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71-LOTTO INTERCLUSO
72-MAPPE e/o SCHEDE CATASTALI (valore probatorio o meno)
73-MOBBING
74-MURO DI CINTA/RECINZIONE, DI CONTENIMENTO/SOSTEGNO, ECC.
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76-PARERE DI REGOLARITA' TECNICA, CONTABILE E DI LEGITTIMITA'
77-PATRIMONIO
78-PERGOLATO e/o GAZEBO e/o BERCEAU e/o DEHORS e/o POMPEIANA e/o PERGOTENDA e/o TETTOIA
79-PERMESSO DI COSTRUIRE (annullamento e/o impugnazione)
80-PERMESSO DI COSTRUIRE (decadenza)
81-PERMESSO DI COSTRUIRE (deroga)
82-PERMESSO DI COSTRUIRE (legittimazione richiesta titolo)
83-PERMESSO DI COSTRUIRE (parere commissione edilizia)
84-PERMESSO DI COSTRUIRE (prescrizioni)
85-PERMESSO DI COSTRUIRE (proroga)
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88-
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dossier ZONA SISMICA E CEMENTO ARMATO

per approfondimenti vedi anche:

 L. 05.11.1971 n. 1086 <---> L. 02.02.1974 n. 64 <---> artt. da 83 a 103 del D.P.R. 06.06.2001 n. 380 <---> L.R. 12.10.2015 n. 33

* * *
 
Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici <---> Regione Lombardia <---> Regione Toscana <---> Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia <---> Protezione Civile

* * *
L.R. 05.01.2000 n. 1

[Riordino del sistema delle autonomie in Lombardia. Attuazione del d.lgs. 31.03.1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15.03.1997, n. 59)]
 

maggio 2023

EDILIZIA PRIVATASopraelevazione a fini antisismici, non servono permessi. Lo ricorda il Tar Campania bocciando la richiesta di demolizione di un Comune.
Le finalità sottese a determinati interventi edilizi, hanno una rilevanza a dir poco notevole. Difatti, qualora il privato intervenga sugli edifici allo scopo di metterli in sicurezza, renderli energeticamente efficienti, e garantirne la stabilità sismica, ecco che tutta una serie di previsioni derogatorie vengono "in soccorso" nel caso di provvedimenti sanzionatori adottati dall'amministrazione.
La sentenza 24.05.2023 n. 1194 emessa dal TAR Campania-Salerno, Sez. II, in data attraverso un'attenta disamina normativa, illustra quali deroghe alla disciplina ordinaria valgano in caso di sopraelevazioni realizzate per finalità antisismiche.
La vicenda
Il proprietario di un immobile ad uso abitativo, aveva avviato alcune attività edilizie finalizzate all'adozione di misure antisismiche, nonché all'efficientamento energetico della propria abitazione. I lavori in parola, richiamavano l'attenzione del Comune provvedeva ad emettere un'ordinanza di demolizione finalizzata a sanzionare l'innalzamento del tetto di copertura in assenza dei pareri paesaggistici e naturalistico-ambientali. L'ordinanza veniva impugnata al Tar.
Secondo i ricorrenti 'intervento edilizio è riconducibile alle nozioni di manutenzione straordinaria e consolidamento statico, dunque è da considerarsi sottratto al regime abilitativo dell'autorizzazione paesaggistica, in ossequio a quanto previsto dallo stesso Codice dei beni culturali e del paesaggio.
Inoltre, la sopraelevazione posta in essere, essendo derivata dalla realizzazione del cosiddetto cordolo sommitale (preordinato all'adeguamento della costruzione alla normativa antisismica), e della struttura ventilata in legno lamellare delle falde di copertura, si sarebbe sostanziata in un incremento ammesso.
Le norme richiamate dal Tar
Secondo il Tar non vi è dubbio sul fatto che l'incremento altimetrico rilevato nel tetto di copertura sia dipeso dall'esecuzione di opere di manutenzione straordinaria e di consolidamento statico preordinate all'adeguamento antisismico ed all'efficientamento energetico dell'edificio. Un siffatto incremento, non può dirsi rilevante né sul piano urbanistico-edilizio, né su quello paesaggistico-naturalistico- ambientale.
Il Tar richiama anzitutto, l'articolo 14, comma 7, del Dlgs n. 102/2014 in tema di efficientamento energetico, nel caso di interventi di manutenzione straordinaria, restauro, e ristrutturazione edilizia, il maggiore spessore delle murature esterne e degli elementi di chiusura superiori ed inferiori, necessario per ottenere una riduzione dei limiti di trasmittanza (ovvero la capacità di un materiale di lasciarsi attraversare da parte della luce che su di esso incide), non è considerato nei computi per la determinazione dei volumi, delle altezze, delle superfici, e dei rapporti di copertura.
È dunque permesso derogare, nell'ambito delle procedure di rilascio dei titoli abilitativi, a quanto previsto dalle normative nazionali, regionali, o dai regolamenti edilizi comunali, in merito alle distanze minime tra edifici, alle distanze minime dai confini di proprietà, alle distanze minime di protezione del nastro stradale e ferroviario, nonché alle altezze massime degli edifici.
Inoltre, a norma dell'articolo 119, comma 3, del decreto legge numero 34/2020 in tema di incentivi per l'adozione di misure antisisimiche, gli interventi attinenti al cordolo sismico non concorrono al conteggio della distanza e dell'altezza; mentre a norma del punto 8.4.1 del Decreto ministeriale 14.01.2008 in tema di nuove norme tecniche sulle costruzioni, una variazione dell'altezza dell'edificio per la realizzazione di cordoli sommitali, sempre che resti immutato il numero di piani di un edificio, non è considerata sopraelevazione o ampliamento.
Infine, a norma dell'articolo 27, comma 5, della legge regionale campana numero 31/2021, negli interventi di miglioramento sismico, la ricostruzione di elementi strutturali è possibile anche con materiali e spessori differenti da quelli originari, al fine di garantire una sicurezza strutturale e sismica.
Alla luce di tutta la normativa richiamata, l'intervento edilizio deve anzitutto intendersi legittimo, e poi va ascritto al novero degli interventi di manutenzione straordinaria di consolidamento statico, e di restauro conservativo non alteranti lo stato dei luoghi e l'aspetto esteriore degli edifici che, l'articolo 149, lettera a), del Codice dei beni culturali e del paesaggio, sottrae al regime abilitativo dell'autorizzazione paesaggistica-naturalistica-ambientale (articolo NT+Enti Locali & Edilizia del 13.07.2023).
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SENTENZA
Premesso che:
   - col ricorso in epigrafe, Ta.Ma. (in appresso, T.M.) impugnava, chiedendone l’annullamento, previa adozione di idonee misure cautelari, l’ordinanza di demolizione n. 4 del 23.12.2022 (prot. n. 11038), emessa, sulla scorta della relazione di sopralluogo prot. n. 10003 del 16.11.2022, dal Responsabile dello Sportello Unico per l’Edilizia (SUE) del Comune di Pisciotta;
   - gli illeciti edilizi contestati con l’ingiunta misura repressivo-ripristinatoria erano consistiti, da un lato, nell’innalzamento del tetto di copertura in assenza dei pareri paesaggistici e naturalistico-ambientali da parte, rispettivamente, della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le Province di Salerno e Avellino (in appresso Soprintendenza di Salerno e Avellino) e dell’Ente Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni (in appresso, Ente Parco) e, d’altro lato, nella realizzazione, in assenza di permesso di costruire, di due corpi di fabbrica aggiunti (aventi dimensioni pari a m 2,10 x 5,05 e 0,90 x 3,60) non rinvenibili nella rappresentazione dello stato di fatto acquisita in sede di permesso di costruire (PdC) in sanatoria n. 41 del 29.02.2005 (prot. n. 3785) ex artt. 31 ss. della l. n. 47/1985, in corrispondenza dell’immobile ad uso abitativo ubicato in Pisciotta, località Marina di Campagna, censito in catasto al foglio 13, particella 390, ricadente in zona assoggettata a vincolo paesaggistico ai sensi dell’art. 142, comma 1, lett. f), del d.lgs. n. 42/2004 (siccome rientrante nell’area del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni), nonché attinto da lavori di cui alla CILA ex art. 119 del d.l. n. 34/2020, conv. in l. n. 77/2020 (c.d. CILA Superbonus 110% o CILAS), presentata il 25.05.2022;
   - a sostegno dell’esperito gravame, la ricorrente, nel premettere di aver rimosso i contestati corpi di fabbrica aggiunti e nel circoscrivere, quindi, l’allestito impianto censorio al parimenti contestato innalzamento del tetto di copertura, lamentava, in estrema sintesi, che:
         a) l’intervento de quo, dacché riconducibile all’orbita della manutenzione straordinaria e del consolidamento statico, ai sensi dell’art. 119, comma 13-ter, del d.l. n. 34/2020, avrebbe dovuto intendersi sottratto al regime abilitativo dell’autorizzazione paesaggistica, così come consentito dall’art. 149, lett. a), del d.lgs. n. 42/2004;
         b) l’accertamento della sopraelevazione del tetto di copertura non sarebbe supportato da adeguata istruttoria, tenuto conto che il PdC in sanatoria n. 41 del 29.02.2005 sarebbe stato rilasciato in relazione a porzioni di edificio diverse dal menzionato tetto di copertura e che, quindi, i grafici prodotti in sede di istanza di condono prot. n. 3277 del 04.09.1986 non sarebbero sufficientemente indicativi dell’effettivo assetto dimensionale-altimetrico di quest’ultimo;
         c) detta sopraelevazione, essendo derivata dalla realizzazione del c.d. ‘cordolo sommitale’, preordinato all’adeguamento della costruzione alla normativa antisismica, e della struttura ‘ventilata’ in legno lamellare delle falde di copertura, si sarebbe sostanziata in un incremento ammesso ai sensi degli artt. 14, comma 7, del d.lgs. n. 104/2012, 119, comma 3, del d.l. n. 34/2020, 2, comma 10, della l.r. Campania n. 10/2022, 27, comma 5, della l.r. Campania n. 31/2021 e del punto 8.4.1 del d.m. 14.01.2008, e, come tale, non integrante la creazione di nuove superfici o volumi, necessitante di titolo paesaggistico e naturalistico-ambientale, ma classificabili entro le categorie di interventi di cui ai punti A.2 o A.3 dell’allegato A al d.p.r. n. 31/2017, sottratte al regime abilitativo dell’autorizzazione paesaggistica;
         d) la misura demolitoria non sarebbe stata, comunque, adottabile nella specie, avendo per oggetto un’attività edilizia subordinata alla presentazione della CILA (la cui irritualità non sarebbe stata sanzionabile in via ripristinatoria) e risultando, nel contempo sproporzionata in rapporto al confliggente interesse primario del privato al mantenimento ed al miglioramento della propria condizione abitativa;
         e) in ogni caso, la rilevata assenza pareri paesaggistici e naturalistico-ambientali avrebbe potuto essere ovviata dall’amministrazione comunale tramite soccorso istruttorio, preordinato a incanalare la CILAS del 25.05.2022 entro l’alveo procedimentale conforme al relativo oggetto;
         f) l’Ente Parco, nella nota del 10.09.2020, prot. n. 10254, avrebbe chiarito che gli interventi di efficientamento energetico –quale, appunto, quello in contestazione–, siccome rispondenti ai primari interessi di transizione ecologica, pariordinati rispetto a quelli paesaggistico-ambientali, sarebbero qualificabili in termini di attività edilizia libera ex art. 6, comma 1, lett. a), del d.p.r. n. 380/2001 e non richiederebbero il previo rilascio del proprio nulla osta;
         g) l’ingiunzione demolitoria non sarebbe stata preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento sanzionatorio con essa definito;
...
Considerato, innanzitutto, che:
   - nel contestare l’abusiva sopraelevazione del tetto di copertura, l’ordinanza di demolizione n. 4 del 23.12.2022 fa ellitticamente riferimento ad una presunta discordanza tra la rappresentazione dello stato di fatto acquisita in sede di PdC in sanatoria n. 41 del 29.02.2005 e l’assetto del manufatto in esito ai lavori eseguiti in forza della CILAS del 25.05.2022;
   - ciò, senza tener conto, da un lato, dell’approssimazione riproduttiva degli elaborati grafici a corredo dell’istanza istanza di condono prot. n. 3277 del 04.09.1986 (riferita a porzioni di edificio diverse dal menzionato tetto di copertura) e, d’altro lato, delle evidenze morfologico-dimensionali della struttura originaria, agevolmente rilevabili dalle riproduzioni fotografiche riportate, oltre che nella stessa relazione di sopralluogo prot. n. 10003 del 16.11.2022, nella relazione tecnica asseverata, depositata in giudizio da parte ricorrente;
   - queste ultime ritraggono, in particolare:
-- un preesistente sfalsamento di circa cm 60 nel solaio del sottotetto;
-- l’originaria quota di imposta della falda di copertura ad un’altezza pari non già a m 0,00 (così come visualizzabile nei grafici a corredo dell’istanza istanza di condono prot. n. 3277 del 04.09.1986), bensì a circa cm 60 rispetto alla gronda;
   - di qui, dunque, il deficit istruttorio in cui è incorsa l’amministrazione intimata in sede di sopralluogo;

Considerato, poi, che:
   - come illustrato nella relazione tecnica asseverata versata in atti da parte ricorrente, l’incremento altimetrico rilevato nel tetto di copertura dell’immobile ubicato in Pisciotta, località Marina di Campagna, censito in catasto al foglio 13, particella 390, rispetto al relativo assetto preesistente è dipeso dalla realizzazione del c.d. ‘cordolo sommitale’ e della struttura ‘ventilata’ in legno lamellare delle falde, ossia dall’esecuzione di opere di manutenzione straordinaria e di consolidamento statico, elettivamente preordinate all’adeguamento antisismico ed all’efficientamento energetico dell’edificio;
   - ebbene, un simile incremento non può dirsi rilevante tanto sul piano urbanistico-edilizio quanto sul piano paesaggistico-naturalistico-ambientale, siccome ottenuto in conformità alla disciplina derogatoria di cui agli artt. 14, comma 7, del d.lgs. n. 104/2012, 119, comma 3, del d.l. n. 34/2020, 2, comma 10, della l.r. Campania n. 10/2022, 27, comma 5, della l.r. Campania n. 31/2021, nonché al punto 8.4.1 del d.m. 14.01.2008, e cioè siccome finalizzato all’attuazione, tramite variazioni quantitative tollerabili, dei target ordinamentali di recupero, miglioramento e ottimizzazione del patrimonio edilizio esistente sotto il profilo della sicurezza antisismica e del risparmio energetico;
   - in dettaglio:
         -- a norma dell’art. 14, comma 7, del d.lgs. n. 104/2012, «nel caso di interventi di manutenzione straordinaria, restauro e ristrutturazione edilizia, il maggior spessore delle murature esterne e degli elementi di chiusura superiori ed inferiori, necessario per ottenere una riduzione minima del 10% dei limiti di trasmittanza previsti dal decreto legislativo 19.08.2005, n. 192, e successive modificazioni, certificata con le modalità di cui al medesimo decreto legislativo, non è considerato nei computi per la determinazione dei volumi, delle altezze, delle superfici e dei rapporti di copertura. Entro i limiti del maggior spessore di cui sopra, è permesso derogare, nell'ambito delle pertinenti procedure di rilascio dei titoli abitativi di cui al titolo II del decreto del Presidente della Repubblica 06.06.2001, n. 380, a quanto previsto dalle normative nazionali, regionali o dai regolamenti edilizi comunali, in merito alle distanze minime tra edifici, alle distanze minime dai confini di proprietà, alle distanze minime di protezione del nastro stradale e ferroviario, nonché alle altezze massime degli edifici» (cfr. art. 2, comma 10, della l.r. Campania n. 10/2022);
         -- a norma dell’art. 119, comma 3, del d.l. n. 34/2020, «gli interventi di dimensionamento del cappotto termico e del cordolo sismico» beneficianti del Superbonus «non concorrono al conteggio della distanza e dell'altezza, in deroga alle distanze minime riportate all'articolo 873 del codice civile»;
         -- a norma dell’art. 27, comma 5, della l.r. Campania n. 31/2021, «negli interventi di miglioramento sismico la ricostruzione di elementi strutturali è possibile anche con materiali e spessori differenti da quelli originari al fine di garantire una sicurezza strutturale e sismica»;
         -- a norma del punto 8.4.1 del d.m. 14.01.2008, «una variazione dell’altezza dell’edificio, per la realizzazione di cordoli sommitali, sempre che resti immutato il numero di piani, non è considerata sopraelevazione o ampliamento, ai sensi dei punti a e b …»;

Considerato, infine, che:
   - i superiori rilievi militano nel senso, propugnato dalla T., che il rifacimento del tetto di copertura realizzato nell’ambito dei lavori di cui alla CILAS del 25.05.2022 (avente per oggetto “lavori di efficientamento energetico … ai sensi della l. n. 77/2020, c.d. Superbonus 110%”, consistenti in “isolamento termico delle pareti opache, sostituzione infissi, sostituzione impianto di climatizzazione, installazione impianto fotovoltaico con relativo accumulo, colonnina per ricarica autoveicoli elettrici, impianto solare termico abbinato alla pompa di calore, installazione di schermature solari, sistema di building automation, interventi di consolidamento statico”) debba intendersi attratto all’orbita degli interventi di manutenzione straordinaria e di consolidamento statico e di restauro conservativo, non alteranti lo stato dei luoghi e l’aspetto esteriore degli edifici, che l’art. 149, lett. a), del d.lgs. n. 42/2004 sottrae al regime abilitativo dell’autorizzazione paesaggistica, nonché all’orbita degli interventi «di efficientamento energetico dell’involucro edilizio … di sostituzione ed efficientamento degli impianti», di installazione dei «punti di ricarica dei veicoli elettrici, nonché … dei pannelli fotovoltaici», che l’Ente Parco, nella circolare del 10.09.2020, prot. n. 10254, reputa affrancati dall’obbligo della previa acquisizione del nulla osta naturalistico-ambientale;
   - di qui, dunque, a fronte dell’insufficientemente ed erroneamente ravvisata sussistenza di un innalzamento rilevante del tetto di copertura, la legittimità della CILAS del 25.05.2022, pure in assenza dei pareri paesaggistici e naturalistico-ambientali da parte della Soprintendenza di Salerno e Avellino e dell’Ente Parco;

Ritenuto, quindi, che:
   - stante l’acclarata fondatezza dei profili di censura dianzi scrutinati, e restando assorbiti quelli ulteriori, il ricorso in epigrafe va accolto, con conseguente annullamento del provvedimento con esso impugnato, nella parte in cui viene contestato l’abusivo innalzamento del tetto di copertura dell’edificio ubicato in Pisciotta, località Marina di Campagna, censito in catasto al foglio 13, particella 390;

ottobre 2021

EDILIZIA PRIVATAAttività edilizia in zona sismica.
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Edilizia – Zone sismiche – Autorizzazione - Criterio.
Le deroghe all’obbligo di munirsi dell’autorizzazione per iniziare lavori edilizi in zona sismica disposte dai commi 4 e 5 dell’art. 94-bis, d.P.R. n. 380 del 2001, introdotto dall’art. 3, comma 1, d.l. n. 32 del 2019, sono immediatamente applicabili senza che occorra attendere l’emanazione delle linee guida di cui al comma 2 dello stesso art. 94-bis (approvate con d.m. 30.04.2020) qualora l’immobile rientri nelle categorie definite dal comma 1, lett. b) e c), della medesima disposizione (1).
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   (1) Ha chiarito la Sezione che le linee guida sono strumentali all’individuazione delle opere per cui non è necessario neppure il preavviso ex art. 93, d.P.R. n. 380 del 2001, mentre risulta immediatamente applicabile la deroga all’obbligo di autorizzazione disposta dai commi 4 e 5 dell’art. 94-bis del medesimo T.U.E.D. per gli interventi rispetto a cui le regioni possono limitarsi a istituire controlli a campione.
Gli interventi che non necessitano, quindi, di autorizzazione preventiva sono quelli di cui all’art. 94-bis, comma 1, lett. b) e c); tra essi è senz’altro ricompreso quello di cui si discute poiché, come indicato nella denuncia versata in atti e corredata di ampia documentazione tecnica, il manufatto è una nuova costruzione “non rientrante” nella fattispecie di cui alla lettera a) n. 2) (“le nuove costruzioni che si discostino dalle usuali tipologie o che per la loro particolare complessità strutturale richiedano più articolate calcolazioni e verifiche, situate nelle località sismiche, ad eccezione di quelle a bassa sismicità”) e, in quanto tale, non più soggetto all’obbligo di autorizzazione.
Stante la immediata precettività della norma, l’operato della Regione è, quindi, da ritenersi illegittimo con conseguente accoglimento della prima censura.
Va aggiunto che tale conclusione non muta in rapporto alla pretesa violazione dei limiti dell’autonomia regionale. Gli artt. 1 e 2 del medesimo d.P.R. n. 380 del 2001 ergono a principi fondamentali –cogenti per la legislazione regionale– quelli desunti dal testo unico e la giurisprudenza ha chiarito che la qualificazione degli interventi edilizi, ai fini dell’applicazione di un determinato regime regolatorio, compete, appunto, alla legislazione statale. Tale principio è stato declinato proprio con riferimento alla regolamentazione generale degli interventi edilizi in zona sismica, ricondotta appunto ai principi fondamentali della legislazione statale nelle materie della “protezione civile” e del “governo del territorio” (Corte cost. 10.12.2019, n. 264).
(TAR Campania-Napoli, Sez. VIII, sentenza 19.10.2021 n. 6548 - commento tratto da e link a www.giustizia-amministrativa.it).
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SENTENZA
3.1. Nel merito, va confermata la decisione già ampiamente tratteggiata in sede cautelare.
A tal fine, è necessario esaminare l’ordito normativo onde verificare la bontà della tesi, affermata dalla parte ricorrente e confutata dalla Regione, secondo cui la costruzione in argomento potesse essere realizzata all’esito della denuncia che è stata ritualmente effettuata.
L’art. 93 del D.P.R. n. 380/2001 (cd. T.U.E.D.) regola l’obbligo di preavviso per costruire in zone sismiche; l’art. 94 impone l’obbligo di munirsi di autorizzazione a tal fine. Tale obbligo subisce delle deroghe a opera del successivo art. 94-bis, introdotto dall’art. 3, co. 1, del D.L. n. 32/2019 e già più volte modificato.
Tale disposizione, per quanto qui interessa:
   -) cataloga gli interventi secondo un criterio di minore o maggiore rilevanza (co. 1);
   -) prevede che siano emanate delle linee guida per l’individuazione degli interventi non bisognevoli di alcun preavviso e che, nelle more, le regioni “possono confermare le disposizioni vigenti” (co. 2);
   -) prevede una deroga all’obbligo di munirsi di autorizzazione preventiva per gli interventi di minore rilevanza o privi di rilevanza di cui al co. 1 lett. b) e c), interventi per cui le Regioni possono “istituire controlli anche con modalità a campione” (co. 4 e 5).
3.2. Orbene, la Regione, con il provvedimento impugnato e anche nel rigettare la richiesta di revoca (provv. sub. ‘a’ e sub ‘c’) sostiene che la deroga all’obbligo di autorizzazione sarebbe da intendersi procrastinata all’emanazione delle linee guida (avvenuta solo in data 30.04.2020) e che, comunque, la Regione Campania al tempo dell’intervento non aveva regolamentato nuovamente la materia all’esito della modifica della normativa statale. L’ente sostiene che tale circostanza avrebbe, in ogni caso, impedito l’operatività della deroga all’obbligo di ottenere l’autorizzazione. In particolare, la Regione Campania ha recepito le modifiche solo con il reg. regionale n. 9 del 27.07.2020, entrato in vigore l’11.08.2020: solo da quel momento (nella tesi della Regione Campania) è stato escluso, per taluni interventi, l’obbligo di ottenere l’autorizzazione.
3.3. La lettura della norma conduce a preferire la tesi della parte ricorrente in quanto, le disposizioni sopra riportate chiariscono che le linee guida sono strumentali all’individuazione delle opere per cui non è necessario neppure il preavviso ex art. 93 del D.P.R. n. 380/2001, mentre risulta immediatamente applicabile la deroga all’obbligo di autorizzazione disposta dai commi 4 e 5 dell’art. 94 bis del medesimo T.U.E.D. per gli interventi rispetto a cui le regioni possono limitarsi a istituire controlli a campione.
3.4. Gli interventi che non necessitano, quindi, di autorizzazione preventiva sono quelli di cui all’art. 94-bis, co. 1, lett. b) e c); tra essi è senz’altro ricompreso quello di cui si discute poiché, come indicato nella denuncia versata in atti e corredata di ampia documentazione tecnica, il manufatto è una nuova costruzione “non rientrante” nella fattispecie di cui alla lettera a) n. 2) (“le nuove costruzioni che si discostino dalle usuali tipologie o che per la loro particolare complessità strutturale richiedano più articolate calcolazioni e verifiche, situate nelle località sismiche, ad eccezione di quelle a bassa sismicità”) e, in quanto tale, non più soggetto all’obbligo di autorizzazione.
In merito, è bene precisare che la Regione contesta l’applicabilità del regime semplificato mentre nulla controdeduce in merito alle caratteristiche dell’immobile che -descritte dalla parte ricorrente e confermate dalla documentazione versata in atti- sono tali da farlo rientrare, appunto, negli interventi di “minore rilevanza”.
3.5. Stante la immediata precettività della norma, l’operato della Regione è, quindi, da ritenersi illegittimo con conseguente accoglimento della prima censura.
4. Va aggiunto che tale conclusione non muta in rapporto alla pretesa violazione dei limiti dell’autonomia regionale. Gli artt. 1 e 2 del medesimo D.P.R. n. 380/2001 ergono a principi fondamentali –cogenti per la legislazione regionale– quelli desunti dal testo unico e la giurisprudenza ha chiarito che la qualificazione degli interventi edilizi, ai fini dell’applicazione di un determinato regime regolatorio, compete, appunto, alla legislazione statale.
Tale principio è stato declinato proprio con riferimento alla regolamentazione generale degli interventi edilizi in zona sismica, ricondotta appunto ai principi fondamentali della legislazione statale nelle materie della “protezione civile” e del “governo del territorio” (Corte Costituzionale, 10/12/2019, n. 264). Proprio con riferimento all’introduzione dell’art. 94-bis T.U.E.D. ad opera del D.L. n. 32/2019, poi, la Corte costituzionale ha ritenuto inammissibile l’intervento regionale teso a procrastinare l’immediata entrata in vigore dei “nuovi” principi fondamentali in materia (Corte Costituzionale, 13/01/2021, n. 2, par. 13.3).
Tanto, evidentemente, conferma l’immediata cogenza della deroga all’obbligo di autorizzazione introdotta dalla legislazione statale.
5. Passando alla seconda censura, pur assorbita in ragione dell’accoglimento della prima, va dichiarata l’illegittimità del provvedimento anche per la modalità operativa –evidenziata pure in sede cautelare– di adottare il provvedimento di sospensione a distanza di oltre un anno dalla presentazione della prescritta denuncia (il provvedimento è del 15.2.2021 a fronte di una denuncia presentata il 01.02.2020). Quest’ultima, infatti, era chiaramente intesa quale denuncia afferente al regime semplificato e, pertanto, il Genio civile avrebbe dovuto –secondo un elementare canone di buona amministrazione (art. 97 Cost.)– provvedere entro termini stringenti a sospendere i lavori anziché provvedere in tal senso dopo lungo tempo a lavori quasi ultimati.
5.1. Le considerazioni che precedono conducono ad accogliere il ricorso per quanto riguarda i provvedimenti sub a) e sub c), mentre va dichiarato il difetto di giurisdizione per quel che riguarda il provvedimento sub b) di comunicazione della notizia di reato (TAR Campania-Napoli, Sez. VIII, sentenza 19.10.2021 n. 6548 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

maggio 2021

EDILIZIA PRIVATA: Regolarità sismica quale presupposto per la sanatoria urbanistica.
Il rilascio di un permesso in sanatoria con prescrizioni, con le quali si subordina l'efficacia dell'accertamento alla realizzazione di lavori che consentano di rendere il manufatto conforme alla disciplina urbanistica vigente al momento della domanda o al momento della decisione, contraddice, innanzitutto sul piano logico, la rigida direttiva normativa poiché la previsione di condizioni o prescrizioni smentisce qualsiasi asserzione circa la doppia conformità dell'opera, dimostrando che tale conformità non sussiste se non attraverso l'esecuzione di modifiche ulteriori e postume (rispetto alla stessa presentazione della domanda di accertamento in sanatoria).
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La disciplina antisismica considera la regolarità sismica del progetto (da intendersi come effettiva conformità del progetto alle prescrizioni tecniche di sicurezza sismica) come un requisito indefettibile per la realizzazione delle opere e per l’ottenimento di un valido titolo edilizio, e dunque anche ai fini del rilascio del permesso di costruire in sanatoria ex articolo 36 del TUED.
Se nel sistema dei principi delineati dalla normativa statale, sia gli interventi edilizi soggetti a permesso di costruire, sia quelli consentiti a seguito di denuncia, presuppongono sempre la previa verifica del rispetto delle norme sismiche, non pare possa dubitarsi che la verifica della doppia conformità, alla quale l’art. 36 del testo unico subordina il rilascio dell’accertamento di conformità in sanatoria, debba riferirsi anche al rispetto delle norme sismiche, da comprendersi nelle norme per l’edilizia, sia al momento della realizzazione dell’intervento che al momento di presentazione della domanda di sanatoria.
Deve pertanto ritenersi che l’accertamento del rispetto delle specifiche norme tecniche antisismiche è sempre un presupposto necessario per conseguire il titolo che consente di edificare, al quale si riferisce il criterio della doppia conformità
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Sugli atti di motivi aggiunti.
10. Lo scrutinio delle censure introdotte con il primo atto di motivi aggiunti richiede di soffermarsi prima brevemente sui fatti di causa seguiti all’adozione del permesso di costruire in sanatoria n. 1/2016.
10.1. Il sig. Pa. D’Al., dopo aver ottenuto tale permesso di costruire, ha presentato allo sportello unico edilizia il c.d. deposito sismico.
La Commissione tecnica regionale, dopo aver chiesto delle integrazioni alla documentazione del predetto istante nella seduta del 12.09.2016, nella successiva data del 20.09.2016 rilasciava il proprio parere favorevole, ma con prescrizioni, sul progetto presentato.
A fronte del citato parere il sig. Pa. D’Al. presentava indi al Comune una domanda di permesso di costruire teso alla realizzazione degli occorrenti lavori di adeguamento sismico. E il Comune rilasciava anche il chiesto permesso di costruire con atto n. 1296 (VII/2016) del 15.10.2016, impugnato con il presente atto di motivi aggiunti.
10.2. Orbene, nel nuovo permesso di costruire così rilasciato si legge:
(…) A seguito di presentazione del deposito sismico presso i competenti uffici regionali e delle successive integrazioni richieste in data 20/09/2016 la commissione tecnica regionale rilasciava con esito positivo il parere definitivo sulla base delle seguenti premesse;
- Dato atto che è necessario effettuare lavori di adeguamento sismico al fabbricato a seguito delle prescrizioni della Commissione Tecnica Regionale e i lavori da eseguire consistono;
- Nel prolungamento del setto murario al piano terra adiacente alla porta d’ingresso;
- Nel prolungamento del setto murario al piano terra adiacente la finestra del bagno;
- Nell’adeguamento dei due pilastri in c.a. posti tra il piano di fondazione ed il balcone del primo piano con aumento della sezione da cm 25x25 a cm 30x30 dei sei pilastri in c.a. posti al piano portico;
- Nell’adeguamento con la posa in opera di tubolari verticali ed orizzontali delle dimensioni di cm. 80x80x del portico in ferro e legno esistente al piano terra;
- Visto l’esito dell’istruttoria del progetto;
- Acquisita la comunicazione da parte della Regione Molise Servizio Tecnico Sismico e Gerologico, dalla quale si evince che la Commissione tecnica regionale ha rilasciato con esito positivo il parere definitivo in data 20/09/2016 con prescrizione (…)
”.
10.3. Fatte queste premesse, il Collegio rileva che ragioni di opportunità inducono a trattare prioritariamente il quinto mezzo dell’atto di motivi aggiunti, con cui si è tornati a denunciare, ma da una nuova prospettiva, la violazione del principio di doppia conformità di cui all’art. 36 del TUED.
Sostiene parte ricorrente che il Comune, una volta conosciuti gli esiti dell’iter tecnico specialistico, avrebbe dovuto prendere atto delle criticità sostanziali emerse in occasione dell’accertamento di compatibilità sismica, al cui esito positivo aveva condizionato le sorti del permesso di costruire n. 1/2016. E, pertanto, avrebbe dovuto ritirare in autotutela la sanatoria del 07.01.2016, invece di rilasciare un nuovo titolo edilizio che presupponeva la validità e permanente efficacia del precedente.
Da questa angolazione la ricorrente deduce dunque nuovamente la violazione del principio di doppia conformità di cui all’articolo 36 del TUED e la conseguente illegittimità del permesso di costruire in sanatoria n. 1 del 2016; essa afferma inoltre, di riflesso, l’illegittimità (anche derivata) del successivo permesso n. VII del 2016, che aveva autorizzato i lavori di adeguamento sismico sull’erroneo presupposto della validità e perdurante efficacia del citato permesso di sanatoria.
Questa censura è fondata.
Dagli atti di causa emerge chiaramente, invero, che l’intervento sanato con il permesso di costruire n. 1 del 16 non fosse conforme alle norme tecniche costruttive di cui al DM 14.01.2008 (tant’è che si è ravvisata la necessità di procedere ad interventi di messa in sicurezza sismica del fabbricato), con conseguente violazione dell’articolo 36 del TUED, il quale subordina il rilascio della sanatoria alla condizione che l’opera fosse conforme alle norme edilizie sia al tempo della realizzazione dell’intervento, sia a quello della richiesta dell’accertamento sanante.
10.4. Né può assumere rilievo la circostanza che una conformità alle norme antisismiche sia stata comunque conseguita, di fatto, a seguito dell’esecuzione degli interventi richiesti dalla Regione.
Il principio della doppia conformità di cui all’articolo 36 del TUED, infatti, non consente delle sanatorie sottoposte a condizioni di modifica dell’immobile (cfr., tra le molte, Consiglio di Stato, sez. VI, 04.07.2014, n. 3410, pronuncia la quale puntualizza che "il rilascio di un permesso in sanatoria con prescrizioni, con le quali si subordina l'efficacia dell'accertamento alla realizzazione di lavori che consentano di rendere il manufatto conforme alla disciplina urbanistica vigente al momento della domanda o al momento della decisione, contraddice, innanzitutto sul piano logico, la rigida direttiva normativa poiché la previsione di condizioni o prescrizioni smentisce qualsiasi asserzione circa la doppia conformità dell'opera, dimostrando che tale conformità non sussiste se non attraverso l'esecuzione di modifiche ulteriori e postume (rispetto alla stessa presentazione della domanda di accertamento in sanatoria”; si veda anche TAR Campania, Napoli, sezione III, sentenza n. 696 del 2021).
10.5. Nemmeno è persuasiva la linea argomentativa del Comune e del controinteressato che si richiama alla specificità della disciplina regionale del Molise di cui agli artt. 7 e 8 della L.R. n. 20 del 1996.
Le resistenti sottolineano, in sintesi, che le norme regionali subordinano solo l’inizio dei lavori, e non anche il rilascio del titolo edilizio, al c.d. deposito sismico, di tal ché la conformità del progetto di opera alle prescrizioni sismiche non potrebbe considerarsi un presupposto per il rilascio del titolo edilizio: e, dunque, si sostiene, nemmeno del titolo in sanatoria.
A tanto è tuttavia immediato obiettare che il titolo edilizio in sanatoria, proprio per la sua specifica natura, diversamente dal comune permesso di costruire è senz’altro posteriore all’inizio dei lavori, momento cui non può più essere fatto rinvio. Sicché l’automatico parallelismo che le resistenti tentano d’instaurare tra i due titoli non si presenta convincente.
L’impostazione delle resistenti appare, inoltre, incompatibile con la ratio della disciplina antisismica, la quale considera la regolarità sismica del progetto (da intendersi come effettiva conformità del progetto alle prescrizioni tecniche di sicurezza sismica) come un requisito indefettibile per la realizzazione delle opere e per l’ottenimento di un valido titolo edilizio, e dunque anche ai fini del rilascio del permesso di costruire in sanatoria ex articolo 36 del TUED.
Questa interpretazione trova conferma in una recente pronuncia della Corte costituzionale (sent. n. 101 del 2013) la quale, dopo aver ricostruito il quadro normativo di riferimento in materia, ha affermato dei principi di carattere generale che risultano applicabili anche al caso di specie, e che, anche per la loro chiarezza, meritano di essere richiamati.
Se nel sistema dei principi delineati dalla normativa statale, sia gli interventi edilizi soggetti a permesso di costruire, sia quelli consentiti a seguito di denuncia, presuppongono sempre la previa verifica del rispetto delle norme sismiche, non pare possa dubitarsi che la verifica della doppia conformità, alla quale l’art. 36 del testo unico subordina il rilascio dell’accertamento di conformità in sanatoria, debba riferirsi anche al rispetto delle norme sismiche, da comprendersi nelle norme per l’edilizia, sia al momento della realizzazione dell’intervento che al momento di presentazione della domanda di sanatoria.
(…) Deve pertanto ritenersi che l’accertamento del rispetto delle specifiche norme tecniche antisismiche è sempre un presupposto necessario per conseguire il titolo che consente di edificare, al quale si riferisce il criterio della doppia conformità
” (con tale pronuncia la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale, per violazione dell’articolo 117, comma 3 Cost., dell’articolo 5 della legge regionale toscana n. 1 del 2005, nella parte in cui prevedeva la possibilità di ottenere il permesso in sanatoria per le opere edilizie che risultassero conformi alla normativa tecnico-sismica vigente soltanto al momento della loro realizzazione, e non anche al momento della presentazione dell’istanza di accertamento di conformità, nonché per le opere realizzate in difformità dalla normativa tecnica vigente al momento della loro realizzazione, purché le stesse venissero adeguate alle norme vigenti: secondo la Corte attraverso tale previsione la Regione, eccedendo le sue competenze in materia, ha violato la norma statale di principio sulla doppia conformità di cui all’articolo 36 del TUED).
10.6. Fermo l’accoglimento del motivo di censura da ultimo vagliato, giova infine evidenziare che il permesso di costruire n. 1 del 2016, dato il mancato perfezionamento favorevole della verifica sostanziale del rispetto della normativa antisismica (esito che il Comune aveva fatto oggetto di apposita condizione), avrebbe perso di validità già ex se.
Da qui la dubbia permanenza di un interesse a ricorrere alla base del terzo profilo del secondo motivo del ricorso introduttivo (v. supra, paragr. 8.2.3.), con cui il ricorrente poneva in discussione la legittimità della previsione di un siffatto meccanismo condizionale.
Quel che qui più importa notare, tuttavia, è che tale originario profilo di censura risulta superato dall’avvento, appunto, del quinto mezzo dell’atto di motivi aggiunti, la cui accertata fondatezza induce a considerarlo recessivo e passibile di assorbimento.
11. L’accertata illegittimità del permesso in sanatoria n. 1/16 per violazione dell’articolo 36 del TUED comporta per via d’illegittimità derivata l’annullamento non solo del permesso n. 1296 (VII/2016), ma anche dell’ulteriore permesso edilizio n. 1303 del 14.04.2018 di mutamento di destinazione d’uso del locale sottotetto, titolo che è stato qui avversato con il secondo atto di motivi aggiunti.
Non pare dubbio, infatti, che l’assentimento del mutamento di destinazione d’uso di cui si tratta risenta della sorte dei provvedimenti edilizi a monte riguardanti la struttura del fabbricato interessato (TAR Molise, sentenza 05.05.2021 n. 169 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

marzo 2021

EDILIZIA PRIVATA: Sull’annullamento in autotutela di autorizzazione sismica.
Occorre muovere dall’art. 94, comma 1, del d.P.R. n. 380 del 2001 che, riprendendo l’art. 18 della Legge n. 64 del 1974, stabilisce che “1. Fermo restando l’obbligo del titolo abilitativo all’intervento edilizio, nelle località sismiche, ad eccezione di quelle a bassa sismicità all’uopo indicate nei decreti di cui all’articolo 83, non si possono iniziare lavori senza preventiva autorizzazione del competente ufficio tecnico della regione”.
Sul punto è stato chiarito che l’intento unificatore del citato art. 94 è “palesemente orientato ad eseguire una vigilanza assidua sulle costruzioni riguardo al rischio sismico, attesa la rilevanza del bene protetto, che trascende anche l’ambito della disciplina del territorio, per attingere a valori di tutela dell’incolumità pubblica che fanno capo alla materia della protezione civile”, materia in cui peraltro, come per il governo del territorio, compete sempre allo Stato la determinazione dei principi fondamentali.
In questa ottica l’art. 94, che esprime il fondamentale principio della preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico regionale per l’inizio dei lavori nelle località dichiarate sismiche, è stato così ritenuto espressione di un “principio fondamentale in materia di governo del territorio e protezione civile”.
La giurisprudenza maggioritaria è consolidata nel ritenere, alla stregua del citato art. 94, che l’autorizzazione sismica, sebbene non costituisca presupposto per il rilascio del permesso di costruire (o per la presentazione della SCIA), è pur sempre condizione di efficacia dello stesso e, quindi, è necessaria per l’inizio dei lavori; la Sezione ha anche rimarcato come la stessa incompletezza dell'autorizzazione sismica in sanatoria sia un profilo rilevante ai fini del rigetto dell'istanza.
Comunque una esplicita previsione a livello di legislazione statale della sua possibilità di rilascio in sanatoria sarebbe stata necessaria, analogamente a quanto, del resto, è previsto in materia edilizia in generale dall’art. 36 del d.P.R. n. 380 cit., ovvero dalla legislazione condonistica speciale.
Peraltro va considerato che anche disposizioni in materia di vigilanza sulle costruzioni in zone sismiche, come l’art. 96 del d.P.R. n. 380 cit. secondo cui
   “1. I funzionari, gli ufficiali ed agenti indicati all’articolo 103, appena accertato un fatto costituente violazione delle presenti norme, compilano processo verbale trasmettendolo immediatamente al competente ufficio tecnico della regione. 2. Il dirigente dell’ufficio tecnico regionale, previ, occorrendo, ulteriori accertamenti di carattere tecnico, trasmette il processo verbale all’autorità giudiziaria competente con le sue deduzioni”,
sono norme relative all’accertamento in sede penale delle violazioni sismiche, che in alcun modo possono essere interpretate come volte a consentire il rilascio di un’autorizzazione postuma rispetto a interventi già posti in essere.
Egualmente è a dirsi per i successivi artt. 98, 99 e 100, che consentono:
   a) al giudice penale di impartire con il decreto o la sentenza di condanna le “prescrizioni necessarie per rendere le opere conformi alle norme […], fissando il relativo termine” che, in caso di irrevocabilità della sentenza o di esecutività del decreto, possono essere eseguite dal competente ufficio tecnico regionale, “se del caso con l’assistenza della forza pubblica, a spese del condannato”;
   b) alla Regione, qualora il reato sia estinto per qualsiasi causa, di ordinare con provvedimento definitivo, adottato sentito l’organo tecnico consultivo della Regione, “l’esecuzione di modifiche idonee a renderle conformi alle norme stesse”. È di ogni evidenza che le disposizioni da ultimo citate, quali applicabili ratione temporis, non danno in alcun modo vita a un procedimento amministrativo di autorizzazione in sanatoria su istanza del privato, limitandosi a consentire la conservazione del manufatto eretto in difetto di autorizzazione sismica preventiva, una volta che la vicenda penale sia stata comunque definita.
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3.1 Il presente giudizio ha ad oggetto l’annullamento in autotutela di autorizzazione sismica in ragione di interventi edilizi già esaminati da questo Tribunale (III, 17.04.2015, n. 2197) con sentenza appellata al Consiglio di Stato, sezione VI, con giudizio Rg. n. 9256/15 mai fissato. Conseguentemente non è meritevole di accoglimento la richiesta formulata dal controinteressato di riunione con detto separato giudizio, per come ormai definito.
3.2 In via preliminare occorre muovere dall’art. 94, comma 1, del d.P.R. n. 380 del 2001 che, riprendendo l’art. 18 della Legge n. 64 del 1974, stabilisce che “1. Fermo restando l’obbligo del titolo abilitativo all’intervento edilizio, nelle località sismiche, ad eccezione di quelle a bassa sismicità all’uopo indicate nei decreti di cui all’articolo 83, non si possono iniziare lavori senza preventiva autorizzazione del competente ufficio tecnico della regione”.
Sul punto è stato chiarito che l’intento unificatore del citato art. 94 è “palesemente orientato ad eseguire una vigilanza assidua sulle costruzioni riguardo al rischio sismico, attesa la rilevanza del bene protetto, che trascende anche l’ambito della disciplina del territorio, per attingere a valori di tutela dell’incolumità pubblica che fanno capo alla materia della protezione civile”, materia in cui peraltro, come per il governo del territorio, compete sempre allo Stato la determinazione dei principi fondamentali (Corte cost., 20.07.2012, n. 201; 05.05.2006, n. 182).
In questa ottica l’art. 94, che esprime il fondamentale principio della preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico regionale per l’inizio dei lavori nelle località dichiarate sismiche, è stato così ritenuto espressione di un “principio fondamentale in materia di governo del territorio e protezione civile” (Corte cost., 12.04.2013, n. 64; 05.11.2010, n. 312).
La giurisprudenza maggioritaria è consolidata nel ritenere, alla stregua del citato art. 94, che l’autorizzazione sismica, sebbene non costituisca presupposto per il rilascio del permesso di costruire (o per la presentazione della SCIA), è pur sempre condizione di efficacia dello stesso e, quindi, è necessaria per l’inizio dei lavori (questa Sezione, 30.10.2020, n. 4949; 07.05.2013, n. 2356; TAR Lazio, Latina, 07.02.2018, n. 243; Cass. Pen., III, 09.07.2008, n. 38405); la Sezione (01.06.2020, n. 2104) ha anche rimarcato come la stessa incompletezza dell'autorizzazione sismica in sanatoria sia un profilo rilevante ai fini del rigetto dell'istanza. Comunque una esplicita previsione a livello di legislazione statale della sua possibilità di rilascio in sanatoria sarebbe stata necessaria, analogamente a quanto, del resto, è previsto in materia edilizia in generale dall’art. 36 del d.P.R. n. 380 cit., ovvero dalla legislazione condonistica speciale.
3.3 Peraltro va considerato che anche disposizioni in materia di vigilanza sulle costruzioni in zone sismiche, come l’art. 96 del d.P.R. n. 380 cit. secondo cui “1. I funzionari, gli ufficiali ed agenti indicati all’articolo 103, appena accertato un fatto costituente violazione delle presenti norme, compilano processo verbale trasmettendolo immediatamente al competente ufficio tecnico della regione. 2. Il dirigente dell’ufficio tecnico regionale, previ, occorrendo, ulteriori accertamenti di carattere tecnico, trasmette il processo verbale all’autorità giudiziaria competente con le sue deduzioni”, sono norme relative all’accertamento in sede penale delle violazioni sismiche, che in alcun modo possono essere interpretate come volte a consentire il rilascio di un’autorizzazione postuma rispetto a interventi già posti in essere.
Egualmente è a dirsi per i successivi artt. 98, 99 e 100, che consentono:
   a) al giudice penale di impartire con il decreto o la sentenza di condanna le “prescrizioni necessarie per rendere le opere conformi alle norme […], fissando il relativo termine” che, in caso di irrevocabilità della sentenza o di esecutività del decreto, possono essere eseguite dal competente ufficio tecnico regionale, “se del caso con l’assistenza della forza pubblica, a spese del condannato”;
   b) alla Regione, qualora il reato sia estinto per qualsiasi causa, di ordinare con provvedimento definitivo, adottato sentito l’organo tecnico consultivo della Regione, “l’esecuzione di modifiche idonee a renderle conformi alle norme stesse”.
È di ogni evidenza che le disposizioni da ultimo citate, quali applicabili ratione temporis, non danno in alcun modo vita a un procedimento amministrativo di autorizzazione in sanatoria su istanza del privato, limitandosi a consentire la conservazione del manufatto eretto in difetto di autorizzazione sismica preventiva, una volta che la vicenda penale sia stata comunque definita (TAR Campania-Napoli, Sez. VIII, sentenza 01.03.2021 n. 1347 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

ottobre 2020

EDILIZIA PRIVATA: Inapplicabilità della sanatoria in materia antisismica.
Nel sistema introdotto dagli artt. 94 ss., d.P.R. 06.06.2001 n. 380, 27, l.reg. Lazio 11.08.2009 n. 21 e dal r.reg. Lazio 13.07.2016 n. 14, non è previsto il rilascio dell’autorizzazione sismica in sanatoria su istanza del privato per opere edili già eseguite ed assoggettate a controllo preventivo, a nulla rilevando che il fatto sia accertato dagli uffici amministrativi o dagli organi di polizia giudiziaria ovvero che sia portato a conoscenza dell’ufficio tecnico regionale per effetto di una auto-denuncia di chi ne sia stato l’autore (TAR Lazio-Latina, sentenza 13.10.2020 n. 376 - massima tratta da https://lexambiente.it).
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... per l’annullamento:
   1) della determinazione dirigenziale dell’Area genio civile Lazio Sud della Regione Lazio prot. n. -OMISSIS-, notificata in pari data, con la quale è stata respinta l’istanza di autorizzazione sismica in sanatoria, presentata dalla ricorrente con istanza prot. n. -OMISSIS- del -OMISSIS-;
...
3. – Il ricorso è infondato.
3.1 La disamina del primo mezzo di impugnazione richiede una breve ricostruzione del quadro normativo di riferimento in materia di rilascio dell’autorizzazione sismica.
A tal riguardo viene in primo luogo in questione l’art. 94, comma 1, d.P.R. n. 380 cit. (Autorizzazione per l’inizio dei lavori) che, riprendendo l’art. 18, l. 02.02.1974 n. 64, stabilisce: “1. Fermo restando l’obbligo del titolo abilitativo all’intervento edilizio, nelle località sismiche, ad eccezione di quelle a bassa sismicità all’uopo indicate nei decreti di cui all’articolo 83, non si possono iniziare lavori senza preventiva autorizzazione del competente ufficio tecnico della regione”.
Sul punto è stato chiarito che l’intento unificatore dell’art. 94, d.P.R. n. 380 cit., è “palesemente orientato ad eseguire una vigilanza assidua sulle costruzioni riguardo al rischio sismico, attesa la rilevanza del bene protetto, che trascende anche l’ambito della disciplina del territorio, per attingere a valori di tutela dell’incolumità pubblica che fanno capo alla materia della protezione civile”, materia in cui peraltro, come per il governo del territorio, compete sempre allo Stato la determinazione dei principi fondamentali (Corte cost. 05.05.2006 n. 182; conf. Corte cost. 20.07.2012 n. 201).
In questa ottica, l’art. 94, d.P.R. n. 380 cit., che esprime il fondamentale principio della preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico regionale per l’inizio dei lavori nelle località dichiarate sismiche, è stato così ritenuto espressione di un “principio fondamentale in materia di governo del territorio e protezione civile” (Corte cost. 05.11.2010 n. 312; conf. Corte cost. 12.04.2013 n. 64).
Fermo, quindi, il valore di principio fondamentale nella materia de qua della natura preventiva dell’autorizzazione sismica, l’art. 27, l.reg. Lazio 11.08.2009 n. 21 (Misure straordinarie per il settore edilizio ed interventi per l’edilizia residenziale sociale), ha demandato a un regolamento c.d. autorizzato, adottato dalla Giunta ai sensi dell’art. 47, comma 2, lett. c), St. reg., “in conformità alla normativa statale vigente in materia di prevenzione del rischio sismico […]”, la definizione dei criteri e delle modalità, tra l’altro, per il rilascio dell’autorizzazione sismica. In tal senso, l’art. 1, comma 1, lett. c), r.reg. n. 14 del 2016, conferma proprio che le disposizioni in esso contenute sono adottate “in conformità a quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 06.06.2001, n. 380”.
Ebbene, con riferimento al quadro giuridico sopra delineato, la tesi sostenuta da parte ricorrente appare destituita di fondamento ove si consideri che né la legislazione statale né quella regionale, adottata in conformità ai principi fondamentali della materia dalla prima evincibili, prevedono l’istituto dell’autorizzazione sismica in sanatoria. Al contrario, stante la ricordata rilevanza di principio fondamentale della materia rivestita dalla natura esclusivamente preventiva del titolo abilitativo de quo, una esplicita previsione a livello di legislazione statale della sua possibilità di rilascio in sanatoria sarebbe stata necessaria, analogamente a quanto, del resto, è previsto in materia edilizia in generale dall’art. 36, d.P.R. n. 380 cit., ovvero dalla legislazione condonistica speciale.
Né a conclusioni diverse può indurre la considerazione di altre disposizioni statali in materia di vigilanza sulle costruzioni in zone sismiche, come l’art. 96, d.P.R. n. 380 cit., evocato da parte ricorrente, per il quale: “1. I funzionari, gli ufficiali ed agenti indicati all’articolo 103, appena accertato un fatto costituente violazione delle presenti norme, compilano processo verbale trasmettendolo immediatamente al competente ufficio tecnico della regione. 2. Il dirigente dell’ufficio tecnico regionale, previ, occorrendo, ulteriori accertamenti di carattere tecnico, trasmette il processo verbale all’autorità giudiziaria competente con le sue deduzioni”; infatti, si tratta di norme relative all’accertamento in sede penale delle violazioni sismiche, che in alcun modo possono essere interpretate come volte a consentire il rilascio di un’autorizzazione postuma rispetto a interventi già posti in essere.
Egualmente è a dirsi per i successivi artt. 98, 99 e 100, che consentono:
   a) al giudice penale di impartire con il decreto o la sentenza di condanna le “prescrizioni necessarie per rendere le opere conformi alle norme […], fissando il relativo termine” che, in caso di irrevocabilità della sentenza o di esecutività del decreto, possono essere eseguite dal competente ufficio tecnico regionale, “se del caso con l’assistenza della forza pubblica, a spese del condannato”;
   b) alla Regione, qualora il reato sia estinto per qualsiasi causa, di ordinare con provvedimento definitivo, adottato sentito l’organo tecnico consultivo della Regione, “l’esecuzione di modifiche idonee a renderle conformi alle norme stesse”.
È di ogni evidenza che le disposizioni da ultimo citate non danno in alcun modo vita a un procedimento amministrativo di autorizzazione in sanatoria su istanza del privato, limitandosi a consentire la conservazione del manufatto eretto in difetto di autorizzazione sismica preventiva, una volta che la vicenda penale sia stata comunque definita, cosa che peraltro, nella specie, non risulta essere ancora avvenuta.
Alle ragioni di parte ricorrente, poi, non giova neppure invocare l’art. 36, d.P.R. n. 380 cit., dal momento che l’applicazione dell’istituto dell’accertamento di conformità non può che essere armonizzata con i successivi artt. 96, 98, 99 e 100, che delineano le uniche modalità attraverso le quali la legge rende possibile pervenire all’effetto utile di conservare un manufatto realizzato ab origine in carenza di autorizzazione sismica.
Peraltro, ove si accedesse alla tesi della società ricorrente, mancando una puntuale disciplina positiva dell’autorizzazione sismica in sanatoria, si finirebbe con l’introdurre in una materia così delicata per l’incolumità delle persone –peraltro neppure pienamente disponibile da parte del legislatore regionale– una sorta di sanatoria giurisprudenziale fondata sull’accertamento postumo della conformità dell’opera comunque edificata alle norme tecniche per la costruzione in zone sismiche al momento della richiesta.
Una simile sanatoria evocherebbe l’omologo controverso istituto riconosciuto privo di valore qualificante in molte pronunce del giudice amministrativo (cfr.: Cons. Stato, sez. VI, 18.01.2019 n. 470; sez. VI, 04.06.2018 n. 3363; sez. VI, 18.07.2016 n. 3194; sez. VI, 18.09.2015 n. 4359; sez. V, 17.09.2012 n. 4914; sez. IV, 26.03.2010 n. 1763; sez. VI, 07.05.2009 n. 2835; sez. IV, 26.04.2006 n. 2306) ed espressamente escluso dall’art. 36, d.P.R. n. 380 cit.
In definitiva, può ritenersi nel sistema introdotto dagli artt. 94 ss., d.P.R. 06.06.2001 n. 380, 27, l.reg. Lazio 11.08.2009 n. 21 e dal r.reg. Lazio 13.07.2016 n. 14, non è previsto il rilascio dell’autorizzazione sismica in sanatoria su istanza del privato per opere edili già eseguite ed assoggettate a controllo preventivo, a nulla rilevando che il fatto sia accertato dagli uffici amministrativi o dagli organi di polizia giudiziaria ovvero che sia portato a conoscenza dell’ufficio tecnico regionale per effetto di una auto-denuncia di chi ne sia stato l’autore.
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Si legga, al riguardo, acnhe:
  
● M Grisanti, Inesistenza di disciplina in tema di sanatoria sismica (commento a TAR Lazio-Latina, sentenza 13.10.2020 n. 376) (20.10.2020 - link a https://lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Competenze sulle violazioni concernenti le costruzioni in zone sismiche – Attività di accertamento delle violazioni (dirigente o funzionari dell’U.T.R., geometri degli U.T.C. – Audizione del dirigente dell’ufficio tecnico della regione – Principio dell’inammissibilità della prova manifestamente superflua o irrilevante – Artt. 93, 95, 98, 103, 106 d.P.R. n. 380/2001 – Fattispecie: accertamenti su opere abusive in zone sismiche (recinzione di notevoli dimensioni).
La disposizione di cui all’art. 98, comma 2, d.P.R. n. 380 del 2001 non può essere intesa quale vincolo assoluto all’audizione del dirigente dell’ufficio tecnico della regione, in quanto anche detta escussione, in ossequio al principio dell’inammissibilità della prova manifestamente superflua o irrilevante, deve essere subordinata alla valutazione circa l’utilità della deposizione in ordine all’accertamento delle contravvenzioni o all’esercizio del potere–dovere di adottare le particolari statuizioni previste dal terzo comma della disposizione citata nel caso di violazioni di carattere sostanziale.
Pertanto, il comma 2 dell’art. 98 d.P.R. n. 380/2001 impone l’obbligo di procedere «in ogni caso» all’esame del dirigente dell’ufficio tecnico della regione, o di un funzionario dipendente da lui delegato e a conoscenza dei fatti, solo nell’ipotesi in cui si sia proceduto ad «ulteriori accertamenti tecnici» a norma dell’art. 98, comma 1, d.P.R. n. 380/2001.
Sicché, in forza del combinato disposto degli artt. 96 e 103 d.P.R. n. 380 del 2001, l’attività di accertamento delle violazioni concernenti le costruzioni in zone sismiche non è rimessa in via esclusiva al dirigente dell’ufficio tecnico regionale, o ai funzionari del suo ufficio, ma può essere svolta, in via alternativa, anche da numerose altre autorità amministrative, tra le quali, ad esempio, come nella specie, i geometri degli uffici tecnici delle amministrazioni comunali.
Infine, il dirigente dell’ufficio tecnico regionale deve essere sempre informato dell’avvenuta constatazione della violazione, ma dispone «ulteriori accertamenti di carattere tecnico» solo ove necessario, e, precisamente, per ripetere la previsione testuale del legislatore, «occorrendo».
Nella specie, la prova era stata raggiunta, attraverso l’esame di un funzionario dell’ufficio tecnico del Comune competente, dell’avvenuta realizzazione di un’opera, (recinzione lunga circa 200 metri di cui 70 di altezza variabile tra metri 1,70 e 2,00 metri) e quindi di una nuova costruzione, di notevoli dimensioni, ubicata in zona sismica, in assenza del preventivo deposito del relativo progetto presso gli uffici del Genio Civile.
In questo modo, si è dato atto, con congrua motivazione, della completezza del quadro istruttorio, e, quindi, della superfluità dell’esame del responsabile dell’Ufficio del Genio Civile
(Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 06.10.2020 n. 27592 - link a www.ambientediritto.it).

aprile 2020

EDILIZIA PRIVATA: Il gazebo in legno è edilizia libera non soggetta alle norme antisimiche.
Il gazebo di legno non va sottoposto a collaudo sulla staticità perché va qualificato tra gli «interventi privi di rilevanza per la pubblica incolumità» in quanto non è del tipo di opere edilizie –quali i conglomerati cementizi o le strutture metalliche- elencate dall'articolo 53 del Dpr 380/2001 (Testo unico dell'edilizia).
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2. Avverso la sentenza del Tribunale di Rimini ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Rimini.
2.1. Con il primo motivo si deduce la violazione degli artt. 95 d.P.R. 380/2001 e 53, 67, 75 d.P.R. 380/2001, in relazione ai capi f), g), h) punto 2.
Il Tribunale avrebbe errato nel ritenere che il gazebo oggetto delle fattispecie di reato ascritte agli imputati potesse rientrare fra i c.d. IPRiPi (Interventi Privi di Rilevanza per la Pubblica Incolumità), senza necessità di autorizzazione sismica.
Il giudice di primo grado avrebbe in questo modo ripetuto l'errore commesso dal tribunale del riesame la cui decisione era stata annullata con rinvio da parte della Suprema Corte.
Quanto al capo h) punto 2, si afferma che «anche Gu. risponde, poiché appare di assoluta normalità che il falso sia stato concordato tra Ca. (che non ha un interesse esclusivo sul punto) e Gu. ...».
2.2. Con il secondo motivo si deduce la violazione dell'art. 44 d.P.R. 380/2001 anche in relazione all'art. 6 d.P.R. 380/2001, quanto al capo e). Il Tribunale avrebbe errato nel ricondurre la costruzione del manufatto nell'ambito dell'edilizia libera.
...
1. Il ricorso è manifestamente infondato.
1.1. Quanto al capo f), deve rilevarsi che il Tribunale ha correttamente escluso la sussistenza del reato in quanto l'art. 67 del d.P.R. 380/2001 prevede che il collaudo statico riguardi solo le costruzioni di cui all'articolo 53, comma 1 del d.P.R.
Le strutture in legno, come quelle in esame, non rientrano tra quelle previste nell'art. 53, comma 1, d.P.R. 380/2001 (1. Ai fini del presente testo unico si considerano: a) opere in conglomerato cementizio armato normale, quelle composte da un complesso di strutture in conglomerato cementizio ed armature che assolvono ad una funzione statica; b) opere in conglomerato cementizio armato precompresso, quelle composte di strutture in conglomerato cementizio ed armature nelle quali si imprime artificialmente uno stato di sollecitazione addizionale di natura ed entità tali da assicurare permanentemente l'effetto statico voluto; c) opere a struttura metallica quelle nelle quali la statica è assicurata in tutto o in parte da elementi strutturali in acciaio o in altri metalli) (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 24.04.2020 n. 12851).

gennaio 2020

EDILIZIA PRIVATA: B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 5 del 31.01.2020, "Profili applicativi in materia di opere o di costruzioni e relativa vigilanza in zone sismiche, di cui alla l.r. 33/2015, a seguito dell’entrata in vigore della legge 156/2019, della l.r. 21/2019 e della d.g.r. XI/2584/2019" (circolare regionale 28.01.2020 n. 1).

dicembre 2019

EDILIZIA PRIVATACostruzioni in zona sismica: l'omessa denuncia non si può sanare a posteriori.
Cassazione: il deposito allo sportello unico, dopo la realizzazione delle opere, cioè "a sanatoria" della comunicazione richiesta dall'art. 93 Testo Unico Edilizia e degli elaborati progettuali non estingue la contravvenzione antisismica.
Un'omessa denuncia amministrativa per la realizzazione di un'opera in zona a rischio sismico non si può sanare 'a posteriori'.

Lo ha chiaramente affermato la Corte di Cassazione, Sez. III penale, nella sentenza 23.12.2019 n. 51652, che ha confermato la condanna dell'imputato alle pene di legge in ordine ai reati di cui agli artt. 44, comma 1, lett. b), 71, 72 e 95 del dpr 380/2001 per aver realizzato opere in totale difformità dalla concessione edilizia ottenuta e senza osservare le disposizioni previste dalla disciplina sulle costruzioni in conglomerato cementizio armato ed in zona sismica.
Antitismisca: no alla comunicazione ex post
La difesa sostiene che sussista una violazione dell'art. 546 coc. proc. pen. e la mancanza assoluta di motivazione rispetto alla documentazione che attestava la idoneità sismica delle opere, prodotta sin dal primo grado, e che avrebbe dovuto condurre alla declaratoria di estinzione dei reati edilizi diversi da quello urbanistico strettamente inteso.
Ma la Cassazione smonta questa tesi chiarendo subito che la Corte d'Appello aveva già esaminato la doglianza circa l'omessa valutazione, da parte del giudice di primo grado, della documentazione che attestava la compatibilità delle opere con la disciplina tecnica prevista per le costruzioni in cemento armato ed in zona sismica, correttamente escludendo che la stessa potesse spiegare l'effetto estintivo dei relativi reati, posto che le comunicazioni erano state effettuate successivamente alla realizzazione delle opere, al fine di ottenerne la regolarizzazione sul piano amministrativo.
Insomma: il deposito allo sportello unico, dopo la realizzazione delle opere e, quindi, "a sanatoria", della comunicazione richiesta dall'art. 93 del dpr 380 e degli elaborati progettuali non estingue la contravvenzione antisismica, che punisce l'omesso deposito preventivo di detti elaborati, in quanto l'effetto estintivo è limitato dall'art. 45 del medesimo dpr alle sole contravvenzioni urbanistiche (Sez. 3, n. 19196 del 26/02/2019, Greco, Rv. 275757; Sez. 3, n. 11271 del 17/02/2010, Braccolino e aa., Rv. 246462).
La sanatoria vale per le contravvenzioni urbanistiche, non per quelle sismiche
Questo principio, sottolinea la Corte suprema, è certamente estensibile anche ai reati previsti dagli artt. 71 ss. del dpr 380 per la violazione della disciplina delle opere in conglomerato cementizio armato, normale e precompresso ed a struttura metallica. Diversamente dalla previsione di cui all'art. 45, comma 3, non v'è, di fatti, alcuna disposizione che preveda l'estinzione di detti reati nel caso di tardivo adempimento degli obblighi omessi, o, più in generale, di "sanatoria" amministrativa delle violazioni e, in forza della citata disposizione, lo stesso accertamento di conformità ai sensi dell'art. 36 comporta l'estinzione dei reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti, ma non di quelli previsti dalla normativa antisismica e sulle opere di conglomerato cementizio (Sez. 3, n n. 54707 del 13/11/2018, Cardella, Rv. 274212; Sez. 3, n. 38953 del 04/07/2017, Rizzo, Rv. 270792; Sez. F, n. 44015 del 04/09/2014, Conforti, Rv. 261099).
Denuncia e autorizzazione sismica sono due cose diverse: chiarimenti
A scopo informativo, chiariamo che:
   • la denuncia di lavori in zona sismica è normata dall'art. 93 del TUE, il quale dispone che, nelle zone sismiche, chiunque intenda procedere a costruzioni, riparazioni e sopraelevazioni, è tenuto a darne preavviso scritto allo sportello unico, che provvede a trasmetterne copia al competente ufficio tecnico della regione, indicando il proprio domicilio, il nome e la residenza del progettista, del direttore dei lavori e dell'appaltatore. Alla domanda deve essere allegato il progetto, in doppio esemplare e debitamente firmato da un ingegnere, architetto, geometra o perito edile iscritto nell'albo, nei limiti delle rispettive competenze, nonché dal direttore dei lavori.
I progetti relativi ai lavori in zona sismica sono accompagnati da una dichiarazione del progettista che asseveri il rispetto delle norme tecniche per le costruzioni e la coerenza tra il progetto esecutivo riguardante le strutture e quello architettonico, nonché il rispetto delle eventuali prescrizioni sismiche contenute negli strumenti di pianificazione urbanistica. Per tutti gli interventi il preavviso scritto con il contestuale deposito del progetto e dell'asseverazione è valido anche agli effetti della denuncia dei lavori di cui all'art. 65;
   • l'autorizzazione sismica è invece normata dall'art. 94, il quale dispone che nelle località sismiche, ad eccezione di quelle a bassa sismicità all'uopo indicate nei decreti di cui all'art. 83, non si possono iniziare lavori senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione. L'autorizzazione è rilasciata entro sessanta giorni dalla richiesta e viene comunicata al comune, subito dopo il rilascio, per i provvedimenti di sua competenza (tratto da e link a www.ingenio-web.it).
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SENTENZA
1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza.
Diversamente da quanto si sostiene in ricorso, la sentenza impugnata (pag. 2) ha esaminato la doglianza circa l'omessa valutazione, da parte del giudice di primo grado, della documentazione che attestava la compatibilità delle opere con la disciplina tecnica prevista per le costruzioni in cemento armato ed in zona sismica, correttamente escludendo che la stessa potesse spiegare l'effetto estintivo dei relativi reati, posto che le comunicazioni erano state effettuate successivamente alla realizzazione delle opere, al fine di ottenerne la regolarizzazione sul piano amministrativo.
La Corte territoriale ha fatto corretta applicazione del consolidato principio, anche di recente ribadito, secondo cui
il deposito allo sportello unico, dopo la realizzazione delle opere e, quindi, "a sanatoria", della comunicazione richiesta dall'art. 93 d.P.R. 06.06.2001, n. 380 e degli elaborati progettuali non estingue la contravvenzione antisismica, che punisce l'omesso deposito preventivo di detti elaborati, in quanto l'effetto estintivo è limitato dall'art. 45 del medesimo d.P.R. alle sole contravvenzioni urbanistiche (Sez. 3, n. 19196 del 26/02/2019, Greco, Rv. 275757; Sez. 3, n. 11271 del 17/02/2010, Braccolino e aa., Rv. 246462).
Tale principio è certamente estensibile anche ai reati previsti dagli artt. 71 ss. T.U.E. per la violazione della disciplina delle opere in conglomerato cementizio armato, normale e precompresso ed a struttura metallica. Diversamente dalla previsione di cui all'art. 45, comma 3, d.P.R. 380 del 2001, non v'è, di fatti, alcuna disposizione che preveda l'estinzione di detti reati nel caso di tardivo adempimento degli obblighi omessi, o, più in generale, di "sanatoria" amministrativa delle violazioni e, in forza della citata disposizione, lo stesso accertamento di conformità ai sensi dell'art. 36 del d.P.R. 06.06.2001, n. 380 comporta l'estinzione dei reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti, ma non di quelli previsti dalla normativa antisismica e sulle opere di conglomerato cementizio (Sez. 3, n n. 54707 del 13/11/2018, Cardella, Rv. 274212; Sez. 3, n. 38953 del 04/07/2017, Rizzo, Rv. 270792; Sez. F, n. 44015 del 04/09/2014, Conforti, Rv. 261099) (Corte di Cassazione, Sez. III penale, nella sentenza 23.12.2019 n. 51652).

ottobre 2019

EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: Com'è noto, per il combinato disposto di cui agli artt. 36 e 45, comma 3, T.U.E., quest'ultima previsione dispone che «il rilascio in sanatoria del permesso di costruire estingue i reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti».
L'ambito di applicazione della speciale causa di estinzione del reato dipende, in primo luogo, dalla tipologia di accertamento di conformità che la disposizione richiama (che si limita alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento della realizzazione dell'opera ed al momento di presentazione della domanda in sanatoria: cfr. art. 36, comma 1, T.U.E.), sicché, ad es., lo stesso non spiega ovviamente alcun effetto con riguardo ai reati paesaggistici previsti dall'art. 181 d.lgs. 42 del 2004.
D'altro canto, per espressa previsione normativa, la sanatoria opera soltanto per le contravvenzioni urbanistiche e non anche per quelle edilizie, sicché la giurisprudenza è consolidata nel ritenere che il conseguimento del permesso di costruire in sanatoria ai sensi dell'art. 36 del d.P.R. 06.06.2001, n. 380 non comporta l'estinzione dei reati previsti, dallo stesso testo unico, con riguardo alle inosservanze della normativa antisismica e di quelle sulle opere di conglomerato cementizio.
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L
a sanatoria delle violazioni edilizie che, ai sensi dell'art. 36 del d.P.R. 06.06.2001, n. 380, determina l'estinzione del reato, non è applicabile alla lottizzazione abusiva in quanto essa presuppone la conformità delle opere eseguite alla disciplina urbanistica vigente sia al momento della realizzazione del manufatto, sia a quello della presentazione della domanda di sanatoria, mentre nel caso di lottizzazione abusiva, le opere non possono mai considerarsi conformi alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente, al momento della loro costruzione.
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3. Ciò acclarato, reputa il Collegio che sia infondata l'ulteriore doglianza proposta in ricorso circa il fatto che il rilascio del permesso di costruire in sanatoria abbia estinto anche la contravvenzione in esame.
Com'è noto, per il combinato disposto di cui agli artt. 36 e 45, comma 3, T.U.E., quest'ultima previsione dispone che «il rilascio in sanatoria del permesso di costruire estingue i reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti». L'ambito di applicazione della speciale causa di estinzione del reato dipende, in primo luogo, dalla tipologia di accertamento di conformità che la disposizione richiama (che si limita alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento della realizzazione dell'opera ed al momento di presentazione della domanda in sanatoria: cfr. art. 36, comma 1, T.U.E.), sicché, ad es., lo stesso non spiega ovviamente alcun effetto con riguardo ai reati paesaggistici previsti dall'art. 181 d.lgs. 42 del 2004 (Sez. 7, n. 11254 del 20/10/2017, dep. 2018, Franchino e aa., Rv. 272546; Sez. 3, n. 40375 del 09/09/2015, Casalanguida e a., Rv. 264931).
D'altro canto, per espressa previsione normativa, la sanatoria opera soltanto per le contravvenzioni urbanistiche e non anche per quelle edilizie, sicché la giurisprudenza è consolidata nel ritenere che il conseguimento del permesso di costruire in sanatoria ai sensi dell'art. 36 del d.P.R. 06.06.2001, n. 380 non comporta l'estinzione dei reati previsti, dallo stesso testo unico, con riguardo alle inosservanze della normativa antisismica e di quelle sulle opere di conglomerato cementizio (Sez. 3, n. 19196 del 26/02/2019, Greco, Rv. 275757; Sez. 3, n. 54707 del 13/11/2018, Cardella, Rv. 274212; Sez. 3, n. 38953 del 04/07/2017, Rizzo, Rv. 270792).
Ciò posto, occorre allora chiarire se la contravvenzione in esame sia configurabile come urbanistica, ovvero edilizia, se, cioè, abbia riguardo (esclusivamente) a profili concernenti la conformità dei lavori alle previsioni (normative e, soprattutto, di pianificazione) che disciplinano la trasformazione del territorio, ovvero (anche) a profili concernenti il rispetto della normativa tecnica in tema di costruzioni, come quella appunto prevista nelle zone sismiche ovvero per le opere che, anche in relazione ai materiali utilizzati, interessano la pubblica incolumità.
In conformità a quanto ritenuto dal giudice di merito, il Collegio reputa corretta la seconda linea interpretativa, come si ricava dalle informazioni che -secondo il regolamento comunale nella specie violato- il cartello di cantiere era deputato a fornire.
Ed invero -si legge nella sentenza impugnata- la previsione regolamentare prescrive che esso contenga dati che certamente si riferiscono al profilo edilizio (e non soltanto urbanistico) della costruzione, come "il nome del calcolatore della struttura" e il "nome del Direttore dei lavori", ciò che è ad es. funzionale ad accertare l'eventuale violazione dell'art. 64, commi 2 e 3, T.U.E., sanzionata dalla contravvenzione edilizia di cui al successivo art. 71, comma 1, ovvero la sussistenza della contravvenzione, parimenti edilizia, di cui all'art. 73 T.U.E., nonché all'attuazione delle disposizioni in materia di vigilanza sui medesimi reati e su quelli, analoghi, previsti dalla disciplina delle costruzioni in zone sismiche (si consideri, ad es., i provvedimenti di sospensione dei lavori di cui agli artt. 70 e 97 T.U.E.).
Ulteriori informazioni da contenersi nel cartello di cantiere riguardano, poi, la diversa materia del rispetto delle prescrizioni sulla sicurezza del lavoro nei cantieri edili (si pensi all'indicazione del "Coordinatore della sicurezza in fase di progettazione e Coordinatore della sicurezza in fase di escuzione" e agli "estremi della notifica preliminare"). La violazione sull'obbligo di affiggere il cartello di cantiere, dunque, riguarda beni giuridici diversi (e ulteriori) rispetto a quello, tipico delle contravvenzioni urbanistiche, della mera conformità dell'opera alle previsioni di piano e agli standards urbanistici, sicché la contravvenzione non può dirsi sanata nel caso di rilascio del permesso di costruire in sanatoria.
Del resto, la riprova della correttezza di tale conclusione si ha constatando che la contravvenzione di regola sussiste indipendentemente dall'esistenza di una delle "classiche" ipotesi di illecito urbanistico che sono sanate dal rilascio del permesso di costruire in sanatoria.
Ed invero, nel caso di abuso c.d. "totale", vale a dire allorquando si è posto mano alla modifica del territorio assoggettata al rilascio del permesso di costruire senza richiede alcun titolo abilitativo, l'unico reato configurabile è quello di costruzione in assenza di permesso, posto che la contravvenzione di omessa affissione del cartello di cantiere presuppone che un titolo edilizio sia stato rilasciato e che ci si trovi di fronte ad un iter amministrativo quantomeno ab origine regolare; se, d'altro canto, la contravvenzione di cui all'art. 44, comma 1, lett. a), T.U.E. riguardi -come si è visto essere ben possibile- un intervento non assoggettato a permesso di costruire, sarebbe irrazionale legare la possibilità di estinguere il reato al rilascio di un provvedimento che non sarebbe possibile né richiedere, né ottenere.
In sostanza, l'inosservanza di cui qui si discute si muove su un piano diverso da quello della mera compatibilità urbanistica tra pianificazione ed opera eseguita sul quale invece opera l'accertamento di conformità di cui all'art. 36 T.U.E. che produce effetti estintivi a norma del successivo art. 45, comma 3, del testo unico.
Queste considerazioni hanno peraltro indotto questa Corte, ad es., a negare l'effetto estintivo con riguardo ad una Contravvenzione che, invece, è sicuramente definibile come urbanistica, ma rispetto alla quale l'accertamento di conformità è privo di alcun rilievo: la sanatoria delle violazioni edilizie che, ai sensi dell'art. 36 del d.P.R. 06.06.2001, n. 380, determina l'estinzione del reato, non è applicabile alla lottizzazione abusiva in quanto essa presuppone la conformità delle opere eseguite alla disciplina urbanistica vigente sia al momento della realizzazione del manufatto, sia a quello della presentazione della domanda di sanatoria, mentre nel caso di lottizzazione abusiva, le opere non possono mai considerarsi conformi alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente, al momento della loro costruzione (Sez. 3, n. 28784 del 16/05/2018, Amente e aa., Rv. 273307; Sez. 3, n. 38064 del 18/06/2004, Semeraro, Rv. 230039) (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 28.10.2019 n. 43698).

maggio 2019

EDILIZIA PRIVATA: Permesso di costruire in sanatoria e normativa antisismica: nuovo intervento della Cassazione.
Il conseguimento del permesso di costruire in sanatoria comporta l'estinzione dei reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti ma non di quelli previsti dalla normativa antisismica e sulle opere di conglomerato cementizio.
Lo ha chiarito la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza 07.05.2019 n. 19221 con la quale ha rigettato il ricorso presentato avverso una sentenza di primo grado che aveva condannato il ricorrente per il reato di abuso edilizio previsto dagli articoli 64, 65, 71, 72, 93 e 95 del DPR n. 380/2001 (c.d. Testo Unico Edilizia).
In particolare, il Tribunale di primo grado aveva condannato l'attuale ricorrente per i suddetti reati, dichiarando di non doversi procedere per il reato di cui all'art. 44, comma 1, lett. b), del Testo Unico Edilizia perché estinto per il rilascio del permesso a costruire in sanatoria. In appello, il ricorrente ha fatto presente che il rilascio del permesso di costruire in sanatoria da parte dell'Amministrazione ai sensi dell'art. 36 del DPR n. 380/2001 implicherebbe l'estinzione di tutti i reati essendo stata verificata la doppia conformità urbanistica.
Gli ermellini, rigettando il ricorso, hanno confermato che sull'argomento esiste ormai una pacifica giurisprudenza che in tema di reati edilizi afferma che il conseguimento del permesso di costruire in sanatoria ai sensi dell'art. 36 del Testo Unico Edilizia comporta l'estinzione dei reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti, ma non di quelli previsti dalla normativa antisismica e sulle opere di conglomerato cementizio. Nel caso in esame, il Tribunale si è attenuto al principio ora evocato, correttamente limitando gli effetti del rilascio del permesso in sanatoria al solo reato edilizio, con esclusione degli ulteriori reati di cui agli artt. 64, 65, 71, 72, 93 e 95 del DPR n. 380/2001 (commento tratto da www.lavoripubblici.it).
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SENTENZA
5. Ciò premesso, il ricorso è inammissibile.
Invero, per pacifica giurisprudenza, in tema di reati edilizi, il conseguimento del permesso di costruire in sanatoria ai sensi dell'art. 36 del d.P.R. 06.06.2001, n. 380, comporta l'estinzione dei reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti, ma non di quelli previsti dalla normativa antisismica e sulle opere di conglomerato cementizio (Sez. 3, n. 38953 del 04/07/2017 - dep. 07/08/2017, Rizzo, Rv. 270792; Sez. F, n. 44015 del 04/09/2014 - dep. 22/10/2014, Conforti, Rv. 261099).
Nel caso in esame, il Tribunale si è attenuto al principio ora evocato, correttamente limitando gli effetti del rilascio del permesso in sanatoria al solo reato edilizio, con esclusione degli ulteriori reati di cui agli artt. 64, 65, 71, 72, 93 e 95 d.P.R. n. 380 del 2001 (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 07.05.2019 n. 19221).

EDILIZIA PRIVATA: Costruzioni in zona sismica - Natura precaria o permanente dell'intervento e materiali utilizzati - Sicurezza e pubblica incolumità - Controllo preventivo da parte della P.A. - Necessità - Artt. 83 e 95 d.P.R. n. 380/2001 - Disciplina sismica - Applicazione a tutte le costruzioni realizzate in zona sismica.
Le disposizioni previste dagli artt. 83 e 95 d.P.R. 06.06.2001, n. 380 si applicano a tutte le costruzioni realizzate in zona sismica, la cui sicurezza possa interessare la pubblica incolumità e per le quali si rende pertanto necessario il controllo preventivo da parte della P.A., a prescindere dai materiali utilizzati e dalle relative strutture, nonché dalla natura precaria o permanente dell'intervento (Sez. 3, n. 9126/2017, Aliberti).
La sentenza impugnata, poi, richiama il corretto principio secondo cui il reato di omessa denuncia lavori in zona sismica, previsto dall'art. 93, d.P.R. 06.06.2001, n. 380, è configurabile anche in caso di esecuzione di opere in zona inclusa tra quelle a basso indice sismico, atteso che l'art. 83, comma secondo, del citato decreto, non pone alcuna distinzione in merito alle categorie delle zone medesime (Sez. 3, n. 30651 del 20/12/2016, dep. 2017, Rubini e a., Rv. 270233; Sez. 3, n. 22312 del 15/02/2011, Morini, Rv. 250369).

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Reati edilizi in zona sismica - Depositato allo sportello unico "in sanatoria" degli elaborati progettuali - Effetti - Contravvenzione antisismica - Comunicazione richiesta dall'art. 93 T.U.E.
Il deposito allo sportello unico "in sanatoria" degli elaborati progettuali non estingue la contravvenzione antisismica, che punisce l'omesso deposito preventivo di detti elaborati in quanto l'effetto estintivo è limitato dall'art. 45 d.P.R. 06.06.2001, n. 380 alle sole contravvenzioni urbanistiche (Sez. 3, n. 11271 del 17/02/2010, Braccolino e aa., Rv. 246462; il principio è stato di recente ritenuto estensibile anche ai reati previsti dagli artt. 71 ss. d.P.R. 380 del 2001 per la violazione della disciplina delle opere in conglomerato cementizio armato, normale e precompresso ed a struttura metallica: Sez. 3, n. 54707 del 13/11/2018, Cardella) (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 07.05.2019 n. 19196 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: Realizzazione di una veranda - Natura tecnico-giuridico di nuovo locale autonomamente utilizzabile - Esclusione del carattere di precarietà - Permesso di costruire - Natura precaria o permanente dell'intervento - Costruzioni realizzate in zona sismica - Disciplina sismica - Applicazione - Artt. 44, c. 1, lett. c), 83, 93, 94, 95, d.P.R. n. 380/2001.
In materia edilizia, una veranda è da considerarsi, in senso tecnico-giuridico, un nuovo locale autonomamente utilizzabile e difetta normalmente del carattere di precarietà, trattandosi di opera destinata non a sopperire ad esigenze temporanee e contingenti con la sua successiva rimozione, ma a durare nel tempo, ampliando così il godimento dell'immobile. Inoltre, le disposizioni previste dagli artt. 83 e 95 d.P.R. 06.06.2001, n. 380 si applicano a tutte le costruzioni realizzate in zona sismica, anche alle opere edili con struttura in legno, a prescindere dai materiali utilizzati e dalle relative strutture, nonché dalla natura precaria o permanente dell'intervento (Sez. 3, n. 4567 del 10/10/2017 - dep. 31/01/2018, Airo' Farulla; Sez. 3, n. 48950 del 04/11/2015 - dep. 11/12/2015, Baio) (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 02.05.2019 n. 18000 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: Le disposizioni previste dagli artt. 83 e 95 d.P.R. 06.06.2001, n. 380 si applicano a tutte le costruzioni realizzate in zona sismica, anche alle opere edili con struttura in legno, a prescindere dai materiali utilizzati e dalle relative strutture, nonché dalla natura precaria o permanente dell'intervento.
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4. Il terzo motivo è infondato.
4.1. Va premesso che le disposizioni previste dagli artt. 83 e 95 d.P.R. 06.06.2001, n. 380 si applicano a tutte le costruzioni realizzate in zona sismica, anche alle opere edili con struttura in legno, a prescindere dai materiali utilizzati e dalle relative strutture, nonché dalla natura precaria o permanente dell'intervento (Sez. 3, n. 4567 del 10/10/2017 - dep. 31/01/2018, Airo' Farulla, Rv. 273068; Sez. 3, n. 48950 del 04/11/2015 - dep. 11/12/2015, Baio, Rv. 266033).
4.2. Ciò chiarito, la Corte territoriale ha puntualmente confutato, con apprezzamento fattuale logicamente motivato, la valutazione espressa dal primo giudice, che aveva escluso la concreta offensività del fatto, correttamente evidenziando le caratteristiche strutturali e dimensionali della veranda coperta, costituita da cinque ritti in legno, con copertura a falde composta da assoni e travi di legno, sormontate da tavolato e regolato, con superficie residenziale di 55 mq. e con un'altezza media di 3,30 m. e volume di 180 mc.; da tali elementi la Corte territoriale, con apprezzamento fattuale non manifestamente illogico, ha desunto che l'opera costituisce un serio pericolo per l'incolumità pubblica, essendo stata realizzata senza ottemperare alle prescrizioni previste in materia antisismica.
4.3. Non pertinente appare il richiamo all'art. 131-bis cod. pen., il quale, prevedendo una causa di esclusione di punibilità, presuppone la sussistenza di un fatto tipico e offensivo, ancorché di un'offensività minima, valutata secondo i parametri previsti dalla norma, così impedendo la punibilità di fatti tipici così esiguamente lesivi del bene giuridico tutelato da non risultare meritevoli di pena.
Si osserva, infine, che l'imputata, nella memoria difensiva, alle cui argomentazioni e richieste si era riportato il difensore in sede di discussione, non aveva richiesto, pur in via gradata, l'applicazione dell'art. 131-bis cod. pen., la cui applicabilità nel caso concreto, in ogni caso è stata -sia pure implicitamente- esclusa, dalla Corte territoriale, laddove ha ravvisato la non trascurabile offensività della condotta in considerazione delle caratteristiche strutturali e dimensionali dell'opera in esame
(Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 02.05.2019 n. 18000).

aprile 2019

EDILIZIA PRIVATA: Violazione sostanziale e/o formali in materia antisismica - Omessa denuncia lavori in zona sismica - Configurabilità del reato - Zona inclusa tra quelle a basso indice sismico - Violazione delle prescrizioni tecniche antisismiche - Decorrenza del termine di prescrizione - Giurisprudenza - Artt. 44, 83, 93 e 95, d.P.R. n. 380/2001.
Il reato di omessa denuncia lavori in zona sismica, previsto dall'art. 93, d.P.R. 06.06.2001, n. 380, è configurabile anche in caso di esecuzione di opere in zona inclusa tra quelle a basso indice sismico, atteso che l'art. 83, comma secondo, del d.P.R. n. 380/2001, non pone alcuna distinzione in merito alle categorie delle zone medesime (Sez. 3, n. 30651/2017, Rubini; Sez. 3, n. 22312 del 15/02/2011, Marini).
Quanto al reato di cui all'art. 95, d.P.R. n. 380 del 2001, la decorrenza iniziale del termine di prescrizione è stata variabilmente risolta a seconda che sia contestata la violazione sostanziale delle prescrizioni tecniche in materia antisismica (nel qual caso la permanenza ha termine con la cessazione dei lavori; cfr. Sez. Un., n. 18 del 23/07/1999, Lauriola; Sez. U, n. 17178 del 27/02/2002, Cavallaro) o, come nel caso di specie, che vengano contestate le violazioni formali della omessa denunzia dei lavori e/o dell'omesso deposito dei progetti (nel qual caso si registra un contrasto di giurisprudenza tra chi ritiene la natura istantanea del reato - Sez. Un., n. 18/1999; Sez. 3, n. 20728 del 29/03/2018, Staiano; Sez. 3, n. 23656 del 26/05/2011, Armatori -e chi, invece, ne afferma la natura permanente con cessazione alla data di adempimento degli obblighi formali ovvero di cessazione dei lavori- così, da ultimo, Sez. 3, n. 12235 del 11/02/2014, Petrolo; Sez. 3, n. 1145 del 08/10/2015, Stabile; Sez. 3, n. 2209 del 03/06/2015, Russo).

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Costruzione abusiva - Reato di natura permanente - Decorrenza e cessazione della permanenza - Edificio concretamente funzionale - Provvedimento di sequestro.
Il reato di costruzione abusiva cessa con il totale esaurimento dell'attività illecita e, quindi:
   a) quando siano terminati i lavori di rifinitura
(Sez. 3, n. 48002 del 17/09/2014, Surano, secondo cui deve ritenersi "ultimato" solo l'edificio concretamente funzionale che possegga tutti i requisiti di agibilità o abitabilità, di modo che anche il suo utilizzo effettivo, ancorché accompagnato dall'attivazione delle utenze e dalla presenza di persone al suo interno, non è sufficiente per ritenere sussistente l'ultimazione dell'immobile abusivamente realizzato, coincidente generalmente con la conclusione dei lavori di rifinitura interni ed esterni; Sez. 3, n. 8172 del 27/01/2010, Vitali);
   b) ovvero, se precedente, con il provvedimento di sequestro, che sottrae all'imputato la disponibilità di fatto e di diritto dell'immobile
(Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 29.04.2019 n. 17701 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATACassazione: la disciplina edilizia antisismica è sottratta alla legislazione regionale.
La disciplina edilizia antisismica e quella per le costruzioni in conglomerato cementizio armato attengono alla sicurezza statica degli edifici, rientrante nella competenza esclusiva dello Stato.
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Dei rapporti tra la summenzionata disciplina regionale e la normativa statale contenuta nel D.p.r. 380/2001 si è ripetutamente occupata la giurisprudenza di questa Corte.
Si è così avuto modo di chiarire che, in ogni caso, le disposizioni introdotte da leggi regionali devono rispettare i principi generali fissati dalla legislazione nazionale e, conseguentemente, devono essere interpretate in modo da non collidere con i detti principi (Sez. 3, n. 28560 del 26/03/2014, Alonzo, Rv. 259938; Sez. 3, n. 2017 del 25/10/2007 (dep. 2008), Giangrasso, Rv. 238555; Sez. 3, n. 33039 del 15/06/2006, RM. in proc. Moltisanti, Rv. 234935. Conf., ma con riferimento ad altre disposizioni normative della Regione siciliana, Sez. 3, n. 4861 del 09/12/2004 (dep. 2005), Garufi, Rv. 230914; Sez. 3, n. 6814 del 11/01/2002, Castiglia V, Rv. 221427)
(Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 10.04.2019 n. 15746).

febbraio 2019

EDILIZIA PRIVATA: Antisismica, violare è un reato. Non è rilevante la mancata pericolosità dell’edificio. Linea dura della Cassazione: da ogni modifica discende la responsabilità penale.
Costruire in zone antisismiche in violazione delle disposizioni di legge configura un reato indipendentemente dalla pericolosità dell'edificio realizzato.
Per la Corte di Cassazione - Sez. III penale (sentenza 08.02.2019 n. 6243) da ogni modifica ad una costruzione compiuta in zona sismica contrariamente alle prescrizioni, discende la responsabilità penale. All'imputato veniva contestata la violazione degli articoli 44, lett. c), dpr 380/2001 (capo A), 93-95, dpr 380/2001 (capo B) e 181, dlgs 42/2004 (secondo capo A) per avere compiuto opere di muratura aventi ad oggetto una costruzione sita in zona sismica. All'assoluzione in primo grado conseguiva una condanna in appello.
Il procedimento proseguiva per cassazione ove l'imputato a propria discolpa deduceva tra i motivi di ricorso, anche l'assenza di uno dei requisiti richiesti dalla normativa per la configurabilità del reato: la costruzione anche a seguito delle opere realizzate non presentava il carattere della pericolosità richiesto per la punibilità della condotta.
Il procedimento, dopo avere esaurito il proprio corso veniva deciso dagli ermellini. I quali escludono che tra i requisiti richiesti dalla normativa, rientri anche quello della pericolosità della costruzione a seguito delle opere compiute. Osservano infatti che il bene tutelato viene ad ogni modo leso indipendentemente dalle caratteristiche assunte dalla costruzione a seguito dei lavori effettuati.
Ad avviso dei giudici la funzione della normativa nel settore antisismico è costituita dalla tutela dell'attività di controllo della pubblica amministrazione circa l'esecuzione delle opere in tali settori del territorio, garantendo con la previsione di apposite figure di reato e delle relative sanzioni l'adempimento degli obblighi di legge e delle prescrizioni impartite dall'amministrazione durante il compimento delle costruzioni
(articolo ItaliaOggi Sette del 18.03.2019).
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MASSIMA
1. Il secondo motivo del ricorso della Lo. e il primo motivo del ricorso di In. possono essere trattati congiuntamente, concernendo entrambi, in termini sovrapponibili, il giudizio sulla configurabilità dei reati contestati, che invero, a differenza di quanto dedotto, non presenta vizi rilevabili in questa sede.
La sentenza impugnata, infatti, ha innanzitutto operato un'adeguata ricostruzione della vicenda oggetto di impugnazione, pervenendo a coerenti conclusioni giuridiche, all'esito di un percorso motivazionale non illogico e ben più esaustivo della scarna esposizione della sentenza assolutoria di primo grado.
I giudici di appello hanno invero rimarcato come il Tribunale abbia indebitamente ridimensionato la rilevanza urbanistica delle opere contestate, con particolare riferimento alla realizzazione in muratura della tamponatura perimetrale della veranda di circa 27 metri quadri e all'edificazione della tettoia di 48 metri quadri.
Tali opere non potevano ritenersi regolarmente assentite né dalla d.i.a. presentata il 18.04.2013, né dal nulla osta rilasciato dalla Soprintendenza il 18.07.2012, né dalla precedente concessione edilizia in sanatoria, avendo entrambe le opere caratteristiche strutturalmente ben diverse rispetto a quelle riportate nei progetti assentiti, posto che, quanto alla veranda-cucina, era prevista sia la perimetrazione in legno e non in muratura, come in realtà accertato, sia una diversa e minore altezza (di circa 20 cm.) della linea di gronda rispetto a quella rilevata in sede di sopralluogo, mentre, per quanto concerne la tettoia di 48 mq., la stessa, per come verificato dalla P.G., era a falda inclinata e aveva un'altezza di 2,45 metri alla gronda e di 2,70 metri al colmo, mentre negli elaborati progettuali era prevista una struttura piana con altezza di 2,25 metri.
Alla stregua di tali elementi, desunti da una rilettura più attenta delle acquisizioni probatorie, soprattutto di natura documentale, la Corte dì appello ha dunque ritenuto configurabili tutte e tre le fattispecie contestate, richiamando, quanto ai reati di cui agli art. 44 del d.P.R. n. 380 del 2001 e 181 del d.lgs. 42 del 2004, oltre alla pacifica circostanza della costruzione delle opere in area vincolata dal punto di vista paesaggistico, la costante affermazione di questa Corte (cfr. Sez. 3, n. 42330 del 26/06/2013, Rv. 257290 e Sez. 3, n. 21351 del 06/05/2010, Rv. 247628), secondo cui assume rilievo penale la realizzazione, senza il preventivo rilascio del permesso di costruire, di una tettoia di copertura che, non rientrando nella nozione tecnico-giuridica di pertinenza per la mancanza di una propria individualità fisica e strutturale, costituisce parte integrante dell'edificio sul quale viene realizzata, a nulla rilevando che si trattasse di strutture aperte all'esterno.
In ordine poi alla contravvenzione di cui all'art. 93-95 del d.P.R. 380 del 2001, i giudici di appello hanno rimarcato la natura meramente assertiva della motivazione della sentenza di primo grado, nella parte in cui ha ritenuto che le riscontrate variazioni rispetto agli elaborati progettuali, per la loro entità, non abbiano comportato alcun "disequilibrio nell'economia complessiva dell'impianto architettonico, statico e paesaggistico della costruzione nel suo complesso", mentre in realtà, come sostenuto anche dal funzionario del Genio civile di Agrigento Gi.Ca., la preventiva autorizzazione del predetto Ufficio sarebbe stata necessaria, ricadendo in area sismica le tettoie realizzate, peraltro dotate di dimensioni e caratteristiche strutturali non proprio trascurabili e dunque potenzialmente idonee a mettere in pericolo la pubblica incolumità.
Peraltro, come ricordato dalla Corte territoriale e come ribadito più volte dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. Sez. 3, n. 41617 del 02/10/2007, Rv. 238007),
in tema di costruzioni in zone sismiche, ai fini della configurabilità delle contravvenzioni previste dalla normativa antisismica (art. 95 del d.P.R. 06.06.2001, n. 380) è irrilevante che le costruzioni realizzate siano effettivamente pericolose, in quanto la normativa è finalizzata a garantire l'esercizio del controllo preventivo della P.A. sulle attività edificatorie nelle zone sismiche.
Ribadita la configurabilità delle fattispecie contestate, risulta altresì immune da censure il giudizio di ascrivibilità delle stesse agli odierni imputati, alla luce delle rispettive qualità di proprietaria e committente delle opere (la Lo.) e di progettista e direttore dei lavori (In.), avendo quest'ultimo curato, in prossimità dell'accertamento dei reati, anche l'iter procedimentale dei lavori, rivelatosi tuttavia inadeguato rispetto alle attività edilizie in concreto realizzate.
In definitiva, la motivazione della sentenza impugnata, in quanto saldamente ancorata alle fonti dimostrative acquisite e sorretta da argomentazioni prive di profili di irrazionalità, si sottrae alle doglianze difensive, che invero, oltre ad articolarsi in considerazioni prevalentemente fattuali (scontando peraltro i ricorsi evidenti limiti di autosufficienza), appaiono fondate su una non consentita lettura alternativa, e comunque frammentaria, dell'intero materiale probatorio raccolto (
Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 08.02.2019 n. 6243.

dicembre 2018

EDILIZIA PRIVATA: M. Grisanti, La Cassazione torna sull'obbligo dell'autorizzazione sismica nelle zone 3 e 4 (commento a Cassazione, Sez. III penale, n. 51600 depositata il 15.11.2017) (17.12.2018 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 49 del 06.12.2018, "Nomina della commissione regionale in materia di opere o di costruzioni e relativa vigilanza in zone sismiche (l.r. 33/2015 e ss.mm.ii., art. 4, comma 2 – D.g.r. 5001/2016, all. L)" (deliberazione G.R. 03.12.2018 n. 943).

novembre 2018

EDILIZIA PRIVATA: Reato di omessa denuncia lavori in zona sismica - Aree a bassa sismicità - Obbligo della progettazione antisismica - Introduzione della zona 4 - Facoltà per le Regioni - Disciplina applicabile - Artt. 83, 93, 94 e 95 d.PR. 380/2001.
In conseguenza dell'eliminazione di quello che, in precedenza, era definito "territorio non classificato" e considerando che è attualmente prevista la facoltatività della prescrizione dell'obbligo della progettazione antisismica per le opere rientranti nella zona 4, alla stessa devono ritenersi corrispondenti le aree a bassa sismicità.
Pertanto, in mancanza di altre definizioni normative, per le opere rientranti nella zona 4, devono ritenersi corrispondenti le aree a bassa sismicità, di cui al combinato disposto degli artt. 83 e 94 d.P.R. 380/2001.
Sicché, il reato di omessa denuncia lavori in zona sismica, previsto dall'art. 93 d.PR. 380/2001, è configurabile anche in caso di esecuzione di opere in zona inclusa tra quelle a basso indice sismico, atteso che l'art. 83, comma secondo, del d.PR. 380/2001, non pone alcuna distinzione in merito alle categorie delle zone medesime.

