dossier VERANDA |
anno
2021 |
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EDILIZIA PRIVATA: Invero,
per “veranda” si intende un’opera -realizzabile unicamente su balconi,
terrazzi, attici o giardini- caratterizzata da “ampie superfici vetrate che
all’occorrenza si aprono tramite finestre scorrevoli o a libro”; è stato
osservato, altresì che le c.d. “verande” accedono a immobili a uso abitativo
e sotto il profilo strutturale, sono facilmente rimovibili, essendo di norma
realizzate con “materiali metallici leggeri e chiuse con finestre vetrate”.
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Secondo condiviso orientamento, in materia urbanistico-edilizia il
presupposto per l’esistenza di un volume edilizio è costituito dalla
costruzione di almeno un piano di base coperto e di due superfici verticali
contigue, sì da ottenere una superficie chiusa su un minimo di tre lati e
coperta.
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2.1.2. Fermo quanto sopra, l’espressione “verande” che si riscontra
nell’avversato diniego di permesso di costruire in sanatoria n. -OMISSIS-
(ma anche nella documentazione riferibile all’originaria istante nonché alla
parte ricorrente versata in giudizio si riscontrano i termini “veranda”
o “verande”: cfr., in particolare, la descrizione delle opere oggetto
di sanatoria allegata all’istanza di condono; la relazione tecnica datata 1
-OMISSIS- inviata alla Soprintendenza; gli elaborati progettuali) mal si
concilia con la natura delle opere realizzate alla luce della documentazione
fotografica versata in giudizio dalla parte ricorrente e non specificamente
contestata dal Comune resistente.
Invero, per “veranda” si intende un’opera -realizzabile unicamente su
balconi, terrazzi, attici o giardini- caratterizzata da “ampie superfici
vetrate che all’occorrenza si aprono tramite finestre scorrevoli o a libro”
(cfr. Cons. Stato, sez. VI, 25.01.2017, n. 306; TAR Campania, Napoli, sez.
II, 02.07.2020, n. 2850; TAR Sicilia, Catania, sez. I, 17.03.2020, n. 695;
TAR Abruzzo, Pescara, sez. I, 04.10.2019, n. 233); è stato osservato,
altresì che le c.d. “verande” accedono a immobili a uso abitativo e
sotto il profilo strutturale, sono facilmente rimovibili, essendo di norma
realizzate con “materiali metallici leggeri e chiuse con finestre vetrate”
(cfr. TAR Sicilia, Palermo, sez. III, 31.05.2011, n. 1021).
Tali caratteristiche non si riscontrano -si ribadisce, alla luce della
documentazione fotografica versata in giudizio- nelle opere edilizie in
questione.
Inoltre, secondo condiviso orientamento, in materia urbanistico-edilizia il
presupposto per l’esistenza di un volume edilizio è costituito dalla
costruzione di almeno un piano di base coperto e di due superfici verticali
contigue (cfr. TAR Campania, Napoli, sez. II, 15.03.2021, n. 1707), sì da
ottenere una superficie chiusa su un minimo di tre lati e coperta (cfr. TAR
Puglia, Bari, sez. III, 18.06.2021, n. 1050) caratteristiche, anche queste,
non riscontrabili -sempre in base alla documentazione fotografica versata in
giudizio dalla parte ricorrente- nelle opere edilizie in esame
(TAR Campania-Catania, Sez. I,
sentenza 11.10.2021 n. 3058 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno
2020 |
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EDILIZIA PRIVATA:
L’installazione di pannelli in vetro atti a chiudere
integralmente un porticato che si presenti aperto su tre lati determina,
senz’altro, la realizzazione di un nuovo locale autonomamente utilizzabile,
con conseguente incremento della preesistente volumetria.
Ciò
vale anche nell’ipotesi in cui le vetrate siano facilmente amovibili e siano
destinate a chiudere il manufatto, solo per un determinato periodo nell’arco
dell’anno, atteso che:
a) le modalità di installazione e rimozione di una
struttura sono indifferenti rispetto alla sua funzione (nella specie quella
di realizzare un vano chiuso);
b) l’utilizzo stagionale delle vetrate non
vale a conferire all’opera che ne risulta natura precaria, atteso che al
fine di affermare siffatta natura occorre che la struttura sia
oggettivamente inidonea a soddisfare esigenze prolungate nel tempo.
La giurisprudenza ha ritenuto, che la natura precaria di un manufatto non
può essere desunta dalla temporaneità della destinazione soggettivamente
assegnatagli dal costruttore, rilevando l’idoneità dell’opera a soddisfare
un bisogno non provvisorio attraverso la perpetuità della funzione».
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Nell’Intesa sottoscritta il 20.10.2016, ai sensi dell’art. 8, comma 6, della legge
05.06.2003,
n. 131, tra il Governo, le Regioni e i Comuni, concernente l’adozione del
regolamento edilizio-tipo di cui all’articolo 4, comma 1-sexies del DPR 06.06.2001, n. 380, la
veranda è stata
definita (nell’Allegato A) «Locale o spazio coperto avente le
caratteristiche di loggiato, balcone, terrazza o portico, chiuso sui lati da
superfici vetrate o con elementi trasparenti e impermeabili, parzialmente o
totalmente apribili.
La “veranda”, così intesa, «è caratterizzata quindi da ampie superfici
vetrate che all’occorrenza si aprono tramite finestre scorrevoli o a libro.
Per questo la veranda, dal punto di vista edilizio, determina un aumento
della volumetria dell’edificio e una modifica della sua sagoma e necessita
quindi del permesso di costruire».
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Allo stesso modo, «l’installazione di pannelli in vetro atti a chiudere
integralmente un porticato che si presenti aperto su tre lati, determina,
senz’altro, la realizzazione di un nuovo locale autonomamente utilizzabile,
con conseguente incremento della preesistente volumetria (Cons. Stato, Sez.
VI, 05/08/2013 n. 4089; Sez. V, 08/04/1999, n. 394; 26/10/1998 n. 1554). Ciò
vale anche nell’ipotesi in cui le vetrate siano facilmente amovibili e siano
destinate a chiudere il manufatto, solo per un determinato periodo nell’arco
dell’anno, atteso che:
a) le modalità di installazione e rimozione di una
struttura sono indifferenti rispetto alla sua funzione (nella specie quella
di realizzare un vano chiuso);
b) l’utilizzo stagionale delle vetrate non
vale a conferire all’opera che ne risulta natura precaria, atteso che al
fine di affermare siffatta natura occorre che la struttura sia
oggettivamente inidonea a soddisfare esigenze prolungate nel tempo.
La giurisprudenza ha ritenuto, che la natura precaria di un manufatto non
può essere desunta dalla temporaneità della destinazione soggettivamente
assegnatagli dal costruttore, rilevando l’idoneità dell’opera a soddisfare
un bisogno non provvisorio attraverso la perpetuità della funzione (Cass.
Pen., Sez. III, 08/02/2007 n. n. 5350)» (Cons. di Stato, V, sent. n.
1822/2016).
Come già osservato dal Consiglio di Stato, «nell’Intesa sottoscritta il 20.10.2016, ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della legge
05.06.2003,
n. 131, tra il Governo, le Regioni e i Comuni, concernente l’adozione del
regolamento edilizio-tipo di cui all’articolo 4, comma 1-sexies del decreto
del Presidente della Repubblica 06.06.2001, n. 380, la veranda è stata
definita (nell’Allegato A) «Locale o spazio coperto avente le
caratteristiche di loggiato, balcone, terrazza o portico, chiuso sui lati da
superfici vetrate o con elementi trasparenti e impermeabili, parzialmente o
totalmente apribili». La “veranda”, così intesa, «è caratterizzata quindi da
ampie superfici vetrate che all’occorrenza si aprono tramite finestre
scorrevoli o a libro. Per questo la veranda, dal punto di vista edilizio,
determina un aumento della volumetria dell’edificio e una modifica della sua
sagoma e necessita quindi del permesso di costruire» (sez. VI, sent. n.
306/2017)
(TAR Campania-Napoli, Sez. VII,
sentenza 24.02.2020 n. 837 - link a www.giustizia-amministrartiva.it). |
EDILIZIA PRIVATA: La
veranda realizzata su un terrazzo e/o su un balcone facenti parte di un
immobile principale, essendo materialmente incorporata all’immobile
principale di cui costituisce parte integrante e zona di ampliamento
volumetrico, non può essere ricondotta alla nozione di pertinenza urbanisticamente rilevante, la quale, invece, postula
indefettibilmente l’individualità fisica e strutturale del manufatto
destinato a servizio od ornamento di quello principale, con conseguente
assoggettabilità dell’intervento al regime del permesso di costruire ed al
corrispondente sistema sanzionatorio di cui all’art. 31 del d.P.R. n.
380/2001.
Invero, è principio consolidato che l’opera pertinenziale è collegata alla
costruzione preesistente in termini non di integrazione ma di asservimento,
per cui deve renderne più agevole e funzionale l’uso, ma non deve divenire
parte essenziale della costruzione stessa, come avvenuto nel caso di specie.
Ad ogni modo, il Collegio ritiene che il manufatto in questione, in sé
considerato ed indipendentemente dalla denegata qualificazione di
pertinenza, sia stato correttamente inquadrato quale nuova costruzione
soggetta al trattamento sanzionatorio contemplato dal succitato art. 31,
poiché la ristrutturazione edilizia sussiste solo quando viene modificato un
immobile già esistente nel rispetto delle caratteristiche fondamentali dello
stesso, mentre nel caso di specie è stata aggiunta alla precedente unità
abitativa una nuova struttura verandata di due vani, adibita a cucina e
servizio igienico, con conseguente creazione non solo di un non trascurabile
aumento di volume ma anche di un disegno sagomale con connotati alquanto
diversi da quelli dell’edificio originario.
Invero, pur consentendo l’art.
10, comma 1, lett. c), del d.P.R. n. 380/2001 di qualificare come interventi
di ristrutturazione edilizia anche le attività volte a realizzare un
organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, implicanti
modifiche della volumetria complessiva, della sagoma o dei prospetti,
tuttavia occorre conservare sempre una identificabile linea distintiva tra
le nozioni di ristrutturazione edilizia e di nuova costruzione, potendo
configurarsi la prima solo quando le modifiche volumetriche e di sagoma
siano di portata limitata e comunque riconducibili all’organismo
preesistente.
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5. La veranda realizzata su un terrazzo e/o su un balcone facenti
parte di un immobile principale, essendo materialmente incorporata
all’immobile principale di cui costituisce parte integrante e zona di
ampliamento volumetrico, non può essere ricondotta alla nozione di
pertinenza urbanisticamente rilevante, la quale, invece, postula
indefettibilmente l’individualità fisica e strutturale del manufatto
destinato a servizio od ornamento di quello principale, con conseguente
assoggettabilità dell’intervento al regime del permesso di costruire ed al
corrispondente sistema sanzionatorio di cui all’art. 31 del d.P.R. n.
380/2001.
Invero, è principio consolidato che l’opera pertinenziale è
collegata alla costruzione preesistente in termini non di integrazione ma di
asservimento, per cui deve renderne più agevole e funzionale l’uso, ma non
deve divenire parte essenziale della costruzione stessa, come avvenuto nel
caso di specie (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 16.05.2013 n. 2678;
Cass. Pen., Sez. III, 08.04.2015 n. 20544; TAR Liguria, Sez. I, 13.02.2014 n. 269; TAR Campania Napoli, Sez. VIII,
07.02.2014 n.
883; TAR Trentino Alto Adige Trento, Sez. I, 11.02.2012 n. 264; TAR
Campania Napoli, Sez. IV, 16.12.2011 n. 5912).
5.1 Ad ogni modo, il Collegio ritiene che il manufatto in questione, in sé
considerato ed indipendentemente dalla denegata qualificazione di
pertinenza, sia stato correttamente inquadrato quale nuova costruzione
soggetta al trattamento sanzionatorio contemplato dal succitato art. 31,
poiché la ristrutturazione edilizia sussiste solo quando viene modificato un
immobile già esistente nel rispetto delle caratteristiche fondamentali dello
stesso, mentre nel caso di specie è stata aggiunta alla precedente unità
abitativa una nuova struttura verandata di due vani, adibita a cucina e
servizio igienico, con conseguente creazione non solo di un non trascurabile
aumento di volume ma anche di un disegno sagomale con connotati alquanto
diversi da quelli dell’edificio originario.
Invero, pur consentendo l’art.
10, comma 1, lett. c), del d.P.R. n. 380/2001 di qualificare come interventi
di ristrutturazione edilizia anche le attività volte a realizzare un
organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, implicanti
modifiche della volumetria complessiva, della sagoma o dei prospetti,
tuttavia occorre conservare sempre una identificabile linea distintiva tra
le nozioni di ristrutturazione edilizia e di nuova costruzione, potendo
configurarsi la prima solo quando le modifiche volumetriche e di sagoma
siano di portata limitata e comunque riconducibili all’organismo
preesistente (cfr. TAR Campania Napoli, Sez. II, 09.01.2017 n. 189; TAR
Emilia Romagna-Bologna, Sez. II, 25.02.2010 n. 1613)
(TAR Campania-Napoli, Sez. II,
sentenza 07.01.2020 n. 46 - link a www.giustizia-amministrartiva.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
La veranda realizzata su un terrazzo e/o su un balcone facenti
parte di un immobile principale, essendo materialmente incorporata
all’immobile principale di cui costituisce parte integrante e zona di
ampliamento volumetrico, non può essere ricondotta alla nozione di
pertinenza urbanisticamente rilevante, la quale, invece, postula indefettibilmente
l’individualità fisica e strutturale del manufatto destinato a servizio od
ornamento di quello principale, con conseguente assoggettabilità
dell’intervento al regime del permesso di costruire ed al corrispondente
sistema sanzionatorio di cui all’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001.
Invero, è
principio consolidato che l’opera pertinenziale è collegata alla costruzione
preesistente in termini non di integrazione ma di asservimento, per cui deve
renderne più agevole e funzionale l’uso, ma non deve divenire parte
essenziale della costruzione stessa, come avvenuto nel caso di specie.
Ad ogni modo, il Collegio ritiene che il manufatto in questione, in sé
considerato ed indipendentemente dalla denegata qualificazione di
pertinenza, sia stato correttamente inquadrato quale nuova costruzione
soggetta al trattamento sanzionatorio contemplato dal succitato art. 31,
poiché la ristrutturazione edilizia sussiste solo quando viene modificato un
immobile già esistente nel rispetto delle caratteristiche fondamentali dello
stesso, mentre nel caso di specie è stata aggiunta alla precedente unità
abitativa una nuova struttura verandata di due vani, adibita a cucina e
servizio igienico, con conseguente creazione non solo di un non trascurabile
aumento di volume ma anche di un disegno sagomale con connotati alquanto
diversi da quelli dell’edificio originario.
Invero, pur consentendo l’art.
10, comma 1, lett. c), del d.P.R. n. 380/2001 di qualificare come interventi
di ristrutturazione edilizia anche le attività volte a realizzare un
organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, implicanti
modifiche della volumetria complessiva, della sagoma o dei prospetti,
tuttavia occorre conservare sempre una identificabile linea distintiva tra
le nozioni di ristrutturazione edilizia e di nuova costruzione, potendo
configurarsi la prima solo quando le modifiche volumetriche e di sagoma
siano di portata limitata e comunque riconducibili all’organismo
preesistente.
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3. Passando allo scrutinio del merito della causa, vale cominciare dalle
censure articolate avverso l’ordinanza di demolizione n. 6/2013, le quali
possono essere così riassunte:
a) il provvedimento demolitorio, in violazione del principio del ne bis in
idem e del collegato principio del previo intervento in autotutela, è stato
indebitamente adottato, in costanza di identità di parti e di fatti già
sanzionati, “in difetto di un preventivo provvedimento di revoca o
annullamento ex artt. 21-quinquies e nonies della L. n. 241/1990 e s.m.i.
ovvero di qualsivoglia menzione della precedente ordinanza n. 48/2003, mercé
la quale il Comune di Arzano aveva qualificato l’opera realizzata dal sig.
Se. quale intervento di ristrutturazione edilizia edificato in assenza
di permesso di costruire o in totale difformità, per tal via irrogando
l’ammenda ai sensi e per gli effetti dell’art. 33, comma 2, del D.P.R. n.
380/2001, poi pagata dall’odierno ricorrente nel termine assegnato dal
Dirigente”;
b) la veranda posta in essere non è riconducibile al regime del permesso di
costruire per nuova costruzione ed al relativo corredo sanzionatorio, ma
viceversa è assoggettabile, per la sua natura pertinenziale, alla disciplina
dell’attività di ristrutturazione edilizia, connotata dall’eventuale
applicazione del più mite sistema sanzionatorio pecuniario di cui all’art.
33 del d.P.R. n. 380/2001.
Le prefate doglianze non meritano condivisione per le ragioni di seguito
esplicitate.
4. Come correttamente eccepito dalla difesa comunale, gli abusi sanzionati
con l’ordinanza di demolizione n. 6/2013 e con la precedente ordinanza n.
48/2003 non sono tra loro sovrapponibili in quanto, come si evince
dall’esame testuale delle stesse, sono rinvenibili le seguenti incolmabili
differenze di contenuto:
i) l’ordinanza di demolizione del 2013 sanziona
l’edificazione di una struttura verandata adibita a cucina e servizio
igienico, con conseguente creazione di due nuovi vani abitabili, mentre
l’ordinanza del 2003 si occupa della realizzazione di un locale per servizi
tecnologici, che viceversa è destinato ad ospitare la dotazione
impiantistica dell’unità immobiliare di riferimento senza creare nuovi spazi
abitabili;
ii) l’opera abusiva sanzionata nel 2013 insiste sia sul terrazzo
che sul balcone dell’appartamento di proprietà del ricorrente, mentre il
manufatto colpito dall’ordinanza del 2003 trova collocazione esclusivamente
sul predetto terrazzo.
Ne deriva che, trattandosi di attività illecite di diversa consistenza, non
può affatto ritenersi che l’amministrazione comunale avesse duplicato per la
stessa fattispecie il trattamento sanzionatorio applicabile, addirittura
aggravandolo in seconda battuta mediante l’irrogazione della più incisiva
misura demolitoria.
5. La veranda realizzata su un terrazzo e/o su un balcone facenti parte di
un immobile principale, essendo materialmente incorporata all’immobile
principale di cui costituisce parte integrante e zona di ampliamento
volumetrico, non può essere ricondotta alla nozione di pertinenza
urbanisticamente rilevante, la quale, invece, postula indefettibilmente
l’individualità fisica e strutturale del manufatto destinato a servizio od
ornamento di quello principale, con conseguente assoggettabilità
dell’intervento al regime del permesso di costruire ed al corrispondente
sistema sanzionatorio di cui all’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001.
Invero, è
principio consolidato che l’opera pertinenziale è collegata alla costruzione
preesistente in termini non di integrazione ma di asservimento, per cui deve
renderne più agevole e funzionale l’uso, ma non deve divenire parte
essenziale della costruzione stessa, come avvenuto nel caso di specie (cfr.
Consiglio di Stato, Sez. IV, 16.05.2013 n. 2678; Cass. Pen., Sez. III, 08.04.2015 n. 20544; TAR Liguria, Sez. I, 13.02.2014 n. 269; TAR
Campania Napoli, Sez. VIII, 07.02.2014 n. 883; TAR Trentino Alto Adige
Trento, Sez. I, 11.02.2012 n. 264; TAR Campania Napoli, Sez. IV, 16.12.2011 n. 5912).
5.1 Ad ogni modo, il Collegio ritiene che il manufatto in questione, in sé
considerato ed indipendentemente dalla denegata qualificazione di
pertinenza, sia stato correttamente inquadrato quale nuova costruzione
soggetta al trattamento sanzionatorio contemplato dal succitato art. 31,
poiché la ristrutturazione edilizia sussiste solo quando viene modificato un
immobile già esistente nel rispetto delle caratteristiche fondamentali dello
stesso, mentre nel caso di specie è stata aggiunta alla precedente unità
abitativa una nuova struttura verandata di due vani, adibita a cucina e
servizio igienico, con conseguente creazione non solo di un non trascurabile
aumento di volume ma anche di un disegno sagomale con connotati alquanto
diversi da quelli dell’edificio originario.
Invero, pur consentendo l’art.
10, comma 1, lett. c), del d.P.R. n. 380/2001 di qualificare come interventi
di ristrutturazione edilizia anche le attività volte a realizzare un
organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, implicanti
modifiche della volumetria complessiva, della sagoma o dei prospetti,
tuttavia occorre conservare sempre una identificabile linea distintiva tra
le nozioni di ristrutturazione edilizia e di nuova costruzione, potendo
configurarsi la prima solo quando le modifiche volumetriche e di sagoma
siano di portata limitata e comunque riconducibili all’organismo
preesistente (cfr. TAR Campania Napoli, Sez. II, 09.01.2017 n. 189; TAR
Emilia Romagna Bologna, Sez. II, 25.02.2010 n. 1613).
6. Pertanto, resistendo la gravata ordinanza di demolizione a tutte le
censure prospettate, l’impugnativa mossa nei suoi confronti deve essere
respinta per infondatezza
(TAR Campania-Napoli, Sez. II,
sentenza 07.01.2020 n. 46 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: La
chiusura di un terrazzo con dei pannelli trasparenti frangivento scorrevoli
senza telai e montanti non richiede alcuna licenza edilizia.
Il manufatto in contestazione viene descritto nel
verbale di sopralluogo, e nell'ordinanza di demolizione, come segue:
“chiusura di due balconi di pertinenza dell’unità immobiliare delle
dimensioni, rispettivamente, di mt. 7,00 x 1,00 e mt. 5,00 x 1,00, con
struttura composta di pannelli in plexiglass che scorrono su guide.”.
Negli atti non vi è alcuna ulteriore precisazione circa le caratteristiche
effettivamente rilevanti per ascrivere il manufatto piuttosto ad una
veranda (disciplinata dal regolamento edilizio e necessitante di titolo
edilizio), ovvero a semplici tende; non si comprende infatti, dagli
atti del procedimento, se la struttura contestata sia movibile o meno e
tanto meno si comprende se essa implichi la presenza di elementi fissi
oppure no.
Nel contraddittorio procedimentale l’amministrazione ha apoditticamente
sostenuto che per le “consuetudini applicative” del Comune i manufatti
sarebbero inquadrabili nelle verande che l’art. 122.2 del regolamento
edilizio comunale definisce “costruzioni accessorie alle abitazioni
costituite da pareti e copertura vetrate e da struttura in legno o metallo
strettamente limitata alla funzione portante…”.
