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47-DEBITI FUORI BILANCIO
48-DEFINIZIONI INTERVENTI EDILIZI
49-DIA e SCIA
50-DIAP
51-DISTANZA dagli ALLEVAMENTI ANIMALI
52-DISTANZA dai CONFINI
53-DISTANZA dai CORSI D'ACQUA - DEMANIO MARITTIMO/LACUALE
54-DISTANZA dalla FERROVIA

55-DISTANZA dalle PARETI FINESTRATE
56-DURC
57-EDICOLA FUNERARIA
58-EDIFICIO UNIFAMILIARE
59-ESPROPRIAZIONE
60-GESTIONE ASSOCIATA FUNZIONI COMUNALI
61-INCARICHI LEGALI e/o RESISTENZA IN GIUDIZIO
62-INCARICHI PROFESSIONALI E PROGETTUALI
63-INCENTIVO PROGETTAZIONE (ora INCENTIVO FUNZIONI TECNICHE)
64-INDUSTRIA INSALUBRE
65-L.R. 12/2005
66-L.R. 23/1997
67-L.R. 31/2014
68-LEGGE CASA LOMBARDIA
69-LICENZA EDILIZIA (necessità)
70-LOTTO EDIFICABILE - ASSERVIMENTO AREA - CESSIONE CUBATURA
71-LOTTO INTERCLUSO
72-MAPPE e/o SCHEDE CATASTALI (valore probatorio o meno)
73-MOBBING
74-MURO DI CINTA/RECINZIONE, DI CONTENIMENTO/SOSTEGNO, ECC.
75-OPERE PRECARIE
76-PARERE DI REGOLARITA' TECNICA, CONTABILE E DI LEGITTIMITA'
77-PATRIMONIO
78-PERGOLATO e/o GAZEBO e/o BERCEAU e/o DEHORS e/o POMPEIANA e/o PERGOTENDA e/o TETTOIA
79-PERMESSO DI COSTRUIRE (annullamento e/o impugnazione)
80-PERMESSO DI COSTRUIRE (decadenza)
81-PERMESSO DI COSTRUIRE (deroga)
82-PERMESSO DI COSTRUIRE (legittimazione richiesta titolo)
83-PERMESSO DI COSTRUIRE (parere commissione edilizia)
84-PERMESSO DI COSTRUIRE (prescrizioni)
85-PERMESSO DI COSTRUIRE (proroga)
86-PERMESSO DI COSTRUIRE (verifica in istruttoria dei limiti privatistici al rilascio)
87
-
PERMESSO DI COSTRUIRE (volturazione)
88-
PERTINENZE EDILIZIE ED URBANISTICHE
89-PIANI PIANIFICATORI ED ATTUATIVI
90-PIANI PIANIFICATORI ED ATTUATIVI (aree a standard)
91-PIF (Piano Indirizzo Forestale)
92-PISCINE
93-PUBBLICO IMPIEGO
94-PUBBLICO IMPIEGO (quota annuale iscrizione ordine professionale)
95-RIFIUTI E BONIFICHE
96-
RINNOVO/PROROGA CONTRATTI
97-RUDERI
98-
RUMORE
99-SAGOMA EDIFICIO
100-SANATORIA GIURISPRUDENZIALE E NON (abusi edilizi)
101-SCOMPUTO OO.UU.
102-SEGRETARI COMUNALI
103-SEMINTERRATI
104-SIC-ZSC-ZPS - VAS - VIA
105-SICUREZZA SUL LAVORO
106
-
SILOS
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108-SOPPALCO
109-SOTTOTETTI
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111-SUE
112-STRADA PUBBLICA o PRIVATA o PRIVATA DI USO PUBBLICO
113-
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114-TENDE DA SOLE
115-TINTEGGIATURA FACCIATE ESTERNE
116-TRIBUTI LOCALI
117-VERANDA
118-VINCOLO CIMITERIALE
119-VINCOLO IDROGEOLOGICO
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dossier VERANDA
anno 2021

EDILIZIA PRIVATAInvero, per “veranda” si intende un’opera -realizzabile unicamente su balconi, terrazzi, attici o giardini- caratterizzata da “ampie superfici vetrate che all’occorrenza si aprono tramite finestre scorrevoli o a libro”; è stato osservato, altresì che le c.d. “verande” accedono a immobili a uso abitativo e sotto il profilo strutturale, sono facilmente rimovibili, essendo di norma realizzate con “materiali metallici leggeri e chiuse con finestre vetrate”.
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Secondo condiviso orientamento, in materia urbanistico-edilizia il presupposto per l’esistenza di un volume edilizio è costituito dalla costruzione di almeno un piano di base coperto e di due superfici verticali contigue, sì da ottenere una superficie chiusa su un minimo di tre lati e coperta.
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2.1.2. Fermo quanto sopra, l’espressione “verande” che si riscontra nell’avversato diniego di permesso di costruire in sanatoria n. -OMISSIS- (ma anche nella documentazione riferibile all’originaria istante nonché alla parte ricorrente versata in giudizio si riscontrano i termini “veranda” o “verande”: cfr., in particolare, la descrizione delle opere oggetto di sanatoria allegata all’istanza di condono; la relazione tecnica datata 1 -OMISSIS- inviata alla Soprintendenza; gli elaborati progettuali) mal si concilia con la natura delle opere realizzate alla luce della documentazione fotografica versata in giudizio dalla parte ricorrente e non specificamente contestata dal Comune resistente.
Invero, per “veranda” si intende un’opera -realizzabile unicamente su balconi, terrazzi, attici o giardini- caratterizzata da “ampie superfici vetrate che all’occorrenza si aprono tramite finestre scorrevoli o a libro” (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 25.01.2017, n. 306; TAR Campania, Napoli, sez. II, 02.07.2020, n. 2850; TAR Sicilia, Catania, sez. I, 17.03.2020, n. 695; TAR Abruzzo, Pescara, sez. I, 04.10.2019, n. 233); è stato osservato, altresì che le c.d. “verande” accedono a immobili a uso abitativo e sotto il profilo strutturale, sono facilmente rimovibili, essendo di norma realizzate con “materiali metallici leggeri e chiuse con finestre vetrate” (cfr. TAR Sicilia, Palermo, sez. III, 31.05.2011, n. 1021).
Tali caratteristiche non si riscontrano -si ribadisce, alla luce della documentazione fotografica versata in giudizio- nelle opere edilizie in questione.
Inoltre, secondo condiviso orientamento, in materia urbanistico-edilizia il presupposto per l’esistenza di un volume edilizio è costituito dalla costruzione di almeno un piano di base coperto e di due superfici verticali contigue (cfr. TAR Campania, Napoli, sez. II, 15.03.2021, n. 1707), sì da ottenere una superficie chiusa su un minimo di tre lati e coperta (cfr. TAR Puglia, Bari, sez. III, 18.06.2021, n. 1050) caratteristiche, anche queste, non riscontrabili -sempre in base alla documentazione fotografica versata in giudizio dalla parte ricorrente- nelle opere edilizie in esame (TAR Campania-Catania, Sez. I, sentenza 11.10.2021 n. 3058 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2020

EDILIZIA PRIVATA: L’installazione di pannelli in vetro atti a chiudere integralmente un porticato che si presenti aperto su tre lati determina, senz’altro, la realizzazione di un nuovo locale autonomamente utilizzabile, con conseguente incremento della preesistente volumetria.
Ciò vale anche nell’ipotesi in cui le vetrate siano facilmente amovibili e siano destinate a chiudere il manufatto, solo per un determinato periodo nell’arco dell’anno, atteso che:
   a) le modalità di installazione e rimozione di una struttura sono indifferenti rispetto alla sua funzione (nella specie quella di realizzare un vano chiuso);
   b) l’utilizzo stagionale delle vetrate non vale a conferire all’opera che ne risulta natura precaria, atteso che al fine di affermare siffatta natura occorre che la struttura sia oggettivamente inidonea a soddisfare esigenze prolungate nel tempo.
La giurisprudenza ha ritenuto, che la natura precaria di un manufatto non può essere desunta dalla temporaneità della destinazione soggettivamente assegnatagli dal costruttore, rilevando l’idoneità dell’opera a soddisfare un bisogno non provvisorio attraverso la perpetuità della funzione
».

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Nell’Intesa sottoscritta il 20.10.2016, ai sensi dell’art. 8, comma 6, della legge 05.06.2003, n. 131, tra il Governo, le Regioni e i Comuni, concernente l’adozione del regolamento edilizio-tipo di cui all’articolo 4, comma 1-sexies del DPR 06.06.2001, n. 380, la veranda è stata definita (nell’Allegato A) «Locale o spazio coperto avente le caratteristiche di loggiato, balcone, terrazza o portico, chiuso sui lati da superfici vetrate o con elementi trasparenti e impermeabili, parzialmente o totalmente apribili.
La “veranda”, così intesa, «è caratterizzata quindi da ampie superfici vetrate che all’occorrenza si aprono tramite finestre scorrevoli o a libro. Per questo la veranda, dal punto di vista edilizio, determina un aumento della volumetria dell’edificio e una modifica della sua sagoma e necessita quindi del permesso di costruire
».

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Allo stesso modo, «l’installazione di pannelli in vetro atti a chiudere integralmente un porticato che si presenti aperto su tre lati, determina, senz’altro, la realizzazione di un nuovo locale autonomamente utilizzabile, con conseguente incremento della preesistente volumetria (Cons. Stato, Sez. VI, 05/08/2013 n. 4089; Sez. V, 08/04/1999, n. 394; 26/10/1998 n. 1554). Ciò vale anche nell’ipotesi in cui le vetrate siano facilmente amovibili e siano destinate a chiudere il manufatto, solo per un determinato periodo nell’arco dell’anno, atteso che:
   a) le modalità di installazione e rimozione di una struttura sono indifferenti rispetto alla sua funzione (nella specie quella di realizzare un vano chiuso);
   b) l’utilizzo stagionale delle vetrate non vale a conferire all’opera che ne risulta natura precaria, atteso che al fine di affermare siffatta natura occorre che la struttura sia oggettivamente inidonea a soddisfare esigenze prolungate nel tempo.
La giurisprudenza ha ritenuto, che la natura precaria di un manufatto non può essere desunta dalla temporaneità della destinazione soggettivamente assegnatagli dal costruttore, rilevando l’idoneità dell’opera a soddisfare un bisogno non provvisorio attraverso la perpetuità della funzione (Cass. Pen., Sez. III, 08/02/2007 n. n. 5350)
» (Cons. di Stato, V, sent. n. 1822/2016).
Come già osservato dal Consiglio di Stato, «nell’Intesa sottoscritta il 20.10.2016, ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della legge 05.06.2003, n. 131, tra il Governo, le Regioni e i Comuni, concernente l’adozione del regolamento edilizio-tipo di cui all’articolo 4, comma 1-sexies del decreto del Presidente della Repubblica 06.06.2001, n. 380, la veranda è stata definita (nell’Allegato A) «Locale o spazio coperto avente le caratteristiche di loggiato, balcone, terrazza o portico, chiuso sui lati da superfici vetrate o con elementi trasparenti e impermeabili, parzialmente o totalmente apribili». La “veranda”, così intesa, «è caratterizzata quindi da ampie superfici vetrate che all’occorrenza si aprono tramite finestre scorrevoli o a libro. Per questo la veranda, dal punto di vista edilizio, determina un aumento della volumetria dell’edificio e una modifica della sua sagoma e necessita quindi del permesso di costruire» (sez. VI, sent. n. 306/2017)
(TAR Campania-Napoli, Sez. VII, sentenza 24.02.2020 n. 837 - link a www.giustizia-amministrartiva.it).

EDILIZIA PRIVATALa veranda realizzata su un terrazzo e/o su un balcone facenti parte di un immobile principale, essendo materialmente incorporata all’immobile principale di cui costituisce parte integrante e zona di ampliamento volumetrico, non può essere ricondotta alla nozione di pertinenza urbanisticamente rilevante, la quale, invece, postula indefettibilmente l’individualità fisica e strutturale del manufatto destinato a servizio od ornamento di quello principale, con conseguente assoggettabilità dell’intervento al regime del permesso di costruire ed al corrispondente sistema sanzionatorio di cui all’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001.
Invero, è principio consolidato che l’opera pertinenziale è collegata alla costruzione preesistente in termini non di integrazione ma di asservimento, per cui deve renderne più agevole e funzionale l’uso, ma non deve divenire parte essenziale della costruzione stessa, come avvenuto nel caso di specie.
Ad ogni modo, il Collegio ritiene che il manufatto in questione, in sé considerato ed indipendentemente dalla denegata qualificazione di pertinenza, sia stato correttamente inquadrato quale nuova costruzione soggetta al trattamento sanzionatorio contemplato dal succitato art. 31, poiché la ristrutturazione edilizia sussiste solo quando viene modificato un immobile già esistente nel rispetto delle caratteristiche fondamentali dello stesso, mentre nel caso di specie è stata aggiunta alla precedente unità abitativa una nuova struttura verandata di due vani, adibita a cucina e servizio igienico, con conseguente creazione non solo di un non trascurabile aumento di volume ma anche di un disegno sagomale con connotati alquanto diversi da quelli dell’edificio originario.
Invero, pur consentendo l’art. 10, comma 1, lett. c), del d.P.R. n. 380/2001 di qualificare come interventi di ristrutturazione edilizia anche le attività volte a realizzare un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, implicanti modifiche della volumetria complessiva, della sagoma o dei prospetti, tuttavia occorre conservare sempre una identificabile linea distintiva tra le nozioni di ristrutturazione edilizia e di nuova costruzione, potendo configurarsi la prima solo quando le modifiche volumetriche e di sagoma siano di portata limitata e comunque riconducibili all’organismo preesistente.
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5. La veranda realizzata su un terrazzo e/o su un balcone facenti parte di un immobile principale, essendo materialmente incorporata all’immobile principale di cui costituisce parte integrante e zona di ampliamento volumetrico, non può essere ricondotta alla nozione di pertinenza urbanisticamente rilevante, la quale, invece, postula indefettibilmente l’individualità fisica e strutturale del manufatto destinato a servizio od ornamento di quello principale, con conseguente assoggettabilità dell’intervento al regime del permesso di costruire ed al corrispondente sistema sanzionatorio di cui all’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001.
Invero, è principio consolidato che l’opera pertinenziale è collegata alla costruzione preesistente in termini non di integrazione ma di asservimento, per cui deve renderne più agevole e funzionale l’uso, ma non deve divenire parte essenziale della costruzione stessa, come avvenuto nel caso di specie (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 16.05.2013 n. 2678; Cass. Pen., Sez. III, 08.04.2015 n. 20544; TAR Liguria, Sez. I, 13.02.2014 n. 269; TAR Campania Napoli, Sez. VIII, 07.02.2014 n. 883; TAR Trentino Alto Adige Trento, Sez. I, 11.02.2012 n. 264; TAR Campania Napoli, Sez. IV, 16.12.2011 n. 5912).
5.1 Ad ogni modo, il Collegio ritiene che il manufatto in questione, in sé considerato ed indipendentemente dalla denegata qualificazione di pertinenza, sia stato correttamente inquadrato quale nuova costruzione soggetta al trattamento sanzionatorio contemplato dal succitato art. 31, poiché la ristrutturazione edilizia sussiste solo quando viene modificato un immobile già esistente nel rispetto delle caratteristiche fondamentali dello stesso, mentre nel caso di specie è stata aggiunta alla precedente unità abitativa una nuova struttura verandata di due vani, adibita a cucina e servizio igienico, con conseguente creazione non solo di un non trascurabile aumento di volume ma anche di un disegno sagomale con connotati alquanto diversi da quelli dell’edificio originario.
Invero, pur consentendo l’art. 10, comma 1, lett. c), del d.P.R. n. 380/2001 di qualificare come interventi di ristrutturazione edilizia anche le attività volte a realizzare un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, implicanti modifiche della volumetria complessiva, della sagoma o dei prospetti, tuttavia occorre conservare sempre una identificabile linea distintiva tra le nozioni di ristrutturazione edilizia e di nuova costruzione, potendo configurarsi la prima solo quando le modifiche volumetriche e di sagoma siano di portata limitata e comunque riconducibili all’organismo preesistente (cfr. TAR Campania Napoli, Sez. II, 09.01.2017 n. 189; TAR Emilia Romagna-Bologna, Sez. II, 25.02.2010 n. 1613) (TAR Campania-Napoli, Sez. II, sentenza 07.01.2020 n. 46 - link a www.giustizia-amministrartiva.it).

