dossier VINCOLO CIMITERIALE |
per approfondimenti vedi anche:
R.D.
27.07.1934 n. 1265, art. 338
(Testo unico delle leggi sanitarie)
* * *
L.R. 30.12.2009 n. 33, art. 75
(Testo unico delle leggi regionali in materia di sanità)
regolamento regionale 09.11.2004 n. 6
(Regolamento in materia di attività funebri e cimiteriali)
circolare regionale 30.05.2005 n. 21
[Indirizzi applicativi del regolamento regionale 09.11.2004,
n. 6 («Regolamento in materia di attività funebri e cimiteriali»)] |
anno
2022 |
|
URBANISTICA:
Per consolidata giurisprudenza, occorre
distinguere tra
- modifiche “obbligatorie”, in quanto indispensabili per
assicurare il rispetto delle previsioni del piano
territoriale di coordinamento, la razionale sistemazione
delle opere e degli impianti di interesse dello Stato, la
tutela del paesaggio e dei complessi storici, monumentali,
ambientali e archeologici, l'adozione di standard
urbanistici minimi;
- modifiche “facoltative”, in quanto
consistenti in innovazioni non sostanziali; e
- modifiche
“concordate”, in quanto conseguenti all’accoglimento di
osservazioni presentate al piano ed accettate dal Comune.
Mentre per le modifiche “facoltative” e “concordate”, ove
superino il limite di rispetto dei canoni guida del piano
adottato, sussiste l’obbligo della ripubblicazione da parte
del Comune, diversamente, per le modifiche “obbligatorie”
tale obbligo non sorge, poiché proprio il carattere dovuto
dell’intervento regionale (o di altra autorità preposta)
rende superfluo l’apporto collaborativo del privato,
superato e ricompreso nelle scelte pianificatorie operate in
sede regionale e comunale, come risulta essersi verificato
nella fattispecie in esame.
Del resto costituisce altresì un principio
consolidato che, in materia urbanistica, l’eventualità che
le previsioni del piano urbanistico comunale subiscano, in
sede di approvazione definitiva, delle modifiche rispetto a
quelle contenute nel piano adottato, è un effetto del tutto
connaturale al procedimento di formazione del suddetto
strumento urbanistico, che, per l’appunto, contempla,
all’atto dell’approvazione definitiva, la possibilità di
cambiamenti in conseguenza dell’accoglimento delle
osservazioni pervenute; pertanto, soltanto laddove si
dimostri che le modifiche introdotte incidono sulle
caratteristiche essenziali dello strumento stesso e sui suoi
criteri di impostazione, si rende necessario riprendere da
capo il relativo procedimento di formazione; l’eventuale
necessità di “ripubblicazione” sorge solo a seguito di
apporto di innovazioni tali da mutare radicalmente
l'impostazione di Piano stesso.
Questo principio è stato variamente declinato in
giurisprudenza, giungendosi ad affermare con espressioni
diverse, ma sostanzialmente equivalenti nella sostanza, che
la ripubblicazione del piano è necessaria per la legittimità
del procedimento solo quando, a seguito dell’accoglimento
delle osservazioni presentate dopo l’adozione, vi sia stata
una “rielaborazione complessiva” del piano stesso, e cioè un
“mutamento delle sue caratteristiche essenziali e dei
criteri che presiedono alla sua impostazione”, mentre tale
obbligo non sussiste nel caso in cui le modifiche non
comportino uno stravolgimento dello strumento adottato
ovvero un profondo mutamento dei suoi stessi criteri
ispiratori, ma consistano in variazioni di dettaglio che
comunque ne lascino inalterato l’impianto originario,
quand’anche queste siano numerose sul piano quantitativo
ovvero incidano in modo intenso sulla destinazione di
singole aree o gruppi di aree.
---------------
Con
particolare riferimento al vincolo cimiteriale, pur
prevedendo l’art. 338 del r.d. del 24.07.1934 n.
1265, come modificato dall’art. 28 della legge n. 166 del 01.08.2002, la possibilità del comune di perimetrare, a
determinate condizioni, diversamente la fascia di rispetto
cimiteriale, va evidenziato che ciò costituisce espressione
di una scelta ampiamente discrezionale del Comune, che
evidentemente nel caso di specie non è stata compiuta,
quantomeno con riferimento alle proprietà degli interessati,
né, peraltro, dalla astratta possibilità di una diversa
demarcazione della fascia di rispetto in questione
deriverebbe l’obbligo di ripubblicazione dell’intero piano.
Le censure sviluppate al riguardo, sull’opportunità
di applicare questa diversa perimetrazione, travalicano il
merito delle scelte discrezionali dell’Amministrazione
comunale; pertanto, vanno richiamati i noti e consolidati
orientamenti in ordine all’impossibilità di un sindacato
giurisdizionale nel merito delle scelte urbanistiche, salvi
i soli casi di macroscopica erroneità o irragionevolezza,
che nella specie non ricorrono.
---------------
8. Con il secondo motivo, i proprietari evidenziano
l’erroneità della sentenza di primo grado rilevando la
necessità di una nuova pubblicazione del piano anche in caso
di mero recepimento della fascia di rispetto cimiteriale
previsto dalla legge.
Si rafforza la censura rilevando, poi, che la fascia di
rispetto sarebbe stata tracciata in maniera più ampia in una
determinata direzione e rispetto ad alcuni fondi, mentre per
altre aree sarebbe meno ampia senza che sia possibile
comprenderne il motivo. Parimenti, sarebbe incomprensibile
il motivo per il quale ad alcuni fondi posti in prossimità
del cimitero sarebbe stata assegnata una destinazione più
favorevole, in quanto implicanti maggiori facoltà per il
proprietario, mentre i fondi di proprietà degli interessati
posti ad una maggiore distanza avrebbero ricevuto una
destinazione implicante minori facoltà (ossia, “zona per
servizi collettivi” in luogo di “zona a verde pubblico”):
questa scelta, secondo gli appellanti, “avrebbe meritato la
presentazione di una apposita osservazione”.
Si censura poi l’affermazione della sentenza secondo cui la
fascia di rispetto sarebbe immodificabile, evidenziandosi
che, ai sensi dell’art. 28 della legge n. 166/2002, sarebbe
possibile per l’amministrazione prevedere la riduzione della
fascia di rispetto. Si evidenzia, in proposito, che nel caso
di specie ricorrerebbe una delle fattispecie in base alle
quali sarebbe possibile la riduzione della fascia di
rispetto, perché tra la proprietà degli interessati
(particella n. 43) e il cimitero è ubicata una strada a
scorrimento veloce e, perciò, ben avrebbe potuto e dovuto,
secondo gli interessati, essere consentita quantomeno
un’interlocuzione in merito.
Gli appellanti censurano, inoltre, il punto della
motivazione relativo all’area, di un chilometro quadrato,
destinata con la proposta a zona “D1 zona P.I.P. di
progetto” e poi trasformata, a seguito delle osservazioni,
in zona “E verde agricolo”, sostenendo che la verifica sulla
sussistenza di differenze che implichino la ripubblicazione
del piano vada effettuata con esclusivo riferimento al
raffronto fra piano adottato e piano da approvare, senza
tenere conto della precedente strumentazione urbanistica.
Si deduce, infine, l’omessa pronuncia del TAR sulle altre
modifiche (consistenti nella fissazione della distanza dai
confini degli edifici pari al 50% dell’altezza dell’edificio
in questione; nella destinazione a “verde pubblico” delle
aree che nel progetto di PUC presentavano la campitura di
“zona omogenea G” con destinazione a “servizi ed impianti di
uso collettivo” e l’indicazione “IC” ad eccezione delle aree
già edificate) intercorse fra l’adozione del Piano e la sua
approvazione.
8.1. Il secondo motivo di appello è infondato.
8.2. In punto di diritto, il Collegio evidenzia che, per
consolidata giurisprudenza, occorre distinguere tra
modifiche “obbligatorie”, in quanto indispensabili per
assicurare il rispetto delle previsioni del piano
territoriale di coordinamento, la razionale sistemazione
delle opere e degli impianti di interesse dello Stato, la
tutela del paesaggio e dei complessi storici, monumentali,
ambientali e archeologici, l'adozione di standard
urbanistici minimi; modifiche “facoltative”, in quanto
consistenti in innovazioni non sostanziali; e modifiche
“concordate”, in quanto conseguenti all’accoglimento di
osservazioni presentate al piano ed accettate dal Comune.
Mentre per le modifiche “facoltative” e “concordate”, ove
superino il limite di rispetto dei canoni guida del piano
adottato, sussiste l’obbligo della ripubblicazione da parte
del Comune, diversamente, per le modifiche “obbligatorie”
tale obbligo non sorge, poiché proprio il carattere dovuto
dell’intervento regionale (o di altra autorità preposta)
rende superfluo l’apporto collaborativo del privato,
superato e ricompreso nelle scelte pianificatorie operate in
sede regionale e comunale, come risulta essersi verificato
nella fattispecie in esame (cfr., in termini, Cons. Stato,
Sez. IV, 13.11.2020, n. 7027; Sez. IV, 11.11.2020, n. 6944).
8.2.1. Del resto costituisce altresì un principio
consolidato che, in materia urbanistica, l’eventualità che
le previsioni del piano urbanistico comunale subiscano, in
sede di approvazione definitiva, delle modifiche rispetto a
quelle contenute nel piano adottato, è un effetto del tutto
connaturale al procedimento di formazione del suddetto
strumento urbanistico, che, per l’appunto, contempla,
all’atto dell’approvazione definitiva, la possibilità di
cambiamenti in conseguenza dell’accoglimento delle
osservazioni pervenute; pertanto, soltanto laddove si
dimostri che le modifiche introdotte incidono sulle
caratteristiche essenziali dello strumento stesso e sui suoi
criteri di impostazione, si rende necessario riprendere da
capo il relativo procedimento di formazione; l’eventuale
necessità di “ripubblicazione” sorge solo a seguito di
apporto di innovazioni tali da mutare radicalmente
l'impostazione di Piano stesso.
8.2.2. Questo principio è stato variamente declinato in
giurisprudenza, giungendosi ad affermare con espressioni
diverse, ma sostanzialmente equivalenti nella sostanza, che
la ripubblicazione del piano è necessaria per la legittimità
del procedimento solo quando, a seguito dell’accoglimento
delle osservazioni presentate dopo l’adozione, vi sia stata
una “rielaborazione complessiva” del piano stesso, e cioè un
“mutamento delle sue caratteristiche essenziali e dei
criteri che presiedono alla sua impostazione” (cfr. Cons.
Stato, Sez. IV, 11.11.2020, n. 6944; Sez. IV, 21.09.2011, n. 5343, id., 26.04.2006 n. 2297, id.,
31.01.2005, n. 259; id., 10.08.2004, n. 5492),
mentre tale obbligo non sussiste nel caso in cui le
modifiche non comportino uno stravolgimento dello strumento
adottato ovvero un profondo mutamento dei suoi stessi
criteri ispiratori, ma consistano in variazioni di dettaglio
che comunque ne lascino inalterato l’impianto originario,
quand’anche queste siano numerose sul piano quantitativo
ovvero incidano in modo intenso sulla destinazione di
singole aree o gruppi di aree (Cons. Stato, Sez. IV, 13.11.2020, n. 7027; Sez. IV,
04.12.2013, n. 5769).
8.3. Applicando i suesposti principi al caso di specie, il
Collegio evidenzia che non risulta allegata e dimostrata una
modifica di carattere sostanziale, tale da innovare
profondamente alle linee fondamentali della variante
generale del Comune, da comportarne “una rielaborazione
complessiva” o un “mutamento delle sue caratteristiche
essenziali e dei criteri che presiedono alla sua
impostazione”.
8.3.1. Con particolare riferimento al vincolo cimiteriale,
pur prevedendo l’art. 338 del r.d. del 24.07.1934 n.
1265, come modificato dall’art. 28 della legge n. 166 del 01.08.2002, la possibilità del comune di perimetrare, a
determinate condizioni, diversamente la fascia di rispetto
cimiteriale, va evidenziato che ciò costituisce espressione
di una scelta ampiamente discrezionale del Comune, che
evidentemente nel caso di specie non è stata compiuta,
quantomeno con riferimento alle proprietà degli interessati,
né, peraltro, dalla astratta possibilità di una diversa
demarcazione della fascia di rispetto in questione
deriverebbe l’obbligo di ripubblicazione dell’intero piano.
8.3.1.1. Le censure sviluppate al riguardo, sull’opportunità
di applicare questa diversa perimetrazione, travalicano il
merito delle scelte discrezionali dell’Amministrazione
comunale; pertanto, vanno richiamati i noti e consolidati
orientamenti in ordine all’impossibilità di un sindacato
giurisdizionale nel merito delle scelte urbanistiche, salvi
i soli casi di macroscopica erroneità o irragionevolezza,
che nella specie non ricorrono (Cons. Stato, Sez. II, 09.01.2020, n. 161; Sez. II,
04.09.2019, n. 6086; Sez. IV, 19.11.2018, n. 6484; Sez. IV,
09.05.2018
n. 2780; sez. IV, 18.08.2017, n. 4037; sez. VI, 05.03.2013, n. 1323; sez. IV, 25.11.2013, n. 5589; sez. IV,
16.04.2014, n. 1871).
8.3.2. Con riferimento alle altre modifiche, non risulta
dedotta la ragione per la quale le aree di proprietà degli
appellanti verrebbero ad essere incise o pregiudicate da
queste ulteriori modifiche, sicché non risulta dedotto
l’interesse (direttamente riferibile alla parte che agisce
in giudizio) ad una ripubblicazione della variante di piano
in relazione a tali modifiche
(Consiglio
di Stato, Sez. IV,
sentenza 07.12.2022 n. 10731 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
anno
2020 |
|
EDILIZIA PRIVATA: La
possibilità di ridurre la fascia di rispetto cimiteriale non può che
riferirsi solamente alle opere pubbliche o di pubblica utilità, con
esclusione di interventi realizzati da privati.
È noto il carattere assoluto ed inderogabile del divieto di edificare nuovi
edifici all'interno della fascia di rispetto cimiteriale testimoniato dalla giurisprudenza assolutamente
prevalente, per la quale:
- “Il vincolo teso al rispetto della fascia
cimiteriale imposto dall'art. 338 del R.D. n. 1265/1934, avente carattere
assoluto, determina una situazione di inedificabilità ex lege che non
consente l'allocazione di edifici o costruzioni di alcun genere all'interno
della fascia di rispetto, a tutela dei molteplici interessi pubblici cui
quest'ultima presiede e che vanno dalle esigenze di natura igienico-sanitaria, alla salvaguardia della peculiare sacralità dei luoghi destinati
alla inumazione e alla sepoltura, al mantenimento di un'area di possibile
espansione della cinta cimiteriale”;
- “La normativa di cui all'art. 338 del R.D. n.
1265/1934, che vieta di costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici e di
ampliare quelli preesistenti entro il raggio di duecento metri, è di stretta
interpretazione con la conseguenza che la stessa può essere derogata solo in
presenza di un pubblico interesse”;
- “In materia di vincolo cimiteriale, la salvaguardia
del rispetto dei duecento metri previsti dall'art. 338 del d. l. 27.07.1934 n. 1265, così come modificato dall'art. 28 della l. n. 166/2002, si
pone alla stregua di un vincolo assoluto di inedificabilità che non consente
in alcun modo l'allocazione sia di edifici, che di opere incompatibili con
il vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che
tale fascia di rispetto intende tutelare e che possono enuclearsi nelle
esigenze di natura igienico-sanitaria, nella salvaguardia della pecuniarie
sacralità che connota i luoghi destinati all'inumazione e alla sepoltura,
nel mantenimento di un'area di possibile espansione della cinta
cimiteriale”.
La natura assoluta del vincolo de quo si ricava anche dalla considerazione:
-
secondo cui: “La situazione di inedificabilità, conseguente alla sussistenza
di un vincolo, può essere rimossa solo in ipotesi eccezionali e, comunque,
solo per considerazioni di interesse pubblico, in presenza delle condizioni
specificate dal comma 5 dell'art. 338 r.d. n. 1265 del 1934” e,
- secondo cui (come sostituito
dall’art. 28, comma 1, lett. b), della l. 01.08.2002, n. 166): “Per dare
esecuzione ad un'opera pubblica o all'attuazione di un intervento
urbanistico, purché non vi ostino ragioni igienico-sanitarie, il consiglio
comunale può consentire, previo parere favorevole della competente azienda
sanitaria locale, la riduzione della zona di rispetto tenendo conto degli
elementi ambientali di pregio dell'area, autorizzando l'ampliamento di
edifici preesistenti o la costruzione di nuovi edifici. La riduzione di cui
al periodo precedente si applica con identica procedura anche per la
realizzazione di parchi, giardini e annessi, parcheggi pubblici e privati,
attrezzature sportive, locali tecnici e serre”.
Ed ancora, “La
possibilità, da parte del consiglio comunale, di ridurre la fascia di
rispetto cimiteriale ai sensi dell'art. 338, comma 5, r.d. n. 1265 del 1934
per dare esecuzione ad un'opera pubblica o attuazione ad un intervento
urbanistico, non può che riferirsi solamente alle opere pubbliche o di
pubblica utilità, con esclusione di interventi realizzati da privati”.
---------------
S’osserva che, per la giurisprudenza:
- “Quello cimiteriale è un
vincolo di inedificabilità assoluta la cui previsione risponde a una
pluralità di funzioni, quali assicurare condizioni di igiene e salubrità,
garantire tranquillità e decoro ai luoghi di sepoltura, consentire futuri
ampliamenti dell'impianto funerario, ed opera indipendentemente dal tipo di
fabbricato, riguardando anche gli edifici sparsi (art. 338 R.D. n. 1265 del
1934)”;
- “La fascia di
rispetto cimiteriale costituisce un vincolo di inedificabilità assoluta, in
considerazione dei molteplici interessi pubblici che tale fascia di rispetto
intende tutelare e che possono enuclearsi nelle esigenze di natura
igienico-sanitaria, nella salvaguardia della peculiare sacralità che connota
i luoghi destinati all'inumazione e alla sepoltura, e nel mantenimento di
un'area di possibile espansione della cinta cimiteriale, operante sia per il
centro abitato che per le case sparse, imposto prima dell'esecuzione delle
opere edilizie de quibus e, pertanto, preclusivo del condono per espressa
previsione dell'art. 33 della L. n. 47 del 1985”.
---------------
Deve rilevarsi, come la giurisprudenza unanime ha sempre osservato, che la
funzione del vincolo cimiteriale è proprio quella, di garantire i futuri
ampliamenti del compendio cimiteriale: sarebbe dunque paradossale che
proprio i futuri ampliamenti, che la norma è diretta a salvaguardare, non
dovessero comportare lo spostamento in avanti della fascia di rispetto de qua, in vista di eventuali, possibili,
ulteriori avanzamenti della cinta muraria del cimitero, così finendo per
ridurre, progressivamente, l’estensione della fascia di rispetto medesima,
stabilita per legge, violando, in tal modo, ineliminabili esigenze di
certezza del diritto.
In definitiva, è alla situazione fattuale, esistente al momento del rilascio
del titolo ad aedificandum, che bisogna guardare, per valutare se l’immobile
assentito (o abusivamente edificato) rientri o meno nella fascia di rispetto
prevista per legge (non in quella stabilita dal piano urbanistico vigente),
senza che importi stabilire se il rispetto, o meno, di tale distanza minima
si ponga in relazione al compendio cimiteriale, come originariamente
realizzato, o non piuttosto come successivamente ampliato (purché prima,
evidentemente, del rilascio del titolo: applicazione del principio del tempus regit actum).
Altresì, “È legittimo il
provvedimento con il quale il comune nega il rilascio dell'autorizzazione
edilizia per la realizzazione di un'autorimessa interrata, ai sensi della l.
29.03.1989 n. 122, sul rilievo che l'area interessata all'edificazione
ricade nella fascia di rispetto cimiteriale nell'ambito della quale gli art.
338, comma 1, t.u. 27.07.1934 n. 1265 e 57, d.P.R. 10.09.1990 n.
285 vietano qualsiasi costruzione con prescrizioni che prevalgono ratione
materiae sulle eventuali diverse destinazioni di zona previste dal piano
regolatore, essendo finalizzate alla salvaguardia sia dell'igiene e della
tranquillità sia della possibilità di assicurare un possibile futura
ampliamento del cimitero, che sarebbe compromesso dall'esistenza di
costruzioni altrui.”.
Al riguardo, inoltre (ed al netto di quanto s’osserverà infra, con
riferimento alla seconda doglianza dell’atto introduttivo del giudizio),
rileva il Collegio che, da un lato:
- “Ai sensi dell'art. 338 r.d. 27.07.1934 n. 1265, è vietato costruire entro il raggio di 200 metri dal perimetro
dell'impianto cimiteriale, quale risulta dagli strumenti urbanistici vigenti
nel Comune, o, in difetto di essi, comunque quale esistente in fatto, salve
le deroghe ed eccezioni previste dalla legge; il vincolo di inedificabilità,
previsto dalla trascritta norma di carattere assoluto e tale da imporsi
anche su contrastanti previsioni di piano regolatore generale, non consente
di allocare, all'interno della fascia di rispetto, né edifici destinati alla
residenza, né altre opere comunque incompatibili col vincolo medesimo, in
considerazione dei molteplici interessi pubblici che tale fascia intende
tutelare (…)”,
e, dall’altro, che:
- “Il vincolo cimiteriale determina una tipica situazione di inedificabilità ex lege, suscettibile di venire rimossa solo in ipotesi
eccezionali e comunque per considerazioni di interesse pubblico, ex art.
338, comma 4, r.d. 27.07.1934 n. 1265. L'unico procedimento, attivabile
dai singoli proprietari all'interno della fascia di rispetto è quello
finalizzato agli interventi di cui all'art. 338, comma 7, dello stesso r.d.
n. 1265/1934 (recupero o cambio di destinazione d'uso di edificazioni
preesistenti), restando attivabile solo d'ufficio –per i motivi anzidetti–
la procedura di riduzione della fascia inedificabile in questione”;
- (comma 4 dell’art. 338 cit., come sostituito dall’art. 28, comma 1, lett. b), della l.
01.08.2002, n. 166, secondo cui: “Il consiglio comunale può approvare, previo
parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la costruzione
di nuovi cimiteri o l'ampliamento di quelli già esistenti ad una distanza
inferiore a 200 metri dal centro abitato, purché non oltre il limite di 50
metri, quando ricorrano, anche alternativamente, le seguenti condizioni:
a)
risulti accertato dal medesimo consiglio comunale che, per particolari
condizioni locali, non sia possibile provvedere altrimenti;
b) l'impianto
cimiteriale sia separato dal centro urbano da strade pubbliche almeno di
livello comunale, sulla base della classificazione prevista ai sensi della
legislazione vigente, o da fiumi, laghi o dislivelli naturali rilevanti,
ovvero da ponti o da impianti ferroviari”).
---------------
Sgombrato, quindi, il campo dalle eccezioni preliminari delle parti
resistenti, può passarsi all’esame del merito del ricorso.
In tale ottica, dirimenti –ed assorbenti delle ulteriori censure– si
presentano, secondo il Collegio, le prime due censure dell’atto introduttivo
del giudizio.
Fondata è anzitutto la prima doglianza, in cui s’è denunziata la violazione,
da parte del Comune di Castel San Giorgio, nel rilasciare il titolo ad aedificandum impugnato, dell’art. 338 T.U.L.S. (R.D. n. 1265 del
27.07.1934), a norma del cui primo comma, come sostituito dall’art. 28,
comma 1, lett. a), della l. 01.08.2002, n. 166: “I cimiteri devono
essere collocati alla distanza di almeno 200 metri dal centro abitato. È
vietato costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici entro il raggio di 200
metri dal perimetro dell'impianto cimiteriale, quale risultante dagli
strumenti urbanistici vigenti nel comune o, in difetto di essi, comunque
quale esistente in fatto, salve le deroghe ed eccezioni previste dalla
legge”; laddove il comma settimo della stessa disposizione di legge, come
sostituito dall’art. 28, comma 1, lett. b), della l. 01.08.2002, n. 166,
prevede che: “All'interno della zona di rispetto per gli edifici esistenti
sono consentiti interventi di recupero ovvero interventi funzionali
all'utilizzo dell'edificio stesso, tra cui l'ampliamento nella percentuale
massima del 10 per cento e i cambi di destinazione d'uso, oltre a quelli
previsti dalle lettere a), b), c) e d) del primo comma dell'articolo 31
della legge 05.08.1978, n. 457”.
È noto il carattere assoluto ed inderogabile del divieto di edificare nuovi
edifici, ivi sancito, testimoniato dalla giurisprudenza assolutamente
prevalente, per la quale
- cfr., da ultimo, ex multis, TAR Toscana, Sez.
III, 30/04/2020, n. 527: “Il vincolo teso al rispetto della fascia
cimiteriale imposto dall'art. 338 del R.D. n. 1265/1934, avente carattere
assoluto, determina una situazione di inedificabilità ex lege che non
consente l'allocazione di edifici o costruzioni di alcun genere all'interno
della fascia di rispetto, a tutela dei molteplici interessi pubblici cui
quest'ultima presiede e che vanno dalle esigenze di natura igienico-sanitaria, alla salvaguardia della peculiare sacralità dei luoghi destinati
alla inumazione e alla sepoltura, al mantenimento di un'area di possibile
espansione della cinta cimiteriale”;
- nonché Cons. Stato, Sez. II,
27/04/2020, n. 2670: “La normativa di cui all'art. 338 del R.D. n.
1265/1934, che vieta di costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici e di
ampliare quelli preesistenti entro il raggio di duecento metri, è di stretta
interpretazione con la conseguenza che la stessa può essere derogata solo in
presenza di un pubblico interesse”;
- e TAR Lazio–Roma, Sez. III,
26/09/2019, n. 11339: “In materia di vincolo cimiteriale, la salvaguardia
del rispetto dei duecento metri previsti dall'art. 338 del d. l. 27.07.1934 n. 1265, così come modificato dall'art. 28 della l. n. 166/2002, si
pone alla stregua di un vincolo assoluto di inedificabilità che non consente
in alcun modo l'allocazione sia di edifici, che di opere incompatibili con
il vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che
tale fascia di rispetto intende tutelare e che possono enuclearsi nelle
esigenze di natura igienico-sanitaria, nella salvaguardia della pecuniarie
sacralità che connota i luoghi destinati all'inumazione e alla sepoltura,
nel mantenimento di un'area di possibile espansione della cinta
cimiteriale”.
La natura assoluta del vincolo de quo si ricava anche dalla considerazione
-
secondo cui: “La situazione di inedificabilità, conseguente alla sussistenza
di un vincolo, può essere rimossa solo in ipotesi eccezionali e, comunque,
solo per considerazioni di interesse pubblico, in presenza delle condizioni
specificate dal comma 5 dell'art. 338 r.d. n. 1265 del 1934” (TAR
Toscana, Sez. III, 08/07/2019, n. 1045),
- secondo cui (come sostituito
dall’art. 28, comma 1, lett. b), della l. 01.08.2002, n. 166: “Per dare
esecuzione ad un'opera pubblica o all'attuazione di un intervento
urbanistico, purché non vi ostino ragioni igienico-sanitarie, il consiglio
comunale può consentire, previo parere favorevole della competente azienda
sanitaria locale, la riduzione della zona di rispetto tenendo conto degli
elementi ambientali di pregio dell'area, autorizzando l'ampliamento di
edifici preesistenti o la costruzione di nuovi edifici. La riduzione di cui
al periodo precedente si applica con identica procedura anche per la
realizzazione di parchi, giardini e annessi, parcheggi pubblici e privati,
attrezzature sportive, locali tecnici e serre”.
Cfr. anche TAR Campania–Napoli, Sez. IV, 14/11/2014, n. 5942: “La
possibilità, da parte del consiglio comunale, di ridurre la fascia di
rispetto cimiteriale ai sensi dell'art. 338, comma 5, r.d. n. 1265 del 1934
per dare esecuzione ad un'opera pubblica o attuazione ad un intervento
urbanistico, non può che riferirsi solamente alle opere pubbliche o di
pubblica utilità, con esclusione di interventi realizzati da privati”.
Orbene, la circostanza dell’edificazione, assentita dalla P.A., con il
provvedimento gravato, in violazione della norma di carattere imperativo ed
inderogabile (se non in presenza di un pubblico interesse, nonché nel
rispetto delle riferite condizioni, di cui all’art. 338, comma 5, T.U.L.S.)
di cui sopra, è pacifica: nella propria memoria difensiva, il
controinteressato evidenziava “che l’immobile assentito è ad una distanza di
oltre 85 metri, misurando tale distanza tra il confine ovest del lotto e le
più vicine mura di cinta (attuali del cimitero)”.
Né tali conclusioni possono modificarsi, per effetto di quanto osservato
dalla difesa del controinteressato, con riferimento alla relazione tecnica
di parte allegata, vale a dire che:
“(…) Nel caso del progetto (del controinteressato), il fondo oggetto
d’intervento:
- ricade oltre i 100 metri della fascia di rispetto prevista nel P.R.G.,
unico strumento urbanistico vigente al momento della presentazione del
progetto, nonché al momento del rilascio del Parere del Responsabile del
Procedimento n. 67 del 04/09/2018;
- pur ricadendo in parte entro il raggio di 200 metri dal perimetro
dell'impianto cimiteriale, il fondo in questione non ricade nel perimetro
del “centro abitato” (…), mentre l’art. 338 del T.U. 27.07.1934 n. 1265
fissa la distanza dei 200 metri in relazione ai centri abitati, e non ai
fabbricati sparsi quale sarà quello in progetto”.
Sicché, concludeva il tecnico di parte: “Alla luce delle considerazioni
sopra esposte, si può concludere che, ricadendo la costruzione (del controinteressato) in progetto al di fuori della fascia di rispetto come
individuata nel P.R.G. (a 100 metri) e considerato che il limite dei 200
metri nella zona in cui ricade il fabbricato in progetto dovrebbe essere
arretrato per tenere conto della strada provinciale, la costruzione di detto
fabbricato risulta assentibile”.
In contrario, s’osserva che, per la giurisprudenza:
- “Quello cimiteriale è un
vincolo di inedificabilità assoluta la cui previsione risponde a una
pluralità di funzioni, quali assicurare condizioni di igiene e salubrità,
garantire tranquillità e decoro ai luoghi di sepoltura, consentire futuri
ampliamenti dell'impianto funerario, ed opera indipendentemente dal tipo di
fabbricato, riguardando anche gli edifici sparsi (art. 338 R.D. n. 1265 del
1934)” (TAR Toscana, Sez. III, 16/08/2017, n. 1037);
- “La fascia di
rispetto cimiteriale costituisce un vincolo di inedificabilità assoluta, in
considerazione dei molteplici interessi pubblici che tale fascia di rispetto
intende tutelare e che possono enuclearsi nelle esigenze di natura
igienico-sanitaria, nella salvaguardia della peculiare sacralità che connota
i luoghi destinati all'inumazione e alla sepoltura, e nel mantenimento di
un'area di possibile espansione della cinta cimiteriale, operante sia per il
centro abitato che per le case sparse, imposto prima dell'esecuzione delle
opere edilizie de quibus e, pertanto, preclusivo del condono per espressa
previsione dell'art. 33 della L. n. 47 del 1985” (TAR Puglia–Lecce, Sez. III,
07/01/2019, n. 3).
Tampoco può ritenersi che effettivamente “il limite di 200 metri dovrebbe
essere arretrato per tenere conto della strada provinciale”, pretesa che non
trova fondamento in alcun deroga espressa di legge al surriferito divieto
d’edificazione.
Neppure può ritenersi valido, al fine di superare tale esplicito divieto
legislativo, quanto riferito, subito dopo, dalla difesa del
controinteressato, vale a dire che: “(…) Da un’analisi attenta condotta
consultando cartografie disponibili da oggi sino alla fine degli anni ’70, è
emerso che nella fascia di rispetto cimiteriale (tanto nei 100 metri quanto
nei 200 metri dalle mura cimiteriali) sono sorte e/o ampliatesi diverse
costruzioni, i cui titoli abilitativi sono stati menzionati dallo stesso
Ufficio tecnico nel provvedimento di archiviazione. In tal senso, anche lo
stesso fabbricato del ricorrente è stato assentito con permesso n. 5/1998.
Ma non basta, in quanto alle spalle delle abitazioni adiacenti al cimitero,
vi sono due strade, di cui una provinciale, alla fine delle quali ha inizio
una cortina d’isolato costituita da più abitazioni, tra cui quella del
ricorrente, all’epoca dell’autorizzazione edilizia soggetta ad un apposito
approfondimento legale da parte dell’Amministrazione, come richiamato nello
stesso provvedimento di archiviazione dall’Ufficio, nel 1998. Insomma, alla
data di presentazione dell’istanza di rilascio, l’unica area non edificata
era per l’appunto quella del controinteressato, ed in tal senso le
valutazioni sono state compiute in conformità alla prassi seguita
dall’Ufficio da oltre trent’anni. Diversamente opinando, si creerebbe
disparità di trattamento tra il controinteressato e gli altri proprietari
che hanno realizzato negli anni passati; viepiù, di fatto l’area di
proprietà dello stesso risulterebbe grava da un vincolo d’inedificabilità,
pertanto meritevole di indennizzo da parte dell’Ente”.
Ciò in quanto, secondo la giurisprudenza:
- “In materia urbanistica
l'eventuale rilascio a terzi, da parte del Comune, di concessioni
illegittime giammai può essere invocato a fondamento di un'aspettativa
giuridicamente rilevante al conseguimento di analoghi titoli o della
sussistenza del vizio di disparità di trattamento” (Cons. Stato, Sez. II,
28/10/2019, n. 7329);
- “Il provvedimento di diniego di autorizzazione
edilizia costituisce espressione di potere vincolato rispetto ai presupposti
normativi richiesti e dei quali deve farsi applicazione, con la conseguenza
che in ordine al medesimo non possono venire in rilievo profili di eccesso
di potere quali la disparità di trattamento, propri dell'esercizio del
potere discrezionale, atteso altresì che l'eventuale rilascio di
provvedimenti autorizzativi in analoghi casi di abusi non assentibili, e
quindi suscettibili di annullamento giurisdizionale o amministrativo, non
può ex se legittimare la pretesa ad identico trattamento” (TAR Campania–Napoli, Sez. VIII, 18/10/2019, n. 4978).
E, in base a considerazioni analoghe, non può, del resto, neppure
condividersi l’eccezione d’inammissibilità della censura, per carenza
d’interesse, fondata sulla constatazione, per cui “il principio giuridico
posto alla base del rilascio del titolo del controinteressato è analogo a
quello in base al quale nel 1998 è stato rilasciato il titolo all’odierno
ricorrente”; il che –stante l’irrilevanza del precedente rilascio di altri
titoli, in violazione della fascia di rispetto de qua, ai fini della
perdurante applicazione del divieto ex art. 338, comma primo, T.U.L.S.–
giammai potrebbe risolversi nella dedotta inammissibilità della (prima)
doglianza in esame, per difetto d’interesse.
Considerazioni analoghe debbono porsi, anche relativamente alle correlative
argomentazioni difensive, espresse dal Comune di Castel San Giorgio nella
propria memoria in atti, e precisamente con riferimento alla circostanza che
–sulla base di un parere legale che fu chiesto nel 1998 ad un legale, in
occasione del rilascio del titolo al ricorrente medesimo– era emerso che
“il manufatto interessato da tale concessione, ricadente oltre i 100 m. dal
cimitero, nel pieno rispetto della previsione del P.R.G. (come il controinteressato), in seguito all'ampliamento del cimitero sarebbe
ricompreso entro i suddetti 100 m. (come il controinteressato)”.
Osservava, nel detto parere, tra l’altro, il legale interpellato dal Comune:
“Alla luce delle considerazioni che precedono, si può quindi concludere che
se la costruzione ricade(va) al di fuori della fascia di rispetto come
individuata nel P.R.G. era assentibile sul presupposto che la fascia di
rispetto ha la funzione contenitrice degli ampliamenti”.
In buona sostanza, il Comune (come già del resto, nella propria memoria, il
controinteressato), afferma la legittimità del rilascio del p.d.c.
impugnato, perché solo con gli ampliamenti del cimitero, successivi alla sua
iniziale edificazione, l’immobile assentito sarebbe ricaduto all’interno
della fascia di rispetto dei 100 mt., prevista dal P.R.G.
In contrario, deve rilevarsi che, come la giurisprudenza unanime ha sempre
osservato, la funzione del vincolo cimiteriale in oggetto è proprio quella,
di garantire i futuri ampliamenti del compendio cimiteriale: sarebbe dunque,
ad avviso del Tribunale, paradossale che proprio i futuri ampliamenti, che
la norma è diretta a salvaguardare, non dovessero comportare lo spostamento
in avanti della fascia di rispetto de qua, in vista di eventuali, possibili,
ulteriori avanzamenti della cinta muraria del cimitero, così finendo per
ridurre, progressivamente, l’estensione della fascia di rispetto medesima,
stabilita per legge, violando, in tal modo, ineliminabili esigenze di
certezza del diritto.
In definitiva, è alla situazione fattuale, esistente al momento del rilascio
del titolo ad aedificandum, che bisogna guardare, per valutare se l’immobile
assentito (o abusivamente edificato) rientri o meno nella fascia di rispetto
prevista per legge (non in quella stabilita dal piano urbanistico vigente),
senza che importi stabilire se il rispetto, o meno, di tale distanza minima
si ponga in relazione al compendio cimiteriale, come originariamente
realizzato, o non piuttosto come successivamente ampliato (purché prima,
evidentemente, del rilascio del titolo: applicazione del principio del
tempus regit actum).
Cfr. anche Consiglio di Stato, Sez. IV, 10/08/2007, n. 4415: “È legittimo il
provvedimento con il quale il comune nega il rilascio dell'autorizzazione
edilizia per la realizzazione di un'autorimessa interrata, ai sensi della l.
29.03.1989 n. 122, sul rilievo che l'area interessata all'edificazione
ricade nella fascia di rispetto cimiteriale nell'ambito della quale gli art.
338, comma 1, t.u. 27.07.1934 n. 1265 e 57, d.P.R. 10.09.1990 n.
285 vietano qualsiasi costruzione con prescrizioni che prevalgono ratione
materiae sulle eventuali diverse destinazioni di zona previste dal piano
regolatore, essendo finalizzate alla salvaguardia sia dell'igiene e della
tranquillità sia della possibilità di assicurare un possibile futura
ampliamento del cimitero, che sarebbe compromesso dall'esistenza di
costruzioni altrui.”.
Al riguardo, inoltre (ed al netto di quanto s’osserverà infra, con
riferimento alla seconda doglianza dell’atto introduttivo del giudizio),
rileva il Collegio che, da un lato:
- “Ai sensi dell'art. 338 r.d. 27.07.1934 n. 1265, è vietato costruire entro il raggio di 200 metri dal perimetro
dell'impianto cimiteriale, quale risulta dagli strumenti urbanistici vigenti
nel Comune, o, in difetto di essi, comunque quale esistente in fatto, salve
le deroghe ed eccezioni previste dalla legge; il vincolo di inedificabilità,
previsto dalla trascritta norma di carattere assoluto e tale da imporsi
anche su contrastanti previsioni di piano regolatore generale, non consente
di allocare, all'interno della fascia di rispetto, né edifici destinati alla
residenza, né altre opere comunque incompatibili col vincolo medesimo, in
considerazione dei molteplici interessi pubblici che tale fascia intende
tutelare (…)” (Consiglio di Stato, Sez. V, 18/01/2017, n. 205);
e, dall’altro, che:
- “Il vincolo cimiteriale determina una tipica situazione di inedificabilità ex lege, suscettibile di venire rimossa solo in ipotesi
eccezionali e comunque per considerazioni di interesse pubblico, ex art.
338, comma 4, r.d. 27.07.1934 n. 1265. L'unico procedimento, attivabile
dai singoli proprietari all'interno della fascia di rispetto è quello
finalizzato agli interventi di cui all'art. 338, comma 7, dello stesso r.d.
n. 1265/1934 (recupero o cambio di destinazione d'uso di edificazioni
preesistenti), restando attivabile solo d'ufficio –per i motivi anzidetti–
la procedura di riduzione della fascia inedificabile in questione”
(Consiglio di Stato, Sez. VI, 4/07/2014, n. 3410);
- (comma 4 dell’art. 338 cit., come sostituito dall’art. 28, comma 1, lett. b), della l.
01.08.2002, n. 166, secondo cui: “Il consiglio comunale può approvare, previo
parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la costruzione
di nuovi cimiteri o l'ampliamento di quelli già esistenti ad una distanza
inferiore a 200 metri dal centro abitato, purché non oltre il limite di 50
metri, quando ricorrano, anche alternativamente, le seguenti condizioni:
a)
risulti accertato dal medesimo consiglio comunale che, per particolari
condizioni locali, non sia possibile provvedere altrimenti;
b) l'impianto
cimiteriale sia separato dal centro urbano da strade pubbliche almeno di
livello comunale, sulla base della classificazione prevista ai sensi della
legislazione vigente, o da fiumi, laghi o dislivelli naturali rilevanti,
ovvero da ponti o da impianti ferroviari”)
(TAR Campania-Salerno, Sez. II,
sentenza 24.08.2020 n. 1047 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA:
Zone sottoposte a vincolo cimiteriale – Responsabilità del
direttore dei lavori/progettista per il reato di
lottizzazione abusiva cd. “materiale” o fisica – Artt.
27, 29, 30, 31, 42, 44, D.P.R. n. 380/2001 – Art. 338 del
regio decreto n. 1265 del 1934 (t.u. delle leggi sanitarie)
– Criterio di misura e calcolo del vincolo.
Poiché il vincolo cimiteriale di cui
all’art. all’art. 338 del r.d. n. 1265 del 1934 attiene al
governo del territorio e opera indipendentemente dal suo
recepimento negli strumenti urbanistici ed eventualmente
anche in contrasto con gli stessi, la sua violazione è da
sola sufficiente a configurare il reato di lottizzazione
abusiva, pur in presenza di un’attività edificatoria
formalmente autorizzata.
Quanto, poi, alla fascia di rispetto cimiteriale, la stessa
va misurata a partire non dal centro, ma dal muro di cinta
esterno del cimitero.
...
Fascia di rispetto cimiteriale – Distanza di almeno 200
metri dai centri abitati – Operatività della norma
indipendentemente dagli strumenti urbanistici – Manufatti
preesistenti e limiti alle opere edilizie – Inedificabilità
assoluta – Deroga al divieto di costruzione di nuovi edifici
– Misurazione della fascia di rispetto.
In materia di vincoli cimiteriali, l’art
338 del r.d. 27.07.1934, n. 1265 prescrive che i cimiteri
devono essere collocati alla distanza di almeno 200 metri
dai centri abitati e tale disposizione opera
indipendentemente dagli strumenti urbanistici ed
eventualmente anche in contrasto con gli stessi. In detta
fascia di rispetto cimiteriale è vietato sia costruire nuovi
edifici sia intervenire su manufatti preesistenti con opere
che comportino un’alterazione dei volumi o delle superfici.
Inoltre, in tema di inedificabilità assoluta, la deroga al
divieto di costruzione di nuovi edifici nel raggio di
duecento metri dal perimetro dei cimiteri è consentita
unicamente con riguardo all’esecuzione di un’opera pubblica
o all’attuazione di un intervento urbanistico, con
esclusione, quindi, dell’edilizia residenziale privata.
Infine, la fascia di rispetto cimiteriale prevista dall’art.
338, misurata a partire dal muro di cinta del cimitero,
costituisce un vincolo assoluto d’inedificabilità, tale da
imporsi anche a contrastanti previsioni di piano regolatore
generale, che non consente in alcun modo l’allocazione sia
di edifici che di opere incompatibili col vincolo medesimo,
in considerazione dei molteplici interessi pubblici che tale
fascia di rispetto intende tutelare e che sono da
individuarsi in esigenze di natura igienico-sanitaria, nella
salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi
destinati all’inumazione e alla sepoltura, nel mantenimento
di un’area di possibile espansione della cinta cimiteriale;
segue da ciò che non esiste ragione alcuna per ritenere tale
vincolo applicabile solo ai centri abitati e non ai
fabbricati sparsi, così come, ai fini dell’applicazione del
vincolo, appare ininfluente che, a distanza inferiore ai 200
metri, vi sia una strada, atteso che essa non interrompe la
continuità del vincolo.
...
Lottizzazione abusiva – Proscioglimento per intervenuta
prescrizione – Sussistenza del reato nei suoi elementi
oggettivo e soggettivo – Confisca del bene lottizzato –
Principio di protezione della proprietà – Sentenza di
condanna dell’ente – Qualifica di terzo estraneo – Limiti –
Requisito della buona fede – Necessità.
In tema di lottizzazione abusiva, il
proscioglimento per intervenuta prescrizione non osta alla
confisca del bene lottizzato ove sia stata comunque
accertata, con adeguata motivazione e nel contraddittorio
delle parti, la sussistenza del reato nei suoi elementi
oggettivo e soggettivo
(ex multis, Sez. 3, n. 8350 del 23/01/2019).
Ai fini della valutazione della conformità
della confisca al principio di protezione della proprietà di
cui all’art. 1 del Prot. n. 1 CEDU, assume rilievo anche
l’aspetto dell’individuazione dei beni oggetto della misura,
nel senso che il provvedimento ablatorio è legittimo se
limitato ai beni immobili direttamente interessati
dall’attività lottizzatoria e ad essa funzionali
(Sez. 3, n. 43119 del 17/07/2019; Sez. 3, n. 31282 del
27/03/2019; Sez. 3, n. 14743 del 14 20/02/2019).
Inoltre, la mancata partecipazione al
giudizio conclusosi con la sentenza di condanna dell’ente in
nome e per conto del quale l’attività illecita è stata posta
in essere non osta alla confisca, ex art. 44, comma 2, del
d.P.R. n. 380 del 2001, in quanto allo stesso non può
attribuirsi la qualifica di terzo estraneo, per carenza del
necessario requisito della buona fede
(Sez. 3, n. 42115 del 19/06/2019).
...
Responsabilità del direttore dei lavori e progettista per il
reato di lottizzazione abusiva cd. “materiale” o
fisica – Determinante contributo causale – Artt. 27, 29, 30,
31, 42, 44, D.P.R. n. 380/2001 – Falsità ideologica commessa
dal privato in atto pubblico – Art. 483 cod. pen..
Il direttore dei lavori e progettista è
comunque responsabile per il reato di lottizzazione abusiva,
in quanto arrechi un determinante contributo causale alla
concreta attuazione del disegno criminoso, diretto a
condizionare la riserva pubblica di programmazione
territoriale, non potendosi dunque limitare la sua
responsabilità alla verifica della formale conformità delle
opere al permesso di costruire e alle modalità esecutive
stabilite dal medesimo.
E tale determinante contributo causale è stato certamente
arrecato dall’imputata nel caso di specie, vista l’assoluta
evidenza della violazione del vincolo cimiteriale, tanto
macroscopica da essere percepibile addirittura da soggetti
non dotati di particolari competenze tecniche; con la
conseguenza che a nulla può valere il richiamo operato dalla
difesa all’art. 29 del d.P.R. n. 380 del 2001, che
escluderebbe il progettista dal novero dei responsabili (Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 12.02.2020 n. 5507 - link a www.ambientediritto.it). |
anno
2019 |
|
EDILIZIA PRIVATA: Il vincolo
cimiteriale ha ulteriori finalità, quali quella di assicurare il
“decoro del luogo di culto” e, soprattutto, la funzione di assicurare una
cintura sanitaria attorno a luoghi insalubri.
Quest’ultima finalità costituisce la principale
ratio delle zone di rispetto dei cimiteri, che per tale motivo di superiore
interesse pubblico è stata fissata dall’art. 338 del TU n. 1265/1934 in 200
metri dai centri abitati, una fascia di rispetto nella quale è vietato
costruire nuovi edifici o ampliare quelli preesistenti, salvo deroghe ed
eccezioni normativamente previste.
Successivamente, il disposto normativo è stato completato con la
precisazione “salvo deroghe ed eccezioni normativamente previste”, dall'art.
28 della l. 01.08.2002, n. 166, che ha ripreso alcune previsioni previgenti (art. 57, co. 3-4, DPR 285/1990 Regolamento di polizia mortuaria,
art. 1 Legge n. 983/1957- DPR n. 803/1975) –che consentivano, in
determinate circostanze, la possibilità di ridurre tale distanza– che sono
state abrogate dall'art. 28 della l. 01.08.2002, n. 166 e sostituiti dai
commi quarto, quinto e settimo dell'art. 338 del r.d. 1265 del 1934,
novellato dalla stessa legge, a partire dalla sua entrata in vigore.
Va da subito ricordato che, secondo la lettura della giurisprudenza in
materia l'istituto della riduzione della fascia di rispetto, derivante dal
combinato disposto dell'art. 338, quarto comma, del r.d. 1265 del 1934 e
dell'art. 57, comma 4, del d.P.R. 285 del 1990, “attiene solo ed
esclusivamente alle predette ipotesi di estensione dell'area cimiteriale, e
non contempla una correlativa facoltà del privato di insediarsi in deroga
alla fascia vigente. L'istituto stesso risulta infatti essenzialmente
deputato a soddisfare il pubblico interesse al reperimento di aree per le
sepolture anche in deroga all'ordinario limite dei duecento metri nei "casi
di speciali condizioni locali", ferma restando la necessità della tutela
dell'igiene pubblica e della sacralità dei luoghi. In questo senso, quindi,
l'istituto assolve a necessità che trascendono l'interesse del singolo, che
non può per certo sostenerne la correlativa applicabilità uti singuli”.
Inoltre, per quanto attiene al quinto comma dell'art. 338 del r.d. 1265 del
1934 come sostituito dall'art. 1 della l. 983 del 1957, si ribadiva che la
riduzione della fascia di rispetto su richiesta del Consiglio Comunale per
"gravi e giustificati motivi" poteva a sua volta avvenire soltanto per
esigenze di interesse pubblico, come del resto accade a tutt'oggi
nell'attuale vigenza della corrispondente disciplina novellata dello stesso
art. 338, quinto comma e “sempre ad
esclusiva iniziativa del pubblico potere a ciò competente, e non già ad
iniziativa del privato (…). In questo caso, quindi, la mera previsione da
parte del legislatore di una possibile azione amministrativa finalizzata
alla riduzione dell'estensione della fascia di rispetto non identificava, e
non identifica, un mutamento della natura intrinsecamente e indefettibilmente assoluta del vincolo, ma consentiva e consente ai pubblici
poteri di disporre, nel contesto delle proprie funzioni di pianificazione
del territorio e mediante il procedimento speciale inderogabilmente al
riguardo contemplato, la localizzazione di opere pubbliche o di pubblico
interesse e di standard e, in genere, la realizzazione di opere edilizie e
l'insediamento di attività reputate compatibili, sotto il profilo sia
igienico-sanitario, sia del mantenimento della sacralità del luogo, con la
perdurante insistenza del vincolo. Pertanto si tratta di una possibilità
riservata all’iniziativa dei pubblici poteri, nelle particolari circostanze
e con le finalità previste dalla normativa.”
La prescrizione della fascia di inedificabilità in contestazione, ribadita
dalla legge soprarichiamata, è stata da sempre considerata,
indipendentemente dal livello della fonte, come norma che ha rango superiore
agli strumenti urbanistici comunali per cui opera con efficacia diretta ed
immediata a prescindere dal recepimento in questi ultimi, che non sono
idonei ad incidere sull’esistenza o sui limiti di tale vincolo, e prevale su
eventuali previsioni difformi dello strumento urbanistico, ed il limite
all’attività costruttiva in tale fascia è stato sempre considerato, specie
nella giurisprudenza recente, come “vincolo che ha carattere assoluto” e non consente in alcun modo l'allocazione sia
di edifici, sia di opere incompatibili con il vincolo medesimo, in
considerazione dei molteplici interessi pubblici che la fascia di rispetto
intende tutelare, quali le esigenze di natura igienico sanitaria, la
salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati alla
inumazione e alla sepoltura, il mantenimento di un'area di possibile
espansione della cinta cimiteriale”, confermando “il vincolo, d'indole conformativa, è sganciato dalle esigenze immediate della pianificazione
urbanistica, esso si impone di per sé, con efficacia diretta,
indipendentemente da qualsiasi recepimento in strumenti urbanistici, i quali
non sono idonei, proprio per la loro natura, ad incidere sulla sua esistenza
o sui suoi limiti”.
La deroga prevista per il caso in cui, per accertate particolari condizioni
locali, non sia possibile una localizzazione diversa per rispettare tale
distanza nella costruzione del nuovo cimitero, per cui un tempo il Prefetto
ed ora il Comune può ridurla, seguendo un apposito procedimento che prevede
il coinvolgimento anche dell’autorità sanitaria locale, entro il limite
fissato inderogabilmente a minimo 50 metri dall’art. 57 del DPR n. 285/1990), la struttura cimiteriale oppure qualora esistano ostacoli naturali o
artificiali che risultino idonei a creare un “cordone sanitario” (strade
pubbliche, fiumi, laghi, dislivelli etc.).
Tale norma introduce una deroga ispirata alla ratio di interesse pubblico di
assicurare il servizio obbligatorio cimiteriale nel Comune in cui questo
altrimenti non potrebbe essere espletato e non può essere invocata, stante
la sua natura, a tutela dell’interesse privato del proprietario a costruire
nella fascia di rispetto. Ed in tale prospettiva, la pretesa del ricorrente
ad applicare la norma, a contrario, per consentirgli di edificare –o
ampliare edifici preesistenti- in zona inedificabile non è compatibile né
con la lettera, né con la finalità della norma derogatoria in esame.
Al riguardo la giurisprudenza in materia ha sottolineato che si tratta di
una deroga eccezionale, ispirata a finalità di interesse pubblico, per cui
tale istituto va usato con particolare cautela, qualora non sia possibile
fronteggiare altrimenti le esigenze emergenti, chiarendo che tale norma “non opera certamente al fine di
consentire l'edificazione da parte di privati derogando al limite generale
(ed al vincolo di in edificabilità assoluta così posto) contemplato dal
primo comma dell'articolo 338".
---------------
L’art. 338 al comma 7 del TU n. 1265/1934 prevede che
“All'interno della zona di rispetto per gli edifici esistenti sono
consentiti interventi di recupero ovvero interventi funzionali all'utilizzo
dell'edificio stesso, tra cui l'ampliamento nella percentuale massima del 10
per cento e i cambi di destinazione d'uso, oltre a quelli previsti dalle
lettere a), b), c) e d) del primo comma dell'art. 31 della legge 05.08.1978, n. 457”.
Il Collegio, pur riconoscendo che la genericità della formulazione testuale
della disposizione in esame -che non specifica quali destinazioni d’uso
possano ritenersi ammissibili– si presti a fraintendimenti, dando origine a
pretese di interpretazioni “estensive”, quali quella avanzata dalla parte
ricorrente, che però non sono condivisibili.
La vaghezza ed incompletezza di tale norma è dovuta alla frettolosità della
sua formulazione, trattandosi di un emendamento al Disegno di Legge n.
2032/2002, apportato all’ultimo ad uno provvedimenti collegati alla manovra
finanziaria per il 2002, ed al fatto che essa è stata inserita in un
contesto normativo totalmente diverso (volto a disciplinare una materia
“infrastrutture e trasporti”), innovando, senza operare un coordinamento con
la previgente disciplina del vincolo cimiteriale, sollevando i rilievi, in
merito a carenze di tecnica normativa e scarsa “progettazione”
dell’intervento normativo, segnalati già nel corso dei lavori parlamentari
da parte degli organi chiamati a rendere il parere sulla ammissibilità e
formulazione dell’emendamento (nonché dai commentatori esterni).
Ciò impone di coordinare i risultati di una lettura meramente letterale
della norma in parola con le esigenze dell’interpretazione
logico-sistematica per ricostruirne il significato e la portata della stessa
in modo da scegliere, tra le diverse opzioni interpretative, quella che
meglio s’accorda con i principi fondamentali e la ratio dell’art. 338 del
TULS, che non sono rimessi in discussione, nel loro valore fondamentale,
dall’intervento normativo in contestazione.
In tale prospettiva la giurisprudenza ha sottolineato l’esigenza di
un’interpretazione “restrittiva” delle norme derogatorie ai limiti delle
distanze previste per le opere d’interesse pubblico, sottolineando che tale
esigenze vale anche -ed a maggior ragione- per la deroga, intesa a
salvaguardia dell’interesse meramente privato del proprietario, prevista dal
comma 7 dell’art. 338 sopra richiamato –introdotta dall’articolo 28, comma
1, lettera b), della legge 01.08.2002, n. 166– che ha natura ancora più
eccezionale.
Pertanto è stato ribadito che il comma 7 dell’art. 338 in quanto tale norma
eccezionale va interpretata con “particolare rigore”, operando con
particolare cautela nell’individuare portata e limiti delle modifiche
apportate all'art. 338 cit. dalla novella del 2002 rispetto a richieste di
privati.
