dossier BOX |
anno 2023 |
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EDILIZIA PRIVATA:
L’art. 41-sexies della legge n.
1150/1942, come modificato dall’art. 2, comma 1, della legge
n. 122/1989, recita: “nelle nuove costruzioni ed
anche nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse,
debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in
misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni dieci
metri cubi di costruzione”, senza ulteriori rinvii
all’art. 9, comma 1, della stessa legge n. 122/1989.
In tema di spazi destinati a parcheggi privati, in complessi
condominiali di nuova costruzione (ossia realizzati dopo
l’entrata in vigore dell’art. 18 della legge n. 765/1967),
il susseguirsi d’interventi legislativi incidenti sulla
limitazione dell’autonomia privata in ordine alle dimensioni
minime di tali spazi ed al regime di circolazione ha
determinato l’esistenza di varie tipologie di parcheggio,
assoggettate a regimi giuridici differenziati tra di loro:
a) i parcheggi pertinenziali di edifici costruiti, soggetti
ad un vincolo pubblicistico di destinazione, produttivo di
un diritto reale d’uso in favore dei condomini e di un
vincolo pertinenziale ex lege che non ne esclude
l’alienabilità separatamente dall’unità immobiliare,
disciplinati dall’art. 18 della legge n. 765/1967 (art.
41-sexies della legge n. 1150/1942) e, di risulta, dagli
artt. 3 e segg. del D.M. 02.04.1968, n. 1444;
b) i parcheggi soggetti al vincolo pubblicistico
d’inscindibilità con l’unità immobiliare di cui all’art.
9 della legge n. 122 del 1989, che è una “normativa
dettata con riferimento ai soli parcheggi costruiti con le
agevolazioni della legge c.d. Tognoli”, assoggettati ad
un regime di circolazione controllata e di utilizzazione
vincolata e, conseguentemente non trasferibili
autonomamente. Ciò in quanto “l’art. 9 della legge
richiamata detta una disciplina vincolistica diversa da
quella che … vige per i parcheggi di cui alla legge ponte, i
quali possono sicuramente essere alienati separatamente
dall’unità immobiliare cui accedono, fermo restando il
diritto di uso in capo al proprietario e/o utilizzatore
dell’immobile principale. A ben vedere, la ratio del divieto
di circolazione dei parcheggi di cui alla legge Tognoli ben
può ravvisarsi nell’intento di evitare speculazioni da parte
di chi ha usufruito di speciali deroghe ed agevolazioni per
la realizzazione degli stessi”;
c) i parcheggi non rientranti nelle due specie sopra illustrate,
perché realizzati in eccedenza rispetto agli spazi minimi
inderogabilmente richiesti dalla disciplina normativa
pubblicistica, ad utilizzazione e a circolazione libera;
d) i parcheggi disciplinati dall’art. 12, comma 9, della legge
n. 246/2005, di liberalizzazione del regime di
circolazione e trasferimento delle aree destinate a
parcheggio con esclusivo riferimento alle costruzioni non
ancora realizzate ed a quelle per le quali non sia ancora
intervenuta la stipulazione delle vendite delle singole
unità immobiliari, al momento della sua entrata in vigore.
Pertanto, i parcheggi sub a), differenziandosi da quelli sub
b), possono essere realizzati anche fuori terra, anche e
soprattutto in ragione della ratio che connota
l’intera normativa esaminata, che è quella di favorire la
realizzazione dei parcheggi nelle zone abitate, quali
interventi di ordinata e razionale urbanizzazione.
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La società ricorrente impugna il provvedimento n. 27869
dell’11.10.2022, con cui il Comune di Nocera Superiore ha
respinto l’istanza di permesso di costruire depositata in
data 05.05.2021 (prot. n. 11945) per “la realizzazione di
box auto interrati di pertinenza al fabbricato per civili
abitazioni in corso di costruzione” alla via ... n. 26,
chiedendo altresì la declaratoria dell’intervenuta
formazione del silenzio-assenso sull’istanza medesima.
Il diniego è motivato sul fatto che:
- i box sono fuori terra e costituiscono nuove costruzioni, non
rientrando nell’art. 9, comma 1, della legge n. 122/1989,
che disciplina i parcheggi ubicati “nel sottosuolo”,
“al piano terreno dei fabbricati” o “nel
sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato”;
- in ogni caso, la particella n. 567, d’insistenza dei futuri box,
non è pertinenziale all’edificio;
- la capacità edificatoria del fondo è stata esaurita con la
realizzazione del fabbricato e l’art. 33 delle N.T.A. vieta
le nuove costruzioni in zona B2;
- non sono rispettate le distanze minime di m. 1,50 dal confine e
di m. 7,50 dalla strada di tipo E (art. 25, comma 3, N.T.A.).
Il ricorrente deduce, per contro, che:
- i box, in quanto sottostanti al piano stradale, sono da
configurare come “interrati”;
- “l’art. 92 del R.U.E.C. consente espressamente la
realizzazione di parcheggi anche nell’area di pertinenza
degli edifici e, quindi, non necessariamente interrati”;
- lo stesso dicasi per l’art. 6 della legge regionale n. 19/2001;
- “l’intervento complessivamente assentito (fabbricato e
sistemazione area esterna) include già la particella n. 567,
nell’ambito della quale è prevista la realizzazione dei box
auto. Sicché la stessa è sicuramente pertinenziale e,
quindi, superficie accessoria non computabile nel calcolo
della superficie lorda”;
- “la strada a ridosso dell’area oggetto di intervento è di tipo
F, non E. In ogni caso, ai sensi dell’art. 25, comma 3,
secondo periodo, delle N.T.A. è, comunque, possibile
realizzare i proposti box anche nelle fasce di rispetto
stradale”.
Il ricorso può essere deciso con sentenza in forma
semplificata.
Muovendo in ordine logico, è manifestamente infondato il
motivo secondo cui sull’istanza si sarebbe formato il
silenzio-assenso, posto che solo in data 18.07.2022
l’impresa ricorrente ha trasmesso gli elaborati
tecnico-grafici richiesti dal Comune (in particolare:
relazione geologica, mappe e visure catastali, grafici di
sezione e profili, fotografie), completando la
documentazione necessaria a corredo della pratica.
Viceversa, il ricorso è manifestamente fondato laddove
assume che l’art. 92 del R.U.E.C. nell’area di pertinenza
dell’edificio consente la realizzazione di parcheggi non
necessariamente interrati.
La norma, infatti, richiama l’art. 41-sexies della legge n.
1150/1942, come modificato dall’art. 2, comma 1, della legge
n. 122/1989, che recita: “nelle nuove costruzioni ed
anche nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse,
debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in
misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni dieci
metri cubi di costruzione”, senza ulteriori rinvii
all’art. 9, comma 1, della stessa legge n. 122/1989.
In tema di spazi destinati a parcheggi privati, in complessi
condominiali di nuova costruzione (ossia realizzati dopo
l’entrata in vigore dell’art. 18 della legge n. 765/1967),
il susseguirsi d’interventi legislativi incidenti sulla
limitazione dell’autonomia privata in ordine alle dimensioni
minime di tali spazi ed al regime di circolazione ha
determinato l’esistenza di varie tipologie di parcheggio,
assoggettate a regimi giuridici differenziati tra di loro (cfr.
Cass. civ., Sez. II, 01.08.2008, n. 21003):
a) i parcheggi pertinenziali di edifici costruiti, soggetti
ad un vincolo pubblicistico di destinazione, produttivo di
un diritto reale d’uso in favore dei condomini e di un
vincolo pertinenziale ex lege che non ne esclude
l’alienabilità separatamente dall’unità immobiliare,
disciplinati dall’art. 18 della legge n. 765/1967 (art.
41-sexies della legge n. 1150/1942) e, di risulta, dagli
artt. 3 e segg. del D.M. 02.04.1968, n. 1444;
b) i parcheggi soggetti al vincolo pubblicistico
d’inscindibilità con l’unità immobiliare di cui all’art.
9 della legge n. 122 del 1989, che è una “normativa
dettata con riferimento ai soli parcheggi costruiti con le
agevolazioni della legge c.d. Tognoli”, assoggettati ad
un regime di circolazione controllata e di utilizzazione
vincolata e, conseguentemente non trasferibili
autonomamente. Ciò in quanto “l’art. 9 della legge
richiamata detta una disciplina vincolistica diversa da
quella che … vige per i parcheggi di cui alla legge ponte, i
quali possono sicuramente essere alienati separatamente
dall’unità immobiliare cui accedono, fermo restando il
diritto di uso in capo al proprietario e/o utilizzatore
dell’immobile principale. A ben vedere, la ratio del divieto
di circolazione dei parcheggi di cui alla legge Tognoli ben
può ravvisarsi nell’intento di evitare speculazioni da parte
di chi ha usufruito di speciali deroghe ed agevolazioni per
la realizzazione degli stessi”;
c) i parcheggi non rientranti nelle due specie sopra illustrate,
perché realizzati in eccedenza rispetto agli spazi minimi
inderogabilmente richiesti dalla disciplina normativa
pubblicistica, ad utilizzazione e a circolazione libera;
d) i parcheggi disciplinati dall’art. 12, comma 9, della legge
n. 246/2005, di liberalizzazione del regime di
circolazione e trasferimento delle aree destinate a
parcheggio con esclusivo riferimento alle costruzioni non
ancora realizzate ed a quelle per le quali non sia ancora
intervenuta la stipulazione delle vendite delle singole
unità immobiliari, al momento della sua entrata in vigore.
Pertanto, i parcheggi sub a), differenziandosi da quelli sub
b), possono essere realizzati anche fuori terra, anche e
soprattutto in ragione della ratio che connota
l’intera normativa esaminata, che è quella di favorire la
realizzazione dei parcheggi nelle zone abitate, quali
interventi di ordinata e razionale urbanizzazione.
Quanto, poi, alla natura pertinenziale del terreno, è
dirimente osservare che le particelle dell’edificio e
dell’area sono ormai fuse nell’unica particella n. 4088.
D’altronde l’art. 817 c.c. qualifica la pertinenza come bene
destinato dal titolare in modo durevole a servizio o ad
ornamento di un'altra cosa; ciò significa che la sua
caratteristica fondamentale -che la distingue dal bene
accessorio- è che la destinazione non è transitoria od
occasionale, ma ha carattere di stabilità (TAR
Campania-Salerno, Sez. II,
sentenza 10.01.2023 n. 42 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2022 |
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EDILIZIA PRIVATA:
L. Biarella,
Parcheggi pertinenziali: il vademecum della
Cassazione. L'evoluzione dei criteri legali di determinazione delle aree
destinate a parcheggio, con le indicazioni operative della c.d. legge
Tognoli e di quelle successive.
La Corte di Cassazione (Sez. II
civile,
sentenza 27.10.2022 n. 31799)
affronta la tematica dell’individuazione determinazione delle aree destinate
a parcheggio, scandendo le indicazioni operative della cd. legge Tognoli e
di quelle successive.
Il riconoscimento della pertinenzialità in primo grado
Una donna aveva convenuto, davanti al Tribunale, un uomo e sua figlia,
chiedendo che fosse dichiarato il trasferimento, in suo favore, della
proprietà e/o del diritto di uso, sia del posto auto scoperto sito nel
cortile condominiale, sia del garage sito nel piano seminterrato, in
applicazione dell’art. 18, L. n. 765/1967, con la consequenziale pronuncia
di nullità della donazione effettuata dall’alienante, in favore della
figlia, avente a oggetto il garage posto al piano seminterrato, oltre al
risarcimento dei danni per il mancato utilizzo dei beni fino all’effettivo
rilascio.
La stessa attrice, con atto pubblico del 2003, aveva acquistato dall’uomo
convenuto un appartamento posto al quarto piano di uno stabile, e che lo
stesso era altresì proprietario di due posti auto, anch’essi siti nello
stesso edificio, il primo, scoperto, collocato nel cortile condominiale, e
il secondo, coperto, posto nel piano seminterrato. Per la donna, pur non
essendo stati menzionati nell’atto di compravendita del 2003, concluso tra
l’attrice e il convenuto, i predetti due posti auto dovevano considerarsi
trasferiti ope legis in suo favore, stante il vincolo pertinenziale
da cui erano avvinti, ex art. 18 della legge ponte n. 765/1967. L’uomo aveva
donato, con atto pubblico del 2005, in favore della figlia, la proprietà del
garage sito al piano seminterrato, pur non essendo la donataria proprietaria
di alcun appartamento all’interno dell’edificio condominiale.
Il Tribunale adito, con sentenza non definitiva del 2012:
- accoglieva la domanda,
- dichiarava la nullità parziale dell’atto di compravendita nella
parte in cui non erano state trasferite le pertinenze dell’appartamento
compravenduto, ossia i due posti auto oggetto di causa,
- dichiarava, altresì, trasferito, in favore dell’attrice, ope
legis, il diritto di uso delle pertinenze, con obbligo di pagamento del
prezzo corrispondente al valore di mercato di detti cespiti,
- dichiarava la nullità dell’atto di donazione avente a oggetto il
garage sito al piano seminterrato, e disponeva il prosieguo del giudizio per
la determinazione del corrispettivo dovuto e del risarcimento danni per il
mancato utilizzo delle dette pertinenze.
L’applicabilità della Legge Tognoli secondo il giudice
territoriale
Sul gravame interposto dall’uomo e dalla di lui figlia la Corte d’appello,
in totale riforma della pronuncia impugnata, accoglieva l’appello.
In particolare, la decisione era stata impugnata nella parte in cui, facendo
proprie le risultanze peritali, aveva ritenuto applicabile all’edificio, cui
appartenevano i posti auto oggetto di causa, i parametri urbanistici del “decreto
Floris”, che imponeva un vincolo a uso pubblico di 80 mq. per ogni 100
mq. di superficie, di cui la metà da destinare a parcheggio.
Inoltre, a fronte del vincolo di destinazione prescritto dalla legge,
secondo i limiti quantitativi indicati, al fine di garantire a coloro che
occupavano le singole unità immobiliari uno specifico diritto reale d’uso
sulle aree stesse, erano esclusi dal regime vincolistico e liberamente
alienabili i parcheggi realizzati in eccedenza rispetto allo standard
urbanistico, di cui era dunque possibile la riserva a favore del costruttore
ovvero la cessione a terzi.
Nel caso di specie era applicabile, ratione temporis, la L. n.
122/1989, (legge Tognoli), sicché l’edificio realizzato non era tenuto al
rispetto degli standard urbanistici previsti dal “decreto Floris”.
Il rigetto in Cassazione
La donna si è rivolta alla Cassazione che, pur rigettando le doglianze, ha
operato una ricognizione della complessa tematica.
In particolare, l’ultimo motivo formulato ha riguardato la violazione o
falsa applicazione dell’art. 41-sexies della legge urbanistica n. 1150/1942,
per avere la Corte distrettuale assunto, ai fini della verifica della
sussistenza dell’eccedenza di posti auto rispetto a quelli obbligatoriamente
imposti dagli standard urbanistici e soggetti al regime vincolistico, lo
stato attuale dei luoghi, oggetto di pacifiche modifiche conseguenti
all’esecuzione di opere autorizzate con successive concessioni e di opere
relative a box auto edificate in difetto di concessione.
Quanto alla lamentata frustrazione della ratio della legge Tognoli (vigente
ratione temporis), la ricorrente non ha dedotto esplicitamente la
concreta inesistenza nello stabile di un numero di posti auto pari a quello
degli appartamenti dell’edificio, tale per cui alla donna sarebbe stato
assolutamente precluso di parcheggiare regolarmente un’auto nelle aree
condominiali esterne ed interne adibite a parcheggio.
La doglianza, quindi, è risultata destituita di fondamento allorché
prospetta il superamento dei criteri legali di regolazione del vincolo cui
all’epoca erano soggetti i posti auto.
In particolare, i calcoli effettuati dall’ausiliario del Giudice del gravame
hanno tenuto conto di un parametro minimo di raffronto che includeva tali
aree accessorie, così da legittimare il computo in concreto delle superfici
destinate a parcheggio al lordo degli spazi di manovra e accesso: all’esito,
dalla comparazione tra dati omogenei, perché entrambi inclusivi delle aree
di manovra e accesso, è stata ottenuta la superficie in eccedenza, pari a
387,60 mq., di gran lunga superiore all’area occupata dal garage e dal posto
auto controversi, pari a 40 mq.
I principi operativi
Si è rammentato che, secondo la normativa vigente nel momento storico di
interesse, operavano i seguenti principi:
- il vincolo pertinenziale tra costruzione e spazio per parcheggio
va inquadrato nelle limitazioni legali della proprietà per pubblico
interesse: gli spazi di parcheggio sono destinati permanentemente all’uso
esclusivo delle persone che stabilmente occupano l’edificio o ad esso
abitualmente accedono;
- è possibile che le aree per parcheggio siano oggetto di separati
atti e rapporti giuridici, il che non implica che per effetto di questi il
vincolo debba cessare, in quanto la pertinenza, anche se gravata da diritto
reale a favore di terzo, continua ad assolvere alla propria funzione
accessoria esclusivamente a favore del proprietario della cosa principale;
- se i contratti con cui si alienano gli spazi di parcheggio
disgiuntamente dall’unità immobiliare cui accedono prevedono la sottrazione
degli spazi stessi al vincolo pubblicistico di destinazione, che per legge è
inderogabile, essi sono nulli nella parte in cui non viene attribuito
all’acquirente il godimento dello spazio destinato a parcheggio;
- tale nullità si verifica anche in caso di eventuale inutilità del
posto macchina nel caso concreto, poiché la sua destinazione obiettiva e
permanente al servizio della cosa principale trascende le situazioni
contingenti;
- il contratto, parzialmente nullo, deve essere integrato ex
lege, a norma dell’art. 1419 c.c., dalla norma imperativa violata, con
il riconoscimento del diritto reale d’uso dello spazio per parcheggio (che
non può essere surrogato da un semplice rapporto obbligatorio), salvo il
diritto del venditore al riequilibrio del sinallagma contrattuale, mediante
una integrazione del corrispettivo ricevuto.
La disciplina del parcheggio pertinenziale di cui alla
Legge Tognoli
L’art. 9, comma 1, della legge Tognoli autorizza i proprietari di immobili a
realizzare nel sottosuolo degli stessi, ovvero nei locali siti al pian
terreno dei fabbricati, parcheggi da destinare a pertinenza delle singole
unità immobiliari, anche (ma non necessariamente) in deroga agli strumenti
urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti.
Questi parcheggi, dunque, sono quelli:
- realizzati senza necessità di concessione edilizia dopo l’entrata
in vigore della legge Tognoli (07.04.1989), a servizio di edifici già
esistenti in quella data;
- realizzati con le agevolazioni previste dalla citata legge;
- ubicati nei luoghi sopra indicati.
A tali tipologie di realizzazione (interna o esterna) è sottesa la creazione
delle aree accessorie, funzionali alla loro pratica fruizione.
La definizione di parcheggio
Si definiscono “parcheggi” gli spazi necessari tanto alla sosta
quanto alla manovra e all’accesso dei veicoli: tale spazio può consistere
- in un’area scoperta (c.d. posto auto) o
- in un’area coperta, chiusa su tre lati (c.d. box) o su
tutti i lati (c.d. garage); superfici che devono essere
considerate nel loro complesso ai fini della verifica del rispetto degli
standard urbanistici, purché sia garantito un numero minimo di parcheggi.
Tale conclusione è risultata avvalorata dall’intervenuto mutamento del
rapporto di proporzione tra metri cubi della costruzione e metri quadri
delle superfici da destinare a parcheggi: rapporto passato da 1 mq. per ogni
20 mc. di costruzione ex art. 18 legge ponte, a 1 mq. per ogni 10 mc. di
costruzione, anche in ragione della considerazione delle aree accessorie
indispensabili alla sua realizzazione ex art. 2 legge Tognoli.
La liberalizzazione del 2005
Non ha trovato applicazione, nella fattispecie, l’intervento di
liberalizzazione di cui all’art. 12 della L. n. 246/2005, che (aggiungendo,
all’art. 41-sexies della L. n. 1150/1942, un comma 2) dispone che i
parcheggi realizzati in forza del comma 1 non sono gravati da vincoli
pertinenziali di sorta, né da diritti d’uso a favore dei proprietari di
altre unità immobiliari, e sono trasferibili autonomamente da esse.
E tanto in quanto l’intervento semplificativo del legislatore, di cui alla
novella del 2005, non ha natura interpretativa, ma deve essere qualificato
come intervento con portata innovativa (che non ha natura imperativa, né
effetto retroattivo), il che implica che tale semplificazione non sia
applicabile ai parcheggi costruiti precedentemente all’entrata in vigore
della legge medesima (23.11.2022 - commento tratto da e link a www.altalex.com).
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SENTENZA
12.- Il dodicesimo motivo riguarda, ai sensi dell'art. 360 c.p.c.,
comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione dell'art. 41-sexies della
legge urbanistica n. 1150 del 1942, per avere la Corte distrettuale assunto,
ai fini della verifica della sussistenza dell'eccedenza di posti auto
rispetto a quelli obbligatoriamente imposti dagli standard urbanistici e
soggetti al regime vincolistico, lo stato attuale dei luoghi, oggetto di
pacifiche modifiche conseguenti all'esecuzione di opere autorizzate con
successive concessioni e di opere relative a box auto edificate in difetto
di concessione.
Espone, inoltre, che, ai fini della determinazione delle superfici
rilevanti, sarebbero stati considerati, non solo le aree destinate alla
sosta, ma anche gli spazi di manovra e transito, nonché gli spazi
qualificati come box auto realizzati in difetto di concessione.
12.1.- Il motivo è in parte qua inammissibile e in parte qua
infondato.
12.2.- E' inammissibile allorché sembra suggerire una nuova
verifica dei fatti rilevanti (ricalcolo di cubature e superfici,
accertamento della esistenza di box auto realizzati abusivamente).
In questi termini, a fronte dell'apparente censura di violazione di legge,
il motivo postula, in realtà, una differente e più favorevole ricostruzione
dei fatti ed in particolare dello stato dei luoghi ricostruito sulla scorta
della consulenza d'ufficio in rinnovazione, profilo, questo, non sindacabile
in questa sede (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 5987 del 04/03/2021; Sez. U,
Sentenza n. 34476 del 27/12/2019).
Peraltro, quanto alla lamentata frustrazione della ratio della legge
Tognoli (vigente ratione temporis), la ricorrente non ha mai dedotto
esplicitamente la concreta inesistenza nello stabile di un numero di posti
auto pari a quello degli appartamenti dell'edificio, tale per cui alla A.A.
sarebbe stato assolutamente precluso di parcheggiare regolarmente un'auto
nelle aree condominiali esterne ed interne adibite a parcheggio.
12.3.- La doglianza è, per converso, destituita di fondamento allorché
prospetta il superamento dei criteri legali di regolazione del vincolo cui
all'epoca erano soggetti i posti auto.
Al riguardo, si rammenta che, secondo la normativa vigente nel momento
storico di interesse, operavano i seguenti principi:
A) il vincolo pertinenziale tra costruzione e spazio per parcheggio
va inquadrato nelle limitazioni legali della proprietà per pubblico
interesse: gli spazi di parcheggio sono destinati permanentemente all'uso
esclusivo delle persone che stabilmente occupano l'edificio o ad esso
abitualmente accedono;
B) è possibile che le aree per parcheggio siano oggetto di
separati atti e rapporti giuridici, il che non implica che per effetto di
questi il vincolo debba cessare, perché la pertinenza, anche se gravata da
diritto reale a favore di terzo, continua ad assolvere alla propria funzione
accessoria esclusivamente a favore del proprietario della cosa principale;
C) se i contratti con cui si alienano gli spazi di parcheggio
disgiuntamente dall'unità immobiliare cui accedono prevedono la sottrazione
degli spazi stessi al vincolo pubblicistico di destinazione, che per legge è
inderogabile, essi sono nulli nella parte in cui non viene attribuito
all'acquirente il godimento dello spazio destinato a parcheggio;
D) tale nullità si verifica anche in caso di eventuale inutilità
del posto macchina nel caso concreto, poiché la sua destinazione obiettiva e
permanente al servizio della cosa principale trascende le situazioni
contingenti;
E) il contratto, parzialmente nullo, deve essere integrato ex
lege, a norma dell'art. 1419 c.c., dalla norma imperativa violata, con
il riconoscimento del diritto reale d'uso dello spazio per parcheggio (che
non può essere surrogato da un semplice rapporto obbligatorio), salvo il
diritto del venditore al riequilibrio del sinallagma contrattuale, mediante
una integrazione del corrispettivo ricevuto.
In proposito, non trova applicazione nella fattispecie l'intervento
normativo di liberalizzazione di cui all'art. 12 della L. n. 246/2005, che
-aggiungendo, all'art. 41-sexies della L. n. 1150/1942, un comma 2- dispone
che i parcheggi realizzati in forza del comma 1 non sono gravati da vincoli
pertinenziali di sorta, né da diritti d'uso a favore dei proprietari di
altre unità immobiliari, e sono trasferibili autonomamente da esse.
E tanto perché l'intervento semplificativo del legislatore, di cui alla
novella del 2005, non ha natura
interpretativa, ma deve essere qualificato come intervento con portata
innovativa (che non ha natura imperativa, né effetto retroattivo), il che
implica che tale semplificazione non sia applicabile ai parcheggi costruiti
precedentemente all'entrata in vigore della legge medesima (Cass. Sez. 2,
Sentenza n. 2265 del 28/01/2019; Sez. 6-2, Ordinanza n. 9090 del 05/06/2012;
Sez. 2, Sentenza n. 378 del 13/01/2010; Sez. 2, Sentenza n. 21003 del
01/08/2008; Sez. 2, Sentenza n. 4264 del 24/02/2006).
12.3.1.- Tanto premesso, la regolamentazione vigente del regime vincolistico
non risulta violata per il solo fatto che la consulenza d'ufficio in
rinnovazione abbia tenuto conto dello stato effettivo dei luoghi, anziché
limitarsi alla rilevazione delle cubature e superfici sulla scorta delle
tavole di progetto redatte all'epoca della costruzione del fabbricato.
La circostanza secondo cui, rispetto alla originaria concessione edilizia n.
122//1991C, rilasciata alla venditrice-costruttrice E. il 29.05.1991, fosse
stata rilasciata concessione edilizia in sanatoria n. 117/1999C in data
11.02.1999, contrariamente all'assunto della ricorrente, non è emblematica
in sé del computo degli standard urbanistici alla stregua di uno stato di
fatto non corrispondente a quello esistente al momento dell'atto traslativo
del 06.05.1994, cui ha fatto seguito l'atto di vendita in favore della
ricorrente del 03.02.2003.
Infatti, trattandosi appunto di concessione in sanatoria, la Corte
territoriale ha ritenuto che gli interventi assentiti già sussistessero al
momento del suo rilascio (né la ricorrente ha sostenuto, individuandone
specificamente la natura, che gli interventi sanati sono stati realizzati
successivamente al 06.05.1994).
Tanto più che la sentenza d'appello ha dato specificamente atto che
l'originario proprietario-costruttore E. Srl , nel corpo dell'atto di
vendita del 06.05.1994, in favore di Mo.Fr., dante causa di An.Al., si era
legittimamente riservato i posti auto oggetto di causa, che aveva
legittimamente venduto alla Mo. unitamente all'appartamento.
12.3.2.- D'altronde, la pronuncia non risulta inficiata per il fatto che si
è attenuta all'accertamento del tecnico d'ufficio, tenendo conto delle
superfici destinate ad aree di parcheggio al lordo -e non già al netto delle
zone di transito e manovra.
Infatti, con la locuzione "spazi per parcheggi" devono intendersi gli
spazi necessari tanto alla sosta quanto alla manovra e all'accesso dei
veicoli (ossia i corridoi carrabili per accedere ai posti auto, ma non le
rampe carrabili, se sono esterne al fabbricato), come normalmente previsto
dalle norme tecniche di attuazione dei piani regolatori generali.
Il Collegio, all'uopo, ritiene corretta l'impostazione della sentenza
impugnata, che -recependo la risposta data dal consulente (e in antitesi con
i quesiti all'origine formulati)- ha fatto riferimento alla nozione di
parcheggio di cui alla circolare del Ministero dei Lavori pubblici-Direzione
generale dell'urbanistica n. 3210 del 28.10.1967 (circolare esplicativa
della L. 06.08.1967, n. 765, avendo appunto ad oggetto "Istruzioni per
l'applicazione della L. 06.08.1967, n. 765, recante modifiche ed
integrazioni alla legge urbanistica 17.08.1942, n. 1150"), in cui, al
punto 9, si precisa che per "spazi per parcheggi debbono intendersi gli
spazi necessari tanto alla sosta quanto alla manovra ed all'accesso dei
veicoli".
Si aggiunge in tale circolare che i parcheggi possono essere ricavati nella
stessa costruzione, in aree esterne oppure promiscuamente, e anche in aree
che non formino parte del lotto, purché siano asservite all'edificio con
vincolo permanente di destinazione a parcheggio, a mezzo di atto da
trascriversi a cura del proprietario.
Per converso, la cubatura, in rapporto alla quale va determinata la
superficie da destinare a parcheggi, è costituita esclusivamente da quella
destinata ad abitazione, uffici o negozi, con esclusione perciò delle altre
parti dell'edificio: scantinati, servizi e volumi tecnici.
Ora, l'art. 9, comma 1, della legge Tognoli autorizza i proprietari di
immobili a realizzare nel sottosuolo degli stessi, ovvero nei locali siti al
pian terreno dei fabbricati, parcheggi da destinare a pertinenza delle
singole unità immobiliari, anche (ma non necessariamente) in deroga agli
strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti.
Questi parcheggi, dunque, sono quelli:
a) realizzati senza necessità di concessione edilizia dopo
l'entrata in vigore della legge Tognoli (07.04.1989), a servizio di edifici
già esistenti in quella data;
b) realizzati con le agevolazioni previste dalla citata legge;
c) ubicati nei luoghi sopra indicati.
A tali tipologie di realizzazione (interna o esterna) è sottesa la creazione
delle aree accessorie, funzionali alla loro pratica fruizione.
Il fatto che detta circolare esplicativa risalga ad anni prima e non abbia
valenza normativa non implica -contrariamente a quanto sostenuto da parte
ricorrente- che tale nozione non possa fornire un criterio-guida per la
decisione della questione posta con il motivo di ricorso in esame, con il
quale si lamenta appunto la violazione dell'art. 41-sexies della L. n. 1150
del 1942, come modificato dall'art. 18 della legge ponte n. 765 DEL 1967 e
poi dall'art. 2 della legge Tognoli n. 122/1989.
Sicché è proprio dall'applicazione della disciplina invocata dalla
ricorrente, letta nei termini anzidetti, che discende la valutazione di
adeguatezza delle aree destinate a parcheggi rispetto al criterio legalmente
predeterminato.
Sul punto, non pare condivisibile il richiamo al precedente
giurisprudenziale (Cons. Stato Sez. 4, Sentenza 28/05/2013, n. 2916) citato
nella memoria di parte ricorrente -,secondo cui, alla stregua del difetto di
valenza normativa della circolare dell'allora Ministero dei Lavori Pubblici
28.10.1967, n. 3210 e avuto riguardo, invece, alla stretta connessione con
la ratio della legge - ratio che risulterebbe violata, qualora
la norma fosse intesa in senso meramente quantitativo-, il calcolo degli
spazi destinati a parcheggio dovrebbe avvenire al netto delle aree di
manovra e di accesso.
Ad avviso di tale pronuncia, qualora si potessero individuare gli standard
costruttivi in ragione del solo dato dimensionale, verrebbe conseguentemente
posto in ombra il dato funzionale, ossia la destinazione concreta dell'area,
come voluta dal legislatore.
Pertanto, prosegue detta pronuncia, soddisfacendo gli standard con la messa
a disposizione di aree non utilizzabili in concreto (ossia computando le
porzioni che non sono utilizzabili, per forma o per le ridotte dimensioni,
ovvero perché eccedenti un posto macchina standard, ma insufficienti per
realizzarne un altro, ovvero infine per il difficile accesso), la norma di
garanzia verrebbe frustrata, atteso che il citato art. 41-sexies della legge
urbanistica non contemplerebbe un nudo dato quantitativo, ma un dato mirato
ad uno scopo esplicito, posto che essa imporrebbe dapprima la riserva di "appositi
spazi per parcheggi", provvedendo poi a quantificarla "in misura non
inferiore ad un metro quadrato per ogni 10 metri cubi di costruzione".
Ebbene, in senso contrario, e conformemente al tenore della menzionata
circolare, si reputa in questa sede che la definizione in chiave strutturale
e concreta di parcheggio comprenda non solo gli spazi di sosta, ma anche
quelli a quest'ultimi accessori ed indefettibili (che ne costituiscono,
dunque, una componente necessaria in fase realizzativa), in quanto
funzionali all'effettuazione delle manovre e a consentire il transito, una
volta che sia assicurato un numero minimo di parcheggi -nella fattispecie
pari a 45- (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 1445 del 18/01/2022; Sez. 2, Sentenza
n. 3370 del 06/05/1988; Cons. Stato Sez. 5, Sentenza 07/08/2014, n. 4215;
Cons. Stato Sez. 4, Sentenza 28/11/2012, n. 6033; Tar. Veneto Sez. 2,
Sentenza 15/01/2020, n. 40; Tar Sicilia Sez. 2, Sentenza 11/04/2017, n.
1001; Tar Emilia Romagna Sez. 1, Sentenza 23/06/2014, n. 674; Tar Molise
Sez. 1, Sentenza 11/06/2014, n. 377; Tar Liguria Sez. 1, Sentenza
28/05/2014, n. 807; Cons. giust. amm. Sicilia, Sentenza 22/10/2009, n. 978;
Tar Sicilia Sez. 1, 28/05/2008, n. 979; Tar Basilicata Sez. 1, Sentenza
16/05/2008, n. 210).
Pertanto, si definiscono "parcheggi" gli spazi necessari tanto alla
sosta quanto alla manovra e all'accesso dei veicoli: tale spazio può
consistere in un'area scoperta (c.d. posto auto) o in un'area
coperta, chiusa su tre lati (c.d. box) o su tutti i lati (c.d.
garage); superfici che devono essere considerate nel loro complesso
ai fini della verifica del rispetto degli standard urbanistici, purché sia
garantito un numero minimo di parcheggi.
La predetta conclusione sembra, del resto, avvalorata dall'intervenuto
mutamento del rapporto di proporzione tra metri cubi della costruzione e
metri quadri delle superfici da destinare a parcheggi (rapporto passato da 1
mq. per ogni 20 mc. di costruzione -art. 18 legge ponte- ad 1 mq. per ogni
10 mc. di costruzione, anche in ragione della considerazione delle aree
accessorie indispensabili alla sua realizzazione art. 2 legge Tognoli -).
Su tale tema, nei lavori preparatori della legge Tognoli, si deduce
espressamente che siffatta proporzione è stata stabilita avuto riguardo alla
"valutazione operata dal Ministero dei Lavori pubblici", quale misura
ritenuta adeguata a porre un ulteriore rimedio alla situazione creatasi
nelle città italiane (il che dovrebbe dare un particolare risalto al
contenuto della circolare innanzi richiamata, proveniente dallo stesso
Ministero alle cui valutazioni si è fatto riferimento per rideterminare il
nuovo -e più rigoroso- standard urbanistico).
12.3.2.1.- Del resto, i calcoli effettuati dall'ausiliario del Giudice del
gravame hanno tenuto conto di un parametro minimo di raffronto che includeva
tali aree accessorie, così da legittimare il computo in concreto delle
superfici destinate a parcheggio al lordo degli spazi di manovra e accesso.
Infatti, il consulente d'ufficio in sede di rinnovazione delle operazioni
-come risulta dalla motivazione della sentenza d'appello- ha, dapprima,
determinato la superficie netta dello spazio utilizzabile come parcheggio,
pari a 813,40 mq., distribuita tra posti auto all'aperto e posti auto
realizzati nel piano seminterrato, per un totale complessivo di 45 posti.
Quindi, a fronte della cubatura effettiva rilevata nella costruzione, ha
stabilito che la superficie minima da destinare a parcheggio, secondo la
proporzione di legge (1 mq. per ogni 10 mc.), sarebbe stata pari a 1.072,70
mq., comprensivi delle aree di manovra e transito, ai sensi dell'art. 2
della prima variante al piano regolatore generale del Comune di Cagliari.
Il che imponeva, ai fini di ottenere un dato quantitativo omogeneo, come in
realtà è accaduto, di individuare la superficie concretamente disponibile
stimando, oltre agli spazi di sosta, anche le aree destinate alla manovra e
al transito, così da ricavare una superficie effettivamente disponibile
nella misura di 1.460 mq.
All'esito, dalla comparazione tra dati omogenei, perché entrambi inclusivi
delle aree di manovra e accesso, è stata ottenuta la superficie in
eccedenza, pari a 387,60 mq. (recte 387,30 mq.), di gran lunga
superiore all'area occupata dal garage e dal posto auto controversi, pari a
40 mq. (Corte di Cassazione, Sez. II civile,
sentenza 27.10.2022 n. 31799). |
EDILIZIA PRIVATA:
Necessita del titolo edilizio anche per la realizzazione di una
piscina.
Invero, “tutti gli elementi strutturali concorrono al computo della
volumetria del manufatto, siano essi interrati o meno, e fra essi deve
intendersi ricompresa anche la piscina, in quanto non qualificabile come
pertinenza in senso urbanistico in ragione della funzione autonoma che è in
grado di svolgere rispetto a quella propria dell'edificio al quale accede.
Pertanto, la realizzazione di una piscina è configurabile come intervento di
ristrutturazione edilizia ai sensi dell'art. 3, comma 1, lett. d), d.P.R. n.
380 del 2001, nella misura in cui realizza l'inserimento di nuovi elementi
ed impianti, ed è quindi subordinata al regime del permesso di costruire, ai
sensi dell'art. 10, comma 1, lett. c), dello stesso d.P.R., in quanto
comporta una durevole trasformazione del territorio”.
---------------
Anche per la costruzione di un box necessita del titolo edilizio che,
nonostante le ridotte dimensioni, è pur sempre un volume nuovo, destinato a
funzioni durevoli nel tempo (non precarie o temporanee) e come tali
comportanti ampliamento di superficie e volume.
Invero, “la precarietà o meno di un manufatto ed il suo regime giuridico dal
punto di vista urbanistico è correlata alla destinazione dell'opera, con la
conseguenza che l'installazione di un box prefabbricato, attraverso semplice
appoggio e senza ancoraggio al suolo, non sottrae, di per sé, l'intervento
al regime concessorio”.
---------------
Nei limiti di quanto dedotto nel presente giudizio, il titolo edilizio
sarebbe stato peraltro necessario anche per la realizzazione della piscina
(TAR Napoli, sez. VI, 07/01/2022, n. 105, secondo la quale “tutti gli
elementi strutturali concorrono al computo della volumetria del manufatto,
siano essi interrati o meno, e fra essi deve intendersi ricompresa anche la
piscina, in quanto non qualificabile come pertinenza in senso urbanistico in
ragione della funzione autonoma che è in grado di svolgere rispetto a quella
propria dell'edificio al quale accede. Pertanto, la realizzazione di una
piscina è configurabile come intervento di ristrutturazione edilizia ai
sensi dell'art. 3, comma 1, lett. d), d.P.R. n. 380 del 2001, nella misura
in cui realizza l'inserimento di nuovi elementi ed impianti, ed è quindi
subordinata al regime del permesso di costruire, ai sensi dell'art. 10,
comma 1, lett. c), dello stesso d.P.R., in quanto comporta una durevole
trasformazione del territorio”) come pure per il box, che, nonostante le
ridotte dimensioni, è pur sempre un volume nuovo, destinato a funzioni
durevoli nel tempo (non precarie o temporanee) e come tali comportanti
ampliamento di superficie e volume (cfr. Consiglio di Stato, sez. II,
11/06/2020, n. 3730, secondo cui “la precarietà o meno di un manufatto ed
il suo regime giuridico dal punto di vista urbanistico è correlata alla
destinazione dell'opera, con la conseguenza che l'installazione di un box
prefabbricato, attraverso semplice appoggio e senza ancoraggio al suolo, non
sottrae, di per sé, l'intervento al regime concessorio”) (TAR Lazio-Roma,
Sez. II-stralcio,
sentenza 22.07.2022 n. 10502 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Gli atti di cessione di aree destinate a parcheggio,
conclusi in violazione dell'art. 9, comma 5, della l. n. 122
cit., in comb. disp. degli artt. 1418 e 1346 c.c., sono
ipso iure nulli.
Questa Corte
non può
che rilevare come gli atti di cessione di aree destinate a
parcheggio, conclusi in violazione dell'art. 9, comma 5,
della l.
n. 122 cit., in comb. disp. degli artt. 1418 e 1346 c.c.,
sono
ipso iure nulli poiché sottraggono, mediante riserva al
venditore o trasferimento a terzi, la relativa superficie
alla sua
inderogabile destinazione a parcheggio.
L'art. 9 della l. n. 122 cit., in effetti, nel testo
in
vigore all'epoca degli atti in questione (e cioè gli anni
2003 e
2006), aveva espressamente stabilito, per un verso, che "i
proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo
degli
stessi ovvero in locali siti al piano terreno parcheggi da
destinarsi a pertinenza delle singole unità immobiliari e
ciò
anche in deroga agli strumenti urbanistici e ai regolamenti
edilizi vigenti" (comma 1) e, per altro verso, che i Comuni
"su
richiesta dei privati interessati o di imprese di
costruzione o di
società anche cooperative, possono prevedere, nell'ambito
del
programma urbano dei parcheggi, la realizzazione di
parcheggi
da destinare a pertinenza di immobili privati su aree
comunali
o nel sottosuolo delle stesse", a mezzo della cessione
(subordinatamente alla "stipula di una convenzione nella
quale
siano previsti:
a) la durata della concessione del diritto
di
superficie per un periodo non superiore a novanta anni;
b)
il
dimensionamento dell'opera ed il piano economico-finanziario
previsti per la sua realizzazione;
c) i tempi previsti per
la progettazione esecutiva, la messa a disposizione delle
aree
necessarie e la esecuzione dei lavori;
d) i tempi e le
modalità
per la verifica dello stato di attuazione nonché le sanzioni
previste per gli eventuali inadempimenti") del relativo
"diritto
di superficie" (comma 4), prevedendo, tanto per gli uni,
quanto
per gli altri (e, quindi, a prescindere dalla natura privata
o
pubblica dell'area interessata), che "i parcheggi realizzati
ai
sensi del presente articolo non possono essere ceduti
separatamente dall'unità immobiliare alla quale sono legati
da vincolo pertinenziale" e che "i relativi atti di cessione
sono nulli" (comma 5).
L'art. 9 della l. n. 122 cit. detta, pertanto, una
disciplina vincolistica (tuttora efficace per le aree che,
come nel
caso in esame, sono di proprietà pubblica: l'art. 9, comma
5,
seconda parte, nel testo attualmente in vigore, prevede che
"i
parcheggi realizzati ai sensi del comma 4 non possono essere
ceduti separatamente dall'unità immobiliare alla quale sono
legati da vincolo pertinenziale e i relativi atti di
cessione sono
nulli, ad eccezione di espressa previsione contenuta nella
convenzione stipulata con il comune, ovvero quando
quest'ultimo abbia autorizzato l'atto di cessione") diversa
da
quella che vige per i parcheggi di cui alla cd. legge ponte:
-
mentre questi ultimi possono essere alienati separatamente
dall'unità immobiliare cui accedono, fermo restando il
diritto di
uso in capo al proprietario e/o utilizzatore dell'immobile
principale,
- i parcheggi costruiti in base alla legge Tognoli,
al
contrario, sono assoggettati a vincolo di destinazione e a
vincolo di inscindibilità dall'unità principale, e cioè "a
utilizzazione vincolata" e, al tempo stesso, "a circolazione
controllata".
Invero, in tema di aree destinate a parcheggio nei
complessi condominiali di nuova costruzione,
- mentre il
vincolo
di destinazione ex artt. 18 della l. n. 765 del 1967 e 26
della l.
n. 47 del 1985 implica l'insorgenza dell'obbligo non già di
trasferire la proprietà dell'area destinata a parcheggio
insieme
alla costruzione quanto, piuttosto, di non eliminare il
vincolo
esistente, così creando in capo all'acquirente
dell'appartamento
un diritto reale d'uso sull'area medesima, come individuata
sulla base della concessione edilizia, laddove, al
contrario,
- nel
caso dei parcheggi soggetti al vincolo pubblicistico
d'inscindibilità con l'unità immobiliare, introdotto
dall'art. 2
della l. n. 122 del 1989, il proprietario dell'unità
abitativa può
pretendere una determinata autorimessa, essendo tali
parcheggi assoggettati a un regime di circolazione
controllata e
di utilizzazione vincolata e, di conseguenza, non
trasferibili in
via autonoma.
---------------
13.7. Nel caso in esame, come visto, la corte d'appello,
dopo aver evidenziato che la l. n. 122 del 1989 aveva
previsto
un vincolo inderogabile che si traduce in un diritto reale
d'uso
dell'area parcheggio in favore delle unità abitative dei
condomini e, quindi, del relativo acquirente, come l'attore:
-
innanzitutto, ha ritenuto che il contratto di vendita
intercorso
tra la Pi. e l'attore, stipulato con atto per notar
Di
Fa. in data 10/10/2003, fosse, nella parte in cui la
venditrice
si era riservata la proprietà del piano interrato (e,
quindi, del
box), viziato da nullità (confermando la pronuncia del
tribunale
che aveva dichiarato la "nullità della clausola del
contratto di
vendita (per notaio Di Fa.) con il quale la Pi. si
riservava la proprietà del box auto e della cantina");
- in
secondo luogo, una volta riconosciuto all'acquirente "il
diritto
d'uso" del predetto cespite ed il conseguente diritto ad
averne
la "disponibilità" dalla venditrice, ha confermato la
pronuncia
con cui il tribunale aveva dichiarato la risoluzione del
contratto
con il quale, a mezzo di atto per notar Ce. del
31/05/2006, il
medesimo box era stato, in seguito, venduto dalla
Pi.
(che, come visto, se n'era riservata la proprietà) al
Ce.: e ciò sul rilievo che "l'esistenza del vincolo
d'infrazionalità e la
conseguente pretesa del Le. di ottenere il
trasferimento,
o la disponibilità d'uso, dell'interrato comporta
automaticamente la risoluzione del contratto di vendita di
quest'ultimo al Ce., che subisce l'evizione o la
perdita del
diritto d'uso dello stesso".
13.8. La stessa corte, tuttavia, pur a fronte della
(parziale) nullità del primo contratto di vendita (stipulato
il
10/10/2003), nella parte in cui "la Pi. si riservava
la
proprietà del box auto e della cantina", e della
(conseguente)
risoluzione del secondo contratto (stipulato il 31/05/2006)
di
vendita (dello stesso box) a favore del Ce., "che
subisce
l'evizione o la perdita del diritto d'uso dello stesso", ha
escluso,
tanto con riguardo al primo, quanto con riguardo al secondo,
la
responsabilità dei notai che avevano rogato i rispettivi
atti (e
cioè, rispettivamente, il notaio Cesidio Di Fa. ed il
notaio
Cl.Ce.) nei confronti (per quel che ancora rileva)
della
venditrice: sul rilievo, quanto al primo, che il notaio Di
Fa.
aveva ricevuto "assicurazioni dalle parti circa la piena
conoscenza dell'atto d'obbligo per notar Mi." nonché
"l'espressa dispensa" dall'incarico di provvedere agli
accertamenti urbanistici e amministrativi in quanto già
svolti
dalle parti attraversi tecnici di propria fiducia, e, quanto
al
secondo, che il notaio Ce. aveva verificato "la
conoscenza da
parte dei contraenti dell'atto d'obbligo per notar
Mi.",
"non comportando il suo incarico professionale ulteriori
accertamenti".
13.9. La corte d'appello, però, così giudicando, ha
erroneamente trascurato di verificare (in tal modo cadendo
nel
vizio di falsa applicazione delle norme, come sopra
riassunte,
che disciplinano la responsabilità professionale del notaio
nei confronti delle parti) se, in fatto, i notai che hanno
rogato gli
atti in questione avessero (non tanto prefigurato alle parti
tutti
i possibili scenari futuri circa l'evoluzione dei rispettivi
titoli di
acquisto quanto, piuttosto, e più semplicemente) svolto, in
concreto, i necessari accertamenti, di natura tecnica e
giuridica, in ordine alla effettiva e stabile idoneità degli
atti medesimi a produrre e conservare nel tempo gli effetti
giuridici
che le parti evidentemente si proponevano di realizzare e,
all'esito, se avevano adeguatamente informato le parti (non
già, semplicemente, dell'esistenza dell'atto d'obbligo del
31/05/1993 ma, più radicalmente) dell'esito di tali
accertamenti,
se del caso dissuadendoli, in ragione dei rischi
conseguenti,
dalla relativa stipulazione.
13.10. Risulta, invero, oltremodo evidente che i notai, in
ragione dei doveri di buona fede e di diligenza
professionale cui
erano tenuti, dovevano quantomeno dubitare, fornendo alle
parti le necessarie informazioni sul punto e tentando con le
stesse la conseguente dissuasione, dell'effettiva idoneità
degli
atti rogati a realizzare effettivamente gli effetti
giuridici e lo
scopo pratico che i contraenti si proponevano di conseguire,
e
cioè, rispettivamente, con il primo atto di vendita, la
conservazione in capo alla venditrice del diritto di
proprietà del
box nonostante la vendita dell'appartamento cui lo stesso
accedeva e, con il secondo atto di vendita, il trasferimento
del
diritto di proprietà del box medesimo in favore di un terzo
diverso dall'acquirente dell'appartamento, non potendo gli
stessi ignorare, per la diligenza professionale che deve
assistere l'adempimento delle obbligazioni assunte nei
confronti delle parti, né la nullità dell'atto di
trasferimento del
box separatamente dall'appartamento, né (in conseguenza
della nullità della riserva di proprietà in capo alla
venditrice ivi contenuto) la possibile perdita del bene da
parte del secondo
acquirente.
13.11. Ed infatti, per quanto riguarda il primo atto di
vendita, la Corte (premesso che dalla sentenza impugnata
emerge il fatto, rimasto incontestato fra le parti, che
nella
specie si tratta, ratione temporis, di area di parcheggio
disciplinata dalla l. n. 122 del 1989: cd. legge Tognoli)
non può
che rilevare come gli atti di cessione di aree destinate a
parcheggio, conclusi in violazione dell'art. 9, comma 5,
della l.
n. 122 cit., in comb. disp. degli artt. 1418 e 1346 c.c.,
sono ipso iure nulli poiché sottraggono, mediante riserva al
venditore o trasferimento a terzi, la relativa superficie
alla sua
inderogabile destinazione a parcheggio.
13.12. L'art. 9 della l. n. 122 cit., in effetti, nel testo
in
vigore all'epoca degli atti in questione (e cioè gli anni
2003 e
2006), aveva espressamente stabilito, per un verso, che "i
proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo
degli
stessi ovvero in locali siti al piano terreno parcheggi da
destinarsi a pertinenza delle singole unità immobiliari e
ciò
anche in deroga agli strumenti urbanistici e ai regolamenti
edilizi vigenti" (comma 1) e, per altro verso, che i Comuni
"su
richiesta dei privati interessati o di imprese di
costruzione o di
società anche cooperative, possono prevedere, nell'ambito
del
programma urbano dei parcheggi, la realizzazione di
parcheggi
da destinare a pertinenza di immobili privati su aree
comunali
o nel sottosuolo delle stesse", a mezzo della cessione
(subordinatamente alla "stipula di una convenzione nella
quale
siano previsti:
a) la durata della concessione del diritto
di
superficie per un periodo non superiore a novanta anni;
b)
il
dimensionamento dell'opera ed il piano economico-finanziario
previsti per la sua realizzazione;
c) i tempi previsti per
la progettazione esecutiva, la messa a disposizione delle
aree
necessarie e la esecuzione dei lavori;
d) i tempi e le
modalità
per la verifica dello stato di attuazione nonché le sanzioni
previste per gli eventuali inadempimenti") del relativo
"diritto
di superficie" (comma 4), prevedendo, tanto per gli uni,
quanto
per gli altri (e, quindi, a prescindere dalla natura privata
o
pubblica dell'area interessata), che "i parcheggi realizzati
ai
sensi del presente articolo non possono essere ceduti
separatamente dall'unità immobiliare alla quale sono legati
da vincolo pertinenziale" e che "i relativi atti di cessione
sono nulli" (comma 5).
13.13. L'art. 9 della l. n. 122 cit. detta, pertanto, una
disciplina vincolistica (tuttora efficace per le aree che,
come nel
caso in esame, sono di proprietà pubblica: l'art. 9, comma
5,
seconda parte, nel testo attualmente in vigore, prevede che
"i
parcheggi realizzati ai sensi del comma 4 non possono essere
ceduti separatamente dall'unità immobiliare alla quale sono
legati da vincolo pertinenziale e i relativi atti di
cessione sono
nulli, ad eccezione di espressa previsione contenuta nella
convenzione stipulata con il comune, ovvero quando
quest'ultimo abbia autorizzato l'atto di cessione") diversa
da
quella che vige per i parcheggi di cui alla cd. legge ponte:
mentre questi ultimi possono essere alienati separatamente
dall'unità immobiliare cui accedono, fermo restando il
diritto di
uso in capo al proprietario e/o utilizzatore dell'immobile
principale, i parcheggi costruiti in base alla legge Tognoli,
al
contrario, sono assoggettati a vincolo di destinazione e a
vincolo di inscindibilità dall'unità principale, e cioè "a
utilizzazione vincolata" e, al tempo stesso, "a circolazione
controllata" (Cass. n. 1664 del 2012, in motiv.).
13.14. Questa Corte, in effetti, ha ripetutamente affermato
che, in tema di aree destinate a parcheggio nei
complessi condominiali di nuova costruzione, mentre il
vincolo
di destinazione ex artt. 18 della l. n. 765 del 1967 e 26
della l.
n. 47 del 1985 implica l'insorgenza dell'obbligo non già di
trasferire la proprietà dell'area destinata a parcheggio
insieme
alla costruzione quanto, piuttosto, di non eliminare il
vincolo
esistente, così creando in capo all'acquirente
dell'appartamento
un diritto reale d'uso sull'area medesima, come individuata
sulla base della concessione edilizia, laddove, al
contrario, nel
caso dei parcheggi soggetti al vincolo pubblicistico
d'inscindibilità con l'unità immobiliare, introdotto
dall'art. 2
della l. n. 122 del 1989, il proprietario dell'unità
abitativa può
pretendere una determinata autorimessa, essendo tali
parcheggi assoggettati a un regime di circolazione
controllata e
di utilizzazione vincolata e, di conseguenza, non
trasferibili in
via autonoma (Cass.
26.09.2017 n. 22364; Cass. n. 2248 del
2012; in precedenza, Cass. n. 21003 del 2008; Cass. SU n.
12793 del 2005) (Corte
di Cassazione, Sez. II civile,
ordinanza 31.03.2022 n. 10474). |
EDILIZIA PRIVATA: L’art. 9 della L. n. 122/1989 costituisce norma speciale e derogatoria avente lo
scopo di attenuare le conseguenze dell'annoso problema del congestionamento
del traffico automobilistico nelle aree urbane e alla cronica carenza di
posti per il parcheggio delle auto.
Per tale ragione la sua applicazione ha richiesto nel tempo una
interpretazione rigorosa e strettamente rispettosa dei requisiti imposti
dalla legge. La giurisprudenza ha avuto modo di precisare che:
- “l'art. 9
della L. n. 122/1989 che consente di realizzare parcheggi da destinare a
pertinenza delle singole unità immobiliari, solo se essi sono realizzati nel
sottosuolo per l'intera altezza, prevede una regola che, ponendosi in deroga
agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti, è di stretta
interpretazione e di rigorosa applicazione; di guisa che la realizzazione di
autorimesse e parcheggi, non totalmente al di sotto del piano naturale di
campagna, è soggetta alla disciplina urbanistica dettata per le ordinarie
nuove costruzioni fuori terra”.
-
“La realizzazione di autorimesse e parcheggi, ai sensi dell'art. 9, comma 1, L. n. 122 del 1989 è condizionata dal fatto che questi siano realizzati nel
sottosuolo per l'intera altezza, e opera solo nel caso in cui i parcheggi da
destinare a pertinenza di singole unità immobiliari siano totalmente al di
sotto dell'originario piano naturale di campagna”.
- “Un manufatto non può beneficiare della disciplina
di cui all'art. 9 della L. n. 122 del 1989 se si configura come costruzione
fuori terra. Al riguardo, va precisato che la realizzazione di autorimesse e
parcheggi, ai sensi dell'art. 9, comma 1, della L. n. 122 del 1989, è
condizionata dal fatto che questi siano realizzati nel sottosuolo per
l'intera altezza; opera cioè solo nel caso in cui, i parcheggi da destinare
a pertinenza di singole unità immobiliari, siano totalmente al di sotto
dell'originario piano naturale di campagna. Di conseguenza, qualora non si
rispetti tale condizione, la realizzazione di un'autorimessa non può dirsi
realizzata nel sottosuolo, per cui in tali casi si applica la disciplina
urbanistica dettata per le ordinarie nuove costruzioni fuori terra dal piano
regolatore generale”.
Nel rispetto di tali principi la giurisprudenza ha evidenziato che il
requisito della costruzione sottosuolo non è rispettato qualora per
ottenerlo occorra compiere operazioni di riporto di terreno:
- “I parcheggi pertinenziali realizzati nel sottosuolo degli immobili e che possono essere
costruiti anche in deroga agli strumenti urbanistici vigenti ai sensi
dell'art. 9 Legge n. 122 del 1989, sono solo quelli costruiti totalmente al
di sotto del piano di campagna naturale e non quelli artificialmente
interrati per effetto del riporto di terra”.
- “L'art. 9, L. n. 122 del 1989, che consente la
realizzazione di parcheggi pertinenziali realizzati nel sottosuolo degli
immobili è norma di favore che, però, a propria volta soggiace a taluni
limiti. Innanzi tutto, si intende interrata la costruzione che è totalmente
a quota non superiore a quella dell'originario piano di campagna naturale,
non potendo essere considerata interrata quella costruzione che
artificialmente risulta tale per effetto del riporto di terra”.
---------------
6. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta violazione dell’art.
31 del DPR n. 380/2001 e del principio di ragionevolezza dell’ordinamento.
In particolare i ricorrenti lamentano la contrarietà del provvedimento
impugnato al citato principio di ragionevolezza nella misura in cui impone
la demolizione dell’opera realizzata invece di autorizzare la
“ricostruzione” della stessa (mediante demolizione solo delle parti
difformi). Ciò sarebbe in linea con il sistema sanzionatorio di cui al DPR
n. 380/2001.
Il Collegio rileva, in linea con le difese comunali, che a prescindere dalle
citate considerazioni in ordine alla ragionevolezza di un ordinamento che
impone, in nome dell’interesse pubblico, la preventiva ed integrale
demolizione di un’opera edilizia abusiva anche a fronte di istanze edilizie
nuove per opere anche parzialmente sostitutive (gli stessi ricorrenti
peraltro danno atto di essere a conoscenza del prevalente orientamento
giurisprudenziale contrario alle tesi sostenute ed esplicitamente ne
chiedono la rivisitazione), il provvedimento impugnato si fonda sul
presupposto che l’autorimessa non possa considerarsi “completamente
interrata” ai sensi dell’art. 9 della L. n. 122/1989.
Si è già avuto modo di evidenziare la plausibilità della ricostruzione dello
stato dei luoghi e delle misurazioni effettuate ai fini istruttori dal
Comune.
Il provvedimento impugnato rileva che i profili di terreno riportati nelle
tavole di progetto come “originario” ed “originario da ricostruire” non
coincidono. Vi si legge altresì che “il box in esame non è considerabile, ai
sensi dell'art. 9 della Legge 122/1989, completamente interrato, infatti
occorre realizzare dei riporti di terra e un nuovo paramento esterno con
relativo riempimento di terreno per rendere la struttura completamente
interrata”.
Il Collegio evidenzia che non rileva, agli scopi che qui interessano, il
fatto che i citati riporti di terra servano a ripristinare lo stato dei
luoghi, dal momento in cui lo stesso è stato alterato dagli interessati per
la realizzazione di un’opera accertata come abusiva.
L’art. 9 della L. n. 122/1989, infatti, al comma 1 così recita: “i
proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi
ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati parcheggi da
destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli
strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti. Tali parcheggi
possono essere realizzati, ad uso esclusivo dei residenti, anche nel
sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato, purché non in
contrasto con i piani urbani del traffico, tenuto conto dell'uso della
superficie sovrastante e compatibilmente con la tutela dei corpi idrici
[…]”.
Tale disposizione costituisce norma speciale e derogatoria avente lo
scopo di attenuare le conseguenze dell'annoso problema del congestionamento
del traffico automobilistico nelle aree urbane e alla cronica carenza di
posti per il parcheggio delle auto.
Per tale ragione la sua applicazione ha richiesto nel tempo una
interpretazione rigorosa e strettamente rispettosa dei requisiti imposti
dalla legge. La giurisprudenza ha avuto modo di precisare che:
- “l'art. 9
della L. n. 122/1989 che consente di realizzare parcheggi da destinare a
pertinenza delle singole unità immobiliari, solo se essi sono realizzati nel
sottosuolo per l'intera altezza, prevede una regola che, ponendosi in deroga
agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti, è di stretta
interpretazione e di rigorosa applicazione; di guisa che la realizzazione di
autorimesse e parcheggi, non totalmente al di sotto del piano naturale di
campagna, è soggetta alla disciplina urbanistica dettata per le ordinarie
nuove costruzioni fuori terra” (Cons. Stato Sez. II, 07/07/2020, n. 4357).
-
“La realizzazione di autorimesse e parcheggi, ai sensi dell'art. 9, comma 1, L. n. 122 del 1989 è condizionata dal fatto che questi siano realizzati nel
sottosuolo per l'intera altezza, e opera solo nel caso in cui i parcheggi da
destinare a pertinenza di singole unità immobiliari siano totalmente al di
sotto dell'originario piano naturale di campagna” (TAR Lazio-Latina Sez.
I, 08/05/2021, n. 300).
- “Un manufatto non può beneficiare della disciplina
di cui all'art. 9 della L. n. 122 del 1989 se si configura come costruzione
fuori terra. Al riguardo, va precisato che la realizzazione di autorimesse e
parcheggi, ai sensi dell'art. 9, comma 1, della L. n. 122 del 1989, è
condizionata dal fatto che questi siano realizzati nel sottosuolo per
l'intera altezza; opera cioè solo nel caso in cui, i parcheggi da destinare
a pertinenza di singole unità immobiliari, siano totalmente al di sotto
dell'originario piano naturale di campagna. Di conseguenza, qualora non si
rispetti tale condizione, la realizzazione di un'autorimessa non può dirsi
realizzata nel sottosuolo, per cui in tali casi si applica la disciplina
urbanistica dettata per le ordinarie nuove costruzioni fuori terra dal piano
regolatore generale” (Cons. Stato Sez. VI, 27/07/2020, n. 4767).
Nel rispetto di tali principi la giurisprudenza ha evidenziato che il
requisito della costruzione sottosuolo non è rispettato qualora per
ottenerlo occorra compiere operazioni di riporto di terreno:
- “I parcheggi pertinenziali realizzati nel sottosuolo degli immobili e che possono essere
costruiti anche in deroga agli strumenti urbanistici vigenti ai sensi
dell'art. 9 Legge n. 122 del 1989, sono solo quelli costruiti totalmente al
di sotto del piano di campagna naturale e non quelli artificialmente
interrati per effetto del riporto di terra” (TAR Campania-Salerno Sez. II
Sent., 27/07/2015, n. 1676).
- “L'art. 9, L. n. 122 del 1989, che consente la
realizzazione di parcheggi pertinenziali realizzati nel sottosuolo degli
immobili è norma di favore che, però, a propria volta soggiace a taluni
limiti. Innanzi tutto, si intende interrata la costruzione che è totalmente
a quota non superiore a quella dell'originario piano di campagna naturale,
non potendo essere considerata interrata quella costruzione che
artificialmente risulta tale per effetto del riporto di terra” (Cons. Stato
Sez. IV, 04/02/2014, n. 485).
È inoltre opportuno evidenziare che, in occasione del giudizio
sull’annullamento del precedente permesso di costruire n. 64/04, il
Consiglio di Stato, nella citata sent. n. 2776/2014, ha avuto modo di
statuire che “le tavole progettuali evidenziano che tale intervento è stata
assentito in violazione del citato art. 9 della legge n. 122/1989, non
essendo completamente interrato, come pur chiaramente prescritto da tale
norma, posto che il piano calpestio dell’autorimessa si trova al medesimo
livello della strada d’accesso alla proprietà di cui è pertinenza e nel lato
sud-est a partire da tale livello s’innalza per oltre tre metri. Si tratta
quindi di un corpo di fabbrica che è elevato rispetto al piano di campagna.
Né la difformità appena descritta fa parte di una deduzione che parte
appellata introduce come motivo nuovo e quindi inammissibile in questo grado
(in violazione dell’art. 104 del c.p.a.). L’esame del ricorso di primo grado
fa emergere invero che l’autorimessa in questione è stata contestata in
ragione della sua non integrale collocazione nel sottosuolo, ed è stata
dunque assentita anche se non conforme all’art. 9 della citata legge Tognoli”.
Posto che non risulta applicabile il regime derogatorio, il provvedimento
motiva anche in ordine alla difformità dalle NTA del PRGC e, in particolare,
dall’art. 22 - che reca “Modifiche alla conformazione del suolo” e che
dispone che “gli eventuali riporti previsti in fase di progetto non potranno
superare la quota di mt. 1, rispetto al piano di campagna esistente,
garantendo contemporaneamente il raccordo altimetrico con la quota del
terreno dei lotti confinanti, misurato sul limite di proprietà” –e
dall’art. 21– disciplinante le “opere interrate”, le quali devono possedere
una serie di requisiti tra i quali quello della copertura “sormontata da uno
strato di terra vegetale avente uno spessore minimo di 40 cm” (in un
contesto nel quale l’altezza interna dell’autorimessa, pari a m. 3,60, non è
mutata nel progetto allegato all’istanza di sanatoria).
Sul punto i ricorrenti non offrono alcun argomento volto a confutare la
ricostruzione comunale.
Appare pertanto ragionevole la posizione dell’amministrazione che non
ritiene ammissibile, al fine di rispettare i parametri di cui sopra,
valutare interramenti ottenuti mediante riporto di terreno.
Nel caso di specie, in altri termini, non si pone solo la questione della
ragionevolezza della necessaria demolizione totale delle opere in luogo
della più semplice ricostruzione adattativa, quanto la necessità del Comune
di garantire l’applicazione di una norma speciale che consente di derogare
agli strumenti urbanistici per la realizzazione di opere sensibili sul piano
edilizio ed urbanistico come la realizzazione di manufatti interrati.
In conclusione l’esigenza di effettuare opere di riporto, unita alla
impossibilità istruttoria di ricostruire l’andamento originario del terreno
(accertata dal Comune in sede procedimentale) ed alla mancanza di prove
giudiziali sul punto, rende le doglianze di cui al secondo motivo non
fondate
(TAR Piemonte, Sez. II,
sentenza 24.02.2022 n. 140 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2021 |
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EDILIZIA PRIVATA: La
realizzazione dei parcheggi obbligatori, nella misura richiesta dalla legge,
è esonerata dall’onere di pagamento degli oneri di urbanizzazione e del
costo di costruzione.
Invero, l’art. 9 legge n. 122/1989 ha introdotto il regime di gratuità per i
parcheggi pertinenziali alle singole unità immobiliari, stabilendo al comma
2 (nell’originaria formulazione) che l’esecuzione delle relative opere è
soggetta ad autorizzazione gratuita.
Difatti, l’art. 11, comma 1, legge n. 122/1989, equipara i parcheggi pertinenziali alle opere di urbanizzazione anche per quel che riguarda la
gratuità del titolo edilizio, richiamando l’art. 9, comma 1, lett. f), legge
n. 10/1977.
Allo stato attuale, pertanto, si deve ritenere che, ai sensi del combinato
disposto dell’art. 11, comma 1, legge n. 122/1989 e dell’art. 17, comma 3,
lett. c), d.p.r. n. 380/2001 (subentrato all’abrogato art. 9, comma 1, lett.
f), legge n. 10/1977), la realizzazione dei parcheggi obbligatori, nella
misura richiesta dalla legge, è esonerata dall’onere di pagamento degli
oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione.
Trattandosi, infatti, di opere pertinenziali, i parcheggi non determinano un
aggravamento del carico urbanistico, in guisa che non costituiscono opere
rilevanti ai fini degli standard urbanistici e, pertanto, devono essere
esonerati dal pagamento dei contributi urbanistici. Sul punto, infatti, la
giurisprudenza è pacifica nel ritenere che “la legge n. 122/1989,
nell’innovare la disciplina dei parcheggi, all’art. 11, comma 1, equipara i
parcheggi pertinenziali alle opere di urbanizzazione anche per quel che
riguarda la gratuità del titolo edilizio".
...
Ad analoga conclusione deve pervenirsi anche per gli edifici, come quello in
esame, di nuova costruzione, dal momento che l’art. 41-sexies della legge 17.08.1942, n. 1150 (come sostituito dall’art. 2, comma 2, legge n.
122/1989) stabilisce che “Nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di
pertinenza delle costruzioni stesse, debbono essere riservati appositi spazi
per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni dieci
metri cubi di costruzione”.
Anche in tali ipotesi, infatti, gli spazi destinati a parcheggio
costituiscono aree gravate da vincolo di destinazione ai sensi dell’art.
41-sexies L. 17.08.1942 n. 1150, sulla base del titolo edificatorio, con la
conseguenza che tali spazi vanno conteggiati nella dotazione degli standard
ed esclusi dal calcolo degli oneri costruttivi, fermo restando la
trascrizione del vincolo nelle forme di legge.
---------------
1. - Con il presente ricorso, ritualmente notificato in data
14.04.2017 e depositato il successivo 04.05.2017, la ditta ricorrente -OMISSIS-
& C. s.r.l. agisce per l’accertamento del proprio diritto alla restituzione
delle somme corrisposte a titolo di contributo per il rilascio del permesso
di costruire -OMISSIS-/2007 del 19.11.2007, avente ad oggetto la costruzione
in Barletta di un fabbricato per civile abitazione, negozi e box tra le vie
-OMISSIS- e -OMISSIS-.
Dovendo successivamente al rilascio del permesso di costruire -OMISSIS-/2007
presentare un progetto di variante (prot. -OMISSIS-/09) per alcune opere in
difformità, il Settore Edilizia Pubblica e Privata e Servizi Catastali del
Comune di Barletta provvedeva alla rideterminazione delle somme dovute a
titolo di oneri di urbanizzazione.
2. - A fondamento della domanda espone quanto segue:
- che per l’edificazione di tale complesso immobiliare era prevista la
realizzazione di parcheggi obbligatori nella misura minima di mq. 1.317,32,
corrispondente ad un metro quadro per ogni dieci metri cubi di costruzione
ex art. 2, comma 2 legge n. 122/1989;
- di aver versato, quindi, in base allo sviluppo del prospetto per la
determinazione di tutti gli oneri concessori utilizzato dalla società
ricorrente e vistato dal responsabile del procedimento e tenuto conto della
rideterminazione delle somme dovute a titolo di oneri di urbanizzazione per
la chiesta variante all’originario p.d.c., la somma di complessivi €
77.724,81 per oneri di urbanizzazione primaria, di complessivi € 169.340,93
per oneri di urbanizzazione secondaria e di complessivi € 46.136,66 per
costo di costruzione;
- di aver pagato anche i non condivisi importi aggiuntivi richiesti dal
Settore Urbanistica del Comune di Barletta al solo fine di ottenere il
rilascio della variante.
