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dossier VINCOLO CIMITERIALE

per approfondimenti vedi anche:

R.D. 27.07.1934 n. 1265, art. 338 (Testo unico delle leggi sanitarie)
* * *
L.R. 30.12.2009 n. 33, art. 75 (Testo unico delle leggi regionali in materia di sanità)
regolamento regionale 09.11.2004 n. 6 (Regolamento in materia di attività funebri e cimiteriali)
circolare regionale 30.05.2005 n. 21 [Indirizzi applicativi del regolamento regionale 09.11.2004, n. 6 («Regolamento in materia di attività funebri e cimiteriali»)]

anno 2022

URBANISTICA: Per consolidata giurisprudenza, occorre distinguere tra
   - modifiche “obbligatorie”, in quanto indispensabili per assicurare il rispetto delle previsioni del piano territoriale di coordinamento, la razionale sistemazione delle opere e degli impianti di interesse dello Stato, la tutela del paesaggio e dei complessi storici, monumentali, ambientali e archeologici, l'adozione di standard urbanistici minimi;
   - modifiche “facoltative”, in quanto consistenti in innovazioni non sostanziali; e
   - modifiche “concordate”, in quanto conseguenti all’accoglimento di osservazioni presentate al piano ed accettate dal Comune.
Mentre per le modifiche “facoltative” e “concordate”, ove superino il limite di rispetto dei canoni guida del piano adottato, sussiste l’obbligo della ripubblicazione da parte del Comune, diversamente, per le modifiche “obbligatorie” tale obbligo non sorge, poiché proprio il carattere dovuto dell’intervento regionale (o di altra autorità preposta) rende superfluo l’apporto collaborativo del privato, superato e ricompreso nelle scelte pianificatorie operate in sede regionale e comunale, come risulta essersi verificato nella fattispecie in esame.
Del resto costituisce altresì un principio consolidato che, in materia urbanistica, l’eventualità che le previsioni del piano urbanistico comunale subiscano, in sede di approvazione definitiva, delle modifiche rispetto a quelle contenute nel piano adottato, è un effetto del tutto connaturale al procedimento di formazione del suddetto strumento urbanistico, che, per l’appunto, contempla, all’atto dell’approvazione definitiva, la possibilità di cambiamenti in conseguenza dell’accoglimento delle osservazioni pervenute; pertanto, soltanto laddove si dimostri che le modifiche introdotte incidono sulle caratteristiche essenziali dello strumento stesso e sui suoi criteri di impostazione, si rende necessario riprendere da capo il relativo procedimento di formazione; l’eventuale necessità di “ripubblicazione” sorge solo a seguito di apporto di innovazioni tali da mutare radicalmente l'impostazione di Piano stesso.
Questo principio è stato variamente declinato in giurisprudenza, giungendosi ad affermare con espressioni diverse, ma sostanzialmente equivalenti nella sostanza, che la ripubblicazione del piano è necessaria per la legittimità del procedimento solo quando, a seguito dell’accoglimento delle osservazioni presentate dopo l’adozione, vi sia stata una “rielaborazione complessiva” del piano stesso, e cioè un “mutamento delle sue caratteristiche essenziali e dei criteri che presiedono alla sua impostazione”, mentre tale obbligo non sussiste nel caso in cui le modifiche non comportino uno stravolgimento dello strumento adottato ovvero un profondo mutamento dei suoi stessi criteri ispiratori, ma consistano in variazioni di dettaglio che comunque ne lascino inalterato l’impianto originario, quand’anche queste siano numerose sul piano quantitativo ovvero incidano in modo intenso sulla destinazione di singole aree o gruppi di aree.
---------------
Con particolare riferimento al vincolo cimiteriale, pur prevedendo l’art. 338 del r.d. del 24.07.1934 n. 1265, come modificato dall’art. 28 della legge n. 166 del 01.08.2002, la possibilità del comune di perimetrare, a determinate condizioni, diversamente la fascia di rispetto cimiteriale, va evidenziato che ciò costituisce espressione di una scelta ampiamente discrezionale del Comune, che evidentemente nel caso di specie non è stata compiuta, quantomeno con riferimento alle proprietà degli interessati, né, peraltro, dalla astratta possibilità di una diversa demarcazione della fascia di rispetto in questione deriverebbe l’obbligo di ripubblicazione dell’intero piano.
Le censure sviluppate al riguardo, sull’opportunità di applicare questa diversa perimetrazione, travalicano il merito delle scelte discrezionali dell’Amministrazione comunale; pertanto, vanno richiamati i noti e consolidati orientamenti in ordine all’impossibilità di un sindacato giurisdizionale nel merito delle scelte urbanistiche, salvi i soli casi di macroscopica erroneità o irragionevolezza, che nella specie non ricorrono.

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8. Con il secondo motivo, i proprietari evidenziano l’erroneità della sentenza di primo grado rilevando la necessità di una nuova pubblicazione del piano anche in caso di mero recepimento della fascia di rispetto cimiteriale previsto dalla legge.
Si rafforza la censura rilevando, poi, che la fascia di rispetto sarebbe stata tracciata in maniera più ampia in una determinata direzione e rispetto ad alcuni fondi, mentre per altre aree sarebbe meno ampia senza che sia possibile comprenderne il motivo. Parimenti, sarebbe incomprensibile il motivo per il quale ad alcuni fondi posti in prossimità del cimitero sarebbe stata assegnata una destinazione più favorevole, in quanto implicanti maggiori facoltà per il proprietario, mentre i fondi di proprietà degli interessati posti ad una maggiore distanza avrebbero ricevuto una destinazione implicante minori facoltà (ossia, “zona per servizi collettivi” in luogo di “zona a verde pubblico”): questa scelta, secondo gli appellanti, “avrebbe meritato la presentazione di una apposita osservazione”.
Si censura poi l’affermazione della sentenza secondo cui la fascia di rispetto sarebbe immodificabile, evidenziandosi che, ai sensi dell’art. 28 della legge n. 166/2002, sarebbe possibile per l’amministrazione prevedere la riduzione della fascia di rispetto. Si evidenzia, in proposito, che nel caso di specie ricorrerebbe una delle fattispecie in base alle quali sarebbe possibile la riduzione della fascia di rispetto, perché tra la proprietà degli interessati (particella n. 43) e il cimitero è ubicata una strada a scorrimento veloce e, perciò, ben avrebbe potuto e dovuto, secondo gli interessati, essere consentita quantomeno un’interlocuzione in merito.
Gli appellanti censurano, inoltre, il punto della motivazione relativo all’area, di un chilometro quadrato, destinata con la proposta a zona “D1 zona P.I.P. di progetto” e poi trasformata, a seguito delle osservazioni, in zona “E verde agricolo”, sostenendo che la verifica sulla sussistenza di differenze che implichino la ripubblicazione del piano vada effettuata con esclusivo riferimento al raffronto fra piano adottato e piano da approvare, senza tenere conto della precedente strumentazione urbanistica.
Si deduce, infine, l’omessa pronuncia del TAR sulle altre modifiche (consistenti nella fissazione della distanza dai confini degli edifici pari al 50% dell’altezza dell’edificio in questione; nella destinazione a “verde pubblico” delle aree che nel progetto di PUC presentavano la campitura di “zona omogenea G” con destinazione a “servizi ed impianti di uso collettivo” e l’indicazione “IC” ad eccezione delle aree già edificate) intercorse fra l’adozione del Piano e la sua approvazione.
8.1. Il secondo motivo di appello è infondato.
8.2. In punto di diritto, il Collegio evidenzia che, per consolidata giurisprudenza, occorre distinguere tra modifiche “obbligatorie”, in quanto indispensabili per assicurare il rispetto delle previsioni del piano territoriale di coordinamento, la razionale sistemazione delle opere e degli impianti di interesse dello Stato, la tutela del paesaggio e dei complessi storici, monumentali, ambientali e archeologici, l'adozione di standard urbanistici minimi; modifiche “facoltative”, in quanto consistenti in innovazioni non sostanziali; e modifiche “concordate”, in quanto conseguenti all’accoglimento di osservazioni presentate al piano ed accettate dal Comune. Mentre per le modifiche “facoltative” e “concordate”, ove superino il limite di rispetto dei canoni guida del piano adottato, sussiste l’obbligo della ripubblicazione da parte del Comune, diversamente, per le modifiche “obbligatorie” tale obbligo non sorge, poiché proprio il carattere dovuto dell’intervento regionale (o di altra autorità preposta) rende superfluo l’apporto collaborativo del privato, superato e ricompreso nelle scelte pianificatorie operate in sede regionale e comunale, come risulta essersi verificato nella fattispecie in esame (cfr., in termini, Cons. Stato, Sez. IV, 13.11.2020, n. 7027; Sez. IV, 11.11.2020, n. 6944).
8.2.1. Del resto costituisce altresì un principio consolidato che, in materia urbanistica, l’eventualità che le previsioni del piano urbanistico comunale subiscano, in sede di approvazione definitiva, delle modifiche rispetto a quelle contenute nel piano adottato, è un effetto del tutto connaturale al procedimento di formazione del suddetto strumento urbanistico, che, per l’appunto, contempla, all’atto dell’approvazione definitiva, la possibilità di cambiamenti in conseguenza dell’accoglimento delle osservazioni pervenute; pertanto, soltanto laddove si dimostri che le modifiche introdotte incidono sulle caratteristiche essenziali dello strumento stesso e sui suoi criteri di impostazione, si rende necessario riprendere da capo il relativo procedimento di formazione; l’eventuale necessità di “ripubblicazione” sorge solo a seguito di apporto di innovazioni tali da mutare radicalmente l'impostazione di Piano stesso.
8.2.2. Questo principio è stato variamente declinato in giurisprudenza, giungendosi ad affermare con espressioni diverse, ma sostanzialmente equivalenti nella sostanza, che la ripubblicazione del piano è necessaria per la legittimità del procedimento solo quando, a seguito dell’accoglimento delle osservazioni presentate dopo l’adozione, vi sia stata una “rielaborazione complessiva” del piano stesso, e cioè un “mutamento delle sue caratteristiche essenziali e dei criteri che presiedono alla sua impostazione” (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 11.11.2020, n. 6944; Sez. IV, 21.09.2011, n. 5343, id., 26.04.2006 n. 2297, id., 31.01.2005, n. 259; id., 10.08.2004, n. 5492), mentre tale obbligo non sussiste nel caso in cui le modifiche non comportino uno stravolgimento dello strumento adottato ovvero un profondo mutamento dei suoi stessi criteri ispiratori, ma consistano in variazioni di dettaglio che comunque ne lascino inalterato l’impianto originario, quand’anche queste siano numerose sul piano quantitativo ovvero incidano in modo intenso sulla destinazione di singole aree o gruppi di aree (Cons. Stato, Sez. IV, 13.11.2020, n. 7027; Sez. IV, 04.12.2013, n. 5769).
8.3. Applicando i suesposti principi al caso di specie, il Collegio evidenzia che non risulta allegata e dimostrata una modifica di carattere sostanziale, tale da innovare profondamente alle linee fondamentali della variante generale del Comune, da comportarne “una rielaborazione complessiva” o un “mutamento delle sue caratteristiche essenziali e dei criteri che presiedono alla sua impostazione”.
8.3.1. Con particolare riferimento al vincolo cimiteriale, pur prevedendo l’art. 338 del r.d. del 24.07.1934 n. 1265, come modificato dall’art. 28 della legge n. 166 del 01.08.2002, la possibilità del comune di perimetrare, a determinate condizioni, diversamente la fascia di rispetto cimiteriale, va evidenziato che ciò costituisce espressione di una scelta ampiamente discrezionale del Comune, che evidentemente nel caso di specie non è stata compiuta, quantomeno con riferimento alle proprietà degli interessati, né, peraltro, dalla astratta possibilità di una diversa demarcazione della fascia di rispetto in questione deriverebbe l’obbligo di ripubblicazione dell’intero piano.
8.3.1.1. Le censure sviluppate al riguardo, sull’opportunità di applicare questa diversa perimetrazione, travalicano il merito delle scelte discrezionali dell’Amministrazione comunale; pertanto, vanno richiamati i noti e consolidati orientamenti in ordine all’impossibilità di un sindacato giurisdizionale nel merito delle scelte urbanistiche, salvi i soli casi di macroscopica erroneità o irragionevolezza, che nella specie non ricorrono (Cons. Stato, Sez. II, 09.01.2020, n. 161; Sez. II, 04.09.2019, n. 6086; Sez. IV, 19.11.2018, n. 6484; Sez. IV, 09.05.2018 n. 2780; sez. IV, 18.08.2017, n. 4037; sez. VI, 05.03.2013, n. 1323; sez. IV, 25.11.2013, n. 5589; sez. IV, 16.04.2014, n. 1871).
8.3.2. Con riferimento alle altre modifiche, non risulta dedotta la ragione per la quale le aree di proprietà degli appellanti verrebbero ad essere incise o pregiudicate da queste ulteriori modifiche, sicché non risulta dedotto l’interesse (direttamente riferibile alla parte che agisce in giudizio) ad una ripubblicazione della variante di piano in relazione a tali modifiche
(Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 07.12.2022 n. 10731 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2020

EDILIZIA PRIVATA: La possibilità di ridurre la fascia di rispetto cimiteriale non può che riferirsi solamente alle opere pubbliche o di pubblica utilità, con esclusione di interventi realizzati da privati.
È noto il carattere assoluto ed inderogabile del divieto di edificare nuovi edifici all'interno della fascia di rispetto cimiteriale testimoniato dalla giurisprudenza assolutamente prevalente, per la quale:
   - “Il vincolo teso al rispetto della fascia cimiteriale imposto dall'art. 338 del R.D. n. 1265/1934, avente carattere assoluto, determina una situazione di inedificabilità ex lege che non consente l'allocazione di edifici o costruzioni di alcun genere all'interno della fascia di rispetto, a tutela dei molteplici interessi pubblici cui quest'ultima presiede e che vanno dalle esigenze di natura igienico-sanitaria, alla salvaguardia della peculiare sacralità dei luoghi destinati alla inumazione e alla sepoltura, al mantenimento di un'area di possibile espansione della cinta cimiteriale”;
   - “La normativa di cui all'art. 338 del R.D. n. 1265/1934, che vieta di costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici e di ampliare quelli preesistenti entro il raggio di duecento metri, è di stretta interpretazione con la conseguenza che la stessa può essere derogata solo in presenza di un pubblico interesse”;
   - “In materia di vincolo cimiteriale, la salvaguardia del rispetto dei duecento metri previsti dall'art. 338 del d. l. 27.07.1934 n. 1265, così come modificato dall'art. 28 della l. n. 166/2002, si pone alla stregua di un vincolo assoluto di inedificabilità che non consente in alcun modo l'allocazione sia di edifici, che di opere incompatibili con il vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che tale fascia di rispetto intende tutelare e che possono enuclearsi nelle esigenze di natura igienico-sanitaria, nella salvaguardia della pecuniarie sacralità che connota i luoghi destinati all'inumazione e alla sepoltura, nel mantenimento di un'area di possibile espansione della cinta cimiteriale”.
La natura assoluta del vincolo de quo si ricava anche dalla considerazione:
   - secondo cui: “La situazione di inedificabilità, conseguente alla sussistenza di un vincolo, può essere rimossa solo in ipotesi eccezionali e, comunque, solo per considerazioni di interesse pubblico, in presenza delle condizioni specificate dal comma 5 dell'art. 338 r.d. n. 1265 del 1934” e,
   - secondo cui (come sostituito dall’art. 28, comma 1, lett. b), della l. 01.08.2002, n. 166): “Per dare esecuzione ad un'opera pubblica o all'attuazione di un intervento urbanistico, purché non vi ostino ragioni igienico-sanitarie, il consiglio comunale può consentire, previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la riduzione della zona di rispetto tenendo conto degli elementi ambientali di pregio dell'area, autorizzando l'ampliamento di edifici preesistenti o la costruzione di nuovi edifici. La riduzione di cui al periodo precedente si applica con identica procedura anche per la realizzazione di parchi, giardini e annessi, parcheggi pubblici e privati, attrezzature sportive, locali tecnici e serre”.
Ed ancora, “La possibilità, da parte del consiglio comunale, di ridurre la fascia di rispetto cimiteriale ai sensi dell'art. 338, comma 5, r.d. n. 1265 del 1934 per dare esecuzione ad un'opera pubblica o attuazione ad un intervento urbanistico, non può che riferirsi solamente alle opere pubbliche o di pubblica utilità, con esclusione di interventi realizzati da privati”.
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S’osserva che, per la giurisprudenza:
   - “Quello cimiteriale è un vincolo di inedificabilità assoluta la cui previsione risponde a una pluralità di funzioni, quali assicurare condizioni di igiene e salubrità, garantire tranquillità e decoro ai luoghi di sepoltura, consentire futuri ampliamenti dell'impianto funerario, ed opera indipendentemente dal tipo di fabbricato, riguardando anche gli edifici sparsi (art. 338 R.D. n. 1265 del 1934)”;
   - “La fascia di rispetto cimiteriale costituisce un vincolo di inedificabilità assoluta, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che tale fascia di rispetto intende tutelare e che possono enuclearsi nelle esigenze di natura igienico-sanitaria, nella salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati all'inumazione e alla sepoltura, e nel mantenimento di un'area di possibile espansione della cinta cimiteriale, operante sia per il centro abitato che per le case sparse, imposto prima dell'esecuzione delle opere edilizie de quibus e, pertanto, preclusivo del condono per espressa previsione dell'art. 33 della L. n. 47 del 1985”.
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Deve rilevarsi, come la giurisprudenza unanime ha sempre osservato, che la funzione del vincolo cimiteriale è proprio quella, di garantire i futuri ampliamenti del compendio cimiteriale: sarebbe dunque paradossale che proprio i futuri ampliamenti, che la norma è diretta a salvaguardare, non dovessero comportare lo spostamento in avanti della fascia di rispetto de qua, in vista di eventuali, possibili, ulteriori avanzamenti della cinta muraria del cimitero, così finendo per ridurre, progressivamente, l’estensione della fascia di rispetto medesima, stabilita per legge, violando, in tal modo, ineliminabili esigenze di certezza del diritto.
In definitiva, è alla situazione fattuale, esistente al momento del rilascio del titolo ad aedificandum, che bisogna guardare, per valutare se l’immobile assentito (o abusivamente edificato) rientri o meno nella fascia di rispetto prevista per legge (non in quella stabilita dal piano urbanistico vigente), senza che importi stabilire se il rispetto, o meno, di tale distanza minima si ponga in relazione al compendio cimiteriale, come originariamente realizzato, o non piuttosto come successivamente ampliato (purché prima, evidentemente, del rilascio del titolo: applicazione del principio del tempus regit actum).
Altresì, “È legittimo il provvedimento con il quale il comune nega il rilascio dell'autorizzazione edilizia per la realizzazione di un'autorimessa interrata, ai sensi della l. 29.03.1989 n. 122, sul rilievo che l'area interessata all'edificazione ricade nella fascia di rispetto cimiteriale nell'ambito della quale gli art. 338, comma 1, t.u. 27.07.1934 n. 1265 e 57, d.P.R. 10.09.1990 n. 285 vietano qualsiasi costruzione con prescrizioni che prevalgono ratione materiae sulle eventuali diverse destinazioni di zona previste dal piano regolatore, essendo finalizzate alla salvaguardia sia dell'igiene e della tranquillità sia della possibilità di assicurare un possibile futura ampliamento del cimitero, che sarebbe compromesso dall'esistenza di costruzioni altrui.”.
Al riguardo, inoltre (ed al netto di quanto s’osserverà infra, con riferimento alla seconda doglianza dell’atto introduttivo del giudizio), rileva il Collegio che, da un lato:
   - “Ai sensi dell'art. 338 r.d. 27.07.1934 n. 1265, è vietato costruire entro il raggio di 200 metri dal perimetro dell'impianto cimiteriale, quale risulta dagli strumenti urbanistici vigenti nel Comune, o, in difetto di essi, comunque quale esistente in fatto, salve le deroghe ed eccezioni previste dalla legge; il vincolo di inedificabilità, previsto dalla trascritta norma di carattere assoluto e tale da imporsi anche su contrastanti previsioni di piano regolatore generale, non consente di allocare, all'interno della fascia di rispetto, né edifici destinati alla residenza, né altre opere comunque incompatibili col vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che tale fascia intende tutelare (…)”,
e, dall’altro, che:
   - “Il vincolo cimiteriale determina una tipica situazione di inedificabilità ex lege, suscettibile di venire rimossa solo in ipotesi eccezionali e comunque per considerazioni di interesse pubblico, ex art. 338, comma 4, r.d. 27.07.1934 n. 1265. L'unico procedimento, attivabile dai singoli proprietari all'interno della fascia di rispetto è quello finalizzato agli interventi di cui all'art. 338, comma 7, dello stesso r.d. n. 1265/1934 (recupero o cambio di destinazione d'uso di edificazioni preesistenti), restando attivabile solo d'ufficio –per i motivi anzidetti– la procedura di riduzione della fascia inedificabile in questione”;
   - (comma 4 dell’art. 338 cit., come sostituito dall’art. 28, comma 1, lett. b), della l. 01.08.2002, n. 166, secondo cui: “Il consiglio comunale può approvare, previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la costruzione di nuovi cimiteri o l'ampliamento di quelli già esistenti ad una distanza inferiore a 200 metri dal centro abitato, purché non oltre il limite di 50 metri, quando ricorrano, anche alternativamente, le seguenti condizioni:
a) risulti accertato dal medesimo consiglio comunale che, per particolari condizioni locali, non sia possibile provvedere altrimenti;
b) l'impianto cimiteriale sia separato dal centro urbano da strade pubbliche almeno di livello comunale, sulla base della classificazione prevista ai sensi della legislazione vigente, o da fiumi, laghi o dislivelli naturali rilevanti, ovvero da ponti o da impianti ferroviari”).
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Sgombrato, quindi, il campo dalle eccezioni preliminari delle parti resistenti, può passarsi all’esame del merito del ricorso.
In tale ottica, dirimenti –ed assorbenti delle ulteriori censure– si presentano, secondo il Collegio, le prime due censure dell’atto introduttivo del giudizio.
Fondata è anzitutto la prima doglianza, in cui s’è denunziata la violazione, da parte del Comune di Castel San Giorgio, nel rilasciare il titolo ad aedificandum impugnato, dell’art. 338 T.U.L.S. (R.D. n. 1265 del 27.07.1934), a norma del cui primo comma, come sostituito dall’art. 28, comma 1, lett. a), della l. 01.08.2002, n. 166: “I cimiteri devono essere collocati alla distanza di almeno 200 metri dal centro abitato. È vietato costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici entro il raggio di 200 metri dal perimetro dell'impianto cimiteriale, quale risultante dagli strumenti urbanistici vigenti nel comune o, in difetto di essi, comunque quale esistente in fatto, salve le deroghe ed eccezioni previste dalla legge”; laddove il comma settimo della stessa disposizione di legge, come sostituito dall’art. 28, comma 1, lett. b), della l. 01.08.2002, n. 166, prevede che: “All'interno della zona di rispetto per gli edifici esistenti sono consentiti interventi di recupero ovvero interventi funzionali all'utilizzo dell'edificio stesso, tra cui l'ampliamento nella percentuale massima del 10 per cento e i cambi di destinazione d'uso, oltre a quelli previsti dalle lettere a), b), c) e d) del primo comma dell'articolo 31 della legge 05.08.1978, n. 457”.
È noto il carattere assoluto ed inderogabile del divieto di edificare nuovi edifici, ivi sancito, testimoniato dalla giurisprudenza assolutamente prevalente, per la quale
   - cfr., da ultimo, ex multis, TAR Toscana, Sez. III, 30/04/2020, n. 527: “Il vincolo teso al rispetto della fascia cimiteriale imposto dall'art. 338 del R.D. n. 1265/1934, avente carattere assoluto, determina una situazione di inedificabilità ex lege che non consente l'allocazione di edifici o costruzioni di alcun genere all'interno della fascia di rispetto, a tutela dei molteplici interessi pubblici cui quest'ultima presiede e che vanno dalle esigenze di natura igienico-sanitaria, alla salvaguardia della peculiare sacralità dei luoghi destinati alla inumazione e alla sepoltura, al mantenimento di un'area di possibile espansione della cinta cimiteriale”;
   - nonché Cons. Stato, Sez. II, 27/04/2020, n. 2670: “La normativa di cui all'art. 338 del R.D. n. 1265/1934, che vieta di costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici e di ampliare quelli preesistenti entro il raggio di duecento metri, è di stretta interpretazione con la conseguenza che la stessa può essere derogata solo in presenza di un pubblico interesse”;
   - e TAR Lazio–Roma, Sez. III, 26/09/2019, n. 11339: “In materia di vincolo cimiteriale, la salvaguardia del rispetto dei duecento metri previsti dall'art. 338 del d. l. 27.07.1934 n. 1265, così come modificato dall'art. 28 della l. n. 166/2002, si pone alla stregua di un vincolo assoluto di inedificabilità che non consente in alcun modo l'allocazione sia di edifici, che di opere incompatibili con il vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che tale fascia di rispetto intende tutelare e che possono enuclearsi nelle esigenze di natura igienico-sanitaria, nella salvaguardia della pecuniarie sacralità che connota i luoghi destinati all'inumazione e alla sepoltura, nel mantenimento di un'area di possibile espansione della cinta cimiteriale”.
La natura assoluta del vincolo de quo si ricava anche dalla considerazione
   - secondo cui: “La situazione di inedificabilità, conseguente alla sussistenza di un vincolo, può essere rimossa solo in ipotesi eccezionali e, comunque, solo per considerazioni di interesse pubblico, in presenza delle condizioni specificate dal comma 5 dell'art. 338 r.d. n. 1265 del 1934” (TAR Toscana, Sez. III, 08/07/2019, n. 1045),
   - secondo cui (come sostituito dall’art. 28, comma 1, lett. b), della l. 01.08.2002, n. 166: “Per dare esecuzione ad un'opera pubblica o all'attuazione di un intervento urbanistico, purché non vi ostino ragioni igienico-sanitarie, il consiglio comunale può consentire, previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la riduzione della zona di rispetto tenendo conto degli elementi ambientali di pregio dell'area, autorizzando l'ampliamento di edifici preesistenti o la costruzione di nuovi edifici. La riduzione di cui al periodo precedente si applica con identica procedura anche per la realizzazione di parchi, giardini e annessi, parcheggi pubblici e privati, attrezzature sportive, locali tecnici e serre”.
Cfr. anche TAR Campania–Napoli, Sez. IV, 14/11/2014, n. 5942: “La possibilità, da parte del consiglio comunale, di ridurre la fascia di rispetto cimiteriale ai sensi dell'art. 338, comma 5, r.d. n. 1265 del 1934 per dare esecuzione ad un'opera pubblica o attuazione ad un intervento urbanistico, non può che riferirsi solamente alle opere pubbliche o di pubblica utilità, con esclusione di interventi realizzati da privati”.
Orbene, la circostanza dell’edificazione, assentita dalla P.A., con il provvedimento gravato, in violazione della norma di carattere imperativo ed inderogabile (se non in presenza di un pubblico interesse, nonché nel rispetto delle riferite condizioni, di cui all’art. 338, comma 5, T.U.L.S.) di cui sopra, è pacifica: nella propria memoria difensiva, il controinteressato evidenziava “che l’immobile assentito è ad una distanza di oltre 85 metri, misurando tale distanza tra il confine ovest del lotto e le più vicine mura di cinta (attuali del cimitero)”.
Né tali conclusioni possono modificarsi, per effetto di quanto osservato dalla difesa del controinteressato, con riferimento alla relazione tecnica di parte allegata, vale a dire che:
(…) Nel caso del progetto (del controinteressato), il fondo oggetto d’intervento:
   - ricade oltre i 100 metri della fascia di rispetto prevista nel P.R.G., unico strumento urbanistico vigente al momento della presentazione del progetto, nonché al momento del rilascio del Parere del Responsabile del Procedimento n. 67 del 04/09/2018;
   - pur ricadendo in parte entro il raggio di 200 metri dal perimetro dell'impianto cimiteriale, il fondo in questione non ricade nel perimetro del “centro abitato” (…), mentre l’art. 338 del T.U. 27.07.1934 n. 1265 fissa la distanza dei 200 metri in relazione ai centri abitati, e non ai fabbricati sparsi quale sarà quello in progetto
”.
Sicché, concludeva il tecnico di parte: “Alla luce delle considerazioni sopra esposte, si può concludere che, ricadendo la costruzione (del controinteressato) in progetto al di fuori della fascia di rispetto come individuata nel P.R.G. (a 100 metri) e considerato che il limite dei 200 metri nella zona in cui ricade il fabbricato in progetto dovrebbe essere arretrato per tenere conto della strada provinciale, la costruzione di detto fabbricato risulta assentibile”.
In contrario, s’osserva che, per la giurisprudenza:
   - “Quello cimiteriale è un vincolo di inedificabilità assoluta la cui previsione risponde a una pluralità di funzioni, quali assicurare condizioni di igiene e salubrità, garantire tranquillità e decoro ai luoghi di sepoltura, consentire futuri ampliamenti dell'impianto funerario, ed opera indipendentemente dal tipo di fabbricato, riguardando anche gli edifici sparsi (art. 338 R.D. n. 1265 del 1934)” (TAR Toscana, Sez. III, 16/08/2017, n. 1037);
   - “La fascia di rispetto cimiteriale costituisce un vincolo di inedificabilità assoluta, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che tale fascia di rispetto intende tutelare e che possono enuclearsi nelle esigenze di natura igienico-sanitaria, nella salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati all'inumazione e alla sepoltura, e nel mantenimento di un'area di possibile espansione della cinta cimiteriale, operante sia per il centro abitato che per le case sparse, imposto prima dell'esecuzione delle opere edilizie de quibus e, pertanto, preclusivo del condono per espressa previsione dell'art. 33 della L. n. 47 del 1985” (TAR Puglia–Lecce, Sez. III, 07/01/2019, n. 3).
Tampoco può ritenersi che effettivamente “il limite di 200 metri dovrebbe essere arretrato per tenere conto della strada provinciale”, pretesa che non trova fondamento in alcun deroga espressa di legge al surriferito divieto d’edificazione.
Neppure può ritenersi valido, al fine di superare tale esplicito divieto legislativo, quanto riferito, subito dopo, dalla difesa del controinteressato, vale a dire che: “(…) Da un’analisi attenta condotta consultando cartografie disponibili da oggi sino alla fine degli anni ’70, è emerso che nella fascia di rispetto cimiteriale (tanto nei 100 metri quanto nei 200 metri dalle mura cimiteriali) sono sorte e/o ampliatesi diverse costruzioni, i cui titoli abilitativi sono stati menzionati dallo stesso Ufficio tecnico nel provvedimento di archiviazione. In tal senso, anche lo stesso fabbricato del ricorrente è stato assentito con permesso n. 5/1998. Ma non basta, in quanto alle spalle delle abitazioni adiacenti al cimitero, vi sono due strade, di cui una provinciale, alla fine delle quali ha inizio una cortina d’isolato costituita da più abitazioni, tra cui quella del ricorrente, all’epoca dell’autorizzazione edilizia soggetta ad un apposito approfondimento legale da parte dell’Amministrazione, come richiamato nello stesso provvedimento di archiviazione dall’Ufficio, nel 1998. Insomma, alla data di presentazione dell’istanza di rilascio, l’unica area non edificata era per l’appunto quella del controinteressato, ed in tal senso le valutazioni sono state compiute in conformità alla prassi seguita dall’Ufficio da oltre trent’anni. Diversamente opinando, si creerebbe disparità di trattamento tra il controinteressato e gli altri proprietari che hanno realizzato negli anni passati; viepiù, di fatto l’area di proprietà dello stesso risulterebbe grava da un vincolo d’inedificabilità, pertanto meritevole di indennizzo da parte dell’Ente”.
Ciò in quanto, secondo la giurisprudenza:
   - “In materia urbanistica l'eventuale rilascio a terzi, da parte del Comune, di concessioni illegittime giammai può essere invocato a fondamento di un'aspettativa giuridicamente rilevante al conseguimento di analoghi titoli o della sussistenza del vizio di disparità di trattamento” (Cons. Stato, Sez. II, 28/10/2019, n. 7329);
   - “Il provvedimento di diniego di autorizzazione edilizia costituisce espressione di potere vincolato rispetto ai presupposti normativi richiesti e dei quali deve farsi applicazione, con la conseguenza che in ordine al medesimo non possono venire in rilievo profili di eccesso di potere quali la disparità di trattamento, propri dell'esercizio del potere discrezionale, atteso altresì che l'eventuale rilascio di provvedimenti autorizzativi in analoghi casi di abusi non assentibili, e quindi suscettibili di annullamento giurisdizionale o amministrativo, non può ex se legittimare la pretesa ad identico trattamento” (TAR Campania–Napoli, Sez. VIII, 18/10/2019, n. 4978).
E, in base a considerazioni analoghe, non può, del resto, neppure condividersi l’eccezione d’inammissibilità della censura, per carenza d’interesse, fondata sulla constatazione, per cui “il principio giuridico posto alla base del rilascio del titolo del controinteressato è analogo a quello in base al quale nel 1998 è stato rilasciato il titolo all’odierno ricorrente”; il che –stante l’irrilevanza del precedente rilascio di altri titoli, in violazione della fascia di rispetto de qua, ai fini della perdurante applicazione del divieto ex art. 338, comma primo, T.U.L.S.– giammai potrebbe risolversi nella dedotta inammissibilità della (prima) doglianza in esame, per difetto d’interesse.
Considerazioni analoghe debbono porsi, anche relativamente alle correlative argomentazioni difensive, espresse dal Comune di Castel San Giorgio nella propria memoria in atti, e precisamente con riferimento alla circostanza che –sulla base di un parere legale che fu chiesto nel 1998 ad un legale, in occasione del rilascio del titolo al ricorrente medesimo– era emerso che “il manufatto interessato da tale concessione, ricadente oltre i 100 m. dal cimitero, nel pieno rispetto della previsione del P.R.G. (come il controinteressato), in seguito all'ampliamento del cimitero sarebbe ricompreso entro i suddetti 100 m. (come il controinteressato)”.
Osservava, nel detto parere, tra l’altro, il legale interpellato dal Comune: “Alla luce delle considerazioni che precedono, si può quindi concludere che se la costruzione ricade(va) al di fuori della fascia di rispetto come individuata nel P.R.G. era assentibile sul presupposto che la fascia di rispetto ha la funzione contenitrice degli ampliamenti”.
In buona sostanza, il Comune (come già del resto, nella propria memoria, il controinteressato), afferma la legittimità del rilascio del p.d.c. impugnato, perché solo con gli ampliamenti del cimitero, successivi alla sua iniziale edificazione, l’immobile assentito sarebbe ricaduto all’interno della fascia di rispetto dei 100 mt., prevista dal P.R.G.
In contrario, deve rilevarsi che, come la giurisprudenza unanime ha sempre osservato, la funzione del vincolo cimiteriale in oggetto è proprio quella, di garantire i futuri ampliamenti del compendio cimiteriale: sarebbe dunque, ad avviso del Tribunale, paradossale che proprio i futuri ampliamenti, che la norma è diretta a salvaguardare, non dovessero comportare lo spostamento in avanti della fascia di rispetto de qua, in vista di eventuali, possibili, ulteriori avanzamenti della cinta muraria del cimitero, così finendo per ridurre, progressivamente, l’estensione della fascia di rispetto medesima, stabilita per legge, violando, in tal modo, ineliminabili esigenze di certezza del diritto.
In definitiva, è alla situazione fattuale, esistente al momento del rilascio del titolo ad aedificandum, che bisogna guardare, per valutare se l’immobile assentito (o abusivamente edificato) rientri o meno nella fascia di rispetto prevista per legge (non in quella stabilita dal piano urbanistico vigente), senza che importi stabilire se il rispetto, o meno, di tale distanza minima si ponga in relazione al compendio cimiteriale, come originariamente realizzato, o non piuttosto come successivamente ampliato (purché prima, evidentemente, del rilascio del titolo: applicazione del principio del tempus regit actum).
Cfr. anche Consiglio di Stato, Sez. IV, 10/08/2007, n. 4415: “È legittimo il provvedimento con il quale il comune nega il rilascio dell'autorizzazione edilizia per la realizzazione di un'autorimessa interrata, ai sensi della l. 29.03.1989 n. 122, sul rilievo che l'area interessata all'edificazione ricade nella fascia di rispetto cimiteriale nell'ambito della quale gli art. 338, comma 1, t.u. 27.07.1934 n. 1265 e 57, d.P.R. 10.09.1990 n. 285 vietano qualsiasi costruzione con prescrizioni che prevalgono ratione materiae sulle eventuali diverse destinazioni di zona previste dal piano regolatore, essendo finalizzate alla salvaguardia sia dell'igiene e della tranquillità sia della possibilità di assicurare un possibile futura ampliamento del cimitero, che sarebbe compromesso dall'esistenza di costruzioni altrui.”.
Al riguardo, inoltre (ed al netto di quanto s’osserverà infra, con riferimento alla seconda doglianza dell’atto introduttivo del giudizio), rileva il Collegio che, da un lato:
   - “Ai sensi dell'art. 338 r.d. 27.07.1934 n. 1265, è vietato costruire entro il raggio di 200 metri dal perimetro dell'impianto cimiteriale, quale risulta dagli strumenti urbanistici vigenti nel Comune, o, in difetto di essi, comunque quale esistente in fatto, salve le deroghe ed eccezioni previste dalla legge; il vincolo di inedificabilità, previsto dalla trascritta norma di carattere assoluto e tale da imporsi anche su contrastanti previsioni di piano regolatore generale, non consente di allocare, all'interno della fascia di rispetto, né edifici destinati alla residenza, né altre opere comunque incompatibili col vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che tale fascia intende tutelare (…)” (Consiglio di Stato, Sez. V, 18/01/2017, n. 205);
e, dall’altro, che:
   - “Il vincolo cimiteriale determina una tipica situazione di inedificabilità ex lege, suscettibile di venire rimossa solo in ipotesi eccezionali e comunque per considerazioni di interesse pubblico, ex art. 338, comma 4, r.d. 27.07.1934 n. 1265. L'unico procedimento, attivabile dai singoli proprietari all'interno della fascia di rispetto è quello finalizzato agli interventi di cui all'art. 338, comma 7, dello stesso r.d. n. 1265/1934 (recupero o cambio di destinazione d'uso di edificazioni preesistenti), restando attivabile solo d'ufficio –per i motivi anzidetti– la procedura di riduzione della fascia inedificabile in questione” (Consiglio di Stato, Sez. VI, 4/07/2014, n. 3410);
   - (comma 4 dell’art. 338 cit., come sostituito dall’art. 28, comma 1, lett. b), della l. 01.08.2002, n. 166, secondo cui: “Il consiglio comunale può approvare, previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la costruzione di nuovi cimiteri o l'ampliamento di quelli già esistenti ad una distanza inferiore a 200 metri dal centro abitato, purché non oltre il limite di 50 metri, quando ricorrano, anche alternativamente, le seguenti condizioni:
a) risulti accertato dal medesimo consiglio comunale che, per particolari condizioni locali, non sia possibile provvedere altrimenti;
b) l'impianto cimiteriale sia separato dal centro urbano da strade pubbliche almeno di livello comunale, sulla base della classificazione prevista ai sensi della legislazione vigente, o da fiumi, laghi o dislivelli naturali rilevanti, ovvero da ponti o da impianti ferroviari
”) (TAR Campania-Salerno, Sez. II, sentenza 24.08.2020 n. 1047 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: Zone sottoposte a vincolo cimiteriale – Responsabilità del direttore dei lavori/progettista per il reato di lottizzazione abusiva cd. “materiale” o fisica – Artt. 27, 29, 30, 31, 42, 44, D.P.R. n. 380/2001 – Art. 338 del regio decreto n. 1265 del 1934 (t.u. delle leggi sanitarie) – Criterio di misura e calcolo del vincolo.
Poiché il vincolo cimiteriale di cui all’art. all’art. 338 del r.d. n. 1265 del 1934 attiene al governo del territorio e opera indipendentemente dal suo recepimento negli strumenti urbanistici ed eventualmente anche in contrasto con gli stessi, la sua violazione è da sola sufficiente a configurare il reato di lottizzazione abusiva, pur in presenza di un’attività edificatoria formalmente autorizzata.
Quanto, poi, alla fascia di rispetto cimiteriale, la stessa va misurata a partire non dal centro, ma dal muro di cinta esterno del cimitero.

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Fascia di rispetto cimiteriale – Distanza di almeno 200 metri dai centri abitati – Operatività della norma indipendentemente dagli strumenti urbanistici – Manufatti preesistenti e limiti alle opere edilizie – Inedificabilità assoluta – Deroga al divieto di costruzione di nuovi edifici – Misurazione della fascia di rispetto.
In materia di vincoli cimiteriali, l’art 338 del r.d. 27.07.1934, n. 1265 prescrive che i cimiteri devono essere collocati alla distanza di almeno 200 metri dai centri abitati e tale disposizione opera indipendentemente dagli strumenti urbanistici ed eventualmente anche in contrasto con gli stessi. In detta fascia di rispetto cimiteriale è vietato sia costruire nuovi edifici sia intervenire su manufatti preesistenti con opere che comportino un’alterazione dei volumi o delle superfici.
Inoltre, in tema di inedificabilità assoluta, la deroga al divieto di costruzione di nuovi edifici nel raggio di duecento metri dal perimetro dei cimiteri è consentita unicamente con riguardo all’esecuzione di un’opera pubblica o all’attuazione di un intervento urbanistico, con esclusione, quindi, dell’edilizia residenziale privata.
Infine, la fascia di rispetto cimiteriale prevista dall’art. 338, misurata a partire dal muro di cinta del cimitero, costituisce un vincolo assoluto d’inedificabilità, tale da imporsi anche a contrastanti previsioni di piano regolatore generale, che non consente in alcun modo l’allocazione sia di edifici che di opere incompatibili col vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che tale fascia di rispetto intende tutelare e che sono da individuarsi in esigenze di natura igienico-sanitaria, nella salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati all’inumazione e alla sepoltura, nel mantenimento di un’area di possibile espansione della cinta cimiteriale; segue da ciò che non esiste ragione alcuna per ritenere tale vincolo applicabile solo ai centri abitati e non ai fabbricati sparsi, così come, ai fini dell’applicazione del vincolo, appare ininfluente che, a distanza inferiore ai 200 metri, vi sia una strada, atteso che essa non interrompe la continuità del vincolo.

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Lottizzazione abusiva – Proscioglimento per intervenuta prescrizione – Sussistenza del reato nei suoi elementi oggettivo e soggettivo – Confisca del bene lottizzato – Principio di protezione della proprietà – Sentenza di condanna dell’ente – Qualifica di terzo estraneo – Limiti – Requisito della buona fede – Necessità.
In tema di lottizzazione abusiva, il proscioglimento per intervenuta prescrizione non osta alla confisca del bene lottizzato ove sia stata comunque accertata, con adeguata motivazione e nel contraddittorio delle parti, la sussistenza del reato nei suoi elementi oggettivo e soggettivo (ex multis, Sez. 3, n. 8350 del 23/01/2019).
Ai fini della valutazione della conformità della confisca al principio di protezione della proprietà di cui all’art. 1 del Prot. n. 1 CEDU, assume rilievo anche l’aspetto dell’individuazione dei beni oggetto della misura, nel senso che il provvedimento ablatorio è legittimo se limitato ai beni immobili direttamente interessati dall’attività lottizzatoria e ad essa funzionali (Sez. 3, n. 43119 del 17/07/2019; Sez. 3, n. 31282 del 27/03/2019; Sez. 3, n. 14743 del 14 20/02/2019).
Inoltre, la mancata partecipazione al giudizio conclusosi con la sentenza di condanna dell’ente in nome e per conto del quale l’attività illecita è stata posta in essere non osta alla confisca, ex art. 44, comma 2, del d.P.R. n. 380 del 2001, in quanto allo stesso non può attribuirsi la qualifica di terzo estraneo, per carenza del necessario requisito della buona fede (Sez. 3, n. 42115 del 19/06/2019).

...
Responsabilità del direttore dei lavori e progettista per il reato di lottizzazione abusiva cd. “materiale” o fisica – Determinante contributo causale – Artt. 27, 29, 30, 31, 42, 44, D.P.R. n. 380/2001 – Falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico – Art. 483 cod. pen..
Il direttore dei lavori e progettista è comunque responsabile per il reato di lottizzazione abusiva, in quanto arrechi un determinante contributo causale alla concreta attuazione del disegno criminoso, diretto a condizionare la riserva pubblica di programmazione territoriale, non potendosi dunque limitare la sua responsabilità alla verifica della formale conformità delle opere al permesso di costruire e alle modalità esecutive stabilite dal medesimo.
E tale determinante contributo causale è stato certamente arrecato dall’imputata nel caso di specie, vista l’assoluta evidenza della violazione del vincolo cimiteriale, tanto macroscopica da essere percepibile addirittura da soggetti non dotati di particolari competenze tecniche; con la conseguenza che a nulla può valere il richiamo operato dalla difesa all’art. 29 del d.P.R. n. 380 del 2001, che escluderebbe il progettista dal novero dei responsabili
(Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 12.02.2020 n. 5507 - link a www.ambientediritto.it).