Confrontando la definizione del regolamento edilizio con la scarna
descrizione riportata nel verbale di sopralluogo non si comprende dove
l’amministrazione abbia individuato una struttura portante in legno o
metallo e con quali caratteristiche tali da giustificare l’assimilazione ad
una veranda piuttosto che ad una semplice tenda, che pure
necessita quantomeno di una guida per l’installazione, e che la stessa
amministrazione colloca in regime di edilizia libera.
Secondo la descrizione fornita in ricorso, e comunque non smentita
dall’amministrazione (su cui grava l’onere di provare il fondamento del
provvedimento adottato), i pannelli in plexiglass non sono tra loro
“accostati” e lasciano passare l’aria, limitandosi, appunto, a scorrere su
guide e potendosi interamente ripiegare, sicché in pratica alcuna struttura
o elemento rimane visibile sul balcone; non è presente alcun montante
laterale e il manufatto è interamente trasparente; tanto meno si realizza
una chiusura tale da rendere il balcone potenzialmente idoneo ad essere
utilizzato come locale abusivo.
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Il manufatto in contestazione viene descritto nel verbale di sopralluogo
come segue: “chiusura di due balconi di pertinenza dell’unità immobiliare
delle dimensioni, rispettivamente, di mt. 7,00 x 1,00 e mt. 5,00 x 1,00, con
struttura composta di pannelli in plexiglass che scorrono su guide.” La
medesima frase è riporta nell’ordinanza di demolizione.
Negli atti non vi è alcuna ulteriore precisazione circa le caratteristiche
effettivamente rilevanti per ascrivere il manufatto piuttosto ad una
veranda (disciplinata dal regolamento edilizio e necessitante di titolo
edilizio), ovvero a semplici tende; non si comprende infatti, dagli
atti del procedimento, se la struttura contestata sia movibile o meno e
tanto meno si comprende se essa implichi la presenza di elementi fissi
oppure no.
Nel contraddittorio procedimentale l’amministrazione ha apoditticamente
sostenuto che per le “consuetudini applicative” del Comune i
manufatti sarebbero inquadrabili nelle verande che l’art. 122.2 del
regolamento edilizio comunale definisce “costruzioni accessorie alle
abitazioni costituite da pareti e copertura vetrate e da struttura in legno
o metallo strettamente limitata alla funzione portante…”.
Confrontando la definizione del regolamento edilizio con la scarna
descrizione riportata nel verbale di sopralluogo non si comprende dove
l’amministrazione abbia individuato una struttura portante in legno o
metallo e con quali caratteristiche tali da giustificare l’assimilazione ad
una veranda piuttosto che ad una semplice tenda, che pure necessita
quantomeno di una guida per l’installazione, e che la stessa amministrazione
colloca in regime di edilizia libera.
Secondo la descrizione fornita in ricorso, e comunque non smentita
dall’amministrazione (su cui grava l’onere di provare il fondamento del
provvedimento adottato), i pannelli in plexiglass non sono tra loro “accostati”
e lasciano passare l’aria, limitandosi, appunto, a scorrere su guide e
potendosi interamente ripiegare, sicché in pratica alcuna struttura o
elemento rimane visibile sul balcone; non è presente alcun montante laterale
e il manufatto è interamente trasparente; tanto meno si realizza una
chiusura tale da rendere il balcone potenzialmente idoneo ad essere
utilizzato come locale abusivo.
Le fotografie prodotte dai ricorrenti non aiutano in modo specifico,
limitandosi a proporre il balcone vuoto; le fotografie allegate al
sopralluogo da parte dell’amministrazione, se pure sembrano rappresentare i
pannelli in apertura, non consentono in alcun modo di individuare strutture
portanti che giustificherebbero il più severo inquadramento scelto
dall’amministrazione.
In definiva, a fronte di un manufatto nuovo che non presenta le
caratteristiche standard né della veranda né della semplice tenda,
è evidente che la contestazione avrebbe richiesto a supporto la puntuale
analisi degli elementi discriminanti (quali ad esempio la presenza di
strutture portanti verticali, ancorché leggere, inamovibili) che possano
giustificare l’addebito.
Per contro, e mentre la parte ha ampiamente prodotto documentazione e
descritto il manufatto, l’amministrazione si è limitata all’apodittica
affermazione che una non meglio chiarita “consuetudine applicativa”
porterebbe ad assimilare la struttura ad una veranda senza neppure farsi
carico, visto che la descrizione che ne offre lo stesso verbale di
sopralluogo non collima esattamente con quella prevista per le verande dal
regolamento comunale, di giustificare in concreto il proprio assunto.
Il primo motivo di ricorso deve quindi trovare accoglimento, con
annullamento del provvedimento impugnato (TAR Piemonte, Sez. II,
sentenza 07.01.2020 n. 18 - link a www.giustizia-amministrartiva.it). |
anno
2019 |
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EDILIZIA PRIVATA:
La riconducibilità di una struttura alla categoria di “pergola”
si verifica se trattasi di strutture in legno o metallo costituite da
elementi verticali portanti e “aperte su tutti i lati e non coperte”.
Sul punto peraltro il Consiglio di Stato, nel delineare i tratti distintivi
delle diverse tipologie di strutture realizzabili all’aperto, ha affermato
che il pergolato ha una funzione ornamentale, è realizzato in una
struttura leggera in legno o in altro materiale di minimo peso, deve essere
facilmente amovibile in quanto privo di fondamenta, e funge da sostegno per
piante rampicanti, attraverso le quali realizzare riparo e ombreggiatura di
superfici di modeste dimensioni.
Dalla pergola si distingue poi il gazebo quale una struttura leggera,
non aderente ad altro immobile, coperta nella parte superiore ed aperta ai
lati, realizzata con una struttura portante in ferro battuto, in alluminio o
in legno strutturale, talvolta chiuso ai lati da tende facilmente
rimuovibili, che può essere realizzato sia come struttura temporanea, sia in
modo permanente per la migliore fruibilità di spazi aperti come giardini o
ampi terrazzi.
Diversamente la veranda, realizzabile su balconi, terrazzi, attici o
giardini, è caratterizzata quindi da ampie superfici vetrate che
all’occorrenza si aprono tramite finestre scorrevoli o a libro, per essa,
dal punto di vista edilizio, determina un aumento della volumetria
dell’edificio e una modifica della sua sagoma e necessita quindi del
permesso di costruire.
---------------
2.2 Di qui correttamente l’istanza di sanatoria avente ad oggetto una
struttura asseritamente amovibile è stata valutata dall’amministrazione
comunale sulla base delle caratteristiche dell’intervento concretamente
realizzato, consistente nella chiusura della terrazza a livello
dell’abitazione di proprietà dei ricorrente attraverso l’installazione di
una struttura in legno chiusa lateralmente da infissi e copertura.
Sicché legittimamente è stata esclusa la riconducibilità della struttura
alla categoria di “pergola” assentibile ai sensi dell’art. 6,
comma 1, del regolamento edilizio, a tenore del quale, esse sono
configurabili quali strutture in legno o metallo costituite da elementi
verticali portanti e “aperte su tutti i lati e non coperte”, mentre
nella specie trattasi di una struttura annessa all’abitazione dei ricorrenti
e dotata di copertura e di chiusure laterali.
Sul punto peraltro il Consiglio di Stato, nel delineare i tratti distintivi
delle diverse tipologie di strutture realizzabili all’aperto, ha affermato
che il pergolato ha una funzione ornamentale, è realizzato in una
struttura leggera in legno o in altro materiale di minimo peso, deve essere
facilmente amovibile in quanto privo di fondamenta, e funge da sostegno per
piante rampicanti, attraverso le quali realizzare riparo e ombreggiatura di
superfici di modeste dimensioni (Consiglio di Stato, Sezione IV, n. 5409 del
29.09.2011).
Dalla pergola si distingue poi il gazebo quale una struttura leggera,
non aderente ad altro immobile, coperta nella parte superiore ed aperta ai
lati, realizzata con una struttura portante in ferro battuto, in alluminio o
in legno strutturale, talvolta chiuso ai lati da tende facilmente
rimuovibili, che può essere realizzato sia come struttura temporanea, sia in
modo permanente per la migliore fruibilità di spazi aperti come giardini o
ampi terrazzi.
Diversamente la veranda, realizzabile su balconi, terrazzi, attici o
giardini, è caratterizzata quindi da ampie superfici vetrate che
all’occorrenza si aprono tramite finestre scorrevoli o a libro, per essa,
dal punto di vista edilizio, determina un aumento della volumetria
dell’edificio e una modifica della sua sagoma e necessita quindi del
permesso di costruire (cfr C.d.S. sez. VI, n. 306/2017)
(TAR Abruzzo-Pescara,
sentenza 04.10.2019 n. 233 - link a www.giustizia-amministrartiva.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Per
costante giurisprudenza, per la realizzazione di verande, tettoie,
pergolati, pensiline e gazebi, è necessario il permesso di costruire o la
S.c.i.a, ove si alteri la sagoma dell’edificio; difettino i requisiti tipici
delle pertinenze e degli interventi precari; le strutture siano infisse al
suolo; si determini l’aumento della superficie utile; ovvero, le opere non
siano facilmente amovibili e di modeste dimensioni e non abbiano natura
puramente ornamentale.
---------------
6.5.1. Al riguardo, il Collegio evidenzia che:
a) non si ravvisa il dedotto errore, atteso che il primo giudice,
nella pagina n. 6 della citata sentenza, fa riferimento alla autorizzazione
n. 51 del 04.08.1994 esclusivamente per ricordare la sussistenza del titolo
edilizio per l’avvenuta realizzazione del portale in pietra;
b) per converso, la dichiarazione, peraltro effettuata in via
meramente incidentale, in ordine alla condivisione del rilievo della
illegittimità ha riguardato correttamente l’autorizzazione n. 4 del
04.11.1998 (v. pag. n. 9 della sentenza Tar);
c) a prescindere dall’individuazione dello specifico oggetto della
richiamata D.I.A. del 17.02.2003, è pacifico che la presente controversia
attiene (quanto meno in parte) all’opera realizzata sulla particella 796,
non rilevando in questa sede quanto insistente sulla particella 1014, come
correttamente statuito nella pronuncia impugnata;
d) per costante giurisprudenza (Cons. Stato, sez. VI, n. 306 del
2017; sez. IV, n. 2864 del 2016; sez. VI, n. 1619 del 2016; sez. VI, n. 1777
del 2014; Cass. pen., sez. III, 20.06.2013, n. 26952; 25.10.2012, n. 41698;
25.01.2012, n. 3093), per la realizzazione di verande, tettoie, pergolati,
pensiline e gazebi, è necessario il permesso di costruire o la S.c.i.a, ove
si alteri la sagoma dell’edificio; difettino i requisiti tipici delle
pertinenze e degli interventi precari; le strutture siano infisse al suolo;
si determini l’aumento della superficie utile; ovvero, le opere non siano
facilmente amovibili e di modeste dimensioni e non abbiano natura puramente
ornamentale;
e) nel caso di specie l’opera non presenta natura precaria, atteso
che, da quanto emerge dalla approfondita istruttoria posta a fondamento
dell’impugnato provvedimento, trattasi di un capanno o manufatto di mq 16,53
(4,35 x 3,80), con pareti in calcestruzzo armato, con copertura di lastre di
zinco, pavimentato;
f) pertanto, condividendo quanto statuito sul punto dal primo
giudice, atteso che i connotati strutturali di detto manufatto denotano una
destinazione naturale a fornire una utilità prolungata nel tempo, la
struttura può essere ritenuta di carattere residenziale, determinando
incremento di volumetria
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 17.09.2019 n. 6194 - link a www.giustizia-amministrartiva.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Realizzazione di una veranda - Natura tecnico-giuridico di
nuovo locale autonomamente utilizzabile - Esclusione del
carattere di precarietà - Permesso di costruire - Natura
precaria o permanente dell'intervento - Costruzioni
realizzate in zona sismica - Disciplina sismica -
Applicazione - Artt. 44, c. 1, lett. c), 83, 93, 94, 95,
d.P.R. n. 380/2001.
In materia edilizia, una veranda è da
considerarsi, in senso tecnico-giuridico, un nuovo locale
autonomamente utilizzabile e difetta normalmente del
carattere di precarietà, trattandosi di opera destinata non
a sopperire ad esigenze temporanee e contingenti con la sua
successiva rimozione, ma a durare nel tempo, ampliando così
il godimento dell'immobile. Inoltre, le disposizioni
previste dagli artt. 83 e 95 d.P.R. 06.06.2001, n. 380 si
applicano a tutte le costruzioni realizzate in zona sismica,
anche alle opere edili con struttura in legno, a prescindere
dai materiali utilizzati e dalle relative strutture, nonché
dalla natura precaria o permanente dell'intervento
(Sez. 3, n. 4567 del 10/10/2017 - dep. 31/01/2018, Airo'
Farulla; Sez. 3, n. 48950 del 04/11/2015 - dep. 11/12/2015,
Baio) (Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 02.05.2019 n. 18000
- link a www.ambientediritto.it). |
anno
2018 |
|
EDILIZIA PRIVATA:
Le verande realizzate sulla balconata di un
appartamento, in quanto determinano una variazione planovolumetrica ed architettonica dell’immobile nel quale
vengono realizzate, sono senza dubbio soggette al preventivo
rilascio di permesso di costruire.
Si tratta, infatti, di strutture fissate in maniera stabile
al pavimento che comportano la chiusura di una parte del
balcone, con conseguente aumento di volumetria e modifica
del prospetto. Né può assumere rilievo la natura dei
materiali utilizzati, in quanto la chiusura, anche ove
realizzata (come nella specie) con pannelli in alluminio,
costituisce comunque un aumento volumetrico.
In proposito,
va ricordato che, nell’Intesa sottoscritta il 20.10.2016, ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della legge
05.06.2003, n. 131, tra il Governo, le Regioni e i Comuni,
concernente l’adozione del regolamento edilizio-tipo di cui
all’articolo 4, comma 1-sexies, del decreto del Presidente
della Repubblica 06.06.2001, n. 380, la veranda è stata
definita (nell’Allegato A) «Locale o spazio coperto avente
le caratteristiche di loggiato, balcone, terrazza o portico,
chiuso sui lati da superfici vetrate o con elementi
trasparenti e impermeabili, parzialmente o totalmente
apribili».
---------------
Deve anche escludersi che la trasformazione di un balcone o
di un terrazzo in veranda costituisca una «pertinenza» in
senso urbanistico.
La veranda integra, infatti, un nuovo
locale autonomamente utilizzabile, il quale viene ad
aggregarsi ad un preesistente organismo edilizio, per ciò
solo trasformandolo in termini di sagoma, volume e
superficie.
---------------
1.‒ L’appello è fondato.
2.‒ Va premesso che, ai sensi dell’art. 10, comma 1, lettera
c), del testo unico dell’edilizia (d.P.R. n. 380 del 2001),
le opere di ristrutturazione edilizia necessitano di
permesso di costruire se consistenti in interventi che
portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso
dal precedente e che comportino, modifiche del volume, dei
prospetti, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi
nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della
destinazione d’uso (ristrutturazione edilizia).
In via
residuale, la SCIA assiste invece i restanti interventi di
ristrutturazione c.d. «leggera» (compresi gli interventi di
demolizione e ricostruzione che non rispettino la sagoma
dell’edificio preesistente).
Ebbene, le verande realizzate sulla balconata di un
appartamento, in quanto determinano una variazione
planovolumetrica ed architettonica dell’immobile nel quale
vengono realizzate, sono senza dubbio soggette al preventivo
rilascio di permesso di costruire.
Si tratta, infatti, di strutture fissate in maniera stabile
al pavimento che comportano la chiusura di una parte del
balcone, con conseguente aumento di volumetria e modifica
del prospetto. Né può assumere rilievo la natura dei
materiali utilizzati, in quanto la chiusura, anche ove
realizzata (come nella specie) con pannelli in alluminio,
costituisce comunque un aumento volumetrico.
In proposito,
va ricordato che, nell’Intesa sottoscritta il 20.10.2016, ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della legge
05.06.2003, n. 131, tra il Governo, le Regioni e i Comuni,
concernente l’adozione del regolamento edilizio-tipo di cui
all’articolo 4, comma 1-sexies, del decreto del Presidente
della Repubblica 06.06.2001, n. 380, la veranda è stata
definita (nell’Allegato A) «Locale o spazio coperto avente
le caratteristiche di loggiato, balcone, terrazza o portico,
chiuso sui lati da superfici vetrate o con elementi
trasparenti e impermeabili, parzialmente o totalmente
apribili».
Deve anche escludersi che la trasformazione di un balcone o
di un terrazzo in veranda costituisca una «pertinenza» in
senso urbanistico. La veranda integra, infatti, un nuovo
locale autonomamente utilizzabile, il quale viene ad
aggregarsi ad un preesistente organismo edilizio, per ciò
solo trasformandolo in termini di sagoma, volume e
superficie.
3.‒ Su queste basi, correttamente l’Amministrazione comunale
ha ritenuto che la realizzazione del manufatto in
contestazione consistente nell’«ampliamento volumetrico
dell’unità immobiliare eseguito con la realizzazione di una
struttura in cemento armato (costituita da pilastri e travi)
sui lati nord e ovest della tettoia, tamponature laterali in
vetro, con l’allungamento della trasanna della copertura
sovrastante sostenuta da travi doppio T, e con la
realizzazione»‒ rendesse necessario il preventivo rilascio
del permesso di costruire (Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 09.10.2018 n. 5801 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
anno
2017 |
|
EDILIZIA PRIVATA:
Permesso a costruire per le
verande, libertà alle pergotende.
La realizzazione di una veranda su balconi,
terrazzi, attici o giardini richiede il
permesso di costruire in quanto, dal punto
di vista edilizio, determina un aumento
della volumetria dell'edificio, perché è
caratterizzata da ampie superfici vetrate,
che all'occorrenza si aprono tramite
finestre scorrevoli o a libro.
La pergotenda rappresenta, invece, un
elemento di migliore fruizione dello spazio
esterno, stabile e duraturo. Tenuto conto
della sua consistenza, delle caratteristiche
costruttive e della funzione, una pergotenda
non costituisce un'opera edilizia soggetta
al previo rilascio del titolo abilitativo e
rientra all'interno della categoria delle
attività di edilizia libera.
Il Consiglio di Stato, Sez. VI, con la
sentenza 25.01.2017 n. 306 si è espresso
riguardo alla definizione di pergolati,
verande, gazebo e pergotende. E in
particolare riprende per la prima volta la
definizione di veranda data dal regolamento
edilizio tipo, cioè «locale o spazio coperto
avente le caratteristiche di loggiato,
balcone, terrazza o portico, chiuso sui lati
da superfici vetrate o con elementi
trasparenti e impermeabili, parzialmente o
totalmente apribili».
Il fatto in sintesi. Tizia presentava
ricorso al Tar contro l'ordinanza di
demolizione di una copertura e chiusura
perimetrale di un pergolato con teli
plastificati, fissati alla struttura. Il
sistema utilizzato per fissare i teli è
quello degli occhielli e chiavetta, con un
riquadro di materiale plastico come finestra
nella parte centrale, perché copertura e
chiusura perimetrale sono state realizzate
in assenza di titolo abilitativo. Il Tar ha
respinto il ricorso, ma il Consiglio di
stato lo ha accolto, classificando il
manufatto come una pergotenda, non
assoggettata al rilascio di un titolo
edilizio.
Il Consiglio di stato ha cercato
di chiarire la materia con delle
definizioni, pur ammettendo che «in
relazione ad alcune opere di limitata
consistenza e di limitato impatto sul
territorio (come pergolati, gazebo, tettoie,
pensiline e pergotende) non è sempre agevole
individuare il limite entro il quale esse
possono farsi rientrare nel regime
dell'edilizia libera o per cui è richiesta
una comunicazione o permesso di costruire»
(articolo ItaliaOggi
del 28.04.2017). |
EDILIZIA PRIVATA: Su
pensiline, gazebo e pergolati la guida del Consiglio di
Stato. Permessi edilizi. Su terrazzi e balconi.
Pergolati, gazebo, tettoie,
pensiline e, più di recente, le pergotende, sono opere,
normalmente di limitata consistenza e/o di limitato impatto
sul territorio, di cui non è sempre agevole individuare il
limite entro il quale esse possono farsi rientrare nel
regime dell'edilizia libera o per i quali è richiesta una
comunicazione all'amministrazione preposta alla tutela del
territorio o addirittura necessitano del rilascio di un
permesso di costruire.
Spesso sono i regolamenti edilizi comunali che dettano le
regole, cui si aggiungono poi, per le aree sottoposte a
vincolo paesaggistico o ad altri vincoli, ulteriori
limitazioni.
A fare un po' di chiarezza sull'argomento ha recentemente
pensato il Consiglio di Stato, Sez. VI, con
la
sentenza
25.01.2017 n. 306.
Vediamo caso per caso le definizioni.
Il pergolato, per sua natura, è una struttura aperta su
almeno tre lati e nella parte superiore. Esso costituisce
una struttura realizzata al fine di adornare e ombreggiare
giardini o terrazze e consiste, quindi, in un'impalcatura,
generalmente di sostegno di piante rampicanti, costituita da
due (o più) file di montanti verticali riuniti superiormente
da elementi orizzontali posti ad una altezza tale da
consentire il passaggio delle persone.
Normalmente il
pergolato non necessita di titoli abilitativi edilizi.
Quando il pergolato viene coperto, nella parte superiore
(anche per una sola porzione) con una struttura non
facilmente amovibile (realizzata con qualsiasi materiale), è
assoggettata tuttavia alle regole dettate per la
realizzazione delle tettoie.
Il gazebo, invece, nella sua configurazione tipica, è una
struttura leggera, non aderente ad altro immobile, coperta
nella parte superiore e aperta ai lati, realizzata con una
struttura portante in ferro battuto, in alluminio o in legno
strutturale, talvolta chiuso ai lati da tende facilmente
rimuovibili. Spesso è utilizzato per l'allestimento di
eventi all'aperto, anche sul suolo pubblico, e in questi
casi è considerata una struttura temporanea. In caso
contrario, se infisso al suolo, dovrebbe essere richiesto
il permesso di costruire
La veranda è stata recentemente definita come un «locale o
spazio coperto avente le caratteristiche di loggiato,
balcone, terrazza o portico, chiuso sui lati da superfici
vetrate o con elementi trasparenti e impermeabili,
parzialmente o totalmente apribili» (si veda l’intesa
sottoscritta il 20.10.2016 tra Governo, Regioni e
Comuni sul regolamento edilizio-tipo). La veranda,
realizzabile su balconi, terrazzi, attici o giardini, è
caratterizzata quindi da ampie superfici vetrate che
all'occorrenza si aprono tramite finestre scorrevoli o a
libro. Per questo la veranda, dal punto di vista edilizio,
determina un aumento della volumetria dell'edificio e una
modifica della sua sagoma e necessita quindi del permesso di
costruire.