3. - Deduce, quindi, di aver chiesto -senza aver ricevuto dal Comune di
Barletta alcun riscontro- la restituzione dei contributi versati per la
parte relativa alle superfici del parcheggio obbligatoriamente previste per
legge, in quanto le stesse (quantificate in € 46.244,26) devono ritenersi
esonerate dal calcolo per il pagamento del contributo di costruzione, e,
quindi, indebitamente trattenute dal medesimo Comune di Barletta.
4. - Lamenta, quindi, “illegittimità; violazione degli artt. 2 e 11 legge n.
122/1989 in combinato disposto con gli artt. 9 legge n. 10/1977 e 17 T.U. n.
380/2001; eccesso di potere per contraddittorietà”.
...
8. - Nel merito il ricorso è fondato, dovendosi richiamare i condivisibili
precedenti di questa Sezione del Tribunale -OMISSIS-/2020, -OMISSIS-/2020,
-OMISSIS-/2020 e -OMISSIS-/2021.
Invero, l’art. 9 legge n. 122/1989 ha introdotto il regime di gratuità per i
parcheggi pertinenziali alle singole unità immobiliari, stabilendo al comma
2 (nell’originaria formulazione) che l’esecuzione delle relative opere è
soggetta ad autorizzazione gratuita.
Difatti, l’art. 11, comma 1, legge n. 122/1989, equipara i parcheggi pertinenziali alle opere di urbanizzazione anche per quel che riguarda la
gratuità del titolo edilizio, richiamando l’art. 9, comma 1, lett. f), legge
n. 10/1977 (cfr. TAR Emilia Romagna, Bologna, Sez. I, 09.10.2014, n. 942;
TAR Molise, Campobasso, Sez. I, 08.04.2016, n. 175).
Allo stato attuale, pertanto, si deve ritenere che, ai sensi del combinato
disposto dell’art. 11, comma 1, legge n. 122/1989 e dell’art. 17, comma 3,
lett. c), d.p.r. n. 380/2001 (subentrato all’abrogato art. 9, comma 1, lett.
f), legge n. 10/1977), la realizzazione dei parcheggi obbligatori, nella
misura richiesta dalla legge, è esonerata dall’onere di pagamento degli
oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione.
Trattandosi, infatti, di opere pertinenziali, i parcheggi non determinano un
aggravamento del carico urbanistico, in guisa che non costituiscono opere
rilevanti ai fini degli standard urbanistici e, pertanto, devono essere
esonerati dal pagamento dei contributi urbanistici. Sul punto, infatti, la
giurisprudenza è pacifica nel ritenere che “la legge n. 122/1989,
nell’innovare la disciplina dei parcheggi, all’art. 11, comma 1, equipara i
parcheggi pertinenziali alle opere di urbanizzazione anche per quel che
riguarda la gratuità del titolo edilizio" (ex multis, TAR. Bari, Sez. III,
14.11.2019, n. 1494).
Ad analoga conclusione deve pervenirsi anche per gli edifici, come quello in
esame, di nuova costruzione, dal momento che l’art. 41-sexies della legge 17.08.1942, n. 1150 (come sostituito dall’art. 2, comma 2, legge n.
122/1989) stabilisce che “Nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di
pertinenza delle costruzioni stesse, debbono essere riservati appositi spazi
per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni dieci
metri cubi di costruzione” (cfr. TAR Puglia, Bari, Sez. III, 06.04.2018, n.
520; TAR Emilia Romagna, Bologna, Sez. I, 20.11.2017, n. 751).
Anche in tali ipotesi, infatti, gli spazi destinati a parcheggio
costituiscono aree gravate da vincolo di destinazione ai sensi dell’art.
41-sexies L. 17.08.1942 n. 1150, sulla base del titolo edificatorio, con
la conseguenza che tali spazi vanno conteggiati nella dotazione degli
standard ed esclusi dal calcolo degli oneri costruttivi, fermo restando la
trascrizione del vincolo nelle forme di legge (in termini cfr. TAR
Calabria, Catanzaro, Sez. II, 04.09.2014, n. 1399).
Ciò posto, la documentazione prodotta in giudizio dà atto dei pagamenti
complessivamente effettuati a titolo di contributo di costruzione (cfr. le
ricevute di versamento in atti).
Secondo, poi, i calcoli emergenti dal prospetto per la determinazione di
tutti gli oneri concessori utilizzato dalla società ricorrente, e in assenza
di contestazione da parte del Comune di Barletta (rimasto contumace),
l’importo versato per le superfici destinate ai parcheggi obbligatori ai
sensi della citata legge n. 122/1989 è pari ad € 46.244,26.
9. - Spetta, di conseguenza, alla parte ricorrente la restituzione della
somma di € 46.244,26, oltre interessi legali e rivalutazione come per legge,
a far data da quando ne è stata fatta richiesta al Comune a mezzo
dell’istanza notificata al Comune di Barletta in data 10.11.2016 fino
all’effettivo soddisfo
(TAR Puglia-Bari, Sez. III,
sentenza 21.07.2021 n. 1253 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: La
realizzazione di autorimesse e parcheggi, ai sensi dell'art. 9, comma 1, L.
n. 122 del 1989 è condizionata dal fatto che questi siano realizzati nel
sottosuolo per l'intera altezza, e opera solo nel caso in cui i parcheggi da
destinare a pertinenza di singole unità immobiliari siano totalmente al di
sotto dell'originario piano naturale di campagna.
Qualora, invece, non si rispetti tale condizione, la realizzazione di
un'autorimessa non può dirsi realizzata nel sottosuolo, per cui in tali casi
si applica la disciplina urbanistica dettata per le ordinarie nuove
costruzioni fuori terra dal P.R.G.
---------------
Visto, il ricorso regolarmente notificato e depositato il
successivo 27.07.2011 col quale il sig. Si.Be. ha impugnato il provvedimento
descritto in epigrafe, con cui il Responsabile dell’Ufficio Tecnico Comunale
del Comune di Fumone ha ordinato la demolizione delle opere realizzate in
assenza di titoli abilitativi, consistenti in un locale da adibire a garage
in aderenza al fabbricato sito in località Vicinale Fornace, in una scala di
accesso al solaio di copertura e nell’apertura di due porte finestre sulla
parete del fabbricato preesistente nel locale ubicato al piano primo;
Considerato, che a sostegno del gravame il ricorrente deduce che il
locale garage costituisce pertinenza dell’immobile ed è legittimo in base al
disposto di cui all’art. 9 della L. n. 122 del 24.03.1989;
Vista la relazione comunale depositata il 01.08.2011;
Considerato, che il ricorrente ammette che il locale non è
completamente interrato;
Rilevato, che "la realizzazione di autorimesse e parcheggi, ai
sensi dell'art. 9, comma 1, L. n. 122 del 1989 è condizionata dal fatto che
questi siano realizzati nel sottosuolo per l'intera altezza, e opera solo
nel caso in cui i parcheggi da destinare a pertinenza di singole unità
immobiliari siano totalmente al di sotto dell'originario piano naturale di
campagna. Qualora, invece, non si rispetti tale condizione, la realizzazione
di un'autorimessa non può dirsi realizzata nel sottosuolo, per cui in tali
casi si applica la disciplina urbanistica dettata per le ordinarie nuove
costruzioni fuori terra dal P.R.G.” (cfr. ex multis TAR
Lombardia-Milano, sez. II, 31/01/2018, n. 274);
Considerato, che con riguardo alle altre opere contestate il
ricorrente nulla ha dedotto;
Ritenuto, in conclusione, che il ricorso deve essere respinto
siccome destituito di fondamento in quanto il locale garage, non essendo
interamente interrato, necessitava della previa acquisizione del permesso di
costruire (TAR Lazio-Latina,
sentenza 08.05.2021 n. 300 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2020 |
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EDILIZIA PRIVATA: Perfezionamento
della dia.
Il titolo edilizio si
perfeziona indipendentemente dalla
corresponsione degli oneri di
urbanizzazione, come si ricava anche dal
tenore dell’art. 42, comma 3, della legge
regionale n. 12 del 2005 (‘la quota relativa
agli oneri di urbanizzazione è corrisposta
al comune entro trenta giorni successivi
alla presentazione della denuncia di inizio
attività, fatta salva la facoltà di rateizzazione’).
A tal fine, si deve richiamare l’art. 42 del
D.P.R. n. 380 del 2001 che prevede
l’applicazione di una sanzione pecuniaria
rapportata all’entità del contributo in caso
di mancato pagamento o per il suo ritardo,
con la possibilità per i Comuni di tutelarsi
mediante la riscossione coattiva.
Ciò risulta avallato, oltre che dal dato
normativo –art. 44, comma 13, della legge
regionale n. 12 del 2005 [‘L’ammontare
dell’eventuale maggior somma va sempre
riferito ai valori stabiliti dal comune alla
data (…) di presentazione della denuncia di
inizio attività’]–, altresì dalla
giurisprudenza maggioritaria, secondo la
quale il momento su cui appuntare
l’affidamento della parte istante è quello
della presentazione della denuncia, che
coincide con il momento perfezionativo per
consolidazione postuma e non in quello in
cui la stessa acquisterebbe efficacia,
trovandosi al cospetto non di un
provvedimento amministrativo tacito o
implicito, ma semplicemente di un atto del
privato, cui va applicata la disciplina
legislativa vigente al momento della
presentazione della denuncia alla Pubblica
Amministrazione.
Da ciò discende che i singoli titoli edilizi
si sono perfezionati all’atto del loro
deposito, una volta trascorso il termine di
trenta giorni senza alcun intervento
inibitorio dell’Amministrazione.
---------------
Quanto alla
natura del contributo di costruzione dovuto
dal soggetto che intraprenda un’iniziativa
edificatoria, lo stesso ‘rappresenta una
compartecipazione del privato alla spesa
pubblica occorrente alla realizzazione delle
opere di urbanizzazione.
In altri termini,
fin dalla legge che ha introdotto
nell’ordinamento il principio della
onerosità del titolo a costruire (art. 1
della legge n. 10 del 1977), la ragione
della compartecipazione alla spesa pubblica
del privato è da ricollegare sul piano eziologico al surplus di opere di
urbanizzazione che l’amministrazione
comunale è tenuta ad affrontare in relazione
al nuovo intervento edificatorio del
richiedente il titolo edilizio’.
Pertanto, laddove l’intervento edilizio
non determini alcun aumento del carico insediativo a livello urbanistico nessun
contributo risulta dovuto in capo al privato
che ha realizzato il predetto intervento.
---------------
Ai sensi dell’art. 42, comma 3, della legge
regionale n. 12 del 2005 (“La quota relativa agli
oneri di urbanizzazione è corrisposta al
comune entro trenta giorni successivi alla
presentazione della denuncia di inizio
attività, fatta salva la facoltà di
rateizzazione”) il termine per esigere tale
contributo o richiedere eventuali conguagli si prescrive per
decorso del termine decennale.
---------------
Quanto alla pretesa comunale circa la c.d. monetizzazione “parcheggi”, il
Collegio concorda con la ricorrente a
proposito della decorrenza del termine di
prescrizione decennale ancorata alla
formazione del titolo edilizio.
Non recando
una previsione esplicita l’art. 64, comma 3,
della legge regionale n. 12 del 2005
(“Qualora sia dimostrata l’impossibilità,
per mancata disponibilità di spazi idonei,
ad assolvere tale obbligo, gli interventi
sono consentiti previo versamento al comune
di una somma pari al costo base di
costruzione per metro quadrato di spazio per
parcheggi da reperire. Tale somma deve
essere destinata alla realizzazione di
parcheggi da parte del comune”), è doveroso
interpretare la norma nel senso
dell’immediata esigibilità della somma, una
volta intervenuta l’abilitazione
all’esecuzione dell’intervento edilizio,
così come già detto per la quota di
contributo relativa agli oneri di
urbanizzazione.
---------------
Diversa conclusione deve invece predicarsi
con riferimento alla quota relativa al costo
di costruzione tenuto conto che l’art. 48,
comma 7, della legge regionale n. 12 del
2005 –similmente all’art. 16, comma 3, del
D.P.R. n. 380 del 2001– stabilisce che “la
quota di contributo relativa al costo di
costruzione, determinata all’atto del
rilascio, ovvero per effetto della
presentazione della denuncia di inizio
attività, è corrisposta in corso d’opera,
con le modalità e le garanzie stabilite dal
comune e comunque non oltre sessanta giorni
dalla data dichiarata di ultimazione dei
lavori” (nel senso della decorrenza del
termine di prescrizione del credito relativo
al costo di costruzione riferita alla fine
lavori o alla diversa data stabilita
dall’Amministrazione).
---------------
SENTENZA
1. Con il ricorso in epigrafe, notificato il
27.01.2017 e depositato il 16 febbraio
successivo, la società ricorrente ha
impugnato il provvedimento del Comune di
Milano del 25.10.2016, notificatole il
29.11.2016, con il quale veniva invitata a
versare la somma di € 17.236,22, a titolo di
conguaglio del contributo di costruzione e
di cd. monetizzazione degli spazi destinati
a parcheggio, relativamente alla DIA del
12.08.2004 e successive varianti.
2. Ha esposto in fatto la società
ricorrente:
- che la Im.It. s.r.l., sua dante causa, presentava in data
12.08.2004 una DIA finalizzata a “ristrutturazione
e ampliamento di un edificio industriale da
destinare a residenza, e realizzazione di un
parcheggio al piano terra e al piano
interrato ad utilizzo della residenza”,
da eseguirsi presso l’immobile di proprietà
in via ... n. 3;
- di essere subentrata all’Im.It. e aver presentato, in data
03.05.2006, per il medesimo intervento, una
seconda DIA per “ristrutturazione
edilizia ed ampliamento edificio”, che
comprendeva le seguenti opere: “recupero
a fini abitativi di tutto il piano
sottotetto dell’immobile in oggetto con la
creazione di sei unità immobiliari,
rispettando i volumi, gli allineamenti e le
finiture dell’edificio originario. Verranno
modificate le aperture delle scale e
verranno realizzati dei terrazzi praticabili
sulla copertura piano dell’edificio,
raggiungibile tramite scale a chiocciola
esterne”;
- di avere poi, in data 20.09.2007, depositato una DIA in variante
non essenziale per “modifica
distribuzione interna, modifica copertura
edificio, modifica boxes, nuove canne
fumarie”;
- di aver effettuato, nella medesima data, la dichiarazione di fine
lavori, con contestuale richiesta di
certificato di agibilità;
- di aver autoliquidato e corrisposto interamente l’importo del
contributo di costruzione (oneri di
urbanizzazione e costo di costruzione),
nonché di aver provveduto ad asservire a
spazi per parcheggio la superficie richiesta
in applicazione della normativa allora
vigente, il tutto per complessivi €
261.698,00 circa;
- che durante il procedimento per il rilascio del certificato di
agibilità, il Comune procedeva al controllo
dei calcoli e dei versamenti operati dalla
società relativamente agli oneri di
urbanizzazione e al costo di costruzione e
rilevava un errore nella superficie dei
parcheggi, inferiore di mq. 46,55 rispetto a
quella prevista per legge;
- che il Comune indicava quindi, nel provvedimento del 29.11.2016,
la somma complessiva di € 17.236,22 come
dovuta dalla società, a titolo di
conguaglio, per contributo di costruzione e
cd. “monetizzazione parcheggi”, così
suddivisi: € 1,21 per oneri di
urbanizzazione primaria, € 2,79 per oneri di
urbanizzazione secondaria, € 2.240,79 per
costo di costruzione ed € 14.991,43 per “monetizzazione
parcheggi”;
- di aver chiesto l’annullamento dell’atto in autotutela,
lamentandone l’erroneità e la tardività;
- di non aver ricevuto riscontro dal Comune.
3. Assumendo l’illegittimità del predetto
provvedimento, la ricorrente ha quindi
proposto il ricorso in epigrafe, chiedendo
l’annullamento dell’atto e l’accertamento
dell’insussistenza del diritto di credito
del Comune.
...
3. Venendo ora allo scrutinio del merito del
ricorso, lo stesso è fondato.
4. Con la prima doglianza, di carattere
assorbente, si assume l’illegittimità della
pretesa comunale, in quanto il diritto a
ottenere il conguaglio del contributo di
costruzione e il versamento della monetizzazione degli spazi destinati a
parcheggi si sarebbe prescritto per scadenza
del termine decennale decorrente dal
perfezionamento delle DIA presentate il 12.08.2004 e
03.05.2006, considerato
invece che l’ultima DIA del 20.09.2007, quale variante minore non essenziale,
non avrebbe determinato alcun aumento del
carico urbanistico e, quindi, nessuna
variazione in aumento del contributo di
costruzione.
4.1. La censura è parzialmente fondata.
4.2. Come già osservato dalla Sezione in una
fattispecie analoga alla presente (sentenza
10.05.2018, n. 1242), “va premesso che
il titolo edilizio si perfeziona
indipendentemente dalla corresponsione degli
oneri di urbanizzazione, come si ricava
anche dal tenore dell’art. 42, comma 3,
della legge regionale n. 12 del 2005 (‘la
quota relativa agli oneri di urbanizzazione
è corrisposta al comune entro trenta giorni
successivi alla presentazione della denuncia
di inizio attività, fatta salva la facoltà
di rateizzazione’).
A tal fine, si deve
richiamare l’art. 42 del D.P.R. n. 380 del
2001 che prevede l’applicazione di una
sanzione pecuniaria rapportata all’entità
del contributo in caso di mancato pagamento
o per il suo ritardo, con la possibilità per
i Comuni di tutelarsi mediante la
riscossione coattiva (anche se con
riferimento al permesso di costruire, cfr.
TAR Lombardia, Milano, II, 14.11.2017, n. 2173).
Ciò risulta avallato, oltre che dal dato
normativo –art. 44, comma 13, della legge
regionale n. 12 del 2005 [‘L’ammontare
dell’eventuale maggior somma va sempre
riferito ai valori stabiliti dal comune alla
data (…) di presentazione della denuncia di
inizio attività’]–, altresì dalla
giurisprudenza maggioritaria, secondo la
quale il momento su cui appuntare
l’affidamento della parte istante è quello
della presentazione della denuncia, che
coincide con il momento perfezionativo per
consolidazione postuma e non in quello in
cui la stessa acquisterebbe efficacia,
trovandosi al cospetto non di un
provvedimento amministrativo tacito o
implicito, ma semplicemente di un atto del
privato, cui va applicata la disciplina
legislativa vigente al momento della
presentazione della denuncia alla Pubblica
Amministrazione (cfr. Consiglio di Stato, IV,
13.05.2013, n. 2593; 04.09.2012,
n. 4669; TAR Lombardia, Milano, II, 15.03.2018, n. 730;
04.03.2016, n. 434).
Da ciò discende che i singoli titoli edilizi
si sono perfezionati all’atto del loro
deposito, una volta trascorso il termine di
trenta giorni senza alcun intervento
inibitorio dell’Amministrazione.
Quanto alla
natura del contributo di costruzione dovuto
dal soggetto che intraprenda un’iniziativa
edificatoria, lo stesso ‘rappresenta una
compartecipazione del privato alla spesa
pubblica occorrente alla realizzazione delle
opere di urbanizzazione.
In altri termini,
fin dalla legge che ha introdotto
nell’ordinamento il principio della
onerosità del titolo a costruire (art. 1
della legge n. 10 del 1977), la ragione
della compartecipazione alla spesa pubblica
del privato è da ricollegare sul piano eziologico al surplus di opere di
urbanizzazione che l’amministrazione
comunale è tenuta ad affrontare in relazione
al nuovo intervento edificatorio del
richiedente il titolo edilizio’ (Consiglio
di Stato, Ad. plen., 07.12.2016, n.
24).
Pertanto, laddove l’intervento edilizio
non determini alcun aumento del carico insediativo a livello urbanistico nessun
contributo risulta dovuto in capo al privato
che ha realizzato il predetto intervento”.
4.3. Applicando i suesposti principi, che il
Collegio condivide, alla fattispecie oggetto
di scrutinio nella presente sede, deve
evidenziarsi che gli interventi posti in
essere dalla società ricorrente che hanno
determinato un aumento del carico
insediativo sono pacificamente riconducibili
esclusivamente alle D.I.A. del 12.08.2004 e del
03.05.2006 e non anche alla
DIA del 20.09.2007, avendo avuto quest’ultima ad oggetto interventi di
modifica della distribuzione interna degli
spazi, non rilevanti né con riguardo al peso
insediativo né in relazione alla variazione
della destinazione d’uso.
Peraltro, tali elementi non sono stati
contestati dalla difesa comunale, la quale
ha invece sostenuto che solo al termine dei
lavori sia possibile stabilire la corretta e
definitiva entità del contributo da versare.
4.4. In sintesi, l’ultimo intervento
edilizio comportante un aumento di carico
insediativo è quello relativo alla d.i.a.
del 03.05.2006 e quindi, ai sensi
dell’art. 42, comma 3, della legge regionale
n. 12 del 2005 (“La quota relativa agli
oneri di urbanizzazione è corrisposta al
comune entro trenta giorni successivi alla
presentazione della denuncia di inizio
attività, fatta salva la facoltà di
rateizzazione”), il termine per esigere tale
contributo o richiedere eventuali conguagli
ha cominciato a decorrere dal 02.06.2006
e si è prescritto il 02.06.2016, per
decorso del termine decennale (cfr.
Consiglio di Stato, Sez. IV, 27.09.2017, n. 4515; TAR Lombardia, Milano, Sez. II, 26.07.2017, n. 1678).
4.5. Quanto, poi, alla pretesa comunale
circa la c.d. monetizzazione “parcheggi”, il
Collegio concorda con la ricorrente a
proposito della decorrenza del termine di
prescrizione decennale ancorata alla
formazione del titolo edilizio.
Non recando
una previsione esplicita l’art. 64, comma 3,
della legge regionale n. 12 del 2005
(“Qualora sia dimostrata l’impossibilità,
per mancata disponibilità di spazi idonei,
ad assolvere tale obbligo, gli interventi
sono consentiti previo versamento al comune
di una somma pari al costo base di
costruzione per metro quadrato di spazio per
parcheggi da reperire. Tale somma deve
essere destinata alla realizzazione di
parcheggi da parte del comune”), è doveroso
interpretare la norma nel senso
dell’immediata esigibilità della somma, una
volta intervenuta l’abilitazione
all’esecuzione dell’intervento edilizio,
così come già detto per la quota di
contributo relativa agli oneri di
urbanizzazione.
Anche la pretesa relativa alla cd.
“monetizzazione parcheggi” era dunque
prescritta alla data di adozione (e a quella
successiva di invio) dell’atto contestato.
4.6. Diversa conclusione deve invece
predicarsi con riferimento alla quota
relativa al costo di costruzione (sulla
differenza tra contributo di costruzione e
costo di costruzione, cfr. Consiglio di
Stato, IV, 28.06.2016, n. 2915), pari ad
€ 2.240,79, tenuto conto che l’art. 48,
comma 7, della legge regionale n. 12 del
2005 –similmente all’art. 16, comma 3, del
D.P.R. n. 380 del 2001– stabilisce che “la
quota di contributo relativa al costo di
costruzione, determinata all’atto del
rilascio, ovvero per effetto della
presentazione della denuncia di inizio
attività, è corrisposta in corso d’opera,
con le modalità e le garanzie stabilite dal
comune e comunque non oltre sessanta giorni
dalla data dichiarata di ultimazione dei
lavori” (nel senso della decorrenza del
termine di prescrizione del credito relativo
al costo di costruzione riferita alla fine
lavori o alla diversa data stabilita
dall’Amministrazione, cfr. TAR Lombardia,
Milano, Sez. II, 02.05.2018, n. 1183; id.,
08.01.2019, n. 32; id, 05.09.2019,
n. 1949).
Nel caso di specie, la dichiarazione di fine
lavori risale al 20.09.2007 e, quindi, la
richiesta comunale di conguaglio del costo
di costruzione –datata 25.10.2016 e
comunicata alla società il 29.10.2016–
risulta tempestiva rispetto al termine
prescrizionale decennale che sarebbe scaduto
in data successiva.
4.7. Alla luce di quanto sopra, l’ordine di
pagamento è illegittimo, per intervenuta
prescrizione del relativo credito, quanto
alle poste relative a oneri di
urbanizzazione primaria e secondaria (€ 1,21
ed € 2,79) e a cd. “monetizzazione
parcheggi” (€ 14.991,43). La pretesa
comunale è invece tempestiva quanto al
credito per conguaglio del costo di
costruzione (€ 2.240,79).
4.8. La fondatezza della suesposta censura
in relazione alle poste per oneri di
urbanizzazione e monetizzazione determina
–previo assorbimento del secondo motivo di
ricorso, relativo al merito del calcolo
della monetizzazione– il parziale
accoglimento del ricorso
(TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 11.08.2020 n. 1561 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: La realizzazione di
autorimesse e parcheggi, ai sensi dell'art. 9, comma 1, della L. n.
122/1989, è condizionata dal fatto che questi siano realizzati nel
sottosuolo per l'intera altezza; opera cioè solo nel caso in cui, i
parcheggi da destinare a pertinenza di singole unità immobiliari, siano
totalmente al di sotto dell'originario piano naturale di campagna.
Di conseguenza, qualora non si rispetti tale condizione, la realizzazione di
un'autorimessa non può dirsi realizzata nel sottosuolo, per cui in tali casi
si applica la disciplina urbanistica dettata per le ordinarie nuove
costruzioni fuori terra dal piano regolatore generale.
---------------
Questo Consiglio, in controversia analoga a quella di specie, in cui si
faceva questione di autorimessa realizzata in violazione delle distanze di
cui all’art. 9 d.m. n. 1444 cit., ha ritenuto che la possibilità di
riconoscere la natura di pertinenza urbanistica di cui all’art. 9 della l.
24.03.1989, n. 122, non sia comunque sufficiente per contravvenire ad una
norma di carattere generale sulle distanze tra le costruzioni.
L’art. 9 d.m. n. 1444 cit., infatti, detta una disciplina volta ad evitare
la creazione di intercapedini pregiudizievoli sotto il profilo
igienico-sanitario, garantendo in tale modo l’ordinato sviluppo
dell'edilizia e la salute dei cittadini; beni primari insuscettibili di
essere esposti a pericolo invocando la possibilità di deroga “agli
strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti” ex art. 9 L. n.
122 del 1989.
Le previsioni di cui alla L. n. 122/1989 garantiscono una razionale ed
organica programmazione dei parcheggi, tenendo conto delle esigenze
ambientali ed evitando le conseguenze negative derivanti dalla paralisi
della circolazione che, rallentando i tempi delle comunicazioni e del
trasporto, è idonea ad influire direttamente e negativamente sulla
produzione nazionale, danneggia lo svolgimento degli affari e delle
relazioni commerciali, nonché mette a rischio le stesse condizioni di salute
dei cittadini a cagione dell’aumento dell'inquinamento atmosferico e di
quello acustico.
Le disposizioni dettate dalla L. n. 122/1989 -e, per quanto più di interesse
nel presente giudizio, dell’art. 9 in materia di parcheggi pertinenziali
delle singole unità immobiliari– dunque, non possono trovare applicazione
qualora le deroghe alla normativa urbanistica ed edilizia, previste dalla
relativa disciplina, siano suscettibili di porre in pericolo proprio quei
beni giuridici che si intende tutelare mediante la razionale e organica
programmazione dei parcheggi.
Pertanto, l’art. 9 L. n. 122/1989, nel prevedere la possibilità di derogare
“agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti”, non
può essere interpretato estensivamente, come legittimante deroghe totali e
incondizionate,
specie qualora la deroga urbanistica ed edilizia esponga a pericolo la
salute dei cittadini, bene primario costituente una delle ragioni
giustificatrici della stessa disciplina in materia di parcheggi pertinenziali.
Ne deriva che, dovendo essere comprese tra i beni giuridici protetti dalla
L. n. 122/1989 le condizioni di salute dei cittadini, la deroga alla
normativa urbanistica ed edilizia non potrebbe comunque giustificare la
realizzazione di manufatti pregiudizievoli per l’igiene e la sicurezza,
quali risulterebbero le costruzioni edificate in violazione delle
disposizioni sulle distanze tra edifici di cui all’art. 9 d.m. n. 1444 cit.
---------------
L'art. 9 L. n. 122/1989,
da un lato, trova applicazione esclusivamente in relazione ai
parcheggi realizzati nel sottosuolo per l'intera altezza, dall’altro,
non può, comunque, giustificare una deroga incondizionata alla disciplina
urbanistica ed edilizia, specie qualora il rispetto delle ordinarie
previsioni dettate per l’edificazione sia volto a tutelare non soltanto le
esigenze di razionale sviluppo del territorio, ma anche quelle di tutela di
beni primari, quale certamente è la salute dei cittadini.
Pertanto, l’art. 9 L. n. 122/1989 non può essere invocato nella specie per
giustificare la legittima edificazione del manufatto per cui è controversia,
tenuto conto che:
- si fa questione di un parcheggio realizzato fuori terra, cui,
pertanto, non è applicabile l’art. 9 L. n. 122/1989;
- in ogni caso, si controverte in ordine al rispetto della
disciplina sulle distanze tra edifici di cui all’art. 9 d.m. n. 1444 cit.,
tendente ad evitare la realizzazione di intercapedini nocive per la salute e
l’igiene, beni giuridici primari che non possono essere posti in pericolo
avvalendosi delle facoltà derogatorie previste dall’art. 9 L. n. 122/1989.
---------------
1. Con il primo motivo di impugnazione le parti appellanti hanno
censurato l’erroneità della sentenza di prime cure, deducendo che la
struttura ritenuta abusiva dal Tar è destinata a garage, costituendo
pertinenza ai fini urbanistici ed edilizi, non avente un valore economico e
funzionale autonomo rispetto al fabbricato immediatamente adiacente (in
origine carente di un posto auto), rispetto al quale risulta asservito sotto
un profilo funzionale, logistico ed oggettivo.
Si tratterebbe di manufatto soggetto all’applicazione dell’art. 9 L. n.
122/1989; disposizione idonea a consentire la realizzazione dell’intervento
edilizio sulla base della sola d.i.a., in deroga agli strumenti urbanistici,
ai regolamenti edilizi e alla disciplina sulle distanze, con conseguente
esclusione della sanzione demolitoria ex artt. 31 e 37 d.P.R. n. 380/2001;
in particolare, secondo la prospettazione degli appellanti, la disciplina
derogatoria recata dall’art. 9 cit., ispirata alla ratio di soddisfare il
bisogno di parcheggi dei residenti nelle aree urbane, opererebbe anche per i
garage edificati nel sopralluogo, sui cortili o sulle aree esterne adiacenti
al fabbricato, come avvenuto nella specie, consentendo la deroga alla
disciplina sulle distanze di cui all’art. 9 del D.M. 02.04.1968, n. 1444.
La struttura, inoltre, in quanto posta all’interno del muro di cinta, non
dovrebbe essere computata ai fini del rispetto della disciplina sulle
distanze; in ogni caso, i ricorrenti, prima di iniziare i lavori, avrebbero
ottenuto il consenso verbale del proprietario frontista.
La legittimità del manufatto sarebbe comprovata anche dall’assoluzione degli
appellanti pronunciata dal giudice penale, motivata sulla base della natura
pertinenziale del manufatto rispetto all’immobile adiacente e preesistente.
Il primo motivo di appello deve essere esaminato congiuntamente al
secondo motivo di impugnazione, trattandosi di censure connesse,
afferenti sempre alla legittimità edilizia del medesimo manufatto, in
ragione delle sue caratteristiche costruttive e della ratio sottesa alla
normativa ritenuta violata dal Tar.
In particolare, con il secondo motivo le parti appellanti contestano
l’erroneità della sentenza di prime cure nella parte in cui ha ritenuto
inderogabile la disciplina sulla distanza di metri dieci tra edifici, tenuto
conto che nel caso di specie la presenza del muro di recinzione
comporterebbe un “affievolimento” (pag. 12 appello) dell’obbligo del
rispetto delle distanze minime di cui al d.m. n. 1444 del 1968; peraltro, si
farebbe questione di muro di altezza inferiore a 3 metri (1,5 mt), inidoneo
a creare intercapedini tali da determinare la violazione degli standard
igienico–sanitari sottesi alla normativa in commento.
Con memoria depositata in data 04.12.2019 gli appellanti, riportandosi alle
difese in atti, in particolare, hanno evidenziato che nella specie:
- l’art. 9 L. n. 122/1989 consentirebbe la costruzione di parcheggi
non solo nel sottosuolo, ma anche in superficie e al di fuori dell’area di
sedime dell’immobile servito;
- in ragione degli elementi istruttori forniti dai ricorrenti in
sede procedimentale, il Comune avrebbe dovuto motivare in ordine alla
destinazione del manufatto ad uso rimessa;
- a prescindere dall’applicabilità dell’art. 9 L. n. 122/1989, la
natura pertinenziale del bene, creando un volume modesto e comunque
inferiore al 20% di quello dell’edificio principale, ai sensi dell’art. 3,
co. 1, lett. e6), d.PR.R n. 380/2001, non avrebbe potuto essere inteso come
nuova costruzione necessitante di permesso di costruire, integrando gli
estremi dell’intervento soggetto a d.i.a. (oggi s.c.i.a.) ex art. 22 d.P.R.
n. 380/01, con conseguente applicazione della sola sanzione pecuniaria;
- la disciplina in tema di distanze tra edifici di cui all’art. 9
d.m. 02.04.1968, n. 1444 potrebbe essere derogata ove in concreto non vi
fossero i pericoli di peggioramento delle condizioni igienico sanitarie
nelle abitazioni servite dalle finestre; il che sarebbe verificabile nella
specie in cui le caratteristiche strutturali del fabbricato per cui è causa
(non finestrato, altezza inferiore a 3 metri e sua mole complessiva) non
determinerebbero intercapedini nocive in danno del proprietario finitimo,
che nel caso di specie avrebbe, peraltro, prestato il suo consenso
all’opera.
2. I motivi di appello sono infondati.
Il provvedimento impugnato in primo grado, quanto al manufatto rilevante nel
presente giudizio, come correttamente ritenuto dal Tar, risulta
autonomamente motivato sulla base della violazione della disciplina di cui
all’art. 9 d.m. 02.04.1968, n. 1444, in quanto realizzato ad una distanza
inferiore a 10 metri rispetto al fabbricato antistante; motivazione, di per
sé, idonea a giustificare la sanzione ripristinatoria irrogata
dall’Amministrazione comunale.
Le deduzioni svolte dalla parte appellante, al fine di ritenere la
violazione contestata dal Comune irrilevante o, comunque, insuscettibile di
legittimare la disposta demolizione, non meritano adesione.
3. In primo luogo, il manufatto per cui è causa non può beneficiare della
disciplina di cui all’art. 9 L. n. 122/1989, configurando una costruzione
fuori terra.
Al riguardo, questo Consiglio ha precisato che “la realizzazione di
autorimesse e parcheggi, ai sensi dell'art. 9, comma 1, della L. n.
122/1989, è condizionata dal fatto che questi siano realizzati nel
sottosuolo per l'intera altezza; opera cioè solo nel caso in cui, i
parcheggi da destinare a pertinenza di singole unità immobiliari, siano
totalmente al di sotto dell'originario piano naturale di campagna. Di
conseguenza, qualora non si rispetti tale condizione, la realizzazione di
un'autorimessa non può dirsi realizzata nel sottosuolo, per cui in tali casi
si applica la disciplina urbanistica dettata per le ordinarie nuove
costruzioni fuori terra dal piano regolatore generale (Cons. Stato, Sez. VI,
04.02.2019, n. 846; cfr. Cons. St., sez. V, 12.03.2013, n. 1480; sez. IV,
16.04.2012, n. 2185)” (Consiglio di Stato, sez. IV, 17.09.2019, n.
6195).
Pertanto, facendosi questione nella specie di costruzione fuori terra –in
specie, immobile in cls. cementizio armato avente dimensioni esterne di mt.
6.60 x 4,85 ed un'altezza di mt. 3,22 circa, ivi compreso lo spessore del
solaio di circa 0,25 mt.- le parti appellanti non possono invocare la
disciplina dettata dall’art. 9 L. n. 122/1989, al fine di ritenere derogato
il disposto di cui all’art. 9 d.m. 02.04.1968, n. 1444 in tema di distanze
tra fabbricati.
L’inapplicabilità nel presente giudizio dell’art. 9 L. n. 122/1989 discende,
altresì, da una seconda e autonoma ragione.
Questo Consiglio, in controversia analoga a quella di specie, in cui si
faceva questione di autorimessa realizzata in violazione delle distanze di
cui all’art. 9 d.m. n. 1444 cit., ha ritenuto che la possibilità di
riconoscere la natura di pertinenza urbanistica di cui all’art. 9 della l.
24.03.1989, n. 122, non sia comunque sufficiente per contravvenire ad una
norma di carattere generale sulle distanze tra le costruzioni (Consiglio di
Stato, sez. II, 07.02.2020, n. 985).
L’art. 9 d.m. n. 1444 cit., infatti, detta una disciplina volta ad evitare
la creazione di intercapedini pregiudizievoli sotto il profilo
igienico-sanitario, garantendo in tale modo l’ordinato sviluppo
dell'edilizia e la salute dei cittadini; beni primari insuscettibili di
essere esposti a pericolo invocando la possibilità di deroga “agli
strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti” ex art. 9 L. n.
122 del 1989.
Le previsioni di cui alla L. n. 122/1989 garantiscono una razionale ed
organica programmazione dei parcheggi, tenendo conto delle esigenze
ambientali ed evitando le conseguenze negative derivanti dalla paralisi
della circolazione che, rallentando i tempi delle comunicazioni e del
trasporto, è idonea ad influire direttamente e negativamente sulla
produzione nazionale, danneggia lo svolgimento degli affari e delle
relazioni commerciali, nonché mette a rischio le stesse condizioni di salute
dei cittadini a cagione dell’aumento dell'inquinamento atmosferico e di
quello acustico (Corte costituzionale, 27.07.1989, n. 459).
Le disposizioni dettate dalla L. n. 122/1989 -e, per quanto più di interesse
nel presente giudizio, dell’art. 9 in materia di parcheggi pertinenziali
delle singole unità immobiliari– dunque, non possono trovare applicazione
qualora le deroghe alla normativa urbanistica ed edilizia, previste dalla
relativa disciplina, siano suscettibili di porre in pericolo proprio quei
beni giuridici che si intende tutelare mediante la razionale e organica
programmazione dei parcheggi.
Pertanto, l’art. 9 L. n. 122/1989, nel prevedere la possibilità di derogare
“agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti”, non
può essere interpretato estensivamente, come legittimante deroghe totali e
incondizionate (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 03.02.2020, n. 847),
specie qualora la deroga urbanistica ed edilizia esponga a pericolo la
salute dei cittadini, bene primario costituente una delle ragioni
giustificatrici della stessa disciplina in materia di parcheggi
pertinenziali.
Ne deriva che, dovendo essere comprese tra i beni giuridici protetti dalla
L. n. 122/1989 le condizioni di salute dei cittadini, la deroga alla
normativa urbanistica ed edilizia non potrebbe comunque giustificare la
realizzazione di manufatti pregiudizievoli per l’igiene e la sicurezza,
quali risulterebbero le costruzioni edificate in violazione delle
disposizioni sulle distanze tra edifici di cui all’art. 9 d.m. n. 1444 cit.
Alla stregua delle considerazioni svolte, emerge l’infondatezza delle
censure incentrate sull’art. 9 L. n. 122/1989: detta disposizione, difatti,
da un lato, trova applicazione esclusivamente in relazione ai
parcheggi realizzati nel sottosuolo per l'intera altezza, dall’altro,
non può, comunque, giustificare una deroga incondizionata alla disciplina
urbanistica ed edilizia, specie qualora il rispetto delle ordinarie
previsioni dettate per l’edificazione sia volto a tutelare non soltanto le
esigenze di razionale sviluppo del territorio, ma anche quelle di tutela di
beni primari, quale certamente è la salute dei cittadini.
Pertanto, l’art. 9 L. n. 122/1989 non può essere invocato nella specie per
giustificare la legittima edificazione del manufatto per cui è controversia,
tenuto conto che:
- si fa questione di un parcheggio realizzato fuori terra, cui,
pertanto, non è applicabile l’art. 9 L. n. 122/1989;
- in ogni caso, si controverte in ordine al rispetto della
disciplina sulle distanze tra edifici di cui all’art. 9 d.m. n. 1444 cit.,
tendente ad evitare la realizzazione di intercapedini nocive per la salute e
l’igiene, beni giuridici primari che non possono essere posti in pericolo
avvalendosi delle facoltà derogatorie previste dall’art. 9 L. n. 122/1989 (Consiglio
di Stato, Sez. VI,
sentenza 27.07.2020 n. 4767 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: L’art.
9 della l. 24.03.1989 n. 122 (cd. legge Tognoli), che consente di realizzare
parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, solo se
essi sono realizzati nel sottosuolo per l’intera altezza, prevede una regola
che, ponendosi in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti
edilizi vigenti, è di stretta interpretazione e di rigorosa applicazione; di
guisa che la realizzazione di autorimesse e parcheggi, non totalmente al di
sotto del piano naturale di campagna, è soggetta alla disciplina urbanistica
dettata per le ordinarie nuove costruzioni fuori terra.
---------------
10. Attraverso il terzo motivo, l’interessata ha sostenuto che non vi
sarebbe alcun contrasto tra l’opera e le previsioni della legge n. 122 del
1989, come, per contro, ritenuto dall’Amministrazione; in particolare
l’appellante ha affermato che l’intervento è costituito da un box interrato
realizzabile anche in deroga alle previsioni degli strumenti urbanistici in
virtù dell’articolo 9 della legge n. 122 del 1989.
Tale contestazione è infondata.
Ed invero, con congrua motivazione, il Tar ha rilevato che il citato art. 9
consente di realizzare garage, anche in deroga agli strumenti urbanistici,
nel “sottosuolo degli edifici ovvero nei locali siti al piano terreno del
fabbricato”, “mentre il locale de quo in realtà risulta costruito con
muratura almeno parzialmente fuori terra”, cosicché, “tenuto conto
che non di box interrato si tratta e che tale ingombro volumetrico non
rispetta il limite di distanza di cui alla fascia di rispetto dalla strada
pubblica, deve convenirsi che l’eseguito intervento edilizio non è conforme
alla normativa recata dalla l. 122/1989 e tale circostanza, debitamente
evidenziata dal Comune è ragione sufficiente a giustificare il diniego di
sanatoria”.
A differenza di quanto sostenuto dall’appellante, è del tutto irrilevante
una comparazione tra il volume interrato e quello esterno, essendo
sufficiente per considerare l’opera abusiva la presenza di un ingombro
volumetrico fuori terra non rispettoso della distanza minima dalla strada
pubblica.
In proposito la giurisprudenza amministrativa ha affermato che “l’art. 9
della l. 24.03.1989 n. 122 (cd. legge Tognoli), che consente di realizzare
parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, solo se
essi sono realizzati nel sottosuolo per l’intera altezza, prevede una regola
che, ponendosi in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti
edilizi vigenti, è di stretta interpretazione e di rigorosa applicazione; di
guisa che la realizzazione di autorimesse e parcheggi, non totalmente al di
sotto del piano naturale di campagna, è soggetta alla disciplina urbanistica
dettata per le ordinarie nuove costruzioni fuori terra” (Consiglio di
Stato, sez. VI, sentenza 18.01.2019, n. 483; nello stesso senso cfr.
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenze 12.03.2013, n. 1480, e 16.04.2012, n.
2185).
Si tratta, infatti, di una norma, che ponendosi in deroga “agli strumenti
urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti”, è di stretta
interpretazione e di rigorosa applicazione, per cui essa opera solo ed
esclusivamente nel caso in cui il garage sia totalmente realizzato al di
sotto dell’originario piano naturale di campagna, senza alcuna soglia di
tolleranza e a prescindere dalla altezza fuori terra del box (Consiglio
di Stato, Sez. II,
sentenza 07.07.2020 n. 4357 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: L’art.
9, comma 1, della l. 122/1989 prevede che “I proprietari di immobili possono
realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano
terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle singole
unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai
regolamenti edilizi vigenti. Tali parcheggi possono essere realizzati, ad
uso esclusivo dei residenti, anche nel sottosuolo di aree pertinenziali
esterne al fabbricato, purché non in contrasto con i piani urbani del
traffico, tenuto conto dell'uso della superficie sovrastante e
compatibilmente con la tutela dei corpi idrici. Restano in ogni caso fermi i
vincoli previsti dalla legislazione in materia paesaggistica ed ambientale
ed i poteri attribuiti dalla medesima legislazione alle regioni e ai
Ministeri dell'ambiente e per i beni culturali ed ambientali da esercitare
motivatamente nel termine di 90 giorni”.
Tali disposizioni, quanto alla realizzazione dei parcheggi sotterranei in
questione, prevedono una deroga molto ampia alle norme urbanistiche, ma non
una deroga totale e incondizionata, comprendendosi quindi perché la
giurisprudenza la consideri norma di stretta interpretazione.
Esse, in particolare, fanno salve la tutela dei corpi idrici e i vincoli in
materia paesaggistica ed ambientale, e ciò si comprende osservando che, in
linea di fatto, lo scavo eseguito per realizzare un’opera interrata presenta
evidenti rischi per la stabilità del suolo.
Risulta quindi evidente, data la logica della norma, come essa non consenta
deroghe ai vincoli di tal tipo, anche se posti a rigore non direttamente
dalla normativa statale, ma dalla pianificazione comunale ad essa conforme
(sul principio per cui i vincoli fatti salvi dall’art. 9 l. 122/1989 siano
non soltanto quelli previsti dalla legge dello Stato in via diretta, già C.
cost. 27.07.1989, n. 459).
---------------
5. Il terzo motivo di appello, centrato sulla prospettata
derogabilità dell’art. 14 delle norme di PUC da parte del citato art. 9
della l. 122/1989 quanto alla sola autorimessa, è infine a sua volta
infondato.
5.1 Anche in questo caso, è necessaria una precisazione.
La sentenza di primo grado impugnata, come si deduce dalla sua motivazione,
si esprime sul punto a titolo di obiter, dato che introduce il
discorso sul punto con la frase “pur dinanzi alla sufficienza di quanto
sin qui considerato in termini di impossibilità di accoglimento del gravame”
e soprattutto perché sull’eventuale illegittimità dell’art. 14 delle norme
del PUC nella parte in cui proibisce di realizzare parcheggi interrati
nell’area considerata si esprime in modo ipotetico, affermando come “la
norma di piano… possa rischiare di scontrarsi” con quella statale.
5.2 Peraltro, l’appellante, che aveva sollevato la questione con apposito
motivo in primo grado, la ha riproposta in questa sede, e ciò comporta che
la si debba esaminare, appunto ipotizzando la natura scindibile
dell’intervento quanto all’autorimessa.
In tali termini, le difese qualificate dal Comune come l’appello incidentale
sul punto -appello che sarebbe stato inammissibile come tale, mancando una
statuizione da impugnare sul punto da parte della sentenza di primo grado-
vanno qualificate come difese a fronte del terzo motivo in esame, e come
tali valutate.
5.3 Ciò premesso, il motivo è infondato.
L’art. 9 comma 1 della l. 122/1989 prevede che “I proprietari di immobili
possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al
piano terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle
singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai
regolamenti edilizi vigenti. Tali parcheggi possono essere realizzati, ad
uso esclusivo dei residenti, anche nel sottosuolo di aree pertinenziali
esterne al fabbricato, purché non in contrasto con i piani urbani del
traffico, tenuto conto dell'uso della superficie sovrastante e
compatibilmente con la tutela dei corpi idrici. Restano in ogni caso fermi i
vincoli previsti dalla legislazione in materia paesaggistica ed ambientale
ed i poteri attribuiti dalla medesima legislazione alle regioni e ai
Ministeri dell'ambiente e per i beni culturali ed ambientali da esercitare
motivatamente nel termine di 90 giorni”.
Tali disposizioni, quanto alla realizzazione dei parcheggi sotterranei in
questione, prevedono una deroga molto ampia alle norme urbanistiche, ma non
una deroga totale e incondizionata, comprendendosi quindi perché la
giurisprudenza –per tutte, C.d.S. sez. IV 16.04.2012, n. 2185- la consideri
norma di stretta interpretazione.
Esse in particolare fanno salve la tutela dei corpi idrici e i vincoli in
materia paesaggistica ed ambientale, e ciò si comprende osservando che, in
linea di fatto, lo scavo eseguito per realizzare un’opera interrata presenta
evidenti rischi per la stabilità del suolo.
Risulta quindi evidente, data la logica della norma, come essa non consenta
deroghe ai vincoli di tal tipo, anche se posti a rigore non direttamente
dalla normativa statale, ma dalla pianificazione comunale ad essa conforme
(sul principio per cui i vincoli fatti salvi dall’art. 9 l. 122/1989 siano
non soltanto quelli previsti dalla legge dello Stato in via diretta, già C.
cost. 27.07.1989, n. 459).
La tesi sostenuta dal Comune va quindi condivisa, sicché vanno respinte le
censure proposte avverso l’art. 14, nella parte in cui vieta i parcheggi
sotterranei in zona.
5.4 Per le ragioni che precedono, va respinto anche il terzo profilo dedotto
nel secondo motivo di appello, perché la norma sulla distanza degli scavi di
cui all’art. 14.4 è ispirata alla stessa logica di difesa dei suoli (Consiglio
di Stato, Sez. IV,
sentenza 03.02.2020 n. 847 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: La
realizzazione di autorimesse e parcheggi, ai sensi dell'art. 9, comma 1, l.
24/03/1989 n. 122, è condizionata dal fatto che questi siano realizzati nel
sottosuolo per l'intera altezza, opera cioè solo nel caso in cui, i
parcheggi da destinare a pertinenza di singole unità immobiliari, siano
totalmente al di sotto dell'originario piano naturale di campagna. Di
conseguenza, qualora non si rispetti tale condizione, la realizzazione di
un'autorimessa non può dirsi realizzata nel sottosuolo, per cui in tali casi
si applica la disciplina urbanistica dettata per le ordinarie nuove
costruzioni fuori terra dal piano regolatore generale.
È stato infatti chiarito che: “l'art. 9 della l. 24.03.1989 n. 122 (cd.
legge Tognoli), che consente di realizzare parcheggi da destinare a
pertinenza delle singole unità immobiliari, solo se essi sono realizzati nel
sottosuolo per l'intera altezza, prevede una regola che, ponendosi in deroga
agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti, è stretta
interpretazione e di rigorosa applicazione; di guisa che la realizzazione di
autorimesse e parcheggi, non totalmente al di sotto del piano naturale di
campagna, è soggetta alla disciplina urbanistica dettata per le ordinarie
nuove costruzioni fuori terra”.
---------------
1.1. Ma.Ep. è proprietario di un immobile in comune di Scanzorosciate
(Bergamo), posto in prossimità alla proprietà di Pi.Li., dove quest’ultimo,
il 16.03.1990, aveva ottenuto dal Comune la concessione edilizia n. 50/90,
la quale prevedeva, secondo il progetto, la realizzazione di quattro
autorimesse interrate, in deroga allo strumento urbanistico, ma in
conformità all’art. 9, I comma, seconda parte, della l. 24.03.1989, n. 122,
per cui “I proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo
degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati
parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche
in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti. Tali
parcheggi possono essere realizzati, ad uso esclusivo dei residenti, anche
nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato”.
1.2. Il Li. costruì tuttavia cinque autorimesse, parzialmente fuori terra, e
lo Ep. presentò allora un esposto al Comune, il cui articolato seguito
trovava conclusione solo con la nota 22.11.2010, nella quale l’Ente
informava l’istante di aver rilasciato, per l’abuso accertato, il permesso
di costruire in sanatoria 22.11.2010, prot. n. 4683/08.
1.3. È seguito il ricorso in esame: nel relativo giudizio né
l’Amministrazione, né il controinteressato si sono costituiti, pur
ritualmente intimati.
2.1. Il primo motivo è rubricato nella violazione dell’art. 9 l.
122/1989, prima citato, e nell’eccesso di potere per difetto di motivazione.
2.2. Risulta dalla documentazione in atti che il Li. aveva presentato una
domanda di permesso di costruire in sanatoria, favorevolmente esaminata
dalla locale commissione edilizia sin dal 27.05.2008, che rinviava al
parere, espresso dal consulente legale del Comune il precedente 28.04.2008:
quest’ultimo atto, riconosciuto che “la difformità consiste nel fatto che
dette autorimesse sono seminterrate anziché totalmente interrate” si era
espresso nel senso che potesse essere emessa la sanatoria, in quanto la
giurisprudenza amministrativa avrebbe teso ad estendere la previsione, di
cui al ripetuto art. 9, applicandola appunto anche ai garage parzialmente
interrati.
2.3. Il ricorrente nega la legittimità di tale estensione, e con piena
ragione, ad avviso del Collegio.
Invero, fermo restando che in specie le opere realizzate non sono certamente
interamente sotterranee, secondo la prevalente e condivisibile
giurisprudenza «la realizzazione di autorimesse e parcheggi, ai sensi
dell'art. 9, comma 1, l. 24/03/1989 n. 122, è condizionata dal fatto che
questi siano realizzati nel sottosuolo per l'intera altezza, opera cioè solo
nel caso in cui, i parcheggi da destinare a pertinenza di singole unità
immobiliari, siano totalmente al di sotto dell'originario piano naturale di
campagna. Di conseguenza, qualora non si rispetti tale condizione, la
realizzazione di un'autorimessa non può dirsi realizzata nel sottosuolo, per
cui in tali casi si applica la disciplina urbanistica dettata per le
ordinarie nuove costruzioni fuori terra dal piano regolatore generale (cfr.
Cons. St., Sez. V, 12.03.2013, n. 1480).
È stato infatti chiarito (Cons. Stato, sez. IV, 16.04.2012, n. 2185) che:
“l'art. 9 della l. 24.03.1989 n. 122 (cd. legge Tognoli), che consente di
realizzare parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità
immobiliari, solo se essi sono realizzati nel sottosuolo per l'intera
altezza, prevede una regola che, ponendosi in deroga agli strumenti
urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti, è stretta interpretazione e
di rigorosa applicazione; di guisa che la realizzazione di autorimesse e
parcheggi, non totalmente al di sotto del piano naturale di campagna, è
soggetta alla disciplina urbanistica dettata per le ordinarie nuove
costruzioni fuori terra”» (così, in motivazione, C.d.S., VI, 18.01.2019,
n. 483; conf. a dimostrazione della risalenza dell’orientamento, id. IV,
11.11.2006, n. 6065; id. V, 29.03.2004, n. 1662).
3. Il ricorso va pertanto accolto, con assorbimento delle ulteriori censure,
e annullato il provvedimento di sanatoria (TAR Lombardia-Brescia, Sez. I,
sentenza 27.01.2020 n. 66 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2019 |
|
EDILIZIA PRIVATA:
Va ricordato il susseguirsi della legislazione
urbanistica in materia di spazi destinati a parcheggi
privati, in complessi condominiali di nuova costruzione,
incidenti sulla limitazione dell'autonomia privata in ordine
alle dimensioni minime di tali spazi e al regime di
circolazione; legislazione che ha dato luogo a plurime tipologie di
parcheggio, assoggettate a
regimi giuridici differenziati tra di loro e cioè:
a) parcheggi
soggetti ad un vincolo
pubblicistico di destinazione, produttivo di un diritto
reale d'uso in favore dei
condomini e di un vincolo pertinenziale ex lege che non ne
esclude l'alienabilità
separatamente dall'unità immobiliare, disciplinati dall'art.
18 della legge n. 765
del 1967 (art. 41-sexies della legge n. 1150 del 1942), su
cui è intervenuto l'art.
26, ult. comma, L. 28.02.1985, n. 47, secondo cui tali
spazi costituiscono
pertinenze delle costruzioni stesse, ai sensi e per gli
effetti degli arti. 817 ed 818
c.c.;
b) parcheggi soggetti al vincolo pubblicistico
d'inscindibilità con l'unità
immobiliare, introdotti dall'art. 2 della l. n. 122 del
1989, assoggettati ad un
regime di circolazione controllata e di utilizzazione
vincolata e,
conseguentemente non trasferibili autonomamente;
c)
parcheggi non rientranti
nelle due specie sopra illustrate, perché realizzati in
eccedenza rispetto agli spazi
minimi inderogabilmente richiesti dalla disciplina normativa
pubblicistica, ad
utilizzazione e a circolazione libera;
d) parcheggi disciplinati dall'art. 12, comma 9, della l. n.
246 del 2005 di definitiva liberalizzazione del regime di
circolazione e trasferimento delle aree destinate a
parcheggio ma con esclusivo riferimento al futuro, ovvero
alle costruzioni non ancora realizzate e a quelle per le
quali non sia ancora intervenuta la stipulazione delle
vendite delle singole unità immobiliari, al momento della
sua entrata in vigore.
---------------
11. La questione centrale, comune ad entrambi i ricorsi,
ruota attorno al
titolo sulla base del quale Cr.Da. aveva
conseguito, nel dicembre
2010, la disponibilità del garage (in aggiunta a quella
dell'appartamento),
dipendendo da esso la debenza oppure no di un canone di
locazione maggiorato,
o più precisamente: diverso da quello inizialmente pattuito
per la sola locazione
dell'appartamento.
La Corte territoriale, sul presupposto che per concedere in
locazione il box
auto in aggiunta all'immobile locato e per pretendere sulla
base di esso una
maggiorazione del canone locativo inizialmente pattuito
sarebbe stato
necessario rinnovare il contratto di locazione stipulato
originariamente, aveva
concluso che, in difetto della novazione del contratto, le
prestazioni delle parti
dovevano continuare ad essere regolate dal contratto già in
essere e che il
garage doveva intendersi indebitamente occupato da Cr.Da..
Per la ricorrente principale, la disponibilità del
garage/box auto sarebbe stata
ottenuta sulla scorta di un contratto di comodato gratuito
stipulato verbalmente;
altrimenti, posto che il garage doveva considerarsi
pertinenza dell'immobile di
civile abitazione già locato, il relativo contratto avrebbe
dovuto essere stipulato
per iscritto a pena di nullità.
Secondo la ricorrente incidentale, invece, il godimento del
garage sarebbe
stato concesso attraverso un contratto stipulato ad hoc, un
contratto di locazione
ad uso non abitativo, valido ed efficace perché non soggetto
ad oneri formali ex
lege, diversamente dal contratto di locazione di immobili ad
uso abitativo.
12. Va osservato che in ordine alla possibilità di locare
separatamente
l'appartamento rispetto al box auto si sono formati più
orientamenti.
12.1. Secondo il primo, tra l'appartamento ed il box auto è
presumibile la
ricorrenza di un vincolo pertinenziale qualora tali immobili
appartengano allo
stesso proprietario, siano ubicati nel medesimo edificio,
siano concessi in
locazione allo stesso conduttore, anche se con separati
contratti, ed il posto auto
risulti destinato a soddisfare le esigenze abitative di chi
sia alloggiato
nell'appartamento locato.
L'accertamento della sussistenza del vincolo pertinenziale
va effettuato con
riferimento alla sola "condizione oggettiva" della
destinazione a servizio del bene
principale, dato che non risulta necessario verificare
l'effettiva volontà di
destinazione da parte del proprietario del bene principale
(Cass. 12/10/1998, n.
10080; Cass. 15/01/1997, n. 370; Cass. 25/02/1994, n. 1931).
12.2. Il secondo indirizzo giurisprudenziale ritiene
indispensabile la
ricorrenza di un vincolo pertinenziale perfetto, per
integrare il quale occorre, ai
sensi e per gli effetti degli art. 817 e 818 c.c., che
sussista oltre all'elemento
oggettivo, costituito dalla naturale attitudine di un bene
al miglior godimento
dell'altro, anche l'elemento soggettivo, consistente in un
atto volontario, non
necessariamente espresso, purché univoco, del proprietario
del bene principale
volto a destinare al servizio di questo l'altro bene di cui
abbia piena disponibilità
(cfr. Cass. 20/01/2015, n. 869; Cass. 03/12/1998, n. 12254).
12.3. Il terzo orientamento, definibile compromissorio,
giudica sì necessario
che tra l'appartamento e l'autorimessa ricorra un nesso di
pertinenza perfetto
anche sotto il profilo soggettivo, ma sottolinea la
preminente rilevanza ricoperta
dal momento "oggettivo", rappresentato dall'ubicazione dei
due immobili nello stesso edificio, dalla loro appartenenza
al medesimo proprietario, dalla
concessione in godimento al medesimo conduttore: elementi, i
quali integrano
gli estremi di una presunzione iuris tantum circa
l'esistenza di un vincolo
pertinenziale perfetto tra i due beni (Cass. 15/01/2007, n.
638; Cass.
19/03/1985, n. 2026; Cass. 05/03/1984, n. 1528).
12.4. Ancora diversa è la prospettiva, cui dimostra di aver
aderito il giudice a quo, secondo la quale la "successiva" concessione in
godimento, da parte del
medesimo locatore di un appartamento, dell'autorimessa
situata nello stesso
stabile, non è circostanza idonea a configurare la
ricorrenza di un vincolo
pertinenziale perfetto secondo lo schema legale tipico di
cui all'art. 817 c.c.,
poiché è invece necessaria la dimostrazione dell'intervenuta
novazione del
contratto originario in un unico rapporto locatizio avente
ad oggetto i due beni:
così Cass. 17/12/1985, n. 6412.
La Corte regolatrice
ritenne, in tale pronuncia,
che "di norma sussiste solo un generico collegamento
funzionale fra gli alloggi e
le altre unità immobiliari comprese nel medesimo stabile
(autorimesse, cantine,
soffitte) perché destinate, nei programmi del proprietario e
nei disegni del
progettista a rendere più intenso e completo l'uso e il
godimento degli alloggi
che rappresentano l'oggetto principale offerto in vendita
ovvero in locazione. E'
evidente, sul piano pratico, che la possibilità di avere a
disposizione locali
accessori, da un lato, è un incentivo all'acquisto o alla
locazione dell'alloggio
(ovvero dell'appartamento adibito ad uso di ufficio) e,
dall'altro, consente al
proprietario di aspirare ad un più elevato corrispettivo".
La corresponsione di un corrispettivo più elevato, frutto
della concessione in
godimento anche del garage in aggiunta all'alloggio, non
basta a far ritenere il
secondo contratto, relativo al garage, sottoposto alle
medesime regole del
primo, salvo che si accerti che all'iniziale contratto
avente ad oggetto l'immobile
adibito ad abitazione, sia succeduto "un unico rapporto locatizio relativo al due
immobili perché solo all'esito di tale indagine si potrà
stabilire quali siano la
scadenza ed il canone dell'unico contratto ovvero le
distinte scadenze e pigioni
dei due contratti".
12.5. Per completezza, va ricordato il susseguirsi della
legislazione
urbanistica in materia di spazi destinati a parcheggi
privati, in complessi condominiali di nuova costruzione,
incidenti sulla limitazione dell'autonomia
privata in ordine alle dimensioni minime di tali spazi e al
regime di circolazione;
legislazione che ha dato luogo a plurime tipologie di
parcheggio, assoggettate a
regimi giuridici differenziati tra di loro:
a) parcheggi
soggetti ad un vincolo
pubblicistico di destinazione, produttivo di un diritto
reale d'uso in favore dei
condomini e di un vincolo pertinenziale ex lege che non ne
esclude l'alienabilità
separatamente dall'unità immobiliare, disciplinati dall'art.
18 della legge n. 765
del 1967 (art. 41-sexies della legge n. 1150 del 1942), su
cui è intervenuto l'art.
26, ult. comma, L. 28.02.1985, n. 47, secondo cui tali
spazi costituiscono
pertinenze delle costruzioni stesse, ai sensi e per gli
effetti degli arti. 817 ed 818
c.c.;
b) parcheggi soggetti al vincolo pubblicistico
d'inscindibilità con l'unità
immobiliare, introdotti dall'art. 2 della l. n. 122 del
1989, assoggettati ad un
regime di circolazione controllata e di utilizzazione
vincolata e,
conseguentemente non trasferibili autonomamente;
c)
parcheggi non rientranti
nelle due specie sopra illustrate, perché realizzati in
eccedenza rispetto agli spazi
minimi inderogabilmente richiesti dalla disciplina normativa
pubblicistica, ad
utilizzazione e a circolazione libera;
d) parcheggi
disciplinati dall'art. 12, comma
9, della l. n. 246 del 2005 di definitiva liberalizzazione
del regime di circolazione
e trasferimento delle aree destinate a parcheggio ma con
esclusivo riferimento
al futuro, ovvero alle costruzioni non ancora realizzate e a
quelle per le quali non
sia ancora intervenuta la stipulazione delle vendite delle
singole unità
immobiliari, al momento della sua entrata in vigore (Cass.
01/08/2008, n.
21003).
12.6. Non disponendo di dati relativi al regime giuridico
applicabile allo
spazio in oggetto e non essendo stata la questione sollevata
in giudizio deve
ritenersi che il garage fosse liberamente disponibile, con
la conseguenza che
per esso non valevano i criteri di risoluzione delle
possibili interferenze tra il
regolamento di interessi attuato dall'autonomia negoziale
dei privati e la
destinazione impressa inderogabilmente ad alcune aree dalla
legislazione
urbanistica, in nome del superiore interesse pubblico alla
cui tutela quest'ultima
è finalizzata.
Se sull'area utilizzata come garage fosse stato pendente un
vincolo di
destinazione inderogabile, infatti, esso si sarebbe risolto
in un nesso di
pertinenzialità necessaria con l'unità abitativa, tale da
restringere l'ambito di
liceità degli atti dispositivi dei privati.
Giova ricordare che l'eventuale ricorrenza di un vincolo di
destinazione, pur
introdotto con una norma meramente precettiva, non
accompagnata da alcuna
sanzione specifica ed inserita in un complesso normativo
disciplinante un settore
pubblicistico come l'urbanistica, incide nei rapporti tra
privati, poiché è
espressione di una legislazione che riveste natura
inderogabile ed imperativa che
impone tra spazio per parcheggio ed appartamento una
relazione che ha
connotazione di necessità e di necessaria permanenza, del
tutto sottratta alla
disponibilità dei privati (Cass., Sez. un., 17/12/1984, nn.
6600, 6601, 6602).
Per Cass. 21/07/2007, n. 16172 e Cass. 24/07/2007, n. 16312,
in forza
dell'art. 26 della legge 28.02.1985, n. 47, si è
creato "un vincolo
pubblicistico di destinazione tra l'appartamento e il box
rispetto all'appartamento
che non può essere spezzato da atti di autonomia privata, e
che incide, per la
sua natura cogente e inderogabile, anche nei rapporti
intersoggettivi di diritto
privato, tra cui quelli di locazione, sicché ne consegue, in
caso di locazione, con
separati contratti, dell'appartamento e del box al medesimo
conduttore (come
nella specie), l'assoggettamento, ai sensi dell'art. 818
cod. civ., della cosa
accessoria (il box) al regime locativo della cosa principale
(l'appartamento)".
Il che significa che sarebbe del tutto superfluo indagare la
ricorrenza del
momento soggettivo, cioè verificare se ricorra la volontà
del proprietario di
determinare un rapporto pertinenziale tra i due immobili
locati, atteso che il
vincolo dell'immobile accessorio al servizio di quello
principale è prescritto dalla
norma imperativa, da cui dipende l'automatica estensione
agli spazi di
parcheggio del medesimo regime locativo previsto per gli
appartamenti, anche nel caso in cui siano diversi e distinti
i contratti conclusi per le suddette unità (Corte
di Cassazione, Sez. III civile,
sentenza 07.11.2019 n. 28615). |
EDILIZIA PRIVATA: La
realizzazione di autorimesse e parcheggi, ai sensi dell'art. 9 comma 1 della
L. n. 122/1989, è condizionata dal fatto che questi siano realizzati nel
sottosuolo per l'intera altezza; opera cioè solo nel caso in cui, i
parcheggi da destinare a pertinenza di singole unità immobiliari, siano
totalmente al di sotto dell'originario piano naturale di campagna.
Di conseguenza, qualora non si rispetti tale condizione, la realizzazione di
un'autorimessa non può dirsi realizzata nel sottosuolo, per cui in tali casi
si applica la disciplina urbanistica dettata per le ordinarie nuove
costruzioni fuori terra dal piano regolatore generale.
---------------
10.6. Da ultimo, non risulta parimenti meritevole di pregio la tesi
dell’appellante secondo cui, in virtù dell’art. 9 l. n. 122/1989 (cd. legge
Tognoli), sarebbe legittima la realizzazione del piano a destinazione
garage, essendo pertinenza della unità immobiliare, per tale motivo
realizzabile anche in contrasto con strumenti urbanistici.
Al riguardo rileva l’orientamento giurisprudenziale, che questa Sezione
condivide, secondo cui “la realizzazione di autorimesse e parcheggi, ai
sensi dell'art. 9, comma 1, della L. n. 122/1989, è condizionata dal fatto
che questi siano realizzati nel sottosuolo per l'intera altezza; opera cioè
solo nel caso in cui, i parcheggi da destinare a pertinenza di singole unità
immobiliari, siano totalmente al di sotto dell'originario piano naturale di
campagna. Di conseguenza, qualora non si rispetti tale condizione, la
realizzazione di un'autorimessa non può dirsi realizzata nel sottosuolo, per
cui in tali casi si applica la disciplina urbanistica dettata per le
ordinarie nuove costruzioni fuori terra dal piano regolatore generale” (Cons.
Stato, Sez. VI, 04.02.2019, n. 846; cfr. Cons. St., sez. V, 12.03.2013, n.
1480; sez. IV, 16.04.2012, n. 2185) (Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 17.09.2019 n. 6195 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
L'ordinamento contempla diverse tipologie di parcheggi,
caratterizzati da regimi giuridici differenziati, e cioè:
a) i parcheggi disciplinati dall'art. 18 della legge n. 765 del
1967 (art. 41-sexies della legge n. 1150 del 1942), soggetti
ad un vincolo pubblicistico di destinazione, produttivo di
un diritto reale d'uso in favore dei condomini e di un
vincolo pertinenziale "ex lege", che non ne impedisce
l'autonoma alienazione rispetto alle singole unità
immobiliari;
b) i parcheggi che, ai sensi dell'art. 2, L. 122/1989, sono
sottoposti ad un regime di circolazione controllata e di
utilizzazione vincolata che ne impedisce la vendita
separatamente dalle singole unità immobiliari di cui
costituiscano pertinenza;
c) i parcheggi non rientranti nelle due categoria sopra illustrate,
perché realizzati in eccedenza rispetto agli spazi minimi
inderogabilmente richiesti dalla disciplina normativa
pubblicistica, che sono, quindi, liberamente alienabili;
d) i parcheggi disciplinati dall'art. 12, comma nono, L. 246/2005
sottoposti ad un regime di definitiva liberalizzazione
quanto alla circolazione e al trasferimento delle aree, sia
pure solo con riferimento alle costruzioni non ancora
realizzate e a quelle per le quali non fosse ancora
intervenuta la vendite delle singole unità immobiliari al
momento dell'entrata in vigore della normativa.
L'art. 9, L. 122/1989 (nella formulazione vigente ratione
temporis), prevedendo la nullità assoluta della cessione
separata dell'autorimessa ha dunque introdotto un vincolo
pubblicistico d'inscindibilità sia per i parcheggi edificati nel medesimo
fabbricato sia per quelli collocati in aree "pertinenziali
esterne", volendosi scoraggiare eventuali attività
speculative da parte dei costruttori che abbiano beneficiato
di particolari deroghe ed agevolazioni.
Anche i parcheggi realizzati in "aree pertinenziali
esterne" devono essere posti a servizio di specifiche e
già individuate unità immobiliari così da assicurare in
concreto l'esistenza di una relazione pertinenziale, pur non
richiedendosi un'immediata contiguità fisica tra il
fabbricato principale e l'area asservita.