EDILIZIA PRIVATA: La veranda realizzata su un terrazzo e/o su un balcone facenti parte di un immobile principale, essendo materialmente incorporata all’immobile principale di cui costituisce parte integrante e zona di ampliamento volumetrico, non può essere ricondotta alla nozione di pertinenza urbanisticamente rilevante, la quale, invece, postula indefettibilmente l’individualità fisica e strutturale del manufatto destinato a servizio od ornamento di quello principale, con conseguente assoggettabilità dell’intervento al regime del permesso di costruire ed al corrispondente sistema sanzionatorio di cui all’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001.
Invero, è principio consolidato che l’opera pertinenziale è collegata alla costruzione preesistente in termini non di integrazione ma di asservimento, per cui deve renderne più agevole e funzionale l’uso, ma non deve divenire parte essenziale della costruzione stessa, come avvenuto nel caso di specie.
Ad ogni modo, il Collegio ritiene che il manufatto in questione, in sé considerato ed indipendentemente dalla denegata qualificazione di pertinenza, sia stato correttamente inquadrato quale nuova costruzione soggetta al trattamento sanzionatorio contemplato dal succitato art. 31, poiché la ristrutturazione edilizia sussiste solo quando viene modificato un immobile già esistente nel rispetto delle caratteristiche fondamentali dello stesso, mentre nel caso di specie è stata aggiunta alla precedente unità abitativa una nuova struttura verandata di due vani, adibita a cucina e servizio igienico, con conseguente creazione non solo di un non trascurabile aumento di volume ma anche di un disegno sagomale con connotati alquanto diversi da quelli dell’edificio originario.
Invero, pur consentendo l’art. 10, comma 1, lett. c), del d.P.R. n. 380/2001 di qualificare come interventi di ristrutturazione edilizia anche le attività volte a realizzare un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, implicanti modifiche della volumetria complessiva, della sagoma o dei prospetti, tuttavia occorre conservare sempre una identificabile linea distintiva tra le nozioni di ristrutturazione edilizia e di nuova costruzione, potendo configurarsi la prima solo quando le modifiche volumetriche e di sagoma siano di portata limitata e comunque riconducibili all’organismo preesistente.
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3. Passando allo scrutinio del merito della causa, vale cominciare dalle censure articolate avverso l’ordinanza di demolizione n. 6/2013, le quali possono essere così riassunte:
   a) il provvedimento demolitorio, in violazione del principio del ne bis in idem e del collegato principio del previo intervento in autotutela, è stato indebitamente adottato, in costanza di identità di parti e di fatti già sanzionati, “in difetto di un preventivo provvedimento di revoca o annullamento ex artt. 21-quinquies e nonies della L. n. 241/1990 e s.m.i. ovvero di qualsivoglia menzione della precedente ordinanza n. 48/2003, mercé la quale il Comune di Arzano aveva qualificato l’opera realizzata dal sig. Se. quale intervento di ristrutturazione edilizia edificato in assenza di permesso di costruire o in totale difformità, per tal via irrogando l’ammenda ai sensi e per gli effetti dell’art. 33, comma 2, del D.P.R. n. 380/2001, poi pagata dall’odierno ricorrente nel termine assegnato dal Dirigente”;
   b) la veranda posta in essere non è riconducibile al regime del permesso di costruire per nuova costruzione ed al relativo corredo sanzionatorio, ma viceversa è assoggettabile, per la sua natura pertinenziale, alla disciplina dell’attività di ristrutturazione edilizia, connotata dall’eventuale applicazione del più mite sistema sanzionatorio pecuniario di cui all’art. 33 del d.P.R. n. 380/2001.
Le prefate doglianze non meritano condivisione per le ragioni di seguito esplicitate.
4. Come correttamente eccepito dalla difesa comunale, gli abusi sanzionati con l’ordinanza di demolizione n. 6/2013 e con la precedente ordinanza n. 48/2003 non sono tra loro sovrapponibili in quanto, come si evince dall’esame testuale delle stesse, sono rinvenibili le seguenti incolmabili differenze di contenuto:
   i) l’ordinanza di demolizione del 2013 sanziona l’edificazione di una struttura verandata adibita a cucina e servizio igienico, con conseguente creazione di due nuovi vani abitabili, mentre l’ordinanza del 2003 si occupa della realizzazione di un locale per servizi tecnologici, che viceversa è destinato ad ospitare la dotazione impiantistica dell’unità immobiliare di riferimento senza creare nuovi spazi abitabili;
   ii) l’opera abusiva sanzionata nel 2013 insiste sia sul terrazzo che sul balcone dell’appartamento di proprietà del ricorrente, mentre il manufatto colpito dall’ordinanza del 2003 trova collocazione esclusivamente sul predetto terrazzo.
Ne deriva che, trattandosi di attività illecite di diversa consistenza, non può affatto ritenersi che l’amministrazione comunale avesse duplicato per la stessa fattispecie il trattamento sanzionatorio applicabile, addirittura aggravandolo in seconda battuta mediante l’irrogazione della più incisiva misura demolitoria.
5. La veranda realizzata su un terrazzo e/o su un balcone facenti parte di un immobile principale, essendo materialmente incorporata all’immobile principale di cui costituisce parte integrante e zona di ampliamento volumetrico, non può essere ricondotta alla nozione di pertinenza urbanisticamente rilevante, la quale, invece, postula indefettibilmente l’individualità fisica e strutturale del manufatto destinato a servizio od ornamento di quello principale, con conseguente assoggettabilità dell’intervento al regime del permesso di costruire ed al corrispondente sistema sanzionatorio di cui all’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001.
Invero, è principio consolidato che l’opera pertinenziale è collegata alla costruzione preesistente in termini non di integrazione ma di asservimento, per cui deve renderne più agevole e funzionale l’uso, ma non deve divenire parte essenziale della costruzione stessa, come avvenuto nel caso di specie (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 16.05.2013 n. 2678; Cass. Pen., Sez. III, 08.04.2015 n. 20544; TAR Liguria, Sez. I, 13.02.2014 n. 269; TAR Campania Napoli, Sez. VIII, 07.02.2014 n. 883; TAR Trentino Alto Adige Trento, Sez. I, 11.02.2012 n. 264; TAR Campania Napoli, Sez. IV, 16.12.2011 n. 5912).
5.1 Ad ogni modo, il Collegio ritiene che il manufatto in questione, in sé considerato ed indipendentemente dalla denegata qualificazione di pertinenza, sia stato correttamente inquadrato quale nuova costruzione soggetta al trattamento sanzionatorio contemplato dal succitato art. 31, poiché la ristrutturazione edilizia sussiste solo quando viene modificato un immobile già esistente nel rispetto delle caratteristiche fondamentali dello stesso, mentre nel caso di specie è stata aggiunta alla precedente unità abitativa una nuova struttura verandata di due vani, adibita a cucina e servizio igienico, con conseguente creazione non solo di un non trascurabile aumento di volume ma anche di un disegno sagomale con connotati alquanto diversi da quelli dell’edificio originario.
Invero, pur consentendo l’art. 10, comma 1, lett. c), del d.P.R. n. 380/2001 di qualificare come interventi di ristrutturazione edilizia anche le attività volte a realizzare un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, implicanti modifiche della volumetria complessiva, della sagoma o dei prospetti, tuttavia occorre conservare sempre una identificabile linea distintiva tra le nozioni di ristrutturazione edilizia e di nuova costruzione, potendo configurarsi la prima solo quando le modifiche volumetriche e di sagoma siano di portata limitata e comunque riconducibili all’organismo preesistente (cfr. TAR Campania Napoli, Sez. II, 09.01.2017 n. 189; TAR Emilia Romagna Bologna, Sez. II, 25.02.2010 n. 1613).
6. Pertanto, resistendo la gravata ordinanza di demolizione a tutte le censure prospettate, l’impugnativa mossa nei suoi confronti deve essere respinta per infondatezza (TAR Campania-Napoli, Sez. II, sentenza 07.01.2020 n. 46 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: La chiusura di un terrazzo con dei pannelli trasparenti frangivento scorrevoli senza telai e montanti non richiede alcuna licenza edilizia.
Il manufatto in contestazione viene descritto nel verbale di sopralluogo, e nell'ordinanza di demolizione, come segue: “chiusura di due balconi di pertinenza dell’unità immobiliare delle dimensioni, rispettivamente, di mt. 7,00 x 1,00 e mt. 5,00 x 1,00, con struttura composta di pannelli in plexiglass che scorrono su guide.”.
Negli atti non vi è alcuna ulteriore precisazione circa le caratteristiche effettivamente rilevanti per ascrivere il manufatto piuttosto ad una veranda (disciplinata dal regolamento edilizio e necessitante di titolo edilizio), ovvero a semplici tende; non si comprende infatti, dagli atti del procedimento, se la struttura contestata sia movibile o meno e tanto meno si comprende se essa implichi la presenza di elementi fissi oppure no.
Nel contraddittorio procedimentale l’amministrazione ha apoditticamente sostenuto che per le “consuetudini applicative” del Comune i manufatti sarebbero inquadrabili nelle verande che l’art. 122.2 del regolamento edilizio comunale definisce “costruzioni accessorie alle abitazioni costituite da pareti e copertura vetrate e da struttura in legno o metallo strettamente limitata alla funzione portante…”.
Confrontando la definizione del regolamento edilizio con la scarna descrizione riportata nel verbale di sopralluogo non si comprende dove l’amministrazione abbia individuato una struttura portante in legno o metallo e con quali caratteristiche tali da giustificare l’assimilazione ad una veranda piuttosto che ad una semplice tenda, che pure necessita quantomeno di una guida per l’installazione, e che la stessa amministrazione colloca in regime di edilizia libera.
Secondo la descrizione fornita in ricorso, e comunque non smentita dall’amministrazione (su cui grava l’onere di provare il fondamento del provvedimento adottato), i pannelli in plexiglass non sono tra loro “accostati” e lasciano passare l’aria, limitandosi, appunto, a scorrere su guide e potendosi interamente ripiegare, sicché in pratica alcuna struttura o elemento rimane visibile sul balcone; non è presente alcun montante laterale e il manufatto è interamente trasparente; tanto meno si realizza una chiusura tale da rendere il balcone potenzialmente idoneo ad essere utilizzato come locale abusivo.
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Il manufatto in contestazione viene descritto nel verbale di sopralluogo come segue: “chiusura di due balconi di pertinenza dell’unità immobiliare delle dimensioni, rispettivamente, di mt. 7,00 x 1,00 e mt. 5,00 x 1,00, con struttura composta di pannelli in plexiglass che scorrono su guide.” La medesima frase è riporta nell’ordinanza di demolizione.
Negli atti non vi è alcuna ulteriore precisazione circa le caratteristiche effettivamente rilevanti per ascrivere il manufatto piuttosto ad una veranda (disciplinata dal regolamento edilizio e necessitante di titolo edilizio), ovvero a semplici tende; non si comprende infatti, dagli atti del procedimento, se la struttura contestata sia movibile o meno e tanto meno si comprende se essa implichi la presenza di elementi fissi oppure no.
Nel contraddittorio procedimentale l’amministrazione ha apoditticamente sostenuto che per le “consuetudini applicative” del Comune i manufatti sarebbero inquadrabili nelle verande che l’art. 122.2 del regolamento edilizio comunale definisce “costruzioni accessorie alle abitazioni costituite da pareti e copertura vetrate e da struttura in legno o metallo strettamente limitata alla funzione portante…”.
Confrontando la definizione del regolamento edilizio con la scarna descrizione riportata nel verbale di sopralluogo non si comprende dove l’amministrazione abbia individuato una struttura portante in legno o metallo e con quali caratteristiche tali da giustificare l’assimilazione ad una veranda piuttosto che ad una semplice tenda, che pure necessita quantomeno di una guida per l’installazione, e che la stessa amministrazione colloca in regime di edilizia libera.
Secondo la descrizione fornita in ricorso, e comunque non smentita dall’amministrazione (su cui grava l’onere di provare il fondamento del provvedimento adottato), i pannelli in plexiglass non sono tra loro “accostati” e lasciano passare l’aria, limitandosi, appunto, a scorrere su guide e potendosi interamente ripiegare, sicché in pratica alcuna struttura o elemento rimane visibile sul balcone; non è presente alcun montante laterale e il manufatto è interamente trasparente; tanto meno si realizza una chiusura tale da rendere il balcone potenzialmente idoneo ad essere utilizzato come locale abusivo.
Le fotografie prodotte dai ricorrenti non aiutano in modo specifico, limitandosi a proporre il balcone vuoto; le fotografie allegate al sopralluogo da parte dell’amministrazione, se pure sembrano rappresentare i pannelli in apertura, non consentono in alcun modo di individuare strutture portanti che giustificherebbero il più severo inquadramento scelto dall’amministrazione.
In definiva, a fronte di un manufatto nuovo che non presenta le caratteristiche standard né della veranda né della semplice tenda, è evidente che la contestazione avrebbe richiesto a supporto la puntuale analisi degli elementi discriminanti (quali ad esempio la presenza di strutture portanti verticali, ancorché leggere, inamovibili) che possano giustificare l’addebito.
Per contro, e mentre la parte ha ampiamente prodotto documentazione e descritto il manufatto, l’amministrazione si è limitata all’apodittica affermazione che una non meglio chiarita “consuetudine applicativa” porterebbe ad assimilare la struttura ad una veranda senza neppure farsi carico, visto che la descrizione che ne offre lo stesso verbale di sopralluogo non collima esattamente con quella prevista per le verande dal regolamento comunale, di giustificare in concreto il proprio assunto.
Il primo motivo di ricorso deve quindi trovare accoglimento, con annullamento del provvedimento impugnato (TAR Piemonte, Sez. II, sentenza 07.01.2020 n. 18 - link a www.giustizia-amministrartiva.it).

anno 2019

EDILIZIA PRIVATA: La riconducibilità di una struttura alla categoria di “pergola” si verifica se trattasi di  strutture in legno o metallo costituite da elementi verticali portanti e “aperte su tutti i lati e non coperte”.
Sul punto peraltro il Consiglio di Stato, nel delineare i tratti distintivi delle diverse tipologie di strutture realizzabili all’aperto, ha affermato che il pergolato ha una funzione ornamentale, è realizzato in una struttura leggera in legno o in altro materiale di minimo peso, deve essere facilmente amovibile in quanto privo di fondamenta, e funge da sostegno per piante rampicanti, attraverso le quali realizzare riparo e ombreggiatura di superfici di modeste dimensioni.
Dalla pergola si distingue poi il gazebo quale una struttura leggera, non aderente ad altro immobile, coperta nella parte superiore ed aperta ai lati, realizzata con una struttura portante in ferro battuto, in alluminio o in legno strutturale, talvolta chiuso ai lati da tende facilmente rimuovibili, che può essere realizzato sia come struttura temporanea, sia in modo permanente per la migliore fruibilità di spazi aperti come giardini o ampi terrazzi.
Diversamente la veranda, realizzabile su balconi, terrazzi, attici o giardini, è caratterizzata quindi da ampie superfici vetrate che all’occorrenza si aprono tramite finestre scorrevoli o a libro, per essa, dal punto di vista edilizio, determina un aumento della volumetria dell’edificio e una modifica della sua sagoma e necessita quindi del permesso di costruire.
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2.2 Di qui correttamente l’istanza di sanatoria avente ad oggetto una struttura asseritamente amovibile è stata valutata dall’amministrazione comunale sulla base delle caratteristiche dell’intervento concretamente realizzato, consistente nella chiusura della terrazza a livello dell’abitazione di proprietà dei ricorrente attraverso l’installazione di una struttura in legno chiusa lateralmente da infissi e copertura.
Sicché legittimamente è stata esclusa la riconducibilità della struttura alla categoria di “pergola” assentibile ai sensi dell’art. 6, comma 1, del regolamento edilizio, a tenore del quale, esse sono configurabili quali strutture in legno o metallo costituite da elementi verticali portanti e “aperte su tutti i lati e non coperte”, mentre nella specie trattasi di una struttura annessa all’abitazione dei ricorrenti e dotata di copertura e di chiusure laterali.
Sul punto peraltro il Consiglio di Stato, nel delineare i tratti distintivi delle diverse tipologie di strutture realizzabili all’aperto, ha affermato che il pergolato ha una funzione ornamentale, è realizzato in una struttura leggera in legno o in altro materiale di minimo peso, deve essere facilmente amovibile in quanto privo di fondamenta, e funge da sostegno per piante rampicanti, attraverso le quali realizzare riparo e ombreggiatura di superfici di modeste dimensioni (Consiglio di Stato, Sezione IV, n. 5409 del 29.09.2011).
Dalla pergola si distingue poi il gazebo quale una struttura leggera, non aderente ad altro immobile, coperta nella parte superiore ed aperta ai lati, realizzata con una struttura portante in ferro battuto, in alluminio o in legno strutturale, talvolta chiuso ai lati da tende facilmente rimuovibili, che può essere realizzato sia come struttura temporanea, sia in modo permanente per la migliore fruibilità di spazi aperti come giardini o ampi terrazzi.
Diversamente la veranda, realizzabile su balconi, terrazzi, attici o giardini, è caratterizzata quindi da ampie superfici vetrate che all’occorrenza si aprono tramite finestre scorrevoli o a libro, per essa, dal punto di vista edilizio, determina un aumento della volumetria dell’edificio e una modifica della sua sagoma e necessita quindi del permesso di costruire (cfr C.d.S. sez. VI, n. 306/2017) (TAR Abruzzo-Pescara, sentenza 04.10.2019 n. 233 - link a www.giustizia-amministrartiva.it).

EDILIZIA PRIVATAPer costante giurisprudenza, per la realizzazione di verande, tettoie, pergolati, pensiline e gazebi, è necessario il permesso di costruire o la S.c.i.a, ove si alteri la sagoma dell’edificio; difettino i requisiti tipici delle pertinenze e degli interventi precari; le strutture siano infisse al suolo; si determini l’aumento della superficie utile; ovvero, le opere non siano facilmente amovibili e di modeste dimensioni e non abbiano natura puramente ornamentale.
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6.5.1. Al riguardo, il Collegio evidenzia che:
   a) non si ravvisa il dedotto errore, atteso che il primo giudice, nella pagina n. 6 della citata sentenza, fa riferimento alla autorizzazione n. 51 del 04.08.1994 esclusivamente per ricordare la sussistenza del titolo edilizio per l’avvenuta realizzazione del portale in pietra;
   b) per converso, la dichiarazione, peraltro effettuata in via meramente incidentale, in ordine alla condivisione del rilievo della illegittimità ha riguardato correttamente l’autorizzazione n. 4 del 04.11.1998 (v. pag. n. 9 della sentenza Tar);
   c) a prescindere dall’individuazione dello specifico oggetto della richiamata D.I.A. del 17.02.2003, è pacifico che la presente controversia attiene (quanto meno in parte) all’opera realizzata sulla particella 796, non rilevando in questa sede quanto insistente sulla particella 1014, come correttamente statuito nella pronuncia impugnata;
   d) per costante giurisprudenza (Cons. Stato, sez. VI, n. 306 del 2017; sez. IV, n. 2864 del 2016; sez. VI, n. 1619 del 2016; sez. VI, n. 1777 del 2014; Cass. pen., sez. III, 20.06.2013, n. 26952; 25.10.2012, n. 41698; 25.01.2012, n. 3093), per la realizzazione di verande, tettoie, pergolati, pensiline e gazebi, è necessario il permesso di costruire o la S.c.i.a, ove si alteri la sagoma dell’edificio; difettino i requisiti tipici delle pertinenze e degli interventi precari; le strutture siano infisse al suolo; si determini l’aumento della superficie utile; ovvero, le opere non siano facilmente amovibili e di modeste dimensioni e non abbiano natura puramente ornamentale;
   e) nel caso di specie l’opera non presenta natura precaria, atteso che, da quanto emerge dalla approfondita istruttoria posta a fondamento dell’impugnato provvedimento, trattasi di un capanno o manufatto di mq 16,53 (4,35 x 3,80), con pareti in calcestruzzo armato, con copertura di lastre di zinco, pavimentato;
   f) pertanto, condividendo quanto statuito sul punto dal primo giudice, atteso che i connotati strutturali di detto manufatto denotano una destinazione naturale a fornire una utilità prolungata nel tempo, la struttura può essere ritenuta di carattere residenziale, determinando incremento di volumetria (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 17.09.2019 n. 6194 - link a www.giustizia-amministrartiva.it).

EDILIZIA PRIVATA: Realizzazione di una veranda - Natura tecnico-giuridico di nuovo locale autonomamente utilizzabile - Esclusione del carattere di precarietà - Permesso di costruire - Natura precaria o permanente dell'intervento - Costruzioni realizzate in zona sismica - Disciplina sismica - Applicazione - Artt. 44, c. 1, lett. c), 83, 93, 94, 95, d.P.R. n. 380/2001.
In materia edilizia, una veranda è da considerarsi, in senso tecnico-giuridico, un nuovo locale autonomamente utilizzabile e difetta normalmente del carattere di precarietà, trattandosi di opera destinata non a sopperire ad esigenze temporanee e contingenti con la sua successiva rimozione, ma a durare nel tempo, ampliando così il godimento dell'immobile. Inoltre, le disposizioni previste dagli artt. 83 e 95 d.P.R. 06.06.2001, n. 380 si applicano a tutte le costruzioni realizzate in zona sismica, anche alle opere edili con struttura in legno, a prescindere dai materiali utilizzati e dalle relative strutture, nonché dalla natura precaria o permanente dell'intervento (Sez. 3, n. 4567 del 10/10/2017 - dep. 31/01/2018, Airo' Farulla; Sez. 3, n. 48950 del 04/11/2015 - dep. 11/12/2015, Baio) (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 02.05.2019 n. 18000 - link a www.ambientediritto.it).

anno 2018

EDILIZIA PRIVATA: Le verande realizzate sulla balconata di un appartamento, in quanto determinano una variazione planovolumetrica ed architettonica dell’immobile nel quale vengono realizzate, sono senza dubbio soggette al preventivo rilascio di permesso di costruire.
Si tratta, infatti, di strutture fissate in maniera stabile al pavimento che comportano la chiusura di una parte del balcone, con conseguente aumento di volumetria e modifica del prospetto. Né può assumere rilievo la natura dei materiali utilizzati, in quanto la chiusura, anche ove realizzata (come nella specie) con pannelli in alluminio, costituisce comunque un aumento volumetrico.
In proposito, va ricordato che, nell’Intesa sottoscritta il 20.10.2016, ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della legge 05.06.2003, n. 131, tra il Governo, le Regioni e i Comuni, concernente l’adozione del regolamento edilizio-tipo di cui all’articolo 4, comma 1-sexies, del decreto del Presidente della Repubblica 06.06.2001, n. 380, la veranda è stata definita (nell’Allegato A) «Locale o spazio coperto avente le caratteristiche di loggiato, balcone, terrazza o portico, chiuso sui lati da superfici vetrate o con elementi trasparenti e impermeabili, parzialmente o totalmente apribili».
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Deve anche escludersi che la trasformazione di un balcone o di un terrazzo in veranda costituisca una «pertinenza» in senso urbanistico.
La veranda integra, infatti, un nuovo locale autonomamente utilizzabile, il quale viene ad aggregarsi ad un preesistente organismo edilizio, per ciò solo trasformandolo in termini di sagoma, volume e superficie.
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1.‒ L’appello è fondato.
2.‒ Va premesso che, ai sensi dell’art. 10, comma 1, lettera c), del testo unico dell’edilizia (d.P.R. n. 380 del 2001), le opere di ristrutturazione edilizia necessitano di permesso di costruire se consistenti in interventi che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino, modifiche del volume, dei prospetti, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d’uso (ristrutturazione edilizia).
In via residuale, la SCIA assiste invece i restanti interventi di ristrutturazione c.d. «leggera» (compresi gli interventi di demolizione e ricostruzione che non rispettino la sagoma dell’edificio preesistente).
Ebbene, le verande realizzate sulla balconata di un appartamento, in quanto determinano una variazione planovolumetrica ed architettonica dell’immobile nel quale vengono realizzate, sono senza dubbio soggette al preventivo rilascio di permesso di costruire.
Si tratta, infatti, di strutture fissate in maniera stabile al pavimento che comportano la chiusura di una parte del balcone, con conseguente aumento di volumetria e modifica del prospetto. Né può assumere rilievo la natura dei materiali utilizzati, in quanto la chiusura, anche ove realizzata (come nella specie) con pannelli in alluminio, costituisce comunque un aumento volumetrico.
In proposito, va ricordato che, nell’Intesa sottoscritta il 20.10.2016, ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della legge 05.06.2003, n. 131, tra il Governo, le Regioni e i Comuni, concernente l’adozione del regolamento edilizio-tipo di cui all’articolo 4, comma 1-sexies, del decreto del Presidente della Repubblica 06.06.2001, n. 380, la veranda è stata definita (nell’Allegato A) «Locale o spazio coperto avente le caratteristiche di loggiato, balcone, terrazza o portico, chiuso sui lati da superfici vetrate o con elementi trasparenti e impermeabili, parzialmente o totalmente apribili».
Deve anche escludersi che la trasformazione di un balcone o di un terrazzo in veranda costituisca una «pertinenza» in senso urbanistico. La veranda integra, infatti, un nuovo locale autonomamente utilizzabile, il quale viene ad aggregarsi ad un preesistente organismo edilizio, per ciò solo trasformandolo in termini di sagoma, volume e superficie.
3.‒ Su queste basi, correttamente l’Amministrazione comunale ha ritenuto che la realizzazione del manufatto in contestazione  consistente nell’«ampliamento volumetrico dell’unità immobiliare eseguito con la realizzazione di una struttura in cemento armato (costituita da pilastri e travi) sui lati nord e ovest della tettoia, tamponature laterali in vetro, con l’allungamento della trasanna della copertura sovrastante sostenuta da travi doppio T, e con la realizzazione»‒ rendesse necessario il preventivo rilascio del permesso di costruire (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 09.10.2018 n. 5801 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2017

EDILIZIA PRIVATA: Permesso a costruire per le verande, libertà alle pergotende.
La realizzazione di una veranda su balconi, terrazzi, attici o giardini richiede il permesso di costruire in quanto, dal punto di vista edilizio, determina un aumento della volumetria dell'edificio, perché è caratterizzata da ampie superfici vetrate, che all'occorrenza si aprono tramite finestre scorrevoli o a libro.
La pergotenda rappresenta, invece, un elemento di migliore fruizione dello spazio esterno, stabile e duraturo. Tenuto conto della sua consistenza, delle caratteristiche costruttive e della funzione, una pergotenda non costituisce un'opera edilizia soggetta al previo rilascio del titolo abilitativo e rientra all'interno della categoria delle attività di edilizia libera.

Il Consiglio di Stato, Sez. VI, con la
sentenza 25.01.2017 n. 306 si è espresso riguardo alla definizione di pergolati, verande, gazebo e pergotende. E in particolare riprende per la prima volta la definizione di veranda data dal regolamento edilizio tipo, cioè «locale o spazio coperto avente le caratteristiche di loggiato, balcone, terrazza o portico, chiuso sui lati da superfici vetrate o con elementi trasparenti e impermeabili, parzialmente o totalmente apribili».
Il fatto in sintesi. Tizia presentava ricorso al Tar contro l'ordinanza di demolizione di una copertura e chiusura perimetrale di un pergolato con teli plastificati, fissati alla struttura. Il sistema utilizzato per fissare i teli è quello degli occhielli e chiavetta, con un riquadro di materiale plastico come finestra nella parte centrale, perché copertura e chiusura perimetrale sono state realizzate in assenza di titolo abilitativo. Il Tar ha respinto il ricorso, ma il Consiglio di stato lo ha accolto, classificando il manufatto come una pergotenda, non assoggettata al rilascio di un titolo edilizio.
Il Consiglio di stato ha cercato di chiarire la materia con delle definizioni, pur ammettendo che «in relazione ad alcune opere di limitata consistenza e di limitato impatto sul territorio (come pergolati, gazebo, tettoie, pensiline e pergotende) non è sempre agevole individuare il limite entro il quale esse possono farsi rientrare nel regime dell'edilizia libera o per cui è richiesta una comunicazione o permesso di costruire» (articolo ItaliaOggi del 28.04.2017).

