dossier
GESTIONE ASSOCIATA FUNZIONI COMUNALI |
anno 2018 |
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CONSIGLIERI COMUNALI - ENTI LOCALI - PUBBLICO IMPIEGO - SEGRETARI COMUNALI: Nei
piccoli Comuni tre strade per la gestione delle funzioni fondamentali.
Se mancano le professionalità interne, i piccoli Comuni hanno ancora la
facoltà di scegliere tra la forma associata delle funzioni, il conferimento
delle competenze gestionali a uno dei membri della giunta ovvero
l'affidamento al segretario comunale. La scelta deve, comunque, avere a
riferimento due «stelle polari»: il criterio della competenza professionale
del nominato e il contenimento della spesa.
Lo asserisce la sezione
regionale di controllo per il Lazio della Corte dei conti con il
parere 16.03.2018 n. 5.
I quesiti
Un Comune di 551 abitanti formula alla sezione tre quesiti specifici:
1) se nei piccoli Comuni le funzioni relative al servizio finanziario
possano essere affidate a un assessore o al sindaco;
2) se alcuni adempimenti contabili rilevanti possano essere illegittimi se
effettuati dal capo dell'amministrazione in assoluta carenza di
professionalità interne;
3) se il segretario comunale, su specifico incarico del sindaco, possa
assumere le funzioni gestionali in modo permanente, supplendo alle carenze
di dotazione organica.
Amministratori vs gestione associata
In relazione al quesito 1), la sezione ricorda che nei Comuni con
popolazione inferiore a cinquemila abitanti, la responsabilità degli uffici
e dei servizi e il potere di adottare atti gestionali possono essere
affidati, in deroga al generale principio di separazione di competenze tra
organi politici e dirigenti, a un assessore o allo stesso sindaco, essendo
ancora in vigore l'articolo 53, comma 23, della legge 388/2000 che lo
consente, a condizione che l'ente abbia adottato apposite disposizioni
regolamentari organizzative. Strada che può essere, dunque, percorsa anche a
prescindere dalla carenza di professionalità interne, in quanto la norma non
subordina la possibilità a questa condizione, che invece è richiesta per il
conferimento di incarichi a soggetti esterni. Regola che, quindi, può essere
applicata anche nel caso di gestione delle funzioni relative al servizio
finanziario.
Ricorda però la sezione –quasi a voler proporre un consiglio– che prima di
arrivare a «sacrificare» il principio di distinzione delle funzioni di
indirizzo da quelle gestionali è possibile percorrere la via della gestione
associata, obbligatoria per quelle fondamentali ai sensi dell'articolo 14
del Dl 78/2010.
Siccome l’obbligo è ancora condizionato dalla
individuazione degli ambiti ottimali, i magistrati rimettono al singolo ente
la scelta tra le due alternative «del pari giuridicamente legittime», ossia
lo strumento associativo e il conferimento delle funzioni a uno dei membri
della giunta, cercando comunque la soluzione che consenta di contenere
maggiormente la spesa del personale e tenendo conto delle necessarie
competenze richieste dall'elevato grado di tecnicità del servizio.
Il ruolo del segretario
La sezione non fornisce risposta al quesito n. 2), viziato da genericità,
mentre si esprime sul n. 3), che coinvolge la figura del segretario comunale
il quale, ai sensi dell'articolo 97, comma 4, lettera d), del Tuel può
esercitare ogni altra funzione attribuitagli dallo statuto o dai regolamenti
o conferitagli dal sindaco.
Tra queste rientra la possibilità di essere nominato responsabile degli
uffici e dei servizi, evidenza che i giudici traggono dall'articolo 109,
comma 2, che fa salva l'applicazione della lettera d) per l'attribuzione di
questi incarichi nei Comuni privi di personale di qualifica dirigenziale; e
dall'articolo 49 che, avendo abolito il parere di legittimità del
segretario, valorizza il parere preventivo di regolarità dei singoli
responsabili dei servizi, anch'esso affidato al segretario in via residuale
nel caso l'ente non ne abbia.
Certo, avvertono i giudici, questa funzione
del segretario deve essere esercitata «in relazione alle sue competenze»
che, tuttavia, ritengono ampie alla luce dell'articolo 97, comma 4, del Tuel,
richiamato espressamente dall'articolo 53, comma 23, della legge 388/2000,
che non distingue tra funzioni assegnate in via provvisoria o permanente.
Il
combinato disposto consente alla sezione di negare la sussistenza di ragioni
ostative all'attribuzione al segretario di funzioni gestionali protratte,
anche se ritiene «auspicabile una periodica revisione di tale incarico
aggiuntivo, sia sotto il profilo dell'efficiente organizzazione interna
degli uffici, anche in rapporto alla consistenza dimensionale dell'Ente, sia
soprattutto in modo teso a vagliarne ciclicamente in concreto la proficuità
sotto il profilo economico finanziario»
(articolo Quotidiano Enti Locali & Pa del 30.03.2018).
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MASSIMA
Nei Comuni con popolazione inferiore a 5mila
abitanti, in ragione delle ridotte dimensioni demografiche dell'Ente, resta
oggi ancora rimessa alla scelta discrezionale dei medesimi la scelta:
1) tra forma associata di esercizio delle funzioni fondamentali,
tra cui certo rientra il servizio finanziario e di contabilità seguendo lo
schema normativo della convenzione/unione di comuni (non essendo ancora
operativa la obbligatorietà dello strumento associativo, nelle more della
concreta attuazione dell’art. 14, comma 28, del D.L. n. 78/2010, convertito
dalla L. n. 122/2010 e s.m.i.)
2) o il conferimento ex art. 53, comma 23, della L. n. 388/2000, di
esse, ad uno dei membri della Giunta (Assessori o Sindaco), in deroga al
generale principio di separazione di competenze tra organi politici ed
organi amministrativi, con un regolamento motivato che ridisegni l’assetto
organizzativo interno dell’Ente e senza che sia neppure necessario
dimostrare l’assoluta carenza, all’interno dell’Ente, di professionalità
adeguate, nonché fatta salva la verifica annuale del contenimento della
spesa in sede di approvazione del bilancio
3) o l’affidamento delle medesime ex art. 97, comma 4, lett. d) del
Tuel al Segretario comunale che, nei comuni privi di personale di qualifica
dirigenziale, può essere nominato responsabile degli uffici e dei servizi
(art. 109, comma 2, T.U.E.L), mediante previsioni statutarie, regolamentari
o tramite un provvedimento del Sindaco.
Tra questa rosa di possibilità andrà prescelta, da un canto quella
che consente di contenere maggiormente la spesa del personale e,
dall’altro, tenendo conto delle necessarie competenze richieste
dall’elevato grado di tecnicità del servizio finanziario e di contabilità,
la cui carenza potrebbe comportare potenziali ricadute in termini di
responsabilità amministrativo-contabile.
Scelta da sottoporre a revisione periodica, sia sotto il profilo
dell’efficiente organizzazione interna degli uffici, anche in rapporto alla
consistenza dimensionale dell’Ente, sia onde vagliarne ciclicamente in
concreto la proficuità economico-finanziaria, anche alla luce del criterio
della competenza professionale del nominato per individuare il punto di
equilibrio più funzionale alla soddisfazione delle necessità correlate alla
peculiare struttura organizzativa interna dell’Ente.
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... il Sindaco pro tempore del Comune di Salisano-RI (551 abitanti,
secondo rilevazione Istat all’01/01/2017) formula richiesta di parere,
ai sensi dell’art. 7, comma 8, della L. n. 131 del 2003, con riferimento
all’art. 53, comma 23, del D.Lgs. 23.12.2000, n. 388, sui seguenti
quesiti:
1. se nei Comuni aventi popolazione inferiore a 5mila abitanti
le funzioni relative al servizio finanziario e contabile possano essere
affidate ad un Assessore membro della Giunta o al Sindaco pro-tempore, con
regolamento motivato, da cui si evincano le esigenze straordinarie di
contenimento della spesa pubblica e, in particolare della spesa del
personale, “anche in considerazione dell’attivazione della procedura
obbligatoria del trasferimento di funzioni fondamentali di cui all’art. 14
del D.L. n. 78/2010, convertito nella legge n. 122/2010 e successive
modifiche ed integrazioni” e se ciò sia “compatibile con le esigenze
connesse alle sopravvenute recenti disposizioni in materia di ordinamento
finanziario e contabile degli Enti locali, in attuazione dei principi di
armonizzazione contabile introdotti dal D.Lgs. 118/2009 se ed in quanto
presupponenti una «specifica» professionalità al riguardo”;
2. “se taluni rilevanti adempimenti contabili aventi
carattere ricorrente per l’Ente possano essere inficiati di non conformità
alle disposizioni vigenti in quanto effettuati dal capo dell’amministrazione
in assoluta carenza di professionalità all’interno dell’Ente”;
3. “Se il Segretario Comunale, su specifico incarico del
sindaco, possa assumere dette funzioni gestionali in modo permanente,
supplendo ad ordinarie carenze di dotazione organica, carenze sia pure per
motivate ragioni di contenimento della spesa pubblica”.
...
In relazione al primo quesito, si osserva che, nei
Comuni, quali Salisano,
aventi popolazione inferiore a cinquemila abitanti, la
responsabilità degli uffici e dei servizi ed il potere di adottare atti,
anche di natura tecnica gestionale, ben possono essere affidati, in deroga
al generale principio di separazione di competenze tra organi politici
(Giunta) ed organi amministrativi (Dirigenti), ad un Assessore o al Sindaco
pro-tempore, purché ciò avvenga con un regolamento motivato dell’Ente che
ridisegni l’assetto organizzativo interno dell’Ente, al fine di operare un
contenimento della spesa, contenimento che deve essere verificato e
documentato ogni anno, con apposita deliberazione, in sede di approvazione
del bilancio. In tal senso si è
pronunziata anche la giurisprudenza amministrativa, oltre a diverse sezioni
di questa Corte (TAR Toscana Firenze Sez. III, 07.01.2014, n. 3, Sez.
regionale controllo per il Molise, delib. n. 167/2016/PAR).
E ciò senza che sia neppure necessario dimostrare la
assoluta carenza, all’interno dell’Ente, di professionalità adeguate, in
quanto la norma non subordina tale possibilità a siffatta condizione, che
invece è richiesta per il conferimento di incarichi ad esterni.
A favore di ciò depone, con chiarezza il disposto dell’art. 53, comma 23,
della L. n. 388/2000, che recita: “Gli enti locali con popolazione
inferiore a cinquemila abitanti, fatta salva l'ipotesi di cui all'articolo
97, comma 4, lettera d), del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli
enti locali, approvato con decreto legislativo 18.08.2000, n. 267, anche al
fine di operare un contenimento della spesa, possono adottare disposizioni
regolamentari organizzative, se necessario anche in deroga a quanto disposto
all'articolo 3, commi 2, 3 e 4, del decreto legislativo 03.02.1993, n. 29, e
successive modificazioni, e all'articolo 107 del predetto testo unico delle
leggi sull'ordinamento degli enti locali, attribuendo ai componenti
dell'organo esecutivo la responsabilità degli uffici e dei servizi ed il
potere di adottare atti anche di natura tecnica gestionale. Il contenimento
della spesa deve essere documentato ogni anno, con apposita deliberazione,
in sede di approvazione del bilancio”.
E tra tali uffici e servizi sono ricomprese, certamente,
anche le funzioni relative al servizio finanziario e contabile, attribuibili
ai componenti dell'organo esecutivo (Assessore e Sindaco pro-tempore)
mediante disposizioni regolamentari organizzative, se necessario anche in
deroga a quanto disposto all'art. 3, commi 2, 3 e 4, del D.Lgs. 03.02.1993,
n. 29 e successive modificazioni, e all'articolo 107 del testo unico delle
leggi sull'ordinamento degli enti locali (TUEL).
Orbene, è vero che dal combinato disposto degli artt. 50 e 107 del D.Lgs. n.
267 del 2000 e dell’art. 4 del D.Lgs. 30/03/2001, n. 165 (recante “Norme
generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni
pubbliche”) si evince in modo inequivoco che, nel vigente ordinamento, è
in auge, anche a livello locale, la netta distinzione fra atti di indirizzo
politico-amministrativo (spettanti agli organi politici) ed atti di gestione
(spettanti agli organi burocratici).
In altri termini, il TUEL ha devoluto, rispettivamente, agli organi politici
(Consiglio Comunale, Giunta Comunale e Sindaco) la competenza ad emanare gli
atti di indirizzo e, ai dirigenti amministrativi comunali, la competenza ad
adottare atti di gestione.
L’art. 107, comma 4, in particolare, pone una riserva di legge a garanzia
della indipendenza -sotto il profilo gestionale- dei dirigenti, dotati anche
di autonomo potere di spesa, rispetto agli organi politici, laddove prevede
che “4. Le attribuzioni dei dirigenti, in applicazione del principio di
cui all'articolo 1, comma 4, possono essere derogate soltanto espressamente
e ad opera di specifiche disposizioni legislative”.
Tuttavia l’art. 53, comma 23, della L. n. 388/2000 (finanziaria 2001) è
proprio una specifica disposizione derogatoria, pacificamente compatibile
col sistema normativo vigente (in tal senso anche Consiglio di Stato sent.
n. 5296/2015, che ha ritenuto inammissibile la questione di costituzionalità
sulla disposizione). La deroga è ammessa in ragione delle
ridotte dimensioni demografiche dell'Ente locale, ma va interpretata
restrittivamente e non è estensibile oltre i casi e i modi espressamente
regolati (Corte dei conti, sez.
reg. controllo Lombardia, delib. n. 513/2012/PAR del 10.12.2012).
A latere della possibilità di attribuire a componenti della Giunta lo
svolgimento di funzioni gestionali amministrative, l’ordinamento disciplina,
al contempo, la possibilità -ed in taluni casi l’obbligo- di svolgere in
forma associata, le medesime funzioni fondamentali: articoli 30 e 32 del
Tuel e art. 14, comma 28, del D.L. n. 78/2010, convertito dalla L. n.
122/2010 e successive modifiche ed integrazioni.
Tramite il TUEL, sin dal 2000 sono state introdotte, come facoltative, forme
associative, quali la stipula di apposite convenzioni onerose tra Enti
locali, “al fine di svolgere in modo coordinato funzioni e servizi
determinati” (art. 30) o l'Unione di Comuni, con la creazione di un Ente
locale ex novo, costituito -di norma- da due o più Comuni contermini
e “finalizzato all'esercizio associato di funzioni e servizi” (art.
32).
L’art. 14 del D.L. n. 78/2010, convertito dalla L. n. 122/2010 e successive
modifiche ed integrazioni, ha prescritto che i Comuni con popolazione fino a
5000 abitanti “esercitano obbligatoriamente in forma associata, mediante
unione di Comuni o convenzione, le funzioni fondamentali di cui al comma 27”,
tra le quali rientra, certamente, la gestione finanziaria e contabile.
Senza entrare in questa sede sulla portata della regolamentazione in ordine
alle dimensioni territoriali ottimali, (come previsto dall’art. 14, comma
30, del D.L. n. 78/2010), permane un indiscusso favor
legislativo per la forma associata di esercizio delle funzioni, ancorché
intesa come rimessa alla mera facoltà di scelta discrezionale dell’Ente
locale (Sez. Aut. Audizione alla
Camera dei deputati del 01.12.2015).
Nell’attesa della concreta operatività della disposizione tesa a rendere ciò
obbligatorio in risposta al primo quesito, si osserva che
al Comune è demandata oggi la scelta tra due alternative del pari
giuridicamente legittime, ossia tra lo strumento associativo
(convenzione/unione di comuni) o il conferimento delle funzioni del servizio
finanziario e di contabilità ad uno dei membri della Giunta (Assessori o
Sindaco).
L’Ente sarà tenuto ad operarla discrezionalmente ma
seguendo, da un canto, la soluzione che consente di contenere
maggiormente la spesa del personale e, dall’altro, tenendo conto
delle necessarie competenze richieste dall’elevato grado di tecnicità del
servizio finanziario e di contabilità, la cui carenza potrebbe comportare
potenziali ricadute in termini di responsabilità amministrativo-contabile.
Il secondo quesito pare, invero, viziato da genericità, nella parte
in cui si riferisce a “taluni rilevanti adempimenti contabili aventi
carattere ricorrente”, senza specificarli ed è ritenuto dal Collegio
inammissibile, anche per carenza di indicazione del riferimento normativo da
interpretare in sede consultiva, ancor prima della specificazione del dubbio
ermeneutico che la Sezione di controllo è chiamata a dirimere in questa
sede.
Quanto al terzo quesito si richiama, in funzione di mero ausilio
dell’Ente, l’articolo 97, comma 4, lett. d) del Testo unico delle leggi
sull’ordinamento degli Enti locali, approvato con D.Lgs. 18.08.2000, n. 267
che stabilisce che il Segretario comunale “d) esercita ogni altra
funzione attribuitagli dallo statuto o dai regolamenti, o conferitagli dal
sindaco”.
Tra le quali rientra, come esplicitamente contemplato all’art. 109, comma 2,
del T.U.E.L., la possibilità di essere nominato responsabile degli uffici e
dei servizi, in quanto tale comma recita: “2. Nei comuni privi di
personale di qualifica dirigenziale le funzioni di cui all'articolo 107,
commi 2 e 3, fatta salva l'applicazione dell'articolo 97, comma 4, lettera
d), possono essere attribuite, a seguito di provvedimento motivato del
sindaco, ai responsabili degli uffici o dei servizi, indipendentemente dalla
loro qualifica funzionale, anche in deroga a ogni diversa disposizione”.
Applicazione che potrà avvenire mediante previsioni statutarie,
regolamentari o tramite un provvedimento del Sindaco (Tar Piemonte, sent. n.
4094/2006).
Occorre anche considerare che, visto il disposto dell’art. 49 del Tuel, che
ha abolito il parere di legittimità del Segretario, risulta valorizzato
-ancor più nel testo complessivamente modificato a decorrere
dall’11.10.2012- il parere preventivo di regolarità, obbligatorio ma non
vincolante, dei singoli Responsabili dei servizi (tra cui anche quello di
contabilità, chiamato a rendere un parere di regolarità -non tecnica ma
contabile- su ogni proposta di deliberazione sottoposta alla Giunta e al
Consiglio).
La disposizione, in via residuale, individua nel Segretario comunale il
soggetto titolato ad esprimere il parere “nel caso in cui l’ente non
abbia i responsabili dei servizi”, con la limitazione individuata “in
relazione alle sue competenze” (cit. art. 49, comma 2), che tuttavia
possono ritenersi in senso ampio ex art. 97, comma 4, TUEL.
La vigenza di tale disposizione è espressamente fatta salva dall’art. 53,
comma 23, della L. n. 388/2000, invero, senza distinguere tra funzioni
assegnate in via provvisoria o permanente, per cui, pur non sembrando in
astratto sussistere ragioni ostative all’attribuzione al medesimo di
funzioni gestionali contabili protratte (attribuzione tanto più giustificata
ove il nominato sia in possesso di specifica professionalità contabile),
pare comunque auspicabile una periodica revisione di tale incarico
aggiuntivo, sia sotto il profilo dell’efficiente organizzazione interna
degli uffici, anche in rapporto alla consistenza dimensionale dell’Ente, sia
soprattutto in modo teso a vagliarne ciclicamente in concreto la proficuità
sotto il profilo economico-finanziario.
In conclusione, quale che sia la soluzione, tra quelle
astrattamente possibili, scelta dell’Ente, essa dovrà avere come stelle
polari, da un canto, il criterio della competenza professionale del
nominato e, dall’altro, il criterio del contenimento della spesa, con
l’esigenza di individuare, nella applicazione congiunta dei due criteri, il
punto di equilibrio più funzionale alla soddisfazione delle necessità
correlate alla peculiare struttura organizzativa interna dell’Ente. |
anno 2017 |
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ENTI
LOCALI - PUBBLICO IMPIEGO:
Divieto di esternalizzazione per i servizi
finanziari del Comune.
La gestione del servizio finanziario di
un Comune non può essere esternalizzata, in quanto
trattasi di funzione pubblica essenziale. Gli enti,
quindi, per esercitarla potranno solamente avvalersi
delle forme di lavoro a tempo indeterminato o di
lavoro flessibile previste dall'ordinamento.
La vicenda
Sono queste le conclusioni del
parere 09.03.2017 n. 4 della sezione di
controllo della regione Friuli Venezia Giulia della
Corte dei conti che ha esaminato il caso di un
piccolo ente alle prese con l'organizzazione
dell'ufficio finanziario in cui attualmente vi è
solo il segretario comunale che svolge le funzioni
di responsabile senza avere alcun supporto.
Tra le varie opzioni proposte dal sindaco nel
quesito per quella che si potrebbe chiamare «sopravvivenza»,
appare anche quella di poter esternalizzare il
servizio di contabilità.
La possibilità di acquistare sul mercato le attività
prima gestite internamente è concessa alle
amministrazioni pubbliche dagli articoli 6 e 6-bis
del Dlgs 165/2001, purché si dimostri di raggiungere
le conseguenti economie di gestione e si adottino le
adeguate misure in materia di personale. Ma le
esternalizzazioni sono immaginabili per tutti i
servizi?
La decisione
I magistrati friulani si rifanno innanzitutto ad
altre sezioni regionali, le quali, in maniera
uniforme, hanno affermato che l'ambito di estensione
di una esternalizzazione può riguardare tutti i
cosiddetti servizi pubblici di rilevanza economica,
rimanendo, però, escluse da tali fattispecie le
funzioni pubbliche fondamentali che il Comune deve
svolgere direttamente, non potendo essere appaltate
a soggetti esterni, in quanto si tratta di funzioni
strettamente connaturate al soggetto pubblico che ne
è titolare.
La conclusione è, quindi, che dovranno
necessariamente continuare a essere svolte in via
diretta tutte quelle attività che sono connaturate
all'esistenza stessa dell'ente, incluse tra queste
ultime le attività dell'area economico-finanziaria e
di redazione del bilancio.
Il richiamo corre, pertanto, al principio
dell'articolo 14, comma 26, del Dl 78/2010 che
afferma che «l'esercizio delle funzioni
fondamentali dei Comuni è obbligatorio per l'ente
titolare» e al successivo elenco delle funzioni,
modificato, da ultimo, dall'articolo 19 del Dl
95/2012. Tra tali compiti appare, senza possibilità
di appello, anche la funzione a) che tratta
dell'organizzazione generale dell'amministrazione,
gestione finanziaria e contabile e controllo.