Il Collegio condivide appieno le ragioni e le preoccupazioni del Supremo
Consesso nell’evidenziare come tale comma introduca nel sistema un elemento
di stridente contrasto nel momento in cui, oltre a consentire interventi di
manutenzione, ristrutturazione ed adeguamento funzionale dell’edificio
pre-esistente –in fondo comprensibili in quanto trovano “giustificazione”
nella salvaguardia di uno stato di fatto dell’edificato storico già presente
da tempo in loco– ne permette addirittura il “cambio di destinazione
d’uso”, con conseguente possibilità di utilizzare il manufatto per finalità
diverse da quelle cui era destinato inizialmente, per un uso abitativo del
tutto incompatibile con i valori tutelati dal vincolo, consentendo un “nuovo
insediamento” che infrange il principio cardine del sistema della
separazione del camposanto (spazio chiuso destinato ad ospitare
esclusivamente salme) dai luoghi di vita e dagli spazi dedicati ad ospitare
stabilmente l’uomo (abitazioni, scuole, ospedali), che costituisce -sin
dall’epoca napoleonica– un principio di “civiltà urbanistica” per evidenti
ragioni di dignità tanto dei defunti quanto dei viventi (ragioni
riconosciute anche da quella giurisprudenza che ha ritenuto “non assoluto”
il vincolo cimiteriale e che però ha ribadito limite della destinazione
abitativa dell’immobile sito nella fascia di rispetto cimiteriale.
Il Collegio, condividendo tale impostazione ermeneutica, ritiene che si
debba dare un’interpretazione ragionevole alla disposizione sopra richiamata,
evitando di incorrere nell’equivoco cui potrebbe indurre la vaghezza della
sua formulazione testuale, che, potrebbe, ad una prima lettura, in mancanza
di ulteriori precisazioni, indurre a ritenere ammissibile qualunque “cambio
di destinazione”, incluso quello volto a creare nuove abitazioni in
prossimità del cimitero.
In realtà tale apparente “lacuna”, scaturente dall’interpretazione meramente
letterale, può essere meglio compresa ricorrendo alla lettura
logico-sistematica del comma 7 dell’art. 338 in contestazione e facendo
riferimento al contesto testuale in cui è inserito, che è evidentemente
inteso ad autorizzare interventi “funzionali” all’edificio (per cui, ad
esempio, si potrebbe convertire un locale magazzino preesistente in garage o
servizio igienico o locale per impianti) con esclusione totale di qualunque
nuovo intervento, volto alla creazione di un’abitazione, in violazione del
divieto, sancito dal comma 1 dello stesso art. 338, di costruirvi di nuovi
edifici.
In tale prospettiva, si deve ritenere che il cambio di destinazione d’uso
previsto dalla norma in parola è solo quello compatibile con il vincolo
(assoluto) in questione, per cui va escluso quello volto a trasformare in
abitazione un edificio preesistente destinato ad uso diverso da quello
abitativo; altrimenti, finirebbe per consentire non solo la sanatoria
generalizzata dei manufatti esistenti, ma anche l’ulteriore trasformazione
della loro destinazione, legittimandone l’uso abitativo in contrasto con la
natura assoluta del vincolo e la finalità di interesse generale dallo stesso
perseguita.
Ciò condurrebbe a risultati inaccettabili in quanto finirebbe per consentire
l’autorizzazione generalizzata, proprio a partire dal nuovo millennio, alla
creazione di nuovi insediamenti umani in prossimità del cimitero, segnando
un notevole arretramento rispetto agli elementari principi di civiltà
consacrati due secoli prima dalla legislazione cimiteriale dell’età
napoleonica.
Pertanto, siccome nel caso in esame, l’intervento abusivo non consiste solo
nel mero ampliamento del manufatto pre-esistente, ma anche nel cambio di
destinazione d’uso, con la trasformazione in abitazione di un manufatto
costruito per uso non abitativo (deposito e tettoia) -quindi eventualmente
allora compatibile con le esigenze di igiene pubblica tutelate dal vincolo– la sanatoria non si limiterebbe a legittimare solo il mantenimento in loco
dell’opera realizzata sine titulo nella fascia di rispetto cimiteriale, ma
anche il suo utilizzo abusivo per finalità che sono invece incompatibili con
il vincolo cimiteriale, qual è l’attuale destinazione residenziale
dell’immobile.
Né assume rilievo l’eventuale illegittima adozione di provvedimenti di
sanatoria di altri fabbricati siti nella medesima area, dato che la natura
inderogabile del vincolo deve semmai giustificare l’adozione di
provvedimenti di ritiro dei condoni concessi contra legem.
---------------
La giurisprudenza in materia che ha da tempo chiarito che la natura insuperabilmente ostativa della collocazione dell’abuso
all’interno della zona di rispetto cimiteriale obbliga l’Amministrazione a rifiutarne la
sanatoria, senza che sia necessario effettuare alcuna “valutazione di
compatibilità” dell’opera con i valori tutelati dal vincolo, dato che la
legge stessa configurando tale vincolo come assoluto implicitamente esclude
tale accertamento, in quanto assegna priorità agli interessi pubblici da
salvaguardare nelle zone contigue al cimitero.
---------------
Con il primo motivo il ricorrente, premesso un richiamo alla
disciplina sulla fascia di rispetto cimiteriale ed alle possibilità di
deroga previste, sostiene che l’autorità pubblica possa “modularne”
l’ampiezza, in base alla valutazione dell'ente locale; comunque la natura
assoluta del vincolo mira essenzialmente ad impedire l'ulteriore
addensamento edilizio dell'area al fine di garantire la futura espansione
del cimitero (esigenza che nel caso di specie non ricorre dato che il
Cimitero si trova proprio sulla strada pubblica in cui è sito il manufatto,
che costituisce “un limite visto che al di là di tale strada il cimitero non
potrà mai espandersi”) e non esclude che siano mantenuti nella medesima area
edifici preesistenti o che ad essi vengano assegnate destinazioni
compatibili con il vincolo.
La prospettazione del ricorrente non può essere condivisa.
Lo stesso ricorrente riconosce che oltre alla ratio del vincolo cimiteriale
dallo stesso menzionata, e da lui ritenuta superabile nel caso di specie,
detto vincolo ha anche ulteriori finalità, quali quella di assicurare il
“decoro del luogo di culto” e, soprattutto, la funzione di assicurare una
cintura sanitaria attorno a luoghi insalubri.
Il Collegio ricorda che quest’ultima finalità costituisce la principale
ratio delle zone di rispetto dei cimiteri, che per tale motivo di superiore
interesse pubblico è stata fissata dall’art. 338 del TU n. 1265/1934 in 200
metri dai centri abitati, una fascia di rispetto nella quale è vietato
costruire nuovi edifici o ampliare quelli preesistenti, salvo deroghe ed
eccezioni normativamente previste.
Successivamente, il disposto normativo è stato completato con la
precisazione “salvo deroghe ed eccezioni normativamente previste”, dall'art.
28 della l. 01.08.2002, n. 166, che ha ripreso alcune previsioni previgenti (art. 57, co. 3-4, DPR 285/1990 Regolamento di polizia mortuaria,
art. 1 Legge n. 983/1957- DPR n. 803/1975) –che consentivano, in
determinate circostanze, la possibilità di ridurre tale distanza– che sono
state abrogate dall'art. 28 della l. 01.08.2002, n. 166 e sostituiti dai
commi quarto, quinto e settimo dell'art. 338 del r.d. 1265 del 1934,
novellato dalla stessa legge, a partire dalla sua entrata in vigore.
Va da subito ricordato che, secondo la lettura della giurisprudenza in
materia l'istituto della riduzione della fascia di rispetto, derivante dal
combinato disposto dell'art. 338, quarto comma, del r.d. 1265 del 1934 e
dell'art. 57, comma 4, del d.P.R. 285 del 1990, “attiene solo ed
esclusivamente alle predette ipotesi di estensione dell'area cimiteriale, e
non contempla una correlativa facoltà del privato di insediarsi in deroga
alla fascia vigente. L'istituto stesso risulta infatti essenzialmente
deputato a soddisfare il pubblico interesse al reperimento di aree per le
sepolture anche in deroga all'ordinario limite dei duecento metri nei "casi
di speciali condizioni locali", ferma restando la necessità della tutela
dell'igiene pubblica e della sacralità dei luoghi. In questo senso, quindi,
l'istituto assolve a necessità che trascendono l'interesse del singolo, che
non può per certo sostenerne la correlativa applicabilità uti singuli”.
Inoltre, per quanto attiene al quinto comma dell'art. 338 del r.d. 1265 del
1934 come sostituito dall'art. 1 della l. 983 del 1957, si ribadiva che la
riduzione della fascia di rispetto su richiesta del Consiglio Comunale per
"gravi e giustificati motivi" poteva a sua volta avvenire soltanto per
esigenze di interesse pubblico, come del resto accade a tutt'oggi
nell'attuale vigenza della corrispondente disciplina novellata dello stesso
art. 338, quinto comma (cfr. sul punto, ad es., Cons. Stato, Sez. IV, 06.10.2017, n. 4656 e Sez. VI, 17.03.2014, n. 131) e “sempre ad
esclusiva iniziativa del pubblico potere a ciò competente, e non già ad
iniziativa del privato (…). In questo caso, quindi, la mera previsione da
parte del legislatore di una possibile azione amministrativa finalizzata
alla riduzione dell'estensione della fascia di rispetto non identificava, e
non identifica, un mutamento della natura intrinsecamente e indefettibilmente assoluta del vincolo, ma consentiva e consente ai pubblici
poteri di disporre, nel contesto delle proprie funzioni di pianificazione
del territorio e mediante il procedimento speciale inderogabilmente al
riguardo contemplato, la localizzazione di opere pubbliche o di pubblico
interesse e di standard e, in genere, la realizzazione di opere edilizie e
l'insediamento di attività reputate compatibili, sotto il profilo sia
igienico-sanitario, sia del mantenimento della sacralità del luogo, con la
perdurante insistenza del vincolo. Pertanto si tratta di una possibilità
riservata all’iniziativa dei pubblici poteri, nelle particolari circostanze
e con le finalità previste dalla normativa.”
La prescrizione della fascia di inedificabilità in contestazione, ribadita
dalla legge soprarichiamata, è stata da sempre considerata,
indipendentemente dal livello della fonte, come norma che ha rango superiore
agli strumenti urbanistici comunali per cui opera con efficacia diretta ed
immediata a prescindere dal recepimento in questi ultimi (Cons. st., sez. V,
n. 1006/1999; TAR Lazio, II-quater, 6896/2015; Cons. St., n. 2405/2014), che
non sono idonei ad incidere sull’esistenza o sui limiti di tale vincolo, e
prevale su eventuali previsioni difformi dello strumento urbanistico (Cons.
st., sez. IV, n. 4415/2007; CdS, sez. IV, 05/12/2018 n. 6891), ed il limite
all’attività costruttiva in tale fascia è stato sempre considerato, specie
nella giurisprudenza recente, come “vincolo che ha carattere assoluto” (Cons.
Stato Sez. II, n. 4587/2019) e non consente in alcun modo l'allocazione sia
di edifici, sia di opere incompatibili con il vincolo medesimo, in
considerazione dei molteplici interessi pubblici che la fascia di rispetto
intende tutelare, quali le esigenze di natura igienico sanitaria, la
salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati alla
inumazione e alla sepoltura, il mantenimento di un'area di possibile
espansione della cinta cimiteriale”, confermando “il vincolo, d'indole conformativa, è sganciato dalle esigenze immediate della pianificazione
urbanistica, esso si impone di per sé, con efficacia diretta,
indipendentemente da qualsiasi recepimento in strumenti urbanistici, i quali
non sono idonei, proprio per la loro natura, ad incidere sulla sua esistenza
o sui suoi limiti” (Consiglio di Stato, sez. IV, 08/07/2019, n. 4692)..
La deroga prevista per il caso in cui, per accertate particolari condizioni
locali, non sia possibile una localizzazione diversa per rispettare tale
distanza nella costruzione del nuovo cimitero, per cui un tempo il Prefetto
ed ora il Comune può ridurla, seguendo un apposito procedimento che prevede
il coinvolgimento anche dell’autorità sanitaria locale, entro il limite
fissato inderogabilmente a minimo 50 metri dall’art. 57 del DPR n. 285/1990), la struttura cimiteriale oppure qualora esistano ostacoli naturali o
artificiali che risultino idonei a creare un “cordone sanitario” (strade
pubbliche, fiumi, laghi, dislivelli etc.).
Tale norma introduce una deroga ispirata alla ratio di interesse pubblico di
assicurare il servizio obbligatorio cimiteriale nel Comune in cui questo
altrimenti non potrebbe essere espletato e non può essere invocata, stante
la sua natura, a tutela dell’interesse privato del proprietario a costruire
nella fascia di rispetto. Ed in tale prospettiva, la pretesa del ricorrente
ad applicare la norma, a contrario, per consentirgli di edificare –o
ampliare edifici preesistenti- in zona inedificabile non è compatibile né
con la lettera, né con la finalità della norma derogatoria in esame.
Al riguardo la giurisprudenza in materia ha sottolineato che si tratta di
una deroga eccezionale, ispirata a finalità di interesse pubblico, per cui
tale istituto va usato con particolare cautela, qualora non sia possibile
fronteggiare altrimenti le esigenze emergenti (Cons. St., sez. V, n.
52/1987), chiarendo che tale norma “non opera certamente al fine di
consentire l'edificazione da parte di privati derogando al limite generale
(ed al vincolo di in edificabilità assoluta così posto) contemplato dal
primo comma dell'articolo 338" (Consiglio di Stato, sez. VI, 09/03/2016,
n. 949).
La parte ricorrente, tuttavia, ritiene che l’Amministrazione comunale abbia
illegittimamente negato il rilascio del permesso di costruire in sanatoria
per condonare l’intervento abusivo in contestazione ed illegittimamente ne
abbia precluso la sua trasformazione in edificio ad uso abitativo, ritenendo
del tutto ininfluente che il manufatto sia stato o meno realizzato negli
anni '60, incorrendo in tal modo nella violazione dell’art. 338, comma 7,
del TU n. 1265/1934, come sostituito dall’articolo 28, comma 1, lettera b),
della legge 01.08.2002, n. 166.
L’art. 338 al comma 7 invocato dal ricorrente, in effetti, prevede che
“All'interno della zona di rispetto per gli edifici esistenti sono
consentiti interventi di recupero ovvero interventi funzionali all'utilizzo
dell'edificio stesso, tra cui l'ampliamento nella percentuale massima del 10
per cento e i cambi di destinazione d'uso, oltre a quelli previsti dalle
lettere a), b), c) e d) del primo comma dell'art. 31 della legge 05.08.1978, n. 457”.
Secondo la parte ricorrente sarebbe stato in tal modo superato, a seguito
dell’intervento del legislatore, quell’orientamento della giurisprudenza in
materia, che ha costantemente ribadito che il divieto di costruire attorno
ai cimiteri comporta anche quello di ampliare gli edifici preesistenti e si
applica anche alle sopraelevazioni (Cons. st., IV, n. 222/1996), che
l’esigenza di tutela perseguita mediante l’apposizione del vincolo
cimiteriale comporta sia il diniego di approvazione di un intervento
edilizio (anche solo di mera ristrutturazione dell’edificio pre-esistente:
Cons. St., sez. V, n. 275/1987), sia il rigetto dell’istanza di sanatoria
del manufatto abusivamente realizzato all’interno della fascia di rispetto (Cons.
St., sez. V, n. 4256/2008) e di conseguenza esclude la possibilità di
condonare opere abusive realizzate all'interno della fascia di rispetto
cimiteriale, dato che il vincolo cimiteriale determina “una situazione di inedificabilità ex lege ed integra una limitazione legale della proprietà a
carattere assoluto, direttamente incidente sul valore del bene e non
suscettibile di deroghe di fatto” (CdS, sez. VI, 15/10/2018 n. 5911).
In
tale ottica la giurisprudenza aveva ritenuto che la natura insuperabilmente
ostativa della collocazione dell’abuso all’interno della zona predetta
obbliga l’Amministrazione a rifiutarne il condono, senza che sia necessario
effettuare alcuna “valutazione di compatibilità” dell’opera con i valori
tutelati dal vincolo (Cons. St., sez. V, n. 4256/2008).
Il Collegio, pur riconoscendo che la genericità della formulazione testuale
della disposizione in esame -che non specifica quali destinazioni d’uso
possano ritenersi ammissibili– si presti a fraintendimenti, dando origine a
pretese di interpretazioni “estensive”, quali quella avanzata dalla parte
ricorrente, che però non sono condivisibili.
La vaghezza ed incompletezza di tale norma è dovuta alla frettolosità della
sua formulazione, trattandosi di un emendamento al Disegno di Legge n.
2032/2002, apportato all’ultimo ad uno provvedimenti collegati alla manovra
finanziaria per il 2002, ed al fatto che essa è stata inserita in un
contesto normativo totalmente diverso (volto a disciplinare una materia
“infrastrutture e trasporti”), innovando, senza operare un coordinamento con
la previgente disciplina del vincolo cimiteriale, sollevando i rilievi, in
merito a carenze di tecnica normativa e scarsa “progettazione”
dell’intervento normativo, segnalati già nel corso dei lavori parlamentari
da parte degli organi chiamati a rendere il parere sulla ammissibilità e
formulazione dell’emendamento (nonché dai commentatori esterni).
Ciò impone di coordinare i risultati di una lettura meramente letterale
della norma in parola con le esigenze dell’interpretazione
logico-sistematica per ricostruirne il significato e la portata della stessa
in modo da scegliere, tra le diverse opzioni interpretative, quella che
meglio s’accorda con i principi fondamentali e la ratio dell’art. 338 del TULS, che non sono rimessi in discussione, nel loro valore fondamentale,
dall’intervento normativo in contestazione.
In tale prospettiva la giurisprudenza ha sottolineato l’esigenza di
un’interpretazione “restrittiva” delle norme derogatorie ai limiti delle
distanze previste per le opere d’interesse pubblico, sottolineando che tale
esigenze vale anche -ed a maggior ragione- per la deroga, intesa a
salvaguardia dell’interesse meramente privato del proprietario, prevista dal
comma 7 dell’art. 338 sopra richiamato –introdotta dall’articolo 28, comma
1, lettera b), della legge 01.08.2002, n. 166– che ha natura ancora più
eccezionale.
Pertanto è stato ribadito che il comma 7 dell’art. 338 in quanto tale norma
eccezionale va interpretata con “particolare rigore”, operando con
particolare cautela nell’individuare portata e limiti delle modifiche
apportate all'art. 338 cit. dalla novella del 2002 rispetto a richieste di
privati (Cons. Stato sez. IV n. 4656 del 2017; sez. VI, n. 3667 del 2015; nn.
3410 e 1317 del 2014; Consiglio di Stato, sez. VI, 09/03/2016, n. 949).
Il Collegio condivide appieno le ragioni e le preoccupazioni del Supremo
Consesso nell’evidenziare come tale comma introduca nel sistema un elemento
di stridente contrasto nel momento in cui, oltre a consentire interventi di
manutenzione, ristrutturazione ed adeguamento funzionale dell’edificio
pre-esistente –in fondo comprensibili in quanto trovano “giustificazione”
nella salvaguardia di uno stato di fatto dell’edificato storico già presente
da tempo in loco– ne permette addirittura il “cambio di destinazione
d’uso”, con conseguente possibilità di utilizzare il manufatto per finalità
diverse da quelle cui era destinato inizialmente, per un uso abitativo del
tutto incompatibile con i valori tutelati dal vincolo, consentendo un “nuovo
insediamento” che infrange il principio cardine del sistema della
separazione del camposanto (spazio chiuso destinato ad ospitare
esclusivamente salme) dai luoghi di vita e dagli spazi dedicati ad ospitare
stabilmente l’uomo (abitazioni, scuole, ospedali), che costituisce -sin
dall’epoca napoleonica– un principio di “civiltà urbanistica” per evidenti
ragioni di dignità tanto dei defunti quanto dei viventi (ragioni
riconosciute anche da quella giurisprudenza che ha ritenuto “non assoluto”
il vincolo cimiteriale e che però ha ribadito limite della destinazione
abitativa dell’immobile sito nella fascia di rispetto cimiteriale (TAR
Lombardia, sez. III, n. 2295/2011; TAR Umbria, n. 470/2004).
Il Collegio, condividendo tale impostazione ermeneutica, ritiene che si
debba dare un’interpretazione ragionevole alla disposizione sopra richiamata,
evitando di incorrere nell’equivoco cui potrebbe indurre la vaghezza della
sua formulazione testuale, che, potrebbe, ad una prima lettura, in mancanza
di ulteriori precisazioni, indurre a ritenere ammissibile qualunque “cambio
di destinazione”, incluso quello volto a creare nuove abitazioni in
prossimità del cimitero.
In realtà tale apparente “lacuna”, scaturente dall’interpretazione meramente
letterale, può essere meglio compresa ricorrendo alla lettura
logico-sistematica del comma 7 dell’art. 338 in contestazione e facendo
riferimento al contesto testuale in cui è inserito, che è evidentemente
inteso ad autorizzare interventi “funzionali” all’edificio (per cui, ad
esempio, si potrebbe convertire un locale magazzino preesistente in garage o
servizio igienico o locale per impianti) con esclusione totale di qualunque
nuovo intervento, volto alla creazione di un’abitazione, in violazione del
divieto, sancito dal comma 1 dello stesso art. 338, di costruirvi di nuovi
edifici.
In tale prospettiva, si deve ritenere che il cambio di destinazione d’uso
previsto dalla norma in parola è solo quello compatibile con il vincolo
(assoluto) in questione, per cui va escluso quello volto a trasformare in
abitazione un edificio preesistente destinato ad uso diverso da quello
abitativo; altrimenti, finirebbe per consentire non solo la sanatoria
generalizzata dei manufatti esistenti, ma anche l’ulteriore trasformazione
della loro destinazione, legittimandone l’uso abitativo in contrasto con la
natura assoluta del vincolo e la finalità di interesse generale dallo stesso
perseguita.
Ciò condurrebbe a risultati inaccettabili in quanto finirebbe per consentire
l’autorizzazione generalizzata, proprio a partire dal nuovo millennio, alla
creazione di nuovi insediamenti umani in prossimità del cimitero, segnando
un notevole arretramento rispetto agli elementari principi di civiltà
consacrati due secoli prima dalla legislazione cimiteriale dell’età
napoleonica.
Pertanto, siccome nel caso in esame, l’intervento abusivo non consiste solo
nel mero ampliamento del manufatto pre-esistente, ma anche nel cambio di
destinazione d’uso, con la trasformazione in abitazione di un manufatto
costruito per uso non abitativo (deposito e tettoia) -quindi eventualmente
allora compatibile con le esigenze di igiene pubblica tutelate dal vincolo– la sanatoria non si limiterebbe a legittimare solo il mantenimento in loco
dell’opera realizzata sine titulo nella fascia di rispetto cimiteriale, ma
anche il suo utilizzo abusivo per finalità che sono invece incompatibili con
il vincolo cimiteriale, qual è l’attuale destinazione residenziale
dell’immobile.
Né assume rilievo l’eventuale illegittima adozione di provvedimenti di
sanatoria di altri fabbricati siti nella medesima area (circostanza
verbalmente dedotta, ma senza supporto documentale), dato che la natura
inderogabile del vincolo deve semmai giustificare l’adozione di
provvedimenti di ritiro dei condoni concessi contra legem (vedi, nel senso
dell’annullamento di titoli edilizi rilasciati in violazione delle distanze
di rispetto dal cimitero, Cons. st., sez. V 379/1991; cfr., Cons. St., sez.
7329/2019-sull’impossibilità di invocare la disparità di trattamento per
superare l’illegittimità dell’operato dell’Amministrazione che ha permesso
costruzione in violazione del vincolo di inedificabilità nella fascia
cimiteriale, anche successivamente alla modifica dell’art. 338 operata dalla
legge n. 166/2002).
Il primo motivo va quindi respinto.
Con il secondo motivo il ricorrente lamenta il difetto di motivazione del
provvedimento impugnato, sostenendo che, a seguito della riforma
dell'articolo 338 T.U. leggi sanitarie il vincolo cimiteriale comporta un’inedificabilità
relativa, con conseguente onere dell’autorità preposta alla tutela del
vincolo di specificare i motivi ostativi alla sanatoria; motivazione che,
comunque, risultava necessaria anche in considerazione del pregresso operato
dell'amministrazione comunale resistente che aveva rilasciato concessione
edilizia in sanatoria ed anche dalla presenza di altre unità immobiliari,
nonché dall'esclusione dell’esigenza di salvaguardare l’estensione del
cimitero, che trova confine naturale nella strada pubblica.
La prospettazione del ricorrente non merita condivisione in quanto si pone
in contrasto con la giurisprudenza in materia che ha da tempo chiarito che
la natura insuperabilmente ostativa della collocazione dell’abuso
all’interno della zona predetta obbliga l’Amministrazione a rifiutarne la
sanatoria, senza che sia necessario effettuare alcuna “valutazione di
compatibilità” dell’opera con i valori tutelati dal vincolo, dato che la
legge stessa configurando tale vincolo come assoluto implicitamente esclude
tale accertamento, in quanto assegna priorità agli interessi pubblici da
salvaguardare nelle zone contigue al cimitero (Cons. St., sez. VI, n.
4692/2019; n. 949/2016; sez. V, n. 6671/2010; n. 4256/2008; n. 1935/2007).
Il ricorso va pertanto respinto
(TAR Lazio-Roma, Sez. II-quater,
sentenza 24.12.2019 n. 14866 - link a www.giustizia-amministrartiva.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Per
pacifica giurisprudenza, il vincolo cimiteriale ha carattere assoluto e non
consente in alcun modo l'allocazione sia di edifici, sia di opere
incompatibili con il vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici
interessi pubblici che la fascia di rispetto intende tutelare, quali le
esigenze di natura igienico sanitaria, la salvaguardia della peculiare
sacralità che connota i luoghi destinati alla inumazione e alla sepoltura,
il mantenimento di un'area di possibile espansione della cinta cimiteriale;
detta situazione di inedificabilità, prodotta dal vincolo cimiteriale, è
suscettibile di venire rimossa solo in ipotesi eccezionali, in presenza
delle condizioni specificate nell'art. 338 comma 5, r.d. 01.07.1934, n.
1265.
Si tratta di una disciplina che, per le ragioni sin qui esposte, opera
indipendentemente dal suo recepimento nello strumento urbanistico e prevale
sugli strumenti urbanistici difformi.
Ne deriva che, a maggior ragione, prevale anche su una deliberazione
consiliare di riduzione della fascia di rispetto, che –avendo riguardo al
suo contenuto– possiede una natura latamente regolamentare o di
pianificazione e come tale va disapplicata.
---------------
Sempre per pacifica giurisprudenza, la situazione d'inedificabilità prodotta
dal vincolo cimiteriale è suscettibile di venire rimossa solo in ipotesi
eccezionali e comunque solo per considerazioni di interesse pubblico, in
presenza delle condizioni specificate nell'art. 338, quinto comma, t.u.
leggi sanitarie: invero, tale ultima previsione “non presidia interessi
privati e non può legittimare interventi edilizi futuri su un'area
indisponibile per ragioni di ordine igienico-sanitario, nonché per la
sacralità dei luoghi di sepoltura”.
Tra queste ultime sono ricomprese deroghe relative a nuovi piani
urbanistici: ai sensi dell'art. 338, comma 5, t.u. 27.07.1934, n. 1265 il
Consiglio comunale può consentire, previo parere favorevole della competente
azienda sanitaria locale, la riduzione della zona di rispetto tenendo conto
degli elementi ambientali di pregio dell'area, autorizzando l'ampliamento di
edifici preesistenti o la costruzione di nuovi edifici “per dare esecuzione
ad un'opera pubblica o all'attuazione di un intervento urbanistico, purché
non vi ostino ragioni igienico-sanitarie”.
Tuttavia, sempre per giurisprudenza, la deroga al vincolo non può applicarsi
a fattispecie relative all’edilizia residenziale privata, chiarendosi che
“la locuzione "per dare esecuzione ad un'opera pubblica o all'attuazione di
un intervento urbanistico" deve essere interpretata nel senso che gli
interventi urbanistici ai quali il legislatore ha inteso fare riferimento
sono solo quelli pubblici o comunque aventi rilevanza pubblica e destinati a
soddisfare interessi pubblicistici di rilevanza almeno pari a quelli posti a
base della fascia di rispetto dei duecento metri”.
---------------
Deve invero rammentarsi che, per pacifica giurisprudenza, il vincolo
cimiteriale ha carattere assoluto e non consente in alcun modo l'allocazione
sia di edifici, sia di opere incompatibili con il vincolo medesimo, in
considerazione dei molteplici interessi pubblici che la fascia di rispetto
intende tutelare, quali le esigenze di natura igienico sanitaria, la
salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati alla
inumazione e alla sepoltura, il mantenimento di un'area di possibile
espansione della cinta cimiteriale; detta situazione di inedificabilità,
prodotta dal vincolo cimiteriale, è suscettibile di venire rimossa solo in
ipotesi eccezionali, in presenza delle condizioni specificate nell'art. 338,
comma 5, r.d. 01.07.1934, n. 1265 (Consiglio di Stato sez. IV, 06/10/2017,
n. 4656).
Si tratta di una disciplina che, per le ragioni sin qui esposte, opera
indipendentemente dal suo recepimento nello strumento urbanistico (Consiglio
di Stato, sez. IV, 05.12.2018, n. 6891; Consiglio di Stato, sez. IV,
23.04.2018, n. 2407) e prevale sugli strumenti urbanistici difformi
(Consiglio di Stato, sez. VI , 02.07.2018, n. 4018).
Ne deriva che, a maggior ragione, prevale anche su una deliberazione
consiliare di riduzione della fascia di rispetto, che –avendo riguardo al
suo contenuto– possiede una natura latamente regolamentare o di
pianificazione e come tale va disapplicata (sulla disapplicazione degli atti
a natura regolamentare, vedasi da ultimo Consiglio di Stato, sez. V,
04.02.2019, n. 821, Consiglio di Stato, sez. VI , 24.10.2017, n. 4894).
Pertanto, il primo e principale argomento di ricorso non può trovare
accoglimento.
Quanto al secondo aspetto che caratterizza la fattispecie deve rammentarsi
che, sempre per pacifica giurisprudenza, la situazione d'inedificabilità
prodotta dal vincolo cimiteriale è suscettibile di venire rimossa solo in
ipotesi eccezionali e comunque solo per considerazioni di interesse
pubblico, in presenza delle condizioni specificate nell' art. 338, quinto
comma, t.u. leggi sanitarie (Consiglio di Stato, sez. IV , 13.12.2017, n.
5873, che specifica che tale ultima previsione “non presidia interessi
privati e non può legittimare interventi edilizi futuri su un'area
indisponibile per ragioni di ordine igienico-sanitario, nonché per la
sacralità dei luoghi di sepoltura”; sulla necessità di stretta
interpretazione delle deroghe di cui al quinto comma dell’art. 338 cit., si
veda Consiglio di Stato, sez. IV , 06.10.2017, n. 4656).
Tra queste ultime sono ricomprese deroghe relative a nuovi piani
urbanistici: ai sensi dell'art. 338, comma 5, t.u. 27.07.1934, n. 1265 il
Consiglio comunale può consentire, previo parere favorevole della competente
azienda sanitaria locale, la riduzione della zona di rispetto tenendo conto
degli elementi ambientali di pregio dell'area, autorizzando l'ampliamento di
edifici preesistenti o la costruzione di nuovi edifici “per dare
esecuzione ad un'opera pubblica o all'attuazione di un intervento
urbanistico, purché non vi ostino ragioni igienico-sanitarie” (sul
punto, vedasi TAR, Ancona, sez. I , 19.02.2018, n. 125).
Tuttavia, sempre per giurisprudenza, la deroga al vincolo non può applicarsi
a fattispecie relative all’edilizia residenziale privata, chiarendosi che “la
locuzione "per dare esecuzione ad un'opera pubblica o all'attuazione di un
intervento urbanistico" deve essere interpretata nel senso che gli
interventi urbanistici ai quali il legislatore ha inteso fare riferimento
sono solo quelli pubblici o comunque aventi rilevanza pubblica e destinati a
soddisfare interessi pubblicistici di rilevanza almeno pari a quelli posti a
base della fascia di rispetto dei duecento metri” (Cassazione penale ,
sez. III, 13/01/2009, n. 8626, e richiami di giurisprudenza, sia penale che
amministrativa, ivi riportati)
(TAR Lazio-Roma, Sez. II-ter,
sentenza 15.07.2019 n. 9358 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: La
consolidata giurisprudenza di questo Consiglio ha affermato che:
a) il vincolo cimiteriale determina una situazione di
inedificabilità ex lege e integra una limitazione legale della proprietà a
carattere assoluto, direttamente incidente sul valore del bene e non
suscettibile di deroghe di fatto, tale da configurare in maniera obbiettiva
e rispetto alla totalità dei soggetti il regime di appartenenza di una
pluralità indifferenziata di immobili che si trovino in un particolare
rapporto di vicinanza o contiguità con i suddetti beni pubblici;
b) il vincolo ha carattere assoluto e non consente in alcun modo
l'allocazione sia di edifici, sia di opere incompatibili con il vincolo
medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che la fascia
di rispetto intende tutelare, quali le esigenze di natura igienico
sanitaria, la salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi
destinati alla inumazione e alla sepoltura, il mantenimento di un'area di
possibile espansione della cinta cimiteriale;
c) il vincolo, d’indole conformativa, è sganciato dalle esigenze
immediate della pianificazione urbanistica, esso si impone di per sé, con
efficacia diretta, indipendentemente da qualsiasi recepimento in strumenti
urbanistici, i quali non sono idonei, proprio per la loro natura, ad
incidere sulla sua esistenza o sui suoi limiti.
A conferma del particolare rigore che presidia l’interpretazione
dell’art. 338 cit. R.D. n.
1265/1934 va ricordato che numerose sono le pronunce intervenute a
individuare portata e limiti delle modifiche apportate all’art. 338 cit.
dalla novella del 2002 (peraltro inapplicabile alla fattispecie ratione
temporis), rispetto a richieste di privati.
Si è, infatti, affermato che:
a) la situazione di inedificabilità prodotta dal vincolo è
suscettibile di venire rimossa solo in ipotesi eccezionali e comunque solo
per considerazioni di interesse pubblico, in presenza delle condizioni
specificate nell'art. 338, quinto comma, essendo norma eccezionale e di
stretta interpretazione non posta a presidio di interessi privati; con la
conseguenza che la procedura di riduzione della fascia inedificabile resta
attivabile nel solo interesse pubblico, come valutato dal legislatore
nell’elencazione delle opere ammissibili;
b) il procedimento attivabile dai singoli proprietari all'interno
della zona di rispetto è soltanto quello finalizzato agli interventi di cui
al settimo comma dell’art. 338, (recupero o cambio di destinazione d'uso di
edificazioni preesistenti).
---------------
L’esistenza del vincolo cimiteriale nell’area nella quale è stato realizzato
un manufatto abusivo, comportando l’inedificabilità assoluta, impedisce il
rilascio della concessione in sanatoria ai sensi dell’art. 33, l. n. 47 del
1985, senza necessità di compiere valutazioni in ordine alla concreta
compatibilità dell’opera con i valori tutelati dal vincolo.
---------------
7. Il motivo è infondato e va rigettato.
7.1. La consolidata giurisprudenza di questo Consiglio (da ultimo sez. VI,
n. 1164 del 2018; sez. IV, n. 5873 del 2017) ha affermato che:
a) il vincolo cimiteriale determina una situazione di
inedificabilità ex lege e integra una limitazione legale della proprietà a
carattere assoluto, direttamente incidente sul valore del bene e non
suscettibile di deroghe di fatto, tale da configurare in maniera obbiettiva
e rispetto alla totalità dei soggetti il regime di appartenenza di una
pluralità indifferenziata di immobili che si trovino in un particolare
rapporto di vicinanza o contiguità con i suddetti beni pubblici;
b) il vincolo ha carattere assoluto e non consente in alcun modo
l'allocazione sia di edifici, sia di opere incompatibili con il vincolo
medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che la fascia
di rispetto intende tutelare, quali le esigenze di natura igienico
sanitaria, la salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi
destinati alla inumazione e alla sepoltura, il mantenimento di un'area di
possibile espansione della cinta cimiteriale;
c) il vincolo, d’indole conformativa, è sganciato dalle esigenze
immediate della pianificazione urbanistica, esso si impone di per sé, con
efficacia diretta, indipendentemente da qualsiasi recepimento in strumenti
urbanistici, i quali non sono idonei, proprio per la loro natura, ad
incidere sulla sua esistenza o sui suoi limiti.
7.1.1. A conferma del particolare rigore che presidia l’interpretazione
dell’art. 338 cit. va ricordato che numerose sono le pronunce intervenute a
individuare portata e limiti delle modifiche apportate all’art. 338 cit.
dalla novella del 2002 (peraltro inapplicabile alla fattispecie ratione
temporis), rispetto a richieste di privati (Cons. Stato sez. IV n. 4656 del
2017; sez. VI, n. 3667 del 2015; nn. 3410 e 1317 del 2014).
Si è, infatti, affermato che:
a) la situazione di inedificabilità prodotta dal vincolo è
suscettibile di venire rimossa solo in ipotesi eccezionali e comunque solo
per considerazioni di interesse pubblico, in presenza delle condizioni
specificate nell'art. 338, quinto comma, essendo norma eccezionale e di
stretta interpretazione non posta a presidio di interessi privati; con la
conseguenza che la procedura di riduzione della fascia inedificabile resta
attivabile nel solo interesse pubblico, come valutato dal legislatore
nell’elencazione delle opere ammissibili;
b) il procedimento attivabile dai singoli proprietari all'interno
della zona di rispetto è soltanto quello finalizzato agli interventi di cui
al settimo comma dell’art. 338, (recupero o cambio di destinazione d'uso di
edificazioni preesistenti).
7.2. Dall’applicazione dei principi richiamati alla fattispecie consegue la
manifesta infondatezza dell’appello.
Nella controversia non è messa in discussione la costruzione abusiva del
manufatto all’interno della fascia di rispetto di ml 200 dal cimitero. Si
deduce, infatti, l’erronea ricomprensione dello stesso nel centro abitato,
perché non basata su idonea delibera comunale di perimetrazione, ed il
carattere isolato della costruzione; tutto al fine di sostenere che il
Comune avrebbe dovuto valutare la compatibilità dell’immobile con il
vincolo, sull’erroneo presupposto che la presenza di alcuni edifici nella
fascia di rispetto non concreta di per sé una violazione della stessa.
8. Naturalmente, dall’esistenza del vincolo che comporta l’inedificabilità
dell’area di rispetto, deriva l’esclusione di ogni condono, ai sensi
dell’art. 33, co. 1, lett. d), della l. n. 47 del 1985.
La giurisprudenza è univoca in tal senso per i vincoli riconducibili alla
suddetta disposizione (tra le tante, Cons. Stato, sez. VI, n. 3860 del 2017,
n. 4564 del 2015), tra i quali, in particolare, il vincolo cimiteriale (Cons.
Stato, sez. VI, n. 3410 del 2014; sez. IV, n. 6547 del 2009; sez. IV, n.
1185 del 2007).
Infatti, secondo i principi enucleati dalla suddetta giurisprudenza,
l’esistenza del vincolo cimiteriale nell’area nella quale è stato realizzato
un manufatto abusivo, comportando l’inedificabilità assoluta, impedisce il
rilascio della concessione in sanatoria ai sensi dell’art. 33, l. n. 47 del
1985, senza necessità di compiere valutazioni in ordine alla concreta
compatibilità dell’opera con i valori tutelati dal vincolo
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 08.07.2019 n. 4692 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Per
giurisprudenza ampiamente consolidata, il vincolo imposto dall'art. 338 R.D.
n. 1265/1934 (e dall'art. 57 d.P.R. n. 285/1990) determina una situazione di
inedificabilità ex lege e non necessita di essere recepito dagli strumenti
urbanistici, sui quali si impone come limite legale nei confronti delle
previsioni urbanistiche locali eventualmente incompatibili.
Il vincolo ha carattere assoluto e non consente l’allocazione di edifici o
costruzioni all’interno della fascia di rispetto, a tutela dei molteplici
interessi pubblici cui quest’ultima presiede e che vanno dalle esigenze di
natura igienico sanitaria, alla salvaguardia della peculiare sacralità dei
luoghi destinati alla inumazione e alla sepoltura, al mantenimento di
un'area di possibile espansione della cinta cimiteriale.
A escludere l’inedificabilità non rilevano la tipologia del fabbricato o la
natura pertinenziale della costruzione, e gli unici interventi assentibili
all’interno della fascia di rispetto sono quelli indicati dal settimo comma
dell’art. 338 cit. sugli edifici esistenti, con il limite della funzionalità
all’utilizzo degli edifici stessi.
La situazione di inedificabilità prodotta dal vincolo è suscettibile di
venire rimossa solo in ipotesi eccezionali e comunque solo per
considerazioni di interesse pubblico, in presenza delle condizioni
specificate nel quinto comma dell’art. 338, norma eccezionale e di stretta
interpretazione che non presidia interessi privati e opera in relazione a
specifiche domande edificatorie, nel senso che l’autorizzazione
eventualmente rilasciata è frutto di una valutazione caso per caso e non può
mai costituire la base legale di un’autorizzazione a costruire in futuro
nella fascia di rispetto.
---------------
2.1. Il motivo è infondato.
L’art. 338 R.D. n. 1265/1934 fa divieto di costruire intorno ai cimiteri “nuovi
edifici entro il raggio di 200 metri dal perimetro dell'impianto
cimiteriale, quale risultante dagli strumenti urbanistici vigenti nel comune
o, in difetto di essi, comunque quale esistente in fatto, salve le deroghe
ed eccezioni previste dalla legge”.
La disposizione è stata modificata dalla legge n. 166/2002 mediante la
sostituzione, per quanto qui interessa, dei commi quinto e settimo, i quali
rispettivamente stabiliscono:
- “Per dare esecuzione ad un'opera pubblica o all'attuazione di
un intervento urbanistico, purché non vi ostino ragioni igienico-sanitarie,
il consiglio comunale può consentire, previo parere favorevole della
competente azienda sanitaria locale, la riduzione della zona di rispetto
tenendo conto degli elementi ambientali di pregio dell'area, autorizzando
l'ampliamento di edifici preesistenti o la costruzione di nuovi edifici. La
riduzione di cui al periodo precedente si applica con identica procedura
anche per la realizzazione di parchi, giardini e annessi, parcheggi pubblici
e privati, attrezzature sportive, locali tecnici e serre”;
- “All'interno della zona di rispetto per gli edifici esistenti
sono consentiti interventi di recupero ovvero interventi funzionali
all'utilizzo dell'edificio stesso, tra cui l'ampliamento nella percentuale
massima del 10 per cento e i cambi di destinazione d'uso, oltre a quelli
previsti dalle lettere a), b), c) e d) del primo comma dell'articolo 31
della legge 05.08.1978, n. 457”.
Per giurisprudenza ampiamente consolidata, cui il collegio intende dare
continuità, il vincolo imposto dall'art. 338 R.D. n. 1265/1934 (e dall'art.
57 d.P.R. n. 285/1990) determina una situazione di inedificabilità ex
lege e non necessita di essere recepito dagli strumenti urbanistici, sui
quali si impone come limite legale nei confronti delle previsioni
urbanistiche locali eventualmente incompatibili. Il vincolo ha carattere
assoluto e non consente l’allocazione di edifici o costruzioni all’interno
della fascia di rispetto, a tutela dei molteplici interessi pubblici cui
quest’ultima presiede e che vanno dalle esigenze di natura igienico
sanitaria, alla salvaguardia della peculiare sacralità dei luoghi destinati
alla inumazione e alla sepoltura, al mantenimento di un'area di possibile
espansione della cinta cimiteriale. A escludere l’inedificabilità non
rilevano la tipologia del fabbricato o la natura pertinenziale della
costruzione, e gli unici interventi assentibili all’interno della fascia di
rispetto sono quelli indicati dal settimo comma dell’art. 338 cit. sugli
edifici esistenti, con il limite della funzionalità all’utilizzo degli
edifici stessi (fra le moltissime, cfr. Cons. Stato sez. IV, 23.04.2018, n.
2407; id., sez. VI, 27.02.2018, n. 1164; id., sez. VI, 06.10.2017, n. 4656;
id., sez. V, 18.01.2017, n. 205; TAR Toscana, sez. III, 22.10.2018, n. 1351;
id., 02.02.2015, n. 183; id., 12.11.2013, n. 1553; id., 12.07.2010, n. 2446;
id., 11.06.2010, n. 1815).
La situazione di inedificabilità prodotta dal vincolo è suscettibile di
venire rimossa solo in ipotesi eccezionali e comunque solo per
considerazioni di interesse pubblico, in presenza delle condizioni
specificate nel quinto comma dell’art. 338, norma eccezionale e di stretta
interpretazione che non presidia interessi privati e opera in relazione a
specifiche domande edificatorie, nel senso che l’autorizzazione
eventualmente rilasciata è frutto di una valutazione caso per caso e non può
mai costituire la base legale di un’autorizzazione a costruire in futuro
nella fascia di rispetto (cfr. Cons. Stato, IV, n. 4656/2017, cit., e i
precedenti ivi richiamati).
Nella specie, a tacere d’altro, il ricorrente non ha allegato l’esistenza di
alcun profilo di interesse generale in virtù del quale il Comune intimato
avrebbe dovuto prendere in considerazione in suo favore l’ipotesi della
deroga.
Né è dimostrata la sussistenza delle condizioni richieste dal settimo comma
dell’art. 338, che, come detto, disciplina gli interventi di recupero o
funzionali all’utilizzo degli edifici esistenti. Più in particolare, non vi
sono elementi oggettivi a conferma della tesi secondo cui le opere da sanare
sarebbero compatibili con gli stringenti limiti derivanti dall’esistenza del
vincolo cimiteriale e che, di conseguenza, il Comune avrebbe errato nel
qualificarle come nuove costruzioni.
3. In forza delle considerazioni che precedono, il ricorso non può trovare
accoglimento
(TAR Toscana, Sez. III,
sentenza 08.07.2019 n. 1048 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Com'è noto, il vincolo cimiteriale persegue una triplice finalità:
- in primo luogo, vuole assicurare condizioni di igiene e dì
salubrità mediante la conservazione di una sorta di "cintura sanitaria"
intorno allo stesso cimitero;
- in secondo luogo è finalizzato a garantire la tranquillità ed il
decoro ai luoghi di sepoltura;
- in terzo luogo è diretto a consentire futuri ampliamenti
dell'impianto funerario.
Proprio in considerazione di tale ultima finalità, l'attuale quarto comma
dell'art. 338 R.D. n. 1265/1934 -modificato dall'art. 28, comma 1, lett. b), L.
01.08.2002, n. 166- ha ulteriormente limitato la possibilità di derogare al
divieto assoluto di inedificabilità, circoscrivendola alle sole ipotesi di
costruzione di opere afferenti nuovi impianti cimiteriali o ampliamento di
quelli esistenti, peraltro riferita a due tassative ipotesi quali le
particolari condizioni locali (quindi, ove non sia possibile provvedere
altrimenti); ovvero, che l'impiantò cimiteriale sia separato dal centro
urbano da strade pubbliche almeno di livello comunale sulla base della
classificazione prevista ai sensi della legislazione vigente, o da fiumi,
laghi, o dislivelli naturali rilevanti, ovvero da ponti o da impianti
ferroviari.
La modifica della disciplina del vincolo cimiteriale quindi, nel restringere
le ipotesi di derogabilità della fascia di rispetto, ricompresa nei 200 m.
dal perimetro dell'impianto funerario alle sole opere afferenti gli impianti
cimitériali, riconferma la natura assoluta del vincolo di inedificabilità
ivi insistente per ogni altra opera.
Inoltre, deve evidenziarsi che la norma di cui all'art. 338 mira ad
assicurare condizioni di igiene e salubrità nell'area posta intorno al
cimitero, a garantire la tranquillità ed il decoro dei luoghi di sepoltura
ed infine a consentire futuri ampliamenti del cimitero medesimo.
---------------
Pertanto, l'art. 338, comma 1, T.U. cit., il cui testo è stato parzialmente
modificato dall'art. 28 della L. 01.08.2002, n. 166, che ha peraltro
confermato il limite della zona di rispetto, nel vietare la costruzione di
nuovi edifici o fabbricati nel raggio di 200 m. dai cimiteri, si riferisce a
qualsiasi tipo di costruzione anche se destinata ad uso diverso da quello di
abitazione, come ha confermato pacifica giurisprudenza, che ha avuto modo di
riconoscere che il vincolo di inedificabilità sull'area di rispetto
cimiteriale è assoluto.
Infatti, anche le opere edilizie qualificate come pertinenze soggiacciono
all'obbligo di conformità allo strumento urbanistico e, a più forte ragione,
al vincolo urbanistico di grado superiore, derogabile solo "ex lege"
e posto per la salvaguardia di interessi rilevanti.
Com'è noto, il predetto vincolo cimiteriale persegue una triplice finalità:
- in primo luogo, vuole assicurare condizioni di igiene e dì
salubrità mediante la conservazione di una sorta di "cintura sanitaria"
intorno allo stesso cimitero;
- in secondo luogo è finalizzato a garantire la tranquillità ed il
decoro ai luoghi di sepoltura;
- in terzo luogo è diretto a consentire futuri ampliamenti
dell'impianto funerario.
Proprio in considerazione di tale ultima finalità, l'attuale quarto comma
del predetto art. 338 -modificato dall'art. 28, comma 1, lett. b), L.
01.08.2002, n. 166- ha ulteriormente limitato la possibilità di derogare al
divieto assoluto di inedificabilità, circoscrivendola alle sole ipotesi di
costruzione di opere afferenti nuovi impianti cimiteriali o ampliamento di
quelli esistenti, peraltro riferita a due tassative ipotesi quali le
particolari condizioni locali (quindi, ove non sia possibile provvedere
altrimenti); ovvero, che l'impiantò cimiteriale sia separato dal centro
urbano da strade pubbliche almeno di livello comunale sulla base della
classificazione prevista ai sensi della legislazione vigente, o da fiumi,
laghi, o dislivelli naturali rilevanti, ovvero da ponti o da impianti
ferroviari.
La modifica della disciplina del vincolo cimiteriale quindi, nel restringere
le ipotesi di derogabilità della fascia di rispetto, ricompresa nei 200 m.
dal perimetro dell'impianto funerario alle sole opere afferenti gli impianti
cimitériali, riconferma la natura assoluta del vincolo di inedificabilità
ivi insistente per ogni altra opera.
Inoltre, deve evidenziarsi che la norma di cui all'art. 338 mira ad
assicurare condizioni di igiene e salubrità nell'area posta intorno al
cimitero, a garantire la tranquillità ed il decoro dei luoghi di sepoltura
ed infine a consentire futuri ampliamenti del cimitero medesimo
(Consiglio di Stato, Sez. II,
sentenza 04.07.2019 n. 4587 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: La
disciplina di cui all'art. 338 del Testo Unico delle leggi sanitarie vieta
l'edificazione in fascia di rispetto di manufatti che per inamovibilità e
incorporazione al suolo costituiscono delle costruzioni edilizie.
Il vincolo cimiteriale, come è noto, ha carattere assoluto, valevole per
ogni singolo fabbricato e per ogni tipo di costruzione trattandosi di un
divieto di edificazione posto a tutela della natura e della salubrità dei
luoghi, per cui non opera alcuna distinzione tra manufatti, riguardando
anche gli eventuali manufatti (in ipotesi) pertinenziali.
---------------
3. Deve inoltre osservarsi, come bene ha evidenziato il TAR, che le opere
abusive in esame si trovano in zona di rispetto cimiteriale, ovvero ad una
distanza inferiore al fissato limite di rispetto al cimitero di Quarto e la
disciplina di cui all'art. 338 del Testo Unico delle leggi sanitarie vieta
l'edificazione in fascia di rispetto di manufatti che per inamovibilità e
incorporazione al suolo costituiscono delle costruzioni edilizie, con la
conseguenza che il fabbricato dell’appellante è del tutto incompatibile con
la disciplina di tutela in questione.
Il vincolo cimiteriale, come è noto, ha carattere assoluto, valevole per
ogni singolo fabbricato e per ogni tipo di costruzione trattandosi di un
divieto di edificazione posto a tutela della natura e della salubrità dei
luoghi, per cui non opera alcuna distinzione tra manufatti, riguardando
anche gli eventuali manufatti (in ipotesi) pertinenziali
(Consiglio di Stato, Sez. II,
sentenza 04.07.2019 n. 4586 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: La consolidata giurisprudenza sulla materia ha nello specifico chiarito che:
a) il vincolo cimiteriale determina una situazione di
inedificabilità ex lege e integra una limitazione legale della proprietà a
carattere assoluto, direttamente incidente sul valore del bene e non
suscettibile di deroghe di fatto, tale da configurare in maniera obbiettiva
e rispetto alla totalità dei soggetti il regime di appartenenza di una
pluralità indifferenziata di immobili che si trovino in un particolare
rapporto di vicinanza o contiguità con i suddetti beni pubblici;
b) il vincolo ha carattere assoluto e non consente in alcun modo
l’allocazione sia di edifici, sia di opere incompatibili con il vincolo
medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che la fascia
di rispetto intende tutelare, quali le esigenze di natura igienico
sanitaria, la salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi
destinati alla inumazione e alla sepoltura, il mantenimento di un’area di
possibile espansione della cinta cimiteriale;
c) il vincolo, d’indole conformativa, è sganciato dalle esigenze
immediate della pianificazione urbanistica, nel senso che esso si impone di
per sé, con efficacia diretta, indipendentemente da qualsiasi recepimento in
strumenti urbanistici, i quali non sono idonei, proprio per la loro natura,
ad incidere sulla sua esistenza o sui suoi limiti;
d) la situazione di inedificabilità prodotta dal vincolo è
suscettibile di venire rimossa solo in ipotesi eccezionali e comunque solo
per considerazioni di interesse pubblico, in presenza delle condizioni
specificate nell’art. 338, quinto comma, norma che non presidia interessi
privati e non può quindi legittimare interventi edilizi futuri su un’area
indisponibile per ragioni di ordine igienico-sanitario, nonché per la
sacralità dei luoghi di sepoltura;
e) il procedimento attivabile dai singoli proprietari all’interno
della zona di rispetto è soltanto quello finalizzato agli interventi di cui
al settimo comma dell’art. 338 (recupero o cambio di destinazione d’uso di
edificazioni preesistenti), mentre resta attivabile nel solo interesse
pubblico -come valutato dal legislatore nell’elencazione, al quinto comma,
delle opere ammissibili ai fini della riduzione- la procedura di riduzione
della fascia inedificabile.
---------------
13. Egualmente infondato si presenta anche il motivo di appello con
il quale si vuole affermare la compatibilità dell’intervento, quand’anche
necessitante di permesso di costruire, con gli interessi e i valori che il
cosiddetto vincolo cimiteriale di cui all’art. 338, comma 1, del r.d. n.
1265/1934 (T.U.L.S.) è chiamato a salvaguardare. Tale vincolo, infatti, si
connota come di inedificabilità assoluta e conseguente inderogabilità,
almeno per regola generale, dalla pianificazione urbanistica comunale (cfr.
ex multis Cons. Stato, Sez. VI, 12.02.2019, n. 1013; id., 15.10.2018, n. 5911; id., Sez. IV,
06.10.2017, n. 4656).
Dispone dunque il ridetto art. 338, comma 1, che: “I cimiteri devono essere
collocati alla distanza di almeno 200 metri dal centro abitato. È vietato
costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici entro il raggio di 200 metri dal
perimetro dell’impianto cimiteriale, quale risultante dagli strumenti
urbanistici vigenti nel comune o, in difetto di essi, comunque quale
esistente in fatto, salve le deroghe ed eccezioni previste dalla legge”.
Il
quinto comma a sua volta, nel testo da ultimo sostituito dall’art. 28, comma
1, lett. b), della legge n. 166/2002, aggiunge che: “Per dare esecuzione ad
un’opera pubblica o all’attuazione di un intervento urbanistico, purché non
vi ostino ragioni igienico-sanitarie, il consiglio comunale può consentire,
previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la
riduzione della zona di rispetto tenendo conto degli elementi ambientali di
pregio dell’area, autorizzando l’ampliamento di edifici preesistenti o la
costruzione di nuovi edifici. La riduzione di cui al periodo precedente si
applica con identica procedura anche per la realizzazione di parchi,
giardini e annessi, parcheggi pubblici e privati, attrezzature sportive,
locali tecnici e serre”.
