corsi d’acqua nelle aree metropolitane
interessate da fenomeni di esondazione e alluvione)
►
Art. 8 (Disciplina semplificata del deposito
preliminare alla raccolta e della cessazione della qualifica
di rifiuto delle terre e rocce da scavo che non soddisfano i
requisiti per la qualifica di sottoprodotto. Disciplina
della gestione delle terre e rocce da scavo con presenza di
materiali di riporto e delle procedure di bonifica di aree
con presenza di materiali di riporto)
►
Art. 9 (Interventi di estrema urgenza in materia di
vincolo idrogeologico, di normativa antisismica e di messa
in sicurezza degli edifici scolastici e dell’Alta formazione
artistica, musicale e coreutica - AFAM)
►
Art. 13 (Misure a favore dei project bond)
►
Art. 14 (Disposizioni in materia di standard tecnici)
►
Art. 16-bis (Disciplina degli accessi su strade
affidate alla gestione della società ANAS Spa)
►
Art. 17 (Semplificazioni ed altre misure in materia
edilizia)
►
Art. 17-bis (Regolamento unico edilizio)
►
Art. 21 (Misure per l’incentivazione degli
investimenti in abitazioni in locazione)
►
Art. 22 (Conto termico)
►
Art. 22-bis (Interventi sulle tariffe incentivanti
dell’elettricità prodotta da impianti fotovoltaici)
►
Art. 24 (Misure di agevolazione della partecipazione
delle comunità locali in materia di tutela e valorizzazione
del territorio)
►
Art. 25 (Misure urgenti di semplificazione
amministrativa e di accelerazione delle procedure in materia
di patrimonio culturale)
►
Art. 26 (Misure urgenti per la valorizzazione degli
immobili demaniali inutilizzati)
►
Art. 31 (Misure per la riqualificazione degli
esercizi alberghieri)
►
Art. 34 (Modifiche al decreto legislativo 12.04.2006,
n. 163, per la semplificazione delle procedure in materia di
bonifica e messa in sicurezza di siti contaminati. Misure
urgenti per la realizzazione di opere lineari realizzate nel
corso di attività di messa in sicurezza e di bonifica)
►
Art. 35 (Misure urgenti per la realizzazione su scala
nazionale di un sistema adeguato e integrato di gestione dei
rifiuti urbani e per conseguire gli obiettivi di raccolta
differenziata e di riciclaggio. Misure urgenti per la
gestione e per la tracciabilità dei rifiuti nonché per il
recupero dei beni in polietilene)
►
Art. 38 (Misure per la valorizzazione delle risorse
energetiche nazionali)
---------------
Per una migliore
comprensione della ratio sottesa ai vari articoli si leggano
anche:
● Camera dei Deputati,
dossier 27.10.2014
● Senato della Repubblica,
dossier ottobre 2014
● Senato della Repubblica,
dossier novembre 2014 |
EDILIZIA PRIVATA:
M. Blonda, Il
rilascio della c.d. concessione in sanatoria estingue anche i reati
antisismici? Ecco cosa comporta costruire un immobile in violazione delle
norme antisismiche
(06.11.2014 - link a www.condominioweb.com). |
ottobre
2014 |
|
EDILIZIA
PRIVATA:
P. Palazzi,
"C'era una volta un paese senza terremoti": la horror
fiaba della riclassificazione delle zone sismiche (28.10.2014
- link a http://ufficiotecnico2012.blogspot.it). |
EDILIZIA PRIVATA: La
sanatoria disciplinata dall'art. 36 del D.P.R. 06.06.2001, n. 380 concerne
soltanto i reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche, nella
cui nozione non rientra la disciplina per le costruzioni da eseguirsi nelle
zone sismiche, che ha una oggettività diversa da quella attinente l'assetto
del territorio sotto il profilo edilizio.
---------------
2. Non può nutrirsi alcun dubbio sul fatto che la sanatoria disciplinata
dall'art. 36 del D.P.R. 06.06.2001, n. 380 concerne soltanto i reati
contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche, nella cui nozione non
rientra la disciplina per le costruzioni da eseguirsi nelle zone sismiche,
che ha una oggettività diversa da quella attinente l'assetto del territorio
sotto il profilo edilizio (Sez. 3, n. 2114 del 26/11/2002 - 17/01/2003,
Frascani, Rv. 223145); pertanto nessun rilievo può assumere la concessione
in sanatoria richiamata dal ricorrente
(Corte di Cassazione, Sez. feriale penale,
sentenza 22.10.2014 n. 44015). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Oggetto: DIFFERIMENTO DEL TERMINE DI ENTRATA IN VIGORE
DELLA NUOVA CLASSIFICAZIONE SISMICA (Regione Lombardia,
nota 15.10.2014 n. 7424 di prot.). |
EDILIZIA PRIVATA: Il
rilascio della concessione in sanatoria determina la estinzione dei soli
reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti e non
riguarda gli altri reati concernenti aspetti delle costruzioni aventi una
oggettività giuridica diversa rispetto a quella della mera tutela
urbanistica del territorio (nel caso di specie la violazione della normativa
antisismica).
---------------
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Palermo, con sentenza del 25/10/2013, ha dichiarato non
doversi procedere nei confronti di Fr.Pa.Sa. e An.Sa., in ordine al reato di
cui agli artt. 110 cod. pen., 44, lett. b), d.P.R. 380/2001, nonché di
violazione della normativa antisismica, per intervenuto rilascio di
concessione edilizia in sanatoria. Avverso detta pronuncia ha proposto
ricorso per cassazione il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di
Palermo, eccependo violazione di legge, in quanto il decidente ha errato nel
considerare che la sanatoria ottenuta dai prevenuti potesse avere incidenza
anche sui reati ex artt. 94 e 95 d.P.R. 380/2001.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato e va accolto.
Deve, infatti, osservarsi che l'art. 95, d.P.R. 380/2001, sanziona la
violazione delle norme tutte dettate per le costruzioni in zone sismiche,
previste nel medesimo testo unico ovvero nei decreti interministeriali cui
rinviano gli artt. 52 e 83, citato decreto.
Le contravvenzioni de quibus possono concorrere con le fattispecie di
cui all'art. 44 del citato t.u., tuttavia ad esse non è applicabile la
disciplina relativa alla richiesta di sanatoria ex art. 45, essendo questa
riferita alle sole norme che regolano l'assetto del territorio sotto il
profilo edilizio.
Conseguentemente, il rilascio della concessione in sanatoria determina la
estinzione dei soli reati contravvenzionali previsti dalle norme
urbanistiche vigenti e non riguarda gli altri reati concernenti aspetti
delle costruzioni aventi una oggettività giuridica diversa rispetto a quella
della mera tutela urbanistica del territorio (ex multis Cass.
12/05/2005, n. 21978).
La sentenza impugnata va, quindi, annullata con rinvio, affinché il giudice
ad quem proceda in ordine ai reati di cui ai 2) e 3) della
imputazione
(Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 13.10.2014 n. 42550). |
EDILIZIA
PRIVATA: B.U.R.
Lombardia, serie ordinaria n. 42 del 14.10.2014, "Differimento
del termine di entrata in vigore della nuova classificazione
sismica del territorio approvata con d.g.r. 21.07.2014, n.
2129 «Aggiornamento delle zone sismiche in Regione Lombardia
(l.r. 1/2000, art. 3, comma 108, lett. d)»" (deliberazione
G.R. 10.10.2014 n. 2489). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Oggetto: aggiornamento Piano Provinciale Rischio Sismico.
Nuova classificazione Sismica (Provincia di Bergamo,
nota 08.10.2014 n. 84186 di prot.). |
settembre
2014 |
|
EDILIZIA PRIVATA:
Trasformazione con opere di sottotetto in residenza
abitabile.
La modifica di destinazione d'uso,
quando ha ad oggetto immobili che ricadono in zona sismica,
anche nel caso di interventi non dichiaratamente strutturali
(impiantistici, di ridistribuzione degli spazi, ecc.), non è
sottratta al controllo preventivo degli organi competenti e
deve perciò essere preceduta dal deposito del progetto e
autorizzata ai sensi degli artt. 95 e segg, d.P.R. 380/2001
(cfr. sul punto quanto previsto dal capitolo 9 delle norme
tecniche approvare con D.M. Ministero delle Infrastrutture e
dei Trasporti, 14.09.2005, nonché, più recentemente, il
capitolo 8 delle nuove norme tecniche per le costruzioni
approvate con D.M. Ministero delle infrastrutture del
14.01.2008).
---------------
SENTENZA
3.1. Si contesta
all'imputato di aver modificato la destinazione d'uso del
sottotetto della propria abitazione rendendolo, con opere,
abitabile.
...
4. La modifica di destinazione d'uso, quando ha ad oggetto
immobili che ricadono in zona sismica, anche nel caso di
interventi non dichiaratamente strutturali (impiantistici,
di ridistribuzione degli spazi, ecc.), non è sottratta al
controllo preventivo degli organi competenti e deve perciò
essere preceduta dal deposito del progetto e autorizzata ai
sensi degli artt. 95 e segg, d.P.R. 380/2001 (cfr. sul punto
quanto previsto dal capitolo 9 delle norme tecniche
approvare con D.M. Ministero delle Infrastrutture e dei
Trasporti, 14.09.2005, nonché, più recentemente, il capitolo
8 delle nuove norme tecniche per le costruzioni approvate
con D.M. Ministero delle infrastrutture del 14.01.2008).
4.1. Sussiste, dunque anche il reato di cui al capo D.
4.2.Quanto a quest'ultimo reato e a quello di cui al capo C,
osserva la Suprema Corte che il ricorrente confonde
l'istituto della diversità del fatto di cui all'art. 521
cod. proc. pen., con l'insussistenza del fatto per mancanza
di prova.
4.3.La mancanza di prova circa l'uso del cemento armato o di
strutture metalliche è fatto che incide sulla sussistenza
del reato di cui al capo C, non sulla diversità rispetto
alla contestazione.
4.4.In ogni caso, alla luce delle considerazioni che
seguono, si tratta di questione superflua
(Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 16.09.2014 n. 37841 - tratto da
www.lexambiente.it). |
LAVORI PUBBLICI: Spazio
agli affidamenti diretti. Fino a 200 mila euro. Per scuole,
alluvioni, terremoti. APPALTI/ Le disposizioni contenute nel
decreto Sblocca Italia, ormai in dirittura.
Affidamenti diretti di lavori fino a 200 mila euro per
scuole, rischio idrogeologico e anti-sismica; ricorso a
società in house dello Stato per progettazione ed esecuzione
di lavori; conferenze di servizi «sprint» per portare a
termine le incompiute degli enti locali; concessioni
autostradali prorogabili per effettuare nuovi investimenti;
esclusione dal patto di stabilità per i pagamenti relativi a
opere segnalate dagli enti locali entro giugno 2014.
Sono queste alcune delle novità contenute nella bozza del
decreto-legge «Sblocca Italia» inviata alla Ragioneria
generale dello Stato e ormai in procinto di pubblicazione in
G.U.
Affidamenti diretti. L'articolo 9 considera come situazione
di «estrema urgenza» ogni «fattispecie riconosciuta tale
(previa ricognizione) da parte dell'Ente interessato, che
quindi certifichi come indifferibile l'intervento». Tale
qualifica di estrema urgenza consentirà all'ente competente
di accedere ad una serie di semplificazioni ma limitatamente
agli interventi di messa in sicurezza di edifici scolastici,
a quelli di mitigazione dei rischi idraulici e
geomorfologici e a quelli di adeguamento alla normativa
antisismica.
La semplificazione e l'accelerazione procedurale (sempre nel
rispetto dei principi Ue di tutela della concorrenza)
consentirà, ad esempio, l'affidamento diretto, senza alcun
confronto concorrenziale, da parte del responsabile del
procedimento, di lavori fino a 200 mila euro (la stragrande
maggioranza di interventi si colloca in questa fascia) e
l'utilizzazione della gara informale con invito rivolto ad
almeno cinque operatori per interventi da 200 mila a 5
milioni di euro.
Incompiute enti locali ed esclusione Patto stabilità
interno. Per quel che riguarda le cosiddette «opere
incompiute» segnalate dagli enti locali nel mese di giugno,
il provvedimento -per risolvere problemi di mancato concerto
fra le amministrazioni competenti- consente di riconvocare
la Conferenza di servizi con una la riduzione del 50% dei
termini ordinari.
Il decreto stabilisce anche che i pagamenti effettuati entro
fine dicembre 2014, relativi alle opere (realizzate, in
corso di esecuzione o «per le quali è possibile l'immediato
avvio dei lavori») segnalate entro il 15.06.2014, saranno
esclusi dal Patto di stabilità interno (con il limite di 250
milioni), previa istruttoria della stessa Presidenza. Una
seconda norma opera l'esclusione per i pagamenti relativi a
debiti certi, liquidi ed esigibili in conto capitale a
carico degli enti territoriali per gli anni 2014/2015 (dopo
l'entrata in vigore del decreto), per i quali è stata emessa
fattura entro dicembre 2013. sarà necessario un ulteriore
Dpcm per sapere quali enti territoriali saranno ammessi.
Concessioni autostradali. Viene confermato anche nell'ultima
versione del testo la norma «proroga-concessioni». Dettata
con la finalità di assicurare gli investimenti sulla rete,
anche di miglioramento della sicurezza, e di arrivare a
tariffe e condizioni di accesso più favorevoli per gli
utenti, la norma consentirà ai concessionari di tratte
autostradali nazionali di proporre modifiche del rapporto
concessorio. Ciò dovrebbe portare alla gestione unitaria di
tratte «interconnesse, contigue, ovvero tra loro
complementari». Il nuovo piano economico porterà
necessariamente a prorogare concessioni con scadenza
ravvicinata. Per i lavori, le forniture e i servizi di
importo superiore alla soglia comunitaria «ulteriori
rispetto a quelli previsti dalle vigenti convenzioni», si
richiama il rispetto delle procedure ad evidenza pubblica
previste dal codice dei contratti pubblici.
Interventi di mitigazione del rischio idrogeologico. Si
definiscono le linee da seguire per utilizzare le risorse
disponibili per gli interventi in tema di mitigazione del
rischio idrogeologico: con la programmazione 2015
l'utilizzazione dei fondi avverrà soltanto a seguito di
accordi di programma fra regione e Ministero dell'ambiente,
che dovrà definire la quota di cofinanziamento regionale.
I presidenti della Regione, che opereranno con poteri
derogatori e speciali, potranno utilizzare –attraverso i
ministeri controllanti– le società in house delle
amministrazioni centrali dello Stato, dotate di «specifica
competenza», per le attività di progettazione ed esecuzione
degli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico di
cui agli accordi di programma; pertanto molta parte delle
attività che verranno realizzate per questi interventi
potrebbero non essere poste sul mercato. Previsti anche
commissari ad acta per l'adeguamento di sistemi di
fognatura e depurazione attraverso poteri sostituivi del
Governo da esercitare entro il 30.09.2014 (articolo
ItaliaOggi del 10.09.2014 - tratto da
www.centrostudicni.it). |
AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI -
PATRIMONIO:
G.U. 12.09.2014 n. 212 "Misure
urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle
opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la
semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto
idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive"
(D.L.
12.09.2014 n. 133).
---------------
Di particolare interesse si leggano:
►
Art. 2 (Semplificazioni procedurali per le
infrastrutture strategiche affidate in concessione)
►
Art. 4 (Misure di semplificazione per le opere
incompiute segnalate dagli Enti Locali)
►
Art. 6 (Agevolazioni per la realizzazione di reti di
comunicazione elettronica a banda ultralarga e norme di
semplificazione per le procedure di scavo e di posa aerea
dei cavi, nonché per la realizzazione delle reti di
telecomunicazioni mobili)
►
Art. 7 (Norme in materia di gestione di risorse
idriche. Modifiche urgenti al decreto legislativo
03.04.2006, n. 152, per il superamento delle procedure di
infrazione 2014/2059, 2004/2034 e 2009/2034, sentenze
C-565-0 del 19.07.2012 e C-85-13 del 10.04.2014; norme di
accelerazione degli interventi per la mitigazione del
rischio idrogeologico e per l’adeguamento dei sistemi di
collettamento, fognatura e depurazione degli agglomerati
urbani; finanziamento di opere urgenti di sistemazione
idraulica dei corsi d’acqua nelle aree metropolitane
interessate da fenomeni di esondazione e alluvione)
►
Art. 8 (Disciplina semplificata del deposito
preliminare alla raccolta e della cessazione della qualifica
di rifiuto delle terre e rocce da scavo che non soddisfano i
requisiti per la qualifica di sottoprodotto. Disciplina
della gestione delle terre e rocce da scavo con presenza di
materiali di riporto e delle procedure di bonifica di aree
con presenza di materiali di riporto)
►
Art. 9 (Interventi di estrema urgenza in materia di
vincolo idrogeologico, di normativa antisismica e di messa
in sicurezza degli edifici scolastici e dell’Alta formazione
artistica, musicale e coreutica - AFAM)
►
Art. 13 (Misure a favore dei project bond)
►
Art. 14 (Norma overdesign)
►
Art. 17 (Semplificazioni ed altre misure in materia
edilizia)
►
Art. 24 (Misure di agevolazione della partecipazione
delle comunità locali in materia di tutela e valorizzazione
del territorio)
►
Art. 25 (Misure urgenti di semplificazione
amministrativa e di accelerazione delle procedure in materia
di patrimonio culturale)
►
Art. 26 (Misure urgenti per la valorizzazione degli
immobili demaniali inutilizzati)
►
Art. 32 (Misure per la riqualificazione degli
esercizi alberghieri)
►
Art. 35 (Modifiche al decreto legislativo 12.04.2006,
n. 163, per la semplificazione delle procedure in materia di
bonifica e messa in sicurezza di siti contaminati. Misure
urgenti per la realizzazione di opere lineari realizzate nel
corso di attività di messa in sicurezza e di bonifica)
►
Art. 36 (Misure urgenti per l’individuazione e la
realizzazione di impianti di recupero di energia, dai
rifiuti urbani e speciali, costituenti infrastrutture
strategiche di preminente interesse nazionale) |
EDILIZIA
PRIVATA:
P. Parisi e P. Mazza,
Sblocca Italia, in arrivo una nuova detrazione per ridurre
il rischio sismico (06.09.2014 - tratto da
www.ispoa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA: Bonus
fiscali per la casa. Sgravi per antisismica e fonti
rinnovabili. DECRETO SBLOCCA ITALIA/
Riproposti pure gli ecoincentivi auto.
Un pacchetto di bonus fiscali sulla casa. Ai fini Irpef
arrivano detrazioni ad hoc del 50% per interventi
antisismici e per l'installazione di impianti basati
sull'impiego di fonti rinnovabili che migliorino la
prestazione energetica dell'edificio. Sconti tributari pure
per chi acquista o ristruttura un immobile per poi
concederlo in locazione a canone concordato. Ed è sempre
quella fiscale la leva scelta per stimolare la
riqualificazione dei fabbricati che consumano più energia:
le società che li comprano da privati per trasformarli in
edifici di classe energetica A o B e poi rivenderli potranno
risparmiare sulle imposte d'atto.
È quanto prevede la
bozza del decreto Sblocca Italia varata venerdì scorso
dal consiglio dei ministri (ancora suscettibile di
modifiche).
Detrazioni Irpef.
Nessuna proroga per il momento al bonus ristrutturazioni
potenziato, che dall'attuale 50% dovrebbe scendere al 40%
nel 2015. Dalla disciplina ordinaria, definita dall'articolo
16-bis del Tuir, vengono sfilate tre tipologie di lavori:
realizzazione di autorimesse e posti auto pertinenziali,
interventi antisismici e installazione di impianti a fonti
rinnovabili. Mentre la prima viene eliminata, le altre sono
destinatarie di due nuove agevolazioni dedicate, in vigore
dal prossimo anno.
Miglioramento sismico.
A essere beneficiati saranno gli interventi realizzati sulle
parti strutturali degli edifici. Lo sgravio Irpef varierà
tra il 50 e il 65% dei costi sostenuti, in relazione al
livello di rischio sismico del fabbricato che sarà fissato
con decreto dal ministero delle infrastrutture. Il tetto di
spesa su cui calcolare l'aiuto potrà arrivare a 60 mila euro
per unità immobiliare.
Miglioramento energetico.
In caso di installazione di impianti «green» (per
esempio pannelli solari o mini-eolico) la detrazione del 50%
potrà essere calcolata su un massimo di 96 mila euro. Tale
beneficio, al pari di quello sul rischio sismico, seguirà le
stesse regole già vigenti per il bonus ristrutturazione, a
cominciare dalla fruizione in 10 quote annuali da far valere
in dichiarazione dei redditi. Resta da definire la
cumulabilità delle due nuove forme agevolative con quelle
già previste dall'articolo 16-bis del Tuir (possibile
l'utilizzo di un tetto di spesa unico di 96 mila euro).
Compra e affitta.
Arriva un aiuto fiscale per i cittadini che acquistano
immobili residenziali per poi concederli in locazione a
prezzo concordato per almeno otto anni. L'agevolazione
resterà in vigore fino al 31 dicembre 2017. Potranno
accedervi, oltre alle persone fisiche non esercenti attività
commerciale, le coop edilizie e i soggetti del terzo
settore. Il beneficio consisterà in una deduzione dall'Irpef
del 20% di quanto pagato per comprare o realizzare
l'immobile.
Quest'ultimo dovrà essere accatastato come abitazione non di
lusso (escluse quindi le categorie A/1, A/8 e A/9) e
appartenere alla classe energetica A o B. Il tetto di spesa
non potrà superare i 300 mila euro: il recupero fiscale
massimo sarà quindi pari a 60 mila euro in otto anni, ossia
7.500 euro annui. Locatore e locatario non potranno essere
legati da rapporti di parentela di primo grado. Previsto un
decreto interministeriale Infrastrutture-Economia per
l'attuazione.
Rottamazione immobili «energivori».
Agevolazioni fiscali in vista per quanto riguarda le
cessioni di unità abitative a bassa prestazione energetica.
Nelle vendite effettuate da privati a favore di società
immobiliari si applicheranno le imposte di registro,
ipotecaria e catastale in misura fissa. Ciò avverrà a una
condizione: l'impresa deve dichiarare nel rogito che intende
ritrasferire l'immobile entro cinque anni dalla data di
acquisto e solo dopo aver effettuato interventi di recupero
tali da fare ottenere al cespite una classe energetica A o
B. Se la ristrutturazione riguarda un singolo appartamento,
il requisito si intenderà soddisfatto in caso di riduzione
del fabbisogno energetico pari almeno al 50%.
Il mancato rispetto di tale vincolo comporterà il recupero
delle imposte proporzionali da parte dell'Agenzia delle
entrate, maggiorate degli interessi e delle sanzioni (pari
al 30%). Il meccanismo opera anche in caso di permuta nei
confronti di imprese di costruzione per l'acquisto di
fabbricati nuovi o ristrutturati: in tale ipotesi al privato
acquirente spetta un ulteriore sgravio Irpef.
Ecoincentivi.
Rimodulati gli ecoincentivi sulle auto per il biennio
2014-2015. L'aiuto dello stato a chi rottama un veicolo
inquinante e lo sostituisce con un altro nuovo a basse
emissioni potrà essere inferiore a quanto originariamente
previsto dal dl n. 83/2012. L'impianto normativo delle
agevolazioni resta invece confermato (articolo
ItaliaOggi del 02.09.2014). |
APPALTI:
Niente gare negli appalti urgenti.
Scuole, post-sisma e alluvioni: affidamento diretto.
DECRETO SBLOCCA ITALIA/ Le misure del
provvedimento in materia di contratti.
Possibile l'affidamento dei lavori in via diretta, senza
gara, fino a 200.000 euro e con gara informale fino a 5
milioni per interventi di messa in sicurezza degli edifici
scolastici, di mitigazione dei rischi idrogeologici e di
adeguamento antisismico dichiarati urgenti dalla stazione
appaltante; previsti affidamenti in house per progettazione
ed esecuzione di interventi di mitigazione del rischio
idrogeologico, senza apertura alla concorrenza; modifiche
per le concessionarie autostradali nazionali che intendono
unificare tratte contigue, con possibile allungamento della
durata della concessione.
Sono queste alcune delle novità contenute nella
bozza del decreto legge «Sblocca Italia» approvato il 29
agosto, successivamente rimaneggiata e ridotta a 51 articoli
(dai 100 iniziali) e ancora alla presidenza del Consiglio
per le ultime modifiche.
Dalla complessiva e complessa operazione di restyling del
testo sono uscite penalizzate diverse disposizioni di
interesse per il settore degli appalti quali per esempio il
rinvio a gennaio 2015 del sistema di verifica dei requisiti
dei concorrenti alle gare di appalto pubblico (AVCpass), che
quindi rimane operativo ed efficace (ormai dallo scorso
primo luglio). Stessa sorte è toccata alle norme di
semplificazione dei piccoli lavori (per la fascia di importo
200.000/1.000.000 di euro) e per le disposizioni che
introducevano l'elenco dei progettisti gestito dalla
presidenza del Consiglio per le progettazioni delle piccole
opere. Di interesse è la norma che semplifica e snellisce
gli interventi per gli edifici scolastici, il rischio
idrogeologico e l'adeguamento antisimico: in queste ipotesi
si considererà di «estrema urgenza» ogni «situazione
conseguente ad apposita ricognizione da parte dell'Ente
interessato che certifica come indifferibile l'intervento»
e si potrà accedere a una serie di semplificazioni.
Il tutto sarà possibile per la messa in sicurezza di edifici
scolastici (ma anche per nuovi edifici sostitutivi di quelli
non più idonei sotto il profilo ambientale, di sicurezza),
per interventi di mitigazione dei rischi idraulici e
geomorfologici e per l'adeguamento alla normativa
antisismica. La semplificazione e l'accelerazione
procedurale (sempre nel rispetto dei principi Ue di tutela
della concorrenza) si articola in numerose modifiche al
codice dei contratti pubblici.
In primo luogo non sarà obbligatorio sospendere la stipula
del contratto in caso di ricorso al Tar; se poi i lavori
sono di importo inferiore alla soglia comunitaria, le
stazioni appaltanti potranno prescindere dalla richiesta
della garanzia a corredo dell'offerta (la cauzione
provvisoria del 2%).
Semplificate anche le norme sulla pubblicità dei bandi di
gara: per questi lavori di estrema urgenza gli avvisi e i
bandi non dovranno essere pubblicati anche sui quotidiani,
ma basterà la pubblicazione sul sito informatico della
stazione appaltante.
Previsto anche il dimezzamento dei termini ordinari per la
ricezione delle domande di partecipazione e delle offerte e
invito a presentare offerte rivolto ad almeno tre operatori
economici. Per i lavori di estrema urgenza di messa in
sicurezza degli edifici scolastici di ogni ordine e grado è
consentito l'affidamento diretto da parte del responsabile
del procedimento fino a 200.000 euro. Da 200.000 a 5 milioni
di euro le stazioni appaltanti potranno utilizzare la gara
informale con invito rivolto ad almeno cinque operatori
economici.
Forte spinta sugli affidamenti a società in house per le
attività di progettazione ed esecuzione degli interventi di
mitigazione del rischio idrogeologico: se per tali
interventi sono stati siglati accordi di programma con le
regioni, i presidenti delle regioni potranno avvalersi,
sulla base di apposite convenzioni per la disciplina dei
relativi rapporti, di società in house delle
amministrazioni centrali dello stato dotate di specifica
competenza tecnica.
Sarà poi tutto da vedere l'impatto economico di questa norma
che consente affidamenti al di fuori di logiche di
concorrenza e di mercato per lavori e progettazioni, senza
alcun limite di importo. Per le concessioni autostradali,
con la finalità di assicurare gli investimenti sulla rete e
di arrivare a tariffe e condizioni di accesso più favorevoli
per gli utenti, si consentirà ai concessionari di tratte
autostradali nazionali di proporre modifiche del rapporto
concessorio che portino alla gestione unitaria di tratte «interconnesse,
contigue, ovvero tra loro complementari».
I lavori, le forniture e i servizi di importo superiore alla
soglia comunitaria dovranno comunque essere affidati nel
rispetto della procedure ad evidenza pubblica previste dal
codice dei contratti pubblici (articolo
ItaliaOggi del 02.09.2014 - tratto da
www.centrostudicni.it). |
agosto
2014 |
|
EDILIZIA
PRIVATA: Bonus
antisismico 50-65% per tutti. Salta la limitazione ai soli
Comuni a rischio - Lupi: 100mila posti con lo sblocca
Italia.
Sgravi fiscali tra il 50 e il 65% estesi
a tutto il territorio nazionale per la spesa sostenuta negli
interventi di adeguamento e consolidamento antisismico.
Tutto questo a partire dal 2015. Nessun intervento invece
sullo "storico" bonus fiscale sulle ristrutturazioni
edilizie, attualmente al 50%, che scadrà a fine anno
riducendosi al 40 per cento. Prorogato invece lo sgravio del
65% sui lavori dei efficientamento energetico dell'edificio.
È stato il premier Renzi a volere fortemente la misura anche
se l'Economia aveva proposto nei testi di entrata una
riduzione al 50% della misura a partire dal 2015.
È in questi termini la questione dei bonus fiscali sui
lavori edili -così come è stato affrontata nel Consiglio dei
ministri di venerdì- e sui quali il governo non ha ancora
alzato ufficialmente il sipario. Non mancano, quindi, le
questioni da dirimere nel decreto Sblocca-Italia, sul quale
però si ripone molta fiducia: il ministro delle
Infrastrutture, Maurizio Lupi, ieri ha sottolineato che
l'esecutivo stima «almeno 100mila posti di lavoro che
possono derivare» dal provvedimento.
Il premier Matteo Renzi ha voluto a tutti i costi la proroga
dello sgravio sulle riqualificazioni energetiche. L'Economia
ha opposto i soliti argomenti di equilibrio di bilancio. Non
è escluso che la questione venga ripresa e affrontata in
occasione della legge di stabilità.
La novità più dirompente è l'ampliamento degli sgravi
fiscali sui consolidamenti edilizi, possibilità attualmente
limitata geograficamente alle zone di massima pericolosità
sismica. La proposta è di poter scontare un importo tra il
50% e il 65% della spesa sostenuta fino a un massimo di
60mila euro, cumulando anche lo sgravio con gli interventi
di riqualificazione energetica.
L'attuazione non sarà immediata. L'effettiva possibilità di
cumulare lo sgravio dei lavori antisismici con quelli
dell'efficienza energetica è infatti rinviata a un Dm
attuativo da definire tra Mef, ministero dell'Interno e
Protezione civile. Il provvedimento dovrà anche fissare
delle «linee guida per la definizione e la classificazione
del rischio sismico degli edifici», incluse «procedure di
controllo e modalità di attuazione». Per il 2015 si è
rischiato invece il doppio depotenziamento dell'attuale
bonus sulle riqualificazioni con aumento di efficienza
energetica. Il bonus ha rischiato di scendere dal 65% al 50%
mentre la detrazione massima si è pensato a una
rimodulazione da 100mila a 96mila euro. Ridimensionamento
sempre per motivi di copertura.
Stessa cosa per l'altro bonus, quello del 50% sui lavori di
ristrutturazione edilizia, che viene appunto abbandonato
alla naturale scadenza a fine anno, con il passaggio
automatico dello sgravio dal 50% al 40 per cento.
In base alle ultime elaborazioni del rapporto a cura del
centro studi della Camera dei deputati-Cresme sull'impatto
degli incentivi fiscali alle ristrutturazioni e
all'efficienza energetica (si veda Il Sole 24 Ore del
29.07.2014) il bonus del 65% metterà in moto quest'anno
investimenti per oltre 4,8 miliardi (esattamente 4.851
milioni). La previsione individua i soli lavori incentivati,
ed è stata ricavata dall'analogo valore stimato per 2013,
incrementato del 20 per cento.
Se si assume come plausibile la stima Cresme-Camera dei
deputati, si deduce che la copertura necessaria sarebbe di
315 milioni l'anno per 10 anni. Ripetendo il calcolo con la
nuova detrazione al 50% si ottiene una cifra di 242 milioni.
Se questo è l'ordine di grandezza, appare difficile capire
la resistenza dell'Economia di fronte a una copertura
aggiuntiva di appena 73 milioni l'anno per 10 anni che evita
di depotenziare fortemente lo strumento.
Riducendo l'aliquota dal 65% al 50% verrebbe meno gran parte
dell'appeal di questa misura che, negli anni (insieme
all'analogo sgravio sulle ristrutturazioni edilizie), ha
dimostrato un potente effetto keynesiano: dal 1998 al 2013
il bonus sulle ristrutturazioni edilizie ha stimolato
investimenti per oltre 132 miliardi da parte di quasi 7,5
milioni di famiglie. E il bonus del 65% tra 2007 e 2013 ha
stimolato 22,3 miliardi di investimenti per oltre 1,9
milioni di richiedenti (articolo
Il Sole 24 Ore del 31.08.2014 - tratto da
www.centrocstudicni.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Agevolazioni fiscali per contrastare il
rischio sismico. Dall'imposta lorda
detraibile un importo compreso tra il 50 e il 65% delle
spese sostenute per i lavori.
Fisco agevolato per contrastare il rischio sismico.
Dall'imposta lorda potrà essere detratto un importo compreso
tra il 50 e il 65% delle spese documentate fino a un
ammontare complessivo non superiore a 60 mila euro per unità
immobiliare. Il tutto, purché gli interventi siano
realizzati sulle parti strutturali degli edifici.
Queste alcune delle agevolazioni fiscali previste nella
parte della bozza del provvedimento Sblocca Italia relativa
all'efficientamento energetico e al rischio sismico, al
vaglio del Consiglio dei ministri in programma oggi. Nel
dettaglio il provvedimento prevede l'introduzione dell'art.
16-ter all'interno del dpr 917/1986 (Testo unico delle
imposte sui redditi), con un rubrica ad hoc
denominata «Detrazione delle spese per interventi
finalizzati alla riduzione del rischio sismico e al
miglioramento del rendimento energetico degli edifici
esistenti».
L'art. 16-ter prevede la possibilità di detrarre
dall'imposta lorda un importo compreso tra il 50 e il 65%
delle spese documentate fino a un ammontare complessivo di
60 mila euro. Le spese in questione, però, devono essere
effettivamente sostenute dai contribuenti che detengono
l'immobile sulla base di un titolo idoneo. A stabilire la
soglia di detrazione, il livello di rischio sismico che,
infatti, sarà oggetto di un apposito decreto proveniente dal
ministero delle infrastrutture e dei trasporti all'interno
del quale sarà appositamente classificato.
Ad accompagnare il decreto, delle linee guida ad hoc
che definiranno: un parametro per eseguire la
classificazione; la tipologia di interventi; le correlazioni
intercorrenti tra la riduzione del rischio sismico e le
detrazioni fiscali; la documentazione tecnica idonea a
definire la classificazione. A completare il quadro, poi,
anche le agevolazioni per l'efficientamento energetico. Il
comma del nuovo art. 16-ter prevede, infatti la possibilità
di detrarre dall'imposta lorda un importo pari al 50% delle
spese documentate fino a un ammontare complessivo non
superiore a 96 mila euro per unità immobiliare.
Il tutto, a condizione che sull'immobile siano effettuati
interventi volti al risparmio energetico con particolare
attenzione all'installazione di impianti basati sull'impiego
di fonti rinnovabili di energia. I limiti di detrazione
previsti, infine, restano quelli fissati dall'art. 16-ter,
se sulla stessa unità immobiliare sono eseguiti anche
interventi di riqualificazione energetica o di recupero del
patrimonio edilizio (articolo
ItaliaOggi del 29.08.2014 - tratto da
www.centrostudicni.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
L'art. 65 dpr 380/2001 prevede che “le opere di
conglomerato cementizio armato, normale e precompresso ed a
struttura metallica, prima del loro inizio, devono essere
denunciate dal costruttore allo sportello unico, che
provvede a trasmettere tale denuncia al competente ufficio
tecnico regionale”, il che esclude che il rilascio del
permesso di costruire sia subordinato a tale adempimento
(cfr. art. 4 l. 1086 del 1971: “Le opere di cui all'articolo
1 devono essere denunciate dal costruttore all'ufficio del
genio civile, competente per territorio, prima del loro
inizio”).
---------------
14 - Quanto al settimo motivo, con cui si lamenta
essere stata omessa la preventiva approvazione del progetto
da parte del genio civile in ritenuta violazione dell’art.
64 t.u. ed., va osservato che il successivo art. 65 prevede
che “le opere di conglomerato cementizio armato, normale
e precompresso ed a struttura metallica, prima del loro
inizio, devono essere denunciate dal costruttore allo
sportello unico, che provvede a trasmettere tale denuncia al
competente ufficio tecnico regionale”, il che esclude
che il rilascio del permesso di costruire fosse subordinato
a tale adempimento (cfr. art. 4 l. 1086 del 1971: “Le
opere di cui all'articolo 1 devono essere denunciate dal
costruttore all'ufficio del genio civile, competente per
territorio, prima del loro inizio”).
I ricorrenti d’altra parte non deducono quale norma
prescriva la pregiudizialità del deposito rispetto al titolo
edilizio, tenuto conto che anche nelle ipotesi disciplinate
dagli artt. 83 e ss. t.u. ed., “fermo restando l'obbligo
del titolo abilitativo all'intervento edilizio, nelle
località sismiche, ad eccezione di quelle a bassa sismicità
…, non si possono iniziare lavori senza preventiva
autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della
regione” (art. 94).
Né si vede in che termini rilevi l’art. 89, visto che lo
stesso è riferito al procedimento di formazione degli
strumenti urbanistici (“Tutti i comuni nei quali sono
applicabili le norme di cui alla presente sezione e quelli
di cui all'articolo 61, devono richiedere il parere del
competente ufficio tecnico regionale sugli strumenti
urbanistici generali e particolareggiati prima della
delibera di adozione…”) e quindi a fattispecie del tutto
estranea a quella in esame (TAR Abruzzo-Pescara,
sentenza 11.08.2014 n. 375 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
luglio
2014 |
|
EDILIZIA
PRIVATA: B.U.R.
Lombardia, serie ordinaria n. 29 del 16.07.2014, "Aggiornamento
delle zone sismiche in Regione Lombardia (l.r. 1/2000, art.
3, c. 108, lett. d)" (deliberazione
G.R. 11.07.2014 n. 2129). |
maggio
2014 |
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EDILIZIA
PRIVATA: Dal
CNR la guida definitiva per la valutazione della sicurezza
sismica degli edifici esistenti.
Le Norme Tecniche per le Costruzioni (D.M. 14.01.2008)
definiscono i metodi e i criteri per la verifica sismica
delle costruzioni esistenti.
Il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), a supporto
della normativa tecnica in vigore, propone una interessante
guida contenente una serie di procedure di valutazione
dell’affidabilità sismica delle costruzioni in muratura e
cemento armato esistenti.
Il documento si compone di:
● un capitolo generale, contenente gli aspetti della
procedura di verifica comuni alle diverse tipologie
costruttive, ed in particolare le costruzioni in muratura e
quelle in cemento armato;
● due capitoli che forniscono gli elementi specifici
relativi alle costruzioni in muratura e in cemento armato;
● un’appendice con commenti ed esempi applicativi su un
edificio in muratura e un edificio in cemento armato.
Il manuale risulta molto interessante per chiunque si occupi
di calcolo strutturale e verifica delle strutture esistenti
(29.05.2014 - link a www.acca.it). |
aprile
2014 |
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EDILIZIA PRIVATA: OMESSA
DENUNCIA LAVORI IN CEMENTO ARMATO: È REATO PROPRIO DEL
COSTRUTTORE?
Il reato di omessa denuncia delle opere
in conglomerato cementizio armato (artt. 65 e 72, D.P.R.
06.06.2001, n. 380), in quanto reato omissivo proprio, è
configurabile in capo al costruttore, essendo imposto dalla
legge, in via esclusiva a carico di quest'ultimo, l'obbligo
di denuncia.
La questione giuridica oggetto di esame da parte della
Suprema Corte verte, in particolare, sulla esistenza di un
contrasto giurisprudenziale in ordine alla individuazione
del soggetto responsabile del reato di omessa denuncia dei
lavori in cemento armato.
La vicenda processuale trae origine dalla sentenza con cui
il Tribunale ha ritenuto responsabile di violazioni
continuate della normativa sulle opere in conglomerato
cementizio (art. 81 c.p., D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 64 e
71, 65 e 72) e della normativa antisismica (art. 81 c.p.,
D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 93, 94 e 95) il proprietario e
committente, cui è stato addebitato di aver realizzato su un
capannone prefabbricato, una scala in cemento armato, un
vano ascensore, un solaio in lamiera grecata, un manufatto
in profilati di alluminio e vetri a copertura di una scala,
in assenza di un progetto esecutivo e della direzione di un
tecnico abilitato e senza la prescritta denunzia di inizio
lavori all'Ufficio del Genio Civile, e senza l'attestazione
di avvenuto deposito, trattandosi di opere in zona sismica.
Contro la sentenza proponeva ricorso per cassazione
l’interessato, sostenendo che, quanto alle opere in cemento
armato, il reato di omessa denuncia non possa essere
attribuito al committente.
La Cassazione, nel prendere atto dell’esistenza del
contrasto giurisprudenziale, ha dichiarato estinti i reati
contestati (nel senso che il reato in esame sarebbe reato
proprio del costruttore: Cass. pen., sez. III, 07.05.2010,
n. 17539, in CED Cass., n. 247168; diversamente, nel senso
che il committente di lavori edilizi concorre, in qualità di
"extraneus", nella contravvenzione di omessa denuncia
delle opere in conglomerato cementizio armato, pur
trattandosi di reato omissivo proprio del costruttore, v.
Cass. pen., sez. III, 31.05.2011, n. 21775, in CED Cass., n.
250377, peraltro precisando che il concorso è ipotizzabile,
ad esempio, quando la denuncia sia omessa proprio su
istigazione di chi ha ordinato i lavori) (Corte di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 18.04.2014 n. 17281 - commento tratto da
Urbanistica e appalti n. 7/2014). |
febbraio
2014 |
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EDILIZIA PRIVATA:
Bonus antisismico con «titoli» pesanti.
Permesso di costruire o super-Dia per ottenere la detrazione
del 65% fino a 96mila euro. Ristrutturazioni. L'incentivo
maggiorato per la messa in sicurezza statica riguarda le
procedure autorizzatorie attivate dopo il 04.08.2013.
La possibilità di detrarre dall'imposta lorda il 36% delle
spese per misure antisismiche era già contemplata
dall'articolo 16-bis del Tuir, inserito nel Testo unico dal
Dl 201/2011.
Si tratta, in particolare, degli interventi previsti dalla
norma al comma 1, lettera i), relativi all'esecuzione di
opere per la messa in sicurezza statica, sulle parti
strutturali degli edifici, per la redazione della
documentazione obbligatoria necessaria per comprovare la
sicurezza statica del patrimonio edilizio, nonché per la
realizzazione degli interventi necessari al rilascio di
questa documentazione.
Per questa tipologia di interventi l'articolo 16 del Dl
63/2013 –come modificato dalla legge di stabilità 147/2013–
ha innalzato l'entità della detrazione al 65% fino a una
spesa massima di 96mila euro per unità immobiliare, per le
spese sostenute entro il 31 dicembre di quest'anno (per gli
anni a venire, si veda l'articolo in basso).
Dall'incrocio delle due previsioni il riconoscimento della
detrazione potenziata al 65% risulta assoggettato ad alcune
limitazioni.
Innanzitutto questo si riferisce ai soli interventi le cui
procedure autorizzatorie siano state attivate dopo il
04.08.2013, data di entrata in vigore della legge 90/2013
(di conversione del Dl 63).
In secondo luogo la disposizione del 2013 non trova
applicazione per l'intero territorio nazionale, poiché
riguarda solo le opere eseguite sugli edifici ricadenti
nelle zone sismiche a pericolosità alta o media (zone 1 e 2)
di cui all'ordinanza del presidente del Consiglio dei
ministri n. 3274 del 20.03.2003.
Inoltre, non ogni tipologia di lavori potrà fruire dei
benefici fiscali. L'articolo 16-bis, infatti, prende in
considerazione soltanto l'adozione di misure antisismiche e
l'esecuzione di opere per la messa in sicurezza statica da
realizzarsi «sulle parti strutturali degli edifici o
complessi di edifici collegati strutturalmente e comprendere
interi edifici».
Infine il beneficio è riconosciuto solo per gli interventi
riguardanti edifici destinati ad attività produttive o ad
abitazione principale del contribuente.
I titoli abilitativi ammessi
Dovendo riguardare le «parti strutturali», la
tipologia delle opere va a inquadrarsi tra gli «interventi
di ristrutturazione edilizia», (articolo 3, comma 1,
lettera d), Dpr 380/2001), il cui titolo abilitativo sarà il
permesso di costruire o, se prevista dalla normativa
regionale, una super-Dia.
Andrà quindi tendenzialmente escluso il riconoscimento del
beneficio per le opere riconducibili agli «interventi di
restauro e di risanamento conservativo» (articolo 3,
comma 1, lettera c), Dpr 380/2001). D'altro canto è la
stessa rubrica dell'articolo 16 a fare esplicito riferimento
alla «ristrutturazione edilizia», contribuendo a
chiarire l'ambito di operatività della norma. Ulteriore
aspetto problematico è quello collegato al concreto avvio
delle procedure autorizzatorie e ai limiti temporali entro
cui le spese devono essere sostenute per fruire della
maggiore detrazione.
Interventi su interi edifici
La norma non consente di intervenire sulle parti strutturali
della singola unità immobiliare, che viene presa in
considerazione unicamente per determinare l'ammontare
massimo della detrazione, ma solo sull'intero edificio o su
complessi di edifici collegati. Pertanto, salvo i casi in
cui l'immobile appartenga a un unico soggetto, sarà
indispensabile il coinvolgimento dei vari comproprietari o
dei condomini che dovranno deliberare, con i quorum
costitutivi e deliberativi ex articolo 1136 Codice civile,
sull'esecuzione o meno dell'intervento, sull'eventuale
acquisizione di progetti di massima e preventivi da varie
imprese, sull'individuazione del professionista cui affidare
la progettazione e la direzione dei lavori, sulla
costituzione obbligatoria del fondo speciali previsto
dall'articolo 1135 Codice civile.
Non va poi trascurato che nell'ipotesi in cui gli edifici
ricadono nei centri storici (zone A), gli interventi
potranno essere soltanto realizzati «sulla base di
progetti unitari e non su singole unità immobiliari», il
che lascia intravvedere la necessità della preventiva
predisposizione e approvazione di un piano attuativo, con
ulteriore dilatazione dei tempi necessari al concreto avvio
delle opere
(articolo
Il Sole 24 Ore del 24.02.2014 - tratto da
www.centrostudicni.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Disciplina antisismica e soggetto danneggiato.
La normativa antisismica tutela,
esclusivamente, l'interesse pubblico (anche a scapito di
interessi di natura privatistica) alla sicurezza degli
edifici.
Il privato che assume di aver subito un danno dalla
realizzazione di una costruzione in violazione di siffatta
normativa non può, pertanto, essere considerato persona
offesa dal reato, ma soltanto soggetto danneggiato che può
far valere i suoi diritti, sul piano civilistico, anche
all'interno di processo penale
(Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 19.02.2014 n. 7786 - tratto da
www.lexambiente.it).
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MASSIMA
3. Chi assume di avere subito un
pregiudizio dalla edificazione abusiva,
pacificamente, non è persona offesa dal
reato, ma solo danneggiato, in quanto parte offesa è
esclusivamente la pubblica amministrazione, che è titolare
degli interessi attinenti alla tutela del territorio
protetti dalla norma incriminatrice
(cfr. sez. 3, 14.01.2009 n. 6229, P.O. in proc. Celentano ed
altri, RV 242532; sez. 3, 12.04.2005 n. 26121, Rosato, RV
231952).
Il reato posto in essere in violazione
della normativa edilizia ed urbanistica è, invero, "monoffensivo",
per cui "chi assume di aver subito pregiudizio
dall'abusiva edificazione non è la persona offesa dal reato
ma persona danneggiata, stante che la parte offesa è solo la
pubblica amministrazione in quanto titolare di interessi
attinenti al territorio protetti dalla norma incriminatrice"
(cfr. Cass. sent. n. 6229/2009 cit.).
4. A maggior ragione tali rilievi valgono
con riferimento alla normativa antisismica.
Tale normativa tutela, indiscutibilmente, l'interesse della
RA. a che venga preventivamente controllata qualsiasi opera
da realizzarsi in zona sismica, al fine di salvaguardare la
pubblica incolumità. Va, invero, accertata la sicurezza
statica delle costruzioni in previsione di possibili eventi
sismici nelle zone ritenute "a rischio".
Tale interesse è ritenuto dal legislatore talmente rilevante
da apprestare una tutela addirittura "rafforzata"
rispetto a quella prevista per l'ordinato sviluppo
urbanistico del territorio. Il controllo degli organi
tecnici della RA. a tanto preposti si manifesta, in modo
assolutamente significativo, sia in via preventiva che in
sede repressiva.
L'art. 83 DPR 380/2001 prevede che "tutte le costruzioni
la cui sicurezza possa comunque interessare la pubblica
incolumità, da realizzarsi in zone dichiarate sismiche ai
sensi dei commi 2 e 3 del presente articolo, sono
disciplinate, oltre che dalle disposizioni di cui all'art.
52, da specifiche norme tecniche emanate, anche per i loro
aggiornamenti, con decreti del Ministro per le
infrastrutture ed i trasporti, di concerto con il Ministro
per l'interno, sentiti il Consiglio Superiore dei lavori
pubblici, il Consiglio nazionale delle ricerche e la
Conferenza unificata".
E, al fine di consentire l'osservanza delle rigorose
disposizioni previste per la realizzazione di costruzioni in
zone sismiche (artt. 84-92), è necessario procedere a
denuncia di lavori e presentazione dei progetti (art. 93) e
richiedere autorizzazione per l'inizio dei lavori (art. 94).
Nell'ipotesi di accertamento della violazione delle norme in
precedenza indicate è prevista la sospensione immediata dei
lavori "con l'intervento della forza pubblica ove ciò sia
necessario per l'esecuzione dell'ordine di sospensione (art.
97, co. 3) e la denuncia all'A.G., che, se nel corso del
procedimento, ravvisa la necessità di ulteriori
accertamenti, nomina uno o più consulenti, scegliendoli tra
i componenti del Consiglio Superiore dei lavori pubblici o
tra tecnici laureati appartenenti ai ruoli del Ministero
delle infrastrutture o di altre amministrazioni statali
(art. 98, co. 1) e per il dibattimento deve essere in ogni
caso citato il dirigente dell'Ufficio tecnico della regione
(comma 2)".
Con il decreto o la sentenza di condanna il
Giudice ordina la demolizione delle opere o delle parti
costruite in difformità ovvero impartisce le prescrizioni
necessarie per rendere le opere conformi (art. 98, co. 3).
La peculiarità della normativa in tema di costruzioni
realizzate in zona individuata come sismica si manifesta
ancor di più nella "fase esecutiva".
In deroga alle norme previste dal codice di rito in tema di
esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali (a norma
dell'art. 655 c.p.p. "Salvo che sia diversamente
disposto, il pubblico ministero presso il giudice indicato
nell'art. 665 cura l'esecuzione dei provvedimenti"),
l'art. 99 DPR 380/2001 stabilisce che "qualora
il condannato non ottemperi all'ordine o alle prescrizioni
di cui all'art. 98, dati con sentenza irrevocabile o con
decreto esecutivo, il competente ufficio tecnico della
Regione provvede, se del caso con l'assistenza di forza
pubblica, a spese del condannato". Ed il successivo art.