Infine, la pergotenda è qualificabile come mero arredo
esterno quando è di modeste dimensioni, non modifica la
destinazione d'uso degli spazi esterni ed è facilmente ed
immediatamente rimovibile, con la conseguenza che la sua
installazione si va ad inscrivere all'interno della
categoria delle attività di edilizia libera e non necessita
quindi di alcun permesso (Consiglio di Stato, sentenza
1777/2014) (articolo Il Sole 24 Ore del 14.02.2017 - tratto da www.centrostudicni.it). |
EDILIZIA PRIVATA: In relazione ad
alcune opere, normalmente di limitata consistenza e di
limitato impatto sul territorio, come pergolati, gazebo,
tettoie, pensiline e, più di recente, le
pergotende, non è
sempre agevole individuare il limite entro il quale esse
possono farsi rientrare nel regime dell’edilizia libera o
invece devono farsi rientrare nei casi di edilizia non
libera per i quali è richiesta una comunicazione
all’amministrazione preposta alla tutela del territorio o il
rilascio di un permesso di costruire.
Spesso sono i regolamenti edilizi comunali che dettano le
regole, anche sulle dimensioni, che possono avere tali opere
per poter essere realizzate liberamente o previa
comunicazione o richiesta di assenso edilizio.
Alle disposizioni comunali si aggiungono poi, per le aree
sottoposte a vincolo paesaggistico o ad altri vincoli, le
limitazioni imposte dai diversi strumenti di tutela.
---------------
Il pergolato costituisce una struttura
realizzata al fine di adornare e ombreggiare giardini o
terrazze e consiste, quindi, in un’impalcatura, generalmente
di sostegno di piante rampicanti, costituita da due (o più)
file di montanti verticali riuniti superiormente da elementi
orizzontali posti ad una altezza tale da consentire il
passaggio delle persone.
Il pergolato, per sua natura, è quindi una struttura aperta
su almeno tre lati e nella parte superiore e normalmente non
necessita di titoli abilitativi edilizi.
Quando il pergolato viene coperto, nella parte superiore
(anche per una sola porzione) con una struttura non
facilmente amovibile (realizzata con qualsiasi materiale), è
assoggettata tuttavia alle regole dettate per la
realizzazione delle tettoie.
Il Consiglio di Stato, al riguardo, ha già affermato
che il pergolato ha una funzione ornamentale, è realizzato
in una struttura leggera in legno o in altro materiale di
minimo peso, deve essere facilmente amovibile in quanto
privo di fondamenta, e funge da sostegno per piante
rampicanti, attraverso le quali realizzare riparo e
ombreggiatura di superfici di modeste dimensioni.
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Il gazebo,
nella sua configurazione tipica, è una
struttura leggera, non aderente ad altro immobile, coperta
nella parte superiore ed aperta ai lati, realizzata con una
struttura portante in ferro battuto, in alluminio o in legno
strutturale, talvolta chiuso ai lati da tende facilmente
rimuovibili.
Spesso il gazebo è utilizzato per
l'allestimento di eventi all’aperto, anche sul suolo
pubblico, e in questi casi è considerata una struttura
temporanea. In altri casi il gazebo è realizzato in modo
permanente per la migliore fruibilità di spazi aperti come
giardini o ampi terrazzi.
Nella fattispecie l’opera realizzata dall’appellante
non può ritenersi assimilabile ad un gazebo per la sua
forma, che non è quella tipica di un gazebo, per i materiali
utilizzati, che non sono tutti leggeri, e perché la
struttura è stata realizzata in aderenza ad un preesistente
immobile in muratura.
---------------
Nell’Intesa sottoscritta
il 20.10.2016, ai sensi dell'articolo 8, comma 6,
della legge 05.06.2003, n. 131, tra il Governo, le
Regioni e i Comuni, concernente l'adozione del regolamento edilizio-tipo di cui all'articolo 4, comma 1-sexies del
decreto del Presidente della Repubblica 06.06.2001, n.
380, la veranda è stata definita (nell’Allegato A) «Locale o
spazio coperto avente le caratteristiche di loggiato,
balcone, terrazza o portico, chiuso sui lati da superfici
vetrate o con elementi trasparenti e impermeabili,
parzialmente o totalmente apribili».
La veranda, realizzabile su
balconi, terrazzi, attici o giardini, è
caratterizzata quindi da ampie superfici vetrate che
all’occorrenza si aprono tramite finestre scorrevoli
o a libro. Per questo la veranda, dal punto di vista
edilizio, determina un aumento della volumetria
dell’edificio e una modifica della sua sagoma e
necessita quindi del permesso di costruire.
---------------
La ricorrente insiste nel
sostenere che le opere sanzionate dal Comune altro non sono che una “pergotenda”, realizzata
con teli amovibili (appoggiati sul preesistente pergolato),
che non ha determinato alcun aumento di volumetria e di
superficie coperta.
In proposito questa Sezione ha, di recente, affermato che
tali strutture, la cui agevole realizzazione è oggi
possibile grazie a nuove tecniche e nuovi materiali, sono
destinate a rendere meglio vivibili gli spazi esterni delle
unità abitative (terrazzi o giardini) e sono installate per
soddisfare quindi esigenze non precarie.
Le “pergotende” non si connotano, pertanto, per la
temporaneità della loro utilizzazione, ma costituiscono un
elemento di migliore fruizione dello spazio esterno, stabile
e duraturo.
Ciò premesso, la Sezione, nella stessa citata
decisione, ha ritenuto che le pergotende, tenuto conto della
loro consistenza, delle caratteristiche costruttive e della
loro funzione, non costituiscano un’opera edilizia soggetta
al previo rilascio del titolo abilitativo.
Infatti, ai sensi del combinato disposto degli articoli 3 e
10 del DPR n. 380 del 2001, sono soggetti al rilascio del
permesso di costruire gli “interventi di nuova costruzione”,
che determinano una “trasformazione edilizia e urbanistica
del territorio”, mentre una struttura leggera (nella
fattispecie esaminata in alluminio anodizzato)
destinata ad
ospitare tende retrattili in materiale plastico non integra
tali caratteristiche.
L’opera principale non è, infatti, la struttura in sé, ma la
tenda, quale elemento di protezione dal sole e dagli agenti
atmosferici, finalizzata ad una migliore fruizione dello
spazio esterno dell’unità abitativa, con la conseguenza che
la struttura (in alluminio anodizzato) si qualifica in
termini di mero elemento accessorio, necessario al sostegno
e all’estensione della tenda.
Quest’ultima, poi, integrata alla struttura portante, non
può considerarsi una “nuova costruzione”, posto che essa è
in materiale plastico e retrattile, onde non presenta
caratteristiche tali da costituire un organismo edilizio
rilevante, comportante trasformazione del territorio.
Infatti la copertura e la chiusura perimetrale che essa
realizza non presentano elementi di fissità, stabilità e
permanenza, per il carattere retrattile della tenda, «onde,
in ragione della inesistenza di uno spazio chiuso
stabilmente configurato, non può parlarsi di organismo
edilizio connotantesi per la creazione di nuovo volume o
superficie».
Inoltre l’elemento di copertura e di chiusura è costituito
da una tenda in materiale plastico, privo di quelle
caratteristiche di consistenza e di rilevanza che possano
connotarlo in termini di componenti edilizie di copertura o
di tamponatura di una costruzione.
Anche in una precedente decisione la Sezione aveva
affermato che la pergotenda è qualificabile come mero arredo
esterno quando è di modeste dimensioni, non modifica la
destinazione d’uso degli spazi esterni ed è facilmente ed
immediatamente rimovibile, con la conseguenza che la sua
installazione si va ad inscrivere all’interno della
categoria delle attività di edilizia libera e non necessita
quindi di alcun permesso.
---------------
... per la riforma della sentenza del TAR per la Campania,
Sezione Staccata di Salerno, Sezione I, n. 2543 del
04.12.2015, resa tra le parti, concernente la demolizione di
opere edilizie abusive e il ripristino dello stato dei
luoghi.
...
1.- La signora An.Pa. ha impugnato davanti al TAR
per la Campania, Sezione Staccata di Salerno, l’ordinanza,
n. 23 del 16.06.2015, con la quale il Responsabile del
Settore Ufficio Tecnico del Comune di Altavilla Silentina,
le ha ingiunto di provvedere, a sua cura e spese, alla
demolizione di una copertura e chiusura perimetrale di un
pergolato con teli plastificati, fissati alla struttura con
il sistema degli occhielli e chiavetta, con un riquadro di
materiale plastico come finestra nella parte centrale, in
quanto realizzate in assenza di titolo abilitativo.
1.1- Il TAR per la Campania, Sezione Staccata di Salerno,
Sezione I, con sentenza n. 2543 del 04.12.2015, resa in
forma semplificata nella camera di consiglio fissata per
l’esame della domanda cautelare, ha respinto il ricorso.
Il TAR ha, infatti, ritenuto che «il materiale
utilizzato, pur agevolmente amovibile siccome consistente in
materiale plastico, non rende l’intervento ex se non
sanzionabile con l’impugnato ordine demolitorio, in quanto,
per come realizzato, riflette esigenze non di carattere
meramente temporaneo», con la conseguenza che le opere
realizzate hanno determinato una trasformazione urbanistico-edilizia del territorio, con la perdurante modifica dello
stato dei luoghi.
2- La signora Pa. ha appellato l’indicata sentenza
ritenendola erronea.
In particolare, dopo aver ricordato di aver realizzato la
struttura del pergolato nel 2011 con una scia, la signora
Pa. ha insistito nel sostenere l’amovibilità della tenda
plastificata e quindi l’illegittimità dell’ordinanza demolitoria. La signora Pa. ha anche depositato un
perizia tecnica di parte redatta in relazione alle opere
oggetto dell’ordinanza di demolizione impugnata.
3- Per valutare la legittimità del provvedimento con il
quale il Comune di Altavilla Silentina (che non ha ritenuto
di doversi costituire in giudizio) ha ordinato la
demolizione delle opere realizzate dall’appellante in
assenza di alcun titolo abilitativo occorre qualificare la
natura delle opere realizzate.
Come si evince dal provvedimento impugnato, dalla
documentazione depositata in giudizio e dalla perizia
tecnica di parte, completa di numerose fotografie, la
signora Pa. ha realizzato, in aderenza ad un preesistente
immobile, una struttura con 3 pilastri verticali in
muratura, travi portanti della copertura in legno, copertura
in materiale plastico, fissata con chiodi alle travi di
legno, e pareti esterne in materiale plastico amovibile, con
una porta di accesso.
3.1- Per realizzare tale struttura l’interessata non ha
presentato una dichiarazione o richiesta di assenso al
Comune. Risulta peraltro dagli atti che la signora Pa.,
con SCIA del 15.03.2011, aveva realizzato alcuni lavori
nell’immobile oggetto dei lavori contestati con l’ordinanza
impugnata.
L’appellante sostiene di aver provveduto a seguito della
SCIA, fra l’altro, alla pavimentazione dell’area esterna
dove sono state realizzate le opere di cui ora si discute e
di aver anche realizzato un ampio pergolato esterno su parte
del quale è stata realizzata la contestata struttura.
4.- Ciò premesso, si deve osservare che, in relazione ad
alcune opere, normalmente di limitata consistenza e di
limitato impatto sul territorio, come pergolati, gazebo,
tettoie, pensiline e, più di recente, le
pergotende, non è
sempre agevole individuare il limite entro il quale esse
possono farsi rientrare nel regime dell’edilizia libera o
invece devono farsi rientrare nei casi di edilizia non
libera per i quali è richiesta una comunicazione
all’amministrazione preposta alla tutela del territorio o il
rilascio di un permesso di costruire.
Spesso sono i regolamenti edilizi comunali che dettano le
regole, anche sulle dimensioni, che possono avere tali opere
per poter essere realizzate liberamente o previa
comunicazione o richiesta di assenso edilizio.
Alle disposizioni comunali si aggiungono poi, per le aree
sottoposte a vincolo paesaggistico o ad altri vincoli, le
limitazioni imposte dai diversi strumenti di tutela.
5- Nella fattispecie, vista la documentazione in atti, si
può preliminarmente escludere che le opere realizzate e
ritenute abusive dal Comune possano farsi rientrare tutte
nella nozione di pergolato.
5.1- Il pergolato costituisce infatti, una struttura
realizzata al fine di adornare e ombreggiare giardini o
terrazze e consiste, quindi, in un’impalcatura, generalmente
di sostegno di piante rampicanti, costituita da due (o più)
file di montanti verticali riuniti superiormente da elementi
orizzontali posti ad una altezza tale da consentire il
passaggio delle persone.
Il pergolato, per sua natura, è quindi una struttura aperta
su almeno tre lati e nella parte superiore e normalmente non
necessita di titoli abilitativi edilizi.
Quando il pergolato viene coperto, nella parte superiore
(anche per una sola porzione) con una struttura non
facilmente amovibile (realizzata con qualsiasi materiale), è
assoggettata tuttavia alle regole dettate per la
realizzazione delle tettoie.
5.2- Il Consiglio di Stato, al riguardo, ha già affermato
che il pergolato ha una funzione ornamentale, è realizzato
in una struttura leggera in legno o in altro materiale di
minimo peso, deve essere facilmente amovibile in quanto
privo di fondamenta, e funge da sostegno per piante
rampicanti, attraverso le quali realizzare riparo e
ombreggiatura di superfici di modeste dimensioni (Consiglio
di Stato, Sezione IV, n. 5409 del 29.09.2011).
5.3- In conseguenza le opere oggetto del contestato ordine
di demolizione non possono farsi rientrare fra quelli
oggetto della suindicata SCIA del 15.03.2011 che
includevano la sola realizzazione di un pergolato.
6- La struttura realizzata dall’appellante non può farsi
rientrare nemmeno nella nozione di gazebo, pur avendone
alcune caratteristiche.
Il gazebo, infatti,
nella sua configurazione tipica, è una
struttura leggera, non aderente ad altro immobile, coperta
nella parte superiore ed aperta ai lati, realizzata con una
struttura portante in ferro battuto, in alluminio o in legno
strutturale, talvolta chiuso ai lati da tende facilmente
rimuovibili. Spesso il gazebo è utilizzato per
l'allestimento di eventi all’aperto, anche sul suolo
pubblico, e in questi casi è considerata una struttura
temporanea. In altri casi il gazebo è realizzato in modo
permanente per la migliore fruibilità di spazi aperti come
giardini o ampi terrazzi.
6.1- Nella fattispecie l’opera realizzata dall’appellante
non può ritenersi assimilabile ad un gazebo per la sua
forma, che non è quella tipica di un gazebo, per i materiali
utilizzati, che non sono tutti leggeri, e perché la
struttura è stata realizzata in aderenza ad un preesistente
immobile in muratura.
7- La struttura contestata dal Comune intimato non può poi
nemmeno considerarsi una veranda.
In proposito si deve ricordare che nell’Intesa sottoscritta
il 20.10.2016 , ai sensi dell'articolo 8, comma 6,
della legge 05.06.2003, n. 131, tra il Governo, le
Regioni e i Comuni, concernente l'adozione del regolamento edilizio-tipo di cui all'articolo 4, comma 1-sexies del
decreto del Presidente della Repubblica 06.06.2001, n.
380, la veranda è stata definita (nell’Allegato A) «Locale o
spazio coperto avente le caratteristiche di loggiato,
balcone, terrazza o portico, chiuso sui lati da superfici
vetrate o con elementi trasparenti e impermeabili,
parzialmente o totalmente apribili».
7.1- La veranda, realizzabile su
balconi, terrazzi, attici o giardini, è
caratterizzata quindi da ampie superfici vetrate che
all’occorrenza si aprono tramite finestre scorrevoli
o a libro. Per questo la veranda, dal punto di vista
edilizio, determina un aumento della volumetria
dell’edificio e una modifica della sua sagoma e
necessita quindi del permesso di costruire.
8- La signora An.Pa. nel suo appello ha insistito nel
sostenere che le opere sanzionate dal Comune di Altavilla
Silentina altro non sono che una “pergotenda”, realizzata
con teli amovibili (appoggiati sul preesistente pergolato),
che non ha determinato alcun aumento di volumetria e di
superficie coperta.
9- In proposito questa Sezione ha, di recente, affermato che
tali strutture, la cui agevole realizzazione è oggi
possibile grazie a nuove tecniche e nuovi materiali, sono
destinate a rendere meglio vivibili gli spazi esterni delle
unità abitative (terrazzi o giardini) e sono installate per
soddisfare quindi esigenze non precarie (Consiglio di Stato,
Sezione VI, n. 1619 del 27.04.2016).
Le “pergotende” non si connotano, pertanto, per la
temporaneità della loro utilizzazione, ma costituiscono un
elemento di migliore fruizione dello spazio esterno, stabile
e duraturo.
9.1- Ciò premesso, la Sezione, nella stessa citata
decisione, ha ritenuto che le pergotende, tenuto conto della
loro consistenza, delle caratteristiche costruttive e della
loro funzione, non costituiscano un’opera edilizia soggetta
al previo rilascio del titolo abilitativo.
Infatti, ai sensi del combinato disposto degli articoli 3 e
10 del DPR n. 380 del 2001, sono soggetti al rilascio del
permesso di costruire gli “interventi di nuova costruzione”,
che determinano una “trasformazione edilizia e urbanistica
del territorio”, mentre una struttura leggera (nella
fattispecie esaminata in alluminio anodizzato)
destinata ad
ospitare tende retrattili in materiale plastico non integra
tali caratteristiche.
L’opera principale non è, infatti, la struttura in sé, ma la
tenda, quale elemento di protezione dal sole e dagli agenti
atmosferici, finalizzata ad una migliore fruizione dello
spazio esterno dell’unità abitativa, con la conseguenza che
la struttura (in alluminio anodizzato) si qualifica in
termini di mero elemento accessorio, necessario al sostegno
e all’estensione della tenda.
Quest’ultima, poi, integrata alla struttura portante, non
può considerarsi una “nuova costruzione”, posto che essa è
in materiale plastico e retrattile, onde non presenta
caratteristiche tali da costituire un organismo edilizio
rilevante, comportante trasformazione del territorio.
Infatti la copertura e la chiusura perimetrale che essa
realizza non presentano elementi di fissità, stabilità e
permanenza, per il carattere retrattile della tenda, «onde,
in ragione della inesistenza di uno spazio chiuso
stabilmente configurato, non può parlarsi di organismo
edilizio connotantesi per la creazione di nuovo volume o
superficie».
Inoltre l’elemento di copertura e di chiusura è costituito
da una tenda in materiale plastico, privo di quelle
caratteristiche di consistenza e di rilevanza che possano
connotarlo in termini di componenti edilizie di copertura o
di tamponatura di una costruzione.
9.2- Sulla base di tali considerazioni la Sezione ha quindi
ritenuto che una delle due strutture nella fattispecie
realizzate, destinata unicamente al sostegno (in alluminio)
di un elemento di arredo temporaneo consistente in una tenda
retrattile, non abbisognava del previo rilascio di un
permesso di costruire, risolvendosi «in un mero elemento di
arredo del terrazzo su cui insiste».
Infatti la struttura di alluminio anodizzato (nella
fattispecie esaminata) è stata ritenuta un mero elemento di
sostegno della tenda e quindi non poteva considerarsi un
nuovo organismo edilizio determinante una trasformazione
urbanistica ed edilizia del territorio.
9.3- Mentre nell’altra struttura contestualmente esaminata,
la natura e la consistenza del materiale utilizzato (il
vetro) faceva sì che la struttura di alluminio anodizzato si
configurava non più come mero elemento di supporto di una
tenda, ma piuttosto costituiva la componente portante di un
vero e proprio manufatto, che assumeva la consistenza di una
vera e propria opera edilizia, connotandosi per la presenza
di elementi di chiusura che, realizzati in vetro,
costituivano vere e proprie tamponature laterali con un
carattere di stabilità tale da non poter essere realizzate
in assenza del titolo abilitativo necessario per le nuove
costruzioni.
9.4- Anche in una precedente decisione la Sezione aveva
affermato che la pergotenda è qualificabile come mero arredo
esterno quando è di modeste dimensioni, non modifica la
destinazione d’uso degli spazi esterni ed è facilmente ed
immediatamente rimovibile, con la conseguenza che la sua
installazione si va ad inscrivere all’interno della
categoria delle attività di edilizia libera e non necessita
quindi di alcun permesso (Consiglio di Stato, Sezione VI, n.
1777 dell’11.04.2014).
10- Tutto ciò premesso, la Sezione ritiene che l’ordinanza
di demolizione impugnata non possa ritenersi legittima
perché le opere realizzate dall’appellante, peraltro in
un’area che non è sottoposta a vincolo paesaggistico, sono
prive, in gran parte, di quelle caratteristiche di
consistenza e di rilevanza che possano farle connotare come
componenti edilizie di copertura o di tamponatura di una
costruzione.
10.1- Le opere oggetto dell’ordinanza impugnata, che si sono
già prima sommariamente descritte, si connotano, infatti,
per la presenza di teli e tende in materiale plastico
facilmente amovibili, che aderiscono ad una struttura di
sostegno che è costituita da tre pilastrini verticali in
muratura e da alcune travi di legno collocati sia in
verticale che nella parte superiore.
La struttura portante, sebbene non tutta con materiali
leggeri, può anche farsi rientrare nella categoria dei
pergolati (come sostiene l’appellante). Una delle tende
laterali può essere poi considerata una vera e propria
pergotenda, che può essere aperta o chiusa mediante un
sistema di scorrimento veloce. Sostanzialmente hanno la
stessa caratteristica anche le tende collocate sugli altri
lati che possono essere movimentate manualmente su apposite
guide scorrevoli e possono essere chiuse o aperte mediante
appositi occhielli.
10.2- Restano evidentemente di meno facile amovibilità la
copertura della struttura, che è stata realizzata con teli
di plastica che sono stati fissati alla travi di legno
superiore con chiodi e rondelle, e la piccola porta posta
sul lato A della struttura.
Ma la presenza di tali opere che sono meno facilmente
amovibili e che possono avere una certa rilevanza edilizia,
anche in base alla disciplina eventualmente dettata dal
regolamento edilizio comunale, non giustifica comunque
l’emanazione di una ordinanza di demolizione che ha
riguardato l’intera struttura, con la conseguente possibile
acquisizione, nel caso di mancata ottemperanza, dell’area
interessata.