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Zona sismica - Esecuzione di lavori edilizi - Consistenza delle opere "modesta entità" - Natura dei materiali usati e delle strutture realizzate - Progettazione - Necessità - Tutela normativa - Pubblica incolumità e sicurezza delle costruzioni - Giurisprudenza.
In materia di progettazione in zona sismica, la natura delle opere è irrilevante e ciò in quanto la violazione delle norme antisismiche richiede soltanto l'esecuzione di lavori edilizi in zona sismica.
Altrettanto inconferente è ritenuta la natura dei materiali usati e delle strutture realizzate, in quanto le disposizioni relative alla disciplina antisismica hanno una portata particolarmente ampia e si applicano a tutte le costruzioni la cui sicurezza possa comunque interessare la pubblica incolumità.
Nel caso di specie, peraltro, si tratta comunque di opere di una certa consistenza, come emerge dalla semplice lettura dell'imputazione, riferita a realizzazione di manufatti adibiti a box, deposito, ricovero autoclave, chiosco bar, laboratorio di pasticceria etc.
(Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 15.11.2018 n. 51600 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: In conseguenza dell'eliminazione di quello che, in precedenza, era definito "territorio non classificato" e considerando che è attualmente prevista la facoltatività della prescrizione dell'obbligo della progettazione antisismica per le opere rientranti nella zona 4, alla stessa devono ritenersi corrispondenti le aree a bassa sismicità, di cui al combinato disposto degli artt. 83 e 94 d.PR. 380/2001.
Altresì, il reato di omessa denuncia lavori in zona sismica, previsto dall'art. 93 d.P.R. 380/2001, è configurabile anche in caso di esecuzione di opere in zona inclusa tra quelle a basso indice sismico, atteso che l'art. 83, comma secondo, del citato decreto, non pone alcuna distinzione in merito alle categorie delle zone medesime.
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Quanto alla consistenza delle opere, occorre ricordare che la giurisprudenza di questa Corte ha, in più occasioni, delimitato l'ambito di applicazione della normativa sulle costruzioni in zona sismica con riferimento alla natura degli interventi realizzati.
Seppure, in un primo tempo, si sia affermato che la funzione di salvaguardia della pubblica utilità perseguita porta ad escluderne l'applicazione per gli interventi che non interessano la pubblica incolumità, quali quelli di manutenzione ordinaria o straordinaria del patrimonio edilizio già esistente, si è successivamente chiarito che la natura delle opere è irrilevante e ciò in quanto la violazione delle norme antisismiche richiede soltanto l'esecuzione di lavori edilizi in zona sismica.
Altrettanto inconferente è stata ritenuta la natura dei materiali usati e delle strutture realizzate, in quanto le disposizioni relative alla disciplina antisismica hanno una portata particolarmente ampia e si applicano a tutte le costruzioni la cui sicurezza possa comunque interessare la pubblica incolumità.
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1. Il ricorso è inammissibile.
2. Occorre rilevare, con riferimento al primo motivo di ricorso, la collocazione del comune di Licata tra le zone con grado di sismicità 4, caratterizzate da pericolosità sismica molto bassa, come risulta dall'imputazione e dalla sentenza impugnata. Sulla base di tale evenienza la ricorrente assume, del tutto apoditticamente, che il giudice del merito non avrebbe dovuto affermare la sua responsabilità penale.
A tale proposito richiama una recente pronuncia di questa Corte (Sez. 3, n. 56040 del 15.12.2017, D'Alessio, non massimata) la quale, considerando la eliminazione del territorio non classificato e la previsione della facoltatività della prescrizione dell'obbligo della progettazione antisismica per le opere rientranti nella zona 4, individua, in mancanza di altre definizioni normative, come aree a bassa sismicità, di cui al combinato disposto degli artt. 83 e 94 d.P.R. 380/2001, solamente quelle ricomprese nella zona 4.
3. Le conclusioni cui perviene la richiamata decisione sono pienamente condivisibili.
La sentenza richiama, infatti, il contenuto dell'art. 94 d.P.R. 380/2001 nella parte in cui, al primo comma, esclude la necessità della preventiva autorizzazione scritta del competente Ufficio regionale per le opere da realizzare in località a bassa sismicità, all'uopo indicate nei decreti di cui all'articolo 83 del medesimo decreto, ricordando anche come il secondo comma di tale ultima disposizione preveda la definizione, con decreto del Ministro per le infrastrutture e i trasporti, di concerto con il Ministro per l'interno, sentiti il Consiglio superiore dei lavori pubblici, il Consiglio nazionale delle ricerche e la Conferenza unificata, dei criteri generali per l'individuazione delle zone sismiche e dei relativi valori differenziati del grado di sismicità, da prendere a base per la determinazione delle azioni sismiche e di quant'altro specificato dalle norme tecniche.
La decisione chiarisce, poi, che a tale fine è stata emanata l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274 del 20.03.2003 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 105 dell'08.05.2003), con la quale sono stati dettati i principi generali sulla base dei quali le Regioni, a cui lo Stato ha delegato l'adozione della classificazione sismica del territorio, hanno redatto l'elenco dei comuni con la relativa attribuzione a una delle quattro zone, a pericolosità decrescente, nelle quali è stato riclassificato il territorio nazionale. Ciò ha comportato, ricorda sempre la sentenza D'Alessio, l'eliminazione del territorio "non classificato" e l'introduzione della zona 4, rispetto alla quale è data alle Regioni la facoltà di prescrivere l'obbligo della progettazione antisismica, da considerarsi quindi, in assenza di ulteriori specificazioni, come a bassa sismicità.
4. Occorre pertanto ribadire che in conseguenza dell'eliminazione di quello che, in precedenza, era definito "territorio non classificato" e considerando che è attualmente prevista la facoltatività della prescrizione dell'obbligo della progettazione antisismica per le opere rientranti nella zona 4, alla stessa devono ritenersi corrispondenti le aree a bassa sismicità, di cui al combinato disposto degli artt. 83 e 94 d.PR. 380/2001.
5. Ciò posto, va anche ricordato come, in maniera altrettanto condivisibile, la giurisprudenza di questa Corte abbia ripetutamente affermato che il reato di omessa denuncia lavori in zona sismica, previsto dall'art. 93 d.P.R. 380/2001, è configurabile anche in caso di esecuzione di opere in zona inclusa tra quelle a basso indice sismico, atteso che l'art. 83, comma secondo, del citato decreto, non pone alcuna distinzione in merito alle categorie delle zone medesime (Sez. 3, n. 30651 del 20/12/2016 (dep. 2017), Rubini ed altro, Rv. 270233; Sez. 3, n. 22312 del 15/02/2011, Morini, Rv. 250369).
Alla odierna ricorrente è stato contestato anche il reato di cui al menzionato art. 93 d.P.R. 380/2001, sicché è evidente come le osservazioni formulate nel motivo di ricorso in esame siano del tutto inconferenti.
6. Per ciò che concerne, poi, l'ulteriore contestazione della violazione sanzionata dall'
art. 94, osserva il Collegio come il motivo di ricorso si risolva, sul punto, in una mera asserzione, non essendo stato in alcun modo specificato per quali ragioni il giudice avrebbe errato nell'affermare la responsabilità dell'imputata, dal momento che la mera collocazione del territorio del comune dove insistono le opere abusivamente realizzate in zona 4 non esclude automaticamente la necessità del titolo abilitativo, ben potendo la Regione prevedere comunque, come si è appena visto, tale obbligo.
La ricorrente non fornisce alcun elemento che consenta di ritenere che la Regione non abbia utilizzato tale facoltà ed, anzi, una esplicita smentita si rinviene nella Deliberazione n. 408 del 19.12.2003, recante "Individuazione, formazione ed aggiornamento dell'elenco delle zone sismiche ed adempimenti connessi al recepimento ed attuazione dell'Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 20.03.2003, n. 3274" e nell'allegato decreto dirigenziale del 15/01/2004, ove, nell'art. 5, si afferma la volontà di "introdurre l'obbligo della progettazione antisismica anche per i Comuni classificati sismicamente in zona 4, sia per la progettazione delle nuove costruzioni che per gli interventi sul patrimonio edilizio esistente, fermi restando i contenuti semplificati delle norme tecniche e il regime transitorio previsto dall'Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274 del 20.03.2003".
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8. Quanto alla consistenza delle opere, che la ricorrente ritiene modesta, occorre ricordare che la giurisprudenza di questa Corte ha, in più occasioni, delimitato l'ambito di applicazione della normativa sulle costruzioni in zona sismica con riferimento alla natura degli interventi realizzati.
Seppure, in un primo tempo, si sia affermato che la funzione di salvaguardia della pubblica utilità perseguita porta ad escluderne l'applicazione per gli interventi che non interessano la pubblica incolumità, quali quelli di manutenzione ordinaria o straordinaria del patrimonio edilizio già esistente (Sez. 3, n. 10188 del 10/07/1981, Filloramo, Rv. 150961), si è successivamente chiarito che la natura delle opere è irrilevante e ciò in quanto la violazione delle norme antisismiche richiede soltanto l'esecuzione di lavori edilizi in zona sismica (Sez. 3, n. 46081 del 08/10/2008, Sansone, Rv. 241783). Il principio è stato successivamente ribadito (Sez. 3, n. 34604 del 17/06/2010, Todaro, Rv. 248330).
Altrettanto inconferente è stata ritenuta la natura dei materiali usati e delle strutture realizzate, in quanto le disposizioni relative alla disciplina antisismica hanno una portata particolarmente ampia e si applicano a tutte le costruzioni la cui sicurezza possa comunque interessare la pubblica incolumità (cfr. Sez. 3, n. 24086 del 11/04/2012, Di Nicola, Rv. 253056; Sez. 3, n. 6591 del 24/11/2011 (dep. 2012), D'Onofrio, Rv. 252441; Sez. 3, n. 30224 del 21/06/2011, Floridia, Rv. 251284; Sez. 3, n. 23076 del 27/04/2011, Coppa, non massimata; Sez. 3, n. 33767 del 10/05/2007, Puleo, Rv. 237375; Sez. 3, n. 38142 del 26/09/2001, Tucci, Rv. 220269).
Nel caso di specie, peraltro, si tratta comunque di opere di una certa consistenza, come emerge dalla semplice lettura dell'imputazione, riferita a realizzazione di manufatti adibiti a box, deposito, ricovero autoclave, chiosco bar, laboratorio di pasticceria etc.
(Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 15.11.2018 n. 51600).

ottobre 2018

EDILIZIA PRIVATAPAVIMENTAZIONI INDUSTRIALI: devono essere considerate strutture? Il parere del Genio Regione Toscana.
PAVIMENTAZIONI INDUSTRIALI: un parere richiesto al Genio della Regione Toscana conferma la novità, in alcuni casi devono essere considerate strutture.
Come già evidenziato in alcune Circolari la nuova edizione delle Norme Tecniche delle Costruzioni contiene delle novità che portano ad includere alcune tipologie di pavimentazioni industriali tra le strutture.
Cosa significa questo? Per saperne di più abbiamo inviato un quesito alla Sezione Sismica della Regione Toscana, che ha portato il caso alla propria Commissione tecnica.
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IL NOSTRO QUESITO ALLA REGIONE TOSCANA
Premesso:
  
che la nuova revisione delle Norme Tecniche (ed. 2018) prevede al capitolo 4.1 che “Formano oggetto delle presenti norme le strutture di: Calcestruzzo armato normale (cemento armato), Calcestruzzo armato precompresso (cemento armato precompresso), Calcestruzzo a bassa percentuale di armatura o non armato” e che quindi anche le pavimentazioni industriali in calcestruzzo possano essere richiamate in quest’ultima voce;
  
che la proposta della circolare esplicativa delle NTC2018, introduce per la prima volta un riferimento esplicito alle pavimentazioni, attraverso il riferimento alle istruzioni sopra citate, riportato nel capitolo 4 (C4.1 Costruzioni in calcestruzzo);
  
che le Istruzioni per la Progettazione, l’Esecuzione ed il Controllo delle Pavimentazioni di Calcestruzzo emesse dal CNR (doc. CNR-DT 211/2014), stabiliscono per opere rilevanti la necessità di dimensionare e verificare la pavimentazione agli Stati Limite di Esercizio e Ultimi a cura di un progettista, di cui specificano compiti e responsabilità;
Qualora fosse confermato, nel decreto di pubblicazione, il testo della circolare sopra citato, si chiede:
   • se la progettazione delle pavimentazioni in calcestruzzo debba essere realizzata da un progettista abilitato;
   • se il progetto debba essere depositato presso il Genio Civile;
   • se la realizzazione della pavimentazione debba essere controllata da una direzioni lavori;
   • se non richieda la denuncia allo sportello unico, pur trattandosi di opere in conglomerato cementizio armato normale, composte da un complesso di strutture in conglomerato cementizio e armature con funzione statica, oppure in conglomerato cementizio armato post-tesi, quelle composte da strutture in conglomerato cementizio e armature nelle quali si imprime artificialmente uno stato di sollecitazione addizionale di natura ed entità che assicurano permanentemente l'effetto statico voluto.
Cordiali saluti.
Andrea Dari - Direttore CONPAVIPER
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LA RISPOSTA DELLA REGIONE TOSCANA
Regione Toscana - Sismica: Responsabile di Settore

OGGETTO: DPR 380/2001 e LR 65/2014. Costruzioni in zona sismica - Parere in merito a “Le pavimentazioni in calcestruzzo” - Richiedente: Ente Nazionale CONPAVIPER.

In riferimento alla Vs. richiesta di parere via e-mail in data 21/09/2018 relativa ad eventuali obblighi connessi alla realizzazione di pavimentazioni in calcestruzzo si osserva occorre distinguere i seguenti casi:
   • la pavimentazione (ipotizzata come una soletta almeno debolmente armata) abbia una specifica funzione strutturale, autonoma oppure in combinazione con altri elementi (ad esempio travi) e che la stessa sia essenziale per assicurare, localmente o globalmente, la sicurezza statica della costruzione;
   • la pavimentazione costituisca solo un elemento di “finitura” della costruzione e pertanto lo si possa considerare come elemento “portato” alla stregua dei carichi permanenti non strutturali usualmente gravanti sulle costruzioni.
A parere di questo Settore solo il sopra illustrato caso 2 risulta esentato dall’obbligo del deposito del progetto ai sensi degli art. 65 e 93 del DPR 380/2001, restando inteso che le strutture chiamate a sostenere tale pavimentazione dovranno essere verificate da tecnico abilitato e, se già esistenti, essere sottoposte a eventuali interventi di rinforzo locale o globale per il quale sarà necessario predisporre uno specifico progetto da depositare ai sensi dei sopra citati articoli del DPR 380/2001.
Ricorrendo il caso 1, invece, occorrerà che la pavimentazione in calcestruzzo (elemento con funzione strutturale) sia progettata da professionista abilitata, sia oggetto di deposito presso gli organi di controllo (ex Genio Civile), sia sottoposta al controllo di un Direttore dei lavori abilitato.
Infine si fa presente che l’art. 53 del DPR 380/2001 (da leggersi in parallelo al successivo art. 64 e comunque anche nel testo originario dell’art. 1 dell’ancora vigente L. 1086/1971) classifica le opere in c.a. quelle “composte da un complesso di strutture in conglomerato cementizio ed armature che assolvono una funzione statica”; inoltre l’art. 64, sempre per le medesime opere richiede di “evitare qualsiasi pericolo per la pubblica incolumità”. Ne consegue che tali evenienze ricorrono solo nel sopra descritto caso 2.

Cordiali saluti.
Il responsabile PO: Ing. Luca Gori - Il Dirigente responsabile Ing. Franco Gallori
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Ricevuta la lettera di cui sopra, abbiamo posto agli stessi uffici un ulteriore quesito:
"Salve ingegnere,
se il parere non è ancora formalmente chiuso ci sarebbe utile capire se le pavimentazioni industriali su cui poggiano scaffalature rientrino nella categoria 1 o 2."
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LA RISPOSTA DELLA REGIONE TOSCANA
Se il pavimento ha funzioni strutturali proprie o collabora con la struttura principale allora va considerato come elemento strutturale. E' il caso 1.
Altrimenti, se è solo un pavimento cioè una finitura -anche se di tipo industriale dell'edificio- dovrà rispondere a esigenze di altra natura, non strutturali.
Il fatto che poi sopra ci vadano carichi pesanti (botti o parmigiano, per esempio) deve far porre questa domanda: il pavimento industriale è solo un ripartitore di carico prima di incontrare le strutture oppure collabora insieme alle strutture a garantire la capacità portante?
Da questo discende se si debba considerare struttura o meno (26.10.2018 - tratto da e link a www.conpaviper.org).

EDILIZIA PRIVATA: Costruzione di un gazebo in zona sismica.
Risponde dei reati di cui all’art. 44, lett. b), e artt. 88, 93, 95, DPR 380/2001, e di cui all’art. 2, L.Reg. 07.01.1983, n. 9, colui che, in zona sismica, omettendo di depositare prima dell’inizio dei lavori gli atti progettuali presso l’Ufficio del Genio Civile competente, realizzi, in assenza del permesso di costruire, ma depositando soltanto una DIA, un gazebo in legno delle dimensioni di 36 mq. (TRIBUNALE di Napoli, Sez. I, sentenza 03.10.2018 n. 10908 - massima tratta da www.laleggepertutti.it).

luglio 2018

EDILIZIA PRIVATA: la Regione Toscana chiede lumi a Roma in ordine alla portata pratica della statuizione Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 15.12.2017 n. 56040.
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   1-0- nota 16.01.2018 n. T/22340/A.060.010 di prot. (Regione Toscana);
   1-1- Oggetto: Legge 64/1974, Classificazione sismica del Comune di Tignale. Brescia (Consiglio Superiore dei LL.PP., Sez. I, parere 16.11.2005 n. 234 di prot.);
   1-2- Oggetto: Applicazione del D.M. 14.09.2005, recante "Norme tecniche per le costruzioni" (Consiglio Superiore dei LL.PP., Sez. I, parere 13.12.2005 n. 264 di prot.);
   1-3- Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 18.04.2012 n. 2275;
   1-4- TAR Liguria, Sez. I, sentenza 03.12.2015 n. 996;
   2- Oggetto: Richiesta di parere sul regime dei controlli delle costruzioni in zone sismiche. Artt. 83, 93 e 94 del DPR 380/2001 (Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per gli Affari Regionali e le Autonomie, nota 29.01.2018 n. 1637 di prot.);
   3- Sentenze Corte di Cassazione, Sez. penale, 05.07.2017 n. 56040 e 14.11.2017, n. 2118 (190/2018) - Artt. 93 e 94 D.P.R. 06.06.2001, n. 380 recante ‟TESTO UNICO DELLE DISPOSIZIONI LEGISLATIVE E REGOLAMENTARI IN MATERIA EDILIZIA” - Ordine del giorno di impegno per il Governo (Conferenza delle Regioni ed elle Province autonome, ordine del giorno 19.04.2018 n. 18/45/SRFS/C4);
   4- Oggetto: Interpretazione sulla classificazione delle zone sismiche in relazione all’attivazione dei controlli sulle costruzioni edilizie di cui agli artt. 93 e 94 del D.P.R. 380/2001, nell’ambito delle competenze esclusive dello Stato di cui all’art. 83 del medesimo D.P.R. (Consiglio Superiore dei LL.PP., Servizio Tecnico Centrale, nota 17.07.2018 n. 6602 di prot.),

giugno 2018

EDILIZIA PRIVATA: Il completamento dell’esistente secondo piano configura in ogni caso una “sopraelevazione”, con la conseguenza che per detta attività era comunque necessario il previo rilascio dell’autorizzazione ai sensi dell’art. 90 d.p.r. n. 380/2001.
A tal riguardo, va evidenziato che ai sensi della citata disposizione: «1. È consentita, nel rispetto degli strumenti urbanistici vigenti:
   a) la sopraelevazione di un piano negli edifici in muratura, purché nel complesso la costruzione risponda alle prescrizioni di cui al presente capo;
   b) la sopraelevazione di edifici in cemento armato normale e precompresso, in acciaio o a pannelli portanti, purché il complesso della struttura sia conforme alle norme del presente testo unico.
2. L’autorizzazione è consentita previa certificazione del competente ufficio tecnico regionale che specifichi il numero massimo di piani che è possibile realizzare in sopraelevazione e l’idoneità della struttura esistente a sopportare il nuovo carico.».
In ogni caso, per quanto l’art. 94 d.p.r. n. 380/2001 limita la necessità del conseguimento della previa autorizzazione agli interventi edilizi da realizzare in zone sismiche “ad eccezione di quelle a bassa sismicità all’uopo indicate nei decreti di cui all’articolo 83” (e quindi certamente rientra in detta eccezione il Comune di -OMISSIS- in quanto territorio classificato a bassa sismicità (ndr: zona 3), va tuttavia evidenziato che la disposizione di portata più generale in precedenza analizzata (i.e. art. 90 d.p.r. n. 380/2001) impone la necessità in via generale della previa autorizzazione per opere particolarmente impattanti dal punto di vista della statica dell’edificio quale la sopraelevazione, senza specificazione alcuna e quindi a prescindere che l’opera sia realizzata in un Comune a bassa sismicità ovvero ad elevato livello di sismicità.
Ne consegue che nel caso di specie la ricorrente avrebbe dovuto richiedere ed ottenere l’autorizzazione ai sensi dell’art. 90 d.p.r. n. 380/2001.
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1. - In data 10.12.2015 l’odierna ricorrente -OMISSIS- presentava DIA (n. 670/15) per la “manutenzione straordinaria di piccola copertura esistente al secondo piano dell’immobile di proprietà sito in -OMISSIS- alla via -OMISSIS- ed ampliamento nel limite del 20% ex c.d. Piano Casa (L.R. 14/2009)”.
I lavori subivano una sospensione con ordinanza dell’UTC n. 3 del 04.02.2016 al fine di verificare l’eventuale inosservanza delle norme di legge e di regolamento, delle prescrizioni degli strumenti urbanistici o delle modalità esecutive fissate nei titoli abilitativi.
La ricorrente provvedeva, inoltre, ad una integrazione istruttoria ed al pagamento dell’oblazione al fine di estinguere il procedimento penale nel frattempo attivato.
Con successiva ordinanza n. 4/2016 l’Amministrazione, preso atto del deposito dei calcoli statici da parte della -OMISSIS-, revocava la precedente ordinanza di sospensione.
I lavori, pertanto, riprendevano quando, in prossimità della loro ultimazione, veniva dapprima notificato l’avvio del procedimento di annullamento in autotutela del titolo abilitativo, poi conclusosi con l’adozione della gravata ordinanza n. -OMISSIS- di revoca del titolo abilitativo, e successivamente ordinata la riduzione in pristino dei luoghi con la censurata ordinanza n. 11/2017.
La violazione constatata dalla Amministrazione nei censurati provvedimenti consisteva nella: “… mancanza di conformità tra la documentazione fotografica allegata relativa allo stato dei luoghi con la planimetria catastale e l’assenza della preventiva autorizzazione per opere di sopraelevazione ai sensi dell’art. 90 del D.P.R. n. 380/2001 e s.m.i., al piano lastrico solare facente parte dell’immobile sito in -OMISSIS- via -OMISSIS-, distinto in catasto al fg. 22 p.lla 373 sub 22”.
La -OMISSIS- impugnava le citate ordinanze, deducendo censure così sinteticamente riassumibili:
   1) inesistenza dei presupposti fattuali per l’adozione del provvedimento; difetto di motivazione e vizio di presupposizione: l’incongruenza tra la documentazione fotografica allegata e la planimetria catastale (incongruenza pur ammessa dalla stessa interessata, non essendovi stato accatastamento dell’originaria struttura) non può comportare l’annullamento del titolo, dovendo al più l’Amministrazione richiedere alla istante in fase istruttoria di procedere all’accatastamento della struttura esistente al secondo piano, la cui consistenza e risalenza non può essere posta in dubbio, essendo attestata anche dall’atto pubblico di acquisto; inoltre, l’intervento per cui è causa non sarebbe soggetto ad autorizzazione alla sopraelevazione ai sensi dell’art. 90 d.p.r. n. 380/2001, in quanto non si tratterebbe di sopraelevazione, ma di completamento fisiologico di costruzione preesistente (secondo piano);
in ogni caso, per la mera sopraelevazione anche in base alla disciplina regionale di cui alla DGR 26.07.2016 n. 1166 dettata con riferimento ai territori a bassa sismicità è sufficiente il semplice deposito ex art. 93 d.p.r. n. 380/2001, anziché l’autorizzazione di cui all’art. 94 d.p.r. n. 380/2001 non necessaria per i territori a bassa sismicità come appunto nel caso di -OMISSIS-;
   2) eccesso di potere per contraddittorietà tra le ordinanze gravate ed i precedenti atti e comportamenti tenuti dall’Amministrazione (ordinanza di revoca della sospensione n. 4/16 e nota di trasmissione prot. n. 7608 del 16.03.2016): sarebbe contraddittorio l’atteggiamento assunto dall’Amministrazione; questa, infatti, in precedenza revocava con il provvedimento n. 4/2016 l’ordinanza di sospensione dei lavori n. 3/2016; subito dopo la ricorrente provvedeva al deposito delle calcolazioni ex art. 93 d.p.r. n. 380/2001; l’Amministrazione comunale avrebbe avuto tutte le possibilità di verificare la compatibilità del progetto con la disciplina antisismica ed eventualmente chiedere al privato di ottenere la supposta necessaria autorizzazione dal Genio civile (attualmente la Provincia).
La istante invocava, infine, tutela risarcitoria per lesione dell’affidamento.
...
4. - Ciò premesso in punto di fatto, ritiene questo Giudice che il ricorso debba essere respinto in quanto infondato.
Invero, il completamento dell’esistente secondo piano configura in ogni caso una “sopraelevazione” come correttamente evidenziato nelle censurate ordinanze e come emerge anche dalla documentazione fotografica in atti, con la conseguenza che per detta attività era comunque necessario il previo rilascio dell’autorizzazione ai sensi dell’art. 90 d.p.r. n. 380/2001.
A tal riguardo, va evidenziato che ai sensi della citata disposizione: «1. È consentita, nel rispetto degli strumenti urbanistici vigenti:
   a) la sopraelevazione di un piano negli edifici in muratura, purché nel complesso la costruzione risponda alle prescrizioni di cui al presente capo;
   b) la sopraelevazione di edifici in cemento armato normale e precompresso, in acciaio o a pannelli portanti, purché il complesso della struttura sia conforme alle norme del presente testo unico.
2. L’autorizzazione è consentita previa certificazione del competente ufficio tecnico regionale che specifichi il numero massimo di piani che è possibile realizzare in sopraelevazione e l’idoneità della struttura esistente a sopportare il nuovo carico
.».
In ogni caso, per quanto l’art. 94 d.p.r. n. 380/2001 limita la necessità del conseguimento della previa autorizzazione agli interventi edilizi da realizzare in zone sismiche “ad eccezione di quelle a bassa sismicità all’uopo indicate nei decreti di cui all’articolo 83” (e quindi certamente rientra in detta eccezione il Comune di -OMISSIS- in quanto territorio classificato a bassa sismicità (ndr: zona 3), va tuttavia evidenziato che la disposizione di portata più generale in precedenza analizzata (i.e. art. 90 d.p.r. n. 380/2001) impone la necessità in via generale della previa autorizzazione per opere particolarmente impattanti dal punto di vista della statica dell’edificio quale la sopraelevazione, senza specificazione alcuna e quindi a prescindere che l’opera sia realizzata in un Comune a bassa sismicità ovvero ad elevato livello di sismicità.
Ne consegue che nel caso di specie la ricorrente avrebbe dovuto richiedere ed ottenere l’autorizzazione ai sensi dell’art. 90 d.p.r. n. 380/2001 (disposizione correttamente richiamata nella motivazione dei censurati provvedimenti).
Stante il carattere assorbente della citata ragione ostativa rispetto alla legittimità dell’opera, ragione di per sé sola idonea a sorreggere la motivazione dei provvedimenti impugnati, può quindi prescindersi dalla disamina di quanto evidenziato dalla istante con il motivo di ricorso sub 2) in linea con l’insegnamento di cui alla pronunzia dell’Adunanza Plenaria n. 5/2015 (punto 9.3.4.3 della motivazione).
5. - Dalle argomentazioni espresse in precedenza discende la reiezione del ricorso.
In ogni caso non può trovare accoglimento la domanda risarcitoria formulata dalla ricorrente.
Invero, non sussiste alcun legittimo affidamento maturato dalla -OMISSIS- suscettibile di tutela risarcitoria, posto che il potere di autotutela è stato legittimamente esercitato dalla P.A. nella osservanza del termine di 18 mesi prescritto dall’art. 21-nonies, comma 1 legge n. 241/1990 nella formulazione ratione temporis applicabile alla fattispecie de qua (cfr. legge n. 124/2015) (TAR Puglia-Bari, Sez. III, sentenza 08.06.2018 n. 860 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

maggio 2018

EDILIZIA PRIVATAOggetto: Differimento dei termini di presentazione pratiche sismiche in formato cartaceo - Decreto dirigenziale n. 7262 del 21.05.2018 (Regione Lombardia - D.G. Sicurezza, Protezione Civile e Immigrazione - Sistema Integrato di Prevenzione - Prevenzione Rischio Sismico e Rischi Integrati, nota 22.05.2018 n. 4688 di prot.).

marzo 2018

EDILIZIA PRIVATA: PER AMPLIAMENTO, CAMBIO DI DESTINAZIONE D’USO E MANUTENZIONE STRAORDINARIA IN ZONA SISMICA NECESSARIO IL PROGETTO AL S.U.E.
In materia di reati antisismici, i lavori di ampliamento e cambio di destinazione d’uso parziale, nonché di manutenzione straordinaria di un fabbricato in zona sismica, necessitano della presentazione del progetto allo sportello unico per l’edilizia; ne consegue che l’eventuale omissione integra la contravvenzione di cui al d.P.R. 06.06.2001, n. 380, art. 95.
Il tema affrontato dalla Corte di cassazione con la sentenza in esame attiene alla necessità o meno di presentare il progetto allo Sportello Unico dell’Edilizia in caso di interventi edilizi in zona sismica.
La vicenda processuale segue alla sentenza con cui il Tribunale aveva condannato un imputato per i reati di cui al d.P.R. 06.06.2001, n. 380, artt. 83 e 95 e L.R. 07.01.1983, n. 9, art. 2, stante l’omesso previo deposito degli atti progettuali relativi a lavori di ampliamento e cambio di destinazione di un fabbricato di sua proprietà.
Avverso la detta sentenza proponeva ricorso per cassazione l’imputato, in particolare sostenendo che dall’istruttoria esperita non era stato possibile desumere né le modalità né la tipologia d’intervento eseguito sull’immobile, laddove solamente in caso di realizzazione di costruzioni, riparazioni, sopraelevazioni in zona sismica vi era obbligo alla presentazione del progetto allo sportello unico per l’edilizia per essere autorizzato dall’Ufficio tecnico regionale.
La tesi difensiva è stata ritenuta infondata dagli Ermellini che, sul punto, nell’affermare il principio di cui in massima, hanno ricordato che, in materia di reati antisismici, integra la contravvenzione di cui al d.P.R. 06.06.2001, n. 380, art. 95, qualsiasi intervento edilizio, con la sola eccezione di quelli di semplice manutenzione ordinaria, effettuato in zona sismica, comportante o meno l’esecuzione di opere in conglomerato cementizio armato, che non sia preceduto dalla previa denuncia al competente ufficio con presentazione di un progetto redatto da tecnico abilitato, o per il quale non sia stato rilasciato il titolo abilitativo, i cui lavori non siano stati svolti sotto la direzione di professionista abilitato (Cass. pen., Sez. III, 17.09.2014, n. 48005, G. e altro, CED, 261155; Id., Sez. III, 17.06.2010, n. 34604, T., CED, 248330).
In particolare, anzi, è stato precisato che, in tema di prevenzione del rischio sismico, il reato previsto dall’art. 95 cit. è applicabile a qualsiasi opera, eseguita in assenza della prescritta autorizzazione antisismica, in grado di esporre a pericolo la pubblica incolumità, senza che le Regioni possano adottare in via amministrativa deroghe per particolari categorie di interventi (in specie si trattava di opere di sostegno di cartellonistica pubblicitaria di rilevanti dimensioni, illegittimamente qualificate da delibera della regione Calabria come “opere minori”, sottratte alle leggi nazionali e regionali in materia di edilizia sismica: Cass. pen., Sez. III, 14.01.2015, n. 19185, G., CED, 263376).
Nel caso esaminato, era emerso che l’imputato aveva eseguito lavori di ampliamento e cambio di destinazione d’uso parziale, nonché di manutenzione straordinaria del fabbricato di sua proprietà in zona sismica, omettendo la presentazione del progetto allo sportello unico per l’edilizia. Alla stregua dei rilievi che precedono, quindi, l’intervento siccome eseguito, si legge nella sentenza della Cassazione, postulava la presentazione del progetto allo sportello unico, non risolvendosi in una mera ordinaria manutenzione del fabbricato (
Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 12.03.2018 n. 10794 - Urbanistica e appalti 3/2018).

febbraio 2018

EDILIZIA PRIVATA: Edilizia in zone sismiche - Pericolo la pubblica incolumità e normativa antisismica - Variazione delle dimensioni dei pilastri di sostegno di un manufatto - Reati di pericolo - Rilascio postumo del parere favorevole da parte dell'Ufficio del Genio Civile - Ininfluenza.
L'art. 93, comma 1, d.P.R. 380/2001, prevede che nelle zone sismiche «chiunque intenda procedere a costruzioni, riparazioni e sopraelevazioni è tenuto a darne preavviso scritto allo sportello unico», non potendo iniziare i lavori senza la preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico regionale a norma del successivo art. 94, comma 1, d.P.R. 380/2001.
La disciplina penale in parola è applicabile a qualsiasi opera in grado di esporre a pericolo la pubblica incolumità (Sez. 3, n. 19185 del 14/01/2015, Garofano; Sez. 3, n. 24086 del 11/04/2012, Di Nicola e a.) e non v'è dubbio che ciò ricorra nella variazione delle dimensioni dei pilastri di sostegno di un manufatto di rilevanti dimensioni come quello di specie, nella costruzione di una rampa in cemento armato adibita al transito veicolare, addirittura nella sopraelevazione di un intero piano del fabbricato (tipologia di opera, quest'ultima, espressamente contemplata nell'art. 93, comma 1, d.P.R. 380/2001).
Essendo le ultime menzionate due opere nuove, non contemplate nell'originario progetto, non v'è dubbio che non possa riconoscersi alcuna rilevanza alla precedente denuncia dei lavori ed alla relativa autorizzazione, essendo fuori di luogo parlare di "varianti non sostanziali" ovvero -come pure fa la Corte d'appello- richiamare il concetto di variazione non essenziale ricavabile dall'art. 32 d.P.R. 380/2001, disposizione che riguarda esclusivamente la legittimità urbanistica dell'opera rispetto al contenuto del permesso di costruire.
Trattandosi di reati di pericolo, poi, nessun rilievo può riconoscersi alla verifica postuma della compatibilità dell'opera con le norme tecniche costruttive, essendo del pari pacifico il principio secondo cui, in tema di reati concernenti l'attività edificatoria in zone sismiche, l'eventuale rilascio postumo del parere favorevole da parte dell'Ufficio del Genio Civile competente, che attesta la rispondenza alla normativa antisismica delle opere realizzate, non elide l'antigiuridicità penale della condotta consistita nell'aver iniziato i relativi lavori senza preventiva autorizzazione scritta dal competente ufficio tecnico regionale (Sez. 3, n. 27876 del 16/06/2015, Pro, Rv. 264201) (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 12.02.2018 n. 6738 - link a
www.ambientediritto.it).
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MASSIMA
5. Del pari fondate sono le doglianze dei ricorrenti -e della parte civile specialmente- relative all'assoluzione dalle contravvenzioni in materia di vigilanza sulle costruzioni in zone sismiche, quale pacificamente è il comune di Sant'Agata di Puglia, previste dagli artt. 93-95 e 94-95 d.P.R. 380/2001 rispettivamente contestati ai capi i) e l) della rubrica.
La Corte territoriale, invero, ha riconosciuto che gli elaborati progettuali per la realizzazione della rampa esterna di cui alla d.i.a. del 29.07.2008 e del piano sottotetto di cui al permesso di costruire in variante del 30.07.2009, nonché la variazione della dimensione di alcuni pilastri, non erano presenti tra gli atti a suo tempo depositati al Genio Civile e furono tardivamente presentati, dopo l'esecuzione delle opere, soltanto il 25.09.2009 ed approvati il 31.03.2010.
Il giudice d'appello, tuttavia, ha assolto l'imputato sul rilievo che l'Ufficio del Genio Civile aveva approvato i progetti osservando che i trattava di varianti "non sostanziali", sicché le stesse, non comportando un mutamento dell'impatto statico del manufatto, non sarebbero state soggette al deposito preventivo del progetto, potendo invece essere presentate successivamente prima della fine dei lavori.
Detto rilievo -in alcun modo motivato in diritto- è indubbiamente errato e contrario al chiaro principio espresso nell'art. 93, comma 1, d.P.R. 380/2001, secondo cui nelle zone sismiche «chiunque intenda procedere a costruzioni, riparazioni e sopraelevazioni è tenuto a darne preavviso scritto allo sportello unico», non potendo iniziare i lavori senza la preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico regionale a norma del successivo art. 94, comma 1, d.P.R. 380/2001.
La disciplina penale in parola, invero, è applicabile a qualsiasi opera in grado di esporre a pericolo la pubblica incolumità (Sez. 3, n. 19185 del 14/01/2015, Garofano, Rv. 263376; Sez. 3, n. 24086 del 11/04/2012, Di Nicola e a., Rv. 253056) e non v'è dubbio che ciò ricorra nella variazione delle dimensioni dei pilastri di sostegno di un manufatto di rilevanti dimensioni come quello di specie, nella costruzione di una rampa in cemento armato adibita al transito veicolare, addirittura nella sopraelevazione di un intero piano del fabbricato (tipologia di opera, quest'ultima, espressamente contemplata nell'art. 93, comma 1, d.P.R. 380/2001).
Essendo le ultime menzionate due opere nuove, non contemplate nell'originario progetto, non v'è dubbio che non possa riconoscersi alcuna rilevanza alla precedente denuncia dei lavori ed alla relativa autorizzazione, essendo fuori di luogo parlare di "varianti non sostanziali" ovvero -come pure fa la Corte d'appello- richiamare il concetto di variazione non essenziale ricavabile dall'art. 32 d.P.R. 380/2001, disposizione che riguarda esclusivamente la legittimità urbanistica dell'opera rispetto al contenuto del permesso di costruire.
Trattandosi di reati di pericolo, poi, nessun rilievo può riconoscersi alla verifica postuma della compatibilità dell'opera con le norme tecniche costruttive, essendo del pari pacifico il principio secondo cui,
in tema di reati concernenti l'attività edificatoria in zone sismiche, l'eventuale rilascio postumo del parere favorevole da parte dell'Ufficio del Genio Civile competente, che attesta la rispondenza alla normativa antisismica delle opere realizzate, non elide l'antigiuridicità penale della condotta consistita nell'aver iniziato i relativi lavori senza preventiva autorizzazione scritta dal competente ufficio tecnico regionale (Sez. 3, n. 27876 del 16/06/2015, Pro, Rv. 264201) (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 12.02.2018 n. 6738).

gennaio 2018

EDILIZIA PRIVATA: Attività edilizia in zona sismica - Opere edilizie con strutture in legno - Opere precarie - Applicabilità della disciplina per le costruzioni in zona sismica - Giurisprudenza - Artt. 44, 93, 94 e 95, d.P.R. n. 380/2001.
Anche le opere edilizie con strutture in legno, allorché realizzate in una zona dichiarata sismica, sono sottoposte alla disciplina di cui alla L. 02.02.1974 n. 64, in quanto l'utilizzo di elementi strutturali di minore solidità rende ancora più necessari i controlli e le cautele prescritte dalla citata legge in materia di costruzioni in zona sismica (Sez. 3, n. 10205 del 18/01/2006, Solis).
Ciò sul rilievo che ai fini della configurabilità dei reati previsti dalla disciplina in tema di costruzioni in zone sismiche, le norme dettate dagli artt. 93, 94 e 95, d.P.R. n. 380 del 2001 si riferiscono a tutte le costruzioni, sopraelevazioni e riparazioni edili, a prescindere dal materiale con cui vengono realizzate (Sez. 3, n. 9126 del 16/11/2016, Aliberti; Sez. 3, n. 48950 del 04/11/2015, Baio; Sez. 3, n. 34604 del 17/06/2010, Todaro; Sez. 3, n. 28514 del 29/05/2007, Libonati).
Per tale ragione, non sono escluse dall'orbita applicativa della fattispecie in questione nemmeno le opere precarie (Sez. 3, n. 37322 del 03/07/2007, Borgia; Sez. 3, n. 24086 del 11/04/2012, Di Nicola, che ritenuto soggetta a regime autorizzatorio antisismico l'installazione di pannelli autostradali a messaggi variabili) (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 31.01.2018 n. 4567 - link a
www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: Anche le opere edilizie con strutture in legno, allorché realizzate in una zona dichiarata sismica, sono sottoposte alla disciplina di cui alla L. 02.02.1974 n. 64, in quanto l'utilizzo di elementi strutturali di minore solidità rende ancora più necessari i controlli e le cautele prescritte dalla citata legge in materia di costruzioni in zona sismica.
Ciò sul rilievo che ai fini della configurabilità dei reati previsti dalla disciplina in tema di costruzioni in zone sismiche, le norme dettate dagli artt. 93, 94 e 95, d.P.R. n. 380 del 2001 si riferiscono a tutte le costruzioni, sopraelevazioni e riparazioni edili, a prescindere dal materiale con cui vengono realizzate.
Per tale ragione, non sono escluse dall'orbita applicativa della fattispecie in questione nemmeno le opere precarie.
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4. Il secondo motivo è manifestamente infondato, considerato che anche le opere edilizie con strutture in legno, allorché realizzate in una zona dichiarata sismica, sono sottoposte alla disciplina di cui alla L. 02.02.1974 n. 64, in quanto l'utilizzo di elementi strutturali di minore solidità rende ancora più necessari i controlli e le cautele prescritte dalla citata legge in materia di costruzioni in zona sismica (Sez. 3, n. 10205 del 18/01/2006, Solis, Rv. 233671).
Ciò sul rilievo che ai fini della configurabilità dei reati previsti dalla disciplina in tema di costruzioni in zone sismiche, le norme dettate dagli artt. 93, 94 e 95, d.P.R. n. 380 del 2001 si riferiscono a tutte le costruzioni, sopraelevazioni e riparazioni edili, a prescindere dal materiale con cui vengono realizzate (Sez. 3, n. 9126 del 16/11/2016, Aliberti, Rv. 269303; Sez. 3, n. 48950 del 04/11/2015, Baio, Rv. 266033; Sez. 3, n. 34604 del 17/06/2010, Todaro, Rv. 248330; Sez. 3, n. 28514 del 29/05/2007, Libonati, Rv. 237656).
Per tale ragione, non sono escluse dall'orbita applicativa della fattispecie in questione nemmeno le opere precarie (Sez. 3, n. 37322 del 03/07/2007, Borgia, Rv. 237842; Sez. 3, n. 24086 del 11/04/2012, Di Nicola, Rv. 253056, che ritenuto soggetta a regime autorizzatorio antisismico l'installazione di pannelli autostradali a messaggi variabili) (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 31.01.2018 n. 4567).

EDILIZIA PRIVATAIl condono non salva l'immobile. Se è in zona sismica l'edificio abusivo può essere abbattuto. Una sentenza della Cassazione individua il pericolo di danno nel solo rischio di terremoto.
L'abuso edilizio compiuto in zona sismica che comprometta la stabilità di un edificio va abbattuto anche se è stato oggetto di condono. L'attualità del pericolo di danno deve valutarsi non già in riferimento allo stato asismico, bensì in relazione alla possibilità, sempre incombente nelle zone sismiche, di un movimento tellurico. Sicché dalla inosservanza delle prescrizioni tecniche deve desumersi una presunzione di instabilità della costruzione realizzata, e, quindi, una situazione di pericolo permanente, da rimuovere senza indugio alcuno.

È il principio espresso dalla Corte di Cassazione, II Sez. civile, con la sentenza 29.01.2018 n. 2115 con la quale è stato rigettato un ricorso contro la demolizione di un corpo di fabbrica realizzato sulla superficie sovrastante un immobile del tutto abusivo, con ripristino del lastrico solare preesistente.
I giudici di piazza Cavour ricordano che l'articolo 1127, secondo comma, c.c., fa divieto al proprietario dell'ultimo piano dell'edificio condominiale di realizzare sopraelevazioni precluse dalle condizioni statiche del fabbricato e consente agli altri condomini di agire per la demolizione del manufatto eseguito in violazione di tale limite.
Inoltre lo stesso dettato normativo impedisce altresì di costruire sopraelevazioni che non osservino le specifiche disposizioni dettate dalle leggi antisismiche. Fondando la necessità di adeguamento alla relativa normativa tecnica su una presunzione di pericolosità, senza che abbia rilievo, ai fini della valutazione della legittimità delle opere sotto il profilo del pregiudizio statico, il conseguimento della concessione in sanatoria relativa ai corpi di fabbrica elevati sul terrazzo dell'edificio. Atteso che tale provvedimento prescinde da un giudizio tecnico di conformità alle regole di costruzione.
Osservano ancora i cassazionisti che, in via generale, la salvaguardia delle condizioni statiche dell'edificio ha carattere assoluto. L'accertamento delle condizioni statiche non costituisce propriamente un limite all'esercizio del diritto a sopraelevare, ma un presupposto della sua esistenza. Il relativo divieto deve essere inteso non solo nel senso che le strutture del fabbricato devono consentire di sopportare il peso della sopraelevazione, ma anche nel senso che dette strutture devono permettere di sopportare –una volta eretta la nuova fabbrica– l'urto di forze in movimento quali le sollecitazioni di origine sismica.
Pertanto, quando le norme antisismiche prescrivano particolari cautele tecniche da adottarsi, in ragione delle caratteristiche del territorio, nella sopraelevazione degli edifici, esse sono da considerarsi integrative dell'articolo 1127, comma 2, c.c., e la loro inosservanza determina una presunzione di pericolosità della sopraelevazione che può essere superata esclusivamente mediante l'allegazione della prova, incombente sull'autore della nuova costruzione, che non solo la sopraelevazione, ma anche la struttura sottostante, sia idonea a fronteggiare il rischio sismico (articolo ItaliaOggi del 03.02.2018).
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MASSIMA
Osserva il collegio che, in via generale, l'art. 1127 c.c. (con particolare riferimento al disposto del comma 2°) prevede il rispetto di tre condizioni, di cui quella riguardante la salvaguardia delle condizioni statiche dell'edificio ha carattere assoluto.
L'accertamento delle condizioni statiche non costituisce propriamente un limite all'esercizio del diritto a sopraelevare, ma un presupposto della sua esistenza. Il relativo divieto deve essere inteso non solo nel senso che le strutture del fabbricato devono consentire di sopportare il peso della sopraelevazione, ma anche nel senso che dette strutture devono permettere di sopportare -una volta eretta la nuova fabbrica- l'urto di forze in movimento quali le sollecitazioni di origine sismica: pertanto, quando le norme antisismiche prescrivano particolari cautele tecniche da adottarsi, in ragione delle caratteristiche del territorio, nella sopraelevazione degli edifici, esse sono da considerarsi integrative dell'art. 1127, comma 2, c.c., e la loro inosservanza determina una presunzione di pericolosità della sopraelevazione che può essere superata esclusivamente mediante l'allegazione della prova, incombente sull'autore della nuova costruzione, che non solo la sopraelevazione, ma anche la struttura sottostante, sia idonea a fronteggiare il rischio sismico (v. Cass. n. 3196/2008 e Cass. n. 10082/2013).
Con riferimento al ricorso in questione è importante rilevare che la prescrizione dell'art. 1127, comma 2, c.c. si applica anche con riferimento alle sopraelevazioni realizzate dal proprietario del lastrico solare (in relazione a quanto previsto dal 1° comma della stessa norma), qualità ricoperta, nella fattispecie, dal dante causa dei coniugi Os.-Pi. (odierni ricorrenti e originari convenuti), il quale aveva iniziato la costruzione (in assenza di concessione edilizia ed in violazione della normativa antisismica), al di sopra dell'immobile degli attori, di un altro piano, utilizzando la superficie di mq. 50 a lui donata dai genitori, non risultando, quindi, decisiva, ai fini dell'applicabilità della norma censurata di cui all'art. 9 della legge n. 1684/1962, la circostanza che gli immobili contigui interessati debbano risultare tra loro in aderenza.
Del resto,
l'inosservanza delle norme antisismiche comporta il diritto alla riduzione in pristino non solo quando risultino violate norme integrative di quelle previste dall'art. 873 c.c. e segg. in materia di distanze, ma anche quando emerga una concreta lesione o il pericolo attuale di una lesione all'integrità materiale del bene oggetto di proprietà, ovvero si sia verificata la violazione di altra specifica disposizione delimitativa della sfera delle proprietà (in senso ampio) contigue, che conceda in via autonoma la tutela diretta.
In particolare, l'attualità del pericolo di danno deve valutarsi non già in riferimento allo stato asismico, bensì in relazione alla possibilità, sempre incombente nelle zone sismiche, di un movimento tellurico, sicché dalla inosservanza delle prescrizioni tecniche dettate per prevenire le conseguenze dannose del sisma deve desumersi una presunzione di instabilità della costruzione realizzata, e, quindi, una situazione di pericolo permanente, da rimuovere senza indugio alcuno
(cfr. Cass. n. 2335/1981; Cass. n. 5024/1991 e, più recentemente, Cass. n. 24141/2007).
Da ciò consegue la superfluità di un accertamento di pericolo attuale e di una motivazione necessariamente specifica al riguardo, stante l'immanenza del pericolo, per il futuro, nel fatto stesso dell'edificazione effettuata in violazione della normativa antisismica.
Sulla base di tali presupposti, la Corte distrettuale ha -con corretta e compiuta motivazione- espressamente evidenziato, in più passaggi, nella sentenza impugnata, come -ai fini della pronuncia di merito da adottare in ordine all'azione così come esperita- non rilevava lo stato peculiare dell'immobile di proprietà degli originari attori, quanto lo stato di sopravvenuto pericolo derivante dalla realizzazione della fabbrica nuova soprastante di proprietà degli attuali ricorrenti, avvenuta in violazione delle relative norme urbanistiche, edilizie e, soprattutto, antisismiche.

EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI: Oggetto: Linee guida per la messa in opera del calcestruzzo strutturale (ANCE di Bergamo, circolare 26.01.2018 n. 38).

EDILIZIA PRIVATA: In giurisprudenza, già sotto il regime dell’art. 8 d.l. 23.01.1982 n. 9, conv., con modificazione, dalla l. 25.03.1982 n. 94, è stato affermato che il nulla-osta del Genio civile per le costruzioni da realizzare in zone sismiche, anche se non è condizione per il rilascio della concessione edilizia, è presupposto di efficacia di quest’ultima, finendo per condizionare l’inizio dei lavori e la stessa formazione del silenzio-assenso.
Attualmente, dal testo dell’art. 94, comma 1, del D.P.R. n. 380/2001 (alla stregua del quale, “fermo restando l’obbligo del titolo abilitativo all’intervento edilizio, nelle località sismiche, ad eccezione di quelle a bassa sismicità all’uopo indicate nei decreti di cui all’art. 83, non si possono iniziare lavori senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione”), si desume l’autonomia di ciascuno dei due titoli ampliativi e la loro suscettibilità di essere rilasciati indipendentemente dall’avvenuta emissione dell’altro, ma, considerato il tenore dell’art. 20, commi 3 e 5-bis, del D.P.R. 380/2001, è l’autorizzazione sismica a dover intervenire prima del rilascio del titolo edilizio.
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FATTO
Con sentenza n. 284/2017, divenuta definitiva, questo TAR ha annullato il diniego opposto dal Comune di Vibo Valentia al rilascio del p.d.c. in variante richiesto dalla ricorrente sulla base del c.d. “piano casa”, riconoscendo l’avvenuta formazione del silenzio-assenso ed affermando testualmente che “alla data del diniego (27.07.2016), il suddetto termine di 100 giorni [per la formazione del silenzio-assenso sulla domanda di rilascio del p.d.c.] era ormai perento, sia che lo si faccia decorrere dal 23.09.2015 (data di comunicazione al Comune dell’avvenuto deposito del progetto presso l’ex Genio civile), sia che lo si faccia decorrere dal 12.01.2016 (data di comunicazione al Comune dell’avvenuta verifica del progetto da parte dell’ex Genio civile)”.
Con il ricorso principale, integrato da motivi aggiunti, viene quindi impugnato il provvedimento con cui il Comune di Vibo Valentia ha, successivamente, proceduto all’annullamento d’ufficio del predetto silenzio-assenso.
Resiste il Comune di Vibo Valentia.
All’udienza del 24.01.2018, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
La ricorrente lamenta innanzitutto che l’annullamento è intervenuto quando era già spirato il termine di 18 mesi, previsto dell’art. 21-nonies, comma 1, della L. 241/1990.
Occorre premettere, al riguardo, che l’Amministrazione, per come espressamente enunciato nella motivazione del provvedimento di autotutela, ha fatto applicazione del comma 2-bis del citato art. 21-nonies, a mente del quale “i provvedimenti amministrativi conseguiti sulla base di false rappresentazioni dei fatti o di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell’atto di notorietà false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato, possono essere annullati dall’amministrazione anche dopo la scadenza del termine di diciotto mesi di cui al comma 1”.
Tuttavia, nel caso di specie, detta norma non appare applicabile, posto che non vi è alcuna “sentenza passata in giudicato”, che contenga l’accertamento della falsità del contenuto dei suddetti elaborati tecnici.
Occorre, pertanto, stabilire se l’impugnato provvedimento sia stato adottato oltre il termine di 18 mesi previsto dalla disposizione normativa richiamata.
Come anzidetto, la sentenza del TAR n. 284/2017, che ha annullato il diniego opposto dal Comune di Vibo al rilascio del p.d.c. richiesto dalla ricorrente, riconoscendo l’avvenuta formazione del silenzio-assenso, ha affermato che “alla data del diniego (27.07.2016), il suddetto termine di 100 giorni era ormai perento, sia che lo si faccia decorrere dal 23.09.2015 (data di comunicazione al Comune dell’avvenuto deposito del progetto presso l’ex Genio civile), sia che lo si faccia decorrere dal 12.01.2016 (data di comunicazione al Comune dell’avvenuta verifica del progetto da parte dell’ex Genio civile)”.
Ora, se il titolo abilitativo tacito si è formato 100 giorni dopo il 23.09.2015 (e, quindi, l’01.01.2016), l’autotutela, adottata con atto del 20.07.2017, è certamente intervenuta oltre i 18 mesi.
Se, invece, il titolo si è formato 100 giorni dopo il 12.01.2016, l’autotutela è intervenuta tempestivamente.
In giurisprudenza, già sotto il regime dell’art. 8 d.l. 23.01.1982 n. 9, conv., con modificazione, dalla l. 25.03.1982 n. 94, è stato affermato che il nulla-osta del Genio civile per le costruzioni da realizzare in zone sismiche, anche se non è condizione per il rilascio della concessione edilizia, è presupposto di efficacia di quest’ultima, finendo per condizionare l’inizio dei lavori e la stessa formazione del silenzio-assenso (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 02.02.1996 n. 117).
Attualmente, dal testo dell’art. 94, comma 1, del D.P.R. n. 380/2001 (alla stregua del quale, “fermo restando l’obbligo del titolo abilitativo all’intervento edilizio, nelle località sismiche, ad eccezione di quelle a bassa sismicità all’uopo indicate nei decreti di cui all’art. 83, non si possono iniziare lavori senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione”), si desume l’autonomia di ciascuno dei due titoli ampliativi e la loro suscettibilità di essere rilasciati indipendentemente dall’avvenuta emissione dell’altro (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 24.09.2010 n. 7128), ma, considerato il tenore dell’art. 20, commi 3 e 5-bis, del D.P.R. 380/2001, è l’autorizzazione sismica a dover intervenire prima del rilascio del titolo edilizio (cfr. TAR Campania, Napoli, Sez. VIII, 18.12.2015 n. 5810; TAR Sicilia, Palermo, 27.10.2010 n. 13720).
Alla stregua di ciò, il dies a quo di decorrenza del termine per la formazione del silenzio-assenso deve necessariamente individuarsi nella data del 12.01.2016, rispetto alla quale il provvedimento di autotutela risulta adottato tempestivamente (TAR Calabria-Catanzaro, Sez. II, sentenza 24.01.2018 n. 202 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

PATRIMONIOSisma, sì al sequestro preventivo. Il sindaco non può opporsi alla chiusura della scuola. La Cassazione: non rileva che il rischio sia basso, le regole di edificazione vanno rispettate.
Va posto sotto sequestro preventivo un edificio dedicato ad attività scolastiche, risultato inadeguato dal punto di vista dell'idoneità statica, anche se il rischio sismico risulta essere lieve.

Lo sottolinea la VI Sez. della Corte di Cassazione, sentenza 08.01.2018 n. 190, accogliendo il ricorso del capo della procura di Grosseto contro la decisione del Riesame di revocare il sequestro disposto dal gip di un plesso scolastico situato a Ribolla, plesso che accoglieva 300 alunni.
Il tribunale aveva ritenuto l'insussistenza di un «pericolo concreto ed attuale di crollo», anche se dall'accertamento del tecnico che aveva redatto il certificato di idoneità statica dell'edificio il rischio sismico era risultato essere (in applicazione dell'indicatore del rischio di collasso previsto dalle norme tecniche per le costruzioni del 2008) pari a 0,985, registrando così una «inadeguatezza minima rispetto ai vigenti parametri costruttivi antisismici soddisfatti al raggiungimento del valore «1», espressivo dell'assenza di criticità in caso di terremoto», in un territorio, come quello del caso in esame, «a bassa sismicità».
La procura di Grosseto, dunque, aveva presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che «in materia antisismica il pericolo legittimante l'adozione del sequestro preventivo, nella non prevedibilità dei terremoti, doveva intendersi insito nella violazione della normativa di settore, indipendentemente dall'esistenza di un pericolo in concreto»: dunque, secondo il pm, «nessun rilievo avrebbe potuto attribuirsi alla circostanza che l'edificio insistesse su un territorio classificato a bassa sismicità o che l'inadeguatezza dell'immobile rispetto ai parametri costruttivi antisismici fosse minima». La Suprema corte ha condiviso questa tesi, rilevando che «nel carattere non prevedibile dei terremoti la regola tecnica di edificazione è ispirata alla finalità di contenimento del rischio di verificazione dell'evento».
Il rischio, apprezzato in chiave generale su tutto il territorio nazionale, classificato per zone con indicazione, per ciascuna, della percentuale di esposizione all'evento sismico, si traduce, scrivono i giudici, «nella mappatura dell'intero patrimonio immobiliare con attribuzione alle singole costruzioni di un indicatore del rischio del collasso». L'inosservanza della regola tecnica di edificazione, conclude il Palazzaccio, «integra pur sempre la violazione di una norma di aggravamento del pericolo e come tale va indagata e rileva ai fini dell'applicabilità del sequestro preventivo» (articolo ItaliaOggi del 09.01.2018).
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MASSIMA
RITENUTO IN FATTO
1. Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Grosseto ricorre in cassazione avverso l'ordinanza del 26.04.2017 con cui il Tribunale di Grosseto, in accoglimento della richiesta di riesame proposta da Fr.Li., sindaco del comune di Roccastrada, indagato per il reato di cui all'art. 328 cod. pen., aveva revocato il sequestro preventivo disposto dal G.i.p. sul plesso scolastico sito in Ribolla, frazione dell'indicato comune.
2. Al Li. nell'indicata qualità, in concorso con l'assessore ai lavori pubblici ed al dirigente dei servizi tecnici, si contesta, in via provvisoria, di avere indebitamente rifiutato un atto del proprio ufficio che, per ragioni di sicurezza pubblica, egli avrebbe dovuto compiere senza ritardo, omettendo di chiudere l'indicato edificio nonostante dal certificato di idoneità statica dell'immobile, redatto il 28.06.2013, ne emergesse la non idoneità sismica.
3. Il Tribunale aveva ritenuto l'insussistenza di un pericolo concreto ed attuale di crollo ragionevolmente derivante dal protratto utilizzo del bene secondo destinazione d'uso, avuto riguardo all'attività scolastica nel primo svolta ininterrottamente dalla fine degli anni sessanta.
4. In ragione dell'accertamento condotto dal tecnico che aveva redatto il certificato di idoneità statica dell'edificio, il rischio sismico era risultato —in applicazione del cd. indicatore del rischio di collasso previsto dalle 'Norme tecniche per le costruzioni' emanate con il d.m. 14.01.2008— pari a 0,985, registrando in tal modo una 'inadeguatezza minima rispetto ai vigenti parametri costruttivi antisismici' soddisfatti al raggiungimento del valore '1', espressivo dell'assenza di criticità in caso di terremoto, in un territorio a bassa sismicità, qual era quello su cui insisteva l'edificio già attinto da sequestro.
5. Il Pubblico ministero ricorrente denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e delle norme integrative, deducendo che in materia antisismica il pericolo legittimante l'adozione del sequestro preventivo di cui all'art. 321, comma 1, cod. proc. pen., nella non prevedibilità dei terremoti, doveva intendersi insito nella violazione della normativa di settore, indipendentemente dall'esistenza di un pericolo in concreto.
Nessun rilievo avrebbe pertanto potuto attribuirsi alla circostanza che l'edificio insistesse su territorio classificato a bassa sismicità o che l'inadeguatezza dell'immobile rispetto ai parametri costruttivi antisismici fosse minima.
Il richiesto periculum sarebbe stato integrato infatti dal mantenere in funzione un edificio scolastico che, in quanto non rispettoso  della normativa antisismica, sarebbe stato portatore di possibili conseguenze sulla incolumità dei terzi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato e nel suo accoglimento va disposto l'annullamento dell'ordinanza impugnata nei termini e per le ragioni di seguito indicate.
2.
In tema di sequestro preventivo, il periculum rilevante al fine della adozione della misura cautelare deve presentare i requisiti della concretezza e della attualità e deve essere valutato con riferimento alla situazione esistente al momento della sua adozione, sicché esso deve essere inteso, non già come mera astratta eventualità, ma come concreta possibilità —desunta dalla natura del bene e da tutte le circostanze del fatto— che la libera disponibilità del bene assuma carattere strumentale rispetto alla agevolazione della commissione di altri reati della stessa specie.
Inoltre,
è necessaria la sussistenza del requisito della pertinenzialità del bene sequestrato, nel senso che il bene oggetto di sequestro preventivo deve caratterizzarsi da una intrinseca, specifica e strutturale strumentalità rispetto al reato commesso non essendo sufficiente una relazione meramente occasionale tra la res ed il reato commesso (Sez. 5, n. 12064 del 16/12/2009, dep. 2010, Marcante, Rv. 246881).
3. Il Tribunale del riesame cautelare, incorrendo in erronea applicazione dell'indicato principio, ha ritenuto di poter escludere l'aggravamento delle conseguenze del reato di omissione di atti di ufficio —contestato, ai sensi dell'art. 328, primo comma, cod. pen., all'indagato, sindaco di Roccastrada per aver omesso di inibire al persistente uso della collettività un edificio scolastico, in quanto non rispondente a criteri di adeguatezza sismica— in ragione della bassa sismicità della zona e del rilevato minimo scostamento dai parametri tecnici della tecnica di edificazione dell'immobile.
4.
In materia di sequestro preventivo di cui all'art. 321 cod. proc. pen., ove venga in considerazione il pericolo di aggravamento del reato con riguardo al perdurante utilizzo di un immobile pubblico la cui realizzazione sia soggetta al rispetto di normativa antisismica, la nozione di concreta possibilità del pericolo, che va scrutinata in ragione della natura del bene e di tutte le circostanze che connotino il fatto, è insita nella violazione della normativa dì settore (arg. ex Sez. 4, n. 6382 del 18/01/2007, Gagliano, Rv. 236104).
Nel carattere non prevedibile dei terremoti la regola tecnica di edificazione è ispirata alla finalità di contenimento del rischio di verificazione dell'evento.
Il rischio, apprezzato in chiave generale su tutto il territorio nazionale, classificato per zone con indicazione, per ciascuna, della percentuale di esposizione all'evento sismico, si traduce nella mappatura dell'intero patrimonio immobiliare con attribuzione alle singole costruzioni di un indicatore del 'rischio di collasso', calcolato in ragione dell'esposizione al rischio sismico di zona.
La inosservanza della regola tecnica di edificazione proporzionata al rischio sismico di zona, anche ove quest'ultimo si attesti su percentuali basse di verificabilità, integra pur sempre la violazione di una norma di aggravamento del pericolo e come tale va indagata e rileva ai fini dell'applicabilità del sequestro preventivo.

5. Nella mancata applicazione dei richiamati principi, si impone l'annullamento dell'ordinanza impugnata.
6. Il Tribunale in sede di rinvio procederà a nuovo esame in punto di pericolosità provvedendo altresì a dare conto del presupposto giudizio di pertinenzialità tra il reato di omissione di atti di ufficio, contestato all'indagato ai sensi dell'art. 328, primo comma, cod. pen., ed il giudizio dì persistente disponibilità del bene destinata ad aggravare o protrarre le conseguenze del reato.

EDILIZIA PRIVATA: Oggetto: Sentenza della Corte Costituzionale n. 232 del 26.09.2017. Illegittimità costituzionale dell'articolo 16, comma 1, della legge regionale 10.08.2016, n. 16. Effetti della sentenza sui procedimenti pendenti. Parere reso dall'Ufficio Legislativo e Legale con nota protocollo n. 27218/150.11.2017 del 20.12.2017 (Regione Sicilia, nota 04.01.2018 n. 1651 di prot.).

dicembre 2017

EDILIZIA PRIVATA: Autorizzazione sismica, Cassazione: la zona 3 non è di bassa sismicità.
Per poter avviare i lavori in un territorio classificato zona sismica 3 è necessaria la speciale preventiva autorizzazione sismica.
Per poter avviare i lavori in un territorio classificato zona sismica 3 è necessaria la speciale preventiva autorizzazione sismica. Sono esentate dall’obbligo di legge di cui all'articolo 94 del d.P.R. 380/2001 solamente le zone 4, le quali sole sono di bassa sismicità.
Lo ha affermato la III Sez. penale della Corte di Cassazione nella sentenza 15.12.2017 n. 56040.
L'art. 94 d.P.R. 380/2001", ricorda la suprema Corte, “esclude la necessità della preventiva autorizzazione scritta del competente Ufficio regionale per le opere da realizzare in località a bassa sismicità, all'uopo indicate nei decreti di cui all'articolo 83 del medesimo d.P.R. 380/2001.
Il secondo comma di tale disposizione prevede la definizione, con decreto del Ministro per le infrastrutture e i trasporti, di concerto con il Ministro per l'interno, sentiti il Consiglio superiore dei lavori pubblici, il Consiglio nazionale delle ricerche e la Conferenza unificata, dei criteri generali per l'individuazione delle zone sismiche e dei relativi valori differenziati del grado di sismicità, da prendere a base per la determinazione delle azioni sismiche e di quant'altro specificato dalle norme tecniche.
A tal fine è stata emanata l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274 del 20.03.2003 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 105 del 08.05.2003), con cui sono stati dettati i principi generali sulla base dei quali le Regioni, a cui lo Stato ha delegato l'adozione della classificazione sismica del territorio, hanno redatto l'elenco dei comuni con la relativa attribuzione a una delle quattro zone, a pericolosità decrescente, nelle quali è stato riclassificato il territorio nazionale.
E' stato così eliminato quello che in precedenza era il territorio "non classificato" ed è stata introdotta la zona 4, nella quale è facoltà delle Regioni prescrivere l'obbligo della progettazione antisismica.
A ciascuna zona, inoltre, è stato attribuito un valore dell'azione sismica utile per la progettazione, espresso in termini di accelerazione massima su roccia (zona 1=0.35 g, zona 2=0.25 g, zona 3=0.15 g, zona 4=0.05 g)
".
"Ora”, osserva la Cassazione, “alla luce della eliminazione del territorio non classificato e della previsione della facoltatività della prescrizione dell'obbligo della progettazione antisismica per le opere rientranti nella zona 4, pare evidente, in mancanza di altre definizioni normative, come le aree a bassa sismicità, di cui al combinato disposto degli artt. 83 e 94 d.P.R. 380/2001, debbano essere considerate solamente quelle rientranti nella zona 4, cioè quella di minor rischio sismico, per le quali è stato reso facoltativo l'obbligo di prescrivere la progettazione antisismica" (commento tratto da e link a www.casaeclima.com).

EDILIZIA PRIVATA: Aree a bassa sismicità - Individuazione - Facoltatività della prescrizione dell'obbligo della progettazione antisismica - Artt. 83, 93, 94, 95 e 98 d.P.R. n. 380/2001.
Alla luce della eliminazione del territorio non classificato e della previsione della facoltatività della prescrizione dell'obbligo della progettazione antisismica per le opere rientranti nella zona 4, pare evidente, in mancanza di altre definizioni normative, come le aree a bassa sismicità, di cui al combinato disposto degli artt. 83 e 94 d.P.R. n. 380/2001, debbano essere considerate solamente quelle rientranti nella zona 4, cioè quella di minor rischio sismico, per le quali è stato reso facoltativo l'obbligo di prescrivere la progettazione antisismica.
Normativa antisismica - Configurabilità delle contravvenzioni - Finalità del controllo preventivo dello Stato - Interesse protetto - Salvaguardia della pubblica incolumità e del territorio.
Al fine della configurabilità delle contravvenzioni previste dalla normativa antisismica, dunque anche di quella di cui agli artt. 93 e 95 d.P.R. 380/2001, è irrilevante che le costruzioni realizzate siano effettivamente pericolose, in quanto tale normativa è finalizzata a garantire l'esercizio del controllo preventivo dello Stato sulle attività edificatorie nelle zone sismiche (Sez. 3, n. 41617 del 02/10/2007, lavine; Sez. 3, n. 7893 del 11/01/2012, Cruciani).
Pertanto, l'interesse protetto, sia pure strumentalmente alla salvaguardia della pubblica incolumità e del territorio, è dunque quello di consentire l'esercizio delle attribuzioni di controllo nella materia antisismica, attraverso la sanzione delle condotte elusive di tali potestà, o che ne impediscano l'esercizio: ne consegue che l'eventuale assenza di pericolosità delle opere, realizzate in mancanza delle prescritte comunicazioni e autorizzazioni preventive, non determina l'assenza di offensività della condotta, comunque idonea a pregiudicare il bene protetto dalla norma incriminatrice, tanto che è stata affermata l'irrilevanza, al fine della configurabilità di tali reati, della compatibilità delle opere realizzate con le cautele antisimiche imposte dalla legge (Sez. 3, n. 7893 del 11/01/2012, Cruciani), e anche del successivo rilascio della autorizzazione sismica in sanatoria (Sez. 3, n. 27876 del 16/06/2015).
Costruzioni in zona sismica - Potere-dovere del giudice di ordinare la demolizione dell'immobile - Inosservanza delle norme tecniche - Violazioni sostanziali - Giurisprudenza.
In tema di disciplina delle costruzioni in zona sismica, il potere-dovere del giudice di ordinare la demolizione dell'immobile, ai sensi dell'art. 98, comma terzo, del d.P.R. n. 380 del 2001, in caso di condanna per i reati previsti dalla relativa normativa, sussiste soltanto con riferimento alle violazioni sostanziali, ovvero per la inosservanza delle norme tecniche, e non anche per le violazioni meramente formali (Sez. 3, n. 6371 del 07/11/2013, De Cesare; Sez. 3, n. 37322 del 03/07/2007, Borgia; Sez. 3, n. 40985 del 07/11/2006, Rigano), anche in considerazione dell'interesse sotteso alle disposizioni di cui agli artt. 93 e 94 d.P.R. 380/2001 (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 15.12.2017 n. 56040 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: L'art. 94 d.P.R. 380/2001 esclude la necessità della preventiva autorizzazione scritta del competente Ufficio regionale per le opere da realizzare in località a bassa sismicità, all'uopo indicate nei decreti di cui all'articolo 83 del medesimo d.P.R. 380/2001.
Il secondo comma di tale disposizione prevede la definizione, con decreto del Ministro per le infrastrutture e i trasporti, di concerto con il Ministro per l'interno, sentiti il Consiglio superiore dei lavori pubblici, il Consiglio nazionale delle ricerche e la Conferenza unificata, dei criteri generali per l'individuazione delle zone sismiche e dei relativi valori differenziati del grado di sismicità, da prendere a base per la determinazione delle azioni sismiche e di quant'altro specificato dalle norme tecniche.
A tal fine è stata emanata l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274 del 20.03.2003, con cui sono stati dettati i principi generali sulla base dei quali le Regioni, a cui lo Stato ha delegato l'adozione della classificazione sismica del territorio, hanno redatto l'elenco dei comuni con la relativa attribuzione a una delle quattro zone, a pericolosità decrescente, nelle quali è stato riclassificato il territorio nazionale.
E' stato così eliminato quello che in precedenza era il territorio "non classificato" ed è stata introdotta la zona 4, nella quale è facoltà delle Regioni prescrivere l'obbligo della progettazione antisismica. A ciascuna zona, inoltre, è stato attribuito un valore dell'azione sismica utile per la progettazione, espresso in termini di accelerazione massima su roccia (zona 1=0.35 g, zona 2=0.25 g, zona 3=0.15 g, zona 4=0.05 g).
Ora, alla luce della eliminazione del territorio non classificato e della previsione della facoltatività della prescrizione dell'obbligo della progettazione antisismica per le opere rientranti nella zona 4, pare evidente, in mancanza di altre definizioni normative, come le aree a bassa sismicità, di cui al combinato disposto degli artt. 83 e 94 d.P.R. 380/2001, debbano essere considerate solamente quelle rientranti nella zona 4, cioè quella di minor rischio sismico, per le quali è stato reso facoltativo l'obbligo di prescrivere la progettazione antisismica.

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Al fine della configurabilità delle contravvenzioni previste dalla normativa antisismica, dunque anche di quella di cui agli artt. 93 e 95 d.P.R. 380/2001, è irrilevante che le costruzioni realizzate siano effettivamente pericolose, in quanto tale normativa è finalizzata a garantire l'esercizio del controllo preventivo dello Stato sulle attività edificatorie nelle zone sismiche.
L'interesse protetto, sia pure strumentalmente alla salvaguardia della pubblica incolumità e del territorio, è dunque quello di consentire l'esercizio delle attribuzioni di controllo nella materia antisismica, attraverso la sanzione delle condotte elusive di tali potestà, o che ne impediscano l'esercizio: ne consegue che l'eventuale assenza di pericolosità delle opere, realizzate in mancanza delle prescritte comunicazioni e autorizzazioni preventive, non determina l'assenza di offensività della condotta, comunque idonea a pregiudicare il bene protetto dalla norma incriminatrice, tanto che è stata affermata l'irrilevanza, al fine della configurabilità di tali reati, della compatibilità delle opere realizzate con le cautele antisimiche imposte dalla legge, e anche del successivo rilascio della autorizzazione sismica in sanatoria.
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"In tema di disciplina delle costruzioni in zona sismica, il potere-dovere del giudice di ordinare la demolizione dell'immobile, ai sensi dell'art. 98, comma terzo, del d.P.R. n. 380 del 2001, in caso di condanna per i reati previsti dalla relativa normativa, sussiste soltanto con riferimento alle violazioni sostanziali, ovvero per la inosservanza delle norme tecniche, e non anche per le violazioni meramente formali", anche in considerazione di quanto già osservato a proposito dell'interesse sotteso alle disposizioni di cui agli artt. 93 e 94 d.P.R. 380/2001.
Ne consegue che indebitamente è stata disposta dal Tribunale di Teramo la demolizione delle opere realizzate dagli imputati, in relazione alle quali non è stata contestata l'inosservanza delle norme tecniche, bensì degli obblighi di carattere formale di cui agli artt. 93 e 94 d.P.R. 380/2001, sicché di tale ordine va disposta la revoca.
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RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 30.11.2016 il Tribunale di Teramo ha condannato An. D'A. e Fe. Di Fr. alla pena di euro 2.000,00 di ammenda, in relazione ai reati di cui agli artt. 93, 94 e 95 d.P.R. 380/2001 (per avere, quali amministratori della Te.Ab. S.n.c., proprietaria di un immobile in Comune di Tortoreto, ricadente in zona sismica, realizzato due tettoie in legno omettendo di darne preventivamente avviso allo Sportello unico per l'edilizia e in mancanza della previa autorizzazione dell'Ufficio tecnico regionale), disponendo altresì, ai sensi dell'art. 98, comma 3, d.P.R. 380/2001, la demolizione delle opere.
Nell'affermare la responsabilità degli imputati, il Tribunale ha ribadito la sussistenza degli obblighi di cui agli artt. 93 e 94 d.P.R. 380/2001 anche in relazione alle opere da realizzare in zona a bassa sismicità, quale il Comune di Tortoreto nel cui territorio erano state realizzate le opere oggetto della imputazione, rientrante in zona sismica 3, non ponendo alcuna distinzione riguardo agli obblighi di comunicazione l'art. 83, comma 2, d.P.R. 380/2001, e l'irrilevanza della mancanza di pericolosità della costruzione realizzata in assenza delle prescritte comunicazioni preventive, in considerazione del carattere formale dei reati di cui agli artt. 93 e 94 d.P.R. 380/2001.
2. Avverso tale sentenza hanno proposto congiuntamente ricorso per cassazione entrambi gli imputati, affidato a quattro motivi.
2.1. Con un primo motivo hanno denunciato violazione dell'art. 94 d.P.R. 380/2001, in quanto tale disposizione esclude espressamente dalla incriminazione le condotte relative a fabbricati posti in zone a bassa sismicità, quale il territorio del Comune di Tortoreto, classificato dal 2006 come zona sismica 3.
2.2. Con un secondo motivo hanno prospettato violazione dell'art. 93 d.P.R. 380/2001, in relazione alla configurazione del reato contemplato da tale disposizione come reato di pericolo astratto, senza alcuna considerazione della concreta esposizione al rischio del bene protetto, in contrasto con il principio di offensività, derivante dal principio di legalità di cui all'art. 25 Cost..
Hanno al riguardo esposto che le opere realizzate in assenza della preventiva comunicazione allo Sportello unico per l'edilizia non avevano alcuna potenzialità lesiva, trattandosi di due tettoie in legno lamellare poste al piano terreno di un edificio eretto in condominio, addossate al lato esterno di due appartamenti, della superficie di circa dieci metri quadrati ciascuna, prive di qualsiasi incidenza strutturale e, dunque, di pericolosità.
2.3. Con un terzo motivo hanno denunciato violazione dell'art. 98 d.P.R. 380/2001, lamentando l'indebita disposizione della demolizione delle opere realizzate in assenza delle prescritte comunicazioni preventive, essendo stata rilasciata autorizzazione in sanatoria da parte dell'Ufficio del Genio Civile, che, pur non privando di rilevanza penale le condotte, spiegava comunque effetti riguardo al mantenimento delle opere realizzate, impendendone la demolizione.
2.4. Con un quarto motivo hanno lamentato violazione dell'art. 131-bis cod. pen., per la mancata applicazione da parte del Tribunale della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto contemplata da tale disposizione, proprio in considerazione della già evidenziata mancanza di offensività delle condotte, da cui non era derivato alcun pericolo per la pubblica incolumità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato esclusivamente in relazione al terzo motivo.
2. Il primo motivo, mediante il quale è stata denunciata violazione dell'art. 94 d.P.R. 380/2001, per l'affermazione di responsabilità degli imputati nonostante il Comune di Tortoreto, nel cui territorio sono state realizzate le opere, sia classificato a bassa sismicità, è manifestamente infondato.
L'art. 94 d.P.R. 380/2001 esclude la necessità della preventiva autorizzazione scritta del competente Ufficio regionale per le opere da realizzare in località a bassa sismicità, all'uopo indicate nei decreti di cui all'articolo 83 del medesimo d.P.R. 380/2001.
Il secondo comma di tale disposizione prevede la definizione, con decreto del Ministro per le infrastrutture e i trasporti, di concerto con il Ministro per l'interno, sentiti il Consiglio superiore dei lavori pubblici, il Consiglio nazionale delle ricerche e la Conferenza unificata, dei criteri generali per l'individuazione delle zone sismiche e dei relativi valori differenziati del grado di sismicità, da prendere a base per la determinazione delle azioni sismiche e di quant'altro specificato dalle norme tecniche.
A tal fine è stata emanata l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274 del 20.03.2003 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 105 del 08.05.2003), con cui sono stati dettati i principi generali sulla base dei quali le Regioni, a cui lo Stato ha delegato l'adozione della classificazione sismica del territorio, hanno redatto l'elenco dei comuni con la relativa attribuzione a una delle quattro zone, a pericolosità decrescente, nelle quali è stato riclassificato il territorio nazionale.
E' stato così eliminato quello che in precedenza era il territorio "non classificato" ed è stata introdotta la zona 4, nella quale è facoltà delle Regioni prescrivere l'obbligo della progettazione antisismica. A ciascuna zona, inoltre, è stato attribuito un valore dell'azione sismica utile per la progettazione, espresso in termini di accelerazione massima su roccia (zona 1=0.35 g, zona 2=0.25 g, zona 3=0.15 g, zona 4=0.05 g).
Ora, alla luce della eliminazione del territorio non classificato e della previsione della facoltatività della prescrizione dell'obbligo della progettazione antisismica per le opere rientranti nella zona 4, pare evidente, in mancanza di altre definizioni normative, come le aree a bassa sismicità, di cui al combinato disposto degli artt. 83 e 94 d.P.R. 380/2001, debbano essere considerate solamente quelle rientranti nella zona 4, cioè quella di minor rischio sismico, per le quali è stato reso facoltativo l'obbligo di prescrivere la progettazione antisismica.
Poiché l'area nella quale sono state realizzate le opere oggetto della contestazione è inclusa in zona sismica 3, correttamente ne è stata esclusa la bassa sismicità, ravvisabile solo per la zona 4, con la conseguente manifesta infondatezza della doglianza sollevata dai ricorrenti sul punto.
3. Anche il secondo motivo, mediante il quale è stata prospettata violazione dell'art. 93 d.P.R. 380/2001, per l'insufficiente considerazione della mancanza di pericolo concreto, e dunque di offensività, in conseguenza della realizzazione delle opere in questione in assenza delle prescritte comunicazioni preventive, è manifestamente infondato.
Al fine della configurabilità delle contravvenzioni previste dalla normativa antisismica, dunque anche di quella di cui agli artt. 93 e 95 d.P.R. 380/2001, è irrilevante che le costruzioni realizzate siano effettivamente pericolose, in quanto tale normativa è finalizzata a garantire l'esercizio del controllo preventivo dello Stato sulle attività edificatorie nelle zone sismiche (Sez. 3, n. 41617 del 02/10/2007, Iovine, Rv. 238007; Sez. 3, n. 7893 del 11/01/2012, Cruciani, Rv. 252750).
L'interesse protetto, sia pure strumentalmente alla salvaguardia della pubblica incolumità e del territorio, è dunque quello di consentire l'esercizio delle attribuzioni di controllo nella materia antisismica, attraverso la sanzione delle condotte elusive di tali potestà, o che ne impediscano l'esercizio: ne consegue che l'eventuale assenza di pericolosità delle opere, realizzate in mancanza delle prescritte comunicazioni e autorizzazioni preventive, non determina l'assenza di offensività della condotta, comunque idonea a pregiudicare il bene protetto dalla norma incriminatrice, tanto che è stata affermata l'irrilevanza, al fine della configurabilità di tali reati, della compatibilità delle opere realizzate con le cautele antisimiche imposte dalla legge (Sez. 3, n. 7893 del 11/01/2012, Cruciani, Rv. 252750, cit.), e anche del successivo rilascio della autorizzazione sismica in sanatoria (Sez. 3, n. 27876 del 16/06/2015, Pro., Rv. 264201).
Ne consegue, in definitiva, la manifesta infondatezza della doglianza.
4. Il quarto motivo, relativo alla mancata applicazione della causa di non punibilità di cui all'art. 131-bis cod. pen., da esaminare in ordine logico prima del terzo motivo, relativo alla indebita disposizione dell'ordine di demolizione, è inammissibile, a causa della mancata prospettazione della applicabilità di tale causa di non punibilità nel corso del giudizio di merito.
La sentenza impugnata è, infatti, successiva alla introduzione della disposizione di cui all'art. 131-bis cod. pen., essendo stata resa il 30.11.2016, sicché di tale istituto avrebbe dovuto essere richiesta l'applicazione al giudice del merito, anche mediante istanza formulata in udienza o nel corso della discussione finale, sicché la mancanza di tale richiesta esclude la sussistenza di una violazione di legge sul punto e preclude a questa Corte l'esame della relativa questione, in quanto l'aspetto dell'applicabilità dell'art. 131-bis cod. pen. non può essere dedotto per la prima volta in sede di legittimità, ostandovi il disposto di cui all'art. 609, comma terzo, cod. proc. pen., se tale disposizione era, come nella specie, già in vigore alla data della deliberazione della sentenza impugnata (Sez. 6, n. 20270 del 27/04/2016, Gravina, Rv. 266678, nella quale è stato precisato che la questione postula un apprezzamento di merito precluso in sede di legittimità, ma che poteva essere proposto al giudice procedente al momento dell'entrata in vigore della nuova disposizione, almeno come sollecitazione in sede di conclusioni del giudizio di merito; conf. Sez. 7, Ordinanza n. 43838 del 27/05/2016, Savini, Rv. 268281).
5. Il terzo motivo, relativo alla indebita disposizione dell'ordine di demolizione delle opere realizzate in assenza delle prescritte comunicazioni e autorizzazioni preventive nonostante il rilascio della autorizzazione in sanatoria da parte dell'Ufficio del Genio civile, è fondato.
Va, al riguardo, ribadito il principio, costantemente affermato da questa Corte, secondo cui "In tema di disciplina delle costruzioni in zona sismica, il potere-dovere del giudice di ordinare la demolizione dell'immobile, ai sensi dell'art. 98, comma terzo, del d.P.R. n. 380 del 2001, in caso di condanna per i reati previsti dalla relativa normativa, sussiste soltanto con riferimento alle violazioni sostanziali, ovvero per la inosservanza delle norme tecniche, e non anche per le violazioni meramente formali" (Sez. 3, n. 6371 del 07/11/2013, De Cesare, Rv. 258899; Sez. 3, n. 37322 del 03/07/2007, Borgia, Rv. 237843; Sez. 3, n. 40985 del 07/11/2006, Rigano, Rv. 235411), anche in considerazione di quanto già osservato a proposito dell'interesse sotteso alle disposizioni di cui agli artt. 93 e 94 d.P.R. 380/2001.
Ne consegue che indebitamente è stata disposta dal Tribunale di Teramo la demolizione delle opere realizzate dagli imputati, in relazione alle quali non è stata contestata l'inosservanza delle norme tecniche, bensì degli obblighi di carattere formale di cui agli artt. 93 e 94 d.P.R. 380/2001, sicché di tale ordine va disposta la revoca.
6. In conclusione la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente al disposto ordine di demolizione, che deve essere eliminato, e i ricorsi dichiarati inammissibili nel resto, stante l'autonomia delle doglianze formulate con gli altri motivi di ricorso (cfr. Sez. U, n. 6903 del 27/05/2016, Aiello, Rv. 268966) (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 15.12.2017 n. 56040).

novembre 2017

EDILIZIA PRIVATA: Sussiste l'illegittimità costituzionale dell’art. 16, comma 1, della legge regionale Sicilia n. 16 del 2016, nella parte in cui consente l’inizio dei lavori edilizi nelle località sismiche, senza la necessità della previa autorizzazione scritta.
Invero, l’art. 94 del Testo unico dell’edilizia, oggetto di recepimento, è volto, come risulta dalla medesima intitolazione, a disciplinare l’«autorizzazione per l’inizio dei lavori» e prescrive, al comma 1, che «nelle località sismiche, ad eccezione di quelle a bassa sismicità all'uopo indicate nei decreti di cui all’articolo 83, non si possono iniziare lavori senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione».
Come ripetutamente affermato da questa Corte, tale principio costituisce espressione evidente «dell’intento unificatore che informa la legislazione statale, palesemente orientata […] ad esigere una vigilanza assidua sulle costruzioni riguardo al rischio sismico, attesa la rilevanza del bene protetto, che trascende anche l’ambito della disciplina del territorio, per attingere a valori di tutela dell’incolumità pubblica che fanno capo alla materia della protezione civile, in cui ugualmente compete allo Stato la determinazione dei principi fondamentali».
Sicché, l’art. 16, comma 1, della legge regionale n. 16/2016, nella parte in cui consente l’avvio dei lavori nelle zone sismiche in assenza della previa autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della Regione, contrasta con il principio fondamentale espresso dall’art. 94 del Testo unico dell’edilizia, secondo cui, nelle zone sismiche, «l’autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della Regione condiziona l’effettivo inizio di tutti i lavori, nel senso che in mancanza di essa il soggetto interessato non può intraprendere alcuna opera, pur se in possesso del prescritto titolo abilitativo edilizio».
Si tratta, peraltro, di un principio che «riveste una posizione “fondante” del settore dell’ordinamento al quale pertiene, attesa la rilevanza del bene protetto», costituito dall’incolumità pubblica, che «non tollera alcuna differenziazione collegata ad ambiti territoriali».
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Sussiste, altresì, l'illegittimità costituzionale del comma 3 dello stesso art. 16 della citata legge regionale, nella parte in cui stabilisce che «[p]er lo snellimento delle procedure di denuncia dei progetti ad essi relativi, non sono assoggettati alla preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio del Genio civile le opere minori ai fini della sicurezza per le costruzioni in zona sismica, gli interventi privi di rilevanza per la pubblica incolumità ai fini sismici e le varianti in corso d’opera, riguardanti parti strutturali che non rivestono carattere sostanziale, in quanto definiti e ricompresi in un apposito elenco approvato con deliberazione della Giunta regionale» e che «[i]l progetto di tali interventi, da redigere secondo le norme del D.M. 14.01.2008 e successive modifiche ed integrazioni, è depositato al competente ufficio del Genio civile prima del deposito presso il comune del certificato di agibilità».
Anche in tal caso si tratta di disposizioni riconducibili alla materia della «protezione civile», di cui la necessità della previa autorizzazione scritta costituisce principio fondamentale, al quale sono strettamente e strumentalmente connessi gli obblighi di preventiva «[d]enuncia dei lavori e presentazione dei progetti di costruzioni in zone sismiche», nonché di generale preventiva denuncia dei lavori allo sportello unico, di cui agli artt. 93 e 65 del medesimo t.u. edilizia.
Le disposizioni regionali impugnate, pertanto, là dove sottraggono alla autorizzazione scritta le “opere minori”, escludendo peraltro ogni forma di comunicazione dei relativi progetti, si pongono in contrasto con il principio fondamentale della previa autorizzazione scritta, contemplato dall’art. 94 del t.u. edilizia, in materia di «protezione civile», e con i connessi principi di previa comunicazione dei relativi progetti.
Con riguardo ad analoghe norme regionali, questa Corte ha dichiarato che nessun rilievo riveste la circostanza che la norma regionale esenterebbe dalla previa autorizzazione sismica le sole opere “minori”, rispetto alle quali sarebbe sufficiente l’autocertificazione del tecnico sul rispetto della disciplina di settore.
Per un verso, gli interventi sul patrimonio edilizio esistente (alcuni dei quali possono anche presentare rilevante impatto edilizio) sono ricompresi nell’ampio e trasversale concetto di opera edilizia rilevante per la pubblica incolumità utilizzato dalla normativa statale (artt. 83 e 94 del t.u. edilizia) con riguardo alle zone dichiarate sismiche, e ricadono quindi nell’ambito di applicazione dello stesso art. 94. Per altro verso, l’autorizzazione preventiva costituisce «uno strumento tecnico idoneo ad assicurare un livello di protezione dell’incolumità pubblica indubbiamente più forte e capillare».
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5.– Il Presidente del Consiglio dei ministri dubita, inoltre, della legittimità costituzionale dell’art. 16, comma 1, della legge regionale n. 16 del 2016, nella parte in cui consente l’inizio dei lavori edilizi nelle località sismiche, senza la necessità della previa autorizzazione scritta.
Tale norma determinerebbe una violazione dell’art. 14 dello statuto speciale e dell’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto si porrebbe in contrasto con il principio della previa autorizzazione scritta all’inizio dei lavori edilizi nelle località sismiche, contenuto nell’art. 94 del Testo unico dell’edilizia e qualificato come principio fondamentale in materia di protezione civile, materia di competenza concorrente.
5.1.–
La questione è fondata.
La disposizione impugnata è contenuta nell’art. 16, intitolato «Recepimento con modifiche dell’articolo 94 “Autorizzazione per l’inizio dei lavori” del decreto del Presidente della Repubblica 06.06.2001, n. 380». Il comma 1 del predetto art. 16 testualmente recita: «Fermo restando l’obbligo del titolo abilitativo all’intervento edilizio, nelle località sismiche, il richiedente può applicare le procedure previste dall’articolo 32 della legge regionale 19.05.2003, n. 7».
Tale art. 32 delinea un regime relativo alla realizzazione di opere in zone sismiche secondo il quale «non si rende necessaria l’autorizzazione all’inizio dei lavori», che «possono essere comunque avviati, dopo l’attestazione di avvenuta presentazione del progetto rilasciata dall’Ufficio del Genio civile».
L’art. 94 del Testo unico dell’edilizia, oggetto di recepimento, è volto, come risulta dalla medesima intitolazione, a disciplinare l’«autorizzazione per l’inizio dei lavori» e prescrive, al comma 1, che «nelle località sismiche, ad eccezione di quelle a bassa sismicità all'uopo indicate nei decreti di cui all’articolo 83, non si possono iniziare lavori senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione».
Come ripetutamente affermato da questa Corte, tale principio costituisce espressione evidente «dell’intento unificatore che informa la legislazione statale, palesemente orientata […] ad esigere una vigilanza assidua sulle costruzioni riguardo al rischio sismico, attesa la rilevanza del bene protetto, che trascende anche l’ambito della disciplina del territorio, per attingere a valori di tutela dell’incolumità pubblica che fanno capo alla materia della protezione civile, in cui ugualmente compete allo Stato la determinazione dei principi fondamentali (così la citata sentenza n. 182 del 2006)» (sentenza n. 60 del 2017).
La disposizione regionale impugnata, pertanto, deve essere ricondotta alla materia della «protezione civile», rispetto alla quale lo statuto speciale non assegna alcuna specifica competenza alla Regione siciliana, cosicché, in virtù dell’art. 10 della legge costituzionale 18.10.2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), deve applicarsi anche ad essa quanto previsto dall’art. 117, terzo comma, Cost.
L’art. 16, comma 1, della legge regionale n. 16 del 2016, di conseguenza, nella parte in cui consente l’avvio dei lavori nelle zone sismiche in assenza della previa autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della Regione, contrasta con il principio fondamentale espresso dall’art. 94 del Testo unico dell’edilizia, secondo cui, nelle zone sismiche, «l’autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della Regione condiziona l’effettivo inizio di tutti i lavori, nel senso che in mancanza di essa il soggetto interessato non può intraprendere alcuna opera, pur se in possesso del prescritto titolo abilitativo edilizio» (sentenza n. 272 del 2016).
Si tratta, peraltro, di un principio che «riveste una posizione “fondante” del settore dell’ordinamento al quale pertiene, attesa la rilevanza del bene protetto», costituito dall’incolumità pubblica, che «non tollera alcuna differenziazione collegata ad ambiti territoriali» (sentenza n. 272 del 2016).
Va, pertanto, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 16, comma 1, della legge regionale n. 16 del 2016.
6.– Sulla base dei medesimi argomenti e in riferimento agli stessi parametri, è, infine, promossa questione di legittimità costituzionale nei confronti del comma 3 dello stesso art. 16 della citata legge regionale, nella parte in cui stabilisce che «[p]er lo snellimento delle procedure di denuncia dei progetti ad essi relativi, non sono assoggettati alla preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio del Genio civile le opere minori ai fini della sicurezza per le costruzioni in zona sismica, gli interventi privi di rilevanza per la pubblica incolumità ai fini sismici e le varianti in corso d’opera, riguardanti parti strutturali che non rivestono carattere sostanziale, in quanto definiti e ricompresi in un apposito elenco approvato con deliberazione della Giunta regionale» e che «[i]l progetto di tali interventi, da redigere secondo le norme del D.M. 14.01.2008 e successive modifiche ed integrazioni, è depositato al competente ufficio del Genio civile prima del deposito presso il comune del certificato di agibilità».
Il ricorrente sostiene che tali disposizioni introducano una categoria di lavori (“minori” secondo il legislatore siciliano), sottratti all’autorizzazione scritta preventiva, estranei all’orizzonte della disciplina statale e quindi in violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto in contrasto con i principi fondamentali della normativa statale vigente in materia di protezione civile, desumibili dagli artt. 94, 93 e 65 del t.u. edilizia, che impongono anche di dare comunicazione delle opere prima del loro inizio.
6.1. – La questione è fondata sulla base dei medesimi argomenti svolti nel paragrafo 5.1.
Anche in tal caso si tratta di disposizioni riconducibili alla materia della «protezione civile», di cui la necessità della previa autorizzazione scritta costituisce principio fondamentale, al quale sono strettamente e strumentalmente connessi gli obblighi di preventiva «[d]enuncia dei lavori e presentazione dei progetti di costruzioni in zone sismiche», nonché di generale preventiva denuncia dei lavori allo sportello unico, di cui agli artt. 93 e 65 del medesimo t.u. edilizia.
Le disposizioni regionali impugnate, pertanto, là dove sottraggono alla autorizzazione scritta le “opere minori”, escludendo peraltro ogni forma di comunicazione dei relativi progetti, si pongono in contrasto con il principio fondamentale della previa autorizzazione scritta, contemplato dall’art. 94 del t.u. edilizia, in materia di «protezione civile», e con i connessi principi di previa comunicazione dei relativi progetti.
Con riguardo ad analoghe norme regionali, questa Corte ha dichiarato che nessun rilievo riveste la circostanza che la norma regionale esenterebbe dalla previa autorizzazione sismica le sole opere “minori”, rispetto alle quali sarebbe sufficiente l’autocertificazione del tecnico sul rispetto della disciplina di settore (sentenza n. 272 del 2016).
Per un verso, gli interventi sul patrimonio edilizio esistente (alcuni dei quali possono anche presentare rilevante impatto edilizio) sono ricompresi nell’ampio e trasversale concetto di opera edilizia rilevante per la pubblica incolumità utilizzato dalla normativa statale (artt. 83 e 94 del t.u. edilizia) con riguardo alle zone dichiarate sismiche, e ricadono quindi nell’ambito di applicazione dello stesso art. 94. Per altro verso, l’autorizzazione preventiva costituisce «uno strumento tecnico idoneo ad assicurare un livello di protezione dell’incolumità pubblica indubbiamente più forte e capillare» (sentenza n. 272 del 2016).
Deve, pertanto, essere dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 16, comma 3, della legge regionale n. 16 del 2016.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
...
   3)
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 16, commi 1 e 3, della legge della Regione siciliana n. 16 del 2016 (Corte Costituzionale, sentenza 08.11.2017 n. 232).

settembre 2017

EDILIZIA PRIVATA: In tema di reati antisismici, l'eventuale rilascio postumo del parere favorevole da parte dell'ufficio del Genio Civile competente che attesti la rispondenza alla normativa antisismica delle opere realizzate, non elide l'antigiuridicità penale della condotta consistente nell'aver iniziato i relativi lavori senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione.
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1. I ricorsi sono manifestamente infondati.
2. Preliminarmente, giova soffermarsi sulla richiesta di declaratoria di estinzione del reato per avvenuto rilascio del permesso di costruire in sanatoria, formulata da Mo. e Sa. con il loro primo motivo di ricorso.
Secondo la previsione dell'art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001, l'estinzione del reato edilizio a seguito del perfezionamento della procedura amministrativa di accertamento di conformità presuppone "che l'intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda", nonché il "pagamento, a titolo di oblazione, del contributo di costruzione in misura doppia, ovvero, in caso di gratuità a norma di legge, in misura pari a quella prevista dall'articolo 16"; oblazione "calcolata con riferimento alla parte di opera difforme dal permesso".
Peraltro, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, il rilascio del titolo amministrativo non produce, ipso iure, il suddetto effetto estintivo, residuando, comunque, in capo al giudice penale, il potere-dovere di verificarne in concreto la legittimità, con particolare riguardo alla sua conformità agli strumenti urbanistici vigenti al momento del fatto ed a quello della richiesta (tra le tante, Sez. 3, n. 36366 del 16/06/2015, dep. 09/09/2015, Faiola, Rv. 265034).
Orbene, anche a prescindere dal fatto che
l'accertamento di conformità ai sensi del citato art. 36 comporta l'estinzione delle sole ipotesi contravvenzionali previste dalle norme urbanistiche vigenti, nella cui nozione non rientra la disciplina per le costruzioni da eseguirsi nelle zone sismiche, che ha una oggettività giuridica diversa da quella riguardante il corretto assetto del territorio (Sez. F, n. 44015 del 04/09/2014, dep. 22/10/2014, Conforti, Rv. 261099), deve osservarsi che, al fine di verificare l'integrazione della fattispecie estintiva, è necessario operare una valutazione che involge, inevitabilmente, elementi fattuali della situazione concreta, il cui scrutinio è, tuttavia, assolutamente precluso al giudice di legittimità, tanto più che gli atti istruttori richiamati nel permesso di costruire in sanatoria non sono stati in alcun modo allegati, sicché non è possibile nemmeno effettuare un semplice riscontro cartolare circa l'effettivo adempimento delle condizioni poste con il provvedimento in data 22/09/2011 del comune di Vasto.
Ciò assume rilevanza, in particolare, ove si consideri che l'elemento qualificante del fatto contestato consisteva proprio nella totale difformità tra quanto assentito e l'opera effettivamente realizzata, atteso l'evidente mutamento di destinazione d'uso, dalla rimessa di attrezzi agricoli originariamente prevista al fabbricato destinato a civile abitazione, realmente costruito.
Ne consegue, pertanto, la manifesta infondatezza della relativa deduzione
(Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 21.09.2017 n. 43151).

EDILIZIA PRIVATA: Premesso che il ricorrente presentava, dapprima, una SCIA in data 16.10.2015 e successivamente, in data 16.11.2015 una richiesta di permesso di costruire per la realizzazione di un gazebo su suolo pubblico dinanzi alla propria attività commerciale laddove, in entrambe le istanze, precisava che non sarebbe stata realizzata alcuna opera in cemento armato, è palese che la realizzazione di una piattaforma di forma rettangolare in calcestruzzo sulla sede stradale antistante l’attività commerciale dell’esponente costituisce una evidente difformità dell’intervento rispetto a quanto autorizzato dal Comune che, nel rispetto del regolamento comunale, autorizzava la realizzazione sul suolo pubblico di pedane in legno sulle quali posizionare il gazebo, assicurando in tal modo il raccordo tra la quota del piano stradale ed il marciapiede.
Del resto solo una struttura in legno poteva assicurare che si trattasse di struttura precaria e facilmente rimovibile, come tale compatibile con la destinazione dell’area pubblica oggetto di occupazione che, nel caso del ricorrente, è quella a parcheggio pubblico.
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Quanto al preteso omesso esame della variante depositata il 29.06.2016 presso lo sportello unico per l’edilizia, rileva il collegio che non si tratta di una modifica dell’originario progetto, sub specie di variante in corso d’opera o di richiesta di autorizzazione in sanatoria, bensì di una nuova richiesta di deposito sismico ai sensi dell’articolo 93 del d.p.r. 380 del 2001 che in alcun modo rileva ai fini del superamento della contestata difformità tra il basamento realizzato -in calcestruzzo- e quello autorizzato -pedana in legno- donde la sostanziale irrilevanza della nuova richiesta di deposito sismico, come tale inidonea ad incidere sulla legittimità dell’ordine di demolizione e dei presupposti provvedimenti di sospensione dei lavori, tutti incentrati sulla predetta, pacifica, difformità del basamento realizzato rispetto a quello autorizzato.
In altre parole il deposito in questione rileva ai fini del procedimento autorizzatorio di competenza regionale, avente ad oggetto la regolarità dell’intervento dal punto di vista sismico e, come tale, non integra i presupposti della variante architettonica o della richiesta di sanatoria sicché nessun obbligo di riesame preventivo poteva ritenersi sussistente in capo al Comune prima dell’adozione dell’ordine di demolizione.
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N
on risponde al vero che le disposizioni in materia di costruzioni in zone sismiche richiedano necessariamente la realizzazione di fondamenta in cemento armato.
Il deposito previsto dall’art. 93 del d.p.r. numero 380 del 2001 per le zone sismiche ha infatti portata generale ed è riferito a qualunque tipologia di costruzioni, a prescindere dai materiali utilizzati. Ne discende che anche le costruzioni in legno sono soggette all’obbligo del deposito sismico.
La caratteristica delle opere costruttive incide invece sull’operatività dell’art. 65 del d.p.r. numero 380 del 2001 atteso che solo per le opere di conglomerato cementizio armato è prescritto l’obbligo di denuncia al competente ufficio tecnico regionale.
A conferma di quanto precede deve ancora evidenziarsi che il d.m. del 14.01.2008, recante il compendio di norme sulle caratteristiche tecniche costruttive, contempla una sezione dedicata esclusivamente alle costruzioni di legno in zona sismica (cfr. il
capitolo 7 rubricato “Progettazione per azioni sismiche” al punto 7.7 rubricato “Costruzioni di legno”).
Ne discende, conclusivamente, che dal richiamo contenuto nel titolo autorizzatorio (comunale) all’obbligo del deposito sismico non può inferirsi alcuna valutazione circa le caratteristiche dei materiali impiegati per la costruzione, ben potendo trattarsi anche di costruzioni in legno, secondo quanto peraltro espressamente indicato nella relazione presentata dal ricorrente ai fini del rilascio del titolo autorizzatorio.
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Manifestamente infondata è la tesi per cui il deposito sismico presso la regione potrebbe contenere elementi progettuali integrativi rispetto all’originario progetto depositato presso il competente ufficio comunale poiché, ove si accedesse a tale tesi, quest’ultimo si vedrebbe spogliato del potere di verificare la compatibilità dei materiali utilizzati per la costruzione rispetto alle prescrizioni edilizie che, come noto, disciplinano, a seconda delle zone, anche le tipologie dei materiali consentiti, tanto è vero che la dichiarazione di asseverazione del professionista, da presentare ai sensi dell’art. 20 del d.p.r. 380 del 2001, deve attestare anche la conformità del progetto alle norme antisismiche e quindi illustrare le caratteristiche costruttive dell’intervento.

