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dossier GESTIONE ASSOCIATA FUNZIONI COMUNALI
anno 2018

CONSIGLIERI COMUNALI - ENTI LOCALI - PUBBLICO IMPIEGO - SEGRETARI COMUNALI: Nei piccoli Comuni tre strade per la gestione delle funzioni fondamentali.
Se mancano le professionalità interne, i piccoli Comuni hanno ancora la facoltà di scegliere tra la forma associata delle funzioni, il conferimento delle competenze gestionali a uno dei membri della giunta ovvero l'affidamento al segretario comunale. La scelta deve, comunque, avere a riferimento due «stelle polari»: il criterio della competenza professionale del nominato e il contenimento della spesa.

Lo asserisce la sezione regionale di controllo per il Lazio della Corte dei conti con il parere 16.03.2018 n. 5.
I quesiti
Un Comune di 551 abitanti formula alla sezione tre quesiti specifici:
   1) se nei piccoli Comuni le funzioni relative al servizio finanziario possano essere affidate a un assessore o al sindaco;
   2) se alcuni adempimenti contabili rilevanti possano essere illegittimi se effettuati dal capo dell'amministrazione in assoluta carenza di professionalità interne;
   3) se il segretario comunale, su specifico incarico del sindaco, possa assumere le funzioni gestionali in modo permanente, supplendo alle carenze di dotazione organica.
Amministratori vs gestione associata
In relazione al quesito 1), la sezione ricorda che nei Comuni con popolazione inferiore a cinquemila abitanti, la responsabilità degli uffici e dei servizi e il potere di adottare atti gestionali possono essere affidati, in deroga al generale principio di separazione di competenze tra organi politici e dirigenti, a un assessore o allo stesso sindaco, essendo ancora in vigore l'articolo 53, comma 23, della legge 388/2000 che lo consente, a condizione che l'ente abbia adottato apposite disposizioni regolamentari organizzative. Strada che può essere, dunque, percorsa anche a prescindere dalla carenza di professionalità interne, in quanto la norma non subordina la possibilità a questa condizione, che invece è richiesta per il conferimento di incarichi a soggetti esterni. Regola che, quindi, può essere applicata anche nel caso di gestione delle funzioni relative al servizio finanziario.
Ricorda però la sezione –quasi a voler proporre un consiglio– che prima di arrivare a «sacrificare» il principio di distinzione delle funzioni di indirizzo da quelle gestionali è possibile percorrere la via della gestione associata, obbligatoria per quelle fondamentali ai sensi dell'articolo 14 del Dl 78/2010.
Siccome l’obbligo è ancora condizionato dalla individuazione degli ambiti ottimali, i magistrati rimettono al singolo ente la scelta tra le due alternative «del pari giuridicamente legittime», ossia lo strumento associativo e il conferimento delle funzioni a uno dei membri della giunta, cercando comunque la soluzione che consenta di contenere maggiormente la spesa del personale e tenendo conto delle necessarie competenze richieste dall'elevato grado di tecnicità del servizio.
Il ruolo del segretario
La sezione non fornisce risposta al quesito n. 2), viziato da genericità, mentre si esprime sul n. 3), che coinvolge la figura del segretario comunale il quale, ai sensi dell'articolo 97, comma 4, lettera d), del Tuel può esercitare ogni altra funzione attribuitagli dallo statuto o dai regolamenti o conferitagli dal sindaco.
Tra queste rientra la possibilità di essere nominato responsabile degli uffici e dei servizi, evidenza che i giudici traggono dall'articolo 109, comma 2, che fa salva l'applicazione della lettera d) per l'attribuzione di questi incarichi nei Comuni privi di personale di qualifica dirigenziale; e dall'articolo 49 che, avendo abolito il parere di legittimità del segretario, valorizza il parere preventivo di regolarità dei singoli responsabili dei servizi, anch'esso affidato al segretario in via residuale nel caso l'ente non ne abbia.
Certo, avvertono i giudici, questa funzione del segretario deve essere esercitata «in relazione alle sue competenze» che, tuttavia, ritengono ampie alla luce dell'articolo 97, comma 4, del Tuel, richiamato espressamente dall'articolo 53, comma 23, della legge 388/2000, che non distingue tra funzioni assegnate in via provvisoria o permanente.
Il combinato disposto consente alla sezione di negare la sussistenza di ragioni ostative all'attribuzione al segretario di funzioni gestionali protratte, anche se ritiene «auspicabile una periodica revisione di tale incarico aggiuntivo, sia sotto il profilo dell'efficiente organizzazione interna degli uffici, anche in rapporto alla consistenza dimensionale dell'Ente, sia soprattutto in modo teso a vagliarne ciclicamente in concreto la proficuità sotto il profilo economico finanziario» (articolo Quotidiano Enti Locali & Pa del 30.03.2018).
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MASSIMA
Nei Comuni con popolazione inferiore a 5mila abitanti, in ragione delle ridotte dimensioni demografiche dell'Ente, resta oggi ancora rimessa alla scelta discrezionale dei medesimi la scelta:
   1) tra forma associata di esercizio delle funzioni fondamentali, tra cui certo rientra il servizio finanziario e di contabilità seguendo lo schema normativo della convenzione/unione di comuni (non essendo ancora operativa la obbligatorietà dello strumento associativo, nelle more della concreta attuazione dell’art. 14, comma 28, del D.L. n. 78/2010, convertito dalla L. n. 122/2010 e s.m.i.)
   2) o il conferimento ex art. 53, comma 23, della L. n. 388/2000, di esse, ad uno dei membri della Giunta (Assessori o Sindaco), in deroga al generale principio di separazione di competenze tra organi politici ed organi amministrativi, con un regolamento motivato che ridisegni l’assetto organizzativo interno dell’Ente e senza che sia neppure necessario dimostrare l’assoluta carenza, all’interno dell’Ente, di professionalità adeguate, nonché fatta salva la verifica annuale del contenimento della spesa in sede di approvazione del bilancio
   3) o l’affidamento delle medesime ex art. 97, comma 4, lett. d) del Tuel al Segretario comunale che, nei comuni privi di personale di qualifica dirigenziale, può essere nominato responsabile degli uffici e dei servizi (art. 109, comma 2, T.U.E.L), mediante previsioni statutarie, regolamentari o tramite un provvedimento del Sindaco.
Tra questa rosa di possibilità andrà prescelta, da un canto quella che consente di contenere maggiormente la spesa del personale e, dall’altro, tenendo conto delle necessarie competenze richieste dall’elevato grado di tecnicità del servizio finanziario e di contabilità, la cui carenza potrebbe comportare potenziali ricadute in termini di responsabilità amministrativo-contabile.
Scelta da sottoporre a revisione periodica, sia sotto il profilo dell’efficiente organizzazione interna degli uffici, anche in rapporto alla consistenza dimensionale dell’Ente, sia onde vagliarne ciclicamente in concreto la proficuità economico-finanziaria, anche alla luce del criterio della competenza professionale del nominato per individuare il punto di equilibrio più funzionale alla soddisfazione delle necessità correlate alla peculiare struttura organizzativa interna dell’Ente.

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... il Sindaco pro tempore del Comune di Salisano-RI (551 abitanti, secondo rilevazione Istat all’01/01/2017) formula richiesta di parere, ai sensi dell’art. 7, comma 8, della L. n. 131 del 2003, con riferimento all’art. 53, comma 23, del D.Lgs. 23.12.2000, n. 388, sui seguenti quesiti:
   1. se nei Comuni aventi popolazione inferiore a 5mila abitanti le funzioni relative al servizio finanziario e contabile possano essere affidate ad un Assessore membro della Giunta o al Sindaco pro-tempore, con regolamento motivato, da cui si evincano le esigenze straordinarie di contenimento della spesa pubblica e, in particolare della spesa del personale, “anche in considerazione dell’attivazione della procedura obbligatoria del trasferimento di funzioni fondamentali di cui all’art. 14 del D.L. n. 78/2010, convertito nella legge n. 122/2010 e successive modifiche ed integrazioni” e se ciò sia “compatibile con le esigenze connesse alle sopravvenute recenti disposizioni in materia di ordinamento finanziario e contabile degli Enti locali, in attuazione dei principi di armonizzazione contabile introdotti dal D.Lgs. 118/2009 se ed in quanto presupponenti una «specifica» professionalità al riguardo;
   2. “se taluni rilevanti adempimenti contabili aventi carattere ricorrente per l’Ente possano essere inficiati di non conformità alle disposizioni vigenti in quanto effettuati dal capo dell’amministrazione in assoluta carenza di professionalità all’interno dell’Ente”;
   3. “Se il Segretario Comunale, su specifico incarico del sindaco, possa assumere dette funzioni gestionali in modo permanente, supplendo ad ordinarie carenze di dotazione organica, carenze sia pure per motivate ragioni di contenimento della spesa pubblica”.
...
In relazione al primo quesito, si osserva che,
nei Comuni, quali Salisano, aventi popolazione inferiore a cinquemila abitanti, la responsabilità degli uffici e dei servizi ed il potere di adottare atti, anche di natura tecnica gestionale, ben possono essere affidati, in deroga al generale principio di separazione di competenze tra organi politici (Giunta) ed organi amministrativi (Dirigenti), ad un Assessore o al Sindaco pro-tempore, purché ciò avvenga con un regolamento motivato dell’Ente che ridisegni l’assetto organizzativo interno dell’Ente, al fine di operare un contenimento della spesa, contenimento che deve essere verificato e documentato ogni anno, con apposita deliberazione, in sede di approvazione del bilancio. In tal senso si è pronunziata anche la giurisprudenza amministrativa, oltre a diverse sezioni di questa Corte (TAR Toscana Firenze Sez. III, 07.01.2014, n. 3, Sez. regionale controllo per il Molise, delib. n. 167/2016/PAR).
E ciò senza che sia neppure necessario dimostrare la assoluta carenza, all’interno dell’Ente, di professionalità adeguate, in quanto la norma non subordina tale possibilità a siffatta condizione, che invece è richiesta per il conferimento di incarichi ad esterni.
A favore di ciò depone, con chiarezza il disposto dell’art. 53, comma 23, della L. n. 388/2000, che recita: “Gli enti locali con popolazione inferiore a cinquemila abitanti, fatta salva l'ipotesi di cui all'articolo 97, comma 4, lettera d), del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, approvato con decreto legislativo 18.08.2000, n. 267, anche al fine di operare un contenimento della spesa, possono adottare disposizioni regolamentari organizzative, se necessario anche in deroga a quanto disposto all'articolo 3, commi 2, 3 e 4, del decreto legislativo 03.02.1993, n. 29, e successive modificazioni, e all'articolo 107 del predetto testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, attribuendo ai componenti dell'organo esecutivo la responsabilità degli uffici e dei servizi ed il potere di adottare atti anche di natura tecnica gestionale. Il contenimento della spesa deve essere documentato ogni anno, con apposita deliberazione, in sede di approvazione del bilancio”.
E tra tali uffici e servizi sono ricomprese, certamente, anche le funzioni relative al servizio finanziario e contabile, attribuibili ai componenti dell'organo esecutivo (Assessore e Sindaco pro-tempore) mediante disposizioni regolamentari organizzative, se necessario anche in deroga a quanto disposto all'art. 3, commi 2, 3 e 4, del D.Lgs. 03.02.1993, n. 29 e successive modificazioni, e all'articolo 107 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (TUEL).
Orbene, è vero che dal combinato disposto degli artt. 50 e 107 del D.Lgs. n. 267 del 2000 e dell’art. 4 del D.Lgs. 30/03/2001, n. 165 (recante “Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”) si evince in modo inequivoco che, nel vigente ordinamento, è in auge, anche a livello locale, la netta distinzione fra atti di indirizzo politico-amministrativo (spettanti agli organi politici) ed atti di gestione (spettanti agli organi burocratici).
In altri termini, il TUEL ha devoluto, rispettivamente, agli organi politici (Consiglio Comunale, Giunta Comunale e Sindaco) la competenza ad emanare gli atti di indirizzo e, ai dirigenti amministrativi comunali, la competenza ad adottare atti di gestione.
L’art. 107, comma 4, in particolare, pone una riserva di legge a garanzia della indipendenza -sotto il profilo gestionale- dei dirigenti, dotati anche di autonomo potere di spesa, rispetto agli organi politici, laddove prevede che “4. Le attribuzioni dei dirigenti, in applicazione del principio di cui all'articolo 1, comma 4, possono essere derogate soltanto espressamente e ad opera di specifiche disposizioni legislative”.
Tuttavia l’art. 53, comma 23, della L. n. 388/2000 (finanziaria 2001) è proprio una specifica disposizione derogatoria, pacificamente compatibile col sistema normativo vigente (in tal senso anche Consiglio di Stato sent. n. 5296/2015, che ha ritenuto inammissibile la questione di costituzionalità sulla disposizione).
La deroga è ammessa in ragione delle ridotte dimensioni demografiche dell'Ente locale, ma va interpretata restrittivamente e non è estensibile oltre i casi e i modi espressamente regolati (Corte dei conti, sez. reg. controllo Lombardia, delib. n. 513/2012/PAR del 10.12.2012).
A latere della possibilità di attribuire a componenti della Giunta lo svolgimento di funzioni gestionali amministrative, l’ordinamento disciplina, al contempo, la possibilità -ed in taluni casi l’obbligo- di svolgere in forma associata, le medesime funzioni fondamentali: articoli 30 e 32 del Tuel e art. 14, comma 28, del D.L. n. 78/2010, convertito dalla L. n. 122/2010 e successive modifiche ed integrazioni.
Tramite il TUEL, sin dal 2000 sono state introdotte, come facoltative, forme associative, quali la stipula di apposite convenzioni onerose tra Enti locali, “al fine di svolgere in modo coordinato funzioni e servizi determinati” (art. 30) o l'Unione di Comuni, con la creazione di un Ente locale ex novo, costituito -di norma- da due o più Comuni contermini e “finalizzato all'esercizio associato di funzioni e servizi” (art. 32).
L’art. 14 del D.L. n. 78/2010, convertito dalla L. n. 122/2010 e successive modifiche ed integrazioni, ha prescritto che i Comuni con popolazione fino a 5000 abitanti “esercitano obbligatoriamente in forma associata, mediante unione di Comuni o convenzione, le funzioni fondamentali di cui al comma 27”, tra le quali rientra, certamente, la gestione finanziaria e contabile.
Senza entrare in questa sede sulla portata della regolamentazione in ordine alle dimensioni territoriali ottimali, (come previsto dall’art. 14, comma 30, del D.L. n. 78/2010),
permane un indiscusso favor legislativo per la forma associata di esercizio delle funzioni, ancorché intesa come rimessa alla mera facoltà di scelta discrezionale dell’Ente locale (Sez. Aut. Audizione alla Camera dei deputati del 01.12.2015).
Nell’attesa della concreta operatività della disposizione tesa a rendere ciò obbligatorio in risposta al primo quesito, si osserva che
al Comune è demandata oggi la scelta tra due alternative del pari giuridicamente legittime, ossia tra lo strumento associativo (convenzione/unione di comuni) o il conferimento delle funzioni del servizio finanziario e di contabilità ad uno dei membri della Giunta (Assessori o Sindaco).
L’Ente sarà tenuto ad operarla discrezionalmente ma seguendo, da un canto, la soluzione che consente di contenere maggiormente la spesa del personale e, dall’altro, tenendo conto delle necessarie competenze richieste dall’elevato grado di tecnicità del servizio finanziario e di contabilità, la cui carenza potrebbe comportare potenziali ricadute in termini di responsabilità amministrativo-contabile.
Il secondo quesito pare, invero, viziato da genericità, nella parte in cui si riferisce a “taluni rilevanti adempimenti contabili aventi carattere ricorrente”, senza specificarli ed è ritenuto dal Collegio inammissibile, anche per carenza di indicazione del riferimento normativo da interpretare in sede consultiva, ancor prima della specificazione del dubbio ermeneutico che la Sezione di controllo è chiamata a dirimere in questa sede.
Quanto al terzo quesito si richiama, in funzione di mero ausilio dell’Ente, l’articolo 97, comma 4, lett. d) del Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli Enti locali, approvato con D.Lgs. 18.08.2000, n. 267 che stabilisce che il Segretario comunale “d) esercita ogni altra funzione attribuitagli dallo statuto o dai regolamenti, o conferitagli dal sindaco”.
Tra le quali rientra, come esplicitamente contemplato all’art. 109, comma 2, del T.U.E.L., la possibilità di essere nominato responsabile degli uffici e dei servizi, in quanto tale comma recita: “2. Nei comuni privi di personale di qualifica dirigenziale le funzioni di cui all'articolo 107, commi 2 e 3, fatta salva l'applicazione dell'articolo 97, comma 4, lettera d), possono essere attribuite, a seguito di provvedimento motivato del sindaco, ai responsabili degli uffici o dei servizi, indipendentemente dalla loro qualifica funzionale, anche in deroga a ogni diversa disposizione”. Applicazione che potrà avvenire mediante previsioni statutarie, regolamentari o tramite un provvedimento del Sindaco (Tar Piemonte, sent. n. 4094/2006).
Occorre anche considerare che, visto il disposto dell’art. 49 del Tuel, che ha abolito il parere di legittimità del Segretario, risulta valorizzato -ancor più nel testo complessivamente modificato a decorrere dall’11.10.2012- il parere preventivo di regolarità, obbligatorio ma non vincolante, dei singoli Responsabili dei servizi (tra cui anche quello di contabilità, chiamato a rendere un parere di regolarità -non tecnica ma contabile- su ogni proposta di deliberazione sottoposta alla Giunta e al Consiglio).
La disposizione, in via residuale, individua nel Segretario comunale il soggetto titolato ad esprimere il parere “nel caso in cui l’ente non abbia i responsabili dei servizi”, con la limitazione individuata “in relazione alle sue competenze” (cit. art. 49, comma 2), che tuttavia possono ritenersi in senso ampio ex art. 97, comma 4, TUEL.
La vigenza di tale disposizione è espressamente fatta salva dall’art. 53, comma 23, della L. n. 388/2000, invero, senza distinguere tra funzioni assegnate in via provvisoria o permanente, per cui, pur non sembrando in astratto sussistere ragioni ostative all’attribuzione al medesimo di funzioni gestionali contabili protratte (attribuzione tanto più giustificata ove il nominato sia in possesso di specifica professionalità contabile),
pare comunque auspicabile una periodica revisione di tale incarico aggiuntivo, sia sotto il profilo dell’efficiente organizzazione interna degli uffici, anche in rapporto alla consistenza dimensionale dell’Ente, sia soprattutto in modo teso a vagliarne ciclicamente in concreto la proficuità sotto il profilo economico-finanziario.
In conclusione,
quale che sia la soluzione, tra quelle astrattamente possibili, scelta dell’Ente, essa dovrà avere come stelle polari, da un canto, il criterio della competenza professionale del nominato e, dall’altro, il criterio del contenimento della spesa, con l’esigenza di individuare, nella applicazione congiunta dei due criteri, il punto di equilibrio più funzionale alla soddisfazione delle necessità correlate alla peculiare struttura organizzativa interna dell’Ente.

anno 2017

ENTI LOCALI - PUBBLICO IMPIEGO: Divieto di esternalizzazione per i servizi finanziari del Comune.
La gestione del servizio finanziario di un Comune non può essere esternalizzata, in quanto trattasi di funzione pubblica essenziale. Gli enti, quindi, per esercitarla potranno solamente avvalersi delle forme di lavoro a tempo indeterminato o di lavoro flessibile previste dall'ordinamento.
La vicenda
Sono queste le conclusioni del parere 09.03.2017 n. 4 della sezione di controllo della regione Friuli Venezia Giulia della Corte dei conti che ha esaminato il caso di un piccolo ente alle prese con l'organizzazione dell'ufficio finanziario in cui attualmente vi è solo il segretario comunale che svolge le funzioni di responsabile senza avere alcun supporto.
Tra le varie opzioni proposte dal sindaco nel quesito per quella che si potrebbe chiamare «sopravvivenza», appare anche quella di poter esternalizzare il servizio di contabilità.
La possibilità di acquistare sul mercato le attività prima gestite internamente è concessa alle amministrazioni pubbliche dagli articoli 6 e 6-bis del Dlgs 165/2001, purché si dimostri di raggiungere le conseguenti economie di gestione e si adottino le adeguate misure in materia di personale. Ma le esternalizzazioni sono immaginabili per tutti i servizi?
La decisione
I magistrati friulani si rifanno innanzitutto ad altre sezioni regionali, le quali, in maniera uniforme, hanno affermato che l'ambito di estensione di una esternalizzazione può riguardare tutti i cosiddetti servizi pubblici di rilevanza economica, rimanendo, però, escluse da tali fattispecie le funzioni pubbliche fondamentali che il Comune deve svolgere direttamente, non potendo essere appaltate a soggetti esterni, in quanto si tratta di funzioni strettamente connaturate al soggetto pubblico che ne è titolare.
La conclusione è, quindi, che dovranno necessariamente continuare a essere svolte in via diretta tutte quelle attività che sono connaturate all'esistenza stessa dell'ente, incluse tra queste ultime le attività dell'area economico-finanziaria e di redazione del bilancio.
Il richiamo corre, pertanto, al principio dell'articolo 14, comma 26, del Dl 78/2010 che afferma che «l'esercizio delle funzioni fondamentali dei Comuni è obbligatorio per l'ente titolare» e al successivo elenco delle funzioni, modificato, da ultimo, dall'articolo 19 del Dl 95/2012. Tra tali compiti appare, senza possibilità di appello, anche la funzione a) che tratta dell'organizzazione generale dell'amministrazione, gestione finanziaria e contabile e controllo.
E, richiamando i principi da sempre diffusi dal Dipartimento della Funzione Pubblica (ad esempio la circolare n. 3/2006), è in sede di programmazione che l'amministrazione deve stabilire quali servizi rientrano nelle cosiddette attività non istituzionali che possono essere oggetto di una esternalizzazione, rispetto a quelle funzioni che, essendo fondamentali, possono essere gestite esclusivamente in modo diretto dagli enti con assunzioni di personale a tempo indeterminato o determinato, con prestazioni di lavoro flessibile o attraverso le collaborazioni coordinate e continuative. Ovviamente, nel rispetto di tutti i vincoli finanziari e assunzionali vigenti (articolo Quotidiano Enti Locali & Pa del 27.03.2017).