La consolidata giurisprudenza sulla materia, dalla quale non è motivo di
discostarsi, ha nello specifico chiarito che:
a) il vincolo cimiteriale determina una situazione di
inedificabilità ex lege e integra una limitazione legale della proprietà a
carattere assoluto, direttamente incidente sul valore del bene e non
suscettibile di deroghe di fatto, tale da configurare in maniera obbiettiva
e rispetto alla totalità dei soggetti il regime di appartenenza di una
pluralità indifferenziata di immobili che si trovino in un particolare
rapporto di vicinanza o contiguità con i suddetti beni pubblici (v. Cass.
civ., Sez. I, 20.12.2016, n. 26326);
b) il vincolo ha carattere assoluto e non consente in alcun modo
l’allocazione sia di edifici, sia di opere incompatibili con il vincolo
medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che la fascia
di rispetto intende tutelare, quali le esigenze di natura igienico
sanitaria, la salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi
destinati alla inumazione e alla sepoltura, il mantenimento di un’area di
possibile espansione della cinta cimiteriale (Cons. Stato, Sez. VI, 09.03.2016, n. 949);
c) il vincolo, d’indole conformativa, è sganciato dalle esigenze
immediate della pianificazione urbanistica, nel senso che esso si impone di
per sé, con efficacia diretta, indipendentemente da qualsiasi recepimento in
strumenti urbanistici, i quali non sono idonei, proprio per la loro natura,
ad incidere sulla sua esistenza o sui suoi limiti (Cons. Stato, Sez. IV, 22.11.2013, n. 5544; Cass. civ., Sez. I, 17.10.2011, n. 2011; id.,
Sez. I, n. 26326 del 2016, cit.);
d) la situazione di inedificabilità prodotta dal vincolo è
suscettibile di venire rimossa solo in ipotesi eccezionali e comunque solo
per considerazioni di interesse pubblico, in presenza delle condizioni
specificate nell’art. 338, quinto comma, norma che non presidia interessi
privati e non può quindi legittimare interventi edilizi futuri su un’area
indisponibile per ragioni di ordine igienico-sanitario, nonché per la
sacralità dei luoghi di sepoltura;
e) il procedimento attivabile dai singoli proprietari all’interno
della zona di rispetto è soltanto quello finalizzato agli interventi di cui
al settimo comma dell’art. 338 (recupero o cambio di destinazione d’uso di
edificazioni preesistenti), mentre resta attivabile nel solo interesse
pubblico -come valutato dal legislatore nell’elencazione, al quinto comma,
delle opere ammissibili ai fini della riduzione- la procedura di riduzione
della fascia inedificabile (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 27.07.2015, n.
3667; nonché id., 04.07.2014, n. 3410).
Orbene, ritiene il Collegio che nella vicenda in esame da un lato manchi la
prevista connotazione delle opere realizzate, per cui si verte nella
fattispecie di vincolo assoluto di inedificabilità contemplato dal primo
comma della disposizione; dall’altro non sussista l’interesse pubblico alla
riduzione dell’area, per cui la relativa estensione deve essere confermata
nei termini indicati dal legislatore (sul punto Cons. Stato, Sez. VI, 09.03.2016, n. 949).
14. Da quanto sopra, discende anche l’infondatezza dell’ulteriore motivo col
quale si assume che il TAR avrebbe dovuto disporre ex officio una più
approfondita istruttoria per verificare se il Comune avesse “modulato” il
vincolo di rispetto cimiteriale in sede di pianificazione urbanistica così
da escludere che vi rientrasse l’area interessata dalle serre
dell’appellante.
Il ricordato carattere assoluto del vincolo e il suo
imporsi anche sulle eventuali diverse previsioni degli strumenti urbanistici
rende ragione dell’adeguatezza e sufficienza della motivazione con cui il
primo giudice, sulla scorta delle risultanze in atti, ha ritenuto mantenuta
l’estensione di legge dei 200 metri, non essendo stato dimostrato l’avvenuto
intervento di modifiche con la procedura “rafforzata” con cui il Comune,
sussistendone i presupposti, avrebbe potuto incidere sulla fascia di
rispetto
(Consiglio di Stato, Sez. II,
sentenza 13.06.2019 n. 3952 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Il
vincolo cimiteriale previsto dall’art. 338 r.d. 1265/1934, (secondo cui “i cimiteri devono essere collocati
alla distanza di almeno 200 metri dal centro abitato. È vietato costruire
intorno ai cimiteri nuovi edifici entro il raggio di 200 metri dal perimetro
dell'impianto cimiteriale, quale risultante dagli strumenti urbanistici
vigenti nel comune o, in difetto di essi, comunque quale esistente in fatto,
salve le deroghe ed eccezioni previste dalla legge”) costituisce vincolo ex lege a carattere pubblicistico che prevale anche sulle diverse valutazioni
del Prg e relative destinazioni urbanistiche.
Trattasi, in particolare, di vincolo di inedificabilità assoluta e non
relativa, tenuto conto che il caso di specie non rientra nelle eccezioni
relative all’esecuzione di opera pubblica o attuazione di un intervento
urbanistico.
Il vincolo in questione, in conclusione, non rientra nella sfera di
operatività dell’art. 32 L. 47/1985 e le opere realizzate, pertanto, non
sono suscettibili di sanatoria.
---------------
Secondo i principi enucleati dalla giurisprudenza, la situazione di inedificabilità prodotta dal vincolo è
suscettibile di venire rimossa solo in ipotesi eccezionali e comunque solo
in considerazione dell’interesse pubblico, in presenza delle condizioni
specificate nell'art. 338, quinto comma, a mente del quale “Per dare
esecuzione ad un'opera pubblica o all'attuazione di un intervento
urbanistico, purché non vi ostino ragioni igienico-sanitarie, il consiglio
comunale può consentire, previo parere favorevole della competente azienda
sanitaria locale, la riduzione della zona di rispetto tenendo conto degli
elementi ambientali di pregio dell'area, autorizzando l'ampliamento di
edifici preesistenti o la costruzione di nuovi edifici. La riduzione di cui
al periodo precedente si applica con identica procedura anche per la
realizzazione di parchi, giardini e annessi, parcheggi pubblici e privati,
attrezzature sportive, locali tecnici e serre”.
La disposizione ora citata appartiene al novero delle norme eccezionali e di
stretta interpretazione, non mirando alla soddisfazione di interessi
privati.
Tanto comporta che la procedura di riduzione della fascia cimiteriale
inedificabile è attivabile nel solo interesse pubblico, come valutato dal
legislatore nell'elencazione delle opere ammissibili, mentre il procedimento
attivabile dai singoli proprietari all'interno della zona di rispetto è
soltanto quello finalizzato agli interventi di cui al settimo comma
dell'art. 338, (recupero o cambio di destinazione d'uso di edificazioni
preesistenti).
La conclusione è in linea con il più recente orientamento del Consiglio di
Stato che, nella materia che occupa, ha precisato che “La tutela dei
molteplici interessi pubblici che il vincolo generale previsto dall’art. 338
r.d. n. 1265 del 1934 presidia impone che i possibili interventi urbanistici
ai quali il legislatore ha inteso fare riferimento siano solo quelli
pubblici o comunque aventi rilevanza almeno pari a quelli posti a base della
fascia di rispetto di duecento metri. Pertanto, il comma 5 dell’art. 338
cit. non può essere interpretato nel senso di consentire, eccezionalmente,
con il parere favorevole della Asl, interventi urbanistici volti a
soddisfare interessi pubblici, nei quali siano ricompresi –quali interventi
privati di interesse pubblico- gli insediamenti produttivi e le strutture turistico-ricettive".
---------------
13.3- Deve premettersi che, contrariamente a quanto sostenuto
da parte ricorrente (motivo n. 2 e 3), il vincolo cimiteriale previsto
dall’art. 338 r.d. 1265/1934, (secondo cui “i cimiteri devono essere collocati
alla distanza di almeno 200 metri dal centro abitato. È vietato costruire
intorno ai cimiteri nuovi edifici entro il raggio di 200 metri dal perimetro
dell'impianto cimiteriale, quale risultante dagli strumenti urbanistici
vigenti nel comune o, in difetto di essi, comunque quale esistente in fatto,
salve le deroghe ed eccezioni previste dalla legge”) costituisce vincolo
ex lege a carattere pubblicistico che prevale anche sulle diverse valutazioni
del Prg e relative destinazioni urbanistiche (nel caso di specie, in
particolare, l’area ricade, in parte, in zona F4: zone di interesse pubblico
destinate a parcheggi: fuoriterra, interrati, a raso).
13.4- Trattasi, in particolare, di vincolo di inedificabilità assoluta e non
relativa, tenuto conto che il caso di specie non rientra nelle eccezioni
relative all’esecuzione di opera pubblica o attuazione di un intervento
urbanistico.
13.5- Il vincolo in questione, in conclusione, non rientra nella sfera di
operatività dell’art. 32 L. 47/1985 e le opere realizzate, pertanto, non sono
suscettibili di sanatoria (ex multis, Consiglio di Stato sez. VI,
15/10/2018, n. 5911).
13.6. – Deve perciò ritenersi che l’esistenza del vincolo cimiteriale
nell'area nella quale sono state realizzate le opere abusive, comportando l'inedificabilità
assoluta, impedisce in radice il rilascio dell’accertamento di conformità,
senza necessità di compiere ulteriori valutazioni.
13.7- Tale conclusione non muta neppure a seguito delle modifiche apportate
all'art. 338 rd cit. dalla novella del 2002, rispetto alle richieste di
privati.
Secondo i principi enucleati dalla giurisprudenza (Cons. Stato sez.
IV n. 4656 del 2017; sez. VI, n. 3667 del 2015; nn. 3410 e 1317 del 2014),
infatti, la situazione di inedificabilità prodotta dal vincolo è
suscettibile di venire rimossa solo in ipotesi eccezionali e comunque solo
in considerazione dell’interesse pubblico, in presenza delle condizioni
specificate nell'art. 338, quinto comma, a mente del quale “Per dare
esecuzione ad un'opera pubblica o all'attuazione di un intervento
urbanistico, purché non vi ostino ragioni igienico-sanitarie, il consiglio
comunale può consentire, previo parere favorevole della competente azienda
sanitaria locale, la riduzione della zona di rispetto tenendo conto degli
elementi ambientali di pregio dell'area, autorizzando l'ampliamento di
edifici preesistenti o la costruzione di nuovi edifici. La riduzione di cui
al periodo precedente si applica con identica procedura anche per la
realizzazione di parchi, giardini e annessi, parcheggi pubblici e privati,
attrezzature sportive, locali tecnici e serre”.
La disposizione ora citata appartiene al novero delle norme eccezionali e di
stretta interpretazione, non mirando alla soddisfazione di interessi
privati.
Tanto comporta che la procedura di riduzione della fascia cimiteriale
inedificabile è attivabile nel solo interesse pubblico, come valutato dal
legislatore nell'elencazione delle opere ammissibili, mentre il procedimento
attivabile dai singoli proprietari all'interno della zona di rispetto è
soltanto quello finalizzato agli interventi di cui al settimo comma
dell'art. 338, (recupero o cambio di destinazione d'uso di edificazioni
preesistenti) (conforme Consiglio di Stato sez. VI, 15/10/2018, n. 5911).
La conclusione è in linea con il più recente orientamento del Consiglio di
Stato che, nella materia che occupa, ha precisato che “La tutela dei
molteplici interessi pubblici che il vincolo generale previsto dall’art. 338
r.d. n. 1265 del 1934 presidia impone che i possibili interventi urbanistici
ai quali il legislatore ha inteso fare riferimento siano solo quelli
pubblici o comunque aventi rilevanza almeno pari a quelli posti a base della
fascia di rispetto di duecento metri. Pertanto, il comma 5 dell’art. 338
cit. non può essere interpretato nel senso di consentire, eccezionalmente,
con il parere favorevole della Asl, interventi urbanistici volti a
soddisfare interessi pubblici, nei quali siano ricompresi –quali interventi
privati di interesse pubblico- gli insediamenti produttivi e le strutture turistico-ricettive" (Consiglio di Stato sez. IV, 05/12/2018, n. 6891)
(TAR Puglia-Bari, Sez. III,
sentenza 04.06.2019 n. 798 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: La
giurisprudenza in tema di vincolo cimiteriale è particolarmente rigorosa:
- per costante giurisprudenza, si tratta di un vincolo assoluto e
inderogabile, salve ipotesi tassative, posto a tutela di interessi
pubblicistici, e come tale prevalente anche su eventuali previsioni di tipo
diverso contenute negli strumenti urbanistici. Le ipotesi tassative di
deroga al vincolo, previste dai successivi commi 3 e 4 dello stesso articolo
(ndr art. 338 TULLSS), si interpretano quindi come finalizzate al pubblico
interesse, in particolare all'esigenza di ampliare il cimitero stesso, e
quindi non si considerano utilizzabili per consentire la costruzione di
edifici a privati;
- la previsione normativa ha efficacia immediata e diretta ed è
idonea anche ad imporsi ad una pianificazione urbanistica eventualmente
difforme.
---------------
Per contro, come ampiamente osservato dall’amministrazione resistente, la
giurisprudenza in tema di vincolo cimiteriale è particolarmente rigorosa: “per
costante giurisprudenza, si tratta di un vincolo assoluto e inderogabile,
salve ipotesi tassative, posto a tutela di interessi pubblicistici, e come
tale prevalente anche su eventuali previsioni di tipo diverso contenute
negli strumenti urbanistici: così C.d.S. sez. VI 15.10.2018 n. 5911 e sez. V
03.05.2007 n. 1933. Le ipotesi tassative di deroga al vincolo, previste dai
successivi commi 3 e 4 dello stesso articolo (ndr art. 338 TULLSS), si
interpretano quindi come finalizzate al pubblico interesse, in particolare
all'esigenza di ampliare il cimitero stesso, e quindi non si considerano
utilizzabili per consentire la costruzione di edifici a privati: così la già
citata 5911/2018 e sez. V 11.03.1995 n. 377” (Cons. St., sez. VI, n.
1013/2019); la previsione normativa ha efficacia immediata e diretta ed è
idonea anche ad imporsi ad una pianificazione urbanistica eventualmente
difforme (Tar Piemonte n. 18/2012) (TAR Piemonte, Sez. II,
sentenza 30.04.2019 n. 526 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
La precarietà o meno di un’opera non è un elemento di per sé
rilevante ai fini del rispetto delle distanze ed in particolare, con
riguardo alla fascia di rispetto cimiteriale e relativo vincolo.
In merito al vincolo cimiteriale, infatti, non rileva tanto la precarietà o
meno di una costruzione od opera, quanto la compatibilità della struttura in
esame con il rispetto degli interessi pubblici che detto vincolo è diretto a
tutelare, quali le esigenze di natura igienico sanitaria, da un lato, e la
sacralità del luogo, dall’altro.
Al riguardo, si richiama l’insegnamento secondo il quale <<il vincolo
cimiteriale ha carattere assoluto e non consente in alcun modo l'allocazione
sia di edifici, sia di opere incompatibili con il vincolo medesimo, in
considerazione dei molteplici interessi pubblici che la fascia di rispetto
intende tutelare, quali le esigenze di natura igienico sanitaria, la
salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati alla
inumazione e alla sepoltura>>.
---------------
Con riferimento alla
natura del vincolo di inedificabilità previsto
dall'art. 338, r.d. n. 1256 del 1934, la giurisprudenza amministrativa ha
affermato che:
a) il vincolo cimiteriale determina una situazione di
inedificabilità ex lege e integra una limitazione legale della
proprietà a carattere assoluto, direttamente incidente sul valore del bene e
non suscettibile di deroghe di fatto, tale da configurare in maniera
obbiettiva e rispetto alla totalità dei soggetti il regime di appartenenza
di una pluralità indifferenziata di immobili che si trovino in un
particolare rapporto di vicinanza o contiguità con i suddetti beni pubblici;
b) il vincolo ha carattere assoluto e non consente in alcun modo
l'allocazione sia di edifici, sia di opere incompatibili con il vincolo
medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che la fascia
di rispetto intende tutelare, quali le esigenze di natura igienico
sanitaria, la salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi
destinati alla inumazione e alla sepoltura, il mantenimento di un'area di
possibile espansione della cinta cimiteriale;
c) il vincolo, d'indole conformativa, è sganciato dalle esigenze
immediate della pianificazione urbanistica, e rileva di per sé, con
efficacia diretta, indipendentemente da qualsiasi recepimento in strumenti
urbanistici, i quali non sono idonei, proprio per la loro natura, ad
incidere sulla sua esistenza o sui suoi limiti; esso si impone alla
pianificazione comunale anche modificandola ex lege, qualora non sia stato
espressamente recepito nello strumento urbanistico, e, in ragione della sua
natura assoluta esso opera come limite legale, anche nei confronti delle
eventuali diverse e contrastanti previsioni degli strumenti urbanistici.
La natura tendenzialmente assoluta del vincolo predetto comporta che,
rispetto alle richieste dei privati, le deroghe, ammissibili tanto nella
versione dell’art. 338 ante modifica da parte della l. 166 del 2002, quanto
nella versione attuale, devono ritenersi del tutto eccezionali.
In particolare, in giurisprudenza è stato sottolineato che:
a) la situazione di inedificabilità prodotta dal vincolo è
suscettibile di venire rimossa solo in ipotesi eccezionali e comunque solo
per considerazioni di interesse pubblico, in presenza delle condizioni
specificate nell'art. 338, quinto comma, essendo norma eccezionale e di
stretta interpretazione non posta a presidio di interessi privati; con la
conseguenza che la procedura di riduzione della fascia inedificabile resta
attivabile nel solo interesse pubblico, come valutato dal legislatore
nell'elencazione delle opere ammissibili;
b) il procedimento attivabile dai singoli proprietari all'interno
della zona di rispetto è soltanto quello finalizzato agli interventi di cui
al settimo comma dell'art. 338, (recupero o cambio di destinazione d'uso di
edificazioni preesistenti);
c) l'art. 338, come modificato nel 2002, prevede deroghe ad
iniziativa del Consiglio Comunale, e consente la riduzione, a determinate
condizioni, della zona di rispetto per scelta dell'amministrazione:
- per la
costruzione di nuovi cimiteri o per l'ampliamento di cimiteri esistenti
(comma 4);
- per la costruzione di opere pubbliche o per un intervento
urbanistico, ai fini di ampliamento di edifici preesistenti (ragionevolmente
fuori dalla fascia o dentro la fascia ma non abusivi, per esempio per essere
stati costruiti prima del vincolo) o per la costruzione di nuovi edifici
(comma 5).
Per quanto concerne, in particolare, la deroga di cui al comma 5, sia nella
vecchia che nella nuova formulazione, richiede l’attivazione di uno
specifico procedimento che comporta una valutazione da parte del Consiglio
Comunale finalizzata ad una autorizzazione in deroga.
E’ evidente, a questo riguardo, che tale procedimento (che nella vecchia
formulazione peraltro richiedeva altresì l’intervento del prefetto)
difficilmente può ritenersi compatibile con l’istituto della concessione o
permesso di costruire in sanatoria, oggetto del presente procedimento.
---------------
Fermo
quanto sopra detto, peraltro, occorre sottolineare che la precarietà o meno
di un’opera non è un elemento di per sé rilevante ai fini del rispetto delle
distanze ed in particolare, con riguardo alla fascia di rispetto cimiteriale
e relativo vincolo.
In merito al vincolo cimiteriale, infatti, non rileva tanto la precarietà o
meno di una costruzione od opera, quanto la compatibilità della struttura in
esame con il rispetto degli interessi pubblici che detto vincolo è diretto a
tutelare, quali le esigenze di natura igienico sanitaria, da un lato, e la
sacralità del luogo, dall’altro.
Pertanto, in ogni caso, l’intervento edilizio posto in essere da parte
ricorrente oggetto del presente giudizio risulta rilevante ai fini del
rispetto della disciplina relativa al c.d. vincolo cimiteriale.
Al riguardo, si richiama l’insegnamento secondo il quale <<il vincolo
cimiteriale ha carattere assoluto e non consente in alcun modo l'allocazione
sia di edifici, sia di opere incompatibili con il vincolo medesimo, in
considerazione dei molteplici interessi pubblici che la fascia di rispetto
intende tutelare, quali le esigenze di natura igienico sanitaria, la
salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati alla
inumazione e alla sepoltura>> (C. Stato, sez. IV , 13/12/2017, n.
5873).
Ebbene, nel caso di specie, se una mera tettoia meramente precaria può,
eventualmente, considerarsi rispettosa di tale vincolo, ancorché realizzata
all’interno della c.d. fascia di rispetto cimiteriale, non confliggendo con
esso proprio per la sua intrinseca amovibilità e per la natura aperta della
struttura, lo stesso non può dirsi per un edificio completamente chiuso e la
cui finalità denota un utilizzo duraturo, che, insistendo all’interno della
fascia di rispetto, si pone inevitabilmente in contrasto con gli interessi
sottesi al vincolo cimiteriale predetto.
2.2. Con riferimento alla natura del vincolo di inedificabilità previsto
dall'art. 338, r.d. n. 1256 del 1934, la giurisprudenza amministrativa ha
affermato che:
a) il vincolo cimiteriale determina una situazione di
inedificabilità ex lege e integra una limitazione legale della
proprietà a carattere assoluto, direttamente incidente sul valore del bene e
non suscettibile di deroghe di fatto, tale da configurare in maniera
obbiettiva e rispetto alla totalità dei soggetti il regime di appartenenza
di una pluralità indifferenziata di immobili che si trovino in un
particolare rapporto di vicinanza o contiguità con i suddetti beni pubblici;
b) il vincolo ha carattere assoluto e non consente in alcun modo
l'allocazione sia di edifici, sia di opere incompatibili con il vincolo
medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che la fascia
di rispetto intende tutelare, quali le esigenze di natura igienico
sanitaria, la salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi
destinati alla inumazione e alla sepoltura, il mantenimento di un'area di
possibile espansione della cinta cimiteriale;
c) il vincolo, d'indole conformativa, è sganciato dalle esigenze
immediate della pianificazione urbanistica, e rileva di per sé, con
efficacia diretta, indipendentemente da qualsiasi recepimento in strumenti
urbanistici, i quali non sono idonei, proprio per la loro natura, ad
incidere sulla sua esistenza o sui suoi limiti; esso si impone alla
pianificazione comunale anche modificandola ex lege, qualora non sia stato
espressamente recepito nello strumento urbanistico, e, in ragione della sua
natura assoluta esso opera come limite legale, anche nei confronti delle
eventuali diverse e contrastanti previsioni degli strumenti urbanistici (in
ordine ai predetti principi si vedano, tra le altre, C. Stato, sez. IV,
05/12/2018, n. 6891; C. Stato, sez. VI, 02/07/2018, n. 4018; C. Stato, sez.
IV, 13/12/2017, n. 5873).
La natura tendenzialmente assoluta del vincolo predetto comporta che,
rispetto alle richieste dei privati, le deroghe, ammissibili tanto nella
versione dell’art. 338 ante modifica da parte della l. 166 del 2002, quanto
nella versione attuale, devono ritenersi del tutto eccezionali.
In particolare, in giurisprudenza è stato sottolineato che:
a) la situazione di inedificabilità prodotta dal vincolo è
suscettibile di venire rimossa solo in ipotesi eccezionali e comunque solo
per considerazioni di interesse pubblico, in presenza delle condizioni
specificate nell'art. 338, quinto comma, essendo norma eccezionale e di
stretta interpretazione non posta a presidio di interessi privati; con la
conseguenza che la procedura di riduzione della fascia inedificabile resta
attivabile nel solo interesse pubblico, come valutato dal legislatore
nell'elencazione delle opere ammissibili;
b) il procedimento attivabile dai singoli proprietari all'interno
della zona di rispetto è soltanto quello finalizzato agli interventi di cui
al settimo comma dell'art. 338, (recupero o cambio di destinazione d'uso di
edificazioni preesistenti);
c) l'art. 338, come modificato nel 2002, prevede deroghe ad
iniziativa del Consiglio Comunale, e consente la riduzione, a determinate
condizioni, della zona di rispetto per scelta dell'amministrazione:
- per la
costruzione di nuovi cimiteri o per l'ampliamento di cimiteri esistenti
(comma 4);
- per la costruzione di opere pubbliche o per un intervento
urbanistico, ai fini di ampliamento di edifici preesistenti (ragionevolmente
fuori dalla fascia o dentro la fascia ma non abusivi, per esempio per essere
stati costruiti prima del vincolo) o per la costruzione di nuovi edifici
(comma 5) (in ordine ai principi di cui sopra vi vedano, tra le altre, C.
Stato, sez. IV, 05/12/2018, n. 6891; C. Stato, sez. IV, 23/04/2018, n.
2407; C. Stato , sez. VI, 27/07/2015, n. 3667). Numerose sono anche le
pronunce che hanno individuato la portata e i limiti delle modifiche
apportate all'art. 338 cit. dalla novella del 2002, rispetto alle richieste
di privati (C. Stato sez. IV, 23/04/2018, n. 2407; C. Stato, sez. VI,
02/07/2018, n. 4018; C. Stato, sez. IV, 06/10/2017, n. 4656).
Per quanto concerne, in particolare, la deroga di cui al comma 5, sia nella
vecchia che nella nuova formulazione, richiede l’attivazione di uno
specifico procedimento che comporta una valutazione da parte del Consiglio
Comunale finalizzata ad una autorizzazione in deroga.
E’ evidente, a questo riguardo, che tale procedimento (che nella vecchia
formulazione peraltro richiedeva altresì l’intervento del prefetto)
difficilmente può ritenersi compatibile con l’istituto della concessione o
permesso di costruire in sanatoria, oggetto del presente procedimento.
In ogni caso, quand’anche si dovessero ritenere astrattamente applicabili le
disposizioni eccezionali e derogatorie dell’art. 338 citato ad una
fattispecie in sanatoria quale quella in esame, in concreto, nel giudizio
che ci occupa, tali norme non sarebbero invocabili da parte ricorrente in
quanto eventuali deroghe al limite di 200 metri della c.d. fascia
cimiteriale sono ammissibili solo purché sia mantenuta la distanza minima di
50 m tra la struttura cimiteriale e l’opera in contestazione
(TAR
Veneto, Sez. II,
sentenza 11.04.2019 n. 458 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Non è assentibile una piscina nella fascia di rispetto
cimiteriale.
Per giurisprudenza ampiamente consolidata, il vincolo imposto dall'art. 338 R.D. n. 1265/1934 e
dall'art. 57 d.P.R. n. 285/1990 determina una situazione di
inedificabilità ex lege che non necessita di essere recepito
dagli strumenti urbanistici, ed, anzi, si impone ad essi
operando come limite legale nei confronti delle previsioni
urbanistiche locali eventualmente incompatibili.
Il vincolo
ha carattere assoluto e non consente l’allocazione di
edifici o costruzioni all’interno della fascia di rispetto,
a tutela dei molteplici interessi pubblici cui quest’ultima
presiede e che vanno dalle esigenze di natura igienico
sanitaria, alla salvaguardia della peculiare sacralità dei
luoghi destinati alla inumazione e alla sepoltura, al
mantenimento di un'area di possibile espansione della cinta
cimiteriale.
A escludere l’inedificabilità non rilevano la
tipologia del fabbricato o la natura pertinenziale della
costruzione, e gli unici interventi assentibili all’interno
della fascia di rispetto sono quelli indicati dal settimo
comma dell’art. 338 cit. sugli edifici esistenti, con il
limite della funzionalità all’utilizzo degli edifici stessi,
mentre è attivabile nel solo interesse pubblico la procedura
di riduzione della fascia inedificabile a non meno di
cinquanta metri dal perimetro dell’impianto cimiteriale.
L’assolutezza del vincolo di inedificabilità all’interno
della fascia di rispetto cimiteriale è recepita dalle norme tecniche di attuazione del P.R.G. del
Comune, che, dopo aver stabilito il divieto di
realizzare “nuovi edifici”, nell’autorizzare gli “interventi
previsti dalle presenti norme per le singole destinazioni”
vieta, comunque, gli interventi di “nuova edificazione, di
ampliamento e di ristrutturazione urbanistica”: il
contestuale divieto di “nuovi edifici” e di “nuove
edificazioni” nell’ambito degli interventi consentiti non
può che essere inteso, infatti, come preclusivo della
realizzazione di qualsiasi nuovo manufatto all’interno della
fascia di rispetto, in ossequio alla superiore disposizione
di legge.
La disciplina delle fasce di rispetto cimiteriali è
confermata quindi dall’art. 46 delle N.T.A. del regolamento
urbanistico adottato dal Comune all’epoca dei
fatti di causa, che ne sancisce l’inedificabilità rinviando,
per gli edifici già esistenti, alle rispettive discipline di
zona. Restano fermi, evidentemente, i limiti di legge, e
segnatamente quello posto dal ricordato comma 7 dell’art.
338 R.D. n. 1265/1934, che consente il recupero,
l’ampliamento e la ristrutturazione purché, lo si ripete,
funzionali all’utilizzo degli edifici esistenti e non
comportanti la realizzazione di nuovi manufatti all’interno
della fascia di rispetto.
È già discutibile che la costruzione di una piscina possa
dirsi funzionale all’utilizzo dell’edificio esistente nel
senso contemplato dal legislatore, che sembra alludere ai
soli interventi volti a impedire il degrado e, a lungo
andare, l’abbandono degli edifici ricadenti nelle fasce di
rispetto.
Certo è in ogni caso che, laddove implichi ex novo
una permanente trasformazione di suolo inedificato
all’interno della fascia involabile di cinquanta metri dal
perimetro del cimitero, essa non è consentita.
---------------
2.1.2. Venendo ai profili sostanziali della vicenda, il
ricorrente sostiene che la realizzazione della piscina
costituirebbe un intervento di sistemazione dell’area
scoperta di pertinenza dell’edificio principale, assentibile
a norma dell’art. 23 del regolamento edilizio comunale. Non
integrando una “nuova costruzione”, ma appunto una
pertinenza, l’opera sarebbe anche compatibile con il vincolo
cimiteriale interessante il compendio immobiliare di sua
proprietà.
L’invocato art. 23 R.E. subordina, peraltro, le opere di
sistemazione delle aree esterne al rispetto delle
limitazioni e prescrizioni stabilite dagli strumenti
urbanistici, nonché all’ottenimento delle autorizzazioni
occorrenti in relazione agli eventuali vincoli gravanti
sull’area di intervento. Ed è proprio sulla presenza del non
superabile vincolo cimiteriale che si fondano i
provvedimenti impugnati.
Per giurisprudenza ampiamente consolidata, anche di questo
TAR, il vincolo imposto dall'art. 338 R.D. n. 1265/1934 e
dall'art. 57 d.P.R. n. 285/1990 determina una situazione di
inedificabilità ex lege che non necessita di essere recepito
dagli strumenti urbanistici, ed, anzi, si impone ad essi
operando come limite legale nei confronti delle previsioni
urbanistiche locali eventualmente incompatibili.
Il vincolo
ha carattere assoluto e non consente l’allocazione di
edifici o costruzioni all’interno della fascia di rispetto,
a tutela dei molteplici interessi pubblici cui quest’ultima
presiede e che vanno dalle esigenze di natura igienico
sanitaria, alla salvaguardia della peculiare sacralità dei
luoghi destinati alla inumazione e alla sepoltura, al
mantenimento di un'area di possibile espansione della cinta
cimiteriale.
A escludere l’inedificabilità non rilevano la
tipologia del fabbricato o la natura pertinenziale della
costruzione, e gli unici interventi assentibili all’interno
della fascia di rispetto sono quelli indicati dal settimo
comma dell’art. 338 cit. sugli edifici esistenti, con il
limite della funzionalità all’utilizzo degli edifici stessi,
mentre è attivabile nel solo interesse pubblico la procedura
di riduzione della fascia inedificabile a non meno di
cinquanta metri dal perimetro dell’impianto cimiteriale (fra
le moltissime, cfr. Cons. Stato sez. IV, 23.04.2018, n.
2407; id., sez. VI, 27.02.2018, n. 1164; id., sez. VI,
06.10.2017, n. 4656; id., sez. V, 18.01.2017, n.
205; TAR Toscana, sez. III, 22.10.2018, n. 1351; id.,
02.02.2015, n. 183; id., 12.11.2013, n. 1553; id.,
12.07.2010, n. 2446; id., 11.06.2010, n. 1815).
L’assolutezza del vincolo di inedificabilità all’interno
della fascia di rispetto cimiteriale è recepita dall’art.
56.6.6 delle norme tecniche di attuazione del P.R.G. del
Comune di Firenze, che, dopo aver stabilito il divieto di
realizzare “nuovi edifici”, nell’autorizzare gli “interventi
previsti dalle presenti norme per le singole destinazioni”
vieta, comunque, gli interventi di “nuova edificazione, di
ampliamento e di ristrutturazione urbanistica”: il
contestuale divieto di “nuovi edifici” e di “nuove
edificazioni” nell’ambito degli interventi consentiti non
può che essere inteso, infatti, come preclusivo della
realizzazione di qualsiasi nuovo manufatto all’interno della
fascia di rispetto, in ossequio alla superiore disposizione
di legge.
La disciplina delle fasce di rispetto cimiteriali è
confermata quindi dall’art. 46 delle N.T.A. del regolamento
urbanistico adottato dal Comune di Firenze all’epoca dei
fatti di causa, che ne sancisce l’inedificabilità rinviando,
per gli edifici già esistenti, alle rispettive discipline di
zona. Restano fermi, evidentemente, i limiti di legge, e
segnatamente quello posto dal ricordato comma 7 dell’art.
338 R.D. n. 1265/1934, che consente il recupero,
l’ampliamento e la ristrutturazione purché, lo si ripete,
funzionali all’utilizzo degli edifici esistenti e non
comportanti la realizzazione di nuovi manufatti all’interno
della fascia di rispetto (alle pronunce già citate, può
aggiungersi TAR Toscana, sez. III, 18.05.2018, n.
684).
È già discutibile che la costruzione di una piscina possa
dirsi funzionale all’utilizzo dell’edificio esistente nel
senso contemplato dal legislatore, che sembra alludere ai
soli interventi volti a impedire il degrado e, a lungo
andare, l’abbandono degli edifici ricadenti nelle fasce di
rispetto. Certo è in ogni caso che, laddove implichi ex novo
una permanente trasformazione di suolo inedificato
all’interno della fascia involabile di cinquanta metri dal
perimetro del cimitero, essa non è consentita.
Ne discende che il provvedimento inibitorio adottato dal
Comune di Firenze, e poi l’atto dichiarativo della
definitiva inefficacia della S.C.I.A., possono considerarsi
adeguatamente motivati mediante la descrizione
dell’intervento e il richiamo alla presenza della fascia di
rispetto e alle corrispondenti previsioni urbanistiche
violate, indipendentemente dalle ulteriori considerazioni
contenute nel parere dell’Avvocatura comunale del 18.11.2014.
3. In forza di tutto quanto precede, le impugnazioni
proposte non possono trovare accoglimento (TAR Toscana, Sez.
III,
sentenza 22.02.2019 n. 284 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Per
costante giurisprudenza, il vincolo cimiteriale è un vincolo assoluto e
inderogabile, salve ipotesi tassative, posto a tutela di interessi
pubblicistici, e come tale prevalente anche su eventuali previsioni di tipo
diverso contenute negli strumenti urbanistici.
Le ipotesi tassative di deroga al vincolo, previste dai commi 3 e 4
dell'art. 338 del TULS 22.07.1934 n. 1265, si interpretano quindi come
finalizzate al pubblico interesse, in particolare all’esigenza di ampliare
il cimitero stesso, e quindi non si considerano utilizzabili per consentire
la costruzione di edifici a privati.
---------------
2.1 Il vincolo per cui è causa è quello stabilito a tutela dei cimiteri
dall’art. 338, comma 1, del TULS 22.07.1934 n. 1265, per cui “I cimiteri
devono essere collocati alla distanza di almeno 200 metri dal centro
abitato. E' vietato costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici entro il
raggio di 200 metri dal perimetro dell'impianto cimiteriale, quale
risultante dagli strumenti urbanistici vigenti nel comune o, in difetto di
essi, comunque quale esistente in fatto, salve le deroghe ed eccezioni
previste dalla legge”.
Per costante giurisprudenza, si tratta di un vincolo assoluto e
inderogabile, salve ipotesi tassative, posto a tutela di interessi
pubblicistici, e come tale prevalente anche su eventuali previsioni di tipo
diverso contenute negli strumenti urbanistici: così C.d.S. sez. VI
15.10.2018 n. 5911 e sez. V 03.05.2007 n. 1933.
Le ipotesi tassative di deroga al vincolo, previste dai successivi commi 3 e
4 dello stesso articolo, si interpretano quindi come finalizzate al pubblico
interesse, in particolare all’esigenza di ampliare il cimitero stesso, e
quindi non si considerano utilizzabili per consentire la costruzione di
edifici a privati: così la già citata 5911/2018 e sez. V 11.03.1995 n. 377
(Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 12.02.2019 n. 1013 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno
2018 |
|
EDILIZIA PRIVATA:
In materia di vincolo cimiteriale.
La consolidata giurisprudenza di questo Consiglio è nel
senso che:
- il vincolo cimiteriale determina una situazione di
inedificabilità ex lege e integra una limitazione legale
della proprietà a carattere assoluto, direttamente incidente
sul valore del bene e non suscettibile di deroghe di fatto,
tale da configurare in maniera obbiettiva e rispetto alla
totalità dei soggetti il regime di appartenenza di una
pluralità indifferenziata di immobili che si trovino in un
particolare rapporto di vicinanza o contiguità con i
suddetti beni pubblici;
- il vincolo ha carattere assoluto e non consente in alcun modo
l'allocazione sia di edifici, sia di opere incompatibili con
il vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici
interessi pubblici che la fascia di rispetto intende
tutelare, quali le esigenze di natura igienico sanitaria, la
salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi
destinati alla inumazione e alla sepoltura, il mantenimento
di un’area di possibile espansione della cinta cimiteriale;
- il vincolo, d’indole conformativa, è sganciato dalle esigenze
immediate della pianificazione urbanistica, nel senso che
esso si impone di per sé, con efficacia diretta,
indipendentemente da qualsiasi recepimento in strumenti
urbanistici, i quali non sono idonei, proprio per la loro
natura, ad incidere sulla sua esistenza o sui suoi limiti;
- la situazione di inedificabilità prodotta dal vincolo è
suscettibile di venire rimossa solo in ipotesi eccezionali e
comunque solo per considerazioni di interesse pubblico, in
presenza delle condizioni specificate nell'art. 338, quinto
comma;
- l’art. 338, quinto comma, non presidia interessi privati e non
può legittimare interventi edilizi futuri su un'area
indisponibile per ragioni di ordine igienico-sanitario,
nonché per la sacralità dei luoghi di sepoltura;
- il procedimento attivabile dai singoli proprietari all’interno
della zona di rispetto è soltanto quello finalizzato agli
interventi di cui al settimo comma dell’art. 338, settimo
comma (recupero o cambio di destinazione d’uso di
edificazioni preesistenti); mentre resta attivabile nel solo
interesse pubblico, come valutato dal legislatore
nell’elencazione, al quinto comma, delle opere ammissibili
ai fini della riduzione, la procedura di riduzione della
fascia inedificabile.
---------------
1.‒ L’appello è infondato.
2.‒ Va innanzitutto considerato che l’ordine demolitorio
trova autonomo fondamento giuridico nella norma speciale che
prescrive il vincolo c.d. “cimiteriale”.
Come è noto, nel caso in cui il provvedimento impugnato si
fondi su una pluralità di ragioni autonome, il giudice,
qualora registri l’infondatezza delle censure indirizzate
verso uno dei motivi assunti a base dell’atto controverso,
idoneo, di per sé, a comprovarne la legittimità e a
sostenerne il dispositivo, ha la potestà di respingere il
ricorso sulla sola base di tale rilievo, con assorbimento
delle censure dedotte avverso altri capi del provvedimento,
in quanto la conservazione dell’atto implica la perdita di
interesse del ricorrente all’esame delle altre doglianze.
3.– L’art. 338 del regio-decreto 27.07.1934, n. 1265
(Approvazione del testo unico delle leggi sanitarie),
prevede che: «I cimiteri devono essere collocati alla
distanza di almeno 200 metri dal centro abitato. È vietato
costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici entro il raggio
di 200 metri dal perimetro dell'impianto cimiteriale, quale
risultante dagli strumenti urbanistici vigenti nel comune o,
in difetto di essi, comunque quale esistente in fatto, salve
le deroghe ed eccezioni previste dalla legge.
Le disposizioni di cui al comma precedente non si applicano
ai cimiteri militari di guerra quando siano trascorsi 10
anni dal seppellimento dell'ultima salma.
Il contravventore è punito con la sanzione amministrativa
fino a lire 200.000 e deve inoltre, a sue spese, demolire
l'edificio o la parte di nuova costruzione, salvi i
provvedimenti di ufficio in caso di inadempienza.
Il consiglio comunale può approvare, previo parere
favorevole della competente azienda sanitaria locale, la
costruzione di nuovi cimiteri o l’ampliamento di quelli già
esistenti ad una distanza inferiore a 200 metri dal centro
abitato, purché non oltre il limite di 50 metri, quando
ricorrano, anche alternativamente, le seguenti condizioni:
a) risulti accertato dal medesimo consiglio comunale che, per
particolari condizioni locali, non sia possibile provvedere
altrimenti;
b) l’impianto cimiteriale sia separato dal centro urbano da strade
pubbliche almeno di livello comunale, sulla base della
classificazione prevista ai sensi della legislazione
vigente, o da fiumi, laghi o dislivelli naturali rilevanti,
ovvero da ponti o da impianti ferroviari.
Per dare esecuzione ad un’opera pubblica o all'attuazione di
un intervento urbanistico, purché non vi ostino ragioni
igienico-sanitarie, il consiglio comunale può consentire,
previo parere favorevole della competente azienda sanitaria
locale, la riduzione della zona di rispetto tenendo conto
degli elementi ambientali di pregio dell'area, autorizzando
l'ampliamento di edifici preesistenti o la costruzione di
nuovi edifici. La riduzione di cui al periodo precedente si
applica con identica procedura anche per la realizzazione di
parchi, giardini e annessi, parcheggi pubblici e privati,
attrezzature sportive, locali tecnici e serre.
Al fine dell’acquisizione del parere della competente
azienda sanitaria locale, previsto dal presente articolo,
decorsi inutilmente due mesi dalla richiesta, il parere si
ritiene espresso favorevolmente.
All’interno della zona di rispetto per gli edifici esistenti
sono consentiti interventi di recupero ovvero interventi
funzionali all’utilizzo dell’edificio stesso, tra cui
l’ampliamento nella percentuale massima del 10 per cento e i
cambi di destinazione d’uso, oltre a quelli previsti dalle
lettere a), b), c) e d) del primo comma dell’articolo 31
della legge 05.08.1978, n. 457» (comma quest’ultimo così
sostituito dall’articolo 28, comma 1, lettera b), della
legge 01.08.2002, n. 166).
3.1.– La consolidata giurisprudenza di questo Consiglio è
nel senso che:
- il vincolo cimiteriale determina una situazione di
inedificabilità ex lege e integra una limitazione
legale della proprietà a carattere assoluto, direttamente
incidente sul valore del bene e non suscettibile di deroghe
di fatto, tale da configurare in maniera obbiettiva e
rispetto alla totalità dei soggetti il regime di
appartenenza di una pluralità indifferenziata di immobili
che si trovino in un particolare rapporto di vicinanza o
contiguità con i suddetti beni pubblici;
- il vincolo ha carattere assoluto e non consente in alcun modo
l'allocazione sia di edifici, sia di opere incompatibili con
il vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici
interessi pubblici che la fascia di rispetto intende
tutelare, quali le esigenze di natura igienico sanitaria, la
salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi
destinati alla inumazione e alla sepoltura, il mantenimento
di un’area di possibile espansione della cinta cimiteriale (Cons.
Stato, sez. VI, 09.03.2016, n. 949);
- il vincolo, d’indole conformativa, è sganciato dalle esigenze
immediate della pianificazione urbanistica, nel senso che
esso si impone di per sé, con efficacia diretta,
indipendentemente da qualsiasi recepimento in strumenti
urbanistici, i quali non sono idonei, proprio per la loro
natura, ad incidere sulla sua esistenza o sui suoi limiti (Cons.
Stato, sez. IV, 22.11.2013, n. 5544);
- la situazione di inedificabilità prodotta dal vincolo è
suscettibile di venire rimossa solo in ipotesi eccezionali e
comunque solo per considerazioni di interesse pubblico, in
presenza delle condizioni specificate nell'art. 338, quinto
comma;
- l’art. 338, quinto comma, non presidia interessi privati e non
può legittimare interventi edilizi futuri su un'area
indisponibile per ragioni di ordine igienico-sanitario,
nonché per la sacralità dei luoghi di sepoltura;
- il procedimento attivabile dai singoli proprietari all’interno
della zona di rispetto è soltanto quello finalizzato agli
interventi di cui al settimo comma dell’art. 338, settimo
comma (recupero o cambio di destinazione d’uso di
edificazioni preesistenti); mentre resta attivabile nel solo
interesse pubblico, come valutato dal legislatore
nell’elencazione, al quinto comma, delle opere ammissibili
ai fini della riduzione, la procedura di riduzione della
fascia inedificabile (cfr. da ultimo Cons. Stato, sez. VI,
04.07.2014, n. 3410; sez. VI, 27.07.2015, n. 3667; ivi
riferimenti ulteriori).
4.– Su questa premessa ricostruttiva, la doglianza del
ricorrente, secondo cui il limite della percentuale di
ampliamento (prescritta dall’ultimo comma dell’art. 338 del
t.u.l.s.) dovrebbe essere riferita all’intero edifico e non
già alla singola unità abitativa, non può essere accolta,
sia pure con le seguenti precisazioni rispetto a quanto
affermato dal giudice di prime cure.
La disposizione invocata ricollega il limite percentuale
della facoltà di ampliamento all’edificio nel suo complesso.
Tuttavia, per evitare facili elusioni della suddetta
prescrizione –segnatamente: in caso di proprietà divisa, ove
fosse consentito a ciascun proprietario di realizzare sulla
singola unità abitativa l’incremento percentuale assoluto,
si otterrebbe il risultato o di ammettere, in relazione
all’edificio, complessivamente considerato, un ampliamento
eccedente la percentuale ammessa, ovvero di privare gli
altri proprietari di analoga facoltà– deve ritenersi che il
singolo condomino sia legittimato a chiedere l’ampliamento
volumetrico nei soli limiti percentuali calcolati in
relazione alle dimensioni della propria unità immobiliare.
Restano, tuttavia, salve le ipotesi (nessuna delle quali
ricorrenti nel caso in esame) in cui: l’istanza sia proposta
congiuntamente da tutti i proprietari, con progetto relativo
all’intero immobile; ovvero, il singolo condomino corredi la
propria istanza con un atto d’obbligo degli altri
comproprietari (si osserva che l’atto d’obbligo,
tradizionalmente qualificato in termini di servitù
obbligatoria, dovrebbe oggi integrare la fattispecie, ora
prevista dall’art. 2643, n. 2-bis, c.c., di contratto che
trasferisce o modifica i «diritti edificatori comunque
denominati, previsti da normative statali o regionali,
ovvero da strumenti di pianificazione territoriale») (Consiglio
di Stato, Sez. VI,
sentenza 15.10.2018 n. 5911 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Un terreno soggetto a vincolo di inedificabilità assoluta, perché soggetto a
fascia cimiteriale, può comunque astrattamente cedere la
relativa cubatura purché l’immobile destinatario del
beneficio sia compatibile con le finalità sottese al stesso
vincolo, ossia “garantire la futura espansione del cimitero;
garantire il decoro di un luogo di culto; assicurare una
cintura sanitaria attorno a luoghi per loro natura
insalubri”.
---------------
Certamente dirimente è, nella fattispecie, l’accertamento della
intervenuta violazione delle regole procedimentali, in
specie quella prevista dal citato art. 10-bis in tema di
preavviso di rigetto dell’istanza di concessione in
sanatoria, tenuto conto che la questione giuridica sottesa –ossia l’ammissibilità della cessione dell’indice di cubatura
da parte di terreno soggetto a vincolo di inedificabilità
assoluta perché ricadente nella c.d. fascia di rispetto
cimiteriale– risulta non univoca, per cui un
contraddittorio pieno con la parte ricorrente avrebbe
garantito un’istruttoria completa soprattutto alla luce
degli orientamenti giurisprudenziali riportati da
controparte, quali:
1) TAR Liguria, Genova, sentenza n. 1388/2008, secondo cui
“le finalità perseguite dalla normativa di tutela del
vincolo cimiteriale sono sostanzialmente tre:
- garantire la
futura espansione del cimitero;
- garantire il decoro di un
luogo di culto;
- assicurare una cintura sanitaria attorno a
luoghi per loro natura insalubri (cfr. TAR Liguria, 1^,
25.03.2004 n. 290; id., 09.07.1998 n. 373; id., 06.11.1995 n. 320; da ultimo Cons. Stato, V,
03.05.2007 n. 1933). […]
Quindi l'Amministrazione è tenuta a
valutare se ed in quale misura l'opera in questione venga
effettivamente a concretizzare una lesione per il vincolo
cimiteriale di inedificabilità e, più in particolare, se le
opere da sanare possano aggravare il peso insediativo
dell'area con la realizzazione di volumi edilizi tali da
considerarsi nuove costruzioni”;
2) TAR Umbria, Perugia, sentenza n. 534/2002, secondo cui
“Il vincolo cimiteriale consiste e si esaurisce
nell'impedire che il suolo gravato venga direttamente
edificato, ma, una volta osservato questo divieto, non
impedisce che venga utilizzato in conformità alla
destinazione urbanistica di zona: ad es., dandosene il caso,
come area scoperta pertinenziale ad un fabbricato realizzato
nella residua parte del lotto, e utile ai fini del calcolo
della volumetria complessivamente realizzabile sul lotto
stesso.
Allo stesso modo, la destinazione urbanistica
edificatoria non esclude che talune porzioni del lotto siano inedificabili per effetto delle regole in materia di
distanze tra fabbricati; mentre, per converso, l'inedificabilità
de facto di quelle porzioni non esclude che la volumetria
astrattamente loro spettante sia utilizzata nella residua
parte del lotto”.
Orientamenti giurisprudenziali dai quali si ricava, in
combinato disposto, il principio per cui un terreno soggetto
a vincolo di inedificabilità assoluta, perché soggetto a
fascia cimiteriale, può comunque astrattamente cedere la
relativa cubatura purché l’immobile destinatario del
beneficio sia compatibile con le finalità sottese al stesso
vincolo, ossia “garantire la futura espansione del cimitero;
garantire il decoro di un luogo di culto; assicurare una
cintura sanitaria attorno a luoghi per loro natura
insalubri”.
Nel caso di specie, quindi, non coinvolgendo l’abuso tutto
l’edificio ma essendo piuttosto risultata abusiva solo la
maggiore ampiezza accertata rispetto alla originaria
concessione, l’amministrazione avrebbe dovuto, sul piano
procedimentale, sia coinvolgere l’interessato in sede di
preavviso di rigetto dell’istanza di sanatoria, di cui al
citato art. 10-bis; sia dare conto funditus delle ragioni
motivazionali ostative al rilascio del citato provvedimento,
esponendo il perché della ritenuta incompatibilità tra la
maggiore volumetria e le rationes del vincolo cimiteriale,
eventualmente tali da non consentire, in concreto, alcuna
cessione di cubatura.
Il primo vulnus procedimentale ha ovviamente comportato,
come è noto, una carenza del provvedimento di rigetto anche
riguardo il secondo dei citati profili.
In definitiva, quindi, entrambi i ricorsi devono essere
accolti perché fondati (TAR Sicilia-Catania, Sez. II,
sentenza 28.09.2018 n. 1826 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
anno
2017 |
|
EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: Oggetto:
Parere in merito all'interpretazione dell'art. 338 del R.D. 1265/1934 con
riferimento alla possibilità di ampliare un cimitero comunale - Città
metropolitana di Roma Capitale
(Regione Lazio,
nota 28.11.2017 n. 604910 di prot.). |
anno
2016 |
|
LAVORI PUBBLICI:
Parere in merito all'interpretazione dell'art. 338, comma
5, del R.D. 1265/1934 con riferimento alla realizzazione di
un'opera pubblica ad una distanza inferiore ai 50 metri dal
cimitero - Città metropolitana di Roma Capitale (Regione
Lazio,
parere 05.04.2016 n. 176096 di prot.). |
anno
2015 |
|
EDILIZIA PRIVATA:
La giurisprudenza più recente ha chiarito che
l'art. 338 R.D. cit. vieta l'edificazione, nella fascia di
duecento metri dal muro di cinta dei cimiteri, di manufatti
che possono essere qualificati come costruzioni edilizie: ha
quindi ritenuto che l'installazione di un impianto di
telefonia mobile che -per le proprie caratteristiche- non
può in alcun modo essere classificato come un manufatto
edilizio non è incompatibile con il vincolo cimiteriale
(nella specie si trattava di un'antenna staffata sul muro
del cimitero e non di una costruzione edificata sul terreno
ricadente nella fascia di rispetto).
Detta decisione –pur non essendo riferibile ad una
fattispecie concreta identica, perché nel caso di specie si
controverte sulla realizzazione di una stazione radio base
sulla fascia di rispetto cimiteriale e non sulla semplice
collocazione dell’antenna sul muro perimetrale del cimitero–
nondimeno contiene una precisazione importante: sussiste il
vincolo di inedificabilità solo in presenza di “edifici” e
cioè solo quando vengono realizzate delle vere e proprie
costruzioni.
Gli impianti di telefonia mobile non possono essere
assimilati alle normali costruzioni edilizie in quanto
normalmente non sviluppano volumetria o cubatura, non
determinano ingombro visivo paragonabile a quello delle
costruzioni, non hanno un impatto sul territorio
paragonabile a quello degli edifici in cemento armato o
muratura.
Il concetto di edificio è nettamente caratterizzato sia in
architettura che nel diritto urbanistico: un palo di
sostegno e le attrezzature installate su di esso non
presentano –evidentemente– la stessa natura.
Inoltre, come ha correttamente rilevato la giurisprudenza
più recente di primo grado, le stazioni radio base, sono
opere di urbanizzazione primaria, compatibili con qualsiasi
zonizzazione prevista dagli strumenti urbanistici vigenti, e
dunque possono essere installate anche in zona di rispetto
cimiteriale, tenuto anche conto che non ledono gli interessi
dei quali il vincolo di inedificabilità persegue la tutela.
Gli impianti di telefonia mobile, infatti, –assimilabili ai
tralicci dell’energia elettrica– non arrecano alcun danno al
decoro e alla tranquillità dei defunti; non creano problemi
di ordine sanitario e, nel caso di specie, nel quale
l’impianto è collocato oltre la strada che costeggia il muro
perimetrale del cimitero, non incidono neppure sulla
possibilità di ampliamento del cimitero.
Correttamente, quindi, la legislazione regionale richiamata
dalle appellanti (L.R. Lombardia n. 11/2001 art. 7,
regolamento regionale 6/2004 e la circolare regionale
12.03.2007 n. 9) partendo dalla qualifica contenuta
nell’art. 86 del codice delle comunicazioni elettroniche,
secondo cui detti impianti costituiscono opere di
urbanizzazione primaria, specificano che è possibile
realizzarli nella fascia di rispetto cimiteriale.
---------------
La natura di opere di urbanizzazione primaria consente di
prescindere dalla zonizzazione recata dal P.R.G., potendo
gli impianti di telecomunicazione per la telefonia mobile
essere realizzati in qualunque zona del territorio comunale.
La giurisprudenza è univoca: “A norma dell’art. 86, c. 3,
del D.Lgs. n. 259 del 2003 relativa alla localizzazione di
infrastrutture di telecomunicazioni, è possibile prescindere
dalla destinazione urbanistica del sito individuato per la
loro installazione in quanto le infrastrutture di reti
pubbliche di telecomunicazioni, di cui agli art. 87 e 88,
sono assimilate ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione
primaria di cui all’art. 16, comma 7, del D.P.R. 06.06.2001
n. 380. Ne deriva anche alla luce dell’art. 4, comma 7,
della L.R. n. 11 del 2001 che gli impianti radiobase di
telefonia mobile di potenza totale non superiore a 300 watt
non richiedono specifica regolamentazione urbanistica".
---------------
Passando all’esame del merito, è necessario richiamare
innanzitutto la norma dell’art. 388, comma 1, del R.D. n.
27/07/1934 n. 1265 secondo cui “I cimiteri devono essere
collocati alla distanza di almeno 200 metri dal centro
abitato. E’ vietato costruire intorno ai cimiteri nuovi
edifici entro il raggio di 200 metri dal perimetro
dell’impianto cimiteriale, quale risultante dagli strumenti
urbanistici vigenti nel comune o, in difetto di essi,
comunque quale esistente in fatto, salve le deroghe ed
eccezioni previste dalla legge”.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza
sussiste –in base a detta disposizione– il vincolo di inedificabilità assoluta nella fascia di rispetto del
cimitero: il vincolo ex lege può essere rimosso solo per
considerazioni di interesse pubblico, in presenza delle
condizioni specificate nell'art. 338, quarto comma; ma non
per interessi privati, come ad esempio per legittimare ex
post realizzazioni edilizie abusive di privati, o comunque
interventi edilizi futuri, su un'area a tal fine
indisponibile per ragioni di ordine igienico-sanitario,
nonché per la sacralità dei luoghi di sepoltura, salve
ulteriori esigenze di mantenimento di un'area di possibile
espansione della cinta cimiteriale (cfr., tra le tante,
Cons. Stato, sez. VI, 27.07.2015 n. 3667)
E’ stato quindi precisato in giurisprudenza che il vincolo
cimiteriale, che comporta l’inedificabilità assoluta, non
consente in alcun modo l’allocazione di edifici, anche non
aventi natura residenziale, in ragione dei molteplici
interessi pubblici che tale fascia di rispetto intende
tutelare, e che possono enuclearsi nelle esigenze di natura
igienico-sanitaria, nella salvaguardia della peculiare
sacralità dei luoghi destinati alla sepoltura e nel
mantenimento di un'area di possibile espansione della cinta
cimiteriale (TAR Puglia, Lecce, sez. III, 04/07/2015 n.
2245; TAR Sicilia, Palermo, Sez. I, 03/03/2015 n. 575).