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Con ricorso notificato il 27.09.2016 e depositato il successivo 17 ottobre, il signor Bernardo Angelo ha impugnato dinanzi all’intestato Tribunale amministrativo regionale per il Molise gli atti indicati in epigrafe con i quali il Comune di Bojano, avendo accertato che l’esponente stava eseguendo le opere di posizionamento di un gazebo su suolo pubblico –già autorizzato con provvedimento n. 9 del 05.05.2016- in difformità rispetto al progetto approvato dal Comune, dapprima sospendeva i lavori e successivamente ne ordinava la rimessione in pristino.
In particolare, la polizia municipale in data 22.06.2016, a seguito di sopralluogo, constatava la realizzazione -ai fini della installazione del gazebo- di una piattaforma di forma rettangolare in calcestruzzo, sulla sede stradale antistante l’esercizio pubblico del ricorrente, con la funzione di raccordo tra la quota del piano stradale ed il marciapiede, in violazione di quanto previsto dall’articolo 7 della delibera di consiglio comunale numero 32 del 28.08.2015 -recante il regolamento per l’autorizzazione all’installazione di gazebo su aree comunali- il quale prescrive che l’attacco a terra del gazebo, di carattere precario e facilmente amovibile, debba essere costituito da una pedana in legno, aderente al suolo, al fine di raccordare la differenza di quota tra il piano della strada e quello del marciapiede. Ciò, in generale, al fine di non arrecare pregiudizio alle aree comunali che, in particolare, nella parte antistante l’attività commerciale dell’esponente sono destinate a parcheggio.
...
Il ricorso è infondato.
L’articolo 7 della delibera di consiglio comunale numero 32 del 28.08.2015 recante il regolamento “per il rilascio di autorizzazioni al posizionamento di gazebo, pedane, tavoli e sedie su area pubblica antistante di esercizi commerciali” prescrive espressamente, con riferimento ai gazebo, che “…2. L’attacco a terra, di carattere precario, deve essere costituito da una pedana in legno, aderente al suolo, che nasconda l’ancoraggio terra e raccordi la differenza di quota tra il piano della strada e quello del marciapiede. 3. Tale struttura, interamente e facilmente amovibile, è composta da un telaio in legno o ferro”.
Conformemente a tale previsione regolamentare, il ricorrente presentava, dapprima, una SCIA in data 16.10.2015 e successivamente, in data 16.11.2015 una richiesta di permesso di costruire per la realizzazione di un gazebo su suolo pubblico dinanzi alla propria attività commerciale. In entrambe le istanze precisava che non sarebbe stata realizzata alcuna opera in cemento armato.
E’ dunque evidente che la realizzazione di una piattaforma di forma rettangolare in calcestruzzo sulla sede stradale antistante l’attività commerciale dell’esponente costituisce una evidente difformità dell’intervento rispetto a quanto autorizzato dal Comune con provvedimento numero 9 del 2016 che, nel rispetto del regolamento comunale, autorizzava la realizzazione sul suolo pubblico di pedane in legno sulle quali posizionare il gazebo, assicurando in tal modo il raccordo tra la quota del piano stradale ed il marciapiede.
Del resto solo una struttura in legno poteva assicurare che si trattasse di struttura precaria e facilmente rimovibile, come tale compatibile con la destinazione dell’area pubblica oggetto di occupazione che, nel caso del ricorrente, è quella a parcheggio pubblico.
A fronte di tale dato oggettivo, univocamente comprovato dalla documentazione in atti, il ricorrente articola una serie di censure che tuttavia non colgono nel segno.
Quanto al preteso omesso esame della variante depositata il 29.06.2016 presso lo sportello unico per l’edilizia, rileva il collegio che non si tratta di una modifica dell’originario progetto, sub specie di variante in corso d’opera o di richiesta di autorizzazione in sanatoria, bensì di una nuova richiesta di deposito sismico ai sensi dell’articolo 93 del d.p.r. 380 del 2001 che in alcun modo rileva ai fini del superamento della contestata difformità tra il basamento realizzato -in calcestruzzo- e quello autorizzato -pedana in legno- donde la sostanziale irrilevanza della nuova richiesta di deposito sismico, come tale inidonea ad incidere sulla legittimità dell’ordine di demolizione e dei presupposti provvedimenti di sospensione dei lavori, tutti incentrati sulla predetta, pacifica, difformità del basamento realizzato rispetto a quello autorizzato.
In altre parole il deposito in questione rileva ai fini del procedimento autorizzatorio di competenza regionale, avente ad oggetto la regolarità dell’intervento dal punto di vista sismico e, come tale, non integra i presupposti della variante architettonica o della richiesta di sanatoria sicché nessun obbligo di riesame preventivo poteva ritenersi sussistente in capo al Comune prima dell’adozione dell’ordine di demolizione.
Tale circostanza è stata peraltro debitamente esplicitata in sede istruttoria da parte del Comune atteso che nelle premesse dell’ordinanza di demolizione si richiama altresì la relazione dell’ufficio urbanistica del 20.07.2016 protocollo numero 1085 nella quale si rileva che “non si può dar seguito alla variante strutturale proposta in data 29.06.2016 con nota di prot. 9579 in quanto le opere, costituendo anche variante architettonica, non sono consentite dal regolamento adottato con D.C.C. n. 32/2015".
Ne discende che alcuna violazione dell’obbligo di provvedere può configurarsi nel caso di specie né tantomeno una violazione dell’obbligo di valutare i contributi istruttori esibiti dal ricorrente, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 10 della legge numero 241 del 90 e, in generale, dell’articolo 97 della costituzione.
La stessa regione Molise, nell’accertare, con nota protocollo numero 6571 del 13.04.2017, la conformità della variante strutturale alla normativa tecnica sismica, precisava che l’esito positivo della verifica non poteva intendersi come sostitutivo della valutazione urbanistica di competenza comunale, evidenziando che quanto realizzato non era comunque conforme a quanto previsto dall’articolo 7, comma 2, del regolamento comunale.
In conclusione, non solo la variante strutturale è stata espressamente esaminata dal comune nel corso dell’istruttoria prodromica all’adozione dell’ordine di demolizione, ma deve convenirsi con quanto rilevato sia dal comune che dalla regione circa l’irrilevanza di tale atto a sanare l’assenza di idoneo titolo edilizio in quanto atto rilevante ai soli fini del deposito sismico e comunque in contrasto con il regolamento comunale, con conseguente abusività della piattaforma in calcestruzzo poiché realizzata in violazione di quanto previsto dall’articolo 7, comma 2, del regolamento approvato con delibera di consiglio comunale numero 32 del 2015 e della stessa autorizzazione numero 9/2016.
Con ulteriore motivo di censura il ricorrente deduce la contraddittorietà dell’azione amministrativa per avere il comune sanzionato la realizzazione di un’opera -rappresentata da una piattaforma in cemento armato- implicitamente imposta come condizione al punto 13 dell’autorizzazione comunale n. 9 del 2016 laddove viene prescritto, prima dell’inizio dei lavori, l’obbligo di procedere al deposito sismico e strutturale ai sensi della legge regionale numero 20 del 1996 e dell’articolo 93 del d.p.r. numero 380 del 2001.
La doglianza è infondata in quanto non risponde al vero che le disposizioni in materia di costruzioni in zone sismiche richiedano necessariamente la realizzazione di fondamenta in cemento armato.
Il deposito previsto dall’articolo 93 del d.p.r. numero 380 del 2001 per le zone sismiche ha infatti portata generale ed è riferito a qualunque tipologia di costruzioni, a prescindere dai materiali utilizzati. Ne discende che anche le costruzioni in legno sono soggette all’obbligo del deposito sismico sicché quanto previsto al punto 13 dell’autorizzazione numero 9/2016 non rappresenta altro che una prescrizione riproduttiva dell’obbligo legale di cui al richiamato articolo 93 valevole per tutte le tipologie costruttive.
La caratteristica delle opere costruttive incide invece sull’operatività dell’articolo 65 del d.p.r. numero 380 del 2001 atteso che solo per le opere di conglomerato cementizio armato è prescritto l’obbligo di denuncia al competente ufficio tecnico regionale.
A conferma di quanto precede deve ancora evidenziarsi che il decreto ministeriale del 14.01.2008, recante il compendio di norme sulle caratteristiche tecniche costruttive, contempla una sezione dedicata esclusivamente alle costruzioni di legno in zona sismica (cfr. il capitolo 7 rubricato “Progettazione per azioni sismiche” al punto 7.7 rubricato “Costruzioni di legno).
Ne discende, conclusivamente, che dal richiamo contenuto nel titolo autorizzatorio all’obbligo del deposito sismico non può inferirsi alcuna valutazione circa le caratteristiche dei materiali impiegati per la costruzione, ben potendo trattarsi anche di costruzioni in legno, secondo quanto peraltro espressamente indicato nella relazione presentata dal ricorrente ai fini del rilascio del titolo autorizzatorio.
Manifestamente infondata è poi la tesi per cui il deposito sismico presso la regione potrebbe contenere elementi progettuali integrativi rispetto all’originario progetto depositato presso il competente ufficio comunale poiché, ove si accedesse a tale tesi, quest’ultimo si vedrebbe spogliato del potere di verificare la compatibilità dei materiali utilizzati per la costruzione rispetto alle prescrizioni edilizie che, come noto, disciplinano, a seconda delle zone, anche le tipologie dei materiali consentiti, tanto è vero che la dichiarazione di asseverazione del professionista, da presentare ai sensi dell’articolo 20 del d.p.r. 380 del 2001, deve attestare anche la conformità del progetto alle norme antisismiche e quindi illustrare le caratteristiche costruttive dell’intervento.
In definitiva l’introduzione nel distinto -seppur collegato- procedimento di autorizzazione sismica di modifiche alle caratteristiche costruttive dell’intervento, deve ritenersi non coperta dal titolo edilizio in quanto sottratta alle verifiche istruttorie di competenza comunale, prodromiche al rilascio dell’autorizzazione, come la stessa regione non ha mancato di evidenziare con la nota protocollo numero 6571 del 13.04.2017.
Infondato è anche il terzo motivo di censura in quanto non può ritenersi sussistente un contrasto dell’articolo 7 del regolamento comunale con la disciplina regionale e nazionale in materia di norme antisismiche atteso che la previsione della realizzazione della pedana di appoggio in legno, anziché in cemento armato, in zona sismica, non viola alcuna norma della legislazione antisismica, sia perché, come si è visto, è lo stesso decreto ministeriale del 14.01.2008 ad ammettere la realizzazione in zona sismica di costruzioni in legno (cfr. punto 7.7), sia perché, in ogni caso, la valutazione circa l’idoneità di una struttura di supporto in legno rispetto ai parametri tecnici previsti dalla normativa antisismica è rimessa alla competente struttura regionale, con la precisazione che appare tutt’altro che manifestamente illogico prevedere che un semplice gazebo abbia come struttura di appoggio una pedana in legno, in zona peraltro tutelata dal punto di vista paesaggistico.
Alla luce delle motivazioni che precedono il ricorso deve conseguentemente essere respinto (TAR Molise, sentenza 14.09.2017 n. 304 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

agosto 2017

EDILIZIA PRIVATA: Opere realizzate in violazione della disciplina antisismica e sulle opere in cemento armato - Efficacia estintiva del permesso di costruire in sanatoria - Esclusione - Artt. 44, lett. b), 64, 65, 71, 72, 93, 94, 95 d.P.R. n. 380/2001 - Giurisprudenza.
L'efficacia estintiva del permesso di costruire in sanatoria, deve escludersi per le opere realizzate in violazione della disciplina antisismica e sulle opere in cemento armato. Sul punto la giurisprudenza (Cass. Sez. 3, n. 11271 del 17/02/2010; Braccolino; Sez. 3, n. 19256 del 13/04/2005, Cupelli; Sez. 3, n. 1658 del 01/12/1997 (dep. 1998), Agnesse) (Corte Cost. sent. 149 del 30/04/1999). Tali esclusioni riguardano anche la disciplina delle opere in cemento armato (Cass. Sez. 3, n. 11511 del 15/02/2002, Menna A.; Sez. 3, n. 50 del 07/11/1997 (dep. 1998), Casà G. ed altre prec. conf.).
Intervento abusivo - Violazioni edilizie e paesaggistiche - Valutazione della particolare tenuità.
Ai fini della valutazione della particolare tenuità del fatto in tema di violazioni edilizie e paesaggistiche la consistenza dell'intervento abusivo (tipologia di intervento, dimensioni e caratteristiche costruttive) costituisce solo uno dei parametri di valutazione, perché, per ciò che riguarda gli aspetti urbanistici, in particolare, assumono rilievo anche altri elementi, quali, ad esempio, la destinazione dell'immobile, l'incidenza sul carico urbanistico.
Inoltre, altro indice sintomatico della non particolare tenuità del fatto è rappresentato dalla contestuale violazione di più disposizioni quale conseguenza dell'intervento abusivo, come nel caso in cui siano contestualmente violate, mediante la realizzazione dell'opera, anche altre disposizioni finalizzate alla tutela di interessi diversi (norme in materia di costruzioni in zone sismiche, di opere in cemento armato, di tutela del paesaggio e dell'ambiente, a quelle relative alla fruizione delle aree demaniali) (Sez. 3, n. 47039 del 08/10/2015, P.M. in proc. Derossi; Conf. Sez. 3, n. 19111 del 10/03/2016, Mancuso) (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 07.08.2017 n. 38953 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATASecondo la uniforme giurisprudenza di questa Corte, deve escludersi l'efficacia estintiva del permesso di costruire in sanatoria per le opere realizzate in violazione della disciplina antisismica.
E tale esclusione riguarda anche la disciplina delle opere in cemento armato.
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3. Del tutto errata risulta, al contrario, l'affermazione, contenuta nel motivo di ricorso in esame, secondo la quale la sanatoria conseguita dall'imputato avrebbe comportato anche l'estinzione della violazione della disciplina antisismica.
Va detto, peraltro, che anche sul punto la sentenza impugnata offre una confusa descrizione della sequenza procedimentale che avrebbe preceduto il rilascio del titolo abilitativo sanante, facendo peraltro riferimento a titoli diversi (concessione, autorizzazione, denuncia attività), ad attività di demolizione di opere in difformità e ad altra procedura di sanatoria pendente per l'abuso di cui al capo a) punto 5 per il quale è intervenuta comunque l'assoluzione.
Ciò nonostante, va comunque osservato che, secondo la uniforme giurisprudenza di questa Corte, deve escludersi l'efficacia estintiva del permesso di costruire in sanatoria per le opere realizzate in violazione della disciplina antisismica.
Sul punto la giurisprudenza di questa Corte è uniforme (v., ex pl., Sez. 3, n. 11271 del 17/02/2010; Braccolino, Rv. 246462; Sez. 3, n. 19256 del 13/04/2005, Cupelli, Rv. 231850; Sez. 3, n. 1658 del 01/12/1997 (dep. 1998), Agnesse, Rv. 209571) e le esclusioni individuate dalla condivisibile lettura della norma in esame, hanno superato anche il vaglio della Corte Costituzionale (Corte Cost. sent. 149 del 30.04.1999).
Va per inciso rilevato che tali esclusioni riguardano anche la disciplina delle opere in cemento armato, la sanabilità delle quali il Tribunale ha invece erroneamente ammesso (v. Sez. 3, n. 11511 del 15/02/2002, Menna A, Rv. 22143901: Sez. 3, n. 50 del 07/11/1997 (dep. 1998), Casà G, Rv. 20966201 ed altre prec. conf.) (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 07.08.2017 n. 38953).

giugno 2017

EDILIZIA PRIVATA: Costruzioni da eseguirsi nelle zone sismiche - Violazioni della disciplina antisismica - Inefficacia della sanatoria - Ultimazione dei lavori - Criteri - Giurisprudenza - Artt. 36, 65-72, 93-95 del D.P.R. n. 380/2001.
Il conseguimento del permesso di costruire in sanatoria ai sensi dell'art. 36 del d.P.R. 06.06.2001, n. 380, comporta l'estinzione dei soli reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti, nella cui nozione non rientra la disciplina per le costruzioni da eseguirsi nelle zone sismiche, che ha una oggettività giuridica diversa da quella riguardante il corretto assetto del territorio.
Inoltre, l'ultimazione dei lavori, coincide con la conclusione dei lavori di rifinitura interni ed esterni, quali gli intonaci e gli infissi (Sez. 3, n. 39733 del 18/10/2011, Ventura), di modo che anche il suo utilizzo effettivo, ancorché accompagnato dall'attivazione delle utenze e dalla presenza di persone al suo interno, non è sufficiente per ritenere sussistente l'ultimazione dell'immobile abusivamente realizzato (Sez. 3, n. 48002 del 17/09/2014, Surano) (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 20.06.2017 n. 30654 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: Il conseguimento del permesso di costruire in sanatoria ai sensi dell'art. 36 del d.P.R. 06.06.2001, n. 380, comporta l'estinzione dei soli reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti, nella cui nozione non rientra la disciplina per le costruzioni da eseguirsi nelle zone sismiche, che ha una oggettività giuridica diversa da quella riguardante il corretto assetto del territorio.
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4. Il terzo motivo è manifestamente infondato, considerata l'autonomia delle fattispecie contestate ai capi B), C), e D) dell'imputazione rispetto al reato di cui al capo A) e la assoluta irrilevanza, rispetto alle predette fattispecie contravvenzionali, del rilascio del permesso a costruire in sanatoria.
Costituisce principio consolidato, infatti, che il conseguimento del permesso di costruire in sanatoria ai sensi dell'art. 36 del d.P.R. 06.06.2001, n. 380, comporta l'estinzione dei soli reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti, nella cui nozione non rientra la disciplina per le costruzioni da eseguirsi nelle zone sismiche, che ha una oggettività giuridica diversa da quella riguardante il corretto assetto del territorio (Sez. F, n. 44015 del 04/09/2014, dep. 22/10/2014, Conforti, Rv. 261099; nonché Sez. 3, n. 7764 del 04/05/1999, dep. 16/06/1999, P.M. in proc. Cosentino A ed altro, Rv. 214165 e Sez. 3, n. 2114 del 26/11/2002, dep. 17/01/2003, PG in proc. Frascani e altro, Rv. 223145, pronunciate con riferimento alla omologa disposizione, ratione temporis vigente, di cui all'art. 22 della legge 28.02.1985 n. 47) (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 20.06.2017 n. 30654).

maggio 2017

EDILIZIA PRIVATA: L'aver omesso di presentare allo Sportello unico per l'edilizia la denuncia delle opere strutturali (nella fattispecie consistenti di un muro di confine, dei piloni di sostegno di un cancello, di un muretto di recinzione su strada, prima dì procedere al loro inizio) integra la contravvenzione di cui all'art. 93, comma 1, indipendentemente sia dalle caratteristiche dell'opera edilizia, che può consistere in qualsiasi intervento edilizio -con la sola eccezione di quelli di semplice manutenzione ordinaria- effettuato in zona sismica, comportante o meno l'esecuzione di opere in conglomerato cementizio armato sia dal grado di sismicità dell'area, essendo il reato de quo configurabile anche in caso di esecuzione di lavori in zona inclusa tra quelle a basso indice sismico.
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Nelle fattispecie contravvenzionali la buona fede può acquistare rilevanza giuridica solo a condizione che essa si traduca nella mancanza di consapevolezza dell'illiceità del fatto e che derivi da un elemento positivo estraneo all'agente, consistente in una circostanza che induca alla convinzione della liceità del comportamento tenuto, la prova della sussistenza del quale deve essere fornita dall'imputato, unitamente alla dimostrazione di avere compiuto tutto quanto poteva per osservare la norma violata.
Ciò sul presupposto che gli inderogabili doveri di solidarietà sociale stabiliti dall'art. 2 Cost. impongono al destinatario di una determinata normativa di adempiere a stringenti oneri informativi, i quali richiedono che, prima di porre in essere l'attività disciplinata da specifiche disposizioni, egli si adoperi per sciogliere i dubbi che eventualmente concernano il lecito svolgimento di essa o le particolari modalità previste per la sua esecuzione.

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RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 04/07/2016 il Tribunale di Asti aveva assolto, con la formula "
perché il fatto non costituisce reato", No.Ma., Gi.So. e Sa.Ma. in relazione ai reati di cui agli artt. 71 (capo a) e 93 e 95 (capo b) del d.p.r. n. 380 del 2001, per avere: la prima in qualità di committente, il secondo di esecutore ed il terzo di direttore dei lavori, eseguito opere in conglomerato cementizio armato -consistenti in un muro di confine, in piloni di sostegno del cancello, in un muretto di recinzione su strada- in violazione dell'art. 64, commi 2, 3 e 4, nonché per avere omesso di presentare allo Sportello unico per l'edilizia la denuncia delle predette opere strutturali
prima del loro inizio; fatti accertati in Asti in data 12/06/2013.
1.1. Secondo il primo giudice, infatti, pur essendo stata pacificamente dimostrata la realizzazione delle opere sopra menzionate, dall'istruttoria dibattimentale era, altresì, emerso che i manufatti, costruiti in cemento armato, non erano destinati ad assolvere alcuna funzione statica e che, per tale motivo, gli imputati avevano ritenuto di non dovere presentare preventivamente la denuncia prevista dall'art. 65 del d.p.r. n. 380/2001 per le opere in conglomerato cementizio armato, che l'art. 53, comma 1, considera come tali, appunto, solo quando assolvano ad una funzione statica.
Sulla base della riportata interpretazione della normativa di riferimento, avallata dalla Circolare del Ministero dei lavori pubblici 14/02/1974, n. 11951, gli imputati si erano, dunque, consapevolmente determinati a non presentare la denuncia in questione, incorrendo in un errore scusabile, siccome indotto da una normativa suscettibile di differenti opzioni esegetiche e non potendo attribuirsi rilievo dirimente al contrario indirizzo della giurisprudenza di legittimità, che gli imputati non sarebbero stati tenuti a conoscere.
2. Avverso la predetta sentenza ha presentato ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti, deducendo, con un unico motivo di impugnazione proposto ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., l'inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione alla sola contravvenzione di cui agli artt. 93 e 95 del d.p.r. n. 380 del 2001 contestata al capo b).
Ciò sul presupposto che tale figura di reato sia applicabile a tutte le opere realizzate in zona sismica, indipendentemente dalla funzione statica dalle stesse svolte; e non essendo stato, per altro verso, dimostrato che gli imputati versassero, nella specie, in una situazione di errore scusabile, anche tenuto conto del consolidato indirizzo interpretativo della giurisprudenza di legittimità in materia di obblighi di informazione sulla normativa settoriale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
2. Con la fattispecie descritta al capo b) della rubrica è stato contestato agli imputati di avere omesso di presentare allo Sportello unico per l'edilizia la denuncia delle opere strutturali indicate al capo a) -consistenti di un muro di confine, dei piloni di sostegno di un cancello, di un muretto di recinzione su strada- prima dì procedere al loro inizio.
Come correttamente posto in luce dal ricorrente, la contravvenzione de qua sanziona, al comma 1, l'omesso preavviso scritto allo sportello unico delle "costruzioni, riparazioni e sopraelevazioni" alla cui presentazione è tenuto chiunque intenda procedervi "nelle zone sismiche di cui all'articolo 83".
Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte
il reato in contestazione resta integrato indipendentemente sia dalle caratteristiche dell'opera edilizia, che può consistere in qualsiasi intervento edilizio -con la sola eccezione di quelli di semplice manutenzione ordinaria- effettuato in zona sismica, comportante o meno l'esecuzione di opere in conglomerato cementizio armato (Sez. 3, n. 48005 del 17/09/2014, dep. 20/11/2014, Gulizzi e altro, Rv. 261155), sia dal grado di sismicità dell'area, essendo il reato de quo configurabile anche in caso di esecuzione di lavori in zona inclusa tra quelle a basso indice sismico (v. Sez. 3, n. 22312 del 15/02/2011, dep. 06/06/2011, Morini, Rv. 250369).
Ne consegue che, già sotto il profilo dell'elemento oggettivo, la sentenza impugnata si mostra gravemente carente, essendosi la stessa soffermata unicamente sulle caratteristiche dell'opera in rapporto alla sua funzione statica ed ai conseguente obbligo di denuncia, senza in alcun modo affrontare il concorrente profilo della sismicità dell'area interessata dall'intervento, la quale avrebbe, dunque, imposto di ottemperare agli obblighi comunicativi.
3. Sotto altro aspetto, si è opinato, da parte della difesa degli imputati, e il primo giudice ha condiviso tale prospettazione, che gli stessi sarebbero incorsi in errore scusabile per avere deciso di non presentare la denuncia allo Sportello unico sulla base della Circolare del Ministero dei lavori pubblici 14/02/1974, n. 11951, non essendo gli stessi tenuti a conoscere il contrario indirizzo della giurisprudenza di legittimità, che affermerebbe, in siffatte ipotesi, la rilevanza penale dell'omissione della denuncia e, per converso, l'irrilevanza delle eventuali previsioni difformi da parte delle circolari amministrative.
3.1. Sul punto, osserva il Collegio che la consolidata produzione giurisdizionale di questa Corte è ormai pervenuta ad affermare, sulla scia della fondamentale sentenza n. 368/1988 della Corte costituzionale, che
nelle fattispecie contravvenzionali la buona fede può acquistare rilevanza giuridica solo a condizione che essa si traduca nella mancanza di consapevolezza dell'illiceità del fatto e che derivi da un elemento positivo estraneo all'agente, consistente in una circostanza che induca alla convinzione della liceità del comportamento tenuto, la prova della sussistenza del quale deve essere fornita dall'imputato, unitamente alla dimostrazione di avere compiuto tutto quanto poteva per osservare la norma violata (Sez. 3, n. 35314 del 20/05/2016, dep. 23/08/2016, P.M. in proc. Oggero, Rv. 268000; Sez. 4, n. 9165 del 05/02/2015, dep. 02/03/2015, Felli, Rv. 262443; Sez. 3, n. 42021 del 18/07/2014, dep. 09/10/2014, Paris, Rv. 260657; Sez. 3, n. 49910 del 04/11/2009, dep. 30/12/2009, Cangialosí e altri, Rv. 245863; Sez. 3, n. 46671 del 05/10/2004, dep. 01/12/2004, Sferlazzo, Rv. 230889; Sez. 3, n. 12710 del 29/11/1994, dep. 21/12/1994, D'Alessandro, Rv. 200950).
Ciò sul presupposto che gli inderogabili doveri di solidarietà sociale stabiliti dall'art. 2 Cost. impongono al destinatario di una determinata normativa di adempiere a stringenti oneri informativi, i quali richiedono che, prima di porre in essere l'attività disciplinata da specifiche disposizioni, egli si adoperi per sciogliere i dubbi che eventualmente concernano il lecito svolgimento di essa o le particolari modalità previste per la sua esecuzione.
Ora, se per un verso non può in assoluto escludersi che la presenza di determinate circolari amministrative possa contribuire a delineare un quadro regolativo confuso e scarsamente idoneo a orientare il comportamento dei consociati (rientrando, l'ipotesi delle circolari, tra gli esempi offerti dalla citata sentenza n. 364/1988 per configurare una situazione di scarsa perspicuità dell'assetto normativo, tale eventualmente determinare un errore scusabile), deve nondimeno rilevarsi che, nel caso di specie, le circolari invocate riguardavano, come già osservato (v. supra § 2), tutt'altro oggetto rispetto alla problematica che viene, qui, in rilievo: ovvero l'obbligatorietà della preventiva denuncia di opere in cemento armato inidonee ad assolvere una funzione statica e non, come invece sarebbe stato necessario, l'obbligatorietà della comunicazione connessa alla sismicità dell'area interessata dall'intervento edificatorio.
Consegue a quanto appena rilevato che, in ogni caso, anche sotto questo dirimente profilo, deve escludersi qualunque rilevanza, sotto il profilo scusante, a quanto stabilito dalla cennata circolare e, corrispondentemente, al convincimento maturato dagli imputati alla stregua delle sue disposizioni (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 18.05.2017 n. 24585).

EDILIZIA PRIVATA: Reati di omessa denuncia dei lavori e presentazione dei progetti e di inizio dei lavori senza preventiva autorizzazione - Natura permanente dei reati - Violazione della normativa antisimica - Individuazione della cessazione della permanenza - Artt. 64, 65, 71, 72, 93, 94, 95 e 101 dlgs n. 380/2001 - Giurisprudenza.
In materia antisismica, i reati di omessa denuncia dei lavori e presentazione dei progetti e di inizio dei lavori senza preventiva autorizzazione scritta dell'ufficio competente hanno natura di reati permanenti, la cui consumazione si protrae sino a quando il responsabile non presenta la relativa denuncia con l'allegata documentazione, non completa l'opera, ovvero, non ricorrendo alcuna delle precedenti condizioni, sino alla data della sentenza di condanna di primo grado (Corte di cassazione, Sezione III penale, 20/01/2016, n. 2209; idem Sezione III penale, 14/01/2016, n. 1145).
Atteso che la lesione dell'interesse protetto dalla norma, ravvisabile nell'apprestamento degli strumenti necessari alla amministrazione competente per potere effettivamente ed efficacemente esercitare i propri compiti in tema di vigilanza sulla regolarità tecnica di ogni costruzione eseguita in zona sismica, permane sin tanto che tale controllo non viene consentito ovvero, una volta completata la realizzazione dell'opera, esso risulta oramai sostanzialmente non più utile.
Opere edilizie in zona sismica - Acquisizione delle autorizzazioni in materia antisismica - Necessità - Individuazione di un errore scusabile in capo all'agente - Integrazione degli elementi soggettivi ed oggettivi.
La realizzazione in zona sismica, di un ballatoio aggettante esterno e la sostituzione e dislocazione di parte di una scala interna, in assenza delle prescritte comunicazioni e autorizzazioni integra l'elemento materiale della contravvenzione in materia antisismica, mentre, ai fini della integrazione dell'elemento soggettivo è sufficiente accertare l'avvenuta consapevole violazione della norma legislativa prescrittiva, in assenza di fattori che avrebbero potuto legittimare l'individuazione di un errore scusabile in capo all'agente, per giustificare quanto meno la colposità della condotta (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 18.05.2017 n. 24574 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: Le contravvenzioni previste dalla normativa antisismica puniscono inosservanze formali, volte a presidiare il controllo preventivo della P.A. Ne deriva che l'effettiva pericolosità della costruzione realizzata senza i prescritti adempimenti è del tutto irrilevante ai fini della sussistenza del reato e la verifica postuma dell'assenza del pericolo ed il rilascio dei provvedimenti abilitativi non incide sulla illiceità della condotta, poiché gli illeciti sussistono in relazione al momento di inizio della attività.
Le disposizioni della normativa antisismica si applicano, invero, a tutte le costruzioni la cui sicurezza possa interessare la pubblica incolumità, a nulla rilevando la natura dei materiali usati e delle strutture realizzate- a differenza della disciplina relativa alle opere in conglomerato cementizio armato- in quanto l'esigenza di maggior rigore nelle zone dichiarate sismiche rende ancor più necessari i controlli e le cautele prescritte, quando si impiegano elementi strutturali meno solidi e duraturi del cemento armato.

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4. Altrettanto ineccepibilmente i Giudici di merito hanno ritenuto che le contravvenzioni previste dalla normativa antisismica puniscono inosservanze formali, volte a presidiare il controllo preventivo della P.A. Ne deriva che l'effettiva pericolosità della costruzione realizzata senza i prescritti adempimenti è del tutto irrilevante ai fini della sussistenza del reato e la verifica postuma dell'assenza del pericolo ed il rilascio dei provvedimenti abilitativi non incide sulla illiceità della condotta, poiché gli illeciti sussistono in relazione al momento di inizio della attività (cfr. Cass. pen. sez. 3, 17/06/1997 n. 5738).
Le disposizioni della normativa antisismica si applicano, invero, a tutte le costruzioni la cui sicurezza possa interessare la pubblica incolumità, a nulla rilevando la natura dei materiali usati e delle strutture realizzate- a differenza della disciplina relativa alle opere in conglomerato cementizio armato- in quanto l'esigenza di maggior rigore nelle zone dichiarate sismiche rende ancor più necessari i controlli e le cautele prescritte, quando si impiegano elementi strutturali meno solidi e duraturi del cemento armato (Cass. pen. sez. 3, 24/1012001 n. 38142).
Ugualmente irrilevante, infine, è che la costruzione si trovasse all'interno di una proprietà privata, tutelando la norma la pubblica incolumità (in tale concetto rientra anche il possibile danno al singolo individuo e quindi allo stesso proprietario del manufatto) dagli effetti delle azioni sismiche.
In ordine al reato di cui agli artt. 94 e 95 DPR 380/2001, ascritto all'originario capo c), il Tribunale aveva già mandato assolti gli imputati "perché il fatto non sussiste" proprio in considerazione del fatto che la zona in cui era stata realizzato il muro di recinzione era "a bassa sismicità" (livello 4) per cui non era necessaria la preventiva autorizzazione. 
5. Non era poi certamente maturata la prescrizione, non essendo decorso il termine massimo di anni cinque: la realizzazione del muro di recinzione fu accertata, infatti, in data 31.05.2012 ed i ricorrenti non hanno addotto alcun elemento da cui desumere, in contrasto con tale accertamento, che la permanenza sia invece cessata in epoca anteriore.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, invero, "...sempre restando a carico dell'accusa l'onere della prova della data di inizio della decorrenza del termine prescrittivo, non basta una mera e diversa affermazione da parte dell'imputato a far ritenere che il reato si sia realmente estinto per prescrizione e neppure a determinare l'incertezza sulla data di inizio della decorrenza del relativo termine con la conseguente applicazione del principio in dubio pro reo, atteso che, In base al principio generale per cui ciascuno deve dare dimostrazione di quanto afferma, grava sull'imputato che voglia giovarsi della causa estintiva, in contrasto o in aggiunta a quanto già risulta in proposito dagli atti di causa, l'onere di allegare gli elementi in suo possesso, dei quali è il solo a potere concretamente disporre, per determinare la data di inizio del decorso del termine di prescrizione, data che in tali ipotesi coincide con quella di esecuzione dell'opera incriminata" Cass. pen. n. 10562 dell'11/10/2000).
Anche la giurisprudenza successiva ha ribadito che "In tema di prescrizione, grava sull'imputato, che voglia giovarsi di tale causa estintiva del reato, l'onere di allegare gli elementi in suo possesso dai quali desumere la data di inizio del decorso del termine, diversa da quella risultante dagli atti" (Cass. pen. sez. 3 n. 19082 del 24/03/2009) (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 09.05.2017 n. 22336).

aprile 2017

EDILIZIA PRIVATA: L'articolo 93 d.p.r. 380 del 2001, con il quale si intende assicurare la vigilanza sulle costruzioni in zone sismiche, garantisce, prevedendo la denuncia allo sportello unico, la sinergia fra gli interessati e le amministrazioni coinvolte nel procedimento, imponendo a chi intende procedere agli interventi di costruzione nella zone sismiche di presentare un preavviso scritto (cd. denuncia allo sportello unico) e tale adempimento assume la funzione di informativa dell'attività intrapresa, mirando a rendere effettivo il controllo preventivo della P.A., a presidio del territorio.
L'articolo 83 d.p.r. 380 del 2001, cui l'articolo 93 rinvia, indica le opere disciplinate e i gradi di sismicità, mentre l'articolo 84 definisce il contenuto delle norme tecniche, che devono essere osservate.
L'articolo 94 d.p.r. 380 del 2001, infine, prevede la necessità di una preventiva autorizzazione del competente ufficio tecnico regionale, fermo restando l'obbligo del titolo abilitativo all'intervento edilizio, ed impone che la direzione dei lavori sia assunta da un soggetto abilitato.
Si tratta dunque di una diversità di precetti la cui violazione implica il compimento di condotte plurime, tant'è che, mentre le violazioni della normativa tecnica hanno natura di reato permanente, i reati relativi all'omissione della presentazione della denuncia dei lavori e dell'avviso di inizio lavori hanno natura di reati istantanei, che si consumano nel luogo e nel momento in cui il soggetto intraprende l'attività di edificazione, avendo omesso gli adempimenti richiesti prima dell'esecuzione delle opere.
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1. Il ricorso è infondato.
2. Quanto al primo motivo, i reati contestati integrano l'ipotesi del concorso materiale e non del concorso formale di reati, come invece sostiene la ricorrente.
Per rendersene conto, è sufficiente considerare la struttura delle fattispecie incriminatrici.
L'articolo 93 d.p.r. 380 del 2001, con il quale si intende assicurare la vigilanza sulle costruzioni in zone sismiche, garantisce, prevedendo la denuncia allo sportello unico, la sinergia fra gli interessati e le amministrazioni coinvolte nel procedimento, imponendo a chi intende procedere agli interventi di costruzione nella zone sismiche di presentare un preavviso scritto (cd. denuncia allo sportello unico) e tale adempimento assume la funzione di informativa dell'attività intrapresa, mirando a rendere effettivo il controllo preventivo della P.A., a presidio del territorio.
L'articolo 83 d.p.r. 380 del 2001, cui l'articolo 93 rinvia, indica le opere disciplinate e i gradi di sismicità, mentre l'articolo 84 definisce il contenuto delle norme tecniche, che devono essere osservate.
L'articolo 94 d.p.r. 380 del 2001, infine, prevede la necessità di una preventiva autorizzazione del competente ufficio tecnico regionale, fermo restando l'obbligo del titolo abilitativo all'intervento edilizio, ed impone che la direzione dei lavori sia assunta da un soggetto abilitato.
Si tratta dunque di una diversità di precetti la cui violazione implica il compimento di condotte plurime, tant'è che, mentre le violazioni della normativa tecnica hanno natura di reato permanente, i reati relativi all'omissione della presentazione della denuncia dei lavori e dell'avviso di inizio lavori hanno natura di reati istantanei, che si consumano nel luogo e nel momento in cui il soggetto intraprende l'attività di edificazione, avendo omesso gli adempimenti richiesti prima dell'esecuzione delle opere.
Ne consegue che la pluralità delle condotte osta all'applicazione della causa di non punibilità reclamata, avendo questa Corte affermato che la causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all'art. 131-bis cod. pen. non può essere dichiarata in presenza di più reati legati dal vincolo della continuazione, in quanto anche il reato continuato configura un'ipotesi di "comportamento abituale", ostativa al riconoscimento del beneficio (Sez. 3, n. 43816 del 01/07/2015, Amodeo, Rv. 265084) (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 10.04.2017 n. 17908).

marzo 2017

EDILIZIA PRIVATAEdilizia in zone sismiche sempre sotto vigilanza.
Incostituzionale la disposizione che sottrae ad ogni forma di vigilanza e controllo alcuni interventi edilizi realizzati in zone sismiche, non tipizzati dalla legislazione statale di riferimento.

Questo emerge dalla sentenza 24.03.2017 n. 60, emessa ieri dalla Corte costituzionale in merito al ricorso promosso dal presidente del Consiglio dei ministri contro la regione Abruzzo.
Il ricorrente aveva invitato la Consulta a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale degli art. 5 e 7 della legge regionale 12/2015, che apportava «Modifiche alla legge regionale 11.08.2011, n. 28 (Norme per la riduzione del rischio sismico e modalità di vigilanza e controllo su opere e costruzioni in zone sismiche)», introducendo un art. 19-bis. Entrambe le disposizioni sarebbero state in contrasto con l'art. 117, terzo comma, della Costituzione, nelle materie di legislazione concorrente della «protezione civile» e del «governo del territorio».
Mentre dichiara inammissibile la questione in merito all'art. 5 e all'art. 7 nella parte in cui amplia l'art. 19-bis della legge 28 con il comma 3, la Corte individua un contrasto fra il dettame costituzionale e il comma 2, lett. d), dell' art. 19-bis, che rimandava a un regolamento della giunta la definizione delle «opere minori» e di «quelle prive di rilevanza ai fini della pubblica incolumità», tutte strutture da considerare estranee sia al procedimento di autorizzazione preventiva che al preavviso.
Ma queste due categorie di immobili, sottolinea nella sentenza, non esistono nella disciplina statale per l'edilizia in zone a rischio sisma. Le regioni non possono che allinearsi ai principi stabiliti dallo normativa statale, che detta i parametri a cui attenersi agli art. 65, 93 e 94 del dpr 380/2001, conclude la Consulta (articolo ItaliaOggi del 25.03.2017).

EDILIZIA PRIVATA: La denuncia prescritta dall’art. 65 d.p.r. n. 380/2001 per la realizzazione dei lavori in cemento armato non costituisce presupposto del titolo edilizio ma è un adempimento necessario per la sola esecuzione dei lavori  come si evince dalle seguenti circostanze:
   a) la denuncia non deve essere effettuata prima del rilascio del permesso di costruire, bensì prima dell'inizio lavori;
   b) gli artt. 68 e segg. del d.P.R. n. 380 del 2001 riservano una disciplina speciale per l'esecuzione di lavori in assenza di denuncia diversa, rispetto a quella concernente la realizzazione di opere senza titolo edilizio ed anche la disciplina penalistica della fattispecie, contenuta negli artt. 71 e ss., diverge da quella prevista dall’art. 44 del medesimo testo normativo nel caso di mancanza del titolo edilizio;
   c) la giurisprudenza ritiene che la presentazione della denuncia delle opere in cemento armato non sia idonea ad impedire la decadenza del permesso di costruire per l'inutile decorso del termine annuale previsto per l'inizio lavori, termine stabilito dall'art. 15, primo comma, del d.P.R. n. 380 del 2001. La tesi in esame, nel propugnare la perdurante decorrenza del termine, presuppone la piena efficacia del titolo edilizio;
Nella stessa ottica, anche la denuncia e l’autorizzazione ex artt. 93 e 94 d.p.r. n. 380/2001 costituiscono atti necessari per il solo inizio dei lavori e non anche per il perfezionamento del titolo edilizio come si evince dal fatto che le disposizioni in esame riguardano il solo inizio dei lavori e dall’inciso iniziale del citato art. 94 secondo cui “fermo restando l'obbligo del titolo abilitativo all’intervento edilizio, nelle località sismiche, ad eccezione di quelle a bassa sismicità all'uopo indicate nei decreti di cui all’articolo 83, non si possono iniziare lavori senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione”.
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- Considerato che con un’unica censura la ricorrente prospetta la violazione degli artt. 6 d.lgs. n. 28/2011, 65, 93 e 94 d.p.r. n. 380/2001, 10 d.m. 06/07/2012 e 3 e 10 l. n. 241/1990 nonché eccesso di potere per difetto d’istruttoria, di motivazione e travisamento dei fatti in quanto, al momento della scadenza dei termini per l’iscrizione al registro, la società esponente sarebbe stata in possesso del titolo autorizzativo per la realizzazione dell’impianto; in quest’ottica sia la denuncia ex art. 65 d.p.r. n. 380/2001 che la denuncia e l’autorizzazione a fini sismici ex artt. 93 e 94 d.p.r. n. 380/2001 non influirebbero sul perfezionamento del titolo edilizio necessario per la realizzazione dell’impianto ma solo sull’esecuzione dei relativi lavori.
Tale circostanza sarebbe stata rappresentata nelle osservazioni presentate nell’ambito del procedimento che, però, non sarebbero state valutate il che integrerebbe l’ulteriore vizio di difetto di motivazione del provvedimento impugnato (così a pag. 14 dell’atto introduttivo);
- Considerato che il motivo in esame è fondato e deve essere accolto;
- Considerato, in particolare, che, secondo quanto previsto dall’art. 6 d.lgs. n. 28/2011, il titolo autorizzativo, ivi previsto, si perfeziona decorsi trenta giorni dalla presentazione della dichiarazione del privato, unitamente alla documentazione prescritta, senza che il Comune competente abbia esercitato il potere inibitorio di sua pertinenza (si veda, in particolare, il comma 4 della disposizione in esame secondo cui “il Comune, ove entro il termine indicato al comma 2 sia riscontrata l'assenza di una o più delle condizioni stabilite al medesimo comma, notifica all'interessato l'ordine motivato di non effettuare il previsto intervento e, in caso di falsa attestazione del professionista abilitato, informa l'autorità giudiziaria e il consiglio dell'ordine di appartenenza; è comunque salva la facoltà di ripresentare la dichiarazione, con le modifiche o le integrazioni necessarie per renderla conforme alla normativa urbanistica ed edilizia. Se il Comune non procede ai sensi del periodo precedente, decorso il termine di trenta giorni dalla data di ricezione della dichiarazione di cui comma 2, l'attività di costruzione deve ritenersi assentita”);
- Considerato, poi, che la denuncia prescritta dall’art. 65 d.p.r. n. 380/2001 per la realizzazione dei lavori in cemento armato non costituisce presupposto del titolo edilizio ma è un adempimento necessario per la sola esecuzione dei lavori (così TAR Lombardia–Milano n. 2581/2015) come si evince dalle seguenti circostanze:
   a) la denuncia non deve essere effettuata prima del rilascio del permesso di costruire, bensì prima dell'inizio lavori;
   b) gli artt. 68 e segg. del d.P.R. n. 380 del 2001 riservano una disciplina speciale per l'esecuzione di lavori in assenza di denuncia diversa, rispetto a quella concernente la realizzazione di opere senza titolo edilizio ed anche la disciplina penalistica della fattispecie, contenuta negli artt. 71 e ss., diverge da quella prevista dall’art. 44 del medesimo testo normativo nel caso di mancanza del titolo edilizio;
   c) la giurisprudenza ritiene che la presentazione della denuncia delle opere in cemento armato non sia idonea ad impedire la decadenza del permesso di costruire per l'inutile decorso del termine annuale previsto per l'inizio lavori, termine stabilito dall'art. 15, primo comma, del d.P.R. n. 380 del 2001 (cfr. TAR Veneto, sez. II, 24.01.2008, n. 174). La tesi in esame, nel propugnare la perdurante decorrenza del termine, presuppone la piena efficacia del titolo edilizio;
- Considerato che, nella stessa ottica, anche la denuncia e l’autorizzazione ex artt. 93 e 94 d.p.r. n. 380/2001 costituiscono atti necessari per il solo inizio dei lavori e non anche per il perfezionamento del titolo edilizio come si evince dal fatto che le disposizioni in esame riguardano il solo inizio dei lavori e dall’inciso iniziale del citato art. 94 secondo cui “fermo restando l'obbligo del titolo abilitativo all’intervento edilizio, nelle località sismiche, ad eccezione di quelle a bassa sismicità all'uopo indicate nei decreti di cui all’articolo 83, non si possono iniziare lavori senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione” (in questo senso anche TAR Campania–Napoli n. 2356/2013);
- Considerato, poi, che la nota del Comune di Viggiano del 28.06.2016 deve essere interpretata nel senso che le vicende evidenziate nella motivazione della stessa, concernenti la denuncia e l’autorizzazione sismica, abbiano influito sulla sola esecuzione dei lavori (come emerge dal terzo alinea dell’atto ove si richiama la precedente nota del 02/05/2013 in cui si parla espressamente di mera “sospensione dei lavori”) e non anche sull’efficacia del titolo edilizio essendo la contraria opzione ermeneutica contraria alla normativa vigente, come in precedenza evidenziato;
- Considerato, pertanto, che, al momento dell’iscrizione nel registro, la ricorrente era in possesso del titolo autorizzativo richiesto dall’art. 10, comma 1, d.m. 06/07/2012 tale dovendosi intendere il titolo per la realizzazione dell’impianto e non già quello per l’avvio dei lavori;
- Considerato che, in questo senso, deve essere interpretato anche il disposto dell’art. 2.2.1. delle Procedure Applicative elaborate dal GSE secondo cui “possono richiedere l’iscrizione al registro i soggetti responsabili titolari del titolo autorizzativo/abilitativo conseguito per la costruzione e l’esercizio dell’impianto”;
- Considerato che l’opzione ermeneutica in esame è coerente con i punti 2.2.7 e 3.1. delle stesse Procedure Applicative ove si specifica che “nell’ipotesi di denuncia di inizio attività (DIA) o di procedura abilitativa semplificata (PAS)…il titolo abilitativo si intende conseguito decorsi 30 giorni dalla data di presentazione della relativa documentazione senza che siano intervenuti espliciti dinieghi e senza che si siano verificate cause di sospensione di detto termine, quali la necessità di acquisire, anche mediante convocazione di conferenza di servizi, atti di amministrazioni diverse e di attivare il potere sostitutivo (articolo 23 d.p.r. n. 380/2001 e articolo 6, comma 5, d.lgs. n. 28/2011)”;
- Considerato che, come già precisato, tra gli atti di assenso necessari ai fini del conseguimento del titolo edilizio abilitativo ed acquisibili tramite conferenza di servizi ex artt. 14 e ss. l. n. 241/1990, così come individuati nell’art. 6 comma 5, d.lgs. n. 28/2001 (richiamato dal punto 2.2.7 delle Procedure Applicative), non rientrano quelli ex artt. 65 e 94 d.p.r. n. 380/2001 di talché nella fattispecie il titolo deve ritenersi conseguito alla scadenza del termine di trenta giorni dalla presentazione della dichiarazione del soggetto responsabile dell’impianto, così come stabilito dall’art. 6, comma 5, citato;
- Considerato che tali circostanze sono state rappresentate dalla ricorrente nell’ambito delle osservazioni del 13.10.2016 (si veda l’allegato n. 9 alla memoria del GSE del 20/02/17) che non risultano specificamente valutate dal gravato provvedimento di decadenza che, pertanto, risulta affetto anche dal dedotto difetto motivazionale;
- Considerato che la fondatezza della censura in esame comporta l’accoglimento della domanda caducatoria e l’annullamento del provvedimento prot. GSE/P20160084362 del 24 ottobre 2016, unico tra gli atti impugnati lesivi dell’interesse dalla ricorrente stante la natura endoprocedimentale delle ulteriori note gravate (TAR Lazio-Roma, Sez. III-ter, sentenza 09.03.2017 n. 3308 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

febbraio 2017

EDILIZIA PRIVATAAntisismica speciale per tutti gli edifici in aree a rischio.
La speciale disciplina antisismica si applica a tutte le costruzioni, la cui sicurezza possa comunque interessare la pubblica incolumità, e realizzate in zone delle quali sia dichiarata la sismicità. A prescindere dai materiali e dalle relative strutture, nonché dalla natura precaria o permanente dell'intervento. Con l'obbligatorietà della comunicazione al genio civile per consentire il controllo preventivo da parte della pubblica amministrazione di tutte le costruzioni realizzate in zone sismiche.

Questo è il principio espresso dalla Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 24.02.2017 n. 9126 (udienza del 16/11/2016) sulla disciplina antisismica delle costruzioni.
Il fatto in sintesi. Il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto ordinava la demolizione dell'abusivo realizzato attorno ad un immobile. I proprietari della costruzione avevano realizzato infatti una recinzione di mq 1.282, in zona sismica ed in assenza del necessario preavviso e della preventiva autorizzazione del genio civile. I responsabili dell'intervento sostenevano che il muro non necessitava di alcuna armatura perché non aveva la funzione di contenimento e sostegno di altre strutture.
I giudici ritenevano al contrario integrata la violazione dell'articolo 606, comma 1, lett. b), cpp, perché sul cordolo di cemento armato gli imputati avevano apposto dei blocchi di calcestruzzo e non dei mattoni forati. Gli imputati sottolineavano che il termine «forati» non deve e non può essere inteso come sinonimo di «mattone forato», ma come termine generico indicante qualsiasi blocco di costruzione che al suo interno sia cavo e privo di armatura. Per gli stessi motivi ritenevano non necessaria alcuna comunicazione preventiva alle autorità competenti.
I giudici, sostenevano che il preavviso e il rispetto delle norme antisismiche erano obbligatori dal momento che per la costruzione del muro erano stati utilizzati blocchi di calcestruzzo. Il reato antisismico, sussiste nel caso di opere realizzate nelle zone sismiche senza adempimento dell'obbligo di denuncia e di presentazione dei progetti allo sportello unico e senza la preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione, a nulla rilevando la natura dei materiali impiegati e delle relative strutture ovvero la natura precaria dell'intervento.
L'articolo 93 del dpr del 2001 n. 380 prescrive, tra l'altro, che nelle zone sismiche, chiunque intenda procedere a costruzioni, riparazioni e sopraelevazioni è tenuto a darne preavviso scritto allo sportello unico, che provvede a trasmettere al competente ufficio tecnico della regione copia della domanda e del progetto che ad esso deve essere allegato.
L'art. 94 del medesimo dpr n. 380 del 2001 prescrive poi che nelle località sismiche non si possono iniziare lavori senza la preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione (articolo ItaliaOggi del 25.03.2017).

EDILIZIA PRIVATA: Cassazione: la disciplina antisismica si applica a prescindere dai materiali e dalle relative strutture. Non conta la natura precaria o permanente dell'intervento.
"Forati" è termine generico che si riferisce al fatto che l'elemento utilizzato per la costruzione sia vuoto e non al tipo di materiale. Del resto lo stesso termine "mattone", dal punto di vista tecnico, è generico e si tipizza per il materiale usato per la sua realizzazione, tra cui la terra, il calcestruzzo, il gesso etc.
Il termine "mattone" prescinde dal materiale usato mentre il termine "forato" si riferisce esclusivamente alla presenza di fori.
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Secondo l'orientamento consolidato,
la speciale disciplina antisismica si applica a tutte le costruzioni, la cui sicurezza possa comunque interessare la pubblica incolumità, realizzate in zone delle quali sia dichiarata la sismicità, a prescindere dai materiali e dalle relative strutture nonché dalla natura precaria o permanente dell'intervento, attesa la natura formale dei relativi reati ed il fine di consentire il controllo preventivo da parte della pubblica amministrazione di tutte le costruzioni realizzate in zone sismiche.
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2. Con il primo motivo di ricorso, lamentano la violazione dell'art. 606, comma 1, lett. b), c.p.p., in relazione alla disposizione di servizio n. 235 del 26.08.2008 emessa dal Genio civile di Messina nonché agli art. 93, 94 e 95 DPR 380/2001, perché la predetta disposizione escludeva l'autorizzazione dell'Ufficio per la realizzazione di muri di semplice recinzione in forati e cordolo di fondazione in cemento armato di altezza non superiore a 3 metri, mentre il Giudicante aveva ritenuto integrata la violazione perché sul cordolo di cemento armato gli imputati avevano apposto dei blocchi di calcestruzzo e non dei mattoni forati.
Precisano che il termine "forati" non deve e non può essere inteso come sinonimo di "mattone forato", ma come termine generico indicante qualsiasi blocco di costruzione che al suo interno sia cavo e privo di armatura. Affermano che la ratio della disposizione risiede nel fatto che il muro di recinzione non ha funzione di contenimento e sostegno di altre strutture e perciò non abbisogna di armatura.
...
3. Il ricorso è fondato.
E' corretta e condivisibile la deduzione dei ricorrenti secondo cui
"forati" è termine generico che si riferisce al fatto che l'elemento utilizzato per la costruzione sia vuoto e non al tipo di materiale. Del resto lo stesso termine "mattone", dal punto di vista tecnico, è generico e si tipizza per il materiale usato per la sua realizzazione, tra cui la terra, il calcestruzzo, il gesso etc.
Il Giudice di prime cure, senza censurare il contenuto della disposizione del Genio civile, dopo aver accertato che il muro era stato realizzato con blocchi di calcestruzzo al di sopra del cordolo in cemento armato, ha ritenuto l'illiceità della condotta, perché risultava evidente come ben diverso fosse il carico dell'uno o dell'altro tipo di materiale, con ragionevole spiegazione del diverso tipo di disciplina prevista e con un'interpretazione che vista la natura derogatoria della regolamentazione citata, deve essere rigorosa e strettamente aderente al suo tenore letterale.
Tale motivazione non convince, perché
il termine "mattone" prescinde dal materiale usato mentre il termine "forato" si riferisce esclusivamente alla presenza di fori.
L'osservazione sul maggiore o minore carico è del tutto apodittica e prescinde da accertamenti di tipo tecnico- scientifico.
Secondo l'orientamento consolidato,
la speciale disciplina antisismica si applica a tutte le costruzioni, la cui sicurezza possa comunque interessare la pubblica incolumità, realizzate in zone delle quali sia dichiarata la sismicità, a prescindere dai materiali e dalle relative strutture (Sez. 3, n. 48950 del 04/11/2015 ud, dep. 11/12/2015, Baio, Rv. 266033 e sentenze ivi citate, nonché Sez. 3, n. 48005, del 17/09/2014 ud, dep. 20/11/2014, Rv 261156, in un caso di chiusura di verande con mattoni forati secondo la disciplina della Regione Sicilia),  nonché dalla natura precaria o permanente dell'intervento, attesa la natura formale dei relativi reati ed il fine di consentire il controllo preventivo da parte della pubblica amministrazione di tutte le costruzioni realizzate in zone sismiche (si vedano per i riferimenti ai precedenti la citata Sez. 3, n. 48950/15).
La prescrizione dell'Ufficio invocata dai ricorrenti a proprio favore ben può essere sindacata dal giudice penale, sebbene gli imputati abbiano riferito che il muro di  recinzione realizzato non aveva funzioni di sostegno né di contenimento, sicché la prescrizione era da considerarsi giustificata.
La sentenza impugnata, però, non ha evidenziato alcun elemento che consenta questo sindacato, quale ad esempio la collocazione del muro, la natura del terreno, etc., da cui desumere l'integrazione del presupposto dell'art. 83 D.P.R. 380/2001, limitandosi, come detto, ad interpretare arbitrariamente l'espressione usata dall'Ufficio come riferita al solo "mattone forato", inteso, forse, come "laterizio".
In definitiva, il fatto contestato non sussiste (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 24.02.2017 n. 9126).

COMPETENZE PROGETTUALILavori viari a ingegneri.
È di pertinenza esclusiva degli ingegneri la progettazione di opere viarie non connesse ai singoli fabbricati. Deve dunque essere annullata l'aggiudicazione della gara d'appalto laddove il bando prevedeva l'affiancamento di un architetto nella progettazione esecutiva. E ciò perché il contributo dell'altra categoria professionale non risulta necessario quando i lavori riguardano opere di urbanizzazione primaria. L'impresa che è stata esclusa ottiene dunque il risarcimento del lucro cessante e del danno curriculare.

È quanto emerge dalla sentenza 20.02.2017 n. 1023, pubblicata dalla I Sez. del Tar Campania-Napoli.
È illegittimo il bando nella parte in cui impone di associare un architetto ai concorrenti privi della qualificazione Soa per la progettazione delle classi e della categoria indicate. Il discrimine fra le competenze degli ingegneri e degli architetti sta ancora rappresentato dalle norme di cui agli articoli 51 e 52 del regio decreto 2537/1925.
E nell'esclusiva responsabilità dei primi non rientrano solo la progettazione delle opere necessarie all'estrazione e lavorazione di materiali destinati alle costruzioni e quella delle costruzioni industriali. All'ingegnere competono anche le opere che riguardano viabilità, acquedotti, depuratori, condotte fognarie e impianti di illuminazione, a meno non siano di pertinenza di singoli edifici civili.
Nella specie si tratta di opere di un comparto del piano di insediamenti produttivi del comune. Comune e impresa aggiudicataria pagano le spese processuali all'azienda ingiustamente estromessa (articolo ItaliaOggi del 21.03.2017).

dicembre 2016

EDILIZIA PRIVATA: Ad eccezione dei soli interventi di semplice manutenzione ordinaria, qualsiasi intervento edilizio in zona sismica, comportante o meno l'esecuzione di opere in conglomerato cementizio armato, deve essere previamente denunciato al competente ufficio al fine di consentire i preventivi controlli; necessita, inoltre, del rilascio del preventivo titolo abilitativo.
Il relativo progetto deve essere redatto da un professionista abilitato ed allegato alla denuncia di esecuzione dei lavori; questi ultimi devono essere parimenti diretti da un professionista abilitato, conseguendone, in difetto, la violazione del d.P.R. 06.06.2001, n. 380, art. 95
e ciascuna violazione, risolvendosi nell'inosservanza di specifiche prescrizioni, costituisce un titolo autonomo di reato.
Ne consegue che
l'intervento edilizio realizzato dall'imputato rientra, dunque, nella nozione di costruzione assoggettata agli obblighi di cui ai citati artt. 93 e 94 d.P.R. 380/2001, non trattandosi di intervento di semplice manutenzione ordinaria, ma della realizzazione di due manufatti in cemento di apprezzabile consistenza (ndr: due piattaforme in cemento, una del perimetro di m. 2x3 e dell'altezza di m. 5x0,2, su cui è stato posizionato un gruppo refrigerante, e l'altra del perimetro di m. 1,2x1,6, destinata al posizionamento di insegne), come tali rientranti nella nozione di costruzione, soggetti agli obblighi richiamati, in considerazione della loro potenziale idoneità a porre in pericolo la pubblica incolumità.
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Il reato previsto dall'art. 95 del d.P.R. 06.06.2001, n. 380 è configurabile in relazione a qualsiasi opera, eseguita in assenza della prescritta autorizzazione antisismica, in grado di esporre a pericolo la pubblica incolumità, senza che le Regioni possano adottare in via amministrativa deroghe per particolari categorie di interventi
.
Ne consegue l'infondatezza della doglianza, stante l'assenza di rilievo della suddetta delibera della Giunta regionale della Calabria, in considerazione della entità delle opere, tali, per la loro estensione e la loro dimensione, da costituire un possibile pericolo per la pubblica incolumità in caso di eventi sismici.
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Come già evidenziato in relazione al secondo motivo, la
delibera della Giunta regionale della Calabria n. 330 del 22/07/2011
  tale delibera non poteva, comunque, creare ex novo la categoria delle "opere minori" che non sarebbero soggette alla disciplina antisismica, in aperta violazione del disposto del d.P.R. n. 380 del 2001, art. 83, il quale prevede che tutte le costruzioni la cui sicurezza possa comunque interessare la pubblica incolumità sono soggette alla normativa antisismica, senza consentire alle Regioni di adottare in via amministrativa deroghe per particolari categorie di opere.
L'affidamento su essa riposto dal ricorrente non consente, dunque, di escludere la negligenza del ricorrente nella verifica della necessità delle comunicazioni ed autorizzazioni richieste dagli artt. 93 e 94 d.P.R. 380/2001, trattandosi di delibera illegittima, inidonea ad escludere l'applicabilità di norme di rango primario, considerando, tra l'altro, le dimensioni e l'estensione delle due piattaforme in cemento fatte realizzare dall'imputato, come tali certamente non riconducibili alla categoria delle opere minori, sottratte alle leggi nazionali e regionali in materia antisismica, con la conseguenza che essere esclusa l'incolpevolezza della condotta dell'imputato.
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2. Per quanto riguarda il primo motivo, mediante il quale sono stati denunciati violazione dell'art. 93 d.P.R. 380/2001 e vizio della motivazione, sulla base del rilievo che le opere fatte realizzare dall'imputato sarebbero escluse dall'obbligo di comunicazione stabilito dall'art. 93 d.P.R. 380/2001, che lo contempla esclusivamente in relazione a costruzioni, riparazioni e sopraelevazioni, va evidenziato che le opere oggetto della contestazione, realizzate in zona sottoposta a vincolo sismico, consistono in due piattaforme in cemento, una del perimetro di m. 2x3 e dell'altezza di m. 5x0,2, su cui è stato posizionato un gruppo refrigerante, e l'altra del perimetro di m. 1,2x1,6, destinata al posizionamento di insegne, e da tre strutture metalliche, con copertura in plexiglass, destinate a deposito dei carrelli per la spesa.
Alla luce di tale consistenza delle opere oggetto della contestazione il
Tribunale, dato atto del rilascio della sanatoria e della conseguente estinzione della violazione dell'art. 44 d.P.R. 380/2001, ha escluso che in relazione alle tre strutture metalliche con copertura in plexiglass fosse configurabile la violazione degli artt. 93 e 94 d.P.R. 380/2001, essendo asservite all'edificio principale e qualificabili, quindi, come pertinenze, mentre ne ha ravvisato la configurabilità in relazione alle due piattaforme in cemento, sottolineando che le contravvenzioni di cui agli artt. 93 e 94 d.P.R. 380/2001 sono integrate dalla realizzazione di qualsiasi intervento edilizio, con la sola eccezione di quelli di semplice manutenzione ordinaria.
2.1. Dette conclusioni risultano del tutto corrette e sfuggono, di conseguenza, ai rilievi di violazione di legge e vizio di motivazione formulati dal ricorrente.
L'art. 93 d.P.R. n. 380 del 2001 prescrive, tra l'altro, che nelle zone sismiche, di cui all'art. 83 d.P.R. n. 380 del 2001, chiunque intenda procedere a costruzioni, riparazioni e sopraelevazioni è tenuto a darne preavviso scritto allo sportello unico, che provvede a trasmettere al competente ufficio tecnico della regione copia della domanda e del progetto che ad esso deve essere allegato (comma 2).
L'art. 94 del medesimo d.P.R. n. 380 del 2001 prescrive poi che nelle località sismiche non si possono iniziare lavori senza la preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione. Il quarto comma della medesima disposizione dispone infine che i lavori devono essere diretti da un ingegnere, un architetto, un geometra o un perito edile iscritto nell'albo, nei limiti delle rispettive competenze.
Ne deriva che, ad eccezione dei soli interventi di semplice manutenzione ordinaria, qualsiasi intervento edilizio in zona sismica, comportante o meno l'esecuzione di opere in conglomerato cementizio armato, deve essere previamente denunciato al competente ufficio al fine di consentire i preventivi controlli; necessita, inoltre, del rilascio del preventivo titolo abilitativo; il relativo progetto deve essere redatto da un professionista abilitato ed allegato alla denuncia di esecuzione dei lavori; questi ultimi devono essere parimenti diretti da un professionista abilitato, conseguendone, in difetto, la violazione del d.P.R. 06.06.2001, n. 380, art. 95 (cfr., Sez. 3, n. 19185 del 14/01/2015, Garofano, Rv. 263376; Sez. 3, n. 48005 del 17/09/2014, Gulizzi, Rv. 261155; Sez. 3, n. 34604 del 17/06/2010, Todaro, Rv. 248330) e ciascuna violazione, risolvendosi nell'inosservanza di specifiche prescrizioni, costituisce un titolo autonomo di reato.
Ne consegue che l'intervento edilizio realizzato dall'imputato rientra, dunque, nella nozione di costruzione assoggettata agli obblighi di cui ai citati artt. 93 e 94 d.P.R. 380/2001, non trattandosi di intervento di semplice manutenzione ordinaria, ma della realizzazione di due manufatti in cemento di apprezzabile consistenza, come tali rientranti nella nozione di costruzione, soggetti agli obblighi richiamati, in considerazione della loro potenziale idoneità a porre in pericolo la pubblica incolumità.
3. Per quanto riguarda il secondo motivo, mediante è stata denunciata l'erronea applicazione della delibera della Giunta regionale della Calabria n. 330 del 22/07/2011, che ha individuato gli interventi edilizi per i quali è disposta l'esenzione da qualsiasi comunicazione al comune ed anche dalla preventiva autorizzazione scritta regionale, interventi tra i quali dovrebbe ritenersi compreso anche quello oggetto della contestazione, rientrante tra le opere minori di cui all'allegato A di tale delibera, va osservato che questa Corte ha già avuto modo di affrontare la questione della portata di tale delibera, escludendone la rilevanza, sulla base della considerazione, che il Collegio condivide e ribadisce, che il reato previsto dall'art. 95 del d.P.R. 06.06.2001, n. 380 è configurabile in relazione a qualsiasi opera, eseguita in assenza della prescritta autorizzazione antisismica, in grado di esporre a pericolo la pubblica incolumità, senza che le Regioni possano adottare in via amministrativa deroghe per particolari categorie di interventi (Sez. 3, n. 19185 del 14/01/2015, Garofano, Rv. 263376, relativa alla realizzazione di opere di sostegno di cartellonistica pubblicitaria di rilevanti dimensioni, illegittimamente qualificate da delibera della regione Calabria come "opere minori" sottratte alle leggi nazionali e regionali in materia di edilizia sismica).
Ne consegue l'infondatezza della doglianza, stante l'assenza di rilievo della suddetta delibera della Giunta regionale della Calabria, in considerazione della entità delle opere, tali, per la loro estensione e la loro dimensione, da costituire un possibile pericolo per la pubblica incolumità in caso di eventi sismici.
4. Tali considerazioni determinato l'infondatezza anche del terzo motivo, mediante il quale è stata prospettata violazione di legge penale in ordine alla sussistenza dell'elemento soggettivo dei reati e vizio di motivazione, per l'omessa o, comunque, insufficiente considerazione dell'affidamento riposto dal ricorrente sulla predetta delibera della Giunta regionale, nonché sulla relazione tecnica commissionata ad un esperto in vista della realizzazione delle medesime opere, perché, come già evidenziato in relazione al secondo motivo, tale delibera non poteva, comunque, creare ex novo la categoria delle "opere minori" che non sarebbero soggette alla disciplina antisismica, in aperta violazione del disposto del d.P.R. n. 380 del 2001, art. 83, il quale prevede che tutte le costruzioni la cui sicurezza possa comunque interessare la pubblica incolumità sono soggette alla normativa antisismica, senza consentire alle Regioni di adottare in via amministrativa deroghe per particolari categorie di opere.
L'affidamento su essa riposto dal ricorrente, come pure sulla suddetta relazione tecnica commissionata in vista della realizzazione di tali opere, non consente, dunque, di escludere la negligenza del ricorrente nella verifica della necessità delle comunicazioni ed autorizzazioni richieste dagli artt. 93 e 94 d.P.R. 380/2001, trattandosi di delibera illegittima, inidonea ad escludere l'applicabilità di norme di rango primario, considerando, tra l'altro, le dimensioni e l'estensione delle due piattaforme in cemento fatte realizzare dall'imputato, come tali certamente non riconducibili alla categoria delle opere minori, sottratte alle leggi nazionali e regionali in materia antisismica, con la conseguenza che essere esclusa l'incolpevolezza della condotta dell'imputato (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 05.12.2016 n. 51683).

settembre 2016

EDILIZIA PRIVATA: Disposizioni regionali in materia di opere o di costruzioni e relativa vigilanza in zone sismiche. Convegno a Milano del 13.09.2017 organizzato da Anci Lombardia, presso la sala Gaber di Palazzo Pirelli, circa le trasferite competenze (regionali) ai comuni in materia sismica. Si guardino/ascoltino i video:
- 1^ parte - 2^ parte - 3^ parte - 4^ ed ultima parte.
Di particolare interesse pragmatico, si guardi/ascolti la 3^ parte dal minuto 50 in poi ... ed anche la 4^ parte.

EDILIZIA PRIVATA: Terremoto, restauro parziale dell’edificio e responsabilità del direttore dei lavori.
In tema di responsabilità penale per violazione degli obblighi incombenti al progettista o al direttore dei lavori, l’obbligo di garanzia non può andare oltre l’oggetto del rapporto contrattuale, non potendo concernere opere che non siano investite dell’attività del progettista e/o direttore dei lavori.
Invero, ove si tratti di opere del tutto autonome rispetto ad altre già esistenti in situ o in via di realizzazione non può pretendersi dal tecnico delle prime che si faccia carico della conformità e più genericamente della sicurezza di opere rispetto alle quali non vi è norma di diritto privato o di diritto pubblico che gli riconosca un potere di intervento.

Con la sentenza 01.09.2016 n. 36285, la IV Sez. penale della Corte di Cassazione si è soffermata sulla responsabilità per i reati di omicidio colposo (art. 589 c.p.), lesioni colpose (art. 590 c.p.) e crollo di costruzioni colposo (art. 434, in relazione all’art. 449 c.p.) di un progettista e direttore dei lavori che aveva provveduto ad alcune opere di manutenzione straordinaria (incamiciatura di sei pilastri in calcestruzzo armato) nel 2002 in un condominio crollato in conseguenza del terremoto dell’Aquila del 2009.
In particolare, oltre al dato temporale intercorrente tra l’esecuzione dei lavori e il crollo dell’edificio, risulta di peculiare interesse la circostanza che i lavori commissionati all’imputato riguardassero esclusivamente delle opere autonome rispetto al complesso strutturale dello stabile.
La Cassazione, aderendo alla tesi della Corte d’Appello dell’Aquila, ha riconosciuto la posizione di garanzia del direttore dei lavori in quanto il suo intervento, pur essendo limitato e autonomo, aveva carattere strutturale «
sicché egli aveva l’obbligo giuridico di osservare la normativa antisismica all’epoca vigente, la quale implicava l’accertamento della consistenza dei pilastri sui quali eseguire l’intervento; dal che sarebbe derivata la conoscenza dei difetti strutturali che viziavano i sei pilastri».
Avendo poi il direttore dei lavori attestato la rispondenza delle opere alle norme edilizie, urbanistiche e di sicurezza vigenti, anche volendo considerare il suo intervento esclusivamente migliorativo, avrebbe dovuto comunque svolgere gli accertamenti di tipo statico che avrebbero evidenziato le bias dell’edificio e quindi segnalarle al committente, che avrebbe potuto predisporre un intervento di adeguamento del condominio, mettendolo in sicurezza da eventuali rischi sismici.
Tanto precisato e dopo aver rimarcato il profilo di responsabilità soggettiva, la Cassazione, in accoglimento del terzo motivo della difesa dell’imputato, ha annullato con rinvio la condanna della Corte di Appello, in quanto non sufficientemente motivato il nesso di causa tra i lavori svolti dal progettista e il crollo del condominio, verificatosi parecchi anni dopo.
Ad avviso degli Ermellini, difatti, a mero titolo di esempio, «
non è stato indagato quali fossero i rimedi concretamente adottabili, se essi fossero nella disponibilità del condominio, tanto per l’aspetto economico, che per quello dispositivo; se vi fosse una concreta possibilità di intervento dell’autorità pubblica, a fronte di una eventuale inattività dei condomini (…); quali fossero i tempi di adozione delle misure concretamente adottabili».
Non sono state, infine, vagliate o anche solo prese in considerazioni alternative ipotetiche ulteriori, quali la possibile persistenza dell’uso delle abitazioni pur in assenza di interventi di adeguamento sismico (commento tratto da www.giurisprudenzapenale.com).
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MASSIMA
4. Il ricorso è fondato, nei termini dì seguito precisati.
4.1. In ordine logico-giuridico si impone per prima la trattazione del tema relativo alla esistenza di una posizione di garanzia del Ci., nella qualità, posta in dubbio con il secondo motivo di ricorso.
La Corte di appello ha rammentato al riguardo due arresti giurisprudenziali (Cass. n. 34376/2005 e 18445/2008) che attengono alla posizione del direttore dei lavori, quale fu nella vicenda che occupa il Ci..
Con il primo si è affermato che,
in tema di costruzioni edilizie abusive, il direttore dei lavori ha una posizione di garanzia circa la regolare esecuzione dei lavori, con la conseguente responsabilità per le ipotesi di reato configurate, dalla quale questi può andare esente soltanto ottemperando agli obblighi di comunicazione e rinuncia all'incarico previsti dall'art. 29, comma secondo, d.P.R. n. 380 del 2001, sempre che il recesso dalla direzione dei lavori sia stato tempestivo, ossia sia intervenuto non appena l'illecito edilizio si sia evidenziato in via obiettiva, ovvero non appena avuta conoscenza che le direttive impartite erano state disattese o violate (Sez. 3, n. 34376 del 10/05/2005 - dep. 27/09/2005, Scimone ed altri, Rv. 232475).
Con il secondo che
il direttore dei lavori è responsabile a titolo di colpa del crollo di costruzioni anche nell'ipotesi di sua assenza dal cantiere, dovendo egli esercitare un'oculata attività di vigilanza sulla regolare esecuzione delle opere edilizie ed in caso di necessità adottare le necessarie precauzioni d'ordine tecnico, ovvero scindere immediatamente la propria posizione di garanzia da quella dell'assuntore dei lavori, rinunciando all'incarico ricevuto (Sez. 4, n. 18445 del 21/02/2008 - dep. 08/05/2008, Strazzanti, Rv. 240157).
Occorre dare atto al ricorrente che
la puntualizzazione operata dalla corte distrettuale attraverso il richiamo giurisprudenziale è opportuna ma non sufficiente perché il tema è più esattamente quello della attribuzione al tecnico che venga chiamato ad occuparsi di lavori che incidono su una limitata porzione dell'edificio dell'obbligo di garantire non solo la corretta esecuzione dei lavori affidatagli, ma anche la complessiva sicurezza dell'edificio.
Non sembra seriamente discutibile che il progettista e direttore dei lavori sia tenuto a garantire che gli stessi siano eseguiti a regola d'arte: lo è sulla scorta del contratto che lo lega al committente, tanto che la giurisprudenza civile afferma in termini diversificati ma convergenti l'obbligo (in specie per il direttore dei lavori) di garantire che l'esecuzione dei lavori sia non solo conforme a quanto previsto dal capitolato ma anche alle regole della tecnica (Sez. 3, Sentenza n. 7370 del 13/04/2015, Rv. 635038; Sez. 2, Sentenza n. 10728 del 24/04/2008, Rv. 603056; argomenti si ricavano anche da Cass. civ., Sez. 3, Sentenza n. 12995 del 31/05/2006, Rv. 591371, che ritiene sussistere, discendente dall'art. 1176 c.c., un obbligo di diligenza particolarmente rigoroso dell'appaltatore che sia anche progettista e direttore dei lavori, in forza del quale egli è tenuto, in presenza di situazioni rivelatrici di possibili fattori di rischio, ad eseguire gli opportuni interventi per accertarne la causa ed apprestare i necessari accorgimenti tecnici volti a garantire la realizzazione dell'opera senza difetti costruttivi).
Al contempo, è palese che l'obbligo di garanzia non può andare oltre l'oggetto del rapporto contrattuale; e quindi non può concernere opere che non siano investite dell'attività del progettista e/o direttore dei lavori.

Ove si tratti di opere del tutto autonome rispetto ad altre già esistenti in situ o in via di realizzazione non può pretendersi dal tecnico delle prime che si faccia carico della conformità e più genericamente della sicurezza di opere rispetto alle quali non vi è norma di diritto privato o di diritto pubblico che gli riconosca un potere di intervento.
Si immagini il direttore dei lavori di una piscina che si debba realizzare su un fondo ove già insiste un'abitazione, senza che vi siano interferenze di sorta tra i due manufatti. Non può ritenersi che sia elevabile nei confronti di quel direttore dei lavori la pretesa -non si dice di intervenire ma- anche solo di segnalare difetti strutturali, pur evidenti, dell'abitazione; la posizione di garanzia, espressione parafrastica dell'obbligo giuridico di impedire l'evento menzionato dall'art. 40 cpv. cod. pen., va tenuta ben distinta dalla possibilità materiale di agire così come da un dovere morale.

Ma nella vicenda in esame la Corte di appello -ben diversamente da quanto assume il ricorrente- non ha posto a carico del Ci. l'obbligo di verificare la qualità statica dell'intero edificio o anche solo di tutti i pilastri che lo sostenevano. Piuttosto, come già il primo giudice, ha affermato che il tipo di intervento affidato alle cure del Ci. aveva carattere strutturale perché si trattava di lavori di incamiciatura di sei pilastri, con effetti sullo stato tensionale dei medesimi (oggetto dell'intervento a sue cure).
Sicché egli aveva l'obbligo giuridico di osservare la normativa antisismica all'epoca vigente, la quale implicava l'accertamento della consistenza dei pilastri sui quali eseguire l'intervento; dal che sarebbe derivata la conoscenza dei difetti strutturali che viziavano i sei pilastri.
Non si è affermato, quindi, un obbligo di intervento o di segnalazione di difetti che attenevano a ulteriori e differenti porzioni dell'edificio; ma di un obbligo delimitato all'opera affidata alle cure del Ci.. E occorre intendersi: non già di un obbligo di segnalazione ai committenti ma di un obbligo di ben eseguire il mandato conferito; il che avrebbe di per sé attivato una serie di effetti a cascata senza alcun ulteriore intervento del Ci., poiché -per dire della più evidente delle conseguenza- sarebbe stato compito del committente nominare il collaudatore e questi sarebbe stato tenuto a riportare al medesimo l'esito -che si può certamente ritenere negativo- del collaudo.
Ne consegue che la Corte di appello ha esattamente delimitato la posizione di garanzia assunta dal Ci. ed ha rimproverato a questi nulla più della violazione degli obblighi da quella posizione discendenti.
4.2. Quanto al primo motivo, esso pure è infondato.
La condotta colposa ascritta al Ci. è stata ben identificata dalla Corte distrettuale: egli non ha osservato le norme della legislazione antisismica, le quali hanno per l'appunto la funzione di rendere l'edificato in grado di resistere agli eventi tellurici caratteristici dell'area dell'insediamento (non a caso esisteva al tempo una classificazione della aree del territorio nazionale, distinte per grado di rischio sismico, con effetti diretti sulla tipologia costruttiva da adottare). Inoltre, egli ha attestato che le opere erano rispondenti alle norme edilizie, urbanistiche e di sicurezza vigenti.
Il ricorrente assume che, trattandosi di intervento migliorativo, secondo la definizione datane dal d.m. 16.01.1996, punto C.9.1.2., non erano applicabili le disposizioni che imponevano adempimenti concernenti la sicurezza statica. Ma l'accertamento condotto nei gradi di merito ha avuto un differente esito.
Come già il Tribunale, sulla scorta di una perizia che non è stata investita da alcuna censura, anche la Corte di appello ha affermato che
i lavori di incamiciatura dei sei pilastri -che contemplavano demolizioni di massetto fino alle fondazioni, realizzazione di fori passanti nel pilastro ogni 30-40 cm., realizzazione di fori profondi 15-20 cm. sulla fondazione, collegamento ad essa dei nuovi ferri del pilastro- ebbero carattere di opera di risanamento strutturale e funzionale, con implicazioni importanti di natura statica, interessando essi parti strutturali in cemento armato; sicché era prescritta la verifica prevista dagli articoli 4, 6 e 7 della legge n. 1086/1971, dalla legge n. 64/1974, dalla legge Regione Abruzzo n. 138/1996 e dal d.m. 16.01.1996.
Si tratta di un accertamento di merito che questa Corte non può mettere in discussione, atteso che esso risulta sostenuto da motivazione non manifestamente illogica e che non ne viene neppure posta in discussione la rispondenza alle emergenze processuali.
Peraltro, non è inutile rilevare che, anche qualora si fosse trattato di intervento di miglioramento, sul Ci. sarebbe gravato comunque l'obbligo di svolgere le indagini concernenti la sicurezza statica dei sei pilastri. Il punto C.9.2.2. del d.m. 16.01.1996 prevedeva, infatti, che "nel caso di interventi di miglioramento il progetto deve contenere la documentazione prescritta per gli interventi di adeguamento limitatamente alle opere interessate. Nella relazione tecnica deve essere dimostrato che gli interventi progettati non producano sostanziali modifiche nel comportamento strutturale globale dell' edificio".
E, per gli interventi di adeguamento, il punto C. 9.2.1. prescriveva che "gli interventi di adeguamento antisismico di un edificio devono essere eseguiti sulla base di un progetto esecutivo ... completo ed esauriente per planimetria, piante, sezioni, particolari esecutivi, relazione tecnica, relazione sulle fondazioni e fascicolo dei calcoli per la verifica sismica. In particolare la relazione tecnica deve riferirsi anche a quanto indicato nei successivi punti C.9.2.3. e C.9.2.4.". Disposizioni, queste ultime, che indicavano le operazioni e le scelte progettuali richieste in funzione della sicurezza statica dell'opera da realizzare.
Pertanto, la variazione degli adempimenti tra l'una e l'altra tipologia di intervento non era tanto di carattere qualitativo quanto di carattere quantitativo.
Ancora in relazione al contenuto della condotta colposa va osservato che le disposizioni appena evocate recano regole cautelari di tipo rigido; sicché il richiamo alla prevedibilità ed evitabilità di un evento quale quello verificatosi il 06.04.2009 a L'Aquila in chiave di definizione di una regola cautelare 'generica' appare non pertinente.
Va poi rilevato che l'asserita impossibilità di procedere alla verifica sismica dei pilastri per la indisponibilità dei dati, lungi dal costituire un fattore interpretabile a favore del ricorrente, rappresenta circostanza che avrebbe dovuto condurre ad una ancora maggior cura per gli aspetti concernenti la sicurezza statica.
Del tutto improprio è il richiamo al principio di affidamento, che qui si evoca a giustificazione delle omissioni dei Ci., poiché questi era tenuto ad eseguire gli adempimenti richiesti dalla normativa antisismica ex novo, per la natura dell'intervento affidato alle sue cure, come precisato al superiore punto 4.1. Quanto ai cenni alla causalità della colpa (ovvero la pretesa irrilevanza causale della condotta colposa ascritta al Ci.), essi manifestano come non sia stato colto che -ben diversamente da quanto affermato dal ricorrente- l'omissione colposa attribuita all'odierno imputato  -nei termini sin qui ribaditi e non in quelli rimarcati dall'esponente- è stata ritenuta causalmente efficiente.
4.3. Ma se non vi è alcun dubbio che sul Ci. gravava l'obbligo di eseguire gli adempimenti funzionali alla conformità alla normativa antisismica dell'opera alla quale attendeva, e che la colpa in senso oggettivo è stata ben definita, sicché la sentenza impugnata non risulta censurabile su tali versanti, parimenti non v'è dubbio che prima di concludere per la responsabilità dell'imputato in parola per l'evento verificatosi nove anni dopo occorre accertare l'esistenza della relazione causale tra questo e l'omissione accertata.
Rimarcato che non è in discussione la prevedibilità del sisma che si verificò il 06.04.2009 (la giurisprudenza di questa Corte è sul punto ben consolidata; da ultimo, Sez. 4, n. 2536 del 23/10/2015 - dep. 21/01/2016, P.C. in proc. Bearzi e altro, Rv. 265794), i principi in materia sono ormai talmente noti che è sufficiente rammentarli con una delle più recenti formulazioni, avendo questa Corte ribadito che
nel reato colposo omissivo improprio, il rapporto di causalità tra omissione ed evento non può ritenersi sussistente sulla base del solo coefficiente di probabilità statistica, ma deve essere verificato alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica, che a sua volta deve essere fondato, oltre che su un ragionamento di deduzione logica basato sulle generalizzazioni scientifiche, anche su un giudizio di tipo induttivo elaborato sull'analisi della caratterizzazione del fatto storico e sulle particolarità del caso concreto (Sez. 4, n. 22378 del 19/03/2015 - dep. 27/05/2015, Pg in proc. Volcan e altri, Rv. 263494; Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014 - dep. 18/09/2014, P.G., R.C., Espenhahn e altri, Rv. 261103).
Sotto tale profilo la sentenza impugnata appare del tutto carente, limitandosi ad affermare che, accortosi dei deficit strutturali, il Ci. "sarebbe stato in grado di far presente al committente la situazione di pericolo in cui versavano tutti coloro che abitavano nel palazzo ..."; ed ancora che "l'imputato avrebbe potuto far presente al committente la necessità di un intervento generale sull'intera struttura portante dell'edificio e ciò avrebbe consentito di porre in essere gli opportuni rimedi per rendere l'edificio più solido, così evitandone il crollo".
Né la lacuna è colmata dalla decisione di primo grado, nella quale allo stesso modo non è descritta la sequenza che dall'omissione degli adempimenti connessi alla normativa antisismica avrebbe condotto, secondo quel criterio di alta probabilità logica del quale si è scritto, all'adeguamento statico o ad altra misura che, a sua volta, avrebbe avuto l'effetto di evitare gli eventi illeciti per cui è processo.
In tal modo l'accertamento del nesso causale viene risolto in un giudizio esclusivamente di tipo deduttivo, basato su massime di esperienza (non rese esplicite dalla corte territoriale, ma chiaramente identificabili dal lettore), che tradisce la struttura bifasica di quell'accertamento, poiché non vi è un solo dato processuale che venga richiamato a sostegno della deduzione. Eppure non si trattava di assumere misure di agevole reperimento ed adozione.
Ben si comprende, proprio perché la corte distrettuale ha fatto riferimento ad interventi sull'intero edificio, che sarebbe stato necessario un notevole impegno di spesa. A mero titolo di esempio si può rilevare che non è stato indagato quali fossero i rimedi concretamente adottabili, se essi fossero nella disponibilità del condominio tanto per l'aspetto economico che per quello dispositivo; se vi fosse la concreta possibilità di un intervento dell'autorità pubblica, a fronte di una eventuale inattività dei condomini, ciò nonostante permanenti nelle rispettive abitazioni (anche solo perché confidenti nelle abitudine autoprotettive che sono state in altro procedimento accertate: Cass. Sez. 4, sent. n. 12478 del 19-20.11.2015, P.G. in proc. Barberi ed altri, n.m.); quali fossero i tempi di attuazione delle misure concretamente adottabili.
Ben possibili, poi, alternative ipotetiche ulteriori (una delle quali si è già menzionata: la persistenza dell'uso delle abitazioni pur in assenza di interventi di adeguamento sismico), che aprono a percorsi ricostruttivi del nesso causale invero del tutto peculiari, quali la causalità psichica (a riguardo della quale, con precipua attinenza alla vicenda aquilana, la già citata decisione in causa P.G. c. Barberi ed altri).
E' quindi fondato il terzo motivo di ricorso e, risultando non conforme alla previsione di legge in tema di causalità nei reati omissivi impropri, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio alla Corte di appello di Perugia per nuovo esame. Alla medesima corte va demandata la regolamentazione tra le parti delle spese di questo giudizio.

agosto 2016

EDILIZIA PRIVATAPer costruire in zona sismica obbligatorio ok della regione.
L'appaltatore che realizza in zona sismica un'opera pubblica senza l'autorizzazione della regione rischia un'ammenda. Il costruttore, infatti, è sempre tenuto al deposito del progetto, indipendentemente dal fatto che sia l'ente stesso il committente dell'opera.

A stabilirlo la Corte di Cassazione, Sez. III penale, con la sentenza 26.08.2016 n. 35491, con la quale gli appaltatori sono stati ritenuti responsabili dei reati previsti agli art. 93, 94 e 95 del dpr 380/2001 e condannati ad una ammenda di 1.000 euro ciascuno.
Nel dettaglio i soggetti interessati sono stati ritenuti responsabili di aver realizzato una struttura, su indicazione del comune, in una zona ad alta sismicità, senza preavviso al comune stesso e senza la preventiva autorizzazione dell'Ufficio tecnico regionale.
In particolare omettendo il deposito dei progetti e procedendo ugualmente alla realizzazione dell'opera. A nulla è, quindi, valsa la motivazione dei ricorrenti in merito al fatto che, in realtà, l'opera fosse di proprietà del comune committente.
A tal proposito, infatti, la Cassazione ha precisato che «il reato in oggetto può essere commesso da chiunque violi o concorra a violare l'obbligo imposto del preavviso e del deposito dei progetti e degli allegati tecnici e della richiesta al competente ufficio regionale» (articolo ItaliaOggi del 27.08.2016).
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MASSIMA
1. Con sentenza in data 18.12.2014, il Tribunale di Salerno ha condannato Ma.Fr.An., Le.Do. e Gi.Vi., alla pena di € 1.000 di ammenda ciascuno in relazione ai reati di cui agli artt. 93-94 e 95 d.P.R. 06.06.2001, n. 380, previa riqualificazione giuridica dell'originaria imputazione di cui all'art. 328 cod. pen. contestata al Gi., concesse le circostanze attenuanti generiche e aumentata la pena per la continuazione.
I ricorrenti sono stati ritenuti responsabili di aver realizzato una struttura di contenimento in gabbioni metallici a sei file soprapposte, opere assentite con delibera del Comune di Riciliano, comune classificato ad alta sismicità, senza preavviso allo sportello unico del Comune, omettendo il contestuale deposito dei progetti presso quest'ultimo ufficio, ed eseguito le opere senza la preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della Regione Campagna; Ma.Fr.An. quale titolare della ditta Se.Co., esecutrice dei lavori appaltati dal Comune suddetto, Le.Do. quale direttore dei lavori e comunque progettista e rilevatore architettonico e Gi.Vi. quale funzionario del Comune e responsabile del procedimento relativo alle opere in oggetto.
...
4. Il ricorso di Ma.Fr.An. è infondato.
4.1. E' infondato il primo motivo di ricorso con cui si deduce la violazione dell'art. 522, comma 2, cod. proc. pen.
La contestazione di aver dato corso ai lavori senza la preventiva autorizzazione del competente ufficio tecnico regionale, integrante la contravvenzione di cui all'art. 94 cit., è stata contestata nel corpo della contestazione come è facilmente evincibile dalla lettura del capo a), essendo solamente omessa l'indicazione dell'articolo di legge violato, è stato garantito il diritto di difesa, sicché non ricorre la violazione di cui all'art. 522, comma 2, cod. proc. pen.
Non integra la nullità di cui all'art. 522 cod. proc. pen. l'omessa indicazione della norma di legge violata, non essendo necessaria la sua specifica indicazione in presenza di una chiara e precisa enunciazione "in fatto" e quando l'imputato abbia avuto piena cognizione degli elementi dì fatto che la integrano (Sez. 6, n. 40283 del 28/09/2012, P.G. in proc. Diaji, Rv. 253776).
4.2. Parimenti infondato è il secondo motivo di ricorso con cui il ricorrente deduce la violazione della legge penale in relazione agli artt. 5 cod. pen. e 93 e 94 d.P.R. 380 del 2001, sotto un duplice profilo: l'assenza in capo al medesimo, legale rappresentante della ditta esecutrice di un'opera pubblica conferita con appalto pubblico dal Comune di Riciliano, degli obblighi previsti dalla normativa antisismica sul rilievo che l'ente, che doveva ricevere la comunicazione prevista dall'art. 93 cit. e a cui competeva richiedere l'autorizzazione al competente ufficio regionale, era il medesimo che aveva conferito l'appalto ed era dunque il committente dell'opera, in secondo luogo difetterebbe l'elemento soggettivo del reato ai sensi dell'art. 5 cod. pen. avendo fatto affidamento sulla legge regionale che prevede, nel caso di appalto pubblico, che gli obblighi informativi spettino al titolare del potere di spesa e cioè al Comune.
Con riferimento al primo profilo questa Corte ha ripetutamente affermato che
il soggetto attivo del reato di cui all'art. 95 del d.P.R. 380/2001 è anche il titolare della ditta chiamata ad eseguire opere edilizie in zone sismiche, in quanto destinatario diretto del divieto di esecuzione dei lavori in assenza dell'autorizzazione e senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio regionale (Sez. 3, n. 6675 del 20/12/2011, Lo Presti, Rv. 252021; Sez. F, n. 35298 del 24/07/2008, Sparviero, Rv. 240665; Sez, 3, n. 35387 del 24/05/2007, Trozzo, Rv. 237537; Sez. 3, n. 887 del 10/12/1999, Scardellato Rv. 215602).
Dunque
la contravvenzione in oggetto può essere commessa da chiunque violi o concorra a violare l'obbligo imposto del preavviso e del deposito dei progetti e degli allegati tecnici e della richiesta al compente ufficio tecnico regionale, sicché, pur non trattandosi di un reato proprio del proprietario, la configurazione giuridica dello stesso può esser inquadrata in quelli a soggettività ristretta, giacché, oltre che da questi, può esser commesso dal committente, dal titolare della concessione edilizia ed, in genere, da chi ha la disponibilità dell'immobile o dell'area su cui esso sorge, nonché da quei soggetti che esplicano attività tecnica ed hanno iniziato la costruzione senza accertarsi degli intervenuti adempimenti e, come tale, non è esonerato automaticamente da responsabilità per la presenza di un direttore dei lavori.
Tali principi devono essere ritenuti applicabili anche nel caso in esame, posto che il ricorrente ha assunto la qualifica di soggetto "esecutore delle opere", affidate dall'ente pubblico con appalto pubblico (contratto rep. n. 30/2010 del 28.09.2010).
La circostanza che egli fosse esecutore di un'opera pubblica, conferita con contratto di appalto pubblico dal Comune di Riciliano, non lo esonera dagli obblighi che gravano sul medesimo, per la considerazione che nel contratto di appalto, anche pubblico, l'appaltatore si impegna ad eseguire l'opera a regola d'arte con mezzi propri e sotto la sua responsabilità in piena autonomia anche nel caso in cui l'amministrazione pubblica abbia predisposto il progetto e le indicazioni (Cass. Civ. sez. 1, n. 15784, del 02/07/2010, Rv 613928).
Dunque, come correttamente ritenuto nella sentenza impugnata (pag. 10),
l'esecutore di opere pubbliche è costruttore/esecutore delle opere, sicché non si può escludersi la responsabilità per violazione agli obblighi derivanti dalla legge, obblighi che non possono venir meno per il fatto che l'ente appaltante sia lo stesso che doveva ricevere la comunicazioni. E ciò in forza della ratio delle disposizioni dettate in tema di vigilanza sulle costruzioni in zone sismiche, che prevedendo un complesso sistema di cautele rivolto ad impedire l'esecuzione di opere non conformi alle norme tecniche, ed impongono a tutti i soggetti esecutori delle opere (proprietari, committenti, direttore dei lavori) ad osservare le cautele a cui sono connessi gli obblighi, che sono sanzionati con le contravvenzioni in parola.
Deve pertanto ribadirsi il principio secondo cui
il reato di cui all'art. 95 cit., potendo essere commesso da chiunque violi o concorra a violare l'obbligo di deposito del progetto delle opere realizzate in zona sismica, e senza autorizzazione del competente ufficio regionale, può essere realizzato dal proprietario, dall'esecutore di un'opera pubblica, che abbia esplicato attività tecnica ed iniziato la costruzione, senza il doveroso controllo del rispetto degli adempimenti di legge.
Consegue che non possa ravvisarsi alcun errore di diritto scusabile quando l'attività professionale del soggetto, come nel caso di specie, presupponga la conoscenza della normativa di settore e il suo comportamento sia sintomatico della inosservanza dell'obbligo di adeguata informazione per conseguire la conoscenza della legislazione vigente in materia (Sez. 3, n. 11045 del 18/02/2015, De Santis, Rv. 263288).
Inoltre, priva di pregio è la tesi difensiva secondo cui il comportamento antidoveroso era conseguente ad un errore di diritto sulla legge extrapenale scusabile.
Il comportamento antidoveroso di aver dato inizio ai lavori senza autorizzazione ex art. 94 cit., non può essere escluso dalla circostanza che la legge regionale della Campania 9/1983 succ. mod. 19/2012 e 1/2012 e Reg. 23/2010, stabilisce che l'obbligato alla presentazione della denunzia è, in caso di committenza pubblica, il committente individuato nel titolare del potere decisionale e di spesa ai sensi del art. 2, comma 3, DPGR 23/2010, e ciò in quanto, come correttamente evidenziato nella sentenza impugnata, la legislazione in materia di governo del territorio non è esercitata, ai sensi dell'art. 117 Cost., in via esclusiva nella regione Campania, bensì concorrente e non può investire la materia della sicurezza staticità degli edifici in zona sismica che rimane di esclusiva competenza statale (Sez. 3, n. 37375 del 20/06/2013, P.M. in proc. Serpicelli, Rv 257594; Sez. 3, n. 16182 del 28/02/2013, Crisafulli, Rv 241287), sicché la legge regionale non esonera da quanto previsto dalla legge statale in termini di precauzione antisismiche e, considera la natura professionale del soggetto agente, non vale ad escludere il dolo del reato invocando l'art. 5 cod. pen..
5. Infondato è, anche, il ricorso di Do.Le..
In primo luogo la qualità di direttore dei lavori non richiede incarico formale, peraltro deve rilevarsi che la sentenza motiva sulla circostanza che egli era direttore dei lavori, con incarico formale per la realizzazione dell'opera principale (opere per la realizzazione delle rete di adduzione per la metanizzazione) e che, con riguardo alle opere in oggetto (gabbioni metallici di contenimento di un muro, opere connesse a quella principale), il Le. aveva redatto la perizia di variante e il progetto sottoposto alla Giunta Comunale, a cui era seguita la sottoscrizione del verbale ripresa lavori in data 25.01.2010, sicché anche privo di fondamento è il vizio di travisamento della prova.
Il Tribunale ha correttamente argomentato la qualifica di progettista e direttore dei lavori assunta con incarico formale (determina n. 154 del 16/07/20109) ed avendo di fatto e in concreto operato, in tale veste, anche con riferimento alle opere in oggetto. La motivazione è priva di censure di illogicità e dunque non sussiste il lamentato vizio di travisamento della prova.
5.1. Con riferimento al secondo motivo è sufficiente richiamare quanto esposto al par. 4.2. e con riguardo alla qualifica ricoperta dal Le., deve ricordarsi che,
in materia di costruzioni in zone sismiche, il direttore dei lavori risponde del reato previsto dall'art. 95 d.P.R. n. 380 del 2001, per l'esecuzione di interventi edilizi in assenza del previo deposito del progetto presso il Genio Civile, in virtù della posizione di controllo affidatagli su costruzioni potenzialmente lesive della pubblica incolumità e del conseguente obbligo di verificare il rispetto degli adempimenti prescritti dalla normativa in materia (Sez. 3, n. 7775 del 05/12/2013, Damiano, Rv. 258854).

luglio 2016

EDILIZIA PRIVATA: Nota di Lettura LR 33/2015 “Disposizioni in materia di opere o di costruzioni e relativa vigilanza in zone sismiche” e DGR n. X/5001 30.03.2016 “Approvazione delle linee di indirizzo e coordinamento per l’esercizio delle funzioni trasferite ai comuni in materia sismica" (ANCI Lombardia, nota 22.07.2016).
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ANCI Lombardia, circolare 28.07.2016 n. 119/2016 (link a www.anci.lombardia.it).

giugno 2016

EDILIZIA PRIVATA: Addio al certificato di agibilità. E dal 2017 saranno su internet tutti i dati dei rogiti. DECRETO COMPETITIVITÀ/ Le misure allo studio per il rilancio dell'economia.
Addio al certificato di agibilità. Sarà sostituito dalla segnalazione certificata di agibilità. Inoltre trasparenza delle vendite immobiliari: dal 2017 sul sito dell'Agenzia del territorio saranno disponibili i dati dei rogiti (tranne nomi delle parti).
Sono alcune delle novità, nel settore dell'edilizia e degli immobili, in corso di definizione nel decreto competitività, atteso in uno dei prossimi consigli dei ministri.
Ma vediamo di tratteggiare le disposizioni in corso di elaborazione.
AGIBILITÀ
Viene riscritta tutta la procedura per l'agibilità. Viene definitivamente eliminato il certificato di agibilità, che prevede da parte del comune un mero controllo documentale. Si valorizza il collaudo statico e il controllo ispettivo sull'opera realizzata.
Inoltre il certificato di collaudo statico assorbirà il certificato di rispondenza dell'opera alle norme tecniche eliminando le duplicazioni di adempimenti.
Secondo le misure allo studio è attribuito al direttore lavori o, se non è stato nominato, ad un professionista abilitato il compito di attestare la sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene e salubrità e risparmio energetico degli edifici e degli impianti, valutate secondo quanto dispone la normativa.
Alla presentazione delle Scia seguiranno i controlli anche attraverso un'attività ispettiva sulle opere realizzate da effettuarsi con modalità stabilite dalle regioni e dai comuni. Le nuove norme danno uniformità alla procedura relativa all'agibilità degli edifici, ad oggi sottoposta a regimi differenziati tra una regione e l'altra (certificato di agibilità rilasciato dal comune, attestazione del tecnico e certificato di collaudo sempre previsti).
AUTORIZZAZIONE SISMICA
Per quanto riguarda gli adempimenti formali nei confronti dell'ufficio tecnico regionale, ferma restando, se prevista, l'autorizzazione sismica, viene assicurato nelle località a bassa sismicità un regime omogeneo e tempi certi.
Sono previste modifiche agli articoli 93 e 94 del T.u. Edilizia (dpr 80/2001). Il governo, le regioni e enti locali concluderanno in sede di conferenza unificata accordi, ai sensi dell'articolo 9 del dlgs 281/1997, in base ai quali viene individuato un elenco tassativo di interventi secondari e minori che non comportano pericoli per la pubblica incolumità da sottoporre a Scia e Cil.
In questo modo gli adempimento vengono differenziati in relazione alle esigenze di tutela della pubblica incolumità sulla base del principio di proporzionalità.
Nelle relazioni esplicative del provvedimento si legge che attualmente la costruzione di un muretto a secco in campagna o di un tramezzo sono soggetti alla stessa disciplina prevista per la sopraelevazione di un edificio. Le disposizioni allo studio riducono i tempi medi di rilascio delle autorizzazioni e del permesso di costruire.
Viene introdotta l'autorizzazione attualmente non prevista nelle zone a bassa sismicità per interventi relativi a edifici di interesse strategico e alle opere infrastrutturali, la cui funzionalità durante gli eventi sismici assume rilievo fondamentale per le finalità di protezione civile nonché per gli interventi relativi agli edifici e alle opere.
TRASPARENZA IMMOBILIARE
Il decreto vuole dare visibilità alle informazioni su compravendite e prezzi nel settore immobiliare, informato elettronico. Sul sito dell'Agenzia del territorio, dal 2017, disponibili i dati sulla descrizione degli immobili e sui prezzi degli atti rogitati dai notai. È una cosa diversa dalla visura, che viene chiesta caso per caso presso le conservatorie. La proposta normativa non riguarda gli immobili e la loro storia come nelle visure in catasto/conservatoria. Si tratta di informazioni sulle transazioni definite con atti notarili.
Si potrà tracciare una mappa in cui si evidenziano i prezzi delle singole case, cosicché gli operatori potranno visualizzare i prezzi delle transazioni immobiliari in una certa area.
Per ragioni di riservatezza non sono visibili le informazioni personali delle parti e non sarà disponibile la copia degli atti (per cui si dovrà continuare a chiedere la visura) (articolo ItaliaOggi dell'01.06.2016 - tratto da www.centrostudicni.it).

maggio 2016

EDILIZIA PRIVATA: La classificazione sismica degli edifici ha nuovi canoni.
In arrivo le linee guida per la classificazione sismica degli edifici. Sei le classi di appartenenza, dalla A alla F, che indicheranno il rischio cui sarà sottoposto l'edificio e il modo in cui dovrà risponde ad un evento sismico. Tutto questo consentirà di misurare il miglioramento antisismico generato da un intervento di messa in sicurezza non solo dal punto di vista strutturale, ma anche da quello economico.

Questa la risposta del sottosegretario al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Umberto Del Basso De Caro, in Commissione Ambiente della Camera a un'interrogazione (INTERROGAZIONE A RISPOSTA IMMEDIATA IN COMMISSIONE 5/08720) posta dall'onorevole del Movimento cinque stelle, Claudia Mannino in merito ai tempi di emanazione delle linee guida per la classificazione sismica degli edifici.
Le linee guida per la classificazione sismica degli edifici sono state redatte dall'Ingegneria sismica italiana (Isi) con la finalità di fotografare un quadro degli investimenti necessari per la messa in sicurezza del patrimonio edilizio. L'onorevole Claudia Mannino ha sottolineato nel corso dell'intervento che un'inadeguata progettazione, una scadente qualità dei materiali e delle modalità di costruzione e una scarsa manutenzione aggravano le conseguenze degli eventi sismici.
L'adeguamento antisismico deve quindi essere visto come una strategia preventiva diretta a ridurre la perdite di vite umane, i danni alle cose e gli impatti sociali, economici e finanziari. Il rischio sismico di una singola costruzione, ha risposto il sottosegretario Del Basso De Caro, dipende da tre fondamentali fattori, la pericolosità del sito, la vulnerabilità della costruzione e l'esposizione delle attività, dei beni e delle persone presenti nella costruzione.
Le linee guida hanno l'obiettivo di arrivare ad una classificazione riferita al rischio sismico dipendente non solo dalla vulnerabilità, ma anche dalla pericolosità del sito e dall'esposizione (articolo ItaliaOggi del 26.05.2016 - tratto da www.centrostudicni.it).