11- Per gli esposti motivi, l’appello deve essere accolto e,
in riforma della appellata sentenza del TAR per la
Campania, Sezione Staccata di Salerno, Sezione I, n. 2543
del 04.12.2015, deve essere disposto l’annullamento
dell’ordinanza di demolizione del Comune di Altavilla
Silentina, n. 23 del 16.06.2015, impugnata in primo
grado.
Sono fatti salvi gli eventuali ulteriori provvedimenti
dell’Amministrazione per quella parte delle opere realizzate
che, anche sulla base della regolamentazione comunale,
possono ritenersi di edilizia non libera (Consiglio di
Stato, Sez. VI,
sentenza 25.01.2017 n. 306 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
anno
2015 |
|
EDILIZIA PRIVATA:
Trasformazione di un balcone o di una terrazza in veranda.
La trasformazione di un balcone o di una
terrazza, anche di modesta superficie, in veranda, mediante
chiusura a mezzo di installazione di pannelli di vetro su
intelaiatura metallica, non costituisce realizzazione di una
pertinenza, né intervento di manutenzione straordinaria e di
restauro, ma è opera soggetta a concessione edilizia ovvero
a permesso di costruire, la cui realizzazione, in assenza di
titolo abilitativo, integra il reato previsto dall'art. 44
d.P.R. n. 380 del 2001.
---------------
3. Ciò precisato, le prime due doglianze -che, essendo tra
loro connesse, possono essere esaminate congiuntamente- sono
infondate.
La Corte palermitana si è infatti attenuta, nello scrutinio
del caso di specie, al principio più volte affermato da
questa Corte secondo il quale la
trasformazione di un balcone o di una terrazza, anche di
modesta superficie, in veranda, mediante chiusura a mezzo di
installazione di pannelli di vetro su intelaiatura
metallica, non costituisce realizzazione di una pertinenza,
né intervento di manutenzione straordinaria e di restauro,
ma è opera soggetta a concessione edilizia ovvero a permesso
di costruire, la cui realizzazione, in assenza di titolo
abilitativo, integra il reato previsto dall'art. 44 d.P.R.
n. 380 del 2001
(Sez. 3, n. 1483 del 03/12/2013, dep. 15/01/2014, Summa, Rv.
258295; Sez. 3, n. 3160 del 28/11/2002, dep. 23/01/2003,
Macaluso, Rv. 223295; Sez. 3, n. 45588 del 28/10/2004, P.M.
in proc. D'Aurelio, Rv. 230419; Sez. 3, n. 35011 del
26/04/2007, Camarda, Rv. 237532; Sez. 3, n. 3879 del
13/01/2000, Spaventi, Rv. 216221).
Pertanto la trasformazione, come nella
specie, di un terrazzino in veranda, mediante collocazione
di una struttura in alluminio, vetri e copertura in
materiale coibentato, con conseguente creazione di un
ambiente diviso in due da una tramezzatura in cartongesso e
contiguo ad un appartamento già esistente con rimozione
degli infissi dalla loro originaria collocazione, non ha
natura precaria né costituisce, come hanno correttamente
ritenuto i giudici del merito, intervento di manutenzione
straordinaria o di restauro, ma è opera soggetta a permesso
di costruire (o,
nella regione Sicilia, a concessione edilizia).
Va ricordato che, nel caso in esame, non si era in presenza
della mera chiusura di un balcone bensì dello sfruttamento,
a fini abitativi, di una parte consistente del terrazzo
dell'ultimo piano dell'immobile e, dunque, della
costituzione di una vera e propria nuova opera dotata anche
di una copertura autonoma che aveva modificato la originaria
copertura dell'intero edificio, come attestato dalle
fotografie allegate al verbale di sopralluogo che
documentavano come la realizzazione della "veranda"
non fosse stata eseguita mediante la chiusura del balcone in
quanto, per realizzare il manufatto, era stato necessario
modificare anche il tetto del fabbricato ed inoltre le opere
avevano prodotto un aumento della superficie abitabile
dell'appartamento dell'imputato, il cui aumento volumetrico,
seppure inferiore al 20% del volume dell'edificio
principale, non rileva, in presenza di un'opera comunque
qualificabile come nuova costruzione, ai fini dell'esonero
dall'obbligo di richiedere il titolo abilitativo (Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 04.12.2015 n. 48221 - tratto da
www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Sulla veranda non si bluffa. Consiglio di stato:
manufatti metallici addio.
Altro che volume tecnico. Quel manufatto in alluminio sul
balcone è una vera e propria veranda e deve essere abbattuta
perché realizzata senza permesso di costruire: il fatto che
la struttura contenga davvero la caldaia non basta di per sé
a trasformarla in un locale «servente», quasi fosse una
pertinenza, se le dimensioni risultano ben maggiori rispetto
alla superficie sufficiente a contenere gli impianti
tecnologici.
È quanto afferma il Consiglio di Stato, Sez. VI, con la
sentenza 04.05.2015 n. 2226.
Funzione e natura
Niente da fare per il proprietario: dovrà rassegnarsi a
smantellare il manufatto in alluminio che ha realizzato sul
balcone, addossandolo al muro perimetrale dell'edificio. E
ciò perché l'opera costituisce un vero abuso edilizio: è a
tutti gli effetti una veranda realizzata contro legge.
A
fare di un manufatto una veranda, infatti, non conta se
l'opera risulta chiusa da tutti i lati. Ciò che rileva
invece è la funzione svolta, mentre bastano l'incremento dei
volumi e la modifica della sagoma dell'edificio a integrare
la violazione delle norme edilizie: i locali hanno anche
l'impianto idrico ed elettrico e dunque non possono affatto
essere considerati una centrale termica.
Le dimensioni del
locale «incriminato» -che misura un metro e mezzo, per
quasi un metro e tre metri e venti- confermano che si
tratta di una veranda che è soltanto «travestita» da locale
caldaia. Al proprietario non resta che pagare 3 mila euro di
spese per i due gradi di giudizio
(articolo ItaliaOggi del 14.05.2015). |
EDILIZIA PRIVATA:
Sulla nozione di veranda.
La consistenza del manufatto oggetto
principale dell’ordinanza impugnata, realizzato senza
assenso edilizio su un terrazzo dell’appartamento del
ricorrente rientra nella definizione edilizia propria della
veranda, definizione per la quale non rileva la chiusura su
tutti i lati del manufatto stesso, essendo invece necessario
e sufficiente l’effetto di incremento di volumetria e di
modifica della sagoma dell’edificio causato dall’intervento
edilizio (solo in presenza di una tettoia o di un porticato
aperto da tre lati può essere esclusa la realizzazione di un
nuovo volume).
Infatti:
- la veranda di cui trattasi non può essere considerata mero
volume tecnico a protezione della caldaia, alla cui
definizione difetta l’autonomia funzionale anche solo
potenziale e la non adattabilità ad uso abitativo o diverso
da quello necessario per contenere, senza possibili
alternative e comunque per una consistenza volumetrica del
tutto contenuta, gli impianti tecnologici serventi la
costruzione principale: le dimensioni del manufatto sono,
all’evidenza, ben maggiori di quelle necessarie a contenere
la caldaia e ciò è sufficiente ad escluderne la
riconducibilità alla categoria pretesa dall’appellante,
anche ai sensi dell’art. 13 del regolamento edilizio
comunale;
- in quanto comportante modifica del volume, della sagoma e
del prospetto dell’edificio, l’intervento sanzionato rientra
nella nozione della ristrutturazione edilizia come definita
dall’art. 10, comma 1, lett. c), del d.P.R. 06.06.2001 n.
380, la cui realizzazione sconta il previo permesso di
costruire da parte del Comune, a prescindere da qualunque
considerazione circa la natura pertinenziale o meno del
manufatto realizzato e dallo specifico oggetto dell’attività
difensiva spiegata dal Comune nel corso del giudizio di
primo grado;
- alla legittimità del provvedimento repressivo di un abuso
edilizio non è necessaria, per pacifico e condiviso
principio giurisdizionale, la specificazione di una
specifica motivazione, né rileva l’asserita disparità di
trattamento con altre situazioni analoghe, disparità che non
può, in ogni caso, consentire il protrarsi di situazioni
comunque non conformi alle norme, né la tutela del preteso
legittimo affidamento, dato che la repressione di abusi
edilizi costituisce, per il Comune, atto vincolato non
soggetto a limiti temporali.
II) L’appello è infondato.
Come ha rilevato il primo giudice, la consistenza del
manufatto oggetto principale dell’ordinanza impugnata,
realizzato senza assenso edilizio su un terrazzo
dell’appartamento del ricorrente rientra nella definizione
edilizia propria della veranda, definizione per la quale non
rileva la chiusura su tutti i lati del manufatto stesso,
essendo invece necessario e sufficiente l’effetto di
incremento di volumetria e di modifica della sagoma
dell’edificio causato dall’intervento edilizio (solo in
presenza di una tettoia o di un porticato aperto da tre lati
può essere esclusa la realizzazione di un nuovo volume: per
tutte, Cons. Stato, sez. V, 14.10.2013, n. 4997).
Per effetto di questa considerazione, che rende infondato il
principale motivo dell’appello, devono essere respinti anche
le ulteriori censure rivolte avverso la sentenza impugnata.
Infatti:
- la veranda di cui trattasi non può essere considerata mero
volume tecnico a protezione della caldaia, alla cui
definizione difetta l’autonomia funzionale anche solo
potenziale e la non adattabilità ad uso abitativo o diverso
da quello necessario per contenere, senza possibili
alternative e comunque per una consistenza volumetrica del
tutto contenuta, gli impianti tecnologici serventi la
costruzione principale (per tutte, Cons. Stato, sez. VI, 21.01.201, n. 175): le dimensioni del manufatto sono,
all’evidenza, ben maggiori di quelle necessarie a contenere
la caldaia e ciò è sufficiente ad escluderne la
riconducibilità alla categoria pretesa dall’appellante,
anche ai sensi dell’art. 13 del regolamento edilizio
comunale;
- in quanto comportante modifica del volume, della sagoma e
del prospetto dell’edificio, l’intervento sanzionato rientra
nella nozione della ristrutturazione edilizia come definita
dall’art. 10, comma 1, lett. c), del d.P.R. 06.06.2001 n.
380, la cui realizzazione sconta il previo permesso di
costruire da parte del Comune, a prescindere da qualunque
considerazione circa la natura pertinenziale o meno del
manufatto realizzato e dallo specifico oggetto dell’attività
difensiva spiegata dal Comune nel corso del giudizio di
primo grado;
- alla legittimità del provvedimento repressivo di un abuso
edilizio non è necessaria, per pacifico e condiviso
principio giurisdizionale, la specificazione di una
specifica motivazione, né rileva l’asserita disparità di
trattamento con altre situazioni analoghe, disparità che non
può, in ogni caso, consentire il protrarsi di situazioni
comunque non conformi alle norme, né la tutela del preteso
legittimo affidamento, dato che la repressione di abusi
edilizi costituisce, per il Comune, atto vincolato non
soggetto a limiti temporali (Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 04.05.2015 n. 2226 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Per il semplice fatto che il porticato, già
chiuso su due lati, fosse già qualificato volume a taluni
fini (ad es. per il calcolo della cubatura complessiva), non
si può ritenere che la completa chiusura dello stesso, sia
un intervento edilizio minore o, addirittura, “libero”
(perché si risolve in una mera opera interna).
Infatti, l’autorizzazione di un volume edilizio nella forma
di un porticato, impone che esso sia utilizzato in quanto
tale e non ne consente in alcun modo la “libera” chiusura.
---------------
Il mutamento della qualità del volume edilizio che, da
spazio aperto su due lati, diviene superficie interamente
coperta è tale da costituire una modifica incidente non solo
sui prospetti del fabbricato, ma anche sulla superficie che,
completamente chiusa, viene resa potenzialmente abitabile.
L’essenziale mutamento qualitativo del volume edilizio
impone, quindi, che esso debba essere assentito mediante
permesso di costruire come nuova volumetria.
In merito, la giurisprudenza è pacifica sia per quel che
riguarda casi pressoché identici a quello di cui si discute,
sia per quel che riguarda il caso, analogo, della chiusura
di un terrazzo, già chiuso su due lati, a veranda.
La ricostruzione appena operata nel senso che la chiusura
perimetrale del porticato costituisca una nuova volumetria,
implica, ad un tempo:
- che l’intervento debba essere qualificato di nuova
costruzione;
- che non sia applicabile la sanatoria di cui all’art. 167,
D.lgs. n. 42/2004 (il quale prevede una forma di sanatoria
ambientale postuma solo per le opere non suscettibili di
essere qualificate come aumento volumetrico);
- che, nell’impossibilità di ottenere l’autorizzazione
paesaggistica ex post, l’opera non possa essere assentita ex
post neppure ai sensi dell’art. 36 D.P.R. 380/2001.
2.1. In apice, giova rappresentare che le opere di cui si
discute consistono nella chiusura perimetrale di un
porticato aperto su due lati con la conseguente
realizzazione di 7 cantinole, ciascuna di 9 mq.
2.2. Parte ricorrente, con il ricorso principale, muove
all’ordinanza di demolizione diverse articolate censure che
vanno esaminate singolarmente.
3.1. Con le prime due censure, parte ricorrente svolge
molteplici argomenti, logicamente connessi, nel senso della
illegittimità della sanzione demolitoria.
3.2. Tutti gli argomenti svolti, peraltro, poggiano su un
assunto che, per quanto arguto, non può essere delibato
favorevolmente.
3.3. In sostanza, parte ricorrente afferma che la chiusura
del porticato in questione, con successiva creazione delle
sette cantinole, non potrebbe essere qualificato come
aumento volumetrico. Il ragionamento si fonda sulla
costatazione che, in giurisprudenza, si afferma che la
chiusura su due lati di uno spazio coperto integri un volume
ai fini della disciplina edilizia. Ebbene, sostiene parte
ricorrente, se il porticato preesistente, chiuso su due lati
e coperto, costituiva già volume, la completa chiusura
perimetrale dello stesso non può essere qualificata come un
aumento di volumetria (era, infatti, già ‘volume’ edilizio).
Tanto, sarebbe confermato anche dalla circostanza che, in
sede di rilascio del titolo edilizio, l’ingombro volumetrico
del fabbricato è stato appunto calcolato includendovi il
predetto porticato.
3.4. Da tale affermazione si fanno discendere diverse
conseguenze e, in particolare: la qualificazione della
costruzione delle cantinole come opera interna o, comunque,
pertinenziale o, al più, di ristrutturazione; la sanabilità
delle opere ai sensi dell’art. 167 D.lgs. 42/2004 oltre che
dell’art. 36 D.P.R. 380/2001; la compatibilità con le
previsioni del piano regolatore e del piano paesistico anche
in ragione della previsione di coeve opere di
riqualificazione ambientale.
3.5. Sennonché l’affermazione che regge tutte le conclusioni
appena descritte è fallace. Infatti, per il semplice fatto
che il porticato, già chiuso su due lati, fosse già
qualificato volume a taluni fini (ad es. per il calcolo
della cubatura complessiva), non si può ritenere che la
completa chiusura dello stesso, sia un intervento edilizio
minore o, addirittura, “libero” (perché si risolve in una
mera opera interna).
3.6. Infatti, l’autorizzazione di un volume edilizio nella
forma di un porticato, impone che esso sia utilizzato in
quanto tale e non ne consente in alcun modo la “libera”
chiusura (la tesi è pure adombrata dal ricorrente; v.
C.d.S., sez. V, 06/05/1991, n. 732 nonché Consiglio di
Stato, sez. V, 26/10/1998, n. 1554).
3.7. Il mutamento della qualità del volume edilizio che, da
spazio aperto su due lati, diviene superficie interamente
coperta è tale da costituire una modifica incidente non solo
sui prospetti del fabbricato, ma anche sulla superficie che,
completamente chiusa, viene resa potenzialmente abitabile.
L’essenziale mutamento qualitativo del volume edilizio
impone, quindi, che esso debba essere assentito mediante
permesso di costruire come nuova volumetria.
3.8. In merito, la giurisprudenza è pacifica sia per quel
che riguarda casi pressoché identici a quello di cui si
discute (v., oltre alle sentenze del Consiglio di Stato già
citate, TAR, sez. III Napoli, Campania, 07/09/2012, n.
3789; TAR, sez. I, Latina, Lazio, 07/11/2013, n. 837;
TAR, sez. II, Torino, Piemonte, 30/01/2015, n. 169), sia
per quel che riguarda il caso, analogo, della chiusura di un
terrazzo, già chiuso su due lati, a veranda (ex multis, v.
TAR Torino, Piemonte, sez. I 06.03.2014 n. 386; TAR
Salerno, Campania, sez. I 01.10.2012 n. 1743).
3.9. La ricostruzione appena operata nel senso che la
chiusura perimetrale del porticato costituisca una nuova
volumetria, implica, ad un tempo: che l’intervento debba
essere qualificato di nuova costruzione; che non sia
applicabile la sanatoria di cui all’art. 167, D.lgs. n.
42/2004 (il quale prevede una forma di sanatoria ambientale
postuma solo per le opere non suscettibili di essere
qualificate come aumento volumetrico); che,
nell’impossibilità di ottenere l’autorizzazione
paesaggistica ex post, l’opera non possa essere assentita
ex
post neppure ai sensi dell’art. 36 D.P.R. 380/2001 (TAR
Campania-Napoli, Sez. VI,
sentenza 25.02.2015 n. 1259 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Per costante giurisprudenza anche di questa
Sezione, gli interventi edilizi che determinano una
variazione planovolumetrica ed architettonica dell'immobile
nel quale vengono realizzati, quali le verande edificate
sulla balconata di un appartamento, sono soggetti al
preventivo rilascio di permesso di costruire.
Ciò in quanto, in materia edilizia, una veranda è da
considerarsi, in senso tecnico-giuridico, un nuovo locale
autonomamente utilizzabile e difetta normalmente del
carattere di precarietà, trattandosi di opera destinata non
a sopperire ad esigenze temporanee e contingenti con la sua
successiva rimozione, ma a durare nel tempo, ampliando così
il godimento dell'immobile.
Né può assumere rilievo la contestazione incentrata sulla
natura dei materiali utilizzati per tale chiusura, in quanto
la chiusura, anche ove realizzata con pannelli in alluminio,
costituisce comunque un aumento volumetrico.
In proposito il Collegio rileva che le strutture fissate in
maniera stabile al pavimento, comportano la chiusura di una
parte del balcone, con conseguente aumento di volumetria. Ed
invero in materia urbanistico-edilizia il presupposto per
l'esistenza di un volume edilizio è costituito dalla
costruzione di (almeno) un piano di base e due superfici
verticali contigue, così da ottenere appunto una superficie
chiusa su un minimo di tre lati.
Inoltre a prescindere da tale rilievo, gli interventi in
oggetto determinano la modifica dei prospetti.
Pertanto, la realizzazione di tali opere è qualificabile
come intervento di ristrutturazione edilizia ai sensi
dell'articolo 3, comma 1, lettera d), del D.P.R. n.
380/2001, nella misura in cui realizza "l'inserimento di
nuovi elementi ed impianti", ed è quindi subordinata al
regime del permesso di costruire, ai sensi dell'articolo 10,
comma 1, lettera c), dello stesso D.P.R. laddove comporti,
come nel caso di specie, una modifica della sagoma o del
prospetto del fabbricato cui inerisce, con conseguente
legittimità della sanzione demolitoria ingiunta.
Nel caso di specie l'intervento in questione risulta, per
sua natura e dimensioni, tale da poter essere destinato ad
un uso ulteriore ed autonomo, rispetto alla restante parte
dell’edificio. Si tratta invero di un manufatto di circa 13
mq di superficie e altezza mt. 3 , realizzato mediante
chiusura del balcone di pertinenza; nonché una tettoia a
struttura in ferro di mt. 5 per 0,60 eseguita sul terrazzino
a livello dell’appartamento stesso.
Per costante giurisprudenza anche di questa Sezione (cfr.
TAR Campania Napoli, sez. IV, 06.07.2007, n. 6551;
TAR Campania Napoli, sez. IV, 13.05.2008, n. 4255;
TAR Campania Napoli, sez. IV, 17.02.2009, n. 847),
gli interventi edilizi che determinano una variazione planovolumetrica ed architettonica dell'immobile nel quale
vengono realizzati, quali le verande edificate sulla
balconata di un appartamento, sono soggetti al preventivo
rilascio di permesso di costruire. Ciò in quanto, in materia
edilizia, una veranda è da considerarsi, in senso
tecnico-giuridico, un nuovo locale autonomamente
utilizzabile e difetta normalmente del carattere di
precarietà, trattandosi di opera destinata non a sopperire
ad esigenze temporanee e contingenti con la sua successiva
rimozione, ma a durare nel tempo, ampliando così il
godimento dell'immobile (Cassazione penale, sez. III, 10.01.2008, n. 14329).
Né può assumere rilievo la contestazione incentrata sulla
natura dei materiali utilizzati per tale chiusura, in quanto
la chiusura, anche ove realizzata con pannelli in alluminio, costituisce comunque un aumento volumetrico. In proposito
il Collegio rileva che le strutture fissate in maniera
stabile al pavimento, comportano la chiusura di una parte
del balcone, con conseguente aumento di volumetria. Ed
invero in materia urbanistico-edilizia il presupposto per
l'esistenza di un volume edilizio è costituito dalla
costruzione di (almeno) un piano di base e due superfici
verticali contigue, così da ottenere appunto una superficie
chiusa su un minimo di tre lati (cfr. Tar Campania, Napoli, IV, 24.05.2010, n. 8342; Tar Piemonte, 12.07.2005, n. 2824).
Inoltre a prescindere da tale rilievo, gli interventi in
oggetto determinano la modifica dei prospetti.
Pertanto, la realizzazione di tali opere è qualificabile
come intervento di ristrutturazione edilizia ai sensi
dell'articolo 3, comma 1, lettera d), del D.P.R. n. 380/2001,
nella misura in cui realizza "l'inserimento di nuovi
elementi ed impianti", ed è quindi subordinata al regime del
permesso di costruire, ai sensi dell'articolo 10, comma 1,
lettera c), dello stesso D.P.R. laddove comporti, come nel
caso di specie, una modifica della sagoma o del prospetto
del fabbricato cui inerisce (cfr. TAR Campania, Napoli, IV, 21.12.2007, n. 16493), con conseguente legittimità della
sanzione demolitoria ingiunta.
Tali elementi consentono di depotenziare anche la censura di
violazione dell’art. 7 legge 241/1990 per omesso avviso
dell’avvio del procedimento in quanto ai sensi dell’art.