Facendo applicazione di detti principi la sentenza appellata
ha annullato le autorizzazioni impugnate.
Secondo il primo giudice, infatti, il vincolo di
inedificabilità assoluta gravante sulla fascia di rispetto
del cimitero per espressa previsione normativa, impedisce la
realizzazione di qualunque manufatto, anche ad uso diverso
da quello abitativo, e trattandosi di vincolo imposto ex lege in via astratta, prescinde da qualunque valutazione in
merito alla specifica conformazione della costruzione che si
intende realizzare in prossimità del cimitero: sulla base di
detti presupposti ha ritenuto che non potesse costruirsi
neppure un traliccio di telecomunicazioni –struttura
impattante– “non più rispettoso della pietas nei confronti
dei defunti di quanto non lo sia una abitazione di
residenza”.
Le affermazioni del primo giudice non possono essere
condivise.
La giurisprudenza più recente ha chiarito che l'art. 338
R.D. cit. vieta l'edificazione, nella fascia di duecento
metri dal muro di cinta dei cimiteri, di manufatti che
possono essere qualificati come costruzioni edilizie (Cons.
Stato Sez. V 14.09.2010 n. 6671): ha quindi ritenuto
che l'installazione di un impianto di telefonia mobile che -per le proprie caratteristiche- non può in alcun modo
essere classificato come un manufatto edilizio non è
incompatibile con il vincolo cimiteriale (nella specie si
trattava di un'antenna staffata sul muro del cimitero e non
di una costruzione edificata sul terreno ricadente nella
fascia di rispetto) (Cons. Stato sez. III 25/11/2014 n.
5837).
Detta decisione –pur non essendo riferibile ad una
fattispecie concreta identica, perché nel caso di specie si
controverte sulla realizzazione di una stazione radio base
sulla fascia di rispetto cimiteriale e non sulla semplice
collocazione dell’antenna sul muro perimetrale del cimitero– nondimeno contiene una precisazione importante: sussiste
il vincolo di inedificabilità solo in presenza di “edifici”
e cioè solo quando vengono realizzate delle vere e proprie
costruzioni.
Gli impianti di telefonia mobile non possono essere
assimilati alle normali costruzioni edilizie in quanto
normalmente non sviluppano volumetria o cubatura, non
determinano ingombro visivo paragonabile a quello delle
costruzioni, non hanno un impatto sul territorio
paragonabile a quello degli edifici in cemento armato o
muratura (TAR Puglia Sez. I Lecce 08/04/2015 n. 1120).
Il concetto di edificio, come ha correttamente rilevato la
difesa delle appellanti, è nettamente caratterizzato sia in
architettura che nel diritto urbanistico: un palo di
sostegno e le attrezzature installate su di esso non
presentano –evidentemente– la stessa natura (cfr. Cons.
Stato, Sez. VI, 17/10/2008 n. 5044).
Inoltre, come ha correttamente rilevato la giurisprudenza
più recente di primo grado, le stazioni radio base, sono
opere di urbanizzazione primaria, compatibili con qualsiasi
zonizzazione prevista dagli strumenti urbanistici vigenti, e
dunque possono essere installate anche in zona di rispetto
cimiteriale (cfr. TAR Calabria, Catanzaro, Sez. I, 21/02/2014
n. 311; TAR Campania, Napoli, Sez. VII, 25/10/2012 n. 4223;
TAR Lazio Sez. II-bis 14/05/2007 n. 4367), tenuto anche
conto che non ledono gli interessi dei quali il vincolo di inedificabilità persegue la tutela.
Gli impianti di telefonia mobile, infatti, –assimilabili ai
tralicci dell’energia elettrica– non arrecano alcun danno
al decoro e alla tranquillità dei defunti; non creano
problemi di ordine sanitario e, nel caso di specie, nel
quale l’impianto è collocato oltre la strada che costeggia
il muro perimetrale del cimitero, non incidono neppure sulla
possibilità di ampliamento del cimitero.
Correttamente, quindi, la legislazione regionale richiamata
dalle appellanti (L.R. Lombardia n. 11/2001 art. 7,
regolamento regionale 6/2004 e la circolare regionale 12.03.2007 n. 9) partendo dalla qualifica contenuta
nell’art. 86 del codice delle comunicazioni elettroniche,
secondo cui detti impianti costituiscono opere di
urbanizzazione primaria, specificano che è possibile
realizzarli nella fascia di rispetto cimiteriale.
Non convince la tesi dell’appellato secondo cui anche per la
realizzazione di detti impianti sarebbe necessario ricorrere
al procedimento previsto dall’art. 388, c. 5, del R.D. 27/07/1934
n. 1265, in quanto –come già precisato– non si tratta di
“edifici”, ma di semplici opere di urbanizzazione primaria
riconducibili a tralicci per l’energia elettrica.
Infine, la natura di opere di urbanizzazione primaria
consente di prescindere dalla zonizzazione recata dal
P.R.G., potendo gli impianti di telecomunicazione per la
telefonia mobile essere realizzati in qualunque zona del
territorio comunale.
La giurisprudenza è univoca: “A norma dell’art. 86, c. 3, del D.Lgs. n. 259 del 2003 relativa alla localizzazione di
infrastrutture di telecomunicazioni, è possibile prescindere
dalla destinazione urbanistica del sito individuato per la
loro installazione in quanto le infrastrutture di reti
pubbliche di telecomunicazioni, di cui agli art. 87 e 88,
sono assimilate ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione
primaria di cui all’art. 16, comma 7, del D.P.R. 06.06.2001
n. 380. Ne deriva anche alla luce dell’art. 4, comma 7, della L.R. n. 11 del 2001 che gli impianti radiobase di telefonia
mobile di potenza totale non superiore a 300 watt non
richiedono specifica regolamentazione urbanistica" (cfr.,
tra le tante, TAR Lombardia Sez. II 02/03/2012 n. 351).
Alla stregua delle suesposte considerazioni, gli appelli
devono essere accolti con riforma della sentenza di primo
grado (Consiglio di Stato,
Sez. III,
sentenza 17.11.2015 n. 5257 -
link a www.giustizia-amministratva.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Il vincolo cimiteriale determina una situazione
di inedificabilità ex lege, suscettibile di venire rimossa
solo in ipotesi eccezionali e comunque solo per
considerazioni di interesse pubblico, in presenza delle
condizioni specificate nell'art. 338, quarto comma; ma non
per interessi privati, come ad esempio per legittimare ex
post realizzazioni edilizie abusive di privati, o comunque
interventi edilizi futuri, su un’area a tal fine
indisponibile per ragioni di ordine igienico-sanitario,
nonché per la sacralità dei luoghi di sepoltura, salve
ulteriori esigenze di mantenimento di un'area di possibile
espansione della cinta cimiteriale.
Pertanto, il procedimento attivabile dai singoli proprietari
all'interno della fascia di rispetto è in ogni caso soltanto
quello finalizzato agli interventi di cui all’articolo 338,
settimo comma, del citato Testo unico (recupero o cambio di
destinazione d'uso di edificazioni preesistenti); mentre
resta attivabile nel solo interesse pubblico -per i motivi
anzidetti- la procedura di riduzione della fascia
inedificabile in questione.
4.3.1. Ebbene,
fermo restando quanto appena osservato, si osserva comunque
che il motivo dinanzi richiamato sub iii) (si tratta del
motivo di diniego opposto dal Comune in relazione al vincolo
cimiteriale insistente sull’area) non può comunque trovare
accoglimento.
In punto di fatto si osserva che è pacifica l’esistenza su
una parte del compendio per cui è causa di un vincolo
cimiteriale ai sensi dell’articolo 338 del regio decreto n.
27.07.1034, n. 1265 (c.d. ‘Testo unico delle leggi
sanitarie’).
Risulta in atti che le iniziative attivate dall’odierno
appellante al fine di ottenere una nuova e diversa
perimetrazione della richiamata fascia di rispetto sino al
limite minimo dei 50 metri siano state respinte sia dal
TAR della Lombardia (sentenza n. 2035 del 2013), sia da
questo Consiglio di Stato (sentenza n. 1317/2014).
Ai fini della presente decisione appare dirimente richiamare
quanto già stabilito dalla Sezione con la sentenza da ultimo
richiamata.
Si è in tale occasione ribadito che, per consolidata
giurisprudenza, il vincolo cimiteriale determina una
situazione di inedificabilità ex lege, suscettibile di
venire rimossa solo in ipotesi eccezionali e comunque solo
per considerazioni di interesse pubblico, in presenza delle
condizioni specificate nell'art. 338, quarto comma; ma non
per interessi privati, come ad esempio per legittimare ex
post realizzazioni edilizie abusive di privati, o comunque
interventi edilizi futuri, su un’area a tal fine
indisponibile per ragioni di ordine igienico-sanitario,
nonché per la sacralità dei luoghi di sepoltura, salve
ulteriori esigenze di mantenimento di un'area di possibile
espansione della cinta cimiteriale (cfr. Cass., I, 23.06.2004, n. 11669; Cons. Stato, IV, 11.10.2006, n. 6064;
id., V, 29.03.2006, n. 1593; 03.05.2007, n. 1934 e 14.09.2010, n. 6671).
Pertanto, il procedimento attivabile dai singoli proprietari
all'interno della fascia di rispetto è in ogni caso soltanto
quello finalizzato agli interventi di cui all’articolo 338,
settimo comma, del citato Testo unico (recupero o cambio di
destinazione d'uso di edificazioni preesistenti); mentre
resta attivabile nel solo interesse pubblico -per i motivi
anzidetti- la procedura di riduzione della fascia
inedificabile in questione.
Non può, quindi, essere condivisa la tesi dell’appellante
secondo cui nelle aree sottoposte a vincolo cimiteriale
sarebbero in ogni caso ammessi gli interventi di edilizia
c.d. ‘libera’, ostandovi –anche in questo caso– la
previsione di cui al comma 1 dell’articolo 6 del d.P.R. 380
del 2001 il quale fa in ogni caso salve le preclusioni
rinvenienti “[da] altre normative di settore aventi
incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia (…)”
(Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 27.07.2015 n. 3667 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Ai
sensi dell’art. 338 del t.u delle leggi sanitarie del 1934,
i cimiteri devono essere collocati alla distanza di almeno
200 metri dal centro abitato. E' vietato costruire intorno
ai cimiteri nuovi edifici entro il raggio di 200 metri dal
perimetro dell'impianto cimiteriale, quale risultante dagli
strumenti urbanistici vigenti nel comune o, in difetto di
essi, comunque quale esistente in fatto, salve le deroghe ed
eccezioni previste dalla legge. In base al secondo comma le
disposizioni di cui al comma precedente non si applicano ai
cimiteri militari di guerra quando siano trascorsi 10 anni
dal seppellimento dell'ultima salma.
L’art. 338 del T.U. del 1934, secondo la giurisprudenza
costituisce una norma che si impone alla pianificazione
comunale anche modificandola ex lege se non abbia recepito
le disposizioni legislative. Il vincolo cimiteriale,
espresso dall'art. 338 del r.d. 27.07.1934, n. 1265 ha
natura assoluta e si impone, in quanto limite legale, anche
alle eventuali diverse e contrastanti previsioni degli
strumenti urbanistici, in relazione alle sue finalità di
tutela di preminenti esigenze igienicosanitarie,
salvaguardia della sacralità dei luoghi di sepoltura,
conservazione di adeguata area di espansione della cinta
cimiteriale.
Anche la previsione del secondo comma dell’art. 338,
relativa ai cimiteri di guerra, ha la medesima natura,
pertanto, si deve ritenere che anche tale vincolo si imponga
all’Amministrazione comunale ex lege, indipendentemente
dalle previsioni contrarie del piano; peraltro tale vincolo
ex lege cessa, in base alla espressa previsione normativa,
dopo dieci anni dall’ultima sepoltura.
Ritiene il Collegio, conformemente a quanto di recente
affermato dal Tar Veneto, rispetto al vincolo cimiteriale
relativo al Comune di Costermano, che qualora
l’amministrazione comunale abbia recepito nelle proprie
norme di piano il vincolo cimiteriale questo derivi anche da
tali disposizioni comunali. “Il vincolo, in tal caso, trova
la propria autonoma fonte normativa, infatti, nelle
previsioni dello strumento urbanistico comunale relative
alle aree interessate dall’intervento edilizio. La
limitazione temporale relativa alle aree limitrofe ai
cimiteri militari di guerra del vincolo cimiteriale,
prevista dall’art. 338 R.D. n. 1265/1934, non priva,
infatti, i Comuni del potere di individuare delle fasce di
rispetto anche a tutela della sacralità dei cimiteri
militari di guerra”.
Nel caso di specie, il vincolo è contenuto, nelle norme di
piano regolatore del Comune di Pomezia, sia in forza del
richiamo operato dalle norme tecniche di attuazione al T.U.
del 1934 sia nelle tavole di piano. Ne deriva che tale
vincolo può cessare solo a seguito di una variante del piano
regolatore, rispetto alla quale l’amministrazione comunale
non sarebbe vincolata al rispetto del vincolo cimiteriale ai
sensi del secondo comma dell’art. 338, ma, nell’esercizio
della propria discrezionalità, potrebbe anche destinare
l’area ad usi comunque compatibili con la presenza del
cimitero di guerra, rilevante non più sotto il profilo
igienico sanitario, ma di rispetto della sacralità del luogo
o del monumento storico.
---------------
Non rilevano nel caso di specie le diposizioni dei commi
successivi dell’art. 338, citate dalla difesa ricorrente.
Infatti, le ipotesi disciplinate da tali disposizioni, nel
testo modificato dalla legge n. 166 del 2002, riguardano i
casi in cui il Consiglio comunale può ridurre la fascia di
rispetto cimiteriale. In particolare, in base a tali
disposizioni, il consiglio comunale può approvare, previo
parere favorevole della competente azienda sanitaria locale,
la costruzione di nuovi cimiteri o l'ampliamento di quelli
già esistenti ad una distanza inferiore a 200 metri dal
centro abitato, purché non oltre il limite di 50 metri,
quando ricorrano, anche alternativamente, le seguenti
condizioni:
a) risulti accertato dal medesimo consiglio comunale che,
per particolari condizioni locali, non sia possibile
provvedere altrimenti;
b) l'impianto cimiteriale sia separato dal centro urbano da
strade pubbliche almeno di livello comunale, sulla base
della classificazione prevista ai sensi della legislazione
vigente, o da fiumi, laghi o dislivelli naturali rilevanti,
ovvero da ponti o da impianti ferroviari.
Inoltre, per dare esecuzione ad un'opera pubblica o
all'attuazione di un intervento urbanistico, purché non vi
ostino ragioni igienico-sanitarie, il consiglio comunale può
consentire, previo parere favorevole della competente
azienda sanitaria locale, la riduzione della zona di
rispetto tenendo conto degli elementi ambientali di pregio
dell'area, autorizzando l'ampliamento di edifici
preesistenti o la costruzione di nuovi edifici. La riduzione
di cui al periodo precedente si applica con identica
procedura anche per la realizzazione di parchi, giardini e
annessi, parcheggi pubblici e privati, attrezzature
sportive, locali tecnici e serre.
Secondo la costante giurisprudenza, tale eccezionale potere
comunale può essere adoperato in maniera legittima solo per
ragioni di interesse pubblico, “non anche per agevolare
singoli proprietari, che abbiano effettuato abusivamente, o
intendano effettuare, interventi edilizi su un'area, resa a
tal fine indisponibile per ragioni di ordine
igienico-sanitario, nonché per la peculiare sacralità dei
luoghi destinati alla sepoltura, senza esclusione di
ulteriori esigenze di mantenimento di un'area di possibile
espansione della cinta cimiteriale. L'unico procedimento,
attivabile dai singoli proprietari all'interno della fascia
di rispetto, pertanto, è quello finalizzato agli interventi
di cui all'art. 338, comma 7, dello stesso r.d. n. 1265/1934
(recupero o cambio di destinazione d'uso di edificazioni
preesistenti), restando attivabile solo d'ufficio -per i
motivi anzidetti- la procedura di riduzione della fascia
inedificabile in questione”.
Con il presente ricorso è stato impugnato il provvedimento
del dirigente del settore lavori pubblici ed urbanistica del
Comune di Pomezia del 27.10.2014, con il quale è stato
negato il permesso di costruire per la realizzazione di un
distributore di carburanti con locali commerciali annessi,
richiesto dalla società ricorrente il 13.05.2013, in
relazione alla esistenza, in base al piano regolatore
generale, nell’area interessata della fascia di rispetto
cimiteriale relativa al cimitero militare germanico.
...
Ritiene il Collegio di poter prescindere dall’accertamento
della effettiva data di ultima sepoltura nel cimitero
tedesco, in relazione alla natura del vincolo cimiteriale
sull’area interessata.
Ai sensi dell’art. 338 del t.u delle leggi sanitarie del
1934, i cimiteri devono essere collocati alla distanza di
almeno 200 metri dal centro abitato. E' vietato costruire
intorno ai cimiteri nuovi edifici entro il raggio di 200
metri dal perimetro dell'impianto cimiteriale, quale
risultante dagli strumenti urbanistici vigenti nel comune o,
in difetto di essi, comunque quale esistente in fatto, salve
le deroghe ed eccezioni previste dalla legge. In base al
secondo comma le disposizioni di cui al comma precedente non
si applicano ai cimiteri militari di guerra quando siano
trascorsi 10 anni dal seppellimento dell'ultima salma.
L’art. 338 del T.U. del 1934, secondo la giurisprudenza
costituisce una norma che si impone alla pianificazione
comunale anche modificandola ex lege se non abbia
recepito le disposizioni legislative. Il vincolo
cimiteriale, espresso dall'art. 338 del r.d. 27.07.1934, n.
1265 ha natura assoluta e si impone, in quanto limite
legale, anche alle eventuali diverse e contrastanti
previsioni degli strumenti urbanistici, in relazione alle
sue finalità di tutela di preminenti esigenze
igienicosanitarie, salvaguardia della sacralità dei luoghi
di sepoltura, conservazione di adeguata area di espansione
della cinta cimiteriale (Consiglio di Stato n. 2405 del
2014; Consiglio di Stato n. 5571 del 2013; Consiglio di
Stato n. 4403 del 2011).
Anche la previsione del secondo comma dell’art. 338,
relativa ai cimiteri di guerra, ha la medesima natura,
pertanto, si deve ritenere che anche tale vincolo si imponga
all’Amministrazione comunale ex lege,
indipendentemente dalle previsioni contrarie del piano;
peraltro tale vincolo ex lege cessa, in base alla
espressa previsione normativa, dopo dieci anni dall’ultima
sepoltura.
Ritiene il Collegio, conformemente a quanto di recente
affermato dal Tar Veneto, rispetto al vincolo cimiteriale
relativo al Comune di Costermano, che qualora
l’amministrazione comunale abbia recepito nelle proprie
norme di piano il vincolo cimiteriale questo derivi anche da
tali disposizioni comunali. “Il vincolo, in tal caso,
trova la propria autonoma fonte normativa, infatti, nelle
previsioni dello strumento urbanistico comunale relative
alle aree interessate dall’intervento edilizio. La
limitazione temporale relativa alle aree limitrofe ai
cimiteri militari di guerra del vincolo cimiteriale,
prevista dall’art. 338 R.D. n. 1265/1934, non priva,
infatti, i Comuni del potere di individuare delle fasce di
rispetto anche a tutela della sacralità dei cimiteri
militari di guerra” (Tar Veneto n. 87 del 2015).
Nel caso di specie, il vincolo è contenuto, nelle norme di
piano regolatore del Comune di Pomezia, sia in forza del
richiamo operato dalle norme tecniche di attuazione al T.U.
del 1934 sia nelle tavole di piano. Ne deriva che tale
vincolo può cessare solo a seguito di una variante del piano
regolatore, rispetto alla quale l’amministrazione comunale
non sarebbe vincolata al rispetto del vincolo cimiteriale ai
sensi del secondo comma dell’art. 338, ma, nell’esercizio
della propria discrezionalità, potrebbe anche destinare
l’area ad usi comunque compatibili con la presenza del
cimitero di guerra, rilevante non più sotto il profilo
igienico sanitario, ma di rispetto della sacralità del luogo
o del monumento storico.
Il provvedimento comunale, basato, quindi, sull’esistenza
della fascia di rispetto cimiteriale nella pianificazione
comunale deve dunque ritenersi legittimo.
Non rilevano, invece, nel caso di specie, le diposizioni dei
commi successivi dell’art. 338, citate dalla difesa
ricorrente. Infatti, le ipotesi disciplinate da tali
disposizioni, nel testo modificato dalla legge n. 166 del
2002, riguardano i casi in cui il Consiglio comunale può
ridurre la fascia di rispetto cimiteriale. In particolare,
in base a tali disposizioni, il consiglio comunale può
approvare, previo parere favorevole della competente azienda
sanitaria locale, la costruzione di nuovi cimiteri o
l'ampliamento di quelli già esistenti ad una distanza
inferiore a 200 metri dal centro abitato, purché non oltre
il limite di 50 metri, quando ricorrano, anche
alternativamente, le seguenti condizioni:
a) risulti accertato dal medesimo consiglio comunale che,
per particolari condizioni locali, non sia possibile
provvedere altrimenti;
b) l'impianto cimiteriale sia separato dal centro urbano da
strade pubbliche almeno di livello comunale, sulla base
della classificazione prevista ai sensi della legislazione
vigente, o da fiumi, laghi o dislivelli naturali rilevanti,
ovvero da ponti o da impianti ferroviari.
Inoltre, per dare esecuzione ad un'opera pubblica o
all'attuazione di un intervento urbanistico, purché non vi
ostino ragioni igienico-sanitarie, il consiglio comunale può
consentire, previo parere favorevole della competente
azienda sanitaria locale, la riduzione della zona di
rispetto tenendo conto degli elementi ambientali di pregio
dell'area, autorizzando l'ampliamento di edifici
preesistenti o la costruzione di nuovi edifici. La riduzione
di cui al periodo precedente si applica con identica
procedura anche per la realizzazione di parchi, giardini e
annessi, parcheggi pubblici e privati, attrezzature
sportive, locali tecnici e serre.
Secondo la costante giurisprudenza, tale eccezionale potere
comunale può essere adoperato in maniera legittima solo per
ragioni di interesse pubblico, “non anche per agevolare
singoli proprietari, che abbiano effettuato abusivamente, o
intendano effettuare, interventi edilizi su un'area, resa a
tal fine indisponibile per ragioni di ordine
igienico-sanitario, nonché per la peculiare sacralità dei
luoghi destinati alla sepoltura, senza esclusione di
ulteriori esigenze di mantenimento di un'area di possibile
espansione della cinta cimiteriale. L'unico procedimento,
attivabile dai singoli proprietari all'interno della fascia
di rispetto, pertanto, è quello finalizzato agli interventi
di cui all'art. 338, comma 7, dello stesso r.d. n. 1265/1934
(recupero o cambio di destinazione d'uso di edificazioni
preesistenti), restando attivabile solo d'ufficio -per i
motivi anzidetti- la procedura di riduzione della fascia
inedificabile in questione” (Consiglio di Stato n. 3410
del 2014).
Sostiene poi la difesa ricorrente la violazione dell’art.
10-bis della legge n. 241 del 1990, in quanto nel
provvedimento impugnato si fa riferimento ad un preavviso di
rigetto inviato il 18.03.2014 ed alla mancata presentazione
delle osservazioni, mentre queste sarebbero state presentate
il 04.04.2014. Tale censura non può essere accolta.
In primo luogo, come è noto, la costante giurisprudenza, a
cui il Collegio ritiene di aderire, afferma che la
violazione dell'art. 10-bis della legge generale sul
procedimento non produce ex se la invalidità del
provvedimento finale, dovendo la disposizione di preavviso
di rigetto essere interpretata alla luce dell'art. 21-octies
della legge n. 241/1990, per cui occorre valutare il
contenuto sostanziale della determinazione conclusiva,
allorché questa risulti non incisa dal vizio formale
(Consiglio di Stato n. 4448 del 2013).
Nel caso di specie,
il diniego è basato sulla inedificabilità derivante dalla
fascia di rispetto cimiteriale, che, fino ad una modifica
del p.r.g. da parte del Consiglio Comunale, non assegna
alcuna discrezionalità degli uffici del Comune.
Inoltre, nel caso di specie, risulta che dalla data di invio
del preavviso di rigetto, 18.03.2014, a quella di adozione
del provvedimento finale, 27.10.2014, vi sia stata la
presentazione di documentazione integrativa, il 04.04.2014
ed il 24.04.2014, nonché colloqui intercorsi con il
dirigente della sezione urbanistica (cfr. nota indirizzata
del 28.04.2014 indirizzata al Comune di Pomezia).
Infine, il
procedimento concluso con il provvedimento impugnato è
successivo ad un ulteriore procedimento relativo
all’annullamento in autotutela, con provvedimento del
26.04.2013, di un precedente permesso di costruire
rilasciato il 18.01.2013, procedimento in cui era stata già
assicurata la partecipazione della società ricorrente. Anche
sotto tale profilo deve dunque ritenersi infondata la
censura relativa alla violazione dell’art. 10-bis della
legge n. 241 del 1990.
Quanto al censurato difetto di motivazione, nel
provvedimento impugnato deve ritenersi sufficiente il
richiamo al vincolo cimiteriale derivante dal p.r.g., che
comporta un vincolo assoluto di inedificabilità (cfr.
Consiglio di Stato n. 3410 del 2014).
Il ricorso è pertanto infondato e deve essere respinto
(TAR Lazio-Roma, Sez. II-quater,
sentenza 12.05.2015 n. 6896 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Il
vincolo cimiteriale è perpetuo, ai sensi dell'art. 338 del
Testo unico. 27.07.1934 n. 1265, e la sua reiterazione nel
piano regolatore generale (peraltro ricognitiva) non dà
luogo a indennizzo, anche perché non integra un vincolo
preordinato all'esproprio, bensì un vincolo di natura
“conformativa” discendente ex lege per ragioni soprattutto
di tutela dell'igiene e della sicurezza pubblica.
Considerato.
La Sezione osserva sul piano generale che la giurisprudenza
amministrativa si è ripetutamente espressa nel senso che il
vincolo cimiteriale è perpetuo, ai sensi dell'art. 338 del
Testo unico. 27.07.1934 n. 1265, e che la sua reiterazione
nel piano regolatore generale (peraltro ricognitiva) non dà
luogo a indennizzo (ex multis, C.G.A. Reg. Sicilia -
sez. giurisdizionale, 08.10.2007, n. 929), anche perché non
integra un vincolo preordinato all'esproprio, bensì un
vincolo di natura “conformativa” discendente ex
lege per ragioni soprattutto di tutela dell'igiene e
della sicurezza pubblica.
Nel caso di specie, il PGT si limita a recepire le
previsioni del vigente piano regolatore cimiteriale, sia
nella parte che classifica come G1 (zone cimiteriali) la
porzione di vigneto ricadente nella fascia di rispetto
cimiteriale, sia nella parte in cui individua come possibile
zona di espansione dell’attuale cimitero l’area ove ricade
il vigneto in questione.
Ne consegue che l’eventuale lesività delle suddette
previsioni non discende, come sostengono i ricorrenti, dal
PGT bensì dal piano regolatore cimiteriale divenuto
inoppugnabile
(Consiglio di Stato, Sez. I,
parere 18.03.2015 n. 821 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: La
salvaguardia dell'area di rispetto cimiteriale di 200 metri
prevista dall'art. 338 del R.D. 27.07.1934, n. 1265 (testo
unico delle leggi sanitarie), cioè il c.d. “vincolo
cimiteriale”, comporta un vincolo assoluto di
inedificabilità, in considerazione dei molteplici interessi
pubblici tutelati (quali le esigenze di natura
igienico-sanitaria, la peculiare sacralità dei luoghi
destinati all'inumazione e alla sepoltura, il mantenimento
di un'area di possibile espansione della cinta cimiteriale;
in tal senso, Cons. Stato, sez. IV, 20.07.2011, n. 4403,
secondo cui la fascia di rispetto cimiteriale prevista dal
citato art. 338 del T.U. delle leggi sanitarie, da misurare
a partire dal muro di cinta del cimitero, costituisce un
vincolo assoluto di inedificabilità -tale da imporsi anche
rispetto a contrastanti previsioni di P.R.G.- che non
consente in alcun modo l'allocazione sia di edifici sia di
opere incompatibili col vincolo medesimo).
Da tale effetto di inedificabilità assoluta e legale
discende che le amministrazioni comunali non dispongono di
alcun potere discrezionale di valutazione in ordine alla
concreta compatibilità delle opere di volta in volta
realizzate con i valori tutelati dal vincolo.
Inoltre non incide sulla legittimità del provvedimento
impugnato quanto riferito genericamente dal ricorrente
riguardo all’avvenuto rilascio di provvedimenti concessori
per altri immobili (del pari ricadenti nella medesima area
di rispetto cimiteriale), posto che l’eventuale
illegittimità di detti assensi non potrebbe giustificare
l’annullamento di un diniego legittimo (Cons. Stato, sez. VI,
30.06.2011, n. 3894, secondo cui la legittimità dell'operato
della Pubblica amministrazione non può comunque essere
inficiata dall'eventuale illegittimità compiuta in altra
situazione).
---------------
In base all’art. 28 della L. n. 166/2002 il divieto di
inedificabilità assoluta vigente nell'area di rispetto
cimiteriale (200 m.) può essere derogato soltanto per
realizzare un'opera pubblica o per attuare un intervento
urbanistico e sempre che non vi ostino ragioni
igienico-sanitarie: nella fattispecie, tuttavia, le opere
realizzate non rientrano in alcuna delle categorie in
relazione alle quali la legge ammette una possibilità di
deroga al divieto e, comunque, la riduzione della fascia di
rispetto, sebbene possa riguardare anche gli ampliamenti, è
espressione di discrezionalità urbanistica dell’ente civico
il cui esercizio non è oggetto di un obbligo.
---------------
Il vincolo di rispetto della fascia cimiteriale, in quanto
previsto dalla legge (art. 338 del T.U. 27.07.1934 n. 1265,
come modificato dalla legge 04.12.1956 n. 1428, e dalla
legge 17.10.1957 n. 983 , nonché art. 57 del D.P.R.
21.10.1975 n. 803), incide sull'edificabilità dei suoli in
modo generale ed obiettivo, nei confronti di tutti i
proprietari di determinati beni. I vincoli posti dalla
citata norma, pertanto, non avendo carattere espropriativo
ed essendo previsti a tempo indeterminato, non sono soggetti
a decadenza.
CONSIDERATO
1. – Il ricorso non merita accoglimento. Ed invero, è
manifestamente infondato il primo motivo sub litteris a) e
c).
Difatti, diversamente da quanto ritenuto dal ricorrente,
la salvaguardia dell'area di rispetto cimiteriale di 200
metri prevista dall'art. 338 del R.D. 27.07.1934, n.
1265 (testo unico delle leggi sanitarie), cioè il c.d.
“vincolo cimiteriale”, comporta un vincolo assoluto di inedificabilità, in considerazione dei molteplici interessi
pubblici tutelati (quali le esigenze di natura
igienico-sanitaria, la peculiare sacralità dei luoghi
destinati all'inumazione e alla sepoltura, il mantenimento
di un'area di possibile espansione della cinta cimiteriale;
in tal senso, Cons. Stato, sez. IV, 20.07.2011, n. 4403,
secondo cui la fascia di rispetto cimiteriale prevista dal
citato art. 338 del T.U. delle leggi sanitarie, da misurare
a partire dal muro di cinta del cimitero, costituisce un
vincolo assoluto di inedificabilità -tale da imporsi anche
rispetto a contrastanti previsioni di P.R.G.- che non
consente in alcun modo l'allocazione sia di edifici sia di
opere incompatibili col vincolo medesimo).
Da tale effetto
di inedificabilità assoluta e legale discende che le
amministrazioni comunali non dispongono di alcun potere
discrezionale di valutazione in ordine alla concreta
compatibilità delle opere di volta in volta realizzate con i
valori tutelati dal vincolo (C.G.A., sez. riun., 08.05.2012, n. 260/12; Cons. Stato, sez. IV, 27.10.2009, n.
6547).
Inoltre non incide sulla legittimità del
provvedimento impugnato quanto riferito genericamente dal
ricorrente riguardo all’avvenuto rilascio di provvedimenti
concessori per altri immobili (del pari ricadenti nella
medesima area di rispetto cimiteriale), posto che
l’eventuale illegittimità di detti assensi non potrebbe
giustificare l’annullamento di un diniego legittimo (Cons.
Stato, sez. VI, 30.06.2011, n. 3894, secondo cui la
legittimità dell'operato della Pubblica amministrazione non
può comunque essere inficiata dall'eventuale illegittimità
compiuta in altra situazione).
2. – I superiori rilievi travolgono anche gli altri motivi
di ricorso, posto che –stante la condizione di assoluta inedificabilità e, quindi, di non condonabilità dell’area in
parola– il ricorrente non può aspirare alla formazione del
titolo in sanatoria per silentium né in applicazione
dell’art. 28 della L. n. 166/2002.
A quest’ultimo riguardo
va osservato che, in base a detta disposizione, il divieto
di inedificabilità assoluta vigente nell'area di rispetto
cimiteriale (200 m.) può essere derogato soltanto per
realizzare un'opera pubblica o per attuare un intervento
urbanistico e sempre che non vi ostino ragioni
igienico-sanitarie (Cons. Stato, sez. IV, n. 609 del 27.01.2011): nella fattispecie, tuttavia, le opere
realizzate non rientrano in alcuna delle categorie in
relazione alle quali la legge ammette una possibilità di
deroga al divieto e, comunque, la riduzione della fascia di
rispetto, sebbene possa riguardare anche gli ampliamenti, è
espressione di discrezionalità urbanistica dell’ente civico
il cui esercizio non è oggetto di un obbligo. Vanno, dunque,
respinti i motivi I), sub b), III) e IV).
Infine è infondato il secondo motivo dal momento che il
vincolo di rispetto della fascia cimiteriale, in quanto
previsto dalla legge (art. 338 del T.U. 27.07.1934 n.
1265, come modificato dalla legge 04.12.1956 n. 1428, e
dalla legge 17.10.1957 n. 983 , nonché art. 57 del
D.P.R. 21.10.1975 n. 803), incide sull'edificabilità
dei suoli in modo generale ed obiettivo, nei confronti di
tutti i proprietari di determinati beni. I vincoli posti
dalla citata norma, pertanto, non avendo carattere
espropriativo ed essendo previsti a tempo indeterminato, non
sono soggetti a decadenza
(C.G.A.R.S.,
parere 28.05.2015 n. 551 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Secondo il consolidato orientamento della
Sezione, dal quale non vi sono ragioni per discostarsi, il
vincolo imposto dall’art. 338 R.D. n. 1265/1934 e dall’art.
57 D.P.R. n. 285/1990 è un vincolo assoluto di
inedificabilità ex lege, tale da prevalere addirittura anche
su eventuali disposizioni urbanistiche contrarie, con
conseguente insanabilità delle opere realizzate all’interno
della fascia di rispetto cimiteriale a prescindere da
qualsiasi valutazione in concreto della compatibilità del
manufatto rispetto al vincolo medesimo.
Questo, dal canto suo, risponde a una pluralità di funzioni,
quali assicurare condizioni di igiene e salubrità, garantire
tranquillità e decoro ai luoghi di sepoltura, consentire
futuri ampliamenti dell'impianto funerario, ed opera
indipendentemente dal tipo di fabbricato, riguardando anche
gli edifici sparsi.
--------------
Il vincolo cimiteriale importa inedificabilità assoluta
dell’area indipendentemente dalla tipologia di fabbricato e
dalla natura pertinenziale dello stesso.
3. Con il terzo motivo, la ricorrente afferma che il
provvedimento impugnato sarebbe viziato per difetto di
motivazione e per falsa applicazione dell’art. 33 della
legge n. 47/1985. Esso non recherebbe, infatti, alcuna
indicazione circa l’epoca di esecuzione delle opere e quella
di imposizione del vincolo cimiteriale, mentre, dalla
certificazione urbanistica rilasciata dallo stesso Comune,
l’area risulterebbe essere stata sottoposta a vincolo solo a
seguito dell’approvazione del P.R.G. del 1972, quando le
opere erano state oramai realizzate, fatta eccezione per
semplici opere di rifinitura della costruzione.
3.1. Con il quarto motivo, quindi, la signora A.
puntualizza come l’unico vincolo gravante sull’area prima
del 1972 fosse quello di cui all’art. 338 R.D. n. 1265/1934,
disposizione inapplicabile alle opere da lei eseguite,
perché ricadenti al di fuori di un centro abitato. Per
questo aspetto, del resto, la regolarità del fabbricato
sarebbe stata espressamente riconosciuta dal Comune
all’epoca dell’ampliamento del cimitero di Pariana, ed, in
ogni caso, il vincolo imposto dall’art. 338 cit. non
porrebbe una preclusione assoluta all’edificabilità, ma
imporrebbe una semplice verifica di compatibilità
igienico-sanitaria della presenza di abitazioni all’interno
della fascia di rispetto del cimitero. Infine, nella specie,
non sarebbe stata la ricorrente a edificare in violazione
del vincolo, quanto il cimitero ad essere ampliato troppo a
ridosso delle abitazioni preesistenti.
3.1.1. Anche tali censure, da esaminarsi congiuntamente,
sono infondate.
3.2. Secondo il consolidato orientamento della Sezione, dal
quale non vi sono ragioni per discostarsi, il vincolo
imposto dall’art. 338 R.D. n. 1265/1934 e dall’art. 57
D.P.R. n. 285/1990 è un vincolo assoluto di inedificabilità
ex lege, tale da prevalere addirittura anche su eventuali
disposizioni urbanistiche contrarie, con conseguente
insanabilità delle opere realizzate all’interno della fascia
di rispetto cimiteriale a prescindere da qualsiasi
valutazione in concreto della compatibilità del manufatto
rispetto al vincolo medesimo. Questo, dal canto suo,
risponde a una pluralità di funzioni, quali assicurare
condizioni di igiene e salubrità, garantire tranquillità e
decoro ai luoghi di sepoltura, consentire futuri ampliamenti
dell'impianto funerario, ed opera indipendentemente dal tipo
di fabbricato, riguardando anche gli edifici sparsi (per
tutte, cfr. TAR Toscana, sez. III, 12.11.2013, n.
1553, e 12.07.2010, n. 2446; Cons. Stato, sez. IV, 27.10.2009, n. 6547).
Escluso, pertanto, che la nascita del vincolo in questione
possa essere ricondotta all’approvazione del P.R.G. del
1972, che si limita a rinviare a leggi e regolamenti
vigenti, la circostanza, pacifica, che gli abusi per cui è
causa siano stati sin dall’origine realizzati all’interno
della fascia di rispetto del cimitero di Pariana rende
doveroso il diniego di condono, legittimando le scelte
dell’amministrazione procedente ed evidenziando l’inconferenza
dei rilievi svolti dall’interessato.
Al riguardo, basti
osservare che il vincolo di rispetto del cimitero di Pariana
risale ad epoca anteriore al 1958, anno in cui la fascia di
rispetto venne ridotta da duecento a cento metri, mentre le
opere abusive risultano completate entro il 1985, stando a
quanto a suo tempo indicato dalla ricorrente nelle istanze
di condono; la presenza delle opere all’interno della fascia
di rispetto di cento metri è peraltro confermata proprio dal
decreto sindacale dell’11.08.1998, dal quale non può
farsi discendere il riconoscimento della legittimità urbanistico-edilizia delle costruzioni ivi presenti,
trattandosi di provvedimento cui sono unicamente sottese
valutazioni di matrice igienico-sanitaria effettuate dal
Comune nella prospettiva dell’ampliamento del cimitero e non
anche in quella, speculare, dell’assentibilità delle
costruzioni esistenti all’interno della fascia di rispetto
cimiteriale (dal decreto dell’11.08.1998 è assente, in
definitiva, ogni valutazione circa la legittimità delle
costruzioni sparse realizzate all’interno della fascia di
rispetto, la presenza delle quali viene assunta al solo
scopo di escludere che esse costituissero un centro abitato
ai fini dell’art. 338 n. 1265/1934.
Quel che rileva ai fini
di causa, piuttosto, è che dette costruzioni si trovassero
all’interno della fascia di rispetto ben prima che il
cimitero fosse ampliato).
3.3. I rilievi appena svolti danno altresì conto
dell’adeguatezza motivazionale dell’atto impugnato, che fa
dichiarata applicazione dell’art. 33 della legge n. 47/1985
previa indicazione del relativo presupposto
giuridico-fattuale, vale a dire l’esistenza del vincolo
cimiteriale di inedificabilità assoluta.
...
Con il sesto motivo, si sostiene infine che il diniego di
sanatoria dovrebbe considerarsi abnorme in relazione ai
manufatti accessori alla costruzione principale, trattandosi
di opere pertinenziali non soggette a concessione e
insuscettibili di sanzione demolitoria, ai sensi dell’art. 4, co. 2, della legge n. 47/1985.
La doglianza non tiene conto,
tuttavia, del contenuto proprio del vincolo cimiteriale, che
importa inedificabilità assoluta dell’area indipendentemente
dalla tipologia di fabbricato e dalla natura pertinenziale
dello stesso (fra le molte, cfr. TAR Toscana, sez. III,
11.06.2010, n. 1815, ma già, all’epoca dei fatti di
causa, Cons. Stato, sez. V, 27.08.1999, n. 1006)
(TAR Toscana, Sez. III,
sentenza 02.02.2015 n. 184 - link a www.giustizia-amminitrativa.it). |
anno
2014 |
|
EDILIZIA PRIVATA: In
materia di vincolo cimiteriale la salvaguardia del rispetto
dei duecento metri prevista dal citato articolo si pone alla
stregua di un vincolo assoluto di inedificabilità che non
consente in alcun modo l'allocazione sia di edifici, che di
opere incompatibili col vincolo medesimo, in considerazione
dei molteplici interessi pubblici che tale fascia di
rispetto intende tutelare e che possono enuclearsi nelle
esigenze di natura igienico-sanitaria, nella salvaguardia
della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati
all'inumazione e alla sepoltura, nel mantenimento di un'area
di possibile espansione della cinta cimiteriale.
Il vincolo di rispetto cimiteriale pertanto preclude il
rilascio della concessione, anche in sanatoria (ai sensi
dell'art. 33 L. 28.02.1985 n. 47), senza necessità di
compiere valutazioni in ordine alla concreta compatibilità
dell'opera con i valori tutelati dal vincolo.
Sul carattere assoluto del vincolo di inedificabilità
nascente dalla fascia di rispetto cimiteriale non incide
neppure la circostanza della preesistenza o meno del vincolo
all'esecuzione delle opere.
---------------
Con riferimento alle fasce di rispetto cimiteriale, l’art.
28 della l. 166/2002 ha parzialmente riscritto l’art. 338
del RD 1265/1934, prevedendo che, fermo restando il divieto
di costruire nuovi edifici all’interno della fascia di
rispetto cimiteriale, all’interno di quest’ultima, “per gli
edifici esistenti sono consentiti interventi di recupero
ovvero interventi funzionali all’utilizzo dell’edificio
stesso, tra cui l’ampliamento nella percentuale massima del
10 per cento e i cambi di destinazione d’uso, oltre a quelli
previsti dalle lettere a), b), c), e d) del primo comma
dell’art. 31 della legge 05.08.1978, n. 457” (ovvero
manutenzione ordinaria, manutenzione straordinaria, restauro
e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia).
La giurisprudenza all’interno delle c.d. “zone di rispetto”
ha sempre negato ogni tipo di attività edilizia
“costruttiva”, ferme restando i soli corpi di fabbrica già
esistenti all’interno di detta fascia.
La normativa citata, però, ha sollevato il dibattito
giurisprudenziale concernente la portata dell’art. 338, c.
5, del R.D. n. 1265/1934 ove si prevede che: “Per dare
esecuzione ad un’opera pubblica o all’attuazione di un
intervento urbanistico, purché non vi ostino ragioni
igienico-sanitarie, il consiglio comunale può consentire,
previo parere favorevole della competente azienda sanitaria
locale, la riduzione della zona di rispetto tenendo conto
degli elementi ambientali di pregio dell’area, autorizzando
l’ampliamento di edifici preesistenti o la costruzione di
nuovi edifici. La riduzione di cui al periodo precedente si
applica con identica procedura anche per la realizzazione di
parchi, giardini e annessi, parcheggi pubblici e privati,
attrezzature sportive, locali tecnici e serre”.
Parte della giurisprudenza, infatti, ritiene che
l’espressione “intervento urbanistico” si riferisca
solamente alle opere pubbliche o di pubblica utilità al fine
di non snaturare la ratio stessa della legge.
Al contrario, altra parte della giurisprudenza ricomprende
in questa espressione anche le opere realizzate dai privati.
Il Collegio aderisce alla prima opzione interpretativa, in
quanto si tratta di materia disciplinata direttamente dalla
legge e non suscettibile, pertanto, di deroghe, da parte di
altra disposizione normativa se non di pari o superiore
rango ed in base alle seguenti considerazioni.
Con le modifiche apportate dall’art. 28 della legge n. 188
cit. il limite all’edificabilità privata è stato comunque
fissato in 200 metri dal perimetro dell’impianto
cimiteriale, posto che il primo comma dell’art. 338 r.d. m.
1265 cit. nella nuova formulazione stabilisce espressamente
che “È vietato costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici
entro il raggio di 200 metri dal perimetro dell'impianto
cimiteriale, quale risultante dagli strumenti urbanistici
vigenti nel comune o, in difetto di essi, comunque quale
esistente in fatto, salve le deroghe ed eccezioni previste
dalla legge”.
Dalla lettura di siffatta norma si ricava, in primo luogo,
che il limite all’edificabilità privata non è più ancorato
alla “fascia di rispetto” (che può variare in relazione alle
determinazioni adottate dall’Autorità Comunale), ma è
legislativamente fissata in ogni caso entro il limite di 200
metri da calcolarsi dal perimetro dell’impianto cimiteriale.
Il regime vincolistico così delineato con riferimento
all’attività edilizia dei privati appare più che in linea
con la ratio delle deroghe ed eccezioni al limite dei 200
metri previste dalla legge medesima che sono ammesse in
funzione dell’ampliamento dei cimiteri esistenti o della
costruzione di nuovi cimiteri (comma 4), nonché nei casi in
cui l’amministrazione comunale debba dare esecuzione ad
un’opera pubblica o all’attuazione di un intervento
urbanistico. Trattasi in entrambi i casi di eccezioni
giustificate da esigenze pubblicistiche correlate alla
stessa edilizia cimiteriale, oppure ad altri interventi
pubblici purché compatibili con le concorrenti ragioni di
tutela della zona (comma 5). Sulla chiara limitazione della
deroga in oggetto alle sole “opere pubbliche e di interesse
pubblico” indicate dall’art. 28, comma 5, legge cit. si è
espresso altresì di recente il Consiglio di Stato con la
sentenza sez. V 29.03.2006 n. 1593.
Pertanto non vi è motivo di dubitare della ragionevolezza di
una interpretazione che svincola l’ambito di operatività del
vincolo cimiteriale di inedificabilità dalla delimitazione
“in concreto” delle fasce di rispetto da parte del Comune,
avuto proprio riguardo al rilievo preminente di carattere
igienico-sanitario del vincolo di tutela cimiteriale che può
ammettere deroghe solo in presenza di concorrenti ragioni
pubblicistiche, sempre compatibilmente con le esigenze
sottese all’esistenza del vincolo.
Al riguardo, la giurisprudenza, ormai
consolidata, ha affermato che "in materia di vincolo
cimiteriale la salvaguardia del rispetto dei duecento metri
prevista dal citato articolo si pone alla stregua di un
vincolo assoluto di inedificabilità che non consente in
alcun modo l'allocazione sia di edifici, che di opere
incompatibili col vincolo medesimo, in considerazione dei
molteplici interessi pubblici che tale fascia di rispetto
intende tutelare e che possono enuclearsi nelle esigenze di
natura igienico-sanitaria, nella salvaguardia della
peculiare sacralità che connota i luoghi destinati
all'inumazione e alla sepoltura, nel mantenimento di un'area
di possibile espansione della cinta cimiteriale” (ex multis
C.d.S., V, 14.09.2010, n. 6671; C.d.S., IV 12.03.2007, n. 1185, TAR Sicilia, Palermo, III, 18.01.2012,
n. 77; TAR Campania, Napoli, IV, 29.11.2007, n.
15615; Tar Lombardia-Milano, 11.07.1997, n. 1253).
Il vincolo di rispetto cimiteriale pertanto preclude il
rilascio della concessione, anche in sanatoria (ai sensi
dell'art. 33 L. 28.02.1985 n. 47), senza necessità di
compiere valutazioni in ordine alla concreta compatibilità
dell'opera con i valori tutelati dal vincolo (cfr. C.d.S.,
V, 03.05.2007, n. 1933 e del 12.11.1999, n. 1871).
Sulla preesistenza del manufatto rispetto al vincolo, le
tesi di parte ricorrente non hanno trovato riscontro
probatorio, atteso che, contrariamente a quanto asserito in
ricorso, il vincolo in questione non è stato imposto per la
prima volta con la delibera di CC del 2005, che ha solo
ridotta a 50 metri l’estensione della relativa zona di
rispetto, peraltro ad altri fini, come si chiarirà in
seguito. L'individuazione di fasce di rispetto intorno ai
cimiteri, infatti risale,prim'ancora che alla legge n.
166/2002, all'art.338 del testo unico delle leggi sanitarie
n. 1265/1934, ed è fatto notorio che il cimitero di Fuorigrotta sia di impianto ottocentesco.
Sul carattere assoluto del vincolo di inedificabilità
nascente dalla fascia di rispetto cimiteriale non incide
neppure la circostanza della preesistenza o meno del
vincolo all'esecuzione delle opere (TAR Campania Napoli,
sez. III, 04/04/2012, n. 1621).
Va da ultimo esaminata l’eccezione difensiva che fa leva
sulla avvenuta riduzione della estensione della fascia di
rispetto cimiteriale a 50 mt. giusta il disposto dell’art. 27
del piano cimiteriale comunale.
Osserva il Collegio che, con riferimento alle fasce di
rispetto cimiteriale, l’art. 28 della l. 166/2002 ha
parzialmente riscritto l’art. 338 del RD 1265/1934,
prevedendo che, fermo restando il divieto di costruire nuovi
edifici all’interno della fascia di rispetto cimiteriale,
all’interno di quest’ultima, “per gli edifici esistenti sono
consentiti interventi di recupero ovvero interventi
funzionali all’utilizzo dell’edificio stesso, tra cui
l’ampliamento nella percentuale massima del 10 per cento e i
cambi di destinazione d’uso, oltre a quelli previsti dalle
lettere a), b), c), e d) del primo comma dell’art. 31 della
legge 05.08.1978, n. 457” (ovvero manutenzione ordinaria,
manutenzione straordinaria, restauro e risanamento
conservativo, ristrutturazione edilizia).
La giurisprudenza
all’interno delle c.d. “zone di rispetto” ha sempre negato
ogni tipo di attività edilizia “costruttiva”, ferme restando
i soli corpi di fabbrica già esistenti all’interno di detta
fascia (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 10.02.2004,
n. 476 e Consiglio di Stato, sez. V, 12.11.1999, n.
1871).
La normativa citata, però, ha sollevato il dibattito
giurisprudenziale concernente la portata dell’art. 338, c.
5, del R.D. n. 1265/1934 ove si prevede che: “Per dare
esecuzione ad un’opera pubblica o all’attuazione di un
intervento urbanistico, purché non vi ostino ragioni
igienico-sanitarie, il consiglio comunale può consentire,
previo parere favorevole della competente azienda sanitaria
locale, la riduzione della zona di rispetto tenendo conto
degli elementi ambientali di pregio dell’area, autorizzando
l’ampliamento di edifici preesistenti o la costruzione di
nuovi edifici. La riduzione di cui al periodo precedente si
applica con identica procedura anche per la realizzazione di
parchi, giardini e annessi, parcheggi pubblici e privati,
attrezzature sportive, locali tecnici e serre”.
Parte della giurisprudenza, infatti, ritiene che
l’espressione “intervento urbanistico” si riferisca
solamente alle opere pubbliche o di pubblica utilità al fine
di non snaturare la ratio stessa della legge (Consiglio di
Stato, sez. V, 29.03.2006 n. 1593; Id., 03.05.2007, n.
1934).
Al contrario, altra parte della giurisprudenza
ricomprende in questa espressione anche le opere realizzate
dai privati (cfr. in tal senso TAR Abruzzo, Pescara, sez.
I, 22.02.2007, n. 189, ma si veda anche TAR Sardegna,
Cagliari, sez. II, 20.03.3009, n. 322; Id., 18.05.2007, n.
973; Id., 26.06.2007, n. 1348.
Lo stesso TAR Veneto, sez. II, nella sentenza del 27.07.2009
n. 2226).
Il Collegio aderisce alla prima opzione interpretativa, in
quanto si tratta di materia disciplinata direttamente dalla
legge e non suscettibile, pertanto, di deroghe, da parte di
altra disposizione normativa se non di pari o superiore
rango ed in base alle seguenti considerazioni.
Con le modifiche apportate dall’art. 28 della legge n. 188
cit. il limite all’edificabilità privata è stato comunque
fissato in 200 metri dal perimetro dell’impianto
cimiteriale, posto che il primo comma dell’art. 338 r.d. m.
1265 cit. nella nuova formulazione stabilisce espressamente
che “È vietato costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici
entro il raggio di 200 metri dal perimetro dell'impianto
cimiteriale, quale risultante dagli strumenti urbanistici
vigenti nel comune o, in difetto di essi, comunque quale
esistente in fatto, salve le deroghe ed eccezioni previste
dalla legge”.
Dalla lettura di siffatta norma si ricava, in primo luogo,
che il limite all’edificabilità privata non è più ancorato
alla “fascia di rispetto” (che può variare in relazione alle
determinazioni adottate dall’Autorità Comunale), ma è
legislativamente fissata in ogni caso entro il limite di 200
metri da calcolarsi dal perimetro dell’impianto cimiteriale.
Il regime vincolistico così delineato con riferimento
all’attività edilizia dei privati appare più che in linea
con la ratio delle deroghe ed eccezioni al limite dei 200
metri previste dalla legge medesima che sono ammesse in
funzione dell’ampliamento dei cimiteri esistenti o della
costruzione di nuovi cimiteri (comma 4), nonché nei casi in
cui l’amministrazione comunale debba dare esecuzione ad
un’opera pubblica o all’attuazione di un intervento
urbanistico. Trattasi in entrambi i casi di eccezioni
giustificate da esigenze pubblicistiche correlate alla
stessa edilizia cimiteriale, oppure ad altri interventi
pubblici purché compatibili con le concorrenti ragioni di
tutela della zona (comma 5). Sulla chiara limitazione della
deroga in oggetto alle sole “opere pubbliche e di interesse
pubblico” indicate dall’art. 28, comma 5, legge cit. si è
espresso altresì di recente il Consiglio di Stato con la
sentenza sez. V 29.03.2006 n. 1593.
Pertanto non vi è motivo
di dubitare della ragionevolezza di una interpretazione che
svincola l’ambito di operatività del vincolo cimiteriale di inedificabilità dalla delimitazione “in concreto” delle
fasce di rispetto da parte del Comune, avuto proprio
riguardo al rilievo preminente di carattere
igienico-sanitario del vincolo di tutela cimiteriale che può
ammettere deroghe solo in presenza di concorrenti ragioni
pubblicistiche, sempre compatibilmente con le esigenze
sottese all’esistenza del vincolo.
Non può accogliersi neppure l’ulteriore censura con cui
parte ricorrente ritiene assentibile l’intervento, in quanto
configurabile quale mero ampliamento o manutenzione
dell’edificato esistente. Assume il ricorrente che il
divieto ad edificare, come previsto dall’art. 28 della legge
n. 188 cit., riguarda solo i nuovi edifici e non anche
quelli preesistenti, rispetto ai quali la norma pone una
specifica normativa di dettaglio, contenuta nell’ultimo
comma della stessa norma.
Tuttavia, ad avviso del Collegio, non può censurarsi la
qualificazione operata dall’amministrazione quale intervento
di “nuova edificazione”, posto che si tratta di
sopraelevazione di un terzo piano, nonché realizzazione di
ulteriore vano sul lastrico solare, e quindi di manufatti
suscettibili di autonoma utilizzazione e costituenti
incremento del carico residenziale
(TAR Campania-Napoli, Sez. IV,
sentenza 14.11.2014 n. 5942 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
L’amministrazione non può
opporre la sussistenza del vincolo cimiteriale dopo che ha
autorizzato, in deroga, la destinazione della medesima area
ad attività in contrasto con il vincolo.
Sebbene la giurisprudenza abbia da
sempre ritenuto che è necessario un titolo edilizio per
qualsiasi manufatto che possa costituire, oltre che nuova
costruzione od ampliamento di costruzione esistente,
modificazione della struttura di una costruzione
preesistente senza alcuna distinzione tra opera esterna ed
opera interna del fabbricato, tra lavoro di notevole entità
e lavoro di modeste dimensioni, giacché qualunque
modificazione dello stato di fatto preesistente relativo ad
opere edilizie già precedentemente realizzate è subordinata
alla valutazione dell’amministrazione, occorre rilevare che
lo stesso non può dirsi ai fini dell’accertamento della
violazione di un vincolo di inedificabilità, anche assoluta.