EDILIZIA PRIVATA: B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 20 del 19.05.2016 "Disposizioni in merito al nuovo sistema informativo integrato per la gestione informatica delle pratiche sismiche di cui all’art. 3, comma 2, legge regionale 33 del 12.10.2015 «Disposizioni in materia di opere o di costruzioni e relativa vigilanza in zone sismiche»" (decreto D.U.O. 03.05.2016 n. 3809).

EDILIZIA PRIVATASlide Convegno: "La nuova legge regionale 33/2015 e la nuova zonazione sismica" tenutosi il 04.05.2016 presso l'Ufficio Territoriale Regionale di Brescia:
-1- l.r. 12.10.2015 n. 33 - Disposizioni in materia di opere o di costruzioni e relativa vigilanza in zone sismiche
-2- La zonazione sismica e l’aggiornamento delle zone sismiche in Regione Lombardia
-3- Delibera Giunta Regionale 30.03.2016 - n. X/5001 - «Approvazione delle linee di indirizzo e coordinamento per l’esercizio delle funzioni trasferite ai comuni in materia sismica»
-4- D.G.R. n. 5001 del 30.03.2016 - Approvazione delle linee di indirizzo e coordinamento per l’esercizio delle funzioni trasferite ai comuni in materia sismica (artt. 3, comma 1, e 13, comma 1, della l.r. 33/2015)
-5- Il sistema informativo integrato per la gestione delle pratiche sismiche
-6- Titoli abilitativi all’edificazione, costruzione di opere pubbliche e l.r. 33/2015

aprile 2016

EDILIZIA PRIVATA: La penale responsabilità in ordine ai reati di cui agli artt. 44, comma 1, lettera b), del dPR n. 380 del 2001, 64, 65, 71 e 72 del medesimo dPR ed ancora 93, 93 e 95 sempre del dPR n. 380 del 2001 concernono esclusivamente la disciplina penale di manufatti la cui tenuta statica sia assicurata tramite l'uso e l'applicazione di opere in cemento armato ovvero di elementi strutturali in acciaio o in altri metalli con funzione portante.
Esse appaiono, pertanto, eterogenee rispetto alla realizzazione di un manufatto (abusivo) -struttura portante realizzata con travi e pilastri di legno e pareti perimetrali costruite in muratura- che non ha comportato la utilizzazione né di cemento armato né di altri elementi strutturali in metallo.
Detto altrimenti, non è configurabile la violazione della disciplina delle opere in conglomerato cementizio armato in caso di struttura portante realizzata con travi e pilastri di legno e pareti perimetrali costruite in muratura, ove la stessa non comporti la utilizzazione né di cemento armato né di altri elementi strutturali in metallo.

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La Corte di appello di Caltanissetta, con sentenza del 27.05.2014, ha confermato la decisione con la quale il Tribunale di Gela aveva dichiarato la penale responsabilità di Pe.Sa. in ordine ai reati di cui agli artt. 44, comma 1, lettera b), del dPR n. 380 del 2001, 64, 65, 71 e 72 del medesimo dPR ed ancora 93, 93 e 95 sempre del dPR n. 380 del 2001, per avere egli realizzato, in assenza della prescritta concessione edilizia, su di un preesistente manufatto, una sopraelevazione della superficie di circa 30 mq con pilastri e travi in legno e con pareti perimetrali in muratura, per avere eseguito la predetta opera in assenza di un progetto esecutivo redatto da un tecnico abilitato, senza la direzione tecnica di un professionista abilitato e senza avere presentato la preventiva denunzia agli uffici competenti così violando, altresì, la normativa applicabile per le costruzioni in zona sismica; con la ricordata sentenza della Corte territoriale era stata confermata anche la condanna del Pellegrino alla pena di giustizia.
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Va, viceversa, annullata la sentenza impugnata relativamente alla affermazione della penale responsabilità del Pellegrino in ordine ai reati a lui contestati al capo 2) della rubrica elevata nei suoi confronti.
Siffatta contestazione, invero, concerne la realizzazione da parte del prevenuto delle opere descritte sub 1) del capo di imputazione, in violazione degli artt. 64, 65, 71 e 72 del dPR n. 380 del 2001, in assenza di un progetto esecutivo redatto da tecnico abilitato, senza che la direzione dei relativi lavori sia stata assunta da tecnico a ciò abilitato ed in assenza della preventiva denunzia delle realizzande opere al Comune di Gela ovvero all'Ufficio provincia del Genio civile.
Le disposizioni delle quali è stata contestata la violazione, va ora considerato, concernono, tuttavia, esclusivamente la disciplina penale di manufatti la cui tenuta statica sia assicurata tramite l'uso e l'applicazione di opere in cemento armato ovvero di elementi strutturali in acciaio o in altri metalli con funzione portante (Corte di cassazione, Sezione III penale, 17.04.2014, n. 17022).
Esse appaiono, pertanto, eterogenee rispetto alla realizzazione da parte del Pe. di un manufatto che per avere, come puntualmente precisato nella descrizione del fatto contestato contenuta nel punto 1) del capo di imputazione, una struttura portante realizzata con travi e pilastri di legno e pareti perimetrali costruite in muratura, non ha comportato la utilizzazione né di cemento armato né di altri elementi strutturali in metallo.
La sentenza impugnata va, pertanto, annullata senza rinvio limitatamente alla condanna concernente la contestazione di cui al capo 2) della rubrica elevata a carico del Pe. perché il fatto non sussiste e la relativa condanna, quantificata dal giudice di prime cure, con la sentenza confermata dalla Corte territoriale nissena, in 10 giorni di arresto ed euro 500.00 di ammenda, va conseguentemente eliminata (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 26.04.2016 n. 17085).

EDILIZIA PRIVATA: Sia l’art. 18 della l. 02.02.1974, n. 64, che l’art. 94 del D.P.R. 380/2001 stabiliscono che, fermo restando l’obbligo del titolo abilitativo, nelle località sismiche, a eccezione di quelle a bassa sismicità, non si possono iniziare lavori senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione.
Sicché, lo sbancamento si configura come esempio tipico di intervento di trasformazione e dissodamento di terreno, normato dal R.D. 30.12.1923, n. 3267, recante “Riordinamento e riforma della legislazione in materia di boschi e di terreni montani”, e la fattispecie in esame non ne costituisce un’eccezione, attesa sia la soggezione dell’area al vincolo idrogeologico che lo stato di fatto descritto in ricorso, laddove, illustrandosi il riversamento verso la strada di accesso di cospicue quantità di terriccio e acqua determinato dal caso di pioggia, si conferma la precarietà della situazione idrogeologica del terreno su cui insiste l’immobile interessato dall’attività edilizia abusiva.

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Con l’odierno gravame la ricorrente ha interposto azione impugnatoria avverso l’ordinanza del Comune di Monte Porzio Catone n. 7 del 09.03.2007, che le ha ingiunto la demolizione di opere abusive realizzate in via Romoli, località Valle Formale, nell’ambito di un immobile di proprietà sito in area soggetta a vincolo paesistico, sismico e idrogeologico.
Tali opere consistono nello sbancamento di un terrapieno adiacente l’ingresso del garage posto al piano interrato, con demolizione del muro di contenimento dello stesso, nell’apertura di una finestra sulla parete ovest del villino, per l’effetto risultante posizionata fuori terra, nello spostamento della scala esterna in cemento armato di accesso al primo piano.
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3. Nel merito, il ricorso è infondato.
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5. Con il quarto motivo la ricorrente sostiene che l’ordine di demolizione non avrebbe potuto richiamare la carenza delle autorizzazioni sismica e idrogeologica, non essendo le opere di cui trattasi suscettibili di minare la sicurezza delle abitazioni, la pubblica incolumità, l’equilibrio idrogeologico dell’area.
Per respingere la censura non occorrono molte parole.
Sia l’art. 18 della l. 02.02.1974, n. 64, che l’art. 94 del D.P.R. 380/2001 stabiliscono infatti che, fermo restando l’obbligo del titolo abilitativo, nelle località sismiche, a eccezione di quelle a bassa sismicità (ipotesi che non risulta ricorrente nella fattispecie), non si possono iniziare lavori senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione.
Inoltre, lo sbancamento si configura come esempio tipico di intervento di trasformazione e dissodamento di terreno, normato dal R.D. 30.12.1923, n. 3267, recante “Riordinamento e riforma della legislazione in materia di boschi e di terreni montani”, e la fattispecie in esame non ne costituisce un’eccezione, attesa sia la soggezione dell’area al vincolo idrogeologico che lo stato di fatto descritto in ricorso, laddove, illustrandosi il riversamento verso la strada di accesso di cospicue quantità di terriccio e acqua determinato dal caso di pioggia, si conferma la precarietà della situazione idrogeologica del terreno su cui insiste l’immobile interessato dall’attività edilizia abusiva (TAR Lazio-Roma, Sez. I-quater, sentenza 19.04.2016 n. 4536 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Oggetto: Comunicazione relativa alle nuove norme in materia sismica (Regione Lombardia, nota 18.04.2016 n. 3833 di prot.)

EDILIZIA PRIVATA: Oggetto: Efficacia della nuova classificazione sismica del territorio lombardo – Linee guida per le funzioni trasferite ai Comuni. Prossima riunione informativa (ANCE di Bergamo, circolare 13.04.2016 n. 93).

EDILIZIA PRIVATA: Lombardia, dal 10 aprile è in vigore la nuova classificazione sismica.
Sono 57 i comuni lombardi in zona 2, 1027 in zona 3 e 446 in zona 4 (13.04.2016 - link a www.casaeclima.com).

EDILIZIA PRIVATA: B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 14 del 07.04.2016, "Approvazione delle linee di indirizzo e coordinamento per l’esercizio delle funzioni trasferite ai comuni in materia sismica (artt. 3, comma 1, e 13, comma 1, della l.r. 33/2015)" (deliberazione G.R. 30.03.2016 n. 5001).
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Le istanze dovranno essere presentate compilando la modulistica on-line, attraverso l'utilizzo del sistema informativo integrato per la sismica, attualmente disponibile sulla piattaforma M.U.T.A, all'indirizzo: www.muta.servizirl.it, previa autenticazione e profilazione da parte dell'utenza.
In alternativa al sistema informativo,
fino al 03.05.2017 sarà possibile presentare le istanze anche in formato cartaceo con la seguente modulistica:

-1-
MODULO 1 - ISTANZA DI AUTORIZZAZIONE SISMICA (ai sensi e per gli effetti dell'art. 94 del DPR 380/2001 e della Legge Regionale 12.10.2015, n. 33)
-2-
MODULO 2 - COMUNICAZIONE DI DEPOSITO SISMICO (ai sensi e per gli effetti dell'art. 93 del DPR 380/2001 e della Legge Regionale 12 ottobre 2015, n. 33)
-3-
MODULO 3 - DENUNCIA DI COSTRUZIONE IN CORSO IN ZONA DI NUOVA CLASSIFICAZIONE SISMICA art. 104, comma 1, D.P.R. 380/2001 – art. 12, L.R. 33/2015)
-4-
MODULO 4 - DICHIARAZIONE DEL PROGETTISTA (COORDINATORE) DELLE STRUTTURE AI SENSI DELL’ART. 12, COMMA 5, DELLA L.R. 33/2015 (art. 104, comma 1, D.P.R. 380/2001)
-5-
MODULO 5 - PROCURA SPECIALE AUTOGRAFA PER L’EFFETTUAZIONE IN FORMA TELEMATICA DELLE PROCEDURE DI CUI ALLA L.R. 33/2015 (ai sensi dell’art.3 8, comma 3, del DPR. 445/2000 e art. 1392 del c.c.)
-6-
MODULO 6 - ASSEVERAZIONE DI CONGRUITÀ E CONFORMITÀ DEL PROGETTO STRUTTURALE (art. 6, comma 1, lett. b, della L.R. 33/2015)
-7-
MODULO 7 - ASSEVERAZIONE DI CONGRUITÀ E CONFORMITÀ DEL PROGETTO ARCHITETTONICO (art. 6, comma 1, lett. b, della L.R. 33/2015)
-8-
MODULO 8 - DICHIARAZIONE DEL PROGETTISTA PER INTERVENTI DI SOPRAELEVAZIONE [L.R. 12.10.2015, n. 33 - dichiarazione del progettista che, in relazione ad un intervento di sopraelevazione, attesta l’idoneità della struttura esistente a sopportare il nuovo carico (art. 90 del DPR 380/2001)]
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MODULO 9 - DICHIARAZIONE / ASSEVERAZIONE DEL GEOLOGO DI CONGRUITA' DEI CONTENUTI DELLA RELAZIONE GEOLOGICA AI REQUISITI RICHIESTI DAL PUNTO 6.2.1 DELLE N.T.C. DM 14/01/2008 e/o DALLA D.G.R. IX 2616/2011
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MODULO 10 - DICHIARAZIONE / ASSEVERAZIONE DELL’ESTENSORE DELLA RELAZIONE GEOTECNICA DI CONGRUITA' DEI CONTENUTI DELLA RELAZIONE GEOTECNICA AI REQUISITI RICHIESTI DAL PUNTO 6.2.2 DELLE N.T.C. DM 14/01/2008
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MODULO 11 - DICHIARAZIONE DEL PROGETTISTA STRUTTURALE RELATIVA ALLE OPERE O SISTEMI GEOTECNICI
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MODULO 12 - RELAZIONE ILLUSTRATIVA E SCHEDA SINTETICA DELL'INTERVENTO (L.R. 12.10.2015, n. 33)
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MODULO 13 - DICHIARAZIONE DI FINE LAVORI STRUTTURALI (ai sensi dell'art. 12, comma 8, lett. b), della L.R. 33/2015)

febbraio 2016

EDILIZIA PRIVATA: Il reato di omessa denuncia lavori in zona sismica (art. 93, d.P.R. 06.06.2001, n. 380) è configurabile anche in caso di esecuzione di lavori in zona inclusa tra quelle a basso indice sismico (in motivazione la Corte ha precisato che l'art. 83, comma secondo, del citato decreto, non pone alcuna distinzione in merito alle categorie delle zone medesime).
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In tema di reati edilizi, il conseguimento del permesso di costruire in sanatoria ai sensi dell'art. 36 del d.P.R. 06.06.2001, n. 380, comporta l'estinzione dei soli reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti, nella cui nozione non rientra la disciplina per le costruzioni da eseguirsi nelle zone sismiche, che ha una oggettività giuridica diversa da quella riguardante il corretto assetto del territorio.

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3. Il ricorso è infondato e deve rigettarsi.
In tema di contestazione dell'accusa, si deve avere riguardo alla specificazione del fatto più che all'indicazione delle norme di legge violate, per cui ove il fatto sia precisato in modo puntuale, la mancata individuazione degli articoli di legge violati è irrilevante e non determina nullità, salvo che non si traduca in una compressione dell'esercizio del diritto di difesa (Sez. 3, n. 5469 del 05/12/2013 - dep. 04/02/2014, Russo, Rv. 258920; Sez. 6, n. 45289 del 08/11/2011 - dep. 05/12/2011, Floridia, Rv. 250991; Sez. 5, n. 44707 del 09/11/2005 - dep. 07/12/2005, Bombagi, Rv. 233069).
L'imputazione, quindi, deve leggersi nella sua esatta descrizione del fatto, ovvero le norme che vengono in considerazione sono l'art. 93 e l'art. 65 del d.P.R. n. 380 del 2001. Infatti nella descrizione della condotta si individua l'assenza dell'attestato di avvenuto deposito di cui all'art. 65, comma 5, del d.P.R. citato, e l'omessa denuncia dei lavori in zona sismica, ex art 93 del d.P.R. citato. Non è contestata pertanto la condotta prevista dall'art. 94 del d. P.R. n. 380 del 2001, inizio dei lavori senza preventiva autorizzazione.
Per queste fattispecie dì reato, quindi, non opera la previsione dell'art. 94 del d.P.R. n. 380 del 2001, espressamente riferita alla sola preventiva autorizzazione. Prevede infatti la norma: "Fermo restando l'obbligo del titolo abilitativo all'intervento edilizio, nelle località sismiche, ad eccezione di quelle a bassa sismicità all'uopo indicate nei decreti di cui all'art. 83, non si possono iniziare i lavori senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione".
Per la fattispecie dell'art. 93 infatti la Corte di Cassazione ha sempre ritenuto irrilevante il grado di sismicità: "
Il reato di omessa denuncia lavori in zona sismica (art. 93, d.P.R. 06.06.2001, n. 380) è configurabile anche in caso di esecuzione di lavori in zona inclusa tra quelle a basso indice sismico (in motivazione la Corte ha precisato che l'art. 83, comma secondo, del citato decreto, non pone alcuna distinzione in merito alle categorie delle zone medesime)" (Sez. 3, n. 22312 del 15/02/2011 - dep. 06/06/2011, Morini, Rv. 250369; nello stesso senso vedi anche Cassazione, sez. 3, n. 37385 del 2013, Cosmo).
Irrilevante, quindi, risulta il grado dì sismicità del Comune di Roseto degli Abruzzi.
Infondato è anche il motivo relativo alla sanatoria della Provincia di Teramo (attestato in sanatoria n. 225811 del 19.11.2011).
In tema di reati edilizi, il conseguimento del permesso di costruire in sanatoria ai sensi dell'art. 36 del d.P.R. 06.06.2001, n. 380, comporta l'estinzione dei soli reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti, nella cui nozione non rientra la disciplina per le costruzioni da eseguirsi nelle zone sismiche, che ha una oggettività giuridica diversa da quella riguardante il corretto assetto del territorio (Sez. F, n. 44015 del 04/09/2014 - dep. 22/10/2014, Conforti, Rv. 261099) (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 29.02.2016 n. 8175).

gennaio 2016

EDILIZIA PRIVATA: Il reato di omessa denuncia dei lavori e presentazione dei progetti (...in zone sismiche) ha natura di reato permanente, la cui consumazione si protrae sino a quando il responsabile non presenta la relativa denuncia con l’allegato progetto, ovvero non termina l’intervento edilizio.
La lesione dell’interesse pubblico tutelato ha carattere continuativo poiché, malgrado la scadenza del termine di legge, permangono pur sempre gli obblighi di informazione dell’autorità comunale, di presentazione dei progetti e di ottenimento dell’autorizzazione regionale, essendo anche oltre quel termine operante il precetto di agire e rilevante penalmente la protrazione dell’omissione e, inoltre, il protrarsi della lesione al bene giuridico protetto è imputabile ad una persistente condotta volontaria del soggetto, il quale continua a “produrre l’effetto” del reato sottraendosi al controllo dell’autorità competente.
Vi è un’intima correlazione tra la procedura di rilascio dei permesso di costruire e quella finalizzata al conseguimento dell’autorizzazione per l’edificazione in zona sismica: al preavviso è attribuita una funzione di controllo della progettazione e di primo atto di quel procedimento che, attraverso le successive fasi della presentazione dei progetti e del loro esame tecnico da parte degli uffici competenti, confluisce nel finale giudizio di eseguibilità dell’opera, atteso che senza l’acquisizione dell’autorizzazione regionale il permesso di costruire non potrebbe essere rilasciato, per la ragione che risulterebbe contraddittorio il riconoscimento della natura permanente (fino all’ultimazione dei lavori) del reato di costruzione in carenza del titolo abilitativo edilizio ed il disconoscimento, invece, della medesima natura al reato di costruzione in assenza di quella autorizzazione che si pone quale presupposto indefettibile del permesso di costruire.

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3.2. - Quanto al secondo motivo di doglianza, relativo alla prescrizione, deve preliminarmente essere affrontata la questione della natura istantanea o permanente degli illeciti di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 93 e 94. Sul punto, com'è noto, vi è stato un contrasto giurisprudenziale nell'ambito della terza sezione della Corte di cassazione.
3.2.1. - Il più recente filone giurisprudenziale (da ultimo sostenuto da sez. 3, 11.02.2014, n. 12235, rv. 258738; sez. 3. 04.06.2013, n. 29737, rv. 255823) ritiene che il reato di omessa denuncia dei lavori e presentazione dei progetti ha natura di reato permanente, la cui consumazione si protrae sino a quando il responsabile non presenta la relativa denuncia con l'allegato progetto, ovvero non termina l'intervento edilizio.
Si riprendono, in particolare, le osservazioni contenute nella precedente sentenza sez. 3, 17.02.2011, n. 17217, secondo cui «la lesione dell'interesse pubblico tutelato ha carattere continuativo poiché, malgrado la scadenza del termine di legge, permangono pur sempre gli obblighi di informazione dell'autorità comunale, di presentazione dei progetti e di ottenimento dell'autorizzazione regionale, essendo anche oltre quel termine operante il precetto di agire e rilevante penalmente la protrazione dell'omissione» e, inoltre, «il protrarsi della lesione al bene giuridico protetto è imputabile ad una persistente condotta volontaria del soggetto, il quale continua a "produrre l'effetto" del reato sottraendosi al controllo dell'autorità competente».
Secondo tale orientamento, vi è un'intima correlazione tra la procedura di rilascio del permesso di costruire e quella finalizzata al conseguimento dell'autorizzazione per l'edificazione in zona sismica: al preavviso è attribuita una funzione di controllo della progettazione e di primo atto di quel procedimento che, attraverso le successive fasi della presentazione dei progetti e del loro esame tecnico da parte degli uffici competenti, confluisce nel finale giudizio di eseguibilità dell'opera, atteso che senza l'acquisizione dell'autorizzazione regionale il permesso di costruire non potrebbe essere rilasciato, per la ragione che risulterebbe contraddittorio «il riconoscimento della natura permanente (fino all'ultimazione dei lavori) del reato di costruzione in carenza del titolo abilitativo edilizio ed il disconoscimento, invece, della medesima natura al reato di costruzione in assenza di quella autorizzazione che si pone quale presupposto indefettibile del permesso di costruire» (nello stesso senso, sez. 3, 25.06.2008, n. 35912, rv. 241093, e sez. 3, 05.12.2007, n. 3069/2008, rv. 238629; con riferimento alla normativa previgente, sez. 3, 19.03.1999, n. 7873, rv. 214501).
Se ne conclude che i reati previsti dai  richiamati artt. 93 e 94 e sanzionati dal successivo art. 95 del d.P.R. n. 380 del 2000, hanno natura di reati permanenti, in quanto il primo (art. 93) permane sino a quando chi intraprende l'intervento edilizio in zona sismica non presenta la relativa denuncia con l'allegato progetto ovvero non termina l'intervento e, il secondo (art. 94), permane sino a quando chi intraprende l'intervento edilizio in zona sismica lo termina ovvero ottiene la relativa autorizzazione.
3.2.2. - Secondo un diverso, più risalente, orientamento (sostenuto, da ultimo, da sez. 3, 30.05.2012, n. 37060; sez. 3, 26.05.2011, n. 23656, Rv. 250487; sez. 3, 08.10.2008, n. 41854, Rv. 241383), il termine di prescrizione delle contravvenzioni di omessa denuncia di inizio lavori in zona sismica, e di esecuzione dei medesimi in assenza di autorizzazione, decorre dalla data di inizio dei lavori, attesa la loro natura istantanea. Si fa, in particolare applicazione del principio affermato dalle sezioni unite, con la decisione 14.07.1999, n. 18, rv 213933, sotto la vigenza della abrogata legge n. 64 del 1974, secondo cui: «I reati previsti dalla legge n. 64 del 1974, artt. 17, 18 e 20 (provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche) e consistenti nell'omissione della presentazione della denuncia dei lavori, e dell'avviso di inizio dei lavori, hanno natura di reati istantanei».
Tale orientamento è stato negli anni richiamato e condiviso da: sez. 3, 08.10.2008, n. 41858, rv. 241424; sez. 3, 08.10.2008, n. 41854, rv. 241383; sez. 3, 13.11.2003, n. 3351/2004, rv. 227396.
3.2.3. - Questo Collegio ritiene di dover aderire al primo degli orientamenti sopra richiamati, seguito nelle più recenti decisioni. Infatti, come da ultimo evidenziato nella sentenza n. 12235 del 2014,
la persistenza dell'offesa al bene giuridico tutelato deve essere mantenuta concettualmente distinta dall'apertura formale di un procedimento amministrativo e comunque dalla possibilità di un controllo postumo, attivate dall'adempimento tardivo del contravventore; con la conseguenza che la persistenza della condotta antigiuridica e la connessa protrazione della lesione all'interesse pubblico di vigilare sulla regolarità tecnica di ogni costruzione in zona sismica, sussistono anche se (anzi proprio perché) l'amministrazione competente non ha aperto un procedimento formale o non ha attivato alcun controllo.
3.2.4. - Ne discende, quanto al caso in esame, che il reato deve ritenersi prescritto, sia se si ritiene -come fa il ricorrente- che le opere siano state concluse nel giugno del 2008, sia se si ritiene -come fa invece il Tribunale- che le stesse si siano concluse nel giugno del 2009. L'ultimazione delle opere è infatti precedente rispetto alla trasmissione degli atti alla Regione e al rilascio della relativa autorizzazione (26.07.2011).
Il termine prescrizionale per le contravvenzioni, che è di cinque anni, a partire dall'entrata in vigore delle modifiche all'art. 157 c.p. e art. 161 c.p., comma 2, operate dalla legge n. 251 del 2005, applicabili ratione temporis ai fatti per cui si procede, è in ogni caso decorso alla data della pronuncia della presente sentenza (massima tratta da http://renatodisa.com - Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 14.01.2016 n. 1145).

dicembre 2015

EDILIZIA PRIVATA - ENTI LOCALI - PUBBLICO IMPIEGO: B.U.R. Lombardia, supplemento n. 53 del 30.12.2015, "Disposizioni per l’attuazione della programmazione economico-finanziaria regionale, ai sensi dell’articolo 9-ter della l.r. 31.03.1978, n. 34 (Norme sulle procedure della programmazione, sul bilancio e sulla contabilità della Regione) - Collegato 2016" (L.R. 29.12.2015 n. 42).
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Di interesse si leggano:
Art. 7 - (Modifiche agli articoli 1, 17 e 20 della l.r. 19/2008)
Art. 15 - (Modifiche all’articolo 1 della l.r. 35/2014)
Art. 16 - (Modifiche all’articolo 8 della l.r. 33/2015)
Art. 20 - (Personale trasferito in Regione in attuazione della legge 07.04.2014, n. 56)

EDILIZIA PRIVATA: Ritiene il Collegio che tra permesso di costruire e autorizzazione sismica non sussista il rapporto di presupposizione (costituito dal necessario previo rilascio del primo per potersi ottenere la seconda) ipotizzato dal Comune, poiché dal testo dell’art. 94, co. 1, del DPR 380/2001 (alla stregua del quale, “Fermo restando l'obbligo del titolo abilitativo all'intervento edilizio, nelle località sismiche, ad eccezione di quelle a bassa sismicità all'uopo indicate nei decreti di cui all'articolo 83, non si possono iniziare lavori senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione”) si desume l’autonomia di ciascuno dei due titoli ampliativi e la loro suscettibilità di essere rilasciati indipendentemente dall’avvenuta emissione dell’altro, o che, al più, considerato il tenore dell’art. 20 DPR 380/2001 (e, in particolare dei commi 3 e 5-bis), dovrebbe essere l’autorizzazione sismica a dover intervenire prima del rilascio del titolo edilizio; e ciò sia trattandosi di autorizzazione sismica ordinaria, sia in sanatoria.
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Oggetto del presente giudizio è il provvedimento prot. n. 7298 del 10.10.2014, con cui il Comune di Guardia Sanframondi (incontestatamente titolare della relativa competenza, trasferitagli dal Genio Civile di Benevento) ha negato il rilascio dell’autorizzazione sismica in sanatoria chiesta da Fo.Ab. (con istanza prot. n. 7144 del 06.10.2014), relativamente a lavori di modifica prospetti e ampliamento di un fabbricato a lui appartenente, sito in via ..., con la seguente affermazione: “la pratica non può essere istruita in quanto, non risulta ancora perfezionato il permesso di costruire richiesto”.
Il riferimento riportato, in tale occasione, è alla richiesta di permesso di costruire formulata, sempre per le medesime opere, in data 07.05.2013 (acquisita al protocollo comunale con il n. 3227) da Fo.Ab., e con riferimento alla quale il richiedente, non essendo intervenuto alcun riscontro nel termine posto dall’art. 20, co. 8, DPR 380/2001, ha ritenuto essersi formato un tacito assenso, con conseguente legittimazione all’effettuazione dei relativi lavori.
Orbene, ritiene il Collegio che tra permesso di costruire e autorizzazione sismica non sussista il rapporto di presupposizione (costituito dal necessario previo rilascio del primo per potersi ottenere la seconda) ipotizzato dal Comune di Guardia Sanframondi, poiché, dal testo dell’art. 94, co. 1, del DPR 380/2001 (alla stregua del quale, “Fermo restando l'obbligo del titolo abilitativo all'intervento edilizio, nelle località sismiche, ad eccezione di quelle a bassa sismicità all'uopo indicate nei decreti di cui all'articolo 83, non si possono iniziare lavori senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione”), si desume l’autonomia di ciascuno dei due titoli ampliativi e la loro suscettibilità di essere rilasciati indipendentemente dall’avvenuta emissione dell’altro (cfr. TAR Campania-Napoli n. 2356 del 07.05.2013; Cons. di Stato sez. VI, n. 7128 del 24.09.2010), o che, al più, considerato il tenore dell’art. 20 DPR 380/2001 (e, in particolare dei commi 3 e 5-bis), dovrebbe essere l’autorizzazione sismica a dover intervenire prima del rilascio del titolo edilizio; e ciò sia trattandosi di autorizzazione sismica ordinaria, sia in sanatoria (cfr. TAR Sicilia-Palermo n. 13720 del 27.10.2010).
La descritta situazione, allora, fa sì che –indipendentemente dalla circostanza che si sia, o meno, sostanziato l’assenso tacito sulla domanda di permesso di costruire prot. n. 3227 del 07.05.2013– comunque il Comune di Guardia Sanframondi non avrebbe potuto negare all’odierno ricorrente il rilascio dell’autorizzazione sismica da lui chiesta, per non essersi “perfezionato” il permesso di costruire da lui precedentemente richiesto.
Per tale ragione, rimanendo assorbito ogni ulteriore e diverso profilo di censura, il ricorso risulta, in definitiva, fondato, per cui va annullata l’impugnata nota prot. n. 7298 del 10.10.2014 del Comune di Guardia Sanframondi (TAR Campania-Napoli, Sez. VIII, sentenza 18.12.2015 n. 5810 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Ai sensi dell’art. 65, primo comma, del d.P.R. n. 380 del 2001, la denuncia concernente le opere di conglomerato cementizio non deve essere effettuata prima del rilascio del permesso di costruire, bensì prima dell’inizio lavori.
Tale denuncia non costituisce dunque presupposto del permesso di costruire, il quale deve essere comunque rilasciato qualora l’opera sia conforme alla normativa urbanistico edilizia vigente, ma costituisce adempimento necessario affinché l’interessato possa dar corso ai lavori (assentiti con il permesso di costruire già rilasciato).
Questa ricostruzione è confermata dagli artt. 68 e segg. del d.P.R. n. 380 del 2001 i quali riservano una disciplina speciale per l’esecuzione di lavori in assenza di denuncia: la fattispecie non viene regolata in maniera analoga a quella dell’abuso edilizio, prevedendosi l’intervento del dirigente dell’ufficio tecnico regionale il quale -una volta constatato, anche su segnalazione del comune, l’inizio di lavori in assenza denuncia- ne dispone l’immediata sospensione.
Se la denuncia costituisse un presupposto del permesso di costruire, i lavori realizzati in assenza di essa dovrebbero considerarsi abusivi (proprio come prospetta l’Amministrazione resistente); con conseguente inutilità di prevedere un trattamento sanzionatorio differenziato.
Ulteriore conferma è data dalla giurisprudenza, la quale ritiene che la presentazione della denuncia delle opere in cemento armato non è idonea ad impedire la decadenza del permesso di costruire per l’inutile decorso del termine annuale previsto per l’inizio lavori, termine stabilito dall’art. 15, primo comma, del d.P.R. n. 380 del 2001.
E’ difatti ovvio che se si ritiene che, in questo caso, il termine non viene interrotto e continua a decorre è perché si ritiene anche che il permesso di costruire adottato prima della presentazione della denuncia costituisce titolo pienamente efficace.
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Analogo discorso può essere svolto con riferimento alla relazione per il contenimento energetico atteso che, anche in questo caso, le norme dispongono che la sua presentazione vada effettuata non già prima del rilascio del permesso di costruire ma prima dell’inizio lavori.
Esplicito in tal senso è l’art. 28, primo comma, della legge 09.01.1991, n. 10 (Norme per l'attuazione del Piano energetico nazionale in materia di uso razionale dell'energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia) il quale stabilisce espressamente che tale relazione va presentata contestualmente alla denuncia di inizio lavori.

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10. Ritiene il Collegio che il motivo sia fondato per le ragioni di seguito esposte.
11. Il permesso di costruire che ha assentito le opere in relazione alla quali il Comune di Legano ha applicato il contributo di costruzione in misura doppia è stato emanato in data 23.11.2005.
12. L’accertamento compiuto dall’Amministrazione, in esito al quale si è desunta l’abusività dell’intervento, è stato effettuato successivamente: solo in data 26.01.2006 si è proceduto a sopralluogo e si è verificata l’avvenuta realizzazione delle opere.
13. Il ricorrente sostiene che l’intervento sarebbe stato realizzato in questo lasso temporale e, dunque, dopo il rilascio del titolo edilizio. In base a questa ricostruzione, l’intervento stesso dovrebbe pertanto considerarsi regolare.
14. L’Amministrazione sostiene però a sua volta che il titolo sarebbe stato in realtà rilasciato solo in data 26.01.2006, giorno in cui la ricorrente ha provveduto al deposito della denuncia dei conglomerati cementizi e della relazione per il contenimento energetico. Prima di questo momento, secondo la stessa Amministrazione, il permesso di costruire doveva considerarsi inefficace, con conseguente abusività delle opere precedentemente realizzate.
15. Ritiene il Collegio che questa argomentazione non sia condivisibile.
16. Va invero osservato che, ai sensi dell’art. 65, primo comma, del d.P.R. n. 380 del 2001, la denuncia concernente le opere di conglomerato cementizio non deve essere effettuata prima del rilascio del permesso di costruire, bensì prima dell’inizio lavori.
17. Tale denuncia non costituisce dunque presupposto del permesso di costruire, il quale deve essere comunque rilasciato qualora l’opera sia conforme alla normativa urbanistico edilizia vigente, ma costituisce adempimento necessario affinché l’interessato possa dar corso ai lavori (assentiti con il permesso di costruire già rilasciato).
18. Questa ricostruzione è confermata dagli artt. 68 e segg. del d.P.R. n. 380 del 2001 i quali riservano una disciplina speciale per l’esecuzione di lavori in assenza di denuncia: la fattispecie non viene regolata in maniera analoga a quella dell’abuso edilizio, prevedendosi l’intervento del dirigente dell’ufficio tecnico regionale il quale -una volta constatato, anche su segnalazione del comune, l’inizio di lavori in assenza denuncia- ne dispone l’immediata sospensione. Se la denuncia costituisse un presupposto del permesso di costruire, i lavori realizzati in assenza di essa dovrebbero considerarsi abusivi (proprio come prospetta l’Amministrazione resistente); con conseguente inutilità di prevedere un trattamento sanzionatorio differenziato.
19. Ulteriore conferma è data dalla giurisprudenza, la quale ritiene che la presentazione della denuncia delle opere in cemento armato non è idonea ad impedire la decadenza del permesso di costruire per l’inutile decorso del termine annuale previsto per l’inizio lavori, termine stabilito dall’art. 15, primo comma, del d.P.R. n. 380 del 2001 (cfr. TAR Veneto, sez. II, 24.01.2008, n. 174). E’ difatti ovvio che se si ritiene che, in questo caso, il termine non viene interrotto e continua a decorre è perché si ritiene anche che il permesso di costruire adottato prima della presentazione della denuncia costituisce titolo pienamente efficace.
20. Analogo discorso può essere svolto con riferimento alla relazione per il contenimento energetico atteso che, anche in questo caso, le norme dispongono che la sua presentazione vada effettuata non già prima del rilascio del permesso di costruire ma prima dell’inizio lavori.
21. Esplicito in tal senso è l’art. 28, primo comma, della legge 09.01.1991, n. 10 (Norme per l'attuazione del Piano energetico nazionale in materia di uso razionale dell'energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia) il quale stabilisce espressamente che tale relazione va presentata contestualmente alla denuncia di inizio lavori.
22. Peraltro il permesso di costruire del 23.11.2005 non contiene alcuna clausola che subordini la sua efficacia alla presentazione della denuncia dei cementi armati e/o della relazione per il contenimento del consumo energetico.
23. Solo nella comunicazione di avvenuta emanazione si specifica che il rilascio è subordinato al deposito dei summenzionati atti (oltre che ad altri adempimenti ivi specificati); si deve però ritenere che l’Amministrazione con il termine “rilascio” abbia in questo caso inteso riferirsi alla consegna del titolo, ormai già in essere e pienamente efficace. Ciò è confermato dal fatto che, in tale comunicazione, il “rilascio” del titolo è subordinato anche ad una serie di altri adempimenti (quali ad esempio il versamento degli oneri) che certamente non incidono sull’efficacia del titolo già emanato.
24. Da quanto sopra discende che, nella fattispecie concreta, non è stata provata la sussistenza dell’abuso; ne consegue quindi che non è giustificata la pretesa del Comune di esigere il doppio del valore del contributo di costruzione.
25. Per queste ragioni il motivo in esame deve essere accolto. L’atto impugnato va pertanto annullato in parte qua e l’Amministrazione deve essere condannata alla restituzione della somma indebitamente percepita pari ad euro 19.852,16, oltre interessi legali.
26. Poiché non è stata provata la malafede del Comune, ai sensi dell’art. 2033 cod. civ., gli interessi decorrono dal giorno della domanda e, dunque, dal giorno di notifica del presente ricorso. Trattandosi di debito di valuta (cfr. Cass. civ., sez. I, 10.11.1994, n. 9388), non è invece dovuta la rivalutazione monetaria (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 09.12.2015 n. 2581 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Il reato di omessa denuncia dei lavori e presentazione dei progetti sottoposti a valutazione sismica (art. 50 d.P.R. n. 380 del 2001) può essere commesso da chiunque violi o concorra a violare gli obblighi imposti e, quindi, anche dal proprietario, dal committente, dal titolare della concessione edilizia, dal direttore e dall’assuntore dei lavori.
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3. Per ciò che concerne, invece, la violazione della normativa antisismica di cui al capo C) dell'imputazione,
la prevalente giurisprudenza di questa Corte qualifica come permanente il reato di omessa denuncia dei lavori e presentazione dei progetti, osservando che la sua consumazione si protrae sino a quando il responsabile non presenta la relativa denuncia con l'allegato progetto, ovvero non termina l'intervento edilizio (Sez. 3, n. 12235 del 11/2/2014, Petrolo, Rv. 258738; Sez. 3, n. 29737 del 4/6/2013, Vella Pasquale, Rv. 255823, cui si rinvia anche per i richiami ai precedenti).
Ne consegue che, anche in questo caso, la prescrizione non risulta ancora maturata.
4. Con riferimento a tale ipotesi contravvenzionale, peraltro, i ricorrenti hanno posto in discussione anche la riferibilità del reato alle loro posizioni soggettive. Segnatamente, come rilevato in premessa, la questione è stata sollevata dal PU., quale direttore dei lavori e progettista e dai GE., assuntori dei lavori.
L'assunto, in entrambi i casi, è infondato.
L'articolo 95 d.P.R. 380/2001 attribuisce la responsabilità del reato a chiunque violi le disposizioni richiamate, cosicché la violazione assume la natura di reato comune, che può essere quindi realizzato dal proprietario, dal committente, dal titolare della concessione edilizia e da qualsiasi altro soggetto che abbia la disponibilità dell'immobile o dell'area su cui esso sorge, nonché da coloro che abbiano esplicato attività tecnica ed iniziato la costruzione senza il doveroso controllo del rispetto degli adempimenti di legge (Sez. 3, n. 35387 del 24/05/2007, Trozzo, Rv. 237537; Sez. 3, n. 887 del 10/12/1999 (dep. 2000), Scardellato O, Rv. 215602; Sez. 3, n. 4438 del  10/04/1997, Biagiottì, Rv. 208031).
Con particolare riferimento alla figura del direttore dei lavori, si è affermato che «(...) Il direttore dei lavori risponde del reato previsto dagli artt. 93 e 94 d.P.R. n. 380 del 2001, essendo anch'egli destinatario del divieto di esecuzione dei lavori in assenza della autorizzazione ed in violazione delle prescrizioni tecniche contenute nei decreti ministeriali di cui agli artt. 52 e 83 del citato d.P.R., atteso che le disposizioni sulla vigilanza sulle costruzioni in zone sismiche, prevedendo un complesso sistema di cautele rivolto ad impedire l'esecuzione di opere non conformi alle norme tecniche, ha determinato una posizione di controllo su attività potenzialmente lesive in capo al direttore dei lavori» (Sez. 3, n. 33469 del 15/06/2006, Osso ed altri, Rv. 235122. V. anche Sez. 3, n. 7775 del 05/12/2013 (dep. 2014), Damiano, Rv. 258854; Sez. 3, n. 6675 del 20/12/2011 (dep. 2012), Lo Presti, Rv. 252021).
A conclusioni analoghe si è pervenuti, come si è detto, anche con specifico riguardo agli assuntori dei lavori (Sez. F, n. 35298 del 24/07/2008, Sparviero, Rv. 240665. Conf. Sez. 3, n. 35387 del 24/05/2007, Trozzo, Rv. 237537, cit.; Sez. 3, n. 33558 del 06/06/2003, Mosca, Rv. 225555).
5. Va pertanto ribadito il principio secondo il quale
il reato di cui all'art. 95 d.RR. 380/2001 può essere commesso da chiunque violi o concorra a violare gli obblighi imposti e, quindi, anche dal proprietario, dal committente, dal titolare della concessione edilizia, dal direttore e dall'assuntore dei lavori (massima tratta da http://renatodisa.com - Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 18.12.2015 n. 49991).

PATRIMONIO: G.U. 03.12.2015 n. 282 "Definizione dei termini e delle modalità di attuazione degli interventi di adeguamento strutturale e antisismico, in attuazione dell’art. 1, comma 160, della legge 13.07.2015, n. 107" (D.P.C.M. 12.10.2015).

novembre 2015

EDILIZIA PRIVATA: Disciplina delle costruzioni in zone sismiche: “Non conta la natura dei materiali impiegati”.
Cassazione: è irrilevante anche l'eventuale natura precaria dell'intervento.
Le specifiche finalità della disciplina delle costruzioni in zone sismiche hanno determinato “la previsione di un rigoroso regime autorizzatorio (articolo 93) che impone, a chiunque intenda procedere ad interventi in tali zone, di darne preavviso scritto allo sportello unico che, a sua volta, provvede alla trasmissione al competente ufficio tecnico regionale.
La speciale disciplina si applica a tutte le costruzioni, la cui sicurezza possa comunque interessare la pubblica incolumità, realizzate in zone delle quali sia dichiarata la sismicità”.

Lo rammenta la Corte di Cassazione, Sez. III penale, con la sentenza 11.12.2015 n. 48950.
Dal contenuto delle disposizioni che regolano la materia si rileva come il loro ambito di applicazione sia particolarmente esteso, riferendosi non solo alla costruzione dei nuovi edifici, ma anche ad interventi su manufatti già esistenti, in ordine ai quali si prendono in esame le sopraelevazioni (articolo 90) e le riparazioni (articolo 91)”, osserva la suprema Corte.
IRRILEVANTE LA NATURA DEI MATERIALI IMPIEGATI E DELLE RELATIVE STRUTTURE. “Del tutto inconferente, ai fini dell'applicazione della disciplina, è stata ritenuta la natura dei materiali usati e delle strutture realizzate, in quanto le disposizioni che regolano la materia hanno una portata particolarmente ampia, perché finalizzate alla tutela dell'incolumità pubblica e devono, quindi, applicarsi a “tutte le costruzioni la cui sicurezza possa comunque interessare la pubblica incolumità" a nulla rilevando, appunto, la natura dei materiali impiegati e delle relative strutture.
Altrettanto irrilevante –aggiunge la Cassazione- è la eventuale natura precaria dell'intervento, attesa la natura formale dei relativi reati ed il fine di consentire il controllo preventivo da parte della pubblica amministrazione di tutte le costruzioni realizzate in zone sismiche
” (commento tratto da www.casaeclima.com).
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MASSIMA
1. Il ricorso è inammissibile.
Occorre preliminarmente ricordare, per quanto attiene al primo motivo di ricorso, come l'articolo 20 della Legge Regionale 16.04.2003 n. 4 stabilisca che, in deroga ad ogni altra disposizione normativa, non sono soggette a concessione o autorizzazione né sono considerate aumento di superficie utile o di volume né modifica della sagoma della costruzione, la chiusura di terrazze di collegamento e/o la copertura di spazi interni con strutture precarie, ferma restando l'acquisizione preventiva del nulla osta da parte della Soprintendenza dei beni culturali ed ambientali nel caso di immobili soggetti a vincolo.
In tali casi, contestualmente all'inizio dei lavori, il proprietario dell'unità immobiliare deve limitarsi a presentare al sindaco una relazione a firma di un professionista abilitato alla progettazione, che asseveri le opere da compiersi ed il rispetto delle norme di sicurezza e delle norme urbanistiche, nonché di quelle igienico-sanitarie vigenti ed a versare a favore del comune un determinato importo per ogni metro quadro di superficie sottoposta a chiusura con struttura precaria.
Tali disposizioni sono applicabili anche alla chiusura di verande o balconi con strutture precarie, come previsto dall'articolo 9 della legge regionale 10.08.1985, n. 37.
Ai fini dell'applicazione delle richiamate disposizioni il medesimo articolo precisa, al comma 4, che sono da considerare strutture precarie tutte quelle realizzate in modo tale da essere suscettibili di facile rimozione, mentre si definiscono verande tutte le chiusure o strutture precarie come sopra realizzate, relative a qualunque superficie esistente su balconi, terrazze e anche tra fabbricati. Alle verande sono assimilate le altre strutture, aperte almeno da un lato, quali tettoie, pensiline, gazebo ed altre ancora, comunque denominate, la cui chiusura sia realizzata con strutture precarie, sempreché ricadenti su aree private.
La disposizione in esame consente anche, a determinate condizioni, la regolarizzazione delle opere della stessa tipologia già realizzate.
2. Dei rapporti tra la summenzionata disciplina regionale e la normativa statale contenuta nel D.p.r. 380/2001 si è ripetutamente occupata la giurisprudenza di questa Corte.
Si è così avuto modo di chiarire che, in ogni caso, le disposizioni introdotte da leggi regionali devono rispettare i principi generali fissati dalla legislazione nazionale e, conseguentemente, devono essere interpretate in modo da non collidere con i detti principi (Sez. 3, n. 28560 del 26/03/2014, Alonzo, Rv. 259938; Sez. 3, n. 2017 del 25/10/2007 (dep. 2008), Giangrasso, Rv. 238555; Sez. 3, n. 33039 del 15/06/2006, RM. in proc. Moltisanti, Rv. 234935. Conf., ma con riferimento ad altre disposizioni normative della Regione siciliana, Sez. 3, n. 4861 del 09/12/2004 (dep. 2005), Garufi, Rv. 230914; Sez. 3, n. 6814 del 11/01/2002, Castiglia V, Rv. 221427).
Con specifico riferimento alla individuazione in via di eccezione, ad opera della Legge regionale 4/2003, di opere precarie non soggette a permesso di costruire, si è osservato che il legislatore regionale ha privilegiato il "criterio strutturale", considerando la circostanza che le parti di cui la costruzione si compone siano facilmente rimovibili, in luogo di quello "funzionale", relativo all'uso realmente precario e temporaneo cui la costruzione è destinata e che dette disposizioni non possono trovare applicazione al di fuori dei casi in esse espressamente previsti (Sez. 3, n. 48005 del 17/09/2014, Gulizzi e altro, Rv. 261156; Sez. 3, n. 16492 del 16/03/2010, Pennisi, Rv. 246771; Sez. 3, n. 35011 del 26/04/2007, Camarda, Rv. 237533).
Si è infine specificato, come pure ricordato in ricorso, che la legislazione regionale in disamina è applicabile con riferimento alla sola disciplina urbanistica, restando quindi sottratta quella relativa alla disciplina edilizia antisismica e quella per le costruzioni in conglomerato cementizio armato, le quali attengono alla sicurezza statica degli edifici, rientrante nella competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell'articolo 117, comma secondo, Cost., con la conseguenza che dette opere continuano ad essere soggette ai controlli preventivi previsti dalla legislazione nazionale (Sez. 3, n. 37375 del 20/06/2013, P.M. in proc. Serpicelli, Rv. 257594; Sez. 3, n. 16182 del 28/02/2013, Crisafulli ed altro, Rv. 255254; Sez. 3, n. 38405 del 09/07/2008, Di Benedetto e altro, Rv. 241287).
3. Date tali premesse, appare di tutta evidenza che la Corte territoriale non è incorsa in alcuna violazione della disciplina statale applicata né, tanto meno, di quella regionale impropriamente richiamata in ricorso.
I giudici del gravame hanno infatti dato dimostrazione di aver fatto buon uso dei condivisibili principi dianzi richiamati e di aver adeguatamente considerato l'ambito di operatività della normativa regionale, inequivocabilmente limitato alle opere chiaramente definite dal menzionato articolo 20 L.R. 4/2003, entro il quale non potevano certo collocarsi le opere descritte nel capo di imputazione.
Invero, la Corte del merito evidenzia come sia stata accertata in fatto la realizzazione, attraverso la chiusura di una veranda, di un diverso e stabile corpo di fabbrica, la cui consistenza risulta dimostrata dalla documentazione fotografica in atti.
I giudici del gravame, richiamando il condiviso contenuto della decisione del primo giudice, evidenziano anche, in modo inequivocabile, che le opere erano state realizzate mediante mattoni forati e non anche con materiale amovibile.
A fronte di tali dati decisivi, il ricorso si limita a riproporre la tesi difensiva già platealmente smentita nel giudizio di merito, facendo peraltro ricorso ad argomenti in fatto che non possono avere ingresso in questa sede. Le censure formulate in ricorso sul punto sono, pertanto, destituite di fondamento.
4. A conclusioni analoghe deve pervenirsi per ciò che concerne il secondo motivo di ricorso.
Le opere realizzate, per la loro natura e consistenza, richiedevano il rispetto della disciplina dettata per la realizzazione di costruzioni in zone sismiche.
Va a tale proposito ricordato come si sia specificato (Sez. 3, n. 29737 del 04/06/2013, Vella, Rv. 255823) con argomentazioni che pare opportuno riproporre anche in questa occasione, come
le specifiche finalità della disciplina delle costruzioni in zone sismiche abbiano determinato la previsione di un rigoroso regime autorizzatorio (articolo 93) che impone, a chiunque intenda procedere ad interventi in tali zone, di darne preavviso scritto allo sportello unico che, a sua volta, provvede alla trasmissione al competente ufficio tecnico regionale.
La speciale disciplina si applica a tutte le costruzioni, la cui sicurezza possa comunque interessare la pubblica incolumità, realizzate in zone delle quali sia dichiarata la sismicità.
Dal contenuto delle disposizioni che regolano la materia si rileva come il loro ambito di applicazione sia particolarmente esteso, riferendosi non solo alla costruzione dei nuovi edifici, ma anche ad interventi su manufatti già esistenti, in ordine ai quali si prendono in esame le sopraelevazioni (articolo 90) e le riparazioni (articolo 91).
Del tutto inconferente, ai fini dell'applicazione della disciplina, è stata ritenuta la natura dei materiali usati e delle strutture realizzate, in quanto le disposizioni che regolano la materia hanno una portata particolarmente ampia, perché finalizzate alla tutela dell'incolumità pubblica e devono, quindi, applicarsi a "tutte le costruzioni la cui sicurezza possa comunque interessare la pubblica incolumità" a nulla rilevando, appunto, la natura dei materiali impiegati e delle relative strutture
(Sez. 3, n. 6591 del 24/11/2011 (dep. 2012), D'Onofrio, Rv. 252441; Sez. 3, n. 30224 del 21/06/2011, Floridia, Rv. 251284; Sez. 3, n. 23076 del 27/4/2011, Coppa, non massimata; Sez. 3, n. 33767 del 10/05/2007, Puleo e altro, Rv. 237375; Sez. 3, n. 38142 del 26/09/2001, Tucci R, Rv. 220269. Il principio è stato ribadito anche con riferimento alla cartellonistica autostradale in Sez. 3, n. 24086 del 11/04/2012, Di Nicola e altro, Rv. 253056).
Altrettanto irrilevante è la eventuale natura precaria dell'intervento, attesa la natura formale dei relativi reati ed il fine di consentire il controllo preventivo da parte della pubblica amministrazione di tutte le costruzioni realizzate in zone sismiche (Sez. 3, n.23076 del 27/4/2011, cit.; Sez. 3, n. 38405 del 09/07/2008, Di Benedetto e altro, Rv. 241288; Sez. 3, n. 37322 del 03/07/2007, Borgia e altro, Rv. 237842; Sez. 3, n. 48684 del 28/10/2003, Noto, Rv. 226561; Sez. 3, n. 33158 del 29/05/2002, P.M. in proc. Bianchini P, Rv. 222254).
A ciò va aggiunto che, nel caso di specie, la Corte del merito ha opportunamente rivolto l'attenzione alla specifica tipologia delle opere, osservando anche in punto di fatto che, per ciò che concerne la realizzazione del muro di contenimento, la rilasciata sanatoria era stata preceduta da un certificato di idoneità sismica, evidentemente richiesto dall'interessato, comprovante, dunque, l'applicabilità della suddetta normativa anche nel caso in esame.
Le osservazioni formulate dai giudici dell'appello rendono peraltro evidente l'irrilevanza dei contenuti della Circolare richiamata dal ricorrente, evidentemente riferita a fattispecie del tutto diverse da quella in esame ed, in ogni caso, non avente alcun valore vincolante (cfr. Sez. 3, n. 25170 del 13/06/2012 Rv. 252771) (Corte di Cassazione, Sez. III penale, con la sentenza 11.12.2015 n. 48950).

ottobre 2015

EDILIZIA PRIVATA: Oggetto: Nuova classificazione sismica del territorio lombardo – Nuova legge regionale in tema di costruzioni e vigilanza in zone sismiche (ANCE di Bergamo, circolare 16.10.2015 n. 206).

EDILIZIA PRIVATA: B.U.R. Lombardia, supplemento n. 42 del 16.10.2015, "Disposizioni in materia di opere o di costruzioni e relativa vigilanza in zone sismiche" (L.R. 12.10.2015 n. 33).

EDILIZIA PRIVATA: B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 42 del 13.10.2015, "Ulteriore differimento del termine di entrata in vigore della nuova classificazione sismica del territorio approvata con d.g.r. 11.07.2014, n. 2129 «Aggiornamento delle zone sismiche in Regione Lombardia (l.r. 1/2000, art. 3, comma 108, lett. d)»" (deliberazione G.R. 08.10.2015 n. 4144).

luglio 2015

EDILIZIA PRIVATA: Quanto alla applicabilità della disciplina in materia antisismica alla realizzazione della scala, conducente dalla quota 0,00 alla quota +7,30, in calcestruzzo, questa Corte rileva che, nella materia in questione, la giurisprudenza di questa Corte ha più volta precisato che, integra la contravvenzione di cui all'art. 95 del dPR n. 380 del 2001, qualsiasi intervento edilizio, con la sola eccezione di quelli di semplice manutenzione ordinaria, effettuato in zona sismica, comportante o meno l'esecuzione di opere in conglomerato cementizio armato, che non sia preceduto dalla previa denuncia al competente ufficio con presentazione di un progetto redatto da tecnico abilitato, o per il quale non sia stato rilasciato il titolo abilitativo, i cui lavori non siano stati svolti sotto la direzione di professionista abilitato.
Con riferimento al quarto motivo di ricorso la Corte osserva che, essendo adeguatamente e plausibilmente motivata, non è suscettibile di riesame di fronte alla Corte di legittimità la natura di nuova costruzione, e non di semplice ricostruzione delle precedenti parti ammalorate, attribuita dalla Corte territoriale, e già prima dal Tribunale di Palermo, alla realizzazione dei muri di contenimento di cui alla contestazione mossa alla Lo Brano, né vi è alcun elemento, trascurato dai giudici del merito per ritenere che tali opere siano state edificate nella attuale necessità di evitare la rovina della restante parte del preesistente manufatto.
Quanto alla applicabilità della disciplina in materia antisismica alla realizzazione della scala, conducente dalla quota 0,00 alla quota +7,30, in calcestruzzo operata dalla Lo B., questa Corte rileva che, nella materia in questione, la giurisprudenza di questa Corte ha più volta precisato che, integra la contravvenzione di cui all'art. 95 del dPR n. 380 del 2001, qualsiasi intervento edilizio, con la sola eccezione di quelli di semplice manutenzione ordinaria, effettuato in zona sismica, comportante o meno l'esecuzione di opere in conglomerato cementizio armato, che non sia preceduto dalla previa denuncia al competente ufficio con presentazione di un progetto redatto da tecnico abilitato, o per il quale non sia stato rilasciato il titolo abilitativo, i cui lavori non siano stati svolti sotto la direzione di professionista abilitato (Corte di cassazione, Sezione, III penale, 20.11.2014, n. 48005).
La già dimostrata estraneità della realizzazione della predetta scala al concetto di manutenzione ordinaria, conferma, se necessario, la legittimità della impugnata sentenza sul punto
(Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 14.07.2015 n. 30165 - tratto da e link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: In tema di reati antisismici, l'eventuale rilascio postumo del parere favorevole da parte dell'ufficio del Genio Civile competente che attesti la rispondenza alla normativa antisismica delle opere realizzate, non elide l'antigiuridicità penale della condotta consistente nell'aver iniziato i relativi lavori senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione.
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4. Non miglior sorte merita il motivo di impugnazione nella parte in cui contesta l'asserito errore giuridico commesso dal giudice.
Ed invero, non merita censura la soluzione cui è pervenuto il giudice di merito laddove ha escluso l'effetto estintivo della sanatoria edilizia anche al reato antisismico.
E' infatti pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che in tema di reati edilizi, il conseguimento del permesso di costruire in sanatoria ai sensi dell'art. 36 del d.P.R. 06.06.2001, n. 380, comporta l'estinzione dei soli reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti, nella cui nozione non rientra la disciplina per le costruzioni da eseguirsi nelle zone sismiche, che ha una oggettività giuridica diversa da quella riguardante il corretto assetto del territorio (giurisprudenza costante; da ultimo, v.: Sez. F, n. 44015 del 04/09/2014 - dep. 22/10/2014, Conforti, Rv. 261099)-
5. Quanto, poi, alla tesi sostenuta dalla difesa dell'impugnante, secondo cui dal parere dell'Ufficio del Genio Civile di Frosinone attestante la rispondenza alla normativa antisismica delle opere realizzate ne sarebbe derivata l'insussistenza del reato, la questione -oltre a comportare un apprezzamento di fatto sottratto all'ambito cognitivo di questa Corte- è comunque giuridicamente irrilevante, una volta accertata dal giudice la mancanza del preventivo rilascio del n.o. da parte del Genio Civile. Ed infatti,
la circostanza del rilascio del parere favorevole al mantenimento delle opere realizzate da parte del Genio Civile vale solo ad attestare la regolarità sotto il profilo antisismico di quanto eseguito, ma non elide l'antigiuridicità del fatto, consistito nell'aver omesso di chiedere (ed ottenere) dall'Ufficio del Genio Civile territorialmente competente il preventivo nulla osta alla loro esecuzione.
Non deve, infatti, essere dimenticato che la legislazione in materia antisismica, obbligando i costruttori (nonché il direttore dei lavori: Sez. 3, n. 33469 del 15/06/2006 - dep. 05/10/2006, Osso ed altri, Rv. 235122) a sottoporre al controllo ed all'autorizzazione del genio civile la realizzazione delle opere edilizie in zona soggetta a fenomeni sismici, ha riguardo ad una particolare situazione determinante un pericolo di pregiudizio per la pubblica incolumità. Tuttavia il concetto di pericolo nella materia in questione non è inteso in via assoluta ed astratta, come si evince dal fatto che, sia pure attraverso il particolare procedimento di cui si occupano gli artt. 83 e segg. del D.P.R. 06.06.2001, n. 380, l'omissione degli anzidetti adempimenti formali non esclude una successiva sanatoria delle opere conformi alle prescrizioni tecniche e tipi di struttura specificatamente elencate dal legislatore. Pertanto, la violazione delle prescrizioni della citata legge costituisce un reato omissivo di natura formale per ciò che attiene all'omessa autorizzazione del genio civile per l'inizio dei lavori, ma non rappresenta ipso facto un pericolo presunto "juris et de jure" di pregiudizio alla pubblica incolumità, che escluda ogni indagine diretta ad accertare la possibilità del pericolo in concreto (v., sul punto: Sez. 3, n. 34 del 02/10/1981 - dep. 05/01/1982, Campisi, Rv. 151464).
Ciò, quindi, giustifica, come emerge dall'impugnata sentenza, la mancata irrogazione dell'ordine di demolizione, attesa proprio la presenza in atti del parere favorevole dell'Ufficio del Genio Civile competente, ma certamente non legittima l'accoglimento della tesi difensiva basata sull'erroneo assunto per il quale il rilascio del parere favorevole dell'ufficio del Genio Civile rende superfluo il preventivo rilascio del n.o..
Deve, conclusivamente, essere affermato il seguente principio di diritto: «
In tema di reati antisismici, l'eventuale rilascio postumo del parere favorevole da parte dell'ufficio del Genio Civile competente che attesti la rispondenza alla normativa antisismica delle opere realizzate, non elide l'antigiuridicità penale della condotta consistente nell'aver iniziato i relativi lavori senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione" (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 02.07.2015 n. 27876).

giugno 2015

EDILIZIA PRIVATA: IL PROPRIETARIO COMMITTENTE RISPONDE DEL REATO DI OMESSA DENUNCIA DEI LAVORI IN ZONA SISMICA.
Il reato di omessa denuncia (art. 93, d.P.R. 06.06.2001, n. 380) dei lavori in zona sismica, in quanto reato a soggettività ristretta, è ascrivibile unicamente al committente, al titolare della concessione edilizia e, in genere, a chi abbia la disponibilità dell’immobile o dell’area sui cui lo stesso sorge, mentre del medesimo non risponde il titolare della ditta esecutrice o il mero esecutore dei lavori, la cui responsabilità è configurabile solo in caso di esecuzione dei lavori in difetto di autorizzazione e di inosservanza delle norme o prescrizioni tecniche contenute nei decreti interministeriali vigenti.
La Corte di cassazione torna ad occuparsi, nella sentenza qui esaminata, del tema della responsabilità penale del proprietario committente lavori edilizi in zona sismica, il quale ometta di presentare la relativa denuncia all’Ufficio del Genio civile.
La vicenda processuale che ha fornito l’occasione alla Corte per occuparsi della questione segue alla sentenza che aveva dichiarato responsabile dei reati di cui al d.P.R. n. 380 del 2001, artt. 64, 71, 93 e 95 il proprietario di un immobile per avere realizzato in zona sismica, senza l’ausilio di un tecnico qualificato ed omettendo di depositare prima dell’inizio dei lavori gli atti progettuali presso l’ufficio del Genio Civile competente, relativamente alla realizzazione di una sopraelevazione di un piano abitabile di un fabbricato.
Contro la sentenza proponeva ricorso per cassazione il proprietario-committente, in particolare eccependo l’errore in cui era caduto il giudice di merito nel riconoscerlo responsabile delle violazioni contestate, rilevato che gli illeciti rubricati concretizzano fattispecie di reati omissivi propri giammai imputabili al proprietario dell’immobile.
La Cassazione, nell’affermare il principio di cui in massima, ha dichiarato inammissibile il ricorso, in particolare precisando che le fattispecie di cui al d.P.R. n. 380 del 2001, artt. 64, 71, 93 e 95, hanno natura di reati propri; tuttavia l’ambito di ascrivibilità è più ristretto, investendo unicamente il soggetto interessato alla realizzazione dell’intervento edilizio non denunciato, prevedendo specifici obblighi formali, ricadenti sul committente dei lavori o su chi abbia la disponibilità dell’immobile o dell’area ubicata in zona sismica.
L’art. 71 sanziona il comportamento di chi commette, dirige ed esegue le opere senza progetto redatto da un tecnico abilitato; l’art. 93 punisce, altresì, tra gli altri anche il committente, il quale deve accertare che tutti gli adempimenti, ex lege previsti, siano stati ritualmente posti in essere, come quello di informare preventivamente l’UTC (v., in senso conforme, tra le tante: Cass. pen., Sez. III, 23.02.2010, n. 7098, M., in CED, n. 246018) (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 10.06.2015 n. 24585 - Urbanistica e appalti n. 10/2015).

maggio 2015

PATRIMONIO: G.U. 15.05.2015 n. 111 "Modalità per l’individuazione di un modello unico di rilevamento e potenziamento della rete di monitoraggio e di prevenzione del rischio sismico per la predisposizione del piano di messa in sicurezza degli edifici scolastici" (D.P.C.M. 02.04.2015).

EDILIZIA PRIVATA: SOGGETTA ALLA NORMATIVA ANTISISMICA LA REALIZZAZIONE DI UN BAGNO PER DISABILI.
Neppure il d.P.R. n. 380 del 2001, art. 6, sottrae gli interventi di edilizia libera al rispetto delle norme antisismiche ed alle altre disposizioni di settore, come si ricava dalla testuale formulazione del comma 1, che fa salve “le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali, e comunque nel rispetto delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia e, in particolare, delle norme antisismiche. di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, di quelle relative all’efficienza energetica nonché delle disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio”.
Il tema affrontato dalla Corte di Cassazione con la sentenza in esame attiene alla necessità o meno del preventivo rispetto della normativa antisismica per la realizzazione di interventi edilizi rientranti nella c.d. attività edilizia libera, disciplinata dall’art. 6 del d.P.R. n. 380 del 2001.
La vicenda processuale segue all’ordinanza con cui il Tribunale ha parzialmente accolto la richiesta di riesame, presentata nell’interesse di D.M.L., avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le indagini preliminari e concernente alcune strutture abusive, ubicate all’interno di uno stabilimento balneare, in relazione ai reati di cui agli artt. 54, 55 e 1161 c.n., d.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c), artt. 93 e 95, D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181 e L. 394 del 1991, art. 30, disponendo la restituzione all’avente diritto di un’area adibita a sala ristorante e confermando invece il vincolo reale relativamente alla tamponatura di una tettoia adibita a sala ristorante, un gazebo, un bagno per disabili ed un collegamento tra locale lavapiatti e cucina, ma con riferimento al solo reato sanzionato dal d.P.R. n. 380 del 2001, art. 95, concernente il mancato deposito del progetto strutturale per le opere suddette.
Contro l’ordinanza proponeva ricorso per cassazione l’interessato, sostenendo, per quanto qui di interesse, che il bagno per disabili rientrerebbe tra le opere di edilizia libera per l’abbattimento di barriere architettoniche di cui al d.P.R. n. 380 del 2001, art. 6 e, dunque, non sarebbe soggetto alla normativa antisismica.
La Cassazione, sul punto, ha dichiarato inammissibile il ricorso affermando il principio di cui in massima, rilevando come, proprio in base alla normativa richiamata dall’interessato, l’esecuzione di tale intervento edilizio, pur potendo rientrare astrattamente nella attività edilizia libera, resta comunque soggetto alla disciplina antisismica, nella specie non rispettata.
Sul punto, va qui ricordato che, già in precedenza, la Cassazione aveva affermato che, per l’esecuzione delle opere dirette a favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati vanno rispettate le disposizioni della legge antisismica con esclusione dell’obbligo dell’autorizzazione (Cass. pen., Sez. III, n. 11605 dell’11.11.1993 - dep. 18.12.1993, F., in CED, n. 196070) (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 11.05.2015 n. 19362 - Urbanistica e appalti n. 8-9/2015).

EDILIZIA PRIVATA: La deliberazione della Giunta regionale della Calabria n. 330 del 22/07/2011 (Approvazione elenco opere dichiarate «minori». Indirizzi interpretativi in materia di sopraelevazione di edifici esistenti), per la parte che qui rileva, deve essere ritenuta illegittima, perché crea ex novo la categoria delle "opere minori" che non sarebbero soggette alla disciplina antisismica, in aperta violazione del disposto dell'art. 83 del d.P.R. n. 380 del 2001, il quale prevede che tutte le costruzioni la cui sicurezza possa comunque interessare la pubblica incolumità sono soggette alla normativa antisismica, senza consentire alle Regioni di adottare in via amministrativa deroghe per particolari categorie di opere.
E l'illegittimità della deliberazione regionale emerge dalla sua stessa formulazione laterale, laddove nel preambolo si riconosce espressamente che «le norme legislative nonché quelle tecniche in vigore non dettano, espressamente, alcuna particolare limitazione o esclusione delle opere da assoggettare alle discipline di cui sopra».

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3. - Il ricorso non è fondato.
3.1. — Le articolate argomentazioni poste dal ricorrente a sostegno del primo motivo di doglianza si scontrano con il consolidato orientamento di questa Corte secondo cui la sistemazione di un'insegna o tabella pubblicitaria richiede il rilascio del preventivo permesso di costruire quando per le sue rilevanti dimensioni comporti mutamento territoriale; atteso che soltanto un sostanziale mutamento del territorio nel suo contesto preesistente, sia sotto il profilo urbanistico che edilizio, fa assumere rilevanza penale alla violazione del regolamento edilizio, con conseguente integrazione del reato di cui all'art. 44, comma 1, lettera b), del d.P.R. n. 380 del 2001 (sez. 3, 15.01.2004, n. 5328, rv. 227402; sez. 4, 18.01.2007, n. 6382, rv. 236104; sez. 3, 22.10.2010, n. 43249, rv. 248724).
Deve osservarsi, in particolare, che non vi è rapporto di specialità tra la disciplina sanzionatoria penale dettata in materia urbanistica e antisismica dal d.P.R. n. 380 del 2001 e quella, amministrativa pecuniaria, dettata dal decreto legislativo n. 507 del 1993, in materia di imposta comunale sulla pubblicità e pubbliche affissioni, in quanto si tratta di sanzioni poste a tutela di interessi giuridici diversi, presidiando la prima la pubblica incolumità e l'altra il controllo sulle pubbliche affissioni, in relazione al loro contenuto, alla loro natura commerciale, all'applicazione dell'imposta sulla pubblicità.
Né a tale ricostruzione vale obiettare, come fa il ricorrente, che l'art. 168 del d.lgs. n. 42 del 2004 richiama, per l'apposizione di cartelli con mezzi pubblicitari in violazione delle disposizioni poste a tutela del paesaggio, le stesse sanzioni amministrative previste dal codice della strada, perché la tutela del paesaggio rappresenta un interesse diverso e ulteriore rispetto al corretto assetto del territorio e, soprattutto, alla tutela dell'incolumità pubblica nelle zone sismiche (ex plurimis, Cass., sez. 3, 22.10.2010, n. 43249, rv. 248724; sez. 3, 10.04.2013, n. 39796, rv. 257677).
E tale giurisprudenza ha ampiamente superato il contrario orientamento isolatamente espresso dalla sentenza sez. 3, 03.05.2006, n. 323, richiamata dalla difesa.
Né può valere ad escludere la sussistenza del reato il riferimento alla deliberazione della Giunta regionale della Calabria n. 330 del 22/07/2011 (Approvazione elenco opere dichiarate «minori». Indirizzi interpretativi in materia di sopraelevazione di edifici esistenti).
Si tratta infatti, a ben vedere, di una delibera che, per la parte che qui rileva, deve essere ritenuta illegittima, perché crea ex novo la categoria delle "opere minori" che non sarebbero soggette alla disciplina antisismica, in aperta violazione del disposto dell'art. 83 del d.P.R. n. 380 del 2001, il quale prevede che tutte le costruzioni la cui sicurezza possa comunque interessare la pubblica incolumità sono soggette alla normativa antisismica, senza consentire alle Regioni di adottare in via amministrativa deroghe per particolari categorie di opere. E l'illegittimità della deliberazione regionale emerge dalla sua stessa formulazione laterale, laddove nel preambolo si riconosce espressamente che «le norme legislative nonché quelle tecniche in vigore non dettano, espressamente, alcuna particolare limitazione o esclusione delle opere da assoggettare alle discipline di cui sopra».
Anche a prescindere dalle considerazioni appena svolte, deve in ogni caso rilevarsi che
tale deliberazione —contrariamente a quanto ritenuto dal ricorrente— non opera una liberalizzazione generalizzata dell'istallazione di strutture di sostegno per pannelli pubblicitari.
Non vi è dubbio che l'art. 2 del provvedimento stabilisca che le opere minori individuate nell'allegato A sono esentate dalla trasmissione del progetto presso gli uffici regionali al fine dell'ottenimento dell'autorizzazione ai sensi delle leggi nazionali e regionali in materia edilizia sismica, e che in tale allegato siano comprese le «strutture di sostegno per dispositivi di illuminazione, segnaletica stradale, pannelli pubblicitari, insegne e simili, isolate e non ancorati agli edifici, e qualora ancorati agli edifici, aventi un  peso complessivo uguale o inferiore a 1 KN [...]» (punto 17 dell'allegato A).
Nondimeno, tale esenzione risulta sottoposta a due condizioni. La prima, prevista dal successivo art. 3, è che «la rispondenza della progettazione e della realizzazione delle opere di che trattasi alle norme tecniche in vigore dovrà essere certificata presso l'Ufficio tecnico del Comune interessato, da un tecnico abilitato che dovrà dichiarare, altresì che le stesse sono quelle riportate nel citato elenco A». La seconda è fissata dal richiamato punto 17 dell'allegato A, il quale prevede che siano escluse dall'assoggettabilità alle procedure previste in materia edilizia sismica le strutture di sostegno, anche per pannelli pubblicitari, alla condizione che esse siano dotate di certificato e/o brevetto ministeriale.
Ne consegue che,
anche a prescindere dalla già rilevata illegittimità della deliberazione, la stessa non può avere in nessun caso l'effetto di depenalizzare la condotta del ricorrente, perché la realizzazione di sostegni per pannelli pubblicitari non è libera, ma sottoposta ai regimi di certificazione sopra richiamati. E del resto nel caso di specie il ricorrente non ha neanche prospettato che il sostegno da lui realizzato fosse dotato di certificazione ai sensi dell'art. 3 e di certificato e/o brevetto ministeriale ai sensi dell'art. 17 dell'allegato A alla richiamata deliberazione regionale del 22.07.2011.
In relazione, infine, alle dimensioni del manufatto, va osservato che le stesse sono molto significative, trattandosi di un sostegno di 60 cm di diametro e di un'altezza all'incirca corrispondente a quella di un edificio di due piani; con la conseguenza che le considerazioni svolte dalla difesa circa l'esclusione dei manufatti di piccole dimensioni dall'ambito di applicazione della disciplina antisismica risultano comunque irrilevanti (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 08.05.2015 n. 19185).

aprile 2015

EDILIZIA PRIVATAEdifici storici, sui lavori test rischio sismico.
Dal 1° settembre un modulo in più per gli interventi sugli edifici storici. In casi di interventi di miglioramento sismico oppure per interventi straordinari sugli edifici storici la documentazione allegata alla richiesta di autorizzazione o di pareri dovrà prevedere la nuova scheda.

Tutto questo lo prevede la circolare 30.04.2015 n. 15 del Ministero dei beni e della attività culturali e del turismo (Mibact) per la tutela del patrimonio architettonico e la mitigazione del rischio sismico.
La suddetta scheda non costituirà documentazione tecnica aggiuntiva rispetto a quella obbligatoria prevista per legge ma rappresenterà una sintesi finalizzata ad evidenziare l'approccio progettuale. Visti i ripetuti danni subiti dagli edifici culturali per gli eventi sismici, il Mibact ha predisposto un'azione per la sensibilizzazione degli enti coinvolti nel rilascio dei permessi, ma soprattutto per la conoscenza più approfondita della vulnerabilità del patrimonio architettonico.
Secondo il Mibact, una volta individuato il problema, la riduzione del rischio sismico sarà possibile attraverso buone pratiche da adottare in occasione degli interventi che influiscono sul comportamento strutturale. Nelle manutenzioni straordinarie il Mibact prescrive inoltre particolare attenzione alle lavorazioni edili anche non riguardanti gli elementi portanti, come la realizzazione o la modifica di porte e finestre, l'introduzione di pavimenti più pesanti, la modifica del manto di copertura, la modifica della distribuzione dei tramezzi, le tracce e i fori che riducono le sezioni resistenti.
L'applicazione di queste buone pratiche consentirà, assicura il Mibact, la rilevazione di altre carenze eventualmente già esistenti e non connesse con i progetti da realizzare, ma anche la previsione di ulteriori interventi senza sensibili costi aggiuntivi.
Come rilevato dal Mibact, nell'edilizia storica ci sono specifiche vulnerabilità strutturali. I terremoti hanno infatti rivelato che ogni elemento architettonico, anche se secondario e non strutturalmente portante, può influenzare la risposta strutturale in caso di sollecitazione sismica. Nel centri storici, infatti, gli effetti disastrosi degli eventi sismici sono correlati a carenze strutturali locali o a interventi sugli elementi secondari, considerati ininfluenti, ma che invece hanno comportato una modifica dell'assetto strutturale.
Per mettere in pratica queste raccomandazioni, il Mibact ha messo a disposizione una scheda, da compilare e allegare alla richiesta di autorizzazione, che costituirà una sintesi dell'approccio progettuale seguito. Come si legge nella circolare, la compilazione della scheda non comporterà un aggravio dell'attività tecnica connessa alla presentazione delle istanze (articolo ItaliaOggi del 29.08.2015).

EDILIZIA PRIVATA: Edifici storici, scheda riscritta. Autorizzazioni new style da settembre.
Per gli interventi sugli edifici storici dal 1° settembre andrà allegata una nuova scheda tecnica per la richiesta di autorizzazione. In casi di interventi di miglioramento sismico oppure per interventi straordinari sugli edifici storici la documentazione allegata alla richiesta di autorizzazione o di pareri dovrà prevedere la nuova scheda.
La suddetta scheda non costituirà documentazione tecnica aggiuntiva rispetto a quella obbligatoria prevista per legge ma rappresenterà una sintesi finalizzata a evidenziare l'approccio progettuale.

Tutto questo lo prevede la circolare 30.04.2015 n. 15 del ministero dei beni e della attività culturali e del turismo (Mibact) per la tutela del patrimonio architettonico e la mitigazione del rischio sismico.
Visti i ripetuti danni subiti dagli edifici culturali per gli eventi sismici, il Mibact ha predisposto un'azione per la sensibilizzazione degli enti coinvolti nel rilascio dei permessi, ma soprattutto per la conoscenza più approfondita della vulnerabilità del patrimonio architettonico.
Secondo il Mibact, una volta individuato il problema, la riduzione del rischio sismico sarà possibile attraverso buone pratiche da adottare in occasione degli interventi che influiscono sul comportamento strutturale. Nelle manutenzioni straordinarie il Mibact prescrive inoltre particolare attenzione alle lavorazioni edili anche non riguardanti gli elementi portanti, come la realizzazione o la modifica di porte e finestre, l'introduzione di pavimenti più pesanti, la modifica del manto di copertura, la modifica della distribuzione dei tramezzi, le tracce e i fori che riducono le sezioni resistenti.
L'applicazione di queste buone pratiche consentirà, assicura il Mibact, la rilevazione di altre carenze eventualmente già esistenti e non connesse con i progetti da realizzare, ma anche la previsione di ulteriori interventi senza sensibili costi aggiuntivi (articolo ItaliaOggi del 03.07.2015).

EDILIZIA PRIVATA: Oggetto: Disposizioni in materia di tutela del patrimonio architettonico e di mitigazione del rischio sismico (MIBACT, circolare 30.04.2015 n. 15).

EDILIZIA PRIVATA: Sottotetti con rischio di carico. Oltre al cambio di destinazione d’uso serve il rispetto delle norme antisismiche.
Ristrutturazioni. Valutazioni approfondite sulla staticità con progetto firmato da un tecnico per evitare le sanzioni penali.
Lavori a rischio nei sottotetti, per il cumulo di norme edilizie, sul cemento armato e zone sismiche.
Lo sottolinea, da ultimo, la Corte di Cassazione -Sez. III penale- con la sentenza 15.04.2015 n. 15429, che sanziona la posa in opera di un parquet, di un radiatore, di infissi, serramenti e servizi igienici su impianti di scarico già esistenti. I lavori erano avvenuti nel sottotetto di un Comune del Salernitano, in zona sismica, senza essere preceduti né da comunicazioni, né da adeguate progettazioni.
L’errore che ha causato la condanna penale scaturisce da una lettura semplificata del recupero dei sottotetti, con meri cambi di destinazione, trascurando l’insidia rappresentata dalla portata dei solai. Un sottotetto può, ad esempio, sopportare 80 kg per mq, mentre il pavimento di una residenza sopporta fino a 250 chili per mq. Questa rilevante differenza dovrebbe essere tenuta presente sempre, anche indipendentemente da divieti e sanzioni penali che scattano quando l’edificio è in cemento armato o in zona sismica.
I sottotetti sono quindi solo in apparenza agevolmente trasformabili e non deve indurre ad interventi affrettati la giurisprudenza che tollera, nel sottotetto, la presenza di mobilio (Tar Brescia, sentenza n. 40/2004, Consiglio di Stato, 2586/2003), o quella che esige un titolo edilizio solo qualora vi si realizzino luci, vedute, gas, acqua, telefono ed impianti fognari (Consiglio di Stato, sentenza 1071/1995).
Inoltre, per usare un sottotetto non basta invocare lo “sblocca Italia” (Dl 133/2013, convertito nella legge 164/2014), che consente sempre i cambi di destinazione all’interno di una stessa categoria funzionale. Non ha infatti rilievo la circostanza che il sottotetto, in un edificio di abitazione, appartenga ad un’omogenea categoria di «residenze» (Consiglio di Stato, sentenza 357/2015).
L’esigenza di recupero dei sottotetti ha indotto molte Regioni a legiferare ma nemmeno le leggi regionali liberano dalle verifiche statiche, indispensabili, quando vi è cemento armato o sismicità. Le prime incomprensioni che sorgono in materia riguardano la terminologia, poiché le norme tecniche usano il termine «riparazioni» (articoli 17-19 legge 64/1974 sul cemento armato), mentre le norme urbanistiche sembrano di più facile applicazione, parlando di «manutenzioni» e di «ristrutturazioni». Ma quando si è in zona sismica o si utilizza il cemento armato, prevalgono le norme tecniche. Tra queste vi è il Dm infrastrutture 14.01.2008, che distingue tra interventi strutturali o non strutturali e secondo cui ogni modifica di destinazione d’uso da sottotetto a vano abitabile, va classificata come ristrutturazione edilizia quando variano in modo significativo carichi e classe d’uso dell’immobile.
Anche le Regioni hanno voce in capitolo, poiché spetta loro individuare le “parti strutturali” di edifici su cui si può intervenire solo rispettando le norme sismiche e sul cemento armato. Intervento strutturale può essere, ad esempio, l’apertura di un passaggio da un piano residenziale al sottotetto è soggetta ad asseverazioni ed elaborati grafici , in aggiunta al necessario titolo edilizio (Tar Catanzaro, sentenza 125/2006).
In caso di errori o omissioni, i controlli sono affidati ai Comuni, ad esempio utilizzando l’articolo 32 del Dpr 380/2001 (Tu edilizia), che qualifica come variante essenziale il mero cambio di destinazione in contrasto con la normativa sul cemento armato e sulle zone sismiche, imponendo il permesso di costruire. Se manca il permesso di costruire, vi sono sanzioni ripristinatorie (demolizione) oltre che penali. La violazione di norme penali sul cemento armato o le zone sismiche è considerata un reato permanente, che cessa solo con il rispetto delle procedure e delle valutazioni che escludano rischi.
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In bilico anche i vecchi recuperi.
Il passato. Quando si è intervenuti con modifiche strutturali.

Anche il recupero dei sottotetti senza cemento armato o in epoche precedenti il vincolo sismico, può comunque riservare sorprese. In questi casi la modifica dell’uso dei sottotetti sembra possa rimanere nell’ambito delle opere di manutenzione o addirittura dei cambi di destinazione senza opere, ma vi è il diritto degli acquirenti e inquilini di ottenere controlli sulla qualità dell’immobile che intendono acquistare o abitare. Basta infatti una libreria, un tramezzo fuori posto o una vasca idromassaggio per generare forti rischi ed incidere sull’utilizzabilità del bene.
Stesso controllo possono chiedere i condomini, per i potenziali danni a strutture comuni. Utilizzando il parametro delle «riparazioni» che incidono sui carichi, si può infatti sostenere, anche senza che sia utilizzato il cemento armato ed anche per modifiche anteriori la sismicità, l’esistenza di rischi. Di qui l’importanza della
sentenza 15.04.2015 n. 15429 della Corte di Cassazione, che colloca l’esecuzione di elementi di apparente mera manutenzione quali un parquet, un radiatore, infissi e serramenti, tra le «riparazioni» (articoli 17-19 legge 64 del 1974) al di fuori della manutenzione ordinaria.
Gli elementi da tener presenti per rendersi conto della necessità di approfondimenti possono essere vari: il mancato o tardivo allineamento catastale (Dl 78/2010), l’esistenza di una mera comunicazione di inizio attività o di una Scia per modifiche interne, l’assenza di un progetto di un ingegnere o di un architetto. In questi casi, anche modifiche poco significative sulle strutture orizzontali (quali la realizzazione di due finestre, Cassazione, sentenza 6460/2010), devono generare una valutazione sulla sicurezza.
Il parametro di maggior cautela è quello della distinzione tra opere strutturali o non strutturali (Dm Infrastrutture 14.01.2008). Tale norma colloca ogni modifica di destinazione d’uso da sottotetto a vano abitabile, tra le ristrutturazioni edilizie (e non tra le manutenzioni ordinarie), tutte le volte che vi sia una variazione significativa dei carichi variabili o della classe d’uso della costruzione.
 
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Sul territorio oneri urbanistici a costi variabili. Gli altri fattori. Incentivi o penalizzazioni locali.
Il recupero del sottotetto è, di norma, catalogato nella categoria delle ristrutturazioni edilizie. Il cittadino che decide di mettere mano alla propria casa, dando nuova vita alla mansarda inutilizzata, dovrà dunque far fronte a due tipi di oneri: quelli di urbanizzazione primaria e secondaria (che coprono una quota dei servizi comunali, dalle reti alle tubature, dalla presenza di scuole e biblioteche) oltre al costo vero e proprio di costruzione.
Non mancano, tuttavia, le eccezioni. In senso restrittivo (più tasse per chi recupera) o di segno contrario (per incentivare il minor consumo di suolo).
Va nella prima direzione la scelta di Lazio e Lombardia. Su questi territori la norma regionale permette ai Comuni di decidere se deliberare o meno un incremento del costo urbanistico, fino a un massimo del 20 per cento. Ancora più stringente la posizione della Sicilia: qui, oltre al contributo di costruzione, è dovuta una somma pari al 20% del valore catastale incrementato a seguito dell'aumento di superficie. In Abruzzo, ancora, la legge prevede il raddoppio dei soli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria.
Scelta di segno opposto quella di alcune regioni del Nordovest, che invece incentivano il recupero anche sotto il profilo economico con l’obiettivo di limitare la nuova edificazione. In Piemonte il contributo può, infatti, essere ridotto della metà se, nel recupero del sottotetto, non è prevista la realizzazione di un’unità immobiliare autonoma ed è trascritta una dichiarazione notarile di pertinenza dei locali all’abitazione principale.
Stessa norma in Liguria, applicata anche nel caso in cui venga recuperato un alloggio a destinazione popolare o turistica.
Per ciò che riguarda, invece, l’osservanza della norma nazionale che, in presenza di una nuova costruzione, prescrive uno standard di destinazione di spazi a parcheggi in misura pari a 1 mq. per ogni 10 mc. di costruzione, questa regola è riportata tout court solo dalla legge dell’Emilia Romagna, che precisa anche la possibilità per i Comuni di monetizzare la mancata disponibilità degli spazi. Buona parte delle altre regioni (Abruzzo, Lazio, Liguria, Lombardia, Molise, Piemonte e Puglia) prevede che gli spazi siano reperiti o monetizzati solo se viene realizzata nel sottotetto un’unità immobiliare autonoma.
La Liguria, a tal proposito, precisa anche, nella nuova legge, che la superficie dello spazio destinato alle auto non deve essere inferiore a 12,50 metri quadrati e su tale parametro deve essere calcolata anche l’eventuale corresponsione della quota parcheggi non disponibile con il versamento di soldi alla Città. Infine, in Veneto il rispetto dello standard è richiesto solo se il consiglio comunale lo pretende con delibera mentre in Basilicata e Calabria soltanto se la mansarda resa abitabile supera rispettivamente il 15% o il 25% del volume dell’intero edificio.
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Riutilizzo facilitato per altezze e vedute in diciotto Regioni. Le deroghe. Norme più permissive.
I restyling più recenti delle leggi regionali sul recupero dei sottotetti sono quelli della Liguria e delle Marche. La prima Regione, con la legge 30/2014, ha riscritto buona parte della precedente disciplina, in vigore da oltre 13 anni (Lr 24/2001), ma ridotta alla semi-paralisi dalla mancanza di una direzione chiara (ora introdotta) che superasse la troppa giurisprudenza prodotta, specie nel savonese, sulle modalità di rilascio dei permessi. Le Marche hanno invece affidato alla legge sulla semplificazione edilizia (la n. 17/2015), il compito di rinnovare i contenuti di una disciplina ferma al 2010, aggiornando il parco edifici su cui si può intervenire dando nuova vita alle mansarde (tutti quelli esistenti al 30.06.2014) e ritoccando altezze minime e rapporti di aero/illuminazione.
Al di là delle modifiche più recenti, dal Sud al Nord Italia, quasi ovunque, le Regioni hanno in vigore regole per il recupero, a fini abitativi (e non solo), dei sottotetti in fabbricati esistenti.
La prima Giunta a muoversi in tal senso, in Italia, è stata la Lombardia. Poi, a poco a poco, si sono aggiunti altri casi: oggi i territori che hanno leggi specifiche sono 18. A questi si aggiungono la Valle d’Aosta (con norme nella legge urbanistica) e la Provincia di Bolzano (con una delibera) con cui si dettano regole per agevolare l’abitabilità delle soffitte (si veda la tabella). Inoltre, pur mancando una normativa strutturata, qualche eccezione ai limiti urbanistici relativi alle altezze per consentire il recupero delle mansarde è presente anche in Provincia di Trento (Dpgp 2330/2003, Dgr 28/2003 e la legge 23/1981 sui servizi alberghieri).
La maggior parte delle leggi regionali approvate riguarda sottotetti in edifici realizzati a una certa data prefissata (che è stata aggiornata nel tempo, con modifiche alla legge madre). Diversi gli elementi in comune. Primo fra tutti, la decisione di ammorbidire i rigidi requisiti di abitabilità prescritti dalle norme statali (legge 457/1978 e Dm Sanità 05.07.1975), che fissano l’altezza media necessaria per il recupero a 2,7 metri e il rapporto tra le finestre e il pavimento delle stanze a 1/8.
In genere, nelle discipline locali, ci si accontenta di un’altezza media di 2,4 metri, ma non manca chi ne richiede solo 2,2 metri (come la Calabria, la Campania o il Molise) o addirittura 2 metri (il Lazio) e 1,9 metri (il Friuli). Così il rapporto di aero-illuminazione scende a 1/10 (Molise), a 1/12 (Marche), a 1/15 (a Bolzano e in Calabria), a 1/16 (in Emilia Romagna e Liguria, ma non solo), addirittura a 1/32 nei centri storici della Vallée.
Rispetto alle misure minime, sono in genere agevolati i comuni delle zone montane: anche se il concetto di “montano” varia da regione a regione, da un minimo di 300 metri fino a 1.100 metri. Fanno eccezione a questa regola la Basilicata, la provincia di Bolzano, la Sicilia, l’Umbria e (dopo l’ultima revisione) anche la Liguria.
Altro tratto simile è che il recupero del sottotetto deve avvenire a fini abitativi. In Liguria, però, è ammesso anche l’uso a fini turistici-ricettivi mentre in Umbria si amplia al terziario e al direzionale e in Valle d’Aosta sono agevolate tutte le destinazioni. Per consentire il riuso del solaio non è infrequente anche la concessione di deroghe alle norme previste per le nuove costruzioni e l’abbattimento delle barriere architettoniche.
Se viene, infine, concessa spesso l’apertura di finestre e lucernari per assicurare l’osservanza dei requisiti di aero-illuminazione, quasi ovunque è invece esclusa la possibilità di sopraelevazione e la modifica delle pendenze dei tetti (mentre a volte è consentito l’abbassamento dei soffitti dei locali sottostanti per recuperare spazio, purché si preservi un minimo di 2,7 metri di altezza).
Fanno eccezione sette territori: Lombardia, Liguria, Umbria, Lazio, Sardegna, Friuli ed Emilia Romagna che danno diritto al sopralzo, ma solo allo scopo di raggiungere i parametri di altezza minima per l’abitabilità. In Valle d’Aosta questa deroga è consentita solo nei centri storici (articolo Il Sole 24 Ore del 25.05.2015 - tratto da www.centrosctudicni.it).

EDILIZIA PRIVATAQualsiasi intervento edilizio in zona sismica, comportante o meno l'esecuzione di opere in conglomerato cementizio amato, diverso dalla semplice manutenzione ordinaria, deve essere previamente denunciato al competente ufficio al fine di consentire i preventivi controlli e necessita del rilascio del preventivo titolo abilitativo, conseguendone, in difetto, la violazione dell'art. 95 del d.P.R. 06.06.2001, n. 380.
Invero, la normativa antisismica non distingue tra opere interne ed opere esterne, ma prescrive il controllo di qualsiasi costruzione, riparazione o sopraelevazione. La giurisprudenza di questa corte nel concetto di costruzione, sotto il vigore della disciplina previgente, faceva rientrare qualsiasi opera a prescindere dal titolo abilitativo richiesto (concessione o autorizzazione) e dalle sue caratteristiche o dimensioni e ciò al fine di consentire il controllo preventivo e documentale dell'attività edile eseguita in zone sismiche.
La vigilanza sull'attività edilizia nei comuni considerati sismici si affianca a quella ordinaria basata sul rilascio di un titolo abilitativo conforme alle prescrizioni urbanistiche ed edilizie. Nelle zone sismiche l'attività edilizia è quindi soggetta ad un duplice controllo: a quello operato dall'ufficio tecnico regionale, riguardante la sicurezza delle costruzioni rispetto ai fenomeni sismici, ed a quello dell'autorità comunale, attinente all'osservanza degli strumenti urbanistici e dei regolamenti edilizi. Quindi, sia in base alla disciplina attuale, che a quella previgente, qualsiasi intervento edilizio, fatta eccezione per quelli di semplice manutenzione ordinaria, se eseguito in zona sismica deve essere preventivamente denunciato all'ufficio tecnico ai fine di consentire i dovuti controlli in merito al rispetto della disciplina vigente in materia di costruzione in zone sismiche.
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La modifica della destinazione d'uso del locale sottotetto in un vano abitabile non può essere considerata alla stregua di un intervento di manutenzione ordinaria perché si tratta di un intervento di ristrutturazione edilizia, in questo caso con opere (messa in opera di parquet, apposizione di un radiatore, installazione di infissi e serramenti, apposizione di servizi igienici in costanza di impianti di scarico ancorché già esistenti).
Va peraltro aggiunto che il D.M. Ministero delle Infrastrutture del 14/01/2008 - Approvazione delle nuove norme tecniche per le costruzioni in cemento armato ed in zone sismiche, disciplina espressamente (capitolo 8) gli interventi non dichiaratamente strutturali effettuati su edifici esistenti, prescrivendo (paragrafo 8.3) che «le costruzioni esistenti devono essere sottoposte a valutazione della sicurezza quando ricorra anche una delle seguenti situazioni: (...) cambio della destinazione d'uso della costruzione o di parti di essa, con variazione significativa dei carichi variabili e/o della classe d'uso della costruzione».
Sottotetti ed ambienti residenziali hanno carichi variabili diversi (capitolo 3, paragrafo 3.1.4); ne consegue che la trasformazione del vano sottotetto non abitabile in ambiente residenziale comporta sempre la necessaria valutazione di sicurezza, con conseguente divieto di iniziare i lavori senza l'autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione.

3. Qualsiasi intervento edilizio in zona sismica, comportante o meno l'esecuzione di opere in conglomerato cementizio amato, diverso dalla semplice manutenzione ordinaria, deve essere previamente denunciato al competente ufficio al fine di consentire i preventivi controlli e necessita del rilascio del preventivo titolo abilitativo, conseguendone, in difetto, la violazione dell'art. 95 del d.P.R. 06.06.2001, n. 380 (Sez. 3, 34604 del 17/06/2010; cfr., altresì, Sez. 3, n. 45958 del 26/10/2005, che ha condivisiblmente affermato che <<la normativa antisismica non distingue tra opere interne ed opere esterne, ma prescrive il controllo di qualsiasi costruzione, riparazione o sopraelevazione. La giurisprudenza di questa corte nel concetto di costruzione, sotto il vigore della disciplina previgente, faceva rientrare qualsiasi opera a prescindere dal titolo abilitativo richiesto (concessione o autorizzazione) e dalle sue caratteristiche o dimensioni e ciò al fine di consentire il controllo preventivo e documentale dell'attività edile eseguita in zone sismiche (Cass. n. 10640 del 1985; 21.07.1992 n. 8140; Cass. Sez. 3, n. 7353 del 1995; 02.06.1999 n. 6923). La vigilanza sull'attività edilizia nei comuni considerati sismici si affianca a quella ordinaria basata sul rilascio di un titolo abilitativo conforme alle prescrizioni urbanistiche ed edilizie. Nelle zone sismiche l'attività edilizia è quindi soggetta ad un duplice controllo: a quello operato dall'ufficio tecnico regionale, riguardante la sicurezza delle costruzioni rispetto ai fenomeni sismici, ed a quello dell'autorità comunale, attinente all'osservanza degli strumenti urbanistici e dei regolamenti edilizi. Quindi, sia in base alla disciplina attuale, che a quella previgente, qualsiasi intervento edilizio, fatta eccezione per quelli di semplice manutenzione ordinaria, se eseguito in zona sismica deve essere preventivamente denunciato all'ufficio tecnico ai fine di consentire i dovuti controlli in merito al rispetto della disciplina vigente in materia di costruzione in zone sismiche>>).
La modifica della destinazione d'uso del locale sottotetto in un vano abitabile non può essere considerata alla stregua di un intervento di manutenzione ordinaria perché si tratta di un intervento di ristrutturazione edilizia, in questo caso con opere (messa in opera di parquet, apposizione di un radiatore, installazione di infissi e serramenti, apposizione di servizi igienici in costanza di impianti di scarico ancorché già esistenti).
Va peraltro aggiunto che il D.M. Ministero delle Infrastrutture del 14/01/2008 - Approvazione delle nuove norme tecniche per le costruzioni in cemento armato ed in zone sismiche (Pubblicato nella Gazz. Uff. 04.02.2008, n. 29, S.O.), disciplina espressamente (capitolo 8) gli interventi non dichiaratamente strutturali effettuati su edifici esistenti, prescrivendo (paragrafo 8.3) che «le costruzioni esistenti devono essere sottoposte a valutazione della sicurezza quando ricorra anche una delle seguenti situazioni: (...) cambio della destinazione d'uso della costruzione o di parti di essa, con variazione significativa dei carichi variabili e/o della classe d'uso della costruzione
».
Sottotetti ed ambienti residenziali hanno carichi variabili diversi (capitolo 3, paragrafo 3.1.4); ne consegue che la trasformazione del vano sottotetto non abitabile in ambiente residenziale comporta sempre la necessaria valutazione di sicurezza, con conseguente divieto di iniziare i lavori senza l'autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione (
Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 15.04.2015 n. 15429).

marzo 2015

EDILIZIA PRIVATA: OPERE IN CEMENTO ARMATO E RESPONSABILITÀ DEL TITOLARE DELL’IMPRESA ESECUTRICE DEI LAVORI.
In materia edilizia, sia l’esecuzione di opere in cemento armato in assenza di progetto esecutivo redatto da tecnico abilitato, sia la realizzazione di opere edili senza la direzione di un tecnico abilitato che l’omessa denuncia delle opere in conglomerato cementizio armato, sono reati ascrivibili al titolare della impresa esecutrice dei lavori.
La questione giuridica oggetto di esame da parte della Suprema Corte verte, in particolare, sull’individuazione delle responsabilità gravanti in capo al titolare dell’impresa esecutrice dei lavori con particolare riguardo alla disciplina in materia di cemento armato.
La vicenda processuale trae origine dal provvedimento con cui il Tribunale -per quanto di interesse in questa sede- ha affermato la colpevolezza di M.V., quale titolare della ditta esecutrice dei lavori, per violazione della legge antisismica e sulle opere in cemento armato in relazione a interventi eseguiti su un immobile.
Contro la sentenza proponeva ricorso per cassazione l’imputato, in particolare sostenendo che un reato (l’esecuzione di opere in cemento armato in assenza di progetto esecutivo redatto da tecnico abilitato) aveva ad oggetto violazioni a cui era estranea la ditta esecutrice dei lavori; stesse considerazioni svolgeva in ordine agli altri reati (la realizzazione di opere edili senza la direzione di un tecnico abilitato; l’omessa denuncia delle opere in conglomerato cementizio armato), per i quali non era neppure contestato il concorso, richiamando in proposito le dichiarazioni rese dal tecnico comunale circa i soggetti tenuti ai relativi adempimenti.
La Cassazione, nell’affermare il principio di cui in massima (v., per un precedente: Cass. pen., Sez. III, 30.09.2014, n. 40341, in CED Cass., n. 260752), ha respinto il ricorso, in particolare, osservando, da un lato, che il reato di omessa denuncia della realizzazione di opere in conglomerato cementizio armato con deposito del relativo progetto, di cui al d.P.R. n. 380 del 2001, art. 71 è ascrivibile unicamente al committente e alla società esecutrice e, quanto ai residui reati, che, anzitutto, la realizzazione di opere edili senza la direzione di un tecnico abilitato (d.P.R. n. 380 del 2001, art. 53, art. 64, comma 3 e art. 71 in relazione alla L. n. 1086 del 1971, artt. 1, 2, 3 e 13) vede come soggetto attivo anche il costruttore che esegue le opere in violazione dell’art. 64, comma 3, come si evince dal chiaro dato testuale; in secondo luogo, infine, che la contravvenzione di omessa denuncia delle opere in conglomerato cementizio armato (d.P.R. 06.06.2001, n. 380, artt. 65 e 72), è un reato omissivo proprio del costruttore (v., per un precedente: Cass. pen., Sez. III, 31.05.2011, n. 21775, in CED Cass., n. 250377) (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 25.03.2015 n. 12533 - Urbanistica e appalti n. 6/2015).

EDILIZIA PRIVATA: "Proposta di Progetto di Legge "DISPOSIZIONI IN MATERIA DI OPERE O DI COSTRUZIONI E RELATIVA VIGILANZA IN ZONE SISMICHE” (Regione Lombardia, deliberazione G.R. 16.03.2015 n. 3257).

dicembre 2014

EDILIZIA PRIVATA: LA REALIZZAZIONE DI OPERE STRUTTURALI IN CEMENTO ARMATO NON È CONDIZIONE PER LA CONFIGURABILITÀ DELLE VIOLAZIONI ANTISISMICHE
Gli obblighi di denunzia dei lavori e di presentazione dei progetti di costruzioni in zone sismiche imposti dal d.P.R. 06.06.2001, n. 380, art. 93 e la necessità della preventiva autorizzazione scritta prescritta dal successivo d.P.R. n. 380 del 2001, art. 94, devono essere rispettati per qualsiasi costruzione, riparazione e soprelevazione la cui sicurezza possa interessare la pubblica incolumità, indipendentemente dalla natura dei materiali utilizzati e, in particolare, dal fatto che si tratti di opere in conglomerato cementizio armato.
Il tema affrontato dalla Corte di Cassazione con la sentenza in esame attiene alla necessità o meno di poter ritenere configurabile la violazione antisismica nel caso in cui l’opera edilizia abusiva sia stata realizzata con materiali diversi dal cemento armato.
La vicenda processuale trae origine dalla sentenza con cui il Tribunale aveva assolto l’imputato dai reati di cui al d.P.R. n. 380 del 2001, artt. 93, 94 e 95, contestati in relazione ad un edificio adibito ad abitazione realizzato in zona sismica, senza averne dato preavviso allo sportello unico e senza la preventiva autorizzazione del competente ufficio tecnico della regione. Il Tribunale, in particolare, ha assolto l’imputato dal reato di cui sopra perché il fatto non sussiste, non essendo stata contestata la realizzazione di opere strutturali in cemento armato.
La Cassazione, accogliendo il ricorso del pubblico ministero contro l’assoluzione, ha affermato il principio di cui in massima, così dando continuità all’indirizzo giurisprudenziale che ritiene che le disposizioni antisimiche previste dagli artt. 83 e 95 d.P.R. 06.06.2001, n. 380 si applicano a tutte le costruzioni la cui sicurezza possa interessare la pubblica incolumità, anche quando si impieghino per la realizzazione delle opere elementi strutturali meno solidi e duraturi rispetto alla muratura e al cemento armato (Cass. pen., Sez. III, n. 6591 del 24.11.2011 - dep. 17.02.2012, D’Onofrio, in CED Cass., n. 252441; fattispecie relativa a piscina prefabbricata) (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 17.12.2014 n. 52297 - tratto da Urbanistica e appalti n. 3/2015).