anno 2019

EDILIZIA PRIVATAIl vincolo cimiteriale ha ulteriori finalità, quali quella di assicurare il “decoro del luogo di culto” e, soprattutto, la funzione di assicurare una cintura sanitaria attorno a luoghi insalubri.
Quest’ultima finalità costituisce la principale ratio delle zone di rispetto dei cimiteri, che per tale motivo di superiore interesse pubblico è stata fissata dall’art. 338 del TU n. 1265/1934 in 200 metri dai centri abitati, una fascia di rispetto nella quale è vietato costruire nuovi edifici o ampliare quelli preesistenti, salvo deroghe ed eccezioni normativamente previste.
Successivamente, il disposto normativo è stato completato con la precisazione “salvo deroghe ed eccezioni normativamente previste”, dall'art. 28 della l. 01.08.2002, n. 166, che ha ripreso alcune previsioni previgenti (art. 57, co. 3-4, DPR 285/1990 Regolamento di polizia mortuaria, art. 1 Legge n. 983/1957- DPR n. 803/1975) –che consentivano, in determinate circostanze, la possibilità di ridurre tale distanza– che sono state abrogate dall'art. 28 della l. 01.08.2002, n. 166 e sostituiti dai commi quarto, quinto e settimo dell'art. 338 del r.d. 1265 del 1934, novellato dalla stessa legge, a partire dalla sua entrata in vigore.
Va da subito ricordato che, secondo la lettura della giurisprudenza in materia l'istituto della riduzione della fascia di rispetto, derivante dal combinato disposto dell'art. 338, quarto comma, del r.d. 1265 del 1934 e dell'art. 57, comma 4, del d.P.R. 285 del 1990, “attiene solo ed esclusivamente alle predette ipotesi di estensione dell'area cimiteriale, e non contempla una correlativa facoltà del privato di insediarsi in deroga alla fascia vigente. L'istituto stesso risulta infatti essenzialmente deputato a soddisfare il pubblico interesse al reperimento di aree per le sepolture anche in deroga all'ordinario limite dei duecento metri nei "casi di speciali condizioni locali", ferma restando la necessità della tutela dell'igiene pubblica e della sacralità dei luoghi. In questo senso, quindi, l'istituto assolve a necessità che trascendono l'interesse del singolo, che non può per certo sostenerne la correlativa applicabilità uti singuli”.
Inoltre, per quanto attiene al quinto comma dell'art. 338 del r.d. 1265 del 1934 come sostituito dall'art. 1 della l. 983 del 1957, si ribadiva che la riduzione della fascia di rispetto su richiesta del Consiglio Comunale per "gravi e giustificati motivi" poteva a sua volta avvenire soltanto per esigenze di interesse pubblico, come del resto accade a tutt'oggi nell'attuale vigenza della corrispondente disciplina novellata dello stesso art. 338, quinto comma e “sempre ad esclusiva iniziativa del pubblico potere a ciò competente, e non già ad iniziativa del privato (…). In questo caso, quindi, la mera previsione da parte del legislatore di una possibile azione amministrativa finalizzata alla riduzione dell'estensione della fascia di rispetto non identificava, e non identifica, un mutamento della natura intrinsecamente e indefettibilmente assoluta del vincolo, ma consentiva e consente ai pubblici poteri di disporre, nel contesto delle proprie funzioni di pianificazione del territorio e mediante il procedimento speciale inderogabilmente al riguardo contemplato, la localizzazione di opere pubbliche o di pubblico interesse e di standard e, in genere, la realizzazione di opere edilizie e l'insediamento di attività reputate compatibili, sotto il profilo sia igienico-sanitario, sia del mantenimento della sacralità del luogo, con la perdurante insistenza del vincolo. Pertanto si tratta di una possibilità riservata all’iniziativa dei pubblici poteri, nelle particolari circostanze e con le finalità previste dalla normativa.”
La prescrizione della fascia di inedificabilità in contestazione, ribadita dalla legge soprarichiamata, è stata da sempre considerata, indipendentemente dal livello della fonte, come norma che ha rango superiore agli strumenti urbanistici comunali per cui opera con efficacia diretta ed immediata a prescindere dal recepimento in questi ultimi, che non sono idonei ad incidere sull’esistenza o sui limiti di tale vincolo, e prevale su eventuali previsioni difformi dello strumento urbanistico, ed il limite all’attività costruttiva in tale fascia è stato sempre considerato, specie nella giurisprudenza recente, come “vincolo che ha carattere assoluto” e non consente in alcun modo l'allocazione sia di edifici, sia di opere incompatibili con il vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che la fascia di rispetto intende tutelare, quali le esigenze di natura igienico sanitaria, la salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati alla inumazione e alla sepoltura, il mantenimento di un'area di possibile espansione della cinta cimiteriale”, confermando “il vincolo, d'indole conformativa, è sganciato dalle esigenze immediate della pianificazione urbanistica, esso si impone di per sé, con efficacia diretta, indipendentemente da qualsiasi recepimento in strumenti urbanistici, i quali non sono idonei, proprio per la loro natura, ad incidere sulla sua esistenza o sui suoi limiti”.
La deroga prevista per il caso in cui, per accertate particolari condizioni locali, non sia possibile una localizzazione diversa per rispettare tale distanza nella costruzione del nuovo cimitero, per cui un tempo il Prefetto ed ora il Comune può ridurla, seguendo un apposito procedimento che prevede il coinvolgimento anche dell’autorità sanitaria locale, entro il limite fissato inderogabilmente a minimo 50 metri dall’art. 57 del DPR n. 285/1990), la struttura cimiteriale oppure qualora esistano ostacoli naturali o artificiali che risultino idonei a creare un “cordone sanitario” (strade pubbliche, fiumi, laghi, dislivelli etc.).
Tale norma introduce una deroga ispirata alla ratio di interesse pubblico di assicurare il servizio obbligatorio cimiteriale nel Comune in cui questo altrimenti non potrebbe essere espletato e non può essere invocata, stante la sua natura, a tutela dell’interesse privato del proprietario a costruire nella fascia di rispetto. Ed in tale prospettiva, la pretesa del ricorrente ad applicare la norma, a contrario, per consentirgli di edificare –o ampliare edifici preesistenti- in zona inedificabile non è compatibile né con la lettera, né con la finalità della norma derogatoria in esame.
Al riguardo la giurisprudenza in materia ha sottolineato che si tratta di una deroga eccezionale, ispirata a finalità di interesse pubblico, per cui tale istituto va usato con particolare cautela, qualora non sia possibile fronteggiare altrimenti le esigenze emergenti, chiarendo che tale norma “non opera certamente al fine di consentire l'edificazione da parte di privati derogando al limite generale (ed al vincolo di in edificabilità assoluta così posto) contemplato dal primo comma dell'articolo 338".
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L’art. 338 al comma 7 del TU n. 1265/1934 prevede che “All'interno della zona di rispetto per gli edifici esistenti sono consentiti interventi di recupero ovvero interventi funzionali all'utilizzo dell'edificio stesso, tra cui l'ampliamento nella percentuale massima del 10 per cento e i cambi di destinazione d'uso, oltre a quelli previsti dalle lettere a), b), c) e d) del primo comma dell'art. 31 della legge 05.08.1978, n. 457”.
Il Collegio, pur riconoscendo che la genericità della formulazione testuale della disposizione in esame -che non specifica quali destinazioni d’uso possano ritenersi ammissibili– si presti a fraintendimenti, dando origine a pretese di interpretazioni “estensive”, quali quella avanzata dalla parte ricorrente, che però non sono condivisibili.
La vaghezza ed incompletezza di tale norma è dovuta alla frettolosità della sua formulazione, trattandosi di un emendamento al Disegno di Legge n. 2032/2002, apportato all’ultimo ad uno provvedimenti collegati alla manovra finanziaria per il 2002, ed al fatto che essa è stata inserita in un contesto normativo totalmente diverso (volto a disciplinare una materia “infrastrutture e trasporti”), innovando, senza operare un coordinamento con la previgente disciplina del vincolo cimiteriale, sollevando i rilievi, in merito a carenze di tecnica normativa e scarsa “progettazione” dell’intervento normativo, segnalati già nel corso dei lavori parlamentari da parte degli organi chiamati a rendere il parere sulla ammissibilità e formulazione dell’emendamento (nonché dai commentatori esterni).
Ciò impone di coordinare i risultati di una lettura meramente letterale della norma in parola con le esigenze dell’interpretazione logico-sistematica per ricostruirne il significato e la portata della stessa in modo da scegliere, tra le diverse opzioni interpretative, quella che meglio s’accorda con i principi fondamentali e la ratio dell’art. 338 del TULS, che non sono rimessi in discussione, nel loro valore fondamentale, dall’intervento normativo in contestazione.
In tale prospettiva la giurisprudenza ha sottolineato l’esigenza di un’interpretazione “restrittiva” delle norme derogatorie ai limiti delle distanze previste per le opere d’interesse pubblico, sottolineando che tale esigenze vale anche -ed a maggior ragione- per la deroga, intesa a salvaguardia dell’interesse meramente privato del proprietario, prevista dal comma 7 dell’art. 338 sopra richiamato –introdotta dall’articolo 28, comma 1, lettera b), della legge 01.08.2002, n. 166– che ha natura ancora più eccezionale.
Pertanto è stato ribadito che il comma 7 dell’art. 338 in quanto tale norma eccezionale va interpretata con “particolare rigore”, operando con particolare cautela nell’individuare portata e limiti delle modifiche apportate all'art. 338 cit. dalla novella del 2002 rispetto a richieste di privati.
Il Collegio condivide appieno le ragioni e le preoccupazioni del Supremo Consesso nell’evidenziare come tale comma introduca nel sistema un elemento di stridente contrasto nel momento in cui, oltre a consentire interventi di manutenzione, ristrutturazione ed adeguamento funzionale dell’edificio pre-esistente –in fondo comprensibili in quanto trovano “giustificazione” nella salvaguardia di uno stato di fatto dell’edificato storico già presente da tempo in loco– ne permette addirittura il “cambio di destinazione d’uso”, con conseguente possibilità di utilizzare il manufatto per finalità diverse da quelle cui era destinato inizialmente, per un uso abitativo del tutto incompatibile con i valori tutelati dal vincolo, consentendo un “nuovo insediamento” che infrange il principio cardine del sistema della separazione del camposanto (spazio chiuso destinato ad ospitare esclusivamente salme) dai luoghi di vita e dagli spazi dedicati ad ospitare stabilmente l’uomo (abitazioni, scuole, ospedali), che costituisce -sin dall’epoca napoleonica– un principio di “civiltà urbanistica” per evidenti ragioni di dignità tanto dei defunti quanto dei viventi (ragioni riconosciute anche da quella giurisprudenza che ha ritenuto “non assoluto” il vincolo cimiteriale e che però ha ribadito limite della destinazione abitativa dell’immobile sito nella fascia di rispetto cimiteriale.
Il Collegio, condividendo tale impostazione ermeneutica, ritiene che si debba dare un’interpretazione ragionevole alla disposizione sopra richiamata, evitando di incorrere nell’equivoco cui potrebbe indurre la vaghezza della sua formulazione testuale, che, potrebbe, ad una prima lettura, in mancanza di ulteriori precisazioni, indurre a ritenere ammissibile qualunque “cambio di destinazione”, incluso quello volto a creare nuove abitazioni in prossimità del cimitero.
In realtà tale apparente “lacuna”, scaturente dall’interpretazione meramente letterale, può essere meglio compresa ricorrendo alla lettura logico-sistematica del comma 7 dell’art. 338 in contestazione e facendo riferimento al contesto testuale in cui è inserito, che è evidentemente inteso ad autorizzare interventi “funzionali” all’edificio (per cui, ad esempio, si potrebbe convertire un locale magazzino preesistente in garage o servizio igienico o locale per impianti) con esclusione totale di qualunque nuovo intervento, volto alla creazione di un’abitazione, in violazione del divieto, sancito dal comma 1 dello stesso art. 338, di costruirvi di nuovi edifici.
In tale prospettiva, si deve ritenere che il cambio di destinazione d’uso previsto dalla norma in parola è solo quello compatibile con il vincolo (assoluto) in questione, per cui va escluso quello volto a trasformare in abitazione un edificio preesistente destinato ad uso diverso da quello abitativo; altrimenti, finirebbe per consentire non solo la sanatoria generalizzata dei manufatti esistenti, ma anche l’ulteriore trasformazione della loro destinazione, legittimandone l’uso abitativo in contrasto con la natura assoluta del vincolo e la finalità di interesse generale dallo stesso perseguita.
Ciò condurrebbe a risultati inaccettabili in quanto finirebbe per consentire l’autorizzazione generalizzata, proprio a partire dal nuovo millennio, alla creazione di nuovi insediamenti umani in prossimità del cimitero, segnando un notevole arretramento rispetto agli elementari principi di civiltà consacrati due secoli prima dalla legislazione cimiteriale dell’età napoleonica.
Pertanto, siccome nel caso in esame, l’intervento abusivo non consiste solo nel mero ampliamento del manufatto pre-esistente, ma anche nel cambio di destinazione d’uso, con la trasformazione in abitazione di un manufatto costruito per uso non abitativo (deposito e tettoia) -quindi eventualmente allora compatibile con le esigenze di igiene pubblica tutelate dal vincolo– la sanatoria non si limiterebbe a legittimare solo il mantenimento in loco dell’opera realizzata sine titulo nella fascia di rispetto cimiteriale, ma anche il suo utilizzo abusivo per finalità che sono invece incompatibili con il vincolo cimiteriale, qual è l’attuale destinazione residenziale dell’immobile.
Né assume rilievo l’eventuale illegittima adozione di provvedimenti di sanatoria di altri fabbricati siti nella medesima area, dato che la natura inderogabile del vincolo deve semmai giustificare l’adozione di provvedimenti di ritiro dei condoni concessi contra legem.
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La giurisprudenza in materia che ha da tempo chiarito che la natura insuperabilmente ostativa della collocazione dell’abuso all’interno della zona di rispetto cimiteriale obbliga l’Amministrazione a rifiutarne la sanatoria, senza che sia necessario effettuare alcuna “valutazione di compatibilità” dell’opera con i valori tutelati dal vincolo, dato che la legge stessa configurando tale vincolo come assoluto implicitamente esclude tale accertamento, in quanto assegna priorità agli interessi pubblici da salvaguardare nelle zone contigue al cimitero.
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Con il primo motivo il ricorrente, premesso un richiamo alla disciplina sulla fascia di rispetto cimiteriale ed alle possibilità di deroga previste, sostiene che l’autorità pubblica possa “modularne” l’ampiezza, in base alla valutazione dell'ente locale; comunque la natura assoluta del vincolo mira essenzialmente ad impedire l'ulteriore addensamento edilizio dell'area al fine di garantire la futura espansione del cimitero (esigenza che nel caso di specie non ricorre dato che il Cimitero si trova proprio sulla strada pubblica in cui è sito il manufatto, che costituisce “un limite visto che al di là di tale strada il cimitero non potrà mai espandersi”) e non esclude che siano mantenuti nella medesima area edifici preesistenti o che ad essi vengano assegnate destinazioni compatibili con il vincolo.
La prospettazione del ricorrente non può essere condivisa.
Lo stesso ricorrente riconosce che oltre alla ratio del vincolo cimiteriale dallo stesso menzionata, e da lui ritenuta superabile nel caso di specie, detto vincolo ha anche ulteriori finalità, quali quella di assicurare il “decoro del luogo di culto” e, soprattutto, la funzione di assicurare una cintura sanitaria attorno a luoghi insalubri.
Il Collegio ricorda che quest’ultima finalità costituisce la principale ratio delle zone di rispetto dei cimiteri, che per tale motivo di superiore interesse pubblico è stata fissata dall’art. 338 del TU n. 1265/1934 in 200 metri dai centri abitati, una fascia di rispetto nella quale è vietato costruire nuovi edifici o ampliare quelli preesistenti, salvo deroghe ed eccezioni normativamente previste.
Successivamente, il disposto normativo è stato completato con la precisazione “salvo deroghe ed eccezioni normativamente previste”, dall'art. 28 della l. 01.08.2002, n. 166, che ha ripreso alcune previsioni previgenti (art. 57, co. 3-4, DPR 285/1990 Regolamento di polizia mortuaria, art. 1 Legge n. 983/1957- DPR n. 803/1975) –che consentivano, in determinate circostanze, la possibilità di ridurre tale distanza– che sono state abrogate dall'art. 28 della l. 01.08.2002, n. 166 e sostituiti dai commi quarto, quinto e settimo dell'art. 338 del r.d. 1265 del 1934, novellato dalla stessa legge, a partire dalla sua entrata in vigore.
Va da subito ricordato che, secondo la lettura della giurisprudenza in materia l'istituto della riduzione della fascia di rispetto, derivante dal combinato disposto dell'art. 338, quarto comma, del r.d. 1265 del 1934 e dell'art. 57, comma 4, del d.P.R. 285 del 1990, “attiene solo ed esclusivamente alle predette ipotesi di estensione dell'area cimiteriale, e non contempla una correlativa facoltà del privato di insediarsi in deroga alla fascia vigente. L'istituto stesso risulta infatti essenzialmente deputato a soddisfare il pubblico interesse al reperimento di aree per le sepolture anche in deroga all'ordinario limite dei duecento metri nei "casi di speciali condizioni locali", ferma restando la necessità della tutela dell'igiene pubblica e della sacralità dei luoghi. In questo senso, quindi, l'istituto assolve a necessità che trascendono l'interesse del singolo, che non può per certo sostenerne la correlativa applicabilità uti singuli”.
Inoltre, per quanto attiene al quinto comma dell'art. 338 del r.d. 1265 del 1934 come sostituito dall'art. 1 della l. 983 del 1957, si ribadiva che la riduzione della fascia di rispetto su richiesta del Consiglio Comunale per "gravi e giustificati motivi" poteva a sua volta avvenire soltanto per esigenze di interesse pubblico, come del resto accade a tutt'oggi nell'attuale vigenza della corrispondente disciplina novellata dello stesso art. 338, quinto comma (cfr. sul punto, ad es., Cons. Stato, Sez. IV, 06.10.2017, n. 4656 e Sez. VI, 17.03.2014, n. 131) e “sempre ad esclusiva iniziativa del pubblico potere a ciò competente, e non già ad iniziativa del privato (…). In questo caso, quindi, la mera previsione da parte del legislatore di una possibile azione amministrativa finalizzata alla riduzione dell'estensione della fascia di rispetto non identificava, e non identifica, un mutamento della natura intrinsecamente e indefettibilmente assoluta del vincolo, ma consentiva e consente ai pubblici poteri di disporre, nel contesto delle proprie funzioni di pianificazione del territorio e mediante il procedimento speciale inderogabilmente al riguardo contemplato, la localizzazione di opere pubbliche o di pubblico interesse e di standard e, in genere, la realizzazione di opere edilizie e l'insediamento di attività reputate compatibili, sotto il profilo sia igienico-sanitario, sia del mantenimento della sacralità del luogo, con la perdurante insistenza del vincolo. Pertanto si tratta di una possibilità riservata all’iniziativa dei pubblici poteri, nelle particolari circostanze e con le finalità previste dalla normativa.”
La prescrizione della fascia di inedificabilità in contestazione, ribadita dalla legge soprarichiamata, è stata da sempre considerata, indipendentemente dal livello della fonte, come norma che ha rango superiore agli strumenti urbanistici comunali per cui opera con efficacia diretta ed immediata a prescindere dal recepimento in questi ultimi (Cons. st., sez. V, n. 1006/1999; TAR Lazio, II-quater, 6896/2015; Cons. St., n. 2405/2014), che non sono idonei ad incidere sull’esistenza o sui limiti di tale vincolo, e prevale su eventuali previsioni difformi dello strumento urbanistico (Cons. st., sez. IV, n. 4415/2007; CdS, sez. IV, 05/12/2018 n. 6891), ed il limite all’attività costruttiva in tale fascia è stato sempre considerato, specie nella giurisprudenza recente, come “vincolo che ha carattere assoluto” (Cons. Stato Sez. II, n. 4587/2019) e non consente in alcun modo l'allocazione sia di edifici, sia di opere incompatibili con il vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che la fascia di rispetto intende tutelare, quali le esigenze di natura igienico sanitaria, la salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati alla inumazione e alla sepoltura, il mantenimento di un'area di possibile espansione della cinta cimiteriale”, confermando “il vincolo, d'indole conformativa, è sganciato dalle esigenze immediate della pianificazione urbanistica, esso si impone di per sé, con efficacia diretta, indipendentemente da qualsiasi recepimento in strumenti urbanistici, i quali non sono idonei, proprio per la loro natura, ad incidere sulla sua esistenza o sui suoi limiti” (Consiglio di Stato, sez. IV, 08/07/2019, n. 4692)..
La deroga prevista per il caso in cui, per accertate particolari condizioni locali, non sia possibile una localizzazione diversa per rispettare tale distanza nella costruzione del nuovo cimitero, per cui un tempo il Prefetto ed ora il Comune può ridurla, seguendo un apposito procedimento che prevede il coinvolgimento anche dell’autorità sanitaria locale, entro il limite fissato inderogabilmente a minimo 50 metri dall’art. 57 del DPR n. 285/1990), la struttura cimiteriale oppure qualora esistano ostacoli naturali o artificiali che risultino idonei a creare un “cordone sanitario” (strade pubbliche, fiumi, laghi, dislivelli etc.).
Tale norma introduce una deroga ispirata alla ratio di interesse pubblico di assicurare il servizio obbligatorio cimiteriale nel Comune in cui questo altrimenti non potrebbe essere espletato e non può essere invocata, stante la sua natura, a tutela dell’interesse privato del proprietario a costruire nella fascia di rispetto. Ed in tale prospettiva, la pretesa del ricorrente ad applicare la norma, a contrario, per consentirgli di edificare –o ampliare edifici preesistenti- in zona inedificabile non è compatibile né con la lettera, né con la finalità della norma derogatoria in esame.
Al riguardo la giurisprudenza in materia ha sottolineato che si tratta di una deroga eccezionale, ispirata a finalità di interesse pubblico, per cui tale istituto va usato con particolare cautela, qualora non sia possibile fronteggiare altrimenti le esigenze emergenti (Cons. St., sez. V, n. 52/1987), chiarendo che tale norma “non opera certamente al fine di consentire l'edificazione da parte di privati derogando al limite generale (ed al vincolo di in edificabilità assoluta così posto) contemplato dal primo comma dell'articolo 338" (Consiglio di Stato, sez. VI, 09/03/2016, n. 949).
La parte ricorrente, tuttavia, ritiene che l’Amministrazione comunale abbia illegittimamente negato il rilascio del permesso di costruire in sanatoria per condonare l’intervento abusivo in contestazione ed illegittimamente ne abbia precluso la sua trasformazione in edificio ad uso abitativo, ritenendo del tutto ininfluente che il manufatto sia stato o meno realizzato negli anni '60, incorrendo in tal modo nella violazione dell’art. 338, comma 7, del TU n. 1265/1934, come sostituito dall’articolo 28, comma 1, lettera b), della legge 01.08.2002, n. 166.
L’art. 338 al comma 7 invocato dal ricorrente, in effetti, prevede che “All'interno della zona di rispetto per gli edifici esistenti sono consentiti interventi di recupero ovvero interventi funzionali all'utilizzo dell'edificio stesso, tra cui l'ampliamento nella percentuale massima del 10 per cento e i cambi di destinazione d'uso, oltre a quelli previsti dalle lettere a), b), c) e d) del primo comma dell'art. 31 della legge 05.08.1978, n. 457”.
Secondo la parte ricorrente sarebbe stato in tal modo superato, a seguito dell’intervento del legislatore, quell’orientamento della giurisprudenza in materia, che ha costantemente ribadito che il divieto di costruire attorno ai cimiteri comporta anche quello di ampliare gli edifici preesistenti e si applica anche alle sopraelevazioni (Cons. st., IV, n. 222/1996), che l’esigenza di tutela perseguita mediante l’apposizione del vincolo cimiteriale comporta sia il diniego di approvazione di un intervento edilizio (anche solo di mera ristrutturazione dell’edificio pre-esistente: Cons. St., sez. V, n. 275/1987), sia il rigetto dell’istanza di sanatoria del manufatto abusivamente realizzato all’interno della fascia di rispetto (Cons. St., sez. V, n. 4256/2008) e di conseguenza esclude la possibilità di condonare opere abusive realizzate all'interno della fascia di rispetto cimiteriale, dato che il vincolo cimiteriale determina “una situazione di inedificabilità ex lege ed integra una limitazione legale della proprietà a carattere assoluto, direttamente incidente sul valore del bene e non suscettibile di deroghe di fatto” (CdS, sez. VI, 15/10/2018 n. 5911).
In tale ottica la giurisprudenza aveva ritenuto che la natura insuperabilmente ostativa della collocazione dell’abuso all’interno della zona predetta obbliga l’Amministrazione a rifiutarne il condono, senza che sia necessario effettuare alcuna “valutazione di compatibilità” dell’opera con i valori tutelati dal vincolo (Cons. St., sez. V, n. 4256/2008).
Il Collegio, pur riconoscendo che la genericità della formulazione testuale della disposizione in esame -che non specifica quali destinazioni d’uso possano ritenersi ammissibili– si presti a fraintendimenti, dando origine a pretese di interpretazioni “estensive”, quali quella avanzata dalla parte ricorrente, che però non sono condivisibili.
La vaghezza ed incompletezza di tale norma è dovuta alla frettolosità della sua formulazione, trattandosi di un emendamento al Disegno di Legge n. 2032/2002, apportato all’ultimo ad uno provvedimenti collegati alla manovra finanziaria per il 2002, ed al fatto che essa è stata inserita in un contesto normativo totalmente diverso (volto a disciplinare una materia “infrastrutture e trasporti”), innovando, senza operare un coordinamento con la previgente disciplina del vincolo cimiteriale, sollevando i rilievi, in merito a carenze di tecnica normativa e scarsa “progettazione” dell’intervento normativo, segnalati già nel corso dei lavori parlamentari da parte degli organi chiamati a rendere il parere sulla ammissibilità e formulazione dell’emendamento (nonché dai commentatori esterni).
Ciò impone di coordinare i risultati di una lettura meramente letterale della norma in parola con le esigenze dell’interpretazione logico-sistematica per ricostruirne il significato e la portata della stessa in modo da scegliere, tra le diverse opzioni interpretative, quella che meglio s’accorda con i principi fondamentali e la ratio dell’art. 338 del TULS, che non sono rimessi in discussione, nel loro valore fondamentale, dall’intervento normativo in contestazione.
In tale prospettiva la giurisprudenza ha sottolineato l’esigenza di un’interpretazione “restrittiva” delle norme derogatorie ai limiti delle distanze previste per le opere d’interesse pubblico, sottolineando che tale esigenze vale anche -ed a maggior ragione- per la deroga, intesa a salvaguardia dell’interesse meramente privato del proprietario, prevista dal comma 7 dell’art. 338 sopra richiamato –introdotta dall’articolo 28, comma 1, lettera b), della legge 01.08.2002, n. 166– che ha natura ancora più eccezionale.
Pertanto è stato ribadito che il comma 7 dell’art. 338 in quanto tale norma eccezionale va interpretata con “particolare rigore”, operando con particolare cautela nell’individuare portata e limiti delle modifiche apportate all'art. 338 cit. dalla novella del 2002 rispetto a richieste di privati (Cons. Stato sez. IV n. 4656 del 2017; sez. VI, n. 3667 del 2015; nn. 3410 e 1317 del 2014; Consiglio di Stato, sez. VI, 09/03/2016, n. 949).
Il Collegio condivide appieno le ragioni e le preoccupazioni del Supremo Consesso nell’evidenziare come tale comma introduca nel sistema un elemento di stridente contrasto nel momento in cui, oltre a consentire interventi di manutenzione, ristrutturazione ed adeguamento funzionale dell’edificio pre-esistente –in fondo comprensibili in quanto trovano “giustificazione” nella salvaguardia di uno stato di fatto dell’edificato storico già presente da tempo in loco– ne permette addirittura il “cambio di destinazione d’uso”, con conseguente possibilità di utilizzare il manufatto per finalità diverse da quelle cui era destinato inizialmente, per un uso abitativo del tutto incompatibile con i valori tutelati dal vincolo, consentendo un “nuovo insediamento” che infrange il principio cardine del sistema della separazione del camposanto (spazio chiuso destinato ad ospitare esclusivamente salme) dai luoghi di vita e dagli spazi dedicati ad ospitare stabilmente l’uomo (abitazioni, scuole, ospedali), che costituisce -sin dall’epoca napoleonica– un principio di “civiltà urbanistica” per evidenti ragioni di dignità tanto dei defunti quanto dei viventi (ragioni riconosciute anche da quella giurisprudenza che ha ritenuto “non assoluto” il vincolo cimiteriale e che però ha ribadito limite della destinazione abitativa dell’immobile sito nella fascia di rispetto cimiteriale (TAR Lombardia, sez. III, n. 2295/2011; TAR Umbria, n. 470/2004).
Il Collegio, condividendo tale impostazione ermeneutica, ritiene che si debba dare un’interpretazione ragionevole alla disposizione sopra richiamata, evitando di incorrere nell’equivoco cui potrebbe indurre la vaghezza della sua formulazione testuale, che, potrebbe, ad una prima lettura, in mancanza di ulteriori precisazioni, indurre a ritenere ammissibile qualunque “cambio di destinazione”, incluso quello volto a creare nuove abitazioni in prossimità del cimitero.
In realtà tale apparente “lacuna”, scaturente dall’interpretazione meramente letterale, può essere meglio compresa ricorrendo alla lettura logico-sistematica del comma 7 dell’art. 338 in contestazione e facendo riferimento al contesto testuale in cui è inserito, che è evidentemente inteso ad autorizzare interventi “funzionali” all’edificio (per cui, ad esempio, si potrebbe convertire un locale magazzino preesistente in garage o servizio igienico o locale per impianti) con esclusione totale di qualunque nuovo intervento, volto alla creazione di un’abitazione, in violazione del divieto, sancito dal comma 1 dello stesso art. 338, di costruirvi di nuovi edifici.
In tale prospettiva, si deve ritenere che il cambio di destinazione d’uso previsto dalla norma in parola è solo quello compatibile con il vincolo (assoluto) in questione, per cui va escluso quello volto a trasformare in abitazione un edificio preesistente destinato ad uso diverso da quello abitativo; altrimenti, finirebbe per consentire non solo la sanatoria generalizzata dei manufatti esistenti, ma anche l’ulteriore trasformazione della loro destinazione, legittimandone l’uso abitativo in contrasto con la natura assoluta del vincolo e la finalità di interesse generale dallo stesso perseguita.
Ciò condurrebbe a risultati inaccettabili in quanto finirebbe per consentire l’autorizzazione generalizzata, proprio a partire dal nuovo millennio, alla creazione di nuovi insediamenti umani in prossimità del cimitero, segnando un notevole arretramento rispetto agli elementari principi di civiltà consacrati due secoli prima dalla legislazione cimiteriale dell’età napoleonica.
Pertanto, siccome nel caso in esame, l’intervento abusivo non consiste solo nel mero ampliamento del manufatto pre-esistente, ma anche nel cambio di destinazione d’uso, con la trasformazione in abitazione di un manufatto costruito per uso non abitativo (deposito e tettoia) -quindi eventualmente allora compatibile con le esigenze di igiene pubblica tutelate dal vincolo– la sanatoria non si limiterebbe a legittimare solo il mantenimento in loco dell’opera realizzata sine titulo nella fascia di rispetto cimiteriale, ma anche il suo utilizzo abusivo per finalità che sono invece incompatibili con il vincolo cimiteriale, qual è l’attuale destinazione residenziale dell’immobile.
Né assume rilievo l’eventuale illegittima adozione di provvedimenti di sanatoria di altri fabbricati siti nella medesima area (circostanza verbalmente dedotta, ma senza supporto documentale), dato che la natura inderogabile del vincolo deve semmai giustificare l’adozione di provvedimenti di ritiro dei condoni concessi contra legem (vedi, nel senso dell’annullamento di titoli edilizi rilasciati in violazione delle distanze di rispetto dal cimitero, Cons. st., sez. V 379/1991; cfr., Cons. St., sez. 7329/2019-sull’impossibilità di invocare la disparità di trattamento per superare l’illegittimità dell’operato dell’Amministrazione che ha permesso costruzione in violazione del vincolo di inedificabilità nella fascia cimiteriale, anche successivamente alla modifica dell’art. 338 operata dalla legge n. 166/2002).
Il primo motivo va quindi respinto.
Con il secondo motivo il ricorrente lamenta il difetto di motivazione del provvedimento impugnato, sostenendo che, a seguito della riforma dell'articolo 338 T.U. leggi sanitarie il vincolo cimiteriale comporta un’inedificabilità relativa, con conseguente onere dell’autorità preposta alla tutela del vincolo di specificare i motivi ostativi alla sanatoria; motivazione che, comunque, risultava necessaria anche in considerazione del pregresso operato dell'amministrazione comunale resistente che aveva rilasciato concessione edilizia in sanatoria ed anche dalla presenza di altre unità immobiliari, nonché dall'esclusione dell’esigenza di salvaguardare l’estensione del cimitero, che trova confine naturale nella strada pubblica.
La prospettazione del ricorrente non merita condivisione in quanto si pone in contrasto con la giurisprudenza in materia che ha da tempo chiarito che la natura insuperabilmente ostativa della collocazione dell’abuso all’interno della zona predetta obbliga l’Amministrazione a rifiutarne la sanatoria, senza che sia necessario effettuare alcuna “valutazione di compatibilità” dell’opera con i valori tutelati dal vincolo, dato che la legge stessa configurando tale vincolo come assoluto implicitamente esclude tale accertamento, in quanto assegna priorità agli interessi pubblici da salvaguardare nelle zone contigue al cimitero (Cons. St., sez. VI, n. 4692/2019; n. 949/2016; sez. V, n. 6671/2010; n. 4256/2008; n. 1935/2007).
Il ricorso va pertanto respinto (TAR Lazio-Roma, Sez. II-quater, sentenza 24.12.2019 n. 14866 - link a www.giustizia-amministrartiva.it).

EDILIZIA PRIVATAPer pacifica giurisprudenza, il vincolo cimiteriale ha carattere assoluto e non consente in alcun modo l'allocazione sia di edifici, sia di opere incompatibili con il vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che la fascia di rispetto intende tutelare, quali le esigenze di natura igienico sanitaria, la salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati alla inumazione e alla sepoltura, il mantenimento di un'area di possibile espansione della cinta cimiteriale; detta situazione di inedificabilità, prodotta dal vincolo cimiteriale, è suscettibile di venire rimossa solo in ipotesi eccezionali, in presenza delle condizioni specificate nell'art. 338 comma 5, r.d. 01.07.1934, n. 1265.
Si tratta di una disciplina che, per le ragioni sin qui esposte, opera indipendentemente dal suo recepimento nello strumento urbanistico e prevale sugli strumenti urbanistici difformi.
Ne deriva che, a maggior ragione, prevale anche su una deliberazione consiliare di riduzione della fascia di rispetto, che –avendo riguardo al suo contenuto– possiede una natura latamente regolamentare o di pianificazione e come tale va disapplicata.
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Sempre per pacifica giurisprudenza, la situazione d'inedificabilità prodotta dal vincolo cimiteriale è suscettibile di venire rimossa solo in ipotesi eccezionali e comunque solo per considerazioni di interesse pubblico, in presenza delle condizioni specificate nell'art. 338, quinto comma, t.u. leggi sanitarie: invero, tale ultima previsione “non presidia interessi privati e non può legittimare interventi edilizi futuri su un'area indisponibile per ragioni di ordine igienico-sanitario, nonché per la sacralità dei luoghi di sepoltura”.
Tra queste ultime sono ricomprese deroghe relative a nuovi piani urbanistici: ai sensi dell'art. 338, comma 5, t.u. 27.07.1934, n. 1265 il Consiglio comunale può consentire, previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la riduzione della zona di rispetto tenendo conto degli elementi ambientali di pregio dell'area, autorizzando l'ampliamento di edifici preesistenti o la costruzione di nuovi edifici “per dare esecuzione ad un'opera pubblica o all'attuazione di un intervento urbanistico, purché non vi ostino ragioni igienico-sanitarie”.
Tuttavia, sempre per giurisprudenza, la deroga al vincolo non può applicarsi a fattispecie relative all’edilizia residenziale privata, chiarendosi che “la locuzione "per dare esecuzione ad un'opera pubblica o all'attuazione di un intervento urbanistico" deve essere interpretata nel senso che gli interventi urbanistici ai quali il legislatore ha inteso fare riferimento sono solo quelli pubblici o comunque aventi rilevanza pubblica e destinati a soddisfare interessi pubblicistici di rilevanza almeno pari a quelli posti a base della fascia di rispetto dei duecento metri”.
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Deve invero rammentarsi che, per pacifica giurisprudenza, il vincolo cimiteriale ha carattere assoluto e non consente in alcun modo l'allocazione sia di edifici, sia di opere incompatibili con il vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che la fascia di rispetto intende tutelare, quali le esigenze di natura igienico sanitaria, la salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati alla inumazione e alla sepoltura, il mantenimento di un'area di possibile espansione della cinta cimiteriale; detta situazione di inedificabilità, prodotta dal vincolo cimiteriale, è suscettibile di venire rimossa solo in ipotesi eccezionali, in presenza delle condizioni specificate nell'art. 338, comma 5, r.d. 01.07.1934, n. 1265 (Consiglio di Stato sez. IV, 06/10/2017, n. 4656).
Si tratta di una disciplina che, per le ragioni sin qui esposte, opera indipendentemente dal suo recepimento nello strumento urbanistico (Consiglio di Stato, sez. IV, 05.12.2018, n. 6891; Consiglio di Stato, sez. IV, 23.04.2018, n. 2407) e prevale sugli strumenti urbanistici difformi (Consiglio di Stato, sez. VI , 02.07.2018, n. 4018).
Ne deriva che, a maggior ragione, prevale anche su una deliberazione consiliare di riduzione della fascia di rispetto, che –avendo riguardo al suo contenuto– possiede una natura latamente regolamentare o di pianificazione e come tale va disapplicata (sulla disapplicazione degli atti a natura regolamentare, vedasi da ultimo Consiglio di Stato, sez. V, 04.02.2019, n. 821, Consiglio di Stato, sez. VI , 24.10.2017, n. 4894).
Pertanto, il primo e principale argomento di ricorso non può trovare accoglimento.
Quanto al secondo aspetto che caratterizza la fattispecie deve rammentarsi che, sempre per pacifica giurisprudenza, la situazione d'inedificabilità prodotta dal vincolo cimiteriale è suscettibile di venire rimossa solo in ipotesi eccezionali e comunque solo per considerazioni di interesse pubblico, in presenza delle condizioni specificate nell' art. 338, quinto comma, t.u. leggi sanitarie (Consiglio di Stato, sez. IV , 13.12.2017, n. 5873, che specifica che tale ultima previsione “non presidia interessi privati e non può legittimare interventi edilizi futuri su un'area indisponibile per ragioni di ordine igienico-sanitario, nonché per la sacralità dei luoghi di sepoltura”; sulla necessità di stretta interpretazione delle deroghe di cui al quinto comma dell’art. 338 cit., si veda Consiglio di Stato, sez. IV , 06.10.2017, n. 4656).
Tra queste ultime sono ricomprese deroghe relative a nuovi piani urbanistici: ai sensi dell'art. 338, comma 5, t.u. 27.07.1934, n. 1265 il Consiglio comunale può consentire, previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la riduzione della zona di rispetto tenendo conto degli elementi ambientali di pregio dell'area, autorizzando l'ampliamento di edifici preesistenti o la costruzione di nuovi edifici “per dare esecuzione ad un'opera pubblica o all'attuazione di un intervento urbanistico, purché non vi ostino ragioni igienico-sanitarie” (sul punto, vedasi TAR, Ancona, sez. I , 19.02.2018, n. 125).
Tuttavia, sempre per giurisprudenza, la deroga al vincolo non può applicarsi a fattispecie relative all’edilizia residenziale privata, chiarendosi che “la locuzione "per dare esecuzione ad un'opera pubblica o all'attuazione di un intervento urbanistico" deve essere interpretata nel senso che gli interventi urbanistici ai quali il legislatore ha inteso fare riferimento sono solo quelli pubblici o comunque aventi rilevanza pubblica e destinati a soddisfare interessi pubblicistici di rilevanza almeno pari a quelli posti a base della fascia di rispetto dei duecento metri” (Cassazione penale , sez. III, 13/01/2009, n. 8626, e richiami di giurisprudenza, sia penale che amministrativa, ivi riportati) (TAR Lazio-Roma, Sez. II-ter, sentenza 15.07.2019 n. 9358 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATALa consolidata giurisprudenza di questo Consiglio ha affermato che:
   a) il vincolo cimiteriale determina una situazione di inedificabilità ex lege e integra una limitazione legale della proprietà a carattere assoluto, direttamente incidente sul valore del bene e non suscettibile di deroghe di fatto, tale da configurare in maniera obbiettiva e rispetto alla totalità dei soggetti il regime di appartenenza di una pluralità indifferenziata di immobili che si trovino in un particolare rapporto di vicinanza o contiguità con i suddetti beni pubblici;
   b) il vincolo ha carattere assoluto e non consente in alcun modo l'allocazione sia di edifici, sia di opere incompatibili con il vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che la fascia di rispetto intende tutelare, quali le esigenze di natura igienico sanitaria, la salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati alla inumazione e alla sepoltura, il mantenimento di un'area di possibile espansione della cinta cimiteriale;
   c) il vincolo, d’indole conformativa, è sganciato dalle esigenze immediate della pianificazione urbanistica, esso si impone di per sé, con efficacia diretta, indipendentemente da qualsiasi recepimento in strumenti urbanistici, i quali non sono idonei, proprio per la loro natura, ad incidere sulla sua esistenza o sui suoi limiti.
A conferma del particolare rigore che presidia l’interpretazione dell’art. 338 cit.
R.D. n. 1265/1934 va ricordato che numerose sono le pronunce intervenute a individuare portata e limiti delle modifiche apportate all’art. 338 cit. dalla novella del 2002 (peraltro inapplicabile alla fattispecie ratione temporis), rispetto a richieste di privati.
Si è, infatti, affermato che:
   a) la situazione di inedificabilità prodotta dal vincolo è suscettibile di venire rimossa solo in ipotesi eccezionali e comunque solo per considerazioni di interesse pubblico, in presenza delle condizioni specificate nell'art. 338, quinto comma, essendo norma eccezionale e di stretta interpretazione non posta a presidio di interessi privati; con la conseguenza che la procedura di riduzione della fascia inedificabile resta attivabile nel solo interesse pubblico, come valutato dal legislatore nell’elencazione delle opere ammissibili;
   b) il procedimento attivabile dai singoli proprietari all'interno della zona di rispetto è soltanto quello finalizzato agli interventi di cui al settimo comma dell’art. 338, (recupero o cambio di destinazione d'uso di edificazioni preesistenti).
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L’esistenza del vincolo cimiteriale nell’area nella quale è stato realizzato un manufatto abusivo, comportando l’inedificabilità assoluta, impedisce il rilascio della concessione in sanatoria ai sensi dell’art. 33, l. n. 47 del 1985, senza necessità di compiere valutazioni in ordine alla concreta compatibilità dell’opera con i valori tutelati dal vincolo.
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7. Il motivo è infondato e va rigettato.
7.1. La consolidata giurisprudenza di questo Consiglio (da ultimo sez. VI, n. 1164 del 2018; sez. IV, n. 5873 del 2017) ha affermato che:
   a) il vincolo cimiteriale determina una situazione di inedificabilità ex lege e integra una limitazione legale della proprietà a carattere assoluto, direttamente incidente sul valore del bene e non suscettibile di deroghe di fatto, tale da configurare in maniera obbiettiva e rispetto alla totalità dei soggetti il regime di appartenenza di una pluralità indifferenziata di immobili che si trovino in un particolare rapporto di vicinanza o contiguità con i suddetti beni pubblici;
   b) il vincolo ha carattere assoluto e non consente in alcun modo l'allocazione sia di edifici, sia di opere incompatibili con il vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che la fascia di rispetto intende tutelare, quali le esigenze di natura igienico sanitaria, la salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati alla inumazione e alla sepoltura, il mantenimento di un'area di possibile espansione della cinta cimiteriale;
   c) il vincolo, d’indole conformativa, è sganciato dalle esigenze immediate della pianificazione urbanistica, esso si impone di per sé, con efficacia diretta, indipendentemente da qualsiasi recepimento in strumenti urbanistici, i quali non sono idonei, proprio per la loro natura, ad incidere sulla sua esistenza o sui suoi limiti.
7.1.1. A conferma del particolare rigore che presidia l’interpretazione dell’art. 338 cit. va ricordato che numerose sono le pronunce intervenute a individuare portata e limiti delle modifiche apportate all’art. 338 cit. dalla novella del 2002 (peraltro inapplicabile alla fattispecie ratione temporis), rispetto a richieste di privati (Cons. Stato sez. IV n. 4656 del 2017; sez. VI, n. 3667 del 2015; nn. 3410 e 1317 del 2014).
Si è, infatti, affermato che:
   a) la situazione di inedificabilità prodotta dal vincolo è suscettibile di venire rimossa solo in ipotesi eccezionali e comunque solo per considerazioni di interesse pubblico, in presenza delle condizioni specificate nell'art. 338, quinto comma, essendo norma eccezionale e di stretta interpretazione non posta a presidio di interessi privati; con la conseguenza che la procedura di riduzione della fascia inedificabile resta attivabile nel solo interesse pubblico, come valutato dal legislatore nell’elencazione delle opere ammissibili;
   b) il procedimento attivabile dai singoli proprietari all'interno della zona di rispetto è soltanto quello finalizzato agli interventi di cui al settimo comma dell’art. 338, (recupero o cambio di destinazione d'uso di edificazioni preesistenti).
7.2. Dall’applicazione dei principi richiamati alla fattispecie consegue la manifesta infondatezza dell’appello.
Nella controversia non è messa in discussione la costruzione abusiva del manufatto all’interno della fascia di rispetto di ml 200 dal cimitero. Si deduce, infatti, l’erronea ricomprensione dello stesso nel centro abitato, perché non basata su idonea delibera comunale di perimetrazione, ed il carattere isolato della costruzione; tutto al fine di sostenere che il Comune avrebbe dovuto valutare la compatibilità dell’immobile con il vincolo, sull’erroneo presupposto che la presenza di alcuni edifici nella fascia di rispetto non concreta di per sé una violazione della stessa.
8. Naturalmente, dall’esistenza del vincolo che comporta l’inedificabilità dell’area di rispetto, deriva l’esclusione di ogni condono, ai sensi dell’art. 33, co. 1, lett. d), della l. n. 47 del 1985.
La giurisprudenza è univoca in tal senso per i vincoli riconducibili alla suddetta disposizione (tra le tante, Cons. Stato, sez. VI, n. 3860 del 2017, n. 4564 del 2015), tra i quali, in particolare, il vincolo cimiteriale (Cons. Stato, sez. VI, n. 3410 del 2014; sez. IV, n. 6547 del 2009; sez. IV, n. 1185 del 2007).
Infatti, secondo i principi enucleati dalla suddetta giurisprudenza, l’esistenza del vincolo cimiteriale nell’area nella quale è stato realizzato un manufatto abusivo, comportando l’inedificabilità assoluta, impedisce il rilascio della concessione in sanatoria ai sensi dell’art. 33, l. n. 47 del 1985, senza necessità di compiere valutazioni in ordine alla concreta compatibilità dell’opera con i valori tutelati dal vincolo (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 08.07.2019 n. 4692 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAPer giurisprudenza ampiamente consolidata, il vincolo imposto dall'art. 338 R.D. n. 1265/1934 (e dall'art. 57 d.P.R. n. 285/1990) determina una situazione di inedificabilità ex lege e non necessita di essere recepito dagli strumenti urbanistici, sui quali si impone come limite legale nei confronti delle previsioni urbanistiche locali eventualmente incompatibili.
Il vincolo ha carattere assoluto e non consente l’allocazione di edifici o costruzioni all’interno della fascia di rispetto, a tutela dei molteplici interessi pubblici cui quest’ultima presiede e che vanno dalle esigenze di natura igienico sanitaria, alla salvaguardia della peculiare sacralità dei luoghi destinati alla inumazione e alla sepoltura, al mantenimento di un'area di possibile espansione della cinta cimiteriale.
A escludere l’inedificabilità non rilevano la tipologia del fabbricato o la natura pertinenziale della costruzione, e gli unici interventi assentibili all’interno della fascia di rispetto sono quelli indicati dal settimo comma dell’art. 338 cit. sugli edifici esistenti, con il limite della funzionalità all’utilizzo degli edifici stessi.
La situazione di inedificabilità prodotta dal vincolo è suscettibile di venire rimossa solo in ipotesi eccezionali e comunque solo per considerazioni di interesse pubblico, in presenza delle condizioni specificate nel quinto comma dell’art. 338, norma eccezionale e di stretta interpretazione che non presidia interessi privati e opera in relazione a specifiche domande edificatorie, nel senso che l’autorizzazione eventualmente rilasciata è frutto di una valutazione caso per caso e non può mai costituire la base legale di un’autorizzazione a costruire in futuro nella fascia di rispetto.
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2.1. Il motivo è infondato.
L’art. 338 R.D. n. 1265/1934 fa divieto di costruire intorno ai cimiteri “nuovi edifici entro il raggio di 200 metri dal perimetro dell'impianto cimiteriale, quale risultante dagli strumenti urbanistici vigenti nel comune o, in difetto di essi, comunque quale esistente in fatto, salve le deroghe ed eccezioni previste dalla legge”.
La disposizione è stata modificata dalla legge n. 166/2002 mediante la sostituzione, per quanto qui interessa, dei commi quinto e settimo, i quali rispettivamente stabiliscono:
   - “Per dare esecuzione ad un'opera pubblica o all'attuazione di un intervento urbanistico, purché non vi ostino ragioni igienico-sanitarie, il consiglio comunale può consentire, previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la riduzione della zona di rispetto tenendo conto degli elementi ambientali di pregio dell'area, autorizzando l'ampliamento di edifici preesistenti o la costruzione di nuovi edifici. La riduzione di cui al periodo precedente si applica con identica procedura anche per la realizzazione di parchi, giardini e annessi, parcheggi pubblici e privati, attrezzature sportive, locali tecnici e serre”;
   - “All'interno della zona di rispetto per gli edifici esistenti sono consentiti interventi di recupero ovvero interventi funzionali all'utilizzo dell'edificio stesso, tra cui l'ampliamento nella percentuale massima del 10 per cento e i cambi di destinazione d'uso, oltre a quelli previsti dalle lettere a), b), c) e d) del primo comma dell'articolo 31 della legge 05.08.1978, n. 457”.
Per giurisprudenza ampiamente consolidata, cui il collegio intende dare continuità, il vincolo imposto dall'art. 338 R.D. n. 1265/1934 (e dall'art. 57 d.P.R. n. 285/1990) determina una situazione di inedificabilità ex lege e non necessita di essere recepito dagli strumenti urbanistici, sui quali si impone come limite legale nei confronti delle previsioni urbanistiche locali eventualmente incompatibili. Il vincolo ha carattere assoluto e non consente l’allocazione di edifici o costruzioni all’interno della fascia di rispetto, a tutela dei molteplici interessi pubblici cui quest’ultima presiede e che vanno dalle esigenze di natura igienico sanitaria, alla salvaguardia della peculiare sacralità dei luoghi destinati alla inumazione e alla sepoltura, al mantenimento di un'area di possibile espansione della cinta cimiteriale. A escludere l’inedificabilità non rilevano la tipologia del fabbricato o la natura pertinenziale della costruzione, e gli unici interventi assentibili all’interno della fascia di rispetto sono quelli indicati dal settimo comma dell’art. 338 cit. sugli edifici esistenti, con il limite della funzionalità all’utilizzo degli edifici stessi (fra le moltissime, cfr. Cons. Stato sez. IV, 23.04.2018, n. 2407; id., sez. VI, 27.02.2018, n. 1164; id., sez. VI, 06.10.2017, n. 4656; id., sez. V, 18.01.2017, n. 205; TAR Toscana, sez. III, 22.10.2018, n. 1351; id., 02.02.2015, n. 183; id., 12.11.2013, n. 1553; id., 12.07.2010, n. 2446; id., 11.06.2010, n. 1815).
La situazione di inedificabilità prodotta dal vincolo è suscettibile di venire rimossa solo in ipotesi eccezionali e comunque solo per considerazioni di interesse pubblico, in presenza delle condizioni specificate nel quinto comma dell’art. 338, norma eccezionale e di stretta interpretazione che non presidia interessi privati e opera in relazione a specifiche domande edificatorie, nel senso che l’autorizzazione eventualmente rilasciata è frutto di una valutazione caso per caso e non può mai costituire la base legale di un’autorizzazione a costruire in futuro nella fascia di rispetto (cfr. Cons. Stato, IV, n. 4656/2017, cit., e i precedenti ivi richiamati).
Nella specie, a tacere d’altro, il ricorrente non ha allegato l’esistenza di alcun profilo di interesse generale in virtù del quale il Comune intimato avrebbe dovuto prendere in considerazione in suo favore l’ipotesi della deroga.
Né è dimostrata la sussistenza delle condizioni richieste dal settimo comma dell’art. 338, che, come detto, disciplina gli interventi di recupero o funzionali all’utilizzo degli edifici esistenti. Più in particolare, non vi sono elementi oggettivi a conferma della tesi secondo cui le opere da sanare sarebbero compatibili con gli stringenti limiti derivanti dall’esistenza del vincolo cimiteriale e che, di conseguenza, il Comune avrebbe errato nel qualificarle come nuove costruzioni.
3. In forza delle considerazioni che precedono, il ricorso non può trovare accoglimento (TAR Toscana, Sez. III, sentenza 08.07.2019 n. 1048 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATACom'è noto, il vincolo cimiteriale persegue una triplice finalità:
   - in primo luogo, vuole assicurare condizioni di igiene e dì salubrità mediante la conservazione di una sorta di "cintura sanitaria" intorno allo stesso cimitero;
   - in secondo luogo è finalizzato a garantire la tranquillità ed il decoro ai luoghi di sepoltura;
   - in terzo luogo è diretto a consentire futuri ampliamenti dell'impianto funerario.
Proprio in considerazione di tale ultima finalità, l'attuale quarto comma dell'art. 338 R.D. n. 1265/1934 -modificato dall'art. 28, comma 1, lett. b), L. 01.08.2002, n. 166- ha ulteriormente limitato la possibilità di derogare al divieto assoluto di inedificabilità, circoscrivendola alle sole ipotesi di costruzione di opere afferenti nuovi impianti cimiteriali o ampliamento di quelli esistenti, peraltro riferita a due tassative ipotesi quali le particolari condizioni locali (quindi, ove non sia possibile provvedere altrimenti); ovvero, che l'impiantò cimiteriale sia separato dal centro urbano da strade pubbliche almeno di livello comunale sulla base della classificazione prevista ai sensi della legislazione vigente, o da fiumi, laghi, o dislivelli naturali rilevanti, ovvero da ponti o da impianti ferroviari.
La modifica della disciplina del vincolo cimiteriale quindi, nel restringere le ipotesi di derogabilità della fascia di rispetto, ricompresa nei 200 m. dal perimetro dell'impianto funerario alle sole opere afferenti gli impianti cimitériali, riconferma la natura assoluta del vincolo di inedificabilità ivi insistente per ogni altra opera.
Inoltre, deve evidenziarsi che la norma di cui all'art. 338 mira ad assicurare condizioni di igiene e salubrità nell'area posta intorno al cimitero, a garantire la tranquillità ed il decoro dei luoghi di sepoltura ed infine a consentire futuri ampliamenti del cimitero medesimo.
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Pertanto, l'art. 338, comma 1, T.U. cit., il cui testo è stato parzialmente modificato dall'art. 28 della L. 01.08.2002, n. 166, che ha peraltro confermato il limite della zona di rispetto, nel vietare la costruzione di nuovi edifici o fabbricati nel raggio di 200 m. dai cimiteri, si riferisce a qualsiasi tipo di costruzione anche se destinata ad uso diverso da quello di abitazione, come ha confermato pacifica giurisprudenza, che ha avuto modo di riconoscere che il vincolo di inedificabilità sull'area di rispetto cimiteriale è assoluto.
Infatti, anche le opere edilizie qualificate come pertinenze soggiacciono all'obbligo di conformità allo strumento urbanistico e, a più forte ragione, al vincolo urbanistico di grado superiore, derogabile solo "ex lege" e posto per la salvaguardia di interessi rilevanti.
Com'è noto, il predetto vincolo cimiteriale persegue una triplice finalità:
   - in primo luogo, vuole assicurare condizioni di igiene e dì salubrità mediante la conservazione di una sorta di "cintura sanitaria" intorno allo stesso cimitero;
   - in secondo luogo è finalizzato a garantire la tranquillità ed il decoro ai luoghi di sepoltura;
   - in terzo luogo è diretto a consentire futuri ampliamenti dell'impianto funerario.
Proprio in considerazione di tale ultima finalità, l'attuale quarto comma del predetto art. 338 -modificato dall'art. 28, comma 1, lett. b), L. 01.08.2002, n. 166- ha ulteriormente limitato la possibilità di derogare al divieto assoluto di inedificabilità, circoscrivendola alle sole ipotesi di costruzione di opere afferenti nuovi impianti cimiteriali o ampliamento di quelli esistenti, peraltro riferita a due tassative ipotesi quali le particolari condizioni locali (quindi, ove non sia possibile provvedere altrimenti); ovvero, che l'impiantò cimiteriale sia separato dal centro urbano da strade pubbliche almeno di livello comunale sulla base della classificazione prevista ai sensi della legislazione vigente, o da fiumi, laghi, o dislivelli naturali rilevanti, ovvero da ponti o da impianti ferroviari.
La modifica della disciplina del vincolo cimiteriale quindi, nel restringere le ipotesi di derogabilità della fascia di rispetto, ricompresa nei 200 m. dal perimetro dell'impianto funerario alle sole opere afferenti gli impianti cimitériali, riconferma la natura assoluta del vincolo di inedificabilità ivi insistente per ogni altra opera.
Inoltre, deve evidenziarsi che la norma di cui all'art. 338 mira ad assicurare condizioni di igiene e salubrità nell'area posta intorno al cimitero, a garantire la tranquillità ed il decoro dei luoghi di sepoltura ed infine a consentire futuri ampliamenti del cimitero medesimo (Consiglio di Stato, Sez. II, sentenza 04.07.2019 n. 4587 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATALa disciplina di cui all'art. 338 del Testo Unico delle leggi sanitarie vieta l'edificazione in fascia di rispetto di manufatti che per inamovibilità e incorporazione al suolo costituiscono delle costruzioni edilizie.
Il vincolo cimiteriale, come è noto, ha carattere assoluto, valevole per ogni singolo fabbricato e per ogni tipo di costruzione trattandosi di un divieto di edificazione posto a tutela della natura e della salubrità dei luoghi, per cui non opera alcuna distinzione tra manufatti, riguardando anche gli eventuali manufatti (in ipotesi) pertinenziali.