E, richiamando i principi da sempre diffusi dal
Dipartimento della Funzione Pubblica (ad esempio la
circolare n. 3/2006), è in sede di programmazione
che l'amministrazione deve stabilire quali servizi
rientrano nelle cosiddette attività non
istituzionali che possono essere oggetto di una
esternalizzazione, rispetto a quelle funzioni che,
essendo fondamentali, possono essere gestite
esclusivamente in modo diretto dagli enti con
assunzioni di personale a tempo indeterminato o
determinato, con prestazioni di lavoro flessibile o
attraverso le collaborazioni coordinate e
continuative. Ovviamente, nel rispetto di tutti i
vincoli finanziari e assunzionali vigenti (articolo
Quotidiano Enti Locali & Pa del 27.03.2017). |
ENTI
LOCALI - PUBBLICO IMPIEGO: Divieto
di esternalizzazione per i servizi finanziari del Comune.
Relativamente alla esternalizzazione dei servizi degli
Enti locali, vale la pena di evidenziare che la norma di
riferimento è quella contenuta nel D.Lgs. 30.03.2001, n.
165 (c.d. TUPI), recante norme generali sull'ordinamento del
lavoro alle dipendenze delle Amministrazioni pubbliche, che
all’art. 6-bis detta specifiche disposizioni in materia di
misure in materia di organizzazione e razionalizzazione
della spesa per il funzionamento delle pubbliche
amministrazioni.
In base a detta previsione, le pubbliche Amministrazioni sono autorizzate, nel rispetto dei
principi di concorrenza e di trasparenza, ad acquistare sul
mercato i servizi, originariamente prodotti al proprio
interno, a condizione di ottenere conseguenti economie di
gestione e di adottare le necessarie misure in materia di
personale e di dotazione organica.
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Per gli Enti locali sarà possibile procedere
all’attivazione di processi di esternalizzazione di servizi
pubblici a rilevanza economica, purché tale scelta produca
“economie di gestione”, precipuamente con riferimento ai
servizi di cui agli articoli 112 e seguenti del decreto
legislativo 18.08.2000, n. 267 (TUEL - Testo unico delle
leggi sull'ordinamento degli enti locali),
dovendo invece
necessariamente continuare ad essere svolte in via diretta
tutte quelle attività che sono connaturate all’esistenza
stessa dell’Ente, incluse tra queste ultime le attività
dell’area economico-finanziaria e di redazione del bilancio.
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I. Come esposto nella premessa ed in sede di esame
preliminare dell’ammissibilità, la tematica oggetto di esame
nello svolgimento di questo motivato avviso riguarda i
limiti assunzionali attualmente gravanti sugli Enti locali,
nonché l’eventuale possibilità di esternalizzare i servizi
dei Comuni che risultano sprovvisti di personale idoneo al
loro svolgimento in forma diretta.
Per ben risolvere le problematiche sollevate dal Comune di
Lestizza (UD), e ferme restando in capo all’autonomia
decisionale del Comune le scelte gestionali da porre
concretamente in essere, in considerazione della non
praticabilità e utilità, almeno per il momento, di forme
associative con altri Enti (come approfonditamente esposte
dal Sindaco anche in sede di audizione preliminare a questa
camera di consiglio), appare utile procede ad una preventiva
disamina della tematica relativa alla eventuale
esternalizzazione del servizio dell’Area
Economico-Finanziaria, per poi procedere ad una succinta
esposizione del quadro di riferimento che contraddistingue
il comparto unico del pubblico impiego regionale e
concludere quindi con la normativa che regola i limiti
assunzionali a tempo determinato attualmente gravanti sugli
Enti locali (anche con riferimento alla possibilità o meno
di conferire incarichi esterni).
II. Relativamente alla esternalizzazione dei servizi degli
Enti locali, vale la pena di evidenziare che la norma di
riferimento è quella contenuta nel D.Lgs. 30.03.2001, n.
165 (c.d. TUPI), recante norme generali sull'ordinamento del
lavoro alle dipendenze delle Amministrazioni pubbliche, che
all’art. 6-bis detta specifiche disposizioni in materia di
misure in materia di organizzazione e razionalizzazione
della spesa per il funzionamento delle pubbliche
amministrazioni.
In base a detta previsione, le pubbliche Amministrazioni (di
cui all'articolo 1, comma 2, del TUPI) nonché gli Enti
finanziati direttamente o indirettamente a carico del
bilancio dello Stato sono autorizzati, nel rispetto dei
principi di concorrenza e di trasparenza, ad acquistare sul
mercato i servizi, originariamente prodotti al proprio
interno, a condizione di ottenere conseguenti economie di
gestione e di adottare le necessarie misure in materia di
personale e di dotazione organica.
Relativamente alla spesa
per il personale e alle dotazioni organiche, le
Amministrazioni interessate dai processi in argomento
provvedono al congelamento dei posti e alla temporanea
riduzione dei fondi della contrattazione, fermi restando i
conseguenti processi di riduzione e di rideterminazione
delle dotazioni organiche nonché i conseguenti processi di
riallocazione e di mobilitò del personale. I collegi dei
revisori dei conti e gli organi di controllo interno delle
Amministrazioni che attivano i processi di cui sopra
vigilano sull'applicazione del presente articolo, dando
evidenza, nei propri verbali, dei risparmi derivanti
dall'adozione dei provvedimenti in materia di organizzazione
e di personale, anche ai fini della valutazione del
personale con incarico dirigenziale.
Tale disciplina, introdotta dall’art. 22, co. 1, della legge
18.06.2009, n. 69 recante Disposizioni per lo sviluppo
economico, la semplificazione, la competitività nonché in
materia di processo civile, ricalca analoghi istituti già
contemplati dall’art. 29, co. 1, della legge 28.12.2001
n. 448 (legge finanziaria per il 2002) secondo cui “Le
pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2,
del decreto legislativo 30.03.2001, n. 165, nonché gli
enti finanziati direttamente o indirettamente a carico del
bilancio dello Stato sono autorizzati, anche in deroga alle
vigenti disposizioni, a:
a) acquistare sul mercato i
servizi, originariamente prodotti al proprio interno, a
condizione di ottenere conseguenti economie di gestione;
b)
costituire, nel rispetto delle condizioni di economicità di
cui alla lettera a), soggetti di diritto privato ai quali
affidare lo svolgimento di servizi, svolti in precedenza;
c)
attribuire a soggetti di diritto privato già esistenti,
attraverso gara pubblica, ovvero con adesione alle
convenzioni stipulate ai sensi dell'articolo 26 della legge
23.12.1999, n. 488, e successive modificazioni, e
dell'articolo 59 della legge 23.12.2000, n. 388, lo
svolgimento dei servizi di cui alla lettera b)”.
Essendo questo il quadro di riferimento per i processi di
c.d. “esternalizzazione” dei servizi pubblici locali, vale
la pena di evidenziare che l’ambito di estensione di tale
istituto può riguardare tutti i cosiddetti servizi pubblici
di rilevanza economica, rimanendo però escluse da tali
fattispecie le funzioni pubbliche essenziali che il Comune
deve svolgere direttamente, non potendo essere appaltate a
soggetti esterni, in quanto si tratta di funzioni
strettamente connaturate al soggetto pubblico che ne è
titolare.
In tal senso, ha avuto modo di esprimersi anche la Sezione
regionale di controllo per la Lombardia con il parere
n. 355/2012/PAR con cui si è affermato che “in via
preliminare, si rammenta che ogni la scelta amministrativa,
quando realizzata spendendo la capacità negoziale di diritto
comune dell’ente (art. 1 e 1-ter della L. n. 241 del 1990),
presuppone due momenti volitivi distinti, articolabili in
una fase pubblicistica, di carattere prodromico, e una
propriamente negoziale: la prima è sostanzialmente
riconducile alla determinazione a contrarre, fase
preliminare di ogni procedura ad evidenza pubblica. La
struttura bifasica dell’agire di diritto comune degli enti
pubblici è stata messa in evidenza dal Consiglio di Stato,
nell’Adunanza Plenaria n. 10 del 2011: in tale arresto il
Supremo Consesso amministrativo ha evidenziato che gli atti
pubblicistici vanno, sul piano logico, cronologico e
giuridico, tenuti nettamente distinti dai successivi atti
negoziali cui sono prodromici. Nell’atto amministrativo si
condensano le valutazioni sugli interessi pubblici (espressi
dalla legge con l’indicazione degli scopi e dei limiti
all’agire giuridico dell’amministrazione) che, sul piano
negoziale, il più delle volte, rimangono estranei alla causa
giuridica, segnalandosi come meri “motivi”, di norma
irrilevanti per il diritto privato. Nel caso di negozi con
cui si realizza un’esternalizzazione, la preliminare
decisione pubblicistica deve riscontrare che la decisione di
esternalizzare persegua l’efficientamento della p.a. e non
si ponga in contrasto con i limiti ordinamentali, tanto di
carattere interno, quanto di carattere esterno”.
Ne consegue che per gli Enti locali sarà possibile procedere
all’attivazione di processi di esternalizzazione di servizi
pubblici a rilevanza economica, purché tale scelta produca
“economie di gestione”, precipuamente con riferimento ai
servizi di cui agli articoli 112 e seguenti del decreto
legislativo 18.08.2000, n. 267 (TUEL - Testo unico delle
leggi sull'ordinamento degli enti locali), dovendo invece
necessariamente continuare ad essere svolte in via diretta
tutte quelle attività che sono connaturate all’esistenza
stessa dell’Ente, incluse tra queste ultime le attività
dell’area economico-finanziaria e di redazione del bilancio.
In tal senso ha avuto modo di esprimersi recentemente anche
la Sezione regionale di controllo per la Liguria che, con la
deliberazione n. 61/2015/PAR, ha respinto la richiesta
avanzata da un comune ligure volta a sapere “se risulti
possibile, in considerazione dell’assoluta impossibilità
oggettiva di utilizzare risorse umane disponibili
all’interno della propria dotazione organica, provvedere
alla esternalizzazione del servizio relativo all’ufficio
tecnico comunale” (per i magistrati liguri, tali processi di
esternalizzazione possono eccezionalmente essere ammessi per
attività che richiedono specifiche qualificazioni, come ad
esempio quelle che possono essere svolti soltanto da
professionisti iscritti in specifici albi professionali, ma
non per le attività ordinariamente connesse all’esistenza
dell’ente, per cui potranno essere al più attivate forme di
esercizio congiunto di funzioni con altri enti che si
trovino nelle stesse condizioni).
Così succintamente affrontata la problematica
dell’esternalizzazione di funzioni comunali,
deriva pertanto
chiaramente per il Comune la possibilità di esternalizzare
soltanto servizi pubblici di rilevanza economica
suscettibili di produrre economie di gestione e non anche
funzioni strettamente connaturate all’esistenza dell’Ente,
quali appunto quelle dell’area economico-finanziaria e di
redazione del bilancio oggetto della richiesta formulata dal
Comune di Lestizza.
Per ovviare ai problemi sollevati dal Comune richiedente,
pertanto, appare opportuno effettuare una succinta disamina
del comparto unico del pubblico impiego regionale e delle
possibilità di effettuare assunzioni a tempo determinato e/o
di conferire incarichi esterni.
III. Il comparto unico del pubblico impiego regionale e
locale del Friuli Venezia Giulia, di cui fanno parte i
dipendenti del Consiglio regionale, dell'Amministrazione
regionale, degli Enti regionali, delle Province, dei Comuni,
delle Comunità montane e degli altri Enti locali, è stato
istituito con l’art. 127 della legge regionale 09.11.1998, n.13.
Detta norma è stata introdotta per dare concreta attuazione
alla legge costituzionale 23.09.1993, n. 2, che
all’art. 5 ha previsto l’attribuzione alla Regione Friuli
Venezia Giulia della competenza esclusiva in materia di
“ordinamento degli enti locali e delle relative
circoscrizioni”.
La disciplina positiva dettata in materia di comparto unico
è stata recentemente innovata con la Legge regionale 26.06.2014, n. 12, recante “misure urgenti per le autonomie
locali”, che ha dedicato l’intero capo II (articoli 4-11) a
fornire una regolamentazione organica ed aggiornata, anche
alla luce di quanto statuito con la sentenza della Corte
costituzionale n. 54/2014, con cui è stata “confermata
l’applicabilità alla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia
dei principi di coordinamento della finanza pubblica
stabiliti dalla legislazione statale, più volte riconosciuta
da questa Corte (da ultimo, sentenze n. 3 del 2013 e n. 217
del 2012)”.
Si deve infatti debitamente precisare che, ai sensi
dell'art. 117, c. 3, e dell’art. 119, c. 2, della nostra
Costituzione, le disposizioni contenute nelle leggi statali
relative al Patto di stabilità interno (PSI) per gli Enti
territoriali costituiscono princìpi fondamentali del
coordinamento della finanza pubblica. Il contributo della
Regione al perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica
ha matrice pattizia, essendo frutto dell'Intesa raggiunta
-anno per anno- tra la Regione stessa e lo Stato (MEF), i
cui contenuti vengono poi trasfusi nella annuale legge di
stabilità.
In materia di comparto unico del pubblico impiego regionale
e locale, la Sezione ha già avuto modo di esprimersi con
numerosi motivati avvisi (cfr., ex multis, pareri n. FVG/51/2016/PAR,
n. FVG/133/2015/PAR, n. FVG/70/2015/PAR, n. FVG/51/2015/PAR,
n FVG/2015/PAR, n. FVG/97/2014/PAR, n. FVG/53/2014/PAR, n. FVG/18/2014/PAR,
n. FVG/17/2014/PAR).
In particolare, con il parere n. FVG/51/2015/PAR, la Sezione
ha posto in evidenza il quadro normativo di riferimento,
fornendo una lettura coerente tra la legislazione emanata
dalla Regione e i princìpi recati dal Parlamento, anche alla
luce dell’interpretazione fornita dalla Corte
costituzionale.
Con tale deliberazione, in particolare, si è ulteriormente
ricordata la funzionalizzazione, più volte affermata dalla
Corte costituzionale, alla finalità del contenimento della
spesa pubblica (cfr., ex plurimis, Corte costituzionale,
sentenze nn. 108/2001 e 155/2011), delle discipline
rilevanti in materia di vincoli e obiettivi derivanti dal
Patto di stabilità interno, con i connessi limiti
complessivi di spesa.
Nel riconoscere la non completa sovrapponibilità delle
normative vincolistiche sul patto di stabilità e sul governo
della spesa del personale (avendo queste ultime -le norme di
contenimento della spesa di personale- una estensione più
ampia rispetto alle prime, essendo dirette anche alle
Autonomie locali non soggette ai vincoli del patto di
stabilità, per le quali valgono disposizioni comunque
finalizzate a obiettivi di contenimento e riduzione della
spesa del personale), va rimarcato che, per quel che
riguarda le disposizioni relative al patto di stabilità, in
Friuli Venezia Giulia il concorso agli obiettivi di finanza
pubblica in termini di saldo netto da finanziare e di
indebitamento netto è definito in sede pattizia, attraverso
apposito accordo sottoscritto tra il Presidente del
Consiglio dei Ministri il Ministro dell’Economia e delle
Finanze e il Presidente della regione Friuli Venezia Giulia.
I relativi contenuti vengono poi trasfusi nell’annuale legge
di stabilità.
Per gli anni dal 2014 al 2017 tale concorso è definito ai
commi da 512 a 523 dell’art. 1 della legge 23.12.2014,
n. 190.
In ragione e in forza di tale regime pattizio è la stessa
Regione a dettare, con proprie norme, le regole, gli
obiettivi, i vincoli e correlate sanzioni inerenti al patto
di stabilità per il sistema dei propri Enti locali, in
maniera tale da garantire, in maniera autonoma, nel rispetto
dei principi di coordinamento della finanza pubblica, il
concorso dell’intero sistema delle Autonomie locali della
regione al raggiungimento degli obblighi posti allo Stato a
livello comunitario.
In tale ottica, la stessa deliberazione n. FVG/51/2015/PAR
aveva provveduto a fornire una utile interpretazione a
carattere sistematico, “circa la necessaria sussunzione nel
novero degli obiettivi inerenti al rispetto del patto di
stabilità interno, convergenti verso le medesime finalità di
contenimento della spesa pubblica complessiva, anche le
previsioni in materia di spesa per il personale, sia in
un’ottica di sostenibilità complessiva, sia con riguardo
specifico all’obiettivo della progressiva riduzione della
medesima, si possono formulare le seguenti notazioni in
ordine, appunto, alle previsioni in materia di disciplina
vincolistica e di facoltà assunzionali applicabili al
sistema degli EELL della regione FVG. Possono, in tale
ottica, individuarsi (almeno) tre serie di norme:
1) una
prima serie di norme pone obiettivi di contenimento
dell'aggregato "Spesa di personale" per gli EELL sia
soggetti al PSI (es. il comma 557 dell’art. 1 L. n. 296/2006
e comma 25 dell’art. 12 della L.R. n. 17/2008) che non
soggetti (es. comma 562 L. n. 296/2006). Per gli EELL del
FVG -in ragione del regime pattizio valevole tra Stato e
Regione ai fini della determinazione del concorso della
seconda agli obiettivi del PSI discendente dagli obblighi
facenti capo all’Italia in forza della sua appartenenza
all’UE– detti obiettivi sono fissati dal legislatore
regionale;
2) una seconda serie contempla norme preordinate
a definire le facoltà assunzionali degli EELL in regola con
le norme sui vincoli del P.S.I. e con quelle di contenimento
della spesa di personale (per gli EELL del FVG, ripetesi, di
fonte regionale): tali facoltà, o, meglio, i limiti alle
dette facoltà, con le correlate fattispecie di deroga, sono,
per espresso rinvio dell'art. 4, comma 2, L.R. n. 12/2014,
rimesse alla potestà del legislatore statale;
3) ulteriori
norme, correlate alle ultime descritte, e perciò stesso ad
esse assimilabili quanto all'individuazione della fonte di
produzione normativa, pongono tetti di spesa (rectius
limitazioni al tetto di spesa) per gli enti in regola con
l'obbligo di riduzione della spesa di personale. Così la
norma di cui all’art. 9, comma 28, del D.L. n. 78/2010 su
cui, come innanzi ricordato, è intervenuta la delibera SdA
n. 2/2015”.
Alla luce del complessivo quadro normativo di riferimento,
pertanto, le facoltà assunzionali riferite agli Enti locali
anche del Friuli Venezia Giulia sono determinate facendo
riferimento a quanto previsto dal Legislatore nazionale in
sede di fissazione di obiettivi di finanza pubblica.
IV. Così delineato il quadro giuridico di riferimento
valevole per il Friuli Venezia Giulia in materia di vincoli
assunzionali per il pubblico impiego locale, si deve ora
procedere ad affrontare specificamente la problematica delle
assunzioni a tempo determinato e/o del conferimento di
incarichi temporanei per fare fronte ad eccezionali
criticità degli Enti locali.
Al riguardo, viene in rilievo principalmente l’art. 9, co. 28,
del D.L. 78/2010 (convertito dalla L. 30/07/2010, n. 122) in
base al quale a decorrere dall'anno 2011, le Amministrazioni
dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le Agenzie,
incluse le Agenzie fiscali, gli Enti pubblici non economici,
le Università e le Camere di commercio, industria,
artigianato e agricoltura possono avvalersi di personale a
tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di
collaborazione coordinata e continuativa, nel limite del 50
per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità
nell'anno 2009. Per le medesime Amministrazioni la spesa per
personale relativa a contratti di formazione-lavoro, ad
altri rapporti formativi, alla somministrazione di lavoro,
nonché al lavoro accessorio non può essere superiore al 50
per cento di quella sostenuta per le rispettive finalità
nell'anno 2009.
I limiti di cui al primo e al secondo periodo non si
applicano, anche con riferimento ai lavori socialmente
utili, ai lavori di pubblica utilità e ai cantieri di
lavoro, nel caso in cui il costo del personale sia coperto
da finanziamenti specifici aggiuntivi o da fondi dell'Unione
europea; nell'ipotesi di cofinanziamento, i limiti medesimi
non si applicano con riferimento alla sola quota finanziata
da altri soggetti. Le disposizioni in commento rappresentano
princìpi generali ai fini del coordinamento della finanza
pubblica ai quali si adeguano le Regioni, le Province
autonome, gli Enti locali e gli Enti del Servizio sanitario
nazionale.
La norma aggiunge che le limitazioni su riportate non si
applicano agli Enti locali in regola con l'obbligo di
riduzione delle spese di personale di cui ai commi 557 e 562
dell'articolo 1 della L. n. 296/2006, per i quali comunque
“la spesa complessiva non può essere superiore alla spesa
sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009” ed inoltre
precisa che, per le Amministrazioni che nell'anno 2009 non
hanno sostenuto spese per lavoro flessibile, il limite deve
essere computato con riferimento alla media sostenuta per le
stesse finalità nel triennio 2007-2009.
Con l’emanazione della legge 07/08/2016 n. 160 di conversione
del D.L. 24/06/2016 n. 113, all’art. 16, comma 1-quater, è
stata disposta l’esclusione dalle limitazioni previste
dall’art. 9, comma 28, del D. L. n. 78/2010, per le spese
sostenute per le assunzioni a tempo determinato ai sensi
dell’articolo 110, comma 1, del testo unico di cui al D.Lgs.
18/08/2000 n. 267.
A rafforzamento di tali previsioni, il medesimo comma 28 ha
previsto anche pesanti effetti sanzionatori per la sua
eventuale non applicazione, stabilendo che il mancato
rispetto dei limiti di spesa in esso previsti costituisce
illecito disciplinare e determina responsabilità erariale.
Sull’argomento, si è espressa anche la Sezione delle
Autonomie della Corte dei conti che, sulla specifica materia
dell’art. 9, co. 28, ora in commento, ha avuto modo di
esprimersi affermando il principio di diritto secondo cui:
“le limitazioni dettate dai primi sei periodi dell’art. 9,
comma 28, del d.l. n. 78/2010, in materia di assunzioni per
il lavoro flessibile, alla luce dell’art. 11, comma 4-bis,
del d.l. 90/2014 (che ha introdotto il settimo periodo del
citato comma 28), non si applicano agli enti locali in
regola con l’obbligo di riduzione della spesa di personale
di cui ai commi 557 e 562 dell’art. 1, l. n. 296/2006, ferma
restando la vigenza del limite massimo della spesa sostenuta
per le medesime finalità nell’anno 2009, ai sensi del
successivo ottavo periodo dello stesso comma 28”.