EDILIZIA PRIVATASu pensiline, gazebo e pergolati la guida del Consiglio di Stato. Permessi edilizi. Su terrazzi e balconi.
Pergolati, gazebo, tettoie, pensiline e, più di recente, le pergotende, sono opere, normalmente di limitata consistenza e/o di limitato impatto sul territorio, di cui non è sempre agevole individuare il limite entro il quale esse possono farsi rientrare nel regime dell'edilizia libera o per i quali è richiesta una comunicazione all'amministrazione preposta alla tutela del territorio o addirittura necessitano del rilascio di un permesso di costruire.
Spesso sono i regolamenti edilizi comunali che dettano le regole, cui si aggiungono poi, per le aree sottoposte a vincolo paesaggistico o ad altri vincoli, ulteriori limitazioni.

A fare un po' di chiarezza sull'argomento ha recentemente pensato il Consiglio di Stato, Sez. VI, con la sentenza 25.01.2017 n. 306.
Vediamo caso per caso le definizioni.
Il pergolato, per sua natura, è una struttura aperta su almeno tre lati e nella parte superiore. Esso costituisce una struttura realizzata al fine di adornare e ombreggiare giardini o terrazze e consiste, quindi, in un'impalcatura, generalmente di sostegno di piante rampicanti, costituita da due (o più) file di montanti verticali riuniti superiormente da elementi orizzontali posti ad una altezza tale da consentire il passaggio delle persone.
Normalmente il pergolato non necessita di titoli abilitativi edilizi. Quando il pergolato viene coperto, nella parte superiore (anche per una sola porzione) con una struttura non facilmente amovibile (realizzata con qualsiasi materiale), è assoggettata tuttavia alle regole dettate per la realizzazione delle tettoie.
Il gazebo, invece, nella sua configurazione tipica, è una struttura leggera, non aderente ad altro immobile, coperta nella parte superiore e aperta ai lati, realizzata con una struttura portante in ferro battuto, in alluminio o in legno strutturale, talvolta chiuso ai lati da tende facilmente rimuovibili. Spesso è utilizzato per l'allestimento di eventi all'aperto, anche sul suolo pubblico, e in questi casi è considerata una struttura temporanea. In caso contrario, se infisso al suolo, dovrebbe essere richiesto il permesso di costruire
La veranda è stata recentemente definita come un «locale o spazio coperto avente le caratteristiche di loggiato, balcone, terrazza o portico, chiuso sui lati da superfici vetrate o con elementi trasparenti e impermeabili, parzialmente o totalmente apribili» (si veda l’intesa sottoscritta il 20.10.2016 tra Governo, Regioni e Comuni sul regolamento edilizio-tipo). La veranda, realizzabile su balconi, terrazzi, attici o giardini, è caratterizzata quindi da ampie superfici vetrate che all'occorrenza si aprono tramite finestre scorrevoli o a libro. Per questo la veranda, dal punto di vista edilizio, determina un aumento della volumetria dell'edificio e una modifica della sua sagoma e necessita quindi del permesso di costruire.
Infine, la pergotenda è qualificabile come mero arredo esterno quando è di modeste dimensioni, non modifica la destinazione d'uso degli spazi esterni ed è facilmente ed immediatamente rimovibile, con la conseguenza che la sua installazione si va ad inscrivere all'interno della categoria delle attività di edilizia libera e non necessita quindi di alcun permesso (Consiglio di Stato, sentenza 1777/2014)
(articolo Il Sole 24 Ore del 14.02.2017 - tratto da www.centrostudicni.it).

EDILIZIA PRIVATAIn relazione ad alcune opere, normalmente di limitata consistenza e di limitato impatto sul territorio, come pergolati, gazebo, tettoie, pensiline e, più di recente, le pergotende, non è sempre agevole individuare il limite entro il quale esse possono farsi rientrare nel regime dell’edilizia libera o invece devono farsi rientrare nei casi di edilizia non libera per i quali è richiesta una comunicazione all’amministrazione preposta alla tutela del territorio o il rilascio di un permesso di costruire.
Spesso sono i regolamenti edilizi comunali che dettano le regole, anche sulle dimensioni, che possono avere tali opere per poter essere realizzate liberamente o previa comunicazione o richiesta di assenso edilizio.
Alle disposizioni comunali si aggiungono poi, per le aree sottoposte a vincolo paesaggistico o ad altri vincoli, le limitazioni imposte dai diversi strumenti di tutela.
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Il pergolato costituisce una struttura realizzata al fine di adornare e ombreggiare giardini o terrazze e consiste, quindi, in un’impalcatura, generalmente di sostegno di piante rampicanti, costituita da due (o più) file di montanti verticali riuniti superiormente da elementi orizzontali posti ad una altezza tale da consentire il passaggio delle persone.
Il pergolato, per sua natura, è quindi una struttura aperta su almeno tre lati e nella parte superiore e normalmente non necessita di titoli abilitativi edilizi.
Quando il pergolato viene coperto, nella parte superiore (anche per una sola porzione) con una struttura non facilmente amovibile (realizzata con qualsiasi materiale), è assoggettata tuttavia alle regole dettate per la realizzazione delle tettoie.

Il Consiglio di Stato, al riguardo, ha già affermato che
il pergolato ha una funzione ornamentale, è realizzato in una struttura leggera in legno o in altro materiale di minimo peso, deve essere facilmente amovibile in quanto privo di fondamenta, e funge da sostegno per piante rampicanti, attraverso le quali realizzare riparo e ombreggiatura di superfici di modeste dimensioni.
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Il gazebo
, nella sua configurazione tipica, è una struttura leggera, non aderente ad altro immobile, coperta nella parte superiore ed aperta ai lati, realizzata con una struttura portante in ferro battuto, in alluminio o in legno strutturale, talvolta chiuso ai lati da tende facilmente rimuovibili.
Spesso il gazebo è utilizzato per l'allestimento di eventi all’aperto, anche sul suolo pubblico, e in questi casi è considerata una struttura temporanea. In altri casi il gazebo è realizzato in modo permanente per la migliore fruibilità di spazi aperti come giardini o ampi terrazzi.

Nella fattispecie l’opera realizzata dall’appellante non può ritenersi assimilabile ad un gazebo per la sua forma, che non è quella tipica di un gazebo, per i materiali utilizzati, che non sono tutti leggeri, e perché la struttura è stata realizzata in aderenza ad un preesistente immobile in muratura.
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Nell’Intesa sottoscritta il 20.10.2016, ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 05.06.2003, n. 131, tra il Governo, le Regioni e i Comuni, concernente l'adozione del regolamento edilizio-tipo di cui all'articolo 4, comma 1-sexies del decreto del Presidente della Repubblica 06.06.2001, n. 380, la veranda è stata definita (nell’Allegato A) «Locale o spazio coperto avente le caratteristiche di loggiato, balcone, terrazza o portico, chiuso sui lati da superfici vetrate o con elementi trasparenti e impermeabili, parzialmente o totalmente apribili».

La veranda, realizzabile su balconi, terrazzi, attici o giardini, è caratterizzata quindi da ampie superfici vetrate che all’occorrenza si aprono tramite finestre scorrevoli o a libro. Per questo la veranda, dal punto di vista edilizio, determina un aumento della volumetria dell’edificio e una modifica della sua sagoma e necessita quindi del permesso di costruire.
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La ricorrente insiste nel sostenere che le opere sanzionate dal Comune altro non sono che una “
pergotenda”, realizzata con teli amovibili (appoggiati sul preesistente pergolato), che non ha determinato alcun aumento di volumetria e di superficie coperta.

In proposito questa Sezione ha, di recente, affermato che
tali strutture, la cui agevole realizzazione è oggi possibile grazie a nuove tecniche e nuovi materiali, sono destinate a rendere meglio vivibili gli spazi esterni delle unità abitative (terrazzi o giardini) e sono installate per soddisfare quindi esigenze non precarie.
Le “pergotende” non si connotano, pertanto, per la temporaneità della loro utilizzazione, ma costituiscono un elemento di migliore fruizione dello spazio esterno, stabile e duraturo.
Ciò premesso,
la Sezione, nella stessa citata decisione, ha ritenuto che le pergotende, tenuto conto della loro consistenza, delle caratteristiche costruttive e della loro funzione, non costituiscano un’opera edilizia soggetta al previo rilascio del titolo abilitativo.
Infatti, ai sensi del combinato disposto degli articoli 3 e 10 del DPR n. 380 del 2001, sono soggetti al rilascio del permesso di costruire gli “interventi di nuova costruzione”, che determinano una “trasformazione edilizia e urbanistica del territorio”, mentre una struttura leggera (nella fattispecie esaminata in alluminio anodizzato) destinata ad ospitare tende retrattili in materiale plastico non integra tali caratteristiche.
L’opera principale non è, infatti, la struttura in sé, ma la tenda, quale elemento di protezione dal sole e dagli agenti atmosferici, finalizzata ad una migliore fruizione dello spazio esterno dell’unità abitativa, con la conseguenza che la struttura (in alluminio anodizzato) si qualifica in termini di mero elemento accessorio, necessario al sostegno e all’estensione della tenda.
Quest’ultima, poi, integrata alla struttura portante, non può considerarsi una “nuova costruzione”, posto che essa è in materiale plastico e retrattile, onde non presenta caratteristiche tali da costituire un organismo edilizio rilevante, comportante trasformazione del territorio. Infatti la copertura e la chiusura perimetrale che essa realizza non presentano elementi di fissità, stabilità e permanenza, per il carattere retrattile della tenda, «onde, in ragione della inesistenza di uno spazio chiuso stabilmente configurato, non può parlarsi di organismo edilizio connotantesi per la creazione di nuovo volume o superficie».

Inoltre l’elemento di copertura e di chiusura è costituito da una tenda in materiale plastico, privo di quelle caratteristiche di consistenza e di rilevanza che possano connotarlo in termini di componenti edilizie di copertura o di tamponatura di una costruzione.
Anche in una precedente decisione la Sezione aveva affermato che
la pergotenda è qualificabile come mero arredo esterno quando è di modeste dimensioni, non modifica la destinazione d’uso degli spazi esterni ed è facilmente ed immediatamente rimovibile, con la conseguenza che la sua installazione si va ad inscrivere all’interno della categoria delle attività di edilizia libera e non necessita quindi di alcun permesso.
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... per la riforma della sentenza del TAR per la Campania, Sezione Staccata di Salerno, Sezione I, n. 2543 del 04.12.2015, resa tra le parti, concernente la demolizione di opere edilizie abusive e il ripristino dello stato dei luoghi.
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1.- La signora An.Pa. ha impugnato davanti al TAR per la Campania, Sezione Staccata di Salerno, l’ordinanza, n. 23 del 16.06.2015, con la quale il Responsabile del Settore Ufficio Tecnico del Comune di Altavilla Silentina, le ha ingiunto di provvedere, a sua cura e spese, alla demolizione di una copertura e chiusura perimetrale di un pergolato con teli plastificati, fissati alla struttura con il sistema degli occhielli e chiavetta, con un riquadro di materiale plastico come finestra nella parte centrale, in quanto realizzate in assenza di titolo abilitativo.
1.1- Il TAR per la Campania, Sezione Staccata di Salerno, Sezione I, con sentenza n. 2543 del 04.12.2015, resa in forma semplificata nella camera di consiglio fissata per l’esame della domanda cautelare, ha respinto il ricorso.
Il TAR ha, infatti, ritenuto che «il materiale utilizzato, pur agevolmente amovibile siccome consistente in materiale plastico, non rende l’intervento ex se non sanzionabile con l’impugnato ordine demolitorio, in quanto, per come realizzato, riflette esigenze non di carattere meramente temporaneo», con la conseguenza che le opere realizzate hanno determinato una trasformazione urbanistico-edilizia del territorio, con la perdurante modifica dello stato dei luoghi.
2- La signora Pa. ha appellato l’indicata sentenza ritenendola erronea.
In particolare, dopo aver ricordato di aver realizzato la struttura del pergolato nel 2011 con una scia, la signora Pa. ha insistito nel sostenere l’amovibilità della tenda plastificata e quindi l’illegittimità dell’ordinanza demolitoria. La signora Pa. ha anche depositato un perizia tecnica di parte redatta in relazione alle opere oggetto dell’ordinanza di demolizione impugnata.
3- Per valutare la legittimità del provvedimento con il quale il Comune di Altavilla Silentina (che non ha ritenuto di doversi costituire in giudizio) ha ordinato la demolizione delle opere realizzate dall’appellante in assenza di alcun titolo abilitativo occorre qualificare la natura delle opere realizzate.
Come si evince dal provvedimento impugnato, dalla documentazione depositata in giudizio e dalla perizia tecnica di parte, completa di numerose fotografie, la signora Pa. ha realizzato, in aderenza ad un preesistente immobile, una struttura con 3 pilastri verticali in muratura, travi portanti della copertura in legno, copertura in materiale plastico, fissata con chiodi alle travi di legno, e pareti esterne in materiale plastico amovibile, con una porta di accesso.
3.1- Per realizzare tale struttura l’interessata non ha presentato una dichiarazione o richiesta di assenso al Comune. Risulta peraltro dagli atti che la signora Pa., con SCIA del 15.03.2011, aveva realizzato alcuni lavori nell’immobile oggetto dei lavori contestati con l’ordinanza impugnata.
L’appellante sostiene di aver provveduto a seguito della SCIA, fra l’altro, alla pavimentazione dell’area esterna dove sono state realizzate le opere di cui ora si discute e di aver anche realizzato un ampio pergolato esterno su parte del quale è stata realizzata la contestata struttura.
4.- Ciò premesso, si deve osservare che,
in relazione ad alcune opere, normalmente di limitata consistenza e di limitato impatto sul territorio, come pergolati, gazebo, tettoie, pensiline e, più di recente, le pergotende, non è sempre agevole individuare il limite entro il quale esse possono farsi rientrare nel regime dell’edilizia libera o invece devono farsi rientrare nei casi di edilizia non libera per i quali è richiesta una comunicazione all’amministrazione preposta alla tutela del territorio o il rilascio di un permesso di costruire.
Spesso sono i regolamenti edilizi comunali che dettano le regole, anche sulle dimensioni, che possono avere tali opere per poter essere realizzate liberamente o previa comunicazione o richiesta di assenso edilizio.
Alle disposizioni comunali si aggiungono poi, per le aree sottoposte a vincolo paesaggistico o ad altri vincoli, le limitazioni imposte dai diversi strumenti di tutela.

5- Nella fattispecie, vista la documentazione in atti, si può preliminarmente escludere che le opere realizzate e ritenute abusive dal Comune possano farsi rientrare tutte nella nozione di pergolato.
5.1-
Il pergolato costituisce infatti, una struttura realizzata al fine di adornare e ombreggiare giardini o terrazze e consiste, quindi, in un’impalcatura, generalmente di sostegno di piante rampicanti, costituita da due (o più) file di montanti verticali riuniti superiormente da elementi orizzontali posti ad una altezza tale da consentire il passaggio delle persone.
Il pergolato, per sua natura, è quindi una struttura aperta su almeno tre lati e nella parte superiore e normalmente non necessita di titoli abilitativi edilizi.
Quando il pergolato viene coperto, nella parte superiore (anche per una sola porzione) con una struttura non facilmente amovibile (realizzata con qualsiasi materiale), è assoggettata tuttavia alle regole dettate per la realizzazione delle tettoie.

5.2- Il Consiglio di Stato, al riguardo, ha già affermato che
il pergolato ha una funzione ornamentale, è realizzato in una struttura leggera in legno o in altro materiale di minimo peso, deve essere facilmente amovibile in quanto privo di fondamenta, e funge da sostegno per piante rampicanti, attraverso le quali realizzare riparo e ombreggiatura di superfici di modeste dimensioni (Consiglio di Stato, Sezione IV, n. 5409 del 29.09.2011).
5.3- In conseguenza le opere oggetto del contestato ordine di demolizione non possono farsi rientrare fra quelli oggetto della suindicata SCIA del 15.03.2011 che includevano la sola realizzazione di un pergolato.
6- La struttura realizzata dall’appellante non può farsi rientrare nemmeno nella nozione di gazebo, pur avendone alcune caratteristiche.
Il gazebo, infatti, nella sua configurazione tipica, è una struttura leggera, non aderente ad altro immobile, coperta nella parte superiore ed aperta ai lati, realizzata con una struttura portante in ferro battuto, in alluminio o in legno strutturale, talvolta chiuso ai lati da tende facilmente rimuovibili. Spesso il gazebo è utilizzato per l'allestimento di eventi all’aperto, anche sul suolo pubblico, e in questi casi è considerata una struttura temporanea. In altri casi il gazebo è realizzato in modo permanente per la migliore fruibilità di spazi aperti come giardini o ampi terrazzi.
6.1-
Nella fattispecie l’opera realizzata dall’appellante non può ritenersi assimilabile ad un gazebo per la sua forma, che non è quella tipica di un gazebo, per i materiali utilizzati, che non sono tutti leggeri, e perché la struttura è stata realizzata in aderenza ad un preesistente immobile in muratura.
7- La struttura contestata dal Comune intimato non può poi nemmeno considerarsi una veranda.
In proposito si deve ricordare che
nell’Intesa sottoscritta il 20.10.2016 , ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 05.06.2003, n. 131, tra il Governo, le Regioni e i Comuni, concernente l'adozione del regolamento edilizio-tipo di cui all'articolo 4, comma 1-sexies del decreto del Presidente della Repubblica 06.06.2001, n. 380, la veranda è stata definita (nell’Allegato A) «Locale o spazio coperto avente le caratteristiche di loggiato, balcone, terrazza o portico, chiuso sui lati da superfici vetrate o con elementi trasparenti e impermeabili, parzialmente o totalmente apribili».
7.1-
La veranda, realizzabile su balconi, terrazzi, attici o giardini, è caratterizzata quindi da ampie superfici vetrate che all’occorrenza si aprono tramite finestre scorrevoli o a libro. Per questo la veranda, dal punto di vista edilizio, determina un aumento della volumetria dell’edificio e una modifica della sua sagoma e necessita quindi del permesso di costruire.
8- La signora An.Pa. nel suo appello
ha insistito nel sostenere che le opere sanzionate dal Comune di Altavilla Silentina altro non sono che una “pergotenda”, realizzata con teli amovibili (appoggiati sul preesistente pergolato), che non ha determinato alcun aumento di volumetria e di superficie coperta.
9- In proposito questa Sezione ha, di recente, affermato che
tali strutture, la cui agevole realizzazione è oggi possibile grazie a nuove tecniche e nuovi materiali, sono destinate a rendere meglio vivibili gli spazi esterni delle unità abitative (terrazzi o giardini) e sono installate per soddisfare quindi esigenze non precarie (Consiglio di Stato, Sezione VI, n. 1619 del 27.04.2016).
Le “pergotende” non si connotano, pertanto, per la temporaneità della loro utilizzazione, ma costituiscono un elemento di migliore fruizione dello spazio esterno, stabile e duraturo.
9.1- Ciò premesso,
la Sezione, nella stessa citata decisione, ha ritenuto che le pergotende, tenuto conto della loro consistenza, delle caratteristiche costruttive e della loro funzione, non costituiscano un’opera edilizia soggetta al previo rilascio del titolo abilitativo.
Infatti, ai sensi del combinato disposto degli articoli 3 e 10 del DPR n. 380 del 2001, sono soggetti al rilascio del permesso di costruire gli “interventi di nuova costruzione”, che determinano una “trasformazione edilizia e urbanistica del territorio”, mentre una struttura leggera (nella fattispecie esaminata in alluminio anodizzato) destinata ad ospitare tende retrattili in materiale plastico non integra tali caratteristiche.
L’opera principale non è, infatti, la struttura in sé, ma la tenda, quale elemento di protezione dal sole e dagli agenti atmosferici, finalizzata ad una migliore fruizione dello spazio esterno dell’unità abitativa, con la conseguenza che la struttura (in alluminio anodizzato) si qualifica in termini di mero elemento accessorio, necessario al sostegno e all’estensione della tenda.
Quest’ultima, poi, integrata alla struttura portante, non può considerarsi una “nuova costruzione”, posto che essa è in materiale plastico e retrattile, onde non presenta caratteristiche tali da costituire un organismo edilizio rilevante, comportante trasformazione del territorio. Infatti la copertura e la chiusura perimetrale che essa realizza non presentano elementi di fissità, stabilità e permanenza, per il carattere retrattile della tenda, «onde, in ragione della inesistenza di uno spazio chiuso stabilmente configurato, non può parlarsi di organismo edilizio connotantesi per la creazione di nuovo volume o superficie».