Infatti la realizzazione in deroga al vincolo cimiteriale di
un manufatto, quale, nel caso in questione, di uno
stabilimento comprensivo di un cortile interno, comporta la
destinazione dell’area interna a servizio della medesima
attività, con evidente sottrazione al regime proprio del
vincolo di inedificabilità costituito sull’area.
Ne consegue che l’autorizzazione prefettizia rilasciata a
suo tempo per la realizzazione del capannone in deroga al
vincolo cimiteriale produce effetti anche nei confronti
dell’area cortilizia interna, successivamente parzialmente
chiusa per ampliamento del capannone medesimo.
Il ricorso è fondato.
Sebbene la giurisprudenza abbia da sempre ritenuto che è
necessario un titolo edilizio per qualsiasi manufatto che
possa costituire, oltre che nuova costruzione od ampliamento
di costruzione esistente, modificazione della struttura di
una costruzione preesistente senza alcuna distinzione tra
opera esterna ed opera interna del fabbricato, tra lavoro di
notevole entità e lavoro di modeste dimensioni, giacché
qualunque modificazione dello stato di fatto preesistente
relativo ad opere edilizie già precedentemente realizzate è
subordinata alla valutazione dell’amministrazione, occorre
rilevare che lo stesso non può dirsi ai fini
dell’accertamento della violazione di un vincolo di
inedificabilità, anche assoluta.
Infatti la realizzazione in deroga al vincolo cimiteriale di
un manufatto, quale, nel caso in questione, di uno
stabilimento comprensivo di un cortile interno, comporta la
destinazione dell’area interna a servizio della medesima
attività, con evidente sottrazione al regime proprio del
vincolo di inedificabilità costituito sull’area.
Ne consegue che l’autorizzazione prefettizia rilasciata sul
mappale n. 226 con decreto 09.02.1956 per la realizzazione del
capannone in deroga al vincolo cimiteriale produce effetti
anche nei confronti dell’area cortilizia interna,
successivamente parzialmente chiusa per ampliamento del
capannone medesimo.
Da ciò consegue che l’amministrazione non poteva opporre al
ricorrente la sussistenza del vincolo cimiteriale dopo che
aveva autorizzato, in deroga, la destinazione della medesima
area ad attività in contrasto con il vincolo.
In definitiva quindi il ricorso va accolto
(TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 29.07.2014 n. 2115 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Va
osservato che l’eventuale erroneità dell’indicazione di una
fonte normativa, non vizia di per sé l’atto che la rechi,
qualora il provvedimento risulti comunque conforme al
superiore paradigma normativo.
Questo è il caso che ricorre nella fattispecie, giacché il
divieto di edificare in aree gravate da vincolo cimiteriale
è contenuto anche nell’art. 338, primo comma, del R.D. n.
1265/1934, vigente ratione temporis (“I cimiteri debbono
essere collocati alla distanza di almeno duecento metri dai
centri abitati. E' vietato di costruire intorno agli stessi
nuovi edifici e ampliare quelli preesistenti entro il raggio
di duecento metri”) e del pari, correttamente, richiamato
nel ridetto parere dell’Ufficiale sanitario.
---------------
La possibilità di deroga al vincolo cimiteriale, consistendo
in una previsione eccezionale rispetto al generale divieto
di edificazione, deve ritenersi ammessa soltanto al fine di
conseguire un interesse superindividuale, come la
costruzione di un'opera pubblica o l'attuazione di un
intervento urbanistico (oppure nel caso di fabbricati già
esistenti o in corso di costruzione, purché iniziati prima
del 31.10.1956, così l’art. 2 della L. n. 983/1957).
Analoga deroga all’ampiezza della fascia di rispetto non
potrebbe invece disporsi per soddisfare interessi privati
finalizzati al mantenimento di una costruzione abusivamente
realizzata in spregio al vincolo.
---------------
Il Consiglio di Stato ha chiarito come non sia meritevole di
scrutinio favorevole la censura con la quale si sia
sostenuta la tesi della inapplicabilità dei vincoli
cimiteriali per le opere realizzate al di fuori dei centri
abitati (come avvenuto nel caso in esame).
Si è osservato, difatti, che le disposizioni di cui all'art.
338 del R.D. n. 1265/1934, e successive modificazioni, sono
rivolte a disciplinare, da una parte, l'attività costruttiva
dei cimiteri da parte del Comune, che deve scegliere aree
distanti almeno duecento metri dai centri abitati, e,
dall'altra, l'attività costruttiva del privato (una volta
realizzato il cimitero) che non può costruire intorno al
cimitero entro il raggio di duecento metri.
Di conseguenza il riferimento ai "centri abitati" di cui al
suddetto articolo, rileva unicamente per la realizzazione e
l'ampliamento dei cimiteri da parte del Comune e non per
l'attività costruttiva del privato, che deve comunque
rispettare le prescritte distanze dal cimitero anche se la
costruzione dovesse essere edificata fuori dai centri
abitati.
---------------
Infine, è decisivo osservare che il Consiglio di Stato ha
pure affermato che, stante il vincolo assoluto di
inedificabilità all'interno della fascia di rispetto
cimiteriale posto dall'art. 338 del T.U. n. 1265/1934, in
tale fascia non è possibile applicare la sanatoria degli
abusi, essendo consentita in essa solo il recupero del
patrimonio edilizio e non anche gli interventi di
trasformazione in senso residenziale di organismi edilizi
già esistenti.
CONSIDERATO:
1. – Queste Sezioni Riunite ritengono, condividendo l’avviso
espresso dall’ULL, che il ricorso sia infondato. Ed invero,
non merita accoglimento il primo motivo.
Al riguardo va
innanzitutto precisato che la menzione all’art. 57 del
D.P.R. n. 803/1975 era contenuta nel parere dell’Ufficiale
sanitario (ossia in un atto endoprocedimentale), mentre
differente era la motivazione del provvedimento impugnato
che, senza citare una specifica fonte normativa, fondava il
rigetto sulla insistenza del fabbricato abusivo in una zona
sottoposta a vincolo cimiteriale.
Tanto precisato, va
osservato che l’eventuale erroneità dell’indicazione di una
fonte normativa, non vizia di per sé l’atto che la rechi,
qualora il provvedimento risulti comunque conforme al
superiore paradigma normativo.
Questo è il caso che ricorre
nella fattispecie, giacché il divieto di edificare in aree
gravate da vincolo cimiteriale è contenuto anche nell’art.
338, primo comma, del R.D. n. 1265/1934, vigente ratione
temporis (“I cimiteri debbono essere collocati alla
distanza di almeno duecento metri dai centri abitati. E'
vietato di costruire intorno agli stessi nuovi edifici e
ampliare quelli preesistenti entro il raggio di duecento
metri”) e del pari, correttamente, richiamato nel ridetto
parere dell’Ufficiale sanitario. D’altra parte che il
manufatto abusivo ricada entro la sunnominata fascia di
rispetto non è circostanza contestata.
Ancorché le superiori
considerazioni siano dirimenti ai fini del rigetto della
censura, nondimeno occorre soggiungere che l'art. 57 del
D.P.R. n. 285/1990, invocato dalla ricorrente, sanciva, al
comma 3 (fino all’abrogazione disposta dall’art. 28, comma
2, della L. 01.08.2002, n. 166), il divieto generale di
costruire, entro la fascia di rispetto, nuovi edifici o di
ampliare quelli preesistenti e che soltanto il comma 4 della
disposizione (ugualmente abrogato) consentiva, limitatamente
alle ipotesi di ampliamento dei cimiteri esistenti e
ricorrendo altre condizioni, la possibilità di ridurre la
distanza da detti cimiteri a non meno di 100 metri dai
centri abitati: al caso in esame si applicava tuttavia il
comma 3 dell’art. 57 e non il quarto (o, comunque, la
ricorrente non ha offerto elementi per ritenere che dovesse
farsi applicazione del quarto comma).
2. – Infondato è anche il secondo mezzo di gravame. Difatti,
non sussiste il difetto di motivazione denunciato dalla
ricorrente.
La possibilità di deroga alla quale accenna la
signora A., consistendo in una previsione eccezionale
rispetto al generale divieto di edificazione, deve ritenersi
ammessa soltanto al fine di conseguire un interesse
superindividuale, come la costruzione di un'opera pubblica o
l'attuazione di un intervento urbanistico (oppure nel caso
di fabbricati già esistenti o in corso di costruzione,
purché iniziati prima del 31.10.1956, così l’art. 2
della L. n. 983/1957); analoga deroga all’ampiezza della
fascia di rispetto non potrebbe invece disporsi per
soddisfare interessi privati finalizzati al mantenimento di
una costruzione abusivamente realizzata in spregio al
vincolo, peraltro ben conosciuto dalla ricorrente (nel
provvedimento di rigetto dell’istanza di revoca si dà
infatti conto della circostanza che il Comune di Mascalucia,
in data 26.11.1980, rilasciò alla signora A. un
certificato dal quale risultava che il terreno, interessato
dal fabbricato abusivo, ricadeva in zona di vincolo
cimiteriale e che esso era inedificabile secondo lo
strumento urbanistico vigente).
La signora A. nemmeno ha
poi offerto un principio di prova della risalenza della
costruzione, o almeno del suo inizio, a un’epoca antecedente
al 31.10.1956 (anzi, nel modulo di condono la
ricorrente indicò il periodo dal 30.01.1977 al 01.10.1983 quale epoca di ultimazione dell’abuso in
parola).
In ogni caso l’art. 338 del R.D. n. 1265/1934 contempla una
facoltà di deroga, riservata alla discrezionalità del
Prefetto e del Consiglio comunale, con la conseguenza che
una specifica motivazione sul punto diviene necessaria,
attivandosi per l’appunto un potere eccezionale, soltanto
nel caso in cui dette Autorità abbiano scelto di derogare
alla distanza di 200 mt. e non anche quando difettino
esigenze pubblicistiche di rango almeno pari a quelle poste
alla base del vincolo medesimo (come invece preteso dalla
ricorrente allo scopo di salvaguardare la sua costruzione
abusiva).
3. – Nemmeno il terzo motivo è suscettibile di accoglimento,
avendo il Consiglio di Stato (sez. V, n. 1593 del 29.03.2006) chiarito come non sia meritevole di scrutinio
favorevole la censura con la quale si sia sostenuta la tesi
della inapplicabilità dei vincoli cimiteriali per le opere
realizzate al di fuori dei centri abitati (come avvenuto nel
caso in esame).
Si è osservato, difatti, che le disposizioni
di cui all'art. 338 del R.D. n. 1265/1934, e successive
modificazioni, sono rivolte a disciplinare, da una parte,
l'attività costruttiva dei cimiteri da parte del Comune, che
deve scegliere aree distanti almeno duecento metri dai
centri abitati, e, dall'altra, l'attività costruttiva del
privato (una volta realizzato il cimitero) che non può
costruire intorno al cimitero entro il raggio di duecento
metri.
Di conseguenza il riferimento ai "centri abitati" di
cui al suddetto articolo, rileva unicamente per la
realizzazione e l'ampliamento dei cimiteri da parte del
Comune e non per l'attività costruttiva del privato, che
deve comunque rispettare le prescritte distanze dal cimitero
anche se la costruzione dovesse essere edificata fuori dai
centri abitati.
4. - Infine, e conclusivamente, ai fini del rigetto del
ricorso in esame, è decisivo osservare che il Consiglio di
Stato ha pure affermato che, stante il vincolo assoluto di
inedificabilità all'interno della fascia di rispetto
cimiteriale posto dall'art. 338 del T.U. n. 1265/1934, in
tale fascia non è possibile applicare la sanatoria degli
abusi, essendo consentita in essa solo il recupero del
patrimonio edilizio e non anche gli interventi di
trasformazione in senso residenziale di organismi edilizi
già esistenti (Cons. Stato, sez. V, n. 4256 dell’08.09.2008)
(C.G.A.R.S.,
parere 21.07.2014 n. 719 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Per pacifica giurisprudenza, il vincolo
cimiteriale determina una tipica situazione di
inedificabilità ex lege, suscettibile di venire rimossa solo
in ipotesi eccezionali e comunque per considerazioni di
interesse pubblico.
Quanto sopra, in presenza delle condizioni specificate nel
comma 4 dell’art. 338, non anche per agevolare singoli
proprietari, che abbiano effettuato abusivamente, o
intendano effettuare, interventi edilizi su un’area, resa a
tal fine indisponibile per ragioni di ordine
igienico-sanitario, nonché per la peculiare sacralità dei
luoghi destinati alla sepoltura, senza esclusione di
ulteriori esigenze di mantenimento di un’area di possibile
espansione della cinta cimiteriale.
L’unico procedimento, attivabile dai singoli proprietari
all’interno della fascia di rispetto, pertanto, è quello
finalizzato agli interventi di cui all’art. 338, comma 7,
dello stesso r.d. n. 1265/1934 (recupero o cambio di
destinazione d’uso di edificazioni preesistenti), restando
attivabile solo d’ufficio –per i motivi anzidetti– la
procedura di riduzione della fascia inedificabile in
questione.
Fermo restando, quindi, che solo il Consiglio Comunale –non
su istanza di singoli cittadini, ma per ragioni di interesse
pubblico– può intervenire per ridurre l’ampiezza di detta
fascia, per le decisioni da assumere su eventuali istanze di
autorizzazione edilizia, anche in sanatoria, vale il riparto
generale di competenze, che assegna ai dirigenti gli
ordinari atti di gestione (come peraltro ribadito, in
materia di sanatoria, dal terzo comma del citato art. 36
d.P.R. n. 380/2001).
In base al citato art. 338, comma 4, r.d.
n. 1265/1934, infatti, “Il Consiglio Comunale può approvare,
previo parere favorevole delle competete azienda sanitaria
locale, la costruzione di nuovi cimiteri o l’ampliamento di
quelli già esistenti ad una distanza inferiore a 200 metri
dal centro abitato, purché non oltre il limite di 50 metri,
quando ricorrano, anche alternativamente, le seguenti
condizioni:
a) risulti accertato dal medesimo consiglio comunale che,
per particolari condizioni locali, non sia possibile
provvedere altrimenti;
b) l’impianto cimiteriale sia separato dal centro urbano da
strade pubbliche almeno di livello comunale, sulla base
della classificazione prevista ai sensi della legislazione
vigente, o da fiumi, laghi o dislivelli naturali rilevanti,
ovvero da ponti o da impianti ferroviari”.
La norma sopra riportata ha carattere derogatorio, in via
eccezionale, rispetto alla regola –enunciata al primo comma
del medesimo articolo– secondo cui “I cimiteri debbono
essere collocati alla distanza di almeno 200 metri dal
centro abitato. E’ vietato costruire intorno ai cimiteri
nuovi edifici…”.
Per pacifica giurisprudenza, il vincolo cimiteriale
determina quindi una tipica situazione di inedificabilità ex
lege, suscettibile di venire rimossa solo in ipotesi
eccezionali e comunque per considerazioni di interesse
pubblico. Quanto sopra, in presenza delle condizioni
specificate nel ricordato comma 4 dell’art. 338, non anche
per agevolare singoli proprietari, che abbiano effettuato
abusivamente, o intendano effettuare, interventi edilizi su
un’area, resa a tal fine indisponibile per ragioni di ordine
igienico-sanitario, nonché per la peculiare sacralità dei
luoghi destinati alla sepoltura, senza esclusione di
ulteriori esigenze di mantenimento di un’area di possibile
espansione della cinta cimiteriale (cfr. Cass. civ. sez. I,
23.06.2004, n. 11669; Cons. St., sez. II, 07.03.1990, parere n.
1109; Cons. St., sez. IV, 11.10.2006, n. 6064; Cons. St.,
sez. V, 02.04.1991, n. 379, 29.03.2006, n. 1593, 03.05.2007, n.
1934 e 14.09.2010, n. 6671).
L’unico procedimento, attivabile dai singoli proprietari
all’interno della fascia di rispetto, pertanto, è quello
finalizzato agli interventi di cui all’art. 338, comma 7,
dello stesso r.d. n. 1265/1934 (recupero o cambio di
destinazione d’uso di edificazioni preesistenti), restando
attivabile solo d’ufficio –per i motivi anzidetti– la
procedura di riduzione della fascia inedificabile in
questione.
Fermo restando, quindi, che solo il Consiglio Comunale –non
su istanza di singoli cittadini, ma per ragioni di interesse
pubblico– può intervenire per ridurre l’ampiezza di detta
fascia, per le decisioni da assumere su eventuali istanze di
autorizzazione edilizia, anche in sanatoria, vale il riparto
generale di competenze, che assegna ai dirigenti gli
ordinari atti di gestione (come peraltro ribadito, in
materia di sanatoria, dal terzo comma del citato art. 36 d.P.R.
n. 380/2001)
(Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 04.07.2014 n. 3410 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Il vincolo cimiteriale, espresso dall'art. 338
del r.d. 27.07.1934, n. 1265 -come modificato dapprima
dall’art. 4 della legge 30.03.2001, n. 130 e quindi
dall’art. 28, comma 1, lettera a), della legge 01.08.2002,
n. 166- ha natura assoluta e si impone, in quanto limite
legale, anche alle eventuali diverse e contrastanti
previsioni degli strumenti urbanistici, in relazione alle
sue finalità di tutela di preminenti esigenze
igienico-sanitarie, salvaguardia della sacralità dei luoghi
di sepoltura, conservazione di adeguata area di espansione
della cinta cimiteriale, secondo giurisprudenza granitica.
Con riferimento alle censure dedotte
con l'appello nr. 4291/2011, afferenti all'approvazione del
progetto definitivo ed esecutivo dell'ampliamento del
cimitero, alle presupposte deliberazioni di Giunta
Municipale e di Consiglio Comunale e ai conseguenti atti
della procedura espropriativa, deve rammentarsi che il
vincolo cimiteriale, espresso dall'art. 338 del r.d. 27.07.1934, n. 1265 -come modificato dapprima dall’art. 4
della legge 30.03.2001, n. 130 e quindi dall’art. 28,
comma 1, lettera a), della legge 01.08.2002, n. 166- ha
natura assoluta e si impone, in quanto limite legale, anche
alle eventuali diverse e contrastanti previsioni degli
strumenti urbanistici, in relazione alle sue finalità di
tutela di preminenti esigenze igienico-sanitarie,
salvaguardia della sacralità dei luoghi di sepoltura,
conservazione di adeguata area di espansione della cinta
cimiteriale, secondo giurisprudenza granitica (cfr. tra le
tante, Cons. Stato, Sez. IV, 22.11.2013, n. 5571, 20.07.2011, n. 4403, 16.03.2011, n. 1645, 27.10.2009, n. 6547,
08.10.2007, n. 5210; Sez. V, 14.09.2010, n. 6671, 08.09.2008, n. 4526).
Ne consegue che il rilevato contrasto con previsioni di
P.R.G., secondo i rilievi cartografici più o meno certi o
opinabili invocati dalla società appellante, non può
implicare l'illegittimità del progetto di ampliamento
cimiteriale, quando non sia contestato che il suolo
appartenente alla società appellante ricada nella fascia
assoggettata al vincolo cimiteriale, di tal che, e in ogni
caso, risulti affatto prevalente il vincolo legale, e si
ponga non già esigenza di una variante urbanistica ma,
semmai, di adeguamento delle previsioni grafiche se e in
quanto erronee, confuse, contrastanti con il sovraordinato
limite legale.
Con ciò risulta, dunque, palesemente infondato il primo
motivo dell'appello in esame, appunto incentrato sul
lamentato contrasto
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 12.05.2014 n. 2405 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
E' illegittimo il
rilascio di un titolo edilizio -ancorché precario- in fascia
di rispetto cimiteriale.
A tal riguardo, è del tutto evidente che l'ingiunzione di
rimozione di opere la cui installazione e mantenimento era
stata assentita con l'impegno unilaterale di rimuoverle da
un lato trova sufficiente motivazione nelle richiamate
esigenze connesse all'ampliamento del cimitero, dall'altro
non imponeva alcuna comunicazione d'avvio del procedimento,
con conseguente infondatezza anche del secondo motivo
d'appello, poiché l'interessata era a conoscenza sin dal
rilascio del titolo edilizio della sua natura e dei suoi
effetti e dell'obbligo di dover procedere alla rimozione
delle opere, assunto in chiara correlazione causale con la
deroga al divieto legale di utilizzazione edilizia, ciò che
denota l'assoluta carenza di fondamento giuridico anche del
terzo motivo, incentrato sulla pretesa "nullità" dell'atto
unilaterale d'obbligo.
Non hanno poi pregio
giuridico le censure dedotte con l'appello nr. 4292/2011,
concernenti l'ingiunzione di rimozione delle opere assentite
solo a titolo precario, e proprio in funzione della loro
insistenza nella fascia di rispetto cimiteriale, con
autorizzazione edilizia n. 520/1997.
A prescindere dalla stessa dubbia legittimità di un titolo
edilizio assentito a tal fine, in contrasto con vincolo
legale d'inedificabilità (sull'estraneità della fattispecie
all'ordinamento normativo edilizio cfr. Cons. Stato, Sez. IV,
12.06.2013, n. 3256) e per giunta per la determinata
tipologia (sull'esigenza del permesso di costruire, e quindi
di concessione edilizia, per opere relative ad autolavaggio
vedi Cons. Stato, Sez. VI, 22.10.2008, n. 5191), è del tutto
evidente che l'ingiunzione di rimozione di opere la cui
installazione e mantenimento era stata assentita con
l'impegno unilaterale di rimuoverle da un lato trova
sufficiente motivazione nelle richiamate esigenze connesse
all'ampliamento del cimitero, dall'altro non imponeva alcuna
comunicazione d'avvio del procedimento, con conseguente
infondatezza anche del secondo motivo d'appello, poiché
l'interessata era a conoscenza sin dal rilascio del titolo
edilizio della sua natura e dei suoi effetti e dell'obbligo
di dover procedere alla rimozione delle opere, assunto in
chiara correlazione causale con la deroga al divieto legale
di utilizzazione edilizia, ciò che denota l'assoluta carenza
di fondamento giuridico anche del terzo motivo, incentrato
sulla pretesa "nullità" dell'atto unilaterale
d'obbligo
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 12.05.2014 n. 2405 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Esclusione riduzione fascia di rispetto cimiteriale per
interessi privati.
Per consolidata giurisprudenza, il vincolo cimiteriale
determina una situazione di inedificabilità ex lege,
suscettibile di venire rimossa solo in ipotesi eccezionali e
comunque solo per considerazioni di interesse pubblico, in
presenza delle condizioni specificate nell’art. 338, quarto
comma; ma non per interessi privati, come ad esempio per
legittimare ex post realizzazioni edilizie abusive di
privati, o comunque interventi edilizi futuri, su un’area a
tal fine indisponibile per ragioni di ordine
igienico-sanitario, nonché per la sacralità dei luoghi di
sepoltura, salve ulteriori esigenze di mantenimento di
un’area di possibile espansione della cinta cimiteriale.
Il
procedimento attivabile dai singoli proprietari all’interno
della fascia di rispetto, pertanto, è dunque, in ogni caso,
soltanto quello finalizzato agli interventi di cui all’art.
338, settimo comma, del citato r.d. n. 1265 del 1934
(recupero o cambio di destinazione d’uso di edificazioni
preesistenti); mentre resta attivabile nel solo interesse
pubblico –per i motivi anzidetti– la procedura di
riduzione della fascia inedificabile in questione.
Quanto al secondo ordine di censure, riferito alla richiesta
declaratoria dell’obbligo dell’Amministrazione di
pronunciarsi sull’istanza di un privato, avente ad oggetto
la riduzione della fascia di rispetto cimiteriale, il
Collegio deve porsi d’ufficio la questione di ammissibilità
del gravame, in rapporto al principio del ne bis in idem,
mutuato dai canoni comuni di cui agli articoli 2909 Cod.
civ. e 324 Cod. proc. civ., che escludono una nuova
pronuncia del giudice in materia coperta da giudicato fra le
medesime parti (cfr., per l’applicabilità del principio nel
processo amministrativo, Cons. Stato, IV, 28.10.2013, n.
5197; VI, 03.07.2013, n. 3553).
Risulta infatti che, con sentenza del medesimo Tribunale
amministrativo 13.12.2012, n. 3020, la legittimità delle
ordinanze di rimessa in pristino nn. 110 e 77 del 2011 fosse
stata ravvisata anche in rapporto all’insussistenza
dell’obbligo di provvedere dell’Amministrazione in merito
all’istanza di riduzione della fascia di rispetto
cimiteriale, proposta dall’interessato. Il fatto che il
principio enunciato attenesse ad un’azione di annullamento e
non di accertamento non esclude di ritenere qui presente e
vincolante il cosiddetto giudicato sostanziale, formatosi
sulla questione interpretativa anzidetta fra le medesime
parti e nell’ambito della medesima vicenda edificatoria,
vale a dire circa l’insussistenza di quel medesimo interesse
pretensivo.
In presenza di non perfetta identità di petitum e
causa petendi rispetto all’oggetto della citata sentenza
n. 3020/2012, tuttavia, il Collegio ritiene preferibile
vagliare il merito dell’accertamento richiesto.
Questo non può che concludersi in senso sfavorevole per
l’appellante.
Il silenzio-rifiuto disciplinato dall’ordinamento, infatti,
è riconducibile a un’inadempienza dell’Amministrazione in
rapporto ad un sussistente obbligo di provvedere (cfr. Cons.
Stato, Ad. plen., 10.03.1978, n. 10). Un tale obbligo può
discendere dalla legge, da un regolamento o eventualmente da
un atto di autolimitazione dell’Amministrazione stessa, e in
ogni caso deve corrispondere ad una situazione soggettiva
protetta, qualificata come tale dall’ordinamento (cfr. art.
21-bis l. 06.12.1971, n. 1034, nel testo introdotto
dall’art. 2 l. 21.07.2000, n. 205, nonché, per il principio
Cons. Stato, IV, 04.09.1985, n. 333 e 6 febbraio 1995, n.
51; V, 06.06.1996, n. 681 e 15.09.1997, n. 980).
La fattispecie del silenzio produttivo di effetti giuridici,
come mera inerzia dei pubblici poteri contrastante con i
principi di buon andamento, trasparenza, pubblicità e
tempestività dell’azione amministrativa, è rapportabile a
fattispecie anche diverse da procedure su istanza di parte,
essendo ipotizzabili lesioni di interessi protetti (di tipo
sia oppositivo che pretensivo), connesse a omissioni
dell’Amministrazione in ordine all’emanazione di atti dovuti
(es. Cons. Stato, VI, 19.03.2008, n. 1188; IV, 07.07.2008,
n. 3384).
I principi acquisiti in tema di illegittimità del silenzio
dell’amministrazione non paiono però rapportabili alla
pretesa di un privato di riduzione della fascia di rispetto
cimiteriale a norma dell’art. 338, quarto comma, r.d.
27.07.1934, n. 1265 (Approvazione del testo unico delle
leggi sanitarie) sul vincolo di inedificabilità per fascia
di rispetto cimiteriale, secondo cui “Il Consiglio
Comunale può approvare, previo parere favorevole delle
competete azienda sanitaria locale, la costruzione di nuovi
cimiteri o l’ampliamento di quelli già esistenti ad una
distanza inferiore a 200 metri dal centro abitato, purché
non oltre il limite di 50 metri, quando ricorrano, anche
alternativamente, le seguenti condizioni:
a) risulti accertato dal medesimo consiglio comunale che,
per particolari condizioni locali, non sia possibile
provvedere altrimenti;
b) l’impianto cimiteriale sia separato dal centro urbano da
strade pubbliche almeno di livello comunale, sulla base
della classificazione prevista ai sensi della legislazione
vigente, o da fiumi, laghi o dislivelli naturali rilevanti,
ovvero da ponti o da impianti ferroviari”.
La norma riportata ha carattere derogatorio ed eccezionale
rispetto alla regola enunciata al primo comma secondo cui “I
cimiteri debbono essere collocati alla distanza di almeno
200 metri dal centro abitato. E’ vietato costruire intorno
ai cimiteri nuovi edifici[…]”.
Per consolidata giurisprudenza, il vincolo cimiteriale
determina una situazione di inedificabilità ex lege,
suscettibile di venire rimossa solo in ipotesi eccezionali e
comunque solo per considerazioni di interesse pubblico, in
presenza delle condizioni specificate nell’art. 338, quarto
comma; ma non per interessi privati, come ad esempio per
legittimare ex post realizzazioni edilizie abusive di
privati, o comunque interventi edilizi futuri, su un’area a
tal fine indisponibile per ragioni di ordine
igienico-sanitario, nonché per la sacralità dei luoghi di
sepoltura, salve ulteriori esigenze di mantenimento di
un’area di possibile espansione della cinta cimiteriale
(cfr. Cass., I, 23.06.2004, n. 11669; Cons. Stato., II,
07.03.1990, parere n. 1109; Cons. Stato, IV, 11.10.2006, n.
6064; V, 02.04.1991, n. 379, 29.03.2006, n. 1593;
03.05.2007, n. 1934 e 14.09.2010, n. 6671).
A parte ogni ulteriore considerazione di base circa la
discrezionalità sul se provvedere, il procedimento
attivabile dai singoli proprietari all’interno della fascia
di rispetto, pertanto, è dunque, in ogni caso, soltanto
quello finalizzato agli interventi di cui all’art. 338,
settimo comma, del citato r.d. n. 1265 del 1934 (recupero o
cambio di destinazione d’uso di edificazioni preesistenti);
mentre resta attivabile nel solo interesse pubblico –per i
motivi anzidetti– la procedura di riduzione della fascia
inedificabile in questione (massima tratta da
www.lexambiente.it -
Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 17.03.2014 n. 1317 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Parere in merito alla possibilità di rilascio di permesso di
costruire per realizzare una struttura commerciale
all'interno della fascia di rispetto cimiteriale ridotta -
Comune di Sezze (Regione Lazio,
parere 08.01.2014 n.
72675 di prot.). |
anno
2013 |
|
EDILIZIA PRIVATA:
M. Grisanti,
Sui limiti delle deroghe al vincolo cimiteriale (04.12.2013
- link a
www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Il rispetto del divieto
di edificazione di cui all'art. 338, t.u. leggi sanitarie
27.07.1934 n. 1265, va calcolato con riferimento ad una
fascia di rispetto di 200 metri, misurata dal muro di cinta
del cimitero, ed entro tale fascia è da escludersi qualsiasi
intervento edificatorio, anche se realizzabile in attuazione
di atti di natura urbanistica.
---------------
Non può considerarsi edificabile un suolo rientrante nella
zona di rispetto cimiteriale, ed assoggettato al relativo
vincolo, trattandosi di limitazione legale della proprietà a
carattere assoluto, direttamente incidente sul valore del
bene e non suscettibile di deroghe di fatto, siccome
riconducibile a previsione generale, concernente tutti i
cittadini, in quanto proprietari di beni che si trovino in
una determinata situazione, e perciò individuabili "a
priori".
---------------
La fascia di rispetto cimiteriale prevista dall'art. 338
t.u. leggi sanitarie 27.07.1934 n. 1265, misurata a partire
dal muro di cinta del cimitero, costituisce un vincolo
assoluto d'inedificabilità, tale da imporsi anche a
contrastanti previsioni di piano regolatore generale, che
non consente in alcun modo l'allocazione sia di edifici che
di opere incompatibili col vincolo medesimo, in
considerazione dei molteplici interessi pubblici che tale
fascia di rispetto intende tutelare e che sono da
individuarsi in esigenze di natura igienico-sanitaria, nella
salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi
destinati all'inumazione e alla sepoltura, nel mantenimento
di un'area di possibile espansione della cinta cimiteriale;
segue da ciò che non esiste ragione alcuna per ritenere tale
vincolo applicabile solo ai centri abitati e non ai
fabbricati sparsi, così come, ai fini dell'applicazione del
vincolo, appare ininfluente che, a distanza inferiore ai 200
metri, vi sia una strada, atteso che essa non interrompe la
continuità del vincolo.
Ed invero: “il rispetto del divieto di
edificazione di cui all'art. 338, t.u. leggi sanitarie 27.07.1934 n. 1265, va calcolato con riferimento ad una
fascia di rispetto di 200 metri, misurata dal muro di cinta
del cimitero, ed entro tale fascia è da escludersi qualsiasi
intervento edificatorio, anche se realizzabile in attuazione
di atti di natura urbanistica" (Consiglio di Stato, sez. IV,
n. 1645 del 2011; meno recentemente ma nello stesso senso,
v. Consiglio di Stato, sez. IV, n. 4403 del 2011).
Analogamente la giurisprudenza civile ha ritenuto, in tema
di determinazione di indennità espropriativa, che “Non può
considerarsi edificabile un suolo rientrante nella zona di
rispetto cimiteriale, ed assoggettato al relativo vincolo,
trattandosi di limitazione legale della proprietà a
carattere assoluto, direttamente incidente sul valore del
bene e non suscettibile di deroghe di fatto, siccome
riconducibile a previsione generale, concernente tutti i
cittadini, in quanto proprietari di beni che si trovino in
una determinata situazione, e perciò individuabili "a
priori"” ….” (Cass. civ. sez. I, n. 25364/2006).
Né appare potersi derogare a detti principi considerando che
tra il muro del cimitero e l’area degli appellati esiste
nella fattispecie una grande strada comunale; la “ratio” del
vincolo non risiede nella sola tutela delle prospettive di
ampliamento ma anche in ragioni di igiene che suggeriscono
di tenere le abitazioni sufficientemente distanti dai luoghi
cimiteriali.
Del resto, con specifico riferimento
all’esistenza di una strada pubblica che interseca l’area di
rispetto, la giurisprudenza della Sezione ha già affermato
che: “La fascia di rispetto cimiteriale prevista dall'art.
338 t.u. leggi sanitarie 27.07.1934 n. 1265, misurata a
partire dal muro di cinta del cimitero, costituisce un
vincolo assoluto d'inedificabilità, tale da imporsi anche a
contrastanti previsioni di piano regolatore generale, che
non consente in alcun modo l'allocazione sia di edifici che
di opere incompatibili col vincolo medesimo, in
considerazione dei molteplici interessi pubblici che tale
fascia di rispetto intende tutelare e che sono da
individuarsi in esigenze di natura igienico-sanitaria, nella
salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi
destinati all'inumazione e alla sepoltura, nel mantenimento
di un'area di possibile espansione della cinta cimiteriale;
segue da ciò che non esiste ragione alcuna per ritenere tale
vincolo applicabile solo ai centri abitati e non ai
fabbricati sparsi, così come, ai fini dell'applicazione del
vincolo, appare ininfluente che, a distanza inferiore ai 200
metri, vi sia una strada, atteso che essa non interrompe la
continuità del vincolo” (Consiglio di Stato, sez. IV, n.
4403 del 2011)
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 22.11.2013 n. 5571 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Il vincolo cimiteriale di inedificabilità viene
ad imporsi ex se, con efficacia diretta ed immediata,
indipendentemente da qualsiasi recepimento in strumenti
urbanistici, i quali non sono idonei, proprio per la loro
natura, ad incidere sulla esistenza o sui limiti di tal
vincolo.
---------------
Poiché sia la disposizione di cui all'art. 338, primo comma,
del testo unico approvato col R.D. n. 1265/1934, sia quella
di cui all'art. 57 del D.P.R. n. 285/1990, dispongono il
divieto di costruire o ampliare edifici intorno ai cimiteri,
imponendo una fascia di rispetto, si deve ritenere che tali
disposizioni determinino il regime giuridico delle aree
rientranti nella fascia di rispetto cimiteriale e si
applichino indipendentemente da quale sia la loro
destinazione prevista dal piano regolatore.
---------------
La giurisprudenza amministrativa si è orientata per la
necessità di rispettare il vincolo cimiteriale anche nelle
fattispecie di riedificazione di edifici preesistenti e
distrutti anche antecedentemente alla data imposizione del
vincolo.
Tale orientamento muove dal concetto per cui la
riedificazione di un edificio distrutto, comportando
necessariamente la demolizione dei resti, ha natura di nuova
costruzione; se così è, deve rilevarsi che tale tipologia
non è assolutamente collocabile su aree di rispetto
cimiteriale, in considerazione dei molteplici interessi
pubblici che detto vincolo assoluto intende tutelare.
Inoltre, il divieto in parola “è riferibile ad ogni tipo di
fabbricato o di costruzione … rendendo del tutto
inedificabile l'area colpita dal divieto medesimo".
Il ricorso incidentale è
fondato, alla luce del motivo in esame, che ha carattere
assorbente.
Preliminarmente, e con riferimento alla
previsione dell’intervento da parte del PUC (che secondo la
ricorrente eviterebbe l’incidenza negativa del vincolo
cimiteriale), il Collegio deve ricordare che la
giurisprudenza si è da tempo orientata verso il principio
opposto, per cui “il vincolo cimiteriale di inedificabilità
viene ad imporsi ex se, con efficacia diretta ed immediata,
indipendentemente da qualsiasi recepimento in strumenti
urbanistici, i quali non sono idonei, proprio per la loro
natura, ad incidere sulla esistenza o sui limiti di tal
vincolo” (Cons. di Stato, sez. V, n. 519/1996).
Ed ancora è
stato sottolineato che: “Poiché sia la disposizione di cui
all'art. 338, primo comma, del testo unico approvato col
R.D. n. 1265/1934, sia quella di cui all'art. 57 del D.P.R.
n. 285/1990, dispongono il divieto di costruire o ampliare
edifici intorno ai cimiteri, imponendo una fascia di
rispetto, si deve ritenere che tali disposizioni determinino
il regime giuridico delle aree rientranti nella fascia di
rispetto cimiteriale e si applichino indipendentemente da
quale sia la loro destinazione prevista dal piano regolatore"
(Cons. di Stato, Sez. IV, n. 4415/2007).
Nello specifico, poi, rileva il Collegio che la
giurisprudenza amministrativa si è orientata per la
necessità di rispettare il vincolo cimiteriale anche nelle
fattispecie di riedificazione di edifici preesistenti e
distrutti anche antecedentemente alla data imposizione del
vincolo. Tale orientamento muove dal concetto per cui la
riedificazione di un edificio distrutto, comportando
necessariamente la demolizione dei resti, ha natura di nuova
costruzione (cfr. Cons. di Stato sez. V, n. 2020/2011); se
così è, deve rilevarsi che tale tipologia non è
assolutamente collocabile su aree di rispetto cimiteriale,
in considerazione dei molteplici interessi pubblici che
detto vincolo assoluto intende tutelare (Cons. di Stato,
sez. V, n. 1933/2007). Inoltre, il divieto in parola “è
riferibile ad ogni tipo di fabbricato o di costruzione …
rendendo del tutto inedificabile l'area colpita dal divieto
medesimo" (Cons. di Stato, sez. II, n. 3031/1996)
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 22.11.2013 n. 5544 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Il
vincolo cimiteriale riguarda anche gli edifici sparsi
utilizzati per il ricovero di attrezzi agricoli o aventi
destinazione diversa da quella abitativa, ponendosi persino
rispetto ad essi l'esigenza, perseguita dall'art. 338, comma
1, del R.D. n. 1265/1934, di salvaguardare la salubrità
pubblica e di consentire futuri ampliamenti del cimitero.
Infatti, l'apposizione del vincolo in questione persegue una
molteplicità di interessi pubblici: la tutela di esigenze
igienico sanitarie e della sacralità del luogo, l'interesse
a mantenere un'area di possibile espansione del perimetro
cimiteriale; pertanto anche la costruzione di case sparse, e
persino la realizzazione di edifici isolati non destinati ad
abitazione, deve rispettare la distanza minima di 200 metri,
senza che sia richiesta all'Ente pubblico una valutazione in
concreto della compatibilità della presenza del manufatto
rispetto al vincolo de quo.
Il ricorso è infondato.
Si prescinde dalla questione dell’ammissibilità di un’azione
volta alla conferma della parte dispositiva del
provvedimento impugnato e alla modifica, invece, della sua
motivazione, concretando tale azione la richiesta di una
pronuncia di accertamento negativo di natura dichiarativa
non ammissibile nell’ambito della giurisdizione di
legittimità qual è quella oggetto del presente scrutinio
giurisdizionale.
Va innanzi tutto rilevato che il provvedimento impugnato è
conseguente a due espresse domande di sanatoria presentate
dal ricorrente che obbligava l’Amministrazione comunale a
istruire il relativo procedimento e a concluderlo con un
provvedimenti definitivi, come correttamente avvenuto.
La tesi, poi, che nella specie si tratterebbe di manufatti
privi di rilievo urbanistico-edilizio è smentita per
tabulas dalla consistenza dei manufatti stessi (due
capanne agricole che ricoprono l’una una superficie di mq.
53,64 e l’altra una superficie di mq. 15,84), confermata
dalla documentazione fotografica che evidenzia che si tratta
di opere che, se pur realizzate con materiale precario,
insistono stabilmente sul terreno sul quale sono collocate.
In base, pertanto, all’art. 10 del t.u. n. 380 del 2001,
concretandosi una trasformazione urbanistica ed edilizia del
territorio le stesse opere erano soggette al permesso di
costruire. Donde il loro rilievo sotto il profilo del
rispetto dell’area di vincolo cimiteriale.
E dal momento che non è contestato che le stesse capanne
insistono entro la fascia di 200 metri del vincolo
cimiteriale, come indicato nei provvedimenti di diniego
impugnati, e che la sussistenza di un tale vincolo sia
ostativo alla permanenza di opere rilevanti sul piano
urbanistico-edilizio, le opere realizzate abusivamente non
sono sanabili stante l’inedificabilità assoluta derivante
dal disposto dell’art. 338 del testo unico sulla sanità.
Va comunque rilevato, per completezza, che il vincolo
cimiteriale riguarda anche gli edifici sparsi (Cons. Stato,
V, 14/09/2010, n. 6671; idem, 03/05/2007, n. 1933; TAR
Campania, Napoli, II, 13/02/2009, n. 802; idem, 25/01/2007,
n. 711) utilizzati per il ricovero di attrezzi agricoli o
aventi destinazione diversa da quella abitativa (Cons.
Stato, V, 23/08/2000, n. 4574), ponendosi persino rispetto
ad essi l'esigenza, perseguita dall'art. 338, comma 1, del
R.D. n. 1265/1934, di salvaguardare la salubrità pubblica e
di consentire futuri ampliamenti del cimitero (TAR Toscana,
sez. III, 25.10.2011 n. 1542; TAR Abruzzo, L'Aquila, I,
14/10/2008, n. 1141).
Infatti, l'apposizione del vincolo in questione persegue una
molteplicità di interessi pubblici: la tutela di esigenze
igienico sanitarie e della sacralità del luogo, l'interesse
a mantenere un'area di possibile espansione del perimetro
cimiteriale; pertanto anche la costruzione di case sparse, e
persino la realizzazione di edifici isolati non destinati ad
abitazione, deve rispettare la distanza minima di 200 metri,
senza che sia richiesta all'Ente pubblico una valutazione in
concreto della compatibilità della presenza del manufatto
rispetto al vincolo de quo (Tar Toscana, sez. II,
27.11.2008, n. 3046; Cons. Stato, sez. V, 03.05.2007, n.
1933; idem, 27.08.1999, n. 1006)
(TAR Toscana, Sez. III,
sentenza 12.11.2013 n. 1553 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
La fascia di rispetto
cimiteriale prevista dall'art. 338 t.u. leggi sanitarie (e
che deve essere misurata a partire dal muro di cinta del
cimitero), costituisce un vincolo assoluto di
inedificabilità , tale da imporsi anche a contrastanti
previsioni di PRG, che non consente in alcun modo
l'allocazione sia di edifici, che di opere incompatibili col
vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi
pubblici che tale fascia di rispetto intende tutelare e che
possono enuclearsi nelle esigenze di natura
igienicosanitaria, nella salvaguardia della peculiare
sacralità che connota i luoghi destinati all'inumazione e
alla sepoltura, nel mantenimento di un'area di possibile
espansione della cinta cimiteriale.
Ciò premesso, questo Tribunale ha più
volte confermato la natura assoluta del vincolo cimiteriale
(Tar Liguria, I n. 815/2011; n. 704/2012) in linea peraltro
con la giurisprudenza amministrativa più recente CdS IV,
n. 4403/2011; sez. V n. 6671/2010).
In particolare con riferimento ad un caso analogo a quello
oggi in considerazione è stato di recente affermato che: "la
fascia di rispetto cimiteriale prevista dall'art. 338 t.u.
leggi sanitarie (e che deve essere misurata a partire dal
muro di cinta del cimitero), costituisce un vincolo assoluto
di inedificabilità , tale da imporsi anche a contrastanti
previsioni di PRG, che non consente in alcun modo
l'allocazione sia di edifici, che di opere incompatibili col
vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi
pubblici che tale fascia di rispetto intende tutelare e che
possono enuclearsi nelle esigenze di natura
igienicosanitaria, nella salvaguardia della peculiare
sacralità che connota i luoghi destinati all'inumazione e
alla sepoltura, nel mantenimento di un'area di possibile
espansione della cinta cimiteriale (Cons. Stato, sez. IV, 16.03.2011 n. 1645 e 27.10.2009 n. 6547; sez. V, 14.09.2010 n. 6671)" (cfr. C.d.S., sez. sez. IV, 20.07.2011, n. 4403 cit.; Tar Campania II
n. 2447/2013)
(TAR Liguria, Sez. I,
sentenza 30.10.2013 n. 1252 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: No all'autolavaggio troppo vicino al cimitero.
Non si disturba il sonno, anche quello eterno. Stop
all'autolavaggio self service da realizzare a ridosso del
cimitero: ha ragione il comune a negare la concessione
edilizia all'imprenditore laddove il manufatto risulterebbe
troppo ingombrante nella fascia di rispetto di duecento
metri prevista dalla legge.
Lo stabilisce il TAR Veneto, Sez. II, con
la
sentenza
08.07.2013 n. 932.
Deve
essere rilevato un vincolo di inedificabilità assoluta sul
terreno che il proprietario intendeva mettere a reddito con
un sistema telematico in grado di gestire il tunnel con gli
spazzoloni senza l'aiuto di personale. Il punto è che
l'impianto comincia a essere un manufatto di una certa
importanza fra tettoie e casotti a ridosso del muro di cinta
del cimitero e, peraltro, pregiudica l'eventuale espansione
dell'area destinata all'estrema dimora dei concittadini.
La
fascia di rispetto prevista dalla legge di rispetto nei
dintorni del camposanto serve senz'altro a tutelare la
sacralità dei luoghi destinati alla sepoltura ma, ricordano
i giudici, anche a garantire una serie di esigenze di natura
igienico-sanitarie.
Non si salva dalla bocciatura il progetto presentato
dall'imprenditore anche se l'impianto è costituito da
strutture amovibili come gli spazzoloni e il box tunnel e
risulta del tutto automatizzato perché anche il pagamento
degli utenti viene gestito per via telematica: è infatti
ritenuto legittimo il diniego opposto dal dirigente comunale
all'istanza di concessione edilizia, motivato sul rilievo
che l'intervento ricade nel vincolo cimiteriale previsto
dall'articolo 338 del rd 1265/1934 che vieta la costruzione
di qualsiasi fabbricato e contrasta con l'articolo 22 delle
norme tecniche di attuazione del piano regolatore generale
il quale prevede che nelle zone F2 («fascia di rispetto»)
non può essere consentito alcun tipo di costruzione o di
intervento che non siano strettamente relativi alle
infrastrutture protette.
Sul «no» all'autorizzazione all'impianto pesano le diverse
strutture prefabbricate previste dal progetto. Risultato:
niente autolavaggio, ma l'imprenditore evita almeno il
pagamento delle spese di giudizio per la peculiarità della
controversia (articolo ItaliaOggi del
27.02.2014). |
EDILIZIA PRIVATA: In
materia di vincolo cimiteriale, la salvaguardia del rispetto
dei 200 metri prevista dall'art. 338 del T.U. del 1934 si
pone alla stregua di un vincolo assoluto di inedificabilità,
valevole per qualsiasi manufatto edilizio anche ad uso
diverso da quello di abitazione, che non consente in alcun
modo l'allocazione sia di edifici, che di opere
incompatibili col vincolo medesimo, e tanto in ragione dei
molteplici interessi pubblici che tale fascia di rispetto
intende tutelare e che possono enuclearsi nelle esigenze di
natura igienico-sanitarie, nella salvaguardia della
peculiare sacralità dei luoghi destinati alla sepoltura e
nel mantenimento di un’area di possibile espansione della
cinta cimiteriale.
---------------
Appare evidente che l’impianto di autolavaggio in questione,
composto da tettoie, casotti prefabbricati, macchinari, vada
a costituire un manufatto edilizio dotato di una certa
importanza e stabilità, e che una volta autorizzato non
potrebbe più essere rimosso a discrezione
dell’amministrazione; e ciò andrebbe in pregiudizio degli
interessi sottesi al vincolo cimiteriale, ed in particolare
dell'esigenza di consentire l'espansione della cinta
cimiteriale (dovendo sorgere, peraltro, proprio a ridosso
delle mura perimetrali del cimitero).
La realizzazione dell’impianto contrasterebbe inoltre con
l’esigenza di limitare la frequentazione di tale zona da
parte del pubblico per motivi igienico-sanitari. Non meno
evidente è il contrasto della natura dell’opera con la
sacralità del luogo soggetto a tutela.
Conseguentemente, non sembra dubbio che l’impianto di
autolavaggio in questione rientri tra le costruzioni
edilizie del tutto vietate dalla disposizione di cui
all’art. 338 citato e tale circostanza, puntualmente
rilevata dall’Amministrazione, costituisce valido motivo
giustificativo dell’opposto diniego.
Il ricorso è infondato.
L’art. 338 del Testo unico delle leggi sanitarie di cui al
r.d. n. 1265 del 27.07.1934 nonché l’art. 57 del Dpr 10.09.1990 n. 285 vietano l’edificazione nelle aree
ricadenti in fascia di rispetto cimiteriale dei manufatti
che, per durata, inamovibiltà ed incorporazione al suolo
possano qualificarsi come costruzioni edilizie, come tali,
incompatibili con la natura dei luoghi e con l’eventuale
espansione del cimitero.
Ora, la giurisprudenza ha affermato che in materia di
vincolo cimiteriale, la salvaguardia del rispetto dei 200
metri prevista dal citato art. 338 del T.U. del 1934 si pone
alla stregua di un vincolo assoluto di inedificabilità,
valevole per qualsiasi manufatto edilizio anche ad uso
diverso da quello di abitazione, che non consente in alcun
modo l'allocazione sia di edifici, che di opere
incompatibili col vincolo medesimo, e tanto in ragione dei
molteplici interessi pubblici che tale fascia di rispetto
intende tutelare e che possono enuclearsi nelle esigenze di
natura igienico-sanitarie, nella salvaguardia della
peculiare sacralità dei luoghi destinati alla sepoltura e
nel mantenimento di un’area di possibile espansione della
cinta cimiteriale (Cons. Stato Sezione IV, 20.07.2011,
n. 4403, Cons. Stato Sez. V 03.05.2007 n.1933; TAR
Toscana, Sez. III, 02.07.2008 n. 1712).
Ora, appare evidente che l’impianto di autolavaggio in
questione, composto da tettoie, casotti prefabbricati,
macchinari, vada a costituire un manufatto edilizio dotato
di una certa importanza e stabilità, e che una volta
autorizzato non potrebbe più essere rimosso a discrezione
dell’amministrazione; e ciò andrebbe in pregiudizio degli
interessi sottesi al vincolo cimiteriale, ed in particolare
dell'esigenza di consentire l'espansione della cinta
cimiteriale (dovendo sorgere, peraltro, proprio a ridosso
delle mura perimetrali del cimitero). La realizzazione
dell’impianto contrasterebbe inoltre con l’esigenza di
limitare la frequentazione di tale zona da parte del
pubblico per motivi igienico-sanitari. Non meno evidente è
il contrasto della natura dell’opera con la sacralità del
luogo soggetto a tutela.
Conseguentemente, non sembra dubbio che l’impianto di
autolavaggio in questione rientri tra le costruzioni
edilizie del tutto vietate dalla disposizione di cui
all’art. 338 citato e tale circostanza, puntualmente rilevata
dall’Amministrazione, costituisce valido motivo
giustificativo dell’opposto diniego.
Per le suesposte considerazioni, il ricorso si appalesa
infondato e va, perciò, respinto
(TAR Veneto, Sez. II,
sentenza 08.07.2013 n. 932 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Parere in merito alla possibilità di riduzione della zona di
rispetto cimiteriale per l'attuazione di un "intervento
urbanistico", ai sensi dell'art. 338, comma 5, del R.D. 1265
del 1934 (Regione Lazio,
parere 05.07.2013 n.
184453 di prot.). |
EDILIZIA PRIVATA:
Vincolo cimiteriale.
La fascia di rispetto cimiteriale prevista dall'art. 338
t.u. leggi sanitarie, che deve essere misurata a partire dal
muro di cinta del cimitero, costituisce un vincolo assoluto
di inedificabilità, tale da imporsi anche a contrastanti
previsioni di PRG, che non consente in alcun modo
l'allocazione sia di edifici, che di opere incompatibili col
vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi
pubblici che tale fascia di rispetto intende tutelare e che
possono enuclearsi nelle esigenze di natura
igienicosanitaria, nella salvaguardia della peculiare
sacralità che connota i luoghi destinati all'inumazione e
alla sepoltura, nel mantenimento di un'area di possibile
espansione della cinta cimiteriale.
Priva di pregio, innanzitutto, è la censura per la quale il
vincolo cimiteriale non sarebbe applicabile per le opere
realizzate al di fuori dei centri abitati, poiché il
riferimento ai “centri abitati”, di cui all'art. 338
r.d. n. 1265/1934 rileva unicamente per la realizzazione e
l’ampliamento dei cimiteri da parte del Comune e non invece
per l’attività costruttiva del privato, che deve, comunque,
rispettare le prescritte distanze dal cimitero anche se la
costruzione dovesse essere edificata fuori dai centri
abitati (cfr. C.d.S., sez. V, 29.03.2006, n. 1593; C.d.S.,
sez. IV, 20.07.2011, n. 4403, che ha anche escluso che la
presenza, come nel caso ora in esame, di una strada possa “interrompere”
la continuità del vincolo).
In secondo luogo, il vincolo in questione è di
inedificabilità assoluta e, perciò, le opere realizzate in
contrasto con lo stesso non sono suscettibili di sanatoria,
ai sensi dell'art. 33 della legge 28.02.1985, n. 47, neppure
per silentium.
Al riguardo, è sufficiente richiamare l'indirizzo del
Giudice di appello, dal quale non si rinvengono ragioni per
discostarsi, secondo cui «la fascia di rispetto
cimiteriale prevista dall'art. 338 t.u. leggi sanitarie (e
che deve essere misurata a partire dal muro di cinta del
cimitero), costituisce un vincolo assoluto di
inedificabilità, tale da imporsi anche a contrastanti
previsioni di PRG, che non consente in alcun modo
l'allocazione sia di edifici, che di opere incompatibili col
vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi
pubblici che tale fascia di rispetto intende tutelare e che
possono enuclearsi nelle esigenze di natura
igienicosanitaria, nella salvaguardia della peculiare
sacralità che connota i luoghi destinati all'inumazione e
alla sepoltura, nel mantenimento di un'area di possibile
espansione della cinta cimiteriale (Cons. Stato, sez. IV,
16.03.2011 n. 1645 e 27.10.2009 n. 6547; sez. V, 14.09.2010
n. 6671)» (cfr. C.d.S., sez. sez. IV, 20.07.2011, n.
4403 cit.).
Sono, perciò, infondati anche il secondo ed il terzo motivo
di ricorso, mentre, con riguardo al quarto ed ultimo motivo,
basta osservare, per la sua reiezione, che sia il diniego di
condono rispetto ad opere per legge non suscettibili di
sanatoria, sia gli interventi repressivi degli abusi
edilizi, sono espressione di un potere dell'amministrazione
di natura vincolata e non discrezionale, che in quanto tale
non è soggetto ad eccesso di potere, ma soltanto ad
eventuali vizi di violazione di legge o di incompetenza (in
materia di ordini di demolizione, cfr. TAR Campania Salerno,
sez. I, 06.12.2011, n. 1926; TAR Sicilia Catania, sez. I,
20.09.2010, n. 3763) (massima tratta da www.lexambiente.it -
TAR Campania-Napoli, Sez. II,
sentenza 14.05.2013 n. 2496 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
In materia di vincolo cimiteriale la salvaguardia
del rispetto dei duecento metri prevista dall'art. 338 R.D.
1265/1934 (o del limite inferiore di cui al d.p.r. numero
285/1990 che ha previsto la possibilità di riduzione della
fascia di rispetto da 200 mt. a 100 mt.) "si pone alla
stregua di un vincolo assoluto di inedificabilità che non
consente in alcun modo l'allocazione sia di edifici, che di
opere incompatibili col vincolo medesimo, in considerazione
dei molteplici interessi pubblici che tale fascia di
rispetto intende tutelare e che possono enuclearsi nelle
esigenze di natura igienico sanitaria, nella salvaguardia
della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati
all'inumazione e alla sepoltura, nel mantenimento di un'area
di possibile espansione della cinta cimiteriale".
Tale vincolo osta al rilascio anche dei titoli edilizi in
sanatoria, senza necessità di compiere valutazioni in ordine
alla concreta compatibilità dell'opera con i valori tutelati
dal vincolo, come affermato dalla giurisprudenza con
riferimento alle istanze di condono avanzate ai sensi
dell'art. 33 L. 28.02.1985 n. 47.