Sul punto, inoltre, ha recentemente avuto modo di esprimersi
la Sezione regionale di controllo per la Puglia con il
parere n. 149/2016/PAR con cui si è precisato che “i vincoli
in materia di c.d. “lavoro flessibile” hanno carattere
indefettibile ed appaiono rivolti anche ad evitare che le
amministrazioni pubbliche soggette ad un regime limitativo
delle assunzioni a tempo indeterminato possano ricorrere
all’utilizzo di contratti di lavoro flessibile per eludere
il blocco assunzionale ad esse applicabile… La Corte
costituzionale, con sentenza n. 173/2012, proprio con
riferimento all’articolo 9, comma 28, del D.L. n. 78/2010,
ha osservato che tale disposizione “pone un obiettivo
generale di contenimento della spesa relativa ad un vasto
settore del personale e, precisamente, a quello costituito
da quanti collaborano con le pubbliche amministrazioni in
virtù di contratti diversi dal rapporto di impiego a tempo
indeterminato” e “lascia alle singole amministrazioni la
scelta circa le misure da adottare con riferimento ad ognuna
delle categorie di rapporti di lavoro da esso previste.
Ciascun ente pubblico può determinare se e quanto ridurre la
spesa relativa a ogni singola tipologia contrattuale, ferma
restando la necessità di osservare il limite della riduzione
del 50 per cento della spesa complessiva rispetto a quella
sostenuta nel 2009”.
A conclusione di detto parere, si procedeva quindi a una
disamina dei ridotti limiti assunzionali previsti dalla
normativa vigente, valorizzando in particolare il DUP
(Documento Unico di Programmazione), previsto nell’ambito
dall’armonizzazione dei sistemi contabili, affermando che
“il legislatore riserva, dunque, nella predisposizione del DUP da parte degli enti locali, particolare attenzione alla
programmazione del personale sia nella sezione strategica
che in quella operativa. In particolare, nell’ambito della
sezione strategica, volta a definire i principali contenuti
della programmazione strategica ed i relativi indirizzi
generali con riferimento al periodo di mandato, al punto 8.1
dell’allegato 4.1 al D.Lgs. n. 118/2011, è inserita anche
l’analisi della disponibilità e gestione delle risorse umane
con riferimento alla struttura organizzativa dell'ente in
tutte le sue articolazioni ed alla sua evoluzione nel tempo
anche in termini di spesa. Parimenti il successivo punto 8.2,
lett. j), prescrive espressamente, nella redazione della
sezione operativa, l’indicazione della programmazione del
fabbisogno di personale a livello triennale ed annuale”.
Essendo questa la situazione in materia di assunzioni di
personale, anche a tempo determinato, la Sezione rileva
peraltro che altre forme di utilizzazione di risorse
estranee alla pubblica Amministrazione richiedono
presupposti applicativi particolarmente rigorosi.
Il riferimento è rivolto principalmente all’ipotesi di
utilizzazione di contratti di lavoro autonomo, di natura
occasionale o coordinata e continuativa, da stipulare con
professionisti di particolare e conclamata specializzazione,
anche universitaria.
Tali fattispecie trova la sua fondamentale disciplina
nell’art. 7, co. 6 del D.Lgs. 30.03.2001, n. 165 (Norme
generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle
amministrazioni pubbliche – c.d. TUPI).
In base a detta previsione di legge, “per esigenze cui non
possono far fronte con personale in servizio, le
amministrazioni pubbliche possono conferire incarichi
individuali, con contratti di lavoro autonomo, di natura
occasionale o coordinata e continuativa, ad esperti di
particolare e comprovata specializzazione anche
universitaria, in presenza dei seguenti presupposti di
legittimità:
a) l'oggetto della prestazione deve
corrispondere alle competenze attribuite dall'ordinamento
all'amministrazione conferente, ad obiettivi e progetti
specifici e determinati e deve risultare coerente con le
esigenze di funzionalità dell'amministrazione conferente;
b)
l'amministrazione deve avere preliminarmente accertato
l’impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse umane
disponibili al suo interno;
c) la prestazione deve essere di
natura temporanea e altamente qualificata; non è ammesso il
rinnovo; l'eventuale proroga dell'incarico originario è
consentita, in via eccezionale, al solo fine di completare
il progetto e per ritardi non imputabili al collaboratore,
ferma restando la misura del compenso pattuito in sede di
affidamento dell'incarico;
d) devono essere preventivamente
determinati durata, luogo, oggetto e compenso della
collaborazione. Si prescinde dal requisito della comprovata
specializzazione universitaria in caso di stipulazione di
contratti di collaborazione di natura occasionale o
coordinata e continuativa per attività che debbano essere
svolte da professionisti iscritti in ordini o albi o con
soggetti che operino nel campo dell'arte, dello spettacolo ,
dei mestieri artigianali o dell’attività informatica nonché'
a supporto dell’attività didattica e di ricerca, per i
servizi di orientamento, compreso il collocamento, e di
certificazione dei contratti di lavoro di cui al decreto
legislativo 10.09.2003, n. 276, purché senza nuovi o
maggiori oneri a carico della finanza pubblica , ferma
restando la necessità di accertare la maturata esperienza
nel settore. Il ricorso a contratti di collaborazione
coordinata e continuativa per lo svolgimento di funzioni
ordinarie o l'utilizzo dei collaboratori come lavoratori
subordinati è causa di responsabilità amministrativa per il
dirigente che ha stipulato i contratti”.
Da notare che, per effetto dell’art. 2, co. 4, del D.Lgs. 15.06.2015, n. 81, come da ultimo modificato dal D.L. 30.12.2016, n. 244 (convertito con modificazioni dalla L.
27.02.2017, n. 19), “fino al completo riordino della
disciplina dell'utilizzo dei contratti di lavoro flessibile
da parte delle pubbliche amministrazioni, la disposizione di
cui al comma 1 non trova applicazione nei confronti delle
medesime. Dal 01.01.2018 è comunque fatto divieto alle
pubbliche amministrazioni di stipulare i contratti di
collaborazione di cui al comma 1”.
Tali contratti potranno quindi essere stipulati fino al 31.12.2017, purché siano rispettati tutti i presupposti
richiesti dal sopra riportato art. 7, co. 6 del TUPI (cfr., sul
punto: Sezione centrale del controllo di legittimità sugli
atti del Governo e delle Amministrazioni dello Stato -
deliberazione n. 37/2015/PREV del 23/12/2015).
Peraltro, è bene evidenziare che tale tipologia contrattuale
potrà essere utilizzata purché siano rispettata adeguate
procedure comparative delle professionalità da utilizzare, e
comunque senza eludere i limiti di spesa per contratti di
lavoro a tempo determinato cui è soggetto il Comune.
Pertanto, in considerazione delle difficoltà rappresentate
dal Sindaco, il Comune potrà avvalersi di forme di lavoro a
tempo determinato e/o di contratti di lavoro autonomo, di
natura occasionale o coordinata e continuativa, nel rispetto
della normativa applicabile e avendo cura di rispettare il
limite di spesa fissato dall’art. co. 28, del D.L. 78/2010,
dovendosi però categoricamente escludere la possibilità di esternalizzare l’Area economico-finanziaria preposta alla
redazione del bilancio in quanto, alla luce dell’attuale
quadro ordinamentale, i Comuni possono esternalizzare
soltanto servizi pubblici di rilevanza economica
suscettibili di produrre economie di gestione e non anche
funzioni pubbliche strettamente connaturate all’esistenza
dell’Ente (Corte dei Conti, Sez. controllo Friuli Venezia
Giulia,
parere
09.03.2017 n. 4). |
anno 2015 |
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ENTI LOCALI - PUBBLICO IMPIEGO: Unioni,
un'occasione mancata. I mini enti le snobbano. Pochi
risparmi e doppie spese. La Corte conti in audizione (alla
camera: solo il 30% dei piccoli comuni si è associato.
L'associazionismo comunale forzoso ha fallito. Le unioni
continuano a essere snobbate dai piccoli comuni.
Solo il 30% degli enti con popolazione al di sotto dei 5.000
abitanti (1.735 enti sul totale di 5.646) ha infatti aderito
al modello delle unioni. Mentre le fusioni, dopo il piccolo
exploit del 2014 (quando si sono contati 24 «matrimoni» tra
enti che hanno fatto scomparire dallo scenario
amministrativo 57 comuni) procedono a rilento. Nel 2015 sono
state solo 6, mentre l'anno prossimo se ne attendono una
ventina.
In audizione sulla
gestione associata delle funzioni e dei servizi comunali, la
sezione autonomie della Corte dei conti ha certificato un
dato già evidenziato in passato.
I mini enti non credono nelle unioni, nonostante, come messo
in luce dalla Corte, questo modello di governance
locale stia iniziando a produrre i primi frutti in termini
di risparmi. La sezione autonomie ha passato al setaccio un
campione di unioni (164, rappresentative di 722 comuni
associati, sul totale di 444) scelte tra quelle che hanno
inviato per gli esercizi 2013-2014 i certificati di conto
consuntivo, disponibili presso il Viminale.
E ha evidenziato come l'aumento della spesa corrente da
parte delle unioni (trend assolutamente normale visto
l'incremento delle funzioni fondamentali associate) sia
ampiamente compensato dalla riduzione della spesa corrente
dei comuni associati: 76,6 milioni di giuro nel 2014 a
fronte di 40,4 milioni di extra costi sostenuti dalle
unioni. Certo, osserva la Corte nell'audizione
01.12.2015 dinanzi alla commissione affari
costituzionali della camera, «l'azzeramento della spesa
per le funzioni associate non si è verificato per tutti i
comuni interessati, in quanto, ove così fosse stato, la
riduzione complessiva degli impegni avrebbe dovuto avere una
consistenza più significativa».
I più «virtuosi» secondo l'indagine della Corte dei
conti, sono stati gli enti sopra i 5.000 abitanti che hanno
ridotto gli impegni correnti del 4%. I mini enti, invece,
hanno tagliato i costi solo dell'1,3% e per due funzioni in
particolare: giustizia e cultura. Dal campione di enti
esaminato dalla Corte emerge che le funzioni maggiormente
delegate dai comuni alle unioni nel 2014 sono state la
cultura (74%), i servizi produttivi (63%), il turismo (47%),
lo sviluppo economico (34%) e la polizia locale (19%). Vi
sono invece altre funzioni che i comuni continuano a gestire
in proprio nonostante siano associati in unioni.
Dall'istruzione all'amministrazione, dalla viabilità ai
trasporti, dal sociale alla gestione del territorio e
dell'ambiente, le voci di spesa non si riducono, anzi
raddoppiano.
Perché queste funzioni sono proprio quelle per cui le unioni
finiscono per spendere di più. Sulle difficoltà incontrate
dall'associazionismo comunale è intervenuta anche la
Conferenza delle regioni.
In audizione i rappresentanti del parlamentino dei
governatori regionali hanno sottolineato «la difficoltà
nella gestione contabile delle forme associate, nel raccordo
con i bilanci dei comuni aderenti». In particolare,
secondo le regioni, «le funzioni fondamentali non hanno
ancora un'articolazione in servizi e non sono riconducibili
ai programmi del bilancio armonizzato. La normativa pertanto
condiziona le potenzialità di intervento del legislatore
regionale, in quanto la ricerca di sinergie fra enti minori
ed enti più strutturati resta affidata alla sola libera
iniziativa degli amministratori locali. Ciò è ancora più
evidente nelle regioni dove è alto il numero dei comuni
sotto la soglia dei 5.000 abitanti»
(articolo ItaliaOggi del
03.12.2015 - tratto da www.centrostudicni.it). |
ENTI LOCALI - PUBBLICO IMPIEGO:
Personale degli enti locali. Associazione intercomunale.
Ufficio comune. Competenza adozione atti.
Nell'ambito di un'associazione
intercomunale, qualora, in base alla convenzione attuativa
relativa alla gestione del personale, sia affidato
all'ufficio comune l'esercizio di tutte le funzioni
attinenti a detta gestione, il responsabile/titolare di p.o.
dell'ufficio comune provvede ad adottare, per ciascun comune
associato, avendone l'esclusiva competenza, qualsiasi atto
inerente alla gestione giuridica del personale.
Il Comune, Ente capofila di un'associazione intercomunale,
ha chiesto un parere in ordine alle competenze dell'ufficio
comune per la gestione del personale (funzione associata che
ricomprende anche il trattamento giuridico), con particolare
riferimento a quanto verificatosi nell'ambito di una
procedura di mobilità interna, con modifica del profilo
professionale di un dipendente, che risulta essere stata
espletata autonomamente da uno degli enti associati, senza
alcun coinvolgimento dell'ufficio comune medesimo.
L'Amministrazione istante manifesta pertanto perplessità
sull'operato, sia evidenziando l'incompetenza del comune
associato ad adottare il predetto provvedimento, di
spettanza invece del Responsabile dell'ufficio comune della
funzione 'gestione del personale', sia sottolineando
che tale provvedimento ha di fatto realizzato disparità di
trattamento nei confronti di altri dipendenti dei comuni
associati ai quali, su indirizzo della Conferenza dei
Sindaci, era stata negata, da parte dell'ufficio comune, la
possibilità di mutare il proprio profilo professionale,
anche in vista della prossima costituzione dell'UTI.
L'Ente si è infine posto la questione relativa alla
conseguente necessità di proporre al Comune associato un
intervento in autotutela.
Nel condividere le perplessità rilevate, si espone quanto
segue.
Si osserva preliminarmente che la fonte normativa che
disciplina la gestione di funzioni degli enti locali
mediante la forma dell'associazione intercomunale è
rappresentata dall'art. 22 della l.r. 1/2006.
Tale particolare forma associativa, come stabilito dal
legislatore regionale, risulta priva di personalità
giuridica ed è costituita mediante una manifestazione
congiunta di volontà dei comuni interessati, contenuta nella
convenzione quadro.
La predetta convenzione ha il compito di disciplinare, tra
gli altri aspetti, anche le funzioni e i servizi comunali da
svolgere in forma associata ed i criteri generali relativi
alle modalità di esercizio; provvede nel contempo ad
individuare il Comune capofila e definisce altresì i
rapporti finanziari intercorrenti tra i Comuni associati
(art. 22, comma 5, lettere d) ed e), della l.r. 1/2006).
Il comma 1 dell'art. 22 in esame precisa inoltre che le
associazioni intercomunali sono dotate di 'uffici comuni'
e, pertanto, operano funzionalmente mediante dette,
specifiche, articolazioni.
In virtù di quanto specificato all'articolo 21, comma 2,
della citata l.r. 1/2006, risulta che gli uffici comuni sono
strutture organizzative alle quali è affidato l'esercizio
delle funzioni pubbliche in luogo di tutti gli enti
partecipanti all'accordo.
Pertanto, l'ufficio comune delle associazioni intercomunali
gestisce, per ciascun comune partecipante, le funzioni 'messe'
in associazione a seguito dell'approvazione della
convenzione quadro e meglio specificate con l'approvazione
successiva delle convenzioni attuative. L'ufficio comune
diviene quindi contemporaneamente, con la propria dotazione
di risorse umane e strumentali, l'ufficio referente di ogni
singolo comune partecipante. Ogni ente aderente
all'associazione gestisce, di conseguenza, la funzione del
caso unicamente per il tramite della struttura operativa
messa in comune.
Come emerge dalla lettura della convenzione attuativa per lo
svolgimento della macrofunzione gestione del personale, e in
particolare da quanto disposto all'art. 7, comma 1, della
medesima, l'ufficio comune dell'associazione intercomunale
svolge le attività connesse con le funzioni elencate
all'art. 1 [1],
adottando tutti gli atti e i provvedimenti necessari.
Il successivo comma 2 precisa altresì che al responsabile
dell'ufficio comune compete, tra l'altro, la gestione delle
attività inerenti le funzioni di cui al citato articolo 1
della convenzione e lo svolgimento di tutti i compiti
previsti dall'art. 107 del d.lgs. 267/2000.
Pertanto, è tale soggetto [2]
che deve assicurare lo svolgimento completo della funzione
associata, per ogni singolo comune, provvedendo ad adottare,
avendone l'esclusiva competenza, come stabilito nella
riportata convenzione attuativa, qualsiasi atto inerente
-fra le altre attività individuate- alla gestione giuridica
del personale dei comuni associati.
In conclusione, posta la competenza dell'ufficio comune
all'adozione degli atti inerenti alla gestione del personale
degli enti associati, il provvedimento di mobilità interna
di cui si discute è suscettibile di annullamento d'ufficio
da parte dell'organo burocratico che lo ha adottato, ai
sensi dell'art. 21-nonies della l. 241/1990, il quale
precisa che 'rimangono ferme le responsabilità connesse
all'adozione e al mancato annullamento del provvedimento
illegittimo'.
---------------
[1] Reclutamento del personale/concorsi, trattamento
economico, trattamento giuridico (gestione amministrativa
del personale), relazioni sindacali e formazione
professionale.
[2] A mente di quanto stabilito all'art. 5, comma 3, della
convenzione attuativa, alla direzione dell'ufficio comune è
preposto un responsabile titolare di posizione
organizzativa, nominato con provvedimento del sindaco del
comune in cui ha sede l'ufficio medesimo e scelto fra il
personale di ruolo dei comuni associati appartenenti alla
categoria D (22.09.2015 -
link a
www.regione.fvg.it). |
ENTI LOCALI - PUBBLICO IMPIEGO:
Comuni, inizio anno col botto. Gestione associata
delle funzioni, acquisti centralizzati.
Per i mini-enti è giunta l'ora di mettersi insieme.
Pronte le lettere di messa in mora dei prefetti.
Inizio anno con il botto per gli uffici
dei comuni. Da ieri, infatti, sono entrate in vigore alcune
riforme destinate a rivoluzionare l'assetto della p.a.
locale. Il cambiamento più profondo è quello che interessa i
mini-enti, ossia quelli al di sotto dei 5.000 abitanti
(limite che scende a 3.000 in montagna), che dal 1° gennaio
sono obbligati a gestire in forma associata tutte le proprie
funzioni fondamentali individuate dal legislatore statale,
con la sola eccezione di quelle riguardanti anagrafe, stato
civile e servizi elettorali.
L'obbligo risale addirittura alla manovra estiva del 2010
(dl 78), ma l'iter applicativo è stato scandito da continue
proroghe. Le funzioni già devolute a unioni o convenzioni
(che rappresentano le due uniche modalità organizzative
ammesse) o erano già gestite in forma associata (ad esempio,
servizi sociali) o sono piuttosto «leggere» (ad esempio,
protezione civile o catasto).
Il vero core business, che include le funzioni «pesanti»
(come, ad esempio, amministrazione, gestione finanziaria e
contabile e controllo, servizi pubblici locali,
pianificazione urbanistica; si veda la tabella), è ancora
tutto da trasferire.
Ecco perché fino all'ultimo molti si aspettavano un nuovo
rinvio, che però non ha trovato posto nel Milleproroghe.
Ovviamente, non ci sono ancora monitoraggi precisi sul grado
di compliance delle amministrazioni interessate,
anche se la sensazione è che molte siano ancora impreparata
a questo passaggio, complice anche la recente tornata
elettorale e le numerose novità introdotte in materia dalla
recente legge 56/2014 (legge Delrio).
Anche quelli che sono partiti, nella maggior parte dei casi,
hanno solo agito a un livello normativo «alto», rinviando
l'effettiva riorganizzazione dei servizi a successivi
regolamenti attuativi.
Di ciò è consapevole la stessa Anci, che per voce del suo
presidente, Piero Fassino, ha puntato il dito contro
l'attuale quadro legislativo, «che non incoraggia lo
sviluppo delle gestioni associate e delle unioni di comuni».
Basti pensare al fatto che la maggior parte dei tributi e
delle risorse perequative sono intestate ai singoli comuni,
anche se servono a finanziare attività da gestire a livello
sovraccomunale. Secondo Anci, «la battaglia da fare per
rilanciare le gestioni associate è quella di arrivare a un
nuovo strumento normativo che renda più semplice e più
vantaggioso ai comuni associarsi».
Nel frattempo, però, gli obblighi rimangono e molte
prefetture hanno pronte le lettere di messa in mora dei
sindaci: il mancato adempimento, infatti, è sanzionato con
il possibile esercizio del potere sostitutivo del governo
attraverso il commissariamento degli enti che non si
adeguano. Invero, si tratta di una minaccia relativa, dal
momento che difficilmente i commissari potrebbero andare
effettivamente sostituirsi agli amministratori inadempienti.
Alcune regioni hanno anche previsto l'inserimento coercitivo
dei comuni renitenti nelle forme associative ritenute più
idonee. Ma anche in tal caso è difficile pensare che si
arrivi a un conflitto fra governatori e sindaci, specie
mentre i primi sono già impegnati nella difficile partita
sulla distribuzione delle funzioni finora gestite dalla
province.
Sempre dal 1° gennaio è operativo anche l'obbligo di
acquisti centralizzati per i beni e servizi previsto dal dl
66/2014, che in teoria avrebbe dovuto scattare già dallo
scorso 1° luglio e che era stato rinviato di sei mesi (un
anno per i lavori) dal successivo dl 90. In tal caso, sono
soggetti tutti i comuni non capoluogo, indipendentemente
dalla dimensione demografica, che possono avvalersi, oltre
che di unioni e convenzioni, anche delle province e di un
soggetto aggregatore. Qui la sanzione, al contrario del caso
precedente, è molto efficace: per chi non si adegua, niente
cig, visto che l'Anac non potrà più rilasciarlo ai singoli
enti, con conseguente blocco delle procedure. Esattamente
quello che è successo sei mesi fa, rendendo inevitabile la
proroga. Dopo la pausa natalizia si vedrà se nel frattempo
qualcosa è cambiato
(articolo ItaliaOggi del 02.01.2015). |
anno 2014 |
|
ENTI LOCALI:
Oggetto: Gestione associata delle funzioni fondamentali
degli enti locali ex art. 14, D.L. 31.05.2010, n. 79,
convertito con modificazioni, dalla legge 30.07.2010 e dai
commi da 25 a 31-quater della legge n. 122/2010 e successive
modifiche, in base al testo come integrato dall'art. 19
della legge n. 135/2012 (Prefettura di Avellino,
nota 12.11.2014 n. 1256 di prot.). |
ENTI LOCALI - PUBBLICO IMPIEGO:
A. Sacchi,
La gestione associata delle
funzioni fondamentali dei comuni dopo la Legge Delrio (n.