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3. Deve inoltre osservarsi, come bene ha evidenziato il TAR, che le opere abusive in esame si trovano in zona di rispetto cimiteriale, ovvero ad una distanza inferiore al fissato limite di rispetto al cimitero di Quarto e la disciplina di cui all'art. 338 del Testo Unico delle leggi sanitarie vieta l'edificazione in fascia di rispetto di manufatti che per inamovibilità e incorporazione al suolo costituiscono delle costruzioni edilizie, con la conseguenza che il fabbricato dell’appellante è del tutto incompatibile con la disciplina di tutela in questione.
Il vincolo cimiteriale, come è noto, ha carattere assoluto, valevole per ogni singolo fabbricato e per ogni tipo di costruzione trattandosi di un divieto di edificazione posto a tutela della natura e della salubrità dei luoghi, per cui non opera alcuna distinzione tra manufatti, riguardando anche gli eventuali manufatti (in ipotesi) pertinenziali (Consiglio di Stato, Sez. II, sentenza 04.07.2019 n. 4586 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATALa consolidata giurisprudenza sulla materia ha nello specifico chiarito che:
   a) il vincolo cimiteriale determina una situazione di inedificabilità ex lege e integra una limitazione legale della proprietà a carattere assoluto, direttamente incidente sul valore del bene e non suscettibile di deroghe di fatto, tale da configurare in maniera obbiettiva e rispetto alla totalità dei soggetti il regime di appartenenza di una pluralità indifferenziata di immobili che si trovino in un particolare rapporto di vicinanza o contiguità con i suddetti beni pubblici;
   b) il vincolo ha carattere assoluto e non consente in alcun modo l’allocazione sia di edifici, sia di opere incompatibili con il vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che la fascia di rispetto intende tutelare, quali le esigenze di natura igienico sanitaria, la salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati alla inumazione e alla sepoltura, il mantenimento di un’area di possibile espansione della cinta cimiteriale;
   c) il vincolo, d’indole conformativa, è sganciato dalle esigenze immediate della pianificazione urbanistica, nel senso che esso si impone di per sé, con efficacia diretta, indipendentemente da qualsiasi recepimento in strumenti urbanistici, i quali non sono idonei, proprio per la loro natura, ad incidere sulla sua esistenza o sui suoi limiti;
   d) la situazione di inedificabilità prodotta dal vincolo è suscettibile di venire rimossa solo in ipotesi eccezionali e comunque solo per considerazioni di interesse pubblico, in presenza delle condizioni specificate nell’art. 338, quinto comma, norma che non presidia interessi privati e non può quindi legittimare interventi edilizi futuri su un’area indisponibile per ragioni di ordine igienico-sanitario, nonché per la sacralità dei luoghi di sepoltura;
   e) il procedimento attivabile dai singoli proprietari all’interno della zona di rispetto è soltanto quello finalizzato agli interventi di cui al settimo comma dell’art. 338 (recupero o cambio di destinazione d’uso di edificazioni preesistenti), mentre resta attivabile nel solo interesse pubblico -come valutato dal legislatore nell’elencazione, al quinto comma, delle opere ammissibili ai fini della riduzione- la procedura di riduzione della fascia inedificabile.
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13. Egualmente infondato si presenta anche il motivo di appello con il quale si vuole affermare la compatibilità dell’intervento, quand’anche necessitante di permesso di costruire, con gli interessi e i valori che il cosiddetto vincolo cimiteriale di cui all’art. 338, comma 1, del r.d. n. 1265/1934 (T.U.L.S.) è chiamato a salvaguardare. Tale vincolo, infatti, si connota come di inedificabilità assoluta e conseguente inderogabilità, almeno per regola generale, dalla pianificazione urbanistica comunale (cfr. ex multis Cons. Stato, Sez. VI, 12.02.2019, n. 1013; id., 15.10.2018, n. 5911; id., Sez. IV, 06.10.2017, n. 4656).
Dispone dunque il ridetto art. 338, comma 1, che: “I cimiteri devono essere collocati alla distanza di almeno 200 metri dal centro abitato. È vietato costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici entro il raggio di 200 metri dal perimetro dell’impianto cimiteriale, quale risultante dagli strumenti urbanistici vigenti nel comune o, in difetto di essi, comunque quale esistente in fatto, salve le deroghe ed eccezioni previste dalla legge”.
Il quinto comma a sua volta, nel testo da ultimo sostituito dall’art. 28, comma 1, lett. b), della legge n. 166/2002, aggiunge che: “Per dare esecuzione ad un’opera pubblica o all’attuazione di un intervento urbanistico, purché non vi ostino ragioni igienico-sanitarie, il consiglio comunale può consentire, previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la riduzione della zona di rispetto tenendo conto degli elementi ambientali di pregio dell’area, autorizzando l’ampliamento di edifici preesistenti o la costruzione di nuovi edifici. La riduzione di cui al periodo precedente si applica con identica procedura anche per la realizzazione di parchi, giardini e annessi, parcheggi pubblici e privati, attrezzature sportive, locali tecnici e serre”.
La consolidata giurisprudenza sulla materia, dalla quale non è motivo di discostarsi, ha nello specifico chiarito che:
   a) il vincolo cimiteriale determina una situazione di inedificabilità ex lege e integra una limitazione legale della proprietà a carattere assoluto, direttamente incidente sul valore del bene e non suscettibile di deroghe di fatto, tale da configurare in maniera obbiettiva e rispetto alla totalità dei soggetti il regime di appartenenza di una pluralità indifferenziata di immobili che si trovino in un particolare rapporto di vicinanza o contiguità con i suddetti beni pubblici (v. Cass. civ., Sez. I, 20.12.2016, n. 26326);
   b) il vincolo ha carattere assoluto e non consente in alcun modo l’allocazione sia di edifici, sia di opere incompatibili con il vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che la fascia di rispetto intende tutelare, quali le esigenze di natura igienico sanitaria, la salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati alla inumazione e alla sepoltura, il mantenimento di un’area di possibile espansione della cinta cimiteriale (Cons. Stato, Sez. VI, 09.03.2016, n. 949);
   c) il vincolo, d’indole conformativa, è sganciato dalle esigenze immediate della pianificazione urbanistica, nel senso che esso si impone di per sé, con efficacia diretta, indipendentemente da qualsiasi recepimento in strumenti urbanistici, i quali non sono idonei, proprio per la loro natura, ad incidere sulla sua esistenza o sui suoi limiti (Cons. Stato, Sez. IV, 22.11.2013, n. 5544; Cass. civ., Sez. I, 17.10.2011, n. 2011; id., Sez. I, n. 26326 del 2016, cit.);
   d) la situazione di inedificabilità prodotta dal vincolo è suscettibile di venire rimossa solo in ipotesi eccezionali e comunque solo per considerazioni di interesse pubblico, in presenza delle condizioni specificate nell’art. 338, quinto comma, norma che non presidia interessi privati e non può quindi legittimare interventi edilizi futuri su un’area indisponibile per ragioni di ordine igienico-sanitario, nonché per la sacralità dei luoghi di sepoltura;
   e) il procedimento attivabile dai singoli proprietari all’interno della zona di rispetto è soltanto quello finalizzato agli interventi di cui al settimo comma dell’art. 338 (recupero o cambio di destinazione d’uso di edificazioni preesistenti), mentre resta attivabile nel solo interesse pubblico -come valutato dal legislatore nell’elencazione, al quinto comma, delle opere ammissibili ai fini della riduzione- la procedura di riduzione della fascia inedificabile (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 27.07.2015, n. 3667; nonché id., 04.07.2014, n. 3410).
Orbene, ritiene il Collegio che nella vicenda in esame da un lato manchi la prevista connotazione delle opere realizzate, per cui si verte nella fattispecie di vincolo assoluto di inedificabilità contemplato dal primo comma della disposizione; dall’altro non sussista l’interesse pubblico alla riduzione dell’area, per cui la relativa estensione deve essere confermata nei termini indicati dal legislatore (sul punto Cons. Stato, Sez. VI, 09.03.2016, n. 949).
14. Da quanto sopra, discende anche l’infondatezza dell’ulteriore motivo col quale si assume che il TAR avrebbe dovuto disporre ex officio una più approfondita istruttoria per verificare se il Comune avesse “modulato” il vincolo di rispetto cimiteriale in sede di pianificazione urbanistica così da escludere che vi rientrasse l’area interessata dalle serre dell’appellante.
Il ricordato carattere assoluto del vincolo e il suo imporsi anche sulle eventuali diverse previsioni degli strumenti urbanistici rende ragione dell’adeguatezza e sufficienza della motivazione con cui il primo giudice, sulla scorta delle risultanze in atti, ha ritenuto mantenuta l’estensione di legge dei 200 metri, non essendo stato dimostrato l’avvenuto intervento di modifiche con la procedura “rafforzata” con cui il Comune, sussistendone i presupposti, avrebbe potuto incidere sulla fascia di rispetto (Consiglio di Stato, Sez. II, sentenza 13.06.2019 n. 3952 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAIl vincolo cimiteriale previsto dall’art. 338 r.d. 1265/1934, (secondo cui “i cimiteri devono essere collocati alla distanza di almeno 200 metri dal centro abitato. È vietato costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici entro il raggio di 200 metri dal perimetro dell'impianto cimiteriale, quale risultante dagli strumenti urbanistici vigenti nel comune o, in difetto di essi, comunque quale esistente in fatto, salve le deroghe ed eccezioni previste dalla legge”) costituisce vincolo ex lege a carattere pubblicistico che prevale anche sulle diverse valutazioni del Prg e relative destinazioni urbanistiche.
Trattasi, in particolare, di vincolo di inedificabilità assoluta e non relativa, tenuto conto che il caso di specie non rientra nelle eccezioni relative all’esecuzione di opera pubblica o attuazione di un intervento urbanistico.
Il vincolo in questione, in conclusione, non rientra nella sfera di operatività dell’art. 32 L. 47/1985 e le opere realizzate, pertanto, non sono suscettibili di sanatoria.
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Secondo i principi enucleati dalla giurisprudenza, la situazione di inedificabilità prodotta dal vincolo è suscettibile di venire rimossa solo in ipotesi eccezionali e comunque solo in considerazione dell’interesse pubblico, in presenza delle condizioni specificate nell'art. 338, quinto comma, a mente del quale “Per dare esecuzione ad un'opera pubblica o all'attuazione di un intervento urbanistico, purché non vi ostino ragioni igienico-sanitarie, il consiglio comunale può consentire, previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la riduzione della zona di rispetto tenendo conto degli elementi ambientali di pregio dell'area, autorizzando l'ampliamento di edifici preesistenti o la costruzione di nuovi edifici. La riduzione di cui al periodo precedente si applica con identica procedura anche per la realizzazione di parchi, giardini e annessi, parcheggi pubblici e privati, attrezzature sportive, locali tecnici e serre”.
La disposizione ora citata appartiene al novero delle norme eccezionali e di stretta interpretazione, non mirando alla soddisfazione di interessi privati.
Tanto comporta che la procedura di riduzione della fascia cimiteriale inedificabile è attivabile nel solo interesse pubblico, come valutato dal legislatore nell'elencazione delle opere ammissibili, mentre il procedimento attivabile dai singoli proprietari all'interno della zona di rispetto è soltanto quello finalizzato agli interventi di cui al settimo comma dell'art. 338, (recupero o cambio di destinazione d'uso di edificazioni preesistenti).
La conclusione è in linea con il più recente orientamento del Consiglio di Stato che, nella materia che occupa, ha precisato che “La tutela dei molteplici interessi pubblici che il vincolo generale previsto dall’art. 338 r.d. n. 1265 del 1934 presidia impone che i possibili interventi urbanistici ai quali il legislatore ha inteso fare riferimento siano solo quelli pubblici o comunque aventi rilevanza almeno pari a quelli posti a base della fascia di rispetto di duecento metri. Pertanto, il comma 5 dell’art. 338 cit. non può essere interpretato nel senso di consentire, eccezionalmente, con il parere favorevole della Asl, interventi urbanistici volti a soddisfare interessi pubblici, nei quali siano ricompresi –quali interventi privati di interesse pubblico- gli insediamenti produttivi e le strutture turistico-ricettive".
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13.3- Deve premettersi che, contrariamente a quanto sostenuto da parte ricorrente (motivo n. 2 e 3), il vincolo cimiteriale previsto dall’art. 338 r.d. 1265/1934, (secondo cui “i cimiteri devono essere collocati alla distanza di almeno 200 metri dal centro abitato. È vietato costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici entro il raggio di 200 metri dal perimetro dell'impianto cimiteriale, quale risultante dagli strumenti urbanistici vigenti nel comune o, in difetto di essi, comunque quale esistente in fatto, salve le deroghe ed eccezioni previste dalla legge”) costituisce vincolo ex lege a carattere pubblicistico che prevale anche sulle diverse valutazioni del Prg e relative destinazioni urbanistiche (nel caso di specie, in particolare, l’area ricade, in parte, in zona F4: zone di interesse pubblico destinate a parcheggi: fuoriterra, interrati, a raso).
13.4- Trattasi, in particolare, di vincolo di inedificabilità assoluta e non relativa, tenuto conto che il caso di specie non rientra nelle eccezioni relative all’esecuzione di opera pubblica o attuazione di un intervento urbanistico.
13.5- Il vincolo in questione, in conclusione, non rientra nella sfera di operatività dell’art. 32 L. 47/1985 e le opere realizzate, pertanto, non sono suscettibili di sanatoria (ex multis, Consiglio di Stato sez. VI, 15/10/2018, n. 5911).
13.6. – Deve perciò ritenersi che l’esistenza del vincolo cimiteriale nell'area nella quale sono state realizzate le opere abusive, comportando l'inedificabilità assoluta, impedisce in radice il rilascio dell’accertamento di conformità, senza necessità di compiere ulteriori valutazioni.
13.7- Tale conclusione non muta neppure a seguito delle modifiche apportate all'art. 338 rd cit. dalla novella del 2002, rispetto alle richieste di privati.
Secondo i principi enucleati dalla giurisprudenza (Cons. Stato sez. IV n. 4656 del 2017; sez. VI, n. 3667 del 2015; nn. 3410 e 1317 del 2014), infatti, la situazione di inedificabilità prodotta dal vincolo è suscettibile di venire rimossa solo in ipotesi eccezionali e comunque solo in considerazione dell’interesse pubblico, in presenza delle condizioni specificate nell'art. 338, quinto comma, a mente del quale “Per dare esecuzione ad un'opera pubblica o all'attuazione di un intervento urbanistico, purché non vi ostino ragioni igienico-sanitarie, il consiglio comunale può consentire, previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la riduzione della zona di rispetto tenendo conto degli elementi ambientali di pregio dell'area, autorizzando l'ampliamento di edifici preesistenti o la costruzione di nuovi edifici. La riduzione di cui al periodo precedente si applica con identica procedura anche per la realizzazione di parchi, giardini e annessi, parcheggi pubblici e privati, attrezzature sportive, locali tecnici e serre”.
La disposizione ora citata appartiene al novero delle norme eccezionali e di stretta interpretazione, non mirando alla soddisfazione di interessi privati.
Tanto comporta che la procedura di riduzione della fascia cimiteriale inedificabile è attivabile nel solo interesse pubblico, come valutato dal legislatore nell'elencazione delle opere ammissibili, mentre il procedimento attivabile dai singoli proprietari all'interno della zona di rispetto è soltanto quello finalizzato agli interventi di cui al settimo comma dell'art. 338, (recupero o cambio di destinazione d'uso di edificazioni preesistenti) (conforme Consiglio di Stato sez. VI, 15/10/2018, n. 5911).
La conclusione è in linea con il più recente orientamento del Consiglio di Stato che, nella materia che occupa, ha precisato che “La tutela dei molteplici interessi pubblici che il vincolo generale previsto dall’art. 338 r.d. n. 1265 del 1934 presidia impone che i possibili interventi urbanistici ai quali il legislatore ha inteso fare riferimento siano solo quelli pubblici o comunque aventi rilevanza almeno pari a quelli posti a base della fascia di rispetto di duecento metri. Pertanto, il comma 5 dell’art. 338 cit. non può essere interpretato nel senso di consentire, eccezionalmente, con il parere favorevole della Asl, interventi urbanistici volti a soddisfare interessi pubblici, nei quali siano ricompresi –quali interventi privati di interesse pubblico- gli insediamenti produttivi e le strutture turistico-ricettive" (Consiglio di Stato sez. IV, 05/12/2018, n. 6891) (TAR Puglia-Bari, Sez. III, sentenza 04.06.2019 n. 798 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATALa giurisprudenza in tema di vincolo cimiteriale è particolarmente rigorosa:
   - per costante giurisprudenza, si tratta di un vincolo assoluto e inderogabile, salve ipotesi tassative, posto a tutela di interessi pubblicistici, e come tale prevalente anche su eventuali previsioni di tipo diverso contenute negli strumenti urbanistici. Le ipotesi tassative di deroga al vincolo, previste dai successivi commi 3 e 4 dello stesso articolo (ndr art. 338 TULLSS), si interpretano quindi come finalizzate al pubblico interesse, in particolare all'esigenza di ampliare il cimitero stesso, e quindi non si considerano utilizzabili per consentire la costruzione di edifici a privati;
   - la previsione normativa ha efficacia immediata e diretta ed è idonea anche ad imporsi ad una pianificazione urbanistica eventualmente difforme.
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Per contro, come ampiamente osservato dall’amministrazione resistente, la giurisprudenza in tema di vincolo cimiteriale è particolarmente rigorosa: “per costante giurisprudenza, si tratta di un vincolo assoluto e inderogabile, salve ipotesi tassative, posto a tutela di interessi pubblicistici, e come tale prevalente anche su eventuali previsioni di tipo diverso contenute negli strumenti urbanistici: così C.d.S. sez. VI 15.10.2018 n. 5911 e sez. V 03.05.2007 n. 1933. Le ipotesi tassative di deroga al vincolo, previste dai successivi commi 3 e 4 dello stesso articolo (ndr art. 338 TULLSS), si interpretano quindi come finalizzate al pubblico interesse, in particolare all'esigenza di ampliare il cimitero stesso, e quindi non si considerano utilizzabili per consentire la costruzione di edifici a privati: così la già citata 5911/2018 e sez. V 11.03.1995 n. 377” (Cons. St., sez. VI, n. 1013/2019); la previsione normativa ha efficacia immediata e diretta ed è idonea anche ad imporsi ad una pianificazione urbanistica eventualmente difforme (Tar Piemonte n. 18/2012) (TAR Piemonte, Sez. II, sentenza 30.04.2019 n. 526 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: La precarietà o meno di un’opera non è un elemento di per sé rilevante ai fini del rispetto delle distanze ed in particolare, con riguardo alla fascia di rispetto cimiteriale e relativo vincolo.
In merito al vincolo cimiteriale, infatti, non rileva tanto la precarietà o meno di una costruzione od opera, quanto la compatibilità della struttura in esame con il rispetto degli interessi pubblici che detto vincolo è diretto a tutelare, quali le esigenze di natura igienico sanitaria, da un lato, e la sacralità del luogo, dall’altro.
Al riguardo, si richiama l’insegnamento secondo il quale <<il vincolo cimiteriale ha carattere assoluto e non consente in alcun modo l'allocazione sia di edifici, sia di opere incompatibili con il vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che la fascia di rispetto intende tutelare, quali le esigenze di natura igienico sanitaria, la salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati alla inumazione e alla sepoltura>>.
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Con riferimento alla natura del vincolo di inedificabilità previsto dall'art. 338, r.d. n. 1256 del 1934, la giurisprudenza amministrativa ha affermato che:
   a) il vincolo cimiteriale determina una situazione di inedificabilità ex lege e integra una limitazione legale della proprietà a carattere assoluto, direttamente incidente sul valore del bene e non suscettibile di deroghe di fatto, tale da configurare in maniera obbiettiva e rispetto alla totalità dei soggetti il regime di appartenenza di una pluralità indifferenziata di immobili che si trovino in un particolare rapporto di vicinanza o contiguità con i suddetti beni pubblici;
   b) il vincolo ha carattere assoluto e non consente in alcun modo l'allocazione sia di edifici, sia di opere incompatibili con il vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che la fascia di rispetto intende tutelare, quali le esigenze di natura igienico sanitaria, la salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati alla inumazione e alla sepoltura, il mantenimento di un'area di possibile espansione della cinta cimiteriale;
   c) il vincolo, d'indole conformativa, è sganciato dalle esigenze immediate della pianificazione urbanistica, e rileva di per sé, con efficacia diretta, indipendentemente da qualsiasi recepimento in strumenti urbanistici, i quali non sono idonei, proprio per la loro natura, ad incidere sulla sua esistenza o sui suoi limiti; esso si impone alla pianificazione comunale anche modificandola ex lege, qualora non sia stato espressamente recepito nello strumento urbanistico, e, in ragione della sua natura assoluta esso opera come limite legale, anche nei confronti delle eventuali diverse e contrastanti previsioni degli strumenti urbanistici.
La natura tendenzialmente assoluta del vincolo predetto comporta che, rispetto alle richieste dei privati, le deroghe, ammissibili tanto nella versione dell’art. 338 ante modifica da parte della l. 166 del 2002, quanto nella versione attuale, devono ritenersi del tutto eccezionali.
In particolare, in giurisprudenza è stato sottolineato che:
   a) la situazione di inedificabilità prodotta dal vincolo è suscettibile di venire rimossa solo in ipotesi eccezionali e comunque solo per considerazioni di interesse pubblico, in presenza delle condizioni specificate nell'art. 338, quinto comma, essendo norma eccezionale e di stretta interpretazione non posta a presidio di interessi privati; con la conseguenza che la procedura di riduzione della fascia inedificabile resta attivabile nel solo interesse pubblico, come valutato dal legislatore nell'elencazione delle opere ammissibili;
   b) il procedimento attivabile dai singoli proprietari all'interno della zona di rispetto è soltanto quello finalizzato agli interventi di cui al settimo comma dell'art. 338, (recupero o cambio di destinazione d'uso di edificazioni preesistenti);
   c) l'art. 338, come modificato nel 2002, prevede deroghe ad iniziativa del Consiglio Comunale, e consente la riduzione, a determinate condizioni, della zona di rispetto per scelta dell'amministrazione:
- per la costruzione di nuovi cimiteri o per l'ampliamento di cimiteri esistenti (comma 4);
- per la costruzione di opere pubbliche o per un intervento urbanistico, ai fini di ampliamento di edifici preesistenti (ragionevolmente fuori dalla fascia o dentro la fascia ma non abusivi, per esempio per essere stati costruiti prima del vincolo) o per la costruzione di nuovi edifici (comma 5).
Per quanto concerne, in particolare, la deroga di cui al comma 5, sia nella vecchia che nella nuova formulazione, richiede l’attivazione di uno specifico procedimento che comporta una valutazione da parte del Consiglio Comunale finalizzata ad una autorizzazione in deroga.
E’ evidente, a questo riguardo, che tale procedimento (che nella vecchia formulazione peraltro richiedeva altresì l’intervento del prefetto) difficilmente può ritenersi compatibile con l’istituto della concessione o permesso di costruire in sanatoria, oggetto del presente procedimento.

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Fermo quanto sopra detto, peraltro, occorre sottolineare che la precarietà o meno di un’opera non è un elemento di per sé rilevante ai fini del rispetto delle distanze ed in particolare, con riguardo alla fascia di rispetto cimiteriale e relativo vincolo.
In merito al vincolo cimiteriale, infatti, non rileva tanto la precarietà o meno di una costruzione od opera, quanto la compatibilità della struttura in esame con il rispetto degli interessi pubblici che detto vincolo è diretto a tutelare, quali le esigenze di natura igienico sanitaria, da un lato, e la sacralità del luogo, dall’altro.
Pertanto, in ogni caso, l’intervento edilizio posto in essere da parte ricorrente oggetto del presente giudizio risulta rilevante ai fini del rispetto della disciplina relativa al c.d. vincolo cimiteriale.
Al riguardo, si richiama l’insegnamento secondo il quale <<il vincolo cimiteriale ha carattere assoluto e non consente in alcun modo l'allocazione sia di edifici, sia di opere incompatibili con il vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che la fascia di rispetto intende tutelare, quali le esigenze di natura igienico sanitaria, la salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati alla inumazione e alla sepoltura>> (C. Stato, sez. IV , 13/12/2017, n. 5873).
Ebbene, nel caso di specie, se una mera tettoia meramente precaria può, eventualmente, considerarsi rispettosa di tale vincolo, ancorché realizzata all’interno della c.d. fascia di rispetto cimiteriale, non confliggendo con esso proprio per la sua intrinseca amovibilità e per la natura aperta della struttura, lo stesso non può dirsi per un edificio completamente chiuso e la cui finalità denota un utilizzo duraturo, che, insistendo all’interno della fascia di rispetto, si pone inevitabilmente in contrasto con gli interessi sottesi al vincolo cimiteriale predetto.
2.2. Con riferimento alla natura del vincolo di inedificabilità previsto dall'art. 338, r.d. n. 1256 del 1934, la giurisprudenza amministrativa ha affermato che:
   a) il vincolo cimiteriale determina una situazione di inedificabilità ex lege e integra una limitazione legale della proprietà a carattere assoluto, direttamente incidente sul valore del bene e non suscettibile di deroghe di fatto, tale da configurare in maniera obbiettiva e rispetto alla totalità dei soggetti il regime di appartenenza di una pluralità indifferenziata di immobili che si trovino in un particolare rapporto di vicinanza o contiguità con i suddetti beni pubblici;
   b) il vincolo ha carattere assoluto e non consente in alcun modo l'allocazione sia di edifici, sia di opere incompatibili con il vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che la fascia di rispetto intende tutelare, quali le esigenze di natura igienico sanitaria, la salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati alla inumazione e alla sepoltura, il mantenimento di un'area di possibile espansione della cinta cimiteriale;
   c) il vincolo, d'indole conformativa, è sganciato dalle esigenze immediate della pianificazione urbanistica, e rileva di per sé, con efficacia diretta, indipendentemente da qualsiasi recepimento in strumenti urbanistici, i quali non sono idonei, proprio per la loro natura, ad incidere sulla sua esistenza o sui suoi limiti; esso si impone alla pianificazione comunale anche modificandola ex lege, qualora non sia stato espressamente recepito nello strumento urbanistico, e, in ragione della sua natura assoluta esso opera come limite legale, anche nei confronti delle eventuali diverse e contrastanti previsioni degli strumenti urbanistici (in ordine ai predetti principi si vedano, tra le altre, C. Stato, sez. IV, 05/12/2018, n. 6891; C. Stato, sez. VI, 02/07/2018, n. 4018; C. Stato, sez. IV, 13/12/2017, n. 5873).
La natura tendenzialmente assoluta del vincolo predetto comporta che, rispetto alle richieste dei privati, le deroghe, ammissibili tanto nella versione dell’art. 338 ante modifica da parte della l. 166 del 2002, quanto nella versione attuale, devono ritenersi del tutto eccezionali.
In particolare, in giurisprudenza è stato sottolineato che:
   a) la situazione di inedificabilità prodotta dal vincolo è suscettibile di venire rimossa solo in ipotesi eccezionali e comunque solo per considerazioni di interesse pubblico, in presenza delle condizioni specificate nell'art. 338, quinto comma, essendo norma eccezionale e di stretta interpretazione non posta a presidio di interessi privati; con la conseguenza che la procedura di riduzione della fascia inedificabile resta attivabile nel solo interesse pubblico, come valutato dal legislatore nell'elencazione delle opere ammissibili;
   b) il procedimento attivabile dai singoli proprietari all'interno della zona di rispetto è soltanto quello finalizzato agli interventi di cui al settimo comma dell'art. 338, (recupero o cambio di destinazione d'uso di edificazioni preesistenti);
   c) l'art. 338, come modificato nel 2002, prevede deroghe ad iniziativa del Consiglio Comunale, e consente la riduzione, a determinate condizioni, della zona di rispetto per scelta dell'amministrazione:
- per la costruzione di nuovi cimiteri o per l'ampliamento di cimiteri esistenti (comma 4);
- per la costruzione di opere pubbliche o per un intervento urbanistico, ai fini di ampliamento di edifici preesistenti (ragionevolmente fuori dalla fascia o dentro la fascia ma non abusivi, per esempio per essere stati costruiti prima del vincolo) o per la costruzione di nuovi edifici (comma 5) (in ordine ai principi di cui sopra vi vedano, tra le altre, C. Stato, sez. IV, 05/12/2018, n. 6891; C. Stato, sez. IV, 23/04/2018, n. 2407; C. Stato , sez. VI, 27/07/2015, n. 3667). Numerose sono anche le pronunce che hanno individuato la portata e i limiti delle modifiche apportate all'art. 338 cit. dalla novella del 2002, rispetto alle richieste di privati (C. Stato sez. IV, 23/04/2018, n. 2407; C. Stato, sez. VI, 02/07/2018, n. 4018; C. Stato, sez. IV, 06/10/2017, n. 4656).
Per quanto concerne, in particolare, la deroga di cui al comma 5, sia nella vecchia che nella nuova formulazione, richiede l’attivazione di uno specifico procedimento che comporta una valutazione da parte del Consiglio Comunale finalizzata ad una autorizzazione in deroga.
E’ evidente, a questo riguardo, che tale procedimento (che nella vecchia formulazione peraltro richiedeva altresì l’intervento del prefetto) difficilmente può ritenersi compatibile con l’istituto della concessione o permesso di costruire in sanatoria, oggetto del presente procedimento.
In ogni caso, quand’anche si dovessero ritenere astrattamente applicabili le disposizioni eccezionali e derogatorie dell’art. 338 citato ad una fattispecie in sanatoria quale quella in esame, in concreto, nel giudizio che ci occupa, tali norme non sarebbero invocabili da parte ricorrente in quanto eventuali deroghe al limite di 200 metri della c.d. fascia cimiteriale sono ammissibili solo purché sia mantenuta la distanza minima di 50 m tra la struttura cimiteriale e l’opera in contestazione
(TAR Veneto, Sez. II, sentenza 11.04.2019 n. 458 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Non è assentibile una piscina nella fascia di rispetto cimiteriale.
Per giurisprudenza ampiamente consolidata, il vincolo imposto dall'art. 338 R.D. n. 1265/1934 e dall'art. 57 d.P.R. n. 285/1990 determina una situazione di inedificabilità ex lege che non necessita di essere recepito dagli strumenti urbanistici, ed, anzi, si impone ad essi operando come limite legale nei confronti delle previsioni urbanistiche locali eventualmente incompatibili.
Il vincolo ha carattere assoluto e non consente l’allocazione di edifici o costruzioni all’interno della fascia di rispetto, a tutela dei molteplici interessi pubblici cui quest’ultima presiede e che vanno dalle esigenze di natura igienico sanitaria, alla salvaguardia della peculiare sacralità dei luoghi destinati alla inumazione e alla sepoltura, al mantenimento di un'area di possibile espansione della cinta cimiteriale.
A escludere l’inedificabilità non rilevano la tipologia del fabbricato o la natura pertinenziale della costruzione, e gli unici interventi assentibili all’interno della fascia di rispetto sono quelli indicati dal settimo comma dell’art. 338 cit. sugli edifici esistenti, con il limite della funzionalità all’utilizzo degli edifici stessi, mentre è attivabile nel solo interesse pubblico la procedura di riduzione della fascia inedificabile a non meno di cinquanta metri dal perimetro dell’impianto cimiteriale.
L’assolutezza del vincolo di inedificabilità all’interno della fascia di rispetto cimiteriale è recepita dalle norme tecniche di attuazione del P.R.G. del Comune, che, dopo aver stabilito il divieto di realizzare “nuovi edifici”, nell’autorizzare gli “interventi previsti dalle presenti norme per le singole destinazioni” vieta, comunque, gli interventi di “nuova edificazione, di ampliamento e di ristrutturazione urbanistica”: il contestuale divieto di “nuovi edifici” e di “nuove edificazioni” nell’ambito degli interventi consentiti non può che essere inteso, infatti, come preclusivo della realizzazione di qualsiasi nuovo manufatto all’interno della fascia di rispetto, in ossequio alla superiore disposizione di legge.
La disciplina delle fasce di rispetto cimiteriali è confermata quindi dall’art. 46 delle N.T.A. del regolamento urbanistico adottato dal Comune all’epoca dei fatti di causa, che ne sancisce l’inedificabilità rinviando, per gli edifici già esistenti, alle rispettive discipline di zona. Restano fermi, evidentemente, i limiti di legge, e segnatamente quello posto dal ricordato comma 7 dell’art. 338 R.D. n. 1265/1934, che consente il recupero, l’ampliamento e la ristrutturazione purché, lo si ripete, funzionali all’utilizzo degli edifici esistenti e non comportanti la realizzazione di nuovi manufatti all’interno della fascia di rispetto.
È già discutibile che la costruzione di una piscina possa dirsi funzionale all’utilizzo dell’edificio esistente nel senso contemplato dal legislatore, che sembra alludere ai soli interventi volti a impedire il degrado e, a lungo andare, l’abbandono degli edifici ricadenti nelle fasce di rispetto.
Certo è in ogni caso che, laddove implichi ex novo una permanente trasformazione di suolo inedificato all’interno della fascia involabile di cinquanta metri dal perimetro del cimitero, essa non è consentita.
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2.1.2. Venendo ai profili sostanziali della vicenda, il ricorrente sostiene che la realizzazione della piscina costituirebbe un intervento di sistemazione dell’area scoperta di pertinenza dell’edificio principale, assentibile a norma dell’art. 23 del regolamento edilizio comunale. Non integrando una “nuova costruzione”, ma appunto una pertinenza, l’opera sarebbe anche compatibile con il vincolo cimiteriale interessante il compendio immobiliare di sua proprietà.
L’invocato art. 23 R.E. subordina, peraltro, le opere di sistemazione delle aree esterne al rispetto delle limitazioni e prescrizioni stabilite dagli strumenti urbanistici, nonché all’ottenimento delle autorizzazioni occorrenti in relazione agli eventuali vincoli gravanti sull’area di intervento. Ed è proprio sulla presenza del non superabile vincolo cimiteriale che si fondano i provvedimenti impugnati.
Per giurisprudenza ampiamente consolidata, anche di questo TAR, il vincolo imposto dall'art. 338 R.D. n. 1265/1934 e dall'art. 57 d.P.R. n. 285/1990 determina una situazione di inedificabilità ex lege che non necessita di essere recepito dagli strumenti urbanistici, ed, anzi, si impone ad essi operando come limite legale nei confronti delle previsioni urbanistiche locali eventualmente incompatibili.
Il vincolo ha carattere assoluto e non consente l’allocazione di edifici o costruzioni all’interno della fascia di rispetto, a tutela dei molteplici interessi pubblici cui quest’ultima presiede e che vanno dalle esigenze di natura igienico sanitaria, alla salvaguardia della peculiare sacralità dei luoghi destinati alla inumazione e alla sepoltura, al mantenimento di un'area di possibile espansione della cinta cimiteriale.
A escludere l’inedificabilità non rilevano la tipologia del fabbricato o la natura pertinenziale della costruzione, e gli unici interventi assentibili all’interno della fascia di rispetto sono quelli indicati dal settimo comma dell’art. 338 cit. sugli edifici esistenti, con il limite della funzionalità all’utilizzo degli edifici stessi, mentre è attivabile nel solo interesse pubblico la procedura di riduzione della fascia inedificabile a non meno di cinquanta metri dal perimetro dell’impianto cimiteriale (fra le moltissime, cfr. Cons. Stato sez. IV, 23.04.2018, n. 2407; id., sez. VI, 27.02.2018, n. 1164; id., sez. VI, 06.10.2017, n. 4656; id., sez. V, 18.01.2017, n. 205; TAR Toscana, sez. III, 22.10.2018, n. 1351; id., 02.02.2015, n. 183; id., 12.11.2013, n. 1553; id., 12.07.2010, n. 2446; id., 11.06.2010, n. 1815).
L’assolutezza del vincolo di inedificabilità all’interno della fascia di rispetto cimiteriale è recepita dall’art. 56.6.6 delle norme tecniche di attuazione del P.R.G. del Comune di Firenze, che, dopo aver stabilito il divieto di realizzare “nuovi edifici”, nell’autorizzare gli “interventi previsti dalle presenti norme per le singole destinazioni” vieta, comunque, gli interventi di “nuova edificazione, di ampliamento e di ristrutturazione urbanistica”: il contestuale divieto di “nuovi edifici” e di “nuove edificazioni” nell’ambito degli interventi consentiti non può che essere inteso, infatti, come preclusivo della realizzazione di qualsiasi nuovo manufatto all’interno della fascia di rispetto, in ossequio alla superiore disposizione di legge.
La disciplina delle fasce di rispetto cimiteriali è confermata quindi dall’art. 46 delle N.T.A. del regolamento urbanistico adottato dal Comune di Firenze all’epoca dei fatti di causa, che ne sancisce l’inedificabilità rinviando, per gli edifici già esistenti, alle rispettive discipline di zona. Restano fermi, evidentemente, i limiti di legge, e segnatamente quello posto dal ricordato comma 7 dell’art. 338 R.D. n. 1265/1934, che consente il recupero, l’ampliamento e la ristrutturazione purché, lo si ripete, funzionali all’utilizzo degli edifici esistenti e non comportanti la realizzazione di nuovi manufatti all’interno della fascia di rispetto (alle pronunce già citate, può aggiungersi TAR Toscana, sez. III, 18.05.2018, n. 684).
È già discutibile che la costruzione di una piscina possa dirsi funzionale all’utilizzo dell’edificio esistente nel senso contemplato dal legislatore, che sembra alludere ai soli interventi volti a impedire il degrado e, a lungo andare, l’abbandono degli edifici ricadenti nelle fasce di rispetto. Certo è in ogni caso che, laddove implichi ex novo una permanente trasformazione di suolo inedificato all’interno della fascia involabile di cinquanta metri dal perimetro del cimitero, essa non è consentita.
Ne discende che il provvedimento inibitorio adottato dal Comune di Firenze, e poi l’atto dichiarativo della definitiva inefficacia della S.C.I.A., possono considerarsi adeguatamente motivati mediante la descrizione dell’intervento e il richiamo alla presenza della fascia di rispetto e alle corrispondenti previsioni urbanistiche violate, indipendentemente dalle ulteriori considerazioni contenute nel parere dell’Avvocatura comunale del 18.11.2014.
3. In forza di tutto quanto precede, le impugnazioni proposte non possono trovare accoglimento (TAR Toscana, Sez. III, sentenza 22.02.2019 n. 284 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAPer costante giurisprudenza, il vincolo cimiteriale è un vincolo assoluto e inderogabile, salve ipotesi tassative, posto a tutela di interessi pubblicistici, e come tale prevalente anche su eventuali previsioni di tipo diverso contenute negli strumenti urbanistici.
Le ipotesi tassative di deroga al vincolo, previste dai commi 3 e 4 dell'art. 338 del TULS 22.07.1934 n. 1265, si interpretano quindi come finalizzate al pubblico interesse, in particolare all’esigenza di ampliare il cimitero stesso, e quindi non si considerano utilizzabili per consentire la costruzione di edifici a privati.

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2.1 Il vincolo per cui è causa è quello stabilito a tutela dei cimiteri dall’art. 338, comma 1, del TULS 22.07.1934 n. 1265, per cui “I cimiteri devono essere collocati alla distanza di almeno 200 metri dal centro abitato. E' vietato costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici entro il raggio di 200 metri dal perimetro dell'impianto cimiteriale, quale risultante dagli strumenti urbanistici vigenti nel comune o, in difetto di essi, comunque quale esistente in fatto, salve le deroghe ed eccezioni previste dalla legge”.
Per costante giurisprudenza, si tratta di un vincolo assoluto e inderogabile, salve ipotesi tassative, posto a tutela di interessi pubblicistici, e come tale prevalente anche su eventuali previsioni di tipo diverso contenute negli strumenti urbanistici: così C.d.S. sez. VI 15.10.2018 n. 5911 e sez. V 03.05.2007 n. 1933.
Le ipotesi tassative di deroga al vincolo, previste dai successivi commi 3 e 4 dello stesso articolo, si interpretano quindi come finalizzate al pubblico interesse, in particolare all’esigenza di ampliare il cimitero stesso, e quindi non si considerano utilizzabili per consentire la costruzione di edifici a privati: così la già citata 5911/2018 e sez. V 11.03.1995 n. 377 (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 12.02.2019 n. 1013 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2018

EDILIZIA PRIVATA: In materia di vincolo cimiteriale.
La consolidata giurisprudenza di questo Consiglio è nel senso che:
   - il vincolo cimiteriale determina una situazione di inedificabilità ex lege e integra una limitazione legale della proprietà a carattere assoluto, direttamente incidente sul valore del bene e non suscettibile di deroghe di fatto, tale da configurare in maniera obbiettiva e rispetto alla totalità dei soggetti il regime di appartenenza di una pluralità indifferenziata di immobili che si trovino in un particolare rapporto di vicinanza o contiguità con i suddetti beni pubblici;
   - il vincolo ha carattere assoluto e non consente in alcun modo l'allocazione sia di edifici, sia di opere incompatibili con il vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che la fascia di rispetto intende tutelare, quali le esigenze di natura igienico sanitaria, la salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati alla inumazione e alla sepoltura, il mantenimento di un’area di possibile espansione della cinta cimiteriale;
   - il vincolo, d’indole conformativa, è sganciato dalle esigenze immediate della pianificazione urbanistica, nel senso che esso si impone di per sé, con efficacia diretta, indipendentemente da qualsiasi recepimento in strumenti urbanistici, i quali non sono idonei, proprio per la loro natura, ad incidere sulla sua esistenza o sui suoi limiti;
   - la situazione di inedificabilità prodotta dal vincolo è suscettibile di venire rimossa solo in ipotesi eccezionali e comunque solo per considerazioni di interesse pubblico, in presenza delle condizioni specificate nell'art. 338, quinto comma;
   - l’art. 338, quinto comma, non presidia interessi privati e non può legittimare interventi edilizi futuri su un'area indisponibile per ragioni di ordine igienico-sanitario, nonché per la sacralità dei luoghi di sepoltura;
   - il procedimento attivabile dai singoli proprietari all’interno della zona di rispetto è soltanto quello finalizzato agli interventi di cui al settimo comma dell’art. 338, settimo comma (recupero o cambio di destinazione d’uso di edificazioni preesistenti); mentre resta attivabile nel solo interesse pubblico, come valutato dal legislatore nell’elencazione, al quinto comma, delle opere ammissibili ai fini della riduzione, la procedura di riduzione della fascia inedificabile.
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1.‒ L’appello è infondato.
2.‒ Va innanzitutto considerato che l’ordine demolitorio trova autonomo fondamento giuridico nella norma speciale che prescrive il vincolo c.d. “cimiteriale”.
Come è noto, nel caso in cui il provvedimento impugnato si fondi su una pluralità di ragioni autonome, il giudice, qualora registri l’infondatezza delle censure indirizzate verso uno dei motivi assunti a base dell’atto controverso, idoneo, di per sé, a comprovarne la legittimità e a sostenerne il dispositivo, ha la potestà di respingere il ricorso sulla sola base di tale rilievo, con assorbimento delle censure dedotte avverso altri capi del provvedimento, in quanto la conservazione dell’atto implica la perdita di interesse del ricorrente all’esame delle altre doglianze.
3.– L’art. 338 del regio-decreto 27.07.1934, n. 1265 (Approvazione del testo unico delle leggi sanitarie), prevede che: «I cimiteri devono essere collocati alla distanza di almeno 200 metri dal centro abitato. È vietato costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici entro il raggio di 200 metri dal perimetro dell'impianto cimiteriale, quale risultante dagli strumenti urbanistici vigenti nel comune o, in difetto di essi, comunque quale esistente in fatto, salve le deroghe ed eccezioni previste dalla legge.
Le disposizioni di cui al comma precedente non si applicano ai cimiteri militari di guerra quando siano trascorsi 10 anni dal seppellimento dell'ultima salma.
Il contravventore è punito con la sanzione amministrativa fino a lire 200.000 e deve inoltre, a sue spese, demolire l'edificio o la parte di nuova costruzione, salvi i provvedimenti di ufficio in caso di inadempienza.
Il consiglio comunale può approvare, previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la costruzione di nuovi cimiteri o l’ampliamento di quelli già esistenti ad una distanza inferiore a 200 metri dal centro abitato, purché non oltre il limite di 50 metri, quando ricorrano, anche alternativamente, le seguenti condizioni:
   a) risulti accertato dal medesimo consiglio comunale che, per particolari condizioni locali, non sia possibile provvedere altrimenti;
   b) l’impianto cimiteriale sia separato dal centro urbano da strade pubbliche almeno di livello comunale, sulla base della classificazione prevista ai sensi della legislazione vigente, o da fiumi, laghi o dislivelli naturali rilevanti, ovvero da ponti o da impianti ferroviari.
Per dare esecuzione ad un’opera pubblica o all'attuazione di un intervento urbanistico, purché non vi ostino ragioni igienico-sanitarie, il consiglio comunale può consentire, previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la riduzione della zona di rispetto tenendo conto degli elementi ambientali di pregio dell'area, autorizzando l'ampliamento di edifici preesistenti o la costruzione di nuovi edifici. La riduzione di cui al periodo precedente si applica con identica procedura anche per la realizzazione di parchi, giardini e annessi, parcheggi pubblici e privati, attrezzature sportive, locali tecnici e serre.
Al fine dell’acquisizione del parere della competente azienda sanitaria locale, previsto dal presente articolo, decorsi inutilmente due mesi dalla richiesta, il parere si ritiene espresso favorevolmente.
All’interno della zona di rispetto per gli edifici esistenti sono consentiti interventi di recupero ovvero interventi funzionali all’utilizzo dell’edificio stesso, tra cui l’ampliamento nella percentuale massima del 10 per cento e i cambi di destinazione d’uso, oltre a quelli previsti dalle lettere a), b), c) e d) del primo comma dell’articolo 31 della legge 05.08.1978, n. 457
» (comma quest’ultimo così sostituito dall’articolo 28, comma 1, lettera b), della legge 01.08.2002, n. 166).
3.1.– La consolidata giurisprudenza di questo Consiglio è nel senso che:
   - il vincolo cimiteriale determina una situazione di inedificabilità ex lege e integra una limitazione legale della proprietà a carattere assoluto, direttamente incidente sul valore del bene e non suscettibile di deroghe di fatto, tale da configurare in maniera obbiettiva e rispetto alla totalità dei soggetti il regime di appartenenza di una pluralità indifferenziata di immobili che si trovino in un particolare rapporto di vicinanza o contiguità con i suddetti beni pubblici;
   - il vincolo ha carattere assoluto e non consente in alcun modo l'allocazione sia di edifici, sia di opere incompatibili con il vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che la fascia di rispetto intende tutelare, quali le esigenze di natura igienico sanitaria, la salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati alla inumazione e alla sepoltura, il mantenimento di un’area di possibile espansione della cinta cimiteriale (Cons. Stato, sez. VI, 09.03.2016, n. 949);
   - il vincolo, d’indole conformativa, è sganciato dalle esigenze immediate della pianificazione urbanistica, nel senso che esso si impone di per sé, con efficacia diretta, indipendentemente da qualsiasi recepimento in strumenti urbanistici, i quali non sono idonei, proprio per la loro natura, ad incidere sulla sua esistenza o sui suoi limiti (Cons. Stato, sez. IV, 22.11.2013, n. 5544);
   - la situazione di inedificabilità prodotta dal vincolo è suscettibile di venire rimossa solo in ipotesi eccezionali e comunque solo per considerazioni di interesse pubblico, in presenza delle condizioni specificate nell'art. 338, quinto comma;
   - l’art. 338, quinto comma, non presidia interessi privati e non può legittimare interventi edilizi futuri su un'area indisponibile per ragioni di ordine igienico-sanitario, nonché per la sacralità dei luoghi di sepoltura;
   - il procedimento attivabile dai singoli proprietari all’interno della zona di rispetto è soltanto quello finalizzato agli interventi di cui al settimo comma dell’art. 338, settimo comma (recupero o cambio di destinazione d’uso di edificazioni preesistenti); mentre resta attivabile nel solo interesse pubblico, come valutato dal legislatore nell’elencazione, al quinto comma, delle opere ammissibili ai fini della riduzione, la procedura di riduzione della fascia inedificabile (cfr. da ultimo Cons. Stato, sez. VI, 04.07.2014, n. 3410; sez. VI, 27.07.2015, n. 3667; ivi riferimenti ulteriori).
4.– Su questa premessa ricostruttiva, la doglianza del ricorrente, secondo cui il limite della percentuale di ampliamento (prescritta dall’ultimo comma dell’art. 338 del t.u.l.s.) dovrebbe essere riferita all’intero edifico e non già alla singola unità abitativa, non può essere accolta, sia pure con le seguenti precisazioni rispetto a quanto affermato dal giudice di prime cure.
La disposizione invocata ricollega il limite percentuale della facoltà di ampliamento all’edificio nel suo complesso.
Tuttavia, per evitare facili elusioni della suddetta prescrizione –segnatamente: in caso di proprietà divisa, ove fosse consentito a ciascun proprietario di realizzare sulla singola unità abitativa l’incremento percentuale assoluto, si otterrebbe il risultato o di ammettere, in relazione all’edificio, complessivamente considerato, un ampliamento eccedente la percentuale ammessa, ovvero di privare gli altri proprietari di analoga facoltà– deve ritenersi che il singolo condomino sia legittimato a chiedere l’ampliamento volumetrico nei soli limiti percentuali calcolati in relazione alle dimensioni della propria unità immobiliare.
Restano, tuttavia, salve le ipotesi (nessuna delle quali ricorrenti nel caso in esame) in cui: l’istanza sia proposta congiuntamente da tutti i proprietari, con progetto relativo all’intero immobile; ovvero, il singolo condomino corredi la propria istanza con un atto d’obbligo degli altri comproprietari (si osserva che l’atto d’obbligo, tradizionalmente qualificato in termini di servitù obbligatoria, dovrebbe oggi integrare la fattispecie, ora prevista dall’art. 2643, n. 2-bis, c.c., di contratto che trasferisce o modifica i «diritti edificatori comunque denominati, previsti da normative statali o regionali, ovvero da strumenti di pianificazione territoriale») (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 15.10.2018 n. 5911 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Un terreno soggetto a vincolo di inedificabilità assoluta, perché soggetto a fascia cimiteriale, può comunque astrattamente cedere la relativa cubatura purché l’immobile destinatario del beneficio sia compatibile con le finalità sottese al stesso vincolo, ossia “garantire la futura espansione del cimitero; garantire il decoro di un luogo di culto; assicurare una cintura sanitaria attorno a luoghi per loro natura insalubri”.
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Certamente dirimente è, nella fattispecie, l’accertamento della intervenuta violazione delle regole procedimentali, in specie quella prevista dal citato art. 10-bis in tema di preavviso di rigetto dell’istanza di concessione in sanatoria, tenuto conto che la questione giuridica sottesa –ossia l’ammissibilità della cessione dell’indice di cubatura da parte di terreno soggetto a vincolo di inedificabilità assoluta perché ricadente nella c.d. fascia di rispetto cimiteriale– risulta non univoca, per cui un contraddittorio pieno con la parte ricorrente avrebbe garantito un’istruttoria completa soprattutto alla luce degli orientamenti giurisprudenziali riportati da controparte, quali:
   1) TAR Liguria, Genova, sentenza n. 1388/2008, secondo cui “le finalità perseguite dalla normativa di tutela del vincolo cimiteriale sono sostanzialmente tre:
   - garantire la futura espansione del cimitero;
   - garantire il decoro di un luogo di culto;
   - assicurare una cintura sanitaria attorno a luoghi per loro natura insalubri (cfr. TAR Liguria, 1^, 25.03.2004 n. 290; id., 09.07.1998 n. 373; id., 06.11.1995 n. 320; da ultimo Cons. Stato, V, 03.05.2007 n. 1933). […]
Quindi l'Amministrazione è tenuta a valutare se ed in quale misura l'opera in questione venga effettivamente a concretizzare una lesione per il vincolo cimiteriale di inedificabilità e, più in particolare, se le opere da sanare possano aggravare il peso insediativo dell'area con la realizzazione di volumi edilizi tali da considerarsi nuove costruzioni
”;
   2) TAR Umbria, Perugia, sentenza n. 534/2002, secondo cui “Il vincolo cimiteriale consiste e si esaurisce nell'impedire che il suolo gravato venga direttamente edificato, ma, una volta osservato questo divieto, non impedisce che venga utilizzato in conformità alla destinazione urbanistica di zona: ad es., dandosene il caso, come area scoperta pertinenziale ad un fabbricato realizzato nella residua parte del lotto, e utile ai fini del calcolo della volumetria complessivamente realizzabile sul lotto stesso.
Allo stesso modo, la destinazione urbanistica edificatoria non esclude che talune porzioni del lotto siano inedificabili per effetto delle regole in materia di distanze tra fabbricati; mentre, per converso, l'inedificabilità de facto di quelle porzioni non esclude che la volumetria astrattamente loro spettante sia utilizzata nella residua parte del lotto
”.
Orientamenti giurisprudenziali dai quali si ricava, in combinato disposto, il principio per cui un terreno soggetto a vincolo di inedificabilità assoluta, perché soggetto a fascia cimiteriale, può comunque astrattamente cedere la relativa cubatura purché l’immobile destinatario del beneficio sia compatibile con le finalità sottese al stesso vincolo, ossia “garantire la futura espansione del cimitero; garantire il decoro di un luogo di culto; assicurare una cintura sanitaria attorno a luoghi per loro natura insalubri”.
Nel caso di specie, quindi, non coinvolgendo l’abuso tutto l’edificio ma essendo piuttosto risultata abusiva solo la maggiore ampiezza accertata rispetto alla originaria concessione, l’amministrazione avrebbe dovuto, sul piano procedimentale, sia coinvolgere l’interessato in sede di preavviso di rigetto dell’istanza di sanatoria, di cui al citato art. 10-bis; sia dare conto funditus delle ragioni motivazionali ostative al rilascio del citato provvedimento, esponendo il perché della ritenuta incompatibilità tra la maggiore volumetria e le rationes del vincolo cimiteriale, eventualmente tali da non consentire, in concreto, alcuna cessione di cubatura.
Il primo vulnus procedimentale ha ovviamente comportato, come è noto, una carenza del provvedimento di rigetto anche riguardo il secondo dei citati profili.
In definitiva, quindi, entrambi i ricorsi devono essere accolti perché fondati (TAR Sicilia-Catania, Sez. II, sentenza 28.09.2018 n. 1826 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2017

EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICAOggetto: Parere in merito all'interpretazione dell'art. 338 del R.D. 1265/1934 con riferimento alla possibilità di ampliare un cimitero comunale - Città metropolitana di Roma Capitale (Regione Lazio, nota 28.11.2017 n. 604910 di prot.).

anno 2016

LAVORI PUBBLICI: Parere in merito all'interpretazione dell'art. 338, comma 5, del R.D. 1265/1934 con riferimento alla realizzazione di un'opera pubblica ad una distanza inferiore ai 50 metri dal cimitero - Città metropolitana di Roma Capitale (Regione Lazio, parere 05.04.2016 n. 176096 di prot.).

anno 2015

EDILIZIA PRIVATA: La giurisprudenza più recente ha chiarito che l'art. 338 R.D. cit. vieta l'edificazione, nella fascia di duecento metri dal muro di cinta dei cimiteri, di manufatti che possono essere qualificati come costruzioni edilizie: ha quindi ritenuto che l'installazione di un impianto di telefonia mobile che -per le proprie caratteristiche- non può in alcun modo essere classificato come un manufatto edilizio non è incompatibile con il vincolo cimiteriale (nella specie si trattava di un'antenna staffata sul muro del cimitero e non di una costruzione edificata sul terreno ricadente nella fascia di rispetto).
Detta decisione –pur non essendo riferibile ad una fattispecie concreta identica, perché nel caso di specie si controverte sulla realizzazione di una stazione radio base sulla fascia di rispetto cimiteriale e non sulla semplice collocazione dell’antenna sul muro perimetrale del cimitero– nondimeno contiene una precisazione importante: sussiste il vincolo di inedificabilità solo in presenza di “edifici” e cioè solo quando vengono realizzate delle vere e proprie costruzioni.
Gli impianti di telefonia mobile non possono essere assimilati alle normali costruzioni edilizie in quanto normalmente non sviluppano volumetria o cubatura, non determinano ingombro visivo paragonabile a quello delle costruzioni, non hanno un impatto sul territorio paragonabile a quello degli edifici in cemento armato o muratura.
Il concetto di edificio è nettamente caratterizzato sia in architettura che nel diritto urbanistico: un palo di sostegno e le attrezzature installate su di esso non presentano –evidentemente– la stessa natura.
Inoltre, come ha correttamente rilevato la giurisprudenza più recente di primo grado, le stazioni radio base, sono opere di urbanizzazione primaria, compatibili con qualsiasi zonizzazione prevista dagli strumenti urbanistici vigenti, e dunque possono essere installate anche in zona di rispetto cimiteriale, tenuto anche conto che non ledono gli interessi dei quali il vincolo di inedificabilità persegue la tutela.
Gli impianti di telefonia mobile, infatti, –assimilabili ai tralicci dell’energia elettrica– non arrecano alcun danno al decoro e alla tranquillità dei defunti; non creano problemi di ordine sanitario e, nel caso di specie, nel quale l’impianto è collocato oltre la strada che costeggia il muro perimetrale del cimitero, non incidono neppure sulla possibilità di ampliamento del cimitero.
Correttamente, quindi, la legislazione regionale richiamata dalle appellanti (L.R. Lombardia n. 11/2001 art. 7, regolamento regionale 6/2004 e la circolare regionale 12.03.2007 n. 9) partendo dalla qualifica contenuta nell’art. 86 del codice delle comunicazioni elettroniche, secondo cui detti impianti costituiscono opere di urbanizzazione primaria, specificano che è possibile realizzarli nella fascia di rispetto cimiteriale.
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La natura di opere di urbanizzazione primaria consente di prescindere dalla zonizzazione recata dal P.R.G., potendo gli impianti di telecomunicazione per la telefonia mobile essere realizzati in qualunque zona del territorio comunale.
La giurisprudenza è univoca: “A norma dell’art. 86, c. 3, del D.Lgs. n. 259 del 2003 relativa alla localizzazione di infrastrutture di telecomunicazioni, è possibile prescindere dalla destinazione urbanistica del sito individuato per la loro installazione in quanto le infrastrutture di reti pubbliche di telecomunicazioni, di cui agli art. 87 e 88, sono assimilate ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria di cui all’art. 16, comma 7, del D.P.R. 06.06.2001 n. 380. Ne deriva anche alla luce dell’art. 4, comma 7, della L.R. n. 11 del 2001 che gli impianti radiobase di telefonia mobile di potenza totale non superiore a 300 watt non richiedono specifica regolamentazione urbanistica".