100 prevede che "qualora il reato sia estinto per
qualsiasi causa, la Regione ordina, con provvedimento
definitivo, sentito l'organo tecnico consultivo della
Regione, la demolizione delle opere.".
E, per l'adempimento delle disposizioni previste dagli artt.
99 e 100, deve essere trasmessa a cura della cancelleria
all'Ufficio tecnico della Regione copia della sentenza
irrevocabile o del decreto esecutivo, nel termine di
quindici giorni dalla irrevocabilità o dalla esecutività. E'
evidente la "ratio" di tali disposizioni, che
attribuiscono, proprio per la tutela dell'interesse sotteso
alla normativa antisismica, una speciale competenza ad
organi tecnici che debbono provvedere in breve termine alla
eliminazione di costruzioni eseguite senza l'osservanza
delle prescrizioni tecniche e quindi pericolose per la
pubblica incolumità.
5. L'interesse pubblico così preminente,
come si è visto, a che venga rispettata la
sicurezza degli edifici in zone sismiche, al fine di
assicurare la pubblica incolumità, esclude che la normativa
che disciplina la materia possa contemporaneamente tutelare
interessi di natura privatistica.
Tant'è che si prescinde, ai fini della sussistenza del
reato, dall'effettiva pericolosità della costruzione
realizzata senza i prescritti adempimenti; e la verifica
postuma dell'assenza del pericolo ed il rilascio dei
provvedimenti abilitativi non incide sulla illiceità della
condotta, poiché gli illeciti sussistono in relazione al
momento di inizio della attività (cfr. Cass. pen. sez. 3,
17.06.1997 n. 5738). Anche la giurisprudenza successiva ha
ribadito, per la configurabilità delle
contravvenzioni previste dalla normativa antisismica, è
irrilevante che le costruzioni siano effettivamente
pericolose (Cass.
Sez. 3 n. 41617 di 02.10.2007) e che,
perfezionandosi il reato, con l'inizio di esecuzione delle
opere che arrecano offesa al bene giuridico protetto,
irrilevante è il giudizio di compatibilità dei manufatti
realizzati con le cautele antisismiche imposte dalla legge
(Cass. sez. 3 n. 7893 dell'11.01.2012).
Le disposizioni della normativa antisismica si applicano,
invero, a tutte le costruzioni la cui sicurezza possa
interessare la pubblica incolumità, a nulla rilevando la
natura dei materiali usati e delle strutture realizzate- a
differenza della disciplina relativa alle opere in
conglomerato cementizio armato- in quanto l'esigenza di
maggior rigore nelle zone dichiarate sismiche rende ancor
più necessari i controlli e le cautele prescritte, quando si
impiegano elementi strutturali meno solidi e duraturi del
cemento armato (Cass. pen. sez. 3, 24.10.2001 n. 38142); che
se la costruzione si trovi all'interno di una proprietà
privata, in quanto nel concetto di pubblica incolumità
rientra anche il possibile danno al singolo individuo, e
quindi allo stesso proprietario del manufatto, degli effetti
delle azioni sismiche (Cass. sez. 3 n. 14432 del
29.02.2008).
6. L'interesse generale alla sicurezza degli edifici in zone
individuate come soggette a rischio sismico è tanto
rilevante da determinare perfino la "deroga" alla
normativa civilistica prevista per la distanza nelle
costruzioni (con sacrificio, quindi, degli interessi di
natura privata).
Come affermato, con la sentenza n. 3425 del 16.02.2006 della
seconda sezione civile, "nelle zone in
cui vige la normativa antisismica -contenuta nella legge
25.11.1962 n. 1684- non sono applicabili le disposizioni di
cui agli artt. 874, 876, 884 cod. civ., secondo le quali il
proprietario del fondo contiguo al muro altrui ha la
facoltà, rispettivamente, di chiederne la comunione forzosa,
di innestarvi il proprio muro, di costruirvi il proprio
edificio in appoggio, perché è invece necessario che ogni
costruzione costituisca un organismo a sé stante, mediante
l'adozione di giunti o altri opportuni accorgimenti idonei a
consentire la libera ed indipendente oscillazione degli
edifici". |
EDILIZIA PRIVATA:
Direttore dei lavori e disciplina antisismica.
Il direttore dei lavori, è tra i
soggetti destinatari del divieto di esecuzione dei lavori in
difetto della preventiva autorizzazione in virtù della
posizione di controllo a lui affidata su costruzioni
potenzialmente lesive della pubblica incolumità e risponde
anche del reato di omesso deposito del progetto per le
costruzioni edificate in zona sismica per non aver
controllato il rispetto degli adempimenti prescritti dalla
normativa antisismica
(Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 19.02.2014 n. 7775 - tratto da
www.lexambiente.it).
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MASSIMA
2.1. Va ricordato, innanzitutto, che le
contravvenzioni previste dalla normativa antisismica
puniscono inosservanze formali, volte a presidiare il
controllo preventivo della P.A. Ne deriva che l'effettiva
pericolosità della costruzione realizzata senza i prescritti
adempimenti è del tutto irrilevante ai fini della
sussistenza del reato e la verifica postuma dell'assenza del
pericolo ed il rilascio dei provvedimenti abilitativi non
incide sulla illiceità della condotta, poiché gli illeciti
sussistono in relazione al momento di inizio della attività
(cfr. Cass. pen. sez. 3, 17.06.1997 n. 5738).
Le disposizioni della normativa antisismica
si applicano, invero, a tutte le costruzioni la cui
sicurezza possa interessare la pubblica incolumità, a nulla
rilevando la natura dei materiali usati e delle strutture
realizzate- a differenza della disciplina relativa alle
opere in conglomerato cementizio armato- in quanto
l'esigenza di maggior rigore nelle zone dichiarate sismiche
rende ancor più necessari i controlli e le cautele
prescritte, quando si impiegano elementi strutturali meno
solidi e duraturi del cemento armato
(Cass. pen. sez. 3, 24.10.2001 n. 38142).
2.1.1. Correttamente, pertanto, il Tribunale ha ritenuto che
per i lavori effettuati in difformità dal progetto ed
analiticamente riportati nell'imputazione occorressero gli
adempimenti previsti dalla normativa antisismica di cui agli
artt. 93, 94 e 95 DPR 380/2001. Si trattava, invero, della
realizzazione di "casseforme ed armature relative a n. 2
manufatti seminterrati aventi dimensioni: mt. 8,70 X 10,00
con altezza di mt. 2,50 e mt. 3,60 X 6,60 con altezza di mt.
2,50" (pag.2 sent.) e, quindi, palesemente di opere non
certo "di rilevanza strutturale trascurabile", come
assume il ricorrente.
2.2. Quanto ai rilievi in ordine alla posizione del
direttore dei lavori, secondo la giurisprudenza
assolutamente prevalente di questa Corte,
il reato de quo, "potendo essere commesso da
chiunque violi o concorra a violare l'obbligo del deposito
del progetto delle opere realizzate in zona sismica, può
essere realizzato dal proprietario, dal committente, dal
titolare della concessione edilizia e da qualsiasi altro
soggetto, che abbia disponibilità dell'immobile o dell'area
su cui esso sorge, nonché da coloro, che esplicano attività
tecnica ed hanno iniziato la costruzione, senza il doveroso
controllo del rispetto degli adempimenti di legge"
(cfr. ex multis Cass. pen. sez. 3 n. 35387 del
24.05.2007; conf. Cass. Sez. 3, 10.12.1999; Cass. Sez. 3 n.
4438 del 10.04.1997).
E' stato così ritenuto che il direttore dei
lavori, è tra i soggetti destinatari del divieto di
esecuzione dei lavori in difetto della preventiva
autorizzazione in virtù della posizione di controllo a lui
affidata su costruzioni potenzialmente lesive della pubblica
incolumità (Cass.
pen. sez. 3, 27.01.2004 n. 2640).
E risponde anche del reato di omesso
deposito del progetto per le costruzioni edificate in zona
sismica per non aver controllato il rispetto degli
adempimenti prescritti dalla normativa antisismica
(cfr. Cass. pen. sez. 3 n. 6675 del 20.12.2011). |
ottobre 2013 |
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LAVORI PUBBLICI - EDILIZIA PRIVATA:
Obietta parte ricorrente che l’autorizzazione
sismica non abbia attinenza con la cantierabilità dell’intervento, attenendo piuttosto
all’inizio dei lavori.
Si tratta di un assunto non condivisibile in
quanto, anche a prescindere da quanto previsto espressamente
dalla lex specialis, la cantierabilità si innesta
proprio nella fase esecutiva dell’opera, presupponendo
l’esistenza di un progetto esecutivo.
Del resto, dirimente appare la prescrizione dell’art. 94 del
t.u. in materia di edilizia (d.P.R. 06.06.2001, n. 380),
alla cui stregua nelle località sismiche «non
si possono iniziare lavori senza preventiva autorizzazione
scritta del competente ufficio tecnico della regione».
Ne consegue che è difficilmente ipotizzabile il rilascio del
permesso di costruire (intervenuto il 10.06.2010) senza
previa autorizzazione sismica, e sicuramente non è
giuridicamente consentita, in sua assenza, la comunicazione
di inizio lavori, effettuata in data 07.06.2011.
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1. - Con il primo mezzo viene dunque dedotta
l’illegittimità dell’impugnata determina dirigenziale n.
8431 del 29.10.2012, recante l’esclusione della domanda di
aiuto del ricorrente dalla graduatoria definitiva, e della
presupposta determina dirigenziale n. 9711 del 21.12.2011,
nella considerazione che l’autorizzazione sismica non può
ritenersi documento idoneo ad attestare la cantierabilità
degli interventi, facendo l’art. 8 del bando (nel testo di
cui alla determina dirigenziale n. 6166 del 2010)
riferimento, e non, peraltro, a pena di esclusione, alle
sole autorizzazioni prodromiche al conseguimento dei titoli
abilitativi, mentre l’autorizzazione sismica, atto privo di
discrezionalità, si colloca nella fase di esecuzione dei
lavori.
Il motivo non appare meritevole di positiva valutazione.
L’art. 8 del bando, concernente modalità e criteri per la
concessione degli aiuti previsti dalla misura 3.2.2 “Sviluppo
e rinnovamento dei villaggi”, in tema di “cantierabilità
degli interventi”, dispone che «il possesso dei
titoli abilitativi (DIA, permessi a costruire, nulla-osta e
tutte le autorizzazioni necessarie previsti dalle normative
vigenti) che determinano la cantierabilità dell’intervento
potranno essere acquisiti e trasmessi alla Regione entro e
non oltre i 6 mesi successivi alla pubblicazione nel
B.U.R.U. della graduatoria provvisoria di ammissibilità al
finanziamento, così come descritto nel paragrafo 15».
Con la determina dirigenziale n. 9711 in data 21.12.2011 è
stata disposta, da un canto, sub n. 5, «la non
obbligatorietà della trasmissione, nei tempi previsti dal
bando (sei mesi successivi alla pubblicazione nel Bollettino
Ufficiale della Regione Umbria della graduatoria provvisoria
di ammissibilità) delle altre autorizzazioni, tra cui quella
sismica, di cui al D.P.R. 380/2001, connesse all’inizio
lavori …, per non gravare di ulteriori oneri anche chi non
sarà utilmente collocato nelle graduatorie definitive»,
e d’altro canto, sub n. 6, (è stato disposto) «di fissare
per i titolari delle istanze che riceveranno la
comunicazione di concessione dell’aiuto, utilmente collocati
nelle graduatorie definitive, il termine di ulteriori due
mesi e non oltre dalla data di ricevimento di tale
comunicazione, pena l’esclusione dalle graduatorie
definitive, per la trasmissione alla Regione delle altre
autorizzazioni tra cui quella sismica, di cui al D.P.R.
380/2001, connesse all’inizio lavori …, necessarie ad
avviare il programma di investimenti».
Nella vicenda in esame non è controverso che la domanda del
ricorrente sia stata utilmente inserita nella graduatoria
definitiva di ammissibilità, situazione per la quale la
ricordata determina dirigenziale n. 9711 del 2011,
specificativa dell’originaria lex specialis, al punto
6, prevede che entro due mesi occorre produrre, tra l’altro,
l’autorizzazione sismica.
Sul piano dell’interpretazione funzionale, obietta parte
ricorrente che l’autorizzazione sismica non abbia attinenza
con la cantierabilità dell’intervento, attenendo piuttosto
all’inizio dei lavori.
Si tratta, peraltro, di un assunto non condivisibile, in
quanto, anche a prescindere da quanto previsto espressamente
dalla lex specialis, la cantierabilità si innesta
proprio nella fase esecutiva dell’opera, presupponendo
l’esistenza di un progetto esecutivo.
Del resto, dirimente appare la prescrizione dell’art. 94 del
t.u. in materia di edilizia (d.P.R. 06.06.2001, n. 380),
alla cui stregua nelle località sismiche (il Comune di
Castiglione del Lago rientra in zona di media sismicità) «non
si possono iniziare lavori senza preventiva autorizzazione
scritta del competente ufficio tecnico della regione»
(analoga disposizione è contenuta nell’art. 8 della l.r.
27.01.2010, n. 5); ne consegue che è difficilmente
ipotizzabile il rilascio del permesso di costruire
(intervenuto il 10.06.2010) senza previa autorizzazione
sismica, e sicuramente non è giuridicamente consentita, in
sua assenza, la comunicazione di inizio lavori, effettuata
in data 07.06.2011 (TAR Umbria,
sentenza 15.10.2013 n. 498 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
CONDOMINIO - EDILIZIA PRIVATA: Ai
sensi dell’art. 1127 cod. civ. il diritto del proprietario
dell’ultimo piano alla sopraelevazione incontra tre limiti:
- le condizioni statiche dell’edificio devono consentire la
sopraelevazione: trattasi di divieto assoluto, cui è
possibile ovviare se, con il consenso unanime dei condomini,
il proprietario sia autorizzato all’esecuzione delle opere
di rafforzamento e di consolidamento necessarie a rendere
idoneo l’edificio a sopportare il peso della nuova
costruzione;
- non deve esserci pregiudizio dell’aspetto architettonico
(inteso come stile architettonico dell’edificio);
- non deve determinarsi una notevole diminuzione di aria e
di luce per i piani sottostanti: sia il limite precedente
che il presente sono limiti per i quali è prevista
l’opposizione facoltativa dei singoli condomini
controinteressati.
---------------
Il divieto di sopraelevazione, per inidoneità delle
condizioni statiche dell’edificio, previsto dall’art. 1127,
comma 2, c. c., va interpretato non nel senso che la
sopraelevazione è vietata soltanto se le strutture
dell’edificio non consentono di sopportarne il peso, ma nel
senso che il divieto sussiste anche nel caso in cui le
strutture son tali che, una volta elevata la nuova fabbrica,
non consentano di sopportare l’urto di forze in movimento
quali le sollecitazioni di origine sismica.
Pertanto, qualora le leggi antisismiche prescrivano
particolari cautele tecniche da adottarsi, in ragione delle
caratteristiche del territorio, nella sopraelevazione degli
edifici, esse sono da considerarsi integrative dell’art.
1127, comma 2, c.c., e la loro inosservanza determina una
presunzione di pericolosità della sopraelevazione che può
essere vinta esclusivamente mediante la prova, incombente
sull’autore della nuova fabbrica, che non solo la
sopraelevazione, ma anche la struttura sottostante sia
idonea a fronteggiare il rischio sismico.
---------------
Nella specie, trattandosi di zona sismica, ed attesa la
natura integrativa dell’art. 1127 cpv. cod. civ., ascritta
alle leggi antisismiche, il consenso unanime dei condomini
(mancante nella specie) avrebbe dovuto esercitarsi per
l’appunto sulle particolari cautele da adottarsi, nella
sopraelevazione, per la prevenzione del rischio in
questione.
... per l’annullamento: - a) del diniego di cui alla nota,
prot. n. 2800 del 30.01.2012, successivamente comunicato, a
firma congiunta del Responsabile del Servizio Sportello
Unico Edilizia Privata e del Responsabile del Settore 4° del
Comune di Pontecagnano Faiano, con il quale è stata respinta
l’istanza di permesso di costruire per l’ampliamento, ai
sensi dell’art. 4 della l. r., n. 19/09 e ss. mm. ii., di un
fabbricato sito alla via Veneto;
...
La ricorrente, quale proprietaria esclusiva, in virtù di
atto di donazione, rep. n. 19595, racc. 6376
dell’01.02.1979, di un sottotetto, sito alla via Veneto n.
12 del Comune di Pontecagnano Faiano, distinto in catasto al
foglio 7, p.lla n. 771, rappresentava che, in data
20.07.2010, in considerazione del regime di favore,
introdotto dalla l.r. Campania n. 19/2009, aveva depositato
apposita istanza (prot. n. 20509), ai fini dell’ampliamento
e del cambio di destinazione d’uso del predetto sottotetto
in abitazione; che, in esito al prescritto iter, il Comune
di Pontecagnano Faiano, con nota del 19.09.2011, le aveva
comunicato i motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza;
in particolare, era stata evidenziata la necessità di
acquisire:
a) “l’autorizzazione esplicita, espressa nelle forme di
legge, della parte rimanente dell’assetto proprietario
dell’intero fabbricato (...)”;
b) “l’autorizzazione esplicita (...) della proprietà
dell’intero fabbricato in aderenza”;
che, nei termini di cui all’art. 10 bis, aveva depositato
un’articolata memoria, con la quale aveva evidenziato che:
a) ai sensi dell’art. 1127 c. c., il parere degli altri
condomini alla sopraelevazione non sarebbe stato necessario,
essendo la stessa espressamente consentita dalla predetta
disposizione normativa;
b) aveva comprovato il pieno diritto ad effettuare
costruzioni in sopraelevazione, come da titolo di proprietà;
c) aveva fornito elaborati grafici, dai quali s’evinceva
che l’intervento proposto non alterava l’aspetto
architettonico dell’immobile;
d) aveva evidenziato che il fabbricato era stato
realizzato, in aderenza a quello limitrofo; pertanto, non
sarebbe stato necessario alcun ulteriore atto di assenso dei
proprietari dell’immobile in aderenza; lamentava che la P.
A., senza tener conto dell’esatta portata di detta memoria,
aveva comunque respinto l’istanza; avverso detto
provvedimento articolava, pertanto, le seguenti censure: ...
...
Va poi precisato che ai sensi dell’art. 1127 cod. civ. il
diritto del proprietario dell’ultimo piano alla
sopraelevazione incontra tre limiti:
- le condizioni statiche dell’edificio devono consentire la
sopraelevazione: trattasi di divieto assoluto, cui è
possibile ovviare se, con il consenso unanime dei condomini,
il proprietario sia autorizzato all’esecuzione delle opere
di rafforzamento e di consolidamento necessarie a rendere
idoneo l’edificio a sopportare il peso della nuova
costruzione;
- non deve esserci pregiudizio dell’aspetto architettonico
(inteso come stile architettonico dell’edificio);
- non deve determinarsi una notevole diminuzione di aria e
di luce per i piani sottostanti: sia il limite precedente
che il presente sono limiti per i quali è prevista
l’opposizione facoltativa dei singoli condomini
controinteressati.
Né opera il richiamato principio della prevenzione in quanto
secondo il consolidato orientamento della Corte di
cassazione “in tema di rispetto delle distanze legali tra
costruzioni, la sopraelevazione di un edificio preesistente,
determinando un incremento della volumetria del fabbricato,
è qualificabile come nuova costruzione; ne consegue
l’applicazione della normativa vigente al momento della
modifica e l’inoperatività del criterio della prevenzione se
riferito alle costruzioni originarie, in quanto sostituito
dal principio della priorità temporale correlata, al momento
della sopraelevazione” (Cass. 11.06.2008 n. 15572;
03/01/2011 n. 74).
In conformità a tali considerazioni, e tenute altresì
presenti la argomentazioni esposte nella memoria difensiva
del controinteressato S.A., diffusamente riportate in
narrativa, osserva il Tribunale come, diversamente da quanto
sostenuto nel primo motivo di ricorso, il diritto alla
sopraelevazione attribuito al proprietario dell’ultimo piano
dell’edificio non è assoluto, ma incontra “tre limiti,
dei quali il primo (le condizioni statiche) introduce un
divieto assoluto, cui è possibile ovviare soltanto se, con
il consenso unanime dei condomini, il proprietario sia
autorizzato all’esecuzione delle opere di rafforzamento e di
consolidamento necessarie a rendere idoneo il fabbricato a
sopportare il peso della nuova costruzione, mentre gli altri
due limiti (il pregiudizio delle linee architettoniche e la
diminuzione di aria e di luce) presuppongono l’opposizione
facoltativa dei singoli condomini interessati”.
Prescindendo per il momento da tali ultimi due limiti, è
indubbio che nella specie manca il consenso della parte
rimanente dell’assetto proprietario dell’intero fabbricato,
necessario in vista del conseguimento dell’autorizzazione
all’esecuzione delle opere di rafforzamento e consolidamento
necessarie a rendere idoneo il fabbricato a sopportare il
peso dell’intera costruzione, e tanto per l’opposizione del
condomino Scalea Antonio, comproprietario del secondo piano
del’edificio de quo.
Si tenga altresì presente che, come opportunamente rilevato
da S.A. nello scritto difensivo in atti: “Il divieto di
sopraelevazione, per inidoneità delle condizioni statiche
dell’edificio, previsto dall’art. 1127, comma 2, c. c., va
interpretato non nel senso che la sopraelevazione è vietata
soltanto se le strutture dell’edificio non consentono di
sopportarne il peso, ma nel senso che il divieto sussiste
anche nel caso in cui le strutture son tali che, una volta
elevata la nuova fabbrica, non consentano di sopportare
l’urto di forze in movimento quali le sollecitazioni di
origine sismica. Pertanto, qualora le leggi antisismiche
prescrivano particolari cautele tecniche da adottarsi, in
ragione delle caratteristiche del territorio, nella
sopraelevazione degli edifici, esse sono da considerarsi
integrative dell’art. 1127, comma 2, c.c., e la loro
inosservanza determina una presunzione di pericolosità della
sopraelevazione che può essere vinta esclusivamente mediante
la prova, incombente sull’autore della nuova fabbrica, che
non solo la sopraelevazione, ma anche la struttura
sottostante sia idonea a fronteggiare il rischio sismico”
(Cassazione civile – Sez. II, 30.05.2012, n. 8643).
Nella specie, trattandosi di zona sismica, ed attesa la
natura integrativa dell’art. 1127 cpv. cod. civ., ascritta
alle leggi antisismiche, il consenso unanime dei condomini
(mancante nella specie) avrebbe dovuto esercitarsi per
l’appunto sulle particolari cautele da adottarsi, nella
sopraelevazione, per la prevenzione del rischio in questione
(TAR Campania-Salerno, Sez. I,
sentenza 10.10.2013 n. 2039 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI:
Istruzioni per la Valutazione Affidabilistica della
Sicurezza Sismica di Edifici Esistenti (Consiglio
Nazionale delle Ricerche, Commissione di studio per la
predisposizione e l'analisi di norme tecniche relative alle
costruzioni, 10.10.2013). |
EDILIZIA PRIVATA: Bonus
65%, conta la sismicità. Sì all'agevolazione a prescindere
dall'evento calamitoso. Pochi limiti alla detrazione per le
ristrutturazioni: irrilevante la presenza effettiva di danni
Sì alla detrazione del 65% per gli interventi di
ristrutturazione, che il terremoto ci sia stato oppure no,
purché le costruzioni, abitative o produttive, si trovino in
aree sismiche.
Con la conversione in legge del dl n. 63/2013 (legge n.
90/2013) è stato inserito il comma 1-bis, all'art. 16, in
base al quale è possibile fruire della detrazione del 65%
delle spese sostenute, fino al prossimo 31 dicembre, per
l'adozione di misure antisismiche (solo per quelle
riferibili alle autorizzazioni avviate dopo il 04/08/2013)
su edifici adibiti ad abitazione principale o ad attività
produttive ricadenti nelle aree sismiche ad alta
pericolosità, di cui all'ordinanza del presidente del
Consiglio dei ministri n. 3274 del 20/03/2003 (codici 1 e 2,
allegato «A»).
Come indicato dalla stessa Agenzia delle entrate (circ.
29/E/2013 § 2.2) «per tipo di utilizzo, rileva la
circostanza che la costruzione sia adibita ad abitazione
principale o ad attività produttiva, con ciò privilegiando
gli immobili in cui è maggiormente probabile che si svolga
la vita familiare e lavorativa delle persone» tenendo
conto, ulteriormente, che «per costruzione adibita ad
abitazione principale s'intende l'abitazione nella quale la
persona fisica o i suoi familiari dimorano abitualmente»
secondo la nozione «rilevante»
ai fini dell'imposizione diretta (Irpef).
Di conseguenza, per quanto concerne le costruzioni adibite
ad attività produttive si deve far riferimento a quelle
unità in cui vengono esercitate attività agricole,
professionali, produttive, commerciali e non commerciali.
Con riferimento all'ambito di applicazione l'Agenzia delle
entrate ha fornito i relativi chiarimenti (circ. n.
29/E/2013) confermando che l'agevolazione spetta per tutti
quegli interventi destinati alla messa in sicurezza statica
(parti strutturali), nonché alla redazione della
documentazione obbligatoria di convalida della raggiunta
sicurezza statica e per la realizzazione degli interventi
necessari per il rilascio della detta documentazione.
La detrazione è pari al 65% delle spese sostenute fino a un
massimo di 96 mila euro (62.400 euro) per ciascuna unità
immobiliare facente parte dell'edificio, da spalmare in
dieci quote annuali di pari importo, per un ammontare
annuale massimo di 6.240 euro, stante il rinvio alle
disposizioni contenute nella lett. i), comma 1, dell'art.
16-bis, dpr n. 917/1986 (Tuir).
Per quanto si evince anche dal documento di prassi citato
(circ. 29/E/2013) la detrazione può essere fruita anche dai
soggetti Ires con questa differenziazione: se si tratta di
opere eseguite su abitazioni principali o su immobili
produttivi (capannoni, negozi, depositi e quant'altro) la
detrazione spetta fino alla fine dell'anno nella percentuale
del 65%, mentre se si tratta di unità abitative residenziali
diverse (seconde case, in particolare) o unità collocate in
altre aree (codici 3 e 4, allegato «A») la detrazione si
applica nella misura più ridotta del 50%.
Non risultano rilevanti, ai fini della fruibilità, la
categoria catastale dell'unità immobiliare, la presenza
effettiva di danni da eventi sismici e la dichiarazione di
area sismica, ma soltanto il tipo di utilizzo (abitazione
principale o unità produttiva) e la collocazione
territoriale all'interno delle zone ad alta pericolosità.
Di conseguenza, gli interventi indicati beneficiano della
detrazione maggiorata del 65% se l'unità abitativa risulta
collocata in area individuata ad alta pericolosità, senza la
necessità che gli enti territoriali o lo stato abbiano
individuato tale area come zona colpita da tali eventi.
Nel caso in cui l'abitazione, pur essendo di fatto collocata
in area sismica, non risulti inserita nelle zone di cui ai
codici «1» e «2» del citato allegato «A», il contribuente
potrà comunque fruire della detrazione del 50% (o, a regime,
del 36%). Come detto, beneficiari della detrazione sono
tutti i contribuenti Irpef e Ires a condizione che abbiano
sostenuto le spese per gli interventi agevolabili indicati
in precedenza, che le dette spese siano rimaste a loro
carico e che possiedano o detengano l'immobile in conformità
a un titolo idoneo (proprietà, diritto reale, locazione,
comodato o altro).
Per la fruizione del bonus, in assenza di disposizioni
specifiche, si rendono applicabili quelle riferite agli
interventi indicati nella lett. i), comma 1, art. 16-bis del
Tuir ovvero pagamento con modalità tracciate (bonifici
parlanti) e conservazione della documentazione indicata dal
provvedimento 02/11/2011 (abilitazioni amministrative,
ricevute Ici/Imu, fatture e ricevute fiscali, bonifici e
quant'altro) (articolo ItaliaOggi del 04.10.2013). |
settembre
2013 |
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EDILIZIA PRIVATA:
In tema di disciplina delle costruzioni
in zona sismica, il potere-dovere del
giudice di ordinare, ai sensi dell'art. 98,
3° comma, del d.P.R. n. 380/2001, la
demolizione dell'immobile in caso di
condanna per i reati previsti dallo stesso
T.U. sussiste soltanto con riferimento alle
violazioni sostanziali, ovvero per la
inosservanza delle norme tecniche, e non
anche per le violazioni meramente formali.
---------------
SENTENZA
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Modica, con sentenza del
15.06.2012, ha affermato la responsabilità
penale di Fa.Gi. in ordine ai reati di cui:
- all'art. 44, lett. a), d.P.R. n. 380/2001 [per avere effettuato
il cambio di destinazione d'uso di un
fabbricato, originariamente destinato a "magazzino
e locale tecnico" in "officina di
elettrauto ed ufficio e deposito ricambi
dell'attività di elettrauto" in
contrasto con le previsioni del piano
regolatore generale vigente nel Comune di
Ispica, che destinava la zona ad usi
agricoli indifferenziati (zona E) - acc. il
05.02.2009);
- agli artt. 94 e 95 d.P.R. n. 380/2001 [per avere iniziato la
costruzione di una tettoia avente superficie
di mq. 22,31, in pilastrini e travetti in
ferro, senza la preventiva autorizzazione
dell'ufficio del Genio civile] e, unificati
i reati nel vincolo della continuazione ex
art. 81 cpv. cod. pen., lo ha condannato
alla pena complessiva di euro 12.000,00 di
ammenda, ordinando la demolizione della
tettoia ai sensi dell'art. 98 del T.U. n.
380/2001.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il
Fa., il quale ha eccepito, sotto i profili
della violazione di legge e del vizio di
motivazione:
- la insussistenza e la inconfigurabilità del reato di cui all'art.
44, lett. a), del d.P.R. n. 380/2001, poiché
l'intervento edilizio contestato (per il
quale in data 19.03.2008 era stata
presentata domanda di autorizzazione
edilizia per manutenzione ordinaria e
straordinaria) avrebbe riguardato un
immobile "a destinazione libera", in
quanto costruito in epoca anteriore sia
all'emanazione delle norme che hanno
introdotto l'istituto della licenza edilizia
sia all'adozione del P.R.G. del Comune di
Ispica, che ha posto le previsioni di
zonizzazione che si assumono violate;
- la illegittimità dell'ordine di demolizione della tettoia,
erroneamente correlato alla contestata
violazione della normativa antisismica;
- la carenza assoluta di motivazione in ordine al mancato riconoscimento
di circostanze attenuanti generiche e del
beneficio della sospensione condizionale
della pena.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Solo il secondo motivo di ricorso
è fondato e deve essere accolto.
In tema di disciplina delle costruzioni in
zona sismica, infatti, il potere-dovere del
giudice di ordinare, ai sensi dell'art. 98,
3° comma, del d.P.R. n. 380/2001, la
demolizione dell'immobile in caso di
condanna per i reati previsti dallo stesso
T.U. sussiste soltanto con riferimento alle
violazioni sostanziali, ovvero per la
inosservanza delle norme tecniche, e non
anche per le violazioni meramente formali,
quale quella contestata nella fattispecie in
esame [vedi Cass., Sez. III: 03.07.2007, n.
37322, Borgia; 19.12.2003, n. 48685, Munafò;
17.01.2001,
n. 317, Di Ienno; 15.03.1994, n. 3113,
Campisi].
La sentenza impugnata, conseguentemente,
deve essere annullata senza rinvio,
limitatamente all'ordine di demolizione in
essa disposto, che va eliminato
(Corte di Cassazione, Sez. III
penale,
sentenza 17.09.2013 n. 38005 -
tratto da www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Interventi in zona inclusa tra quelle a
basso indice sismico.
Il reato di omessa denuncia lavori in zona sismica (art. 93,
d.P.R. 06.06.2001, n. 380) è configurabile anche in caso di
esecuzione di lavori in zona inclusa tra quelle a basso
indice sismico.
Qualsiasi intervento edilizio in zona sismica, comportante o
meno l'esecuzione di opere in conglomerato cementizio amato,
ad eccezione di quelli di manutenzione ordinaria, deve
essere previamente denunciato al competente ufficio al fine
di consentire i preventivi controlli e necessita del
rilascio del preventivo titolo abilitativo, conseguendone,
in difetto, la violazione dell'art. 95 del d.P.R.
06.06.2001, n. 380.
Va esclusa anche la rilevanza della distinzione circa la
natura dei lavori (ovvero che si tratti d'interventi di
manutenzione ordinaria o straordinaria ovvero d'interventi
di nuova costruzione), in quanto la violazione delle norme
antisismiche e sul cemento armato presuppone soltanto
l'esecuzione di lavori edilizi in zona sismica ovvero che
comportino l'utilizzo del cemento armato (Corte di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 12.09.2013 n. 37385 - tratto da
www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
M. Grisanti,
A chi compete il rilascio dell'autorizzazione simica? (12.09.2013
- link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
M. Grisanti,
Insostituibilità della preventiva autorizzazione simica
(03.09.2013 - link a www.lexambiente.it). |
agosto
2013 |
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EDILIZIA PRIVATA:
IL PORTICATO VA ESCLUSO DAL NOVERO DELLE PERTINENZE
URBANISTICHE ED E' SOGGETTO ALL’ANTISISMICA.
Il porticato va escluso dal novero delle
pertinenze urbanistiche mancando il duplice requisito della
individualità e della autonoma utilizzabilità , dovendosi,
piuttosto considerare parte integrante del fabbricato (in
motivazione, peraltro, la Corte ha precisato che tale
distinzione è irrilevante dal punto di vista degli obblighi
derivanti dalla normativa antisismica che, essendo
finalizzata a rendere possibile il controllo preventivo
documentale della complessiva attività edilizia nelle zone
sismiche, deve intendersi estesa a qualsiasi costruzione,
senza possibilità di distinzione tra opere principali e
pertinenze).
Particolarmente interessante la questione oggetto di
attenzione da parte della Cassazione nella vicenda in esame,
in cui la Corte affronta ancora una volta il tema della
qualificazione di un intervento edilizio come afferente ad
una pertinenza urbanistica, questa volta riferito ad un
porticato di un’abitazione privata.
La vicenda processuale trae origine dalla contestazione
mossa all’imputato, proprietario di un’abitazione privata,
dei reati di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett.
c) e del D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, per avere
realizzato, in assenza del permesso di costruire, su un’area
di sua proprietà ricadente in zona tipizzata nel vigente
strumento urbanistico generale come ‘‘B16 ville di
interesse ambientale - parchi e giardini di interesse
ambientale’’ sottoposta a vincolo paesaggistico in
località S.C. di N. un porticato della superficie di mq. 100
con copertura di travi in legno, perline e coppi.
Contro la sentenza di condanna proponeva ricorso per
Cassazione la difesa dell’imputato, sostenendo, per quanto
di interesse in questa sede, che, in relazione alla
realizzazione senza permesso di costruire di una tettoia in
legno al servizio della propria abitazione, il Comune di
(omissis) aveva rilasciato un permesso di costruire in
sanatoria del D.P.R. n. 380 del 2001, ex art. 36 che
prevedeva la sostituzione della tettoia in legno e tegole
con altra in stoffa e che egli si era conformato alle
prescrizioni indicate dal Comune: in sostanza, l’effetto
sanante del permesso avrebbe determinato l’estinzione del
reato urbanistico.
La Corte di Cassazione non ha, però, condiviso le
argomentazioni difensive.
Premettono gli Ermellini che, diversamente da quanto
asserito nel ricorso, l’opera realizzata dall’imputato non
consisteva affatto in una tettoia (comunque non consentita
in assenza di permesso per costruire, non potendosi
qualificare come opera pertinenziale), bensì in un porticato
con elementi in muratura e copertura in legno e tegole,
comportante un consistente aumento di volume e di superficie
e dunque necessitante del preventivo permesso di costruire.
In merito, poi, alla questione giuridica, nell’affermare il
principio di cui in massima, i giudici di legittimità si
richiamano ad un orientamento giurisprudenziale ormai
consolidato che muove dall’assunto per il quale la
pertinenza urbanistica ha caratteristiche diverse da quella
contemplata dal codice civile, per una serie di elementi:
a) si fonda su dati, desumibili anche dalla normativa
catastale;
b) comporta l’impossibilità di destinazioni ed utilizzazioni
autonome;
c) si sostanzia nei requisiti della destinazione strumentale
alle esigenze dell’immobile principale, risultante sotto il
profilo funzionale da elementi oggettivi, dalla ridotta
dimensione sia in senso assoluto sia in relazione a quella
al cui servizio è complementare, dall’ubicazione, dal valore
economico rispetto alla cosa principale e dall’assenza del
cosiddetto carico urbanistico.
Ne deriva, dunque, per la giurisprudenza, che il porticato
non rientra nel novero delle pertinenze, poiché questo è
opera accessoria, mancando di autonomia ed individualità
(v., ex multis: Cass. pen., sez. III, 21.03.1997, n.
4056, in CED Cass., n. 207609) (Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 18.08.2013 n. 33323 - tratto da
Urbanistica e appalti n. 11/2013). |
EDILIZIA PRIVATA:
M. Grisanti,
LA PERMANENZA DEL REATO DI COSTRUZIONE IN VIOLAZIONE DELLE
NORME TECNICHE ANTISISMICHE (07.08.2013 - link a
www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA - VARI: Dalle
ristrutturazioni ai mobili. Sconti a chi investe
nell'edilizia. Spinta al settore dal
dl Energia. Detrazione al 65% per interventi di
riqualificazione.
Detrazioni 65% per la riqualificazione
energetica degli edifici e adeguamento antisismico. Bonus
50% per le ristrutturazioni, mobili ed elettrodomestici.
Recepimento della direttiva Edifici a energia quasi zero.
Queste le novità più importanti contenute nella legge di
conversione (approvata definitivamente dal senato il 1°
agosto scorso) del dl n. 63/2013 recante «Disposizioni
urgenti per il recepimento della direttiva 2010/31/Ue del
Parlamento europeo e del Consiglio del 19.05.2010, sulla
prestazione energetica nell'edilizia per la definizione
delle procedure d'infrazione avviate dalla Commissione
europea, nonché altre disposizioni in materia di coesione
sociale», pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 181 del
3 agosto. Ma vediamo che cosa cambia.
Prestazione energetica nell'edilizia.
Per quanto riguarda la prestazione energetica nell'edilizia,
in particolare, una delle novità principali è la
sostituzione dell'attestato di certificazione energetica
(Ace) con quello di prestazione energetica (Ape), che
definisce le caratteristiche di un edificio attraverso
l'utilizzo di specifici descrittori e fornisce
raccomandazioni per il miglioramento dell'efficienza. In
proposito il Consiglio nazionale del notariato ha pubblicato
le prime note interpretative relative all'allegazione
dell'Ape (il documento è scaricabile dal sito
www.italiaoggi.it).
Da segnalare poi la previsione di una riforma strutturale
nella metodologia di calcolo delle prestazioni energetiche
negli edifici le cui modalità di applicazione verranno
definite da successivi decreti del ministero dello sviluppo
economico. Disciplinati inoltre i termini per il
miglioramento delle prestazioni energetiche degli edifici a
energia quasi zero. Mentre è stata modificata la
progettazione delle costruzioni e delle ristrutturazioni
degli edifici tramite l'integrazione del contenuto dei
documenti progettuali e la previsione di una valutazione
preliminare della possibilità di inserimento di sistemi ad
alta efficienza (quali cogenerazione, teleriscaldamento,
pompe di calore e controllo attivo dei consumi).
Ridefinite inoltre le sanzioni in materia di certificazione
energetica degli edifici e, tra i requisiti per la qualifica
professionale degli installatori degli impianti a fonti
rinnovabili, è stata introdotta anche la prestazione
lavorativa esercitata alle dipendenze di un'impresa
abilitata.
---------------
Premiata l'impresa antisismica.
Innalzamento dal 50 al 65% del bonus fiscale per interventi
antisismici su abitazioni ed edifici destinati all'attività
produttiva. Estensione della detrazione del 50% introdotta
per l'acquisto di mobili e arredi anche ai grandi
elettrodomestici a basso consumo energetico. Impegno del
governo a stabilizzare gli ecoincentivi entro il 31.12.2013.
Sono queste le principali novità inserite dal legislatore
nel dl 63/2013 (dl ecobonus), che ha superato l'intero iter
parlamentare per la conversione in legge.
Il decreto, che recepisce la direttiva europea sulla
prestazione energetica degli edifici, proroga fino al
31.12.2013 la fruizione del bonus 50% per le
ristrutturazioni e rafforza le agevolazioni fiscali per la
riqualificazione energetica, elevando la misura della
detrazione dal 55 al 65% per le spese sostenute dal
06.06.2013 al 31.12.2013 (30.06.2014 per i condomini).
Il bonus del 65% per gli interventi antisismici è riservato
agli edifici, purché abitazione principale e purché nelle
zone a massimo rischio sismico (zone 1 e 2 delle mappe 2003
della protezione civile). La detrazione del 65% è ammessa
anche per la messa in sicurezza antisismica degli edifici
per attività produttive (precedentemente erano del tutto
esclusi anche dal 36-50%). Per le abitazioni nelle zone 3 e
4 e per le abitazioni non principali restano le detrazioni
del 50%.
Il bonus mobili diventa operativo, ma per fruire
dell'agevolazione i beni per l'arredo devono essere
acquistati dopo aver iniziato i lavori edili sul fabbricato.
Mancando nel decreto le indicazioni circa le modalità
operative, per arredi e i grandi elettrodomestici in classe
A (forni) e A+ (frigoriferi, lavastoviglie ecc.) occorre
fare riferimento alla circolare dell'Agenzia delle entrate
n. 21/2010.
Misure antisismiche.
Con la conversione in legge del dl 63/2013, per gli
interventi relativi all'adozione di misure antisismiche
spetterà una detrazione dall'imposta lorda pari al 65%, fino
a un ammontare complessivo della spesa non superiore a
96.000 euro per unità immobiliare. A tal fine, le procedure
autorizzatorie dovranno essere attivate dopo l'entrata in
vigore della legge, su edifici ricadenti nelle zone sismiche
ad alta pericolosità (zone 1 e 2) di cui all'ordinanza del
presidente consiglio dei ministri n. 3274 del 20.03.2003.
Rientrano nella tipologia di immobili agevolabili, fino al
31.12.2013, le costruzioni adibite non solo ad abitazione
principale (che aveva già il 50%), ma anche ad attività
produttive (che invece erano escluse dal 36-50%) e, in
entrambi i casi, solo gli edifici situati nelle zone
sismiche ad alta pericolosità (zone 1 e 2 della
classificazione della protezione civile). Le detrazioni del
65% delle spese per l'adeguamento preventivo saranno
spalmate in dieci anni, così come avviene per le detrazioni
per il recupero edilizio e l'efficienza energetica.
Bonus mobili.
Il testo finale del dl 63/2013 conferma la detrazione del
50% valida per l'acquisto di mobili e grandi
elettrodomestici di classe minima A+ oppure A per i forni,
destinati all'arredo dell'immobile oggetto di
ristrutturazione. La detrazione è calcolata su un ammontare
complessivo non superiore a 10 mila euro e va ripartita tra
gli aventi diritto in dieci quote annuali di pari importo.
Per l'applicazione della detrazione occorre fare ricorso
alle indicazioni di cui alla circolare dell'Agenzia delle
entrate n. 21/2010, in cui viene chiarito che i lavori
edilizi sul fabbricato devono iniziare prima dell'acquisto
dei mobili.
Pertanto la data di inizio lavori deve essere anteriore
all'acquisto dell'arredo e degli elettrodomestici. Non
risulta invece necessario che le spese di ristrutturazione
siano pagate prima di quelle per l'arredo dell'abitazione.
Occorre pertanto stabilire la data di decorrenza dei lavori,
attraverso la sottoscrizione e conservazione di una
dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà.
Nel documento deve essere indicata la data di inizio dei
lavori e attestata la circostanza che gli interventi di
ristrutturazione edilizia posti in essere rientrano tra
quelli agevolabili pur se i medesimi non necessitano di
alcun titolo abilitativi ai sensi della normativa edilizia
vigente (provvedimento 02/11/2011 n. 149646 punto 1).
Sarebbe invece utile un chiarimento dagli organi preposti
circa l'individuazione della data dell'acquisto. Si tratta
di stabilire se a tal fine occorre riferimento alla consegna
o al suo pagamento tramite bonifico.
Per fruire del bonus, si ricordano le istruzioni già
comunicate dall'Agenzia delle entrate. Ovvero, il pagamento
deve essere effettuato tramite bonifico bancario o postale,
con le stesse modalità già previste per la ristrutturazione
edilizia, indicando causale del versamento attualmente
utilizzata dalle banche e da Poste italiane per i bonifici
relativi ai lavori di ristrutturazione fiscalmente
agevolati, codice fiscale dell'acquirente, partita Iva o
codice fiscale dell'intestatario del bonifico.
Edifici vincolati.
In seguito all'introduzione di un emendamento approvato
dalla camera, è stato precisato che saranno le
amministrazioni titolari delle autorizzazioni relative al
vincolo a chiarire se «il rispetto della prescrizione
imposta implichi un'alterazione sostanziale del carattere o
aspetto» dell'edificio «con particolare riferimento ai
profili storici, artistici e paesaggistici».
Attestazione.
Novità anche per quanto riguarda le modalità di rilascio
dell'attestazione della prestazioni energetica per lo
specifico caso di un'unica attestazione per più unità
immobiliari facenti parte dello stesso edificio. Ora il
rilascio unico sarà più difficile. Era previsto infatti che
questa attestazione unica si potesse concedere solo nel caso
di una «medesima destinazione d'uso» delle diverse unità
immobiliari. Ora le unità immobiliari dovranno avere anche
«la medesima situazione al contorno, il medesimo
orientamento e la medesima geometria»
Impegni governativi.
Nel corso dell'iter parlamentare, il governo ha fornito il
proprio consenso affinché vengano definiti entro il
31.12.2013 misure e incentivi selettivi di carattere
strutturale, finalizzati a favorire la realizzazione di
interventi per il miglioramento e la messa in sicurezza
degli edifici esistenti, oltre che per l'incremento del
rendimento energetico degli stessi. Il testo prevede inoltre
che il governo si impegni a comprendere tra le attività
incentivate anche l'installazione di impianti di depurazione
delle acque da contaminazione di arsenico anche di tipo
domestico, produttivo e agricolo. L'agenda del governo
prevede inoltre che entro il 2014 vengano introdotti sgravi
fiscali per azioni di rimozione dell'amianto negli edifici (articolo
ItaliaOggi Sette del 05.08.2013). |
VARI: In
Gazzetta. Oggi la pubblicazione. Per mobili e lavatrici il
bonifico «parlante» è valido dal 6 giugno.
LA PRECISAZIONE/ La causale del versamento deve indicare
alla banca la necessità di effettuare la ritenuta del 4% nei
confronti del beneficiario.
Da domani, dovrebbero essere possibili,
per le persone fisiche, i pagamenti agevolati al 50% per
l'acquisto dei grandi elettrodomestici e al 65% per i
condizionatori (anche estivi, ma con pompa di calore
efficiente), degli scaldacqua verdi, degli impianti
geotermici a bassa entalpia o per l'adozione di misure
antisismiche.
È questa la conseguenza della probabile pubblicazione sulla
«Gazzetta Ufficiale» di oggi della legge che ha convertito
il decreto ecobonus. Queste agevolazioni, infatti, non erano
presenti nell'originario decreto legge 04.06.2013, n. 63.
Circa la durata del bonus per mobili e grandi
elettrodomestici la conversione in legge non ha posto alcun
limite finale, rendendo ora difficile un'interpretazione che
limiti l'incentivo al 31.12.2013. Ciò nonostante, si
consiglia di effettuare i pagamenti entro l'anno (principio
di cassa).
Tranne che per le misure antisismiche, per tutti gli altri
interventi sembra probabile, però, che prevalga la
retroattività al 06.06.2013 delle modifiche introdotte, la
quale consentirebbe di considerare validi, ai fini della
detrazione fiscale, anche tutti i pagamenti effettuati dai
privati da questa data in poi, tramite bonifico parlante.
La causale del versamento può essere anche descrittiva (ad
esempio, «detrazione del 50% per le spese di manutenzione
straordinaria»), se consente all'istituto bancario o
postale, che accredita l'importo sul conto corrente del
beneficiario, di capire che deve trattenere la ritenuta
d'acconto del 4 per cento. Ma se chi accredita il bonifico
all'impresa, non trattiene la ritenuta d'acconto del 4%,
questa omissione è imputabile al contribuente, se ha «compilato
il bonifico in modo tale da non permettere alla banca di
codificare il versamento come soggetto alla ritenuta
d'acconto» (risoluzione Dre Piemonte 901-184/2013,
protocollo 2013/41381).
Se la fonte normativa viene inserita, deve essere quella
corretta: quindi, per il 36-50% (65% per le misure
antisismiche) va indicato l'articolo 16-bis, Dpr 22.12.1986,
n. 917 (anche Dpr 917/1986 o Tuir), mentre per il 55-65%
l'articolo 1, commi da 344 a 347, legge 27.12.2006, n. 296
(anche legge 296/2006 o Finanziaria 2007).
La detrazione Irpef del 36% (50% per i pagamenti effettuati
dal 26.06.2012 al 31.12.2013) è rivolta alle persone
fisiche, imprese, professionisti e società di persone e
agevola le manutenzioni (ordinarie, solo per le parti comuni
condominiali), le ristrutturazioni edilizie e i restauri e
risanamenti conservativi. Agli stessi soggetti è rivolta la
detrazione Irpef del 50% per i mobili e i grandi
elettrodomestici di classe non inferiore alla A+, nonché A
per i forni. Il bonus del 65% per le misure antisismiche
(costruzioni adibite ad abitazione principale o ad attività
produttive) è rivolta a tutti i contribuenti e dovrà essere
chiarito se si dovranno applicare le regole del 36-50% o del
55-65% (ad esempio, principio di competenza per i soggetti
Ires e invio della scheda tecnica all'Enea).
La detrazione Irpef ed Ires del 55% (65% per i pagamenti dal
06.06.2013 al 31.12.2013), infine, si applica a tutti i
contribuenti per i pannelli solari termici (non
fotovoltaici), impianti di climatizzazione invernale,
condizionatori (anche estivi, ma con pompa di calore
efficiente), scaldacqua verdi, impianti geotermici a bassa
entalpia, pareti isolanti, coperture, pavimenti, finestre e
riqualificazione energetica generale degli edifici (articolo
Il Sole 24 Ore del 03.08.2013). |
EDILIZIA PRIVATA - VARI: Fisco
e immobili. Convertito il Dl 63/13: il beneficio del 65%
sino a fine anno esteso anche a condizionatori e pompe di
calore
Ecobonus, sconto allargato. Misure antisismiche detraibili
al 65% - Senza attestato energetico contratti nulli.
NEI CONDOMINI/ Alla luce delle procedure di approvazione più
complicate ampliati i tempi per beneficiare dell'incentivo
«verde».
Nell'ambito degli incentivi per il
risparmio energetico, ritornano detraibili al 65% da Irpef e
Ires i condizionatori, anche estivi, con pompa di calore
efficiente, gli impianti geotermici a bassa entalpia e
scaldacqua verdi. Per il bonus ristrutturazioni (agevolato
al 50% ancora sino a fine 2013), le misure antisismiche
saranno detraibili dall'Irpef al 65% sino a fine anno.