EDILIZIA PRIVATA: Violazione normativa antisismica.
Le prescrizioni per le costruzioni in zona sismica si applicano a qualsiasi manufatto indipendentemente dai materiali impiegati e dalle relative strutture in quanto nelle zone dichiarate sismiche ricorre l'esigenza di maggiore rigore e proprio l'eventuale impiego di materiali strutturali meno solidi rende ancor più necessari i controlli e le cautele prescritte, sicché ricorre il reato antisismico nel caso di opere realizzate nelle zone sismiche senza adempimento dell'obbligo di denuncia e di presentazione dei progetti allo sportello unico (art. 94 T.U.E.) e senza la preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione (art. 94 T.U.E.), a nulla rilevando la natura dei materiali impiegati e delle relative strutture.
2. Quanto al primo motivo, occorre premettere che l'art. 93 T.U.E. prescrive, tra l'altro, che nelle zone sismiche, di cui all'art. 83 T.U.E., chiunque intenda procedere a costruzioni, riparazioni e sopraelevazioni è tenuto a darne preavviso scritto allo sportello unico, che provvede a trasmettere al competente ufficio tecnico della regione copia della domanda e del progetto che ad esso deve essere allegato.
L'art. 94 T.U.E. prescrive poi che nelle località sismiche non si possono iniziare lavori senza la preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione.
L'inosservanza delle predette disposizioni è sanzionata dall'art. 95 T.U.E. e costituisce l'addebito ascritto dell'imputata ai capi b) e c) della rubrica con l'unica sottolineatura che competerà al giudice del rinvio accertare se vi sia sovrapposizione tra l'addebito di cui al capo b) e quello di cui al capo d) per essere stata elevata o meno la contestazione dell'omesso preavviso dei lavori allo sportello unico.
2.1. Il preavviso allo sportello unico (cui va depositato il progetto) adempie, infatti, ad una funzione informativa, in relazione all'attività da intraprendere, in modo da assicurare la vigilanza sulle costruzioni in zone sismiche e garantire la cooperazione fra le amministrazioni coinvolte nel procedimento e gli interessati.
La giurisprudenza di questa Corte ha avuto modo di precisare che, nelle zone sismiche, l'obbligo di informativa e di produzione degli atti progettuali non è limitato in relazione alle dimensioni e alle caratteristiche dell'opera, ma riguarda tutte le opere indicate dalla disposizione normativa, nessuna esclusa e dunque anche le opere cd. "minori", perché diversamente verrebbe frustrato il fine di rendere possibile il controllo preventivo e documentale dell'attività edilizia nelle zone sismiche (Sez. 3, n. 8140 del 06/07/1992, Di Scala, Rv. 191390).
Sul punto, è stato anche affermato che le prescrizioni per le costruzioni in zona sismica si applicano a qualsiasi manufatto indipendentemente dai materiali impiegati e dalle relative strutture in quanto nelle zone dichiarate sismiche ricorre l'esigenza di maggiore rigore e proprio l'eventuale impiego di materiali strutturali meno solidi rende ancor più necessari i controlli e le cautele prescritte (Sez. 3, n. 38142 del 26/09/2001, Tucci R., Rv. 220269) sicché ricorre il reato antisismico nel caso di opere realizzate nelle zone sismiche senza adempimento dell'obbligo di denuncia e di presentazione dei progetti allo sportello unico (art. 94 T.U.E.) e senza la preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione (art. 94 T.U.E.), a nulla rilevando la natura dei materiali impiegati e delle relative strutture (Sez. 3, n. 30224 del 21/06/2011, Floridia, Rv. 251284).
2.2. Siccome gli obblighi previsti dagli artt. 93 e 94 T.U.E. sono finalizzati a consentire il controllo preventivo della pubblica amministrazione, non rileva, ai fini della sussistenza del reato, l'effettiva pericolosità o meno della costruzione realizzata, in violazione degli adempimenti e in assenza delle prescritte autorizzazioni, perché le contravvenzioni previste dalla normativa antisismica, rientrando nel novero dei reati di pericolo presunto, puniscono inosservanze formali, con la conseguenza che neppure la verifica postuma dell'assenza del pericolo ed il rilascio del provvedimento abilitativo incidono sulla illiceità della condotta, in quanto gli illeciti sussistono in relazione al momento di inizio dell'attività (Sez. 3, n. 5738 del 13/05/1997, Petroni, Rv. 208299).
Va ricordato che la normativa antisismica è ispirata a preservare la pubblica incolumità in zone particolarmente soggette al verificarsi di movimenti tellurici, prescrivendo, da un lato, necessari obblighi burocratici e particolari prescrizioni tecniche costruttive e costituendo, dall'altro, un'anticipazione della tutela dell'interesse cui appresta  protezione (pubblica incolumità).
Ne consegue che, in materia urbanistica ed edilizia, le disposizioni legislative regionali, espressione del potere concorrente con quello dello Stato in materia, devono non solo rispettare i principi fondamentali stabiliti in materia edilizio-urbanistica dalla legislazione statale, ma devono anche essere interpretate in modo da non collidere con i medesimi (Sez. 3, n. 28560 del 26/03/2014, Alonzo, Rv. 259938).
2.3. La sentenza impugnata, come fondatamente lamenta il ricorrente, non si è uniformata ai richiamati principi di diritto e neppure ha spiegato se il deliberato della Giunta regionale delle Marche (n. 836 del 25.05.2009) -che sembrerebbe, contrariamente ai principi fissati dalla legislazione statale e contenuti nel testo unico dell'edilizia, distinguere gli interventi non sulla base della natura dell'intervento stesso (costruzioni, riparazioni, sopraelevazioni ex art. 93 T.U.E.) ma solo sulla base delle caratteristiche costruttive- rispetti i principi fondamentali stabiliti in materia edilizia-urbanistica dalla legislazione statale ovvero se collida con essi, come in sostanza ritenuto dal ricorrente, posto che, in ogni caso, l'intervento si è risolto nella realizzazione di una "costruzione", dovendosi anche ricordare che la disciplina edilizia antisismica e delle costruzioni, attenendo tali materie alla sicurezza statica degli edifici, rientra come tale nella competenza esclusiva dello Stato ex art. 117, comma secondo, Cost. (Sez. 3, n. 16182 del 28/02/2013, Crisafulli ed altro, Rv. 255254).
3. Quanto al secondo motivo, è sufficiente osservare che le costruzioni nelle zone sismiche sono disciplinate dal capo IV del T.U.E. e, per quanto qui interessa, le disposizioni, ai fini dell'osservanza delle prescrizioni contenute in detto capo, non distinguono tra opere in conglomerato cementizio armato o non armato o a struttura metallica, richiedendo l'adempimento delle prescrizioni prescritte dalla legge e ciò indipendentemente dal materiale utilizzato per la realizzazione dell'opera perché, come è stato in precedenza precisato, è richiesto un maggiore rigore nel controllo delle costruzioni realizzate nelle zone esposte al rischio sismico.
L'art. 93 T.U.E. stabilisce, al comma 2, che (quanto alle costruzioni, riparazioni, sopraelevazioni nelle zone sismiche) va allegato, alla comunicazione allo sportello unico, il progetto debitamente firmato da un professionista (ingegnere, architetto, geometra, perito edile) iscritto all'albo mentre l'art. 94, comma 4, T.U.E. dispone che i lavori devono essere diretti da uno dei professionisti sopra indicati.
Ne deriva che, ad eccezione dei soli interventi di semplice manutenzione ordinaria, qualsiasi intervento edilizio in zona sismica, comportante o meno l'esecuzione di opere in conglomerato cementizio armato, deve essere (a) previamente denunciato al competente ufficio al fine di consentire i preventivi controlli, (b) necessita del rilascio del preventivo titolo abilitativo, (c) il progetto deve essere redatto da un professionista abilitato ed allegato alla denuncia di esecuzione dei lavori, (d) questi ultimi devono essere parimenti diretti da un professionista abilitato conseguendone, in difetto, la violazione dell'art. 95 del d.P.R. 06.06.2001, n. 380 (Sez. 3, n. 34604 del 17/06/2010, Todaro, Rv. 248330) e ciascuna violazione, risolvendosi nell'inosservanza di specifiche prescrizioni, costituisce un titolo autonomo di reato.
Anche se errata la qualificazione giuridica data ai fatti contestati ai capi d) ed e) della rubrica (ai quali fatti non si applicano le norme contenute nel capo II del T.U.E. bensì quelle di cui al capo IV, ricadendo la costruzione del muro in zona sismica), è, per il resto, fondata la doglianza sollevata dal ricorrente circa l'inidoneo affidamento che il giudice ha fatto sul contenuto della deposizione del testimone per inferire che, essendo le opere di conglomerato cementizio sprovviste di armatura, l'imputata fosse esonerata dagli obblighi indicati nei capi d) ed e) della rubrica
(Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 03.12.2014 n. 50624 - tratto da www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: VIOLAZIONI ANTISISMICHE SUSSISTENTI ANCHE IN CASO DI VERIFICA POSTUMA DELL’ASSENZA DEL PERICOLO E DEL RILASCIO DELL’AUTORIZZAZIONE.
Le contravvenzioni previste dalla normativa antisismica puniscono inosservanze formali, volte a presidiare il controllo preventivo della pubblica amministrazione.
Ne deriva che l’effettiva pericolosità della costruzione realizzata senza l’autorizzazione del genio civile e senza le prescritte comunicazioni è del tutto irrilevante ai fini della sussistenza del reato e la verifica postuma dell’assenza del pericolo ed il rilascio del provvedimento abilitativo non incidono sulla illiceità della condotta, poiché gli illeciti sussistono in relazione al momento di inizio dell’attività.

La questione giuridica oggetto di esame da parte della Suprema Corte verte, in particolare, sulla configurabilità del reato “antisismico” in ipotesi in cui, a seguito dell’attività di indagine, si accerti l’insussistenza della pericolosità della condotta vietata e venga rilasciata l’autorizzazione amministrativa.
La vicenda processuale segue alla sentenza con cui il tribunale, nel giudicare la proprietaria committente per aver realizzato, in zona sottoposta a vincolo paesaggistico D.Lgs. 22.01.2004, n. 42, ex art. 136, una nuova opera ai sensi dell’art. 3, lett. e.1), T.U.E. consistita in un muro di confine costituito da blocchi in cemento aventi altezza variabile tra cm 100 e cm 240, l’aveva eseguita senza avere preventivamente depositato il progetto e senza avere preventivamente ottenuto il prescritto nulla osta previsto dalla normativa antisismica.
Il tribunale aveva però assolto la proprietaria osservando che il geometra responsabile dell’ufficio sismico aveva escluso che la recinzione della proprietà con blocchi di conglomerato cementizio costituisse manufatto sottoposto alla normativa sismica, rientrando nelle opere minori come individuate dalla Giunta regionale delle Marche (n. 836 del 25.05.2009) e come tali ritenute, per caratteristiche costruttive, come strutture non comportanti pericolo per la pubblica incolumità.
Contro la sentenza assolutoria proponeva ricorso per cassazione il PM, in particolare sostenendo che il giudice aveva erroneamente ritenuto che l’opera edilizia realizzata (muro di confine costituito da blocchi in cemento avanti altezza variabile tra cm 100 e cm 240) non fosse soggetta alla normativa sismica; assumeva il PM ricorrente come l’approdo cui era giunto il tribunale fosse manifestamente errato non potendosi ipotizzare che, per costruire un muro alto oltre due metri da terra, non occorresse verificare la rilevanza sismica dello stesso posto che, secondo la costante giurisprudenza di legittimità, qualunque intervento che per dimensioni, modalità di collocazione, morfologia, caratteristiche del terreno, pendenza, etc. possa esporre a pericolo la pubblica incolumità necessita di preventivo adempimento degli obblighi di cui agli artt. 93 e 94 T.U.E.
Sono pertanto soggetti, secondo il PM, al rispetto delle prescrizioni formali (artt. 93 e 94 T.U.E.) e sostanziali (art. 83 T.U.E.) anche quegli interventi che non riguardino un’abitazione, essendo poi assolutamente irrilevante il fatto che la regione Marche consideri un muro alto oltre due metri un’opera "minore".
La tesi è stata ritenuta fondata dalla Cassazione che, sul punto, nell’affermare il principio di cui in massima, ha precisato che la normativa antisismica è ispirata a preservare la pubblica incolumità in zone particolarmente soggette al verificarsi di movimenti tellurici, prescrivendo, da un lato, necessari obblighi burocratici e particolari prescrizioni tecniche costruttive e costituendo, dall’altro, un’anticipazione della tutela dell’interesse cui appresta protezione (pubblica incolumità).
Ne consegue che, in materia urbanistica ed edilizia, le disposizioni legislative regionali, espressione del potere concorrente con quello dello Stato in materia, devono non solo rispettare i principi fondamentali stabiliti in materia edilizia-urbanistica dalla legislazione statale, ma devono anche essere interpretate in modo da non collidere con i medesimi (Cass. pen., Sez. III, 13.05.1997, n. 5738 - dep. 17.06.1997, P., in CED Cass., n. 208299; Cass. pen., Sez. III, 26.03.2014, n. 28560 - dep. 03.07.2014, A., in CED Cass., n. 259938).
La sentenza in esame, osservano i giudici di legittimità, non si è uniformata ai richiamati principi di diritto e neppure ha spiegato se il deliberato della Giunta regionale delle Marche (n. 836 del 25.05.2009) -che sembrerebbe, contrariamente ai principi fissati dalla legislazione statale e contenuti nel testo unico dell’edilizia, distinguere gli interventi non sulla base della natura dell’intervento stesso (costruzioni, riparazioni, sopraelevazioni ex art. 93 T.U.E.) ma solo sulla base delle caratteristiche costruttive- rispetti i principi fondamentali stabiliti in materia edilizia-urbanistica dalla legislazione statale ovvero se collida con essi, come in sostanza ritenuto dal PM, posto che, in ogni caso, l’intervento si è risolto nella realizzazione di una “costruzione”, dovendosi anche ricordare che la disciplina edilizia antisismica e delle costruzioni, attenendo tali materie alla sicurezza statica degli edifici, rientra come tale nella competenza esclusiva dello Stato ex art. 117, comma 2, Cost. (Cass. pen., Sez. III, 28.02.2013, n. 16182 - dep. 09.04.2013, C. e altro, in questa Rivista, 2013, 7, 860, rassegna a cura di A. Scarcella, Rapporti tra normativa nazionale e normativa regionale in materia di “antisismica” e “cemento armato”) (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 03.12.2014 n. 50624 - tratto da Urbanistica e appalti n. 2/2015).

EDILIZIA PRIVATA: Ad eccezione dei soli interventi di semplice manutenzione ordinaria, qualsiasi intervento edilizio in zona sismica, comportante o meno l’esecuzione di opere in conglomerato cementizio armato, deve essere:
(a) previamente denunciato al competente ufficio al fine di consentire i preventivi controlli,
(b) necessita del rilascio del preventivo titolo abilitativo,
(c) il progetto deve essere redatto da un professionista abilitato ed allegato alla denuncia di esecuzione dei lavori,
(d) questi ultimi devono essere parimenti diretti da un professionista.

   1. Il ricorso è fondato nei limiti e sulla base delle considerazioni che seguono.
   2. Quanto al primo motivo, occorre premettere che l’articolo 93 T.U.E. prescrive, tra l’altro, che nelle zone sismiche, di cui all’articolo 83 T.U.E., chiunque intenda procedere a costruzioni, riparazioni e sopraelevazioni è tenuto a darne preavviso scritto allo sportello unico, che provvede a trasmettere al competente ufficio tecnico della regione copia della domanda e del progetto che ad esso deve essere allegato.
L’articolo 94 T.U.E. prescrive poi che nelle località sismiche non si possono iniziare lavori senza la preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione.
L’inosservanza delle predette disposizioni è sanzionata dall’articolo 95 T.U.E. e costituisce l’addebito ascritto dell’imputata ai capi b) e c) della rubrica con l’unica sottolineatura che competerà al giudice del rinvio accertare se vi sia sovrapposizione tra l’addebito di cui al capo b) e quello di cui al capo d) per essere stata elevata o meno la contestazione dell’omesso preavviso dei lavori allo sportello unico.
   2.1. Il preavviso allo sportello unico (cui va depositato il progetto) adempie, infatti, ad una funzione informativa, in relazione all’attività da intraprendere, in modo da assicurare la vigilanza sulle costruzioni in zone sismiche e garantire la cooperazione fra le amministrazioni coinvolte nel procedimento e gli interessati.
La giurisprudenza di questa Corte ha avuto modo di precisare che, nelle zone sismiche, l’obbligo di informativa e di produzione degli atti progettuali non è limitato in relazione alle dimensioni e alle caratteristiche dell’opera, ma riguarda tutte le opere indicate dalla disposizione normativa, nessuna esclusa e dunque anche le opere c.d. “minori”, perché diversamente verrebbe frustrato il fine di rendere possibile il controllo preventivo e documentale dell’attività edilizia nelle zone sismiche (Sez. 3, n. 8140 del 06/07/1992, Di Scala, Rv. 191390).
Sul punto, è stato anche affermato che le prescrizioni per le costruzioni in zona sismica si applicano a qualsiasi manufatto indipendentemente dai materiali impiegati e dalle relative strutture in quanto nelle zone dichiarate sismiche ricorre l’esigenza di maggiore rigore e proprio l’eventuale impiego di materiali strutturali meno solidi rende ancor più necessari i controlli e le cautele prescritte (Sez. 3, n. 38142 del 26/09/2001, Tucci R., Rv. 220269) sicché’ ricorre il reato antisismico nel caso di opere realizzate nelle zone sismiche senza adempimento dell’obbligo di denuncia e di presentazione dei progetti allo sportello unico (articolo 94 T.U.E.) e senza la preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione (articolo 94 T.U.E.), a nulla rilevando la natura dei materiali impiegati e delle relative strutture (Sez. 3, n. 30224 del 21/06/2011, Floridia, Rv. 251284).
   2.2. Siccome gli obblighi previsti dagli articoli 93 e 94 T.U.E. sono finalizzati a consentire il controllo preventivo della pubblica amministrazione, non rileva, ai fini della sussistenza del reato, l’effettiva pericolosita’ o meno della costruzione realizzata, in violazione degli adempimenti e in assenza delle prescritte autorizzazioni, perché le contravvenzioni previste dalla normativa antisismica, rientrando nel novero dei reati di pericolo presunto, puniscono inosservanze formali, con la conseguenza che neppure la verifica postuma dell’assenza del pericolo ed il rilascio del provvedimento abilitativo incidono sulla illiceità della condotta, in quanto gli illeciti sussistono in relazione al momento di inizio dell’attività (Sez. 3, n. 5738 del 13/05/1997, Petroni, Rv. 208299).
Va ricordato che la normativa antisismica è ispirata a preservare la pubblica incolumità in zone particolarmente soggette al verificarsi di movimenti tellurici, prescrivendo, da un lato, necessari obblighi burocratici e particolari prescrizioni tecniche costruttive e costituendo, dall’altro, un’anticipazione della tutela dell’interesse cui appresta protezione (pubblica incolumità).
Ne consegue che, in materia urbanistica ed edilizia, le disposizioni legislative regionali, espressione del potere concorrente con quello dello Stato in materia, devono non solo rispettare i principi fondamentali stabiliti in materia edilizia-urbanistica dalla legislazione statale, ma devono anche essere interpretate in modo da non collidere con i medesimi (Sez. 3, n. 28560 del 26/03/2014, Alonzo, Rv. 259938).
   2.3. La sentenza impugnata, come fondatamente lamenta il ricorrente, non si è uniformata ai richiamati principi di diritto e neppure ha spiegato se il deliberato della Giunta regionale delle Marche (n. 836 del 25.05.2009) –che sembrerebbe, contrariamente ai principi fissati dalla legislazione statale e contenuti nel testo unico dell’edilizia, distinguere gli interventi non sulla base della natura dell’intervento stesso (costruzioni, riparazioni, sopraelevazioni ex articolo 93 T.U.E.) ma solo sulla base delle caratteristiche costruttive– rispetti i principi fondamentali stabiliti in materia edilizio–urbanistica dalla legislazione statale ovvero se collida con essi, come in sostanza ritenuto dal ricorrente, posto che, in ogni caso, l’intervento si è risolto nella realizzazione di una “costruzione”, dovendosi anche ricordare che la disciplina edilizia antisismica e delle costruzioni, attenendo tali materie alla sicurezza statica degli edifici, rientra come tale nella competenza esclusiva dello Stato ex articolo 117, comma secondo, Cost. (Sez. 3, n. 16182 del 28/02/2013, Crisafulli ed altro, Rv. 255254).
   3. Quanto al secondo motivo, è sufficiente osservare che le costruzioni nelle zone sismiche sono disciplinate dal capo 4 del T.U.E. e, per quanto qui interessa, le disposizioni, ai fini dell’osservanza delle prescrizioni contenute in detto capo, non distinguono tra opere in conglomerato cementizio armato o non armato o a struttura metallica, richiedendo l’adempimento delle prescrizioni prescritte dalla legge e ciò indipendentemente dal materiale utilizzato per la realizzazione dell’opera perché, come e’ stato in precedenza precisato, è richiesto un maggiore rigore nel controllo delle costruzioni realizzate nelle zone esposte al rischio sismico.
L’articolo 93 T.U.E. stabilisce, al comma 2, che (quanto alle costruzioni, riparazioni, sopraelevazioni nelle zone sismiche) va allegato, alla comunicazione allo sportello unico, il progetto debitamente firmato da un professionista (ingegnere, architetto, geometra, perito edile) iscritto all’albo mentre l’articolo 94, comma 4, T.U.E. dispone che i lavori devono essere diretti da uno dei professionisti sopra indicati.
Ne deriva che, ad eccezione dei soli interventi di semplice manutenzione ordinaria, qualsiasi intervento edilizio in zona sismica, comportante o meno l’esecuzione di opere in conglomerato cementizio armato, deve essere: (a) previamente denunciato al competente ufficio al fine di consentire i preventivi controlli, (b) necessita del rilascio del preventivo titolo abilitativo, (c) il progetto deve essere redatto da un professionista abilitato ed allegato alla denuncia di esecuzione dei lavori, (d) questi ultimi devono essere parimenti diretti da un professionista abilitato conseguendone, in difetto, la violazione del Decreto del Presidente della Repubblica 06.06.2001, n. 380, articolo 95, (Sez. 3, n. 34604 del 17/06/2010, Todaro, Rv. 248330) e ciascuna violazione, risolvendosi nell’inosservanza di specifiche prescrizioni, costituisce un titolo autonomo di reato.
Anche se errata la qualificazione giuridica data ai fatti contestati ai capi d) ed e) della rubrica (ai quali fatti non si applicano le norme contenute nel capo 2 del T.U.E. bensì quelle di cui al capo IV, ricadendo la costruzione del muro in zona sismica), è, per il resto, fondata la doglianza sollevata dal ricorrente circa l’inidoneo affidamento che il giudice ha fatto sul contenuto della deposizione del testimone per inferire che, essendo le opere di conglomerato cementizio sprovviste di armatura, l’imputata fosse esonerata dagli obblighi indicati nei capi d) ed e) della rubrica.
Al tribunale competeva dunque di qualificare correttamente in iure i fatti e non di decretarne l’insussistenza (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 03.12.2014 n. 50624 -
link a http://renatodisa.com).

EDILIZIA PRIVATA: OBBLIGO DI OSSERVANZA DELLA NORMATIVA ANTISISMICA ANCHE IN CASO DI ACCERTATA PRECARIETÀ DELL’OPERA EDILIZIA.
In tema di costruzioni in zone sismiche, la necessità che lavori edilizi di qualsiasi genere siano preceduti da autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione riguarda anche le opere di natura precaria.
Il tema affrontato dalla Corte di Cassazione con la sentenza in esame attiene alla necessità o meno di rispettare la disciplina c.d. antisismica nel caso in cui l’opera edilizia realizzata sia considerata dalla legislazione come “precaria” e, quindi, sottoposta ad un regime giuridico agevolato sotto il profilo del titolo abilitativo richiesto. La vicenda processuale segue alla sentenza di condanna, confermata anche in appello, per alcuni reati, tra cui delle violazioni in materia antisismica.
Contro la sentenza proponevano ricorso per cassazione gli imputati, in particolare lamentandosi, per quanto qui di interesse, del fatto che i giudici avessero ritenuto insignificanti le opere realizzate (un piccolo manufatto precario con copertura a telone di plastica e tubi metallici finalizzato a riparare dalle intemperie alcuni sacchi di concime e di fertilizzanti) bisognevoli di preventive autorizzazioni amministrative o di progetto ai fini antisismici.
La Cassazione, sul punto, ha respinto il ricorso affermando il principio di cui in massima, rilevando come l’opera abusiva, caratterizzata da una struttura in tubolari in ferro di metri 12,10 x 10,00 con altezza variabile da metri 3,40 a 4,60 ancorata ad una piattaforma in calcestruzzo delle dimensioni di metri 15,70 x 13,90 e dello spessore di cm. 17, e, collegata all’attività professionale svolta stante la destinazione a ricovero di prodotti della c.d. “farmacia delle piante”, era stata motivatamente indicata come destinata, per le sue stesse obiettive caratteristiche di consistenza e natura, a durare nel tempo, così assumendo dunque, alla luce dei principi appena ricordati, caratteristiche tutt’altro che precarie e tali da sottrarla alla necessità del rilascio di permesso a costruire.
In ogni caso, tuttavia, dovendosi osservare l’irrilevanza della natura precaria dell’opera, dovendosi comunque rispettare la normativa antisismica (v., in precedenza, in senso conforme: Cass. pen., Sez. III, 09.07.2008, n. 38405 - dep. 09.10.2008, D.B. e altro, in CED Cass., n. 241288) (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 01.12.2014 n. 50001 - tratto da Urbanistica e appalti n. 2/2015).

novembre 2014

EDILIZIA PRIVATA: Opere in conglomerato cementizio armato e reati configurabili.
Ad eccezione dei soli interventi di semplice manutenzione ordinaria, qualsiasi intervento edilizio in zona sismica, comportante o meno l'esecuzione di opere in conglomerato cementizio armato, deve essere (a) previamente denunciato al competente ufficio al fine di consentire i preventivi controlli, (b) necessita del rilascio del preventivo titolo abilitativo, (c) il progetto deve essere redatto da un professionista abilitato ed allegato alla denuncia di esecuzione dei lavori, (d) questi ultimi devono essere parimenti diretti da un professionista abilitato conseguendone, in difetto, la violazione dell'art. 95 del d.P.R. 06.06.2001, n. 380 e ciascuna violazione, risolvendosi nell'inosservanza di specifiche prescrizioni, costituisce un titolo autonomo di reato.
3. Manifestamente infondato è anche il secondo motivo di gravame.
Sul punto, è sufficiente osservare che le costruzioni nelle zone sismiche sono disciplinate dal capo IV del d.P.R. n. 380 del 2001 e, per quanto qui interessa, le disposizioni, ai fini dell'osservanza delle prescrizioni contenute in detto capo, non distinguono tra opere in conglomerato cementizio armato o non armato o a struttura metallica, richiedendo l'adempimento delle prescrizioni indipendentemente dal materiale utilizzato per la realizzazione dell'opera e ciò in considerazione del maggiore rigore richiesto nel controllo delle costruzioni realizzate nelle zone esposte al rischio sismico.
L'art. 93 d.P.R. n. 380 del 2001 prescrive, tra l'altro, che nelle zone sismiche, di cui all'art. 83 d.P.R. n. 380 del 2001, chiunque intenda procedere a costruzioni, riparazioni e sopraelevazioni è tenuto a darne preavviso scritto allo sportello unico, che provvede a trasmettere al competente ufficio tecnico della regione copia della domanda e del progetto che ad esso deve essere allegato (comma 2).
L'art. 94 d.P.R. n. 380 del 2001 prescrive poi che nelle località sismiche non si possono iniziare lavori senza la preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione. L'art. 94, comma 4, d.P.R. n. 380 del 2001 dispone infine che i lavori devono essere diretti da uno dei professionisti sopra indicati.
Ne deriva che, ad eccezione dei soli interventi di semplice manutenzione ordinaria, qualsiasi intervento edilizio in zona sismica, comportante o meno l'esecuzione di opere in conglomerato cementizio armato, deve essere (a) previamente denunciato al competente ufficio al fine di consentire i preventivi controlli, (b) necessita del rilascio del preventivo titolo abilitativo, (c) il progetto deve essere redatto da un professionista abilitato ed allegato alla denuncia di esecuzione dei lavori, (d) questi ultimi devono essere parimenti diretti da un professionista abilitato conseguendone, in difetto, la violazione dell'art. 95 del d.P.R. 06.06.2001, n. 380 (Sez. 3, n. 34604 del 17/06/2010, Todaro, Rv. 248330) e ciascuna violazione, risolvendosi nell'inosservanza di specifiche prescrizioni, costituisce un titolo autonomo di reato.
Anche se errata la qualificazione giuridica data ai fatti, così come contestati ai capi b) e c) della rubrica (ai quali fatti non si applicano le norme contenute nel capo II del d.P.R. n. 380 del 2001 bensì quelle di cui al capo IV, ricadendo la costruzione del vano in zona sismica), è dunque destituita di fondamento la doglianza sollevata dai ricorrenti che vorrebbero affrancata da ogni controllo e cautela un'opera costruttiva realizzata in zona sismica con mattoni forati legati da malta cementizia, posto che la Corte territoriale ha, con la motivazione, sostanzialmente corretto in iure l'originaria contestazione
(Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 20.11.2014 n. 48005 - tratto da www.lexambiente.it).

PATRIMONIO: B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 47 del 18.11.2014, "Finanziamento interventi per l’adeguamento strutturale e antisismico degli edifici scolastici, nonché di costruzione di nuovi immobili sostitutivi di edifici esistenti a rischio sismico, a valere sul fondo per interventi straordinari della presidenza del Consiglio dei Ministri" (deliberazione G.R. 14.11.2014 n. 2640).

AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI - PATRIMONIO: G.U. 11.11.2014 n. 262, suppl. ord. n. 85/L, "Testo del decreto-legge 12.09.2014, n. 133, coordinato con la legge di conversione 11.11.2014, n. 164, recante: «Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive»".
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Di particolare interesse si leggano:
Art. 2 (Semplificazioni procedurali per le infrastrutture strategiche affidate in concessione)
Art. 4 (Misure di semplificazione per le opere incompiute segnalate dagli Enti locali e misure finanziarie a favore degli Enti territoriali)
Art. 6 (Agevolazioni per la realizzazione di reti di comunicazione elettronica a banda ultralarga e norme di semplificazione per le procedure di scavo e di posa aerea dei cavi, nonché per la realizzazione delle reti di comunicazioni elettroniche)
Art. 6-ter (Disposizioni per l’infrastrutturazione degli edifici con impianti di comunicazione elettronica)
Art. 7 (Norme in materia di gestione di risorse idriche. Modifiche urgenti al decreto legislativo 03.04.2006, n. 152, per il superamento delle procedure di infrazione 2014/2059, 2004/2034 e 2009/2034, sentenze C-565-0 del 19.07.2012 e C-85-13 del 10.04.2014; norme di accelerazione degli interventi per la mitigazione del rischio idrogeologico e per l’adeguamento dei sistemi di collettamento, fognatura e depurazione degli agglomerati urbani; finanziamento di opere urgenti di sistemazione idraulica dei corsi d’acqua nelle aree metropolitane interessate da fenomeni di esondazione e alluvione)
Art. 8 (Disciplina semplificata del deposito preliminare alla raccolta e della cessazione della qualifica di rifiuto delle terre e rocce da scavo che non soddisfano i requisiti per la qualifica di sottoprodotto. Disciplina della gestione delle terre e rocce da scavo con presenza di materiali di riporto e delle procedure di bonifica di aree con presenza di materiali di riporto)
Art. 9 (Interventi di estrema urgenza in materia di vincolo idrogeologico, di normativa antisismica e di messa in sicurezza degli edifici scolastici e dell’Alta formazione artistica, musicale e coreutica - AFAM)
Art. 13 (Misure a favore dei project bond)
Art. 14 (Disposizioni in materia di standard tecnici)
Art. 16-bis (Disciplina degli accessi su strade affidate alla gestione della società ANAS Spa)
Art. 17 (Semplificazioni ed altre misure in materia edilizia)
Art. 17-bis (Regolamento unico edilizio)
Art. 21 (Misure per l’incentivazione degli investimenti in abitazioni in locazione)
Art. 22 (Conto termico)
Art. 22-bis (Interventi sulle tariffe incentivanti dell’elettricità prodotta da impianti fotovoltaici)
Art. 24 (Misure di agevolazione della partecipazione delle comunità locali in materia di tutela e valorizzazione del territorio)
Art. 25 (Misure urgenti di semplificazione amministrativa e di accelerazione delle procedure in materia di patrimonio culturale)
Art. 26 (Misure urgenti per la valorizzazione degli immobili demaniali inutilizzati)
Art. 31 (Misure per la riqualificazione degli esercizi alberghieri)
Art. 34 (Modifiche al decreto legislativo 12.04.2006, n. 163, per la semplificazione delle procedure in materia di bonifica e messa in sicurezza di siti contaminati. Misure urgenti per la realizzazione di opere lineari realizzate nel corso di attività di messa in sicurezza e di bonifica)
Art. 35 (Misure urgenti per la realizzazione su scala nazionale di un sistema adeguato e integrato di gestione dei rifiuti urbani e per conseguire gli obiettivi di raccolta differenziata e di riciclaggio. Misure urgenti per la gestione e per la tracciabilità dei rifiuti nonché per il recupero dei beni in polietilene)
Art. 38 (Misure per la valorizzazione delle risorse energetiche nazionali)
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Per una migliore comprensione della ratio sottesa ai vari articoli si leggano anche:
● Camera dei Deputati, dossier 27.10.2014
● Senato della Repubblica, dossier ottobre 2014
● Senato della Repubblica, dossier novembre 2014

EDILIZIA PRIVATA: M. Blonda, Il rilascio della c.d. concessione in sanatoria estingue anche i reati antisismici? Ecco cosa comporta costruire un immobile in violazione delle norme antisismiche (06.11.2014 - link a www.condominioweb.com).

ottobre 2014

EDILIZIA PRIVATA: P. Palazzi, "C'era una volta un paese senza terremoti": la horror fiaba della riclassificazione delle zone sismiche (28.10.2014 - link a http://ufficiotecnico2012.blogspot.it).

EDILIZIA PRIVATALa sanatoria disciplinata dall'art. 36 del D.P.R. 06.06.2001, n. 380 concerne soltanto i reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche, nella cui nozione non rientra la disciplina per le costruzioni da eseguirsi nelle zone sismiche, che ha una oggettività diversa da quella attinente l'assetto del territorio sotto il profilo edilizio.
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2. Non può nutrirsi alcun dubbio sul fatto che la sanatoria disciplinata dall'art. 36 del D.P.R. 06.06.2001, n. 380 concerne soltanto i reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche, nella cui nozione non rientra la disciplina per le costruzioni da eseguirsi nelle zone sismiche, che ha una oggettività diversa da quella attinente l'assetto del territorio sotto il profilo edilizio (Sez. 3, n. 2114 del 26/11/2002 - 17/01/2003, Frascani, Rv. 223145); pertanto nessun rilievo può assumere la concessione in sanatoria richiamata dal ricorrente (Corte di Cassazione, Sez. feriale penale, sentenza 22.10.2014 n. 44015).

EDILIZIA PRIVATA: Oggetto: DIFFERIMENTO DEL TERMINE DI ENTRATA IN VIGORE DELLA NUOVA CLASSIFICAZIONE SISMICA (Regione Lombardia, nota 15.10.2014 n. 7424 di prot.).

EDILIZIA PRIVATAIl rilascio della concessione in sanatoria determina la estinzione dei soli reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti e non riguarda gli altri reati concernenti aspetti delle costruzioni aventi una oggettività giuridica diversa rispetto a quella della mera tutela urbanistica del territorio (nel caso di specie la violazione della normativa antisismica).
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RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Palermo, con sentenza del 25/10/2013, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di Fr.Pa.Sa. e An.Sa., in ordine al reato di cui agli artt. 110 cod. pen., 44, lett. b), d.P.R. 380/2001, nonché di violazione della normativa antisismica, per intervenuto rilascio di concessione edilizia in sanatoria. Avverso detta pronuncia ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Palermo, eccependo violazione di legge, in quanto il decidente ha errato nel considerare che la sanatoria ottenuta dai prevenuti potesse avere incidenza anche sui reati ex artt. 94 e 95 d.P.R. 380/2001.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato e va accolto.
Deve, infatti, osservarsi che l'art. 95, d.P.R. 380/2001, sanziona la violazione delle norme tutte dettate per le costruzioni in zone sismiche, previste nel medesimo testo unico ovvero nei decreti interministeriali cui rinviano gli artt. 52 e 83, citato decreto.
Le contravvenzioni de quibus possono concorrere con le fattispecie di cui all'art. 44 del citato t.u., tuttavia ad esse non è applicabile la disciplina relativa alla richiesta di sanatoria ex art. 45, essendo questa riferita alle sole norme che regolano l'assetto del territorio sotto il profilo edilizio.
Conseguentemente, il rilascio della concessione in sanatoria determina la estinzione dei soli reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti e non riguarda gli altri reati concernenti aspetti delle costruzioni aventi una oggettività giuridica diversa rispetto a quella della mera tutela urbanistica del territorio (ex multis Cass. 12/05/2005, n. 21978).
La sentenza impugnata va, quindi, annullata con rinvio, affinché il giudice ad quem proceda in ordine ai reati di cui ai 2) e 3) della imputazione (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 13.10.2014 n. 42550).

EDILIZIA PRIVATA: B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 42 del 14.10.2014,  "Differimento del termine di entrata in vigore della nuova classificazione sismica del territorio approvata con d.g.r. 21.07.2014, n. 2129 «Aggiornamento delle zone sismiche in Regione Lombardia (l.r. 1/2000, art. 3, comma 108, lett. d)»" (deliberazione G.R. 10.10.2014 n. 2489).

EDILIZIA PRIVATA: Oggetto: aggiornamento Piano Provinciale Rischio Sismico. Nuova classificazione Sismica (Provincia di Bergamo, nota 08.10.2014 n. 84186 di prot.).

settembre 2014

EDILIZIA PRIVATA: Trasformazione con opere di sottotetto in residenza abitabile.
La modifica di destinazione d'uso, quando ha ad oggetto immobili che ricadono in zona sismica, anche nel caso di interventi non dichiaratamente strutturali (impiantistici, di ridistribuzione degli spazi, ecc.), non è sottratta al controllo preventivo degli organi competenti e deve perciò essere preceduta dal deposito del progetto e autorizzata ai sensi degli artt. 95 e segg, d.P.R. 380/2001 (cfr. sul punto quanto previsto dal capitolo 9 delle norme tecniche approvare con D.M. Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, 14.09.2005, nonché, più recentemente, il capitolo 8 delle nuove norme tecniche per le costruzioni approvate con D.M. Ministero delle infrastrutture del 14.01.2008).
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SENTENZA
3.1. Si contesta all'imputato di aver modificato la destinazione d'uso del sottotetto della propria abitazione rendendolo, con opere, abitabile.
...
4. La modifica di destinazione d'uso, quando ha ad oggetto immobili che ricadono in zona sismica, anche nel caso di interventi non dichiaratamente strutturali (impiantistici, di ridistribuzione degli spazi, ecc.), non è sottratta al controllo preventivo degli organi competenti e deve perciò essere preceduta dal deposito del progetto e autorizzata ai sensi degli artt. 95 e segg, d.P.R. 380/2001 (cfr. sul punto quanto previsto dal capitolo 9 delle norme tecniche approvare con D.M. Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, 14.09.2005, nonché, più recentemente, il capitolo 8 delle nuove norme tecniche per le costruzioni approvate con D.M. Ministero delle infrastrutture del 14.01.2008).
4.1. Sussiste, dunque anche il reato di cui al capo D.
4.2.Quanto a quest'ultimo reato e a quello di cui al capo C, osserva la Suprema Corte che il ricorrente confonde l'istituto della diversità del fatto di cui all'art. 521 cod. proc. pen., con l'insussistenza del fatto per mancanza di prova.
4.3.La mancanza di prova circa l'uso del cemento armato o di strutture metalliche è fatto che incide sulla sussistenza del reato di cui al capo C, non sulla diversità rispetto alla contestazione.
4.4.In ogni caso, alla luce delle considerazioni che seguono, si tratta di questione superflua (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 16.09.2014 n. 37841 - tratto da www.lexambiente.it).

LAVORI PUBBLICISpazio agli affidamenti diretti. Fino a 200 mila euro. Per scuole, alluvioni, terremoti. APPALTI/ Le disposizioni contenute nel decreto Sblocca Italia, ormai in dirittura.
Affidamenti diretti di lavori fino a 200 mila euro per scuole, rischio idrogeologico e anti-sismica; ricorso a società in house dello Stato per progettazione ed esecuzione di lavori; conferenze di servizi «sprint» per portare a termine le incompiute degli enti locali; concessioni autostradali prorogabili per effettuare nuovi investimenti; esclusione dal patto di stabilità per i pagamenti relativi a opere segnalate dagli enti locali entro giugno 2014.

Sono queste alcune delle novità contenute nella bozza del decreto-legge «Sblocca Italia» inviata alla Ragioneria generale dello Stato e ormai in procinto di pubblicazione in G.U.
Affidamenti diretti. L'articolo 9 considera come situazione di «estrema urgenza» ogni «fattispecie riconosciuta tale (previa ricognizione) da parte dell'Ente interessato, che quindi certifichi come indifferibile l'intervento». Tale qualifica di estrema urgenza consentirà all'ente competente di accedere ad una serie di semplificazioni ma limitatamente agli interventi di messa in sicurezza di edifici scolastici, a quelli di mitigazione dei rischi idraulici e geomorfologici e a quelli di adeguamento alla normativa antisismica.
La semplificazione e l'accelerazione procedurale (sempre nel rispetto dei principi Ue di tutela della concorrenza) consentirà, ad esempio, l'affidamento diretto, senza alcun confronto concorrenziale, da parte del responsabile del procedimento, di lavori fino a 200 mila euro (la stragrande maggioranza di interventi si colloca in questa fascia) e l'utilizzazione della gara informale con invito rivolto ad almeno cinque operatori per interventi da 200 mila a 5 milioni di euro.
Incompiute enti locali ed esclusione Patto stabilità interno. Per quel che riguarda le cosiddette «opere incompiute» segnalate dagli enti locali nel mese di giugno, il provvedimento -per risolvere problemi di mancato concerto fra le amministrazioni competenti- consente di riconvocare la Conferenza di servizi con una la riduzione del 50% dei termini ordinari.
Il decreto stabilisce anche che i pagamenti effettuati entro fine dicembre 2014, relativi alle opere (realizzate, in corso di esecuzione o «per le quali è possibile l'immediato avvio dei lavori») segnalate entro il 15.06.2014, saranno esclusi dal Patto di stabilità interno (con il limite di 250 milioni), previa istruttoria della stessa Presidenza. Una seconda norma opera l'esclusione per i pagamenti relativi a debiti certi, liquidi ed esigibili in conto capitale a carico degli enti territoriali per gli anni 2014/2015 (dopo l'entrata in vigore del decreto), per i quali è stata emessa fattura entro dicembre 2013. sarà necessario un ulteriore Dpcm per sapere quali enti territoriali saranno ammessi.
Concessioni autostradali. Viene confermato anche nell'ultima versione del testo la norma «proroga-concessioni». Dettata con la finalità di assicurare gli investimenti sulla rete, anche di miglioramento della sicurezza, e di arrivare a tariffe e condizioni di accesso più favorevoli per gli utenti, la norma consentirà ai concessionari di tratte autostradali nazionali di proporre modifiche del rapporto concessorio. Ciò dovrebbe portare alla gestione unitaria di tratte «interconnesse, contigue, ovvero tra loro complementari». Il nuovo piano economico porterà necessariamente a prorogare concessioni con scadenza ravvicinata. Per i lavori, le forniture e i servizi di importo superiore alla soglia comunitaria «ulteriori rispetto a quelli previsti dalle vigenti convenzioni», si richiama il rispetto delle procedure ad evidenza pubblica previste dal codice dei contratti pubblici.
Interventi di mitigazione del rischio idrogeologico. Si definiscono le linee da seguire per utilizzare le risorse disponibili per gli interventi in tema di mitigazione del rischio idrogeologico: con la programmazione 2015 l'utilizzazione dei fondi avverrà soltanto a seguito di accordi di programma fra regione e Ministero dell'ambiente, che dovrà definire la quota di cofinanziamento regionale.
I presidenti della Regione, che opereranno con poteri derogatori e speciali, potranno utilizzare –attraverso i ministeri controllanti– le società in house delle amministrazioni centrali dello Stato, dotate di «specifica competenza», per le attività di progettazione ed esecuzione degli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico di cui agli accordi di programma; pertanto molta parte delle attività che verranno realizzate per questi interventi potrebbero non essere poste sul mercato. Previsti anche commissari ad acta per l'adeguamento di sistemi di fognatura e depurazione attraverso poteri sostituivi del Governo da esercitare entro il 30.09.2014 (articolo ItaliaOggi del 10.09.2014 - tratto da www.centrostudicni.it).

AMBIENTE-ECOLOGIA - EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI - PATRIMONIO: G.U. 12.09.2014 n. 212 "Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive" (D.L. 12.09.2014 n. 133).
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Di particolare interesse si leggano:
Art. 2 (Semplificazioni procedurali per le infrastrutture strategiche affidate in concessione)
Art. 4 (Misure di semplificazione per le opere incompiute segnalate dagli Enti Locali)
Art. 6 (Agevolazioni per la realizzazione di reti di comunicazione elettronica a banda ultralarga e norme di semplificazione per le procedure di scavo e di posa aerea dei cavi, nonché per la realizzazione delle reti di telecomunicazioni mobili)
Art. 7 (Norme in materia di gestione di risorse idriche. Modifiche urgenti al decreto legislativo 03.04.2006, n. 152, per il superamento delle procedure di infrazione 2014/2059, 2004/2034 e 2009/2034, sentenze C-565-0 del 19.07.2012 e C-85-13 del 10.04.2014; norme di accelerazione degli interventi per la mitigazione del rischio idrogeologico e per l’adeguamento dei sistemi di collettamento, fognatura e depurazione degli agglomerati urbani; finanziamento di opere urgenti di sistemazione idraulica dei corsi d’acqua nelle aree metropolitane interessate da fenomeni di esondazione e alluvione)
Art. 8 (Disciplina semplificata del deposito preliminare alla raccolta e della cessazione della qualifica di rifiuto delle terre e rocce da scavo che non soddisfano i requisiti per la qualifica di sottoprodotto. Disciplina della gestione delle terre e rocce da scavo con presenza di materiali di riporto e delle procedure di bonifica di aree con presenza di materiali di riporto)
Art. 9 (Interventi di estrema urgenza in materia di vincolo idrogeologico, di normativa antisismica e di messa in sicurezza degli edifici scolastici e dell’Alta formazione artistica, musicale e coreutica - AFAM)
Art. 13 (Misure a favore dei project bond)
Art. 14 (Norma overdesign)
Art. 17 (Semplificazioni ed altre misure in materia edilizia)
Art. 24 (Misure di agevolazione della partecipazione delle comunità locali in materia di tutela e valorizzazione del territorio)
Art. 25 (Misure urgenti di semplificazione amministrativa e di accelerazione delle procedure in materia di patrimonio culturale)
Art. 26 (Misure urgenti per la valorizzazione degli immobili demaniali inutilizzati)
Art. 32 (Misure per la riqualificazione degli esercizi alberghieri)
Art. 35 (Modifiche al decreto legislativo 12.04.2006, n. 163, per la semplificazione delle procedure in materia di bonifica e messa in sicurezza di siti contaminati. Misure urgenti per la realizzazione di opere lineari realizzate nel corso di attività di messa in sicurezza e di bonifica)
Art. 36 (Misure urgenti per l’individuazione e la realizzazione di impianti di recupero di energia, dai rifiuti urbani e speciali, costituenti infrastrutture strategiche di preminente interesse nazionale)

EDILIZIA PRIVATA: P. Parisi e P. Mazza, Sblocca Italia, in arrivo una nuova detrazione per ridurre il rischio sismico (06.09.2014 - tratto da www.ispoa.it).

EDILIZIA PRIVATABonus fiscali per la casa. Sgravi per antisismica e fonti rinnovabili. DECRETO SBLOCCA ITALIA/ Riproposti pure gli ecoincentivi auto.
Un pacchetto di bonus fiscali sulla casa. Ai fini Irpef arrivano detrazioni ad hoc del 50% per interventi antisismici e per l'installazione di impianti basati sull'impiego di fonti rinnovabili che migliorino la prestazione energetica dell'edificio. Sconti tributari pure per chi acquista o ristruttura un immobile per poi concederlo in locazione a canone concordato. Ed è sempre quella fiscale la leva scelta per stimolare la riqualificazione dei fabbricati che consumano più energia: le società che li comprano da privati per trasformarli in edifici di classe energetica A o B e poi rivenderli potranno risparmiare sulle imposte d'atto.

È quanto prevede la bozza del decreto Sblocca Italia varata venerdì scorso dal consiglio dei ministri (ancora suscettibile di modifiche).
Detrazioni Irpef. Nessuna proroga per il momento al bonus ristrutturazioni potenziato, che dall'attuale 50% dovrebbe scendere al 40% nel 2015. Dalla disciplina ordinaria, definita dall'articolo 16-bis del Tuir, vengono sfilate tre tipologie di lavori: realizzazione di autorimesse e posti auto pertinenziali, interventi antisismici e installazione di impianti a fonti rinnovabili. Mentre la prima viene eliminata, le altre sono destinatarie di due nuove agevolazioni dedicate, in vigore dal prossimo anno.
Miglioramento sismico. A essere beneficiati saranno gli interventi realizzati sulle parti strutturali degli edifici. Lo sgravio Irpef varierà tra il 50 e il 65% dei costi sostenuti, in relazione al livello di rischio sismico del fabbricato che sarà fissato con decreto dal ministero delle infrastrutture. Il tetto di spesa su cui calcolare l'aiuto potrà arrivare a 60 mila euro per unità immobiliare.
Miglioramento energetico. In caso di installazione di impianti «green» (per esempio pannelli solari o mini-eolico) la detrazione del 50% potrà essere calcolata su un massimo di 96 mila euro. Tale beneficio, al pari di quello sul rischio sismico, seguirà le stesse regole già vigenti per il bonus ristrutturazione, a cominciare dalla fruizione in 10 quote annuali da far valere in dichiarazione dei redditi. Resta da definire la cumulabilità delle due nuove forme agevolative con quelle già previste dall'articolo 16-bis del Tuir (possibile l'utilizzo di un tetto di spesa unico di 96 mila euro).
Compra e affitta. Arriva un aiuto fiscale per i cittadini che acquistano immobili residenziali per poi concederli in locazione a prezzo concordato per almeno otto anni. L'agevolazione resterà in vigore fino al 31 dicembre 2017. Potranno accedervi, oltre alle persone fisiche non esercenti attività commerciale, le coop edilizie e i soggetti del terzo settore. Il beneficio consisterà in una deduzione dall'Irpef del 20% di quanto pagato per comprare o realizzare l'immobile.
Quest'ultimo dovrà essere accatastato come abitazione non di lusso (escluse quindi le categorie A/1, A/8 e A/9) e appartenere alla classe energetica A o B. Il tetto di spesa non potrà superare i 300 mila euro: il recupero fiscale massimo sarà quindi pari a 60 mila euro in otto anni, ossia 7.500 euro annui. Locatore e locatario non potranno essere legati da rapporti di parentela di primo grado. Previsto un decreto interministeriale Infrastrutture-Economia per l'attuazione.
Rottamazione immobili «energivori». Agevolazioni fiscali in vista per quanto riguarda le cessioni di unità abitative a bassa prestazione energetica. Nelle vendite effettuate da privati a favore di società immobiliari si applicheranno le imposte di registro, ipotecaria e catastale in misura fissa. Ciò avverrà a una condizione: l'impresa deve dichiarare nel rogito che intende ritrasferire l'immobile entro cinque anni dalla data di acquisto e solo dopo aver effettuato interventi di recupero tali da fare ottenere al cespite una classe energetica A o B. Se la ristrutturazione riguarda un singolo appartamento, il requisito si intenderà soddisfatto in caso di riduzione del fabbisogno energetico pari almeno al 50%.
Il mancato rispetto di tale vincolo comporterà il recupero delle imposte proporzionali da parte dell'Agenzia delle entrate, maggiorate degli interessi e delle sanzioni (pari al 30%). Il meccanismo opera anche in caso di permuta nei confronti di imprese di costruzione per l'acquisto di fabbricati nuovi o ristrutturati: in tale ipotesi al privato acquirente spetta un ulteriore sgravio Irpef.
Ecoincentivi. Rimodulati gli ecoincentivi sulle auto per il biennio 2014-2015. L'aiuto dello stato a chi rottama un veicolo inquinante e lo sostituisce con un altro nuovo a basse emissioni potrà essere inferiore a quanto originariamente previsto dal dl n. 83/2012. L'impianto normativo delle agevolazioni resta invece confermato (articolo ItaliaOggi del 02.09.2014).

APPALTI: Niente gare negli appalti urgenti. Scuole, post-sisma e alluvioni: affidamento diretto. DECRETO SBLOCCA ITALIA/ Le misure del provvedimento in materia di contratti.
Possibile l'affidamento dei lavori in via diretta, senza gara, fino a 200.000 euro e con gara informale fino a 5 milioni per interventi di messa in sicurezza degli edifici scolastici, di mitigazione dei rischi idrogeologici e di adeguamento antisismico dichiarati urgenti dalla stazione appaltante; previsti affidamenti in house per progettazione ed esecuzione di interventi di mitigazione del rischio idrogeologico, senza apertura alla concorrenza; modifiche per le concessionarie autostradali nazionali che intendono unificare tratte contigue, con possibile allungamento della durata della concessione.

Sono queste alcune delle novità contenute nella bozza del decreto legge «Sblocca Italia» approvato il 29 agosto, successivamente rimaneggiata e ridotta a 51 articoli (dai 100 iniziali) e ancora alla presidenza del Consiglio per le ultime modifiche.
Dalla complessiva e complessa operazione di restyling del testo sono uscite penalizzate diverse disposizioni di interesse per il settore degli appalti quali per esempio il rinvio a gennaio 2015 del sistema di verifica dei requisiti dei concorrenti alle gare di appalto pubblico (AVCpass), che quindi rimane operativo ed efficace (ormai dallo scorso primo luglio). Stessa sorte è toccata alle norme di semplificazione dei piccoli lavori (per la fascia di importo 200.000/1.000.000 di euro) e per le disposizioni che introducevano l'elenco dei progettisti gestito dalla presidenza del Consiglio per le progettazioni delle piccole opere. Di interesse è la norma che semplifica e snellisce gli interventi per gli edifici scolastici, il rischio idrogeologico e l'adeguamento antisimico: in queste ipotesi si considererà di «estrema urgenza» ogni «situazione conseguente ad apposita ricognizione da parte dell'Ente interessato che certifica come indifferibile l'intervento» e si potrà accedere a una serie di semplificazioni.
Il tutto sarà possibile per la messa in sicurezza di edifici scolastici (ma anche per nuovi edifici sostitutivi di quelli non più idonei sotto il profilo ambientale, di sicurezza), per interventi di mitigazione dei rischi idraulici e geomorfologici e per l'adeguamento alla normativa antisismica. La semplificazione e l'accelerazione procedurale (sempre nel rispetto dei principi Ue di tutela della concorrenza) si articola in numerose modifiche al codice dei contratti pubblici.
In primo luogo non sarà obbligatorio sospendere la stipula del contratto in caso di ricorso al Tar; se poi i lavori sono di importo inferiore alla soglia comunitaria, le stazioni appaltanti potranno prescindere dalla richiesta della garanzia a corredo dell'offerta (la cauzione provvisoria del 2%).
Semplificate anche le norme sulla pubblicità dei bandi di gara: per questi lavori di estrema urgenza gli avvisi e i bandi non dovranno essere pubblicati anche sui quotidiani, ma basterà la pubblicazione sul sito informatico della stazione appaltante.
Previsto anche il dimezzamento dei termini ordinari per la ricezione delle domande di partecipazione e delle offerte e invito a presentare offerte rivolto ad almeno tre operatori economici. Per i lavori di estrema urgenza di messa in sicurezza degli edifici scolastici di ogni ordine e grado è consentito l'affidamento diretto da parte del responsabile del procedimento fino a 200.000 euro. Da 200.000 a 5 milioni di euro le stazioni appaltanti potranno utilizzare la gara informale con invito rivolto ad almeno cinque operatori economici.
Forte spinta sugli affidamenti a società in house per le attività di progettazione ed esecuzione degli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico: se per tali interventi sono stati siglati accordi di programma con le regioni, i presidenti delle regioni potranno avvalersi, sulla base di apposite convenzioni per la disciplina dei relativi rapporti, di società in house delle amministrazioni centrali dello stato dotate di specifica competenza tecnica.
Sarà poi tutto da vedere l'impatto economico di questa norma che consente affidamenti al di fuori di logiche di concorrenza e di mercato per lavori e progettazioni, senza alcun limite di importo. Per le concessioni autostradali, con la finalità di assicurare gli investimenti sulla rete e di arrivare a tariffe e condizioni di accesso più favorevoli per gli utenti, si consentirà ai concessionari di tratte autostradali nazionali di proporre modifiche del rapporto concessorio che portino alla gestione unitaria di tratte «interconnesse, contigue, ovvero tra loro complementari».
I lavori, le forniture e i servizi di importo superiore alla soglia comunitaria dovranno comunque essere affidati nel rispetto della procedure ad evidenza pubblica previste dal codice dei contratti pubblici (articolo ItaliaOggi del 02.09.2014 - tratto da www.centrostudicni.it).

agosto 2014

EDILIZIA PRIVATABonus antisismico 50-65% per tutti. Salta la limitazione ai soli Comuni a rischio - Lupi: 100mila posti con lo sblocca Italia.
Sgravi fiscali tra il 50 e il 65% estesi a tutto il territorio nazionale per la spesa sostenuta negli interventi di adeguamento e consolidamento antisismico. Tutto questo a partire dal 2015. Nessun intervento invece sullo "storico" bonus fiscale sulle ristrutturazioni edilizie, attualmente al 50%, che scadrà a fine anno riducendosi al 40 per cento. Prorogato invece lo sgravio del 65% sui lavori dei efficientamento energetico dell'edificio. È stato il premier Renzi a volere fortemente la misura anche se l'Economia aveva proposto nei testi di entrata una riduzione al 50% della misura a partire dal 2015.
È in questi termini la questione dei bonus fiscali sui lavori edili -così come è stato affrontata nel Consiglio dei ministri di venerdì- e sui quali il governo non ha ancora alzato ufficialmente il sipario. Non mancano, quindi, le questioni da dirimere nel decreto Sblocca-Italia, sul quale però si ripone molta fiducia: il ministro delle Infrastrutture, Maurizio Lupi, ieri ha sottolineato che l'esecutivo stima «almeno 100mila posti di lavoro che possono derivare» dal provvedimento.
Il premier Matteo Renzi ha voluto a tutti i costi la proroga dello sgravio sulle riqualificazioni energetiche. L'Economia ha opposto i soliti argomenti di equilibrio di bilancio. Non è escluso che la questione venga ripresa e affrontata in occasione della legge di stabilità.
La novità più dirompente è l'ampliamento degli sgravi fiscali sui consolidamenti edilizi, possibilità attualmente limitata geograficamente alle zone di massima pericolosità sismica. La proposta è di poter scontare un importo tra il 50% e il 65% della spesa sostenuta fino a un massimo di 60mila euro, cumulando anche lo sgravio con gli interventi di riqualificazione energetica.
L'attuazione non sarà immediata. L'effettiva possibilità di cumulare lo sgravio dei lavori antisismici con quelli dell'efficienza energetica è infatti rinviata a un Dm attuativo da definire tra Mef, ministero dell'Interno e Protezione civile. Il provvedimento dovrà anche fissare delle «linee guida per la definizione e la classificazione del rischio sismico degli edifici», incluse «procedure di controllo e modalità di attuazione». Per il 2015 si è rischiato invece il doppio depotenziamento dell'attuale bonus sulle riqualificazioni con aumento di efficienza energetica. Il bonus ha rischiato di scendere dal 65% al 50% mentre la detrazione massima si è pensato a una rimodulazione da 100mila a 96mila euro. Ridimensionamento sempre per motivi di copertura.
Stessa cosa per l'altro bonus, quello del 50% sui lavori di ristrutturazione edilizia, che viene appunto abbandonato alla naturale scadenza a fine anno, con il passaggio automatico dello sgravio dal 50% al 40 per cento.
In base alle ultime elaborazioni del rapporto a cura del centro studi della Camera dei deputati-Cresme sull'impatto degli incentivi fiscali alle ristrutturazioni e all'efficienza energetica (si veda Il Sole 24 Ore del 29.07.2014) il bonus del 65% metterà in moto quest'anno investimenti per oltre 4,8 miliardi (esattamente 4.851 milioni). La previsione individua i soli lavori incentivati, ed è stata ricavata dall'analogo valore stimato per 2013, incrementato del 20 per cento.
Se si assume come plausibile la stima Cresme-Camera dei deputati, si deduce che la copertura necessaria sarebbe di 315 milioni l'anno per 10 anni. Ripetendo il calcolo con la nuova detrazione al 50% si ottiene una cifra di 242 milioni. Se questo è l'ordine di grandezza, appare difficile capire la resistenza dell'Economia di fronte a una copertura aggiuntiva di appena 73 milioni l'anno per 10 anni che evita di depotenziare fortemente lo strumento.
Riducendo l'aliquota dal 65% al 50% verrebbe meno gran parte dell'appeal di questa misura che, negli anni (insieme all'analogo sgravio sulle ristrutturazioni edilizie), ha dimostrato un potente effetto keynesiano: dal 1998 al 2013 il bonus sulle ristrutturazioni edilizie ha stimolato investimenti per oltre 132 miliardi da parte di quasi 7,5 milioni di famiglie. E il bonus del 65% tra 2007 e 2013 ha stimolato 22,3 miliardi di investimenti per oltre 1,9 milioni di richiedenti (articolo Il Sole 24 Ore del 31.08.2014 - tratto da www.centrocstudicni.it).

EDILIZIA PRIVATA: Agevolazioni fiscali per contrastare il rischio sismico. Dall'imposta lorda detraibile un importo compreso tra il 50 e il 65% delle spese sostenute per i lavori.
Fisco agevolato per contrastare il rischio sismico. Dall'imposta lorda potrà essere detratto un importo compreso tra il 50 e il 65% delle spese documentate fino a un ammontare complessivo non superiore a 60 mila euro per unità immobiliare. Il tutto, purché gli interventi siano realizzati sulle parti strutturali degli edifici.

Queste alcune delle agevolazioni fiscali previste nella parte della bozza del provvedimento Sblocca Italia relativa all'efficientamento energetico e al rischio sismico, al vaglio del Consiglio dei ministri in programma oggi. Nel dettaglio il provvedimento prevede l'introduzione dell'art. 16-ter all'interno del dpr 917/1986 (Testo unico delle imposte sui redditi), con un rubrica ad hoc denominata «Detrazione delle spese per interventi finalizzati alla riduzione del rischio sismico e al miglioramento del rendimento energetico degli edifici esistenti».
L'art. 16-ter prevede la possibilità di detrarre dall'imposta lorda un importo compreso tra il 50 e il 65% delle spese documentate fino a un ammontare complessivo di 60 mila euro. Le spese in questione, però, devono essere effettivamente sostenute dai contribuenti che detengono l'immobile sulla base di un titolo idoneo. A stabilire la soglia di detrazione, il livello di rischio sismico che, infatti, sarà oggetto di un apposito decreto proveniente dal ministero delle infrastrutture e dei trasporti all'interno del quale sarà appositamente classificato.
Ad accompagnare il decreto, delle linee guida ad hoc che definiranno: un parametro per eseguire la classificazione; la tipologia di interventi; le correlazioni intercorrenti tra la riduzione del rischio sismico e le detrazioni fiscali; la documentazione tecnica idonea a definire la classificazione. A completare il quadro, poi, anche le agevolazioni per l'efficientamento energetico. Il comma del nuovo art. 16-ter prevede, infatti la possibilità di detrarre dall'imposta lorda un importo pari al 50% delle spese documentate fino a un ammontare complessivo non superiore a 96 mila euro per unità immobiliare.
Il tutto, a condizione che sull'immobile siano effettuati interventi volti al risparmio energetico con particolare attenzione all'installazione di impianti basati sull'impiego di fonti rinnovabili di energia. I limiti di detrazione previsti, infine, restano quelli fissati dall'art. 16-ter, se sulla stessa unità immobiliare sono eseguiti anche interventi di riqualificazione energetica o di recupero del patrimonio edilizio (articolo ItaliaOggi del 29.08.2014 - tratto da www.centrostudicni.it).

EDILIZIA PRIVATA: L'art. 65 dpr 380/2001 prevede che “le opere di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso ed a struttura metallica, prima del loro inizio, devono essere denunciate dal costruttore allo sportello unico, che provvede a trasmettere tale denuncia al competente ufficio tecnico regionale”, il che esclude che il rilascio del permesso di costruire sia subordinato a tale adempimento (cfr. art. 4 l. 1086 del 1971: “Le opere di cui all'articolo 1 devono essere denunciate dal costruttore all'ufficio del genio civile, competente per territorio, prima del loro inizio”).
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14 - Quanto al settimo motivo, con cui si lamenta essere stata omessa la preventiva approvazione del progetto da parte del genio civile in ritenuta violazione dell’art. 64 t.u. ed., va osservato che il successivo art. 65 prevede che “le opere di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso ed a struttura metallica, prima del loro inizio, devono essere denunciate dal costruttore allo sportello unico, che provvede a trasmettere tale denuncia al competente ufficio tecnico regionale”, il che esclude che il rilascio del permesso di costruire fosse subordinato a tale adempimento (cfr. art. 4 l. 1086 del 1971: “Le opere di cui all'articolo 1 devono essere denunciate dal costruttore all'ufficio del genio civile, competente per territorio, prima del loro inizio”).
I ricorrenti d’altra parte non deducono quale norma prescriva la pregiudizialità del deposito rispetto al titolo edilizio, tenuto conto che anche nelle ipotesi disciplinate dagli artt. 83 e ss. t.u. ed., “fermo restando l'obbligo del titolo abilitativo all'intervento edilizio, nelle località sismiche, ad eccezione di quelle a bassa sismicità …, non si possono iniziare lavori senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione” (art. 94).
Né si vede in che termini rilevi l’art. 89, visto che lo stesso è riferito al procedimento di formazione degli strumenti urbanistici (“Tutti i comuni nei quali sono applicabili le norme di cui alla presente sezione e quelli di cui all'articolo 61, devono richiedere il parere del competente ufficio tecnico regionale sugli strumenti urbanistici generali e particolareggiati prima della delibera di adozione…”) e quindi a fattispecie del tutto estranea a quella in esame (TAR Abruzzo-Pescara, sentenza 11.08.2014 n. 375 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

luglio 2014

EDILIZIA PRIVATA: B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 29 del 16.07.2014, "Aggiornamento delle zone sismiche in Regione Lombardia (l.r. 1/2000, art. 3, c. 108, lett. d)" (deliberazione G.R. 11.07.2014 n. 2129).

maggio 2014

EDILIZIA PRIVATADal CNR la guida definitiva per la valutazione della sicurezza sismica degli edifici esistenti.
Le Norme Tecniche per le Costruzioni (D.M. 14.01.2008) definiscono i metodi e i criteri per la verifica sismica delle costruzioni esistenti.
Il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), a supporto della normativa tecnica in vigore, propone una interessante guida contenente una serie di procedure di valutazione dell’affidabilità sismica delle costruzioni in muratura e cemento armato esistenti.
Il documento si compone di:
● un capitolo generale, contenente gli aspetti della procedura di verifica comuni alle diverse tipologie costruttive, ed in particolare le costruzioni in muratura e quelle in cemento armato;
● due capitoli che forniscono gli elementi specifici relativi alle costruzioni in muratura e in cemento armato;
● un’appendice con commenti ed esempi applicativi su un edificio in muratura e un edificio in cemento armato.
Il manuale risulta molto interessante per chiunque si occupi di calcolo strutturale e verifica delle strutture esistenti (29.05.2014 - link a www.acca.it).

aprile 2014

EDILIZIA PRIVATA: OMESSA DENUNCIA LAVORI IN CEMENTO ARMATO: È REATO PROPRIO DEL COSTRUTTORE?
Il reato di omessa denuncia delle opere in conglomerato cementizio armato (artt. 65 e 72, D.P.R. 06.06.2001, n. 380), in quanto reato omissivo proprio, è configurabile in capo al costruttore, essendo imposto dalla legge, in via esclusiva a carico di quest'ultimo, l'obbligo di denuncia.
La questione giuridica oggetto di esame da parte della Suprema Corte verte, in particolare, sulla esistenza di un contrasto giurisprudenziale in ordine alla individuazione del soggetto responsabile del reato di omessa denuncia dei lavori in cemento armato.
La vicenda processuale trae origine dalla sentenza con cui il Tribunale ha ritenuto responsabile di violazioni continuate della normativa sulle opere in conglomerato cementizio (art. 81 c.p., D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 64 e 71, 65 e 72) e della normativa antisismica (art. 81 c.p., D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 93, 94 e 95) il proprietario e committente, cui è stato addebitato di aver realizzato su un capannone prefabbricato, una scala in cemento armato, un vano ascensore, un solaio in lamiera grecata, un manufatto in profilati di alluminio e vetri a copertura di una scala, in assenza di un progetto esecutivo e della direzione di un tecnico abilitato e senza la prescritta denunzia di inizio lavori all'Ufficio del Genio Civile, e senza l'attestazione di avvenuto deposito, trattandosi di opere in zona sismica.
Contro la sentenza proponeva ricorso per cassazione l’interessato, sostenendo che, quanto alle opere in cemento armato, il reato di omessa denuncia non possa essere attribuito al committente.
La Cassazione, nel prendere atto dell’esistenza del contrasto giurisprudenziale, ha dichiarato estinti i reati contestati (nel senso che il reato in esame sarebbe reato proprio del costruttore: Cass. pen., sez. III, 07.05.2010, n. 17539, in CED Cass., n. 247168; diversamente, nel senso che il committente di lavori edilizi concorre, in qualità di "extraneus", nella contravvenzione di omessa denuncia delle opere in conglomerato cementizio armato, pur trattandosi di reato omissivo proprio del costruttore, v. Cass. pen., sez. III, 31.05.2011, n. 21775, in CED Cass., n. 250377, peraltro precisando che il concorso è ipotizzabile, ad esempio, quando la denuncia sia omessa proprio su istigazione  di chi ha ordinato i lavori) (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 18.04.2014 n. 17281 - commento tratto da Urbanistica e appalti n. 7/2014).

febbraio 2014

EDILIZIA PRIVATA: Bonus antisismico con «titoli» pesanti. Permesso di costruire o super-Dia per ottenere la detrazione del 65% fino a 96mila euro. Ristrutturazioni. L'incentivo maggiorato per la messa in sicurezza statica riguarda le procedure autorizzatorie attivate dopo il 04.08.2013.
La possibilità di detrarre dall'imposta lorda il 36% delle spese per misure antisismiche era già contemplata dall'articolo 16-bis del Tuir, inserito nel Testo unico dal Dl 201/2011.
Si tratta, in particolare, degli interventi previsti dalla norma al comma 1, lettera i), relativi all'esecuzione di opere per la messa in sicurezza statica, sulle parti strutturali degli edifici, per la redazione della documentazione obbligatoria necessaria per comprovare la sicurezza statica del patrimonio edilizio, nonché per la realizzazione degli interventi necessari al rilascio di questa documentazione.
Per questa tipologia di interventi l'articolo 16 del Dl 63/2013 –come modificato dalla legge di stabilità 147/2013– ha innalzato l'entità della detrazione al 65% fino a una spesa massima di 96mila euro per unità immobiliare, per le spese sostenute entro il 31 dicembre di quest'anno (per gli anni a venire, si veda l'articolo in basso).
Dall'incrocio delle due previsioni il riconoscimento della detrazione potenziata al 65% risulta assoggettato ad alcune limitazioni.
Innanzitutto questo si riferisce ai soli interventi le cui procedure autorizzatorie siano state attivate dopo il 04.08.2013, data di entrata in vigore della legge 90/2013 (di conversione del Dl 63).
In secondo luogo la disposizione del 2013 non trova applicazione per l'intero territorio nazionale, poiché riguarda solo le opere eseguite sugli edifici ricadenti nelle zone sismiche a pericolosità alta o media (zone 1 e 2) di cui all'ordinanza del presidente del Consiglio dei ministri n. 3274 del 20.03.2003.
Inoltre, non ogni tipologia di lavori potrà fruire dei benefici fiscali. L'articolo 16-bis, infatti, prende in considerazione soltanto l'adozione di misure antisismiche e l'esecuzione di opere per la messa in sicurezza statica da realizzarsi «sulle parti strutturali degli edifici o complessi di edifici collegati strutturalmente e comprendere interi edifici».
Infine il beneficio è riconosciuto solo per gli interventi riguardanti edifici destinati ad attività produttive o ad abitazione principale del contribuente.
I titoli abilitativi ammessi
Dovendo riguardare le «parti strutturali», la tipologia delle opere va a inquadrarsi tra gli «interventi di ristrutturazione edilizia», (articolo 3, comma 1, lettera d), Dpr 380/2001), il cui titolo abilitativo sarà il permesso di costruire o, se prevista dalla normativa regionale, una super-Dia.
Andrà quindi tendenzialmente escluso il riconoscimento del beneficio per le opere riconducibili agli «interventi di restauro e di risanamento conservativo» (articolo 3, comma 1, lettera c), Dpr 380/2001). D'altro canto è la stessa rubrica dell'articolo 16 a fare esplicito riferimento alla «ristrutturazione edilizia», contribuendo a chiarire l'ambito di operatività della norma. Ulteriore aspetto problematico è quello collegato al concreto avvio delle procedure autorizzatorie e ai limiti temporali entro cui le spese devono essere sostenute per fruire della maggiore detrazione.
Interventi su interi edifici
La norma non consente di intervenire sulle parti strutturali della singola unità immobiliare, che viene presa in considerazione unicamente per determinare l'ammontare massimo della detrazione, ma solo sull'intero edificio o su complessi di edifici collegati. Pertanto, salvo i casi in cui l'immobile appartenga a un unico soggetto, sarà indispensabile il coinvolgimento dei vari comproprietari o dei condomini che dovranno deliberare, con i quorum costitutivi e deliberativi ex articolo 1136 Codice civile, sull'esecuzione o meno dell'intervento, sull'eventuale acquisizione di progetti di massima e preventivi da varie imprese, sull'individuazione del professionista cui affidare la progettazione e la direzione dei lavori, sulla costituzione obbligatoria del fondo speciali previsto dall'articolo 1135 Codice civile.
Non va poi trascurato che nell'ipotesi in cui gli edifici ricadono nei centri storici (zone A), gli interventi potranno essere soltanto realizzati «sulla base di progetti unitari e non su singole unità immobiliari», il che lascia intravvedere la necessità della preventiva predisposizione e approvazione di un piano attuativo, con ulteriore dilatazione dei tempi necessari al concreto avvio delle opere
(articolo Il Sole 24 Ore del 24.02.2014 - tratto da www.centrostudicni.it).

EDILIZIA PRIVATA: Disciplina antisismica e soggetto danneggiato.
La normativa antisismica tutela, esclusivamente, l'interesse pubblico (anche a scapito di interessi di natura privatistica) alla sicurezza degli edifici.
Il privato che assume di aver subito un danno dalla realizzazione di una costruzione in violazione di siffatta normativa non può, pertanto, essere considerato persona offesa dal reato, ma soltanto soggetto danneggiato che può far valere i suoi diritti, sul piano civilistico, anche all'interno di processo penale
(Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 19.02.2014 n. 7786 - tratto da www.lexambiente.it).
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MASSIMA
3.
Chi assume di avere subito un pregiudizio dalla edificazione abusiva, pacificamente, non è persona offesa dal reato, ma solo danneggiato, in quanto parte offesa è esclusivamente la pubblica amministrazione, che è titolare degli interessi attinenti alla tutela del territorio protetti dalla norma incriminatrice (cfr. sez. 3, 14.01.2009 n. 6229, P.O. in proc. Celentano ed altri, RV 242532; sez. 3, 12.04.2005 n. 26121, Rosato, RV 231952).
Il reato posto in essere in violazione della normativa edilizia ed urbanistica è, invero, "monoffensivo", per cui "chi assume di aver subito pregiudizio dall'abusiva edificazione non è la persona offesa dal reato ma persona danneggiata, stante che la parte offesa è solo la pubblica amministrazione in quanto titolare di interessi attinenti al territorio protetti dalla norma incriminatrice" (cfr. Cass. sent. n. 6229/2009 cit.).
4.
A maggior ragione tali rilievi valgono con riferimento alla normativa antisismica.
Tale normativa tutela, indiscutibilmente, l'interesse della RA. a che venga preventivamente controllata qualsiasi opera da realizzarsi in zona sismica, al fine di salvaguardare la pubblica incolumità. Va, invero, accertata la sicurezza statica delle costruzioni in previsione di possibili eventi sismici nelle zone ritenute "a rischio".
Tale interesse è ritenuto dal legislatore talmente rilevante da apprestare una tutela addirittura "rafforzata" rispetto a quella prevista per l'ordinato sviluppo urbanistico del territorio. Il controllo degli organi tecnici della RA. a tanto preposti si manifesta, in modo assolutamente significativo, sia in via preventiva che in sede repressiva.

L'art. 83 DPR 380/2001 prevede che "tutte le costruzioni la cui sicurezza possa comunque interessare la pubblica incolumità, da realizzarsi in zone dichiarate sismiche ai sensi dei commi 2 e 3 del presente articolo, sono disciplinate, oltre che dalle disposizioni di cui all'art. 52, da specifiche norme tecniche emanate, anche per i loro aggiornamenti, con decreti del Ministro per le infrastrutture ed i trasporti, di concerto con il Ministro per l'interno, sentiti il Consiglio Superiore dei lavori pubblici, il Consiglio nazionale delle ricerche e la Conferenza unificata".
E, al fine di consentire l'osservanza delle rigorose disposizioni previste per la realizzazione di costruzioni in zone sismiche (artt. 84-92), è necessario procedere a denuncia di lavori e presentazione dei progetti (art. 93) e richiedere autorizzazione per l'inizio dei lavori (art. 94).
Nell'ipotesi di accertamento della violazione delle norme in precedenza indicate è prevista la sospensione immediata dei lavori "con l'intervento della forza pubblica ove ciò sia necessario per l'esecuzione dell'ordine di sospensione (art. 97, co. 3) e la denuncia all'A.G., che, se nel corso del procedimento, ravvisa la necessità di ulteriori accertamenti, nomina uno o più consulenti, scegliendoli tra i componenti del Consiglio Superiore dei lavori pubblici o tra tecnici laureati appartenenti ai ruoli del Ministero delle infrastrutture o di altre amministrazioni statali (art. 98, co. 1) e per il dibattimento deve essere in ogni caso citato il dirigente dell'Ufficio tecnico della regione (comma 2)".
Con il decreto o la sentenza di condanna il Giudice ordina la demolizione delle opere o delle parti costruite in difformità ovvero impartisce le prescrizioni necessarie per rendere le opere conformi (art. 98, co. 3). La peculiarità della normativa in tema di costruzioni realizzate in zona individuata come sismica si manifesta ancor di più nella "fase esecutiva".
In deroga alle norme previste dal codice di rito in tema di esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali (a norma dell'art. 655 c.p.p. "Salvo che sia diversamente disposto, il pubblico ministero presso il giudice indicato nell'art. 665 cura l'esecuzione dei provvedimenti"),
l'art. 99 DPR 380/2001 stabilisce che "qualora il condannato non ottemperi all'ordine o alle prescrizioni di cui all'art. 98, dati con sentenza irrevocabile o con decreto esecutivo, il competente ufficio tecnico della Regione provvede, se del caso con l'assistenza di forza pubblica, a spese del condannato". Ed il successivo art. 100 prevede che "qualora il reato sia estinto per qualsiasi causa, la Regione ordina, con provvedimento definitivo, sentito l'organo tecnico consultivo della Regione, la demolizione delle opere.".
E, per l'adempimento delle disposizioni previste dagli artt. 99 e 100, deve essere trasmessa a cura della cancelleria all'Ufficio tecnico della Regione copia della sentenza irrevocabile o del decreto esecutivo, nel termine di quindici giorni dalla irrevocabilità o dalla esecutività. E' evidente la "ratio" di tali disposizioni, che attribuiscono, proprio per la tutela dell'interesse sotteso alla normativa antisismica, una speciale competenza ad organi tecnici che debbono provvedere in breve termine alla eliminazione di costruzioni eseguite senza l'osservanza delle prescrizioni tecniche e quindi pericolose per la pubblica incolumità.

5.
L'interesse pubblico così preminente, come si è visto, a che venga rispettata la sicurezza degli edifici in zone sismiche, al fine di assicurare la pubblica incolumità, esclude che la normativa che disciplina la materia possa contemporaneamente tutelare interessi di natura privatistica.
Tant'è che si prescinde, ai fini della sussistenza del reato, dall'effettiva pericolosità della costruzione realizzata senza i prescritti adempimenti; e la verifica postuma dell'assenza del pericolo ed il rilascio dei provvedimenti abilitativi non incide sulla illiceità della condotta, poiché gli illeciti sussistono in relazione al momento di inizio della attività (cfr. Cass. pen. sez. 3, 17.06.1997 n. 5738). Anche la giurisprudenza successiva ha ribadito,
per la configurabilità delle contravvenzioni previste dalla normativa antisismica, è irrilevante che le costruzioni siano effettivamente pericolose (Cass. Sez. 3 n. 41617 di 02.10.2007) e che, perfezionandosi il reato, con l'inizio di esecuzione delle opere che arrecano offesa al bene giuridico protetto, irrilevante è il giudizio di compatibilità dei manufatti realizzati con le cautele antisismiche imposte dalla legge (Cass. sez. 3 n. 7893 dell'11.01.2012).
Le disposizioni della normativa antisismica si applicano, invero, a tutte le costruzioni la cui sicurezza possa interessare la pubblica incolumità, a nulla rilevando la natura dei materiali usati e delle strutture realizzate- a differenza della disciplina relativa alle opere in conglomerato cementizio armato- in quanto l'esigenza di maggior rigore nelle zone dichiarate sismiche rende ancor più necessari i controlli e le cautele prescritte, quando si impiegano elementi strutturali meno solidi e duraturi del cemento armato (Cass. pen. sez. 3, 24.10.2001 n. 38142); che se la costruzione si trovi all'interno di una proprietà privata, in quanto nel concetto di pubblica incolumità rientra anche il possibile danno al singolo individuo, e quindi allo stesso proprietario del manufatto, degli effetti delle azioni sismiche (Cass. sez. 3 n. 14432 del 29.02.2008).
6. L'interesse generale alla sicurezza degli edifici in zone individuate come soggette a rischio sismico è tanto rilevante da determinare perfino la "deroga" alla normativa civilistica prevista per la distanza nelle costruzioni (con sacrificio, quindi, degli interessi di natura privata).
Come affermato, con la sentenza n. 3425 del 16.02.2006 della seconda sezione civile, "
nelle zone in cui vige la normativa antisismica -contenuta nella legge 25.11.1962 n. 1684- non sono applicabili le disposizioni di cui agli artt. 874, 876, 884 cod. civ., secondo le quali il proprietario del fondo contiguo al muro altrui ha la facoltà, rispettivamente, di chiederne la comunione forzosa, di innestarvi il proprio muro, di costruirvi il proprio edificio in appoggio, perché è invece necessario che ogni costruzione costituisca un organismo a sé stante, mediante l'adozione di giunti o altri opportuni accorgimenti idonei a consentire la libera ed indipendente oscillazione degli edifici".

EDILIZIA PRIVATA: Direttore dei lavori e disciplina antisismica.
Il direttore dei lavori, è tra i soggetti destinatari del divieto di esecuzione dei lavori in difetto della preventiva autorizzazione in virtù della posizione di controllo a lui affidata su costruzioni potenzialmente lesive della pubblica incolumità e risponde anche del reato di omesso deposito del progetto per le costruzioni edificate in zona sismica per non aver controllato il rispetto degli adempimenti prescritti dalla normativa antisismica (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 19.02.2014 n. 7775 - tratto da www.lexambiente.it).
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MASSIMA
2.1. Va ricordato, innanzitutto, che
le contravvenzioni previste dalla normativa antisismica puniscono inosservanze formali, volte a presidiare il controllo preventivo della P.A. Ne deriva che l'effettiva pericolosità della costruzione realizzata senza i prescritti adempimenti è del tutto irrilevante ai fini della sussistenza del reato e la verifica postuma dell'assenza del pericolo ed il rilascio dei provvedimenti abilitativi non incide sulla illiceità della condotta, poiché gli illeciti sussistono in relazione al momento di inizio della attività (cfr. Cass. pen. sez. 3, 17.06.1997 n. 5738).
Le disposizioni della normativa antisismica si applicano, invero, a tutte le costruzioni la cui sicurezza possa interessare la pubblica incolumità, a nulla rilevando la natura dei materiali usati e delle strutture realizzate- a differenza della disciplina relativa alle opere in conglomerato cementizio armato- in quanto l'esigenza di maggior rigore nelle zone dichiarate sismiche rende ancor più necessari i controlli e le cautele prescritte, quando si impiegano elementi strutturali meno solidi e duraturi del cemento armato (Cass. pen. sez. 3, 24.10.2001 n. 38142).
2.1.1. Correttamente, pertanto, il Tribunale ha ritenuto che per i lavori effettuati in difformità dal progetto ed analiticamente riportati nell'imputazione occorressero gli adempimenti previsti dalla normativa antisismica di cui agli artt. 93, 94 e 95 DPR 380/2001. Si trattava, invero, della realizzazione di "casseforme ed armature relative a n. 2 manufatti seminterrati aventi dimensioni: mt. 8,70 X 10,00 con altezza di mt. 2,50 e mt. 3,60 X 6,60 con altezza di mt. 2,50" (pag.2 sent.) e, quindi, palesemente di opere non certo "di rilevanza strutturale trascurabile", come assume il ricorrente.
2.2. Quanto ai rilievi in ordine alla posizione del direttore dei lavori, secondo la giurisprudenza assolutamente prevalente di questa Corte,
il reato de quo, "potendo essere commesso da chiunque violi o concorra a violare l'obbligo del deposito del progetto delle opere realizzate in zona sismica, può essere realizzato dal proprietario, dal committente, dal titolare della concessione edilizia e da qualsiasi altro soggetto, che abbia disponibilità dell'immobile o dell'area su cui esso sorge, nonché da coloro, che esplicano attività tecnica ed hanno iniziato la costruzione, senza il doveroso controllo del rispetto degli adempimenti di legge" (cfr. ex multis Cass. pen. sez. 3 n. 35387 del 24.05.2007; conf. Cass. Sez. 3, 10.12.1999; Cass. Sez. 3 n. 4438 del 10.04.1997).
E' stato così ritenuto che il direttore dei lavori, è tra i soggetti destinatari del divieto di esecuzione dei lavori in difetto della preventiva autorizzazione in virtù della posizione di controllo a lui affidata su costruzioni potenzialmente lesive della pubblica incolumità (Cass. pen. sez. 3, 27.01.2004 n. 2640).
E risponde anche del reato di omesso deposito del progetto per le costruzioni edificate in zona sismica per non aver controllato il rispetto degli adempimenti prescritti dalla normativa antisismica (cfr. Cass. pen. sez. 3 n. 6675 del 20.12.2011).

ottobre 2013

LAVORI PUBBLICI - EDILIZIA PRIVATA: Obietta parte ricorrente che l’autorizzazione sismica non abbia attinenza con la cantierabilità dell’intervento, attenendo piuttosto all’inizio dei lavori.
Si tratta di un assunto non condivisibile in quanto, anche a prescindere da quanto previsto espressamente dalla lex specialis, la cantierabilità si innesta proprio nella fase esecutiva dell’opera, presupponendo l’esistenza di un progetto esecutivo.
Del resto, dirimente appare la prescrizione dell’art. 94 del t.u. in materia di edilizia (d.P.R. 06.06.2001, n. 380), alla cui stregua nelle località sismiche «non si possono iniziare lavori senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione».
Ne consegue che è difficilmente ipotizzabile il rilascio del permesso di costruire (intervenuto il 10.06.2010) senza previa autorizzazione sismica, e sicuramente non è giuridicamente consentita, in sua assenza, la comunicazione di inizio lavori, effettuata in data 07.06.2011.
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1. - Con il primo mezzo viene dunque dedotta l’illegittimità dell’impugnata determina dirigenziale n. 8431 del 29.10.2012, recante l’esclusione della domanda di aiuto del ricorrente dalla graduatoria definitiva, e della presupposta determina dirigenziale n. 9711 del 21.12.2011, nella considerazione che l’autorizzazione sismica non può ritenersi documento idoneo ad attestare la cantierabilità degli interventi, facendo l’art. 8 del bando (nel testo di cui alla determina dirigenziale n. 6166 del 2010) riferimento, e non, peraltro, a pena di esclusione, alle sole autorizzazioni prodromiche al conseguimento dei titoli abilitativi, mentre l’autorizzazione sismica, atto privo di discrezionalità, si colloca nella fase di esecuzione dei lavori.
Il motivo non appare meritevole di positiva valutazione.
L’art. 8 del bando, concernente modalità e criteri per la concessione degli aiuti previsti dalla misura 3.2.2 “Sviluppo e rinnovamento dei villaggi”, in tema di “cantierabilità degli interventi”, dispone che «il possesso dei titoli abilitativi (DIA, permessi a costruire, nulla-osta e tutte le autorizzazioni necessarie previsti dalle normative vigenti) che determinano la cantierabilità dell’intervento potranno essere acquisiti e trasmessi alla Regione entro e non oltre i 6 mesi successivi alla pubblicazione nel B.U.R.U. della graduatoria provvisoria di ammissibilità al finanziamento, così come descritto nel paragrafo 15».
Con la determina dirigenziale n. 9711 in data 21.12.2011 è stata disposta, da un canto, sub n. 5, «la non obbligatorietà della trasmissione, nei tempi previsti dal bando (sei mesi successivi alla pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione Umbria della graduatoria provvisoria di ammissibilità) delle altre autorizzazioni, tra cui quella sismica, di cui al D.P.R. 380/2001, connesse all’inizio lavori …, per non gravare di ulteriori oneri anche chi non sarà utilmente collocato nelle graduatorie definitive», e d’altro canto, sub n. 6, (è stato disposto) «di fissare per i titolari delle istanze che riceveranno la comunicazione di concessione dell’aiuto, utilmente collocati nelle graduatorie definitive, il termine di ulteriori due mesi e non oltre dalla data di ricevimento di tale comunicazione, pena l’esclusione dalle graduatorie definitive, per la trasmissione alla Regione delle altre autorizzazioni tra cui quella sismica, di cui al D.P.R. 380/2001, connesse all’inizio lavori …, necessarie ad avviare il programma di investimenti».
Nella vicenda in esame non è controverso che la domanda del ricorrente sia stata utilmente inserita nella graduatoria definitiva di ammissibilità, situazione per la quale la ricordata determina dirigenziale n. 9711 del 2011, specificativa dell’originaria lex specialis, al punto 6, prevede che entro due mesi occorre produrre, tra l’altro, l’autorizzazione sismica.
Sul piano dell’interpretazione funzionale, obietta parte ricorrente che l’autorizzazione sismica non abbia attinenza con la cantierabilità dell’intervento, attenendo piuttosto all’inizio dei lavori.
Si tratta, peraltro, di un assunto non condivisibile, in quanto, anche a prescindere da quanto previsto espressamente dalla lex specialis, la cantierabilità si innesta proprio nella fase esecutiva dell’opera, presupponendo l’esistenza di un progetto esecutivo.
Del resto, dirimente appare la prescrizione dell’art. 94 del t.u. in materia di edilizia (d.P.R. 06.06.2001, n. 380), alla cui stregua nelle località sismiche (il Comune di Castiglione del Lago rientra in zona di media sismicità) «non si possono iniziare lavori senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione» (analoga disposizione è contenuta nell’art. 8 della l.r. 27.01.2010, n. 5); ne consegue che è difficilmente ipotizzabile il rilascio del permesso di costruire (intervenuto il 10.06.2010) senza previa autorizzazione sismica, e sicuramente non è giuridicamente consentita, in sua assenza, la comunicazione di inizio lavori, effettuata in data 07.06.2011 (TAR Umbria, sentenza 15.10.2013 n. 498 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

CONDOMINIO - EDILIZIA PRIVATAAi sensi dell’art. 1127 cod. civ. il diritto del proprietario dell’ultimo piano alla sopraelevazione incontra tre limiti:
- le condizioni statiche dell’edificio devono consentire la sopraelevazione: trattasi di divieto assoluto, cui è possibile ovviare se, con il consenso unanime dei condomini, il proprietario sia autorizzato all’esecuzione delle opere di rafforzamento e di consolidamento necessarie a rendere idoneo l’edificio a sopportare il peso della nuova costruzione;
- non deve esserci pregiudizio dell’aspetto architettonico (inteso come stile architettonico dell’edificio);
- non deve determinarsi una notevole diminuzione di aria e di luce per i piani sottostanti: sia il limite precedente che il presente sono limiti per i quali è prevista l’opposizione facoltativa dei singoli condomini controinteressati.
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Il divieto di sopraelevazione, per inidoneità delle condizioni statiche dell’edificio, previsto dall’art. 1127, comma 2, c. c., va interpretato non nel senso che la sopraelevazione è vietata soltanto se le strutture dell’edificio non consentono di sopportarne il peso, ma nel senso che il divieto sussiste anche nel caso in cui le strutture son tali che, una volta elevata la nuova fabbrica, non consentano di sopportare l’urto di forze in movimento quali le sollecitazioni di origine sismica.
Pertanto, qualora le leggi antisismiche prescrivano particolari cautele tecniche da adottarsi, in ragione delle caratteristiche del territorio, nella sopraelevazione degli edifici, esse sono da considerarsi integrative dell’art. 1127, comma 2, c.c., e la loro inosservanza determina una presunzione di pericolosità della sopraelevazione che può essere vinta esclusivamente mediante la prova, incombente sull’autore della nuova fabbrica, che non solo la sopraelevazione, ma anche la struttura sottostante sia idonea a fronteggiare il rischio sismico.
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Nella specie, trattandosi di zona sismica, ed attesa la natura integrativa dell’art. 1127 cpv. cod. civ., ascritta alle leggi antisismiche, il consenso unanime dei condomini (mancante nella specie) avrebbe dovuto esercitarsi per l’appunto sulle particolari cautele da adottarsi, nella sopraelevazione, per la prevenzione del rischio in questione.

... per l’annullamento: - a) del diniego di cui alla nota, prot. n. 2800 del 30.01.2012, successivamente comunicato, a firma congiunta del Responsabile del Servizio Sportello Unico Edilizia Privata e del Responsabile del Settore 4° del Comune di Pontecagnano Faiano, con il quale è stata respinta l’istanza di permesso di costruire per l’ampliamento, ai sensi dell’art. 4 della l. r., n. 19/09 e ss. mm. ii., di un fabbricato sito alla via Veneto;
...
La ricorrente, quale proprietaria esclusiva, in virtù di atto di donazione, rep. n. 19595, racc. 6376 dell’01.02.1979, di un sottotetto, sito alla via Veneto n. 12 del Comune di Pontecagnano Faiano, distinto in catasto al foglio 7, p.lla n. 771, rappresentava che, in data 20.07.2010, in considerazione del regime di favore, introdotto dalla l.r. Campania n. 19/2009, aveva depositato apposita istanza (prot. n. 20509), ai fini dell’ampliamento e del cambio di destinazione d’uso del predetto sottotetto in abitazione; che, in esito al prescritto iter, il Comune di Pontecagnano Faiano, con nota del 19.09.2011, le aveva comunicato i motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza; in particolare, era stata evidenziata la necessità di acquisire:
a) “l’autorizzazione esplicita, espressa nelle forme di legge, della parte rimanente dell’assetto proprietario dell’intero fabbricato (...)”;
b) “l’autorizzazione esplicita (...) della proprietà dell’intero fabbricato in aderenza”;
che, nei termini di cui all’art. 10 bis, aveva depositato un’articolata memoria, con la quale aveva evidenziato che:
   a) ai sensi dell’art. 1127 c. c., il parere degli altri condomini alla sopraelevazione non sarebbe stato necessario, essendo la stessa espressamente consentita dalla predetta disposizione normativa;
   b) aveva comprovato il pieno diritto ad effettuare costruzioni in sopraelevazione, come da titolo di proprietà;
   c) aveva fornito elaborati grafici, dai quali s’evinceva che l’intervento proposto non alterava l’aspetto architettonico dell’immobile;
   d) aveva evidenziato che il fabbricato era stato realizzato, in aderenza a quello limitrofo; pertanto, non sarebbe stato necessario alcun ulteriore atto di assenso dei proprietari dell’immobile in aderenza; lamentava che la P. A., senza tener conto dell’esatta portata di detta memoria, aveva comunque respinto l’istanza; avverso detto provvedimento articolava, pertanto, le seguenti censure: ...
...
Va poi precisato che ai sensi dell’art. 1127 cod. civ. il diritto del proprietario dell’ultimo piano alla sopraelevazione incontra tre limiti:
- le condizioni statiche dell’edificio devono consentire la sopraelevazione: trattasi di divieto assoluto, cui è possibile ovviare se, con il consenso unanime dei condomini, il proprietario sia autorizzato all’esecuzione delle opere di rafforzamento e di consolidamento necessarie a rendere idoneo l’edificio a sopportare il peso della nuova costruzione;
- non deve esserci pregiudizio dell’aspetto architettonico (inteso come stile architettonico dell’edificio);
- non deve determinarsi una notevole diminuzione di aria e di luce per i piani sottostanti: sia il limite precedente che il presente sono limiti per i quali è prevista l’opposizione facoltativa dei singoli condomini controinteressati.
Né opera il richiamato principio della prevenzione in quanto secondo il consolidato orientamento della Corte di cassazione “in tema di rispetto delle distanze legali tra costruzioni, la sopraelevazione di un edificio preesistente, determinando un incremento della volumetria del fabbricato, è qualificabile come nuova costruzione; ne consegue l’applicazione della normativa vigente al momento della modifica e l’inoperatività del criterio della prevenzione se riferito alle costruzioni originarie, in quanto sostituito dal principio della priorità temporale correlata, al momento della sopraelevazione” (Cass. 11.06.2008 n. 15572; 03/01/2011 n. 74).
In conformità a tali considerazioni, e tenute altresì presenti la argomentazioni esposte nella memoria difensiva del controinteressato S.A., diffusamente riportate in narrativa, osserva il Tribunale come, diversamente da quanto sostenuto nel primo motivo di ricorso, il diritto alla sopraelevazione attribuito al proprietario dell’ultimo piano dell’edificio non è assoluto, ma incontra “tre limiti, dei quali il primo (le condizioni statiche) introduce un divieto assoluto, cui è possibile ovviare soltanto se, con il consenso unanime dei condomini, il proprietario sia autorizzato all’esecuzione delle opere di rafforzamento e di consolidamento necessarie a rendere idoneo il fabbricato a sopportare il peso della nuova costruzione, mentre gli altri due limiti (il pregiudizio delle linee architettoniche e la diminuzione di aria e di luce) presuppongono l’opposizione facoltativa dei singoli condomini interessati”.
Prescindendo per il momento da tali ultimi due limiti, è indubbio che nella specie manca il consenso della parte rimanente dell’assetto proprietario dell’intero fabbricato, necessario in vista del conseguimento dell’autorizzazione all’esecuzione delle opere di rafforzamento e consolidamento necessarie a rendere idoneo il fabbricato a sopportare il peso dell’intera costruzione, e tanto per l’opposizione del condomino Scalea Antonio, comproprietario del secondo piano del’edificio de quo.
Si tenga altresì presente che, come opportunamente rilevato da S.A. nello scritto difensivo in atti: “Il divieto di sopraelevazione, per inidoneità delle condizioni statiche dell’edificio, previsto dall’art. 1127, comma 2, c. c., va interpretato non nel senso che la sopraelevazione è vietata soltanto se le strutture dell’edificio non consentono di sopportarne il peso, ma nel senso che il divieto sussiste anche nel caso in cui le strutture son tali che, una volta elevata la nuova fabbrica, non consentano di sopportare l’urto di forze in movimento quali le sollecitazioni di origine sismica. Pertanto, qualora le leggi antisismiche prescrivano particolari cautele tecniche da adottarsi, in ragione delle caratteristiche del territorio, nella sopraelevazione degli edifici, esse sono da considerarsi integrative dell’art. 1127, comma 2, c.c., e la loro inosservanza determina una presunzione di pericolosità della sopraelevazione che può essere vinta esclusivamente mediante la prova, incombente sull’autore della nuova fabbrica, che non solo la sopraelevazione, ma anche la struttura sottostante sia idonea a fronteggiare il rischio sismico” (Cassazione civile – Sez. II, 30.05.2012, n. 8643).
Nella specie, trattandosi di zona sismica, ed attesa la natura integrativa dell’art. 1127 cpv. cod. civ., ascritta alle leggi antisismiche, il consenso unanime dei condomini (mancante nella specie) avrebbe dovuto esercitarsi per l’appunto sulle particolari cautele da adottarsi, nella sopraelevazione, per la prevenzione del rischio in questione (TAR Campania-Salerno, Sez. I, sentenza 10.10.2013 n. 2039 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI: Istruzioni per la Valutazione Affidabilistica della Sicurezza Sismica di Edifici Esistenti (Consiglio Nazionale delle Ricerche, Commissione di studio per la predisposizione e l'analisi di norme tecniche relative alle costruzioni, 10.10.2013).

EDILIZIA PRIVATABonus 65%, conta la sismicità. Sì all'agevolazione a prescindere dall'evento calamitoso. Pochi limiti alla detrazione per le ristrutturazioni: irrilevante la presenza effettiva di danni
Sì alla detrazione del 65% per gli interventi di ristrutturazione, che il terremoto ci sia stato oppure no, purché le costruzioni, abitative o produttive, si trovino in aree sismiche.