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Passando all’esame del merito, è necessario richiamare innanzitutto la norma dell’art. 388, comma 1, del R.D. n. 27/07/1934 n. 1265 secondo cui “I cimiteri devono essere collocati alla distanza di almeno 200 metri dal centro abitato. E’ vietato costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici entro il raggio di 200 metri dal perimetro dell’impianto cimiteriale, quale risultante dagli strumenti urbanistici vigenti nel comune o, in difetto di essi, comunque quale esistente in fatto, salve le deroghe ed eccezioni previste dalla legge”.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza sussiste –in base a detta disposizione– il vincolo di inedificabilità assoluta nella fascia di rispetto del cimitero: il vincolo ex lege può essere rimosso solo per considerazioni di interesse pubblico, in presenza delle condizioni specificate nell'art. 338, quarto comma; ma non per interessi privati, come ad esempio per legittimare ex post realizzazioni edilizie abusive di privati, o comunque interventi edilizi futuri, su un'area a tal fine indisponibile per ragioni di ordine igienico-sanitario, nonché per la sacralità dei luoghi di sepoltura, salve ulteriori esigenze di mantenimento di un'area di possibile espansione della cinta cimiteriale (cfr., tra le tante, Cons. Stato, sez. VI, 27.07.2015 n. 3667)
E’ stato quindi precisato in giurisprudenza che il vincolo cimiteriale, che comporta l’inedificabilità assoluta, non consente in alcun modo l’allocazione di edifici, anche non aventi natura residenziale, in ragione dei molteplici interessi pubblici che tale fascia di rispetto intende tutelare, e che possono enuclearsi nelle esigenze di natura igienico-sanitaria, nella salvaguardia della peculiare sacralità dei luoghi destinati alla sepoltura e nel mantenimento di un'area di possibile espansione della cinta cimiteriale (TAR Puglia, Lecce, sez. III, 04/07/2015 n. 2245; TAR Sicilia, Palermo, Sez. I, 03/03/2015 n. 575).
Facendo applicazione di detti principi la sentenza appellata ha annullato le autorizzazioni impugnate.
Secondo il primo giudice, infatti, il vincolo di inedificabilità assoluta gravante sulla fascia di rispetto del cimitero per espressa previsione normativa, impedisce la realizzazione di qualunque manufatto, anche ad uso diverso da quello abitativo, e trattandosi di vincolo imposto ex lege in via astratta, prescinde da qualunque valutazione in merito alla specifica conformazione della costruzione che si intende realizzare in prossimità del cimitero: sulla base di detti presupposti ha ritenuto che non potesse costruirsi neppure un traliccio di telecomunicazioni –struttura impattante– “non più rispettoso della pietas nei confronti dei defunti di quanto non lo sia una abitazione di residenza”.
Le affermazioni del primo giudice non possono essere condivise.
La giurisprudenza più recente ha chiarito che l'art. 338 R.D. cit. vieta l'edificazione, nella fascia di duecento metri dal muro di cinta dei cimiteri, di manufatti che possono essere qualificati come costruzioni edilizie (Cons. Stato Sez. V 14.09.2010 n. 6671): ha quindi ritenuto che l'installazione di un impianto di telefonia mobile che -per le proprie caratteristiche- non può in alcun modo essere classificato come un manufatto edilizio non è incompatibile con il vincolo cimiteriale (nella specie si trattava di un'antenna staffata sul muro del cimitero e non di una costruzione edificata sul terreno ricadente nella fascia di rispetto) (Cons. Stato sez. III 25/11/2014 n. 5837).
Detta decisione –pur non essendo riferibile ad una fattispecie concreta identica, perché nel caso di specie si controverte sulla realizzazione di una stazione radio base sulla fascia di rispetto cimiteriale e non sulla semplice collocazione dell’antenna sul muro perimetrale del cimitero– nondimeno contiene una precisazione importante: sussiste il vincolo di inedificabilità solo in presenza di “edifici” e cioè solo quando vengono realizzate delle vere e proprie costruzioni.
Gli impianti di telefonia mobile non possono essere assimilati alle normali costruzioni edilizie in quanto normalmente non sviluppano volumetria o cubatura, non determinano ingombro visivo paragonabile a quello delle costruzioni, non hanno un impatto sul territorio paragonabile a quello degli edifici in cemento armato o muratura (TAR Puglia Sez. I Lecce 08/04/2015 n. 1120).
Il concetto di edificio, come ha correttamente rilevato la difesa delle appellanti, è nettamente caratterizzato sia in architettura che nel diritto urbanistico: un palo di sostegno e le attrezzature installate su di esso non presentano –evidentemente– la stessa natura (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 17/10/2008 n. 5044).
Inoltre, come ha correttamente rilevato la giurisprudenza più recente di primo grado, le stazioni radio base, sono opere di urbanizzazione primaria, compatibili con qualsiasi zonizzazione prevista dagli strumenti urbanistici vigenti, e dunque possono essere installate anche in zona di rispetto cimiteriale (cfr. TAR Calabria, Catanzaro, Sez. I, 21/02/2014 n. 311; TAR Campania, Napoli, Sez. VII, 25/10/2012 n. 4223; TAR Lazio Sez. II-bis 14/05/2007 n. 4367), tenuto anche conto che non ledono gli interessi dei quali il vincolo di inedificabilità persegue la tutela.
Gli impianti di telefonia mobile, infatti, –assimilabili ai tralicci dell’energia elettrica– non arrecano alcun danno al decoro e alla tranquillità dei defunti; non creano problemi di ordine sanitario e, nel caso di specie, nel quale l’impianto è collocato oltre la strada che costeggia il muro perimetrale del cimitero, non incidono neppure sulla possibilità di ampliamento del cimitero.
Correttamente, quindi, la legislazione regionale richiamata dalle appellanti (L.R. Lombardia n. 11/2001 art. 7, regolamento regionale 6/2004 e la circolare regionale 12.03.2007 n. 9) partendo dalla qualifica contenuta nell’art. 86 del codice delle comunicazioni elettroniche, secondo cui detti impianti costituiscono opere di urbanizzazione primaria, specificano che è possibile realizzarli nella fascia di rispetto cimiteriale.
Non convince la tesi dell’appellato secondo cui anche per la realizzazione di detti impianti sarebbe necessario ricorrere al procedimento previsto dall’art. 388, c. 5, del R.D. 27/07/1934 n. 1265, in quanto –come già precisato– non si tratta di “edifici”, ma di semplici opere di urbanizzazione primaria riconducibili a tralicci per l’energia elettrica.
Infine, la natura di opere di urbanizzazione primaria consente di prescindere dalla zonizzazione recata dal P.R.G., potendo gli impianti di telecomunicazione per la telefonia mobile essere realizzati in qualunque zona del territorio comunale.
La giurisprudenza è univoca: “A norma dell’art. 86, c. 3, del D.Lgs. n. 259 del 2003 relativa alla localizzazione di infrastrutture di telecomunicazioni, è possibile prescindere dalla destinazione urbanistica del sito individuato per la loro installazione in quanto le infrastrutture di reti pubbliche di telecomunicazioni, di cui agli art. 87 e 88, sono assimilate ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria di cui all’art. 16, comma 7, del D.P.R. 06.06.2001 n. 380. Ne deriva anche alla luce dell’art. 4, comma 7, della L.R. n. 11 del 2001 che gli impianti radiobase di telefonia mobile di potenza totale non superiore a 300 watt non richiedono specifica regolamentazione urbanistica" (cfr., tra le tante, TAR Lombardia Sez. II 02/03/2012 n. 351).
Alla stregua delle suesposte considerazioni, gli appelli devono essere accolti con riforma della sentenza di primo grado (Consiglio di Stato, Sez. III, sentenza 17.11.2015 n. 5257 - link a www.giustizia-amministratva.it).

EDILIZIA PRIVATA: Il vincolo cimiteriale determina una situazione di inedificabilità ex lege, suscettibile di venire rimossa solo in ipotesi eccezionali e comunque solo per considerazioni di interesse pubblico, in presenza delle condizioni specificate nell'art. 338, quarto comma; ma non per interessi privati, come ad esempio per legittimare ex post realizzazioni edilizie abusive di privati, o comunque interventi edilizi futuri, su un’area a tal fine indisponibile per ragioni di ordine igienico-sanitario, nonché per la sacralità dei luoghi di sepoltura, salve ulteriori esigenze di mantenimento di un'area di possibile espansione della cinta cimiteriale.
Pertanto, il procedimento attivabile dai singoli proprietari all'interno della fascia di rispetto è in ogni caso soltanto quello finalizzato agli interventi di cui all’articolo 338, settimo comma, del citato Testo unico (recupero o cambio di destinazione d'uso di edificazioni preesistenti); mentre resta attivabile nel solo interesse pubblico -per i motivi anzidetti- la procedura di riduzione della fascia inedificabile in questione.

4.3.1. Ebbene, fermo restando quanto appena osservato, si osserva comunque che il motivo dinanzi richiamato sub iii) (si tratta del motivo di diniego opposto dal Comune in relazione al vincolo cimiteriale insistente sull’area) non può comunque trovare accoglimento.
In punto di fatto si osserva che è pacifica l’esistenza su una parte del compendio per cui è causa di un vincolo cimiteriale ai sensi dell’articolo 338 del regio decreto n. 27.07.1034, n. 1265 (c.d. ‘Testo unico delle leggi sanitarie’).
Risulta in atti che le iniziative attivate dall’odierno appellante al fine di ottenere una nuova e diversa perimetrazione della richiamata fascia di rispetto sino al limite minimo dei 50 metri siano state respinte sia dal TAR della Lombardia (sentenza n. 2035 del 2013), sia da questo Consiglio di Stato (sentenza n. 1317/2014).
Ai fini della presente decisione appare dirimente richiamare quanto già stabilito dalla Sezione con la sentenza da ultimo richiamata.
Si è in tale occasione ribadito che, per consolidata giurisprudenza, il vincolo cimiteriale determina una situazione di inedificabilità ex lege, suscettibile di venire rimossa solo in ipotesi eccezionali e comunque solo per considerazioni di interesse pubblico, in presenza delle condizioni specificate nell'art. 338, quarto comma; ma non per interessi privati, come ad esempio per legittimare ex post realizzazioni edilizie abusive di privati, o comunque interventi edilizi futuri, su un’area a tal fine indisponibile per ragioni di ordine igienico-sanitario, nonché per la sacralità dei luoghi di sepoltura, salve ulteriori esigenze di mantenimento di un'area di possibile espansione della cinta cimiteriale (cfr. Cass., I, 23.06.2004, n. 11669; Cons. Stato, IV, 11.10.2006, n. 6064; id., V, 29.03.2006, n. 1593; 03.05.2007, n. 1934 e 14.09.2010, n. 6671).
Pertanto, il procedimento attivabile dai singoli proprietari all'interno della fascia di rispetto è in ogni caso soltanto quello finalizzato agli interventi di cui all’articolo 338, settimo comma, del citato Testo unico (recupero o cambio di destinazione d'uso di edificazioni preesistenti); mentre resta attivabile nel solo interesse pubblico -per i motivi anzidetti- la procedura di riduzione della fascia inedificabile in questione.
Non può, quindi, essere condivisa la tesi dell’appellante secondo cui nelle aree sottoposte a vincolo cimiteriale sarebbero in ogni caso ammessi gli interventi di edilizia c.d. ‘libera’, ostandovi –anche in questo caso– la previsione di cui al comma 1 dell’articolo 6 del d.P.R. 380 del 2001 il quale fa in ogni caso salve le preclusioni rinvenienti “[da] altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia (…)
(Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 27.07.2015 n. 3667 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAAi sensi dell’art. 338 del t.u delle leggi sanitarie del 1934, i cimiteri devono essere collocati alla distanza di almeno 200 metri dal centro abitato. E' vietato costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici entro il raggio di 200 metri dal perimetro dell'impianto cimiteriale, quale risultante dagli strumenti urbanistici vigenti nel comune o, in difetto di essi, comunque quale esistente in fatto, salve le deroghe ed eccezioni previste dalla legge. In base al secondo comma le disposizioni di cui al comma precedente non si applicano ai cimiteri militari di guerra quando siano trascorsi 10 anni dal seppellimento dell'ultima salma.
L’art. 338 del T.U. del 1934, secondo la giurisprudenza costituisce una norma che si impone alla pianificazione comunale anche modificandola ex lege se non abbia recepito le disposizioni legislative. Il vincolo cimiteriale, espresso dall'art. 338 del r.d. 27.07.1934, n. 1265 ha natura assoluta e si impone, in quanto limite legale, anche alle eventuali diverse e contrastanti previsioni degli strumenti urbanistici, in relazione alle sue finalità di tutela di preminenti esigenze igienicosanitarie, salvaguardia della sacralità dei luoghi di sepoltura, conservazione di adeguata area di espansione della cinta cimiteriale.
Anche la previsione del secondo comma dell’art. 338, relativa ai cimiteri di guerra, ha la medesima natura, pertanto, si deve ritenere che anche tale vincolo si imponga all’Amministrazione comunale ex lege, indipendentemente dalle previsioni contrarie del piano; peraltro tale vincolo ex lege cessa, in base alla espressa previsione normativa, dopo dieci anni dall’ultima sepoltura.
Ritiene il Collegio, conformemente a quanto di recente affermato dal Tar Veneto, rispetto al vincolo cimiteriale relativo al Comune di Costermano, che qualora l’amministrazione comunale abbia recepito nelle proprie norme di piano il vincolo cimiteriale questo derivi anche da tali disposizioni comunali. “Il vincolo, in tal caso, trova la propria autonoma fonte normativa, infatti, nelle previsioni dello strumento urbanistico comunale relative alle aree interessate dall’intervento edilizio. La limitazione temporale relativa alle aree limitrofe ai cimiteri militari di guerra del vincolo cimiteriale, prevista dall’art. 338 R.D. n. 1265/1934, non priva, infatti, i Comuni del potere di individuare delle fasce di rispetto anche a tutela della sacralità dei cimiteri militari di guerra”.
Nel caso di specie, il vincolo è contenuto, nelle norme di piano regolatore del Comune di Pomezia, sia in forza del richiamo operato dalle norme tecniche di attuazione al T.U. del 1934 sia nelle tavole di piano. Ne deriva che tale vincolo può cessare solo a seguito di una variante del piano regolatore, rispetto alla quale l’amministrazione comunale non sarebbe vincolata al rispetto del vincolo cimiteriale ai sensi del secondo comma dell’art. 338, ma, nell’esercizio della propria discrezionalità, potrebbe anche destinare l’area ad usi comunque compatibili con la presenza del cimitero di guerra, rilevante non più sotto il profilo igienico sanitario, ma di rispetto della sacralità del luogo o del monumento storico.
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Non rilevano nel caso di specie le diposizioni dei commi successivi dell’art. 338, citate dalla difesa ricorrente. Infatti, le ipotesi disciplinate da tali disposizioni, nel testo modificato dalla legge n. 166 del 2002, riguardano i casi in cui il Consiglio comunale può ridurre la fascia di rispetto cimiteriale. In particolare, in base a tali disposizioni, il consiglio comunale può approvare, previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la costruzione di nuovi cimiteri o l'ampliamento di quelli già esistenti ad una distanza inferiore a 200 metri dal centro abitato, purché non oltre il limite di 50 metri, quando ricorrano, anche alternativamente, le seguenti condizioni:
a) risulti accertato dal medesimo consiglio comunale che, per particolari condizioni locali, non sia possibile provvedere altrimenti;
b) l'impianto cimiteriale sia separato dal centro urbano da strade pubbliche almeno di livello comunale, sulla base della classificazione prevista ai sensi della legislazione vigente, o da fiumi, laghi o dislivelli naturali rilevanti, ovvero da ponti o da impianti ferroviari.
Inoltre, per dare esecuzione ad un'opera pubblica o all'attuazione di un intervento urbanistico, purché non vi ostino ragioni igienico-sanitarie, il consiglio comunale può consentire, previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la riduzione della zona di rispetto tenendo conto degli elementi ambientali di pregio dell'area, autorizzando l'ampliamento di edifici preesistenti o la costruzione di nuovi edifici. La riduzione di cui al periodo precedente si applica con identica procedura anche per la realizzazione di parchi, giardini e annessi, parcheggi pubblici e privati, attrezzature sportive, locali tecnici e serre.
Secondo la costante giurisprudenza, tale eccezionale potere comunale può essere adoperato in maniera legittima solo per ragioni di interesse pubblico, “non anche per agevolare singoli proprietari, che abbiano effettuato abusivamente, o intendano effettuare, interventi edilizi su un'area, resa a tal fine indisponibile per ragioni di ordine igienico-sanitario, nonché per la peculiare sacralità dei luoghi destinati alla sepoltura, senza esclusione di ulteriori esigenze di mantenimento di un'area di possibile espansione della cinta cimiteriale. L'unico procedimento, attivabile dai singoli proprietari all'interno della fascia di rispetto, pertanto, è quello finalizzato agli interventi di cui all'art. 338, comma 7, dello stesso r.d. n. 1265/1934 (recupero o cambio di destinazione d'uso di edificazioni preesistenti), restando attivabile solo d'ufficio -per i motivi anzidetti- la procedura di riduzione della fascia inedificabile in questione”.

Con il presente ricorso è stato impugnato il provvedimento del dirigente del settore lavori pubblici ed urbanistica del Comune di Pomezia del 27.10.2014, con il quale è stato negato il permesso di costruire per la realizzazione di un distributore di carburanti con locali commerciali annessi, richiesto dalla società ricorrente il 13.05.2013, in relazione alla esistenza, in base al piano regolatore generale, nell’area interessata della fascia di rispetto cimiteriale relativa al cimitero militare germanico.
...
Ritiene il Collegio di poter prescindere dall’accertamento della effettiva data di ultima sepoltura nel cimitero tedesco, in relazione alla natura del vincolo cimiteriale sull’area interessata.
Ai sensi dell’art. 338 del t.u delle leggi sanitarie del 1934, i cimiteri devono essere collocati alla distanza di almeno 200 metri dal centro abitato. E' vietato costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici entro il raggio di 200 metri dal perimetro dell'impianto cimiteriale, quale risultante dagli strumenti urbanistici vigenti nel comune o, in difetto di essi, comunque quale esistente in fatto, salve le deroghe ed eccezioni previste dalla legge. In base al secondo comma le disposizioni di cui al comma precedente non si applicano ai cimiteri militari di guerra quando siano trascorsi 10 anni dal seppellimento dell'ultima salma.
L’art. 338 del T.U. del 1934, secondo la giurisprudenza costituisce una norma che si impone alla pianificazione comunale anche modificandola ex lege se non abbia recepito le disposizioni legislative. Il vincolo cimiteriale, espresso dall'art. 338 del r.d. 27.07.1934, n. 1265 ha natura assoluta e si impone, in quanto limite legale, anche alle eventuali diverse e contrastanti previsioni degli strumenti urbanistici, in relazione alle sue finalità di tutela di preminenti esigenze igienicosanitarie, salvaguardia della sacralità dei luoghi di sepoltura, conservazione di adeguata area di espansione della cinta cimiteriale (Consiglio di Stato n. 2405 del 2014; Consiglio di Stato n. 5571 del 2013; Consiglio di Stato n. 4403 del 2011).
Anche la previsione del secondo comma dell’art. 338, relativa ai cimiteri di guerra, ha la medesima natura, pertanto, si deve ritenere che anche tale vincolo si imponga all’Amministrazione comunale ex lege, indipendentemente dalle previsioni contrarie del piano; peraltro tale vincolo ex lege cessa, in base alla espressa previsione normativa, dopo dieci anni dall’ultima sepoltura.
Ritiene il Collegio, conformemente a quanto di recente affermato dal Tar Veneto, rispetto al vincolo cimiteriale relativo al Comune di Costermano, che qualora l’amministrazione comunale abbia recepito nelle proprie norme di piano il vincolo cimiteriale questo derivi anche da tali disposizioni comunali. “Il vincolo, in tal caso, trova la propria autonoma fonte normativa, infatti, nelle previsioni dello strumento urbanistico comunale relative alle aree interessate dall’intervento edilizio. La limitazione temporale relativa alle aree limitrofe ai cimiteri militari di guerra del vincolo cimiteriale, prevista dall’art. 338 R.D. n. 1265/1934, non priva, infatti, i Comuni del potere di individuare delle fasce di rispetto anche a tutela della sacralità dei cimiteri militari di guerra” (Tar Veneto n. 87 del 2015).
Nel caso di specie, il vincolo è contenuto, nelle norme di piano regolatore del Comune di Pomezia, sia in forza del richiamo operato dalle norme tecniche di attuazione al T.U. del 1934 sia nelle tavole di piano. Ne deriva che tale vincolo può cessare solo a seguito di una variante del piano regolatore, rispetto alla quale l’amministrazione comunale non sarebbe vincolata al rispetto del vincolo cimiteriale ai sensi del secondo comma dell’art. 338, ma, nell’esercizio della propria discrezionalità, potrebbe anche destinare l’area ad usi comunque compatibili con la presenza del cimitero di guerra, rilevante non più sotto il profilo igienico sanitario, ma di rispetto della sacralità del luogo o del monumento storico.
Il provvedimento comunale, basato, quindi, sull’esistenza della fascia di rispetto cimiteriale nella pianificazione comunale deve dunque ritenersi legittimo.
Non rilevano, invece, nel caso di specie, le diposizioni dei commi successivi dell’art. 338, citate dalla difesa ricorrente. Infatti, le ipotesi disciplinate da tali disposizioni, nel testo modificato dalla legge n. 166 del 2002, riguardano i casi in cui il Consiglio comunale può ridurre la fascia di rispetto cimiteriale. In particolare, in base a tali disposizioni, il consiglio comunale può approvare, previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la costruzione di nuovi cimiteri o l'ampliamento di quelli già esistenti ad una distanza inferiore a 200 metri dal centro abitato, purché non oltre il limite di 50 metri, quando ricorrano, anche alternativamente, le seguenti condizioni:
a) risulti accertato dal medesimo consiglio comunale che, per particolari condizioni locali, non sia possibile provvedere altrimenti;
b) l'impianto cimiteriale sia separato dal centro urbano da strade pubbliche almeno di livello comunale, sulla base della classificazione prevista ai sensi della legislazione vigente, o da fiumi, laghi o dislivelli naturali rilevanti, ovvero da ponti o da impianti ferroviari.
Inoltre, per dare esecuzione ad un'opera pubblica o all'attuazione di un intervento urbanistico, purché non vi ostino ragioni igienico-sanitarie, il consiglio comunale può consentire, previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la riduzione della zona di rispetto tenendo conto degli elementi ambientali di pregio dell'area, autorizzando l'ampliamento di edifici preesistenti o la costruzione di nuovi edifici. La riduzione di cui al periodo precedente si applica con identica procedura anche per la realizzazione di parchi, giardini e annessi, parcheggi pubblici e privati, attrezzature sportive, locali tecnici e serre.
Secondo la costante giurisprudenza, tale eccezionale potere comunale può essere adoperato in maniera legittima solo per ragioni di interesse pubblico, “non anche per agevolare singoli proprietari, che abbiano effettuato abusivamente, o intendano effettuare, interventi edilizi su un'area, resa a tal fine indisponibile per ragioni di ordine igienico-sanitario, nonché per la peculiare sacralità dei luoghi destinati alla sepoltura, senza esclusione di ulteriori esigenze di mantenimento di un'area di possibile espansione della cinta cimiteriale. L'unico procedimento, attivabile dai singoli proprietari all'interno della fascia di rispetto, pertanto, è quello finalizzato agli interventi di cui all'art. 338, comma 7, dello stesso r.d. n. 1265/1934 (recupero o cambio di destinazione d'uso di edificazioni preesistenti), restando attivabile solo d'ufficio -per i motivi anzidetti- la procedura di riduzione della fascia inedificabile in questione” (Consiglio di Stato n. 3410 del 2014).
Sostiene poi la difesa ricorrente la violazione dell’art. 10-bis della legge n. 241 del 1990, in quanto nel provvedimento impugnato si fa riferimento ad un preavviso di rigetto inviato il 18.03.2014 ed alla mancata presentazione delle osservazioni, mentre queste sarebbero state presentate il 04.04.2014. Tale censura non può essere accolta.
In primo luogo, come è noto, la costante giurisprudenza, a cui il Collegio ritiene di aderire, afferma che la violazione dell'art. 10-bis della legge generale sul procedimento non produce ex se la invalidità del provvedimento finale, dovendo la disposizione di preavviso di rigetto essere interpretata alla luce dell'art. 21-octies della legge n. 241/1990, per cui occorre valutare il contenuto sostanziale della determinazione conclusiva, allorché questa risulti non incisa dal vizio formale (Consiglio di Stato n. 4448 del 2013).
Nel caso di specie, il diniego è basato sulla inedificabilità derivante dalla fascia di rispetto cimiteriale, che, fino ad una modifica del p.r.g. da parte del Consiglio Comunale, non assegna alcuna discrezionalità degli uffici del Comune.
Inoltre, nel caso di specie, risulta che dalla data di invio del preavviso di rigetto, 18.03.2014, a quella di adozione del provvedimento finale, 27.10.2014, vi sia stata la presentazione di documentazione integrativa, il 04.04.2014 ed il 24.04.2014, nonché colloqui intercorsi con il dirigente della sezione urbanistica (cfr. nota indirizzata del 28.04.2014 indirizzata al Comune di Pomezia).
Infine, il procedimento concluso con il provvedimento impugnato è successivo ad un ulteriore procedimento relativo all’annullamento in autotutela, con provvedimento del 26.04.2013, di un precedente permesso di costruire rilasciato il 18.01.2013, procedimento in cui era stata già assicurata la partecipazione della società ricorrente. Anche sotto tale profilo deve dunque ritenersi infondata la censura relativa alla violazione dell’art. 10-bis della legge n. 241 del 1990.
Quanto al censurato difetto di motivazione, nel provvedimento impugnato deve ritenersi sufficiente il richiamo al vincolo cimiteriale derivante dal p.r.g., che comporta un vincolo assoluto di inedificabilità (cfr. Consiglio di Stato n. 3410 del 2014).
Il ricorso è pertanto infondato e deve essere respinto (TAR Lazio-Roma, Sez. II-quater, sentenza 12.05.2015 n. 6896 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAIl vincolo cimiteriale è perpetuo, ai sensi dell'art. 338 del Testo unico. 27.07.1934 n. 1265, e la sua reiterazione nel piano regolatore generale (peraltro ricognitiva) non dà luogo a indennizzo, anche perché non integra un vincolo preordinato all'esproprio, bensì un vincolo di natura “conformativa” discendente ex lege per ragioni soprattutto di tutela dell'igiene e della sicurezza pubblica.
Considerato.
La Sezione osserva sul piano generale che la giurisprudenza amministrativa si è ripetutamente espressa nel senso che il vincolo cimiteriale è perpetuo, ai sensi dell'art. 338 del Testo unico. 27.07.1934 n. 1265, e che la sua reiterazione nel piano regolatore generale (peraltro ricognitiva) non dà luogo a indennizzo (ex multis, C.G.A. Reg. Sicilia - sez. giurisdizionale, 08.10.2007, n. 929), anche perché non integra un vincolo preordinato all'esproprio, bensì un vincolo di natura “conformativa” discendente ex lege per ragioni soprattutto di tutela dell'igiene e della sicurezza pubblica.
Nel caso di specie, il PGT si limita a recepire le previsioni del vigente piano regolatore cimiteriale, sia nella parte che classifica come G1 (zone cimiteriali) la porzione di vigneto ricadente nella fascia di rispetto cimiteriale, sia nella parte in cui individua come possibile zona di espansione dell’attuale cimitero l’area ove ricade il vigneto in questione.
Ne consegue che l’eventuale lesività delle suddette previsioni non discende, come sostengono i ricorrenti, dal PGT bensì dal piano regolatore cimiteriale divenuto inoppugnabile (Consiglio di Stato, Sez. I, parere 18.03.2015 n. 821 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATALa salvaguardia dell'area di rispetto cimiteriale di 200 metri prevista dall'art. 338 del R.D. 27.07.1934, n. 1265 (testo unico delle leggi sanitarie), cioè il c.d. “vincolo cimiteriale”, comporta un vincolo assoluto di inedificabilità, in considerazione dei molteplici interessi pubblici tutelati (quali le esigenze di natura igienico-sanitaria, la peculiare sacralità dei luoghi destinati all'inumazione e alla sepoltura, il mantenimento di un'area di possibile espansione della cinta cimiteriale; in tal senso, Cons. Stato, sez. IV, 20.07.2011, n. 4403, secondo cui la fascia di rispetto cimiteriale prevista dal citato art. 338 del T.U. delle leggi sanitarie, da misurare a partire dal muro di cinta del cimitero, costituisce un vincolo assoluto di inedificabilità -tale da imporsi anche rispetto a contrastanti previsioni di P.R.G.- che non consente in alcun modo l'allocazione sia di edifici sia di opere incompatibili col vincolo medesimo).
Da tale effetto di inedificabilità assoluta e legale discende che le amministrazioni comunali non dispongono di alcun potere discrezionale di valutazione in ordine alla concreta compatibilità delle opere di volta in volta realizzate con i valori tutelati dal vincolo.
Inoltre non incide sulla legittimità del provvedimento impugnato quanto riferito genericamente dal ricorrente riguardo all’avvenuto rilascio di provvedimenti concessori per altri immobili (del pari ricadenti nella medesima area di rispetto cimiteriale), posto che l’eventuale illegittimità di detti assensi non potrebbe giustificare l’annullamento di un diniego legittimo (Cons. Stato, sez. VI, 30.06.2011, n. 3894, secondo cui la legittimità dell'operato della Pubblica amministrazione non può comunque essere inficiata dall'eventuale illegittimità compiuta in altra situazione).
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In base all’art. 28 della L. n. 166/2002 il divieto di inedificabilità assoluta vigente nell'area di rispetto cimiteriale (200 m.) può essere derogato soltanto per realizzare un'opera pubblica o per attuare un intervento urbanistico e sempre che non vi ostino ragioni igienico-sanitarie: nella fattispecie, tuttavia, le opere realizzate non rientrano in alcuna delle categorie in relazione alle quali la legge ammette una possibilità di deroga al divieto e, comunque, la riduzione della fascia di rispetto, sebbene possa riguardare anche gli ampliamenti, è espressione di discrezionalità urbanistica dell’ente civico il cui esercizio non è oggetto di un obbligo.
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Il vincolo di rispetto della fascia cimiteriale, in quanto previsto dalla legge (art. 338 del T.U. 27.07.1934 n. 1265, come modificato dalla legge 04.12.1956 n. 1428, e dalla legge 17.10.1957 n. 983 , nonché art. 57 del D.P.R. 21.10.1975 n. 803), incide sull'edificabilità dei suoli in modo generale ed obiettivo, nei confronti di tutti i proprietari di determinati beni. I vincoli posti dalla citata norma, pertanto, non avendo carattere espropriativo ed essendo previsti a tempo indeterminato, non sono soggetti a decadenza.

CONSIDERATO
1. – Il ricorso non merita accoglimento. Ed invero, è manifestamente infondato il primo motivo sub litteris a) e c).
Difatti, diversamente da quanto ritenuto dal ricorrente, la salvaguardia dell'area di rispetto cimiteriale di 200 metri prevista dall'art. 338 del R.D. 27.07.1934, n. 1265 (testo unico delle leggi sanitarie), cioè il c.d. “vincolo cimiteriale”, comporta un vincolo assoluto di inedificabilità, in considerazione dei molteplici interessi pubblici tutelati (quali le esigenze di natura igienico-sanitaria, la peculiare sacralità dei luoghi destinati all'inumazione e alla sepoltura, il mantenimento di un'area di possibile espansione della cinta cimiteriale; in tal senso, Cons. Stato, sez. IV, 20.07.2011, n. 4403, secondo cui la fascia di rispetto cimiteriale prevista dal citato art. 338 del T.U. delle leggi sanitarie, da misurare a partire dal muro di cinta del cimitero, costituisce un vincolo assoluto di inedificabilità -tale da imporsi anche rispetto a contrastanti previsioni di P.R.G.- che non consente in alcun modo l'allocazione sia di edifici sia di opere incompatibili col vincolo medesimo).
Da tale effetto di inedificabilità assoluta e legale discende che le amministrazioni comunali non dispongono di alcun potere discrezionale di valutazione in ordine alla concreta compatibilità delle opere di volta in volta realizzate con i valori tutelati dal vincolo (C.G.A., sez. riun., 08.05.2012, n. 260/12; Cons. Stato, sez. IV, 27.10.2009, n. 6547).
Inoltre non incide sulla legittimità del provvedimento impugnato quanto riferito genericamente dal ricorrente riguardo all’avvenuto rilascio di provvedimenti concessori per altri immobili (del pari ricadenti nella medesima area di rispetto cimiteriale), posto che l’eventuale illegittimità di detti assensi non potrebbe giustificare l’annullamento di un diniego legittimo (Cons. Stato, sez. VI, 30.06.2011, n. 3894, secondo cui la legittimità dell'operato della Pubblica amministrazione non può comunque essere inficiata dall'eventuale illegittimità compiuta in altra situazione).
2. – I superiori rilievi travolgono anche gli altri motivi di ricorso, posto che –stante la condizione di assoluta inedificabilità e, quindi, di non condonabilità dell’area in parola– il ricorrente non può aspirare alla formazione del titolo in sanatoria per silentium né in applicazione dell’art. 28 della L. n. 166/2002.
A quest’ultimo riguardo va osservato che, in base a detta disposizione, il divieto di inedificabilità assoluta vigente nell'area di rispetto cimiteriale (200 m.) può essere derogato soltanto per realizzare un'opera pubblica o per attuare un intervento urbanistico e sempre che non vi ostino ragioni igienico-sanitarie (Cons. Stato, sez. IV, n. 609 del 27.01.2011): nella fattispecie, tuttavia, le opere realizzate non rientrano in alcuna delle categorie in relazione alle quali la legge ammette una possibilità di deroga al divieto e, comunque, la riduzione della fascia di rispetto, sebbene possa riguardare anche gli ampliamenti, è espressione di discrezionalità urbanistica dell’ente civico il cui esercizio non è oggetto di un obbligo. Vanno, dunque, respinti i motivi I), sub b), III) e IV).
Infine è infondato il secondo motivo dal momento che il vincolo di rispetto della fascia cimiteriale, in quanto previsto dalla legge (art. 338 del T.U. 27.07.1934 n. 1265, come modificato dalla legge 04.12.1956 n. 1428, e dalla legge 17.10.1957 n. 983 , nonché art. 57 del D.P.R. 21.10.1975 n. 803), incide sull'edificabilità dei suoli in modo generale ed obiettivo, nei confronti di tutti i proprietari di determinati beni. I vincoli posti dalla citata norma, pertanto, non avendo carattere espropriativo ed essendo previsti a tempo indeterminato, non sono soggetti a decadenza (C.G.A.R.S., parere 28.05.2015 n. 551 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Secondo il consolidato orientamento della Sezione, dal quale non vi sono ragioni per discostarsi, il vincolo imposto dall’art. 338 R.D. n. 1265/1934 e dall’art. 57 D.P.R. n. 285/1990 è un vincolo assoluto di inedificabilità ex lege, tale da prevalere addirittura anche su eventuali disposizioni urbanistiche contrarie, con conseguente insanabilità delle opere realizzate all’interno della fascia di rispetto cimiteriale a prescindere da qualsiasi valutazione in concreto della compatibilità del manufatto rispetto al vincolo medesimo.
Questo, dal canto suo, risponde a una pluralità di funzioni, quali assicurare condizioni di igiene e salubrità, garantire tranquillità e decoro ai luoghi di sepoltura, consentire futuri ampliamenti dell'impianto funerario, ed opera indipendentemente dal tipo di fabbricato, riguardando anche gli edifici sparsi.
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Il vincolo cimiteriale importa inedificabilità assoluta dell’area indipendentemente dalla tipologia di fabbricato e dalla natura pertinenziale dello stesso.

3. Con il terzo motivo, la ricorrente afferma che il provvedimento impugnato sarebbe viziato per difetto di motivazione e per falsa applicazione dell’art. 33 della legge n. 47/1985. Esso non recherebbe, infatti, alcuna indicazione circa l’epoca di esecuzione delle opere e quella di imposizione del vincolo cimiteriale, mentre, dalla certificazione urbanistica rilasciata dallo stesso Comune, l’area risulterebbe essere stata sottoposta a vincolo solo a seguito dell’approvazione del P.R.G. del 1972, quando le opere erano state oramai realizzate, fatta eccezione per semplici opere di rifinitura della costruzione.
3.1. Con il quarto motivo, quindi, la signora A. puntualizza come l’unico vincolo gravante sull’area prima del 1972 fosse quello di cui all’art. 338 R.D. n. 1265/1934, disposizione inapplicabile alle opere da lei eseguite, perché ricadenti al di fuori di un centro abitato. Per questo aspetto, del resto, la regolarità del fabbricato sarebbe stata espressamente riconosciuta dal Comune all’epoca dell’ampliamento del cimitero di Pariana, ed, in ogni caso, il vincolo imposto dall’art. 338 cit. non porrebbe una preclusione assoluta all’edificabilità, ma imporrebbe una semplice verifica di compatibilità igienico-sanitaria della presenza di abitazioni all’interno della fascia di rispetto del cimitero. Infine, nella specie, non sarebbe stata la ricorrente a edificare in violazione del vincolo, quanto il cimitero ad essere ampliato troppo a ridosso delle abitazioni preesistenti.
3.1.1. Anche tali censure, da esaminarsi congiuntamente, sono infondate.
3.2. Secondo il consolidato orientamento della Sezione, dal quale non vi sono ragioni per discostarsi, il vincolo imposto dall’art. 338 R.D. n. 1265/1934 e dall’art. 57 D.P.R. n. 285/1990 è un vincolo assoluto di inedificabilità ex lege, tale da prevalere addirittura anche su eventuali disposizioni urbanistiche contrarie, con conseguente insanabilità delle opere realizzate all’interno della fascia di rispetto cimiteriale a prescindere da qualsiasi valutazione in concreto della compatibilità del manufatto rispetto al vincolo medesimo. Questo, dal canto suo, risponde a una pluralità di funzioni, quali assicurare condizioni di igiene e salubrità, garantire tranquillità e decoro ai luoghi di sepoltura, consentire futuri ampliamenti dell'impianto funerario, ed opera indipendentemente dal tipo di fabbricato, riguardando anche gli edifici sparsi (per tutte, cfr. TAR Toscana, sez. III, 12.11.2013, n. 1553, e 12.07.2010, n. 2446; Cons. Stato, sez. IV, 27.10.2009, n. 6547).
Escluso, pertanto, che la nascita del vincolo in questione possa essere ricondotta all’approvazione del P.R.G. del 1972, che si limita a rinviare a leggi e regolamenti vigenti, la circostanza, pacifica, che gli abusi per cui è causa siano stati sin dall’origine realizzati all’interno della fascia di rispetto del cimitero di Pariana rende doveroso il diniego di condono, legittimando le scelte dell’amministrazione procedente ed evidenziando l’inconferenza dei rilievi svolti dall’interessato.
Al riguardo, basti osservare che il vincolo di rispetto del cimitero di Pariana risale ad epoca anteriore al 1958, anno in cui la fascia di rispetto venne ridotta da duecento a cento metri, mentre le opere abusive risultano completate entro il 1985, stando a quanto a suo tempo indicato dalla ricorrente nelle istanze di condono; la presenza delle opere all’interno della fascia di rispetto di cento metri è peraltro confermata proprio dal decreto sindacale dell’11.08.1998, dal quale non può farsi discendere il riconoscimento della legittimità urbanistico-edilizia delle costruzioni ivi presenti, trattandosi di provvedimento cui sono unicamente sottese valutazioni di matrice igienico-sanitaria effettuate dal Comune nella prospettiva dell’ampliamento del cimitero e non anche in quella, speculare, dell’assentibilità delle costruzioni esistenti all’interno della fascia di rispetto cimiteriale (dal decreto dell’11.08.1998 è assente, in definitiva, ogni valutazione circa la legittimità delle costruzioni sparse realizzate all’interno della fascia di rispetto, la presenza delle quali viene assunta al solo scopo di escludere che esse costituissero un centro abitato ai fini dell’art. 338 n. 1265/1934.
Quel che rileva ai fini di causa, piuttosto, è che dette costruzioni si trovassero all’interno della fascia di rispetto ben prima che il cimitero fosse ampliato).
3.3. I rilievi appena svolti danno altresì conto dell’adeguatezza motivazionale dell’atto impugnato, che fa dichiarata applicazione dell’art. 33 della legge n. 47/1985 previa indicazione del relativo presupposto giuridico-fattuale, vale a dire l’esistenza del vincolo cimiteriale di inedificabilità assoluta.
...
Con il sesto motivo, si sostiene infine che il diniego di sanatoria dovrebbe considerarsi abnorme in relazione ai manufatti accessori alla costruzione principale, trattandosi di opere pertinenziali non soggette a concessione e insuscettibili di sanzione demolitoria, ai sensi dell’art. 4, co. 2, della legge n. 47/1985.
La doglianza non tiene conto, tuttavia, del contenuto proprio del vincolo cimiteriale, che importa inedificabilità assoluta dell’area indipendentemente dalla tipologia di fabbricato e dalla natura pertinenziale dello stesso (fra le molte, cfr. TAR Toscana, sez. III, 11.06.2010, n. 1815, ma già, all’epoca dei fatti di causa, Cons. Stato, sez. V, 27.08.1999, n. 1006) (TAR Toscana, Sez. III, sentenza 02.02.2015 n. 184 - link a www.giustizia-amminitrativa.it).

anno 2014

EDILIZIA PRIVATAIn materia di vincolo cimiteriale la salvaguardia del rispetto dei duecento metri prevista dal citato articolo si pone alla stregua di un vincolo assoluto di inedificabilità che non consente in alcun modo l'allocazione sia di edifici, che di opere incompatibili col vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che tale fascia di rispetto intende tutelare e che possono enuclearsi nelle esigenze di natura igienico-sanitaria, nella salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati all'inumazione e alla sepoltura, nel mantenimento di un'area di possibile espansione della cinta cimiteriale.
Il vincolo di rispetto cimiteriale pertanto preclude il rilascio della concessione, anche in sanatoria (ai sensi dell'art. 33 L. 28.02.1985 n. 47), senza necessità di compiere valutazioni in ordine alla concreta compatibilità dell'opera con i valori tutelati dal vincolo.
Sul carattere assoluto del vincolo di inedificabilità nascente dalla fascia di rispetto cimiteriale non incide neppure la circostanza della preesistenza o meno del vincolo all'esecuzione delle opere.
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Con riferimento alle fasce di rispetto cimiteriale, l’art. 28 della l. 166/2002 ha parzialmente riscritto l’art. 338 del RD 1265/1934, prevedendo che, fermo restando il divieto di costruire nuovi edifici all’interno della fascia di rispetto cimiteriale, all’interno di quest’ultima, “per gli edifici esistenti sono consentiti interventi di recupero ovvero interventi funzionali all’utilizzo dell’edificio stesso, tra cui l’ampliamento nella percentuale massima del 10 per cento e i cambi di destinazione d’uso, oltre a quelli previsti dalle lettere a), b), c), e d) del primo comma dell’art. 31 della legge 05.08.1978, n. 457” (ovvero manutenzione ordinaria, manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia).
La giurisprudenza all’interno delle c.d. “zone di rispetto” ha sempre negato ogni tipo di attività edilizia “costruttiva”, ferme restando i soli corpi di fabbrica già esistenti all’interno di detta fascia.
La normativa citata, però, ha sollevato il dibattito giurisprudenziale concernente la portata dell’art. 338, c. 5, del R.D. n. 1265/1934 ove si prevede che: “Per dare esecuzione ad un’opera pubblica o all’attuazione di un intervento urbanistico, purché non vi ostino ragioni igienico-sanitarie, il consiglio comunale può consentire, previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la riduzione della zona di rispetto tenendo conto degli elementi ambientali di pregio dell’area, autorizzando l’ampliamento di edifici preesistenti o la costruzione di nuovi edifici. La riduzione di cui al periodo precedente si applica con identica procedura anche per la realizzazione di parchi, giardini e annessi, parcheggi pubblici e privati, attrezzature sportive, locali tecnici e serre”.
Parte della giurisprudenza, infatti, ritiene che l’espressione “intervento urbanistico” si riferisca solamente alle opere pubbliche o di pubblica utilità al fine di non snaturare la ratio stessa della legge.
Al contrario, altra parte della giurisprudenza ricomprende in questa espressione anche le opere realizzate dai privati.
Il Collegio aderisce alla prima opzione interpretativa, in quanto si tratta di materia disciplinata direttamente dalla legge e non suscettibile, pertanto, di deroghe, da parte di altra disposizione normativa se non di pari o superiore rango ed in base alle seguenti considerazioni.
Con le modifiche apportate dall’art. 28 della legge n. 188 cit. il limite all’edificabilità privata è stato comunque fissato in 200 metri dal perimetro dell’impianto cimiteriale, posto che il primo comma dell’art. 338 r.d. m. 1265 cit. nella nuova formulazione stabilisce espressamente che “È vietato costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici entro il raggio di 200 metri dal perimetro dell'impianto cimiteriale, quale risultante dagli strumenti urbanistici vigenti nel comune o, in difetto di essi, comunque quale esistente in fatto, salve le deroghe ed eccezioni previste dalla legge”.
Dalla lettura di siffatta norma si ricava, in primo luogo, che il limite all’edificabilità privata non è più ancorato alla “fascia di rispetto” (che può variare in relazione alle determinazioni adottate dall’Autorità Comunale), ma è legislativamente fissata in ogni caso entro il limite di 200 metri da calcolarsi dal perimetro dell’impianto cimiteriale.
Il regime vincolistico così delineato con riferimento all’attività edilizia dei privati appare più che in linea con la ratio delle deroghe ed eccezioni al limite dei 200 metri previste dalla legge medesima che sono ammesse in funzione dell’ampliamento dei cimiteri esistenti o della costruzione di nuovi cimiteri (comma 4), nonché nei casi in cui l’amministrazione comunale debba dare esecuzione ad un’opera pubblica o all’attuazione di un intervento urbanistico. Trattasi in entrambi i casi di eccezioni giustificate da esigenze pubblicistiche correlate alla stessa edilizia cimiteriale, oppure ad altri interventi pubblici purché compatibili con le concorrenti ragioni di tutela della zona (comma 5). Sulla chiara limitazione della deroga in oggetto alle sole “opere pubbliche e di interesse pubblico” indicate dall’art. 28, comma 5, legge cit. si è espresso altresì di recente il Consiglio di Stato con la sentenza sez. V 29.03.2006 n. 1593.
Pertanto non vi è motivo di dubitare della ragionevolezza di una interpretazione che svincola l’ambito di operatività del vincolo cimiteriale di inedificabilità dalla delimitazione “in concreto” delle fasce di rispetto da parte del Comune, avuto proprio riguardo al rilievo preminente di carattere igienico-sanitario del vincolo di tutela cimiteriale che può ammettere deroghe solo in presenza di concorrenti ragioni pubblicistiche, sempre compatibilmente con le esigenze sottese all’esistenza del vincolo.

Al riguardo, la giurisprudenza, ormai consolidata, ha affermato che "in materia di vincolo cimiteriale la salvaguardia del rispetto dei duecento metri prevista dal citato articolo si pone alla stregua di un vincolo assoluto di inedificabilità che non consente in alcun modo l'allocazione sia di edifici, che di opere incompatibili col vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che tale fascia di rispetto intende tutelare e che possono enuclearsi nelle esigenze di natura igienico-sanitaria, nella salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati all'inumazione e alla sepoltura, nel mantenimento di un'area di possibile espansione della cinta cimiteriale” (ex multis C.d.S., V, 14.09.2010, n. 6671; C.d.S., IV 12.03.2007, n. 1185, TAR Sicilia, Palermo, III, 18.01.2012, n. 77; TAR Campania, Napoli, IV, 29.11.2007, n. 15615; Tar Lombardia-Milano, 11.07.1997, n. 1253).
Il vincolo di rispetto cimiteriale pertanto preclude il rilascio della concessione, anche in sanatoria (ai sensi dell'art. 33 L. 28.02.1985 n. 47), senza necessità di compiere valutazioni in ordine alla concreta compatibilità dell'opera con i valori tutelati dal vincolo (cfr. C.d.S., V, 03.05.2007, n. 1933 e del 12.11.1999, n. 1871).
Sulla preesistenza del manufatto rispetto al vincolo, le tesi di parte ricorrente non hanno trovato riscontro probatorio, atteso che, contrariamente a quanto asserito in ricorso, il vincolo in questione non è stato imposto per la prima volta con la delibera di CC del 2005, che ha solo ridotta a 50 metri l’estensione della relativa zona di rispetto, peraltro ad altri fini, come si chiarirà in seguito. L'individuazione di fasce di rispetto intorno ai cimiteri, infatti risale,prim'ancora che alla legge n. 166/2002, all'art.338 del testo unico delle leggi sanitarie n. 1265/1934, ed è fatto notorio che il cimitero di Fuorigrotta sia di impianto ottocentesco.
Sul carattere assoluto del vincolo di inedificabilità nascente dalla fascia di rispetto cimiteriale non incide neppure la circostanza della preesistenza o meno del vincolo all'esecuzione delle opere (TAR Campania Napoli, sez. III, 04/04/2012, n. 1621).
Va da ultimo esaminata l’eccezione difensiva che fa leva sulla avvenuta riduzione della estensione della fascia di rispetto cimiteriale a 50 mt. giusta il disposto dell’art. 27 del piano cimiteriale comunale.
Osserva il Collegio che, con riferimento alle fasce di rispetto cimiteriale, l’art. 28 della l. 166/2002 ha parzialmente riscritto l’art. 338 del RD 1265/1934, prevedendo che, fermo restando il divieto di costruire nuovi edifici all’interno della fascia di rispetto cimiteriale, all’interno di quest’ultima, “per gli edifici esistenti sono consentiti interventi di recupero ovvero interventi funzionali all’utilizzo dell’edificio stesso, tra cui l’ampliamento nella percentuale massima del 10 per cento e i cambi di destinazione d’uso, oltre a quelli previsti dalle lettere a), b), c), e d) del primo comma dell’art. 31 della legge 05.08.1978, n. 457” (ovvero manutenzione ordinaria, manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia).
La giurisprudenza all’interno delle c.d. “zone di rispetto” ha sempre negato ogni tipo di attività edilizia “costruttiva”, ferme restando i soli corpi di fabbrica già esistenti all’interno di detta fascia (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 10.02.2004, n. 476 e Consiglio di Stato, sez. V, 12.11.1999, n. 1871).
La normativa citata, però, ha sollevato il dibattito giurisprudenziale concernente la portata dell’art. 338, c. 5, del R.D. n. 1265/1934 ove si prevede che: “Per dare esecuzione ad un’opera pubblica o all’attuazione di un intervento urbanistico, purché non vi ostino ragioni igienico-sanitarie, il consiglio comunale può consentire, previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la riduzione della zona di rispetto tenendo conto degli elementi ambientali di pregio dell’area, autorizzando l’ampliamento di edifici preesistenti o la costruzione di nuovi edifici. La riduzione di cui al periodo precedente si applica con identica procedura anche per la realizzazione di parchi, giardini e annessi, parcheggi pubblici e privati, attrezzature sportive, locali tecnici e serre”.
Parte della giurisprudenza, infatti, ritiene che l’espressione “intervento urbanistico” si riferisca solamente alle opere pubbliche o di pubblica utilità al fine di non snaturare la ratio stessa della legge (Consiglio di Stato, sez. V, 29.03.2006 n. 1593; Id., 03.05.2007, n. 1934).
Al contrario, altra parte della giurisprudenza ricomprende in questa espressione anche le opere realizzate dai privati (cfr. in tal senso TAR Abruzzo, Pescara, sez. I, 22.02.2007, n. 189, ma si veda anche TAR Sardegna, Cagliari, sez. II, 20.03.3009, n. 322; Id., 18.05.2007, n. 973; Id., 26.06.2007, n. 1348. Lo stesso TAR Veneto, sez. II, nella sentenza del 27.07.2009 n. 2226).
Il Collegio aderisce alla prima opzione interpretativa, in quanto si tratta di materia disciplinata direttamente dalla legge e non suscettibile, pertanto, di deroghe, da parte di altra disposizione normativa se non di pari o superiore rango ed in base alle seguenti considerazioni.
Con le modifiche apportate dall’art. 28 della legge n. 188 cit. il limite all’edificabilità privata è stato comunque fissato in 200 metri dal perimetro dell’impianto cimiteriale, posto che il primo comma dell’art. 338 r.d. m. 1265 cit. nella nuova formulazione stabilisce espressamente che “È vietato costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici entro il raggio di 200 metri dal perimetro dell'impianto cimiteriale, quale risultante dagli strumenti urbanistici vigenti nel comune o, in difetto di essi, comunque quale esistente in fatto, salve le deroghe ed eccezioni previste dalla legge”.
Dalla lettura di siffatta norma si ricava, in primo luogo, che il limite all’edificabilità privata non è più ancorato alla “fascia di rispetto” (che può variare in relazione alle determinazioni adottate dall’Autorità Comunale), ma è legislativamente fissata in ogni caso entro il limite di 200 metri da calcolarsi dal perimetro dell’impianto cimiteriale.
Il regime vincolistico così delineato con riferimento all’attività edilizia dei privati appare più che in linea con la ratio delle deroghe ed eccezioni al limite dei 200 metri previste dalla legge medesima che sono ammesse in funzione dell’ampliamento dei cimiteri esistenti o della costruzione di nuovi cimiteri (comma 4), nonché nei casi in cui l’amministrazione comunale debba dare esecuzione ad un’opera pubblica o all’attuazione di un intervento urbanistico. Trattasi in entrambi i casi di eccezioni giustificate da esigenze pubblicistiche correlate alla stessa edilizia cimiteriale, oppure ad altri interventi pubblici purché compatibili con le concorrenti ragioni di tutela della zona (comma 5). Sulla chiara limitazione della deroga in oggetto alle sole “opere pubbliche e di interesse pubblico” indicate dall’art. 28, comma 5, legge cit. si è espresso altresì di recente il Consiglio di Stato con la sentenza sez. V 29.03.2006 n. 1593.
Pertanto non vi è motivo di dubitare della ragionevolezza di una interpretazione che svincola l’ambito di operatività del vincolo cimiteriale di inedificabilità dalla delimitazione “in concreto” delle fasce di rispetto da parte del Comune, avuto proprio riguardo al rilievo preminente di carattere igienico-sanitario del vincolo di tutela cimiteriale che può ammettere deroghe solo in presenza di concorrenti ragioni pubblicistiche, sempre compatibilmente con le esigenze sottese all’esistenza del vincolo.
Non può accogliersi neppure l’ulteriore censura con cui parte ricorrente ritiene assentibile l’intervento, in quanto configurabile quale mero ampliamento o manutenzione dell’edificato esistente. Assume il ricorrente che il divieto ad edificare, come previsto dall’art. 28 della legge n. 188 cit., riguarda solo i nuovi edifici e non anche quelli preesistenti, rispetto ai quali la norma pone una specifica normativa di dettaglio, contenuta nell’ultimo comma della stessa norma.
Tuttavia, ad avviso del Collegio, non può censurarsi la qualificazione operata dall’amministrazione quale intervento di “nuova edificazione”, posto che si tratta di sopraelevazione di un terzo piano, nonché realizzazione di ulteriore vano sul lastrico solare, e quindi di manufatti suscettibili di autonoma utilizzazione e costituenti incremento del carico residenziale (TAR Campania-Napoli, Sez. IV, sentenza 14.11.2014 n. 5942 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: L’amministrazione non può opporre la sussistenza del vincolo cimiteriale dopo che ha autorizzato, in deroga, la destinazione della medesima area ad attività in contrasto con il vincolo.
Sebbene la giurisprudenza abbia da sempre ritenuto che è necessario un titolo edilizio per qualsiasi manufatto che possa costituire, oltre che nuova costruzione od ampliamento di costruzione esistente, modificazione della struttura di una costruzione preesistente senza alcuna distinzione tra opera esterna ed opera interna del fabbricato, tra lavoro di notevole entità e lavoro di modeste dimensioni, giacché qualunque modificazione dello stato di fatto preesistente relativo ad opere edilizie già precedentemente realizzate è subordinata alla valutazione dell’amministrazione, occorre rilevare che lo stesso non può dirsi ai fini dell’accertamento della violazione di un vincolo di inedificabilità, anche assoluta.
Infatti la realizzazione in deroga al vincolo cimiteriale di un manufatto, quale, nel caso in questione, di uno stabilimento comprensivo di un cortile interno, comporta la destinazione dell’area interna a servizio della medesima attività, con evidente sottrazione al regime proprio del vincolo di inedificabilità costituito sull’area.
Ne consegue che l’autorizzazione prefettizia rilasciata a suo tempo per la realizzazione del capannone in deroga al vincolo cimiteriale produce effetti anche nei confronti dell’area cortilizia interna, successivamente parzialmente chiusa per ampliamento del capannone medesimo.