Inoltre l’elemento di copertura e di chiusura è costituito da una tenda in materiale plastico, privo di quelle caratteristiche di consistenza e di rilevanza che possano connotarlo in termini di componenti edilizie di copertura o di tamponatura di una costruzione.
9.2- Sulla base di tali considerazioni la Sezione ha quindi ritenuto che una delle due strutture nella fattispecie realizzate, destinata unicamente al sostegno (in alluminio) di un elemento di arredo temporaneo consistente in una tenda retrattile, non abbisognava del previo rilascio di un permesso di costruire, risolvendosi «in un mero elemento di arredo del terrazzo su cui insiste».
Infatti la struttura di alluminio anodizzato (nella fattispecie esaminata) è stata ritenuta un mero elemento di sostegno della tenda e quindi non poteva considerarsi un nuovo organismo edilizio determinante una trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio.
9.3- Mentre nell’altra struttura contestualmente esaminata, la natura e la consistenza del materiale utilizzato (il vetro) faceva sì che la struttura di alluminio anodizzato si configurava non più come mero elemento di supporto di una tenda, ma piuttosto costituiva la componente portante di un vero e proprio manufatto, che assumeva la consistenza di una vera e propria opera edilizia, connotandosi per la presenza di elementi di chiusura che, realizzati in vetro, costituivano vere e proprie tamponature laterali con un carattere di stabilità tale da non poter essere realizzate in assenza del titolo abilitativo necessario per le nuove costruzioni.
9.4- Anche in una precedente decisione la Sezione aveva affermato che
la pergotenda è qualificabile come mero arredo esterno quando è di modeste dimensioni, non modifica la destinazione d’uso degli spazi esterni ed è facilmente ed immediatamente rimovibile, con la conseguenza che la sua installazione si va ad inscrivere all’interno della categoria delle attività di edilizia libera e non necessita quindi di alcun permesso (Consiglio di Stato, Sezione VI, n. 1777 dell’11.04.2014).
10- Tutto ciò premesso, la Sezione ritiene che l’ordinanza di demolizione impugnata non possa ritenersi legittima perché le opere realizzate dall’appellante, peraltro in un’area che non è sottoposta a vincolo paesaggistico, sono prive, in gran parte, di quelle caratteristiche di consistenza e di rilevanza che possano farle connotare come componenti edilizie di copertura o di tamponatura di una costruzione.
10.1- Le opere oggetto dell’ordinanza impugnata, che si sono già prima sommariamente descritte, si connotano, infatti, per la presenza di teli e tende in materiale plastico facilmente amovibili, che aderiscono ad una struttura di sostegno che è costituita da tre pilastrini verticali in muratura e da alcune travi di legno collocati sia in verticale che nella parte superiore.
La struttura portante, sebbene non tutta con materiali leggeri, può anche farsi rientrare nella categoria dei pergolati (come sostiene l’appellante). Una delle tende laterali può essere poi considerata una vera e propria pergotenda, che può essere aperta o chiusa mediante un sistema di scorrimento veloce. Sostanzialmente hanno la stessa caratteristica anche le tende collocate sugli altri lati che possono essere movimentate manualmente su apposite guide scorrevoli e possono essere chiuse o aperte mediante appositi occhielli.
10.2- Restano evidentemente di meno facile amovibilità la copertura della struttura, che è stata realizzata con teli di plastica che sono stati fissati alla travi di legno superiore con chiodi e rondelle, e la piccola porta posta sul lato A della struttura.
Ma la presenza di tali opere che sono meno facilmente amovibili e che possono avere una certa rilevanza edilizia, anche in base alla disciplina eventualmente dettata dal regolamento edilizio comunale, non giustifica comunque l’emanazione di una ordinanza di demolizione che ha riguardato l’intera struttura, con la conseguente possibile acquisizione, nel caso di mancata ottemperanza, dell’area interessata.
11- Per gli esposti motivi, l’appello deve essere accolto e, in riforma della appellata sentenza del TAR per la Campania, Sezione Staccata di Salerno, Sezione I, n. 2543 del 04.12.2015, deve essere disposto l’annullamento dell’ordinanza di demolizione del Comune di Altavilla Silentina, n. 23 del 16.06.2015, impugnata in primo grado.
Sono fatti salvi gli eventuali ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione per quella parte delle opere realizzate che, anche sulla base della regolamentazione comunale, possono ritenersi di edilizia non libera (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 25.01.2017 n. 306 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2015

EDILIZIA PRIVATA: Trasformazione di un balcone o di una terrazza in veranda.
La trasformazione di un balcone o di una terrazza, anche di modesta superficie, in veranda, mediante chiusura a mezzo di installazione di pannelli di vetro su intelaiatura metallica, non costituisce realizzazione di una pertinenza, né intervento di manutenzione straordinaria e di restauro, ma è opera soggetta a concessione edilizia ovvero a permesso di costruire, la cui realizzazione, in assenza di titolo abilitativo, integra il reato previsto dall'art. 44 d.P.R. n. 380 del 2001.
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3. Ciò precisato, le prime due doglianze -che, essendo tra loro connesse, possono essere esaminate congiuntamente- sono infondate.
La Corte palermitana si è infatti attenuta, nello scrutinio del caso di specie, al principio più volte affermato da questa Corte secondo il quale
la trasformazione di un balcone o di una terrazza, anche di modesta superficie, in veranda, mediante chiusura a mezzo di installazione di pannelli di vetro su intelaiatura metallica, non costituisce realizzazione di una pertinenza, né intervento di manutenzione straordinaria e di restauro, ma è opera soggetta a concessione edilizia ovvero a permesso di costruire, la cui realizzazione, in assenza di titolo abilitativo, integra il reato previsto dall'art. 44 d.P.R. n. 380 del 2001 (Sez. 3, n. 1483 del 03/12/2013, dep. 15/01/2014, Summa, Rv. 258295; Sez. 3, n. 3160 del 28/11/2002, dep. 23/01/2003, Macaluso, Rv. 223295; Sez. 3, n. 45588 del 28/10/2004, P.M. in proc. D'Aurelio, Rv. 230419; Sez. 3, n. 35011 del 26/04/2007, Camarda, Rv. 237532; Sez. 3, n. 3879 del 13/01/2000, Spaventi, Rv. 216221).
Pertanto
la trasformazione, come nella specie, di un terrazzino in veranda, mediante collocazione di una struttura in alluminio, vetri e copertura in materiale coibentato, con conseguente creazione di un ambiente diviso in due da una tramezzatura in cartongesso e contiguo ad un appartamento già esistente con rimozione degli infissi dalla loro originaria collocazione, non ha natura precaria né costituisce, come hanno correttamente ritenuto i giudici del merito, intervento di manutenzione straordinaria o di restauro, ma è opera soggetta a permesso di costruire (o, nella regione Sicilia, a concessione edilizia).
Va ricordato che, nel caso in esame, non si era in presenza della mera chiusura di un balcone bensì dello sfruttamento, a fini abitativi, di una parte consistente del terrazzo dell'ultimo piano dell'immobile e, dunque, della costituzione di una vera e propria nuova opera dotata anche di una copertura autonoma che aveva modificato la originaria copertura dell'intero edificio, come attestato dalle fotografie allegate al verbale di sopralluogo che documentavano come la realizzazione della "
veranda" non fosse stata eseguita mediante la chiusura del balcone in quanto, per realizzare il manufatto, era stato necessario modificare anche il tetto del fabbricato ed inoltre le opere avevano prodotto un aumento della superficie abitabile dell'appartamento dell'imputato, il cui aumento volumetrico, seppure inferiore al 20% del volume dell'edificio principale, non rileva, in presenza di un'opera comunque qualificabile come nuova costruzione, ai fini dell'esonero dall'obbligo di richiedere il titolo abilitativo (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 04.12.2015 n. 48221 - tratto da www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Sulla veranda non si bluffa. Consiglio di stato: manufatti metallici addio.
Altro che volume tecnico. Quel manufatto in alluminio sul balcone è una vera e propria veranda e deve essere abbattuta perché realizzata senza permesso di costruire: il fatto che la struttura contenga davvero la caldaia non basta di per sé a trasformarla in un locale «servente», quasi fosse una pertinenza, se le dimensioni risultano ben maggiori rispetto alla superficie sufficiente a contenere gli impianti tecnologici.

È quanto afferma il Consiglio di Stato, Sez. VI, con la sentenza 04.05.2015 n. 2226.
Funzione e natura
Niente da fare per il proprietario: dovrà rassegnarsi a smantellare il manufatto in alluminio che ha realizzato sul balcone, addossandolo al muro perimetrale dell'edificio. E ciò perché l'opera costituisce un vero abuso edilizio: è a tutti gli effetti una veranda realizzata contro legge.
A fare di un manufatto una veranda, infatti, non conta se l'opera risulta chiusa da tutti i lati. Ciò che rileva invece è la funzione svolta, mentre bastano l'incremento dei volumi e la modifica della sagoma dell'edificio a integrare la violazione delle norme edilizie: i locali hanno anche l'impianto idrico ed elettrico e dunque non possono affatto essere considerati una centrale termica.
Le dimensioni del locale «incriminato» -che misura un metro e mezzo, per quasi un metro e tre metri e venti- confermano che si tratta di una veranda che è soltanto «travestita» da locale caldaia. Al proprietario non resta che pagare 3 mila euro di spese per i due gradi di giudizio (articolo ItaliaOggi del 14.05.2015).

EDILIZIA PRIVATA: Sulla nozione di veranda.
La consistenza del manufatto oggetto principale dell’ordinanza impugnata, realizzato senza assenso edilizio su un terrazzo dell’appartamento del ricorrente rientra nella definizione edilizia propria della veranda, definizione per la quale non rileva la chiusura su tutti i lati del manufatto stesso, essendo invece necessario e sufficiente l’effetto di incremento di volumetria e di modifica della sagoma dell’edificio causato dall’intervento edilizio (solo in presenza di una tettoia o di un porticato aperto da tre lati può essere esclusa la realizzazione di un nuovo volume).
Infatti:
- la veranda di cui trattasi non può essere considerata mero volume tecnico a protezione della caldaia, alla cui definizione difetta l’autonomia funzionale anche solo potenziale e la non adattabilità ad uso abitativo o diverso da quello necessario per contenere, senza possibili alternative e comunque per una consistenza volumetrica del tutto contenuta, gli impianti tecnologici serventi la costruzione principale: le dimensioni del manufatto sono, all’evidenza, ben maggiori di quelle necessarie a contenere la caldaia e ciò è sufficiente ad escluderne la riconducibilità alla categoria pretesa dall’appellante, anche ai sensi dell’art. 13 del regolamento edilizio comunale;
- in quanto comportante modifica del volume, della sagoma e del prospetto dell’edificio, l’intervento sanzionato rientra nella nozione della ristrutturazione edilizia come definita dall’art. 10, comma 1, lett. c), del d.P.R. 06.06.2001 n. 380, la cui realizzazione sconta il previo permesso di costruire da parte del Comune, a prescindere da qualunque considerazione circa la natura pertinenziale o meno del manufatto realizzato e dallo specifico oggetto dell’attività difensiva spiegata dal Comune nel corso del giudizio di primo grado;
- alla legittimità del provvedimento repressivo di un abuso edilizio non è necessaria, per pacifico e condiviso principio giurisdizionale, la specificazione di una specifica motivazione, né rileva l’asserita disparità di trattamento con altre situazioni analoghe, disparità che non può, in ogni caso, consentire il protrarsi di situazioni comunque non conformi alle norme, né la tutela del preteso legittimo affidamento, dato che la repressione di abusi edilizi costituisce, per il Comune, atto vincolato non soggetto a limiti temporali.

II) L’appello è infondato.
Come ha rilevato il primo giudice, la consistenza del manufatto oggetto principale dell’ordinanza impugnata, realizzato senza assenso edilizio su un terrazzo dell’appartamento del ricorrente rientra nella definizione edilizia propria della veranda, definizione per la quale non rileva la chiusura su tutti i lati del manufatto stesso, essendo invece necessario e sufficiente l’effetto di incremento di volumetria e di modifica della sagoma dell’edificio causato dall’intervento edilizio (solo in presenza di una tettoia o di un porticato aperto da tre lati può essere esclusa la realizzazione di un nuovo volume: per tutte, Cons. Stato, sez. V, 14.10.2013, n. 4997).
Per effetto di questa considerazione, che rende infondato il principale motivo dell’appello, devono essere respinti anche le ulteriori censure rivolte avverso la sentenza impugnata.
Infatti:
- la veranda di cui trattasi non può essere considerata mero volume tecnico a protezione della caldaia, alla cui definizione difetta l’autonomia funzionale anche solo potenziale e la non adattabilità ad uso abitativo o diverso da quello necessario per contenere, senza possibili alternative e comunque per una consistenza volumetrica del tutto contenuta, gli impianti tecnologici serventi la costruzione principale (per tutte, Cons. Stato, sez. VI, 21.01.201, n. 175): le dimensioni del manufatto sono, all’evidenza, ben maggiori di quelle necessarie a contenere la caldaia e ciò è sufficiente ad escluderne la riconducibilità alla categoria pretesa dall’appellante, anche ai sensi dell’art. 13 del regolamento edilizio comunale;
- in quanto comportante modifica del volume, della sagoma e del prospetto dell’edificio, l’intervento sanzionato rientra nella nozione della ristrutturazione edilizia come definita dall’art. 10, comma 1, lett. c), del d.P.R. 06.06.2001 n. 380, la cui realizzazione sconta il previo permesso di costruire da parte del Comune, a prescindere da qualunque considerazione circa la natura pertinenziale o meno del manufatto realizzato e dallo specifico oggetto dell’attività difensiva spiegata dal Comune nel corso del giudizio di primo grado;
- alla legittimità del provvedimento repressivo di un abuso edilizio non è necessaria, per pacifico e condiviso principio giurisdizionale, la specificazione di una specifica motivazione, né rileva l’asserita disparità di trattamento con altre situazioni analoghe, disparità che non può, in ogni caso, consentire il protrarsi di situazioni comunque non conformi alle norme, né la tutela del preteso legittimo affidamento, dato che la repressione di abusi edilizi costituisce, per il Comune, atto vincolato non soggetto a limiti temporali (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 04.05.2015 n. 2226 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Per il semplice fatto che il porticato, già chiuso su due lati, fosse già qualificato volume a taluni fini (ad es. per il calcolo della cubatura complessiva), non si può ritenere che la completa chiusura dello stesso, sia un intervento edilizio minore o, addirittura, “libero” (perché si risolve in una mera opera interna).
Infatti, l’autorizzazione di un volume edilizio nella forma di un porticato, impone che esso sia utilizzato in quanto tale e non ne consente in alcun modo la “libera” chiusura.
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Il mutamento della qualità del volume edilizio che, da spazio aperto su due lati, diviene superficie interamente coperta è tale da costituire una modifica incidente non solo sui prospetti del fabbricato, ma anche sulla superficie che, completamente chiusa, viene resa potenzialmente abitabile.
L’essenziale mutamento qualitativo del volume edilizio impone, quindi, che esso debba essere assentito mediante permesso di costruire come nuova volumetria.
In merito, la giurisprudenza è pacifica sia per quel che riguarda casi pressoché identici a quello di cui si discute, sia per quel che riguarda il caso, analogo, della chiusura di un terrazzo, già chiuso su due lati, a veranda.
La ricostruzione appena operata nel senso che la chiusura perimetrale del porticato costituisca una nuova volumetria, implica, ad un tempo:
- che l’intervento debba essere qualificato di nuova costruzione;
- che non sia applicabile la sanatoria di cui all’art. 167, D.lgs. n. 42/2004 (il quale prevede una forma di sanatoria ambientale postuma solo per le opere non suscettibili di essere qualificate come aumento volumetrico);
- che, nell’impossibilità di ottenere l’autorizzazione paesaggistica ex post, l’opera non possa essere assentita ex post neppure ai sensi dell’art. 36 D.P.R. 380/2001.

2.1. In apice, giova rappresentare che le opere di cui si discute consistono nella chiusura perimetrale di un porticato aperto su due lati con la conseguente realizzazione di 7 cantinole, ciascuna di 9 mq.
2.2. Parte ricorrente, con il ricorso principale, muove all’ordinanza di demolizione diverse articolate censure che vanno esaminate singolarmente.
3.1. Con le prime due censure, parte ricorrente svolge molteplici argomenti, logicamente connessi, nel senso della illegittimità della sanzione demolitoria.
3.2. Tutti gli argomenti svolti, peraltro, poggiano su un assunto che, per quanto arguto, non può essere delibato favorevolmente.
3.3. In sostanza, parte ricorrente afferma che la chiusura del porticato in questione, con successiva creazione delle sette cantinole, non potrebbe essere qualificato come aumento volumetrico. Il ragionamento si fonda sulla costatazione che, in giurisprudenza, si afferma che la chiusura su due lati di uno spazio coperto integri un volume ai fini della disciplina edilizia. Ebbene, sostiene parte ricorrente, se il porticato preesistente, chiuso su due lati e coperto, costituiva già volume, la completa chiusura perimetrale dello stesso non può essere qualificata come un aumento di volumetria (era, infatti, già ‘volume’ edilizio). Tanto, sarebbe confermato anche dalla circostanza che, in sede di rilascio del titolo edilizio, l’ingombro volumetrico del fabbricato è stato appunto calcolato includendovi il predetto porticato.
3.4. Da tale affermazione si fanno discendere diverse conseguenze e, in particolare: la qualificazione della costruzione delle cantinole come opera interna o, comunque, pertinenziale o, al più, di ristrutturazione; la sanabilità delle opere ai sensi dell’art. 167 D.lgs. 42/2004 oltre che dell’art. 36 D.P.R. 380/2001; la compatibilità con le previsioni del piano regolatore e del piano paesistico anche in ragione della previsione di coeve opere di riqualificazione ambientale.
3.5. Sennonché l’affermazione che regge tutte le conclusioni appena descritte è fallace. Infatti, per il semplice fatto che il porticato, già chiuso su due lati, fosse già qualificato volume a taluni fini (ad es. per il calcolo della cubatura complessiva), non si può ritenere che la completa chiusura dello stesso, sia un intervento edilizio minore o, addirittura, “libero” (perché si risolve in una mera opera interna).
3.6. Infatti, l’autorizzazione di un volume edilizio nella forma di un porticato, impone che esso sia utilizzato in quanto tale e non ne consente in alcun modo la “libera” chiusura (la tesi è pure adombrata dal ricorrente; v. C.d.S., sez. V, 06/05/1991, n. 732 nonché Consiglio di Stato, sez. V, 26/10/1998, n. 1554).
3.7. Il mutamento della qualità del volume edilizio che, da spazio aperto su due lati, diviene superficie interamente coperta è tale da costituire una modifica incidente non solo sui prospetti del fabbricato, ma anche sulla superficie che, completamente chiusa, viene resa potenzialmente abitabile. L’essenziale mutamento qualitativo del volume edilizio impone, quindi, che esso debba essere assentito mediante permesso di costruire come nuova volumetria.
3.8. In merito, la giurisprudenza è pacifica sia per quel che riguarda casi pressoché identici a quello di cui si discute (v., oltre alle sentenze del Consiglio di Stato già citate, TAR, sez. III Napoli, Campania, 07/09/2012, n. 3789; TAR, sez. I, Latina, Lazio, 07/11/2013, n. 837; TAR, sez. II, Torino, Piemonte, 30/01/2015, n. 169), sia per quel che riguarda il caso, analogo, della chiusura di un terrazzo, già chiuso su due lati, a veranda (ex multis, v. TAR Torino, Piemonte, sez. I 06.03.2014 n. 386; TAR Salerno, Campania, sez. I 01.10.2012 n. 1743).
3.9. La ricostruzione appena operata nel senso che la chiusura perimetrale del porticato costituisca una nuova volumetria, implica, ad un tempo: che l’intervento debba essere qualificato di nuova costruzione; che non sia applicabile la sanatoria di cui all’art. 167, D.lgs. n. 42/2004 (il quale prevede una forma di sanatoria ambientale postuma solo per le opere non suscettibili di essere qualificate come aumento volumetrico); che, nell’impossibilità di ottenere l’autorizzazione paesaggistica ex post, l’opera non possa essere assentita ex post neppure ai sensi dell’art. 36 D.P.R. 380/2001
(TAR Campania-Napoli, Sez. VI, sentenza 25.02.2015 n. 1259 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Per costante giurisprudenza anche di questa Sezione, gli interventi edilizi che determinano una variazione planovolumetrica ed architettonica dell'immobile nel quale vengono realizzati, quali le verande edificate sulla balconata di un appartamento, sono soggetti al preventivo rilascio di permesso di costruire.
Ciò in quanto, in materia edilizia, una veranda è da considerarsi, in senso tecnico-giuridico, un nuovo locale autonomamente utilizzabile e difetta normalmente del carattere di precarietà, trattandosi di opera destinata non a sopperire ad esigenze temporanee e contingenti con la sua successiva rimozione, ma a durare nel tempo, ampliando così il godimento dell'immobile.
Né può assumere rilievo la contestazione incentrata sulla natura dei materiali utilizzati per tale chiusura, in quanto la chiusura, anche ove realizzata con pannelli in alluminio, costituisce comunque un aumento volumetrico.
In proposito il Collegio rileva che le strutture fissate in maniera stabile al pavimento, comportano la chiusura di una parte del balcone, con conseguente aumento di volumetria. Ed invero in materia urbanistico-edilizia il presupposto per l'esistenza di un volume edilizio è costituito dalla costruzione di (almeno) un piano di base e due superfici verticali contigue, così da ottenere appunto una superficie chiusa su un minimo di tre lati.
Inoltre a prescindere da tale rilievo, gli interventi in oggetto determinano la modifica dei prospetti.
Pertanto, la realizzazione di tali opere è qualificabile come intervento di ristrutturazione edilizia ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera d), del D.P.R. n. 380/2001, nella misura in cui realizza "l'inserimento di nuovi elementi ed impianti", ed è quindi subordinata al regime del permesso di costruire, ai sensi dell'articolo 10, comma 1, lettera c), dello stesso D.P.R. laddove comporti, come nel caso di specie, una modifica della sagoma o del prospetto del fabbricato cui inerisce, con conseguente legittimità della sanzione demolitoria ingiunta.