Torna, inoltre, l'allegazione obbligatoria dell'Ape
(attestato di prestazione energetica) per vendite, donazioni
o nuove locazioni.
Sono queste le principali modifiche al decreto legge 63/2013
introdotte in sede di conversione in legge ed approvate ieri
in via definitiva dal Senato con 249 voti favorevoli, due
contrari e nessun astenuto.
Per quanto concerne il risparmio energetico, la detrazione
Irpef ed Ires del 55% sugli interventi negli edifici, che
sarebbe scaduta il 30.06.2013, è stata prorogata
definitivamente dall'01.07.2013 al 31.12.2013, aumentandone
la detrazione dal 55% al 65% per le spese sostenute (cioè,
pagate per i privati) dal 06.06.2013 al 31.12.2013.
Con la conversione in legge del Dl 63/2013, rientrano, poi,
a pieno titolo tra le spese sul risparmio energetico,
agevolabili al 65% fino al 31.12.2013, gli interventi di «sostituzione
di impianti di climatizzazione invernale con pompe di calore
ad alta efficienza e con impianti geotermici a bassa
entalpia» e di «sostituzione di scaldacqua tradizionali
con scaldacqua a pompa di calore dedicati alla produzione di
acqua calda sanitaria». Per la data di entrata in vigore di
questa modifica, valgono le stesse considerazioni indicate
per i grandi elettrodomestici (si legga l'articolo a
fianco).
Considerando i tempi lunghi di approvazione dei lavori da
parte dei condòmini, essi avranno più tempo per beneficiare
della maxi-detrazione del 65% per i lavori verdi. In
particolare, per i pagamenti dal 06.06.2013 al 30 giugno
2014 si potrà beneficiare della detrazione del 65% per gli
interventi sul risparmio energetico «relativi a parti comuni
degli edifici condominiali di cui agli articoli 1117 e
1117-bis del Codice Civile» o che interessano «tutte le
unità immobiliari di cui si compone il singolo condominio».
Per le parti comuni, la detrazione del 65% spetta dall'anno
«di effettuazione del bonifico bancario da parte
dell'amministratore e nel limite delle rispettive quote
dello stesso imputate ai singoli condomini e da questi
ultimi effettivamente versate al condominio al momento della
presentazione della dichiarazione» dei redditi. Per gli
interventi che interessano «tutte le unità immobiliari di
cui si compone il singolo condominio», invece, solo se
tutti i condomini effettueranno le spese verdi, si potrà
avere il bonus per le spese sostenute dall'01.01.2014 al
30.06.2014 (dal 06.06.2013 al 31.12.2013, non conviene
utilizzare questa norma specifica, ma è preferibile
beneficiare del bonus per la singola unità immobiliare).
Per gli interventi sul recupero del patrimonio edilizio
(manutenzioni, ristrutturazioni e restauro e risanamento
conservativo), l'aumento della detrazione Irpef dal 36% al
50% (con limite di spesa passato da 48.000 a 96.000 euro per
singola unità immobiliare), in vigore per i pagamenti
effettuati dal 26.06.2012, sarebbe scaduto lo scorso 30
giugno, ma l'articolo 16 del Dl 63/2013 l'ha prorogato fino
al 31.12.2013. Chi non è riuscito ad effettuare tutti i
pagamenti entro giugno 2013, quindi, avrà ancora qualche
mese per beneficiare del maxi-sconto fiscale del 50%, che da
gennaio 2014 ritornerà al 36 per cento.
La detrazione tipica delle ristrutturazioni edilizie
(36-50%) è stata aumentata al 65% per i bonifici effettuati
dalla data di entrata in vigore della conversione in legge
del decreto e fino al 31.12.2013 per le spese sostenute per
gli interventi relativi all'adozione di misure antisismiche,
le cui procedure autorizzative saranno attivate dopo
l'entrata in vigore della legge di conversione del decreto
eco-bonus. Questi interventi potranno essere eseguiti «su
edifici ricadenti nelle zone sismiche ad alta pericolosità
(zone 1 e 2) di cui all'ordinanza del presidente del
Consiglio dei ministri 3274 del 20.03.2003» e dovranno
essere riferiti «a costruzioni adibite ad abitazione
principale o ad attività produttive». Solo in questi casi,
potranno beneficiare della detrazione del 65%, con un
massimo della spesa agevolata di 96.000 euro per unità
immobiliare (articolo 16, comma 1-bis, Dl 63/2013).
Negli altri casi, per le misure antisismiche senza questi
requisiti, si potrà beneficiare della classica detrazione
del 36%, aumentata al 50% per i pagamenti effettuati dal
26.06.2012 al 31.12.2013 (articolo
Il Sole 24 Ore del 02.08.2013). |
luglio
2013 |
|
EDILIZIA PRIVATA:
Costruzione in zona sismica senza
preventivo deposito del progetto.
il reato
previsto dagli artt. 93 d.P.R. 380/2001 ha natura di reato
permanente, la cui consumazione si protrae sino a quando chi
intraprende l'intervento edilizio in zona sismica non
presenta la relativa denuncia con l'allegato progetto ovvero
non termina l'intervento medesimo (Corte di Cassazione, Sez.
III penale,
sentenza 11.07.2013 n. 29737 - tratto da
www.lexambiente.it). |
giugno
2013 |
|
EDILIZIA PRIVATA: Eco-bonus,
premi a largo raggio. L'aumento del beneficio al 65%
conviene sempre anche se scende l'importo agevolabile.
IL PROBLEMA/ L'agevolazione passa al 65% dal 1° luglio
L'unica incognita deriva dalle conseguenze del possibile
aumento Iva.
L'ATTENUANTE/ In molti casi l'imposta sul valore aggiunto
resterà al 10% Impatto negativo per le spese più elevate.
L'aumento dal 1° luglio della detrazione
Irpef ed Ires dal 55% al 65% per le spese sul risparmio
energetico qualificato degli edifici rende il regime più
conveniente rispetto all'attuale, nonostante la diminuzione
dei tetti per la spesa agevolata. L'unica incognita è
l'aumento dell'Iva dal 21 al 22%, in programma anch'esso per
il 1° luglio se il Governo non riuscirà a posticiparlo
nuovamente, che potrebbe "mangiarsi" una quota dei risparmi
aggiuntivi.
La maggiore convenienza rispetto al regime attuale emerge
chiara da alcuni esempi pratici. Se devono essere spesi
importi inferiori ai vecchi limiti (ad esempio, per la
coibentazione dell'edificio fino a 109.090,91 euro), il
costo dell'investimento netto (cioè "pulito" dalla
detrazione da ripartire comunque in dieci anni) è sempre
inferiore se si sposta il pagamento delle fatture dopo il 1°
luglio. Nel caso in cui, invece, la spesa supera i nuovi
tetti, il costo finale è uguale, a prescindere dalla data
del pagamento.
Il decreto approvato dal Consiglio dei ministri venerdì,
con la proroga fino a fine anno e l'innalzamento al 65% del
scaldacqua a pompa di calore), nel caso di persone fisiche o
lavoratori autonomi (professionisti). Per le imprese,
invece, vale il periodo di competenza economica del costo,
che coincide con il momento dell'ultimazione dell'intervento
per le prestazioni (difficilmente è agevolato il solo
acquisto del bene, senza la sua installazione).
Di conseguenza, l'aumento della detrazione dal 55% al 65%
solo da luglio 2013 può comportare un ritardo dei pagamenti
da parte di persone fisiche e professionisti, e un ritardo
della fine dei lavori per gli interventi commissionati dalle
imprese. Un effetto recessivo (per il solo mese di giugno)
che poteva essere evitato, copiando quanto fatto nel
precedente aumento dell'agevolazione sulle ristrutturazioni
edilizie: in quel caso, l'aumento dal 36% al 50% è partito
il 26.06.2012, cioè il giorno di pubblicazione in «Gazzetta
Ufficiale» del decreto che l'ha previsto (articolo 11, comma
1, del decreto-legge 22.06.2012, n. 83).
Nella tabella a lato sono stati riportati i quattro
interventi agevolati (manca solo quello per i condomini),
ipotizzando i tre possibili importi di spesa: sotto il nuovo
limite (inferiore al vecchio), tra il nuovo e il vecchio e
superiore al vecchio limite. Nei primi due casi, si nota la
convenienza a posticipare la spesa dopo il 30.06.2013,
mentre se la spesa da fare supera i vecchi limiti (terzo
caso), la data è indifferente (i limiti sono però molto alti
e difficilmente vengono superati.
In tutti i casi, non è stato calcolato l'effetto
dell'aumento dell'Iva dal 21% al 22%, previsto dal
01.07.2013, anche perché la tabella vale anche per i
soggetti Iva, che possono detrarre l'imposta; in ogni caso,
conviene comunque posticipare la spesa, perché l'eventuale
maggiore Iva che colpirà solo le persone fisiche (è in
generale detraibile per imprese e professionisti) è
ampiamente coperto dalla minore Irpef (pari al 10% della
spesa sostenuta).
Solo per il privato che supera i vecchi limiti di spesa,
l'aumento dell'Iva dal 21% al 22% potrebbe nuocere, perché
anche senza considerare l'Iva il costo netto è uguale
qualunque sia la data di sostenimento della spesa. In questi
casi, se proprio volesse sterilizzare l'aumento dell'Iva,
potrebbe chiedere al fornitore di emettere la fattura
anticipata dei lavori, prima del primo luglio 2013,
applicando l'Iva al 21 per cento.
Sono comunque poche le spese agevolate per cui non si
applica l'Iva del 10%, non interessata dall'aumento in
programma a luglio. Ad esempio, per gli interventi
agevolati, rientranti tra i restauri e risanamenti
conservativi e le ristrutturazioni edilizie (su qualunque
fabbricato, abitativo e non), l'aliquota Iva del 10% si
applica alle prestazioni dipendenti da contratti di appalto
o d'opera (voce n. 127-quaterdecies, Parte III, Tabella A,
allegata al dpr 633/1972) e all'acquisto di beni, escluse le
materie prime e semilavorate (voce n. 127-terdecies, Parte
III, Tabella A, allegata al Dpr 633/72).
Si applica l'Iva ordinaria del 21% (22% dal primo luglio),
invece, alle prestazioni rese dai professionisti (ingegneri,
architetti, geometri, eccetera) o alla parte del valore dei
beni significativi (ad esempio, infissi) che eccedono il
valore della prestazione (posa in opera o manodopera), delle
materie prime e semilavorate, nell'ambito dell'agevolazione
Iva del 10%, prevista dall'articolo 7, comma 1, lettera b),
legge 23.12.1999, n. 488.
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Pressing per estendere lo sconto a opere
antisismiche
L'INDICAZIONE/ Per il presidente della commissione Ambiente
della Camera, Realacci, «necessario intervenire in
Parlamento».
«La proroga e l'innalzamento al 65% dello sgravio fiscale
per il risparmio energetico sono davvero un punto di svolta
nelle politiche per la crescita che forse Palazzo Chigi
avrebbe potuto comunicare meglio. Senza togliere importanza
al disegno di legge sui partiti, penso che queste siano le
prime vere misure per la crescita e, aggiungo, per una
crescita che va nella direzione giusta della sostenibilità e
della qualità edilizia».
Ermete Realacci, presidente della commissione Ambiente della
Camera, capofila storico dell'ala ambientalista del Pd e ora
vicino a Matteo Renzi, non fa mistero della soddisfazione
per il varo del bonus potenziato. È la sua battaglia da
anni, convinto com'è che lo sgravio del 55%, ora 65%, sia il
tipo di politica economica necessaria all'Italia per
rilanciare e riconvertire l'industria in chiave verde e di
qualità, decisiva anche per il medio-lungo periodo. Un
rammarico, tuttavia, Realacci c'è l'ha: che nel nuovo
sgravio al 65% non siano rientrati gli investimenti per la
prevenzione antisismica: «Prendo atto –spiega– delle
dichiarazioni del governo che la prevenzione sismica è una
priorità ma allora non possiamo prendere in giro gli
italiani riconfermando lo sgravio del 50% che c'era già.
Dobbiamo intervenire in Parlamento estendendo il 65% agli
interventi di prevenzione sismica. Lo sgravio del 50% si è
dimostrato insufficiente per farli decollare».
Realacci è ottimista sulla possibilità di intervenire nella
fase di conversione del decreto. «Credo ci siano margini.
Questa è comunque la mia posizione e ho già cominciato a
lavorare perché diventi largamente condivisa. D'altra parte,
la commissione che presiedo ha già votato una risoluzione
che chiedeva due cose: la stabilizzazione del bonus e
l'estensione agli interventi di prevenzione antisismica. Ora
che c'è anche il rafforzamento al 65%, stiamo creando
un'occasione che non possiamo sprecare».
Realacci aggiunge di aver trovato disponibilità nel ministro
delle Infrastrutture, Maurizio Lupi. Un'apertura esplicita
in questo senso è venuta anche dal ministro dell'Ambiente,
Andrea Orlando, che in questa partita ha sposato in pieno le
tesi di Realacci, anche quando venerdì ha detto che era
necessario allargare la forbice fra il bonus energetico e
quello per le ristrutturazioni per creare un maggiore
incentivo all'investimento più sostenibile sul piano
energetico e ambientale.
Per Realacci il completamento dell'operazione 65%
contribuirebbe «a riorientare i cittadini a una nuova
idea di casa, considerando che fra una casa ben fatta e una
fatta male passa anche una differenza di bolletta energetica
di 1.500 euro annui. C'è un gran discutere di Imu che pesa
meno di 500 euro su gran parte delle famiglie e dobbiamo
imparare a cogliere queste altre opportunità». Il 65% «può
contribuire anche a rilanciare il settore dell'edilizia
dandogli competitività nella direzione giusta della qualità
e della bellezza». A patto che si pensi fin da ora «a
una qualche forma di stabilizzazione, tale da consentire una
politica che duri negli anni».
---------------
Nuova certificazione. Le penalità per il
proprietario. Sanzione fino a 18mila euro se manca
l'attestato.
TRASPARENZA/ I parametri energetici vanno riportati anche
negli annunci di vendita/affitto Multa da 3mila euro per chi
non adempie.
Compravendite di immobili e locazioni con Ape (attestato di
prestazione energetica) al posto dell'Ace (attestato di
certificazione energetica): è quanto dispone il decreto
legge sul bonus energia.
Il nuovo attestato Ape (che avrà vigore solo dal momento in
cui ne verrà apprestato lo schema dal ministro dello
Sviluppo economico, come previsto dall'articolo 6 del
decreto) dovrà essere rilasciato da esperti qualificati e
indipendenti, dovrà attestare la prestazione energetica di
un edificio attraverso l'utilizzo di specifici descrittori e
fornirà raccomandazioni per il miglioramento dell'efficienza
energetica.
L'Ace non andrà del tutto in pensione, ma potrà continuare a
essere «predisposto al fine di semplificare il successivo
rilascio della prestazione energetica»; inoltre, è
precisato che l'obbligo di dotare l'edificio di un Ape non
sussiste «ove sia già disponibile un attestato in corso
di validità, rilasciato conformemente alla direttiva
2002/91/CE».
L'Ape (che avrà una validità temporale di dieci anni e che
comunque perderà vigore per effetto di qualsiasi intervento
di ristrutturazione o riqualificazione che modifichi la
classe energetica dell'immobile) dovrà essere rilasciato al
termine dei lavori e a cura di chi li ha effettuati, per gli
edifici di nuova costruzione o fatti oggetto di lavori di
ristrutturazione "importante" (e cioè quando i lavori
in questione insistano su oltre il 25% della superficie
dell'involucro dell'intero edificio). Anche il proprietario
dell'immobile è però tenuto, in caso di vendita o locazione,
a rendere disponibile l'Ape al potenziale acquirente o al
nuovo locatario fin dall'avvio delle trattative, e
consegnarlo alla fine delle medesime. Se a essere venduto o
locato è un edificio ancora non costruito, il venditore o il
locatore dovrà fornire evidenza della futura prestazione
energetica dell'edificio e dovrà produrre l'Ape insieme alla
dichiarazione di fine lavori.
Nei contratti di vendita o nei nuovi contratti di locazione
andrà inoltre inserita una clausola con la quale
l'acquirente o il conduttore diano atto di aver ricevuto le
informazioni e la documentazione, comprensiva dell'Ape,
sull'attestazione della prestazione energetica degli
edifici. La prestazione energetica è rilevante anche prima
della stipula di questi contratti, poiché è prescritto che
nel caso di offerta di vendita o di locazione, gli annunci
(contenuti in qualsiasi mezzo di comunicazione) debbano
riportare «l'indice di prestazione energetica
dell'involucro edilizio e globale dell'edificio o dell'unità
immobiliare e la classe energetica corrispondente».
Tutte queste prescrizioni sono assistite da sanzioni non
lievi. Se non vengano dotati di Ape gli edifici nuovi o
ristrutturati oppure oggetto di vendita, il costruttore o il
proprietario sono puniti con la sanzione amministrativa non
inferiore a 3mila euro e non superiore a 18mila euro. Se di
Ape non sia dotato un edificio oggetto di un nuovo contratto
di locazione, il proprietario è punito con la sanzione
amministrativa da 300 a 1800 euro. In caso di violazione
dell'obbligo di riportare i parametri energetici
nell'annuncio di offerta di vendita o locazione, il
responsabile dell'annuncio è punito con la sanzione
amministrativa non inferiore da 500 a 3mila euro.
Di Ape dovranno essere dotati anche gli edifici utilizzati
da Pubbliche amministrazioni e aperti al pubblico: il
proprietario dovrà produrlo e affiggerlo con «con
evidenza all'ingresso dell'edificio stesso o in altro luogo
chiaramente visibile al pubblico» (articolo
Il Sole 24 Ore del 02.06.2013 - tratto da
www.ecostampa.it). |
maggio
2013 |
|
EDILIZIA PRIVATA: Il
rilascio della sanatoria ex art. 36 dpr 380/2001 presuppone
la "doppia conformità" anche per il rispetto delle norme
tecniche previste per le zone sismiche.
Va dichiara
l’illegittimità costituzionale degli articoli 5, commi 1, 2
e 3, 6 e 7 della legge della Regione Toscana 31.01.2012, n.
4 (Modifiche alla legge regionale 03.01.2005, n. 1 «Norme
per il governo del territorio» e della legge regionale
16.10.2009, n. 58 «Norme in materia di prevenzione e
riduzione del rischio sismico»).
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Il principio della doppia conformità è previsto dall’art. 36
del d.P.R. n. 380 del 2001, che così recita: «1. In caso di
interventi realizzati in assenza di permesso di costruire, o
in difformità da esso, ovvero in assenza di denuncia di
inizio attività nelle ipotesi di cui all’articolo 22, comma
3, o in difformità da essa, fino alla scadenza dei termini
di cui agli articoli 31, comma 3, 33, comma 1, 34, comma 1,
e comunque fino all’irrogazione delle sanzioni
amministrative, il responsabile dell’abuso, o l’attuale
proprietario dell’immobile, possono ottenere il permesso in
sanatoria se l’intervento risulti conforme alla disciplina
urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della
realizzazione dello stesso, sia al momento della
presentazione della domanda.
2. Il rilascio del permesso in sanatoria è subordinato al
pagamento, a titolo di oblazione, del contributo di
costruzione in misura doppia, ovvero, in caso di gratuità a
norma di legge, in misura pari a quella prevista
dall’articolo 16. Nell’ipotesi di intervento realizzato in
parziale difformità, l’oblazione è calcolata con riferimento
alla parte di opera difforme dal permesso.
3. Sulla richiesta di permesso in sanatoria il dirigente o
il responsabile del competente ufficio comunale si pronuncia
con adeguata motivazione, entro sessanta giorni decorsi i
quali la richiesta si intende respinta.»
Come è evidente dal contenuto letterale della norma, tale
principio risulta finalizzato a garantire l’assoluto
rispetto della «disciplina urbanistica ed edilizia» durante
tutto l’arco temporale compreso tra la realizzazione
dell’opera e la presentazione dell’istanza volta ad ottenere
l’accertamento di conformità.
Il rigore insito nel principio in questione trova conferma
anche nell’interpretazione della giurisprudenza
amministrativa, la quale afferma che, ai fini della
concedibilità del permesso di costruire in sanatoria, di cui
all’art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001, è necessario che le
opere realizzate siano assentibili alla stregua non solo
della disciplina urbanistica vigente al momento della
domanda di sanatoria, ma anche di quella in vigore all’epoca
di esecuzione degli abusi.
In tal senso, la stessa giurisprudenza afferma che la
sanatoria in questione –in ciò distinguendosi da un vero e
proprio condono– è stata deliberatamente circoscritta dal
legislatore ai soli abusi «formali», ossia dovuti alla
carenza del titolo abilitativo, rendendo così palese la
ratio ispiratrice della previsione della sanatoria in esame,
«anche di natura preventiva e deterrente», finalizzata a
frenare l’abusivismo edilizio, in modo da escludere letture
«sostanzialiste» della norma che consentano la possibilità
di regolarizzare opere in contrasto con la disciplina
urbanistica ed edilizia vigente al momento della loro
realizzazione, ma con essa conformi solo al momento della
presentazione dell’ istanza per l’accertamento di
conformità.
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In particolare, il capo IV della parte II del testo
unico di cui al d.P.R. n. 380 del 2001, reca il titolo
«Provvedimenti per le costruzioni con particolari
prescrizioni per le zone sismiche». Il termine «particolari»
indica evidentemente che si tratta di prescrizioni
aggiuntive, e non alternative, a quelle generali per
l’edilizia, come è confermato dall’inserimento del citato
capo IV nell’ambito della Parte II dello stesso testo unico,
dedicata alla «Normativa tecnica per l’edilizia».
Pertanto, le «particolari prescrizioni» antisismiche sono
parte della normativa tecnica generale sull’edilizia e non
ne sono separate o autonome, come invece sostiene la Regione
Toscana.
In secondo luogo, dall’esame delle norme statali di
principio e financo da quelle regionali, traspare evidente
il necessario collegamento tra i vari accertamenti
concernenti il rispetto delle normative di settore e il
rilascio dell’accertamento di conformità in sanatoria di cui
all’art. 36 del testo unico. In riferimento alle prime,
l’art. 20, comma 1, del d.P.R. n. 380 del 2001, che
disciplina il procedimento per il rilascio del permesso di
costruire, prevede che la relativa domanda sia accompagnata
dalla dichiarazione del progettista che asseveri la
conformità del progetto oltre che agli strumenti urbanistici
e ai regolamenti edilizi, anche alle altre normative di
settore, tra le quali la disposizione statale,
significativamente, richiama «in particolare» le «norme
antisismiche, di sicurezza, antincendio,
igienico-sanitarie».
Parimenti, l’art. 23, comma 1-bis, dello stesso decreto,
collocato nel capo III, concernente la denuncia di inizio
attività, esclude che l’autocertificazione consentita in
tali casi possa estendersi al rispetto, tra le altre, della
«normativa antisismica». Inoltre, l’art. 94, comma 1, del
d.P.R. n. 380 del 2001, dispone che «Fermo restando
l’obbligo del titolo abilitativo all’intervento edilizio,
nelle località sismiche […] non si possono iniziare i lavori
senza preventiva autorizzazione scritta del competente
ufficio tecnico della regione», e questa Corte ha ritenuto
illegittima la sostituzione dell’autorizzazione con un
semplice preavviso.
Se pertanto, nel sistema dei principi delineati dalla
normativa statale, sia gli interventi edilizi soggetti a
permesso di costruire, sia quelli consentiti a seguito di
denuncia, presuppongono sempre la previa verifica del
rispetto delle norme sismiche, non pare possa dubitarsi che
la verifica della doppia conformità, alla quale l’art. 36
del testo unico subordina il rilascio dell’accertamento di
conformità in sanatoria, debba riferirsi anche al rispetto
delle norme sismiche, da comprendersi nelle norme per
l’edilizia, sia al momento della realizzazione
dell’intervento che al momento di presentazione della
domanda di sanatoria.
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L’accertamento del rispetto delle specifiche norme tecniche
antisismiche è sempre un presupposto necessario per
conseguire il titolo che consente di edificare, al quale si
riferisce il criterio della doppia conformità.
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Quanto alla ratio del principio statale sul quale si fonda
la previsione della sanatoria di cui all’art. 36 dpr
380/2001, deve osservarsi che il requisito della doppia
conformità risulta strettamente correlato alla natura della
violazione edilizia sottostante, che come si è visto deve
essere di tipo «puramente formale».
Questa Corte ha ritenuto che tale intento è «palesemente
orientato ad esigere una vigilanza assidua sulle costruzioni
riguardo al rischio sismico, attesa la rilevanza del bene
protetto, che trascende anche l’ambito della disciplina del
territorio, per attingere a valori di tutela dell’incolumità
pubblica che fanno capo alla materia della protezione
civile, in cui ugualmente compete allo Stato la
determinazione dei principi fondamentali».
La Corte ha anche affermato che le norme sismiche dettano
«una disciplina unitaria a tutela dell’incolumità pubblica,
mirando a garantire, per ragioni di sussidiarietà e di
adeguatezza, una normativa unica, valida per tutto il
territorio nazionale».
3.— Nel merito, la questione è fondata.
Al fine di individuare la materia nella quale rientrano le
disposizioni impugnate, è opportuno premettere che
l’accertamento di conformità in sanatoria per le opere
edilizie è stato previsto, per la prima volta, dall’art. 13
della legge 28.02.1985, n. 47 (Norme in materia di controllo
dell’attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e
sanatoria delle opere edilizie), e successivamente è stato
recepito dalla più recente e completa regolazione prevista
dal testo unico approvato con d.P.R. n. 380 del 2001 che,
all’art. 1, comma 1, qualifica le norme in esso contenute
come «principi fondamentali e generali […] per la
disciplina dell’attività edilizia».
In particolare, si osserva che le norme censurate
intervengono nell’ambito della disciplina delle costruzioni
nelle zone sismiche, dettando specifiche disposizioni ai
fini del conseguimento del suddetto accertamento di
conformità nei casi di interventi edilizi realizzati nelle
zone sismiche e nelle zone a bassa sismicità, o in corso di
realizzazione in tali zone.
Questa Corte si è, in più occasioni, pronunciata con
riguardo alla legittimità di disposizioni regionali
intervenute nella disciplina delle costruzioni nelle zone
sismiche, valutandone la coerenza con le norme statali di
principio contenute nel richiamato testo unico di cui al
d.P.R. n. 380 del 2001. Nella sentenza n. 182 del 2006, la
Corte ha dichiarato illegittima, per violazione dell’art.
117, terzo comma, Cost., una disposizione della legge della
Regione Toscana n. 1 del 2005 in considerazione del mancato
rispetto, sotto un diverso profilo, di una norma statale di
principio prevista dall’art. 94 del d.P.R. n. 380 del 2001
sul controllo delle costruzioni a rischio sismico, nella
parte in cui non stabiliva che non si possono iniziare
lavori senza preventiva autorizzazione scritta del
competente ufficio tecnico della Regione. La disposizione
regionale prevedeva, infatti, il semplice preavviso alla
struttura regionale competente, senza richiedere la predetta
autorizzazione.
Più in generale, in questa pronuncia la Corte ha affermato
che «l’intento unificatore della legislazione statale è
palesemente orientato ad esigere una vigilanza assidua sulle
costruzioni riguardo al rischio sismico, attesa la rilevanza
del bene protetto, che trascende anche l’ambito della
disciplina del territorio, per attingere a valori di tutela
dell’incolumità pubblica che fanno capo alla materia della
protezione civile, in cui ugualmente compete allo Stato la
determinazione dei principi fondamentali».
Inoltre, con sentenza n. 201 del 2012, è stata dichiarata
l’illegittimità di una disposizione della legge della
Regione Molise 09.09.2011, n. 25 (Procedure per
l’autorizzazione sismica degli interventi edilizi e la
relativa vigilanza, nonché per la prevenzione del rischio
sismico mediante la pianificazione urbanistica), che,
disciplinando le procedure per l’autorizzazione sismica per
gli interventi edilizi, prevedeva, in caso di modifica
architettonica che comportasse un aumento dei carichi
superiore al 20%, l’obbligo di redazione di una variante
progettuale da depositare preventivamente, mentre per le
modifiche inferiori a questo limite si richiedeva il
deposito della sola verifica strutturale nell’ambito della
direzione dei lavori. Questa Corte ha ritenuto che la norma
regionale violasse il principio di cui all’art. 88 del
d.P.R. n. 380 del 2001.
Anche in questo caso la Corte ha ribadito che «la
normativa regionale impugnata, occupandosi degli interventi
edilizi in zone sismiche e della relativa vigilanza, rientra
nella materia della protezione civile, oggetto di competenza
legislativa concorrente ai sensi dell’art. 117, terzo comma,
Cost.».
Tale inquadramento, recentemente ribadito nella sentenza n.
64 del 2013, era peraltro già stato affermato nelle sentenze
n. 254 del 2010 e n. 248 del 2009, in riferimento alla
illegittimità di deroghe regionali alla normativa statale
per l’edilizia in zone sismiche, ed in relazione al titolo
competenziale di tale normativa: la Corte ha ritenuto che
essa rientri nell’ambito del governo del territorio, nonché
nella materia della protezione civile, per i profili
concernenti «la tutela dell’incolumità pubblica»
(sentenza n. 254 del 2010).
Di conseguenza, nel contesto legislativo e
giurisprudenziale, ora sinteticamente richiamato, deve
ritenersi che le norme impugnate nel presente giudizio –che
riguardano la disciplina dei requisiti per ottenere
l’accertamento di conformità in sanatoria per gli interventi
edilizi realizzati nelle zone sismiche e nelle zone a bassa
sismicità, il relativo procedimento, ed il collegamento di
tali disposizioni con la procedura di accertamento di
conformità in sanatoria per le opere edilizie di cui
all’art. 140 della legge regionale n. 1 del 2005– rientrano
anch’esse nelle materie relative al governo del territorio
e, per i profili indicati, alla protezione civile, e non
costituiscono norme tecniche che esulano da tali ambiti.
4.— Il principio della doppia conformità, invocato dal
Presidente del Consiglio dei ministri, è previsto dall’art.
36 del d.P.R. n. 380 del 2001, che così recita: «1. In
caso di interventi realizzati in assenza di permesso di
costruire, o in difformità da esso, ovvero in assenza di
denuncia di inizio attività nelle ipotesi di cui
all’articolo 22, comma 3, o in difformità da essa, fino alla
scadenza dei termini di cui agli articoli 31, comma 3, 33,
comma 1, 34, comma 1, e comunque fino all’irrogazione delle
sanzioni amministrative, il responsabile dell’abuso, o
l’attuale proprietario dell’immobile, possono ottenere il
permesso in sanatoria se l’intervento risulti conforme alla
disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento
della realizzazione dello stesso, sia al momento della
presentazione della domanda.
2. Il rilascio del permesso in sanatoria è subordinato al
pagamento, a titolo di oblazione, del contributo di
costruzione in misura doppia, ovvero, in caso di gratuità a
norma di legge, in misura pari a quella prevista
dall’articolo 16. Nell’ipotesi di intervento realizzato in
parziale difformità, l’oblazione è calcolata con riferimento
alla parte di opera difforme dal permesso.
3. Sulla richiesta di permesso in sanatoria il dirigente o
il responsabile del competente ufficio comunale si pronuncia
con adeguata motivazione, entro sessanta giorni decorsi i
quali la richiesta si intende respinta.»
Come è evidente dal contenuto letterale della norma, tale
principio risulta finalizzato a garantire l’assoluto
rispetto della «disciplina urbanistica ed edilizia»
durante tutto l’arco temporale compreso tra la realizzazione
dell’opera e la presentazione dell’istanza volta ad ottenere
l’accertamento di conformità.
Il rigore insito nel principio in questione trova conferma
anche nell’interpretazione della giurisprudenza
amministrativa, la quale afferma che, ai fini della
concedibilità del permesso di costruire in sanatoria, di cui
all’art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001, è necessario che le
opere realizzate siano assentibili alla stregua non solo
della disciplina urbanistica vigente al momento della
domanda di sanatoria, ma anche di quella in vigore all’epoca
di esecuzione degli abusi (pronunce del Consiglio di Stato,
sezione IV, 21.12.2012, n. 6657; sezione IV, 02.11.2009, n.
6784; sezione V, 29.05.2006, n. 3267; sezione IV,
26.04.2006, n. 2306).
In tal senso, la stessa giurisprudenza afferma che la
sanatoria in questione –in ciò distinguendosi da un vero e
proprio condono– è stata deliberatamente circoscritta dal
legislatore ai soli abusi «formali», ossia dovuti
alla carenza del titolo abilitativo, rendendo così palese la
ratio ispiratrice della previsione della sanatoria in
esame, «anche di natura preventiva e deterrente»,
finalizzata a frenare l’abusivismo edilizio, in modo da
escludere letture «sostanzialiste» della norma che
consentano la possibilità di regolarizzare opere in
contrasto con la disciplina urbanistica ed edilizia vigente
al momento della loro realizzazione, ma con essa conformi
solo al momento della presentazione dell’ istanza per
l’accertamento di conformità (citata pronuncia del Consiglio
di Stato, sezione IV, 21.12.2012, n. 6657).
Ora, risulta pacifico, anche dalle argomentazioni della
Regione Toscana, che le disposizioni di cui all’art. 5 della
legge regionale impugnata non rispettano il principio di
doppia conformità, inteso nel senso sopra descritto, ma
prevedono tre distinte ipotesi di contrasto con le norme
sismiche di opere già realizzate, ovvero in corso di
realizzazione, senza richiedere che la sostanziale
conformità alle medesime norme sussista sia nel momento
della realizzazione che in quello di presentazione
dell’istanza per ottenere la sanatoria. Discostandosi
nettamente da tale principio, il comma 3 dell’art. 5
consente persino la regolarizzazione di opere realizzate o
in corso di realizzazione, mediante la presentazione di un «progetto
di adeguamento conforme alla normativa tecnica vigente al
momento di presentazione della stessa».
La Regione Toscana giustifica il mancato rispetto del
principio della doppia conformità edilizia ed urbanistica
nelle norme impugnate con una serie di argomentazioni
fondate sul presupposto interpretativo secondo il quale tale
principio non possa applicarsi alla disciplina antisismica,
che per sua natura rientrerebbe nelle norme tecniche di
costruzione.
Peraltro, dall’esame del quadro normativo di riferimento nel
quale si inseriscono le norme censurate, tale presupposto
interpretativo risulta errato.
In primo luogo, la Regione afferma che l’art. 36 del d.P.R.
n. 380 del 2001 è collocato nella parte I (Attività
edilizia), titolo IV (Vigilanza sull’attività urbanistico
edilizia, responsabilità e sanzioni), capo II (Sanzioni),
mentre la disciplina per le costruzioni nelle zone sismiche
è contenuta nella parte II (Normativa tecnica per
l’edilizia), capo IV (Provvedimenti per le costruzioni con
particolari prescrizioni per le zone sismiche) del medesimo
decreto recante il testo unico dell’edilizia. Da tale
collocazione la Regione desume un argomento a favore
dell’autonomia della verifica dell’osservanza delle norme
sismiche rispetto a quella richiesta dall’art. 36 del d.P.R.
n. 380 del 2001, che si riferisce alla normativa urbanistica
ed edilizia, nella quale non rientrerebbe la disciplina
delle costruzioni in zone sismiche.
Questa ricostruzione non è condivisibile, dal momento che
risulta contraddetta dalla stessa lettura sistematica delle
norme richiamate.
In particolare, il capo IV della parte II del testo
unico di cui al d.P.R. n. 380 del 2001, reca il titolo «Provvedimenti
per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone
sismiche». Il termine «particolari» indica
evidentemente che si tratta di prescrizioni aggiuntive, e
non alternative, a quelle generali per l’edilizia, come è
confermato dall’inserimento del citato capo IV nell’ambito
della Parte II dello stesso testo unico, dedicata alla «Normativa
tecnica per l’edilizia».
Pertanto, le «particolari prescrizioni» antisismiche
sono parte della normativa tecnica generale sull’edilizia e
non ne sono separate o autonome, come invece sostiene la
Regione Toscana.
In secondo luogo, dall’esame delle norme statali di
principio e financo da quelle regionali, traspare evidente
il necessario collegamento tra i vari accertamenti
concernenti il rispetto delle normative di settore e il
rilascio dell’accertamento di conformità in sanatoria di cui
all’art. 36 del testo unico. In riferimento alle prime,
l’art. 20, comma 1, del d.P.R. n. 380 del 2001, che
disciplina il procedimento per il rilascio del permesso di
costruire, prevede che la relativa domanda sia accompagnata
dalla dichiarazione del progettista che asseveri la
conformità del progetto oltre che agli strumenti urbanistici
e ai regolamenti edilizi, anche alle altre normative di
settore, tra le quali la disposizione statale,
significativamente, richiama «in particolare» le «norme
antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie».
Parimenti, l’art. 23, comma 1-bis, dello stesso decreto,
collocato nel capo III, concernente la denuncia di inizio
attività, esclude che l’autocertificazione consentita in
tali casi possa estendersi al rispetto, tra le altre, della
«normativa antisismica». Inoltre, l’art. 94, comma 1,
del d.P.R. n. 380 del 2001, dispone che «Fermo restando
l’obbligo del titolo abilitativo all’intervento edilizio,
nelle località sismiche […] non si possono iniziare i lavori
senza preventiva autorizzazione scritta del competente
ufficio tecnico della regione», e questa Corte ha
ritenuto illegittima la sostituzione dell’autorizzazione con
un semplice preavviso (sentenza n. 182 del 2006).
Se pertanto, nel sistema dei principi delineati dalla
normativa statale, sia gli interventi edilizi soggetti a
permesso di costruire, sia quelli consentiti a seguito di
denuncia, presuppongono sempre la previa verifica del
rispetto delle norme sismiche, non pare possa dubitarsi che
la verifica della doppia conformità, alla quale l’art. 36
del testo unico subordina il rilascio dell’accertamento di
conformità in sanatoria, debba riferirsi anche al rispetto
delle norme sismiche, da comprendersi nelle norme per
l’edilizia, sia al momento della realizzazione
dell’intervento che al momento di presentazione della
domanda di sanatoria.
Inoltre, il collegamento tra la verifica del rispetto della
normativa per gli interventi in zone sismiche e il
procedimento di accertamento di conformità edilizia,
disciplinato dall’art. 140 della legge regionale toscana n.
1 del 2005, nel testo in vigore fino all’approvazione delle
norme impugnate, è evidente anche nel richiamo, operato dal
comma 3 di quest’ultimo articolo, all’art. 83 della stessa
legge regionale, al fine di indicare le norme generali sul
procedimento ed i requisiti per ottenere il permesso di
costruire in sanatoria. In particolare, il comma 4 dell’art.
83 prevede che «la domanda è accompagnata da una
dichiarazione del progettista abilitato che assevera la
conformità del progetto agli strumenti urbanistici approvati
oppure adottati, ai regolamenti edilizi vigenti e alle altre
normative di settore aventi incidenza sulla disciplina
dell’attività edilizia e, in particolare, alle norme
antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico sanitarie
[…]».
Nel medesimo senso, va osservato che l’art. 140, come
riconosciuto anche dalla Regione, richiama l’art. 84 della
stessa legge regionale n. 1 del 2005, che per le opere
soggette a SCIA dispone che la relazione del progettista
abilitato asseveri la conformità delle opere a tutte le
norme edilizie, e «in particolare, alle norme
antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie
[…]».
Sotto un ulteriore profilo, va rilevato che la pretesa
autonomia del procedimento di «accertamento di conformità
in sanatoria per gli interventi realizzati nelle zone
sismiche e nelle zone a bassa sismicità» non trova alcun
riferimento nella normativa statale di principio contenuta
nel testo unico approvato con il d.P.R. n. 380 del 2001, che
disciplina esclusivamente l’accertamento di conformità di
cui all’art. 36, a sua volta riferito alla sanatoria di «interventi
realizzati in assenza di permesso di costruire, o in
difformità da esso, ovvero in assenza di denuncia di inizio
attività nelle ipotesi di cui all’art. 22, comma 3, o in
difformità da essa».
4.1.— Deve pertanto ritenersi che l’accertamento del
rispetto delle specifiche norme tecniche antisismiche è
sempre un presupposto necessario per conseguire il titolo
che consente di edificare, al quale si riferisce il criterio
della doppia conformità.
Inoltre, non può essere condivisa l’argomentazione della
difesa della Regione, che desume dalle disposizioni
contenute negli articoli 98 e 100 del d.P.R. 380 del 2001 un
indirizzo legislativo favorevole all’adeguamento alle norme
antisismiche, piuttosto che alla sanzione, nei casi di opere
edilizie non in regola con tali norme.
In particolare, il richiamato art. 98 prevede che il
giudice, con il provvedimento di condanna in sede penale, in
alternativa alla demolizione del manufatto, possa impartire
le prescrizioni necessarie per rendere le opere conformi
alle norme sismiche. Al riguardo, si osserva che
l’applicazione di tale disposizione, che disciplina una
facoltà del giudice penale, presuppone l’accertamento del
reato e, quindi, la violazione delle norme sismiche.
Tutt’altra ipotesi si rinviene nella norma impugnata che
consente una possibilità di sanatoria delle violazioni delle
norme sismiche e che attribuisce al privato interessato una
posizione soggettiva tutelata nei confronti
dell’amministrazione, al fine di ottenere l’accertamento di
conformità.
Parimenti, anche la competenza rimessa alla regione
dall’articolo 100 del d.P.R. 380 del 2001, secondo la quale
la regione può ordinare «la demolizione delle opere o
delle parti di esse eseguite in violazione delle norme del
capo I del testo unico e delle norme tecniche di cui agli
articoli 52 e 83, ovvero l’esecuzione di modifiche idonee a
renderle conformi alle norme stesse», presuppone sempre
l’accertamento di un reato, anche se estinto per qualsiasi
causa, e pertanto disciplina una fattispecie nettamente
distinta da quelle previste dall’articolo 5 impugnato.
4.2.— Infine, quanto alla ratio del principio statale
sul quale si fonda la previsione della sanatoria di cui
all’art. 36, deve osservarsi che il requisito della doppia
conformità risulta strettamente correlato alla natura della
violazione edilizia sottostante, che come si è visto deve
essere di tipo «puramente formale».
All’opposto, sembra invece evidente che l’interpretazione
proposta dalla Regione condurrebbe alla previsione di un
vero e proprio condono edilizio, vanificando l’intento
perseguito dal legislatore statale con l’adozione delle
norme antisismiche. Come si è ricordato, questa Corte ha
ritenuto che tale intento è «palesemente orientato ad
esigere una vigilanza assidua sulle costruzioni riguardo al
rischio sismico, attesa la rilevanza del bene protetto, che
trascende anche l’ambito della disciplina del territorio,
per attingere a valori di tutela dell’incolumità pubblica
che fanno capo alla materia della protezione civile, in cui
ugualmente compete allo Stato la determinazione dei principi
fondamentali» (sentenza n. 182 del 2006). La Corte ha
anche affermato che le norme sismiche dettano «una
disciplina unitaria a tutela dell’incolumità pubblica,
mirando a garantire, per ragioni di sussidiarietà e di
adeguatezza, una normativa unica, valida per tutto il
territorio nazionale» (sentenze n. 201 del 2012 e n. 254
del 2010).
5.— Un ulteriore argomento prospettato dalla Regione Toscana
si fonda sulla valenza da attribuire alla giurisprudenza
della Corte di cassazione, che limita ai soli reati edilizi
gli effetti estintivi, a norma dell’art. 45 del d.P.R. n.
380 del 2001, del rilascio dell’accertamento di conformità
ai sensi dell’art. 36 dello stesso decreto, restando
punibili i connessi reati previsti dalle norme sismiche. Da
questa limitazione, la Regione ricava un argomento
aggiuntivo per sostenente l’autonomia delle norme sismiche
rispetto a quelle edilizie e, di conseguenza, la
riferibilità del principio della doppia conformità alle sole
norme edilizie e non anche a quelle sismiche.
In particolare, la Regione afferma che la Corte di
cassazione, valutando gli effetti estintivi dei reati che
derivano dal rilascio di provvedimenti di sanatoria, ha
costantemente affermato che il permesso di costruire
rilasciato ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001
estingue, a norma dell’art. 45 dello stesso decreto, «i
reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche
vigenti e non si estende ad altri reati correlati alla
tutela di interessi diversi rispetto a quelli che riguardano
l’assetto del territorio sotto il profilo edilizio, quali i
reati previsti dalla normativa sulle opere in cemento
armato, sulle costruzioni in zone sismiche, sulla tutela
delle zone di particolare interesse paesaggistico ed
ambientale» (sentenza della Corte di cassazione,
05.03.2009, n. 9922; nello stesso senso, la Regione richiama
le sentenze della medesima Corte 09.03.2011, n. 9277, e
23.03.2006, n. 10205).
Anche questa argomentazione non risulta conferente.
Al riguardo, deve innanzitutto rilevarsi che l’oggetto del
giudizio penale di accertamento dei vari reati previsti
dall’ordinamento a tutela del rispetto delle norme edilizie,
urbanistiche, sismiche, igieniche, paesaggistiche ed
ambientali, risulta nettamente distinto da quello del
presente giudizio.
Nella materia dell’edilizia il legislatore ha previsto che
vari comportamenti siano puniti con sanzioni amministrative
e penali, a maggior tutela del rispetto delle disposizioni
contenute nei diversi settori in cui si articola la medesima
materia. In tal senso, nel testo unico contenuto nel d.P.R.
n. 380 del 2001, si rinvengono sanzioni penali in caso di
comportamenti che vanno dalla lottizzazione abusiva (art.
44) alla violazione di tutte le norme sismiche previste dal
capo IV dello stesso decreto (art. 95). Nella sede penale il
giudice è pertanto tenuto alla individuazione dei reati
sulla base dei principi di stretta legalità e di tipicità,
accertando caso per caso la sussistenza dei requisiti
richiesti dalle singole fattispecie criminose che il
legislatore ha previsto nei vari ambiti suddetti.
In particolare, i reati previsti a tutela della normativa
sismica non sono considerati dall’art. 45, del d.P.R. n. 380
del 2001, specificamente dedicato alle «norme relative
all’azione penale», che al comma 3 prevede che «il
rilascio in sanatoria del permesso di costruire estingue i
reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche
vigenti».
Come risulta evidente dal suo contenuto letterale, tale
disposizione è finalizzata a disciplinare gli effetti
estintivi per i soli reati contravvenzionali previsti dalle
norme urbanistiche, ma non contribuisce in alcun modo a
definire il contenuto e la portata delle norme che delineano
il principio della doppia conformità ai sensi dell’art. 36
del d.P.R. n. 380 del 2001, che presuppone il rispetto delle
norme edilizie.
Pertanto, l’oggetto dei giudizi penali definiti dalla
richiamata giurisprudenza della Corte di cassazione, e le
disposizioni in quei casi applicate, previste dall’art. 45
del d.P.R. n. 380 del 2001, sono del tutto estranee
all’oggetto del presente giudizio, nel quale rileva
l’individuazione dell’area applicativa del principio
generale della doppia conformità alla disciplina urbanistica
ed edilizia, contenuto nell’ articolo 36 dello stesso
decreto e compreso nell’ambito delle materie del governo del
territorio e della protezione civile alle quali afferiscono
le norme sismiche, come ha chiarito la giurisprudenza di
questa Corte sopra richiamata.
6.— In riferimento al censurato art. 6 della legge della
Regione Toscana n. 4 del 2012, la Regione afferma che non
potrebbe essere dichiarato illegittimo neppure se si
ritenesse fondata la questione relativa all’art. 5, dal
momento che esso introduce l’art. 118-bis nella legge
regionale n. 1 del 2005, che si limita a regolare il
procedimento mediante il quale l’ufficio tecnico regionale
procede all’accertamento di conformità in sanatoria per gli
interventi realizzati nelle zone sismiche e nelle zone a
bassa sismicità, senza condizionarne l’esito in alcun modo.
In questa prospettazione, si sostiene che la neutralità di
tale disciplina procedimentale, impedisce di ritenere la
consequenzialità dell’illegittimità dell’art. 6 in virtù del
semplice richiamo operato dall’art. 5 della legge impugnata.
Anche questa affermazione della Regione contrasta con il
contenuto della disposizione impugnata che, in particolare,
recita: «1. Dopo l’articolo 118 della L.R. 1/2005 è
inserito il seguente: “Art. 118-bis - Procedimento per
accertamento di conformità in sanatoria per gli interventi
realizzati nelle zone sismiche e nelle zone a bassa
sismicità.
1. Per le opere realizzate nelle zone sismiche, nei casi di
cui all’articolo 118, commi 1 e 2, la struttura regionale
competente rilascia l’autorizzazione in sanatoria entro
sessanta giorni dalla trasmissione della relativa istanza.
2. Per le opere realizzate nelle zone a bassa sismicità, nei
casi di cui all’articolo 118, commi 1, 2 e 3, la struttura
regionale competente rilascia l’attestato di avvenuto
deposito in sanatoria nei quindici giorni successivi alla
trasmissione della relativa istanza. Il progetto delle opere
da sanare è assoggettato alle procedure di cui all’articolo
105-quater, comma 5.
3. Entro sessanta giorni dalla trasmissione della relativa
istanza, per le opere realizzate nelle zone sismiche, nei
casi di cui all’articolo 118, comma 3, la struttura
regionale competente accerta la conformità del progetto di
adeguamento alle norme tecniche vigenti e rilascia
l’autorizzazione in sanatoria a condizione che siano
eseguite le opere di adeguamento ivi previste.
4. Il progetto delle opere di adeguamento di cui
all’articolo 118, comma 3, lettera b) è trasmesso anche al
comune, per le relative verifiche di conformità urbanistica
ed edilizia. Le opere di adeguamento sono eseguite a seguito
del rilascio da parte del comune del titolo edilizio in
sanatoria di cui all’articolo 140, che ne autorizza
l’esecuzione. Il titolo edilizio in sanatoria acquista
efficacia a seguito della trasmissione al comune degli atti
di cui al comma 5.
5. Al termine dei lavori relativi alle opere di adeguamento,
l’interessato inoltra gli atti, di cui all’articolo 109,
alla struttura regionale competente, che provvede alla
vidimazione e all’inoltro al comune interessato. A tale
inoltro al comune, può provvedere direttamente anche
l’interessato».
Come emerge dal loro contenuto letterale, le disposizioni
dell’art. 6 si pongono in stretta correlazione con quelle
previste dall’art. 5 della legge regionale impugnata, come
confermato dai richiami ai commi 1, 2, e 3 del nuovo testo
dell’art. 118 della legge regionale n. 1 del 2005,
introdotto dallo stesso art. 5.
In particolare, le norme procedimentali di cui all’art. 6
sono direttamente strumentali al rilascio dell’
autorizzazione in sanatoria per gli interventi realizzati
nelle zone sismiche secondo le previsioni contenute nel
censurato art. 5, e costituiscono il necessario
completamento della disciplina del rilascio
dell’accertamento di conformità in violazione del principio
della doppia conformità. Consegue da questa stretta
compenetrazione tra le norme impugnate, l’illegittimità
dell’art. 6 della legge della Regione Toscana n. 4 del 2012
per le motivazioni sopra indicate.
7.— Infine, il censurato art. 7, facendo salva
l’applicazione delle disposizioni contenute nel nuovo testo
dell’art. 118 della legge della Regione Toscana n. 1 del
2005, sancisce la separazione e l’autonomia
dell’accertamento di conformità relativo alle norme sismiche
dal generale accertamento di conformità relativo alle norme
edilizie ed urbanistiche, garantendo l’effetto voluto dalla
Regione con la normativa impugnata, ma che, per le ragioni
anzidette, risulta lesivo del richiamato principio
fondamentale della doppia conformità.