Il ricorso è fondato.
Sebbene la giurisprudenza abbia da sempre ritenuto che è necessario un titolo edilizio per qualsiasi manufatto che possa costituire, oltre che nuova costruzione od ampliamento di costruzione esistente, modificazione della struttura di una costruzione preesistente senza alcuna distinzione tra opera esterna ed opera interna del fabbricato, tra lavoro di notevole entità e lavoro di modeste dimensioni, giacché qualunque modificazione dello stato di fatto preesistente relativo ad opere edilizie già precedentemente realizzate è subordinata alla valutazione dell’amministrazione, occorre rilevare che lo stesso non può dirsi ai fini dell’accertamento della violazione di un vincolo di inedificabilità, anche assoluta.
Infatti la realizzazione in deroga al vincolo cimiteriale di un manufatto, quale, nel caso in questione, di uno stabilimento comprensivo di un cortile interno, comporta la destinazione dell’area interna a servizio della medesima attività, con evidente sottrazione al regime proprio del vincolo di inedificabilità costituito sull’area.
Ne consegue che l’autorizzazione prefettizia rilasciata sul mappale n. 226 con decreto 09.02.1956 per la realizzazione del capannone in deroga al vincolo cimiteriale produce effetti anche nei confronti dell’area cortilizia interna, successivamente parzialmente chiusa per ampliamento del capannone medesimo.
Da ciò consegue che l’amministrazione non poteva opporre al ricorrente la sussistenza del vincolo cimiteriale dopo che aveva autorizzato, in deroga, la destinazione della medesima area ad attività in contrasto con il vincolo.
In definitiva quindi il ricorso va accolto (TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 29.07.2014 n. 2115 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAVa osservato che l’eventuale erroneità dell’indicazione di una fonte normativa, non vizia di per sé l’atto che la rechi, qualora il provvedimento risulti comunque conforme al superiore paradigma normativo.
Questo è il caso che ricorre nella fattispecie, giacché il divieto di edificare in aree gravate da vincolo cimiteriale è contenuto anche nell’art. 338, primo comma, del R.D. n. 1265/1934, vigente ratione temporis (“I cimiteri debbono essere collocati alla distanza di almeno duecento metri dai centri abitati. E' vietato di costruire intorno agli stessi nuovi edifici e ampliare quelli preesistenti entro il raggio di duecento metri”) e del pari, correttamente, richiamato nel ridetto parere dell’Ufficiale sanitario.
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La possibilità di deroga al vincolo cimiteriale, consistendo in una previsione eccezionale rispetto al generale divieto di edificazione, deve ritenersi ammessa soltanto al fine di conseguire un interesse superindividuale, come la costruzione di un'opera pubblica o l'attuazione di un intervento urbanistico (oppure nel caso di fabbricati già esistenti o in corso di costruzione, purché iniziati prima del 31.10.1956, così l’art. 2 della L. n. 983/1957).
Analoga deroga all’ampiezza della fascia di rispetto non potrebbe invece disporsi per soddisfare interessi privati finalizzati al mantenimento di una costruzione abusivamente realizzata in spregio al vincolo.
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Il Consiglio di Stato ha chiarito come non sia meritevole di scrutinio favorevole la censura con la quale si sia sostenuta la tesi della inapplicabilità dei vincoli cimiteriali per le opere realizzate al di fuori dei centri abitati (come avvenuto nel caso in esame).
Si è osservato, difatti, che le disposizioni di cui all'art. 338 del R.D. n. 1265/1934, e successive modificazioni, sono rivolte a disciplinare, da una parte, l'attività costruttiva dei cimiteri da parte del Comune, che deve scegliere aree distanti almeno duecento metri dai centri abitati, e, dall'altra, l'attività costruttiva del privato (una volta realizzato il cimitero) che non può costruire intorno al cimitero entro il raggio di duecento metri.
Di conseguenza il riferimento ai "centri abitati" di cui al suddetto articolo, rileva unicamente per la realizzazione e l'ampliamento dei cimiteri da parte del Comune e non per l'attività costruttiva del privato, che deve comunque rispettare le prescritte distanze dal cimitero anche se la costruzione dovesse essere edificata fuori dai centri abitati.
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Infine, è decisivo osservare che il Consiglio di Stato ha pure affermato che, stante il vincolo assoluto di inedificabilità all'interno della fascia di rispetto cimiteriale posto dall'art. 338 del T.U. n. 1265/1934, in tale fascia non è possibile applicare la sanatoria degli abusi, essendo consentita in essa solo il recupero del patrimonio edilizio e non anche gli interventi di trasformazione in senso residenziale di organismi edilizi già esistenti.

CONSIDERATO:
1. – Queste Sezioni Riunite ritengono, condividendo l’avviso espresso dall’ULL, che il ricorso sia infondato. Ed invero, non merita accoglimento il primo motivo.
Al riguardo va innanzitutto precisato che la menzione all’art. 57 del D.P.R. n. 803/1975 era contenuta nel parere dell’Ufficiale sanitario (ossia in un atto endoprocedimentale), mentre differente era la motivazione del provvedimento impugnato che, senza citare una specifica fonte normativa, fondava il rigetto sulla insistenza del fabbricato abusivo in una zona sottoposta a vincolo cimiteriale.
Tanto precisato, va osservato che l’eventuale erroneità dell’indicazione di una fonte normativa, non vizia di per sé l’atto che la rechi, qualora il provvedimento risulti comunque conforme al superiore paradigma normativo.
Questo è il caso che ricorre nella fattispecie, giacché il divieto di edificare in aree gravate da vincolo cimiteriale è contenuto anche nell’art. 338, primo comma, del R.D. n. 1265/1934, vigente ratione temporis (“I cimiteri debbono essere collocati alla distanza di almeno duecento metri dai centri abitati. E' vietato di costruire intorno agli stessi nuovi edifici e ampliare quelli preesistenti entro il raggio di duecento metri”) e del pari, correttamente, richiamato nel ridetto parere dell’Ufficiale sanitario. D’altra parte che il manufatto abusivo ricada entro la sunnominata fascia di rispetto non è circostanza contestata.
Ancorché le superiori considerazioni siano dirimenti ai fini del rigetto della censura, nondimeno occorre soggiungere che l'art. 57 del D.P.R. n. 285/1990, invocato dalla ricorrente, sanciva, al comma 3 (fino all’abrogazione disposta dall’art. 28, comma 2, della L. 01.08.2002, n. 166), il divieto generale di costruire, entro la fascia di rispetto, nuovi edifici o di ampliare quelli preesistenti e che soltanto il comma 4 della disposizione (ugualmente abrogato) consentiva, limitatamente alle ipotesi di ampliamento dei cimiteri esistenti e ricorrendo altre condizioni, la possibilità di ridurre la distanza da detti cimiteri a non meno di 100 metri dai centri abitati: al caso in esame si applicava tuttavia il comma 3 dell’art. 57 e non il quarto (o, comunque, la ricorrente non ha offerto elementi per ritenere che dovesse farsi applicazione del quarto comma).
2. – Infondato è anche il secondo mezzo di gravame. Difatti, non sussiste il difetto di motivazione denunciato dalla ricorrente.
La possibilità di deroga alla quale accenna la signora A., consistendo in una previsione eccezionale rispetto al generale divieto di edificazione, deve ritenersi ammessa soltanto al fine di conseguire un interesse superindividuale, come la costruzione di un'opera pubblica o l'attuazione di un intervento urbanistico (oppure nel caso di fabbricati già esistenti o in corso di costruzione, purché iniziati prima del 31.10.1956, così l’art. 2 della L. n. 983/1957); analoga deroga all’ampiezza della fascia di rispetto non potrebbe invece disporsi per soddisfare interessi privati finalizzati al mantenimento di una costruzione abusivamente realizzata in spregio al vincolo, peraltro ben conosciuto dalla ricorrente (nel provvedimento di rigetto dell’istanza di revoca si dà infatti conto della circostanza che il Comune di Mascalucia, in data 26.11.1980, rilasciò alla signora A. un certificato dal quale risultava che il terreno, interessato dal fabbricato abusivo, ricadeva in zona di vincolo cimiteriale e che esso era inedificabile secondo lo strumento urbanistico vigente).
La signora A. nemmeno ha poi offerto un principio di prova della risalenza della costruzione, o almeno del suo inizio, a un’epoca antecedente al 31.10.1956 (anzi, nel modulo di condono la ricorrente indicò il periodo dal 30.01.1977 al 01.10.1983 quale epoca di ultimazione dell’abuso in parola).
In ogni caso l’art. 338 del R.D. n. 1265/1934 contempla una facoltà di deroga, riservata alla discrezionalità del Prefetto e del Consiglio comunale, con la conseguenza che una specifica motivazione sul punto diviene necessaria, attivandosi per l’appunto un potere eccezionale, soltanto nel caso in cui dette Autorità abbiano scelto di derogare alla distanza di 200 mt. e non anche quando difettino esigenze pubblicistiche di rango almeno pari a quelle poste alla base del vincolo medesimo (come invece preteso dalla ricorrente allo scopo di salvaguardare la sua costruzione abusiva).
3. – Nemmeno il terzo motivo è suscettibile di accoglimento, avendo il Consiglio di Stato (sez. V, n. 1593 del 29.03.2006) chiarito come non sia meritevole di scrutinio favorevole la censura con la quale si sia sostenuta la tesi della inapplicabilità dei vincoli cimiteriali per le opere realizzate al di fuori dei centri abitati (come avvenuto nel caso in esame).
Si è osservato, difatti, che le disposizioni di cui all'art. 338 del R.D. n. 1265/1934, e successive modificazioni, sono rivolte a disciplinare, da una parte, l'attività costruttiva dei cimiteri da parte del Comune, che deve scegliere aree distanti almeno duecento metri dai centri abitati, e, dall'altra, l'attività costruttiva del privato (una volta realizzato il cimitero) che non può costruire intorno al cimitero entro il raggio di duecento metri.
Di conseguenza il riferimento ai "centri abitati" di cui al suddetto articolo, rileva unicamente per la realizzazione e l'ampliamento dei cimiteri da parte del Comune e non per l'attività costruttiva del privato, che deve comunque rispettare le prescritte distanze dal cimitero anche se la costruzione dovesse essere edificata fuori dai centri abitati.
4. - Infine, e conclusivamente, ai fini del rigetto del ricorso in esame, è decisivo osservare che il Consiglio di Stato ha pure affermato che, stante il vincolo assoluto di inedificabilità all'interno della fascia di rispetto cimiteriale posto dall'art. 338 del T.U. n. 1265/1934, in tale fascia non è possibile applicare la sanatoria degli abusi, essendo consentita in essa solo il recupero del patrimonio edilizio e non anche gli interventi di trasformazione in senso residenziale di organismi edilizi già esistenti (Cons. Stato, sez. V, n. 4256 dell’08.09.2008) (C.G.A.R.S., parere 21.07.2014 n. 719 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Per pacifica giurisprudenza, il vincolo cimiteriale determina una tipica situazione di inedificabilità ex lege, suscettibile di venire rimossa solo in ipotesi eccezionali e comunque per considerazioni di interesse pubblico.
Quanto sopra, in presenza delle condizioni specificate nel comma 4 dell’art. 338, non anche per agevolare singoli proprietari, che abbiano effettuato abusivamente, o intendano effettuare, interventi edilizi su un’area, resa a tal fine indisponibile per ragioni di ordine igienico-sanitario, nonché per la peculiare sacralità dei luoghi destinati alla sepoltura, senza esclusione di ulteriori esigenze di mantenimento di un’area di possibile espansione della cinta cimiteriale.
L’unico procedimento, attivabile dai singoli proprietari all’interno della fascia di rispetto, pertanto, è quello finalizzato agli interventi di cui all’art. 338, comma 7, dello stesso r.d. n. 1265/1934 (recupero o cambio di destinazione d’uso di edificazioni preesistenti), restando attivabile solo d’ufficio –per i motivi anzidetti– la procedura di riduzione della fascia inedificabile in questione.
Fermo restando, quindi, che solo il Consiglio Comunale –non su istanza di singoli cittadini, ma per ragioni di interesse pubblico– può intervenire per ridurre l’ampiezza di detta fascia, per le decisioni da assumere su eventuali istanze di autorizzazione edilizia, anche in sanatoria, vale il riparto generale di competenze, che assegna ai dirigenti gli ordinari atti di gestione (come peraltro ribadito, in materia di sanatoria, dal terzo comma del citato art. 36 d.P.R. n. 380/2001).

In base al citato art. 338, comma 4, r.d. n. 1265/1934, infatti, “Il Consiglio Comunale può approvare, previo parere favorevole delle competete azienda sanitaria locale, la costruzione di nuovi cimiteri o l’ampliamento di quelli già esistenti ad una distanza inferiore a 200 metri dal centro abitato, purché non oltre il limite di 50 metri, quando ricorrano, anche alternativamente, le seguenti condizioni:
a) risulti accertato dal medesimo consiglio comunale che, per particolari condizioni locali, non sia possibile provvedere altrimenti;
b) l’impianto cimiteriale sia separato dal centro urbano da strade pubbliche almeno di livello comunale, sulla base della classificazione prevista ai sensi della legislazione vigente, o da fiumi, laghi o dislivelli naturali rilevanti, ovvero da ponti o da impianti ferroviari
”.
La norma sopra riportata ha carattere derogatorio, in via eccezionale, rispetto alla regola –enunciata al primo comma del medesimo articolo– secondo cui “I cimiteri debbono essere collocati alla distanza di almeno 200 metri dal centro abitato. E’ vietato costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici…”.
Per pacifica giurisprudenza, il vincolo cimiteriale determina quindi una tipica situazione di inedificabilità ex lege, suscettibile di venire rimossa solo in ipotesi eccezionali e comunque per considerazioni di interesse pubblico. Quanto sopra, in presenza delle condizioni specificate nel ricordato comma 4 dell’art. 338, non anche per agevolare singoli proprietari, che abbiano effettuato abusivamente, o intendano effettuare, interventi edilizi su un’area, resa a tal fine indisponibile per ragioni di ordine igienico-sanitario, nonché per la peculiare sacralità dei luoghi destinati alla sepoltura, senza esclusione di ulteriori esigenze di mantenimento di un’area di possibile espansione della cinta cimiteriale (cfr. Cass. civ. sez. I, 23.06.2004, n. 11669; Cons. St., sez. II, 07.03.1990, parere n. 1109; Cons. St., sez. IV, 11.10.2006, n. 6064; Cons. St., sez. V, 02.04.1991, n. 379, 29.03.2006, n. 1593, 03.05.2007, n. 1934 e 14.09.2010, n. 6671).
L’unico procedimento, attivabile dai singoli proprietari all’interno della fascia di rispetto, pertanto, è quello finalizzato agli interventi di cui all’art. 338, comma 7, dello stesso r.d. n. 1265/1934 (recupero o cambio di destinazione d’uso di edificazioni preesistenti), restando attivabile solo d’ufficio –per i motivi anzidetti– la procedura di riduzione della fascia inedificabile in questione.
Fermo restando, quindi, che solo il Consiglio Comunale –non su istanza di singoli cittadini, ma per ragioni di interesse pubblico– può intervenire per ridurre l’ampiezza di detta fascia, per le decisioni da assumere su eventuali istanze di autorizzazione edilizia, anche in sanatoria, vale il riparto generale di competenze, che assegna ai dirigenti gli ordinari atti di gestione (come peraltro ribadito, in materia di sanatoria, dal terzo comma del citato art. 36 d.P.R. n. 380/2001) (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 04.07.2014 n. 3410 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Il vincolo cimiteriale, espresso dall'art. 338 del r.d. 27.07.1934, n. 1265 -come modificato dapprima dall’art. 4 della legge 30.03.2001, n. 130 e quindi dall’art. 28, comma 1, lettera a), della legge 01.08.2002, n. 166- ha natura assoluta e si impone, in quanto limite legale, anche alle eventuali diverse e contrastanti previsioni degli strumenti urbanistici, in relazione alle sue finalità di tutela di preminenti esigenze igienico-sanitarie, salvaguardia della sacralità dei luoghi di sepoltura, conservazione di adeguata area di espansione della cinta cimiteriale, secondo giurisprudenza granitica.
Con riferimento alle censure dedotte con l'appello nr. 4291/2011, afferenti all'approvazione del progetto definitivo ed esecutivo dell'ampliamento del cimitero, alle presupposte deliberazioni di Giunta Municipale e di Consiglio Comunale e ai conseguenti atti della procedura espropriativa, deve rammentarsi che il vincolo cimiteriale, espresso dall'art. 338 del r.d. 27.07.1934, n. 1265 -come modificato dapprima dall’art. 4 della legge 30.03.2001, n. 130 e quindi dall’art. 28, comma 1, lettera a), della legge 01.08.2002, n. 166- ha natura assoluta e si impone, in quanto limite legale, anche alle eventuali diverse e contrastanti previsioni degli strumenti urbanistici, in relazione alle sue finalità di tutela di preminenti esigenze igienico-sanitarie, salvaguardia della sacralità dei luoghi di sepoltura, conservazione di adeguata area di espansione della cinta cimiteriale, secondo giurisprudenza granitica (cfr. tra le tante, Cons. Stato, Sez. IV, 22.11.2013, n. 5571, 20.07.2011, n. 4403, 16.03.2011, n. 1645, 27.10.2009, n. 6547, 08.10.2007, n. 5210; Sez. V, 14.09.2010, n. 6671, 08.09.2008, n. 4526).
Ne consegue che il rilevato contrasto con previsioni di P.R.G., secondo i rilievi cartografici più o meno certi o opinabili invocati dalla società appellante, non può implicare l'illegittimità del progetto di ampliamento cimiteriale, quando non sia contestato che il suolo appartenente alla società appellante ricada nella fascia assoggettata al vincolo cimiteriale, di tal che, e in ogni caso, risulti affatto prevalente il vincolo legale, e si ponga non già esigenza di una variante urbanistica ma, semmai, di adeguamento delle previsioni grafiche se e in quanto erronee, confuse, contrastanti con il sovraordinato limite legale.
Con ciò risulta, dunque, palesemente infondato il primo motivo dell'appello in esame, appunto incentrato sul lamentato contrasto (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 12.05.2014 n. 2405 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: E' illegittimo il rilascio di un titolo edilizio -ancorché precario- in fascia di rispetto cimiteriale.
A tal riguardo, è del tutto evidente che l'ingiunzione di rimozione di opere la cui installazione e mantenimento era stata assentita con l'impegno unilaterale di rimuoverle da un lato trova sufficiente motivazione nelle richiamate esigenze connesse all'ampliamento del cimitero, dall'altro non imponeva alcuna comunicazione d'avvio del procedimento, con conseguente infondatezza anche del secondo motivo d'appello, poiché l'interessata era a conoscenza sin dal rilascio del titolo edilizio della sua natura e dei suoi effetti e dell'obbligo di dover procedere alla rimozione delle opere, assunto in chiara correlazione causale con la deroga al divieto legale di utilizzazione edilizia, ciò che denota l'assoluta carenza di fondamento giuridico anche del terzo motivo, incentrato sulla pretesa "nullità" dell'atto unilaterale d'obbligo.

Non hanno poi pregio giuridico le censure dedotte con l'appello nr. 4292/2011, concernenti l'ingiunzione di rimozione delle opere assentite solo a titolo precario, e proprio in funzione della loro insistenza nella fascia di rispetto cimiteriale, con autorizzazione edilizia n. 520/1997.
A prescindere dalla stessa dubbia legittimità di un titolo edilizio assentito a tal fine, in contrasto con vincolo legale d'inedificabilità (sull'estraneità della fattispecie all'ordinamento normativo edilizio cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 12.06.2013, n. 3256) e per giunta per la determinata tipologia (sull'esigenza del permesso di costruire, e quindi di concessione edilizia, per opere relative ad autolavaggio vedi Cons. Stato, Sez. VI, 22.10.2008, n. 5191), è del tutto evidente che l'ingiunzione di rimozione di opere la cui installazione e mantenimento era stata assentita con l'impegno unilaterale di rimuoverle da un lato trova sufficiente motivazione nelle richiamate esigenze connesse all'ampliamento del cimitero, dall'altro non imponeva alcuna comunicazione d'avvio del procedimento, con conseguente infondatezza anche del secondo motivo d'appello, poiché l'interessata era a conoscenza sin dal rilascio del titolo edilizio della sua natura e dei suoi effetti e dell'obbligo di dover procedere alla rimozione delle opere, assunto in chiara correlazione causale con la deroga al divieto legale di utilizzazione edilizia, ciò che denota l'assoluta carenza di fondamento giuridico anche del terzo motivo, incentrato sulla pretesa "nullità" dell'atto unilaterale d'obbligo
(Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 12.05.2014 n. 2405 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Esclusione riduzione fascia di rispetto cimiteriale per interessi privati.
Per consolidata giurisprudenza, il vincolo cimiteriale determina una situazione di inedificabilità ex lege, suscettibile di venire rimossa solo in ipotesi eccezionali e comunque solo per considerazioni di interesse pubblico, in presenza delle condizioni specificate nell’art. 338, quarto comma; ma non per interessi privati, come ad esempio per legittimare ex post realizzazioni edilizie abusive di privati, o comunque interventi edilizi futuri, su un’area a tal fine indisponibile per ragioni di ordine igienico-sanitario, nonché per la sacralità dei luoghi di sepoltura, salve ulteriori esigenze di mantenimento di un’area di possibile espansione della cinta cimiteriale.
Il procedimento attivabile dai singoli proprietari all’interno della fascia di rispetto, pertanto, è dunque, in ogni caso, soltanto quello finalizzato agli interventi di cui all’art. 338, settimo comma, del citato r.d. n. 1265 del 1934 (recupero o cambio di destinazione d’uso di edificazioni preesistenti); mentre resta attivabile nel solo interesse pubblico –per i motivi anzidetti– la procedura di riduzione della fascia inedificabile in questione.

Quanto al secondo ordine di censure, riferito alla richiesta declaratoria dell’obbligo dell’Amministrazione di pronunciarsi sull’istanza di un privato, avente ad oggetto la riduzione della fascia di rispetto cimiteriale, il Collegio deve porsi d’ufficio la questione di ammissibilità del gravame, in rapporto al principio del ne bis in idem, mutuato dai canoni comuni di cui agli articoli 2909 Cod. civ. e 324 Cod. proc. civ., che escludono una nuova pronuncia del giudice in materia coperta da giudicato fra le medesime parti (cfr., per l’applicabilità del principio nel processo amministrativo, Cons. Stato, IV, 28.10.2013, n. 5197; VI, 03.07.2013, n. 3553).
Risulta infatti che, con sentenza del medesimo Tribunale amministrativo 13.12.2012, n. 3020, la legittimità delle ordinanze di rimessa in pristino nn. 110 e 77 del 2011 fosse stata ravvisata anche in rapporto all’insussistenza dell’obbligo di provvedere dell’Amministrazione in merito all’istanza di riduzione della fascia di rispetto cimiteriale, proposta dall’interessato. Il fatto che il principio enunciato attenesse ad un’azione di annullamento e non di accertamento non esclude di ritenere qui presente e vincolante il cosiddetto giudicato sostanziale, formatosi sulla questione interpretativa anzidetta fra le medesime parti e nell’ambito della medesima vicenda edificatoria, vale a dire circa l’insussistenza di quel medesimo interesse pretensivo.
In presenza di non perfetta identità di petitum e causa petendi rispetto all’oggetto della citata sentenza n. 3020/2012, tuttavia, il Collegio ritiene preferibile vagliare il merito dell’accertamento richiesto.
Questo non può che concludersi in senso sfavorevole per l’appellante.
Il silenzio-rifiuto disciplinato dall’ordinamento, infatti, è riconducibile a un’inadempienza dell’Amministrazione in rapporto ad un sussistente obbligo di provvedere (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., 10.03.1978, n. 10). Un tale obbligo può discendere dalla legge, da un regolamento o eventualmente da un atto di autolimitazione dell’Amministrazione stessa, e in ogni caso deve corrispondere ad una situazione soggettiva protetta, qualificata come tale dall’ordinamento (cfr. art. 21-bis l. 06.12.1971, n. 1034, nel testo introdotto dall’art. 2 l. 21.07.2000, n. 205, nonché, per il principio Cons. Stato, IV, 04.09.1985, n. 333 e 6 febbraio 1995, n. 51; V, 06.06.1996, n. 681 e 15.09.1997, n. 980).
La fattispecie del silenzio produttivo di effetti giuridici, come mera inerzia dei pubblici poteri contrastante con i principi di buon andamento, trasparenza, pubblicità e tempestività dell’azione amministrativa, è rapportabile a fattispecie anche diverse da procedure su istanza di parte, essendo ipotizzabili lesioni di interessi protetti (di tipo sia oppositivo che pretensivo), connesse a omissioni dell’Amministrazione in ordine all’emanazione di atti dovuti (es. Cons. Stato, VI, 19.03.2008, n. 1188; IV, 07.07.2008, n. 3384).
I principi acquisiti in tema di illegittimità del silenzio dell’amministrazione non paiono però rapportabili alla pretesa di un privato di riduzione della fascia di rispetto cimiteriale a norma dell’art. 338, quarto comma, r.d. 27.07.1934, n. 1265 (Approvazione del testo unico delle leggi sanitarie) sul vincolo di inedificabilità per fascia di rispetto cimiteriale, secondo cui “Il Consiglio Comunale può approvare, previo parere favorevole delle competete azienda sanitaria locale, la costruzione di nuovi cimiteri o l’ampliamento di quelli già esistenti ad una distanza inferiore a 200 metri dal centro abitato, purché non oltre il limite di 50 metri, quando ricorrano, anche alternativamente, le seguenti condizioni:
a) risulti accertato dal medesimo consiglio comunale che, per particolari condizioni locali, non sia possibile provvedere altrimenti;
b) l’impianto cimiteriale sia separato dal centro urbano da strade pubbliche almeno di livello comunale, sulla base della classificazione prevista ai sensi della legislazione vigente, o da fiumi, laghi o dislivelli naturali rilevanti, ovvero da ponti o da impianti ferroviari
”.
La norma riportata ha carattere derogatorio ed eccezionale rispetto alla regola enunciata al primo comma secondo cui “I cimiteri debbono essere collocati alla distanza di almeno 200 metri dal centro abitato. E’ vietato costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici[…]”.
Per consolidata giurisprudenza, il vincolo cimiteriale determina una situazione di inedificabilità ex lege, suscettibile di venire rimossa solo in ipotesi eccezionali e comunque solo per considerazioni di interesse pubblico, in presenza delle condizioni specificate nell’art. 338, quarto comma; ma non per interessi privati, come ad esempio per legittimare ex post realizzazioni edilizie abusive di privati, o comunque interventi edilizi futuri, su un’area a tal fine indisponibile per ragioni di ordine igienico-sanitario, nonché per la sacralità dei luoghi di sepoltura, salve ulteriori esigenze di mantenimento di un’area di possibile espansione della cinta cimiteriale (cfr. Cass., I, 23.06.2004, n. 11669; Cons. Stato., II, 07.03.1990, parere n. 1109; Cons. Stato, IV, 11.10.2006, n. 6064; V, 02.04.1991, n. 379, 29.03.2006, n. 1593; 03.05.2007, n. 1934 e 14.09.2010, n. 6671).
A parte ogni ulteriore considerazione di base circa la discrezionalità sul se provvedere, il procedimento attivabile dai singoli proprietari all’interno della fascia di rispetto, pertanto, è dunque, in ogni caso, soltanto quello finalizzato agli interventi di cui all’art. 338, settimo comma, del citato r.d. n. 1265 del 1934 (recupero o cambio di destinazione d’uso di edificazioni preesistenti); mentre resta attivabile nel solo interesse pubblico –per i motivi anzidetti– la procedura di riduzione della fascia inedificabile in questione (massima tratta da www.lexambiente.it - Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 17.03.2014 n. 1317 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Parere in merito alla possibilità di rilascio di permesso di costruire per realizzare una struttura commerciale all'interno della fascia di rispetto cimiteriale ridotta - Comune di Sezze (Regione Lazio, parere 08.01.2014 n. 72675 di prot.).

anno 2013

EDILIZIA PRIVATA: M. Grisanti, Sui limiti delle deroghe al vincolo cimiteriale (04.12.2013 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Il rispetto del divieto di edificazione di cui all'art. 338, t.u. leggi sanitarie 27.07.1934 n. 1265, va calcolato con riferimento ad una fascia di rispetto di 200 metri, misurata dal muro di cinta del cimitero, ed entro tale fascia è da escludersi qualsiasi intervento edificatorio, anche se realizzabile in attuazione di atti di natura urbanistica.
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Non può considerarsi edificabile un suolo rientrante nella zona di rispetto cimiteriale, ed assoggettato al relativo vincolo, trattandosi di limitazione legale della proprietà a carattere assoluto, direttamente incidente sul valore del bene e non suscettibile di deroghe di fatto, siccome riconducibile a previsione generale, concernente tutti i cittadini, in quanto proprietari di beni che si trovino in una determinata situazione, e perciò individuabili "a priori".
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La fascia di rispetto cimiteriale prevista dall'art. 338 t.u. leggi sanitarie 27.07.1934 n. 1265, misurata a partire dal muro di cinta del cimitero, costituisce un vincolo assoluto d'inedificabilità, tale da imporsi anche a contrastanti previsioni di piano regolatore generale, che non consente in alcun modo l'allocazione sia di edifici che di opere incompatibili col vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che tale fascia di rispetto intende tutelare e che sono da individuarsi in esigenze di natura igienico-sanitaria, nella salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati all'inumazione e alla sepoltura, nel mantenimento di un'area di possibile espansione della cinta cimiteriale; segue da ciò che non esiste ragione alcuna per ritenere tale vincolo applicabile solo ai centri abitati e non ai fabbricati sparsi, così come, ai fini dell'applicazione del vincolo, appare ininfluente che, a distanza inferiore ai 200 metri, vi sia una strada, atteso che essa non interrompe la continuità del vincolo.

Ed invero: “il rispetto del divieto di edificazione di cui all'art. 338, t.u. leggi sanitarie 27.07.1934 n. 1265, va calcolato con riferimento ad una fascia di rispetto di 200 metri, misurata dal muro di cinta del cimitero, ed entro tale fascia è da escludersi qualsiasi intervento edificatorio, anche se realizzabile in attuazione di atti di natura urbanistica" (Consiglio di Stato, sez. IV, n. 1645 del 2011; meno recentemente ma nello stesso senso, v. Consiglio di Stato, sez. IV, n. 4403 del 2011).
Analogamente la giurisprudenza civile ha ritenuto, in tema di determinazione di indennità espropriativa, che “Non può considerarsi edificabile un suolo rientrante nella zona di rispetto cimiteriale, ed assoggettato al relativo vincolo, trattandosi di limitazione legale della proprietà a carattere assoluto, direttamente incidente sul valore del bene e non suscettibile di deroghe di fatto, siccome riconducibile a previsione generale, concernente tutti i cittadini, in quanto proprietari di beni che si trovino in una determinata situazione, e perciò individuabili "a priori"” ….” (Cass. civ. sez. I, n. 25364/2006).
Né appare potersi derogare a detti principi considerando che tra il muro del cimitero e l’area degli appellati esiste nella fattispecie una grande strada comunale; la “ratio” del vincolo non risiede nella sola tutela delle prospettive di ampliamento ma anche in ragioni di igiene che suggeriscono di tenere le abitazioni sufficientemente distanti dai luoghi cimiteriali.
Del resto, con specifico riferimento all’esistenza di una strada pubblica che interseca l’area di rispetto, la giurisprudenza della Sezione ha già affermato che: “La fascia di rispetto cimiteriale prevista dall'art. 338 t.u. leggi sanitarie 27.07.1934 n. 1265, misurata a partire dal muro di cinta del cimitero, costituisce un vincolo assoluto d'inedificabilità, tale da imporsi anche a contrastanti previsioni di piano regolatore generale, che non consente in alcun modo l'allocazione sia di edifici che di opere incompatibili col vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che tale fascia di rispetto intende tutelare e che sono da individuarsi in esigenze di natura igienico-sanitaria, nella salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati all'inumazione e alla sepoltura, nel mantenimento di un'area di possibile espansione della cinta cimiteriale; segue da ciò che non esiste ragione alcuna per ritenere tale vincolo applicabile solo ai centri abitati e non ai fabbricati sparsi, così come, ai fini dell'applicazione del vincolo, appare ininfluente che, a distanza inferiore ai 200 metri, vi sia una strada, atteso che essa non interrompe la continuità del vincolo” (Consiglio di Stato, sez. IV, n. 4403 del 2011) (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 22.11.2013 n. 5571 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Il vincolo cimiteriale di inedificabilità viene ad imporsi ex se, con efficacia diretta ed immediata, indipendentemente da qualsiasi recepimento in strumenti urbanistici, i quali non sono idonei, proprio per la loro natura, ad incidere sulla esistenza o sui limiti di tal vincolo.
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Poiché sia la disposizione di cui all'art. 338, primo comma, del testo unico approvato col R.D. n. 1265/1934, sia quella di cui all'art. 57 del D.P.R. n. 285/1990, dispongono il divieto di costruire o ampliare edifici intorno ai cimiteri, imponendo una fascia di rispetto, si deve ritenere che tali disposizioni determinino il regime giuridico delle aree rientranti nella fascia di rispetto cimiteriale e si applichino indipendentemente da quale sia la loro destinazione prevista dal piano regolatore.
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La giurisprudenza amministrativa si è orientata per la necessità di rispettare il vincolo cimiteriale anche nelle fattispecie di riedificazione di edifici preesistenti e distrutti anche antecedentemente alla data imposizione del vincolo.
Tale orientamento muove dal concetto per cui la riedificazione di un edificio distrutto, comportando necessariamente la demolizione dei resti, ha natura di nuova costruzione; se così è, deve rilevarsi che tale tipologia non è assolutamente collocabile su aree di rispetto cimiteriale, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che detto vincolo assoluto intende tutelare.
Inoltre, il divieto in parola “è riferibile ad ogni tipo di fabbricato o di costruzione … rendendo del tutto inedificabile l'area colpita dal divieto medesimo".

Il ricorso incidentale è fondato, alla luce del motivo in esame, che ha carattere assorbente.
Preliminarmente, e con riferimento alla previsione dell’intervento da parte del PUC (che secondo la ricorrente eviterebbe l’incidenza negativa del vincolo cimiteriale), il Collegio deve ricordare che la giurisprudenza si è da tempo orientata verso il principio opposto, per cui “il vincolo cimiteriale di inedificabilità viene ad imporsi ex se, con efficacia diretta ed immediata, indipendentemente da qualsiasi recepimento in strumenti urbanistici, i quali non sono idonei, proprio per la loro natura, ad incidere sulla esistenza o sui limiti di tal vincolo” (Cons. di Stato, sez. V, n. 519/1996).
Ed ancora è stato sottolineato che: “Poiché sia la disposizione di cui all'art. 338, primo comma, del testo unico approvato col R.D. n. 1265/1934, sia quella di cui all'art. 57 del D.P.R. n. 285/1990, dispongono il divieto di costruire o ampliare edifici intorno ai cimiteri, imponendo una fascia di rispetto, si deve ritenere che tali disposizioni determinino il regime giuridico delle aree rientranti nella fascia di rispetto cimiteriale e si applichino indipendentemente da quale sia la loro destinazione prevista dal piano regolatore" (Cons. di Stato, Sez. IV, n. 4415/2007).
Nello specifico, poi, rileva il Collegio che la giurisprudenza amministrativa si è orientata per la necessità di rispettare il vincolo cimiteriale anche nelle fattispecie di riedificazione di edifici preesistenti e distrutti anche antecedentemente alla data imposizione del vincolo. Tale orientamento muove dal concetto per cui la riedificazione di un edificio distrutto, comportando necessariamente la demolizione dei resti, ha natura di nuova costruzione (cfr. Cons. di Stato sez. V, n. 2020/2011); se così è, deve rilevarsi che tale tipologia non è assolutamente collocabile su aree di rispetto cimiteriale, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che detto vincolo assoluto intende tutelare (Cons. di Stato, sez. V, n. 1933/2007). Inoltre, il divieto in parola “è riferibile ad ogni tipo di fabbricato o di costruzione … rendendo del tutto inedificabile l'area colpita dal divieto medesimo" (Cons. di Stato, sez. II, n. 3031/1996) (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 22.11.2013 n. 5544 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAIl vincolo cimiteriale riguarda anche gli edifici sparsi utilizzati per il ricovero di attrezzi agricoli o aventi destinazione diversa da quella abitativa, ponendosi persino rispetto ad essi l'esigenza, perseguita dall'art. 338, comma 1, del R.D. n. 1265/1934, di salvaguardare la salubrità pubblica e di consentire futuri ampliamenti del cimitero.
Infatti, l'apposizione del vincolo in questione persegue una molteplicità di interessi pubblici: la tutela di esigenze igienico sanitarie e della sacralità del luogo, l'interesse a mantenere un'area di possibile espansione del perimetro cimiteriale; pertanto anche la costruzione di case sparse, e persino la realizzazione di edifici isolati non destinati ad abitazione, deve rispettare la distanza minima di 200 metri, senza che sia richiesta all'Ente pubblico una valutazione in concreto della compatibilità della presenza del manufatto rispetto al vincolo de quo.

Il ricorso è infondato.
Si prescinde dalla questione dell’ammissibilità di un’azione volta alla conferma della parte dispositiva del provvedimento impugnato e alla modifica, invece, della sua motivazione, concretando tale azione la richiesta di una pronuncia di accertamento negativo di natura dichiarativa non ammissibile nell’ambito della giurisdizione di legittimità qual è quella oggetto del presente scrutinio giurisdizionale.
Va innanzi tutto rilevato che il provvedimento impugnato è conseguente a due espresse domande di sanatoria presentate dal ricorrente che obbligava l’Amministrazione comunale a istruire il relativo procedimento e a concluderlo con un provvedimenti definitivi, come correttamente avvenuto.
La tesi, poi, che nella specie si tratterebbe di manufatti privi di rilievo urbanistico-edilizio è smentita per tabulas dalla consistenza dei manufatti stessi (due capanne agricole che ricoprono l’una una superficie di mq. 53,64 e l’altra una superficie di mq. 15,84), confermata dalla documentazione fotografica che evidenzia che si tratta di opere che, se pur realizzate con materiale precario, insistono stabilmente sul terreno sul quale sono collocate. In base, pertanto, all’art. 10 del t.u. n. 380 del 2001, concretandosi una trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio le stesse opere erano soggette al permesso di costruire. Donde il loro rilievo sotto il profilo del rispetto dell’area di vincolo cimiteriale.
E dal momento che non è contestato che le stesse capanne insistono entro la fascia di 200 metri del vincolo cimiteriale, come indicato nei provvedimenti di diniego impugnati, e che la sussistenza di un tale vincolo sia ostativo alla permanenza di opere rilevanti sul piano urbanistico-edilizio, le opere realizzate abusivamente non sono sanabili stante l’inedificabilità assoluta derivante dal disposto dell’art. 338 del testo unico sulla sanità.
Va comunque rilevato, per completezza, che il vincolo cimiteriale riguarda anche gli edifici sparsi (Cons. Stato, V, 14/09/2010, n. 6671; idem, 03/05/2007, n. 1933; TAR Campania, Napoli, II, 13/02/2009, n. 802; idem, 25/01/2007, n. 711) utilizzati per il ricovero di attrezzi agricoli o aventi destinazione diversa da quella abitativa (Cons. Stato, V, 23/08/2000, n. 4574), ponendosi persino rispetto ad essi l'esigenza, perseguita dall'art. 338, comma 1, del R.D. n. 1265/1934, di salvaguardare la salubrità pubblica e di consentire futuri ampliamenti del cimitero (TAR Toscana, sez. III, 25.10.2011 n. 1542; TAR Abruzzo, L'Aquila, I, 14/10/2008, n. 1141).
Infatti, l'apposizione del vincolo in questione persegue una molteplicità di interessi pubblici: la tutela di esigenze igienico sanitarie e della sacralità del luogo, l'interesse a mantenere un'area di possibile espansione del perimetro cimiteriale; pertanto anche la costruzione di case sparse, e persino la realizzazione di edifici isolati non destinati ad abitazione, deve rispettare la distanza minima di 200 metri, senza che sia richiesta all'Ente pubblico una valutazione in concreto della compatibilità della presenza del manufatto rispetto al vincolo de quo (Tar Toscana, sez. II, 27.11.2008, n. 3046; Cons. Stato, sez. V, 03.05.2007, n. 1933; idem, 27.08.1999, n. 1006) (TAR Toscana, Sez. III, sentenza 12.11.2013 n. 1553 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: La fascia di rispetto cimiteriale prevista dall'art. 338 t.u. leggi sanitarie (e che deve essere misurata a partire dal muro di cinta del cimitero), costituisce un vincolo assoluto di inedificabilità , tale da imporsi anche a contrastanti previsioni di PRG, che non consente in alcun modo l'allocazione sia di edifici, che di opere incompatibili col vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che tale fascia di rispetto intende tutelare e che possono enuclearsi nelle esigenze di natura igienicosanitaria, nella salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati all'inumazione e alla sepoltura, nel mantenimento di un'area di possibile espansione della cinta cimiteriale.
Ciò premesso, questo Tribunale ha più volte confermato la natura assoluta del vincolo cimiteriale (Tar Liguria, I n. 815/2011; n. 704/2012) in linea peraltro con la giurisprudenza amministrativa più recente CdS IV, n. 4403/2011; sez. V n. 6671/2010).
In particolare con riferimento ad un caso analogo a quello oggi in considerazione è stato di recente affermato che: "la fascia di rispetto cimiteriale prevista dall'art. 338 t.u. leggi sanitarie (e che deve essere misurata a partire dal muro di cinta del cimitero), costituisce un vincolo assoluto di inedificabilità , tale da imporsi anche a contrastanti previsioni di PRG, che non consente in alcun modo l'allocazione sia di edifici, che di opere incompatibili col vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che tale fascia di rispetto intende tutelare e che possono enuclearsi nelle esigenze di natura igienicosanitaria, nella salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati all'inumazione e alla sepoltura, nel mantenimento di un'area di possibile espansione della cinta cimiteriale (Cons. Stato, sez. IV, 16.03.2011 n. 1645 e 27.10.2009 n. 6547; sez. V, 14.09.2010 n. 6671)" (cfr. C.d.S., sez. sez. IV, 20.07.2011, n. 4403 cit.; Tar Campania II n. 2447/2013)
(TAR Liguria, Sez. I, sentenza 30.10.2013 n. 1252 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATANo all'autolavaggio troppo vicino al cimitero.
Non si disturba il sonno, anche quello eterno. Stop all'autolavaggio self service da realizzare a ridosso del cimitero: ha ragione il comune a negare la concessione edilizia all'imprenditore laddove il manufatto risulterebbe troppo ingombrante nella fascia di rispetto di duecento metri prevista dalla legge.

Lo stabilisce il TAR Veneto, Sez. II, con la sentenza 08.07.2013 n. 932.
Deve essere rilevato un vincolo di inedificabilità assoluta sul terreno che il proprietario intendeva mettere a reddito con un sistema telematico in grado di gestire il tunnel con gli spazzoloni senza l'aiuto di personale. Il punto è che l'impianto comincia a essere un manufatto di una certa importanza fra tettoie e casotti a ridosso del muro di cinta del cimitero e, peraltro, pregiudica l'eventuale espansione dell'area destinata all'estrema dimora dei concittadini.
La fascia di rispetto prevista dalla legge di rispetto nei dintorni del camposanto serve senz'altro a tutelare la sacralità dei luoghi destinati alla sepoltura ma, ricordano i giudici, anche a garantire una serie di esigenze di natura igienico-sanitarie.
Non si salva dalla bocciatura il progetto presentato dall'imprenditore anche se l'impianto è costituito da strutture amovibili come gli spazzoloni e il box tunnel e risulta del tutto automatizzato perché anche il pagamento degli utenti viene gestito per via telematica: è infatti ritenuto legittimo il diniego opposto dal dirigente comunale all'istanza di concessione edilizia, motivato sul rilievo che l'intervento ricade nel vincolo cimiteriale previsto dall'articolo 338 del rd 1265/1934 che vieta la costruzione di qualsiasi fabbricato e contrasta con l'articolo 22 delle norme tecniche di attuazione del piano regolatore generale il quale prevede che nelle zone F2 («fascia di rispetto») non può essere consentito alcun tipo di costruzione o di intervento che non siano strettamente relativi alle infrastrutture protette.
Sul «no» all'autorizzazione all'impianto pesano le diverse strutture prefabbricate previste dal progetto. Risultato: niente autolavaggio, ma l'imprenditore evita almeno il pagamento delle spese di giudizio per la peculiarità della controversia (articolo ItaliaOggi del 27.02.2014).

EDILIZIA PRIVATAIn materia di vincolo cimiteriale, la salvaguardia del rispetto dei 200 metri prevista dall'art. 338 del T.U. del 1934 si pone alla stregua di un vincolo assoluto di inedificabilità, valevole per qualsiasi manufatto edilizio anche ad uso diverso da quello di abitazione, che non consente in alcun modo l'allocazione sia di edifici, che di opere incompatibili col vincolo medesimo, e tanto in ragione dei molteplici interessi pubblici che tale fascia di rispetto intende tutelare e che possono enuclearsi nelle esigenze di natura igienico-sanitarie, nella salvaguardia della peculiare sacralità dei luoghi destinati alla sepoltura e nel mantenimento di un’area di possibile espansione della cinta cimiteriale.
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Appare evidente che l’impianto di autolavaggio in questione, composto da tettoie, casotti prefabbricati, macchinari, vada a costituire un manufatto edilizio dotato di una certa importanza e stabilità, e che una volta autorizzato non potrebbe più essere rimosso a discrezione dell’amministrazione; e ciò andrebbe in pregiudizio degli interessi sottesi al vincolo cimiteriale, ed in particolare dell'esigenza di consentire l'espansione della cinta cimiteriale (dovendo sorgere, peraltro, proprio a ridosso delle mura perimetrali del cimitero).
La realizzazione dell’impianto contrasterebbe inoltre con l’esigenza di limitare la frequentazione di tale zona da parte del pubblico per motivi igienico-sanitari. Non meno evidente è il contrasto della natura dell’opera con la sacralità del luogo soggetto a tutela.
Conseguentemente, non sembra dubbio che l’impianto di autolavaggio in questione rientri tra le costruzioni edilizie del tutto vietate dalla disposizione di cui all’art. 338 citato e tale circostanza, puntualmente rilevata dall’Amministrazione, costituisce valido motivo giustificativo dell’opposto diniego.

Il ricorso è infondato.
L’art. 338 del Testo unico delle leggi sanitarie di cui al r.d. n. 1265 del 27.07.1934 nonché l’art. 57 del Dpr 10.09.1990 n. 285 vietano l’edificazione nelle aree ricadenti in fascia di rispetto cimiteriale dei manufatti che, per durata, inamovibiltà ed incorporazione al suolo possano qualificarsi come costruzioni edilizie, come tali, incompatibili con la natura dei luoghi e con l’eventuale espansione del cimitero.
Ora, la giurisprudenza ha affermato che in materia di vincolo cimiteriale, la salvaguardia del rispetto dei 200 metri prevista dal citato art. 338 del T.U. del 1934 si pone alla stregua di un vincolo assoluto di inedificabilità, valevole per qualsiasi manufatto edilizio anche ad uso diverso da quello di abitazione, che non consente in alcun modo l'allocazione sia di edifici, che di opere incompatibili col vincolo medesimo, e tanto in ragione dei molteplici interessi pubblici che tale fascia di rispetto intende tutelare e che possono enuclearsi nelle esigenze di natura igienico-sanitarie, nella salvaguardia della peculiare sacralità dei luoghi destinati alla sepoltura e nel mantenimento di un’area di possibile espansione della cinta cimiteriale (Cons. Stato Sezione IV, 20.07.2011, n. 4403, Cons. Stato Sez. V 03.05.2007 n.1933; TAR Toscana, Sez. III, 02.07.2008 n. 1712).
Ora, appare evidente che l’impianto di autolavaggio in questione, composto da tettoie, casotti prefabbricati, macchinari, vada a costituire un manufatto edilizio dotato di una certa importanza e stabilità, e che una volta autorizzato non potrebbe più essere rimosso a discrezione dell’amministrazione; e ciò andrebbe in pregiudizio degli interessi sottesi al vincolo cimiteriale, ed in particolare dell'esigenza di consentire l'espansione della cinta cimiteriale (dovendo sorgere, peraltro, proprio a ridosso delle mura perimetrali del cimitero). La realizzazione dell’impianto contrasterebbe inoltre con l’esigenza di limitare la frequentazione di tale zona da parte del pubblico per motivi igienico-sanitari. Non meno evidente è il contrasto della natura dell’opera con la sacralità del luogo soggetto a tutela.
Conseguentemente, non sembra dubbio che l’impianto di autolavaggio in questione rientri tra le costruzioni edilizie del tutto vietate dalla disposizione di cui all’art. 338 citato e tale circostanza, puntualmente rilevata dall’Amministrazione, costituisce valido motivo giustificativo dell’opposto diniego.
Per le suesposte considerazioni, il ricorso si appalesa infondato e va, perciò, respinto (TAR Veneto, Sez. II, sentenza 08.07.2013 n. 932 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Parere in merito alla possibilità di riduzione della zona di rispetto cimiteriale per l'attuazione di un "intervento urbanistico", ai sensi dell'art. 338, comma 5, del R.D. 1265 del 1934 (Regione Lazio, parere 05.07.2013 n. 184453 di prot.).