Nel caso di specie l'intervento in questione risulta, per sua natura e dimensioni, tale da poter essere destinato ad un uso ulteriore ed autonomo, rispetto alla restante parte dell’edificio. Si tratta invero di un manufatto di circa 13 mq di superficie e altezza mt. 3 , realizzato mediante chiusura del balcone di pertinenza; nonché una tettoia a struttura in ferro di mt. 5 per 0,60 eseguita sul terrazzino a livello dell’appartamento stesso.
Per costante giurisprudenza anche di questa Sezione (cfr. TAR Campania Napoli, sez. IV, 06.07.2007, n. 6551; TAR Campania Napoli, sez. IV, 13.05.2008, n. 4255; TAR Campania Napoli, sez. IV, 17.02.2009, n. 847), gli interventi edilizi che determinano una variazione planovolumetrica ed architettonica dell'immobile nel quale vengono realizzati, quali le verande edificate sulla balconata di un appartamento, sono soggetti al preventivo rilascio di permesso di costruire. Ciò in quanto, in materia edilizia, una veranda è da considerarsi, in senso tecnico-giuridico, un nuovo locale autonomamente utilizzabile e difetta normalmente del carattere di precarietà, trattandosi di opera destinata non a sopperire ad esigenze temporanee e contingenti con la sua successiva rimozione, ma a durare nel tempo, ampliando così il godimento dell'immobile (Cassazione penale, sez. III, 10.01.2008, n. 14329).
Né può assumere rilievo la contestazione incentrata sulla natura dei materiali utilizzati per tale chiusura, in quanto la chiusura, anche ove realizzata con pannelli in alluminio, costituisce comunque un aumento volumetrico. In proposito il Collegio rileva che le strutture fissate in maniera stabile al pavimento, comportano la chiusura di una parte del balcone, con conseguente aumento di volumetria. Ed invero in materia urbanistico-edilizia il presupposto per l'esistenza di un volume edilizio è costituito dalla costruzione di (almeno) un piano di base e due superfici verticali contigue, così da ottenere appunto una superficie chiusa su un minimo di tre lati (cfr. Tar Campania, Napoli, IV, 24.05.2010, n. 8342; Tar Piemonte, 12.07.2005, n. 2824).
Inoltre a prescindere da tale rilievo, gli interventi in oggetto determinano la modifica dei prospetti.
Pertanto, la realizzazione di tali opere è qualificabile come intervento di ristrutturazione edilizia ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera d), del D.P.R. n. 380/2001, nella misura in cui realizza "l'inserimento di nuovi elementi ed impianti", ed è quindi subordinata al regime del permesso di costruire, ai sensi dell'articolo 10, comma 1, lettera c), dello stesso D.P.R. laddove comporti, come nel caso di specie, una modifica della sagoma o del prospetto del fabbricato cui inerisce (cfr. TAR Campania, Napoli, IV, 21.12.2007, n. 16493), con conseguente legittimità della sanzione demolitoria ingiunta.
Tali elementi consentono di depotenziare anche la censura di violazione dell’art. 7 legge 241/1990 per omesso avviso dell’avvio del procedimento in quanto ai sensi dell’art. 21-octies legge 241/1990, l’amministrazione, nel costituirsi in giudizio, ha dimostrato che il provvedimento adottato non avrebbe potuto essere di segno diverso, neppure in ipotesi di partecipazione procedimentale del ricorrente, stante la sua natura vincolata ed i presupposti di fatto incontestati su cui si regge (attenendo la contestazione di parte alla qualificazione giuridica delle opere, ma non alla loro entità e consistenza) (TAR Campania-Roma, Sez. IV, sentenza 15.01.2015 n. 259 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2014

EDILIZIA PRIVATALa realizzazione di una veranda-gazebo, mediante chiusura a mezzo di installazione di pannelli di vetro su intelaiatura metallica, non ha natura precari, né costituisce intervento di manutenzione straordinaria o di restauro, ma è opera di ristrutturazione soggetta a concessione edilizia (oggi a permesso di costruire).
II – Il ricorso e i motivi aggiunti sono infondati.
III – La ricorrente società, titolare di un esercizio di ristorazione a Isernia, con la concessione edilizia in data 01.04.1997, ha realizzato lavori di rifacimento di una struttura protettiva (tipo veranda) collocata all’esterno dell’esercizio. Sennonché, il territorio del Comune di Isernia è classificato come zona sismica (con R.D. 22.11.1937) e, dall’esame degli atti d’ufficio, non risulta depositato il progetto strutturale dell’opera, che –a quanto consta– non è un tettoia, bensì una struttura chiusa, con vetrate installate su montanti metallici e travi in legno in copertura, ancorato con staffe metalliche all’antistante fabbricato in muratura, priva com’è di fondazioni e realizzata con un sistema costruttivo non consentito dalle vigenti norme tecniche anti-sismiche.
Il Servizio tecnico del Comune, avendo rilevato una violazione di tipo sostanziale –in quanto l’opera è in contrasto con i punti C1 e seguenti del D.M. 16.01.1996, recante “norme tecniche per la costruzione in zona sismica”- ha ordinato la riduzione in pristino, nonché l’adeguamento della struttura, tutt’altro che provvisoria, realizzata in difformità dalla concessione edilizia del 01.04.1996; ha inoltre emesso, in via cautelare, l’ordine di sospensione dei lavori.
Tra le altre cose, il Comune ha contestato alla ricorrente anche il mancato rispetto delle prescrizioni imposte dalla Soprintendenza per il beni archeologici e culturali di Campobasso, con la nota prot. n. 12085 datata 22.06.1996.
La realizzazione di una veranda-gazebo, mediante chiusura a mezzo di installazione di pannelli di vetro su intelaiatura metallica, non ha natura precaria (cfr.: Tar Toscana Firenze III, 30.01.2014 n. 185), né costituisce intervento di manutenzione straordinaria o di restauro, ma è opera di ristrutturazione soggetta a concessione edilizia (oggi a permesso di costruire).
Non a caso, la ricorrente si è munita di tale titolo: sennonché, ha realizzato in parziale difformità, non ha rispettato le prescrizioni paesaggistiche e non ha provato il rispetto delle norme di prevenzione sismica. Ciò è sufficiente per ingiungere la sospensione dei lavori e la remissione in pristino, senza che occorra una particolare motivazione in ordine all'interesse pubblico, che deve ritenersi “in re ipsa”, trattandosi di misura finalizzata a garantire la sicurezza degli edifici e l'ordinato, armonico sviluppo edilizio del territorio (cfr.: Tar Molise I, 21.10.2011 n. 624).
IV - I motivi del ricorso e i motivi aggiunti sono, dunque, destituiti di fondamento.
La tettoia, assentita con la concessione edilizia del 1997, è in realtà un locale chiuso. Trattandosi di struttura ancorata alla muratura dell’edificio, essa non può sottrarsi alle verifiche antisismiche, di guisa che la mancanza del deposito strutturale è valida motivazione per sospendere i lavori e ordinare il ripristino. Non risulta assolto l’onere di depositare il progetto esecutivo alla Sezione “Comuni sismici” della Regione Molise – previsto dall’art. 7 della L.R. n. 20/1996 per tutti i lavori di costruzione (e questo è un lavoro di costruzione!) e persino per le semplici riparazioni.
Invero, la legge n. 64/1974, in materia di particolari prescrizioni per costruzioni in zone sismiche, non si riferisce al concetto di nuova costruzione, ma a quello di realizzazione di una qualsiasi opera in zona sismica, risultando, detto concetto, del tutto indifferente e autonomo rispetto ad altre classificazioni valevoli nella disciplina edilizia, tale da essere tendenzialmente omnicomprensivo di tutte le vicende in cui venga in questione la realizzazione di una costruzione (cfr.: Cons. Stato IV, 12.06.2009 n. 3706).
Inoltre, le prescrizioni della Soprintendenza –di cui alla nota del 22.06.1996- condizionano l’assenso edilizio alla sostituzione del materiale cementizio con componenti in legno, sennonché i pilastri della tettoia poggiano ancora su vistosi basamenti in cemento. Tale elemento di sostanziale difformità sarebbe, di per sé, sufficiente a giustificare la misura ripristinatoria, di cui all’art. 31 del D.P.R. n. 380/2001 (cfr.: Cons. Stato VI, 30.04.2014 n. 2821).
Il mancato preavviso procedimentale non costituisce vizio di legittimità, atteso che, in ragione del carattere vincolato dell'atto, non occorre alcun avviso di avvio del procedimento per gli atti sanzionatori in materia edilizia, tra cui l'ordine di demolizione della costruzione abusiva; non vi è, nella specie, la violazione dell'art. 7 della legge n. 241 del 1990 (cfr.: Cons. Stato VI, 01.10.2014 n. 4878) (TAR Molise, sentenza 18.12.2014 n. 711 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Come chiarito dalla giurisprudenza "costituisce ampliamento ovvero modifica del volume di un immobile, ai sensi dell'art. 10, comma 1, lett. c), del d.P.R. 380/2001, la realizzazione di una veranda che, indipendentemente dalla natura dei materiali usati ... sia preordinata, sul piano funzionale, a soddisfare esigenze stabilite”.
Ugualmente la giurisprudenza ha affermato che la collocazione di una vetrata a chiusura di un terrazzo, in mancanza della concessione, crea un vano autonomo ed integra gli estremi del reato di costruzione abusiva; tale opera non rientra, difatti, né tra quelle di manutenzione straordinaria (regolate dall'art. 31 della legge n. 457/1978) e che mai possono consistere nell'esecuzione di manufatti idonei ad alterare i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari, né tra le pertinenze assoggettate ad autorizzazione gratuita (dall'art. 7 del d.l. n. 633/1981) e che consistono nella realizzazione di un vano accessorio o a servizio di un'abitazione e non nella creazione di un ambiente nuovo.
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Accertato che la chiusura del balcone con la veranda richiedeva il rilascio di un titolo edilizio, deve escludersi la rilevanza sia dell’interesse pubblico che dell’affidamento.
Infatti la motivazione dell’ordinanza di demolizione non deve essere sorretta da alcuna specifica motivazione in ordine alla sussistenza dell’interesse pubblico a disporre la sanzione della demolizione, poiché l’abuso non può giustificare alcun legittimo affidamento del contravventore a veder conservata una situazione di fatto che il semplice trascorrere del tempo non può legittimare.

Per quanto attiene, invece, la chiusura del terrazzo il ricorso è infondato.
Come chiarito dalla giurisprudenza "costituisce ampliamento ovvero modifica del volume di un immobile, ai sensi dell'art. 10, comma l, lettera c), del d.P.R. 380/2001, la realizzazione di una veranda che, indipendentemente dalla natura dei materiali usati ... sia preordinata, sul piano funzionale, a soddisfare esigenze stabilite” (TAR Lazio, Roma, sez. I-quater, 16.05.2007, n. 4458; TAR Campania, Napoli, sez. IV, 08.06.2007, n. 6038).
Ugualmente la giurisprudenza ha affermato che la collocazione di una vetrata a chiusura di un terrazzo, in mancanza della concessione, crea un vano autonomo ed integra gli estremi del reato di costruzione abusiva; tale opera non rientra, difatti, né tra quelle di manutenzione straordinaria (regolate dall'art. 31 della legge n. 457/1978) e che mai possono consistere nell'esecuzione di manufatti idonei ad alterare i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari, né tra le pertinenze assoggettate ad autorizzazione gratuita (dall'art. 7 del d.l. n. 633/1981) e che consistono nella realizzazione di un vano accessorio o a servizio di un'abitazione e non nella creazione di un ambiente nuovo (Corte di Cassazione, sentenza del 07.02.1983).
Accertato che la chiusura del balcone con la veranda richiedeva il rilascio di un titolo edilizio, deve escludersi la rilevanza sia dell’interesse pubblico che dell’affidamento.
Infatti la motivazione dell’ordinanza di demolizione non deve essere sorretta da alcuna specifica motivazione in ordine alla sussistenza dell’interesse pubblico a disporre la sanzione della demolizione, poiché l’abuso non può giustificare alcun legittimo affidamento del contravventore a veder conservata una situazione di fatto che il semplice trascorrere del tempo non può legittimare (TAR Campania, Napoli, sez. VI, 30.07.2007 n. 7130).
Deve inoltre escludersi che la veranda sia stata realizzata prima del 1967 in considerazione dei risultati della verificazione effettuata dal Comune, che data la sua realizzazione ad un periodo di molto successivo.
In definitiva quindi il ricorso va parzialmente accolto (TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 29.07.2014 n. 2108 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: La realizzazione di una veranda, chiusa sui lati, costituisce una trasformazione urbanistico-edilizia del preesistente manufatto idonea a creare nuovo volume e perciò richiede il preventivo rilascio del permesso di costruire.
Il Tribunale osserva, in contrario, che l’assenza del duplice titolo, edilizio e paesistico, necessario per l’edificazione in area vincolata, come, appunto, è l’area interessata dall’intervento edilizio de quo (cfr. motivazione dell’atto impugnato ove si richiama il d.m. 15.12.1959 in G.U. 06.05.1960 n. 110, che ha dichiarato l’area di notevole interesse pubblico, e il d.lgs. 22.01.2004 n. 42) costituisce presupposto bastevole a reggere, sul piano motivazionale, l’atto impugnato: l’intervento edilizio in contestazione ha, infatti, determinato una immutatio loci in un territorio protetto, non consentita –si ribadisce- senza il concorso del titolo autorizzativo edilizio e di quello paesistico.
In particolare, per quanto attiene alla tipologia edilizia in esame, riconducibile ad un volume verandato sul terrazzo di copertura di un preesistente edificio, è costante l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale “la realizzazione di una veranda, chiusa sui lati, costituisce una trasformazione urbanistico-edilizia del preesistente manufatto idonea a creare nuovo volume e perciò richiede il preventivo rilascio del permesso di costruire” (ex multis, TAR Campania, Napoli, sez. VIII, 22.08.2013, n. 4132; si vedano anche TAR Campania, Napoli, sez. VI, nn. 1228/2012, 5223/2013, 5535/2013)
(TAR Campania-Napoli, Sez. VI, sentenza 24.01.2014 n. 611 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2013

EDILIZIA PRIVATA: Permesso di costruire: la veranda è da considerare volume tecnico?
La realizzazione di una veranda, mediante la chiusura di un terrazzo, è opera di ristrutturazione edilizia e non di semplice manutenzione straordinaria e richiede il permesso di costruire. Una veranda non costituisce un c.d. volume tecnico, in quanto i volumi tecnici sono quelli strettamente necessari a contenere quegli impianti tecnici indispensabili per assicurare il confort abitativo degli edifici, che non possano, per esigenze tecniche di funzionalità degli impianti, essere inglobati entro il corpo della costruzione.

Il caso in esame riguarda un’ordinanza di demolizione di una veranda realizzata, senza il permesso di costruire, mediante la chiusura di un terrazzo.
Le questioni affrontate sono: a) se la realizzazione di una veranda rientri tra le opere di manutenzione straordinaria che non richiedono il permesso di costruire bensì la s.c.i.a. (con conseguente illegittimità della sanzione demolitoria perché doveva essere adottata una sanzione pecuniaria); b) se veranda possa costituire un volume tecnico.
Il TAR Campano si esprime per la legittimità dell’ordinanza di demolizione gravata, affermando la necessità del permesso di costruire e l’inconfigurabilità del volume tecnico.
In particolare, sul primo punto, rileva che la veranda, sviluppando volumetria aggiuntiva ed essendo suscettibile di autonoma fruibilità è opera di ristrutturazione edilizia e non di semplice manutenzione straordinaria. La stessa, difatti, chiudendo lo spazio soprastante la superficie dell'originario terrazzo, crea nuovo volume mediante l'aggregazione al preesistente organismo di una entità edilizia ulteriore allo stesso organismo estranea.
Per la sua realizzazione è quindi necessario ottenere il permesso di costruire.
Pertanto, legittimamente il Comune ha irrogato la sanzione demolitoria contemplata per la sua assenza e non quella pecuniaria prevista in caso di interventi soggetti a s.c.i.a. e non preceduti da essa.
Sul secondo punto, la pronuncia rileva come la veranda non costituisca un c.d. volume tecnico, in quanto per volumi tecnici, ai fini dell'esclusione dal calcolo della volumetria ammissibile, debbono intendersi i volumi strettamente necessari a contenere e a consentire l'accesso a quegli impianti tecnici indispensabili per assicurare il confort abitativo degli edifici, che non possano, per esigenze tecniche di funzionalità degli impianti, essere inglobati entro il corpo della costruzione realizzabile nei limiti imposti dalle norme urbanistiche.
Nel caso in esame la veranda è di altezza tale da poter essere suscettibile di abitazione o di abitazione o di assolvere a funzioni complementari, quale quella di deposito, e non può quindi rientrare nella nozione di volume tecnico.
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Esito
Rigetta il ricorso
Precedenti conformi sulla necessità del permesso di costruire per la veranda
TAR Campania Napoli sez. VII, 13.02.2013 n. 873; TAR Campania Napoli Sez. IV, 23.01.2013, n. 440; TAR Piemonte Torino Sez. I, 09.11.2012, n. 1181; TAR Campania Napoli, sez. III, 18.01.2011, n. 281; TAR Campania Napoli, sez. IV, 16.12.2011 n. 5912; TAR Campania Napoli, IV, 17.02.2009, n. 847; TAR Liguria, sez. I, 31.12.2009, n. 4127; TAR Campania Napoli, IV, 03.08.2007, n. 7258; Cass. pen. Sez. III, 08.10.2009, n. 42318; Cass. Pen., III, 26.04.2007, n. 35011
Precedenti conformi sulla nozione di volume tecnico
Cons. Stato Sez. VI, 05.08.2013, n. 4086; TAR Campania, Napoli, 08.04.2013 n. 1822; TAR Piemonte Sez. II, 27.03.2013, n. 389; Cons. Stato Sez. VI, 20.06.2012, n. 3578; Consiglio Stato, sez. IV, 04.05.2010, n. 2565; TAR Puglia-Lecce, Sez. III - sentenza 15.01.2005 n. 143; TAR Sicilia-Palermo Sez. I - sentenza 09.07.2007, n. 1749 (commento tratto da www.ipsoa.it - TAR Campania-Napoli, Sez. IV, sentenza 18.09.2013 n. 4337 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Nozione di veranda.
Una veranda è da considerarsi, in senso tecnico-giuridico, un nuovo locale autonomamente utilizzabile e difetta normalmente del carattere di precarietà, trattandosi di opera destinata non a sopperire ad esigenze temporanee e contingenti con la sua successiva rimozione, ma a durare nel tempo, ampliando cosi il godimento dell'immobile (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 17.09.2013 n. 38004 - tratto da www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Nozione di veranda in senso tecnico-giuridico - Esigenze temporanee e contingenti con successiva rimozione – Orientamento conforme giurisprudenziale penale e amministrativo - Artt. 36 e 44, lett. c), d.P.R. n. 380/2001 - Art. 184 d.Lgs. n. 42/2004.
Una veranda è da considerarsi, in senso tecnico-giuridico, un nuovo locale autonomamente utilizzabile e difetta normalmente del carattere di precarietà, trattandosi di opera destinata non a sopperire ad esigenze temporanee e contingenti con la sua successiva rimozione, ma a durare nel tempo, ampliando così il godimento dell'immobile.
Sicché, la realizzazione di una veranda, anche mediante chiusura a mezzo di installazione di pannelli di vetro su intelaiatura metallica od altri elementi costruttivi, non costituisce intervento di manutenzione straordinaria e di restauro, ma è opera soggetta a permesso di costruire ( Cass., Sez. III: 18.09.2007, n. 35011, Camarda; 28.10.2004, D'Amelio; 27.3.2000, n. 3879, Spaventi). Il medesimo orientamento si rinviene nelle decisioni dei giudici amministrativi (vedi Cons. Stato, Sez. V: 08.04.1999, n. 394 e 22.07.1992, n. 675, nonché Cons. giust. amm. sic., Sez. riunite, 15.10.1991, n. 345) (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 17.09.2013 n. 38004 - tratto da www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: La realizzazione di una veranda, chiusa sui lati, costituisce una trasformazione urbanistico-edilizia del preesistente manufatto idonea a creare nuovo volume e perciò richiede il preventivo rilascio del permesso di costruire.
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Per l'identificazione della nozione di volume tecnico, ai fini dell'esclusione dal calcolo della volumetria ammissibile, occorre fare riferimento a tre ordini di parametri: il primo, positivo, di tipo funzionale, dovendo avere un rapporto di strumentalità necessaria con l'utilizzo della costruzione; il secondo ed il terzo negativi ricollegati, rispettivamente, all'impossibilità di soluzioni progettuali diverse (nel senso che tali costruzioni non devono essere ubicate all'interno della parte abitativa) e ad un rapporto di necessaria proporzionalità che deve sussistere fra i volumi e le esigenze edilizie completamente prive di una propria autonomia funzionale, anche potenziale, in quanto destinate a contenere gli impianti serventi di una costruzione principale stessa.
In virtù di tale ricostruzione, quindi, i volumi tecnici degli edifici per essere esclusi dal calcolo della volumetria non devono assumere le caratteristiche di vano chiuso, utilizzabile e suscettibile di abitabilità.