Pertanto, va dichiarata l’illegittimità costituzionale anche
dell’art. 7 della legge della Regione Toscana n. 4 del 2012.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale
degli articoli 5, commi 1, 2 e 3, 6 e 7 della legge della
Regione Toscana 31.01.2012, n. 4 (Modifiche alla legge
regionale 03.01.2005, n. 1 «Norme per il governo del
territorio» e della legge regionale 16.10.2009, n. 58 «Norme
in materia di prevenzione e riduzione del rischio sismico»)
(Corte Costituzionale,
sentenza 29.05.2013 n. 101). |
EDILIZIA PRIVATA:
Dalla lettura dell’art. 94 D.P.R. 380/2001
(rubricato “Autorizzazione per l'inizio dei lavori”) si
evince agevolmente che l’autorizzazione sismica è necessaria
per l’inizio dei lavori e non costituisce viceversa un
presupposto per il rilascio del permesso di costruire.
Tanto si ricava dall’esame della disposizione contenuta nel
T.U. Edilizia, condotto secondo il criterio ermeneutico
imposto dall’art. 12 delle preleggi al codice civile: vi si
prevede infatti che “Fermo restando l'obbligo del titolo
abilitativo all'intervento edilizio, nelle località
sismiche, ad eccezione di quelle a bassa sismicità all'uopo
indicate nei decreti di cui all'articolo 83, non si possono
iniziare lavori senza preventiva autorizzazione scritta del
competente ufficio tecnico della regione”.
---------------
Infine, non coglie nel segno l’ultimo motivo di
diritto con cui le ricorrenti contestano l’illegittimità dei
provvedimenti impugnati per violazione dell’art. 2 L.Reg.
07.01.1983 n. 9 (obbligo di deposito del progetto esecutivo
presso l’Ufficio Provinciale del Genio Civile, da effettuare
prima dell’inizio dei lavori) e per il mancato previo
rilascio delle autorizzazioni occorrenti per i fabbricati da
realizzare in zone sismiche.
Invero, dalla lettura dell’art. 94 D.P.R. 380/2001
(rubricato “Autorizzazione per l'inizio dei lavori”)
si evince agevolmente che l’autorizzazione sismica è
necessaria per l’inizio dei lavori e non costituisce
viceversa un presupposto per il rilascio del permesso di
costruire.
Tanto si ricava dall’esame della disposizione contenuta nel
T.U. Edilizia, condotto secondo il criterio ermeneutico
imposto dall’art. 12 delle preleggi al codice civile: vi si
prevede infatti che “Fermo restando l'obbligo del titolo
abilitativo all'intervento edilizio, nelle località
sismiche, ad eccezione di quelle a bassa sismicità all'uopo
indicate nei decreti di cui all'articolo 83, non si possono
iniziare lavori senza preventiva autorizzazione scritta del
competente ufficio tecnico della regione”.
In ogni caso, si abbia presente che, come documentato in
atti, prima dell’inizio dei lavori la controinteressata ha
conseguito l’autorizzazione n. 1742 del 28.12.2011 ai sensi
del citato art. 94 D.P.R. 380/2001 e dell’art. 2 L.Reg.
07.01.1983 n. 9, con successivo rilascio del certificato di
collaudo tecnico–amministrativo depositato presso l’Ufficio
del Genio Civile di Benevento in data 14.06.2012 (cfr.
documenti depositati il 01.03.2013) (TAR Campania-Napoli,
Sez. VIII,
sentenza 09.05.2013 n. 2396 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Dalla lettura dell’art. 94 D.P.R. 380/2001
(rubricato “Autorizzazione per l'inizio dei lavori”) si
evince agevolmente che l’autorizzazione sismica rilasciata
dal competente Ufficio Tecnico Regionale è necessaria per
l’inizio dei lavori e non costituisce viceversa un
presupposto per il rilascio del permesso di costruire.
Tanto si ricava dall’esame della disposizione contenuta nel
T.U. Edilizia, condotto secondo il criterio ermeneutico
imposto dall’art. 12 delle preleggi al codice civile: vi si
prevede infatti che “Fermo restando l'obbligo del titolo
abilitativo all'intervento edilizio, nelle località
sismiche, ad eccezione di quelle a bassa sismicità all'uopo
indicate nei decreti di cui all'articolo 83, non si possono
iniziare lavori senza preventiva autorizzazione scritta del
competente ufficio tecnico della regione”.
Pertanto, la circostanza che l’autorizzazione sismica sia
stata ottenuta dopo il rilascio del permesso di costruire
non inficia la legittimità di quest’ultimo.
---------------
Non coglie nel segno il terzo motivo di diritto.
Invero, dalla lettura dell’art. 94 D.P.R. 380/2001
(rubricato “Autorizzazione per l'inizio dei lavori”)
si evince agevolmente che l’autorizzazione sismica
rilasciata dal competente Ufficio Tecnico Regionale è
necessaria per l’inizio dei lavori e non costituisce
viceversa un presupposto per il rilascio del permesso di
costruire.
Tanto si ricava dall’esame della disposizione contenuta nel
T.U. Edilizia, condotto secondo il criterio ermeneutico
imposto dall’art. 12 delle preleggi al codice civile: vi si
prevede infatti che “Fermo restando l'obbligo del titolo
abilitativo all'intervento edilizio, nelle località
sismiche, ad eccezione di quelle a bassa sismicità all'uopo
indicate nei decreti di cui all'articolo 83, non si possono
iniziare lavori senza preventiva autorizzazione scritta del
competente ufficio tecnico della regione”.
Pertanto, la circostanza che l’autorizzazione sismica sia
stata ottenuta dopo il rilascio del permesso di costruire
non inficia la legittimità di quest’ultimo (TAR
Campania-Napoli, Sez. VIII,
sentenza 07.05.2013 n. 2356 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
aprile
2013 |
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CONDOMINIO - EDILIZIA PRIVATA: Condominio.
Rilevanti le norme antisismiche. Va demolito l'abuso sanato
ma pericoloso.
Il condomino che realizza una costruzione sulla terrazza del
suo attico, senza osservare le norme antisismiche, è
obbligato a demolirla anche se ha ottenuto la sanatoria. A
meno che non abbia reso l'intero palazzo resistente al
terremoto.
La Corte di Cassazione, Sez. II civile, con la
sentenza 26.04.2013 n. 10082, respinge il ricorso
della proprietaria che contestava la decisione con la quale
i giudici di merito le imponevano l'abbattimento della
sopraelevazione, nella convinzione che l'aver ottenuto la
concessione in sanatoria la mettesse automaticamente in una
condizione inattacabile.
La Suprema corte considera invece irrilevante l'atto con il
quale l'autorità amministrativa aveva dato il suo consenso
alla regolarizzazione dell'abuso, perché si trattava di un "nulla
osta" che non conteneva alcun giudizio tecnico sulla
conformità alle regole di costruzione.
I giudici della seconda sezione si basano invece su quanto
previsto dal secondo comma dell'articolo 1127 del codice
civile, che vieta la sopraelevazione quando le condizioni
statiche dello stabile possono risentirne. Una prescrizione
che la Cassazione integra con le norme antisismiche,
chiarendo che quando si decide di costruire non basta
considerare solo l'effetto del peso sull'intero edificio ma
anche, nel caso di zone sismiche, "l'urto di forze in
movimento".
Per questo chi vuole elevare una nuova "fabbrica"
deve, a sue spese e con il consenso di tutti i condomini,
eliminare qualunque possibilità di pericolo mettendo mano
alle strutture portanti del palazzo per renderle resistenti
alle scosse.
Né può essere condivisibile il punto di vista della signora
dei piani alti, che si diceva disponibile agli interventi
richiesti solo nel caso, dopo aver realizzato la costruzione
e fatte le opportune verifiche, si fosse accertata la
necessità «concreta e non teorica di dover affrontare
l'intervento di adeguamento previsto dalla normativa
antisismica».
Una visione che certamente non punta alla prevenzione e, per
questo, non riscuote alcun consenso.
L'inosservanza della legge fa automaticamente presumere la
pericolosità del manufatto e può essere smentita solo se il
suo autore è in grado di provare che, non solo la
sopraelevazione, ma anche la struttura sottostante sono a
prova di "scossa".
La strada da percorrere è dunque quella di realizzare prima
le opere che scongiurano i rischi.
---------------
I principi
01 | IL CODICE CIVILE
La Corte chiarisce che quanto previsto dall'articolo 1127 va
esteso anche al mancato rispetto delle leggi antisismiche:
la verifica del pregiudizio per la stabilità dell'edificio,
in una zona a rischio terremoto, non può, infatti,
prescindere dall'osservanza di quelle norme
02 | LA SANATORIA
La concessione in sanatoria non ha nessuna rilevanza sulla
valutazione di illegittimità della sopraelevazione, perché
l'atto, ottenuto dall'autorità amministrativa, non contiene
giudizi tecnici (articolo
Il Sole 24 Ore del 27.04.2013). |
EDILIZIA PRIVATA:
Lavori in zona sismica ed elemento
soggettivo del reato.
In materia di costruzioni in zona sismica la colpa dei
committenti si può sostanziare nella inosservanza di
obblighi imposti dalla legge dei quali essi erano
destinatari diretti, attraverso comportamenti negligenti ed
imprudenti concretantesi nell'avere omesso di acquisire
-assumendo le dovute informazioni presso le autorità
amministrative competenti- doverosa cognizione di tutti gli
adempimenti necessari per la legittima esecuzione dei lavori
edilizi da realizzare (Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 09.04.2013 n. 16182 - tratto da
www.lexambiente.it).
---------------
MASSIMA
2. Per completezza espositiva -tenuto conto delle
peculiarità costruttive del manufatto oggetto della vicenda
in esame- appare opportuno evidenziare che
le disposizioni di cui agli artt. 93 e 94 del d.P.R. n.
380/2001 si applicano a tutte le costruzioni la cui
sicurezza possa interessare la pubblica incolumità, a nulla
rilevando la natura dei materiali usati e delle strutture
realizzate, stante l'esigenza di massimo rigore nelle zone
dichiarate sismiche, che rende necessari i controlli e le
cautele prescritte anche quando si impiegano elementi
strutturali meno solidi e duraturi rispetto alla muratura ed
al cemento armato
(vedi Cass., Sez. III: 17.02.2012, n. 6591; 25.01.2011, n.
15412; 03.09.2007, n. 33767; 24.10.2001, n. 38142).
3. In ordine alla eccepita estraneità di Vi.Cr. agli
illeciti contestati, deve rilevarsi che, a norma dell'art.
93 del T.U. n. 380/2001 "chiunque intenda procedere a
costruzioni, riparazioni e sopraelevazioni", in zona
sismica, deve farne denuncia all'organo competente con
comunicazione alla quale deve essere allegato il progetto
firmato da un tecnico autorizzato e dal direttore dei
lavori. Le relative opere edilizie, poi, a norma del
successivo art. 94, non possono essere iniziate senza
preventiva autorizzazione.
L' art. 95 del T.U. n. 380/2001, infine, commina la sanzione
penale della sola ammenda, da infliggersi a "chiunque"
violi le prescrizioni già contenute nella legge antisismica
ed ora nel CAPO IV del citato T.U. (Procedimenti per le
costruzioni con particolari prescrizioni per le zone
sismiche) e nei decreti interministeriali di attuazione.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte Suprema,
la responsabilità penale per costruzione abusiva può
essere affermata quando sussistano elementi in base ai quali
possa ragionevolmente presumersi che l'agente abbia in
qualche modo concorso, anche solo moralmente, con li
committente o l'esecutore del lavori abusivi.
Occorre considerare, in sostanza, la
situazione concreta in cui si è svolta l'attività
incriminata, tenendo conto non soltanto della piena
disponibilità, giuridica e di fatto, della superficie
edificata e dell'interesse specifico ad effettuare la nuova
costruzione (principio del "cui prodest" bensì pure:
dei rapporti di parentela o di affinità tra l'esecutore
dell'opera abusiva ed il proprietario; dell'eventuale
presenza "in loco" durante l'effettuazione dei
lavori; dello svolgimento di attività di materiale vigilanza
sull'esecuzione dei lavori; della richiesta di provvedimenti
abilitativi anche in sanatoria; del regime patrimoniale fra
coniugi o comproprietari e, in definitiva, di tutte quelle
situazioni e quei comportamenti, positivi o negativi, da cui
possano trarsi elementi integrativi della colpa e prove
circa la compartecipazione, anche morale, all'esecuzione
delle opere, tenendo presente pure la destinazione finale
della stessa)
[vedi Cass., Sez. III: 27.09.2000, n. 10284, Cutaia;
03.05.2001, n. 17752, Zorzi, 10.08.2001, n. 31130,
Gagliardi; 18.04.2003, n. 18756, Capasso; 02.03.2004, n.
9536, Mancuso; 28.05.2004, n. 24319, Rizauto; 12.01.2005, n.
216, Fucciolo; 15.07.2005, n. 26121, Rosato; 02.09.2005, n.
32856, Farzone].
Grava sull'interessato, inoltre, l'onere di
allegare circostanze utili a convalidare la tesi che, nella
specie, si tratti di opere realizzate da terzi a sua
insaputa e senza la sua volontà
(vedi Cass., Sez. feriale, 16.09.2003, n. 35537, Vitale).
Alla stregua di tali principi, nella fattispecie in esame,
il giudice del merito -con motivazione adeguata ed immune da
vizi logico-giuridici- ha ricondotto anche all'imputata Cr.
l'attività di edificazione in oggetto sui rilievi che essa:
era comproprietaria dell'edificio sul cui terrazzo è stata
realizzata la nuova struttura; ne aveva la disponibilità
giuridica e di fatto; aveva sicuro interesse all'esecuzione
delle opere.
Trattasi di elementi indiziari univoci e gravi -non smentiti
da elementi di segno diverso- sulla base dei quali
correttamente è stato ritenuto il concorso nei reati quanto
meno sotto il profilo del rafforzamento morale del disegno
criminoso del marito. |
febbraio
2013 |
|
EDILIZIA
PRIVATA: INAPPLICABILITA'
DELLA SANATORIA PER I REATI IN TEMA DI CEMENTO ARMATO.
La circostanza che le violazioni
edilizie siano assentibili ex post non rileva ai fini della
normativa in materia di conglomerato cementizio armato, in
quanto quest’ultima è finalizzata a garantire l’esercizio
del controllo preventivo della p.a. sulle attività
edificatorie mediante cemento armato, sicché non è possibile
affermare una esclusione effettiva di pericolosità.
La Corte di
Cassazione torna nuovamente a pronunciarsi, con la sentenza
in esame, sulla disciplina dettata dal D.P.R. n. 380/2001 in
tema di costruzioni in cemento armato, analizzando più
specificamente il tema dell’applicabilità dei possibili
effetti di una sanatoria postuma sui reati correlati. La
vicenda processuale segue all’ordinanza cautelare con cui
l’A.G. ha disposto il sequestro di alcuni manufatti con
riferimento alla violazione degli artt. 71 e 75 D.P.R. n.
380/2001, concernenti, cioè, la normativa sul cemento
armato.
Contro l’ordinanza reiettiva dell’istanza di dissequestro,
proponeva ricorso per cassazione la difesa degli indagati
censurandola per violazione di legge, in quanto si sarebbe
al cospetto di una mera presunzione di pericolosità
dell’immobile per mera violazione di precetti formali; in
altri termini, si muove dall’assunto che anche i reati
edilizi sono assentibili ex post con sanatoria,
mentre la violazione di cui si discute è risolubile anche
solo con una oblazione; del resto, aggiunge la difesa, non
esiste giurisprudenza di legittimità che giustifichi il
sequestro motivato esclusivamente sul mancato rispetto della
normativa sul cemento armato.
La Corte respinge la tesi difensiva, in quanto destituita di
fondamento. In particolare, osservano gli Ermellini, oggetto
e finalità della normativa sul cemento armato (così come di
quella antisismica) sono quelle di evitare possibili crolli,
e non di regolare l’assetto e lo sviluppo del territorio
sotto il profilo urbanistico. La riprova di tale principio è
che la contravvenzione a tale disciplina non viene meno
neanche con l’estinzione, anche se per rilascio di
sanatoria, del reato edilizio.
Né rileva, come invece ritiene la difesa, che si sarebbe al
cospetto di mere violazioni formali, perché l’assunto è
smentito dalla circostanza che, quando l’edificazione
avvenga in cemento armato, l’osservanza delle prescrizioni
imposte è prescritta proprio al fine di assicurare la
stabilità e sicurezza delle strutture di questo tipo (V.,
tra le tante: Cass. pen., sez. III, 17.10.1995, n. 10370, in
Ced Cass., n. 203089). Nessun pregio ha, infine, per la
Corte, il richiamo dei ricorrenti al fatto che persino le
violazioni edilizie siano assentibili ex post, perché
la normativa di cui si discute è finalizzata a garantire
l’esercizio del controllo preventivo della p.a. sulle
attività edificatorie mediante cemento armato e, nella
specie, non poteva affermarsi, allo stato, una esclusione
effettiva di pericolosità (Corte di Cassazione, Sez. III
penale,
sentenza 20.02.2013 n. 8067 - tratto da
Urbanistica e appalti n. 5/2013). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Violazioni antisismiche e responsabilità
dell'esecutore dei lavori.
Anche il titolare della ditta chiamata ad eseguire opere
edilizie in zone sismiche, in quanto destinatario diretto
del divieto di esecuzione dei lavori in assenza
dell'autorizzazione e in violazione delle prescrizioni
tecniche, può commettere il reato di cui all'art. 93 d.P.R.
380/2001 (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 08.02.2013 n. 6282 - tratto da
www.lexambiente.it).
---------------
MASSIMA
2. Il ricorso è parzialmente fondato.
Il primo motivo adduce che, in quanto appaltatore, il
ricorrente avrebbe dovuto essere assolto dal reato di cui
all'articolo 93 d.p.r. 380/2001 trattandosi di reato a
soggettività ristretta.
L'orientamento prevalente e condivisibile della
giurisprudenza di legittimità (Cass. sez. III,
20.12.2011-20.02.2012 n. 6675; Cass. sez. VI, 04.07.2008 n.
35298; Cass. sez. III, 24.05.2007 n. 35387; Cass. sez. III,
06.06.2003 n. 33558) nega tale limite soggettivo,
riconoscendo che anche il titolare della ditta chiamata ad
eseguire opere edilizie in zone sismiche, in quanto
destinatario diretto del divieto di esecuzione dei lavori in
assenza dell'autorizzazione e in violazione delle
prescrizioni tecniche, può commettere il reato.
Ciò comporta il rigetto del motivo. |
EDILIZIA PRIVATA: CONCESSIONE
IN SANATORIA ED ESTINZIONE DEI REATI ANTISISMICI.
Le violazioni della normativa
antisismica, da cui non discende danno urbanistico, avendo
finalità diverse rispetto allo sviluppo e all’assetto del
territorio, non sono estinte dalla concessione in sanatoria.
Il tema oggetto di esame da parte della Suprema Corte nella
sentenza in esame è quello dell’esatta delimitazione
dell’ambito applicativo, a fini estintivi, della concessione
edilizia in sanatoria, ossia se la stessa si applichi o meno
a violazioni diverse da quelle urbanistiche.
La vicenda processuale vedeva imputato del reato di cui al
D.P.R. n. 380 del 2001 (artt. 93, 94, 95) il proprietario di
un immobile, cui era stato addebitato di aver eseguito un
manufatto senza darne avviso al genio civile, senza la
preventiva autorizzazione scritta di tale ufficio e senza la
presentazione dei calcoli di stabilità. Contro la sentenza
di condanna proponeva ricorso per cassazione la difesa
dell’imputato, sostenendo, per quanto di interesse in questa
sede, con un primo motivo, che il giudice di legittimità
avrebbe dovuto pronunciare sentenza di annullamento senza
rinvio per intervenuta estinzione del reato (durante il
giudizio di primo grado l’imputata aveva, infatti,
presentato istanza di sanatoria che era evasa
dall’Assessorato Infrastrutture e Mobilità - Ufficio Genio
Civile della Regione soltanto dopo l’emissione della
sentenza).
Tesi, questa, che è stata rigettata dalla Cassazione che,
sul punto, ha ricordato come la sanatoria edilizia prevista
dalla L. 28.02.1985, n. 47 (art. 13), oggi contemplata dal
D.P.R. n. 380 del 2001 (art. 36), è una fattispecie penale
estintiva che trova applicazione ai soli reati edilizi,
basandosi sull’accertamento dell’inesistenza di danno
urbanistico mediante la verifica della doppia conformità
agli strumenti urbanistici vigenti, sia al momento del
rilascio della concessione in sanatoria, sia al momento
della realizzazione dell’opera; nel caso di specie, però,
essendo state contestate violazioni della normativa
antisismica, da cui non discende danno urbanistico, in
quanto le stesse hanno finalità diverse rispetto allo
sviluppo e all’assetto del territorio, per tale diversa
natura, non sono estinte dalla concessione in sanatoria
(Cass. pen., sez. III, 21.05.2008, n. 20275, in Ced. Cass.,
n. 239871, che ritiene invece il condono operante -atteso il
richiamo espresso operato dall’art. 38 all’art. 20 L. n. 64
del 1974- anche ai reati relativi a violazioni di
disposizioni in materia di costruzioni in zona sismica)
(Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 07.02.2013 n. 5984 - tratto da
Urbanistica e appalti n. 4/2013). |
ottobre 2012 |
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EDILIZIA
PRIVATA:
Normativa antisismica e tipologia opere.
La normativa
antisismica ed edilizia dettata dagli artt. 93, 94 e 95 del
D.P.R. 380/2001 si applica a tutte le opere -purché
stabilmente ancorate al suolo- realizzate in zone sismiche e
la cui sicurezza possa interessare la pubblica incolumità, a
nulla rilevando la tipologia dei materiali impiegati che
possono essere costituiti anche da elementi strutturali
diversi dalia opere in muratura o in cemento armato (Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 02.10.2012 n. 38090 - tratto da
www.lexambiente.it).
---------------
MASSIMA
1.1. Il ricorso è manifestamente infondato e va,
pertanto, dichiarato inammissibile.
Come esattamente rilevato dal Tribunale di Gela oggetto
della contestazione e della conseguente sentenza oggi
impugnata non è la violazione delle disposizioni di tipo
urbanistico edilizie previste dall'art. 44 del D.P.R.
380/2001, ma unicamente la violazione della legge edilizia e
della legge antisismica. Sicché i rilievi contenuti nel
ricorso non hanno alcuna attinenza con l'oggetto della
sentenza impugnata quanto meno con riguardo alla tipologia
dei reati per i quali è intervenuta condanna.
Per mera completezza va ricordato che, come costantemente
ribadito dalla giurisprudenza di questa Corte
la normativa antisismica ed edilizia dettata dagli
artt. 93, 94 e 95 del D.P.R. 380/2001 si applica a tutte le
opere -purché stabilmente ancorate al suolo- realizzate in
zone sismiche e la cui sicurezza possa interessare la
pubblica incolumità, a nulla rilevando la tipologia dei
materiali impiegati che possono essere costituiti anche da
elementi strutturali diversi dalla opere in muratura o in
cemento armato (vds.
oltre la giurisprudenza correttamente richiamata nella
sentenza impugnata, anche da ultimo, Cass. Sez. 3^
24.11.2011 n. 6591, D'Onofrio, Rv. 237375; nello stesso
senso Cass. Sez. 3^ 21.06.2011 n. 30224, Floridia, Rv.
251284; Cass. Sez. 3^ 10.05.2007 n. 33767, Puleo ed altro,
Rv. 237375).
1.2 Ai detti principi si è uniformata la sentenza impugnata,
non mancando di rilevare che per le modalità costruttive
-come esattamente rilevato dal Tribunale- l'opera realizzata
non consisteva affatto in una struttura di tipo precario ed
amovibile. |
settembre 2012 |
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EDILIZIA
PRIVATA:
Termine di prescrizione delle
contravvenzioni di omessa denuncia di inizio lavori in zona
sismica.
Il termine di
prescrizione delle contravvenzioni di omessa denuncia di
inizio lavori in zona sismica e di esecuzione dei medesimi
in assenza di autorizzazione decorre dalla data di inizio
dei lavori, attesa la natura istantanea di dette
contravvenzioni (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 26.09.2012 n. 37060 - tratto da
www.lexambiente.it).
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MASSIMA
4.2. - Del pari infondato è il terzo motivo di ricorso,
con cui si sostiene che il rilascio del permesso di
costruire in sanatoria estinguerebbe le contravvenzioni
relative alle costruzioni in zona sismica.
Deve rilevarsi, infatti, che secondo quanto affermato dalla
giurisprudenza di questa Corte, gli artt.
36 e 45, comma 3, del d.P.R. n. 380 del 2001 devono essere
interpretati nel senso che il rilascio del permesso di
costruire in sanatoria estingue i reati contravvenzionali
previsti dalle norme urbanistiche vigenti e non si estende
ad altri reati correlati alla tutela di interessi diversi
rispetto a quelli che riguardano l'assetto del territorio
sotto il profilo edilizio, quali i reati previsti dalla
normativa sulle opere in cemento armato, sulle costruzioni
in zone sismiche, sulla tutela delle zone di particolare
interesse paesaggistico
(ex multis, sez. 3, 05.03.2009, n. 9922; sez. 3,
13.04.2005, n. 19256, Rv. 231850).
4.3. - Il primo motivo di ricorso -con cui si contesta la
motivazione della sentenza circa la determinazione del tempo
in cui i reati sono stati commessi- è, invece, parzialmente
fondato.
Deve preliminarmente richiamarsi, sul punto, il principio
enunciato dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui
il termine di prescrizione delle
contravvenzioni di omessa denuncia di inizio lavori in zona
sismica e di esecuzione dei medesimi in assenza di
autorizzazione decorre dalla data di inizio dei lavori,
attesa la natura istantanea di dette contravvenzioni
(ex plurimis, Cass. pen., sez. 3, 26.05.2011, n.
23656, Rv. 250487; sez. 3, 08.10.2008, n. 41854, Rv.
241383).
Tale principio trova applicazione nel caso di specie in
relazione ai reati di cui ai capi a) e b) dell'imputazione,
relativi alla mancanza del preavviso scritto e del progetto
dei lavori edilizi, con la conseguenza che il momento della
commissione di tali reati deve essere individuato in
un'epoca significativamente anteriore al 06.06.2007, data di
accertamento degli stessi, perché tale accertamento ha
riguardato opere edilizie che, per la loro natura e la loro
consistenza, non possono essere state realizzate in
pochissimi giorni.
Per il principio del favor rei, la commissione dei
reati in questione deve, dunque, essere retrodatata -in
mancanza di elementi certi circa l'inizio dei lavori-
perlomeno alla metà di maggio 2007, con la conseguenza che
essi risultano prescritti alla data odierna, trattandosi di
fattispecie contravvenzionali per le quali è previsto, ai
sensi del combinato disposto degli artt. 157, primo comma,
160, 161 cod. pen., un termine massimo complessivo di 5 anni
e non essendo intervenute sospensioni dei corso della
prescrizione.
Le considerazioni svolte dal Tribunale circa
l'individuazione -in mancanza di elementi in contrario- del
06.06.2007 quale tempus commissi delicti meritano,
invece, di essere condivise, quanto al reato sub c). Si
tratta, infatti, di una serie di violazioni sostanziali
delle prescrizioni tecniche relative all'edilizia in zona
sismica, che, come tali, hanno natura permanente, perché
attengono alla lesione dell'interesse pubblico alla
sicurezza sismica degli edifici, che perdura fino alla
conclusione dei lavori (Cass., sez. 3, 08.10.2008, n. 41854,
Rv. 241383). |
EDILIZIA
PRIVATA: Il
Collegio richiama il portato giurisprudenziale che nega
l'effetto invalidante dell'omissione della comunicazione di
avvio del procedimento, ai sensi del suindicato art. 7,
rispetto alle sanzioni ripristinatorie in materia
urbanistica, trattandosi di procedimenti sanzionatori basati
su meri accertamenti tecnici e scanditi da disposizioni che
escludono qualsiasi valutazione discrezionale, che deve a
maggior ragione applicarsi per le ipotesi di violazione di
normativa antisismica.
Per quanto riguarda le restanti censure, infondata risulta
la dedotta violazione dell’art. 7 della legge n. 241/1990,
per omessa comunicazione di avvio del procedimento (primo
motivo di ricorso), il Collegio richiama il portato
giurisprudenziale che nega l'effetto invalidante
dell'omissione della comunicazione di avvio del
procedimento, ai sensi del suindicato art. 7, rispetto alle
sanzioni ripristinatorie in materia urbanistica, trattandosi
di procedimenti sanzionatori basati su meri accertamenti
tecnici e scanditi da disposizioni che escludono qualsiasi
valutazione discrezionale (TAR Campania Napoli, sez. IV,
17.01.2007, n. 357; TAR Lombardia Milano, sez. II, n.
2378/2003; TAR Lombardia Milano, sez. II, n. 1278/2008), che
deve a maggior ragione applicarsi per le ipotesi di
violazione di normativa antisismica.
In ogni caso il Collegio, in considerazione di quanto
indicato nella presente parte motiva, ritiene applicabile
all'ipotesi in esame il disposto dell'art. 21-octies della
legge n. 241/1990, secondo cui non è annullabile il
provvedimento adottato in violazione di norme sul
procedimento o sulla forma degli atti, vertendosi in ambito
provvedi mentale vincolato e risultando che il contenuto
dispositivo del provvedimento non avrebbe potuto essere
diverso da quello in concreto adottato (TAR Campania-Napoli,
Sez. IV,
sentenza 25.09.2012 n. 3939 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA: ABUSIVO
INIZIO LAVORI IN ZONA SISMICA E PERMANENZA DEL REATO.
La contravvenzione di cui agli artt. 94,
comma 1, e 95 del D.P.R. n. 380 del 2001 (inizio dei lavori
senza preventiva autorizzazione scritta del competente
ufficio tecnico della Regione) permane sino a quando chi
intraprende un lavoro edile in zona sismica termina il
lavoro ovvero ottiene la relativa autorizzazione.
Il tema su cui la Corte viene chiamata a pronunciarsi nel
caso in esame concerne l’individuazione della natura
giuridica dei reati in materia antisismica e, più
specificamente, del reato consistente nell’iniziare dei
lavori in zona sismica senza preventiva autorizzazione
scritta del competente ufficio tecnico della Regione.
La vicenda processuale vedeva imputato del reato di cui agli
artt. 94, comma 1 e 95 del D.P.R. n. 380 del 2001 il
proprietario di un immobile, cui era stato contestato di
avere realizzato la sopraelevazione di un fabbricato e la
costruzione di n. 3 piccoli manufatti, senza avere ottenuto
la preventiva autorizzazione necessaria per le opere da
eseguirsi in zona sismica. Avverso tale sentenza proponeva
ricorso il difensore, il quale -per quanto qui di interesse-
eccepiva la prescrizione del reato sul presupposto, in
sostanza, che il reato fosse da considerarsi istantaneo e
non permanente.
La prospettazione difensiva è stata però disattesa dai
giudici di legittimità, che hanno dichiarato inammissibile
il ricorso affermando il principio secondo cui la
contravvenzione oggetto di contestazione ha natura di reato
permanente, sicché la stessa permane sino a quando chi
intraprende un lavoro edile in zona sismica termina il
lavoro ovvero ottiene la relativa autorizzazione. Nelle more
il contravventore, secondo gli Ermellini, esegue e prosegue
lavori non autorizzati in relazione ai quali l’ufficio
tecnico regionale non ha verificato la conformità alle norme
tecniche di sicurezza stabilite per le zone sismiche.
La soluzione offerta dalla Cassazione non è però del tutto
pacifica nella giurisprudenza di legittimità. Ed infatti,
seppur autorevolmente sostenuta nel passato dalle Sezioni
Unite (che, in particolare, sotto la vigenza dell’abrogata
L. n. 64/1974 ritennero che i reati consistenti
nell’omissione della presentazione della denuncia dei
lavori, e dell’avviso di inizio dei lavori, avessero natura
di reati istantanei: Cass. pen., Sez. Un., 14.07.1999, n.
18, in CED Cass., n. 213933), la stessa è stata
convincentemente contrastata dalla più recente
giurisprudenza di legittimità, secondo cui i reati previsti
dagli artt. 93 e 94 del D.P.R. n. 380/2001, sanzionati
dall’art. 95, avrebbero invece natura di reati permanenti,
in quanto il primo (art. 93) permane sino a quando chi
intraprende l’intervento edilizio in zona sismica non
presenta la relativa denuncia con l’allegato progetto ovvero
non termina l’intervento e, il secondo (art. 94), permane
sino a quando chi intraprende l’intervento edilizio in zona
sismica lo termina ovvero ottiene la relativa autorizzazione
(Cass. pen., sez. 3, 05.12.2007, n. 3069/2008, in CED Cass.,
n. 238629).
Poiché la loro natura istantanea è sta anche di recente
affermata dalla Suprema Corte (v., ad es.: Cass. pen., sez.
III, 26.05.2001, n. 23656, in CED Cass., n. 250487), sarebbe
auspicabile che su tale questione intervengano nuovamente le
Sezioni Unite penali per fornire un contributo esegetico
risolutivo, eliminando i dubbi sorti in giurisprudenza
(Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 20.09.2012 n. 36037 - tratto da
Urbanistica e appalti n. 12/2012).
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MASSIMA
1. Secondo la giurisprudenza costante di questa Corte
Suprema, la concessione edilizia rilasciata
ai sensi degli artt. 36 e 45 del T.U. n. 380/2001
(già artt. 13 e 22 della legge n. 47/1985)
estingue i reati contravvenzionali previsti dalle norme
urbanistiche vigenti ed alla nozione di "norme
urbanistiche" non può ricondursi la disciplina per le
costruzioni da eseguirsi nelle zone sismiche, avente
oggettività giuridica diversa rispetto a quella che riguarda
l'assetto urbanistico del territorio.
Il provvedimento di accertamento sanante,
infatti, è emesso da autorità preposta a tutela di interessi
diversi da quelli di cui alla normativa sulle costruzioni in
zone sismiche ed a seguito di accertamenti che non tengono
conto delle prescrizioni tecnico-amministrative imposte da
queste ultime normative
[vedi Cass., Sez. III: 05.03.2009, n. 9922, Gelosi;
03.05.2007, n. 16868, P.G. in proc. Restaino; 06.07.2006, n.
23490, Pattigianoni; 15.05.2006, n. 10205, Solis;
20.05.2005, n. 19256, P.M. in proc. Cupelli].
La Corte Costituzionale -con l'ordinanza n. 149 dei
30.04.1999- ha dichiarato manifestamente infondata, in
riferimento all'art. 3, 1° comma, della Costituzione, la
questione di illegittimità dell'art. 22, 3° comma, della
legge n. 47/1985 "nella parte in cui non prevede che il
rilascio della concessione in sanatoria estingua, oltre alle
violazioni di natura strettamente urbanistica, anche i reati
previsti dalla normativa sulle costruzioni in cemento armato
e da quella sulle costruzioni in zona sismica".
Nulla è cambiato in relazione alle attuali previsioni degli
artt. 36 e 45 del T.U. n. 380/2001 (che hanno recepito,
appunto, gli artt. 13 e 22 della legge n. 47/1985). |
agosto 2012 |
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EDILIZIA PRIVATA:
I poteri di accertamento, di repressione e
sanzionatori degli abusi edilizi sono quindi attribuiti dal
legislatore al dirigente o al responsabile dell’ufficio
amministrativo e detta competenza non è derogata dagli
invocati articoli 94, 65 e 98 del d.p.r. 06.06.2001, n. 380.
L’art. 65 del d.p.r. 380 del 2001 prevede particolari
adempimenti da osservare da parte degli esecutori di opere
realizzate in conglomerato cementizio armato.
L’art. 94 del d.p.r. 380 del 2001, ai commi 1 e 2 precisa
che: “Fermo restando l'obbligo del titolo abilitativo
all'intervento edilizio, nelle località sismiche, ad
eccezione di quelle a bassa sismicità all'uopo indicate nei
decreti di cui all'articolo 83, non si possono iniziare
lavori senza preventiva autorizzazione scritta del
competente ufficio tecnico della regione. L'autorizzazione è
rilasciata entro sessanta giorni dalla richiesta e viene
comunicata al comune, subito dopo il rilascio, per i
provvedimenti di sua competenza”.
Gli articoli 65 e 94 del d.p.r. 380 del 2001 dettano quindi
prescrizioni speciali, contenute nel capo II della parte
seconda del titolo IV, per lavori realizzati con materiali
in conglomerato cementizio e in zone sismiche e per la
violazione delle quali è previsto uno speciale procedimento
sanzionatorio di competenza del giudice penale, il quale a
norma dell’art. 98 del testo unico di cui al d.p.r. n.380
del 2001 con il decreto o con la sentenza di condanna può
ordinare la demolizione delle opere o delle parti di esse
costruite in difformità alle norme del capo II ovvero
impartire le prescrizioni necessarie per rendere le opere
conformi alle norme stesse.
La natura speciale di tali disposizioni per le quali è
previsto uno speciale potere sanzionatorio del giudice
penale non priva, come supposto dal ricorrente, il
responsabile o il dirigente del Comune del suo potere
repressivo e sanzionatorio, attribuito in via generale
dall’art. 31, comma 2, del d.p.r. n. 380/2001 nelle ipotesi
in cui, come nella specie, è assunta la realizzazione di
opere in assenza e in difformità parziale dal permesso di
costruire.
---------------
5.- Nel merito, con il primo motivo di ricorso è
dedotta l’illegittimità dell’impugnata ordinanza per
incompetenza dell’autorità emanante, poiché non spetterebbe
al dirigente del servizio tecnico comunale irrogare la
sanzione della demolizione per l’inosservanza degli obblighi
di denunzia di cui agli articoli 94 e 65 del d.p.r.
06.06.2001, n. 380 previsti per le opere in conglomerato
cementizio, ma spetterebbe, invece, al giudice penale
ordinare la demolizione con decreto o con sentenza di
condanna a norma dell’art. 98 del d.p.r. n. 380/2001.
5.1.- La censura è infondata.
L’ordinanza di demolizione è stata adottata a norma degli
artt. 31 e 34 del d.p.r. n. 380 del 2001 che attribuiscono
al Comune i poteri repressivi e sanzionatori in caso di
accertamento di opere realizzate in assenza di permesso di
costruire o in difformità totale o parziale dallo stesso.
L’art. 31 cit., al comma 2, attribuisce in maniera esplicita
la competenza al dirigente o al responsabile del competente
ufficio comunale, il quale, accertata l'esecuzione di
interventi in assenza di permesso, in totale difformità dal
medesimo, ovvero con variazioni essenziali, ingiunge al
proprietario e al responsabile dell'abuso la rimozione o la
demolizione.
I poteri di accertamento, di repressione e sanzionatori
degli abusi edilizi sono quindi attribuiti dal legislatore
al dirigente o al responsabile dell’ufficio amministrativo e
detta competenza non è derogata dagli invocati articoli 94,
65 e 98 del d.p.r. 06.06.2001, n. 380.
L’art. 65 del d.p.r. 380 del 2001 prevede particolari
adempimenti da osservare da parte degli esecutori di opere
realizzate in conglomerato cementizio armato.
L’art. 94 del d.p.r. 380 del 2001, ai commi 1 e 2 precisa
che: “Fermo restando l'obbligo del titolo abilitativo
all'intervento edilizio, nelle località sismiche, ad
eccezione di quelle a bassa sismicità all'uopo indicate nei
decreti di cui all'articolo 83, non si possono iniziare
lavori senza preventiva autorizzazione scritta del
competente ufficio tecnico della regione. L'autorizzazione è
rilasciata entro sessanta giorni dalla richiesta e viene
comunicata al comune, subito dopo il rilascio, per i
provvedimenti di sua competenza”.
Gli articoli 65 e 94 del d.p.r. 380 del 2001 dettano quindi
prescrizioni speciali, contenute nel capo II della parte
seconda del titolo IV, per lavori realizzati con materiali
in conglomerato cementizio e in zone sismiche e per la
violazione delle quali è previsto uno speciale procedimento
sanzionatorio di competenza del giudice penale, il quale a
norma dell’art. 98 del testo unico di cui al d.p.r. n.380
del 2001 con il decreto o con la sentenza di condanna può
ordinare la demolizione delle opere o delle parti di esse
costruite in difformità alle norme del capo II ovvero
impartire le prescrizioni necessarie per rendere le opere
conformi alle norme stesse.
La natura speciale di tali disposizioni per le quali è
previsto uno speciale potere sanzionatorio del giudice
penale non priva, come supposto dal ricorrente, il
responsabile o il dirigente del Comune del suo potere
repressivo e sanzionatorio, attribuito in via generale
dall’art. 31, comma 2, del d.p.r. n. 380/2001 nelle ipotesi
in cui, come nella specie, è assunta la realizzazione di
opere in assenza e in difformità parziale dal permesso di
costruire
(TAR Basilicata,
sentenza 02.08.2011 n. 440 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
luglio 2012 |
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EDILIZIA
PRIVATA:
Deve escludersi che eventuali deroghe
all’osservanza delle norme tecniche antisismiche previste
per i centri storici possano essere automaticamente messi in
atto ad opera del privato.
La normativa per le costruzioni nelle zone sismiche concerne
tutti gli interventi edilizi da realizzarsi sul territorio
comunale edificato e di nuovo impianto. Come le numerose
disgrazie intervenute negli ultimi anni hanno dimostrato,
sono proprio gli interventi con tecniche moderne su
edificazioni a struttura tradizionale che danno luogo a
costruzioni di particolare pericolosità a cagione dei
diversi comportamenti torsionali dei differenti materiali e
dell’incremento dei carichi strutturali sul preesistente.
Inoltre del tutto erroneamente gli appellanti assumono la
non applicabilità della normativa antisismica di cui al D.M.
lavori pubblici 16.01.1996.
Deve infatti escludersi che eventuali deroghe all’osservanza
delle norme tecniche antisismiche previste per i centri
storici possano essere automaticamente messi in atto ad
opera del privato (cfr. Consiglio Stato, sez. IV 12.06.2009
n. 3706).
La normativa per le costruzioni nelle zone sismiche concerne
tutti gli interventi edilizi da realizzarsi sul territorio
comunale edificato e di nuovo impianto. Come le numerose
disgrazie intervenute negli ultimi anni hanno dimostrato,
sono proprio gli interventi con tecniche moderne su
edificazioni a struttura tradizionale che danno luogo a
costruzioni di particolare pericolosità a cagione dei
diversi comportamenti torsionali dei differenti materiali e
dell’incremento dei carichi strutturali sul preesistente.
Solo se non fosse stata toccata l’altezza preesistente si
sarebbe dovuto fare riferimento all’allegato n. 3 della
predetta circolare del Ministerro LL.PP., ma nel momento in
cui si è andato a realizzare un edificio strutturalmente
differente doveva essere rispettata la predetta normativa
antisismica ed operata una diagnosi del possibile
comportamento della struttura risultante all’evento sismico
in termini di deformazione, resistenza, punti di fragilità
delle strutture.
Infine si deve osservare che la presenza di uno strettissimo
vicolo di soli mt. 1,5 soggetto al passaggio pubblico non fa
venir meno la generale disciplina sulle luci e le vedute.
Di qui l’assoluta illegittimità dell’intervento realizzato
in violazione dei limiti dell’altezza totale, della
realizzazione di una scala in c.a. su una struttura in
pietrisco e dell’indebolimento delle originarie strutture
portanti interne al primo piano (Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 26.07.2012 n. 4258 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Normativa antisismica e responsabilità
del direttore dei lavori.
Al direttore
dei lavori compete il controllo degli adempimenti prescritti
dalla normativa antisismica. Se è vero che il reato di cui
agli artt. 93 e 94 d.P.R. 380/2001 rientra fra quelli “a
soggettività ristretta", non può esservi dubbio che
l'obbligo di rispetto degli adempimenti e di verifica della
regolarità delle opere grava su chiunque "esplica
attività tecnica" correlata all'esecuzione delle opere e
nei limiti delle specifiche responsabilità.
In altre parole, la responsabilità del direttore dei lavori
è configurabile solo per effetto dell'omesso controllo sugli
adempimenti richiesti dalla normativa antisismica (Corte di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 20.07.2012 n. 29478 - tratto da
www.lexambiente.it). |
EDILIZIA
PRIVATA: INESTENSIBILE
L’EFFETTO ESTINTIVO DELLA SANATORIA AI REATI ANTISIMICI O IN
TEMA DI CEMENTO ARMATO.
L’estinzione delle contravvenzioni a
seguito di rilascio di concessione in sanatoria ex D.P.R. n.
380 del 2001, art. 36 opera solo in ordine al reato
urbanistico per il quale la concessione stessa è prevista:
con la ulteriore conseguenza che, se con il reato
urbanistico concorrono altri reati di diversa natura, come
la violazione della normativa antisismica o della normativa
sulle opere in cemento armato, tali ultimi reati non possono
ritenersi estinti, per la diversa oggettività giuridica.
La Corte Suprema ritorna con la sentenza in esame sul tema
della delimitazione dell’effetto estintivo del permesso di
costruire in sanatoria, ribadendo il proprio tradizionale
orientamento giurisprudenziale secondo cui la sanatoria
estingue i soli reati urbanistici e non anche quelli in
materia antisismica o in materia di violazioni sul cemento
armato. La vicenda processuale segue ad una sentenza di
condanna emessa nei confronti di due soggetti, imputati di
violazione della normativa edilizia ed antisismica (D.P.R.
n. 380 del 2001, artt. 83, 84, 93, 94 e 95), in relazione ad
alcune opere edilizie realizzate all’interno di un capannone
industriale.
Gli stessi proponevano ricorso per cassazione, lamentando
l’erroneità della decisione per non avere il Tribunale
tenuto conto che nei confronti degli stessi era intervenuta
sentenza di proscioglimento per estinzione del reato
urbanistico a seguito di rilascio di concessione in
sanatoria: con la conseguenza che l’affermazione contenuta
nella sentenza, secondo la quale era stata ritenuta la
mancanza del permesso in sanatoria era da ritenersi errata,
poiché all’intervenuto rilascio della concessione in
sanatoria sarebbe dovuta conseguire l’estinzione degli altri
reati.
La tesi non ha però avuto seguito nella valutazione dei
giudici di legittimità che hanno mantenuto ferma la
tradizionale giurisprudenza secondo cui il rilascio in
sanatoria del permesso di costruire non determina
l’estinzione dei reati relativi alle opere in conglomerato
cementizio, o in materia antisismica, atteso che le
disposizioni dell’art. 36 del D.P.R. n. 380 del 2001
estinguono i soli reati contravvenzionali previsti dalle
norme urbanistiche, fra le quali non possono essere
ricomprese le disposizioni aventi oggettività giuridica
diversa rispetto alla tutela urbanistica del territorio (v.,
tra le tante: Cass. pen., sez. III, 21.03.2002, n. 11511, in
Ced Cass., n. 221439) (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 19.07.2012 n. 29131 - tratto da
Urbanistica e appalti n. 11/2012). |
giugno
2012 |
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EDILIZIA
PRIVATA:
NORMATIVA ANTISISMICA E REALIZZAZIONE DI
PANNELLI AUTOSTRADALI.
Integra il reato di esecuzione di lavori
abusivi in zona sismica (art. 95, D.P.R. n. 380/2001)
l’installazione, senza la prescritta autorizzazione, di
pannelli a messaggio variabile lungo i tratti autostradali,
giacché nel concetto di ‘‘costruzione’’ rientrano anche
tutti quegli interventi in apparenza minori che possono in
concreto rilevare sul piano della pericolosità.
La Corte di Cassazione si sofferma per la prima volta, con
la sentenza in esame, sul tema dell’assoggettamento alla
normativa antisismica di quegli interventi edilizi che, pur
assolvendo a una finalità lato sensu pubblica, sono
pur sempre da qualificarsi come potenzialmente pericolosi e,
in quanto tali, rientrano nella disciplina dettata dal T.U.
edilizia.
La vicenda processuale in esame vedeva imputati il direttore
di uno dei tronchi autostradali della ‘‘Autostrade per
l’Italia s.p.a.’’ (che rivestiva anche la qualità di
committente) nonché il titolare della ditta esecutrice dei
lavori, cui era stato contestato di avere realizzato, in
assenza della prescritta autorizzazione del competente
ufficio della regione, opere di installazione di pannelli a
messaggi variabili in zona sismica Z3.
Contro la sentenza di condanna, proponevano ricorso per
cassazione gli imputati deducendo, per quanto di interesse
in questa sede, violazione di legge in relazione all’art. 95
D.P.R. n. 380/2001, asserendo che il concetto di ‘‘costruzione’’,
richiamato dalla norma in questione, si riferirebbe alle
sole opere edili in senso stretto e non anche, quindi, alla
realizzazione di semplici pannelli contenenti messaggi
autostradali dalla cui installazione non potrebbe peraltro
oggettivamente, secondo gli imputati, derivare una concreta
fonte di rischio per l’incolumità.
La tesi, pur suggestiva ed adeguatamente argomentata, non è
stata accolta dalla Cassazione.
La Corte ha ritenuto di doversi adeguare all’orientamento
giurisprudenziale maggioritario che non limita agli edifici
la nozione di ‘‘costruzione’’ cui si riferiscono le
norme antisismiche. Tale nozione, osservano gli Ermellini, è
stata approfondita dalla giurisprudenza di legittimità che,
proprio con riferimento alla cartellonistica pubblicitaria,
ha affermato che la sistemazione di una insegna o tabella
pubblicitaria richiede il rilascio del preventivo permesso
di costruire quando per le sue rilevanti dimensioni comporti
un mutamento territoriale, atteso che soltanto un
sostanziale mutamento del territorio nel suo contesto
preesistente sia sotto il profilo urbanistico che edilizio
fa assumere rilevanza penale alla violazione del regolamento
edilizio, con conseguente integrazione del reato di cui
all’art. 44 del D.P.R. 06.06.2001 n. 380 (Cass. pen., sez.
III, 11.02.2004, n. 5328, in Ced Cass., n. 227402).
A ciò si aggiunge, precisa la Cassazione, come è dato
notorio che i cartelloni recanti indicazioni sulla viabilità
apposti ai margini del tratto autostradale non possono
essere, per la funzione svolta, di modeste dimensioni.
Appare peraltro di tutta evidenza, quindi, che anche
interventi in apparenza ‘‘minori’’ possano in
concreto rilevare sul piano della pericolosità. Nella
valutazione sul punto non possono non concorrere, infatti,
con l’elemento dimensionale anche altri aspetti quali, ad
esempio, le modalità di collocazione del manufatto, la
morfologia del sito, la pendenza del terreno, le modalità di
realizzazione delle strutture di sostegno, ecc. in quanto
suscettibili di accrescere il grado di pericolo per
l’incolumità pubblica. Ed è ovvio che da tale valutazione
non si potrà prescindere anche per le zone in cui il grado
di sismicità non sia particolarmente elevato.
Da qui, dunque, la rilevanza penale del fatto, attesa
l’estensione della nozione di ‘‘costruzione’’, in
materia antisismica, anche agli interventi edilizi minori
che si presentino pericolosi per la pubblica incolumità
(Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 18.06.2012 n. 24086 - tratto da
Urbanistica e appalti n. 10/2012).
---------------
MASSIMA
Al riguardo deve ritenersi infondata la questione
relativa all'insussistenza del reato di cui all'art. 95 DPR
380/2001.