ENTI LOCALI - PUBBLICO IMPIEGO: Divieto di esternalizzazione per i servizi finanziari del Comune.
Relativamente alla esternalizzazione dei servizi degli Enti locali, vale la pena di evidenziare che la norma di riferimento è quella contenuta nel D.Lgs. 30.03.2001, n. 165 (c.d. TUPI), recante norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle Amministrazioni pubbliche, che all’art. 6-bis detta specifiche disposizioni in materia di misure in materia di organizzazione e razionalizzazione della spesa per il funzionamento delle pubbliche amministrazioni.
In base a detta previsione, le pubbliche Amministrazioni sono autorizzate, nel rispetto dei principi di concorrenza e di trasparenza, ad acquistare sul mercato i servizi, originariamente prodotti al proprio interno, a condizione di ottenere conseguenti economie di gestione e di adottare le necessarie misure in materia di personale e di dotazione organica.
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Per gli Enti locali sarà possibile procedere all’attivazione di processi di esternalizzazione di servizi pubblici a rilevanza economica, purché tale scelta produca “economie di gestione”, precipuamente con riferimento ai servizi di cui agli articoli 112 e seguenti del decreto legislativo 18.08.2000, n. 267
(TUEL - Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali), dovendo invece necessariamente continuare ad essere svolte in via diretta tutte quelle attività che sono connaturate all’esistenza stessa dell’Ente, incluse tra queste ultime le attività dell’area economico-finanziaria e di redazione del bilancio.
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I. Come esposto nella premessa ed in sede di esame preliminare dell’ammissibilità, la tematica oggetto di esame nello svolgimento di questo motivato avviso riguarda i limiti assunzionali attualmente gravanti sugli Enti locali, nonché l’eventuale possibilità di esternalizzare i servizi dei Comuni che risultano sprovvisti di personale idoneo al loro svolgimento in forma diretta.
Per ben risolvere le problematiche sollevate dal Comune di Lestizza (UD), e ferme restando in capo all’autonomia decisionale del Comune le scelte gestionali da porre concretamente in essere, in considerazione della non praticabilità e utilità, almeno per il momento, di forme associative con altri Enti (come approfonditamente esposte dal Sindaco anche in sede di audizione preliminare a questa camera di consiglio), appare utile procede ad una preventiva disamina della tematica relativa alla eventuale esternalizzazione del servizio dell’Area Economico-Finanziaria, per poi procedere ad una succinta esposizione del quadro di riferimento che contraddistingue il comparto unico del pubblico impiego regionale e concludere quindi con la normativa che regola i limiti assunzionali a tempo determinato attualmente gravanti sugli Enti locali (anche con riferimento alla possibilità o meno di conferire incarichi esterni).
II.
Relativamente alla esternalizzazione dei servizi degli Enti locali, vale la pena di evidenziare che la norma di riferimento è quella contenuta nel D.Lgs. 30.03.2001, n. 165 (c.d. TUPI), recante norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle Amministrazioni pubbliche, che all’art. 6-bis detta specifiche disposizioni in materia di misure in materia di organizzazione e razionalizzazione della spesa per il funzionamento delle pubbliche amministrazioni.
In base a detta previsione, le pubbliche Amministrazioni (di cui all'articolo 1, comma 2, del TUPI) nonché gli Enti finanziati direttamente o indirettamente a carico del bilancio dello Stato sono autorizzati, nel rispetto dei principi di concorrenza e di trasparenza, ad acquistare sul mercato i servizi, originariamente prodotti al proprio interno, a condizione di ottenere conseguenti economie di gestione e di adottare le necessarie misure in materia di personale e di dotazione organica.
Relativamente alla spesa per il personale e alle dotazioni organiche, le Amministrazioni interessate dai processi in argomento provvedono al congelamento dei posti e alla temporanea riduzione dei fondi della contrattazione, fermi restando i conseguenti processi di riduzione e di rideterminazione delle dotazioni organiche nonché i conseguenti processi di riallocazione e di mobilitò del personale. I collegi dei revisori dei conti e gli organi di controllo interno delle Amministrazioni che attivano i processi di cui sopra vigilano sull'applicazione del presente articolo, dando evidenza, nei propri verbali, dei risparmi derivanti dall'adozione dei provvedimenti in materia di organizzazione e di personale, anche ai fini della valutazione del personale con incarico dirigenziale.
Tale disciplina, introdotta dall’art. 22, co. 1, della legge 18.06.2009, n. 69 recante Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile, ricalca analoghi istituti già contemplati dall’art. 29, co. 1, della legge 28.12.2001 n. 448 (legge finanziaria per il 2002) secondo cui “
Le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30.03.2001, n. 165, nonché gli enti finanziati direttamente o indirettamente a carico del bilancio dello Stato sono autorizzati, anche in deroga alle vigenti disposizioni, a:
   a) acquistare sul mercato i servizi, originariamente prodotti al proprio interno, a condizione di ottenere conseguenti economie di gestione;
   b) costituire, nel rispetto delle condizioni di economicità di cui alla lettera a), soggetti di diritto privato ai quali affidare lo svolgimento di servizi, svolti in precedenza;
   c) attribuire a soggetti di diritto privato già esistenti, attraverso gara pubblica, ovvero con adesione alle convenzioni stipulate ai sensi dell'articolo 26 della legge 23.12.1999, n. 488, e successive modificazioni, e dell'articolo 59 della legge 23.12.2000, n. 388, lo svolgimento dei servizi di cui alla lettera b)
”.
Essendo questo il quadro di riferimento per i processi di c.d. “esternalizzazione” dei servizi pubblici locali, vale la pena di evidenziare che l’ambito di estensione di tale istituto può riguardare tutti i cosiddetti servizi pubblici di rilevanza economica, rimanendo però escluse da tali fattispecie le funzioni pubbliche essenziali che il Comune deve svolgere direttamente, non potendo essere appaltate a soggetti esterni, in quanto si tratta di funzioni strettamente connaturate al soggetto pubblico che ne è titolare.
In tal senso, ha avuto modo di esprimersi anche la Sezione regionale di controllo per la Lombardia con il parere n. 355/2012/PAR con cui si è affermato che “
in via preliminare, si rammenta che ogni la scelta amministrativa, quando realizzata spendendo la capacità negoziale di diritto comune dell’ente (art. 1 e 1-ter della L. n. 241 del 1990), presuppone due momenti volitivi distinti, articolabili in una fase pubblicistica, di carattere prodromico, e una propriamente negoziale: la prima è sostanzialmente riconducile alla determinazione a contrarre, fase preliminare di ogni procedura ad evidenza pubblica. La struttura bifasica dell’agire di diritto comune degli enti pubblici è stata messa in evidenza dal Consiglio di Stato, nell’Adunanza Plenaria n. 10 del 2011: in tale arresto il Supremo Consesso amministrativo ha evidenziato che gli atti pubblicistici vanno, sul piano logico, cronologico e giuridico, tenuti nettamente distinti dai successivi atti negoziali cui sono prodromici. Nell’atto amministrativo si condensano le valutazioni sugli interessi pubblici (espressi dalla legge con l’indicazione degli scopi e dei limiti all’agire giuridico dell’amministrazione) che, sul piano negoziale, il più delle volte, rimangono estranei alla causa giuridica, segnalandosi come meri “motivi”, di norma irrilevanti per il diritto privato. Nel caso di negozi con cui si realizza un’esternalizzazione, la preliminare decisione pubblicistica deve riscontrare che la decisione di esternalizzare persegua l’efficientamento della p.a. e non si ponga in contrasto con i limiti ordinamentali, tanto di carattere interno, quanto di carattere esterno”.
Ne consegue che
per gli Enti locali sarà possibile procedere all’attivazione di processi di esternalizzazione di servizi pubblici a rilevanza economica, purché tale scelta produca “economie di gestione”, precipuamente con riferimento ai servizi di cui agli articoli 112 e seguenti del decreto legislativo 18.08.2000, n. 267 (TUEL - Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali), dovendo invece necessariamente continuare ad essere svolte in via diretta tutte quelle attività che sono connaturate all’esistenza stessa dell’Ente, incluse tra queste ultime le attività dell’area economico-finanziaria e di redazione del bilancio.
In tal senso ha avuto modo di esprimersi recentemente anche la Sezione regionale di controllo per la Liguria che, con la deliberazione n. 61/2015/PAR, ha respinto la richiesta avanzata da un comune ligure volta a sapere “se risulti possibile, in considerazione dell’assoluta impossibilità oggettiva di utilizzare risorse umane disponibili all’interno della propria dotazione organica, provvedere alla esternalizzazione del servizio relativo all’ufficio tecnico comunale” (per i magistrati liguri, tali processi di esternalizzazione possono eccezionalmente essere ammessi per attività che richiedono specifiche qualificazioni, come ad esempio quelle che possono essere svolti soltanto da professionisti iscritti in specifici albi professionali, ma non per le attività ordinariamente connesse all’esistenza dell’ente, per cui potranno essere al più attivate forme di esercizio congiunto di funzioni con altri enti che si trovino nelle stesse condizioni).
Così succintamente affrontata la problematica dell’esternalizzazione di funzioni comunali,
deriva pertanto chiaramente per il Comune la possibilità di esternalizzare soltanto servizi pubblici di rilevanza economica suscettibili di produrre economie di gestione e non anche funzioni strettamente connaturate all’esistenza dell’Ente, quali appunto quelle dell’area economico-finanziaria e di redazione del bilancio oggetto della richiesta formulata dal Comune di Lestizza.
Per ovviare ai problemi sollevati dal Comune richiedente, pertanto, appare opportuno effettuare una succinta disamina del comparto unico del pubblico impiego regionale e delle possibilità di effettuare assunzioni a tempo determinato e/o di conferire incarichi esterni.
III. Il comparto unico del pubblico impiego regionale e locale del Friuli Venezia Giulia, di cui fanno parte i dipendenti del Consiglio regionale, dell'Amministrazione regionale, degli Enti regionali, delle Province, dei Comuni, delle Comunità montane e degli altri Enti locali, è stato istituito con l’art. 127 della legge regionale 09.11.1998, n.13.
Detta norma è stata introdotta per dare concreta attuazione alla legge costituzionale 23.09.1993, n. 2, che all’art. 5 ha previsto l’attribuzione alla Regione Friuli Venezia Giulia della competenza esclusiva in materia di “ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni”.
La disciplina positiva dettata in materia di comparto unico è stata recentemente innovata con la Legge regionale 26.06.2014, n. 12, recante “misure urgenti per le autonomie locali”, che ha dedicato l’intero capo II (articoli 4-11) a fornire una regolamentazione organica ed aggiornata, anche alla luce di quanto statuito con la sentenza della Corte costituzionale n. 54/2014, con cui è stata “confermata l’applicabilità alla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia dei principi di coordinamento della finanza pubblica stabiliti dalla legislazione statale, più volte riconosciuta da questa Corte (da ultimo, sentenze n. 3 del 2013 e n. 217 del 2012)”.
Si deve infatti debitamente precisare che, ai sensi dell'art. 117, c. 3, e dell’art. 119, c. 2, della nostra Costituzione, le disposizioni contenute nelle leggi statali relative al Patto di stabilità interno (PSI) per gli Enti territoriali costituiscono princìpi fondamentali del coordinamento della finanza pubblica. Il contributo della Regione al perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica ha matrice pattizia, essendo frutto dell'Intesa raggiunta -anno per anno- tra la Regione stessa e lo Stato (MEF), i cui contenuti vengono poi trasfusi nella annuale legge di stabilità.
In materia di comparto unico del pubblico impiego regionale e locale, la Sezione ha già avuto modo di esprimersi con numerosi motivati avvisi (cfr., ex multis, pareri n. FVG/51/2016/PAR, n. FVG/133/2015/PAR, n. FVG/70/2015/PAR, n. FVG/51/2015/PAR, n FVG/2015/PAR, n. FVG/97/2014/PAR, n. FVG/53/2014/PAR, n. FVG/18/2014/PAR, n. FVG/17/2014/PAR).
In particolare, con il parere n. FVG/51/2015/PAR, la Sezione ha posto in evidenza il quadro normativo di riferimento, fornendo una lettura coerente tra la legislazione emanata dalla Regione e i princìpi recati dal Parlamento, anche alla luce dell’interpretazione fornita dalla Corte costituzionale.
Con tale deliberazione, in particolare, si è ulteriormente ricordata la funzionalizzazione, più volte affermata dalla Corte costituzionale, alla finalità del contenimento della spesa pubblica (cfr., ex plurimis, Corte costituzionale, sentenze nn. 108/2001 e 155/2011), delle discipline rilevanti in materia di vincoli e obiettivi derivanti dal Patto di stabilità interno, con i connessi limiti complessivi di spesa.
Nel riconoscere la non completa sovrapponibilità delle normative vincolistiche sul patto di stabilità e sul governo della spesa del personale (avendo queste ultime -le norme di contenimento della spesa di personale- una estensione più ampia rispetto alle prime, essendo dirette anche alle Autonomie locali non soggette ai vincoli del patto di stabilità, per le quali valgono disposizioni comunque finalizzate a obiettivi di contenimento e riduzione della spesa del personale), va rimarcato che, per quel che riguarda le disposizioni relative al patto di stabilità, in Friuli Venezia Giulia il concorso agli obiettivi di finanza pubblica in termini di saldo netto da finanziare e di indebitamento netto è definito in sede pattizia, attraverso apposito accordo sottoscritto tra il Presidente del Consiglio dei Ministri il Ministro dell’Economia e delle Finanze e il Presidente della regione Friuli Venezia Giulia.
I relativi contenuti vengono poi trasfusi nell’annuale legge di stabilità.
Per gli anni dal 2014 al 2017 tale concorso è definito ai commi da 512 a 523 dell’art. 1 della legge 23.12.2014, n. 190.
In ragione e in forza di tale regime pattizio è la stessa Regione a dettare, con proprie norme, le regole, gli obiettivi, i vincoli e correlate sanzioni inerenti al patto di stabilità per il sistema dei propri Enti locali, in maniera tale da garantire, in maniera autonoma, nel rispetto dei principi di coordinamento della finanza pubblica, il concorso dell’intero sistema delle Autonomie locali della regione al raggiungimento degli obblighi posti allo Stato a livello comunitario.
In tale ottica, la stessa deliberazione n. FVG/51/2015/PAR aveva provveduto a fornire una utile interpretazione a carattere sistematico, “circa la necessaria sussunzione nel novero degli obiettivi inerenti al rispetto del patto di stabilità interno, convergenti verso le medesime finalità di contenimento della spesa pubblica complessiva, anche le previsioni in materia di spesa per il personale, sia in un’ottica di sostenibilità complessiva, sia con riguardo specifico all’obiettivo della progressiva riduzione della medesima, si possono formulare le seguenti notazioni in ordine, appunto, alle previsioni in materia di disciplina vincolistica e di facoltà assunzionali applicabili al sistema degli EELL della regione FVG. Possono, in tale ottica, individuarsi (almeno) tre serie di norme:
   1) una prima serie di norme pone obiettivi di contenimento dell'aggregato "Spesa di personale" per gli EELL sia soggetti al PSI (es. il comma 557 dell’art. 1 L. n. 296/2006 e comma 25 dell’art. 12 della L.R. n. 17/2008) che non soggetti (es. comma 562 L. n. 296/2006). Per gli EELL del FVG -in ragione del regime pattizio valevole tra Stato e Regione ai fini della determinazione del concorso della seconda agli obiettivi del PSI discendente dagli obblighi facenti capo all’Italia in forza della sua appartenenza all’UE– detti obiettivi sono fissati dal legislatore regionale;
   2) una seconda serie contempla norme preordinate a definire le facoltà assunzionali degli EELL in regola con le norme sui vincoli del P.S.I. e con quelle di contenimento della spesa di personale (per gli EELL del FVG, ripetesi, di fonte regionale): tali facoltà, o, meglio, i limiti alle dette facoltà, con le correlate fattispecie di deroga, sono, per espresso rinvio dell'art. 4, comma 2, L.R. n. 12/2014, rimesse alla potestà del legislatore statale;
   3) ulteriori norme, correlate alle ultime descritte, e perciò stesso ad esse assimilabili quanto all'individuazione della fonte di produzione normativa, pongono tetti di spesa (rectius limitazioni al tetto di spesa) per gli enti in regola con l'obbligo di riduzione della spesa di personale. Così la norma di cui all’art. 9, comma 28, del D.L. n. 78/2010 su cui, come innanzi ricordato, è intervenuta la delibera SdA n. 2/2015
”.
Alla luce del complessivo quadro normativo di riferimento, pertanto, le facoltà assunzionali riferite agli Enti locali anche del Friuli Venezia Giulia sono determinate facendo riferimento a quanto previsto dal Legislatore nazionale in sede di fissazione di obiettivi di finanza pubblica.
IV. Così delineato il quadro giuridico di riferimento valevole per il Friuli Venezia Giulia in materia di vincoli assunzionali per il pubblico impiego locale, si deve ora procedere ad affrontare specificamente la problematica delle assunzioni a tempo determinato e/o del conferimento di incarichi temporanei per fare fronte ad eccezionali criticità degli Enti locali.
Al riguardo, viene in rilievo principalmente l’art. 9, co. 28, del D.L. 78/2010 (convertito dalla L. 30/07/2010, n. 122) in base al quale a decorrere dall'anno 2011, le Amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le Agenzie, incluse le Agenzie fiscali, gli Enti pubblici non economici, le Università e le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura possono avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009. Per le medesime Amministrazioni la spesa per personale relativa a contratti di formazione-lavoro, ad altri rapporti formativi, alla somministrazione di lavoro, nonché al lavoro accessorio non può essere superiore al 50 per cento di quella sostenuta per le rispettive finalità nell'anno 2009.
I limiti di cui al primo e al secondo periodo non si applicano, anche con riferimento ai lavori socialmente utili, ai lavori di pubblica utilità e ai cantieri di lavoro, nel caso in cui il costo del personale sia coperto da finanziamenti specifici aggiuntivi o da fondi dell'Unione europea; nell'ipotesi di cofinanziamento, i limiti medesimi non si applicano con riferimento alla sola quota finanziata da altri soggetti. Le disposizioni in commento rappresentano princìpi generali ai fini del coordinamento della finanza pubblica ai quali si adeguano le Regioni, le Province autonome, gli Enti locali e gli Enti del Servizio sanitario nazionale.
La norma aggiunge che le limitazioni su riportate non si applicano agli Enti locali in regola con l'obbligo di riduzione delle spese di personale di cui ai commi 557 e 562 dell'articolo 1 della L. n. 296/2006, per i quali comunque “la spesa complessiva non può essere superiore alla spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009” ed inoltre precisa che, per le Amministrazioni che nell'anno 2009 non hanno sostenuto spese per lavoro flessibile, il limite deve essere computato con riferimento alla media sostenuta per le stesse finalità nel triennio 2007-2009.
Con l’emanazione della legge 07/08/2016 n. 160 di conversione del D.L. 24/06/2016 n. 113, all’art. 16, comma 1-quater, è stata disposta l’esclusione dalle limitazioni previste dall’art. 9, comma 28, del D. L. n. 78/2010, per le spese sostenute per le assunzioni a tempo determinato ai sensi dell’articolo 110, comma 1, del testo unico di cui al D.Lgs. 18/08/2000 n. 267.
A rafforzamento di tali previsioni, il medesimo comma 28 ha previsto anche pesanti effetti sanzionatori per la sua eventuale non applicazione, stabilendo che il mancato rispetto dei limiti di spesa in esso previsti costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità erariale.
Sull’argomento, si è espressa anche la Sezione delle Autonomie della Corte dei conti che, sulla specifica materia dell’art. 9, co. 28, ora in commento, ha avuto modo di esprimersi affermando il principio di diritto secondo cui: “le limitazioni dettate dai primi sei periodi dell’art. 9, comma 28, del d.l. n. 78/2010, in materia di assunzioni per il lavoro flessibile, alla luce dell’art. 11, comma 4-bis, del d.l. 90/2014 (che ha introdotto il settimo periodo del citato comma 28), non si applicano agli enti locali in regola con l’obbligo di riduzione della spesa di personale di cui ai commi 557 e 562 dell’art. 1, l. n. 296/2006, ferma restando la vigenza del limite massimo della spesa sostenuta per le medesime finalità nell’anno 2009, ai sensi del successivo ottavo periodo dello stesso comma 28”.
Sul punto, inoltre, ha recentemente avuto modo di esprimersi la Sezione regionale di controllo per la Puglia con il parere n. 149/2016/PAR con cui si è precisato che “i vincoli in materia di c.d. “lavoro flessibile” hanno carattere indefettibile ed appaiono rivolti anche ad evitare che le amministrazioni pubbliche soggette ad un regime limitativo delle assunzioni a tempo indeterminato possano ricorrere all’utilizzo di contratti di lavoro flessibile per eludere il blocco assunzionale ad esse applicabile… La Corte costituzionale, con sentenza n. 173/2012, proprio con riferimento all’articolo 9, comma 28, del D.L. n. 78/2010, ha osservato che tale disposizione “pone un obiettivo generale di contenimento della spesa relativa ad un vasto settore del personale e, precisamente, a quello costituito da quanti collaborano con le pubbliche amministrazioni in virtù di contratti diversi dal rapporto di impiego a tempo indeterminato” e “lascia alle singole amministrazioni la scelta circa le misure da adottare con riferimento ad ognuna delle categorie di rapporti di lavoro da esso previste. Ciascun ente pubblico può determinare se e quanto ridurre la spesa relativa a ogni singola tipologia contrattuale, ferma restando la necessità di osservare il limite della riduzione del 50 per cento della spesa complessiva rispetto a quella sostenuta nel 2009”.
A conclusione di detto parere, si procedeva quindi a una disamina dei ridotti limiti assunzionali previsti dalla normativa vigente, valorizzando in particolare il DUP (Documento Unico di Programmazione), previsto nell’ambito dall’armonizzazione dei sistemi contabili, affermando che “il legislatore riserva, dunque, nella predisposizione del DUP da parte degli enti locali, particolare attenzione alla programmazione del personale sia nella sezione strategica che in quella operativa. In particolare, nell’ambito della sezione strategica, volta a definire i principali contenuti della programmazione strategica ed i relativi indirizzi generali con riferimento al periodo di mandato, al punto 8.1 dell’allegato 4.1 al D.Lgs. n. 118/2011, è inserita anche l’analisi della disponibilità e gestione delle risorse umane con riferimento alla struttura organizzativa dell'ente in tutte le sue articolazioni ed alla sua evoluzione nel tempo anche in termini di spesa. Parimenti il successivo punto 8.2, lett. j), prescrive espressamente, nella redazione della sezione operativa, l’indicazione della programmazione del fabbisogno di personale a livello triennale ed annuale”.
Essendo questa la situazione in materia di assunzioni di personale, anche a tempo determinato, la Sezione rileva peraltro che altre forme di utilizzazione di risorse estranee alla pubblica Amministrazione richiedono presupposti applicativi particolarmente rigorosi.
Il riferimento è rivolto principalmente all’ipotesi di utilizzazione di contratti di lavoro autonomo, di natura occasionale o coordinata e continuativa, da stipulare con professionisti di particolare e conclamata specializzazione, anche universitaria.
Tali fattispecie trova la sua fondamentale disciplina nell’art. 7, co. 6 del D.Lgs. 30.03.2001, n. 165 (Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche – c.d. TUPI).
In base a detta previsione di legge, “per esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio, le amministrazioni pubbliche possono conferire incarichi individuali, con contratti di lavoro autonomo, di natura occasionale o coordinata e continuativa, ad esperti di particolare e comprovata specializzazione anche universitaria, in presenza dei seguenti presupposti di legittimità:
   a) l'oggetto della prestazione deve corrispondere alle competenze attribuite dall'ordinamento all'amministrazione conferente, ad obiettivi e progetti specifici e determinati e deve risultare coerente con le esigenze di funzionalità dell'amministrazione conferente;
   b) l'amministrazione deve avere preliminarmente accertato l’impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse umane disponibili al suo interno;
   c) la prestazione deve essere di natura temporanea e altamente qualificata; non è ammesso il rinnovo; l'eventuale proroga dell'incarico originario è consentita, in via eccezionale, al solo fine di completare il progetto e per ritardi non imputabili al collaboratore, ferma restando la misura del compenso pattuito in sede di affidamento dell'incarico;
   d) devono essere preventivamente determinati durata, luogo, oggetto e compenso della collaborazione. Si prescinde dal requisito della comprovata specializzazione universitaria in caso di stipulazione di contratti di collaborazione di natura occasionale o coordinata e continuativa per attività che debbano essere svolte da professionisti iscritti in ordini o albi o con soggetti che operino nel campo dell'arte, dello spettacolo , dei mestieri artigianali o dell’attività informatica nonché' a supporto dell’attività didattica e di ricerca, per i servizi di orientamento, compreso il collocamento, e di certificazione dei contratti di lavoro di cui al decreto legislativo 10.09.2003, n. 276, purché senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica , ferma restando la necessità di accertare la maturata esperienza nel settore. Il ricorso a contratti di collaborazione coordinata e continuativa per lo svolgimento di funzioni ordinarie o l'utilizzo dei collaboratori come lavoratori subordinati è causa di responsabilità amministrativa per il dirigente che ha stipulato i contratti
”.
Da notare che, per effetto dell’art. 2, co. 4, del D.Lgs. 15.06.2015, n. 81, come da ultimo modificato dal D.L. 30.12.2016, n. 244 (convertito con modificazioni dalla L. 27.02.2017, n. 19), “fino al completo riordino della disciplina dell'utilizzo dei contratti di lavoro flessibile da parte delle pubbliche amministrazioni, la disposizione di cui al comma 1 non trova applicazione nei confronti delle medesime. Dal 01.01.2018 è comunque fatto divieto alle pubbliche amministrazioni di stipulare i contratti di collaborazione di cui al comma 1”.
Tali contratti potranno quindi essere stipulati fino al 31.12.2017, purché siano rispettati tutti i presupposti richiesti dal sopra riportato art. 7, co. 6 del TUPI (cfr., sul punto: Sezione centrale del controllo di legittimità sugli atti del Governo e delle Amministrazioni dello Stato - deliberazione n. 37/2015/PREV del 23/12/2015).
Peraltro, è bene evidenziare che tale tipologia contrattuale potrà essere utilizzata purché siano rispettata adeguate procedure comparative delle professionalità da utilizzare, e comunque senza eludere i limiti di spesa per contratti di lavoro a tempo determinato cui è soggetto il Comune.
Pertanto,
in considerazione delle difficoltà rappresentate dal Sindaco, il Comune potrà avvalersi di forme di lavoro a tempo determinato e/o di contratti di lavoro autonomo, di natura occasionale o coordinata e continuativa, nel rispetto della normativa applicabile e avendo cura di rispettare il limite di spesa fissato dall’art. co. 28, del D.L. 78/2010, dovendosi però categoricamente escludere la possibilità di esternalizzare l’Area economico-finanziaria preposta alla redazione del bilancio in quanto, alla luce dell’attuale quadro ordinamentale, i Comuni possono esternalizzare soltanto servizi pubblici di rilevanza economica suscettibili di produrre economie di gestione e non anche funzioni pubbliche strettamente connaturate all’esistenza dell’Ente (Corte dei Conti, Sez. controllo Friuli Venezia Giulia, parere 09.03.2017 n. 4).