Considerato in particolare che:
- in limine, è destituita di giuridico fondamento la censura che si appunta sulla mancata valutazione delle osservazioni rese dal ricorrente in seguito alla comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7 L. 07.08.1990 n. 241: in senso contrario, rileva il Collegio che il diniego di sanatoria dà conto dell’esame delle deduzioni di parte e del parere contrario espresso dalla commissione edilizia e tanto è sufficiente per ribadire la legittimità dell’azione amministrativa, giacché l'obbligo di esame delle memorie di parte non impone all’amministrazione un’analitica confutazione in merito ad ogni argomento utilizzato dalle parti stesse, essendo sufficiente un iter motivazionale che renda nella sostanza percepibile la ragione del mancato adeguamento dell'azione dell'amministrazione alle deduzioni difensive del privato (Consiglio di Stato, Sez. VI, 07.01.2008 n. 17);
- l’impugnato provvedimento di rigetto della domanda di sanatoria ex art. 36 D.P.R. 06.06.2001 n. 380 si fonda legittimamente sulla natura e caratteristiche dell’opera abusiva (veranda) che, contrariamente alle deduzioni del ricorrente, non può essere qualificato come volume tecnico (serra solare);
- con tutta evidenza, assecondando l’ardita tesi dell’istante, qualsivoglia accorpamento di balcone, attuato mediante chiusura con profili di alluminio e vetrate trasparenti, consentirebbe di ottenere surrettiziamente benefici volumetrici;
- viceversa, secondo condivisibile giurisprudenza, la realizzazione di una veranda, chiusa sui lati, costituisce una trasformazione urbanistico-edilizia del preesistente manufatto idonea a creare nuovo volume e perciò richiede il preventivo rilascio del permesso di costruire (TAR Campania Napoli, Sez. III, 18.01.2011 n. 281);
- per l'identificazione della nozione di volume tecnico, ai fini dell'esclusione dal calcolo della volumetria ammissibile, occorre fare riferimento a tre ordini di parametri: il primo, positivo, di tipo funzionale, dovendo avere un rapporto di strumentalità necessaria con l'utilizzo della costruzione; il secondo ed il terzo negativi ricollegati, rispettivamente, all'impossibilità di soluzioni progettuali diverse (nel senso che tali costruzioni non devono essere ubicate all'interno della parte abitativa) e ad un rapporto di necessaria proporzionalità che deve sussistere fra i volumi e le esigenze edilizie completamente prive di una propria autonomia funzionale, anche potenziale, in quanto destinate a contenere gli impianti serventi di una costruzione principale stessa;
- in virtù di tale ricostruzione, quindi, i volumi tecnici degli edifici per essere esclusi dal calcolo della volumetria non devono assumere le caratteristiche di vano chiuso, utilizzabile e suscettibile di abitabilità;
- non appare sostenibile l'affermata funzione di “serra solare” della veranda che, da un lato, si limita ad una mera petizione di principio sfornita di ogni dato in ordine alla prestazione energetica e, dall’altro, non appare coerente con le caratteristiche del vano chiuso con la veranda che risulta autonomamente utilizzabile a fini abitativi (cfr. annotazione di servizio della Stazione Carabinieri di Mignano Monte Lungo del 15.11.2012 che accertava la presenza di caldaia a gas e di una cucina dismessa, contatore del gas e lavabo) (TAR Campania-Napoli, Sez. VIII, sentenza 22.08.2013 n. 4132 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATALa trasformazione di balconi, terrazze o altri sporti di un edificio in verande mediante opere cementizie o incorporazioni di strutture metalliche in parti murarie a sostegno di pareti di materiale vitreo o quant’altro contribuisca a intercludere stabilmente lo spazio per renderlo abitabile o più convenientemente utilizzabile, è attività edilizia che non rientra nel regime eccezionale dell’autorizzazione comunale, bensì in quello ordinario della concessione edilizia, non trattandosi di manutenzione straordinaria, né di opera di recupero abitativo, né di pertinenza dell’edificio, né di impianto tecnologico al suo servizio.
La giurisprudenza è consolidata nel ritenere che la trasformazione di balconi, terrazze o altri sporti di un edificio in verande mediante opere cementizie o incorporazioni di strutture metalliche in parti murarie a sostegno di pareti di materiale vitreo o quant’altro contribuisca a intercludere stabilmente lo spazio per renderlo abitabile o più convenientemente utilizzabile, è attività edilizia che non rientra nel regime eccezionale dell’autorizzazione comunale, bensì in quello ordinario della concessione edilizia, non trattandosi di manutenzione straordinaria, né di opera di recupero abitativo, né di pertinenza dell’edificio, né di impianto tecnologico al suo servizio (ex multis Cassazione, Sez. III 20.04.1983 n. 3398) (TAR Campania-Salerno, Sez. II, sentenza 05.03.2013 n. 519 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2012

EDILIZIA PRIVATA: La realizzazione di una veranda, comportando l’aumento della superficie utile, determina una modifica del precedente organismo edilizio e deve essere qualificata come intervento di ristrutturazione edilizia secondo quanto previsto dall’art. 3, lettera d), d.p.r. n. 380/2001.
Ne consegue che, ai sensi dell’art. 10, comma 1°, lettera c), d.p.r. n. 380/2001, l’intervento in esame avrebbe dovuto essere assentito con permesso di costruire la cui mancanza legittima l’applicazione della sanzione demolitoria prevista dall’art. 33 del medesimo testo normativo e applicata con provvedimento impugnato.

La realizzazione di una veranda, comportando l’aumento della superficie utile, determina una modifica del precedente organismo edilizio e deve essere qualificata come intervento di ristrutturazione edilizia secondo quanto previsto dall’art. 3, lettera d), d.p.r. n. 380/2001 (TAR Marche n. 39/2012; TAR Campania–Napoli n. 5912/2011).
Ne consegue che, ai sensi dell’art. 10, comma 1°, lettera c), d.p.r. n. 380/2001, l’intervento in esame avrebbe dovuto essere assentito con permesso di costruire la cui mancanza legittima l’applicazione della sanzione demolitoria prevista dall’art. 33 del medesimo testo normativo e applicata con provvedimento impugnato.
Dall’esame degli atti di causa emerge che la veranda in esame, quale che sia l’intervento concretamente posto in essere in tempi recenti (mera sostituzione di struttura preesistente, come prospettano le ricorrenti, o realizzazione ex novo della stessa), è sprovvista di idoneo titolo edilizio abilitativo.
Per altro, la risalenza dell’opera ad epoca antecedente al 1967, per come concretamente dedotta nel gravame, è circostanza che, al più, legittima il trasferimento per atto inter vivos dei manufatti, così come previsto dall’art. 46 d.p.r. n. 380/2001, ma non determina la regolarità edilizia degli stessi dal momento che già l’art. 31 l. n. 1150/1942 richiedeva la “licenza” del sindaco per la realizzazione di opere quali quella oggetto di causa “nei centri abitati” (TAR Sicilia–Palermo n. 1735/2011).
Pertanto, la prospettata risalenza del manufatto ad epoca anteriore al 1967 non influisce sull’abusività dello stesso e, pertanto, sulla legittimità della sanzione demolitoria irrogata con il provvedimento impugnato (TAR Lazio, Roma, Sez. I-quater, sentenza 13.11.2012 n. 9300 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAAi sensi dell'art. 3, d.P.R. 06.06.2001 n. 380, la costruzione di una veranda, con conseguente incremento di superficie utile e mutamento di destinazione d’uso della superficie occupata dal balcone che comporta un aumento di volumetria, deve essere qualificata ristrutturazione edilizia, in quanto si risolve nella realizzazione di un organismo diverso dal precedente per struttura e destinazione e quindi, ai sensi dell'art. 10, stesso d.P.R., richiede il previo rilascio del permesso di costruire in mancanza del quale è legittimo l'ordine di demolizione.
La realizzazione di una veranda cui consegua un aumento di volumetria deve essere qualificata, ai sensi dell'art. 3 del d.P.R. n. 380 del 2001, come ristrutturazione edilizia, in quanto comporta per effetto dell'aumento di volumetria correlata, la realizzazione di un organismo diverso dal precedente per struttura e destinazione.
L'intervento in questione, secondo quanto previsto dall'art. 10 del d.P.R. n. 380 del 2001, deve essere quindi assentito con permesso di costruire il che determina la legittimità della prescrizione demolitoria irrogata con il provvedimento impugnato.

RITENUTO:
che, analogamente, con riferimento alla contestata installazione di una veranda in alluminio sul balcone adibita in parte a ripostiglio, la documentazione versata in atti, costituita da una relazione redatta da un geometra, peraltro non giurata e dagli elaborati planimetrici ad essa allegati, in mancanza di riproduzioni fotografiche aggiornate dello stato dei luoghi, sono inidonei a dimostrare la assunta natura precaria e pertinenziale dell’opera, specie considerando che sugli elaborati redatti dal tecnico risulta rappresentato il solo ripostiglio, mentre l’ordinanza redatta all’esito del sopralluogo eseguito dai tecnici comunali descrive chiaramente una veranda adibita “solo in parte” a ripostiglio.
Ai sensi dell'art. 3, d.P.R. 06.06.2001 n. 380, la costruzione di una veranda, con conseguente incremento di superficie utile e mutamento di destinazione d’uso della superficie occupata dal balcone che comporta un aumento di volumetria, deve essere qualificata ristrutturazione edilizia, in quanto si risolve nella realizzazione di un organismo diverso dal precedente per struttura e destinazione e quindi, ai sensi dell'art. 10, stesso d.P.R., richiede il previo rilascio del permesso di costruire in mancanza del quale è legittimo l'ordine di demolizione.
Recente la giurisprudenza ha infatti precisato che la realizzazione di una veranda cui consegua un aumento di volumetria deve essere qualificata, ai sensi dell'art. 3 del d.P.R. n. 380 del 2001, come ristrutturazione edilizia, in quanto comporta per effetto dell'aumento di volumetria correlata, la realizzazione di un organismo diverso dal precedente per struttura e destinazione.
L'intervento in questione, secondo quanto previsto dall'art. 10 del d.P.R. n. 380 del 2001, deve essere quindi assentito con permesso di costruire il che determina la legittimità della prescrizione demolitoria irrogata con il provvedimento impugnato (cfr. TAR Lazio Roma, sez. I, 01.09.2010, n. 32098; Tar Sicilia, Catania sez. II, 07.05.2012 n. 2079; Tar Napoli, sez. IV 04.02.2011 n. 716) (TAR Campania-Napoli, Sez. VIII, sentenza 31.07.2012 n. 3710 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: D. Palombella, Trasformazione del balcone in veranda - Chiusura di balconi e terrazze con infissi e strutture vetrate, casistica completa dei possibili interventi e dei profili autorizzatori: il punto di vista della Giurisprudenza, problematiche condominiali, situazione nelle varie regioni, ruolo dei regolamenti comunali, riflessi fiscali, sanzioni (Quaderni di Legislazione Tecnica n. 2/2012).

EDILIZIA PRIVATA: Negare la sanatoria di una veranda al piano primo adibita a lavanderia, in quanto “l’intervento per ubicazione, consistenza e materiali utilizzati alterano negativamente il sito oggetto di tutela” risulta che la motivazione è apodittica ed insufficiente ad evidenziare le ragioni per cui l'opera sarebbe incompatibile con le esigenze di tutela paesaggistica.
Nei casi in cui la discrezionalità tecnico/amministrativa abbia un ruolo considerevole, un diniego di nulla-osta deve essere assistito da una motivazione concreta sulla realtà dei fatti e sulle ragioni ambientali ed estetiche che sconsigliano alla P.A. di non ammettere un determinato intervento: affermare che un determinato intervento compromette gli equilibri ambientali della zona interessata per le incongruenze fra tipologia e materiali scelti e contesto paesaggistico senza nulla aggiungere, non spiega alcunché sul futuro danno alle bellezze ambientali che ne deriverebbe ed è un mero postulato apodittico.
Per quanto concerne la motivazione idonea a sorreggere un provvedimento di diniego del richiesto nulla-osta per la costruzione in area soggetta a vincolo paesaggistico, deve chiarirsi che l'Amministrazione non può limitare la sua valutazione al mero riferimento ad un pregiudizio ambientale, utilizzando espressioni vaghe o formule stereotipate, ma tale motivazione deve contenere una sufficiente esternazione delle specifiche ragioni per le quali si ritiene che un'opera non sia idonea ad inserirsi nell'ambiente, attraverso l'individuazione degli elementi di contrasto; pertanto, occorre un concreto ed analitico accertamento del disvalore delle valenze paesaggistiche.

... per l'annullamento del provvedimento comunale 03.12.1997 prot. 54510/19610/10 di diniego concessione in sanatoria.
...
E' fondato il secondo motivo, in forza del quale il parere della CEI -cui rinvia il provvedimento impugnato- è affetto da carenza di motivazione. Infatti, come già accennato, la CEI ha espresso parere negativo, in relazione alla sanatoria della veranda al piano primo adibita a lavanderia, in quanto “l’intervento per ubicazione, consistenza e materiali utilizzati alterano negativamente il sito oggetto di tutela”.
Tale motivazione, per costante giurisprudenza, è apodittica ed insufficiente ad evidenziare le ragioni per cui l'opera sarebbe incompatibile con le esigenze di tutela paesaggistica.
L'amministrazione, infatti, ha negato il rilascio della concessione in sanatoria stante l'asserita incompatibilità degli interventi con il vincolo e tale incompatibilità viene fatta genericamente derivare dalla “consistenza” dell’intervento e dai materiali utilizzati, il tutto senza che sia offerta alcuna descrizione del vincolo, delle strutture e dei materiali e, tantomeno, senza che siano individuate le specifiche caratteristiche dell'opera che si porrebbero concretamente in contrasto con le esigenze di tutela poste dal vincolo.
In fattispecie affini alla presente, la giurisprudenza amministrativa ha avuto modo di precisare che "nei casi in cui -come quello in esame- la discrezionalità tecnico/amministrativa abbia un ruolo considerevole, un diniego di nulla-osta deve essere assistito da una motivazione concreta sulla realtà dei fatti e sulle ragioni ambientali ed estetiche che sconsigliano alla P.A. di non ammettere un determinato intervento: affermare che un determinato intervento compromette gli equilibri ambientali della zona interessata per le incongruenze fra tipologia e materiali scelti e contesto paesaggistico senza nulla aggiungere, non spiega alcunché sul futuro danno alle bellezze ambientali che ne deriverebbe ed è un mero postulato apodittico" (TAR Liguria, sez. I, 22.12.2008, n. 2187).
Ed ancora: "Per quanto concerne la motivazione idonea a sorreggere un provvedimento di diniego del richiesto nulla osta per la costruzione in area soggetta a vincolo paesaggistico, deve chiarirsi che l'Amministrazione non può limitare la sua valutazione al mero riferimento ad un pregiudizio ambientale, utilizzando espressioni vaghe o formule stereotipate, ma tale motivazione deve contenere una sufficiente esternazione delle specifiche ragioni per le quali si ritiene che un'opera non sia idonea ad inserirsi nell'ambiente, attraverso l'individuazione degli elementi di contrasto; pertanto, occorre un concreto ed analitico accertamento del disvalore delle valenze paesaggistiche" (TAR Campania, Napoli, sez. VIII, 10.11.2010, n. 23751).
Alla luce di tali precisazioni, risulta di tutta evidenza come lo stringato rilievo posto a fondamento degli impugnati provvedimenti di diniego sia del tutto inidoneo a costituire sufficiente supporto motivazionale degli stessi, poiché esso non rende conto in alcun modo né delle caratteristiche del bene tutelato né delle specifiche ragioni per cui le opere sarebbero incompatibili con l'ambiente.
Si tratta, perciò, di motivazione solo apparente che, come correttamente rilevato dalla difesa della ricorrente, non consente all'interessata di individuare gli elementi specifici delle opere che siano eventualmente in contrasto con il bene tutelato e, in ipotesi, di apprestare interventi di adeguamento alle esigenze di tutela.
Per queste ragioni, il ricorso è fondato e deve essere accolto (TAR Veneto, Sez. II, sentenza 25.05.2012 n. 738 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2011

EDILIZIA PRIVATA: 1. Realizzazione di veranda chiusa sui lati - Trasformazione edilizio-urbanistica - Sussiste - Permesso costruire - Necessità.
2. Manutenzione ordinaria - Presupposti - Possibilità di ampliamento - Non sussiste.
1. E' necessario un titolo edilizio per la realizzazione di una veranda, chiusa sui lati, in quanto essa costituisce una trasformazione urbanistico-edilizia del preesistente manufatto idonea a creare nuovo volume.
2. La manutenzione ordinaria presuppone opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici, e quelle necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti, senza che possa essere ammesso alcun ampliamento (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 08.09.2011 n. 2183 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: La realizzazione di una veranda cui consegua un aumento di volumetria deve essere qualificata, ai sensi dell'art. 3 del d.P.R. n. 380 del 2001, come ristrutturazione edilizia in quanto essa comporta, in conseguenza dell'aumento di volumetria correlata, la realizzazione di un organismo diverso dal precedente per struttura e destinazione.
Anche di recente la giurisprudenza ha precisato che la realizzazione di una veranda cui consegua un aumento di volumetria deve essere qualificata, ai sensi dell'art. 3 del d.P.R. n. 380 del 2001, come ristrutturazione edilizia in quanto essa comporta, in conseguenza dell'aumento di volumetria correlata, la realizzazione di un organismo diverso dal precedente per struttura e destinazione.
L'intervento in questione -secondo quanto previsto dall'art. 10 del d.P.R. n. 380 del 2001- deve essere assentito con permesso di costruire, nella fattispecie non conseguito dall'interessato, il che comporta la legittimità della prescrizione demolitoria irrogata con il provvedimento impugnato (così TAR Lazio Roma, sez. I, 01.09.2010, n. 32098) (TAR Molise, sentenza 01.06.2011 n. 310 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Realizzazione di una veranda con conseguente aumento di volumetria - Ristrutturazione edilizia.
La realizzazione di una veranda cui consegua un aumento di volumetria deve essere qualificata, ai sensi dell'art. 3 del d.P.R. n. 380 del 2001, come ristrutturazione edilizia in quanto essa comporta, in conseguenza dell'aumento di volumetria correlata, la realizzazione di un organismo diverso dal precedente per struttura e destinazione (TAR Lazio Roma, sez. I, 01.09.2010, n. 32098) (TAR Molise, Sez. I, sentenza 01.06.2011 n. 310 - link a www.ambientediritto.it).