56/2014) e il D.L. 90/2014 (tratto da
www.gianlucabertagna.it - www.publika.it n. 59 - ottobre
2014). |
EDILIZIA
PRIVATA - ENTI LOCALI: B.U.R.
Lombardia, supplemento n. 32 dell'08.08.2014,
"Assestamento al bilancio 2014-2016 - I Provvedimento di
variazione con modifiche di leggi regionali" (L.R.
05.08.2014 n. 24).
---------------
Di particolare interesse si leggano:
►
art. 8 - (Modifiche al Titolo II, Capo I, della l.r.
26/2003)
►
art. 21, commi 4, 5, 6, 7, 8 - (circa l’obbligo di gestione
in forma associata delle funzioni fondamentali di cui
all’articolo 14, comma 28, del decreto-legge 31.05.2010, n.
78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria
e di competitività economica) convertito, con modificazioni,
dalla legge 30.07.2010, n. 122) |
anno 2013 |
|
ENTI
LOCALI: LEGGE
DI STABILITA'/ Ai piccoli comuni sei mesi in più per gestire
insieme le funzioni.
Slitta di un anno (fino al 2014) l'addio di Equitalia alla
riscossione dei tributi comunali, mentre i piccoli comuni
guadagnano sei mesi di tempo (fino al prossimo 1° luglio)
per mettere in gestione associata le loro funzioni
fondamentali.
È una doppia proroga «di peso» quella prevista da due
emendamenti al disegno di legge di stabilità 2014 approvati
in Commissione «Bilancio» al Senato.
Equitalia.
Il primo correttivo è stato presentato direttamente dal
governo per evitare il caos negli oltre 5 mila comuni che si
appoggiano ad Equitalia per la riscossione (spontanea e/o
coattiva) delle proprie entrate. In base a quanto previsto
dal dl 70/2011, dal 01.01.2012, l'agente nazionale avrebbe
dovuto cessare di effettuare le attività di accertamento,
liquidazione e riscossione delle entrate, tributarie o
patrimoniali, dei comuni e delle società da essi
partecipate. Tale termine è stato ripetutamente prorogato,
da ultimo al 31.12.2013 dall'art. 10, comma 2-ter del dl
35/2013 (come modificato dall'art. 53 del dl 69/2013).
Questo slittamento avrebbe dovuto essere l'ultimo, dato che
la nuova scadenza è espressamente definita come «inderogabile».
Ma la nuova proroga era, come detto inevitabile, tanto da
essere data ampiamente per scontata dagli addetti ai lavori
(si veda ItaliaOggi Sette del 18.11.2013): al momento,
infatti, non vi sono alternative gestionali credibili, in
attesa che la delega fiscale completi il suo iter e
ridefinisca il quadro normativo in un settore che da troppo
tempo attende una riforma organica.
In base all'emendamento approvato a palazzo Madama, quindi,
l'uscita di campo di Equitalia è stata rimandata alla fine
del 2014. Sull'attività degli agenti della riscossione,
comunque, vigileranno le Ragionerie territoriali dello Stato
che potranno svolgere, congiuntamente con l'Agenzia delle
entrate, controlli finalizzati a migliorare l'efficienza.
Piccoli comuni.
Il secondo emendamento, invece, è stato presentato dai
senatori Manassero, Vaccari e Zanoni (tutti del Pd) e sposta
al 01.07.2014 il termine (previsto dall'art. 14, comma
31-ter, lett. b), del dl 78/2010) entro il quale i comuni
con meno di 5 mila abitanti (limite che scende a 3 mila per
i municipi appartenenti o appartenuti a comunità montane)
dovranno obbligatoriamente gestire in forma associata,
mediante unione o convenzione, la totalità delle proprie
funzioni fondamentali. Anche in tal caso, non si tratta
della prima proroga: la normativa originaria non prevedeva
una scadenza fissa, rinviando a un dpcm la sua fissazione.
Successivamente, sono intervenute diverse modifiche (prima
da parte del dl 98/2011 e poi del dl 138/2011), prima
dell'ultima (ad opera dell'art. 19 del dl 95/2012) che aveva
previsto un percorso a tappe: entro il 01.01.2013 ameno tre
funzioni fondamentali, tutte le altre entro il 01.01.2014.
Ora, la seconda scadenza è destinata a slittare nuovamente
di altri sei mesi, il che pone non poche perplessità, dal
momento che le amministrazioni interessate potrebbero
decidere un cambio di regime a metà dell'esercizio
finanziario, con notevoli complicazioni organizzative,
gestionali e contabili.
Invero, il testo iniziale presentato dai tre senatori
prevedeva, come per Equitalia, un extra time di un
anno, che però è stato dimezzato nella versione approvata
dalla Commissione. In materia, peraltro, si attende la
pronuncia della Corte costituzionale, chiamata a valutare la
legittimità costituzionale dell'intera normativa
sull'associazionismo coatto: l'udienza pubblica è fissata
per il prossimo 3 dicembre (articolo ItaliaOggi del
26.11.2013). |
ENTI
LOCALI:
Mini-enti, solo convenzioni doc.
Obiettivi: meno spesa, più efficacia ed efficienza nei
servizi. Decreto Viminale con le
indicazioni per la gestione associata delle funzioni
fondamentali.
Contenere la spesa corrente e
raggiungere livelli più elevati nei servizi. Sono questi i
due obiettivi che i piccoli comuni che decideranno di
convenzionarsi per esercitare in forma associata le proprie
funzioni fondamentali dovranno centrare entro il 2015. Per
chi risulterà fuori linea scatterà l'obbligo di sciogliere
la convezione e di aderire ad un'unione.
Lo prevede il decreto del ministero dell'interno 11.09.2013,
pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale numero 251 del
25.10.2013.
Il provvedimento rappresenta l'ultimo tassello della
complessa disciplina che impone ai mini-enti (tutti quelli
che, in base all'ultimo censimento, risultano avere meno di
5 mila abitanti, ovvero di 3 mila se montani) di associarsi
per erogare i servizi che rientrano nel proprio «core
business».
L'accelerazione del Viminale va in direzione contraria
rispetto alle richieste dei sindaci, che nel corso
dell'Assemblea Anci svoltasi la settimana scorsa a Firenze
avevano chiesto a gran voce al governo una proroga del
termine per adempiere (attualmente fissato al 31.12.2013) o
almeno una sua «diluizione» (in base alla disciplina vigente
entro fine anno vanno associate tutte le nove funzioni
fondamentali individuate dall'art, 19 del dl 95/2013).
Il fatto che il decreto, atteso da tempo, sia arrivato al
capolinea sembra mostrare, invece, la volontà dell'esecutivo
di non fare sconti.
I comuni interessati possono scegliere fra due modelli
organizzativi: da un lato, l'unione (ordinaria o, per quelli
con meno di 1.000 abitanti, speciale) e la convenzione.
Quest'ultima deve avere durata almeno triennale e garantire
il conseguimento di significativi livelli di efficienza ed
efficacia.
In base a quanto stabilito dal decreto, l'efficienza sarà
misurata in base ai dati contabili di bilancio relativi alla
spesa corrente: quest'ultima, alla fine del triennio (ovvero
nel 2015) dovrà essersi ridotta di almeno il 5% rispetto ai
livelli precedenti alla gestione associata. La lettera della
norma parla di «risparmio complessivo» degli enti
convenzionati, ma l'allegato B richiede una riduzione in
capo a ogni singolo comune. Per evitare di penalizzare gli
enti capofila, dal computo vengono escluse quote di spesa
pari alle entrate per rimborsi provenienti da altri comuni
convenzionati. Sono altresì da escludere le spese finanziate
da contributi e quelle riferite a servizi in precedenza non
attivati.
Quanto all'efficacia, occorrerà dimostrare di aver raggiunto
un migliore livello di servizi in almeno tre aree funzionali
fra quelle indicate (rifiuti, edilizia scolastica, polizia
locale, tributi, servizi sociali, lavori pubblici, asili
nido e mense): a tal fine, è stata predisposta un lista di
indicatori che dovranno migliorare entro la fine del
triennio (ad esempio, per i rifiuti rileva la percentuali di
raccolta differenziata, per i nidi il rapporto fra domande
soddisfatte e domande presentate ecc.).
Saranno i singoli enti a dover attestare il raggiungimento
dei target previsti, mediante dichiarazione sottoscritta dal
segretario e del responsabile dei servizi finanziari e
vistata dal sindaco.
Le attestazioni dovranno perfezionarsi entro 30 giorni dalla
scadenza del termine per l'approvazione del rendiconto 2015,
ovvero entro il 31.05.2016 (articolo
ItaliaOggi dell'01.11.2013). |
ENTI
LOCALI:
G.U. 25.10.2013 n. 251 "Determinazione dei contenuti e
delle modalità delle attestazioni dei Comuni comprovanti il
conseguimento di significativi livelli di efficacia ed
efficienza nella gestione associata delle funzioni"
(Ministero dell'Interno,
decreto 11.09.2013). |
ENTI
LOCALI:
Gestioni associate, chiesta la proroga.
L'obbligo, in vigore dal 2014, è a
rischio incostituzionalità.
Prorogare l'appuntamento dei piccoli
comuni con la gestione associata delle funzioni
fondamentali, in attesa che la Corte costituzionale il
prossimo 3 dicembre si pronunci sulle norme che obbligano i
mini-enti a mettersi insieme. Norme mai del tutto digerite
dai diretti interessati e anche dalle regioni che hanno
inondato di ricorsi la Consulta lamentando la violazione
delle proprie prerogative in materia di ordinamento degli
enti locali.
Contro l'art. 16 del dl 138/2011 che ha imposto il modello
dell'unione per l'esercizio delle funzioni fondamentali a
tutti i comuni fino a 1.000 abitanti si sono levate ben
dieci regioni (Toscana, Lazio, Puglia, Emilia-Romagna,
Veneto, Liguria, Umbria, Campania, Lombardia e Sardegna),
mentre altri cinque ricorsi (presentati da Sardegna, Puglia,
Lazio, Veneto e Campania) hanno preso di mira l'art. 19
della spending review di Mario Monti (dl 95/2012) che
ha riscritto l'art. 14 del dl 78/2010 fissando la data del
01.01.2014 quale dead line per l'esercizio in forma
associata di nove funzioni fondamentali su dieci (tramite
unione o convenzione).
L'appuntamento con l'associazionismo, dunque, si avvicina,
ma i piccoli comuni chiedono tempo. Con il ddl Delrio ancora
«in lavorazione» e nella prospettiva di dover
assistere di qui a pochi mesi a una nuova demolizione della
spending review da parte della Consulta, per i
mini-enti la proroga sarebbe «un atto di buon senso che ci
darebbe un po' di respiro» (così Franca Biglio presidente
dell'Anpci).
«La scadenza del 01.01.2014 è insostenibile per molte
ragioni», ha spiegato Mauro Guerra, coordinatore
nazionale Anci piccoli comuni. «Oltre all'assoggettamento
al patto di stabilità dal 2013 e alle incertezze sui
bilanci, bisogna ricordare che più della metà dei piccoli
comuni andrà al voto nella prossima primavera. Sarebbe
dunque ragionevole che siano le nuove amministrazioni a
gestire il complicato passaggio verso la gestione associata
delle funzioni fondamentali».
Ma, oltre al buon senso, a favore dei piccoli comuni
militano molte argomentazioni giuridiche che rendono non
proprio infondate le speranze dei mini-enti di vedere le
norme sull'associazionismo obbligatorio spazzate via dalla
Corte costituzionale. In materia c'è infatti un precedente
importante, quello sulle comunità montane salvate
dall'abrogazione nel 2009 in quanto considerate alla stregua
di enti «sub-regionali» e quindi rientranti nella
competenza residuale delle regioni.
Un intervento statale, sostengono i ricorrenti, sarebbe
dunque illegittimo perché, come da sempre sostenuto dalla
Consulta, la competenza esclusiva statale in materia di
legislazione elettorale, organi di governo e funzioni
fondamentali va riferita solo agli enti tassativamente
elencati nell'art. 114 Cost. (comuni, province, regioni e
città metropolitane) e non ad enti diversi come le unioni.
«Così correttamente ricostruito il riparto di
attribuzioni tra stato e regioni», si legge in uno dei
dieci ricorsi contro l'art. 16, quello presentato dal
presidente della regione Campania, Stefano Caldoro, e
redatto dal professor Beniamino Caravita di Toritto, «risulta
netto il contrasto con il dettato costituzionale,
derivandone di conseguenza la manifesta violazione delle
competenze normative regionali».
L'emendamento per spostare in avanti l'appuntamento con le
gestioni associate è pronto e sarà depositato alla camera
dove è in discussione il decreto Imu (dl 102/2013). Si punta
a ottenere uno slittamento al 01.01.2015 ma i mini-enti si
accontenterebbero anche di sei mesi di tempo in più (articolo
ItaliaOggi del 26.09.2013). |
ENTI LOCALI - PUBBLICO IMPIEGO: Sulla
gestione associata delle funzioni comunali.
Il recente D.L. 06.07.2012, n. 95
(convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma
1, L. 07.08.2012, n. 135) all’art. 19 ha variato la
normativa diretta al contenimento delle spese per
l'esercizio delle funzioni fondamentali dei comuni,
apportando modificazioni alla disciplina di cui ai commi 25
e seguenti dell’art. 14 del D.L. 31.05.2010, n. 78
(convertito, con modificazioni, dalla legge 30.07.2010, n.
122).
Il predetto articolo 14 –dopo aver
premesso che le disposizioni dettate dai commi da 26 a 31
sono dirette ad assicurare il coordinamento della finanza
pubblica e il contenimento delle spese per l'esercizio delle
funzioni fondamentali dei comuni– ha stabilito (comma 26)
che “L'esercizio delle funzioni fondamentali dei Comuni è
obbligatorio per l'ente titolare”. Tali sono, ai sensi
dell’art. 117, secondo comma, lettera p), della
Costituzione, le funzioni indicate al comma 27.
Tuttavia, l’obbligatorietà della funzione
non legittima e non giustifica, di per sé, alcuna deroga sia
al divieto di assunzione, sopra esaminato, sia all’obbligo
di riduzione della spesa di personale dell’Ente locale.
In altre parole, qualora l’Ente non
disponga e non possa assumere risorse lavorative sufficienti
o idonee all’assolvimento (di tutte o di parte) delle
funzioni fondamentali indicate, deve avvalersi della
possibilità di aderire a un diverso assetto organizzativo
per il loro svolgimento che, per gli enti di più piccole
dimensioni diventa obbligo.
---------------
Quello che qui conta mettere in evidenza è che
le prescrizioni sopra indicate hanno una finalità
ben più ampia di quella meramente riduttiva della spesa, in
quanto esigono che le funzioni siano svolte “secondo i
principi di efficacia, economicità, di efficienza e di
riduzione delle spese”.
In altre parole, il fenomeno associativo che doverosamente e
progressivamente interesserà tutte le funzioni fondamentali
dei comuni rientranti nella fascia demografica di cui
trattasi comporta che ad esso ci si rivolge non solo per
tamponare una momentanea e transitoria carenza di risorse,
finanziarie o umane, da destinare alla funzione da
assolvere, ma assume i caratteri di un assetto organizzativo
stabile. Tale assetto organizzativo deve essere
necessariamente in grado di programmare e coordinare la
gestione del servizio e di misurarne i risultati, secondo
indicatori che ne attestino l’efficacia e l’efficienza.
---------------
In definitiva, il legislatore chiede di
spostare l’angolo di attenzione dal livello di spesa di ogni
singolo comune al livello di spesa per il servizio
associato, commisurandolo alla efficacia e alla maggiore
efficienza dello stesso rispetto a quanto singolarmente
assicurato da ciascun ente in precedenza. In questa ottica
si tratta di un significativo mutamento di prospettiva: la
gestione di un servizio associato non può più essere
rappresentata sotto il profilo dei meri risultati contabili
che rifluiscono sui conti del singolo Ente, ma deve essere
considerata nel suo complesso e valutata con riferimento al
raggiungimento di risultati gestionali predeterminati.
---------------
3.6 – Tanto chiarito, la questione da affrontare può
riassumersi nei seguenti termini: posto un Comune che non
abbia nei propri ruoli personale idoneo da adibire allo
svolgimento di una funzione fondamentale ed essenziale, né
possa procedere ad assunzioni avendo superato la soglia
massima del rapporto spesa di personale/spesa corrente, ci
si chiede se possa ugualmente assicurare detta funzione
aderendo a una Convenzione che ne regoli l’esercizio in
comune, assumendo a carico del proprio bilancio la spesa
occorrente alla remunerazione (pro quota) di personale alle
dipendenze di altro Ente ma adibito al servizio associato.
4.1 – Al quesito può darsi risposta affermativa, con le
precisazioni che seguono.
4.2 - L’obiettivo di ridurre o, quanto meno, contenere,
l’incidenza delle spese di personale negli enti locali è
ritenuto, da sempre, obiettivo prioritario di finanza
pubblica. Ad esso, nel tempo, si sono ispirate diverse norme
finalizzate, prima di tutto, a razionalizzare e riordinare
le strutture organizzative degli Enti e, ove necessario, a
imporre limiti e vincoli di spesa.
A tale ultima categoria appartiene la disposizione contenuta
nell’art. 76, comma 7, D.L. n. 112/2008 (come oggi vigente
per effetto di successive modifiche), sopra citata, che fa
appunto divieto agli enti nei quali l'incidenza delle spese
di personale (comprese le spese sostenute anche dalle
società a partecipazione pubblica locale totale o di
controllo che sono titolari di affidamento diretto di
servizi pubblici locali senza gara, ovvero che svolgono
funzioni volte a soddisfare esigenze di interesse generale
aventi carattere non industriale, né commerciale, ovvero che
svolgono attività nei confronti della pubblica
amministrazione a supporto di funzioni amministrative di
natura pubblicistica) è pari o superiore al 50 per cento
delle spese correnti di procedere ad assunzioni di personale
a qualsiasi titolo e con qualsivoglia tipologia
contrattuale.
Gli enti che non hanno superato detta soglia possono
procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato
nel limite del 40 per cento della spesa corrispondente alle
cessazioni dell'anno precedente, fatta eccezione per le
assunzioni del personale destinato allo svolgimento delle
funzioni in materia di polizia locale (oltre che di
istruzione pubblica e del settore sociale) per i quali è
calcolato, ai fini assunzionali, l’onere nella misura
ridotta del 50 per cento. In ogni caso, le predette
assunzioni continuano a rilevare per intero ai fini del
calcolo delle spese di personale come sopra previsto (primo
periodo del comma 7).
Per gli enti nei quali l'incidenza delle spese di personale
è pari o inferiore al 35 per cento delle spese correnti sono
ammesse, in deroga al limite del 40 per cento, le assunzioni
per turn-over che consentano l'esercizio delle funzioni
fondamentali previste dall'articolo 21, comma 3, lettera b),
della legge 05.05.2009, n. 42. Dette assunzioni, comunque,
sono ammesse nel rispetto degli obiettivi del patto di
stabilità interno e fermo restando i limiti di contenimento
complessivi delle spese di personale.
4.3 - La disposizione sopra riportata va collocata come
necessario completamento di quelle, più risalenti, contenute
ai commi 557 e 562 dell’articolo unico della legge n.
296/2006, che da tempo hanno chiamato le autonomie regionali
e locali (siano esse soggette o meno al patto di stabilità)
a concorrere al rispetto degli obiettivi di finanza pubblica
mediante il contenimento del costo del personale.
Contenimento da raggiungere riducendo l'incidenza
percentuale delle spese di personale rispetto al complesso
delle spese correnti, attraverso la parziale reintegrazione
dei cessati e contenendo la spesa per il lavoro flessibile;
la razionalizzazione e lo snellimento delle strutture
burocratico-amministrative, e l’accorpamento di uffici; il
contenimento delle dinamiche di crescita della
contrattazione integrativa.
Solo laddove queste misure non siano state sufficienti a
raggiungere i risultati-obiettivo e fino a quando non si
saranno liberati spazi assunzionali, l’estrema soluzione
adottata dal legislatore è stata individuata, come sopra
detto, nel vietare le assunzioni e, per quelle ammesse,
limitare comunque l’incidenza delle spese.
4.4 – Di recente l’attenzione del legislatore è tornata a
occuparsi di modalità organizzative per l’erogazione dei
servizi e delle funzioni intestate agli Enti Locali,
soprattutto con riferimento a quelli di più piccole
dimensioni, al fine di superare l’estrema polverizzazione
degli Enti in comunità di pochi abitanti nei confronti dei
quali l’assolvimento dei compiti fondamentali deve essere
adeguato e differenziato anche in relazione alla capacità
finanziaria dell’Ente medesimo.
4.5 - Il recente D.L. 06.07.2012, n. 95
(convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma
1, L. 07.08.2012, n. 135),
contenente “Disposizioni urgenti per la revisione della
spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini
nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese
del settore bancario”, all’art. 19 ha
variato la normativa diretta al contenimento delle spese per
l'esercizio delle funzioni fondamentali dei comuni,
apportando modificazioni alla disciplina di cui ai commi 25
e seguenti dell’art. 14 del D.L. 31.05.2010, n. 78
(convertito, con modificazioni, dalla legge 30.07.2010, n.
122).
Il predetto articolo 14 –dopo aver premesso
che le disposizioni dettate dai commi da 26 a 31 sono
dirette ad assicurare il coordinamento della finanza
pubblica e il contenimento delle spese per l'esercizio delle
funzioni fondamentali dei comuni– ha stabilito (comma 26)
che “L'esercizio delle funzioni fondamentali dei Comuni è
obbligatorio per l'ente titolare”. Tali sono, ai sensi
dell’art. 117, secondo comma, lettera p), della
Costituzione, le funzioni indicate al comma 27,
tra cui (lett. i), quella di polizia municipale o di polizia
amministrativa locale.