---------------
4. Il quarto motivo denuncia la violazione dell'art.
9, L. 122/1989, ai sensi dell'art. 360, comma primo, n. 3
c.p.c. e l'omesso esame di un fatto decisivo, in relazione
all'art. 360, comma primo, n. 5 c.p.c., sostenendo che il
vincolo pertinenziale non poteva essere esteso a tutti gli
immobili ricompresi in un raggio di 500 mt., poiché
l'autorimessa era stata realizzata in attuazione della
convenzione di lottizzazione che ne prevedeva o la
destinazione a servizio delle sole unità immobiliari
compresi nel lotto n. 1, come era attestato anche dalla
relazione tecnica depositata presso il Comune e dai rilievi
sollevati dalla Commissione edilizia.
A parere del ricorrente, l'art. 9, L. 122/1989 commina la
nullità di qualsiasi atto negoziale diretto ad eludere il
vincolo pertinenziale del parcheggio rispetto alle unità
immobiliari già esistenti, senza affatto consentirne la
libera alienazione in elusione della normativa speciale.
Il motivo è infondato.
Giova considerare che, come già ritenuto da questa Corte,
l'ordinamento contempla diverse tipologie di parcheggi,
caratterizzati da regimi giuridici differenziati, e cioè:
a) i parcheggi disciplinati dall'art. 18 della legge n. 765 del
1967 (art. 41-sexies della legge n. 1150 del 1942), soggetti
ad un vincolo pubblicistico di destinazione, produttivo di
un diritto reale d'uso in favore dei condomini e di un
vincolo pertinenziale "ex lege", che non ne impedisce
l'autonoma alienazione rispetto alle singole unità
immobiliari;
b) i parcheggi che, ai sensi dell'art. 2, L. 122/1989, sono
sottoposti ad un regime di circolazione controllata e di
utilizzazione vincolata che ne impedisce la vendita
separatamente dalle singole unità immobiliari di cui
costituiscano pertinenza;
c) i parcheggi non rientranti nelle due categoria sopra illustrate,
perché realizzati in eccedenza rispetto agli spazi minimi
inderogabilmente richiesti dalla disciplina normativa
pubblicistica, che sono, quindi, liberamente alienabili;
d) i parcheggi disciplinati dall'art. 12, comma nono, L. 246/2005
sottoposti ad un regime di definitiva liberalizzazione
quanto alla circolazione e al trasferimento delle aree, sia
pure solo con riferimento alle costruzioni non ancora
realizzate e a quelle per le quali non fosse ancora
intervenuta la vendite delle singole unità immobiliari al
momento dell'entrata in vigore della normativa.
L'art. 9, L. 122/1989 (nella formulazione vigente ratione
temporis), prevedendo la nullità assoluta della cessione
separata dell'autorimessa ha dunque introdotto un vincolo
pubblicistico d'inscindibilità (Cass. 21003/2008; Cass.
26.09.2017 n. 22364) sia per i parcheggi edificati nel medesimo
fabbricato sia per quelli collocati in aree "pertinenziali
esterne", volendosi scoraggiare eventuali attività
speculative da parte dei costruttori che abbiano beneficiato
di particolari deroghe ed agevolazioni (Cass. 21003/2008).
Anche i parcheggi realizzati in "aree pertinenziali
esterne" devono essere posti a servizio di specifiche e
già individuate unità immobiliari così da assicurare in
concreto l'esistenza di una relazione pertinenziale (Cass.
pen. 26327/2009 e Cass. pen. 45068/2011), pur non
richiedendosi un'immediata contiguità fisica tra il
fabbricato principale e l'area asservita (cfr. testualmente,
Consiglio di Stato 2116/2016; Consiglio di Stato 1272/2014).
Nel caso in esame, è decisivo considerare che però la
costituzione del vincolo pertinenziale, sebbene esteso
genericamente a vantaggio di tutti gli immobili compresi in
un raggio di mt. 500, non ha in alcun modo pregiudicato le
ragioni del ricorrente, poiché, come ha stabilito la
sentenza impugnata, del vincolo hanno in concreto tratto
vantaggio tutti gli immobili compresi nell'area lottizzata
ed anzi quelli ricadenti nel lotto n. 1 risultano tra i
primi ad averne beneficiato (cfr. sentenza pag. 12).
Non sussisteva quindi alcun concreto interesse a dolersi
delle disposizioni adottate che, a prescindere dallo loro
legittimità, non hanno leso le ragioni del Sa. (Corte
di Cassazione, Sez. II civile,
sentenza 30.07.2019 n. 20536). |
EDILIZIA PRIVATA:
La legge n. 122/1989, nell'innovare la
disciplina dei parcheggi (anche ex art. 2, comma 2, incrementando la misura
minima obbligatoria di parcheggi pertinenziali nei nuovi edifici -il
rapporto di 1mq/20mc stabilito inizialmente dall'art. 41, comma 1, della legge
1150/1942 nel testo aggiunto dall'art. 18 della legge 06.08.1967 n. 765 è
stato portato a 1mq/10mc- e nello stabilire all'art. 9, comma 1, il principio
secondo cui i parcheggi pertinenziali possono essere realizzati anche in
deroga agli strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi vigenti),
all'art. 11, comma 1, ha equiparato i parcheggi pertinenziali alle opere di
urbanizzazione anche per quanto riguarda la gratuità del titolo edilizio.
I parcheggi pertinenziali sono stati quindi complessivamente qualificati
come opere di urbanizzazione e quindi a tutti (e non già soltanto a quelli
previsti per la fruizione collettiva) è stato riconosciuto un rilievo
pubblico.
Tanto premesso va condivisa la tesi per cui la gratuità non va estesa anche
ai parcheggi pertinenziali che eccedono la misura minima di legge, atteso
che, in carenza di una espressa disposizione di legge in tal senso la
interpretazione teleologica consente di affermare che la qualificazione dei
parcheggi pertinenziali come opere di urbanizzazione ex art. 11 comma 1
della legge 122/1989 debba rimanere circoscritta entro i confini tracciati
dall'art. 41-sexies, comma 1, della legge 1150/1942 (di guisa che per i
parcheggi eccedenti il "tetto" di dotazione obbligatoria trova
applicazione il disposto di cui al D.M. di riferimento.
Pertanto, il pagamento di tale contributo va commisurato, come correttamente
operato dagli uffici comunali, alle superfici a parcheggio realizzate in
eccedenza rispetto allo standard minimo di legge.
---------------
Relativamente alla questione principale, ovvero i parcheggi pertinenziali
eccedenti il minimo di legge, parte ricorrente sostiene di aver soddisfatto
una richiesta dell’amministrazione comunale, che d’altro canto ha rispettato
le disposizioni di legge alla luce del progetto proposto dalla stessa
ricorrente.
In punto di diritto, relativamente alla questione principale va richiamato
l’orientamento secondo cui la legge n. 122/1989, nell'innovare la
disciplina dei parcheggi (anche ex art. 2, comma 2, incrementando la misura
minima obbligatoria di parcheggi pertinenziali nei nuovi edifici -il
rapporto di 1mq/20mc stabilito inizialmente dall'art. 41, comma 1, della legge
1150/1942 nel testo aggiunto dall'art. 18 della legge 06.08.1967 n. 765 è
stato portato a 1mq/10mc- e nello stabilire all'art. 9, comma 1, il principio
secondo cui i parcheggi pertinenziali possono essere realizzati anche in
deroga agli strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi vigenti),
all'art. 11, comma 1, ha equiparato i parcheggi pertinenziali alle opere di
urbanizzazione anche per quanto riguarda la gratuità del titolo edilizio.
I parcheggi pertinenziali sono stati quindi complessivamente qualificati
come opere di urbanizzazione e quindi a tutti (e non già soltanto a quelli
previsti per la fruizione collettiva) è stato riconosciuto un rilievo
pubblico.
Tanto premesso va condivisa la tesi per cui la gratuità non va estesa anche
ai parcheggi pertinenziali che eccedono la misura minima di legge, atteso
che, in carenza di una espressa disposizione di legge in tal senso la
interpretazione teleologica consente di affermare che la qualificazione dei
parcheggi pertinenziali come opere di urbanizzazione ex art. 11 comma 1
della legge 122/1989 debba rimanere circoscritta entro i confini tracciati
dall'art. 41-sexies, comma 1, della legge 1150/1942 (di guisa che per i
parcheggi eccedenti il "tetto" di dotazione obbligatoria trova applicazione
il disposto di cui al D.M. di riferimento (cfr. Cons. St. sez. IV. n.
6033/2012).
Pertanto, il pagamento di tale contributo va commisurato, come correttamente
operato dagli uffici comunali, alle superfici a parcheggio realizzate in
eccedenza rispetto allo standard minimo di legge.
Ne consegue l’infondatezza delle censure sviluppate in ricorso che di
conseguenza va respinto
(TAR Veneto, Sez. II,
sentenza 30.07.2019 n. 898 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Sulla
realizzazione di box ex lege 122/1989 e sulla loro pertinenzialità
delle singole unità immobiliari.
La disciplina dell'art. 9 l. n. 122/1989 va interpretata
rigorosamente in considerazione delle finalità della legge nel cui contesto
risulta inserita.
In particolare occorre interpretare la nozione di “pertinenzialità”
in modo tale da non legittimare qualsiasi operazione di edificazione di
parcheggi anche quando sia scollegata ab origine dalla fruizione di
unità immobiliare residenziali (cfr. sul punto, ad es., Cass., Sez. III pen.,
05.12.2011, n. 45068 e 18.03.2009, n. 26327, secondo le quali la
realizzazione di parcheggi in forza del regime agevolato previsto dalla L.
n. 122 del 1989, art. 9 può anche avvenire ad opera di terzi e in aree anche
non limitrofe a quelle ove insistono gli immobili, sempre peraltro “a
condizione che detti immobili siano individuati al momento di presentazione
della d.i.a. così da assicurare in concreto l'esistenza di una relazione
pertinenziale tra i parcheggi e le singole unità e da escludere che si versi
in ipotesi di iniziativa speculativa, ipotesi soggetta all'ordinaria
disciplina urbanistica ed edilizia”).
Risulta in ogni caso incontrovertibile che agli effetti dell’applicazione
della disciplina di cui all’art. 9 della l. 122 del 1989 i parcheggi in
questione devono essere inderogabilmente “pertinenziali”, nel senso
che devono essere al servizio di “singole unità immobiliari”: i
parcheggi medesimi devono essere pertanto sicuramente ed esclusivamente
fruibili soltanto da chi si trova in un determinato rapporto con tali unità
immobiliari; e tale rapporto presuppone pertanto indefettibilmente una
relazione di “pertinenzialità” c.d. “materiale”, tale, cioè, da evocare un
nesso di immediata e in alcun modo contestabile funzionalità tra il
fabbricato principale e l’area che è con ciò destinata al suo servizio.
---------------
4.3. Ciò posto, risulta del tutto assodato che l’attuale appellante ha
chiesto il rilascio dell’assenso a costruire un’autorimessa, composta da più
box e parcheggi aperti, a’ sensi dell’art. 9 della l. 122 del 1989, ossia
un’opera che per l’espresso tenore letterale di tale articolo di legge può
essere realizzata esclusivamente dai proprietari di immobili nel sottosuolo
degli immobili medesimi ovvero nei locali ubicati al piano terreno dei
fabbricati di loro proprietà, ad uso esclusivo dei residenti e -sempre e
comunque- quale pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga
agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti (cfr. il testo
dell’art. cit.).
Giova a tale riguardo precisare che la disciplina testé riassunta va
interpretata rigorosamente in considerazione delle finalità della legge nel
cui contesto risulta inserita.
In particolare occorre interpretare la nozione di “pertinenzialità”
in modo tale da non legittimare qualsiasi operazione di edificazione di
parcheggi anche quando sia scollegata ab origine dalla fruizione di
unità immobiliare residenziali (cfr. sul punto, ad es., Cass., Sez. III pen.,
05.12.2011, n. 45068 e 18.03.2009, n. 26327, secondo le quali la
realizzazione di parcheggi in forza del regime agevolato previsto dalla L.
n. 122 del 1989, art. 9 può anche avvenire ad opera di terzi e in aree anche
non limitrofe a quelle ove insistono gli immobili, sempre peraltro “a
condizione che detti immobili siano individuati al momento di presentazione
della d.i.a. così da assicurare in concreto l'esistenza di una relazione
pertinenziale tra i parcheggi e le singole unità e da escludere che si versi
in ipotesi di iniziativa speculativa, ipotesi soggetta all'ordinaria
disciplina urbanistica ed edilizia”).
Risulta in ogni caso incontrovertibile che agli effetti dell’applicazione
della disciplina di cui all’art. 9 della l. 122 del 1989 i parcheggi in
questione devono essere inderogabilmente “pertinenziali”, nel senso
che devono essere al servizio di “singole unità immobiliari”: i
parcheggi medesimi devono essere pertanto sicuramente ed esclusivamente
fruibili soltanto da chi si trova in un determinato rapporto con tali unità
immobiliari; e tale rapporto presuppone pertanto indefettibilmente una
relazione di “pertinenzialità” c.d. “materiale”, tale, cioè,
da evocare un nesso di immediata e in alcun modo contestabile funzionalità
tra il fabbricato principale e l’area che è con ciò destinata al suo
servizio (cfr. sul punto, ad es., Cons. Stato, Sez. IV, 23.03.2016 n. 2116.
Orbene, il Collegio non ignora la giurisprudenza citata dall’appellante
secondo la quale -come si è detto innanzi, e in modo anche divergente dalle
anzidette sentenze della Cassazione penale- “ai fini della realizzazione
di un parcheggio interrato, non si deve ritenere necessario che il numero di
proprietari di immobili siti nelle vicinanze sia individuato nel momento
della proposizione della domanda o della costruzione di questo,
richiedendosi solo che il vincolo pertinenziale venga previsto e poi
effettivamente costituito e trascritto nelle forme prescritte , senza che il
vincolo stesso debba preesistere” (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 26.05.2003,
n. 2852 e 09.10.2006, n. 5954 citate dall’appellante, cui va aggiunta anche
il primo e del tutto consonante precedente di Cons. Stato, Sez. V,
15.06.2001, n. 3176)
Ma, a ben vedere, nella presente fattispecie non rileva il momento nel quale
il vincolo pertinenziale viene ad essere effettivamente costituito, bensì la
sussistenza degli stessi presupposti per formalmente costituirlo.
E risulta oltremodo significativa la circostanza che l’attuale appellante
non solo nel procedimento che si è concluso con l’adozione del provvedimento
di diniego, ma anche durante l’intero e quanto mai consistente lasso di
tempo occupato dai due gradi di processo non è stato in grado di comprovare
il carattere pertinenziale dell’opera che parrebbe a tutt’oggi intenzionato
a realizzare.
Se difetta –per così dire– “a monte” il materiale requisito della
pertinenzialità dell’opera e non è offerta neppure nel contraddittorio
processuale una prova sulla sua sussistenza, allora è del tutto evidente che
l’attuale appellante e già ricorrente in primo grado difetta di una propria
legitimatio ad causam e, quindi, essendo carente dello stesso, necessario
presupposto per poter ottenere il titolo necessario alla realizzazione
dell’opera, non ha evidentemente interesse a’ sensi dell’art. 100 c.p.c. ad
adire la presente sede giudiziale.
Discende da questo contesto che è di per sé impraticabile qualsivoglia
censura di disparità di trattamento rispetto alla posizione di altro
proprietario che –a dire dell’appellante- avrebbe intrapreso la
realizzazione di analoga opera in area finitima senza che gli sia stata
chiesta già all’atto della presentazione del progetto la dimostrazione della
pertinenzialità dell’opera, nonché con riguardo alla posizione dello stesso
attuale appellante, il quale per altra consimile opera da lui realizzata
riferisce di aver ottenuto il parere favorevole della Commissione Edilizia
senza la preventiva imposizione della comprova della pertinenzialità dei
posti auto da lui realizzati.
Va infatti evidenziato a tale riguardo che il medesimo appellante non
comprova se poi a tali realizzazioni abbia fatto seguito l’effettiva
costituzione del vincolo di pertinenzialità; e va soprattutto rimarcato, in
via del tutto assorbente, che nella presente fattispecie rileva solo ed
esclusivamente la dianzi rilevata carenza di dimostrazione della
pertinenzialità dell’opera qui in esame.
Preme inoltre evidenziare che nella specie non ricorre l’ipotesi di
motivazione postuma circa il difetto del requisito della pertinenzialità
disposta dall’amministrazione comunale in sede processuale, mediante la
propria relazione istruttoria e le proprie memorie defensionali.
Il requisito della pertinenzialità doveva infatti intendersi in re ipsa
imprescindibile per il solo fatto che il tecnico incaricato dal Ta. ha
chiesto di realizzare l’opera secondo la disciplina contemplata dall’art. 9
della l. 122 del 1989: e ciò –si badi– anche a prescindere da come e quando
la medesima amministrazione comunale ha chiesto di verificare la sussistenza
del requisito in questione.
La stessa amministrazione comunale, poi, nel respingere il progetto, nel
provvedimento qui impugnato ha comunque inserito expressis verbis nel
contesto delle prescrizioni imposte per la riproposizione del progetto
medesimo una non equivoca richiesta: “nel caso di riproposizione del
progetto l’intervento è subordinato all’effettiva documentazione di
pertinenzialità agli edifici posti nel contorno del perimetro individuato in
progetto”.
L’attuale appellante, come si è visto innanzi, reputa che tale richiesta non
sia riconducibile a motivo del diniego, costituendo essa a suo avviso
soltanto una “puntualizzazione” per l’eventuale presentazione di un
nuovo progetto, e non già –come viceversa è– una puntuale prescrizione di un
sottostante ed imprescindibile requisito che –si ribadisce– egli si è
sistematicamente astenuto dal comprovare.
Ma è proprio tale asseritamente mera “puntualizzazione” che nella
specie mette a nudo –anche al di là della sua collocazione formale nel
contesto del provvedimento impugnato- quel difetto di interesse del Ta. che
del tutto correttamente il giudice di primo grado ha colto, laddove –per
l’appunto– dalla mancata comprova della “pertinenzialità” dell’opera,
inderogabilmente richiesta quale conditio sine qua non per la sua
realizzazione, ha fatto ivi testualmente discendere, quale fulcro
motivazionale della propria pronuncia, la conseguenza che “difetta
pertanto il requisito dell’interesse alla proposizione della domanda, posto
che l’eventuale annullamento dell’atto impugnato comporterebbe pur sempre
l’obbligo per la p.a. di riesaminare la domanda che, essendo carente del
presupposto indicato, non potrebbe sortire esito positivo per l’interessato”
(cfr. ivi).
5. La conferma della sentenza in rito di inammissibilità resa in primo grado
determina l’assorbimento, anche nel presente giudizio d’appello, di tutte le
censure che l’attuale appellante ha dispiegato con riguardo all’intrinseca
legittimità del provvedimento da lui impugnato innanzi al TAR
(Consiglio di Stato, Sez. II,
sentenza 24.06.2019 n. 4305 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Secondo
la giurisprudenza alla quale il Collegio aderisce, la realizzazione di
autorimesse e parcheggi, ai sensi dell'art. 9, comma 1, della l. 24/03/1989
n. 122, è condizionata dal fatto che questi siano realizzati nel sottosuolo
per l'intera altezza; opera cioè solo nel caso in cui, i parcheggi da
destinare a pertinenza di singole unità immobiliari, siano totalmente al di
sotto dell'originario piano naturale di campagna.
Di conseguenza, qualora non si rispetti tale condizione, la realizzazione di
un’autorimessa non può dirsi realizzata nel sottosuolo, per cui in tali casi
si applica la disciplina urbanistica dettata per le ordinarie nuove
costruzioni fuori terra dal piano regolatore generale.
E’ stato infatti chiarito che: “l’art. 9 della l. 24.03.1989 n. 122 (cd.
legge Tognoli), che consente di realizzare parcheggi da destinare a
pertinenza delle singole unità immobiliari, solo se essi sono realizzati nel
sottosuolo per l'intera altezza, prevede una regola che, ponendosi in deroga
agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti, è stretta
interpretazione e di rigorosa applicazione; di guisa che la realizzazione di
autorimesse e parcheggi, non totalmente al di sotto del piano naturale di
campagna, è soggetta alla disciplina urbanistica dettata per le ordinarie
nuove costruzioni fuori terra”.
---------------
8 - Giova esaminare in questa sede anche il primo motivo di appello,
con il quale si contesta l’orientamento seguito dal TAR, secondo cui la
disposizione di cui all'art. 9 della legge citata non sarebbe applicabile ai
parcheggi fuori terra, che resterebbero assoggettati alla disciplina
urbanistica ordinaria.
8.1 - Secondo la giurisprudenza alla quale il Collegio aderisce, la
realizzazione di autorimesse e parcheggi, ai sensi dell'art. 9, comma 1,
della l. 24/03/1989 n. 122, è condizionata dal fatto che questi siano
realizzati nel sottosuolo per l'intera altezza; opera cioè solo nel caso in
cui, i parcheggi da destinare a pertinenza di singole unità immobiliari,
siano totalmente al di sotto dell'originario piano naturale di campagna.
Di conseguenza, qualora non si rispetti tale condizione, la realizzazione di
un’autorimessa non può dirsi realizzata nel sottosuolo, per cui in tali casi
si applica la disciplina urbanistica dettata per le ordinarie nuove
costruzioni fuori terra dal piano regolatore generale (cfr. Cons. St., Sez.
V, 12.03.2013, n. 1480).
E’ stato infatti chiarito (Cons. Stato, sez. IV, 16.04.2012, n. 2185) che: “l’art.
9 della l. 24.03.1989 n. 122 (cd. legge Tognoli), che consente di realizzare
parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, solo se
essi sono realizzati nel sottosuolo per l'intera altezza, prevede una regola
che, ponendosi in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti
edilizi vigenti, è stretta interpretazione e di rigorosa applicazione; di
guisa che la realizzazione di autorimesse e parcheggi, non totalmente al di
sotto del piano naturale di campagna, è soggetta alla disciplina urbanistica
dettata per le ordinarie nuove costruzioni fuori terra” (Consiglio di
Stato, Sez. VI,
sentenza 04.02.2019 n. 846 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: L'art.
12, nono comma, della legge n. 246 del 2005, che ha modificato l'art.
41-sexies della legge n. 1150 del 1942, ed in base al quale gli spazi per
parcheggio possono essere trasferiti in modo autonomo rispetto alle altre
unità immobiliari, non ha effetto retroattivo, né natura imperativa.
---------------
L'art. 18 della legge 06.08.1967, n. 765, il
quale prescrive che nelle nuove costruzioni e nelle aree di
pertinenza delle stesse devono essere riservati appositi spazi
per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato
per ogni venti metri cubi di costruzione, pone un vincolo
pubblicistico di destinazione che non può subire deroga negli
atti privati di disposizione degli spazi stessi, le cui clausole
difformi sono perciò sostituite di diritto dalla norma imperativa.
---------------
3. Il primo motivo del ricorso principale è infondato.
Ed, invero la giurisprudenza di questa Corte, nel corso degli
anni ha reiteratamente fatto propria la soluzione che esclude la
portata retroattiva cella norme in esame, affermando che (cfr.
Cass. n. 4301/2016) l'art. 12, nono comma, della legge n.
246 del 2005, che ha modificato l'art. 41-sexies della legge n.
1150 del 1942, ed in base al quale gli spazi
per parcheggio possono essere trasferiti in modo autonomo
rispetto alle altre unità immobiliari, non ha effetto retroattivo,
né natura imperativa (conf. Cass. n. 2236/2016; Cass. n.
1753/2013 che ha ribadito che la norma vale solo per il futuro,
e cioè per le sole costruzioni non realizzate o per quelle per le
quali, al momento della sua entrata in vigore, non erano
ancora state stipulate le vendite delle singole unità immobiliari,
dovendosi escludere l'efficacia retroattiva della norma in
quanto, da un lato, non ha natura interpretativa, per mancanza
del presupposto a tal fine, costituito dall'incertezza applicativa
della disciplina anteriore e, dall'altro, perché le leggi che
modificano il modo di acquisto dei diritti reali o il contenuto
degli stessi non incidono sulle situazioni maturate prima della
loro entrata in vigore; Cass. n. 21003/2008).
La ricorrente auspica, senza peraltro addurre elementi di novità
tali effettivamente da indurre ad un ripensamento dell'orientamento de quo,
un mutamento della giurisprudenza
che peraltro risulta essersi consolidata nel corso degli anni,
conformandosi alle condivisibili argomentazioni già sviluppate
nei precedenti richiamati, occorrendo a tal fine altresì rilevare
che gli argomenti già espressi da Cass. n. 4264/2006 appaiono
rafforzati dal fatto che ad oltre dieci anni da tale arresto, e nel
perdurare di tale interpretazione che nega la retroattività della
norma, il legislatore non è intervenuto per modificarla,
restando cosi rafforzate le sue rationes decidendi.
...
5.
Il quarto ed il quinto motivo devono essere del pari
congiuntamente esaminati, stante la loro connessione,
rivelandosi del pari privi di fondamento.
Ed, invero, la motivazione del giudice di appello si fonda sulla
riaffermazione del principio ribadito nel ragionamento
argomentativo anche da Cass. S.U. n. 12793/2005, nonché
dagli altri precedenti, sempre ricordati dal giudice di appello,
circa la nullità parziale dei contratti che sottraggano il diritto di
uso sulle aree a tal fine destinate, secondo cui (cfr. Cass. n.
28345/2013)
l'art. 18 della legge 06.08.1967, n. 765, il
quale prescrive che nelle nuove costruzioni e nelle aree di
pertinenza delle stesse devono essere riservati appositi spazi
per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato
per ogni venti metri cubi di costruzione, pone un vincolo
pubblicistico di destinazione che non può subire deroga negli
atti privati di disposizione degli spazi stessi, le cui clausole
difformi sono perciò sostituite di diritto dalla norma imperativa.
Trattasi di motivazione che consente di ritenere che sia stata
implicitamente disattesa anche la doglianza di parte ricorrente
di cui all'atto di appello, con la quale si lamentava del mancato
riconoscimento della validità della rinuncia al diritto in esame
fatta dall'attrice Gabriella Pasca Raymondo al momento del suo
acquisto (per la espressa estensione della nullità derivante
dalla violazione dell'art. 18 della legge n. 765/1967, anche alle
ipotesi di rinuncia al diritto, si veda Cass. n. 5755/2004,
nonché Cass. n. 973/1999), e che quindi permette di escludere
la sussistenza della dedotta violazione dell'art. 112 c.p.c.
(Corte di Cassazione, Sez. II civile,
sentenza
28.01.2019 n. 2265). |
EDILIZIA PRIVATA: Secondo
la giurisprudenza la realizzazione di autorimesse e parcheggi, ai sensi
dell'art. 9, comma 1, l. 24/03/1989 n. 122, è condizionata dal fatto che
questi siano realizzati nel sottosuolo per l'intera altezza, opera cioè solo
nel caso in cui, i parcheggi da destinare a pertinenza di singole unità
immobiliari, siano totalmente al di sotto dell'originario piano naturale di
campagna. Di conseguenza, qualora non si rispetti tale condizione, la
realizzazione di un’autorimessa non può dirsi realizzata nel sottosuolo, per
cui in tali casi si applica la disciplina urbanistica dettata per le
ordinarie nuove costruzioni fuori terra dal piano regolatore generale.
E’ stato infatti chiarito che: “l’art. 9 della l. 24.03.1989 n. 122 (cd.
legge Tognoli), che consente di realizzare parcheggi da destinare a
pertinenza delle singole unità immobiliari, solo se essi sono realizzati nel
sottosuolo per l'intera altezza, prevede una regola che, ponendosi in deroga
agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti, è stretta
interpretazione e di rigorosa applicazione; di guisa che la realizzazione di
autorimesse e parcheggi, non totalmente al di sotto del piano naturale di
campagna, è soggetta alla disciplina urbanistica dettata per le ordinarie
nuove costruzioni fuori terra".
---------------
6 – La sentenza impugnata deve trovare conferma.
La norma di cui art. 9, comma 1, della L. 122/1989 (Tognoli), così recita: “i
proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi
ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati parcheggi da
destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli
strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti. Tali parcheggi
possono essere realizzati, ad uso esclusivo dei residenti, anche nel
sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato, purché non in
contrasto con i piani urbani del traffico, tenuto conto dell’uso della
superficie sovrastante e compatibilmente con la tutela dei corpi idrici …”.
6.1 - Secondo la giurisprudenza la realizzazione di autorimesse e parcheggi,
ai sensi dell'art. 9, comma 1, l. 24/03/1989 n. 122, è condizionata dal
fatto che questi siano realizzati nel sottosuolo per l'intera altezza, opera
cioè solo nel caso in cui, i parcheggi da destinare a pertinenza di singole
unità immobiliari, siano totalmente al di sotto dell'originario piano
naturale di campagna. Di conseguenza, qualora non si rispetti tale
condizione, la realizzazione di un’autorimessa non può dirsi realizzata nel
sottosuolo, per cui in tali casi si applica la disciplina urbanistica
dettata per le ordinarie nuove costruzioni fuori terra dal piano regolatore
generale (cfr. Cons. St., Sez. V, 12.03.2013, n. 1480).
E’ stato infatti chiarito (Cons. Stato, sez. IV, 16.04.2012, n. 2185) che: “l’art.
9 della l. 24.03.1989 n. 122 (cd. legge Tognoli), che consente di realizzare
parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, solo se
essi sono realizzati nel sottosuolo per l'intera altezza, prevede una regola
che, ponendosi in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti
edilizi vigenti, è stretta interpretazione e di rigorosa applicazione; di
guisa che la realizzazione di autorimesse e parcheggi, non totalmente al di
sotto del piano naturale di campagna, è soggetta alla disciplina urbanistica
dettata per le ordinarie nuove costruzioni fuori terra".
7 - Tanto precisato, la norma speciale, come correttamente rilevato dal TAR,
non può trovare applicazione dal momento che nel caso di specie il box non è
stato realizzato nel piano terreno del fabbricato, né risulta interamente
interrato.
Le considerazioni svolte dall’appellante a questo riguardo sono smentite
dalla documentazione prodotta in causa ed in particolare delle foto dei
luoghi, da cui si evince come il volume in questione non risulti affatto
integralmente interrato (Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 18.01.2019 n. 483 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2018 |
|
EDILIZIA PRIVATA:
Oggetto della controversia è l’assoggettamento a contributo
di costruzione delle autorimesse ubicate al piano terra
delle nuove costruzioni assentite con il permesso impugnato in parte qua.
Deve darsi atto che parte ricorrente tende a confondere i
parcheggi pertinenziali esterni al fabbricato, per i quali
il Comune non ha calcolato alcun costo di costruzione, con
le autorimesse chiuse e collocate al piano terra dei nuovi
edifici.
La pretesa che si tratti, anche per queste ultime, di “opere
di urbanizzazione” che rientrano nella previsione di cui
all’art. 17 del dpr 380/2001, in virtù del disposto
dell’art. 11 della legge Tognoli del 1989, non può essere
condivisa.
La suddetta previsione recita “Le opere e gli interventi
previsti dalla presente legge costituiscono opere di
urbanizzazione anche ai sensi dell’art. 9, primo comma,
lettera f), della legge 28.01.1977”.
Le opere e gli interventi previsti dalla legge Tognoli sono
i parcheggi da realizzare nel sottosuolo o al piano terreno
dei fabbricati o nel sottosuolo di aree pertinenziali
esterne al fabbricato.
Si tratta pertanto di destinazioni a parcheggio o di locali
nel sottosuolo di edifici o di aree pertinenziali o,
all’evidenza, di locali al piano terra di edifici
preesistenti.
Già la legge del 1989, nonostante dovesse affrontare la
mancanza di parcheggi pertinenziali, non vi ricomprende
autorimesse fuori terra in aree esterne al fabbricato.
Non si prevede la costruzione di nuovi volumi fuori terra,
ma solo la destinazione ad autorimessa di locali al piano
terra di edifici già esistenti per i quali il contributo di
costruzione era stato già assolto.
Ai sensi dell’art. 9, primo comma, lett. f), della legge n.
10/1977 [e, oggi, ai sensi dell’art. 17, comma 3, lett. c),
del d.p.r. n. 380/2001], il contributo per il rilascio della
concessione non è dovuto “per gli impianti, le
attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale
realizzate dagli enti istituzionalmente competenti nonché
per le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati,
in attuazione di strumenti urbanistici”.
Il carattere eccezione della previsione esclude una
interpretazione estensiva della stessa a ipotesi non
strettamente previste.
Per i parcheggi da realizzare in costruzioni di nuova
realizzazione trova applicazione la previsione di cui
all’art. 41-sexies della legge n. 1150/1942, il quale impone
che “nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di
pertinenza delle costruzioni stesse” siano “riservati
appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un
metro quadrato per ogni dieci metri cubi di costruzione”.
Tali spazi, a differenza di quelli previsti dall’art.
41-quinquies, non sono qualificabili come aree pubbliche
conteggiabili nella dotazione degli standards, ed inoltre, in seguito alla novella di
cui all'art. 12, comma 9, della legge 28.11.2005, n. 246 (“Semplificazione
e riassetto normativo per l'anno 2005”), che ha aggiunto
un secondo comma all’art. 41-sexies, non sono assoggettati
a vincoli pertinenziali e sono dunque autonomamente
trasferibili.
Infine, perché si possa beneficiare dell’esonero dal
contributo concessorio, deve trattarsi di parcheggi da
realizzare, con vincolo di pertinenzialità alle unità
immobiliari dei residenti, in edifici già esistenti (nel
sottosuolo, e completamente interrati, o in locali al piano
terreno) o comunque -sempre a uso esclusivo dei residenti-
al servizio di edifici già esistenti (su aree esterne o
anche nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne).
La giurisprudenza di diverso tenore invocata da parte
ricorrente riguarda
controversie alle quali si applicano leggi regionali che
hanno, come nel caso della legge regione Lombardia n.
12/2005, ampliato l’ambito di applicazione dell’esonero
anche a parcheggi non collegati ad edifici esistenti.
---------------
... per l'annullamento:
- del provvedimento del Comune di Correggio (R.E.), notificato alla
società Ed. in data 14/12/2016, con il quale è stato
comunicato l'avvenuto rilascio del permesso di costruire n.
2016/11537, prot. n. 16206 datato 02/09/2016, subordinato al
pagamento del contributo di costruzione anche per le
autorimesse di pertinenza;
- del permesso di costruire opere di nuova costruzione per la
realizzazione di edificio residenziale, limitatamente alla
parte in cui impone alla ricorrente il pagamento del costo
di costruzione anche per le autorimesse di pertinenza;
nonché di qualsiasi altro atto connesso, presupposto e/o
conseguente non conosciuto ed anche indirettamente connesso
agli atti sopra indicati;
- nonché per l'accertamento dell'obbligo dell'amministrazione
comunale di restituire le somme percepite a titolo di
contributo di concessione connesso al permesso di costruire
n. 2016/11537 del 02/09/2016 e la conseguente condanna del
Comune di Correggio a corrispondere le somme dovute,
unitamente ad interessi e rivalutazione; del diritto della
ricorrente al risarcimento dei danni subiti per effetto dei
provvedimenti impugnati e per la condanna
dell'amministrazione al risarcimento del danno subito dalla
ricorrente da quantificarsi in corso di causa o da
liquidarsi in via equitativa.
...
FATTO
Con ricorso, spedito per la notifica il 09.02.2017 e
depositato il successivo 21 febbraio, la società Ed. impugna
il permesso di costruire richiesto al Comune di Correggio
nella parte in cui vengono richiesti i costi di costruzione
anche per la superficie delle autorimesse.
Avverso il provvedimento, nella parte impugnata, la
ricorrente deduce la violazione di legge per errata
applicazione degli artt. 9, comma 1, lett. f), della legge
10/1977 e 11 della legge 24.03.1989 n. 122, dell’art. 17 del
dpr 380/2001, eccesso di potere per mancanza assoluta di
motivazione, per carenza di istruttoria, per
contraddittorietà ed ultroneità nei fini, atteso che l’art.
17 del dpr 380/2001 esonera, secondo la prospettazione
attorea, dal contributo di costruzione “le opere di
urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di
strumenti urbanistici” e che, in base all’art. 11 della
legge Tognoli (122/1989) sono opere di urbanizzazione anche
i parcheggi ubicati nelle nuove costruzioni realizzati nella
misura di legge (1 metro quadrato per ogni 10 metri cubi di
costruzione).
Il 14.04.2017 si è costituito il Comune di Correggio che
resiste nel merito rappresentando che:
- l’attività edificatoria prevedeva parcheggi pertinenziali per una
dotazione di 366,22 mq, ossia in misura superiore rispetto
ai dovuti 237,28 mq;
- il conteggio del contributo di costruzione veniva eseguito
calcolando, tra l’altro, la quota di costo di costruzione
dovuta per le autorimesse, senza tenere conto delle
superfici scoperte adibite a parcheggio.
La difesa del Comune, inoltre, eccepisce la tardività del
ricorso per essere stato notificato oltre i termini di
decadenza applicabili in quanto viene contestato, non il
mero calcolo del contributo, ma i presupposti per la sua
applicazione (cita Consiglio di Stato, sezione V,
28.05.2012, n. 3122; sezione IV, 10.03.2011, n. 1565) e
specifica che parte ricorrente pretende di assoggettare ad
autorizzazione gratuita non semplici parcheggi, ossia posti
auto scoperti, ma vere e proprie di autorimesse coperte
sopra terra, ossia garage che, in quanto parte dell’immobile
assentito, implicano l’occupazione di una volumetria
rilevante ai fini edificatori e sono, pertanto, oggetto di
autorizzazione e di corrispondente contribuzione e non
rientrano nelle opere di urbanizzazione.
Conclude il Comune che, a fronte di uno standard minimo
richiesto di 237,28 mq di parcheggio, Ed. ha realizzato 195
mq di parcheggio in area cortiliva per i quali nessun costo
è stato addebitato, essendo stati considerati solo i 162,09
mq relativi alle autorimesse.
...
DIRITTO
Il ricorso è infondato e ciò esime il Collegio dallo
scrutinio della eccezione di tardività proposta dal Comune
resistente.
Oggetto della controversia è l’assoggettamento a contributo
di costruzione delle autorimesse ubicate al piano terra
delle nuove costruzioni assentite con il permesso impugnato
in parte qua.
Deve darsi atto che parte ricorrente tende a confondere i
parcheggi pertinenziali esterni al fabbricato, per i quali
il Comune non ha calcolato alcun costo di costruzione, con
le autorimesse chiuse e collocate al piano terra dei nuovi
edifici.
La pretesa che si tratti, anche per queste ultime, di “opere
di urbanizzazione” che rientrano nella previsione di cui
all’art. 17 del dpr 380/2001, in virtù del disposto
dell’art. 11 della legge Tognoli del 1989, non può essere
condivisa.
La suddetta previsione recita “Le opere e gli interventi
previsti dalla presente legge costituiscono opere di
urbanizzazione anche ai sensi dell’art. 9, primo comma,
lettera f), della legge 28.01.1977”.
Le opere e gli interventi previsti dalla legge Tognoli sono
i parcheggi da realizzare nel sottosuolo o al piano terreno
dei fabbricati o nel sottosuolo di aree pertinenziali
esterne al fabbricato.
Si tratta pertanto di destinazioni a parcheggio o di locali
nel sottosuolo di edifici o di aree pertinenziali o,
all’evidenza, di locali al piano terra di edifici
preesistenti (tra le tante da ultimo, Consiglio di Stato,
Sez. IV, n. 02.02.2017, n. 450).
Già la legge del 1989, nonostante dovesse affrontare la
mancanza di parcheggi pertinenziali, non vi ricomprende
autorimesse fuori terra in aree esterne al fabbricato.
Non si prevede la costruzione di nuovi volumi fuori terra,
ma solo la destinazione ad autorimessa di locali al piano
terra di edifici già esistenti per i quali il contributo di
costruzione era stato già assolto (così, ex multis,
Tar Sicilia, Catania, II, 1576/2016, Cons. St., V, n.
3690/2014 e n. 5676/2009, nonché Cons. St., IV, n. 2185/
2012 e n. 1565/ 2011).
Ai sensi dell’art. 9, primo comma, lett. f), della legge n.
10/1977 [e, oggi, ai sensi dell’art. 17, comma 3, lett. c),
del d.p.r. n. 380/2001], il contributo per il rilascio della
concessione non è dovuto “per gli impianti, le
attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale
realizzate dagli enti istituzionalmente competenti nonché
per le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati,
in attuazione di strumenti urbanistici”.
Il carattere eccezione della previsione esclude una
interpretazione estensiva della stessa a ipotesi non
strettamente previste.
Per i parcheggi da realizzare in costruzioni di nuova
realizzazione trova applicazione la previsione di cui
all’art. 41-sexies della legge n. 1150/1942, il quale impone
che “nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di
pertinenza delle costruzioni stesse” siano “riservati
appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un
metro quadrato per ogni dieci metri cubi di costruzione”.
Tali spazi, a differenza di quelli previsti dall’art.
41-quinquies, non sono qualificabili come aree pubbliche
conteggiabili nella dotazione degli standards (Così, Sez. IV,
08.01.2013 n. 32), ed inoltre, in seguito alla novella di
cui all'art. 12, comma 9, della legge 28.11.2005, n. 246 (“Semplificazione
e riassetto normativo per l'anno 2005”), che ha aggiunto
un secondo comma all’art. 41-sexies, non sono assoggettati
a vincoli pertinenziali e sono dunque autonomamente
trasferibili.
Infine, perché si possa beneficiare dell’esonero dal
contributo concessorio, deve trattarsi di parcheggi da
realizzare, con vincolo di pertinenzialità alle unità
immobiliari dei residenti, in edifici già esistenti (nel
sottosuolo, e completamente interrati, o in locali al piano
terreno) o comunque -sempre a uso esclusivo dei residenti-
al servizio di edifici già esistenti (su aree esterne o
anche nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne).
La giurisprudenza di diverso tenore invocata da parte
ricorrente (v. ad es. CdS IV 4937/2016) riguarda
controversie alle quali si applicano leggi regionali che
hanno, come nel caso della legge regione Lombardia n.
12/2005, ampliato l’ambito di applicazione dell’esonero
anche a parcheggi non collegati ad edifici esistenti.
Di contro, la legge regionale Emilia Romagna n. 15/2013
all’art. 32, ove disciplina l’esonero del contributo di
costruzione, rinviando all'articolo 9, comma 1, della legge
n. 122 del 1989 e all'articolo 41-sexies della legge
17.08.1942, n. 1150, non consente di estendere l’ambito
della gratuità ad ipotesi ulteriori rispetto a quelle
previste dalla normativa statale.
Alla luce di quanto osservato il ricorso va respinto, poiché
infondato (TAR Emilia Romagna-Parma,
sentenza 28.03.2018 n. 89 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
I PARCHEGGI PERTINENZIALI OBBLIGATORI REALIZZATI NELLE NUOVE
COSTRUZIONI NON POSSONO DEROGARE AGLI STRUMENTI URBANISTICI.
In materia edilizia, la deroga agli
strumenti urbanistici per la realizzazione di nuovi
parcheggi è consentita, in linea con le finalità della legge
“Tognoli”, per gli edifici esistenti, al fine di
incrementare detti spazi e purché i nuovi parcheggi si
trovino nel sottosuolo ovvero al piano terreno degli
edifici.
Ciò non significa che i parcheggi pertinenziali
obbligatori, che debbono essere realizzati nelle nuove
costruzioni (ai sensi della L. n. 1150 del 1942, art.
41-sexies) possano derogare agli strumenti urbanistici,
giacché -se questa fosse stata l’intenzione del legislatore-
la possibilità di deroga sarebbe stata inserita direttamente
in quella disposizione.
Semmai, il combinato disposto della L. n. 1150 del 1942, art. 41-sexies e L. n. 122 del 1989,
art. 9, comma 1 può consentire, anche nelle nuove
costruzioni, l’esecuzione di parcheggi in deroga alle norme
urbanistiche e quindi, dei volumi realizzabili, soltanto se
ulteriori a quelli obbligatori.
La
interessante questione esaminata dalla Corte di cassazione
con l’ampia e approfondita decisione qui commentata è quella
relativa ai rapporti tra la c.d. legge Tognoli e la
normativa
introdotta dall’art. 41-sexies della c.d. legge Urbanistica
del
1942, al fine di verificare se per la realizzazione di
parcheggi
pertinenziali alle nuove costruzioni possano essere previste
deroghe agli strumenti urbanistici.
La vicenda processuale
segue alla sentenza con cui la Corte d’appello di Bari,
aveva
accolto l’impugnazione proposta dall’imputato proposta
avverso la sentenza con cui il G.U.P. del Tribunale l’aveva
invece ritenuto responsabile per due reati di abuso
d’ufficio
(commessi in concorso con il responsabile dell’ufficio
tecnico
comunale e con il progettista e direttore dei lavori),
nonché per
le contravvenzioni di abuso edilizio e di violazione della
normativa
antisismica.
I reati contestati consistevano, in
particolare,
in:
- un primo delitto continuato di abuso d’ufficio per aver
istigato o comunque determinato il tecnico comunale a non
notificare all’imputato, quale amministratore unico della
società
committente, così intenzionalmente procurando a quest’ultima
un ingiusto vantaggio patrimoniale, l’ordine motivato di non
effettuare i lavori di cui a due dd.ii.a., che comportavano
profonde
modifiche all’intervento edilizio di costruzione di edificio
residenziale di cui ad una precedente concessione edilizia,
illegittimamente rilasciata in contrasto con le previsioni
urbanistiche,
ordine che sarebbe stato ex lege dovuto trattandosi di
varianti che richiedevano il previo rilascio del permesso di
costruire perché incidenti sui volumi, le sagome, i
prospetti, i
balconi e le superfici edificate in modo peraltro difforme
dalle
prescrizione del P.R.G. e senza il prescritto parere
preventivo
dell’Autorità di bacino;
- un secondo delitto di abuso
d’ufficio
consistente nell’aver quindi istigato il pubblico ufficiale
a rilasciare
alla società dell’imputato, in assenza del prescritto parere
preventivo dell’Autorità di bacino ed in violazione del d.P.R. n.
380 del 2001, art. 12, comma 1, l’illegittimo permesso di
costruire in variante rispetto alla predetta concessione
edilizia,
consentendo la realizzazione di un ulteriore piano rispetto
alle
precedenti previsioni progettuali, e così di nove piani
rispetto ai
tre autorizzabili secondo il P.R.G., violando altresì le
prescrizioni
in quest’ultimo stabilite quanto ad altezza massima
complessiva
del fabbricato e volumetria totale dell’edificio;
- un’ipotesi
di
abuso edilizio per aver quindi avviato e realizzato sino al
sequestro
del manufatto, in base ai suddetti titoli edilizi
illegittimi e/o
illeciti, un fabbricato ad uso residenziale in contrasto con
le
suddette prescrizioni urbanistiche e che peraltro
fuoriusciva
dall’area edificabile e dai lotti di proprietà della società
committente
occupando una porzione di suolo pubblico comunale;
- due
contravvenzioni alla disciplina in materia antisismica per
aver
eseguito tali lavori, in zona sismica e in modo difforme dal
progetto depositato, senza darne preavviso scritto al
competente
ufficio tecnico regionale e senza la preventiva
autorizzazione
scritta di competenza di quest’ultimo.
Contro la sentenza
assolutoria d’appello per insussistenza dei fatti addebitati
(sostanzialmente fondata sulla rinnovazione di una perizia,
che aveva escluso le principali difformità in primo
grado ritenute
tra i progetti e le opere realizzate e le previsioni
urbanistiche e
aveva evidenziato l’irrilevanza di altre minori difformità
ai fini
della valutazione circa la sussistenza delle fattispecie incriminatrici),
proponeva ricorso per cassazione la parte civile, sostenendo
l’errore in cui era incorsa la Corte d’appello
nell’applicazione della legge penale in relazione ai criteri
di
calcolo delle altezze, dei volumi e del numero dei piani
stabiliti
dalle N.T.A. del comune, anche con riguardo
all’interpretazione
delle stesse N.T.A.
La Cassazione, nell’affermare il principio di cui in
massima, ha
accolto il ricorso, pur dovendo dichiarare estinti per
prescrizione
i reati.
In particolare, i Supremi Giudici, per quanto qui
di
interesse, hanno osservato che avendo il Comune
legittimamente
deciso di considerare i parcheggi coperti (non interrati)
ai fini del calcolo del volume massimo edificabile -e non
essendo detta previsione incompatibile con la successiva
legge Tognoli- quei volumi si sarebbero dovuti computare
quantomeno con riferimento alla quota- arte di parcheggi
obbligatori richiesti dalla L. n. 1150 del 1942, art. 41-sexies
rispetto al restante volume dell’edificio, potendosi
soltanto
escludere, ai sensi della L. n. 122 del 1989, art. 9, comma
1, -sempre che collocati nel sottosuolo o al piano terreno- i
volumi
degli eventuali ulteriori parcheggi realizzati in aggiunta a
quelli
obbligatori, per i quali varrebbero le limitazioni di
trasferimento
previste dalla L. n. 122 del 1989, art. 9, comma 5
(disposizione
che, facendo espressamente salva la previsione di cui alla L. n.
1159 del 1942, art. 41-sexies, conferma come la speciale
disciplina valga soltanto per i parcheggi diversi da quelli
obbligatori).
La giurisprudenza amministrativa, peraltro, osserva la
Corte di cassazione, è consolidata nell’affermare che la
realizzazione
di autorimesse e parcheggi, se non effettuata in
locali preesistenti o totalmente al di sotto del piano di
campagna
naturale, è soggetta alla disciplina urbanistica che regola
le
nuove costruzioni fuori terra (Cons. Stato, Sez. IV, 26.09.2008, n. 4645; Cons. Stato, Sez. IV, 11.11.2006, n.
6065; Cons. Stato, Sez. V, 29.03.2006, n. 1608; Cons.
Stato, Sez. V, 29.03.2004, n. 1662; TAR Lazio, sede di
Roma, Sez. I, 16.04.2008, n. 3259; TAR Campania, Sez.
II,
23.06.2010, n. 15731).
Salva diversa previsione, dunque,
le opere indicate nel d.P.R. n. 380 del 2001, art. 17, comma
3,
devono rispettare gli standards urbanistici, ivi compresi i
limiti
di cubatura edificabile (Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 12.02.2018 n. 6738 -
Urbanistica e appalti 3/2018). |
EDILIZIA PRIVATA:
Per effetto dell’art. 69, comma 1, della l.r.
lombarda 12/2005 “non è più necessaria -neppure- la pertinenzialità
come requisito per l’esenzione dagli oneri concessori e
comunque per i parcheggi obbligatori la costituzione di un
vincolo di pertinenza è presunta e non necessaria agli
effetti urbanistici”.
Tale disposizione, come da ultimo è stato osservato, ha
introdotto “il principio della gratuità dei titoli
edilizi relativi ai parcheggi collegando l'utilità di queste
opere direttamente agli interessi della viabilità senza la
mediazione di uno specifico edificio (di qui l'abbandono del
requisito della pertinenzialità) e senza la
predeterminazione di limiti quantitativi (di qui il
superamento della misura minima di legge)".
---------------
La
realizzazione di autorimesse e parcheggi, ai sensi dell'art.
9, 1° comma, della L. n. 122/1989 è condizionata dal fatto
che questi siano realizzati nel sottosuolo per l'intera
altezza, opera cioè solo nel caso in cui, i parcheggi da
destinare a pertinenza di singole unità immobiliari, siano
totalmente al di sotto dell'originario piano naturale di
campagna.
Qualora invece non si rispetti tale condizione, la
realizzazione di un'autorimessa non può dirsi realizzata nel
sottosuolo, per cui in tali casi si applica la disciplina
urbanistica dettata per le ordinarie nuove costruzioni fuori
terra dal P.R.G., anche per quanto concerne il pagamento dei
contributi concessori.
Tale approdo –dal quale non si ravvisano motivi per
discostarsi- è stato condiviso dalla uniforme giurisprudenza
di merito ed è
appena il caso di precisare che non si pone –come
inesattamente segnalato dall’appellante– alcuna problematica
di interpretazione “restrittiva” della norma.
---------------
Per tali ragioni il ricorso merita di essere accolto e,
quale effetto conformativo, il Comune dovrà
rifondere alla società ricorrente il costo di costruzione,
calcolato ai sensi del DM 10.05.1977, n. 801, relativamente
alle aree destinate a parcheggio, defalcandolo da quello
riferito alle restanti opere.
Tale statuizione è reputata
equa e preferibile rispetto all’accettazione del conteggio
allegato dalla ricorrente, la quale infatti, nell’atto
introduttivo del giudizio, ha prospettato l’esistenza di un
margine di dubbio sotto il profilo dell’attendibilità delle
somme calcolate, pur essendo provata l’illegittimità e
quindi l’abnormità dell’originaria quantificazione.
Su tali somme, una volta determinate, spettano, anzitutto, gli interessi
legali, o meglio gli interessi corrispettivi fondati sulla
naturale fecondità del denaro, e che prescindono, pertanto,
dai profili di colpa pure dedotti dalla società ricorrente.
Non è, invece, dovuta la rivalutazione monetaria. In linea
generale, occorre considerare che le sezioni unite della
Corte di Cassazione hanno statuito che “il creditore di una
obbligazione di valuta, il quale intenda ottenere il ristoro
del pregiudizio da svalutazione monetaria, ha l'onere di
domandare il risarcimento del “maggior danno” ai sensi
dell'art. 1224 c.c., comma 2, e non può limitarsi a
domandare semplicemente la condanna del debitore al
pagamento del capitale e della rivalutazione, non essendo
quest'ultima una conseguenza automatica del ritardato
adempimento delle obbligazioni di valuta; e che, nel caso di
ritardato adempimento di una obbligazione di valuta, il
maggior danno di cui all'art. 1224, secondo comma, cod. civ.
può ritenersi esistente in via presuntiva in tutti i casi in
cui, durante la mora, il saggio medio di rendimento netto
dei titoli di Stato con scadenza non superiore a dodici mesi
sia stato superiore al saggio degli interessi legali, fermo
restando l'onere del creditore –che domanda, a titolo di
risarcimento del maggior danno, una somma superiore a quella
risultante dal suddetto saggio di rendimento dei titoli di
Stato– di provare l'esistenza e l'ammontare di tale
pregiudizio, anche per via presuntiva”.
---------------
Il ricorso è fondato e va, pertanto, accolto nei termini e
nei limiti di seguito precisati.
Con i primi due motivi, che per stretta dipendenza
tematica possono essere esaminati congiuntamente, la
ricorrente ha dedotto la violazione dell’art. 69 della legge
regionale 12/2005, in cui si prevede che “i parcheggi,
pertinenziali e non pertinenziali, realizzati anche in
eccedenza rispetto alla quota minima richiesta per legge,
costituiscono opere di urbanizzazione e il relativo titolo
abilitativo è gratuito” (comma 1) e che “ai fini del
calcolo del costo di costruzione, le superfici destinate a
parcheggi non concorrono alla definizione della classe
dell'edificio” (comma 2).
La disposizione di tale legge, pubblicata sul BURL del
16.03.2005 ed entrata in vigore il successivo 31 marzo, è
applicabile alla fattispecie, caratterizzata dalla richiesta
di un primo permesso di costruire in data 29.07.2005 (cui è
seguito il rilascio del titolo in data 24.08.2006) e di un
successivo permesso in data 25.02.2009 (cui è seguito il
rilascio del titolo in data 08.03.2010).
Il che, invero, consente di fare ordine tra le diverse
sentenze che si sono pronunciate sulla questione della
computabilità, nel costo di costruzione, delle superfici
destinate a parcheggio o a quelle, lato sensu, a
queste ultime riconducibili, e che, sotto altro –non meno
secondario– aspetto rivelano l’infondatezza delle ragioni
ostative opposte dall’Amministrazione resistente.
Segnatamente, con la sentenza n. 2151 del 29.07.2014,
richiamata dall’Amministrazione nella memoria del 15.12.207,
la Sezione ha statuito di uniformarsi “all’orientamento
(…) che afferma che, nel caso di realizzazione di edifici
nuovi, le autorimesse rilevano ai fini dell’individuazione
della classe (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 21.05.2013,
n. 2771; id. 18.12.2012, n. 6509; TAR Lombardia Milano, sez.
II, 20.03.2014, n. 722)” e che “a conclusioni diverse
non può condurre né il richiamato art. 2 della l.r. n. 22
del 1999 né l’art. 69 della l.r. n. 12 del 2005”, ma
decisivamente osservando che “il primo in quanto inserito
in un contesto normativo che induce ad armonizzarne la
portata alle disposizioni contenute nella legge n. 122 del
1989 (si rinvia alle esaustive motivazioni contenute nella
citata sentenza del Consiglio di Stato n. 6509 del 2012); il
secondo in quanto norma sopravvenuta che non può trovare
applicazione nelle fattispecie concretizzatesi prima della
sua entrata in vigore”.
Nella controversia esaminata nell’occasione, infatti, è
stato rilevato che “il titolo edilizio riguardante le
autorimesse realizzate dalla ricorrente si è perfezionato
prima dell’entrata in vigore dell’art. 69 della l.r. n. 12
del 2005, e che le medesime autorimesse sono connesse ad un
edificio di nuova costruzione”.
Tale pronuncia ha ripreso ed ampliato alcune considerazioni
contenute nella sentenza n. 6509 del 18.12.2012, con cui la
V Sezione del Consiglio di Stato ha, inoltre, precisato che
“l’art. 1 della legge regionale n. 22/1999 richiama
espressamente la citata disciplina dettata dalla legge n.
122 del 1989 in materia di parcheggi pertinenziali. Lo
stesso articolo 1, al comma 2, della legge regionale impone
la creazione del vincolo pertinenziale mediante atto
unilaterale dell'avente titolo sull'immobile, cui il box
deve essere collegato, mediante atto unilaterale da
trascrivere nei registri immobiliari”: tesi, queste,
opposte dal Comune di Busto Arsizio nel presente giudizio,
ma che la citata giurisprudenza ha riferito a titoli
formatisi anteriormente all’entrata in vigore della “disciplina
più favorevole dettata dall’art. 69 della sopravvenuta legge
regionale n. 12/2005”.
Un profilo, questo, reputato dirimente anche dalla IV
Sezione del Consiglio di Stato, che nella sentenza n. 4936
del 24.11.2016 ha confermato la sentenza della Sezione n.
3751 del 15.05.2009 (relativa ad un giudizio riguardante il
Comune di Busto Arsizio per una fattispecie che si riferiva
ad “interventi assentiti con la DIA del 30.04.2004 e il
18.01.2005”, definito con sentenza di accoglimento e con
esclusione delle aree a parcheggio dal conteggio del costo
di costruzione), incidentalmente evidenziando come per
effetto dell’art. 69, comma 1, della legge regionale 12/2005
“non sarebbe più necessaria neppure la pertinenzialità
come requisito per l’esenzione dagli oneri concessori e
comunque per i parcheggi obbligatori la costituzione di un
vincolo di pertinenza sarebbe presunta e non necessaria agli
effetti urbanistici (il collegamento con l’abitazione
principale emergerebbe direttamente dal progetto complessivo
dell’intervento edilizio)”.
Tale disposizione, come da ultimo è stato osservato, ha
introdotto “il principio della gratuità dei titoli
edilizi relativi ai parcheggi collegando l'utilità di queste
opere direttamente agli interessi della viabilità senza la
mediazione di uno specifico edificio (di qui l'abbandono del
requisito della pertinenzialità) e senza la
predeterminazione di limiti quantitativi (di qui il
superamento della misura minima di legge)" (TAR Lombardia,
Brescia, II, 24.05.2013, n. 508)” (cfr. TAR
Lombardia–Brescia, 11.09.2017, n. 1087).
Infondato è, poi, l’assunto difensivo del Comune secondo
cui, trattandosi, di “box e autorimesse al piano
interrato ad uso e consumo dei proprietari dell'immobile
costruito” (cfr. pag. 3 della memoria del 15.12.2017),
l’invocata disciplina regionale non potrebbe trovare
applicazione.
Sul punto va, invece, ribadito l’orientamento secondo cui “la
realizzazione di autorimesse e parcheggi, ai sensi dell'art.
9, 1° comma, della L. n. 122/1989 è condizionata dal fatto
che questi siano realizzati nel sottosuolo per l'intera
altezza, opera cioè solo nel caso in cui, i parcheggi da
destinare a pertinenza di singole unità immobiliari, siano
totalmente al di sotto dell'originario piano naturale di
campagna. Qualora invece non si rispetti tale condizione, la
realizzazione di un'autorimessa non può dirsi realizzata nel
sottosuolo, per cui in tali casi si applica la disciplina
urbanistica dettata per le ordinarie nuove costruzioni fuori
terra dal P.R.G., anche per quanto concerne il pagamento dei
contributi concessori” (Cons. Stato Sez. IV, 13.07.2011,
n. 4234).
Tale approdo –dal quale non si ravvisano motivi per
discostarsi- è stato condiviso dalla uniforme giurisprudenza
di merito (tra le tante TAR Umbria Perugia Sez. I,
14.06.2006, n. 316 TAR Piemonte, 27.11.2002, n. 1982) ed è
appena il caso di precisare che non si pone –come
inesattamente segnalato dall’appellante– alcuna problematica
di interpretazione “restrittiva” della norma (cfr.
Consiglio di Stato, sez. IV, 12.03.2013, n. 1480).
Per tali ragioni il ricorso merita di essere accolto e,
quale effetto conformativo, il Comune di Busto Arsizio dovrà
rifondere alla società ricorrente il costo di costruzione,
calcolato ai sensi del DM 10.05.1977, n. 801, relativamente
alle aree destinate a parcheggio, defalcandolo da quello
riferito alle restanti opere. Tale statuizione è reputata
equa e preferibile rispetto all’accettazione del conteggio
allegato dalla ricorrente, la quale infatti, nell’atto
introduttivo del giudizio, ha prospettato l’esistenza di un
margine di dubbio sotto il profilo dell’attendibilità delle
somme calcolate, pur essendo provata l’illegittimità e
quindi l’abnormità dell’originaria quantificazione.
Su tali somme, una volta determinate, e venendo al terzo
motivo di ricorso, spettano, anzitutto, gli interessi
legali, o meglio gli interessi corrispettivi fondati sulla
naturale fecondità del denaro, e che prescindono, pertanto,
dai profili di colpa pure dedotti dalla società ricorrente.
Con riguardo alla decorrenza, trattandosi di crediti liquidi
ed esigibili, si dovrà tenere conto dei singoli momenti di
pagamento (per le due rate, di pari importo, relative al
primo permesso di costruire, il 22.02.2008 e il 06.08.2009;
per le due rate, di pari importo, relative al secondo
permesso di costruire, il 05.07.2012 e l’08.03.2013).
Non è, invece, dovuta la rivalutazione monetaria.
In linea generale, occorre considerare che le sezioni unite
della Corte di Cassazione hanno statuito che “il
creditore di una obbligazione di valuta, il quale intenda
ottenere il ristoro del pregiudizio da svalutazione
monetaria, ha l'onere di domandare il risarcimento del
“maggior danno” ai sensi dell'art. 1224 c.c., comma 2, e non
può limitarsi a domandare semplicemente la condanna del
debitore al pagamento del capitale e della rivalutazione,
non essendo quest'ultima una conseguenza automatica del
ritardato adempimento delle obbligazioni di valuta (SS.UU.,
sentenza n. 5743 del 23/03/2015); e che, nel caso di
ritardato adempimento di una obbligazione di valuta, il
maggior danno di cui all'art. 1224, secondo comma, cod. civ.
può ritenersi esistente in via presuntiva in tutti i casi in
cui, durante la mora, il saggio medio di rendimento netto
dei titoli di Stato con scadenza non superiore a dodici mesi
sia stato superiore al saggio degli interessi legali, fermo
restando l'onere del creditore –che domanda, a titolo di
risarcimento del maggior danno, una somma superiore a quella
risultante dal suddetto saggio di rendimento dei titoli di
Stato– di provare l'esistenza e l'ammontare di tale
pregiudizio, anche per via presuntiva (SS.UU., sentenza n.
19499 del 16/07/2008)” (cfr. Corte di Cassazione, sez.
II civile, 05.11.2015, n. 22664).
Nella specie, però, la prova del maggior danno non è stata
allegata.
La ricorrente si è, infatti, limitata a richiamare una
pronuncia (Corte di Cassazione, sez. I, 26.09.2013, n.
22096, incentrata sulla figura dell’imprenditore
commerciale), il cui principale merito, nell’evoluzione
giurisprudenziale che ha investito la questione, è stato
quello di aver contribuito, mediante l’affermazione della
sufficienza di una prova presuntiva, al superamento sia
della più risalente impostazione fondata su un regime
probatorio che difficilmente consentiva di ammettere la
deroga alla presunzione iuris et de iure del danno
pari all'interesse legale (cfr. Corte di Cassazione,
12.12.1978, n. 5895), sia dell’orientamento, diametralmente
opposto, favorevole alla “prova automatica” del
maggior danno, cioè, in altri termini, all’avallo di una
petizione di principio.
Nella giurisprudenza della Suprema Corte si è, tuttavia,
fatta strada una diversa opzione ermeneutica, secondo cui “ove
il creditore abbia la qualità di imprenditore, avrà l'onere
di dimostrare o di avere fatto ricorso al credito bancario
sostenendone i relativi interessi passivi; ovvero
-attraverso la produzione dei bilanci- quale fosse la
produttività della propria impresa, per le somme in essa
investite; il debitore, dal canto suo, avrà invece l'onere
di dimostrare, anche attraverso presunzioni semplici, che il
creditore, in caso di tempestivo adempimento, non avrebbe
potuto impiegare il denaro dovutogli in forme di
investimento che gli avrebbero garantito un rendimento
superiore al saggio legale” (cfr. Corte di Cassazione,
sez. I, 24.01.2014, n. 1506).
In sostanza, vi è stato un alleggerimento dell’onere
probatorio sul piano dell’an, non essendo imposto
all’imprenditore commerciale di fornire una prova specifica
del danno, causalmente ricollegabile alla svalutazione. Ma
l’ausilio derivante dalla matrice presuntiva non può, però,
tradursi, ad avviso del Collegio, nell’elusione di una
puntuale indicazione del quantum del pregiudizio:
diversamente opinando, si rischierebbe di impropriamente
assimilare le obbligazioni di valuta con quelle di valore.
Sotto tale profilo, le deduzioni e le allegazioni probatorie
della società ricorrente sono state generiche ed
inconsistenti, né la condotta dell’Amministrazione, come
sostenuto, può reputarsi affetta da malafede, dovendosi, al
contrario, ritenere persuasivo l’assunto della difesa
comunale secondo cui la computabilità delle superfici a
parcheggio nel calcolo del costo di costruzione costituisse
oggetto di una interpretazione controversa a causa delle
oscillazioni registrate in giurisprudenza.
In conclusione, il ricorso va accolto, nei sensi e nei
limiti espressi in motivazione (TAR
Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 31.01.2018 n. 274 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Stabilisce l’art. 11 della legge 24.03.1989, n.
122 che <<Le opere e gli interventi previsti dalla presente legge
costituiscono opere di urbanizzazione anche ai sensi
dell'articolo 9, primo comma, lettera f), della legge
28.01.1977, n. 10>>. Come noto la legge n. 122 del 1989
è stata emanata al fine di porre rimedio al problema della
carenza di spazi destinati a parcheggio delle autovetture ed
ha, quindi, proprio ad oggetto gli interventi consistenti
nella realizzazione di parcheggi ed autorimesse.
La disposizione è pertanto chiara nell’assimilare (senza
condizione alcuna) tale tipologia di interventi alle opere
di urbanizzazione le quali –ai sensi del richiamato art. 9,
comma 1, lett. f), della legge n. 10 del 1977 (norma oggi
riprodotta nell’articolo 17, comma 3, lett. c), del d.P.R.
06.06.2001, n. 380)– sono esenti dal contributo di
costruzione.
Anche la normativa regionale dettava e detta
disposizioni analoghe a quella appena illustrate.
In tal senso già disponeva l’art. 2, comma 2, della legge
della Regione Lombardia 19.11.1999, n. 22, vigente all’epoca
di presentazione della DIA di cui è causa, il quale
stabiliva che <<I parcheggi sono considerati opere di
urbanizzazione ai sensi dell’art. 9, comma 1, lett. f),
della legge 10/1977 …>>; e prima ancora l’art. 4, comma
4, della legge regionale n. 60 del 1977 (Norme di attuazione
della legge 28.01.1977, n. 10, in materia di edificabilità
dei suoli) ai sensi del quale <<i volumi e gli spazi
destinati al ricovero di autovetture non sono computati,
salvo che per la quota eccedente quella richiesta
obbligatoriamente per parcheggio>>.
Oggi queste norme sono riprodotte nell’art. 69, primo comma,
della legge regionale n. 12 del 2005, il quale ha peraltro
eliminato il vincolo di pertinenzialità e il limite
quantitativo previsti dalla previgente normativa.
Va poi osservato che, sebbene vi siano ancora pareri
discordanti, la più recente giurisprudenza –cui la Sezione
rivedendo le proprie precedenti posizioni intende in questa sede uniformarsi–
ritiene che la normativa di favore appena illustrata si
riferisca, non solo alle autorimesse relative ad edifici
esistenti alla data di entrata in vigore della legge n. 122
del 1989 (e quindi realizzate in epoca successiva), ma anche
a quelle relative ad edifici nuovi.
Ciò in quanto l’art. 11 della legge n. 122 del 1989 si
riferisce –come visto– a tutti gli interventi disciplinati
da tale legge, compresi quindi quelli contemplati dall’art.
2 che, introducendo l’art. 41-sexies alla legge n. 1150 del
1942, ha dettato una specifica disciplina relativa ai
parcheggi posti a servizio di nuovi edifici.
---------------
10. Ritiene il Collegio che il ricorso sia fondato, essendo
meritevole di accoglimento il primo motivo di
ricorso, avente carattere assorbente, con il quale la
ricorrente deduce la violazione dell’art. 11 della legge
24.03.1989, n. 122 e dell’art. 17, comma 3, lett. c), del
d.P.R. 06.06.2001, n. 380; norme che, a suo dire,
escluderebbero la possibilità di computare la superficie
delle autorimesse al fine della determinazione
dell’ammontare del contributo dovuto a titolo di costo di
costruzione.
11. Al riguardo si osserva quanto segue.
12. Stabilisce l’art. 11 della legge 24.03.1989, n. 122 che
<<Le opere e gli interventi previsti dalla presente legge
costituiscono opere di urbanizzazione anche ai sensi
dell'articolo 9, primo comma, lettera f), della legge
28.01.1977, n. 10>>. Come noto la legge n. 122 del 1989
è stata emanata al fine di porre rimedio al problema della
carenza di spazi destinati a parcheggio delle autovetture ed
ha, quindi, proprio ad oggetto gli interventi consistenti
nella realizzazione di parcheggi ed autorimesse.
13. La disposizione è pertanto chiara nell’assimilare (senza
condizione alcuna) tale tipologia di interventi alle opere
di urbanizzazione le quali –ai sensi del richiamato art. 9,
comma 1, lett. f), della legge n. 10 del 1977 (norma oggi
riprodotta nell’articolo 17, comma 3, lett. c), del d.P.R.
06.06.2001, n. 380)– sono esenti dal contributo di
costruzione.
14. Anche la normativa regionale dettava e detta
disposizioni analoghe a quella appena illustrate.
In tal senso già disponeva l’art. 2, comma 2, della legge
della Regione Lombardia 19.11.1999, n. 22, vigente all’epoca
di presentazione della DIA di cui è causa, il quale
stabiliva che <<I parcheggi sono considerati opere di
urbanizzazione ai sensi dell’art. 9, comma 1, lett. f),
della legge 10/1977 …>>; e prima ancora l’art. 4, comma
4, della legge regionale n. 60 del 1977 (Norme di attuazione
della legge 28.01.1977, n. 10, in materia di edificabilità
dei suoli) ai sensi del quale <<i volumi e gli spazi
destinati al ricovero di autovetture non sono computati,
salvo che per la quota eccedente quella richiesta
obbligatoriamente per parcheggio>>.