anno 2015

ENTI LOCALI - PUBBLICO IMPIEGOUnioni, un'occasione mancata. I mini enti le snobbano. Pochi risparmi e doppie spese. La Corte conti in audizione (alla camera: solo il 30% dei piccoli comuni si è associato.
L'associazionismo comunale forzoso ha fallito. Le unioni continuano a essere snobbate dai piccoli comuni.
Solo il 30% degli enti con popolazione al di sotto dei 5.000 abitanti (1.735 enti sul totale di 5.646) ha infatti aderito al modello delle unioni. Mentre le fusioni, dopo il piccolo exploit del 2014 (quando si sono contati 24 «matrimoni» tra enti che hanno fatto scomparire dallo scenario amministrativo 57 comuni) procedono a rilento. Nel 2015 sono state solo 6, mentre l'anno prossimo se ne attendono una ventina.

In audizione sulla gestione associata delle funzioni e dei servizi comunali, la sezione autonomie della Corte dei conti ha certificato un dato già evidenziato in passato.
I mini enti non credono nelle unioni, nonostante, come messo in luce dalla Corte, questo modello di governance locale stia iniziando a produrre i primi frutti in
 termini di risparmi. La sezione autonomie ha passato al setaccio un campione di unioni (164, rappresentative di 722 comuni associati, sul totale di 444) scelte tra quelle che hanno inviato per gli esercizi 2013-2014 i certificati di conto consuntivo, disponibili presso il Viminale.
E ha evidenziato come l'aumento della spesa corrente da parte delle unioni (trend assolutamente normale visto l'incremento delle funzioni fondamentali associate) sia ampiamente compensato dalla riduzione della spesa corrente dei comuni associati: 76,6 milioni di giuro nel 2014 a fronte di 40,4 milioni di extra costi sostenuti dalle unioni. Certo, osserva la Corte nell'audizione 01.12.2015 dinanzi alla commissione affari costituzionali della camera, «l'azzeramento della spesa per le funzioni associate non si è verificato per tutti i comuni interessati, in quanto, ove così fosse stato, la riduzione complessiva degli impegni avrebbe dovuto avere una consistenza più significativa».
I più «virtuosi» secondo l'indagine della Corte dei conti, sono stati gli enti sopra i 5.000 abitanti che hanno ridotto gli impegni correnti del 4%. I mini enti, invece, hanno tagliato i costi solo dell'1,3% e per due funzioni in particolare: giustizia e cultura. Dal campione di enti esaminato dalla Corte emerge che le funzioni maggiormente delegate dai comuni alle unioni nel 2014 sono state la cultura (74%), i servizi produttivi (63%), il turismo (47%), lo sviluppo economico (34%) e la polizia locale (19%). Vi sono invece altre funzioni che i comuni continuano a gestire in proprio nonostante siano associati in unioni. Dall'istruzione all'amministrazione, dalla viabilità ai trasporti, dal sociale alla gestione del territorio e dell'ambiente, le voci di spesa non si riducono, anzi raddoppiano.
Perché queste funzioni sono proprio quelle per cui le unioni finiscono per spendere di più. Sulle difficoltà incontrate dall'associazionismo comunale è intervenuta anche la Conferenza delle regioni.
In audizione i rappresentanti del parlamentino dei governatori regionali hanno sottolineato «la difficoltà nella gestione contabile delle forme associate, nel raccordo con i bilanci dei comuni aderenti». In particolare, secondo le regioni, «le funzioni fondamentali non hanno ancora un'articolazione in servizi e non sono riconducibili ai programmi del bilancio armonizzato. La normativa pertanto condiziona le potenzialità di intervento del legislatore regionale, in quanto la ricerca di sinergie fra enti minori ed enti più strutturati resta affidata alla sola libera iniziativa degli amministratori locali. Ciò è ancora più evidente nelle regioni dove è alto il numero dei comuni sotto la soglia dei 5.000 abitanti» (articolo ItaliaOggi del 03.12.2015 - tratto da www.centrostudicni.it).

ENTI LOCALI - PUBBLICO IMPIEGO: Personale degli enti locali. Associazione intercomunale. Ufficio comune. Competenza adozione atti.
Nell'ambito di un'associazione intercomunale, qualora, in base alla convenzione attuativa relativa alla gestione del personale, sia affidato all'ufficio comune l'esercizio di tutte le funzioni attinenti a detta gestione, il responsabile/titolare di p.o. dell'ufficio comune provvede ad adottare, per ciascun comune associato, avendone l'esclusiva competenza, qualsiasi atto inerente alla gestione giuridica del personale.
Il Comune, Ente capofila di un'associazione intercomunale, ha chiesto un parere in ordine alle competenze dell'ufficio comune per la gestione del personale (funzione associata che ricomprende anche il trattamento giuridico), con particolare riferimento a quanto verificatosi nell'ambito di una procedura di mobilità interna, con modifica del profilo professionale di un dipendente, che risulta essere stata espletata autonomamente da uno degli enti associati, senza alcun coinvolgimento dell'ufficio comune medesimo.
L'Amministrazione istante manifesta pertanto perplessità sull'operato, sia evidenziando l'incompetenza del comune associato ad adottare il predetto provvedimento, di spettanza invece del Responsabile dell'ufficio comune della funzione 'gestione del personale', sia sottolineando che tale provvedimento ha di fatto realizzato disparità di trattamento nei confronti di altri dipendenti dei comuni associati ai quali, su indirizzo della Conferenza dei Sindaci, era stata negata, da parte dell'ufficio comune, la possibilità di mutare il proprio profilo professionale, anche in vista della prossima costituzione dell'UTI.
L'Ente si è infine posto la questione relativa alla conseguente necessità di proporre al Comune associato un intervento in autotutela.
Nel condividere le perplessità rilevate, si espone quanto segue.
Si osserva preliminarmente che la fonte normativa che disciplina la gestione di funzioni degli enti locali mediante la forma dell'associazione intercomunale è rappresentata dall'art. 22 della l.r. 1/2006.
Tale particolare forma associativa, come stabilito dal legislatore regionale, risulta priva di personalità giuridica ed è costituita mediante una manifestazione congiunta di volontà dei comuni interessati, contenuta nella convenzione quadro.
La predetta convenzione ha il compito di disciplinare, tra gli altri aspetti, anche le funzioni e i servizi comunali da svolgere in forma associata ed i criteri generali relativi alle modalità di esercizio; provvede nel contempo ad individuare il Comune capofila e definisce altresì i rapporti finanziari intercorrenti tra i Comuni associati (art. 22, comma 5, lettere d) ed e), della l.r. 1/2006).
Il comma 1 dell'art. 22 in esame precisa inoltre che le associazioni intercomunali sono dotate di 'uffici comuni' e, pertanto, operano funzionalmente mediante dette, specifiche, articolazioni.
In virtù di quanto specificato all'articolo 21, comma 2, della citata l.r. 1/2006, risulta che gli uffici comuni sono strutture organizzative alle quali è affidato l'esercizio delle funzioni pubbliche in luogo di tutti gli enti partecipanti all'accordo.
Pertanto, l'ufficio comune delle associazioni intercomunali gestisce, per ciascun comune partecipante, le funzioni 'messe' in associazione a seguito dell'approvazione della convenzione quadro e meglio specificate con l'approvazione successiva delle convenzioni attuative. L'ufficio comune diviene quindi contemporaneamente, con la propria dotazione di risorse umane e strumentali, l'ufficio referente di ogni singolo comune partecipante. Ogni ente aderente all'associazione gestisce, di conseguenza, la funzione del caso unicamente per il tramite della struttura operativa messa in comune.
Come emerge dalla lettura della convenzione attuativa per lo svolgimento della macrofunzione gestione del personale, e in particolare da quanto disposto all'art. 7, comma 1, della medesima, l'ufficio comune dell'associazione intercomunale svolge le attività connesse con le funzioni elencate all'art. 1
[1], adottando tutti gli atti e i provvedimenti necessari.
Il successivo comma 2 precisa altresì che al responsabile dell'ufficio comune compete, tra l'altro, la gestione delle attività inerenti le funzioni di cui al citato articolo 1 della convenzione e lo svolgimento di tutti i compiti previsti dall'art. 107 del d.lgs. 267/2000.
Pertanto, è tale soggetto
[2] che deve assicurare lo svolgimento completo della funzione associata, per ogni singolo comune, provvedendo ad adottare, avendone l'esclusiva competenza, come stabilito nella riportata convenzione attuativa, qualsiasi atto inerente -fra le altre attività individuate- alla gestione giuridica del personale dei comuni associati.
In conclusione, posta la competenza dell'ufficio comune all'adozione degli atti inerenti alla gestione del personale degli enti associati, il provvedimento di mobilità interna di cui si discute è suscettibile di annullamento d'ufficio da parte dell'organo burocratico che lo ha adottato, ai sensi dell'art. 21-nonies della l. 241/1990, il quale precisa che 'rimangono ferme le responsabilità connesse all'adozione e al mancato annullamento del provvedimento illegittimo'.
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[1] Reclutamento del personale/concorsi, trattamento economico, trattamento giuridico (gestione amministrativa del personale), relazioni sindacali e formazione professionale.
[2] A mente di quanto stabilito all'art. 5, comma 3, della convenzione attuativa, alla direzione dell'ufficio comune è preposto un responsabile titolare di posizione organizzativa, nominato con provvedimento del sindaco del comune in cui ha sede l'ufficio medesimo e scelto fra il personale di ruolo dei comuni associati appartenenti alla categoria D
(22.09.2015 -
link a www.regione.fvg.it).

ENTI LOCALI - PUBBLICO IMPIEGO: Comuni, inizio anno col botto. Gestione associata delle funzioni, acquisti centralizzati. Per i mini-enti è giunta l'ora di mettersi insieme. Pronte le lettere di messa in mora dei prefetti.
Inizio anno con il botto per gli uffici dei comuni. Da ieri, infatti, sono entrate in vigore alcune riforme destinate a rivoluzionare l'assetto della p.a. locale. Il cambiamento più profondo è quello che interessa i mini-enti, ossia quelli al di sotto dei 5.000 abitanti (limite che scende a 3.000 in montagna), che dal 1° gennaio sono obbligati a gestire in forma associata tutte le proprie funzioni fondamentali individuate dal legislatore statale, con la sola eccezione di quelle riguardanti anagrafe, stato civile e servizi elettorali.
L'obbligo risale addirittura alla manovra estiva del 2010 (dl 78), ma l'iter applicativo è stato scandito da continue proroghe. Le funzioni già devolute a unioni o convenzioni (che rappresentano le due uniche modalità organizzative ammesse) o erano già gestite in forma associata (ad esempio, servizi sociali) o sono piuttosto «leggere» (ad esempio, protezione civile o catasto).
Il vero core business, che include le funzioni «pesanti» (come, ad esempio, amministrazione, gestione finanziaria e contabile e controllo, servizi pubblici locali, pianificazione urbanistica; si veda la tabella), è ancora tutto da trasferire.
Ecco perché fino all'ultimo molti si aspettavano un nuovo rinvio, che però non ha trovato posto nel Milleproroghe. Ovviamente, non ci sono ancora monitoraggi precisi sul grado di compliance delle amministrazioni interessate, anche se la sensazione è che molte siano ancora impreparata a questo passaggio, complice anche la recente tornata elettorale e le numerose novità introdotte in materia dalla recente legge 56/2014 (legge Delrio).
Anche quelli che sono partiti, nella maggior parte dei casi, hanno solo agito a un livello normativo «alto», rinviando l'effettiva riorganizzazione dei servizi a successivi regolamenti attuativi.
Di ciò è consapevole la stessa Anci, che per voce del suo presidente, Piero Fassino, ha puntato il dito contro l'attuale quadro legislativo, «che non incoraggia lo sviluppo delle gestioni associate e delle unioni di comuni». Basti pensare al fatto che la maggior parte dei tributi e delle risorse perequative sono intestate ai singoli comuni, anche se servono a finanziare attività da gestire a livello sovraccomunale. Secondo Anci, «la battaglia da fare per rilanciare le gestioni associate è quella di arrivare a un nuovo strumento normativo che renda più semplice e più vantaggioso ai comuni associarsi».
Nel frattempo, però, gli obblighi rimangono e molte prefetture hanno pronte le lettere di messa in mora dei sindaci: il mancato adempimento, infatti, è sanzionato con il possibile esercizio del potere sostitutivo del governo attraverso il commissariamento degli enti che non si adeguano. Invero, si tratta di una minaccia relativa, dal momento che difficilmente i commissari potrebbero andare effettivamente sostituirsi agli amministratori inadempienti. Alcune regioni hanno anche previsto l'inserimento coercitivo dei comuni renitenti nelle forme associative ritenute più idonee. Ma anche in tal caso è difficile pensare che si arrivi a un conflitto fra governatori e sindaci, specie mentre i primi sono già impegnati nella difficile partita sulla distribuzione delle funzioni finora gestite dalla province.
Sempre dal 1° gennaio è operativo anche l'obbligo di acquisti centralizzati per i beni e servizi previsto dal dl 66/2014, che in teoria avrebbe dovuto scattare già dallo scorso 1° luglio e che era stato rinviato di sei mesi (un anno per i lavori) dal successivo dl 90. In tal caso, sono soggetti tutti i comuni non capoluogo, indipendentemente dalla dimensione demografica, che possono avvalersi, oltre che di unioni e convenzioni, anche delle province e di un soggetto aggregatore. Qui la sanzione, al contrario del caso precedente, è molto efficace: per chi non si adegua, niente cig, visto che l'Anac non potrà più rilasciarlo ai singoli enti, con conseguente blocco delle procedure. Esattamente quello che è successo sei mesi fa, rendendo inevitabile la proroga. Dopo la pausa natalizia si vedrà se nel frattempo qualcosa è cambiato (articolo ItaliaOggi del 02.01.2015).

anno 2014

ENTI LOCALI: Oggetto: Gestione associata delle funzioni fondamentali degli enti locali ex art. 14, D.L. 31.05.2010, n. 79, convertito con modificazioni, dalla legge 30.07.2010 e dai commi da 25 a 31-quater della legge n. 122/2010 e successive modifiche, in base al testo come integrato dall'art. 19 della legge n. 135/2012 (Prefettura di Avellino, nota 12.11.2014 n. 1256 di prot.).