CONDOMINIO: Verande in condominio tra limiti e divieti.
Una recente sentenza della Corte di Cassazione ribadisce un consolidato indirizzo: i lavori di chiusura di un balcone necessitano di un permesso di costruire e non possono essere considerati interventi di manutenzione straordinaria.
La Corte di Cassazione, Sez. III penale, è intervenuta recentemente, con la nuova sentenza 11.05.2011 n. 18507 con cui non solo ribadisce ma consolida ulteriormente un orientamento che, negli ultimi anni, sia la stessa Corte sia i giudici amministrativi avevano già confermato.
In buona sostanza, i giudici della Suprema Corte ribadiscono che: “La trasformazione di un balcone o di un terrazzino circondato da muri perimetrali in veranda, o di un terrapieno et similia mediante chiusura a mezzo di installazione di pannelli di vetro su intelaiatura metallica o altri elementi costruttivi, non costituisce intervento di manutenzione straordinaria, di restauro o pertinenziale, ma è opera già soggetta a concessione edilizia e attualmente a permesso di costruire”.
Nel ribadire tale principio i giudici, nel corso della motivazione, si rifanno a molteplici pronunzie dello stesso ente giudicante (Cass., Sez., sent. n. 35011/2007 e sent. n. 25588/2004).
Inoltre lo stesso orientamento è stato confermato dai giudici amministrativi (Cons. Stato, Sez. V, sent. n. 394 dell’08.04.1999 e sent. n. 675 del 22.07.1992, Cons. giust. amm. Sic., Sez. riunite, sent. n. 345 del 15.10.1991).
Problemi definitori e requisiti tecnici per la costruzione.
Il codice civile non contiene una disciplina specifica in materia di verande in condominio. Quindi potremmo considerare la veranda come “un manufatto costruttivo che determina una modifica esterna della facciata dell’edificio, suscettibile di rilievo urbanistico, ma privo di individualità propria, in quanto destinato a integrare il restante edificio” [1].
Tale manufatto va considerato come un nuovo locale autonomamente utilizzabile e difetta normalmente del carattere di precarietà, trattandosi di opera destinata non a sopperire a esigenze temporanee con la successiva rimozione, ma a durare nel tempo, ampliando così il godimento dell’immobile [2].
La lacuna codicistica viene comunque superata mediante l’interpretazione fornita dalla giurisprudenza in riferimento alla disciplina contenuta nel D.P.R. 380 del 06.06.2001 (T.U. edilizia) e nella legge 47 del 28.02.1985 (Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie).
Secondo la giustizia amministrativa, premesso che la realizzazione di una veranda comporti l’aumento della superficie utile di un appartamento e la modifica esterna della sagoma dell’edificio, ne discende che il suddetto intervento richieda il previo rilascio della concessione di costruzione (Cons. Stato, Sez. V, sent. n. 394 dell’08.04.1999 e sent. n. 675 del 22.07.1992).
Vi è da precisare che a questo assunto ci si è arrivati dopo un lungo iter interpretativo perché per quanto riguarda poi la nozione di “costruzioni” ai fini del rilascio della concessione edilizia, il Consiglio di Stato, accogliendo il costante orientamento della giurisprudenza di merito, ha stabilito che per “costruzioni” ai fini del rilascio del suddetto provvedimento concessorio debbano intendersi le opere che attuano una trasformazione urbanistico- edilizia del territorio, con perdurante modifica dello stato dei luoghi, a prescindere dalla circostanza che essa avvenga mediante realizzazione di opere murarie: è infatti irrilevante che le opere siano realizzate in metallo, in laminati di plastica, in legno o altro materiale, laddove comportino la trasformazione del tessuto urbanistico ed edilizio.
Inoltre si precisa che, pure nel caso di costruzioni non infisse al suolo ma aderenti a esso che alterino in modo rilevante e duraturo nel tempo lo stato del terreno, quali una roulotte con veranda su pavimento in cemento e piattaforma di legno, si dispone la necessità del rilascio della concessione edilizia. Infatti per “sagoma di un edificio” si intende la figura piana risultante dal contorno esterno dell’edificio, proiettato sul piano orizzontale e sui piani verticali, con esclusione delle sporgenze che non concorrono alla definizione di superficie coperta, come i balconi, gli aggetti ornamentali e le tettoie a sbalzo; di conseguenza, non possono esservi dubbi sulla circostanza che per la realizzazione della veranda sia obbligatorio il rilascio della concessione di costruzione (TAR Veneto, Sez. II, sent. n. 1216 del 10.02.2003).
Il principio giuridico richiamato viene ulteriormente ribadito dall’ulteriore previsione secondo la quale il carattere di precarietà, addebitabile alla struttura-veranda da realizzare, non esime l’interessato a munirsi della concessione a costruire: in particolare, “sono soggette a concessione edilizia non le sole attività di edificazione, ma tutte quelle consistenti nella modificazione dello stato materiale e della conformazione del suolo per adattarlo a un impiego diverso da quello che gli è proprio, in relazione alla sua condizione naturale e alla sua qualificazione giuridica, e a nulla rileva l’eventuale precarietà della struttura da realizzare” (TAR Campania, Sez. IV, sent. n. 2451 del 28.02.2006).
Tipologie di verande e relativa concessione edilizia richiesta.
Dal punto di vista strutturale possiamo distinguere diverse tipologie di verande:
- pannelli in vetro e alluminio sul parapetto di un balcone già chiuso;
- veranda-ripostiglio;
- veranda con pannelli scorrevoli o struttura grigliata in cemento.
Pannelli in vetro e alluminio sul parapetto di un balcone già chiuso.
Per tali fattispecie è sancito l’obbligo della concessione edilizia per il condomino che procedeva all’installazione di pannelli in vetro e alluminio sul parapetto di un balcone già chiuso per i restanti lati da muri perimetrali dell’edificio preesistente, in ragione del fatto che l’installazione di tali pannelli determinava:
a. la realizzazione di un nuovo locale autonomamente utilizzabile;
b. l’aumento della superficie utile;
c. la modifica della sagoma dell’edificio stesso [3].
Veranda-ripostiglio.
Di medesimo avviso è la pronuncia del TAR Campania, in cui si è escluso che possa farsi rientrare nella categoria degli interventi di manutenzione straordinaria la realizzazione di una veranda-ripostiglio che doti l’appartamento di una struttura nuova e aggiuntiva, estranea morfologicamente e funzionalmente all’originaria conformazione dell’immobile condominiale (TAR Campania, sent. n. 2708 del 12.06.2001).
Veranda con pannelli scorrevoli o struttura grigliata in cemento.
La giurisprudenza ha ritenuto che in questo caso non si verifichi un ampliamento di volume, con la conseguenza che il condomino, ove decida di realizzare tale struttura, non deve munirsi di concessione edilizia (TAR Sardegna, sent. n. 856 del 10.07.2003; TAR Liguria, sent. n. 843 del 03.07.2003).
Quando si richiede [4]
Non di rado si verifica l’ipotesi in cui sia chiuso a veranda uno spazio già inglobato nelle preesistenti parti dell’edificio: in tal caso le verande installate sono da considerarsi come elementi accessori a un fabbricato, con funzione di riparo dagli agenti atmosferici e di protezione dall’accesso furtivo di terzi nell’abitazione. In merito a tale fattispecie, si ritiene la non necessità della concessione edilizia: il condomino dovrà dunque munirsi solo di DIA dal momento che la strutturaveranda accessoria al fabbricato assolve alla mera finalità di conservazione [5].
Sono assoggettati al regime della semplice denuncia di inizio di attività quegli interventi, diretti alle predette finalità, che consistono nell’installazione di “elementi compatibili con le esigenze dell’ordinario uso dell’edificio o della parte di esso cui accedono nel rispetto degli elementi tipologici formali e strutturali dello stesso edificio e della destinazione edilizio-urbanistica delle varie parti di cui esso si compone” (TAR Lazio, Sez. II-ter, sent. n. 1550 del 28.02.2002) [6].
Dal permesso di costruire alla SCIA [7]
L’attività di costruzione dei privati è vincolata da modalità e strumenti normativi che hanno subìto, nel tempo, sostanziali modifiche: si è passati dalla licenza edilizia di cui alla legge 1150 del 17.08.1942, alla concessione edilizia di cui alla legge 10 del 28.01.1977 (legge Bucalossi), sino al permesso di costruire di cui al D.P.R. 380/2001.
La “licenza edilizia” era originariamente prevista soltanto per ciò che riguardava le edificazioni da effettuare sul territorio urbano ed era gratuita; inoltre, era un provvedimento di natura autorizzatoria che, a seguito di verifica della conformità tra l’attività costruttiva richiesta e le previsioni degli strumenti urbanistici, consentiva al privato l’esercizio della facoltà di costruire, immanente al diritto di proprietà.
Con la legge 10/1977 (legge Bucalossi), la licenza edilizia fu sostituita dalla “concessione edilizia”: la facoltà di costruire veniva scissa dal diritto di proprietà, sicché lo ius aedificandi diventava l’oggetto di uno specifico provvedimento concessorio da parte della Pubblica amministrazione. Tuttavia, con la sent. n. 5 del 30.01.1980, era intervenuta apportando delle precisazioni relativamente alla facoltà dello ius aedificandi.
Anche a seguito di queste indicazioni, nel 2001, con il D.P.R. 380, entra in vigore il T.U. edilizia e la concessione edilizia viene sostituita dal “permesso di costruire”, rilasciato dallo Sportello Unico per l’edilizia (art. 5).
Con l’approvazione del “D.L. Sviluppo”, il cui testo è ormai definitivo dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (la n. 110 di venerdì 13.05.2011), vengono apportate sostanziali modifiche al Testo Unico dell’edilizia, definendo la procedura per il rilascio del titolo abilitativo.
Per il rilascio del permesso di costruire viene introdotto il silenzio-assenso entro un termine massimo di 90 giorni (180 per i comuni con oltre centomila abitanti), salvo i casi ove sussistano vincoli ambientali, paesaggistici e culturali.
Il termine per le verifiche ex post da parte delle amministrazioni sugli interventi realizzati con (segnalazione certificata di inizio attività) viene dimezzato da 30 giorni. L’ambito di applicazione viene esteso agli interventi edilizi che, prima del “D.L. Sviluppo”, erano soggetti a DIA, ma non sostituisce , né i nulla osta e le autorizzazioni concedibili in caso di vincoli paesaggistici, ambientali o culturali. Inoltre, vengono liberalizzati i cambiamenti di destinazione in deroga ai piani regolatori, e fino all’eventuale entrata in vigore di leggi regionali specifiche sull’attività edilizia.
Riportiamo nella tabella 1 l’excursus normativo e le attuali disposizioni.
Considerazioni conclusive.
Dall’iter giurisprudenziale tracciato possiamo trarre le seguenti conclusioni:
a. il condomino che intenda realizzare una struttura-veranda dovrà sempre munirsi di concessione edilizia;
b. invece, se si tratta di una struttura precaria, destinata a far fronte a sue esigenze momentanee e a essere rimossa dopo l’uso temporaneo; oppure è diretta al recupero del patrimonio edilizio già esistente, o viene realizzata al solo scopo di protezione dagli agenti atmosferici esterni nei limiti della funzionalità dell’immobile, non è necessaria la concessione edilizia;
c. il condomino che realizzi una veranda senza il permesso di costruire si renderebbe fautore di abusi edilizi, con conseguente addebito di responsabilità amministrative e penali;
d. la chiusura di una veranda senza concessione rientra tra gli interventi abusivi di ristrutturazione edilizia la cui repressione comporta l’ingiunzione alla spontanea rimozione dell’abuso: allo scadere del termine all’uopo fissato, è prevista la demolizione d’ufficio, a spese del responsabile, o, se il ripristino non sia possibile, l’irrogazione di una sanzione pecuniaria pari al doppio dell’aumento di valore dell’immobile conseguente alla realizzazione dell’opera, da determinarsi con riguardo alla data di ultimazione dei lavori;
e. L’autorizzazione assembleare risulta necessaria qualora la realizzazione del manufatto possa arrecare pregiudizio ad alcuni condomini (cfr. Cass., sent. n. 10704 del 24 dicembre 1994 e sent. n. 5652 del 21.10.1980), o perché non vengano rispettate le distanze legali fra le due proprietà (Cass., sent. n. 5652 del 21.10.1980).
In questa seconda ipotesi è opportuno che l’autorizzazione venga formalizzata con atto notarile e successiva trascrizione presso dei registri immobiliari. Tale formalità consentirà di cautelarsi da eventuali azioni che potrebbero essere intentate dall’acquirente in caso di vendita dell’appartamento da parte del confinante [8].
Inoltre sarà opportuno in sede assembleare che il condomino sottoponga il relativo progetto corredato da tutte le informazioni inerenti il materiale e le modalità di costruzione del manufatto. Ma anche in caso di delibera favorevole, adottata a maggioranza, non potrà evitare eventuali azioni legali da parte di singoli condomini (cfr. Cass., sent. n. 3510 del 28.05.1980) che dovesse invocare per esempio l’alterazione del decoro architettonico o l’alterazione del profilo igienico (Cass., sent. n. 2543 del 07.07.1976).

TABELLA 1 - La disciplina della veranda abitabile costruita su un terrazzo.
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Agevolazioni fiscali
Non è prevista la detrazione del 36% perché la costruzione della veranda costituisce un incremento volumetrico.
La disciplina condominiale
Dal punto di vista della disciplina condominiale se la veranda è costruita sul terrazzo è considerata sopraelevazione; pertanto è da corrispondere ai condomini l’indennità dell’art. 1127 cod. civ. L’opera non può essere vietata dai condomini purché rispetti il decoro architettonico, la sicurezza strutturale dell’edificio e se non è esclusa dal regolamento contrattuale.
In presenza del riscaldamento centralizzato, la trasformazione del balcone in veranda comporta la revisione della tabella di riscaldamento.
La modifica della tabella di proprietà non è strettamente necessaria, laddove non venga alterato in maniera notevole il rapporto millesimale tra le proprietà esclusive, all’interno del condominio.
Qualora il giudice ritenga che effettivamente vi sia stata una notevole alterazione dei rapporti millesimali, la perizia con cui si determinano i nuovi millesimi può tener conto solo della nuova superficie aggiunta se l’ampliamento riguardi piani o porzioni di piano della stessa altezza degli altri.
Se, invece, l’addizione riguarda una serra o un sottotetto che hanno parte della loro altezza inferiore alle altre, non abitabile, il criterio corretto è quello del volume (Cass., sent. n. 7300/2010).
Permessi
Alcuni comuni non richiedono permessi se si tratta di un ridotto ampliamento. Comunque devono essere sempre rispettate le distanze legali.
IVA

Se l’ampliamento riguarda un’abitazione acquistata con i benefici “prima casa”, l’IVA si applica al 4% (Ag. entrate, circ. n. 19 dell’01.3.2001).

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[1] In dottrina vi sono diverse definizioni: alcuni identificano la veranda nella chiusura, prevalentemente con vetri, supportati su metallo o legno, di spazi scoperti come balconi o terrazze, con opere effettuate dopo l’ultimazione dell’edificio (F. Tamborrino, Codice tecnico-legale del condominio, Milano, 2a ed., 2006, pagg. 125-126). Mentre De Tilla la considera come balcone aggettante dalle mura perimetrali di un edificio chiuso con vetrate. Cfr. Dizionario del condominio, Milano, 2007, pag. 693.
[2] Secondo un’interpretazione giurisprudenziale consolidata, una veranda non è da intendersi quale opera precaria, in quanto non è destinata a sopperire a esigenze temporanee e contingenti e quindi a essere rimossa, ma a durare nel tempo, configurandosi quale nuovo locale autonomamente utilizzabile e destinato ad ampliare il godimento dell’immobile (Cass., sent. n. 24086 del 13.06.2008).
[3] Sulla fattispecie vedasi sent. n. 42318 del 18.09 cui ha affermato, sulla base di consolidata giurisprudenza, che “la realizzazione di una veranda, anche mediante chiusura a mezzo di installazione di pannelli di vetro su intelaiatura metallica o altri elementi costruttivi, non costituisce intervento di manutenzione straordinaria e di restauro, ma è opera soggetta a permesso di costruire”. In un altro caso sempre affrontato dalla Cassazione si è stabilito che anche la trasformazione di un balcone o di un terrazzino circondato da muri perimetrali in veranda è opera soggetta a concessione edilizia (Cass., sent. n. 3879 del 27.03.2000; Trib. Chieti 19.04.2007).
[4] Il recente “Decreto Sviluppo”, emanato in data 05.05.2011 apportato notevoli modifiche in merito a questo istituto. Si rimanda il lettore, per ulteriori approfondimenti, all’articolo pubblicato sul C.I. n. 885, pag. 1036.
[5] P. Marzaro Gamba, La denuncia d’inizio di attività edilizia: profili sistematici, sostanziali e processuali, Milano 2005, pagg. 65-91.
[6] Però, su una fattispecie analoga, lo stesso TAR Lazio (sent. n. 9570 del 05.11.2003) ha escluso l’esentabilità dal regime della concessione edilizia per una veranda apposta da un condomino su un terrazzino del proprio appartamento, confinante con quello condominiale, ritenendo che tale intervento non avesse esclusivamente una finalità di riparo compatibile con l’uso ordinario dell’abitazione: con la costruzione si era infatti creato un nuovo spazio interamente chiuso, utilizzabile come nuovo piccolo locale, e che arrecava una visibile alterazione allo stesso terrazzo condominiale.
[7] Per approfondimenti sulle recenti novità introdotte sul Piano casa si rinvia a S. Rezzonico-G. Tucci (a cura di), Casa, tutti gli adempimenti e le agevolazioni per ristrutturare, le Guide del Consulente immobiliare, giugno 2011, pagg. 33 e segg.
[8] G. Palmieri., Dizionario pratico del condominio, Milano, 2000, pag. 125
(tratto da www.professioni-imprese24.ilsole24ore.com).

EDILIZIA PRIVATA: Trasformazione di balcone in veranda.
La trasformazione di un balcone o di un terrazzino circondato da muri perimetrali in veranda, o di un terrapieno et similia mediante chiusura a mezzo di installazione di pannelli di vetro su intelaiatura metallica od altri elementi costruttivi, non costituisce intervento di manutenzione straordinaria ,di restauro o pertinenziale, ma è opera già soggetta a concessione edilizia ed attualmente a permesso di costruire (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 11.05.2011 n. 18507 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: La trasformazione di un balcone o di un terrazzino circondato da muri perimetrali in veranda, o di un terrapieno et similia mediante chiusura a mezzo di installazione di pannelli di vetro su intelaiatura metallica od altri elementi costruttivi, non costituisce intervento di manutenzione straordinaria, di restauro o pertinenziale, ma è opera già soggetta a concessione edilizia ed attualmente a permesso di costruire.
Una veranda è da considerarsi, in senso tecnico-giuridico, un nuovo locale autonomamente utilizzabile e difetta normalmente del carattere di precarietà trattandosi di opera destinata, non a sopperire ad esigenze temporanee e contingenti, ma a durare nel tempo, ampliando così il godimento dell'immobile. Né può sostenersi che, nella specie, il manufatto realizzato fosse destinato alla protezione dagli agenti atmosferici allorché si consideri che è stato ottenuto in concreto un nuovo vano adibito a deposito.

Si osserva che la giurisprudenza di questa Corte Suprema è costantemente orientata nel senso che la trasformazione di un balcone o di un terrazzino circondato da muri perimetrali in veranda, o di un terrapieno et similia mediante chiusura a mezzo di installazione di pannelli di vetro su intelaiatura metallica od altri elementi costruttivi, non costituisce intervento di manutenzione straordinaria, di restauro o pertinenziale, ma è opera già soggetta a concessione edilizia ed attualmente a permesso di costruire (cfr, tra le molteplici pronunzie, Cass., Sez. n. 35011 del 2007 Rv 237532; n. 25588 del 2004, rv 230419).
Il medesimo orientamento si rinviene nelle decisioni dei giudici amministrativi (vedi Cons. Stato, Sez. 5: 08.04.1999, n. 394 e 22.07.1992, n. 675, nonché Cons. giust. Amm. Sic. Sez. riunite, 15.10.1991, n. 345).
In particolare, una veranda è da considerarsi, in senso tecnico-giuridico, un nuovo locale autonomamente utilizzabile e difetta normalmente del carattere di precarietà trattandosi di opera destinata, non a sopperire ad esigenze temporanee e contingenti, ma a durare nel tempo, ampliando così il godimento dell'immobile. Né può sostenersi che, nella specie, il manufatto realizzato fosse destinato alla protezione dagli agenti atmosferici allorché si consideri che è stato ottenuto in concreto un nuovo vano adibito a deposito (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 11.05.2011 n. 18507 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: L’intervento di sostituzione della struttura metallica di una veranda con nuovi materiali non comporta la realizzazione di un nuovo manufatto.
Quanto alla contestata “sostituzione della intelaiatura in ferro e vetri, in alluminio verniciato”, deve infatti ritenersi –proprio alla stregua della descrizione delle opere effettuate- che tale intervento non abbia mutato le caratteristiche costruttive della struttura, né abbia condotto alla realizzazione di un manufatto del tutto nuovo per consistenza e materiali utilizzati (cfr. TAR Lazio, sez. II-ter, 12.02.2004, n. 1394 e, più recentemente, 02.11.2010, n. 33108, proprio con riferimento ad un intervento di sostituzione della struttura metallica di una veranda con nuovi materiali; a contrariis, Cons. St., sez. VI, 09.09.2005, n. 4668).
Si tratta infatti di lavori diretti alla mera sostituzione o rinnovo di parti dell'edificio, che non comportano alcuna alterazione di volumi o di superfici e nemmeno alcun mutamento della destinazione dell’unità immobiliare (Cons. St., sez. IV, 22.03.2007, n. 1388; sez. V, 06.02.2003, n. 61) (TAR Lazio-Roma, Sez. II-ter, sentenza 09.02.2011 n. 1283 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2010

EDILIZIA PRIVATA: L'installazione di pannelli in vetro ed alluminio sul parapetto di un balcone già chiuso per i restanti lati dai muri perimetrali dell'edificio è qualificabile come intervento di trasformazione urbanistica per la sua destinazione ad uso non limitato nel tempo e per l'alterazione prodotta nello stato del territorio, stante il suo rilievo ambientale e funzionale, e determina la realizzazione di un nuovo locale autonomamente utilizzabile, l'aumento della superficie utile e la modifica della sagoma dell'edificio stesso e, pertanto, implica il previo rilascio del titolo concessorio, a nulla rilevando l'eventuale precarietà strutturale dell'opera realizzata, in quanto non si traduca in un uso per fini contingenti e specifici.
La trasformazione di un balcone o di un terrazzo circondato da muri perimetrali in veranda, mediante chiusura a mezzo di installazione di pannelli di vetro su intelaiatura metallica, non ha natura precaria né costituisce intervento di manutenzione straordinaria o di restauro, ma è opera soggetta a permesso di costruire.
Ed infatti l'installazione di pannelli in vetro ed alluminio sul parapetto di un balcone già chiuso per i restanti lati dai muri perimetrali dell'edificio è qualificabile come intervento di trasformazione urbanistica per la sua destinazione ad uso non limitato nel tempo e per l'alterazione prodotta nello stato del territorio, stante il suo rilievo ambientale e funzionale, e determina la realizzazione di un nuovo locale autonomamente utilizzabile, l'aumento della superficie utile e la modifica della sagoma dell'edificio stesso e, pertanto, implica il previo rilascio del titolo concessorio, a nulla rilevando l'eventuale precarietà strutturale dell'opera realizzata, in quanto non si traduca in un uso per fini contingenti e specifici (TAR Campania Napoli, sez. IV, 28.02.2006, n. 2451) (TAR Lazio-Roma, Sez. II-ter, sentenza 22.12.2010 n. 38237 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Una veranda è da considerarsi, in senso tecnico-giuridico, un nuovo locale autonomamente utilizzabile e difetta normalmente del carattere di precarietà, trattandosi di opera destinata non a sopperire ad esigenze temporanee e contingenti con la sua successiva rimozione, ma a durare nel tempo, ampliando così il godimento dell'immobile.
La trasformazione di un balcone o di un terrazzino circondato da muri perimetrali in veranda, mediante chiusura a mezzo di installazione di pannelli di vetro su intelaiatura metallica, non ha natura precaria né costituisce intervento di manutenzione straordinaria o di restauro, ma è opera soggetta a permesso di costruire.

Secondo la Cassazione penale, sez. III, 10.01.2008, n. 14329: “In materia edilizia, una veranda è da considerarsi, in senso tecnico-giuridico, un nuovo locale autonomamente utilizzabile e difetta normalmente del carattere di precarietà, trattandosi di opera destinata non a sopperire ad esigenze temporanee e contingenti con la sua successiva rimozione, ma a durare nel tempo, ampliando così il godimento dell'immobile"; analogamente Cassazione penale, sez. III, 26.04.2007, n. 35011, per cui: “La trasformazione di un balcone o di un terrazzino circondato da muri perimetrali in veranda, mediante chiusura a mezzo di installazione di pannelli di vetro su intelaiatura metallica, non ha natura precaria né costituisce intervento di manutenzione straordinaria o di restauro, ma è opera soggetta a permesso di costruire”.
In terminis: Consiglio Stato, sez. VI, 27.01.2003, n. 419, secondo cui: “La nozione di costruzione, ai fini del rilascio della concessione edilizia, si configura in presenza di opere che attuino una trasformazione urbanistico-edilizia del territorio, con perdurante modifica dello stato dei luoghi, a prescindere dal fatto che essa avvenga mediante realizzazione di opere murarie; infatti è irrilevante che le dette opere siano realizzate in metallo, in laminati di plastica, in legno o altro materiale, laddove comportino la trasformazione del tessuto urbanistico ed edilizio (nella specie il C.d.S. ha considerato nuova costruzione o ampliamento della costruzione esistente una veranda stabilmente infissa al suolo con profondità dalla parete esterna al pilastro di sostegno di mt. 5,20, con dimensioni planimetriche di mt. 7,15 x 5,07 avente un'altezza nella parte superiore di mt. 2,85 e nella parte inferiore di mt. 2,80, sotto il profilo funzionale preordinata a soddisfare la non precaria esigenza del titolare di un pubblico esercizio”. Infine, tra le tante: TAR Campania Napoli, sez. VI, 03.08.2007, n. 7258; TAR Campania Napoli, sez. IV, 08.06.2007, n. 6038)
(TAR Lombardia-Milano, Sez. IV, sentenza 10.12.2010 n. 7497 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2009

EDILIZIA PRIVATA: Veranda.
La tenda collegata al muro con intelaiatura in acciaio e con tamponamenti in materiale plastico, così come la tenda collegata al muro e con tamponamenti di vetro, deve qualificarsi veranda che richiede il permesso di costruire ai sensi dell’art. 20 del DPR n. 380 del 2001, la cui mancanza comporta le sanzioni di cui all’art. 44 del citato DPR (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 04.11.2009 n. 42318 - tratto da www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Le opere perimetrali di chiusura di una tettoia non sono riconducibili a quelle di completamento funzionale in quanto trasformano radicalmente il manufatto in un locale chiuso con un diverso grado di funzionalità.
Le opere che trasformino una tettoia in un edificio non costituiscono un completamento funzionale ma una trasformazione dell’originario manufatto in un qualcosa di nuovo.
La trasformazione di un balcone o di un terrazzino circondato da muri perimetrali in veranda, mediante chiusura a mezzo di installazione di pannelli di vetro su intelaiatura metallica, determina la realizzazione di un nuovo vano in tal modo ponendo in essere un aumento della volumetria.
La sostituzione di una preesistente tenda parasole con un porticato non costituisce intervento di manutenzione straordinaria, stante la prevalenza del momento trasformativo innovativo rispetto a quello conservativo, ed è soggetta a concessione edilizia, rientrando nelle opere previste dall'art. 31, lett. d), l. n. 457 del 1978.