4.6 - Tuttavia, l’obbligatorietà della
funzione non legittima e non giustifica, di per sé, alcuna
deroga sia al divieto di assunzione, sopra esaminato, sia
all’obbligo di riduzione della spesa di personale dell’Ente
locale.
In altre parole, qualora l’Ente non
disponga e non possa assumere risorse lavorative sufficienti
o idonee all’assolvimento (di tutte o di parte) delle
funzioni fondamentali indicate, deve avvalersi della
possibilità di aderire a un diverso assetto organizzativo
per il loro svolgimento che, per gli enti di più piccole
dimensioni, come
nel caso del Comune di Cirigliano, diventa
obbligo.
A questo riguardo la disciplina in esame (comma 28) ha
stabilito che i comuni con popolazione fino a 5.000
abitanti, ovvero fino a 3.000 abitanti se appartengono o
sono appartenuti a comunità montane, sono obbligati a
esercitare in forma associata, mediante unione di comuni o
convenzione, le funzioni fondamentali dei comuni di cui al
comma 27, ad esclusione della funzione di tenuta dei
registri dello stato civile, della funzione anagrafica ed
elettorale. Ai comuni è precluso di svolgere singolarmente
le funzioni fondamentali svolte in forma associata e la
medesima funzione non può essere svolta da più di una forma
associativa.
La normativa statale in argomento impone anche termini
rigorosi entro i quali procedere. I comuni interessati
devono assicurare, infatti, l'attuazione delle disposizioni
di cui sopra: a) entro il 01.01.2013 con riguardo ad almeno
tre delle funzioni fondamentali; b) entro il 01.01.2014 con
riguardo alle restanti funzioni fondamentali.
4.7 - Quello che qui conta mettere in evidenza è che
le prescrizioni sopra indicate hanno una finalità
ben più ampia di quella meramente riduttiva della spesa, in
quanto esigono che le funzioni siano svolte “secondo i
principi di efficacia, economicità, di efficienza e di
riduzione delle spese”.
In altre parole, il fenomeno associativo che doverosamente e
progressivamente interesserà tutte le funzioni fondamentali
dei comuni rientranti nella fascia demografica di cui
trattasi comporta che ad esso ci si rivolge non solo per
tamponare una momentanea e transitoria carenza di risorse,
finanziarie o umane, da destinare alla funzione da
assolvere, ma assume i caratteri di un assetto organizzativo
stabile. Tale assetto organizzativo deve essere
necessariamente in grado di programmare e coordinare la
gestione del servizio e di misurarne i risultati, secondo
indicatori che ne attestino l’efficacia e l’efficienza.
Ed infatti, posto che l’esercizio in forma associata delle
funzioni si fonda su convenzioni della durata almeno
triennale, “ove alla scadenza del predetto periodo, non
sia comprovato, da parte dei comuni aderenti, il
conseguimento di significativi livelli di efficacia ed
efficienza nella gestione, secondo modalità stabilite con
decreto del Ministro dell'interno, da adottare entro sei
mesi, sentita la Conferenza Stato-Città e autonomie locali,
i comuni interessati sono obbligati ad esercitare le
funzioni fondamentali esclusivamente mediante unione di
comuni” (comma 31-bis).
Ciò è vero sia con riferimento alle forme associative che
sorgono nell’ambito della dimensione territoriale ottimale e
omogenea per area geografica individuata dalla Regione
(comma 30), con un limite demografico comunque non inferiore
a 10.000 abitanti, sia con riferimento a ogni altra forma
associativa che sorga nelle more dell’intervento regionale
ma in attuazione delle prescrizioni di legge.
In definitiva, il legislatore chiede di
spostare l’angolo di attenzione dal livello di spesa di ogni
singolo comune al livello di spesa per il servizio
associato, commisurandolo alla efficacia e alla maggiore
efficienza dello stesso rispetto a quanto singolarmente
assicurato da ciascun ente in precedenza. In questa ottica
si tratta di un significativo mutamento di prospettiva: la
gestione di un servizio associato non può più essere
rappresentata sotto il profilo dei meri risultati contabili
che rifluiscono sui conti del singolo Ente, ma deve essere
considerata nel suo complesso e valutata con riferimento al
raggiungimento di risultati gestionali predeterminati.
4.8 - Da quanto sopra argomentato se ne ricava che, sul
piano del rispetto della normativa vincolistica in materia
di assunzioni di personale, il Comune di Cirigliano ben può
usufruire del servizio di polizia locale reso
dall’Associazione dei Comuni alla quale partecipa senza
dover assumere proprio personale. Peraltro, sul piano della
contabilità dell’Ente neppure rileva come spesa di
personale, da porre in rapporto alla spesa corrente, il
pagamento della quota parte della spesa complessiva del
servizio associato, dal momento che la spesa del personale
impiegato è contabilizzata per intero da ciascun Ente al
quale detto personale è legato da rapporto organico di
lavoro.
A tal proposito si dovrebbe prendere in considerazione la
opportunità che, simmetricamente, la spesa sostenuta a
titolo di rimborso a favore del servizio reso dalla gestione
associata debba essere neutralizzata ai soli fini del
calcolo del rapporto spesa di personale/spesa corrente.
Diversamente, tale rapporto verrebbe ad essere alterato due
volte: una prima volta, per la mancata iscrizione al
numeratore (spesa di personale) degli oneri corrisposti per
il servizio; una seconda volta, per il mantenimento al
denominatore (spesa corrente) dei medesimi oneri.
In ogni caso è possibile che, per il Comune di Cirigliano,
il rapporto spesa di personale/spesa corrente torni ad
essere, nel 2013, inferiore al 50%, così da aprire, a
partire dal 2014, nuovi spazi assunzionali mentre, a parità
di tutte le altre condizioni, rimarrebbe costante la
rigidità della spesa di personale per gli Enti associati che
abbiano fornito il personale necessario all’assolvimento del
servizio.
Tale opportunità deve, tuttavia, conciliarsi con quanto
osservato da questa stessa Sezione in occasione della citata
delibera n. 51/2013/PAR che sul punto così si esprime: “Si
consideri, infatti, preliminarmente che, salvo che un ente
non sia animato (avendone la possibilità) da spirito
oblativo, le convenzioni –che, come si è visto, per dettato
normativo hanno ad oggetto “funzioni e servizi determinati”–
normalmente non saranno unidirezionali, e quindi ciascuno
dei vari enti convenzionati potrà fornire il personale
necessario per l’esercizio delle singole funzioni da
associare, e quindi assumerne la delega o distaccare le
risorse umane necessarie all’ufficio comune.
Conseguentemente, gli enti locali che accettino di
rinunciare a parte della prestazione lavorativa di un
proprio dipendente in favore di altri enti convenzionati,
pur dovendo computarne integralmente la spesa ai fini della
predetta norma, riceveranno beneficio dal mancato conteggio
della quota necessaria a retribuire la prestazione svolta in
favore dei propri cittadini dal personale di altri enti”.
Ciò per significare che in un contesto
associativo, che pure non ha ancora assunto quegli elementi
di spiccata personalità propria dell’Unione, l’analisi dei
fabbisogni di personale e la conseguente programmazione deve
necessariamente essere orientata verso un orizzonte più
ampio di quello del singolo comune, che tenga conto, cioè,
dell’ambito associativo e abbia come obiettivo il
conseguimento dei risultati della gestione, di cui si è
detto
(Corte dei Conti, Sez. controllo Basilicata,
deliberazione 18.09.2013 n. 113). |
ENTI
LOCALI:
Oggetto: Gestione associata delle funzioni fondamentali
degli enti locali ex art. 14, commi da 25 a 31-quater, della
legge n. 122/2010 e successive modifiche, in base al testo
come integrato dall'art. 19 della legge n. 135/2012
(Prefettura di Avellino,
nota 11.09.2013 n. 1256 di prot.). |
ENTI
LOCALI:
Sull'obbligo della gestione associata delle funzioni
fondamentali per i Comuni con popolazione fino a 5.000
abitanti.
Lo svolgimento unitario di ciascuna
funzione implica che la stessa sia espressione di un disegno
unitario riconducibile alle aree individuate all’interno
delle funzioni elencate al comma 27 dell’art. 14.
L’identificazione di dette aree non può essere effettuata,
attraverso una interpretazione restrittiva delle funzioni di
riferimento. Le funzioni per le quali è prevista la gestione
associata sono, infatti, le stesse per le quali il comma 26
prescrive l’esercizio obbligatorio per l’Ente titolare.
Pertanto ogni interpretazione volta ad escludere la
necessaria gestione associata per determinati servizi,
implica disconoscere, per gli stessi, la riconducibilità a
funzioni fondamentali da esercitarsi in ogni caso, in via
obbligatoria, da parte dell’Ente.
---------------
Il Comune istante formula una richiesta di parere in
merito alla corretta interpretazione delle norme risultanti
dall’art. 14, commi 25 – 31-quater del d.l. n. 78 del 2010,
convertito dalla legge n. 122 del 2010 che stabiliscono
l’obbligo della gestione associata delle funzioni
fondamentali per i Comuni con popolazione fino a 5.000
abitanti (ovvero a 3.000 se il loro territorio ricade
all’interno di Comunità montane conteggio del corrispettivo
delle aree cedute in proprietà di cui all’art. 31, comma 48,
della legge 23.12.1998).
In particolare chiede se sia corretto ritenere non
incluse fra le funzioni del comune da gestire
obbligatoriamente in forma associata quelle concernenti i
seguenti servizi: ufficio tecnico; gestione dei beni
demaniali e patrimoniali; mera attività di gestione
dell’urbanistica e territorio.
...
Allo scopo di assicurare il coordinamento della finanza
pubblica e il contenimento delle spese per l'esercizio delle
funzioni fondamentali dei comuni, l’art. 14, comma 25 e
segg. del d.l. 31.05.2010, n. 78, conv. dalla legge
30.07.2010, n. 122, come modificato ed integrato dall’art.
19 del d.l. 06.07.2012, n. 95, conv. dalla legge 07.08.2012,
n. 135, ha previsto che i Comuni con
popolazione inferiore ai 5.000 abitanti sono tenuti, entro
scadenze prefissate dal legislatore, ad esercitare “obbligatoriamente,
in forma associata, mediante unione di comuni o convenzione,
le funzioni fondamentali dei comuni di cui al comma 27, ad
esclusione della lettera l)” (art. 14, co. 27 e co. 28).
Per quanto maggiormente utile ai fini della soluzione del
quesito posto, i principi desumibili dalle
disposizioni sopra indicate (come già evidenziato da questa
Sezione nella delibera n. 304/2012) sono enucleabili come
segue:
- l’esercizio delle funzioni fondamentali dei Comuni è
obbligatorio per l’Ente titolare;
- sono funzioni fondamentali dei Comuni, ai sensi dell’art.
117, comma 2, lett. p), della Costituzione, quelle elencate
nel comma 27 dell’art. 14 del D.L. n. 78/2010, conv. nella
L. n. 122/2010, come modificato dal D.L. n. 95/2012, conv.
nella L. n. 135/2012;
- i Comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti esercitano
obbligatoriamente in forma associata, mediante Unione di
Comuni o convenzione, le funzioni fondamentali;
- i Comuni non possono svolgere singolarmente le funzioni
fondamentali svolte in forma associata e la medesima
funzione non può essere svolta da più di una forma
associativa.
Tanto premesso, il Comune istante ritiene, sulla base di una
scelta comune agli enti interessati, che non siano soggetti
all’obbligo di gestione associata i servizi concernenti
l’ufficio tecnico, la gestione dei beni demaniali e
patrimoniali e la mera attività di gestione dell’urbanistica
e territorio.
Motiva quanto asserito, sostenendo che: i primi due non
possano essere ricompresi nella lettera a) delle funzioni di
cui al comma 27 dell’articolo di riferimento “organizzazione
generale dell'amministrazione, gestione finanziaria e
contabile e controllo”, non ravvisandosi un riferimento
diretto nella dizione della norma e non risultando
vincolante la struttura dei servizi disegnata dal DPR
31.01.1996, n. 194; il terzo non sarebbe riconducibile alla
lettera d) dello stesso comma “la pianificazione
urbanistica ed edilizia di ambito comunale nonché la
partecipazione alla pianificazione territoriale di livello
sovracomunale”, facendosi ivi riferimento per l’appunto
alla pianificazione e non alla gestione.
Al riguardo la Sezione evidenzia quanto segue, riprendendo e
sviluppando quanto già illustrato nella delibera n. 9/2013.
In relazione alla concreta organizzazione di ciascuna
funzione, gli Enti che intendono procedere unitariamente per
attuare la previsione legislativa debbono unificare le
attività e gli uffici in relazione alle aggregazioni
specificamente individuate dal comma 27.
Lo svolgimento unitario di ciascuna funzione implica che la
stessa sia espressione di un disegno unitario riconducibile
alle aree individuate all’interno delle funzioni elencate al
comma 27.
L’identificazione di dette aree non può essere effettuata,
come prospettato dall’Ente, attraverso una interpretazione
restrittiva delle funzioni di riferimento.
Tale lettura è tanto più da escludere, ove si osservi che
(salve le eccezioni espressamente disposte), le funzioni per
le quali è prevista la gestione associata sono le stesse per
le quali il comma 26 prescrive l’esercizio obbligatorio per
l’Ente titolare. In altri termini va considerato che ogni
interpretazione volta ad escludere la necessaria gestione
associata per determinati servizi, implica disconoscere, per
gli stessi, la riconducibilità a funzioni fondamentali da
esercitarsi in ogni caso, in via obbligatoria, da parte
dell’Ente.
E’ pur vero che il legislatore ha indicato l’obiettivo
dell’esercizio associato delle funzioni, da raggiungere
progressivamente, ma non ha fornito indicazioni in merito ai
rapporti con l’organizzazione del sistema di bilancio,
disciplinata dal d.p.r. 31.01.1996, n. 194, recante “Regolamento
per l’approvazione dei modelli di cui all’articolo 114 del
decreto legislativo 25.02.1995, n. 77, concernente
l’ordinamento finanziario e contabile degli Enti locali”.
In particolare, considerata la natura del d.p.r. n. 194 si
deve ritenere che non vi sia coincidenza tra le funzioni ivi
indicate e quelle che costituiscono oggetto di aggregazione
che devono essere identificate dagli Enti in base alla loro
attuale organizzazione, in concreto, in base alle
indicazioni contenute nel co. 27 dell’art. 14 del d.l. n.
78, conv. dalla legge n. 122 del 2010.
Spetta quindi agli Enti interessati
disegnare la nuova organizzazione delle funzioni, partendo
dalle attività sinora svolte da ciascuno di essi, ma anche
adottando un modello che non si riveli elusivo degli intenti
di riduzione della spesa, efficacia, efficienza ed
economicità perseguiti dal legislatore, non essendo
sufficiente peraltro che il nuovo modello organizzativo non
preveda costi superiori alla fase precedente nella quale
ciascuna funzione era svolta singolarmente da ogni Ente
(Corte dei Conti, Sez. controllo Piemonte,
parere 31.07.2013 n. 292). |
APPALTI:
Stazione unica appalti in Unione o
convenzione. La scelta dipende dalla gestione associata già
in funzione.
Piccoli Comuni. L'organismo va attivato entro marzo negli
enti fino a 5mila abitanti.
Mentre gli enti locali più piccoli sono intenti a discutere
sulle funzioni fondamentali da gestire insieme, tramite
Unione o convenzione, un servizio interno da associare con
immediatezza è quello che si occupa degli appalti
finalizzati alla realizzazione dei lavori pubblici e
all'acquisizione di beni e di servizi.
I Comuni con popolazione fino a 5mila abitanti devono
accentrare queste procedure secondo lo schema della «Stazione
unica appaltante» o della «Centrale unica di
committenza» (articolo 33 del Dlgs 163/2006), con
decorrenza dalle gare bandite successivamente al 31.03.2013
(lo prevedono l'articolo 23, comma 5, del Dl 201/2011 e
l'articolo 29 del Dl 216/2011).
È ormai acquisito che l'obbligo in esame riguarda solo le
procedure di gara (ufficiale o ufficiosa), mentre ogni ente
rimane responsabile delle fasi a monte
(programmazione/progettazione) e a valle (esecuzione). Ogni
ente (o ufficio associato) provvede inoltre autonomamente
agli affidamenti diretti nei casi consentiti
dall'ordinamento (si veda Corte dei conti, sezione Piemonte,
parere n. 271 del 06.07.2012).
Resta peraltro l'opportunità di associare anche l'ufficio
acquisti, che costituisce uno strumento essenziale ai fini
della razionalizzazione della spesa degli enti locali; non a
caso questa facoltà diviene obbligo entro la fine del 2013,
come previsto dall'articolo 14, comma 27, del Dl 78/2010,
che dispone l'obbligo per i piccoli Comuni di gestire in
forma associata «l'organizzazione generale
dell'amministrazione».
Meno chiaro e tassativo è il contenuto di questa norma con
riferimento ai lavori pubblici - anche se sarebbe
paradossale non considerarli all'interno delle funzioni «fondamentali»
dell'ente.
La scadenza in esame va necessariamente posta in raccordo
con le disposizioni in materia di associazionismo, potendo
distinguere anche alla luce di tale previsione due ipotesi:
a) se al 31.03.2013 risulta costituita una Unione di Comuni,
l'obbligo di costituzione della centrale di committenza
dovrà gravare verosimilmente sull'Unione stessa, in una
logica complessiva conforme allo spirito dell'intervento
normativo. È stato affermato che i piccoli Comuni possono
fare ricorso a una pluralità di forme associative, fermo
restando il divieto di scomposizione di ogni singola
funzione; vista la trasversalità delle gare ad evidenza
pubblica sembra possibile sostenere che questa gestione
debba essere ricondotta all'insieme delle funzioni
fondamentali quale funzione strumentale o connessa (si
pensi, a titolo meramente esemplificativo, alle gare
riguardanti l'edilizia scolastica o la fornitura di
materiale scolastico);
b) se invece al 31.03.2013 l'Unione non è ancora costituita,
o se i Comuni hanno deciso di stipulare una convenzione per
la gestione associata delle funzioni fondamentali, sembra
gravare sugli stessi l'obbligo di stipulare un «accordo
consortile» - al quale la norma fa riferimento e che va
inteso tuttavia nel senso previsto dall'articolo 30 del Dlgs
267/2000.
Il riferimento ai consorzi in questa delicata materia è in
palese contraddizione con quanto affermato in altra recente
opzione espressa dal legislatore statale (legge Finanziaria
2010), che ha immaginato la soppressione dei consorzi di
funzioni tra gli enti locali (articolo 2, comma 186, legge
191/2009). Il probabile "refuso" legislativo, quindi,
non può che essere interpretato in modo coerente con la
normativa generale in materia di gestione associata dei
servizi, che prevede due sole forme: l'Unione e la
convenzione.
---------------
Le opzioni
01|LA SCADENZA
Entro il 31 marzo i Comuni con popolazione compresa entro i
5mila abitanti devono associare nella Stazione unica
appaltante, per una popolazione superiore alla soglia, gli
uffici che si occupano degli appalti per la realizzazione di
lavori e per le prestazioni di servizi
02|LE UNIONI
La scadenza si intreccia con l'obbligo di avviare la
gestione associata negli stessi enti di almeno tre funzioni
fondamentali a partire da quest'anno, mentre dall'anno
prossimo sarà l'intero novero delle funzioni fondamentali a
dover essere associato. Negli enti in cui è già costituita
un'Unione, può essere questa l'organizzazione a cui
collegare la stazione unica appaltante
03|L'ALTERNATIVA
In linea con gli obblighi generali di gestione associata,
anche la convenzione può essere utilizzata come strumento
per avviare la stazione unica appaltante. Fuori linea appare
invece il richiamo della norma agli accordi consortili,
perché i consorzi sono stati soppressi nel 2009
---------------
Forme alternative. L'infortunio della
norma. Da escludere il ricorso a nuovi consorzi.
IL «REFUSO»/ Il richiamo agli «accordi consortili» nella
legge è in netto contrasto con la Finanziaria 2010 che li ha
aboliti.
L'interpretazione che vede il riferimento ai consorzi come "refuso"
normativo nella disciplina sulla Stazione unica appaltante
ha certamente il pregio di evitare la costituzione di
ulteriori organi consortili e con essi le relative spese.
Ogni altra lettura della norma si porrebbe in evidente
violazione degli obiettivi sottesi alla spending review.
In altri termini, come da più parti osservato, il termine «accordo
consortile» contenuto al comma 3-bis dell'articolo 33
del Dlgs 163/2006 -anche alla luce delle disposizioni
introdotte dall'articolo 2, comma 186, lettera e), della
legge 191/2009- deve ritenersi utilizzato dal legislatore in
senso atecnico.
Da questa previsione normativa, in sostanza, non
discenderebbe dunque l'obbligo di istituire un Consorzio,
quanto, piuttosto semplicemente l'obbligo, attraverso un
atto convenzionale, di istituire una centrale di
committenza.
La centrale di committenza può essere costituita di
conseguenza mediante accordo convenzionale ex articolo 30
del Testo unico degli enti locali, utilizzando il modello
della delega di funzioni da parte degli enti partecipanti
all'accordo a favore di uno di essi, che opera in luogo e
per conto degli enti deleganti.
Sulla base di questi presupposti, in merito alla dimensione
demografica ottimale della gestione in forma associata della
centrale di committenza, in assenza di puntuali previsioni
normative, devono ritenersi applicabili le disposizioni
regionali già adottate per la gestione associata
obbligatoria delle funzioni fondamentali (articolo
Il Sole 24 Ore dell'11.03.2013 - tratto da
www.corteconti.it). |
ENTI
LOCALI: Piccoli
enti. Con il 2013 al via l'obbligo di riorganizzazione dei
Comuni fino a 5mila abitanti.
Unioni a competenza ampia. Le gestioni associate devono
riguardare anche personale e finanze.
I Comuni fino a 5mila abitanti devono
associare tramite unione tra Comuni o convenzione le loro
«funzioni fondamentali». Il percorso associativo deve essere
avviato e completato entro il 2013 secondo le modalità
definite dalla legge statale e regionale.