Detto vincolo comporta, in definitiva, una limitazione
legale a carattere assoluto del diritto di proprietà, che
preclude il rilascio del titolo edilizio per opere
incompatibili col vincolo medesimo.
In punto di diritto, va ricordato che l'articolo
338 del testo unico delle leggi sanitarie di cui al R.D. n.
1265/1934 vieta l'edificazione nelle aree ricadenti in fasce
di rispetto cimiteriale dei manufatti che possono
qualificarsi come costruzione edilizie, come tali
incompatibili con la natura dei luoghi e con l'eventuale
espansione del cimitero.
Al riguardo, la giurisprudenza,
ormai consolidata, ha affermato che in materia di vincolo
cimiteriale la salvaguardia del rispetto dei duecento metri
prevista dal citato articolo (o del limite inferiore di cui
al d.p.r. numero 285/1990 che ha previsto la possibilità di
riduzione della fascia di rispetto da 200 mt. a 100 mt.) "si
pone alla stregua di un vincolo assoluto di inedificabilità
che non consente in alcun modo l'allocazione sia di edifici,
che di opere incompatibili col vincolo medesimo, in
considerazione dei molteplici interessi pubblici che tale
fascia di rispetto intende tutelare e che possono enuclearsi
nelle esigenze di natura igienico sanitaria, nella
salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi
destinati all'inumazione e alla sepoltura, nel mantenimento
di un'area di possibile espansione della cinta cimiteriale"
(ex multis C. Stato, V, 14.09.2010, n. 6671; C.
Stato, IV 12.03.2007, n. 1185, C. Stato, V, 12.11.1999, n. 1871; C. Stato, II, parere 28.02.1996, n.
3031/1995; TAR Sicilia, Palermo, III, 18.01.2012, n. 77;
TAR Campania, Napoli, IV, 29.11.2007, n. 15615; Tar
Lombardia-Milano, 11.07.1997, n. 1253; Tar Toscana, I,
29.09.1994, n. 471).
Non sfugge al Collegio che una
parte minoritaria della giurisprudenza (TAR Genova
Liguria sez. I 20.06.2008, n. 1388) opta per la natura
relativa della inedificabilità prodotta dal vincolo, ma alla
tesi contraria, che si lascia preferire per la complessità
delle esigenze di tutela alle quali il vincolo presiede,
propende decisamente la recenziore giurisprudenza del
Consiglio di Stato (sez. IV, 20.07.2011, n. 4403),
secondo cui, peraltro, il vincolo di rispetto cimiteriale,
riguarda non solo i centri abitati, ma anche i fabbricati
sparsi (cfr. TAR Milano, II, 06.10.1993 n. 551).
Da
ciò consegue l’infondatezza anche del profilo di censura che
valorizza il carattere isolato del manufatto, che pertanto
incorre nella preclusività del vincolo che per giunta osta
al rilascio anche dei titoli edilizi in sanatoria, senza
necessità di compiere valutazioni in ordine alla concreta
compatibilità dell'opera con i valori tutelati dal vincolo,
come affermato dalla giurisprudenza con riferimento alle
istanze di condono avanzate ai sensi dell'art. 33 L. 28.02.1985 n. 47 (cfr. C. Stato, se. V,
03.05.2007, n.
1933 e del 12.11.1999, n. 1871).
Detto vincolo, secondo consolidata giurisprudenza, comporta,
in definitiva, una limitazione legale a carattere assoluto
del diritto di proprietà, che preclude il rilascio del
titolo edilizio per opere incompatibili col vincolo medesimo (TAR Campania-Salerno, Sez. II,
sentenza 02.05.2013 n. 1034 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
L’espansione della zona
cimiteriale costituisce solo una delle molteplici ragioni
del vincolo cimiteriale e il vincolo non può dirsi
interrotto per la presenza di una strada.
Invero, "la fascia di rispetto cimiteriale prevista
dall'art. 338 t.u. leggi sanitarie 27.07.1934 n. 1265,
misurata a partire dal muro di cinta del cimitero,
costituisce un vincolo assoluto d'inedificabilità, tale da
imporsi anche a contrastanti previsioni di piano regolatore
generale, che non consente in alcun modo l'allocazione sia
di edifici che di opere incompatibili col vincolo medesimo,
in considerazione dei molteplici interessi pubblici che tale
fascia di rispetto intende tutelare e che sono da
individuarsi in esigenze di natura igienico-sanitaria, nella
salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi
destinati all'inumazione e alla sepoltura, nel mantenimento
di un'area di possibile espansione della cinta cimiteriale;
segue da ciò che non esiste ragione alcuna per ritenere tale
vincolo applicabile solo ai centri abitati e non ai
fabbricati sparsi, così come, ai fini dell'applicazione del
vincolo, appare ininfluente che, a distanza inferiore ai 200
metri, vi sia una strada, atteso che essa non interrompe la
continuità del vincolo”.
Infondata è,
parimenti, la censura contenuta nel terzo motivo di ricorso,
relativa all’asserita non configurabilità nell’ipotesi di
specie del vincolo di rispetto cimiteriale, in quanto parte
ricorrente non riferisce tale inesistenza all’inconfigurabilità
del criterio distanziale, posto ope legis a base di tale
vincolo, ma alla natura del cimitero –non connotato da
possibilità espansive– ed al fatto che nell’ipotesi di
specie vi sarebbe una strada comunale che interromperebbe la
continuità con l’area cimiteriale.
Entrambi i presupposti sono privi di fondamento, atteso
che l’espansione della zona cimiteriale costituisce solo una
delle molteplici ragioni del vincolo cimiteriale e che il
vincolo non può dirsi interrotto per la presenza di una
strada (cfr., in tal senso Consiglio di Stato sez. IV, 20.07.2011 n. 4403 secondo cui “La fascia di rispetto
cimiteriale prevista dall'art. 338 t.u. leggi sanitarie 27.07.1934 n. 1265, misurata a partire dal muro di cinta
del cimitero, costituisce un vincolo assoluto d'inedificabilità,
tale da imporsi anche a contrastanti previsioni di piano
regolatore generale, che non consente in alcun modo
l'allocazione sia di edifici che di opere incompatibili col
vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi
pubblici che tale fascia di rispetto intende tutelare e che
sono da individuarsi in esigenze di natura
igienico-sanitaria, nella salvaguardia della peculiare
sacralità che connota i luoghi destinati all'inumazione e
alla sepoltura, nel mantenimento di un'area di possibile
espansione della cinta cimiteriale; segue da ciò che non
esiste ragione alcuna per ritenere tale vincolo applicabile
solo ai centri abitati e non ai fabbricati sparsi, così
come, ai fini dell'applicazione del vincolo, appare
ininfluente che, a distanza inferiore ai 200 metri, vi sia
una strada, atteso che essa non interrompe la continuità del
vincolo”)
(TAR Campania-Napoli, Sez. VII,
sentenza 25.03.2013 n. 1639 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: La
fascia di rispetto cimiteriale risponde, da un lato,
all'esigenza di tutela dell'interesse pubblico all'igiene di
ogni tipo di costruzione destinata alla vita dell'uomo e,
dall'altro, all'esigenza di assicurare decoro ai luoghi di
sepoltura.
Il suddetto vincolo riguarda, pertanto, quelle costruzioni
incompatibili con la funzione cimiteriale, in quanto
destinate ad ospitare stabilmente l’uomo, quali: le
abitazioni, gli alberghi, gli ospedali, le scuole. Tale
vincolo non è quindi suscettibile di un’applicazione
estensiva nei confronti della realizzazione di altri
manufatti privi invece di tale funzione come nel caso, che
qui interessa, delle strade e dei parcheggi.
Questa interpretazione è del resto avvalorata anche dal dato
letterale della disposizione che vieta specificamente la
realizzazione di nuovi “edifici” e non già la realizzazione
di una qualsiasi opera.
Quanto alla asserita violazione della fascia di rispetto
cimiteriale di 200 metri, il Collegio evidenzia che, come
condivisibilmente affermato dalla giurisprudenza
maggioritaria, la fascia di rispetto in questione risponde,
da un lato, all'esigenza di tutela dell'interesse pubblico
all'igiene di ogni tipo di costruzione destinata alla vita
dell'uomo e, dall'altro, all'esigenza di assicurare decoro
ai luoghi di sepoltura.
Il suddetto vincolo riguarda, pertanto, quelle costruzioni
incompatibili con la funzione cimiteriale, in quanto
destinate ad ospitare stabilmente l’uomo, quali: le
abitazioni, gli alberghi, gli ospedali, le scuole. Tale
vincolo non è quindi suscettibile di un’applicazione
estensiva nei confronti della realizzazione di altri
manufatti privi invece di tale funzione come nel caso, che
qui interessa, delle strade e dei parcheggi.
Questa interpretazione è del resto avvalorata anche dal dato
letterale della disposizione che vieta specificamente la
realizzazione di nuovi “edifici” e non già la
realizzazione di una qualsiasi opera (cfr. in termini TAR
Lombardia-Milano, Sez. III, sentenza 26.09.2011 n. 2295)
(TAR Veneto, Sez. I,
sentenza 19.03.2013 n. 417 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: L'articolo
338 del testo unico delle leggi sanitarie di cui al R.D. n.
1265/1934 vieta l'edificazione nelle aree ricadenti in fasce
di rispetto cimiteriale dei manufatti che possono
qualificarsi come costruzione edilizie, come tali
incompatibili con la natura dei luoghi e con l'eventuale
espansione del cimitero.
Invero, in materia di vincolo cimiteriale la salvaguardia
del rispetto dei duecento metri prevista dal citato articolo
(o del limite inferiore di cui al d.p.r. numero 285/1990 che
ha previsto la possibilità di riduzione della fascia di
rispetto da 200 mt. a 100 mt.) "si pone alla stregua di un
vincolo assoluto di inedificabilità che non consente in
alcun modo l'allocazione sia di edifici, che di opere
incompatibili col vincolo medesimo, in considerazione dei
molteplici interessi pubblici che tale fascia di rispetto
intende tutelare e che possono enuclearsi nelle esigenze di
natura igienico sanitaria, nella salvaguardia della
peculiare sacralità che connota i luoghi destinati
all'inumazione e alla sepoltura, nel mantenimento di un'area
di possibile espansione della cinta cimiteriale".
Ritiene il Collegio tuttavia di aderire all’opposto
orientamento giurisprudenziale, di recente confermato,
secondo cui “In sede di condono di opere insistenti su
fascia di rispetto cimiteriale l'Amministrazione è tenuta a
valutare se ed in quale misura l'opera in questione venga
effettivamente a concretizzare una lesione per il vincolo
cimiteriale di inedificabilità e, più in particolare, se le
opere da sanare possano aggravare il peso insediativo
dell'area con la realizzazione di volumi edilizi tali da
considerarsi nuove costruzioni”.
Tale lettura interpretativa si fonda, esattamente, sulle
finalità perseguite dalla normativa di tutela del vincolo
cimiteriale, che sono sostanzialmente tre: garantire la
futura espansione del cimitero; garantire il decoro di un
luogo di culto; assicurare una cintura sanitaria attorno a
luoghi per loro natura insalubri.
In punto di diritto, va ricordato che l'articolo 338 del
testo unico delle leggi sanitarie di cui al R.D. n.
1265/1934, vigente ratione temporis, vieta
l'edificazione nelle aree ricadenti in fasce di rispetto
cimiteriale dei manufatti che possono qualificarsi come
costruzione edilizie, come tali incompatibili con la natura
dei luoghi e con l'eventuale espansione del cimitero.
Non sfugge al Collegio che, secondo cospicuo orientamento
giurisprudenziale, in materia di vincolo cimiteriale la
salvaguardia del rispetto dei duecento metri prevista dal
citato articolo (o del limite inferiore di cui al d.p.r.
numero 285/1990 che ha previsto la possibilità di riduzione
della fascia di rispetto da 200 mt. a 100 mt.) "si pone
alla stregua di un vincolo assoluto di inedificabilità che
non consente in alcun modo l'allocazione sia di edifici, che
di opere incompatibili col vincolo medesimo, in
considerazione dei molteplici interessi pubblici che tale
fascia di rispetto intende tutelare e che possono enuclearsi
nelle esigenze di natura igienico sanitaria, nella
salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi
destinati all'inumazione e alla sepoltura, nel mantenimento
di un'area di possibile espansione della cinta cimiteriale"
(ex multis C.d.S., V, 14.09.2010, n. 6671; C.d.S., IV
12.03.2007, n. 1185, C.d.S., V, 12.11.1999, n. 1871; C.d.S.,
II, parere 28.02.1996, n. 3031/95; TAR Sicilia, Palermo, III,
18.01.2012, n. 77; TAR Campania, Napoli, IV, 29.11.2007, n.
15615; Tar Lombardia-Milano, 11.07.1997, n. 1253; Tar
Toscana, I, 29.09.1994, n. 471).
Ritiene il Collegio tuttavia di aderire all’opposto
orientamento giurisprudenziale, di recente confermato,
secondo cui “In sede di condono di opere insistenti su
fascia di rispetto cimiteriale l'Amministrazione è tenuta a
valutare se ed in quale misura l'opera in questione venga
effettivamente a concretizzare una lesione per il vincolo
cimiteriale di inedificabilità e, più in particolare, se le
opere da sanare possano aggravare il peso insediativo
dell'area con la realizzazione di volumi edilizi tali da
considerarsi nuove costruzioni” (cfr. TAR Genova Liguria
sez. I, 20.06.2008, n. 1388).
Tale lettura interpretativa si fonda, esattamente, sulle
finalità perseguite dalla normativa di tutela del vincolo
cimiteriale, che sono sostanzialmente tre: garantire la
futura espansione del cimitero; garantire il decoro di un
luogo di culto; assicurare una cintura sanitaria attorno a
luoghi per loro natura insalubri (cfr. TAR Liguria, 1^,
25.03.2004 n. 290; id., 09.07.1998 n. 373; id., 06.11.1995
n. 320; da ultimo Cons. Stato, V, 03.05.2007 n. 1933)
(TAR Friuli Venezia Giulia,
sentenza 06.03.2013 n. 128 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA: Ai
sensi dell'articolo 338 rd 1265/1934 i cimiteri devono
essere collocati alla distanza di almeno 200 metri dal
centro abitato. Lo stesso articolo vieta, inoltre, di
costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici entro il raggio
di 200 metri dal perimetro dell'impianto cimiteriale, quale
risultante dagli strumenti urbanistici vigenti nel comune o,
in difetto di essi, comunque quale esistente in fatto, salve
le deroghe ed eccezioni previste dalla legge.
In particolare, l'esistenza del vincolo cimiteriale,
nell'area nella quale è stato realizzato un manufatto
abusivo, comportando l'inedificabilità assoluta, preclude il
rilascio della concessione in sanatoria ai sensi dell'art.
33, l. 28.02.1985 n. 47, senza necessità di compiere
valutazioni in ordine alla concreta compatibilità dell'opera
con i valori tutelati dal vincolo.
Il chiaro disposto dell'articolo 338 citato vieta, quindi,
di costruire intorno ai cimiteri laddove il riferimento al
centro abitato viene fatto nel primo periodo solo per
escludere che si possano realizzare nuovi cimiteri
all'interno del centro abitato.
Tanto premesso, il ricorso va rigettato.
Il Comune di Paderno Dugnano, prima in persona
dell’assessore delegato all’urbanistica e poi del sindaco,
ha correttamente rigettato l’istanza di rilascio di
concessione in sanatoria e conseguentemente ordinato la
demolizione dei manufatti abusivi. La motivazione su cui
poggiano entrambi i provvedimenti è che i manufatti ricadono
all’interno del limite cimiteriale e in zona vincolata a
Parco Agricolo Nord Villoresi /Grugnotorto.
Orbene, la giurisprudenza amministrativa consolidata, che
questo Collegio condivide, ha chiarito che ai sensi dell'articolo 338 rd 1265/1934 i cimiteri devono essere collocati
alla distanza di almeno 200 metri dal centro abitato. Lo
stesso articolo vieta, inoltre, di costruire intorno ai
cimiteri nuovi edifici entro il raggio di 200 metri dal
perimetro dell'impianto cimiteriale, quale risultante dagli
strumenti urbanistici vigenti nel comune o, in difetto di
essi, comunque quale esistente in fatto, salve le deroghe ed
eccezioni previste dalla legge.
In particolare, l'esistenza
del vincolo cimiteriale, nell'area nella quale è stato
realizzato un manufatto abusivo, comportando l'inedificabilità
assoluta, preclude il rilascio della concessione in
sanatoria ai sensi dell'art. 33, l. 28.02.1985 n. 47,
senza necessità di compiere valutazioni in ordine alla
concreta compatibilità dell'opera con i valori tutelati dal
vincolo (Cons. St., IV, 12.03.2007 n. 1185). Il chiaro
disposto dell'articolo 338 citato vieta, quindi, di
costruire intorno ai cimiteri laddove il riferimento al
centro abitato viene fatto nel primo periodo solo per
escludere che si possano realizzare nuovi cimiteri
all'interno del centro abitato (cfr., Cons. Stato citato).
Nel caso di specie, è emerso in modo incontestato che la
società ricorrente ha realizzato manufatti abusivi
all’interno del perimetro cimiteriale; manufatti che non
potevano essere realizzati ai sensi dell’art. 338 rd
1265/1934, indipendentemente dall’esistenza dell’area
vincolata.
Ne deriva, pertanto, che correttamente l’amministrazione
resistente ha negato il rilascio della concessione in
sanatoria e ordinato la demolizione dei manufatti abusivi
(TAR Lombardia-Milano, Sez. IV,
sentenza 07.02.2013 n. 371 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno
2012 |
|
EDILIZIA PRIVATA:
L'art. 338 del r.d. 1265/1934 (t.u. delle leggi
sanitarie) prevede il divieto di costruire intorno ai
cimiteri edifici entro il raggio di 200 mt., disponendo che
il contravventore debba demolire l'edificio o la parte di
nuova costruzione, salvi i provvedimenti d'ufficio in caso
di inadempienza. Si tratta, infatti,
di divieto assoluto, come più volte ha avuto modo di
affermare la giurisprudenza amministrativa che ha
evidenziato come il vincolo di inedificabilità in questione
abbia finalità non solo urbanistico edilizie, ma anche di
tutela dell'igiene e della sicurezza pubblica.
Il vincolo in questione non consente l'allocazione sia di
edifici che di opere incompatibili col vincolo medesimo, in
considerazione dei molteplici interessi pubblici che tale
fascia di rispetto intende tutelare e che possono enuclearsi
nelle esigenze di natura igienico sanitaria, nella
salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi
destinati all'inumazione ed alla sepoltura, nel mantenimento
di un'area di possibile espansione della cinta cimiteriale.
Anche la giurisprudenza della Cassazione si è espressa in
termini analoghi a quelli sopra riferiti, ravvisando nel
vincolo cimiteriale un caso tipico di inedificabilità
legale, vale a dire inderogabile divieto di qualsivoglia
interevento modificativo dello stato dei luoghi, fatta
eccezione per l'esercizio dell'agricoltura e per l'eventuale
ampliamento delle strutture cimiteriali preesistenti.
Come è noto l'art. 338 del r.d. 1265/1934 (t.u. delle leggi
sanitarie) prevede il divieto di costruire intorno ai
cimiteri edifici entro il raggio di 200 mt., disponendo che
il contravventore debba demolire l'edificio o la parte di
nuova costruzione, salvi i provvedimenti d'ufficio in caso
di inadempienza.
La difesa della ricorrente sostiene che tale divieto
riguarderebbe solo l’intero centro abitato e sarebbe
derogabile per singole abitazioni.
Tale tesi appare destituita di fondamento, si tratta,
infatti, di divieto assoluto, come più volte ha avuto modo
di affermare la giurisprudenza amministrativa che ha
evidenziato come il vincolo di inedificabilità in questione
abbia finalità non solo urbanistico edilizie, ma anche di
tutela dell'igiene e della sicurezza pubblica (CdS Sez. IV
n. 4259/2007; n. 1185/2007).
In particolare, la giurisprudenza del C.d.S. è consolidata
nell'affermare che il vincolo in questione non consenta
l'allocazione sia di edifici che di opere incompatibili col
vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi
pubblici che tale fascia di rispetto intende tutelare e che
possono enuclearsi nelle esigenze di natura igienico
sanitaria, nella salvaguardia della peculiare sacralità che
connota i luoghi destinati all'inumazione ed alla sepoltura,
nel mantenimento di un'area di possibile espansione della
cinta cimiteriale.
Anche la giurisprudenza della Cassazione si è espressa in
termini analoghi a quelli sopra riferiti, ravvisando nel
vincolo cimiteriale un caso tipico di inedificabilità
legale, vale a dire inderogabile divieto di qualsivoglia
interevento modificativo dello stato dei luoghi, fatta
eccezione per l'esercizio dell'agricoltura e per l'eventuale
ampliamento delle strutture cimiteriali preesistenti (Cass.
Civ. Sez. I 23.06.2004 n. 11669)
(TAR Veneto, Sez. II,
sentenza 07.11.2012 n. 1352 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA: Le
scelte pianificatorie effettuate dalla p.a. costituiscano
apprezzamento di merito -o, comunque, espressione di ampia
potestà discrezionale- sottratto al sindacato di
legittimità, salvo che non siano inficiate da errori di
fatto o abnormi illogicità.
---------------
L’art. 338, r.d. n. 1265/1934 prevede, al comma 1, che “i
cimiteri devono essere collocati alla distanza di almeno 200
metri dal centro abitato. È vietato costruire intorno ai
cimiteri nuovi edifici entro il raggio di 200 metri dal
perimetro dell'impianto cimiteriale, quale risultante dagli
strumenti urbanistici vigenti nel comune o, in difetto di
essi, comunque quale esistente in fatto, salve le deroghe ed
eccezioni previste dalla legge”.
La prima parte della disposizione impone la collocazione dei
cimiteri ad una distanza di 200 metri dal centro abitato;
tale fascia di rispetto può essere ridotta, non oltre il
limite minimo di 50 metri, allorché ricorrano le condizioni
previste al comma 4.
La seconda parte della disposizione pone, invece, un vincolo
di inedificabilità entro la fascia di 200 metri dal
perimetro del cimitero.
Quest’ultima disposizione, che disciplina l’edificazione
nella fascia di rispetto, non si rivolge al pianificatore
allorché è chiamato a decidere la collocazione di un nuovo
cimitero.
La scelta in ordine alla collocazione di un nuovo cimitero
è, invero, soggetta unicamente alle previsioni di cui alla
prima parte dell’art. 338, c.1 e c. 4, e cioè al rispetto
della distanza dal centro abitato prevista dalla legge,
oltre che ai limiti cui soggiace ogni potere discrezionale,
ed entro i quali è sindacabile dal giudice amministrativo,
della manifesta illogicità, irrazionalità o errore sui
fatti.
La giurisprudenza è costante nel ritenere che le
scelte pianificatorie effettuate dalla p.a. costituiscano
apprezzamento di merito -o, comunque, espressione di ampia
potestà discrezionale- sottratto al sindacato di
legittimità, salvo che non siano inficiate da errori di
fatto o abnormi illogicità (Cons. Stato, Sez. IV, 21.05.2007, n. 2571).
La decisione di collocare il cimitero a nord del centro
abitato, in una zona che precedenti strumenti urbanistici
qualificavano come avente valenza sovracomunale, non può
ritenersi, di per sé, manifestamente illogicità, ben potendo
l’amministrazione mutare, nel corso degli anni, le proprie
scelte.
Né la collocazione del cimitero a nord del centro abitato si
pone in contrasto con le osservazioni formulate dalla
Provincia di Milano in sede di valutazione di compatibilità
del documento di piano con il piano territoriale di
coordinamento provinciale: la Provincia si è difatti
limitata a dettare delle prescrizioni con riferimento ad
alcuni ambiti di trasformazione, tra cui l’ambito IC2
(Corridoio ambientale ovest – nuovo cimitero), ma non ha
affatto affermato l’incompatibilità della previsione del
cimitero con le disposizioni del suo piano.
Né dalle osservazioni espresse dalla Provincia con
riferimento all’ambito in questione –che, peraltro, come si
osserverà al punto 10, sono state recepite dal Comune-
possono poi dedursi elementi di manifesta illogicità della
decisione del Comune.
Non può, poi, ritenersi illogica la previsione di una fascia
di rispetto di 50 metri, anziché di 200 metri: la fascia è
stata ridotta solo lungo due lati, quello sud e quello est;
in ogni caso la riduzione della fascia, entro il limite dei
50 metri, è una facoltà che è espressamente prevista
dall’art. 338, c. 4, r.d. n. 1265/1934.
---------------
L’art. 338, r.d. n.
1265/1934 prevede, al comma 1, che “i cimiteri devono essere
collocati alla distanza di almeno 200 metri dal centro
abitato. È vietato costruire intorno ai cimiteri nuovi
edifici entro il raggio di 200 metri dal perimetro
dell'impianto cimiteriale, quale risultante dagli strumenti
urbanistici vigenti nel comune o, in difetto di essi,
comunque quale esistente in fatto, salve le deroghe ed
eccezioni previste dalla legge”.
La prima parte della disposizione impone la collocazione dei
cimiteri ad una distanza di 200 metri dal centro abitato;
tale fascia di rispetto può essere ridotta, non oltre il
limite minimo di 50 metri, allorché ricorrano le condizioni
previste al comma 4.
La seconda parte della disposizione pone, invece, un vincolo
di inedificabilità entro la fascia di 200 metri dal
perimetro del cimitero.
A differenza di quanto sostenuto dal ricorrente,
quest’ultima disposizione, che disciplina l’edificazione
nella fascia di rispetto, non si rivolge al pianificatore
allorché è chiamato a decidere la collocazione di un nuovo
cimitero.
La scelta in ordine alla collocazione di un nuovo cimitero
è, invero, soggetta unicamente alle previsioni di cui alla
prima parte dell’art. 338, c.1 e c. 4, e cioè al rispetto
della distanza dal centro abitato prevista dalla legge,
oltre che ai limiti cui soggiace ogni potere discrezionale,
ed entro i quali è sindacabile dal giudice amministrativo,
della manifesta illogicità, irrazionalità o errore sui
fatti.
Pertanto, nel caso di specie, anche ove fosse veritiero
quanto affermato dal ricorrente circa la presenza,
nell’ambito della fascia di rispetto, di “fabbricati sparsi”
(parte di un fabbricato, a nord, e alcuni edifici, a sud)
non potrebbe, per ciò solo, affermarsi l’illegittimità delle
deliberazioni impugnate.
Né è pertinente la giurisprudenza invocata dal ricorrente,
trattandosi di pronunce che hanno ad oggetto non la
legittimità delle scelte pianificatorie del Comune di
collocazione di nuovi impianti cimiteriali ma la differente
questione della legittimità di nuove edificazioni
all’interno della fascia di rispetto.
Ugualmente, la presenza di parcheggi e di strade non
costituisce di per sé motivo di illegittimità degli atti
impugnati.
Quanto alla previsione di una nuova viabilità e parcheggi,
essa è espressamente ammessa all’interno della fascia di
rispetto dall’art. 8, c. 3, del regolamento regionale in
materia di attività funebri e cimiteriali (TAR Lombardia-Milano, Se. II,
sentenza 05.09.2012 n. 2223 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
M. Grisanti,
Sul potere del Consiglio comunale di
riduzione della fascia di rispetto a
protezione dei cimiteri (link a
www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA: In
materia di vincolo cimiteriale la
salvaguardia del rispetto dei duecento metri
prevista dal citato articolo (o del limite
inferiore di cui al d.p.r. numero 285/1990
che ha previsto la possibilità di riduzione
della fascia di rispetto da 200 mt. a 100 mt.)
si pone alla stregua di un vincolo assoluto
di inedificabilità che non consente in alcun
modo l'allocazione sia di edifici, che di
opere incompatibili col vincolo medesimo, in
considerazione dei molteplici interessi
pubblici che tale fascia di rispetto intende
tutelare e che possono enuclearsi nelle
esigenze di natura igienico sanitaria, nella
salvaguardia della peculiare sacralità che
connota i luoghi destinati all'inumazione e
alla sepoltura, nel mantenimento di un'area
di possibile espansione della cinta
cimiteriale.
Il vincolo di rispetto cimiteriale, riguarda
non solo i centri abitati, ma anche i
fabbricati sparsi e preclude il rilascio
della concessione, anche in sanatoria (ai
sensi dell'art. 33 L. 28.02.1985 n. 47),
senza necessità di compiere valutazioni in
ordine alla concreta compatibilità
dell'opera con i valori tutelati dal
vincolo.
Detto vincolo comporta, in definitiva, una
limitazione legale a carattere assoluto del
diritto di proprietà, che preclude il
rilascio della concessione per opere
incompatibili col vincolo medesimo.
---------------
Il vincolo cimiteriale comporta una
limitazione legale a carattere assoluto del
diritto di proprietà, che preclude il
rilascio della concessione, anche in
sanatoria, per opere incompatibili col
vincolo medesimo, dovendosi,
conseguentemente, escludere la necessità di
compiere valutazioni in ordine alla concreta
compatibilità dell'opera con i valori
tutelati dal vincolo stesso.
Al riguardo, la giurisprudenza, ormai
consolidata, ha affermato che in materia di
vincolo cimiteriale la salvaguardia del
rispetto dei duecento metri prevista dal
citato articolo (o del limite inferiore di
cui al d.p.r. numero 285/1990 che ha
previsto la possibilità di riduzione della
fascia di rispetto da 200 mt. a 100 mt.) "si
pone alla stregua di un vincolo assoluto di
inedificabilità che non consente in alcun
modo l'allocazione sia di edifici, che di
opere incompatibili col vincolo medesimo, in
considerazione dei molteplici interessi
pubblici che tale fascia di rispetto intende
tutelare e che possono enuclearsi nelle
esigenze di natura igienico sanitaria, nella
salvaguardia della peculiare sacralità che
connota i luoghi destinati all'inumazione e
alla sepoltura, nel mantenimento di un'area
di possibile espansione della cinta
cimiteriale” (ex multis C.d.S.,
V, 14.09.2010, n. 6671; C.d.S., IV
12.03.2007, n. 1185, C.d.S., V, 12.11.1999,
n. 1871; C.d.S., II, parere 28.02.1996, n.
3031/1995; TAR Sicilia, Palermo, III,
18.01.2012, n. 77; TAR Campania, Napoli, IV,
29.11.2007, n. 15615; Tar Lombardia-Milano,
11.07.1997, n. 1253; Tar Toscana, I,
29.09.1994, n. 471).
Il vincolo di rispetto cimiteriale, riguarda
non solo i centri abitati, ma anche i
fabbricati sparsi (cfr. TAR Milano, II,
06.10.993 n. 551) e preclude il rilascio
della concessione, anche in sanatoria (ai
sensi dell'art. 33 L. 28.02.1985 n. 47),
senza necessità di compiere valutazioni in
ordine alla concreta compatibilità
dell'opera con i valori tutelati dal vincolo
(cfr. C.d.S., V, 03.05.2007, n. 1933 e del
12.11.1999, n. 1871).
Detto vincolo, secondo consolidata
giurisprudenza, comporta, in definitiva, una
limitazione legale a carattere assoluto del
diritto di proprietà, che preclude il
rilascio della concessione per opere
incompatibili col vincolo medesimo.
---------------
Ugualmente
destituito di fondamento risulta il secondo
motivo di gravame, con cui il ricorrente, in
base all’assunto che alla fascia di rispetto
cimiteriale sia correlato solo un vincolo d’inedificabilità
relativa, ha lamentato la violazione
dell’art. 338 del R.D. 27.07.1934, n. 1265 e
l’eccesso di potere per difetto dei
presupposti e travisamento della realtà, per
difetto d’istruttoria e di motivazione e
l’erronea valutazione del pubblico
interesse, per essersi limitato il
Responsabile del Servizio di Igiene e Sanità
Pubblica ad un apodittico richiamo, nel
proprio parere (acriticamente recepito dal
Sindaco del Comune di Cuneo), alle norme di
legge e regolamentari e ad affermare che “l’intervento
in oggetto ricade totalmente nella suddetta
fascia di mt. 100”, anziché svolgere
un’adeguata istruttoria e formulare
un’analitica valutazione di carattere
igienico-sanitario, eventualmente ostativa,
nel caso specifico, all’accoglimento
dell’istanza di condono.
Al riguardo non possono, infatti, che
richiamarsi le diffuse considerazioni dianzi
svolte, con cui si è precisato che il
vincolo cimiteriale comporta una limitazione
legale a carattere assoluto del diritto di
proprietà, che preclude il rilascio della
concessione, anche in sanatoria, per opere
incompatibili col vincolo medesimo,
dovendosi, conseguentemente, escludere la
necessità di compiere valutazioni in ordine
alla concreta compatibilità dell'opera con i
valori tutelati dal vincolo stesso (C.d.S.,
V, 03.05.2007, n. 1933) (TAR
Piemonte, Sez. II,
sentenza 09.05.2012 n. 511 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Se
l’espressione “intervento urbanistico”, di
cui al quinto comma del R.D. 338/1934 (ndr:
area di vincolo cimiteriale), debba
intendersi in senso letterale oppure
–estensivamente- come riferita a qualsiasi
attività di trasformazione del territorio,
comprensiva di opere private di nuova
edificazione.
Orbene, è chiara,
nell’ordinamento, la distinzione tra
l’attività urbanistica e quella edilizia.
La prima concerne la pianificazione
dell’uso del territorio a mezzo dei vari
strumenti urbanistici generali ed attuativi,
ed implica scelte altamente discrezionali in
ordine –per esempio- all’indicazione delle
vie di comunicazione, alla divisione in zone
del territorio comunale, alla fissazione dei
relativi indici di edificabilità, etc.;
la seconda riguarda più propriamente i
singoli interventi costruttivi e, dovendo
svolgersi nel rispetto della prima, ha
carattere sostanzialmente vincolato.
La natura discrezionale o vincolata delle
relative scelte si riflette anche nelle
rispettive competenze, posto che
l’approvazione dei piani territoriali ed
urbanistici, che costituiscono atti generali
di pianificazione e di indirizzo, è
demandata ai consigli comunali (art. 42,
comma 2, lett. b, D.Lgs. 18.08.2000, n.
267), mentre i titoli abilitativi sono
rilasciati dal dirigente competente (art.
13, comma 1, D.P.R. 06.06.2001, n. 380),
proprio sul presupposto che trattasi di
attività vincolata, comportando il mero
accertamento della sua conformità alla
disciplina urbanistica in vigore.
Giova preliminarmente riportare il testo
dell’art. 338 R.D. 27.07.1934 n. 1265, a
mente del quale “1. I cimiteri devono
essere collocati alla distanza di almeno 200
metri dal centro abitato. È vietato
costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici
entro il raggio di 200 metri dal perimetro
dell'impianto cimiteriale, quale risultante
dagli strumenti urbanistici vigenti nel
comune o, in difetto di essi, comunque quale
esistente in fatto, salve le deroghe ed
eccezioni previste dalla legge.
2. Le disposizioni di cui al comma
precedente non si applicano ai cimiteri
militari di guerra quando siano trascorsi 10
anni dal seppellimento dell'ultima salma.
3. Il contravventore è punito con l'ammenda
fino a lire 1000 e deve inoltre, a sue
spese, demolire l'edificio o la parte di
nuova costruzione, salvi i provvedimenti di
ufficio in caso di inadempienza.
4. Il consiglio comunale può approvare,
previo parere favorevole della competente
azienda sanitaria locale, la costruzione di
nuovi cimiteri o l'ampliamento di quelli già
esistenti ad una distanza inferiore a 200
metri dal centro abitato, purché non oltre
il limite di 50 metri, quando ricorrano,
anche alternativamente, le seguenti
condizioni:
a) risulti accertato dal medesimo consiglio comunale che, per
particolari condizioni locali, non sia
possibile provvedere altrimenti;
b) l'impianto cimiteriale sia separato dal centro urbano da strade
pubbliche almeno di livello comunale, sulla
base della classificazione prevista ai sensi
della legislazione vigente, o da fiumi,
laghi o dislivelli naturali rilevanti,
ovvero da ponti o da impianti ferroviari.
5. Per dare esecuzione ad un'opera pubblica
o all'attuazione di un intervento
urbanistico, purché non vi ostino ragioni
igienico-sanitarie, il consiglio comunale
può consentire, previo parere favorevole
della competente azienda sanitaria locale,
la riduzione della zona di rispetto tenendo
conto degli elementi ambientali di pregio
dell'area, autorizzando l'ampliamento di
edifici preesistenti o la costruzione di
nuovi edifici. La riduzione di cui al
periodo precedente si applica con identica
procedura anche per la realizzazione di
parchi, giardini e annessi, parcheggi
pubblici e privati, attrezzature sportive,
locali tecnici e serre.
6. Al fine dell'acquisizione del parere
della competente azienda sanitaria locale,
previsto dal presente articolo, decorsi
inutilmente due mesi dalla richiesta, il
parere si ritiene espresso favorevolmente.
7. All'interno della zona di rispetto per
gli edifici esistenti sono consentiti
interventi di recupero ovvero interventi
funzionali all'utilizzo dell'edificio
stesso, tra cui l'ampliamento nella
percentuale massima del 10 per cento e i
cambi di destinazione d'uso, oltre a quelli
previsti dalle lettere a), b), c) e d) del
primo comma dell'articolo 31 della legge
05.08.1978, n. 457”.
La questione sottoposta al collegio consiste
nello stabilire se l’espressione “intervento
urbanistico”, di cui al quinto comma,
debba intendersi in senso letterale oppure
–estensivamente- come riferita a qualsiasi
attività di trasformazione del territorio,
comprensiva di opere private di nuova
edificazione, come quella oggetto
dell’istanza di permesso di costruire
avanzata dal ricorrente.
Orbene, ritiene il collegio che sia chiara,
nell’ordinamento, la distinzione tra
l’attività urbanistica e quella edilizia.
La prima concerne la pianificazione dell’uso
del territorio a mezzo dei vari strumenti
urbanistici generali ed attuativi, ed
implica scelte altamente discrezionali in
ordine –per esempio- all’indicazione delle
vie di comunicazione, alla divisione in zone
del territorio comunale, alla fissazione dei
relativi indici di edificabilità, etc.; la
seconda riguarda più propriamente i singoli
interventi costruttivi e, dovendo svolgersi
nel rispetto della prima, ha carattere
sostanzialmente vincolato.
La natura discrezionale o vincolata delle
relative scelte si riflette anche nelle
rispettive competenze, posto che
l’approvazione dei piani territoriali ed
urbanistici, che costituiscono atti generali
di pianificazione e di indirizzo, è
demandata ai consigli comunali (art. 42,
comma 2, lett. b, D.Lgs. 18.08.2000, n.
267), mentre i titoli abilitativi sono
rilasciati dal dirigente competente (art.
13, comma 1, D.P.R. 06.06.2001, n. 380),
proprio sul presupposto che trattasi di
attività vincolata, comportando il mero
accertamento della sua conformità alla
disciplina urbanistica in vigore (Cons. di
St., V, 24.08.2007, n. 4507)
(TAR Liguria, Sez. I,
sentenza 27.04.2012 n. 594 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
La salvaguardia dell'area di
rispetto cimiteriale di 200 metri prevista
dall'art. 338 del R.D. 1265/1934 consiste in
un vincolo assoluto di inedificabilità che
non consente la collocazione di edifici o
comunque di opere ad esso incompatibili, in
considerazione dei molteplici interessi
pubblici che s’intendono tutelare e che
possono enuclearsi nelle esigenze di natura
igienico-sanitaria, nella salvaguardia della
peculiare sacralità che connota i luoghi
destinati all'inumazione ed alla sepoltura,
nel mantenimento di un'area di possibile
espansione della cinta cimiteriale.
In particolare, “il vincolo di rispetto
cimiteriale, riguarda non solo i centri
abitati, ma anche i fabbricati sparsi” e “lo
stesso vincolo preclude il rilascio della
concessione, anche in sanatoria (ai sensi
dell'art. 33 L. 28.02.1985 n. 47), senza
necessità di compiere valutazioni in ordine
alla concreta compatibilità dell'opera con i
valori tutelati dal vincolo”.
Ed invero, questo tribunale, in fattispecie
analoga alla presente (v. sentenza n. 14149
del 26.11.2010) ha avuto occasione di
precisare che l’art. 338 del RD 27/07/1934
n. 1265, Parte 2, prescrive che i cimiteri
devono essere collocati alla distanza di
almeno 200 metri dal centro abitato.
Di conseguenza, è vietato costruire intorno
ai cimiteri nuovi edifici entro il raggio di
200 metri dal perimetro dell'impianto
cimiteriale, quale risultante dagli
strumenti urbanistici vigenti nel comune o,
in difetto di essi, comunque quale esistente
in fatto, salve le deroghe ed eccezioni
previste dalla legge.
La salvaguardia dell'area di rispetto
cimiteriale di 200 metri (nel caso di
specie, 150 mt.) prevista dal richiamato
art. 338 del R.D. 1265/1934 consiste,
infatti, in un vincolo assoluto di
inedificabilità che non consente la
collocazione di edifici o comunque di opere
ad esso incompatibili, in considerazione dei
molteplici interessi pubblici che
s’intendono tutelare e che possono
enuclearsi nelle esigenze di natura
igienico-sanitaria, nella salvaguardia della
peculiare sacralità che connota i luoghi
destinati all'inumazione ed alla sepoltura,
nel mantenimento di un'area di possibile
espansione della cinta cimiteriale (cfr.,
altresì, TAR Lombardia Milano, sez. IV,
02.04.2010, n. 962, 10.09.2010, n. 5656;
Cons. Stato, sez. IV, 08.10.2007, n. 5210;
sez. V, 14.09.2010, n. 6671). In
particolare, in quest’ultima sentenza si
precisa che “il vincolo di rispetto
cimiteriale, riguarda non solo i centri
abitati, ma anche i fabbricati sparsi” e
che “lo stesso vincolo preclude il
rilascio della concessione, anche in
sanatoria (ai sensi dell'art. 33 L.
28.02.1985 n. 47), senza necessità di
compiere valutazioni in ordine alla concreta
compatibilità dell'opera con i valori
tutelati dal vincolo”.
Pertanto, nel caso di specie non occorre
svolgere ulteriori considerazioni per
confutare la tesi di fondo del ricorrente,
secondo cui dovrebbe essere consentito il
mantenimento (e quindi la sanatoria) del
fabbricato abusivo destinato ad “attività
produttiva”. Peraltro, appare evidente
come proprio la “lavorazione del marmo”,
per le sue stesse rumorose caratteristiche,
possa compromettere la peculiare sacralità
dei luoghi che il citato art. 338 intende,
appunto, salvaguardare (TAR Sicilia-Palermo,
Sez. III,
sentenza 18.01.2012 n. 77 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA: La destinazione di un’area a zona cimiteriale, operata dallo strumento
urbanistico generale, implica un vincolo di inedificabilità discendente ex lege da
ragioni di tutela dell’igiene pubblica,
quindi avente natura conformativa e non
espropriativa.
La destinazione di un’area a zona cimiteriale, operata dallo strumento
urbanistico generale, implica un vincolo di inedificabilità discendente
ex lege da
ragioni di tutela dell’igiene pubblica,
quindi avente natura conformativa e non
espropriativa (TAR Calabria, Catanzaro,
sez. I, 29.10.2008, n. 1469; Cons.
Stato, sez. IV, 31.07.2007, n. 4259)
(TAR Piemonte, Sez. I,
sentenza 12.01.2012 n. 18 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno
2011 |
|
EDILIZIA PRIVATA:
L’art. 338 del R.D. n. 1265/1934
all’ultimo comma stabilisce che “All'interno
della zona di rispetto (ndr: cimiteriale)
per gli edifici esistenti sono consentiti
interventi di recupero ovvero interventi
funzionali all'utilizzo dell'edificio
stesso, tra cui l'ampliamento nella
percentuale massima del 10 per cento e i
cambi di destinazione d'uso, oltre a quelli
previsti dalle lettere a), b), c) e d) del
primo comma dell'articolo 31 della legge
05.08.1978, n. 457”, oggi previsti dall’art.
3 del D.P.R. 380/2001, tra cui la lett. d)
“interventi di ristrutturazione edilizia",
ove per tali si intendono “gli interventi
rivolti a trasformare gli organismi edilizi
mediante un insieme sistematico di opere che
possono portare ad un organismo edilizio in
tutto o in parte diverso dal precedente".
Ne discende, quindi, che, in base alla
predetta disposizione di legge, per gli
edifici esistenti i cambi di destinazione
d'uso e gli ampliamenti (nella misura
massima del 10%), devono essere conformi
alle norma urbanistiche locali. In altri
termini, se un P.R.G. dovesse vietare gli
ampliamenti o limitarli ad una percentuale
inferiore al 10%, sono queste ultime le
norme da rispettare; al contrario se un
P.R.G. dovesse ammettere ampliamenti
superiori al 10%, non solo la norma locale
sarebbe illegittima per violazione di legge,
ma sarebbe comunque inapplicabile in quanto
il limite imposto dalla norma statale di
natura igienico-sanitaria prevale sulla
norma locale.
L’art. 338 del R.D. n. 1265/1934, come
modificato dalla legge n. 166/2002,
all’ultimo comma stabilisce che “All'interno
della zona di rispetto per gli edifici
esistenti sono consentiti interventi di
recupero ovvero interventi funzionali
all'utilizzo dell'edificio stesso, tra cui
l'ampliamento nella percentuale massima del
10 per cento e i cambi di destinazione
d'uso, oltre a quelli previsti dalle lettere
a), b), c) e d) del primo comma
dell'articolo 31 della legge 05.08.1978, n.
457”, oggi previsti dall’art. 3 del
D.P.R. 380/2001, tra cui la lett. d) “interventi
di ristrutturazione edilizia", ove per
tali si intendono “gli interventi rivolti
a trasformare gli organismi edilizi mediante
un insieme sistematico di opere che possono
portare ad un organismo edilizio in tutto o
in parte diverso dal precedente" (cfr.
TAR Lazio, Latina, 12.06.2009 n. 564).
Ne discende, quindi, che, in base alla
predetta disposizione di legge, per gli
edifici esistenti i cambi di destinazione
d'uso e gli ampliamenti (nella misura
massima del 10%), devono essere conformi
alle norma urbanistiche locali. In altri
termini, se un P.R.G. dovesse vietare gli
ampliamenti o limitarli ad una percentuale
inferiore al 10%, sono queste ultime le
norme da rispettare; al contrario se un
P.R.G. dovesse ammettere ampliamenti
superiori al 10%, non solo la norma locale
sarebbe illegittima per violazione di legge,
ma sarebbe comunque inapplicabile in quanto
il limite imposto dalla norma statale di
natura igienico-sanitaria prevale sulla
norma locale.
Alla luce delle predette premesse, appaiono
allora fondate le censure di illegittimità
del diniego per violazione dell’art. 338
T.U. leggi sanitarie e per erronea
applicazione delle N.T.A. laddove il Comune,
pur dando atto degli interventi ammissibili
sugli edifici preesistenti in fascia di
rispetto cimiteriale ex art. 338, come
modificato dalla legge n. 166/2002, ne nega
l’autorizzabilità nel caso di specie in
ragione del disposto dell’art. 30, comma 6,
delle N.T.A., ritenendo erroneamente che il
disposto di tale ultima norma vada integrato
con la disciplina delle fasce di rispetto
contenuta nel P.R.G. del 1975, anziché con
quella delle zone territoriali (TAR Veneto,
Sez. II,
sentenza 02.12.2011 n. 1788 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Fascia di
rispetto cimiteriale - Divieto di
edificazione - Art. 338, R.D. n. 1265/1934 -
Applicabilità - Non sussiste.
2. Fascia di
rispetto cimiteriale - Vincolo di inedificabilità - Peculiarità.
1. Laddove la disciplina urbanistica di zona
vieti qualunque edificazione all'interno
della fascia di rispetto cimiteriale, non è
possibile applicare la previsione dell'art.
338, R.D. n. 1265/1934, essendosi comunque
in presenza di un organismo che integra una
"nuova costruzione", ai sensi dell'art. 3,
comma 1, lett. e), D.P.R. n. 380/2001.
2. Il vincolo di inedificabilità derivante
dalla fascia di rispetto cimiteriale deve
dirsi peculiare rispetto ad analoghi
vincoli, attesa la necessità di
salvaguardare, tra l'altro, la tranquillità
e il decoro dei luoghi di sepoltura (cd.
pietas dei defunti)
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza
14.11.2011 n.
2734 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Il
vincolo cimiteriale è di ostacolo alla
costruzione di una piscina.
La giurisprudenza ha
escluso la configurabilità del vincolo
pertinenziale tra l’abitazione (cosa
principale) e la piscina (pertinenza) in
caso di contrasto di quest’ultima con le
prescrizioni urbanistiche di zona.
Nel merito, il Collegio non può che
esprimere il proprio dissenso rispetto alla
tesi ricorrente, secondo cui il vincolo
cimiteriale non sarebbe di ostacolo alla
piscina, dovendosi ricondurre tale
intervento fra quelli ammessi ai sensi
dell’art. 338, u. co. R.D. 27.07.1934 n.
1265.
La norma da ultimo citata (recante “Approvazione
del testo unico delle leggi sanitarie”),
infatti, prevede che:
<<All'interno della zona di rispetto per
gli edifici esistenti sono consentiti
interventi di recupero ovvero interventi
funzionali all'utilizzo dell'edificio
stesso, tra cui l'ampliamento nella
percentuale massima del 10 per cento e i
cambi di destinazione d'uso, oltre a quelli
previsti dalle lettere a), b), c) e d) del
primo comma dell'articolo 31 della legge
05.08.1978, n. 457>> (quindi: a)
interventi di manutenzione ordinaria; b)
interventi di manutenzione straordinaria; c)
interventi di restauro e di risanamento
conservativo; d) interventi di
ristrutturazione edilizia).
Per ricondurre l’intervento in questione fra
quelli anzi citati nel predetto art. 31,
quindi, si dovrebbe escludere che si tratti
di un intervento di <<nuova costruzione>>,
non menzionato nell’anzidetta norma.
Detto intervento, per quel che qui
interessa, è definito dall’art. 3, co. 1,
del d.P.R. n. 380/2001, nei seguenti
termini:
<<Ai fini del presente testo unico si
intendono per: …
e) «interventi di nuova costruzione», quelli
di trasformazione edilizia e urbanistica del
territorio non rientranti nelle categorie
definite alle lettere precedenti. Sono
comunque da considerarsi tali:
e.6) gli interventi pertinenziali che le
norme tecniche degli strumenti urbanistici,
in relazione alla zonizzazione e al pregio
ambientale e paesaggistico delle aree,
qualifichino come interventi di nuova
costruzione, ovvero che comportino la
realizzazione di un volume superiore al 20%
del volume dell'edificio principale; …>>.
Ne consegue che, laddove la disciplina
urbanistica di zona vieti, come nel qui
presente caso, qualunque edificazione
all’interno della fascia di rispetto
cimiteriale, non è possibile applicare la
previsione dell’u.co. dell’art. 338 cit.,
essendosi comunque in presenza di un
organismo che integra una <<nuova
costruzione>>, ai sensi dell’art. 3, co.
1, lett. e) cit..
Giova anche chiarire, al riguardo, come la
giurisprudenza che si è occupata più da
vicino dell’argomento, abbia escluso la
configurabilità del vincolo pertinenziale
tra l’abitazione (cosa principale) e la
piscina (pertinenza) in caso di contrasto di
quest’ultima con le prescrizioni
urbanistiche di zona (cfr., ex pluribus,
Cassazione penale, sez. III, 21.05.2009, n.
39067; Cassazione penale, sez. III,
11.06.2008, n. 37257).
Nel caso di specie, le prescrizioni di zona
univocamente escludono la realizzazione di
ogni intervento edilizio, anche di tipo
pertinenziale, posto che la norma tecnica di
attuazione (art. 17 cit. e in atti),
espressamente vieta nella zona <<F2>>
(di rispetto cimiteriale) qualunque nuova
edificazione, mentre le allegate tabelle sui
parametri edilizi, cui ha fatto riferimento
l’esponente, a loro volta indicano come pari
a <<zero>> tutti i parametri edilizi.
Né può assumere rilievo, al fine di
annullare l’esplicita previsione del divieto
di edificazione nella ridetta zona e,
quindi, di escludere un contrasto della
piscina con la cit. NTA, la previsione
contenuta nelle Tabelle sui parametri, a
proposito delle destinazioni ammesse nella
zona <<F2>>, ove si indicano le
destinazioni: <<sport, verde e parcheggi>>.
Si tratta, infatti, di un’indicazione che
non può essere interpretata avulsa dal
contesto di riferimento il quale, dal canto
suo, è chiarissimo nell’azzerare tutti i
parametri edilizi (come ad es. l’altezza
massima, la superficie coperta, la densità
fondiaria, la distanza minima dai confini,
ecc.).
A ben vedere, poi, lo stesso confronto tra
le prescrizioni valevoli per la zona <<F2>>
cit. e quelle stabilite, ad esempio, per la
zona <<G>> - parco naturale, rende
evidente come, pur essendo in entrambi i
casi esclusa ogni nuova edificazione,
nondimeno soltanto la seconda zonizzazione
tollera, fra le destinazione ammesse,
accanto allo sport, anche quella turistica e
di svago, precluse nella prima. Ciò rende
evidente, quindi, la peculiarità del vincolo
di inedificabilità derivante dalla fascia di
rispetto cimiteriale rispetto ad analoghi
vincoli, insita nella necessità di
salvaguardare, tra l’altro, la tranquillità
e il decoro dei luoghi di sepoltura (cd.
pietas dei defunti. Cfr. ex multis,
Consiglio di Stato, Sez. V, 14.09.2010, n.
6671; TAR Toscana, Firenze, Sez. III,
12.07.2010, n. 2446; TAR Napoli, Sez. VII,
21.04.2009, n. 2088; TAR Sicilia Catania,
sez. I, 15.07.2003, n. 1141)
(TAR
Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 14.11.2011 n. 2734 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Il
divieto di costruire nuovi edifici o di
ampliare quelli esistenti, sancito dall’art.
338 del R.D. n. 1265/1934 integra, in via
ordinaria, un vincolo di inedificabilità
assoluta.
Ne deriva che non trova applicazione, in
relazione ad abusi edilizi realizzati
all’interno dell’area di rispetto
cimiteriale, l’istituto del
silenzio-assenso, stante il disposto
dell’art. 35, comma 12, della legge n.
47/1985.
La deroga alla distanza minima di duecento
metri dai cimiteri può riguardare soltanto
l’ampliamento degli stessi, e non anche
l’attività edificatoria dei privati;
infatti, con l’entrata in vigore dell’art.
57, comma 4, del D.P.R. n. 285/1990, si
registrano due distinti regimi di
inedificabilità per quanto concerne la
fascia di rispetto cimiteriale: per gli
ampliamenti dei cimiteri esistenti tale
fascia è ridotta a 100 o 50 metri, con
possibilità per i comuni di estenderne
l’ampiezza ma non di ridurla ulteriormente,
mentre per le restanti edificazioni la
misura della zona di rispetto è stabilita in
200 metri dal perimetro dei cimiteri.
Il vincolo così regolamentato, costituendo
vincolo assoluto di inedificabilità ex lege,
è tale da prevalere anche su eventuali
disposizioni contrarie del PRG: trattasi di
vincolo operante ex se, indipendentemente
dagli strumenti urbanistici vigenti ed
eventualmente anche in contrasto con i
medesimi.
---------------
Il vincolo cimiteriale riguarda anche gli
edifici sparsi utilizzati per il ricovero di
attrezzi agricoli o aventi destinazione
diversa da quella abitativa, ponendosi anche
rispetto ad essi l’esigenza, perseguita
dall’art. 338, comma 1, del R.D. n.
1265/1934, di salvaguardare la salubrità
pubblica e di consentire futuri ampliamenti
del cimitero.
---------------
La riduzione della fascia di rispetto
cimiteriale è possibile, a seguito
dell’entrata in vigore del D.P.R. n.
285/1990, solo a beneficio di ampliamenti
del cimitero, e non per incrementare l’area
di edificabilità privata. Il vincolo de quo,
come risulta da consolidato orientamento
giurisprudenziale puntualmente richiamato
nella trattazione della prima censura,
comporta l’inedificabilità assoluta nella
fascia dei 200 metri e trova applicazione
diretta, indipendentemente dalle previsioni
dello strumento urbanistico, con la
conseguenza che appare corretto il
riferimento, espresso nell’atto impugnato,
all’art. 33 della legge n. 47/1985.
Invero la presenza del manufatto all’interno
della predetta fascia rappresenta, per
applicazione diretta dell’art. 338 del R.D.
n. 1265/1934, ragione di per sé ostativa
alla regolarizzazione dell’abuso.
Il divieto di costruire nuovi edifici o di
ampliare quelli esistenti, sancito dall’art.
338 del R.D. n. 1265/1934 integra, in via
ordinaria, un vincolo di inedificabilità
assoluta (Cons. Stato, V, 23/08/2000, n.
4574; TAR Campania, Napoli, II, 13/02/2009,
n. 802; idem, 25/01/2007, n. 711; TAR
Toscana, III, 02/07/2008, n. 1712).
Ne deriva che non trova applicazione, in
relazione ad abusi edilizi realizzati
all’interno dell’area di rispetto
cimiteriale, l’istituto del
silenzio-assenso, stante il disposto
dell’art. 35, comma 12, della legge n.