Entrambi i ricorrenti citano la sentenza di questa Sezione
n. 28514 del 2007 secondo cui ai fini della configurabilità
dei reati previsti dalla disciplina in tema di costruzioni
in zone sismiche, le norme dettate dagli artt. 93, 94 e 95,
d.P.R. n. 380 dei 2001 non si riferiscono ad un qualsiasi
manufatto realizzato in tali zone, ma solo alle opere edili
in senso stretto, ossia alle costruzioni, sopraelevazioni e
riparazioni edili, a prescindere dal materiale con cui
vengono realizzate.
Il tribunale in motivazione, manifestando l'avviso
contrario, si è già fatto carico di evidenziare come il
precedente citato afferisca in realtà alla costruzione di un
traliccio dell'Enel che rappresenta opera pubblica la cui
realizzazione era sottoposta a proprie regole costruttive la
cui compatibilità con la disciplina urbanistica è rimessa
alla valutazione del ministero dei Lavori Pubblici ed alla
Regione e che l'incolumità pubblica era garantita
dall'osservanza delle regole tecniche previste per la
realizzazione di tali opere dalla L. 109 del 1994.
E tuttavia è senz'altro vero che la sentenza del 2007
afferma che le disposizioni in questione si riferiscano alle
opere edili in senso stretto e che viene all'uopo
valorizzato il riferimento al termine "edificio"
contenuto, ad esempio, negli artt. 85 e 91 del D.P.R.
06.06.2001, n. 380.
Ora, ritiene anzitutto il Collegio di dover
rilevare come l'orientamento più restrittivo non si allinei
a quello prevalente, secondo cui qualsiasi intervento
edilizio in zona sismica, comportante o meno l'esecuzione di
opere in conglomerato cementizio amato, deve essere
previamente denunciato al competente ufficio al fine di
consentire i preventivi controlli e necessita del rilascio
del preventivo titolo abilitativo, conseguendone, in
difetto, la violazione dell'art. 95 del d.P.R. 06.06.2001,
n. 380 (Sez. 3, n.
34604 del 17/06/2010 Rv. 248330).
In particolare le disposizioni in questione
sono state già ritenute da questa Sezione applicabili anche
per cartelloni per la gestione di spazi pubblicitari su
pilastri metallici con basamento in cemento
(sentenza n. 12201/2010). E ciò proprio
sulla premessa che, come anche in altre occasioni affermato,
la normativa antisismica -a differenza della disciplina
relativa alle opere in conglomerato cementizio armato- deve
essere applicata a tutte le costruzioni la cui sicurezza
possa interessare la pubblica incolumità, a nulla rilevando
la natura dei materiali usati e delle strutture realizzate,
in quanto l'esigenza di maggior rigore nelle zone dichiarate
sismiche rende ancor più necessari i controlli e le cautele
prescritte, quando si impiegano elementi strutturali meno
solidi e duraturi del cemento armato
(Sez. 3, n. 38142 del 24/10/2001, Tucci, Rv 220269).
Ciò posto ritiene il Collegio di non
doversi discostare dall'orientamento maggioritario che non
limita agli edifici la violazione dell'art. 95.
L'art. 83 DPR 380/2001 fa, infatti,
riferimento indistintamente a "tutte le costruzioni da
realizzarsi in zone dichiarate sismiche" la cui
sicurezza possa comunque interessare la pubblica incolumità.
Ed anche l'art. 92, riferendosi all'esecuzione di qualsiasi
lavoro di natura antisismica in edifici e manufatti di
carattere monumentale o aventi, comunque, interesse
archeologico, storico o artistico,avvalora la tesi della non
coincidenza delle nozioni di costruzione e di edificio,
anche se è logico ritenere che l'aspetto della sicurezza
debba riguardare anzitutto gli edifici. Peraltro la nozione
di costruzione è stata ampiamente elaborata dalla
giurisprudenza della Corte e da quella amministrativa già
con riferimento alle tematiche connesse al rilascio della
concessione (ora permesso di costruire) e si è rilevato in
tali occasioni che debbano essere ricompresi nella nozione
di costruzione tutte le opere che alterino in modo stabile
lo stato dei luoghi ancorché riconducibili a manufatti privi
di volume interno utilizzabile e che, in particolare, anche
la sistemazione di una insegna o tabella pubblicitaria
richiede il rilascio del preventivo permesso di costruire
quando per le sue rilevanti dimensioni comporti un mutamento
territoriale (Sez.
3, n. 5328 del 15/01/2004 Rv. 227402).
Ciò posto ritiene quindi il Collegio che
non solo non vi è giustificazione sul piano formale per
differenziare la nozione di costruzione in relazione alle
disposizioni del medesimo testo normativo aprioristicamente
escludendo la cartellonistica installata sul ciglio
autostradale, ma che debba ritenersi ostativa a tale
limitazione l'oggettiva finalità delle disposizioni di cui
agli artt. 83 e ss. del DPR 380/01 che è da rinvenire, come
detto in precedenza, nella necessità di garantire la tutela
della pubblica incolumità.
Ora è dato notorio che i cartelloni recanti
indicazioni sulla viabilità apposti ai margini del tratto
autostradale non possono essere per la funzione svolta di
modeste dimensioni. Appare peraltro di tutta evidenza che
anche interventi in apparenza "minori" possano in
concreto rilevare sul piano della pericolosità.
Nella valutazione sul punto non possono non concorrere,
infatti, con l'elemento dimensionale anche altri aspetti
quali, ad esempio, le modalità di collocazione dei
manufatto, la morfologia del sito, la pendenza del terreno,
le modalità di realizzazione delle strutture di sostegno,
ecc. in quanto suscettibili di accrescere il grado di
pericolo per l'incolumità pubblica.
Ed è ovvio che da tale valutazione non si potrà prescindere
anche per le zone in cui, come nel caso di specie, il grado
di sismicità non sia particolarmente elevato.
Ciò posto correttamente la decisione impugnata si è fatta
carico di soffermarsi sulle caratteristiche del cartellone,
escludendo in particolare logicamente che potesse trattarsi
di opera temporanea o precaria con il rilievo che si era
resa necessaria un'attività di scavo funzionale alla
realizzazione di plinti in calcestruzzo sui quali apporre
poi il pannello a messaggio variabile.
Per contro il ricorrente si è limitato nel motivo di ricorso
ad affermare in modo generico l'inoffensività dell'opera
contestata, ritenendo comunque esclusi i cartelloni dalla
disciplina in questione. |
EDILIZIA
PRIVATA:
Cartelloni autostradali in zona sismica:
necessaria autorizzazione per realizzarli.
La normativa antisismica deve essere
applicata a tutte le costruzioni la cui sicurezza possa
interessare la pubblica incolumità, a nulla rilevando la
natura dei materiali usati e delle strutture realizzate, in
quanto l’esigenza di maggior rigore nelle zone dichiarate
sismiche rende ancora più necessari i controlli e le cautele
prescritte, quando si impiegano elementi strutturali meno
solidi e duraturi del cemento armato.
E’ questa la sintesi del principio ripreso dalla Corte di
Cassazione, Sez. III penale, con la
sentenza 18.06.2012 n. 24086, applicato rigorosamente
anche per i cartelloni autostradali.
Al riguardo, infatti, gli Ermellini non possono fare a meno
di richiamare il dato di comune conoscenza che i cartelloni
recanti indicazioni sulla viabilità apposti ai margini di un
tratto autostradale non possono essere per la funzione
svolta di modeste dimensioni e, anche se riferiti ad
interventi in apparenza minori, possono in concreto rilevare
sul piano della pericolosità.
Nella valutazione sul punto –si legge nella sentenza- non
possono non concorrere, infatti, con l'elemento dimensionale
anche altri aspetti quali, ad esempio, le modalità di
collocazione del manufatto, la morfologia del sito, la
pendenza del terreno, le modalità di realizzazione delle
strutture di sostegno, in quanto suscettibili di accrescere
il grado di pericolo per l'incolumità pubblica.
Allo stesso modo da tale valutazione non sarà possibile
prescindere anche per quelle zone in il grado di sismicità
non sia particolarmente elevato.
Nel caso di specie, il Tribunale aveva condannato il
direttore del tronco autostradale, in qualità di
committente, e la ditta, esecutrice dei lavori, alla pena
dell’ammenda per il reato di cui all’art. 95 del T.U.E. per
aver realizzato opere di installazione di pannelli a
messaggi variabili in zona sismica senza la prescritta
autorizzazione dell’ufficio competente. Il ricorrente aveva
contestato la possibilità di applicare l’articolo 95 del
T.U.E. al caso concreto in quanto il concetto di costruzione
cui fa riferimento la disposizione predetta si riferisce
alle sole opere edili in senso stretto e non anche, quindi,
alla realizzazione di semplici pannelli contenenti messaggi
autostradali dalla cui istallazione, non può peraltro,
oggettivamente derivare una concreta fonte di rischio per
l'incolumità.
Come si è visto, la Cassazione respinge fortemente questa
interpretazione del ricorrente, ribadendo l’applicabilità
della norma ai cartelloni autostradali. Peraltro, sostengono
i giudici di Piazza Cavour, la nozione di costruzione è
stata ampiamente elaborata dalla giurisprudenza della Corte
stessa e da quella amministrativa con riferimento alle
tematiche connesse al rilascio della concessione ed è stato
rilevato che debbano essere ricompresi nella nozione di
costruzione tutte le opere che alterino in modo stabile lo
stato dei luoghi, ancorché riconducibili a manufatti privi
di volume interno utilizzabile e che, in particolare, anche
la sistemazione di una insegna o tabella pubblicitaria
richiede il rilascio del preventivo permesso di costruire
quando per le sue rilevanti dimensioni comporti un mutamento
territoriale.
Da qui la già dichiarata conseguenza dell’applicabilità
della disposizione di cui all’art. 95 del T.U.E. ai
cartelloni autostradali con il rigetto di tale motivo di
ricorso da parte del Supremo giudice di legittimità (link a
www.altalex.com). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Cartellonistica stradale e normativa
antisismica.
E' dato notorio che i cartelloni recanti indicazioni sulla
viabilità apposti ai margini del tratto autostradale non
possono essere, per la funzione svolta, di modeste
dimensioni. Appare peraltro di tutta evidenza che anche
interventi in apparenza “minori" possano in concreto
rilevare sul piano della pericolosità.
Nella valutazione sul punto non possono non concorrere,
infatti, con l'elemento dimensionale anche altri aspetti
quali, ad esempio, le modalità di collocazione del
manufatto, la morfologia del sito, la pendenza del terreno,
le modalità di realizzazione delle strutture di sostegno,
ecc. in quanto suscettibili di accrescere il grado di
pericolo per l'incolumità pubblica.
Ed è ovvio che da tale valutazione non si potrà prescindere
anche per le zone in cui il grado di sismicità non sia
particolarmente elevato (Corte di Cassazione, Sez. III
penale,
sentenza 18.06.2012 n. 24086 - tratto da
www.lexambiente.it). |
maggio 2012 |
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CONDOMINIO:
Sopraelevazione a prova di sisma.
Modifiche al tetto legittime se resistenti a eventi
tellurici. La Cassazione sulle opere eseguite all'ultimo
piano. Non basta che l'edificio supporti il peso.
La sopraelevazione, realizzata dal
proprietario dell'ultimo piano di un condominio, è legittima
non solo se l'edificio è in grado di sopportare il peso
delle nuove strutture ma anche se sono state rispettate
tutte le speciali prescrizioni antisismiche previste in
relazione alle caratteristiche del territorio, in modo che
il fabbricato sia idoneo a resistere alle sollecitazioni di
un eventuale evento tellurico: in caso contrario la nuova
struttura deve essere demolita.
Lo ha chiarito la II Sez. civile della Suprema corte di
cassazione con la recente
sentenza 30.05.2012 n. 8643.
La vicenda.
Nel caso di specie il proprietario di un appartamento, che
comprendeva i piani primo e terra del fabbricato, citava in
giudizio la proprietaria dell'altra unità immobiliare, posta
su più piani (dal secondo al quarto), accusandola di avere
eliminato la scala interna di collegamento tra il primo e il
secondo piano e, soprattutto, di avere sopraelevato, per
renderlo abitabile, il preesistente sottotetto, eliminando
parte del preesistente tetto comune e realizzando un
terrazzo di uso esclusivo.
Secondo l'attore le opere eseguite si dovevano considerare
illegittime e, quindi, si richiedeva il ripristino della
precedente situazione o, in via subordinata, ove fosse stata
ritenuta legittima la sopraelevazione eseguita, il pagamento
dell'indennità di sopraelevazione prevista dalla legge e, in
ogni caso, il risarcimento dei danni. Il proprietario
dell'appartamento ristrutturato si difendeva rilevando che
le opere contestate erano state realizzate dai precedenti
proprietari, per cui chiedeva e otteneva la loro chiamata in
giudizio per essere manlevato da ogni responsabilità. Questi
ultimi, ritenuti i reali esecutori delle opere sopra dette,
venivano condannati a risarcire i danni, nonché al pagamento
dell'indennità prevista per la sopraelevazione (ritenuta
legittima) a favore dell'attore.
La Corte di appello, invece, condannava al pagamento dei
danni e dell'indennità sopra detta l'attuale proprietario
dell'immobile, ritenendo i precedenti proprietari, che
avevano alienato l'immobile nello stato di fatto in cui si
trovava al momento delle compravendita, esenti da
responsabilità. In ogni caso la stessa Corte ribadiva come
il fabbricato fosse idoneo a fronteggiare il rischio
sismico, come risultava da due relazioni tecniche secondo le
quali nel caso in esame non si configuravano ampliamenti e
sopraelevazioni tali da comportare l'adeguamento sismico.
Il proprietario dell'appartamento, comprensivo dei piani
primo e terra del condominio, si rivolgeva però alla
Cassazione perché considerava la sopraelevazione non
conforme alla normativa antisismica. Del resto, quest'ultimo
sottolineava come la Corte d'appello avesse fatto proprie le
immotivate e contrastanti conclusioni cui era giunto il
consulente tecnico incaricato, il quale, pur escludendo
alcun pregiudizio alla statica dell'immobile, ammetteva che
non era ancora stato rilasciato il certificato di legge,
attestante la perfetta rispondenza dell'opera eseguita alle
norme antisismiche, da ritenersi propedeutico al rilascio
del certificato di agibilità da parte del comune.
La decisione.
La Suprema corte, condividendo le precedenti considerazioni,
ha ritenuto illegittima la sopraelevazione per mancanza
della prova (e del certificato richiesto dalla legge)
dell'esecuzione delle opere necessarie per scongiurare il
rischio sismico.
In particolare i giudici supremi hanno ricordato che il
divieto di sopraelevazione, per inidoneità delle condizioni
statiche dell'edificio, previsto dalla normativa
condominiale contenuta nel codice civile, va interpretato
non nel senso che la sopraelevazione è vietata soltanto se
le strutture dell'edificio non consentono di sopportarne il
peso, ma nel senso che il divieto sussiste anche nel caso in
cui le strutture siano tali che, una volta elevata la nuova
fabbrica, non consentano di sopportare l'urto di forze in
movimento, quali le sollecitazioni di origine sismica.
In altre parole, il diritto del condomino di sopraelevare
sorge solo nel momento in cui la stabilità strutturale
dell'edificio in condizioni di quiete lo consenta o, nelle
zone sottoposte a rischio sismico, solo nel momento in cui
la struttura del fabbricato sia adeguata al grado di
sismicità della zona e, perciò, sia pronta a sopportare la
sopraelevazione.
Pertanto, qualora le leggi antisismiche, in ragione delle
particolari caratteristiche del territorio, prescrivano
cautele tecniche da adottarsi nella sopraelevazione degli
edifici, esse sono da considerarsi integrative del codice
civile e la loro inosservanza determina una presunzione di
pericolosità della sopraelevazione, che può essere vinta
esclusivamente mediante la prova, il cui onere incombe
sull'autore della nuova fabbrica, che non solo la
sopraelevazione ma anche la struttura sottostante sia idonea
a fronteggiare il rischio sismico. Se tale prova non viene
fornita, si presume l'instabilità della costruzione
realizzata e, quindi, una situazione di pericolo permanente,
da rimuovere senza indugio.
---------------
Il proprietario deve corrispondere una
indennità ai condomini.
Il diritto di
sopraelevazione, al di fuori dei casi in cui sia escluso dal
titolo o non sia esercitabile per i limiti obiettivi
collegati alle esigenze di compatibilità statica o
architettonica, si traduce in una facoltà strettamente
collegata alla proprietà dell'ultimo piano o a quella
esclusiva del lastrico solare. L'esercizio di detta facoltà
con la realizzazione della sopraelevazione dà luogo
all'aggiunta all'edificio condominiale di un nuovo piano o
porzione di piano in proprietà individuale, che viene a
partecipare al godimento delle parti comuni e genera,
altresì, l'obbligo del sopraelevante di corrispondere agli
altri condomini la c.d. indennità di sopraelevazione.
Circa la nozione oggettiva di sopraelevazione, la Corte di
cassazione ha avuto modo di chiarire che «non costituisce
esercizio del diritto di sopraelevazione la sostituzione, a
opera del proprietario dell'ultimo piano di un edificio
condominiale, del tetto con una terrazza, sulla
considerazione che la diversa copertura realizzata, pur non
eliminando la funzione originariamente svolta dal tetto,
vale ad imprimere allo stesso, una destinazione ad uso
esclusivo dell'autore dell'opera, costituendo alterazione
della cosa comune che viene così sottratta al godimento
collettivo» (Cassazione, sez II, 28/01/2005, n. 1737).
In un caso analogo, avente a oggetto la trasformazione di
parte del sottotetto in terrazza a livello in uso esclusivo,
la Suprema Corte, invocando principi già espressi in materia
di uso più intenso delle parti comuni a opera di alcuni
condomini, ha escluso che un condomino possa trasformare il
tetto in terrazzo a uso esclusivo, essendo in tal modo
alterata l'originaria destinazione della cosa comune (Cass.
civ., sez II, sentenza n. 5753/2007). Le considerazioni
svolte sinora valgono anche nel caso in cui gli interventi
edificatori si traducano in opere di recupero di sottotetti
all'interno dei quali siano ricavati uno o più appartamenti.
La titolarità del diritto di
sopraelevazione.
Il diritto di sopraelevazione è strettamente connesso alla
proprietà dell'immobile e il suo esercizio, da parte del
proprietario dell'ultimo piano, non è soggetto al preventivo
consenso dell'assemblea. Dalla natura reale del diritto
suddetto discende, inoltre, la sua imprescrittibilità. Dalla
formulazione dell'art. 1127 c.c. deve ritenersi che la
presenza di un proprietario esclusivo del lastrico solare
escluda automaticamente la sussistenza del diritto di
sopraelevazione in capo al proprietario dell'ultimo piano.
Qualora, invece, il lastrico solare sia di proprietà comune
dei condomini, il diritto di sopraelevazione spetta al
proprietario dell'ultimo piano che, a seguito della nuova
costruzione, dovrà ricostruire il lastrico solare comune a
un livello superiore.
Qualora l'ultimo piano dell'edificio sia costituito da
soffitte o da sottotetti, la giurisprudenza ha ritenuto che
l'appartenenza di tali manufatti a soggetto diverso dal
proprietario dell'ultimo piano faccia in modo che detti
manufatti possano essere considerati piani ai sensi e agli
effetti di cui all'art. 1127 c.c., con la conseguenza che il
diritto alla sopraelevazione farà capo al proprietario di
tali soffitte o sottotetti. Per contro, la proprietà comune
di detti manufatti sposta in favore del proprietario
dell'ultimo piano la facoltà di elevare nuovi piani o nuove
fabbriche, fermo restando l'obbligo di ricostruire a un
livello superiore i manufatti preesistenti alla
sopraelevazione al fine di garantire l'uso comune degli
stessi.
La c.d. indennità di sopraelevazione.
L'indennità in questione è disciplinata dal comma 4
dell'art. 1127 c.c. e consiste in una misura compensativa
riconosciuta agli altri condomini, il cui ammontare è pari
al valore attuale dell'area da occuparsi con la nuova
costruzione, diviso per il numero dei piani, ivi compreso
quello da edificare, e detratto l'importo della quota
spettante al sopraelevante. L'indennizzo non copre per
intero la diminuzione di valore che le unità immobiliari in
proprietà esclusiva subiscono per effetto della
sopraelevazione in rapporto col valore dell'intero edificio
e ciò in virtù del fatto che, da un lato, non si tratta di
risarcimento da fatto illecito e che, dall'altro, il diritto
di sopraelevare e, conseguentemente, di provocare tale
diminuzione, sorge contemporaneamente al condominio e,
quindi, chi acquista una unità immobiliare al di sotto
dell'ultimo piano è a conoscenza del fatto che il valore
della stessa rispetto al valore dell'intero edificio è
suscettibile di diminuzione (in tal senso Cassazione, sez.
II, n. 12880/2005).
L'obbligo di corresponsione dell'indennità trova fondamento
nella necessità di compensare gli altri condomini della
riduzione del valore delle quote di loro pertinenza
sull'edificio condominiale, giacché colui che realizza la
sopraelevazione va ad accrescere a scapito degli altri
condomini la propria quota di partecipazione alla comunione.
D'altro canto il legislatore, nel riconoscere il diritto di
sopraelevare al proprietario dell'ultimo piano o al
proprietario esclusivo del lastrico solare, ha posto poi a
carico di questi l'obbligo di corrispondere un'indennità
agli altri condomini proprio con l'intento di compensarli
della diminuzione patrimoniale delle loro quote per effetto
della sopraelevazione (articolo
ItaliaOggi Sette del 18.06.2012).
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MASSIMA
1. Il divieto di sopraelevazione, per
inidoneità delle condizioni statiche dell'edificio, previsto
dall'art. 1127, secondo comma, c.c. va interpretato non nel
senso che la sopraelevazione è vietata soltanto se le
strutture dell'edificio non consentono di sopportarne il
peso, ma nel senso che il divieto sussiste anche nel caso in
cui le strutture son tali che, una volta elevata la nuova
fabbrica, non consentano di sopportare l'urto di forze in
movimento quali le sollecitazioni di origine sismica.
Pertanto, qualora le leggi antisismiche prescrivano
particolari cautele tecniche da adottarsi, in ragione delle
caratteristiche del territorio, nella sopraelevazione degli
edifici, esse sono da considerarsi integrative dell'art.
1127, secondo comma, c.c. e la loro inosservanza determina
una presunzione di pericolosità della sopraelevazione che
può essere vinta esclusivamente mediante la prova,
incombente sull'autore della nuova fabbrica, che non solo la
sopraelevazione, ma anche la struttura sottostante sia
idonea a fronteggiare il rischio sismico.
2. Qualora l'apertura nel muro perimetrale comune di un
edificio condominiale sia eseguita dal singolo condomino per
mettere in comunicazione una unità immobiliare di sua
esclusiva proprietà con un'altra unità compresa in un
diverso fabbricato, l'uso del muro comune non può ritenersi
consentito a norma dell'art. 1102 c.c. in quanto non si
risolve in un semplice maggiore suo godimento, ma integra
una anormale e diversa utilizzazione diretta a sopperire ai
bisogni di un bene al quale non è legato da alcun rapporto. |
EDILIZIA
PRIVATA:
OPERE IN CEMENTO ARMATO E
RESPONSABILITA` DEL COSTRUTTORE.
Il reato di omessa denuncia delle opere in conglomerato
cementizio armato (artt. 65 e 72, D.P.R. 06.06.2001, n.
380), in quanto reato omissivo proprio, è configurabile in
capo al costruttore, essendo imposto dalla legge, in via
esclusiva a carico di quest’ultimo, l’obbligo di denuncia.
La Corte di Cassazione si pronuncia, con la sentenza in
esame, sulla disciplina relativa alla realizzazione delle
opere in conglomerato cementizio armato, individuando nel
costruttore il soggetto responsabile del reato di omessa
denuncia.
La vicenda processuale vedeva imputato il proprietario e
committente di alcuni interventi edilizi, ritenuto
responsabile per avere eseguito un manufatto abusivo in zona
sismica in violazione di norme sul conglomerato cementizio
armato e di avere dato inizio ai lavori senza la preventiva
denuncia dei lavori allo Sportello unico dell’edilizia. A
seguito della pronuncia di condanna, questi proponeva
ricorso per cassazione denunciando violazione di legge
relativamente alla condanna per il reato relativo al
conglomerato cementizio, in base al rilievo che l’obbligo
della denuncia delle opere incomberebbe solo sul costruttore
e non sul proprietario/committente.
La tesi è stata condivisa dalla Cassazione che ha ritenuto
l’affermazione di responsabilità per tale reato non è
sorretta da alcuna motivazione, con conseguente annullamento
della sentenza. A fondamento della decisione, peraltro, la
Corte mostra di aderire a quell’orientamento
giurisprudenziale che qualifica il reato di omessa denuncia
delle opere in conglomerato cementizio armato (D.P.R.
06.06.2001, n. 380, artt. 65 e 72), come reato omissivo
proprio, in quanto tale configurabile solo in capo al
costruttore, essendo imposto dalla legge, in via esclusiva a
carico di quest’ultimo, l’obbligo di denuncia, con
esclusione della responsabilità del proprietario/committente
(v., ex multis, da ultimo: Cass. pen., sez. III,
07.05.2010, n. 17539, in Ced Cass., n. 247168). Trattasi,
tuttavia, di un orientamento non del tutto pacifico in
giurisprudenza.
Ed infatti, sul punto, altra giurisprudenza ritiene
diversamente che il committente di lavori edilizi concorre,
in qualità di ‘‘extraneus’’, nella contravvenzione di
omessa denuncia delle opere in conglomerato cementizio
armato (artt. 65 e 72, D.P.R. 06.06.2001, n. 380), pur
trattandosi di reato omissivo proprio del costruttore (Cass.
pen., sez. III, 31.05.2011, n. 21775, in Ced Cass., n.
250377) (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 14.05.2012 n. 18104 - tratto da
Urbanistica e appalti n. 7/2012). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Limitazione della sanatoria ai soli
reati urbanistici.
Il rilascio in sanatoria del permesso di costruire,
determina l'estinzione dei soli "reati contravvenzionali
previsti dalle norme urbanistiche vigenti" e quindi si
riferisce esclusivamente alle contravvenzioni concernenti la
materia che disciplina l'assetto del territorio sotto il
profilo edilizio, ossia alle violazioni della stessa legge,
in cui sono contemplate le ipotesi tipiche suscettibili di
sanatoria.
Ne deriva l'inapplicabilità della causa estintiva agli altri
reati che riguardino altri aspetti delle costruzioni ed
aventi oggettività giuridica diversa rispetto a quella della
mera tutela urbanistica del territorio, come i reati
relativi a violazioni di disposizioni in materia di
costruzioni in zona sismica, o in materia di opere in
conglomerato cementizio, ovvero in materia di tutela delle
zone di particolare interesse ambientale (Corte di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 11.05.2012 n. 17825 - tratto da
www.lexambiente.it). |
febbraio 2012 |
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EDILIZIA
PRIVATA:
Piscine e disciplina antisismica.
Gli artt. 83 e seguenti del d.P.R. n. 380 del 2001 devono
essere interpretati nel senso che non escludono le piscine.
Tali disposizioni si applicano, infatti, a tutte le
costruzioni la cui sicurezza possa interessare la pubblica
incolumità, a nulla rilevando la natura dei materiali usati
e delle strutture realizzate, stante l'esigenza di massimo
rigore nelle zone dichiarate sismiche, che rende necessari i
controlli e le cautele prescritte anche quando si impiegano
elementi strutturali meno solidi e duraturi rispetto alla
muratura ed al cemento armato.
Né alcun rilievo può assumere il carattere eventualmente
precario della costruzione, proprio in considerazione delle
prevalenti esigenze di sicurezza alla tutela delle quali la
normativa antisismica si correla (Corte di Cassazione, Sez.
III penale,
sentenza 17.02.2012 n. 6591 - tratto da
www.lexambiente.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
L’autorizzazione alla installazione di
impianti pubblicitari è subordinata alla valutazione in
ordine alla sua compatibilità con il diverso interesse
pubblico generale alla ordinata regolamentazione degli spazi
pubblicitari (che non possono essere indiscriminatamente
lasciati alla libera iniziativa privata), e, quindi,
costituisce oggetto di una specifica disciplina, non
sovrapponibile o confondibile con quella edilizia.
Il Comune è chiamato ad esercitare, al riguardo, un potere
sicuramente caratterizzato da profili di discrezionalità, in
quanto titolare sia delle funzioni relative alla sicurezza
della circolazione (ciò che comporta la titolarità del
potere autorizzatorio dell'installazione di impianti
pubblicitari, nel rispetto delle prescrizioni del Codice
della Strada), sia di quelle relative all'uso del proprio
territorio, anche sotto l’aspetto dei monumenti,
dell'estetica cittadina e del paesaggio, ben potendo
individuare limitazioni e divieti per particolari forme
pubblicitarie, in connessione ad esigenze di pubblico
interesse.
Siffatto potere, inerente alla ponderazione comparativa
degli interessi coinvolti, quali, da un lato, quelli
pubblici e, dall’altro, quello privato, alla libertà di
iniziativa economica -di cui l'attività pubblicitaria
rappresenta estrinsecazione- si esprime, innanzitutto, nella
potestà pianificatoria e, dunque, nella potestà
regolamentare, attraverso la quale il Comune disciplina le
modalità dello svolgimento della pubblicità, la tipologia e
quantità degli impianti pubblicitari e le modalità per
ottenere l'autorizzazione all'installazione di questi, senza
violare l’art. 41 Cost., ma, anzi, ponendosi nell'ambito
semantico della “utilità sociale” e nel contesto di valori
costituzionali equiordinati, quali quello alla difesa
dell'ambiente e delle valenze estetiche del patrimonio
culturale della Nazione, riconducibili all’art. 9 della
Costituzione.
Inoltre, nei casi in cui viene richiesta l’affissione di
impianti pubblicitari direttamente su suolo pubblico,
l’Amministrazione -nella cui disponibilità, oltretutto, si
trova il suolo stesso- è tenuta ad espletare una valutazione
complessiva, non limitata soltanto alla mera compatibilità
dell’impianto pubblicitario con l’interesse pubblico (come
nell’ipotesi in cui il suolo si trovi nella disponibilità
dell’interessato), ma estesa anche alla verifica che,
attraverso detto uso privato della risorsa pubblica, si
realizzino quegli interessi collettivi, di cui
l’Amministrazione stessa è portatrice.
Invero, in questi casi, viene richiesto un esame più
approfondito e attento, che si articola nell’ambito di un
procedimento destinato a sfociare in un provvedimento non
già meramente autorizzatorio, ma di natura concessoria, il
cui rilascio presuppone la canalizzazione dell’attività
privata nell’alveo del pubblico interesse, e non solo la non
incompatibilità dell’una rispetto all’altro.
In altri termini, l’installazione di mezzi pubblicitari su
suolo pubblico postula un provvedimento di concessione
dell’uso del medesimo, non bastando a tale scopo il solo
provvedimento autorizzatorio, poiché, mentre il procedimento
autorizzatorio si esaurisce nel sopra menzionato giudizio di
"non incompatibilità" dell’attività privata con l’interesse
pubblico, il procedimento concessorio involve la valutazione
della conformità di tale attività con il pubblico interesse.
Ne segue che, quando l’esposizione degli impianti di
pubblicità avviene su suolo pubblico, l’occupazione del
predetto suolo fa sì che non si possa in alcun modo
prescindere dalla citata valutazione di conformità, la cui
complessità non consente che si possa formare tacitamente il
provvedimento finale concessorio, in quanto involve
l’esercizio di una potestà discrezionale, escludente
l’applicabilità del regime del silenzio-assenso.
---------------
Sotto altro profilo, deve poi rilevarsi che non sussiste un
rapporto di tipo derogatorio fra la normativa edilizia, oggi
compendiata nel D.P.R. 06.06.2001 n. 380 e la normativa per
le pubbliche affissioni di cui al D.Lgs. 15.11.1993, n. 507,
giacché trattasi di discipline differenti, avente differenti
contenuti e finalità, che concorrono nella valutazione della
medesima fattispecie ai fini della tutela di interessi
pubblici diversi nonché ai fini della definizione di
differenti procedimenti amministrativi.
Ed invero, la normativa edilizia trova applicazione in tutte
le ipotesi in cui si configura un mutamento del territorio
nel suo contesto preesistente sia sotto il profilo
urbanistico che sotto quello edilizio ed entro questi limiti
pertanto assume rilevanza la violazione dei regolamenti
edilizi.
Conseguentemente, nelle ipotesi in cui la sistemazione di
una insegna o di una tabella (cosiddetta tabellone)
pubblicitaria o di ogni altro genere, per le sue consistenti
dimensioni, comporti un rilevante mutamento territoriale, è
richiesto l’assenso mediante “permesso di costruire” e
mediante semplice s.c.i.a. negli altri casi, in coerenza con
le previsioni della normativa edilizia di cui agli artt. 2,
6 e 7 del D.P.R. n. 380 del 2001 e succ. mod..
---------------
La violazione della normativa antisismica di cui alla legge
02.02.1974 n. 64, posta a tutela della pubblica incolumità
nelle zone dichiarate sismiche, non può essere derogata
dalla normativa speciale di cui al D.Lgs. 15.11.1993, n. 507
e trova applicazione, omnicomprensivamente, ai sensi
dell'art. 3, co. 1, a "tutte le costruzioni la cui sicurezza
possa comunque interessare la pubblica incolumità", a nulla
rilevando la natura dei materiali impiegati e delle relative
strutture: anzi, proprio l'impiego, come nel caso di specie,
di elementi strutturali meno solidi e duraturi di quelli in
cemento ed assimilati, rende vieppiù necessari i controlli e
le cautele prescritte ai fini preventivi in questione.
Il D.Lgs. 15.11.1993 n. 507, recante revisione ed
armonizzazione dell'imposta comunale sulla pubblicità e del
diritto sulle pubbliche affissioni stabilisce, all’art. 3,
che il Comune è tenuto ad adottare apposito regolamento per
l'applicazione dell'imposta, con il quale può disciplinare "le
modalità di effettuazione della pubblicità e può stabilire
limitazioni e divieti per particolari forme pubblicitarie in
relazione ad esigenze di pubblico interesse" (II° comma)
e "in ogni caso determinare la tipologia e la quantità
degli impianti pubblicitari, le modalità per ottenere il
provvedimento per l'installazione ..." (III° comma).
L'installazione di impianti pubblicitari è attività "contingentata",
non sussumibile nella disciplina di cui all’art. 19 della
legge n. 241 del 1990, in base alla quale l'atto di
consenso, cui sia subordinato l'esercizio di un'attività
privata, s'intende sostituito dalla denuncia di inizio di
attività da parte dell'interessato alla pubblica
amministrazione competente, sempre che il suo rilascio "dipenda
esclusivamente dall'accertamento dei presupposti e dei
requisiti di legge, senza l'esperimento di prove a ciò
destinate che comportino valutazioni tecniche discrezionali,
e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo".
Ed invero, l’autorizzazione alla installazione di impianti
pubblicitari è subordinata alla valutazione in ordine alla
sua compatibilità con il diverso interesse pubblico generale
alla ordinata regolamentazione degli spazi pubblicitari (che
non possono essere indiscriminatamente lasciati alla libera
iniziativa privata), e, quindi, costituisce oggetto di una
specifica disciplina, non sovrapponibile o confondibile con
quella edilizia.
Il Comune è chiamato ad esercitare, al riguardo, un potere
sicuramente caratterizzato da profili di discrezionalità, in
quanto titolare sia delle funzioni relative alla sicurezza
della circolazione (ciò che comporta la titolarità del
potere autorizzatorio dell'installazione di impianti
pubblicitari, nel rispetto delle prescrizioni del Codice
della Strada), sia di quelle relative all'uso del proprio
territorio, anche sotto l’aspetto dei monumenti,
dell'estetica cittadina e del paesaggio, ben potendo
individuare limitazioni e divieti per particolari forme
pubblicitarie, in connessione ad esigenze di pubblico
interesse (ex plurimis: TAR Lombardia- Brescia, Sez.
I 28.02.2008 n. 174).
Siffatto potere, inerente alla ponderazione comparativa
degli interessi coinvolti, quali, da un lato, quelli
pubblici e, dall’altro, quello privato, alla libertà di
iniziativa economica -di cui l'attività pubblicitaria
rappresenta estrinsecazione- si esprime, innanzitutto, nella
potestà pianificatoria e, dunque, nella potestà
regolamentare, attraverso la quale il Comune disciplina le
modalità dello svolgimento della pubblicità, la tipologia e
quantità degli impianti pubblicitari e le modalità per
ottenere l'autorizzazione all'installazione di questi, senza
violare l’art. 41 Cost., ma, anzi, ponendosi nell'ambito
semantico della “utilità sociale” e nel contesto di
valori costituzionali equiordinati, quali quello alla difesa
dell'ambiente e delle valenze estetiche del patrimonio
culturale della Nazione, riconducibili all’art. 9 della
Costituzione (conf.: Corte Cost. sent. 17.07.2002 n. 355).
Inoltre, nei casi in cui viene richiesta l’affissione di
impianti pubblicitari direttamente su suolo pubblico,
l’Amministrazione -nella cui disponibilità, oltretutto, si
trova il suolo stesso- è tenuta ad espletare una valutazione
complessiva, non limitata soltanto alla mera compatibilità
dell’impianto pubblicitario con l’interesse pubblico (come
nell’ipotesi in cui il suolo si trovi nella disponibilità
dell’interessato), ma estesa anche alla verifica che,
attraverso detto uso privato della risorsa pubblica, si
realizzino quegli interessi collettivi, di cui
l’Amministrazione stessa è portatrice.
Invero, in questi casi, viene richiesto un esame più
approfondito e attento, che si articola nell’ambito di un
procedimento destinato a sfociare in un provvedimento non
già meramente autorizzatorio, ma di natura concessoria, il
cui rilascio presuppone la canalizzazione dell’attività
privata nell’alveo del pubblico interesse, e non solo la non
incompatibilità dell’una rispetto all’altro.
In altri termini, l’installazione di mezzi pubblicitari su
suolo pubblico postula un provvedimento di concessione
dell’uso del medesimo, non bastando a tale scopo il solo
provvedimento autorizzatorio, poiché, mentre il procedimento
autorizzatorio si esaurisce nel sopra menzionato giudizio di
"non incompatibilità" dell’attività privata con
l’interesse pubblico, il procedimento concessorio involve la
valutazione della conformità di tale attività con il
pubblico interesse.
Ne segue che, quando l’esposizione degli impianti di
pubblicità avviene su suolo pubblico, l’occupazione del
predetto suolo fa sì che non si possa in alcun modo
prescindere dalla citata valutazione di conformità, la cui
complessità non consente che si possa formare tacitamente il
provvedimento finale concessorio (TAR Lombardia, Milano,
Sez. IV, 26.07.2005, n. 3421), in quanto involve l’esercizio
di una potestà discrezionale, escludente l’applicabilità del
regime del silenzio-assenso (conf.: Corte Cost. 27.07.1995
n. 408).
Sotto altro profilo, deve poi rilevarsi che non sussiste un
rapporto di tipo derogatorio fra la normativa edilizia, oggi
compendiata nel D.P.R. 06.06.2001 n. 380 e la normativa per
le pubbliche affissioni di cui al D.Lgs. 15.11.1993, n. 507,
giacché trattasi di discipline differenti, avente differenti
contenuti e finalità, che concorrono nella valutazione della
medesima fattispecie ai fini della tutela di interessi
pubblici diversi nonché ai fini della definizione di
differenti procedimenti amministrativi.
Ed invero, la normativa edilizia trova applicazione in tutte
le ipotesi in cui si configura un mutamento del territorio
nel suo contesto preesistente sia sotto il profilo
urbanistico che sotto quello edilizio ed entro questi limiti
pertanto assume rilevanza la violazione dei regolamenti
edilizi.
Conseguentemente, nelle ipotesi in cui la sistemazione di
una insegna o di una tabella (cosiddetta tabellone)
pubblicitaria o di ogni altro genere, per le sue consistenti
dimensioni, comporti un rilevante mutamento territoriale, è
richiesto l’assenso mediante “permesso di costruire”
e mediante semplice s.c.i.a. negli altri casi, in coerenza
con le previsioni della normativa edilizia di cui agli artt.
2, 6 e 7 del D.P.R. n. 380 del 2001 e succ. mod..
Analogamente, la violazione della normativa antisismica di
cui alla legge 02.02.1974 n. 64, posta a tutela della
pubblica incolumità nelle zone dichiarate sismiche, non può
essere derogata dalla normativa speciale di cui al D.Lgs.
15.11.1993, n. 507 e trova applicazione,
omnicomprensivamente, ai sensi dell'art. 3, co. 1, a "tutte
le costruzioni la cui sicurezza possa comunque interessare
la pubblica incolumità", a nulla rilevando la natura dei
materiali impiegati e delle relative strutture: anzi,
proprio l'impiego, come nel caso di specie, di elementi
strutturali meno solidi e duraturi di quelli in cemento ed
assimilati, rende vieppiù necessari i controlli e le cautele
prescritte ai fini preventivi in questione.
Pertanto, si conferma l’assunto per cui è richiesto il
titolo abilitativo del Comune allorché vi si un sostanziale
mutamento del territorio nel suo contesto preesistente sia
sotto il profilo urbanistico che sotto quello edilizio (cfr.
Cons. Stato, V Sezione, 17.05.2007 n. 2497 che richiama
Cass. pen. sez. 3°, n. 5328 del 14.01.2004 e precedenti ivi
indicati) con conseguente infondatezza del primo motivo di
ricorso (TAR Calabria-Catanzaro, Sez. I,
sentenza 14.02.2012 n. 186 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
gennaio 2012 |
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EDILIZIA
PRIVATA: L’autorizzazione
alla installazione di impianti pubblicitari è subordinata
alla valutazione in ordine alla sua compatibilità con il
diverso interesse pubblico generale alla ordinata
regolamentazione degli spazi pubblicitari (che non possono
essere indiscriminatamente lasciati alla libera iniziativa
privata), e, quindi, costituisce oggetto di una specifica
disciplina, non sovrapponibile o confondibile con quella
edilizia.
Il Comune è chiamato ad esercitare, al riguardo, un potere
discrezionale, in quanto titolare sia delle funzioni
relative alla sicurezza della circolazione (ciò che comporta
la titolarità del potere autorizzatorio dell'installazione
di impianti pubblicitari, nel rispetto delle prescrizioni
del Codice della Strada), sia di quelle relative all'uso del
proprio territorio, anche sotto l’aspetto dei monumenti,
dell'estetica cittadina e del paesaggio, ben potendo
individuare limitazioni e divieti per particolari forme
pubblicitarie, in connessione ad esigenze di pubblico
interesse.
Siffatto potere, inerente la ponderazione comparativa degli
interessi coinvolti, quali, da un lato, quelli pubblici e,
dall’altro, quello privato, alla libertà di iniziativa
economica -di cui l'attività pubblicitaria rappresenta
estrinsecazione- si esprime, innanzitutto, nella potestà
pianificatoria e, dunque, nella potestà regolamentare,
attraverso la quale il Comune disciplina le modalità dello
svolgimento della pubblicità, la tipologia e quantità degli
impianti pubblicitari e le modalità per ottenere
l'autorizzazione all'installazione di questi, senza violare
l’art. 41 Cost., ma, anzi, ponendosi nell'ambito semantico
della “utilità sociale” e nel contesto di valori
costituzionali equiordinati, quali quello alla difesa
dell'ambiente e delle valenze estetiche del patrimonio
culturale della Nazione, riconducibili all’art. 9 della
Costituzione.
Inoltre, nei casi in cui viene richiesta l’affissione di
impianti pubblicitari direttamente su suolo pubblico,
l’Amministrazione -nella cui disponibilità, oltretutto, si
trova il suolo stesso- è tenuta ad espletare una valutazione
complessiva, non limitata soltanto alla mera compatibilità
dell’impianto pubblicitario con l’interesse pubblico (come
nell’ipotesi in cui il suolo si trovi nella disponibilità
dell’interessato), ma estesa anche alla verifica che,
attraverso detto uso privato della risorsa pubblica, si
realizzino quegli interessi collettivi, di cui
l’Amministrazione stessa è portatrice.
Invero, in questi casi, viene richiesto un esame più
approfondito e attento, che si articola nell’ambito di un
procedimento destinato a sfociare in un provvedimento non
già meramente autorizzatorio, ma di natura concessoria, il
cui rilascio presuppone la canalizzazione dell’attività
privata nell’alveo del pubblico interesse, e non solo la non
incompatibilità dell’una rispetto all’altro.
In altri termini, l’installazione di mezzi pubblicitari su
suolo pubblico postula un provvedimento di concessione
dell’uso del medesimo, non bastando a tale scopo il solo
provvedimento autorizzatorio, poiché, mentre il procedimento
autorizzatorio si esaurisce nel sopra menzionato giudizio di
"non incompatibilità" dell’attività privata con l’interesse
pubblico, il procedimento concessorio involve la valutazione
della conformità di tale attività con il pubblico interesse.
Ne segue che, quando l’esposizione degli impianti di
pubblicità avviene su suolo pubblico, l’occupazione del
predetto suolo fa sì che non si possa in alcun modo
prescindere dalla citata valutazione di conformità, la cui
complessità non consente che si possa formare tacitamente il
provvedimento finale concessorio, in quanto involve
l’esercizio di una potestà discrezionale, escludente
l’applicabilità del regime del silenzio-assenso.
--------------
Si deve ritenere che non sussiste un rapporto di tipo
derogatorio fra la normativa edilizia, oggi compendiata nel
D.P.R. 06.06.2001 n. 380 e la normativa per le pubbliche
affissioni di cui al D.Lgs. 15.11.1993, n. 507, giacché
trattasi di discipline differenti, avente differenti
contenuti e finalità, che concorrono nella valutazione della
medesima fattispecie ai fini della tutela di interessi
pubblici diversi nonché ai fini della definizione di
differenti procedimenti amministrativi.
Ed invero, la normativa edilizia trova applicazione in tutte
le ipotesi in cui si configura un mutamento del territorio
nel suo contesto preesistente sia sotto il profilo
urbanistico che sotto quello edilizio ed entro questi limiti
pertanto assume rilevanza la violazione dei regolamenti
edilizi.
Conseguentemente, nelle ipotesi in cui la sistemazione di
una insegna o di una tabella (cosiddetta tabellone)
pubblicitaria o di ogni altro genere quando, per le sue
consistenti dimensioni, comporti un rilevante mutamento
territoriale, è richiesto l’assenso mediante “permesso di
costruire” e mediante semplice s.c.i.a. negli altri casi, in
coerenza con le previsioni della normativa edilizia di cui
agli artt. 2, 6 e 7 del D.P.R. n. 380 del 2001 e succ. mod..
---------------
La violazione della normativa antisismica di cui alla legge
02.02.1974 n. 64, posta a tutela della pubblica incolumità
nelle zone dichiarate sismiche, non può essere derogata
dalla normativa speciale di cui al D.Lgs. 15.11.1993, n. 507
e trova applicazione, omnicomprensivamente, ai sensi
dell'art. 3, co. 1, a "tutte le costruzioni la cui sicurezza
possa comunque interessare la pubblica incolumità", a nulla
rilevando la natura dei materiali impiegati e delle relative
strutture: anzi, proprio l'impiego, come nel caso di specie,
di elementi strutturali meno solidi e duraturi di quelli in
cemento ed assimilati, rende vieppiù necessari i controlli e
le cautele prescritte ai fini preventivi in questione.
... parte ricorrente deduce, in sintesi, che l’attività di
installazione di impianti pubblicitari non sarebbe soggetta
alla normativa in materia edilizia e, in ogni caso, nella
specie, non inciderebbe sull’assetto del territorio,
trattandosi di impianto soggetto ad uso precario e
temporaneo, benché munito di idonea struttura di sostegno.
Il D.Lgs. 15.11.1993 n. 507, recante revisione ed
armonizzazione dell'imposta comunale sulla pubblicità e del
diritto sulle pubbliche affissioni, con l’art. 3, stabilisce
che il Comune è tenuto ad adottare apposito regolamento per
l'applicazione dell'imposta, con il quale deve disciplinare
"le modalità di effettuazione della pubblicità e può
stabilire limitazioni e divieti per particolari forme
pubblicitarie in relazione ad esigenze di pubblico interesse"
(II° comma) e "in ogni caso determinare la tipologia e la
quantità degli impianti pubblicitari, le modalità per
ottenere il provvedimento per l'installazione ..." (III°
comma).
L'installazione di impianti pubblicitari è attività "contingentata",
non sussumibile nella disciplina di cui all’art. 19 della
legge n. 241 del 1990, in base alla quale l'atto di
consenso, cui sia subordinato l'esercizio di un'attività
privata, s'intende sostituito dalla denuncia di inizio di
attività da parte dell'interessato alla pubblica
amministrazione competente, sempre che il suo rilascio "dipenda
esclusivamente dall'accertamento dei presupposti e dei
requisiti di legge, senza l'esperimento di prove a ciò
destinate che comportino valutazioni tecniche discrezionali,
e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo".
Ed invero, l’autorizzazione alla installazione di impianti
pubblicitari è subordinata alla valutazione in ordine alla
sua compatibilità con il diverso interesse pubblico generale
alla ordinata regolamentazione degli spazi pubblicitari (che
non possono essere indiscriminatamente lasciati alla libera
iniziativa privata), e, quindi, costituisce oggetto di una
specifica disciplina, non sovrapponibile o confondibile con
quella edilizia.
Il Comune è chiamato ad esercitare, al riguardo, un potere
discrezionale, in quanto titolare sia delle funzioni
relative alla sicurezza della circolazione (ciò che comporta
la titolarità del potere autorizzatorio dell'installazione
di impianti pubblicitari, nel rispetto delle prescrizioni
del Codice della Strada), sia di quelle relative all'uso del
proprio territorio, anche sotto l’aspetto dei monumenti,
dell'estetica cittadina e del paesaggio, ben potendo
individuare limitazioni e divieti per particolari forme
pubblicitarie, in connessione ad esigenze di pubblico
interesse (ex plurimis: TAR Lombardia- Brescia, Sez.
I, 28.02.2008 n. 174).
Siffatto potere, inerente la ponderazione comparativa degli
interessi coinvolti, quali, da un lato, quelli pubblici e,
dall’altro, quello privato, alla libertà di iniziativa
economica -di cui l'attività pubblicitaria rappresenta
estrinsecazione- si esprime, innanzitutto, nella potestà
pianificatoria e, dunque, nella potestà regolamentare,
attraverso la quale il Comune disciplina le modalità dello
svolgimento della pubblicità, la tipologia e quantità degli
impianti pubblicitari e le modalità per ottenere
l'autorizzazione all'installazione di questi, senza violare
l’art. 41 Cost., ma, anzi, ponendosi nell'ambito semantico
della “utilità sociale” e nel contesto di valori
costituzionali equiordinati, quali quello alla difesa
dell'ambiente e delle valenze estetiche del patrimonio
culturale della Nazione, riconducibili all’art. 9 della
Costituzione (conf.: Corte Cost. sent. 17.07.2002 n. 355).
Inoltre, nei casi in cui viene richiesta l’affissione di
impianti pubblicitari direttamente su suolo pubblico,
l’Amministrazione -nella cui disponibilità, oltretutto, si
trova il suolo stesso- è tenuta ad espletare una valutazione
complessiva, non limitata soltanto alla mera compatibilità
dell’impianto pubblicitario con l’interesse pubblico (come
nell’ipotesi in cui il suolo si trovi nella disponibilità
dell’interessato), ma estesa anche alla verifica che,
attraverso detto uso privato della risorsa pubblica, si
realizzino quegli interessi collettivi, di cui
l’Amministrazione stessa è portatrice.