Oggi queste norme sono riprodotte nell’art. 69, primo comma,
della legge regionale n. 12 del 2005, il quale ha peraltro
eliminato il vincolo di pertinenzialità e il limite
quantitativo previsti dalla previgente normativa.
15. Va poi osservato che, sebbene vi siano ancora pareri
discordanti, la più recente giurisprudenza –cui la Sezione
rivedendo le proprie precedenti posizioni (cfr. TAR
Lombardia Milano, sez. II, 29.07.2014, n. 2151; id.
20.03.2014, n. 722 che richiama Consiglio di Stato, sez. V,
18.12.2012 n. 6509) intende in questa sede uniformarsi–
ritiene che la normativa di favore appena illustrata si
riferisca, non solo alle autorimesse relative ad edifici
esistenti alla data di entrata in vigore della legge n. 122
del 1989 (e quindi realizzate in epoca successiva), ma anche
a quelle relative ad edifici nuovi.
Ciò in quanto l’art. 11 della legge n. 122 del 1989 si
riferisce –come visto– a tutti gli interventi disciplinati
da tale legge, compresi quindi quelli contemplati dall’art.
2 che, introducendo l’art. 41-sexies alla legge n. 1150 del
1942, ha dettato una specifica disciplina relativa ai
parcheggi posti a servizio di nuovi edifici (cfr. Consiglio
di Stato, sez. IV, 24.11.2016, n. 4937; TAR Lombardia,
Brescia, sez. I, 11.09.2017, n. 1087).
16. Per tutte queste ragioni, va ribadita la fondatezza del
ricorso.
17. Di conseguenza, il Comune di Rho ha l’obbligo di
calcolare il contributo dovuto per costo di costruzione,
relativo al titolo edilizio indicato in precedenza,
scomputando la superficie delle autorimesse.
18. La non univocità degli orientamenti giurisprudenziali
sui punti decisivi della controversia induce il Collegio a
disporre la compensazione delle spese di giudizio (TAR
Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 31.01.2018 n. 270 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
La legge 122/1989 prevede (art. 9, comma 1) che “I proprietari di immobili possono realizzare nel
sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano
terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza
delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli
strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti.
Restano in ogni caso fermi i vincoli previsti dalla
legislazione in materia paesaggistica ed ambientale ed i
poteri attribuiti dalla medesima legislazione alle regioni e
ai Ministeri dell'ambiente e per i beni culturali ed
ambientali da esercitare motivatamente nel termine di 90
giorni”.
La norma, nella sua formulazione letterale,
è univoca nel senso di ammettere la realizzazione, anche in
deroga agli strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi
vigenti, dei soli parcheggi “nel sottosuolo” o al “piano
terreno dei fabbricati”.
Omogeneamente, l’art. 66, comma 1, della l.r.
11.03.2005 n. 12 ha previsto che “i proprietari di
immobili e gli aventi titolo sui medesimi possono realizzare
nel sottosuolo degli stessi o di aree pertinenziali esterne,
nonché al piano terreno dei fabbricati, nuovi parcheggi, da
destinarsi a pertinenza di unità immobiliari residenziali e
non, posti anche esternamente al lotto di appartenenza,
senza limiti di distanza dalle unità immobiliari cui sono
legati da rapporto di pertinenza, purché nell'ambito del
territorio comunale o in comuni contermini, ai sensi
dell'articolo 9 della legge 24.03.1989, n. 122”.
L’utilizzo del termine “nel sottosuolo” non consente
di estendere la deroga a manufatti che siano solo
parzialmente interrati, come accade nel caso di specie.
La necessità di adottare una interpretazione letterale e
l’impossibilità di accedere a letture estensive discende,
come affermato dalla giurisprudenza, dalla natura
eccezionale della norma, che introduce possibilità
edificatorie in deroga agli strumenti urbanistici vigenti
(cfr. Cons. Stato, sez. V, 11.11.2004 n. 7773, secondo cui:
“La possibilità di realizzare parcheggi da destinare a
pertinenze delle singole unità immobiliari anche in deroga
agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi
vigenti, consentita dall'art. 9 l. n. 122 del 1989,
costituisce disposizione di carattere eccezionale da
interpretarsi nel suo significato strettamente letterale ed
in considerazione delle finalità della legge nel cui
contesto risulta inserita").
A tale interpretazione, d’altronde, ha aderito la
giurisprudenza prevalente.
Ne deriva che il rispetto dell’esigenza rappresentata
dall’art. 9 della legge 24.03.1989 n. 122 (realizzabilità di
parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità
immobiliari esclusivamente nel sottosuolo, per l'intera
altezza: regola, quanto alla fattispecie in esame, non
rispettata), con carattere derogatorio rispetto agli
strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti, non
possa essere in alcun modo superato, trattandosi di norma di
stretta interpretazione e di rigorosa applicazione; mentre
la realizzazione di autorimesse e parcheggi, non totalmente
al di sotto del piano naturale di campagna, è assoggettata
alla disciplina urbanistica dettata per le ordinarie nuove
costruzioni fuori terra.
---------------
FATTO
Espone la società ricorrente –che svolge attività nel
settore edilizio ed è proprietaria di capannone nel Comune
di Corteno Golgi privo di adeguata dotazione di parcheggi–
di aver presentato, in data 11.05.2007, denuncia di inizio
di attività, al fine di realizzare un box al servizio del
capannone.
Il box veniva collocato in zona agricola e si invocava la
disciplina speciale di cui agli artt. 66 e ss. della legge
regionale n. 12/2005.
A seguito di esplicita richiesta dell'ufficio tecnico in
data 01.06.2007, che imponeva la presentazione di “atto
di vincolo pertinenziale”, la società ricorrente
trasmetteva l'atto predetto con comunicazione del
progettista e dava corso alla realizzazione della struttura.
Il box presentava un'altezza variabile da 4,20 mt. a 6,20 mt.
ed era impostato ad una quota di + 50 cm. rispetto
all'andamento naturale del terreno
Con il gravato provvedimento ripristinatorio:
- si dava atto della conformità dell'opera alla DIA sotto il
profilo planimetrico;
- si contestava una maggiore altezza della quota altimetrica di cm.
85, in particolare imputando un sopralzo da 4,20 a 5,05 mt.;
- si contestava, dunque, l'impossibilità di avvalersi della
disciplina di deroga rilevando che l'opera contrastava con
la destinazione agricola, non rispettava la distanza di mt.
8,00 dal confine della zona agricola ed anche la distanza
dalla strada, distanze non derogabili con il manufatto fuori
terra;
- si ingiungeva, quindi, la demolizione integrale dell'opera.
Queste le censure esposte con il presente ricorso:
1) Violazione di legge per errata e falsa applicazione di legge
(artt. 31, 32 e 34 del D.P.R. 380/2001; art. 54 della legge
regionale n. 12/2005) e violazione del principio di tipicità
delle sanzioni amministrative
L'impugnato provvedimento ha ingiunto la demolizione
dell'intera opera sul presupposto che la stessa, in quanto
difforme dalla DIA, in particolare in quanto non
completamente interrata, dovrebbe considerarsi abusiva nella
sua integralità.
Nella fattispecie, non si tratterebbe di sanzionare un'opera
eseguita in assenza di titolo o comunque in totale
difformità o con variazioni essenziali; piuttosto, venendo
in considerazione un’opera in parziale difformità e senza
variazioni essenziali.
L’affermata violazione (innalzamento della quota altimetrica
per 85 cm.) non configura una variazione “essenziale”
ai sensi del combinato disposto di cui all'art. 32 del
D.P.R. 380/2001 e dell'art. 54 della legge regionale n.
12/2005, atteso che un sopralzo inferiore a 1,00 metro e
senza creazione di un piano ulteriore è espressamente
qualificato dalla normativa regionale come variazione non
essenziale, con riveniente applicabilità di sanzione di
carattere pecuniario e non reale.
2) Violazione di legge per errata e falsa applicazione di legge
(art. 3, comma 1, lett. e.6) e art. 31 DPR n. 380/2001;
artt. 66 e ss. legge regionale n. 12/2005).
Nell’osservare come l’art. 3, comma 1, punto e.6), del
D.P.R. 380/2001 imponga l'obbligo del permesso di costruire
solo in presenza di strutture pertinenziali di un certo
livello (con la conseguenza che normali strutture
pertinenziali non sono soggette a permesso di costruire ed
alle relative e connesse sanzioni), sottolinea la società
ricorrente che, nella fattispecie, l'opera sia priva di sua
autonomia funzionale, essendo stata realizzata al servizio
di capannone esistente che era carente dei parcheggi di
legge.
3) Eccesso di potere per travisamento dei fatti e difetto dei
presupposti, nonché per violazione delle N.T.A. del P.R.G.
di Corteno Golgi. Violazione di legge per mancata
applicazione di legge (artt. 66 e ss. legge regionale n.
12/2005).
Nel rilevare come nel provvedimento impugnato si sostenga
che la realizzazione del manufatto fuori terra comporterebbe
la totale abusività dell'opera, osserva la ricorrente che
tale intervento fosse, fin dall’origine, previsto
parzialmente fuori terra.
La DIA contemplava, infatti, la realizzazione del box ad una
quota di + 50 cm. rispetto all'andamento naturale del
terreno.
Conseguentemente, non si porrebbe un problema di rispetto
delle distanze dai confini e/o dalla strada; e l'incremento
abusivo non si ragguaglierebbe ad 85 cm., ma a 35.
Né l'opera sarebbe in contrasto con la disciplina della zona
E agricola, dal momento che gli artt. 66 e ss. della legge
regionale n. 12/2005 ammettono la possibilità di realizzare
strutture destinate a parcheggio al servizio di edifici
esistenti anche in deroga alle previsioni dello strumento
regolatore e quindi anche in zona agricola.
Conclude parte ricorrente insistendo per l'accoglimento del
gravame, con conseguente annullamento degli atti oggetto di
censura.
L'Amministrazione comunale, ancorché ritualmente intimata,
non si è costituita in giudizio.
Il ricorso viene ritenuto per la decisione alla pubblica
udienza del 24.01.2018.
DIRITTO
1. Ad integrazione di quanto esposto in narrativa, giova
sottolineare che l’avversata determinazione ripristinatoria,
nel rilevare “la conformità delle opere finora eseguite
al progetto presentato sotto l’aspetto planimetrico”, ne
ha, tuttavia, constatato la difformità sotto l’aspetto
altimetrico, in quanto “la quota di estradosso del solaio
di copertura del box è più alta mediante di cm. 85 rispetto
agli elaborati tecnici depositati con la DIA … di cm. 85 (mt.
4,20 autorizzato, mt. 5,05 rilevato)”.
Prosegue il provvedimento in rassegna osservando che “essendo
la quota di estradosso del solaio di copertura del box più
alta mediamente di cm. 85, il manufatto non è più totalmente
interrato come prescrive la legge 122/1989 e pertanto si
evidenzia che non sono più invocabili le deroghe agli
strumenti urbanistici previste dalla citata legge 122/1989”.
Ciò osservato, nello stesso provvedimento si dà atto della
difformità del manufatto rispetto alle prescrizioni vigenti
per le zone omogenee di rispetto stradale ed E1 agricola
nella quale ricade il sedime dell’immobile, sotto i seguenti
profili:
“- inedificabilità totale per la zona di
rispetto stradale non più derogabile con il manufatto fuori
terra;
- mancata distanza dai confini prevista in mt. 8,00 nella zona E1
non più derogabile a zero con il manufatto fuori terra;
- non rispetto dell’indice volumetrico;
- edificazione di volume fuori terra pari a mc. 788,358 (sup. mq.
927,48 x H fuori terra mt. 0,85) non più derogabile;
- non rispetto della tipologia edilizia nella zona E1 agricola”.
2. La legge, come sopra (correttamente) richiamata
dall’Amministrazione comunale, prevede (art. 9, comma 1) che
“I proprietari di immobili possono realizzare nel
sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano
terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza
delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli
strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti.
Restano in ogni caso fermi i vincoli previsti dalla
legislazione in materia paesaggistica ed ambientale ed i
poteri attribuiti dalla medesima legislazione alle regioni e
ai Ministeri dell'ambiente e per i beni culturali ed
ambientali da esercitare motivatamente nel termine di 90
giorni”.
La norma sopra riportata, nella sua formulazione letterale,
è univoca nel senso di ammettere la realizzazione, anche in
deroga agli strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi
vigenti, dei soli parcheggi “nel sottosuolo” o al “piano
terreno dei fabbricati”.
Omogeneamente, l’art. 66, comma 1, della legge regionale
11.03.2005 n. 12 ha previsto che “i proprietari di
immobili e gli aventi titolo sui medesimi possono realizzare
nel sottosuolo degli stessi o di aree pertinenziali esterne,
nonché al piano terreno dei fabbricati, nuovi parcheggi, da
destinarsi a pertinenza di unità immobiliari residenziali e
non, posti anche esternamente al lotto di appartenenza,
senza limiti di distanza dalle unità immobiliari cui sono
legati da rapporto di pertinenza, purché nell'ambito del
territorio comunale o in comuni contermini, ai sensi
dell'articolo 9 della legge 24.03.1989, n. 122”.
L’utilizzo del termine “nel sottosuolo” non consente
di estendere la deroga a manufatti che siano solo
parzialmente interrati, come accade nel caso di specie.
La necessità di adottare una interpretazione letterale e
l’impossibilità di accedere a letture estensive discende,
come affermato dalla giurisprudenza, dalla natura
eccezionale della norma, che introduce possibilità
edificatorie in deroga agli strumenti urbanistici vigenti
(cfr. Cons. Stato, sez. V, 11.11.2004 n. 7773, secondo cui:
“La possibilità di realizzare parcheggi da destinare a
pertinenze delle singole unità immobiliari anche in deroga
agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi
vigenti, consentita dall'art. 9 l. n. 122 del 1989,
costituisce disposizione di carattere eccezionale da
interpretarsi nel suo significato strettamente letterale ed
in considerazione delle finalità della legge nel cui
contesto risulta inserita").
A tale interpretazione, d’altronde, ha aderito la
giurisprudenza prevalente (cfr. TAR Toscana, sez. III,
15.01.2004, n. 13; TAR Piemonte, sez. I, 11.03.1999 n. 139;
TAR Lazio Latina, 02.04.1996 n. 337).
Ne deriva che il rispetto dell’esigenza rappresentata
dall’art. 9 della legge 24.03.1989 n. 122 (realizzabilità di
parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità
immobiliari esclusivamente nel sottosuolo, per l'intera
altezza: regola, quanto alla fattispecie in esame, non
rispettata), con carattere derogatorio rispetto agli
strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti, non
possa essere in alcun modo superato, trattandosi di norma di
stretta interpretazione e di rigorosa applicazione; mentre
la realizzazione di autorimesse e parcheggi, non totalmente
al di sotto del piano naturale di campagna, è assoggettata
alla disciplina urbanistica dettata per le ordinarie nuove
costruzioni fuori terra (ex multis, Consiglio di
Stato sez. VI, 30.05.2014 n. 2821 e sez. IV, 16.04.2012, n.
2185).
3. Alla inapplicabilità delle disposizioni derogatorie
rivenienti dalla legge 122, consegue la piena espansione
delle prescrizioni disciplinate dalla vigente strumentazione
urbanistica.
Ad esse, trattandosi di area ricadente in ambito E1
agricolo, accede l’inosservanza –quanto al manufatto posto
in essere dalla ricorrente– delle indicazioni analiticamente
dettate nella determinazione ripristinatoria avversata; a
nulla rilevando che la DIA originariamente presentata dalla
ricorrente contemplasse una parziale realizzazione fuori
terra del box (peraltro, largamente ecceduta dalla struttura
poi posta in essere, atteso il differenziale di cm. 85,
rispetto ad un’altezza indicata in mt. 4,20, presentato
dalla quota di estradosso del solaio di copertura del box
rispetto al progetto originario).
Le difformità rappresentate dall’intervento in esame con
riferimento alla vocazione urbanistica impressa alla zona
nella quale ricade il sedime interessato dalla realizzazione
edilizia de qua (totale inedificabilità in area assoggettata
a vincolo di rispetto stradale; inosservata prescrizione in
tema di distanza dai confini; mancato rispetto del previsto
indice volumetrico; tipologia edilizia della zona E1),
dimostrano la corretta applicazione, nella fattispecie,
della sanzione ripristinatoria; per l’effetto dovendosi
disattendere le censure, sul punto, esposte dalla
ricorrente.
Né, diversamente, si dimostra utilmente evocabile la
prescrizione dettata dall’art. 66 della legge regionale
12/2005, il cui comma 1, lett. c), punto 1, indica come
“variazioni essenziali al progetto approvato le modifiche
edilizie … dell'altezza dell'edificio in misura superiore a
un metro senza variazione del numero dei piani”.
Non viene, infatti, in considerazione nel caso all’esame una
variazione altimetrica di edificio, rispetto alla quale la
qualificazione in termini di “essenzialità” è suscettibile
di reagire sull’applicabile regime sanzionatorio (ripristinatorio-reale
o pecuniario); quanto, piuttosto, la preclusa edificazione
di una rimessa, (ancorché parzialmente) fuori terra, con
riveniente violazione (in ragione della preclusa operatività
del regime derogatorio della c.d. “legge Tognoli”) delle
prescrizioni urbanistiche (sopra indicate) vigenti nell’area
interessata dall’intervento de quo.
4. L’infondatezza dei motivi di ricorso dedotti con il mezzo
di tutela all’esame ne impone il rigetto (TAR
Lombardia-Brescia, Sez. I,
sentenza 29.01.2018 n. 122 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Contributo di costruzione per la realizzazione di parcheggi.
Il TAR Milano precisa che la richiesta
del pagamento del contributo di costruzione con riguardo ai
parcheggi posti al servizio dell’edificio oggetto di un
intervento edilizio risulta in violazione del disposto
dell’art. 69, comma 1, della legge regionale n. 12 del 2005,
secondo il quale i parcheggi, pertinenziali e non
pertinenziali, realizzati anche in eccedenza rispetto alla
quota minima richiesta per legge, costituiscono opere di
urbanizzazione e il relativo titolo abilitativo è gratuito.
Infatti, attraverso tale intervento legislativo è stato
introdotto il principio della gratuità dei titoli edilizi
relativi ai parcheggi collegando l’utilità di queste opere
direttamente agli interessi della viabilità, senza la
mediazione di uno specifico edificio (di qui l’abbandono del
requisito della pertinenzialità) e senza la
predeterminazione di limiti quantitativi (di qui il
superamento della misura minima di legge).
Del resto, già l’art. 2, comma 2, della legge regionale n.
22 del 1999 qualificava i parcheggi come opere di
urbanizzazione e quindi, anche in ragione del disposto di
cui all’art. 4, comma 4, della legge regionale n. 60 del
1977, ne imponeva l’esclusione dal computo degli oneri;
l’art. 69, comma 1, della legge regionale n. 12 del 2005 ha,
poi, eliminato anche il vincolo di pertinenzialità e il
limite quantitativo.
Aggiunge, poi, il TAR che l’art. 25, comma 8, della legge
regionale n. 12 del 2005 (ai sensi della quale fino
all’approvazione del piano dei servizi la misura degli oneri
di urbanizzazione è determinata con applicazione della
normativa previgente) è una norma transitoria che riguarda
soltanto la disciplina contenuta nel Titolo II della Parte I
della legge e non anche il Titolo IV della Parte II, in cui
è collocato l’art. 69, e si riferisce alla determinazione
della misura degli oneri e non alla qualificazione e
all'individuazione degli interventi cui gli stessi sono
subordinati, che rimane riservata al legislatore, anche per
garantire il rispetto della riserva (relativa) di legge
prevista dall’art. 23 della Costituzione.
Da ultimo, il TAR precisa che il regime di gratuità dei
parcheggi si applica anche agli edifici nuovi e non solo a
quelli già esistenti
(commento tratto da https://camerainsubria.blogspot.it).
---------------
MASSIMA
1. Il ricorso è fondato.
2. Con la prima doglianza si assume l’illegittimità
della pretesa comunale in ordine al pagamento del contributo
di costruzione anche con riguardo ai parcheggi pertinenziali
realizzati in misura superiore a quella minima prevista
dalla normativa vigente, atteso che l’art. 25, comma 8,
della legge regionale n. 12 del 2005, disciplinando in via
transitoria i criteri per determinare gli oneri di
urbanizzazione, si riferirebbe soltanto alla tipologia di
interventi edilizi assoggettati a tali oneri e non
consentirebbe la disapplicazione delle norme che individuano
i casi di esclusione dal pagamento, come i parcheggi
realizzati a servizio delle abitazioni che rientrerebbero
nel novero delle opere di urbanizzazione.
2.1. La doglianza è fondata.
Il Comune richiedendo
alla società ricorrente
il pagamento
del contributo con riguardo ai parcheggi posti al servizio
dell’edificio oggetto dell’intervento edilizio, ha violato
il disposto dell’art. 69, comma 1, della legge regionale n.
12 del 2005, secondo il quale “i parcheggi, pertinenziali
e non pertinenziali, realizzati anche in eccedenza rispetto
alla quota minima richiesta per legge, costituiscono opere
di urbanizzazione e il relativo titolo abilitativo è
gratuito”; infatti,
attraverso tale intervento è stato
introdotto “il principio della gratuità dei titoli
edilizi relativi ai parcheggi collegando l’utilità di queste
opere direttamente agli interessi della viabilità senza la
mediazione di uno specifico edificio (di qui l’abbandono del
requisito della pertinenzialità) e senza la
predeterminazione di limiti quantitativi (di qui il
superamento della misura minima di legge)”
(TAR
Lombardia, Brescia, I, 11.09.2017, n. 1087; II, 24.05.2013,
n. 508).
Del resto, già l’art. 2, comma 2, della legge regionale n.
22 del 1999 (“i parcheggi sono considerati opere di
urbanizzazione ai sensi dell’art. 9, comma 1, lett. f),
della legge n. 10 del 1977 …”) qualificava i parcheggi
come opere di urbanizzazione e quindi, anche in ragione del
disposto di cui all’art. 4, comma 4, della legge regionale
n. 60 del 1977 (“i volumi e gli spazi destinati al
ricovero di autovetture non sono computati, salvo che per la
quota eccedente quella richiesta obbligatoriamente per
parcheggio”), ne imponeva l’esclusione dal computo degli
oneri (in tal senso, Consiglio di Stato, IV, 24.11.2016, n.
4937; TAR Lombardia, Brescia, II, 24.05.2013, n. 508).
L’art. 69, comma 1, della legge regionale n. 12 del 2005 ha
poi eliminato anche il vincolo di pertinenzialità e il
limite quantitativo; tale norma va certamente applicata
anche alla fattispecie de qua, atteso che l’art. 25, comma
8, della legge regionale n. 12 del 2005 (“fino
all’approvazione del piano dei servizi la misura degli oneri
di urbanizzazione è determinata con applicazione della
normativa previgente”) è una norma transitoria che
riguarda soltanto la disciplina contenuta nel Titolo II
della Parte I della legge, e non anche il Titolo IV della
Parte II in cui è collocato l’art. 69, e si riferisce alla
determinazione della misura degli oneri e non alla
qualificazione e individuazione degli interventi cui gli
stessi sono subordinati, che rimane riservata al
legislatore, anche per garantire il rispetto della riserva
(relativa) di legge prevista dall’art. 23 della Costituzione
(“nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere
imposta se non in base alla legge”).
Infine, va precisato che
il regime di gratuità dei parcheggi
si applica anche agli edifici nuovi e non solo a quelli già
esistenti
(TAR Lombardia, Brescia, I, 11.09.2017, n. 1087).
2.2. In senso contrario, non appaiono meritevoli di
condivisione le considerazioni svolte dalla difesa comunale
e
risultano manifestamente infondati i rilievi di
costituzionalità formulati con riguardo all’art. 69, comma
1, della legge regionale n. 12 del 2005, asseritamente in
contrasto con l’art. 117, terzo comma, Cost., atteso che la
Corte costituzionale in materia di governo del territorio ha
ritenuto precluso al legislatore statale l’adozione di una
disciplina puntuale inerente a specifiche tipologie di
interventi edilizi realizzati in contesti ben definiti e
circoscritti, senza lasciare alcuno spazio al legislatore
regionale, visto che «alla normativa di principio spetta
di prescrivere criteri e obiettivi, mentre alla normativa di
dettaglio è riservata l’individuazione degli strumenti
concreti da utilizzare per raggiungere tali obiettivi»
(sentenze n. 189 del 2015, n. 278 del 2010, n. 16 del 2010,
n. 340 del 2009, n. 401 del 2007).
Nemmeno può affermarsi lo stravolgimento, a livello
definitorio, del concetto di opere di urbanizzazione, atteso
che l’art. 11, comma 1, della legge n. 122 del 1989,
richiamando l’art. 9, comma 1, lett. f), della legge n. 10
del 1977, ha qualificato i parcheggi come opere di
urbanizzazione, cui la normativa regionale si è
perfettamente conformata.
2.3. Pertanto, la predetta censura deve essere accolta.
3. La fondatezza della scrutinata doglianza, avuto riguardo
al suo carattere assorbente, rende superfluo l’esame delle
ulteriori censure e determina l’accoglimento del ricorso.
4. Di conseguenza,
il Comune di Cinisello Balsamo ha
l’obbligo di scomputare dalla determinazione complessiva del
contributo di costruzione, relativo al titolo edilizio
indicato in precedenza, gli oneri afferenti ai parcheggi
realizzati, restituendo l’importo così determinato alla
società ricorrente (che è stato quantificato da quest’ultima
in € 110,029,93), nel termine di sessanta giorni dalla
notificazione della presente sentenza; sulla somma
individuata dovranno altresì essere calcolati gli interessi
legali a far data dal 14.05.2007 fino al soddisfo
(TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 24.01.2018 n. 192 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
L’art. 41-sexies della legge 17.08.1942, n. 1150,
stabilisce che “Nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree
di pertinenza delle costruzioni stesse, debbono essere
riservati appositi spazi per parcheggi in misura non
inferiore ad un metro quadrato per ogni dieci metri cubi di
costruzione”.
La giurisprudenza ha da tempo chiarito che la norma si
applica indistintamente sia gli edifici strettamente
residenziali sia –e, forse, a maggior ragione– a quelli
destinati ad attività terziarie; e, secondo
un’interpretazione funzionale della volontà del legislatore,
non riguarda la sola ipotesi della realizzazione di un nuovo
manufatto su area libera, ma anche ogni intervento
sull’edificato esistente, tale da determinare un aggravio
del carico urbanistico.
---------------
3. Con il terzo motivo, la società ricorrente impugna
le previsioni di cui all’art. 22 (già art. 31) delle N.T.A.
di R.U., laddove richiedono, a fronte di cambi di
destinazione d’uso comportanti un incremento o modifica del
carico urbanistico superiore al 50% della SUL dell’edificio,
l’obbligatorio reperimento di spazi per parcheggi stanziali,
in aggiunta ai parcheggi pertinenziali previsti dalla legge
n. 122/1989.
La norma darebbe vita a un onere sprovvisto di copertura
legislativa, e, conseguentemente, la monetizzazione prevista
in alternativa dal regolamento urbanistico –di fatto
necessitata per gli interventi da eseguirsi nel centro
storico, ove gli spazi a parcheggio sono irreperibili–
verrebbe a configurare una prestazione imposta violativa
della riserva di legge sancita dall’art. 23 Cost. (oneri
straordinari di urbanizzazione).
Prescindendo dall’eccezione di carenza di interesse attuale
a una simile censura, sollevata dal Comune resistente, il
motivo è infondato.
L’art. 41-sexies della legge 17.08.1942, n. 1150, stabilisce
che “Nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di
pertinenza delle costruzioni stesse, debbono essere
riservati appositi spazi per parcheggi in misura non
inferiore ad un metro quadrato per ogni dieci metri cubi di
costruzione”.
La giurisprudenza ha da tempo chiarito che la norma si
applica indistintamente sia gli edifici strettamente
residenziali sia –e, forse, a maggior ragione– a quelli
destinati ad attività terziarie (così Cons. Stato, sez. VI,
19.10.2006, n. 6256); e, secondo un’interpretazione
funzionale della volontà del legislatore, non riguarda la
sola ipotesi della realizzazione di un nuovo manufatto su
area libera, ma anche ogni intervento sull’edificato
esistente, tale da determinare un aggravio del carico
urbanistico (per tutte, cfr. Cass. civ., sez. VI,
04.02.2015, n. 2036; Cons. Stato, sez. VI, 12.04.2013, n.
1995; TAR Lazio–Roma, sez. II, 07.11.2011, n. 8535).
Da tali, consolidati, principi non si discosta il R.U.
impugnato, che collega la garanzia di una dotazione minima
di posti auto agli interventi capaci, appunto, di generare
un aumento del carico urbanistico. Per il caso del mutamento
di destinazione d’uso, l’art. 22 delle N.T.A. stabilisce che
la dotazione di parcheggi è dovuta quando il cambio sia
riferito all’intero edificio, o comunque a porzioni
superiori al 50% della SUL, ed è finalizzata a sostenere il
maggiore impatto generato dalla nuova destinazione
attraverso il reperimento dei necessari spazi di sosta
commisurati a parametri differenziati in relazione a
ciascuna delle possibili destinazioni.
La dotazione aggiuntiva di spazi di sosta è ascritta dal
R.U., di volta in volta, a parcheggi “pertinenziali”,
ovvero “stanziali” o, ancora, “di relazione”,
con la precisazione che le prime due tipologie si pongono
sempre in alternativa fra loro (solo i parcheggi per la
sosta di relazione a servizio delle nuove destinazioni
commerciali sono richiesti in aggiunta a quelli
pertinenziali, nelle ipotesi di nuova costruzione,
ristrutturazione urbanistica e demolizione con
ricostruzione. Peraltro, nel centro storico, è lo stesso
art. 65 delle N.T.A., al comma 6.4, ad escludere la
necessità del reperimento degli spazi per la sosta di
relazione ordinariamente richiesti per le destinazioni
commerciali ammissibili).
Una volta verificato il fondamento legislativo della
contestata pretesa comunale, la “monetizzazione” dei
parcheggi stanziali consentita dall’art. 22 delle N.T.A.
costituisce nulla più che una modalità di compensazione
della dotazione di spazi di sosta non reperibili all’interno
dell’area interessata dall’intervento: una modalità
sostitutiva, la quale non rappresenta un’indebita
duplicazione degli oneri di urbanizzazione e del costo di
costruzione, giacché, a differenza di detti oneri, afferisce
direttamente al reperimento delle aree necessarie
all'interno della specifica zona di intervento (cfr. Cons.
Stato, sez. IV, 23.12.2013, n. 6211; id., 08.01.2013, n. 32;
id., 28.12.2012 n. 6706; id., 16.02.2011, n. 1013) (TAR
Toscana, Sez. I,
sentenza 22.01.2018 n. 86 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2017 |
|
EDILIZIA PRIVATA:
Tutti i parcheggi
pertinenziali, in quanto espressamente individuati quali
opere di urbanizzazione, non soggiacciono al contributo di
costruzione.
Deve ribadirsi che la legge n. 122/1989
nell'innovare la disciplina dei parcheggi (anche ex art. 2,
comma 2, incrementando la misura minima obbligatoria di
parcheggi pertinenziali nei nuovi edifici -il rapporto di
1mq./20mc stabilito inizialmente dall’art. 41-sexies, comma
1, della legge 1150/1942 nel testo aggiunto dall’art. 18
della legge 06.08.1967 n. 765 è stato portato a 1 mq./10mc-
e nello stabilire all'art. 9, comma 1, il principio secondo
cui i parcheggi pertinenziali possono essere realizzati
anche in deroga agli strumenti urbanistici e ai regolamenti
edilizi vigenti), all'art. 11, comma 1, ha equiparato i
parcheggi pertinenziali alle opere di urbanizzazione anche
per quanto riguarda la gratuità del titolo edilizio.
I parcheggi pertinenziali vanno quindi complessivamente
qualificati come opere di urbanizzazione e quindi che a
tutti (e non già soltanto a quelli previsti per la fruizione
collettiva) è stato riconosciuto un rilievo pubblico: può
concordarsi in proposito con la tesi per cui la gratuità non
va estesa anche ai parcheggi pertinenziali che eccedono la
misura minima di legge, atteso che, in carenza di una
espressa disposizione di legge in tal senso (e pur nella
opinabilità della questione) la interpretazione teleologica
consente di affermare che la qualificazione dei parcheggi
pertinenziali come opere di urbanizzazione ex art. 11, comma
1, della legge 122/1989 debba rimanere circoscritta entro i
confini tracciati dall'art. 41-sexies, comma 1, della legge
1150/1942 (di guisa che per i parcheggi eccedenti il “tetto”
di dotazione obbligatoria trova applicazione il disposto di
cui al D.M. più volte citato).
---------------
Per quanto concerne, infine, l’ulteriore questione relativa
all’applicabilità o no dell’art. 9 della legge n. 122 del
1989 (c.d. legge Tognoli) anche agli edifici nuovi e non
solo a quelli già esistenti (comma 1, “i proprietari di
immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi
ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati
parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità
immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed
ai regolamenti edilizi vigenti”), il Tribunale osserva che
l’art. 41-sexies della legge n. 1150 del 1942, come
sostituito dall’art. 2 della citata legge n. 122 del 1989
stabilisce che “…nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree
di pertinenza delle costruzioni stesse, debbono essere
riservati appositi spazi per parcheggi in misura non
inferiore ad un metro quadrato per ogni dieci metri cubi di
costruzione”.
Da tale chiaro enunciato scaturisce pertanto la necessità di
conteggiare i citati spazi a parcheggio nella dotazione
degli standard e quindi la correttezza dell’esclusione delle
aree di parcheggio, computate nella dotazione degli
standard, dal calcolo degli oneri di costruzione.
---------------
... per l'annullamento della nota in data 02/04/2009, con
cui il comune di Ravarino ha chiesto alla società
ricorrente, in riferimento alla DIA da essa presentata il
31/07/2008, "la quota del contributo di costruzione,
rapportata al costo di costruzione, riferibile alle
superfici dei parcheggi realizzandi;
...
Il Collegio osserva che il ricorso è fondato.
La Sezione ha avuto già modo, in più occasioni, di
pronunciarsi sulla questione relativa dell’assoggettamento a
contributo urbanistico per oneri di costruzione della parte
degli interventi edilizi assentiti relativa alle superfici
destinate a parcheggi pertinenziali interrati, ritenendo
illegittima la relativa pretesa delle amministrazioni
comunali (v. TAR Emilia Romagna sez. I, n. 545 del 2017;
sez. II n. 939 del 2014 e 16/04/2010 n. 3533).
In dette pronunce questo TAR ha peraltro condiviso
l’autorevole posizione del Consiglio di Stato che, in tema
di controversie aventi ad oggetto “la rideterminazione
dei contributi urbanistici da parte delle amministrazioni
comunali, con specifico riferimento al preteso
assoggettamento a tale contribuzione degli interventi
edilizi concernenti la realizzazione sia dei parcheggi
pertinenziali sia delle superfici relative ai corselli di
manovra e di accesso ai garage interrati”, ha stabilito
che tutti i parcheggi pertinenziali, in quanto espressamente
individuati quali opere di urbanizzazione, non soggiacciono
al contributo di costruzione (v. Cons. Stato sez. IV,
28/11/2012 n. 6033).
Nella citata decisione, il Consiglio di Stato ha infatti
precisato quanto segue: "Deve sul punto ribadirsi,
infatti, che la legge n. 122/1989 nell'innovare la
disciplina dei parcheggi (anche ex art. 2, comma 2,
incrementando la misura minima obbligatoria di parcheggi
pertinenziali nei nuovi edifici -il rapporto di 1mq./20mc
stabilito inizialmente dall’art. 41-sexies, comma 1, della
legge 1150/1942 nel testo aggiunto dall’art. 18 della legge
06.08.1967 n. 765 è stato portato a 1 mq./10mc- e nello
stabilire all'art. 9, comma 1, il principio secondo cui i
parcheggi pertinenziali possono essere realizzati anche in
deroga agli strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi
vigenti), all'art. 11, comma 1, ha equiparato i parcheggi
pertinenziali alle opere di urbanizzazione anche per quanto
riguarda la gratuità del titolo edilizio.”.
Tale decisione del Consiglio di Stato è stata di recente
condivisa da questo TAR con la già citata sentenza di questa
Sezione n. 939 del 2014, ove si è osservato che i parcheggi
pertinenziali vanno quindi complessivamente qualificati come
opere di urbanizzazione e quindi che a tutti (e non già
soltanto a quelli previsti per la fruizione collettiva) è
stato riconosciuto un rilievo pubblico: può concordarsi in
proposito con la tesi per cui la gratuità non va estesa
anche ai parcheggi pertinenziali che eccedono la misura
minima di legge, atteso che, in carenza di una espressa
disposizione di legge in tal senso (e pur nella opinabilità
della questione) la interpretazione teleologica consente di
affermare che la qualificazione dei parcheggi pertinenziali
come opere di urbanizzazione ex art. 11, comma 1, della
legge 122/1989 debba rimanere circoscritta entro i confini
tracciati dall'art. 41-sexies, comma 1, della legge
1150/1942 (di guisa che per i parcheggi eccedenti il “tetto”
di dotazione obbligatoria trova applicazione il disposto di
cui al D.M. più volte citato).
Per le chiarite ragioni, quindi, non può accedersi alla tesi
del Comune secondo cui a cagione della assenza di espressa
abrogazione del citato dm 10.05.1977, n. 312400 i parcheggi
"equiparati" alle opere di urbanizzazione e
conseguentemente esenti dal contributo di costruzione siano
soltanto quelli destinati ad uso collettivo. E' agevole
replicare, sul punto, che nulla prova la mancata abrogazione
in parte qua del D.M. 10.05.1977 in quanto la
equiparazione di cui all'art. 11, comma 1, della legge n.
122/1989 dei parcheggi pertinenziali alle opere di
urbanizzazione non opera per quelli eccedenti la dotazione
obbligatoria che quindi risultano normati dal citato D.M..
Per quanto concerne, infine, l’ulteriore questione relativa
all’applicabilità o no dell’art. 9 della legge n. 122 del
1989 (c.d. legge Tognoli) anche agli edifici nuovi e non
solo a quelli già esistenti (comma 1, “i proprietari di
immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi
ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati
parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità
immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed
ai regolamenti edilizi vigenti”), il Tribunale osserva
che l’art. 41-sexies della legge n. 1150 del 1942, come
sostituito dall’art. 2 della citata legge n. 122 del 1989
stabilisce che “…nelle nuove costruzioni ed anche nelle
aree di pertinenza delle costruzioni stesse, debbono essere
riservati appositi spazi per parcheggi in misura non
inferiore ad un metro quadrato per ogni dieci metri cubi di
costruzione”.
Da tale chiaro enunciato scaturisce pertanto la necessità di
conteggiare i citati spazi a parcheggio nella dotazione
degli standard e quindi la correttezza dell’esclusione delle
aree di parcheggio, computate nella dotazione degli
standard, dal calcolo degli oneri di costruzione (Consiglio
di Stato, IV, 24.11.2016, n. 4937 e , da ultima: TAR
Lombardia –BS- sez. I, 11/09/2017 n. 1087).
Per le suesposte ragioni, il ricorso è accolto con
conseguente accertamento del diritto della ricorrente al
pagamento del contributo per oneri di costruzione relativo
all’intervento in oggetto senza che il Comune inserisca, nel
relativo calcolo, le superfici destinate a parcheggio
pertinenziale (TAR Emilia Romagna-Bologna, Sez. II,
sentenza 20.11.2017 n. 751 - link a
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EDILIZIA PRIVATA:
La giurisprudenza afferma che i parcheggi
disciplinati dall’art. 9, comma 1, della
legge n. 122/1989
possono essere realizzati solamente
all'interno delle aree urbane, ribadendo che
allorquando trattasi, come nella specie, di
intervento in zona agricola non è
applicabile la normativa della cosiddetta
"legge Tognoli", che consente la
realizzazione di autorimesse nel sottosuolo
anche in deroga gli strumenti urbanistici,
essendo questa consentita solo nelle zone
residenziali, e ciò a prescindere
dall'ulteriore considerazione postulante
l'esclusione della deroga in presenza di
vincoli ambientali.
Deve ritenersi, inoltre, che l'art. 9 della
legge n. 122/1989 debba essere considerato
nell'ambito della disciplina complessiva
dettata dalla legge 122/1989, in cui esso si
inserisce.
Tale legge appare inequivocabilmente
deputata a dettare regole ed a disciplinare
interventi relativi ai centri urbani, ed in
particolare ai centri urbani afflitti da
gravi problemi di traffico. La fonte
legislativa, infatti, non si occupa soltanto
dei parcheggi pertinenziali agli edifici, ma
anche e soprattutto dei "programmi urbani
dei parcheggi" e, in generale, delle
"realizzazioni volte a favorire il
decongestionamento dei centri urbani,
mediante la creazione di parcheggi
finalizzati all'interscambio con i sistemi
di trasporto collettivo".
Procedendo ad un'interpretazione logica e
sistematica dell'art. 9, quindi, deve
ritenersi che la disposizione in esame sia
applicabile soltanto alle aree urbane e non
a quelle agricole ed extraurbane in genere.
In tal senso, peraltro, si è più volte
espressa la giurisprudenza del Consiglio di
Stato: "La possibilità di realizzare
parcheggi da destinare a pertinenze delle
singole unità immobiliari anche in deroga
agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti
edilizi vigenti, consentita dall'art. 9
della legge n. 122/1989, costituisce
disposizione di carattere eccezionale da
interpretarsi nel suo significato
strettamente letterale ed in considerazione
delle finalità della legge nel cui contesto
risulta inserita. Pertanto tale articolo è
applicabile alla costruzione di spazi
parcheggio nelle sole aree urbane, mentre la
realizzazione di parcheggi in aree
extraurbane resta soggetta alle ordinarie
prescrizioni urbanistiche ed edilizie
necessitando della normale concessione
edilizia".
In conclusione, deve affermarsi che la
facoltà di costruire autorimesse
pertinenziali anche in deroga agli strumenti
urbanistici è prevista dalla Legge Tognoli
soltanto relativamente alle aree urbane. Al
di fuori di tali aree, l'edificazione di
parcheggi pertinenziali sarà comunque
possibile, ma non potrà attuarsi nelle forme
e nei modi di cui al citato art. 9,
rimanendo invece sottoposta alle ordinarie
prescrizioni urbanistiche ed edilizie.
---------------
Il ricorso non è meritevole di accoglimento.
La proprietà della ricorrente è situata
nella zona classificata dal piano
strutturale come “subsistema della
pianura coltivata”; tale zona fa parte
del “paesaggio rurale”, definito
dall’art. 57 delle NTA del regolamento
urbanistico “porzione di territorio
comunale esterna alla perimetrazione degli
ambiti insediativi ovvero del paesaggio
urbano…a prevalente funzione agricola”
(documento n. 9 depositato in giudizio dal
Comune).
L’art. 9, comma 1, della legge n. 122/1989,
recante le "Disposizioni in materia di
parcheggi, programma triennale per le aree
urbane maggiormente popolate, nonché
modificazioni di alcune norme del testo
unico sulla disciplina della circolazione
stradale", prevede che: "I
proprietari di immobili possono realizzare
nel sottosuolo degli stessi ovvero nei
locali siti al piano terreno dei fabbricati
parcheggi da destinare a pertinenza delle
singole unità immobiliari, anche in deroga
agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti
edilizi vigenti. Tali parcheggi possono
essere realizzati, ad uso esclusivo dei
residenti, anche nel sottosuolo di aree
pertinenziali esterne al fabbricato, purché
non in contrasto con i piani urbani del
traffico, tenuto conto dell'uso della
superficie sovrastante e compatibilmente con
la tutela dei corpi idrici. Restano in ogni
caso fermi i vincoli previsti dalla
legislazione in materia paesaggistica ed
ambientale ed i poteri attribuiti dalla
medesima legislazione alle regioni e ai
Ministeri dell'ambiente e per i beni
culturali ed ambientali da esercitare
motivatamente nel termine di 90 giorni. I
parcheggi stessi, ove i piani del traffico
non siano stati redatti, potranno comunque
essere realizzati nel rispetto delle
indicazioni di cui al periodo precedente".
La giurisprudenza afferma che i parcheggi
disciplinati dalla normativa suddetta
possono essere realizzati solamente
all'interno delle aree urbane, ribadendo che
allorquando trattasi, come nella specie, di
intervento in zona agricola non è
applicabile la normativa della cosiddetta "legge
Tognoli", che consente la realizzazione
di autorimesse nel sottosuolo anche in
deroga gli strumenti urbanistici, essendo
questa consentita solo nelle zone
residenziali, e ciò a prescindere
dall'ulteriore considerazione postulante
l'esclusione della deroga in presenza di
vincoli ambientali (Cons. Stato, IV,
19.07.2017, n. 3566).
Deve ritenersi, inoltre, che l'art. 9 della
legge n. 122/1989 debba essere considerato
nell'ambito della disciplina complessiva
dettata dalla legge 122/1989, in cui esso si
inserisce.
Tale legge appare inequivocabilmente
deputata a dettare regole ed a disciplinare
interventi relativi ai centri urbani, ed in
particolare ai centri urbani afflitti da
gravi problemi di traffico. La fonte
legislativa, infatti, non si occupa soltanto
dei parcheggi pertinenziali agli edifici, ma
anche e soprattutto dei "programmi urbani
dei parcheggi" e, in generale, delle "realizzazioni
volte a favorire il decongestionamento dei
centri urbani, mediante la creazione di
parcheggi finalizzati all'interscambio con i
sistemi di trasporto collettivo".
Procedendo ad un'interpretazione logica e
sistematica dell'art. 9, quindi, deve
ritenersi che la disposizione in esame sia
applicabile soltanto alle aree urbane e non
a quelle agricole ed extraurbane in genere.
In tal senso, peraltro, si è più volte
espressa la giurisprudenza del Consiglio di
Stato: "La possibilità di realizzare
parcheggi da destinare a pertinenze delle
singole unità immobiliari anche in deroga
agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti
edilizi vigenti, consentita dall'art. 9
della legge n. 122/1989, costituisce
disposizione di carattere eccezionale da
interpretarsi nel suo significato
strettamente letterale ed in considerazione
delle finalità della legge nel cui contesto
risulta inserita. Pertanto tale articolo è
applicabile alla costruzione di spazi
parcheggio nelle sole aree urbane, mentre la
realizzazione di parcheggi in aree
extraurbane resta soggetta alle ordinarie
prescrizioni urbanistiche ed edilizie
necessitando della normale concessione
edilizia" (cfr. Cons. Stato, V,
11.11.2004, n. 7325).
In conclusione, deve affermarsi che la
facoltà di costruire autorimesse
pertinenziali anche in deroga agli strumenti
urbanistici è prevista dalla Legge Tognoli
soltanto relativamente alle aree urbane. Al
di fuori di tali aree, l'edificazione di
parcheggi pertinenziali sarà comunque
possibile, ma non potrà attuarsi nelle forme
e nei modi di cui al citato art. 9,
rimanendo invece sottoposta alle ordinarie
prescrizioni urbanistiche ed edilizie.
Pertanto, nel caso di specie la destinazione
urbanistica a paesaggio rurale (ovvero la
destinazione prevalentemente agricola) è
ostativa all’accoglimento della pretesa
della ricorrente (TAR Toscana, Sez. I,
sentenza 06.11.2017 n. 1353 -
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EDILIZIA PRIVATA:
In Lombardia sono gratuiti non solo i box (spazio effettivo
di sosta) ma anche gli spazi funzionali (e proporzionati)
per accedervi.
(a) la nozione di parcheggio, sia ai fini della
gratuità del titolo edilizio sia relativamente alla deroga
alle disposizioni urbanistiche, deve essere ricavata dalla
normativa regionale e dai principi dell’ordinamento
nazionale;
(b) il favore legislativo per la realizzazione di parcheggi, anche
non pertinenziali, e non necessariamente collegati a edifici
residenziali, si è manifestato pienamente con gli art. 67 e
69 della LR 12/2005;
(c) in particolare, l’art. 67, comma 3, della LR 12/2005 estende il
regime di favore alle opere accessorie, anche esterne,
idonee a garantire la funzionalità dei parcheggi. Tali opere
sono definite in via esemplificativa come rampe, aerazioni,
collegamenti verticali e simili;
(d) pertanto, non solo manca una base normativa per differenziare i
corselli e gli altri spazi di manovra rispetto alle
autorimesse servite dagli stessi, ma qualsiasi
discriminazione tra queste tipologie di opere deve essere
considerata illegittima. Di qui la necessità di disapplicare
le norme regolamentari restrittive, come quelle citate dal
Comune.
L’obiettivo perseguito dal legislatore, infatti, è di
incentivare la collocazione dei parcheggi sulle aree private
o al di sotto delle stesse, decongestionando le aree
pubbliche destinate alla circolazione e aumentando gli spazi
a disposizione della collettività. Tutto questo presuppone
che vi sia convenienza economica non solo nella
realizzazione di nuovi parcheggi privati ma anche nella
predisposizione dei collegamenti al servizio degli stessi;
(e) l’unico limite è quello intrinseco a ogni norma di favore,
ossia il divieto di abuso del diritto. Questo limite nel
caso dei parcheggi è esplicitato dall’art. 67, comma 3,
della LR 12/2005, nella parte in cui consente l’estensione
della disciplina di favore alle opere accessorie solo per
quanto strettamente necessario a garantire l’accesso ai
parcheggi e la funzionalità degli stessi.
Non potrebbero quindi essere sottratti al calcolo del
contributo di costruzione gli spazi di manovra palesemente
sproporzionati rispetto alle esigenze del comodo transito
dei veicoli;
(f) questo però non implica che gli spazi di manovra debbano essere
esclusivi, ossia che non possano collegare anche locali
diversi dalle autorimesse. Se i suddetti spazi sono
necessari per raggiungere le autorimesse, e sono costruiti
coerentemente con questa funzione, la circostanza che nelle
vicinanze delle autorimesse vi siano altri locali (cantine,
ripostigli, depositi, magazzini, centrali termiche) è del
tutto ininfluente.
L’uso promiscuo non cancella la destinazione dei corselli, e
dei restanti spazi di manovra, come pertinenze al servizio
delle autorimesse, e tale destinazione è da sola sufficiente
a giustificare il trattamento economico di favore. Le altre
utilità ricavabili da queste opere si aggiungono, senza
modificare la qualificazione principale;
(g) nello specifico, poiché i corselli e gli altri spazi di
manovra, come risulta dalla tavola prodotta in giudizio,
sono funzionali e proporzionati alla distribuzione dei
veicoli tra le varie autorimesse, tutta la relativa
superficie (1.044,83 mq) deve essere qualificata come
accessoria ai parcheggi, con la conseguente esclusione dalla
base di calcolo del contributo di costruzione, e
l’irrilevanza ai fini della determinazione della classe
degli edifici.
---------------
1. Questo TAR, con
sentenza 31.08.2015 n. 1133, non appellata, ha
deciso una controversia tra la ricorrente Ed.Al. srl, ora in
liquidazione, e il Comune di Arcene a proposito della
gratuità del permesso di costruire nella parte relativa alle
autorimesse.
2. Il contributo di costruzione relativo al permesso di
costruire n. 4 del 14.04.2011, con il quale era stata
autorizzata la realizzazione di 3 edifici per un totale di
42 appartamenti nel PL “La Fornace”, era stato
infatti calcolato tenendo conto anche della superficie
destinata ad autorimesse e aree di manovra. La ricorrente,
dopo aver effettuato alcuni versamenti parziali, ha
interrotto i pagamenti, chiedendo un nuovo calcolo con
esclusione delle predette superfici.
3. La sentenza n. 1133/2015 ha accolto sotto questo profilo
la tesi della ricorrente. In particolare, nella motivazione
si sottolinea che l’art. 69, comma 1, della LR 11.03.2005 n.
12 attribuisce la massima estensione al principio della
gratuità delle autorimesse, riferendolo espressamente a
tutte le tipologie di parcheggi (“pertinenziali e non
pertinenziali, realizzati anche in eccedenza rispetto alla
quota minima richiesta per legge”).
4. L’effetto conformativo è descritto direttamente nella
sentenza n. 1133/2015. La statuizione sulla gratuità dei
parcheggi è coordinata con l’esame della variante
progettuale presentata dalla ricorrente.
A carico del Comune sono stati posti i seguenti adempimenti:
(a) decidere sulla variante progettuale entro 60 giorni dal
deposito della sentenza;
(b) ridefinire, nei successivi 30 giorni, il contributo di
costruzione con riguardo alla destinazione definitiva delle
superfici;
(c) restituire alla ricorrente, nei successivi 30 giorni, la somma
versata in misura superiore al dovuto, con la precisazione
che l’importo della fideiussione parzialmente escussa
avrebbe potuto essere restituito alla ricorrente solo se
quest’ultima avesse dimostrato di aver già reintegrato il
fideiussore e di essere quindi il soggetto colpito
dall’onere economico.
5. Il Comune, con nota del responsabile dell’Area Territorio
del 29.10.2015, ha esaminato gli indici edilizi della
variante, e per quanto riguarda i parcheggi ha affermato che
solo le superfici strettamente riferibili a questa
destinazione avrebbero potuto beneficiare dell’esclusione
dal contributo di costruzione, mentre avrebbero dovuto
essere inseriti nella base di calcolo gli spazi di accesso e
di manovra, e quelli non utilizzabili a parcheggio a causa
delle ridotte dimensioni.
6. Questa posizione è stata ribadita dal Comune con nota del
responsabile dell’Area Territorio del 25.11.2015. Più
precisamente, sono state escluse dal concetto di
autorimessa, e inserite nella base di calcolo del contributo
di costruzione, le superfici occupate dai corselli
distributivi, per un totale di 1.044,83 mq.
In proposito, il Comune richiama l’art. 8.1 paragrafo 2
delle NTA, che non considera aree di parcheggio (e quindi
non ritiene utili a soddisfare lo standard minimo di
parcheggi pertinenziali) gli spazi di manovra davanti alle
autorimesse per una profondità di 5,50 metri. Solo la
profondità ulteriore, purché lo spazio sia disposto in modo
tale da consentire la sosta dei veicoli, viene ricompresa
nella nozione di parcheggio, ed esclusa dal calcolo della
capacità edificatoria e del contributo di costruzione.
Sottraendo alla superficie complessiva i 1.044,83 mq di
corselli distributivi, l’importo dovuto a titolo di
contributo di costruzione è pari a € 110.930,12. Inserendo
invece i predetti corselli, il contributo di costruzione
sale a € 201.786,30.
7. Lamentando il fraintendimento della sentenza n.
1133/2015, la ricorrente ha promosso il presente giudizio di
ottemperanza ai sensi dell’art. 114 cpa.
8. Il Comune si è costituito in giudizio, chiedendo la
reiezione del ricorso.
9. Sulle questioni rilevanti ai fini della decisione si
possono svolgere le seguenti considerazioni:
(a) la nozione di parcheggio, sia ai fini della gratuità del titolo
edilizio sia relativamente alla deroga alle disposizioni
urbanistiche, deve essere ricavata dalla normativa regionale
e dai principi dell’ordinamento nazionale;
(b) come affermato da questo TAR nella sentenza n. 1133/2015 e in
casi analoghi (v. sentenze n. 1454 del 23.08.2012, e n. 508
del 24.05.2013), il favore legislativo per la realizzazione
di parcheggi, anche non pertinenziali, e non necessariamente
collegati a edifici residenziali, si è manifestato
pienamente con gli art. 67 e 69 della LR 12/2005;
(c) in particolare, l’art. 67, comma 3, della LR 12/2005 estende il
regime di favore alle opere accessorie, anche esterne,
idonee a garantire la funzionalità dei parcheggi. Tali opere
sono definite in via esemplificativa come rampe, aerazioni,
collegamenti verticali e simili;
(d) pertanto, non solo manca una base normativa per differenziare i
corselli e gli altri spazi di manovra rispetto alle
autorimesse servite dagli stessi, ma qualsiasi
discriminazione tra queste tipologie di opere deve essere
considerata illegittima. Di qui la necessità di disapplicare
le norme regolamentari restrittive, come quelle citate dal
Comune. L’obiettivo perseguito dal legislatore, infatti, è
di incentivare la collocazione dei parcheggi sulle aree
private o al di sotto delle stesse, decongestionando le aree
pubbliche destinate alla circolazione e aumentando gli spazi
a disposizione della collettività. Tutto questo presuppone
che vi sia convenienza economica non solo nella
realizzazione di nuovi parcheggi privati ma anche nella
predisposizione dei collegamenti al servizio degli stessi;
(e) l’unico limite è quello intrinseco a ogni norma di favore,
ossia il divieto di abuso del diritto. Questo limite nel
caso dei parcheggi è esplicitato dall’art. 67, comma 3,
della LR 12/2005, nella parte in cui consente l’estensione
della disciplina di favore alle opere accessorie solo per
quanto strettamente necessario a garantire l’accesso ai
parcheggi e la funzionalità degli stessi. Non potrebbero
quindi essere sottratti al calcolo del contributo di
costruzione gli spazi di manovra palesemente sproporzionati
rispetto alle esigenze del comodo transito dei veicoli;
(f) questo però non implica che gli spazi di manovra debbano essere
esclusivi, ossia che non possano collegare anche locali
diversi dalle autorimesse. Se i suddetti spazi sono
necessari per raggiungere le autorimesse, e sono costruiti
coerentemente con questa funzione, la circostanza che nelle
vicinanze delle autorimesse vi siano altri locali (cantine,
ripostigli, depositi, magazzini, centrali termiche) è del
tutto ininfluente. L’uso promiscuo non cancella la
destinazione dei corselli, e dei restanti spazi di manovra,
come pertinenze al servizio delle autorimesse, e tale
destinazione è da sola sufficiente a giustificare il
trattamento economico di favore. Le altre utilità ricavabili
da queste opere si aggiungono, senza modificare la
qualificazione principale;
(g) nello specifico, poiché i corselli e gli altri spazi di
manovra, come risulta dalla tavola prodotta in giudizio (v.
doc. 8 della ricorrente), sono funzionali e proporzionati
alla distribuzione dei veicoli tra le varie autorimesse,
tutta la relativa superficie (1.044,83 mq) deve essere
qualificata come accessoria ai parcheggi, con la conseguente
esclusione dalla base di calcolo del contributo di
costruzione, e l’irrilevanza ai fini della determinazione
della classe degli edifici.
10. In conclusione, il ricorso deve essere accolto.
11. Il Comune è tenuto a ottemperare alla sentenza n.
1133/2015 ricalcolando il contributo di costruzione come
sopra specificato, e restituendo alla ricorrente la somma
versata in eccedenza, oltre agli importi ottenuti con
l’escussione parziale della garanzia, qualora la ricorrente
dimostri di aver effettivamente reintegrato il fideiussore
delle somme escusse dal Comune.
Per gli altri aspetti del calcolo, non coinvolti nel
presente giudizio, e per l’applicazione degli interessi
legali, si rinvia alla sentenza n. 1133/2015.
12. Il termine ragionevole per l’esecuzione dei predetti
adempimenti è fissato in 90 giorni dal deposito della
presente sentenza. In caso di inerzia degli uffici comunali,
questo TAR, su richiesta della ricorrente, provvederà a
nominare un commissario ad acta, con spese a carico
del Comune.
13. Le spese seguono la soccombenza, e sono liquidate in €
2.000, oltre agli oneri di legge.
14. Il contributo unificato è a carico dell’amministrazione
ai sensi dell’art. 13, comma 6-bis.1, del DPR 30.05.2002 n.
115 (TAR Lombardia-Brescia, Sez. I,
sentenza 24.10.2017 n. 1274 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
L’art. 9 della legge n.
122/1989 è stato interpretato dalla giurisprudenza come applicabile alle
sole costruzioni preesistenti e non anche alle nuove costruzioni, per le
quali la norma applicabile è il precedente articolo 2, comma secondo, che
–nel sostituire l’articolo 41-sexies della legge urbanistica n. 1150 del
1942– stabilisce l'obbligo di riservare appositi spazi per parcheggi di
misura non inferiore a 1 mq ogni 10 mc di costruzione.
---------------
6.7 – Né, al fine di conservare le
progettate superfici destinate a parcheggio, giova a parte ricorrente
invocare la possibilità di deroga agli strumenti urbanistici prevista
dall’art. 9 della legge n. 122/1989.
Tale norma, di grande favore per i parcheggi pertinenziali, realizzabili in
deroga e con rilascio gratuito del titolo, è stata interpretata dalla
giurisprudenza come applicabile alle sole costruzioni preesistenti e non
anche alle nuove costruzioni, per le quali la norma applicabile è il
precedente articolo 2, comma secondo, che –nel sostituire l’articolo
41-sexies della legge urbanistica n. 1150 del 1942– stabilisce l'obbligo di
riservare appositi spazi per parcheggi di misura non inferiore a 1 mq ogni
10 mc di costruzione (Consiglio di Stato, V, 24.10.2000, n. 5676, in cui si
citano precedenti) (TAR
Puglia-Bari, Sez. III,
sentenza 19.10.2017 n. 1081 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Sul rapporto pertinenziale tra unità immobiliare e box auto:
il vincolo di destinazione impone il trasferimento del box
unitamente all'abitazione soltanto nell'ipotesi di cui
all'art. 2 della legge 122/1989.
Il vincolo di destinazione posto dalla
L. n. 765/1967, art. 18, e dalla L. 28.02.1985, n. 47/1985,
art. 26, comporta l'obbligo non già di trasferire la
proprietà dell'area destinata a parcheggio insieme alla
costruzione, ma quello di non eliminare il vincolo
esistente, sicché esso crea in capo all'acquirente
dell'appartamento un diritto reale d'uso sull'area e non già
un diritto al trasferimento della proprietà.
Delle quattro tipologie di spazi destinati a
parcheggi privati, in complessi condominiali di nuova
costruzione solo in un caso esiste un vincolo che consente
al proprietario dell'unità abitativa di pretendere una
determinata autorimessa: si tratta del caso dei parcheggi
soggetti al vincolo pubblicistico d'inscindibilità con
l'unità immobiliare, introdotti dalla L. n. 122 del 1989,
articolo 2, assoggettati ad un regime di circolazione
controllata e di utilizzazione vincolata e, conseguentemente
non trasferibili autonomamente.
Il regime degli spazi di parcheggio applicabile alla
costruzione è quello dettato con la concessione edilizia, la
quale designa la entità della costruzione assentita e la
destinazione impressa e approvata del bene da edificare.
---------------
Ai condomini di un condominio nel quale siano stati
rispettati i vincoli di destinazione a parcheggio spetta,
qualora il costruttore venditore non ceda loro il diritto di
proprietà rispettando le quote di competenza, il diritto
reale d'uso indifferenziato sull'area vincolata.
Quest'ultima é peraltro da individuare sulla base della
concessione edilizia.
---------------
4.1) Il terzo motivo denuncia violazione e falsa
applicazione degli artt. 41/6 L. 1150 del 1942, 817 c.c.,
art. 9 L. 122/1989, 1374 c.c., 1418 c.c., 1419 c.c..
Parte ricorrente critica la Corte di appello per aver
ritenuto che il 41 non imporrebbe che il garage
pertinenziale sia situato nello stesso edificio. Sostiene
che ciò sarebbe in contraddizione con la nozione di
pertinenza quale desumibile dall'art. 817 c.c. e che quindi
la cosa che rappresenta pertinenza deve essere ubicata in
aree site all'interno dell'edificio in cui si trova il bene
principale.
Aggiunge "ad abundantiam" che anche secondo la legge
Tognoli del 1989 i parcheggi pertinenziali non possono
essere alienati in violazione del vincolo di destinazione.
Parte ricorrente prosegue accusando la sentenza di avere
affermato "con chiara assenza di motivazione" che i
due corpi di fabbrica fanno parte di unico complesso
residenziale.
5) Le censure sono del tutto infondate.
La pretesa di parte ricorrente di entrare in possesso,
mediante declaratoria di nullità degli atti che lo
impedivano, di un determinato garage facente parte del
complesso residenziale condominiale in cui ha acquistato
l'appartamento non è concepibile in relazione alla normativa
di cui alla legge urbanistica del 42 come modificata dalla
legge cd "ponte".
E' ormai da molti anni pacifico in giurisprudenza che «Il
vincolo di destinazione posto dall'art. 18 della legge
06.08.1967, n. 765, e dall'art. 26 della legge 28.02.1985,
n. 47, comporta l'obbligo non già di trasferire la proprietà
dell'area destinata a parcheggio insieme alla costruzione,
ma quello di non eliminare il vincolo esistente, sicché esso
crea in capo all'acquirente dell'appartamento un diritto
reale d'uso sull'area e non già un diritto al trasferimento
della proprietà»
(tra le tante cfr Cass. n. 15509 del 14/07/2011).
Delle quattro tipologie di spazi
destinati a parcheggi privati, in complessi condominiali di
nuova costruzione (cfr Cass. 21003/2008) solo in un caso
esiste un vincolo che consente al proprietario dell'unità
abitativa di pretendere una determinata autorimessa: si
tratta del caso dei parcheggi soggetti al vincolo
pubblicistico d'inscindibilità con l'unità immobiliare,
introdotti dall'art. 2 della l. n. 122 del 1989,
assoggettati ad un regime di circolazione controllata e di
utilizzazione vincolata e, conseguentemente non trasferibili
autonomamente.
Il regime degli spazi di parcheggio
applicabile alla costruzione è quello dettato con la
concessione edilizia, la quale
(come è stato ribadito anche dalle Sezioni Unite (SU n.
25454 del 2013, in motivazione), designa la
entità della costruzione assentita e la destinazione
impressa e approvata del bene da edificare.
Nel caso di specie sia la sentenza di primo grado che quella
di appello hanno ritenuto la costruzione soggetta alla norma
di cui all'art. 41-sexies (e non a quello della legge
Tognoli, senza che su questo aspetto vi sia stato appello e
poi ricorso), di talché certamente il bene della vita
preteso (proprietà di un determinato garage, identificato
catastalmente) non avrebbe potuto essere chiesto ed
ottenuto.
Ai condòmini di un condomìnio nel quale
siano stati rispettati i vincoli di destinazione a
parcheggio spetta, qualora il costruttore venditore non ceda
loro il diritto di proprietà rispettando le quote di
competenza, il diritto reale d'uso indifferenziato sull'area
vincolata (per una
ricostruzione delle possibilità che si aprono agli aventi
diritto cfr Cass. 2236/2016). Quest'ultima
è peraltro da individuare sulla base della concessione
edilizia.
Nella specie parte ricorrente si è affannata a spiegare per
qual motivo tecnico-costruttivo i fabbricati sarebbero da
considerare singolarmente e non come unico complesso
residenziale. Ciò può rilevare ai fini della consistenza
immobiliare o ai fini delle regolamentazioni condominiali
interne che potrebbero assumere, ma non rileva ai fini
dell'individuazione delle aree vincolate e della loro
destinazione, che è da desumere dalla concessione edilizia.
Il ricorso non ha colto la rilevanza di questo aspetto, ma
dalle stesse parole di esso (pag. 8), ove si accenna ad "un
unico elaborato progettuale", si deve desumere che,
conseguentemente, unica era per i quattro edifici la
concessione edilizia.
Il che comporta che l'area riservata poteva essere ubicata
dal costruttore dove meglio riteneva, fermo il rispetto
della superficie destinata a parcheggio; egli quindi, salvo
il rispetto del vincolo, poteva cedere ai singoli condomini
(es: Ca.) una qualunque delle autorimesse previste e
autorizzate nell'ambito della concessione ad edificare il
complesso residenziale, unitariamente progettato e assentito
(Corte di Cassazione, Sez. II civile,
sentenza 26.09.2017 n. 22364). |
EDILIZIA PRIVATA: L’art.
9, c. 1, l. 122/1989 (c.d. legge Tognoli), recante le
“Disposizioni in materia di parcheggi, programma triennale
per le aree urbane maggiormente popolate, nonché
modificazioni di alcune norme del testo unico sulla
disciplina della circolazione stradale”, prevede che: “I
proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo
degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei
fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle singole
unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti
urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti. Tali
parcheggi possono essere realizzati, ad uso esclusivo dei
residenti, anche nel sottosuolo di aree pertinenziali
esterne al fabbricato, purché non in contrasto con i piani
urbani del traffico, tenuto conto dell’uso della superficie
sovrastante e compatibilmente con la tutela dei corpi
idrici. Restano in ogni caso fermi i vincoli previsti dalla
legislazione in materia paesaggistica ed ambientale ed i
poteri attribuiti dalla medesima legislazione alle regioni e
ai Ministeri dell’ambiente e per i beni culturali ed
ambientali da esercitare motivatamente nel termine di 90
giorni. I parcheggi stessi, ove i piani del traffico non
siano stati redatti, potranno comunque essere realizzati nel
rispetto delle indicazioni di cui al periodo precedente”.
La giurisprudenza afferma che i parcheggi disciplinati dalla
normativa suddetta possono essere realizzati solamente
all’interno delle aree urbane, ribadendo che allorquando
trattasi, come nella specie, di intervento in zona agricola
non è applicabile la normativa della cosiddetta “legge
Tognoli”, che consente la realizzazione di autorimesse nel
sottosuolo anche in deroga gli strumenti urbanistici,
essendo questa consentita solo nelle zone residenziali, e
ciò a prescindere dall’ulteriore considerazione postulante
l’esclusione della deroga in presenza di vincoli ambientali.
Deve ritenersi, inoltre, che la disposizione di cui all’art.
9 L. 122/1989 vada considerata nell’ambito della disciplina
complessiva dettata dalla L. 122/1989, in cui essa si
inserisce.
Tale legge appare inequivocabilmente deputata a dettare
regole ed a disciplinare interventi relativi ai centri
urbani, ed in particolare ai centri urbani afflitti da gravi
problemi di traffico. La fonte legislativa, infatti, non si
occupa soltanto dei parcheggi pertinenziali agli edifici, ma
anche e soprattutto dei “programmi urbani dei parcheggi” e,
in generale, delle “realizzazioni volte a favorire il
decongestionamento dei centri urbani, mediante la creazione
di parcheggi finalizzati all’interscambio con i sistemi di
trasporto collettivo”.
Procedendo ad un’interpretazione logica e sistematica
dell’art. 9, quindi, deve ritenersi che la disposizione in
esame sia applicabile soltanto alle aree urbane e non a
quelle agricole ed extraurbane in genere.
In tal senso, peraltro, si è espressa la giurisprudenza di
questo Consiglio: “La possibilità di realizzare parcheggi da
destinare a pertinenze delle singole unità immobiliari anche
in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti
edilizi vigenti, consentita dall’art. 9 l. n. 122 del 1989,
costituisce disposizione di carattere eccezionale da
interpretarsi nel suo significato strettamente letterale ed
in considerazione delle finalità della legge nel cui
contesto risulta inserita. Pertanto tale articolo è
applicabile alla costruzione di spazi parcheggio nelle sole
aree urbane, mentre la realizzazione di parcheggi in aree
extraurbane resta soggetta alle ordinarie prescrizioni
urbanistiche ed edilizie necessitando della normale
concessione edilizia”.
In conclusione, deve affermarsi che la facoltà di costruire
autorimesse pertinenziali anche in deroga agli strumenti
urbanistici è prevista dalla Legge Tognoli soltanto
relativamente alle aree urbane. Al di fuori di tali aree,
l’edificazione di parcheggi pertinenziali sarà comunque
possibile, ma non potrà attuarsi nelle forme e nei modi di
cui all’art. 9 L. 122/1989, rimanendo invece sottoposta alle
ordinarie prescrizioni urbanistiche ed edilizie.
---------------
... per la riforma della
sentenza 09.07.2015 n. 1590 del TAR
LOMBARDIA-MILANO: SEZ. II, resa tra le parti, concernente
diniego permesso di costruire.