47/1985.
La deroga alla distanza minima di duecento
metri dai cimiteri può riguardare soltanto
l’ampliamento degli stessi, e non anche
l’attività edificatoria dei privati;
infatti, con l’entrata in vigore dell’art.
57, comma 4, del D.P.R. n. 285/1990, si
registrano due distinti regimi di
inedificabilità per quanto concerne la
fascia di rispetto cimiteriale: per gli
ampliamenti dei cimiteri esistenti tale
fascia è ridotta a 100 o 50 metri, con
possibilità per i comuni di estenderne
l’ampiezza ma non di ridurla ulteriormente,
mentre per le restanti edificazioni la
misura della zona di rispetto è stabilita in
200 metri dal perimetro dei cimiteri (Cons.
Stato, V, 23/08/2000, n. 4574; TAR Sicilia,
Catania, I, 19/05/2003, n. 791).
Il vincolo così regolamentato, costituendo
vincolo assoluto di inedificabilità ex
lege, è tale da prevalere anche su
eventuali disposizioni contrarie del PRG:
trattasi di vincolo operante ex se,
indipendentemente dagli strumenti
urbanistici vigenti ed eventualmente anche
in contrasto con i medesimi (Cons. Stato, V,
27/08/1999, n. 1006; idem, IV, 27/10/2009,
n. 6547).
---------------
Il vincolo cimiteriale riguarda anche gli
edifici sparsi (Cons. Stato, V, 14/09/2010,
n. 6671; idem, 03/05/2007, n. 1933; TAR
Campania, Napoli, II, 13/02/2009, n. 802;
idem, 25/01/2007, n. 711) utilizzati per il
ricovero di attrezzi agricoli o aventi
destinazione diversa da quella abitativa
(Cons. Stato, V, 23/08/2000, n. 4574),
ponendosi anche rispetto ad essi l’esigenza,
perseguita dall’art. 338, comma 1, del R.D.
n. 1265/1934, di salvaguardare la salubrità
pubblica e di consentire futuri ampliamenti
del cimitero (TAR Abruzzo, L’Aquila, I,
14/10/2008, n. 1141).
---------------
La riduzione della fascia di rispetto
cimiteriale è possibile, a seguito
dell’entrata in vigore del D.P.R. n.
285/1990, solo a beneficio di ampliamenti
del cimitero, e non per incrementare l’area
di edificabilità privata (Cons. Stato, V,
23/08/2000, n. 4574; TAR Puglia, Bari, II,
07/06/1999, n. 392). Il vincolo de quo,
come risulta da consolidato orientamento
giurisprudenziale puntualmente richiamato
nella trattazione della prima censura,
comporta l’inedificabilità assoluta nella
fascia dei 200 metri e trova applicazione
diretta, indipendentemente dalle previsioni
dello strumento urbanistico, con la
conseguenza che appare corretto il
riferimento, espresso nell’atto impugnato,
all’art. 33 della legge n. 47/1985.
Invero la presenza del manufatto all’interno
della predetta fascia rappresenta, per
applicazione diretta dell’art. 338 del R.D.
n. 1265/1934, ragione di per sé ostativa
alla regolarizzazione dell’abuso
(TAR Toscana, Sez. III,
sentenza 25.10.2011 n. 1542 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
In base al comma 5 dell'art. 338
del r.d. n. 1265/1934 “per dare
esecuzione ad un'opera pubblica (…), purché
non vi ostino ragioni igienico-sanitarie, il
consiglio comunale può consentire, previo
parere favorevole della competente azienda
sanitaria locale, la riduzione della zona di
rispetto…”.
Questa norma consente, dunque, la
realizzazione di opere pubbliche entro la
fascia di rispetto cimiteriale a condizione
che intervenga l’autorizzazione del Comune e
della ASL competenti; autorizzazione che, in
caso di opere strategiche come quella in
esame, è sostituita dalla deliberazione del
CIPE di approvazione del progetto definitivo
ai sensi dell’art. 165, comma 5, del d.lgs.
n. 163/2006.
--------------
La fascia di rispetto cimiteriale risponde,
da un lato, all’esigenza di tutela
dell'interesse pubblico all'igiene di ogni
tipo di costruzione destinata alla vita
dell'uomo e, dall'altro, all'esigenza di
assicurare tranquillità e decoro ai luoghi
di sepoltura.
Si deve pertanto ritenere che il vincolo in
parola riguardi quelle costruzioni
incompatibili con la funzione cimiteriale in
quanto destinati ad ospitare stabilmente
l’uomo quali, in primo luogo, le abitazioni
(ma si pensi anche agli alberghi, agli
ospedali, alle scuole ecc..); e che esso non
osti alla realizzazione di altri manufatti
che tale funzione non possiedono quali, ad
esempio, strade e parcheggi (ragionando a
contrario dovrebbe ritenersi che neppure le
strade che portano al cimitero potrebbero
realizzarsi).
Questa interpretazione è avvalorata dal dato
letterale della disposizione che, come
visto, vieta specificamente la realizzazione
di nuovi “edifici” e non già la
realizzazione di una qualsiasi opera.
In base al comma 5 dell'art. 338 del r.d. n.
1265/1934 “per dare esecuzione ad
un'opera pubblica (…), purché non vi ostino
ragioni igienico-sanitarie, il consiglio
comunale può consentire, previo parere
favorevole della competente azienda
sanitaria locale, la riduzione della zona di
rispetto…”.
Questa norma consente, dunque, la
realizzazione di opere pubbliche entro la
fascia di rispetto cimiteriale a condizione
che intervenga l’autorizzazione del Comune e
della ASL competenti; autorizzazione che, in
caso di opere strategiche come quella in
esame, è sostituita dalla deliberazione del
CIPE di approvazione del progetto definitivo
ai sensi dell’art. 165, comma 5, del d.lgs.
n. 163/2006.
---------------
Secondo la giurisprudenza la fascia di
rispetto cimiteriale risponde, da un lato,
all’esigenza di tutela dell'interesse
pubblico all'igiene di ogni tipo di
costruzione destinata alla vita dell'uomo e,
dall'altro, all'esigenza di assicurare
tranquillità e decoro ai luoghi di sepoltura
(cfr. ex multis TAR Sicilia-Catania,
sez. I, 15.07.2003, n. 1141).
Si deve pertanto ritenere che il vincolo in
parola riguardi quelle costruzioni
incompatibili con la funzione cimiteriale in
quanto destinati ad ospitare stabilmente
l’uomo quali, in primo luogo, le abitazioni
(ma si pensi anche agli alberghi, agli
ospedali, alle scuole ecc..); e che esso non
osti alla realizzazione di altri manufatti
che tale funzione non possiedono quali, ad
esempio, strade e parcheggi (ragionando a
contrario dovrebbe ritenersi che neppure le
strade che portano al cimitero potrebbero
realizzarsi).
Questa interpretazione è avvalorata dal dato
letterale della disposizione che, come
visto, vieta specificamente la realizzazione
di nuovi “edifici” e non già la
realizzazione di una qualsiasi opera (TAR
Lombardia-Milano, Sez. III,
sentenza 26.09.2011 n. 2295 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Il
divieto di edificare entro il raggio di 200
metri dal perimetro cimiteriale non può
riguardare anche gli impianti di telefonia
mobile, sia perché la realizzazione di tali
infrastrutture non appare in contrasto con
nessuna delle tre finalità sottese alla
disciplina posta dall’art. 338, comma 1, del
R.D. n. 1265/1934 (assicurare condizioni di
igiene e di salubrità mediante la
conservazione di una “cintura sanitaria”
intorno al cimitero, consentire futuri
ampliamenti del cimitero, garantendo il
rispetto della tranquillità ed il decoro dei
luoghi di sepoltura), sia perché l’art. 86
del decreto legislativo n. 259/2003
assimila, ad ogni effetto, tali impianti
alle opere di urbanizzazione primaria di cui
all’articolo 16, comma 7, del D.P.R. n.
380/2001, e tale assimilazione rende gli
impianti di cui trattasi compatibili con
qualsiasi destinazione urbanistica delle
diverse zone del territorio comunale.
Si registrano orientamenti contrastanti in
merito alla compatibilità degli impianti di
telefonia mobile con il vincolo di
inedificabilità posto dall’art. 338, comma
1, del R.D. n. 1265 del 27.07.1934, secondo
il quale “i cimiteri devono essere
collocati alla distanza di almeno 200 metri
dal centro abitato. È vietato costruire
intorno ai cimiteri nuovi edifici entro il
raggio di 200 metri dal perimetro
dell’impianto cimiteriale, quale risultante
dagli strumenti urbanistici vigenti nel
comune o, in difetto di essi, comunque quale
esistente in fatto, salve le deroghe ed
eccezioni previste dalla legge”. In
particolare:
- il primo orientamento (ex multis,
TAR Lombardia Brescia, Sez. I, 01.12.2009,
n. 2381; TAR Toscana Firenze, Sez. I,
ordinanza 20.05.2009, n. 397), invocato dal
Comune di Orta di Atella nella motivazione
del provvedimento impugnato, si fonda sul
seguente ragionamento:
a) il vincolo cimiteriale ha una triplice
finalità -perché, oltre a soddisfare
esigenze di carattere sanitarie ed a
salvaguardare le possibilità di espansione
del perimetro cimiteriale, tutela anche la
c.d. pietas nei confronti dei
defunti, garantendo il rispetto della
tranquillità ed il decoro dei luoghi di
sepoltura- e tali finalità vengono
pregiudicate anche dalla realizzazione di
una struttura ad elevato impatto
sull’ambiente, quale è un traliccio per le
telecomunicazioni;
b) il vincolo cimiteriale non è riferito
soltanto agli immobili destinati alla
stabile residenza di persone, perché l’art.
338 del R.D. n. 1265/1934 reca un divieto
generalizzato di costruire nella fascia di
rispetto cimiteriale, senza limitare tale
divieto a specifiche tipologie di manufatti;
c) le valutazioni in fatto sulla concreta
compatibilità di un manufatto con la fascia
di rispetto cimiteriale sono quindi estranee
alla disciplina del vincolo di cui trattasi,
che si fonda su valutazioni astratte operate
una volta per tutte dal legislatore;
- a fronte di tale orientamento, la
giurisprudenza attualmente maggioritaria (in
particolare, Cons. Stato, Sez. VI, ordinanza
16.07.2009, n. 3657, che riforma l’ordinanza
del TAR Toscana Firenze, Sez. I, n.
397/2009; Cons. Stato, Sez. VI, ordinanza
24.02.2010, n. 877, che sospende la sentenza
del TAR Lombardia Brescia, Sez. I, n.
2381/2009; TAR Toscana Firenze, Sez. I,
05.05.2010, n. 1239; TAR Lazio Roma, Sez.
II-bis, 14.05.2007, n. 4367) afferma che gli
impianti di telefonia mobile risultano
compatibili con il vincolo di rispetto
cimiteriale, la cui ratio non risulta
in alcun modo compromessa da una scelta
localizzativa degli stessi nella fascia di
rispetto cimiteriale.
Sulla scorta del richiamato orientamento
maggioritario, il Collegio ritiene di dover
confermare in questa sede la decisione
assunta in sede cautelare per le seguenti
ragioni:
- innanzitutto deve ritenersi che il divieto
di edificare entro il raggio di 200 metri
dal perimetro cimiteriale non possa
riguardare anche gli impianti di telefonia
mobile, sia perché la realizzazione di tali
infrastrutture non appare in contrasto con
nessuna delle tre finalità sottese alla
disciplina posta dall’art. 338, comma 1, del
R.D. n. 1265/1934 (assicurare condizioni di
igiene e di salubrità mediante la
conservazione di una “cintura sanitaria”
intorno al cimitero, consentire futuri
ampliamenti del cimitero, garantendo il
rispetto della tranquillità ed il decoro dei
luoghi di sepoltura), sia perché l’art. 86
del decreto legislativo n. 259/2003
assimila, ad ogni effetto, tali impianti
alle opere di urbanizzazione primaria di cui
all’articolo 16, comma 7, del D.P.R. n.
380/2001, e tale assimilazione rende gli
impianti di cui trattasi compatibili con
qualsiasi destinazione urbanistica delle
diverse zone del territorio comunale (ex
multis, Cons. Stato, Sez. VI,
15.07.2010, n. 4557);
- inoltre -quand’anche si opinasse
diversamente- si deve ribadire in questa
sede che il Comune di Orta di Atella non ha
operato un’adeguata ponderazione
dell’interesse della società ricorrente ad
evitare la rimozione di una stazione radio
base già realizzata, così violando la
disposizione generale in materia di
autotutela decisoria posta dall’art.
21-nonies della legge n. 241/1990. In
particolare l’Amministrazione comunale non
ha tenuto conto del fatto che i lavori per
la realizzazione dell’impianto risultano
ultimati da oltre un anno (a seguito della
decadenza -per effetto del decorso del
termine di 45 giorni previsto dall’art. 27,
comma 3, del D.P.R. n. 380/2001- dell’ordine
di sospensione dei lavori inizialmente
adottato con l’ordinanza n. 66 del
04.11.2009, ritualmente notificata in pari
data al sig. ..., in qualità dipendente
della società ricorrente), né delle spese
sostenute dalla società ricorrente per la
realizzazione dell’impianto stesso, ma si è
limitata ad evidenziare in motivazione che «l’impianto
non è entrato in funzione in quanto
sottoposto a sequestro probatorio e
preventivo da parte della competente procura
della Repubblica», sequestro peraltro
revocato dal G.I.P. del Tribunale di Santa
Maria Capua Vetere con provvedimento del
17.03.2010
(TAR Campania-Napoli, Sez. VII,
sentenza 01.09.2011 n. 4261 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Il vincolo di inedificabilità
relativo alla fascia di rispetto cimiteriale
è applicabile anche ai fabbricati sparsi.
Occorre ricordare che l’art. 338 R.D. n.
1265/1934, prevede che “i cimiteri devono
essere collocati alla distanza di almeno 200
metri dal centro abitato. È vietato
costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici
entro il raggio di 200 metri dal perimetro
dell'impianto cimiteriale, quale risultante
dagli strumenti urbanistici vigenti nel
comune o, in difetto di essi, comunque quale
esistente in fatto, salve le deroghe ed
eccezioni previste dalla legge” (comma
1).
Orbene, la giurisprudenza di questo
Consiglio di Stato, con considerazioni che
in questa sede si intendono ribadite, ha già
avuto modo di affermare che la fascia di
rispetto cimiteriale prevista dall'art. 338
t.u. leggi sanitarie (e che deve essere
misurata a partire dal muro di cinta del
cimitero), costituisce un vincolo assoluto
di in edificabilità, tale da imporsi anche a
contrastanti previsioni di PRG, che non
consente in alcun modo l'allocazione sia di
edifici, che di opere incompatibili col
vincolo medesimo, in considerazione dei
molteplici interessi pubblici che tale
fascia di rispetto intende tutelare e che
possono enuclearsi nelle esigenze di natura
igienico-sanitaria, nella salvaguardia della
peculiare sacralità che connota i luoghi
destinati all'inumazione e alla sepoltura,
nel mantenimento di un'area di possibile
espansione della cinta cimiteriale (Cons.
Stato, sez. IV, 16.03.2011 n. 1645 e
27.10.2009 n. 6547; sez. V, 14.09.2010 n.
6671).
Stante la natura del vincolo e le sue
finalità, come sopra evidenziate, non vi è
alcuna ragione (peraltro non ricavabile né
dalla lettera né dal contesto
logico-sistematico della norma), per
ritenere tale vincolo applicabile solo ai
centri abitati e non ai fabbricati sparsi,
così come, ai fini dell’applicazione del
vincolo, appare ininfluente che, a distanza
inferiore ai 200 metri, vi sia una strada,
escludendosi che quest’ultima (così come
invece risultante dalla prospettazione
dell’appellante) “interrompa” la
continuità del vincolo (Consiglio di Stato,
Sez. IV,
sentenza 20.07.2011 n. 4403 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA: La
fascia di rispetto cimiteriale prevista
dall'art. 338 R.D. 1265 del 1934 persegue
una triplice finalità: a) assicurare
condizioni di igiene e di salubrità mediante
la conservazione di una "cintura sanitaria"
intorno allo stesso cimitero, b) garantire
la tranquillità e il decoro ai luoghi di
sepoltura, c) consentire futuri ampliamenti
del cimitero.
Una volta intervenuta la soppressione del
cimitero, si apre una fase temporale di
quindici anni dall’avvenuta ultima
inumazione, all’esito della quale, previo
dissodamento del terreno, il sito ove era
allocato il cimitero può essere destinato a
tale funzione.
Il R.D. 27.7.1934 n. 1265 -T.U. delle leggi
sanitarie- all’art. 338 dispone che i
cimiteri devono essere collocati alla
distanza di almeno 200 metri dal centro
abitato, vietando la costruzione intorno ai
cimiteri di nuovi edifici entro il raggio di
200 metri dal perimetro dell'impianto
cimiteriale, quale risultante dagli
strumenti urbanistici vigenti nel comune o,
in difetto di essi, quale esistente in
fatto, salve le deroghe ed eccezioni
previste dalla legge.
La medesima norma, in forza delle modifiche
da ultimo introdotte dall’art. 28 della L.
01.08.2002 n. 166, prevede la possibilità di
deroga da parte del Consiglio comunale,
previo parere favorevole della ASL, sino al
limite di m. 50, in concorrenza di
determinate condizioni.
La giurisprudenza ha rilevato (cfr. ex
multis: TAR Brescia, sez. I, 01.12.2009
n. 2381, TAR Toscana Sez. III, 12.07.2010 n.
2446, Cons. St., Sez. V, 14.09.2010 n. 6671)
che la fascia di rispetto cimiteriale
prevista dall'art. 338 R.D. 1265 del 1934
persegue una triplice finalità: a)
assicurare condizioni di igiene e di
salubrità mediante la conservazione di una "cintura
sanitaria" intorno allo stesso cimitero,
b) garantire la tranquillità e il decoro ai
luoghi di sepoltura, c) consentire futuri
ampliamenti del cimitero.
Va poi rilevato che la procedura di
soppressione dei cimiteri risulta
disciplinata dagli artt. 96-99 del D.P.R.
10.09.1990 n. 285. In particolare, l’art. 97
dispone (al primo comma) che il terreno di
cimitero di cui sia stata deliberata la
soppressione non può essere destinato ad
altro uso se non siano trascorsi almeno 15
anni dall'ultima inumazione, con la
conseguenza che per tale periodo esso rimane
sotto la vigilanza dell'autorità comunale e
deve essere tenuto in stato di decorosa
manutenzione; mentre, una volta che è
trascorso tale lasso di tempo, (secondo
comma) il terreno del cimitero soppresso,
prima di essere destinato ad altro uso, deve
essere dissodato per la profondità di metri
due al fine di recuperare tutte le ossa che
si rinvengono da depositarsi nell'ossario
del nuovo cimitero.
L’art. 98 prevede poi la possibilità, per i
concessionari di posti per sepolture private
nel vecchio cimitero, di ottenere a titolo
gratuito, nel nuovo cimitero, un posto
corrispondente in superficie a quello
precedentemente loro concesso, per il tempo
residuo spettante secondo l'originaria
concessione, o per la durata di 99 anni nel
caso di maggiore durata o di perpetuità
della concessione estinta, nonché il
gratuito trasporto delle spoglie mortali dal
soppresso al nuovo cimitero, da effettuare a
cura del Comune.
L’art. 99 infine disciplina la sorte dei
monumenti funerari del cimitero soppresso.
Da tale complesso normativo si evince quindi
che, una volta intervenuta la soppressione
del cimitero, si apre una fase temporale di
quindici anni dall’avvenuta ultima
inumazione, all’esito della quale, previo
dissodamento del terreno, il sito ove era
allocato il cimitero può essere destinato a
tale funzione (TAR
Lombardia-Brescia, Sez. I,
sentenza 18.04.2011 n. 575 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Il
vincolo della zona di rispetto cimiteriale
non è un vincolo di P.R.G., ma, in quanto
posto dall’art. 338 del R.D. 27.07.1934 n.
1265, è operativo ope legis, con la
conseguenza che esso si impone anche contro
eventuali previsioni contrarie di P.R.G. o
regolamenti locali e, per altro verso, la
sua eventuale indicazione grafica negli
strumenti urbanistici non ha carattere
costitutivo ma semplicemente ricognitivo:
sicché la sua mancata indicazione nel P.R.G.
non significa che il vincolo non esista,
bensì che la sua estensione è esattamente
quella, di 200 metri, stabilita dall’art.
338 del R.D. n. 1265/1934.
Il vincolo in questione costituisce,
inoltre, un vincolo assoluto di
inedificabilità e vale, pertanto, per
qualsiasi manufatto edilizio.
Il vincolo della zona di rispetto
cimiteriale non è un vincolo di P.R.G., ma,
in quanto posto dall’art. 338 del R.D.
27.07.1934 n. 1265, è operativo ope legis,
con la conseguenza che esso si impone anche
contro eventuali previsioni contrarie di
P.R.G. o regolamenti locali (cfr., TAR
Toscana, sez. I, 14.10.2003 n. 5314) e, per
altro verso, la sua eventuale indicazione
grafica negli strumenti urbanistici non ha
carattere costitutivo ma semplicemente
ricognitivo: sicché la sua mancata
indicazione nel P.R.G. non significa che il
vincolo non esista, bensì che la sua
estensione è esattamente quella, di 200
metri, stabilita dall’art. 338 del R.D. n.
1265/1934.
Il vincolo in questione costituisce,
inoltre, un vincolo assoluto di
inedificabilità (cfr. Cons. di Stato, sez.
II, 28.08.1996 n. 3031) e vale, pertanto,
per qualsiasi manufatto edilizio.
Ne consegue che le opere di cui trattasi
erano e sono, ex art. 33 della legge n.
47/1985, insuscettibili di condono edilizio
per contrasto, appunto, con un vincolo di
inedificabilità assoluta
(TAR Toscana, Sez. III,
sentenza 08.04.2011 n. 633 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Fasce di rispetto cimiteriale -
Vincolo di inedificabilità ex lege -
Recepimento negli strumenti urbanistici -
Necessità - Esclusione.
Per giurisprudenza costante, le fasce di
rispetto cimiteriale costituiscono un
vincolo di inedificabilità rinveniente
direttamente dalla legge, che si impone
ex se, con efficacia diretta ed
immediata, indipendentemente da qualsiasi
recepimento negli strumenti urbanistici ed
eventualmente anche in contrasto con i
medesimi, per non essere essi idonei ad
incidere sull’esistenza o sui limiti
operativi del vincolo (v., ex multis,
TAR Campania, Napoli, Sez. II, 25.01.2007 n.
704) (TAR Emilia Romagna-Parma, Sez. I,
sentenza 08.03.2011 n. 67 - link
a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA: A.
Fedeli,
Il vincolo di rispetto cimiteriale e i
parcheggi interrati (Urbanistica e
appalti n. 2/2011). |
EDILIZIA PRIVATA: D.
De Arena,
Il Comune può disciplinare nel PAT e nel PI
gli interventi nelle fasce di rispetto
cimiteriali?
(link a http://venetoius.myblog.it).
---------------
L'art. 338 del R.D. n. 1265/1934 stabilisce
che: "All'interno della zona di rispetto
per gli edifici esistenti sono consentiti
interventi di recupero ovvero interventi
funzionali all'utilizzo dell'edificio
stesso, tra cui l'ampliamento nella
percentuale massima del 10 per cento e i
cambi di destinazione d'uso, oltre a quelli
previsti dalle lettere a), b), c) e d) del
primo comma dell'articolo 31 della legge
05.08.1978, n. 457”.
Secondo alcuni interpreti, la previsione
dell'art. 338, u.c. del TULS prevarrebbe su
ogni diversa normativa di zona più
restrittiva di PAT o PI, e, quindi, tali
strumenti urbanistici non potrebbero
legittimamente disciplinare in modo più
restrittivo gli interventi.
Tale interpretazione si tradurrebbe nella
ritenuta possibilità, che negli edifici
esistenti in fascia di rispetto, ancorché in
zona agricola o in zona "F" di interesse
pubblico, siano consentiti intervento di
recupero ovvero interventi funzionali
all'utilizzo dell'edifico stesso, tra cui
l'ampliamento nella percentuale massima del
10 per cento e i cambi di destinazione
d'uso, oltre a quelli previsti dalle lettere
a), b), c) e d) del primo comma dell'art. 31
della legge 05.08.1978, n. 457. |
EDILIZIA PRIVATA:
L'area di rispetto cimiteriale di
200 metri prevista dall'art. 338 del R.D. n.
1265/1934 comporta un vincolo assoluto di
inedificabilità che non consente in alcun
modo l'allocazione sia di edifici che di
opere incompatibili col vincolo medesimo, in
considerazione dei molteplici interessi
pubblici che tale fascia di rispetto intende
tutelare, e che la deroga all’estensione del
limite è consentita ai soli fini della
realizzazione di “opere pubbliche e di
interesse pubblico”.
Detto vincolo comporta una limitazione
legale a carattere assoluto del diritto di
proprietà, che preclude il rilascio della
concessione per opere incompatibili col
vincolo medesimo e la natura assoluta del
vincolo medesimo non si pone in
contraddizione con la possibilità che nella
medesima area insistano degli edifici
preesistenti e/o che ad esse vengano
assegnate destinazioni compatibili con
l'esistenza del vincolo ma mira
essenzialmente ad impedire l'ulteriore
addensamento edilizio dell'area giudicato ex
lege, incompatibile con le prioritarie
esigenze pubblicistiche sottese alla
imposizione del vincolo.
Si è affermato un orientamento della
giurisprudenza amministrativa, dal quale il
Collegio non ha motivo di discostarsi, in
base al quale l'area di rispetto cimiteriale
di 200 metri prevista dall'art. 338 del R.D.
n. 1265/1934 comporta un vincolo assoluto di
inedificabilità che non consente in alcun
modo l'allocazione sia di edifici che di
opere incompatibili col vincolo medesimo, in
considerazione dei molteplici interessi
pubblici che tale fascia di rispetto intende
tutelare, e che la deroga all’estensione del
limite è consentita ai soli fini della
realizzazione di “opere pubbliche e di
interesse pubblico” (Cons. St., V,
29.03.2006, n. 1593)
Detto vincolo, secondo consolidata
giurisprudenza, comporta, in definitiva, una
limitazione legale a carattere assoluto del
diritto di proprietà, che preclude il
rilascio della concessione per opere
incompatibili col vincolo medesimo.
D’altra parte, come si evince dal testo
delle norme di cui alla legge n. 166/2002,
sopra richiamata, la natura assoluta del
vincolo non si pone in contraddizione con la
possibilità che nella medesima area
insistano degli edifici preesistenti e/o che
ad esse vengano assegnate destinazioni
compatibili con l'esistenza del vincolo
(Cass. Civ., sez. I, n. 6510/1997), ma mira
essenzialmente ad impedire l'ulteriore
addensamento edilizio dell'area giudicato
ex lege, incompatibile con le
prioritarie esigenze pubblicistiche sottese
alla imposizione del vincolo
(C.G.A.R.S.,
sentenza 05.01.2011 n. 2 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno
2010 |
|
EDILIZIA PRIVATA: La
fascia di rispetto cimiteriale costituisce
un vincolo di inedificabilità rinveniente
direttamente dalla legge, che si impone ex
se, con efficacia diretta ed immediata,
indipendentemente da qualsiasi recepimento
negli strumenti urbanistici ed eventualmente
anche in contrasto con i medesimi, i quali
non sono idonei, per la loro natura, ad
incidere sulla esistenza o sui limiti
operativi del vincolo stesso.
Per giurisprudenza costante, la fascia di
rispetto cimiteriale costituisce un vincolo
di inedificabilità rinveniente direttamente
dalla legge, che si impone ex se, con
efficacia diretta ed immediata,
indipendentemente da qualsiasi recepimento
negli strumenti urbanistici ed eventualmente
anche in contrasto con i medesimi, i quali
non sono idonei, per la loro natura, ad
incidere sulla esistenza o sui limiti
operativi del vincolo stesso (cfr., tra le
tante, Consiglio di Stato, Sezione V,
07.05.1996 n.519).
Infatti, il divieto di costruire nuovi
edifici e di ampliare quelli esistenti
risulta sancito dall'art. 338, comma 1, del
R.D. 27.07.1934 n. 1265, e si configura, in
via ordinaria, come un vincolo di
inedificabilità assoluta (cfr. Consiglio di
Stato, Sezione V, 12.11.1999 n. 1871), per
cui di regola non vi è la necessità di
compiere valutazioni in ordine alla concreta
compatibilità dell'opera con i valori
tutelati dal vincolo.
Qualora, però, si tratti di immobile
edificato prima dell’imposizione del
vincolo, la disciplina applicabile è quella
di cui all'art. 32 della legge 47/1985 e
l'opera diventa sanabile ove intervenga il
parere favorevole dell’autorità preposta
alla gestione del vincolo (in termini, TAR
Campania, Sezione II, 25.01.2007 n. 708,
confermata da Consiglio di Stato, Sezione IV,
06.11.2008 n. 5489)
(TAR
Campania-Napoli, Sez. II,
sentenza 01.12.2010 n. 26459 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: La
salvaguardia dell'area di rispetto
cimiteriale di 200 metri prevista dall'art.
338 del R.D. 1265/1934 consiste in un
vincolo assoluto di inedificabilità che non
consente la collocazione di edifici o
comunque di opere ad esso incompatibili, in
considerazione dei molteplici interessi
pubblici che s’intendono tutelare e che
possono enuclearsi nelle esigenze di natura
igienico-sanitaria, nella salvaguardia della
peculiare sacralità che connota i luoghi
destinati all'inumazione ed alla sepoltura,
nel mantenimento di un'area di possibile
espansione della cinta cimiteriale.
La salvaguardia dell'area di rispetto
cimiteriale di 200 metri prevista dall'art.
338 del R.D. 1265/1934 consiste in un
vincolo assoluto di inedificabilità che non
consente la collocazione di edifici o
comunque di opere ad esso incompatibili, in
considerazione dei molteplici interessi
pubblici che s’intendono tutelare e che
possono enuclearsi nelle esigenze di natura
igienico-sanitaria, nella salvaguardia della
peculiare sacralità che connota i luoghi
destinati all'inumazione ed alla sepoltura,
nel mantenimento di un'area di possibile
espansione della cinta cimiteriale (cfr.,
altresì, TAR Lombardia Milano, sez. IV,
02.04.2010, n. 962; Cons. Stato, sez. IV,
08.10.2007, n. 5210, secondo cui il suolo
rientrante nella zona di rispetto
cimiteriale ed assoggettato al relativo
vincolo è da qualificare non edificabile ai
sensi dell'art. 5-bis, d.l. n. 333 del 1992
(conv. con modificazioni nella l. n. 359 del
1992), e determina una tipica situazione di
inedificabilità legale, assoluta, che non
richiede valutazioni in ordine alla concreta
compatibilità dell'uso con i valori tutelati
dal vincolo e non può dare ingresso ad
ipotesi alcuna di disparità di trattamento)
(TAR Sicilia-Palermo, Sez. II,
sentenza 26.11.2010 n. 14146 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Trattandosi
di un vincolo assoluto (quello cimiteriale)
non può essere utile fare riferimento al
carattere derogatorio di cui all'art. 9
della L. n. 122/1989, in quanto anche il
parcheggio interrato, in quanto struttura
servente all'uso abitativo e, comunque,
posta nell'ambito della fascia di rispetto
cimiteriale, rientra tra le costruzioni
edilizie del tutto vietate dalla
disposizione di cui al cit. art. 338.
L'articolo 338 del testo unico delle leggi
sanitarie di cui al R.D. n. 1265/1934 vieta
l'edificazione nelle aree ricadenti in fasce
di rispetto cimiteriale dei manufatti che
possono qualificarsi come costruzione
edilizie, come tali incompatibili con la
natura dei luoghi e con l'eventuale
espansione del cimitero.
Al riguardo, la giurisprudenza, ormai
consolidata, ha affermato che in materia di
vincolo cimiteriale la salvaguardia del
rispetto dei duecento metri prevista dal
citato articolo (o al limite inferiore di
cui al d.p.r. numero 285/1990 che ha
previsto la possibilità di riduzione della
fascia di rispetto da 200 mt. a 100 mt.) “si
pone alla stregua di un vincolo assoluto di
inedificabilità che non consente in alcun
modo l'allocazione sia di edifici, che di
opere incompatibili col vincolo medesimo, in
considerazione dei molteplici interessi
pubblici che tale fascia di rispetto intende
tutelare e che possono enuclearsi nelle
esigenze di natura igienico sanitaria, nella
salvaguardia della peculiare sacralità che
connota i luoghi destinati all'inumazione e
alla sepoltura, nel mantenimento di un'area
di possibile espansione della cinta
cimiteriale.
Si consideri ancora che il vincolo di
rispetto cimiteriale, riguarda non solo i
centri abitati, ma anche i fabbricati sparsi
(cfr. TAR Milano, II Sez., 06.10.1993 n.
551).
Infine, che lo stesso vincolo preclude il
rilascio della concessione, anche in
sanatoria (ai sensi dell'art. 33 L.
28.02.1985 n. 47), senza necessità di
compiere valutazioni in ordine alla concreta
compatibilità dell'opera con i valori
tutelati dal vincolo (cfr. Cons. Stato, sez.
V, n. 1871 del 12.11.1999)” (cfr. C.S. V
n. 1935/2007).
Inoltre, trattandosi di un vincolo assoluto,
non può essere utile fare riferimento al
carattere derogatorio di cui all'art. 9
della L. n. 122/1989, in quanto, anche il
parcheggio interrato, in quanto struttura
servente all'uso abitativo e, comunque,
posta nell'ambito della fascia di rispetto
cimiteriale, rientra tra le costruzioni
edilizie del tutto vietate dalla
disposizione di cui al cit. art. 338 .
La stessa Corte costituzionale, investita
della questione di legittimità
costituzionale di tale art. 9 (sent.
459/1989), ha interpretato la norma nel
senso che il richiamo in essa contenuto al
soli vincoli paesaggistici non consente
l'indiscriminata utilizzazione del
territorio per la realizzazione di parcheggi
anche in zone soggette ad altri vincoli
imposti dalla legislazione statale e
regionale, che devono ritenersi fermi è
impregiudicati, atteso che l'efficacia
derogatoria di cui al citato art. 9 è
prevista solo con riferimento, “agli
strumenti urbanistici ed ai regolamenti
edilizi vigenti” mentre, nella
fattispecie, vengono in rilievo ulteriori e
diverse finalità specificamente tutelate dal
cit. art. 338, posto a fondamento del
provvedimento di diniego
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 14.09.2010 n. 6671 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: La
fascia di rispetto cimiteriale pone un
vincolo di inedificabilità assoluta,
finalizzato alla “tutela di molteplici
interessi pubblici, tra cui quelli correlati
ad esigenze di natura igienico-sanitaria ed
alla salvaguardia della peculiare sacralità
che connota i luoghi destinati a cimitero,
rispetto ai quali sono di per sé
incompatibili tutte le tipologie di
insediamenti abitativi".
L’art. 338, primo comma, del R.D. n. 1265
del 1934 (Testo unico delle leggi
sanitarie), applicabile alla presente
fattispecie nella versione vigente
ratione temporis (ossia prima della
modifica del 2002), stabilisce che, con
riferimento alle costruzioni vicine ai
cimiteri, “é vietato di costruire intorno
agli stessi nuovi edifici e ampliare quelli
preesistenti entro il raggio di duecento
metri”.
Tale norma pone un vincolo di
inedificabilità assoluta, finalizzato alla “tutela
di molteplici interessi pubblici, tra cui
quelli correlati ad esigenze di natura
igienico-sanitaria ed alla salvaguardia
della peculiare sacralità che connota i
luoghi destinati a cimitero, rispetto ai
quali sono di per sé incompatibili tutte le
tipologie di insediamenti abitativi"
(Consiglio di Stato, V, 08.09.2008, n. 4256;
TAR Lombardia, Milano, IV, 02.04.2010, n.
962).
Appare altresì pacifico che una tale
disposizione si applichi in via diretta e
senza necessità di intermediazione da parte
delle fonti normative locali, ed anzi anche
in contrasto con le stesse (cfr. Consiglio
di Stato, IV, 27.10.2009, n. 6547)
(TAR
Lombardia-Milano, Sez. IV,
sentenza 10.09.2010 n. 5656 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA:
Quesito
9 -
Quanto alla fascia di rispetto cimiteriale
ed al potere attribuito al Consiglio
Comunale dall'art. 338 del R.D. 27.07.1934
n. 1265, così come modificato dall'art. 28
della legge 01.08.2002 n. 166, se
non vi ostino ragioni igienico-sanitarie
accertate dalla competente Azienda USL, di
ridurre la zona di rispetto cimiteriale,
tenendo conto degli elementi ambientali di
pregio dell'area (Geometra Orobico n.
3/2010). |
EDILIZIA PRIVATA:
Vincolo cimiteriale - Fabbricati
non destinati ad abitazione e di carattere
pertinenziale - Inedificabilità assoluta.
Il vincolo a zona di rispetto cimiteriale
previsto dall’art. 338 del T.U.LL.SS.
comporta (v., per tutte, recentemente, Cons.
Stato , IV, 27.10.2009, n. 6547)
inedificabilità assoluta dell’area, e tanto
vale indipendentemente dal tipo di
fabbricato, anche non finalizzato
all’abitazione e di carattere pertinenziale.
Il vincolo, infatti, risponde ad una
triplice funzione: di assicurare condizioni
di igiene e di salubrità, di garantire
tranquillità e decoro ai luoghi di
sepoltura, di consentire futuri ampliamenti
dell’impianto funerario (TAR Toscana, Sez.
III,
sentenza 11.06.2010 n. 1815 -
link a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
F. P. Francica,
Le antenne per telefonia mobile nella fascia
di rispetto cimiteriale
(Urbanistica e appalti n. 5/2010). |
EDILIZIA PRIVATA: Gli
impianti di telefonia mobile risultano
compatibili con il vincolo di rispetto
cimiteriale.
Le finalità della fascia di rispetto
cimiteriale sono quelle della tutela
dell’interesse pubblico sotto il profilo
sanitario, urbanistico e di garanzia della
tranquillità dei luoghi, ovverosia profili
rispetto ai quali in nessun modo la
realizzazione dell’opera per cui è causa si
appalesa lesiva.
Gli impianti di telefonia mobile risultano
pertanto compatibili con il vincolo di
rispetto cimiteriale, la cui ratio
non risulta in alcun modo compromessa da una
scelta localizzativa degli stessi nella
fascia di rispetto cimiteriale (cfr., Cons.
Stato, VI, 28.2.2006 n. 894; TAR Lazio, II-bis,
19.04.2007 n. 4367; TAR Veneto, II, 11.02.2005
n. 644)
(TAR Toscana, Sez. I,
sentenza 05.05.2010 n. 1239 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Diniego di
sanatoria - Classificazione giuridica delle
strutture - Attività edilizia libera ex art.
33 L.R. n. 12/2005 - Serre - Titolo
abilitativo - Legittimità.
2. Diniego di
sanatoria - Fascia di rispetto cimiteriale -
Art. 38 R.D. n. 1265/1934 - Inedificabilità
ex lege - Motivazione - Legittimità.
3. Ordine di
demolizione - Notifica all'affittuaria
responsabile dell'abuso - Mancata notifica
al proprietario dell'area - Carenza di
interesse - Inammissibilità.
1. Per quanto la L.R. n. 12/2005 non detti
prescrizioni analitiche circa le dimensioni
delle coperture stagionali di cui all'art.
33 della stessa legge, ragioni di ordine
sistematico e letterale, inducono alla
conclusione che debba trattarsi di
dimensioni tutto sommato contenute, essendo
tali opere destinate alla protezione delle
colture e dei piccoli animali -da allevare
all'aria aperta-, quindi con dimensioni
compatibili con la sola funzione di
protezione e non con altre funzioni, quali
l'accesso delle persone o l'esercizio nella
struttura di attività commerciali di
vendita, tali da non avere impatto sul
territorio, impatto che sarebbe
incompatibile con il regime di totale
liberalizzazione dell'attività edilizia di
cui al c. 2 dello stesso art. 33 L.R. n.
12/2005.
Pertanto, in assenza sia del
carattere di semplice copertura che di
quello di stagionalità richiesti dall'art.
33 L.R. n. 12/2005, risulta corretta la
classificazione giuridica assunta dal Comune
che ritiene le strutture di cui è causa
"serre" e come tali, allorché soddisfino
stabilmente le esigenze di esercizio
dell'impresa agricola e siano destinate ad
una indeterminata permanenza, necessitanti
il rilascio di un permesso di costruire.
2. Le disposizioni sulla fascia di rispetto
cimiteriale sono dettate da ragioni di
ordine pubblico, sia di carattere
igienico-sanitario sia di rispetto della
sacralità dei luoghi di sepoltura, per cui
il vincolo cimiteriale costituisce
un'ipotesi di inedificabilità ex lege,
destinata a prevalere su eventuali
disposizioni difformi degli strumenti
urbanistici generali.
Di conseguenza, in
caso di opere abusive collocate in zona
cimiteriale, il diniego di sanatoria non
deve necessariamente, al fine
dell'assolvimento dell'obbligo di
motivazione dell'atto amministrativo,
effettuare una comparazione fra le opere
realizzate ed i valori salvaguardati dal
vincolo essendo sufficiente quest'ultimo.
3. La censura di illegittimità
dell'ingiunzione a demolire, in quanto
rivolta contro l'affittuaria dell'area e non
contro i proprietari, è infondata, se non
addirittura inammissibile, non riuscendosi a
comprendere quale interesse abbia la
ricorrente affittuaria a lamentare la
mancata notifica del provvedimento ad un
soggetto giuridicamente distinto dalla
stessa, che dovrebbe semmai essere fatto
valere dai proprietari e non dall'esponente,
la quale ha in ogni caso realizzato le opere
abusive ed è quindi giuridicamente obbligata
a demolirle, quale "responsabile
del'abuso", indipendentemente da
eventuali irregolarità della notificazione
dell'ingiunzione a demolire (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 05.05.2010 n.
1234 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Le
disposizioni sulla fascia di rispetto
cimiteriale sono dettate da ragioni di
ordine pubblico, sia di carattere
igienico-sanitario sia di rispetto della
sacralità dei luoghi di sepoltura, per cui
il vincolo cimiteriale costituisce
un’ipotesi di inedificabilità ex lege,
destinata a prevalere su eventuali
disposizioni difformi degli strumenti
urbanistici generali.
Di conseguenza, in caso di opere abusive
collocate in fascia cimiteriale, il diniego
di sanatoria non deve necessariamente, al
fine dell’assolvimento dell’obbligo di
motivazione dell’atto amministrativo,
effettuare una comparazione fra le opere
realizzate ed i valori salvaguardati dal
vincolo, essendo sufficiente il richiamo a
quest’ultimo.
Le serre poiché necessitanti di titolo
edilizio devono reputarsi “nuove
costruzioni”, per le quali vale il vincolo
assoluto di inedificabilità (fascia di
rispetto cimiteriale) di cui al citato art.
338 del RD 27.07.1934 n. 1265
La
disciplina del c.d. vincolo cimiteriale sia
contenuta nell’art. 338 del RD 27.07.1934 n.
1265 (Testo Unico delle leggi sanitarie), in
forza del quale (comma 1°, secondo periodo),
<<E’ vietato costruire intorno ai cimiteri
nuovi edifici entro il raggio di 200 metri
dal perimetro dell’impianto cimiteriale>>,
pur facendosi salve <<le deroghe ed
eccezioni previste dalla legge>>.
Tali
deroghe devono essere consentite, dopo la
riforma dell’art. 338 introdotta dalla legge
166/2002, dal consiglio comunale, con le
modalità procedurali indicate dallo stesso
art. 338, le quali prevedono il parere
dell’azienda sanitaria locale. Prima
dell’entrata in vigore della citata legge
166/2002, le deroghe al vincolo cimiteriale
erano invece autorizzate dal Prefetto.
Nella
Regione Lombardia, l’art. 8 del Regolamento
regionale 09.11.2004 n. 6 (articolo rubricato
“Zona di rispetto cimiteriale”), richiama
espressamente l’art. 338 sopra citato e
prevede la possibilità di riduzione della
fascia di rispetto fino ad un minimo di 50
metri, previo parere favorevole dell’ASL e
dell’ARPA.
La giurisprudenza è concorde nel
ritenere che le disposizioni sulla fascia di
rispetto cimiteriale siano dettate da
ragioni di ordine pubblico, sia di carattere
igienico-sanitario sia di rispetto della
sacralità dei luoghi di sepoltura, per cui
il vincolo cimiteriale costituisce
un’ipotesi di inedificabilità ex lege,
destinata a prevalere su eventuali
disposizioni difformi degli strumenti
urbanistici generali.
Di conseguenza, in
caso di opere abusive collocate in fascia
cimiteriale, il diniego di sanatoria non
deve necessariamente, al fine
dell’assolvimento dell’obbligo di
motivazione dell’atto amministrativo,
effettuare una comparazione fra le opere
realizzate ed i valori salvaguardati dal
vincolo, essendo sufficiente il richiamo a
quest’ultimo (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 27.10.2009 n. 6547, che conferma analoga
pronuncia della Sezione II di questo TAR;
Consiglio di Stato, sez. IV, 12.03.2007 n.
1185; TAR Veneto, sez. II, 07.02.2008 n. 325;
TAR Lombardia, Milano, sez. II, 17.03.2008 n.
541 e TAR Campania, Napoli, sez. IV,
29.11.2007 n. 15615).
Nel caso di specie, non vi è dubbio, in fatto, che le strutture della
sig.ra ... siano collocate ad una distanza
inferiore di 200 metri dal perimetro
cimiteriale (l’esponente non contesta, anzi
conferma tale circostanza), tuttavia,
secondo la ricorrente, le opere realizzate
sarebbero compatibili con la fascia di
rispetto, trattandosi di opere destinate
dall’agricoltura, non contrastanti con le
previsioni di vincolo.
Sotto tale profilo, la censura è però
infondata, in quanto le strutture collocate
dall’esponente non possono essere
considerate, come sopra indicato in sede di
trattazione del motivo C, come mere
coperture, prive di ogni impatto
urbanistico, ma devono invece reputarsi
opere stabili, destinate in via permanente e
continuativa all’esercizio sia dell’attività
agricolo sia di quella connessa di vendita
al pubblico, il quale pertanto accede
abitualmente alle serre per i propri
acquisti.
Trattandosi, quindi, di serre necessitanti
di titolo edilizio, per le ragioni già sopra
esposte, le stesse devono reputarsi “nuove
costruzioni”, per le quali vale il vincolo
assoluto di inedificabilità di cui al citato
art. 338 (TAR
Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 05.05.2010 n. 1234 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Costruzione
vicine ai cimiteri - Inedificabilità
assoluta - Applicabilità.
2. Costruzione
vicine ai cimiteri - Inedificabilità
assoluta -Rigetto della domanda di sanatoria
- Parere favorevole dell'Amministrazione
preposta alla tutela del vincolo - Non
necessario.
1. Il vincolo di inedificabilità assoluta,
imposto dalla legge per le costruzioni
vicine ai cimiteri, in ragione degli
interessi avuti di mira dalla normativa,
vale sia per i centri abitati che per i
fabbricati sparsi.
2. Trattandosi di vincolo assoluto di inedificabilità
non vi è la necessità di richiedere il
parere all'autorità sanitaria preposta al
vincolo, in quanto, come stabilito dall'art.
32, primo comma, della legge n. 47 del 1985,
il rilascio del titolo abilitativo edilizio
in sanatoria per opere eseguite su immobili
sottoposti a vincolo è subordinato al parere
favorevole delle amministrazioni preposte
alla tutela del vincolo stesso e quindi, il
parere è necessario soltanto quando viene
accolta la domanda di sanatoria e non quando
viene negata (massima tratta da www.solom.it
- TAR Lombardia-Milano, Sez. IV,
sentenza
02.04.2010 n.
962 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Il
vincolo cimiteriale rileva come vincolo di
inedificabilità assoluta, in quanto le
finalità perseguite dall’art. 338 del R.D.
n. 1265/1934 sono di superiore interesse
pubblicistico e rivolte a garantire il
decoro di un luogo di culto e ad assicurare
una cintura sanitaria attorno a luoghi per
loro natura insalubri.
Con la prima censura la deducente osserva
che il vincolo cimiteriale non costituisce
vincolo di inedificabilità assoluta;
aggiunge che a seguito delle modifiche
introdotte con l’art. 28, comma 1, lettera
b, della legge n. 166/2002, il suddetto
vincolo non preclude la costruzione di nuovi
edifici e la realizzazione di ampliamenti
nella zona sottoposta a vincolo.
Il motivo non può essere condiviso.
L’art. 338 del R.D. n. 1265/1934, nel testo
novellato dall’art. 28 della legge n.
166/2002, ammette l’ampliamento solo nella
percentuale massima del dieci per cento.
Gli ampliamenti di maggiore portata sono
incompatibili col vincolo cimiteriale, il
quale rileva come vincolo di inedificabilità
assoluta, in quanto le finalità perseguite
dall’art. 338 del R.D. n. 1265/1934 sono di
superiore interesse pubblicistico e rivolte
a garantire il decoro di un luogo di culto e
ad assicurare una cintura sanitaria attorno
a luoghi per loro natura insalubri (Tar
Campania, Napoli, IV, 29/11/2007, n. 15615).
Tale conclusione trova conferma nel primo
comma del citato art. 338, che prevede il
divieto di costruire entro il raggio di 200
metri dal perimetro dell’impianto
cimiteriale, e nell’art. 33 della legge n.
47/1985, che esclude la possibilità della
sanatoria edilizia laddove il vincolo sia
imposto prima dell’esecuzione delle opere da
parte del privato.
Risulta infatti che le opere in questione
sono state ultimate nel 1983 (documento n. 3
depositato in giudizio dal Comune
resistente), mentre l’ampliamento del
cimitero del Pino è stato compiuto nel
periodo 1979-1981, per cui non è invocabile
nemmeno la deroga di cui all’art. 57, comma
4, del D.P.R. n. 285/1990, la quale non ha
la funzione di ridurre la distanza minima
indicata dal citato art. 338, ma di
consentire l’ampliamento del cimitero con
riferimento agli edifici preesistenti (Cons.
Stato, V, 23/08/2000, n. 4574).
---------------
Con la seconda censura la ricorrente afferma
che gli interventi realizzati non
costituiscono nuova edificazione, ma
ampliamento del preesistente edificio o
modifiche che si risolvono nell’introduzione
di elementi accessori o pertinenziali,
ammessi nella zona di vincolo cimiteriale e
tali da ricondurre la fattispecie all’art. 32
della legge n. 47/1985.
Il rilievo è infondato.
La descrizione delle opere di cui alla
relazione tecnica relativa all’istanza di
condono edilizio indica vari interventi di
trasformazione e incremento della superficie
abitabile, costituiti dalla sopraelevazione
di un piano, dalla creazione di locali
abitativi, dalla costruzione di un locale ad
uso rurale e dalla realizzazione di una
loggia e di un terrazzo.
Non si tratta né di meri ampliamenti
rispettosi del limite del dieci per cento
previsto dall’art. 338 del R.D. n.
1265/1934, né della realizzazione di
pertinenze o elementi accessori, ma della
radicale trasformazione dell’edificio
preesistente, reso diverso dalla struttura
originaria per volume, sagoma, superficie e
connesso carico urbanistico; rileva quindi
nell’insieme un’edificazione contraddistinta
da ampliamento notevole di superficie,
precluso dall’art. 338 del R.D. n. 1265/1934
(Tar Campania, Napoli, IV, 29/11/2007, n.
15615).
---------------
Con il terzo motivo l’istante lamenta la
mancata acquisizione del parere
dell’Autorità preposta alla tutela del
vincolo (ovvero dell’Azienda sanitaria
locale) e della commissione edilizia.
Il rilievo non può essere accolto.
Il caso in esame non rientra nell’ambito di
applicazione dell’art. 32 della legge n.
47/1985, ma, trattandosi di intervento
successivo alla costruzione del cimitero,
nell’ambito di applicazione dell’art. 33
della legge stessa, con la conseguenza che
l’esistenza del vincolo è di per sé
preclusiva dell’opera oggetto della domanda
di condono.
Per la stessa ragione non occorre nemmeno il
parere della commissione edilizia,
trattandosi di vincolo di inedificabilità
assoluta, rispetto ai cui effetti rileva un
mero accertamento tecnico della distanza
intercorrente tra il cimitero e il
fabbricato risultante dagli interventi di
trasformazione, e non una valutazione avente
margini di discrezionalità (Tar Toscana, III,
12/02/2003, n. 277; idem, II, 06/02/2006, n.
260)
(TAR Toscana, Sez. III,
sentenza 15.03.2010 n. 660 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
La deroga prevista dall’art. 57,
comma 4, del DPR n. 285/1990 riguarda
esclusivamente l’ampliamento dei cimiteri
esistenti e non anche l’attività
edificatoria dei privati; in altre parole,
la deroga che prevede la distanza di 100
metri dai centri abitati non ha lo scopo di
ridurre la distanza indicata dall’art. 338
del R.D. n. 1265/1934, ma di consentire
l’ampliamento di un cimitero con riferimento
agli edifici preesistenti.
Nel caso di specie rileva non la
realizzazione dell’edificio, ma la
costruzione, in epoca successiva alla
realizzazione del cimitero ed al suo
ampliamento, di opere di incremento della
superficie dell’edificio della deducente.
La deroga prevista dall’art. 57, comma 4,
del DPR n. 285/1990 riguarda esclusivamente
l’ampliamento dei cimiteri esistenti e non
anche l’attività edificatoria dei privati;
in altre parole, la deroga che prevede la
distanza di 100 metri dai centri abitati non
ha lo scopo di ridurre la distanza indicata
dall’art. 338 del R.D. n. 1265/1934, ma di
consentire l’ampliamento di un cimitero con
riferimento agli edifici preesistenti (si
veda: Cons. Stato, sez. V, 23/08/2000, n.
4574, sentenza riguardante appello
presentato dalla odierna ricorrente).
Inoltre l’apposizione del vincolo
cimiteriale persegue una molteplicità di
interessi pubblici: la tutela di esigenze
igienico sanitarie e della sacralità del
luogo, l’interesse a mantenere un’area di
possibile espansione del perimetro
cimiteriale; pertanto anche la costruzione
di case sparse, e persino la realizzazione
di edifici isolati non destinati ad
abitazione, deve rispettare la distanza
minima di 200 metri, senza che sia richiesta
all’Ente pubblico una valutazione in
concreto della compatibilità della presenza
del manufatto rispetto al vincolo de quo
(Tar Toscana, sez. II, 27.11.2008, n. 3046;
Cons. Stato, sez. V, 03.05.2007, n. 1933;
idem, 27.08.1999, n. 1006)
(TAR Toscana, Sez. III,
sentenza 26.02.2010 n. 549 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno
2009 |
|
EDILIZIA PRIVATA:
Installazione impianti produzione
energia elettrica in fasce di rispetto
comunale.
Si chiede parere in merito alla possibilità
di assentire l’installazione di impianti di
produzione di energia elettrica dal fonti
rinnovabili in aree protette, in aree
caratterizzate da elevata pericolosità
geomorfologica (classe III), in fascia di
rispetto cimiteriale ed in fascia di
rispetto dei pozzi di captazione delle falde
freatiche (Regione Piemonte,
parere n.
144/2009 - link a
www.regione.piemonte.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Rilascio permesso a costruire
impianto fotovoltaico sottoposto a vincolo
urbanistico.
Si chiede parere in merito alla possibilità
di rilascio di un permesso di costruire
avente ad oggetto la realizzazione di un
impianto fotovoltaico da installare in zona
sottoposta a vincolo di rispetto cimiteriale
e, parzialmente, in fascia di rispetto
stradale (Regione Piemonte,
parere n. 140/2009 - link a
www.regione.piemonte.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
No alle antenne dei telefonini in
zona a vincolo cimiteriale.
Il vincolo cimiteriale ha una triplice
finalità, in quanto, oltre alle esigenze
sanitarie ed alla salvaguardia della
possibilità di espansioni del perimetro
cimiteriale, esso garantisce anche il
rispetto della tranquillità e del decoro dei
luoghi di sepoltura, che vengono incise da
una struttura impattante quale un traliccio
di telecomunicazioni che non è più
rispettoso della pietas nei confronti dei
defunti di quanto non lo sia una abitazione
di residenza.
Le valutazioni in fatto sulla concreta
compatibilità dell’opera con l’area
cimiteriale (quali quelle sulla non lesione
delle esigenze sanitarie, e sulla
impossibilità di espansione in fatto
dell’area cimiteriale) sono estranee alla
disciplina del vincolo di inedificabilità,
che si fonda su valutazioni astratte prese
in considerazione una volta per tutte dal
legislatore.
La valutazione introdotta in giudizio sulla
estraneità di un traliccio di
telecomunicazioni dalla disciplina del
vincolo di inedificabilità non trovano alcun
fondamento nella norma attributiva del
potere. In nessuna disposizione dell’art.