EDILIZIA PRIVATA: Vincolo cimiteriale.
La fascia di rispetto cimiteriale prevista dall'art. 338 t.u. leggi sanitarie, che deve essere misurata a partire dal muro di cinta del cimitero, costituisce un vincolo assoluto di inedificabilità, tale da imporsi anche a contrastanti previsioni di PRG, che non consente in alcun modo l'allocazione sia di edifici, che di opere incompatibili col vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che tale fascia di rispetto intende tutelare e che possono enuclearsi nelle esigenze di natura igienicosanitaria, nella salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati all'inumazione e alla sepoltura, nel mantenimento di un'area di possibile espansione della cinta cimiteriale.
Priva di pregio, innanzitutto, è la censura per la quale il vincolo cimiteriale non sarebbe applicabile per le opere realizzate al di fuori dei centri abitati, poiché il riferimento ai “centri abitati”, di cui all'art. 338 r.d. n. 1265/1934 rileva unicamente per la realizzazione e l’ampliamento dei cimiteri da parte del Comune e non invece per l’attività costruttiva del privato, che deve, comunque, rispettare le prescritte distanze dal cimitero anche se la costruzione dovesse essere edificata fuori dai centri abitati (cfr. C.d.S., sez. V, 29.03.2006, n. 1593; C.d.S., sez. IV, 20.07.2011, n. 4403, che ha anche escluso che la presenza, come nel caso ora in esame, di una strada possa “interrompere” la continuità del vincolo).
In secondo luogo, il vincolo in questione è di inedificabilità assoluta e, perciò, le opere realizzate in contrasto con lo stesso non sono suscettibili di sanatoria, ai sensi dell'art. 33 della legge 28.02.1985, n. 47, neppure per silentium.
Al riguardo, è sufficiente richiamare l'indirizzo del Giudice di appello, dal quale non si rinvengono ragioni per discostarsi, secondo cui «la fascia di rispetto cimiteriale prevista dall'art. 338 t.u. leggi sanitarie (e che deve essere misurata a partire dal muro di cinta del cimitero), costituisce un vincolo assoluto di inedificabilità, tale da imporsi anche a contrastanti previsioni di PRG, che non consente in alcun modo l'allocazione sia di edifici, che di opere incompatibili col vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che tale fascia di rispetto intende tutelare e che possono enuclearsi nelle esigenze di natura igienicosanitaria, nella salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati all'inumazione e alla sepoltura, nel mantenimento di un'area di possibile espansione della cinta cimiteriale (Cons. Stato, sez. IV, 16.03.2011 n. 1645 e 27.10.2009 n. 6547; sez. V, 14.09.2010 n. 6671)» (cfr. C.d.S., sez. sez. IV, 20.07.2011, n. 4403 cit.).
Sono, perciò, infondati anche il secondo ed il terzo motivo di ricorso, mentre, con riguardo al quarto ed ultimo motivo, basta osservare, per la sua reiezione, che sia il diniego di condono rispetto ad opere per legge non suscettibili di sanatoria, sia gli interventi repressivi degli abusi edilizi, sono espressione di un potere dell'amministrazione di natura vincolata e non discrezionale, che in quanto tale non è soggetto ad eccesso di potere, ma soltanto ad eventuali vizi di violazione di legge o di incompetenza (in materia di ordini di demolizione, cfr. TAR Campania Salerno, sez. I, 06.12.2011, n. 1926; TAR Sicilia Catania, sez. I, 20.09.2010, n. 3763) (massima tratta da www.lexambiente.it - TAR Campania-Napoli, Sez. II, sentenza 14.05.2013 n. 2496 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: In materia di vincolo cimiteriale la salvaguardia del rispetto dei duecento metri prevista dall'art. 338 R.D. 1265/1934 (o del limite inferiore di cui al d.p.r. numero 285/1990 che ha previsto la possibilità di riduzione della fascia di rispetto da 200 mt. a 100 mt.) "si pone alla stregua di un vincolo assoluto di inedificabilità che non consente in alcun modo l'allocazione sia di edifici, che di opere incompatibili col vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che tale fascia di rispetto intende tutelare e che possono enuclearsi nelle esigenze di natura igienico sanitaria, nella salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati all'inumazione e alla sepoltura, nel mantenimento di un'area di possibile espansione della cinta cimiteriale".
Tale vincolo osta al rilascio anche dei titoli edilizi in sanatoria, senza necessità di compiere valutazioni in ordine alla concreta compatibilità dell'opera con i valori tutelati dal vincolo, come affermato dalla giurisprudenza con riferimento alle istanze di condono avanzate ai sensi dell'art. 33 L. 28.02.1985 n. 47.
Detto vincolo comporta, in definitiva, una limitazione legale a carattere assoluto del diritto di proprietà, che preclude il rilascio del titolo edilizio per opere incompatibili col vincolo medesimo.

In punto di diritto, va ricordato che l'articolo 338 del testo unico delle leggi sanitarie di cui al R.D. n. 1265/1934 vieta l'edificazione nelle aree ricadenti in fasce di rispetto cimiteriale dei manufatti che possono qualificarsi come costruzione edilizie, come tali incompatibili con la natura dei luoghi e con l'eventuale espansione del cimitero.
Al riguardo, la giurisprudenza, ormai consolidata, ha affermato che in materia di vincolo cimiteriale la salvaguardia del rispetto dei duecento metri prevista dal citato articolo (o del limite inferiore di cui al d.p.r. numero 285/1990 che ha previsto la possibilità di riduzione della fascia di rispetto da 200 mt. a 100 mt.) "si pone alla stregua di un vincolo assoluto di inedificabilità che non consente in alcun modo l'allocazione sia di edifici, che di opere incompatibili col vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che tale fascia di rispetto intende tutelare e che possono enuclearsi nelle esigenze di natura igienico sanitaria, nella salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati all'inumazione e alla sepoltura, nel mantenimento di un'area di possibile espansione della cinta cimiteriale" (ex multis C. Stato, V, 14.09.2010, n. 6671; C. Stato, IV 12.03.2007, n. 1185, C. Stato, V, 12.11.1999, n. 1871; C. Stato, II, parere 28.02.1996, n. 3031/1995; TAR Sicilia, Palermo, III, 18.01.2012, n. 77; TAR Campania, Napoli, IV, 29.11.2007, n. 15615; Tar Lombardia-Milano, 11.07.1997, n. 1253; Tar Toscana, I, 29.09.1994, n. 471).
Non sfugge al Collegio che una parte minoritaria della giurisprudenza (TAR Genova Liguria sez. I 20.06.2008, n. 1388) opta per la natura relativa della inedificabilità prodotta dal vincolo, ma alla tesi contraria, che si lascia preferire per la complessità delle esigenze di tutela alle quali il vincolo presiede, propende decisamente la recenziore giurisprudenza del Consiglio di Stato (sez. IV, 20.07.2011, n. 4403), secondo cui, peraltro, il vincolo di rispetto cimiteriale, riguarda non solo i centri abitati, ma anche i fabbricati sparsi (cfr. TAR Milano, II, 06.10.1993 n. 551).
Da ciò consegue l’infondatezza anche del profilo di censura che valorizza il carattere isolato del manufatto, che pertanto incorre nella preclusività del vincolo che per giunta osta al rilascio anche dei titoli edilizi in sanatoria, senza necessità di compiere valutazioni in ordine alla concreta compatibilità dell'opera con i valori tutelati dal vincolo, come affermato dalla giurisprudenza con riferimento alle istanze di condono avanzate ai sensi dell'art. 33 L. 28.02.1985 n. 47 (cfr. C. Stato, se. V, 03.05.2007, n. 1933 e del 12.11.1999, n. 1871).
Detto vincolo, secondo consolidata giurisprudenza, comporta, in definitiva, una limitazione legale a carattere assoluto del diritto di proprietà, che preclude il rilascio del titolo edilizio per opere incompatibili col vincolo medesimo
(TAR Campania-Salerno, Sez. II, sentenza 02.05.2013 n. 1034 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: L’espansione della zona cimiteriale costituisce solo una delle molteplici ragioni del vincolo cimiteriale e il vincolo non può dirsi interrotto per la presenza di una strada.
Invero, "la fascia di rispetto cimiteriale prevista dall'art. 338 t.u. leggi sanitarie 27.07.1934 n. 1265, misurata a partire dal muro di cinta del cimitero, costituisce un vincolo assoluto d'inedificabilità, tale da imporsi anche a contrastanti previsioni di piano regolatore generale, che non consente in alcun modo l'allocazione sia di edifici che di opere incompatibili col vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che tale fascia di rispetto intende tutelare e che sono da individuarsi in esigenze di natura igienico-sanitaria, nella salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati all'inumazione e alla sepoltura, nel mantenimento di un'area di possibile espansione della cinta cimiteriale; segue da ciò che non esiste ragione alcuna per ritenere tale vincolo applicabile solo ai centri abitati e non ai fabbricati sparsi, così come, ai fini dell'applicazione del vincolo, appare ininfluente che, a distanza inferiore ai 200 metri, vi sia una strada, atteso che essa non interrompe la continuità del vincolo”.

Infondata è, parimenti, la censura contenuta nel terzo motivo di ricorso, relativa all’asserita non configurabilità nell’ipotesi di specie del vincolo di rispetto cimiteriale, in quanto parte ricorrente non riferisce tale inesistenza all’inconfigurabilità del criterio distanziale, posto ope legis a base di tale vincolo, ma alla natura del cimitero –non connotato da possibilità espansive– ed al fatto che nell’ipotesi di specie vi sarebbe una strada comunale che interromperebbe la continuità con l’area cimiteriale.
Entrambi i presupposti sono privi di fondamento, atteso che l’espansione della zona cimiteriale costituisce solo una delle molteplici ragioni del vincolo cimiteriale e che il vincolo non può dirsi interrotto per la presenza di una strada (cfr., in tal senso Consiglio di Stato sez. IV, 20.07.2011 n. 4403 secondo cui “La fascia di rispetto cimiteriale prevista dall'art. 338 t.u. leggi sanitarie 27.07.1934 n. 1265, misurata a partire dal muro di cinta del cimitero, costituisce un vincolo assoluto d'inedificabilità, tale da imporsi anche a contrastanti previsioni di piano regolatore generale, che non consente in alcun modo l'allocazione sia di edifici che di opere incompatibili col vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che tale fascia di rispetto intende tutelare e che sono da individuarsi in esigenze di natura igienico-sanitaria, nella salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati all'inumazione e alla sepoltura, nel mantenimento di un'area di possibile espansione della cinta cimiteriale; segue da ciò che non esiste ragione alcuna per ritenere tale vincolo applicabile solo ai centri abitati e non ai fabbricati sparsi, così come, ai fini dell'applicazione del vincolo, appare ininfluente che, a distanza inferiore ai 200 metri, vi sia una strada, atteso che essa non interrompe la continuità del vincolo”)
(TAR Campania-Napoli, Sez. VII, sentenza 25.03.2013 n. 1639 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATALa fascia di rispetto cimiteriale risponde, da un lato, all'esigenza di tutela dell'interesse pubblico all'igiene di ogni tipo di costruzione destinata alla vita dell'uomo e, dall'altro, all'esigenza di assicurare decoro ai luoghi di sepoltura.
Il suddetto vincolo riguarda, pertanto, quelle costruzioni incompatibili con la funzione cimiteriale, in quanto destinate ad ospitare stabilmente l’uomo, quali: le abitazioni, gli alberghi, gli ospedali, le scuole. Tale vincolo non è quindi suscettibile di un’applicazione estensiva nei confronti della realizzazione di altri manufatti privi invece di tale funzione come nel caso, che qui interessa, delle strade e dei parcheggi.
Questa interpretazione è del resto avvalorata anche dal dato letterale della disposizione che vieta specificamente la realizzazione di nuovi “edifici” e non già la realizzazione di una qualsiasi opera.

Quanto alla asserita violazione della fascia di rispetto cimiteriale di 200 metri, il Collegio evidenzia che, come condivisibilmente affermato dalla giurisprudenza maggioritaria, la fascia di rispetto in questione risponde, da un lato, all'esigenza di tutela dell'interesse pubblico all'igiene di ogni tipo di costruzione destinata alla vita dell'uomo e, dall'altro, all'esigenza di assicurare decoro ai luoghi di sepoltura.
Il suddetto vincolo riguarda, pertanto, quelle costruzioni incompatibili con la funzione cimiteriale, in quanto destinate ad ospitare stabilmente l’uomo, quali: le abitazioni, gli alberghi, gli ospedali, le scuole. Tale vincolo non è quindi suscettibile di un’applicazione estensiva nei confronti della realizzazione di altri manufatti privi invece di tale funzione come nel caso, che qui interessa, delle strade e dei parcheggi.
Questa interpretazione è del resto avvalorata anche dal dato letterale della disposizione che vieta specificamente la realizzazione di nuovi “edifici” e non già la realizzazione di una qualsiasi opera (cfr. in termini TAR Lombardia-Milano, Sez. III, sentenza 26.09.2011 n. 2295) (TAR Veneto, Sez. I, sentenza 19.03.2013 n. 417 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAL'articolo 338 del testo unico delle leggi sanitarie di cui al R.D. n. 1265/1934 vieta l'edificazione nelle aree ricadenti in fasce di rispetto cimiteriale dei manufatti che possono qualificarsi come costruzione edilizie, come tali incompatibili con la natura dei luoghi e con l'eventuale espansione del cimitero.
Invero, in materia di vincolo cimiteriale la salvaguardia del rispetto dei duecento metri prevista dal citato articolo (o del limite inferiore di cui al d.p.r. numero 285/1990 che ha previsto la possibilità di riduzione della fascia di rispetto da 200 mt. a 100 mt.) "si pone alla stregua di un vincolo assoluto di inedificabilità che non consente in alcun modo l'allocazione sia di edifici, che di opere incompatibili col vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che tale fascia di rispetto intende tutelare e che possono enuclearsi nelle esigenze di natura igienico sanitaria, nella salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati all'inumazione e alla sepoltura, nel mantenimento di un'area di possibile espansione della cinta cimiteriale".
Ritiene il Collegio tuttavia di aderire all’opposto orientamento giurisprudenziale, di recente confermato, secondo cui “In sede di condono di opere insistenti su fascia di rispetto cimiteriale l'Amministrazione è tenuta a valutare se ed in quale misura l'opera in questione venga effettivamente a concretizzare una lesione per il vincolo cimiteriale di inedificabilità e, più in particolare, se le opere da sanare possano aggravare il peso insediativo dell'area con la realizzazione di volumi edilizi tali da considerarsi nuove costruzioni”.
Tale lettura interpretativa si fonda, esattamente, sulle finalità perseguite dalla normativa di tutela del vincolo cimiteriale, che sono sostanzialmente tre: garantire la futura espansione del cimitero; garantire il decoro di un luogo di culto; assicurare una cintura sanitaria attorno a luoghi per loro natura insalubri.

In punto di diritto, va ricordato che l'articolo 338 del testo unico delle leggi sanitarie di cui al R.D. n. 1265/1934, vigente ratione temporis, vieta l'edificazione nelle aree ricadenti in fasce di rispetto cimiteriale dei manufatti che possono qualificarsi come costruzione edilizie, come tali incompatibili con la natura dei luoghi e con l'eventuale espansione del cimitero.
Non sfugge al Collegio che, secondo cospicuo orientamento giurisprudenziale, in materia di vincolo cimiteriale la salvaguardia del rispetto dei duecento metri prevista dal citato articolo (o del limite inferiore di cui al d.p.r. numero 285/1990 che ha previsto la possibilità di riduzione della fascia di rispetto da 200 mt. a 100 mt.) "si pone alla stregua di un vincolo assoluto di inedificabilità che non consente in alcun modo l'allocazione sia di edifici, che di opere incompatibili col vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che tale fascia di rispetto intende tutelare e che possono enuclearsi nelle esigenze di natura igienico sanitaria, nella salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati all'inumazione e alla sepoltura, nel mantenimento di un'area di possibile espansione della cinta cimiteriale" (ex multis C.d.S., V, 14.09.2010, n. 6671; C.d.S., IV 12.03.2007, n. 1185, C.d.S., V, 12.11.1999, n. 1871; C.d.S., II, parere 28.02.1996, n. 3031/95; TAR Sicilia, Palermo, III, 18.01.2012, n. 77; TAR Campania, Napoli, IV, 29.11.2007, n. 15615; Tar Lombardia-Milano, 11.07.1997, n. 1253; Tar Toscana, I, 29.09.1994, n. 471).
Ritiene il Collegio tuttavia di aderire all’opposto orientamento giurisprudenziale, di recente confermato, secondo cui “In sede di condono di opere insistenti su fascia di rispetto cimiteriale l'Amministrazione è tenuta a valutare se ed in quale misura l'opera in questione venga effettivamente a concretizzare una lesione per il vincolo cimiteriale di inedificabilità e, più in particolare, se le opere da sanare possano aggravare il peso insediativo dell'area con la realizzazione di volumi edilizi tali da considerarsi nuove costruzioni” (cfr. TAR Genova Liguria sez. I, 20.06.2008, n. 1388).
Tale lettura interpretativa si fonda, esattamente, sulle finalità perseguite dalla normativa di tutela del vincolo cimiteriale, che sono sostanzialmente tre: garantire la futura espansione del cimitero; garantire il decoro di un luogo di culto; assicurare una cintura sanitaria attorno a luoghi per loro natura insalubri (cfr. TAR Liguria, 1^, 25.03.2004 n. 290; id., 09.07.1998 n. 373; id., 06.11.1995 n. 320; da ultimo Cons. Stato, V, 03.05.2007 n. 1933) (TAR Friuli Venezia Giulia, sentenza 06.03.2013 n. 128 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAAi sensi dell'articolo 338 rd 1265/1934 i cimiteri devono essere collocati alla distanza di almeno 200 metri dal centro abitato. Lo stesso articolo vieta, inoltre, di costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici entro il raggio di 200 metri dal perimetro dell'impianto cimiteriale, quale risultante dagli strumenti urbanistici vigenti nel comune o, in difetto di essi, comunque quale esistente in fatto, salve le deroghe ed eccezioni previste dalla legge.
In particolare, l'esistenza del vincolo cimiteriale, nell'area nella quale è stato realizzato un manufatto abusivo, comportando l'inedificabilità assoluta, preclude il rilascio della concessione in sanatoria ai sensi dell'art. 33, l. 28.02.1985 n. 47, senza necessità di compiere valutazioni in ordine alla concreta compatibilità dell'opera con i valori tutelati dal vincolo.
Il chiaro disposto dell'articolo 338 citato vieta, quindi, di costruire intorno ai cimiteri laddove il riferimento al centro abitato viene fatto nel primo periodo solo per escludere che si possano realizzare nuovi cimiteri all'interno del centro abitato.

Tanto premesso, il ricorso va rigettato.
Il Comune di Paderno Dugnano, prima in persona dell’assessore delegato all’urbanistica e poi del sindaco, ha correttamente rigettato l’istanza di rilascio di concessione in sanatoria e conseguentemente ordinato la demolizione dei manufatti abusivi. La motivazione su cui poggiano entrambi i provvedimenti è che i manufatti ricadono all’interno del limite cimiteriale e in zona vincolata a Parco Agricolo Nord Villoresi /Grugnotorto.
Orbene, la giurisprudenza amministrativa consolidata, che questo Collegio condivide, ha chiarito che ai sensi dell'articolo 338 rd 1265/1934 i cimiteri devono essere collocati alla distanza di almeno 200 metri dal centro abitato. Lo stesso articolo vieta, inoltre, di costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici entro il raggio di 200 metri dal perimetro dell'impianto cimiteriale, quale risultante dagli strumenti urbanistici vigenti nel comune o, in difetto di essi, comunque quale esistente in fatto, salve le deroghe ed eccezioni previste dalla legge.
In particolare, l'esistenza del vincolo cimiteriale, nell'area nella quale è stato realizzato un manufatto abusivo, comportando l'inedificabilità assoluta, preclude il rilascio della concessione in sanatoria ai sensi dell'art. 33, l. 28.02.1985 n. 47, senza necessità di compiere valutazioni in ordine alla concreta compatibilità dell'opera con i valori tutelati dal vincolo (Cons. St., IV, 12.03.2007 n. 1185). Il chiaro disposto dell'articolo 338 citato vieta, quindi, di costruire intorno ai cimiteri laddove il riferimento al centro abitato viene fatto nel primo periodo solo per escludere che si possano realizzare nuovi cimiteri all'interno del centro abitato (cfr., Cons. Stato citato).
Nel caso di specie, è emerso in modo incontestato che la società ricorrente ha realizzato manufatti abusivi all’interno del perimetro cimiteriale; manufatti che non potevano essere realizzati ai sensi dell’art. 338 rd 1265/1934, indipendentemente dall’esistenza dell’area vincolata.
Ne deriva, pertanto, che correttamente l’amministrazione resistente ha negato il rilascio della concessione in sanatoria e ordinato la demolizione dei manufatti abusivi (TAR Lombardia-Milano, Sez. IV, sentenza 07.02.2013 n. 371 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2012

EDILIZIA PRIVATA: L'art. 338 del r.d. 1265/1934 (t.u. delle leggi sanitarie) prevede il divieto di costruire intorno ai cimiteri edifici entro il raggio di 200 mt., disponendo che il contravventore debba demolire l'edificio o la parte di nuova costruzione, salvi i provvedimenti d'ufficio in caso di inadempienza. Si tratta, infatti, di divieto assoluto, come più volte ha avuto modo di affermare la giurisprudenza amministrativa che ha evidenziato come il vincolo di inedificabilità in questione abbia finalità non solo urbanistico edilizie, ma anche di tutela dell'igiene e della sicurezza pubblica.
Il vincolo in questione non consente l'allocazione sia di edifici che di opere incompatibili col vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che tale fascia di rispetto intende tutelare e che possono enuclearsi nelle esigenze di natura igienico sanitaria, nella salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati all'inumazione ed alla sepoltura, nel mantenimento di un'area di possibile espansione della cinta cimiteriale.
Anche la giurisprudenza della Cassazione si è espressa in termini analoghi a quelli sopra riferiti, ravvisando nel vincolo cimiteriale un caso tipico di inedificabilità legale, vale a dire inderogabile divieto di qualsivoglia interevento modificativo dello stato dei luoghi, fatta eccezione per l'esercizio dell'agricoltura e per l'eventuale ampliamento delle strutture cimiteriali preesistenti.

Come è noto l'art. 338 del r.d. 1265/1934 (t.u. delle leggi sanitarie) prevede il divieto di costruire intorno ai cimiteri edifici entro il raggio di 200 mt., disponendo che il contravventore debba demolire l'edificio o la parte di nuova costruzione, salvi i provvedimenti d'ufficio in caso di inadempienza.
La difesa della ricorrente sostiene che tale divieto riguarderebbe solo l’intero centro abitato e sarebbe derogabile per singole abitazioni.
Tale tesi appare destituita di fondamento, si tratta, infatti, di divieto assoluto, come più volte ha avuto modo di affermare la giurisprudenza amministrativa che ha evidenziato come il vincolo di inedificabilità in questione abbia finalità non solo urbanistico edilizie, ma anche di tutela dell'igiene e della sicurezza pubblica (CdS Sez. IV n. 4259/2007; n. 1185/2007).
In particolare, la giurisprudenza del C.d.S. è consolidata nell'affermare che il vincolo in questione non consenta l'allocazione sia di edifici che di opere incompatibili col vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che tale fascia di rispetto intende tutelare e che possono enuclearsi nelle esigenze di natura igienico sanitaria, nella salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati all'inumazione ed alla sepoltura, nel mantenimento di un'area di possibile espansione della cinta cimiteriale.
Anche la giurisprudenza della Cassazione si è espressa in termini analoghi a quelli sopra riferiti, ravvisando nel vincolo cimiteriale un caso tipico di inedificabilità legale, vale a dire inderogabile divieto di qualsivoglia interevento modificativo dello stato dei luoghi, fatta eccezione per l'esercizio dell'agricoltura e per l'eventuale ampliamento delle strutture cimiteriali preesistenti (Cass. Civ. Sez. I 23.06.2004 n. 11669)
(TAR Veneto, Sez. II, sentenza 07.11.2012 n. 1352 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICALe scelte pianificatorie effettuate dalla p.a. costituiscano apprezzamento di merito -o, comunque, espressione di ampia potestà discrezionale- sottratto al sindacato di legittimità, salvo che non siano inficiate da errori di fatto o abnormi illogicità.
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L’art. 338, r.d. n. 1265/1934 prevede, al comma 1, che “i cimiteri devono essere collocati alla distanza di almeno 200 metri dal centro abitato. È vietato costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici entro il raggio di 200 metri dal perimetro dell'impianto cimiteriale, quale risultante dagli strumenti urbanistici vigenti nel comune o, in difetto di essi, comunque quale esistente in fatto, salve le deroghe ed eccezioni previste dalla legge”.
La prima parte della disposizione impone la collocazione dei cimiteri ad una distanza di 200 metri dal centro abitato; tale fascia di rispetto può essere ridotta, non oltre il limite minimo di 50 metri, allorché ricorrano le condizioni previste al comma 4.
La seconda parte della disposizione pone, invece, un vincolo di inedificabilità entro la fascia di 200 metri dal perimetro del cimitero.
Quest’ultima disposizione, che disciplina l’edificazione nella fascia di rispetto, non si rivolge al pianificatore allorché è chiamato a decidere la collocazione di un nuovo cimitero.
La scelta in ordine alla collocazione di un nuovo cimitero è, invero, soggetta unicamente alle previsioni di cui alla prima parte dell’art. 338, c.1 e c. 4, e cioè al rispetto della distanza dal centro abitato prevista dalla legge, oltre che ai limiti cui soggiace ogni potere discrezionale, ed entro i quali è sindacabile dal giudice amministrativo, della manifesta illogicità, irrazionalità o errore sui fatti.

La giurisprudenza è costante nel ritenere che le scelte pianificatorie effettuate dalla p.a. costituiscano apprezzamento di merito -o, comunque, espressione di ampia potestà discrezionale- sottratto al sindacato di legittimità, salvo che non siano inficiate da errori di fatto o abnormi illogicità (Cons. Stato, Sez. IV, 21.05.2007, n. 2571).
La decisione di collocare il cimitero a nord del centro abitato, in una zona che precedenti strumenti urbanistici qualificavano come avente valenza sovracomunale, non può ritenersi, di per sé, manifestamente illogicità, ben potendo l’amministrazione mutare, nel corso degli anni, le proprie scelte.
Né la collocazione del cimitero a nord del centro abitato si pone in contrasto con le osservazioni formulate dalla Provincia di Milano in sede di valutazione di compatibilità del documento di piano con il piano territoriale di coordinamento provinciale: la Provincia si è difatti limitata a dettare delle prescrizioni con riferimento ad alcuni ambiti di trasformazione, tra cui l’ambito IC2 (Corridoio ambientale ovest – nuovo cimitero), ma non ha affatto affermato l’incompatibilità della previsione del cimitero con le disposizioni del suo piano.
Né dalle osservazioni espresse dalla Provincia con riferimento all’ambito in questione –che, peraltro, come si osserverà al punto 10, sono state recepite dal Comune- possono poi dedursi elementi di manifesta illogicità della decisione del Comune.
Non può, poi, ritenersi illogica la previsione di una fascia di rispetto di 50 metri, anziché di 200 metri: la fascia è stata ridotta solo lungo due lati, quello sud e quello est; in ogni caso la riduzione della fascia, entro il limite dei 50 metri, è una facoltà che è espressamente prevista dall’art. 338, c. 4, r.d. n. 1265/1934.
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L’art. 338, r.d. n. 1265/1934 prevede, al comma 1, che “i cimiteri devono essere collocati alla distanza di almeno 200 metri dal centro abitato. È vietato costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici entro il raggio di 200 metri dal perimetro dell'impianto cimiteriale, quale risultante dagli strumenti urbanistici vigenti nel comune o, in difetto di essi, comunque quale esistente in fatto, salve le deroghe ed eccezioni previste dalla legge”.
La prima parte della disposizione impone la collocazione dei cimiteri ad una distanza di 200 metri dal centro abitato; tale fascia di rispetto può essere ridotta, non oltre il limite minimo di 50 metri, allorché ricorrano le condizioni previste al comma 4.
La seconda parte della disposizione pone, invece, un vincolo di inedificabilità entro la fascia di 200 metri dal perimetro del cimitero.
A differenza di quanto sostenuto dal ricorrente, quest’ultima disposizione, che disciplina l’edificazione nella fascia di rispetto, non si rivolge al pianificatore allorché è chiamato a decidere la collocazione di un nuovo cimitero.
La scelta in ordine alla collocazione di un nuovo cimitero è, invero, soggetta unicamente alle previsioni di cui alla prima parte dell’art. 338, c.1 e c. 4, e cioè al rispetto della distanza dal centro abitato prevista dalla legge, oltre che ai limiti cui soggiace ogni potere discrezionale, ed entro i quali è sindacabile dal giudice amministrativo, della manifesta illogicità, irrazionalità o errore sui fatti.
Pertanto, nel caso di specie, anche ove fosse veritiero quanto affermato dal ricorrente circa la presenza, nell’ambito della fascia di rispetto, di “fabbricati sparsi” (parte di un fabbricato, a nord, e alcuni edifici, a sud) non potrebbe, per ciò solo, affermarsi l’illegittimità delle deliberazioni impugnate.
Né è pertinente la giurisprudenza invocata dal ricorrente, trattandosi di pronunce che hanno ad oggetto non la legittimità delle scelte pianificatorie del Comune di collocazione di nuovi impianti cimiteriali ma la differente questione della legittimità di nuove edificazioni all’interno della fascia di rispetto.
Ugualmente, la presenza di parcheggi e di strade non costituisce di per sé motivo di illegittimità degli atti impugnati.
Quanto alla previsione di una nuova viabilità e parcheggi, essa è espressamente ammessa all’interno della fascia di rispetto dall’art. 8, c. 3, del regolamento regionale in materia di attività funebri e cimiteriali
(TAR Lombardia-Milano, Se. II, sentenza 05.09.2012 n. 2223 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: M. Grisanti, Sul potere del Consiglio comunale di riduzione della fascia di rispetto a protezione dei cimiteri (link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATAIn materia di vincolo cimiteriale la salvaguardia del rispetto dei duecento metri prevista dal citato articolo (o del limite inferiore di cui al d.p.r. numero 285/1990 che ha previsto la possibilità di riduzione della fascia di rispetto da 200 mt. a 100 mt.) si pone alla stregua di un vincolo assoluto di inedificabilità che non consente in alcun modo l'allocazione sia di edifici, che di opere incompatibili col vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che tale fascia di rispetto intende tutelare e che possono enuclearsi nelle esigenze di natura igienico sanitaria, nella salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati all'inumazione e alla sepoltura, nel mantenimento di un'area di possibile espansione della cinta cimiteriale.
Il vincolo di rispetto cimiteriale, riguarda non solo i centri abitati, ma anche i fabbricati sparsi e preclude il rilascio della concessione, anche in sanatoria (ai sensi dell'art. 33 L. 28.02.1985 n. 47), senza necessità di compiere valutazioni in ordine alla concreta compatibilità dell'opera con i valori tutelati dal vincolo.
Detto vincolo comporta, in definitiva, una limitazione legale a carattere assoluto del diritto di proprietà, che preclude il rilascio della concessione per opere incompatibili col vincolo medesimo.
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Il vincolo cimiteriale comporta una limitazione legale a carattere assoluto del diritto di proprietà, che preclude il rilascio della concessione, anche in sanatoria, per opere incompatibili col vincolo medesimo, dovendosi, conseguentemente, escludere la necessità di compiere valutazioni in ordine alla concreta compatibilità dell'opera con i valori tutelati dal vincolo stesso.

Al riguardo, la giurisprudenza, ormai consolidata, ha affermato che in materia di vincolo cimiteriale la salvaguardia del rispetto dei duecento metri prevista dal citato articolo (o del limite inferiore di cui al d.p.r. numero 285/1990 che ha previsto la possibilità di riduzione della fascia di rispetto da 200 mt. a 100 mt.) "si pone alla stregua di un vincolo assoluto di inedificabilità che non consente in alcun modo l'allocazione sia di edifici, che di opere incompatibili col vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che tale fascia di rispetto intende tutelare e che possono enuclearsi nelle esigenze di natura igienico sanitaria, nella salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati all'inumazione e alla sepoltura, nel mantenimento di un'area di possibile espansione della cinta cimiteriale” (ex multis C.d.S., V, 14.09.2010, n. 6671; C.d.S., IV 12.03.2007, n. 1185, C.d.S., V, 12.11.1999, n. 1871; C.d.S., II, parere 28.02.1996, n. 3031/1995; TAR Sicilia, Palermo, III, 18.01.2012, n. 77; TAR Campania, Napoli, IV, 29.11.2007, n. 15615; Tar Lombardia-Milano, 11.07.1997, n. 1253; Tar Toscana, I, 29.09.1994, n. 471).
Il vincolo di rispetto cimiteriale, riguarda non solo i centri abitati, ma anche i fabbricati sparsi (cfr. TAR Milano, II, 06.10.993 n. 551) e preclude il rilascio della concessione, anche in sanatoria (ai sensi dell'art. 33 L. 28.02.1985 n. 47), senza necessità di compiere valutazioni in ordine alla concreta compatibilità dell'opera con i valori tutelati dal vincolo (cfr. C.d.S., V, 03.05.2007, n. 1933 e del 12.11.1999, n. 1871).
Detto vincolo, secondo consolidata giurisprudenza, comporta, in definitiva, una limitazione legale a carattere assoluto del diritto di proprietà, che preclude il rilascio della concessione per opere incompatibili col vincolo medesimo.
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Ugualmente destituito di fondamento risulta il secondo motivo di gravame, con cui il ricorrente, in base all’assunto che alla fascia di rispetto cimiteriale sia correlato solo un vincolo d’inedificabilità relativa, ha lamentato la violazione dell’art. 338 del R.D. 27.07.1934, n. 1265 e l’eccesso di potere per difetto dei presupposti e travisamento della realtà, per difetto d’istruttoria e di motivazione e l’erronea valutazione del pubblico interesse, per essersi limitato il Responsabile del Servizio di Igiene e Sanità Pubblica ad un apodittico richiamo, nel proprio parere (acriticamente recepito dal Sindaco del Comune di Cuneo), alle norme di legge e regolamentari e ad affermare che “l’intervento in oggetto ricade totalmente nella suddetta fascia di mt. 100”, anziché svolgere un’adeguata istruttoria e formulare un’analitica valutazione di carattere igienico-sanitario, eventualmente ostativa, nel caso specifico, all’accoglimento dell’istanza di condono.
Al riguardo non possono, infatti, che richiamarsi le diffuse considerazioni dianzi svolte, con cui si è precisato che il vincolo cimiteriale comporta una limitazione legale a carattere assoluto del diritto di proprietà, che preclude il rilascio della concessione, anche in sanatoria, per opere incompatibili col vincolo medesimo, dovendosi, conseguentemente, escludere la necessità di compiere valutazioni in ordine alla concreta compatibilità dell'opera con i valori tutelati dal vincolo stesso (C.d.S., V, 03.05.2007, n. 1933)
(TAR Piemonte, Sez. II, sentenza 09.05.2012 n. 511 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATASe l’espressione “intervento urbanistico”, di cui al quinto comma del R.D. 338/1934 (ndr: area di vincolo cimiteriale), debba intendersi in senso letterale oppure –estensivamente- come riferita a qualsiasi attività di trasformazione del territorio, comprensiva di opere private di nuova edificazione.
Orbene, è
chiara, nell’ordinamento, la distinzione tra l’attività urbanistica e quella edilizia.
La prima concerne la pianificazione dell’uso del territorio a mezzo dei vari strumenti urbanistici generali ed attuativi, ed implica scelte altamente discrezionali in ordine –per esempio- all’indicazione delle vie di comunicazione, alla divisione in zone del territorio comunale, alla fissazione dei relativi indici di edificabilità, etc.; la seconda riguarda più propriamente i singoli interventi costruttivi e, dovendo svolgersi nel rispetto della prima, ha carattere sostanzialmente vincolato.
La natura discrezionale o vincolata delle relative scelte si riflette anche nelle rispettive competenze, posto che l’approvazione dei piani territoriali ed urbanistici, che costituiscono atti generali di pianificazione e di indirizzo, è demandata ai consigli comunali (art. 42, comma 2, lett. b, D.Lgs. 18.08.2000, n. 267), mentre i titoli abilitativi sono rilasciati dal dirigente competente (art. 13, comma 1, D.P.R. 06.06.2001, n. 380), proprio sul presupposto che trattasi di attività vincolata, comportando il mero accertamento della sua conformità alla disciplina urbanistica in vigore.

Giova preliminarmente riportare il testo dell’art. 338 R.D. 27.07.1934 n. 1265, a mente del quale “1. I cimiteri devono essere collocati alla distanza di almeno 200 metri dal centro abitato. È vietato costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici entro il raggio di 200 metri dal perimetro dell'impianto cimiteriale, quale risultante dagli strumenti urbanistici vigenti nel comune o, in difetto di essi, comunque quale esistente in fatto, salve le deroghe ed eccezioni previste dalla legge.
2. Le disposizioni di cui al comma precedente non si applicano ai cimiteri militari di guerra quando siano trascorsi 10 anni dal seppellimento dell'ultima salma.
3. Il contravventore è punito con l'ammenda fino a lire 1000 e deve inoltre, a sue spese, demolire l'edificio o la parte di nuova costruzione, salvi i provvedimenti di ufficio in caso di inadempienza.
4. Il consiglio comunale può approvare, previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la costruzione di nuovi cimiteri o l'ampliamento di quelli già esistenti ad una distanza inferiore a 200 metri dal centro abitato, purché non oltre il limite di 50 metri, quando ricorrano, anche alternativamente, le seguenti condizioni:
   a) risulti accertato dal medesimo consiglio comunale che, per particolari condizioni locali, non sia possibile provvedere altrimenti;
   b) l'impianto cimiteriale sia separato dal centro urbano da strade pubbliche almeno di livello comunale, sulla base della classificazione prevista ai sensi della legislazione vigente, o da fiumi, laghi o dislivelli naturali rilevanti, ovvero da ponti o da impianti ferroviari.
5. Per dare esecuzione ad un'opera pubblica o all'attuazione di un intervento urbanistico, purché non vi ostino ragioni igienico-sanitarie, il consiglio comunale può consentire, previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la riduzione della zona di rispetto tenendo conto degli elementi ambientali di pregio dell'area, autorizzando l'ampliamento di edifici preesistenti o la costruzione di nuovi edifici. La riduzione di cui al periodo precedente si applica con identica procedura anche per la realizzazione di parchi, giardini e annessi, parcheggi pubblici e privati, attrezzature sportive, locali tecnici e serre.
6. Al fine dell'acquisizione del parere della competente azienda sanitaria locale, previsto dal presente articolo, decorsi inutilmente due mesi dalla richiesta, il parere si ritiene espresso favorevolmente.
7. All'interno della zona di rispetto per gli edifici esistenti sono consentiti interventi di recupero ovvero interventi funzionali all'utilizzo dell'edificio stesso, tra cui l'ampliamento nella percentuale massima del 10 per cento e i cambi di destinazione d'uso, oltre a quelli previsti dalle lettere a), b), c) e d) del primo comma dell'articolo 31 della legge 05.08.1978, n. 457
”.
La questione sottoposta al collegio consiste nello stabilire se l’espressione “intervento urbanistico”, di cui al quinto comma, debba intendersi in senso letterale oppure –estensivamente- come riferita a qualsiasi attività di trasformazione del territorio, comprensiva di opere private di nuova edificazione, come quella oggetto dell’istanza di permesso di costruire avanzata dal ricorrente.
Orbene, ritiene il collegio che sia chiara, nell’ordinamento, la distinzione tra l’attività urbanistica e quella edilizia.
La prima concerne la pianificazione dell’uso del territorio a mezzo dei vari strumenti urbanistici generali ed attuativi, ed implica scelte altamente discrezionali in ordine –per esempio- all’indicazione delle vie di comunicazione, alla divisione in zone del territorio comunale, alla fissazione dei relativi indici di edificabilità, etc.; la seconda riguarda più propriamente i singoli interventi costruttivi e, dovendo svolgersi nel rispetto della prima, ha carattere sostanzialmente vincolato.
La natura discrezionale o vincolata delle relative scelte si riflette anche nelle rispettive competenze, posto che l’approvazione dei piani territoriali ed urbanistici, che costituiscono atti generali di pianificazione e di indirizzo, è demandata ai consigli comunali (art. 42, comma 2, lett. b, D.Lgs. 18.08.2000, n. 267), mentre i titoli abilitativi sono rilasciati dal dirigente competente (art. 13, comma 1, D.P.R. 06.06.2001, n. 380), proprio sul presupposto che trattasi di attività vincolata, comportando il mero accertamento della sua conformità alla disciplina urbanistica in vigore (Cons. di St., V, 24.08.2007, n. 4507) (TAR Liguria, Sez. I, sentenza 27.04.2012 n. 594 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: La salvaguardia dell'area di rispetto cimiteriale di 200 metri prevista dall'art. 338 del R.D. 1265/1934 consiste in un vincolo assoluto di inedificabilità che non consente la collocazione di edifici o comunque di opere ad esso incompatibili, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che s’intendono tutelare e che possono enuclearsi nelle esigenze di natura igienico-sanitaria, nella salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati all'inumazione ed alla sepoltura, nel mantenimento di un'area di possibile espansione della cinta cimiteriale.
In particolare, “il vincolo di rispetto cimiteriale, riguarda non solo i centri abitati, ma anche i fabbricati sparsi” e “lo stesso vincolo preclude il rilascio della concessione, anche in sanatoria (ai sensi dell'art. 33 L. 28.02.1985 n. 47), senza necessità di compiere valutazioni in ordine alla concreta compatibilità dell'opera con i valori tutelati dal vincolo”.

Ed invero, questo tribunale, in fattispecie analoga alla presente (v. sentenza n. 14149 del 26.11.2010) ha avuto occasione di precisare che l’art. 338 del RD 27/07/1934 n. 1265, Parte 2, prescrive che i cimiteri devono essere collocati alla distanza di almeno 200 metri dal centro abitato.
Di conseguenza, è vietato costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici entro il raggio di 200 metri dal perimetro dell'impianto cimiteriale, quale risultante dagli strumenti urbanistici vigenti nel comune o, in difetto di essi, comunque quale esistente in fatto, salve le deroghe ed eccezioni previste dalla legge.
La salvaguardia dell'area di rispetto cimiteriale di 200 metri (nel caso di specie, 150 mt.) prevista dal richiamato art. 338 del R.D. 1265/1934 consiste, infatti, in un vincolo assoluto di inedificabilità che non consente la collocazione di edifici o comunque di opere ad esso incompatibili, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che s’intendono tutelare e che possono enuclearsi nelle esigenze di natura igienico-sanitaria, nella salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati all'inumazione ed alla sepoltura, nel mantenimento di un'area di possibile espansione della cinta cimiteriale (cfr., altresì, TAR Lombardia Milano, sez. IV, 02.04.2010, n. 962, 10.09.2010, n. 5656; Cons. Stato, sez. IV, 08.10.2007, n. 5210; sez. V, 14.09.2010, n. 6671). In particolare, in quest’ultima sentenza si precisa che “il vincolo di rispetto cimiteriale, riguarda non solo i centri abitati, ma anche i fabbricati sparsi” e che “lo stesso vincolo preclude il rilascio della concessione, anche in sanatoria (ai sensi dell'art. 33 L. 28.02.1985 n. 47), senza necessità di compiere valutazioni in ordine alla concreta compatibilità dell'opera con i valori tutelati dal vincolo”.
Pertanto, nel caso di specie non occorre svolgere ulteriori considerazioni per confutare la tesi di fondo del ricorrente, secondo cui dovrebbe essere consentito il mantenimento (e quindi la sanatoria) del fabbricato abusivo destinato ad “attività produttiva”. Peraltro, appare evidente come proprio la “lavorazione del marmo”, per le sue stesse rumorose caratteristiche, possa compromettere la peculiare sacralità dei luoghi che il citato art. 338 intende, appunto, salvaguardare (TAR Sicilia-Palermo, Sez. III, sentenza 18.01.2012 n. 77 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICALa destinazione di un’area a zona cimiteriale, operata dallo strumento urbanistico generale, implica un vincolo di inedificabilità discendente ex lege da ragioni di tutela dell’igiene pubblica, quindi avente natura conformativa e non espropriativa.
La destinazione di un’area a zona cimiteriale, operata dallo strumento urbanistico generale, implica un vincolo di inedificabilità discendente ex lege da ragioni di tutela dell’igiene pubblica, quindi avente natura conformativa e non espropriativa (TAR Calabria, Catanzaro, sez. I, 29.10.2008, n. 1469; Cons. Stato, sez. IV, 31.07.2007, n. 4259) (TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 12.01.2012 n. 18 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2011

EDILIZIA PRIVATA: L’art. 338 del R.D. n. 1265/1934 all’ultimo comma stabilisce che “All'interno della zona di rispetto (ndr: cimiteriale) per gli edifici esistenti sono consentiti interventi di recupero ovvero interventi funzionali all'utilizzo dell'edificio stesso, tra cui l'ampliamento nella percentuale massima del 10 per cento e i cambi di destinazione d'uso, oltre a quelli previsti dalle lettere a), b), c) e d) del primo comma dell'articolo 31 della legge 05.08.1978, n. 457”, oggi previsti dall’art. 3 del D.P.R. 380/2001, tra cui la lett. d) “interventi di ristrutturazione edilizia", ove per tali si intendono “gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente".
Ne discende, quindi, che, in base alla predetta disposizione di legge, per gli edifici esistenti i cambi di destinazione d'uso e gli ampliamenti (nella misura massima del 10%), devono essere conformi alle norma urbanistiche locali. In altri termini, se un P.R.G. dovesse vietare gli ampliamenti o limitarli ad una percentuale inferiore al 10%, sono queste ultime le norme da rispettare; al contrario se un P.R.G. dovesse ammettere ampliamenti superiori al 10%, non solo la norma locale sarebbe illegittima per violazione di legge, ma sarebbe comunque inapplicabile in quanto il limite imposto dalla norma statale di natura igienico-sanitaria prevale sulla norma locale.

L’art. 338 del R.D. n. 1265/1934, come modificato dalla legge n. 166/2002, all’ultimo comma stabilisce che “All'interno della zona di rispetto per gli edifici esistenti sono consentiti interventi di recupero ovvero interventi funzionali all'utilizzo dell'edificio stesso, tra cui l'ampliamento nella percentuale massima del 10 per cento e i cambi di destinazione d'uso, oltre a quelli previsti dalle lettere a), b), c) e d) del primo comma dell'articolo 31 della legge 05.08.1978, n. 457”, oggi previsti dall’art. 3 del D.P.R. 380/2001, tra cui la lett. d) “interventi di ristrutturazione edilizia", ove per tali si intendono “gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente" (cfr. TAR Lazio, Latina, 12.06.2009 n. 564).
Ne discende, quindi, che, in base alla predetta disposizione di legge, per gli edifici esistenti i cambi di destinazione d'uso e gli ampliamenti (nella misura massima del 10%), devono essere conformi alle norma urbanistiche locali. In altri termini, se un P.R.G. dovesse vietare gli ampliamenti o limitarli ad una percentuale inferiore al 10%, sono queste ultime le norme da rispettare; al contrario se un P.R.G. dovesse ammettere ampliamenti superiori al 10%, non solo la norma locale sarebbe illegittima per violazione di legge, ma sarebbe comunque inapplicabile in quanto il limite imposto dalla norma statale di natura igienico-sanitaria prevale sulla norma locale.
Alla luce delle predette premesse, appaiono allora fondate le censure di illegittimità del diniego per violazione dell’art. 338 T.U. leggi sanitarie e per erronea applicazione delle N.T.A. laddove il Comune, pur dando atto degli interventi ammissibili sugli edifici preesistenti in fascia di rispetto cimiteriale ex art. 338, come modificato dalla legge n. 166/2002, ne nega l’autorizzabilità nel caso di specie in ragione del disposto dell’art. 30, comma 6, delle N.T.A., ritenendo erroneamente che il disposto di tale ultima norma vada integrato con la disciplina delle fasce di rispetto contenuta nel P.R.G. del 1975, anziché con quella delle zone territoriali (TAR Veneto, Sez. II, sentenza 02.12.2011 n. 1788 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Fascia di rispetto cimiteriale - Divieto di edificazione - Art. 338, R.D. n. 1265/1934 - Applicabilità - Non sussiste.
2. Fascia di rispetto cimiteriale - Vincolo di inedificabilità - Peculiarità.
1. Laddove la disciplina urbanistica di zona vieti qualunque edificazione all'interno della fascia di rispetto cimiteriale, non è possibile applicare la previsione dell'art. 338, R.D. n. 1265/1934, essendosi comunque in presenza di un organismo che integra una "nuova costruzione", ai sensi dell'art. 3, comma 1, lett. e), D.P.R. n. 380/2001.
2. Il vincolo di inedificabilità derivante dalla fascia di rispetto cimiteriale deve dirsi peculiare rispetto ad analoghi vincoli, attesa la necessità di salvaguardare, tra l'altro, la tranquillità e il decoro dei luoghi di sepoltura (cd. pietas dei defunti) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 14.11.2011 n. 2734 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAIl vincolo cimiteriale è di ostacolo alla costruzione di una piscina.
La giurisprudenza ha escluso la configurabilità del vincolo pertinenziale tra l’abitazione (cosa principale) e la piscina (pertinenza) in caso di contrasto di quest’ultima con le prescrizioni urbanistiche di zona.

Nel merito, il Collegio non può che esprimere il proprio dissenso rispetto alla tesi ricorrente, secondo cui il vincolo cimiteriale non sarebbe di ostacolo alla piscina, dovendosi ricondurre tale intervento fra quelli ammessi ai sensi dell’art. 338, u. co. R.D. 27.07.1934 n. 1265.
La norma da ultimo citata (recante “Approvazione del testo unico delle leggi sanitarie”), infatti, prevede che:
<<All'interno della zona di rispetto per gli edifici esistenti sono consentiti interventi di recupero ovvero interventi funzionali all'utilizzo dell'edificio stesso, tra cui l'ampliamento nella percentuale massima del 10 per cento e i cambi di destinazione d'uso, oltre a quelli previsti dalle lettere a), b), c) e d) del primo comma dell'articolo 31 della legge 05.08.1978, n. 457>> (quindi: a) interventi di manutenzione ordinaria; b) interventi di manutenzione straordinaria; c) interventi di restauro e di risanamento conservativo; d) interventi di ristrutturazione edilizia).
Per ricondurre l’intervento in questione fra quelli anzi citati nel predetto art. 31, quindi, si dovrebbe escludere che si tratti di un intervento di <<nuova costruzione>>, non menzionato nell’anzidetta norma.
Detto intervento, per quel che qui interessa, è definito dall’art. 3, co. 1, del d.P.R. n. 380/2001, nei seguenti termini:
<<Ai fini del presente testo unico si intendono per: …
e) «interventi di nuova costruzione», quelli di trasformazione edilizia e urbanistica del territorio non rientranti nelle categorie definite alle lettere precedenti. Sono comunque da considerarsi tali:
e.6) gli interventi pertinenziali che le norme tecniche degli strumenti urbanistici, in relazione alla zonizzazione e al pregio ambientale e paesaggistico delle aree, qualifichino come interventi di nuova costruzione, ovvero che comportino la realizzazione di un volume superiore al 20% del volume dell'edificio principale; …
>>.
Ne consegue che, laddove la disciplina urbanistica di zona vieti, come nel qui presente caso, qualunque edificazione all’interno della fascia di rispetto cimiteriale, non è possibile applicare la previsione dell’u.co. dell’art. 338 cit., essendosi comunque in presenza di un organismo che integra una <<nuova costruzione>>, ai sensi dell’art. 3, co. 1, lett. e) cit..
Giova anche chiarire, al riguardo, come la giurisprudenza che si è occupata più da vicino dell’argomento, abbia escluso la configurabilità del vincolo pertinenziale tra l’abitazione (cosa principale) e la piscina (pertinenza) in caso di contrasto di quest’ultima con le prescrizioni urbanistiche di zona (cfr., ex pluribus, Cassazione penale, sez. III, 21.05.2009, n. 39067; Cassazione penale, sez. III, 11.06.2008, n. 37257).
Nel caso di specie, le prescrizioni di zona univocamente escludono la realizzazione di ogni intervento edilizio, anche di tipo pertinenziale, posto che la norma tecnica di attuazione (art. 17 cit. e in atti), espressamente vieta nella zona <<F2>> (di rispetto cimiteriale) qualunque nuova edificazione, mentre le allegate tabelle sui parametri edilizi, cui ha fatto riferimento l’esponente, a loro volta indicano come pari a <<zero>> tutti i parametri edilizi.
Né può assumere rilievo, al fine di annullare l’esplicita previsione del divieto di edificazione nella ridetta zona e, quindi, di escludere un contrasto della piscina con la cit. NTA, la previsione contenuta nelle Tabelle sui parametri, a proposito delle destinazioni ammesse nella zona <<F2>>, ove si indicano le destinazioni: <<sport, verde e parcheggi>>.
Si tratta, infatti, di un’indicazione che non può essere interpretata avulsa dal contesto di riferimento il quale, dal canto suo, è chiarissimo nell’azzerare tutti i parametri edilizi (come ad es. l’altezza massima, la superficie coperta, la densità fondiaria, la distanza minima dai confini, ecc.).
A ben vedere, poi, lo stesso confronto tra le prescrizioni valevoli per la zona <<F2>> cit. e quelle stabilite, ad esempio, per la zona <<G>> - parco naturale, rende evidente come, pur essendo in entrambi i casi esclusa ogni nuova edificazione, nondimeno soltanto la seconda zonizzazione tollera, fra le destinazione ammesse, accanto allo sport, anche quella turistica e di svago, precluse nella prima. Ciò rende evidente, quindi, la peculiarità del vincolo di inedificabilità derivante dalla fascia di rispetto cimiteriale rispetto ad analoghi vincoli, insita nella necessità di salvaguardare, tra l’altro, la tranquillità e il decoro dei luoghi di sepoltura (cd. pietas dei defunti. Cfr. ex multis, Consiglio di Stato, Sez. V, 14.09.2010, n. 6671; TAR Toscana, Firenze, Sez. III, 12.07.2010, n. 2446; TAR Napoli, Sez. VII, 21.04.2009, n. 2088; TAR Sicilia Catania, sez. I, 15.07.2003, n. 1141)
(TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 14.11.2011 n. 2734 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAIl divieto di costruire nuovi edifici o di ampliare quelli esistenti, sancito dall’art. 338 del R.D. n. 1265/1934 integra, in via ordinaria, un vincolo di inedificabilità assoluta.
Ne deriva che non trova applicazione, in relazione ad abusi edilizi realizzati all’interno dell’area di rispetto cimiteriale, l’istituto del silenzio-assenso, stante il disposto dell’art. 35, comma 12, della legge n. 47/1985.
La deroga alla distanza minima di duecento metri dai cimiteri può riguardare soltanto l’ampliamento degli stessi, e non anche l’attività edificatoria dei privati; infatti, con l’entrata in vigore dell’art. 57, comma 4, del D.P.R. n. 285/1990, si registrano due distinti regimi di inedificabilità per quanto concerne la fascia di rispetto cimiteriale: per gli ampliamenti dei cimiteri esistenti tale fascia è ridotta a 100 o 50 metri, con possibilità per i comuni di estenderne l’ampiezza ma non di ridurla ulteriormente, mentre per le restanti edificazioni la misura della zona di rispetto è stabilita in 200 metri dal perimetro dei cimiteri.
Il vincolo così regolamentato, costituendo vincolo assoluto di inedificabilità ex lege, è tale da prevalere anche su eventuali disposizioni contrarie del PRG: trattasi di vincolo operante ex se, indipendentemente dagli strumenti urbanistici vigenti ed eventualmente anche in contrasto con i medesimi.
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Il vincolo cimiteriale riguarda anche gli edifici sparsi utilizzati per il ricovero di attrezzi agricoli o aventi destinazione diversa da quella abitativa, ponendosi anche rispetto ad essi l’esigenza, perseguita dall’art. 338, comma 1, del R.D. n. 1265/1934, di salvaguardare la salubrità pubblica e di consentire futuri ampliamenti del cimitero.
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La riduzione della fascia di rispetto cimiteriale è possibile, a seguito dell’entrata in vigore del D.P.R. n. 285/1990, solo a beneficio di ampliamenti del cimitero, e non per incrementare l’area di edificabilità privata. Il vincolo de quo, come risulta da consolidato orientamento giurisprudenziale puntualmente richiamato nella trattazione della prima censura, comporta l’inedificabilità assoluta nella fascia dei 200 metri e trova applicazione diretta, indipendentemente dalle previsioni dello strumento urbanistico, con la conseguenza che appare corretto il riferimento, espresso nell’atto impugnato, all’art. 33 della legge n. 47/1985.
Invero la presenza del manufatto all’interno della predetta fascia rappresenta, per applicazione diretta dell’art. 338 del R.D. n. 1265/1934, ragione di per sé ostativa alla regolarizzazione dell’abuso.