Invero, in questi casi, viene richiesto un esame più
approfondito e attento, che si articola nell’ambito di un
procedimento destinato a sfociare in un provvedimento non
già meramente autorizzatorio, ma di natura concessoria, il
cui rilascio presuppone la canalizzazione dell’attività
privata nell’alveo del pubblico interesse, e non solo la non
incompatibilità dell’una rispetto all’altro.
In altri termini, l’installazione di mezzi pubblicitari su
suolo pubblico postula un provvedimento di concessione
dell’uso del medesimo, non bastando a tale scopo il solo
provvedimento autorizzatorio, poiché, mentre il procedimento
autorizzatorio si esaurisce nel sopra menzionato giudizio di
"non incompatibilità" dell’attività privata con
l’interesse pubblico, il procedimento concessorio involve la
valutazione della conformità di tale attività con il
pubblico interesse.
Ne segue che, quando –come nel caso di specie– l’esposizione
degli impianti di pubblicità avviene su suolo pubblico,
l’occupazione del predetto suolo fa sì che non si possa in
alcun modo prescindere dalla citata valutazione di
conformità, la cui complessità non consente che si possa
formare tacitamente il provvedimento finale concessorio (TAR
Lombardia, Milano, Sez. IV, 26.07.2005, n. 3421), in quanto
involve l’esercizio di una potestà discrezionale, escludente
l’applicabilità del regime del silenzio-assenso (conf.:
Corte Cost. 27.07.1995 n. 408).
In coerenza con i principi rivenienti dall’art. 41 Cost.,
non può neanche prescindere dalla tutela del catalogo dei
diritti e delle libertà della persona, costituzionalmente
garantiti, che delineano lo "status civitatis" comune
all'intera Repubblica italiana.
A quest'ultimo ambito vanno certamente ricondotte le
disposizioni, sostanzialmente afferenti alla materia
urbanistica ed edilizia (indipendentemente dalla
collocazione formale) che, al fine di garantire la generale
salubrità degli ambienti di vita e di lavoro (ferme restando
le discipline relative a specifiche attività e di tutela dei
lavoratori), impongono condizioni minime per l'abitabilità
ed agibilità degli edifici e rapporti minimi di aerazione ed
illuminazione dei locali, quali requisiti di sicurezza per
la loro utilizzazione, che non consentono che i manufatti
pubblicitari possano oscurare le facciate degli edifici
munite di porte e finestre.
In tale ottica, si deve ritenere che non sussiste un
rapporto di tipo derogatorio fra la normativa edilizia, oggi
compendiata nel D.P.R. 06.06.2001 n. 380 e la normativa per
le pubbliche affissioni di cui al D.Lgs. 15.11.1993, n. 507,
giacché trattasi di discipline differenti, avente differenti
contenuti e finalità, che concorrono nella valutazione della
medesima fattispecie ai fini della tutela di interessi
pubblici diversi nonché ai fini della definizione di
differenti procedimenti amministrativi.
Ed invero, la normativa edilizia trova applicazione in tutte
le ipotesi in cui si configura un mutamento del territorio
nel suo contesto preesistente sia sotto il profilo
urbanistico che sotto quello edilizio ed entro questi limiti
pertanto assume rilevanza la violazione dei regolamenti
edilizi.
Conseguentemente, nelle ipotesi in cui la sistemazione di
una insegna o di una tabella (cosiddetta tabellone)
pubblicitaria o di ogni altro genere quando, per le sue
consistenti dimensioni, comporti un rilevante mutamento
territoriale, è richiesto l’assenso mediante “permesso di
costruire” e mediante semplice s.c.i.a. negli altri
casi, in coerenza con le previsioni della normativa edilizia
di cui agli artt. 2, 6 e 7 del D.P.R. n. 380 del 2001 e
succ. mod..
Analogamente, la violazione della normativa antisismica di
cui alla legge 02.02.1974 n. 64, posta a tutela della
pubblica incolumità nelle zone dichiarate sismiche, non può
essere derogata dalla normativa speciale di cui al D.Lgs.
15.11.1993, n. 507 e trova applicazione,
omnicomprensivamente, ai sensi dell'art. 3, co. 1, a "tutte
le costruzioni la cui sicurezza possa comunque interessare
la pubblica incolumità", a nulla rilevando la natura dei
materiali impiegati e delle relative strutture: anzi,
proprio l'impiego, come nel caso di specie, di elementi
strutturali meno solidi e duraturi di quelli in cemento ed
assimilati, rende vieppiù necessari i controlli e le cautele
prescritte ai fini preventivi in questione.
Del resto, la normativa sismica ha una portata ben più amia
rispetto a quella di cui alla legge 05.11.1971 n. 1086,
concernente i soli casi inerenti opere in conglomerato
cementizio armato.
Orbene, trattandosi, nel caso di specie, di affissione di
impianti pubblicitari direttamente su suolo pubblico,
l’Amministrazione è tenuta ad espletare una valutazione
complessiva, non limitata soltanto alla mera compatibilità
dell’impianto pubblicitario con l’interesse pubblico (come
nell’ipotesi in cui il suolo si trovi nella disponibilità
dell’interessato), ma estesa anche alla verifica che,
attraverso detto uso privato del suolo pubblico possa
determinare la realizzazione di interessi collettivi, per
cui il cui rilascio dell’atto concessorio presuppone la
canalizzazione dell’attività privata nell’alveo del pubblico
interesse, e non solo un mero giudizio di compatibilità fra
i contrapposti interessi (TAR Calabria-Catanzaro, Sez. I,
sentenza 26.01.2012 n. 58 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA: B.U.R.
Lombardia, serie ordinaria n. 3 del 19.01.2012, "Deliberazione
di Giunta regionale 30.11.2011 n. IX/2616 “Aggiornamento dei
‘Criteri ed indirizzi per la definizione della componente
geologica, idrogeologica e sismica del piano di governo del
territorio, in attuazione dell’art. 57, comma 1, della l.r.
11.03.2005, n. 12’, approvati con d.g.r. 22.12.2005, n.
8/1566 e successivamente modificati con d.g.r. 28.05.2008,
n. 8/7374”, pubblicata sul BURL n. 50 Serie ordinaria del
15.12.2012" (Errata
Corrige ed integrale ripubblicazione). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Edifici privi di collaudo, no al
sequestro preventivo senza pericolo di crollo.
Secondo la Cassazione, la mancanza del
certificato di collaudo di un'opera in cemento armato è
insufficiente a giustificare il sequestro preventivo in
assenza di prova dell'instabilità dell'edificio.
Secondo la sentenza che può leggersi in calce,
la mancanza di certificato di collaudo, richiesta ai
sensi dell'art. 67 D.P.R. 06.06.2001, n. 380 (T.U. Edilizia)
per tutte le opere in cemento armato o a struttura
metallica, pur integrando la contravvenzione prevista
all'art. 75 T.U.Ed., è insufficiente a giustificare il
sequestro preventivo della costruzione se non v'è
contestuale prova dell'instabilità dell'edificio, ossia
prova concreta del pericolo per la pubblica incolumità.
Questa la vicenda oggetto del giudizio: circa nel 2001
vengono indagati quattro soggetti per l'avvio di lavori di
edificazione immobiliare in assenza dei prescritti titoli
abilitativi (art. 44, comma 1, lett. a), T.U.Ed.).
Nonostante durante le indagini preliminari per tale
contravvenzione venissero apposti i sigilli all'immobile
abusivo, i lavori edificatori venivano proseguiti ed
ultimati dagli indagati che, successivamente, si
trasferivano a vivere nella costruzione abusiva con le
proprie famiglie, come accertato dalla P.G. nel 2009.
Poco dopo il sequestro preventivo dell'immobile abusivo,
disposto nuovamente dal Giudice per le indagini preliminari
a seguito degli accertamenti compiuti nel 2009, il pubblico
ministero emetteva provvedimento di dissequestro, rilevando
come la costruzione fosse stata ultimata in tempo tanto
risalente da ritenere pienamente maturato il termine di
prescrizione della contravvenzione prevista all'art. 44,
comma 1, lett. a), T.U.Ed.
Tuttavia, poiché la costruzione veniva realizzata in cemento
armato ed, essendo totalmente abusiva, non era mai stata
sottoposta al collaudo statico prescritto dall'art. 67
T.U.Ed., il P.M. avviava le indagini per altro titolo di
reato, ossia quello previsto all'art. 75 T.U.Ed., a norma
del quale chi consente l'uso di costruzioni prima del
rilascio del certificato di collaudo è punito con l'arresto
fino ad un anno ovvero l'ammenda da 103 a 1032 €.
Il PM, quindi, chiedeva nuovamente il sequestro
dell'immobile, ma la richiesta veniva rigettata tanto dal
GIP quanto, in sede d'appello ex art. 322-bis c.p.p., dal
Tribunale.
I Giudici di merito, infatti, hanno ritenuto insussistente
il fumus boni iuris, poiché, qualificato il reato di
cui all'art. 75 T.U.Ed. come reato a consumazione istantanea
(ossia che viene commesso nel momento nel quale non viene
presentata la richiesta di collaudo secondo il procedimento
descritto all'art. 67 T.U.Ed.) e ad effetti permanenti (che
si protraggono sino a quando il collaudo non venga
effettivamente eseguito), l'ultimazione dei lavori in tempo
risalente determinerebbe il decorso del termine di
prescrizione. Rispetto al periculum in mora viene
evidenziato, altresì, come il mero rischio sismico e
vulcanico caratteristico della zona nella quale è stata
realizzata la costruzione in cemento armato non collaudata,
sia inidoneo a giustificare, in concreto, l'adozione della
misura cautelare.
I Giudici di merito hanno, quindi, ritenuto necessaria la
prova di un pericolo concreto per la pubblica incolumità per
giustificare la misura, da desumere in base alle
caratteristiche specifiche dell'immobile per il quale è
richiesta l'adozione del provvedimento cautelare reale.
Presenta ricorso per Cassazione il Procuratore della
Repubblica lamentando, essenzialmente, l'erronea
applicazione della legge penale in ordine alla errata
qualificazione giuridica del reato contestato, in
particolare sottolineando come la contravvenzione prevista
all'art. 75 T.U.Ed. sia un reato permanente tout court.
Condotta prevista e punita dalla norma incriminatrice,
infatti, non è la mancata esecuzione del collaudo, bensì, il
consentire l'utilizzo di un'opera in cemento armato prima
del rilascio del prescritto certificato, ossia condotta
ancora perdurante al momento della richiesta di di sequestro
dell'immobile.
La Suprema Corte sposa, seppur in termini dubitativi (“anche
se ci si muove nell'ottica interpretativa della Procura
della Repubblica”), la qualificazione della
contravvenzione quale reato permanente, rilevando come norma
di analogo tenore letterale sia stata pacificamente ritenuta
dalla giurisprudenza descrittiva di tale tipologia di reato.
Il riferimento è all'abrogato art. 211 del R.D. 27.07.1934
(T.U. Leggi sanitarie) che, nella sua formulazione
originaria (la norma è stata poi depenalizzata per effetto
dell'art. 32 della l. 24.11.1989, n. 689), puniva il
proprietario di un immobile che consentisse l'abitazione
nello stesso in assenza dell'autorizzazione del podestà (poi
certificato di abitabilità).
Tale norma incriminatrice, così come l'art. 75 T.U.Ed.,
descriverebbe, a dire della Suprema Corte, un reato
permanente a condotta mista ovvero composta da un aspetto
commissivo permanente, ossa l'utilizzazione dell'edificio,
ed un aspetto ommissivo istantaneo, ossia il mancata
richiesta dell'autorizzazione prescritta per legge (sul
punto la sentenza richiama, tra le altre la Cass. Pen., Sez.
III, 27.01.1998, n. 364, disponibile in DeJure).
Per l'effetto la prescrizione del reato contesta non
decorrerebbe fintanto che l'edificio continui ad essere
abitato pur in assenza dei certificati e/o delle
autorizzazioni imperativamente richieste, dovendosi, quindi,
attribuire valore dirimente, per la qualificazione giuridica
del reato, all'aspetto commissivo permanente.
La Cassazione, tuttavia, non reputa tale aspetto sufficiente
a superare la decisione adottata dai giudici di merito
poiché, pur ritenendo potendosi ritenere sussistente il
fumus boni iuris, una volta qualificato il reato
contestato come permanente, la Procura avrebbe omesso di
fornire elementi di prova idonei a dimostrare, nel caso di
specie e non solo in astratto, il rischio per la pubblica
incolumità connesso all'utilizzo dell'immobile abusivo in
cemento armato non collaudato.
La mancanza di certificato di collaudo, richiesta ai sensi
dell'art. 67 D.P.R. 06.06.2001, n. 380 (T.U.Edilizia) per
tutte le opere in cemento armato o a struttura metallica è,
quindi, insufficiente a giustificare, in sé e per sé, il
sequestro preventivo della costruzione realizzata, a meno
che non venga contestualmente provata dell'instabilità
dell'edificio, a dimostrazione della sussistenza di un
concreto pericolo per la pubblica incolumità.
Il ricorso viene, quindi, rigettato (commento tratto da
www.ipsoa.it - Corte di Cassazione penale,
sentenza 17.01.2012 n. 1411). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Reati e abusi edilizi. Antisismica
necessaria anche se non c'e' cemento armato.
Il reato di mancata comunicazione del
progetto agli uffici competenti ai fini dei calcoli
antisismici e' configurabile anche nel caso in cui, per la
realizzazione dell'intervento edilizio, non sia utilizzato
il cemento armato.
La Corte di Cassazione si pronuncia con la sentenza in esame
su un caso particolare relativo alla disciplina cosiddetta
antisismica. La questione, in particolare, riguardava
l’esecuzione di un intervento edilizio posto in essere in
difetto della comunicazione degli elaborati progettuali al
Genio civile. La difesa aveva sostenuto che la relativa
violazione, punita dall’art. 95 del d.P.R. n. 380/2001, non
fosse configurabile non essendo stato impiegato il cemento
armato nell’esecuzione dei lavori.
La Corte ha, invece, ritenuta destituita di fondamento la
prospettazione difensiva, precisando che il reato
antisismico in questione è configurabile a prescindere
dall’impiego o meno del cemento armato nella realizzazione
dell’intervento, non potendo confondersi i due piani
normativi.
Il fatto
La vicenda processuale in questione tra origine da una
condanna inflitta a due imputati per la violazione dell’art.
95 del d.P.R. n. 380 del 2001, per aver eseguito in zona
sismica lavori senza preventiva comunicazione all’ufficio
del Genio Civile.
Il ricorso
Avverso tale decisione, gli imputati hanno proposto ricorso,
tramite il difensore, deducendo, da un lato, la mancata
applicazione dell’art. 22, comma 2, del d.P.R. n. 380 del
2001, in quanto gli interventi edilizi erano stati assentiti
a mezzo DIA e che i lavori eseguiti in difformità non
avevano avuto alcuna incidenza strutturale ne' urbanistica.
Detto in estrema sintesi, non sussistendo violazioni
penalmente rilevanti, non si sarebbe neppure in presenza di
violazioni per mancata comunicazione del progetto agli
uffici competenti ai fini dei calcoli sul cemento armato ed
antisismici. In secondo luogo, poi, per quanto qui di
interesse, si sosteneva che, ai fini della sussistenza del
reato contestato, e' necessario, non solo che i lavori siano
avvenuti in zona sismica, ma anche che le opere siano state
in cemento armato.
La decisione della Cassazione
La decisione è stata, però, confermata dalla Cassazione.
Al solito è utile procedere ad un inquadramento normativo.
La disciplina della costruzioni in zona sismica è contenuta
agli artt. 83 e seguenti del d.P.R. n. 380 del 2001.
In particolare, la norma iniziale stabilisce che “tutte
le costruzioni la cui sicurezza possa comunque interessare
la pubblica incolumità, da realizzarsi in zone dichiarate
sismiche …., sono disciplinate, oltre che dalle disposizioni
di cui all'articolo 52, da specifiche norme tecniche
emanate, anche per i loro aggiornamenti, con decreti del
Ministro per le infrastrutture ed i trasporti, di concerto
con il Ministro per l'interno, sentiti il Consiglio
superiore dei lavori pubblici, il Consiglio nazionale delle
ricerche e la Conferenza unificata”.
L’art. 93 del citato d.P.R., poi specifica che “nelle
zone sismiche di cui all'articolo 83, chiunque intenda
procedere a costruzioni, riparazioni e sopraelevazioni, è
tenuto a darne preavviso scritto allo sportello unico, che
provvede a trasmetterne copia al competente ufficio tecnico
della regione, indicando il proprio domicilio, il nome e la
residenza del progettista, del direttore dei lavori e
dell'appaltatore.
Alla domanda deve essere allegato il progetto, in doppio
esemplare e debitamente firmato da un ingegnere, architetto,
geometra o perito edile iscritto nell'albo, nei limiti delle
rispettive competenze, nonché dal direttore dei lavori.
Il contenuto minimo del progetto è determinato dal
competente ufficio tecnico della regione. In ogni caso il
progetto deve essere esauriente per planimetria, piante,
prospetti e sezioni ed accompagnato da una relazione
tecnica, dal fascicolo dei calcoli delle strutture portanti,
sia in fondazione sia in elevazione, e dai disegni dei
particolari esecutivi delle strutture.
Al progetto deve inoltre essere allegata una relazione sulla
fondazione, nella quale devono essere illustrati i criteri
seguiti nella scelta del tipo di fondazione, le ipotesi
assunte, i calcoli svolti nei riguardi del complesso
terreno-opera di fondazione. (omissis)”.
La risposta sanzionatoria, in caso di violazione di tale
ultima disposizione, è contenuta all’art. 95 che, nella
specie, prevede che “chiunque violi le prescrizioni
contenute nel presente capo e nei decreti interministeriali
di cui agli articoli 52 e 83 è punito con l'ammenda da L.
400.000 a L. 20.000.000”.
La disciplina riprende sostanzialmente le previsioni
contemplata nell’abrogato art. 20 della L. 02.02.1974, n.
64, recante “Provvedimenti per le costruzioni con
particolari prescrizioni per le zone sismiche”.
Premesso quanto sopra, è sicuramente più intelligibile la
decisione della Corte.
Gli Ermellini ricordano, sul punto, che la questione della
non incidenza sostanziale dei lavori è irrilevante. A tal
fine rileva quanto affermato dalla stessa giurisprudenza di
legittimità (Cass. pen., Sez. III, n. 46081 del 08/10/2008,
dep. 15/12/2008, imp. S., in Ced Cass., n. 241783) secondo
cui, ai fini della configurabilità delle contravvenzioni
previste dagli artt. articoli 71 e 95 del d.P.R. n. 380 del
2001 è irrilevante la natura dei lavori (ovvero che si
tratti di interventi di manutenzione ordinaria o
straordinaria ovvero di interventi di nuova costruzione), in
quanto la violazione delle norme antisismiche e sul cemento
armato presuppone soltanto l'esecuzione di lavori edilizi in
zona sismica ovvero che comportino l'utilizzo del cemento
armato.
E’ dunque corretto quanto affermano i giudici di merito che,
"per il solo fatto di avere eseguito una (diverso)
intervento edilizio in zona sismica, indipendentemente dalla
natura e pericolosità degli stessi lavori, entrambi gli
imputati erano tenuti agli obblighi di cui all’art. 95 del
d.P.R. citato".
Aggiunge, infine, la Corte che la tesi sostenuta dalla
difesa secondo cui, per la configurabilità della
contravvenzione in discussione, sarebbero necessari, in
contemporanea, sia che la costruzione avvenga in zona
sismica, sia che venga utilizzato il cemento armato “specula
su una errata lettura della sentenza di questa S.C. e,
soprattutto ignora il dato normativo (Decreto del Presidente
della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 93) di tenore
assolutamente inequivoco nell'affermare che chiunque intenda
procedere a costruzioni, riparazioni o sopraelevazioni in
zona sismica «e' tenuto a darne preavviso scritto allo
sportello unico»: nessuna distinzione e' fatta in ordine
alla entità dei lavori e neppure e' richiesto che essi
avvengano anche in cemento armato”.
La sentenza merita ampia e convinta condivisione.
La stessa del resto si inserisce in un solco già tracciato
dagli Ermellini che, di recente, avevano affermato che
qualsiasi intervento edilizio in zona sismica –fatta
eccezione che per gli interventi di semplice manutenzione
ordinaria che sfuggono alla relativa disciplina- comportante
o meno l'esecuzione di opere in conglomerato cementizio
amato, deve essere previamente denunciato al competente
ufficio al fine di consentire i preventivi controlli e
necessita del rilascio del preventivo titolo abilitativo,
conseguendone, in difetto, la violazione dell'art. 95 del
d.P.R. 06.06.2001, n. 380 (Cass. pen., Sez. III, n. 34604
del 17/06/2010, dep. 24/09/2010, imp. T., in Ced Cass., n.
248330) (commento tratto da www.ipsoa.it - Corte di
Cassazione penale,
sentenza 13.01.2012 n. 884). |
EDILIZIA
PRIVATA: L’autorizzazione
alla installazione di impianti pubblicitari è subordinata
alla valutazione in ordine alla sua compatibilità con il
diverso interesse pubblico generale alla ordinata
regolamentazione degli spazi pubblicitari (che non possono
essere indiscriminatamente lasciati alla libera iniziativa
privata), e, quindi, costituisce oggetto di una specifica
disciplina, non sovrapponibile o confondibile con quella
edilizia.
Il Comune è chiamato ad esercitare, al riguardo, un potere
discrezionale, in quanto titolare sia delle funzioni
relative alla sicurezza della circolazione (ciò che comporta
la titolarità del potere autorizzatorio dell'installazione
di impianti pubblicitari, nel rispetto delle prescrizioni
del Codice della Strada), sia di quelle relative all'uso del
proprio territorio, anche sotto l’aspetto dei monumenti,
dell'estetica cittadina e del paesaggio, ben potendo
individuare limitazioni e divieti per particolari forme
pubblicitarie, in connessione ad esigenze di pubblico
interesse.
Siffatto potere, inerente la ponderazione comparativa degli
interessi coinvolti, quali, da un lato, quelli pubblici e,
dall’altro, quello privato, alla libertà di iniziativa
economica -di cui l'attività pubblicitaria rappresenta
estrinsecazione- si esprime, innanzitutto, nella potestà
pianificatoria e, dunque, nella potestà regolamentare,
attraverso la quale il Comune disciplina le modalità dello
svolgimento della pubblicità, la tipologia e quantità degli
impianti pubblicitari e le modalità per ottenere
l'autorizzazione all'installazione di questi, senza violare
l’art. 41 Cost., ma, anzi, ponendosi nell'ambito semantico
della “utilità sociale” e nel contesto di valori
costituzionali equiordinati, quali quello alla difesa
dell'ambiente e delle valenze estetiche del patrimonio
culturale della Nazione, riconducibili all’art. 9 della
Costituzione.
Inoltre, nei casi in cui viene richiesta l’affissione di
impianti pubblicitari direttamente su suolo pubblico,
l’Amministrazione -nella cui disponibilità, oltretutto, si
trova il suolo stesso- è tenuta ad espletare una valutazione
complessiva, non limitata soltanto alla mera compatibilità
dell’impianto pubblicitario con l’interesse pubblico (come
nell’ipotesi in cui il suolo si trovi nella disponibilità
dell’interessato), ma estesa anche alla verifica che,
attraverso detto uso privato della risorsa pubblica, si
realizzino quegli interessi collettivi, di cui
l’Amministrazione stessa è portatrice.
Invero, in questi casi, viene richiesto un esame più
approfondito e attento, che si articola nell’ambito di un
procedimento destinato a sfociare in un provvedimento non
già meramente autorizzatorio, ma di natura concessoria, il
cui rilascio presuppone la canalizzazione dell’attività
privata nell’alveo del pubblico interesse, e non solo la non
incompatibilità dell’una rispetto all’altro.
In altri termini, l’installazione di mezzi pubblicitari su
suolo pubblico postula un provvedimento di concessione
dell’uso del medesimo, non bastando a tale scopo il solo
provvedimento autorizzatorio, poiché, mentre il procedimento
autorizzatorio si esaurisce nel sopra menzionato giudizio di
"non incompatibilità" dell’attività privata con l’interesse
pubblico, il procedimento concessorio involve la valutazione
della conformità di tale attività con il pubblico interesse.
Ne segue che, quando l’esposizione degli impianti di
pubblicità avviene su suolo pubblico, l’occupazione del
predetto suolo fa sì che non si possa in alcun modo
prescindere dalla citata valutazione di conformità, la cui
complessità non consente che si possa formare tacitamente il
provvedimento finale concessorio, in quanto involve
l’esercizio di una potestà discrezionale, escludente
l’applicabilità del regime del silenzio-assenso.
---------------
Non sussiste un rapporto di tipo derogatorio fra la
normativa edilizia, oggi compendiata nel D.P.R. 06.06.2001
n. 380, e la normativa per le pubbliche affissioni di cui al
D.Lgs. 15.11.1993, n. 507, giacché trattasi di discipline
differenti, avente differenti contenuti e finalità, che
concorrono nella valutazione della medesima fattispecie ai
fini della tutela di interessi pubblici diversi nonché ai
fini della definizione di differenti procedimenti
amministrativi.
Ed invero, la normativa edilizia trova applicazione in tutte
le ipotesi in cui si configura un mutamento del territorio
nel suo contesto preesistente, sia sotto il profilo
urbanistico che sotto quello edilizio, ed entro questi
limiti, pertanto, assume rilevanza la violazione dei
regolamenti edilizi.
Conseguentemente, nelle ipotesi in cui la sistemazione di
una insegna o di una tabella (cosiddetta tabellone)
pubblicitaria o di ogni altro genere quando, per le sue
consistenti dimensioni, comporti un rilevante mutamento
territoriale, è richiesto l’assenso mediante “permesso di
costruire” e mediante semplice s.c.i.a. negli altri casi, in
coerenza con le previsioni della normativa edilizia di cui
agli artt. 2,6 e 7 del D.P.R. n. 380 del 2001 e succ. mod..
---------------
La violazione della normativa antisismica di cui alla legge
02.02.1974 n. 64, posta a tutela della pubblica incolumità
nelle zone dichiarate sismiche, non può essere derogata
dalla normativa speciale di cui al D.Lgs. 15.11.1993, n. 507
e trova applicazione, omnicomprensivamente, ai sensi
dell'art. 3, co. 1, a "tutte le costruzioni la cui sicurezza
possa comunque interessare la pubblica incolumità", a nulla
rilevando la natura dei materiali impiegati e delle relative
strutture: anzi, proprio l'impiego, come nel caso di specie,
di elementi strutturali meno solidi e duraturi di quelli in
cemento ed assimilati, rende vieppiù necessari i controlli e
le cautele prescritte ai fini preventivi in questione.
Del resto, la normativa sismica ha una portata ben più amia
rispetto a quella di cui alla legge 05.11.1971 n. 1086,
concernente i soli casi inerenti opere in conglomerato
cementizio armato.
--------------
Trattandosi, nel caso di specie, di affissione di impianti
pubblicitari direttamente su suolo pubblico,
l’Amministrazione è tenuta ad espletare una valutazione
complessiva, non limitata soltanto alla mera compatibilità
dell’impianto pubblicitario con l’interesse pubblico (come
nell’ipotesi in cui il suolo si trovi nella disponibilità
dell’interessato), ma estesa anche alla verifica che,
attraverso detto uso privato del suolo pubblico, si possa
determinare la realizzazione di interessi collettivi, per
cui il cui rilascio dell’atto concessorio presuppone la
canalizzazione dell’attività privata nell’alveo del pubblico
interesse, e non solo un mero giudizio di compatibilità fra
i contrapposti interessi.
Va quindi esaminato il secondo profilo di gravame su cui si
incentra l’impugnativa in correlazione con lo specifico
interesse dedotto in giudizio.
Con tale mezzo, parte ricorrente deduce, in sintesi, che
l’attività di installazione di impianti pubblicitari non
sarebbe soggetta alla normativa in materia edilizia e, in
ogni caso, nella specie, non inciderebbe sull’assetto del
territorio, trattandosi di impianti soggetti ad uso precario
e temporaneo, benché muniti di idonee strutture di sostegno.
Il D. Lgs. 15.11.1993 n. 507, recante revisione ed
armonizzazione dell'imposta comunale sulla pubblicità e del
diritto sulle pubbliche affissioni, con l’art. 3, stabilisce
che il Comune è tenuto ad adottare apposito regolamento per
l'applicazione dell'imposta, con il quale deve disciplinare
"le modalità di effettuazione della pubblicità e può
stabilire limitazioni e divieti per particolari forme
pubblicitarie in relazione ad esigenze di pubblico interesse"
(II° comma) e "in ogni caso determinare la tipologia e la
quantità degli impianti pubblicitari, le modalità per
ottenere il provvedimento per l'installazione ..." (III°
comma).
L'installazione di impianti pubblicitari è attività "contingentata",
non sussumibile nella disciplina di cui all’art. 19 della
legge 07.08.1990 n. 241, in base alla quale l'atto di
consenso, cui sia subordinato l'esercizio di un'attività
privata, s'intende sostituito dalla denuncia di inizio di
attività da parte dell'interessato alla pubblica
amministrazione competente, sempre che il suo rilascio
dipenda esclusivamente dall'accertamento dei presupposti e
dei requisiti di legge, senza l'esperimento di prove a ciò
destinate che comportino valutazioni tecniche discrezionali,
e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo.
Ed invero, l’autorizzazione alla installazione di impianti
pubblicitari è subordinata alla valutazione in ordine alla
sua compatibilità con il diverso interesse pubblico generale
alla ordinata regolamentazione degli spazi pubblicitari (che
non possono essere indiscriminatamente lasciati alla libera
iniziativa privata), e, quindi, costituisce oggetto di una
specifica disciplina, non sovrapponibile o confondibile con
quella edilizia.
Il Comune è chiamato ad esercitare, al riguardo, un potere
discrezionale, in quanto titolare sia delle funzioni
relative alla sicurezza della circolazione (ciò che comporta
la titolarità del potere autorizzatorio dell'installazione
di impianti pubblicitari, nel rispetto delle prescrizioni
del Codice della Strada), sia di quelle relative all'uso del
proprio territorio, anche sotto l’aspetto dei monumenti,
dell'estetica cittadina e del paesaggio, ben potendo
individuare limitazioni e divieti per particolari forme
pubblicitarie, in connessione ad esigenze di pubblico
interesse (ex plurimis: TAR Lombardia- Brescia, Sez.
I, 28.02.2008 n. 174).
Siffatto potere, inerente la ponderazione comparativa degli
interessi coinvolti, quali, da un lato, quelli pubblici e,
dall’altro, quello privato, alla libertà di iniziativa
economica -di cui l'attività pubblicitaria rappresenta
estrinsecazione- si esprime, innanzitutto, nella potestà
pianificatoria e, dunque, nella potestà regolamentare,
attraverso la quale il Comune disciplina le modalità dello
svolgimento della pubblicità, la tipologia e quantità degli
impianti pubblicitari e le modalità per ottenere
l'autorizzazione all'installazione di questi, senza violare
l’art. 41 Cost., ma, anzi, ponendosi nell'ambito semantico
della “utilità sociale” e nel contesto di valori
costituzionali equiordinati, quali quello alla difesa
dell'ambiente e delle valenze estetiche del patrimonio
culturale della Nazione, riconducibili all’art. 9 della
Costituzione (conf.: Corte Cost. sent. 17.07.2002 n. 355).
Inoltre, nei casi in cui viene richiesta l’affissione di
impianti pubblicitari direttamente su suolo pubblico,
l’Amministrazione -nella cui disponibilità, oltretutto, si
trova il suolo stesso- è tenuta ad espletare una valutazione
complessiva, non limitata soltanto alla mera compatibilità
dell’impianto pubblicitario con l’interesse pubblico (come
nell’ipotesi in cui il suolo si trovi nella disponibilità
dell’interessato), ma estesa anche alla verifica che,
attraverso detto uso privato della risorsa pubblica, si
realizzino quegli interessi collettivi, di cui
l’Amministrazione stessa è portatrice.
Invero, in questi casi, viene richiesto un esame più
approfondito e attento, che si articola nell’ambito di un
procedimento destinato a sfociare in un provvedimento non
già meramente autorizzatorio, ma di natura concessoria, il
cui rilascio presuppone la canalizzazione dell’attività
privata nell’alveo del pubblico interesse, e non solo la non
incompatibilità dell’una rispetto all’altro.
In altri termini, l’installazione di mezzi pubblicitari su
suolo pubblico postula un provvedimento di concessione
dell’uso del medesimo, non bastando a tale scopo il solo
provvedimento autorizzatorio, poiché, mentre il procedimento
autorizzatorio si esaurisce nel sopra menzionato giudizio di
"non incompatibilità" dell’attività privata con
l’interesse pubblico, il procedimento concessorio involve la
valutazione della conformità di tale attività con il
pubblico interesse.
Ne segue che, quando –come nel caso di specie– l’esposizione
degli impianti di pubblicità avviene su suolo pubblico,
l’occupazione del predetto suolo fa sì che non si possa in
alcun modo prescindere dalla citata valutazione di
conformità, la cui complessità non consente che si possa
formare tacitamente il provvedimento finale concessorio (TAR
Lombardia, Milano, Sez. IV, 26.07.2005 n. 3421), in quanto
involve l’esercizio di una potestà discrezionale, escludente
l’applicabilità del regime del silenzio-assenso (conf.:
Corte Cost. 27.07.1995 n. 408).
In coerenza con i principi rivenienti dall’art. 41 Cost.,
non può neanche prescindere dalla tutela del catalogo dei
diritti e delle libertà della persona, costituzionalmente
garantiti, che delineano lo "status civitatis" comune
all'intera Repubblica italiana.
A quest'ultimo ambito vanno certamente ricondotte le
disposizioni, sostanzialmente afferenti alla materia
urbanistica ed edilizia (indipendentemente dalla
collocazione formale) che, al fine di garantire la generale
salubrità degli ambienti di vita e di lavoro (ferme restando
le discipline relative a specifiche attività e di tutela dei
lavoratori), impongono condizioni minime per l'abitabilità
ed agibilità degli edifici e rapporti minimi di aerazione ed
illuminazione dei locali, quali requisiti di sicurezza per
la loro utilizzazione, che non consentono che i manufatti
pubblicitari possano oscurare le facciate degli edifici
munite di porte e finestre.
In tale ottica, si deve ritenere che non sussiste un
rapporto di tipo derogatorio fra la normativa edilizia, oggi
compendiata nel D.P.R. 06.06.2001 n. 380, e la normativa per
le pubbliche affissioni di cui al D.Lgs. 15.11.1993, n. 507,
giacché trattasi di discipline differenti, avente differenti
contenuti e finalità, che concorrono nella valutazione della
medesima fattispecie ai fini della tutela di interessi
pubblici diversi nonché ai fini della definizione di
differenti procedimenti amministrativi.
Ed invero, la normativa edilizia trova applicazione in tutte
le ipotesi in cui si configura un mutamento del territorio
nel suo contesto preesistente, sia sotto il profilo
urbanistico che sotto quello edilizio, ed entro questi
limiti, pertanto, assume rilevanza la violazione dei
regolamenti edilizi.
Conseguentemente, nelle ipotesi in cui la sistemazione di
una insegna o di una tabella (cosiddetta tabellone)
pubblicitaria o di ogni altro genere quando, per le sue
consistenti dimensioni, comporti un rilevante mutamento
territoriale, è richiesto l’assenso mediante “permesso di
costruire” e mediante semplice s.c.i.a. negli altri
casi, in coerenza con le previsioni della normativa edilizia
di cui agli artt. 2,6 e 7 del D.P.R. n. 380 del 2001 e succ.
mod..
Analogamente, la violazione della normativa antisismica di
cui alla legge 02.02.1974 n. 64, posta a tutela della
pubblica incolumità nelle zone dichiarate sismiche, non può
essere derogata dalla normativa speciale di cui al D.Lgs.
15.11.1993, n. 507 e trova applicazione,
omnicomprensivamente, ai sensi dell'art. 3, co. 1, a "tutte
le costruzioni la cui sicurezza possa comunque interessare
la pubblica incolumità", a nulla rilevando la natura dei
materiali impiegati e delle relative strutture: anzi,
proprio l'impiego, come nel caso di specie, di elementi
strutturali meno solidi e duraturi di quelli in cemento ed
assimilati, rende vieppiù necessari i controlli e le cautele
prescritte ai fini preventivi in questione.
Del resto, la normativa sismica ha una portata ben più amia
rispetto a quella di cui alla legge 05.11.1971 n. 1086,
concernente i soli casi inerenti opere in conglomerato
cementizio armato.
Orbene, trattandosi, nel caso di specie, di affissione di
impianti pubblicitari direttamente su suolo pubblico,
l’Amministrazione è tenuta ad espletare una valutazione
complessiva, non limitata soltanto alla mera compatibilità
dell’impianto pubblicitario con l’interesse pubblico (come
nell’ipotesi in cui il suolo si trovi nella disponibilità
dell’interessato), ma estesa anche alla verifica che,
attraverso detto uso privato del suolo pubblico, si possa
determinare la realizzazione di interessi collettivi, per
cui il cui rilascio dell’atto concessorio presuppone la
canalizzazione dell’attività privata nell’alveo del pubblico
interesse, e non solo un mero giudizio di compatibilità fra
i contrapposti interessi.
---------------
Con il quarto motivo, parte
ricorrente deduce che, nella specie, si sarebbe formato il
silenzio assenso, essendo decorso, alla data del 22.09.2008
per un impianto ed alla data del 05.05.2008 per il gruppo di
5 impianti, il termine dei sessanta giorni, previsto
dall’art. 12 della Delibera di G.C. n. 82 del 02.03.2004.
Inoltre, la P.A. avrebbe regolarmente riscosso l’imposta
comunale sulla pubblicità relativamente agli anni 2009 e
2010.
Osserva il Collegio che l’ipotesi di silenzio-assenso,
prevista dalla normativa regolamentare invocata, può valere
soltanto in relazione agli interessi ed alla finalità
ricadenti nell’alveo della disciplina prevista dal D.Lgs.
15.11.1993, n. 507 e presuppone sempre che ricorrano tutti
gli elementi costitutivi della fattispecie, suddivisibili in
presupposti essenziali e requisiti essenziali: ma, nella
specie, viene contestata dalla P.A. proprio la astratta
corrispondenza, sotto il profilo oggettivo (presupposto
essenziale), dell’impianto alle previsioni normative
regolamentari, particolarmente sotto il profilo
dell’ubicazione.
Inoltre, poiché, come già precisato, l’autorizzazione
all’esposizione dei mezzi pubblicitari e la concessione
dell’uso del suolo pubblico presuppongono valutazioni
differenti, attinenti alla tutela di interessi pubblici
diversi, quando –come nel caso di specie– l’esposizione
degli impianti di pubblicità avviene su suolo pubblico,
l’occupazione del predetto suolo fa sì che non si possa in
alcun modo prescindere dalla citata valutazione di
conformità: la complessità della quale rende inconcepibile
che si possa formare tacitamente il provvedimento finale
concessorio (TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, 26.07.2005, n.
3421), tenuto conto che nessuna indicazione di segno
contrario può desumersi dalla cosiddetta generalizzazione
del silenzio-assenso conseguente alla riforma di cui alla
legge 14.05.2005 n. 80, giacché quello concessorio è
procedimento in cui è esercitata una potestà discrezionale,
per la quale, alla luce dell’insegnamento della Corte
Costituzionale (v. la sentenza 27.07.1995, n. 408), deve
escludersi l’applicabilità del regime del silenzio- assenso.
In definitiva, in mancanza di un espresso provvedimento di
concessione di suolo pubblico (non surrogabile, né allora né
oggi, “per silentium”), l’autorizzazione alla
installazione dei mezzi pubblicitari non può, comunque,
formarsi prescindendo dal rilievo della suddetta
concessione.
Orbene, calando i precitati principi al caso di specie, si
può ritenere che neanche la semplice astratta possibilità di
autorizzazione potrebbe ritenersi, stante la complessità
della valutazione richiesta in relazione agli interessi
coinvolti, un elemento idoneo a determinare “ex se”
la caducazione del provvedimento di diniego impugnato,
neanche in “parte qua”.
Né, infine, il regolare pagamento dell’imposta di pubblicità
può valere ad integrare un’autorizzazione inesistente
(TAR Calabria-Catanzaro,
Sez. I,
sentenza 05.01.2012 n. 3 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
dicembre
2011 |
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AMBIENTE-ECOLOGIA - ENTI LOCALI - VARI: G.U.
29.12.2011 n. 302 "Proroga di termini previsti da
disposizioni legislative" (D.L.
29.12.2011 n. 216).
---------------
Arriva il “Milleproroghe”, ma in
versione light!
Il Consiglio dei Ministri ha approvato il Decreto Legge
Milleproroghe che, diversamente dal passato, arriva in
versione light, ossia proroga un numero limitato di termini
previsti.
Tra le principali proroghe relative al settore edile
segnaliamo:
Domande variazione categoria catastale fabbricati rurali
Per il riconoscimento della ruralità degli immobili sarà
possibile presentare entro il 31.01.2012 all'Agenzia del
Territorio domanda di variazione della categoria catastale
per l'attribuzione della categoria A/6 alle abitazioni
rurali o della categoria D/10 per i fabbricati rurali
strumentali.
Termine per l'entrata in vigore del (SISTRI)
Vengono posticipati i termini di entrata in vigore del
SISTRI (Sistema di tracciabilità dei rifiuti) con queste
scadenze:
● 02.04.2012 per la piena operatività del SISTRI;
● 01.01.2012 per l'iscrizione al SISTRI da parte di piccole
imprese agricole che producono e trasportano modesti
quantitativi di rifiuti;
● 02.07.2012 per l'iscrizione per le piccole imprese
agricole al SISTRI.
Prevenzione incendi per strutture alberghiere
Viene prorogato al 31.12.2012 il termine ultimo per adeguare
le strutture ricettive turistico-alberghiere con oltre
venticinque posti letto esistenti che non abbiano completato
l'adeguamento alle disposizioni di prevenzione incendi e
siano ammesse al piano straordinario biennale di adeguamento
antincendio.
Verifiche
sismiche
Prorogata al 31.12.2012 la scadenza per le attività connesse
con le verifiche sismiche, ossia le verifiche tecniche
previste dall’O.P.C.M. 3274/2003 relative a edifici di
interesse strategico e ad opere infrastrutturali la cui
funzionalità durante gli eventi sismici assume rilievo
fondamentale per le finalità di protezione civile (commento
tratto da www.acca.it). |
agosto
2011 |
|
EDILIZIA
PRIVATA:
Reati edilizi - Manufatto in parte
abusivo - Beneficio della sospensione condizionale della
pena alla demolizione - Assenza di specifica impugnazione
del P.M. - Violazione del principio del divieto della "reformatio
in pejus" di cui all'art. 597 c.p.p., c. 3 – Art. 44, lett.
b), 64, 65, 71, 72, 93, 94 e 95 D.P.R. n. 380/2001.
La realizzazione di un manufatto costituito da tre
elevazioni fuori terra, di cui quella al primo piano ed al
secondo piano erano abusive il tutto anche in violazione
delle prescrizioni attinenti alla disciplina antisismica ed
alle opere in conglomerato di cemento armato, configurano
gli elementi costitutivi, soggettivi ed oggettivi, dei reati
di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del
2001, articolo 44, lettera b), articoli 64, 65, 71, 72, 93,
94 e 95.
Mentre, nella specie, la subordinazione della sospensione
condizionale della pena alla demolizione del manufatto
abusivo applicata dalla C.A. d’ufficio (in assenza di
specifica impugnazione del PM) è illegittima perché in
palese violazione del principio del divieto della "reformatio
in pejus" di cui all'articolo 597 c.p.p., comma 3 (Corte
di cassazione, Sez. 3 penale,
sentenza 02.08.2011 n. 30557 - link a
www.ambientediritto.it). |
luglio
2011 |
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EDILIZIA
PRIVATA:
Interventi in aree sismiche.
L'obbligo di
denuncia e di presentazione dei progetti previsto dall'art.
9 testo unico dell'edilizia e quello di preventiva
autorizzazione previsto dall'articolo 94 riguardano tutte le
opere realizzate nelle zone sismiche e precisamente, come
prevede l'art. 83, «tutte le costruzioni la cui sicurezza
possa comunque interessare la pubblica incolumità, da
realizzarsi in zone dichiarare sismiche››, a nulla
rilevando la natura dei materiali impiegati e delle relative
strutture.
Infatti, la finalità perseguita dal legislatore è quella di
rispettare le esigenze di una più rigorosa tutela
dell'incolumità pubblica nelle zone dichiarate sismiche
(Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 29.07.2011 n. 30224 - link a
www.lexambiente.it). |
giugno
2011 |
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EDILIZIA PRIVATA:
M. Grisanti,
La statica e la sicurezza delle costruzioni
quali presupposti di esistenza dei titoli
abilitativi per l’attività edilizia (primo
commento alla sentenza n. 3505
dell'08/06/2011 del Consiglio di Stato)
(15.06.2011 - link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Disciplina antisismica.
Le disposizioni di cui agli articoli 93 e 94 TU edilizia si
applicano a tutte le costruzioni la cui sicurezza possa
interessare la pubblica incolumità, a nulla rilevando la
natura dei materiali usati e delle strutture realizzate,
stante l’esigenza di massimo rigore nelle zone dichiarate
sismiche, che rende necessari i controlli e le cautele
prescritte anche quando si impiegano elementi strutturali
meno solidi e duraturi rispetto alla muratura ed al cemento
armato.
Ai fini della configurabilità dei reati connessi alle
violazioni delle disposizioni anzidette non assume rilievo,
poi, il carattere precario della costruzione, proprio in
considerazione delle prevalenti esigenze di sicurezza alla
tutela delle quali la normativa antisismica si correla
(Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 08.06.2011 n. 23076). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Carattere precario della costruzione
(tettoia) - Disciplina antisismica - Applicazione -
Configurabilità dei reati connessi - Fattispecie - Artt. 93
e 94 T.U.E. n. 380/2001.
A norma dell'art. 93 del T.U.E. 06.06.2001, n. 380 "chiunque
intenda procedere a costruzioni, riparazioni e
sopraelevazioni", in zona sismica, deve farne denuncia
all'organo competente con comunicazione alla quale deve
essere allegato il progetto firmato da un tecnico
autorizzato e dal direttore dei lavori. Le relative opere,
poi, a norma del successivo art. 94, non possono essere
iniziate senza preventiva autorizzazione.
Tali disposizioni si applicano a tutte le costruzioni la cui
sicurezza possa interessare la pubblica incolumità, a nulla
rilevando la natura dei materiali usati e delle strutture
realizzate, stante l'esigenza di massimo rigore nelle zone
dichiarate sismiche, che rende necessari i controlli e le
cautele prescritte anche quando si impiegano elementi
strutturali meno solidi e duraturi rispetto alla muratura ed
al cemento armato (Cass., Sez. III, 24.10.2001, n. 38142).
Sicché, ai fini della configurabilità dei reati connessi
alle violazioni delle disposizioni anzidette non assume
rilievo, l’eventuale carattere precario della costruzione,
proprio in considerazione delle prevalenti esigenze di
sicurezza alla tutela delle quali la normativa antisismica
si correla (Cass., Sez. III, 10.10.2007, n. 37322; Cass.
19.12 2003, n. 48684; Cass. 04.10.2002, n. 33158)
(Fattispecie: realizzazione in zona sismica, una
tettoia-porticato di circa mq 50,85 in difformità della
autorizzazione, senza darne preavviso scritto all'autorità
competente e senza depositare previamente il relativo
progetto, nonché in violazione della normativa tecnica)
(Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 08.06.2011 n. 23076 - link a
www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Se nel procedimento di rilascio del permesso di costruire
l’amministrazione ha il potere-dovere di verificare
l’esistenza in capo al richiedente di un idoneo titolo di
godimento dell’immobile interessato dal progetto di
trasformazione urbanistica, è pur vero che l’attività
istruttoria condotta a tal fine deve ritenersi adeguata
allorquando siano stati acquisiti tutti gli elementi
sufficienti a dimostrare la sussistenza di un qualificato
collegamento soggettivo tra chi propone l’istanza ed il bene
giuridico oggetto dell’autorizzazione.
---------------
E'
illegittimo il permesso di costruire rilasciato ove, in fase
istruttoria, non si abbia in concreto riscontrato
l’esistenza di un rischio per la staticità dell’immobile
esistente.
Le
attribuzioni del Comune in tema di autorizzazione degli
interventi edilizi comprendono espressamente gli obblighi di
valutare i profili di sicurezza delle costruzioni, come si
evince dalla lettura degli artt. 2, comma 4, e 4 del testo
unico sull’edilizia. Tali obblighi istruttori, appartenendo
alle attribuzioni istituzionali dell’ente pubblico, non sono
condizionati dalle valutazioni delle parti coinvolte, ma
devono essere esperiti in ogni caso e, si noti, anche
qualora vi fosse stato accordo delle parti private
coinvolte.
Se è
certamente vero che l’azione amministrativa non può
addentrarsi oltre i limiti indicati in sentenza nella
valutazione degli assetti proprietari dell’immobile, è del
pari vero che le questioni attinenti alla statica ed alla
sicurezza dell’immobile non rientrano in questo ambito,
dovendo essere invece oggetto di ponderazione autonoma ed
ineludibile.
Come correttamente afferma il TAR, “se infatti nel
procedimento di rilascio del permesso di costruire
l’amministrazione ha il potere-dovere di verificare
l’esistenza in capo al richiedente di un idoneo titolo di
godimento dell’immobile interessato dal progetto di
trasformazione urbanistica, è pur vero che l’attività
istruttoria condotta a tal fine deve ritenersi adeguata
allorquando siano stati acquisiti tutti gli elementi
sufficienti a dimostrare la sussistenza di un qualificato
collegamento soggettivo tra chi propone l’istanza ed il bene
giuridico oggetto dell’autorizzazione”. E ciò nella
considerazione che nel nostro ordinamento l’unico soggetto
deputato ad accertare i rapporti proprietari è il giudice
civile, per cui all’amministrazione va riconosciuto
unicamente un ruolo minore, esattamente nei termini indicati
dal giudice di prime cure.
Tuttavia, dalla lettura degli atti e dalle difese delle
parti, emerge che, in disparte la questione proprietaria, i
rilievi e le censure maggiori si accentrano sulla
circostanza che il Comune avrebbe autorizzato interventi
attinenti la staticità dell’immobile e tendenzialmente
idonei a pregiudicarla, in assenza di una corretta
valutazione del progetto presentato ed anzi in assenza di un
effettivo riscontro sulla correttezza tra la documentazione
ricevuta e lo stato di fatto.
Questo aspetto, che è apparso alla Sezione prioritario,
tanto da fondare l’accoglimento della domanda cautelare
proposta ed accolta con ordinanza n. 1108/2010 proprio in
ragione dei profili di rischio per la staticità
dell’immobile, è stata messo in ombra nella sentenza.
Occorre invece sottolineare che le attribuzioni del Comune
in tema di autorizzazione degli interventi edilizi
comprendono espressamente gli obblighi di valutare i profili
di sicurezza delle costruzioni, come si evince dalla lettura
degli artt. 2, comma 4, e 4 del testo unico sull’edilizia.
Tali obblighi istruttori, appartenendo alle attribuzioni
istituzionali dell’ente pubblico, non sono condizionati
dalle valutazioni delle parti coinvolte, ma devono essere
esperiti in ogni caso e, si noti, anche qualora vi fosse
stato accordo delle parti private coinvolte. Infatti, gli
interessi tutelati dalla normativa, coinvolgendo profili di
sicurezza privata e pubblica, non sono disponibili dalle
parti ed ineriscono ai compiti tipici dell’amministrazione.