...
L’appello è infondato.
Quanto al primo motivo, come correttamente
sottolineato dal Comune di Livigno, richiamando quanto
affermato dalla sentenza di primo grado, nella specie deve
escludersi l’operatività della deroga in ordine alle aree
agricole.
E, invero, nella specie risulta che la proprietà del sig.
Be.Ga. non soltanto si trova ubicata in area “E2 -
Agricola a prateria - parco con insiemi edilizi a tipologia
differenziata" (cui l’art. 20 delle NTA del P.D.R. del
P.G.T. riconnette una particolare rilevanza dal punto di
vista ambientale-paesistico), ma la stessa è espressamente
annoverata dal PGT tra le “Aree non urbane”, in
quanto poste all’esterno del perimetro dell’ambito urbano
consolidato di Livigno.
Secondo il Comune appellato la realizzazione di parcheggi “in
particolare nelle zone agricole” resta soggetta alle
ordinarie prescrizioni urbanistiche ed edilizie e non può
dunque giovarsi della normativa derogatoria richiamata dagli
appellanti e da ciò deriva l’infondatezza delle
argomentazioni di parte avversa, posto che l’intervento
edilizio derogatorio della normativa generale dovrebbe
essere realizzato in zone extra-urbane del Comune di Livigno
in relazione alle quali risulta, comunque ed in ogni caso,
inapplicabile la specifica normativa prevista dalla Legge
122/1989 e 66 della legge regionale 12/2005.
Il Comune di Livigno deduce che, sebbene la normativa
nazionale (art. 9 L. n. 122/1989) e quella regionale (art.
66 L.R. 12/2005) consentano la realizzazione di autorimesse
pertinenziali anche in deroga agli strumenti urbanistici ed
ai regolamenti edilizi vigenti, ciò non sarebbe possibile
quanto alle aree agricole.
L’argomentazione coglie nel segno.
L’art. 9, c. 1, l. 122/1989 (c.d. legge Tognoli), recante le
“Disposizioni in materia di parcheggi, programma
triennale per le aree urbane maggiormente popolate, nonché
modificazioni di alcune norme del testo unico sulla
disciplina della circolazione stradale”, prevede che: “I
proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo
degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei
fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle singole
unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti
urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti. Tali
parcheggi possono essere realizzati, ad uso esclusivo dei
residenti, anche nel sottosuolo di aree pertinenziali
esterne al fabbricato, purché non in contrasto con i piani
urbani del traffico, tenuto conto dell’uso della superficie
sovrastante e compatibilmente con la tutela dei corpi
idrici. Restano in ogni caso fermi i vincoli previsti dalla
legislazione in materia paesaggistica ed ambientale ed i
poteri attribuiti dalla medesima legislazione alle regioni e
ai Ministeri dell’ambiente e per i beni culturali ed
ambientali da esercitare motivatamente nel termine di 90
giorni. I parcheggi stessi, ove i piani del traffico non
siano stati redatti, potranno comunque essere realizzati nel
rispetto delle indicazioni di cui al periodo precedente”.
La giurisprudenza afferma che i parcheggi disciplinati dalla
normativa suddetta possono essere realizzati solamente
all’interno delle aree urbane, ribadendo che allorquando
trattasi, come nella specie, di intervento in zona agricola
non è applicabile la normativa della cosiddetta “legge
Tognoli”, che consente la realizzazione di autorimesse
nel sottosuolo anche in deroga gli strumenti urbanistici,
essendo questa consentita solo nelle zone residenziali, e
ciò a prescindere dall’ulteriore considerazione postulante
l’esclusione della deroga in presenza di vincoli ambientali
(cfr. Cons. St., sez. V, 11.11.2004, n. 7324).
Deve ritenersi, inoltre, che la disposizione di cui all’art.
9 L. 122/1989 vada considerata nell’ambito della disciplina
complessiva dettata dalla L. 122/1989, in cui essa si
inserisce.
Tale legge appare inequivocabilmente deputata a dettare
regole ed a disciplinare interventi relativi ai centri
urbani, ed in particolare ai centri urbani afflitti da gravi
problemi di traffico. La fonte legislativa, infatti, non si
occupa soltanto dei parcheggi pertinenziali agli edifici, ma
anche e soprattutto dei “programmi urbani dei parcheggi”
e, in generale, delle “realizzazioni volte a favorire il
decongestionamento dei centri urbani, mediante la creazione
di parcheggi finalizzati all’interscambio con i sistemi di
trasporto collettivo”.
Procedendo ad un’interpretazione logica e sistematica
dell’art. 9, quindi, deve ritenersi che la disposizione in
esame sia applicabile soltanto alle aree urbane e non a
quelle agricole ed extraurbane in genere.
In tal senso, peraltro, si è espressa la giurisprudenza di
questo Consiglio: “La possibilità di realizzare parcheggi
da destinare a pertinenze delle singole unità immobiliari
anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti
edilizi vigenti, consentita dall’art. 9 l. n. 122 del 1989,
costituisce disposizione di carattere eccezionale da
interpretarsi nel suo significato strettamente letterale ed
in considerazione delle finalità della legge nel cui
contesto risulta inserita. Pertanto tale articolo è
applicabile alla costruzione di spazi parcheggio nelle sole
aree urbane, mentre la realizzazione di parcheggi in aree
extraurbane resta soggetta alle ordinarie prescrizioni
urbanistiche ed edilizie necessitando della normale
concessione edilizia” (cfr. Cons. St., sez. V,
11.11.2004, n. 7325).
In conclusione, deve affermarsi che la facoltà di costruire
autorimesse pertinenziali anche in deroga agli strumenti
urbanistici è prevista dalla Legge Tognoli soltanto
relativamente alle aree urbane. Al di fuori di tali aree,
l’edificazione di parcheggi pertinenziali sarà comunque
possibile, ma non potrà attuarsi nelle forme e nei modi di
cui all’art. 9 L. 122/1989, rimanendo invece sottoposta alle
ordinarie prescrizioni urbanistiche ed edilizie
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 19.07.2017 n. 3566 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: L'art.
9, comma 1, L. n. 122 del 1989 -secondo cui i proprietari di
immobili possono realizzare, nel sottosuolo o al pian
terreno degli stessi immobili, parcheggi da destinare a
pertinenza delle singole unità immobiliari anche in deroga
agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi
vigenti- è norma che non legittima qualsiasi operazione di
edificazione di parcheggi anche quando siano scollegata
ab origine dalla fruizione di unità immobiliare
residenziali.
Ai sensi dell'articolo 9 della legge n.
122/1989 i parcheggi pertinenziali possono essere realizzati
“anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai
regolamenti edilizi vigenti”, fatta eccezione per “i vincoli
previsti dalla legislazione in materia paesaggistica ed
ambientale”.
Si tratta di un beneficio concesso ai soggetti contemplati
dalle due disposizioni normative in esame al fine della
realizzazione del superiore interesse pubblico collegato
all'esigenza di decongestionare i centri abitati dalle auto
in sosta e di rendere più agevole la circolazione stradale
(con innegabili vantaggi per la collettività anche in
termini di riduzione dell'inquinamento atmosferico).
In sede di esame di un progetto concernente la richiesta di
realizzazione di parcheggi pertinenziali, l'amministrazione
comunale non può, pertanto, opporre un diniego fondato sul
mero contrasto con la normativa urbanistica, se non
incorrendo della violazione delle citate disposizioni
legislative.
---------------
Nel caso di specie, tuttavia, l’amministrazione comunale ha
opposto il contrasto non con la disciplina urbanistica ed
edilizia di riferimento della zona, ma, specificamente, la
normativa del piano urbanistico relativa proprio alla
edificazione di parcheggi pertinenziali interrati.
Non può essere contestato che, nonostante la deroga agli
strumenti urbanistici prevista dalla legge, rimanga in capo
all’amministrazione comunale il potere di regolamentare le
condizioni ed i presupposti per la realizzabilità
dell’intervento, tenuto anche conto che la stessa normativa
primaria prevede il rispetto, oltre che dei vincoli
ambientali e paesaggistici, anche delle prescrizioni
adottate dall’amministrazione comunale.
Ed invero i parcheggi possono essere realizzati “ad uso
esclusivo dei residenti, anche nel sottosuolo di aree
pertinenziali esterne al fabbricato, purché non in contrasto
con i piani urbani del traffico, tenuto conto dell'uso della
superficie sovrastante e compatibilmente con la tutela dei
corpi idrici”.
---------------
Quanto all’invocata illegittimità del regolamento comunale,
occorre evidenziare che le prescrizioni adottate
dall’amministrazione comunale -in primis quella che richiede
che il parcheggio sia realizzato in area di pertinenza delle
residenze servite specificandone le condizioni- non
travalicano nel loro complesso il limite della
ragionevolezza e della proporzionalità, atteso che esse sono
state correttamente poste in attuazione della normativa
statale e regionale.
In particolare legittimamente l’amministrazione, con il
limite della superficie occupabile, la indicazione di un
numero massimo di piani interrati e la proporzione fra
parcheggio ed aree servite, ha definito un congruo rapporto
di pertinenzialità fra le abitazioni ed il parcheggio,
nonché le dimensioni massime entro cui l’opera deve essere
contenuta.
---------------
Com'è noto, l'art. 9, c. 1, della L. 122/1989 stabilisce che
i proprietari di immobili possono realizzare, nel sottosuolo
o al pian terreno degli stessi immobili, parcheggi da
destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari anche
in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti
edilizi vigenti.
Tale disposizione, che introduce un regime edilizio di
favore per la realizzazione dei parcheggi urbani, si
riferisce, oltre che ai parcheggi edificati nel medesimo
fabbricato, ai parcheggi in aree “pertinenziali” e va
interpretata rigorosamente in considerazione delle finalità
della legge nel cui contesto risulta inserita.
In particolare occorre interpretare la nozione di
“pertinenzialità” in misura tale da non legittimare
qualsiasi operazione di edificazione di parcheggi anche
quando siano scollegata ab origine dalla fruizione di unità
immobiliare residenziali (cfr. Cass. pen 26327/2009 e Cass.
pen. 45068/2011 secondo cui la realizzazione di parcheggi in
forza del regime agevolato previsto dalla L. n. 122 del
1989, art. 9 può avvenire ad opera di terzi e in aree anche
non limitrofe a quelle ove insistono gli immobili “a
condizione che detti immobili siano individuati al momento
di presentazione della d.i.a. così da assicurare in concreto
l'esistenza di una relazione pertinenziale tra i parcheggi e
le singole unità e da escludere che si versi in ipotesi di
iniziativa speculativa, ipotesi soggetta all'ordinaria
disciplina urbanistica ed edilizia”).
Ebbene, secondo l’orientamento giurisprudenziale, a cui il
Collegio ritiene di dover aderire, condizione essenziale per
l'applicazione della normativa ex art. 9, c. 1 (cfr. in
termini Cons. Stato da ultimo n. 2116/2016) è che si tratti
di parcheggi "pertinenziali", nel senso che devono essere al
servizio di "singole unità immobiliari".
In tal caso, si deve trattare di parcheggi fruibili solo da
chi si trova in un determinato rapporto con tali unità
immobiliari. Quest'ultimo presuppone una relazione di
“pertinenzialità materiale” tale, cioè, da evocare un
rapporto d'immediata contiguità fisica tra il fabbricato
principale e l'area asservita (che sia sottostante, interna
o esterna) escludendo dunque che l’area a parcheggio possa
liberamente individuarsi sul territorio comunale.
---------------
1. Il ricorso è infondato.
1.2. Con il presente gravame il ricorrente impugna,
chiedendone l’annullamento, la disposizione dirigenziale n.
372 del 12.05.2016, con cui il Comune di Napoli ha respinto
la richiesta di permesso di costruire inoltrata dal
ricorrente per la realizzazione di un parcheggio multipiano
meccanizzato interrato su suolo sito in Napoli alla via
Mariano D’Amelio n. 78, in area classificata come zona A,
quale unità di spazio scoperto concluse – giardini, orti e
spazi pavimentati pertinenti a unità edilizie di base
(regolato dall’art. 114 della variante generale approvata
con D.P.R.G.C. n. 323 dell’11.06.2004).
A seguito del preavviso di rigetto, fondato su una pluralità
di motivazioni, l’istante ha proceduto ad apportare
modifiche ed integrazioni, anche documentali, al progetto
originario.
Ciò nonostante, l’amministrazione ha continuato ad opporre,
a sostegno del rigetto della istanza, le seguenti ragioni:
- la mancata documentazione della legittimità dello stato dei
luoghi;
- la non assentibilità dell’intervento ai sensi dell’art. 17 delle
n.t.a. non rientrando l’intervento nella tipologia di
parcheggio interrato come ivi definito (mancato rispetto del
vincolo di proiezione delle opere edilizie del 60% del lotto
fino a 500 mq e del rapporto di 1 mq di parcheggio per ogni
3 mq di abitazione cui è asservito);
- la mancata documentazione dell’identificazione puntuale delle
abitazioni di cui il parcheggio costituirebbe pertinenza;
- il contrasto del progetto (che prevede cinque piani interrati)
con il medesimo art. 17, che ne consente fino a quattro.
2. Giova preliminarmente rammentare che, ai sensi
dell'articolo 9 della legge n. 122/1989 e dell'articolo 6
della legge della Regione Campania n. 19/2001, i parcheggi
pertinenziali possono essere realizzati “anche in deroga
agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti”,
fatta eccezione per “i vincoli previsti dalla
legislazione in materia paesaggistica ed ambientale”.
Si tratta di un beneficio concesso ai soggetti contemplati
dalle due disposizioni normative in esame al fine della
realizzazione del superiore interesse pubblico collegato
all'esigenza di decongestionare i centri abitati dalle auto
in sosta e di rendere più agevole la circolazione stradale
(con innegabili vantaggi per la collettività anche in
termini di riduzione dell'inquinamento atmosferico).
2.1. In sede di esame di un progetto concernente la
richiesta di realizzazione di parcheggi pertinenziali,
l'amministrazione comunale non può pertanto opporre un
diniego fondato sul mero contrasto con la normativa
urbanistica, se non incorrendo della violazione delle citate
disposizioni legislative.
3. Nel caso di specie, tuttavia, l’amministrazione comunale
ha opposto il contrasto non con la disciplina urbanistica ed
edilizia di riferimento della zona, ma, specificamente, la
normativa del piano urbanistico relativa proprio alla
edificazione di parcheggi pertinenziali interrati.
Non può essere contestato che, nonostante la deroga agli
strumenti urbanistici prevista dalla legge, rimanga in capo
all’amministrazione comunale il potere di regolamentare le
condizioni ed i presupposti per la realizzabilità
dell’intervento, tenuto anche conto che la stessa normativa
primaria prevede il rispetto, oltre che dei vincoli
ambientali e paesaggistici, anche delle prescrizioni
adottate dall’amministrazione comunale.
Ed invero i parcheggi possono essere realizzati “ad uso
esclusivo dei residenti, anche nel sottosuolo di aree
pertinenziali esterne al fabbricato, purché non in contrasto
con i piani urbani del traffico, tenuto conto dell'uso della
superficie sovrastante e compatibilmente con la tutela dei
corpi idrici”.
3.1. Ciò posto, correttamente il Comune ha opposto la non
assentibilità dell’intervento ai sensi dell’art. 17 n.t.a..
Ed infatti, dalla semplice visione dei grafici allegati al
progetto si può chiaramente arguire come l’intervento non
risponde alle caratteristiche richieste dalla normativa
tecnica di attuazione laddove il manufatto non presenta un
contenimento della superficie occupata entro il 60% del
lotto (di superficie inferiore ai 500 mq), né risulta la
sussistenza di un valido titolo edilizio in relazione
all’impermeabilizzazione dell’area (connotata da unità di
spazio scoperto concluse – giardini, orti e spazi
pavimentati pertinenti a unità edilizie di base di cui al
citato art. 114). Analogamente va esclusa la assentibilità
dell’intervento in virtù della previsione di cinque piani
interrati, in contrasto con il medesimo art. 17 che ne
consente un massimo di quattro.
3.2. Quanto all’invocata illegittimità del regolamento
comunale, occorre evidenziare che le prescrizioni adottate
dall’amministrazione comunale -in primis quella che
richiede che il parcheggio sia realizzato in area di
pertinenza delle residenze servite specificandone le
condizioni- non travalicano nel loro complesso il limite
della ragionevolezza e della proporzionalità, atteso che
esse sono state correttamente poste in attuazione della
normativa statale e regionale.
In particolare legittimamente l’amministrazione, con il
limite della superficie occupabile, la indicazione di un
numero massimo di piani interrati e la proporzione fra
parcheggio ed aree servite, ha definito un congruo rapporto
di pertinenzialità fra le abitazioni ed il parcheggio,
nonché le dimensioni massime entro cui l’opera deve essere
contenuta.
4. A prescindere peraltro dalla regolamentazione comunale,
l’iniziativa non appare conforme alle disposizioni
legislative invocate nell’istanza stessa.
Il Comune fonda il rigetto sulla constatazione che
l’iniziativa prospettata non rientra nella fattispecie di
favore in quanto l’area non può essere qualificata come
pertinenziale in quanto non conforme ai criteri normativi
per qualificarla come tale.
Com'è noto infatti, l'art. 9, c. 1, della L. 122/1989
stabilisce che i proprietari di immobili possono realizzare,
nel sottosuolo o al pian terreno degli stessi immobili,
parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità
immobiliari anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai
regolamenti edilizi vigenti.
4.1. Tale disposizione, che introduce un regime edilizio di
favore per la realizzazione dei parcheggi urbani, si
riferisce, oltre che ai parcheggi edificati nel medesimo
fabbricato, ai parcheggi in aree “pertinenziali” e va
interpretata rigorosamente in considerazione delle finalità
della legge nel cui contesto risulta inserita.
In particolare occorre interpretare la nozione di “pertinenzialità”
in misura tale da non legittimare qualsiasi operazione di
edificazione di parcheggi anche quando siano scollegata
ab origine dalla fruizione di unità immobiliare
residenziali (cfr. Cass. pen 26327/2009 e Cass. pen.
45068/2011 secondo cui la realizzazione di parcheggi in
forza del regime agevolato previsto dalla L. n. 122 del
1989, art. 9 può avvenire ad opera di terzi e in aree anche
non limitrofe a quelle ove insistono gli immobili “a
condizione che detti immobili siano individuati al momento
di presentazione della d.i.a. così da assicurare in concreto
l'esistenza di una relazione pertinenziale tra i parcheggi e
le singole unità e da escludere che si versi in ipotesi di
iniziativa speculativa, ipotesi soggetta all'ordinaria
disciplina urbanistica ed edilizia”).
4.2. Ebbene, secondo l’orientamento giurisprudenziale, a cui
il Collegio ritiene di dover aderire, condizione essenziale
per l'applicazione della normativa ex art. 9, c. 1 (cfr. in
termini Cons. Stato da ultimo n. 2116/2016) è che si tratti
di parcheggi "pertinenziali", nel senso che devono
essere al servizio di "singole unità immobiliari".
In tal caso, si deve trattare di parcheggi fruibili solo da
chi si trova in un determinato rapporto con tali unità
immobiliari. Quest'ultimo presuppone una relazione di “pertinenzialità
materiale” tale, cioè, da evocare un rapporto
d'immediata contiguità fisica tra il fabbricato principale e
l'area asservita (che sia sottostante, interna o esterna)
escludendo dunque che l’area a parcheggio possa liberamente
individuarsi sul territorio comunale.
4.3. Nel caso di specie, di tale nesso di corrispondenza il
ricorrente non fornisce alcuna dimostrazione, né in sede
procedimentale né in sede giudiziale, rimanendo dunque
assolutamente incerta la riconducibilità del progetto
all’art. 9 L. 122/1989, invocato dallo stesso per ottenere
l’autorizzazione edilizia. In questa prospettiva appare
legittimo il diniego opposto dagli uffici del Comune,
diniego peraltro poi motivato anche alla luce della
regolamentazione comunale che specifica i requisiti dei
parcheggi da realizzarsi.
4.4. Anche a livello di regolamentazione locale appare
peraltro incontestato –in quanto oggetto di censure
circostanziate- che i criteri fissati dalla citata delibera
n. 129/2012 per la realizzazione del progetto in questione
-ovvero una più stringente nozione di pertinenzialità che si
manifesta nel rapporto di 1 mq di superficie a parcheggio
ogni 3 mq di superficie servita- non sono rispettati dal
progetto presentato dai ricorrenti.
5. Correttamente dunque gli uffici comunali, in conformità
alla normativa primaria e secondaria applicabile alla
suddetta fattispecie, come vigente al momento dell’adozione
del provvedimento, hanno rigettato la richiesta di permesso
edilizio con motivazione ampia ed esaustiva da cui risultano
chiaramente le ragioni del diniego e le norme violate
(TAR Campania-Napoli, Sez. IV,
sentenza 27.06.2017 n. 3505 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Ai sensi dell'art. 9, comma 1, l. 24.03.1989, n.
122 i proprietari di immobili possono realizzare, nei locali
siti al piano terreno dei fabbricati, parcheggi da destinare
a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in
deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi
vigenti.
Peraltro condizione essenziale per l'applicazione della
succitata normativa è che si tratti di parcheggi «pertinenziali»,
nel senso che devono essere al servizio di singole unità
immobiliari e fruibili solo da chi si trova in un
determinato rapporto con tali unità immobiliari, che si può
inverare nella «residenza» e può pure presupporre una
relazione di pertinenzialità materiale tale, cioè, da
evocare un rapporto d'immediata contiguità fisica tra il
fabbricato principale e l'area asservita.
---------------
Il Collegio ritiene che il ricorso sia infondato.
...
Il Collegio condivide integralmente tale orientamento,
risultando, pertanto, infondato pure il terzo motivo di
gravame, anche in considerazione dell’insussistenza del
vincolo giuridico-pertinenziale.
“Ai sensi dell'art. 9, comma 1, l. 24.03.1989, n. 122 i
proprietari di immobili possono realizzare, nei locali siti
al piano terreno dei fabbricati, parcheggi da destinare a
pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga
agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi
vigenti; peraltro condizione essenziale per l'applicazione
della succitata normativa è che si tratti di parcheggi «pertinenziali»,
nel senso che devono essere al servizio di singole unità
immobiliari e fruibili solo da chi si trova in un
determinato rapporto con tali unità immobiliari, che si può
inverare nella «residenza» e può pure presupporre una
relazione di pertinenzialità materiale tale, cioè, da
evocare un rapporto d'immediata contiguità fisica tra il
fabbricato principale e l'area asservita” (Cons. Stato,
sez. IV, 23.05.2016, n. 2116).
Alla luce delle suesposte considerazioni, il ricorso va
respinto
(TAR Lombardia-Milano, Sez. I,
sentenza 01.06.2017 n. 1231 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Presupposto fondamentale affinché possa operare
la speciale deroga del pagamento degli oneri urbanistici ex
art. 9 della legge 122/1989 è, quindi, che i parcheggi siano
realizzati a servizio di fabbricati preesistenti e non di
nuovi fabbricati.
---------------
4. Il Comune, però, contesta la tesi del TAR che la deroga
al pagamento degli oneri urbanistici prevista dall’art. 9
della legge n. 122/1989, sia applicabile al piano
dell’edificio adibito a parcheggi, sostenendo che si tratta
di una norma speciale, prevista unicamente in favore dei
parcheggi realizzati a servizio di fabbricati preesistenti e
non di nuovi fabbricati.
4b. Orbene, l’art. 9 della legge n. 122/1989, al primo
comma, stabilisce che “i proprietari di immobili possono
realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali
siti al piano terreno dei fabbricati parcheggi da destinare
a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in
deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi
vigenti”.
Il secondo comma dell’articolo precisa che “l’esecuzione
delle opere e degli interventi previsti dal comma 1 è
soggetta ad autorizzazione gratuita”.
Presupposto fondamentale affinché possa operare la speciale
deroga del pagamento degli oneri urbanistici ex art. 9 della
legge 122/1989 è, quindi, che i parcheggi siano realizzati a
servizio di fabbricati preesistenti e non di nuovi
fabbricati, come nel caso qui in trattazione, atteso che
l’edificio preesistente al sisma era costituito da un piano
cantinato parziale, un piano terra, un piano ammezzato
parziale e da piani abitativi in elevazione, mentre
l’edificio realizzato dopo il sisma, risulta costituito da
un secondo piano interrato ad uso autorimessa pertinenziale,
da un primo piano interrato destinato a sottonegozi, da un
piano terra destinato a negozi, da un piano ammezzato
destinato ad uffici, da piani abitativi in elevazione e da
un sottotetto e copertura.
L’esenzione contributiva prevista dall’art. 9 legge 122/1989
non può, pertanto, operare rispetto al secondo piano
interrato, destinato a parcheggi pertinenziali delle unità
abitative ed uffici soprastanti (Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 02.02.2017 n. 450 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: L'art.
9, l. 24.03.1989 n. 122, nel consentire la
costruzione di parcheggi, da destinare a pertinenza
delle singole unità immobiliari, nel sottosuolo
degli immobili o nei locali siti al piano terreno
con autorizzazione gratuita e in deroga alla vigente
disciplina urbanistica, concerne i soli fabbricati
già esistenti e non anche le concessioni edilizie
rilasciate per realizzare edifici nuovi, per i quali
invece provvede l'art. 2, comma 2, della legge
stessa che, nel novellare l'art. 41-sexies, l.
fondamentale 17.08.1942 n. 1150, stabilisce
l'obbligo di riservare appositi spazi per parcheggi
di misura non inferiore a 1 mq per ogni 10 mc di
costruzione.
Trattandosi nel caso di specie di un permesso per la
realizzazione di un nuovo edificio unifamiliare il
beneficio previsto dalla norma sopra richiamata
risulta, pertanto, inapplicabile.
Né è possibile sostenere che i manufatti in
questione costituirebbero opere di urbanizzazione
atteso che non si tratta di posti auto destinati
alla fruizione collettiva ma di parcheggi
pertinenziali alla unità abitativa principale che
non possono, quindi, considerarsi come
infrastrutture di pubblica utilità.
---------------
I ricorrenti contestano la determinazione del
contributo relativo al rilascio in loro favore del
permesso di costruire n. 2 del 2016 da parte del
comune di Siena sotto più profili.
Gli stessi in primo luogo ritengono che i parcheggi
pertinenziali coperti realizzati ai sensi dell’art.
40 del R.U. non potrebbero essere assoggettati a
contributo in quanto rientranti nell’ambito della
esenzione prevista dall’art. 9 della L. 122/1989 e,
comunque, perché costituenti opere di
urbanizzazione.
La pretesa esenzione dal contributo non ha,
tuttavia, fondamento giuridico.
In base alla prevalente giurisprudenza, alla quale
il Collegio ritiene di dover aderire, l'art. 9, l.
24.03.1989 n. 122, nel consentire la costruzione di
parcheggi, da destinare a pertinenza delle singole
unità immobiliari, nel sottosuolo degli immobili o
nei locali siti al piano terreno con autorizzazione
gratuita e in deroga alla vigente disciplina
urbanistica, concerne i soli fabbricati già
esistenti e non anche le concessioni edilizie
rilasciate per realizzare edifici nuovi, per i quali
invece provvede l'art. 2, comma 2, della legge
stessa che, nel novellare l'art. 41-sexies, l.
fondamentale 17.08.1942 n. 1150, stabilisce
l'obbligo di riservare appositi spazi per parcheggi
di misura non inferiore a 1 mq per ogni 10 mc di
costruzione (Consiglio di Stato sez. VI 09.02.2015
n. 637).
Trattandosi nel caso di specie di un permesso per la
realizzazione di un nuovo edificio unifamiliare il
beneficio previsto dalla norma sopra richiamata
risulta, pertanto, inapplicabile.
Né è possibile sostenere che i manufatti in
questione costituirebbero opere di urbanizzazione
atteso che non si tratta di posti auto destinati
alla fruizione collettiva ma di parcheggi
pertinenziali alla unità abitativa principale che
non possono, quindi, considerarsi come
infrastrutture di pubblica utilità (TAR Toscana,
Sez. III,
sentenza 09.01.2017 n. 5 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2016 |
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EDILIZIA PRIVATA: È
noto che la realizzazione dei parcheggi pertinenziali degli
edifici residenziali può avvenire in base ad un regime
giuridico di favore, introdotto dalla legge n. 122 del 1989,
con il chiaro intento di sopperire alle esigenze connesse
alla cronica insufficienza di spazi a parcheggio nelle aree
urbane.
Il regime giuridico di particolare favore introdotto dalla
riportata disposizione normativa si coglie essenzialmente:
a) nel fatto che si possono realizzare, anche in deroga agli
strumenti urbanistici , parcheggi pertinenziali alle unità
immobiliari anche nel sottosuolo di aree limitrofe a quelle
ove si trovano dette unità abitative asservite;
b) che il titolo edilizio può essere costituito da una d.i.a. (ora
s.c.i.a.);
c) che il predetto tiolo edilizio ha natura gratuita.
Tale statuto privilegiato si giustifica alla luce della
ratio sottesa all’intervento legislativo di cui si tratta,
volto ad attenuare le conseguenze dell’annoso problema del
congestionamento del traffico automobilistico nelle aree
urbane e alla cronica carenza di posti per il parcheggio
delle auto.
---------------
Una prima questione, già affrontata dalla
giurisprudenza nell'interpretazione del citato art. 9 della
legge n. 122 del 1989, è stata quella di individuare i
soggetti legittimati dalla disposizione normativa a
realizzare i parcheggi nel sottosuolo di aree pertinenziali
esterne al fabbricato, anche in deroga alle disposizioni
degli strumenti urbanistici: la questione si è posta in
relazione al se i titolari dell’iniziativa edificatoria
debbano essere necessariamente i proprietari degli immobili
beneficiari del vincolo di pertinenzialità con i parcheggi
da realizzare, anche quando l’intervento si realizzi nel
sottosuolo di aree viciniori.
Sul punto, l’orientamento giurisprudenziale prevalente è che
il comma 1 dell'art. 9 della legge cit. non circoscrive
esclusivamente ai proprietari degli immobili interessati la
legittimazione a realizzare i parcheggi agli stessi
pertinenziali.
Infatti, la disposizione innanzi citata, dopo aver statuito
che: "...I proprietari di immobili possono realizzare nel
sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano
terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza
delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli
strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti"
aggiunge che: "...Tali parcheggi possono essere realizzati,
ad uso esclusivo dei residenti, anche nel sottosuolo di aree
pertinenziali esterne al fabbricato (...)".
Orbene, la forma impersonale utilizzata nella seconda
proposizione richiamata comporta che i parcheggi collocati
in aree esterne ai fabbricati, a differenza di quelli posti
nel sottosuolo o al piano terreno degli stessi, non devono
essere realizzati necessariamente dai proprietari
dell'immobile, ma possono esserlo anche da terzi:
evidentemente il legislatore, non potendo escludersi –e anzi
dovendosi normalmente presumere, secondo l’id quod plerumque
accidit– che le "aree pertinenziali esterne" possano
appartenere a soggetti diversi dai proprietari
dell'immobile, ha ritenuto di non dover limitare solo a
questi ultimi la legittimazione a chiedere il permesso per
realizzarvi i parcheggi de quibus.
Inoltre, la locuzione "...Tali parcheggi" indica chiaramente
che la seconda proposizione del comma 1 è riferita alla
medesima ipotesi disciplinata dalla prima, ossia alla
realizzazione di parcheggi "da destinare a pertinenza delle
singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti
urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti"; di
conseguenza, anche la possibilità di derogare ai predetti
strumenti deve intendersi estesa agli interventi posti in
essere da terzi, oltre che dai proprietari.
Del resto, è sin troppo agevole osservare che, se si
opinasse il contrario, la norma che consente la
realizzazione di parcheggi pertinenziali al di fuori, ma
nelle vicinanze, degli edifici a beneficio delle cui
abitazioni essi sono edificati non potrebbe trovare
praticamente mai applicazione, giacché è del tutto
eccezionale, se non di scuola, l’ipotesi che, in un centro
urbano ad elevata densità abitativa (e conseguentemente di
traffico), il proprietario (rectius: i proprietari,
normalmente riuniti in condominio) delle abitazioni ubicate
in un (singolo) edificio sia proprietario (o, comunque,
possa disporre) di un’area viciniore in cui (o sotto alla
quale) sia materialmente possibile, ed economicamente
sostenibile, realizzare parcheggi interrati da adibire a
pertinenza delle abitazioni: sicché risulta evidente
l’erroneità, per intrinseca assurdità, dell’opzione
esegetica qui avversata, perché essa –particolarmente in
riferimento alle aree a più alta densità edilizia, che sono
poi quelle in cui più evidente è la necessità di reperire
spazi in cui realizzare parcheggi pertinenziali– finirebbe
con il rendere sostanzialmente impossibile ogni attuazione
pratica della previsione legislativa volta a favorire la
realizzazione di parcheggi urbani pertinenziali.
---------------
Una seconda questione interpretativa può essere
compendiata nel quesito se il vincolo pertinenziale
richiesto dalla legge per l’accesso ai benefici dianzi
ricordati (in primis, realizzare i parcheggi anche in
deroga allo strumento urbanistico), debba essere costituito
già al momento della formazione del titolo edilizio e
dell’avvio dei lavori ovvero se detto vincolo possa essere
costituito successivamente, prima della utilizzazione
effettiva dei parcheggi da parte dei singoli utenti.
Il Tar ha aderito alla prima opzione
interpretativa, essenzialmente sulla base di richiami alla
giurisprudenza del giudice penale (e, in minor parte, del
giudice amministrativo).
Ritiene invece il Collegio che vada preferita senza alcun
dubbio la seconda opzione interpretativa, militando in tal
senso ragioni sia di ordine letterale, sia soprattutto di
carattere logico-sistematico.
Sotto il profilo letterale, giova evidenziare che la legge
scinde significativamente sul piano temporale il momento
della realizzazione dei parcheggi da quello della loro
destinazione (“…possono realizzare parcheggi … da
destinare ...”), il che dimostra che il legislatore ha
inteso prendere atto (e favorire, per le ragioni
teleologiche cui si è già accennato) del dato empirico per
cui, secondo l’id quod plerumque accidit, il
trasferimento dei parcheggi suppone la loro esistenza
attuale, essendo ben difficile immaginare l’acquisto, o
anche soltanto l’impegno ad acquistare o ancora ad accettare
la costituzione di un vincolo pertinenziale tra i parcheggi
e le unità abitative, prima dell’effettiva realizzazione
dell’intervento edilizio.
Sempre sul piano letterale, va pure evidenziato quanto
disposto dal comma 5 del medesimo art. 9 l. cit., nel testo
risultante dalla modifica normativa recata dall’art. 10 del
d.l. n. 5 del 2012, convertito in legge n. 35 del 2012;
disposizione che prevede tra l’altro –pur nell’immodificabilità
dell’esclusiva destinazione a parcheggio– che la proprietà
di dette aree pertinenziali possa essere trasferita, anche
in deroga a quanto previsto nel titolo edilizio che ne ha
legittimato la costruzione e nei successivi atti
convenzionali, solo con contestuale destinazione del
parcheggio trasferito a pertinenza di un’altra unità
immobiliare sita nello stesso comune: anche da tale
disposizione si ricava infatti, obliquo modo, che, ferma
restando l’obbligatoria destinazione a parcheggi
pertinenziali delle opere oggetto di intervento edilizio, il
collegamento con la specifica unità immobiliare possa
avvenire “nei successivi atti convenzionali”; sicché
anche in tal caso il legislatore si fa carico, sia pure al
fine di disciplinare in modo meno rigoroso che in passato il
regime di trasferibilità dei parcheggi pertinenziali, della
normale scissione temporale tra il momento in cui sorge il
generico vincolo pertinenziale e quello in cui lo stesso si
appunta sulle singole unità abitative.
Infine, un’ulteriore argomento esegetico di natura letterale
è rinvenibile nel confronto (o, forse più precisamente, nel
combinato disposto) del secondo periodo del comma 1 del
ridetto art. 9 (della legge Tognoli) con il secondo periodo
del comma 4 dello stesso articolo: dall’integrazione, o
almeno dal confronto, di tali norme risulta considerato sia
il caso che “Tali parcheggi possono essere realizzati, ad
uso esclusivo dei residenti, anche nel sottosuolo di aree
pertinenziali esterne al fabbricato” –e, come si è già
chiarito, possono essere realizzati anche ad opera di
soggetti diversi dai proprietari delle abitazioni a cui
dovranno inerire come pertinenze–; sia anche il caso che si
tratti di “… interventi in fase di avvio o già avviati”.
Orbene, si deve ragionevolmente escludere –anche per le
ragioni di ordine sistematico e teleologico cui si è già
accennato e su cui si tornerà ancora in seguito: ossia per
la ragione che lo scopo della norma è quello di favorire le
condizioni per la realizzazione di parcheggi pertinenziali,
e non di ostacolarle– che l’ipotesi di “interventi in
fase di avvio o già avviati”, di cui al secondo periodo
del comma 4, si riferisca restrittivamente al solo primo
periodo di detto comma, e non anche al comma 1: se, infatti,
non si può dubitare che la specialità della previsione
normativa di cui all’art. 9 osti a una sua applicazione
analogica, non v’è però ragione alcuna per escludere che
siffatta previsione legislativa –per quanto speciale o
eccezionale la si voglia considerare– sia insuscettibile di
interpretazione estensiva (che, dogmaticamente, è concetto
del tutto diverso da quello dell’analogia: tanto che la
prima, consistente nell’attribuire a una disposizione il
significato più ampio tra quelli consentiti dal testo, è
normalmente ammessa anche nel diritto penale,
costituzionalmente soggetto al principio di tassatività;
mentre la seconda, consistente nell’applicare una norma ad
un caso o a una materia diversi, sebbene simili o analoghe,
da quelli cui essa si riferisce, è inapplicabile in sede
penale in malam partem).
Risulta dunque evidente che, con riferimento all’art. 9 in
esame, un’interpretazione a tutto concedere estensiva del
secondo periodo del comma 4 (ma certamente non analogica,
posto che si tratta di un coordinamento esegetico tutto
interno alla stessa norma di legge, per quanto speciale o
eccezionale la si voglia considerare), tale cioè da operarne
un coordinamento con il secondo periodo del comma 1 –in
esito alla quale risulti che la realizzazione di parcheggi
ubicati in aree esterne ai fabbricati, rispetto ai quali
dovranno essere costituiti i vincoli pertinenziali, può
riferirsi anche a interventi già avviati– non è impedita da
alcun argomento giuridicamente significativo; essa, al
contrario, trova valido supporto esegetico –anche alla
stregua di canoni interpretativi teleologico-sistematici–
nella ragionevole considerazione che la normativa, essendo
volta a favorire la realizzazione di parcheggi pertinenziali
soprattutto nelle aree in cui di parcheggi c’è più bisogno,
ossia in quelle più densamente sature di edificazione
abitativa, va interpretata nel senso che renda più agevole,
anche sotto il profilo economico-imprenditoriale, la
realizzazione in tali aree “difficili” di siffatti
interventi infrastrutturali.
Ed infatti sono ragioni anche d’ordine logico-sistematico
quelle che depongono, convincentemente, in favore
dell’interpretazione nei sensi anzidetti della legge n. 122
del 1989, nella parte qui controversa.
In effetti, se è pur vero che una legge eccezionale (quale,
indubbiamente, è la legge Tognoli) sia per sua natura di
stretta interpretazione (art. 14 prel.), nondimeno non è
certo alla violazione di tale principio che conduce il
percorso ermeneutico qui tracciato, trattandosi piuttosto di
attribuire alla disposizione normativa dianzi indicata una
interpretazione che possa consentirne la sua piena
applicazione, in ossequio ai principi di ragionevolezza e di
proporzionalità: nei sensi, appunto, che si sono poc’anzi
illustrati.
Sotto tal profilo, non par dubbio al Collegio che richiedere ex ante l’individuazione delle unità immobiliari cui
i parcheggi da realizzare resterebbero asserviti
significherebbe svuotare di portata applicativa l’intervento
normativo e frustrare al contempo l’interesse pubblico alla
implementazione degli spazi a parcheggio nelle aree urbane.
Il tutto, senza considerare che le eventuali condotte
elusive delle disposizioni normative richiamate andrebbero
in ogni caso accertate ex post, in sede di concreta
utilizzazione degli spazi a parcheggio da parte degli
effettivi aventi titolo (e cioè dei titolari delle unità
abitative poste nelle vicinanze, a cui favore devono essere
costituiti i vincoli di destinazione delle aree a
parcheggio); ed invero, a nulla potrebbe bastare la
costituzione formale del vincolo di destinazione con unità
immobiliari già individuate all’atto dell’avvio
dell’intervento edilizio, se poi in concreto l’utilizzazione
del parcheggio avvenisse da parte di soggetti non
legittimati, come nel caso in cui fosse consentito l’accesso
alle aree di parcheggio al quisque de populo, come se
si trattasse di parcheggio (destinato al) pubblico.
Per conseguenza, ad evitare che a base dell’intervento
edilizio possa esservi il solo intento di fruire dei
vantaggi della legge per realizzare finalità meramente
speculative –ma al contempo senza voler escludere che, in un
sistema costituzionale basato sul libero mercato, quella
imprenditoriale debba essere una valida e sostenibile
ragione di spinta alla realizzazione delle infrastrutture di
cui qui trattasi: che altrimenti giammai potrebbero essere
concretamente realizzate– è sufficiente richiedere la
sottoscrizione, prima della formazione del titolo edilizio,
di un mero atto unilaterale d’obbligo a destinare i
parcheggi a pertinenza delle unità abitative viciniori (con
un criterio determinativo del perimetro urbano in cui dette
unità immobiliari devono insistere che non può che essere
stabilito dall’Autorità comunale; o, in difetto, da una
valutazione che risulti ex post oggettivamente
ragionevole).
Il che vale ad escludere fin da subito ogni possibile
diverso affidamento del costruttore riguardo alla
destinazione dei parcheggi, che resterebbero privi di ogni
possibile forma di diversa utilizzazione, nonché privi di
commerciabilità giuridica, ove il vincolo di destinazione
non dovesse in concreto essere costituito in favore delle
predette unità immobiliari.
Va da sé che, dopo la realizzazione e fino alla concreta
destinazione pertinenziale che deve legare ogni parcheggio a
una specifica abitazione viciniore, nessuna utilizzazione
commerciale –neanche da parte del costruttore che, in
ipotesi, voglia locarli al pubblico per qualunque lasso
temporale– può ritenersi consentita; con il corollario che,
in tali patologiche evenienze, andranno attivati
legittimamente i poteri repressivi comunali, fino all’ordine
di demolizione per violazione dell’unica destinazione
consentita dalla legge.
Invero, l’intervento repressivo dell’autorità comunale
avrebbe ragione di esercitarsi del tutto legittimamente, ove
dovesse constatarsi un uso dei parcheggi difforme da quello
previsto dal titolo edilizio e dal precedente atto
d’obbligo, vertendosi in un classico caso di illegittimo
mutamento della destinazione d’uso di un immobile (nella
specie: da parcheggio pertinenziale a parcheggio pubblico).
Per concludere, sul punto, deve essere precisato che nello
stesso senso qui indicato si è d’altra parte già espressa la
sezione IV di questo Consiglio di Stato, nella sentenza
03.03.2010, n. 1842, non correttamente evocata dal giudice
di primo grado a conforto della propria tesi interpretativa.
In tale sentenza si è tra l’altro affermato che “… v'è un
ulteriore e decisivo argomento testuale a sostegno della
conclusione qui raggiunta, che è ricavabile dalla prima
proposizione del comma 1 del più volte citato art. 9,
laddove esso, con riferimento ai parcheggi che i proprietari
possono realizzare nel sottosuolo o al pian terreno del
fabbricato, li definisce come "parcheggi da destinare a
pertinenza delle singole unità immobiliari": quasi che anche
in questo caso il vincolo di pertinenzialità possa anche non
preesistere alla realizzazione del parcheggio, ma sorgere
successivamente in virtù di uno specifico atto di
destinazione.
Ed invero, come si evince dalla lettura complessiva della
norma, la pertinenzialità che il legislatore ha inteso
considerare in questo caso non è tanto quella materiale
esistente tra l'edificio e l'area (sottostante, interna o
esterna) destinata ad accogliere il parcheggio, ma quella
giuridica esistente tra ciascun singolo posto auto da
realizzare e una specifica unità immobiliare, nel senso di
creare fra di essi un nesso di inscindibilità: ciò che è
coerente con la ratio della legge nr. 122 del 1989, che è
quella di venire incontro al bisogno di parcheggi dei
residenti nelle aree urbane evitando al tempo stesso
operazioni speculative”.
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6.- È noto che la realizzazione dei parcheggi pertinenziali
degli edifici residenziali può avvenire in base ad un regime
giuridico di favore, introdotto dalla più volte richiamata
legge n. 122 del 1989, con il chiaro intento di sopperire
alle esigenze connesse alla cronica insufficienza di spazi a
parcheggio nelle aree urbane.
In particolare, l'art. 9, comma 1, l. cit. stabilisce che “I
proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo
degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei
fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle singole
unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti
urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti. Tali
parcheggi possono essere realizzati, ad uso esclusivo dei
residenti, anche nel sottosuolo di aree pertinenziali
esterne al fabbricato, purché non in contrasto con i piani
urbani del traffico, tenuto conto dell'uso della superficie
sovrastante e compatibilmente con la tutela dei corpi
idrici. Restano in ogni caso fermi i vincoli previsti dalla
legislazione in materia paesaggistica ed ambientale ed i
poteri attribuiti dalla medesima legislazione alle regioni e
ai Ministeri dell'ambiente e per i beni culturali ed
ambientali da esercitare motivatamente nel termine di 90
giorni. I parcheggi stessi, ove i piani urbani del traffico
non siano stati redatti, potranno comunque essere realizzati
nel rispetto delle indicazioni di cui al periodo precedente”.
Il successivo comma 2, nella formulazione applicabile
ratione temporis alla fattispecie che ne occupa, prevede
poi che “L'esecuzione delle opere e degli interventi
previsti dal comma 1 è soggetta a denuncia di inizio
attività”.
Il regime giuridico di particolare favore introdotto dalla
riportata disposizione normativa si coglie essenzialmente:
a) nel fatto che si possono realizzare, anche in deroga agli
strumenti urbanistici , parcheggi pertinenziali alle unità
immobiliari anche nel sottosuolo di aree limitrofe a quelle
ove si trovano dette unità abitative asservite;
b) che il titolo edilizio può essere costituito da una
d.i.a. (ora s.c.i.a.);
c) che il predetto titolo edilizio ha natura gratuita.
Tale statuto privilegiato si giustifica alla luce della
ratio sottesa all’intervento legislativo di cui si
tratta, volto ad attenuare le conseguenze dell’annoso
problema del congestionamento del traffico automobilistico
nelle aree urbane e alla cronica carenza di posti per il
parcheggio delle auto.
7.- Una prima questione, già affrontata dalla
giurisprudenza nell'interpretazione del citato art. 9 della
legge n. 122 del 1989, è stata quella di individuare i
soggetti legittimati dalla disposizione normativa a
realizzare i parcheggi nel sottosuolo di aree pertinenziali
esterne al fabbricato, anche in deroga alle disposizioni
degli strumenti urbanistici: la questione si è posta in
relazione al se i titolari dell’iniziativa edificatoria
debbano essere necessariamente i proprietari degli immobili
beneficiari del vincolo di pertinenzialità con i parcheggi
da realizzare, anche quando l’intervento si realizzi nel
sottosuolo di aree viciniori.
Sul punto, l’orientamento giurisprudenziale prevalente, dal
quale non si ravvisano qui ragioni per dissentire, è che il
comma 1 dell'art. 9 della legge cit. non circoscrive
esclusivamente ai proprietari degli immobili interessati la
legittimazione a realizzare i parcheggi agli stessi
pertinenziali.
Infatti, la disposizione innanzi citata, dopo aver statuito
che: "...I proprietari di immobili possono realizzare nel
sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano
terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza
delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli
strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti"
aggiunge che: "...Tali parcheggi possono essere
realizzati, ad uso esclusivo dei residenti, anche nel
sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato (...)".
Orbene, la forma impersonale utilizzata nella seconda
proposizione richiamata comporta che i parcheggi collocati
in aree esterne ai fabbricati, a differenza di quelli posti
nel sottosuolo o al piano terreno degli stessi, non devono
essere realizzati necessariamente dai proprietari
dell'immobile, ma possono esserlo anche da terzi:
evidentemente il legislatore, non potendo escludersi –e anzi
dovendosi normalmente presumere, secondo l’id quod
plerumque accidit– che le "aree pertinenziali esterne"
possano appartenere a soggetti diversi dai proprietari
dell'immobile, ha ritenuto di non dover limitare solo a
questi ultimi la legittimazione a chiedere il permesso per
realizzarvi i parcheggi de quibus.
Inoltre, la locuzione "...Tali parcheggi" indica
chiaramente che la seconda proposizione del comma 1 è
riferita alla medesima ipotesi disciplinata dalla prima,
ossia alla realizzazione di parcheggi "da destinare a
pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga
agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti";
di conseguenza, anche la possibilità di derogare ai predetti
strumenti deve intendersi estesa agli interventi posti in
essere da terzi, oltre che dai proprietari.
Del resto, è sin troppo agevole osservare che, se si
opinasse il contrario, la norma che consente la
realizzazione di parcheggi pertinenziali al di fuori, ma
nelle vicinanze, degli edifici a beneficio delle cui
abitazioni essi sono edificati non potrebbe trovare
praticamente mai applicazione, giacché è del tutto
eccezionale, se non di scuola, l’ipotesi che, in un centro
urbano ad elevata densità abitativa (e conseguentemente di
traffico), il proprietario (rectius: i proprietari,
normalmente riuniti in condominio) delle abitazioni ubicate
in un (singolo) edificio sia proprietario (o, comunque,
possa disporre) di un’area viciniore in cui (o sotto alla
quale) sia materialmente possibile, ed economicamente
sostenibile, realizzare parcheggi interrati da adibire a
pertinenza delle abitazioni: sicché risulta evidente
l’erroneità, per intrinseca assurdità, dell’opzione
esegetica qui avversata, perché essa –particolarmente in
riferimento alle aree a più alta densità edilizia, che sono
poi quelle in cui più evidente è la necessità di reperire
spazi in cui realizzare parcheggi pertinenziali– finirebbe
con il rendere sostanzialmente impossibile ogni attuazione
pratica della previsione legislativa volta a favorire la
realizzazione di parcheggi urbani pertinenziali.
8.- Una seconda questione interpretativa, qui avente
carattere dirimente ai fini del decidere, può essere
compendiata nel quesito se il vincolo pertinenziale
richiesto dalla legge per l’accesso ai benefici dianzi
ricordati (in primis, realizzare i parcheggi anche in
deroga allo strumento urbanistico), debba essere costituito
già al momento della formazione del titolo edilizio e
dell’avvio dei lavori ovvero se detto vincolo possa essere
costituito successivamente, prima della utilizzazione
effettiva dei parcheggi da parte dei singoli utenti.
Come anticipato, il Tar ha aderito alla prima opzione
interpretativa, essenzialmente sulla base di richiami alla
giurisprudenza del giudice penale (e, in minor parte, del
giudice amministrativo).
Ritiene invece il Collegio che vada preferita senza alcun
dubbio la seconda opzione interpretativa, militando in tal
senso ragioni sia di ordine letterale, sia soprattutto di
carattere logico-sistematico.
Sotto il profilo letterale, giova evidenziare che la legge
scinde significativamente sul piano temporale il momento
della realizzazione dei parcheggi da quello della loro
destinazione (“…possono realizzare parcheggi … da
destinare ...”), il che dimostra che il legislatore ha
inteso prendere atto (e favorire, per le ragioni
teleologiche cui si è già accennato) del dato empirico per
cui, secondo l’id quod plerumque accidit, il
trasferimento dei parcheggi suppone la loro esistenza
attuale, essendo ben difficile immaginare l’acquisto, o
anche soltanto l’impegno ad acquistare o ancora ad accettare
la costituzione di un vincolo pertinenziale tra i parcheggi
e le unità abitative, prima dell’effettiva realizzazione
dell’intervento edilizio.
Sempre sul piano letterale, va pure evidenziato quanto
disposto dal comma 5 del medesimo art. 9 l. cit., nel testo
risultante dalla modifica normativa recata dall’art. 10 del
d.l. n. 5 del 2012, convertito in legge n. 35 del 2012;
disposizione che prevede tra l’altro –pur nell’immodificabilità
dell’esclusiva destinazione a parcheggio– che la proprietà
di dette aree pertinenziali possa essere trasferita, anche
in deroga a quanto previsto nel titolo edilizio che ne ha
legittimato la costruzione e nei successivi atti
convenzionali, solo con contestuale destinazione del
parcheggio trasferito a pertinenza di un’altra unità
immobiliare sita nello stesso comune: anche da tale
disposizione si ricava infatti, obliquo modo, che, ferma
restando l’obbligatoria destinazione a parcheggi pertinenziali delle opere oggetto di intervento edilizio, il
collegamento con la specifica unità immobiliare possa
avvenire “nei successivi atti convenzionali”; sicché
anche in tal caso il legislatore si fa carico, sia pure al
fine di disciplinare in modo meno rigoroso che in passato il
regime di trasferibilità dei parcheggi pertinenziali, della
normale scissione temporale tra il momento in cui sorge il
generico vincolo pertinenziale e quello in cui lo stesso si
appunta sulle singole unità abitative.
Infine, un’ulteriore argomento esegetico di natura letterale
è rinvenibile nel confronto (o, forse più precisamente, nel
combinato disposto) del secondo periodo del comma 1 del
ridetto art. 9 (della legge Tognoli) con il secondo periodo
del comma 4 dello stesso articolo: dall’integrazione, o
almeno dal confronto, di tali norme risulta considerato sia
il caso che “Tali parcheggi possono essere realizzati, ad
uso esclusivo dei residenti, anche nel sottosuolo di aree
pertinenziali esterne al fabbricato” –e, come si è già
chiarito, possono essere realizzati anche ad opera di
soggetti diversi dai proprietari delle abitazioni a cui
dovranno inerire come pertinenze–; sia anche il caso che si
tratti di “… interventi in fase di avvio o già avviati”.
Orbene, si deve ragionevolmente escludere –anche per le
ragioni di ordine sistematico e teleologico cui si è già
accennato e su cui si tornerà ancora in seguito: ossia per
la ragione che lo scopo della norma è quello di favorire le
condizioni per la realizzazione di parcheggi pertinenziali,
e non di ostacolarle– che l’ipotesi di “interventi in
fase di avvio o già avviati”, di cui al secondo periodo
del comma 4, si riferisca restrittivamente al solo primo
periodo di detto comma, e non anche al comma 1: se, infatti,
non si può dubitare che la specialità della previsione
normativa di cui all’art. 9 osti a una sua applicazione
analogica, non v’è però ragione alcuna per escludere che
siffatta previsione legislativa –per quanto speciale o
eccezionale la si voglia considerare– sia insuscettibile di
interpretazione estensiva (che, dogmaticamente, è concetto
del tutto diverso da quello dell’analogia: tanto che la
prima, consistente nell’attribuire a una disposizione il
significato più ampio tra quelli consentiti dal testo, è
normalmente ammessa anche nel diritto penale,
costituzionalmente soggetto al principio di tassatività;
mentre la seconda, consistente nell’applicare una norma ad
un caso o a una materia diversi, sebbene simili o analoghe,
da quelli cui essa si riferisce, è inapplicabile in sede
penale in malam partem).
Risulta dunque evidente che, con riferimento all’art. 9 in
esame, un’interpretazione a tutto concedere estensiva del
secondo periodo del comma 4 (ma certamente non analogica,
posto che si tratta di un coordinamento esegetico tutto
interno alla stessa norma di legge, per quanto speciale o
eccezionale la si voglia considerare), tale cioè da operarne
un coordinamento con il secondo periodo del comma 1 –in
esito alla quale risulti che la realizzazione di parcheggi
ubicati in aree esterne ai fabbricati, rispetto ai quali
dovranno essere costituiti i vincoli pertinenziali, può
riferirsi anche a interventi già avviati– non è impedita da
alcun argomento giuridicamente significativo; essa, al
contrario, trova valido supporto esegetico –anche alla
stregua di canoni interpretativi teleologico-sistematici–
nella ragionevole considerazione che la normativa, essendo
volta a favorire la realizzazione di parcheggi pertinenziali
soprattutto nelle aree in cui di parcheggi c’è più bisogno,
ossia in quelle più densamente sature di edificazione
abitativa, va interpretata nel senso che renda più agevole,
anche sotto il profilo economico-imprenditoriale, la
realizzazione in tali aree “difficili” di siffatti
interventi infrastrutturali.
Ed infatti sono ragioni anche d’ordine logico-sistematico
quelle che depongono, convincentemente, in favore
dell’interpretazione nei sensi anzidetti della legge n. 122
del 1989, nella parte qui controversa.
In effetti, se è pur vero che una legge eccezionale (quale,
indubbiamente, è la legge Tognoli) sia per sua natura di
stretta interpretazione (art. 14 prel.), nondimeno non è
certo alla violazione di tale principio che conduce il
percorso ermeneutico qui tracciato, trattandosi piuttosto di
attribuire alla disposizione normativa dianzi indicata una
interpretazione che possa consentirne la sua piena
applicazione, in ossequio ai principi di ragionevolezza e di
proporzionalità: nei sensi, appunto, che si sono poc’anzi
illustrati.
Sotto tal profilo, non par dubbio al Collegio che richiedere
ex ante l’individuazione delle unità immobiliari cui
i parcheggi da realizzare resterebbero asserviti
significherebbe svuotare di portata applicativa l’intervento
normativo e frustrare al contempo l’interesse pubblico alla
implementazione degli spazi a parcheggio nelle aree urbane.
Il tutto, senza considerare che le eventuali condotte
elusive delle disposizioni normative richiamate andrebbero
in ogni caso accertate ex post, in sede di concreta
utilizzazione degli spazi a parcheggio da parte degli
effettivi aventi titolo (e cioè dei titolari delle unità
abitative poste nelle vicinanze, a cui favore devono essere
costituiti i vincoli di destinazione delle aree a
parcheggio); ed invero, a nulla potrebbe bastare la
costituzione formale del vincolo di destinazione con unità
immobiliari già individuate all’atto dell’avvio
dell’intervento edilizio, se poi in concreto l’utilizzazione
del parcheggio avvenisse da parte di soggetti non
legittimati, come nel caso in cui fosse consentito l’accesso
alle aree di parcheggio al quisque de populo, come se
si trattasse di parcheggio (destinato al) pubblico.
Per conseguenza, ad evitare che a base dell’intervento
edilizio possa esservi il solo intento di fruire dei
vantaggi della legge per realizzare finalità meramente
speculative –ma al contempo senza voler escludere che, in un
sistema costituzionale basato sul libero mercato, quella
imprenditoriale debba essere una valida e sostenibile
ragione di spinta alla realizzazione delle infrastrutture di
cui qui trattasi: che altrimenti giammai potrebbero essere
concretamente realizzate– è sufficiente richiedere la
sottoscrizione (qui correttamente pretesa dal Comune di
Roma, anche in base alla deliberazione n. 165 del 1997:
della cui legittimità il Collegio non ravvisa alcuna ragione
per dubitare), prima della formazione del titolo edilizio,
di un mero atto unilaterale d’obbligo a destinare i
parcheggi a pertinenza delle unità abitative viciniori (con
un criterio determinativo del perimetro urbano in cui dette
unità immobiliari devono insistere che non può che essere
stabilito dall’Autorità comunale; o, in difetto, da una
valutazione che risulti ex post oggettivamente
ragionevole).
Il che vale ad escludere fin da subito ogni possibile
diverso affidamento del costruttore riguardo alla
destinazione dei parcheggi, che resterebbero privi di ogni
possibile forma di diversa utilizzazione, nonché privi di
commerciabilità giuridica, ove il vincolo di destinazione
non dovesse in concreto essere costituito in favore delle
predette unità immobiliari.
Va da sé che, dopo la realizzazione e fino alla concreta
destinazione pertinenziale che deve legare ogni parcheggio a
una specifica abitazione viciniore, nessuna utilizzazione
commerciale –neanche da parte del costruttore che, in
ipotesi, voglia locarli al pubblico per qualunque lasso
temporale– può ritenersi consentita; con il corollario che,
in tali patologiche evenienze, andranno attivati
legittimamente i poteri repressivi comunali, fino all’ordine
di demolizione per violazione dell’unica destinazione
consentita dalla legge.
Invero, l’intervento repressivo dell’autorità comunale
avrebbe ragione di esercitarsi del tutto legittimamente, ove
dovesse constatarsi un uso dei parcheggi difforme da quello
previsto dal titolo edilizio e dal precedente atto
d’obbligo, vertendosi in un classico caso di illegittimo
mutamento della destinazione d’uso di un immobile (nella
specie: da parcheggio pertinenziale a parcheggio pubblico).
Per concludere, sul punto, deve essere precisato che nello
stesso senso qui indicato si è d’altra parte già espressa la
sezione IV di questo Consiglio di Stato, nella sentenza
03.03.2010, n. 1842, non correttamente evocata dal giudice
di primo grado a conforto della propria tesi interpretativa.
In tale sentenza si è tra l’altro affermato che “… v'è un
ulteriore e decisivo argomento testuale a sostegno della
conclusione qui raggiunta, che è ricavabile dalla prima
proposizione del comma 1 del più volte citato art. 9,
laddove esso, con riferimento ai parcheggi che i proprietari
possono realizzare nel sottosuolo o al pian terreno del
fabbricato, li definisce come "parcheggi da destinare a
pertinenza delle singole unità immobiliari": quasi che anche
in questo caso il vincolo di pertinenzialità possa anche non
preesistere alla realizzazione del parcheggio, ma sorgere
successivamente in virtù di uno specifico atto di
destinazione.
Ed invero, come si evince dalla lettura complessiva della
norma, la pertinenzialità che il legislatore ha inteso
considerare in questo caso non è tanto quella materiale
esistente tra l'edificio e l'area (sottostante, interna o
esterna) destinata ad accogliere il parcheggio, ma quella
giuridica esistente tra ciascun singolo posto auto da
realizzare e una specifica unità immobiliare, nel senso di
creare fra di essi un nesso di inscindibilità: ciò che è
coerente con la ratio della legge nr. 122 del 1989, che è
quella di venire incontro al bisogno di parcheggi dei
residenti nelle aree urbane evitando al tempo stesso
operazioni speculative”
(Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 27.09.2016 n. 3977 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
CONDOMINIO -
EDILIZIA PRIVATA: Parcheggi, vendite dal 2005. Resta il vincolo pertinenziale
se ultimati prima del 16 dicembre.
Spazi privati. Per la Cassazione cessioni vietate a chi è
estraneo al condominio.
Il problema
dei parcheggi nelle aree urbane continua ad assumere
primaria importanza, se si considera anche il susseguirsi di
disposizioni normative riguardanti la materia e le
molteplici pronunce da parte dei giudici.
Non possono, in ogni caso, essere autorizzate nuove
costruzioni se queste non vengono corredate di aree
destinate a parcheggio. La misura dell’area da destinare a
parcheggio è quella prevista dall’articolo 41-sexies della
legge 1150/1942 (e successive modifiche): un metro quadrato
ogni dieci metri cubi di costruito.
Spetta alla pubblica amministrazione accertare la conformità
degli spazi così destinati alla misura proporzionale
stabilita dalla legge.
Con l’entrata in vigore della legge 246/2005 è venuto meno
il vincolo di pertinenzialità tra parcheggi costruiti
nell’immobile (o nelle aree a esso pertinenti) e le unità
immobiliari site nell’immobile stesso, avendo l’articolo 12
della legge eliminato il diritto reale a favore di queste.
Così le aree di parcheggio si possano vendere liberamente
anche a soggetti estranei al condominio. Tale disposizione
conferma comunque l’obiettivo di imporre ai costruttori di
unità immobiliari di realizzare adeguati spazi di
parcheggio, senza alcun vincolo soggettivo di destinazione
in favore di queste.
La norma non è applicabile alle costruzioni e ai relativi
parcheggi realizzati prima del 16.12.2005, data di entrata
in vigore della legge, perché alla stessa non può
attribuirsi alcune effetto retroattivo. In tal senso si è
espressa la recente
sentenza
22.04.2016 n. 8220 della Corte di Cassazione, Sez. II
civile (relatore Antonio Scarpa), sul presupposto che
l’articolo 12 della legge 246/2005 «non ha effetto
retroattivo, né natura imperativa; ne consegue che nei casi
in cui, al momento dell’entrata in vigore della nuova
disciplina risultassero già stipulati gli atti di vendita
delle singole unità immobiliari, trova applicazione la
disciplina anteriore di cui al citato articolo 41-sexies
delle legge 1150 del 1942».
Quest’ultima imponeva, per le
nuove costruzioni, un vincolo soggettivo di destinazione fra
le unità immobiliari e gli spazi di parcheggio, vincolo che
impediva la circolazione libera di questi ultimi: box e
spazi di parcheggio già di pertinenza di un appartamento
sono destinati a restare così per sempre.
La sentenza, soffermandosi in modo analitico
sull’operatività dell’articolo 41-sexies e riprendendo
concetti già affermati dalla Suprema Corte, ribadisce che si
tratta di una norma imperativa e inderogabile, in
correlazione degli interessi pubblicistici da essa
perseguiti, che opera non soltanto nel rapporto fra il
costruttore o proprietario di edificio e l’autorità
competente in materia urbanistica, ma anche nei rapporti
privatistici riguardanti questi spazi, nel senso di imporre
la loro destinazione a uso diretto delle persone che
stabilmente occupano le costruzioni o a esse abitualmente
accedono.
Non sono ammesse deroghe mediante atti privati di
disposizione degli stessi spazi, le cui clausole difformi
sono perciò sostituite di diritto dalla medesima norma
imperativa, al punto che nel giudizio intercorrente tra gli
acquirenti degli immobili illegittimamente privati del
diritto all’uso dell’area a parcheggio e i terzi che abbiano
acquistato porzioni di tale area, la nullità di cui
all’articolo 1418 del Codice civile dei negozi stipulati dai
primi, nella parte in cui ha omessa tale inderogabile
destinazione, è rilevabile d’ufficio anche in via
incidentale.
Sotto tale profilo però precisa che si può giungere alla
nullità solo se, al momento della realizzazione degli
edifici, il costruttore ha fatto riserva di una ben
determinata e identificata area da destinare a parcheggio e
sempre che manchi un successivo trasferimento del medesimo
spazio su altre aree comunque idonee a tale utilizzazione al
momento del rilascio della nuova concessione in variante.
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Usucapione possibile per le aree di sosta.
Il caso. Usi non contestati.
La proprietà
delle aree interne e circostanti ai fabbricati di nuova
costruzione, su cui grava il vincolo pubblicistico di
destinazione a parcheggio, può essere acquistata anche per
usucapione. Il principio è confermato dalla sentenza 8820/16
con cui i giudici di legittimità confermano che il «possesso
utile ai fini di usucapione decorre in danno del
proprietario dal momento dell’atto di acquisto, essendo
soltanto a far tempo da esso possibile considerare
distintamente il diritto dominicale (trasferito) e quello al
parcheggio (non trasferito) sull’area destinata a
parcheggio».
Per la Cassazione l’usucapione in favore degli
acquirenti ha effetto estintivo anche del vincolo
pubblicistico di destinazione, stante l’efficacia
retroattiva reale dell’usucapione stessa.
Per gli acquisti «a titolo derivativo» invece opera il
principio per cui il vincolo di destinazione impresso alle
aree destinate a parcheggio non impedisce che il
proprietario dell’area possa riservare a sé, o trasferire a
terzi, il diritto di proprietà sull’area o su parti di essa,
fermo però il succitato diritto d’uso da parte dei
proprietari delle unità immobiliari site nel fabbricato
(articolo Il Sole 24 Ore del
03.05.2016).
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MASSIMA
IV. E' dapprima infondato il decimo motivo di ricorso.
Basta
ribadire, in proposito, come, secondo il costante
orientamento di
questa Corte,
la Part. 12, comma 9, della legge 28.11.2005, n.
246, che ha modificato l'art. 41-sexies della legge 17.08.1942, n.
1150, ed in base al quale gli spazi per parcheggio possono
essere
trasferiti in modo autonomo rispetto alle altre unità
immobiliari, non
ha effetto retroattivo, né natura imperativa; ne consegue
che nei casi
in cui, come quello in esame, al momento dell'entrata in
vigore della
nuova disciplina risultassero già stipulati gli atti di
vendita delle singole unità immobiliari, trova applicazione
la disciplina anteriore,
di cui al citato art. 41-sexies della legge n. 1150 del 1942
(Cass. 05.06.2012, n. 9090; Cass. 01.08.2008, n. 21003).
V. Il primo ed il secondo motivo del ricorso principale, la
cui
trattazione unitaria risulta opportuna per la loro
connessione, sono
invece fondati, per quanto di ragione.
Entrambi i motivi
sono
radicati sul presupposto della decisività del riscontro
dell'efficacia
di giudicato (diretto o riflesso) da attribuire alla
sentenza della Corte
d'Appello di Roma n. 388/1992 (intervenuta a suo tempo tra
gli
acquirenti degli appartamenti compresi negli edifici siti in
Roma,
Via ..., n. 685, Via ..., n. 16, e Via
..., n. 4 e la costruttrice S.r.l. Ed.Eg.), nei
confronti
degli attuali ricorrenti, i quali avevano a loro volta
acquistato i posti
auto, box e negozi realizzati nell'area da destinare a
parcheggio.
A
proposito di tale pronuncia, la Corte di merito ha affermato
che la
stessa non avesse efficacia in senso stretto di giudicato,
ma
comunque rivelasse "effetto riflesso nei confronti degli
appellati,
che, pur essendo rimasti estranei al detto giudizio, sono
titolari di
diritti ed obblighi, dipendenti dalla situazione giuridica
definitiva in
quel processo".
Ora, è vero che questa Corte ha più volte
affermato
che una sentenza passata in giudicato, anche quando non
possa
avere l'effetto vincolante di cui all'art. 2909 c.c., può
avere
comunque l'efficacia riflessa di prova o di elemento di
prova
documentale in ordine alla situazione giuridica che abbia
formato
oggetto dell'accertamento giudiziale, e che tale efficacia
indiretta
può essere invocata da chiunque vi abbia interesse,
spettando al
giudice di esaminare la sentenza prodotta a tale scopo e
valutarne
liberamente il contenuto, anche in relazione agli altri
elementi di giudizio rinvenibili negli atti di causa (da
ultimo, Cass. 20.02.2013, n. 4241).
Quel che tuttavia fa difetto nel caso in
esame, per
ravvisare, come fatto dalla Corte di Roma, un'efficacia
riflessa della
sentenza n. 388/1992 riguardo alle parti di questo giudizio,
che a
quello culminato nell'invocata pronuncia non parteciparono,
è il
presupposto della titolarità in capo a questi ultimi di
diritti ed
obblighi dipendenti dalla situazione giuridica definita in
quel primo
processo. L'assunto a base della statuizione qui impugnata
evidente
postula che solo l'efficacia ultra partes di quella sentenza
del 1992
possa rendere opponibile agli attuali ricorrenti l'ivi
conseguita
declaratoria del diritto reale ex lege all'uso del
parcheggio.
Vale,
all'opposto, un diverso principio, conforme al consolidato
orientamento di questa Corte, e nella sostanza seguito dalla
stessa
pronuncia qui impugnata, per il quale
il vincolo di
destinazione
impresso agli spazi per parcheggio dall'art. 41-sexies della
legge 17.08.1942, n. 1150, secondo il testo introdotto dalla
legge 06.08.1967 n. 765, art. 18, norma di per sé imperativa, non può
subire
deroghe mediante atti privati di disposizione degli stessi
spazi, le cui
clausole difformi sono perciò sostituite di diritto dalla
medesima
norma imperativa. Tale vincolo si traduce in una limitazione
legale
della proprietà, che può essere fatta valere, con
l'assolutezza tipica
dei diritti reali, nei confronti dei terzi che ne contestino
l'esistenza e
l'efficacia.