Come è stato condivisibilmente sostenuto (cfr. TAR Lazio Sez. 2° 01.06.2001 n. 4843), le opere perimetrali di chiusura di una tettoia non sono riconducibili a quelle di completamento funzionale in quanto trasformano radicalmente il manufatto in un locale chiuso con un diverso grado di funzionalità. Invero, la tettoia costituisce struttura manufatto autonomamente utilizzabile, come tale non necessitante di tamponature laterali.
La giurisprudenza amministrativa ha in proposito rilevato che non possono qualificarsi come opere di completamento funzionale quelle che si traducono nella creazione di un quid novi rispetto alla consistenza strutturale e tipologica del manufatto già realizzato e che attribuiscono una diversa caratterizzazione funzionale allo stesso, sicché le opere che trasformino una tettoia in un edificio non costituiscono un completamento funzionale ma una trasformazione dell’originario manufatto in un qualcosa di nuovo.
Eguale ratio è rinvenibile nell’indirizzo della Cassazione penale (cfr. Sez. III 26.04.2007 n. 35011) là dove viene affermato che la trasformazione di un balcone o di un terrazzino circondato da muri perimetrali in veranda, mediante chiusura a mezzo di installazione di pannelli di vetro su intelaiatura metallica, determina la realizzazione di un nuovo vano in tal modo ponendo in essere un aumento della volumetria.
Ancora è stato ritenuto (cfr. TAR Latina 19.01.2007 n. 44) che la sostituzione di una preesistente tenda parasole con un porticato non costituisce intervento di manutenzione straordinaria, stante la prevalenza del momento trasformativo innovativo rispetto a quello conservativo, ed è soggetta a concessione edilizia, rientrando nelle opere previste dall'art. 31, lett. d), l. n. 457 del 1978 (TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 16.10.2009 n. 1742 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Non costituisce "volume tecnico" una veranda realizzata in alluminio anodizzato e muratura, avente una superficie di un metro per tre e l’altezza di tre metri, realizzata su di un balcone.
Come questa Sezione ha avuto modo di rilevare, per l'identificazione della nozione di volume tecnico assumono valore in materia tre ordini di parametri: il primo, positivo, di tipo funzionale, ossia che il manufatto abbia un rapporto di strumentalità necessaria con l'utilizzo della costruzione; il secondo ed il terzo, negativi, ricollegati da un lato all'impossibilità di soluzioni progettuali diverse, nel senso che tali costruzioni non devono poter essere ubicate all'interno della parte abitativa, e dall'altro ad un rapporto di necessaria proporzionalità fra tali volumi e le esigenze effettivamente presenti.
Ne deriva che tale nozione può essere applicata solo alle opere edilizie completamente prive di una propria autonomia funzionale, anche potenziale, in quanto destinate a contenere impianti serventi di una costruzione principale, per esigenze tecnico-funzionali della costruzione stessa; pertanto, al di fuori di tale ambito, il concetto non può essere utilizzato né dall'amministrazione né dal privato al fine di negare rilevanza giuridica ai volumi, comunque, esistenti nella realtà fisica (TAR Campania Napoli, sez. IV, 07.11.2008, n. 19352; sez. IV, 13.05.2008, n. 4258) (TAR Campania-Napoli, Sez. IV, sentenza 01.09.2009 n. 4850 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: La realizzazione di una veranda è da considerarsi, in senso tecnico-giuridico, un nuovo locale autonomamente utilizzabile e difetta normalmente del carattere di precarietà, trattandosi di opera destinata non a sopperire ad esigenze temporanee e contingenti con la sua successiva rimozione, ma a durare nel tempo, ampliando così il godimento dell'immobile.
Per costante giurisprudenza (anche di questo TAR: cfr. ad esempio TAR Campania Napoli, sez. IV, 08.06.2007, n. 6038; TAR Campania Napoli, sez. IV, 06.07.2007, n. 6551; TAR Campania Napoli, sez. VI, 03.08.2007, n. 7258; TAR Campania Napoli, sez. IV, 13.05.2008, n. 4255; TAR Campania Napoli, sez. IV, 17.02.2009, n. 847), da cui il Collegio non ravvisa motivi di discostarsi nel caso di specie, gli interventi edilizi che determinano una variazione planivolumetrica ed architettonica dell'immobile nel quale vengono realizzati, quali le verande in vetro e alluminio edificate sulla balconata di un appartamento, pur avendo carattere pertinenziale rispetto all'immobile cui accedono, sono soggetti al preventivo rilascio di apposita concessione edilizia (ora, permesso di costruire).
Ciò in quanto, in materia edilizia, una veranda è da considerarsi, in senso tecnico-giuridico, un nuovo locale autonomamente utilizzabile e difetta normalmente del carattere di precarietà, trattandosi di opera destinata non a sopperire ad esigenze temporanee e contingenti con la sua successiva rimozione, ma a durare nel tempo, ampliando così il godimento dell'immobile (Cassazione penale, sez. III, 10.01.2008, n. 14329)
(TAR Campania-Napoli, Sez. IV, sentenza 05.08.2009 n. 4732 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Quesito 9 - Sulla realizzazione di una veranda e di un soppalco e sul titolo edilizio necessario (Geometra Orobico n. 6/2009).

EDILIZIA PRIVATA: Verande.
La veranda è da considerare in senso tecnico giuridico, una costruzione assoggettata al regime concessorio e l’unica deroga prevista è per la chiusura di spazi limitati che, comunque non comportino una trasformazione del territorio (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 08.06.2009 n. 23725 - link a www.lexambiente.it).

anno 2008

EDILIZIA PRIVATA: Interventi precari (veranda, esclusione).
Una veranda realizzata mediante la chiusura di una preesistente tettoia con pannelli scorrevoli costituisce intervento di nuova costruzione in quanto opera stabile e duratura nel tempo, mediante la quale si realizza un ampliamento significativo della superficie utile del preesistente fabbricato e trattandosi di opera non finalizzata ad esigenze temporanee, ma proiettata a perdurare nel tempo.
L'agevole amovibilità dell'opera attiene alla struttura della stessa, non alla funzione ed alla durata dell'opera medesima, destinata nella sua oggettività materiale a durare nel tempo senza soluzione di continuità e ciò a prescindere dalle motivazioni soggettive espresse nella relativa comunicazione al Comune (ossia opera destinata a proteggere il terrazzino dalle intemperie nel periodo di tempo non buono) (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 29.12.2008 n. 48227 - tratto da www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Nozione di veranda in senso tecnico-giuridico - Mancanza di precarietà - Permesso di costruire - Necessità - Realizzazione di una veranda - Classificazione come intervento di manutenzione straordinaria e di restauro - Esclusione.
La realizzazione di una veranda, anche mediante chiusura a mezzo di installazione di pannelli di vetro su intelaiatura metallica od altri elementi costruttivi, non costituisce intervento di manutenzione straordinaria e di restauro, ma è opera soggetta già a concessione edilizia ed attualmente a permesso di costruire (tra le tante, Cass., Sez. III: 18.09.2007, n. 35011, Camarda; Cass., 28.10.2004, D'Aurelio; Cass., 27.03.2000, n. 3879, Spaventi). Il medesimo orientamento si rinviene nelle decisioni dei giudici amministrativi (vedi Cons. Stato, Sez. V: 08.04.1999, n. 394 e 22.07.1992, n. 67.5, nonché Cons. giust. amm. sic., Sez. riunite, 15.10.1991, n. 345). In particolare, una veranda è da considerarsi, in senso tecnico-giuridico, un nuovo locale autonomamente utilizzabile e difetta normalmente del carattere di precarietà, trattandosi di opera destinata non a sopperire ad esigenze temporanee e contingenti con la sua successiva rimozione, ma a durare nel tempo, ampliando così il godimento dell'immobile.
Veranda - Natura "precaria" di un manufatto - Presupposti - Fini specifici, contingenti e limitati nel tempo - Giurisprudenza.
La natura "precaria" di un manufatto -secondo giurisprudenza costante [Cass., Sez. III: 13.06.2006, n. 20189, ric. Cavallini; 27.09.2004, n. 37992, ric. Mandò; 10.06.2003, n. 24898, ric. Nagni; 10.10.1999, n. 11839, ric. Piparo; 26.03.1999, n. 4002, ric. Bortolotti]- ai fini dell'esenzione dal permesso di costruire (già concessione edilizia), non può essere desunta dalla temporaneità della destinazione soggettivamente data all'opera dal costruttore ma deve ricollegarsi alla intrinseca destinazione materiale di essa ad un uso realmente precario e temporaneo, per fini specifici, contingenti e limitati nel tempo, con conseguente e sollecita eliminazione, non essendo sufficiente che si tratti eventualmente di un manufatto smontabile e/o non infisso al suolo.
Realizzazione di una veranda in zona vincolata - Pregiudizio per l'ambiente - Art. 163 del D.Lgs. n. 490/1999 attualmente art. 181, c. 1, D.Lgs. n. 42/2004 - Fattispecie: realizzazione di una veranda.
Il reato di cui all'art. 163 del D.Lgs. n. 490/1999 (già art. 1-sexies della legge n. 431/1985 ed attualmente art. 181, comma 1, del D.Lgs. 22.01.2004, n. 42) è reato di pericolo e, pertanto, per la configurabilità dell'illecito, non è necessario un effettivo pregiudizio per l'ambiente, potendo escludersi dal novero delle condotte penalmente rilevanti soltanto quelle che si prospettano inidonee, pure in astratto, a compromettere i valori del paesaggio e l'aspetto esteriore degli edifici [vedi, tra le pronunzie più recenti, Cass., Sez. III: 29.11.2001, Zecca ed altro; 1.5.4.2002, P.G. in proc. Negri; 14.05.2002, Migliore; 04.10.2002, Debertol; 07.03.2003, Spinosa; 06.05.2003, Cassisa; 23.05.2003, P.M. in proc. Invernici; 26.05.2003, Sargentini; 05.08.2003, Mori; 07.10.2003, Fierro]. Fattispecie: esecuzione di una veranda ed altre opere oggettivamente non irrilevanti ed astrattamente idonei a compromettere l'ambiente (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 13.06.2008 n. 23086 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: Veranda.
Una veranda è da considerarsi, in senso tecnico-giuridico, un nuovo locale autonomamente utilizzabile e difetta normalmente del carattere di precarietà, trattandosi di opera destinata non a sopperire ad esigenze temporanee e contingenti con la sua successiva rimozione, ma a durare nel tempo, ampliando così il godimento dell'immobile (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 13.06.2008 n. 23086 - link a www.lexambiente.it).

anno 2007

EDILIZIA PRIVATA: La trasformazione di un balcone o di un terrazzino circondato da muri perimetrali in veranda, mediante chiusura a mezzo di installazione di pannelli di vetro su intelaiatura metallica, non costituisce realizzazione di una pertinenza, né intervento di manutenzione straordinaria e di restauro, ma è opera soggetta a concessione edilizia/permesso di costruire.
La realizzazione di una veranda chiusa con vetrate, determinando l'aumento della superficie utile di un appartamento e la modifica della sagoma dell'edificio, richiede il previo rilascio della concessione di costruzione.
E’ necessaria la concessione edilizia nel caso di veranda costruita con elementi in alluminio e vetri che aumenti la volumetria dell'edificio rispetto alla conformazione originaria, trattandosi peraltro di opera destinata a perdurare a tempo indeterminato, a nulla rilevando in contrario l'utilizzazione dei materiali diversi dalla muratura e l'eventuale amovibilità delle strutture utilizzate.

La giurisprudenza ha più volte affermato che “La trasformazione di un balcone o di un terrazzino circondato da muri perimetrali in veranda, mediante chiusura a mezzo di installazione di pannelli di vetro su intelaiatura metallica, non costituisce realizzazione di una pertinenza, né intervento di manutenzione straordinaria e di restauro, ma è opera soggetta a concessione edilizia/permesso di costruire” (cfr. Cass., Sez. III: 28.10.2004, D'Aurelio; 13.01.2000, Spaventi; 23.06.1989, Bindi; 06.04.1988, Rossi; 23.12.1987, Milani; 04.12.1987, Sanchini; 28.04.1983, Topi; 20.04.1983, Ambri).
Infatti, la realizzazione di una veranda chiusa con vetrate, determinando l'aumento della superficie utile di un appartamento e la modifica della sagoma dell'edificio, richiede il previo rilascio della concessione di costruzione (C. Stato, Sez. V: 08.04.1999, n. 394; 22.07.1992, n. 675).
E’ necessaria la concessione edilizia "nel caso di veranda costruita con elementi in alluminio e vetri che aumenti la volumetria dell'edificio rispetto alla conformazione originaria, trattandosi peraltro di opera destinata a perdurare a tempo indeterminato, a nulla rilevando in contrario l'utilizzazione dei materiali diversi dalla muratura e l'eventuale amovibilità delle strutture utilizzate" (C.G.A.R.S. sezioni riunite del 15.10.1991, sentenza n. 345; CGA del 23.10.1998, n. 633) (TAR Lazio-Roma, Sez. II-bis, sentenza 10.10.2007 n. 9931 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Fattispecie in materia di ristrutturazione - Chiusura di logge e balconi.
Interventi edilizi consistenti nella chiusura di balconi, logge, terrazze, e nella loro trasformazione in verande, sono ascrivibili alla categoria della ristrutturazione edilizia, che necessita di apposita concessione (ora permesso di costruire) (cfr. Cons. Stato Sez. 2^, 15.02.2006 n. 2462/2004, TAR Lazio 2^, 15.03.1990 n. 699, TAR Milano 2^, 27.08.1998 n. 2035), per cui la realizzazione di siffatti interventi senza titolo edilizio legittima perciò solo l’ordine di demolizione, ferma restando l’ammissibilità (astratta) di una sanatoria (massima tratta da www.studiospallino.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 06.09.2007 n. 5768 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Natura precaria di una costruzione - Nozione - Destinazione oggettiva della opera - Fattispecie - Reato edilizio - Realizzazione abusiva di una veranda - Demolizione del manufatto.
La natura precaria di una costruzione non dipende dal tipo di materiali usati o dalla tecnica costruttiva o dalla facile rimovibilità della struttura, ma dalla destinazione oggettiva della opera. (Nella specie, è stato ritenuto esistente il reato edilizio ed ordinata la demolizione del manufatto, in relazione all’edificazione abusiva di una veranda, presentata come una struttura volante fatta con un cannucciato ed un telo di limitate dimensioni avente l'unica funzione di riparare dal sole).
Natura precaria di una costruzione - Nozione - Manufatti di assoluta ed evidente precarietà - Permesso di costruire - Necessità - Esclusione.
In materia edilizia, le costruzioni di natura precaria, non necessitino di permesso di costruire i manufatti di assoluta ed evidente precarietà destinati a soddisfare esigenze contingenti, specifiche, cronologicamente delimitate e ad essere rimossi dopo il momentaneo uso (Corte di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 12.01.2007 n. 455 - link a www.ambientediritto.it).

anno 2005

EDILIZIA PRIVATALa maggiore o minore facilità di rimozione non rileva, infatti, ai fini della qualificazione di un’opera edilizia in termini di precarietà.
Neppure assumono una valenza decisiva, in tal senso, la struttura del manufatto abusivo, la sua tipologia o i materiali utilizzati.
Ciò che rileva al fine della qualificazione di un’opera edilizia come precaria è, invece (come affermato dalla giurisprudenza consolidata e condiviso dal Collegio), la funzione cui è obiettivamente finalizzata l’opera, con la conseguenza che solamente le costruzioni destinate ab origine al soddisfacimento di esigenze contingenti e circoscritte nel tempo saranno esenti dall’obbligo della concessione, mentre vi saranno assoggettate le opere destinate ad una utilizzazione perdurante nel tempo.
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La struttura realizzata dal ricorrente, in assenza di titolo autorizzativo e sul balcone dell’alloggio di proprietà, è costituita da un telaio a supporto di pannelli trasparenti scorrevoli; detto telaio delimita completamente il perimetro costituito dal parapetto del balcone ed è ancorato al parapetto medesimo e all’intradosso della soletta sovrastante.
Il manufatto abusivo è stato realizzato all’evidente fine di migliorare la fruizione dell’alloggio, offrendo una protezione dagli agenti atmosferici e ampliando gli spazi utilizzabili.
Esso non è quindi destinato a soddisfare esigenze temporanee, mediante una utilizzazione circoscritta nel tempo, bensì è finalizzato ad un utilizzo tendenzialmente durevole, con obiettivi caratteri di stabilità.
Ne consegue che l’opera edilizia, non connotabile in termini di precarietà, era soggetta al rilascio di concessione edificatoria.
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L’assenza di connotati di precarietà del manufatto, peraltro di non irrilevante impatto visivo, fa sì che la costruzione abbia stabilmente modificato la superficie e la volumetria dell’immobile.
Deve altresì osservarsi come l’opera in questione costituisca sostanzialmente una veranda chiusa con superfici trasparenti, seppure scorrevoli su pannelli mobili, la cui apposizione all’edificio di abitazione ne ha alterato la sagoma, realizzando una trasformazione edilizia duratura che necessitava di concessione edilizia.
Ne consegue che legittimamente il Sindaco di Novara, accertata l’esecuzione di opere in assenza di concessione, ne ha disposto la rimozione.

E’ contestata nel presente giudizio la legittimità del provvedimento R.G. n. 2 del 09.01.1998, notificato il successivo 14 gennaio, con il quale il Sindaco di Novara ha ordinato la rimozione della struttura realizzata dal ricorrente, in assenza di titolo autorizzativo, sul balcone dell’alloggio di proprietà (recte: dell’alloggio di cui, all’epoca dei fatti, era promissario acquirente).
Il manufatto abusivo è costituito da un telaio a supporto di pannelli trasparenti scorrevoli; detto telaio delimita completamente il perimetro costituito dal parapetto del balcone ed è ancorato al parapetto medesimo e all’intradosso della soletta sovrastante.
Con l’unico motivo di gravame il ricorrente deduce l’illegittimità del provvedimento sanzionatorio adottato dal Comune di Novara, sostenendo che la struttura di cui è stata ordinata la rimozione, “lungi dall’essere fissa ed inamovibile”, è semplicemente fissata al parapetto del balcone mediante tenute di sicurezza, paragonabili ai sostegni utilizzati per l’installazione di tende parasole, e costituirebbe pertanto opera precaria, non soggetta al rilascio di concessione edilizia.
Il motivo è privo di pregio.
La maggiore o minore facilità di rimozione non rileva, infatti, ai fini della qualificazione di un’opera edilizia in termini di precarietà (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. V, 23.01.1995, n. 97 e Cons. Stato, sez. V, 12.11.1996, n. 1317).
Neppure assumono una valenza decisiva, in tal senso, la struttura del manufatto abusivo, la sua tipologia o i materiali utilizzati (cfr. TAR Lombardia, Milano, 17.02.1997, n. 168).
Ciò che rileva al fine della qualificazione di un’opera edilizia come precaria è, invece (come affermato dalla giurisprudenza consolidata e condiviso dal Collegio), la funzione cui è obiettivamente finalizzata l’opera, con la conseguenza che solamente le costruzioni destinate ab origine al soddisfacimento di esigenze contingenti e circoscritte nel tempo saranno esenti dall’obbligo della concessione, mentre vi saranno assoggettate le opere destinate ad una utilizzazione perdurante nel tempo (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, sez. V, 24.02.1996, n. 226).
Nel caso in esame, il manufatto abusivo è stato realizzato all’evidente fine di migliorare la fruizione dell’alloggio, offrendo una protezione dagli agenti atmosferici e ampliando gli spazi utilizzabili.
Esso non è quindi destinato a soddisfare esigenze temporanee, mediante una utilizzazione circoscritta nel tempo, bensì è finalizzato ad un utilizzo tendenzialmente durevole, con obiettivi caratteri di stabilità.
Ne consegue che l’opera edilizia, non connotabile in termini di precarietà, era soggetta al rilascio di concessione edificatoria.
Il ricorrente sostiene, in secondo luogo, che la realizzazione della struttura abusiva, proprio in ragione della sua “assoluta rimovibilità”, non avrebbe comportato la modifica delle metrature dell’alloggio e del suo perimetro.
Anche questa affermazione è destituita di fondamento.
Come già rilevato al punto precedente, infatti, l’assenza di connotati di precarietà del manufatto, peraltro di non irrilevante impatto visivo, fa sì che la costruzione abbia stabilmente modificato la superficie e la volumetria dell’immobile.
Deve altresì osservarsi come l’opera in questione costituisca sostanzialmente una veranda chiusa con superfici trasparenti, seppure scorrevoli su pannelli mobili, la cui apposizione all’edificio di abitazione ne ha alterato la sagoma, realizzando una trasformazione edilizia duratura che necessitava di concessione edilizia.
Ne consegue che legittimamente il Sindaco di Novara, accertata l’esecuzione di opere in assenza di concessione, ne ha disposto la rimozione, ai sensi dell’articolo 7 della legge 28.02.1985, n. 47 e dell’articolo 64 della legge regionale Piemonte 05.12.1977, n. 56 (TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 26.04.2005 n. 1136 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2003

EDILIZIA PRIVATA: Non è costruzione precaria la realizzazione di una veranda preordinata a soddisfare esigenze non contingenti o di breve termine.
Costituisce nuova costruzione, o ampliamento della costruzione esistente, la veranda in questione, in quanto, sotto il profilo strutturale, è stabilmente infissa al suolo, con profondità dalla parete esterna al pilastro di sostegno di mt. 5,20, con dimensioni planimetriche di mt. 7,15 x 5,07 e con un’altezza nella parte superiore di mt. 2,85 e nella parte inferiore di mt. 2,80; e, sotto il profilo funzionale, è preordinata a soddisfare la non precaria esigenza del titolare di un pubblico esercizio (Cons. Stato, sez. V, 20.03.2000, n. 1507 e 07.10.1996, n. 1194; Cass. pen., sez. III, 12.05.1995, n. 1758 e 06.04.1988) (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 27.01.2003 n. 419 - link a www.giustizia-amministrativa.it).