21-octies legge 241/1990, l’amministrazione, nel costituirsi
in giudizio, ha dimostrato che il provvedimento adottato non
avrebbe potuto essere di segno diverso, neppure in ipotesi
di partecipazione procedimentale del ricorrente, stante la
sua natura vincolata ed i presupposti di fatto incontestati
su cui si regge (attenendo la contestazione di parte alla
qualificazione giuridica delle opere, ma non alla loro
entità e consistenza)
(TAR Campania-Roma, Sez. IV,
sentenza 15.01.2015 n. 259 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno
2014 |
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EDILIZIA PRIVATA: La
realizzazione di una veranda-gazebo, mediante chiusura a
mezzo di installazione di pannelli di vetro su intelaiatura
metallica, non ha natura precari, né costituisce intervento
di manutenzione straordinaria o di restauro, ma è opera di
ristrutturazione soggetta a concessione edilizia (oggi a
permesso di costruire).
II – Il ricorso e i motivi aggiunti sono infondati.
III – La ricorrente società, titolare di un esercizio di
ristorazione a Isernia, con la concessione edilizia in data
01.04.1997, ha realizzato lavori di rifacimento di una
struttura protettiva (tipo veranda) collocata all’esterno
dell’esercizio. Sennonché, il territorio del Comune di
Isernia è classificato come zona sismica (con R.D.
22.11.1937) e, dall’esame degli atti d’ufficio, non risulta
depositato il progetto strutturale dell’opera, che –a
quanto consta– non è un tettoia, bensì una struttura
chiusa, con vetrate installate su montanti metallici e travi
in legno in copertura, ancorato con staffe metalliche
all’antistante fabbricato in muratura, priva com’è di
fondazioni e realizzata con un sistema costruttivo non
consentito dalle vigenti norme tecniche anti-sismiche.
Il Servizio tecnico del Comune, avendo rilevato una
violazione di tipo sostanziale –in quanto l’opera è in
contrasto con i punti C1 e seguenti del D.M. 16.01.1996,
recante “norme tecniche per la costruzione in zona sismica”-
ha ordinato la riduzione in pristino, nonché l’adeguamento
della struttura, tutt’altro che provvisoria, realizzata in
difformità dalla concessione edilizia del 01.04.1996; ha
inoltre emesso, in via cautelare, l’ordine di sospensione
dei lavori.
Tra le altre cose, il Comune ha contestato alla ricorrente
anche il mancato rispetto delle prescrizioni imposte dalla
Soprintendenza per il beni archeologici e culturali di
Campobasso, con la nota prot. n. 12085 datata 22.06.1996.
La realizzazione di una veranda-gazebo, mediante chiusura a
mezzo di installazione di pannelli di vetro su intelaiatura
metallica, non ha natura precaria (cfr.: Tar Toscana
Firenze III, 30.01.2014 n. 185), né costituisce intervento di
manutenzione straordinaria o di restauro, ma è opera di
ristrutturazione soggetta a concessione edilizia (oggi a
permesso di costruire).
Non a caso, la ricorrente si è
munita di tale titolo: sennonché, ha realizzato in parziale
difformità, non ha rispettato le prescrizioni paesaggistiche
e non ha provato il rispetto delle norme di prevenzione
sismica. Ciò è sufficiente per ingiungere la sospensione dei
lavori e la remissione in pristino, senza che occorra una
particolare motivazione in ordine all'interesse pubblico,
che deve ritenersi “in re ipsa”, trattandosi di misura
finalizzata a garantire la sicurezza degli edifici e
l'ordinato, armonico sviluppo edilizio del territorio (cfr.:
Tar Molise I, 21.10.2011 n. 624).
IV - I motivi del ricorso e i motivi aggiunti sono, dunque,
destituiti di fondamento.
La tettoia, assentita con la concessione edilizia del 1997,
è in realtà un locale chiuso. Trattandosi di struttura
ancorata alla muratura dell’edificio, essa non può sottrarsi
alle verifiche antisismiche, di guisa che la mancanza del
deposito strutturale è valida motivazione per sospendere i
lavori e ordinare il ripristino. Non risulta assolto l’onere
di depositare il progetto esecutivo alla Sezione “Comuni
sismici” della Regione Molise – previsto dall’art. 7 della L.R. n. 20/1996 per tutti i lavori di costruzione (e questo
è un lavoro di costruzione!) e persino per le semplici
riparazioni.
Invero, la legge n. 64/1974, in materia di
particolari prescrizioni per costruzioni in zone sismiche,
non si riferisce al concetto di nuova costruzione, ma a
quello di realizzazione di una qualsiasi opera in zona
sismica, risultando, detto concetto, del tutto indifferente
e autonomo rispetto ad altre classificazioni valevoli nella
disciplina edilizia, tale da essere tendenzialmente
omnicomprensivo di tutte le vicende in cui venga in
questione la realizzazione di una costruzione (cfr.: Cons.
Stato IV, 12.06.2009 n. 3706).
Inoltre, le prescrizioni della Soprintendenza –di cui alla
nota del 22.06.1996- condizionano l’assenso edilizio alla
sostituzione del materiale cementizio con componenti in
legno, sennonché i pilastri della tettoia poggiano ancora su
vistosi basamenti in cemento. Tale elemento di sostanziale
difformità sarebbe, di per sé, sufficiente a giustificare la
misura ripristinatoria, di cui all’art. 31 del D.P.R. n.
380/2001 (cfr.: Cons. Stato VI, 30.04.2014 n. 2821).
Il mancato preavviso procedimentale non costituisce vizio di
legittimità, atteso che, in ragione del carattere vincolato
dell'atto, non occorre alcun avviso di avvio del
procedimento per gli atti sanzionatori in materia edilizia,
tra cui l'ordine di demolizione della costruzione abusiva;
non vi è, nella specie, la violazione dell'art. 7 della
legge n. 241 del 1990 (cfr.: Cons. Stato VI, 01.10.2014 n.
4878)
(TAR Molise,
sentenza 18.12.2014 n. 711 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Come chiarito dalla giurisprudenza "costituisce
ampliamento ovvero modifica del volume di un immobile, ai
sensi dell'art. 10, comma 1, lett. c), del d.P.R.
380/2001, la realizzazione di una veranda che,
indipendentemente dalla natura dei materiali usati ... sia
preordinata, sul piano funzionale, a soddisfare esigenze
stabilite”.
Ugualmente la giurisprudenza ha affermato che la
collocazione di una vetrata a chiusura di un terrazzo, in
mancanza della concessione, crea un vano autonomo ed integra
gli estremi del reato di costruzione abusiva; tale opera non
rientra, difatti, né tra quelle di manutenzione
straordinaria (regolate dall'art. 31 della legge n.
457/1978) e che mai possono consistere nell'esecuzione di
manufatti idonei ad alterare i volumi e le superfici delle
singole unità immobiliari, né tra le pertinenze assoggettate
ad autorizzazione gratuita (dall'art. 7 del d.l. n.
633/1981) e che consistono nella realizzazione di un vano
accessorio o a servizio di un'abitazione e non nella
creazione di un ambiente nuovo.
---------------
Accertato che la chiusura del balcone con la veranda
richiedeva il rilascio di un titolo edilizio, deve
escludersi la rilevanza sia dell’interesse pubblico che
dell’affidamento.
Infatti la motivazione dell’ordinanza di demolizione non
deve essere sorretta da alcuna specifica motivazione in
ordine alla sussistenza dell’interesse pubblico a disporre
la sanzione della demolizione, poiché l’abuso non può
giustificare alcun legittimo affidamento del contravventore
a veder conservata una situazione di fatto che il semplice
trascorrere del tempo non può legittimare.
Per quanto attiene, invece, la
chiusura del terrazzo il ricorso è infondato.
Come chiarito dalla giurisprudenza "costituisce ampliamento
ovvero modifica del volume di un immobile, ai sensi
dell'art. 10, comma l, lettera c), del d.P.R. 380/2001, la
realizzazione di una veranda che, indipendentemente dalla
natura dei materiali usati ... sia preordinata, sul piano
funzionale, a
soddisfare esigenze stabilite” (TAR Lazio, Roma, sez. I-quater, 16.05.2007, n. 4458; TAR
Campania, Napoli, sez. IV, 08.06.2007, n. 6038).
Ugualmente la giurisprudenza ha affermato che la
collocazione di una vetrata a chiusura
di un terrazzo, in mancanza della concessione, crea un vano
autonomo ed integra gli estremi del reato di costruzione
abusiva; tale opera non rientra, difatti, né tra quelle di
manutenzione straordinaria (regolate dall'art. 31 della
legge n. 457/1978) e che mai possono consistere
nell'esecuzione di manufatti idonei ad alterare i volumi e
le superfici delle singole unità immobiliari, né tra le
pertinenze assoggettate ad autorizzazione gratuita
(dall'art. 7 del d.l. n. 633/1981) e che consistono nella
realizzazione di un vano accessorio o a servizio di
un'abitazione e non nella creazione di un ambiente nuovo
(Corte di Cassazione, sentenza del 07.02.1983).
Accertato che la chiusura del balcone con la veranda
richiedeva il rilascio di un titolo edilizio, deve
escludersi la rilevanza sia dell’interesse pubblico che
dell’affidamento.
Infatti la motivazione dell’ordinanza di demolizione non
deve essere sorretta da alcuna specifica motivazione in
ordine alla sussistenza dell’interesse pubblico a disporre
la sanzione della demolizione, poiché l’abuso non può
giustificare alcun legittimo affidamento del contravventore
a veder conservata una situazione di fatto che il semplice
trascorrere del tempo non può legittimare (TAR Campania,
Napoli, sez. VI, 30.07.2007 n. 7130).
Deve inoltre escludersi che la veranda sia stata realizzata
prima del 1967 in considerazione dei risultati della
verificazione effettuata dal Comune, che data la sua
realizzazione ad un periodo di molto successivo.
In definitiva quindi il ricorso va parzialmente accolto
(TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 29.07.2014 n. 2108 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
La realizzazione di una
veranda, chiusa sui lati, costituisce una trasformazione
urbanistico-edilizia del preesistente manufatto idonea a
creare nuovo volume e perciò richiede il preventivo rilascio
del permesso di costruire.
Il Tribunale osserva, in contrario,
che l’assenza del duplice titolo, edilizio e paesistico,
necessario per l’edificazione in area vincolata, come,
appunto, è l’area interessata dall’intervento edilizio de
quo (cfr. motivazione dell’atto impugnato ove si richiama il d.m. 15.12.1959 in G.U.
06.05.1960 n. 110, che ha
dichiarato l’area di notevole interesse pubblico, e il
d.lgs. 22.01.2004 n. 42) costituisce presupposto
bastevole a reggere, sul piano motivazionale, l’atto
impugnato: l’intervento edilizio in contestazione ha,
infatti, determinato una immutatio loci in un territorio
protetto, non consentita –si ribadisce- senza il concorso
del titolo autorizzativo edilizio e di quello paesistico.
In
particolare, per quanto attiene alla tipologia edilizia in
esame, riconducibile ad un volume verandato sul terrazzo di
copertura di un preesistente edificio, è costante
l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale “la
realizzazione di una veranda, chiusa sui lati, costituisce
una trasformazione urbanistico-edilizia del preesistente
manufatto idonea a creare nuovo volume e perciò richiede il
preventivo rilascio del permesso di costruire” (ex multis,
TAR Campania, Napoli, sez. VIII, 22.08.2013, n. 4132; si
vedano anche TAR Campania, Napoli, sez. VI, nn. 1228/2012,
5223/2013, 5535/2013)
(TAR Campania-Napoli, Sez. VI,
sentenza 24.01.2014 n. 611 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno
2013 |
|
EDILIZIA PRIVATA:
Permesso di costruire: la veranda è da
considerare volume tecnico?
La realizzazione di una veranda, mediante la chiusura di un
terrazzo, è opera di ristrutturazione edilizia e non di
semplice manutenzione straordinaria e richiede il permesso
di costruire. Una veranda non costituisce un c.d. volume
tecnico, in quanto i volumi tecnici sono quelli strettamente
necessari a contenere quegli impianti tecnici indispensabili
per assicurare il confort abitativo degli edifici, che non
possano, per esigenze tecniche di funzionalità degli
impianti, essere inglobati entro il corpo della costruzione.
Il caso in esame riguarda un’ordinanza di demolizione di una
veranda realizzata, senza il permesso di costruire, mediante
la chiusura di un terrazzo.
Le questioni affrontate sono: a) se la realizzazione di una
veranda rientri tra le opere di manutenzione straordinaria
che non richiedono il permesso di costruire bensì la
s.c.i.a. (con conseguente illegittimità della sanzione
demolitoria perché doveva essere adottata una sanzione
pecuniaria); b) se veranda possa costituire un volume
tecnico.
Il TAR Campano si esprime per la legittimità dell’ordinanza
di demolizione gravata, affermando la necessità del permesso
di costruire e l’inconfigurabilità del volume tecnico.
In particolare, sul primo punto, rileva che la veranda,
sviluppando volumetria aggiuntiva ed essendo suscettibile di
autonoma fruibilità è opera di ristrutturazione edilizia e
non di semplice manutenzione straordinaria. La stessa,
difatti, chiudendo lo spazio soprastante la superficie
dell'originario terrazzo, crea nuovo volume mediante
l'aggregazione al preesistente organismo di una entità
edilizia ulteriore allo stesso organismo estranea.
Per la sua realizzazione è quindi necessario ottenere il
permesso di costruire.
Pertanto, legittimamente il Comune ha irrogato la sanzione
demolitoria contemplata per la sua assenza e non quella
pecuniaria prevista in caso di interventi soggetti a
s.c.i.a. e non preceduti da essa.
Sul secondo punto, la pronuncia rileva come la veranda non
costituisca un c.d. volume tecnico, in quanto per volumi
tecnici, ai fini dell'esclusione dal calcolo della
volumetria ammissibile, debbono intendersi i volumi
strettamente necessari a contenere e a consentire l'accesso
a quegli impianti tecnici indispensabili per assicurare il
confort abitativo degli edifici, che non possano, per
esigenze tecniche di funzionalità degli impianti, essere
inglobati entro il corpo della costruzione realizzabile nei
limiti imposti dalle norme urbanistiche.
Nel caso in esame la veranda è di altezza tale da poter
essere suscettibile di abitazione o di abitazione o di
assolvere a funzioni complementari, quale quella di
deposito, e non può quindi rientrare nella nozione di volume
tecnico.
---------------
Esito
Rigetta il ricorso
Precedenti conformi sulla necessità del
permesso di costruire per la veranda
TAR Campania Napoli sez. VII, 13.02.2013 n. 873; TAR
Campania Napoli Sez. IV, 23.01.2013, n. 440; TAR Piemonte
Torino Sez. I, 09.11.2012, n. 1181; TAR Campania Napoli,
sez. III, 18.01.2011, n. 281; TAR Campania Napoli, sez. IV,
16.12.2011 n. 5912; TAR Campania Napoli, IV, 17.02.2009, n.
847; TAR Liguria, sez. I, 31.12.2009, n. 4127; TAR Campania
Napoli, IV, 03.08.2007, n. 7258; Cass. pen. Sez. III,
08.10.2009, n. 42318; Cass. Pen., III, 26.04.2007, n. 35011
Precedenti conformi sulla nozione di volume
tecnico
Cons. Stato Sez. VI, 05.08.2013, n. 4086; TAR Campania,
Napoli, 08.04.2013 n. 1822; TAR Piemonte Sez. II,
27.03.2013, n. 389; Cons. Stato Sez. VI, 20.06.2012, n.
3578; Consiglio Stato, sez. IV, 04.05.2010, n. 2565; TAR
Puglia-Lecce, Sez. III - sentenza 15.01.2005 n. 143; TAR
Sicilia-Palermo Sez. I - sentenza 09.07.2007, n. 1749
(commento tratto da www.ipsoa.it - TAR Campania-Napoli, Sez.
IV,
sentenza 18.09.2013 n. 4337 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Nozione di veranda.
Una veranda è da considerarsi, in senso
tecnico-giuridico, un nuovo locale autonomamente
utilizzabile e difetta normalmente del carattere di
precarietà, trattandosi di opera destinata non a sopperire
ad esigenze temporanee e contingenti con la sua successiva
rimozione, ma a durare nel tempo, ampliando cosi il
godimento dell'immobile
(Corte di Cassazione, Sez. III
penale,
sentenza 17.09.2013 n. 38004 -
tratto da www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Nozione di veranda in senso tecnico-giuridico -
Esigenze temporanee e contingenti con successiva rimozione –
Orientamento conforme giurisprudenziale penale e
amministrativo - Artt. 36 e 44, lett. c), d.P.R. n. 380/2001
- Art. 184 d.Lgs. n. 42/2004.
Una veranda è da considerarsi, in senso tecnico-giuridico,
un nuovo locale autonomamente utilizzabile e difetta
normalmente del carattere di precarietà, trattandosi di
opera destinata non a sopperire ad esigenze temporanee e
contingenti con la sua successiva rimozione, ma a durare nel
tempo, ampliando così il godimento dell'immobile.
Sicché, la realizzazione di una veranda, anche mediante
chiusura a mezzo di installazione di pannelli di vetro su
intelaiatura metallica od altri elementi costruttivi, non
costituisce intervento di manutenzione straordinaria e di
restauro, ma è opera soggetta a permesso di costruire (
Cass., Sez. III: 18.09.2007, n. 35011, Camarda; 28.10.2004,
D'Amelio; 27.3.2000, n. 3879, Spaventi). Il medesimo
orientamento si rinviene nelle decisioni dei giudici
amministrativi (vedi Cons. Stato, Sez. V: 08.04.1999, n. 394
e 22.07.1992, n. 675, nonché Cons. giust. amm. sic., Sez.
riunite, 15.10.1991, n. 345) (Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 17.09.2013 n. 38004 - tratto da
www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
La realizzazione di una veranda, chiusa sui lati,
costituisce una trasformazione urbanistico-edilizia del
preesistente manufatto idonea a creare nuovo volume e perciò
richiede il preventivo rilascio del permesso di costruire.
---------------
Per l'identificazione della nozione di volume tecnico, ai
fini dell'esclusione dal calcolo della volumetria
ammissibile, occorre fare riferimento a tre ordini di
parametri: il primo, positivo, di tipo funzionale,
dovendo avere un rapporto di strumentalità necessaria con
l'utilizzo della costruzione; il secondo ed il
terzo negativi ricollegati, rispettivamente,
all'impossibilità di soluzioni progettuali diverse (nel
senso che tali costruzioni non devono essere ubicate
all'interno della parte abitativa) e ad un rapporto di
necessaria proporzionalità che deve sussistere fra i volumi
e le esigenze edilizie completamente prive di una propria
autonomia funzionale, anche potenziale, in quanto destinate
a contenere gli impianti serventi di una costruzione
principale stessa.
In virtù di tale ricostruzione, quindi, i volumi tecnici
degli edifici per essere esclusi dal calcolo della
volumetria non devono assumere le caratteristiche di vano
chiuso, utilizzabile e suscettibile di abitabilità.
Considerato in particolare che:
- in limine, è destituita di giuridico fondamento la censura
che si appunta sulla mancata valutazione delle osservazioni
rese dal ricorrente in seguito alla comunicazione di avvio
del procedimento ex art. 7 L. 07.08.1990 n. 241: in senso
contrario, rileva il Collegio che il diniego di sanatoria dà
conto dell’esame delle deduzioni di parte e del parere
contrario espresso dalla commissione edilizia e tanto è
sufficiente per ribadire la legittimità dell’azione
amministrativa, giacché l'obbligo di esame delle memorie di
parte non impone all’amministrazione un’analitica
confutazione in merito ad ogni argomento utilizzato dalle
parti stesse, essendo sufficiente un iter motivazionale che
renda nella sostanza percepibile la ragione del mancato
adeguamento dell'azione dell'amministrazione alle deduzioni
difensive del privato (Consiglio di Stato, Sez. VI, 07.01.2008 n. 17);
- l’impugnato provvedimento di rigetto della domanda di
sanatoria ex art. 36 D.P.R. 06.06.2001 n. 380 si fonda
legittimamente sulla natura e caratteristiche dell’opera
abusiva (veranda) che, contrariamente alle deduzioni del
ricorrente, non può essere qualificato come volume tecnico
(serra solare);
- con tutta evidenza, assecondando l’ardita tesi
dell’istante, qualsivoglia accorpamento di balcone, attuato
mediante chiusura con profili di alluminio e vetrate
trasparenti, consentirebbe di ottenere surrettiziamente
benefici volumetrici;
- viceversa, secondo condivisibile giurisprudenza, la
realizzazione di una veranda, chiusa sui lati, costituisce
una trasformazione urbanistico-edilizia del preesistente
manufatto idonea a creare nuovo volume e perciò richiede il
preventivo rilascio del permesso di costruire (TAR Campania
Napoli, Sez. III, 18.01.2011 n. 281);
- per l'identificazione della nozione di volume tecnico, ai
fini dell'esclusione dal calcolo della volumetria
ammissibile, occorre fare riferimento a tre ordini di
parametri: il primo, positivo, di tipo funzionale, dovendo
avere un rapporto di strumentalità necessaria con l'utilizzo
della costruzione; il secondo ed il terzo negativi
ricollegati, rispettivamente, all'impossibilità di soluzioni
progettuali diverse (nel senso che tali costruzioni non
devono essere ubicate all'interno della parte abitativa) e
ad un rapporto di necessaria proporzionalità che deve
sussistere fra i volumi e le esigenze edilizie completamente
prive di una propria autonomia funzionale, anche potenziale,
in quanto destinate a contenere gli impianti serventi di una
costruzione principale stessa;
- in virtù di tale ricostruzione, quindi, i volumi tecnici
degli edifici per essere esclusi dal calcolo della
volumetria non devono assumere le caratteristiche di vano
chiuso, utilizzabile e suscettibile di abitabilità;
- non appare sostenibile l'affermata funzione di “serra
solare” della veranda che, da un lato, si limita ad una mera
petizione di principio sfornita di ogni dato in ordine alla
prestazione energetica e, dall’altro, non appare coerente
con le caratteristiche del vano chiuso con la veranda che
risulta autonomamente utilizzabile a fini abitativi (cfr.
annotazione di servizio della Stazione Carabinieri di Mignano
Monte Lungo del 15.11.2012 che accertava la presenza di
caldaia a gas e di una cucina dismessa, contatore del gas e
lavabo)
(TAR Campania-Napoli, Sez. VIII,
sentenza 22.08.2013 n. 4132 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA: La
trasformazione di balconi, terrazze o altri sporti di un
edificio in verande mediante opere cementizie o
incorporazioni di strutture metalliche in parti murarie a
sostegno di pareti di materiale vitreo o quant’altro
contribuisca a intercludere stabilmente lo spazio per
renderlo abitabile o più convenientemente utilizzabile, è
attività edilizia che non rientra nel regime eccezionale
dell’autorizzazione comunale, bensì in quello ordinario
della concessione edilizia, non trattandosi di manutenzione
straordinaria, né di opera di recupero abitativo, né di
pertinenza dell’edificio, né di impianto tecnologico al suo
servizio.