Pertanto
coloro che abbiano acquistato le
singole unità
immobiliari dall'originario costruttore-venditore, il
quale,
eludendo il vincolo, abbia riservato a sé la proprietà di
detti spazi,
ben possono agire per il riconoscimento del loro diritto
reale d'uso
direttamente nei confronti dei terzi ai quali l'originario
costruttore
abbia alienato le medesime aree destinate a parcheggio.
In
un tale giudizio (qual è quello in esame),
intercorrente tra
gli acquirenti
degli immobili illegittimamente privati del diritto all'uso
dell'area
pertinente a parcheggio ex art. 18 della legge 06.08.1967, n. 765,
ed i terzi che abbiano acquistato porzioni di tale area, la
nullità dei
negozi stipulati dai primi, nella parte in cui sia stata
omessa tale
inderogabile destinazione, con conseguente loro integrazione
"ope
legis", è rilevabile anche "incidenter tantum", sicché non
deve
necessariamente correlarsi alla verifica della sussistenza e
dell'opponibilità, in via immediata o, appunto, riflessa, di
un
giudicato conseguito nei confronti dell'originario
costruttore-venditore.
Come pure,
in un giudizio così congegnato, non si
impone nemmeno che sia convenuto il costruttore-venditore,
pur
spettando a questo l'eventuale diritto (personale) a
conseguire
l'integrazione del prezzo di acquisto da coloro che agiscano
per
ottenere il riconoscimento del loro diritto d'uso sugli
spazi vincolati
a parcheggio (Cass. 14.11.2000, n. 14731; Cass. 25.03.2004, n. n. 5755).
VI. Può poi passarsi all'analisi congiunta del quarto e
dell'ottavo
motivo di ricorso, anch'essi in logica connessione.
Questi
criticano
la sentenza della Corte di Roma, ai sensi dell'art. 360, n.
3, 4 e 5,
c.p.c., per non aver dato sufficiente rilievo nel suo
ragionamento alle
concessioni in variante ed in sanatoria, ed ai conseguenti
certificati
di abitabilità, che accompagnavano i titoli di acquisto
degli attuali
ricorrenti, provvedimenti che comprovavano il rispetto della
destinazione a parcheggio dell'area riservata; e per aver
determinato
l'asservimento a parcheggio di un'area di mq. 7.354,90,
anziché di
mq. 6.354,90.
In particolare, è oggetto di doglianza la frase della
pronuncia
d'appello secondo la quale l'art. 41-sexies della legge n.
1150/1942
"opera nel rapporto tra il costruttore o proprietario di
edificio e
l'autorità competente in materia urbanistica", sicché
quest'ultima
"non può porre nel nulla gli atti d'obbligo, formati col
Comune dal
costruttore, al fine del rilascio della licenza edilizia".
Tali patti
d'obbligo, secondo quanto illustra la stessa sentenza
impugnata a
pagina 32, individuavano in mq. 6.354,90 l'area da destinare
a
parcheggio. Il Tribunale ha invece determinato in mq.
7.354,90 la
stessa area, disponendo il prosieguo istruttorio per
individuare
tramite CTU consistenza e posizione di quest'area.
I due motivi sono parzialmente fondati, per quanto di
ragione.
Non esiste il denunciato vizio di ultrapetizione in quanto
la
normativa urbanistica, dettata dall'art. 41-sexies della
legge n. 1150
del 1942, si limita a prescrivere, per i fabbricati di nuova
costruzione, una misura proporzionale alla cubatura totale
dell'edificio da destinare obbligatoriamente a parcheggi,
pari ad un
metro quadrato per ogni venti metri cubi di costruito,
secondo i
parametri applicabili per l'epoca dell'edificazione. Tale
misura
proporzionale è imposta dalla legge, sicché l'eventuale
metratura
prospettata dalla parte con l'atto introduttivo di un
giudizio volto al
riconoscimento del diritto d'uso a parcheggio ha solo valore
indicativo, per cui non incorre in ultrapetizione il giudice
che, sulla
base delle risultanze processuali, determini l'estensione
della
relativa area in misura pure diversa e maggiore da quella
inizialmente quantificata dall'istante.
Per la concreta attuazione, invece, della costituzione del
diritto reale
di uso per parcheggio, soltanto in assenza di relativa
previsione nell'atto concessorio, o nel regolamento
condominiale, o negli atti di
acquisto dei singoli appartamenti, è consentito chiedere al
giudice
tale identificazione (Cass. 11.08.1997, n. 7474). Ai
fini del
rispetto del vincolo di destinazione impresso agli spazi per
parcheggio dall'art. 41-sexies citato, infatti, il rapporto
tra la
superficie delle aree destinate a parcheggio e la volumetria
del
fabbricato, così come richiesto dalla legge, va
effettivamente
verificato a monte dalla P.A. nel rilascio della concessione
edilizia.
La rimozione del vincolo a parcheggio sulle aree individuate
in sede
di rilascio della concessione edilizia come condizione
essenziale per
lo stesso rilascio, può tuttavia avvenire tramite una nuova
concessione in variante, al fine di trasferirlo su altre
zone
riconosciute idonee. L'art. 41-sexies della Legge
urbanistica opera,
pertanto, come norma di relazione nei rapporti privatistici
e come
norma di azione nel rapporto pubblicistico con la P.A., la
quale non
può autorizzare nuove costruzioni che non siano corredate di
dette
aree, costituendo l'osservanza della norma condizione di
legittimità
della licenza (o concessione) di costruzione, e alla quale
esclusivamente spetta l'accertamento della conformità degli
spazi
alla misura proporzionale stabilita dalla legge e della loro
idoneità
ad assicurare concretamente la prevista destinazione.
Manca,
pertanto, nel ragionamento seguito dalla Corte di Roma, la
verifica,
sollecitata dagli appellanti, dell'eventuale adeguato
trasferimento
dello spazio destinato a parcheggio, inizialmente fissato
coi patti
d'obbligo ed impressa nella concessione, su altre aree
comunque
idonee a tale utilizzazione, il che, come ora ricordato, ben
può
avvenire mediante il rilascio di una nuova concessione in
variante
(quali quelle dedotte dagli attuali ricorrenti), non avendo
il giudice ordinario il potere di attribuire agli acquirenti
di singole unità
immobiliari il diritto di impiegare come parcheggio uno
spazio, pur
se di proprietà del costruttore-venditore, in tutto o in
parte diverso
da quello destinato a tale uso, secondo la prescrizione
della
concessione edilizia, originaria o in variante (cfr. Cass.
30.07.1999, n. 6894; Cass. 14.11.2000, n. 14731; Cass. 05.05.2003, n. 6751; Cass. 13.01.2010, n. 378).
Sempre questa Corte ha affermato come
gli spazi che debbono
essere riservati a parcheggio ex art. 41-sexies possono
essere ubicati
indifferentemente nelle nuove costruzioni ed anche nelle
aree di
pertinenza delle stesse, trattandosi di modalità entrambe
idonee a
soddisfare l'esigenza, costituente la "ratio" della norma,
di
deflazione della domanda di spazi per parcheggio nelle aree
destinate alla pubblica circolazione, non essendo, peraltro,
consentito al giudice di sindacare le scelte compiute in
proposito
dalla P.A. (Cass. 22.02.2006, n. 3961).
Quanto, infine, alla rilevanza da attribuire nella presente
lite agli atti
d'obbligo intercorsi tra la società costruttrice e il Comune
di Roma,
torna utile richiamare l'insegnamento espresso
reiteratamente da
questa Corte, in forza del quale l'atto con il quale un
proprietario-costruttore si sia impegnato nei confronti del Comune, ai
fini del
rilascio della concessione edilizia, a conferire una
particolare
destinazione a determinate superfici, non è riconducibile
alla figura
del contratto a favore di terzi, di cui all'art. 1411 c.c.,
sia perché non
costituisce un contratto di diritto privato, sia perché non
ha neppure
la specifica autonomia e natura di fonte negoziale di un
regolamento
dei contrapposti interessi delle parti stipulanti,
caratterizzandosi,
piuttosto, come atto intermedio del procedimento
amministrativo volto al conseguimento del provvedimento concessorio finale, dal
quale promanano soltanto poteri autoritativi della P.A. e
non la
possibilità per i terzi privati di accampare diritti sulla
sua base.
Ne
consegue che,
per il rispetto dell'obbligo di destinazione
assunto dal
proprietario-costruttore, salva l'ipotesi che esso sia stato
trasfuso in
una disciplina negoziale all'atto del trasferimento della
singola unità
immobiliare da lui realizzata, i singoli condomini non hanno
alcuna
azione, fermo il diritto al risarcimento del danno qualora
l'inosservanza dell'obbligo concreti una violazione delle
norme
urbanistiche (Cass. 20.11.2006, n. 24572; Cass. 23.02.2012, n. 2742).
VII. Sono parzialmente fondati, per quanto di ragione,
altresì, il
terzo, il sesto ed il settimo motivo di ricorso, da trattare
congiuntamente sempre perché connessi.
La Corte d'appello ha, in estrema sintesi e facendo salve le
diversità
delle singole posizioni scrutinate, riconosciuto in favore
degli
appellanti principali ed incidentali l'acquisto dei
rispettivi beni per
usucapione decennale, fermo restando il vincolo di
destinazione a
parcheggio.
Ora, questa Corte ha effettivamente più volte riconosciuto
come "la
proprietà delle aree interne o circostanti ai fabbricati di
nuova
costruzione, su cui grava il vincolo pubblicistico di
destinazione a
parcheggio, può essere acquistata per usucapione, non
comportandone tale vincolo indisponibilità, inalienabilità e
incommerciabilità" (Cass. 15.11.2002, n. 16053; Cass.
07.06.2002, n. 8262).
Tale possesso utile a fini di
usucapione
decorre in danno del proprietario dal momento dell'atto di
acquisto,
essendo soltanto a far tempo da esso possibile considerare
distintamente il diritto dominicale (trasferito) e quello al
parcheggio
(non trasferito) sull'area destinata a parcheggio.
Non è
stata oggetto
di censura la sentenza impugnata nella parte in cui la
stessa ha
riconosciuto l'usucapione abbreviata ex art. 1159 c.c. in
favore
degli appellanti. La soluzione adottata avrebbe dovuto
indurre, in
verità, ad affrontare il profilo della configurabilità
dell'usucapione
decennale, ai sensi dell'art. 1159 c.c., in favore di colui
che abbia
acquistato, come nella specie, un'area di parcheggio asseritamente
vincolata al diritto d'uso "ex lege", quanto, in
particolare, alla
sussistenza del requisito del titolo idoneo a trasferire la
proprietà,
trattandosi di atto nullo per contrarietà a norme imperative
(cfr., in
senso contrario all'ammissibilità, Cass. 24.05.2013, n.
12996).
La questione è tuttavia sottratta all'esame di questa Corte
giacché,
come detto, non oggetto di gravame.
Ora, è evidente che la ravvisata usucapione in favore dei
terzi
acquirenti dell'area di parcheggio, a differenza di quanto
afferma la
sentenza della Corte di Roma, avrebbe effetto estintivo
anche del
vincolo pubblicistico di destinazione, in forza
dell'efficacia
retroattiva reale dell'usucapione stessa.
Quanto, viceversa, agli acquisti a titolo derivativo, opera
davvero il
principio per cui
il vincolo di destinazione impresso alle
aree
destinate a parcheggio, interne o circostanti ai fabbricati
di nuova
costruzione, di cui all'art. 41-sexies, legge n. 1150 del
1942, non
impedisce che il proprietario dell'area possa riservare a sé,
o
trasferire a terzi, il diritto di proprietà sull'intera
area, o su parti di
essa, fermo restando il succitato diritto d'uso da parte dei
proprietari
delle unità immobiliari site nel fabbricato (Cass. 24.11.2003,
n. 17882; Cass. 27.12.2011, n. 28950).
Tuttavia, nella vicenda oggetto di questo giudizio, perché
si possa
correttamente affermare la nullità ex art. 1418 c.c. di
quella parte dei
contratti di compravendita immobiliare nella quale al
trasferimento
della proprietà sulle singole porzioni dell'edificio non si
era
accompagnato anche quello della proprietà o, quanto meno,
del
diritto reale d'uso sulle pertinenziali porzioni dello
spazio riservato
al parcheggio degli edifici di Via ..., n. 685, Via ..., n. 16, e Via
..., n. 4, occorre
accertare:
1)
l'avvenuta riserva, al momento della realizzazione di tali
edifici,
all'interno degli atti d'obbligo intercorsi tra la società
costruttrice e
il Comune di Roma, se richiamati dagli atti di trasferimento
delle
singola unità immobiliari, e della concessione edilizia, di
una
determinata ed identificata area da destinare a parcheggio,
come
richiesto dalla Legge urbanistica;
2) il mancato successivo
trasferimento del medesimo spazio destinato a parcheggio nei
patti
d'obbligo e nella concessione, su altre aree comunque idonee
a tale
utilizzazione al momento del rilascio della nuova
concessione in
variante.
Solo, infatti, la determinazione di uno preciso spazio,
interno od
esterno agli edifici, idoneo ad essere utilizzato a scopo di
parcheggio, e la successiva stipulazione d'atti di
compravendita
delle singole porzioni immobiliari con espressa esclusione o
mancata menzione del contestuale trasferimento della
proprietà o
del diritto reale d'uso sulle pertinenziali porzioni del
detto spazio
riservato, consentono di pervenire alla dichiarazione di
nullità di
quegli atti.
Ove sia, diversamente,
accertato che, pur previsto negli
atti
d'obbligo e nella concessione edilizia, lo spazio da adibire
a parcheggio non sia stato affatto riservato a tal fine in
corso di
costruzione e sia stato impiegato, invece, per realizzarvi
manufatti
od opere d'altra natura (quali, nella specie, negozi) da
destinare a
diversa utilizzazione (ipotesi, cioè diversa, da quella in
cui allo
spazio realizzato conformemente al progetto sia stata
successivamente data una diversa destinazione in sede di
vendita),
non può dirsi nemmeno mai costituito il rapporto di pertinenzialità
ex lege voluto dalla legge urbanistica, sicché non
può ravvisarsi la
nullità parziale dei contratti di vendita aventi ad oggetto
quei diversi
manufatti, né farsi luogo a tutela ripristinatoria per
ottenere la
realizzazione ex novo dello spazio da destinare a parcheggio
non
riservato in corso d'edificazione, ammettendosi unicamente
una
tutela risarcitoria (Cass. 18.04.2003, n. 6329; Cass.
05.05.2009, n. 10341).
Secondo i principi generali di allocazione dell'onere
istruttorio,
spetta in ogni caso agli attori, i quali deducano la nullità
degli atti di
acquisto da parte di terzi di un'area di parcheggio
vincolata al diritto
d'uso ex art. 41-sexies Legge urbanistica, di provare che i
beni
oggetto di tali alienazioni siano compresi nell'ambito ben
delimitato
da tale norma (ovvero nell'apposito spazio riservato per
parcheggio
in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni venti
metri
cubi di costruzione, concretamente destinato a tal fine in
sede di
realizzazione del fabbricato), in quanto elemento
costitutivo del loro
asserito diritto, giacché ogni spazio ulteriore è
completamente
svincolato da detta disciplina e può, quindi, essere
liberamente
venduto, locato o costituire oggetto di altri negozi
giuridici (Cass. 23.01.2006, n. 1221). |
CONDOMINIO -
EDILIZIA PRIVATA: Il posto auto spetta solo se previsto nel progetto edilizio.
Contenzioso. I diritti di chi acquista.
Chi compra un appartamento in condominio ha diritto
all’area parcheggio solamente se questa esiste nella
struttura, altrimenti gli spetta un risarcimento.
La
sentenza
11.04.2016 n. 7065,
Sez. II civile della Corte di Cassazione, è intervenuta sul caso di
due fratelli, convenuti in giudizio da un terzo condòmino,
che affermava come –in una compravendita tra gli stessi–
essi avessero illegittimamente occupato tutta l’area
parcheggio condominiale.
I due proprietari chiamati in giudizio si difendevano
specificando come, in base alle leggi, all’acquisto di un
immobile in condominio un’area andasse destinata a
parcheggio esclusivo, a prescindere dalla sua preesistenza.
La Suprema Corte ha chiarito l’applicabilità al caso
concreto della legge 765/1967 che all’articolo 18 afferma che
«nelle nuove costruzioni e anche nelle aree di pertinenza
delle costruzioni stesse, debbono essere riservati appositi
spazi per parcheggi in misura non inferiore a un metro
quadrato per ogni 20 metri cubi di costruzione» e specifica
che l’eventuale contratto di compravendita di un immobile in
condominio sprovvisto dell’area parcheggio sarebbe stato
affetto da nullità parziale.
La disciplina dei parcheggi condominiali prevede svariati
oneri: in capo al venditore, quello di prevedere questa
pertinenza nel contratto di vendita (Cassazione, sentenza
5755/2004), per il costruttore del palazzo, invece, di
dotare il condominio di una serie di parcheggi di metratura
sufficiente a servire tutte le abitazioni (Cassazione,
sentenza 3961/2006) e –da ultimo– per la pubblica
amministrazione, di effettuare un controllo sui progetti di
costruzione degli stabili e verificare se essi hanno
predisposto parcheggi sufficienti a servire le costruende
unità immobiliari (Cassazione, sentenza 378/2010).
In conclusione, quindi, l’acquirente ha diritto a vedersi
riconosciuto il diritto all’area parcheggio, a condizione
però che essa esista, dato che, come specifica la Cassazione
«l’effettiva esistenza di uno spazio destinato a parcheggio
proporzionato alla cubatura totale dell’edificio nel
provvedimento abilitativo all’edificazione è condizione per
il riconoscimento giudiziale del diritto reale al suo uso da
parte degli acquirenti delle singole unità immobiliari del
fabbricato».
In caso, quindi, di mancanza dell’area non si potrà
domandare al giudice una tutela reale, ma solo risarcitoria
verso il proprio venditore, il costruttore dello stabile o –addirittura– verso la pubblica amministrazione in caso si
sia resa colpevole di un mancato controllo sui progetti e
abbia autorizzato la costruzione del palazzo condominiale
senza le aree parcheggio previste dalla legge (articolo Il Sole 24 Ore del
03.05.2016).
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MASSIMA
10. I primi due motivi, congiuntamente esaminati per la
loro connessione, si rivelano 'infondati'.
10.1. Quanto al primo rilievo dedotto, il motivo non attinge
la ratio decidendi
sottesa alla sentenza impugnata.
Invero, la corte d'appello salernitana, prendendo le mosse
dal tenore dell'atto di
compravendita intercorso tra La.Vi. ed El.Gi. (il quale
prevedeva, tra l'altro, che il trasferimento avesse altresì
ad oggetto, oltre
all'appartamento, "ogni accessorio, accessione, dipendenza,
pertinenza ... così come
pervenuto alla parte venditrice"), ha dato per assodato che
la quota parte dell'area
destinata a parcheggio trasferita dalla Immobiliare Fi.
alla El. fosse pari, a seguito dell'atto di rettifica
del 22.11.1972, a mq. 21,24 (anziché a mq. 52,14, come
concordato con l'atto notarile del 27.10.1972).
Tanto è vero
che, con riferimento
esclusiva a questa ridotta area, ha riconosciuto al La. il diritto reale d'uso sulla
quota parte di dimensioni di mq. 14,58 di pertinenza
dell'appartamento acquistato
con l'atto pubblico del 20.12.1990 (quale porzione del più
ampio box di mq. 21,24).
Da ciò consegue che non ricorrevano i presupposti affinché il
La. individuasse
nei contraenti del contratto di compravendita del 27.10.1972
i soggetti legittimati sul
piano passivo a soddisfare la sua pretesa.
In ogni caso, il Tribunale di Salerno, per come riportato
nello stesso ricorso, si era
limitato ad affermare che fu proprio l'atto di rettifica del
22.11.1972 ad aver
concretato un "atto contra legem", e che "la palese nullità
di esso andava dedotta ....
nei confronti di diversi soggetti, e comunque non solo della
El.Gi.". Si
trattava, pertanto, di affermazione resa "incidenter tantum"
e quindi sottratta
all'efficacia del giudicato, anche perché la necessità di
statuire con tale efficacia sul
punto avrebbe comportato l'esigenza di integrità del
contraddittorio, invece esclusa
dal Tribunale proprio in relazione all'oggetto della domanda
proposta.
D'altro canto, ed ancora, la preventiva declaratoria di
nullità dell'atto di rettifica del
22.11.1972 non è condizione indispensabile per
pervenire alla conseguente
invalidità della compravendita stipulata il 10.12.1990, oggetto di questa
causa.
Il vincolo di destinazione impresso agli spazi per
parcheggio dall'art. 41-sexies della legge 17.08.1942, n. 1150, secondo il testo
introdotto dall'art. 18
della legge 06.08.1967, n. 765, norma di per sé
imperativa, non può subire
deroghe mediante atti privati di disposizione degli stessi
spazi, le cui clausole
difformi sono perciò sostituite di diritto dalla medesima
norma imperativa.
Tale
vincolo si traduce in una limitazione legale della
proprietà, che può essere fatta
valere, con l'assolutezza tipica dei diritti reali, nei
confronti dei terzi che ne
contestino l'esistenza e l'efficacia. Pertanto in un
giudizio (qual è quello in esame),
intercorrente tra l'acquirente di un immobile che si assume
illegittimamente privato
del diritto all'uso dell'area pertinente a parcheggio ex
art. 18 della legge 06.08.1967, n. 765, ed un terzo che
abbia acquistato porzione di tale area, la nullità del
negozio stipulato da quest'ultimo, nella parte in cui sia
stata omessa tale
inderogabile destinazione, con conseguente integrazione "ope
legis", non deve
necessariamente correlarsi alla preventiva dichiarazione di
nullità dell'atto di
vendita intercorso con l'originario costruttore-venditore
(argomenta da Cass. 14.11.2000, n. 14731; Cass. 25.03.2004, n. n. 5755).
10.2. Con riferimento all'asserito giudicato formatosi sulla
statuizione del Tribunale
in virtù della quale comunque al La. sarebbe stato
trasferito il diritto di
usufruire del parcheggio nell'area comune condominiale (id
est, della quota
condominiale dell'area di parcheggio), va ricordato che il
giudicato non si estende
ad ogni proposizione contenuta in una sentenza con carattere
di semplice
affermazione incidentale, atteso che per aversi giudicato
implicito è necessario che
tra la questione decisa in modo espresso e quella che si
vuole tacitamente risolta
sussista un rapporto di dipendenza indissolubile, e dunque
che l'accertamento
contenuto nella motivazione della sentenza attenga a
questioni che ne costituiscono
necessaria premessa ovvero presupposto logico indefettibile
(Cass. 05.07.2013, n.
16824).
Nel caso di specie, anche a voler prescindere dal fatto che
lo stesso Tribunale di
Salerno ha espressamente (cfr. pag. 10 del ricorso) chiarito
che "per inciso"
formulava l'ulteriore considerazione secondo cui l'area di
parcheggio, all'origine,
era stata compresa tra i beni condominiali poi ceduti pro
quota al La. con
l'atto del 1994, è evidente che tra questa affermazione e la
questione assorbente che
aveva indotto il giudice di primo grado a rigettare la
domanda attorea (quella per cui
l'attore avrebbe dovuto semmai chiedere -nei confronti di
altri soggetti- la nullità
dell'atto di rettifica con il quale la sua dante causa aveva
accettato la riduzione della
quota ideale dell'area di parcheggio spettante ai due
appartamenti da lei
originariamente acquistati) non è configurabile alcun
rapporto di dipendenza
indissolubile.
L'affermazione del Tribunale di Salerno
"sinallagma contrattuale che
comunque, per inciso, non deve essere riequilibrato, in
quanto l'area di parcheggio, all'origine, fu compresa tra i
beni condominiali, che risultano ceduti pro quota al
La." appare enunciazione puramente incidentale, ovvero
considerazione priva
di relazione causale col deciso, e perciò sottratta
all'autorità del giudicato, la quale è
circoscritta oggettivamente in conformità alla funzione
della pronunzia giudiziale,
diretta a dirimere la lite nei limiti delle domande
proposte.
11. Il terzo ed il quarto motivo, anch'essi esaminati
congiuntamente per evidenti
ragioni di connessione, risultano, invece, fondati per
quanto di ragione.
Quanto al primo profilo, va rilevato che la corte d'appello
ha considerato che la
dante causa aveva legittimamente alienato al germano
l'intera area parcheggio in
precedenza acquistata, e per questa ragione ha dichiarato la
nullità, sia pure parziale,
della compravendita intercorsa tra i due germani.
Secondo la consolidata elaborazione di questa Corte, invero,
nel fabbricato
condominiale di nuova costruzione ed anche nelle relative
aree di pertinenza, ove il
godimento dello spazio per parcheggio -nella misura di un
metro quadrato per ogni
venti metri cubi di costruito, ai sensi della norma
imperativa ed inderogabile di cui
all'art. 41-sexies della legge n. 1150 del 1942, introdotto
dall'art.18 della legge n.
765 del 1967- non sia assicurato in favore del singolo
condomino, essendovi un
titolo contrattuale che attribuisca ad altri la proprietà
dello spazio stesso, si ha nullità
di tale contratto, nella parte in cui sia omessa tale
inderogabile destinazione, con
integrazione "ope legis" del contratto tramite
riconoscimento di un diritto reale di
uso di detto spazio in favore del condomino, nella misura
corrispondente ai
parametri della disciplina normativa applicabile per l'epoca
dell'edificazione (Cass.
24.11.2003, n. 17882; Cass. 27.12.2011, n.
28950).
Alla nullità del contratto di compravendita di unità
immobiliari, nella parte in cui
risulti sottratta (mediante riserva al venditore o
trasferimento a terzi) la superficie
destinata all'inderogabile funzione di parcheggio, consegue
l'integrazione della
convenzione negoziale "ope legis", con l'attribuzione, in
favore dell'acquirente
dell'unità immobiliare, del diritto reale d'uso di tale
area, e, in favore dell'alienante,
del corrispettivo ulteriore (da concordarsi tra le parti, o,
in difetto, da determinarsi dal giudice), così ripristinando
direttamente l'equilibrio del sinallagma contrattuale
(Cass. 18.04.2000, n. 4977).
Coerentemente con tale
impostazione, la corte di
merito ha dichiarato la nullità parziale dell'atto del
10.12.1990 nella parte relativa al
trasferimento "integrale" dell'area destinata a parcheggio
all'acquirente El.Li.
D'altra parte, la ricorrente evidenzia (cfr. pagg. da 7 a 9
del ricorso) che il Ctu
nominato dal Tribunale, le cui conclusioni venivano accolte
nella sentenza di primo
grado, avesse accertato che l'area da riservare a parcheggio
proporzionata alla
volumetria dei due appartamenti interno 10 e interno 11, in
origine acquistati da
Gi.El., doveva essere pari a mq. 34,80, mentre la
zona coperta da questa
ricevuta era pari soltanto a mq. 21,24, perciò mancando mq.
13,56 alla quota di
legge. Lo stesso perito aveva quindi stimato in mq. 10,90 il
diritto alla quota ideale
dell'area di parcheggio spettante ad El.Li., traendo
la conseguenza che,
almeno con riferimento ai residui mq. 10,34, El.Gi. avesse sottratto
l'area alla sua destinazione per quanto concerne l'altro
appartamento di cui si era
riservata la proprietà (e che poi ha ceduto al La.).
E' quindi incontroverso che l'area residua riconosciuta a
Giuliana Elefante con l'atto
di rettifica del 22.11.1972 (pari complessivamente a
mq. 21,24) non
garantisse a nessuno dei due appartamenti, poi da questa
alienati a diversi soggetti, i
parametri plano-volumetrici previsti dalla legge
urbanistica. Il controricorrente
ribadisce in questa sede come tale area di parcheggio, per
quanto insufficiente
rispetto ai criteri di legge, non fosse stata asservita in
quell'atto di rettifica all'uno o
all'altro degli appartamenti, e perciò ne pretende una
quota.
Ora, secondo consolidata interpretazione giurisprudenziale,
la norma dettata dall'art.
41-sexies della legge n. 1150 del 1942, si limita a
prescrivere, per i fabbricati di
nuova costruzione, una misura proporzionale alla cubatura
totale dell'edificio da
destinare obbligatoriamente a parcheggi, pari ad un metro
quadrato per ogni venti
metri cubi di costruito, secondo i parametri applicabili per
l'epoca dell'edificazione.
Per la concreta attuazione, invece, della costituzione del
diritto reale di uso per parcheggio, soltanto in assenza di
relativa previsione nell'atto concessorio, o nel
regolamento condominiale, o negli atti di acquisto dei
singoli appartamenti, è
consentito chiedere al giudice tale identificazione (Cass.
11.08.1997, n. 7474).
Ai fini del rispetto del vincolo di destinazione impresso
agli spazi per parcheggio
dall'art. 41-sexies citato, infatti, il rapporto tra la
superficie delle aree destinate a
parcheggio e la volumetria del fabbricato, così come
richiesto dalla legge, va effettivamente verificato a monte
dalla P.A. nel rilascio della concessione edilizia
(cfr. Cass. 30.07.1999, n. 6894; Cass. 14.11.2000,
n. 14731; Cass. 05.05.2003, n. 6751; Cass. 13.01.2010, n. 378).
Sempre questa Corte ha affermato come gli spazi che debbono
essere riservati a
parcheggio ex art. 41-sexies possono essere ubicati
indifferentemente nelle nuove
costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle stesse,
trattandosi di modalità
entrambe idonee a soddisfare l'esigenza, costituente la "ratio"
della norma, di
deflazione della domanda di spazi per parcheggio nelle aree
destinate alla pubblica
circolazione, non essendo, peraltro, consentito al giudice
di sindacare le scelte
compiute in proposito dalla P.A. (Cass. 22.02.2006, n.
3961).
Ed allora, nella vicenda oggetto di questo giudizio, perché
si possa correttamente
affermare la nullità parziale ex art. 1418 c.c. dell'atto
pubblico del 10.12.1990, come
affermato dalla Corte d'Appello di Salerno, riconoscendo al La. il diritto reale
d'uso sull'area di parcheggio occorre accertare l'avvenuta
riserva, al momento della
realizzazione dell'edificio di via ..., n. 21, di
Salerno, all'interno della
concessione edilizia, di una sufficiente ed individuata area
da destinare a
parcheggio, come richiesto dalla Legge urbanistica.
Solo,
infatti, la determinazione
di uno preciso spazio, interno od esterno all'edificio,
idoneo ad essere utilizzato a
scopo di parcheggio, e la successiva stipulazione di un atto
di compravendita della
singola porzione immobiliare con espressa esclusione o
mancata menzione del
contestuale trasferimento della proprietà o del diritto
reale d'uso sulle pertinenziali
porzioni del detto spazio riservato, consentono di pervenire
alla dichiarazione di
nullità di quell'atto.
Ove sia, diversamente, accertato che,
pur previsto nella concessione edilizia, lo spazio
sufficiente da adibire a parcheggio secondo le
proporzioni di legge, non fosse stato affatto riservato in
corso di costruzione o fosse
stato impiegato, invece, per realizzarvi opere d'altra
natura da destinare a diversa
utilizzazione (ipotesi, cioè diversa, da quella in cui allo
spazio realizzato
conformemente al progetto fosse stata successivamente data
una diversa
destinazione in sede di vendita), non può dirsi nemmeno mai
costituito il rapporto di
pertinenzialità ex lege voluto dalla legge urbanistica,
sicché non può ravvisarsi la
nullità parziale dei contratti di vendita aventi ad oggetto
quello spazio, né farsi luogo
a tutela ripristinatoria per ottenere la realizzazione ex
novo dello spazio da destinare
a parcheggio non riservato in corso d'edificazione,
ammettendosi unicamente una
tutela risarcitoria.
In sostanza, l'effettiva esistenza di
uno spazio destinato a
parcheggio proporzionato alla cubatura totale dell'edificio
nel provvedimento
abilitativo all'edificazione è condizione per il
riconoscimento giudiziale del diritto
reale al suo uso da parte degli acquirenti delle singole
unità immobiliari del
fabbricato (Cass. 18.04.2003, n. 6329; Cass. 22.02.2006, n. 3961; Cass.
07.05.2008, n. 11202; Cass. 11.02.2009, n. 3393;
Cass. 05.05.2009, n.
10341; Cass. 08.08.2014, n. 17813).
Non è corretto, quindi, riconoscere un diritto reale di uso
in favore del La. in
una misura comunque non corrispondente ai parametri di cui
all'art. 41-sexies della
legge n. 1150 del 1942, in modo soltanto da condividere i
disagi dell'insufficienza
dell'area di parcheggio con Li.El., altro subacquirente di Gi.El., in
quanto l'integrazione "ope legis" del contratto di acquisto
del ricorrente non può che
avvenire, sussistendone le specificate condizioni di fatto,
nella proporzione
aritmetica stabilita dalla citata norma imperativa ed
inderogabile.
Né nella
motivazione della corte d'appello risulta esplicitato se il
diritto reale d'uso in favore
di Lauriello Vincenzo sul sufficiente spazio destinato a
parcheggio potesse trovare
pieno esercizio sulle aree esterne al fabbricato comunque
idonee a garantire la
prescrizione normativa della legge urbanistica.
Secondo i principi generali di allocazione dell'onere
istruttorio, spetta in ogni caso all'attore, il quale deduca
la nullità dell'atto di acquisto da parte di terzi di
un'area di
parcheggio vincolata al diritto d'uso ex art. 41-sexies
Legge urbanistica, di provare
che il bene oggetto di tale alienazione sia compreso
nell'ambito ben delimitato da
tale norma (ovvero nell'apposito spazio riservato per
parcheggio in misura non
inferiore ad un metro quadrato per ogni venti metri cubi di
costruzione,
concretamente destinato a tal fine in sede di realizzazione
del fabbricato), in quanto
elemento costitutivo del suo asserito diritto (Cass.
23.01.2006, n. 1221). |
CONDOMINIO -
EDILIZIA PRIVATA: Aree
vincolate a parcheggio, chiarimenti sul calcolo delle
superfici. Cassazione: misura non inferiore ad un metro
quadrato per ogni dieci metri cubi di costruzione.
Dal vincolo di destinazione degli spazi
a parcheggio sorge un automatico diritto reale d'uso in capo
all'acquirente delle unità immobiliari interne all'edificio,
restando nulla ogni clausola contraria.
Lo ha confermato la Corte di Cassazione, Sez. II civile, con
la
sentenza 04.02.2016 n. 2236.
La suprema Corte ricorda che il vincolo di destinazione è
inderogabile, ma opera in favore della indifferenziata
comunità dei condòmini, tanto che, se per l'attuazione di
esso è necessario identificare la superficie da assoggettare
all'uso normativamente previsto, secondo le misure ("non
inferiore ad un metro quadrato per ogni metro cubo di
costruzione") dalla stessa norma stabilite, il
condominio, in assenza di relativa previsione o nell'atto
concessorio, o nel regolamento condominiale, o negli atti d
acquisto dei singoli appartamenti, deve chiedere al giudice
tale identificazione, e pertanto non può ex se, con
delibera, costituire il vincolo pubblicistico di
destinazione predetta, scegliendo l'ubicazione degli
appositi spazi su più ampia area del costruttore-venditore.
Peraltro, qualora ad attivarsi non sia il condominio o un
gruppo di condòmini, anche un singolo condòmino può farlo.
UN METRO QUADRATO PER OGNI DIECI METRI CUBI
DI COSTRUZIONE. La
Cassazione rammenta inoltre che la legge urbanistica -art.
41-sexies Legge 1150/1942- conteneva all'epoca la previsione
in base alla quale "nelle nuove costruzioni ed anche
nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse, debbono
essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non
inferiore ad un metro quadrato per ogni venti
(successivamente ex art. 2 l. n. 122 del 1989: dieci) metri
cubi di costruzione".
La Corte di legittimità precisa che la nozione di
costruzione, che è diversa da quella di volume o volumetria,
suscettibile di margini di opinabilità, implica
indefettibilmente il riferimento anche ai muri esterni,
giacché non può concepirsi costruzione senza i muri
perimetrali che la delimitano (commento tratto da
www.casaeclima.com).
---------------
2) Con i primi due motivi di ricorso viene denunciata
violazione e falsa applicazione degli artt. 18 L. 765/1967
(cd L. ponte), 26 L. 47/1985 e art. 818 cc e dell'art. 12
della legge 246/2005.
Parte ricorrente realisticamente ammette che la Corte di
appello ha applicato un orientamento della giurisprudenza di
legittimità secondo cui dal vincolo di
destinazione degli spazi a parcheggio sorge un automatico
diritto reale d'uso in capo all'acquirente delle unità
immobiliari interne all'edificio, restando nulla ogni
clausola contraria.
In forza di tali principi (riassunti da Cass. 23845/2013; v.
poi esemplificativamente 4733/2015) il
vincolo di destinazione è inderogabile, ma opera in favore
della indifferenziata comunità dei condòmini, tanto che,
come è noto, se per l'attuazione di esso è necessario
identificare la superficie da assoggettare all'uso
normativamente previsto, secondo le misure ("non
inferiore ad un metro quadrato per ogni metro cubo di
costruzione") dalla stessa norma stabilite, il
condominio, in assenza di relativa previsione o nell'atto
concessorio, o nel regolamento condominiale, o negli atti d
acquisto dei singoli appartamenti, deve chiedere al giudice
tale identificazione, e pertanto non può, ex se, con
delibera, costituire il vincolo pubblicistico di
destinazione predetta, scegliendo l'ubicazione degli
appositi spazi su più ampia area del costruttore-venditore
(Cass. 7474/1997).
Peraltro, qualora ad attivarsi non sia il condominio o un
gruppo di condòmini, anche un singolo condòmino può farlo.
2.1) Parte ricorrente, dopo un'ampia ricostruzione, chiede
alla Corte di Cassazione (cfr. pag. 23 in principio) il
mutamento dell'orientamento consolidatosi e attacca la
sentenza sulla base di due preminenti considerazioni:
a) la circostanza che dal regime creato in giurisprudenza,
che può portare alla proprietà comune dell'area (v Cass.
730/2008, ma non è questo il caso), potrebbe derivare un
utilizzo, da parte dei condòmini, in violazione della norma
imperativa, perché essi potrebbero decidere di vendere o
dare in locazione a terzi i posti auto; ovvero un
paradossale non utilizzo, qualora essi, privi di autovetture
lasciassero liberi gli spazi.
b) il contrasto tra il principio della destinazione ad area
di parcheggio indifferenziata e la parte della sentenza in
cui "accerta il diritto d'uso della sig. Ri., sull'area
di parcheggio di 74,88 mq individuata quale integrazione di
quella già destinata allo scopo rispetto ai parametri
normativi".
2.2) La Corte reputa che non vi siano
ragioni per discostarsi dall'orientamento giurisprudenziale
dominante e osserva che gli inconvenienti ipotizzati in
ricorso non siano plausibile chiave per modificare
l'interpretazione da tempo data alla materia.
Il legislatore ha inteso attribuire alla
comunità condominiale la disponibilità di una superficie a
parcheggio stabilita sulla base di una principio di
rilevazione della realtà sociale che non è certo smentito
dall'evoluzione di questi decenni di applicazione della
Legge Ponte, giacché corrisponde a comune esperienza che
quel rapporto volumi/superficie conduce semmai a
insoddisfacente risposta alle esigenze condominiali. Queste
ultime, inoltre, sono quanto mai mutevoli dal punto di vista
soggettivo, cosicché non si può far dipendere da circostanze
casuali il senso del dictum legislativo.
Va escluso inoltre che la sentenza impugnata si sia posta in
contrasto con i principi generali cui si è fatto
riferimento. Ancorché sia vero che al punto 3) del
dispositivo si dica che viene "assegnata in uso" a
Ri.Vi. l'area per parcheggio vetture di 74,88 mq da
staccarsi dalla maggior proprietà del piano cantinato di
Se.Fi., tale disposizione va letta unitamente alla
motivazione e avendo riguardo alla domanda iniziale e al
senso complessivo dei termini usati.
Ora, se si considera:
- che l'attrice chiese (sentenza pag. 5) la "restituzione
a parcheggio condominiale delle aree descritte" e quindi
non un attribuzione in proprietà o in uso personale;
- che la motivazione della sentenza di appello ha
chiaramente parlato di area da restituire alla "sua
destinazione di parcheggio condominiale, con vincolo reale";
- che essa ha stabilito la facoltà del convenuto di
scegliere la porzione di mq 74,88 che avrà la funzione di
assicurare l'effettività della destinazione «a uso di
parcheggio»>;
- che la giurisprudenza di questa Corte (Cass. 1214/2012) ha
già avuto modo di riconoscere che ove l'azione per il
riconoscimento del diritto reale d'uso sia stata proposta da
uno solo dei condomini, il giudice di merito può addirittura
individuare un preciso spazio fisico per la sosta dei
veicoli di proprietà del condòmino istante, senza che di
tale decisione possa dolersi il costruttore del complesso
immobiliare;
- che tutto il giudizio è stato istruito non in vista
esclusiva della realizzazione del diritto del singolo, ma
del rispetto della complessiva proporzione tra volume
edificato e area destinata,
se ne desume che la sentenza di appello abbia solo inteso
riconoscere il diritto condominiale e pronunciato in
dispositivo in favore della istante, solo quale parte che ha
agito per far valere un diritto proprio ma che vanta quale
condòmina, il cui accertamento ridonda a beneficio di tutto
il condominio; grazie al richiamo contenuto in sentenza il
diritto riconosciuto può inoltre essere fatto valere anche
esecutivamente dalla stessa parte attrice direttamente.
Non vi è quindi alcuna contraddizione tra quanto accertato
sulla base della normativa vigente (che regola diritti sorti
all'epoca) e quanto stabilito in dispositivo.
3) Il secondo motivo, come si è accennato, sollecita una
rivisitazione della interpretazione consolidata, nella parte
in cui non adopera l'art. 12 della L. 246/2005, che ha
liberalizzato (secondo parte istante in modo "assoluto")
la commerciabilità degli spazi di parcheggio.
Orbene, è vero che la disposizione di cui
all'art. 12, nono comma, della legge n. 246 del 2005 ha
modificato l'art. 41-sexies della legge n. 1150 del 1942
inserendo un secondo comma all'art. 41-sexies e stabilendo
che gli spazi per parcheggio possono essere trasferiti in
modo autonomo rispetto alle altre unità immobiliari.
Tuttavia rimane insuperabile la lettura datane da Cass.
4264/2006, a mente della quale la nuova norma trova
applicazione soltanto per il futuro, vale a dire per le sole
costruzioni non realizzate o per quelle per le quali, al
momento della sua entrata in vigore, non erano ancora state
stipulate le vendite delle singole unità immobiliari. <<L'efficacia
retroattiva della norma va infatti esclusa, in quanto, da un
lato, non ha natura interpretativa, per mancanza del
presupposto necessario a tal fine, costituito dalla
incertezza applicativa della disciplina anteriore, e,
dall'altro, perché le leggi che modificano il modo di
acquisto dei diritti reali o il contenuto degli stessi non
incidono sulle situazioni maturate prima della loro entrata
in vigore>>.
Nonostante siano trascorsi circa dieci anni da tale lettura,
il legislatore non è intervenuto per modificarla, restando
così rafforzate le rationes decidendi.
4) Il terzo motivo lamenta violazione e falsa applicazione
artt. 978 e 979 c.c. e art. 1026 cc.
La censura contesta la ricostruzione giurisprudenziale del
diritto reale d'uso sulle aree di parcheggio e chiede che
esso sia legato alla vita dell'usufruttuario, restando
altrimenti privo di durata e tale da espropriare il
proprietario costruttore, la proprietà del quale sarebbe
compromessa, in violazione della disciplina costituzionale.
La censura non merita soverchia considerazione, sol che si
consideri che il riconoscimento al
condòmino del diritto reale d'uso costituisce reazione
dell'ordinamento a una scelta, in parte illegittima, del
proprietario costruttore. Questi avrebbe dovuto alienare
l'area di parcheggio insieme alle unità abitative: avendo
voluto riservarsi la proprietà si è volontariamente esposto
alla limitazione posta a suo carico dalla legge urbanistica,
che, nella specie, è stato necessario imporgli per via
giudiziaria.
5) Il quarto motivo denuncia violazione e falsa applicazione
dell'art. 18 L. 765/1967, art. 26 L. 47/1985 e art. 818 c.c.
- errata determinazione del calcolo dello spazio di
parcheggio ex art. 18.
Parte ricorrente sostiene che la sentenza erroneamente non
ha conteggiato i 32 mq di garage venduti ai signori Ca.-Ca.
e i 49 mq di altro garage rimasto al ricorrente e poi
trasferito a terzi unitamente agli uffici.
Si duole del fatto che la sentenza abbia ritenuto necessario
che gli spazi di parcheggio siano vincolati all'uso diretto
e indifferenziato degli occupanti l'edificio.
Afferma che in tal modo si nega la possibilità di trasferire
con i singoli atti i posti auto agli acquirenti degli
appartamenti, eventualità da ritenere legittima, con
possibilità di libera rivendita.
Il quinto motivo (violazione e falsa applicazione art. 18 L.
765/1967, art. 26 L. 47/1985 e art. 818 cc e vizi di
motivazione) verte sullo stesso punto attaccato nel
precedente e torna a lamentare la contraddizione che sarebbe
insita nell'avere affermato l'uso indifferenziato sulle aree
a parcheggio e nell'avere poi assegnato alla Ricupero i
74,88 mq mancanti (profilo b). In ogni caso vi sarebbe
contraddizione tra detta assegnazione individuale e il non
avere considerato i metri quadrati di area che il
proprietario aveva assegnato a sé e ai Ca.Ca..
Le due doglianze sono destituite di fondamento, in
considerazione di quanto già spiegato sub 2.2).
Invano parte ricorrente fa leva sulla fraseologia usata nel
dispositivo della sentenza. Essa non ha trasferito la
titolarità della proprietà alla Ri. personalmente, come ha
invece fatto il Fi. nel vendere a terzi le due aree che
vorrebbe conteggiare; ha solo riconosciuto l'estendersi del
diritto indifferenziato dei condomini sull'area che era
stata esclusa e ha (con la imprecisa formula "assegna in
uso") riconosciuto all'attrice il potere di far valere
su detta area (che peraltro secondo la Corte d'appello potrà
essere scelta dal convenuto ricorrente) la destinazione a
parcheggio condominiale che era stata chiesta e che è stata
chiaramente sancita in motivazione.
E' implicito nella giurisprudenza
confermata, e invano criticata, che il costruttore non può
far conteggiare nell'area vincolata i parcheggi che
costruisce e aliena liberamente, senza riguardo al vincolo.
Tale regime di libera vendita è compatibile con le
costruzioni post 1967, ma solo quanto alle aree di
parcheggio eccedenti il limite delle aree da sottoporre al
vincolo legale, le quali per essere riconosciute devono
essere identificabili dai singoli atti di vendita.
Per la superficie vincolata ex lege
765/1967 il proprietario, che voglia riservarsi la proprietà
o cederla a terzi
(v. Cass. 11261/2003), deve comunque
salvaguardare con tali atti che sia rispettata la
destinazione di legge, che riserva stabilmente
(come sottolinea la sentenza, pag. 31) i
relativi spazi all'uso delle persone che stabilmente abitano
le singole unità immobiliari del fabbricato,
limite che nel ricorso il Fi. non dichiara e documenta di
aver posto, nei sensi di cui si è prima discusso, ai terzi
da lui aventi causa.
La violazione del vincolo è implicita nella
sua scelta di dividere l'area vincolata più vasta da queste
piccole aree riservate e nel suo intendimento di considerare
queste aree liberamente rivendibili dagli acquirenti.
6) Il sesto motivo denuncia violazione e falsa applicazione
dell'art. 18 L. 765/1967 e dell'art. 9 circolare LLPP n.
3210/1967 nonché vizi di motivazione.
Viene qui riproposta la questione relativa al calcolo della
superficie da destinare a parcheggio e quindi della
correlata cubatura al netto o al lordo dei muri perimetrali
dell'edificio.
Parte ricorrente reputa, citando la circolare ministeriale,
che la cubatura debba essere computata detraendo i muri
perimetrali esterni.
La censura è infondata.
Il testo normativo, che prevale sulle
letture che possono aver fornito datate circolari, anteriori
alla vita dell'istituto e alla sua elaborazione nel mondo
giuridico, depone nel senso voluto dalla sentenza impugnata.
La legge urbanistica (art. 41-sexies Legge 1150/1942)
conteneva all'epoca la previsione in base alla quale "nelle
nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle
costruzioni stesse, debbono essere riservati appositi spazi
per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato
per ogni venti (successivamente ex art. 2 l. n. 122 del
1989: dieci) metri cubi di costruzione".
La nozione di costruzione, che è diversa da quella di volume
o volumetria, suscettibile di margini di opinabilità,
implica indefettibilmente il riferimento anche ai muri
esterni, giacché non può concepirsi costruzione senza i muri
perimetrali che la delimitano.
La doglianza va quindi respinta.
6.1) Il motivo presenta un altro profilo, concernente la
mancata considerazione, nella superficie a suo tempo
effettivamente vincolata, degli spazi (un'area di 33,22 mq,
ricorso pag. 39) «occupati da "muro di confine",
"marciapiede e gabbia cancello" e "gradini interno cortile"»,
manufatti considerati dalla Corte di appello quali "ostacoli
fissi".
Secondo il ricorrente trattasi invece di spazi funzionali al
parcheggio e come tali da conteggiare.
La questione è posta anche nel settimo motivo, in cui si
deduce che questi ostacoli fissi erano descritti in progetto
ed erano ormai goduti dai condòmini.
Anche questa doglianza merita il rigetto.
Con apprezzamento di merito incensurabile in sede di
legittimità, la Corte di appello ha ritenuto che i manufatti
non fossero da includere nel computo del parcheggio e che
l'area da essi occupata fosse "superficie effettivamente
non disponibile". Invano il ricorso invoca il diverso
parere del consulente sulla loro funzionalità e la
inclusione dei manufatti nel progetto approvato: la
descrizione dei manufatti conforta l'opinione della Corte,
facendola apparire congrua e logica, dunque, si ripete, non
sindacabile dal giudice di legittimità
(Corte di Cassazione, Sez. II civile,
sentenza 04.02.2016 n. 2236). |
anno 2015 |
|
EDILIZIA PRIVATA:
In Lombardia, i box sono sempre e comunque gratuiti a
prescindere se superino -o meno- il rapporto di
legge di 1 mq/10 mc.. E la relativa snr non concorre
alla determinazione della classe dell'edificio.
Circa la gratuità del permesso
di costruire nella parte relativa alle autorimesse,
questo TAR si è già pronunciato più volte in senso
affermativo.
L’art. 69, comma 1, della LR 12/2005 attribuisce la
massima estensione al principio della gratuità,
riferendolo espressamente a tutte le tipologie di
parcheggi (“pertinenziali e non pertinenziali,
realizzati anche in eccedenza rispetto alla quota
minima richiesta per legge”).
Non è quindi possibile limitare il beneficio alle
costruzioni esistenti, o ai parcheggi privati
disciplinati da convenzioni urbanistiche o
rientranti nel programma urbano dei parcheggi. La
disciplina di favore è chiarita e completata dal
comma 2 dell’art. 69, il quale espressamente
stabilisce che “[a]i fini del calcolo del costo di
costruzione, le superfici destinate a parcheggi non
concorrono alla definizione della classe
dell'edificio”.
---------------
Non si ritiene di sollevare la questione di
legittimità costituzionale dell’art. 69 della LR
12/2005, proposta dal Comune in relazione
all’asserito superamento dei limiti della competenza
legislativa regionale.
In realtà, la realizzazione di parcheggi privati
corrisponde a esigenze di interesse pubblico (minore
ingombro degli spazi della viabilità, minori spese
per parcheggi comunali) che possono presentarsi in
forma differenziata sul territorio nazionale, ferma
restando la necessità di una soglia minima omogenea.
Non è dunque irragionevole o disfunzionale che le
normative regionali siano a loro volta
differenziate, e incentivino in grado maggiore o
minore la realizzazione dei parcheggi privati,
tenendo conto delle particolarità locali.
Del resto, la disposizione generale dell’art. 16 del
DPR 380/2001 rinvia ai parametri stabiliti dalle
regioni sia per gli oneri di urbanizzazione (comma
4) sia per il costo di costruzione (comma 9), ovvero
le due voci in relazione alle quali viene
determinato il contributo di costruzione. Vi sono
quindi margini a disposizione del legislatore
regionale per ottenere, attraverso la leva del costo
delle edificazioni, risultati di interesse pubblico
individuati e definiti su scala locale.
---------------
Nel caso in esame, l’art. 69 della LR 12/2005 non è
stato rispettato, e pertanto il calcolo del
contributo di costruzione dovrà essere rinnovato
escludendo i parcheggi, sia direttamente sia in
relazione alla classe dell’edificio.
---------------
1. Il
Comune di Arcene ha rilasciato alla società
ricorrente E.A.srl il permesso di costruire n. 4 del
14.04.2011, autorizzando la realizzazione di 3
edifici per un totale di 42 appartamenti nel PL “La
Fornace”. Il contributo di costruzione (€
197.535,97) è stato calcolato tenendo conto anche
della superficie destinata ad autorimesse e aree di
manovra (1.870,63 mq).
2. La ricorrente ha versato € 49.384 al momento del
rilascio del titolo edilizio, e ha ottenuto la
rateizzazione del resto (v. provvedimento del
responsabile dell’Ufficio Tecnico del 22.03.2011),
con applicazione degli interessi legali, come
previsto dalla deliberazione giuntale n. 20 del
09.03.2011.
La restituzione doveva avvenire in dieci rate,
ciascuna di importo pari a € 15.324, da
corrispondere a intervalli trimestrali tra il
22.07.2011 e il 22.10.2013.
A garanzia della restituzione la ricorrente ha
presentato una polizza fideiussoria emessa da
Atradius Credit Insurance NV per un valore pari a €
192.598.
3. La ricorrente ha versato per intero le prime
quattro rate, ma senza rispettare, per la quarta, la
scadenza prevista. Dopo il 13.06.2012 (data di
pagamento della quarta rata) la ricorrente ha
effettuato altri versamenti parziali, e ha quindi
interrotto ogni pagamento.
Secondo la ricorrente, il contributo di costruzione,
ricalcolato escludendo la superficie destinata ad
autorimesse e non computando la suddetta superficie
ai fini dell’individuazione della classe degli
edifici, sarebbe pari a € 97.949,90. Una volta
computati gli interessi per la rateizzazione,
l’importo definitivo risulterebbe pari a €
98.394,35.
Questa somma era già stata interamente corrisposta
alla data del 13.06.2012. Rispetto all’importo
dovuto, la ricorrente avrebbe versato un esubero
pari a € 48.257,65.
4. A questo si aggiunge l’escussione parziale della
fideiussione, per un importo pari a € 34.568,10,
effettuata il 17.12.2013.
5. Più recentemente, il Comune con provvedimento del
responsabile dell’Ufficio Tecnico del 19.05.2014 ha
comunicato una nuova escussione parziale della
fideiussione per un importo pari a € 22.475,20.
6. Contro il suddetto provvedimento e contro gli
atti presupposti (tra cui la deliberazione giuntale
n. 20/2011) la ricorrente ha presentato impugnazione
con atto notificato il 23.06.2014 e depositato il
30.06.2014. Le censure possono essere sintetizzate
come segue:
(i) violazione dell’art. 69 della LR 11.03.2005 n.
12, che prevede il regime di gratuità integrale per
i parcheggi pertinenziali e non pertinenziali, ed
esclude le relative superfici dalla definizione
della classe dell'edificio;
(ii) violazione dell’art. 16, comma 3, del DPR
06.06.2001 n. 380, nonché irragionevolezza, con
riferimento alle disposizioni della deliberazione
giuntale n. 20/2011, che ammettono la rateizzazione
solo per importi superiori a € 100.000 e prevedono
che il contributo di costruzione residuo venga
rideterminato qualora il costo di costruzione
subisca degli incrementi;
(iii) mancanza dei presupposti per applicare le
sanzioni da ritardo, in quanto l’intero importo del
contributo di costruzione sarebbe stato versato
ancora in data 13.06.2012. Viene inoltre chiesta una
pronuncia che accerti il contributo di costruzione
nell’importo di € 97.949,90, con la conseguente
condanna alla restituzione della somma versata o
escussa in eccedenza (€ 82.825,75), aumentata di
interessi, rivalutazione e maggior danno.
7. Il Comune si è costituito in giudizio chiedendo
la reiezione del ricorso.
8. Sulle questioni rilevanti ai fini della decisione
si possono svolgere le seguenti considerazioni.
...
Sulla gratuita dei parcheggi
14. Circa la gratuità del permesso di costruire
nella parte relativa alle autorimesse, questo TAR si
è già pronunciato più volte in senso affermativo (v.
sentenze n. 1709 del 29.09.2009, e n. 508 del
24.05.2013).
L’art. 69, comma 1, della LR 12/2005 attribuisce la
massima estensione al principio della gratuità,
riferendolo espressamente a tutte le tipologie di
parcheggi (“pertinenziali e non pertinenziali,
realizzati anche in eccedenza rispetto alla quota
minima richiesta per legge”).
Non è quindi possibile limitare il beneficio alle
costruzioni esistenti, o ai parcheggi privati
disciplinati da convenzioni urbanistiche o
rientranti nel programma urbano dei parcheggi. La
disciplina di favore è chiarita e completata dal
comma 2 dell’art. 69, il quale espressamente
stabilisce che “[a]i fini del calcolo del costo
di costruzione, le superfici destinate a parcheggi
non concorrono alla definizione della classe
dell'edificio”.
15. Non si ritiene di sollevare la questione di
legittimità costituzionale dell’art. 69 della LR
12/2005, proposta dal Comune in relazione
all’asserito superamento dei limiti della competenza
legislativa regionale.
In realtà, la realizzazione di parcheggi privati
corrisponde a esigenze di interesse pubblico (minore
ingombro degli spazi della viabilità, minori spese
per parcheggi comunali) che possono presentarsi in
forma differenziata sul territorio nazionale, ferma
restando la necessità di una soglia minima omogenea.
Non è dunque irragionevole o disfunzionale che le
normative regionali siano a loro volta
differenziate, e incentivino in grado maggiore o
minore la realizzazione dei parcheggi privati,
tenendo conto delle particolarità locali.
Del resto, la disposizione generale dell’art. 16 del
DPR 380/2001 rinvia ai parametri stabiliti dalle
regioni sia per gli oneri di urbanizzazione (comma
4) sia per il costo di costruzione (comma 9), ovvero
le due voci in relazione alle quali viene
determinato il contributo di costruzione. Vi sono
quindi margini a disposizione del legislatore
regionale per ottenere, attraverso la leva del costo
delle edificazioni, risultati di interesse pubblico
individuati e definiti su scala locale.
16. Nel caso in esame, l’art. 69 della LR 12/2005
non è stato rispettato, e pertanto il calcolo del
contributo di costruzione dovrà essere rinnovato
escludendo i parcheggi, sia direttamente sia in
relazione alla classe dell’edificio.
17. Poiché nelle memorie difensive si fa riferimento
a una variante progettuale chiesta dalla ricorrente,
che trasformerebbe una parte delle autorimesse in
superficie con diversa destinazione, è ora
necessario risolvere tale questione con precedenza
su tutte le altre.
A tutela delle finanze pubbliche, il Comune può
infatti legittimamente rinviare il nuovo calcolo (e
la restituzione di quanto incamerato in eccedenza)
in attesa che diventi definitivo il dato sulla
superficie dei parcheggi. Il bilanciamento di tale
posizione di vantaggio è costituito dall’obbligo di
decidere sulla richiesta di variante in un termine
breve
(TAR Lombardia-Brescia, Sez. I,
sentenza 31.08.2015 n. 1133 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: La
normativa in tema di parcheggi costituisce un corpus di
regole speciali (art. 41-sexies della legge n. 1150/1942;
d.m. 1444/1968; art. 18 legge n. 765/1989; legge n.
122/1989) connotate da un evidente regime di favor,
strettamente connesse e funzionali per le amministrazioni
locali all’obiettivo di garantire ed assicurare alla
collettività un adeguato livello di standards
quali-quantitativi nell’ambito della predisposizione del
complesso sistema delle infrastrutture e dei servizi ai
cittadini.
---------------
Per tutti gli spazi a parcheggio, quale che sia la sorte del
vincolo pertinenziale di stampo privatistico rispetto alle
costruzioni servite, deve ritenersi indiscutibile la
permanenza e la inderogabilità del vincolo pubblicistico di
destinazione, quale connotazione necessaria dell'essere
quegli spazi funzionali al perseguimento di primarie
esigenze della collettività, legate alla stessa vivibilità
degli spazi urbani.
Ne consegue che in nessun caso potrebbe essere consentito il
cambio di destinazione d'uso in relazione agli immobili
predetti, dato che sarebbe contro ogni logica che il diverso
uso individuale possa prevalere sulla destinazione a
parcheggio che partecipa dei suddetti caratteri di rilevanza
pubblica.
Tale destinazione deve pertanto orientare, a guisa di vero e
proprio vincolo, l'azione della pubblica amministrazione dal
momento che consentire, per il tramite dell'autorizzazione
al cambio di destinazione d'uso, la sottrazione di spazi
destinati a garage realizzati grazie al meccanismo
derogatorio di legge dianzi brevemente descritto,
equivarrebbe certamente ad infrangere un vincolo di
inedificabilità.
3. La ricostruzione attorea non convince essendo basata su
un’erronea interpretazione della normativa in tema di
parcheggi che costituisce un corpus di regole speciali (art. 41-sexies della legge n. 1150/1942; d.m. 1444/1968;
art. 18 legge n. 765/1989; legge n. 122/1989) connotate da un
evidente regime di favor, strettamente connesse e funzionali
per le amministrazioni locali all’obiettivo di garantire ed
assicurare alla collettività un adeguato livello di standards quali-quantitativi nell’ambito della
predisposizione del complesso sistema delle infrastrutture e
dei servizi ai cittadini.
Tanto premesso la circostanza secondo cui il permesso di
costruire n. 15/2002 rilasciato per la costruzione delle due
autorimesse in questione sarebbe stato emesso a titolo
oneroso, e non avrebbe natura pertinenziale, non equivale a
ritenere per ciò solo sottratto il titolo edilizio al regime
di favor della normativa di settore predetto.
Ed infatti anche per i parcheggi non pertinenziali da
realizzarsi in aree libere nel sottosuolo o al pian terreno
di fabbricati l’art. 6, comma 2, della legge regionale
Campania n. 19/2001 prevede la possibilità di realizzarli “in
deroga” agli strumenti urbanistici vigenti.
Né alcun rilievo può attribuirsi alla circostanza secondo
cui il permesso di costruire sarebbe stato rilasciato “a
titolo oneroso” e non a titolo gratuito, dal momento che la
gratuità presuppone, innanzitutto, che si tratti di
autorimesse e parcheggi, realizzate in locali preesistenti o
totalmente al di sotto del piano di campagna naturale,
mentre nella specie le autorimesse sono state realizzate “ex
novo” ed il complesso immobiliare autorizzato non è
completamente interrato poiché con il permesso di costruire
n. 15 cit. oltre la costruzione delle due autorimesse è
stata altresì assentita la realizzazione di due sovrastanti
strutture a carattere smontabile complete di tettoie.
A ciò aggiungasi che per i parcheggi non connotati da
vincolo di pertinenzialità trova applicazione l’art. 41-quinquies, l. 17.08.1942, n. 1150 relativa agli spazi
per parcheggi da conteggiarsi ai fini della dotazione di
standard.
Per tale ragione non può validamente sostenersi che il
mutamento di destinazione d’uso avverrebbe nell’ambito della
medesima categoria omogenea, stante la peculiarità della
destinazione d’uso attribuita e del regime giuridico
agevolato cui è assoggettato il rilascio di titoli edilizi
per la realizzazione di autorimesse anche non pertinenziali
sulla cui base l’intervento assentito appare per lo più
sussumibile nell’ambito di una destinazione a “servizi” che
non di tipo produttivo commerciale.
Cionondimeno per tutti
gli spazi a parcheggio, quale che sia la sorte del vincolo pertinenziale di stampo privatistico rispetto alle
costruzioni servite, deve ritenersi indiscutibile la
permanenza e la inderogabilità del vincolo pubblicistico di
destinazione, quale connotazione necessaria dell'essere
quegli spazi funzionali al perseguimento di primarie
esigenze della collettività, legate alla stessa vivibilità
degli spazi urbani.
Ne consegue che in nessun caso potrebbe essere consentito il
cambio di destinazione d'uso in relazione agli immobili
predetti, dato che sarebbe contro ogni logica che il diverso
uso individuale possa prevalere sulla destinazione a
parcheggio che partecipa dei suddetti caratteri di rilevanza
pubblica. Tale destinazione deve pertanto orientare, a guisa
di vero e proprio vincolo, l'azione della pubblica
amministrazione dal momento che consentire, per il tramite
dell'autorizzazione al cambio di destinazione d'uso, la
sottrazione di spazi destinati a garage realizzati grazie al
meccanismo derogatorio di legge dianzi brevemente descritto,
equivarrebbe certamente ad infrangere un vincolo di
inedificabilità
(TAR Campania-Napoli, Sez. VI,
sentenza 22.07.2015 n. 3872 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: La
prevalente giurisprudenza ritiene che le disposizioni di cui
all'art. 9 l. 122/1989 abbiano carattere eccezionale,
perseguendo esse la finalità di dare soluzione ai problemi
relativi ai parcheggi nelle aree urbane.
Pertanto, l'operatività delle stesse (in deroga agli
strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti) non
può ritenersi estesa anche alle zone agricole. Ne consegue
che la realizzazione di parcheggi in dette zone resta
comunque soggetta alle ordinarie prescrizioni urbanistiche
ed edilizie
20. Si può ora passare all’esame della prima parte del primo
motivo, laddove i ricorrenti sostengono che, in base
all’art. 9 della legge n. 122 del 1989, la possibilità di
realizzare autorimesse interrate sarebbe sempre ammessa,
anche in deroga alle previsioni degli strumenti urbanistici.
21. In proposito si osserva quanto segue.
22. Stabilisce l’art. 9, primo comma, della legge 10.03.1989, n. 122 (Disposizioni in materia di parcheggi,
programma triennale per le aree urbane maggiormente popolate
nonché modificazioni di alcune norme del testo unico sulla
disciplina della circolazione stradale, approvato con
decreto del Presidente della Repubblica 15.06.1959, n.
393) che <<I proprietari di immobili possono realizzare nel
sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano
terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza
delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli
strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti…>>.
23. Come si vede, la norma ammette effettivamente la
possibilità di realizzare autorimesse interrate anche in
deroga alle disposizioni contenute nei vigenti piani
urbanistici.
24. Va però osservato che la prevalente giurisprudenza
ritiene che le indicate disposizioni abbiano carattere
eccezionale, perseguendo esse la finalità di dare soluzione
ai problemi relativi ai parcheggi nelle aree urbane; e che,
pertanto, l'operatività delle stesse non possa ritenersi
estesa anche alle zone agricole. Ne consegue che la
realizzazione di parcheggi in dette zone resta comunque
soggetta alle ordinarie prescrizioni urbanistiche ed
edilizie (cfr. TAR Campania Napoli, sez. II, 08.06.2009, n. 3134; TAR Veneto, sez. II,
06.09.2002, n.
5229).
25. Per queste ragioni, la doglianza in esame non può essere
accolta
(TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 09.07.2015 n. 1590 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA:
In
materia urbanistica costituiscono vincoli soggetti a
decadenza solo quelli preordinati all'espropriazione o che
comportino l'inedificazione, e che dunque svuotino il
contenuto del diritto di proprietà incidendo sul godimento
del bene, tanto da renderlo inutilizzabile rispetto alla sua
destinazione naturale, ovvero diminuendone in modo
significativo il suo valore di scambio.
Tali non sono, tra gli altri, le previsioni di un piano
regolatore che destinano un’area a verde pubblico
attrezzato, trattandosi di vincoli conformativi della
proprietà, in quanto inquadrabili nella zonizzazione
dell'intero territorio comunale o di parte di esso, che
incidono su una generalità di beni, in funzione della
destinazione dell'intera zona in cui questi ricadono.
---------------
La giurisprudenza di questo Consiglio ha già risolto
favorevolmente la questione relativa alla possibilità di far
coesistere la destinazione a verde pubblico di un’area con
quella di realizzarvi nel sottosuolo parcheggi pertinenziali.
Nell’occasione, la richiamata coesistenza è stata ammessa
stante l’evidente inidoneità della destinazione a parcheggio
del sottosuolo a sottrarre l’area sovrastante alle sue
finalità di interesse pubblico.
Ma è altresì evidente che –per le medesime ragioni– la
richiamata compatibilità resti ammessa solo a condizione che
la realizzazione dei parcheggi interrati non sottragga né in
tutto, né in parte aree tipicamente destinate, sul
soprasuolo, a verde attrezzato.
Si tratta esattamente della situazione che si riscontra nel
caso in esame, in cui la realizzazione delle rampe d’accesso
nel soprasuolo è idonea a sottrarre porzioni apprezzabili di
superficie alla destinazione tipica di Piano (anche in
considerazione dell’estensione non rilevante dell’area).
In siffatte ipotesi, la coesistenza fra il vincolo
conformativo e la realizzazione dei parcheggi interrati può
infatti essere ammessa, ma solo a condizione che la
realizzazione dei secondi non alteri la piena estensione del
primo, neppure in modo parziale e neppure per la
realizzazione degli interventi accessori e strumentali i
quali dovranno in via di principio trovare collocazione
esternamente all’area.
7. Deve essere ora
esaminato il quarto motivo di ricorso con cui si è chiesta
la riforma della sentenza in epigrafe per la parte in cui i
primi Giudici hanno respinto il motivo di ricorso relativo
all’illegittimità della D.I.A. del 2008 in quanto –inter
alia- ammetteva la realizzazione di una rampa di accesso
all’immobile andando ad incidere su un’area destinata a
verde attrezzato sulla base di un vincolo non decaduto.
7.1. Il motivo non può trovare accoglimento.
7.1.1. Ora, va premesso che la sentenza in epigrafe è
certamente meritevole di conferma per la parte in cui
afferma che la destinazione a ‘Verde attrezzato’
impressa all’area per cui è causa dalla pertinente
disciplina di piano, atteso il suo carattere conformativo,
non è soggetta a decadenza.
Al riguardo ci si limita a richiamare il consolidato –e qui
condiviso– indirizzo secondo cui in materia urbanistica
costituiscono vincoli soggetti a decadenza solo quelli
preordinati all'espropriazione o che comportino l'inedificazione,
e che dunque svuotino il contenuto del diritto di proprietà
incidendo sul godimento del bene, tanto da renderlo
inutilizzabile rispetto alla sua destinazione naturale,
ovvero diminuendone in modo significativo il suo valore di
scambio. Tali non sono, tra gli altri, le previsioni di un
piano regolatore che destinano un’area a verde pubblico
attrezzato, trattandosi di vincoli conformativi della
proprietà, in quanto inquadrabili nella zonizzazione
dell'intero territorio comunale o di parte di esso, che
incidono su una generalità di beni, in funzione della
destinazione dell'intera zona in cui questi ricadono (in tal
senso –ex multis-: Cons. Stato, IV, 06.05.2013, n.
2432; id., IV, 23.04.2013, n. 2254; id., IV, 29.11.2012, n.
6094).
7.1.2. Neppure può essere condivisa la tesi dell’appellante
secondo cui, anche ad ammettere la persistenza del
richiamato vincolo conformativo, sarebbe comunque consentita
la realizzazione, nell’ambito di aree destinate a ‘verde
attrezzato’, di rampe destinate all’accesso a parcheggi
interrati.