Non è pacifica, prima di tutto, la delimitazione della prima
funzione indicata all'articolo 14, comma 27, del Dl 78/2010
(«organizzazione generale dell'amministrazione, gestione
finanziaria e contabile e controllo»). Va segnalata
anzitutto una posizione interpretativa più attenta al dato
formale, che sembra in effetti restringere l'obbligo al
semplice coordinamento dei servizi amministrativi oltre che
alla gestione finanziaria e contabile.
D'altra parte occorre considerare lo spirito della legge:
l'elenco comprende le «funzioni fondamentali»
rilevanti per la definizione dei costi standard e dei
fabbisogni finanziari delle autonomie locali. Sotto questo
profilo, i servizi interni complessivamente intesi
costituiscono una parte irrinunciabile, per cui l'obbligo
associativo non può non comprendere la gestione dei servizi
amministrativi oltre che di quelli contabili. Non avrebbe
molto senso, del resto, mettere in piedi un'organizzazione
complessa che unifica la gestione delle sole ragionerie e
mantiene nei singoli enti gli altri servizi interni. È stato
affermato allora che per una corretta definizione delle
funzioni fondamentali occorre fare riferimento alla Funzione
1 del bilancio o, meglio ancora, alla Missione 1 del nuovo
bilancio armonizzato che comprende una serie eterogenea di
servizi interni, con un'impostazione che pare più
convincente (si veda anche Corte dei conti, sezione di
controllo Piemonte, parere n. 304/2012). Occorre dunque
associare un'ampia serie di servizi, dalla segreteria alla
gestione del personale, dal servizio finanziario
all'economato (servizio acquisti), dalla gestione delle
entrate ai controlli interni (articolo 147, comma 5, Tuel
introdotto dal Dl 174/2012).
Tra i servizi da associare vi è certamente anche quello
informatico, come precisato anche dall'articolo 14, comma
28, del Dl 78/2010. Questa gestione obbligatoria è da
ricondurre alla forma associativa istituita per la
generalità dei servizi interni; l'articolo 19, comma 7, del
Dl 95/2012 ha abrogato i commi da 3-bis a 3-octies
dell'articolo 15 del D.Lgs. 82/2005, superando così
l'antinomia che si era determinata con la sovrapposizione
delle due diverse previsioni normative sulla gestione
associata delle funzioni Ict per i piccoli Comuni.
Altro servizio da associare è quello degli appalti per
lavori pubblici e acquisizione di beni e di servizi; tali
procedure devono essere accentrate secondo lo schema della «centrale
unica di committenza» (articolo 33, comma 3-bis, del
Dlgs 163/2006) con decorrenza 31.03.2013 (articolo 23, comma
5, Dl 201/2011; articolo 29, Dl 216/2011). È stato affermato
che l'obbligo riguarda solo le procedure di gara: ogni ente
rimane responsabile delle fasi a monte
(programmazione/progettazione) e a valle (esecuzione), a
parte le procedure eventualmente conferite ad altro ufficio
associato (ad esempio, al servizio acquisti); ogni ente (o
ufficio associato) provvede inoltre agli affidamenti diretti
nei casi consentiti (Corte dei conti, sezione Piemonte,
parere 271/2012).
Restano da chiarire gli obblighi sulla gestione di
patrimonio e lavori pubblici, per le fasi che precedono e
seguono la gara. Da un lato va richiamata la posizione più
formale, in base alla quale i lavori pubblici e la
manutenzione del patrimonio comunale non rientrerebbero tra
le funzioni da associare in via obbligatoria; dall'altro
lato, vi è chi considera essenziale l'unificazione dei
servizi interni nella loro globalità (servizi
amministrativi, finanziari, tecnici), per le ragioni sopra
illustrate. Seguendo quest'ultima impostazione, i servizi
tecnici devono essere computati tra i costi standard e
quindi devono essere associati. Sulla questione si attende
tuttavia un chiarimento ministeriale (articolo
Il Sole 24 Ore del 28.01.2013 - tratto da
www.ecostampa.it). |
ENTI LOCALI:
Considerata la natura del d.p.r. n.
194/1996 si deve ritenere che non vi sia coincidenza tra le
funzioni ivi indicate e quelle che costituiscono oggetto di
aggregazione che devono essere identificate dagli Enti
interessati in base alla loro attuale organizzazione, in
concreto, in base alle indicazioni contenute nel co. 27
dell’art. 14 del d.l. n. 78, conv. dalla legge n. 122 del
20104.
Il Sindaco del Comune di Frassino ha inoltrato alla Sezione,
per il tramite del Consiglio delle Autonomie Locali del
Piemonte, un quesito inerente all’interpretazione delle
norme risultanti dall’art. 14, co. 25 – 31-quater del d.l.
n. 78 del 2010, conv. dalla legge n. 122 del 2010, come
integrate dall’art. 19 del d.l. n. 95 del 2012, conv. dalla
legge n. 135 del 2012 che stabiliscono l’obbligo della
gestione associata delle funzioni fondamentali per i Comuni
con popolazione fino a 5.000 abitanti, ovvero a 3.000 se il
loro territorio ricade all’interno di Comunità montane.
Il richiedente dopo aver osservato che il co. 27 del
citato art. 14 del d.l. n. 78 “definisce le funzioni
fondamentali dei Comuni che non corrispondono alle funzioni
indicate dal d.p.r. n. 194 del 1996 che ha approvato gli
schemi di bilancio per i Comuni” ha domandato alla
Sezione “quali siano i servizi di cui al d.p.r. n. 194
del 1996, che associando le funzioni fondamentali debbano a
loro volta essere associati”.
...
1.
In base all’art. 14, co. 27 e segg. del d.l. 31.05.2010, n.
78, conv. dalla legge 30.07.2010, n. 122, come modificato ed
integrato dall’art. 19 del d.l. 06.07.2012, n. 95, conv.
dalla legge 07.08.2012, n. 135, recante “Disposizioni
urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza
dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento
patrimoniale delle imprese del settore bancario”, i
Comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti sono
tenuti, entro scadenze prefissate dal legislatore, ad
esercitare “obbligatoriamente, in forma associata,
mediante unione di comuni o convenzione, le funzioni
fondamentali dei comuni di cui al comma 27, ad esclusione
della lettera l)” (art. 14, co. 27 e co. 28).
Il legislatore ha indicato l’obiettivo dell’esercizio
associato delle funzioni, da raggiungere progressivamente,
ma non ha fornito indicazioni in merito ai rapporti con
l’organizzazione del sistema di bilancio, disciplinata dal
d.p.r. 31.01.1996, n. 194, recante “Regolamento per
l’approvazione dei modelli di cui all’articolo 114 del
decreto legislativo 25.02.1995, n. 77, concernente
l’ordinamento finanziario e contabile degli Enti locali”.
2.
Lo scopo perseguito con la previsione contenuta nei commi 27
e segg. del citato art. 14 del d.l. n. 78, conv. dalla legge
n. 122 del 2010, è quello di migliorare l’organizzazione
degli Enti interessati al fine di fornire servizi più
adeguati sia ai cittadini che alle imprese, nell’osservanza
dei principi di economicità, efficienza ed efficacia
dell’azione amministrativa.
Spetta, quindi, agli Enti interessati dalla procedura di
aggregazione delle funzioni individuare le modalità
organizzative ottimali al fine di raggiungere gli obiettivi
di maggior efficienza, razionalizzazione e risparmio che il
legislatore intende conseguire con la previsione
dell’obbligatorietà dell’esercizio associato delle funzioni.
3.
In relazione alla concreta organizzazione di ciascuna
funzione, gli Enti che intendono procedere unitariamente per
attuare la previsione legislativa debbono unificare le
attività e gli uffici in relazione alle aggregazioni
specificamente individuate dal comma 273.
Lo svolgimento unitario di ciascuna funzione implica che la
stessa sia espressione di un disegno unitario riconducibile
alle aree individuate all’interno del comma 27 citato.
Spetta agli Enti interessati disegnare la nuova
organizzazione delle funzioni, partendo dalle attività
sinora svolte da ciascuno di essi, adottando un modello che
non si riveli elusivo degli intenti di riduzione della
spesa, efficacia, efficienza ed economicità perseguiti dal
legislatore (come si evince espressamente dal co. 30 del
citato art. 14 del d.l. n. 78), non essendo sufficiente che
il nuovo modello organizzativo non preveda costi superiori
alla fase precedente nella quale ciascuna funzione era
svolta singolarmente da ogni Ente.
4.
L’organizzazione unitaria delle funzioni prevista dal co. 28
dell’art. 14 del d.l. n. 78 non incide sull’organizzazione
del sistema di bilancio di ciascun Comune che è tenuto a
predisporre quest’ultimo in relazione alle previsioni
contenute nel d.p.r. n. 194 del 1996, tenendo conto che il
citato d.p.r. n. 194 non è stato adeguato ancora alle
modifiche organizzative degli Enti locali introdotte negli
ultimi anni.
Invero, il d.p.r. n. 194 del 1996 ha fornito una
regolamentazione del sistema di bilancio degli Enti locali
prima ancora dell’entrata in vigore del d.lgs. 06.08.2000,
n. 267 (TUEL) e dovrà essere rivisto alla luce sia delle
numerose modifiche all’organizzazione degli Enti, introdotte
dal legislatore negli ultimi anni (ad es.: esercizio
unificato delle funzioni), che del nuovo sistema contabile
in corso di introduzione in attuazione della legge
05.03.2009, n. 42, recante “Delega al Governo in materia
di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119
della Costituzione”.
Considerata la natura del d.p.r. n.
194/1996 si deve ritenere che non vi sia coincidenza tra le
funzioni ivi indicate e quelle che costituiscono oggetto di
aggregazione che devono essere identificate dagli Enti
interessati in base alla loro attuale organizzazione, in
concreto, in base alle indicazioni contenute nel co. 27
dell’art. 14 del d.l. n. 78, conv. dalla legge n. 122 del
20104 (Corte dei
Conti, Sez. controllo Piemonte,
parere 23.01.2013 n. 9). |
anno 2012 |
|
ENTI LOCALI -
PUBBLICO IMPIEGO: Gestione
associata di servizi.
La Corte dei Conti, sezione regionale Lombardia, con i
pareri 10.12.2012 n. 513 e
12.12.2012 n. 527 si occupa di aspetti correlati
alla gestione obbligatoria di funzioni e servizi da parte
dei piccoli enti che, dal 2013, saranno anche sottoposti
alle regole del patto di stabilità ed alle collegate norme
in tema di contenimento della spesa di personale e vincoli
assunzionali.
Sinteticamente, la sezione lombarda, anche a conferma di
propri precedenti pareri, rammenta che:
- qualsiasi forma di gestione associata (in convenzione o
tramite Unione) deve consentire agli enti una
razionalizzazione di spesa e non è ammessa alcuna deroga che
consenta un incremento della spesa complessiva di personale;
- le spese di personale andranno ripartite tra gli enti
secondo adeguati criteri predefiniti;
- eventuali maggiori spese prima non sostenute dovranno
trovare un bilanciamento in minori per differenti funzioni
esercitate in forma sovracomunale;
- ad ogni servizio o funzione associata dovrà corrispondere
l'individuazione di un unico responsabile di servizio,
secondo le norme stabilite dal TUEL e dal CCNL;
- non è conforme alla normativa vigente individuare, in
siffatte fattispecie, la figura di direzione (responsabile)
tra i componenti dell'organo esecutivo dell'ente capofila
(art. 53, comma 23, legge n. 388/2000);
- soluzioni che realizzino una unificazione solo formale
delle attività rientranti in ciascuna funzione ma che, di
fatto, consentano agli enti di continuare a svolgerle con la
propria organizzazione ed ai medesimi costi, violano
l'obbligo della gestione associata imposta dalle norme
(tratto da www.publika.it). |
ENTI
LOCALI - PUBBLICO IMPIEGO: Personale.
Parere della Corte dei conti della Lombardia. La gestione
associata deve produrre risparmi.
L'INDICAZIONE/ Per i vincoli alle uscite vanno conteggiati
pro quota anche i dipendenti che svolgono la propria
attività nelle funzioni «esternalizzate».
Il
parere 10.12.2012 n. 513 (diffuso nelle ultime
settimane) della Corte dei conti sezione controllo Lombardia
riafferma l'orientamento giurisprudenziale secondo il quale
le modalità di computo ai fini della disciplina vincolistica
in tema di spesa di personale incidono non solo sulla spesa
del personale alle dirette dipendenze dell'ente, ma vanno
conteggiate anche per il personale che svolge attività al di
fuori del singolo Comune, per tutte le forme di
esternalizzazione o di associazione intercomunale.
Secondo la Corte dei conti, le amministrazioni interessate a
processi di convenzionamento, per rendere correttamente le
certificazioni e le attestazioni relative al rispetto dei
parametri di spesa per il personale, previsto dalla
normativa, dovranno conteggiare la quota parte di spesa di
personale in convenzione che sia riferibile al Comune. Allo
scopo si dovranno reperire e adottare idonei criteri per
determinare la misura della spesa di personale riferibile
pro-quota al Comune (Corte dei conti, sezione autonomie
8/2011).
Ciò vale anche per la gestione in convenzione delle funzioni
fondamentali. Il principio è già consolidato nell'ipotesi di
unione, per cui, in relazione alle funzioni attribuite, la
spesa sostenuta per il personale del l'unione non può
comportare, in sede di prima applicazione, il superamento
della somma delle spese di personale sostenute
precedentemente dai singoli Comuni partecipanti. Secondo la
Corte, a regime, attraverso azioni di razionalizzazione
organizzativa e di rigorosa programmazione dei fabbisogni,
sarà necessario assicurare progressivi risparmi di spesa in
materia di personale (si veda sul punto la deliberazione
426/2912/Par della sezione regionale di controllo di
Lombardia).
La gestione associata delle funzioni in forma convenzionata
si deve svolgere in modo tale che non si superi la spesa
aggregata complessiva in precedenza destinata a tali
funzioni dai singoli Comuni convenzionati.
Nel caso analizzato dalla sezione Lombarda, il Comune che
non aveva registrato la spesa di personale per l'assenza di
personale interno di polizia locale, sopporterà una spesa
aggiuntiva, da compensare con la minore spesa di personale
riferita alle altre funzioni fondamentali da gestire in
forma associata. Il parere analizza quella che deve essere
la concreta organizzazione di ciascuna funzione.
L'unificazione degli uffici, a seconda delle attività che in
concreto caratterizzano la funzione, prevede la
responsabilità del servizio in capo a un unico soggetto che
disponga dei necessari poteri organizzativi e gestionali,
nominato secondo le indicazioni contenute nel l'articolo 109
del Tuel (il testo unico degli enti locali, decreto
legislativo 267/2000). Pertanto, dovrà essere l'atto
costitutivo dell'unione o della convenzione predisposta per
la gestione associata dei servizi a prevedere le modalità di
nomina dei responsabili dei servizi, previo adeguamento del
regolamento degli uffici e dei servizi di ogni ente
aderente.
La raccomandazione è che, nell'operare la riorganizzazione,
gli enti non devono eludere gli obiettivi di finanza
pubblica (articolo 14, commi 27 e seguenti, del decreto
legge 78/2010), ossia, adottare soluzioni organizzative che
di fatto non portano a risparmio di spesa, perché nella
sostanza, non modificano la precedente organizzazione.
L'esercizio unificato o associato della funzione, invece,
implica che sia ripensata e organizzata ciascuna attività,
cosicché ciascun compito che caratterizza la funzione va
considerato in modo unitario e non come sommatoria di più
attività simili.
Lo svolgimento unitario di ciascuna funzione non implica
necessariamente che la stessa debba far capo a un unico
ufficio in un solo Comune, mentre si può ritenere, in
relazione ad alcune funzioni, che sia possibile mantenere
più uffici in enti diversi. Ma anche in questi casi
l'unitarietà della funzione comporta che la stessa sia
espressione di un disegno unitario guidato e coordinato da
un responsabile, senza che si possa escludere, in linea di
principio, che specifici compiti e attività siano demandati
ad altri dipendenti o anche agli organi di vertice
dell'amministrazione comunale partecipante alla convenzione
(articolo
Il Sole 24 Ore dell'11.02.2013 - tratto da
www.corteconti.it). |
ENTI LOCALI: B.U.R.
Lombardia, serie ordinaria n. 47 del 19.11.2012, "D.g.
Semplificazione e digitalizzazione e d.c. Affari
istituzionali e legislativo - Limiti demografici minimi per
la gestione associata obbligatoria tra Comuni: chiarimenti
in merito al coordinamento tra la legge regionale
28.12.2011, n. 22 (Disposizioni per l’attuazione della
programmazione economico-finanziaria regionale, ai sensi
dell’art. 9-ter della l.r. 31.03.1978, n. 34 ‘Norme sulle
procedure della programmazione, sul bilancio e sulla
contabilità della Regione’ - Collegato 2012) e la legge
07.08.2012 n. 135 (Conversione in legge, con modificazioni,
del decreto-legge 06.07.2012, n. 95, recante disposizioni
urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza
dei servizi ai cittadini)" (circolare
regionale 15.11.2012 n. 8). |
ENTI LOCALI -
PUBBLICO IMPIEGO:
R. Pagliaro,
Nessuna sbrigativa gestione associata di uffici o servizi
(15.10.2012). |
ENTI LOCALI -
SEGRETARI COMUNALI: CORTE
CONTI/2 Dal Piemonte. Gestioni associate. La segreteria a
sé.
I comuni non sono obbligati a gestire la segreteria comunale
con le altre amministrazioni con cui hanno realizzato la
gestione associata della funzione fondamentale
«organizzazione generale dell'amministrazione, gestione
finanziaria e contabile e controllo».
È questa l'importante e innovativa indicazione contenuta nel
parere 12.10.2012 n. 304 della sezione regionale
di controllo della Corte dei conti del Piemonte.
Con tale pronuncia vengono significativamente ampliati i
margini di autonomia attribuiti ai singoli comuni. Il parere
consente inoltre la stipula di convenzioni tra comuni e
unioni, se il segretario di tale ente è iscritto all'albo
dei segretari. Possibilità questa che è invece esclusa
espressamente dal recente parere n. 8/2012 della unità di
missione del ministero dell'interno che ha preso il posto
della disciolta Agenzia dei segretari comunali e
provinciali. Il Viminale evidenzia le nette differenze che
sussistono tra i comuni e le unioni, nonché la mancanza di
un vincolo a che le unioni abbiano un segretario iscritto
allo specifico albo.
La sezione regionale di controllo della Corte dei conti del
Piemonte ci dice che il segretario «è un distinto organo
monocratico, la cui attività e il cui ruolo e status è
disciplinato espressamente in modo unitario dalla parte I,
titolo IV, capo II del dlgs 18.08.2000, n. 267 (T.u. Enti
locali).
Secondo l'art. 97, infatti, il comune ha un segretario
titolare che svolge compiti di collaborazione e funzioni di
assistenza giuridico-amministrativa nei confronti degli
organi dell'ente in ordine alla conformità dell'azione
amministrativa alle leggi, allo statuto ed ai regolamenti.
Il segretario dipende funzionalmente dal sindaco ex art. 99
del dlgs n. 267/2000. L'individuazione normativa della
figura del segretario comunale nei termini indicati fa della
sua attività una distinta e specifica funzione
amministrativa fondamentale per l'ente».
Tale funzione certamente «deve essere necessariamente
inquadrata nell'ambito della organizzazione generale
dell'amministrazione, gestione finanziaria e contabile e
controllo, ma non esaurisce di per sé tale intera categoria,
che, al contrario, ricomprende altre funzioni oggettivamente
ed amministrativamente distinte». Per cui «è indubbio
che la segreteria comunale, attenendo a una distinta e
specifica funzione amministrativa fondamentale, possa essere
oggetto di una gestione associata, tramite convenzione o
tramite unione di comuni». Con ciò non si viola il
divieto di spezzettare la gestione associata di una funzione
fondamentale posto dal legislatore come vincolo alla
gestione associata.
Sulla possibilità di stipulare convenzioni di segreteria tra
comuni e unioni ha subito preso una posizione decisamente
ostile la unità di missione del ministero dell'interno che
ha preso il posto della disciolta Agenzia per la gestione
dell'albo dei segretari comunali e provinciali con il
recente parere n. 8. Leggiamo in questo documento che comuni
e unioni sono «soggetti giuridici nettamente distinti,
tra l'altro, per modalità di costituzione, finalità e
funzioni svolte. Si consideri, inoltre, che la figura del
segretario è prevista come obbligatoria esclusivamente per
le province e i comuni (questi ultimi sia in forma singola
che associata) a norma dell'art. 97 dello stesso dlgs
267/2000, non sussistendo, pertanto, alcuna correlazione tra
le sedi di segreteria convenzionate e le unioni di comuni».
A sostegno del divieto della gestione associata della
funzione di segretario tra un comune e una unione viene
citata la deliberazione n. 114 del 02.05.2001 con la quale
il cda nazionale dell'Agenzia autonoma per la gestione
dell'albo dei segretari comunali e provinciali ha chiarito
che «il segretario comunale e provinciale come figura
professionale esercita le proprie attribuzioni solo presso i
comuni e le province ovvero presso le convenzioni di
segreteria_ ne consegue la non estensione alle unioni di
comuni e alle comunità montane, poiché non compatibile,
della obbligatorietà della figura del segretario iscritto
all'apposito albo» (articolo ItaliaOggi del
07.12.2012). |
ENTI LOCALI -
SEGRETARI COMUNALI:
Segreteria comunale in Unione.
La Corte dei Conti, sezione regionale controllo Piemonte,
con il
parere 12.10.2012 n. 304, risponde da un ente con
popolazione inferiore a 1000 abitanti "circa la
possibilità ... di gestire il servizio di Segreteria
Comunale in forma associata, trasferendo il relativo
servizio all'Unione di Comuni di cui fa parte, a condizione
che il Segretario dell'Unione sia iscritto all'Albo dei
Segretari Comunali e Provinciali".
La sezione passa in rassegna le norme che impongono agli
enti di minori dimensioni la gestione, in convenzione o
mediante Unione delle, funzioni fondamenti e i tempi di
attuazione di dette disposizioni e, conseguentemente ricorda
i seguenti principi:
- obbligatorietà per gli enti di gestire le funzioni
fondamenti che sono individuate dall'art. 14, comma 27, del
d.l. 78/2010, convertito in legge n. 122/2010, come
modificato dal d.l. 95/2012, convertito in legge n.