La giurisprudenza è consolidata nel ritenere che
la trasformazione di balconi, terrazze o altri sporti di un
edificio in verande mediante opere cementizie o
incorporazioni di strutture metalliche in parti murarie a
sostegno di pareti di materiale vitreo o quant’altro
contribuisca a intercludere stabilmente lo spazio per
renderlo abitabile o più convenientemente utilizzabile, è
attività edilizia che non rientra nel regime eccezionale
dell’autorizzazione comunale, bensì in quello ordinario
della concessione edilizia, non trattandosi di manutenzione
straordinaria, né di opera di recupero abitativo, né di
pertinenza dell’edificio, né di impianto tecnologico al suo
servizio (ex multis Cassazione, Sez. III 20.04.1983
n. 3398)
(TAR Campania-Salerno, Sez. II,
sentenza 05.03.2013 n. 519 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno
2012 |
|
EDILIZIA
PRIVATA:
La realizzazione di una veranda, comportando
l’aumento della superficie utile, determina una modifica del
precedente organismo edilizio e deve essere qualificata come
intervento di ristrutturazione edilizia secondo quanto
previsto dall’art. 3, lettera d), d.p.r. n. 380/2001.
Ne consegue che, ai sensi dell’art. 10, comma 1°, lettera
c), d.p.r. n. 380/2001, l’intervento in esame avrebbe dovuto
essere assentito con permesso di costruire la cui mancanza
legittima l’applicazione della sanzione demolitoria prevista
dall’art. 33 del medesimo testo normativo e applicata con
provvedimento impugnato.
La realizzazione di una veranda, comportando l’aumento della superficie
utile, determina una modifica del precedente organismo
edilizio e deve essere qualificata come intervento di
ristrutturazione edilizia secondo quanto previsto dall’art.
3, lettera d), d.p.r. n. 380/2001 (TAR Marche n. 39/2012; TAR
Campania–Napoli n. 5912/2011).
Ne consegue che, ai sensi dell’art. 10, comma 1°, lettera c),
d.p.r. n. 380/2001, l’intervento in esame avrebbe dovuto
essere assentito con permesso di costruire la cui mancanza
legittima l’applicazione della sanzione demolitoria prevista
dall’art. 33 del medesimo testo normativo e applicata con
provvedimento impugnato.
Dall’esame degli atti di causa emerge che la veranda in
esame, quale che sia l’intervento concretamente posto in
essere in tempi recenti (mera sostituzione di struttura
preesistente, come prospettano le ricorrenti, o
realizzazione ex novo della stessa), è sprovvista di idoneo
titolo edilizio abilitativo.
Per altro, la risalenza dell’opera ad epoca antecedente al
1967, per come concretamente dedotta nel gravame, è
circostanza che, al più, legittima il trasferimento per atto
inter vivos dei manufatti, così come previsto dall’art. 46
d.p.r. n. 380/2001, ma non determina la regolarità edilizia
degli stessi dal momento che già l’art. 31 l. n. 1150/1942
richiedeva la “licenza” del sindaco per la realizzazione di
opere quali quella oggetto di causa “nei centri abitati”
(TAR Sicilia–Palermo n. 1735/2011).
Pertanto, la prospettata risalenza del manufatto ad epoca
anteriore al 1967 non influisce sull’abusività dello stesso
e, pertanto, sulla legittimità della sanzione demolitoria
irrogata con il provvedimento impugnato (TAR Lazio, Roma, Sez. I-quater,
sentenza 13.11.2012 n. 9300 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Ai sensi dell'art. 3, d.P.R.
06.06.2001 n. 380, la costruzione di una
veranda, con conseguente incremento di
superficie utile e mutamento di destinazione
d’uso della superficie occupata dal balcone
che comporta un aumento di volumetria, deve
essere qualificata ristrutturazione
edilizia, in quanto si risolve nella
realizzazione di un organismo diverso dal
precedente per struttura e destinazione e
quindi, ai sensi dell'art. 10, stesso d.P.R.,
richiede il previo rilascio del permesso di
costruire in mancanza del quale è legittimo
l'ordine di demolizione.
La
realizzazione di una veranda cui consegua un
aumento di volumetria deve essere
qualificata, ai sensi dell'art. 3 del d.P.R.
n. 380 del 2001, come ristrutturazione
edilizia, in quanto comporta per effetto
dell'aumento di volumetria correlata, la
realizzazione di un organismo diverso dal
precedente per struttura e destinazione.
L'intervento in questione, secondo quanto
previsto dall'art. 10 del d.P.R. n. 380 del
2001, deve essere quindi assentito con
permesso di costruire il che determina la
legittimità della prescrizione demolitoria
irrogata con il provvedimento impugnato.
RITENUTO:
► che, analogamente, con riferimento alla
contestata installazione di una veranda in
alluminio sul balcone adibita in parte a
ripostiglio, la documentazione versata in
atti, costituita da una relazione redatta da
un geometra, peraltro non giurata e dagli
elaborati planimetrici ad essa allegati, in
mancanza di riproduzioni fotografiche
aggiornate dello stato dei luoghi, sono
inidonei a dimostrare la assunta natura
precaria e pertinenziale dell’opera, specie
considerando che sugli elaborati redatti dal
tecnico risulta rappresentato il solo
ripostiglio, mentre l’ordinanza redatta
all’esito del sopralluogo eseguito dai
tecnici comunali descrive chiaramente una
veranda adibita “solo in parte” a
ripostiglio.
Ai sensi dell'art. 3, d.P.R. 06.06.2001 n. 380, la costruzione di una
veranda, con conseguente incremento di
superficie utile e mutamento di destinazione
d’uso della superficie occupata dal balcone
che comporta un aumento di volumetria, deve
essere qualificata ristrutturazione
edilizia, in quanto si risolve nella
realizzazione di un organismo diverso dal
precedente per struttura e destinazione e
quindi, ai sensi dell'art. 10, stesso d.P.R.,
richiede il previo rilascio del permesso di
costruire in mancanza del quale è legittimo
l'ordine di demolizione.
Recente la
giurisprudenza ha infatti precisato che la
realizzazione di una veranda cui consegua un
aumento di volumetria deve essere
qualificata, ai sensi dell'art. 3 del d.P.R.
n. 380 del 2001, come ristrutturazione
edilizia, in quanto comporta per effetto
dell'aumento di volumetria correlata, la
realizzazione di un organismo diverso dal
precedente per struttura e destinazione.
L'intervento in questione, secondo quanto
previsto dall'art. 10 del d.P.R. n. 380 del
2001, deve essere quindi assentito con
permesso di costruire il che determina la
legittimità della prescrizione demolitoria
irrogata con il provvedimento impugnato (cfr.
TAR Lazio Roma, sez. I, 01.09.2010, n. 32098; Tar Sicilia, Catania sez. II,
07.05.2012 n. 2079; Tar Napoli, sez. IV 04.02.2011 n. 716) (TAR Campania-Napoli, Sez. VIII,
sentenza 31.07.2012 n. 3710 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
D. Palombella,
Trasformazione del balcone in veranda -
Chiusura di balconi e terrazze con infissi e
strutture vetrate, casistica completa dei
possibili interventi e dei profili
autorizzatori: il punto di vista della
Giurisprudenza, problematiche condominiali,
situazione nelle varie regioni, ruolo dei
regolamenti comunali, riflessi fiscali,
sanzioni (Quaderni di Legislazione Tecnica
n. 2/2012). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Negare la sanatoria di una veranda al piano primo adibita
a lavanderia, in quanto “l’intervento per ubicazione,
consistenza e materiali utilizzati alterano negativamente il
sito oggetto di tutela” risulta che la motivazione è
apodittica ed insufficiente ad evidenziare le ragioni per
cui l'opera sarebbe incompatibile con le esigenze di tutela
paesaggistica.
Nei casi in cui la discrezionalità tecnico/amministrativa
abbia un ruolo considerevole, un diniego di nulla-osta deve
essere assistito da una motivazione concreta sulla realtà
dei fatti e sulle ragioni ambientali ed estetiche che
sconsigliano alla P.A. di non ammettere un determinato
intervento: affermare che un determinato intervento
compromette gli equilibri ambientali della zona interessata
per le incongruenze fra tipologia e materiali scelti e
contesto paesaggistico senza nulla aggiungere, non spiega
alcunché sul futuro danno alle bellezze ambientali che ne
deriverebbe ed è un mero postulato apodittico.
Per quanto concerne la motivazione idonea a sorreggere un
provvedimento di diniego del richiesto nulla-osta per la
costruzione in area soggetta a vincolo paesaggistico, deve
chiarirsi che l'Amministrazione non può limitare la sua
valutazione al mero riferimento ad un pregiudizio
ambientale, utilizzando espressioni vaghe o formule
stereotipate, ma tale motivazione deve contenere una
sufficiente esternazione delle specifiche ragioni per le
quali si ritiene che un'opera non sia idonea ad inserirsi
nell'ambiente, attraverso l'individuazione degli elementi di
contrasto; pertanto, occorre un concreto ed analitico
accertamento del disvalore delle valenze paesaggistiche.
... per l'annullamento del provvedimento comunale 03.12.1997
prot. 54510/19610/10 di diniego concessione in sanatoria.
...
E' fondato il secondo motivo, in forza del quale il parere
della CEI -cui rinvia il provvedimento impugnato- è affetto
da carenza di motivazione. Infatti, come già accennato, la
CEI ha espresso parere negativo, in relazione alla sanatoria
della veranda al piano primo adibita a lavanderia, in quanto
“l’intervento per ubicazione, consistenza e materiali
utilizzati alterano negativamente il sito oggetto di tutela”.
Tale motivazione, per costante giurisprudenza, è apodittica
ed insufficiente ad evidenziare le ragioni per cui l'opera
sarebbe incompatibile con le esigenze di tutela
paesaggistica.
L'amministrazione, infatti, ha negato il rilascio della
concessione in sanatoria stante l'asserita incompatibilità
degli interventi con il vincolo e tale incompatibilità viene
fatta genericamente derivare dalla “consistenza”
dell’intervento e dai materiali utilizzati, il tutto senza
che sia offerta alcuna descrizione del vincolo, delle
strutture e dei materiali e, tantomeno, senza che siano
individuate le specifiche caratteristiche dell'opera che si
porrebbero concretamente in contrasto con le esigenze di
tutela poste dal vincolo.
In fattispecie affini alla presente, la giurisprudenza
amministrativa ha avuto modo di precisare che "nei casi
in cui -come quello in esame- la discrezionalità
tecnico/amministrativa abbia un ruolo considerevole, un
diniego di nulla-osta deve essere assistito da una
motivazione concreta sulla realtà dei fatti e sulle ragioni
ambientali ed estetiche che sconsigliano alla P.A. di non
ammettere un determinato intervento: affermare che un
determinato intervento compromette gli equilibri ambientali
della zona interessata per le incongruenze fra tipologia e
materiali scelti e contesto paesaggistico senza nulla
aggiungere, non spiega alcunché sul futuro danno alle
bellezze ambientali che ne deriverebbe ed è un mero
postulato apodittico" (TAR Liguria, sez. I, 22.12.2008,
n. 2187).
Ed ancora: "Per quanto concerne la motivazione idonea a
sorreggere un provvedimento di diniego del richiesto nulla
osta per la costruzione in area soggetta a vincolo
paesaggistico, deve chiarirsi che l'Amministrazione non può
limitare la sua valutazione al mero riferimento ad un
pregiudizio ambientale, utilizzando espressioni vaghe o
formule stereotipate, ma tale motivazione deve contenere una
sufficiente esternazione delle specifiche ragioni per le
quali si ritiene che un'opera non sia idonea ad inserirsi
nell'ambiente, attraverso l'individuazione degli elementi di
contrasto; pertanto, occorre un concreto ed analitico
accertamento del disvalore delle valenze paesaggistiche"
(TAR Campania, Napoli, sez. VIII, 10.11.2010, n. 23751).
Alla luce di tali precisazioni, risulta di tutta evidenza
come lo stringato rilievo posto a fondamento degli impugnati
provvedimenti di diniego sia del tutto inidoneo a costituire
sufficiente supporto motivazionale degli stessi, poiché esso
non rende conto in alcun modo né delle caratteristiche del
bene tutelato né delle specifiche ragioni per cui le opere
sarebbero incompatibili con l'ambiente.
Si tratta, perciò, di motivazione solo apparente che, come
correttamente rilevato dalla difesa della ricorrente, non
consente all'interessata di individuare gli elementi
specifici delle opere che siano eventualmente in contrasto
con il bene tutelato e, in ipotesi, di apprestare interventi
di adeguamento alle esigenze di tutela.
Per queste ragioni, il ricorso è fondato e deve essere
accolto (TAR Veneto, Sez. II,
sentenza 25.05.2012 n. 738 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
anno
2011 |
|
EDILIZIA
PRIVATA:
1. Realizzazione di veranda chiusa sui
lati - Trasformazione edilizio-urbanistica - Sussiste -
Permesso costruire - Necessità.
2. Manutenzione ordinaria - Presupposti - Possibilità di
ampliamento - Non sussiste.
1. E'
necessario un titolo edilizio per la realizzazione di una
veranda, chiusa sui lati, in quanto essa costituisce una
trasformazione urbanistico-edilizia del preesistente
manufatto idonea a creare nuovo volume.
2. La manutenzione ordinaria presuppone opere di
riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture
degli edifici, e quelle necessarie ad integrare o mantenere
in efficienza gli impianti tecnologici esistenti, senza che
possa essere ammesso alcun ampliamento (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 08.09.2011 n. 2183 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
La realizzazione di una veranda cui
consegua un aumento di volumetria deve essere qualificata,
ai sensi dell'art. 3 del d.P.R. n. 380 del 2001, come
ristrutturazione edilizia in quanto essa comporta, in
conseguenza dell'aumento di volumetria correlata, la
realizzazione di un organismo diverso dal precedente per
struttura e destinazione.
Anche di recente la giurisprudenza ha precisato che la
realizzazione di una veranda cui consegua un aumento di
volumetria deve essere qualificata, ai sensi dell'art. 3 del
d.P.R. n. 380 del 2001, come ristrutturazione edilizia in
quanto essa comporta, in conseguenza dell'aumento di
volumetria correlata, la realizzazione di un organismo
diverso dal precedente per struttura e destinazione.
L'intervento in questione -secondo quanto previsto dall'art.
10 del d.P.R. n. 380 del 2001- deve essere assentito con
permesso di costruire, nella fattispecie non conseguito
dall'interessato, il che comporta la legittimità della
prescrizione demolitoria irrogata con il provvedimento
impugnato (così TAR Lazio Roma, sez. I, 01.09.2010, n.
32098) (TAR Molise,
sentenza 01.06.2011 n. 310 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Realizzazione di una veranda con
conseguente aumento di volumetria - Ristrutturazione
edilizia.
La realizzazione di una veranda cui consegua un aumento di
volumetria deve essere qualificata, ai sensi dell'art. 3 del
d.P.R. n. 380 del 2001, come ristrutturazione edilizia in
quanto essa comporta, in conseguenza dell'aumento di
volumetria correlata, la realizzazione di un organismo
diverso dal precedente per struttura e destinazione (TAR
Lazio Roma, sez. I, 01.09.2010, n. 32098) (TAR Molise, Sez.
I,
sentenza 01.06.2011 n. 310 - link a
www.ambientediritto.it). |
CONDOMINIO:
Verande in condominio tra limiti e
divieti.
Una recente sentenza della Corte di
Cassazione ribadisce un consolidato indirizzo: i lavori di
chiusura di un balcone necessitano di un permesso di
costruire e non possono essere considerati interventi di
manutenzione straordinaria.
La Corte di Cassazione, Sez. III penale, è intervenuta
recentemente, con la nuova
sentenza 11.05.2011 n. 18507 con cui non solo
ribadisce ma consolida ulteriormente un orientamento che,
negli ultimi anni, sia la stessa Corte sia i giudici
amministrativi avevano già confermato.
In buona sostanza, i giudici della Suprema Corte ribadiscono
che: “La trasformazione di un balcone o di un terrazzino
circondato da muri perimetrali in veranda, o di un
terrapieno et similia mediante chiusura a mezzo di
installazione di pannelli di vetro su intelaiatura metallica
o altri elementi costruttivi, non costituisce intervento di
manutenzione straordinaria, di restauro o pertinenziale, ma
è opera già soggetta a concessione edilizia e attualmente a
permesso di costruire”.
Nel ribadire tale principio i giudici, nel corso della
motivazione, si rifanno a molteplici pronunzie dello stesso
ente giudicante (Cass., Sez., sent. n. 35011/2007 e sent. n.
25588/2004).
Inoltre lo stesso orientamento è stato confermato dai
giudici amministrativi (Cons. Stato, Sez. V, sent. n. 394
dell’08.04.1999 e sent. n. 675 del 22.07.1992, Cons. giust.
amm. Sic., Sez. riunite, sent. n. 345 del 15.10.1991).
Problemi definitori e requisiti tecnici per
la costruzione.
Il codice civile non contiene una disciplina specifica in
materia di verande in condominio. Quindi potremmo
considerare la veranda come “un manufatto costruttivo che
determina una modifica esterna della facciata dell’edificio,
suscettibile di rilievo urbanistico, ma privo di
individualità propria, in quanto destinato a integrare il
restante edificio” [1].
Tale manufatto va considerato come un nuovo locale
autonomamente utilizzabile e difetta normalmente del
carattere di precarietà, trattandosi di opera destinata non
a sopperire a esigenze temporanee con la successiva
rimozione, ma a durare nel tempo, ampliando così il
godimento dell’immobile [2].
La lacuna codicistica viene comunque superata mediante
l’interpretazione fornita dalla giurisprudenza in
riferimento alla disciplina contenuta nel D.P.R. 380 del
06.06.2001 (T.U. edilizia) e nella legge 47 del 28.02.1985
(Norme in materia di controllo dell’attività
urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle
opere edilizie).
Secondo la giustizia amministrativa, premesso che la
realizzazione di una veranda comporti l’aumento della
superficie utile di un appartamento e la modifica esterna
della sagoma dell’edificio, ne discende che il suddetto
intervento richieda il previo rilascio della concessione di
costruzione (Cons. Stato, Sez. V, sent. n. 394
dell’08.04.1999 e sent. n. 675 del 22.07.1992).
Vi è da precisare che a questo assunto ci si è arrivati dopo
un lungo iter interpretativo perché per quanto riguarda poi
la nozione di “costruzioni” ai fini del rilascio
della concessione edilizia, il Consiglio di Stato,
accogliendo il costante orientamento della giurisprudenza di
merito, ha stabilito che per “costruzioni” ai fini
del rilascio del suddetto provvedimento concessorio debbano
intendersi le opere che attuano una trasformazione
urbanistico- edilizia del territorio, con perdurante
modifica dello stato dei luoghi, a prescindere dalla
circostanza che essa avvenga mediante realizzazione di opere
murarie: è infatti irrilevante che le opere siano realizzate
in metallo, in laminati di plastica, in legno o altro
materiale, laddove comportino la trasformazione del tessuto
urbanistico ed edilizio.
Inoltre si precisa che, pure nel caso di costruzioni non
infisse al suolo ma aderenti a esso che alterino in modo
rilevante e duraturo nel tempo lo stato del terreno, quali
una roulotte con veranda su pavimento in cemento e
piattaforma di legno, si dispone la necessità del rilascio
della concessione edilizia. Infatti per “sagoma di un
edificio” si intende la figura piana risultante dal
contorno esterno dell’edificio, proiettato sul piano
orizzontale e sui piani verticali, con esclusione delle
sporgenze che non concorrono alla definizione di superficie
coperta, come i balconi, gli aggetti ornamentali e le
tettoie a sbalzo; di conseguenza, non possono esservi dubbi
sulla circostanza che per la realizzazione della veranda sia
obbligatorio il rilascio della concessione di costruzione
(TAR Veneto, Sez. II, sent. n. 1216 del 10.02.2003).
Il principio giuridico richiamato viene ulteriormente
ribadito dall’ulteriore previsione secondo la quale il
carattere di precarietà, addebitabile alla struttura-veranda
da realizzare, non esime l’interessato a munirsi della
concessione a costruire: in particolare, “sono soggette a
concessione edilizia non le sole attività di edificazione,
ma tutte quelle consistenti nella modificazione dello stato
materiale e della conformazione del suolo per adattarlo a un
impiego diverso da quello che gli è proprio, in relazione
alla sua condizione naturale e alla sua qualificazione
giuridica, e a nulla rileva l’eventuale precarietà della
struttura da realizzare” (TAR Campania, Sez. IV, sent.
n. 2451 del 28.02.2006).
Tipologie di verande e relativa concessione
edilizia richiesta.
Dal punto di vista strutturale possiamo distinguere diverse
tipologie di verande:
- pannelli in vetro e alluminio sul parapetto di un balcone
già chiuso;
- veranda-ripostiglio;
- veranda con pannelli scorrevoli o struttura grigliata in
cemento.
Pannelli in vetro e alluminio sul parapetto
di un balcone già chiuso.
Per tali fattispecie è sancito l’obbligo della concessione
edilizia per il condomino che procedeva all’installazione di
pannelli in vetro e alluminio sul parapetto di un balcone
già chiuso per i restanti lati da muri perimetrali
dell’edificio preesistente, in ragione del fatto che
l’installazione di tali pannelli determinava:
a. la realizzazione di un nuovo locale autonomamente
utilizzabile;
b. l’aumento della superficie utile;
c. la modifica della sagoma dell’edificio stesso [3].
Veranda-ripostiglio.
Di medesimo avviso è la pronuncia del TAR Campania, in cui
si è escluso che possa farsi rientrare nella categoria degli
interventi di manutenzione straordinaria la realizzazione di
una veranda-ripostiglio che doti l’appartamento di una
struttura nuova e aggiuntiva, estranea morfologicamente e
funzionalmente all’originaria conformazione dell’immobile
condominiale (TAR Campania, sent. n. 2708 del 12.06.2001).
Veranda con pannelli scorrevoli o struttura
grigliata in cemento.
La giurisprudenza ha ritenuto che in questo caso non si
verifichi un ampliamento di volume, con la conseguenza che
il condomino, ove decida di realizzare tale struttura, non
deve munirsi di concessione edilizia (TAR Sardegna, sent. n.
856 del 10.07.2003; TAR Liguria, sent. n. 843 del
03.07.2003).