È, quindi, compito proprio del Comune, e come tale non
soggetto ad alcun impulso di parte, procedere autonomamente
alla valutazione del progetto edilizio presentato dal punto
di vista del rispetto dei regolamenti edilizi, non
vertendosi in questo caso in nessuna situazione soggetta a
disponibilità della parte privata.
Pertanto, se è certamente vero che l’azione amministrativa
non può addentrarsi oltre i limiti indicati in sentenza
nella valutazione degli assetti proprietari dell’immobile, è
del pari vero che le questioni attinenti alla statica ed
alla sicurezza dell’immobile non rientrano in questo ambito,
dovendo essere invece oggetto di ponderazione autonoma ed
ineludibile.
Sulla scorta di tale presupposto, fondato prima ancora che
sulla lettura della legge dalle considerazioni in tema di
completezza ed esaustività dell’istruttoria amministrativa,
non può non notarsi come nel caso in specie tale azione sia
mancata e il Comune di Termoli abbia rilasciato i titoli
abilitativi impugnati non avendo in concreto riscontrato
l’esistenza di un rischio per la staticità dell’immobile.
Infatti, dalla completa ricostruzione in fatto operata nel
corso del giudizio di primo grado, anche tramite una
verificazione ed una consulenza tecnica d’ufficio, ed in
special modo dalla relazione del Provveditorato
interregionale per le opere pubbliche Campania–Molise, è
emerso come effettivamente gli interventi autorizzati
abbiano influito sulla rigidezza strutturale e sulla
stabilità dell’intero complesso, e ciò in assenza di una
completa valutazione di tali profili da parte del Comune di
Termoli.
Si tratta quindi di un complesso di violazioni, di carattere
non formale o procedurale, e quindi superabili con la
successiva produzione documentale, ma riguardanti il
contenuto stesso dell’intervento edilizio, che ben avrebbero
dovuto condurre il Comune ad esaminare nel dettaglio i
progetti presentati, senza arrestare la propria valutazione
al solo dato proprietario (Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 08.06.2011 n. 3505
- link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
maggio
2011 |
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EDILIZIA
PRIVATA - LAVORI PUBBLICI:
G.U. 17.05.2011 n. 113, suppl. ord. n. 123, "Approvazione
del modello per il rilevamento dei danni, pronto intervento
e agibilità per edifici ordinari nell’emergenza post-sismica
e del relativo manuale di compilazione" (D.P.C.M.
05.05.2011). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Reati antisismici e loro natura
giuridica: quid iuris?
I reati di violazione delle norme
tecniche in zona sismica e di esecuzione dei lavori in zona
sismica senza la direzione di un tecnico abilitato sono da
qualificarsi come reati permanenti; ne consegue che, in
particolare, che gli stessi perdurano oltre l'inizio della
costruzione e per tutto lo svolgimento dell'attività
costruttiva.
Particolarmente interessante la decisione in commento con
cui la Suprema Corte affronta “funditus”, tra le
altre, una questione invero non molto approfondita nella
giurisprudenza di legittimità, ossia il tema della natura
giuridica dei reati dettati dalla disciplina antisismica.
La questione appare vieppiù interessante in quanto, sulla
natura giuridica di alcuni di essi, è recentemente emerso un
contrasto di giurisprudenza (tema che sarà affrontato in
altra nota di prossima pubblicazione sul Quotidiano), che
verosimilmente renderà necessaria a breve la sua
sottoposizione alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione.
Il fatto.
La vicenda processuale posta a fondamento della decisione in
esame vedeva imputati due soggetti di violazioni
urbanistiche ed antisismiche per aver, in particolare,
realizzato abusivamente, in aderenza ad un immobile
preesistente ed in ampliamento del medesimo, un fabbricato
in duplice elevazione su una superficie di mq. 50 per piano
nonché, inoltre, per aver realizzato tali interventi edilizi
in zona sismica senza aver dato il richiesto preavviso
scritto, senza l’autorizzazione preventiva dell’ufficio
tecnico regionale e senza la direzione di un tecnico
abilitato.
In sede di merito, gli imputati venivano condannati sia in
primo che in secondo grado, rigettando la richiesta
difensiva di proscioglimento per prescrizione delle
violazioni antisismiche contestate.
Il ricorso.
Avverso la sentenza di merito, resa dai giudici d’appello,
proponevano ricorso per Cassazione gli imputati, affidando,
per quanto qui di interesse, le loro doglianze al mancato
riconoscimento della prescrizione dei reati in materia
antisismica, ritenendo gli stessi reati istantanei e non
permanenti.
La decisione della Cassazione.
La terza sezione penale della Corte Suprema, investita del
ricorso, lo ha dichiarato inammissibile con una decisione
che, ineccepibilmente, da una lato, opera una coerente
applicazione di un principio giurisprudenziale consolidato
sulla natura giuridica del reato di violazione delle norme
tecniche in zona sismica e, dall’altro, afferma per la prima
volta “expressis verbis” il principio di diritto
secondo cui ha natura permanente il reato di direzione
lavori da parte di tecnico non abilitato.
Al fine di meglio comprendere il ragionamento della Corte è
utile focalizzare il quadro normativo di riferimento.
L’attuale disciplina in materia antisismica è contenuta del
d.P.R. 06.06.2001, n. 380 (c.d. Testo Unico dell’edilizia)
che ha integralmente sostituito, con riferimento alla
disciplina sul punto, la “vecchia” legge n. 64/1974,
ormai in pensione dall’entrata in vigore del T.U. edilizia.
E’ ben vero, infatti, che l’art. 137, comma 2, del d.P.R. n.
380/2001 prevede che la legge 02.02.1974, n. 64 resta in
vigore, per tutti i campi di applicazione originariamente
previsti dal relativo testo normativo e non applicabile alla
parte I del nuovo testo unico; è altrettanto vero, però, che
–per quanto concerne la disciplina sostanziale e quella
sanzionatoria oggi introdotta dal nuovo Testo Unico– non v’è
dubbio che le relative disposizioni non sono da considerarsi
più attualmente vigenti.
Quali sono dunque le norme applicabili?
Per quanto concerne il reato di violazione delle norme
tecniche, vengono in rilievo gli artt. 83 e 95 del d.P.R. n.
380/2001, che hanno preso il posto delle abrogate previsioni
di cui agli artt. 3 e 20 della legge n. 64/1974. Le attuali
disposizioni prevedono, in particolare, che tutte le
costruzioni la cui sicurezza possa comunque interessare la
pubblica incolumità, da realizzarsi in zone dichiarate
sismiche, sono disciplinate, oltre che dalle disposizioni di
cui all’art. 52 (rubricato “tipo di strutture e norme
tecniche”) anche da “specifiche norme tecniche”
emanate, anche per i loro aggiornamenti, con decreti del
Ministro per le infrastrutture ed i trasporti, di concerto
con il Ministro per l'interno, sentiti il Consiglio
superiore dei lavori pubblici, il Consiglio nazionale delle
ricerche e la Conferenza unificata.
Spetta, peraltro, alle regioni, sentite le province e i
comuni interessati, provvedere all’individuazione delle zone
dichiarate sismiche, alla formazione e all’aggiornamento
degli elenchi delle medesime zone e dei valori attribuiti ai
gradi di sismicità, nel rispetto dei criteri generali
dettati con apposto decreto, previsto dall’art. 83, comma 2.
La violazione delle norme tecniche trova la sua sanzione
nell’art. 95 che punisce con l'ammenda da lire 400.000 (pari
ad € 206) a lire 20.000.000 (pari ad € 10.329) “Chiunque
violi le prescrizioni contenute nel presente capo e nei
decreti interministeriali di cui agli articoli 52 e 83”.
Per quanto, invece, concerne, invece, il reato di direzione
lavori in zona sismica da parte di tecnico non abilitato, la
norma di riferimento è attualmente contenuta all’art. 94
d.P.R. n. 380/2001, secondo cui nelle località sismiche, ad
eccezione di quelle a bassa sismicità, non si possono
iniziare lavori senza preventiva autorizzazione scritta del
competente ufficio tecnico della regione, lavori che (comma
4) “devono essere diretti da un ingegnere, architetto,
geometra o perito edile iscritto nell'albo, nei limiti delle
rispettive competenze”. La relativa sanzione è
contemplata dall’art. 95, applicabile alla fattispecie del
comma 4 dell’art. 94 per il richiamo alla violazione delle “prescrizioni
contenute nel presente capo”.
Infine, ultima disposizione di interesse, sulla cui natura
giuridica sono sorte le maggiori discussioni, è quella
contemplata dal combinato disposto degli artt. 93 e 94 del
nuovo T.U. edilizia, che puniscono l’edificazione in zona
sismica senza previo preavviso allo sportello unico, ovvero
omettendo la sottoposizione del progetto al vaglio della
pubblica autorità, nonché di inizio dei lavori in assenza
dell’autorizzazione dell’autorità competente. La norma
sanzionatoria è sempre costituita dall’art. 95 citato, per
le medesime ragioni in precedenza sottolineate.
Rinviando alla nota di prossima pubblicazione sul Quotidiano
l’approfondimento sul contrasto giurisprudenziale venutosi a
manifestare nella giurisprudenza di legittimità quanto alla
natura giuridica, permanente od istantanea, del reato di cui
al combinato disposto degli artt. 93 3 94, in relazione
all’art. 95 del T.U. edilizia, è sufficiente qui soffermarsi
sulla soluzione offerta sul tema della natura giuridica
delle altre due fattispecie.
Sul punto, la soluzione della Corte è assolutamente
condivisibile.
Non può, infatti, discutersi, anzitutto, sulla natura
permanente del reato di violazione delle norme tecniche (v.,
da ultimo, in senso conforme: Cass. pen., Sez. 3, n. 41617
del 02/10/2007, dep. 13/11/2007, imp. I., in Ced Cass.
238008), peraltro dovendosi precisare che, secondo la
Cassazione, la relativa consumazione perdura fino al momento
di cessazione dell'attività vietata (v., sul punto, Cass.
pen., Sez. U, n. 17178 del 27/02/2002, dep. 08/05/2002, imp.
Cavallaro, in Ced Cass. 221398, principio espresso con
riferimento reato di esecuzione, senza autorizzazione, di
opere in zona distante meno di trenta metri dal demanio
marittimo, c.d. fascia di rispetto, previsto dagli artt. 55
e 1161 del codice della navigazione).
Per quanto, poi, concerne, il reato di esecuzione dei lavori
in zona sismica senza la direzione di un tecnico abilitato,
parimenti nessun dubbio può sussistere quanto alla natura
giuridica di reato permanente della fattispecie penale in
questione.
Ed invero, nonostante la mancanza di giurisprudenza di
legittimità sul punto, la Corte, ineccepibilmente, per la
prima volta pronunciandosi sulla questione, ne afferma la
natura permanente basandosi sulla ratio legis sottesa
all’art. 94, comma 4, T.U. edilizia, rivolta ad evitare che
la realizzazione di interventi edilizi venga affidata a
soggetti sprovvisti delle necessarie competenze
tecnico–scientifiche, sicché “il reato perdura oltre
l’inizio della costruzione e per tutto lo svolgimento
dell’attività costruttiva” (commento tratto da
www.ipsoa.it - Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 04.05.2011 n. 17217). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Violazioni normativa antisismica e
natura permanente dei reati.
Il reato di cui agli artt. 93 e 95 del D.P.R. n. 380/2001
(omesse denunzia dei lavori e presentazione dei progetti)
permane sino a quando chi intraprende un lavoro edile in
zona sismica non presenta la prescritta denuncia con
l’allegato progetto ovvero non porta ad ultimazione il
lavoro medesimo. Fino al verificarsi delle condizioni
anzidette, infatti, persiste la lesione del bene giuridico
protetto, perché l’ufficio tecnico regionale non è messo in
grado di controllare la conformità delle opere alle norme
tecniche stabilite al riguardo: il contravventore, inoltre,
potrà fare cessare la condotta antigiuridica presentando la
denuncia anche dopo l’inizio dei lavori (oltre che
interrompendo i medesimi). Ne consegue, attesa la ratio
della norma, che il dovere di agire imposto dall’art. 93
perdura nel tempo anche dopo l’inizio dei lavori, benché
cominci ad essere vincolante prima di tale inizio.
Il reato di cui agli artt. 94, 1° comma, e 95 del D.P.R. n.
380/2001 (inizio dei lavori senza preventiva autorizzazione
scritta del competente ufficio tecnico della Regione)
permane sino a quando chi intraprende un lavoro edile in
zona sismica termina il lavoro ovvero ottiene la relativa
autorizzazione. Nelle more il contravventore esegue e
prosegue lavori non autorizzati in relazione ai quali
l’ufficio tecnico regionale non ha verificato la conformità
alle norme tecniche di sicurezza stabilite per le zone
sismiche di media o alta intensità (Corte di Cassazione,
Sez. III penale,
sentenza 04.05.2011 n. 17217). |
aprile
2011 |
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EDILIZIA PRIVATA:
Permesso di costruire in deroga agli
strumenti urbanistici - Rilascio al di fuori dei casi
previsti dalla legge - Violazione - Normativa antisimica e
vincoli paesaggistici - Fattispecie - Artt. 14 e 44, lett.
b), D.P.R. n. 380/2001 - Art. 146 D.L.vo n. 42/2004 - Art. 7
D.M. n. 1444/1968.
Il permesso di costruire in deroga agli strumenti
urbanistici è istituto di carattere eccezionale giustificato
dalla necessità di soddisfare esigenze straordinarie
rispetto agli interessi primari garantiti dalla disciplina
urbanistica generale e, in quanto tale, applicabile
esclusivamente entro i limiti tassativamente previsti
dall'articolo 14 D.P.R. 380/2001 e mediante la specifica
procedura.
Tale sua particolare natura porta ad escludere che possa
essere rilasciato "in sanatoria" dopo l'esecuzione
delle opere.
Nella specie, l'intervento edilizio risultava eseguito sulla
base di un permesso di costruire in deroga rilasciato al di
fuori dei casi previsti dalla legge, mancanza di
autorizzazione dell'ente preposto alla tutela del vincolo
paesaggistico e violazione della disciplina antisismica e
sul cemento armato.
PRG - Permesso di costruire - Rilascio
di permessi in deroga - Limiti - Variante urbanistica -
Specifica disciplina - Art. 14 D.P.R. n. 380/2001.
La deroga al permesso di costruire non può incidere sulle
scelte di tipo urbanistico, potendo operare solo nel caso in
cui l'area sia edificabile secondo le previsioni di piano,
con la conseguenza che non può ritenersi ammissibile il
rilascio di permessi in deroga, ad esempio, per aree a
destinazione agricola o a verde pubblico o privato mancando
in tal caso il presupposto dell'edificabilità dell'area
necessario non per il rilascio in deroga del permesso di
costruire ma per il permesso stesso.
Analogamente, si è escluso che la deroga possa riguardare
aumenti di volumetria rispetto a quelli oggetto di
pianificazione potendo consentire soltanto, a parità di
volume edificabile, che l'intervento si concretizzi, ad
esempio, con altezza, superficie coperta, destinazione
diverse da quelle previste dal PRG. (Cons. Stato Sez. V n.
46, 11.01.2006; Sez. VI n. 4568, 07.08.2003).
Ne consegue che, al di fuori dei limiti indicati dalla
disposizione contenuta nell’art. 14 D.P.R. n. 380/2001,
viene a configurarsi un'ipotesi di variante urbanistica la
cui approvazione è soggetta alla specifica disciplina.
Difetto di motivazione -
Configurabilità.
Il difetto di motivazione integra gli estremi della
violazione di legge solo quando l'apparato argomentativo che
dovrebbe giustificare il provvedimento o manchi del tutto o
risulti privo dei requisiti minimi di coerenza, di
completezza e di ragionevolezza, in guisa da apparire
assolutamente inidoneo a rendere comprensibile l'itinerario
logico seguito dall'organo investito del procedimento (Cass.
SS. UU. n. 25932, 26/06/2008, Conf. Cass. Sez. V n. 43068,
11/09/2009) (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 28.04.2011 n. 16591 - link a
www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Demolizione in tema di violazioni
antisismiche - Esecuzione e competenza (P.M. e G.E.) - Art.
7 L. n. 47/1985 (ora art. 31 D.P.R. n. 380/2001) - Art. 665
cod. proc. pen..
L'ordine di demolizione adottato dal giudice ai sensi
dell'art. 7 legge 28.02.1985 n. 47 (ora art. 31 DPR n.
380/2001), al pari delle altre sanzioni contenute nella
sentenza definitiva, è soggetto all'esecuzione nelle forme
previste dal codice di procedura penale (Cass. pen. sez. un.
n. 15 del 19.06.1990).
Ai sensi dell'art. 665 cod. proc. pen., l'organo promotore
dell'esecuzione è il pubblico ministero il quale, ove il
condannato non ottemperi all'ingiunzione a demolire, è
tenuto ad investire, per la fissazione delle modalità di
esecuzione, il giudice dell'esecuzione.
La competenza ad eseguire detto ordine appartiene al
pubblico ministero, come organo promotore, ed al giudice
della esecuzione. E tale competenza, non viene meno per la
competenza riconosciuta alla Regione in tema di violazioni
antisismiche.
Ordine di demolizione - Potere-dovere
della A.G. con quello della P.A. - Sussistenza - Valutazioni
del G.E. di compatibilità con le determinazioni
dell'Amministrazione - Art. 31 DPR n. 380/2001.
In relazione all'ordine di demolizione ex art. 7 legge
28.02.1985 n. 47 (ora art. 31 DPR n. 380/2001), si è
costantemente riconosciuto che il potere-dovere della A.G. "concorre"
con quello della P.A. titolare anch'essa, in base alla
normativa urbanistica, del potere dovere di demolire il
manufatto abusivo ovvero di acquisirlo al proprio
patrimonio.
Il coordinamento tra l'intervento specifico giudiziario e
quello generale, di carattere amministrativo si realizza non
già a livello dei rispettivi poteri, bensì nella fase
esecutiva dei provvedimenti, spettando al giudice
dell'esecuzione valutare la compatibilità del provvedimento
di demolizione con le determinazioni dell'Amministrazione,
al fine di decidere se vi siano i presupposti per metterlo
in esecuzione e con quali modalità (Cass. pen. sez. 3 n. 702
del 14.02.2000).
Ordine di demolizione - Soggetto
destinatario dell’ordine ed acquisizione del bene al
patrimonio comunale.
A prescindere dall’acquisizione del bene al patrimonio
comunale, il soggetto condannato resta comunque il
destinatario dell’ordine di demolizione, con conseguente
onere da parte del medesimo di dare esecuzione, nelle forme
di rito, all’ordine di demolizione a proprie cure e spese
(Cass. pen. Sez. 3, n. 43294 del 29.09.2005; Cass. pen. sez.
3 n. 37120 dell'11.5.2005).
Ordine di demolizione - Esecuzione.
La competenza ad eseguire l'ordine di demolizione emesso dal
giudice ai sensi dell'articolo 31 D.P.R. n. 380/2001
appartiene al pubblico ministero, come organo promotore, ed
al giudice dell'esecuzione.
Tale competenza, non viene meno per la concorrente
competenza riconosciuta alla Regione in tema di violazioni
antisismiche (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 28.04.2011 n. 16582 - link a
www.ambientediritto.it). |
LAVORI PUBBLICI: B.U.R.
Lombardia, serie ordinaria n. 15 del 12.04.2011, "Determinazione
modalità per la predisposizione della graduatoria degli
interventi per la messa in sicurezza degli edifici
scolastici situati in zone soggette a rischio sismico -
Triennio 2011-2013" (deliberazione
G.R. 06.04.2011 n. 1532). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Normativa antisismica - Opere a
struttura metallica - Assenza della funzione statica -
Applicabilità delle norme di cui agli artt. 93 e 94 del
D.P.R. n. 380/2001 - Esclusione - Fattispecie.
Allorquando manchi la funzione statica della costruzione,
l'apposizione dell'opera non deve essere preceduta, ai sensi
della normativa antisismica, dagli adempimenti di cui agli
artt. 93 e 94 del D.P.R. n. 380/2001, la cui disciplina
trova pertanto applicazione esclusivamente allorquando le
opere a struttura metallica costituiscano elementi
strutturali dell'edificio (fattispecie relativa
all’installazione su parete di un cartellone pubblicitario
sorretto da aste riflesse impiantate in una struttura
metallica) (TRIBUNALE di Salerno, Sez. distaccata di Eboli,
sentenza 11.04.2011 n. 205 - link a
www.ambientediritto.it). |
febbraio
2011 |
|
EDILIZIA
PRIVATA: G.U.
26.02.2011 n. 47, suppl. ord. n. 54, "Valutazione e
riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale con
riferimento alle Norme tecniche per le costruzioni di cui al
decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti
del 14.01.2008" (Direttiva
P.C.M. 09.02.2011). |
dicembre 2010 |
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EDILIZIA
PRIVATA:
Titolo edilizio anche per il cartellone
pubblicitario. Lo ha sancito la Corte di Cassazione
intervenendo su un decreto di sequestro preventivo di un
cartellone di grandi dimensioni.
Recentemente la Corte di Cassazione (sentenza
06.12.2010 n. 43249) è stata chiamata a
pronunciarsi su un singolare caso di abuso edilizio.
I giudici sono intervenuti su un decreto di sequestro
preventivo di un cartellone per la gestione di spazi
pubblicitari di grandi dimensioni, collocato su quattro
pilastri con basamento in cemento.
Veniva contestata all’indagato la violazione della normativa
antisismica (artt. 93, 94 e 95 d.P.R. n. 380/2001) per
averlo collocato senza aver preventivamente ottenuto il
rilascio del titolo abilitativo.
Quest’ultimo aveva sostenuto, però, l’erronea applicazione
al caso in esame del Testo unico sull’edilizia, facendo
appello al rapporto di specialità tra detta disciplina e
quella dettata dal D.Lgs. n. 507 del 1993.
I giudici della Suprema Corte ribadiscono la necessità del
rilascio del preventivo titolo abilitativo ai fini della
realizzazione di questo singolare manufatto, escludendo
l’esistenza dell’invocato rapporto di specialità tra la
disciplina dettata dal Testo Unico sull’edilizia e quella
del D.Lgs. 15.11.1993, n. 507.
Quest’ultimo prevede, in caso di violazione delle
disposizioni concernenti l’installazione dei cartelloni
pubblicitari, l’applicazione di sanzioni amministrative
pecuniarie e la rimozione da parte del comune degli impianti
pubblicitari abusivi.
In particolare sulla qualifica del manufatto come opera
edilizia, soggetto al d.P.R. n. 380 del 2001, la Corte
richiama le disposizioni della normativa antisismica che si
applicano a tutte le costruzioni la cui sicurezza possa
interessare la pubblica incolumità.
Secondo i giudici, quindi, il cartellone pubblicitario
oggetto del sequestro preventivo costituisce opera edilizia
rilevante ai fini dell’applicazione della normativa edilizia
ed urbanistica, considerate le sue dimensioni e le modalità
dell’installazione.
Sul rapporto di specialità tra la disciplina in materia
edilizia e quella dettata dal D.Lgs. 15.11.1993, n. 507 la
Corte afferma invece che possono trovare applicazione
ambedue le discipline in quanto introdotte dal legislatore a
tutela di interessi giuridici diversi: - quella edilizia,
sullo sviluppo del territorio e la sicurezza statica delle
costruzioni rispetto a possibili eventi sismici;
- quella dettata in tema di pubbliche affissioni, sulle
modalità di controllo sulle stesse, in relazione al loro
contenuto, alla loro natura commerciale o meno,
all’applicazione dell’imposta sulla pubblicità (commento
tratto da www.ediliziaurbanistica.it). |
EDILIZIA
PRIVATA - LAVORI PUBBLICI:
G.U. 01.12.2010 n. 281, suppl. ord. n. 262, "Attuazione
dell’articolo 11 del decreto-legge 28.04.2009, n. 39,
convertito, con modificazioni, dalla legge 24.06.2009, n. 77
in materia di contributi per interventi di prevenzione del
rischio sismico (Ordinanza n. 3907)" (O.P.C.M.
13.11.2010). |
ottobre 2010 |
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EDILIZIA PRIVATA:
Il Comune, responsabile del governo urbanistico
del territorio comunale, prima di rilasciare una concessione
edilizia in una località classificata sismica e per la quale
è necessaria la preventiva autorizzazione degli uffici
competenti, è tenuto ad accertare la regolarità di tale
autorizzazione, nei suoi profili di ordine formale, in
quanto tali profili si riflettono sul titolo concessorio,
invalidandolo se irregolari", per cui il Comune "è onerato
della verifica della esistenza e validità del nulla osta del
genio civile, della rispondenza dello stesso ai grafici
progettuali approvati dal comune stesso, in sintesi della
mera esistenza e regolarità formale dell'assenso
dell'ufficio del genio civile".
---------------
Quanto al primo motivo (Violazione della legge
02.02.1974, n. 64 - Eccesso di potere - Incompetenza),
riferito al rilievo del Comune, secondo cui la "manca il
N.O. rilasciato dal Genio Civile", se ne deve rilevare
l'infondatezza.
Ed invero, come osservato da questo Tribunale (Sezione
staccata di Catania) con recente n. 211 del 30.01.2008, "il
Comune, responsabile del governo urbanistico del territorio
comunale, prima di rilasciare una concessione edilizia in
una località classificata sismica e per la quale è
necessaria la preventiva autorizzazione degli uffici
competenti, è tenuto ad accertare la regolarità di tale
autorizzazione, nei suoi profili di ordine formale, in
quanto tali profili si riflettono sul titolo concessorio,
invalidandolo se irregolari" (Consiglio di stato, sez.
V, 14.07.2003, n. 4165), per cui il Comune "è onerato
della verifica della esistenza e validità del nulla osta del
genio civile, della rispondenza dello stesso ai grafici
progettuali approvati dal comune stesso, in sintesi della
mera esistenza e regolarità formale dell'assenso
dell'ufficio del genio civile" (TAR Sicilia-Palermo,
Sez. II,
sentenza 27.10.2010 n. 13720 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Il C.S.L.P. approva le modifiche alle "Linee Guida per la
riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale".
Il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici ha approvato le
modifiche alle linee guida per la riduzione del rischio
sismico del patrimonio culturale.
Con il Parere 92/2010 del 23 luglio scorso, infatti, il
C.S.L.P. si è espresso positivamente formulando
osservazioni, prescrizioni e raccomandazioni sullo schema di
"Direttiva per l'allineamento delle Linee Guida per la
valutazione e la riduzione del rischio sismico del
patrimonio culturale alle nuove Norme Tecniche sulle
Costruzioni del 2008 e alla Circolare n. 617/2009".
La Direttiva, con indicazioni metodologiche ed operative,
costituisce un valido supporto per la valutazione del
rischio sismico del patrimonio culturale tutelato in
muratura portante e per la scelta delle più opportune azioni
per la riduzione di questo stesso rischio, a seguito
dell'adozione delle Norme Tecniche per le Costruzioni del
2008 e della Circolare n. 617/2009.
Le "Linee Guida", ad opera del Dipartimento della
Protezione Civile e del Ministero per i Beni e le Attività
Culturali, sono state elaborate con l'intento di specificare
un percorso di conoscenza, valutazione della sicurezza
sismica e progetto degli eventuali interventi,
concettualmente analogo a quello previsto per le costruzioni
non tutelate, ma opportunamente adattato alle esigenze e
peculiarità del patrimonio culturale; formulare, nel modo
più oggettivo possibile, il giudizio finale sulla sicurezza
e sulla conservazione garantite dall'intervento di
miglioramento sismico.
Le Linee Guida forniscono indicazioni per definire l'azione
sismica, in relazione alla pericolosità del sito ed alla
destinazione d'uso del manufatto, e la capacità della
struttura, attraverso una corretta conoscenza e modellazione
del manufatto (21.10.2010 - link a www.acca.it). |
settembre 2010 |
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EDILIZIA PRIVATA:
Il pertinente quadro normativo non impone in
alcun modo di allegare la denuncia di verifica sismica della
struttura già in sede di presentazione dell’istanza di
autorizzazione o della denuncia di cui all’art. 87, d.lgs.
259 del 2003, limitandosi -piuttosto- a prescrivere che la
denuncia in parola avvenga prima del concreto inizio dei
lavori.
---------------
2.2. Quanto al secondo motivo ostativo trasfuso nel
provvedimento annullato dal TAR (si tratta della mancata
presentazione della certificazione di avvenuta denuncia
della verifica sismica della struttura al competente Ufficio
del Genio Civile), il TAR ha osservato che la denuncia in
questione deve essere effettuata prima dell’inizio dei
lavori, ma non risulta contemplata fra i documenti che
devono essere tassativamente allegati
all’istanza/comunicazione ex art. 87, d.lgs. 259 del 2003.
Il Tribunale, del resto, ha osservato che “anche ammessa
la necessità di tale denuncia, l’Amministrazione non può
negare la D.I.A. sol per la mancanza della stessa, dovendo
piuttosto richiedere l’integrazione dei documenti entro il
termine di quindici giorni dalla data di ricezione
dell’istanza, ai sensi del comma 5 dell’art. 87, d.lvo n.
259/2003”.
Nella tesi dell’appellante, la pronuncia in epigrafe
risulterebbe in parte qua erronea e meritevole di riforma
per non aver fatto corretto governo della pertinente
normativa.
In particolare, il Tribunale avrebbe omesso di tenere in
adeguata considerazione:
- la l. 05.11.1971, n. 1086 (recante ‘norme per la disciplina
delle opere di conglomerato cementizio armato, normale e
precompresso ed a struttura metallica’), il cui art. 4
stabilisce che le opere a struttura metallica (come
l’impianto destinato ad ospitare l’installazione della cui
realizzazione si discute) “devono essere denunciate dal
costruttore all’ufficio del genio civile competente per
territorio, prima del loro inizio (…)”.
Ancora, il TAR avrebbe omesso di tenere in considerazione il
successivo art. 10, a tenore del quale “il Sindaco del
Comune, nel cui territorio vengono realizzate le opere
indicate nell’art. 1, ha il compito di vigilare
sull’osservanza degli adempimenti preposti alla presente
legge: a tal fine si avvale dei funzionari ed agenti
comunali”;
- la l. 02.02.1974, n. 64 (recante ‘provvedimenti per le
costruzioni con particolari prescrizioni per le zone
sismiche’), il cui art. 17 stabilisce che “nelle zone
sismiche di cui all'articolo 3 della presente legge,
chiunque intenda procedere a costruzioni, riparazioni e
sopraelevazioni, è tenuto a darne preavviso scritto,
notificato a mezzo del messo comunale o mediante lettera
raccomandata con ricevuta di ritorno, contemporaneamente, al
sindaco ed all'ufficio tecnico della regione o all'ufficio
del genio civile secondo le competenze vigenti (…)”;
- la L.R. Campania 07.01.1983, n. 9 (recante ‘norme per
l’esercizio delle funzioni regionali in materia di difesa
del territorio dal rischio sismico’), il cui art. 2, al
comma 1 stabilisce che “il committente o il costruttore
che esegue in proprio devono depositare il progetto
esecutivo delle opere di cui all'art. 1 presso l'Ufficio
provinciale del Genio civile o Sezione autonoma competente
per territorio, prima dell'inizio dei lavori”.
Ancora, risulterebbe rilevante ai fini del decidere il
successivo art. 5 (nella formulazione vigente all’epoca dei
fatti), secondo cui “il Sindaco del Comune nel cui
territorio si eseguono le opere è tenuto ad accertare, a
mezzo degli agenti e dei tecnici comunali, che chiunque
inizi l'esecuzione delle opere di cui all'art. 1 sia in
possesso dell'attestazione dell'Ufficio provinciale del
Genio civile dell'avvenuto deposito degli atti prescritti”.
Questo essendo il pertinente quadro normativo, il Comune
appellante ritiene l’erroneità della pronuncia in epigrafe,
per la parte in cui ha ritenuto l’illegittimità del
provvedimento di divieto in data 23.11.2004. Al contrario.
Il Comune ritiene che il divieto in parola costituisse un
esito necessario della vicenda, se solo si consideri:
i) che, al momento della presentazione della D.I.A. (06.09.2004),
la soc. H3G non avesse neppure presentato al competente
Genio civile la prescritta denuncia di verifica sismica;
ii) che, secondo le risultanze in atti, la società appellata avesse
a tanto provveduto solo in data 13.01.2005, ossia dopo il
decorso del termine di 90 giorni di cui al comma 9 dell’art.
87, d.lgs. 259 del 2003 e dopo l’adozione da parte del
Comune del più volte richiamato provvedimento negativo.
2.2.1. Il motivo di doglianza in parola non può trovare
accoglimento.
Ed infatti, il pertinente quadro normativo (pure
correttamente richiamato dal Comune appellante) non impone
in alcun modo di allegare la denuncia di verifica sismica
della struttura già in sede di presentazione dell’istanza di
autorizzazione o della denuncia di cui all’art. 87, d.lgs.
259 del 2003, limitandosi -piuttosto- a prescrivere che la
denuncia in parola avvenga prima del concreto inizio dei
lavori (in tal senso: il primo comma dell’art. 4, l. 1086
del 1971; il primo comma dell’art. 17, l. 64 del 1974,
nonché il comma 3 dell’art. 2, L.R. 9 del 1983).
Conseguentemente, la pronuncia in epigrafe deve trovare
puntuale conferma per la parte in cui ha ritenuto
l’illegittimità del provvedimento comunale di divieto,
laddove fondato sulla pretesa necessità di allegare la
certificazione di avvenuta denuncia della verifica sismica
già in sede di presentazione della D.I.A.
Non rileva, invece, ai fini della presente decisione la
circostanza secondo cui la denuncia in parola sia stata
presentata solo dopo il decorso dei 90 giorni di cui al
comma 9 dell’art. 87, d.lgs. 259, cit. vuoi perché il
provvedimento impugnato in prime cure si limitava ad
affermare il carattere ostativo della mancata presentazione
della denuncia in sé intesa (senza ammetterne la
presentazione entro i termini di cui all’art. 87, co. 9, cit.),
vuoi perché ciò che rileva in base al pertinente quadro
normativo non è il momento in sé della presentazione della
denuncia, quanto, piuttosto, la circostanza relativa al se
la denuncia in parola sia intervenuta prima o dopo
l’effettivo inizio dei lavori (Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 24.09.2010 n. 7128 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Istanza di
autorizzazione ex art. 87 d.lgs. n. 259/2003 - Allegazione
della denuncia di verifica sismica - Inizio dei lavori.
Il quadro normativo vigente non impone in alcun modo di
allegare la denuncia di verifica sismica della SRB già in
sede di presentazione dell’istanza di autorizzazione o della
denuncia di cui all’art. 87, d.lgs. 259 del 2003,
limitandosi -piuttosto- a prescrivere che la denuncia in
parola avvenga prima del concreto inizio dei lavori (in tal
senso: il primo comma dell’art. 4, l. 1086 del 1971; il
primo comma dell’art. 17, l. 64 del 1974, nonché il comma 3
dell’art. 2, L.R. Campania 9 del 1983) (Consiglio di Stato,
Sez. VI,
sentenza 24.09.2010 n. 7128 - link a
www.ambientediritto.it). |
luglio 2010 |
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COMPETENZE
PROFESSIONALI - EDILIZIA PRIVATA: La
nomina del collaudatore quando il costruttore esegue in
proprio (art. 67, comma 4, D.P.R. n. 380/2001) - Verifica e
denuncia dell'eventuale incompetenza del progettista
(Centro Studi Consiglio Nazionale Ingegneri, luglio 2010).
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Il documento del Centro Studi del CNI illustra la procedura
di nomina e le attività connesse del collaudatore quando il
costruttore esegue in proprio. Il documento aggiorna la
procedura ai sensi delle NTC (DM 14.01.2008) e fornisce
indicazioni utili in tutti i casi di collaudo di strutture
anche in zone sismiche.
Da notare il sottotitolo "Verifica
e denuncia dell'eventuale incompetenza del progettista".
Nel testo dello studio si legge che "l'ordine
professionale è titolare di una funzione che deve
esercitare, sempre e comunque, a richiesta del privato ed
alla quale non può ostare nessuna condizione, nemmeno
l'eventuale riscontrata incompetenza del progettista"
(dei C.A.), e che pertanto "l'attività di controllo sul
rispetto delle competenze professionali del progettista
compete agli Uffici Tecnici dell'Amministrazione", che
ormai - seguito delle note deleghe in materia di denunce
C.A. concesse dalla Regione con L.R. n. 1/2000-
sappiamo essere gli Uffici Tecnici comunali. |
giugno 2010 |
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EDILIZIA
PRIVATA:
Le opere che possono considerarsi non assoggettabili alla
normativa sismica.
L'ufficio del Genio Civile di Agrigento, su sollecitazione
dei tecnici locali, ha individuato, attraverso un'apposita
circolare, le opere che possono considerarsi non
assoggettabili alla normativa sismica di cui alla Legge
64/1974.
Poiché si ritiene che tale elenco possa costituire un utile
riferimento per i professionisti di tutta Italia ne
riportiamo il contenuto.
Le seguenti opere, oggettivamente poco rilevanti ai fini
della sicurezza, secondo il Genio Civile di Agrigento,
possono considerarsi non assoggettabili alla normativa
sismica di cui alla Legge 64/1974: ... (10.06.2010 -
link a www.acca.it). |
maggio 2010 |
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LAVORI PUBBLICI: B.U.R.
Lombardia, serie ordinaria n. 21 del 24.05.2010, "Determinazione
delle modalità per la predisposizione del piano degli
interventi per la messa in sicurezza degli edifici
scolastici situati in zone soggette a rischio sismico -
Fondi annualità 2009 (Ordinanza della Presidenza del
Consiglio dei Ministri n. 3864 del 31.03.2010)" (deliberazione
G.R. 18.05.2010 n. 29 - link a www.infopoint.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Dalla Protezione Civile le Linee Guida per la progettazione
degli interventi di rinforzo degli “edifici in aggregato”.
Sono disponibili on line le “Linee Guida per il
rilievo, l’analisi ed il progetto di interventi di
riparazione e rafforzamento/miglioramento di edifici in
aggregato”.
Le Linee Guida intendono fornire un quadro sistematico della
metodologia e degli strumenti operativi per il rilievo, la
diagnostica, la scelta degli interventi e la redazione
finale del progetto di intervento su edifici in aggregato.
Avendo come oggetto l’edilizia in aggregato, le Linee Guida
vedono, pertanto, come campo di applicazione principale il
costruito dei centri storici. Questi ultimi, sviluppatisi e
configuratisi nel tempo, secondo processi di accrescimento
per lo più spontaneo, sono caratterizzati da edifici
prevalentemente in muratura, ove la coesistenza di diverse e
successive stratificazioni e modificazioni, talvolta
incongrue, ha comportato l’insorgenza di specifici fattori
di vulnerabilità sismica ... (19.05.2010 - link a
www.acca.it). |
aprile 2010 |
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EDILIZIA
PRIVATA:
Impianti per le comunicazioni
elettroniche - Struttura progettata - Impiego di cemento
armato - Zona sismica - Art. 18 L. n. 64/1974 -
Applicabilità - Fondamento.
In tema di impianti per le comunicazioni elettroniche, ove
la struttura progettata prevede anche l’impiego di cemento
armato e si trova in zona sismica, trova applicazione l’art.
18 della L. 64/1974: è irrilevante il fatto che detta
disposizione di legge non sia espressamente richiamata nel
catalogo dei documenti previsto dall’allegato 13 del Codice
della Comunicazioni Elettroniche, trattandosi di norma che
deve essere necessariamente applicata nel particolare caso
in cui le infrastrutture di telecomunicazioni siano in
concreto progettate con particolari modalità tali da
rientrare sotto l’ambito previsionale della predetta legge
(TAR Sicilia-Catania, Sez. I,
sentenza 28.04.2010 n. 1255 - link a www.ambientediritto.it). |
dicembre 2009 |
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EDILIZIA
PRIVATA:
G.U. 22.12.2009 n. 297 "Entrata in vigore delle norme
tecniche per le costruzioni di cui al decreto ministeriale
14.01.2008. Circolare 05.08.2009 - Ulteriori considerazioni
esplicative" (Ministero delle Infrastrutture e dei
Trasporti,
circolare 11.12.2009). |
settembre 2009 |
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EDILIZIA
PRIVATA:
Violazione della normativa antisismica
(natura del reato).
La
contravvenzione di cui all’art. 14 della legge 05.11.1971 n.
1086, (che sanziona il costruttore delle opere in cemento
armato quando omette, prima del loro inizio, di curare il
deposito, presso l’ufficio tecnico regionale, della denuncia
delle opere stesse, accompagnata da un regolare progetto e
da una relazione illustrativa) è un reato istantaneo con
effetti permanenti, che si consuma con la omissione degli
adempimenti richiesti dalla norma anzidetta, prima della
esecuzione dei lavori, al fine di consentire il controllo
preventivo sulle stesse.
Le violazioni dei decreti interministeriali che disciplinano
la normativa tecnica per le costruzioni da realizzarsi in
zone dichiarate sismiche hanno, invece, natura di reato
permanente (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 09.09.2009 n. 34860 - link a
www.lexambiente.it). |
agosto 2009 |
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EDILIZIA
PRIVATA:
G.U. 13.08.2009 n. 187 "Nuove norme tecniche per le
costruzioni approvate con decreto del Ministro delle
infrastrutture 14.01.2008 - Cessazione del regime
transitorio di cui all’articolo 20, comma 1, del
decreto-legge 31.12.2007, n. 248" (Ministero delle
Infrastrutture e dei trasporti,
circolare 05.08.2009). |
luglio 2009 |
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EDILIZIA PRIVATA:
Il Comune, nel rilasciare il permesso di
costruire, non è tenuto a verificare la conformità del
titolo alla normativa antisismica dato che quest’ultima,
quale normativa di carattere tecnico e non propriamente
urbanistico-edilizio, non costituisce parametro di
legittimità del titolo rilasciato.
Secondo la normativa vigente di cui al d.p.r. n. 380/2001,
nella materia de qua, al Comune compete esclusivamente un
compito di vigilanza preventiva e documentale nel senso che,
ai sensi dell’art. 93 del d.p.r. n. 380/2001, lo sportello
unico comunale è tenuto ad iscrivere la comunicazione dei
lavori nell’apposito registro delle denunzie dei lavori
nelle zone sismiche, ed a trasmettere tale comunicazione
unitamente al progetto della costruzione al competente
Ufficio della Regione. A quest’ultimo ufficio compete il
rilascio del nulla osta antisismico. In particolare, per le
zone che non siano classificate “a bassa sismicità” l’art.
94 d.p.r. stabilisce che, fermo restando l’obbligo del
titolo abilitativo, “non si possono iniziare i lavori senza
preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio
tecnico della Regione”. Tale autorizzazione è quindi
condizionante in senso assoluto nel senso che, in mancanza
di essa, in alcun caso i lavori possono essere intrapresi,
anche qualora il titolo edilizio sia stato già rilasciato.
La giurisprudenza amministrativa ha al riguardo
puntualizzato la diversità esistente tra il controllo di
conformità del progetto eseguito dal Comune e quello di
spettanza del genio Civile in materia sismica, escludendo
che la concessione edilizia possa configurarsi quale “atto
complesso” in cui confluisce l’osservanza di entrambe le
normative. Ciò in quanto, come noto, la normativa
antisismica costituisce un apparato posto a presidio di
interessi diversi da quelli tutelati dalla normativa
urbanistico edilizia, posto che quest’ultima è rivolta
essenzialmente a garantire l’ordinato assetto e sviluppo del
territorio, mentre la normativa antisismica è un impianto di
natura tecnica volto essenzialmente a salvaguardare la
pubblica e privata sicurezza ed incolumità.
Sotto tale profilo il nulla osta del Genio Civile si
configura quale atto del tutto separato rispetto al permesso
di costruire, e non essendo un atto endoprocedimentale
rispetto al rilascio del permesso di costruire, ha una
valenza autonoma ed esterna, non condizionante
l’approvazione del progetto, ma la concreta realizzabilità
di un intervento edilizio. Nel chiarire la separazione
esistente tra il permesso di costruire ed il nulla osta
antisismico la giurisprudenza ha altresì affermato che deve
ritenersi legittimo il rilascio di una concessione edilizia
per una costruzione da realizzare in zona sismica anche ove,
prima del rilascio della medesima, non sia stato ancora
acquisto il nulla osta antisismico Ciò in quanto per le
opere da realizzare in zone sismiche, il detto nulla osta
non è presupposto di legittimità del permesso di costruire,
ma costituisce “condizione d’efficacia” del titolo,
trattandosi di un presupposto in assenza del quale è
precluso lo stesso inizio dei lavori.
---------------
Quanto alla necessità dell’autorizzazione “scritta”, va
rimarcato che l’art. 20 della legge n. 741/1981 ha
attribuito la facoltà alle Regioni di sostituire
l’autorizzazione in origine contemplata dall’art. 18 della
legge n. 64/1974 con una semplice “denuncia di inizio
attività” purché corredata dal progetto e dall’asseverazione
del progettista circa la conformità delle opere alla
normativa antisismica.
Sicché, nella Regione Campania, l’articolo 2 della legge
regionale 07.01.1983 n. 9 recante: “Norme per l'esercizio
delle funzioni regionali in materia di difesa del territorio
dal rischio sismico”, ha previsto, al comma 1 che: “Il
committente o il costruttore che esegue in proprio devono
depositare il progetto esecutivo delle opere di cui all'art.
1 presso l'Ufficio “Provinciale” del Genio civile o Sezione
autonoma competente per territorio, prima dell'inizio dei
lavori”, ed al comma 2 che: “Tale deposito, ricevuto ai fini
di certificazione e, in deroga all'art. 17, L. 02.02.1974,
n. 64, esonera dalle autorizzazioni di cui agli artt. 2 e 18
della medesima legge, fermo restando l'obbligo della
concessione edilizia prevista dalle vigenti norme
urbanistiche”.
Al medesimo ente competono i compiti di controllo e di
repressione delle violazioni della disciplina antisismica
come desumibile dagli artt. 96 e 97 del d.p.r. 380/2001,
riproduttivi degli artt. 21 e 22 della legge n. 64/1974.
Quanto alle competenze comunali, l’art. 5, comma 3, della
stessa legge regionale n. 9/1983 stabilisce che il Sindaco
del Comune nel cui territorio si eseguono le opere è tenuto
ad accertare, a mezzo degli agenti e dei tecnici comunali,
che: “chiunque inizi l'esecuzione delle opere di cui
all'art. 1 sia in possesso dell'attestazione dell'Ufficio
Provinciale del Genio civile dell'avvenuto deposito degli
atti prescritti” ed aggiunge altresì che: “Tale accertamento
sostituisce a tutti gli effetti il disposto del primo comma
dell'art. 29 della L. n. 64 del 1974” che richiama
l’autorizzazione scritta in origine richiesta ai sensi degli
artt. 2 e 18.
---------------
Analogamente, nella Regione Campania, le attribuzione in
materia di repressione della normativa antisismica sono di
competenza dell’Ufficio provinciale del genio Civile dal
momento che, ai sensi dell’art. 6, comma 4, della predetta
legge regionale Campania n. 9/1983, per la violazione
dell'obbligo del deposito degli atti di cui all'art. 2 della
presente legge e dell'art. 11 del D.L. n. 57 del 1982
convertito in L. 29.04.1982, n. 187, nonché, per la omessa
denuncia dell'art. 17 della L. n. 64 del 1974, il Sindaco è
tenuto a trasmettere il processo verbale compilato dagli
agenti competenti per l’accertamento della violazione
all'Ufficio provinciale del Genio civile o Sezione autonoma,
che ordina la sospensione dei lavori, fissando nel relativo
provvedimento un termine per il deposito degli atti nelle
forme di cui all'art. 2 della stessa legge.
---------------
Da tale quadro normativo di riferimento si ricava
evidentemente che al Comune non è demandato, nel momento del
rilascio del permesso di costruire, alcun compito di
controllo sostanziale in ordine alla conformità del progetto
presentato alla normativa antisismica.
Di qui consegue che l’osservanza della normativa
antisismica, quale normativa di natura tecnica, non può
costituire parametro di legittimità del permesso di
costruire dato che il Comune, nel rilasciare il titolo
abilitativo, è tenuto esclusivamente a verificare la
conformità del progetto al rispetto della normativa
urbanistico-edilizia.
Ogni sindacato in merito alla conformità del progetto
rispetto alla normativa antisimica rientra nelle
attribuzioni del competente Ufficio tecnico del Genio Civile
in sede di rilascio del nulla osta antisismico che, per la
regione Campania, è stato sostituito dalla legge regionale
n. 9/1983 dal deposito di una denuncia di inizio lavori
presso l’Ufficio Provinciale del genio Civile che
sostituisce ad ogni effetto l’autorizzazione scritta
prescritta dalla legge n. 64/1974.
---------------
4.1. Sotto altro
profilo i ricorrenti deducono la violazione dell’altezza
massima del fabbricato per violazione della normativa
antisismica, secondo quanto prescritto dal punto 4.1 dell’O.P.C.M.
20.03.2003 n. 3274, come integrata dall’O.P.C.M.
n. 3431/2005, secondo cui, per i Comuni classificati a medio
rischio simico S.9 come il Comune di casa giove (cfr.
Delibera Giunta Regionale Campania n. 816/2004) l’altezza
del fabbricato che prospetta sulla strada pubblica non può
essere superiore alla minima distanza tra la proiezione del
fronte dell’edificio ed il ciglio opposto della strada.
Nella specie, sulla base dei rilievi eseguiti dal tecnico di
parte ricorrente, tale criterio non sarebbe stato rispettato
poiché la strada presenta una larghezza massima di metri
9,50, per cui l’altezza dell’erigendo fabbricato supererebbe
in ogni caso il limite massimo consentito dalla normativa
antisimica.
Il motivo si rivela inammissibile posto che il presente
ricorso non è stato altresì notificato al competente Ufficio
del Genio Civile nella cui cognizione esclusiva rientra la
verifica della rispondenza del progetto alla normativa
antisismica. Ed infatti, come correttamente osservato
dall’amministrazione intimata, il Comune, nel rilasciare il
permesso di costruire, non è tenuto a verificare la
conformità del titolo alla normativa antisismica dato che
quest’ultima, quale normativa di carattere tecnico e non
propriamente urbanistico-edilizio, non costituisce parametro
di legittimità del titolo rilasciato.
4.2 Secondo la normativa vigente di cui al d.p.r. n.
380/2001, nella materia de qua, al Comune compete
esclusivamente un compito di vigilanza preventiva e
documentale nel senso che, ai sensi dell’art. 93 del d.p.r.
n. 380/2001, lo sportello unico comunale è tenuto ad
iscrivere la comunicazione dei lavori nell’apposito registro
delle denunzie dei lavori nelle zone sismiche, ed a
trasmettere tale comunicazione unitamente al progetto della
costruzione al competente Ufficio della Regione. A
quest’ultimo ufficio compete il rilascio del nulla osta
antisismico. In particolare, per le zone che non siano
classificate “a bassa sismicità” l’art. 94 d.p.r.
stabilisce che, fermo restando l’obbligo del titolo
abilitativo, “non si possono iniziare i lavori senza
preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio
tecnico della Regione”. Tale autorizzazione è quindi
condizionante in senso assoluto nel senso che, in mancanza
di essa, in alcun caso i lavori possono essere intrapresi,
anche qualora il titolo edilizio sia stato già rilasciato.