Con la conversione in legge del dl n. 63/2013 (legge n. 90/2013) è stato inserito il comma 1-bis, all'art. 16, in base al quale è possibile fruire della detrazione del 65% delle spese sostenute, fino al prossimo 31 dicembre, per l'adozione di misure antisismiche (solo per quelle riferibili alle autorizzazioni avviate dopo il 04/08/2013) su edifici adibiti ad abitazione principale o ad attività produttive ricadenti nelle aree sismiche ad alta pericolosità, di cui all'ordinanza del presidente del Consiglio dei ministri n. 3274 del 20/03/2003 (codici 1 e 2, allegato «A»).
Come indicato dalla stessa Agenzia delle entrate (circ. 29/E/2013 § 2.2) «per tipo di utilizzo, rileva la circostanza che la costruzione sia adibita ad abitazione principale o ad attività produttiva, con ciò privilegiando gli immobili in cui è maggiormente probabile che si svolga la vita familiare e lavorativa delle persone» tenendo conto, ulteriormente, che «per costruzione adibita ad abitazione principale s'intende l'abitazione nella quale la persona fisica o i suoi familiari dimorano abitualmente» secondo la nozione «
rilevante» ai fini dell'imposizione diretta (Irpef).
Di conseguenza, per quanto concerne le costruzioni adibite ad attività produttive si deve far riferimento a quelle unità in cui vengono esercitate attività agricole, professionali, produttive, commerciali e non commerciali.
Con riferimento all'ambito di applicazione l'Agenzia delle entrate ha fornito i relativi chiarimenti (circ. n. 29/E/2013) confermando che l'agevolazione spetta per tutti quegli interventi destinati alla messa in sicurezza statica (parti strutturali), nonché alla redazione della documentazione obbligatoria di convalida della raggiunta sicurezza statica e per la realizzazione degli interventi necessari per il rilascio della detta documentazione.
La detrazione è pari al 65% delle spese sostenute fino a un massimo di 96 mila euro (62.400 euro) per ciascuna unità immobiliare facente parte dell'edificio, da spalmare in dieci quote annuali di pari importo, per un ammontare annuale massimo di 6.240 euro, stante il rinvio alle disposizioni contenute nella lett. i), comma 1, dell'art. 16-bis, dpr n. 917/1986 (Tuir).
Per quanto si evince anche dal documento di prassi citato (circ. 29/E/2013) la detrazione può essere fruita anche dai soggetti Ires con questa differenziazione: se si tratta di opere eseguite su abitazioni principali o su immobili produttivi (capannoni, negozi, depositi e quant'altro) la detrazione spetta fino alla fine dell'anno nella percentuale del 65%, mentre se si tratta di unità abitative residenziali diverse (seconde case, in particolare) o unità collocate in altre aree (codici 3 e 4, allegato «A») la detrazione si applica nella misura più ridotta del 50%.
Non risultano rilevanti, ai fini della fruibilità, la categoria catastale dell'unità immobiliare, la presenza effettiva di danni da eventi sismici e la dichiarazione di area sismica, ma soltanto il tipo di utilizzo (abitazione principale o unità produttiva) e la collocazione territoriale all'interno delle zone ad alta pericolosità.
Di conseguenza, gli interventi indicati beneficiano della detrazione maggiorata del 65% se l'unità abitativa risulta collocata in area individuata ad alta pericolosità, senza la necessità che gli enti territoriali o lo stato abbiano individuato tale area come zona colpita da tali eventi.
Nel caso in cui l'abitazione, pur essendo di fatto collocata in area sismica, non risulti inserita nelle zone di cui ai codici «1» e «2» del citato allegato «A», il contribuente potrà comunque fruire della detrazione del 50% (o, a regime, del 36%). Come detto, beneficiari della detrazione sono tutti i contribuenti Irpef e Ires a condizione che abbiano sostenuto le spese per gli interventi agevolabili indicati in precedenza, che le dette spese siano rimaste a loro carico e che possiedano o detengano l'immobile in conformità a un titolo idoneo (proprietà, diritto reale, locazione, comodato o altro).
Per la fruizione del bonus, in assenza di disposizioni specifiche, si rendono applicabili quelle riferite agli interventi indicati nella lett. i), comma 1, art. 16-bis del Tuir ovvero pagamento con modalità tracciate (bonifici parlanti) e conservazione della documentazione indicata dal provvedimento 02/11/2011 (abilitazioni amministrative, ricevute Ici/Imu, fatture e ricevute fiscali, bonifici e quant'altro) (articolo ItaliaOggi del 04.10.2013).

settembre 2013

EDILIZIA PRIVATA: In tema di disciplina delle costruzioni in zona sismica, il potere-dovere del giudice di ordinare, ai sensi dell'art. 98, 3° comma, del d.P.R. n. 380/2001, la demolizione dell'immobile in caso di condanna per i reati previsti dallo stesso T.U. sussiste soltanto con riferimento alle violazioni sostanziali, ovvero per la inosservanza delle norme tecniche, e non anche per le violazioni meramente formali.
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SENTENZA
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Modica, con sentenza del 15.06.2012, ha affermato la responsabilità penale di Fa.Gi. in ordine ai reati di cui:
   - all'art. 44, lett. a), d.P.R. n. 380/2001 [per avere effettuato il cambio di destinazione d'uso di un fabbricato, originariamente destinato a "magazzino e locale tecnico" in "officina di elettrauto ed ufficio e deposito ricambi dell'attività di elettrauto" in contrasto con le previsioni del piano regolatore generale vigente nel Comune di Ispica, che destinava la zona ad usi agricoli indifferenziati (zona E) - acc. il 05.02.2009);
   - agli artt. 94 e 95 d.P.R. n. 380/2001 [per avere iniziato la costruzione di una tettoia avente superficie di mq. 22,31, in pilastrini e travetti in ferro, senza la preventiva autorizzazione dell'ufficio del Genio civile] e, unificati i reati nel vincolo della continuazione ex art. 81 cpv. cod. pen., lo ha condannato alla pena complessiva di euro 12.000,00 di ammenda, ordinando la demolizione della tettoia ai sensi dell'art. 98 del T.U. n. 380/2001.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il Fa., il quale ha eccepito, sotto i profili della violazione di legge e del vizio di motivazione:
   - la insussistenza e la inconfigurabilità del reato di cui all'art. 44, lett. a), del d.P.R. n. 380/2001, poiché l'intervento edilizio contestato (per il quale in data 19.03.2008 era stata presentata domanda di autorizzazione edilizia per manutenzione ordinaria e straordinaria) avrebbe riguardato un immobile "a destinazione libera", in quanto costruito in epoca anteriore sia all'emanazione delle norme che hanno introdotto l'istituto della licenza edilizia sia all'adozione del P.R.G. del Comune di Ispica, che ha posto le previsioni di zonizzazione che si assumono violate;
   - la illegittimità dell'ordine di demolizione della tettoia, erroneamente correlato alla contestata violazione della normativa antisismica;
   - la carenza assoluta di motivazione in ordine al mancato riconoscimento di circostanze attenuanti generiche e del beneficio della sospensione condizionale della pena.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Solo il secondo motivo di ricorso è fondato e deve essere accolto.
In tema di disciplina delle costruzioni in zona sismica, infatti, il potere-dovere del giudice di ordinare, ai sensi dell'art. 98, 3° comma, del d.P.R. n. 380/2001, la demolizione dell'immobile in caso di condanna per i reati previsti dallo stesso T.U. sussiste soltanto con riferimento alle violazioni sostanziali, ovvero per la inosservanza delle norme tecniche, e non anche per le violazioni meramente formali, quale quella contestata nella fattispecie in esame [vedi Cass., Sez. III: 03.07.2007, n. 37322, Borgia; 19.12.2003, n. 48685, Munafò; 17.01.2001, n. 317, Di Ienno; 15.03.1994, n. 3113, Campisi].
La sentenza impugnata, conseguentemente, deve essere annullata senza rinvio, limitatamente all'ordine di demolizione in essa disposto, che va eliminato (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 17.09.2013 n. 38005 - tratto da www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Interventi in zona inclusa tra quelle a basso indice sismico.
Il reato di omessa denuncia lavori in zona sismica (art. 93, d.P.R. 06.06.2001, n. 380) è configurabile anche in caso di esecuzione di lavori in zona inclusa tra quelle a basso indice sismico.
Qualsiasi intervento edilizio in zona sismica, comportante o meno l'esecuzione di opere in conglomerato cementizio amato, ad eccezione di quelli di manutenzione ordinaria, deve essere previamente denunciato al competente ufficio al fine di consentire i preventivi controlli e necessita del rilascio del preventivo titolo abilitativo, conseguendone, in difetto, la violazione dell'art. 95 del d.P.R. 06.06.2001, n. 380.
Va esclusa anche la rilevanza della distinzione circa la natura dei lavori (ovvero che si tratti d'interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ovvero d'interventi di nuova costruzione), in quanto la violazione delle norme antisismiche e sul cemento armato presuppone soltanto l'esecuzione di lavori edilizi in zona sismica ovvero che comportino l'utilizzo del cemento armato (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 12.09.2013 n. 37385 - tratto da www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: M. Grisanti, A chi compete il rilascio dell'autorizzazione simica? (12.09.2013 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: M. Grisanti, Insostituibilità della preventiva autorizzazione simica (03.09.2013 - link a www.lexambiente.it).

agosto 2013

EDILIZIA PRIVATA:  IL PORTICATO VA ESCLUSO DAL NOVERO DELLE PERTINENZE URBANISTICHE ED E' SOGGETTO ALL’ANTISISMICA.
Il porticato va escluso dal novero delle pertinenze urbanistiche mancando il duplice requisito della individualità e della autonoma utilizzabilità , dovendosi, piuttosto considerare parte integrante del fabbricato (in motivazione, peraltro, la Corte ha precisato che tale distinzione è irrilevante dal punto di vista degli obblighi derivanti dalla normativa antisismica che, essendo finalizzata a rendere possibile il controllo preventivo documentale della complessiva attività edilizia nelle zone sismiche, deve intendersi estesa a qualsiasi costruzione, senza possibilità di distinzione tra opere principali e pertinenze).
Particolarmente interessante la questione oggetto di attenzione da parte della Cassazione nella vicenda in esame, in cui la Corte affronta ancora una volta il tema della qualificazione di un intervento edilizio come afferente ad una pertinenza urbanistica, questa volta riferito ad un porticato di un’abitazione privata.
La vicenda processuale trae origine dalla contestazione mossa all’imputato, proprietario di un’abitazione privata, dei reati di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c) e del D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, per avere realizzato, in assenza del permesso di costruire, su un’area di sua proprietà ricadente in zona tipizzata nel vigente strumento urbanistico generale come ‘‘B16 ville di interesse ambientale - parchi e giardini di interesse ambientale’’ sottoposta a vincolo paesaggistico in località S.C. di N. un porticato della superficie di mq. 100 con copertura di travi in legno, perline e coppi.
Contro la sentenza di condanna proponeva ricorso per Cassazione la difesa dell’imputato, sostenendo, per quanto di interesse in questa sede, che, in relazione alla realizzazione senza permesso di costruire di una tettoia in legno al servizio della propria abitazione, il Comune di (omissis) aveva rilasciato un permesso di costruire in sanatoria del D.P.R. n. 380 del 2001, ex art. 36 che prevedeva la sostituzione della tettoia in legno e tegole con altra in stoffa e che egli si era conformato alle  prescrizioni indicate dal Comune: in sostanza, l’effetto sanante del permesso avrebbe determinato l’estinzione del reato urbanistico.
La Corte di Cassazione non ha, però, condiviso le argomentazioni difensive.
Premettono gli Ermellini che, diversamente da quanto asserito nel ricorso, l’opera realizzata dall’imputato non consisteva affatto in una tettoia (comunque non consentita in assenza di permesso per costruire, non potendosi qualificare come opera pertinenziale), bensì in un porticato con elementi in muratura e copertura in legno e tegole, comportante un consistente aumento di volume e di superficie e dunque necessitante del preventivo permesso di costruire.
In merito, poi, alla questione giuridica, nell’affermare il principio di cui in massima, i giudici di legittimità si richiamano ad un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato che muove dall’assunto per il quale la pertinenza urbanistica ha caratteristiche diverse da quella contemplata dal codice civile, per una serie di elementi:
a) si fonda su dati, desumibili anche dalla normativa catastale;
b) comporta l’impossibilità di destinazioni ed utilizzazioni autonome;
c) si sostanzia nei requisiti della destinazione strumentale alle esigenze dell’immobile principale, risultante sotto il profilo funzionale da elementi oggettivi, dalla ridotta dimensione sia in senso assoluto sia in relazione a quella al cui servizio è complementare, dall’ubicazione, dal valore economico rispetto alla cosa principale e dall’assenza del cosiddetto carico urbanistico.
Ne deriva, dunque, per la giurisprudenza, che il porticato non rientra nel novero delle pertinenze, poiché questo è opera accessoria, mancando di autonomia ed individualità (v., ex multis: Cass. pen., sez. III, 21.03.1997, n. 4056, in CED Cass., n. 207609) (
Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 18.08.2013 n. 33323 - tratto da Urbanistica e appalti n. 11/2013).

EDILIZIA PRIVATA: M. Grisanti, LA PERMANENZA DEL REATO DI COSTRUZIONE IN VIOLAZIONE DELLE NORME TECNICHE ANTISISMICHE (07.08.2013 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA - VARIDalle ristrutturazioni ai mobili. Sconti a chi investe nell'edilizia. Spinta al settore dal dl Energia. Detrazione al 65% per interventi di riqualificazione.
Detrazioni 65% per la riqualificazione energetica degli edifici e adeguamento antisismico. Bonus 50% per le ristrutturazioni, mobili ed elettrodomestici. Recepimento della direttiva Edifici a energia quasi zero.
Queste le novità più importanti contenute nella legge di conversione (approvata definitivamente dal senato il 1° agosto scorso) del dl n. 63/2013 recante «Disposizioni urgenti per il recepimento della direttiva 2010/31/Ue del Parlamento europeo e del Consiglio del 19.05.2010, sulla prestazione energetica nell'edilizia per la definizione delle procedure d'infrazione avviate dalla Commissione europea, nonché altre disposizioni in materia di coesione sociale», pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 181 del 3 agosto. Ma vediamo che cosa cambia.
Prestazione energetica nell'edilizia. Per quanto riguarda la prestazione energetica nell'edilizia, in particolare, una delle novità principali è la sostituzione dell'attestato di certificazione energetica (Ace) con quello di prestazione energetica (Ape), che definisce le caratteristiche di un edificio attraverso l'utilizzo di specifici descrittori e fornisce raccomandazioni per il miglioramento dell'efficienza. In proposito il Consiglio nazionale del notariato ha pubblicato le prime note interpretative relative all'allegazione dell'Ape (il documento è scaricabile dal sito www.italiaoggi.it).
Da segnalare poi la previsione di una riforma strutturale nella metodologia di calcolo delle prestazioni energetiche negli edifici le cui modalità di applicazione verranno definite da successivi decreti del ministero dello sviluppo economico. Disciplinati inoltre i termini per il miglioramento delle prestazioni energetiche degli edifici a energia quasi zero. Mentre è stata modificata la progettazione delle costruzioni e delle ristrutturazioni degli edifici tramite l'integrazione del contenuto dei documenti progettuali e la previsione di una valutazione preliminare della possibilità di inserimento di sistemi ad alta efficienza (quali cogenerazione, teleriscaldamento, pompe di calore e controllo attivo dei consumi).
Ridefinite inoltre le sanzioni in materia di certificazione energetica degli edifici e, tra i requisiti per la qualifica professionale degli installatori degli impianti a fonti rinnovabili, è stata introdotta anche la prestazione lavorativa esercitata alle dipendenze di un'impresa abilitata.
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Premiata l'impresa antisismica.
Innalzamento dal 50 al 65% del bonus fiscale per interventi antisismici su abitazioni ed edifici destinati all'attività produttiva. Estensione della detrazione del 50% introdotta per l'acquisto di mobili e arredi anche ai grandi elettrodomestici a basso consumo energetico. Impegno del governo a stabilizzare gli ecoincentivi entro il 31.12.2013. Sono queste le principali novità inserite dal legislatore nel dl 63/2013 (dl ecobonus), che ha superato l'intero iter parlamentare per la conversione in legge.
Il decreto, che recepisce la direttiva europea sulla prestazione energetica degli edifici, proroga fino al 31.12.2013 la fruizione del bonus 50% per le ristrutturazioni e rafforza le agevolazioni fiscali per la riqualificazione energetica, elevando la misura della detrazione dal 55 al 65% per le spese sostenute dal 06.06.2013 al 31.12.2013 (30.06.2014 per i condomini).
Il bonus del 65% per gli interventi antisismici è riservato agli edifici, purché abitazione principale e purché nelle zone a massimo rischio sismico (zone 1 e 2 delle mappe 2003 della protezione civile). La detrazione del 65% è ammessa anche per la messa in sicurezza antisismica degli edifici per attività produttive (precedentemente erano del tutto esclusi anche dal 36-50%). Per le abitazioni nelle zone 3 e 4 e per le abitazioni non principali restano le detrazioni del 50%.
Il bonus mobili diventa operativo, ma per fruire dell'agevolazione i beni per l'arredo devono essere acquistati dopo aver iniziato i lavori edili sul fabbricato. Mancando nel decreto le indicazioni circa le modalità operative, per arredi e i grandi elettrodomestici in classe A (forni) e A+ (frigoriferi, lavastoviglie ecc.) occorre fare riferimento alla circolare dell'Agenzia delle entrate n. 21/2010.
Misure antisismiche. Con la conversione in legge del dl 63/2013, per gli interventi relativi all'adozione di misure antisismiche spetterà una detrazione dall'imposta lorda pari al 65%, fino a un ammontare complessivo della spesa non superiore a 96.000 euro per unità immobiliare. A tal fine, le procedure autorizzatorie dovranno essere attivate dopo l'entrata in vigore della legge, su edifici ricadenti nelle zone sismiche ad alta pericolosità (zone 1 e 2) di cui all'ordinanza del presidente consiglio dei ministri n. 3274 del 20.03.2003. Rientrano nella tipologia di immobili agevolabili, fino al 31.12.2013, le costruzioni adibite non solo ad abitazione principale (che aveva già il 50%), ma anche ad attività produttive (che invece erano escluse dal 36-50%) e, in entrambi i casi, solo gli edifici situati nelle zone sismiche ad alta pericolosità (zone 1 e 2 della classificazione della protezione civile). Le detrazioni del 65% delle spese per l'adeguamento preventivo saranno spalmate in dieci anni, così come avviene per le detrazioni per il recupero edilizio e l'efficienza energetica.
Bonus mobili. Il testo finale del dl 63/2013 conferma la detrazione del 50% valida per l'acquisto di mobili e grandi elettrodomestici di classe minima A+ oppure A per i forni, destinati all'arredo dell'immobile oggetto di ristrutturazione. La detrazione è calcolata su un ammontare complessivo non superiore a 10 mila euro e va ripartita tra gli aventi diritto in dieci quote annuali di pari importo.
Per l'applicazione della detrazione occorre fare ricorso alle indicazioni di cui alla circolare dell'Agenzia delle entrate n. 21/2010, in cui viene chiarito che i lavori edilizi sul fabbricato devono iniziare prima dell'acquisto dei mobili.
Pertanto la data di inizio lavori deve essere anteriore all'acquisto dell'arredo e degli elettrodomestici. Non risulta invece necessario che le spese di ristrutturazione siano pagate prima di quelle per l'arredo dell'abitazione. Occorre pertanto stabilire la data di decorrenza dei lavori, attraverso la sottoscrizione e conservazione di una dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà.
Nel documento deve essere indicata la data di inizio dei lavori e attestata la circostanza che gli interventi di ristrutturazione edilizia posti in essere rientrano tra quelli agevolabili pur se i medesimi non necessitano di alcun titolo abilitativi ai sensi della normativa edilizia vigente (provvedimento 02/11/2011 n. 149646 punto 1). Sarebbe invece utile un chiarimento dagli organi preposti circa l'individuazione della data dell'acquisto. Si tratta di stabilire se a tal fine occorre riferimento alla consegna o al suo pagamento tramite bonifico.
Per fruire del bonus, si ricordano le istruzioni già comunicate dall'Agenzia delle entrate. Ovvero, il pagamento deve essere effettuato tramite bonifico bancario o postale, con le stesse modalità già previste per la ristrutturazione edilizia, indicando causale del versamento attualmente utilizzata dalle banche e da Poste italiane per i bonifici relativi ai lavori di ristrutturazione fiscalmente agevolati, codice fiscale dell'acquirente, partita Iva o codice fiscale dell'intestatario del bonifico.
Edifici vincolati. In seguito all'introduzione di un emendamento approvato dalla camera, è stato precisato che saranno le amministrazioni titolari delle autorizzazioni relative al vincolo a chiarire se «il rispetto della prescrizione imposta implichi un'alterazione sostanziale del carattere o aspetto» dell'edificio «con particolare riferimento ai profili storici, artistici e paesaggistici».
Attestazione. Novità anche per quanto riguarda le modalità di rilascio dell'attestazione della prestazioni energetica per lo specifico caso di un'unica attestazione per più unità immobiliari facenti parte dello stesso edificio. Ora il rilascio unico sarà più difficile. Era previsto infatti che questa attestazione unica si potesse concedere solo nel caso di una «medesima destinazione d'uso» delle diverse unità immobiliari. Ora le unità immobiliari dovranno avere anche «la medesima situazione al contorno, il medesimo orientamento e la medesima geometria»
Impegni governativi. Nel corso dell'iter parlamentare, il governo ha fornito il proprio consenso affinché vengano definiti entro il 31.12.2013 misure e incentivi selettivi di carattere strutturale, finalizzati a favorire la realizzazione di interventi per il miglioramento e la messa in sicurezza degli edifici esistenti, oltre che per l'incremento del rendimento energetico degli stessi. Il testo prevede inoltre che il governo si impegni a comprendere tra le attività incentivate anche l'installazione di impianti di depurazione delle acque da contaminazione di arsenico anche di tipo domestico, produttivo e agricolo. L'agenda del governo prevede inoltre che entro il 2014 vengano introdotti sgravi fiscali per azioni di rimozione dell'amianto negli edifici (articolo ItaliaOggi Sette del 05.08.2013).

VARIIn Gazzetta. Oggi la pubblicazione. Per mobili e lavatrici il bonifico «parlante» è valido dal 6 giugno.
LA PRECISAZIONE/ La causale del versamento deve indicare alla banca la necessità di effettuare la ritenuta del 4% nei confronti del beneficiario.

Da domani, dovrebbero essere possibili, per le persone fisiche, i pagamenti agevolati al 50% per l'acquisto dei grandi elettrodomestici e al 65% per i condizionatori (anche estivi, ma con pompa di calore efficiente), degli scaldacqua verdi, degli impianti geotermici a bassa entalpia o per l'adozione di misure antisismiche.
È questa la conseguenza della probabile pubblicazione sulla «Gazzetta Ufficiale» di oggi della legge che ha convertito il decreto ecobonus. Queste agevolazioni, infatti, non erano presenti nell'originario decreto legge 04.06.2013, n. 63. Circa la durata del bonus per mobili e grandi elettrodomestici la conversione in legge non ha posto alcun limite finale, rendendo ora difficile un'interpretazione che limiti l'incentivo al 31.12.2013. Ciò nonostante, si consiglia di effettuare i pagamenti entro l'anno (principio di cassa).
Tranne che per le misure antisismiche, per tutti gli altri interventi sembra probabile, però, che prevalga la retroattività al 06.06.2013 delle modifiche introdotte, la quale consentirebbe di considerare validi, ai fini della detrazione fiscale, anche tutti i pagamenti effettuati dai privati da questa data in poi, tramite bonifico parlante.
La causale del versamento può essere anche descrittiva (ad esempio, «detrazione del 50% per le spese di manutenzione straordinaria»), se consente all'istituto bancario o postale, che accredita l'importo sul conto corrente del beneficiario, di capire che deve trattenere la ritenuta d'acconto del 4 per cento. Ma se chi accredita il bonifico all'impresa, non trattiene la ritenuta d'acconto del 4%, questa omissione è imputabile al contribuente, se ha «compilato il bonifico in modo tale da non permettere alla banca di codificare il versamento come soggetto alla ritenuta d'acconto» (risoluzione Dre Piemonte 901-184/2013, protocollo 2013/41381).
Se la fonte normativa viene inserita, deve essere quella corretta: quindi, per il 36-50% (65% per le misure antisismiche) va indicato l'articolo 16-bis, Dpr 22.12.1986, n. 917 (anche Dpr 917/1986 o Tuir), mentre per il 55-65% l'articolo 1, commi da 344 a 347, legge 27.12.2006, n. 296 (anche legge 296/2006 o Finanziaria 2007).
La detrazione Irpef del 36% (50% per i pagamenti effettuati dal 26.06.2012 al 31.12.2013) è rivolta alle persone fisiche, imprese, professionisti e società di persone e agevola le manutenzioni (ordinarie, solo per le parti comuni condominiali), le ristrutturazioni edilizie e i restauri e risanamenti conservativi. Agli stessi soggetti è rivolta la detrazione Irpef del 50% per i mobili e i grandi elettrodomestici di classe non inferiore alla A+, nonché A per i forni. Il bonus del 65% per le misure antisismiche (costruzioni adibite ad abitazione principale o ad attività produttive) è rivolta a tutti i contribuenti e dovrà essere chiarito se si dovranno applicare le regole del 36-50% o del 55-65% (ad esempio, principio di competenza per i soggetti Ires e invio della scheda tecnica all'Enea).
La detrazione Irpef ed Ires del 55% (65% per i pagamenti dal 06.06.2013 al 31.12.2013), infine, si applica a tutti i contribuenti per i pannelli solari termici (non fotovoltaici), impianti di climatizzazione invernale, condizionatori (anche estivi, ma con pompa di calore efficiente), scaldacqua verdi, impianti geotermici a bassa entalpia, pareti isolanti, coperture, pavimenti, finestre e riqualificazione energetica generale degli edifici (articolo Il Sole 24 Ore del 03.08.2013).

EDILIZIA PRIVATA - VARIFisco e immobili. Convertito il Dl 63/13: il beneficio del 65% sino a fine anno esteso anche a condizionatori e pompe di calore
Ecobonus, sconto allargato. Misure antisismiche detraibili al 65% - Senza attestato energetico contratti nulli.
NEI CONDOMINI/ Alla luce delle procedure di approvazione più complicate ampliati i tempi per beneficiare dell'incentivo «verde».

Nell'ambito degli incentivi per il risparmio energetico, ritornano detraibili al 65% da Irpef e Ires i condizionatori, anche estivi, con pompa di calore efficiente, gli impianti geotermici a bassa entalpia e scaldacqua verdi. Per il bonus ristrutturazioni (agevolato al 50% ancora sino a fine 2013), le misure antisismiche saranno detraibili dall'Irpef al 65% sino a fine anno. Torna, inoltre, l'allegazione obbligatoria dell'Ape (attestato di prestazione energetica) per vendite, donazioni o nuove locazioni.
Sono queste le principali modifiche al decreto legge 63/2013 introdotte in sede di conversione in legge ed approvate ieri in via definitiva dal Senato con 249 voti favorevoli, due contrari e nessun astenuto.
Per quanto concerne il risparmio energetico, la detrazione Irpef ed Ires del 55% sugli interventi negli edifici, che sarebbe scaduta il 30.06.2013, è stata prorogata definitivamente dall'01.07.2013 al 31.12.2013, aumentandone la detrazione dal 55% al 65% per le spese sostenute (cioè, pagate per i privati) dal 06.06.2013 al 31.12.2013.
Con la conversione in legge del Dl 63/2013, rientrano, poi, a pieno titolo tra le spese sul risparmio energetico, agevolabili al 65% fino al 31.12.2013, gli interventi di «sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con pompe di calore ad alta efficienza e con impianti geotermici a bassa entalpia» e di «sostituzione di scaldacqua tradizionali con scaldacqua a pompa di calore dedicati alla produzione di acqua calda sanitaria». Per la data di entrata in vigore di questa modifica, valgono le stesse considerazioni indicate per i grandi elettrodomestici (si legga l'articolo a fianco).
Considerando i tempi lunghi di approvazione dei lavori da parte dei condòmini, essi avranno più tempo per beneficiare della maxi-detrazione del 65% per i lavori verdi. In particolare, per i pagamenti dal 06.06.2013 al 30 giugno 2014 si potrà beneficiare della detrazione del 65% per gli interventi sul risparmio energetico «relativi a parti comuni degli edifici condominiali di cui agli articoli 1117 e 1117-bis del Codice Civile» o che interessano «tutte le unità immobiliari di cui si compone il singolo condominio».
Per le parti comuni, la detrazione del 65% spetta dall'anno «di effettuazione del bonifico bancario da parte dell'amministratore e nel limite delle rispettive quote dello stesso imputate ai singoli condomini e da questi ultimi effettivamente versate al condominio al momento della presentazione della dichiarazione» dei redditi. Per gli interventi che interessano «tutte le unità immobiliari di cui si compone il singolo condominio», invece, solo se tutti i condomini effettueranno le spese verdi, si potrà avere il bonus per le spese sostenute dall'01.01.2014 al 30.06.2014 (dal 06.06.2013 al 31.12.2013, non conviene utilizzare questa norma specifica, ma è preferibile beneficiare del bonus per la singola unità immobiliare).
Per gli interventi sul recupero del patrimonio edilizio (manutenzioni, ristrutturazioni e restauro e risanamento conservativo), l'aumento della detrazione Irpef dal 36% al 50% (con limite di spesa passato da 48.000 a 96.000 euro per singola unità immobiliare), in vigore per i pagamenti effettuati dal 26.06.2012, sarebbe scaduto lo scorso 30 giugno, ma l'articolo 16 del Dl 63/2013 l'ha prorogato fino al 31.12.2013. Chi non è riuscito ad effettuare tutti i pagamenti entro giugno 2013, quindi, avrà ancora qualche mese per beneficiare del maxi-sconto fiscale del 50%, che da gennaio 2014 ritornerà al 36 per cento.
La detrazione tipica delle ristrutturazioni edilizie (36-50%) è stata aumentata al 65% per i bonifici effettuati dalla data di entrata in vigore della conversione in legge del decreto e fino al 31.12.2013 per le spese sostenute per gli interventi relativi all'adozione di misure antisismiche, le cui procedure autorizzative saranno attivate dopo l'entrata in vigore della legge di conversione del decreto eco-bonus. Questi interventi potranno essere eseguiti «su edifici ricadenti nelle zone sismiche ad alta pericolosità (zone 1 e 2) di cui all'ordinanza del presidente del Consiglio dei ministri 3274 del 20.03.2003» e dovranno essere riferiti «a costruzioni adibite ad abitazione principale o ad attività produttive». Solo in questi casi, potranno beneficiare della detrazione del 65%, con un massimo della spesa agevolata di 96.000 euro per unità immobiliare (articolo 16, comma 1-bis, Dl 63/2013).
Negli altri casi, per le misure antisismiche senza questi requisiti, si potrà beneficiare della classica detrazione del 36%, aumentata al 50% per i pagamenti effettuati dal 26.06.2012 al 31.12.2013 (articolo Il Sole 24 Ore del 02.08.2013).

luglio 2013

EDILIZIA PRIVATA: Costruzione in zona sismica senza preventivo deposito del progetto.
il reato previsto dagli artt. 93 d.P.R. 380/2001 ha natura di reato permanente, la cui consumazione si protrae sino a quando chi intraprende l'intervento edilizio in zona sismica non presenta la relativa denuncia con l'allegato progetto ovvero non termina l'intervento medesimo (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 11.07.2013 n. 29737 - tratto da www.lexambiente.it).

giugno 2013

EDILIZIA PRIVATAEco-bonus, premi a largo raggio. L'aumento del beneficio al 65% conviene sempre anche se scende l'importo agevolabile.
IL PROBLEMA/ L'agevolazione passa al 65% dal 1° luglio L'unica incognita deriva dalle conseguenze del possibile aumento Iva.
L'ATTENUANTE/ In molti casi l'imposta sul valore aggiunto resterà al 10% Impatto negativo per le spese più elevate.

L'aumento dal 1° luglio della detrazione Irpef ed Ires dal 55% al 65% per le spese sul risparmio energetico qualificato degli edifici rende il regime più conveniente rispetto all'attuale, nonostante la diminuzione dei tetti per la spesa agevolata. L'unica incognita è l'aumento dell'Iva dal 21 al 22%, in programma anch'esso per il 1° luglio se il Governo non riuscirà a posticiparlo nuovamente, che potrebbe "mangiarsi" una quota dei risparmi aggiuntivi.
La maggiore convenienza rispetto al regime attuale emerge chiara da alcuni esempi pratici. Se devono essere spesi importi inferiori ai vecchi limiti (ad esempio, per la coibentazione dell'edificio fino a 109.090,91 euro), il costo dell'investimento netto (cioè "pulito" dalla detrazione da ripartire comunque in dieci anni) è sempre inferiore se si sposta il pagamento delle fatture dopo il 1° luglio. Nel caso in cui, invece, la spesa supera i nuovi tetti, il costo finale è uguale, a prescindere dalla data del pagamento.

Il decreto approvato dal Consiglio dei ministri venerdì, con la proroga fino a fine anno e l'innalzamento al 65% del scaldacqua a pompa di calore), nel caso di persone fisiche o lavoratori autonomi (professionisti). Per le imprese, invece, vale il periodo di competenza economica del costo, che coincide con il momento dell'ultimazione dell'intervento per le prestazioni (difficilmente è agevolato il solo acquisto del bene, senza la sua installazione).
Di conseguenza, l'aumento della detrazione dal 55% al 65% solo da luglio 2013 può comportare un ritardo dei pagamenti da parte di persone fisiche e professionisti, e un ritardo della fine dei lavori per gli interventi commissionati dalle imprese. Un effetto recessivo (per il solo mese di giugno) che poteva essere evitato, copiando quanto fatto nel precedente aumento dell'agevolazione sulle ristrutturazioni edilizie: in quel caso, l'aumento dal 36% al 50% è partito il 26.06.2012, cioè il giorno di pubblicazione in «Gazzetta Ufficiale» del decreto che l'ha previsto (articolo 11, comma 1, del decreto-legge 22.06.2012, n. 83).
Nella tabella a lato sono stati riportati i quattro interventi agevolati (manca solo quello per i condomini), ipotizzando i tre possibili importi di spesa: sotto il nuovo limite (inferiore al vecchio), tra il nuovo e il vecchio e superiore al vecchio limite. Nei primi due casi, si nota la convenienza a posticipare la spesa dopo il 30.06.2013, mentre se la spesa da fare supera i vecchi limiti (terzo caso), la data è indifferente (i limiti sono però molto alti e difficilmente vengono superati.
In tutti i casi, non è stato calcolato l'effetto dell'aumento dell'Iva dal 21% al 22%, previsto dal 01.07.2013, anche perché la tabella vale anche per i soggetti Iva, che possono detrarre l'imposta; in ogni caso, conviene comunque posticipare la spesa, perché l'eventuale maggiore Iva che colpirà solo le persone fisiche (è in generale detraibile per imprese e professionisti) è ampiamente coperto dalla minore Irpef (pari al 10% della spesa sostenuta).
Solo per il privato che supera i vecchi limiti di spesa, l'aumento dell'Iva dal 21% al 22% potrebbe nuocere, perché anche senza considerare l'Iva il costo netto è uguale qualunque sia la data di sostenimento della spesa. In questi casi, se proprio volesse sterilizzare l'aumento dell'Iva, potrebbe chiedere al fornitore di emettere la fattura anticipata dei lavori, prima del primo luglio 2013, applicando l'Iva al 21 per cento.
Sono comunque poche le spese agevolate per cui non si applica l'Iva del 10%, non interessata dall'aumento in programma a luglio. Ad esempio, per gli interventi agevolati, rientranti tra i restauri e risanamenti conservativi e le ristrutturazioni edilizie (su qualunque fabbricato, abitativo e non), l'aliquota Iva del 10% si applica alle prestazioni dipendenti da contratti di appalto o d'opera (voce n. 127-quaterdecies, Parte III, Tabella A, allegata al dpr 633/1972) e all'acquisto di beni, escluse le materie prime e semilavorate (voce n. 127-terdecies, Parte III, Tabella A, allegata al Dpr 633/72).
Si applica l'Iva ordinaria del 21% (22% dal primo luglio), invece, alle prestazioni rese dai professionisti (ingegneri, architetti, geometri, eccetera) o alla parte del valore dei beni significativi (ad esempio, infissi) che eccedono il valore della prestazione (posa in opera o manodopera), delle materie prime e semilavorate, nell'ambito dell'agevolazione Iva del 10%, prevista dall'articolo 7, comma 1, lettera b), legge 23.12.1999, n. 488.
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Pressing per estendere lo sconto a opere antisismiche
L'INDICAZIONE/ Per il presidente della commissione Ambiente della Camera, Realacci, «necessario intervenire in Parlamento».

«La proroga e l'innalzamento al 65% dello sgravio fiscale per il risparmio energetico sono davvero un punto di svolta nelle politiche per la crescita che forse Palazzo Chigi avrebbe potuto comunicare meglio. Senza togliere importanza al disegno di legge sui partiti, penso che queste siano le prime vere misure per la crescita e, aggiungo, per una crescita che va nella direzione giusta della sostenibilità e della qualità edilizia».
Ermete Realacci, presidente della commissione Ambiente della Camera, capofila storico dell'ala ambientalista del Pd e ora vicino a Matteo Renzi, non fa mistero della soddisfazione per il varo del bonus potenziato. È la sua battaglia da anni, convinto com'è che lo sgravio del 55%, ora 65%, sia il tipo di politica economica necessaria all'Italia per rilanciare e riconvertire l'industria in chiave verde e di qualità, decisiva anche per il medio-lungo periodo. Un rammarico, tuttavia, Realacci c'è l'ha: che nel nuovo sgravio al 65% non siano rientrati gli investimenti per la prevenzione antisismica: «Prendo atto –spiega– delle dichiarazioni del governo che la prevenzione sismica è una priorità ma allora non possiamo prendere in giro gli italiani riconfermando lo sgravio del 50% che c'era già. Dobbiamo intervenire in Parlamento estendendo il 65% agli interventi di prevenzione sismica. Lo sgravio del 50% si è dimostrato insufficiente per farli decollare».
Realacci è ottimista sulla possibilità di intervenire nella fase di conversione del decreto. «Credo ci siano margini. Questa è comunque la mia posizione e ho già cominciato a lavorare perché diventi largamente condivisa. D'altra parte, la commissione che presiedo ha già votato una risoluzione che chiedeva due cose: la stabilizzazione del bonus e l'estensione agli interventi di prevenzione antisismica. Ora che c'è anche il rafforzamento al 65%, stiamo creando un'occasione che non possiamo sprecare».
Realacci aggiunge di aver trovato disponibilità nel ministro delle Infrastrutture, Maurizio Lupi. Un'apertura esplicita in questo senso è venuta anche dal ministro dell'Ambiente, Andrea Orlando, che in questa partita ha sposato in pieno le tesi di Realacci, anche quando venerdì ha detto che era necessario allargare la forbice fra il bonus energetico e quello per le ristrutturazioni per creare un maggiore incentivo all'investimento più sostenibile sul piano energetico e ambientale.
Per Realacci il completamento dell'operazione 65% contribuirebbe «a riorientare i cittadini a una nuova idea di casa, considerando che fra una casa ben fatta e una fatta male passa anche una differenza di bolletta energetica di 1.500 euro annui. C'è un gran discutere di Imu che pesa meno di 500 euro su gran parte delle famiglie e dobbiamo imparare a cogliere queste altre opportunità». Il 65% «può contribuire anche a rilanciare il settore dell'edilizia dandogli competitività nella direzione giusta della qualità e della bellezza». A patto che si pensi fin da ora «a una qualche forma di stabilizzazione, tale da consentire una politica che duri negli anni».
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Nuova certificazione. Le penalità per il proprietario. Sanzione fino a 18mila euro se manca l'attestato.
TRASPARENZA/ I parametri energetici vanno riportati anche negli annunci di vendita/affitto Multa da 3mila euro per chi non adempie.

Compravendite di immobili e locazioni con Ape (attestato di prestazione energetica) al posto dell'Ace (attestato di certificazione energetica): è quanto dispone il decreto legge sul bonus energia.
Il nuovo attestato Ape (che avrà vigore solo dal momento in cui ne verrà apprestato lo schema dal ministro dello Sviluppo economico, come previsto dall'articolo 6 del decreto) dovrà essere rilasciato da esperti qualificati e indipendenti, dovrà attestare la prestazione energetica di un edificio attraverso l'utilizzo di specifici descrittori e fornirà raccomandazioni per il miglioramento dell'efficienza energetica.
L'Ace non andrà del tutto in pensione, ma potrà continuare a essere «predisposto al fine di semplificare il successivo rilascio della prestazione energetica»; inoltre, è precisato che l'obbligo di dotare l'edificio di un Ape non sussiste «ove sia già disponibile un attestato in corso di validità, rilasciato conformemente alla direttiva 2002/91/CE».
L'Ape (che avrà una validità temporale di dieci anni e che comunque perderà vigore per effetto di qualsiasi intervento di ristrutturazione o riqualificazione che modifichi la classe energetica dell'immobile) dovrà essere rilasciato al termine dei lavori e a cura di chi li ha effettuati, per gli edifici di nuova costruzione o fatti oggetto di lavori di ristrutturazione "importante" (e cioè quando i lavori in questione insistano su oltre il 25% della superficie dell'involucro dell'intero edificio). Anche il proprietario dell'immobile è però tenuto, in caso di vendita o locazione, a rendere disponibile l'Ape al potenziale acquirente o al nuovo locatario fin dall'avvio delle trattative, e consegnarlo alla fine delle medesime. Se a essere venduto o locato è un edificio ancora non costruito, il venditore o il locatore dovrà fornire evidenza della futura prestazione energetica dell'edificio e dovrà produrre l'Ape insieme alla dichiarazione di fine lavori.
Nei contratti di vendita o nei nuovi contratti di locazione andrà inoltre inserita una clausola con la quale l'acquirente o il conduttore diano atto di aver ricevuto le informazioni e la documentazione, comprensiva dell'Ape, sull'attestazione della prestazione energetica degli edifici. La prestazione energetica è rilevante anche prima della stipula di questi contratti, poiché è prescritto che nel caso di offerta di vendita o di locazione, gli annunci (contenuti in qualsiasi mezzo di comunicazione) debbano riportare «l'indice di prestazione energetica dell'involucro edilizio e globale dell'edificio o dell'unità immobiliare e la classe energetica corrispondente».
Tutte queste prescrizioni sono assistite da sanzioni non lievi. Se non vengano dotati di Ape gli edifici nuovi o ristrutturati oppure oggetto di vendita, il costruttore o il proprietario sono puniti con la sanzione amministrativa non inferiore a 3mila euro e non superiore a 18mila euro. Se di Ape non sia dotato un edificio oggetto di un nuovo contratto di locazione, il proprietario è punito con la sanzione amministrativa da 300 a 1800 euro. In caso di violazione dell'obbligo di riportare i parametri energetici nell'annuncio di offerta di vendita o locazione, il responsabile dell'annuncio è punito con la sanzione amministrativa non inferiore da 500 a 3mila euro.
Di Ape dovranno essere dotati anche gli edifici utilizzati da Pubbliche amministrazioni e aperti al pubblico: il proprietario dovrà produrlo e affiggerlo con «con evidenza all'ingresso dell'edificio stesso o in altro luogo chiaramente visibile al pubblico» (articolo Il Sole 24 Ore del 02.06.2013 - tratto da www.ecostampa.it).

maggio 2013

EDILIZIA PRIVATA: Il rilascio della sanatoria ex art. 36 dpr 380/2001 presuppone la "doppia conformità" anche per il rispetto delle norme tecniche previste per le zone sismiche.
Va dichiara l’illegittimità costituzionale degli articoli 5, commi 1, 2 e 3, 6 e 7 della legge della Regione Toscana 31.01.2012, n. 4 (Modifiche alla legge regionale 03.01.2005, n. 1 «Norme per il governo del territorio» e della legge regionale 16.10.2009, n. 58 «Norme in materia di prevenzione e riduzione del rischio sismico»).
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Il principio della doppia conformità è previsto dall’art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001, che così recita: «1. In caso di interventi realizzati in assenza di permesso di costruire, o in difformità da esso, ovvero in assenza di denuncia di inizio attività nelle ipotesi di cui all’articolo 22, comma 3, o in difformità da essa, fino alla scadenza dei termini di cui agli articoli 31, comma 3, 33, comma 1, 34, comma 1, e comunque fino all’irrogazione delle sanzioni amministrative, il responsabile dell’abuso, o l’attuale proprietario dell’immobile, possono ottenere il permesso in sanatoria se l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda.
2. Il rilascio del permesso in sanatoria è subordinato al pagamento, a titolo di oblazione, del contributo di costruzione in misura doppia, ovvero, in caso di gratuità a norma di legge, in misura pari a quella prevista dall’articolo 16. Nell’ipotesi di intervento realizzato in parziale difformità, l’oblazione è calcolata con riferimento alla parte di opera difforme dal permesso.
3. Sulla richiesta di permesso in sanatoria il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale si pronuncia con adeguata motivazione, entro sessanta giorni decorsi i quali la richiesta si intende respinta.»
Come è evidente dal contenuto letterale della norma, tale principio risulta finalizzato a garantire l’assoluto rispetto della «disciplina urbanistica ed edilizia» durante tutto l’arco temporale compreso tra la realizzazione dell’opera e la presentazione dell’istanza volta ad ottenere l’accertamento di conformità.
Il rigore insito nel principio in questione trova conferma anche nell’interpretazione della giurisprudenza amministrativa, la quale afferma che, ai fini della concedibilità del permesso di costruire in sanatoria, di cui all’art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001, è necessario che le opere realizzate siano assentibili alla stregua non solo della disciplina urbanistica vigente al momento della domanda di sanatoria, ma anche di quella in vigore all’epoca di esecuzione degli abusi.
In tal senso, la stessa giurisprudenza afferma che la sanatoria in questione –in ciò distinguendosi da un vero e proprio condono– è stata deliberatamente circoscritta dal legislatore ai soli abusi «formali», ossia dovuti alla carenza del titolo abilitativo, rendendo così palese la ratio ispiratrice della previsione della sanatoria in esame, «anche di natura preventiva e deterrente», finalizzata a frenare l’abusivismo edilizio, in modo da escludere letture «sostanzialiste» della norma che consentano la possibilità di regolarizzare opere in contrasto con la disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento della loro realizzazione, ma con essa conformi solo al momento della presentazione dell’ istanza per l’accertamento di conformità.
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In particolare, il capo IV della parte II del testo unico di cui al d.P.R. n. 380 del 2001, reca il titolo «Provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche». Il termine «particolari» indica evidentemente che si tratta di prescrizioni aggiuntive, e non alternative, a quelle generali per l’edilizia, come è confermato dall’inserimento del citato capo IV nell’ambito della Parte II dello stesso testo unico, dedicata alla «Normativa tecnica per l’edilizia».
Pertanto, le «particolari prescrizioni» antisismiche sono parte della normativa tecnica generale sull’edilizia e non ne sono separate o autonome, come invece sostiene la Regione Toscana.
In secondo luogo, dall’esame delle norme statali di principio e financo da quelle regionali, traspare evidente il necessario collegamento tra i vari accertamenti concernenti il rispetto delle normative di settore e il rilascio dell’accertamento di conformità in sanatoria di cui all’art. 36 del testo unico. In riferimento alle prime, l’art. 20, comma 1, del d.P.R. n. 380 del 2001, che disciplina il procedimento per il rilascio del permesso di costruire, prevede che la relativa domanda sia accompagnata dalla dichiarazione del progettista che asseveri la conformità del progetto oltre che agli strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi, anche alle altre normative di settore, tra le quali la disposizione statale, significativamente, richiama «in particolare» le «norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie».
Parimenti, l’art. 23, comma 1-bis, dello stesso decreto, collocato nel capo III, concernente la denuncia di inizio attività, esclude che l’autocertificazione consentita in tali casi possa estendersi al rispetto, tra le altre, della «normativa antisismica». Inoltre, l’art. 94, comma 1, del d.P.R. n. 380 del 2001, dispone che «Fermo restando l’obbligo del titolo abilitativo all’intervento edilizio, nelle località sismiche […] non si possono iniziare i lavori senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione», e questa Corte ha ritenuto illegittima la sostituzione dell’autorizzazione con un semplice preavviso.
Se pertanto, nel sistema dei principi delineati dalla normativa statale, sia gli interventi edilizi soggetti a permesso di costruire, sia quelli consentiti a seguito di denuncia, presuppongono sempre la previa verifica del rispetto delle norme sismiche, non pare possa dubitarsi che la verifica della doppia conformità, alla quale l’art. 36 del testo unico subordina il rilascio dell’accertamento di conformità in sanatoria, debba riferirsi anche al rispetto delle norme sismiche, da comprendersi nelle norme per l’edilizia, sia al momento della realizzazione dell’intervento che al momento di presentazione della domanda di sanatoria.
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L’accertamento del rispetto delle specifiche norme tecniche antisismiche è sempre un presupposto necessario per conseguire il titolo che consente di edificare, al quale si riferisce il criterio della doppia conformità.
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Quanto alla ratio del principio statale sul quale si fonda la previsione della sanatoria di cui all’art. 36 dpr 380/2001, deve osservarsi che il requisito della doppia conformità risulta strettamente correlato alla natura della violazione edilizia sottostante, che come si è visto deve essere di tipo «puramente formale».
Questa Corte ha ritenuto che tale intento è «palesemente orientato ad esigere una vigilanza assidua sulle costruzioni riguardo al rischio sismico, attesa la rilevanza del bene protetto, che trascende anche l’ambito della disciplina del territorio, per attingere a valori di tutela dell’incolumità pubblica che fanno capo alla materia della protezione civile, in cui ugualmente compete allo Stato la determinazione dei principi fondamentali».
La Corte ha anche affermato che le norme sismiche dettano «una disciplina unitaria a tutela dell’incolumità pubblica, mirando a garantire, per ragioni di sussidiarietà e di adeguatezza, una normativa unica, valida per tutto il territorio nazionale».

3.— Nel merito, la questione è fondata.
Al fine di individuare la materia nella quale rientrano le disposizioni impugnate, è opportuno premettere che l’accertamento di conformità in sanatoria per le opere edilizie è stato previsto, per la prima volta, dall’art. 13 della legge 28.02.1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie), e successivamente è stato recepito dalla più recente e completa regolazione prevista dal testo unico approvato con d.P.R. n. 380 del 2001 che, all’art. 1, comma 1, qualifica le norme in esso contenute come «principi fondamentali e generali […] per la disciplina dell’attività edilizia».
In particolare, si osserva che le norme censurate intervengono nell’ambito della disciplina delle costruzioni nelle zone sismiche, dettando specifiche disposizioni ai fini del conseguimento del suddetto accertamento di conformità nei casi di interventi edilizi realizzati nelle zone sismiche e nelle zone a bassa sismicità, o in corso di realizzazione in tali zone.
Questa Corte si è, in più occasioni, pronunciata con riguardo alla legittimità di disposizioni regionali intervenute nella disciplina delle costruzioni nelle zone sismiche, valutandone la coerenza con le norme statali di principio contenute nel richiamato testo unico di cui al d.P.R. n. 380 del 2001. Nella sentenza n. 182 del 2006, la Corte ha dichiarato illegittima, per violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., una disposizione della legge della Regione Toscana n. 1 del 2005 in considerazione del mancato rispetto, sotto un diverso profilo, di una norma statale di principio prevista dall’art. 94 del d.P.R. n. 380 del 2001 sul controllo delle costruzioni a rischio sismico, nella parte in cui non stabiliva che non si possono iniziare lavori senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della Regione. La disposizione regionale prevedeva, infatti, il semplice preavviso alla struttura regionale competente, senza richiedere la predetta autorizzazione.
Più in generale, in questa pronuncia la Corte ha affermato che «l’intento unificatore della legislazione statale è palesemente orientato ad esigere una vigilanza assidua sulle costruzioni riguardo al rischio sismico, attesa la rilevanza del bene protetto, che trascende anche l’ambito della disciplina del territorio, per attingere a valori di tutela dell’incolumità pubblica che fanno capo alla materia della protezione civile, in cui ugualmente compete allo Stato la determinazione dei principi fondamentali».
Inoltre, con sentenza n. 201 del 2012, è stata dichiarata l’illegittimità di una disposizione della legge della Regione Molise 09.09.2011, n. 25 (Procedure per l’autorizzazione sismica degli interventi edilizi e la relativa vigilanza, nonché per la prevenzione del rischio sismico mediante la pianificazione urbanistica), che, disciplinando le procedure per l’autorizzazione sismica per gli interventi edilizi, prevedeva, in caso di modifica architettonica che comportasse un aumento dei carichi superiore al 20%, l’obbligo di redazione di una variante progettuale da depositare preventivamente, mentre per le modifiche inferiori a questo limite si richiedeva il deposito della sola verifica strutturale nell’ambito della direzione dei lavori. Questa Corte ha ritenuto che la norma regionale violasse il principio di cui all’art. 88 del d.P.R. n. 380 del 2001.
Anche in questo caso la Corte ha ribadito che «la normativa regionale impugnata, occupandosi degli interventi edilizi in zone sismiche e della relativa vigilanza, rientra nella materia della protezione civile, oggetto di competenza legislativa concorrente ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost.».
Tale inquadramento, recentemente ribadito nella sentenza n. 64 del 2013, era peraltro già stato affermato nelle sentenze n. 254 del 2010 e n. 248 del 2009, in riferimento alla illegittimità di deroghe regionali alla normativa statale per l’edilizia in zone sismiche, ed in relazione al titolo competenziale di tale normativa: la Corte ha ritenuto che essa rientri nell’ambito del governo del territorio, nonché nella materia della protezione civile, per i profili concernenti «la tutela dell’incolumità pubblica» (sentenza n. 254 del 2010).
Di conseguenza, nel contesto legislativo e giurisprudenziale, ora sinteticamente richiamato, deve ritenersi che le norme impugnate nel presente giudizio –che riguardano la disciplina dei requisiti per ottenere l’accertamento di conformità in sanatoria per gli interventi edilizi realizzati nelle zone sismiche e nelle zone a bassa sismicità, il relativo procedimento, ed il collegamento di tali disposizioni con la procedura di accertamento di conformità in sanatoria per le opere edilizie di cui all’art. 140 della legge regionale n. 1 del 2005– rientrano anch’esse nelle materie relative al governo del territorio e, per i profili indicati, alla protezione civile, e non costituiscono norme tecniche che esulano da tali ambiti.
4.— Il principio della doppia conformità, invocato dal Presidente del Consiglio dei ministri, è previsto dall’art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001, che così recita: «1. In caso di interventi realizzati in assenza di permesso di costruire, o in difformità da esso, ovvero in assenza di denuncia di inizio attività nelle ipotesi di cui all’articolo 22, comma 3, o in difformità da essa, fino alla scadenza dei termini di cui agli articoli 31, comma 3, 33, comma 1, 34, comma 1, e comunque fino all’irrogazione delle sanzioni amministrative, il responsabile dell’abuso, o l’attuale proprietario dell’immobile, possono ottenere il permesso in sanatoria se l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda.
2. Il rilascio del permesso in sanatoria è subordinato al pagamento, a titolo di oblazione, del contributo di costruzione in misura doppia, ovvero, in caso di gratuità a norma di legge, in misura pari a quella prevista dall’articolo 16. Nell’ipotesi di intervento realizzato in parziale difformità, l’oblazione è calcolata con riferimento alla parte di opera difforme dal permesso.
3. Sulla richiesta di permesso in sanatoria il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale si pronuncia con adeguata motivazione, entro sessanta giorni decorsi i quali la richiesta si intende respinta.
»
Come è evidente dal contenuto letterale della norma, tale principio risulta finalizzato a garantire l’assoluto rispetto della «disciplina urbanistica ed edilizia» durante tutto l’arco temporale compreso tra la realizzazione dell’opera e la presentazione dell’istanza volta ad ottenere l’accertamento di conformità.
Il rigore insito nel principio in questione trova conferma anche nell’interpretazione della giurisprudenza amministrativa, la quale afferma che, ai fini della concedibilità del permesso di costruire in sanatoria, di cui all’art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001, è necessario che le opere realizzate siano assentibili alla stregua non solo della disciplina urbanistica vigente al momento della domanda di sanatoria, ma anche di quella in vigore all’epoca di esecuzione degli abusi (pronunce del Consiglio di Stato, sezione IV, 21.12.2012, n. 6657; sezione IV, 02.11.2009, n. 6784; sezione V, 29.05.2006, n. 3267; sezione IV, 26.04.2006, n. 2306).
In tal senso, la stessa giurisprudenza afferma che la sanatoria in questione –in ciò distinguendosi da un vero e proprio condono– è stata deliberatamente circoscritta dal legislatore ai soli abusi «formali», ossia dovuti alla carenza del titolo abilitativo, rendendo così palese la ratio ispiratrice della previsione della sanatoria in esame, «anche di natura preventiva e deterrente», finalizzata a frenare l’abusivismo edilizio, in modo da escludere letture «sostanzialiste» della norma che consentano la possibilità di regolarizzare opere in contrasto con la disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento della loro realizzazione, ma con essa conformi solo al momento della presentazione dell’ istanza per l’accertamento di conformità (citata pronuncia del Consiglio di Stato, sezione IV, 21.12.2012, n. 6657).
Ora, risulta pacifico, anche dalle argomentazioni della Regione Toscana, che le disposizioni di cui all’art. 5 della legge regionale impugnata non rispettano il principio di doppia conformità, inteso nel senso sopra descritto, ma prevedono tre distinte ipotesi di contrasto con le norme sismiche di opere già realizzate, ovvero in corso di realizzazione, senza richiedere che la sostanziale conformità alle medesime norme sussista sia nel momento della realizzazione che in quello di presentazione dell’istanza per ottenere la sanatoria. Discostandosi nettamente da tale principio, il comma 3 dell’art. 5 consente persino la regolarizzazione di opere realizzate o in corso di realizzazione, mediante la presentazione di un «progetto di adeguamento conforme alla normativa tecnica vigente al momento di presentazione della stessa».
La Regione Toscana giustifica il mancato rispetto del principio della doppia conformità edilizia ed urbanistica nelle norme impugnate con una serie di argomentazioni fondate sul presupposto interpretativo secondo il quale tale principio non possa applicarsi alla disciplina antisismica, che per sua natura rientrerebbe nelle norme tecniche di costruzione.
Peraltro, dall’esame del quadro normativo di riferimento nel quale si inseriscono le norme censurate, tale presupposto interpretativo risulta errato.
In primo luogo, la Regione afferma che l’art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001 è collocato nella parte I (Attività edilizia), titolo IV (Vigilanza sull’attività urbanistico edilizia, responsabilità e sanzioni), capo II (Sanzioni), mentre la disciplina per le costruzioni nelle zone sismiche è contenuta nella parte II (Normativa tecnica per l’edilizia), capo IV (Provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche) del medesimo decreto recante il testo unico dell’edilizia. Da tale collocazione la Regione desume un argomento a favore dell’autonomia della verifica dell’osservanza delle norme sismiche rispetto a quella richiesta dall’art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001, che si riferisce alla normativa urbanistica ed edilizia, nella quale non rientrerebbe la disciplina delle costruzioni in zone sismiche.
Questa ricostruzione non è condivisibile, dal momento che risulta contraddetta dalla stessa lettura sistematica delle norme richiamate.
In particolare, il capo IV della parte II del testo unico di cui al d.P.R. n. 380 del 2001, reca il titolo «Provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche». Il termine «particolari» indica evidentemente che si tratta di prescrizioni aggiuntive, e non alternative, a quelle generali per l’edilizia, come è confermato dall’inserimento del citato capo IV nell’ambito della Parte II dello stesso testo unico, dedicata alla «Normativa tecnica per l’edilizia».
Pertanto, le «particolari prescrizioni» antisismiche sono parte della normativa tecnica generale sull’edilizia e non ne sono separate o autonome, come invece sostiene la Regione Toscana.
In secondo luogo, dall’esame delle norme statali di principio e financo da quelle regionali, traspare evidente il necessario collegamento tra i vari accertamenti concernenti il rispetto delle normative di settore e il rilascio dell’accertamento di conformità in sanatoria di cui all’art. 36 del testo unico. In riferimento alle prime, l’art. 20, comma 1, del d.P.R. n. 380 del 2001, che disciplina il procedimento per il rilascio del permesso di costruire, prevede che la relativa domanda sia accompagnata dalla dichiarazione del progettista che asseveri la conformità del progetto oltre che agli strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi, anche alle altre normative di settore, tra le quali la disposizione statale, significativamente, richiama «in particolare» le «norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie».
Parimenti, l’art. 23, comma 1-bis, dello stesso decreto, collocato nel capo III, concernente la denuncia di inizio attività, esclude che l’autocertificazione consentita in tali casi possa estendersi al rispetto, tra le altre, della «normativa antisismica». Inoltre, l’art. 94, comma 1, del d.P.R. n. 380 del 2001, dispone che «Fermo restando l’obbligo del titolo abilitativo all’intervento edilizio, nelle località sismiche […] non si possono iniziare i lavori senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione», e questa Corte ha ritenuto illegittima la sostituzione dell’autorizzazione con un semplice preavviso (sentenza n. 182 del 2006).
Se pertanto, nel sistema dei principi delineati dalla normativa statale, sia gli interventi edilizi soggetti a permesso di costruire, sia quelli consentiti a seguito di denuncia, presuppongono sempre la previa verifica del rispetto delle norme sismiche, non pare possa dubitarsi che la verifica della doppia conformità, alla quale l’art. 36 del testo unico subordina il rilascio dell’accertamento di conformità in sanatoria, debba riferirsi anche al rispetto delle norme sismiche, da comprendersi nelle norme per l’edilizia, sia al momento della realizzazione dell’intervento che al momento di presentazione della domanda di sanatoria.
Inoltre, il collegamento tra la verifica del rispetto della normativa per gli interventi in zone sismiche e il procedimento di accertamento di conformità edilizia, disciplinato dall’art. 140 della legge regionale toscana n. 1 del 2005, nel testo in vigore fino all’approvazione delle norme impugnate, è evidente anche nel richiamo, operato dal comma 3 di quest’ultimo articolo, all’art. 83 della stessa legge regionale, al fine di indicare le norme generali sul procedimento ed i requisiti per ottenere il permesso di costruire in sanatoria. In particolare, il comma 4 dell’art. 83 prevede che «la domanda è accompagnata da una dichiarazione del progettista abilitato che assevera la conformità del progetto agli strumenti urbanistici approvati oppure adottati, ai regolamenti edilizi vigenti e alle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia e, in particolare, alle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico sanitarie […]».
Nel medesimo senso, va osservato che l’art. 140, come riconosciuto anche dalla Regione, richiama l’art. 84 della stessa legge regionale n. 1 del 2005, che per le opere soggette a SCIA dispone che la relazione del progettista abilitato asseveri la conformità delle opere a tutte le norme edilizie, e «in particolare, alle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie […]».
Sotto un ulteriore profilo, va rilevato che la pretesa autonomia del procedimento di «accertamento di conformità in sanatoria per gli interventi realizzati nelle zone sismiche e nelle zone a bassa sismicità» non trova alcun riferimento nella normativa statale di principio contenuta nel testo unico approvato con il d.P.R. n. 380 del 2001, che disciplina esclusivamente l’accertamento di conformità di cui all’art. 36, a sua volta riferito alla sanatoria di «interventi realizzati in assenza di permesso di costruire, o in difformità da esso, ovvero in assenza di denuncia di inizio attività nelle ipotesi di cui all’art. 22, comma 3, o in difformità da essa».
4.1.— Deve pertanto ritenersi che l’accertamento del rispetto delle specifiche norme tecniche antisismiche è sempre un presupposto necessario per conseguire il titolo che consente di edificare, al quale si riferisce il criterio della doppia conformità.
Inoltre, non può essere condivisa l’argomentazione della difesa della Regione, che desume dalle disposizioni contenute negli articoli 98 e 100 del d.P.R. 380 del 2001 un indirizzo legislativo favorevole all’adeguamento alle norme antisismiche, piuttosto che alla sanzione, nei casi di opere edilizie non in regola con tali norme.
In particolare, il richiamato art. 98 prevede che il giudice, con il provvedimento di condanna in sede penale, in alternativa alla demolizione del manufatto, possa impartire le prescrizioni necessarie per rendere le opere conformi alle norme sismiche. Al riguardo, si osserva che l’applicazione di tale disposizione, che disciplina una facoltà del giudice penale, presuppone l’accertamento del reato e, quindi, la violazione delle norme sismiche.
Tutt’altra ipotesi si rinviene nella norma impugnata che consente una possibilità di sanatoria delle violazioni delle norme sismiche e che attribuisce al privato interessato una posizione soggettiva tutelata nei confronti dell’amministrazione, al fine di ottenere l’accertamento di conformità.
Parimenti, anche la competenza rimessa alla regione dall’articolo 100 del d.P.R. 380 del 2001, secondo la quale la regione può ordinare «la demolizione delle opere o delle parti di esse eseguite in violazione delle norme del capo I del testo unico e delle norme tecniche di cui agli articoli 52 e 83, ovvero l’esecuzione di modifiche idonee a renderle conformi alle norme stesse», presuppone sempre l’accertamento di un reato, anche se estinto per qualsiasi causa, e pertanto disciplina una fattispecie nettamente distinta da quelle previste dall’articolo 5 impugnato.
4.2.— Infine, quanto alla ratio del principio statale sul quale si fonda la previsione della sanatoria di cui all’art. 36, deve osservarsi che il requisito della doppia conformità risulta strettamente correlato alla natura della violazione edilizia sottostante, che come si è visto deve essere di tipo «puramente formale».
All’opposto, sembra invece evidente che l’interpretazione proposta dalla Regione condurrebbe alla previsione di un vero e proprio condono edilizio, vanificando l’intento perseguito dal legislatore statale con l’adozione delle norme antisismiche. Come si è ricordato, questa Corte ha ritenuto che tale intento è «palesemente orientato ad esigere una vigilanza assidua sulle costruzioni riguardo al rischio sismico, attesa la rilevanza del bene protetto, che trascende anche l’ambito della disciplina del territorio, per attingere a valori di tutela dell’incolumità pubblica che fanno capo alla materia della protezione civile, in cui ugualmente compete allo Stato la determinazione dei principi fondamentali» (sentenza n. 182 del 2006). La Corte ha anche affermato che le norme sismiche dettano «una disciplina unitaria a tutela dell’incolumità pubblica, mirando a garantire, per ragioni di sussidiarietà e di adeguatezza, una normativa unica, valida per tutto il territorio nazionale» (sentenze n. 201 del 2012 e n. 254 del 2010).
5.— Un ulteriore argomento prospettato dalla Regione Toscana si fonda sulla valenza da attribuire alla giurisprudenza della Corte di cassazione, che limita ai soli reati edilizi gli effetti estintivi, a norma dell’art. 45 del d.P.R. n. 380 del 2001, del rilascio dell’accertamento di conformità ai sensi dell’art. 36 dello stesso decreto, restando punibili i connessi reati previsti dalle norme sismiche. Da questa limitazione, la Regione ricava un argomento aggiuntivo per sostenente l’autonomia delle norme sismiche rispetto a quelle edilizie e, di conseguenza, la riferibilità del principio della doppia conformità alle sole norme edilizie e non anche a quelle sismiche.
In particolare, la Regione afferma che la Corte di cassazione, valutando gli effetti estintivi dei reati che derivano dal rilascio di provvedimenti di sanatoria, ha costantemente affermato che il permesso di costruire rilasciato ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001 estingue, a norma dell’art. 45 dello stesso decreto, «i reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti e non si estende ad altri reati correlati alla tutela di interessi diversi rispetto a quelli che riguardano l’assetto del territorio sotto il profilo edilizio, quali i reati previsti dalla normativa sulle opere in cemento armato, sulle costruzioni in zone sismiche, sulla tutela delle zone di particolare interesse paesaggistico ed ambientale» (sentenza della Corte di cassazione, 05.03.2009, n. 9922; nello stesso senso, la Regione richiama le sentenze della medesima Corte 09.03.2011, n. 9277, e 23.03.2006, n. 10205).
Anche questa argomentazione non risulta conferente.
Al riguardo, deve innanzitutto rilevarsi che l’oggetto del giudizio penale di accertamento dei vari reati previsti dall’ordinamento a tutela del rispetto delle norme edilizie, urbanistiche, sismiche, igieniche, paesaggistiche ed ambientali, risulta nettamente distinto da quello del presente giudizio.
Nella materia dell’edilizia il legislatore ha previsto che vari comportamenti siano puniti con sanzioni amministrative e penali, a maggior tutela del rispetto delle disposizioni contenute nei diversi settori in cui si articola la medesima materia. In tal senso, nel testo unico contenuto nel d.P.R. n. 380 del 2001, si rinvengono sanzioni penali in caso di comportamenti che vanno dalla lottizzazione abusiva (art. 44) alla violazione di tutte le norme sismiche previste dal capo IV dello stesso decreto (art. 95). Nella sede penale il giudice è pertanto tenuto alla individuazione dei reati sulla base dei principi di stretta legalità e di tipicità, accertando caso per caso la sussistenza dei requisiti richiesti dalle singole fattispecie criminose che il legislatore ha previsto nei vari ambiti suddetti.
In particolare, i reati previsti a tutela della normativa sismica non sono considerati dall’art. 45, del d.P.R. n. 380 del 2001, specificamente dedicato alle «norme relative all’azione penale», che al comma 3 prevede che «il rilascio in sanatoria del permesso di costruire estingue i reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti».
Come risulta evidente dal suo contenuto letterale, tale disposizione è finalizzata a disciplinare gli effetti estintivi per i soli reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche, ma non contribuisce in alcun modo a definire il contenuto e la portata delle norme che delineano il principio della doppia conformità ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001, che presuppone il rispetto delle norme edilizie.
Pertanto, l’oggetto dei giudizi penali definiti dalla richiamata giurisprudenza della Corte di cassazione, e le disposizioni in quei casi applicate, previste dall’art. 45 del d.P.R. n. 380 del 2001, sono del tutto estranee all’oggetto del presente giudizio, nel quale rileva l’individuazione dell’area applicativa del principio generale della doppia conformità alla disciplina urbanistica ed edilizia, contenuto nell’ articolo 36 dello stesso decreto e compreso nell’ambito delle materie del governo del territorio e della protezione civile alle quali afferiscono le norme sismiche, come ha chiarito la giurisprudenza di questa Corte sopra richiamata.
6.— In riferimento al censurato art. 6 della legge della Regione Toscana n. 4 del 2012, la Regione afferma che non potrebbe essere dichiarato illegittimo neppure se si ritenesse fondata la questione relativa all’art. 5, dal momento che esso introduce l’art. 118-bis nella legge regionale n. 1 del 2005, che si limita a regolare il procedimento mediante il quale l’ufficio tecnico regionale procede all’accertamento di conformità in sanatoria per gli interventi realizzati nelle zone sismiche e nelle zone a bassa sismicità, senza condizionarne l’esito in alcun modo. In questa prospettazione, si sostiene che la neutralità di tale disciplina procedimentale, impedisce di ritenere la consequenzialità dell’illegittimità dell’art. 6 in virtù del semplice richiamo operato dall’art. 5 della legge impugnata.
Anche questa affermazione della Regione contrasta con il contenuto della disposizione impugnata che, in particolare, recita: «1. Dopo l’articolo 118 della L.R. 1/2005 è inserito il seguente: “Art. 118-bis - Procedimento per accertamento di conformità in sanatoria per gli interventi realizzati nelle zone sismiche e nelle zone a bassa sismicità.
1. Per le opere realizzate nelle zone sismiche, nei casi di cui all’articolo 118, commi 1 e 2, la struttura regionale competente rilascia l’autorizzazione in sanatoria entro sessanta giorni dalla trasmissione della relativa istanza.
2. Per le opere realizzate nelle zone a bassa sismicità, nei casi di cui all’articolo 118, commi 1, 2 e 3, la struttura regionale competente rilascia l’attestato di avvenuto deposito in sanatoria nei quindici giorni successivi alla trasmissione della relativa istanza. Il progetto delle opere da sanare è assoggettato alle procedure di cui all’articolo 105-quater, comma 5.
3. Entro sessanta giorni dalla trasmissione della relativa istanza, per le opere realizzate nelle zone sismiche, nei casi di cui all’articolo 118, comma 3, la struttura regionale competente accerta la conformità del progetto di adeguamento alle norme tecniche vigenti e rilascia l’autorizzazione in sanatoria a condizione che siano eseguite le opere di adeguamento ivi previste.
4. Il progetto delle opere di adeguamento di cui all’articolo 118, comma 3, lettera b) è trasmesso anche al comune, per le relative verifiche di conformità urbanistica ed edilizia. Le opere di adeguamento sono eseguite a seguito del rilascio da parte del comune del titolo edilizio in sanatoria di cui all’articolo 140, che ne autorizza l’esecuzione. Il titolo edilizio in sanatoria acquista efficacia a seguito della trasmissione al comune degli atti di cui al comma 5.
5. Al termine dei lavori relativi alle opere di adeguamento, l’interessato inoltra gli atti, di cui all’articolo 109, alla struttura regionale competente, che provvede alla vidimazione e all’inoltro al comune interessato. A tale inoltro al comune, può provvedere direttamente anche l’interessato
».
Come emerge dal loro contenuto letterale, le disposizioni dell’art. 6 si pongono in stretta correlazione con quelle previste dall’art. 5 della legge regionale impugnata, come confermato dai richiami ai commi 1, 2, e 3 del nuovo testo dell’art. 118 della legge regionale n. 1 del 2005, introdotto dallo stesso art. 5.
In particolare, le norme procedimentali di cui all’art. 6 sono direttamente strumentali al rilascio dell’ autorizzazione in sanatoria per gli interventi realizzati nelle zone sismiche secondo le previsioni contenute nel censurato art. 5, e costituiscono il necessario completamento della disciplina del rilascio dell’accertamento di conformità in violazione del principio della doppia conformità. Consegue da questa stretta compenetrazione tra le norme impugnate, l’illegittimità dell’art. 6 della legge della Regione Toscana n. 4 del 2012 per le motivazioni sopra indicate.
7.— Infine, il censurato art. 7, facendo salva l’applicazione delle disposizioni contenute nel nuovo testo dell’art. 118 della legge della Regione Toscana n. 1 del 2005, sancisce la separazione e l’autonomia dell’accertamento di conformità relativo alle norme sismiche dal generale accertamento di conformità relativo alle norme edilizie ed urbanistiche, garantendo l’effetto voluto dalla Regione con la normativa impugnata, ma che, per le ragioni anzidette, risulta lesivo del richiamato principio fondamentale della doppia conformità.
Pertanto, va dichiarata l’illegittimità costituzionale anche dell’art. 7 della legge della Regione Toscana n. 4 del 2012.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale degli articoli 5, commi 1, 2 e 3, 6 e 7 della legge della Regione Toscana 31.01.2012, n. 4 (Modifiche alla legge regionale 03.01.2005, n. 1 «Norme per il governo del territorio» e della legge regionale 16.10.2009, n. 58 «Norme in materia di prevenzione e riduzione del rischio sismico») (Corte Costituzionale, sentenza 29.05.2013 n. 101).

EDILIZIA PRIVATA: Dalla lettura dell’art. 94 D.P.R. 380/2001 (rubricato “Autorizzazione per l'inizio dei lavori”) si evince agevolmente che l’autorizzazione sismica è necessaria per l’inizio dei lavori e non costituisce viceversa un presupposto per il rilascio del permesso di costruire.
Tanto si ricava dall’esame della disposizione contenuta nel T.U. Edilizia, condotto secondo il criterio ermeneutico imposto dall’art. 12 delle preleggi al codice civile: vi si prevede infatti che “Fermo restando l'obbligo del titolo abilitativo all'intervento edilizio, nelle località sismiche, ad eccezione di quelle a bassa sismicità all'uopo indicate nei decreti di cui all'articolo 83, non si possono iniziare lavori senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione”.

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Infine, non coglie nel segno l’ultimo motivo di diritto con cui le ricorrenti contestano l’illegittimità dei provvedimenti impugnati per violazione dell’art. 2 L.Reg. 07.01.1983 n. 9 (obbligo di deposito del progetto esecutivo presso l’Ufficio Provinciale del Genio Civile, da effettuare prima dell’inizio dei lavori) e per il mancato previo rilascio delle autorizzazioni occorrenti per i fabbricati da realizzare in zone sismiche.
Invero, dalla lettura dell’art. 94 D.P.R. 380/2001 (rubricato “Autorizzazione per l'inizio dei lavori”) si evince agevolmente che l’autorizzazione sismica è necessaria per l’inizio dei lavori e non costituisce viceversa un presupposto per il rilascio del permesso di costruire.
Tanto si ricava dall’esame della disposizione contenuta nel T.U. Edilizia, condotto secondo il criterio ermeneutico imposto dall’art. 12 delle preleggi al codice civile: vi si prevede infatti che “Fermo restando l'obbligo del titolo abilitativo all'intervento edilizio, nelle località sismiche, ad eccezione di quelle a bassa sismicità all'uopo indicate nei decreti di cui all'articolo 83, non si possono iniziare lavori senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione”.
In ogni caso, si abbia presente che, come documentato in atti, prima dell’inizio dei lavori la controinteressata ha conseguito l’autorizzazione n. 1742 del 28.12.2011 ai sensi del citato art. 94 D.P.R. 380/2001 e dell’art. 2 L.Reg. 07.01.1983 n. 9, con successivo rilascio del certificato di collaudo tecnico–amministrativo depositato presso l’Ufficio del Genio Civile di Benevento in data 14.06.2012 (cfr. documenti depositati il 01.03.2013) (TAR Campania-Napoli, Sez. VIII, sentenza 09.05.2013 n. 2396 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Dalla lettura dell’art. 94 D.P.R. 380/2001 (rubricato “Autorizzazione per l'inizio dei lavori”) si evince agevolmente che l’autorizzazione sismica rilasciata dal competente Ufficio Tecnico Regionale è necessaria per l’inizio dei lavori e non costituisce viceversa un presupposto per il rilascio del permesso di costruire.
Tanto si ricava dall’esame della disposizione contenuta nel T.U. Edilizia, condotto secondo il criterio ermeneutico imposto dall’art. 12 delle preleggi al codice civile: vi si prevede infatti che “Fermo restando l'obbligo del titolo abilitativo all'intervento edilizio, nelle località sismiche, ad eccezione di quelle a bassa sismicità all'uopo indicate nei decreti di cui all'articolo 83, non si possono iniziare lavori senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione”.
Pertanto, la circostanza che l’autorizzazione sismica sia stata ottenuta dopo il rilascio del permesso di costruire non inficia la legittimità di quest’ultimo.

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Non coglie nel segno il terzo motivo di diritto.
Invero, dalla lettura dell’art. 94 D.P.R. 380/2001 (rubricato “Autorizzazione per l'inizio dei lavori”) si evince agevolmente che l’autorizzazione sismica rilasciata dal competente Ufficio Tecnico Regionale è necessaria per l’inizio dei lavori e non costituisce viceversa un presupposto per il rilascio del permesso di costruire.
Tanto si ricava dall’esame della disposizione contenuta nel T.U. Edilizia, condotto secondo il criterio ermeneutico imposto dall’art. 12 delle preleggi al codice civile: vi si prevede infatti che “Fermo restando l'obbligo del titolo abilitativo all'intervento edilizio, nelle località sismiche, ad eccezione di quelle a bassa sismicità all'uopo indicate nei decreti di cui all'articolo 83, non si possono iniziare lavori senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione”.
Pertanto, la circostanza che l’autorizzazione sismica sia stata ottenuta dopo il rilascio del permesso di costruire non inficia la legittimità di quest’ultimo (TAR Campania-Napoli, Sez. VIII, sentenza 07.05.2013 n. 2356 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

aprile 2013

CONDOMINIO - EDILIZIA PRIVATACondominio. Rilevanti le norme antisismiche. Va demolito l'abuso sanato ma pericoloso.
Il condomino che realizza una costruzione sulla terrazza del suo attico, senza osservare le norme antisismiche, è obbligato a demolirla anche se ha ottenuto la sanatoria. A meno che non abbia reso l'intero palazzo resistente al terremoto.

La Corte di Cassazione, Sez. II civile, con la sentenza 26.04.2013 n. 10082, respinge il ricorso della proprietaria che contestava la decisione con la quale i giudici di merito le imponevano l'abbattimento della sopraelevazione, nella convinzione che l'aver ottenuto la concessione in sanatoria la mettesse automaticamente in una condizione inattacabile.
La Suprema corte considera invece irrilevante l'atto con il quale l'autorità amministrativa aveva dato il suo consenso alla regolarizzazione dell'abuso, perché si trattava di un "nulla osta" che non conteneva alcun giudizio tecnico sulla conformità alle regole di costruzione.
I giudici della seconda sezione si basano invece su quanto previsto dal secondo comma dell'articolo 1127 del codice civile, che vieta la sopraelevazione quando le condizioni statiche dello stabile possono risentirne. Una prescrizione che la Cassazione integra con le norme antisismiche, chiarendo che quando si decide di costruire non basta considerare solo l'effetto del peso sull'intero edificio ma anche, nel caso di zone sismiche, "l'urto di forze in movimento".
Per questo chi vuole elevare una nuova "fabbrica" deve, a sue spese e con il consenso di tutti i condomini, eliminare qualunque possibilità di pericolo mettendo mano alle strutture portanti del palazzo per renderle resistenti alle scosse.
Né può essere condivisibile il punto di vista della signora dei piani alti, che si diceva disponibile agli interventi richiesti solo nel caso, dopo aver realizzato la costruzione e fatte le opportune verifiche, si fosse accertata la necessità «concreta e non teorica di dover affrontare l'intervento di adeguamento previsto dalla normativa antisismica».
Una visione che certamente non punta alla prevenzione e, per questo, non riscuote alcun consenso.
L'inosservanza della legge fa automaticamente presumere la pericolosità del manufatto e può essere smentita solo se il suo autore è in grado di provare che, non solo la sopraelevazione, ma anche la struttura sottostante sono a prova di "scossa".
La strada da percorrere è dunque quella di realizzare prima le opere che scongiurano i rischi.
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I principi
01 | IL CODICE CIVILE
La Corte chiarisce che quanto previsto dall'articolo 1127 va esteso anche al mancato rispetto delle leggi antisismiche: la verifica del pregiudizio per la stabilità dell'edificio, in una zona a rischio terremoto, non può, infatti, prescindere dall'osservanza di quelle norme
02 | LA SANATORIA
La concessione in sanatoria non ha nessuna rilevanza sulla valutazione di illegittimità della sopraelevazione, perché l'atto, ottenuto dall'autorità amministrativa, non contiene giudizi tecnici (articolo Il Sole 24 Ore del 27.04.2013).

EDILIZIA PRIVATA: Lavori in zona sismica ed elemento soggettivo del reato.
In materia di costruzioni in zona sismica la colpa dei committenti si può sostanziare nella inosservanza di obblighi imposti dalla legge dei quali essi erano destinatari diretti, attraverso comportamenti negligenti ed imprudenti concretantesi nell'avere omesso di acquisire -assumendo le dovute informazioni presso le autorità amministrative competenti- doverosa cognizione di tutti gli adempimenti necessari per la legittima esecuzione dei lavori edilizi da realizzare (
Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 09.04.2013 n. 16182 - tratto da www.lexambiente.it).
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MASSIMA
2. Per completezza espositiva -tenuto conto delle peculiarità costruttive del manufatto oggetto della vicenda in esame- appare opportuno evidenziare che
le disposizioni di cui agli artt. 93 e 94 del d.P.R. n. 380/2001 si applicano a tutte le costruzioni la cui sicurezza possa interessare la pubblica incolumità, a nulla rilevando la natura dei materiali usati e delle strutture realizzate, stante l'esigenza di massimo rigore nelle zone dichiarate sismiche, che rende necessari i controlli e le cautele prescritte anche quando si impiegano elementi strutturali meno solidi e duraturi rispetto alla muratura ed al cemento armato (vedi Cass., Sez. III: 17.02.2012, n. 6591; 25.01.2011, n. 15412; 03.09.2007, n. 33767; 24.10.2001, n. 38142).
3. In ordine alla eccepita estraneità di Vi.Cr. agli illeciti contestati, deve rilevarsi che, a norma dell'art. 93 del T.U. n. 380/2001 "chiunque intenda procedere a costruzioni, riparazioni e sopraelevazioni", in zona sismica, deve farne denuncia all'organo competente con comunicazione alla quale deve essere allegato il progetto firmato da un tecnico autorizzato e dal direttore dei lavori. Le relative opere edilizie, poi, a norma del successivo art. 94, non possono essere iniziate senza preventiva autorizzazione.
L' art. 95 del T.U. n. 380/2001, infine, commina la sanzione penale della sola ammenda, da infliggersi a "chiunque" violi le prescrizioni già contenute nella legge antisismica ed ora nel CAPO IV del citato T.U. (Procedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche) e nei decreti interministeriali di attuazione.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte Suprema,
la responsabilità penale per costruzione abusiva può essere affermata quando sussistano elementi in base ai quali possa ragionevolmente presumersi che l'agente abbia in qualche modo concorso, anche solo moralmente, con li committente o l'esecutore del lavori abusivi.
Occorre considerare, in sostanza, la situazione concreta in cui si è svolta l'attività incriminata, tenendo conto non soltanto della piena disponibilità, giuridica e di fatto, della superficie edificata e dell'interesse specifico ad effettuare la nuova costruzione (principio del "cui prodest" bensì pure: dei rapporti di parentela o di affinità tra l'esecutore dell'opera abusiva ed il proprietario; dell'eventuale presenza "in loco" durante l'effettuazione dei lavori; dello svolgimento di attività di materiale vigilanza sull'esecuzione dei lavori; della richiesta di provvedimenti abilitativi anche in sanatoria; del regime patrimoniale fra coniugi o comproprietari e, in definitiva, di tutte quelle situazioni e quei comportamenti, positivi o negativi, da cui possano trarsi elementi integrativi della colpa e prove circa la compartecipazione, anche morale, all'esecuzione delle opere, tenendo presente pure la destinazione finale della stessa) [vedi Cass., Sez. III: 27.09.2000, n. 10284, Cutaia; 03.05.2001, n. 17752, Zorzi, 10.08.2001, n. 31130, Gagliardi; 18.04.2003, n. 18756, Capasso; 02.03.2004, n. 9536, Mancuso; 28.05.2004, n. 24319, Rizauto; 12.01.2005, n. 216, Fucciolo; 15.07.2005, n. 26121, Rosato; 02.09.2005, n. 32856, Farzone].
Grava sull'interessato, inoltre, l'onere di allegare circostanze utili a convalidare la tesi che, nella specie, si tratti di opere realizzate da terzi a sua insaputa e senza la sua volontà (vedi Cass., Sez. feriale, 16.09.2003, n. 35537, Vitale).
Alla stregua di tali principi, nella fattispecie in esame, il giudice del merito -con motivazione adeguata ed immune da vizi logico-giuridici- ha ricondotto anche all'imputata Cr. l'attività di edificazione in oggetto sui rilievi che essa: era comproprietaria dell'edificio sul cui terrazzo è stata realizzata la nuova struttura; ne aveva la disponibilità giuridica e di fatto; aveva sicuro interesse all'esecuzione delle opere.
Trattasi di elementi indiziari univoci e gravi -non smentiti da elementi di segno diverso- sulla base dei quali correttamente è stato ritenuto il concorso nei reati quanto meno sotto il profilo del rafforzamento morale del disegno criminoso del marito.

febbraio 2013

EDILIZIA PRIVATA: INAPPLICABILITA' DELLA SANATORIA PER I REATI IN TEMA DI CEMENTO ARMATO.
La circostanza che le violazioni edilizie siano assentibili ex post non rileva ai fini della normativa in materia di conglomerato cementizio armato, in quanto quest’ultima è finalizzata a garantire l’esercizio del controllo preventivo della p.a. sulle attività edificatorie mediante cemento armato, sicché non è possibile affermare una esclusione effettiva di pericolosità.
La Corte di Cassazione torna nuovamente a pronunciarsi, con la sentenza in esame, sulla disciplina dettata dal D.P.R. n. 380/2001 in tema di costruzioni in cemento armato, analizzando più specificamente il tema dell’applicabilità dei possibili effetti di una sanatoria postuma sui reati correlati. La vicenda processuale segue all’ordinanza cautelare con cui l’A.G. ha disposto il sequestro di alcuni manufatti con riferimento alla violazione degli artt. 71 e 75 D.P.R. n. 380/2001, concernenti, cioè, la normativa sul cemento armato.
Contro l’ordinanza reiettiva dell’istanza di dissequestro, proponeva ricorso per cassazione la difesa degli indagati censurandola per violazione di legge, in quanto si sarebbe al cospetto di una mera presunzione di pericolosità dell’immobile per mera violazione di precetti formali; in altri termini, si muove dall’assunto che anche i reati edilizi sono assentibili ex post con sanatoria, mentre la violazione di cui si discute è risolubile anche solo con una oblazione; del resto, aggiunge la difesa, non esiste giurisprudenza di legittimità che giustifichi il sequestro motivato esclusivamente sul mancato rispetto della normativa sul cemento armato.
La Corte respinge la tesi difensiva, in quanto destituita di fondamento. In particolare, osservano gli Ermellini, oggetto e finalità della normativa sul cemento armato (così come di quella antisismica) sono quelle di evitare possibili crolli, e non di regolare l’assetto e lo sviluppo del territorio sotto il profilo urbanistico. La riprova di tale principio è che la contravvenzione a tale disciplina non viene meno neanche con l’estinzione, anche se per rilascio di sanatoria, del reato edilizio.
Né rileva, come invece ritiene la difesa, che si sarebbe al cospetto di mere violazioni formali, perché l’assunto è smentito dalla circostanza che, quando l’edificazione avvenga in cemento armato, l’osservanza delle prescrizioni imposte è prescritta proprio al fine di assicurare la stabilità e sicurezza delle strutture di questo tipo (V., tra le tante: Cass. pen., sez. III, 17.10.1995, n. 10370, in Ced Cass., n. 203089). Nessun pregio ha, infine, per la Corte, il richiamo dei ricorrenti al fatto che persino le violazioni edilizie siano assentibili ex post, perché la normativa di cui si discute è finalizzata a garantire l’esercizio del controllo preventivo della p.a. sulle attività edificatorie mediante cemento armato e, nella specie, non poteva affermarsi, allo stato, una esclusione effettiva di pericolosità (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 20.02.2013 n. 8067 - tratto da Urbanistica e appalti n. 5/2013).

EDILIZIA PRIVATA: Violazioni antisismiche e responsabilità dell'esecutore dei lavori.
Anche il titolare della ditta chiamata ad eseguire opere edilizie in zone sismiche, in quanto destinatario diretto del divieto di esecuzione dei lavori in assenza dell'autorizzazione e in violazione delle prescrizioni tecniche, può commettere il reato di cui all'art. 93 d.P.R. 380/2001 (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 08.02.2013 n. 6282 - tratto da www.lexambiente.it).

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MASSIMA
2. Il ricorso è parzialmente fondato.
Il primo motivo adduce che, in quanto appaltatore, il ricorrente avrebbe dovuto essere assolto dal reato di cui all'articolo 93 d.p.r. 380/2001 trattandosi di reato a soggettività ristretta.
L'orientamento prevalente e condivisibile della giurisprudenza di legittimità (Cass. sez. III, 20.12.2011-20.02.2012 n. 6675; Cass. sez. VI, 04.07.2008 n. 35298; Cass. sez. III, 24.05.2007 n. 35387; Cass. sez. III, 06.06.2003 n. 33558) nega tale limite soggettivo, riconoscendo che anche il titolare della ditta chiamata ad eseguire opere edilizie in zone sismiche, in quanto destinatario diretto del divieto di esecuzione dei lavori in assenza dell'autorizzazione e in violazione delle prescrizioni tecniche, può commettere il reato.
Ciò comporta il rigetto del motivo.

EDILIZIA PRIVATACONCESSIONE IN SANATORIA ED ESTINZIONE DEI REATI ANTISISMICI.
Le violazioni della normativa antisismica, da cui non discende danno urbanistico, avendo finalità diverse rispetto allo sviluppo e all’assetto del territorio, non sono estinte dalla concessione in sanatoria.
Il tema oggetto di esame da parte della Suprema Corte nella sentenza in esame è quello dell’esatta delimitazione dell’ambito applicativo, a fini estintivi, della concessione edilizia in sanatoria, ossia se la stessa si applichi o meno a violazioni diverse da quelle urbanistiche.
La vicenda processuale vedeva imputato del reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001 (artt. 93, 94, 95) il proprietario di un immobile, cui era stato addebitato di aver eseguito un manufatto senza darne avviso al genio civile, senza la preventiva autorizzazione scritta di tale ufficio e senza la presentazione dei calcoli di stabilità. Contro la sentenza di condanna proponeva ricorso per cassazione la difesa dell’imputato, sostenendo, per quanto di interesse in questa sede, con un primo motivo, che il giudice di legittimità avrebbe dovuto pronunciare sentenza di annullamento senza rinvio per intervenuta estinzione del reato (durante il giudizio di primo grado l’imputata aveva, infatti, presentato istanza di sanatoria che era evasa dall’Assessorato Infrastrutture e Mobilità - Ufficio Genio Civile della Regione soltanto dopo l’emissione della sentenza).
Tesi, questa, che è stata rigettata dalla Cassazione che, sul punto, ha ricordato come la sanatoria edilizia prevista dalla L. 28.02.1985, n. 47 (art. 13), oggi contemplata dal D.P.R. n. 380 del 2001 (art. 36), è una fattispecie penale estintiva che trova applicazione ai soli reati edilizi, basandosi sull’accertamento dell’inesistenza di danno urbanistico mediante la verifica della doppia conformità agli strumenti urbanistici vigenti, sia al momento del rilascio della concessione in sanatoria, sia al momento della realizzazione dell’opera; nel caso di specie, però, essendo state contestate violazioni della normativa antisismica, da cui non discende danno urbanistico, in quanto le stesse hanno finalità diverse rispetto allo sviluppo e all’assetto del territorio, per tale diversa natura, non sono estinte dalla concessione in sanatoria (Cass. pen., sez. III, 21.05.2008, n. 20275, in Ced. Cass., n. 239871, che ritiene invece il condono operante -atteso il richiamo espresso operato dall’art. 38 all’art. 20 L. n. 64 del 1974- anche ai reati relativi a violazioni di disposizioni in materia di costruzioni in zona sismica) (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 07.02.2013 n. 5984 - tratto da Urbanistica e appalti n. 4/2013).

ottobre 2012

EDILIZIA PRIVATA: Normativa antisismica e tipologia opere.
La normativa antisismica ed edilizia dettata dagli artt. 93, 94 e 95 del D.P.R. 380/2001 si applica a tutte le opere -purché stabilmente ancorate al suolo- realizzate in zone sismiche e la cui sicurezza possa interessare la pubblica incolumità, a nulla rilevando la tipologia dei materiali impiegati che possono essere costituiti anche da elementi strutturali diversi dalia opere in muratura o in cemento armato (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 02.10.2012 n. 38090 - tratto da www.lexambiente.it).
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MASSIMA
1.1. Il ricorso è manifestamente infondato e va, pertanto, dichiarato inammissibile.
Come esattamente rilevato dal Tribunale di Gela oggetto della contestazione e della conseguente sentenza oggi impugnata non è la violazione delle disposizioni di tipo urbanistico edilizie previste dall'art. 44 del D.P.R. 380/2001, ma unicamente la violazione della legge edilizia e della legge antisismica. Sicché i rilievi contenuti nel ricorso non hanno alcuna attinenza con l'oggetto della sentenza impugnata quanto meno con riguardo alla tipologia dei reati per i quali è intervenuta condanna.
Per mera completezza va ricordato che, come costantemente ribadito dalla giurisprudenza di questa Corte
la normativa antisismica ed edilizia dettata dagli artt. 93, 94 e 95 del D.P.R. 380/2001 si applica a tutte le opere -purché stabilmente ancorate al suolo- realizzate in zone sismiche e la cui sicurezza possa interessare la pubblica incolumità, a nulla rilevando la tipologia dei materiali impiegati che possono essere costituiti anche da elementi strutturali diversi dalla opere in muratura o in cemento armato (vds. oltre la giurisprudenza correttamente richiamata nella sentenza impugnata, anche da ultimo, Cass. Sez. 3^ 24.11.2011 n. 6591, D'Onofrio, Rv. 237375; nello stesso senso Cass. Sez. 3^ 21.06.2011 n. 30224, Floridia, Rv. 251284; Cass. Sez. 3^ 10.05.2007 n. 33767, Puleo ed altro, Rv. 237375).
1.2 Ai detti principi si è uniformata la sentenza impugnata, non mancando di rilevare che per le modalità costruttive -come esattamente rilevato dal Tribunale- l'opera realizzata non consisteva affatto in una struttura di tipo precario ed amovibile.

settembre 2012

EDILIZIA PRIVATA: Termine di prescrizione delle contravvenzioni di omessa denuncia di inizio lavori in zona sismica.
Il termine di prescrizione delle contravvenzioni di omessa denuncia di inizio lavori in zona sismica e di esecuzione dei medesimi in assenza di autorizzazione decorre dalla data di inizio dei lavori, attesa la natura istantanea di dette contravvenzioni (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 26.09.2012 n. 37060 - tratto da www.lexambiente.it).
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MASSIMA
4.2. - Del pari infondato è il terzo motivo di ricorso, con cui si sostiene che il rilascio del permesso di costruire in sanatoria estinguerebbe le contravvenzioni relative alle costruzioni in zona sismica.
Deve rilevarsi, infatti, che secondo quanto affermato dalla giurisprudenza di questa Corte,
gli artt. 36 e 45, comma 3, del d.P.R. n. 380 del 2001 devono essere interpretati nel senso che il rilascio del permesso di costruire in sanatoria estingue i reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti e non si estende ad altri reati correlati alla tutela di interessi diversi rispetto a quelli che riguardano l'assetto del territorio sotto il profilo edilizio, quali i reati previsti dalla normativa sulle opere in cemento armato, sulle costruzioni in zone sismiche, sulla tutela delle zone di particolare interesse paesaggistico (ex multis, sez. 3, 05.03.2009, n. 9922; sez. 3, 13.04.2005, n. 19256, Rv. 231850).
4.3. - Il primo motivo di ricorso -con cui si contesta la motivazione della sentenza circa la determinazione del tempo in cui i reati sono stati commessi- è, invece, parzialmente fondato.
Deve preliminarmente richiamarsi, sul punto, il principio enunciato dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui
il termine di prescrizione delle contravvenzioni di omessa denuncia di inizio lavori in zona sismica e di esecuzione dei medesimi in assenza di autorizzazione decorre dalla data di inizio dei lavori, attesa la natura istantanea di dette contravvenzioni (ex plurimis, Cass. pen., sez. 3, 26.05.2011, n. 23656, Rv. 250487; sez. 3, 08.10.2008, n. 41854, Rv. 241383).
Tale principio trova applicazione nel caso di specie in relazione ai reati di cui ai capi a) e b) dell'imputazione, relativi alla mancanza del preavviso scritto e del progetto dei lavori edilizi, con la conseguenza che il momento della commissione di tali reati deve essere individuato in un'epoca significativamente anteriore al 06.06.2007, data di accertamento degli stessi, perché tale accertamento ha riguardato opere edilizie che, per la loro natura e la loro consistenza, non possono essere state realizzate in pochissimi giorni.
Per il principio del favor rei, la commissione dei reati in questione deve, dunque, essere retrodatata -in mancanza di elementi certi circa l'inizio dei lavori- perlomeno alla metà di maggio 2007, con la conseguenza che essi risultano prescritti alla data odierna, trattandosi di fattispecie contravvenzionali per le quali è previsto, ai sensi del combinato disposto degli artt. 157, primo comma, 160, 161 cod. pen., un termine massimo complessivo di 5 anni e non essendo intervenute sospensioni dei corso della prescrizione.
Le considerazioni svolte dal Tribunale circa l'individuazione -in mancanza di elementi in contrario- del 06.06.2007 quale tempus commissi delicti meritano, invece, di essere condivise, quanto al reato sub c). Si tratta, infatti, di una serie di violazioni sostanziali delle prescrizioni tecniche relative all'edilizia in zona sismica, che, come tali, hanno natura permanente, perché attengono alla lesione dell'interesse pubblico alla sicurezza sismica degli edifici, che perdura fino alla conclusione dei lavori (Cass., sez. 3, 08.10.2008, n. 41854, Rv. 241383).

EDILIZIA PRIVATAIl Collegio richiama il portato giurisprudenziale che nega l'effetto invalidante dell'omissione della comunicazione di avvio del procedimento, ai sensi del suindicato art. 7, rispetto alle sanzioni ripristinatorie in materia urbanistica, trattandosi di procedimenti sanzionatori basati su meri accertamenti tecnici e scanditi da disposizioni che escludono qualsiasi valutazione discrezionale, che deve a maggior ragione applicarsi per le ipotesi di violazione di normativa antisismica.
Per quanto riguarda le restanti censure, infondata risulta la dedotta violazione dell’art. 7 della legge n. 241/1990, per omessa comunicazione di avvio del procedimento (primo motivo di ricorso), il Collegio richiama il portato giurisprudenziale che nega l'effetto invalidante dell'omissione della comunicazione di avvio del procedimento, ai sensi del suindicato art. 7, rispetto alle sanzioni ripristinatorie in materia urbanistica, trattandosi di procedimenti sanzionatori basati su meri accertamenti tecnici e scanditi da disposizioni che escludono qualsiasi valutazione discrezionale (TAR Campania Napoli, sez. IV, 17.01.2007, n. 357; TAR Lombardia Milano, sez. II, n. 2378/2003; TAR Lombardia Milano, sez. II, n. 1278/2008), che deve a maggior ragione applicarsi per le ipotesi di violazione di normativa antisismica.
In ogni caso il Collegio, in considerazione di quanto indicato nella presente parte motiva, ritiene applicabile all'ipotesi in esame il disposto dell'art. 21-octies della legge n. 241/1990, secondo cui non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti, vertendosi in ambito provvedi mentale vincolato e risultando che il contenuto dispositivo del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato (TAR Campania-Napoli, Sez. IV, sentenza 25.09.2012 n. 3939 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAABUSIVO INIZIO LAVORI IN ZONA SISMICA E PERMANENZA DEL REATO.
La contravvenzione di cui agli artt. 94, comma 1, e 95 del D.P.R. n. 380 del 2001 (inizio dei lavori senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della Regione) permane sino a quando chi intraprende un lavoro edile in zona sismica termina il lavoro ovvero ottiene la relativa autorizzazione.
Il tema su cui la Corte viene chiamata a pronunciarsi nel caso in esame concerne l’individuazione della natura giuridica dei reati in materia antisismica e, più specificamente, del reato consistente nell’iniziare dei lavori in zona sismica senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della Regione.
La vicenda processuale vedeva imputato del reato di cui agli artt. 94, comma 1 e 95 del D.P.R. n. 380 del 2001 il proprietario di un immobile, cui era stato contestato di avere realizzato la sopraelevazione di un fabbricato e la costruzione di n. 3 piccoli manufatti, senza avere ottenuto la preventiva autorizzazione necessaria per le opere da eseguirsi in zona sismica. Avverso tale sentenza proponeva ricorso il difensore, il quale -per quanto qui di interesse- eccepiva la prescrizione del reato sul presupposto, in sostanza, che il reato fosse da considerarsi istantaneo e non permanente.
La prospettazione difensiva è stata però disattesa dai giudici di legittimità, che hanno dichiarato inammissibile il ricorso affermando il principio secondo cui la contravvenzione oggetto di contestazione ha natura di reato permanente, sicché la stessa permane sino a quando chi intraprende un lavoro edile in zona sismica termina il lavoro ovvero ottiene la relativa autorizzazione. Nelle more il contravventore, secondo gli Ermellini, esegue e prosegue lavori non autorizzati in relazione ai quali l’ufficio tecnico regionale non ha verificato la conformità alle norme tecniche di sicurezza stabilite per le zone sismiche.
La soluzione offerta dalla Cassazione non è però del tutto pacifica nella giurisprudenza di legittimità. Ed infatti, seppur autorevolmente sostenuta nel passato dalle Sezioni Unite (che, in particolare, sotto la vigenza dell’abrogata L. n. 64/1974 ritennero che i reati consistenti nell’omissione della presentazione della denuncia dei lavori, e dell’avviso di inizio dei lavori, avessero natura di reati istantanei: Cass. pen., Sez. Un., 14.07.1999, n. 18, in CED Cass., n. 213933), la stessa è stata convincentemente contrastata dalla più recente giurisprudenza di legittimità, secondo cui i reati previsti dagli artt. 93 e 94 del D.P.R. n. 380/2001, sanzionati dall’art. 95, avrebbero invece natura di reati permanenti, in quanto il primo (art. 93) permane sino a quando chi intraprende l’intervento edilizio in zona sismica non presenta la relativa denuncia con l’allegato progetto ovvero non termina l’intervento e, il secondo (art. 94), permane sino a quando chi intraprende l’intervento edilizio in zona sismica lo termina ovvero ottiene la relativa autorizzazione (Cass. pen., sez. 3, 05.12.2007, n. 3069/2008, in CED Cass., n. 238629).
Poiché la loro natura istantanea è sta anche di recente affermata dalla Suprema Corte (v., ad es.: Cass. pen., sez. III, 26.05.2001, n. 23656, in CED Cass., n. 250487), sarebbe auspicabile che su tale questione intervengano nuovamente le Sezioni Unite penali per fornire un contributo esegetico risolutivo, eliminando i dubbi sorti in giurisprudenza (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 20.09.2012 n. 36037 - tratto da Urbanistica e appalti n. 12/2012).
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MASSIMA
1. Secondo la giurisprudenza costante di questa Corte Suprema,
la concessione edilizia rilasciata ai sensi degli artt. 36 e 45 del T.U. n. 380/2001 (già artt. 13 e 22 della legge n. 47/1985) estingue i reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti ed alla nozione di "norme urbanistiche" non può ricondursi la disciplina per le costruzioni da eseguirsi nelle zone sismiche, avente oggettività giuridica diversa rispetto a quella che riguarda l'assetto urbanistico del territorio.
Il provvedimento di accertamento sanante, infatti, è emesso da autorità preposta a tutela di interessi diversi da quelli di cui alla normativa sulle costruzioni in zone sismiche ed a seguito di accertamenti che non tengono conto delle prescrizioni tecnico-amministrative imposte da queste ultime normative [vedi Cass., Sez. III: 05.03.2009, n. 9922, Gelosi; 03.05.2007, n. 16868, P.G. in proc. Restaino; 06.07.2006, n. 23490, Pattigianoni; 15.05.2006, n. 10205, Solis; 20.05.2005, n. 19256, P.M. in proc. Cupelli].
La Corte Costituzionale -con l'ordinanza n. 149 dei 30.04.1999- ha dichiarato manifestamente infondata, in riferimento all'art. 3, 1° comma, della Costituzione, la questione di illegittimità dell'art. 22, 3° comma, della legge n. 47/1985 "nella parte in cui non prevede che il rilascio della concessione in sanatoria estingua, oltre alle violazioni di natura strettamente urbanistica, anche i reati previsti dalla normativa sulle costruzioni in cemento armato e da quella sulle costruzioni in zona sismica".
Nulla è cambiato in relazione alle attuali previsioni degli artt. 36 e 45 del T.U. n. 380/2001 (che hanno recepito, appunto, gli artt. 13 e 22 della legge n. 47/1985).

agosto 2012

EDILIZIA PRIVATA: I poteri di accertamento, di repressione e sanzionatori degli abusi edilizi sono quindi attribuiti dal legislatore al dirigente o al responsabile dell’ufficio amministrativo e detta competenza non è derogata dagli invocati articoli 94, 65 e 98 del d.p.r. 06.06.2001, n. 380.
L’art. 65 del d.p.r. 380 del 2001 prevede particolari adempimenti da osservare da parte degli esecutori di opere realizzate in conglomerato cementizio armato.
L’art. 94 del d.p.r. 380 del 2001, ai commi 1 e 2 precisa che: “Fermo restando l'obbligo del titolo abilitativo all'intervento edilizio, nelle località sismiche, ad eccezione di quelle a bassa sismicità all'uopo indicate nei decreti di cui all'articolo 83, non si possono iniziare lavori senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione. L'autorizzazione è rilasciata entro sessanta giorni dalla richiesta e viene comunicata al comune, subito dopo il rilascio, per i provvedimenti di sua competenza”.
Gli articoli 65 e 94 del d.p.r. 380 del 2001 dettano quindi prescrizioni speciali, contenute nel capo II della parte seconda del titolo IV, per lavori realizzati con materiali in conglomerato cementizio e in zone sismiche e per la violazione delle quali è previsto uno speciale procedimento sanzionatorio di competenza del giudice penale, il quale a norma dell’art. 98 del testo unico di cui al d.p.r. n.380 del 2001 con il decreto o con la sentenza di condanna può ordinare la demolizione delle opere o delle parti di esse costruite in difformità alle norme del capo II ovvero impartire le prescrizioni necessarie per rendere le opere conformi alle norme stesse.
La natura speciale di tali disposizioni per le quali è previsto uno speciale potere sanzionatorio del giudice penale non priva, come supposto dal ricorrente, il responsabile o il dirigente del Comune del suo potere repressivo e sanzionatorio, attribuito in via generale dall’art. 31, comma 2, del d.p.r. n. 380/2001 nelle ipotesi in cui, come nella specie, è assunta la realizzazione di opere in assenza e in difformità parziale dal permesso di costruire.