Il divieto di costruire nuovi edifici o di ampliare quelli esistenti, sancito dall’art. 338 del R.D. n. 1265/1934 integra, in via ordinaria, un vincolo di inedificabilità assoluta (Cons. Stato, V, 23/08/2000, n. 4574; TAR Campania, Napoli, II, 13/02/2009, n. 802; idem, 25/01/2007, n. 711; TAR Toscana, III, 02/07/2008, n. 1712).
Ne deriva che non trova applicazione, in relazione ad abusi edilizi realizzati all’interno dell’area di rispetto cimiteriale, l’istituto del silenzio-assenso, stante il disposto dell’art. 35, comma 12, della legge n. 47/1985.
La deroga alla distanza minima di duecento metri dai cimiteri può riguardare soltanto l’ampliamento degli stessi, e non anche l’attività edificatoria dei privati; infatti, con l’entrata in vigore dell’art. 57, comma 4, del D.P.R. n. 285/1990, si registrano due distinti regimi di inedificabilità per quanto concerne la fascia di rispetto cimiteriale: per gli ampliamenti dei cimiteri esistenti tale fascia è ridotta a 100 o 50 metri, con possibilità per i comuni di estenderne l’ampiezza ma non di ridurla ulteriormente, mentre per le restanti edificazioni la misura della zona di rispetto è stabilita in 200 metri dal perimetro dei cimiteri (Cons. Stato, V, 23/08/2000, n. 4574; TAR Sicilia, Catania, I, 19/05/2003, n. 791).
Il vincolo così regolamentato, costituendo vincolo assoluto di inedificabilità ex lege, è tale da prevalere anche su eventuali disposizioni contrarie del PRG: trattasi di vincolo operante ex se, indipendentemente dagli strumenti urbanistici vigenti ed eventualmente anche in contrasto con i medesimi (Cons. Stato, V, 27/08/1999, n. 1006; idem, IV, 27/10/2009, n. 6547).
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Il vincolo cimiteriale riguarda anche gli edifici sparsi (Cons. Stato, V, 14/09/2010, n. 6671; idem, 03/05/2007, n. 1933; TAR Campania, Napoli, II, 13/02/2009, n. 802; idem, 25/01/2007, n. 711) utilizzati per il ricovero di attrezzi agricoli o aventi destinazione diversa da quella abitativa (Cons. Stato, V, 23/08/2000, n. 4574), ponendosi anche rispetto ad essi l’esigenza, perseguita dall’art. 338, comma 1, del R.D. n. 1265/1934, di salvaguardare la salubrità pubblica e di consentire futuri ampliamenti del cimitero (TAR Abruzzo, L’Aquila, I, 14/10/2008, n. 1141).
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La riduzione della fascia di rispetto cimiteriale è possibile, a seguito dell’entrata in vigore del D.P.R. n. 285/1990, solo a beneficio di ampliamenti del cimitero, e non per incrementare l’area di edificabilità privata (Cons. Stato, V, 23/08/2000, n. 4574; TAR Puglia, Bari, II, 07/06/1999, n. 392). Il vincolo de quo, come risulta da consolidato orientamento giurisprudenziale puntualmente richiamato nella trattazione della prima censura, comporta l’inedificabilità assoluta nella fascia dei 200 metri e trova applicazione diretta, indipendentemente dalle previsioni dello strumento urbanistico, con la conseguenza che appare corretto il riferimento, espresso nell’atto impugnato, all’art. 33 della legge n. 47/1985.
Invero la presenza del manufatto all’interno della predetta fascia rappresenta, per applicazione diretta dell’art. 338 del R.D. n. 1265/1934, ragione di per sé ostativa alla regolarizzazione dell’abuso (TAR Toscana, Sez. III, sentenza 25.10.2011 n. 1542 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: In base al comma 5 dell'art. 338 del r.d. n. 1265/1934  “per dare esecuzione ad un'opera pubblica (…), purché non vi ostino ragioni igienico-sanitarie, il consiglio comunale può consentire, previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la riduzione della zona di rispetto…”.
Questa norma consente, dunque, la realizzazione di opere pubbliche entro la fascia di rispetto cimiteriale a condizione che intervenga l’autorizzazione del Comune e della ASL competenti; autorizzazione che, in caso di opere strategiche come quella in esame, è sostituita dalla deliberazione del CIPE di approvazione del progetto definitivo ai sensi dell’art. 165, comma 5, del d.lgs. n. 163/2006.
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La fascia di rispetto cimiteriale risponde, da un lato, all’esigenza di tutela dell'interesse pubblico all'igiene di ogni tipo di costruzione destinata alla vita dell'uomo e, dall'altro, all'esigenza di assicurare tranquillità e decoro ai luoghi di sepoltura.
Si deve pertanto ritenere che il vincolo in parola riguardi quelle costruzioni incompatibili con la funzione cimiteriale in quanto destinati ad ospitare stabilmente l’uomo quali, in primo luogo, le abitazioni (ma si pensi anche agli alberghi, agli ospedali, alle scuole ecc..); e che esso non osti alla realizzazione di altri manufatti che tale funzione non possiedono quali, ad esempio, strade e parcheggi (ragionando a contrario dovrebbe ritenersi che neppure le strade che portano al cimitero potrebbero realizzarsi).
Questa interpretazione è avvalorata dal dato letterale della disposizione che, come visto, vieta specificamente la realizzazione di nuovi “edifici” e non già la realizzazione di una qualsiasi opera.

In base al comma 5 dell'art. 338 del r.d. n. 1265/1934  “per dare esecuzione ad un'opera pubblica (…), purché non vi ostino ragioni igienico-sanitarie, il consiglio comunale può consentire, previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la riduzione della zona di rispetto…”.
Questa norma consente, dunque, la realizzazione di opere pubbliche entro la fascia di rispetto cimiteriale a condizione che intervenga l’autorizzazione del Comune e della ASL competenti; autorizzazione che, in caso di opere strategiche come quella in esame, è sostituita dalla deliberazione del CIPE di approvazione del progetto definitivo ai sensi dell’art. 165, comma 5, del d.lgs. n. 163/2006.
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Secondo la giurisprudenza la fascia di rispetto cimiteriale risponde, da un lato, all’esigenza di tutela dell'interesse pubblico all'igiene di ogni tipo di costruzione destinata alla vita dell'uomo e, dall'altro, all'esigenza di assicurare tranquillità e decoro ai luoghi di sepoltura (cfr. ex multis TAR Sicilia-Catania, sez. I, 15.07.2003, n. 1141).
Si deve pertanto ritenere che il vincolo in parola riguardi quelle costruzioni incompatibili con la funzione cimiteriale in quanto destinati ad ospitare stabilmente l’uomo quali, in primo luogo, le abitazioni (ma si pensi anche agli alberghi, agli ospedali, alle scuole ecc..); e che esso non osti alla realizzazione di altri manufatti che tale funzione non possiedono quali, ad esempio, strade e parcheggi (ragionando a contrario dovrebbe ritenersi che neppure le strade che portano al cimitero potrebbero realizzarsi).
Questa interpretazione è avvalorata dal dato letterale della disposizione che, come visto, vieta specificamente la realizzazione di nuovi “edifici” e non già la realizzazione di una qualsiasi opera (TAR Lombardia-Milano, Sez. III, sentenza 26.09.2011 n. 2295 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAIl divieto di edificare entro il raggio di 200 metri dal perimetro cimiteriale non può riguardare anche gli impianti di telefonia mobile, sia perché la realizzazione di tali infrastrutture non appare in contrasto con nessuna delle tre finalità sottese alla disciplina posta dall’art. 338, comma 1, del R.D. n. 1265/1934 (assicurare condizioni di igiene e di salubrità mediante la conservazione di una “cintura sanitaria” intorno al cimitero, consentire futuri ampliamenti del cimitero, garantendo il rispetto della tranquillità ed il decoro dei luoghi di sepoltura), sia perché l’art. 86 del decreto legislativo n. 259/2003 assimila, ad ogni effetto, tali impianti alle opere di urbanizzazione primaria di cui all’articolo 16, comma 7, del D.P.R. n. 380/2001, e tale assimilazione rende gli impianti di cui trattasi compatibili con qualsiasi destinazione urbanistica delle diverse zone del territorio comunale.
Si registrano orientamenti contrastanti in merito alla compatibilità degli impianti di telefonia mobile con il vincolo di inedificabilità posto dall’art. 338, comma 1, del R.D. n. 1265 del 27.07.1934, secondo il quale “i cimiteri devono essere collocati alla distanza di almeno 200 metri dal centro abitato. È vietato costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici entro il raggio di 200 metri dal perimetro dell’impianto cimiteriale, quale risultante dagli strumenti urbanistici vigenti nel comune o, in difetto di essi, comunque quale esistente in fatto, salve le deroghe ed eccezioni previste dalla legge”. In particolare:
- il primo orientamento (ex multis, TAR Lombardia Brescia, Sez. I, 01.12.2009, n. 2381; TAR Toscana Firenze, Sez. I, ordinanza 20.05.2009, n. 397), invocato dal Comune di Orta di Atella nella motivazione del provvedimento impugnato, si fonda sul seguente ragionamento:
a) il vincolo cimiteriale ha una triplice finalità -perché, oltre a soddisfare esigenze di carattere sanitarie ed a salvaguardare le possibilità di espansione del perimetro cimiteriale, tutela anche la c.d. pietas nei confronti dei defunti, garantendo il rispetto della tranquillità ed il decoro dei luoghi di sepoltura- e tali finalità vengono pregiudicate anche dalla realizzazione di una struttura ad elevato impatto sull’ambiente, quale è un traliccio per le telecomunicazioni;
b) il vincolo cimiteriale non è riferito soltanto agli immobili destinati alla stabile residenza di persone, perché l’art. 338 del R.D. n. 1265/1934 reca un divieto generalizzato di costruire nella fascia di rispetto cimiteriale, senza limitare tale divieto a specifiche tipologie di manufatti;
c) le valutazioni in fatto sulla concreta compatibilità di un manufatto con la fascia di rispetto cimiteriale sono quindi estranee alla disciplina del vincolo di cui trattasi, che si fonda su valutazioni astratte operate una volta per tutte dal legislatore;
- a fronte di tale orientamento, la giurisprudenza attualmente maggioritaria (in particolare, Cons. Stato, Sez. VI, ordinanza 16.07.2009, n. 3657, che riforma l’ordinanza del TAR Toscana Firenze, Sez. I, n. 397/2009; Cons. Stato, Sez. VI, ordinanza 24.02.2010, n. 877, che sospende la sentenza del TAR Lombardia Brescia, Sez. I, n. 2381/2009; TAR Toscana Firenze, Sez. I, 05.05.2010, n. 1239; TAR Lazio Roma, Sez. II-bis, 14.05.2007, n. 4367) afferma che gli impianti di telefonia mobile risultano compatibili con il vincolo di rispetto cimiteriale, la cui ratio non risulta in alcun modo compromessa da una scelta localizzativa degli stessi nella fascia di rispetto cimiteriale.
Sulla scorta del richiamato orientamento maggioritario, il Collegio ritiene di dover confermare in questa sede la decisione assunta in sede cautelare per le seguenti ragioni:
- innanzitutto deve ritenersi che il divieto di edificare entro il raggio di 200 metri dal perimetro cimiteriale non possa riguardare anche gli impianti di telefonia mobile, sia perché la realizzazione di tali infrastrutture non appare in contrasto con nessuna delle tre finalità sottese alla disciplina posta dall’art. 338, comma 1, del R.D. n. 1265/1934 (assicurare condizioni di igiene e di salubrità mediante la conservazione di una “cintura sanitaria” intorno al cimitero, consentire futuri ampliamenti del cimitero, garantendo il rispetto della tranquillità ed il decoro dei luoghi di sepoltura), sia perché l’art. 86 del decreto legislativo n. 259/2003 assimila, ad ogni effetto, tali impianti alle opere di urbanizzazione primaria di cui all’articolo 16, comma 7, del D.P.R. n. 380/2001, e tale assimilazione rende gli impianti di cui trattasi compatibili con qualsiasi destinazione urbanistica delle diverse zone del territorio comunale (ex multis, Cons. Stato, Sez. VI, 15.07.2010, n. 4557);
- inoltre -quand’anche si opinasse diversamente- si deve ribadire in questa sede che il Comune di Orta di Atella non ha operato un’adeguata ponderazione dell’interesse della società ricorrente ad evitare la rimozione di una stazione radio base già realizzata, così violando la disposizione generale in materia di autotutela decisoria posta dall’art. 21-nonies della legge n. 241/1990. In particolare l’Amministrazione comunale non ha tenuto conto del fatto che i lavori per la realizzazione dell’impianto risultano ultimati da oltre un anno (a seguito della decadenza -per effetto del decorso del termine di 45 giorni previsto dall’art. 27, comma 3, del D.P.R. n. 380/2001- dell’ordine di sospensione dei lavori inizialmente adottato con l’ordinanza n. 66 del 04.11.2009, ritualmente notificata in pari data al sig. ..., in qualità dipendente della società ricorrente), né delle spese sostenute dalla società ricorrente per la realizzazione dell’impianto stesso, ma si è limitata ad evidenziare in motivazione che «l’impianto non è entrato in funzione in quanto sottoposto a sequestro probatorio e preventivo da parte della competente procura della Repubblica», sequestro peraltro revocato dal G.I.P. del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere con provvedimento del 17.03.2010 (TAR Campania-Napoli, Sez. VII, sentenza 01.09.2011 n. 4261 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Il vincolo di inedificabilità relativo alla fascia di rispetto cimiteriale è applicabile anche ai fabbricati sparsi.
Occorre ricordare che l’art. 338 R.D. n. 1265/1934, prevede che “i cimiteri devono essere collocati alla distanza di almeno 200 metri dal centro abitato. È vietato costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici entro il raggio di 200 metri dal perimetro dell'impianto cimiteriale, quale risultante dagli strumenti urbanistici vigenti nel comune o, in difetto di essi, comunque quale esistente in fatto, salve le deroghe ed eccezioni previste dalla legge” (comma 1).
Orbene, la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, con considerazioni che in questa sede si intendono ribadite, ha già avuto modo di affermare che la fascia di rispetto cimiteriale prevista dall'art. 338 t.u. leggi sanitarie (e che deve essere misurata a partire dal muro di cinta del cimitero), costituisce un vincolo assoluto di in edificabilità, tale da imporsi anche a contrastanti previsioni di PRG, che non consente in alcun modo l'allocazione sia di edifici, che di opere incompatibili col vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che tale fascia di rispetto intende tutelare e che possono enuclearsi nelle esigenze di natura igienico-sanitaria, nella salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati all'inumazione e alla sepoltura, nel mantenimento di un'area di possibile espansione della cinta cimiteriale (Cons. Stato, sez. IV, 16.03.2011 n. 1645 e 27.10.2009 n. 6547; sez. V, 14.09.2010 n. 6671).
Stante la natura del vincolo e le sue finalità, come sopra evidenziate, non vi è alcuna ragione (peraltro non ricavabile né dalla lettera né dal contesto logico-sistematico della norma), per ritenere tale vincolo applicabile solo ai centri abitati e non ai fabbricati sparsi, così come, ai fini dell’applicazione del vincolo, appare ininfluente che, a distanza inferiore ai 200 metri, vi sia una strada, escludendosi che quest’ultima (così come invece risultante dalla prospettazione dell’appellante) “interrompa” la continuità del vincolo (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 20.07.2011 n. 4403 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICALa fascia di rispetto cimiteriale prevista dall'art. 338 R.D. 1265 del 1934 persegue una triplice finalità: a) assicurare condizioni di igiene e di salubrità mediante la conservazione di una "cintura sanitaria" intorno allo stesso cimitero, b) garantire la tranquillità e il decoro ai luoghi di sepoltura, c) consentire futuri ampliamenti del cimitero.
Una volta intervenuta la soppressione del cimitero, si apre una fase temporale di quindici anni dall’avvenuta ultima inumazione, all’esito della quale, previo dissodamento del terreno, il sito ove era allocato il cimitero può essere destinato a tale funzione.

Il R.D. 27.7.1934 n. 1265 -T.U. delle leggi sanitarie- all’art. 338 dispone che i cimiteri devono essere collocati alla distanza di almeno 200 metri dal centro abitato, vietando la costruzione intorno ai cimiteri di nuovi edifici entro il raggio di 200 metri dal perimetro dell'impianto cimiteriale, quale risultante dagli strumenti urbanistici vigenti nel comune o, in difetto di essi, quale esistente in fatto, salve le deroghe ed eccezioni previste dalla legge.
La medesima norma, in forza delle modifiche da ultimo introdotte dall’art. 28 della L. 01.08.2002 n. 166, prevede la possibilità di deroga da parte del Consiglio comunale, previo parere favorevole della ASL, sino al limite di m. 50, in concorrenza di determinate condizioni.
La giurisprudenza ha rilevato (cfr. ex multis: TAR Brescia, sez. I, 01.12.2009 n. 2381, TAR Toscana Sez. III, 12.07.2010 n. 2446, Cons. St., Sez. V, 14.09.2010 n. 6671) che la fascia di rispetto cimiteriale prevista dall'art. 338 R.D. 1265 del 1934 persegue una triplice finalità: a) assicurare condizioni di igiene e di salubrità mediante la conservazione di una "cintura sanitaria" intorno allo stesso cimitero, b) garantire la tranquillità e il decoro ai luoghi di sepoltura, c) consentire futuri ampliamenti del cimitero.
Va poi rilevato che la procedura di soppressione dei cimiteri risulta disciplinata dagli artt. 96-99 del D.P.R. 10.09.1990 n. 285. In particolare, l’art. 97 dispone (al primo comma) che il terreno di cimitero di cui sia stata deliberata la soppressione non può essere destinato ad altro uso se non siano trascorsi almeno 15 anni dall'ultima inumazione, con la conseguenza che per tale periodo esso rimane sotto la vigilanza dell'autorità comunale e deve essere tenuto in stato di decorosa manutenzione; mentre, una volta che è trascorso tale lasso di tempo, (secondo comma) il terreno del cimitero soppresso, prima di essere destinato ad altro uso, deve essere dissodato per la profondità di metri due al fine di recuperare tutte le ossa che si rinvengono da depositarsi nell'ossario del nuovo cimitero.
L’art. 98 prevede poi la possibilità, per i concessionari di posti per sepolture private nel vecchio cimitero, di ottenere a titolo gratuito, nel nuovo cimitero, un posto corrispondente in superficie a quello precedentemente loro concesso, per il tempo residuo spettante secondo l'originaria concessione, o per la durata di 99 anni nel caso di maggiore durata o di perpetuità della concessione estinta, nonché il gratuito trasporto delle spoglie mortali dal soppresso al nuovo cimitero, da effettuare a cura del Comune.
L’art. 99 infine disciplina la sorte dei monumenti funerari del cimitero soppresso.
Da tale complesso normativo si evince quindi che, una volta intervenuta la soppressione del cimitero, si apre una fase temporale di quindici anni dall’avvenuta ultima inumazione, all’esito della quale, previo dissodamento del terreno, il sito ove era allocato il cimitero può essere destinato a tale funzione
(TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 18.04.2011 n. 575 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAIl vincolo della zona di rispetto cimiteriale non è un vincolo di P.R.G., ma, in quanto posto dall’art. 338 del R.D. 27.07.1934 n. 1265, è operativo ope legis, con la conseguenza che esso si impone anche contro eventuali previsioni contrarie di P.R.G. o regolamenti locali e, per altro verso, la sua eventuale indicazione grafica negli strumenti urbanistici non ha carattere costitutivo ma semplicemente ricognitivo: sicché la sua mancata indicazione nel P.R.G. non significa che il vincolo non esista, bensì che la sua estensione è esattamente quella, di 200 metri, stabilita dall’art. 338 del R.D. n. 1265/1934.
Il vincolo in questione costituisce, inoltre, un vincolo assoluto di inedificabilità e vale, pertanto, per qualsiasi manufatto edilizio.

Il vincolo della zona di rispetto cimiteriale non è un vincolo di P.R.G., ma, in quanto posto dall’art. 338 del R.D. 27.07.1934 n. 1265, è operativo ope legis, con la conseguenza che esso si impone anche contro eventuali previsioni contrarie di P.R.G. o regolamenti locali (cfr., TAR Toscana, sez. I, 14.10.2003 n. 5314) e, per altro verso, la sua eventuale indicazione grafica negli strumenti urbanistici non ha carattere costitutivo ma semplicemente ricognitivo: sicché la sua mancata indicazione nel P.R.G. non significa che il vincolo non esista, bensì che la sua estensione è esattamente quella, di 200 metri, stabilita dall’art. 338 del R.D. n. 1265/1934.
Il vincolo in questione costituisce, inoltre, un vincolo assoluto di inedificabilità (cfr. Cons. di Stato, sez. II, 28.08.1996 n. 3031) e vale, pertanto, per qualsiasi manufatto edilizio.
Ne consegue che le opere di cui trattasi erano e sono, ex art. 33 della legge n. 47/1985, insuscettibili di condono edilizio per contrasto, appunto, con un vincolo di inedificabilità assoluta (TAR Toscana, Sez. III, sentenza 08.04.2011 n. 633 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Fasce di rispetto cimiteriale - Vincolo di inedificabilità ex lege - Recepimento negli strumenti urbanistici - Necessità - Esclusione.
Per giurisprudenza costante, le fasce di rispetto cimiteriale costituiscono un vincolo di inedificabilità rinveniente direttamente dalla legge, che si impone ex se, con efficacia diretta ed immediata, indipendentemente da qualsiasi recepimento negli strumenti urbanistici ed eventualmente anche in contrasto con i medesimi, per non essere essi idonei ad incidere sull’esistenza o sui limiti operativi del vincolo (v., ex multis, TAR Campania, Napoli, Sez. II, 25.01.2007 n. 704) (TAR Emilia Romagna-Parma, Sez. I, sentenza 08.03.2011 n. 67 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: A. Fedeli, Il vincolo di rispetto cimiteriale e i parcheggi interrati (Urbanistica e appalti n. 2/2011).

EDILIZIA PRIVATA: D. De Arena, Il Comune può disciplinare nel PAT e nel PI gli interventi nelle fasce di rispetto cimiteriali? (link a http://venetoius.myblog.it).
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L'art. 338 del R.D. n. 1265/1934 stabilisce che: "All'interno della zona di rispetto per gli edifici esistenti sono consentiti interventi di recupero ovvero interventi funzionali all'utilizzo dell'edificio stesso, tra cui l'ampliamento nella percentuale massima del 10 per cento e i cambi di destinazione d'uso, oltre a quelli previsti dalle lettere a), b), c) e d) del primo comma dell'articolo 31 della legge 05.08.1978, n. 457”.
Secondo alcuni interpreti, la previsione dell'art. 338, u.c. del TULS prevarrebbe su ogni diversa normativa di zona più restrittiva di PAT o PI, e, quindi, tali strumenti urbanistici non potrebbero legittimamente disciplinare in modo più restrittivo gli interventi.
Tale interpretazione si tradurrebbe nella ritenuta possibilità, che negli edifici esistenti in fascia di rispetto, ancorché in zona agricola o in zona "F" di interesse pubblico, siano consentiti intervento di recupero ovvero interventi funzionali all'utilizzo dell'edifico stesso, tra cui l'ampliamento nella percentuale massima del 10 per cento e i cambi di destinazione d'uso, oltre a quelli previsti dalle lettere a), b), c) e d) del primo comma dell'art. 31 della legge 05.08.1978, n. 457.

EDILIZIA PRIVATA: L'area di rispetto cimiteriale di 200 metri prevista dall'art. 338 del R.D. n. 1265/1934 comporta un vincolo assoluto di inedificabilità che non consente in alcun modo l'allocazione sia di edifici che di opere incompatibili col vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che tale fascia di rispetto intende tutelare, e che la deroga all’estensione del limite è consentita ai soli fini della realizzazione di “opere pubbliche e di interesse pubblico”.
Detto vincolo comporta una limitazione legale a carattere assoluto del diritto di proprietà, che preclude il rilascio della concessione per opere incompatibili col vincolo medesimo e la natura assoluta del vincolo medesimo non si pone in contraddizione con la possibilità che nella medesima area insistano degli edifici preesistenti e/o che ad esse vengano assegnate destinazioni compatibili con l'esistenza del vincolo ma mira essenzialmente ad impedire l'ulteriore addensamento edilizio dell'area giudicato ex lege, incompatibile con le prioritarie esigenze pubblicistiche sottese alla imposizione del vincolo.

Si è affermato un orientamento della giurisprudenza amministrativa, dal quale il Collegio non ha motivo di discostarsi, in base al quale l'area di rispetto cimiteriale di 200 metri prevista dall'art. 338 del R.D. n. 1265/1934 comporta un vincolo assoluto di inedificabilità che non consente in alcun modo l'allocazione sia di edifici che di opere incompatibili col vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che tale fascia di rispetto intende tutelare, e che la deroga all’estensione del limite è consentita ai soli fini della realizzazione di “opere pubbliche e di interesse pubblico” (Cons. St., V, 29.03.2006, n. 1593)
Detto vincolo, secondo consolidata giurisprudenza, comporta, in definitiva, una limitazione legale a carattere assoluto del diritto di proprietà, che preclude il rilascio della concessione per opere incompatibili col vincolo medesimo.
D’altra parte, come si evince dal testo delle norme di cui alla legge n. 166/2002, sopra richiamata, la natura assoluta del vincolo non si pone in contraddizione con la possibilità che nella medesima area insistano degli edifici preesistenti e/o che ad esse vengano assegnate destinazioni compatibili con l'esistenza del vincolo (Cass. Civ., sez. I, n. 6510/1997), ma mira essenzialmente ad impedire l'ulteriore addensamento edilizio dell'area giudicato ex lege, incompatibile con le prioritarie esigenze pubblicistiche sottese alla imposizione del vincolo (C.G.A.R.S., sentenza 05.01.2011 n. 2 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2010

EDILIZIA PRIVATALa fascia di rispetto cimiteriale costituisce un vincolo di inedificabilità rinveniente direttamente dalla legge, che si impone ex se, con efficacia diretta ed immediata, indipendentemente da qualsiasi recepimento negli strumenti urbanistici ed eventualmente anche in contrasto con i medesimi, i quali non sono idonei, per la loro natura, ad incidere sulla esistenza o sui limiti operativi del vincolo stesso.
Per giurisprudenza costante, la fascia di rispetto cimiteriale costituisce un vincolo di inedificabilità rinveniente direttamente dalla legge, che si impone ex se, con efficacia diretta ed immediata, indipendentemente da qualsiasi recepimento negli strumenti urbanistici ed eventualmente anche in contrasto con i medesimi, i quali non sono idonei, per la loro natura, ad incidere sulla esistenza o sui limiti operativi del vincolo stesso (cfr., tra le tante, Consiglio di Stato, Sezione V, 07.05.1996 n.519).
Infatti, il divieto di costruire nuovi edifici e di ampliare quelli esistenti risulta sancito dall'art. 338, comma 1, del R.D. 27.07.1934 n. 1265, e si configura, in via ordinaria, come un vincolo di inedificabilità assoluta (cfr. Consiglio di Stato, Sezione V, 12.11.1999 n. 1871), per cui di regola non vi è la necessità di compiere valutazioni in ordine alla concreta compatibilità dell'opera con i valori tutelati dal vincolo.
Qualora, però, si tratti di immobile edificato prima dell’imposizione del vincolo, la disciplina applicabile è quella di cui all'art. 32 della legge 47/1985 e l'opera diventa sanabile ove intervenga il parere favorevole dell’autorità preposta alla gestione del vincolo (in termini, TAR Campania, Sezione II, 25.01.2007 n. 708, confermata da Consiglio di Stato, Sezione IV, 06.11.2008 n. 5489)
(TAR Campania-Napoli, Sez. II, sentenza 01.12.2010 n. 26459 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATALa salvaguardia dell'area di rispetto cimiteriale di 200 metri prevista dall'art. 338 del R.D. 1265/1934 consiste in un vincolo assoluto di inedificabilità che non consente la collocazione di edifici o comunque di opere ad esso incompatibili, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che s’intendono tutelare e che possono enuclearsi nelle esigenze di natura igienico-sanitaria, nella salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati all'inumazione ed alla sepoltura, nel mantenimento di un'area di possibile espansione della cinta cimiteriale.
La salvaguardia dell'area di rispetto cimiteriale di 200 metri prevista dall'art. 338 del R.D. 1265/1934 consiste in un vincolo assoluto di inedificabilità che non consente la collocazione di edifici o comunque di opere ad esso incompatibili, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che s’intendono tutelare e che possono enuclearsi nelle esigenze di natura igienico-sanitaria, nella salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati all'inumazione ed alla sepoltura, nel mantenimento di un'area di possibile espansione della cinta cimiteriale (cfr., altresì, TAR Lombardia Milano, sez. IV, 02.04.2010, n. 962; Cons. Stato, sez. IV, 08.10.2007, n. 5210, secondo cui il suolo rientrante nella zona di rispetto cimiteriale ed assoggettato al relativo vincolo è da qualificare non edificabile ai sensi dell'art. 5-bis, d.l. n. 333 del 1992 (conv. con modificazioni nella l. n. 359 del 1992), e determina una tipica situazione di inedificabilità legale, assoluta, che non richiede valutazioni in ordine alla concreta compatibilità dell'uso con i valori tutelati dal vincolo e non può dare ingresso ad ipotesi alcuna di disparità di trattamento) (TAR Sicilia-Palermo, Sez. II, sentenza 26.11.2010 n. 14146 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATATrattandosi di un vincolo assoluto (quello cimiteriale) non può essere utile fare riferimento al carattere derogatorio di cui all'art. 9 della L. n. 122/1989, in quanto anche il parcheggio interrato, in quanto struttura servente all'uso abitativo e, comunque, posta nell'ambito della fascia di rispetto cimiteriale, rientra tra le costruzioni edilizie del tutto vietate dalla disposizione di cui al cit. art. 338.
L'articolo 338 del testo unico delle leggi sanitarie di cui al R.D. n. 1265/1934 vieta l'edificazione nelle aree ricadenti in fasce di rispetto cimiteriale dei manufatti che possono qualificarsi come costruzione edilizie, come tali incompatibili con la natura dei luoghi e con l'eventuale espansione del cimitero.
Al riguardo, la giurisprudenza, ormai consolidata, ha affermato che in materia di vincolo cimiteriale la salvaguardia del rispetto dei duecento metri prevista dal citato articolo (o al limite inferiore di cui al d.p.r. numero 285/1990 che ha previsto la possibilità di riduzione della fascia di rispetto da 200 mt. a 100 mt.) “si pone alla stregua di un vincolo assoluto di inedificabilità che non consente in alcun modo l'allocazione sia di edifici, che di opere incompatibili col vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che tale fascia di rispetto intende tutelare e che possono enuclearsi nelle esigenze di natura igienico sanitaria, nella salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati all'inumazione e alla sepoltura, nel mantenimento di un'area di possibile espansione della cinta cimiteriale.
Si consideri ancora che il vincolo di rispetto cimiteriale, riguarda non solo i centri abitati, ma anche i fabbricati sparsi (cfr. TAR Milano, II Sez., 06.10.1993 n. 551).
Infine, che lo stesso vincolo preclude il rilascio della concessione, anche in sanatoria (ai sensi dell'art. 33 L. 28.02.1985 n. 47), senza necessità di compiere valutazioni in ordine alla concreta compatibilità dell'opera con i valori tutelati dal vincolo (cfr. Cons. Stato, sez. V, n. 1871 del 12.11.1999)
” (cfr. C.S. V n. 1935/2007).
Inoltre, trattandosi di un vincolo assoluto, non può essere utile fare riferimento al carattere derogatorio di cui all'art. 9 della L. n. 122/1989, in quanto, anche il parcheggio interrato, in quanto struttura servente all'uso abitativo e, comunque, posta nell'ambito della fascia di rispetto cimiteriale, rientra tra le costruzioni edilizie del tutto vietate dalla disposizione di cui al cit. art. 338 .
La stessa Corte costituzionale, investita della questione di legittimità costituzionale di tale art. 9 (sent. 459/1989), ha interpretato la norma nel senso che il richiamo in essa contenuto al soli vincoli paesaggistici non consente l'indiscriminata utilizzazione del territorio per la realizzazione di parcheggi anche in zone soggette ad altri vincoli imposti dalla legislazione statale e regionale, che devono ritenersi fermi è impregiudicati, atteso che l'efficacia derogatoria di cui al citato art. 9 è prevista solo con riferimento, “agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti” mentre, nella fattispecie, vengono in rilievo ulteriori e diverse finalità specificamente tutelate dal cit. art. 338, posto a fondamento del provvedimento di diniego (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 14.09.2010 n. 6671 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATALa fascia di rispetto cimiteriale pone un vincolo di inedificabilità assoluta, finalizzato alla “tutela di molteplici interessi pubblici, tra cui quelli correlati ad esigenze di natura igienico-sanitaria ed alla salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati a cimitero, rispetto ai quali sono di per sé incompatibili tutte le tipologie di insediamenti abitativi".
L’art. 338, primo comma, del R.D. n. 1265 del 1934 (Testo unico delle leggi sanitarie), applicabile alla presente fattispecie nella versione vigente ratione temporis (ossia prima della modifica del 2002), stabilisce che, con riferimento alle costruzioni vicine ai cimiteri, “é vietato di costruire intorno agli stessi nuovi edifici e ampliare quelli preesistenti entro il raggio di duecento metri”.
Tale norma pone un vincolo di inedificabilità assoluta, finalizzato alla “tutela di molteplici interessi pubblici, tra cui quelli correlati ad esigenze di natura igienico-sanitaria ed alla salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati a cimitero, rispetto ai quali sono di per sé incompatibili tutte le tipologie di insediamenti abitativi" (Consiglio di Stato, V, 08.09.2008, n. 4256; TAR Lombardia, Milano, IV, 02.04.2010, n. 962).
Appare altresì pacifico che una tale disposizione si applichi in via diretta e senza necessità di intermediazione da parte delle fonti normative locali, ed anzi anche in contrasto con le stesse (cfr. Consiglio di Stato, IV, 27.10.2009, n. 6547)
(TAR Lombardia-Milano, Sez. IV, sentenza 10.09.2010 n. 5656 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA Quesito 9 - Quanto alla fascia di rispetto cimiteriale ed al potere attribuito al Consiglio Comunale dall'art. 338 del R.D. 27.07.1934 n. 1265, così come modificato dall'art. 28 della legge 01.08.2002 n. 166, se non vi ostino ragioni igienico-sanitarie accertate dalla competente Azienda USL, di ridurre la zona di rispetto cimiteriale, tenendo conto degli elementi ambientali di pregio dell'area (Geometra Orobico n. 3/2010).

EDILIZIA PRIVATA: Vincolo cimiteriale - Fabbricati non destinati ad abitazione e di carattere pertinenziale - Inedificabilità assoluta.
Il vincolo a zona di rispetto cimiteriale previsto dall’art. 338 del T.U.LL.SS. comporta (v., per tutte, recentemente, Cons. Stato , IV, 27.10.2009, n. 6547) inedificabilità assoluta dell’area, e tanto vale indipendentemente dal tipo di fabbricato, anche non finalizzato all’abitazione e di carattere pertinenziale.
Il vincolo, infatti, risponde ad una triplice funzione: di assicurare condizioni di igiene e di salubrità, di garantire tranquillità e decoro ai luoghi di sepoltura, di consentire futuri ampliamenti dell’impianto funerario (TAR Toscana, Sez. III, sentenza 11.06.2010 n. 1815 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: F. P. Francica, Le antenne per telefonia mobile nella fascia di rispetto cimiteriale (Urbanistica e appalti n. 5/2010).

EDILIZIA PRIVATAGli impianti di telefonia mobile risultano compatibili con il vincolo di rispetto cimiteriale.
Le finalità della fascia di rispetto cimiteriale sono quelle della tutela dell’interesse pubblico sotto il profilo sanitario, urbanistico e di garanzia della tranquillità dei luoghi, ovverosia profili rispetto ai quali in nessun modo la realizzazione dell’opera per cui è causa si appalesa lesiva.
Gli impianti di telefonia mobile risultano pertanto compatibili con il vincolo di rispetto cimiteriale, la cui ratio non risulta in alcun modo compromessa da una scelta localizzativa degli stessi nella fascia di rispetto cimiteriale (cfr., Cons. Stato, VI, 28.2.2006 n. 894; TAR Lazio, II-bis, 19.04.2007 n. 4367; TAR Veneto, II, 11.02.2005 n. 644) (TAR Toscana, Sez. I, sentenza 05.05.2010 n. 1239 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Diniego di sanatoria - Classificazione giuridica delle strutture - Attività edilizia libera ex art. 33 L.R. n. 12/2005 - Serre - Titolo abilitativo - Legittimità.
2. Diniego di sanatoria - Fascia di rispetto cimiteriale - Art. 38 R.D. n. 1265/1934 - Inedificabilità ex lege - Motivazione - Legittimità.
3. Ordine di demolizione - Notifica all'affittuaria responsabile dell'abuso - Mancata notifica al proprietario dell'area - Carenza di interesse - Inammissibilità.

1. Per quanto la L.R. n. 12/2005 non detti prescrizioni analitiche circa le dimensioni delle coperture stagionali di cui all'art. 33 della stessa legge, ragioni di ordine sistematico e letterale, inducono alla conclusione che debba trattarsi di dimensioni tutto sommato contenute, essendo tali opere destinate alla protezione delle colture e dei piccoli animali -da allevare all'aria aperta-, quindi con dimensioni compatibili con la sola funzione di protezione e non con altre funzioni, quali l'accesso delle persone o l'esercizio nella struttura di attività commerciali di vendita, tali da non avere impatto sul territorio, impatto che sarebbe incompatibile con il regime di totale liberalizzazione dell'attività edilizia di cui al c. 2 dello stesso art. 33 L.R. n. 12/2005.
Pertanto, in assenza sia del carattere di semplice copertura che di quello di stagionalità richiesti dall'art. 33 L.R. n. 12/2005, risulta corretta la classificazione giuridica assunta dal Comune che ritiene le strutture di cui è causa "serre" e come tali, allorché soddisfino stabilmente le esigenze di esercizio dell'impresa agricola e siano destinate ad una indeterminata permanenza, necessitanti il rilascio di un permesso di costruire.
2. Le disposizioni sulla fascia di rispetto cimiteriale sono dettate da ragioni di ordine pubblico, sia di carattere igienico-sanitario sia di rispetto della sacralità dei luoghi di sepoltura, per cui il vincolo cimiteriale costituisce un'ipotesi di inedificabilità ex lege, destinata a prevalere su eventuali disposizioni difformi degli strumenti urbanistici generali.
Di conseguenza, in caso di opere abusive collocate in zona cimiteriale, il diniego di sanatoria non deve necessariamente, al fine dell'assolvimento dell'obbligo di motivazione dell'atto amministrativo, effettuare una comparazione fra le opere realizzate ed i valori salvaguardati dal vincolo essendo sufficiente quest'ultimo.
3. La censura di illegittimità dell'ingiunzione a demolire, in quanto rivolta contro l'affittuaria dell'area e non contro i proprietari, è infondata, se non addirittura inammissibile, non riuscendosi a comprendere quale interesse abbia la ricorrente affittuaria a lamentare la mancata notifica del provvedimento ad un soggetto giuridicamente distinto dalla stessa, che dovrebbe semmai essere fatto valere dai proprietari e non dall'esponente, la quale ha in ogni caso realizzato le opere abusive ed è quindi giuridicamente obbligata a demolirle, quale "responsabile del'abuso", indipendentemente da eventuali irregolarità della notificazione dell'ingiunzione a demolire (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 05.05.2010 n. 1234 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATALe disposizioni sulla fascia di rispetto cimiteriale sono dettate da ragioni di ordine pubblico, sia di carattere igienico-sanitario sia di rispetto della sacralità dei luoghi di sepoltura, per cui il vincolo cimiteriale costituisce un’ipotesi di inedificabilità ex lege, destinata a prevalere su eventuali disposizioni difformi degli strumenti urbanistici generali.
Di conseguenza, in caso di opere abusive collocate in fascia cimiteriale, il diniego di sanatoria non deve necessariamente, al fine dell’assolvimento dell’obbligo di motivazione dell’atto amministrativo, effettuare una comparazione fra le opere realizzate ed i valori salvaguardati dal vincolo, essendo sufficiente il richiamo a quest’ultimo.
Le serre poiché necessitanti di titolo edilizio devono reputarsi “nuove costruzioni”, per le quali vale il vincolo assoluto di inedificabilità (fascia di rispetto cimiteriale) di cui al citato art. 338 del RD 27.07.1934 n. 1265
La disciplina del c.d. vincolo cimiteriale sia contenuta nell’art. 338 del RD 27.07.1934 n. 1265 (Testo Unico delle leggi sanitarie), in forza del quale (comma 1°, secondo periodo), <<E’ vietato costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici entro il raggio di 200 metri dal perimetro dell’impianto cimiteriale>>, pur facendosi salve <<le deroghe ed eccezioni previste dalla legge>>.
Tali deroghe devono essere consentite, dopo la riforma dell’art. 338 introdotta dalla legge 166/2002, dal consiglio comunale, con le modalità procedurali indicate dallo stesso art. 338, le quali prevedono il parere dell’azienda sanitaria locale. Prima dell’entrata in vigore della citata legge 166/2002, le deroghe al vincolo cimiteriale erano invece autorizzate dal Prefetto.
Nella Regione Lombardia, l’art. 8 del Regolamento regionale 09.11.2004 n. 6 (articolo rubricato “Zona di rispetto cimiteriale”), richiama espressamente l’art. 338 sopra citato e prevede la possibilità di riduzione della fascia di rispetto fino ad un minimo di 50 metri, previo parere favorevole dell’ASL e dell’ARPA.
La giurisprudenza è concorde nel ritenere che le disposizioni sulla fascia di rispetto cimiteriale siano dettate da ragioni di ordine pubblico, sia di carattere igienico-sanitario sia di rispetto della sacralità dei luoghi di sepoltura, per cui il vincolo cimiteriale costituisce un’ipotesi di inedificabilità ex lege, destinata a prevalere su eventuali disposizioni difformi degli strumenti urbanistici generali.
Di conseguenza, in caso di opere abusive collocate in fascia cimiteriale, il diniego di sanatoria non deve necessariamente, al fine dell’assolvimento dell’obbligo di motivazione dell’atto amministrativo, effettuare una comparazione fra le opere realizzate ed i valori salvaguardati dal vincolo, essendo sufficiente il richiamo a quest’ultimo (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 27.10.2009 n. 6547, che conferma analoga pronuncia della Sezione II di questo TAR; Consiglio di Stato, sez. IV, 12.03.2007 n. 1185; TAR Veneto, sez. II, 07.02.2008 n. 325; TAR Lombardia, Milano, sez. II, 17.03.2008 n. 541 e TAR Campania, Napoli, sez. IV, 29.11.2007 n. 15615).

Nel caso di specie, non vi è dubbio, in fatto, che le strutture della sig.ra ... siano collocate ad una distanza inferiore di 200 metri dal perimetro cimiteriale (l’esponente non contesta, anzi conferma tale circostanza), tuttavia, secondo la ricorrente, le opere realizzate sarebbero compatibili con la fascia di rispetto, trattandosi di opere destinate dall’agricoltura, non contrastanti con le previsioni di vincolo.
Sotto tale profilo, la censura è però infondata, in quanto le strutture collocate dall’esponente non possono essere considerate, come sopra indicato in sede di trattazione del motivo C, come mere coperture, prive di ogni impatto urbanistico, ma devono invece reputarsi opere stabili, destinate in via permanente e continuativa all’esercizio sia dell’attività agricolo sia di quella connessa di vendita al pubblico, il quale pertanto accede abitualmente alle serre per i propri acquisti.
Trattandosi, quindi, di serre necessitanti di titolo edilizio, per le ragioni già sopra esposte, le stesse devono reputarsi “nuove costruzioni”, per le quali vale il vincolo assoluto di inedificabilità di cui al citato art. 338
(TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 05.05.2010 n. 1234 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Costruzione vicine ai cimiteri - Inedificabilità assoluta - Applicabilità.
2. Costruzione vicine ai cimiteri - Inedificabilità assoluta -Rigetto della domanda di sanatoria - Parere favorevole dell'Amministrazione preposta alla tutela del vincolo - Non necessario.

1. Il vincolo di inedificabilità assoluta, imposto dalla legge per le costruzioni vicine ai cimiteri, in ragione degli interessi avuti di mira dalla normativa, vale sia per i centri abitati che per i fabbricati sparsi.
2. Trattandosi di vincolo assoluto di inedificabilità non vi è la necessità di richiedere il parere all'autorità sanitaria preposta al vincolo, in quanto, come stabilito dall'art. 32, primo comma, della legge n. 47 del 1985, il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria per opere eseguite su immobili sottoposti a vincolo è subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso e quindi, il parere è necessario soltanto quando viene accolta la domanda di sanatoria e non quando viene negata (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. IV, sentenza 02.04.2010 n. 962 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAIl vincolo cimiteriale rileva come vincolo di inedificabilità assoluta, in quanto le finalità perseguite dall’art. 338 del R.D. n. 1265/1934 sono di superiore interesse pubblicistico e rivolte a garantire il decoro di un luogo di culto e ad assicurare una cintura sanitaria attorno a luoghi per loro natura insalubri.
Con la prima censura la deducente osserva che il vincolo cimiteriale non costituisce vincolo di inedificabilità assoluta; aggiunge che a seguito delle modifiche introdotte con l’art. 28, comma 1, lettera b, della legge n. 166/2002, il suddetto vincolo non preclude la costruzione di nuovi edifici e la realizzazione di ampliamenti nella zona sottoposta a vincolo.
Il motivo non può essere condiviso.
L’art. 338 del R.D. n. 1265/1934, nel testo novellato dall’art. 28 della legge n. 166/2002, ammette l’ampliamento solo nella percentuale massima del dieci per cento.
Gli ampliamenti di maggiore portata sono incompatibili col vincolo cimiteriale, il quale rileva come vincolo di inedificabilità assoluta, in quanto le finalità perseguite dall’art. 338 del R.D. n. 1265/1934 sono di superiore interesse pubblicistico e rivolte a garantire il decoro di un luogo di culto e ad assicurare una cintura sanitaria attorno a luoghi per loro natura insalubri (Tar Campania, Napoli, IV, 29/11/2007, n. 15615).
Tale conclusione trova conferma nel primo comma del citato art. 338, che prevede il divieto di costruire entro il raggio di 200 metri dal perimetro dell’impianto cimiteriale, e nell’art. 33 della legge n. 47/1985, che esclude la possibilità della sanatoria edilizia laddove il vincolo sia imposto prima dell’esecuzione delle opere da parte del privato.
Risulta infatti che le opere in questione sono state ultimate nel 1983 (documento n. 3 depositato in giudizio dal Comune resistente), mentre l’ampliamento del cimitero del Pino è stato compiuto nel periodo 1979-1981, per cui non è invocabile nemmeno la deroga di cui all’art. 57, comma 4, del D.P.R. n. 285/1990, la quale non ha la funzione di ridurre la distanza minima indicata dal citato art. 338, ma di consentire l’ampliamento del cimitero con riferimento agli edifici preesistenti (Cons. Stato, V, 23/08/2000, n. 4574).
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Con la seconda censura la ricorrente afferma che gli interventi realizzati non costituiscono nuova edificazione, ma ampliamento del preesistente edificio o modifiche che si risolvono nell’introduzione di elementi accessori o pertinenziali, ammessi nella zona di vincolo cimiteriale e tali da ricondurre la fattispecie all’art. 32 della legge n. 47/1985.
Il rilievo è infondato.
La descrizione delle opere di cui alla relazione tecnica relativa all’istanza di condono edilizio indica vari interventi di trasformazione e incremento della superficie abitabile, costituiti dalla sopraelevazione di un piano, dalla creazione di locali abitativi, dalla costruzione di un locale ad uso rurale e dalla realizzazione di una loggia e di un terrazzo.
Non si tratta né di meri ampliamenti rispettosi del limite del dieci per cento previsto dall’art. 338 del R.D. n. 1265/1934, né della realizzazione di pertinenze o elementi accessori, ma della radicale trasformazione dell’edificio preesistente, reso diverso dalla struttura originaria per volume, sagoma, superficie e connesso carico urbanistico; rileva quindi nell’insieme un’edificazione contraddistinta da ampliamento notevole di superficie, precluso dall’art. 338 del R.D. n. 1265/1934 (Tar Campania, Napoli, IV, 29/11/2007, n. 15615).
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Con il terzo motivo l’istante lamenta la mancata acquisizione del parere dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo (ovvero dell’Azienda sanitaria locale) e della commissione edilizia.
Il rilievo non può essere accolto.
Il caso in esame non rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 32 della legge n. 47/1985, ma, trattandosi di intervento successivo alla costruzione del cimitero, nell’ambito di applicazione dell’art. 33 della legge stessa, con la conseguenza che l’esistenza del vincolo è di per sé preclusiva dell’opera oggetto della domanda di condono.
Per la stessa ragione non occorre nemmeno il parere della commissione edilizia, trattandosi di vincolo di inedificabilità assoluta, rispetto ai cui effetti rileva un mero accertamento tecnico della distanza intercorrente tra il cimitero e il fabbricato risultante dagli interventi di trasformazione, e non una valutazione avente margini di discrezionalità (Tar Toscana, III, 12/02/2003, n. 277; idem, II, 06/02/2006, n. 260) (TAR Toscana, Sez. III, sentenza 15.03.2010 n. 660 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: La deroga prevista dall’art. 57, comma 4, del DPR n. 285/1990 riguarda esclusivamente l’ampliamento dei cimiteri esistenti e non anche l’attività edificatoria dei privati; in altre parole, la deroga che prevede la distanza di 100 metri dai centri abitati non ha lo scopo di ridurre la distanza indicata dall’art. 338 del R.D. n. 1265/1934, ma di consentire l’ampliamento di un cimitero con riferimento agli edifici preesistenti.
Nel caso di specie rileva non la realizzazione dell’edificio, ma la costruzione, in epoca successiva alla realizzazione del cimitero ed al suo ampliamento, di opere di incremento della superficie dell’edificio della deducente.
La deroga prevista dall’art. 57, comma 4, del DPR n. 285/1990 riguarda esclusivamente l’ampliamento dei cimiteri esistenti e non anche l’attività edificatoria dei privati; in altre parole, la deroga che prevede la distanza di 100 metri dai centri abitati non ha lo scopo di ridurre la distanza indicata dall’art. 338 del R.D. n. 1265/1934, ma di consentire l’ampliamento di un cimitero con riferimento agli edifici preesistenti (si veda: Cons. Stato, sez. V, 23/08/2000, n. 4574, sentenza riguardante appello presentato dalla odierna ricorrente).
Inoltre l’apposizione del vincolo cimiteriale persegue una molteplicità di interessi pubblici: la tutela di esigenze igienico sanitarie e della sacralità del luogo, l’interesse a mantenere un’area di possibile espansione del perimetro cimiteriale; pertanto anche la costruzione di case sparse, e persino la realizzazione di edifici isolati non destinati ad abitazione, deve rispettare la distanza minima di 200 metri, senza che sia richiesta all’Ente pubblico una valutazione in concreto della compatibilità della presenza del manufatto rispetto al vincolo de quo (Tar Toscana, sez. II, 27.11.2008, n. 3046; Cons. Stato, sez. V, 03.05.2007, n. 1933; idem, 27.08.1999, n. 1006) (TAR Toscana, Sez. III, sentenza 26.02.2010 n. 549 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2009

EDILIZIA PRIVATA: Installazione impianti produzione energia elettrica in fasce di rispetto comunale.
Si chiede parere in merito alla possibilità di assentire l’installazione di impianti di produzione di energia elettrica dal fonti rinnovabili in aree protette, in aree caratterizzate da elevata pericolosità geomorfologica (classe III), in fascia di rispetto cimiteriale ed in fascia di rispetto dei pozzi di captazione delle falde freatiche (Regione Piemonte, parere n. 144/2009 - link a www.regione.piemonte.it).

EDILIZIA PRIVATA: Rilascio permesso a costruire impianto fotovoltaico sottoposto a vincolo urbanistico.
Si chiede parere in merito alla possibilità di rilascio di un permesso di costruire avente ad oggetto la realizzazione di un impianto fotovoltaico da installare in zona sottoposta a vincolo di rispetto cimiteriale e, parzialmente, in fascia di rispetto stradale (Regione Piemonte, parere n. 140/2009 - link a www.regione.piemonte.it).