4.3 La giurisprudenza amministrativa ha al riguardo
puntualizzato la diversità esistente tra il controllo di
conformità del progetto eseguito dal Comune e quello di
spettanza del genio Civile in materia sismica, escludendo
che la concessione edilizia possa configurarsi quale “atto
complesso” in cui confluisce l’osservanza di entrambe le
normative. Ciò in quanto, come noto, la normativa
antisismica costituisce un apparato posto a presidio di
interessi diversi da quelli tutelati dalla normativa
urbanistico edilizia, posto che quest’ultima è rivolta
essenzialmente a garantire l’ordinato assetto e sviluppo del
territorio, mentre la normativa antisismica è un impianto di
natura tecnica volto essenzialmente a salvaguardare la
pubblica e privata sicurezza ed incolumità.
Sotto tale
profilo il nulla osta del Genio Civile si configura quale
atto del tutto separato rispetto al permesso di costruire, e
non essendo un atto endoprocedimentale rispetto al rilascio
del permesso di costruire, ha una valenza autonoma ed
esterna, non condizionante l’approvazione del progetto, ma
la concreta realizzabilità di un intervento edilizio. Nel
chiarire la separazione esistente tra il permesso di
costruire ed il nulla osta antisismico la giurisprudenza ha
altresì affermato che deve ritenersi legittimo il rilascio
di una concessione edilizia per una costruzione da
realizzare in zona sismica anche ove, prima del rilascio
della medesima, non sia stato ancora acquisto il nulla osta
antisismico Ciò in quanto per le opere da realizzare in zone
sismiche, il detto nulla osta non è presupposto di
legittimità del permesso di costruire, ma costituisce
“condizione d’efficacia” del titolo, trattandosi di un
presupposto in assenza del quale è precluso lo stesso inizio
dei lavori (cfr. C.d.S. sez. V, 06.08.1997 n. 875; C.d.S. sez. V,
02.02.1996, n. 117).
4.4 Quanto alla necessità dell’autorizzazione “scritta”, va
rimarcato che l’art. 20 della legge n. 741/1981 ha
attribuito la facoltà alle Regioni di sostituire
l’autorizzazione in origine contemplata dall’art. 18 della
legge n. 64/1974 con una semplice “denuncia di inizio
attività” purché corredata dal progetto e dall’asseverazione
del progettista circa la conformità delle opere alla
normativa antisismica.
Sicché, nella Regione Campania,
l’articolo 2 della legge regionale 07.01.1983 n. 9 recante:
“Norme per l'esercizio delle funzioni regionali in materia
di difesa del territorio dal rischio sismico”, ha previsto,
al comma 1 che: “Il committente o il costruttore che esegue
in proprio devono depositare il progetto esecutivo delle
opere di cui all'art. 1 presso l'Ufficio “Provinciale” del
Genio civile o Sezione autonoma competente per territorio,
prima dell'inizio dei lavori”, ed al comma 2 che: “Tale
deposito, ricevuto ai fini di certificazione e, in deroga
all'art. 17, L. 02.02.1974, n. 64, esonera dalle
autorizzazioni di cui agli artt. 2 e 18 della medesima
legge, fermo restando l'obbligo della concessione edilizia
prevista dalle vigenti norme urbanistiche”.
Al medesimo ente
competono i compiti di controllo e di repressione delle
violazioni della disciplina antisismica come desumibile
dagli artt. 96 e 97 del d.p.r. 380/2001, riproduttivi degli
artt. 21 e 22 della legge n. 64/1974. Quanto alle competenze
comunali, l’art. 5, comma 3, della stessa legge regionale n.
9/1983 stabilisce che il Sindaco del Comune nel cui
territorio si eseguono le opere è tenuto ad accertare, a
mezzo degli agenti e dei tecnici comunali, che: “chiunque
inizi l'esecuzione delle opere di cui all'art. 1 sia in
possesso dell'attestazione dell'Ufficio Provinciale del
Genio civile dell'avvenuto deposito degli atti prescritti”
ed aggiunge altresì che: “Tale accertamento sostituisce a
tutti gli effetti il disposto del primo comma dell'art. 29
della L. n. 64 del 1974” che richiama l’autorizzazione
scritta in origine richiesta ai sensi degli artt. 2 e 18.
Analogamente, nella Regione Campania, le attribuzione in
materia di repressione della normativa antisismica sono di
competenza dell’Ufficio provinciale del genio Civile dal
momento che, ai sensi dell’art. 6, comma 4, della predetta
legge regionale Campania n. 9/1983, per la violazione
dell'obbligo del deposito degli atti di cui all'art. 2 della
presente legge e dell'art. 11 del D.L. n. 57 del 1982
convertito in L. 29.04.1982, n. 187, nonché, per la omessa
denuncia dell'art. 17 della L. n. 64 del 1974, il Sindaco è
tenuto a trasmettere il processo verbale compilato dagli
agenti competenti per l’accertamento della violazione
all'Ufficio provinciale del Genio civile o Sezione autonoma,
che ordina la sospensione dei lavori, fissando nel relativo
provvedimento un termine per il deposito degli atti nelle
forme di cui all'art. 2 della stessa legge.
Da tale quadro normativo di riferimento si ricava
evidentemente che al Comune non è demandato, nel momento del
rilascio del permesso di costruire, alcun compito di
controllo sostanziale in ordine alla conformità del progetto
presentato alla normativa antisismica.
Di qui consegue che l’osservanza della normativa
antisismica, quale normativa di natura tecnica, non può
costituire parametro di legittimità del permesso di
costruire dato che il Comune, nel rilasciare il titolo
abilitativo, è tenuto esclusivamente a verificare la
conformità del progetto al rispetto della normativa
urbanistico-edilizia.
Ogni sindacato in merito alla conformità del progetto
rispetto alla normativa antisimica rientra nelle
attribuzioni del competente Ufficio tecnico del Genio Civile
in sede di rilascio del nulla osta antisismico che, per la
regione Campania, è stato sostituito dalla legge regionale
n. 9/1983 dal deposito di una denuncia di inizio lavori
presso l’Ufficio Provinciale del genio Civile che
sostituisce ad ogni effetto l’autorizzazione scritta
prescritta dalla legge n. 64/1974
(TAR Campania-Napoli, Sez. VIII,
sentenza 08.07.2009 n. 3821 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
giugno 2009 |
|
EDILIZIA
PRIVATA:
Violazioni normativa antisismica.
Le
contravvenzioni previste dalla normativa antisismica
puniscono inosservanze formali, volte a presidiare il
controllo preventivo della P.A. Ne deriva che l’effettiva
pericolosità della costruzione realizzata senza i prescritti
adempimenti è del tutto irrilevante ai fini della
sussistenza del reato e la verifica postuma dell’assenza del
pericolo ed il rilascio dei provvedimenti abilitativi non
incide sulla illiceità della condotta, poiché gli illeciti
sussistono in relazione al momento di inizio della attività
(Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 17.06.2009 n. 25133 - link a
www.lexambiente.it). |
aprile 2009 |
|
EDILIZIA
PRIVATA:
Normativa antisismica.
Le disposizioni della normativa antisismica si applicano a
tutte le costruzioni la cui sicurezza possa interessare la
pubblica incolumità, a nulla rilevando la natura dei
materiali usati e delle strutture realizzate- a differenza
della disciplina relativa alle opere in conglomerato
cementizio armato- in quanto l'esigenza di maggior rigore
nelle zone dichiarate sismiche rende ancor più necessari i
controlli e le cautele prescritte, quando si impiegano
elementi strutturali meno solidi e duraturi del cemento
armato. Tali disposizioni, infatti, pur riguardando
l'attività edificatoria sono diverse, sotto il profilo della
ratio e degli obiettivi perseguiti, da quelle in
materia urbanistica (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 17.04.2009 n. 16299 - link a
www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Non sussistono, nella fattispecie, elementi
idonei ad affermare che l’abuso edilizio posto in essere dal
ricorrente possa essere sanato con denunzia di inizio
attività in sanatoria.
In primo luogo osta alla praticabilità di tale
procedura la circostanza che l’abuso risulta essere stato
consumato in zona sismica.
Al proposito si ricorda che gli artt. 17 e 18 L.
64/1974, il cui contenuto è oggi trasfuso negli artt. 93 e
94 del D.P.R. 380/2001, impongono a chiunque intenda procedere
a costruzioni in zona sismica –eccettuate le zone a bassa
sismicità– di darne avviso, tramite lo sportello unico, al
competente ufficio regionale, al quale l’avviso deve essere
trasmesso unitamente alla relativa progettazione: i lavori
non possono iniziare senza la preventiva autorizzazione
scritta dell’ufficio tecnico regionale, il quale deve
provvedere entro sessanta giorni (art. 94, comma 1 e 2).
Qualora entro il suddetto termine il responsabile
dell’ufficio tecnico regionale non abbia provveduto o abbia
provveduto in senso negativo, è data all’interessato la
possibilità di ricorrere al presidente della giunta
regionale, il quale entro i successivi sessanta giorni
“decide con provvedimento definitivo” (art. 94, comma 3).
L’esame delle norme dianzi richiamate consente di affermare
che la “denunzia di inizio lavori” di cui all’art. 93 D.P.R.
380/2001 altro non costituisce se non una richiesta di parere,
o nulla-osta, relativo alla compatibilità dei lavori con la
normativa antisismica. E’ altresì evidente che in base agli
artt. 93 e 94 D.P.R. 380/2001 l’autorizzazione di competenza
dell’ufficio tecnico regionale costituisce un parere
vincolante, reso all’esito di un sub-procedimento che si
inserisce nel procedimento principale volto al rilascio del
titolo abilitativo edilizio, un parere dal quale non si può
prescindere e che non è suscettibile di formarsi per
silenzio-assenso, come denuncia la chiara inibitoria dei
lavori in mancanza della preventiva autorizzazione scritta.
La sussistenza dell’obbligo di munirsi del parere preventivo
di cui sopra, non competendo alla autorità comunale,
determina la necessità, qualora esso non sia già allegato
alla istanza di permesso di costruire o alla d.i.a., di
attivare una conferenza di servizi ai sensi dell’art. 20,
comma 6, o dell’art. 23, comma 4, D.P.R. 380/2001, questo ultimo
applicabile anche alle zone sismiche, la cui individuazione
dà luogo ad un vincolo equiparabile –per la funzione di
protezione che esso è chiamato svolgere– ai vincoli di
natura ambientale, paesaggistica o idrogeologica.
In difetto della autorizzazione dell’ufficio tecnico
regionale, il silenzio della Amministrazione Comunale darà
luogo a silenzio-rifiuto, se abbia ad oggetto una istanza di
permesso di costruire; mentre ove segua ad una denunzia di
inizio attività, questa sarà semplicemente inidonea a
produrre effetti giuridici, così come chiaramente previsto
dall’art. 23, comma 6, D.P.R. 380/2001.
---------------
... per l'annullamento, previa sospensione dell'efficacia,
dell’Ordinanza Dirigenziale n. 561 del 16.10.2008,
notificata a Ma.Ma. il 20 successivo, a firma del Dirigente
il Settore Pianificazione del Territorio-Servizio Atti
Amministrativi del Comune di Andria, con cui gli si ingiunge
di demolire delle travi in legno “poggiate tra il muro
dei vani esistenti ed il muro di confine” ed una
pensillina in legno poste in assenza del permesso di
costruzione;
...
Con ricorso passato alla notifica il 18/12/2008 il
ricorrente, premettendo di aver realizzato, senza preventiva
autorizzazione, una tettoia in legno sul proprio lastrico
solare, facilmente rimovibile; di aver ricevuto la
comunicazione relativa all’avvio del procedimento
sanzionatorio, e di aver infine presentato, il 01/12/2008,
richiesta di accertamento di conformità, impugnava il
provvedimento indicato in epigrafe con il quale la
Amministrazione Comunale ha invitato il ricorrente a
procedere alla demolizione del manufatto abusivo.
...
1. I ricorsi sono infondati: non sussistono, ad avviso del
Collegio, elementi idonei ad affermare che l’abuso edilizio
posto in essere dal ricorrente possa essere sanato con
denunzia di inizio attività in sanatoria.
1.1. In primo luogo osta alla praticabilità di tale
procedura la circostanza che l’abuso risulta essere stato
consumato in zona sismica, come risulta chiaramente dalla
ordinanza di demolizione gravata con il ricorso principale.
1.1.1. Al proposito si ricorda che gli artt. 17 e 18 L.
64/1974, il cui contenuto è oggi trasfuso negli artt. 93 e
94 del D.P.R. 380/2001, impongono a chiunque intenda procedere
a costruzioni in zona sismica –eccettuate le zone a bassa
sismicità – di darne avviso, tramite lo sportello unico, al
competente ufficio regionale, al quale l’avviso deve essere
trasmesso unitamente alla relativa progettazione: i lavori
non possono iniziare senza la preventiva autorizzazione
scritta dell’ufficio tecnico regionale, il quale deve
provvedere entro sessanta giorni (art. 94, comma 1 e 2).
Qualora entro il suddetto termine il responsabile
dell’ufficio tecnico regionale non abbia provveduto o abbia
provveduto in senso negativo, è data all’interessato la
possibilità di ricorrere al presidente della giunta
regionale, il quale entro i successivi sessanta giorni
“decide con provvedimento definitivo” (art. 94, comma 3).
L’esame delle norme dianzi richiamate consente di affermare
che la “denunzia di inizio lavori” di cui all’art. 93 D.P.R.
380/2001 altro non costituisce se non una richiesta di parere,
o nulla-osta, relativo alla compatibilità dei lavori con la
normativa antisismica. E’ altresì evidente che in base agli
artt. 93 e 94 D.P.R. 380/2001 l’autorizzazione di competenza
dell’ufficio tecnico regionale costituisce un parere
vincolante, reso all’esito di un sub-procedimento che si
inserisce nel procedimento principale volto al rilascio del
titolo abilitativo edilizio, un parere dal quale non si può
prescindere e che non è suscettibile di formarsi per
silenzio-assenso, come denuncia la chiara inibitoria dei
lavori in mancanza della preventiva autorizzazione scritta.
La sussistenza dell’obbligo di munirsi del parere preventivo
di cui sopra, non competendo alla autorità comunale,
determina la necessità, qualora esso non sia già allegato
alla istanza di permesso di costruire o alla d.i.a., di
attivare una conferenza di servizi ai sensi dell’art. 20,
comma 6, o dell’art. 23, comma 4, D.P.R. 380/2001, questo ultimo
applicabile anche alle zone sismiche, la cui individuazione
dà luogo ad un vincolo equiparabile –per la funzione di
protezione che esso è chiamato svolgere– ai vincoli di
natura ambientale, paesaggistica o idrogeologica.
In difetto della autorizzazione dell’ufficio tecnico
regionale, il silenzio della Amministrazione Comunale darà
luogo a silenzio-rifiuto, se abbia ad oggetto una istanza di
permesso di costruire; mentre ove segua ad una denunzia di
inizio attività, questa sarà semplicemente inidonea a
produrre effetti giuridici, così come chiaramente previsto
dall’art. 23, comma 6, D.P.R. 380/2001 (TAR Puglia-Bari, Sez. II,
sentenza 03.04.2009 n. 801 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Le opere edili integranti un abuso commesso in
zona sismica –nella fattispecie non “a bassa sismicità”–
non possono essere assentite in sanatoria, né con permesso
di costruire né con d.i.a. in sanatoria.
Al riguardo, invero, si deve osservare che né l’art. 36 né l’art. 37
del D.P.R. 380/2001 disciplinano l’ipotesi in cui
l’accertamento di conformità sia richiesto relativamente ad
immobile soggetto a vincolo: ciò non può evidentemente
portare a ritenere che in sede di accertamento di conformità
la presenza di un vincolo non possa mai essere ostativa al
rilascio del titolo, ma, all’esatto opposto, deve condurre
ad escludere l’ammissibilità dell’accertamento di conformità
in presenza di vincolo, salvo che l’ordinamento non preveda
che anche il parere della autorità preposta al vincolo possa
essere rilasciato in sanatoria.
Così, ad esempio, nel caso
di abuso in zona soggetta a vincolo paesaggistico, potendo
il parere della Autorità preposta essere rilasciato in
sanatoria ogni qual volta l’abuso edilizio non si sia
tradotto in nuovi volumi, l’accertamento di conformità non è
inammissibile quando non vengano in considerazione nuovi
volumi.
Nel caso di specie, ci troviamo di fronte ad una
normativa la quale espressamente fa divieto di iniziare i
lavori senza la preventiva autorizzazione scritta
dell’ufficio tecnico regionale: essa deve quindi essere
intesa nel senso che tale autorizzazione non può essere
rilasciata ex post, cioè “in sanatoria”.
---------------
... per l'annullamento, previa sospensione dell'efficacia,
dell’Ordinanza Dirigenziale n. 561 del 16.10.2008,
notificata a Ma.Ma. il 20 successivo, a firma del Dirigente
il Settore Pianificazione del Territorio-Servizio Atti
Amministrativi del Comune di Andria, con cui gli si ingiunge
di demolire delle travi in legno “poggiate tra il muro
dei vani esistenti ed il muro di confine” ed una
pensillina in legno poste in assenza del permesso di
costruzione;
...
Con ricorso passato alla notifica il 18/12/2008 il
ricorrente, premettendo di aver realizzato, senza preventiva
autorizzazione, una tettoia in legno sul proprio lastrico
solare, facilmente rimovibile; di aver ricevuto la
comunicazione relativa all’avvio del procedimento
sanzionatorio, e di aver infine presentato, il 01/12/2008,
richiesta di accertamento di conformità, impugnava il
provvedimento indicato in epigrafe con il quale la
Amministrazione Comunale ha invitato il ricorrente a
procedere alla demolizione del manufatto abusivo.
...
1.1.2. Tanto sopra premesso occorre ora verificare come si
atteggia la situazione nel caso in cui opere edili siano
state realizzate in zona sismica non solo in assenza di
titolo edilizio, ma anche della autorizzazione regionale
prevista dagli artt. 93 e 94 D.P.R. 380/2001: si deve cioè
verificare la possibilità o meno che le stesse possano
essere assentite in via di sanatoria.
Al riguardo si deve osservare che né l’art. 36 né l’art. 37
del D.P.R. 380/2001 disciplinano l’ipotesi in cui
l’accertamento di conformità sia richiesto relativamente ad
immobile soggetto a vincolo: ciò non può evidentemente
portare a ritenere che in sede di accertamento di conformità
la presenza di un vincolo non possa mai essere ostativa al
rilascio del titolo, ma, all’esatto opposto, deve condurre
ad escludere l’ammissibilità dell’accertamento di conformità
in presenza di vincolo, salvo che l’ordinamento non preveda
che anche il parere della autorità preposta al vincolo possa
essere rilasciato in sanatoria.
Così, ad esempio, nel caso
di abuso in zona soggetta a vincolo paesaggistico, potendo
il parere della Autorità preposta essere rilasciato in
sanatoria ogni qual volta l’abuso edilizio non si sia
tradotto in nuovi volumi, l’accertamento di conformità non è
inammissibile quando non vengano in considerazione nuovi
volumi.
1.1.3. Nel caso di specie, ci troviamo di fronte ad una
normativa la quale espressamente fa divieto di iniziare i
lavori senza la preventiva autorizzazione scritta
dell’ufficio tecnico regionale: essa deve quindi essere
intesa nel senso che tale autorizzazione non può essere
rilasciata ex post, cioè “in sanatoria”. In senso conforme,
del resto, si veda anche TAR Campania-Napoli, VI,
sentenza 09.10.2006 n. 8518.
1.1.4. Per le dianze esposte ragioni si deve ritenere che le
opere edili sottoposte alla attenzione del Collegio,
integrando un abuso commesso in zona sismica –la quale, si
ribadisce, non consta essere una zona “a bassa sismicità”–
non possono essere assentite in sanatoria, né con permesso
di costruire né con d.i.a. in sanatoria: pertanto il Comune
non avrebbe potuto assumere una diversa determinazione, da
cui l’impossibilità -ex art. 21-octies- di annullare il
silenzio-rigetto impugnato con il ricorso per motivi
aggiunti (TAR Puglia-Bari, Sez. II,
sentenza 03.04.2009 n. 801 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
marzo 2009 |
|
EDILIZIA
PRIVATA:
Disciplina antisismica - Ambito di
applicazione - Tutte le costruzioni la cui sicurezza possa
interessare la pubblica incolumità - Irrilevanza dei
materiali usati.
Le disposizioni della normativa antisismica si applicano, a
tutte le costruzioni la cui sicurezza possa interessare la
pubblica incolumità, a nulla rilevando la natura dei
materiali usati e delle strutture realizzate - a differenza
della disciplina relativa alle opere in conglomerato
cementizio armato - in quanto l'esigenza di maggior rigore
nelle zone dichiarate sismiche rende ancor più necessari i
controlli e le cautele prescritte, quando si impiegano
elementi strutturali meno solidi e duraturi del cemento
armato (Cass. pen. sez. 3, 24.10.2001 n. 38142). Tali
disposizioni, infatti, pur riguardando l'attività
edificatoria, sono "diverse" sotto il profilo della ratio e
degli obiettivi perseguiti, da quelle in materia urbanistica
(Cass. sez. 3 - 07.11.1997 n. 50; Cass. sez. 3 - n. 11511
del 15.02.2002) (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 10.03.2009 n. 10534 - link a
www.ambientediritto.it). |
febbraio 2009 |
|
EDILIZIA
PRIVATA:
G.U. 26.02.2009 n. 47, suppl. ord. n. 27, "Istruzioni per
l’applicazione delle «Nuove norme tecniche per le
costruzioni» di cui al decreto ministeriale 14.01.2008"
(Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti,
circolare 02.02.2009 n. 617 C.S.LL.PP.). |
dicembre 2008 |
|
APPALTI: G.U.
22.12.2008 n. 298 "Testo
del decreto-legge 23.10.2008, n. 162 coordinato con la legge
di conversione 22.12.2008, n. 201 recante:
«Interventi urgenti in materia di adeguamento dei prezzi di
materiali da costruzione, di sostegno ai settori
dell’autotrasporto, dell’agricoltura e della pesca
professionale, nonché di finanziamento delle opere per il G8
e definizione degli adempimenti tributari per le regioni
Marche ed Umbria, colpite dagli eventi sismici del 1997»".
N.B. è stato ripristinato l'incentivo
sulla progettazione pari al 2% di cui al codice dei
contratti pubblici (leggi l'art. 1, comma 10-quater). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Violazione della normativa per il
conglomerato cementizio armato.
In tema di reati edilizi, ai fini della configurabilità
delle contravvenzioni previste dagli artt. 71 e 95, d.P.R.
06.06.2001, n. 380, è irrilevante la natura dei lavori
(ovvero che si tratti d'interventi di manutenzione ordinaria
o straordinaria ovvero d'interventi di nuova costruzione),
in quanto la violazione delle norme antisismiche e sul
cemento armato presuppone soltanto l'esecuzione di lavori
edilizi in zona sismica ovvero che comportino l'utilizzo del
cemento armato (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 15.12.2008 n. 46081 - link a
www.lexambiente.it). |
ottobre 2008 |
|
LAVORI PUBBLICI:
G.U. 23.10.2008 n. 249 "Interventi urgenti in materia di
adeguamento dei prezzi di materiali da costruzione, di
sostegno ai settori dell’autotrasporto, dell’agricoltura e
della pesca professionale, nonché¤ di finanziamento delle
opere per il G8 e definizione degli adempimenti tributari
per le regioni Marche ed Umbria, colpite dagli eventi
sismici del 1997" (D.L.
23.10.2008 n. 162). |
settembre 2008 |
|
EDILIZIA
PRIVATA:
Disciplina antisismica e natura
permanente del reato.
In tema di contravvenzioni antisismiche, a seguito
dell'entrata in vigore del d.p.r. 06.06.2001, n. 380 (che ha
abrogati, sostituendole, le precedenti fattispecie
contemplate dagli artt. 17, 18 e 20 della legge 02.02.1974,
n. 64), i reati previsti dagli artt. 93 e 94 del citato
decreto, sanzionati dall'art. 95, hanno natura di reati
permanenti, in quanto il primo (art. 93) permane sino a
quando chi intraprese l'intervento edilizio in zona sismica
non presenta la relativa denuncia con l'allegato progetto,
ovvero non termina l'intervento e il secondo (art. 94),
permane sino a quando chi intraprende l'intervento edilizio
in zona sismica lo termina ovvero ottiene la relativa
autorizzazione
(Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 19.09.2008 n. 35912 -
link a
www.lexambiente.it). |
luglio 2008 |
|
EDILIZIA
PRIVATA:
G.U. 02.07.2008 n. 153 "Integrazione al decreto
14.01.2008 di approvazione delle nuove «Norme tecniche per
le costruzioni»" (Ministero delle Infrastrutture,
decreto 06.05.2008). |
giugno 2008 |
|
EDILIZIA
PRIVATA:
Quesito 1 -
Sulla competenza del dirigente del settore urbanistica del
Comune ad adottare provvedimenti cautelari relativi agli
aspetti concernenti l'osservanza della normativa in materia
di costruzione in zone sismiche (Geometra
Orobico n. 6/2008). |
EDILIZIA
PRIVATA: Costruzione
in zone sismiche e responsabilità del direttore dei lavori .
Il direttore dei lavori risponde del reato di cui
agli artt. 93 e 94 dpr 380/2001, essendo anch'egli
destinatario del divieto di esecuzione dei lavori in assenza
di autorizzazione e in violazione delle prescrizioni
tecniche contenute nei decreti ministeriali di cui agli
artt. 52 e 83 del citato dpr, atteso che le disposizioni
sulla vigilanza delle costruzioni in zone sismiche,
prevedendo un complesso sistema di cautele rivolto ad
impedire l'esecuzione di opere non conformi alle norme
tecniche, ha determinato una posizione di controllo su
attività potenzialmente lesive in capo al direttore dei
lavori (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 06.06.2008 n. 22726
- link a www.lexambiente.it). |
febbraio 2008 |
|
EDILIZIA PRIVATA:
G.U. 04.02.2008 n. 29, suppl. ord. n. 30, "Approvazione delle nuove
norme tecniche per le costruzioni" (Ministero delle Infrastrutture,
decreto 14.01.2008).
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Essendo il file molto pesante, si può scaricare il DM anche
in modalità frazionata:
-
1^ parte
-
2^ parte
-
3^ parte
-
4^ parte
-
4^ parte bis -
5^ parte
-
5^ parte bis
-
6^ parte
-
7^ parte
-
8^ parte
-
9^ parte
-
10^ parte
-
11^ parte. |
gennaio 2008 |
|
EDILIZIA PRIVATA:
La Giurisprudenza aveva avuto in passato
occasione di porre il principio secondo il quale la
concessione edilizia non è atto complesso, in cui confluisca
l'osservanza delle normative edilizia ed urbanistica (la cui
cura è rimessa al comune) ed antisismica (affidata al genio
civile), sì da obbligare il comune all'osservanza anche di
quella antisismica, demandandosi, al contrario, al comune
unicamente di verificare d'ufficio la permanente validità
del nulla-osta rilasciato dal genio civile.
Riprendendo tale orientamento, di recente la giurisprudenza,
in un caso analogo al presente, ha riaffermato che “il
Sindaco, responsabile del governo urbanistico del territorio
comunale, prima di rilasciare una concessione edilizia in
una località classificata sismica e per la quale è
necessaria la preventiva autorizzazione degli uffici
competenti, è tenuto, …., ad accertare la regolarità di tale
autorizzazione, nei suoi profili di ordine formale, in
quanto tali profili si riflettono sul titolo concessorio,
invalidandolo se irregolari“.
Ad avviso del Collegio, dal principio affermato dalla
giurisprudenza consegue che il comune è onerato della
verifica della esistenza e validità del nulla osta del genio
civile, della rispondenza dello stesso ai grafici
progettuali approvati dal comune stesso, in sintesi della
mera esistenza e regolarità formale dell’assenso
dell’ufficio del genio civile.
Ma va escluso che al comune incomba altresì la verifica
della rispondenza del progetto alla normativa tecnica per le
zone sismiche, in quanto tale accertamento è demandato dalla
legge ai competenti organi tecnici degli uffici del genio
civile.
Basti al riguardo rilevare che l’indagine di conformità alla
normativa tecnica antisismica, se appare di agevole
risoluzione in un caso quale il presente (rapporto tra
altezza dell’edificio e larghezza della strada
prospiciente), risulterebbe assolutamente ardua ed
impraticabile per la maggior parte delle verifiche imposte
dalla normativa in questione, per le quali il comune
potrebbe anche non disporre del personale in possesso della
necessaria qualificazione professionale.
---------------
II. Il collegio procede quindi ad esaminare nel merito il
ricorso.
Con il primo motivo si lamenta, come meglio riportato
in premesse, la violazione della normativa antisismica, per
essere prevista un’altezza di gran lunga superiore a quella
assentibile in funzione della larghezza della stradella di
uso pubblico sul quale affaccia il lotto interessato dalla
erigenda costruzione.
Preliminarmente va verificata l’ammissibilità del ricorso
in parte qua, avuto riguardo all’eccezione, formulata
nelle difese orali in pubblica udienza da parte della
controinteressata, circa la mancata impugnazione del nulla
osta del Genio Civile, nemmeno evocato in giudizio, organo
preposto alla cura degli interessi sottesi alla normativa
tecnica per le costruzioni in zone sismiche.
L’eccezione (che, peraltro, il collegio avrebbe rilevato
d’ufficio) deve ritenersi fondata: la mancata impugnazione
del nulla osta, conosciuto dai ricorrenti quanto meno dalla
data del suo deposito in allegato alla verificazione, come
comprovano le controdeduzioni alla relazione di
verificazione (pag. 4), depositate il 04.06.2007, rende
inoppugnabile l’atto, con il quale viene reso il giudizio di
conformità del progetto alla normativa tecnica da parte
della competente autorità.
Occorre allora verificare se, in conformità alla tesi della
ricorrente, la concessione edilizia sia di per sé viziata
per effetto della violazione della normativa antisismica.
Ma il Collegio ritiene che al quesito debba darsi risposta
negativa.
La Giurisprudenza aveva avuto in passato occasione di porre
il principio secondo il quale la concessione edilizia non è
atto complesso, in cui confluisca l'osservanza delle
normative edilizia ed urbanistica (la cui cura è rimessa al
comune) ed antisismica (affidata al genio civile), sì da
obbligare il comune all'osservanza anche di quella
antisismica, demandandosi, al contrario, al comune
unicamente di verificare d'ufficio la permanente validità
del nulla-osta rilasciato dal genio civile (Cassazione
penale, sez. VI, 21.12.1983).
Riprendendo tale orientamento, di recente la giurisprudenza,
in un caso analogo al presente, ha riaffermato che “il
Sindaco, responsabile del governo urbanistico del territorio
comunale, prima di rilasciare una concessione edilizia in
una località classificata sismica e per la quale è
necessaria la preventiva autorizzazione degli uffici
competenti, è tenuto, …., ad accertare la regolarità di tale
autorizzazione, nei suoi profili di ordine formale, in
quanto tali profili si riflettono sul titolo concessorio,
invalidandolo se irregolari.“ (Consiglio di stato, sez.
V, 14.07.2003, n. 4165).
Ad avviso del Collegio, dal principio affermato dalla
giurisprudenza consegue che il comune è onerato della
verifica della esistenza e validità del nulla osta del genio
civile, della rispondenza dello stesso ai grafici
progettuali approvati dal comune stesso, in sintesi della
mera esistenza e regolarità formale dell’assenso
dell’ufficio del genio civile.
Ma va escluso che al comune incomba altresì la verifica
della rispondenza del progetto alla normativa tecnica per le
zone sismiche, in quanto tale accertamento è demandato dalla
legge ai competenti organi tecnici degli uffici del genio
civile.
Basti al riguardo rilevare che l’indagine di conformità alla
normativa tecnica antisismica, se appare di agevole
risoluzione in un caso quale il presente (rapporto tra
altezza dell’edificio e larghezza della strada
prospiciente), risulterebbe assolutamente ardua ed
impraticabile per la maggior parte delle verifiche imposte
dalla normativa in questione, per le quali il comune
potrebbe anche non disporre del personale in possesso della
necessaria qualificazione professionale. Tale conclusione
appare rafforzata dall’esame della specifica legislazione
regionale siciliana.
La L.R. 31.05.1994 n. 17, all’art. 2 ha introdotto il
meccanismo del silenzio-assenso ai fini della
semplificazione ed accelerazione delle procedure volte al
rilascio delle concessioni edilizie.
A tal fine, dopo aver previsto la sequenza procedimentale
che conduce all’acquisizione del titolo edilizio per effetto
del decorso dei termini ivi indicati, l’art. 2 al comma 9
stabilisce che: “Le autorizzazioni, pareri o nulla-osta
relativi alle opere oggetto della concessione edilizia, di
competenza di amministrazioni diverse da quella comunale,
devono essere resi nei termini previsti dai relativi
ordinamenti ed in ogni caso nel rispetto delle disposizioni
di cui all'articolo 2 della legge regionale 30.04.1991, n.
10. I termini decorrono indipendentemente l'uno dall'altro,
nonché dai termini per il rilascio della concessione
edilizia.”
Risulta evidente l’intento del legislatore di sganciare il
procedimento volto al rilascio della concessione edilizia,
nel corso del quale la verifica del comune è strettamente
limitata all’accertamento di conformità alla normativa
urbanistica ed edilizia, dai procedimenti paralleli volti
all’acquisizione dei necessari pareri e nulla osta, ivi
incluso quello demandato all’Ufficio del Genio civile,
riaffermandosi la competenza di ogni amministrazione alla
cura degli interessi alla stessa demandati secondo una
scansione procedimentale e temporale autonoma.
Pertanto, il primo motivo di ricorso risulta infondato in
parte qua (TAR Sicilia-Catania,
Sez. I,
sentenza 30.01.2008 n. 211
- link a www.giustizia-amministrativa.it). |
LAVORI PUBBLICI:
G.U. 29.01.2008 n. 24, suppl. ord. n. 25, "Direttiva del
Presidente del Consiglio dei Ministri per la valutazione e
la riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale
con riferimento alle norme tecniche per le costruzioni"
(Presidenza Consiglio dei Ministri,
direttiva 12.10.2007). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Costruzioni in zona sismica - Omissione della
presentazione della denuncia dei lavori e dell'avviso
dell'inizio dei lavori - Reati previsti dagli artt. 93, 94 e
95 del D.P.R. n. 380/2001 - Natura - Reati permanenti.
I reati previsti dagli artt. 17, 18 e 20 della legge n. 64
del 1974, (provvedimenti per le costruzioni con particolari
prescrizioni per le zone sismiche), trasfuse negli artt. 93,
94 e 95 del testo unico approvato con D.P.R. 380/2001 e
consistenti nella omissione della presentazione della
denuncia dei lavori e dell'avviso dell'inizio dei lavori,
hanno natura istantanea" (Sez. Un. n. 18 del 14.07.1999,
P.M. in proc. Lauriola, rv. 213933). Tuttavia, il reato di
cui agli artt. 94 e 95 D.P.R. 380/2001, permane sino a
quando chi intraprende un lavoro edile in zona sismica (che
non sia di bassa sismicità) termina il lavoro ovvero ottiene
la relativa autorizzazione. Sino a questo momento, persiste
il carattere antigiuridico della condotta commissiva del
contravventore, che prosegue lavori non autorizzati. In
conclusione, atteso che sono istantanei solo quei reati in
cui la condotta tipica esaurisce la lesione del bene
tutelato, e sono permanenti quelli in cui la condotta
volontaria del soggetto protrae nel tempo la lesione del
bene, i reati di cui agli artt. 93, 94 e 95 D.P.R. 380/2001
devono ritenersi permanenti. (v. da ultimo Cass. Sez. III,
n. 7873 del 19.03.1999, P.M. in proc. Guerra, rv. 214501)
(Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 21.01.2008 n. 3069
- link a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA
PRIVATA: Costruzioni
in zona sismica.
La Suprema Corte interviene nuovamente, con la decisione in
esame, sulla questione inerente la natura (istantanea o
permanente) dei reati previsti dalla normativa antisismica,
a seguito delle modifiche introdotte dal d.P.R. n. 380 del
2001 che ha abrogato, sostituendole, le corrispondenti
fattispecie contemplate dagli artt. 17 e 18 della legge n.
64 del 1974. La Corte, in particolare, nel disattendere
l’orientamento giurisprudenziale espresso dalle Sezioni
Unite con la sentenza n. 18 del 14.07.1999, P.M. in proc.
Lauriola, ha affermato che ambedue le fattispecie
configurano dei reati “permanenti”: il primo (art. 93),
permanendo sino a quando chi intraprende un lavoro edile in
zona sismica non presenta la relativa denuncia con
l’allegato progetto ovvero non termina il lavoro medesimo e,
il secondo (art. 94), permanendo sino a quando chi
intraprende il lavoro edile in zona sismica lo termina
ovvero ottiene la relativa autorizzazione (Corte di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 21.01.2008 n. 3069
- link a www.lexambiente). |
ANNO 2007 |
|
EDILIZIA
PRIVATA: Violazione
normativa antisismica.
Le contravvenzioni previste dalla normativa antisismica
puniscono inosservanze formali, volte a presidiare il
controllo preventivo della pubblica amministrazione. Ne
deriva che l'effettiva pericolosità della costruzione
realizzata senza l'autorizzazione del genio civile e senza
le prescritte comunicazione è del tutto irrilevante ai fini
della sussistenza del reato e la verifica postuma
dell'assenza del pericolo ed il rilascio del provvedimento
abilitativo non incidono sulla illiceità della condotta,
poiché gli illeciti sussistono in relazione al momento di
inizio dell' attività (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 13.11.2007 n. 41617
- link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Oggetto: Trasferimento ai comuni
ricevimento denunce cemento armato - art. 3
L.R. 1/2000 (Regione Lombardia, STER di
Bergamo,
nota 19.04.2007 n. 5414 di prot.). |
ANNO 2006 |
|
EDILIZIA PRIVATA:
G.U. 11.05.2006 n. 108 "Criteri generali per l’individuazione delle
zone sismiche e per la formazione e l’aggiornamento degli elenchi delle
medesime zone" (O.P.C.M.
28.04.2006 n. 3519). |
ANNO 2004 |
|
EDILIZIA PRIVATA:
Elementi informativi sull’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei
Ministri n. 3274 del 20.03.2003, recante “Primi elementi in materia
di criteri generali per la classificazione sismica del territorio
nazionale e di normative tecniche per le costruzioni in zona sismica”
(G.U. n. 105 del 08.05.2003) (Presidenza Consiglio dei Ministri,
Dipartimento della Protezione Civile, Ufficio Servizio Sismico
Nazionale,
nota 29.03.2004). |
ANNO 2003 |
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EDILIZIA PRIVATA:
B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 49 del 01.12.2003, "Approvazione
elenco tipologie degli edifici e opere infrastrutturali e programma
temporale delle verifiche di cui all’art. 2, commi 3 e 4 dell’ordinanza
p.c.m. n. 3274 del 20.03.2003, in attuazione della d.g.r. n. 14964 del
07.11.2003" (decreto
D.U.O. 21.11.2003 n. 19904). |
EDILIZIA PRIVATA:
B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 48 del 24.11.2003, "Disposizioni
preliminari per l’attuazione dell’Ordinanza Presidenza del Consiglio dei
Ministri n. 3274 del 20.03.2003 «Primi elementi in materia di criteri
generali per la classificazione sismica del territorio nazionale e di
normative tecniche per le costruzioni in zona sismica»" (deliberazione
G.R. 07.11.2003 n. 14964). |
EDILIZIA PRIVATA:
G.U. 10.10.2003 n. 236 "Modifiche ed integrazioni all'ordinanza del
Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274 del 20.03.2003, recante «Primi elementi in materia
di criteri generali per la classificazione sismica del territorio
nazionale e di normative tecniche per le costruzioni in zona sismica»"
(Presidenza del Consiglio dei Ministri,
ordinanza 02.10.2003 n.
3316). |
EDILIZIA PRIVATA:
G.U. 10.10.2003 n. 236 "Disposizioni urgenti di protezione civile"
(Presidenza del Consiglio dei Ministri,
ordinanza 02.10.2003 n. 3315). |
EDILIZIA PRIVATA:
In base all’art. 17 della legge n. 64 del 1974
chi vuole eseguire in località sismica una costruzione,
sopraelevazione o riparazioni è tenuto “a darne preavviso
scritto, notificato a mezzo del messo comunale o mediante
lettera raccomandata con ricevuta di ritorno,
contemporaneamente, al sindaco ed all'ufficio tecnico della
regione o all'ufficio del genio civile secondo le competenze
vigenti”.
Il Sindaco, responsabile del governo urbanistico del
territorio comunale, prima di rilasciare una concessione
edilizia in una località classificata sismica e per la quale
è necessaria la preventiva autorizzazione degli uffici
competenti, è tenuto, ad avviso della Sezione, ad accertare
la regolarità di tale autorizzazione, nei suoi profili di
ordine formale, in quanto tali profili si riflettono sul
titolo concessorio, invalidandolo se irregolari.
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La Cooperativa edilizia To.Ca. s.r.l. impugna la sentenza
del 07.11.1997, n. 890, con la quale la Sezione di Reggio
Calabria del TAR della Calabria ha accolto il ricorso
proposto dal Sig. Pa.Li. e dagli altri litisconsorti in
epigrafe nominati e ha annullato la concessione edilizia del
25.10.1996, n. 142, assentita dal Sindaco di Reggio Calabria
alla società appellante per la realizzazione di un
fabbricato per civili abitazioni in località Sbarre.
Dei motivi di ricorso dedotti agli attuali appellati il TAR
ha accolto il rilievo con il quale questi avevano denunciato
che la costruzione di cui alla concessione edilizia
assentita è alta 18 metri mentre, in base alla normativa
antisismica contenuta nel Decreto del Ministro dei Lavori
Pubblici del 16.01.1996, n. 19, non avrebbe dovuto superare
gli undici metri.
Giova riportare tale motivo di accoglimento testualmente.
Il TAR ha premesso che: “dalle planimetrie emerge che il
fabbricato in contestazione, sul fronte che affaccia su vico
Vitetta, ha una distanza dal ciglio stradale opposto che
oscilla fra 9,95 m. e 10,60; sul fronte che si affaccia su
vico Vitetta–Viale delle Vittorie, ha una distanza dal
ciglio stradale opposto pari a dieci metri, almeno in un
punto del tracciato”.
Orbene, in base all’allegato all’art. 1, al punto C3, del
decreto ministeriale citato, “per i fabbricati che si
affacciano su strade comprese in una larghezza fra tre ed
undici metri, è stabilita una altezza non superiore a undici
metri e poiché l’altezza massima dell’edificio (di sei
piani) è prevista in diciotto metri, è evidente che non sono
state rispettate le prescrizioni, vincolanti su tutto il
territorio nazionale, dal D.M. 16.01.1996, entrato in vigore
trenta giorni dopo la pubblicazione nella G.U. avvenuta il
05.02.1996, in base all’art. 2 dello stesso decreto”.
Secondo il TAR, il sindaco di Reggio Calabria, entrato in
vigore il predetto decreto ministeriale, non avrebbe potuto
rilasciare la concessione edilizia, ma avrebbe dovuto
rinviare il progetto all’Ufficio del Genio civile, che aveva
già espresso il proprio parere sul progetto di costruzione
in base alla normativa
antisismica
contenuta nel previgente decreto del Ministro dei Lavori
Pubblici del 24.01.1986, per un nuovo avviso sulla base
delle nuove prescrizioni antisismiche. L’appello della
Cooperativa To.Ca. s ’incentra nella contestazione di tale
motivo di accoglimento.
Nessuno degli argomenti dedotti dalla società appellante,
peraltro, si rivela meritevole di accoglimento.
E’ palesemente incongruo, in primo luogo, il rilievo fondato
sulla normativa transitoria di cui all’art. 2 del Decreto
ministeriale del 24.01.1996, che, con l’art. 1, ha differito
l’entrata in vigore delle nuove norme antisismiche di cui al
decreto 16.01.1996 al 05.06.1996.
Per la disposizione ora citata, per quanto qui interessa, si
dispone che: “in via transitoria continuano ad applicarsi
le norme di cui al precedente decreto 24.01.1986 per le
opere in corso e per le quali sia stata già presentata la
denuncia prevista dall'art. 17 della legge 02.02.2974, n. 64”.
Le opere relative alla costruzione oggetto della presente
controversia non erano ancora iniziate nel periodo in cui
vigeva il regime transitorio, in quanto la concessione
edilizia è stata assentita tre mesi dopo l’entrata in vigore
delle nuove norme tecniche per le costruzioni in zone
sismiche.
Per l’applicabilità della precedente disciplina di cui al
decreto del 24.01.1986 sarebbe stato invece necessario che
le opere fossero già in corso, come chiaramente è richiesto
dall’art. 2 in esame.
L’art. 2 in parola, infatti, non può essere interpretato nel
senso sostenuto dall’appellante, secondo cui sarebbe stata
sufficiente la sola presentazione del progetto all’ufficio
del Genio civile.
La disposizione chiaramente richiede che siano già iniziate
le opere (“per le opere in corso”) e che per tali
opere sia stata già presentata (“e per le quali sia stata
presentata”) la denuncia di cui all’art. 17 della legge
n. 64 del 1974.
Con tale formulazione, apparentemente equivoca, la
disposizione ha inteso fare riferimento anche alle ipotesi
in cui i lavori siano stati iniziati e non sia stato ancora
presentato il progetto di cui all’art. 17 citato all’ufficio
tecnico della Regione o all’ufficio del Genio civile secondo
le rispettive competenze.
In base al successivo art. 18 della stessa legge n. 64 del
1974, infatti, nelle località caratterizzate da un basso
grado di sismicità indicate in specifici decreti
ministeriali, è possibile iniziare i lavori senza avere
ottenuto ancora l’autorizzazione dell’ufficio tecnico della
Regione o dell’ufficio del Genio civile, pur vigendo
comunque l’obbligo di presentare la documentazione
prescritta dalla normativa antisismica per il controllo
della realizzabilità della costruzione e per le verifiche
sulla sua esecuzione.
Per quanto precede, appare corretta la pronuncia del TAR
secondo la quale il Sindaco non avrebbe dovuto rilasciare la
concessione edilizia se non dopo una nuova verifica della
idoneità della costruzione rispetto ai nuovi parametri
tecnici posti da una normativa in vigore al momento
dell'esame del
provvedimento concessorio.
In base all’art. 17 della legge n. 64 del 1974 già citato,
infatti, chi vuole eseguire in località sismica una
costruzione, sopraelevazione o riparazioni è tenuto “a
darne preavviso scritto, notificato a mezzo del messo
comunale o mediante lettera raccomandata con ricevuta di
ritorno, contemporaneamente, al sindaco ed all'ufficio
tecnico della regione o all'ufficio del genio civile secondo
le competenze vigenti”.
Il Sindaco, responsabile del governo urbanistico del
territorio comunale, prima di rilasciare una concessione
edilizia in una località classificata sismica e per la quale
è necessaria la preventiva autorizzazione degli uffici
competenti, è tenuto, ad avviso della Sezione, ad accertare
la regolarità di tale autorizzazione, nei suoi profili di
ordine formale, in quanto tali profili si riflettono sul
titolo concessorio, invalidandolo se irregolari.
In questa ultima considerazione deve ritenersi confutato
anche il motivo di appello con il quale la società
appellante prospetta che l’autorizzazione del Genio civile
avrebbe dovuto essere impugnata autonomamente stante la sua
autonomia dalla concessione edilizia e che, di conseguenza,
il motivo dedotto avverso tale autorizzazione avrebbe dovuto
essere dichiarato inammissibile dal TAR (Consiglio di Stato,
Sez. V,
sentenza 14.07.2003 n. 4165 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
G.U. 08.05.2003 n. 105, suppl. ord. n. 72, "Primi elementi in materia
di criteri generali per la classificazione sismica del territorio
nazionale e di normative tecniche per le costruzioni in zona sismica"
(O.P.C.M.
20.03.2003 n. 3274). |
ANNO 1996 |
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EDILIZIA PRIVATA:
Concessione per nuove costruzioni e necessità -o meno- del
nulla osta del Genio Civile.
Rientra tra i provvedimenti abilitativi di cui
all'art. 8, comma 3, d.l. 23.01.1982 n. 9, conv., con
modificazione, dalla l. 25.03.1982 n. 94, anche il nulla
osta del genio civile ex art. 18, l. 02.02.1974 n. 64 per
tutte le costruzioni edilizie da realizzare in zone
sismiche, il cui rilascio è condizione d'efficacia della
concessione edilizia, per cui la sua mancata trasmissione al
comune impedisce la legittima formazione del c.d.
silenzio-assenso e dell'effetto di rilascio della
concessione edilizia
(Consiglio di
Stato, Sez. V, sentenza 02.02.1996 n. 117). |
ANNO 1984 |
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EDILIZIA PRIVATA:
G.U. 31.03.1984 n. 91 "Dichiarazione di sismicità di alcune zone
della regione Lombardia" (Ministero per i Lavori Pubblici,
decreto 05.03.1984). |
ANNO 1975 |
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EDILIZIA PRIVATA:
G.U. 08.04.1975 n. 93, suppl. ordinario:
● "Approvazione delle norme tecniche per le costruzioni in zone
sismiche" (Ministero per i Lavori Pubblici,
decreto 03.03.1975);
● "Disposizioni concernenti l'applicazione delle norme tecniche per
le costruzioni in zone sismiche" (Ministero per i Lavori Pubblici,
decreto 03.03.1975). |
ANNO 1974 |
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EDILIZIA PRIVATA:
G.U. 21.03.1974 n. 76 "Provvedimenti per le costruzioni con
particolari prescrizioni per le zone sismiche" (Legge
02.02.1974 n. 64). |
ANNO 1936 |
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EDILIZIA PRIVATA:
Oggetto: Costruzione in cemento armato e conglomerati
cementizi (Prefettura di Bergamo,
nota 01.09.1936 n. 12883 di prot.). |
EDILIZIA PRIVATA:
G.U. 08.02.1936 n. 32 "Conversione in legge del
R. decreto-legge 25.03.1935, n. 640, che approva il
nuovo testo delle norme tecniche di edilizia con
speciali prescrizioni per le località colpite dai
terremoti" (Legge
23.12.1936 n. 2471). |
ANNO 1935 |
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EDILIZIA PRIVATA:
G.U. 22.05.1935 n. 120 "Nuovo testo delle norme
tecniche di edilizia con speciali prescrizioni per
le località colpite da terremoti" (Regio
Decreto-Legge 25.03.1935 n. 640). |
ANNO 1934 |
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EDILIZIA PRIVATA:
G.U. 08.03.1934 n. 57 "Conversione in legge, con
modificazioni, del R. decreto-legge 29.07.1933, n.
1213, recante norme per l'accettazione dei leganti
idraulici e per la esecuzione delle opere in
conglomerato cementizio" (Legge
05.02.1934 n. 313). |
ANNO 1933 |
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EDILIZIA PRIVATA:
G.U. 26.09.1933 n. 224 "Norme per l'accettazione
dei leganti idraulici e per la esecuzione delle
opere in conglomerato cementizio" (Regio
Decreto-Legge 29.07.1933 n. 1213). |
ANNO 1930 |
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EDILIZIA PRIVATA:
G.U. 30.08.1930 n. 203 "Norme per le prove
d'accettazione degli agglomerati idraulici e per la
esecuzione delle opere in conglomerato cementizio"
(Regio
Decreto 18.07.1930 n. 1133). |
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