ENTI LOCALI - PUBBLICO IMPIEGO: A. Sacchi, La gestione associata delle funzioni fondamentali dei comuni dopo la Legge Delrio (n. 56/2014) e il D.L. 90/2014 (tratto da www.gianlucabertagna.it - www.publika.it n. 59 - ottobre 2014).

EDILIZIA PRIVATA - ENTI LOCALI: B.U.R. Lombardia, supplemento n. 32 dell'08.08.2014, "Assestamento al bilancio 2014-2016 - I Provvedimento di variazione con modifiche di leggi regionali" (L.R. 05.08.2014 n. 24).
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Di particolare interesse si leggano:
art. 8 - (Modifiche al Titolo II, Capo I, della l.r. 26/2003)
art. 21, commi 4, 5, 6, 7, 8 - (circa l’obbligo di gestione in forma associata delle funzioni fondamentali di cui all’articolo 14, comma 28, del decreto-legge 31.05.2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica) convertito, con modificazioni, dalla legge 30.07.2010, n. 122)

anno 2013

ENTI LOCALILEGGE DI STABILITA'/ Ai piccoli comuni sei mesi in più per gestire insieme le funzioni.
Slitta di un anno (fino al 2014) l'addio di Equitalia alla riscossione dei tributi comunali, mentre i piccoli comuni guadagnano sei mesi di tempo (fino al prossimo 1° luglio) per mettere in gestione associata le loro funzioni fondamentali.

È una doppia proroga «di peso» quella prevista da due emendamenti al disegno di legge di stabilità 2014 approvati in Commissione «Bilancio» al Senato.
Equitalia. Il primo correttivo è stato presentato direttamente dal governo per evitare il caos negli oltre 5 mila comuni che si appoggiano ad Equitalia per la riscossione (spontanea e/o coattiva) delle proprie entrate. In base a quanto previsto dal dl 70/2011, dal 01.01.2012, l'agente nazionale avrebbe dovuto cessare di effettuare le attività di accertamento, liquidazione e riscossione delle entrate, tributarie o patrimoniali, dei comuni e delle società da essi partecipate. Tale termine è stato ripetutamente prorogato, da ultimo al 31.12.2013 dall'art. 10, comma 2-ter del dl 35/2013 (come modificato dall'art. 53 del dl 69/2013).
Questo slittamento avrebbe dovuto essere l'ultimo, dato che la nuova scadenza è espressamente definita come «inderogabile». Ma la nuova proroga era, come detto inevitabile, tanto da essere data ampiamente per scontata dagli addetti ai lavori (si veda ItaliaOggi Sette del 18.11.2013): al momento, infatti, non vi sono alternative gestionali credibili, in attesa che la delega fiscale completi il suo iter e ridefinisca il quadro normativo in un settore che da troppo tempo attende una riforma organica.
In base all'emendamento approvato a palazzo Madama, quindi, l'uscita di campo di Equitalia è stata rimandata alla fine del 2014. Sull'attività degli agenti della riscossione, comunque, vigileranno le Ragionerie territoriali dello Stato che potranno svolgere, congiuntamente con l'Agenzia delle entrate, controlli finalizzati a migliorare l'efficienza.
Piccoli comuni. Il secondo emendamento, invece, è stato presentato dai senatori Manassero, Vaccari e Zanoni (tutti del Pd) e sposta al 01.07.2014 il termine (previsto dall'art. 14, comma 31-ter, lett. b), del dl 78/2010) entro il quale i comuni con meno di 5 mila abitanti (limite che scende a 3 mila per i municipi appartenenti o appartenuti a comunità montane) dovranno obbligatoriamente gestire in forma associata, mediante unione o convenzione, la totalità delle proprie funzioni fondamentali. Anche in tal caso, non si tratta della prima proroga: la normativa originaria non prevedeva una scadenza fissa, rinviando a un dpcm la sua fissazione.
Successivamente, sono intervenute diverse modifiche (prima da parte del dl 98/2011 e poi del dl 138/2011), prima dell'ultima (ad opera dell'art. 19 del dl 95/2012) che aveva previsto un percorso a tappe: entro il 01.01.2013 ameno tre funzioni fondamentali, tutte le altre entro il 01.01.2014. Ora, la seconda scadenza è destinata a slittare nuovamente di altri sei mesi, il che pone non poche perplessità, dal momento che le amministrazioni interessate potrebbero decidere un cambio di regime a metà dell'esercizio finanziario, con notevoli complicazioni organizzative, gestionali e contabili.
Invero, il testo iniziale presentato dai tre senatori prevedeva, come per Equitalia, un extra time di un anno, che però è stato dimezzato nella versione approvata dalla Commissione. In materia, peraltro, si attende la pronuncia della Corte costituzionale, chiamata a valutare la legittimità costituzionale dell'intera normativa sull'associazionismo coatto: l'udienza pubblica è fissata per il prossimo 3 dicembre (articolo ItaliaOggi del 26.11.2013).

ENTI LOCALI: Mini-enti, solo convenzioni doc. Obiettivi: meno spesa, più efficacia ed efficienza nei servizi. Decreto Viminale con le indicazioni per la gestione associata delle funzioni fondamentali.
Contenere la spesa corrente e raggiungere livelli più elevati nei servizi. Sono questi i due obiettivi che i piccoli comuni che decideranno di convenzionarsi per esercitare in forma associata le proprie funzioni fondamentali dovranno centrare entro il 2015. Per chi risulterà fuori linea scatterà l'obbligo di sciogliere la convezione e di aderire ad un'unione.
Lo prevede il decreto del ministero dell'interno 11.09.2013, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale numero 251 del 25.10.2013.
Il provvedimento rappresenta l'ultimo tassello della complessa disciplina che impone ai mini-enti (tutti quelli che, in base all'ultimo censimento, risultano avere meno di 5 mila abitanti, ovvero di 3 mila se montani) di associarsi per erogare i servizi che rientrano nel proprio «core business».
L'accelerazione del Viminale va in direzione contraria rispetto alle richieste dei sindaci, che nel corso dell'Assemblea Anci svoltasi la settimana scorsa a Firenze avevano chiesto a gran voce al governo una proroga del termine per adempiere (attualmente fissato al 31.12.2013) o almeno una sua «diluizione» (in base alla disciplina vigente entro fine anno vanno associate tutte le nove funzioni fondamentali individuate dall'art, 19 del dl 95/2013).
Il fatto che il decreto, atteso da tempo, sia arrivato al capolinea sembra mostrare, invece, la volontà dell'esecutivo di non fare sconti.
I comuni interessati possono scegliere fra due modelli organizzativi: da un lato, l'unione (ordinaria o, per quelli con meno di 1.000 abitanti, speciale) e la convenzione.
Quest'ultima deve avere durata almeno triennale e garantire il conseguimento di significativi livelli di efficienza ed efficacia.
In base a quanto stabilito dal decreto, l'efficienza sarà misurata in base ai dati contabili di bilancio relativi alla spesa corrente: quest'ultima, alla fine del triennio (ovvero nel 2015) dovrà essersi ridotta di almeno il 5% rispetto ai livelli precedenti alla gestione associata. La lettera della norma parla di «risparmio complessivo» degli enti convenzionati, ma l'allegato B richiede una riduzione in capo a ogni singolo comune. Per evitare di penalizzare gli enti capofila, dal computo vengono escluse quote di spesa pari alle entrate per rimborsi provenienti da altri comuni convenzionati. Sono altresì da escludere le spese finanziate da contributi e quelle riferite a servizi in precedenza non attivati.
Quanto all'efficacia, occorrerà dimostrare di aver raggiunto un migliore livello di servizi in almeno tre aree funzionali fra quelle indicate (rifiuti, edilizia scolastica, polizia locale, tributi, servizi sociali, lavori pubblici, asili nido e mense): a tal fine, è stata predisposta un lista di indicatori che dovranno migliorare entro la fine del triennio (ad esempio, per i rifiuti rileva la percentuali di raccolta differenziata, per i nidi il rapporto fra domande soddisfatte e domande presentate ecc.).
Saranno i singoli enti a dover attestare il raggiungimento dei target previsti, mediante dichiarazione sottoscritta dal segretario e del responsabile dei servizi finanziari e vistata dal sindaco.
Le attestazioni dovranno perfezionarsi entro 30 giorni dalla scadenza del termine per l'approvazione del rendiconto 2015, ovvero entro il 31.05.2016 (articolo ItaliaOggi dell'01.11.2013).

ENTI LOCALI: G.U. 25.10.2013 n. 251 "Determinazione dei contenuti e delle modalità delle attestazioni dei Comuni comprovanti il conseguimento di significativi livelli di efficacia ed efficienza nella gestione associata delle funzioni" (Ministero dell'Interno, decreto 11.09.2013).

ENTI LOCALI: Gestioni associate, chiesta la proroga. L'obbligo, in vigore dal 2014, è a rischio incostituzionalità.
Prorogare l'appuntamento dei piccoli comuni con la gestione associata delle funzioni fondamentali, in attesa che la Corte costituzionale il prossimo 3 dicembre si pronunci sulle norme che obbligano i mini-enti a mettersi insieme. Norme mai del tutto digerite dai diretti interessati e anche dalle regioni che hanno inondato di ricorsi la Consulta lamentando la violazione delle proprie prerogative in materia di ordinamento degli enti locali.
Contro l'art. 16 del dl 138/2011 che ha imposto il modello dell'unione per l'esercizio delle funzioni fondamentali a tutti i comuni fino a 1.000 abitanti si sono levate ben dieci regioni (Toscana, Lazio, Puglia, Emilia-Romagna, Veneto, Liguria, Umbria, Campania, Lombardia e Sardegna), mentre altri cinque ricorsi (presentati da Sardegna, Puglia, Lazio, Veneto e Campania) hanno preso di mira l'art. 19 della spending review di Mario Monti (dl 95/2012) che ha riscritto l'art. 14 del dl 78/2010 fissando la data del 01.01.2014 quale dead line per l'esercizio in forma associata di nove funzioni fondamentali su dieci (tramite unione o convenzione).
L'appuntamento con l'associazionismo, dunque, si avvicina, ma i piccoli comuni chiedono tempo. Con il ddl Delrio ancora «in lavorazione» e nella prospettiva di dover assistere di qui a pochi mesi a una nuova demolizione della spending review da parte della Consulta, per i mini-enti la proroga sarebbe «un atto di buon senso che ci darebbe un po' di respiro» (così Franca Biglio presidente dell'Anpci).
«La scadenza del 01.01.2014 è insostenibile per molte ragioni», ha spiegato Mauro Guerra, coordinatore nazionale Anci piccoli comuni. «Oltre all'assoggettamento al patto di stabilità dal 2013 e alle incertezze sui bilanci, bisogna ricordare che più della metà dei piccoli comuni andrà al voto nella prossima primavera. Sarebbe dunque ragionevole che siano le nuove amministrazioni a gestire il complicato passaggio verso la gestione associata delle funzioni fondamentali».
Ma, oltre al buon senso, a favore dei piccoli comuni militano molte argomentazioni giuridiche che rendono non proprio infondate le speranze dei mini-enti di vedere le norme sull'associazionismo obbligatorio spazzate via dalla Corte costituzionale. In materia c'è infatti un precedente importante, quello sulle comunità montane salvate dall'abrogazione nel 2009 in quanto considerate alla stregua di enti «sub-regionali» e quindi rientranti nella competenza residuale delle regioni.
Un intervento statale, sostengono i ricorrenti, sarebbe dunque illegittimo perché, come da sempre sostenuto dalla Consulta, la competenza esclusiva statale in materia di legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali va riferita solo agli enti tassativamente elencati nell'art. 114 Cost. (comuni, province, regioni e città metropolitane) e non ad enti diversi come le unioni.
«Così correttamente ricostruito il riparto di attribuzioni tra stato e regioni», si legge in uno dei dieci ricorsi contro l'art. 16, quello presentato dal presidente della regione Campania, Stefano Caldoro, e redatto dal professor Beniamino Caravita di Toritto, «risulta netto il contrasto con il dettato costituzionale, derivandone di conseguenza la manifesta violazione delle competenze normative regionali».
L'emendamento per spostare in avanti l'appuntamento con le gestioni associate è pronto e sarà depositato alla camera dove è in discussione il decreto Imu (dl 102/2013). Si punta a ottenere uno slittamento al 01.01.2015 ma i mini-enti si accontenterebbero anche di sei mesi di tempo in più (articolo ItaliaOggi del 26.09.2013).

ENTI LOCALI - PUBBLICO IMPIEGO: Sulla gestione associata delle funzioni comunali.
Il recente D.L. 06.07.2012, n. 95 (convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 07.08.2012, n. 135) all’art. 19 ha variato la normativa diretta al contenimento delle spese per l'esercizio delle funzioni fondamentali dei comuni, apportando modificazioni alla disciplina di cui ai commi 25 e seguenti dell’art. 14 del D.L. 31.05.2010, n. 78 (convertito, con modificazioni, dalla legge 30.07.2010, n. 122).
Il predetto articolo 14 –dopo aver premesso che le disposizioni dettate dai commi da 26 a 31 sono dirette ad assicurare il coordinamento della finanza pubblica e il contenimento delle spese per l'esercizio delle funzioni fondamentali dei comuni– ha stabilito (comma 26) che “L'esercizio delle funzioni fondamentali dei Comuni è obbligatorio per l'ente titolare”. Tali sono, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, le funzioni indicate al comma 27.
Tuttavia, l’obbligatorietà della funzione non legittima e non giustifica, di per sé, alcuna deroga sia al divieto di assunzione, sopra esaminato, sia all’obbligo di riduzione della spesa di personale dell’Ente locale.
In altre parole, qualora l’Ente non disponga e non possa assumere risorse lavorative sufficienti o idonee all’assolvimento (di tutte o di parte) delle funzioni fondamentali indicate, deve avvalersi della possibilità di aderire a un diverso assetto organizzativo per il loro svolgimento che, per gli enti di più piccole dimensioni diventa obbligo.
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Quello che qui conta mettere in evidenza è che
le prescrizioni sopra indicate hanno una finalità ben più ampia di quella meramente riduttiva della spesa, in quanto esigono che le funzioni siano svolte “secondo i principi di efficacia, economicità, di efficienza e di riduzione delle spese”.
In altre parole, il fenomeno associativo che doverosamente e progressivamente interesserà tutte le funzioni fondamentali dei comuni rientranti nella fascia demografica di cui trattasi comporta che ad esso ci si rivolge non solo per tamponare una momentanea e transitoria carenza di risorse, finanziarie o umane, da destinare alla funzione da assolvere, ma assume i caratteri di un assetto organizzativo stabile. Tale assetto organizzativo deve essere necessariamente in grado di programmare e coordinare la gestione del servizio e di misurarne i risultati, secondo indicatori che ne attestino l’efficacia e l’efficienza.

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In definitiva, il legislatore chiede di spostare l’angolo di attenzione dal livello di spesa di ogni singolo comune al livello di spesa per il servizio associato, commisurandolo alla efficacia e alla maggiore efficienza dello stesso rispetto a quanto singolarmente assicurato da ciascun ente in precedenza. In questa ottica si tratta di un significativo mutamento di prospettiva: la gestione di un servizio associato non può più essere rappresentata sotto il profilo dei meri risultati contabili che rifluiscono sui conti del singolo Ente, ma deve essere considerata nel suo complesso e valutata con riferimento al raggiungimento di risultati gestionali predeterminati.

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3.6 – Tanto chiarito, la questione da affrontare può riassumersi nei seguenti termini: posto un Comune che non abbia nei propri ruoli personale idoneo da adibire allo svolgimento di una funzione fondamentale ed essenziale, né possa procedere ad assunzioni avendo superato la soglia massima del rapporto spesa di personale/spesa corrente, ci si chiede se possa ugualmente assicurare detta funzione aderendo a una Convenzione che ne regoli l’esercizio in comune, assumendo a carico del proprio bilancio la spesa occorrente alla remunerazione (pro quota) di personale alle dipendenze di altro Ente ma adibito al servizio associato.
4.1 – Al quesito può darsi risposta affermativa, con le precisazioni che seguono.
4.2 - L’obiettivo di ridurre o, quanto meno, contenere, l’incidenza delle spese di personale negli enti locali è ritenuto, da sempre, obiettivo prioritario di finanza pubblica. Ad esso, nel tempo, si sono ispirate diverse norme finalizzate, prima di tutto, a razionalizzare e riordinare le strutture organizzative degli Enti e, ove necessario, a imporre limiti e vincoli di spesa.
A tale ultima categoria appartiene la disposizione contenuta nell’art. 76, comma 7, D.L. n. 112/2008 (come oggi vigente per effetto di successive modifiche), sopra citata, che fa appunto divieto agli enti nei quali l'incidenza delle spese di personale (comprese le spese sostenute anche dalle società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo che sono titolari di affidamento diretto di servizi pubblici locali senza gara, ovvero che svolgono funzioni volte a soddisfare esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale, né commerciale, ovvero che svolgono attività nei confronti della pubblica amministrazione a supporto di funzioni amministrative di natura pubblicistica) è pari o superiore al 50 per cento delle spese correnti di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo e con qualsivoglia tipologia contrattuale.
Gli enti che non hanno superato detta soglia possono procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato nel limite del 40 per cento della spesa corrispondente alle cessazioni dell'anno precedente, fatta eccezione per le assunzioni del personale destinato allo svolgimento delle funzioni in materia di polizia locale (oltre che di istruzione pubblica e del settore sociale) per i quali è calcolato, ai fini assunzionali, l’onere nella misura ridotta del 50 per cento. In ogni caso, le predette assunzioni continuano a rilevare per intero ai fini del calcolo delle spese di personale come sopra previsto (primo periodo del comma 7).
Per gli enti nei quali l'incidenza delle spese di personale è pari o inferiore al 35 per cento delle spese correnti sono ammesse, in deroga al limite del 40 per cento, le assunzioni per turn-over che consentano l'esercizio delle funzioni fondamentali previste dall'articolo 21, comma 3, lettera b), della legge 05.05.2009, n. 42. Dette assunzioni, comunque, sono ammesse nel rispetto degli obiettivi del patto di stabilità interno e fermo restando i limiti di contenimento complessivi delle spese di personale.
4.3 - La disposizione sopra riportata va collocata come necessario completamento di quelle, più risalenti, contenute ai commi 557 e 562 dell’articolo unico della legge n. 296/2006, che da tempo hanno chiamato le autonomie regionali e locali (siano esse soggette o meno al patto di stabilità) a concorrere al rispetto degli obiettivi di finanza pubblica mediante il contenimento del costo del personale. Contenimento da raggiungere riducendo l'incidenza percentuale delle spese di personale rispetto al complesso delle spese correnti, attraverso la parziale reintegrazione dei cessati e contenendo la spesa per il lavoro flessibile; la razionalizzazione e lo snellimento delle strutture burocratico-amministrative, e l’accorpamento di uffici; il contenimento delle dinamiche di crescita della contrattazione integrativa.
Solo laddove queste misure non siano state sufficienti a raggiungere i risultati-obiettivo e fino a quando non si saranno liberati spazi assunzionali, l’estrema soluzione adottata dal legislatore è stata individuata, come sopra detto, nel vietare le assunzioni e, per quelle ammesse, limitare comunque l’incidenza delle spese.
4.4 – Di recente l’attenzione del legislatore è tornata a occuparsi di modalità organizzative per l’erogazione dei servizi e delle funzioni intestate agli Enti Locali, soprattutto con riferimento a quelli di più piccole dimensioni, al fine di superare l’estrema polverizzazione degli Enti in comunità di pochi abitanti nei confronti dei quali l’assolvimento dei compiti fondamentali deve essere adeguato e differenziato anche in relazione alla capacità finanziaria dell’Ente medesimo.
4.5 -
Il recente D.L. 06.07.2012, n. 95 (convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 07.08.2012, n. 135), contenente “Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario”, all’art. 19 ha variato la normativa diretta al contenimento delle spese per l'esercizio delle funzioni fondamentali dei comuni, apportando modificazioni alla disciplina di cui ai commi 25 e seguenti dell’art. 14 del D.L. 31.05.2010, n. 78 (convertito, con modificazioni, dalla legge 30.07.2010, n. 122).
Il predetto articolo 14 –dopo aver premesso che le disposizioni dettate dai commi da 26 a 31 sono dirette ad assicurare il coordinamento della finanza pubblica e il contenimento delle spese per l'esercizio delle funzioni fondamentali dei comuni– ha stabilito (comma 26) che “L'esercizio delle funzioni fondamentali dei Comuni è obbligatorio per l'ente titolare”. Tali sono, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, le funzioni indicate al comma 27, tra cui (lett. i), quella di polizia municipale o di polizia amministrativa locale.
4.6 -
Tuttavia, l’obbligatorietà della funzione non legittima e non giustifica, di per sé, alcuna deroga sia al divieto di assunzione, sopra esaminato, sia all’obbligo di riduzione della spesa di personale dell’Ente locale.
In altre parole, qualora l’Ente non disponga e non possa assumere risorse lavorative sufficienti o idonee all’assolvimento (di tutte o di parte) delle funzioni fondamentali indicate, deve avvalersi della possibilità di aderire a un diverso assetto organizzativo per il loro svolgimento che, per gli enti di più piccole dimensioni, come nel caso del Comune di Cirigliano, diventa obbligo.
A questo riguardo la disciplina in esame (comma 28) ha stabilito che i comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti, ovvero fino a 3.000 abitanti se appartengono o sono appartenuti a comunità montane, sono obbligati a esercitare in forma associata, mediante unione di comuni o convenzione, le funzioni fondamentali dei comuni di cui al comma 27, ad esclusione della funzione di tenuta dei registri dello stato civile, della funzione anagrafica ed elettorale. Ai comuni è precluso di svolgere singolarmente le funzioni fondamentali svolte in forma associata e la medesima funzione non può essere svolta da più di una forma associativa.
La normativa statale in argomento impone anche termini rigorosi entro i quali procedere. I comuni interessati devono assicurare, infatti, l'attuazione delle disposizioni di cui sopra: a) entro il 01.01.2013 con riguardo ad almeno tre delle funzioni fondamentali; b) entro il 01.01.2014 con riguardo alle restanti funzioni fondamentali.
4.7 - Quello che qui conta mettere in evidenza è che
le prescrizioni sopra indicate hanno una finalità ben più ampia di quella meramente riduttiva della spesa, in quanto esigono che le funzioni siano svolte “secondo i principi di efficacia, economicità, di efficienza e di riduzione delle spese”.
In altre parole, il fenomeno associativo che doverosamente e progressivamente interesserà tutte le funzioni fondamentali dei comuni rientranti nella fascia demografica di cui trattasi comporta che ad esso ci si rivolge non solo per tamponare una momentanea e transitoria carenza di risorse, finanziarie o umane, da destinare alla funzione da assolvere, ma assume i caratteri di un assetto organizzativo stabile. Tale assetto organizzativo deve essere necessariamente in grado di programmare e coordinare la gestione del servizio e di misurarne i risultati, secondo indicatori che ne attestino l’efficacia e l’efficienza.