La giurisprudenza di questo Consiglio ha già risolto
favorevolmente la questione relativa alla possibilità di far
coesistere la destinazione a verde pubblico di un’area con
quella di realizzarvi nel sottosuolo parcheggi pertinenziali
(in tal senso, Cons. Stato, VI, 19.10.2006, n. 6256).
Nell’occasione, la richiamata coesistenza è stata ammessa
stante l’evidente inidoneità della destinazione a parcheggio
del sottosuolo a sottrarre l’area sovrastante alle sue
finalità di interesse pubblico.
Ma è altresì evidente che –per le medesime ragioni– la
richiamata compatibilità resti ammessa solo a condizione che
la realizzazione dei parcheggi interrati non sottragga né in
tutto, né in parte aree tipicamente destinate, sul
soprasuolo, a verde attrezzato.
Si tratta esattamente della situazione che si riscontra nel
caso in esame, in cui la realizzazione delle rampe d’accesso
nel soprasuolo è idonea a sottrarre porzioni apprezzabili di
superficie alla destinazione tipica di Piano (anche in
considerazione dell’estensione non rilevante dell’area).
In siffatte ipotesi, la coesistenza fra il vincolo
conformativo e la realizzazione dei parcheggi interrati può
infatti essere ammessa, ma solo a condizione che la
realizzazione dei secondi non alteri la piena estensione del
primo, neppure in modo parziale e neppure per la
realizzazione degli interventi accessori e strumentali i
quali dovranno in via di principio trovare collocazione
esternamente all’area.
Né a conclusioni diverse da quelle appena delineate può
giungersi in relazione al contenuto della delibera
consiliare n. 32 del 2005, pure richiamata dagli appellanti
a sostegno delle proprie tesi.
A tacere d’altro, si osserva che la delibera in questione ha
sancito la richiamata compatibilità/coesistenza (e ha
dettato prescrizioni per la realizzazione delle rampe
d’accesso), ma non sembra aver affermato il principio
secondo cui la superficie destinata alle rampe possa essere
sottratta a quella destinata alla fruizione del verde
pubblico attrezzato
(Consiglio di
Stato, Sez. VI,
sentenza 05.06.2015 n. 2769 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Ancora sull'indissolubilità del vincolo di cui all'art.
41-sexies della Legge urbanistica.
È nulla la vendita di un’abitazione quando il venditore ceda
solo l’unità abitativa e non anche (quantomeno) il diritto
d’uso del posto auto che si riserva in collegamento con la
mansarda abusiva.
In materia edilizia l'art. 41-sexies
della l. n. 1150/1942 pone un vincolo di destinazione
obbligatorio tra spazi destinati a parcheggio e cubatura
totale dell'edificio, con la conseguenza che in favore di
tutti i condomini sorge un diritto reale d'uso sugli spazi
anzidetti. Tale vincolo di destinazione, imposto dalla
normativa di settore, viene eluso nel caso di alterazione
dello standard urbanistico, effettuato mediante la
realizzazione ex post di una unità immobiliare abusiva.
Ne consegue che deve essere annullata con rinvio la sentenza
di merito che, dopo aver accertato che il contratto di
compravendita non aveva trasferito la proprietà del posto
auto unitamente a quella dell'appartamento, ha ritenuto che
i venditori potessero legittimamente non trasferire il
diritto reale d'uso del posto auto, stante la riserva dello
stesso all'unità abitativa realizzata ex post nel locale
mansarda, riconoscendo tuttavia che quest'ultimo costituisce
un'unità immobiliare abusiva, così acclarando l'avvenuta
alterazione del rapporto tra superficie di parcheggio e
metri cubi di costruzione, in danno del diritto degli
acquirenti dell'appartamento a fruire del posto auto, sotto
forma di diritto reale d'uso, dovendo dunque ritenersi eluso
il vincolo di destinazione imposto dalla normativa speciale
richiamata (Corte
di Cassazione, Sez. II civile,
sentenza 10.03.2015 n. 4733).
---------------
Commento (di Daniele Minussi)
Nel caso in esame era stata realizzata da un condomino una
mansarda abusiva ricavata nel sottotetto. Detto condomino,
venduto l'appartamento di cui era titolare senza aver
contestualmente ceduto anche il posto auto, era andato ad
abitare nella mansarda, continuando a fruire del parcheggio
originariamente acquistato unitamente all'unità abitativa di
poi ceduta.
Chi aveva acquistato l'appartamento senza posto auto aveva
successivamente agito per far dichiarare l'invalidità
dell'atto, laddove non veniva trasferito anche il posto auto
pertinenziale. La Corte d'Appello, sovvertendo il giudizio
di primo grado, aveva dato torto all'attore sulla scorta del
modo di disporre del più volte novellato art. 26 della l.
47/1985. Insomma: summum jus, summa iniuria.
Provvede a "riparare" la S.C. con la pronunzia in
commento, rilevando come il nodo in realtà non consista
nell'astratta previsione della norma citata, quanto
piuttosto nel rilievo in base al quale la condotta abusiva
di chi ebbe a realizzare la mansarda senza titolo
autorizzativo, ha alterato l'originario rapporto
planivolumetrico disciplinato dall'art. 41-sexies della
legge 1150/1942.
Tale condotta antigiuridica non può non riverberarsi sulla
conformità a legge della vendita dell'appartamento privo di
posto auto eseguita da chi, illegittimamente, intende
mantenere il diritto di parcheggio
(tratto da www.e-glossa.it).
---------------
1. - Il ricorso è fondato.
1.1. - Con l'unico motivo è dedotta violazione dell'art.
41-sexies legge n. 1150 del 1942, introdotto dall'art. 18
della legge n. 765 del 1967.
Si assume che la realizzazione di una unità abitativa in
assenza di concessione e di sanatoria, nella specie il vano
sottotetto o mansarda, alla quale era stato destinato dai
coniugi F.-Z. l'uso del posto auto avrebbe alterato lo
standard urbanistico degli spazi destinati ad uso
parcheggio, stabilito dall'art. 41-sexíes.
Il vincolo pubblicistico di servizio tra il fabbricato e
l'area destinata a parcheggio risulterebbe eluso dal
contratto di compravendita inter partes, in forza del
quale il vincolo permarrebbe in quanto collegato ad una
unità abitativa abusiva, in quanto tale precaria, potendo
essere oggetto di demolizione ovvero riduzione in pristino.
2. - La doglianza è fondata.
2.1. - La fattispecie in esame è regolata, ratione
temporis, dall'art. 41-sexies della legge n. 1152 del
1942, che pone un vincolo di destinazione obbligatorio tra
spazi destinati a parcheggio e cubatura totale
dell'edificio, e determina perciò il sorgere di un diritto
reale d'uso sugli spazi predetti a favore di tutti i
condomini (ex plurimis, Cass., sez. 2^, sentenze n.
21003 del 2008; n. 15509 del 2011; n. 28950 del 2011; n.
1214 del 2012).
2.2. - La Corte d'appello, dopo aver accertato che il
contratto di compravendita non aveva trasferito la proprietà
del posto auto unitamente a quella dell'appartamento, ha
ritenuto che i venditori potessero legittimamente non
trasferire il diritto reale d'uso del posto auto, stante la
riserva dello stesso all'unità abitativa realizzata ex post
nel locale mansarda.
Ma la stessa Corte d'appello ha riconosciuto che si trattava
di unità immobiliare abusiva, così acclarando l'avvenuta
alterazione del rapporto tra superficie di parcheggio e
metri cubi di costruzione, in danno del diritto degli
acquirenti dell'appartamento a fruire del posto auto, sotto
forma di diritto reale d'uso.
Il vincolo di destinazione, Imposto dalla normativa speciale
richiamata, risulta nella specie eluso mediante
l'alterazione del precedente standard urbanistico, attuata
con la realizzazione ex post di una unità immobiliare
abusiva.
2.3. - La sentenza Impugnata deve quindi essere cassata e il
giudice del rinvio, individuato in dispositivo, procederà
all'applicazione del principio di diritto secondo cui
costituisce violazione dell'art. 41-sexies della legge n.
1150 del 1942 l'alterazione del rapporto tra superficie di
parcheggio e metri cubi di costruzione che si produce
attraverso la realizzazione ex post di unità
Immobiliari abusive
(Corte di Cassazione, Sez.
II civile,
sentenza 10.03.2015 n. 4733).
|
EDILIZIA PRIVATA: L’art.
9 della legge 24.03.1989, n. 122, nel consentire la
costruzione di parcheggi, da destinare a pertinenza delle
singole unità immobiliari, nel sottosuolo degli immobili o
nei locali siti al piano terreno anche in deroga alla
vigente disciplina urbanistica, necessariamente fa implicito
riferimento ai soli fabbricati già esistenti e non anche le
concessioni edilizie rilasciate per realizzare edifici
nuovi, per i quali invece provvede l’articolo 2, comma 2,
della stessa legge n. 122, il quale stabilisce l'obbligo di
riservare appositi spazi per parcheggi in misura non
inferiore a 1 mq. per ogni 10 mc. di costruzione.
Ed infatti, in base a un condiviso orientamento, l’articolo
9 della legge 24.03.1989, n. 122, nel consentire la
costruzione di parcheggi, da destinare a pertinenza delle
singole unità immobiliari, nel sottosuolo degli immobili o
nei locali siti al piano terreno anche in deroga alla
vigente disciplina urbanistica, necessariamente fa implicito
riferimento ai soli fabbricati già esistenti e non anche le
concessioni edilizie rilasciate per realizzare edifici
nuovi, per i quali invece provvede l’articolo 2, comma 2,
della stessa legge n. 122, il quale stabilisce l'obbligo di
riservare appositi spazi per parcheggi in misura non
inferiore a 1 mq. per ogni 10 mc. di costruzione (in tal
senso: Cons. Stato, IV, 16.04.2012, n. 2185)
(Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 09.02.2015 n. 637 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2014 |
|
EDILIZIA PRIVATA: I
volumi destinati a parcheggi obbligatori ad uso privato di
cui all’art. 41-sexies L. 17.08.1942 n. 1150, legati
all’immobile principale da un nesso di inscindibilità in
forza del quale di essi non possa disporsi separatamente,
non sono assoggettabili al contributo commisurato al costo
di costruzione.
Sicché, il rapporto tra superficie delle aree destinate a
parcheggio e volumetria del fabbricato, così come richiesto
dal citato art. 41-sexies, è verificato dalla P.A. e
costituisce condizione essenziale per il rilascio del titolo
edilizio, di modo che la rimozione del vincolo pertinenziale
non può avvenire a piacimento del proprietario, ma soltanto
attraverso una concessione in variante che lo trasferisca su
altre zone riconosciute idonee.
Tuttavia, il vincolo così costituito dev’essere poi
effettivamente trascritto nelle forme dovute.
Pertanto, alla stregua di quanto sopra, le aree gravate da
vincolo di destinazione a parcheggio ai sensi dell’art.
41-sexies L. 17.08.1942 n. 1150 sulla base del titolo
edificatorio non sono assoggettabili al contributo
commisurato al costo di costruzione e, comunque, la P.A. ha
titolo per pretendere, in relazione ad esse, la trascrizione
del vincolo nelle forme di legge, anche in danno del privato
resosi inadempiente.
- Premesso che la società ricorrente contesta la
determinazione assunta dal comune di Vibo Valentia, di
liquidare gli oneri concessori afferenti ad un intervento
edilizio da realizzarsi, computando pure i volumi destinati
a parcheggi obbligatori;
- Ritenuto che i volumi destinati a parcheggi obbligatori ad
uso privato di cui all’art. 41-sexies L. 17.08.1942 n. 1150,
legati all’immobile principale da un nesso di inscindibilità
in forza del quale di essi non possa disporsi separatamente,
non sono assoggettabili al contributo commisurato al costo
di costruzione (cfr. Cons. Stato, 28.11.2012 n. 6033);
- Considerato che il rapporto tra superficie delle aree
destinate a parcheggio e volumetria del fabbricato, così
come richiesto dal citato art. 41-sexies, è verificato dalla
P.A. e costituisce condizione essenziale per il rilascio del
titolo edilizio, di modo che la rimozione del vincolo
pertinenziale non può avvenire a piacimento del
proprietario, ma soltanto attraverso una concessione in
variante che lo trasferisca su altre zone riconosciute
idonee (cfr. Cass. civ., Sez. II, 14.11.2000 n. 14731);
- Precisato, tuttavia, che il vincolo così costituito dev’essere
poi effettivamente trascritto nelle forme dovute (cfr. TAR
Lazio, Roma, Sez. II, 02.12.2002 n. 11019);
- Ritenuto, pertanto, alla stregua di quanto sopra, che le
aree gravate da vincolo di destinazione a parcheggio ai
sensi dell’art. 41-sexies L. 17.08.1942 n. 1150 sulla base
del titolo edificatorio non sono assoggettabili al
contributo commisurato al costo di costruzione e che,
comunque, la P.A. ha titolo per pretendere, in relazione ad
esse, la trascrizione del vincolo nelle forme di legge,
anche in danno del privato resosi inadempiente
(TAR Calabria-Catanzaro, Sez. II,
sentenza 04.09.2014 n. 1399 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: E'
corretto affermare che dei 77 parcheggi vincolati ad uso
pubblico, 52 risultarono realizzati su suolo demaniale
concesso in diritto di superficie e 25 sulla proprietà
privata sotto il fabbricato principale.
Questi, quindi, sono stati realizzati in attuazione del
piano particolareggiato come parcheggi pubblici di standard
e non possono essere assimilati al regime dei parcheggi
privati di pertinenza delle singole unità immobiliari ex L.
122 del 1989, il cui regime giuridico è nettamente
differenziato.
Infatti, i parcheggi destinati al completamento degli
standard sono previsti dall’art. 41-quinquies della L.
n. 1150 del 1942, insieme agli spazi pubblici e al verde
pubblico, e regolati dal D.M. 02.04.1968 n. 1444.
La loro funzione è quella di consentire un ordinato sviluppo
del territorio ed alleviare il carico urbanistico, come
dimostra il modo di computo degli standard pubblico relativo
ai parcheggi in quanto opere di urbanizzazione primaria, in
aggiunta alle superfici a parcheggio previste dall'art. 18
L. n. 765 del 1967 (che ha introdotto l’art. 41-sexies nella
L. n. 1150 del 1942).
Al contrario, i parcheggi privati disciplinati dal
citato art. 41-sexies e dall’articolo 9 della L. 122 del
1989, sono di proprietà privata, riservati agli abitanti
delle unità residenziali e sono asserviti all’immobile con
vincolo di pertinenzialità.
La funzione è certamente simile (il decongestionamento della
viabilità pubblica tramite l’agevolazione della costruzione
di spazi di parcheggio degli autoveicoli dei proprietari dei
beni immobili) ma la disciplina è notevolmente diversa, sia
in relazione al computo degli spazi che in merito al regime
proprietario, stante il vincolo pertinenziale che si
instaura con l’unità immobiliare principale.
---------------
Il regime dei parcheggi in questione, realizzati su suolo
demaniale concesso in superficie o su suolo privato e
asserviti ad uso pubblico a mezzo di atto notarile
registrato e trascritto in quanto opere di urbanizzazione
primaria, previste dal piano particolareggiato e realizzate
a scomputo degli oneri di urbanizzazione, impedisce di
individuare una particolare posizione giuridica soggettiva
tale da differenziare il condominio o i suoi condomini
rispetto agli altri utenti in relazione ai modi di gestione
dell’area da parte del Comune.
Infatti, le aree sono normalmente destinate, in assenza di
specifici divieti, all’uso generale da parte della
generalità dei cittadini, con ciò escludendo ogni valenza
alla richiesta delle parti appellanti di essere destinatarie
della comunicazione di avviso di avvio del procedimento
relativo.
La ragione evidenziata in ricorso, ossia la presunta doppia
utilità del parcheggio in esame, altro non è che un
espediente argomentativo che conferma la posizione centrale
del primo giudice, ossia l’inesistenza di una posizione
differenziata delle parti appellanti rispetto alla comunità
dei cittadini, rendendo quindi ingiustificato il trattamento
peculiare richiesto.
3.1. - Le censure avverso la sentenza del TAR, in relazione
al profilo qui in esame, sono infondate e vanno respinte.
Il primo giudice ha correttamente ricostruito il regime
giuridico dei parcheggi in esame, evidenziando come, al
contrario di quanto voluto dai ricorrenti (per cui si
tratterebbe di parcheggi privati di pertinenza delle singole
unità immobiliari ai quali si applicherebbe il particolare
regime costituito dal vincolo inderogabile di accessorietà
degli stessi all’immobile principale, dato dal vincolo di
destinazione e dall’inalienabilità separata, di cui all’art.
41-sexies della legge urbanistica n. 1150 del 1942 e alla L.
n. 122/1989), deve invece ritenersi assodata la loro
destinazione pubblica.
Rinviando alla descrizione della fattispecie sopra operata,
è corretto affermare che in definitiva, dei 77 parcheggi
vincolati ad uso pubblico, 52 risultarono realizzati su
suolo demaniale concesso in diritto di superficie alla
Europa s.r.l., e 25 sulla proprietà privata sotto il
fabbricato principale.
Questi, quindi, sono stati realizzati in attuazione del
piano particolareggiato come parcheggi pubblici di standard
e non possono essere assimilati al regime dei parcheggi
privati di pertinenza delle singole unità immobiliari ex L.
122 del 1989, il cui regime giuridico è nettamente
differenziato.
Infatti, i parcheggi destinati al completamento degli
standard sono previsti dall’art. 41-quinquies della L.
n. 1150 del 1942, insieme agli spazi pubblici e al verde
pubblico, e regolati dal D.M. 02.04.1968 n. 1444. La loro
funzione è quella di consentire un ordinato sviluppo del
territorio ed alleviare il carico urbanistico, come dimostra
il modo di computo degli standard pubblico relativo ai
parcheggi in quanto opere di urbanizzazione primaria, in
aggiunta alle superfici a parcheggio previste dall'art. 18
L. n. 765 del 1967 (che ha introdotto l’art. 41-sexies nella
L. n. 1150 del 1942).
Al contrario, i parcheggi privati disciplinati dal
citato art. 41-sexies e dall’articolo 9 della L. 122 del
1989, sono di proprietà privata, riservati agli abitanti
delle unità residenziali e sono asserviti all’immobile con
vincolo di pertinenzialità. La funzione è certamente simile
(il decongestionamento della viabilità pubblica tramite
l’agevolazione della costruzione di spazi di parcheggio
degli autoveicoli dei proprietari dei beni immobili) ma la
disciplina è notevolmente diversa, sia in relazione al
computo degli spazi che in merito al regime proprietario,
stante il vincolo pertinenziale che si instaura con l’unità
immobiliare principale.
Così inquadrata la questione, appare del tutto corretta la
soluzione data dal primo giudice alle censure proposte,
anche in questa sede, dalle parti appellanti.
Il regime dei parcheggi in questione, realizzati su suolo
demaniale concesso in superficie o su suolo privato e
asserviti ad uso pubblico a mezzo di atto notarile
registrato e trascritto in quanto opere di urbanizzazione
primaria, previste dal piano particolareggiato e realizzate
a scomputo degli oneri di urbanizzazione, impedisce di
individuare una particolare posizione giuridica soggettiva
tale da differenziare il condominio Europa o i suoi
condomini rispetto agli altri utenti in relazione ai modi di
gestione dell’area da parte del Comune.
Infatti, le aree sono normalmente destinate, in assenza di
specifici divieti, all’uso generale da parte della
generalità dei cittadini, con ciò escludendo ogni valenza
alla richiesta delle parti appellanti di essere destinatarie
della comunicazione di avviso di avvio del procedimento
relativo. La ragione evidenziata in ricorso, ossia la
presunta doppia utilità del parcheggio in esame, altro non è
che un espediente argomentativo che conferma la posizione
centrale del primo giudice, ossia l’inesistenza di una
posizione differenziata delle parti appellanti rispetto alla
comunità dei cittadini, rendendo quindi ingiustificato il
trattamento peculiare richiesto.
Del pari, è infondata la doglianza in relazione alla ragione
della destinazione dei parcheggi in favore della particolare
destinazione data loro dalla delibera inizialmente gravata.
Nei limiti dell’interesse delle parti, che come si è visto
non è connotato da particolare rilevanza giuridica, deve
convenirsi con la valutazione operata dal primo giudice in
relazione alla natura del potere esercitato dal Comune.
Infatti, con l’ordinanza impugnata con il primo ricorso, i
posti auto in esame sono stati riservati al ricovero degli
automezzi di proprietà comunale in uso alla polizia
municipale (i cui veicoli, si noti, non godono di un regime
proprietario differenziato rispetto a quello degli altri
automezzi comunali), in ciò in aderenza a quanto previsto
dall’art. 7, lett. d), del Codice della strada, che
espressamente prevede tale facoltà e, peraltro, come anche
notato dal primo giudice, senza che tale determinazione
abbia compromesso la dotazione minima di parcheggi pubblici
stabilita per gli standard.
Conclusivamente, le censure relative ai capi di sentenza con
cui si è esaminato il ricorso n. 2394 del 1999 sono
infondati
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 05.08.2014 n. 4183 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA:
Sulla sottrazione
delle aree destinate obbligatoriamente a standard
nell’area in esame, previa trasformazione
compensativa tramite l’istituto della
monetizzazione.
Sulla illegittima sdemanializzazione di 77 parcheggi
vincolati ad uso pubblico e l’inserimento degli
stessi tra le aree comunali da vendere.
Il tema è stato oggetto di una
recente decisione. Invero, si è osservato come il
Consiglio di Stato ha già 'delineato una propria
linea interpretativa in merito al collegamento tra
interventi edilizi e ricerca degli standard
urbanistici e ha così assunto decisioni che hanno,
ad esempio, negato la sufficienza di un parcheggio
collocato in area non fruibile, dove la fruibilità
era collegata non a valutazioni normative, ma
fattuali, poiché il ‘terreno pertinenziale destinato
a parcheggio deve ragionevolmente intendersi come
condizione necessaria per la migliore fruizione del
parcheggio medesimo da parte di tutti coloro che
intendono comodamente accedervi con i propri mezzi
di locomozione per poi uscire con i relativi
acquisti più o meno ingombranti e/o pesanti da
collocare su tali mezzi’.
Oppure decisioni che hanno evidenziato i pericoli
legati alla smaterializzazione degli standard,
sottolineando come ‘la monetizzazione degli standard
urbanistici non può essere considerata alla stregua
di una vicenda di carattere unicamente patrimoniale
e rilevante solo sul piano dei rapporti tra l’ente
pubblico e il privato che realizzerà l’opera, e ciò
perché, da un lato, così facendo si legittima la
paradossale situazione di separare i commoda (sotto
forma di entrata patrimoniale per il Comune) dagli
incommoda (il peggioramento della qualità di vita
degli appellanti) e dall’altro, si nega tutela
giuridica agli interessi concretamente lesi degli
abitanti dell’area’.
Ancora, si è affermato che ‘qualora si potessero
individuare gli standard costruttivi in ragione del
solo dato dimensionale, verrebbe conseguentemente
posto in ombra il dato funzionale, ossia la
destinazione concreta dell’area, come voluta dal
legislatore. Soddisfacendo gli standard con la messa
a disposizione di aree non utilizzabili in concreto
(ossia, seguendo l’indicazione del TAR, utilizzando
le porzioni che non sono utilizzabili, per forma o
per le ridotte dimensioni, ovvero perché eccedenti
un posto macchina standard ma insufficienti per
realizzarne un altro, ovvero infine per il difficile
accesso), la norma di garanzia verrebbe frustrata,
atteso che il citato art. 41-sexies della legge
urbanistica non contempla un nudo dato quantitativo,
ma un dato mirato ad uno scopo esplicito’.
---------------
Ciò che la giurisprudenza fa emergere è la “marcata
attenzione alla funzione stessa degli standard
urbanistici, intesi come indicatori minimi della
qualità edificatoria (e così riferiti ai limiti
inderogabili di densità edilizia, di rapporti
spaziali tra le costruzioni e di disponibilità di
aree destinate alla fruizione collettiva) e come
tali destinati a connettersi direttamente con le
aspettative dei fruitori dell’area interessata”, in
una situazione di stretta interdipendenza, tale da
determinare “la cogenza di questa stretta
correlazione spaziale tra intervento edilizio e
localizzazione dello standard”.
---------------
Sulla scorta di tale lettura, appare perplessa la
decisione di sopprimere un parcheggio pubblico
destinato a soddisfare la previsione di standard,
che come si è detto si localizzano funzionalmente
nell’area limitrofa all’intervento, correlata ad una
solo ipotetica e futura destinazione delle somme
conseguite a seguito della monetizzazione, ossia
della vendita dei parcheggi in esame.
In concreto, il primo giudice, pur avendo
evidenziato la correttezza procedimentale, ha omesso
di riscontrare l’assunto della fondamentale
indisponibilità dell’oggetto del procedimento, ossia
l’impossibilità di privare un’area della sua
dotazione minima di standard senza una contestuale,
effettiva e funzionale indicazione di altre aree di
parcheggio idonee a salvaguardare il requisito
minimo ex lege.
In concreto, usando le categorie tradizionali
dell’atto amministrativo, l’indisponibilità del
bene, dovuta al fatto che questo è essenziale per
garantire la legittimità dell’insediamento
realizzato, priva l’azione amministrativa di un suo
necessario presupposto, rendendola così illegittima.
4. - Il secondo sentiero contenzioso trae origine
dalla deliberazione del consiglio comunale n. 103
del 20.12.2011, con la quale il Comune decideva: a)
la sdemanializzazione e b) l’inserimento tra le aree
comunali da vendere (quali parcheggi privati) dei 77
posti auto interrati in questione.
Con successiva ordinanza l’amministrazione, in
previsione della vendita di tali posti auto, poneva
un divieto di sosta sugli stessi, riservandoli ad
alcuni cittadini che erano stati provvisoriamente
privati delle loro autorimesse da lavori eseguiti
per incarico del Comune.
Anche in questo caso, il condominio Europa ed alcuni
condomini con ricorso iscritto al numero di R.G. 447
del 2012 impugnavano tali atti. A fondamento di tale
ricorso i ricorrenti hanno dedotto le censure di:
violazione dell’art. 7 della L. n. 241/1990;
violazione dell’art. 28 L. 1150/1942 e dell’art. 63
della L.R. n. 61/1985, non potendo le opere di
urbanizzazione essere dismesse in favore di privati;
violazione dell’art. 11 della L. n. 241/1990, per
violazione della convenzione sottoscritta per
l’urbanizzazione di una porzione del territorio
comunale; eccesso di potere per falsità del
presupposto, illogicità manifesta e travisamento dei
fatti.
La sentenza impugnata del TAR per il Veneto ha
respinto anche questa seconda serie di censure,
ritenendo corretto il procedimento utilizzato dal
Comune e dando vita alla seconda parte del
contenzioso in grado di appello.
4.1. - Le censure proposte dalle parti appellanti,
in relazione alla fase procedimentale di dismissione
dei parcheggi, sono fondate e vanno accolte.
In disparte la ricostruzione operata in termini di
nullità dei vizi gravanti sugli atti impugnati nel
primo profilo del terzo motivo (sulla quale basta
rinviare alla secolare elaborazione
giurisprudenziale sulle patologie degli atti
amministrativi per evidenziarne l’irrilevanza),
ritiene la Sezione di doversi soffermare sul secondo
profilo, dove viene lamentata la sottrazione delle
aree destinate obbligatoriamente a standard
nell’area in esame, previa trasformazione
compensativa tramite l’istituto della
monetizzazione.
Il primo giudice ha correttamente evidenziato la
linearità della procedura utilizzata, giungendo così
ad una considerazione conclusiva di legittimità
dell’azione amministrativa.
Ha dapprima valutato la correttezza motivazionale
della delibera gravata, in relazione alla
impossibilità di garantire una utilizzazione
collettiva di tali parcheggi, in ragione di una non
eliminabile promiscuità tra lo spazio pubblico e
quello dell’autorimessa privata (peraltro, derivante
dal comportamento degli stessi condomini che aveva
sempre occupato abusivamente i parcheggi pubblici,
come acclarata dalla sentenza della Corte di Appello
di Venezia n. 1858 del 12.07.2011).
Ha poi ritenuto del tutto compatibile il
procedimento di rinuncia alla servitù pubblica e
contestuale monetizzazione delle aree a standard per
i parcheggi situati all’interno del condominio con i
parametri urbanistici vincolanti posti dal D.M. 1444
del 1968 e dalle leggi regionali n. 61 del 1985 e 11
del 2004.
Su tale profilo, la Sezione ritiene però di
dissentire, stante il proprio orientamento
consolidato, dal quale non vi sono ragioni per
discostarsi, di senso opposto.
Il tema è stato oggetto di una recente decisione
(sentenza n. 616 del 10.02.2014, data peraltro
proprio in relazione di una sentenza dello stesso
TAR).
In quella occasione si è osservato come il Consiglio
di Stato ha già “delineato una propria linea
interpretativa in merito al collegamento tra
interventi edilizi e ricerca degli standard
urbanistici e ha così assunto decisioni che hanno,
ad esempio, negato la sufficienza di un parcheggio
collocato in area non fruibile, dove la fruibilità
era collegata non a valutazioni normative, ma
fattuali, poiché il ‘terreno pertinenziale destinato
a parcheggio deve ragionevolmente intendersi come
condizione necessaria per la migliore fruizione del
parcheggio medesimo da parte di tutti coloro che
intendono comodamente accedervi con i propri mezzi
di locomozione per poi uscire con i relativi
acquisti più o meno ingombranti e/o pesanti da
collocare su tali mezzi’ (Consiglio di Stato, sez.
V, 25.06.2010 n. 4059); oppure decisioni che hanno
evidenziato i pericoli legati alla
smaterializzazione degli standard, sottolineando
come ‘la monetizzazione degli standard urbanistici
non può essere considerata alla stregua di una
vicenda di carattere unicamente patrimoniale e
rilevante solo sul piano dei rapporti tra l’ente
pubblico e il privato che realizzerà l’opera, e ciò
perché, da un lato, così facendo si legittima la
paradossale situazione di separare i commoda (sotto
forma di entrata patrimoniale per il Comune) dagli
incommoda (il peggioramento della qualità di vita
degli appellanti) e dall’altro, si nega tutela
giuridica agli interessi concretamente lesi degli
abitanti dell’area’ (Consiglio di Stato, sez. IV,
ord. 04.02.2013 n. 644).
Ancora, si è affermato che ‘qualora si potessero
individuare gli standard costruttivi in ragione del
solo dato dimensionale, verrebbe conseguentemente
posto in ombra il dato funzionale, ossia la
destinazione concreta dell’area, come voluta dal
legislatore. Soddisfacendo gli standard con la messa
a disposizione di aree non utilizzabili in concreto
(ossia, seguendo l’indicazione del TAR, utilizzando
le porzioni che non sono utilizzabili, per forma o
per le ridotte dimensioni, ovvero perché eccedenti
un posto macchina standard ma insufficienti per
realizzarne un altro, ovvero infine per il difficile
accesso), la norma di garanzia verrebbe frustrata,
atteso che il citato art. 41-sexies della legge
urbanistica non contempla un nudo dato quantitativo,
ma un dato mirato ad uno scopo esplicito’ (Consiglio
di Stato, sez. IV, 28.05.13 n. 2916).”
Ciò che la giurisprudenza fa emergere è la “marcata
attenzione alla funzione stessa degli standard
urbanistici, intesi come indicatori minimi della
qualità edificatoria (e così riferiti ai limiti
inderogabili di densità edilizia, di rapporti
spaziali tra le costruzioni e di disponibilità di
aree destinate alla fruizione collettiva) e come
tali destinati a connettersi direttamente con le
aspettative dei fruitori dell’area interessata”,
in una situazione di stretta interdipendenza, tale
da determinare “la cogenza di questa stretta
correlazione spaziale tra intervento edilizio e
localizzazione dello standard”.
Sulla scorta di tale lettura, appare perplessa la
decisione di sopprimere un parcheggio pubblico
destinato a soddisfare la previsione di standard,
che come si è detto si localizzano funzionalmente
nell’area limitrofa all’intervento, correlata ad una
solo ipotetica e futura destinazione delle somme
conseguite a seguito della monetizzazione, ossia
della vendita dei parcheggi in esame.
In concreto, il primo giudice, pur avendo
evidenziato la correttezza procedimentale, ha omesso
di riscontrare l’assunto della fondamentale
indisponibilità dell’oggetto del procedimento, ossia
l’impossibilità di privare un’area della sua
dotazione minima di standard senza una contestuale,
effettiva e funzionale indicazione di altre aree di
parcheggio idonee a salvaguardare il requisito
minimo ex lege. In concreto, usando le
categorie tradizionali dell’atto amministrativo,
l’indisponibilità del bene, dovuta al fatto che
questo è essenziale per garantire la legittimità
dell’insediamento realizzato, priva l’azione
amministrativa di un suo necessario presupposto,
rendendola così illegittima.
Per altro verso, appare non congruo il rinvio
all’art. 32, comma 2, della legge regionale Veneto
n. 11 del 23.04.2004 “Norme per il governo del
territorio e in materia di paesaggio”, atteso
che la detta disposizione (per cui “le aree per
servizi devono avere dimensione e caratteristiche
idonee alla loro funzione in conformità a quanto
previsto dal provvedimento della Giunta regionale di
cui all'articolo 46, comma 1, lettera b). Qualora
all'interno del PUA tali aree non siano reperibili,
o lo siano parzialmente, è consentita la loro
monetizzazione ovvero la compensazione ai sensi
dell'articolo 37”) è collegata a quella di cui
al comma 1 (“Il conseguimento dei rapporti di
dimensionamento dei piani urbanistici attuativi (PUA)
è assicurato mediante la cessione di aree o con
vincoli di destinazione d'uso pubblico”) e si
riferisce eventualmente alla sola fase di adozione e
approvazione del piano (in senso analogo, sebbene in
relazione alla diversa situazione lombarda,
Consiglio di Stato, sez. V, 17.09.2010 n. 6950 dove
si evidenzia l’incompatibilità della monetizzazione
“volta a supplire alla (presunta) carenza di
standard che non sia stata considerata in sede di
pianificazione attuativa”).
Tale circostanza si ripercuote quindi anche sul
regime giuridico della successiva procedura di
dismissione che ne è direttamente condizionata, in
senso ovviamente negativo, e in relazione alle
delibere emesse strumentalmente ad essa.
Conclusivamente, l’appello va accolto limitatamente
alle doglianze contenute nel ricorso di prime cure
n. 447 del 2012 e quindi limitatamente
all’annullamento della deliberazione del Consiglio
Comunale di San Donà di Piave del 20.12.2011 n. 103,
dove ha deciso la sdemanializzazione e l'inserimento
tra le aree comunali da vendere (quali parcheggi
privati) dei 77 posti auto interrati
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 05.08.2014 n. 4183 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Sino all'entrata in vigore della l.r. 12/2005, nell'ambito
del titolo edilizio riguardante la costruzione di
autorimesse connesse ad un edificio di nuova costruzione la
loro superficie doveva essere computata ai fini della
determinazione della superficie non residenziale.
Secondo la ricorrente sussisterebbe un
principio generale secondo il quale i parcheggi e le
autorimesse mai potrebbero influire ai fini della
determinazione del contributo concessorio. In applicazione
di tale principio essi non dovrebbero neppure rilevare ai
fini dell’individuazione della classe giacché, come visto,
la classe incide sull’entità del contributo.
In proposito si deve osservare che la giurisprudenza non
offre soluzioni univoche.
Talune pronunce affermano che, ai sensi del coordinato
disposto dell'art. 11, comma 1, della legge n. 122 del 1989
e dell'art. 9, comma 1, lett. f), della legge n. 10 del 1977
(ora, art. 17, comma 3, lett. c), del d.P.R. n. 380 del
2001), la realizzazione dei parcheggi obbligatori è
esonerata dall'onere di pagamento del contributo di
costruzione.
Tuttavia di recente la Sezione si è uniformata
all’orientamento opposto che afferma che, nel caso di
realizzazione di edifici nuovi, le autorimesse rilevano ai
fini dell’individuazione della classe.
Si è in particolare osservato che, per costante orientamento
giurisprudenziale, il citato art. 9 della legge n. 122 del
1989 si riferisce solo alle autorimesse realizzate in
edifici già esistenti, e che quindi anche il successivo art.
11 dello stesso decreto (che, come detto, equipara le
autorimesse alle opere di urbanizzazione) non può che
riferirsi a tale tipologia di autorimesse.
Si è peraltro precisato che a conclusioni diverse non può
condurre né il richiamato art. 2 della l.r. n. 22 del 1999
né l’art. 69 della l.r. n. 12 del 2005.
Il primo in quanto inserito in un contesto normativo che
induce ad armonizzarne la portata alle disposizioni
contenute nella legge n. 122 del 1989; il secondo in quanto
norma sopravvenuta che non può trovare applicazione nelle
fattispecie concretizzatesi prima della sua entrata in
vigore.
Ciò premesso, va rilevato che il titolo edilizio riguardante
le autorimesse realizzate dalla ricorrente si è perfezionato
prima dell’entrata in vigore dell’art. 69 della l.r. n. 12
del 2005, e che le medesime autorimesse sono connesse ad un
edificio di nuova costruzione. La loro superficie doveva
dunque essere computata ai fini della determinazione della
superficie non residenziale.
13. Come noto, il rilascio di titoli edilizi è correlato al
pagamento di un contributo, il cui ammontare è commisurato
alle spese che il Comune sostiene per la realizzazione delle
opere di urbanizzazione e al costo di costruzione.
14. Con riferimento a quest’ultimo, l’art. 16, comma 9, del
d.P.R. 06.06.2001 n. 327 stabilisce che il suo ammontare sia
determinato dalle regioni, le quali a tal fine debbono,
innanzitutto, determinare i costi di costruzione degli
edifici facendo riferimento ai valori massimi previsti per
l’edilizia agevolata; devono poi individuare delle classi
cui ascrivere gli edifici stessi determinate in base al
pregio di questi, ed in relazione alle diverse classi
stabilire maggiorazioni al costo di costruzione come sopra
determinato; devono infine stabilire l’aliquota da applicare
al costo di costruzione (aliquota che può variare dal 5 al
20 per cento) ai fini del calcolo del contributo.
In Regione Lombardia il provvedimento di riferimento è la
delibera di Giunta Regionale n. V/53844 del 31.05.1994.
15. Prevede fra l’altro tale delibera che, per quanto
riguarda l’individuazione delle classi, si debba far
riferimento a quanto stabilito dal d.m. 10.05.1977 (emanato
in esecuzione dell’art. 6 della legge n. 10 del 1977).
Stabilisce inoltre che le aliquote da applicare al costo di
costruzione, ai fini del calcolo del contributo, varino in
relazione alla classe cui è ascritto l’edificio.
16. Come si vede, le classi incidono doppiamente sul calcolo
del contributo commisurato al costo di costruzione: in prima
battuta in quanto al loro variare varia anche il costo di
costruzione; in seconda battuta in quanto l’aliquota da
applicare a quest’ultimo per la determinazione del
contributo aumenta con il variare della classe.
17. Ciò premesso, si deve osservare che, in base all’art. 6
del d.m 10.05.1977, la classe cui ascrivere il singolo
edificio si determina anche sulla base del rapporto fra
superficie non residenziale e superficie residenziale:
maggiore è il rapporto e quindi maggiore è la superficie non
residenziale) più alta sarà la classe cui ricondurre il
fabbricato.
18. E’ per questa ragione che i ricorrenti hanno interesse a
dedurre che, per il calcolo della superficie non
residenziale, non si debba tenere conto delle autorimesse.
19. Sostiene in particolare l’interessata che le autorimesse
non sono computabili ai fini di cui sopra in virtù del
combinato disposto degli artt. 9, comma primo, lett. f),
della legge n. 10 del 1977 e 11 della legge 24.03.1989 n.
122 (nonché dell’art. 2 della l.r. n. 22 del 1999 che
contiene norma analoga a quella contenuta nel citato art.
11): l’art. 9, comma primo, lett. f), della legge n. 10 del
1977 stabilisce la gratuità delle concessioni edilizie
relative ad opere di urbanizzazione, mentre l’art. 11 della
legge 24.03.1989 n. 122 assimila i parcheggi e le
autorimesse alle opere di urbanizzazione, e ciò proprio al
fine di sancire la gratuità delle relative concessioni.
20. Secondo la ricorrente tali norme sarebbero espressione
di un principio generale secondo il quale i parcheggi e le
autorimesse mai potrebbero influire ai fini della
determinazione del contributo concessorio. In applicazione
di tale principio essi non dovrebbero neppure rilevare ai
fini dell’individuazione della classe giacché, come visto,
la classe incide sull’entità del contributo.
21. In proposito si deve osservare che la giurisprudenza non
offre soluzioni univoche.
22. Talune pronunce affermano che, ai sensi del coordinato
disposto dell'art. 11, comma 1, della legge n. 122 del 1989
e dell'art. 9, comma 1, lett. f), della legge n. 10 del 1977
(ora, art. 17, comma 3, lett. c), del d.P.R. n. 380 del
2001), la realizzazione dei parcheggi obbligatori è
esonerata dall'onere di pagamento del contributo di
costruzione (cfr. ex multis TAR Campania Napoli, sez.
II, 04.12.2012, n. 4896).
23. Tuttavia di recente la Sezione si è uniformata
all’orientamento opposto che afferma che, nel caso di
realizzazione di edifici nuovi, le autorimesse rilevano ai
fini dell’individuazione della classe (cfr. Consiglio di
Stato, sez. V, 21.05.2013, n. 2771; id. 18.12.2012, n. 6509;
TAR Lombardia Milano, sez. II, 20.03.2014, n 722).
24. Si è in particolare osservato che, per costante
orientamento giurisprudenziale, il citato art. 9 della legge
n. 122 del 1989 si riferisce solo alle autorimesse
realizzate in edifici già esistenti (cfr. ex multis
Consiglio di Stato, sez. V, 24.10.2000 n. 5676), e che
quindi anche il successivo art. 11 dello stesso decreto
(che, come detto, equipara le autorimesse alle opere di
urbanizzazione) non può che riferirsi a tale tipologia di
autorimesse.
25. Si è peraltro precisato che a conclusioni diverse non
può condurre né il richiamato art. 2 della l.r. n. 22 del
1999 né l’art. 69 della l.r. n. 12 del 2005.
26. Il primo in quanto inserito in un contesto normativo che
induce ad armonizzarne la portata alle disposizioni
contenute nella legge n. 122 del 1989 (si rinvia alle
esaustive motivazioni contenute nella citata sentenza del
Consiglio di Stato n. 6509 del 2012); il secondo in quanto
norma sopravvenuta che non può trovare applicazione nelle
fattispecie concretizzatesi prima della sua entrata in
vigore.
27. Ciò premesso, va rilevato che il titolo edilizio
riguardante le autorimesse realizzate dalla ricorrente si è
perfezionato prima dell’entrata in vigore dell’art. 69 della
l.r. n. 12 del 2005, e che le medesime autorimesse sono
connesse ad un edificio di nuova costruzione. La loro
superficie doveva dunque essere computata ai fini della
determinazione della superficie non residenziale.
28. Il motivo in esame è, pertanto, infondato. Di
conseguenza il ricorso va respinto
(TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 29.07.2014 n. 2151 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Il coordinamento esegetico dell'art. 11 con le
altre disposizioni della legge n. 122/1989 circoscrive
l'esonero dal contributo di concessione alle sole "opere e
interventi" realizzati o nel quadro del programma urbano dei
parcheggi (anche ai sensi del comma 4 dell'art. 9) o a
quelli realizzati, "... nel sottosuolo degli stessi
(immobili) ovvero nei locali siti al piano terreno dei
fabbricati..anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai
regolamenti edilizi vigenti...(nonché e sempre)...ad uso
esclusivo dei residenti, anche nel sottosuolo di aree
pertinenziali esterne al fabbricato, purché non in contrasto
con i piani urbani del traffico", di cui al comma 1
dell'art. 9.
In altri termini deve trattarsi di parcheggi da realizzare,
con vincolo di pertinenzialità alle unità immobiliari dei
residenti, in edifici già esistenti (nel sottosuolo, e
completamente interrati, o in locali al piano terreno) o
comunque, e sempre a uso esclusivo dei residenti, al
servizio di edifici già esistenti (su aree esterne o anche
nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne).
In tal senso l'orientamento affatto prevalente della
giurisprudenza ha chiarito che l'art. 9 riguarda i soli
edifici esistenti e non anche gli edifici nuovi per i quali
trova invece applicazione l'art. 41-sexies della legge
17.08.1942, n. 1150, come sostituito dall'art. 2 della
stessa legge n. 122/1989 (a tenore del quale "Nelle nuove
costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle
costruzioni stesse, debbono essere riservati appositi spazi
per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato
per ogni 10 metri cubi di costruzione"), che a differenza
degli spazi a parcheggio di cui all'art. 41-quinquies non
sono aree pubbliche conteggiabili nella dotazione degli
standards e che, peraltro, a seguito della novella di cui
all'art. articolo 12, comma 9, della legge 28.11.2005, n.
246, che ha aggiunto un secondo comma alla disposizione, non
sono assoggettati a vincoli pertinenziali e sono
trasferibili autonomamente.
Com'é noto l'art. 11, comma 1, della legge 24.03.1989, n.
122 (recante "Disposizioni in materia di parcheggi,
programma triennale per le aree urbane maggiormente popolate
nonché modificazioni di alcune norme del testo unico sulla
disciplina della circolazione stradale, approvato con
decreto del Presidente della Repubblica 15.06.1959, n. 393")
dispone che: "Le opere e gli interventi previsti dalla
presente legge costituiscono opere di urbanizzazione anche
ai sensi dell'articolo 9, primo comma, lettera f) , della
legge 28.01.1977, n. 10".
A sua volta quest'ultimo stabiliva l'esonero dal contributo
di concessione (tra gli altri) "per gli impianti, le
attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale
realizzate dagli enti istituzionalmente competenti nonché
per le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati,
in attuazione di strumenti urbanistici" (la disposizione
è stata abrogata dall'art. 136, comma 1, lettera c), del
d.P.R. 06.06.2001, n. 380, dapprima con decorrenza dal
01.01.2002, quindi dal 30.06.2002 ex art. 5-bis del d.l.
23.11.2001, n. 411 e, finalmente, dal 30.06.2003, ai sensi
in base all'art. 3 del d.l. 20.06.2002, n. 122, convertito,
con modificazioni, nella legge 01.08.2002, n. 185, e la
corrispondente norma è contenuta nell'art. 17, comma 3,
lettera c), del d.P.R. 06.06.2001, n. 380).
Orbene, per quanto qui interessa, il coordinamento esegetico
dell'art. 11 con le altre disposizioni della legge n.
122/1989 circoscrive l'esonero dal contributo di concessione
alle sole "opere e interventi" realizzati o nel
quadro del programma urbano dei parcheggi (anche ai sensi
del comma 4 dell'art. 9) o a quelli realizzati, "... nel
sottosuolo degli stessi (immobili) ovvero nei locali siti al
piano terreno dei fabbricati..anche in deroga agli strumenti
urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti...(nonché e
sempre)...ad uso esclusivo dei residenti, anche nel
sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato,
purché non in contrasto con i piani urbani del traffico",
di cui al comma 1 dell'art. 9.
In altri termini deve trattarsi di parcheggi da realizzare,
con vincolo di pertinenzialità alle unità immobiliari dei
residenti, in edifici già esistenti (nel sottosuolo, e
completamente interrati, o in locali al piano terreno) o
comunque, e sempre a uso esclusivo dei residenti, al
servizio di edifici già esistenti (su aree esterne o anche
nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne).
In tal senso l'orientamento affatto prevalente della
giurisprudenza ha chiarito che l'art. 9 riguarda i soli
edifici esistenti e non anche gli edifici nuovi (cfr. Cons.
Stato, Sez. IV, 16.04.2012, n. 2185, e 10.03.2011, n. 1565,
e per più risalenti affermazioni Sez. V, 24.10.2000 n. 5676)
per i quali trova invece applicazione l'art. 41-sexies della
legge 17.08.1942, n. 1150, come sostituito dall'art. 2 della
stessa legge n. 122/1989 (a tenore del quale "Nelle nuove
costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle
costruzioni stesse, debbono essere riservati appositi spazi
per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato
per ogni 10 metri cubi di costruzione"), che a
differenza degli spazi a parcheggio di cui all'art.
41-quinquies non sono aree pubbliche conteggiabili nella
dotazione degli standards (Cons. Stato, Sez. IV, 08.01.2013
n. 32) e che, peraltro, a seguito della novella di cui
all'art. articolo 12, comma 9, della legge 28.11.2005, n.
246, che ha aggiunto un secondo comma alla disposizione, non
sono assoggettati a vincoli pertinenziali e sono
trasferibili autonomamente
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 12.05.2014 n. 2404 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
La locuzione "aree pertinenziali esterne",
riferita dall'art. 9 L. 24.03.1989 n. 122 alla possibilità
di costruire parcheggi da destinare a pertinenza delle
singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti
urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti, non
presuppone una relazione di pertinenzialità "materiale",
evocante un rapporto di immediata contiguità fisica tra il
fabbricato principale e l'area esterna asservita
(sottostante, interna o esterna), ma fa piuttosto
riferimento ad una nozione giuridica di pertinenzialità tra
ciascun singolo posto auto ed una specifica unità
immobiliare, nel senso di creare fra essi un nesso di
inscindibilità in forza del quale di essi non possa più
disporsi separatamente, potendo quindi anche non preesistere
all'intervento ed essere creato solo in un momento
successivo alla realizzazione del parcheggio.
Nella fattispecie una simile situazione non appare
rinvenibile, atteso che esistono già una pluralità di box a
servizio del fabbricato degli originari controinteressati,
sicché quell’esigenza di fornire ogni unità immobiliare di
un posto auto, che giustifica la deroga alla disciplina
sulle distanze, non può rinvenirsi.
In relazione alla portata
derogatoria dell’art. 9, l. n. 122/1989, che a giudizio
degli originari controinteressati non sarebbe stata tenuta
nel dovuto conto dal primo Giudice, non può convenirsi con
quanto dedotto, perché la norma citata stabilisce che: “I
proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo
degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei
fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle singole
unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti
urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti. Tali
parcheggi possono essere realizzati, ad uso esclusivo dei
residenti, anche nel sottosuolo di aree pertinenziali
esterne al fabbricato, purché non in contrasto con i piani
urbani del traffico, tenuto conto dell'uso della superficie
sovrastante e compatibilmente con la tutela dei corpi idrici”.
Si tratta di una disposizione che prevede una deroga alla
disciplina sulle distanze solo in ragione della stretta
pertinenzialità che deve avvincere i parcheggi in questione
alle singole unità immobiliari.
Pertinenzialità che, se non deve avere uno stretto legame
materiale, deve però caratterizzarsi per uno stretto legame
giuridico (Cons. St., Sez. IV, 30.06.2005, n. 3456; Id. Sez.
VI, 17.02.2003, n. 844), come già precisato da Cons. St.,
Sez. IV, 31.03.2010, n. 1842: “La locuzione "aree
pertinenziali esterne", riferita dall'art. 9 L. 24.03.1989
n. 122 alla possibilità di costruire parcheggi da destinare
a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in
deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi
vigenti, non presuppone una relazione di pertinenzialità
"materiale", evocante un rapporto di immediata contiguità
fisica tra il fabbricato principale e l'area esterna
asservita (sottostante, interna o esterna), ma fa piuttosto
riferimento ad una nozione giuridica di pertinenzialità tra
ciascun singolo posto auto ed una specifica unità
immobiliare, nel senso di creare fra essi un nesso di
inscindibilità in forza del quale di essi non possa più
disporsi separatamente, potendo quindi anche non preesistere
all'intervento ed essere creato solo in un momento
successivo alla realizzazione del parcheggio”.
Nella fattispecie una simile situazione non appare
rinvenibile, atteso che esistono già una pluralità di box a
servizio del fabbricato degli originari controinteressati,
sicché quell’esigenza di fornire ogni unità immobiliare di
un posto auto, che giustifica la deroga alla disciplina
sulle distanze, non può rinvenirsi
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 13.03.2014 n. 1272 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
È vero, infatti, che l'art. 9 della legge
24.03.1989, n. 122, prevede che i proprietari di immobili
possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero nei
locali siti al piano terreno dei parcheggi da destinare a
pertinenza delle singole unità immobiliari anche in deroga
agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi
vigenti, di modo che siffatte autorimesse e parcheggi
pertinenziali non risultino soggette alla disciplina
urbanistica che regola le nuove costruzioni fuori terra.
Tuttavia, la mancanza di carico urbanistico va individuata
nei soli parcheggi obbligatori e pertinenziali, (a
differenza dei parcheggi non pertinenziali, apportatori di
carico urbanistico), laddove per pertinenziali si intendono
i parcheggi realizzati, se non nei locali del piano terra di
un fabbricato preesistente, nel sottosuolo dello stesso
fabbricato ovvero nel sottosuolo di un’area pertinenziale
esterna.
L’autorimessa fuori terra in questione, non presentando
dette caratteristiche e non rientrando, quindi, nell’ambito
di operatività dell’art. 9 della legge n. 122 del 1989 ora
riportato, è soggetta alla disciplina urbanistica generale
come ordinaria nuova costruzione.
Ad analoga
conclusione si addiviene per quanto riguarda il manufatto F,
parzialmente adibito ad autorimessa.
È vero, infatti, che
l'art. 9 della legge 24.03.1989, n. 122, prevede che i
proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo
degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei
parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità
immobiliari anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai
regolamenti edilizi vigenti, di modo che siffatte
autorimesse e parcheggi pertinenziali non risultino soggette
alla disciplina urbanistica che regola le nuove costruzioni
fuori terra (cfr., ex multis, Cons. St., sez. IV, 13.07.2011 n. 4234; id., sez. IV, 26.09.2008 n. 4645).
Tuttavia, la mancanza di carico urbanistico va individuata
nei soli parcheggi obbligatori e pertinenziali, (a
differenza dei parcheggi non pertinenziali, apportatori di
carico urbanistico), laddove per pertinenziali si intendono
i parcheggi realizzati, se non nei locali del piano terra di
un fabbricato preesistente, nel sottosuolo dello stesso
fabbricato ovvero nel sottosuolo di un’area pertinenziale
esterna (TAR Napoli sez. II, 14.05.2013 n. 2495).
L’autorimessa fuori terra in questione, non presentando
dette caratteristiche e non rientrando, quindi, nell’ambito
di operatività dell’art. 9 della legge n. 122 del 1989 ora
riportato, è soggetta alla disciplina urbanistica generale
come ordinaria nuova costruzione (cfr. Cons. St., sez. V, 29.03.2004
n. 1662) (TAR Piemonte, Sez. I,
sentenza 21.02.2014 n. 323 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Nella
fattispecie, trattasi di un residuo di manufatto,
completamente diruto,
fondamentalmente costituito da segmenti del muro perimetrale
nemmeno idonei al riconoscimento dell’originaria area di
sedime.
Orbene, stante l’inesistenza di un fabbricato su cui
intervenire, appaiono del tutto non condivisibili le
affermazioni del primo giudice sulla possibilità della
ristrutturazione, in quanto tale intervento è espressamente
consentito, anche nella forma della ricostruzione previa
demolizione, in presenza di un edificio esistente,
circostanza qui non assodata, anzi esclusa dalle prove.
Non solo, l’inesistenza di un edificio su cui intervenire
esclude parimenti la possibilità di una realizzazione di
parcheggi ex legge 122 del 1990, visto che la legge
ricollega tale facoltà ai soli manufatti esistenti, anzi
impone uno stretto vincolo di pertinenzialità, non
concepibile in assenza dell’opera principale (da ultimo,
Consiglio di Stato, n. 3672/2013, che rimarca come l'art. 9
della legge 24.03.1989 n. 122, nella parte in cui assoggetta
la realizzazione di parcheggi ad autorizzazione gratuita e
non a concessione, costituisce norma eccezionale che,
derogando agli strumenti urbanistici e ai regolamenti
edilizi vigenti, deve intendersi riferita al parcheggio
realizzato nello stesso fabbricato ove sono situate le unità
immobiliari di cui il parcheggio costituisce pertinenza).
L’aspetto centrale della vicenda, come d’altronde avviene
spesso in tutte le questioni riguardanti l’edilizia, attiene
all’esatta individuazione della categoria di opera, in
relazione alla fondamentale distinzione tra interventi di
nuova costruzione e interventi sul patrimonio esistente.
Peraltro, tale dato di fatto è tutt’altro che pacifico tra
le parti, atteso che per gli appellati si tratta di un
fabbricato storico oggetto di dichiarazione di interesse
particolarmente importante, specificamente riconoscibile
nella sua sussistenza storica, mentre l’amministrazione lo
qualifica come rudere. Si tratta quindi di un accertamento
in fatto, peraltro di natura estremamente semplice, che non
può sfuggire alla cognizione del giudice.
Orbene, nella disamina degli atti, emerge come la difesa del
Comune de L’aquila abbia depositato un fascicolo
fotografico, da cui si ritrae una rappresentazione visiva,
immediata e lineare dell’aspetto dell’immobile. Si tratta di
un residuo di manufatto, completamente diruto,
fondamentalmente costituito da segmenti del muro perimetrale
nemmeno idonei al riconoscimento dell’originaria area di
sedime.
La prova fotografica fornita, lampante tanto da essere
ovvia, impone alla Sezione di ritenere del tutto infondata
la ricostruzione proposta dagli appellati, aderendo
pienamente alla qualificazione data dal Comune all’edificio.
Chiarite le coordinate fattuali, la disciplina
giuridica è immediatamente conseguente.
In primo luogo, stante l’inesistenza di un fabbricato su cui
intervenire, appaiono del tutto non condivisibili le
affermazioni del primo giudice (che peraltro si è basato
sulle argomentazioni degli originari ricorrenti “da
intendersi qui per riportate e trascritte”) sulla
possibilità della ristrutturazione, in quanto tale
intervento è espressamente consentito, anche nella forma
della ricostruzione previa demolizione, in presenza di un
edificio esistente, circostanza qui non assodata, anzi
esclusa dalle prove. Pertanto, va confermata la presenza dei
presupposti legittimanti l’atto di annullamento adottato dal
Comune di L’Aquila in ordine alla D.I.A. (prot. 984 in data
11.08.2005) relativa ai lavori di ristrutturazione
dell’immobile in questione.
In secondo luogo, l’inesistenza di un edificio su cui
intervenire esclude parimenti la possibilità di una
realizzazione di parcheggi ex lege 122 del 1990, visto che
la legge ricollega tale facoltà ai soli manufatti esistenti,
anzi impone uno stretto vincolo di pertinenzialità, non
concepibile in assenza dell’opera principale (da ultimo,
Consiglio di Stato, sez. IV, 10.07.2013 n. 3672, che
rimarca come l'art. 9 della legge 24.03.1989 n. 122, nella
parte in cui assoggetta la realizzazione di parcheggi ad
autorizzazione gratuita e non a concessione, costituisce
norma eccezionale che, derogando agli strumenti urbanistici
e ai regolamenti edilizi vigenti, deve intendersi riferita
al parcheggio realizzato nello stesso fabbricato ove sono
situate le unità immobiliari di cui il parcheggio
costituisce pertinenza) (Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 17.02.2014 n. 735 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA:
Sul tema
del rispetto degli standard urbanistici laddove ha
nuovamente assunto di recente un rilievo centrale
nell’ambito degli strumenti di governo del
territorio.
Questo Giudice ha già delineato
una propria linea interpretativa in merito al
collegamento tra interventi edilizi e ricerca degli
standard urbanistici e ha così assunto decisioni che
hanno, ad esempio, negato la sufficienza di un
parcheggio collocato in area non fruibile, dove la
fruibilità era collegata non a valutazioni
normative, ma fattuali, poiché il “terreno
pertinenziale destinato a parcheggio deve
ragionevolmente intendersi come condizione
necessaria per la migliore fruizione del parcheggio
medesimo da parte di tutti coloro che intendono
comodamente accedervi con i propri mezzi di
locomozione per poi uscire con i relativi acquisti
più o meno ingombranti e/o pesanti da collocare su
tali mezzi”.
Oppure decisioni che hanno evidenziato i pericoli
legati alla smaterializzazione degli standard,
sottolineando come “la monetizzazione degli standard
urbanistici non può essere considerata alla stregua
di una vicenda di carattere unicamente patrimoniale
e rilevante solo sul piano dei rapporti tra l’ente
pubblico e il privato che realizzerà l’opera, e ciò
perché, da un lato, così facendo si legittima la
paradossale situazione di separare i commoda (sotto
forma di entrata patrimoniale per il Comune) dagli
incommoda (il peggioramento della qualità di vita
degli appellanti) e dall’altro, si nega tutela
giuridica agli interessi concretamente lesi degli
abitanti dell’area”.
Ancora, si è affermato che “qualora si potessero
individuare gli standard costruttivi in ragione del
solo dato dimensionale, verrebbe conseguentemente
posto in ombra il dato funzionale, ossia la
destinazione concreta dell’area, come voluta dal
legislatore. Soddisfacendo gli standard con la messa
a disposizione di aree non utilizzabili in concreto
(ossia, seguendo l’indicazione del TAR, utilizzando
“le porzioni che non sono utilizzabili, per forma o
per le ridotte dimensioni, ovvero perché eccedenti
un posto macchina standard ma insufficienti per
realizzarne un altro, ovvero infine per il difficile
accesso”), la norma di garanzia verrebbe frustrata,
atteso che il citato art. 41-sexsies della legge
urbanistica non contempla un nudo dato quantitativo,
ma un dato mirato ad uno scopo esplicito”.
---------------
Come si vede, il quadro complessivo emergente dalla
giurisprudenza è quello di una marcata attenzione
alla funzione stessa degli standard urbanistici,
intesi come indicatori minimi della qualità
edificatoria (e così riferiti ai limiti inderogabili
di densità edilizia, di rapporti spaziali tra le
costruzioni e di disponibilità di aree destinate
alla fruizione collettiva) e come tali destinati a
connettersi direttamente con le aspettative dei
fruitori dell’area interessata.
Il che comporta come il criterio essenziale di
valorizzazione e di decisione sulla congruità dello
standard applicato sia quello della
funzionalizzazione dello stesso al rispetto delle
esigenze della popolazione stanziata sul territorio,
che dovrà quindi essere posta in condizione di
godere, concretamente e non virtualmente, del
quantum di standard urbanistici garantiti dalla
disciplina urbanistica.
---------------
La Sezione non può peraltro esimersi dal notare come
la cogenza di questa stretta correlazione spaziale
tra intervento edilizio e localizzazione dello
standard, correlazione che connota il tema della
qualità edilizia, assuma una valenza ancora più
marcata nei casi in cui operino strumenti
urbanistici informati al principio della
perequazione.
Infatti, la soluzione perequativa, che tende ad
attenuare gli impatti discriminatori della
pianificazione a zone, sia in funzione di un meno
oneroso acquisto in favore della mano pubblica dei
suoli da destinare a finalità collettive, sia per
conseguire un’effettiva equità distributiva della
rendita fondiaria, si fonda su una serie di
strumenti operativi che, letti senza un congruo
ancoraggio con le necessità concrete cui si
riferiscono, favoriscono astrazioni concettuali
pericolose.
L’utilizzo di formule retoricamente allettanti (aree
di decollo, aree di atterraggio, pertinenze
indirette, trasferimenti di diritti volumetrici et
similia) non deve fare dimenticare che lo scopo
della disciplina urbanistica non è la
massimizzazione dell’aggressione del territorio, ma
la fruizione, privata o collettiva, delle aree in
modo pur sempre coerente con le aspettative di vita
della popolazione che ivi risiede.
In particolare, l’assenza di una disciplina
nazionale sulla perequazione urbanistica (tanto più
necessaria dopo che la Corte costituzionale ha
affermato, con la sentenza del 26.03.2010 n. 121,
che le “previsioni, relative al trasferimento ed
alla cessione dei diritti edificatori, incidono
sulla materia «ordinamento civile», di competenza
esclusiva dello Stato”, con ciò rendendo dubbia la
presenza di discipline regionali emanate prima della
fissazione di un quadro organico statale - che non
si limiti all’aspetto della mera documentazione
della trascrizione dei diritti edificatori, di cui
all’art. 5, comma 3, del D.L. 13.05.2011, n. 70)
dimostra la viva necessità di una disamina concreta
delle diverse previsioni adottate negli strumenti
urbanistici, al fine di evitare che l’estrema
flessibilità delle soluzioni operative adottate
dalle singole Regioni si traduca in una lesione di
ineliminabili esigenze di salvaguardia dei livelli
qualitativi omogenei di convivenza civile (e la
riconducibilità dell’attività amministrativa, intesa
come “prestazione”, al parametro di cui all’art.
117, secondo comma, lettera m) della Costituzione,
proprio in rapporto a istituti di diritto
dell’edilizia, è chiarissima nella giurisprudenza
del giudice delle leggi).
---------------
Conclusivamente, la Sezione intende rimanere fedele
al suo orientamento che vede lo standard urbanistico
collocarsi spazialmente e funzionalmente in
prossimità dell’area di intervento edilizio, al fine
di legare strettamente e indissolubilmente commoda e
incommoda della modificazione sul territorio.
2.1. - La doglianza è fondata e va accolta.
Osserva la Sezione come il tema del rispetto degli
standard urbanistici abbia nuovamente assunto di
recente un rilievo centrale nell’ambito degli
strumenti di governo del territorio.
In questo senso, sono riscontrabili non solo
interventi normativi (peraltro organizzati secondo
prospettive dialetticamente opposte riguardo al tema
della loro necessità e cogenza, poiché mirano, da un
lato -come nel caso della legge 14.01.2013, n. 10 “Norme
per lo sviluppo degli spazi verdi urbani”- a
marcarne la rilevanza ai fini della qualità di vita
urbana e, dall’altro –come con l’introduzione
dell’art. 2-bis “Deroghe in materia di limiti di
distanza tra fabbricati” nel d.P.R. 06.06.2001
n. 380 “Testo unico delle disposizioni
legislative e regolamentari in materia edilizia”–
a renderne al contrario più flessibile e meno
stringente il contenuto), ma anche prese di
posizione di questo Consiglio, che non si è
sottratto al dovere di esprimere il proprio avviso
su un tema così rilevante nella costruzione del
tessuto urbanistico.
In particolare, questo Giudice ha già delineato una
propria linea interpretativa in merito al
collegamento tra interventi edilizi e ricerca degli
standard urbanistici e ha così assunto decisioni che
hanno, ad esempio, negato la sufficienza di un
parcheggio collocato in area non fruibile, dove la
fruibilità era collegata non a valutazioni
normative, ma fattuali, poiché il “terreno
pertinenziale destinato a parcheggio deve
ragionevolmente intendersi come condizione
necessaria per la migliore fruizione del parcheggio
medesimo da parte di tutti coloro che intendono
comodamente accedervi con i propri mezzi di
locomozione per poi uscire con i relativi acquisti
più o meno ingombranti e/o pesanti da collocare su
tali mezzi” (Consiglio di Stato, sez. V,
25.06.2010 n. 4059); oppure decisioni che hanno
evidenziato i pericoli legati alla
smaterializzazione degli standard, sottolineando
come “la monetizzazione degli standard
urbanistici non può essere considerata alla stregua
di una vicenda di carattere unicamente patrimoniale
e rilevante solo sul piano dei rapporti tra l’ente
pubblico e il privato che realizzerà l’opera, e ciò
perché, da un lato, così facendo si legittima la
paradossale situazione di separare i commoda (sotto
forma di entrata patrimoniale per il Comune) dagli
incommoda (il peggioramento della qualità di vita
degli appellanti) e dall’altro, si nega tutela
giuridica agli interessi concretamente lesi degli
abitanti dell’area” (Consiglio di Stato, sez. IV,
ord. 04.02.2013 n. 644).
Ancora, si è affermato che “qualora si potessero
individuare gli standard costruttivi in ragione del
solo dato dimensionale, verrebbe conseguentemente
posto in ombra il dato funzionale, ossia la
destinazione concreta dell’area, come voluta dal
legislatore. Soddisfacendo gli standard con la messa
a disposizione di aree non utilizzabili in concreto
(ossia, seguendo l’indicazione del TAR, utilizzando
“le porzioni che non sono utilizzabili, per forma o
per le ridotte dimensioni, ovvero perché eccedenti
un posto macchina standard ma insufficienti per
realizzarne un altro, ovvero infine per il difficile
accesso”), la norma di garanzia verrebbe frustrata,
atteso che il citato art. 41-sexsies della legge
urbanistica non contempla un nudo dato quantitativo,
ma un dato mirato ad uno scopo esplicito”
(Consiglio di Stato, sez. IV, 28.05.2013 n. 2916).
Come si vede, il quadro complessivo emergente dalla
giurisprudenza è quello di una marcata attenzione
alla funzione stessa degli standard urbanistici,
intesi come indicatori minimi della qualità
edificatoria (e così riferiti ai limiti inderogabili
di densità edilizia, di rapporti spaziali tra le
costruzioni e di disponibilità di aree destinate
alla fruizione collettiva) e come tali destinati a
connettersi direttamente con le aspettative dei
fruitori dell’area interessata.
Il che comporta, come già notato dalle decisioni che
precedono, come il criterio essenziale di
valorizzazione e di decisione sulla congruità dello
standard applicato sia quello della
funzionalizzazione dello stesso al rispetto delle
esigenze della popolazione stanziata sul territorio,
che dovrà quindi essere posta in condizione di
godere, concretamente e non virtualmente, del
quantum di standard urbanistici garantiti dalla
disciplina urbanistica.
La Sezione non può peraltro esimersi dal notare come
la cogenza di questa stretta correlazione spaziale
tra intervento edilizio e localizzazione dello
standard, correlazione che connota il tema della
qualità edilizia, assuma una valenza ancora più
marcata nei casi in cui operino strumenti
urbanistici informati al principio della
perequazione.
Infatti, la soluzione perequativa, che tende ad
attenuare gli impatti discriminatori della
pianificazione a zone, sia in funzione di un meno
oneroso acquisto in favore della mano pubblica dei
suoli da destinare a finalità collettive, sia per
conseguire un’effettiva equità distributiva della
rendita fondiaria, si fonda su una serie di
strumenti operativi che, letti senza un congruo
ancoraggio con le necessità concrete cui si
riferiscono, favoriscono astrazioni concettuali
pericolose.
L’utilizzo di formule retoricamente allettanti (aree
di decollo, aree di atterraggio, pertinenze
indirette, trasferimenti di diritti volumetrici
et similia) non deve fare dimenticare che lo
scopo della disciplina urbanistica non è la
massimizzazione dell’aggressione del territorio, ma
la fruizione, privata o collettiva, delle aree in
modo pur sempre coerente con le aspettative di vita
della popolazione che ivi risiede.
In particolare, l’assenza di una disciplina
nazionale sulla perequazione urbanistica (tanto più
necessaria dopo che la Corte costituzionale ha
affermato, con la sentenza del 26.03.2010 n. 121,
che le “previsioni, relative al trasferimento ed
alla cessione dei diritti edificatori, incidono
sulla materia «ordinamento civile», di competenza
esclusiva dello Stato”, con ciò rendendo dubbia
la presenza di discipline regionali emanate prima
della fissazione di un quadro organico statale - che
non si limiti all’aspetto della mera documentazione
della trascrizione dei diritti edificatori, di cui
all’art. 5, comma 3, del D.L. 13.05.2011, n. 70)
dimostra la viva necessità di una disamina concreta
delle diverse previsioni adottate negli strumenti
urbanistici, al fine di evitare che l’estrema
flessibilità delle soluzioni operative adottate
dalle singole Regioni si traduca in una lesione di
ineliminabili esigenze di salvaguardia dei livelli
qualitativi omogenei di convivenza civile (e la
riconducibilità dell’attività amministrativa, intesa
come “prestazione”, al parametro di cui
all’art. 117, secondo comma, lettera m) della
Costituzione, proprio in rapporto a istituti di
diritto dell’edilizia, è chiarissima nella
giurisprudenza del giudice delle leggi, cfr. Corte
Costituzionale, 27.06.2012 n. 164).