135/2012;
- esercizio obbligatorio in forma associata, mediante Unione
o convenzione, delle funzioni fondamentali per gli enti con
popolazione fino a 5000 abitanti ed obbligo, per ciascuna
funzione, di utilizzo di una sola forma associativa;
- facoltà per gli enti con popolazione fino a 1000 abitanti
di esercitare tutte le funzioni in forma associata, mediante
Unione.
Successivamente riprende le disposizioni del TUEL che
riguardano la figura del Segretario Comunale: figura
specifica, organo monocratico e funzioni appositamente
disciplinate dal testo unico; dipendenza funzionale dal
Sindaco; configurazione di una distinta e specifica funzione
amministrativa fondamentale per l'ente.
Passando, poi, all'esame del quesito, formula le seguenti
osservazioni:
"Tale funzione (quella del Segretario), nell'ambito
dell'elencazione delle funzioni fondamentali contenuta
nell'art. 14, comma 27, del D.L. n. 78/2010, conv. nella L.
n. 122/2010, appare riconducibile alla fattispecie sub lett.
a) ('organizzazione generale dell'Amministrazione, gestione
finanziaria e contabile e controllo'), ma non esaurisce di
per sé l'intera categoria di cui alla lett. a) citata, che,
al contrario, ricomprende altre funzioni oggettivamente ed
amministrativamente distinte. ... In quest'ottica, è
indubbio che la Segreteria Comunale, attenenendo ad una
distinta e specifica funzione amministrativa fondamentale,
possa essere oggetto di una gestione associata, tramite
convenzione o, come indicato nella richiesta di parere in
esame, tramite Unione di Comuni.
Le disposizioni sopra citate vietano anche l'eventualità che
la medesima funzione sia oggetto di più di una forma
associativa, con conseguente duplicazione di spese. Sotto
questo profilo, la Sezione osserva che il divieto menzionato
deve essere riferito, nel caso di specie, alla singola
specifica funzione di Segreteria comunale conferita in forma
associata, e non alla complessiva fattispecie a) del citato
art. 14, comma 27, che ricomprende una pluralità di funzioni
amministrative tra loro distinte, secondo una logica
classificatoria di tipo giuridico-finanziario, analoga a
quella sottostante alla classificazione già contenuta nel
D.P.R. n. 194/1996.
Pertanto, fermo restando l'obbligo della gestione associata
di tutte le funzioni fondamentali, se da un lato non risulta
precluso l'affidamento, alla medesima Unione di Comuni,
della Segreteria comunale insieme a tutte le altre funzioni
ricomprendibili nella fattispecie sub a) (già funzione 01,
prevista dal D.P.R. n. 194/1996, denominata 'Funzioni
generali di amministrazione, di gestione e di controllo'),
dall'altro lato non risulta neppure precluso l'affidamento
disgiunto, tramite diverse soluzioni associative, della
Segreteria comunale rispetto alle altre funzioni includibili
nella fattispecie a), purché non si abbia un'effettiva
duplicazione delle singole funzioni individuali.
Spetta all'Ente, valutare, nella propria autonomia
decisionale, le modalità organizzative ottimali al fine di
raggiungere gli obiettivi di maggior efficienza,
razionalizzazione e risparmio che il legislatore ha inteso
conseguire prevedendo l'esercizio associato di funzioni (sul
punto cfr. anche la deliberaz. di questa Sezione n.
287/2012)" (tratto da www.publika.it). |
ENTI
LOCALI - PUBBLICO IMPIEGO: La
Sezione si pronuncia in ordine allo svolgimento in forma
associata di funzioni fondamentali ai sensi della L. n.
135/2012.
Il Sindaco del Comune di Valle Lomellina (PV) ha posto alla
Sezione una articolata richiesta di parere in ordine allo
svolgimento in forma associata di funzioni fondamentali ai
sensi della l. n. 135/2012.
Più nel dettaglio, l’organo rappresentativo dell’ente
precisa quanto segue.
Il Comune di Valle Lomellina, la cui popolazione è pari a
2.250 abitanti, alla luce della vigente normativa ha
l'obbligo di associarsi per lo svolgimento delle nove
funzioni fondamentali come previste, da ultimo, dal comma 1
dell'articolo 19 del d.l. n. 95/2012 convertito in legge n.
135/2012, o comunque di rivedere, alla luce delle novità
introdotte dalla suddetta legge n. 135/2012, le forme
associative già costituite con altri comuni nelle forme
dell'unione o della convenzione.
Ciò premesso, il Sindaco pone i seguenti
quattro quesiti.
A) In assenza di limite minimo dimensionale nazionale per le
convenzioni (che non appare rinvenirsi nella legge n.
135/2012), trova comunque applicazione la legge regionale
lombarda n. 22/2011 (che fissa in 5.000 abitanti o nel
quadruplo degli abitanti del comune demograficamente più
piccolo tra quelli associati il limite dimensionale minimo
per le convenzioni) anche se precedente alla legge statale
n. 135/2012?
B) In caso di gestione delle varie funzioni mediante
convenzione o unione, a ciascuna funzione fondamentale può
essere preposto un solo responsabile di servizio (titolare
di posizione organizzativa), anche se la funzione comprende
servizi diversi ed eterogenei? In tal caso tale soluzione
implica ripercussioni sulle correlative posizioni
organizzative nei comuni aderenti alle due modalità di
gestione associata?
C) Il comma 5 dell'art. 32 del d.lgs. n. 267/2000 -come
modificato dall'articolo 19 del d.l. n. 95/2012 convertito
in legge n. 135/2012– statuisce che "all’unione sono
conferite dai comuni partecipanti le risorse umane e
strumentali necessarie all'esercizio delle funzioni loro
attribuite". Orbene, tale disposizione deve
interpretarsi nel senso che, ove i comuni costituiscano o
siano già in unione, la gestione delle (nove) funzioni
fondamentali deve avvenire mediante comando o trasferimento
(o altra forma di utilizzo) del personale dal comune
all'unione, con transito della gestione del personale
preposto alla funzione associata a valere sul bilancio
dell'unione?
D) Quali sono le interrelazioni, in caso di gestione
associata a mezzo di Unione ex art. 32 del d.lgs. n.
267/2000 o convenzione ex art 30 del d.lgs. n. 267/2000 con
gli obblighi che -dal 2013- graveranno sui comuni sopra i
1.000 abitanti, assoggettati al patto di stabilità, con
specifico riferimento alle spese di personale?
...
Con il primo quesito il Sindaco si interroga se, in
assenza di un limite minimo dimensionale nazionale per le
convenzioni (che non appare rinvenirsi nella legge
135/2012), trovi comunque applicazione ad un Comune
ricompreso tra i 1.000 e i 5.000 abitanti la legge regionale
lombarda n. 22/2011 (che –all’art. 8, comma 1, e salve le
deroghe di cui al successivo art. 10- fissa in 5.000
abitanti o nel quadruplo degli abitanti del comune
demograficamente più piccolo tra quelli associati il limite
dimensionale minimo per le convenzioni), anche se precedente
alla legge statale n. 135/2012.
Il Collegio osserva che la citata
disposizione di legge regionale non appare ex se
incompatibile con il vigente assetto normativo di fonte
statale ex art. 19 del d.l. n. 95/2012, il quale –in
relazione alle convenzioni in oggetto– statuisce quanto
segue: “le convenzioni … hanno durata almeno triennale e
alle medesime si applica, ove compatibile, l’articolo 30 del
decreto legislativo 18.08.2000 n. 267. Ove alla scadenza del
predetto periodo non sia comprovato, da parte dei comuni
aderenti, il conseguimento di significativi livelli di
efficacia e di efficienza nella gestione, secondo modalità
stabilite con decreto del Ministro dell’Interno, da adottare
entro sei mesi, sentita la Conferenza Stato Città ed
autonomie locali, i comuni interessati sono obbligati ad
esercitare le funzioni fondamentali esclusivamente mediante
unione di comuni”.
Anzi, la predeterminazione di una soglia demografica minima
da parte del Legislatore regionale, peraltro -come
illustrato- non priva di caratteri di flessibilità, appare
coerente con la specifica finalità cristallizzata dal
Legislatore statale di conseguire livelli di efficacia e di
efficienza nella gestione sovracomunale delle funzioni
mediante convenzione.
D’altronde, è la medesima normativa nazionale (art. 14,
commi 30 e 31, del d.l. n. 78/2010 a seguito della novella
ex art. 19 del d.l. n. 95/2012) che, al fine di tutelare i
principi di efficacia, di economicità, di efficienza e di
riduzione delle spese, ha demandato alla normativa regionale
–nelle materie di cui al terzo e quarto comma dell’art. 117
della Costituzione e previa concertazione con i comuni
interessati nell’ambito del Consiglio delle autonomie
locali– l’individuazione della dimensione territoriale
ottimale e omogenea per area geografica (oltre che il
termine per l’esercizio delle predette funzioni),
individuando comunque, per le unioni, salvo diversa
indicazione regionale nel termine previsto, un limite
demografico minimo di 10.000 abitanti (cfr., sul punto,
Corte dei Conti, Sez. Basilicata, delibera n. 173 del
20.09.2012).
Con il secondo quesito, l’Amministrazione si
interroga da un lato se, in caso di gestione delle varie
funzioni mediante convenzione o unione, a ciascuna funzione
fondamentale possa essere preposto un solo responsabile di
servizio (titolare di posizione organizzativa), anche se la
funzione comprende servizi diversi ed eterogenei;
dall’altro, sorge il dubbio in capo al Comune istante se, in
tal caso, siffatta soluzione implichi ripercussioni sulle
correlative posizioni organizzative nei comuni aderenti alle
due modalità di gestione associata.
Orbene, spettando ad ogni Ente interessato, e quindi anche
al Comune di Valle Lomellina (PV), la concreta attuazione
del disposto legislativo citato sopra, la Sezione non può
pronunciarsi in questa sede nel merito sulla convenienza e
correttezza di particolari soluzioni.
Al fine di contribuire a chiarire il contesto normativo e
finanziario all’interno del quale è stata introdotta la
norma che prevede l’unificazione delle funzioni, così da
agevolare il compito attuativo che spetta all’Ente
interessato, il Collegio evidenzia peraltro recenti approdi
ermeneutici della giurisprudenza contabile (Corte Conti,
sez. Piemonte,
parere 30.08.2012 n. 287), da cui non vi è
ragione di discostarsi in questa sede, di seguito
testualmente richiamati.
Come più volte indicato, in base all’art. 14, co. 27 e
segg., del d.l. 31.05.2010, n. 78, conv. dalla legge
30.07.2010, n. 122, come modificata ed integrata dall’art.
19 del d.l. 06.07.2012, n. 95, conv. dalla legge 07.08.2012,
n. 135, i Comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti
sono tenuti ad esercitare “obbligatoriamente, in forma
associata, mediante unione di comuni o convenzione, le
funzioni fondamentali dei comuni di cui al comma 27, ad
esclusione della lettera l)” (art. 27, co. 28).
Peraltro, il legislatore ha indicato l’obiettivo
dell’esercizio associato delle funzioni, da raggiungere
progressivamente, ma non ha fornito indicazioni in merito
alle conseguenze che questo potrà avere sia
sull’organizzazione dei singoli enti che sulla gestione dei
rapporti di lavoro dei dipendenti.
E’ indubbio che lo scopo perseguito con la previsione
contenuta nei commi 27 e segg. del citato art. 14 del d.l.
n. 78, conv. dalla legge n. 122 del 2010, è quello di
migliorare l’organizzazione degli Enti interessati al fine
di fornire servizi più adeguati sia ai cittadini che alle
imprese, nell’osservanza dei principi di economicità,
efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa.
Spetta, quindi, agli Enti interessati dalla procedura di
aggregazione delle funzioni individuare le modalità
organizzative ottimali, al fine di raggiungere gli obiettivi
di maggior efficienza, razionalizzazione e risparmio che il
legislatore intendeva conseguire prevedendo l’esercizio
associato delle funzioni.
Con specifico riguardo alla concreta organizzazione di
ciascuna funzione, è evidente che gli Enti
interessati dall’aggregazione debbano unificare gli uffici
e, a seconda delle attività che in concreto caratterizzano
la funzione, prevedere la responsabilità del servizio in
capo ad un unico soggetto che disponga dei necessari poteri
organizzativi e gestionali, nominato secondo le indicazioni
contenute nell’art. 109 del TUEL.
L’atto costitutivo dell’unione o la
convenzione predisposta per la gestione associata dei
servizi dovrà prevedere le modalità di nomina dei
Responsabili dei servizi e ciascun Ente dovrà adeguare il
proprio Regolamento degli Uffici e dei servizi per poter
procedere allo svolgimento associato delle funzioni.
Nella predisposizione del modello organizzativo gli Enti
interessati dovranno tenere conto degli obiettivi di finanza
pubblica sottesi al citato art. 14, co. 27 e segg., del d.l.
n. 78 del 2010, come modificato ed integrato dall’art. 19
del d.l. 06.07.2012, n. 95, conv. dalla legge 07.08.2012, n.
135, e dovranno, quindi, evitare di
adottare soluzioni organizzative che, di fatto, si pongano
in contrasto con le finalità, anche di risparmio di spesa,
perseguite dal legislatore e che, nella sostanza, mantengano
l’organizzazione precedente.
L’esercizio unificato della funzione implica che sia
ripensata ed organizzata ciascuna attività, cosicché ciascun
compito che caratterizza la funzione sia considerato in modo
unitario e non quale sommatoria di più attività simili. Lo
svolgimento unitario di ciascuna funzione non implica
necessariamente che la stessa debba far capo ad un unico
ufficio in un solo Comune, potendosi ritenere, in relazione
ad alcune funzioni, che sia possibile il mantenimento di più
uffici in Enti diversi.
Ma anche in questi casi l’unitarietà della funzione comporta
che la stessa sia espressione di un disegno unitario guidato
e coordinato da un Responsabile, senza potersi escludere, in
linea di principio, che specifici compiti ed attività siano
demandati ad altri dipendenti.
Spetta agli Enti interessati disegnare, in
concreto, la nuova organizzazione delle funzioni, adottando
un modello che non si riveli elusivo degli intenti di
riduzione della spesa, efficacia, efficienza ed economicità
perseguiti dal legislatore (come si evince espressamente dal
co. 30 del citato art. 14 del d.l. n. 78), non essendo
sufficiente che il nuovo modello organizzativo non preveda
costi superiori alla fase precedente nella quale ciascuna
funzione era svolta singolarmente da ogni Ente.
In proposito, una soluzione che lasciasse
intravedere un’unificazione solo formale delle attività
rientranti in ciascuna funzione e che, di fatto, permettesse
a ciascun Ente di continuare a svolgere con la sua
organizzazione ed ai medesimi costi i compiti inerenti alla
funzione non risponderebbe all’obbligo previsto dall’art.
14, co. 27 e segg., del d.l. 31.05.2010, n. 78, conv. dalla
legge 30.07.2010, n. 122, come modificato e integrato dal
citato art. 19 del d.l. n. 95, conv. dalla legge n. 135 del
2012.
In relazione al terzo quesito, l’Amministrazione
istante si interroga se la gestione delle (nove) funzioni
fondamentali debba avvenire mediante comando o trasferimento
(o altra forma di utilizzo) del personale dal comune
all'unione con transito della gestione del personale
preposto alla funzione associata a valere sul bilancio
dell'unione.
A questo proposito, la Sezione rammenta la necessità che il
Comune provveda a dotare l’unione delle necessarie risorse
umane per lo svolgimento delle funzioni ad essa attribuite,
come -peraltro- espressamente statuito dal dato legale
richiamato dall’ente locale (art. 32, comma 5, del d.lgs. n.
267/2000, novellato dall’art. 19 del d.l. n. 95/2012
convertito nella l. n. 135/2012).
In linea di principio, ne deriva, in sede di valutazione
delle modalità di trasferimento del personale all’unione,
l’allocazione stabile dei dipendenti nella dotazione
organica dell’ente strumentale, anche in ossequio ai
principi di prudente programmazione finanziaria ed
amministrativa nonché di sana gestione, che richiedono una
adeguata simmetria tra risorse umane e funzioni esercitate,
con i relativi oneri a carico dell’unione. All’esito del
predetto trasferimento, il Comune avrà cura di rideterminare
la propria dotazione organica, tenendo conto delle funzioni
e del personale in capo all’unione.
Per quanto concerne il quarto quesito, il Sindaco
chiede quali siano le interrelazioni, in caso di gestione
associata a mezzo di unione ex art. 32 del d.lgs. n.
267/2000 o convenzione ex art. 30 del d.lgs. n. 267/2000 con
gli obblighi che -dal 2013– si applicano ai comuni sopra i
1.000 abitanti assoggettati al patto di stabilità, con
specifico riferimento alle spese di personale.
Orbene, i Comuni con popolazione compresa tra 1.001 e 5.000
abitanti dal 2013 dovranno osservare la disciplina relativa
al Patto di stabilità interno (art. 16, co. 31, del d.l.
13.08.2011, n. 138, conv. dalla legge 14.09.2011, n. 148,
recante “Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione
finanziaria e per lo sviluppo”) e, pertanto, saranno
assoggettati anche alla disciplina relativa alle spese di
personale e ai vincoli per le assunzioni dettati per gli
Enti sottoposti al Patto.
In proposito, la Sezione delle autonomie della Corte ha
rilevato che “l’estensione del Patto a tutti i Comuni con
popolazione superiore a 1.000 abitanti, oltre a non
presentare specifiche incompatibilità sul piano formale, non
offre motivi plausibili per sottrarre taluni di essi
all’immediata e uniforme applicazione dei vincoli di
contenimento della spesa, alla luce, soprattutto, dei
recenti interventi correttivi di finanza pubblica dettati
dalla eccezionale situazione di crisi finanziaria. Invero,
l’esigenza di assicurare il mantenimento di servizi minimi
ed essenziali, in contesti in cui la riorganizzazione delle
residue risorse umane disponibili all’interno del singolo
ente locale non è in grado di evitare una sostanziale
paralisi degli stessi, può trovare adeguata compensazione in
misure di razionalizzazione della spesa che facciano leva
sull’associazionismo comunale previsto e disciplinato
dall’art. 16 del citato D.L. n. 138/2011, quale modulo
organizzativo più flessibile, economico ed efficiente
fruibile ai fini dell’esercizio di tutte le funzioni
fondamentali e dei correlati servizi pubblici di competenza
comunale…(omissis). Sebbene non siano state previste
specifiche disposizioni di diritto intertemporale volte a
regolare il passaggio tra i due assetti normativi,
l’estensione della disciplina del Patto ai Comuni con
popolazione inferiore a 5.000 abitanti è avvenuta
assicurando, comunque, un congruo arco temporale durante il
quale gli stessi enti potranno provvedere a riprogrammare
non soltanto le procedure di reclutamento, in linea con il
preannunciato regime vincolistico, ma anche i livelli
complessivi di spesa, così da poterli rendere compatibili
con i previsti obiettivi di saldo finanziario…” (Corte
conti, Sez. Autonomie,
deliberazione 11.05.2012 n. 6; cfr. altresì Corte
Conti, Sez. Piemonte, 30.08.2012, n. 288).
Per quanto concerne le modalità di computo, la
giurisprudenza contabile ha da tempo valorizzato una
considerazione sostanziale della spesa di personale, secondo
la quale la disciplina vincolistica in tale materia non può
incidere solo per il personale alle dirette dipendenze
dell’ente, ma anche per quello che svolge la propria
attività al di fuori dello stesso e, comunque, per tutte le
forme di esternalizzazione. Ciò significa che
l’amministrazione, al fine di rendere correttamente le
certificazioni e attestazioni relative al rispetto dei
parametri di spesa per il personale previsto dalla vigente
normativa, dovrà conteggiare la quota parte di spesa di
personale dell’unione che sia riferibile al Comune stesso.
Allo scopo dovrà reperire ed adottare idonei criteri per
determinare la misura della spesa di personale propria
dell’unione che sia riferibile pro quota al Comune (Corte
dei Conti, Sez. Autonomie n. 8/2011).
Questo consolidato principio ermeneutico non appare
confliggere con il tenore dell’art. 32, comma 5, del TUEL,
novellato dall’art. 19 del d.l. n. 95/2012 (convertito nella
l. n. 135/2012), secondo cui in relazione alle funzioni
attribuite la spesa sostenuta per il personale dell’unione
non può comportare, in sede di prima applicazione, il
superamento della somma delle spese di personale sostenute
precedentemente dai singoli comuni partecipanti, fermi i
vincoli previsti dalla vigente normativa in materia di
personale. A regime, precisa tale disposizione, attraverso
specifiche misure di razionalizzazione organizzativa e una
rigorosa programmazione dei fabbisogni, devono essere
assicurati progressivi risparmi di spesa in materia di
personale (Corte dei Conti, Sez. controllo Lombardia,
parere 08.10.2012 n. 426). |
ENTI LOCALI -
PUBBLICO IMPIEGO:
Un solo responsabile per le attività in
«alleanza».
Comune di Riva presso Chieri (TO) - Parere in ordine alle
modalità applicative della previsione contenuta nell’art.
14, co. 27 e segg., del d.l. 31.05.2010, n. 78, conv. dalla
legge 30.07.2010, n. 122, recante “Misure urgenti in
materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività
economica”, nello specifico al riconoscimento di
posizione organizzativa a più di un dipendente in relazione
alle funzioni svolte in forma associativa tra più enti.
Il Sindaco del Comune di Riva presso Chieri ha inoltrato
alla Sezione, per il tramite del Consiglio delle Autonomie
Locali del Piemonte, una richiesta di parere contenente un
quesito relativo alla disciplina dell’esercizio associato di
funzioni fra più Enti locali con riferimento alla
possibilità di riconoscere la posizione organizzativa ed
erogare l’indennità di posizione e la retribuzione di
risultato a più di un dipendente in relazione alle funzioni
svolte in forma associativa tra più enti.
Il richiedente ha precisato che il Comune ha popolazione
inferiore ai 5.000 abitanti e che in base alle previsioni
contenute nell’art. 14, co. 27, del d.l. n. 78 del 2010 “intende
sottoscrivere con uno o più Comuni limitrofi entro il
prossimo 31 dicembre una convenzione per l’esercizio in
forma associata di almeno tre funzioni fondamentali”.