Ed infatti, posto che l’esercizio in forma associata delle funzioni si fonda su convenzioni della durata almeno triennale, “ove alla scadenza del predetto periodo, non sia comprovato, da parte dei comuni aderenti, il conseguimento di significativi livelli di efficacia ed efficienza nella gestione, secondo modalità stabilite con decreto del Ministro dell'interno, da adottare entro sei mesi, sentita la Conferenza Stato-Città e autonomie locali, i comuni interessati sono obbligati ad esercitare le funzioni fondamentali esclusivamente mediante unione di comuni” (comma 31-bis).
Ciò è vero sia con riferimento alle forme associative che sorgono nell’ambito della dimensione territoriale ottimale e omogenea per area geografica individuata dalla Regione (comma 30), con un limite demografico comunque non inferiore a 10.000 abitanti, sia con riferimento a ogni altra forma associativa che sorga nelle more dell’intervento regionale ma in attuazione delle prescrizioni di legge.
In definitiva, il legislatore chiede di spostare l’angolo di attenzione dal livello di spesa di ogni singolo comune al livello di spesa per il servizio associato, commisurandolo alla efficacia e alla maggiore efficienza dello stesso rispetto a quanto singolarmente assicurato da ciascun ente in precedenza. In questa ottica si tratta di un significativo mutamento di prospettiva: la gestione di un servizio associato non può più essere rappresentata sotto il profilo dei meri risultati contabili che rifluiscono sui conti del singolo Ente, ma deve essere considerata nel suo complesso e valutata con riferimento al raggiungimento di risultati gestionali predeterminati.
4.8 - Da quanto sopra argomentato se ne ricava che, sul piano del rispetto della normativa vincolistica in materia di assunzioni di personale, il Comune di Cirigliano ben può usufruire del servizio di polizia locale reso dall’Associazione dei Comuni alla quale partecipa senza dover assumere proprio personale. Peraltro, sul piano della contabilità dell’Ente neppure rileva come spesa di personale, da porre in rapporto alla spesa corrente, il pagamento della quota parte della spesa complessiva del servizio associato, dal momento che la spesa del personale impiegato è contabilizzata per intero da ciascun Ente al quale detto personale è legato da rapporto organico di lavoro.
A tal proposito si dovrebbe prendere in considerazione la opportunità che, simmetricamente, la spesa sostenuta a titolo di rimborso a favore del servizio reso dalla gestione associata debba essere neutralizzata ai soli fini del calcolo del rapporto spesa di personale/spesa corrente. Diversamente, tale rapporto verrebbe ad essere alterato due volte: una prima volta, per la mancata iscrizione al numeratore (spesa di personale) degli oneri corrisposti per il servizio; una seconda volta, per il mantenimento al denominatore (spesa corrente) dei medesimi oneri.
In ogni caso è possibile che, per il Comune di Cirigliano, il rapporto spesa di personale/spesa corrente torni ad essere, nel 2013, inferiore al 50%, così da aprire, a partire dal 2014, nuovi spazi assunzionali mentre, a parità di tutte le altre condizioni, rimarrebbe costante la rigidità della spesa di personale per gli Enti associati che abbiano fornito il personale necessario all’assolvimento del servizio.
Tale opportunità deve, tuttavia, conciliarsi con quanto osservato da questa stessa Sezione in occasione della citata delibera n. 51/2013/PAR che sul punto così si esprime: “Si consideri, infatti, preliminarmente che, salvo che un ente non sia animato (avendone la possibilità) da spirito oblativo, le convenzioni –che, come si è visto, per dettato normativo hanno ad oggetto “funzioni e servizi determinati”– normalmente non saranno unidirezionali, e quindi ciascuno dei vari enti convenzionati potrà fornire il personale necessario per l’esercizio delle singole funzioni da associare, e quindi assumerne la delega o distaccare le risorse umane necessarie all’ufficio comune. Conseguentemente, gli enti locali che accettino di rinunciare a parte della prestazione lavorativa di un proprio dipendente in favore di altri enti convenzionati, pur dovendo computarne integralmente la spesa ai fini della predetta norma, riceveranno beneficio dal mancato conteggio della quota necessaria a retribuire la prestazione svolta in favore dei propri cittadini dal personale di altri enti”.
Ciò per significare che
in un contesto associativo, che pure non ha ancora assunto quegli elementi di spiccata personalità propria dell’Unione, l’analisi dei fabbisogni di personale e la conseguente programmazione deve necessariamente essere orientata verso un orizzonte più ampio di quello del singolo comune, che tenga conto, cioè, dell’ambito associativo e abbia come obiettivo il conseguimento dei risultati della gestione, di cui si è detto (Corte dei Conti, Sez. controllo Basilicata, deliberazione 18.09.2013 n. 113).

ENTI LOCALI: Oggetto: Gestione associata delle funzioni fondamentali degli enti locali ex art. 14, commi da 25 a 31-quater, della legge n. 122/2010 e successive modifiche, in base al testo come integrato dall'art. 19 della legge n. 135/2012 (Prefettura di Avellino, nota 11.09.2013 n. 1256 di prot.).

ENTI LOCALI: Sull'obbligo della gestione associata delle funzioni fondamentali per i Comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti.
Lo svolgimento unitario di ciascuna funzione implica che la stessa sia espressione di un disegno unitario riconducibile alle aree individuate all’interno delle funzioni elencate al comma 27 dell’art. 14.
L’identificazione di dette aree non può essere effettuata, attraverso una interpretazione restrittiva delle funzioni di riferimento. Le funzioni per le quali è prevista la gestione associata sono, infatti, le stesse per le quali il comma 26 prescrive l’esercizio obbligatorio per l’Ente titolare.
Pertanto ogni interpretazione volta ad escludere la necessaria gestione associata per determinati servizi, implica disconoscere, per gli stessi, la riconducibilità a funzioni fondamentali da esercitarsi in ogni caso, in via obbligatoria, da parte dell’Ente.

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Il Comune istante formula una richiesta di parere in merito alla corretta interpretazione delle norme risultanti dall’art. 14, commi 25 – 31-quater del d.l. n. 78 del 2010, convertito dalla legge n. 122 del 2010 che stabiliscono l’obbligo della gestione associata delle funzioni fondamentali per i Comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti (ovvero a 3.000 se il loro territorio ricade all’interno di Comunità montane conteggio del corrispettivo delle aree cedute in proprietà di cui all’art. 31, comma 48, della legge 23.12.1998).
In particolare chiede se sia corretto ritenere non incluse fra le funzioni del comune da gestire obbligatoriamente in forma associata quelle concernenti i seguenti servizi: ufficio tecnico; gestione dei beni demaniali e patrimoniali; mera attività di gestione dell’urbanistica e territorio.
...
Allo scopo di assicurare il coordinamento della finanza pubblica e il contenimento delle spese per l'esercizio delle funzioni fondamentali dei comuni, l’art. 14, comma 25 e segg. del d.l. 31.05.2010, n. 78, conv. dalla legge 30.07.2010, n. 122, come modificato ed integrato dall’art. 19 del d.l. 06.07.2012, n. 95, conv. dalla legge 07.08.2012, n. 135, ha previsto che
i Comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti sono tenuti, entro scadenze prefissate dal legislatore, ad esercitare “obbligatoriamente, in forma associata, mediante unione di comuni o convenzione, le funzioni fondamentali dei comuni di cui al comma 27, ad esclusione della lettera l)” (art. 14, co. 27 e co. 28).
Per quanto maggiormente utile ai fini della soluzione del quesito posto,
i principi desumibili dalle disposizioni sopra indicate (come già evidenziato da questa Sezione nella delibera n. 304/2012) sono enucleabili come segue:
- l’esercizio delle funzioni fondamentali dei Comuni è obbligatorio per l’Ente titolare;
- sono funzioni fondamentali dei Comuni, ai sensi dell’art. 117, comma 2, lett. p), della Costituzione, quelle elencate nel comma 27 dell’art. 14 del D.L. n. 78/2010, conv. nella L. n. 122/2010, come modificato dal D.L. n. 95/2012, conv. nella L. n. 135/2012;
- i Comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti esercitano obbligatoriamente in forma associata, mediante Unione di Comuni o convenzione, le funzioni fondamentali;
- i Comuni non possono svolgere singolarmente le funzioni fondamentali svolte in forma associata e la medesima funzione non può essere svolta da più di una forma associativa.

Tanto premesso, il Comune istante ritiene, sulla base di una scelta comune agli enti interessati, che non siano soggetti all’obbligo di gestione associata i servizi concernenti l’ufficio tecnico, la gestione dei beni demaniali e patrimoniali e la mera attività di gestione dell’urbanistica e territorio.
Motiva quanto asserito, sostenendo che: i primi due non possano essere ricompresi nella lettera a) delle funzioni di cui al comma 27 dell’articolo di riferimento “organizzazione generale dell'amministrazione, gestione finanziaria e contabile e controllo”, non ravvisandosi un riferimento diretto nella dizione della norma e non risultando vincolante la struttura dei servizi disegnata dal DPR 31.01.1996, n. 194; il terzo non sarebbe riconducibile alla lettera d) dello stesso comma “la pianificazione urbanistica ed edilizia di ambito comunale nonché la partecipazione alla pianificazione territoriale di livello sovracomunale”, facendosi ivi riferimento per l’appunto alla pianificazione e non alla gestione.
Al riguardo la Sezione evidenzia quanto segue, riprendendo e sviluppando quanto già illustrato nella delibera n. 9/2013.
In relazione alla concreta organizzazione di ciascuna funzione, gli Enti che intendono procedere unitariamente per attuare la previsione legislativa debbono unificare le attività e gli uffici in relazione alle aggregazioni specificamente individuate dal comma 27.
Lo svolgimento unitario di ciascuna funzione implica che la stessa sia espressione di un disegno unitario riconducibile alle aree individuate all’interno delle funzioni elencate al comma 27.
L’identificazione di dette aree non può essere effettuata, come prospettato dall’Ente, attraverso una interpretazione restrittiva delle funzioni di riferimento.
Tale lettura è tanto più da escludere, ove si osservi che (salve le eccezioni espressamente disposte), le funzioni per le quali è prevista la gestione associata sono le stesse per le quali il comma 26 prescrive l’esercizio obbligatorio per l’Ente titolare. In altri termini va considerato che ogni interpretazione volta ad escludere la necessaria gestione associata per determinati servizi, implica disconoscere, per gli stessi, la riconducibilità a funzioni fondamentali da esercitarsi in ogni caso, in via obbligatoria, da parte dell’Ente.
E’ pur vero che il legislatore ha indicato l’obiettivo dell’esercizio associato delle funzioni, da raggiungere progressivamente, ma non ha fornito indicazioni in merito ai rapporti con l’organizzazione del sistema di bilancio, disciplinata dal d.p.r. 31.01.1996, n. 194, recante “Regolamento per l’approvazione dei modelli di cui all’articolo 114 del decreto legislativo 25.02.1995, n. 77, concernente l’ordinamento finanziario e contabile degli Enti locali”.
In particolare, considerata la natura del d.p.r. n. 194 si deve ritenere che non vi sia coincidenza tra le funzioni ivi indicate e quelle che costituiscono oggetto di aggregazione che devono essere identificate dagli Enti in base alla loro attuale organizzazione, in concreto, in base alle indicazioni contenute nel co. 27 dell’art. 14 del d.l. n. 78, conv. dalla legge n. 122 del 2010.
Spetta quindi agli Enti interessati disegnare la nuova organizzazione delle funzioni, partendo dalle attività sinora svolte da ciascuno di essi, ma anche adottando un modello che non si riveli elusivo degli intenti di riduzione della spesa, efficacia, efficienza ed economicità perseguiti dal legislatore, non essendo sufficiente peraltro che il nuovo modello organizzativo non preveda costi superiori alla fase precedente nella quale ciascuna funzione era svolta singolarmente da ogni Ente (Corte dei Conti, Sez. controllo Piemonte, parere 31.07.2013 n. 292).

APPALTI: Stazione unica appalti in Unione o convenzione. La scelta dipende dalla gestione associata già in funzione.
Piccoli Comuni. L'organismo va attivato entro marzo negli enti fino a 5mila abitanti.

Mentre gli enti locali più piccoli sono intenti a discutere sulle funzioni fondamentali da gestire insieme, tramite Unione o convenzione, un servizio interno da associare con immediatezza è quello che si occupa degli appalti finalizzati alla realizzazione dei lavori pubblici e all'acquisizione di beni e di servizi.
I Comuni con popolazione fino a 5mila abitanti devono accentrare queste procedure secondo lo schema della «Stazione unica appaltante» o della «Centrale unica di committenza» (articolo 33 del Dlgs 163/2006), con decorrenza dalle gare bandite successivamente al 31.03.2013 (lo prevedono l'articolo 23, comma 5, del Dl 201/2011 e l'articolo 29 del Dl 216/2011).
È ormai acquisito che l'obbligo in esame riguarda solo le procedure di gara (ufficiale o ufficiosa), mentre ogni ente rimane responsabile delle fasi a monte (programmazione/progettazione) e a valle (esecuzione). Ogni ente (o ufficio associato) provvede inoltre autonomamente agli affidamenti diretti nei casi consentiti dall'ordinamento (si veda Corte dei conti, sezione Piemonte, parere n. 271 del 06.07.2012).
Resta peraltro l'opportunità di associare anche l'ufficio acquisti, che costituisce uno strumento essenziale ai fini della razionalizzazione della spesa degli enti locali; non a caso questa facoltà diviene obbligo entro la fine del 2013, come previsto dall'articolo 14, comma 27, del Dl 78/2010, che dispone l'obbligo per i piccoli Comuni di gestire in forma associata «l'organizzazione generale dell'amministrazione».
Meno chiaro e tassativo è il contenuto di questa norma con riferimento ai lavori pubblici - anche se sarebbe paradossale non considerarli all'interno delle funzioni «fondamentali» dell'ente.
La scadenza in esame va necessariamente posta in raccordo con le disposizioni in materia di associazionismo, potendo distinguere anche alla luce di tale previsione due ipotesi:
a) se al 31.03.2013 risulta costituita una Unione di Comuni, l'obbligo di costituzione della centrale di committenza dovrà gravare verosimilmente sull'Unione stessa, in una logica complessiva conforme allo spirito dell'intervento normativo. È stato affermato che i piccoli Comuni possono fare ricorso a una pluralità di forme associative, fermo restando il divieto di scomposizione di ogni singola funzione; vista la trasversalità delle gare ad evidenza pubblica sembra possibile sostenere che questa gestione debba essere ricondotta all'insieme delle funzioni fondamentali quale funzione strumentale o connessa (si pensi, a titolo meramente esemplificativo, alle gare riguardanti l'edilizia scolastica o la fornitura di materiale scolastico);
b) se invece al 31.03.2013 l'Unione non è ancora costituita, o se i Comuni hanno deciso di stipulare una convenzione per la gestione associata delle funzioni fondamentali, sembra gravare sugli stessi l'obbligo di stipulare un «accordo consortile» - al quale la norma fa riferimento e che va inteso tuttavia nel senso previsto dall'articolo 30 del Dlgs 267/2000.
Il riferimento ai consorzi in questa delicata materia è in palese contraddizione con quanto affermato in altra recente opzione espressa dal legislatore statale (legge Finanziaria 2010), che ha immaginato la soppressione dei consorzi di funzioni tra gli enti locali (articolo 2, comma 186, legge 191/2009). Il probabile "refuso" legislativo, quindi, non può che essere interpretato in modo coerente con la normativa generale in materia di gestione associata dei servizi, che prevede due sole forme: l'Unione e la convenzione.
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Le opzioni
01|LA SCADENZA
Entro il 31 marzo i Comuni con popolazione compresa entro i 5mila abitanti devono associare nella Stazione unica appaltante, per una popolazione superiore alla soglia, gli uffici che si occupano degli appalti per la realizzazione di lavori e per le prestazioni di servizi
02|LE UNIONI
La scadenza si intreccia con l'obbligo di avviare la gestione associata negli stessi enti di almeno tre funzioni fondamentali a partire da quest'anno, mentre dall'anno prossimo sarà l'intero novero delle funzioni fondamentali a dover essere associato. Negli enti in cui è già costituita un'Unione, può essere questa l'organizzazione a cui collegare la stazione unica appaltante
03|L'ALTERNATIVA
In linea con gli obblighi generali di gestione associata, anche la convenzione può essere utilizzata come strumento per avviare la stazione unica appaltante. Fuori linea appare invece il richiamo della norma agli accordi consortili, perché i consorzi sono stati soppressi nel 2009
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Forme alternative. L'infortunio della norma. Da escludere il ricorso a nuovi consorzi.
IL «REFUSO»/ Il richiamo agli «accordi consortili» nella legge è in netto contrasto con la Finanziaria 2010 che li ha aboliti.

L'interpretazione che vede il riferimento ai consorzi come "refuso" normativo nella disciplina sulla Stazione unica appaltante ha certamente il pregio di evitare la costituzione di ulteriori organi consortili e con essi le relative spese. Ogni altra lettura della norma si porrebbe in evidente violazione degli obiettivi sottesi alla spending review.
In altri termini, come da più parti osservato, il termine «accordo consortile» contenuto al comma 3-bis dell'articolo 33 del Dlgs 163/2006 -anche alla luce delle disposizioni introdotte dall'articolo 2, comma 186, lettera e), della legge 191/2009- deve ritenersi utilizzato dal legislatore in senso atecnico.
Da questa previsione normativa, in sostanza, non discenderebbe dunque l'obbligo di istituire un Consorzio, quanto, piuttosto semplicemente l'obbligo, attraverso un atto convenzionale, di istituire una centrale di committenza.
La centrale di committenza può essere costituita di conseguenza mediante accordo convenzionale ex articolo 30 del Testo unico degli enti locali, utilizzando il modello della delega di funzioni da parte degli enti partecipanti all'accordo a favore di uno di essi, che opera in luogo e per conto degli enti deleganti.
Sulla base di questi presupposti, in merito alla dimensione demografica ottimale della gestione in forma associata della centrale di committenza, in assenza di puntuali previsioni normative, devono ritenersi applicabili le disposizioni regionali già adottate per la gestione associata obbligatoria delle funzioni fondamentali (articolo Il Sole 24 Ore dell'11.03.2013 - tratto da www.corteconti.it).

ENTI LOCALIPiccoli enti. Con il 2013 al via l'obbligo di riorganizzazione dei Comuni fino a 5mila abitanti.
Unioni a competenza ampia. Le gestioni associate devono riguardare anche personale e finanze.