Quando si richiede [4]
Non di rado si verifica l’ipotesi in cui sia chiuso a
veranda uno spazio già inglobato nelle preesistenti parti
dell’edificio: in tal caso le verande installate sono da
considerarsi come elementi accessori a un fabbricato, con
funzione di riparo dagli agenti atmosferici e di protezione
dall’accesso furtivo di terzi nell’abitazione. In merito a
tale fattispecie, si ritiene la non necessità della
concessione edilizia: il condomino dovrà dunque munirsi solo
di DIA dal momento che la strutturaveranda accessoria al
fabbricato assolve alla mera finalità di conservazione [5].
Sono assoggettati al regime della semplice denuncia di
inizio di attività quegli interventi, diretti alle predette
finalità, che consistono nell’installazione di “elementi
compatibili con le esigenze dell’ordinario uso dell’edificio
o della parte di esso cui accedono nel rispetto degli
elementi tipologici formali e strutturali dello stesso
edificio e della destinazione edilizio-urbanistica delle
varie parti di cui esso si compone” (TAR Lazio, Sez.
II-ter, sent. n. 1550 del 28.02.2002) [6].
Dal permesso di costruire alla SCIA [7]
L’attività di costruzione dei privati è vincolata da
modalità e strumenti normativi che hanno subìto, nel tempo,
sostanziali modifiche: si è passati dalla licenza edilizia
di cui alla legge 1150 del 17.08.1942, alla concessione
edilizia di cui alla legge 10 del 28.01.1977 (legge
Bucalossi), sino al permesso di costruire di cui al D.P.R.
380/2001.
La “licenza edilizia” era originariamente prevista
soltanto per ciò che riguardava le edificazioni da
effettuare sul territorio urbano ed era gratuita; inoltre,
era un provvedimento di natura autorizzatoria che, a seguito
di verifica della conformità tra l’attività costruttiva
richiesta e le previsioni degli strumenti urbanistici,
consentiva al privato l’esercizio della facoltà di
costruire, immanente al diritto di proprietà.
Con la legge 10/1977 (legge Bucalossi), la licenza edilizia
fu sostituita dalla “concessione edilizia”: la
facoltà di costruire veniva scissa dal diritto di proprietà,
sicché lo ius aedificandi diventava l’oggetto di uno
specifico provvedimento concessorio da parte della Pubblica
amministrazione. Tuttavia, con la sent. n. 5 del 30.01.1980,
era intervenuta apportando delle precisazioni relativamente
alla facoltà dello ius aedificandi.
Anche a seguito di queste indicazioni, nel 2001, con il
D.P.R. 380, entra in vigore il T.U. edilizia e la
concessione edilizia viene sostituita dal “permesso di
costruire”, rilasciato dallo Sportello Unico per
l’edilizia (art. 5).
Con l’approvazione del “D.L. Sviluppo”, il cui testo
è ormai definitivo dopo la pubblicazione in Gazzetta
Ufficiale (la n. 110 di venerdì 13.05.2011), vengono
apportate sostanziali modifiche al Testo Unico
dell’edilizia, definendo la procedura per il rilascio del
titolo abilitativo.
Per il rilascio del permesso di costruire viene introdotto
il silenzio-assenso entro un termine massimo di 90 giorni
(180 per i comuni con oltre centomila abitanti), salvo i
casi ove sussistano vincoli ambientali, paesaggistici e
culturali.
Il termine per le verifiche ex post da parte delle
amministrazioni sugli interventi realizzati con
(segnalazione certificata di inizio attività) viene
dimezzato da 30 giorni. L’ambito di applicazione viene
esteso agli interventi edilizi che, prima del “D.L.
Sviluppo”, erano soggetti a DIA, ma non sostituisce , né
i nulla osta e le autorizzazioni concedibili in caso di
vincoli paesaggistici, ambientali o culturali. Inoltre,
vengono liberalizzati i cambiamenti di destinazione in
deroga ai piani regolatori, e fino all’eventuale entrata in
vigore di leggi regionali specifiche sull’attività edilizia.
Riportiamo nella tabella 1 l’excursus normativo e le
attuali disposizioni.
Considerazioni conclusive.
Dall’iter giurisprudenziale tracciato possiamo trarre le
seguenti conclusioni:
a.
il condomino che intenda realizzare una struttura-veranda
dovrà sempre munirsi di concessione edilizia;
b.
invece, se si tratta di una struttura precaria, destinata a
far fronte a sue esigenze momentanee e a essere rimossa dopo
l’uso temporaneo; oppure è diretta al recupero del
patrimonio edilizio già esistente, o viene realizzata al
solo scopo di protezione dagli agenti atmosferici esterni
nei limiti della funzionalità dell’immobile, non è
necessaria la concessione edilizia;
c.
il condomino che realizzi una veranda senza il permesso di
costruire si renderebbe fautore di abusi edilizi, con
conseguente addebito di responsabilità amministrative e
penali;
d.
la chiusura di una veranda senza concessione rientra tra gli
interventi abusivi di ristrutturazione edilizia la cui
repressione comporta l’ingiunzione alla spontanea rimozione
dell’abuso: allo scadere del termine all’uopo fissato, è
prevista la demolizione d’ufficio, a spese del responsabile,
o, se il ripristino non sia possibile, l’irrogazione di una
sanzione pecuniaria pari al doppio dell’aumento di valore
dell’immobile conseguente alla realizzazione dell’opera, da
determinarsi con riguardo alla data di ultimazione dei
lavori;
e.
L’autorizzazione assembleare risulta necessaria qualora la
realizzazione del manufatto possa arrecare pregiudizio ad
alcuni condomini (cfr. Cass., sent. n. 10704 del 24 dicembre
1994 e sent. n. 5652 del 21.10.1980), o perché non vengano
rispettate le distanze legali fra le due proprietà (Cass.,
sent. n. 5652 del 21.10.1980).
In questa seconda ipotesi è opportuno che l’autorizzazione
venga formalizzata con atto notarile e successiva
trascrizione presso dei registri immobiliari. Tale formalità
consentirà di cautelarsi da eventuali azioni che potrebbero
essere intentate dall’acquirente in caso di vendita
dell’appartamento da parte del confinante [8].
Inoltre sarà opportuno in sede assembleare che il condomino
sottoponga il relativo progetto corredato da tutte le
informazioni inerenti il materiale e le modalità di
costruzione del manufatto. Ma anche in caso di delibera
favorevole, adottata a maggioranza, non potrà evitare
eventuali azioni legali da parte di singoli condomini (cfr.
Cass., sent. n. 3510 del 28.05.1980) che dovesse invocare
per esempio l’alterazione del decoro architettonico o
l’alterazione del profilo igienico (Cass., sent. n. 2543 del
07.07.1976).
TABELLA 1
- La disciplina della veranda abitabile costruita su un
terrazzo.
--------------------------------
Agevolazioni fiscali
Non è prevista la detrazione del 36% perché la costruzione
della veranda costituisce un incremento volumetrico.
La disciplina condominiale
Dal punto di vista della disciplina condominiale se la
veranda è costruita sul terrazzo è considerata
sopraelevazione; pertanto è da corrispondere ai condomini
l’indennità dell’art. 1127 cod. civ. L’opera non può essere
vietata dai condomini purché rispetti il decoro
architettonico, la sicurezza strutturale dell’edificio e se
non è esclusa dal regolamento contrattuale.
In presenza del riscaldamento centralizzato, la
trasformazione del balcone in veranda comporta la revisione
della tabella di riscaldamento.
La modifica della tabella di proprietà non è strettamente
necessaria, laddove non venga alterato in maniera notevole
il rapporto millesimale tra le proprietà esclusive,
all’interno del condominio.
Qualora il giudice ritenga che effettivamente vi sia stata
una notevole alterazione dei rapporti millesimali, la
perizia con cui si determinano i nuovi millesimi può tener
conto solo della nuova superficie aggiunta se l’ampliamento
riguardi piani o porzioni di piano della stessa altezza
degli altri.
Se, invece, l’addizione riguarda una serra o un sottotetto
che hanno parte della loro altezza inferiore alle altre, non
abitabile, il criterio corretto è quello del volume (Cass.,
sent. n. 7300/2010).
Permessi
Alcuni comuni non richiedono permessi se si tratta di un
ridotto ampliamento. Comunque devono essere sempre
rispettate le distanze legali.
IVA
Se l’ampliamento riguarda un’abitazione acquistata con i
benefici “prima casa”, l’IVA si applica al 4% (Ag. entrate,
circ. n. 19 dell’01.3.2001).
_____________________
[1] In dottrina vi sono diverse definizioni: alcuni
identificano la veranda nella chiusura, prevalentemente con
vetri, supportati su metallo o legno, di spazi scoperti come
balconi o terrazze, con opere effettuate dopo l’ultimazione
dell’edificio (F. Tamborrino, Codice tecnico-legale del
condominio, Milano, 2a ed., 2006, pagg. 125-126). Mentre De
Tilla la considera come balcone aggettante dalle mura
perimetrali di un edificio chiuso con vetrate. Cfr.
Dizionario del condominio, Milano, 2007, pag. 693.
[2] Secondo un’interpretazione giurisprudenziale
consolidata, una veranda non è da intendersi quale opera
precaria, in quanto non è destinata a sopperire a esigenze
temporanee e contingenti e quindi a essere rimossa, ma a
durare nel tempo, configurandosi quale nuovo locale
autonomamente utilizzabile e destinato ad ampliare il
godimento dell’immobile (Cass., sent. n. 24086 del
13.06.2008).
[3] Sulla fattispecie vedasi sent. n. 42318 del 18.09 cui ha
affermato, sulla base di consolidata giurisprudenza, che “la
realizzazione di una veranda, anche mediante chiusura a
mezzo di installazione di pannelli di vetro su intelaiatura
metallica o altri elementi costruttivi, non costituisce
intervento di manutenzione straordinaria e di restauro, ma è
opera soggetta a permesso di costruire”. In un altro caso
sempre affrontato dalla Cassazione si è stabilito che anche
la trasformazione di un balcone o di un terrazzino
circondato da muri perimetrali in veranda è opera soggetta a
concessione edilizia (Cass., sent. n. 3879 del 27.03.2000;
Trib. Chieti 19.04.2007).
[4] Il recente “Decreto Sviluppo”, emanato in data
05.05.2011 apportato notevoli modifiche in merito a questo
istituto. Si rimanda il lettore, per ulteriori
approfondimenti, all’articolo pubblicato sul C.I. n. 885,
pag. 1036.
[5] P. Marzaro Gamba, La denuncia d’inizio di attività
edilizia: profili sistematici, sostanziali e processuali,
Milano 2005, pagg. 65-91.
[6] Però, su una fattispecie analoga, lo stesso TAR Lazio
(sent. n. 9570 del 05.11.2003) ha escluso l’esentabilità dal
regime della concessione edilizia per una veranda apposta da
un condomino su un terrazzino del proprio appartamento,
confinante con quello condominiale, ritenendo che tale
intervento non avesse esclusivamente una finalità di riparo
compatibile con l’uso ordinario dell’abitazione: con la
costruzione si era infatti creato un nuovo spazio
interamente chiuso, utilizzabile come nuovo piccolo locale,
e che arrecava una visibile alterazione allo stesso terrazzo
condominiale.
[7] Per approfondimenti sulle recenti novità introdotte sul
Piano casa si rinvia a S. Rezzonico-G. Tucci (a cura di),
Casa, tutti gli adempimenti e le agevolazioni per
ristrutturare, le Guide del Consulente immobiliare, giugno
2011, pagg. 33 e segg.
[8] G. Palmieri., Dizionario pratico del condominio, Milano,
2000, pag. 125
(tratto da
www.professioni-imprese24.ilsole24ore.com). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Trasformazione di balcone in veranda.
La
trasformazione di un balcone o di un terrazzino circondato
da muri perimetrali in veranda, o di un terrapieno et
similia mediante chiusura a mezzo di installazione di
pannelli di vetro su intelaiatura metallica od altri
elementi costruttivi, non costituisce intervento di
manutenzione straordinaria ,di restauro o pertinenziale, ma
è opera già soggetta a concessione edilizia ed attualmente a
permesso di costruire (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 11.05.2011 n. 18507
- link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
La trasformazione di un balcone o di un
terrazzino circondato da muri perimetrali in veranda, o di
un terrapieno et similia mediante chiusura a mezzo di
installazione di pannelli di vetro su intelaiatura metallica
od altri elementi costruttivi, non costituisce intervento di
manutenzione straordinaria, di restauro o pertinenziale, ma
è opera già soggetta a concessione edilizia ed attualmente a
permesso di costruire.
Una veranda è da considerarsi, in senso tecnico-giuridico,
un nuovo locale autonomamente utilizzabile e difetta
normalmente del carattere di precarietà trattandosi di opera
destinata, non a sopperire ad esigenze temporanee e
contingenti, ma a durare nel tempo, ampliando così il
godimento dell'immobile. Né può sostenersi che, nella
specie, il manufatto realizzato fosse destinato alla
protezione dagli agenti atmosferici allorché si consideri
che è stato ottenuto in concreto un nuovo vano adibito a
deposito.
Si osserva che la giurisprudenza di questa Corte Suprema è
costantemente orientata nel senso che la trasformazione di
un balcone o di un terrazzino circondato da muri perimetrali
in veranda, o di un terrapieno et similia mediante
chiusura a mezzo di installazione di pannelli di vetro su
intelaiatura metallica od altri elementi costruttivi, non
costituisce intervento di manutenzione straordinaria, di
restauro o pertinenziale, ma è opera già soggetta a
concessione edilizia ed attualmente a permesso di costruire
(cfr, tra le molteplici pronunzie, Cass., Sez. n. 35011 del
2007 Rv 237532; n. 25588 del 2004, rv 230419).
Il medesimo orientamento si rinviene nelle decisioni dei
giudici amministrativi (vedi Cons. Stato, Sez. 5:
08.04.1999, n. 394 e 22.07.1992, n. 675, nonché Cons. giust.
Amm. Sic. Sez. riunite, 15.10.1991, n. 345).
In particolare, una veranda è da considerarsi, in senso
tecnico-giuridico, un nuovo locale autonomamente
utilizzabile e difetta normalmente del carattere di
precarietà trattandosi di opera destinata, non a sopperire
ad esigenze temporanee e contingenti, ma a durare nel tempo,
ampliando così il godimento dell'immobile. Né può sostenersi
che, nella specie, il manufatto realizzato fosse destinato
alla protezione dagli agenti atmosferici allorché si
consideri che è stato ottenuto in concreto un nuovo vano
adibito a deposito (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 11.05.2011 n. 18507 - link a
www.lexambiente.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
L’intervento di sostituzione della
struttura metallica di una veranda con nuovi materiali non
comporta la realizzazione di un nuovo manufatto.
Quanto alla contestata “sostituzione della intelaiatura
in ferro e vetri, in alluminio verniciato”, deve infatti
ritenersi –proprio alla stregua della descrizione delle
opere effettuate- che tale intervento non abbia mutato le
caratteristiche costruttive della struttura, né abbia
condotto alla realizzazione di un manufatto del tutto nuovo
per consistenza e materiali utilizzati (cfr. TAR Lazio, sez.
II-ter, 12.02.2004, n. 1394 e, più recentemente, 02.11.2010,
n. 33108, proprio con riferimento ad un intervento di
sostituzione della struttura metallica di una veranda con
nuovi materiali; a contrariis, Cons. St., sez. VI,
09.09.2005, n. 4668).
Si tratta infatti di lavori diretti alla mera sostituzione o
rinnovo di parti dell'edificio, che non comportano alcuna
alterazione di volumi o di superfici e nemmeno alcun
mutamento della destinazione dell’unità immobiliare (Cons.
St., sez. IV, 22.03.2007, n. 1388; sez. V, 06.02.2003, n.
61) (TAR Lazio-Roma, Sez. II-ter,
sentenza 09.02.2011 n. 1283 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
anno
2010 |
|
EDILIZIA
PRIVATA:
L'installazione di pannelli in vetro ed
alluminio sul parapetto di un balcone già chiuso per i
restanti lati dai muri perimetrali dell'edificio è
qualificabile come intervento di trasformazione urbanistica
per la sua destinazione ad uso non limitato nel tempo e per
l'alterazione prodotta nello stato del territorio, stante il
suo rilievo ambientale e funzionale, e determina la
realizzazione di un nuovo locale autonomamente utilizzabile,
l'aumento della superficie utile e la modifica della sagoma
dell'edificio stesso e, pertanto, implica il previo rilascio
del titolo concessorio, a nulla rilevando l'eventuale
precarietà strutturale dell'opera realizzata, in quanto non
si traduca in un uso per fini contingenti e specifici.
La trasformazione di un balcone o di un terrazzo circondato
da muri perimetrali in veranda, mediante chiusura a mezzo di
installazione di pannelli di vetro su intelaiatura
metallica, non ha natura precaria né costituisce intervento
di manutenzione straordinaria o di restauro, ma è opera
soggetta a permesso di costruire.
Ed infatti l'installazione di pannelli in vetro ed alluminio
sul parapetto di un balcone già chiuso per i restanti lati
dai muri perimetrali dell'edificio è qualificabile come
intervento di trasformazione urbanistica per la sua
destinazione ad uso non limitato nel tempo e per
l'alterazione prodotta nello stato del territorio, stante il
suo rilievo ambientale e funzionale, e determina la
realizzazione di un nuovo locale autonomamente utilizzabile,
l'aumento della superficie utile e la modifica della sagoma
dell'edificio stesso e, pertanto, implica il previo rilascio
del titolo concessorio, a nulla rilevando l'eventuale
precarietà strutturale dell'opera realizzata, in quanto non
si traduca in un uso per fini contingenti e specifici (TAR
Campania Napoli, sez. IV, 28.02.2006, n. 2451) (TAR
Lazio-Roma, Sez. II-ter,
sentenza 22.12.2010 n. 38237 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Una veranda è da considerarsi, in senso
tecnico-giuridico, un nuovo locale autonomamente
utilizzabile e difetta normalmente del carattere di
precarietà, trattandosi di opera destinata non a sopperire
ad esigenze temporanee e contingenti con la sua successiva
rimozione, ma a durare nel tempo, ampliando così il
godimento dell'immobile.
La trasformazione di un balcone o di un terrazzino
circondato da muri perimetrali in veranda, mediante chiusura
a mezzo di installazione di pannelli di vetro su
intelaiatura metallica, non ha natura precaria né
costituisce intervento di manutenzione straordinaria o di
restauro, ma è opera soggetta a permesso di costruire.
Secondo la Cassazione penale, sez. III, 10.01.2008, n.
14329: “In materia edilizia, una veranda è da
considerarsi, in senso tecnico-giuridico, un nuovo locale
autonomamente utilizzabile e difetta normalmente del
carattere di precarietà, trattandosi di opera destinata non
a sopperire ad esigenze temporanee e contingenti con la sua
successiva rimozione, ma a durare nel tempo, ampliando così
il godimento dell'immobile"; analogamente Cassazione
penale, sez. III, 26.04.2007, n. 35011, per cui: “La
trasformazione di un balcone o di un terrazzino circondato
da muri perimetrali in veranda, mediante chiusura a mezzo di
installazione di pannelli di vetro su intelaiatura
metallica, non ha natura precaria né costituisce intervento
di manutenzione straordinaria o di restauro, ma è opera
soggetta a permesso di costruire”.
In terminis: Consiglio Stato, sez. VI, 27.01.2003, n.
419, secondo cui: “La nozione di costruzione, ai fini del
rilascio della concessione edilizia, si configura in
presenza di opere che attuino una trasformazione
urbanistico-edilizia del territorio, con perdurante modifica
dello stato dei luoghi, a prescindere dal fatto che essa
avvenga mediante realizzazione di opere murarie; infatti è
irrilevante che le dette opere siano realizzate in metallo,
in laminati di plastica, in legno o altro materiale, laddove
comportino la trasformazione del tessuto urbanistico ed
edilizio (nella specie il C.d.S. ha considerato nuova
costruzione o ampliamento della costruzione esistente una
veranda stabilmente infissa al suolo con profondità dalla
parete esterna al pilastro di sostegno di mt. 5,20, con
dimensioni planimetriche di mt. 7,15 x 5,07 avente
un'altezza nella parte superiore di mt. 2,85 e nella parte
inferiore di mt. 2,80, sotto il profilo funzionale
preordinata a soddisfare la non precaria esigenza del
titolare di un pubblico esercizio”. Infine, tra le
tante: TAR Campania Napoli, sez. VI, 03.08.2007, n. 7258;
TAR Campania Napoli, sez. IV, 08.06.2007, n. 6038)
(TAR Lombardia-Milano, Sez.
IV,
sentenza 10.12.2010 n. 7497 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
anno
2009 |
|
EDILIZIA
PRIVATA:
Veranda.
La tenda
collegata al muro con intelaiatura in acciaio e con
tamponamenti in materiale plastico, così come la tenda
collegata al muro e con tamponamenti di vetro, deve
qualificarsi veranda che richiede il permesso di costruire
ai sensi dell’art. 20 del DPR n. 380 del 2001, la cui
mancanza comporta le sanzioni di cui all’art. 44 del citato
DPR (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 04.11.2009 n. 42318 - tratto da
www.lexambiente.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Le opere
perimetrali di chiusura di una tettoia non sono
riconducibili a quelle di completamento funzionale in quanto
trasformano radicalmente il manufatto in un locale chiuso
con un diverso grado di funzionalità.
Le opere che trasformino una tettoia in un edificio non
costituiscono un completamento funzionale ma una
trasformazione dell’originario manufatto in un qualcosa di
nuovo.
La trasformazione di un balcone o di un terrazzino
circondato da muri perimetrali in veranda, mediante chiusura
a mezzo di installazione di pannelli di vetro su
intelaiatura metallica, determina la realizzazione di un
nuovo vano in tal modo ponendo in essere un aumento della
volumetria.
La sostituzione di una preesistente tenda parasole con un
porticato non costituisce intervento di manutenzione
straordinaria, stante la prevalenza del momento
trasformativo innovativo rispetto a quello conservativo, ed
è soggetta a concessione edilizia, rientrando nelle opere
previste dall'art. 31, lett. d), l. n. 457 del 1978.
Come è stato condivisibilmente sostenuto (cfr. TAR Lazio
Sez. 2° 01.06.2001 n. 4843), le opere perimetrali di
chiusura di una tettoia non sono riconducibili a quelle di
completamento funzionale in quanto trasformano radicalmente
il manufatto in un locale chiuso con un diverso grado di
funzionalità. Invero, la tettoia costituisce struttura
manufatto autonomamente utilizzabile, come tale non
necessitante di tamponature laterali.