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5.- Nel merito, con il primo motivo di ricorso è dedotta l’illegittimità dell’impugnata ordinanza per incompetenza dell’autorità emanante, poiché non spetterebbe al dirigente del servizio tecnico comunale irrogare la sanzione della demolizione per l’inosservanza degli obblighi di denunzia di cui agli articoli 94 e 65 del d.p.r. 06.06.2001, n. 380 previsti per le opere in conglomerato cementizio, ma spetterebbe, invece, al giudice penale ordinare la demolizione con decreto o con sentenza di condanna a norma dell’art. 98 del d.p.r. n. 380/2001.
5.1.- La censura è infondata.
L’ordinanza di demolizione è stata adottata a norma degli artt. 31 e 34 del d.p.r. n. 380 del 2001 che attribuiscono al Comune i poteri repressivi e sanzionatori in caso di accertamento di opere realizzate in assenza di permesso di costruire o in difformità totale o parziale dallo stesso.
L’art. 31 cit., al comma 2, attribuisce in maniera esplicita la competenza al dirigente o al responsabile del competente ufficio comunale, il quale, accertata l'esecuzione di interventi in assenza di permesso, in totale difformità dal medesimo, ovvero con variazioni essenziali, ingiunge al proprietario e al responsabile dell'abuso la rimozione o la demolizione.
I poteri di accertamento, di repressione e sanzionatori degli abusi edilizi sono quindi attribuiti dal legislatore al dirigente o al responsabile dell’ufficio amministrativo e detta competenza non è derogata dagli invocati articoli 94, 65 e 98 del d.p.r. 06.06.2001, n. 380.
L’art. 65 del d.p.r. 380 del 2001 prevede particolari adempimenti da osservare da parte degli esecutori di opere realizzate in conglomerato cementizio armato.
L’art. 94 del d.p.r. 380 del 2001, ai commi 1 e 2 precisa che: “Fermo restando l'obbligo del titolo abilitativo all'intervento edilizio, nelle località sismiche, ad eccezione di quelle a bassa sismicità all'uopo indicate nei decreti di cui all'articolo 83, non si possono iniziare lavori senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione. L'autorizzazione è rilasciata entro sessanta giorni dalla richiesta e viene comunicata al comune, subito dopo il rilascio, per i provvedimenti di sua competenza”.
Gli articoli 65 e 94 del d.p.r. 380 del 2001 dettano quindi prescrizioni speciali, contenute nel capo II della parte seconda del titolo IV, per lavori realizzati con materiali in conglomerato cementizio e in zone sismiche e per la violazione delle quali è previsto uno speciale procedimento sanzionatorio di competenza del giudice penale, il quale a norma dell’art. 98 del testo unico di cui al d.p.r. n.380 del 2001 con il decreto o con la sentenza di condanna può ordinare la demolizione delle opere o delle parti di esse costruite in difformità alle norme del capo II ovvero impartire le prescrizioni necessarie per rendere le opere conformi alle norme stesse.
La natura speciale di tali disposizioni per le quali è previsto uno speciale potere sanzionatorio del giudice penale non priva, come supposto dal ricorrente, il responsabile o il dirigente del Comune del suo potere repressivo e sanzionatorio, attribuito in via generale dall’art. 31, comma 2, del d.p.r. n. 380/2001 nelle ipotesi in cui, come nella specie, è assunta la realizzazione di opere in assenza e in difformità parziale dal permesso di costruire
(TAR Basilicata, sentenza 02.08.2011 n. 440 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

luglio 2012

EDILIZIA PRIVATA: Deve escludersi che eventuali deroghe all’osservanza delle norme tecniche antisismiche previste per i centri storici possano essere automaticamente messi in atto ad opera del privato.
La normativa per le costruzioni nelle zone sismiche concerne tutti gli interventi edilizi da realizzarsi sul territorio comunale edificato e di nuovo impianto. Come le numerose disgrazie intervenute negli ultimi anni hanno dimostrato, sono proprio gli interventi con tecniche moderne su edificazioni a struttura tradizionale che danno luogo a costruzioni di particolare pericolosità a cagione dei diversi comportamenti torsionali dei differenti materiali e dell’incremento dei carichi strutturali sul preesistente.

Inoltre del tutto erroneamente gli appellanti assumono la non applicabilità della normativa antisismica di cui al D.M. lavori pubblici 16.01.1996.
Deve infatti escludersi che eventuali deroghe all’osservanza delle norme tecniche antisismiche previste per i centri storici possano essere automaticamente messi in atto ad opera del privato (cfr. Consiglio Stato, sez. IV 12.06.2009 n. 3706).
La normativa per le costruzioni nelle zone sismiche concerne tutti gli interventi edilizi da realizzarsi sul territorio comunale edificato e di nuovo impianto. Come le numerose disgrazie intervenute negli ultimi anni hanno dimostrato, sono proprio gli interventi con tecniche moderne su edificazioni a struttura tradizionale che danno luogo a costruzioni di particolare pericolosità a cagione dei diversi comportamenti torsionali dei differenti materiali e dell’incremento dei carichi strutturali sul preesistente.
Solo se non fosse stata toccata l’altezza preesistente si sarebbe dovuto fare riferimento all’allegato n. 3 della predetta circolare del Ministerro LL.PP., ma nel momento in cui si è andato a realizzare un edificio strutturalmente differente doveva essere rispettata la predetta normativa antisismica ed operata una diagnosi del possibile comportamento della struttura risultante all’evento sismico in termini di deformazione, resistenza, punti di fragilità delle strutture.
Infine si deve osservare che la presenza di uno strettissimo vicolo di soli mt. 1,5 soggetto al passaggio pubblico non fa venir meno la generale disciplina sulle luci e le vedute.
Di qui l’assoluta illegittimità dell’intervento realizzato in violazione dei limiti dell’altezza totale, della realizzazione di una scala in c.a. su una struttura in pietrisco e dell’indebolimento delle originarie strutture portanti interne al primo piano (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 26.07.2012 n. 4258 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Normativa antisismica e responsabilità del direttore dei lavori.
Al direttore dei lavori compete il controllo degli adempimenti prescritti dalla normativa antisismica. Se è vero che il reato di cui agli artt. 93 e 94 d.P.R. 380/2001 rientra fra quelli “a soggettività ristretta", non può esservi dubbio che l'obbligo di rispetto degli adempimenti e di verifica della regolarità delle opere grava su chiunque "esplica attività tecnica" correlata all'esecuzione delle opere e nei limiti delle specifiche responsabilità.
In altre parole, la responsabilità del direttore dei lavori è configurabile solo per effetto dell'omesso controllo sugli adempimenti richiesti dalla normativa antisismica (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 20.07.2012 n. 29478 - tratto da www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATAINESTENSIBILE L’EFFETTO ESTINTIVO DELLA SANATORIA AI REATI ANTISIMICI O IN TEMA DI CEMENTO ARMATO.
L’estinzione delle contravvenzioni a seguito di rilascio di concessione in sanatoria ex D.P.R. n. 380 del 2001, art. 36 opera solo in ordine al reato urbanistico per il quale la concessione stessa è prevista: con la ulteriore conseguenza che, se con il reato urbanistico concorrono altri reati di diversa natura, come la violazione della normativa antisismica o della normativa sulle opere in cemento armato, tali ultimi reati non possono ritenersi estinti, per la diversa oggettività giuridica.
La Corte Suprema ritorna con la sentenza in esame sul tema della delimitazione dell’effetto estintivo del permesso di costruire in sanatoria, ribadendo il proprio tradizionale orientamento giurisprudenziale secondo cui la sanatoria estingue i soli reati urbanistici e non anche quelli in materia antisismica o in materia di violazioni sul cemento armato. La vicenda processuale segue ad una sentenza di condanna emessa nei confronti di due soggetti, imputati di violazione della normativa edilizia ed antisismica (D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 83, 84, 93, 94 e 95), in relazione ad alcune opere edilizie realizzate all’interno di un capannone industriale.
Gli stessi proponevano ricorso per cassazione, lamentando l’erroneità della decisione per non avere il Tribunale tenuto conto che nei confronti degli stessi era intervenuta sentenza di proscioglimento per estinzione del reato urbanistico a seguito di rilascio di concessione in sanatoria: con la conseguenza che l’affermazione contenuta nella sentenza, secondo la quale era stata ritenuta la mancanza del permesso in sanatoria era da ritenersi errata, poiché all’intervenuto rilascio della concessione in sanatoria sarebbe dovuta conseguire l’estinzione degli altri reati.
La tesi non ha però avuto seguito nella valutazione dei giudici di legittimità che hanno mantenuto ferma la tradizionale giurisprudenza secondo cui il rilascio in sanatoria del permesso di costruire non determina l’estinzione dei reati relativi alle opere in conglomerato cementizio, o in materia antisismica, atteso che le disposizioni dell’art. 36 del D.P.R. n. 380 del 2001 estinguono i soli reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche, fra le quali non possono essere ricomprese le disposizioni aventi oggettività giuridica diversa rispetto alla tutela urbanistica del territorio (v., tra le tante: Cass. pen., sez. III, 21.03.2002, n. 11511, in Ced Cass., n. 221439) (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 19.07.2012 n. 29131 - tratto da Urbanistica e appalti n. 11/2012).

giugno 2012

EDILIZIA PRIVATA: NORMATIVA ANTISISMICA E REALIZZAZIONE DI PANNELLI AUTOSTRADALI.
Integra il reato di esecuzione di lavori abusivi in zona sismica (art. 95, D.P.R. n. 380/2001) l’installazione, senza la prescritta autorizzazione, di pannelli a messaggio variabile lungo i tratti autostradali, giacché nel concetto di ‘‘costruzione’’ rientrano anche tutti quegli interventi in apparenza minori che possono in concreto rilevare sul piano della pericolosità.
La Corte di Cassazione si sofferma per la prima volta, con la sentenza in esame, sul tema dell’assoggettamento alla normativa antisismica di quegli interventi edilizi che, pur assolvendo a una finalità lato sensu pubblica, sono pur sempre da qualificarsi come potenzialmente pericolosi e, in quanto tali, rientrano nella disciplina dettata dal T.U. edilizia.
La vicenda processuale in esame vedeva imputati il direttore di uno dei tronchi autostradali della ‘‘Autostrade per l’Italia s.p.a.’’ (che rivestiva anche la qualità di committente) nonché il titolare della ditta esecutrice dei lavori, cui era stato contestato di avere realizzato, in assenza della prescritta autorizzazione del competente ufficio della regione, opere di installazione di pannelli a messaggi variabili in zona sismica Z3.
Contro la sentenza di condanna, proponevano ricorso per cassazione gli imputati deducendo, per quanto di interesse in questa sede, violazione di legge in relazione all’art. 95 D.P.R. n. 380/2001, asserendo che il concetto di ‘‘costruzione’’, richiamato dalla norma in questione, si riferirebbe alle sole opere edili in senso stretto e non anche, quindi, alla realizzazione di semplici pannelli contenenti messaggi autostradali dalla cui installazione non potrebbe peraltro oggettivamente, secondo gli imputati, derivare una concreta fonte di rischio per l’incolumità.
La tesi, pur suggestiva ed adeguatamente argomentata, non è stata accolta dalla Cassazione.
La Corte ha ritenuto di doversi adeguare all’orientamento giurisprudenziale maggioritario che non limita agli edifici la nozione di ‘‘costruzione’’ cui si riferiscono le norme antisismiche. Tale nozione, osservano gli Ermellini, è stata approfondita dalla giurisprudenza di legittimità che, proprio con riferimento alla cartellonistica pubblicitaria, ha affermato che la sistemazione di una insegna o tabella pubblicitaria richiede il rilascio del preventivo permesso di costruire quando per le sue rilevanti dimensioni comporti un mutamento territoriale, atteso che soltanto un sostanziale mutamento del territorio nel suo contesto preesistente sia sotto il profilo urbanistico che edilizio fa assumere rilevanza penale alla violazione del regolamento edilizio, con conseguente integrazione del reato di cui all’art. 44 del D.P.R. 06.06.2001 n. 380 (Cass. pen., sez. III, 11.02.2004, n. 5328, in Ced Cass., n. 227402).
A ciò si aggiunge, precisa la Cassazione, come è dato notorio che i cartelloni recanti indicazioni sulla viabilità apposti ai margini del tratto autostradale non possono essere, per la funzione svolta, di modeste dimensioni. Appare peraltro di tutta evidenza, quindi, che anche interventi in apparenza ‘‘minori’’ possano in concreto rilevare sul piano della pericolosità. Nella valutazione sul punto non possono non concorrere, infatti, con l’elemento dimensionale anche altri aspetti quali, ad esempio, le modalità di collocazione del manufatto, la morfologia del sito, la pendenza del terreno, le modalità di realizzazione delle strutture di sostegno, ecc. in quanto suscettibili di accrescere il grado di pericolo per l’incolumità pubblica. Ed è ovvio che da tale valutazione non si potrà prescindere anche per le zone in cui il grado di sismicità non sia particolarmente elevato.
Da qui, dunque, la rilevanza penale del fatto, attesa l’estensione della nozione di ‘‘costruzione’’, in materia antisismica, anche agli interventi edilizi minori che si presentino pericolosi per la pubblica incolumità (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 18.06.2012 n. 24086 - tratto da Urbanistica e appalti n. 10/2012).
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MASSIMA
Al riguardo deve ritenersi infondata la questione relativa all'insussistenza del reato di cui all'art. 95 DPR 380/2001.
Entrambi i ricorrenti citano la sentenza di questa Sezione n. 28514 del 2007 secondo cui ai fini della configurabilità dei reati previsti dalla disciplina in tema di costruzioni in zone sismiche, le norme dettate dagli artt. 93, 94 e 95, d.P.R. n. 380 dei 2001 non si riferiscono ad un qualsiasi manufatto realizzato in tali zone, ma solo alle opere edili in senso stretto, ossia alle costruzioni, sopraelevazioni e riparazioni edili, a prescindere dal materiale con cui vengono realizzate.
Il tribunale in motivazione, manifestando l'avviso contrario, si è già fatto carico di evidenziare come il precedente citato afferisca in realtà alla costruzione di un traliccio dell'Enel che rappresenta opera pubblica la cui realizzazione era sottoposta a proprie regole costruttive la cui compatibilità con la disciplina urbanistica è rimessa alla valutazione del ministero dei Lavori Pubblici ed alla Regione e che l'incolumità pubblica era garantita dall'osservanza delle regole tecniche previste per la realizzazione di tali opere dalla L. 109 del 1994.
E tuttavia è senz'altro vero che la sentenza del 2007 afferma che le disposizioni in questione si riferiscano alle opere edili in senso stretto e che viene all'uopo valorizzato il riferimento al termine "edificio" contenuto, ad esempio, negli artt. 85 e 91 del D.P.R. 06.06.2001, n. 380.
Ora,
ritiene anzitutto il Collegio di dover rilevare come l'orientamento più restrittivo non si allinei a quello prevalente, secondo cui qualsiasi intervento edilizio in zona sismica, comportante o meno l'esecuzione di opere in conglomerato cementizio amato, deve essere previamente denunciato al competente ufficio al fine di consentire i preventivi controlli e necessita del rilascio del preventivo titolo abilitativo, conseguendone, in difetto, la violazione dell'art. 95 del d.P.R. 06.06.2001, n. 380 (Sez. 3, n. 34604 del 17/06/2010 Rv. 248330).
In particolare
le disposizioni in questione sono state già ritenute da questa Sezione applicabili anche per cartelloni per la gestione di spazi pubblicitari su pilastri metallici con basamento in cemento (sentenza n. 12201/2010). E ciò proprio sulla premessa che, come anche in altre occasioni affermato, la normativa antisismica -a differenza della disciplina relativa alle opere in conglomerato cementizio armato- deve essere applicata a tutte le costruzioni la cui sicurezza possa interessare la pubblica incolumità, a nulla rilevando la natura dei materiali usati e delle strutture realizzate, in quanto l'esigenza di maggior rigore nelle zone dichiarate sismiche rende ancor più necessari i controlli e le cautele prescritte, quando si impiegano elementi strutturali meno solidi e duraturi del cemento armato (Sez. 3, n. 38142 del 24/10/2001, Tucci, Rv 220269).
Ciò posto
ritiene il Collegio di non doversi discostare dall'orientamento maggioritario che non limita agli edifici la violazione dell'art. 95.
L'art. 83 DPR 380/2001 fa, infatti, riferimento indistintamente a "tutte le costruzioni da realizzarsi in zone dichiarate sismiche" la cui sicurezza possa comunque interessare la pubblica incolumità.
Ed anche l'art. 92, riferendosi all'esecuzione di qualsiasi lavoro di natura antisismica in edifici e manufatti di carattere monumentale o aventi, comunque, interesse archeologico, storico o artistico,avvalora la tesi della non coincidenza delle nozioni di costruzione e di edificio, anche se è logico ritenere che l'aspetto della sicurezza debba riguardare anzitutto gli edifici. Peraltro la nozione di costruzione è stata ampiamente elaborata dalla giurisprudenza della Corte e da quella amministrativa già con riferimento alle tematiche connesse al rilascio della concessione (ora permesso di costruire) e si è rilevato in tali occasioni che debbano essere ricompresi nella nozione di costruzione tutte le opere che alterino in modo stabile lo stato dei luoghi ancorché riconducibili a manufatti privi di volume interno utilizzabile e che, in particolare, anche la sistemazione di una insegna o tabella pubblicitaria richiede il rilascio del preventivo permesso di costruire quando per le sue rilevanti dimensioni comporti un mutamento territoriale
(Sez. 3, n. 5328 del 15/01/2004 Rv. 227402).
Ciò posto
ritiene quindi il Collegio che non solo non vi è giustificazione sul piano formale per differenziare la nozione di costruzione in relazione alle disposizioni del medesimo testo normativo aprioristicamente escludendo la cartellonistica installata sul ciglio autostradale, ma che debba ritenersi ostativa a tale limitazione l'oggettiva finalità delle disposizioni di cui agli artt. 83 e ss. del DPR 380/01 che è da rinvenire, come detto in precedenza, nella necessità di garantire la tutela della pubblica incolumità.
Ora
è dato notorio che i cartelloni recanti indicazioni sulla viabilità apposti ai margini del tratto autostradale non possono essere per la funzione svolta di modeste dimensioni. Appare peraltro di tutta evidenza che anche interventi in apparenza "minori" possano in concreto rilevare sul piano della pericolosità.
Nella valutazione sul punto non possono non concorrere, infatti, con l'elemento dimensionale anche altri aspetti quali, ad esempio, le modalità di collocazione dei manufatto, la morfologia del sito, la pendenza del terreno, le modalità di realizzazione delle strutture di sostegno, ecc. in quanto suscettibili di accrescere il grado di pericolo per l'incolumità pubblica.
Ed è ovvio che da tale valutazione non si potrà prescindere anche per le zone in cui, come nel caso di specie, il grado di sismicità non sia particolarmente elevato.

Ciò posto correttamente la decisione impugnata si è fatta carico di soffermarsi sulle caratteristiche del cartellone, escludendo in particolare logicamente che potesse trattarsi di opera temporanea o precaria con il rilievo che si era resa necessaria un'attività di scavo funzionale alla realizzazione di plinti in calcestruzzo sui quali apporre poi il pannello a messaggio variabile.
Per contro il ricorrente si è limitato nel motivo di ricorso ad affermare in modo generico l'inoffensività dell'opera contestata, ritenendo comunque esclusi i cartelloni dalla disciplina in questione.

EDILIZIA PRIVATA: Cartelloni autostradali in zona sismica: necessaria autorizzazione per realizzarli.
La normativa antisismica deve essere applicata a tutte le costruzioni la cui sicurezza possa interessare la pubblica incolumità, a nulla rilevando la natura dei materiali usati e delle strutture realizzate, in quanto l’esigenza di maggior rigore nelle zone dichiarate sismiche rende ancora più necessari i controlli e le cautele prescritte, quando si impiegano elementi strutturali meno solidi e duraturi del cemento armato.
E’ questa la sintesi del principio ripreso dalla Corte di Cassazione, Sez. III penale, con la sentenza 18.06.2012 n. 24086, applicato rigorosamente anche per i cartelloni autostradali.
Al riguardo, infatti, gli Ermellini non possono fare a meno di richiamare il dato di comune conoscenza che i cartelloni recanti indicazioni sulla viabilità apposti ai margini di un tratto autostradale non possono essere per la funzione svolta di modeste dimensioni e, anche se riferiti ad interventi in apparenza minori, possono in concreto rilevare sul piano della pericolosità.
Nella valutazione sul punto –si legge nella sentenza- non possono non concorrere, infatti, con l'elemento dimensionale anche altri aspetti quali, ad esempio, le modalità di collocazione del manufatto, la morfologia del sito, la pendenza del terreno, le modalità di realizzazione delle strutture di sostegno, in quanto suscettibili di accrescere il grado di pericolo per l'incolumità pubblica.
Allo stesso modo da tale valutazione non sarà possibile prescindere anche per quelle zone in il grado di sismicità non sia particolarmente elevato.
Nel caso di specie, il Tribunale aveva condannato il direttore del tronco autostradale, in qualità di committente, e la ditta, esecutrice dei lavori, alla pena dell’ammenda per il reato di cui all’art. 95 del T.U.E. per aver realizzato opere di installazione di pannelli a messaggi variabili in zona sismica senza la prescritta autorizzazione dell’ufficio competente. Il ricorrente aveva contestato la possibilità di applicare l’articolo 95 del T.U.E. al caso concreto in quanto il concetto di costruzione cui fa riferimento la disposizione predetta si riferisce alle sole opere edili in senso stretto e non anche, quindi, alla realizzazione di semplici pannelli contenenti messaggi autostradali dalla cui istallazione, non può peraltro, oggettivamente derivare una concreta fonte di rischio per l'incolumità.
Come si è visto, la Cassazione respinge fortemente questa interpretazione del ricorrente, ribadendo l’applicabilità della norma ai cartelloni autostradali. Peraltro, sostengono i giudici di Piazza Cavour, la nozione di costruzione è stata ampiamente elaborata dalla giurisprudenza della Corte stessa e da quella amministrativa con riferimento alle tematiche connesse al rilascio della concessione ed è stato rilevato che debbano essere ricompresi nella nozione di costruzione tutte le opere che alterino in modo stabile lo stato dei luoghi, ancorché riconducibili a manufatti privi di volume interno utilizzabile e che, in particolare, anche la sistemazione di una insegna o tabella pubblicitaria richiede il rilascio del preventivo permesso di costruire quando per le sue rilevanti dimensioni comporti un mutamento territoriale.
Da qui la già dichiarata conseguenza dell’applicabilità della disposizione di cui all’art. 95 del T.U.E. ai cartelloni autostradali con il rigetto di tale motivo di ricorso da parte del Supremo giudice di legittimità (link a www.altalex.com).

EDILIZIA PRIVATA: Cartellonistica stradale e normativa antisismica.
E' dato notorio che i cartelloni recanti indicazioni sulla viabilità apposti ai margini del tratto autostradale non possono essere, per la funzione svolta, di modeste dimensioni. Appare peraltro di tutta evidenza che anche interventi in apparenza “minori" possano in concreto rilevare sul piano della pericolosità.
Nella valutazione sul punto non possono non concorrere, infatti, con l'elemento dimensionale anche altri aspetti quali, ad esempio, le modalità di collocazione del manufatto, la morfologia del sito, la pendenza del terreno, le modalità di realizzazione delle strutture di sostegno, ecc. in quanto suscettibili di accrescere il grado di pericolo per l'incolumità pubblica.
Ed è ovvio che da tale valutazione non si potrà prescindere anche per le zone in cui il grado di sismicità non sia particolarmente elevato (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 18.06.2012 n. 24086 - tratto da www.lexambiente.it).

maggio 2012

CONDOMINIO: Sopraelevazione a prova di sisma. Modifiche al tetto legittime se resistenti a eventi tellurici. La Cassazione sulle opere eseguite all'ultimo piano. Non basta che l'edificio supporti il peso.
La sopraelevazione, realizzata dal proprietario dell'ultimo piano di un condominio, è legittima non solo se l'edificio è in grado di sopportare il peso delle nuove strutture ma anche se sono state rispettate tutte le speciali prescrizioni antisismiche previste in relazione alle caratteristiche del territorio, in modo che il fabbricato sia idoneo a resistere alle sollecitazioni di un eventuale evento tellurico: in caso contrario la nuova struttura deve essere demolita.
Lo ha chiarito la II Sez. civile della Suprema corte di cassazione con la recente sentenza 30.05.2012 n. 8643.
La vicenda. Nel caso di specie il proprietario di un appartamento, che comprendeva i piani primo e terra del fabbricato, citava in giudizio la proprietaria dell'altra unità immobiliare, posta su più piani (dal secondo al quarto), accusandola di avere eliminato la scala interna di collegamento tra il primo e il secondo piano e, soprattutto, di avere sopraelevato, per renderlo abitabile, il preesistente sottotetto, eliminando parte del preesistente tetto comune e realizzando un terrazzo di uso esclusivo.
Secondo l'attore le opere eseguite si dovevano considerare illegittime e, quindi, si richiedeva il ripristino della precedente situazione o, in via subordinata, ove fosse stata ritenuta legittima la sopraelevazione eseguita, il pagamento dell'indennità di sopraelevazione prevista dalla legge e, in ogni caso, il risarcimento dei danni. Il proprietario dell'appartamento ristrutturato si difendeva rilevando che le opere contestate erano state realizzate dai precedenti proprietari, per cui chiedeva e otteneva la loro chiamata in giudizio per essere manlevato da ogni responsabilità. Questi ultimi, ritenuti i reali esecutori delle opere sopra dette, venivano condannati a risarcire i danni, nonché al pagamento dell'indennità prevista per la sopraelevazione (ritenuta legittima) a favore dell'attore.
La Corte di appello, invece, condannava al pagamento dei danni e dell'indennità sopra detta l'attuale proprietario dell'immobile, ritenendo i precedenti proprietari, che avevano alienato l'immobile nello stato di fatto in cui si trovava al momento delle compravendita, esenti da responsabilità. In ogni caso la stessa Corte ribadiva come il fabbricato fosse idoneo a fronteggiare il rischio sismico, come risultava da due relazioni tecniche secondo le quali nel caso in esame non si configuravano ampliamenti e sopraelevazioni tali da comportare l'adeguamento sismico.
Il proprietario dell'appartamento, comprensivo dei piani primo e terra del condominio, si rivolgeva però alla Cassazione perché considerava la sopraelevazione non conforme alla normativa antisismica. Del resto, quest'ultimo sottolineava come la Corte d'appello avesse fatto proprie le immotivate e contrastanti conclusioni cui era giunto il consulente tecnico incaricato, il quale, pur escludendo alcun pregiudizio alla statica dell'immobile, ammetteva che non era ancora stato rilasciato il certificato di legge, attestante la perfetta rispondenza dell'opera eseguita alle norme antisismiche, da ritenersi propedeutico al rilascio del certificato di agibilità da parte del comune.
La decisione. La Suprema corte, condividendo le precedenti considerazioni, ha ritenuto illegittima la sopraelevazione per mancanza della prova (e del certificato richiesto dalla legge) dell'esecuzione delle opere necessarie per scongiurare il rischio sismico.
In particolare i giudici supremi hanno ricordato che il divieto di sopraelevazione, per inidoneità delle condizioni statiche dell'edificio, previsto dalla normativa condominiale contenuta nel codice civile, va interpretato non nel senso che la sopraelevazione è vietata soltanto se le strutture dell'edificio non consentono di sopportarne il peso, ma nel senso che il divieto sussiste anche nel caso in cui le strutture siano tali che, una volta elevata la nuova fabbrica, non consentano di sopportare l'urto di forze in movimento, quali le sollecitazioni di origine sismica.
In altre parole, il diritto del condomino di sopraelevare sorge solo nel momento in cui la stabilità strutturale dell'edificio in condizioni di quiete lo consenta o, nelle zone sottoposte a rischio sismico, solo nel momento in cui la struttura del fabbricato sia adeguata al grado di sismicità della zona e, perciò, sia pronta a sopportare la sopraelevazione.
Pertanto, qualora le leggi antisismiche, in ragione delle particolari caratteristiche del territorio, prescrivano cautele tecniche da adottarsi nella sopraelevazione degli edifici, esse sono da considerarsi integrative del codice civile e la loro inosservanza determina una presunzione di pericolosità della sopraelevazione, che può essere vinta esclusivamente mediante la prova, il cui onere incombe sull'autore della nuova fabbrica, che non solo la sopraelevazione ma anche la struttura sottostante sia idonea a fronteggiare il rischio sismico. Se tale prova non viene fornita, si presume l'instabilità della costruzione realizzata e, quindi, una situazione di pericolo permanente, da rimuovere senza indugio.
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Il proprietario deve corrispondere una indennità ai condomini.
Il diritto di sopraelevazione, al di fuori dei casi in cui sia escluso dal titolo o non sia esercitabile per i limiti obiettivi collegati alle esigenze di compatibilità statica o architettonica, si traduce in una facoltà strettamente collegata alla proprietà dell'ultimo piano o a quella esclusiva del lastrico solare. L'esercizio di detta facoltà con la realizzazione della sopraelevazione dà luogo all'aggiunta all'edificio condominiale di un nuovo piano o porzione di piano in proprietà individuale, che viene a partecipare al godimento delle parti comuni e genera, altresì, l'obbligo del sopraelevante di corrispondere agli altri condomini la c.d. indennità di sopraelevazione.
Circa la nozione oggettiva di sopraelevazione, la Corte di cassazione ha avuto modo di chiarire che «non costituisce esercizio del diritto di sopraelevazione la sostituzione, a opera del proprietario dell'ultimo piano di un edificio condominiale, del tetto con una terrazza, sulla considerazione che la diversa copertura realizzata, pur non eliminando la funzione originariamente svolta dal tetto, vale ad imprimere allo stesso, una destinazione ad uso esclusivo dell'autore dell'opera, costituendo alterazione della cosa comune che viene così sottratta al godimento collettivo» (Cassazione, sez II, 28/01/2005, n. 1737).
In un caso analogo, avente a oggetto la trasformazione di parte del sottotetto in terrazza a livello in uso esclusivo, la Suprema Corte, invocando principi già espressi in materia di uso più intenso delle parti comuni a opera di alcuni condomini, ha escluso che un condomino possa trasformare il tetto in terrazzo a uso esclusivo, essendo in tal modo alterata l'originaria destinazione della cosa comune (Cass. civ., sez II, sentenza n. 5753/2007). Le considerazioni svolte sinora valgono anche nel caso in cui gli interventi edificatori si traducano in opere di recupero di sottotetti all'interno dei quali siano ricavati uno o più appartamenti.
La titolarità del diritto di sopraelevazione. Il diritto di sopraelevazione è strettamente connesso alla proprietà dell'immobile e il suo esercizio, da parte del proprietario dell'ultimo piano, non è soggetto al preventivo consenso dell'assemblea. Dalla natura reale del diritto suddetto discende, inoltre, la sua imprescrittibilità. Dalla formulazione dell'art. 1127 c.c. deve ritenersi che la presenza di un proprietario esclusivo del lastrico solare escluda automaticamente la sussistenza del diritto di sopraelevazione in capo al proprietario dell'ultimo piano. Qualora, invece, il lastrico solare sia di proprietà comune dei condomini, il diritto di sopraelevazione spetta al proprietario dell'ultimo piano che, a seguito della nuova costruzione, dovrà ricostruire il lastrico solare comune a un livello superiore.
Qualora l'ultimo piano dell'edificio sia costituito da soffitte o da sottotetti, la giurisprudenza ha ritenuto che l'appartenenza di tali manufatti a soggetto diverso dal proprietario dell'ultimo piano faccia in modo che detti manufatti possano essere considerati piani ai sensi e agli effetti di cui all'art. 1127 c.c., con la conseguenza che il diritto alla sopraelevazione farà capo al proprietario di tali soffitte o sottotetti. Per contro, la proprietà comune di detti manufatti sposta in favore del proprietario dell'ultimo piano la facoltà di elevare nuovi piani o nuove fabbriche, fermo restando l'obbligo di ricostruire a un livello superiore i manufatti preesistenti alla sopraelevazione al fine di garantire l'uso comune degli stessi.
La c.d. indennità di sopraelevazione. L'indennità in questione è disciplinata dal comma 4 dell'art. 1127 c.c. e consiste in una misura compensativa riconosciuta agli altri condomini, il cui ammontare è pari al valore attuale dell'area da occuparsi con la nuova costruzione, diviso per il numero dei piani, ivi compreso quello da edificare, e detratto l'importo della quota spettante al sopraelevante. L'indennizzo non copre per intero la diminuzione di valore che le unità immobiliari in proprietà esclusiva subiscono per effetto della sopraelevazione in rapporto col valore dell'intero edificio e ciò in virtù del fatto che, da un lato, non si tratta di risarcimento da fatto illecito e che, dall'altro, il diritto di sopraelevare e, conseguentemente, di provocare tale diminuzione, sorge contemporaneamente al condominio e, quindi, chi acquista una unità immobiliare al di sotto dell'ultimo piano è a conoscenza del fatto che il valore della stessa rispetto al valore dell'intero edificio è suscettibile di diminuzione (in tal senso Cassazione, sez. II, n. 12880/2005).
L'obbligo di corresponsione dell'indennità trova fondamento nella necessità di compensare gli altri condomini della riduzione del valore delle quote di loro pertinenza sull'edificio condominiale, giacché colui che realizza la sopraelevazione va ad accrescere a scapito degli altri condomini la propria quota di partecipazione alla comunione.
D'altro canto il legislatore, nel riconoscere il diritto di sopraelevare al proprietario dell'ultimo piano o al proprietario esclusivo del lastrico solare, ha posto poi a carico di questi l'obbligo di corrispondere un'indennità agli altri condomini proprio con l'intento di compensarli della diminuzione patrimoniale delle loro quote per effetto della sopraelevazione (articolo ItaliaOggi Sette del 18.06.2012).
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MASSIMA
1. Il divieto di sopraelevazione, per inidoneità delle condizioni statiche dell'edificio, previsto dall'art. 1127, secondo comma, c.c. va interpretato non nel senso che la sopraelevazione è vietata soltanto se le strutture dell'edificio non consentono di sopportarne il peso, ma nel senso che il divieto sussiste anche nel caso in cui le strutture son tali che, una volta elevata la nuova fabbrica, non consentano di sopportare l'urto di forze in movimento quali le sollecitazioni di origine sismica. Pertanto, qualora le leggi antisismiche prescrivano particolari cautele tecniche da adottarsi, in ragione delle caratteristiche del territorio, nella sopraelevazione degli edifici, esse sono da considerarsi integrative dell'art. 1127, secondo comma, c.c. e la loro inosservanza determina una presunzione di pericolosità della sopraelevazione che può essere vinta esclusivamente mediante la prova, incombente sull'autore della nuova fabbrica, che non solo la sopraelevazione, ma anche la struttura sottostante sia idonea a fronteggiare il rischio sismico.
2. Qualora l'apertura nel muro perimetrale comune di un edificio condominiale sia eseguita dal singolo condomino per mettere in comunicazione una unità immobiliare di sua esclusiva proprietà con un'altra unità compresa in un diverso fabbricato, l'uso del muro comune non può ritenersi consentito a norma dell'art. 1102 c.c. in quanto non si risolve in un semplice maggiore suo godimento, ma integra una anormale e diversa utilizzazione diretta a sopperire ai bisogni di un bene al quale non è legato da alcun rapporto.

EDILIZIA PRIVATA: OPERE IN CEMENTO ARMATO E RESPONSABILITA` DEL COSTRUTTORE.
Il reato di omessa denuncia delle opere in conglomerato cementizio armato (artt. 65 e 72, D.P.R. 06.06.2001, n. 380), in quanto reato omissivo proprio, è configurabile in capo al costruttore, essendo imposto dalla legge, in via esclusiva a carico di quest’ultimo, l’obbligo di denuncia.

La Corte di Cassazione si pronuncia, con la sentenza in esame, sulla disciplina relativa alla realizzazione delle opere in conglomerato cementizio armato, individuando nel costruttore il soggetto responsabile del reato di omessa denuncia.
La vicenda processuale vedeva imputato il proprietario e committente di alcuni interventi edilizi, ritenuto responsabile per avere eseguito un manufatto abusivo in zona sismica in violazione di norme sul conglomerato cementizio armato e di avere dato inizio ai lavori senza la preventiva denuncia dei lavori allo Sportello unico dell’edilizia. A seguito della pronuncia di condanna, questi proponeva ricorso per cassazione denunciando violazione di legge relativamente alla condanna per il reato relativo al conglomerato cementizio, in base al rilievo che l’obbligo della denuncia delle opere incomberebbe solo sul costruttore e non sul proprietario/committente.
La tesi è stata condivisa dalla Cassazione che ha ritenuto l’affermazione di responsabilità per tale reato non è sorretta da alcuna motivazione, con conseguente annullamento della sentenza. A fondamento della decisione, peraltro, la Corte mostra di aderire a quell’orientamento giurisprudenziale che qualifica il reato di omessa denuncia delle opere in conglomerato cementizio armato (D.P.R. 06.06.2001, n. 380, artt. 65 e 72), come reato omissivo proprio, in quanto tale configurabile solo in capo al costruttore, essendo imposto dalla legge, in via esclusiva a carico di quest’ultimo, l’obbligo di denuncia, con esclusione della responsabilità del proprietario/committente (v., ex multis, da ultimo: Cass. pen., sez. III, 07.05.2010, n. 17539, in Ced Cass., n. 247168). Trattasi, tuttavia, di un orientamento non del tutto pacifico in giurisprudenza.
Ed infatti, sul punto, altra giurisprudenza ritiene diversamente che il committente di lavori edilizi concorre, in qualità di ‘‘extraneus’’, nella contravvenzione di omessa denuncia delle opere in conglomerato cementizio armato (artt. 65 e 72, D.P.R. 06.06.2001, n. 380), pur trattandosi di reato omissivo proprio del costruttore (Cass. pen., sez. III, 31.05.2011, n. 21775, in Ced Cass., n. 250377) (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 14.05.2012 n. 18104 - tratto da Urbanistica e appalti n. 7/2012).

EDILIZIA PRIVATA: Limitazione della sanatoria ai soli reati urbanistici.
Il rilascio in sanatoria del permesso di costruire, determina l'estinzione dei soli "reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti" e quindi si riferisce esclusivamente alle contravvenzioni concernenti la materia che disciplina l'assetto del territorio sotto il profilo edilizio, ossia alle violazioni della stessa legge, in cui sono contemplate le ipotesi tipiche suscettibili di sanatoria.
Ne deriva l'inapplicabilità della causa estintiva agli altri reati che riguardino altri aspetti delle costruzioni ed aventi oggettività giuridica diversa rispetto a quella della mera tutela urbanistica del territorio, come i reati relativi a violazioni di disposizioni in materia di costruzioni in zona sismica, o in materia di opere in conglomerato cementizio, ovvero in materia di tutela delle zone di particolare interesse ambientale (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 11.05.2012 n. 17825 - tratto da www.lexambiente.it).

febbraio 2012

EDILIZIA PRIVATA: Piscine e disciplina antisismica.
Gli artt. 83 e seguenti del d.P.R. n. 380 del 2001 devono essere interpretati nel senso che non escludono le piscine. Tali disposizioni si applicano, infatti, a tutte le costruzioni la cui sicurezza possa interessare la pubblica incolumità, a nulla rilevando la natura dei materiali usati e delle strutture realizzate, stante l'esigenza di massimo rigore nelle zone dichiarate sismiche, che rende necessari i controlli e le cautele prescritte anche quando si impiegano elementi strutturali meno solidi e duraturi rispetto alla muratura ed al cemento armato.
Né alcun rilievo può assumere il carattere eventualmente precario della costruzione, proprio in considerazione delle prevalenti esigenze di sicurezza alla tutela delle quali la normativa antisismica si correla (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 17.02.2012 n. 6591 - tratto da www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: L’autorizzazione alla installazione di impianti pubblicitari è subordinata alla valutazione in ordine alla sua compatibilità con il diverso interesse pubblico generale alla ordinata regolamentazione degli spazi pubblicitari (che non possono essere indiscriminatamente lasciati alla libera iniziativa privata), e, quindi, costituisce oggetto di una specifica disciplina, non sovrapponibile o confondibile con quella edilizia.
Il Comune è chiamato ad esercitare, al riguardo, un potere sicuramente caratterizzato da profili di discrezionalità, in quanto titolare sia delle funzioni relative alla sicurezza della circolazione (ciò che comporta la titolarità del potere autorizzatorio dell'installazione di impianti pubblicitari, nel rispetto delle prescrizioni del Codice della Strada), sia di quelle relative all'uso del proprio territorio, anche sotto l’aspetto dei monumenti, dell'estetica cittadina e del paesaggio, ben potendo individuare limitazioni e divieti per particolari forme pubblicitarie, in connessione ad esigenze di pubblico interesse.
Siffatto potere, inerente alla ponderazione comparativa degli interessi coinvolti, quali, da un lato, quelli pubblici e, dall’altro, quello privato, alla libertà di iniziativa economica -di cui l'attività pubblicitaria rappresenta estrinsecazione- si esprime, innanzitutto, nella potestà pianificatoria e, dunque, nella potestà regolamentare, attraverso la quale il Comune disciplina le modalità dello svolgimento della pubblicità, la tipologia e quantità degli impianti pubblicitari e le modalità per ottenere l'autorizzazione all'installazione di questi, senza violare l’art. 41 Cost., ma, anzi, ponendosi nell'ambito semantico della “utilità sociale” e nel contesto di valori costituzionali equiordinati, quali quello alla difesa dell'ambiente e delle valenze estetiche del patrimonio culturale della Nazione, riconducibili all’art. 9 della Costituzione.
Inoltre, nei casi in cui viene richiesta l’affissione di impianti pubblicitari direttamente su suolo pubblico, l’Amministrazione -nella cui disponibilità, oltretutto, si trova il suolo stesso- è tenuta ad espletare una valutazione complessiva, non limitata soltanto alla mera compatibilità dell’impianto pubblicitario con l’interesse pubblico (come nell’ipotesi in cui il suolo si trovi nella disponibilità dell’interessato), ma estesa anche alla verifica che, attraverso detto uso privato della risorsa pubblica, si realizzino quegli interessi collettivi, di cui l’Amministrazione stessa è portatrice.
Invero, in questi casi, viene richiesto un esame più approfondito e attento, che si articola nell’ambito di un procedimento destinato a sfociare in un provvedimento non già meramente autorizzatorio, ma di natura concessoria, il cui rilascio presuppone la canalizzazione dell’attività privata nell’alveo del pubblico interesse, e non solo la non incompatibilità dell’una rispetto all’altro.
In altri termini, l’installazione di mezzi pubblicitari su suolo pubblico postula un provvedimento di concessione dell’uso del medesimo, non bastando a tale scopo il solo provvedimento autorizzatorio, poiché, mentre il procedimento autorizzatorio si esaurisce nel sopra menzionato giudizio di "non incompatibilità" dell’attività privata con l’interesse pubblico, il procedimento concessorio involve la valutazione della conformità di tale attività con il pubblico interesse.
Ne segue che, quando l’esposizione degli impianti di pubblicità avviene su suolo pubblico, l’occupazione del predetto suolo fa sì che non si possa in alcun modo prescindere dalla citata valutazione di conformità, la cui complessità non consente che si possa formare tacitamente il provvedimento finale concessorio, in quanto involve l’esercizio di una potestà discrezionale, escludente l’applicabilità del regime del silenzio-assenso.
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Sotto altro profilo, deve poi rilevarsi che non sussiste un rapporto di tipo derogatorio fra la normativa edilizia, oggi compendiata nel D.P.R. 06.06.2001 n. 380 e la normativa per le pubbliche affissioni di cui al D.Lgs. 15.11.1993, n. 507, giacché trattasi di discipline differenti, avente differenti contenuti e finalità, che concorrono nella valutazione della medesima fattispecie ai fini della tutela di interessi pubblici diversi nonché ai fini della definizione di differenti procedimenti amministrativi.
Ed invero, la normativa edilizia trova applicazione in tutte le ipotesi in cui si configura un mutamento del territorio nel suo contesto preesistente sia sotto il profilo urbanistico che sotto quello edilizio ed entro questi limiti pertanto assume rilevanza la violazione dei regolamenti edilizi.
Conseguentemente, nelle ipotesi in cui la sistemazione di una insegna o di una tabella (cosiddetta tabellone) pubblicitaria o di ogni altro genere, per le sue consistenti dimensioni, comporti un rilevante mutamento territoriale, è richiesto l’assenso mediante “permesso di costruire” e mediante semplice s.c.i.a. negli altri casi, in coerenza con le previsioni della normativa edilizia di cui agli artt. 2, 6 e 7 del D.P.R. n. 380 del 2001 e succ. mod..
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La violazione della normativa antisismica di cui alla legge 02.02.1974 n. 64, posta a tutela della pubblica incolumità nelle zone dichiarate sismiche, non può essere derogata dalla normativa speciale di cui al D.Lgs. 15.11.1993, n. 507 e trova applicazione, omnicomprensivamente, ai sensi dell'art. 3, co. 1, a "tutte le costruzioni la cui sicurezza possa comunque interessare la pubblica incolumità", a nulla rilevando la natura dei materiali impiegati e delle relative strutture: anzi, proprio l'impiego, come nel caso di specie, di elementi strutturali meno solidi e duraturi di quelli in cemento ed assimilati, rende vieppiù necessari i controlli e le cautele prescritte ai fini preventivi in questione.

Il D.Lgs. 15.11.1993 n. 507, recante revisione ed armonizzazione dell'imposta comunale sulla pubblicità e del diritto sulle pubbliche affissioni stabilisce, all’art. 3, che il Comune è tenuto ad adottare apposito regolamento per l'applicazione dell'imposta, con il quale può disciplinare "le modalità di effettuazione della pubblicità e può stabilire limitazioni e divieti per particolari forme pubblicitarie in relazione ad esigenze di pubblico interesse" (II° comma) e "in ogni caso determinare la tipologia e la quantità degli impianti pubblicitari, le modalità per ottenere il provvedimento per l'installazione ..." (III° comma).
L'installazione di impianti pubblicitari è attività "contingentata", non sussumibile nella disciplina di cui all’art. 19 della legge n. 241 del 1990, in base alla quale l'atto di consenso, cui sia subordinato l'esercizio di un'attività privata, s'intende sostituito dalla denuncia di inizio di attività da parte dell'interessato alla pubblica amministrazione competente, sempre che il suo rilascio "dipenda esclusivamente dall'accertamento dei presupposti e dei requisiti di legge, senza l'esperimento di prove a ciò destinate che comportino valutazioni tecniche discrezionali, e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo".
Ed invero, l’autorizzazione alla installazione di impianti pubblicitari è subordinata alla valutazione in ordine alla sua compatibilità con il diverso interesse pubblico generale alla ordinata regolamentazione degli spazi pubblicitari (che non possono essere indiscriminatamente lasciati alla libera iniziativa privata), e, quindi, costituisce oggetto di una specifica disciplina, non sovrapponibile o confondibile con quella edilizia.
Il Comune è chiamato ad esercitare, al riguardo, un potere sicuramente caratterizzato da profili di discrezionalità, in quanto titolare sia delle funzioni relative alla sicurezza della circolazione (ciò che comporta la titolarità del potere autorizzatorio dell'installazione di impianti pubblicitari, nel rispetto delle prescrizioni del Codice della Strada), sia di quelle relative all'uso del proprio territorio, anche sotto l’aspetto dei monumenti, dell'estetica cittadina e del paesaggio, ben potendo individuare limitazioni e divieti per particolari forme pubblicitarie, in connessione ad esigenze di pubblico interesse (ex plurimis: TAR Lombardia- Brescia, Sez. I 28.02.2008 n. 174).
Siffatto potere, inerente alla ponderazione comparativa degli interessi coinvolti, quali, da un lato, quelli pubblici e, dall’altro, quello privato, alla libertà di iniziativa economica -di cui l'attività pubblicitaria rappresenta estrinsecazione- si esprime, innanzitutto, nella potestà pianificatoria e, dunque, nella potestà regolamentare, attraverso la quale il Comune disciplina le modalità dello svolgimento della pubblicità, la tipologia e quantità degli impianti pubblicitari e le modalità per ottenere l'autorizzazione all'installazione di questi, senza violare l’art. 41 Cost., ma, anzi, ponendosi nell'ambito semantico della “utilità sociale” e nel contesto di valori costituzionali equiordinati, quali quello alla difesa dell'ambiente e delle valenze estetiche del patrimonio culturale della Nazione, riconducibili all’art. 9 della Costituzione (conf.: Corte Cost. sent. 17.07.2002 n. 355).
Inoltre, nei casi in cui viene richiesta l’affissione di impianti pubblicitari direttamente su suolo pubblico, l’Amministrazione -nella cui disponibilità, oltretutto, si trova il suolo stesso- è tenuta ad espletare una valutazione complessiva, non limitata soltanto alla mera compatibilità dell’impianto pubblicitario con l’interesse pubblico (come nell’ipotesi in cui il suolo si trovi nella disponibilità dell’interessato), ma estesa anche alla verifica che, attraverso detto uso privato della risorsa pubblica, si realizzino quegli interessi collettivi, di cui l’Amministrazione stessa è portatrice.
Invero, in questi casi, viene richiesto un esame più approfondito e attento, che si articola nell’ambito di un procedimento destinato a sfociare in un provvedimento non già meramente autorizzatorio, ma di natura concessoria, il cui rilascio presuppone la canalizzazione dell’attività privata nell’alveo del pubblico interesse, e non solo la non incompatibilità dell’una rispetto all’altro.
In altri termini, l’installazione di mezzi pubblicitari su suolo pubblico postula un provvedimento di concessione dell’uso del medesimo, non bastando a tale scopo il solo provvedimento autorizzatorio, poiché, mentre il procedimento autorizzatorio si esaurisce nel sopra menzionato giudizio di "non incompatibilità" dell’attività privata con l’interesse pubblico, il procedimento concessorio involve la valutazione della conformità di tale attività con il pubblico interesse.
Ne segue che, quando l’esposizione degli impianti di pubblicità avviene su suolo pubblico, l’occupazione del predetto suolo fa sì che non si possa in alcun modo prescindere dalla citata valutazione di conformità, la cui complessità non consente che si possa formare tacitamente il provvedimento finale concessorio (TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, 26.07.2005, n. 3421), in quanto involve l’esercizio di una potestà discrezionale, escludente l’applicabilità del regime del silenzio-assenso (conf.: Corte Cost. 27.07.1995 n. 408).
Sotto altro profilo, deve poi rilevarsi che non sussiste un rapporto di tipo derogatorio fra la normativa edilizia, oggi compendiata nel D.P.R. 06.06.2001 n. 380 e la normativa per le pubbliche affissioni di cui al D.Lgs. 15.11.1993, n. 507, giacché trattasi di discipline differenti, avente differenti contenuti e finalità, che concorrono nella valutazione della medesima fattispecie ai fini della tutela di interessi pubblici diversi nonché ai fini della definizione di differenti procedimenti amministrativi.
Ed invero, la normativa edilizia trova applicazione in tutte le ipotesi in cui si configura un mutamento del territorio nel suo contesto preesistente sia sotto il profilo urbanistico che sotto quello edilizio ed entro questi limiti pertanto assume rilevanza la violazione dei regolamenti edilizi.
Conseguentemente, nelle ipotesi in cui la sistemazione di una insegna o di una tabella (cosiddetta tabellone) pubblicitaria o di ogni altro genere, per le sue consistenti dimensioni, comporti un rilevante mutamento territoriale, è richiesto l’assenso mediante “permesso di costruire” e mediante semplice s.c.i.a. negli altri casi, in coerenza con le previsioni della normativa edilizia di cui agli artt. 2, 6 e 7 del D.P.R. n. 380 del 2001 e succ. mod..
Analogamente, la violazione della normativa antisismica di cui alla legge 02.02.1974 n. 64, posta a tutela della pubblica incolumità nelle zone dichiarate sismiche, non può essere derogata dalla normativa speciale di cui al D.Lgs. 15.11.1993, n. 507 e trova applicazione, omnicomprensivamente, ai sensi dell'art. 3, co. 1, a "tutte le costruzioni la cui sicurezza possa comunque interessare la pubblica incolumità", a nulla rilevando la natura dei materiali impiegati e delle relative strutture: anzi, proprio l'impiego, come nel caso di specie, di elementi strutturali meno solidi e duraturi di quelli in cemento ed assimilati, rende vieppiù necessari i controlli e le cautele prescritte ai fini preventivi in questione.
Pertanto, si conferma l’assunto per cui è richiesto il titolo abilitativo del Comune allorché vi si un sostanziale mutamento del territorio nel suo contesto preesistente sia sotto il profilo urbanistico che sotto quello edilizio (cfr. Cons. Stato, V Sezione, 17.05.2007 n. 2497 che richiama Cass. pen. sez. 3°, n. 5328 del 14.01.2004 e precedenti ivi indicati) con conseguente infondatezza del primo motivo di ricorso (TAR Calabria-Catanzaro, Sez. I, sentenza 14.02.2012 n. 186 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

gennaio 2012

EDILIZIA PRIVATAL’autorizzazione alla installazione di impianti pubblicitari è subordinata alla valutazione in ordine alla sua compatibilità con il diverso interesse pubblico generale alla ordinata regolamentazione degli spazi pubblicitari (che non possono essere indiscriminatamente lasciati alla libera iniziativa privata), e, quindi, costituisce oggetto di una specifica disciplina, non sovrapponibile o confondibile con quella edilizia.
Il Comune è chiamato ad esercitare, al riguardo, un potere discrezionale, in quanto titolare sia delle funzioni relative alla sicurezza della circolazione (ciò che comporta la titolarità del potere autorizzatorio dell'installazione di impianti pubblicitari, nel rispetto delle prescrizioni del Codice della Strada), sia di quelle relative all'uso del proprio territorio, anche sotto l’aspetto dei monumenti, dell'estetica cittadina e del paesaggio, ben potendo individuare limitazioni e divieti per particolari forme pubblicitarie, in connessione ad esigenze di pubblico interesse.
Siffatto potere, inerente la ponderazione comparativa degli interessi coinvolti, quali, da un lato, quelli pubblici e, dall’altro, quello privato, alla libertà di iniziativa economica -di cui l'attività pubblicitaria rappresenta estrinsecazione- si esprime, innanzitutto, nella potestà pianificatoria e, dunque, nella potestà regolamentare, attraverso la quale il Comune disciplina le modalità dello svolgimento della pubblicità, la tipologia e quantità degli impianti pubblicitari e le modalità per ottenere l'autorizzazione all'installazione di questi, senza violare l’art. 41 Cost., ma, anzi, ponendosi nell'ambito semantico della “utilità sociale” e nel contesto di valori costituzionali equiordinati, quali quello alla difesa dell'ambiente e delle valenze estetiche del patrimonio culturale della Nazione, riconducibili all’art. 9 della Costituzione.
Inoltre, nei casi in cui viene richiesta l’affissione di impianti pubblicitari direttamente su suolo pubblico, l’Amministrazione -nella cui disponibilità, oltretutto, si trova il suolo stesso- è tenuta ad espletare una valutazione complessiva, non limitata soltanto alla mera compatibilità dell’impianto pubblicitario con l’interesse pubblico (come nell’ipotesi in cui il suolo si trovi nella disponibilità dell’interessato), ma estesa anche alla verifica che, attraverso detto uso privato della risorsa pubblica, si realizzino quegli interessi collettivi, di cui l’Amministrazione stessa è portatrice.
Invero, in questi casi, viene richiesto un esame più approfondito e attento, che si articola nell’ambito di un procedimento destinato a sfociare in un provvedimento non già meramente autorizzatorio, ma di natura concessoria, il cui rilascio presuppone la canalizzazione dell’attività privata nell’alveo del pubblico interesse, e non solo la non incompatibilità dell’una rispetto all’altro.
In altri termini, l’installazione di mezzi pubblicitari su suolo pubblico postula un provvedimento di concessione dell’uso del medesimo, non bastando a tale scopo il solo provvedimento autorizzatorio, poiché, mentre il procedimento autorizzatorio si esaurisce nel sopra menzionato giudizio di "non incompatibilità" dell’attività privata con l’interesse pubblico, il procedimento concessorio involve la valutazione della conformità di tale attività con il pubblico interesse.
Ne segue che, quando l’esposizione degli impianti di pubblicità avviene su suolo pubblico, l’occupazione del predetto suolo fa sì che non si possa in alcun modo prescindere dalla citata valutazione di conformità, la cui complessità non consente che si possa formare tacitamente il provvedimento finale concessorio, in quanto involve l’esercizio di una potestà discrezionale, escludente l’applicabilità del regime del silenzio-assenso.
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Si deve ritenere che non sussiste un rapporto di tipo derogatorio fra la normativa edilizia, oggi compendiata nel D.P.R. 06.06.2001 n. 380 e la normativa per le pubbliche affissioni di cui al D.Lgs. 15.11.1993, n. 507, giacché trattasi di discipline differenti, avente differenti contenuti e finalità, che concorrono nella valutazione della medesima fattispecie ai fini della tutela di interessi pubblici diversi nonché ai fini della definizione di differenti procedimenti amministrativi.
Ed invero, la normativa edilizia trova applicazione in tutte le ipotesi in cui si configura un mutamento del territorio nel suo contesto preesistente sia sotto il profilo urbanistico che sotto quello edilizio ed entro questi limiti pertanto assume rilevanza la violazione dei regolamenti edilizi.
Conseguentemente, nelle ipotesi in cui la sistemazione di una insegna o di una tabella (cosiddetta tabellone) pubblicitaria o di ogni altro genere quando, per le sue consistenti dimensioni, comporti un rilevante mutamento territoriale, è richiesto l’assenso mediante “permesso di costruire” e mediante semplice s.c.i.a. negli altri casi, in coerenza con le previsioni della normativa edilizia di cui agli artt. 2, 6 e 7 del D.P.R. n. 380 del 2001 e succ. mod..
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La violazione della normativa antisismica di cui alla legge 02.02.1974 n. 64, posta a tutela della pubblica incolumità nelle zone dichiarate sismiche, non può essere derogata dalla normativa speciale di cui al D.Lgs. 15.11.1993, n. 507 e trova applicazione, omnicomprensivamente, ai sensi dell'art. 3, co. 1, a "tutte le costruzioni la cui sicurezza possa comunque interessare la pubblica incolumità", a nulla rilevando la natura dei materiali impiegati e delle relative strutture: anzi, proprio l'impiego, come nel caso di specie, di elementi strutturali meno solidi e duraturi di quelli in cemento ed assimilati, rende vieppiù necessari i controlli e le cautele prescritte ai fini preventivi in questione.

... parte ricorrente deduce, in sintesi, che l’attività di installazione di impianti pubblicitari non sarebbe soggetta alla normativa in materia edilizia e, in ogni caso, nella specie, non inciderebbe sull’assetto del territorio, trattandosi di impianto soggetto ad uso precario e temporaneo, benché munito di idonea struttura di sostegno.
Il D.Lgs. 15.11.1993 n. 507, recante revisione ed armonizzazione dell'imposta comunale sulla pubblicità e del diritto sulle pubbliche affissioni, con l’art. 3, stabilisce che il Comune è tenuto ad adottare apposito regolamento per l'applicazione dell'imposta, con il quale deve disciplinare "le modalità di effettuazione della pubblicità e può stabilire limitazioni e divieti per particolari forme pubblicitarie in relazione ad esigenze di pubblico interesse" (II° comma) e "in ogni caso determinare la tipologia e la quantità degli impianti pubblicitari, le modalità per ottenere il provvedimento per l'installazione ..." (III° comma).
L'installazione di impianti pubblicitari è attività "contingentata", non sussumibile nella disciplina di cui all’art. 19 della legge n. 241 del 1990, in base alla quale l'atto di consenso, cui sia subordinato l'esercizio di un'attività privata, s'intende sostituito dalla denuncia di inizio di attività da parte dell'interessato alla pubblica amministrazione competente, sempre che il suo rilascio "dipenda esclusivamente dall'accertamento dei presupposti e dei requisiti di legge, senza l'esperimento di prove a ciò destinate che comportino valutazioni tecniche discrezionali, e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo".
Ed invero, l’autorizzazione alla installazione di impianti pubblicitari è subordinata alla valutazione in ordine alla sua compatibilità con il diverso interesse pubblico generale alla ordinata regolamentazione degli spazi pubblicitari (che non possono essere indiscriminatamente lasciati alla libera iniziativa privata), e, quindi, costituisce oggetto di una specifica disciplina, non sovrapponibile o confondibile con quella edilizia.
Il Comune è chiamato ad esercitare, al riguardo, un potere discrezionale, in quanto titolare sia delle funzioni relative alla sicurezza della circolazione (ciò che comporta la titolarità del potere autorizzatorio dell'installazione di impianti pubblicitari, nel rispetto delle prescrizioni del Codice della Strada), sia di quelle relative all'uso del proprio territorio, anche sotto l’aspetto dei monumenti, dell'estetica cittadina e del paesaggio, ben potendo individuare limitazioni e divieti per particolari forme pubblicitarie, in connessione ad esigenze di pubblico interesse (ex plurimis: TAR Lombardia- Brescia, Sez. I, 28.02.2008 n. 174).
Siffatto potere, inerente la ponderazione comparativa degli interessi coinvolti, quali, da un lato, quelli pubblici e, dall’altro, quello privato, alla libertà di iniziativa economica -di cui l'attività pubblicitaria rappresenta estrinsecazione- si esprime, innanzitutto, nella potestà pianificatoria e, dunque, nella potestà regolamentare, attraverso la quale il Comune disciplina le modalità dello svolgimento della pubblicità, la tipologia e quantità degli impianti pubblicitari e le modalità per ottenere l'autorizzazione all'installazione di questi, senza violare l’art. 41 Cost., ma, anzi, ponendosi nell'ambito semantico della “utilità sociale” e nel contesto di valori costituzionali equiordinati, quali quello alla difesa dell'ambiente e delle valenze estetiche del patrimonio culturale della Nazione, riconducibili all’art. 9 della Costituzione (conf.: Corte Cost. sent. 17.07.2002 n. 355).
Inoltre, nei casi in cui viene richiesta l’affissione di impianti pubblicitari direttamente su suolo pubblico, l’Amministrazione -nella cui disponibilità, oltretutto, si trova il suolo stesso- è tenuta ad espletare una valutazione complessiva, non limitata soltanto alla mera compatibilità dell’impianto pubblicitario con l’interesse pubblico (come nell’ipotesi in cui il suolo si trovi nella disponibilità dell’interessato), ma estesa anche alla verifica che, attraverso detto uso privato della risorsa pubblica, si realizzino quegli interessi collettivi, di cui l’Amministrazione stessa è portatrice.
Invero, in questi casi, viene richiesto un esame più approfondito e attento, che si articola nell’ambito di un procedimento destinato a sfociare in un provvedimento non già meramente autorizzatorio, ma di natura concessoria, il cui rilascio presuppone la canalizzazione dell’attività privata nell’alveo del pubblico interesse, e non solo la non incompatibilità dell’una rispetto all’altro.
In altri termini, l’installazione di mezzi pubblicitari su suolo pubblico postula un provvedimento di concessione dell’uso del medesimo, non bastando a tale scopo il solo provvedimento autorizzatorio, poiché, mentre il procedimento autorizzatorio si esaurisce nel sopra menzionato giudizio di "non incompatibilità" dell’attività privata con l’interesse pubblico, il procedimento concessorio involve la valutazione della conformità di tale attività con il pubblico interesse.
Ne segue che, quando –come nel caso di specie– l’esposizione degli impianti di pubblicità avviene su suolo pubblico, l’occupazione del predetto suolo fa sì che non si possa in alcun modo prescindere dalla citata valutazione di conformità, la cui complessità non consente che si possa formare tacitamente il provvedimento finale concessorio (TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, 26.07.2005, n. 3421), in quanto involve l’esercizio di una potestà discrezionale, escludente l’applicabilità del regime del silenzio-assenso (conf.: Corte Cost. 27.07.1995 n. 408).
In coerenza con i principi rivenienti dall’art. 41 Cost., non può neanche prescindere dalla tutela del catalogo dei diritti e delle libertà della persona, costituzionalmente garantiti, che delineano lo "status civitatis" comune all'intera Repubblica italiana.
A quest'ultimo ambito vanno certamente ricondotte le disposizioni, sostanzialmente afferenti alla materia urbanistica ed edilizia (indipendentemente dalla collocazione formale) che, al fine di garantire la generale salubrità degli ambienti di vita e di lavoro (ferme restando le discipline relative a specifiche attività e di tutela dei lavoratori), impongono condizioni minime per l'abitabilità ed agibilità degli edifici e rapporti minimi di aerazione ed illuminazione dei locali, quali requisiti di sicurezza per la loro utilizzazione, che non consentono che i manufatti pubblicitari possano oscurare le facciate degli edifici munite di porte e finestre.
In tale ottica, si deve ritenere che non sussiste un rapporto di tipo derogatorio fra la normativa edilizia, oggi compendiata nel D.P.R. 06.06.2001 n. 380 e la normativa per le pubbliche affissioni di cui al D.Lgs. 15.11.1993, n. 507, giacché trattasi di discipline differenti, avente differenti contenuti e finalità, che concorrono nella valutazione della medesima fattispecie ai fini della tutela di interessi pubblici diversi nonché ai fini della definizione di differenti procedimenti amministrativi.
Ed invero, la normativa edilizia trova applicazione in tutte le ipotesi in cui si configura un mutamento del territorio nel suo contesto preesistente sia sotto il profilo urbanistico che sotto quello edilizio ed entro questi limiti pertanto assume rilevanza la violazione dei regolamenti edilizi.
Conseguentemente, nelle ipotesi in cui la sistemazione di una insegna o di una tabella (cosiddetta tabellone) pubblicitaria o di ogni altro genere quando, per le sue consistenti dimensioni, comporti un rilevante mutamento territoriale, è richiesto l’assenso mediante “permesso di costruire” e mediante semplice s.c.i.a. negli altri casi, in coerenza con le previsioni della normativa edilizia di cui agli artt. 2, 6 e 7 del D.P.R. n. 380 del 2001 e succ. mod..
Analogamente, la violazione della normativa antisismica di cui alla legge 02.02.1974 n. 64, posta a tutela della pubblica incolumità nelle zone dichiarate sismiche, non può essere derogata dalla normativa speciale di cui al D.Lgs. 15.11.1993, n. 507 e trova applicazione, omnicomprensivamente, ai sensi dell'art. 3, co. 1, a "tutte le costruzioni la cui sicurezza possa comunque interessare la pubblica incolumità", a nulla rilevando la natura dei materiali impiegati e delle relative strutture: anzi, proprio l'impiego, come nel caso di specie, di elementi strutturali meno solidi e duraturi di quelli in cemento ed assimilati, rende vieppiù necessari i controlli e le cautele prescritte ai fini preventivi in questione.
Del resto, la normativa sismica ha una portata ben più amia rispetto a quella di cui alla legge 05.11.1971 n. 1086, concernente i soli casi inerenti opere in conglomerato cementizio armato.
Orbene, trattandosi, nel caso di specie, di affissione di impianti pubblicitari direttamente su suolo pubblico, l’Amministrazione è tenuta ad espletare una valutazione complessiva, non limitata soltanto alla mera compatibilità dell’impianto pubblicitario con l’interesse pubblico (come nell’ipotesi in cui il suolo si trovi nella disponibilità dell’interessato), ma estesa anche alla verifica che, attraverso detto uso privato del suolo pubblico possa determinare la realizzazione di interessi collettivi, per cui il cui rilascio dell’atto concessorio presuppone la canalizzazione dell’attività privata nell’alveo del pubblico interesse, e non solo un mero giudizio di compatibilità fra i contrapposti interessi (TAR Calabria-Catanzaro, Sez. I, sentenza 26.01.2012 n. 58 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 3 del 19.01.2012, "Deliberazione di Giunta regionale 30.11.2011 n. IX/2616 “Aggiornamento dei ‘Criteri ed indirizzi per la definizione della componente geologica, idrogeologica e sismica del piano di governo del territorio, in attuazione dell’art. 57, comma 1, della l.r. 11.03.2005, n. 12’, approvati con d.g.r. 22.12.2005, n. 8/1566 e successivamente modificati con d.g.r. 28.05.2008, n. 8/7374”, pubblicata sul BURL n. 50 Serie ordinaria del 15.12.2012" (Errata Corrige ed integrale ripubblicazione).

EDILIZIA PRIVATA: Edifici privi di collaudo, no al sequestro preventivo senza pericolo di crollo.
Secondo la Cassazione,
la mancanza del certificato di collaudo di un'opera in cemento armato è insufficiente a giustificare il sequestro preventivo in assenza di prova dell'instabilità dell'edificio.
Secondo la sentenza che può leggersi in calce,
la mancanza di certificato di collaudo, richiesta ai sensi dell'art. 67 D.P.R. 06.06.2001, n. 380 (T.U. Edilizia) per tutte le opere in cemento armato o a struttura metallica, pur integrando la contravvenzione prevista all'art. 75 T.U.Ed., è insufficiente a giustificare il sequestro preventivo della costruzione se non v'è contestuale prova dell'instabilità dell'edificio, ossia prova concreta del pericolo per la pubblica incolumità.
Questa la vicenda oggetto del giudizio: circa nel 2001 vengono indagati quattro soggetti per l'avvio di lavori di edificazione immobiliare in assenza dei prescritti titoli abilitativi (art. 44, comma 1, lett. a), T.U.Ed.).
Nonostante durante le indagini preliminari per tale contravvenzione venissero apposti i sigilli all'immobile abusivo, i lavori edificatori venivano proseguiti ed ultimati dagli indagati che, successivamente, si trasferivano a vivere nella costruzione abusiva con le proprie famiglie, come accertato dalla P.G. nel 2009.
Poco dopo il sequestro preventivo dell'immobile abusivo, disposto nuovamente dal Giudice per le indagini preliminari a seguito degli accertamenti compiuti nel 2009, il pubblico ministero emetteva provvedimento di dissequestro, rilevando come la costruzione fosse stata ultimata in tempo tanto risalente da ritenere pienamente maturato il termine di prescrizione della contravvenzione prevista all'art. 44, comma 1, lett. a), T.U.Ed.
Tuttavia, poiché la costruzione veniva realizzata in cemento armato ed, essendo totalmente abusiva, non era mai stata sottoposta al collaudo statico prescritto dall'art. 67 T.U.Ed., il P.M. avviava le indagini per altro titolo di reato, ossia quello previsto all'art. 75 T.U.Ed., a norma del quale chi consente l'uso di costruzioni prima del rilascio del certificato di collaudo è punito con l'arresto fino ad un anno ovvero l'ammenda da 103 a 1032 €.
Il PM, quindi, chiedeva nuovamente il sequestro dell'immobile, ma la richiesta veniva rigettata tanto dal GIP quanto, in sede d'appello ex art. 322-bis c.p.p., dal Tribunale.
I Giudici di merito, infatti, hanno ritenuto insussistente il fumus boni iuris, poiché, qualificato il reato di cui all'art. 75 T.U.Ed. come reato a consumazione istantanea (ossia che viene commesso nel momento nel quale non viene presentata la richiesta di collaudo secondo il procedimento descritto all'art. 67 T.U.Ed.) e ad effetti permanenti (che si protraggono sino a quando il collaudo non venga effettivamente eseguito), l'ultimazione dei lavori in tempo risalente determinerebbe il decorso del termine di prescrizione. Rispetto al periculum in mora viene evidenziato, altresì, come il mero rischio sismico e vulcanico caratteristico della zona nella quale è stata realizzata la costruzione in cemento armato non collaudata, sia inidoneo a giustificare, in concreto, l'adozione della misura cautelare.
I Giudici di merito hanno, quindi, ritenuto necessaria la prova di un pericolo concreto per la pubblica incolumità per giustificare la misura, da desumere in base alle caratteristiche specifiche dell'immobile per il quale è richiesta l'adozione del provvedimento cautelare reale.
Presenta ricorso per Cassazione il Procuratore della Repubblica lamentando, essenzialmente, l'erronea applicazione della legge penale in ordine alla errata qualificazione giuridica del reato contestato, in particolare sottolineando come la contravvenzione prevista all'art. 75 T.U.Ed. sia un reato permanente tout court.
Condotta prevista e punita dalla norma incriminatrice, infatti, non è la mancata esecuzione del collaudo, bensì, il consentire l'utilizzo di un'opera in cemento armato prima del rilascio del prescritto certificato, ossia condotta ancora perdurante al momento della richiesta di di sequestro dell'immobile.
La Suprema Corte sposa, seppur in termini dubitativi (“anche se ci si muove nell'ottica interpretativa della Procura della Repubblica”), la qualificazione della contravvenzione quale reato permanente, rilevando come norma di analogo tenore letterale sia stata pacificamente ritenuta dalla giurisprudenza descrittiva di tale tipologia di reato. Il riferimento è all'abrogato art. 211 del R.D. 27.07.1934 (T.U. Leggi sanitarie) che, nella sua formulazione originaria (la norma è stata poi depenalizzata per effetto dell'art. 32 della l. 24.11.1989, n. 689), puniva il proprietario di un immobile che consentisse l'abitazione nello stesso in assenza dell'autorizzazione del podestà (poi certificato di abitabilità).
Tale norma incriminatrice, così come l'art. 75 T.U.Ed., descriverebbe, a dire della Suprema Corte, un reato permanente a condotta mista ovvero composta da un aspetto commissivo permanente, ossa l'utilizzazione dell'edificio, ed un aspetto ommissivo istantaneo, ossia il mancata richiesta dell'autorizzazione prescritta per legge (sul punto la sentenza richiama, tra le altre la Cass. Pen., Sez. III, 27.01.1998, n. 364, disponibile in DeJure).
Per l'effetto la prescrizione del reato contesta non decorrerebbe fintanto che l'edificio continui ad essere abitato pur in assenza dei certificati e/o delle autorizzazioni imperativamente richieste, dovendosi, quindi, attribuire valore dirimente, per la qualificazione giuridica del reato, all'aspetto commissivo permanente.
La Cassazione, tuttavia, non reputa tale aspetto sufficiente a superare la decisione adottata dai giudici di merito poiché, pur ritenendo potendosi ritenere sussistente il fumus boni iuris, una volta qualificato il reato contestato come permanente, la Procura avrebbe omesso di fornire elementi di prova idonei a dimostrare, nel caso di specie e non solo in astratto, il rischio per la pubblica incolumità connesso all'utilizzo dell'immobile abusivo in cemento armato non collaudato.
La mancanza di certificato di collaudo, richiesta ai sensi dell'art. 67 D.P.R. 06.06.2001, n. 380 (T.U.Edilizia) per tutte le opere in cemento armato o a struttura metallica è, quindi, insufficiente a giustificare, in sé e per sé, il sequestro preventivo della costruzione realizzata, a meno che non venga contestualmente provata dell'instabilità dell'edificio, a dimostrazione della sussistenza di un concreto pericolo per la pubblica incolumità.
Il ricorso viene, quindi, rigettato (commento tratto da www.ipsoa.it - Corte di Cassazione penale, sentenza 17.01.2012 n. 1411).

EDILIZIA PRIVATA: Reati e abusi edilizi. Antisismica necessaria anche se non c'e' cemento armato.
Il reato di mancata comunicazione del progetto agli uffici competenti ai fini dei calcoli antisismici e' configurabile anche nel caso in cui, per la realizzazione dell'intervento edilizio, non sia utilizzato il cemento armato.
La Corte di Cassazione si pronuncia con la sentenza in esame su un caso particolare relativo alla disciplina cosiddetta antisismica. La questione, in particolare, riguardava l’esecuzione di un intervento edilizio posto in essere in difetto della comunicazione degli elaborati progettuali al Genio civile. La difesa aveva sostenuto che la relativa violazione, punita dall’art. 95 del d.P.R. n. 380/2001, non fosse configurabile non essendo stato impiegato il cemento armato nell’esecuzione dei lavori.
La Corte ha, invece, ritenuta destituita di fondamento la prospettazione difensiva, precisando che il reato antisismico in questione è configurabile a prescindere dall’impiego o meno del cemento armato nella realizzazione dell’intervento, non potendo confondersi i due piani normativi.
Il fatto
La vicenda processuale in questione tra origine da una condanna inflitta a due imputati per la violazione dell’art. 95 del d.P.R. n. 380 del 2001, per aver eseguito in zona sismica lavori senza preventiva comunicazione all’ufficio del Genio Civile.
Il ricorso
Avverso tale decisione, gli imputati hanno proposto ricorso, tramite il difensore, deducendo, da un lato, la mancata applicazione dell’art. 22, comma 2, del d.P.R. n. 380 del 2001, in quanto gli interventi edilizi erano stati assentiti a mezzo DIA e che i lavori eseguiti in difformità non avevano avuto alcuna incidenza strutturale ne' urbanistica.
Detto in estrema sintesi, non sussistendo violazioni penalmente rilevanti, non si sarebbe neppure in presenza di violazioni per mancata comunicazione del progetto agli uffici competenti ai fini dei calcoli sul cemento armato ed antisismici. In secondo luogo, poi, per quanto qui di interesse, si sosteneva che, ai fini della sussistenza del reato contestato, e' necessario, non solo che i lavori siano avvenuti in zona sismica, ma anche che le opere siano state in cemento armato.
La decisione della Cassazione
La decisione è stata, però, confermata dalla Cassazione.
Al solito è utile procedere ad un inquadramento normativo. La disciplina della costruzioni in zona sismica è contenuta agli artt. 83 e seguenti del d.P.R. n. 380 del 2001.
In particolare, la norma iniziale stabilisce che “tutte le costruzioni la cui sicurezza possa comunque interessare la pubblica incolumità, da realizzarsi in zone dichiarate sismiche …., sono disciplinate, oltre che dalle disposizioni di cui all'articolo 52, da specifiche norme tecniche emanate, anche per i loro aggiornamenti, con decreti del Ministro per le infrastrutture ed i trasporti, di concerto con il Ministro per l'interno, sentiti il Consiglio superiore dei lavori pubblici, il Consiglio nazionale delle ricerche e la Conferenza unificata”.
L’art. 93 del citato d.P.R., poi specifica che “nelle zone sismiche di cui all'articolo 83, chiunque intenda procedere a costruzioni, riparazioni e sopraelevazioni, è tenuto a darne preavviso scritto allo sportello unico, che provvede a trasmetterne copia al competente ufficio tecnico della regione, indicando il proprio domicilio, il nome e la residenza del progettista, del direttore dei lavori e dell'appaltatore.
Alla domanda deve essere allegato il progetto, in doppio esemplare e debitamente firmato da un ingegnere, architetto, geometra o perito edile iscritto nell'albo, nei limiti delle rispettive competenze, nonché dal direttore dei lavori.
Il contenuto minimo del progetto è determinato dal competente ufficio tecnico della regione. In ogni caso il progetto deve essere esauriente per planimetria, piante, prospetti e sezioni ed accompagnato da una relazione tecnica, dal fascicolo dei calcoli delle strutture portanti, sia in fondazione sia in elevazione, e dai disegni dei particolari esecutivi delle strutture.
Al progetto deve inoltre essere allegata una relazione sulla fondazione, nella quale devono essere illustrati i criteri seguiti nella scelta del tipo di fondazione, le ipotesi assunte, i calcoli svolti nei riguardi del complesso terreno-opera di fondazione. (omissis)
”.
La risposta sanzionatoria, in caso di violazione di tale ultima disposizione, è contenuta all’art. 95 che, nella specie, prevede che “chiunque violi le prescrizioni contenute nel presente capo e nei decreti interministeriali di cui agli articoli 52 e 83 è punito con l'ammenda da L. 400.000 a L. 20.000.000”.
La disciplina riprende sostanzialmente le previsioni contemplata nell’abrogato art. 20 della L. 02.02.1974, n. 64, recante “Provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche”.
Premesso quanto sopra, è sicuramente più intelligibile la decisione della Corte.
Gli Ermellini ricordano, sul punto, che la questione della non incidenza sostanziale dei lavori è irrilevante. A tal fine rileva quanto affermato dalla stessa giurisprudenza di legittimità (Cass. pen., Sez. III, n. 46081 del 08/10/2008, dep. 15/12/2008, imp. S., in Ced Cass., n. 241783) secondo cui, ai fini della configurabilità delle contravvenzioni previste dagli artt. articoli 71 e 95 del d.P.R. n. 380 del 2001 è irrilevante la natura dei lavori (ovvero che si tratti di interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ovvero di interventi di nuova costruzione), in quanto la violazione delle norme antisismiche e sul cemento armato presuppone soltanto l'esecuzione di lavori edilizi in zona sismica ovvero che comportino l'utilizzo del cemento armato.
E’ dunque corretto quanto affermano i giudici di merito che, "per il solo fatto di avere eseguito una (diverso) intervento edilizio in zona sismica, indipendentemente dalla natura e pericolosità degli stessi lavori, entrambi gli imputati erano tenuti agli obblighi di cui all’art. 95 del d.P.R. citato".
Aggiunge, infine, la Corte che la tesi sostenuta dalla difesa secondo cui, per la configurabilità della contravvenzione in discussione, sarebbero necessari, in contemporanea, sia che la costruzione avvenga in zona sismica, sia che venga utilizzato il cemento armato “specula su una errata lettura della sentenza di questa S.C. e, soprattutto ignora il dato normativo (Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 93) di tenore assolutamente inequivoco nell'affermare che chiunque intenda procedere a costruzioni, riparazioni o sopraelevazioni in zona sismica «e' tenuto a darne preavviso scritto allo sportello unico»: nessuna distinzione e' fatta in ordine alla entità dei lavori e neppure e' richiesto che essi avvengano anche in cemento armato”.
La sentenza merita ampia e convinta condivisione.
La stessa del resto si inserisce in un solco già tracciato dagli Ermellini che, di recente, avevano affermato che qualsiasi intervento edilizio in zona sismica –fatta eccezione che per gli interventi di semplice manutenzione ordinaria che sfuggono alla relativa disciplina- comportante o meno l'esecuzione di opere in conglomerato cementizio amato, deve essere previamente denunciato al competente ufficio al fine di consentire i preventivi controlli e necessita del rilascio del preventivo titolo abilitativo, conseguendone, in difetto, la violazione dell'art. 95 del d.P.R. 06.06.2001, n. 380 (Cass. pen., Sez. III, n. 34604 del 17/06/2010, dep. 24/09/2010, imp. T., in Ced Cass., n. 248330) (commento tratto da www.ipsoa.it - Corte di Cassazione penale, sentenza 13.01.2012 n. 884).

EDILIZIA PRIVATAL’autorizzazione alla installazione di impianti pubblicitari è subordinata alla valutazione in ordine alla sua compatibilità con il diverso interesse pubblico generale alla ordinata regolamentazione degli spazi pubblicitari (che non possono essere indiscriminatamente lasciati alla libera iniziativa privata), e, quindi, costituisce oggetto di una specifica disciplina, non sovrapponibile o confondibile con quella edilizia.
Il Comune è chiamato ad esercitare, al riguardo, un potere discrezionale, in quanto titolare sia delle funzioni relative alla sicurezza della circolazione (ciò che comporta la titolarità del potere autorizzatorio dell'installazione di impianti pubblicitari, nel rispetto delle prescrizioni del Codice della Strada), sia di quelle relative all'uso del proprio territorio, anche sotto l’aspetto dei monumenti, dell'estetica cittadina e del paesaggio, ben potendo individuare limitazioni e divieti per particolari forme pubblicitarie, in connessione ad esigenze di pubblico interesse.
Siffatto potere, inerente la ponderazione comparativa degli interessi coinvolti, quali, da un lato, quelli pubblici e, dall’altro, quello privato, alla libertà di iniziativa economica -di cui l'attività pubblicitaria rappresenta estrinsecazione- si esprime, innanzitutto, nella potestà pianificatoria e, dunque, nella potestà regolamentare, attraverso la quale il Comune disciplina le modalità dello svolgimento della pubblicità, la tipologia e quantità degli impianti pubblicitari e le modalità per ottenere l'autorizzazione all'installazione di questi, senza violare l’art. 41 Cost., ma, anzi, ponendosi nell'ambito semantico della “utilità sociale” e nel contesto di valori costituzionali equiordinati, quali quello alla difesa dell'ambiente e delle valenze estetiche del patrimonio culturale della Nazione, riconducibili all’art. 9 della Costituzione.
Inoltre, nei casi in cui viene richiesta l’affissione di impianti pubblicitari direttamente su suolo pubblico, l’Amministrazione -nella cui disponibilità, oltretutto, si trova il suolo stesso- è tenuta ad espletare una valutazione complessiva, non limitata soltanto alla mera compatibilità dell’impianto pubblicitario con l’interesse pubblico (come nell’ipotesi in cui il suolo si trovi nella disponibilità dell’interessato), ma estesa anche alla verifica che, attraverso detto uso privato della risorsa pubblica, si realizzino quegli interessi collettivi, di cui l’Amministrazione stessa è portatrice.
Invero, in questi casi, viene richiesto un esame più approfondito e attento, che si articola nell’ambito di un procedimento destinato a sfociare in un provvedimento non già meramente autorizzatorio, ma di natura concessoria, il cui rilascio presuppone la canalizzazione dell’attività privata nell’alveo del pubblico interesse, e non solo la non incompatibilità dell’una rispetto all’altro.
In altri termini, l’installazione di mezzi pubblicitari su suolo pubblico postula un provvedimento di concessione dell’uso del medesimo, non bastando a tale scopo il solo provvedimento autorizzatorio, poiché, mentre il procedimento autorizzatorio si esaurisce nel sopra menzionato giudizio di "non incompatibilità" dell’attività privata con l’interesse pubblico, il procedimento concessorio involve la valutazione della conformità di tale attività con il pubblico interesse.
Ne segue che, quando l’esposizione degli impianti di pubblicità avviene su suolo pubblico, l’occupazione del predetto suolo fa sì che non si possa in alcun modo prescindere dalla citata valutazione di conformità, la cui complessità non consente che si possa formare tacitamente il provvedimento finale concessorio, in quanto involve l’esercizio di una potestà discrezionale, escludente l’applicabilità del regime del silenzio-assenso.
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Non sussiste un rapporto di tipo derogatorio fra la normativa edilizia, oggi compendiata nel D.P.R. 06.06.2001 n. 380, e la normativa per le pubbliche affissioni di cui al D.Lgs. 15.11.1993, n. 507, giacché trattasi di discipline differenti, avente differenti contenuti e finalità, che concorrono nella valutazione della medesima fattispecie ai fini della tutela di interessi pubblici diversi nonché ai fini della definizione di differenti procedimenti amministrativi.
Ed invero, la normativa edilizia trova applicazione in tutte le ipotesi in cui si configura un mutamento del territorio nel suo contesto preesistente, sia sotto il profilo urbanistico che sotto quello edilizio, ed entro questi limiti, pertanto, assume rilevanza la violazione dei regolamenti edilizi.
Conseguentemente, nelle ipotesi in cui la sistemazione di una insegna o di una tabella (cosiddetta tabellone) pubblicitaria o di ogni altro genere quando, per le sue consistenti dimensioni, comporti un rilevante mutamento territoriale, è richiesto l’assenso mediante “permesso di costruire” e mediante semplice s.c.i.a. negli altri casi, in coerenza con le previsioni della normativa edilizia di cui agli artt. 2,6 e 7 del D.P.R. n. 380 del 2001 e succ. mod..
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La violazione della normativa antisismica di cui alla legge 02.02.1974 n. 64, posta a tutela della pubblica incolumità nelle zone dichiarate sismiche, non può essere derogata dalla normativa speciale di cui al D.Lgs. 15.11.1993, n. 507 e trova applicazione, omnicomprensivamente, ai sensi dell'art. 3, co. 1, a "tutte le costruzioni la cui sicurezza possa comunque interessare la pubblica incolumità", a nulla rilevando la natura dei materiali impiegati e delle relative strutture: anzi, proprio l'impiego, come nel caso di specie, di elementi strutturali meno solidi e duraturi di quelli in cemento ed assimilati, rende vieppiù necessari i controlli e le cautele prescritte ai fini preventivi in questione.
Del resto, la normativa sismica ha una portata ben più amia rispetto a quella di cui alla legge 05.11.1971 n. 1086, concernente i soli casi inerenti opere in conglomerato cementizio armato.
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Trattandosi, nel caso di specie, di affissione di impianti pubblicitari direttamente su suolo pubblico, l’Amministrazione è tenuta ad espletare una valutazione complessiva, non limitata soltanto alla mera compatibilità dell’impianto pubblicitario con l’interesse pubblico (come nell’ipotesi in cui il suolo si trovi nella disponibilità dell’interessato), ma estesa anche alla verifica che, attraverso detto uso privato del suolo pubblico, si possa determinare la realizzazione di interessi collettivi, per cui il cui rilascio dell’atto concessorio presuppone la canalizzazione dell’attività privata nell’alveo del pubblico interesse, e non solo un mero giudizio di compatibilità fra i contrapposti interessi.

Va quindi esaminato il secondo profilo di gravame su cui si incentra l’impugnativa in correlazione con lo specifico interesse dedotto in giudizio.
Con tale mezzo, parte ricorrente deduce, in sintesi, che l’attività di installazione di impianti pubblicitari non sarebbe soggetta alla normativa in materia edilizia e, in ogni caso, nella specie, non inciderebbe sull’assetto del territorio, trattandosi di impianti soggetti ad uso precario e temporaneo, benché muniti di idonee strutture di sostegno.
Il D. Lgs. 15.11.1993 n. 507, recante revisione ed armonizzazione dell'imposta comunale sulla pubblicità e del diritto sulle pubbliche affissioni, con l’art. 3, stabilisce che il Comune è tenuto ad adottare apposito regolamento per l'applicazione dell'imposta, con il quale deve disciplinare "le modalità di effettuazione della pubblicità e può stabilire limitazioni e divieti per particolari forme pubblicitarie in relazione ad esigenze di pubblico interesse" (II° comma) e "in ogni caso determinare la tipologia e la quantità degli impianti pubblicitari, le modalità per ottenere il provvedimento per l'installazione ..." (III° comma).
L'installazione di impianti pubblicitari è attività "contingentata", non sussumibile nella disciplina di cui all’art. 19 della legge 07.08.1990 n. 241, in base alla quale l'atto di consenso, cui sia subordinato l'esercizio di un'attività privata, s'intende sostituito dalla denuncia di inizio di attività da parte dell'interessato alla pubblica amministrazione competente, sempre che il suo rilascio dipenda esclusivamente dall'accertamento dei presupposti e dei requisiti di legge, senza l'esperimento di prove a ciò destinate che comportino valutazioni tecniche discrezionali, e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo.
Ed invero, l’autorizzazione alla installazione di impianti pubblicitari è subordinata alla valutazione in ordine alla sua compatibilità con il diverso interesse pubblico generale alla ordinata regolamentazione degli spazi pubblicitari (che non possono essere indiscriminatamente lasciati alla libera iniziativa privata), e, quindi, costituisce oggetto di una specifica disciplina, non sovrapponibile o confondibile con quella edilizia.
Il Comune è chiamato ad esercitare, al riguardo, un potere discrezionale, in quanto titolare sia delle funzioni relative alla sicurezza della circolazione (ciò che comporta la titolarità del potere autorizzatorio dell'installazione di impianti pubblicitari, nel rispetto delle prescrizioni del Codice della Strada), sia di quelle relative all'uso del proprio territorio, anche sotto l’aspetto dei monumenti, dell'estetica cittadina e del paesaggio, ben potendo individuare limitazioni e divieti per particolari forme pubblicitarie, in connessione ad esigenze di pubblico interesse (ex plurimis: TAR Lombardia- Brescia, Sez. I, 28.02.2008 n. 174).
Siffatto potere, inerente la ponderazione comparativa degli interessi coinvolti, quali, da un lato, quelli pubblici e, dall’altro, quello privato, alla libertà di iniziativa economica -di cui l'attività pubblicitaria rappresenta estrinsecazione- si esprime, innanzitutto, nella potestà pianificatoria e, dunque, nella potestà regolamentare, attraverso la quale il Comune disciplina le modalità dello svolgimento della pubblicità, la tipologia e quantità degli impianti pubblicitari e le modalità per ottenere l'autorizzazione all'installazione di questi, senza violare l’art. 41 Cost., ma, anzi, ponendosi nell'ambito semantico della “utilità sociale” e nel contesto di valori costituzionali equiordinati, quali quello alla difesa dell'ambiente e delle valenze estetiche del patrimonio culturale della Nazione, riconducibili all’art. 9 della Costituzione (conf.: Corte Cost. sent. 17.07.2002 n. 355).
Inoltre, nei casi in cui viene richiesta l’affissione di impianti pubblicitari direttamente su suolo pubblico, l’Amministrazione -nella cui disponibilità, oltretutto, si trova il suolo stesso- è tenuta ad espletare una valutazione complessiva, non limitata soltanto alla mera compatibilità dell’impianto pubblicitario con l’interesse pubblico (come nell’ipotesi in cui il suolo si trovi nella disponibilità dell’interessato), ma estesa anche alla verifica che, attraverso detto uso privato della risorsa pubblica, si realizzino quegli interessi collettivi, di cui l’Amministrazione stessa è portatrice.
Invero, in questi casi, viene richiesto un esame più approfondito e attento, che si articola nell’ambito di un procedimento destinato a sfociare in un provvedimento non già meramente autorizzatorio, ma di natura concessoria, il cui rilascio presuppone la canalizzazione dell’attività privata nell’alveo del pubblico interesse, e non solo la non incompatibilità dell’una rispetto all’altro.
In altri termini, l’installazione di mezzi pubblicitari su suolo pubblico postula un provvedimento di concessione dell’uso del medesimo, non bastando a tale scopo il solo provvedimento autorizzatorio, poiché, mentre il procedimento autorizzatorio si esaurisce nel sopra menzionato giudizio di "non incompatibilità" dell’attività privata con l’interesse pubblico, il procedimento concessorio involve la valutazione della conformità di tale attività con il pubblico interesse.
Ne segue che, quando –come nel caso di specie– l’esposizione degli impianti di pubblicità avviene su suolo pubblico, l’occupazione del predetto suolo fa sì che non si possa in alcun modo prescindere dalla citata valutazione di conformità, la cui complessità non consente che si possa formare tacitamente il provvedimento finale concessorio (TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, 26.07.2005 n. 3421), in quanto involve l’esercizio di una potestà discrezionale, escludente l’applicabilità del regime del silenzio-assenso (conf.: Corte Cost. 27.07.1995 n. 408).
In coerenza con i principi rivenienti dall’art. 41 Cost., non può neanche prescindere dalla tutela del catalogo dei diritti e delle libertà della persona, costituzionalmente garantiti, che delineano lo "status civitatis" comune all'intera Repubblica italiana.
A quest'ultimo ambito vanno certamente ricondotte le disposizioni, sostanzialmente afferenti alla materia urbanistica ed edilizia (indipendentemente dalla collocazione formale) che, al fine di garantire la generale salubrità degli ambienti di vita e di lavoro (ferme restando le discipline relative a specifiche attività e di tutela dei lavoratori), impongono condizioni minime per l'abitabilità ed agibilità degli edifici e rapporti minimi di aerazione ed illuminazione dei locali, quali requisiti di sicurezza per la loro utilizzazione, che non consentono che i manufatti pubblicitari possano oscurare le facciate degli edifici munite di porte e finestre.
In tale ottica, si deve ritenere che non sussiste un rapporto di tipo derogatorio fra la normativa edilizia, oggi compendiata nel D.P.R. 06.06.2001 n. 380, e la normativa per le pubbliche affissioni di cui al D.Lgs. 15.11.1993, n. 507, giacché trattasi di discipline differenti, avente differenti contenuti e finalità, che concorrono nella valutazione della medesima fattispecie ai fini della tutela di interessi pubblici diversi nonché ai fini della definizione di differenti procedimenti amministrativi.
Ed invero, la normativa edilizia trova applicazione in tutte le ipotesi in cui si configura un mutamento del territorio nel suo contesto preesistente, sia sotto il profilo urbanistico che sotto quello edilizio, ed entro questi limiti, pertanto, assume rilevanza la violazione dei regolamenti edilizi.
Conseguentemente, nelle ipotesi in cui la sistemazione di una insegna o di una tabella (cosiddetta tabellone) pubblicitaria o di ogni altro genere quando, per le sue consistenti dimensioni, comporti un rilevante mutamento territoriale, è richiesto l’assenso mediante “permesso di costruire” e mediante semplice s.c.i.a. negli altri casi, in coerenza con le previsioni della normativa edilizia di cui agli artt. 2,6 e 7 del D.P.R. n. 380 del 2001 e succ. mod..
Analogamente, la violazione della normativa antisismica di cui alla legge 02.02.1974 n. 64, posta a tutela della pubblica incolumità nelle zone dichiarate sismiche, non può essere derogata dalla normativa speciale di cui al D.Lgs. 15.11.1993, n. 507 e trova applicazione, omnicomprensivamente, ai sensi dell'art. 3, co. 1, a "tutte le costruzioni la cui sicurezza possa comunque interessare la pubblica incolumità", a nulla rilevando la natura dei materiali impiegati e delle relative strutture: anzi, proprio l'impiego, come nel caso di specie, di elementi strutturali meno solidi e duraturi di quelli in cemento ed assimilati, rende vieppiù necessari i controlli e le cautele prescritte ai fini preventivi in questione.
Del resto, la normativa sismica ha una portata ben più amia rispetto a quella di cui alla legge 05.11.1971 n. 1086, concernente i soli casi inerenti opere in conglomerato cementizio armato.
Orbene, trattandosi, nel caso di specie, di affissione di impianti pubblicitari direttamente su suolo pubblico, l’Amministrazione è tenuta ad espletare una valutazione complessiva, non limitata soltanto alla mera compatibilità dell’impianto pubblicitario con l’interesse pubblico (come nell’ipotesi in cui il suolo si trovi nella disponibilità dell’interessato), ma estesa anche alla verifica che, attraverso detto uso privato del suolo pubblico, si possa determinare la realizzazione di interessi collettivi, per cui il cui rilascio dell’atto concessorio presuppone la canalizzazione dell’attività privata nell’alveo del pubblico interesse, e non solo un mero giudizio di compatibilità fra i contrapposti interessi.
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Con il quarto motivo, parte ricorrente deduce che, nella specie, si sarebbe formato il silenzio assenso, essendo decorso, alla data del 22.09.2008 per un impianto ed alla data del 05.05.2008 per il gruppo di 5 impianti, il termine dei sessanta giorni, previsto dall’art. 12 della Delibera di G.C. n. 82 del 02.03.2004. Inoltre, la P.A. avrebbe regolarmente riscosso l’imposta comunale sulla pubblicità relativamente agli anni 2009 e 2010.
Osserva il Collegio che l’ipotesi di silenzio-assenso, prevista dalla normativa regolamentare invocata, può valere soltanto in relazione agli interessi ed alla finalità ricadenti nell’alveo della disciplina prevista dal D.Lgs. 15.11.1993, n. 507 e presuppone sempre che ricorrano tutti gli elementi costitutivi della fattispecie, suddivisibili in presupposti essenziali e requisiti essenziali: ma, nella specie, viene contestata dalla P.A. proprio la astratta corrispondenza, sotto il profilo oggettivo (presupposto essenziale), dell’impianto alle previsioni normative regolamentari, particolarmente sotto il profilo dell’ubicazione.
Inoltre, poiché, come già precisato, l’autorizzazione all’esposizione dei mezzi pubblicitari e la concessione dell’uso del suolo pubblico presuppongono valutazioni differenti, attinenti alla tutela di interessi pubblici diversi, quando –come nel caso di specie– l’esposizione degli impianti di pubblicità avviene su suolo pubblico, l’occupazione del predetto suolo fa sì che non si possa in alcun modo prescindere dalla citata valutazione di conformità: la complessità della quale rende inconcepibile che si possa formare tacitamente il provvedimento finale concessorio (TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, 26.07.2005, n. 3421), tenuto conto che nessuna indicazione di segno contrario può desumersi dalla cosiddetta generalizzazione del silenzio-assenso conseguente alla riforma di cui alla legge 14.05.2005 n. 80, giacché quello concessorio è procedimento in cui è esercitata una potestà discrezionale, per la quale, alla luce dell’insegnamento della Corte Costituzionale (v. la sentenza 27.07.1995, n. 408), deve escludersi l’applicabilità del regime del silenzio- assenso.
In definitiva, in mancanza di un espresso provvedimento di concessione di suolo pubblico (non surrogabile, né allora né oggi, “per silentium”), l’autorizzazione alla installazione dei mezzi pubblicitari non può, comunque, formarsi prescindendo dal rilievo della suddetta concessione.
Orbene, calando i precitati principi al caso di specie, si può ritenere che neanche la semplice astratta possibilità di autorizzazione potrebbe ritenersi, stante la complessità della valutazione richiesta in relazione agli interessi coinvolti, un elemento idoneo a determinare “ex se” la caducazione del provvedimento di diniego impugnato, neanche in “parte qua”.
Né, infine, il regolare pagamento dell’imposta di pubblicità può valere ad integrare un’autorizzazione inesistente
(TAR Calabria-Catanzaro, Sez. I, sentenza 05.01.2012 n. 3 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

dicembre 2011

AMBIENTE-ECOLOGIA - ENTI LOCALI - VARI: G.U. 29.12.2011 n. 302 "Proroga di termini previsti da disposizioni legislative" (D.L. 29.12.2011 n. 216).
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Arriva il “Milleproroghe”, ma in versione light!
Il Consiglio dei Ministri ha approvato il Decreto Legge Milleproroghe che, diversamente dal passato, arriva in versione light, ossia proroga un numero limitato di termini previsti.
Tra le principali proroghe relative al settore edile segnaliamo:
Domande variazione categoria catastale fabbricati rurali
Per il riconoscimento della ruralità degli immobili sarà possibile presentare entro il 31.01.2012 all'Agenzia del Territorio domanda di variazione della categoria catastale per l'attribuzione della categoria A/6 alle abitazioni rurali o della categoria D/10 per i fabbricati rurali strumentali.
Termine per l'entrata in vigore del (SISTRI)
Vengono posticipati i termini di entrata in vigore del SISTRI (Sistema di tracciabilità dei rifiuti) con queste scadenze:
● 02.04.2012 per la piena operatività del SISTRI;
● 01.01.2012 per l'iscrizione al SISTRI da parte di piccole imprese agricole che producono e trasportano modesti quantitativi di rifiuti;
● 02.07.2012 per l'iscrizione per le piccole imprese agricole al SISTRI.
Prevenzione incendi per strutture alberghiere
Viene prorogato al 31.12.2012 il termine ultimo per adeguare le strutture ricettive turistico-alberghiere con oltre venticinque posti letto esistenti che non abbiano completato l'adeguamento alle disposizioni di prevenzione incendi e siano ammesse al piano straordinario biennale di adeguamento antincendio.
Verifiche sismiche
Prorogata al 31.12.2012 la scadenza per le attività connesse con le verifiche sismiche, ossia le verifiche tecniche previste dall’O.P.C.M. 3274/2003 relative a edifici di interesse strategico e ad opere infrastrutturali la cui funzionalità durante gli eventi sismici assume rilievo fondamentale per le finalità di protezione civile (commento tratto da www.acca.it).

agosto 2011

EDILIZIA PRIVATA: Reati edilizi - Manufatto in parte abusivo - Beneficio della sospensione condizionale della pena alla demolizione - Assenza di specifica impugnazione del P.M. - Violazione del principio del divieto della "reformatio in pejus" di cui all'art. 597 c.p.p., c. 3 – Art. 44, lett. b), 64, 65, 71, 72, 93, 94 e 95 D.P.R. n. 380/2001.
La realizzazione di un manufatto costituito da tre elevazioni fuori terra, di cui quella al primo piano ed al secondo piano erano abusive il tutto anche in violazione delle prescrizioni attinenti alla disciplina antisismica ed alle opere in conglomerato di cemento armato, configurano gli elementi costitutivi, soggettivi ed oggettivi, dei reati di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 44, lettera b), articoli 64, 65, 71, 72, 93, 94 e 95.
Mentre, nella specie, la subordinazione della sospensione condizionale della pena alla demolizione del manufatto abusivo applicata dalla C.A. d’ufficio (in assenza di specifica impugnazione del PM) è illegittima perché in palese violazione del principio del divieto della "reformatio in pejus" di cui all'articolo 597 c.p.p., comma 3 (Corte di cassazione, Sez. 3 penale, sentenza 02.08.2011 n. 30557 - link a www.ambientediritto.it).

luglio 2011

EDILIZIA PRIVATA: Interventi in aree sismiche.
L'obbligo di denuncia e di presentazione dei progetti previsto dall'art. 9 testo unico dell'edilizia e quello di preventiva autorizzazione previsto dall'articolo 94 riguardano tutte le opere realizzate nelle zone sismiche e precisamente, come prevede l'art. 83, «tutte le costruzioni la cui sicurezza possa comunque interessare la pubblica incolumità, da realizzarsi in zone dichiarare sismiche››, a nulla rilevando la natura dei materiali impiegati e delle relative strutture.
Infatti, la finalità perseguita dal legislatore è quella di rispettare le esigenze di una più rigorosa tutela dell'incolumità pubblica nelle zone dichiarate sismiche (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 29.07.2011 n. 30224 - link a www.lexambiente.it).

giugno 2011

EDILIZIA PRIVATA: M. Grisanti, La statica e la sicurezza delle costruzioni quali presupposti di esistenza dei titoli abilitativi per l’attività edilizia (primo commento alla sentenza n. 3505 dell'08/06/2011 del Consiglio di Stato) (15.06.2011 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Disciplina antisismica.
Le disposizioni di cui agli articoli 93 e 94 TU edilizia si applicano a tutte le costruzioni la cui sicurezza possa interessare la pubblica incolumità, a nulla rilevando la natura dei materiali usati e delle strutture realizzate, stante l’esigenza di massimo rigore nelle zone dichiarate sismiche, che rende necessari i controlli e le cautele prescritte anche quando si impiegano elementi strutturali meno solidi e duraturi rispetto alla muratura ed al cemento armato.
Ai fini della configurabilità dei reati connessi alle violazioni delle disposizioni anzidette non assume rilievo, poi, il carattere precario della costruzione, proprio in considerazione delle prevalenti esigenze di sicurezza alla tutela delle quali la normativa antisismica si correla (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 08.06.2011 n. 23076).