I Comuni fino a 5mila abitanti devono associare tramite unione tra Comuni o convenzione le loro «funzioni fondamentali». Il percorso associativo deve essere avviato e completato entro il 2013 secondo le modalità definite dalla legge statale e regionale.
Non è pacifica, prima di tutto, la delimitazione della prima funzione indicata all'articolo 14, comma 27, del Dl 78/2010 («organizzazione generale dell'amministrazione, gestione finanziaria e contabile e controllo»). Va segnalata anzitutto una posizione interpretativa più attenta al dato formale, che sembra in effetti restringere l'obbligo al semplice coordinamento dei servizi amministrativi oltre che alla gestione finanziaria e contabile.
D'altra parte occorre considerare lo spirito della legge: l'elenco comprende le «funzioni fondamentali» rilevanti per la definizione dei costi standard e dei fabbisogni finanziari delle autonomie locali. Sotto questo profilo, i servizi interni complessivamente intesi costituiscono una parte irrinunciabile, per cui l'obbligo associativo non può non comprendere la gestione dei servizi amministrativi oltre che di quelli contabili. Non avrebbe molto senso, del resto, mettere in piedi un'organizzazione complessa che unifica la gestione delle sole ragionerie e mantiene nei singoli enti gli altri servizi interni. È stato affermato allora che per una corretta definizione delle funzioni fondamentali occorre fare riferimento alla Funzione 1 del bilancio o, meglio ancora, alla Missione 1 del nuovo bilancio armonizzato che comprende una serie eterogenea di servizi interni, con un'impostazione che pare più convincente (si veda anche Corte dei conti, sezione di controllo Piemonte, parere n. 304/2012). Occorre dunque associare un'ampia serie di servizi, dalla segreteria alla gestione del personale, dal servizio finanziario all'economato (servizio acquisti), dalla gestione delle entrate ai controlli interni (articolo 147, comma 5, Tuel introdotto dal Dl 174/2012).
Tra i servizi da associare vi è certamente anche quello informatico, come precisato anche dall'articolo 14, comma 28, del Dl 78/2010. Questa gestione obbligatoria è da ricondurre alla forma associativa istituita per la generalità dei servizi interni; l'articolo 19, comma 7, del Dl 95/2012 ha abrogato i commi da 3-bis a 3-octies dell'articolo 15 del D.Lgs. 82/2005, superando così l'antinomia che si era determinata con la sovrapposizione delle due diverse previsioni normative sulla gestione associata delle funzioni Ict per i piccoli Comuni.
Altro servizio da associare è quello degli appalti per lavori pubblici e acquisizione di beni e di servizi; tali procedure devono essere accentrate secondo lo schema della «centrale unica di committenza» (articolo 33, comma 3-bis, del Dlgs 163/2006) con decorrenza 31.03.2013 (articolo 23, comma 5, Dl 201/2011; articolo 29, Dl 216/2011). È stato affermato che l'obbligo riguarda solo le procedure di gara: ogni ente rimane responsabile delle fasi a monte (programmazione/progettazione) e a valle (esecuzione), a parte le procedure eventualmente conferite ad altro ufficio associato (ad esempio, al servizio acquisti); ogni ente (o ufficio associato) provvede inoltre agli affidamenti diretti nei casi consentiti (Corte dei conti, sezione Piemonte, parere 271/2012).
Restano da chiarire gli obblighi sulla gestione di patrimonio e lavori pubblici, per le fasi che precedono e seguono la gara. Da un lato va richiamata la posizione più formale, in base alla quale i lavori pubblici e la manutenzione del patrimonio comunale non rientrerebbero tra le funzioni da associare in via obbligatoria; dall'altro lato, vi è chi considera essenziale l'unificazione dei servizi interni nella loro globalità (servizi amministrativi, finanziari, tecnici), per le ragioni sopra illustrate. Seguendo quest'ultima impostazione, i servizi tecnici devono essere computati tra i costi standard e quindi devono essere associati. Sulla questione si attende tuttavia un chiarimento ministeriale (articolo Il Sole 24 Ore del 28.01.2013 - tratto da www.ecostampa.it).

ENTI LOCALI: Considerata la natura del d.p.r. n. 194/1996 si deve ritenere che non vi sia coincidenza tra le funzioni ivi indicate e quelle che costituiscono oggetto di aggregazione che devono essere identificate dagli Enti interessati in base alla loro attuale organizzazione, in concreto, in base alle indicazioni contenute nel co. 27 dell’art. 14 del d.l. n. 78, conv. dalla legge n. 122 del 20104.
Il Sindaco del Comune di Frassino ha inoltrato alla Sezione, per il tramite del Consiglio delle Autonomie Locali del Piemonte, un quesito inerente all’interpretazione delle norme risultanti dall’art. 14, co. 25 – 31-quater del d.l. n. 78 del 2010, conv. dalla legge n. 122 del 2010, come integrate dall’art. 19 del d.l. n. 95 del 2012, conv. dalla legge n. 135 del 2012 che stabiliscono l’obbligo della gestione associata delle funzioni fondamentali per i Comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti, ovvero a 3.000 se il loro territorio ricade all’interno di Comunità montane.
Il richiedente dopo aver osservato che il co. 27 del citato art. 14 del d.l. n. 78 “definisce le funzioni fondamentali dei Comuni che non corrispondono alle funzioni indicate dal d.p.r. n. 194 del 1996 che ha approvato gli schemi di bilancio per i Comuniha domandato alla Sezione “quali siano i servizi di cui al d.p.r. n. 194 del 1996, che associando le funzioni fondamentali debbano a loro volta essere associati.
...
1. In base all’art. 14, co. 27 e segg. del d.l. 31.05.2010, n. 78, conv. dalla legge 30.07.2010, n. 122, come modificato ed integrato dall’art. 19 del d.l. 06.07.2012, n. 95, conv. dalla legge 07.08.2012, n. 135, recante “Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario”, i Comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti sono tenuti, entro scadenze prefissate dal legislatore, ad esercitare “obbligatoriamente, in forma associata, mediante unione di comuni o convenzione, le funzioni fondamentali dei comuni di cui al comma 27, ad esclusione della lettera l)” (art. 14, co. 27 e co. 28).
Il legislatore ha indicato l’obiettivo dell’esercizio associato delle funzioni, da raggiungere progressivamente, ma non ha fornito indicazioni in merito ai rapporti con l’organizzazione del sistema di bilancio, disciplinata dal d.p.r. 31.01.1996, n. 194, recante “Regolamento per l’approvazione dei modelli di cui all’articolo 114 del decreto legislativo 25.02.1995, n. 77, concernente l’ordinamento finanziario e contabile degli Enti locali”.
2. Lo scopo perseguito con la previsione contenuta nei commi 27 e segg. del citato art. 14 del d.l. n. 78, conv. dalla legge n. 122 del 2010, è quello di migliorare l’organizzazione degli Enti interessati al fine di fornire servizi più adeguati sia ai cittadini che alle imprese, nell’osservanza dei principi di economicità, efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa.
Spetta, quindi, agli Enti interessati dalla procedura di aggregazione delle funzioni individuare le modalità organizzative ottimali al fine di raggiungere gli obiettivi di maggior efficienza, razionalizzazione e risparmio che il legislatore intende conseguire con la previsione dell’obbligatorietà dell’esercizio associato delle funzioni.
3. In relazione alla concreta organizzazione di ciascuna funzione, gli Enti che intendono procedere unitariamente per attuare la previsione legislativa debbono unificare le attività e gli uffici in relazione alle aggregazioni specificamente individuate dal comma 273.
Lo svolgimento unitario di ciascuna funzione implica che la stessa sia espressione di un disegno unitario riconducibile alle aree individuate all’interno del comma 27 citato.
Spetta agli Enti interessati disegnare la nuova organizzazione delle funzioni, partendo dalle attività sinora svolte da ciascuno di essi, adottando un modello che non si riveli elusivo degli intenti di riduzione della spesa, efficacia, efficienza ed economicità perseguiti dal legislatore (come si evince espressamente dal co. 30 del citato art. 14 del d.l. n. 78), non essendo sufficiente che il nuovo modello organizzativo non preveda costi superiori alla fase precedente nella quale ciascuna funzione era svolta singolarmente da ogni Ente.
4. L’organizzazione unitaria delle funzioni prevista dal co. 28 dell’art. 14 del d.l. n. 78 non incide sull’organizzazione del sistema di bilancio di ciascun Comune che è tenuto a predisporre quest’ultimo in relazione alle previsioni contenute nel d.p.r. n. 194 del 1996, tenendo conto che il citato d.p.r. n. 194 non è stato adeguato ancora alle modifiche organizzative degli Enti locali introdotte negli ultimi anni.
Invero, il d.p.r. n. 194 del 1996 ha fornito una regolamentazione del sistema di bilancio degli Enti locali prima ancora dell’entrata in vigore del d.lgs. 06.08.2000, n. 267 (TUEL) e dovrà essere rivisto alla luce sia delle numerose modifiche all’organizzazione degli Enti, introdotte dal legislatore negli ultimi anni (ad es.: esercizio unificato delle funzioni), che del nuovo sistema contabile in corso di introduzione in attuazione della legge 05.03.2009, n. 42, recante “Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione”.
Considerata la natura del d.p.r. n. 194/1996 si deve ritenere che non vi sia coincidenza tra le funzioni ivi indicate e quelle che costituiscono oggetto di aggregazione che devono essere identificate dagli Enti interessati in base alla loro attuale organizzazione, in concreto, in base alle indicazioni contenute nel co. 27 dell’art. 14 del d.l. n. 78, conv. dalla legge n. 122 del 20104 (Corte dei Conti, Sez. controllo Piemonte, parere 23.01.2013 n. 9).

anno 2012

ENTI LOCALI - PUBBLICO IMPIEGOGestione associata di servizi.
La Corte dei Conti, sezione regionale Lombardia, con i pareri 10.12.2012 n. 513 e 12.12.2012 n. 527 si occupa di aspetti correlati alla gestione obbligatoria di funzioni e servizi da parte dei piccoli enti che, dal 2013, saranno anche sottoposti alle regole del patto di stabilità ed alle collegate norme in tema di contenimento della spesa di personale e vincoli assunzionali.
Sinteticamente, la sezione lombarda, anche a conferma di propri precedenti pareri, rammenta che:
- qualsiasi forma di gestione associata (in convenzione o tramite Unione) deve consentire agli enti una razionalizzazione di spesa e non è ammessa alcuna deroga che consenta un incremento della spesa complessiva di personale;
- le spese di personale andranno ripartite tra gli enti secondo adeguati criteri predefiniti;
- eventuali maggiori spese prima non sostenute dovranno trovare un bilanciamento in minori per differenti funzioni esercitate in forma sovracomunale;
- ad ogni servizio o funzione associata dovrà corrispondere l'individuazione di un unico responsabile di servizio, secondo le norme stabilite dal TUEL e dal CCNL;
- non è conforme alla normativa vigente individuare, in siffatte fattispecie, la figura di direzione (responsabile) tra i componenti dell'organo esecutivo dell'ente capofila (art. 53, comma 23, legge n. 388/2000);
- soluzioni che realizzino una unificazione solo formale delle attività rientranti in ciascuna funzione ma che, di fatto, consentano agli enti di continuare a svolgerle con la propria organizzazione ed ai medesimi costi, violano l'obbligo della gestione associata imposta dalle norme (tratto da www.publika.it).

ENTI LOCALI - PUBBLICO IMPIEGOPersonale. Parere della Corte dei conti della Lombardia. La gestione associata deve produrre risparmi.
L'INDICAZIONE/ Per i vincoli alle uscite vanno conteggiati pro quota anche i dipendenti che svolgono la propria attività nelle funzioni «esternalizzate».

Il parere 10.12.2012 n. 513 (diffuso nelle ultime settimane) della Corte dei conti sezione controllo Lombardia riafferma l'orientamento giurisprudenziale secondo il quale le modalità di computo ai fini della disciplina vincolistica in tema di spesa di personale incidono non solo sulla spesa del personale alle dirette dipendenze dell'ente, ma vanno conteggiate anche per il personale che svolge attività al di fuori del singolo Comune, per tutte le forme di esternalizzazione o di associazione intercomunale.
Secondo la Corte dei conti, le amministrazioni interessate a processi di convenzionamento, per rendere correttamente le certificazioni e le attestazioni relative al rispetto dei parametri di spesa per il personale, previsto dalla normativa, dovranno conteggiare la quota parte di spesa di personale in convenzione che sia riferibile al Comune. Allo scopo si dovranno reperire e adottare idonei criteri per determinare la misura della spesa di personale riferibile pro-quota al Comune (Corte dei conti, sezione autonomie 8/2011).
Ciò vale anche per la gestione in convenzione delle funzioni fondamentali. Il principio è già consolidato nell'ipotesi di unione, per cui, in relazione alle funzioni attribuite, la spesa sostenuta per il personale del l'unione non può comportare, in sede di prima applicazione, il superamento della somma delle spese di personale sostenute precedentemente dai singoli Comuni partecipanti. Secondo la Corte, a regime, attraverso azioni di razionalizzazione organizzativa e di rigorosa programmazione dei fabbisogni, sarà necessario assicurare progressivi risparmi di spesa in materia di personale (si veda sul punto la deliberazione 426/2912/Par della sezione regionale di controllo di Lombardia).
La gestione associata delle funzioni in forma convenzionata si deve svolgere in modo tale che non si superi la spesa aggregata complessiva in precedenza destinata a tali funzioni dai singoli Comuni convenzionati.
Nel caso analizzato dalla sezione Lombarda, il Comune che non aveva registrato la spesa di personale per l'assenza di personale interno di polizia locale, sopporterà una spesa aggiuntiva, da compensare con la minore spesa di personale riferita alle altre funzioni fondamentali da gestire in forma associata. Il parere analizza quella che deve essere la concreta organizzazione di ciascuna funzione. L'unificazione degli uffici, a seconda delle attività che in concreto caratterizzano la funzione, prevede la responsabilità del servizio in capo a un unico soggetto che disponga dei necessari poteri organizzativi e gestionali, nominato secondo le indicazioni contenute nel l'articolo 109 del Tuel (il testo unico degli enti locali, decreto legislativo 267/2000). Pertanto, dovrà essere l'atto costitutivo dell'unione o della convenzione predisposta per la gestione associata dei servizi a prevedere le modalità di nomina dei responsabili dei servizi, previo adeguamento del regolamento degli uffici e dei servizi di ogni ente aderente.
La raccomandazione è che, nell'operare la riorganizzazione, gli enti non devono eludere gli obiettivi di finanza pubblica (articolo 14, commi 27 e seguenti, del decreto legge 78/2010), ossia, adottare soluzioni organizzative che di fatto non portano a risparmio di spesa, perché nella sostanza, non modificano la precedente organizzazione. L'esercizio unificato o associato della funzione, invece, implica che sia ripensata e organizzata ciascuna attività, cosicché ciascun compito che caratterizza la funzione va considerato in modo unitario e non come sommatoria di più attività simili.
Lo svolgimento unitario di ciascuna funzione non implica necessariamente che la stessa debba far capo a un unico ufficio in un solo Comune, mentre si può ritenere, in relazione ad alcune funzioni, che sia possibile mantenere più uffici in enti diversi. Ma anche in questi casi l'unitarietà della funzione comporta che la stessa sia espressione di un disegno unitario guidato e coordinato da un responsabile, senza che si possa escludere, in linea di principio, che specifici compiti e attività siano demandati ad altri dipendenti o anche agli organi di vertice dell'amministrazione comunale partecipante alla convenzione (articolo Il Sole 24 Ore dell'11.02.2013 - tratto da www.corteconti.it).

ENTI LOCALI: B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 47 del 19.11.2012, "D.g. Semplificazione e digitalizzazione e d.c. Affari istituzionali e legislativo - Limiti demografici minimi per la gestione associata obbligatoria tra Comuni: chiarimenti in merito al coordinamento tra la legge regionale 28.12.2011, n. 22 (Disposizioni per l’attuazione della programmazione economico-finanziaria regionale, ai sensi dell’art. 9-ter della l.r. 31.03.1978, n. 34 ‘Norme sulle procedure della programmazione, sul bilancio e sulla contabilità della Regione’ - Collegato 2012) e la legge 07.08.2012 n. 135 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 06.07.2012, n. 95, recante disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini)" (circolare regionale 15.11.2012 n. 8).

ENTI LOCALI - PUBBLICO IMPIEGO: R. Pagliaro, Nessuna sbrigativa gestione associata di uffici o servizi (15.10.2012).

ENTI LOCALI - SEGRETARI COMUNALICORTE CONTI/2 Dal Piemonte. Gestioni associate. La segreteria a sé.
I comuni non sono obbligati a gestire la segreteria comunale con le altre amministrazioni con cui hanno realizzato la gestione associata della funzione fondamentale «organizzazione generale dell'amministrazione, gestione finanziaria e contabile e controllo».

È questa l'importante e innovativa indicazione contenuta nel parere 12.10.2012 n. 304 della sezione regionale di controllo della Corte dei conti del Piemonte.
Con tale pronuncia vengono significativamente ampliati i margini di autonomia attribuiti ai singoli comuni. Il parere consente inoltre la stipula di convenzioni tra comuni e unioni, se il segretario di tale ente è iscritto all'albo dei segretari. Possibilità questa che è invece esclusa espressamente dal recente parere n. 8/2012 della unità di missione del ministero dell'interno che ha preso il posto della disciolta Agenzia dei segretari comunali e provinciali. Il Viminale evidenzia le nette differenze che sussistono tra i comuni e le unioni, nonché la mancanza di un vincolo a che le unioni abbiano un segretario iscritto allo specifico albo.
La sezione regionale di controllo della Corte dei conti del Piemonte ci dice che il segretario «è un distinto organo monocratico, la cui attività e il cui ruolo e status è disciplinato espressamente in modo unitario dalla parte I, titolo IV, capo II del dlgs 18.08.2000, n. 267 (T.u. Enti locali).
Secondo l'art. 97, infatti, il comune ha un segretario titolare che svolge compiti di collaborazione e funzioni di assistenza giuridico-amministrativa nei confronti degli organi dell'ente in ordine alla conformità dell'azione amministrativa alle leggi, allo statuto ed ai regolamenti. Il segretario dipende funzionalmente dal sindaco ex art. 99 del dlgs n. 267/2000. L'individuazione normativa della figura del segretario comunale nei termini indicati fa della sua attività una distinta e specifica funzione amministrativa fondamentale per l'ente».
Tale funzione certamente «deve essere necessariamente inquadrata nell'ambito della organizzazione generale dell'amministrazione, gestione finanziaria e contabile e controllo, ma non esaurisce di per sé tale intera categoria, che, al contrario, ricomprende altre funzioni oggettivamente ed amministrativamente distinte». Per cui «è indubbio che la segreteria comunale, attenendo a una distinta e specifica funzione amministrativa fondamentale, possa essere oggetto di una gestione associata, tramite convenzione o tramite unione di comuni». Con ciò non si viola il divieto di spezzettare la gestione associata di una funzione fondamentale posto dal legislatore come vincolo alla gestione associata.
Sulla possibilità di stipulare convenzioni di segreteria tra comuni e unioni ha subito preso una posizione decisamente ostile la unità di missione del ministero dell'interno che ha preso il posto della disciolta Agenzia per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali con il recente parere n. 8. Leggiamo in questo documento che comuni e unioni sono «soggetti giuridici nettamente distinti, tra l'altro, per modalità di costituzione, finalità e funzioni svolte. Si consideri, inoltre, che la figura del segretario è prevista come obbligatoria esclusivamente per le province e i comuni (questi ultimi sia in forma singola che associata) a norma dell'art. 97 dello stesso dlgs 267/2000, non sussistendo, pertanto, alcuna correlazione tra le sedi di segreteria convenzionate e le unioni di comuni».
A sostegno del divieto della gestione associata della funzione di segretario tra un comune e una unione viene citata la deliberazione n. 114 del 02.05.2001 con la quale il cda nazionale dell'Agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali ha chiarito che «il segretario comunale e provinciale come figura professionale esercita le proprie attribuzioni solo presso i comuni e le province ovvero presso le convenzioni di segreteria_ ne consegue la non estensione alle unioni di comuni e alle comunità montane, poiché non compatibile, della obbligatorietà della figura del segretario iscritto all'apposito albo» (articolo ItaliaOggi del 07.12.2012).