La giurisprudenza amministrativa ha in proposito rilevato
che non possono qualificarsi come opere di completamento
funzionale quelle che si traducono nella creazione di un
quid novi rispetto alla consistenza strutturale e
tipologica del manufatto già realizzato e che attribuiscono
una diversa caratterizzazione funzionale allo stesso, sicché
le opere che trasformino una tettoia in un edificio non
costituiscono un completamento funzionale ma una
trasformazione dell’originario manufatto in un qualcosa di
nuovo.
Eguale ratio è rinvenibile nell’indirizzo della
Cassazione penale (cfr. Sez. III 26.04.2007 n. 35011) là
dove viene affermato che la trasformazione di un balcone o
di un terrazzino circondato da muri perimetrali in veranda,
mediante chiusura a mezzo di installazione di pannelli di
vetro su intelaiatura metallica, determina la realizzazione
di un nuovo vano in tal modo ponendo in essere un aumento
della volumetria.
Ancora è stato ritenuto (cfr. TAR Latina 19.01.2007 n. 44)
che la sostituzione di una preesistente tenda parasole con
un porticato non costituisce intervento di manutenzione
straordinaria, stante la prevalenza del momento
trasformativo innovativo rispetto a quello conservativo, ed
è soggetta a concessione edilizia, rientrando nelle opere
previste dall'art. 31, lett. d), l. n. 457 del 1978 (TAR
Lombardia-Brescia, Sez. I,
sentenza 16.10.2009 n. 1742 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Non costituisce "volume tecnico" una
veranda realizzata in alluminio anodizzato e muratura,
avente una superficie di un metro per tre e l’altezza di tre
metri, realizzata su di un balcone.
Come questa Sezione ha avuto modo di rilevare, per
l'identificazione della nozione di volume tecnico assumono
valore in materia tre ordini di parametri: il primo,
positivo, di tipo funzionale, ossia che il manufatto abbia
un rapporto di strumentalità necessaria con l'utilizzo della
costruzione; il secondo ed il terzo, negativi,
ricollegati da un lato all'impossibilità di soluzioni
progettuali diverse, nel senso che tali costruzioni non
devono poter essere ubicate all'interno della parte
abitativa, e dall'altro ad un rapporto di necessaria
proporzionalità fra tali volumi e le esigenze effettivamente
presenti.
Ne deriva che tale nozione può essere applicata solo alle
opere edilizie completamente prive di una propria autonomia
funzionale, anche potenziale, in quanto destinate a
contenere impianti serventi di una costruzione principale,
per esigenze tecnico-funzionali della costruzione stessa;
pertanto, al di fuori di tale ambito, il concetto non può
essere utilizzato né dall'amministrazione né dal privato al
fine di negare rilevanza giuridica ai volumi, comunque,
esistenti nella realtà fisica (TAR Campania Napoli, sez. IV,
07.11.2008, n. 19352; sez. IV, 13.05.2008, n. 4258) (TAR
Campania-Napoli, Sez. IV,
sentenza 01.09.2009 n. 4850 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
La
realizzazione di una veranda è da considerarsi, in senso
tecnico-giuridico, un nuovo locale autonomamente
utilizzabile e difetta normalmente del carattere di
precarietà, trattandosi di opera destinata non a sopperire
ad esigenze temporanee e contingenti con la sua successiva
rimozione, ma a durare nel tempo, ampliando così il
godimento dell'immobile.
Per costante giurisprudenza
(anche di questo TAR: cfr. ad esempio TAR Campania Napoli,
sez. IV, 08.06.2007, n. 6038; TAR Campania Napoli, sez. IV,
06.07.2007, n. 6551; TAR Campania Napoli, sez. VI,
03.08.2007, n. 7258; TAR Campania Napoli, sez. IV,
13.05.2008, n. 4255; TAR Campania Napoli, sez. IV,
17.02.2009, n. 847), da cui il Collegio non ravvisa motivi
di discostarsi nel caso di specie, gli interventi edilizi
che determinano una variazione planivolumetrica ed
architettonica dell'immobile nel quale vengono realizzati,
quali le verande in vetro e alluminio edificate sulla
balconata di un appartamento, pur avendo carattere
pertinenziale rispetto all'immobile cui accedono, sono
soggetti al preventivo rilascio di apposita concessione
edilizia (ora, permesso di costruire).
Ciò in quanto, in materia edilizia, una veranda è da
considerarsi, in senso tecnico-giuridico, un nuovo locale
autonomamente utilizzabile e difetta normalmente del
carattere di precarietà, trattandosi di opera destinata non
a sopperire ad esigenze temporanee e contingenti con la sua
successiva rimozione, ma a durare nel tempo, ampliando così
il godimento dell'immobile (Cassazione penale, sez. III,
10.01.2008, n. 14329)
(TAR Campania-Napoli, Sez.
IV,
sentenza 05.08.2009 n. 4732 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Quesito 9 -
Sulla realizzazione di una veranda e di un soppalco e sul
titolo edilizio necessario (Geometra Orobico n.
6/2009). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Verande.
La veranda è
da considerare in senso tecnico giuridico, una costruzione
assoggettata al regime concessorio e l’unica deroga prevista
è per la chiusura di spazi limitati che, comunque non
comportino una trasformazione del territorio (Corte di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 08.06.2009 n. 23725 - link a
www.lexambiente.it). |
anno
2008 |
|
EDILIZIA
PRIVATA:
Interventi precari (veranda,
esclusione).
Una veranda
realizzata mediante la chiusura di una preesistente tettoia
con pannelli scorrevoli costituisce intervento di nuova
costruzione in quanto opera stabile e duratura nel tempo,
mediante la quale si realizza un ampliamento significativo
della superficie utile del preesistente fabbricato e
trattandosi di opera non finalizzata ad esigenze temporanee,
ma proiettata a perdurare nel tempo.
L'agevole amovibilità dell'opera attiene alla struttura
della stessa, non alla funzione ed alla durata dell'opera
medesima, destinata nella sua oggettività materiale a durare
nel tempo senza soluzione di continuità e ciò a prescindere
dalle motivazioni soggettive espresse nella relativa
comunicazione al Comune (ossia opera destinata a proteggere
il terrazzino dalle intemperie nel periodo di tempo non
buono) (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 29.12.2008 n. 48227 - tratto da
www.lexambiente.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Nozione di veranda in senso
tecnico-giuridico - Mancanza di precarietà - Permesso di
costruire - Necessità - Realizzazione di una veranda -
Classificazione come intervento di manutenzione
straordinaria e di restauro - Esclusione.
La realizzazione di una veranda, anche mediante chiusura a
mezzo di installazione di pannelli di vetro su intelaiatura
metallica od altri elementi costruttivi, non costituisce
intervento di manutenzione straordinaria e di restauro, ma è
opera soggetta già a concessione edilizia ed attualmente a
permesso di costruire (tra le tante, Cass., Sez. III:
18.09.2007, n. 35011, Camarda; Cass., 28.10.2004, D'Aurelio;
Cass., 27.03.2000, n. 3879, Spaventi). Il medesimo
orientamento si rinviene nelle decisioni dei giudici
amministrativi (vedi Cons. Stato, Sez. V: 08.04.1999, n. 394
e 22.07.1992, n. 67.5, nonché Cons. giust. amm. sic., Sez.
riunite, 15.10.1991, n. 345). In particolare, una veranda è
da considerarsi, in senso tecnico-giuridico, un nuovo locale
autonomamente utilizzabile e difetta normalmente del
carattere di precarietà, trattandosi di opera destinata non
a sopperire ad esigenze temporanee e contingenti con la sua
successiva rimozione, ma a durare nel tempo, ampliando così
il godimento dell'immobile.
Veranda - Natura "precaria" di un
manufatto - Presupposti - Fini specifici, contingenti e
limitati nel tempo - Giurisprudenza.
La natura "precaria" di un manufatto -secondo giurisprudenza
costante [Cass., Sez. III: 13.06.2006, n. 20189, ric.
Cavallini; 27.09.2004, n. 37992, ric. Mandò; 10.06.2003, n.
24898, ric. Nagni; 10.10.1999, n. 11839, ric. Piparo;
26.03.1999, n. 4002, ric. Bortolotti]- ai fini
dell'esenzione dal permesso di costruire (già concessione
edilizia), non può essere desunta dalla temporaneità della
destinazione soggettivamente data all'opera dal costruttore
ma deve ricollegarsi alla intrinseca destinazione materiale
di essa ad un uso realmente precario e temporaneo, per fini
specifici, contingenti e limitati nel tempo, con conseguente
e sollecita eliminazione, non essendo sufficiente che si
tratti eventualmente di un manufatto smontabile e/o non
infisso al suolo.
Realizzazione di una veranda in zona
vincolata - Pregiudizio per l'ambiente - Art. 163 del D.Lgs.
n. 490/1999 attualmente art. 181, c. 1, D.Lgs. n. 42/2004 -
Fattispecie: realizzazione di una veranda.
Il reato di cui all'art. 163 del D.Lgs. n. 490/1999 (già
art. 1-sexies della legge n. 431/1985 ed attualmente art.
181, comma 1, del D.Lgs. 22.01.2004, n. 42) è reato di
pericolo e, pertanto, per la configurabilità dell'illecito,
non è necessario un effettivo pregiudizio per l'ambiente,
potendo escludersi dal novero delle condotte penalmente
rilevanti soltanto quelle che si prospettano inidonee, pure
in astratto, a compromettere i valori del paesaggio e
l'aspetto esteriore degli edifici [vedi, tra le pronunzie
più recenti, Cass., Sez. III: 29.11.2001, Zecca ed altro;
1.5.4.2002, P.G. in proc. Negri; 14.05.2002, Migliore;
04.10.2002, Debertol; 07.03.2003, Spinosa; 06.05.2003,
Cassisa; 23.05.2003, P.M. in proc. Invernici; 26.05.2003,
Sargentini; 05.08.2003, Mori; 07.10.2003, Fierro].
Fattispecie: esecuzione di una veranda ed altre opere
oggettivamente non irrilevanti ed astrattamente idonei a
compromettere l'ambiente (Corte di Cassazione, Sez. III
penale,
sentenza 13.06.2008 n. 23086 - link a
www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Veranda.
Una veranda è da considerarsi, in senso tecnico-giuridico,
un nuovo locale autonomamente utilizzabile e difetta
normalmente del carattere di precarietà, trattandosi di
opera destinata non a sopperire ad esigenze temporanee e
contingenti con la sua successiva rimozione, ma a durare nel
tempo, ampliando così il godimento dell'immobile (Corte di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 13.06.2008 n. 23086
- link a www.lexambiente.it). |
anno
2007 |
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EDILIZIA
PRIVATA:
La trasformazione di un balcone o di un
terrazzino circondato da muri perimetrali in veranda,
mediante chiusura a mezzo di installazione di pannelli di
vetro su intelaiatura metallica, non costituisce
realizzazione di una pertinenza, né intervento di
manutenzione straordinaria e di restauro, ma è opera
soggetta a concessione edilizia/permesso di costruire.
La realizzazione di una veranda chiusa con vetrate,
determinando l'aumento della superficie utile di un
appartamento e la modifica della sagoma dell'edificio,
richiede il previo rilascio della concessione di
costruzione.
E’ necessaria la concessione edilizia nel caso di veranda
costruita con elementi in alluminio e vetri che aumenti la
volumetria dell'edificio rispetto alla conformazione
originaria, trattandosi peraltro di opera destinata a
perdurare a tempo indeterminato, a nulla rilevando in
contrario l'utilizzazione dei materiali diversi dalla
muratura e l'eventuale amovibilità delle strutture
utilizzate.
La giurisprudenza ha più volte affermato che “La
trasformazione di un balcone o di un terrazzino circondato
da muri perimetrali in veranda, mediante chiusura a mezzo di
installazione di pannelli di vetro su intelaiatura
metallica, non costituisce realizzazione di una pertinenza,
né intervento di manutenzione straordinaria e di restauro,
ma è opera soggetta a concessione edilizia/permesso di
costruire” (cfr. Cass., Sez. III: 28.10.2004, D'Aurelio;
13.01.2000, Spaventi; 23.06.1989, Bindi; 06.04.1988, Rossi;
23.12.1987, Milani; 04.12.1987, Sanchini; 28.04.1983, Topi;
20.04.1983, Ambri).
Infatti, la realizzazione di una veranda chiusa con vetrate,
determinando l'aumento della superficie utile di un
appartamento e la modifica della sagoma dell'edificio,
richiede il previo rilascio della concessione di costruzione
(C. Stato, Sez. V: 08.04.1999, n. 394; 22.07.1992, n. 675).
E’ necessaria la concessione edilizia "nel caso di
veranda costruita con elementi in alluminio e vetri che
aumenti la volumetria dell'edificio rispetto alla
conformazione originaria, trattandosi peraltro di opera
destinata a perdurare a tempo indeterminato, a nulla
rilevando in contrario l'utilizzazione dei materiali diversi
dalla muratura e l'eventuale amovibilità delle strutture
utilizzate" (C.G.A.R.S. sezioni riunite del 15.10.1991,
sentenza n. 345; CGA del 23.10.1998, n. 633) (TAR Lazio-Roma,
Sez. II-bis,
sentenza 10.10.2007 n. 9931 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Fattispecie in materia di
ristrutturazione - Chiusura di logge e balconi.
Interventi edilizi consistenti nella chiusura di balconi,
logge, terrazze, e nella loro trasformazione in verande,
sono ascrivibili alla categoria della ristrutturazione
edilizia, che necessita di apposita concessione (ora
permesso di costruire) (cfr. Cons. Stato Sez. 2^, 15.02.2006
n. 2462/2004, TAR Lazio 2^, 15.03.1990 n. 699, TAR Milano
2^, 27.08.1998 n. 2035), per cui la realizzazione di
siffatti interventi senza titolo edilizio legittima perciò
solo l’ordine di demolizione, ferma restando l’ammissibilità
(astratta) di una sanatoria (massima tratta da
www.studiospallino.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 06.09.2007 n. 5768 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Natura precaria di una costruzione - Nozione -
Destinazione oggettiva della opera - Fattispecie - Reato
edilizio - Realizzazione abusiva di una veranda -
Demolizione del manufatto.
La natura precaria di una costruzione non dipende dal tipo
di materiali usati o dalla tecnica costruttiva o dalla
facile rimovibilità della struttura, ma dalla destinazione
oggettiva della opera. (Nella specie, è stato ritenuto
esistente il reato edilizio ed ordinata la demolizione del
manufatto, in relazione all’edificazione abusiva di una
veranda, presentata come una struttura volante fatta con un
cannucciato ed un telo di limitate dimensioni avente l'unica
funzione di riparare dal sole).
Natura precaria di una costruzione - Nozione -
Manufatti di assoluta ed evidente precarietà - Permesso di
costruire - Necessità - Esclusione.
In materia edilizia, le costruzioni di natura precaria, non
necessitino di permesso di costruire i manufatti di assoluta
ed evidente precarietà destinati a soddisfare esigenze
contingenti, specifiche, cronologicamente delimitate e ad
essere rimossi dopo il momentaneo uso (Corte di Cassazione,
Sez. III penale,
sentenza 12.01.2007 n. 455
- link a www.ambientediritto.it). |
anno
2005 |
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EDILIZIA PRIVATA: La
maggiore o minore facilità di rimozione non rileva, infatti,
ai fini della qualificazione di un’opera edilizia in termini
di precarietà.
Neppure assumono una valenza decisiva, in tal senso, la
struttura del manufatto abusivo, la sua tipologia o i
materiali utilizzati.
Ciò che rileva al fine della qualificazione di un’opera
edilizia come precaria è, invece (come affermato dalla
giurisprudenza consolidata e condiviso dal Collegio), la
funzione cui è obiettivamente finalizzata l’opera, con la
conseguenza che solamente le costruzioni destinate ab
origine al soddisfacimento di esigenze contingenti e
circoscritte nel tempo saranno esenti dall’obbligo della
concessione, mentre vi saranno assoggettate le opere
destinate ad una utilizzazione perdurante nel tempo.
---------------
La struttura realizzata dal ricorrente, in assenza di titolo
autorizzativo e sul balcone dell’alloggio di proprietà, è
costituita da un telaio a supporto di pannelli trasparenti
scorrevoli; detto telaio delimita completamente il perimetro
costituito dal parapetto del balcone ed è ancorato al
parapetto medesimo e all’intradosso della soletta
sovrastante.
Il manufatto abusivo è stato realizzato all’evidente fine di
migliorare la fruizione dell’alloggio, offrendo una
protezione dagli agenti atmosferici e ampliando gli spazi
utilizzabili.
Esso non è quindi destinato a soddisfare esigenze
temporanee, mediante una utilizzazione circoscritta nel
tempo, bensì è finalizzato ad un utilizzo tendenzialmente
durevole, con obiettivi caratteri di stabilità.
Ne consegue che l’opera edilizia, non connotabile in termini
di precarietà, era soggetta al rilascio di concessione
edificatoria.
---------------
L’assenza di connotati di precarietà del manufatto, peraltro
di non irrilevante impatto visivo, fa sì che la costruzione
abbia stabilmente modificato la superficie e la volumetria
dell’immobile.
Deve altresì osservarsi come l’opera in questione
costituisca sostanzialmente una veranda chiusa con superfici
trasparenti, seppure scorrevoli su pannelli mobili, la cui
apposizione all’edificio di abitazione ne ha alterato la
sagoma, realizzando una trasformazione edilizia duratura che
necessitava di concessione edilizia.
Ne consegue che legittimamente il Sindaco di Novara,
accertata l’esecuzione di opere in assenza di concessione,
ne ha disposto la rimozione.
E’ contestata nel presente giudizio la legittimità del
provvedimento R.G. n. 2 del 09.01.1998, notificato il
successivo 14 gennaio, con il quale il Sindaco di Novara ha
ordinato la rimozione della struttura realizzata dal
ricorrente, in assenza di titolo autorizzativo, sul balcone
dell’alloggio di proprietà (recte: dell’alloggio di
cui, all’epoca dei fatti, era promissario acquirente).
Il manufatto abusivo è costituito da un telaio a supporto di
pannelli trasparenti scorrevoli; detto telaio delimita
completamente il perimetro costituito dal parapetto del
balcone ed è ancorato al parapetto medesimo e all’intradosso
della soletta sovrastante.
Con l’unico motivo di gravame il ricorrente deduce
l’illegittimità del provvedimento sanzionatorio adottato dal
Comune di Novara, sostenendo che la struttura di cui è stata
ordinata la rimozione, “lungi dall’essere fissa ed
inamovibile”, è semplicemente fissata al parapetto del
balcone mediante tenute di sicurezza, paragonabili ai
sostegni utilizzati per l’installazione di tende parasole, e
costituirebbe pertanto opera precaria, non soggetta al
rilascio di concessione edilizia.
Il motivo è privo di pregio.
La maggiore o minore facilità di rimozione non rileva,
infatti, ai fini della qualificazione di un’opera edilizia
in termini di precarietà (cfr., ex multis, Cons.
Stato, sez. V, 23.01.1995, n. 97 e Cons. Stato, sez. V,
12.11.1996, n. 1317).
Neppure assumono una valenza decisiva, in tal senso, la
struttura del manufatto abusivo, la sua tipologia o i
materiali utilizzati (cfr. TAR Lombardia, Milano,
17.02.1997, n. 168).
Ciò che rileva al fine della qualificazione di un’opera
edilizia come precaria è, invece (come affermato dalla
giurisprudenza consolidata e condiviso dal Collegio), la
funzione cui è obiettivamente finalizzata l’opera, con la
conseguenza che solamente le costruzioni destinate ab
origine al soddisfacimento di esigenze contingenti e
circoscritte nel tempo saranno esenti dall’obbligo della
concessione, mentre vi saranno assoggettate le opere
destinate ad una utilizzazione perdurante nel tempo (cfr.,
ex plurimis, Cons. Stato, sez. V, 24.02.1996, n.
226).
Nel caso in esame, il manufatto abusivo è stato realizzato
all’evidente fine di migliorare la fruizione dell’alloggio,
offrendo una protezione dagli agenti atmosferici e ampliando
gli spazi utilizzabili.
Esso non è quindi destinato a soddisfare esigenze
temporanee, mediante una utilizzazione circoscritta nel
tempo, bensì è finalizzato ad un utilizzo tendenzialmente
durevole, con obiettivi caratteri di stabilità.
Ne consegue che l’opera edilizia, non connotabile in termini
di precarietà, era soggetta al rilascio di concessione
edificatoria.
Il ricorrente sostiene, in secondo luogo, che la
realizzazione della struttura abusiva, proprio in ragione
della sua “assoluta rimovibilità”, non avrebbe
comportato la modifica delle metrature dell’alloggio e del
suo perimetro.
Anche questa affermazione è destituita di fondamento.
Come già rilevato al punto precedente, infatti, l’assenza di
connotati di precarietà del manufatto, peraltro di non
irrilevante impatto visivo, fa sì che la costruzione abbia
stabilmente modificato la superficie e la volumetria
dell’immobile.
Deve altresì osservarsi come l’opera in questione
costituisca sostanzialmente una veranda chiusa con superfici
trasparenti, seppure scorrevoli su pannelli mobili, la cui
apposizione all’edificio di abitazione ne ha alterato la
sagoma, realizzando una trasformazione edilizia duratura che
necessitava di concessione edilizia.
Ne consegue che legittimamente il Sindaco di Novara,
accertata l’esecuzione di opere in assenza di concessione,
ne ha disposto la rimozione, ai sensi dell’articolo 7 della
legge 28.02.1985, n. 47 e dell’articolo 64 della legge
regionale Piemonte 05.12.1977, n. 56
(TAR Piemonte, Sez. I,
sentenza 26.04.2005 n. 1136 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno
2003 |
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EDILIZIA
PRIVATA:
Non è costruzione precaria la
realizzazione di una veranda preordinata a soddisfare
esigenze non contingenti o di breve termine.
Costituisce nuova costruzione, o ampliamento della
costruzione esistente, la veranda in questione, in quanto,
sotto il profilo strutturale, è stabilmente infissa al
suolo, con profondità dalla parete esterna al pilastro di
sostegno di mt. 5,20, con dimensioni planimetriche di mt.
7,15 x 5,07 e con un’altezza nella parte superiore di mt.
2,85 e nella parte inferiore di mt. 2,80; e, sotto il
profilo funzionale, è preordinata a soddisfare la non
precaria esigenza del titolare di un pubblico esercizio
(Cons. Stato, sez. V, 20.03.2000, n. 1507 e 07.10.1996, n.
1194; Cass. pen., sez. III, 12.05.1995, n. 1758 e
06.04.1988) (Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 27.01.2003 n. 419 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
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