EDILIZIA PRIVATA: No alle antenne dei telefonini in zona a vincolo cimiteriale.
Il vincolo cimiteriale ha una triplice finalità, in quanto, oltre alle esigenze sanitarie ed alla salvaguardia della possibilità di espansioni del perimetro cimiteriale, esso garantisce anche il rispetto della tranquillità e del decoro dei luoghi di sepoltura, che vengono incise da una struttura impattante quale un traliccio di telecomunicazioni che non è più rispettoso della pietas nei confronti dei defunti di quanto non lo sia una abitazione di residenza.
Le valutazioni in fatto sulla concreta compatibilità dell’opera con l’area cimiteriale (quali quelle sulla non lesione delle esigenze sanitarie, e sulla impossibilità di espansione in fatto dell’area cimiteriale) sono estranee alla disciplina del vincolo di inedificabilità, che si fonda su valutazioni astratte prese in considerazione una volta per tutte dal legislatore.
La valutazione introdotta in giudizio sulla estraneità di un traliccio di telecomunicazioni dalla disciplina del vincolo di inedificabilità non trovano alcun fondamento nella norma attributiva del potere. In nessuna disposizione dell’art. 338 sopra citato, infatti, il vincolo di inedificabilità viene limitato soltanto alle abitazioni dove è prevista la stabile residenza di persone (TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 01.12.2009 n. 2381 - link a www.altalex.com).

EDILIZIA PRIVATA: INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO - Fascia di rispetto cimiteriale - Vincolo di inedificabilità - Triplice finalità - Manufatti edilizi diversi dalle abitazioni - Tralicci per telecomunicazioni.
In materia di vincolo cimiteriale, la salvaguardia del rispetto dei 200 metri prevista dall'art. 338 del T.U. delle leggi sanitarie di cui al r.d. 27.07.1934 n. 1265 nonché dall'art. 57 del d.P.R. 10.09.1990 n. 285 si pone alla stregua di un vincolo assoluto di inedificabilità, valevole per qualsiasi manufatto edilizio anche ad uso diverso da quello di abitazione.
Il vincolo cimiteriale ha infatti una triplice finalità, in quanto, oltre alle esigenze sanitarie ed alla salvaguardia della possibilità di espansioni del perimetro cimiteriale, esso garantisce anche il rispetto della tranquillità, del decoro e della speciale sacralità dei luoghi di sepoltura.
Di conseguenza, devono ritenersi compresi nel divieto di edificazione anche i tralicci per telecomunicazioni (TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 01.12.2009 n. 2381 - link a
www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATALa salvaguardia dell'area di rispetto cimiteriale di 200 metri prevista dall'art. 338 t.u. 27.07.1934 n. 1265 si pone alla stregua di un vincolo assoluto di inedificabilità che non consente in alcun modo l'allocazione sia di edifici sia di opere incompatibili col vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che tale fascia di rispetto intende tutelare e che la deroga all’estensione del limite è consentita ai soli fini della realizzazione di "opere pubbliche e di interesse pubblico".
L’individuazione di fasce di rispetto cimiteriali risale al r.d. 1265/1934 (TU leggi sanitarie) che nella sua formulazione originaria stabiliva, al primo comma, che i cimiteri devono essere collocati alla distanza di almeno duecento metri dai centri abitati, e poneva, nello stesso, tempo, il divieto di costruire intorno agli stessi nuovi edifici e di ampliare quelli esistenti "entro il raggio di 200 metri".
Al Prefetto era attribuito il potere di consentire la costruzione e l'ampliamento dei cimiteri a distanza inferiore ai duecento metri dai centri abitati quando, a causa di speciali condizioni, non era consentito provvedere altrimenti. Inoltre, su motivata richiesta del Consiglio comunale, non ostandovi ragioni igieniche, lo stesso Prefetto poteva ridurre l'ampiezza della zona di rispetto, delimitandone il perimetro in relazione alla situazione dei luoghi, entro il limite di 100 metri per i Comuni con popolazione superiore ai 20.000 abitanti, e di 50 metri per gli altri Comuni.
A sua volta il D.P.R. 10.09.1990, n. 285 (regolamento di polizia mortuaria), nel disciplinare i piani regolatori cimiteriali, all'art. 57 ribadisce che i cimiteri devono essere isolati dall'abitato mediante la fascia di rispetto prevista dall'art. 338 del r.d. n. 1265/1934. Su questo impianto è intervenuta la legge n. 166/2002 che con la modifica dei commi quarto, quinto, sesto e settimo del citato art. 338 ha disposto che "il Consiglio comunale può approvare, previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la costruzione di nuovi cimiteri o l'ampliamento di quelli già esistenti a una distanza inferiore a 200 metri dal centro abitato, purché non oltre il limite di 50 metri, quando ricorrano, anche alternativamente, le seguenti condizioni: a) risulti accertato dal medesimo consiglio comunale che, per particolari condizioni locali, non sia possibile prevedere altrimenti; b) l'impianto cimiteriale sia separato dal centro urbano da strade pubbliche almeno di livello comunale, sulla base della classificazione prevista ai sensi della legislazione vigente, o da fiumi, laghi o dislivelli naturali rilevanti, ovvero da ponti o da impianti ferroviari".
Inoltre, "per dare esecuzione ad un'opera pubblica o all'attuazione di un intervento urbanistico, purché non vi ostino ragioni igienico-sanitarie, il consiglio comunale può consentire, previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la riduzione della zona di rispetto tenendo conto degli elementi ambientali e di pregio dell'area, autorizzando l'ampliamento di edifici preesistenti o la costruzione di nuovi edifici. La riduzione di cui al periodo precedente si applica con identica procedura anche per la realizzazione di parchi, giardini e annessi, parcheggi pubblici e privati, attrezzature sportive, locali tecnici e serre...All'interno della zona di rispetto per gli edifici esistenti sono consentiti interventi di recupero ovvero interventi funzionali all'utilizzo dell'edificio stesso, tra cui l'ampliamento nella percentuale massima del 10 per cento e i cambi di destinazione d'uso, oltre a quelli previsti dalle lettere a), b), c) e d) del primo comma dell'articolo 31 della legge 05.08.1978, n. 457".
Tale essendo il quadro normativo di riferimento, deve, quindi, osservarsi che la normativa statale in materia si articola attraverso disposizioni aventi duplice valenza, in primo luogo nel porre limiti all'attività edificatoria dei privati nelle aree circostanti il perimetro dei cimiteri ed inoltre nel garantire l’osservanza, da parte delle amministrazioni preposte, di determinate distanze dai centri abitati atte a delineare una fascia di rispetto nella costruzione di nuovi cimiteri e/o nell'ampliamento di quelli esistenti e per altri interventi di pubblico interesse. Si tratta quindi di una facoltà rimessa alla valutazione dell’ente locale, in funzione dell'ampliamento dei cimiteri esistenti e/o della costruzione di nuovi cimiteri, oppure, in presenza di determinate circostanze di rilievo pubblicistico, dettagliatamente definite dalla norma con esclusione, pertanto, di interventi di edilizia per fini privati.
Sulla questione, la giurisprudenza amministrativa ha costantemente affermato che la salvaguardia dell'area di rispetto cimiteriale di 200 metri prevista dall'art. 338 t.u. 27.07.1934 n. 1265 si pone alla stregua di un vincolo assoluto di inedificabilità che non consente in alcun modo l'allocazione sia di edifici sia di opere incompatibili col vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che tale fascia di rispetto intende tutelare e che la deroga all’estensione del limite è consentita ai soli fini della realizzazione di "opere pubbliche e di interesse pubblico" (Cons. St., V, 29.03.2006, n. 1593. TAR Veneto, II, 07.02.2008, n. 325; TAR Sicilia-Catania, I, 15/07/2003, n. 1141).
Si tratta, in definitiva, di una limitazione legale della proprietà a carattere assoluto, che preclude il rilascio della concessione per opere incompatibili col vincolo medesimo (giurisprudenza pacifica: cfr. Cons. Stato, V, 03/05/2007). Del resto, la natura assoluta del vincolo non si pone in contraddizione con la possibilità che nella medesima area insistano delle preesistenze, e/o che ad esse vengano assegnate destinazioni compatibili con l'esistenza del vincolo (Cass. Civ., sez. I, n. 6510/1997), ma mira essenzialmente ad impedire l'ulteriore addensamento edilizio dell'area giudicato ex lege, incompatibile con le prioritarie esigenze pubblicistiche sottese alla imposizione del vincolo. (cfr. TAR Abruzzo, L’Aquila, I, 14.10.2008, n. 1141) (TAR Sicilia-Catania, Sez. I, sentenza 22.09.2009 n. 1571 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: All'interno della fascia di rispetto cimiteriale è legittimo il rilascio del permesso di costruire per la ristrutturazione di un fabbricato esistente, mediante demolizione e fedele ricostruzione, nonché mediante spostamento del fabbricato in prossimità del confine del lotto di proprietà, più distante dal locale cimitero, in guisa da migliorarne la collocazione.
E' illegittimo il diniego del permesso di costruire per la ristrutturazione di un fabbricato esistente, mediante demolizione e fedele ricostruzione, nonché mediante spostamento del fabbricato in prossimità del confine del lotto di proprietà, più distante dal locale cimitero, in guisa da migliorarne la collocazione.
Invero, l’art. 338 r.d. n. 1265/1934 stabilisce che “All'interno della zona di rispetto per gli edifici esistenti sono consentiti interventi di recupero ovvero interventi funzionali all'utilizzo dell'edificio stesso, tra cui l'ampliamento nella percentuale massima del 10 per cento e i cambi di destinazione d'uso, oltre a quelli previsti dalle lettere a), b), c) e d) del primo comma dell'articolo 31 della legge 05.08.1978, n. 457”, oggi previsti dall’art. 3 d.P.R. 380/2001 tra cui la lett. d) “interventi di ristrutturazione edilizia", ove per tali si intendono “gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente.
Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica
” (TAR Lazio-Latina, sentenza 12.06.2009 n. 564 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: No alle antenne per telefonini in zona a vincolo cimiteriale di inedificabilità assoluta.
Il vincolo cimiteriale si pone alla stregua di un vincolo assoluto di inedificabilità che non consente in alcun modo l’allocazione sia di edifici, che di opere incompatibili col vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che tale fascia di rispetto intende tutelare (TAR Toscana, Sez. I, ordinanza 20.05.2009 n. 397 - link a www.altalex.com).

EDILIZIA PRIVATA: Vincolo di rispetto cimiteriale.
La salvaguardia dell'area di rispetto cimiteriale di 200 metri prevista dall'art. 338 T.U. 27.07.1934 n. 1265 si pone alla stregua di un vincolo assoluto di inedificabilità che non consente in alcun modo l'allocazione sia di edifici, che di opere incompatibili col vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che tale fascia di rispetto intende tutelare e che possono enuclearsi nelle esigenze di natura igienico sanitaria, nella salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati all'inumazione e alla sepoltura, nel mantenimento di un'area di possibile espansione della cinta cimiteriale.
Si consideri ancora che il vincolo di rispetto cimiteriale riguarda non solo i centri abitati ma anche i fabbricati sparsi (cfr. TAR Milano, II Sez., 06.10.1993 n. 551).
Lo stesso vincolo preclude il rilascio della concessione, anche in sanatoria (ai sensi dell'art. 33 L. 28.02.1985 n. 47), senza necessità di compiere valutazioni in ordine alla concreta compatibilità dell'opera con i valori tutelati dal vincolo (cfr. Cons. Stato, sez. V, n. 1871 del 12.11.1999) (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 03.05.2009 n. 1934 - link a www.lexambiente.it).

URBANISTICA: Fascia di rispetto cimiteriale.
L'art. 338 del R.D. 27.07.1934 n. 1265, come modificato dall’art. 28 della legge 01.08.2002 n. 166, attribuisce al consiglio comunale il potere di consentire, se non vi ostino ragioni igienico-sanitarie accertate dalla competente Azienda USL, la riduzione della zona di rispetto cimiteriale, tenendo conto degli elementi ambientali di pregio dell'area.
Resta dunque evidente che l’anzidetta attribuzione del potere decisorio all’organo consiliare non deve intendersi nel senso di riconoscere a quest’ultimo una mera facoltà di pronunciamento, dovendosi piuttosto ritenere che, fermo restando l’obbligo di adottare un tempestivo provvedimento in risposta alle istanze all’uopo presentate, il Consiglio comunale disponga di un ampio potere discrezionale, da esercitarsi attraverso l’esplicazione in motivazione delle ragioni delle determinazioni assunte, circa l’autorizzabilità di interventi edificatori in deroga rispetto alla fascia di rispetto sanitario (TAR Sardegna, Sez. II, sentenza 20.03.2009 n. 322 - link a www.lexambiente.it).

URBANISTICA: Il potere in capo al Consiglio Comunale  di ridurre la fascia di rispetto cimiteriale non deve intendersi nel senso di riconoscere a quest’ultimo una mera facoltà di pronunciamento, dovendosi piuttosto ritenere che, fermo restando l’obbligo di adottare un tempestivo provvedimento in risposta alle istanze all’uopo presentate, il Consiglio comunale disponga di un ampio potere discrezionale, da esercitarsi attraverso l’esplicazione in motivazione delle ragioni delle determinazioni assunte, circa l’autorizzabilità di interventi edificatori in deroga rispetto alla fascia di rispetto sanitario
L'art. 338 del R.D. 27.07.1934 n. 1265, come modificato dall’art. 28 della legge 01.08.2002 n. 166, attribuisce al consiglio comunale il potere di consentire, se non vi ostino ragioni igienico-sanitarie accertate dalla competente Azienda USL, la riduzione della zona di rispetto cimiteriale, tenendo conto degli elementi ambientali di pregio dell'area.
Resta dunque evidente che l’anzidetta attribuzione del potere decisorio all’organo consiliare non deve intendersi, come ritenuto dalla difesa comunale, nel senso di riconoscere a quest’ultimo una mera facoltà di pronunciamento, dovendosi piuttosto ritenere che, fermo restando l’obbligo di adottare un tempestivo provvedimento in risposta alle istanze all’uopo presentate, il Consiglio comunale disponga di un ampio potere discrezionale, da esercitarsi attraverso l’esplicazione in motivazione delle ragioni delle determinazioni assunte, circa l’autorizzabilità di interventi edificatori in deroga rispetto alla fascia di rispetto sanitario.
Nel caso di specie, non risulta che il consiglio comunale si sia pronunciato sulla richiesta presentata in data 12.11.2007 dalla ricorrente.
Né risulta che, in adesione alla disponibilità manifestata dalla stessa ricorrente al fine di evitare il presente giudizio, siano stati indicati tempi certi per la definizione del procedimento per cui è causa.
Di qui, accertato l’illegittimo inadempimento del Consiglio comunale al suo obbligo di provvedere, l’accoglimento del ricorso, con condanna dello stesso organo consiliare all’adozione del provvedimento richiesto entro il termine di 60 (sessanta) giorni dalla notificazione o dalla comunicazione in via amministrativa della presente sentenza, avvertendo che, per il caso di ulteriore inadempimento, si procederà senza indugio alla nomina di un commissario ad acta per gli adempimenti in via sostitutiva, con addebito delle spese (TAR Sardegna, Sez. II, sentenza 20.03.2009 n. 322 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: Fascia di rispetto cimiteriale - Art. 338 R.D. n. 1265/1934 - Interventi edificatori in deroga - Riduzione della fascia - Potere discrezionale del Consiglio comunale.
L’art. 338 del R.D. 27.07.1934 n. 1265, come modificato dall’art. 28 della legge 01.08.2002 n. 166, attribuisce al consiglio comunale il potere di consentire, se non vi ostino ragioni igienico-sanitarie accertate dalla competente Azienda USL, la riduzione della zona di rispetto cimiteriale, tenendo conto degli elementi ambientali di pregio dell'area: l’anzidetta attribuzione del potere decisorio all’organo consiliare non deve intendersi nel senso di riconoscere a quest’ultimo una mera facoltà di pronunciamento, dovendosi piuttosto ritenere che, fermo restando l’obbligo di adottare un tempestivo provvedimento in risposta alle istanze all’uopo presentate, il Consiglio comunale disponga di un ampio potere discrezionale, da esercitarsi attraverso l’esplicazione in motivazione delle ragioni delle determinazioni assunte, circa l’autorizzabilità di interventi edificatori in deroga rispetto alla fascia di rispetto sanitario (TAR Sardegna, Sez. II, sentenza 20.03.2009 n. 322 - link a www.ambientediritto.it).

URBANISTICA: Fascia di rispetto del vincolo cimiteriale - Eccezione al divieto generale di edificazione - Limiti - Interpretazione restrittiva della norma - Art. 338 T.U. Sanità modificato dall'art. 28 L. n. 166/2002.
La locuzione "per dare esecuzione ad un'opera pubblica o all'attuazione di un intervento urbanistico", (contenuta nell’articolo 338 T.U. Leggi Sanitarie poi modificato dall'articolo 28 della legge 01.08.del 2002 n.166), deve essere interpretata nel senso che gli interventi urbanistici ai quali il legislatore ha inteso fare riferimento sono solo quelli pubblici o comunque aventi rilevanza pubblica e destinati a soddisfare interessi pubblicistici di rilevanza almeno pari a quelli posti a base della fascia di rispetto dei duecento metri. Specificatamente, la locuzione "attuazione di un intervento urbanistico" non può essere interpretata estensivamente fino a comprendervi anche l'edilizia residenziale privata, sia perché, trattandosi di eccezione al divieto generale di edificazione di cui al primo comma dell'articolo 338 T.U. Leggi Sanitarie, deve essere interpretata restrittivamente e quindi limitata ai soli interventi pubblici o quanto meno di rilevanza pubblica, e ciò perché solo un interesse pubblico, meritevole di tutela, come quelli esplicitamente indicati nella deroga, concorrente con quelli posti a base del divieto, potrebbe giustificare la riduzione della fascia di rispetto.
Invero, questa è imposta a tutela di esigenze di natura igienico sanitaria, a salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati all'inumazione ed alla sepoltura e soprattutto a tutela della possibile espansione della cinta cimiteriale e ad assicurare una cintura sanitaria intorno ai luoghi per loro natura insalubri.
Vincolo cimiteriale - Fascia di rispetto (200 metri) - Divieto di costruire nuovi edifici dal perimetro del cimitero - Indennizzo espropriativo - Vincolo urbanistico operante indipendentemente dagli strumenti urbanistici - Deroga - Procedura - Art. 338 T.U. Sanità modificato dall'art. 28 L. n.166/2002.
L'articolo 338 T.U. Legge Sanitaria, come modificato dall'articolo 28 della legge 01.08.2002 n. 166, ribadisce al primo comma la regola generale che i cimiteri debbano essere collocati alla distanza di almeno duecento metri dai centri abitati e che è vietato costruire nuovi edifici (siano essi pubblici o privati) entro il raggio di duecento metri dal perimetro del cimitero. Siffatta fascia di rispetto costituisce un vincolo urbanistico posto con legge dello Stato e come tale è operante indipendentemente dagli strumenti urbanistici vigenti ed eventualmente anche in contrasto con essi (Cons. Stato sez V 27/08/1999 n 1006, Cass. pen. sez. III n. 8553/1996, Cons. Stato n. 1185/2007).
Il relativo suolo ai fini dell'indennizzo espropriativo, anche se può avere un valore di mercato superiore a quello agricolo per effetto di possibili utilizzazioni diverse da quelle edificatorie, non è comunque suolo edificatorio (Cass. Sez un. civ. n . 13596/1991, Cass. civ. sez. I n. 11669/2004, sez. III n. 4797/2006).
Tale fascia di rispetto può essere derogata in due ipotesi soltanto. Secondo la prima, il Consiglio comunale può approvare, previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la costruzione di nuovi cimiteri o l'ampliamento di quelli già esistenti ad una distanza inferiore a 200 metri dal centro abitato purché non oltre il limite di 50 metri quando ricorrono anche alternativamente le due condizioni previste dalla norma, ossia quando non sia possibile provvedere altrimenti ovvero quando l'impianto cimiteriale sia separato dal centro urbano da strade pubbliche, fiumi ecc.
In base alla seconda, la deroga è consentita allorché si deve dare esecuzione ad un'opera pubblica o all'attuazione di un intervento urbanistico, purché non vi ostino ragioni igienico sanitarie; in tali casi il Consiglio comunale può consentire previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la riduzione della zona di rispetto tenendo conto degli elementi ambientali di pregio dell'area, autorizzando l'ampliamento di edifici preesistenti o la costruzione di nuovi edifici o la realizzazione di parcheggi, attrezzature sportive, locali tecnici e serre (Corte di cassazione, Sez. III penale, sentenza 26.02.2009 n. 8626 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: Fascia di rispetto del vincolo cimiteriale.
Nell’articolo 338 T.U. Leggi Sanitarie la locuzione "per dare esecuzione ad un'opera pubblica o all'attuazione di un intervento urbanistico" deve essere interpretata nel senso che gli interventi urbanistici ai quali il legislatore ha inteso fare riferimento sono solo quelli pubblici o comunque aventi rilevanza pubblica e destinati a soddisfare interessi pubblicistici di rilevanza almeno pari a quelli posti a base della fascia di rispetto dei 200 metri (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 26.02.2009 n. 8626 - link a www.lexambiente.it).

anno 2008

EDILIZIA PRIVATASul vincolo cimiteriale.
La individuazione di fasce di rispetto intorno ai cimiteri risale all’art. 338 del t.u.l.s. (R.D. n. 1265/1934) che, nella sua formulazione originaria, stabiliva, al primo comma, che i cimiteri devono essere collocati alla distanza di almeno duecento metri dai centri abitati, e poneva, nello stesso, tempo, il divieto di costruire intorno agli stessi nuovi edifici e di ampliare quelli esistenti “entro il raggio di duecento metri”.
Al Prefetto era attribuito il potere di consentire la costruzione e l’ampliamento dei cimiteri a distanza inferiore ai duecento metri dai centri abitati quando, a causa di speciali condizioni, non era consentito provvedere altrimenti.
Inoltre, su motivata richiesta del Consiglio comunale, non ostandovi ragioni igieniche, lo stesso Prefetto poteva ridurre l’ampiezza della zona di rispetto, delimitandone il perimetro in relazione alla situazione dei luoghi, entro il limite di 100 metri per i Comuni con popolazione superiore ai 20.000 abitanti, e di 50 metri per gli altri Comuni.
A sua volta il regolamento governativo di polizia mortuaria approvato con D.P.R. 10.9.1990, n.285, nel disciplinare i piani regolatori cimiteriali, all’art. 57 ribadisce che i cimiteri devono essere isolati dall’abitato mediante la fascia di rispetto prevista dall’art. 338 del t.u.l.s.
I commi 3 e 4 del precitato art. 57 del d.p.r. n. 285 cit. sono stati abrogati per effetto dell’art. 28 della legge 01.08.2002 n. 166, recante disposizioni in materia di infrastrutture e di trasporti, che ha rimodulato la disciplina statale sulle zone limitrofe alle aree cimiteriali attraverso la sostituzione dei commi 1, 4, 5, 6 e 7 dell’art. 338 del R.D. n. 1265/1934.
Il legislatore del 2002 ha precisato, con la modifica dei commi quarto, quinto, sesto e settimo del citato art.338 del R.D. n. 1265 del 1934, che “il consiglio comunale può approvare, previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la costruzione di nuovi cimiteri o l’ampliamento di quelli già esistenti ad una distanza inferiore a 200 metri dal centro abitato, purché non oltre il limite di 50 metri, quando ricorrano, anche alternativamente, le seguenti condizioni:
a) risulti accertato dal medesimo consiglio comunale che, per particolari condizioni locali, non sia possibile prevedere altrimenti;
b) l’impianto cimiteriale sia separato dal centro urbano da strade pubbliche almeno di livello comunale, sulla base della classificazione prevista ai sensi della legislazione vigente, o da fiumi, laghi o dislivelli naturali rilevanti, ovvero da ponti o da impianti ferroviari
”.
Inoltre, “per dare esecuzione ad un’opera pubblica o all’attuazione di un intervento urbanistico, purché non vi ostino ragioni igienico-sanitarie, il consiglio comunale può consentire, previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la riduzione della zona di rispetto tenendo conto degli elementi ambientali e di pregio dell’area, autorizzando l’ampliamento di edifici preesistenti o la costruzione di nuovi edifici, La riduzione di cui al periodo precedente si applica con identica procedura anche per la realizzazione di parchi, giardini e annessi, parcheggi pubblici e privati, attrezzature sportive, locali tecnici e serre…All’interno della zona di rispetto per gli edifici esistenti sono consentiti interventi di recupero ovvero interventi funzionali all’utilizzo dell’edificio stesso, tra cui l’ampliamento nella percentuale massima del 10 per cento e i cambi di destinazione d’uso, oltre a quelli previsti dalle lettere a), b), c) e d) del primo comma dell’articolo 31 della legge 05.08.1978, n. 457”.
Tale essendo il quadro normativo di riferimento, deve quindi osservarsi che la normativa statale in materia si articola attraverso disposizioni aventi duplice valenza, in primo luogo nel porre limiti all’attività edificatoria dei privati nelle aree circostanti il perimetro dei cimiteri ed inoltre nel garantire la osservanza, da parte delle amministrazioni preposte, di determinate distanze dai centri abitati atte a delineare una fascia di rispetto nella costruzione di nuovi cimiteri e/o nell’ampliamento di quelli esistenti e per altri interventi di pubblico interesse.
Con riferimento alla delimitazione delle fasce di rispetto, a fronte della determinazione ex lege di una distanza dei cimiteri dai centri abitati di 200 metri, come detto, è stato previsto il potere eccezionale, prima in capo al prefetto, e poi al consiglio comunale, di ridurre detto limite sino a 50 metri, in funzione dell’ampliamento dei cimiteri esistenti e/o della costruzione di nuovi cimiteri, oppure, in presenza di determinate circostanze di rilievo pubblicistico, più dettagliatamente definite con le modifiche apportate all’art. 338 t.u.l.s. dall’art. 28 della l. n.166/2002, ossia per dare esecuzione ad un’opera pubblica o all’attuazione di un intervento urbanistico.
Per ciò che concerne in particolare l’attività edificatoria dei privati in prossimità dei cimiteri, la disciplina in esame ha subito una modifica sostanziale in quanto il divieto di costruire e di ampliare edifici preesistenti “intorno ai cimiteri”, definito nella fascia di 200 metri dalla formulazione originaria dell’art. 338 t.u.l.s., ha subito una prima modifica nella disciplina di cui all’art. 57, comma 3 del regolamento di polizia mortuaria (d.p.r. 285/1990), che imponeva un esplicito divieto di edificare “entro la fascia di rispetto”, relativamente sia a nuovi edifici che all’ampliamento di preesistenze.
Con le modifiche apportate dall’art. 28 L. n. 166/2002, sopra testualmente richiamato, il limite all’edificabilità privata è stato comunque fissato in 200 metri dal perimetro dell’impianto cimiteriale, visto che il primo comma dell’art. 338 del t.u.l.s., nella nuova formulazione, stabilisce che “è vietato costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici entro il raggio di duecento metri dal perimetro dell’impianto cimiteriale, quale risultante dagli strumenti urbanistici vigenti nel comune o, in difetto di essi, comunque quale esistente in fatto, salve le deroghe ed eccezioni previste dalla legge”.
Dalla lettura della norma si evince che il limite all’edificabilità privata non è più ancorato alla “fascia di rispetto”, che può variare in relazione alle determinazioni adottate dall’autorità Comunale, ma è legislativamente fissata in ogni caso entro il limite di 200 metri da calcolarsi dal perimetro dell’impianto cimiteriale.
Il regime vincolistico delineato con riferimento all’attività edilizia dei privati è sicuramente coerente con la ratio delle deroghe ed eccezioni previste dalle legge al limite dei 200 metri, ammesse in funzione dell’ampliamento dei cimiteri esistenti o della costruzione di nuovi cimiteri (comma 4), nonché nei casi in cui l’Amministrazione comunale debba dare esecuzione ad un’opera pubblica o all’attuazione di un intervento urbanistico.
Si tratta in entrambi i casi di eccezioni giustificate da esigenze pubblicistiche correlate alla stessa edilizia cimiteriale, oppure ad altri interventi pubblici purché compatibili con le concorrenti ragioni di tutela della zona (comma 5).
Che la deroga in oggetto sia limitata alle sole “opere pubbliche e di interesse pubblico” è poi stato recentemente acclarato dal Consiglio di Stato, con sentenza sez. V, 29.03.2006, n. 1593.
Pertanto, non vi è motivo di dubitare della ragionevolezza di una interpretazione che svincola l’ambito di operatività del vincolo cimiteriale di inedificabilità dalla delimitazione “in concreto” delle fasce di rispetto da parte del Comune, tenuto conto del rilievo preminente di carattere igienico sanitario del vincolo stesso che può ammettere deroghe solo in presenza di concorrenti ragioni pubblicistiche e comunque compatibilmente con le esigenze sottese all’esistenza del vincolo.
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Il vincolo cimiteriale impone un divieto assoluto di edificazione (Cons. di Stato. sez. V, 22.06.1971, n. 606) e persegue una triplice finalità: in primo luogo vuole assicurare condizioni di igiene e di salubrità mediante la conservazione di una “cintura sanitaria” intorno allo stesso cimitero, in secondo luogo garantire la tranquillità e il decoro ai luoghi di sepoltura, in terzo luogo consentire futuri ampliamenti del cimitero (TAR Piemonte, sez. I, 02.02.1989, n. 111).
Si tratta di una limitazione legale della proprietà a carattere assoluto, direttamente incidente sui beni e non suscettibile di deroghe di fatto, giacché riconducibile a previsione generale, riguardante tutti i cittadini, in quanto proprietari di beni che si trovino in una determinata situazione, e perciò individuabili a priori (Cass. civ., sez. I, 29.11.2006, n. 25364)
La natura assoluta del vincolo non si pone in contraddizione con la possibilità che nell’area indicata insistano delle preesistenze, e/o che ad esse vengano assegnate destinazioni compatibili con l’esistenza del vincolo (Cass. Civ., sez. I, n. 6510/1997), ma mira essenzialmente ad impedire l’ulteriore addensamento edilizio dell’area giudicato ex lege incompatibile con le prioritarie esigenze di tutela igienico sanitaria e di tutela del culto sottese alla imposizione del vincolo.
Come per tutte le zone soggette a vincoli di rispetto, sono sempre ammessi, anche nella zona di rispetto cimiteriale, gli interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente, ai sensi dell’articolo 31, lettere a), b), c) e d) della legge n. 457/1978, entro i limiti imposti dal vincolo di inedificabilità, oltre i quali si è in presenza di alternazioni di volumi e di superfici (Cons. di stato. sez. V, n. 275/1989) possibili purché non incidano negativamente sull’ambiente cimiteriale, in quanto connaturati al diritto di proprietà (TAR Abruzzo-L'Aquila, sentenza 14.10.2008 n. 1141 -
link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Sulla possibilità o meno di costruire box interrati (ex lege Tognoli) in fascia di rispetto cimiteriale.
L’art. 338 del Testo unico delle leggi sanitarie di cui al r.d. n. 1265 del 27.07.1934 nonché l’art. 57 del Dpr 10.09.1990 n. 285 vietano l’edificazione nelle aree ricadenti in fascia di rispetto cimiteriale dei manufatti che, per durata, inamovibiltà ed incorporazione al suolo possano qualificarsi come costruzioni edilizie, come tali, incompatibili con la natura dei luoghi e con l’eventuale espansione del cimitero.
Ora, la giurisprudenza ha affermato che in materia di vincolo cimiteriale , la salvaguardia del rispetto dei 200 metri prevista dal citato art. 338 del T.U. del 1934 si pone alla stregua di un vincolo assoluto di inedificabilità, valevole per qualsiasi manufatto edilizio anche ad uso diverso da quello di abitazione e tanto in ragione dei molteplici interessi pubblici nella specie in rilievo relativamente alla tutela delle esigenze di natura igienico-sanitarie e della speciale sacralità dei luoghi (Cons Stato Sezione v 03.05.2007 n. 1933; TAR Veneto Sezione II 06.04.1996 n. 861; Tar Lombardia Sezione II 28/02/1999 n. 167; questo Tar I Sezione 01.10.2007 n. 2903).
Ora, trattandosi di un vincolo assoluto, nella specie non ci si può “giovare” del carattere derogatorio che la norma di cui all’art. 9 della legge n. 122/1989 riconoscerebbe alla realizzazione delle autorimesse interrate, dal momento che anche il manufatto del genere progettato, il parcheggio interrato, ancorché struttura unicamente servente all’uso abitativo, ma comunque posta nell’ambito della fascia di rispetto cimiteriale,rientra tra le costruzioni edilizie del tutto vietate dalla disposizione di cui all’art. 338 citato e tale circostanza, puntualmente rilevata dall’Amministrazione, costituisce motivo giustificativo dell’opposto diniego.
Né vale invocare la portata modificativa della normativa recata dal DPR n. 285 del 1990 (che ha previsto la possibilità di riduzione della fascia di rispetto cimiteriale da 200 mt. a 100 mt.), atteso che essa delinea il regime giuridico unicamente degli interventi di ampliamento dei cimiteri, ma non è questo il caso che ci occupa, sicché, per l’edificazione in questione rimane la misura della fascia di rispetto stabilita in 200mt come fissata dall’art. 338 e il relativo vincolo, ribadito dalla normativa contenuta nel vigente Piano regolatore generale del Comune, è da ritenersi di carattere assoluto (cfr. Tar Sicilia Catania 19.05.2003 n. 791) (TAR Toscana, Sez. III,
sentenza 02.07.2008 n. 1712 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATALa salvaguardia dell'area di rispetto cimiteriale di 200 metri prevista dall'art. 338 T.U. 27.07.1934 n. 1265 si pone alla stregua di un vincolo assoluto di inedificabilità che non consente in alcun modo l'allocazione sia di edifici che di opere incompatibili col vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che tale fascia di rispetto intende tutelare e che possono enuclearsi nelle esigenze di natura igienico sanitaria, nella salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati all'inumazione e alla sepoltura, nel mantenimento di un'area di possibile espansione della cinta cimiteriale.
Il vincolo di rispetto cimiteriale, riguarda non solo i centri abitati, ma anche i fabbricati sparsi.

Occorre premettere, quanto al vincolo cimiteriale, che la salvaguardia dell'area di rispetto cimiteriale di 200 metri prevista dall'art. 338 T.U. 27.07.1934 n. 1265 si pone alla stregua di un vincolo assoluto di inedificabilità che non consente in alcun modo l'allocazione sia di edifici che di opere incompatibili col vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che tale fascia di rispetto intende tutelare e che possono enuclearsi nelle esigenze di natura igienico sanitaria, nella salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati all'inumazione e alla sepoltura, nel mantenimento di un'area di possibile espansione della cinta cimiteriale (giurisprudenza pacifica: cfr., da ultimo, CdS, V, 03.05.2007 n. 1933; IV, 12.03.2007 n. 1185).
Si consideri ancora che il vincolo di rispetto cimiteriale, riguarda non solo i centri abitati, ma anche i fabbricati sparsi (cfr. TAR Milano, II, 06.10.1993 n. 551).
Infine, che lo stesso vincolo preclude il rilascio della concessione, anche in sanatoria (ai sensi dell'art. 33 L. 28.02.1985 n. 47), senza necessità di compiere valutazioni in ordine alla concreta compatibilità dell'opera con i valori tutelati dal vincolo (cfr. Cons. Stato, V, 03.05.2007 n. 1934).
In relazione all’asserita inapplicabilità del disposto contenuto nell’art. 57, III comma del DPR n. 285/1990, va osservato come tale norma -peraltro abrogata dall’art. 28, II comma della legge n. 166/2002– sia invece applicabile al caso di specie in quanto vigente al momento della decisione della domanda di sanatoria: in ogni caso, sia la disciplina vigente all’epoca dei realizzati abusi, sia quella attualmente vigente, consente di realizzare, all’interno della fascia di 200 metri dal perimetro cimiteriale, solo interventi di recupero, di manutenzione, di restauro e risanamento conservativo dell’edificato esistente, ovvero interventi di ampliamento funzionali all’utilizzo dell’edificio nei limiti del 10% dell’esistente (TAR Veneto, Sez. II, sentenza 07.02.2008 n. 325 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAFascia di rispetto cimiteriale - Vincolo di inedificabilità assoluta - Strutture mobili - Applicabilità - Esclusione.
Il vincolo assoluto di inedificabilità nell'area di rispetto cimiteriale, di cui all’art. 338 del R.D. 1265/1934, finalizzato alla tutela di molteplici interessi pubblici (esigenze di natura igienico sanitaria, salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati all'inumazione ed alla sepoltura, mantenimento di un'area di possibile espansione della cinta cimiteriale - cfr. Cds, V, 1934/2007), non può che interessare le opere edilizie di carattere stabile, esulando dal divieto altre diverse forme di utilizzazione dei terreni che si trovino in quella fascia, quali ad esempio l'installazione di strutture precarie o mobili (TAR Sicilia-Palermo, Sez. II,
sentenza 09.01.2008 n. 18 - link a www.ambientediritto.it).

anno 2007

EDILIZIA PRIVATA: Il divieto di costruire nuovi edifici nella fascia di rispetto cimiteriale integra un vincolo di inedificabilità assoluta.
Le finalità perseguite dalla normativa (cfr. attualmente art. 28 l. 01.08.2002 n. 166) in tema di vincolo cimiteriale sono di superiore rilievo pubblicistico e rivolte essenzialmente a garantire la futura espansione del cimitero, a garantire il decoro di un luogo di culto nonché, non da ultimo, assicurare una cintura sanitaria attorno a luoghi per loro natura insalubri.

Circa l'indubbia natura “assoluta” del vincolo di inedificabilità cimiteriale, il Collegio non condivide l’orientamento di una parte della giurisprudenza secondo cui la fascia di rispetto cimiteriale: “non comporta ex se un'inedificabilità assoluta ma è l'Autorità preposta alla tutela del vincolo che, in sede di formulazione del parere, deve specificare i motivi ostativi alla realizzazione del singolo manufatto e ciò in quanto la presenza di alcuni edifici all'interno della zona di rispetto cimiteriale non concreta di per sé una violazione della distanza minima, posto che questa è fissata dall'art. 338 del T.U. 27.07.1934 n. 1265, in relazione ai centri abitati, e non ai fabbricati sparsi che non possono ricondursi ai primi.” (così: TAR Trentino Alto Adige-Trento, sent. n. 64 del 02.04.1997; in termini: CdS, sez. IV sent. n. 775 del 16.09.1993; TAR Trentino Alto Adige-Trento, sent. n. 336 del 01.08.1994. Nel senso che la distanza minima, oltre la quale deve essere collocato il cimitero, fissata dall'art. 338 della legge citata, si riferisce ai centri abitati e che, pertanto, la presenza di alcuni edifici all'interno della zona di rispetto non concreta di per sé una violazione di tale distanza, cfr. C.d.S. n. 775/1993; Tar Emilia  Romagna-Bologna, I sez. 27.09.1997, n. 622; Tar Marche 12.08.1997, n. 677; Tar Campania-Napoli, 09.06.1997, n. 1503).
Il Collegio condivide l’orientamento della giurisprudenza secondo cui il divieto di costruire nuovi edifici, di cui alla normativa sopra citata, integri un vincolo di inedificabilità assoluta (così: C.d.S. sez. IV 12.03.2007 n. 1185, C.d.S., sez. V, 12.11.1999, n. 1871; CdS, sez. II, parere 28.02.1996, n. 3031/1995; Tar Lombardia-Milano, 11.07.1997 n. 1253; Tar Toscana, I sezione, 29.09.1994, n. 471). Ciò in quanto le finalità perseguite dalla normativa (cfr. attualmente art. 28 l. 01.08.2002 n. 166) in tema di vincolo cimiteriale sono di superiore rilievo pubblicistico e rivolte essenzialmente a garantire la futura espansione del cimitero, a garantire il decoro di un luogo di culto nonché, non da ultimo, assicurare una cintura sanitaria attorno a luoghi per loro natura insalubri. Trattasi, quindi, di una limitazione legale della proprietà a carattere assoluto, direttamente incidente sul bene e non suscettibile di deroghe di fatto, siccome riconducibile a previsione generale, concernente tutti i cittadini, in quanto proprietari di beni che si trovino in una determinata situazione, e perciò individuabili a priori (cfr Cass. Civ. sez. I, 29.11.2006 n. 25364). La natura assoluta del vincolo non si pone in contraddizione logica con la possibilità che nell’area indicata insistano delle preesistenze, e/o che ad esse vengano assegnate destinazioni compatibili con la esistenza del vincolo (Cass. Civ. sez. I, 16.07.1997, n. 6510), ma essa mira essenzialmente ad impedire l’ulteriore addensamento edilizio dell’area giudicato ex lege incompatibile con le prioritarie esigenze di tutela igienico-sanitaria, e di tutela del culto sottese alla imposizione del vincolo
(TAR Campania-Napoli, Sez. IV, sentenza 29.11.2007 n. 15615 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAAbuso edilizio - Fascia di rispetto cimiteriale - Sanabilità - Non sussiste.
Un'opera abusiva realizzata nella zona di rispetto cimiteriale, non può puramente e semplicemente essere edificata in tale sede, e quindi correttamente va ritenuta non sanabile (TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 06.11.2007 n. 1143 - massima tratta da www.solom.it - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAVincolo cimiteriale - Natura e finalità - Attività edificatoria dei privati in prossimità dei cimiteri - Vincolo di inedificabilità assoluta - Orientamenti giurisprudenziali.
In tema di vincolo cimiteriale, le finalità perseguite dalla normativa (oggi art. 28 l. 01.08.2002 n. 166) sono di superiore rilievo pubblicistico e rivolte essenzialmente a garantire la futura espansione del cimitero, a garantire il decoro di un luogo di culto nonché, non da ultimo, assicurare una cintura sanitaria attorno a luoghi per loro natura insalubri (in merito al divieto di costruire nuovi edifici “vincolo di inedificabilità assoluta” C.d.S. sez. IV 12.03.2007 n.1185, C.d.S., sez. V, 12.11.1999, n. 1871; CdS, sez. II, parere 28.02.1996, n. 3031/95; Tar Lombardia-Milano, 11.07.1997 n. 1253; Tar Toscana, I sezione, 29.09.1994, n. 471). Trattasi, di una limitazione legale della proprietà a carattere assoluto, direttamente incidente sul bene e non suscettibile di deroghe di fatto, siccome riconducibile a previsione generale, concernente tutti i cittadini, in quanto proprietari di beni che si trovino in una determinata situazione, e perciò individuabili a priori (Cass. Civ. sez. I, 29.11.2006 n. 25364). La natura assoluta del vincolo non si pone in contraddizione logica con la possibilità che nell’area indicata insistano delle preesistenze, e/o che ad esse vengano assegnate destinazioni compatibili con la esistenza del vincolo (Cass. Civ. sez. I, 16.07.1997, n. 6510), ma essa mira essenzialmente ad impedire l’ulteriore addensamento edilizio dell’area giudicato ex lege incompatibile con le prioritarie esigenze di tutela igienico-sanitaria, e di tutela del culto sottese alla imposizione del vincolo. (In giurisprudenza contra: l’orientamento secondo cui la fascia di rispetto cimiteriale: “non comporta ex se un'inedificabilità assoluta ma è l'Autorità preposta alla tutela del vincolo che, in sede di formulazione del parere, deve specificare i motivi ostativi alla realizzazione del singolo manufatto e ciò in quanto la presenza di alcuni edifici all'interno della zona di rispetto cimiteriale non concreta di per sé una violazione della distanza minima, posto che questa è fissata dall'art. 338 del T.U. 27.07.1934 n. 1265, in relazione ai centri abitati, e non ai fabbricati sparsi che non possono ricondursi ai primi.” (così: TAR Trentino Alto Adige-Trento, sent. n. 64 del 02.04.1997; in termini: CdS, sez. IV sent. n. 775 del 16.09.1993; TAR Trentino Alto Adige-Trento, sent. n. 336 del 01.08.1994. Nel senso che la distanza minima, oltre la quale deve essere collocato il cimitero, fissata dall'art. 338 della legge citata, si riferisce ai centri abitati e che, pertanto, la presenza di alcuni edifici all'interno della zona di rispetto non concreta di per sé una violazione di tale distanza, cfr. C.d.S. n 775/1993 Tar Emilia Romagna-Bologna, I sez. 27.09.1997, n. 622; Tar Marche 12.08.1997, n. 677; Tar Campania-Napoli, 09.06.1997, n. 1503).
Trasformazione di edificio preesistente - Demolizione radicale e ricostruzione - Qualificazione dell’intervento - Ricostruzione - Piena conformità di sagoma, volume, e superficie, tra il vecchio ed il nuovo manufatto - Concetto di “recupero del volume preesistente” - Concetto della “ristrutturazione edilizia” - Concetto di “nuova edificazione”- D.p.r, 380/2001 mod. dall'art. 1 del d.lgs. n. 301/2002 - Giurisprudenza.
La trasformazione di un edificio preesistente, finalizzata al suo recupero funzionale, può essere compiuta anche attraverso la demolizione radicale e la ricostruzione di parti rilevanti del manufatto, specie quando ciò risulti più conveniente sotto il profilo tecnico od economico, anche nelle ipotesi di totale demolizione e ricostruzione dell'edificio, purché il nuovo edificio corrisponda pienamente a quello preesistente. (Al riguardo, la giurisprudenza, impone la piena conformità di sagoma, volume, e superficie, tra il vecchio ed il nuovo manufatto. Nello specifico contesto del recupero del patrimonio edilizio esistente, la demolizione rappresenta lo strumento necessario per la realizzazione del risultato finale, costituito dal pieno ripristino del manufatto. Tale orientamento resta confermato anche in seguito alla modifica del d.p.r, 380/2001 introdotta dall'art. 1 del d.lgs. 27.12.2002 n. 301, che ha fatto venir meno il vincolo della “fedele ricostruzione”, così estendendosi ulteriormente il concetto della ristrutturazione edilizia. Tale innovazione non fa comunque venir meno i limiti che condizionano le caratteristiche della ristrutturazione e consentono di distinguerla dall'intervento di nuova costruzione: vale a dire la necessità che la ricostruzione corrisponda, quanto meno nel volume e nella sagoma, al fabbricato demolito, C.d.S. sez. V 30.08.2006 n. 5061; C.d.S. sez. IV, 28.07. 2005 n. 4011) (TAR Campania-Napoli, Sez. IV,
sentenza 31.10.2007  n. 15615 - link a www.ambientediritto.it).

URBANISTICAIl vincolo cimiteriale è perpetuo e la sua reiterazione nel P.R.G., peraltro meramente ricognitiva, non dà luogo ad indennizzo alcuno.
Il vincolo cimiteriale è perpetuo, ex art. 338 del R.D. 27.07.1934, n. 1265 (da ultimo cfr. in proposito C.d.S., IV, 11.10.2006, n. 6064); né –afferendo a una specifica qualità del bene su cui incide– la sua reiterazione nel P.R.G., peraltro meramente ricognitiva, dà luogo ad indennizzo in base a Corte cost. 20.05.1999, n. 179 (C.G.A.R.S., sentenza 08.10.2007 n. 929 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2006
EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICIMancata notifica individuale del provvedimento di ampliamento del cimitero e contestuale riduzione fascia di rispetto a chi risiede in immobile vicino al cimitero - Termine di impugnativa del provvedimento - Non decorre.
Verifica esistenza del nuovo muro di cinta del cimitero - Termine di impugnativa del provvedimento di ampliamento del cimitero - Non decorre.

Obbligo di rispetto della fascia di rispetto cimiteriale - Mancata identificazione di "centro abitato" - Esistenza di numerosi edifici che costituiscono un "abitato" - Sussiste.
Chi risiede in un immobile a breve distanza dal cimitero è direttamente interessato dal progetto di ampliamento e dalla conseguente riduzione della fascia di rispetto, e pertanto ha titolo alla notificazione individuale del provvedimento di ampliamento e di sistemazione del cimitero, che riducono la profondità della fascia di rispetto al di sotto del minimo legale, in mancanza di tale notificazione individuale, salva l'acquisizione aliunde della piena conoscenza del provvedimento, il termine per impugnare non decorre.
Tale termine non decorre nemmeno dalla verifica dell'esistenza del nuovo muro di cinta del cimitero, trattandosi di fatto di per sé inidoneo a determinare la conoscenza dei provvedimenti atti a legittimare l'ampliamento del cimitero.
In assenza di una identificazione di "centro abitato", per il quale vige normalmente l'obbligo di rispetto della fascia di rispetto cimiteriale, deve considerarsi tale, anche l'esistenza di numerosi edifici che di per sé costituiscono un "abitato" (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 04.12.2006 n. 2856 - massima tratta da www.solom.it - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Normative di settore  - Zona di rispetto cimiteriale.
Anche se l’art. 24, l.r. Piemonte n. 56 del 1977 consente in zona di rispetto cimiteriale gli interventi di ristrutturazione edilizia, con esclusione di qualsiasi aumento volumetrico, senza però menzionare l’ipotesi di mutamento di destinazione d’uso degli edifici, questa tipologia di intervento non può ritenersi preclusa dal legislatore regionale, dovendosi fare riferimento, in materia di legislazione concorrente, ai principi ricavati dalla normativa statale, che all’art. 338 del r.d. 27.07.1934 n. 1265, avente valenza anche urbanistico-edilizia, consente in tali zone tanto gli interventi di ristrutturazione quanto il mutamento di destinazione d’uso (massima tratta da www.studiospallino.it - TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 11.10.2006 n. 3383 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2004

EDILIZIA PRIVATAPer lo svolgimento di attività edilizia all'interno dei cimiteri anche da parte dei privati non occorre il rilascio di alcuna concessione edilizia, essendo sufficiente il giudizio da parte del Sindaco di conformità del progetto alle prescrizioni edilizie contenute nel piano regolatore cimiteriale e non dalle norme comuni in tema di edilizia ed urbanistica.
L’attività edilizia all’interno dei cimiteri è regolata, in via primaria, non dalla normazione urbanistica, ma dalle norme del regolamento di polizia mortuaria (D.P.R. 10.09.1990 n. 285 e successive modificazioni), e, in via secondaria, non dagli strumenti urbanistici generali, ma dal piano regolatore cimiteriale che. ogni Comune è tenuto ad adottare (cfr. ex multis Cass. Sez. III 02.06.1983 n. 451, TAR Sicilia-Catania 18.02.1981 n. 86, TAR Abruzzo-Pescara 04.12.1989 n. 534, TAR Toscana 03.05.1994 n. 176, TAR Calabria-Reggio Calabria 06.04.2000 n. 304).
Pertanto, per lo svolgimento di attività edilizia all'interno dei cimiteri anche da parte dei privati non occorre il rilascio di alcuna concessione edilizia, essendo sufficiente il giudizio da parte del Sindaco di conformità del progetto alle prescrizioni edilizie contenute nel piano regolatore cimiteriale e non dalle norme comuni in tema di edilizia ed urbanistica (TAR Campania-Napoli, Sez. II, sentenza 04.06.2004 n. 9187 - link a ww
w.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: La funzione delle zone di rispetto cimiteriale non è ricollegabile ai comuni criteri urbanistici di tutela del regolare sviluppo degli insediamenti sul territorio, ma a diverse e varie esigenze di tutela del bene demaniale, quali in particolare:
1) assicurare condizioni di igiene e di salubrità mediante la conservazione di una “cintura sanitaria” intorno al cimitero;
2) garantire la tranquillità ed il decoro ai luoghi di sepoltura, salvaguardando il sentimento di pietas verso i defunti;
3) consentire future espansioni dell’edificio cimiteriale.

... per l'annullamento delle delibere della Giunta Comunale del 14.5.2003 n. 110 e del 20.8.2003 n. 181, recanti rispettivamente l’approvazione del progetto di ampliamento e la riduzione della zona di rispetto del cimitero; 
...
Ritenuto:
- che l’art. 338 del vigente R.D. 24/07/1934 n. 1265 (Testo unico delle leggi sanitarie), fissa in 200 metri la distanza minima inderogabile dei cimiteri dal centro abitato, salve le eccezioni previste dalla legge;
- che il medesimo articolo stabilisce che “il Consiglio comunale può approvare, previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la costruzione di nuovi cimiteri o l'ampliamento di quelli già esistenti ad una distanza inferiore a 200 metri dal centro abitato, purché non oltre il limite di 50 metri, quando ricorrano, anche alternativamente, le seguenti condizioni:
   a) risulti accertato dal medesimo consiglio comunale che, per particolari condizioni locali, non sia possibile provvedere altrimenti;
   b) l'impianto cimiteriale sia separato dal centro urbano da strade pubbliche almeno di livello comunale, sulla base della classificazione prevista ai sensi della legislazione vigente, o da fiumi, laghi o dislivelli naturali rilevanti, ovvero da ponti o da impianti ferroviari
.”
- che la funzione delle zone di rispetto non è ricollegabile ai comuni criteri urbanistici di tutela del regolare sviluppo degli insediamenti sul territorio, ma a diverse e varie esigenze di tutela del bene demaniale, quali in particolare:
   1) assicurare condizioni di igiene e di salubrità mediante la conservazione di una “cintura sanitaria” intorno al cimitero;
   2) garantire la tranquillità ed il decoro ai luoghi di sepoltura, salvaguardando il sentimento di pietas verso i defunti;
   3) consentire future espansioni dell’edificio cimiteriale.
Rilevato:
- che nella fattispecie l’organo competente a statuire la riduzione delle zone di rispetto è inequivocabilmente il Consiglio comunale, ai sensi della disposizione sopra citata;
- che la delibera di approvazione del piano delle opere pubbliche non può sostituire lo specifico provvedimento tipico normativamente stabilito;
- che, in violazione della puntuale disposizione legislativa, gli atti contestati non hanno neppure dato conto dell’impossibilità di perseguire soluzioni alternative, le quali tra l’altro erano state prospettate nel progetto preliminare, il quale contemplava l’ampliamento nei lati sud e ovest del cimitero ... (TAR Lombardia-Brescia, sentenza 03.06.2004 n. 613 - link a www.giustizia-amministrativa.it).