ENTI LOCALI - SEGRETARI COMUNALI: Segreteria comunale in Unione.
La Corte dei Conti, sezione regionale controllo Piemonte, con il parere 12.10.2012 n. 304, risponde da un ente con popolazione inferiore a 1000 abitanti "circa la possibilità ... di gestire il servizio di Segreteria Comunale in forma associata, trasferendo il relativo servizio all'Unione di Comuni di cui fa parte, a condizione che il Segretario dell'Unione sia iscritto all'Albo dei Segretari Comunali e Provinciali".
La sezione passa in rassegna le norme che impongono agli enti di minori dimensioni la gestione, in convenzione o mediante Unione delle, funzioni fondamenti e i tempi di attuazione di dette disposizioni e, conseguentemente ricorda i seguenti principi:
- obbligatorietà per gli enti di gestire le funzioni fondamenti che sono individuate dall'art. 14, comma 27, del d.l. 78/2010, convertito in legge n. 122/2010, come modificato dal d.l. 95/2012, convertito in legge n. 135/2012;
- esercizio obbligatorio in forma associata, mediante Unione o convenzione, delle funzioni fondamentali per gli enti con popolazione fino a 5000 abitanti ed obbligo, per ciascuna funzione, di utilizzo di una sola forma associativa;
- facoltà per gli enti con popolazione fino a 1000 abitanti di esercitare tutte le funzioni in forma associata, mediante Unione.
Successivamente riprende le disposizioni del TUEL che riguardano la figura del Segretario Comunale: figura specifica, organo monocratico e funzioni appositamente disciplinate dal testo unico; dipendenza funzionale dal Sindaco; configurazione di una distinta e specifica funzione amministrativa fondamentale per l'ente.
Passando, poi, all'esame del quesito, formula le seguenti osservazioni:
"Tale funzione (quella del Segretario), nell'ambito dell'elencazione delle funzioni fondamentali contenuta nell'art. 14, comma 27, del D.L. n. 78/2010, conv. nella L. n. 122/2010, appare riconducibile alla fattispecie sub lett. a) ('organizzazione generale dell'Amministrazione, gestione finanziaria e contabile e controllo'), ma non esaurisce di per sé l'intera categoria di cui alla lett. a) citata, che, al contrario, ricomprende altre funzioni oggettivamente ed amministrativamente distinte. ... In quest'ottica, è indubbio che la Segreteria Comunale, attenenendo ad una distinta e specifica funzione amministrativa fondamentale, possa essere oggetto di una gestione associata, tramite convenzione o, come indicato nella richiesta di parere in esame, tramite Unione di Comuni.
Le disposizioni sopra citate vietano anche l'eventualità che la medesima funzione sia oggetto di più di una forma associativa, con conseguente duplicazione di spese. Sotto questo profilo, la Sezione osserva che il divieto menzionato deve essere riferito, nel caso di specie, alla singola specifica funzione di Segreteria comunale conferita in forma associata, e non alla complessiva fattispecie a) del citato art. 14, comma 27, che ricomprende una pluralità di funzioni amministrative tra loro distinte, secondo una logica classificatoria di tipo giuridico-finanziario, analoga a quella sottostante alla classificazione già contenuta nel D.P.R. n. 194/1996.
Pertanto, fermo restando l'obbligo della gestione associata di tutte le funzioni fondamentali, se da un lato non risulta precluso l'affidamento, alla medesima Unione di Comuni, della Segreteria comunale insieme a tutte le altre funzioni ricomprendibili nella fattispecie sub a) (già funzione 01, prevista dal D.P.R. n. 194/1996, denominata 'Funzioni generali di amministrazione, di gestione e di controllo'), dall'altro lato non risulta neppure precluso l'affidamento disgiunto, tramite diverse soluzioni associative, della Segreteria comunale rispetto alle altre funzioni includibili nella fattispecie a), purché non si abbia un'effettiva duplicazione delle singole funzioni individuali.
Spetta all'Ente, valutare, nella propria autonomia decisionale, le modalità organizzative ottimali al fine di raggiungere gli obiettivi di maggior efficienza, razionalizzazione e risparmio che il legislatore ha inteso conseguire prevedendo l'esercizio associato di funzioni (sul punto cfr. anche la deliberaz. di questa Sezione n. 287/2012)
" (tratto da www.publika.it).

ENTI LOCALI - PUBBLICO IMPIEGOLa Sezione si pronuncia in ordine allo svolgimento in forma associata di funzioni fondamentali ai sensi della L. n. 135/2012.
Il Sindaco del Comune di Valle Lomellina (PV) ha posto alla Sezione una articolata richiesta di parere in ordine allo svolgimento in forma associata di funzioni fondamentali ai sensi della l. n. 135/2012.
Più nel dettaglio, l’organo rappresentativo dell’ente precisa quanto segue.
Il Comune di Valle Lomellina, la cui popolazione è pari a 2.250 abitanti, alla luce della vigente normativa ha l'obbligo di associarsi per lo svolgimento delle nove funzioni fondamentali come previste, da ultimo, dal comma 1 dell'articolo 19 del d.l. n. 95/2012 convertito in legge n. 135/2012, o comunque di rivedere, alla luce delle novità introdotte dalla suddetta legge n. 135/2012, le forme associative già costituite con altri comuni nelle forme dell'unione o della convenzione.
Ciò premesso,
il Sindaco pone i seguenti quattro quesiti.
A) In assenza di limite minimo dimensionale nazionale per le convenzioni (che non appare rinvenirsi nella legge n. 135/2012), trova comunque applicazione la legge regionale lombarda n. 22/2011 (che fissa in 5.000 abitanti o nel quadruplo degli abitanti del comune demograficamente più piccolo tra quelli associati il limite dimensionale minimo per le convenzioni) anche se precedente alla legge statale n. 135/2012?
B) In caso di gestione delle varie funzioni mediante convenzione o unione, a ciascuna funzione fondamentale può essere preposto un solo responsabile di servizio (titolare di posizione organizzativa), anche se la funzione comprende servizi diversi ed eterogenei? In tal caso tale soluzione implica ripercussioni sulle correlative posizioni organizzative nei comuni aderenti alle due modalità di gestione associata?
C) Il comma 5 dell'art. 32 del d.lgs. n. 267/2000 -come modificato dall'articolo 19 del d.l. n. 95/2012 convertito in legge n. 135/2012– statuisce che "all’unione sono conferite dai comuni partecipanti le risorse umane e strumentali necessarie all'esercizio delle funzioni loro attribuite". Orbene, tale disposizione deve interpretarsi nel senso che, ove i comuni costituiscano o siano già in unione, la gestione delle (nove) funzioni fondamentali deve avvenire mediante comando o trasferimento (o altra forma di utilizzo) del personale dal comune all'unione, con transito della gestione del personale preposto alla funzione associata a valere sul bilancio dell'unione?
D) Quali sono le interrelazioni, in caso di gestione associata a mezzo di Unione ex art. 32 del d.lgs. n. 267/2000 o convenzione ex art 30 del d.lgs. n. 267/2000 con gli obblighi che -dal 2013- graveranno sui comuni sopra i 1.000 abitanti, assoggettati al patto di stabilità, con specifico riferimento alle spese di personale?

...
Con il primo quesito il Sindaco si interroga se, in assenza di un limite minimo dimensionale nazionale per le convenzioni (che non appare rinvenirsi nella legge 135/2012), trovi comunque applicazione ad un Comune ricompreso tra i 1.000 e i 5.000 abitanti la legge regionale lombarda n. 22/2011 (che –all’art. 8, comma 1, e salve le deroghe di cui al successivo art. 10- fissa in 5.000 abitanti o nel quadruplo degli abitanti del comune demograficamente più piccolo tra quelli associati il limite dimensionale minimo per le convenzioni), anche se precedente alla legge statale n. 135/2012.
Il Collegio osserva che
la citata disposizione di legge regionale non appare ex se incompatibile con il vigente assetto normativo di fonte statale ex art. 19 del d.l. n. 95/2012, il quale –in relazione alle convenzioni in oggetto– statuisce quanto segue: “le convenzioni … hanno durata almeno triennale e alle medesime si applica, ove compatibile, l’articolo 30 del decreto legislativo 18.08.2000 n. 267. Ove alla scadenza del predetto periodo non sia comprovato, da parte dei comuni aderenti, il conseguimento di significativi livelli di efficacia e di efficienza nella gestione, secondo modalità stabilite con decreto del Ministro dell’Interno, da adottare entro sei mesi, sentita la Conferenza Stato Città ed autonomie locali, i comuni interessati sono obbligati ad esercitare le funzioni fondamentali esclusivamente mediante unione di comuni”.
Anzi, la predeterminazione di una soglia demografica minima da parte del Legislatore regionale, peraltro -come illustrato- non priva di caratteri di flessibilità, appare coerente con la specifica finalità cristallizzata dal Legislatore statale di conseguire livelli di efficacia e di efficienza nella gestione sovracomunale delle funzioni mediante convenzione.
D’altronde, è la medesima normativa nazionale (art. 14, commi 30 e 31, del d.l. n. 78/2010 a seguito della novella ex art. 19 del d.l. n. 95/2012) che, al fine di tutelare i principi di efficacia, di economicità, di efficienza e di riduzione delle spese, ha demandato alla normativa regionale –nelle materie di cui al terzo e quarto comma dell’art. 117 della Costituzione e previa concertazione con i comuni interessati nell’ambito del Consiglio delle autonomie locali– l’individuazione della dimensione territoriale ottimale e omogenea per area geografica (oltre che il termine per l’esercizio delle predette funzioni), individuando comunque, per le unioni, salvo diversa indicazione regionale nel termine previsto, un limite demografico minimo di 10.000 abitanti (cfr., sul punto, Corte dei Conti, Sez. Basilicata, delibera n. 173 del 20.09.2012).
Con il secondo quesito, l’Amministrazione si interroga da un lato se, in caso di gestione delle varie funzioni mediante convenzione o unione, a ciascuna funzione fondamentale possa essere preposto un solo responsabile di servizio (titolare di posizione organizzativa), anche se la funzione comprende servizi diversi ed eterogenei; dall’altro, sorge il dubbio in capo al Comune istante se, in tal caso, siffatta soluzione implichi ripercussioni sulle correlative posizioni organizzative nei comuni aderenti alle due modalità di gestione associata.
Orbene, spettando ad ogni Ente interessato, e quindi anche al Comune di Valle Lomellina (PV), la concreta attuazione del disposto legislativo citato sopra, la Sezione non può pronunciarsi in questa sede nel merito sulla convenienza e correttezza di particolari soluzioni.
Al fine di contribuire a chiarire il contesto normativo e finanziario all’interno del quale è stata introdotta la norma che prevede l’unificazione delle funzioni, così da agevolare il compito attuativo che spetta all’Ente interessato, il Collegio evidenzia peraltro recenti approdi ermeneutici della giurisprudenza contabile (Corte Conti, sez. Piemonte, parere 30.08.2012 n. 287), da cui non vi è ragione di discostarsi in questa sede, di seguito testualmente richiamati.
Come più volte indicato, in base all’art. 14, co. 27 e segg., del d.l. 31.05.2010, n. 78, conv. dalla legge 30.07.2010, n. 122, come modificata ed integrata dall’art. 19 del d.l. 06.07.2012, n. 95, conv. dalla legge 07.08.2012, n. 135, i Comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti sono tenuti ad esercitare “obbligatoriamente, in forma associata, mediante unione di comuni o convenzione, le funzioni fondamentali dei comuni di cui al comma 27, ad esclusione della lettera l)” (art. 27, co. 28).
Peraltro, il legislatore ha indicato l’obiettivo dell’esercizio associato delle funzioni, da raggiungere progressivamente, ma non ha fornito indicazioni in merito alle conseguenze che questo potrà avere sia sull’organizzazione dei singoli enti che sulla gestione dei rapporti di lavoro dei dipendenti.
E’ indubbio che lo scopo perseguito con la previsione contenuta nei commi 27 e segg. del citato art. 14 del d.l. n. 78, conv. dalla legge n. 122 del 2010, è quello di migliorare l’organizzazione degli Enti interessati al fine di fornire servizi più adeguati sia ai cittadini che alle imprese, nell’osservanza dei principi di economicità, efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa.
Spetta, quindi, agli Enti interessati dalla procedura di aggregazione delle funzioni individuare le modalità organizzative ottimali, al fine di raggiungere gli obiettivi di maggior efficienza, razionalizzazione e risparmio che il legislatore intendeva conseguire prevedendo l’esercizio associato delle funzioni.
Con specifico riguardo alla concreta organizzazione di ciascuna funzione,
è evidente che gli Enti interessati dall’aggregazione debbano unificare gli uffici e, a seconda delle attività che in concreto caratterizzano la funzione, prevedere la responsabilità del servizio in capo ad un unico soggetto che disponga dei necessari poteri organizzativi e gestionali, nominato secondo le indicazioni contenute nell’art. 109 del TUEL.
L’atto costitutivo dell’unione o la convenzione predisposta per la gestione associata dei servizi dovrà prevedere le modalità di nomina dei Responsabili dei servizi e ciascun Ente dovrà adeguare il proprio Regolamento degli Uffici e dei servizi per poter procedere allo svolgimento associato delle funzioni.
Nella predisposizione del modello organizzativo gli Enti interessati dovranno tenere conto degli obiettivi di finanza pubblica sottesi al citato art. 14, co. 27 e segg., del d.l. n. 78 del 2010, come modificato ed integrato dall’art. 19 del d.l. 06.07.2012, n. 95, conv. dalla legge 07.08.2012, n. 135, e
dovranno, quindi, evitare di adottare soluzioni organizzative che, di fatto, si pongano in contrasto con le finalità, anche di risparmio di spesa, perseguite dal legislatore e che, nella sostanza, mantengano l’organizzazione precedente.
L’esercizio unificato della funzione implica che sia ripensata ed organizzata ciascuna attività, cosicché ciascun compito che caratterizza la funzione sia considerato in modo unitario e non quale sommatoria di più attività simili. Lo svolgimento unitario di ciascuna funzione non implica necessariamente che la stessa debba far capo ad un unico ufficio in un solo Comune, potendosi ritenere, in relazione ad alcune funzioni, che sia possibile il mantenimento di più uffici in Enti diversi.
Ma anche in questi casi l’unitarietà della funzione comporta che la stessa sia espressione di un disegno unitario guidato e coordinato da un Responsabile, senza potersi escludere, in linea di principio, che specifici compiti ed attività siano demandati ad altri dipendenti.
Spetta agli Enti interessati disegnare, in concreto, la nuova organizzazione delle funzioni, adottando un modello che non si riveli elusivo degli intenti di riduzione della spesa, efficacia, efficienza ed economicità perseguiti dal legislatore (come si evince espressamente dal co. 30 del citato art. 14 del d.l. n. 78), non essendo sufficiente che il nuovo modello organizzativo non preveda costi superiori alla fase precedente nella quale ciascuna funzione era svolta singolarmente da ogni Ente.
In proposito,
una soluzione che lasciasse intravedere un’unificazione solo formale delle attività rientranti in ciascuna funzione e che, di fatto, permettesse a ciascun Ente di continuare a svolgere con la sua organizzazione ed ai medesimi costi i compiti inerenti alla funzione non risponderebbe all’obbligo previsto dall’art. 14, co. 27 e segg., del d.l. 31.05.2010, n. 78, conv. dalla legge 30.07.2010, n. 122, come modificato e integrato dal citato art. 19 del d.l. n. 95, conv. dalla legge n. 135 del 2012.
In relazione al terzo quesito, l’Amministrazione istante si interroga se la gestione delle (nove) funzioni fondamentali debba avvenire mediante comando o trasferimento (o altra forma di utilizzo) del personale dal comune all'unione con transito della gestione del personale preposto alla funzione associata a valere sul bilancio dell'unione.
A questo proposito, la Sezione rammenta la necessità che il Comune provveda a dotare l’unione delle necessarie risorse umane per lo svolgimento delle funzioni ad essa attribuite, come -peraltro- espressamente statuito dal dato legale richiamato dall’ente locale (art. 32, comma 5, del d.lgs. n. 267/2000, novellato dall’art. 19 del d.l. n. 95/2012 convertito nella l. n. 135/2012).
In linea di principio, ne deriva, in sede di valutazione delle modalità di trasferimento del personale all’unione, l’allocazione stabile dei dipendenti nella dotazione organica dell’ente strumentale, anche in ossequio ai principi di prudente programmazione finanziaria ed amministrativa nonché di sana gestione, che richiedono una adeguata simmetria tra risorse umane e funzioni esercitate, con i relativi oneri a carico dell’unione. All’esito del predetto trasferimento, il Comune avrà cura di rideterminare la propria dotazione organica, tenendo conto delle funzioni e del personale in capo all’unione.
Per quanto concerne il quarto quesito, il Sindaco chiede quali siano le interrelazioni, in caso di gestione associata a mezzo di unione ex art. 32 del d.lgs. n. 267/2000 o convenzione ex art. 30 del d.lgs. n. 267/2000 con gli obblighi che -dal 2013– si applicano ai comuni sopra i 1.000 abitanti assoggettati al patto di stabilità, con specifico riferimento alle spese di personale.
Orbene, i Comuni con popolazione compresa tra 1.001 e 5.000 abitanti dal 2013 dovranno osservare la disciplina relativa al Patto di stabilità interno (art. 16, co. 31, del d.l. 13.08.2011, n. 138, conv. dalla legge 14.09.2011, n. 148, recante “Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo”) e, pertanto, saranno assoggettati anche alla disciplina relativa alle spese di personale e ai vincoli per le assunzioni dettati per gli Enti sottoposti al Patto.
In proposito, la Sezione delle autonomie della Corte ha rilevato che “l’estensione del Patto a tutti i Comuni con popolazione superiore a 1.000 abitanti, oltre a non presentare specifiche incompatibilità sul piano formale, non offre motivi plausibili per sottrarre taluni di essi all’immediata e uniforme applicazione dei vincoli di contenimento della spesa, alla luce, soprattutto, dei recenti interventi correttivi di finanza pubblica dettati dalla eccezionale situazione di crisi finanziaria. Invero, l’esigenza di assicurare il mantenimento di servizi minimi ed essenziali, in contesti in cui la riorganizzazione delle residue risorse umane disponibili all’interno del singolo ente locale non è in grado di evitare una sostanziale paralisi degli stessi, può trovare adeguata compensazione in misure di razionalizzazione della spesa che facciano leva sull’associazionismo comunale previsto e disciplinato dall’art. 16 del citato D.L. n. 138/2011, quale modulo organizzativo più flessibile, economico ed efficiente fruibile ai fini dell’esercizio di tutte le funzioni fondamentali e dei correlati servizi pubblici di competenza comunale…(omissis). Sebbene non siano state previste specifiche disposizioni di diritto intertemporale volte a regolare il passaggio tra i due assetti normativi, l’estensione della disciplina del Patto ai Comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti è avvenuta assicurando, comunque, un congruo arco temporale durante il quale gli stessi enti potranno provvedere a riprogrammare non soltanto le procedure di reclutamento, in linea con il preannunciato regime vincolistico, ma anche i livelli complessivi di spesa, così da poterli rendere compatibili con i previsti obiettivi di saldo finanziario…” (Corte conti, Sez. Autonomie, deliberazione 11.05.2012 n. 6; cfr. altresì Corte Conti, Sez. Piemonte, 30.08.2012, n. 288).
Per quanto concerne le modalità di computo, la giurisprudenza contabile ha da tempo valorizzato una considerazione sostanziale della spesa di personale, secondo la quale la disciplina vincolistica in tale materia non può incidere solo per il personale alle dirette dipendenze dell’ente, ma anche per quello che svolge la propria attività al di fuori dello stesso e, comunque, per tutte le forme di esternalizzazione. Ciò significa che l’amministrazione, al fine di rendere correttamente le certificazioni e attestazioni relative al rispetto dei parametri di spesa per il personale previsto dalla vigente normativa, dovrà conteggiare la quota parte di spesa di personale dell’unione che sia riferibile al Comune stesso. Allo scopo dovrà reperire ed adottare idonei criteri per determinare la misura della spesa di personale propria dell’unione che sia riferibile pro quota al Comune (Corte dei Conti, Sez. Autonomie n. 8/2011).
Questo consolidato principio ermeneutico non appare confliggere con il tenore dell’art. 32, comma 5, del TUEL, novellato dall’art. 19 del d.l. n. 95/2012 (convertito nella l. n. 135/2012), secondo cui in relazione alle funzioni attribuite la spesa sostenuta per il personale dell’unione non può comportare, in sede di prima applicazione, il superamento della somma delle spese di personale sostenute precedentemente dai singoli comuni partecipanti, fermi i vincoli previsti dalla vigente normativa in materia di personale. A regime, precisa tale disposizione, attraverso specifiche misure di razionalizzazione organizzativa e una rigorosa programmazione dei fabbisogni, devono essere assicurati progressivi risparmi di spesa in materia di personale (Corte dei Conti, Sez. controllo Lombardia, parere 08.10.2012 n. 426).

ENTI LOCALI - PUBBLICO IMPIEGO: Un solo responsabile per le attività in «alleanza».
Comune di Riva presso Chieri (TO) - Parere in ordine alle modalità applicative della previsione contenuta nell’art. 14, co. 27 e segg., del d.l. 31.05.2010, n. 78, conv. dalla legge 30.07.2010, n. 122, recante “Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica”, nello specifico al riconoscimento di posizione organizzativa a più di un dipendente in relazione alle funzioni svolte in forma associativa tra più enti
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Il Sindaco del Comune di Riva presso Chieri ha inoltrato alla Sezione, per il tramite del Consiglio delle Autonomie Locali del Piemonte, una richiesta di parere contenente un quesito relativo alla disciplina dell’esercizio associato di funzioni fra più Enti locali con riferimento alla possibilità di riconoscere la posizione organizzativa ed erogare l’indennità di posizione e la retribuzione di risultato a più di un dipendente in relazione alle funzioni svolte in forma associativa tra più enti.
Il richiedente ha precisato che il Comune ha popolazione inferiore ai 5.000 abitanti e che in base alle previsioni contenute nell’art. 14, co. 27, del d.l. n. 78 del 2010 “intende sottoscrivere con uno o più Comuni limitrofi entro il prossimo 31 dicembre una convenzione per l’esercizio in forma associata di almeno tre funzioni fondamentali”.
Ha aggiunto che le funzioni che dovranno formare oggetto dell’accordo associativo “sono attualmente attribuite, all’interno di ciascun Comune interessato, ad apposite Aree o Servizi al cui vertice è posto un Responsabile di Servizio individuato ai sensi dell’art. 109, comma 2, D.Lgs. 267/2000” e che a detto Responsabile, in base alle previsioni della contrattazione collettiva, compete l’indennità di posizione e la retribuzione di risultato.
Svolta questa premessa,
il Sindaco del Comune di Riva presso Chieri ha domandato alla Sezione se possa ritenersi “contabilmente corretto, dopo aver provveduto ad individuare al vertice di ogni singola funzione gestita in forma associata un unico Responsabile di servizio, continuare a riconoscere, per una o più funzioni di particolare complessità, la posizione organizzativa e conseguentemente la retribuzione di posizione e di risultato oltre che al Responsabile del servizio così come sopra individuato anche ad altro dipendente del medesimo servizio svolto in forma associata, di categoria D cui siano affidati compiti organizzativi complessi, caratterizzati da un elevato grado di autonomia gestionale ed organizzativa”.
Ha chiesto, altresì, se, in caso di risposta positiva al precedente quesito, la somma delle due indennità di posizione “non potrebbe risultare superiore alla somma delle due precedenti retribuzioni di posizione riconosciute ai Responsabili del servizio dai singoli Comuni prima del convenzionamento della funzione”.