Ha aggiunto che le funzioni che dovranno formare oggetto
dell’accordo associativo “sono attualmente attribuite,
all’interno di ciascun Comune interessato, ad apposite Aree
o Servizi al cui vertice è posto un Responsabile di Servizio
individuato ai sensi dell’art. 109, comma 2, D.Lgs. 267/2000”
e che a detto Responsabile, in base alle previsioni della
contrattazione collettiva, compete l’indennità di posizione
e la retribuzione di risultato.
Svolta questa premessa, il Sindaco del
Comune di Riva presso Chieri ha domandato alla Sezione se
possa ritenersi “contabilmente corretto, dopo aver
provveduto ad individuare al vertice di ogni singola
funzione gestita in forma associata un unico Responsabile di
servizio, continuare a riconoscere, per una o più funzioni
di particolare complessità, la posizione organizzativa e
conseguentemente la retribuzione di posizione e di risultato
oltre che al Responsabile del servizio così come sopra
individuato anche ad altro dipendente del medesimo servizio
svolto in forma associata, di categoria D cui siano affidati
compiti organizzativi complessi, caratterizzati da un
elevato grado di autonomia gestionale ed organizzativa”.
Ha chiesto, altresì, se, in caso di risposta positiva al
precedente quesito, la somma delle due indennità di
posizione “non potrebbe risultare superiore alla somma
delle due precedenti retribuzioni di posizione riconosciute
ai Responsabili del servizio dai singoli Comuni prima del
convenzionamento della funzione”.
...
In base all’art. 14, co. 27 e segg. del d.l. 31.05.2010, n.
78, conv. dalla legge 30.07.2010, n. 122, come modificata ed
integrata dall’art. 19 del d.l. 06.07.2012, n. 95, conv.
dalla legge 07.08.2012, n. 135, recante “Disposizioni
urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza
dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento
patrimoniale delle imprese del settore bancario”, i
Comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti sono
tenuti ad esercitare “obbligatoriamente, in forma
associata, mediante unione di comuni o convenzione, le
funzioni fondamentali dei comuni di cui al comma 27, ad
esclusione della lettera l)” (art. 27, co. 28).
Il legislatore ha indicato l’obiettivo dell’esercizio
associato delle funzioni, da raggiungere progressivamente,
ma non ha fornito indicazioni in merito alle conseguenze che
questo potrà avere sia sull’organizzazione dei singoli enti
che sulla gestione dei rapporti di lavoro dei dipendenti.
E’ indubbio che lo scopo perseguito con la
previsione contenuta nei commi 27 e segg. del citato art. 14
del d.l. n. 78, conv. dalla legge n. 122 del 2010 è quello
di migliorare l’organizzazione degli Enti interessati al
fine di fornire servizi più adeguati sia ai cittadini che
alle imprese, nell’osservanza dei principi di economicità,
efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa.
Spetta, quindi, agli Enti interessati dalla procedura di
aggregazione delle funzioni individuare le modalità
organizzative ottimali al fine di raggiungere gli obiettivi
di maggior efficienza, razionalizzazione e risparmio che il
legislatore intendeva conseguire prevedendo l’esercizio
associato delle funzioni.
Con specifico riguardo alla concreta organizzazione di
ciascuna funzione, è evidente che gli Enti
interessati dall’aggregazione debbano unificare gli uffici
e, a seconda delle attività che in concreto caratterizzano
la funzione, prevedere la responsabilità del servizio in
capo ad un unico soggetto che disponga dei necessari poteri
organizzativi e gestionali, nominato secondo le indicazioni
contenute nell’art. 109 del TUEL.
L’atto costitutivo dell’Unione o la
convenzione predisposta per la gestione associata dei
servizi dovrà prevedere le modalità di nomina dei
Responsabili dei servizi e ciascun Ente dovrà adeguare il
proprio Regolamento degli Uffici e dei servizi per poter
procedere allo svolgimento associato delle funzioni.
Nella predisposizione del modello organizzativo gli Enti
interessati dovranno tenere conto degli obiettivi di finanza
pubblica sottesi al citato art. 14, co. 27 e segg., del d.l.
n. 78 del 2010, come modificato ed integrata dall’art. 19
del d.l. 06.07.2012, n. 95, conv. dalla legge 07.08.2012, n.
135, e dovranno, quindi, evitare di adottare soluzioni
organizzative che, di fatto, si pongano in contrasto con le
finalità, anche di risparmio di spesa, perseguite dal
legislatore e che, nella sostanza, mantengano
l’organizzazione precedente.
L’esercizio unificato della funzione implica che sia
ripensata ed organizzata ciascuna attività, cosicché ciascun
compito che caratterizza la funzione sia considerato in modo
unitario e non quale sommatoria di più attività simili.
Lo svolgimento unitario di ciascuna funzione non implica
necessariamente che la stessa debba far capo ad un unico
ufficio in un solo Comune, potendosi ritenere, in relazione
ad alcune funzioni, che sia possibile il mantenimento di più
uffici in Enti diversi. Ma anche in questi casi l’unitarietà
della funzione comporta che la stessa sia espressione di un
disegno unitario guidato e coordinato da un Responsabile,
senza potersi escludere, in linea di principio, che
specifici compiti ed attività siano demandati ad altri
dipendenti.
Spetta agli Enti interessati disegnare, in concreto, la
nuova organizzazione delle funzioni, adottando un modello
che non si riveli elusivo degli intenti di riduzione della
spesa, efficacia, efficienza ed economicità perseguiti dal
legislatore (come si evince espressamente dal co. 30 del
citato art. 14 del d.l. n. 78), non essendo sufficiente che
il nuovo modello organizzativo non preveda costi superiori
alla fase precedente nella quale ciascuna funzione era
svolta singolarmente da ogni Ente.
In proposito, una soluzione che lasciasse
intravedere un’unificazione solo formale delle attività
rientranti in ciascuna funzione e che, di fatto, permettesse
a ciascun Ente di continuare a svolgere con la sua
organizzazione ed ai medesimi costi i compiti inerenti alla
funzione non risponderebbe all’obbligo previsto dall’art.
14, co. 27 e segg., del d.l. 31.05.2010, n. 78, conv. dalla
legge 30.07.2010, n. 122, come modificato e integrato dal
citato art. 19 del d.l. n. 95, conv. dalla legge n. 135 del
2012 (Corte dei
Conti, Sez. controllo Piemonte,
parere 30.08.2012 n. 287).
---------------
Un solo responsabile per le attività in
«alleanza».
Importante parere sulle gestioni associate quello fornito
dalla Corte dei conti sezione regionale di controllo per il
Piemonte anche per le ripercussioni sulla organizzazione del
personale.
Il
parere 30.08.2012 n. 287 delinea i principi
organizzativi e i vincoli anche contabili cui i Comuni
dovranno attenersi in ordine al personale destinato alla
gestione in forma associata.
Un parere che sostanzialmente si inserisce nel vuoto
normativo che caratterizza questa materia atteso che gli
attuali contratti del personale degli enti locali
disciplinano solo con poche disposizioni le figure
dell'unione e delle convenzioni e dei rapporti di lavoro
inerenti. La Corte dei conti sottolinea che spetta agli enti
interessati dalla procedura di aggregazione individuare le
modalità organizzative ottimali al fine di raggiungere gli
obiettivi di maggior efficienza, razionalizzazione e
risparmio che il legislatore intendeva conseguire con
l'associazione.
Per i giudici contabili gli enti interessati
dall'aggregazione debbono unificare gli uffici e, a seconda
delle attività che in concreto caratterizzano la funzione,
prevedere la responsabilità del servizio in capo ad un unico
soggetto che disponga dei necessari poteri organizzativi e
gestionali, nominato secondo le indicazioni contenute
nell'articolo 109 del Testo unico enti locali.
Questo significa che se due o più enti si associano per
gestire la funzione sociale o amministrativa, soltanto un
dipendente dei due Comuni potrà assumere le funzioni di
responsabile di servizio e usufruire del relativo
trattamento economico.
L'atto costitutivo dell'unione o la convenzione predisposta
per la gestione associata dei servizi dovrà prevedere le
modalità di nomina dei responsabili dei servizi e ciascun
ente dovrà adeguare il proprio regolamento di uffici e
servizi per poter procedere allo svolgimento associato.
Ai fini contabili, poi, il parere precisa che nella
predisposizione del modello organizzativo gli enti
interessati dovranno tenere conto degli obiettivi di finanza
pubblica sottesi all'articolo 14, commi 27 e seguenti, del
Dl 78/2010, e dovranno, quindi, evitare di adottare
soluzioni organizzative che, di fatto, si pongano in
contrasto con le finalità, anche di risparmio di spesa,
perseguite dal legislatore e che, nella sostanza, mantengano
l'organizzazione precedente.
L'esercizio unificato della funzione implica che sia
ripensata e organizzata ciascuna attività, cosicché ciascun
compito sia considerato in modo unitario e non quale
sommatoria di più attività simili.
Lo svolgimento unitario di ciascuna funzione non implica
necessariamente che la stessa debba far capo ad un unico
ufficio in un solo Comune, potendosi ritenere, in relazione
ad alcune funzioni, che sia possibile il mantenimento di più
uffici in enti diversi. Ma anche in questi casi l'unitarietà
della funzione comporta che la stessa sia espressione di un
disegno unitario guidato e coordinato da un responsabile,
senza potersi escludere, in linea di principio, che
specifici compiti ed attività siano demandati ad altri
dipendenti.
Spetta agli enti interessati disegnare, in concreto, la
nuova organizzazione delle funzioni, adottando un modello
che non si riveli elusivo degli intenti di riduzione della
spesa, e degli obiettivi di efficacia, efficienza ed
economicità perseguiti dal legislatore (come si evince
espressamente dal comma 30 dell'articolo 14 del Dl 78), non
essendo sufficiente che il nuovo modello organizzativo non
preveda costi superiori alla fase precedente nella quale
ciascuna funzione era svolta singolarmente da ogni ente.
In proposito, una soluzione che lasci intravedere
un'unificazione solo formale delle attività rientranti in
ciascuna funzione e che, di fatto, permetta a ciascun ente
di continuare a svolgere con la propria organizzazione e
agli stessi costi i compiti inerenti alla funzione non
risponderebbe all'obbligo previsto dalla legge (articolo
Il Sole 24 Ore del 24.09.2012 - tratto da
www.corteconti.it). |
ENTI LOCALI: Gestione
associata – convenzioni.
La Corte dei Conti, sezione Regionale Lombardia, con
parere 22.06.2012 n. 293, risponde ad un quesito
posto dal Sindaco del Comune di Clusone (BG) inerente ad
eventuale convenzione per la gestione associata di servizi
e/o funzioni che non implica necessariamente il ricorso a "nuovo
personale", bensì potrebbe anche essere attuata dando
vita ad una semplice forma associativa con la creazione di
uffici comuni che operano con il personale distaccato dagli
enti partecipanti.
La Corte dei Conti precisa: "la decisione se procedere o
meno a stipulare una convenzione per la gestione associata
di servizi e/o funzioni attiene al merito dell'azione
amministrativa e rientra, ovviamente, nella piena ed
esclusiva discrezionalità e responsabilità dell'ente che
potrà orientare la sua decisione in base alle conclusioni
contenute nel parere della Sezione."
Queste le conclusioni della Corte dei Conti: "indipendentemente
dalla circostanza che la convenzione tra gli Enti
partecipanti preveda modalità di ripartizione dei relativi
oneri e (conseguentemente) rimborsi in favore del Comune
capofila, quest'ultimo agisce, non già in mancanza di un
interesse diretto, ma per il conseguimento di propri fini
istituzionali individuabili nella volontà di esercitare in
forma associata -secondo le modalità indicate dall'art. 30
TUEL- determinate funzioni amministrative di propria
competenza al fine di realizzare un utilizzo delle risorse
pubbliche maggiormente rispondete ai principi di efficacia,
efficienza ed economicità (Sez. Reg. Contr. Puglia,
deliberazione n. 91/PRSP/2010)." (tratto da
www.publika.it). |
ENTI LOCALI: Associazioni.
Caos per l'applicazione ai centri che si convenzionano per
mettere in comune i servizi. Nodo-personale per le unioni di
funzioni
IL VINCOLO/ Il decreto legge 78/2010 ha limitato al 50% dei
costi sostenuti nel 2009 le forme di lavoro «atipiche».
La gestione del personale, nell'associazione di funzioni e
servizi, è incompatibile con i vincoli assunzionali e le
limitazioni di spesa volute dal legislatore. A complicare le
cose è l'articolo 9, comma 28, del decreto legge 78/2010 il
quale, nel limitare al 50% della spesa 2009 le forme di
lavoro flessibile, ha indicato anche le «convenzioni»
tra le tipologie oggetto del taglio.
La Corte dei conti della Lombardia, nel
parere 15.06.2012 n. 279, pur evidenziando la dubbia
razionalità, funzionalità e costituzionalità di norme che
impongono un rigido limite quantitativo, ancorato a un dato
di spesa storico, ha affermato che anche in caso di stipula
di convenzioni "obbligatorie" –disciplinate
dall'articolo 14, commi da 25 a 31, del decreto legge
78/2010– sia necessario rispettare questa norma.
Quindi, in caso di convenzione, dovrà essere rispettato
l'obbligo di avvalersi di personale nel limite del 50%
rispetto alla spesa sostenuta nel 2009. Ma chi deve fare
questo calcolo? L'ente che verrà individuato capofila? E
perché solo questo dovrebbe caricarsi di un simile vincolo?
In pratica: due comuni decidono di mettere insieme la
funzione fondamentale 08, quella della viabilità e dei
trasporti. Un ente ha in servizio dieci dipendenti, l'altro
ente cinque. Viene stabilito che il comune con dieci
dipendenti diventi il capofila della convenzione. Quindi si
costituisce un ufficio comune, in base all'articolo 30,
comma 4, del decreto legislativo 267/2000 con 15 dipendenti.
È evidente che, in questo caso, non ci sono maggiori spese,
perché non ci sono nuove immissioni in servizio. Si
convenzionano i dipendenti che già sono conteggiati nei
singoli enti; dipendenti che restano «giuridicamente ed
economicamente» in capo all'ente di appartenenza.
Quindi, in questo caso, la norma non può operare.
Caso diverso, invece, è se dalla convenzione scaturisse la
necessità di implementare l'organico della gestione
associata, mediante una nuova assunzione nelle forme
flessibili. In questa ipotesi la disposizione dell'articolo
9, comma 28, si applica anche se resta da stabilire (per
esempio, in un articolo della convenzione) chi si accollerà
l'onere dell'assunzione e in quale modo si procederà al
conteggio del tetto del 50% della spesa 2009.
Se, invece, si utilizza l'articolo 14 del contratto
collettivo nazionale di lavoro del 22.01.2004, non
necessariamente le funzioni vengono esercitate in forma
associata. Anzi, lo strumento sembra più vicino a quello che
è stato anche definito "comando a tempo parziale" in
assenza di convenzione, disciplinato dall'articolo 30 del
decreto legislativo 267/2000. Di fatto, quindi, per l'ente
utilizzatore, si tratterebbe di un incremento di personale,
con una maggiore attività lavorativa e una conseguente
maggiore spesa di personale.
Questo è quanto emerge dalla deliberazione 180/2012 della
Corte dei conti della Campania. I giudici concludono che non
esistono margini per interpretazioni diverse rispetto a
quanto contenuto nella norma. Le "convenzioni" vi
sono indicate al pari delle altre forme di assunzione in
essa menzionate e a tutte è espressamente riferito il limite
previsto. Viene anche aggiunto che non appare corretta
alcuna distinzione tra una tipologia di convenzione rispetto
a un'altra, data l'univocità del termine, riferibile
potenzialmente a ognuna di esse. Chiusura totale, quindi.
Ora, può spettare solo al legislatore chiarire le priorità
tra gestione obbligatoriamente associata e vincoli di
contenimento della spesa (articolo
Il Sole 24 Ore del 02.07.2012). |
anno 2011 |
|
AMBIENTE-ECOLOGIA - ENTI LOCALI - VARI: B.U.R.
Lombardia, serie ordinaria n. 52 del 29.12.2011, "Disposizioni
per l’attuazione della programmazione economico-finanziaria
regionale, ai sensi dell’art. 9-ter della l.r. 31.03.1978,
n. 34 ‘Norme sulle procedure della programmazione, sul
bilancio e sulla contabilità della Regione’ - Collegato 2012" (L.R.
28.12.2011 n. 22). |
ENTI LOCALI: Piccoli
Comuni: obbligo gestione associata delle funzioni.
La Corte dei Conti Sez. Reg.le Lombardia, con il
parere 03.11.2011 n. 553, risponde al quesito:
se " ...il Comune istante, avente 2.250 abitanti, ove
costituisca con un comune avente popolazione inferiore a
1.000 abitanti una o più convenzioni relative a tutti i
servizi e funzioni pubbliche, come previsto dall'art. 16,
comma 16, del D.L. 13.08.2011, n. 138 convertito in L.
14.09.2011, n. 148 sia o meno tenuto a costituire ulteriori
convenzioni con altri comuni per raggiungere la quota minima
di 10.000 abitanti prevista dal successivo comma 24"
come segue:
"... si ritiene che tale ente, in mancanza di espressa
previsione legale e fermo il divieto di svolgere la medesima
funzione con più di una forma associativa, per procedere
alla stipulazione di convenzioni nei termini illustrati nel
quesito, sia soggetto al rispetto della quota minima di
10.000 abitanti prevista dall'art. 16, comma 24, D.L.
138/2011, conv. in L. 148/2011" (tratto da
www.publika.it). |
ENTI LOCALI -
PUBBLICO IMPIEGO:
Le risposte dell'ANCI.
Il servizio in convenzione.
Questo comune ha una organizzazione basata su 5 servizi di
cui 2 servizi tecnici:
1) servizio tecnico manutentivo con responsabile di cat. D);
2) servizio tecnico-progettuale Ll.Pp urbanistica.
Dal 30 giugno risulta scoperto il posto di responsabile del
servizio tecnico-progettuale Ll.Pp urbanistica, per scadenza
di un incarico conferito ex art. 110 del Dlgs n. 267/2000.
Nel suddetto servizio non risultano categorie D) ma solo 2
categorie C).
Si precisa che l’ente, soggetto a patto di stabilità per
l’anno 2011, non rientra nei parametri di cui all’art. 14,
co. 9, del Dl n. 78/2010, convertito dalla L. n. 122/2010,
per cui risulta impossibile procedere a qualsiasi tipologia
di assunzione.
L’amministrazione comunale intende anche per una maggiore
funzionalità dei servizi ed in linea con gli stessi principi
sanciti dal Dl n. 78/2010, di procedere ad una convenzione
per la gestione associata del predetto servizio istituendo
un unico ufficio con personale messo a disposizione dagli
enti partecipanti, che comunque non dovrà comportare
maggiori oneri a carico di questo ente.
In via d’urgenza e temporanea l’amministrazione comunale
intende, inoltre, attribuire la responsabilità del servizio
ad un dipendente di cat. C) (geometra) assegnato al predetto
servizio tecnico progettuale Ll.Pp urbanistica.
Si chiede un parere in ordine alla possibilità di attuare le
proposte avanzate dall’amministrazione comunale.
In caso di esito positivo al primo quesito si chiede inoltre
un suggerimento in ordine alla possibile organizzazione del
servizio tecnico in forma associata così come prospettato.
A parere di chi scrive, la forma più corretta potrebbe
essere quella di affidare in attesa della convenzione di cui
al quesito la responsabilità del servizio o all’altra P.O.
del servizio tecnico o al segretario comunale.
L’organizzazione del servizio in forma associata, attraverso
apposita convenzione con altro comune, pare una soluzione
corretta nella fattispecie (tratto da Guida al Pubblico
Impiego n. 10/2011). |
ENTI LOCALI: La
gestione associata rifà i conti sul personale. Le spese di
personale delle Unioni finiscono nei conti dei Comuni.
La Corte dei conti, Sezione autonomie, con la
deliberazione 29.07.2011 n. 8/AUT/2011 stabilisce
che le gestioni associate non hanno autonomia di calcolo, ma
i costi vanno spalmati sui limiti dei singoli comuni.
Secondo la manovra, due delle sei funzioni fondamentali dei
comuni tra 1.000 e 5mila abitanti dovranno essere gestite in
forma associata entro il 31.12.2011. La Finanziaria 2007
disciplina le norme sul contenimento delle spese di
personale degli enti locali non soggetti a patto di
stabilità. E tra questi le Unioni di comuni.
Al momento della compilazione dei questionari da inviare
alla Corte dei conti, i comuni si sono chiesti se e come
inserire le spese di personale di tali gestioni. Nel tempo
si sono sviluppati due indirizzi. Da una parte veniva
affermato che i Comuni compilano le proprie spese di
personale conteggiando i dipendenti; dall'altra si chiedeva
di inserire tra le proprie spese anche quelle delle Unioni.
La Sezione autonomie ha concluso che il contenimento dei
costi del personale dei Comuni debba essere valutato sotto
il profilo sostanziale, sommando alla propria spesa di
personale la quota sostenuta dall'Unione. In tale ottica
emerge una considerazione complessiva della spesa di
personale, secondo la quale la disciplina vincolistica in
tale materia non può incidere solo per il personale alle
dirette dipendenze dell'ente, ma anche per quello che svolge
la propria attività al di fuori dello stesso e, comunque,
per tutte le forme di esternalizzazione.
Si tratta quindi di un calcolo aggregato che va recepito da
parte dei singoli enti. Le amministrazioni dovranno adottare
criteri idonei per determinare la misura della spesa di
personale del l'Unione che sia riferibile pro quota ai
comuni partecipanti. Numero di abitanti, quantità di servizi
garantiti, numero di ore di attività svolte sono solo alcuni
dei possibili indicatori.
Una scelta non sempre agevole: gli enti che partecipano alle
gestioni associate, hanno spesso vincoli assunzionali e di
contenimento della spesa diversi. Partire da zero è forse
l'unica strada. Rifare i calcoli e costruire una base certa
e stabile nel tempo da prendere come riferimento è il
difficile percorso che attende Unioni ed enti associati (articolo
Il Sole 24 Ore del 19.09.2011 - tratto da
www.corteconti.it). |
ENTI LOCALI:
F. Mazzella,
LA GESTIONE ASSOCIATA DI SERVIZI E FUNZIONI COMUNALI
(link a www.gazzettaamministrativa.it). |
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