338 sopra citato, infatti, il vincolo di
inedificabilità viene limitato soltanto alle
abitazioni dove è prevista la stabile
residenza di persone (TAR Lombardia-Brescia,
Sez. I,
sentenza 01.12.2009 n. 2381 -
link a www.altalex.com). |
EDILIZIA PRIVATA:
INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO -
Fascia di rispetto cimiteriale - Vincolo di
inedificabilità - Triplice finalità -
Manufatti edilizi diversi dalle abitazioni -
Tralicci per telecomunicazioni.
In materia di vincolo cimiteriale, la
salvaguardia del rispetto dei 200 metri
prevista dall'art. 338 del T.U. delle leggi
sanitarie di cui al r.d. 27.07.1934 n. 1265
nonché dall'art. 57 del d.P.R. 10.09.1990 n.
285 si pone alla stregua di un vincolo
assoluto di inedificabilità, valevole per
qualsiasi manufatto edilizio anche ad uso
diverso da quello di abitazione.
Il vincolo cimiteriale ha infatti una
triplice finalità, in quanto, oltre alle
esigenze sanitarie ed alla salvaguardia
della possibilità di espansioni del
perimetro cimiteriale, esso garantisce anche
il rispetto della tranquillità, del decoro e
della speciale sacralità dei luoghi di
sepoltura.
Di conseguenza, devono ritenersi compresi
nel divieto di edificazione anche i tralicci
per telecomunicazioni (TAR Lombardia-Brescia,
Sez. I,
sentenza 01.12.2009 n. 2381 -
link a
www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA: La
salvaguardia dell'area di rispetto
cimiteriale di 200 metri prevista dall'art.
338 t.u. 27.07.1934 n. 1265 si pone alla
stregua di un vincolo assoluto di
inedificabilità che non consente in alcun
modo l'allocazione sia di edifici sia di
opere incompatibili col vincolo medesimo, in
considerazione dei molteplici interessi
pubblici che tale fascia di rispetto intende
tutelare e che la deroga all’estensione del
limite è consentita ai soli fini della
realizzazione di "opere pubbliche e di
interesse pubblico".
L’individuazione di fasce di rispetto
cimiteriali risale al r.d. 1265/1934 (TU
leggi sanitarie) che nella sua formulazione
originaria stabiliva, al primo comma, che i
cimiteri devono essere collocati alla
distanza di almeno duecento metri dai centri
abitati, e poneva, nello stesso, tempo, il
divieto di costruire intorno agli stessi
nuovi edifici e di ampliare quelli esistenti
"entro il raggio di 200 metri".
Al Prefetto era attribuito il potere di
consentire la costruzione e l'ampliamento
dei cimiteri a distanza inferiore ai
duecento metri dai centri abitati quando, a
causa di speciali condizioni, non era
consentito provvedere altrimenti. Inoltre,
su motivata richiesta del Consiglio
comunale, non ostandovi ragioni igieniche,
lo stesso Prefetto poteva ridurre l'ampiezza
della zona di rispetto, delimitandone il
perimetro in relazione alla situazione dei
luoghi, entro il limite di 100 metri per i
Comuni con popolazione superiore ai 20.000
abitanti, e di 50 metri per gli altri
Comuni.
A sua volta il D.P.R. 10.09.1990, n. 285
(regolamento di polizia mortuaria), nel
disciplinare i piani regolatori cimiteriali,
all'art. 57 ribadisce che i cimiteri devono
essere isolati dall'abitato mediante la
fascia di rispetto prevista dall'art. 338
del r.d. n. 1265/1934. Su questo impianto è
intervenuta la legge n. 166/2002 che con la
modifica dei commi quarto, quinto, sesto e
settimo del citato art. 338 ha disposto che
"il Consiglio comunale può approvare,
previo parere favorevole della competente
azienda sanitaria locale, la costruzione di
nuovi cimiteri o l'ampliamento di quelli già
esistenti a una distanza inferiore a 200
metri dal centro abitato, purché non oltre
il limite di 50 metri, quando ricorrano,
anche alternativamente, le seguenti
condizioni: a) risulti accertato dal
medesimo consiglio comunale che, per
particolari condizioni locali, non sia
possibile prevedere altrimenti; b)
l'impianto cimiteriale sia separato dal
centro urbano da strade pubbliche almeno di
livello comunale, sulla base della
classificazione prevista ai sensi della
legislazione vigente, o da fiumi, laghi o
dislivelli naturali rilevanti, ovvero da
ponti o da impianti ferroviari".
Inoltre, "per dare esecuzione ad un'opera
pubblica o all'attuazione di un intervento
urbanistico, purché non vi ostino ragioni
igienico-sanitarie, il consiglio comunale
può consentire, previo parere favorevole
della competente azienda sanitaria locale,
la riduzione della zona di rispetto tenendo
conto degli elementi ambientali e di pregio
dell'area, autorizzando l'ampliamento di
edifici preesistenti o la costruzione di
nuovi edifici. La riduzione di cui al
periodo precedente si applica con identica
procedura anche per la realizzazione di
parchi, giardini e annessi, parcheggi
pubblici e privati, attrezzature sportive,
locali tecnici e serre...All'interno della
zona di rispetto per gli edifici esistenti
sono consentiti interventi di recupero
ovvero interventi funzionali all'utilizzo
dell'edificio stesso, tra cui l'ampliamento
nella percentuale massima del 10 per cento e
i cambi di destinazione d'uso, oltre a
quelli previsti dalle lettere a), b), c) e
d) del primo comma dell'articolo 31 della
legge 05.08.1978, n. 457".
Tale essendo il quadro normativo di
riferimento, deve, quindi, osservarsi che la
normativa statale in materia si articola
attraverso disposizioni aventi duplice
valenza, in primo luogo nel porre limiti
all'attività edificatoria dei privati nelle
aree circostanti il perimetro dei cimiteri
ed inoltre nel garantire l’osservanza, da
parte delle amministrazioni preposte, di
determinate distanze dai centri abitati atte
a delineare una fascia di rispetto nella
costruzione di nuovi cimiteri e/o
nell'ampliamento di quelli esistenti e per
altri interventi di pubblico interesse. Si
tratta quindi di una facoltà rimessa alla
valutazione dell’ente locale, in funzione
dell'ampliamento dei cimiteri esistenti e/o
della costruzione di nuovi cimiteri, oppure,
in presenza di determinate circostanze di
rilievo pubblicistico, dettagliatamente
definite dalla norma con esclusione,
pertanto, di interventi di edilizia per fini
privati.
Sulla questione, la giurisprudenza
amministrativa ha costantemente affermato
che la salvaguardia dell'area di rispetto
cimiteriale di 200 metri prevista dall'art.
338 t.u. 27.07.1934 n. 1265 si pone alla
stregua di un vincolo assoluto di
inedificabilità che non consente in alcun
modo l'allocazione sia di edifici sia di
opere incompatibili col vincolo medesimo, in
considerazione dei molteplici interessi
pubblici che tale fascia di rispetto intende
tutelare e che la deroga all’estensione del
limite è consentita ai soli fini della
realizzazione di "opere pubbliche e di
interesse pubblico" (Cons. St., V,
29.03.2006, n. 1593. TAR Veneto, II,
07.02.2008, n. 325; TAR Sicilia-Catania, I,
15/07/2003, n. 1141).
Si tratta, in definitiva, di una limitazione
legale della proprietà a carattere assoluto,
che preclude il rilascio della concessione
per opere incompatibili col vincolo medesimo
(giurisprudenza pacifica: cfr. Cons. Stato,
V, 03/05/2007). Del resto, la natura
assoluta del vincolo non si pone in
contraddizione con la possibilità che nella
medesima area insistano delle preesistenze,
e/o che ad esse vengano assegnate
destinazioni compatibili con l'esistenza del
vincolo (Cass. Civ., sez. I, n. 6510/1997),
ma mira essenzialmente ad impedire
l'ulteriore addensamento edilizio dell'area
giudicato ex lege, incompatibile con
le prioritarie esigenze pubblicistiche
sottese alla imposizione del vincolo. (cfr.
TAR Abruzzo, L’Aquila, I, 14.10.2008, n.
1141)
(TAR Sicilia-Catania, Sez. I,
sentenza 22.09.2009 n. 1571 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
All'interno della fascia di
rispetto cimiteriale è legittimo il rilascio
del permesso di costruire per la
ristrutturazione di un fabbricato esistente,
mediante demolizione e fedele ricostruzione,
nonché mediante spostamento del fabbricato
in prossimità del confine del lotto di
proprietà, più distante dal locale cimitero,
in guisa da migliorarne la collocazione.
E' illegittimo il diniego del permesso di
costruire per la ristrutturazione di un
fabbricato esistente, mediante demolizione e
fedele ricostruzione, nonché mediante
spostamento del fabbricato in prossimità del
confine del lotto di proprietà, più distante
dal locale cimitero, in guisa da migliorarne
la collocazione.
Invero, l’art. 338 r.d. n. 1265/1934
stabilisce che “All'interno della zona di
rispetto per gli edifici esistenti sono
consentiti interventi di recupero ovvero
interventi funzionali all'utilizzo
dell'edificio stesso, tra cui l'ampliamento
nella percentuale massima del 10 per cento e
i cambi di destinazione d'uso, oltre a
quelli previsti dalle lettere a), b), c) e
d) del primo comma dell'articolo 31 della
legge 05.08.1978, n. 457”, oggi previsti
dall’art. 3 d.P.R. 380/2001 tra cui la lett.
d) “interventi di ristrutturazione
edilizia", ove per tali si intendono “gli
interventi rivolti a trasformare gli
organismi edilizi mediante un insieme
sistematico di opere che possono portare ad
un organismo edilizio in tutto o in parte
diverso dal precedente.
Tali interventi comprendono il ripristino o
la sostituzione di alcuni elementi
costitutivi dell'edificio, l'eliminazione,
la modifica e l'inserimento di nuovi
elementi ed impianti. Nell'ambito degli
interventi di ristrutturazione edilizia sono
ricompresi anche quelli consistenti nella
demolizione e ricostruzione con la stessa
volumetria e sagoma di quello preesistente,
fatte salve le sole innovazioni necessarie
per l'adeguamento alla normativa antisismica”
(TAR Lazio-Latina,
sentenza 12.06.2009 n. 564 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
No alle antenne per telefonini in
zona a vincolo cimiteriale di
inedificabilità assoluta.
Il vincolo cimiteriale si pone alla stregua
di un vincolo assoluto di inedificabilità
che non consente in alcun modo l’allocazione
sia di edifici, che di opere incompatibili
col vincolo medesimo, in considerazione dei
molteplici interessi pubblici che tale
fascia di rispetto intende tutelare (TAR
Toscana, Sez. I,
ordinanza 20.05.2009 n. 397 -
link a www.altalex.com). |
EDILIZIA PRIVATA:
Vincolo di rispetto cimiteriale.
La salvaguardia dell'area di rispetto
cimiteriale di 200 metri prevista dall'art.
338 T.U. 27.07.1934 n. 1265 si pone alla
stregua di un vincolo assoluto di
inedificabilità che non consente in alcun
modo l'allocazione sia di edifici, che di
opere incompatibili col vincolo medesimo, in
considerazione dei molteplici interessi
pubblici che tale fascia di rispetto intende
tutelare e che possono enuclearsi nelle
esigenze di natura igienico sanitaria, nella
salvaguardia della peculiare sacralità che
connota i luoghi destinati all'inumazione e
alla sepoltura, nel mantenimento di un'area
di possibile espansione della cinta
cimiteriale.
Si consideri ancora che il vincolo di
rispetto cimiteriale riguarda non solo i
centri abitati ma anche i fabbricati sparsi
(cfr. TAR Milano, II Sez., 06.10.1993 n.
551).
Lo stesso vincolo preclude il rilascio della
concessione, anche in sanatoria (ai sensi
dell'art. 33 L. 28.02.1985 n. 47), senza
necessità di compiere valutazioni in ordine
alla concreta compatibilità dell'opera con i
valori tutelati dal vincolo (cfr. Cons.
Stato, sez. V, n. 1871 del 12.11.1999)
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 03.05.2009 n. 1934 -
link a www.lexambiente.it). |
URBANISTICA:
Fascia di rispetto cimiteriale.
L'art. 338 del R.D. 27.07.1934 n. 1265, come
modificato dall’art. 28 della legge
01.08.2002 n. 166, attribuisce al consiglio
comunale il potere di consentire, se non vi
ostino ragioni igienico-sanitarie accertate
dalla competente Azienda USL, la riduzione
della zona di rispetto cimiteriale, tenendo
conto degli elementi ambientali di pregio
dell'area.
Resta dunque evidente che l’anzidetta
attribuzione del potere decisorio all’organo
consiliare non deve intendersi nel senso di
riconoscere a quest’ultimo una mera facoltà
di pronunciamento, dovendosi piuttosto
ritenere che, fermo restando l’obbligo di
adottare un tempestivo provvedimento in
risposta alle istanze all’uopo presentate,
il Consiglio comunale disponga di un ampio
potere discrezionale, da esercitarsi
attraverso l’esplicazione in motivazione
delle ragioni delle determinazioni assunte,
circa l’autorizzabilità di interventi
edificatori in deroga rispetto alla fascia
di rispetto sanitario (TAR Sardegna, Sez. II,
sentenza 20.03.2009 n. 322 - link
a www.lexambiente.it). |
URBANISTICA:
Il potere in capo al Consiglio
Comunale di ridurre la fascia di
rispetto cimiteriale non deve intendersi nel
senso di riconoscere a quest’ultimo una mera
facoltà di pronunciamento, dovendosi
piuttosto ritenere che, fermo restando
l’obbligo di adottare un tempestivo
provvedimento in risposta alle istanze
all’uopo presentate, il Consiglio comunale
disponga di un ampio potere discrezionale,
da esercitarsi attraverso l’esplicazione in
motivazione delle ragioni delle
determinazioni assunte, circa l’autorizzabilità
di interventi edificatori in deroga rispetto
alla fascia di rispetto sanitario
L'art. 338 del R.D. 27.07.1934 n. 1265, come
modificato dall’art. 28 della legge
01.08.2002 n. 166, attribuisce al consiglio
comunale il potere di consentire, se non vi
ostino ragioni igienico-sanitarie accertate
dalla competente Azienda USL, la riduzione
della zona di rispetto cimiteriale, tenendo
conto degli elementi ambientali di pregio
dell'area.
Resta dunque evidente che l’anzidetta
attribuzione del potere decisorio all’organo
consiliare non deve intendersi, come
ritenuto dalla difesa comunale, nel senso di
riconoscere a quest’ultimo una mera facoltà
di pronunciamento, dovendosi piuttosto
ritenere che, fermo restando l’obbligo di
adottare un tempestivo provvedimento in
risposta alle istanze all’uopo presentate,
il Consiglio comunale disponga di un ampio
potere discrezionale, da esercitarsi
attraverso l’esplicazione in motivazione
delle ragioni delle determinazioni assunte,
circa l’autorizzabilità di interventi
edificatori in deroga rispetto alla fascia
di rispetto sanitario.
Nel caso di specie, non risulta che il
consiglio comunale si sia pronunciato sulla
richiesta presentata in data 12.11.2007
dalla ricorrente.
Né risulta che, in adesione alla
disponibilità manifestata dalla stessa
ricorrente al fine di evitare il presente
giudizio, siano stati indicati tempi certi
per la definizione del procedimento per cui
è causa.
Di qui, accertato l’illegittimo
inadempimento del Consiglio comunale al suo
obbligo di provvedere, l’accoglimento del
ricorso, con condanna dello stesso organo
consiliare all’adozione del provvedimento
richiesto entro il termine di 60 (sessanta)
giorni dalla notificazione o dalla
comunicazione in via amministrativa della
presente sentenza, avvertendo che, per il
caso di ulteriore inadempimento, si
procederà senza indugio alla nomina di un
commissario ad acta per gli adempimenti in
via sostitutiva, con addebito delle spese
(TAR Sardegna, Sez. II,
sentenza 20.03.2009 n. 322 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
URBANISTICA:
Fascia di rispetto cimiteriale -
Art. 338 R.D. n. 1265/1934 - Interventi
edificatori in deroga - Riduzione della
fascia - Potere discrezionale del Consiglio
comunale.
L’art. 338 del R.D. 27.07.1934 n. 1265, come
modificato dall’art. 28 della legge
01.08.2002 n. 166, attribuisce al consiglio
comunale il potere di consentire, se non vi
ostino ragioni igienico-sanitarie accertate
dalla competente Azienda USL, la riduzione
della zona di rispetto cimiteriale, tenendo
conto degli elementi ambientali di pregio
dell'area: l’anzidetta attribuzione del
potere decisorio all’organo consiliare non
deve intendersi nel senso di riconoscere a
quest’ultimo una mera facoltà di
pronunciamento, dovendosi piuttosto ritenere
che, fermo restando l’obbligo di adottare un
tempestivo provvedimento in risposta alle
istanze all’uopo presentate, il Consiglio
comunale disponga di un ampio potere
discrezionale, da esercitarsi attraverso
l’esplicazione in motivazione delle ragioni
delle determinazioni assunte, circa l’autorizzabilità
di interventi edificatori in deroga rispetto
alla fascia di rispetto sanitario (TAR
Sardegna, Sez. II,
sentenza 20.03.2009 n. 322 - link
a www.ambientediritto.it). |
URBANISTICA:
Fascia di rispetto del vincolo
cimiteriale - Eccezione al divieto generale
di edificazione - Limiti - Interpretazione
restrittiva della norma - Art. 338 T.U.
Sanità modificato dall'art. 28 L. n.
166/2002.
La locuzione "per dare esecuzione ad
un'opera pubblica o all'attuazione di un
intervento urbanistico", (contenuta
nell’articolo 338 T.U. Leggi Sanitarie poi
modificato dall'articolo 28 della legge
01.08.del 2002 n.166), deve essere
interpretata nel senso che gli interventi
urbanistici ai quali il legislatore ha
inteso fare riferimento sono solo quelli
pubblici o comunque aventi rilevanza
pubblica e destinati a soddisfare interessi
pubblicistici di rilevanza almeno pari a
quelli posti a base della fascia di rispetto
dei duecento metri. Specificatamente, la
locuzione "attuazione di un intervento
urbanistico" non può essere interpretata
estensivamente fino a comprendervi anche
l'edilizia residenziale privata, sia perché,
trattandosi di eccezione al divieto generale
di edificazione di cui al primo comma
dell'articolo 338 T.U. Leggi Sanitarie, deve
essere interpretata restrittivamente e
quindi limitata ai soli interventi pubblici
o quanto meno di rilevanza pubblica, e ciò
perché solo un interesse pubblico,
meritevole di tutela, come quelli
esplicitamente indicati nella deroga,
concorrente con quelli posti a base del
divieto, potrebbe giustificare la riduzione
della fascia di rispetto.
Invero, questa è imposta a tutela di
esigenze di natura igienico sanitaria, a
salvaguardia della peculiare sacralità che
connota i luoghi destinati all'inumazione ed
alla sepoltura e soprattutto a tutela della
possibile espansione della cinta cimiteriale
e ad assicurare una cintura sanitaria
intorno ai luoghi per loro natura insalubri.
Vincolo cimiteriale -
Fascia di rispetto (200 metri) - Divieto di
costruire nuovi edifici dal perimetro del
cimitero - Indennizzo espropriativo -
Vincolo urbanistico operante
indipendentemente dagli strumenti
urbanistici - Deroga - Procedura - Art. 338
T.U. Sanità modificato dall'art. 28 L.
n.166/2002.
L'articolo 338 T.U. Legge Sanitaria, come
modificato dall'articolo 28 della legge
01.08.2002 n. 166, ribadisce al primo comma
la regola generale che i cimiteri debbano
essere collocati alla distanza di almeno
duecento metri dai centri abitati e che è
vietato costruire nuovi edifici (siano essi
pubblici o privati) entro il raggio di
duecento metri dal perimetro del cimitero.
Siffatta fascia di rispetto costituisce un
vincolo urbanistico posto con legge dello
Stato e come tale è operante
indipendentemente dagli strumenti
urbanistici vigenti ed eventualmente anche
in contrasto con essi (Cons. Stato sez V
27/08/1999 n 1006, Cass. pen. sez. III n.
8553/1996, Cons. Stato n. 1185/2007).
Il relativo suolo ai fini dell'indennizzo
espropriativo, anche se può avere un valore
di mercato superiore a quello agricolo per
effetto di possibili utilizzazioni diverse
da quelle edificatorie, non è comunque suolo
edificatorio (Cass. Sez un. civ. n .
13596/1991, Cass. civ. sez. I n. 11669/2004,
sez. III n. 4797/2006).
Tale fascia di rispetto può essere derogata
in due ipotesi soltanto. Secondo la prima,
il Consiglio comunale può approvare, previo
parere favorevole della competente azienda
sanitaria locale, la costruzione di nuovi
cimiteri o l'ampliamento di quelli già
esistenti ad una distanza inferiore a 200
metri dal centro abitato purché non oltre il
limite di 50 metri quando ricorrono anche
alternativamente le due condizioni previste
dalla norma, ossia quando non sia possibile
provvedere altrimenti ovvero quando
l'impianto cimiteriale sia separato dal
centro urbano da strade pubbliche, fiumi
ecc.
In base alla seconda, la deroga è consentita
allorché si deve dare esecuzione ad un'opera
pubblica o all'attuazione di un intervento
urbanistico, purché non vi ostino ragioni
igienico sanitarie; in tali casi il
Consiglio comunale può consentire previo
parere favorevole della competente azienda
sanitaria locale, la riduzione della zona di
rispetto tenendo conto degli elementi
ambientali di pregio dell'area, autorizzando
l'ampliamento di edifici preesistenti o la
costruzione di nuovi edifici o la
realizzazione di parcheggi, attrezzature
sportive, locali tecnici e serre (Corte di
cassazione, Sez. III penale,
sentenza 26.02.2009 n. 8626 -
link a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Fascia di rispetto del vincolo
cimiteriale.
Nell’articolo 338 T.U. Leggi Sanitarie la
locuzione "per dare esecuzione ad
un'opera pubblica o all'attuazione di un
intervento urbanistico" deve essere
interpretata nel senso che gli interventi
urbanistici ai quali il legislatore ha
inteso fare riferimento sono solo quelli
pubblici o comunque aventi rilevanza
pubblica e destinati a soddisfare interessi
pubblicistici di rilevanza almeno pari a
quelli posti a base della fascia di rispetto
dei 200 metri (Corte di Cassazione, Sez. III
penale,
sentenza 26.02.2009 n. 8626 -
link a www.lexambiente.it). |
anno
2008 |
|
EDILIZIA PRIVATA: Sul
vincolo cimiteriale.
La individuazione di fasce di
rispetto intorno ai cimiteri risale all’art.
338 del t.u.l.s. (R.D. n. 1265/1934) che,
nella sua formulazione originaria,
stabiliva, al primo comma, che i cimiteri
devono essere collocati alla distanza di
almeno duecento metri dai centri abitati, e
poneva, nello stesso, tempo, il divieto di
costruire intorno agli stessi nuovi edifici
e di ampliare quelli esistenti “entro il
raggio di duecento metri”.
Al Prefetto era attribuito il potere di
consentire la costruzione e l’ampliamento
dei cimiteri a distanza inferiore ai
duecento metri dai centri abitati quando, a
causa di speciali condizioni, non era
consentito provvedere altrimenti.
Inoltre, su motivata richiesta del Consiglio
comunale, non ostandovi ragioni igieniche,
lo stesso Prefetto poteva ridurre l’ampiezza
della zona di rispetto, delimitandone il
perimetro in relazione alla situazione dei
luoghi, entro il limite di 100 metri per i
Comuni con popolazione superiore ai 20.000
abitanti, e di 50 metri per gli altri
Comuni.
A sua volta il regolamento governativo di
polizia mortuaria approvato con D.P.R.
10.9.1990, n.285, nel disciplinare i piani
regolatori cimiteriali, all’art. 57
ribadisce che i cimiteri devono essere
isolati dall’abitato mediante la fascia di
rispetto prevista dall’art. 338 del t.u.l.s.
I commi 3 e 4 del precitato art. 57 del
d.p.r. n. 285 cit. sono stati abrogati per
effetto dell’art. 28 della legge 01.08.2002
n. 166, recante disposizioni in materia di
infrastrutture e di trasporti, che ha
rimodulato la disciplina statale sulle zone
limitrofe alle aree cimiteriali attraverso
la sostituzione dei commi 1, 4, 5, 6 e 7
dell’art. 338 del R.D. n. 1265/1934.
Il legislatore del 2002 ha precisato, con la
modifica dei commi quarto, quinto, sesto e
settimo del citato art.338 del R.D. n. 1265
del 1934, che “il consiglio comunale può
approvare, previo parere favorevole della
competente azienda sanitaria locale, la
costruzione di nuovi cimiteri o
l’ampliamento di quelli già esistenti ad una
distanza inferiore a 200 metri dal centro
abitato, purché non oltre il limite di 50
metri, quando ricorrano, anche
alternativamente, le seguenti condizioni:
a) risulti accertato dal medesimo consiglio
comunale che, per particolari condizioni
locali, non sia possibile prevedere
altrimenti;
b) l’impianto cimiteriale sia separato dal
centro urbano da strade pubbliche almeno di
livello comunale, sulla base della
classificazione prevista ai sensi della
legislazione vigente, o da fiumi, laghi o
dislivelli naturali rilevanti, ovvero da
ponti o da impianti ferroviari”.
Inoltre, “per dare esecuzione ad un’opera
pubblica o all’attuazione di un intervento
urbanistico, purché non vi ostino ragioni
igienico-sanitarie, il consiglio comunale
può consentire, previo parere favorevole
della competente azienda sanitaria locale,
la riduzione della zona di rispetto tenendo
conto degli elementi ambientali e di pregio
dell’area, autorizzando l’ampliamento di
edifici preesistenti o la costruzione di
nuovi edifici, La riduzione di cui al
periodo precedente si applica con identica
procedura anche per la realizzazione di
parchi, giardini e annessi, parcheggi
pubblici e privati, attrezzature sportive,
locali tecnici e serre…All’interno della
zona di rispetto per gli edifici esistenti
sono consentiti interventi di recupero
ovvero interventi funzionali all’utilizzo
dell’edificio stesso, tra cui l’ampliamento
nella percentuale massima del 10 per cento e
i cambi di destinazione d’uso, oltre a
quelli previsti dalle lettere a), b), c) e
d) del primo comma dell’articolo 31 della
legge 05.08.1978, n. 457”.
Tale essendo il quadro normativo di
riferimento, deve quindi osservarsi che la
normativa statale in materia si articola
attraverso disposizioni aventi duplice
valenza, in primo luogo nel porre limiti
all’attività edificatoria dei privati nelle
aree circostanti il perimetro dei cimiteri
ed inoltre nel garantire la osservanza, da
parte delle amministrazioni preposte, di
determinate distanze dai centri abitati atte
a delineare una fascia di rispetto nella
costruzione di nuovi cimiteri e/o
nell’ampliamento di quelli esistenti e per
altri interventi di pubblico interesse.
Con riferimento alla delimitazione delle
fasce di rispetto, a fronte della
determinazione ex lege di una distanza dei
cimiteri dai centri abitati di 200 metri,
come detto, è stato previsto il potere
eccezionale, prima in capo al prefetto, e
poi al consiglio comunale, di ridurre detto
limite sino a 50 metri, in funzione
dell’ampliamento dei cimiteri esistenti e/o
della costruzione di nuovi cimiteri, oppure,
in presenza di determinate circostanze di
rilievo pubblicistico, più dettagliatamente
definite con le modifiche apportate all’art.
338 t.u.l.s. dall’art. 28 della l.
n.166/2002, ossia per dare esecuzione ad
un’opera pubblica o all’attuazione di un
intervento urbanistico.
Per ciò che concerne in particolare
l’attività edificatoria dei privati in
prossimità dei cimiteri, la disciplina in
esame ha subito una modifica sostanziale in
quanto il divieto di costruire e di ampliare
edifici preesistenti “intorno ai cimiteri”,
definito nella fascia di 200 metri dalla
formulazione originaria dell’art. 338
t.u.l.s., ha subito una prima modifica nella
disciplina di cui all’art. 57, comma 3 del
regolamento di polizia mortuaria (d.p.r.
285/1990), che imponeva un esplicito divieto
di edificare “entro la fascia di rispetto”,
relativamente sia a nuovi edifici che
all’ampliamento di preesistenze.
Con le modifiche apportate dall’art. 28 L.
n. 166/2002, sopra testualmente richiamato,
il limite all’edificabilità privata è stato
comunque fissato in 200 metri dal perimetro
dell’impianto cimiteriale, visto che il
primo comma dell’art. 338 del t.u.l.s.,
nella nuova formulazione, stabilisce che “è
vietato costruire intorno ai cimiteri nuovi
edifici entro il raggio di duecento metri
dal perimetro dell’impianto cimiteriale,
quale risultante dagli strumenti urbanistici
vigenti nel comune o, in difetto di essi,
comunque quale esistente in fatto, salve le
deroghe ed eccezioni previste dalla legge”.
Dalla lettura della norma si evince che il
limite all’edificabilità privata non è più
ancorato alla “fascia di rispetto”, che può
variare in relazione alle determinazioni
adottate dall’autorità Comunale, ma è
legislativamente fissata in ogni caso entro
il limite di 200 metri da calcolarsi dal
perimetro dell’impianto cimiteriale.
Il regime vincolistico delineato con
riferimento all’attività edilizia dei
privati è sicuramente coerente con la ratio
delle deroghe ed eccezioni previste dalle
legge al limite dei 200 metri, ammesse in
funzione dell’ampliamento dei cimiteri
esistenti o della costruzione di nuovi
cimiteri (comma 4), nonché nei casi in cui
l’Amministrazione comunale debba dare
esecuzione ad un’opera pubblica o
all’attuazione di un intervento urbanistico.
Si tratta in entrambi i casi di eccezioni
giustificate da esigenze pubblicistiche
correlate alla stessa edilizia cimiteriale,
oppure ad altri interventi pubblici purché
compatibili con le concorrenti ragioni di
tutela della zona (comma 5).
Che la deroga in oggetto sia limitata alle
sole “opere pubbliche e di interesse
pubblico” è poi stato recentemente acclarato
dal Consiglio di Stato, con sentenza sez. V,
29.03.2006, n. 1593.
Pertanto, non vi è motivo di dubitare della
ragionevolezza di una interpretazione che
svincola l’ambito di operatività del vincolo
cimiteriale di inedificabilità dalla
delimitazione “in concreto” delle fasce di
rispetto da parte del Comune, tenuto conto
del rilievo preminente di carattere igienico
sanitario del vincolo stesso che può
ammettere deroghe solo in presenza di
concorrenti ragioni pubblicistiche e
comunque compatibilmente con le esigenze
sottese all’esistenza del vincolo.
------------------
Il vincolo
cimiteriale impone un divieto assoluto di
edificazione (Cons. di Stato. sez. V,
22.06.1971, n. 606) e persegue una triplice
finalità: in primo luogo vuole assicurare
condizioni di igiene e di salubrità mediante
la conservazione di una “cintura sanitaria”
intorno allo stesso cimitero, in secondo
luogo garantire la tranquillità e il decoro
ai luoghi di sepoltura, in terzo luogo
consentire futuri ampliamenti del cimitero
(TAR Piemonte, sez. I, 02.02.1989, n. 111).
Si tratta di una limitazione legale della
proprietà a carattere assoluto, direttamente
incidente sui beni e non suscettibile di
deroghe di fatto, giacché riconducibile a
previsione generale, riguardante tutti i
cittadini, in quanto proprietari di beni che
si trovino in una determinata situazione, e
perciò individuabili a priori (Cass. civ.,
sez. I, 29.11.2006, n. 25364)
La natura assoluta del vincolo non si pone
in contraddizione con la possibilità che
nell’area indicata insistano delle
preesistenze, e/o che ad esse vengano
assegnate destinazioni compatibili con
l’esistenza del vincolo (Cass. Civ., sez. I,
n. 6510/1997), ma mira essenzialmente ad
impedire l’ulteriore addensamento edilizio
dell’area giudicato ex lege incompatibile
con le prioritarie esigenze di tutela
igienico sanitaria e di tutela del culto
sottese alla imposizione del vincolo.
Come per tutte le zone soggette a vincoli di
rispetto, sono sempre ammessi, anche nella
zona di rispetto cimiteriale, gli interventi
di recupero del patrimonio edilizio
esistente, ai sensi dell’articolo 31,
lettere a), b), c) e d) della legge n.
457/1978, entro i limiti imposti dal vincolo
di inedificabilità, oltre i quali si è in
presenza di alternazioni di volumi e di
superfici (Cons. di stato. sez. V, n.
275/1989) possibili purché non incidano
negativamente sull’ambiente cimiteriale, in
quanto connaturati al diritto di proprietà
(TAR Abruzzo-L'Aquila,
sentenza 14.10.2008 n. 1141 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Sulla possibilità o meno di costruire
box interrati (ex lege Tognoli) in fascia di
rispetto cimiteriale.
L’art. 338 del Testo unico delle leggi
sanitarie di cui al r.d. n. 1265 del
27.07.1934 nonché l’art. 57 del Dpr
10.09.1990 n. 285 vietano l’edificazione
nelle aree ricadenti in fascia di rispetto
cimiteriale dei manufatti che, per durata,
inamovibiltà ed incorporazione al suolo
possano qualificarsi come costruzioni
edilizie, come tali, incompatibili con la
natura dei luoghi e con l’eventuale
espansione del cimitero.
Ora, la giurisprudenza ha affermato che in
materia di vincolo cimiteriale , la
salvaguardia del rispetto dei 200 metri
prevista dal citato art. 338 del T.U. del
1934 si pone alla stregua di un vincolo
assoluto di inedificabilità, valevole per
qualsiasi manufatto edilizio anche ad uso
diverso da quello di abitazione e tanto in
ragione dei molteplici interessi pubblici
nella specie in rilievo relativamente alla
tutela delle esigenze di natura
igienico-sanitarie e della speciale
sacralità dei luoghi (Cons Stato Sezione v
03.05.2007 n. 1933; TAR Veneto Sezione II
06.04.1996 n. 861; Tar Lombardia Sezione II
28/02/1999 n. 167; questo Tar I Sezione
01.10.2007 n. 2903).
Ora, trattandosi di un vincolo assoluto,
nella specie non ci si può “giovare” del
carattere derogatorio che la norma di cui
all’art. 9 della legge n. 122/1989
riconoscerebbe alla realizzazione delle
autorimesse interrate, dal momento che anche
il manufatto del genere progettato, il
parcheggio interrato, ancorché struttura
unicamente servente all’uso abitativo, ma
comunque posta nell’ambito della fascia di
rispetto cimiteriale,rientra tra le
costruzioni edilizie del tutto vietate dalla
disposizione di cui all’art. 338 citato e
tale circostanza, puntualmente rilevata
dall’Amministrazione, costituisce motivo
giustificativo dell’opposto diniego.
Né vale invocare la portata modificativa
della normativa recata dal DPR n. 285 del
1990 (che ha previsto la possibilità di
riduzione della fascia di rispetto
cimiteriale da 200 mt. a 100 mt.), atteso
che essa delinea il regime giuridico
unicamente degli interventi di ampliamento
dei cimiteri, ma non è questo il caso che ci
occupa, sicché, per l’edificazione in
questione rimane la misura della fascia di
rispetto stabilita in 200mt come fissata
dall’art. 338 e il relativo vincolo,
ribadito dalla normativa contenuta nel
vigente Piano regolatore generale del
Comune, è da ritenersi di carattere assoluto
(cfr. Tar Sicilia Catania 19.05.2003 n. 791)
(TAR Toscana, Sez. III,
sentenza 02.07.2008 n. 1712
- link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: La
salvaguardia dell'area di rispetto
cimiteriale di 200 metri prevista dall'art.
338 T.U. 27.07.1934 n. 1265 si pone alla
stregua di un vincolo assoluto di
inedificabilità che non consente in alcun
modo l'allocazione sia di edifici che di
opere incompatibili col vincolo medesimo, in
considerazione dei molteplici interessi
pubblici che tale fascia di rispetto intende
tutelare e che possono enuclearsi nelle
esigenze di natura igienico sanitaria, nella
salvaguardia della peculiare sacralità che
connota i luoghi destinati all'inumazione e
alla sepoltura, nel mantenimento di un'area
di possibile espansione della cinta
cimiteriale.
Il vincolo di rispetto cimiteriale, riguarda
non solo i centri abitati, ma anche i
fabbricati sparsi.
Occorre premettere, quanto al vincolo
cimiteriale, che la salvaguardia dell'area
di rispetto cimiteriale di 200 metri
prevista dall'art. 338 T.U. 27.07.1934 n.
1265 si pone alla stregua di un vincolo
assoluto di inedificabilità che non consente
in alcun modo l'allocazione sia di edifici
che di opere incompatibili col vincolo
medesimo, in considerazione dei molteplici
interessi pubblici che tale fascia di
rispetto intende tutelare e che possono
enuclearsi nelle esigenze di natura igienico
sanitaria, nella salvaguardia della
peculiare sacralità che connota i luoghi
destinati all'inumazione e alla sepoltura,
nel mantenimento di un'area di possibile
espansione della cinta cimiteriale
(giurisprudenza pacifica: cfr., da ultimo,
CdS, V, 03.05.2007 n. 1933; IV, 12.03.2007
n. 1185).
Si consideri ancora che il vincolo di
rispetto cimiteriale, riguarda non solo i
centri abitati, ma anche i fabbricati sparsi
(cfr. TAR Milano, II, 06.10.1993 n. 551).
Infine, che lo stesso vincolo preclude il
rilascio della concessione, anche in
sanatoria (ai sensi dell'art. 33 L.
28.02.1985 n. 47), senza necessità di
compiere valutazioni in ordine alla concreta
compatibilità dell'opera con i valori
tutelati dal vincolo (cfr. Cons. Stato, V,
03.05.2007 n. 1934).
In relazione all’asserita inapplicabilità
del disposto contenuto nell’art. 57, III
comma del DPR n. 285/1990, va osservato come
tale norma -peraltro abrogata dall’art. 28,
II comma della legge n. 166/2002– sia invece
applicabile al caso di specie in quanto
vigente al momento della decisione della
domanda di sanatoria: in ogni caso, sia la
disciplina vigente all’epoca dei realizzati
abusi, sia quella attualmente vigente,
consente di realizzare, all’interno della
fascia di 200 metri dal perimetro
cimiteriale, solo interventi di recupero, di
manutenzione, di restauro e risanamento
conservativo dell’edificato esistente,
ovvero interventi di ampliamento funzionali
all’utilizzo dell’edificio nei limiti del
10% dell’esistente
(TAR Veneto, Sez. II,
sentenza 07.02.2008 n. 325 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Fascia
di rispetto cimiteriale - Vincolo di inedificabilità
assoluta - Strutture mobili - Applicabilità - Esclusione.
Il vincolo assoluto di inedificabilità nell'area di rispetto
cimiteriale, di cui all’art. 338 del R.D. 1265/1934,
finalizzato alla tutela di molteplici interessi pubblici
(esigenze di natura igienico sanitaria, salvaguardia della
peculiare sacralità che connota i luoghi destinati
all'inumazione ed alla sepoltura, mantenimento di un'area di
possibile espansione della cinta cimiteriale - cfr. Cds, V,
1934/2007), non può che interessare le opere edilizie di
carattere stabile, esulando dal divieto altre diverse forme
di utilizzazione dei terreni che si trovino in quella
fascia, quali ad esempio l'installazione di strutture
precarie o mobili (TAR Sicilia-Palermo, Sez. II,
sentenza 09.01.2008 n. 18
- link a www.ambientediritto.it). |
anno
2007 |
|
EDILIZIA PRIVATA:
Il
divieto
di costruire nuovi edifici nella fascia di
rispetto cimiteriale integra un vincolo di
inedificabilità assoluta.
Le finalità perseguite dalla normativa (cfr.
attualmente art. 28 l. 01.08.2002 n. 166) in
tema di vincolo cimiteriale sono di
superiore rilievo pubblicistico e rivolte
essenzialmente a garantire la futura
espansione del cimitero, a garantire il
decoro di un luogo di culto nonché, non da
ultimo, assicurare una cintura sanitaria
attorno a luoghi per loro natura insalubri.
Circa
l'indubbia natura “assoluta” del vincolo di
inedificabilità cimiteriale, il Collegio non
condivide l’orientamento di una parte della
giurisprudenza secondo cui la fascia di
rispetto cimiteriale: “non comporta ex se
un'inedificabilità assoluta ma è l'Autorità
preposta alla tutela del vincolo che, in
sede di formulazione del parere, deve
specificare i motivi ostativi alla
realizzazione del singolo manufatto e ciò in
quanto la presenza di alcuni edifici
all'interno della zona di rispetto
cimiteriale non concreta di per sé una
violazione della distanza minima, posto che
questa è fissata dall'art. 338 del T.U.
27.07.1934 n. 1265, in relazione ai centri
abitati, e non ai fabbricati sparsi che non
possono ricondursi ai primi.” (così: TAR
Trentino Alto Adige-Trento, sent. n. 64 del
02.04.1997; in termini: CdS, sez. IV sent.
n. 775 del 16.09.1993; TAR Trentino Alto
Adige-Trento, sent. n. 336 del 01.08.1994.
Nel senso che la distanza minima, oltre la
quale deve essere collocato il cimitero,
fissata dall'art. 338 della legge citata, si
riferisce ai centri abitati e che, pertanto,
la presenza di alcuni edifici all'interno
della zona di rispetto non concreta di per
sé una violazione di tale distanza, cfr.
C.d.S. n. 775/1993; Tar Emilia
Romagna-Bologna, I sez. 27.09.1997, n. 622;
Tar Marche 12.08.1997, n. 677; Tar
Campania-Napoli, 09.06.1997, n. 1503).
Il Collegio condivide l’orientamento della
giurisprudenza secondo cui il divieto di
costruire nuovi edifici, di cui alla
normativa sopra citata, integri un vincolo
di inedificabilità assoluta (così: C.d.S.
sez. IV 12.03.2007 n. 1185, C.d.S., sez. V,
12.11.1999, n. 1871; CdS, sez. II, parere
28.02.1996, n. 3031/1995; Tar
Lombardia-Milano, 11.07.1997 n. 1253; Tar
Toscana, I sezione, 29.09.1994, n. 471). Ciò
in quanto le finalità perseguite dalla
normativa (cfr. attualmente art. 28 l.
01.08.2002 n. 166) in tema di vincolo
cimiteriale sono di superiore rilievo
pubblicistico e rivolte essenzialmente a
garantire la futura espansione del cimitero,
a garantire il decoro di un luogo di culto
nonché, non da ultimo, assicurare una
cintura sanitaria attorno a luoghi per loro
natura insalubri. Trattasi, quindi, di una
limitazione legale della proprietà a
carattere assoluto, direttamente incidente
sul bene e non suscettibile di deroghe di
fatto, siccome riconducibile a previsione
generale, concernente tutti i cittadini, in
quanto proprietari di beni che si trovino in
una determinata situazione, e perciò
individuabili a priori (cfr Cass. Civ. sez.
I, 29.11.2006 n. 25364). La natura assoluta
del vincolo non si pone in contraddizione
logica con la possibilità che nell’area
indicata insistano delle preesistenze, e/o
che ad esse vengano assegnate destinazioni
compatibili con la esistenza del vincolo
(Cass. Civ. sez. I, 16.07.1997, n. 6510), ma
essa mira essenzialmente ad impedire
l’ulteriore addensamento edilizio dell’area
giudicato ex lege incompatibile con le
prioritarie esigenze di tutela
igienico-sanitaria, e di tutela del culto
sottese alla imposizione del vincolo
(TAR Campania-Napoli, Sez. IV,
sentenza 29.11.2007 n. 15615 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Abuso
edilizio - Fascia di rispetto cimiteriale - Sanabilità - Non
sussiste.
Un'opera abusiva realizzata nella zona di rispetto
cimiteriale, non può puramente e semplicemente essere
edificata in tale sede, e quindi correttamente va ritenuta
non sanabile (TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 06.11.2007 n. 1143
- massima tratta da www.solom.it - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA: Vincolo
cimiteriale - Natura e finalità - Attività edificatoria dei
privati in prossimità dei cimiteri - Vincolo di
inedificabilità assoluta - Orientamenti giurisprudenziali.
In tema di vincolo cimiteriale, le finalità perseguite dalla
normativa (oggi art. 28 l. 01.08.2002 n. 166) sono di
superiore rilievo pubblicistico e rivolte essenzialmente a
garantire la futura espansione del cimitero, a garantire il
decoro di un luogo di culto nonché, non da ultimo,
assicurare una cintura sanitaria attorno a luoghi per loro
natura insalubri (in merito al divieto di costruire nuovi
edifici “vincolo di inedificabilità assoluta” C.d.S. sez. IV
12.03.2007 n.1185, C.d.S., sez. V, 12.11.1999, n. 1871; CdS,
sez. II, parere 28.02.1996, n. 3031/95; Tar Lombardia-Milano,
11.07.1997 n. 1253; Tar Toscana, I sezione, 29.09.1994, n.
471). Trattasi, di una limitazione legale della proprietà a
carattere assoluto, direttamente incidente sul bene e non
suscettibile di deroghe di fatto, siccome riconducibile a
previsione generale, concernente tutti i cittadini, in
quanto proprietari di beni che si trovino in una determinata
situazione, e perciò individuabili a priori (Cass. Civ. sez.
I, 29.11.2006 n. 25364). La natura assoluta del vincolo non
si pone in contraddizione logica con la possibilità che
nell’area indicata insistano delle preesistenze, e/o che ad
esse vengano assegnate destinazioni compatibili con la
esistenza del vincolo (Cass. Civ. sez. I, 16.07.1997, n.
6510), ma essa mira essenzialmente ad impedire l’ulteriore
addensamento edilizio dell’area giudicato ex lege
incompatibile con le prioritarie esigenze di tutela
igienico-sanitaria, e di tutela del culto sottese alla
imposizione del vincolo. (In giurisprudenza contra:
l’orientamento secondo cui la fascia di rispetto
cimiteriale: “non comporta ex se un'inedificabilità assoluta
ma è l'Autorità preposta alla tutela del vincolo che, in
sede di formulazione del parere, deve specificare i motivi
ostativi alla realizzazione del singolo manufatto e ciò in
quanto la presenza di alcuni edifici all'interno della zona
di rispetto cimiteriale non concreta di per sé una
violazione della distanza minima, posto che questa è fissata
dall'art. 338 del T.U. 27.07.1934 n. 1265, in relazione ai
centri abitati, e non ai fabbricati sparsi che non possono
ricondursi ai primi.” (così: TAR Trentino Alto Adige-Trento,
sent. n. 64 del 02.04.1997; in termini: CdS, sez. IV sent.
n. 775 del 16.09.1993; TAR Trentino Alto Adige-Trento, sent.
n. 336 del 01.08.1994. Nel senso che la distanza minima,
oltre la quale deve essere collocato il cimitero, fissata
dall'art. 338 della legge citata, si riferisce ai centri
abitati e che, pertanto, la presenza di alcuni edifici
all'interno della zona di rispetto non concreta di per sé
una violazione di tale distanza, cfr. C.d.S. n 775/1993 Tar
Emilia Romagna-Bologna, I sez. 27.09.1997, n. 622; Tar
Marche 12.08.1997, n. 677; Tar Campania-Napoli, 09.06.1997,
n. 1503).
Trasformazione di edificio preesistente - Demolizione
radicale e ricostruzione - Qualificazione dell’intervento -
Ricostruzione - Piena conformità di sagoma, volume, e
superficie, tra il vecchio ed il nuovo manufatto - Concetto
di “recupero del volume preesistente” - Concetto della
“ristrutturazione edilizia” - Concetto di “nuova
edificazione”- D.p.r, 380/2001 mod. dall'art. 1 del d.lgs.
n. 301/2002 - Giurisprudenza.
La trasformazione di un edificio preesistente, finalizzata
al suo recupero funzionale, può essere compiuta anche
attraverso la demolizione radicale e la ricostruzione di
parti rilevanti del manufatto, specie quando ciò risulti più
conveniente sotto il profilo tecnico od economico, anche
nelle ipotesi di totale demolizione e ricostruzione
dell'edificio, purché il nuovo edificio corrisponda
pienamente a quello preesistente. (Al riguardo, la
giurisprudenza, impone la piena conformità di sagoma,
volume, e superficie, tra il vecchio ed il nuovo manufatto.
Nello specifico contesto del recupero del patrimonio
edilizio esistente, la demolizione rappresenta lo strumento
necessario per la realizzazione del risultato finale,
costituito dal pieno ripristino del manufatto. Tale
orientamento resta confermato anche in seguito alla modifica
del d.p.r, 380/2001 introdotta dall'art. 1 del d.lgs.
27.12.2002 n. 301, che ha fatto venir meno il vincolo della
“fedele ricostruzione”, così estendendosi ulteriormente il
concetto della ristrutturazione edilizia. Tale innovazione
non fa comunque venir meno i limiti che condizionano le
caratteristiche della ristrutturazione e consentono di
distinguerla dall'intervento di nuova costruzione: vale a
dire la necessità che la ricostruzione corrisponda, quanto
meno nel volume e nella sagoma, al fabbricato demolito,
C.d.S. sez. V 30.08.2006 n. 5061; C.d.S. sez. IV, 28.07.
2005 n. 4011) (TAR Campania-Napoli, Sez. IV,
sentenza 31.10.2007 n. 15615
- link a www.ambientediritto.it). |
URBANISTICA: Il
vincolo cimiteriale è perpetuo e la sua
reiterazione nel P.R.G., peraltro meramente
ricognitiva, non dà luogo ad indennizzo
alcuno.
Il vincolo
cimiteriale è perpetuo, ex art. 338 del R.D.
27.07.1934, n. 1265 (da ultimo cfr. in
proposito C.d.S., IV, 11.10.2006, n. 6064);
né –afferendo a una specifica qualità del
bene su cui incide– la sua reiterazione nel
P.R.G., peraltro meramente ricognitiva, dà
luogo ad indennizzo in base a Corte cost.
20.05.1999, n. 179
(C.G.A.R.S.,
sentenza
08.10.2007 n. 929 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno
2006 |
|
EDILIZIA
PRIVATA - LAVORI PUBBLICI: Mancata
notifica individuale del provvedimento di ampliamento del
cimitero e contestuale riduzione fascia di rispetto a chi
risiede in immobile vicino al cimitero - Termine di
impugnativa del provvedimento - Non decorre.
Verifica esistenza del nuovo muro di cinta del cimitero -
Termine di impugnativa del provvedimento di ampliamento del
cimitero - Non decorre.
Obbligo di rispetto della fascia di rispetto
cimiteriale - Mancata identificazione di "centro abitato" -
Esistenza di numerosi edifici che costituiscono un
"abitato" - Sussiste.
Chi risiede in un immobile a breve distanza dal cimitero è
direttamente interessato dal progetto di ampliamento e dalla
conseguente riduzione della fascia di rispetto, e pertanto
ha titolo alla notificazione individuale del provvedimento
di ampliamento e di sistemazione del cimitero, che riducono
la profondità della fascia di rispetto al di sotto del
minimo legale, in mancanza di tale notificazione
individuale, salva l'acquisizione aliunde della piena
conoscenza del provvedimento, il termine per impugnare non
decorre.
Tale termine non decorre nemmeno dalla verifica
dell'esistenza del nuovo muro di cinta del cimitero,
trattandosi di fatto di per sé inidoneo a determinare la
conoscenza dei provvedimenti atti a legittimare
l'ampliamento del cimitero.
In assenza di una identificazione di "centro abitato",
per il quale vige normalmente l'obbligo di rispetto della
fascia di rispetto cimiteriale, deve considerarsi tale,
anche l'esistenza di numerosi edifici che di per sé
costituiscono un "abitato" (TAR Lombardia-Milano,
Sez. II,
sentenza
04.12.2006 n. 2856
- massima tratta da www.solom.it - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Normative di settore - Zona
di rispetto cimiteriale.
Anche se l’art. 24, l.r. Piemonte n. 56 del
1977 consente in zona di rispetto
cimiteriale gli interventi di
ristrutturazione edilizia, con esclusione di
qualsiasi aumento volumetrico, senza però
menzionare l’ipotesi di mutamento di
destinazione d’uso degli edifici, questa
tipologia di intervento non può ritenersi
preclusa dal legislatore regionale,
dovendosi fare riferimento, in materia di
legislazione concorrente, ai principi
ricavati dalla normativa statale, che
all’art. 338 del r.d. 27.07.1934 n. 1265,
avente valenza anche urbanistico-edilizia,
consente in tali zone tanto gli interventi
di ristrutturazione quanto il mutamento di
destinazione d’uso (massima tratta da www.studiospallino.it -
TAR Piemonte, Sez. I,
sentenza 11.10.2006 n. 3383
- link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno
2004 |
|
EDILIZIA PRIVATA: Per
lo svolgimento di attività edilizia
all'interno dei cimiteri anche da parte dei
privati non occorre il rilascio di alcuna
concessione edilizia, essendo sufficiente il
giudizio da parte del Sindaco di conformità
del progetto alle prescrizioni edilizie
contenute nel piano regolatore cimiteriale e
non dalle norme comuni in tema di edilizia
ed urbanistica.
L’attività edilizia all’interno dei cimiteri
è regolata, in via primaria, non dalla
normazione urbanistica, ma dalle norme del
regolamento di polizia mortuaria (D.P.R.
10.09.1990 n. 285 e successive
modificazioni), e, in via secondaria, non
dagli strumenti urbanistici generali, ma dal
piano regolatore cimiteriale che. ogni
Comune è tenuto ad adottare (cfr. ex
multis Cass. Sez. III 02.06.1983 n. 451,
TAR Sicilia-Catania 18.02.1981 n. 86, TAR
Abruzzo-Pescara 04.12.1989 n. 534, TAR
Toscana 03.05.1994 n. 176, TAR
Calabria-Reggio Calabria 06.04.2000 n. 304).
Pertanto, per lo svolgimento di attività
edilizia all'interno dei cimiteri anche da
parte dei privati non occorre il rilascio di
alcuna concessione edilizia, essendo
sufficiente il giudizio da parte del Sindaco
di conformità del progetto alle prescrizioni
edilizie contenute nel piano regolatore
cimiteriale e non dalle norme comuni in tema
di edilizia ed urbanistica
(TAR Campania-Napoli, Sez. II,
sentenza 04.06.2004 n. 9187 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
La funzione delle zone di
rispetto cimiteriale non è ricollegabile ai
comuni criteri urbanistici di tutela del
regolare sviluppo degli insediamenti sul
territorio, ma a diverse e varie esigenze di
tutela del bene demaniale, quali in
particolare:
1) assicurare condizioni di igiene e di
salubrità mediante la conservazione di una
“cintura sanitaria” intorno al cimitero;
2) garantire la tranquillità ed il decoro ai
luoghi di sepoltura, salvaguardando il
sentimento di pietas verso i defunti;
3) consentire future espansioni
dell’edificio cimiteriale.
... per l'annullamento delle delibere della
Giunta Comunale del 14.5.2003 n. 110 e del
20.8.2003 n. 181, recanti rispettivamente
l’approvazione del progetto di ampliamento e
la riduzione della zona di rispetto del
cimitero;
...
Ritenuto:
- che l’art. 338 del vigente R.D. 24/07/1934
n. 1265 (Testo unico delle leggi sanitarie),
fissa in 200 metri la distanza minima
inderogabile dei cimiteri dal centro
abitato, salve le eccezioni previste dalla
legge;
- che il medesimo articolo stabilisce che “il
Consiglio comunale può approvare, previo
parere favorevole della competente azienda
sanitaria locale, la costruzione di nuovi
cimiteri o l'ampliamento di quelli già
esistenti ad una distanza inferiore a 200
metri dal centro abitato, purché non oltre
il limite di 50 metri, quando ricorrano,
anche alternativamente, le seguenti
condizioni:
a) risulti accertato dal medesimo consiglio comunale che, per
particolari condizioni locali, non sia
possibile provvedere altrimenti;
b) l'impianto cimiteriale sia separato dal centro urbano da strade
pubbliche almeno di livello comunale, sulla
base della classificazione prevista ai sensi
della legislazione vigente, o da fiumi,
laghi o dislivelli naturali rilevanti,
ovvero da ponti o da impianti ferroviari.”
- che la funzione delle zone di rispetto non
è ricollegabile ai comuni criteri
urbanistici di tutela del regolare sviluppo
degli insediamenti sul territorio, ma a
diverse e varie esigenze di tutela del bene
demaniale, quali in particolare:
1) assicurare condizioni di igiene e di salubrità mediante la
conservazione di una “cintura sanitaria”
intorno al cimitero;
2) garantire la tranquillità ed il decoro ai luoghi di sepoltura,
salvaguardando il sentimento di pietas verso
i defunti;
3) consentire future espansioni dell’edificio cimiteriale.
Rilevato:
- che nella fattispecie l’organo competente
a statuire la riduzione delle zone di
rispetto è inequivocabilmente il Consiglio
comunale, ai sensi della disposizione sopra
citata;
- che la delibera di approvazione del piano
delle opere pubbliche non può sostituire lo
specifico provvedimento tipico
normativamente stabilito;
- che, in violazione della puntuale
disposizione legislativa, gli atti
contestati non hanno neppure dato conto
dell’impossibilità di perseguire soluzioni
alternative, le quali tra l’altro erano
state prospettate nel progetto preliminare,
il quale contemplava l’ampliamento nei lati
sud e ovest del cimitero ...
(TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 03.06.2004 n. 613 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
|