...
In base all’art. 14, co. 27 e segg. del d.l. 31.05.2010, n. 78, conv. dalla legge 30.07.2010, n. 122, come modificata ed integrata dall’art. 19 del d.l. 06.07.2012, n. 95, conv. dalla legge 07.08.2012, n. 135, recante “Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario”, i Comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti sono tenuti ad esercitare “obbligatoriamente, in forma associata, mediante unione di comuni o convenzione, le funzioni fondamentali dei comuni di cui al comma 27, ad esclusione della lettera l)” (art. 27, co. 28).
Il legislatore ha indicato l’obiettivo dell’esercizio associato delle funzioni, da raggiungere progressivamente, ma non ha fornito indicazioni in merito alle conseguenze che questo potrà avere sia sull’organizzazione dei singoli enti che sulla gestione dei rapporti di lavoro dei dipendenti.
E’ indubbio che
lo scopo perseguito con la previsione contenuta nei commi 27 e segg. del citato art. 14 del d.l. n. 78, conv. dalla legge n. 122 del 2010 è quello di migliorare l’organizzazione degli Enti interessati al fine di fornire servizi più adeguati sia ai cittadini che alle imprese, nell’osservanza dei principi di economicità, efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa.
Spetta, quindi, agli Enti interessati dalla procedura di aggregazione delle funzioni individuare le modalità organizzative ottimali al fine di raggiungere gli obiettivi di maggior efficienza, razionalizzazione e risparmio che il legislatore intendeva conseguire prevedendo l’esercizio associato delle funzioni.
Con specifico riguardo alla concreta organizzazione di ciascuna funzione,
è evidente che gli Enti interessati dall’aggregazione debbano unificare gli uffici e, a seconda delle attività che in concreto caratterizzano la funzione, prevedere la responsabilità del servizio in capo ad un unico soggetto che disponga dei necessari poteri organizzativi e gestionali, nominato secondo le indicazioni contenute nell’art. 109 del TUEL.
L’atto costitutivo dell’Unione o la convenzione predisposta per la gestione associata dei servizi dovrà prevedere le modalità di nomina dei Responsabili dei servizi e ciascun Ente dovrà adeguare il proprio Regolamento degli Uffici e dei servizi per poter procedere allo svolgimento associato delle funzioni.
Nella predisposizione del modello organizzativo gli Enti interessati dovranno tenere conto degli obiettivi di finanza pubblica sottesi al citato art. 14, co. 27 e segg., del d.l. n. 78 del 2010, come modificato ed integrata dall’art. 19 del d.l. 06.07.2012, n. 95, conv. dalla legge 07.08.2012, n. 135, e dovranno, quindi, evitare di adottare soluzioni organizzative che, di fatto, si pongano in contrasto con le finalità, anche di risparmio di spesa, perseguite dal legislatore e che, nella sostanza, mantengano l’organizzazione precedente.
L’esercizio unificato della funzione implica che sia ripensata ed organizzata ciascuna attività, cosicché ciascun compito che caratterizza la funzione sia considerato in modo unitario e non quale sommatoria di più attività simili.
Lo svolgimento unitario di ciascuna funzione non implica necessariamente che la stessa debba far capo ad un unico ufficio in un solo Comune, potendosi ritenere, in relazione ad alcune funzioni, che sia possibile il mantenimento di più uffici in Enti diversi. Ma anche in questi casi l’unitarietà della funzione comporta che la stessa sia espressione di un disegno unitario guidato e coordinato da un Responsabile, senza potersi escludere, in linea di principio, che specifici compiti ed attività siano demandati ad altri dipendenti.
Spetta agli Enti interessati disegnare, in concreto, la nuova organizzazione delle funzioni, adottando un modello che non si riveli elusivo degli intenti di riduzione della spesa, efficacia, efficienza ed economicità perseguiti dal legislatore (come si evince espressamente dal co. 30 del citato art. 14 del d.l. n. 78), non essendo sufficiente che il nuovo modello organizzativo non preveda costi superiori alla fase precedente nella quale ciascuna funzione era svolta singolarmente da ogni Ente.
In proposito,
una soluzione che lasciasse intravedere un’unificazione solo formale delle attività rientranti in ciascuna funzione e che, di fatto, permettesse a ciascun Ente di continuare a svolgere con la sua organizzazione ed ai medesimi costi i compiti inerenti alla funzione non risponderebbe all’obbligo previsto dall’art. 14, co. 27 e segg., del d.l. 31.05.2010, n. 78, conv. dalla legge 30.07.2010, n. 122, come modificato e integrato dal citato art. 19 del d.l. n. 95, conv. dalla legge n. 135 del 2012 (Corte dei Conti, Sez. controllo Piemonte, parere 30.08.2012 n. 287).
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Un solo responsabile per le attività in «alleanza».
Importante parere sulle gestioni associate quello fornito dalla Corte dei conti sezione regionale di controllo per il Piemonte anche per le ripercussioni sulla organizzazione del personale.

Il parere 30.08.2012 n. 287 delinea i principi organizzativi e i vincoli anche contabili cui i Comuni dovranno attenersi in ordine al personale destinato alla gestione in forma associata.
Un parere che sostanzialmente si inserisce nel vuoto normativo che caratterizza questa materia atteso che gli attuali contratti del personale degli enti locali disciplinano solo con poche disposizioni le figure dell'unione e delle convenzioni e dei rapporti di lavoro inerenti. La Corte dei conti sottolinea che spetta agli enti interessati dalla procedura di aggregazione individuare le modalità organizzative ottimali al fine di raggiungere gli obiettivi di maggior efficienza, razionalizzazione e risparmio che il legislatore intendeva conseguire con l'associazione.
Per i giudici contabili gli enti interessati dall'aggregazione debbono unificare gli uffici e, a seconda delle attività che in concreto caratterizzano la funzione, prevedere la responsabilità del servizio in capo ad un unico soggetto che disponga dei necessari poteri organizzativi e gestionali, nominato secondo le indicazioni contenute nell'articolo 109 del Testo unico enti locali.
Questo significa che se due o più enti si associano per gestire la funzione sociale o amministrativa, soltanto un dipendente dei due Comuni potrà assumere le funzioni di responsabile di servizio e usufruire del relativo trattamento economico.
L'atto costitutivo dell'unione o la convenzione predisposta per la gestione associata dei servizi dovrà prevedere le modalità di nomina dei responsabili dei servizi e ciascun ente dovrà adeguare il proprio regolamento di uffici e servizi per poter procedere allo svolgimento associato.
Ai fini contabili, poi, il parere precisa che nella predisposizione del modello organizzativo gli enti interessati dovranno tenere conto degli obiettivi di finanza pubblica sottesi all'articolo 14, commi 27 e seguenti, del Dl 78/2010, e dovranno, quindi, evitare di adottare soluzioni organizzative che, di fatto, si pongano in contrasto con le finalità, anche di risparmio di spesa, perseguite dal legislatore e che, nella sostanza, mantengano l'organizzazione precedente.
L'esercizio unificato della funzione implica che sia ripensata e organizzata ciascuna attività, cosicché ciascun compito sia considerato in modo unitario e non quale sommatoria di più attività simili.
Lo svolgimento unitario di ciascuna funzione non implica necessariamente che la stessa debba far capo ad un unico ufficio in un solo Comune, potendosi ritenere, in relazione ad alcune funzioni, che sia possibile il mantenimento di più uffici in enti diversi. Ma anche in questi casi l'unitarietà della funzione comporta che la stessa sia espressione di un disegno unitario guidato e coordinato da un responsabile, senza potersi escludere, in linea di principio, che specifici compiti ed attività siano demandati ad altri dipendenti.
Spetta agli enti interessati disegnare, in concreto, la nuova organizzazione delle funzioni, adottando un modello che non si riveli elusivo degli intenti di riduzione della spesa, e degli obiettivi di efficacia, efficienza ed economicità perseguiti dal legislatore (come si evince espressamente dal comma 30 dell'articolo 14 del Dl 78), non essendo sufficiente che il nuovo modello organizzativo non preveda costi superiori alla fase precedente nella quale ciascuna funzione era svolta singolarmente da ogni ente.
In proposito, una soluzione che lasci intravedere un'unificazione solo formale delle attività rientranti in ciascuna funzione e che, di fatto, permetta a ciascun ente di continuare a svolgere con la propria organizzazione e agli stessi costi i compiti inerenti alla funzione non risponderebbe all'obbligo previsto dalla legge
(articolo Il Sole 24 Ore del 24.09.2012 - tratto da www.corteconti.it).

ENTI LOCALIGestione associata – convenzioni.
La Corte dei Conti, sezione Regionale Lombardia, con parere 22.06.2012 n. 293, risponde ad un quesito posto dal Sindaco del Comune di Clusone (BG) inerente ad eventuale convenzione per la gestione associata di servizi e/o funzioni che non implica necessariamente il ricorso a "nuovo personale", bensì potrebbe anche essere attuata dando vita ad una semplice forma associativa con la creazione di uffici comuni che operano con il personale distaccato dagli enti partecipanti.
La Corte dei Conti precisa: "la decisione se procedere o meno a stipulare una convenzione per la gestione associata di servizi e/o funzioni attiene al merito dell'azione amministrativa e rientra, ovviamente, nella piena ed esclusiva discrezionalità e responsabilità dell'ente che potrà orientare la sua decisione in base alle conclusioni contenute nel parere della Sezione."
Queste le conclusioni della Corte dei Conti: "indipendentemente dalla circostanza che la convenzione tra gli Enti partecipanti preveda modalità di ripartizione dei relativi oneri e (conseguentemente) rimborsi in favore del Comune capofila, quest'ultimo agisce, non già in mancanza di un interesse diretto, ma per il conseguimento di propri fini istituzionali individuabili nella volontà di esercitare in forma associata -secondo le modalità indicate dall'art. 30 TUEL- determinate funzioni amministrative di propria competenza al fine di realizzare un utilizzo delle risorse pubbliche maggiormente rispondete ai principi di efficacia, efficienza ed economicità (Sez. Reg. Contr. Puglia, deliberazione n. 91/PRSP/2010)." (tratto da www.publika.it).

ENTI LOCALIAssociazioni. Caos per l'applicazione ai centri che si convenzionano per mettere in comune i servizi. Nodo-personale per le unioni di funzioni
IL VINCOLO/ Il decreto legge 78/2010 ha limitato al 50% dei costi sostenuti nel 2009 le forme di lavoro «atipiche».

La gestione del personale, nell'associazione di funzioni e servizi, è incompatibile con i vincoli assunzionali e le limitazioni di spesa volute dal legislatore. A complicare le cose è l'articolo 9, comma 28, del decreto legge 78/2010 il quale, nel limitare al 50% della spesa 2009 le forme di lavoro flessibile, ha indicato anche le «convenzioni» tra le tipologie oggetto del taglio.
La Corte dei conti della Lombardia, nel parere 15.06.2012 n. 279, pur evidenziando la dubbia razionalità, funzionalità e costituzionalità di norme che impongono un rigido limite quantitativo, ancorato a un dato di spesa storico, ha affermato che anche in caso di stipula di convenzioni "obbligatorie" –disciplinate dall'articolo 14, commi da 25 a 31, del decreto legge 78/2010– sia necessario rispettare questa norma.
Quindi, in caso di convenzione, dovrà essere rispettato l'obbligo di avvalersi di personale nel limite del 50% rispetto alla spesa sostenuta nel 2009. Ma chi deve fare questo calcolo? L'ente che verrà individuato capofila? E perché solo questo dovrebbe caricarsi di un simile vincolo?
In pratica: due comuni decidono di mettere insieme la funzione fondamentale 08, quella della viabilità e dei trasporti. Un ente ha in servizio dieci dipendenti, l'altro ente cinque. Viene stabilito che il comune con dieci dipendenti diventi il capofila della convenzione. Quindi si costituisce un ufficio comune, in base all'articolo 30, comma 4, del decreto legislativo 267/2000 con 15 dipendenti. È evidente che, in questo caso, non ci sono maggiori spese, perché non ci sono nuove immissioni in servizio. Si convenzionano i dipendenti che già sono conteggiati nei singoli enti; dipendenti che restano «giuridicamente ed economicamente» in capo all'ente di appartenenza. Quindi, in questo caso, la norma non può operare.
Caso diverso, invece, è se dalla convenzione scaturisse la necessità di implementare l'organico della gestione associata, mediante una nuova assunzione nelle forme flessibili. In questa ipotesi la disposizione dell'articolo 9, comma 28, si applica anche se resta da stabilire (per esempio, in un articolo della convenzione) chi si accollerà l'onere dell'assunzione e in quale modo si procederà al conteggio del tetto del 50% della spesa 2009.
Se, invece, si utilizza l'articolo 14 del contratto collettivo nazionale di lavoro del 22.01.2004, non necessariamente le funzioni vengono esercitate in forma associata. Anzi, lo strumento sembra più vicino a quello che è stato anche definito "comando a tempo parziale" in assenza di convenzione, disciplinato dall'articolo 30 del decreto legislativo 267/2000. Di fatto, quindi, per l'ente utilizzatore, si tratterebbe di un incremento di personale, con una maggiore attività lavorativa e una conseguente maggiore spesa di personale.
Questo è quanto emerge dalla deliberazione 180/2012 della Corte dei conti della Campania. I giudici concludono che non esistono margini per interpretazioni diverse rispetto a quanto contenuto nella norma. Le "convenzioni" vi sono indicate al pari delle altre forme di assunzione in essa menzionate e a tutte è espressamente riferito il limite previsto. Viene anche aggiunto che non appare corretta alcuna distinzione tra una tipologia di convenzione rispetto a un'altra, data l'univocità del termine, riferibile potenzialmente a ognuna di esse. Chiusura totale, quindi. Ora, può spettare solo al legislatore chiarire le priorità tra gestione obbligatoriamente associata e vincoli di contenimento della spesa (articolo Il Sole 24 Ore del 02.07.2012).

anno 2011

AMBIENTE-ECOLOGIA - ENTI LOCALI - VARI: B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 52 del 29.12.2011, "Disposizioni per l’attuazione della programmazione economico-finanziaria regionale, ai sensi dell’art. 9-ter della l.r. 31.03.1978, n. 34 ‘Norme sulle procedure della programmazione, sul bilancio e sulla contabilità della Regione’ - Collegato 2012" (L.R. 28.12.2011 n. 22).

ENTI LOCALIPiccoli Comuni: obbligo gestione associata delle funzioni.
La Corte dei Conti Sez. Reg.le Lombardia, con il parere 03.11.2011 n. 553, risponde al quesito:
se " ...il Comune istante, avente 2.250 abitanti, ove costituisca con un comune avente popolazione inferiore a 1.000 abitanti una o più convenzioni relative a tutti i servizi e funzioni pubbliche, come previsto dall'art. 16, comma 16, del D.L. 13.08.2011, n. 138 convertito in L. 14.09.2011, n. 148 sia o meno tenuto a costituire ulteriori convenzioni con altri comuni per raggiungere la quota minima di 10.000 abitanti prevista dal successivo comma 24"
come segue:
"... si ritiene che tale ente, in mancanza di espressa previsione legale e fermo il divieto di svolgere la medesima funzione con più di una forma associativa, per procedere alla stipulazione di convenzioni nei termini illustrati nel quesito, sia soggetto al rispetto della quota minima di 10.000 abitanti prevista dall'art. 16, comma 24, D.L. 138/2011, conv. in L. 148/2011" (tratto da www.publika.it).

ENTI LOCALI - PUBBLICO IMPIEGO: Le risposte dell'ANCI.
Il servizio in convenzione.
Questo comune ha una organizzazione basata su 5 servizi di cui 2 servizi tecnici:
1) servizio tecnico manutentivo con responsabile di cat. D);
2) servizio tecnico-progettuale Ll.Pp urbanistica.
Dal 30 giugno risulta scoperto il posto di responsabile del servizio tecnico-progettuale Ll.Pp urbanistica, per scadenza di un incarico conferito ex art. 110 del Dlgs n. 267/2000. Nel suddetto servizio non risultano categorie D) ma solo 2 categorie C).
Si precisa che l’ente, soggetto a patto di stabilità per l’anno 2011, non rientra nei parametri di cui all’art. 14, co. 9, del Dl n. 78/2010, convertito dalla L. n. 122/2010, per cui risulta impossibile procedere a qualsiasi tipologia di assunzione.
L’amministrazione comunale intende anche per una maggiore funzionalità dei servizi ed in linea con gli stessi principi sanciti dal Dl n. 78/2010, di procedere ad una convenzione per la gestione associata del predetto servizio istituendo un unico ufficio con personale messo a disposizione dagli enti partecipanti, che comunque non dovrà comportare maggiori oneri a carico di questo ente.
In via d’urgenza e temporanea l’amministrazione comunale intende, inoltre, attribuire la responsabilità del servizio ad un dipendente di cat. C) (geometra) assegnato al predetto servizio tecnico progettuale Ll.Pp urbanistica.
Si chiede un parere in ordine alla possibilità di attuare le proposte avanzate dall’amministrazione comunale.
In caso di esito positivo al primo quesito si chiede inoltre un suggerimento in ordine alla possibile organizzazione del servizio tecnico in forma associata così come prospettato.

A parere di chi scrive, la forma più corretta potrebbe essere quella di affidare in attesa della convenzione di cui al quesito la responsabilità del servizio o all’altra P.O. del servizio tecnico o al segretario comunale.
L’organizzazione del servizio in forma associata, attraverso apposita convenzione con altro comune, pare una soluzione corretta nella fattispecie (tratto da Guida al Pubblico Impiego n. 10/2011).

ENTI LOCALILa gestione associata rifà i conti sul personale. Le spese di personale delle Unioni finiscono nei conti dei Comuni.
La Corte dei conti, Sezione autonomie, con la deliberazione 29.07.2011 n. 8/AUT/2011 stabilisce che le gestioni associate non hanno autonomia di calcolo, ma i costi vanno spalmati sui limiti dei singoli comuni.
Secondo la manovra, due delle sei funzioni fondamentali dei comuni tra 1.000 e 5mila abitanti dovranno essere gestite in forma associata entro il 31.12.2011. La Finanziaria 2007 disciplina le norme sul contenimento delle spese di personale degli enti locali non soggetti a patto di stabilità. E tra questi le Unioni di comuni.
Al momento della compilazione dei questionari da inviare alla Corte dei conti, i comuni si sono chiesti se e come inserire le spese di personale di tali gestioni. Nel tempo si sono sviluppati due indirizzi. Da una parte veniva affermato che i Comuni compilano le proprie spese di personale conteggiando i dipendenti; dall'altra si chiedeva di inserire tra le proprie spese anche quelle delle Unioni.
La Sezione autonomie ha concluso che il contenimento dei costi del personale dei Comuni debba essere valutato sotto il profilo sostanziale, sommando alla propria spesa di personale la quota sostenuta dall'Unione. In tale ottica emerge una considerazione complessiva della spesa di personale, secondo la quale la disciplina vincolistica in tale materia non può incidere solo per il personale alle dirette dipendenze dell'ente, ma anche per quello che svolge la propria attività al di fuori dello stesso e, comunque, per tutte le forme di esternalizzazione.
Si tratta quindi di un calcolo aggregato che va recepito da parte dei singoli enti. Le amministrazioni dovranno adottare criteri idonei per determinare la misura della spesa di personale del l'Unione che sia riferibile pro quota ai comuni partecipanti. Numero di abitanti, quantità di servizi garantiti, numero di ore di attività svolte sono solo alcuni dei possibili indicatori.
Una scelta non sempre agevole: gli enti che partecipano alle gestioni associate, hanno spesso vincoli assunzionali e di contenimento della spesa diversi. Partire da zero è forse l'unica strada. Rifare i calcoli e costruire una base certa e stabile nel tempo da prendere come riferimento è il difficile percorso che attende Unioni ed enti associati (articolo Il Sole 24 Ore del 19.09.2011 - tratto da www.corteconti.it).

ENTI LOCALI: F. Mazzella, LA GESTIONE ASSOCIATA DI SERVIZI E FUNZIONI COMUNALI (link a www.gazzettaamministrativa.it).