EDILIZIA PRIVATA: Carattere precario della costruzione (tettoia) - Disciplina antisismica - Applicazione - Configurabilità dei reati connessi - Fattispecie - Artt. 93 e 94 T.U.E. n. 380/2001.
A norma dell'art. 93 del T.U.E. 06.06.2001, n. 380 "chiunque intenda procedere a costruzioni, riparazioni e sopraelevazioni", in zona sismica, deve farne denuncia all'organo competente con comunicazione alla quale deve essere allegato il progetto firmato da un tecnico autorizzato e dal direttore dei lavori. Le relative opere, poi, a norma del successivo art. 94, non possono essere iniziate senza preventiva autorizzazione.
Tali disposizioni si applicano a tutte le costruzioni la cui sicurezza possa interessare la pubblica incolumità, a nulla rilevando la natura dei materiali usati e delle strutture realizzate, stante l'esigenza di massimo rigore nelle zone dichiarate sismiche, che rende necessari i controlli e le cautele prescritte anche quando si impiegano elementi strutturali meno solidi e duraturi rispetto alla muratura ed al cemento armato (Cass., Sez. III, 24.10.2001, n. 38142).
Sicché, ai fini della configurabilità dei reati connessi alle violazioni delle disposizioni anzidette non assume rilievo, l’eventuale carattere precario della costruzione, proprio in considerazione delle prevalenti esigenze di sicurezza alla tutela delle quali la normativa antisismica si correla (Cass., Sez. III, 10.10.2007, n. 37322; Cass. 19.12 2003, n. 48684; Cass. 04.10.2002, n. 33158) (Fattispecie: realizzazione in zona sismica, una tettoia-porticato di circa mq 50,85 in difformità della autorizzazione, senza darne preavviso scritto all'autorità competente e senza depositare previamente il relativo progetto, nonché in violazione della normativa tecnica) (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 08.06.2011 n. 23076 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: Se nel procedimento di rilascio del permesso di costruire l’amministrazione ha il potere-dovere di verificare l’esistenza in capo al richiedente di un idoneo titolo di godimento dell’immobile interessato dal progetto di trasformazione urbanistica, è pur vero che l’attività istruttoria condotta a tal fine deve ritenersi adeguata allorquando siano stati acquisiti tutti gli elementi sufficienti a dimostrare la sussistenza di un qualificato collegamento soggettivo tra chi propone l’istanza ed il bene giuridico oggetto dell’autorizzazione.
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E' illegittimo il permesso di costruire rilasciato ove, in fase istruttoria, non si abbia in concreto riscontrato l’esistenza di un rischio per la staticità dell’immobile esistente.
Le attribuzioni del Comune in tema di autorizzazione degli interventi edilizi comprendono espressamente gli obblighi di valutare i profili di sicurezza delle costruzioni, come si evince dalla lettura degli artt. 2, comma 4, e 4 del testo unico sull’edilizia. Tali obblighi istruttori, appartenendo alle attribuzioni istituzionali dell’ente pubblico, non sono condizionati dalle valutazioni delle parti coinvolte, ma devono essere esperiti in ogni caso e, si noti, anche qualora vi fosse stato accordo delle parti private coinvolte.
Se è certamente vero che l’azione amministrativa non può addentrarsi oltre i limiti indicati in sentenza nella valutazione degli assetti proprietari dell’immobile, è del pari vero che le questioni attinenti alla statica ed alla sicurezza dell’immobile non rientrano in questo ambito, dovendo essere invece oggetto di ponderazione autonoma ed ineludibile.

Come correttamente afferma il TAR, “se infatti nel procedimento di rilascio del permesso di costruire l’amministrazione ha il potere-dovere di verificare l’esistenza in capo al richiedente di un idoneo titolo di godimento dell’immobile interessato dal progetto di trasformazione urbanistica, è pur vero che l’attività istruttoria condotta a tal fine deve ritenersi adeguata allorquando siano stati acquisiti tutti gli elementi sufficienti a dimostrare la sussistenza di un qualificato collegamento soggettivo tra chi propone l’istanza ed il bene giuridico oggetto dell’autorizzazione”. E ciò nella considerazione che nel nostro ordinamento l’unico soggetto deputato ad accertare i rapporti proprietari è il giudice civile, per cui all’amministrazione va riconosciuto unicamente un ruolo minore, esattamente nei termini indicati dal giudice di prime cure.
Tuttavia, dalla lettura degli atti e dalle difese delle parti, emerge che, in disparte la questione proprietaria, i rilievi e le censure maggiori si accentrano sulla circostanza che il Comune avrebbe autorizzato interventi attinenti la staticità dell’immobile e tendenzialmente idonei a pregiudicarla, in assenza di una corretta valutazione del progetto presentato ed anzi in assenza di un effettivo riscontro sulla correttezza tra la documentazione ricevuta e lo stato di fatto.
Questo aspetto, che è apparso alla Sezione prioritario, tanto da fondare l’accoglimento della domanda cautelare proposta ed accolta con ordinanza n. 1108/2010 proprio in ragione dei profili di rischio per la staticità dell’immobile, è stata messo in ombra nella sentenza.
Occorre invece sottolineare che le attribuzioni del Comune in tema di autorizzazione degli interventi edilizi comprendono espressamente gli obblighi di valutare i profili di sicurezza delle costruzioni, come si evince dalla lettura degli artt. 2, comma 4, e 4 del testo unico sull’edilizia. Tali obblighi istruttori, appartenendo alle attribuzioni istituzionali dell’ente pubblico, non sono condizionati dalle valutazioni delle parti coinvolte, ma devono essere esperiti in ogni caso e, si noti, anche qualora vi fosse stato accordo delle parti private coinvolte. Infatti, gli interessi tutelati dalla normativa, coinvolgendo profili di sicurezza privata e pubblica, non sono disponibili dalle parti ed ineriscono ai compiti tipici dell’amministrazione.
È, quindi, compito proprio del Comune, e come tale non soggetto ad alcun impulso di parte, procedere autonomamente alla valutazione del progetto edilizio presentato dal punto di vista del rispetto dei regolamenti edilizi, non vertendosi in questo caso in nessuna situazione soggetta a disponibilità della parte privata.
Pertanto, se è certamente vero che l’azione amministrativa non può addentrarsi oltre i limiti indicati in sentenza nella valutazione degli assetti proprietari dell’immobile, è del pari vero che le questioni attinenti alla statica ed alla sicurezza dell’immobile non rientrano in questo ambito, dovendo essere invece oggetto di ponderazione autonoma ed ineludibile.
Sulla scorta di tale presupposto, fondato prima ancora che sulla lettura della legge dalle considerazioni in tema di completezza ed esaustività dell’istruttoria amministrativa, non può non notarsi come nel caso in specie tale azione sia mancata e il Comune di Termoli abbia rilasciato i titoli abilitativi impugnati non avendo in concreto riscontrato l’esistenza di un rischio per la staticità dell’immobile.
Infatti, dalla completa ricostruzione in fatto operata nel corso del giudizio di primo grado, anche tramite una verificazione ed una consulenza tecnica d’ufficio, ed in special modo dalla relazione del Provveditorato interregionale per le opere pubbliche Campania–Molise, è emerso come effettivamente gli interventi autorizzati abbiano influito sulla rigidezza strutturale e sulla stabilità dell’intero complesso, e ciò in assenza di una completa valutazione di tali profili da parte del Comune di Termoli.
Si tratta quindi di un complesso di violazioni, di carattere non formale o procedurale, e quindi superabili con la successiva produzione documentale, ma riguardanti il contenuto stesso dell’intervento edilizio, che ben avrebbero dovuto condurre il Comune ad esaminare nel dettaglio i progetti presentati, senza arrestare la propria valutazione al solo dato proprietario (Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 08.06.2011 n. 3505 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

maggio 2011

EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI: G.U. 17.05.2011 n. 113, suppl. ord. n. 123, "Approvazione del modello per il rilevamento dei danni, pronto intervento e agibilità per edifici ordinari nell’emergenza post-sismica e del relativo manuale di compilazione" (D.P.C.M. 05.05.2011).

EDILIZIA PRIVATA: Reati antisismici e loro natura giuridica: quid iuris?
I reati di violazione delle norme tecniche in zona sismica e di esecuzione dei lavori in zona sismica senza la direzione di un tecnico abilitato sono da qualificarsi come reati permanenti; ne consegue che, in particolare, che gli stessi perdurano oltre l'inizio della costruzione e per tutto lo svolgimento dell'attività costruttiva.
Particolarmente interessante la decisione in commento con cui la Suprema Corte affronta “funditus”, tra le altre, una questione invero non molto approfondita nella giurisprudenza di legittimità, ossia il tema della natura giuridica dei reati dettati dalla disciplina antisismica.
La questione appare vieppiù interessante in quanto, sulla natura giuridica di alcuni di essi, è recentemente emerso un contrasto di giurisprudenza (tema che sarà affrontato in altra nota di prossima pubblicazione sul Quotidiano), che verosimilmente renderà necessaria a breve la sua sottoposizione alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione.
Il fatto.
La vicenda processuale posta a fondamento della decisione in esame vedeva imputati due soggetti di violazioni urbanistiche ed antisismiche per aver, in particolare, realizzato abusivamente, in aderenza ad un immobile preesistente ed in ampliamento del medesimo, un fabbricato in duplice elevazione su una superficie di mq. 50 per piano nonché, inoltre, per aver realizzato tali interventi edilizi in zona sismica senza aver dato il richiesto preavviso scritto, senza l’autorizzazione preventiva dell’ufficio tecnico regionale e senza la direzione di un tecnico abilitato.
In sede di merito, gli imputati venivano condannati sia in primo che in secondo grado, rigettando la richiesta difensiva di proscioglimento per prescrizione delle violazioni antisismiche contestate.
Il ricorso.
Avverso la sentenza di merito, resa dai giudici d’appello, proponevano ricorso per Cassazione gli imputati, affidando, per quanto qui di interesse, le loro doglianze al mancato riconoscimento della prescrizione dei reati in materia antisismica, ritenendo gli stessi reati istantanei e non permanenti.
La decisione della Cassazione.
La terza sezione penale della Corte Suprema, investita del ricorso, lo ha dichiarato inammissibile con una decisione che, ineccepibilmente, da una lato, opera una coerente applicazione di un principio giurisprudenziale consolidato sulla natura giuridica del reato di violazione delle norme tecniche in zona sismica e, dall’altro, afferma per la prima volta “expressis verbis” il principio di diritto secondo cui ha natura permanente il reato di direzione lavori da parte di tecnico non abilitato.
Al fine di meglio comprendere il ragionamento della Corte è utile focalizzare il quadro normativo di riferimento. L’attuale disciplina in materia antisismica è contenuta del d.P.R. 06.06.2001, n. 380 (c.d. Testo Unico dell’edilizia) che ha integralmente sostituito, con riferimento alla disciplina sul punto, la “vecchia” legge n. 64/1974, ormai in pensione dall’entrata in vigore del T.U. edilizia.
E’ ben vero, infatti, che l’art. 137, comma 2, del d.P.R. n. 380/2001 prevede che la legge 02.02.1974, n. 64 resta in vigore, per tutti i campi di applicazione originariamente previsti dal relativo testo normativo e non applicabile alla parte I del nuovo testo unico; è altrettanto vero, però, che –per quanto concerne la disciplina sostanziale e quella sanzionatoria oggi introdotta dal nuovo Testo Unico– non v’è dubbio che le relative disposizioni non sono da considerarsi più attualmente vigenti.
Quali sono dunque le norme applicabili?
Per quanto concerne il reato di violazione delle norme tecniche, vengono in rilievo gli artt. 83 e 95 del d.P.R. n. 380/2001, che hanno preso il posto delle abrogate previsioni di cui agli artt. 3 e 20 della legge n. 64/1974. Le attuali disposizioni prevedono, in particolare, che tutte le costruzioni la cui sicurezza possa comunque interessare la pubblica incolumità, da realizzarsi in zone dichiarate sismiche, sono disciplinate, oltre che dalle disposizioni di cui all’art. 52 (rubricato “tipo di strutture e norme tecniche”) anche da “specifiche norme tecniche” emanate, anche per i loro aggiornamenti, con decreti del Ministro per le infrastrutture ed i trasporti, di concerto con il Ministro per l'interno, sentiti il Consiglio superiore dei lavori pubblici, il Consiglio nazionale delle ricerche e la Conferenza unificata.
Spetta, peraltro, alle regioni, sentite le province e i comuni interessati, provvedere all’individuazione delle zone dichiarate sismiche, alla formazione e all’aggiornamento degli elenchi delle medesime zone e dei valori attribuiti ai gradi di sismicità, nel rispetto dei criteri generali dettati con apposto decreto, previsto dall’art. 83, comma 2. La violazione delle norme tecniche trova la sua sanzione nell’art. 95 che punisce con l'ammenda da lire 400.000 (pari ad € 206) a lire 20.000.000 (pari ad € 10.329) “Chiunque violi le prescrizioni contenute nel presente capo e nei decreti interministeriali di cui agli articoli 52 e 83”.
Per quanto, invece, concerne, invece, il reato di direzione lavori in zona sismica da parte di tecnico non abilitato, la norma di riferimento è attualmente contenuta all’art. 94 d.P.R. n. 380/2001, secondo cui nelle località sismiche, ad eccezione di quelle a bassa sismicità, non si possono iniziare lavori senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione, lavori che (comma 4) “devono essere diretti da un ingegnere, architetto, geometra o perito edile iscritto nell'albo, nei limiti delle rispettive competenze”. La relativa sanzione è contemplata dall’art. 95, applicabile alla fattispecie del comma 4 dell’art. 94 per il richiamo alla violazione delle “prescrizioni contenute nel presente capo”.
Infine, ultima disposizione di interesse, sulla cui natura giuridica sono sorte le maggiori discussioni, è quella contemplata dal combinato disposto degli artt. 93 e 94 del nuovo T.U. edilizia, che puniscono l’edificazione in zona sismica senza previo preavviso allo sportello unico, ovvero omettendo la sottoposizione del progetto al vaglio della pubblica autorità, nonché di inizio dei lavori in assenza dell’autorizzazione dell’autorità competente. La norma sanzionatoria è sempre costituita dall’art. 95 citato, per le medesime ragioni in precedenza sottolineate.
Rinviando alla nota di prossima pubblicazione sul Quotidiano l’approfondimento sul contrasto giurisprudenziale venutosi a manifestare nella giurisprudenza di legittimità quanto alla natura giuridica, permanente od istantanea, del reato di cui al combinato disposto degli artt. 93 3 94, in relazione all’art. 95 del T.U. edilizia, è sufficiente qui soffermarsi sulla soluzione offerta sul tema della natura giuridica delle altre due fattispecie.
Sul punto, la soluzione della Corte è assolutamente condivisibile.
Non può, infatti, discutersi, anzitutto, sulla natura permanente del reato di violazione delle norme tecniche (v., da ultimo, in senso conforme: Cass. pen., Sez. 3, n. 41617 del 02/10/2007, dep. 13/11/2007, imp. I., in Ced Cass. 238008), peraltro dovendosi precisare che, secondo la Cassazione, la relativa consumazione perdura fino al momento di cessazione dell'attività vietata (v., sul punto, Cass. pen., Sez. U, n. 17178 del 27/02/2002, dep. 08/05/2002, imp. Cavallaro, in Ced Cass. 221398, principio espresso con riferimento reato di esecuzione, senza autorizzazione, di opere in zona distante meno di trenta metri dal demanio marittimo, c.d. fascia di rispetto, previsto dagli artt. 55 e 1161 del codice della navigazione).
Per quanto, poi, concerne, il reato di esecuzione dei lavori in zona sismica senza la direzione di un tecnico abilitato, parimenti nessun dubbio può sussistere quanto alla natura giuridica di reato permanente della fattispecie penale in questione.
Ed invero, nonostante la mancanza di giurisprudenza di legittimità sul punto, la Corte, ineccepibilmente, per la prima volta pronunciandosi sulla questione, ne afferma la natura permanente basandosi sulla ratio legis sottesa all’art. 94, comma 4, T.U. edilizia, rivolta ad evitare che la realizzazione di interventi edilizi venga affidata a soggetti sprovvisti delle necessarie competenze tecnico–scientifiche, sicché “il reato perdura oltre l’inizio della costruzione e per tutto lo svolgimento dell’attività costruttiva” (commento tratto da www.ipsoa.it - Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 04.05.2011 n. 17217).

EDILIZIA PRIVATA: Violazioni normativa antisismica e natura permanente dei reati.
Il reato di cui agli artt. 93 e 95 del D.P.R. n. 380/2001 (omesse denunzia dei lavori e presentazione dei progetti) permane sino a quando chi intraprende un lavoro edile in zona sismica non presenta la prescritta denuncia con l’allegato progetto ovvero non porta ad ultimazione il lavoro medesimo. Fino al verificarsi delle condizioni anzidette, infatti, persiste la lesione del bene giuridico protetto, perché l’ufficio tecnico regionale non è messo in grado di controllare la conformità delle opere alle norme tecniche stabilite al riguardo: il contravventore, inoltre, potrà fare cessare la condotta antigiuridica presentando la denuncia anche dopo l’inizio dei lavori (oltre che interrompendo i medesimi). Ne consegue, attesa la ratio della norma, che il dovere di agire imposto dall’art. 93 perdura nel tempo anche dopo l’inizio dei lavori, benché cominci ad essere vincolante prima di tale inizio.
Il reato di cui agli artt. 94, 1° comma, e 95 del D.P.R. n. 380/2001 (inizio dei lavori senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della Regione) permane sino a quando chi intraprende un lavoro edile in zona sismica termina il lavoro ovvero ottiene la relativa autorizzazione. Nelle more il contravventore esegue e prosegue lavori non autorizzati in relazione ai quali l’ufficio tecnico regionale non ha verificato la conformità alle norme tecniche di sicurezza stabilite per le zone sismiche di media o alta intensità (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 04.05.2011 n. 17217).

aprile 2011

EDILIZIA PRIVATA: Permesso di costruire in deroga agli strumenti urbanistici - Rilascio al di fuori dei casi previsti dalla legge - Violazione - Normativa antisimica e vincoli paesaggistici - Fattispecie - Artt. 14 e 44, lett. b), D.P.R. n. 380/2001 - Art. 146 D.L.vo n. 42/2004 - Art. 7 D.M. n. 1444/1968.
Il permesso di costruire in deroga agli strumenti urbanistici è istituto di carattere eccezionale giustificato dalla necessità di soddisfare esigenze straordinarie rispetto agli interessi primari garantiti dalla disciplina urbanistica generale e, in quanto tale, applicabile esclusivamente entro i limiti tassativamente previsti dall'articolo 14 D.P.R. 380/2001 e mediante la specifica procedura.
Tale sua particolare natura porta ad escludere che possa essere rilasciato "in sanatoria" dopo l'esecuzione delle opere.
Nella specie, l'intervento edilizio risultava eseguito sulla base di un permesso di costruire in deroga rilasciato al di fuori dei casi previsti dalla legge, mancanza di autorizzazione dell'ente preposto alla tutela del vincolo paesaggistico e violazione della disciplina antisismica e sul cemento armato.
PRG - Permesso di costruire - Rilascio di permessi in deroga - Limiti - Variante urbanistica - Specifica disciplina - Art. 14 D.P.R. n. 380/2001.
La deroga al permesso di costruire non può incidere sulle scelte di tipo urbanistico, potendo operare solo nel caso in cui l'area sia edificabile secondo le previsioni di piano, con la conseguenza che non può ritenersi ammissibile il rilascio di permessi in deroga, ad esempio, per aree a destinazione agricola o a verde pubblico o privato mancando in tal caso il presupposto dell'edificabilità dell'area necessario non per il rilascio in deroga del permesso di costruire ma per il permesso stesso.
Analogamente, si è escluso che la deroga possa riguardare aumenti di volumetria rispetto a quelli oggetto di pianificazione potendo consentire soltanto, a parità di volume edificabile, che l'intervento si concretizzi, ad esempio, con altezza, superficie coperta, destinazione diverse da quelle previste dal PRG. (Cons. Stato Sez. V n. 46, 11.01.2006; Sez. VI n. 4568, 07.08.2003).
Ne consegue che, al di fuori dei limiti indicati dalla disposizione contenuta nell’art. 14 D.P.R. n. 380/2001, viene a configurarsi un'ipotesi di variante urbanistica la cui approvazione è soggetta alla specifica disciplina.
Difetto di motivazione - Configurabilità.
Il difetto di motivazione integra gli estremi della violazione di legge solo quando l'apparato argomentativo che dovrebbe giustificare il provvedimento o manchi del tutto o risulti privo dei requisiti minimi di coerenza, di completezza e di ragionevolezza, in guisa da apparire assolutamente inidoneo a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dall'organo investito del procedimento (Cass. SS. UU. n. 25932, 26/06/2008, Conf. Cass. Sez. V n. 43068, 11/09/2009) (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 28.04.2011 n. 16591 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: Demolizione in tema di violazioni antisismiche - Esecuzione e competenza (P.M. e G.E.) - Art. 7 L. n. 47/1985 (ora art. 31 D.P.R. n. 380/2001) - Art. 665 cod. proc. pen..
L'ordine di demolizione adottato dal giudice ai sensi dell'art. 7 legge 28.02.1985 n. 47 (ora art. 31 DPR n. 380/2001), al pari delle altre sanzioni contenute nella sentenza definitiva, è soggetto all'esecuzione nelle forme previste dal codice di procedura penale (Cass. pen. sez. un. n. 15 del 19.06.1990).
Ai sensi dell'art. 665 cod. proc. pen., l'organo promotore dell'esecuzione è il pubblico ministero il quale, ove il condannato non ottemperi all'ingiunzione a demolire, è tenuto ad investire, per la fissazione delle modalità di esecuzione, il giudice dell'esecuzione.
La competenza ad eseguire detto ordine appartiene al pubblico ministero, come organo promotore, ed al giudice della esecuzione. E tale competenza, non viene meno per la competenza riconosciuta alla Regione in tema di violazioni antisismiche.
Ordine di demolizione - Potere-dovere della A.G. con quello della P.A. - Sussistenza - Valutazioni del G.E. di compatibilità con le determinazioni dell'Amministrazione - Art. 31 DPR n. 380/2001.
In relazione all'ordine di demolizione ex art. 7 legge 28.02.1985 n. 47 (ora art. 31 DPR n. 380/2001), si è costantemente riconosciuto che il potere-dovere della A.G. "concorre" con quello della P.A. titolare anch'essa, in base alla normativa urbanistica, del potere dovere di demolire il manufatto abusivo ovvero di acquisirlo al proprio patrimonio.
Il coordinamento tra l'intervento specifico giudiziario e quello generale, di carattere amministrativo si realizza non già a livello dei rispettivi poteri, bensì nella fase esecutiva dei provvedimenti, spettando al giudice dell'esecuzione valutare la compatibilità del provvedimento di demolizione con le determinazioni dell'Amministrazione, al fine di decidere se vi siano i presupposti per metterlo in esecuzione e con quali modalità (Cass. pen. sez. 3 n. 702 del 14.02.2000).
Ordine di demolizione - Soggetto destinatario dell’ordine ed acquisizione del bene al patrimonio comunale.
A prescindere dall’acquisizione del bene al patrimonio comunale, il soggetto condannato resta comunque il destinatario dell’ordine di demolizione, con conseguente onere da parte del medesimo di dare esecuzione, nelle forme di rito, all’ordine di demolizione a proprie cure e spese (Cass. pen. Sez. 3, n. 43294 del 29.09.2005; Cass. pen. sez. 3 n. 37120 dell'11.5.2005).
Ordine di demolizione - Esecuzione.
La competenza ad eseguire l'ordine di demolizione emesso dal giudice ai sensi dell'articolo 31 D.P.R. n. 380/2001 appartiene al pubblico ministero, come organo promotore, ed al giudice dell'esecuzione.
Tale competenza, non viene meno per la concorrente competenza riconosciuta alla Regione in tema di violazioni antisismiche (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 28.04.2011 n. 16582 - link a www.ambientediritto.it).

LAVORI PUBBLICI: B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 15 del 12.04.2011, "Determinazione modalità per la predisposizione della graduatoria degli interventi per la messa in sicurezza degli edifici scolastici situati in zone soggette a rischio sismico - Triennio 2011-2013"  (deliberazione G.R. 06.04.2011 n. 1532).

EDILIZIA PRIVATA: Normativa antisismica - Opere a struttura metallica - Assenza della funzione statica - Applicabilità delle norme di cui agli artt. 93 e 94 del D.P.R. n. 380/2001 - Esclusione - Fattispecie.
Allorquando manchi la funzione statica della costruzione, l'apposizione dell'opera non deve essere preceduta, ai sensi della normativa antisismica, dagli adempimenti di cui agli artt. 93 e 94 del D.P.R. n. 380/2001, la cui disciplina trova pertanto applicazione esclusivamente allorquando le opere a struttura metallica costituiscano elementi strutturali dell'edificio (fattispecie relativa all’installazione su parete di un cartellone pubblicitario sorretto da aste riflesse impiantate in una struttura metallica) (TRIBUNALE di Salerno, Sez. distaccata di Eboli, sentenza 11.04.2011 n. 205 - link a www.ambientediritto.it).

febbraio 2011

EDILIZIA PRIVATA: G.U. 26.02.2011 n. 47, suppl. ord. n. 54, "Valutazione e riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale con riferimento alle Norme tecniche per le costruzioni di cui al decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del 14.01.2008" (Direttiva P.C.M. 09.02.2011).

dicembre 2010

EDILIZIA PRIVATA: Titolo edilizio anche per il cartellone pubblicitario. Lo ha sancito la Corte di Cassazione intervenendo su un decreto di sequestro preventivo di un cartellone di grandi dimensioni.
Recentemente la Corte di Cassazione (sentenza 06.12.2010 n. 43249) è stata chiamata a pronunciarsi su un singolare caso di abuso edilizio.
I giudici sono intervenuti su un decreto di sequestro preventivo di un cartellone per la gestione di spazi pubblicitari di grandi dimensioni, collocato su quattro pilastri con basamento in cemento.
Veniva contestata all’indagato la violazione della normativa antisismica (artt. 93, 94 e 95 d.P.R. n. 380/2001) per averlo collocato senza aver preventivamente ottenuto il rilascio del titolo abilitativo.
Quest’ultimo aveva sostenuto, però, l’erronea applicazione al caso in esame del Testo unico sull’edilizia, facendo appello al rapporto di specialità tra detta disciplina e quella dettata dal D.Lgs. n. 507 del 1993.
I giudici della Suprema Corte ribadiscono la necessità del rilascio del preventivo titolo abilitativo ai fini della realizzazione di questo singolare manufatto, escludendo l’esistenza dell’invocato rapporto di specialità tra la disciplina dettata dal Testo Unico sull’edilizia e quella del D.Lgs. 15.11.1993, n. 507.
Quest’ultimo prevede, in caso di violazione delle disposizioni concernenti l’installazione dei cartelloni pubblicitari, l’applicazione di sanzioni amministrative pecuniarie e la rimozione da parte del comune degli impianti pubblicitari abusivi.
In particolare sulla qualifica del manufatto come opera edilizia, soggetto al d.P.R. n. 380 del 2001, la Corte richiama le disposizioni della normativa antisismica che si applicano a tutte le costruzioni la cui sicurezza possa interessare la pubblica incolumità.
Secondo i giudici, quindi, il cartellone pubblicitario oggetto del sequestro preventivo costituisce opera edilizia rilevante ai fini dell’applicazione della normativa edilizia ed urbanistica, considerate le sue dimensioni e le modalità dell’installazione.
Sul rapporto di specialità tra la disciplina in materia edilizia e quella dettata dal D.Lgs. 15.11.1993, n. 507 la Corte afferma invece che possono trovare applicazione ambedue le discipline in quanto introdotte dal legislatore a tutela di interessi giuridici diversi: - quella edilizia, sullo sviluppo del territorio e la sicurezza statica delle costruzioni rispetto a possibili eventi sismici;
- quella dettata in tema di pubbliche affissioni, sulle modalità di controllo sulle stesse, in relazione al loro contenuto, alla loro natura commerciale o meno, all’applicazione dell’imposta sulla pubblicità (commento tratto da www.ediliziaurbanistica.it).

EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICI:  G.U. 01.12.2010 n. 281, suppl. ord. n. 262, "Attuazione dell’articolo 11 del decreto-legge 28.04.2009, n. 39, convertito, con modificazioni, dalla legge 24.06.2009, n. 77 in materia di contributi per interventi di prevenzione del rischio sismico (Ordinanza n. 3907)" (O.P.C.M. 13.11.2010).

ottobre 2010

EDILIZIA PRIVATA: Il Comune, responsabile del governo urbanistico del territorio comunale, prima di rilasciare una concessione edilizia in una località classificata sismica e per la quale è necessaria la preventiva autorizzazione degli uffici competenti, è tenuto ad accertare la regolarità di tale autorizzazione, nei suoi profili di ordine formale, in quanto tali profili si riflettono sul titolo concessorio, invalidandolo se irregolari", per cui il Comune "è onerato della verifica della esistenza e validità del nulla osta del genio civile, della rispondenza dello stesso ai grafici progettuali approvati dal comune stesso, in sintesi della mera esistenza e regolarità formale dell'assenso dell'ufficio del genio civile".
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Quanto al primo motivo (Violazione della legge 02.02.1974, n. 64 - Eccesso di potere - Incompetenza), riferito al rilievo del Comune, secondo cui la "manca il N.O. rilasciato dal Genio Civile", se ne deve rilevare l'infondatezza.
Ed invero, come osservato da questo Tribunale (Sezione staccata di Catania) con recente n. 211 del 30.01.2008, "il Comune, responsabile del governo urbanistico del territorio comunale, prima di rilasciare una concessione edilizia in una località classificata sismica e per la quale è necessaria la preventiva autorizzazione degli uffici competenti, è tenuto ad accertare la regolarità di tale autorizzazione, nei suoi profili di ordine formale, in quanto tali profili si riflettono sul titolo concessorio, invalidandolo se irregolari" (Consiglio di stato, sez. V, 14.07.2003, n. 4165), per cui il Comune "è onerato della verifica della esistenza e validità del nulla osta del genio civile, della rispondenza dello stesso ai grafici progettuali approvati dal comune stesso, in sintesi della mera esistenza e regolarità formale dell'assenso dell'ufficio del genio civile" (TAR Sicilia-Palermo, Sez. II, sentenza 27.10.2010 n. 13720 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Il C.S.L.P. approva le modifiche alle "Linee Guida per la riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale".
Il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici ha approvato le modifiche alle linee guida per la riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale.
Con il Parere 92/2010 del 23 luglio scorso, infatti, il C.S.L.P. si è espresso positivamente formulando osservazioni, prescrizioni e raccomandazioni sullo schema di "Direttiva per l'allineamento delle Linee Guida per la valutazione e la riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale alle nuove Norme Tecniche sulle Costruzioni del 2008 e alla Circolare n. 617/2009".
La Direttiva, con indicazioni metodologiche ed operative, costituisce un valido supporto per la valutazione del rischio sismico del patrimonio culturale tutelato in muratura portante e per la scelta delle più opportune azioni per la riduzione di questo stesso rischio, a seguito dell'adozione delle Norme Tecniche per le Costruzioni del 2008 e della Circolare n. 617/2009.
Le "Linee Guida", ad opera del Dipartimento della Protezione Civile e del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, sono state elaborate con l'intento di specificare un percorso di conoscenza, valutazione della sicurezza sismica e progetto degli eventuali interventi, concettualmente analogo a quello previsto per le costruzioni non tutelate, ma opportunamente adattato alle esigenze e peculiarità del patrimonio culturale; formulare, nel modo più oggettivo possibile, il giudizio finale sulla sicurezza e sulla conservazione garantite dall'intervento di miglioramento sismico.
Le Linee Guida forniscono indicazioni per definire l'azione sismica, in relazione alla pericolosità del sito ed alla destinazione d'uso del manufatto, e la capacità della struttura, attraverso una corretta conoscenza e modellazione del manufatto (21.10.2010 - link a www.acca.it).

settembre 2010

EDILIZIA PRIVATA: Il pertinente quadro normativo non impone in alcun modo di allegare la denuncia di verifica sismica della struttura già in sede di presentazione dell’istanza di autorizzazione o della denuncia di cui all’art. 87, d.lgs. 259 del 2003, limitandosi -piuttosto- a prescrivere che la denuncia in parola avvenga prima del concreto inizio dei lavori.
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2.2. Quanto al secondo motivo ostativo trasfuso nel provvedimento annullato dal TAR (si tratta della mancata presentazione della certificazione di avvenuta denuncia della verifica sismica della struttura al competente Ufficio del Genio Civile), il TAR ha osservato che la denuncia in questione deve essere effettuata prima dell’inizio dei lavori, ma non risulta contemplata fra i documenti che devono essere tassativamente allegati all’istanza/comunicazione ex art. 87, d.lgs. 259 del 2003.
Il Tribunale, del resto, ha osservato che “anche ammessa la necessità di tale denuncia, l’Amministrazione non può negare la D.I.A. sol per la mancanza della stessa, dovendo piuttosto richiedere l’integrazione dei documenti entro il termine di quindici giorni dalla data di ricezione dell’istanza, ai sensi del comma 5 dell’art. 87, d.lvo n. 259/2003”.
Nella tesi dell’appellante, la pronuncia in epigrafe risulterebbe in parte qua erronea e meritevole di riforma per non aver fatto corretto governo della pertinente normativa.
In particolare, il Tribunale avrebbe omesso di tenere in adeguata considerazione:
   - la l. 05.11.1971, n. 1086 (recante ‘norme per la disciplina delle opere di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso ed a struttura metallica’), il cui art. 4 stabilisce che le opere a struttura metallica (come l’impianto destinato ad ospitare l’installazione della cui realizzazione si discute) “devono essere denunciate dal costruttore all’ufficio del genio civile competente per territorio, prima del loro inizio (…)”.
Ancora, il TAR avrebbe omesso di tenere in considerazione il successivo art. 10, a tenore del quale “il Sindaco del Comune, nel cui territorio vengono realizzate le opere indicate nell’art. 1, ha il compito di vigilare sull’osservanza degli adempimenti preposti alla presente legge: a tal fine si avvale dei funzionari ed agenti comunali”;
   - la l. 02.02.1974, n. 64 (recante ‘provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche’), il cui art. 17 stabilisce che “nelle zone sismiche di cui all'articolo 3 della presente legge, chiunque intenda procedere a costruzioni, riparazioni e sopraelevazioni, è tenuto a darne preavviso scritto, notificato a mezzo del messo comunale o mediante lettera raccomandata con ricevuta di ritorno, contemporaneamente, al sindaco ed all'ufficio tecnico della regione o all'ufficio del genio civile secondo le competenze vigenti (…)”;
   - la L.R. Campania 07.01.1983, n. 9 (recante ‘norme per l’esercizio delle funzioni regionali in materia di difesa del territorio dal rischio sismico’), il cui art. 2, al comma 1 stabilisce che “il committente o il costruttore che esegue in proprio devono depositare il progetto esecutivo delle opere di cui all'art. 1 presso l'Ufficio provinciale del Genio civile o Sezione autonoma competente per territorio, prima dell'inizio dei lavori”.
Ancora, risulterebbe rilevante ai fini del decidere il successivo art. 5 (nella formulazione vigente all’epoca dei fatti), secondo cui “il Sindaco del Comune nel cui territorio si eseguono le opere è tenuto ad accertare, a mezzo degli agenti e dei tecnici comunali, che chiunque inizi l'esecuzione delle opere di cui all'art. 1 sia in possesso dell'attestazione dell'Ufficio provinciale del Genio civile dell'avvenuto deposito degli atti prescritti”.
Questo essendo il pertinente quadro normativo, il Comune appellante ritiene l’erroneità della pronuncia in epigrafe, per la parte in cui ha ritenuto l’illegittimità del provvedimento di divieto in data 23.11.2004. Al contrario. Il Comune ritiene che il divieto in parola costituisse un esito necessario della vicenda, se solo si consideri:
   i) che, al momento della presentazione della D.I.A. (06.09.2004), la soc. H3G non avesse neppure presentato al competente Genio civile la prescritta denuncia di verifica sismica;
   ii) che, secondo le risultanze in atti, la società appellata avesse a tanto provveduto solo in data 13.01.2005, ossia dopo il decorso del termine di 90 giorni di cui al comma 9 dell’art. 87, d.lgs. 259 del 2003 e dopo l’adozione da parte del Comune del più volte richiamato provvedimento negativo.
2.2.1. Il motivo di doglianza in parola non può trovare accoglimento.
Ed infatti, il pertinente quadro normativo (pure correttamente richiamato dal Comune appellante) non impone in alcun modo di allegare la denuncia di verifica sismica della struttura già in sede di presentazione dell’istanza di autorizzazione o della denuncia di cui all’art. 87, d.lgs. 259 del 2003, limitandosi -piuttosto- a prescrivere che la denuncia in parola avvenga prima del concreto inizio dei lavori (in tal senso: il primo comma dell’art. 4, l. 1086 del 1971; il primo comma dell’art. 17, l. 64 del 1974, nonché il comma 3 dell’art. 2, L.R. 9 del 1983).
Conseguentemente, la pronuncia in epigrafe deve trovare puntuale conferma per la parte in cui ha ritenuto l’illegittimità del provvedimento comunale di divieto, laddove fondato sulla pretesa necessità di allegare la certificazione di avvenuta denuncia della verifica sismica già in sede di presentazione della D.I.A.
Non rileva, invece, ai fini della presente decisione la circostanza secondo cui la denuncia in parola sia stata presentata solo dopo il decorso dei 90 giorni di cui al comma 9 dell’art. 87, d.lgs. 259, cit. vuoi perché il provvedimento impugnato in prime cure si limitava ad affermare il carattere ostativo della mancata presentazione della denuncia in sé intesa (senza ammetterne la presentazione entro i termini di cui all’art. 87, co. 9, cit.), vuoi perché ciò che rileva in base al pertinente quadro normativo non è il momento in sé della presentazione della denuncia, quanto, piuttosto, la circostanza relativa al se la denuncia in parola sia intervenuta prima o dopo l’effettivo inizio dei lavori (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 24.09.2010 n. 7128 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Istanza di autorizzazione ex art. 87 d.lgs. n. 259/2003 - Allegazione della denuncia di verifica sismica - Inizio dei lavori.
Il quadro normativo vigente non impone in alcun modo di allegare la denuncia di verifica sismica della SRB già in sede di presentazione dell’istanza di autorizzazione o della denuncia di cui all’art. 87, d.lgs. 259 del 2003, limitandosi -piuttosto- a prescrivere che la denuncia in parola avvenga prima del concreto inizio dei lavori (in tal senso: il primo comma dell’art. 4, l. 1086 del 1971; il primo comma dell’art. 17, l. 64 del 1974, nonché il comma 3 dell’art. 2, L.R. Campania 9 del 1983) (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 24.09.2010 n. 7128 - link a www.ambientediritto.it).

luglio 2010

COMPETENZE PROFESSIONALI - EDILIZIA PRIVATALa nomina del collaudatore quando il costruttore esegue in proprio (art. 67, comma 4, D.P.R. n. 380/2001) - Verifica e denuncia dell'eventuale incompetenza del progettista (Centro Studi Consiglio Nazionale Ingegneri, luglio 2010).
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Il documento del Centro Studi del CNI illustra la procedura di nomina e le attività connesse del collaudatore quando il costruttore esegue in proprio. Il documento aggiorna la procedura ai sensi delle NTC (DM 14.01.2008) e fornisce indicazioni utili in tutti i casi di collaudo di strutture anche in zone sismiche.
Da notare il sottotitolo "
Verifica e denuncia dell'eventuale incompetenza del progettista". Nel testo dello studio si legge che "l'ordine professionale è titolare di una funzione che deve esercitare, sempre e comunque, a richiesta del privato ed alla quale non può ostare nessuna condizione, nemmeno l'eventuale riscontrata incompetenza del progettista" (dei C.A.), e che pertanto "l'attività di controllo sul rispetto delle competenze professionali del progettista compete agli Uffici Tecnici dell'Amministrazione", che ormai - seguito delle note deleghe in materia di denunce C.A. concesse dalla Regione con L.R. n. 1/2000- sappiamo essere gli Uffici Tecnici comunali.

giugno 2010

EDILIZIA PRIVATA: Le opere che possono considerarsi non assoggettabili alla normativa sismica.
L'ufficio del Genio Civile di Agrigento, su sollecitazione dei tecnici locali, ha individuato, attraverso un'apposita circolare, le opere che possono considerarsi non assoggettabili alla normativa sismica di cui alla Legge 64/1974.
Poiché si ritiene che tale elenco possa costituire un utile riferimento per i professionisti di tutta Italia ne riportiamo il contenuto.
Le seguenti opere, oggettivamente poco rilevanti ai fini della sicurezza, secondo il Genio Civile di Agrigento, possono considerarsi non assoggettabili alla normativa sismica di cui alla Legge 64/1974: ... (10.06.2010 - link a www.acca.it).

maggio 2010

LAVORI PUBBLICI: B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 21 del 24.05.2010, "Determinazione delle modalità per la predisposizione del piano degli interventi per la messa in sicurezza degli edifici scolastici situati in zone soggette a rischio sismico - Fondi annualità 2009 (Ordinanza della Presidenza del Consiglio dei Ministri n. 3864 del 31.03.2010)" (deliberazione G.R. 18.05.2010 n. 29 - link a www.infopoint.it).

EDILIZIA PRIVATA: Dalla Protezione Civile le Linee Guida per la progettazione degli interventi di rinforzo degli “edifici in aggregato.
Sono disponibili on line le “Linee Guida per il rilievo, l’analisi ed il progetto di interventi di riparazione e rafforzamento/miglioramento di edifici in aggregato”.
Le Linee Guida intendono fornire un quadro sistematico della metodologia e degli strumenti operativi per il rilievo, la diagnostica, la scelta degli interventi e la redazione finale del progetto di intervento su edifici in aggregato.
Avendo come oggetto l’edilizia in aggregato, le Linee Guida vedono, pertanto, come campo di applicazione principale il costruito dei centri storici. Questi ultimi, sviluppatisi e configuratisi nel tempo, secondo processi di accrescimento per lo più spontaneo, sono caratterizzati da edifici prevalentemente in muratura, ove la coesistenza di diverse e successive stratificazioni e modificazioni, talvolta incongrue, ha comportato l’insorgenza di specifici fattori di vulnerabilità sismica ... (19.05.2010 - link a www.acca.it).

aprile 2010

EDILIZIA PRIVATA: Impianti per le comunicazioni elettroniche - Struttura progettata - Impiego di cemento armato - Zona sismica - Art. 18 L. n. 64/1974 - Applicabilità - Fondamento.
In tema di impianti per le comunicazioni elettroniche, ove la struttura progettata prevede anche l’impiego di cemento armato e si trova in zona sismica, trova applicazione l’art. 18 della L. 64/1974: è irrilevante il fatto che detta disposizione di legge non sia espressamente richiamata nel catalogo dei documenti previsto dall’allegato 13 del Codice della Comunicazioni Elettroniche, trattandosi di norma che deve essere necessariamente applicata nel particolare caso in cui le infrastrutture di telecomunicazioni siano in concreto progettate con particolari modalità tali da rientrare sotto l’ambito previsionale della predetta legge (TAR Sicilia-Catania, Sez. I, sentenza 28.04.2010 n. 1255 - link a www.
ambientediritto.it).

dicembre 2009

EDILIZIA PRIVATA: G.U. 22.12.2009 n. 297 "Entrata in vigore delle norme tecniche per le costruzioni di cui al decreto ministeriale 14.01.2008. Circolare 05.08.2009 - Ulteriori considerazioni esplicative" (Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, circolare 11.12.2009).

settembre 2009

EDILIZIA PRIVATA: Violazione della normativa antisismica (natura del reato).
La contravvenzione di cui all’art. 14 della legge 05.11.1971 n. 1086, (che sanziona il costruttore delle opere in cemento armato quando omette, prima del loro inizio, di curare il deposito, presso l’ufficio tecnico regionale, della denuncia delle opere stesse, accompagnata da un regolare progetto e da una relazione illustrativa) è un reato istantaneo con effetti permanenti, che si consuma con la omissione degli adempimenti richiesti dalla norma anzidetta, prima della esecuzione dei lavori, al fine di consentire il controllo preventivo sulle stesse.
Le violazioni dei decreti interministeriali che disciplinano la normativa tecnica per le costruzioni da realizzarsi in zone dichiarate sismiche hanno, invece, natura di reato permanente (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 09.09.2009 n. 34860 - link a www.lexambiente.it).

agosto 2009

EDILIZIA PRIVATA: G.U. 13.08.2009 n. 187 "Nuove norme tecniche per le costruzioni approvate con decreto del Ministro delle infrastrutture 14.01.2008 - Cessazione del regime transitorio di cui all’articolo 20, comma 1, del decreto-legge 31.12.2007, n. 248" (Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, circolare 05.08.2009).

luglio 2009

EDILIZIA PRIVATA: Il Comune, nel rilasciare il permesso di costruire, non è tenuto a verificare la conformità del titolo alla normativa antisismica dato che quest’ultima, quale normativa di carattere tecnico e non propriamente urbanistico-edilizio, non costituisce parametro di legittimità del titolo rilasciato.
Secondo la normativa vigente di cui al d.p.r. n. 380/2001, nella materia de qua, al Comune compete esclusivamente un compito di vigilanza preventiva e documentale nel senso che, ai sensi dell’art. 93 del d.p.r. n. 380/2001, lo sportello unico comunale è tenuto ad iscrivere la comunicazione dei lavori nell’apposito registro delle denunzie dei lavori nelle zone sismiche, ed a trasmettere tale comunicazione unitamente al progetto della costruzione al competente Ufficio della Regione. A quest’ultimo ufficio compete il rilascio del nulla osta antisismico. In particolare, per le zone che non siano classificate “a bassa sismicità” l’art. 94 d.p.r. stabilisce che, fermo restando l’obbligo del titolo abilitativo, “non si possono iniziare i lavori senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della Regione”. Tale autorizzazione è quindi condizionante in senso assoluto nel senso che, in mancanza di essa, in alcun caso i lavori possono essere intrapresi, anche qualora il titolo edilizio sia stato già rilasciato.
La giurisprudenza amministrativa ha al riguardo puntualizzato la diversità esistente tra il controllo di conformità del progetto eseguito dal Comune e quello di spettanza del genio Civile in materia sismica, escludendo che la concessione edilizia possa configurarsi quale “atto complesso” in cui confluisce l’osservanza di entrambe le normative. Ciò in quanto, come noto, la normativa antisismica costituisce un apparato posto a presidio di interessi diversi da quelli tutelati dalla normativa urbanistico edilizia, posto che quest’ultima è rivolta essenzialmente a garantire l’ordinato assetto e sviluppo del territorio, mentre la normativa antisismica è un impianto di natura tecnica volto essenzialmente a salvaguardare la pubblica e privata sicurezza ed incolumità.
Sotto tale profilo il nulla osta del Genio Civile si configura quale atto del tutto separato rispetto al permesso di costruire, e non essendo un atto endoprocedimentale rispetto al rilascio del permesso di costruire, ha una valenza autonoma ed esterna, non condizionante l’approvazione del progetto, ma la concreta realizzabilità di un intervento edilizio. Nel chiarire la separazione esistente tra il permesso di costruire ed il nulla osta antisismico la giurisprudenza ha altresì affermato che deve ritenersi legittimo il rilascio di una concessione edilizia per una costruzione da realizzare in zona sismica anche ove, prima del rilascio della medesima, non sia stato ancora acquisto il nulla osta antisismico Ciò in quanto per le opere da realizzare in zone sismiche, il detto nulla osta non è presupposto di legittimità del permesso di costruire, ma costituisce “condizione d’efficacia” del titolo, trattandosi di un presupposto in assenza del quale è precluso lo stesso inizio dei lavori.
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Quanto alla necessità dell’autorizzazione “scritta”, va rimarcato che l’art. 20 della legge n. 741/1981 ha attribuito la facoltà alle Regioni di sostituire l’autorizzazione in origine contemplata dall’art. 18 della legge n. 64/1974 con una semplice “denuncia di inizio attività” purché corredata dal progetto e dall’asseverazione del progettista circa la conformità delle opere alla normativa antisismica.
Sicché, nella Regione Campania, l’articolo 2 della legge regionale 07.01.1983 n. 9 recante: “Norme per l'esercizio delle funzioni regionali in materia di difesa del territorio dal rischio sismico”, ha previsto, al comma 1 che: “Il committente o il costruttore che esegue in proprio devono depositare il progetto esecutivo delle opere di cui all'art. 1 presso l'Ufficio “Provinciale” del Genio civile o Sezione autonoma competente per territorio, prima dell'inizio dei lavori”, ed al comma 2 che: “Tale deposito, ricevuto ai fini di certificazione e, in deroga all'art. 17, L. 02.02.1974, n. 64, esonera dalle autorizzazioni di cui agli artt. 2 e 18 della medesima legge, fermo restando l'obbligo della concessione edilizia prevista dalle vigenti norme urbanistiche”.
Al medesimo ente competono i compiti di controllo e di repressione delle violazioni della disciplina antisismica come desumibile dagli artt. 96 e 97 del d.p.r. 380/2001, riproduttivi degli artt. 21 e 22 della legge n. 64/1974. Quanto alle competenze comunali, l’art. 5, comma 3, della stessa legge regionale n. 9/1983 stabilisce che il Sindaco del Comune nel cui territorio si eseguono le opere è tenuto ad accertare, a mezzo degli agenti e dei tecnici comunali, che: “chiunque inizi l'esecuzione delle opere di cui all'art. 1 sia in possesso dell'attestazione dell'Ufficio Provinciale del Genio civile dell'avvenuto deposito degli atti prescritti” ed aggiunge altresì che: “Tale accertamento sostituisce a tutti gli effetti il disposto del primo comma dell'art. 29 della L. n. 64 del 1974” che richiama l’autorizzazione scritta in origine richiesta ai sensi degli artt. 2 e 18.
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Analogamente, nella Regione Campania, le attribuzione in materia di repressione della normativa antisismica sono di competenza dell’Ufficio provinciale del genio Civile dal momento che, ai sensi dell’art. 6, comma 4, della predetta legge regionale Campania n. 9/1983, per la violazione dell'obbligo del deposito degli atti di cui all'art. 2 della presente legge e dell'art. 11 del D.L. n. 57 del 1982 convertito in L. 29.04.1982, n. 187, nonché, per la omessa denuncia dell'art. 17 della L. n. 64 del 1974, il Sindaco è tenuto a trasmettere il processo verbale compilato dagli agenti competenti per l’accertamento della violazione all'Ufficio provinciale del Genio civile o Sezione autonoma, che ordina la sospensione dei lavori, fissando nel relativo provvedimento un termine per il deposito degli atti nelle forme di cui all'art. 2 della stessa legge.
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Da tale quadro normativo di riferimento si ricava evidentemente che al Comune non è demandato, nel momento del rilascio del permesso di costruire, alcun compito di controllo sostanziale in ordine alla conformità del progetto presentato alla normativa antisismica.
Di qui consegue che l’osservanza della normativa antisismica, quale normativa di natura tecnica, non può costituire parametro di legittimità del permesso di costruire dato che il Comune, nel rilasciare il titolo abilitativo, è tenuto esclusivamente a verificare la conformità del progetto al rispetto della normativa urbanistico-edilizia.
Ogni sindacato in merito alla conformità del progetto rispetto alla normativa antisimica rientra nelle attribuzioni del competente Ufficio tecnico del Genio Civile in sede di rilascio del nulla osta antisismico che, per la regione Campania, è stato sostituito dalla legge regionale n. 9/1983 dal deposito di una denuncia di inizio lavori presso l’Ufficio Provinciale del genio Civile che sostituisce ad ogni effetto l’autorizzazione scritta prescritta dalla legge n. 64/1974.

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4.1. Sotto altro profilo i ricorrenti deducono la violazione dell’altezza massima del fabbricato per violazione della normativa antisismica, secondo quanto prescritto dal punto 4.1 dell’O.P.C.M. 20.03.2003 n. 3274, come integrata dall’O.P.C.M. n. 3431/2005, secondo cui, per i Comuni classificati a medio rischio simico S.9 come il Comune di casa giove (cfr. Delibera Giunta Regionale Campania n. 816/2004) l’altezza del fabbricato che prospetta sulla strada pubblica non può essere superiore alla minima distanza tra la proiezione del fronte dell’edificio ed il ciglio opposto della strada. Nella specie, sulla base dei rilievi eseguiti dal tecnico di parte ricorrente, tale criterio non sarebbe stato rispettato poiché la strada presenta una larghezza massima di metri 9,50, per cui l’altezza dell’erigendo fabbricato supererebbe in ogni caso il limite massimo consentito dalla normativa antisimica.
Il motivo si rivela inammissibile posto che il presente ricorso non è stato altresì notificato al competente Ufficio del Genio Civile nella cui cognizione esclusiva rientra la verifica della rispondenza del progetto alla normativa antisismica. Ed infatti, come correttamente osservato dall’amministrazione intimata, il Comune, nel rilasciare il permesso di costruire, non è tenuto a verificare la conformità del titolo alla normativa antisismica dato che quest’ultima, quale normativa di carattere tecnico e non propriamente urbanistico-edilizio, non costituisce parametro di legittimità del titolo rilasciato.
4.2 Secondo la normativa vigente di cui al d.p.r. n. 380/2001, nella materia de qua, al Comune compete esclusivamente un compito di vigilanza preventiva e documentale nel senso che, ai sensi dell’art. 93 del d.p.r. n. 380/2001, lo sportello unico comunale è tenuto ad iscrivere la comunicazione dei lavori nell’apposito registro delle denunzie dei lavori nelle zone sismiche, ed a trasmettere tale comunicazione unitamente al progetto della costruzione al competente Ufficio della Regione. A quest’ultimo ufficio compete il rilascio del nulla osta antisismico. In particolare, per le zone che non siano classificate “a bassa sismicità” l’art. 94 d.p.r. stabilisce che, fermo restando l’obbligo del titolo abilitativo, “non si possono iniziare i lavori senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della Regione”. Tale autorizzazione è quindi condizionante in senso assoluto nel senso che, in mancanza di essa, in alcun caso i lavori possono essere intrapresi, anche qualora il titolo edilizio sia stato già rilasciato.
4.3 La giurisprudenza amministrativa ha al riguardo puntualizzato la diversità esistente tra il controllo di conformità del progetto eseguito dal Comune e quello di spettanza del genio Civile in materia sismica, escludendo che la concessione edilizia possa configurarsi quale “atto complesso” in cui confluisce l’osservanza di entrambe le normative. Ciò in quanto, come noto, la normativa antisismica costituisce un apparato posto a presidio di interessi diversi da quelli tutelati dalla normativa urbanistico edilizia, posto che quest’ultima è rivolta essenzialmente a garantire l’ordinato assetto e sviluppo del territorio, mentre la normativa antisismica è un impianto di natura tecnica volto essenzialmente a salvaguardare la pubblica e privata sicurezza ed incolumità.
Sotto tale profilo il nulla osta del Genio Civile si configura quale atto del tutto separato rispetto al permesso di costruire, e non essendo un atto endoprocedimentale rispetto al rilascio del permesso di costruire, ha una valenza autonoma ed esterna, non condizionante l’approvazione del progetto, ma la concreta realizzabilità di un intervento edilizio. Nel chiarire la separazione esistente tra il permesso di costruire ed il nulla osta antisismico la giurisprudenza ha altresì affermato che deve ritenersi legittimo il rilascio di una concessione edilizia per una costruzione da realizzare in zona sismica anche ove, prima del rilascio della medesima, non sia stato ancora acquisto il nulla osta antisismico Ciò in quanto per le opere da realizzare in zone sismiche, il detto nulla osta non è presupposto di legittimità del permesso di costruire, ma costituisce “condizione d’efficacia” del titolo, trattandosi di un presupposto in assenza del quale è precluso lo stesso inizio dei lavori (cfr. C.d.S. sez. V, 06.08.1997 n. 875; C.d.S. sez. V, 02.02.1996, n. 117).
4.4 Quanto alla necessità dell’autorizzazione “scritta”, va rimarcato che l’art. 20 della legge n. 741/1981 ha attribuito la facoltà alle Regioni di sostituire l’autorizzazione in origine contemplata dall’art. 18 della legge n. 64/1974 con una semplice “denuncia di inizio attività” purché corredata dal progetto e dall’asseverazione del progettista circa la conformità delle opere alla normativa antisismica.
Sicché, nella Regione Campania, l’articolo 2 della legge regionale 07.01.1983 n. 9 recante: “Norme per l'esercizio delle funzioni regionali in materia di difesa del territorio dal rischio sismico”, ha previsto, al comma 1 che: “Il committente o il costruttore che esegue in proprio devono depositare il progetto esecutivo delle opere di cui all'art. 1 presso l'Ufficio “Provinciale” del Genio civile o Sezione autonoma competente per territorio, prima dell'inizio dei lavori”, ed al comma 2 che: “Tale deposito, ricevuto ai fini di certificazione e, in deroga all'art. 17, L. 02.02.1974, n. 64, esonera dalle autorizzazioni di cui agli artt. 2 e 18 della medesima legge, fermo restando l'obbligo della concessione edilizia prevista dalle vigenti norme urbanistiche”.
Al medesimo ente competono i compiti di controllo e di repressione delle violazioni della disciplina antisismica come desumibile dagli artt. 96 e 97 del d.p.r. 380/2001, riproduttivi degli artt. 21 e 22 della legge n. 64/1974. Quanto alle competenze comunali, l’art. 5, comma 3, della stessa legge regionale n. 9/1983 stabilisce che il Sindaco del Comune nel cui territorio si eseguono le opere è tenuto ad accertare, a mezzo degli agenti e dei tecnici comunali, che: “chiunque inizi l'esecuzione delle opere di cui all'art. 1 sia in possesso dell'attestazione dell'Ufficio Provinciale del Genio civile dell'avvenuto deposito degli atti prescritti” ed aggiunge altresì che: “Tale accertamento sostituisce a tutti gli effetti il disposto del primo comma dell'art. 29 della L. n. 64 del 1974” che richiama l’autorizzazione scritta in origine richiesta ai sensi degli artt. 2 e 18.
Analogamente, nella Regione Campania, le attribuzione in materia di repressione della normativa antisismica sono di competenza dell’Ufficio provinciale del genio Civile dal momento che, ai sensi dell’art. 6, comma 4, della predetta legge regionale Campania n. 9/1983, per la violazione dell'obbligo del deposito degli atti di cui all'art. 2 della presente legge e dell'art. 11 del D.L. n. 57 del 1982 convertito in L. 29.04.1982, n. 187, nonché, per la omessa denuncia dell'art. 17 della L. n. 64 del 1974, il Sindaco è tenuto a trasmettere il processo verbale compilato dagli agenti competenti per l’accertamento della violazione all'Ufficio provinciale del Genio civile o Sezione autonoma, che ordina la sospensione dei lavori, fissando nel relativo provvedimento un termine per il deposito degli atti nelle forme di cui all'art. 2 della stessa legge.
Da tale quadro normativo di riferimento si ricava evidentemente che al Comune non è demandato, nel momento del rilascio del permesso di costruire, alcun compito di controllo sostanziale in ordine alla conformità del progetto presentato alla normativa antisismica.
Di qui consegue che l’osservanza della normativa antisismica, quale normativa di natura tecnica, non può costituire parametro di legittimità del permesso di costruire dato che il Comune, nel rilasciare il titolo abilitativo, è tenuto esclusivamente a verificare la conformità del progetto al rispetto della normativa urbanistico-edilizia.
Ogni sindacato in merito alla conformità del progetto rispetto alla normativa antisimica rientra nelle attribuzioni del competente Ufficio tecnico del Genio Civile in sede di rilascio del nulla osta antisismico che, per la regione Campania, è stato sostituito dalla legge regionale n. 9/1983 dal deposito di una denuncia di inizio lavori presso l’Ufficio Provinciale del genio Civile che sostituisce ad ogni effetto l’autorizzazione scritta prescritta dalla legge n. 64/1974
(TAR Campania-Napoli, Sez. VIII, sentenza 08.07.2009 n. 3821 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

giugno 2009

EDILIZIA PRIVATA: Violazioni normativa antisismica.
Le contravvenzioni previste dalla normativa antisismica puniscono inosservanze formali, volte a presidiare il controllo preventivo della P.A. Ne deriva che l’effettiva pericolosità della costruzione realizzata senza i prescritti adempimenti è del tutto irrilevante ai fini della sussistenza del reato e la verifica postuma dell’assenza del pericolo ed il rilascio dei provvedimenti abilitativi non incide sulla illiceità della condotta, poiché gli illeciti sussistono in relazione al momento di inizio della attività (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 17.06.2009 n. 25133 - link a www.lexambiente.it).

aprile 2009

EDILIZIA PRIVATA: Normativa antisismica.
Le disposizioni della normativa antisismica si applicano a tutte le costruzioni la cui sicurezza possa interessare la pubblica incolumità, a nulla rilevando la natura dei materiali usati e delle strutture realizzate- a differenza della disciplina relativa alle opere in conglomerato cementizio armato- in quanto l'esigenza di maggior rigore nelle zone dichiarate sismiche rende ancor più necessari i controlli e le cautele prescritte, quando si impiegano elementi strutturali meno solidi e duraturi del cemento armato. Tali disposizioni, infatti, pur riguardando l'attività edificatoria sono diverse, sotto il profilo della ratio e degli obiettivi perseguiti, da quelle in materia urbanistica (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 17.04.2009 n. 16299 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Non sussistono, nella fattispecie, elementi idonei ad affermare che l’abuso edilizio posto in essere dal ricorrente possa essere sanato con denunzia di inizio attività in sanatoria.
In primo luogo osta alla praticabilità di tale procedura la circostanza che l’abuso risulta essere stato consumato in zona sismica.
Al proposito si ricorda che gli artt. 17 e 18 L. 64/1974, il cui contenuto è oggi trasfuso negli artt. 93 e 94 del D.P.R. 380/2001, impongono a chiunque intenda procedere a costruzioni in zona sismica –eccettuate le zone a bassa sismicità– di darne avviso, tramite lo sportello unico, al competente ufficio regionale, al quale l’avviso deve essere trasmesso unitamente alla relativa progettazione: i lavori non possono iniziare senza la preventiva autorizzazione scritta dell’ufficio tecnico regionale, il quale deve provvedere entro sessanta giorni (art. 94, comma 1 e 2). Qualora entro il suddetto termine il responsabile dell’ufficio tecnico regionale non abbia provveduto o abbia provveduto in senso negativo, è data all’interessato la possibilità di ricorrere al presidente della giunta regionale, il quale entro i successivi sessanta giorni “decide con provvedimento definitivo” (art. 94, comma 3).
L’esame delle norme dianzi richiamate consente di affermare che la “denunzia di inizio lavori” di cui all’art. 93 D.P.R. 380/2001 altro non costituisce se non una richiesta di parere, o nulla-osta, relativo alla compatibilità dei lavori con la normativa antisismica. E’ altresì evidente che in base agli artt. 93 e 94 D.P.R. 380/2001 l’autorizzazione di competenza dell’ufficio tecnico regionale costituisce un parere vincolante, reso all’esito di un sub-procedimento che si inserisce nel procedimento principale volto al rilascio del titolo abilitativo edilizio, un parere dal quale non si può prescindere e che non è suscettibile di formarsi per silenzio-assenso, come denuncia la chiara inibitoria dei lavori in mancanza della preventiva autorizzazione scritta.
La sussistenza dell’obbligo di munirsi del parere preventivo di cui sopra, non competendo alla autorità comunale, determina la necessità, qualora esso non sia già allegato alla istanza di permesso di costruire o alla d.i.a., di attivare una conferenza di servizi ai sensi dell’art. 20, comma 6, o dell’art. 23, comma 4, D.P.R. 380/2001, questo ultimo applicabile anche alle zone sismiche, la cui individuazione dà luogo ad un vincolo equiparabile –per la funzione di protezione che esso è chiamato svolgere– ai vincoli di natura ambientale, paesaggistica o idrogeologica.
In difetto della autorizzazione dell’ufficio tecnico regionale, il silenzio della Amministrazione Comunale darà luogo a silenzio-rifiuto, se abbia ad oggetto una istanza di permesso di costruire; mentre ove segua ad una denunzia di inizio attività, questa sarà semplicemente inidonea a produrre effetti giuridici, così come chiaramente previsto dall’art. 23, comma 6, D.P.R. 380/2001.
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... per l'annullamento, previa sospensione dell'efficacia, dell’Ordinanza Dirigenziale n. 561 del 16.10.2008, notificata a Ma.Ma. il 20 successivo, a firma del Dirigente il Settore Pianificazione del Territorio-Servizio Atti Amministrativi del Comune di Andria, con cui gli si ingiunge di demolire delle travi in legno “poggiate tra il muro dei vani esistenti ed il muro di confine” ed una pensillina in legno poste in assenza del permesso di costruzione;
...
Con ricorso passato alla notifica il 18/12/2008 il ricorrente, premettendo di aver realizzato, senza preventiva autorizzazione, una tettoia in legno sul proprio lastrico solare, facilmente rimovibile; di aver ricevuto la comunicazione relativa all’avvio del procedimento sanzionatorio, e di aver infine presentato, il 01/12/2008, richiesta di accertamento di conformità, impugnava il provvedimento indicato in epigrafe con il quale la Amministrazione Comunale ha invitato il ricorrente a procedere alla demolizione del manufatto abusivo.
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1. I ricorsi sono infondati: non sussistono, ad avviso del Collegio, elementi idonei ad affermare che l’abuso edilizio posto in essere dal ricorrente possa essere sanato con denunzia di inizio attività in sanatoria.
1.1. In primo luogo osta alla praticabilità di tale procedura la circostanza che l’abuso risulta essere stato consumato in zona sismica, come risulta chiaramente dalla ordinanza di demolizione gravata con il ricorso principale.
1.1.1. Al proposito si ricorda che gli artt. 17 e 18 L. 64/1974, il cui contenuto è oggi trasfuso negli artt. 93 e 94 del D.P.R. 380/2001, impongono a chiunque intenda procedere a costruzioni in zona sismica –eccettuate le zone a bassa sismicità – di darne avviso, tramite lo sportello unico, al competente ufficio regionale, al quale l’avviso deve essere trasmesso unitamente alla relativa progettazione: i lavori non possono iniziare senza la preventiva autorizzazione scritta dell’ufficio tecnico regionale, il quale deve provvedere entro sessanta giorni (art. 94, comma 1 e 2). Qualora entro il suddetto termine il responsabile dell’ufficio tecnico regionale non abbia provveduto o abbia provveduto in senso negativo, è data all’interessato la possibilità di ricorrere al presidente della giunta regionale, il quale entro i successivi sessanta giorni “decide con provvedimento definitivo” (art. 94, comma 3).
L’esame delle norme dianzi richiamate consente di affermare che la “denunzia di inizio lavori” di cui all’art. 93 D.P.R. 380/2001 altro non costituisce se non una richiesta di parere, o nulla-osta, relativo alla compatibilità dei lavori con la normativa antisismica. E’ altresì evidente che in base agli artt. 93 e 94 D.P.R. 380/2001 l’autorizzazione di competenza dell’ufficio tecnico regionale costituisce un parere vincolante, reso all’esito di un sub-procedimento che si inserisce nel procedimento principale volto al rilascio del titolo abilitativo edilizio, un parere dal quale non si può prescindere e che non è suscettibile di formarsi per silenzio-assenso, come denuncia la chiara inibitoria dei lavori in mancanza della preventiva autorizzazione scritta.
La sussistenza dell’obbligo di munirsi del parere preventivo di cui sopra, non competendo alla autorità comunale, determina la necessità, qualora esso non sia già allegato alla istanza di permesso di costruire o alla d.i.a., di attivare una conferenza di servizi ai sensi dell’art. 20, comma 6, o dell’art. 23, comma 4, D.P.R. 380/2001, questo ultimo applicabile anche alle zone sismiche, la cui individuazione dà luogo ad un vincolo equiparabile –per la funzione di protezione che esso è chiamato svolgere– ai vincoli di natura ambientale, paesaggistica o idrogeologica.
In difetto della autorizzazione dell’ufficio tecnico regionale, il silenzio della Amministrazione Comunale darà luogo a silenzio-rifiuto, se abbia ad oggetto una istanza di permesso di costruire; mentre ove segua ad una denunzia di inizio attività, questa sarà semplicemente inidonea a produrre effetti giuridici, così come chiaramente previsto dall’art. 23, comma 6, D.P.R. 380/2001 (TAR Puglia-Bari, Sez. II, sentenza 03.04.2009 n. 801 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Le opere edili integranti un abuso commesso in zona sismica –nella fattispecie non “a bassa sismicità”– non possono essere assentite in sanatoria, né con permesso di costruire né con d.i.a. in sanatoria.
Al riguardo, invero, si deve osservare che né l’art. 36 né l’art. 37 del D.P.R. 380/2001 disciplinano l’ipotesi in cui l’accertamento di conformità sia richiesto relativamente ad immobile soggetto a vincolo: ciò non può evidentemente portare a ritenere che in sede di accertamento di conformità la presenza di un vincolo non possa mai essere ostativa al rilascio del titolo, ma, all’esatto opposto, deve condurre ad escludere l’ammissibilità dell’accertamento di conformità in presenza di vincolo, salvo che l’ordinamento non preveda che anche il parere della autorità preposta al vincolo possa essere rilasciato in sanatoria.
Così, ad esempio, nel caso di abuso in zona soggetta a vincolo paesaggistico, potendo il parere della Autorità preposta essere rilasciato in sanatoria ogni qual volta l’abuso edilizio non si sia tradotto in nuovi volumi, l’accertamento di conformità non è inammissibile quando non vengano in considerazione nuovi volumi.
Nel caso di specie, ci troviamo di fronte ad una normativa la quale espressamente fa divieto di iniziare i lavori senza la preventiva autorizzazione scritta dell’ufficio tecnico regionale: essa deve quindi essere intesa nel senso che tale autorizzazione non può essere rilasciata ex post, cioè “in sanatoria”.
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... per l'annullamento, previa sospensione dell'efficacia, dell’Ordinanza Dirigenziale n. 561 del 16.10.2008, notificata a Ma.Ma. il 20 successivo, a firma del Dirigente il Settore Pianificazione del Territorio-Servizio Atti Amministrativi del Comune di Andria, con cui gli si ingiunge di demolire delle travi in legno “poggiate tra il muro dei vani esistenti ed il muro di confine” ed una pensillina in legno poste in assenza del permesso di costruzione;
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Con ricorso passato alla notifica il 18/12/2008 il ricorrente, premettendo di aver realizzato, senza preventiva autorizzazione, una tettoia in legno sul proprio lastrico solare, facilmente rimovibile; di aver ricevuto la comunicazione relativa all’avvio del procedimento sanzionatorio, e di aver infine presentato, il 01/12/2008, richiesta di accertamento di conformità, impugnava il provvedimento indicato in epigrafe con il quale la Amministrazione Comunale ha invitato il ricorrente a procedere alla demolizione del manufatto abusivo.
...
1.1.2. Tanto sopra premesso occorre ora verificare come si atteggia la situazione nel caso in cui opere edili siano state realizzate in zona sismica non solo in assenza di titolo edilizio, ma anche della autorizzazione regionale prevista dagli artt. 93 e 94 D.P.R. 380/2001: si deve cioè verificare la possibilità o meno che le stesse possano essere assentite in via di sanatoria.
Al riguardo si deve osservare che né l’art. 36 né l’art. 37 del D.P.R. 380/2001 disciplinano l’ipotesi in cui l’accertamento di conformità sia richiesto relativamente ad immobile soggetto a vincolo: ciò non può evidentemente portare a ritenere che in sede di accertamento di conformità la presenza di un vincolo non possa mai essere ostativa al rilascio del titolo, ma, all’esatto opposto, deve condurre ad escludere l’ammissibilità dell’accertamento di conformità in presenza di vincolo, salvo che l’ordinamento non preveda che anche il parere della autorità preposta al vincolo possa essere rilasciato in sanatoria.
Così, ad esempio, nel caso di abuso in zona soggetta a vincolo paesaggistico, potendo il parere della Autorità preposta essere rilasciato in sanatoria ogni qual volta l’abuso edilizio non si sia tradotto in nuovi volumi, l’accertamento di conformità non è inammissibile quando non vengano in considerazione nuovi volumi.
1.1.3. Nel caso di specie, ci troviamo di fronte ad una normativa la quale espressamente fa divieto di iniziare i lavori senza la preventiva autorizzazione scritta dell’ufficio tecnico regionale: essa deve quindi essere intesa nel senso che tale autorizzazione non può essere rilasciata ex post, cioè “in sanatoria”. In senso conforme, del resto, si veda anche TAR Campania-Napoli, VI, sentenza 09.10.2006 n. 8518.
1.1.4. Per le dianze esposte ragioni si deve ritenere che le opere edili sottoposte alla attenzione del Collegio, integrando un abuso commesso in zona sismica –la quale, si ribadisce, non consta essere una zona “a bassa sismicità”– non possono essere assentite in sanatoria, né con permesso di costruire né con d.i.a. in sanatoria: pertanto il Comune non avrebbe potuto assumere una diversa determinazione, da cui l’impossibilità -ex art. 21-octies- di annullare il silenzio-rigetto impugnato con il ricorso per motivi aggiunti (TAR Puglia-Bari, Sez. II, sentenza 03.04.2009 n. 801 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

marzo 2009

EDILIZIA PRIVATA: Disciplina antisismica - Ambito di applicazione - Tutte le costruzioni la cui sicurezza possa interessare la pubblica incolumità - Irrilevanza dei materiali usati.
Le disposizioni della normativa antisismica si applicano, a tutte le costruzioni la cui sicurezza possa interessare la pubblica incolumità, a nulla rilevando la natura dei materiali usati e delle strutture realizzate - a differenza della disciplina relativa alle opere in conglomerato cementizio armato - in quanto l'esigenza di maggior rigore nelle zone dichiarate sismiche rende ancor più necessari i controlli e le cautele prescritte, quando si impiegano elementi strutturali meno solidi e duraturi del cemento armato (Cass. pen. sez. 3, 24.10.2001 n. 38142). Tali disposizioni, infatti, pur riguardando l'attività edificatoria, sono "diverse" sotto il profilo della ratio e degli obiettivi perseguiti, da quelle in materia urbanistica (Cass. sez. 3 - 07.11.1997 n. 50; Cass. sez. 3 -  n. 11511 del 15.02.2002) (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 10.03.2009 n. 10534 - link a www.ambientediritto.it).

febbraio 2009

EDILIZIA PRIVATA: G.U. 26.02.2009 n. 47, suppl. ord. n. 27, "Istruzioni per l’applicazione delle «Nuove norme tecniche per le costruzioni» di cui al decreto ministeriale 14.01.2008" (Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, circolare 02.02.2009 n. 617 C.S.LL.PP.).

dicembre 2008

APPALTI: G.U. 22.12.2008 n. 298 "Testo del decreto-legge 23.10.2008, n. 162 coordinato con la legge di conversione 22.12.2008, n. 201 recante: «Interventi urgenti in materia di adeguamento dei prezzi di materiali da costruzione, di sostegno ai settori dell’autotrasporto, dell’agricoltura e della pesca professionale, nonché di finanziamento delle opere per il G8 e definizione degli adempimenti tributari per le regioni Marche ed Umbria, colpite dagli eventi sismici del 1997»".
N.B. è stato ripristinato l'incentivo sulla progettazione pari al 2% di cui al codice dei contratti pubblici (leggi l'art. 1, comma 10-quater).

EDILIZIA PRIVATA: Violazione della normativa per il conglomerato cementizio armato.
In tema di reati edilizi, ai fini della configurabilità delle contravvenzioni previste dagli artt. 71 e 95, d.P.R. 06.06.2001, n. 380, è irrilevante la natura dei lavori (ovvero che si tratti d'interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ovvero d'interventi di nuova costruzione), in quanto la violazione delle norme antisismiche e sul cemento armato presuppone soltanto l'esecuzione di lavori edilizi in zona sismica ovvero che comportino l'utilizzo del cemento armato (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 15.12.2008 n. 46081 - link a www.lexambiente.it).

ottobre 2008

LAVORI PUBBLICI: G.U. 23.10.2008 n. 249 "Interventi urgenti in materia di adeguamento dei prezzi di materiali da costruzione, di sostegno ai settori dell’autotrasporto, dell’agricoltura e della pesca professionale, nonché¤ di finanziamento delle opere per il G8 e definizione degli adempimenti tributari per le regioni Marche ed Umbria, colpite dagli eventi sismici del 1997" (D.L. 23.10.2008 n. 162).

settembre 2008

EDILIZIA PRIVATA: Disciplina antisismica e natura permanente del reato.
In tema di contravvenzioni antisismiche, a seguito dell'entrata in vigore del d.p.r. 06.06.2001, n. 380 (che ha abrogati, sostituendole, le precedenti fattispecie contemplate dagli artt. 17, 18 e 20 della legge 02.02.1974, n. 64), i reati previsti dagli artt. 93 e 94 del citato decreto, sanzionati dall'art. 95, hanno natura di reati permanenti, in quanto il primo (art. 93) permane sino a quando chi intraprese l'intervento edilizio in zona sismica non presenta la relativa denuncia con l'allegato progetto, ovvero non termina l'intervento e il secondo (art. 94), permane sino a quando chi intraprende l'intervento edilizio in zona sismica lo termina ovvero ottiene la relativa autorizzazione
(Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 19.09.2008 n. 35912 - link a www.lexambiente.it).

luglio 2008

EDILIZIA PRIVATA: G.U. 02.07.2008 n. 153 "Integrazione al decreto 14.01.2008 di approvazione delle nuove «Norme tecniche per le costruzioni»" (Ministero delle Infrastrutture, decreto 06.05.2008).

giugno 2008

EDILIZIA PRIVATA: Quesito 1 - Sulla competenza del dirigente del settore urbanistica del Comune ad adottare provvedimenti cautelari relativi agli aspetti concernenti l'osservanza della normativa in materia di costruzione in zone sismiche (Geometra Orobico n. 6/2008).

EDILIZIA PRIVATACostruzione in zone sismiche e responsabilità del direttore dei lavori .
Il direttore dei lavori risponde del reato di cui agli artt. 93 e 94 dpr 380/2001, essendo anch'egli destinatario del divieto di esecuzione dei lavori in assenza di autorizzazione e in violazione delle prescrizioni tecniche contenute nei decreti ministeriali di cui agli artt. 52 e 83 del citato dpr, atteso che le disposizioni sulla vigilanza delle costruzioni in zone sismiche, prevedendo un complesso sistema di cautele rivolto ad impedire l'esecuzione di opere non conformi alle norme tecniche, ha determinato una posizione di controllo su attività potenzialmente lesive in capo al direttore dei lavori (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 06.06.2008 n. 22726 - link a www.lexambiente.it).

febbraio 2008

EDILIZIA PRIVATA: G.U. 04.02.2008 n. 29, suppl. ord. n. 30, "Approvazione delle nuove norme tecniche per le costruzioni" (Ministero delle Infrastrutture, decreto 14.01.2008).
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1^ parte - 2^ parte - 3^ parte - 4^ parte - 4^ parte bis - 5^ parte - 5^ parte bis - 6^ parte - 7^ parte - 8^ parte - 9^ parte 10^ parte - 11^ parte.

gennaio 2008

EDILIZIA PRIVATA: La Giurisprudenza aveva avuto in passato occasione di porre il principio secondo il quale la concessione edilizia non è atto complesso, in cui confluisca l'osservanza delle normative edilizia ed urbanistica (la cui cura è rimessa al comune) ed antisismica (affidata al genio civile), sì da obbligare il comune all'osservanza anche di quella antisismica, demandandosi, al contrario, al comune unicamente di verificare d'ufficio la permanente validità del nulla-osta rilasciato dal genio civile.
Riprendendo tale orientamento, di recente la giurisprudenza, in un caso analogo al presente, ha riaffermato che “il Sindaco, responsabile del governo urbanistico del territorio comunale, prima di rilasciare una concessione edilizia in una località classificata sismica e per la quale è necessaria la preventiva autorizzazione degli uffici competenti, è tenuto, …., ad accertare la regolarità di tale autorizzazione, nei suoi profili di ordine formale, in quanto tali profili si riflettono sul titolo concessorio, invalidandolo se irregolari“.
Ad avviso del Collegio, dal principio affermato dalla giurisprudenza consegue che il comune è onerato della verifica della esistenza e validità del nulla osta del genio civile, della rispondenza dello stesso ai grafici progettuali approvati dal comune stesso, in sintesi della mera esistenza e regolarità formale dell’assenso dell’ufficio del genio civile.
Ma va escluso che al comune incomba altresì la verifica della rispondenza del progetto alla normativa tecnica per le zone sismiche, in quanto tale accertamento è demandato dalla legge ai competenti organi tecnici degli uffici del genio civile.
Basti al riguardo rilevare che l’indagine di conformità alla normativa tecnica antisismica, se appare di agevole risoluzione in un caso quale il presente (rapporto tra altezza dell’edificio e larghezza della strada prospiciente), risulterebbe assolutamente ardua ed impraticabile per la maggior parte delle verifiche imposte dalla normativa in questione, per le quali il comune potrebbe anche non disporre del personale in possesso della necessaria qualificazione professionale.
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II. Il collegio procede quindi ad esaminare nel merito il ricorso.
Con il primo motivo si lamenta, come meglio riportato in premesse, la violazione della normativa antisismica, per essere prevista un’altezza di gran lunga superiore a quella assentibile in funzione della larghezza della stradella di uso pubblico sul quale affaccia il lotto interessato dalla erigenda costruzione.
Preliminarmente va verificata l’ammissibilità del ricorso in parte qua, avuto riguardo all’eccezione, formulata nelle difese orali in pubblica udienza da parte della controinteressata, circa la mancata impugnazione del nulla osta del Genio Civile, nemmeno evocato in giudizio, organo preposto alla cura degli interessi sottesi alla normativa tecnica per le costruzioni in zone sismiche.
L’eccezione (che, peraltro, il collegio avrebbe rilevato d’ufficio) deve ritenersi fondata: la mancata impugnazione del nulla osta, conosciuto dai ricorrenti quanto meno dalla data del suo deposito in allegato alla verificazione, come comprovano le controdeduzioni alla relazione di verificazione (pag. 4), depositate il 04.06.2007, rende inoppugnabile l’atto, con il quale viene reso il giudizio di conformità del progetto alla normativa tecnica da parte della competente autorità.
Occorre allora verificare se, in conformità alla tesi della ricorrente, la concessione edilizia sia di per sé viziata per effetto della violazione della normativa antisismica.
Ma il Collegio ritiene che al quesito debba darsi risposta negativa.
La Giurisprudenza aveva avuto in passato occasione di porre il principio secondo il quale la concessione edilizia non è atto complesso, in cui confluisca l'osservanza delle normative edilizia ed urbanistica (la cui cura è rimessa al comune) ed antisismica (affidata al genio civile), sì da obbligare il comune all'osservanza anche di quella antisismica, demandandosi, al contrario, al comune unicamente di verificare d'ufficio la permanente validità del nulla-osta rilasciato dal genio civile (Cassazione penale, sez. VI, 21.12.1983).
Riprendendo tale orientamento, di recente la giurisprudenza, in un caso analogo al presente, ha riaffermato che “il Sindaco, responsabile del governo urbanistico del territorio comunale, prima di rilasciare una concessione edilizia in una località classificata sismica e per la quale è necessaria la preventiva autorizzazione degli uffici competenti, è tenuto, …., ad accertare la regolarità di tale autorizzazione, nei suoi profili di ordine formale, in quanto tali profili si riflettono sul titolo concessorio, invalidandolo se irregolari.“ (Consiglio di stato, sez. V, 14.07.2003, n. 4165).
Ad avviso del Collegio, dal principio affermato dalla giurisprudenza consegue che il comune è onerato della verifica della esistenza e validità del nulla osta del genio civile, della rispondenza dello stesso ai grafici progettuali approvati dal comune stesso, in sintesi della mera esistenza e regolarità formale dell’assenso dell’ufficio del genio civile.
Ma va escluso che al comune incomba altresì la verifica della rispondenza del progetto alla normativa tecnica per le zone sismiche, in quanto tale accertamento è demandato dalla legge ai competenti organi tecnici degli uffici del genio civile.
Basti al riguardo rilevare che l’indagine di conformità alla normativa tecnica antisismica, se appare di agevole risoluzione in un caso quale il presente (rapporto tra altezza dell’edificio e larghezza della strada prospiciente), risulterebbe assolutamente ardua ed impraticabile per la maggior parte delle verifiche imposte dalla normativa in questione, per le quali il comune potrebbe anche non disporre del personale in possesso della necessaria qualificazione professionale. Tale conclusione appare rafforzata dall’esame della specifica legislazione regionale siciliana.
La L.R. 31.05.1994 n. 17, all’art. 2 ha introdotto il meccanismo del silenzio-assenso ai fini della semplificazione ed accelerazione delle procedure volte al rilascio delle concessioni edilizie.
A tal fine, dopo aver previsto la sequenza procedimentale che conduce all’acquisizione del titolo edilizio per effetto del decorso dei termini ivi indicati, l’art. 2 al comma 9 stabilisce che: “Le autorizzazioni, pareri o nulla-osta relativi alle opere oggetto della concessione edilizia, di competenza di amministrazioni diverse da quella comunale, devono essere resi nei termini previsti dai relativi ordinamenti ed in ogni caso nel rispetto delle disposizioni di cui all'articolo 2 della legge regionale 30.04.1991, n. 10. I termini decorrono indipendentemente l'uno dall'altro, nonché dai termini per il rilascio della concessione edilizia.”
Risulta evidente l’intento del legislatore di sganciare il procedimento volto al rilascio della concessione edilizia, nel corso del quale la verifica del comune è strettamente limitata all’accertamento di conformità alla normativa urbanistica ed edilizia, dai procedimenti paralleli volti all’acquisizione dei necessari pareri e nulla osta, ivi incluso quello demandato all’Ufficio del Genio civile, riaffermandosi la competenza di ogni amministrazione alla cura degli interessi alla stessa demandati secondo una scansione procedimentale e temporale autonoma.
Pertanto, il primo motivo di ricorso risulta infondato in parte qua (TAR Sicilia-Catania, Sez. I, sentenza 30.01.2008 n. 211 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

LAVORI PUBBLICI: G.U. 29.01.2008 n. 24, suppl. ord. n. 25, "Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri per la valutazione e la riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale con riferimento alle norme tecniche per le costruzioni" (Presidenza Consiglio dei Ministri, direttiva 12.10.2007).

EDILIZIA PRIVATA: Costruzioni in zona sismica - Omissione della presentazione della denuncia dei lavori e dell'avviso dell'inizio dei lavori - Reati previsti dagli artt. 93, 94 e 95 del D.P.R. n. 380/2001 - Natura - Reati permanenti.
I reati previsti dagli artt. 17, 18 e 20 della legge n. 64 del 1974, (provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche), trasfuse negli artt. 93, 94 e 95 del testo unico approvato con D.P.R. 380/2001 e consistenti nella omissione della presentazione della denuncia dei lavori e dell'avviso dell'inizio dei lavori, hanno natura istantanea" (Sez. Un. n. 18 del 14.07.1999, P.M. in proc. Lauriola, rv. 213933). Tuttavia, il reato di cui agli artt. 94 e 95 D.P.R. 380/2001, permane sino a quando chi intraprende un lavoro edile in zona sismica (che non sia di bassa sismicità) termina il lavoro ovvero ottiene la relativa autorizzazione. Sino a questo momento, persiste il carattere antigiuridico della condotta commissiva del contravventore, che prosegue lavori non autorizzati. In conclusione, atteso che sono istantanei solo quei reati in cui la condotta tipica esaurisce la lesione del bene tutelato, e sono permanenti quelli in cui la condotta volontaria del soggetto protrae nel tempo la lesione del bene, i reati di cui agli artt. 93, 94 e 95 D.P.R. 380/2001 devono ritenersi permanenti. (v. da ultimo Cass. Sez. III, n. 7873 del 19.03.1999, P.M. in proc. Guerra, rv. 214501) (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 21.01.2008 n. 3069 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATACostruzioni in zona sismica.
La Suprema Corte interviene nuovamente, con la decisione in esame, sulla questione inerente la natura (istantanea o permanente) dei reati previsti dalla normativa antisismica, a seguito delle modifiche introdotte dal d.P.R. n. 380 del 2001 che ha abrogato, sostituendole, le corrispondenti fattispecie contemplate dagli artt. 17 e 18 della legge n. 64 del 1974. La Corte, in particolare, nel disattendere l’orientamento giurisprudenziale espresso dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 18 del 14.07.1999, P.M. in proc. Lauriola, ha affermato che ambedue le fattispecie configurano dei reati “permanenti”: il primo (art. 93), permanendo sino a quando chi intraprende un lavoro edile in zona sismica non presenta la relativa denuncia con l’allegato progetto ovvero non termina il lavoro medesimo e, il secondo (art. 94), permanendo sino a quando chi intraprende il lavoro edile in zona sismica lo termina ovvero ottiene la relativa autorizzazione (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 21.01.2008 n. 3069 - link a www.lexambiente).

ANNO 2007

EDILIZIA PRIVATAViolazione normativa antisismica.
Le contravvenzioni previste dalla normativa antisismica puniscono inosservanze formali, volte a presidiare il controllo preventivo della pubblica amministrazione. Ne deriva che l'effettiva pericolosità della costruzione realizzata senza l'autorizzazione del genio civile e senza le prescritte comunicazione è del tutto irrilevante ai fini della sussistenza del reato e la verifica postuma dell'assenza del pericolo ed il rilascio del provvedimento abilitativo non incidono sulla illiceità della condotta, poiché gli illeciti sussistono in relazione al momento di inizio dell' attività (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 13.11.2007 n. 41617 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Oggetto: Trasferimento ai comuni ricevimento denunce cemento armato - art. 3 L.R. 1/2000 (Regione Lombardia, STER di Bergamo, nota 19.04.2007 n. 5414 di prot.).

ANNO 2006

EDILIZIA PRIVATA: G.U. 11.05.2006 n. 108 "Criteri generali per l’individuazione delle zone sismiche e per la formazione e l’aggiornamento degli elenchi delle medesime zone" (O.P.C.M. 28.04.2006 n. 3519).

ANNO 2004

EDILIZIA PRIVATA: Elementi informativi sull’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274 del 20.03.2003, recante “Primi elementi in materia di criteri generali per la classificazione sismica del territorio nazionale e di normative tecniche per le costruzioni in zona sismica” (G.U. n. 105 del 08.05.2003) (Presidenza Consiglio dei Ministri, Dipartimento della Protezione Civile, Ufficio Servizio Sismico Nazionale, nota 29.03.2004).

ANNO 2003

EDILIZIA PRIVATA: B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 49 del 01.12.2003, "Approvazione elenco tipologie degli edifici e opere infrastrutturali e programma temporale delle verifiche di cui all’art. 2, commi 3 e 4 dell’ordinanza p.c.m. n. 3274 del 20.03.2003, in attuazione della d.g.r. n. 14964 del 07.11.2003" (decreto D.U.O. 21.11.2003 n. 19904).

EDILIZIA PRIVATA: B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 48 del 24.11.2003, "Disposizioni preliminari per l’attuazione dell’Ordinanza Presidenza del Consiglio dei Ministri n. 3274 del 20.03.2003 «Primi elementi in materia di criteri generali per la classificazione sismica del territorio nazionale e di normative tecniche per le costruzioni in zona sismica»" (deliberazione G.R. 07.11.2003 n. 14964).

EDILIZIA PRIVATA: G.U. 10.10.2003 n. 236 "Modifiche ed integrazioni all'ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274 del 20.03.2003, recante «Primi elementi in materia di criteri generali per la classificazione sismica del territorio nazionale e di normative tecniche per le costruzioni in zona sismica»" (Presidenza del Consiglio dei Ministri, ordinanza 02.10.2003 n. 3316).

EDILIZIA PRIVATA: G.U. 10.10.2003 n. 236 "Disposizioni urgenti di protezione civile" (Presidenza del Consiglio dei Ministri, ordinanza 02.10.2003 n. 3315).

EDILIZIA PRIVATA: In base all’art. 17 della legge n. 64 del 1974 chi vuole eseguire in località sismica una costruzione, sopraelevazione o riparazioni è tenuto “a darne preavviso scritto, notificato a mezzo del messo comunale o mediante lettera raccomandata con ricevuta di ritorno, contemporaneamente, al sindaco ed all'ufficio tecnico della regione o all'ufficio del genio civile secondo le competenze vigenti”.
Il Sindaco, responsabile del governo urbanistico del territorio comunale, prima di rilasciare una concessione edilizia in una località classificata sismica e per la quale è necessaria la preventiva autorizzazione degli uffici competenti, è tenuto, ad avviso della Sezione, ad accertare la regolarità di tale autorizzazione, nei suoi profili di ordine formale, in quanto tali profili si riflettono sul titolo concessorio, invalidandolo se irregolari.
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La Cooperativa edilizia To.Ca. s.r.l. impugna la sentenza del 07.11.1997, n. 890, con la quale la Sezione di Reggio Calabria del TAR della Calabria ha accolto il ricorso proposto dal Sig. Pa.Li. e dagli altri litisconsorti in epigrafe nominati e ha annullato la concessione edilizia del 25.10.1996, n. 142, assentita dal Sindaco di Reggio Calabria alla società appellante per la realizzazione di un fabbricato per civili abitazioni in località Sbarre.
Dei motivi di ricorso dedotti agli attuali appellati il TAR ha accolto il rilievo con il quale questi avevano denunciato che la costruzione di cui alla concessione edilizia assentita è alta 18 metri mentre, in base alla normativa antisismica contenuta nel Decreto del Ministro dei Lavori Pubblici del 16.01.1996, n. 19, non avrebbe dovuto superare gli undici metri.
Giova riportare tale motivo di accoglimento testualmente.
Il TAR ha premesso che: “dalle planimetrie emerge che il fabbricato in contestazione, sul fronte che affaccia su vico Vitetta, ha una distanza dal ciglio stradale opposto che oscilla fra 9,95 m. e 10,60; sul fronte che si affaccia su vico Vitetta–Viale delle Vittorie, ha una distanza dal ciglio stradale opposto pari a dieci metri, almeno in un punto del tracciato”.
Orbene, in base all’allegato all’art. 1, al punto C3, del decreto ministeriale citato, “per i fabbricati che si affacciano su strade comprese in una larghezza fra tre ed undici metri, è stabilita una altezza non superiore a undici metri e poiché l’altezza massima dell’edificio (di sei piani) è prevista in diciotto metri, è evidente che non sono state rispettate le prescrizioni, vincolanti su tutto il territorio nazionale, dal D.M. 16.01.1996, entrato in vigore trenta giorni dopo la pubblicazione nella G.U. avvenuta il 05.02.1996, in base all’art. 2 dello stesso decreto”.
Secondo il TAR, il sindaco di Reggio Calabria, entrato in vigore il predetto decreto ministeriale, non avrebbe potuto rilasciare la concessione edilizia, ma avrebbe dovuto rinviare il progetto all’Ufficio del Genio civile, che aveva già espresso il proprio parere sul progetto di costruzione in base alla normativa
antisismica contenuta nel previgente decreto del Ministro dei Lavori Pubblici del 24.01.1986, per un nuovo avviso sulla base delle nuove prescrizioni antisismiche. L’appello della Cooperativa To.Ca. s ’incentra nella contestazione di tale motivo di accoglimento.
Nessuno degli argomenti dedotti dalla società appellante, peraltro, si rivela meritevole di accoglimento.
E’ palesemente incongruo, in primo luogo, il rilievo fondato sulla normativa transitoria di cui all’art. 2 del Decreto ministeriale del 24.01.1996, che, con l’art. 1, ha differito l’entrata in vigore delle nuove norme antisismiche di cui al decreto 16.01.1996 al 05.06.1996.
Per la disposizione ora citata, per quanto qui interessa, si dispone che: “in via transitoria continuano ad applicarsi le norme di cui al precedente decreto 24.01.1986 per le opere in corso e per le quali sia stata già presentata la denuncia prevista dall'art. 17 della legge 02.02.2974, n. 64”.
Le opere relative alla costruzione oggetto della presente controversia non erano ancora iniziate nel periodo in cui vigeva il regime transitorio, in quanto la concessione edilizia è stata assentita tre mesi dopo l’entrata in vigore delle nuove norme tecniche per le costruzioni in zone sismiche.
Per l’applicabilità della precedente disciplina di cui al decreto del 24.01.1986 sarebbe stato invece necessario che le opere fossero già in corso, come chiaramente è richiesto dall’art. 2 in esame.
L’art. 2 in parola, infatti, non può essere interpretato nel senso sostenuto dall’appellante, secondo cui sarebbe stata sufficiente la sola presentazione del progetto all’ufficio del Genio civile.
La disposizione chiaramente richiede che siano già iniziate le opere (“per le opere in corso”) e che per tali opere sia stata già presentata (“e per le quali sia stata presentata”) la denuncia di cui all’art. 17 della legge n. 64 del 1974.
Con tale formulazione, apparentemente equivoca, la disposizione ha inteso fare riferimento anche alle ipotesi in cui i lavori siano stati iniziati e non sia stato ancora presentato il progetto di cui all’art. 17 citato all’ufficio tecnico della Regione o all’ufficio del Genio civile secondo le rispettive competenze.
In base al successivo art. 18 della stessa legge n. 64 del 1974, infatti, nelle località caratterizzate da un basso grado di sismicità indicate in specifici decreti ministeriali, è possibile iniziare i lavori senza avere ottenuto ancora l’autorizzazione dell’ufficio tecnico della Regione o dell’ufficio del Genio civile, pur vigendo comunque l’obbligo di presentare la documentazione prescritta dalla normativa antisismica per il controllo della realizzabilità della costruzione e per le verifiche sulla sua esecuzione.
Per quanto precede, appare corretta la pronuncia del TAR secondo la quale il Sindaco non avrebbe dovuto rilasciare la concessione edilizia se non dopo una nuova verifica della idoneità della costruzione rispetto ai nuovi parametri tecnici posti da una normativa in vigore al momento dell'esame del
provvedimento concessorio.
In base all’art. 17 della legge n. 64 del 1974 già citato, infatti, chi vuole eseguire in località sismica una costruzione, sopraelevazione o riparazioni è tenuto “a darne preavviso scritto, notificato a mezzo del messo comunale o mediante lettera raccomandata con ricevuta di ritorno, contemporaneamente, al sindaco ed all'ufficio tecnico della regione o all'ufficio del genio civile secondo le competenze vigenti”.
Il Sindaco, responsabile del governo urbanistico del territorio comunale, prima di rilasciare una concessione edilizia in una località classificata sismica e per la quale è necessaria la preventiva autorizzazione degli uffici competenti, è tenuto, ad avviso della Sezione, ad accertare la regolarità di tale autorizzazione, nei suoi profili di ordine formale, in quanto tali profili si riflettono sul titolo concessorio, invalidandolo se irregolari.
In questa ultima considerazione deve ritenersi confutato anche il motivo di appello con il quale la società appellante prospetta che l’autorizzazione del Genio civile avrebbe dovuto essere impugnata autonomamente stante la sua autonomia dalla concessione edilizia e che, di conseguenza, il motivo dedotto avverso tale autorizzazione avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile dal TAR (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 14.07.2003 n. 4165 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: G.U. 08.05.2003 n. 105, suppl. ord. n. 72, "Primi elementi in materia di criteri generali per la classificazione sismica del territorio nazionale e di normative tecniche per le costruzioni in zona sismica" (O.P.C.M. 20.03.2003 n. 3274).

ANNO 1996

EDILIZIA PRIVATA: Concessione per nuove costruzioni e necessità -o meno- del nulla osta del Genio Civile.
Rientra tra i provvedimenti abilitativi di cui all'art. 8, comma 3, d.l. 23.01.1982 n. 9, conv., con modificazione, dalla l. 25.03.1982 n. 94, anche il nulla osta del genio civile ex art. 18, l. 02.02.1974 n. 64 per tutte le costruzioni edilizie da realizzare in zone sismiche, il cui rilascio è condizione d'efficacia della concessione edilizia, per cui la sua mancata trasmissione al comune impedisce la legittima formazione del c.d. silenzio-assenso e dell'effetto di rilascio della concessione edilizia (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 02.02.1996 n. 117).

ANNO 1984

EDILIZIA PRIVATA: G.U. 31.03.1984 n. 91 "Dichiarazione di sismicità di alcune zone della regione Lombardia" (Ministero per i Lavori Pubblici, decreto 05.03.1984).

ANNO 1975

EDILIZIA PRIVATA: G.U. 08.04.1975 n. 93, suppl. ordinario:
● "Approvazione delle norme tecniche per le costruzioni in zone sismiche" (Ministero per i Lavori Pubblici,
decreto 03.03.1975);
● "Disposizioni concernenti l'applicazione delle norme tecniche per le costruzioni in zone sismiche" (Ministero per i Lavori Pubblici,
decreto 03.03.1975).

ANNO 1974

EDILIZIA PRIVATA: G.U. 21.03.1974 n. 76 "Provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche" (Legge 02.02.1974 n. 64).

ANNO 1936

EDILIZIA PRIVATA: Oggetto: Costruzione in cemento armato e conglomerati cementizi (Prefettura di Bergamo, nota 01.09.1936 n. 12883 di prot.).

EDILIZIA PRIVATA: G.U. 08.02.1936 n. 32 "Conversione in legge del R. decreto-legge 25.03.1935, n. 640, che approva il nuovo testo delle norme tecniche di edilizia con speciali prescrizioni per le località colpite dai terremoti" (Legge 23.12.1936 n. 2471).

ANNO 1935

EDILIZIA PRIVATA: G.U. 22.05.1935 n. 120 "Nuovo testo delle norme tecniche di edilizia con speciali prescrizioni per le località colpite da terremoti" (Regio Decreto-Legge 25.03.1935 n. 640).

ANNO 1934

EDILIZIA PRIVATA: G.U. 08.03.1934 n. 57 "Conversione in legge, con modificazioni, del R. decreto-legge 29.07.1933, n. 1213, recante norme per l'accettazione dei leganti idraulici e per la esecuzione delle opere in conglomerato cementizio" (Legge 05.02.1934 n. 313).

ANNO 1933

EDILIZIA PRIVATA: G.U. 26.09.1933 n. 224 "Norme per l'accettazione dei leganti idraulici e per la esecuzione delle opere in conglomerato cementizio" (Regio Decreto-Legge 29.07.1933 n. 1213).

ANNO 1930

EDILIZIA PRIVATA: G.U. 30.08.1930 n. 203 "Norme per le prove d'accettazione degli agglomerati idraulici e per la esecuzione delle opere in conglomerato cementizio" (Regio Decreto 18.07.1930 n. 1133).