Conclusivamente, la Sezione intende rimanere fedele
al suo orientamento che vede lo standard urbanistico
collocarsi spazialmente e funzionalmente in
prossimità dell’area di intervento edilizio, al fine
di legare strettamente e indissolubilmente
commoda e incommoda della modificazione
sul territorio
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 10.02.2014 n. 616 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Parcheggi interrati per effetto del riporto di terra.
I parcheggi pertinenziali realizzati nel sottosuolo degli
immobili e che possono essere costruiti anche in deroga agli
strumenti urbanistici vigenti ai sensi dell'art. 9, legge n.
122 del 1989, sono solo quelli costruiti totalmente al di
sotto del piano di campagna naturale e non quelli
artificialmente interrati per effetto del riporto di terra.
L'art. 9 della L. 24.03.1989, n. 122, non è applicabile nel
caso di realizzazione di un garage che non è interrato e che
al fine del suo interramento comunque richiede una
operazione di sistemazione del soprassuolo per rendere in
definitiva interrato ciò che non lo sarebbe mantenendo
l'originario andamento del suolo, atteso che la
realizzazione di strutture de quibus resta
pacificamente ammessa solo in assenza di alterazioni
visibili del territorio, argomento valido anche per le
autorimesse pertinenziali se ed in quanto sotterranee.
Per costruzione interrata si intende una
costruzione che sia totalmente a quota non superiore a
quella dell'originario piano di campagna.
Si è condivisibilmente rilevato infatti che “i parcheggi
pertinenziali realizzati nel sottosuolo degli immobili e che
possono essere costruiti anche in deroga agli strumenti
urbanistici vigenti ai sensi dell'art. 9, legge n. 122 del
1989, sono solo quelli costruiti totalmente al di sotto del
piano di campagna naturale e non quelli artificialmente
interrati per effetto del riporto di terra”. Tra l'altro,
“le norme sulle distanze legali fra costruzioni in quanto
rivolte ad impedire la formazione di intercapedini dannose
non trovano applicazione con riguardo a costruzioni o a
parti di costruzioni interrate; realizzate interamente al di
sotto del piano di campagna".
Si è detto peraltro, più puntualmente, che "l'art. 9 della
L. 24.03.1989, n. 122, non è applicabile nel caso di
realizzazione di un garage che non è interrato e che al fine
del suo interramento comunque richiede una operazione di
sistemazione del soprassuolo per rendere in definitiva
interrato ciò che non lo sarebbe mantenendo l'originario
andamento del suolo, atteso che la realizzazione di
strutture de quibus resta pacificamente ammessa solo in
assenza di alterazioni visibili del territorio, argomento
valido anche per le autorimesse pertinenziali se ed in
quanto sotterranee.”
---------------
Anche in considerazione che l’interramento non è “naturale”,
trova applicazione il costante principio per cui
“nell'ambito della fascia di rispetto autostradale di 60
metri, prevista dal D.M. 01.04.1968, n. 1404, il vincolo di
inedificabilità è assoluto, essendo a tal fine irrilevanti
le caratteristiche concrete delle opere abusive realizzate
nell'ambito della fascia medesima; il divieto di costruire è
infatti in questo caso correlato alla esigenza di assicurare
un'area libera utilizzabile dal concessionario
dell'autostrada -all'occorrenza- per installarvi cantieri,
depositare materiali, per necessità varie e, comunque, per
ogni necessità di gestione relativa ad interventi in loco
sulla rete autostradale. Il divieto di edificazione
nell'ambito della fascia di rispetto autostradale è assoluto
e la sua violazione impedisce il conseguimento di una
concessione edilizia a seguito di domanda di condono
edilizio.”.
Ancora di recente, si è ribadito che (“in relazione alle
opere realizzate in zona vincolata, ricadente in fascia di
rispetto stradale, si è in presenza di un vincolo di
carattere assoluto, che prescinde dalle caratteristiche
dell'opera realizzata, in quanto il divieto di
"edificazione" sancito dall'art. 4, D.M. 01.04.1968 (recante
norme in materia di "distanze minime a protezione del nastro
stradale da osservarsi nella edificazione fuori del
perimetro dei centri abitati, di cui all'art. 19, legge
06.08.1967, n. 765"), non può essere inteso
restrittivamente, cioè al solo scopo di prevenire
l'esistenza di ostacoli materiali suscettibili di
costituire, per la loro prossimità alla sede stradale,
pregiudizio alla sicurezza del traffico e alla incolumità
delle persone, ma è correlato alla più ampia esigenza di
assicurare una fascia di rispetto utilizzabile per finalità
di interesse generale, e, cioè, per esempio, per
l'esecuzione dei lavori, per l'impianto dei cantieri, per il
deposito dei materiali, per la realizzazione di opere
accessorie, senza vincoli limitativi connessi alla presenza
di costruzioni.
---------------
Con riguardo ad altro vincolo (di pari assolutezza, però, sì
che il principio ivi affermato appare perfettamente
traslabile alla fattispecie) la giurisprudenza ha posto in
luce che “anche il parcheggio interrato, da realizzare ai
sensi dell'art. 9 della L. n. 122/1989, in quanto struttura
servente all'uso abitativo e, comunque, posta nell'ambito
della fascia di rispetto cimiteriale, rientra tra le
costruzioni edilizie del tutto vietate dalla disposizione di
cui all'art. 338 del R.D. n. 1265/1934".
Nel merito, così
stabilisce l’art. 9 della L. 24.03.1989 n. 122 nel testo
ratione temporis vigente e pertanto applicabile alla
odierna fattispecie: “1. I proprietari di immobili
possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero nei
locali siti al piano terreno dei fabbricati parcheggi da
destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari,
anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti
edilizi vigenti. Tali parcheggi possono essere realizzati,
ad uso esclusivo dei residenti, anche nel sottosuolo di aree
pertinenziali esterne al fabbricato, purché non in contrasto
con i piani urbani del traffico, tenuto conto dell'uso della
superficie sovrastante e compatibilmente con la tutela dei
corpi idrici . Restano in ogni caso fermi i vincoli previsti
dalla legislazione in materia paesaggistica ed ambientale ed
i poteri attribuiti dalla medesima legislazione alle regioni
e ai Ministeri dell'ambiente e per i beni culturali ed
ambientali da esercitare motivatamente nel termine di 90
giorni. I parcheggi stessi, ove i piani urbani del traffico
non siano stati redatti, potranno comunque essere realizzati
nel rispetto delle indicazioni di cui al periodo precedente.
2. L'esecuzione delle opere e degli interventi previsti dal
comma 1 è soggetta a denuncia di inizio attività .
3. Le deliberazioni che hanno per oggetto le opere e gli
interventi di cui al comma 1 sono approvate salvo che si
tratti di proprietà non condominiale, dalla assemblea del
condominio, in prima o in seconda convocazione, con la
maggioranza prevista dall'articolo 1136, secondo comma, del
codice civile. Resta fermo quanto disposto dagli articoli
1120, secondo comma, e 1121, terzo comma, del codice civile.
4. I comuni, previa determinazione dei criteri di cessione
del diritto di superficie e su richiesta dei privati
interessati o di imprese di costruzione o di società anche
cooperative, possono prevedere, nell'ambito del programma
urbano dei parcheggi, la realizzazione di parcheggi da
destinare a pertinenza di immobili privati su aree comunali
o nel sottosuolo delle stesse . Tale disposizione si applica
anche agli interventi in fase di avvio o già avviati. La
costituzione del diritto di superficie è subordinata alla
stipula di una convenzione nella quale siano previsti:
a) la durata della concessione del diritto di superficie per
un periodo non superiore a novanta anni;
b) il dimensionamento dell'opera ed il piano
economico-finanziario previsti per la sua realizzazione;
c) i tempi previsti per la progettazione esecutiva, la messa
a disposizione delle aree necessarie e la esecuzione dei
lavori;
d) i tempi e le modalità per la verifica dello stato di
attuazione nonché le sanzioni previste per gli eventuali
inadempimenti.
5. I parcheggi realizzati ai sensi del presente articolo non
possono essere ceduti separatamente dall'unità immobiliare
alla quale sono legati da vincolo pertinenziale. I relativi
atti di cessione sono nulli.
6. Le opere e gli interventi di cui ai precedenti commi 1 e
4, nonché gli acquisti di immobili destinati a parcheggi,
effettuati da enti o imprese di assicurazione sono
equiparati, ai fini della copertura delle riserve tecniche,
ad immobili ai sensi degli articoli 32 ed 86 della legge
22.10.1986, n. 742.“.
La costante giurisprudenza amministrativa ha sempre in
proposito riconosciuto che -in ossequio alla ratio legis
ivi espressa- si deve riconoscere che trattasi di norma di
favore che, però, a propria volta soggiace a taluni limiti.
Per venire immediatamente alla fattispecie per cui è causa,
sotto il profilo oggettivo costituisce condiviso approdo
giurisprudenziale quello per cui per costruzione interrata
si intende una costruzione che sia totalmente a quota non
superiore a quella dell'originario piano di campagna.
Si è condivisibilmente rilevato infatti che “i parcheggi
pertinenziali realizzati nel sottosuolo degli immobili e che
possono essere costruiti anche in deroga agli strumenti
urbanistici vigenti ai sensi dell'art. 9, legge n. 122 del
1989, sono solo quelli costruiti totalmente al di sotto del
piano di campagna naturale e non quelli artificialmente
interrati per effetto del riporto di terra” (cfr. TAR
Piemonte, n. 138/1999 Cass. pen. Sez. III, 09.05.2003, n.
26825 App. Perugia, 03.12.2007 nonché Cass. 12489 del
04/12/1995: “le norme sulle distanze legali fra
costruzioni in quanto rivolte ad impedire la formazione di
intercapedini dannose non trovano applicazione con riguardo
a costruzioni o a parti di costruzioni interrate; realizzate
interamente al di sotto del piano di campagna").
Si è detto peraltro, più puntualmente, che (TAR Campania
Napoli Sez. VII, 06.09.2012, n. 3760) "l'art. 9 della L.
24.03.1989, n. 122, non è applicabile nel caso di
realizzazione di un garage che non è interrato e che al fine
del suo interramento comunque richiede una operazione di
sistemazione del soprassuolo per rendere in definitiva
interrato ciò che non lo sarebbe mantenendo l'originario
andamento del suolo, atteso che la realizzazione di
strutture de quibus resta pacificamente ammessa solo in
assenza di alterazioni visibili del territorio, argomento
valido anche per le autorimesse pertinenziali se ed in
quanto sotterranee.”
Già tale condivisibile approdo consentirebbe di accogliere
l’appello, in quanto esso è espressivo di principi
diametralmente opposti rispetto al dictum del primo
giudice, o comunque da quest’ultimo non adeguatamente
valorizzati.
Ma anche sotto l’altro profilo ivi segnalato, il gravame
merita accoglimento: anche in considerazione che
l’interramento non è “naturale”, trova applicazione
il costante principio per cui (TAR Campania Salerno Sez. II,
13.06.2013, n. 1322) “nell'ambito della fascia di
rispetto autostradale di 60 metri, prevista dal D.M.
01.04.1968, n. 1404, il vincolo di inedificabilità è
assoluto, essendo a tal fine irrilevanti le caratteristiche
concrete delle opere abusive realizzate nell'ambito della
fascia medesima; il divieto di costruire è infatti in questo
caso correlato alla esigenza di assicurare un'area libera
utilizzabile dal concessionario dell'autostrada
-all'occorrenza- per installarvi cantieri, depositare
materiali, per necessità varie e, comunque, per ogni
necessità di gestione relativa ad interventi in loco sulla
rete autostradale. Il divieto di edificazione nell'ambito
della fascia di rispetto autostradale è assoluto e la sua
violazione impedisce il conseguimento di una concessione
edilizia a seguito di domanda di condono edilizio.”.
Ancora di recente, si è ribadito che (TAR Toscana Firenze
Sez. III, 12.03.2013, n. 405 “in relazione alle opere
realizzate in zona vincolata, ricadente in fascia di
rispetto stradale, si è in presenza di un vincolo di
carattere assoluto, che prescinde dalle caratteristiche
dell'opera realizzata, in quanto il divieto di
"edificazione" sancito dall'art. 4, D.M. 01.04.1968 (recante
norme in materia di "distanze minime a protezione del nastro
stradale da osservarsi nella edificazione fuori del
perimetro dei centri abitati, di cui all'art. 19, legge
06.08.1967, n. 765"), non può essere inteso
restrittivamente, cioè al solo scopo di prevenire
l'esistenza di ostacoli materiali suscettibili di
costituire, per la loro prossimità alla sede stradale,
pregiudizio alla sicurezza del traffico e alla incolumità
delle persone, ma è correlato alla più ampia esigenza di
assicurare una fascia di rispetto utilizzabile per finalità
di interesse generale, e, cioè, per esempio, per
l'esecuzione dei lavori, per l'impianto dei cantieri, per il
deposito dei materiali, per la realizzazione di opere
accessorie, senza vincoli limitativi connessi alla presenza
di costruzioni.
Con riguardo ad altro vincolo (di pari assolutezza, però, sì
che il principio ivi affermato appare perfettamente
traslabile alla fattispecie) la giurisprudenza ha posto in
luce che (Cons. Stato Sez. V, 14.09.2010, n. 6671) “anche
il parcheggio interrato, da realizzare ai sensi dell'art. 9
della L. n. 122/1989, in quanto struttura servente all'uso
abitativo e, comunque, posta nell'ambito della fascia di
rispetto cimiteriale, rientra tra le costruzioni edilizie
del tutto vietate dalla disposizione di cui all'art. 338 del
R.D. n. 1265/1934"
(pre-massima tratta da www.lexambiente.it -
Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 04.02.2014 n. 485 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2013 |
|
EDILIZIA PRIVATA:
La realizzazione di
autorimesse e parcheggi, ai sensi dell'art. 9, c. 1, l.
24/03/1989 n. 122 è condizionata dal fatto che questi siano
realizzati nel sottosuolo per l'intera altezza, opera cioè
solo nel caso in cui, i parcheggi da destinare a pertinenza
di singole unità immobiliari, siano totalmente al di sotto
dell'originario piano naturale di campagna.
Di conseguenza, qualora non si rispetti tale condizione, la
realizzazione di un'autorimessa non può dirsi realizzata nel
sottosuolo, per cui in tali casi si applica la disciplina
urbanistica dettata per le ordinarie nuove costruzioni fuori
terra dal piano regolatore generale.
... con riguardo alla presunta violazione dell’art. 9 della
legge 122/2009, per costante giurisprudenza la realizzazione
di autorimesse e parcheggi, ai sensi dell'art. 9, c. 1, l.
24/03/1989 n. 122 è condizionata dal fatto che questi siano
realizzati nel sottosuolo per l'intera altezza, opera cioè
solo nel caso in cui, i parcheggi da destinare a pertinenza
di singole unità immobiliari, siano totalmente al di sotto
dell'originario piano naturale di campagna; di conseguenza,
qualora non si rispetti tale condizione, la realizzazione di
un'autorimessa non può dirsi realizzata nel sottosuolo, per
cui in tali casi si applica la disciplina urbanistica
dettata per le ordinarie nuove costruzioni fuori terra dal
piano regolatore generale (Cds Sez. V 12.03.2013 n. 1480)
(TAR Marche,
sentenza 25.09.2013 n. 640 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Legittimità computo ai fini del costo di costruzione della
superficie interrata destinata a parcheggi pertinenziali.
L’art. 9 della legge n. 122/1989 trova applicazione soltanto
nelle ipotesi di creazione di parcheggi a favore del
patrimonio edilizio già esistente e che sia privo di
superfici con tale destinazione, ma non può estendersi anche
alla diversa ipotesi inerente la edificazione di nuovi
fabbricati in cui siano contestualmente previste anche
superfici per parcheggio, da realizzare obbligatoriamente
nella misura di legge.
La norma anzidetta stabilisce che
l’esecuzione dei parcheggi interrati, assentibile previa
autorizzazione gratuita, anche in deroga alle previsioni
degli strumenti urbanistici, deve essere destinata a
pertinenza delle singole unità immobiliari esistenti, con
riferimento alle quali soltanto è possibile realizzare, nel
sottosuolo o nel piano terreno del fabbricato, un
parcheggio, che nasce come pertinenza dell’unità medesima.
---------------
I parcheggi
obbligatori di cui all'art. 2, comma 2, l. 122/1989
costituiscono pertinenza in senso civilistico dell’unità
immobiliare principale e, quindi, ne seguono la sorte ai
fini del computo delle SNR e del calcolo dei corrispondenti
oneri concessori.
La norma dell’art. 9, l. 24.03.1989 n. 122, che consente di
realizzare gratuitamente “nel sottosuolo” parcheggi
da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, è
una norma che ponendosi in deroga “agli strumenti
urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti” è di
stretta interpretazione per cui deve trovare rigorosa
applicazione solo nelle fattispecie in essa espressamente
previsti.
La norma anzidetta stabilisce che l’esecuzione dei parcheggi
interrati, assentibile previa autorizzazione gratuita, anche
in deroga alle previsioni degli strumenti urbanistici, deve
essere destinata a pertinenza delle singole unità
immobiliari esistenti, con riferimento alle quali soltanto è
possibile realizzare, nel sottosuolo o nel piano terreno del
fabbricato, un parcheggio, che nasce come pertinenza
dell’unità medesima.
Dalla natura “eccezionale” della disposizione
legislativa de qua, discende, in coerenza con il
divieto di cui all’art. 14 delle Disposizioni Preliminari al
Codice Civile, che l’art. 9 della legge n. 122/1989 trova
applicazione soltanto nelle ipotesi di creazione di
parcheggi a favore del patrimonio edilizio già esistente e
che sia privo di superfici con tale destinazione, ma non può
estendersi anche alla diversa ipotesi inerente la
edificazione di nuovi fabbricati in cui siano
contestualmente previste anche superfici per parcheggio, da
realizzare obbligatoriamente nella misura di legge.
Secondo l’interpretazione giurisprudenziale prevalente, cui
questa sezione intende dare continuità, l’art. 9 della legge
24.03.1989, n. 122, nel consentire la costruzione di
parcheggi, da destinare a pertinenza delle singole unità
immobiliari, nel sottosuolo degli immobili o nei locali siti
al piano terreno anche in deroga alla vigente disciplina
urbanistica, concerne i soli fabbricati già esistenti e non
anche le concessioni edilizie rilasciate per realizzare
edifici nuovi, per i quali invece provvede l’art. 2, comma
2, della legge stessa che, nel novellare l’art. 41-sexies,
della legge fondamentale 17.08.1942 n. 1150, stabilisce
l’obbligo di riservare appositi spazi per parcheggi di
misura non inferiore a 1 mq. per ogni 10 mc. di costruzione
(cfr. Cons. Stato, sez. IV, 10.03.2011 n. 1565; sez. V,
24.10.2000 n. 5676; 27.09.1999 n. 1185).
Nella specie, poiché non è controverso che l’intervento
edilizio abbia riguardato una costruzione di nuova
realizzazione, devono, per l’effetto, ritenersi prive di
consistenza le doglianze della parte ricorrente, poiché i
parcheggi obbligatori di cui al richiamato art. 2, comma 2,
costituiscono pertinenza in senso civilistico dell’unità
immobiliare principale e, quindi, ne seguono la sorte ai
fini del computo delle SNR e del calcolo dei corrispondenti
oneri concessori (TAR Lombardia-Milano, Sez. IV,
sentenza 20.09.2013 n. 2192 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Il box autonomo non si può rialzare.
Condominio. Niente «Tognoli»
La sopraelevazione della copertura di un'autorimessa
pertinenziale ma strutturalmente autonoma non rientra nella
legge 122 del 1989 (legge Tognoli), che si applica solo nei
casi di parcheggio realizzati nel sottosuolo o al piano
terreno degli edifici.
Lo ha ricordato la Corte di Cassazione che,
con la
sentenza 11.09.2013 n. 20850, ha dato
torto al proprietario di un fondo che aveva sopraelevato la
propria autorimessa, appellandosi alla legge Tognoli.
Questa legge, anche se intende favorire la realizzazione di
autorimesse, punta anche a salvare l'aspetto visibile del
territorio: consente di realizzare parcheggi nel sottosuolo
o al piano terreno di un fabbricato preesistente, proprio
perché queste strutture non comportano alterazioni visibili
del territorio. Dopo il ricorso di un vicino, il
proprietario è stato condannato, sia in primo, sia in
secondo grado, a ripristinare lo stato dei luoghi. L'uomo ha
quindi fatto ricorso in Cassazione.
Secondo i giudici di
legittimità, l'articolo 9 della legge 122 del 1989
stabilisce che «i proprietari di immobili possono realizzare
nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano
terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza
delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli
strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi vigenti. Tali
parcheggi possono essere realizzati, a uso esclusivo dei
residenti, nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al
fabbricato, purché non in contrasto con i piani urbani del
traffico, tenuto conto dell'uso della superficie sovrastante
e compatibilmente con la tutela dei corpi idrici».
Nel caso analizzato, però, l'autorimessa non era stata
realizzata nel sottosuolo dell'edificio, né nei suoi locali
al piano terreno, bensì in un'area pertinenziale
all'immobile. Non è quindi ammessa la deroga agli obblighi
di distanza, dato il carattere eccezionale della norma
derogatoria rispetto all'ordinaria disciplina delle distanze
che non legittima alcuna interpretazione estensiva.
Gli stessi giudici, infatti, hanno richiamato la più recente
giurisprudenza amministrativa secondo la quale «la
realizzazione di autorimesse e parcheggi, se non effettuata
totalmente al di sotto del piano di campagna naturale, è
soggetta alla disciplina urbanistica dettata per le
ordinarie nuove costruzioni fuori terra».
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Il percorso
01 | IL CASO
Il proprietario di un'autorimessa realizzata in un'area
pertinenziale a un edificio, che ne aveva sopraelevato la
copertura, è stato condannato in primo e in secondo grado, a
ripristinare lo stato dei luoghi
02 | LA SOLUZIONE
Per la Cassazione, che si è espressa nella sentenza 20850
dell'11 settembre scorso, la sopraelevazione della copertura
di un'autorimessa pertinenziale ma strutturalmente autonoma
non rientra nella legge 122 del 1989 (legge Tognoli), che si
applica solo nei casi di parcheggio realizzati nel
sottosuolo o al piano terreno degli edifici. Non è quindi
ammessa la deroga agli obblighi di distanza (articolo Il Sole 24 Ore del 28.10.2013). |
EDILIZIA PRIVATA: Il
dettato normativo dell'art. 9 l. 122/1989 è chiaro ed
univoco e, proprio perché introduce norma eccezionale
derogatoria rispetto all’ordinaria disciplina delle
distanze, non ne è legittima alcuna interpretazione
estensiva.
La legge Tognoli, se pure è volta a favorire la
realizzazione di autorimesse, è contestualmente intesa a
fare salvo l’aspetto esteriore e visibile del territorio,
nel senso di consentire la realizzazione di parcheggi nel
sottosuolo o al piano terreno di un fabbricato preesistente,
proprio perché, ubicate nei modi previsti dalla legge, tali
strutture non comportano alterazioni visibili del
territorio; lo stesso argomento è ovviamente valido per le
autorimesse pertinenziali, ma solo se sotterranee e quindi
inidonee ad alterare lo stato esterno dei luoghi.
Con riferimento alla giurisprudenza del Consiglio di Stato,
solo per completezza di argomentazione, ulteriormente si
osserva che nello stesso senso si è espressa anche la più
recente giurisprudenza amministrativa secondo la quale
la realizzazione di autorimesse e parcheggi, se non
effettuata totalmente al di sotto del piano di campagna
naturale è soggetta alla disciplina urbanistica dettata per
le ordinarie nuove costruzioni fuori terra.
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Con il quarto motivo il ricorrente deduce la
violazione dell’art. 873 c.c. e dell’art. 9 legge 122/1989 e
il vizio di motivazione sostenendo:
- che la legge n. 122/1989 in quanto lex specialis
deroga all’art. 873 c.c. e tutela un interesse pubblico che,
ove riconosciuto dall’autorità amministrativa, sarebbe
prevalente rispetto all’interesse tutelato dall’art. 873
c.c.;
- che, differentemente da quanto ritenuto dalla Corte di
Appello, con interpretazione che il ricorrente definisce “radicalmente
erronea”, l’art. 9 legge n. 122 del 1989 consente la
realizzazione di parcheggi anche se collocati in cortili di
pertinenza o in aree esterne, comunque adiacenti senza
necessità delle distanze dai confini e richiama una
decisione del 1995 del Consiglio di Stato;
- che l’ulteriore argomento della Corte di Appello secondo
il quale la normativa speciale non sarebbe applicabile in
caso di ampliamento di autorimessa già esistente è un
argomento solo ipotetico e quindi privo della certezza
necessaria per rigettare il motivo di appello;
- che l’affermazione della Corte territoriale secondo la
quale la sopraelevazione sarebbe stata realizzata per
realizzare un soppalco non sarebbe riscontrata da elementi
acquisiti al processo.
Formulando il quesito di diritto chiede:
- se l’art. 9 della legge n. 122 del 1989 importi, nei
limiti segnati dal suo ambito di applicazione, una deroga al
disposto dell’art. 873 c.c. al punto di determinarne
l’inapplicabilità in misura corrispondente al contenuto del
provvedimento concessorio emesso dalla Pubblica
Amministrazione;
- se l’art. 9 sia da considerare applicabile anche quando
trattasi di parcheggio non situato nel sottosuolo, ma sullo
stesso piano di calpestio dell’immobile.
Il motivo è manifestamente infondato e non è certo la
motivazione della Corte di Appello ad essere “radicalmente
erronea” come sostenuto dal ricorrente.
L’art. 9 legge n. 122 del 1989 stabilisce che “i
proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo
degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei
fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle singole
unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti
urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti. Tali
parcheggi possono essere realizzati, ad uso esclusivo dei
residenti, anche nel sottosuolo di aree pertinenziali
esterne al fabbricato, purché, non in contrasto con i piani
urbani del traffico, tenuto conto dell’uso della superficie
sovrastante e compatibilmente con la tutela dei corpi
idrici… omissis”.
Nel caso di specie è pacifico (come, del resto risulta dal
materiale fotografico inserito nel ricorso dallo stesso
ricorrente) che l’autorimessa è stata realizzata non già nel
sottosuolo dell’edificio né nei suoi locali a piano terreno
(come sarebbe consentito dalla legge in questione) bensì in
area pertinenziale all’immobile; in tale ipotesi, qui
ricorrente, la deroga agli obblighi di distanza è consentita
solo se l’autorimessa è realizzata nel sottosuolo.
Il dettato normativo è chiaro ed univoco e, proprio
perché introduce norma eccezionale derogatoria rispetto
all’ordinaria disciplina delle distanze, non ne è legittima
alcuna interpretazione estensiva.
La legge Tognoli, se pure è volta a favorire la
realizzazione di autorimesse, è contestualmente intesa a
fare salvo l’aspetto esteriore e visibile del territorio,
nel senso di consentire la realizzazione di parcheggi nel
sottosuolo o al piano terreno di un fabbricato preesistente,
proprio perché, ubicate nei modi previsti dalla legge, tali
strutture non comportano alterazioni visibili del
territorio; lo stesso argomento è ovviamente valido per le
autorimesse pertinenziali, ma solo se sotterranee e quindi
inidonee ad alterare lo stato esterno dei luoghi.
Con riferimento alla giurisprudenza del Consiglio di Stato,
solo per completezza di argomentazione, ulteriormente si
osserva che nello stesso senso si è espressa anche la più
recente giurisprudenza amministrativa secondo la quale
la realizzazione di autorimesse e parcheggi, se non
effettuata totalmente al di sotto del piano di campagna
naturale è soggetta alla disciplina urbanistica dettata per
le ordinarie nuove costruzioni fuori terra
(Con. St., IV 16/04/2012 n. 2185; IV 11.11.2006, n. 6065; V
29.03.2004, n. 1662).
Nella decisione del Consiglio di Stato, Sezione IV
23.02.2009, n. 1070 testualmente si legge che: “i
parcheggi devono essere realizzati, se non vengono a ciò
adibiti i locali del piano terra di un fabbricato, o nel
sottosuolo dello stesso fabbricato ovvero nel sottosuolo di
un’area pertinenziale esterna…”.
In tal senso si risponde al secondo quesito formulato,
restando assorbito il primo quesito; per tali ragioni non
sussiste il dedotto vizio di motivazione in quanto la
motivazione è del tutto conforme ai principi esposti, con la
precisazione che la circostanza che l’autorimessa sia posta
a livello del piano di calpestio dell’immobile non rileva
perché l’autorimessa non è stata realizzata al piano terra
dell’immobile, tale essendo l’unica condizione per la quale
sarebbe stato possibile realizzare un parcheggio senza il
rispetto delle norme in materia di distanze.
È parimenti conforme ai principi l’ulteriore motivazione
(autonomamente sufficiente a sorreggere la decisione)
secondo la quale la deroga è consentita solo per le nuove
costruzioni e non per la sopraelevazione di una autorimessa
già esistente e anche sotto questo diverso profilo il motivo
di ricorso si rivela manifestamente infondato
(Corte
di Cassazione, Sez. II civile,
sentenza 11.09.2013 n. 20850). |
EDILIZIA PRIVATA: Parcheggi, concessione da pagare.
Scatta il pagamento della concessione edilizia anche se il
parcheggio destinato a servire i clienti dell'albergo è
realizzato molto vicino alla sede della struttura recettizia:
affinché si configuri la pertinenza dell'hotel si deve
invece trattare di lavori realizzati nello stesso edificio o
comprensorio che ospita i turisti.
È quanto emerge dalla
sentenza
10.07.2013 n. 3672, pubblicata dalla
IV Sez. del Consiglio di stato.
In base alla legge Tognoli (la 122/1989), che porta il nome dell'allora ministro
delle Aree urbane, i proprietari di immobili possono
realizzare nel sottosuolo o nei locali al piano terreno dei
fabbricati i parcheggi da destinare a pertinenza delle
singole unità immobiliari. E ciò anche in deroga agli
strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi vigenti.
I
posteggi possono essere realizzati ad uso esclusivo dei
residenti anche nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne
al fabbricato, purché, non in contrasto con i piani urbani
del traffico, tenuto conto dell'uso della superficie che sta
sopra e stando attenti alle condutture dell'acqua.
«L'esecuzione delle opere e degli interventi previsti è
soggetta ad autorizzazione gratuita» recita il comma 2
dell'articolo 9. Inutile per l'imprenditore turistico
invocare la gratuità dell'operazione con cui si è impegnato
a offrire un'area di sosta per i veicoli dei suoi clienti.
Le agevolazioni di cui alla legge Tognoli, destinate a
favorire la realizzazioni di posteggi nelle aree urbane,
possono trovare applicazione soltanto nei casi espressamente
previsti dall'articolo 9 della normativa: nel nostro caso il
parcheggio risulta costruito al piano interrato di un
fabbricato contiguo ma comunque estraneo alla struttura
alberghiera, di cui non costituisce pertinenza.
Si tratta insomma di una vera e propria ristrutturazione, fa
bene dunque il Comune a pretendere il versamento della
concessione: con l'intervento edilizio si viene infatti a
costituire un carico urbanistico maggiore rispetto a quello
che si sarebbe ottenuto contenendo il parcheggio all'interno
della già esistente struttura alberghiera. Nulla per le
spese di giudizio
(articolo ItaliaOggi del
24.09.2013). |
EDILIZIA PRIVATA:
Parcheggi «Tognoli».
Domanda
Ho letto di recente che è stata modificata la disciplina che
regolamenta la possibilità di trasferire i parcheggi
pertinenziali. Potreste darmi qualche delucidazione?
Risposta
È vero. L'art. 10 del dl «Semplificazione e Sviluppo» n.
5/2012 (conv. dalla legge n. 35/2012) ha sostituito l'art.
9, 5° c. , della legge «Tognoli» n. 122/1989. L'art. 9, 5° c.,
ora stabilisce che, fermo restando l'art. 41-sexies, legge
n. 1150/1942 e l'immodificabilità dell'esclusiva destinazione
a parcheggio, la proprietà dei parcheggi realizzati a norma
del 1° comma può essere trasferita, anche in deroga a quanto
previsto nel titolo edilizio e nei successivi atti
convenzionali, solo con contestuale destinazione del
parcheggio trasferito a pertinenza di altra unità
immobiliare sita nello stesso comune mentre i parcheggi
realizzati ai sensi del 4° c. del medesimo art. 9 continuano
a non poter essere ceduti separatamente dall'unità
immobiliare alla quale sono legati da vincolo pertinenziale
a pena di nullità dei relativi atti di cessione, a eccezione
di espressa previsione contenuta nella convenzione stipulata
con il comune, ovvero quando quest'ultimo abbia autorizzato
l'atto di cessione.
La modifica riguarda solo i parcheggi di cui all'art. 9, 1°
c., legge n. 122/1989 ai sensi del quale: «I proprietari di
immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi
ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati
parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità
immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici e ai
regolamenti edilizi vigenti.
Tali parcheggi possono essere realizzati, a uso esclusivo
dei residenti, anche nel sottosuolo di aree pertinenziali
esterne al fabbricato, purché non in contrasto con i piani
urbani del traffico, tenuto conto dell'uso della superficie
sovrastante e compatibilmente con la tutela dei corpi
idrici.
Restano in ogni caso fermi i vincoli previsti dalla
legislazione in materia paesaggistica e ambientale e i
poteri attribuiti dalla medesima legislazione alle regioni e
ai ministeri dell'ambiente e per i beni culturali e
ambientali da esercitare motivatamente nel termine di 90
giorni.
I parcheggi stessi ove i piani del traffico non siano stati
redatti, potranno comunque essere realizzati nel rispetto
delle indicazioni di cui al periodo precedente».
Il 4° c.
dell'art. 9 stabilisce invece che i comuni, previa
determinazione dei criteri di cessione del diritto di
superficie e su richiesta dei privati interessati o di
imprese di costruzione o di società anche cooperative,
possono prevedere, nell'ambito del programma urbano dei
parcheggi, la realizzazione di parcheggi da destinare a
pertinenza di immobili privati su aree comunali o nel
sottosuolo delle stesse. (_).
La costituzione del diritto di superficie è subordinata alla
stipula di una convenzione nella quale siano previsti la
durata della concessione del diritto di superficie per un
periodo non superiore a novanta anni e altri elementi tra i
quali le sanzioni previste per gli eventuali inadempimenti.
Prima della recente modifica normativa, anche i parcheggi di
cui al 1° c. dell'art. 9 (quelli, cioè, su proprietà
privata) non potevano essere ceduti separatamente dall'unità
immobiliare alla quale erano legati da vincolo pertinenziale,
a pena di nullità dei relativi atti di cessione, preclusione
tuttora prevista per i parcheggi realizzati su area comunale
di cui al 4° comma dell'art. 9 della legge n. 122/1989 (articolo ItaliaOggi
Sette del 03.06.2013). |
EDILIZIA PRIVATA:
In merito alla corretta quantificazione dei
parcheggi minimi di legge ex art. 41-sexies l.
1150/1942. Il Consiglio di Stato conferma l'operato
del TAR Umbria.
L’unico elemento di valore
normativo è quello contenuto nella legge
urbanistica, che tuttavia al citato art. 41-sexies
prevede unicamente il quantum e la finalità di tali
spazi, senza precisare il modus del calcolo delle
aree.
Si legge, infatti, nel citato articolo, come
aggiunto dall’articolo 18 della legge 06.08.1967, n.
765 e successivamente sostituito dall’articolo 2
della legge 24.03.1989, n. 122: “Nelle nuove
costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle
costruzioni stesse, debbono essere riservati
appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore
ad un metro quadrato per ogni 10 metri cubi di
costruzione”.
Se quindi non si rinviene nell’ordinamento un
elemento cogente che possa permettere la scelta in
favore di un’interpretazione piuttosto che di
un'altra, esistono invero più decisioni di questo
Consiglio che hanno sottolineato l’esistenza di uno
stretto collegamento tra, da un lato, gli
obblighi normativi che impongono la predisposizione
di aree a servizio dei manufatti realizzati e,
dall’altro, la concreta possibilità di fruizione
di tali spazi. Si è così delineata una lettura
orientata in senso teleologico delle disposizioni di
tutela, specialmente in materia di standard
urbanistici.
È pertanto sulla scorta di questa interpretazione
della disciplina vigente che deve ritenersi fondata
la decisione del giudice di prime cure, giusta la
stretta connessione della sentenza con la ratio
della legge, ratio che risulterebbe invece violata
qualora la norma fosse intesa in senso meramente
quantitativo, come voluto dalle parti appellanti.
Infatti, qualora si potessero individuare gli
standard costruttivi in ragione del solo dato
dimensionale, verrebbe conseguentemente posto in
ombra il dato funzionale, ossia la destinazione
concreta dell’area, come voluta dal legislatore.
Soddisfacendo gli standard con la messa a
disposizione di aree non utilizzabili in concreto
(ossia utilizzando “le porzioni che non sono
utilizzabili, per forma o per le ridotte dimensioni,
ovvero perché eccedenti un posto macchina standard
ma insufficienti per realizzarne un altro, ovvero
infine per il difficile accesso”), la norma di
garanzia verrebbe frustrata, atteso che il citato
art. 41-sexsies della legge urbanistica non
contempla un nudo dato quantitativo, ma un dato
mirato ad uno scopo esplicito, atteso che essa
impone dapprima la riserva di “appositi spazi per
parcheggi”, provvedendo poi a quantificarla “in
misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni
10 metri cubi di costruzione”.
L’unico
elemento di valore normativo è quindi quello
contenuto nella legge urbanistica, che tuttavia al
citato art. 41-sexies prevede unicamente il
quantum e la finalità di tali spazi, senza
precisare il modus del calcolo delle aree. Si
legge, infatti, nel citato articolo, come aggiunto
dall’articolo 18 della legge 06.08.1967, n. 765 e
successivamente sostituito dall’articolo 2 della
legge 24.03.1989, n. 122: “Nelle nuove
costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle
costruzioni stesse, debbono essere riservati
appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore
ad un metro quadrato per ogni 10 metri cubi di
costruzione”.
Se quindi non si rinviene nell’ordinamento un
elemento cogente che possa permettere la scelta in
favore di un’interpretazione piuttosto che di
un'altra, esistono invero più decisioni di questo
Consiglio che hanno sottolineato l’esistenza di uno
stretto collegamento tra, da un lato, gli
obblighi normativi che impongono la predisposizione
di aree a servizio dei manufatti realizzati e,
dall’altro, la concreta possibilità di fruizione
di tali spazi. Si è così delineata una lettura
orientata in senso teleologico delle disposizioni di
tutela, specialmente in materia di standard
urbanistici.
In tale ratio, si collocano decisioni che
hanno negato la sufficienza di un parcheggio
collocato in area non fruibile (e dove la fruibilità
era collegata non a valutazioni normative ma
fattuali, poiché il “terreno pertinenziale
destinato a parcheggio deve ragionevolmente
intendersi come condizione necessaria per la
migliore fruizione del parcheggio medesimo da parte
di tutti coloro che intendono comodamente accedervi
con i propri mezzi di locomozione per poi uscire con
i relativi acquisti più o meno ingombranti e/o
pesanti da collocare su tali mezzi”, Consiglio
di Stato, sez. V, 25.06.2010 n. 4059); oppure
decisioni che hanno evidenziato i pericoli legati
alla smaterializzazione degli standard (evidenziando
come “la monetizzazione degli standard
urbanistici non può essere considerata alla stregua
di una vicenda di carattere unicamente patrimoniale
e rilevante solo sul piano dei rapporti tra l’ente
pubblico e il privato che realizzerà l’opera, e ciò
perché, da un lato, così facendo si legittima la
paradossale situazione di separare i commoda (sotto
forma di entrata patrimoniale per il Comune) dagli
incommoda (il peggioramento della qualità di vita
degli appellanti) e dall’altro, si nega tutela
giuridica agli interessi concretamente lesi degli
abitanti dell’area”, Consiglio di Stato, sez. IV,
04.02.2013 n. 644).
È pertanto sulla scorta di questa interpretazione
della disciplina vigente che deve ritenersi fondata
la decisione del giudice di prime cure, e quindi non
per un’improbabile compatibilità con la circolare
dell’allora Ministero dei Lavori Pubblici
28.10.1967, n. 3210, come evidenziato dal TAR,
quanto per la stretta connessione della sentenza con
la ratio della legge, ratio che
risulterebbe invece violata qualora la norma fosse
intesa in senso meramente quantitativo, come voluto
dalle parti appellanti.
Infatti, qualora si potessero individuare gli
standard costruttivi in ragione del solo dato
dimensionale, verrebbe conseguentemente posto in
ombra il dato funzionale, ossia la destinazione
concreta dell’area, come voluta dal legislatore.
Soddisfacendo gli standard con la messa a
disposizione di aree non utilizzabili in concreto
(ossia, seguendo l’indicazione del TAR, utilizzando
“le porzioni che non sono utilizzabili, per forma
o per le ridotte dimensioni, ovvero perché eccedenti
un posto macchina standard ma insufficienti per
realizzarne un altro, ovvero infine per il difficile
accesso”), la norma di garanzia verrebbe
frustrata, atteso che il citato art. 41-sexsies
della legge urbanistica non contempla un nudo dato
quantitativo, ma un dato mirato ad uno scopo
esplicito, atteso che essa impone dapprima la
riserva di “appositi spazi per parcheggi”,
provvedendo poi a quantificarla “in misura non
inferiore ad un metro quadrato per ogni 10 metri
cubi di costruzione”.
Il motivo di appello deve quindi essere respinto,
stante la correttezza dell’iter motivazionale
seguito dal giudice di prime cure (Consiglio
di Stato, Sez. IV,
sentenza 28.05.2013 n. 2916 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Parcheggi obbligatori e oneri concessori.
Allo stato attuale, si deve ritenere
che, ai sensi del coordinato disposto dell’art. 11, comma 1,
L. n. 122 del 1989 e dell’art. 17, comma 3, lett. c), D.P.R.
n. 380 del 2001, la realizzazione dei parcheggi obbligatori,
nella misura richiesta dalla legge, è esonerata dall'onere
di pagamento degli oneri di urbanizzazione e del costo di
costruzione.
Il ricorso è fondato, non essendovi motivi per discostarsi
dal consolidato indirizzo in materia di questa Sezione,
peraltro formatosi nei confronti del medesimo ente locale
(cfr. sentenze n. 4632 del 19.11.2012, n. 2491 e n. 2404 del
28.05.2012).
Invero, ai sensi dell’art. 11, co. 1, della legge n. 122 del
1989 (c.d. legge Tognoli), «le opere e gli interventi
previsti dalla presente legge costituiscono opere di
urbanizzazione anche ai sensi dell'articolo 9, primo comma,
lettera f), della legge 28.01.1977, n. 10».
Tale ultima norma, che prevedeva l’esonero dal pagamento del
contributo di concessione «per gli impianti, le
attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale
realizzate dagli enti istituzionalmente competenti nonché
per le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati,
in attuazione di strumenti urbanistici», è stata
abrogata dall’art. 136, comma 2, D.P.R. n. 380/2001, ma è
stata riprodotta integralmente dall’art. 17, comma 3, dello
stesso D.P.R..
Allo stato attuale, pertanto, si deve ritenere che, ai sensi
del coordinato disposto dell’art. 11, comma 1, L. n. 122 del
1989 e dell’art. 17, comma 3, lett. c), D.P.R. n. 380 del
2001, la realizzazione dei parcheggi obbligatori, nella
misura richiesta dalla legge, è esonerata dall'onere di
pagamento degli oneri di urbanizzazione e del costo di
costruzione (cfr., in termini, Consiglio di Stato, Sezione
IV, 22.11.2011, n. 6154; TAR Lombardia, Milano, Sezione II,
17.04.2007, n. 1779; TAR Campania, Napoli, Sezione IV,
16.07.2004, n. 10364).
Alla luce di quanto precede, quindi, dalla volumetria
complessiva computabile (pari a mc 1.694,95) occorre
escludere le superfici destinate a parcheggi obbligatori
(pari a 169,49 mq, ossia 1 mq per ogni 10 mc di
costruzione).
Per queste ragioni la domanda va conclusivamente accolta (massima tratta da www.lexambiente.it -
TAR Campania-Napoli, Sez. II,
sentenza 24.05.2013 n. 2745 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Gli spazi per parcheggio di natura pertinenziale
e obbligatoria non vanno considerati ai fini del calcolo
della volumetria complessiva consentita e della
determinazione della superficie coperta.
Si tratta di un principio che deve essere in questa sede
riaffermato, salve diverse previsioni di piano o
regolamentari.
Per un verso, infatti, l'art. 9 della legge 24.03.1989, n.
122, prevede che «i proprietari di immobili possono
realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali
siti al piano terreno dei fabbricati parcheggi da destinare
a pertinenza delle singole unità immobiliari anche in deroga
agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi
vigenti» (cui fa eco l’articolo 6 della legge della Regione
Campania n. 19 del 28.11.2001, secondo cui la realizzazione
in aree libere, anche non di pertinenza del lotto dove
insistono gli edifici, ovvero nel sottosuolo di fabbricati o
al pianterreno di essi, di parcheggi da destinare a
pertinenze di unità immobiliare è soggetta a permesso di
costruire non oneroso, anche in deroga agli strumenti
urbanistici vigenti): il che consente di concludere che la
realizzazione di autorimesse e parcheggi pertinenziali
effettuata in locali siti a piano terra o totalmente al di
sotto del piano di campagna naturale non è soggetta alla
disciplina urbanistica che regola le nuove costruzioni fuori
terra.
Per altro verso, sin dal 1967 il legislatore, in ragione del
crescente impatto della motorizzazione di massa
sull’ordinato assetto urbano, ha dapprima imposto nelle
nuove costruzioni appositi spazi per parcheggi, in misura
non inferiore a un mq per ogni 20 mc di costruzione (art.
41-sexies legge 1155/1942, introdotto dall’art. 18 della l.
n. 765/1967); poi ha sancito che tali spazi costituiscono
pertinenze delle costruzioni (art. 26 l. n. 47/1985); da
ultimo, ha raddoppiato lo spazio da destinare
obbligatoriamente a parcheggio pertinenziale degli edifici
(art. 2 l. n. 122/1989: un mq per ogni 10 mc di costruzione)
e stabilito che i relativi interventi costituiscono opere di
urbanizzazione, come tali esenti da contributo di
concessione (art. 11 l. n. 122/1989): con ciò inducendo ad
individuare nella mancanza di carico urbanistico dei
parcheggi obbligatori e pertinenziali (a differenza dei
parcheggi non pertinenziali, apportatori di carico
urbanistico) la ragione per escluderne la computabilità
nella cubatura complessiva consentita.
Da tutto quanto detto consegue, in definitiva, che non
concorre al calcolo della volumetria assentibile il
parcheggio pertinenziale che sia realizzato, come previsto
nel caso di specie, al piano terreno di un edificio
esistente, per il quale il rapporto di pertinenzialità deve
essere visto in relazione appunto alla suddetta normativa
speciale in materia di parcheggi dettata dalla legge n. 122
del 1989 e dalla l.r. n. 19 del 2001, e non già con
riferimento alla disciplina di carattere generale sugli
interventi pertinenziali di cui all'art. 3 del D.P.R. n.
380/2001.
Peraltro,
anche su un piano generale la giurisprudenza di questa
Sezione ha già espresso l’avviso che gli spazi per
parcheggio di natura pertinenziale e obbligatoria non vanno
considerati ai fini del calcolo della volumetria complessiva
consentita e della determinazione della superficie coperta
(cfr. TAR Campania Napoli, sez. II, 23.06.2010, n.
15731).
Si tratta di un principio che deve essere in questa sede
riaffermato, salve diverse previsioni di piano o
regolamentari.
Per un verso, infatti, l'art. 9 della legge 24.03.1989,
n. 122, prevede che «i proprietari di immobili possono
realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali
siti al piano terreno dei fabbricati parcheggi da destinare
a pertinenza delle singole unità immobiliari anche in deroga
agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi
vigenti» (cui fa eco l’articolo 6 della legge della Regione
Campania n. 19 del 28.11.2001, secondo cui la
realizzazione in aree libere, anche non di pertinenza del
lotto dove insistono gli edifici, ovvero nel sottosuolo di
fabbricati o al pianterreno di essi, di parcheggi da
destinare a pertinenze di unità immobiliare è soggetta a
permesso di costruire non oneroso, anche in deroga agli
strumenti urbanistici vigenti): il che consente di
concludere che la realizzazione di autorimesse e parcheggi pertinenziali effettuata in locali siti a piano terra o
totalmente al di sotto del piano di campagna naturale non è
soggetta alla disciplina urbanistica che regola le nuove
costruzioni fuori terra (cfr., ex multis, C.d.S., sez. IV,
13.07.2011 n. 4234, C.d.S., sez. IV, 26.09.2008 n.
4645).
Per altro verso, sin dal 1967 il legislatore, in ragione del
crescente impatto della motorizzazione di massa
sull’ordinato assetto urbano, ha dapprima imposto nelle
nuove costruzioni appositi spazi per parcheggi, in misura
non inferiore a un mq per ogni 20 mc di costruzione (art. 41-sexies legge 1155/1942, introdotto dall’art. 18 della l. n.
765/1967); poi ha sancito che tali spazi costituiscono
pertinenze delle costruzioni (art. 26 l. n. 47/1985); da
ultimo, ha raddoppiato lo spazio da destinare
obbligatoriamente a parcheggio pertinenziale degli edifici
(art. 2 l. n. 122/1989: un mq per ogni 10 mc di costruzione) e
stabilito che i relativi interventi costituiscono opere di
urbanizzazione, come tali esenti da contributo di
concessione (art. 11 l. n. 122/1989): con ciò inducendo ad
individuare nella mancanza di carico urbanistico dei
parcheggi obbligatori e pertinenziali (a differenza dei
parcheggi non pertinenziali, apportatori di carico
urbanistico) la ragione per escluderne la computabilità
nella cubatura complessiva consentita (cfr. TAR Friuli
Venezia Giulia, 12.06.2006, n. 426).
Da tutto quanto detto consegue, in definitiva, che non
concorre al calcolo della volumetria assentibile il
parcheggio pertinenziale che sia realizzato, come previsto
nel caso di specie, al piano terreno di un edificio
esistente, per il quale il rapporto di pertinenzialità deve
essere visto in relazione appunto alla suddetta normativa
speciale in materia di parcheggi dettata dalla legge n. 122
del 1989 e dalla l.r. n. 19 del 2001, e non già con
riferimento alla disciplina di carattere generale sugli
interventi pertinenziali di cui all'art. 3 del D.P.R. n.
380/2001 (TAR Campania-Napoli, Sez. II,
sentenza 14.05.2013 n. 2495 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: (a)
per i parcheggi privati di uso pubblico è possibile una
doppia qualificazione. In quanto infrastrutture destinate
all’uso collettivo e inserite nel sistema della viabilità,
questi parcheggi devono essere assimilati ai parcheggi
pubblici, a loro volta qualificati ex lege come opere di
urbanizzazione primaria (v. art. 16, comma 7, del DPR
06.06.2001 n. 380; art. 44, comma 3, della LR 11.03.2005 n.
12).
Se considerati, invece, come infrastrutture che integrano
i servizi a disposizione degli spazi edificati, i
parcheggi privati di uso pubblico assumono la stessa
funzione degli standard urbanistici (v. art. 22 della LR
51/1975; art. 9, comma 10, della LR 12/2005), e possono
quindi essere equiparati in via interpretativa alle opere di
urbanizzazione secondaria (come fa la Regione nella DGR n.
7/7586 del 21.12.2001, allegato A, punto III.2.b);
(b) la prima qualificazione, tenendo conto della
sedes materiae scelta dal legislatore nazionale e da quello
regionale (disciplina del contributo per il rilascio del
permesso di costruire), appartiene specificamente alla sfera
degli oneri concessori. Sembra quindi corretto ritenere che,
salvo accordo in senso contrario tra l’amministrazione e i
proprietari, la realizzazione di parcheggi privati di uso
pubblico abbia quale effetto ex lege lo scomputo dei soli
oneri di urbanizzazione primaria. Una volta effettuato lo
scomputo, la differenza rispetto al costo effettivo dei
lavori sostenuto dai privati rimane a carico degli stessi;
(c) le convenzioni urbanistiche dei piani attuativi sono la
sede naturale, anche se non esclusiva, per introdurre
criteri diversi di compensazione tra gli oneri concessori e
le opere di interesse pubblico eseguite direttamente a spese
dei privati. Qui si rivela l’utilità della seconda
qualificazione: poiché i parcheggi privati di uso
pubblico possono essere apprezzati come standard
urbanistici, l’amministrazione è legittimata a incentivarne
la realizzazione rinunciando, in tutto o in parte, agli
oneri di urbanizzazione secondaria, nella ricerca
(ampiamente discrezionale) di un punto di equilibrio tra le
esigenze pubbliche e l’interesse dei proprietari.
Per quanto riguarda i privati, le posizioni giuridiche
relative agli oneri concessori sono considerate disponibili,
e dunque non vi sono ostacoli alla definizione di un
sinallagma che preveda anche l’accettazione di condizioni
meno vantaggiose rispetto a quelle risultanti dalla
normativa regionale o comunale, purché sia salvaguardata
l’utilità economica finale dell’intervento edilizio.
... per l'accertamento:
- del diritto allo scomputo degli oneri di urbanizzazione
(pari a € 33.266,93) corrispondenti all’equivalente
monetario delle opere di urbanizzazione secondaria di cui
alla convenzione urbanistica del 15.01.2003;
- con la conseguente condanna alla restituzione della
suddetta somma, erroneamente trattenuta dal Comune
nonostante l’esecuzione delle opere da parte della società
ricorrente;
...
FATTO
2. La convenzione urbanistica stabilisce (v. art. 2, 3 e 5)
il seguente schema di obbligazioni a carico dei lottizzanti:
(a) cessione gratuita al Comune delle aree necessarie per le
opere di urbanizzazione primaria (27.500 mq) e per il verde
pubblico (25.500 mq);
(b) contestuale costituzione di una servitù di uso pubblico
sulle aree private destinate a parcheggio (66.544 mq),
ulteriori rispetto a quelle di cui è prevista la cessione
gratuita;
(c) esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria
descritte nella tavola 2 del progetto di piano (tra cui le
reti tecnologiche, la massicciata stradale e il collettore
esterno delle acque nere), con integrale scomputo degli
oneri di urbanizzazione primaria (€ 972.609,65), essendo
questi ultimi inferiori al costo risultante dal computo
metrico estimativo (€ 2.281.485,65);
(d) assunzione degli oneri relativi alle opere di
urbanizzazione secondaria e smaltimento rifiuti, da
ripartire tra i proprietari in proporzione alle superfici
per cui sono richiesti i singoli titoli edilizi.
3. I lottizzanti hanno realizzato i parcheggi privati di uso
pubblico nella convinzione che il loro costo, trattandosi di
opere di urbanizzazione secondaria, sarebbe stato scomputato
dai relativi oneri. Il Comune ha invece assunto la posizione
opposta.
...
DIRITTO
13. Sulle questioni proposte nel ricorso si possono svolgere
le seguenti considerazioni:
(a) per i parcheggi privati di uso pubblico è possibile una
doppia qualificazione. In quanto infrastrutture destinate
all’uso collettivo e inserite nel sistema della viabilità,
questi parcheggi devono essere assimilati ai parcheggi
pubblici, a loro volta qualificati ex lege come opere di
urbanizzazione primaria (v. art. 16, comma 7, del DPR 06.06.2001 n. 380; art. 44, comma 3, della LR 11.03.2005 n. 12).
Se considerati, invece, come infrastrutture che integrano i
servizi a disposizione degli spazi edificati, i parcheggi
privati di uso pubblico assumono la stessa funzione degli
standard urbanistici (v. art. 22 della LR 51/1975; art. 9,
comma 10, della LR 12/2005), e possono quindi essere
equiparati in via interpretativa alle opere di
urbanizzazione secondaria (come fa la Regione nella DGR n.
7/7586 del 21.12.2001, allegato A, punto III.2.b);
(b) la prima qualificazione, tenendo conto della sedes
materiae scelta dal legislatore nazionale e da quello
regionale (disciplina del contributo per il rilascio del
permesso di costruire), appartiene specificamente alla sfera
degli oneri concessori. Sembra quindi corretto ritenere che,
salvo accordo in senso contrario tra l’amministrazione e i
proprietari, la realizzazione di parcheggi privati di uso
pubblico abbia quale effetto ex lege lo scomputo dei soli
oneri di urbanizzazione primaria. Una volta effettuato lo
scomputo, la differenza rispetto al costo effettivo dei
lavori sostenuto dai privati rimane a carico degli stessi;
(c) le convenzioni urbanistiche dei piani attuativi sono la
sede naturale, anche se non esclusiva, per introdurre
criteri diversi di compensazione tra gli oneri concessori e
le opere di interesse pubblico eseguite direttamente a spese
dei privati. Qui si rivela l’utilità della seconda
qualificazione: poiché i parcheggi privati di uso pubblico
possono essere apprezzati come standard urbanistici,
l’amministrazione è legittimata a incentivarne la
realizzazione rinunciando, in tutto o in parte, agli oneri
di urbanizzazione secondaria, nella ricerca (ampiamente
discrezionale) di un punto di equilibrio tra le esigenze
pubbliche e l’interesse dei proprietari. Per quanto riguarda
i privati, le posizioni giuridiche relative agli oneri
concessori sono considerate disponibili (v. CS Sez. IV 28.07.2005 n. 4015; TAR Brescia Sez. I 14.05.2010 n.
1739), e dunque non vi sono ostacoli alla definizione di un
sinallagma che preveda anche l’accettazione di condizioni
meno vantaggiose rispetto a quelle risultanti dalla
normativa regionale o comunale, purché sia salvaguardata
l’utilità economica finale dell’intervento edilizio;
(d) nello specifico, la convenzione urbanistica del 15.01.2003 non prevede la cancellazione degli oneri di
urbanizzazione secondaria. In realtà, l’art. 3 pone a carico
dei lottizzanti l’intero pacchetto delle opere di
urbanizzazione primaria, indicandone espressamente solo
alcune (reti tecnologiche, massicciata stradale, collettore
esterno delle acque nere). L’art. 2 rinvia per la
descrizione completa alla tavola 2 del progetto di piano,
nella quale sono riportati indistintamente tutti gli
interventi di interesse pubblico (strade, marciapiedi, pista
ciclabile, parcheggi privati di uso pubblico, impianti
tecnologici, area a verde pubblico). Si può, quindi,
ritenere che la convenzione urbanistica faccia riferimento
alla prima qualificazione dei parcheggi privati di uso
pubblico, collocandoli tra le infrastrutture che nella
definizione legislativa compongono le opere di
urbanizzazione primaria;
(e) una conferma è rinvenibile nell’art. 5 della convenzione
urbanistica, che espressamente ribadisce l’obbligo per i
lottizzanti di versare gli oneri di urbanizzazione
secondaria e smaltimento rifiuti, precisando che la
ripartizione tra i proprietari avviene in proporzione alle
superfici per cui sono richiesti i singoli titoli edilizi.
Se fosse stato raggiunto un accordo sullo scomputo fino a
concorrenza del costo dei parcheggi privati di uso pubblico
la clausola sarebbe certamente stata scritta in modo
differente. Verosimilmente, la formulazione sarebbe stata
analoga a quella dell’art. 3 (ossia: quantificazione del
costo dei lavori e dell’importo degli oneri di
urbanizzazione secondaria, e dichiarazione di compensazione
degli stessi);
(f) un’ulteriore conferma è rinvenibile nel computo metrico
estimativo, che nel costo complessivo delle opere di
urbanizzazione primaria (€ 2.281.485,65) inserisce senza
distinzioni, nell’apposita sezione, i lavori riguardanti
strade, marciapiedi, parcheggi e verde pubblico. Poiché
questo è il valore complessivo utilizzato dalle parti per
concordare la cancellazione degli oneri di urbanizzazione
primaria, non è possibile intervenire poi in via
interpretativa utilizzando una parte degli stessi lavori
(nello specifico: i parcheggi privati di uso pubblico) per
ottenere anche lo scomputo degli oneri di urbanizzazione
secondaria.
14. Il ricorso deve quindi essere respinto, previa revoca
del decreto di perenzione. La complessità di alcune
questioni consente la compensazione delle spese di giudizio
(TAR Lombardia-Brescia, Sez. II,
sentenza 24.05.2013 n. 513 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: La
vicenda in esame si colloca nell’intervallo di tempo
compreso tra la LR 19.11.1999 n 22 e la LR 11.03.2005 n. 12.
L’art. 2, comma 2, della LR 22/1999 qualifica i parcheggi
come opere di urbanizzazione ai sensi dell'art. 9, comma
1-f, della legge 10/1977 stabilendo in questo modo la
gratuità del relativo titolo edilizio. L’art. 2, comma 1,
della LR 22/1999 richiama la disciplina di favore prevista
per i parcheggi pertinenziali dall’art. 9 della legge
122/1989;
Come già rilevato in casi analoghi che si collocano nello
stesso intervallo di tempo, la gratuità del titolo edilizio
non riguarda i parcheggi pertinenziali che eccedono la
misura minima di legge. In effetti, essendo già assicurato
l’obiettivo posto dall’art. 41-sexies, comma 1, della legge
1150/1942, non vi sono ragioni per imporre ai comuni di
rinunciare ai corrispettivi collegati all’edificazione.
Sotto questo profilo la qualificazione dei parcheggi come
opere di urbanizzazione ex art. 11, comma 1, della legge
122/1989 rimane circoscritta, in mancanza di una specifica
norma espansiva, entro i confini della dotazione minima di
parcheggi pertinenziali stabilita dalla legge.
Un vero cambio di regime si è verificato con l’entrata in
vigore della LR 12/2005, che tramite l’art. 69 ha introdotto
il principio della gratuità dei titoli edilizi relativi ai
parcheggi collegando l’utilità di queste opere direttamente
agli interessi della viabilità senza la mediazione di uno
specifico edificio (di qui l’abbandono del requisito della
pertinenzialità) e senza la predeterminazione di limiti
quantitativi (di qui il superamento della misura minima di
legge). La nuova disciplina, che non può avere effetti per
il passato, costituisce dunque lo spartiacque in materia di
gratuità dei titoli edilizi riferiti ai parcheggi.
---------------
L’art. 9, comma 1, della legge 122/1989 consente la
realizzazione di parcheggi pertinenziali anche in deroga
agli strumenti urbanistici comunali. L’unico presupposto
della norma è il carattere pertinenziale del parcheggio,
senza che rilevino le quantità stabilite dall’art.
41-sexies, comma 1, della legge 1150/1942. In altri termini,
quando sia costituito un vincolo di pertinenzialità la quota
di parcheggi eccedente il minimo di legge non deve essere
computata nella superficie lorda di pavimento e nella
volumetria dell’edificio principale. A maggior ragione non
deve essere computata la quota che rimane al di sotto del
minimo di legge.
Pertanto, indipendentemente dalle dimensioni, i parcheggi e
le autorimesse pertinenziali non consumano gli indici
edificatori stabiliti dagli strumenti urbanistici. Il
superamento della misura minima ex art. 41-sexies, comma 1,
della legge 1150/1942 era rilevante (prima della LR 12/2005)
solo perché determinava il passaggio dalla gratuità
all’onerosità del titolo edilizio. L’art. 1, comma 1, della
LR 22/1999, con una disposizione chiarificatrice, ha
precisato che il concetto di pertinenza è applicabile anche
agli immobili non residenziali.
La normativa sopravvenuta (v. art. 67 della LR 12/2005) ha
ribadito la possibilità di deroga rispetto alla disciplina
urbanistica comunale, precisando i vincoli residui.
---------------
Poiché non è contestata la natura pertinenziale
dell’autorimessa, tale opera non può incontrare i limiti
stabiliti dalla disciplina comunale in relazione agli indici
di zona. La volumetria dell’autorimessa pertinenziale,
essendo per definizione una volumetria in deroga agli
strumenti urbanistici, non può essere considerata utile per
la consumazione delle facoltà edificatorie assegnate a un
determinato lotto.
Ne consegue che la volumetria dell’autorimessa pertinenziale
non può essere aggregata a quella dell’edificio principale
per trasformare il titolo edilizio relativo a quest’ultimo
da gratuito a oneroso. L’aumento del 20% della volumetria
che fa scattare l’onerosità del titolo edilizio in base
all’art. 9, comma 1-d, della legge 10/1977 (attualmente v.
art. 17, comma 3-b, del DPR 06.06.2001 n. 380) presuppone
che si tratti di volumetria rilevante ai fini urbanistici,
ed è evidente che sul medesimo lotto una volumetria non può
essere allo stesso tempo e sotto lo stesso profilo
irrilevante (come autorimessa pertinenziale) e rilevante
(come elemento al servizio dell’edificio principale).
Se la superficie dell’autorimessa avesse superato la misura
minima ex art. 41-sexies, comma 1, della legge 1150/1942,
sarebbe stato necessario applicare in base alla normativa
anteriore alla LR 12/2005, nonostante la qualificazione
dell’opera come pertinenziale, il contributo concessorio su
questo capo del titolo edilizio (per la parte della
superficie eccedente la misura minima). Tale circostanza non
avrebbe però prodotto alcuna conseguenza sul capo del titolo
edilizio relativo all’edificio principale, che sarebbe
rimasto gratuito. A maggior ragione non è consentito
ipotizzare un passaggio dalla gratuità all’onerosità del
titolo edilizio riferito all’edificio principale in
conseguenza di un’autorimessa pertinenziale che rimane entro
la misura minima di legge e dunque è a sua volta
realizzabile con un titolo edilizio gratuito.
Sulle questioni proposte dalle parti si possono
svolgere le seguenti considerazioni:
Relativamente alla gratuità dei parcheggi pertinenziali
(a) la vicenda in esame si colloca nell’intervallo di tempo
compreso tra la LR 19.11.1999 n 22 e la LR 11.03.2005 n. 12;
(b) l’art. 2, comma 2, della LR 22/1999 qualifica i parcheggi
come opere di urbanizzazione ai sensi dell'art. 9, comma 1-f,
della legge 10/1977 stabilendo in questo modo la gratuità
del relativo titolo edilizio. L’art. 2, comma 1, della LR
22/1999 richiama la disciplina di favore prevista per i
parcheggi pertinenziali dall’art. 9 della legge 122/1989;
(c) come già rilevato in casi analoghi che si collocano
nello stesso intervallo di tempo (v. TAR Brescia Sez. II 23.08.2012 n. 1454), la gratuità del titolo edilizio non
riguarda i parcheggi pertinenziali che eccedono la misura
minima di legge. In effetti, essendo già assicurato
l’obiettivo posto dall’art. 41-sexies, comma 1, della legge
1150/1942, non vi sono ragioni per imporre ai comuni di
rinunciare ai corrispettivi collegati all’edificazione.
Sotto questo profilo la qualificazione dei parcheggi come
opere di urbanizzazione ex art. 11, comma 1, della legge
122/1989 rimane circoscritta, in mancanza di una specifica
norma espansiva, entro i confini della dotazione minima di
parcheggi pertinenziali stabilita dalla legge;
(d) un vero cambio di regime si è verificato con l’entrata
in vigore della LR 12/2005, che tramite l’art. 69 ha
introdotto il principio della gratuità dei titoli edilizi
relativi ai parcheggi collegando l’utilità di queste opere
direttamente agli interessi della viabilità senza la
mediazione di uno specifico edificio (di qui l’abbandono del
requisito della pertinenzialità) e senza la
predeterminazione di limiti quantitativi (di qui il
superamento della misura minima di legge). La nuova
disciplina, che non può avere effetti per il passato,
costituisce dunque lo spartiacque in materia di gratuità dei
titoli edilizi riferiti ai parcheggi (v. TAR Brescia Sez I
29.09.2009 n. 1709);
Sulla deroga agli strumenti urbanistici
(e) l’art. 9, comma 1, della legge 122/1989 consente la
realizzazione di parcheggi pertinenziali anche in deroga
agli strumenti urbanistici comunali. L’unico presupposto
della norma è il carattere pertinenziale del parcheggio,
senza che rilevino le quantità stabilite dall’art. 41-sexies,
comma 1, della legge 1150/1942. In altri termini, quando sia
costituito un vincolo di pertinenzialità la quota di
parcheggi eccedente il minimo di legge non deve essere
computata nella superficie lorda di pavimento e nella
volumetria dell’edificio principale. A maggior ragione non
deve essere computata la quota che rimane al di sotto del
minimo di legge;
(f) pertanto, indipendentemente dalle dimensioni, i
parcheggi e le autorimesse pertinenziali non consumano gli
indici edificatori stabiliti dagli strumenti urbanistici. Il
superamento della misura minima ex art. 41-sexies, comma 1,
della legge 1150/1942 era rilevante (prima della LR 12/2005)
solo perché determinava il passaggio dalla gratuità
all’onerosità del titolo edilizio (v. TAR Brescia Sez. II 23.08.2012 n. 1454). L’art. 1, comma 1, della LR 22/1999, con
una disposizione chiarificatrice, ha precisato che il
concetto di pertinenza è applicabile anche agli immobili non
residenziali;
(g) la normativa sopravvenuta (v. art. 67 della LR 12/2005)
ha ribadito la possibilità di deroga rispetto alla
disciplina urbanistica comunale, precisando i vincoli
residui;
Sul primo motivo di ricorso
(h) poiché non è contestata la natura pertinenziale
dell’autorimessa, tale opera non può incontrare i limiti
stabiliti dalla disciplina comunale in relazione agli indici
di zona. La volumetria dell’autorimessa pertinenziale,
essendo per definizione una volumetria in deroga agli
strumenti urbanistici, non può essere considerata utile per
la consumazione delle facoltà edificatorie assegnate a un
determinato lotto;
(i) ne consegue che la volumetria dell’autorimessa
pertinenziale non può essere aggregata a quella
dell’edificio principale per trasformare il titolo edilizio
relativo a quest’ultimo da gratuito a oneroso. L’aumento del
20% della volumetria che fa scattare l’onerosità del titolo
edilizio in base all’art. 9, comma 1-d, della legge 10/1977
(attualmente v. art. 17, comma 3-b, del DPR 06.06.2001 n.
380) presuppone che si tratti di volumetria rilevante ai
fini urbanistici, ed è evidente che sul medesimo lotto una
volumetria non può essere allo stesso tempo e sotto lo
stesso profilo irrilevante (come autorimessa pertinenziale)
e rilevante (come elemento al servizio dell’edificio
principale);
(j) se la superficie dell’autorimessa avesse superato la
misura minima ex art. 41-sexies, comma 1, della legge
1150/1942, sarebbe stato necessario applicare in base alla
normativa anteriore alla LR 12/2005, nonostante la
qualificazione dell’opera come pertinenziale, il contributo
concessorio su questo capo del titolo edilizio (per la parte
della superficie eccedente la misura minima). Tale
circostanza non avrebbe però prodotto alcuna conseguenza sul
capo del titolo edilizio relativo all’edificio principale,
che sarebbe rimasto gratuito. A maggior ragione non è
consentito ipotizzare un passaggio dalla gratuità
all’onerosità del titolo edilizio riferito all’edificio
principale in conseguenza di un’autorimessa pertinenziale
che rimane entro la misura minima di legge e dunque è a sua
volta realizzabile con un titolo edilizio gratuito;
Sul secondo motivo di ricorso
(k) l’art. 23 delle NTA, nella parte in cui considera
rilevante ai fini urbanistici una quota della superficie
delle autorimesse pertinenziali, non può essere considerato
conforme alla normativa nazionale e regionale sopra
richiamata;
(l) nel caso in esame peraltro non si pone il problema della
disapplicazione della disciplina comunale, in quanto, anche
volendo tenere fermo il discrimine dato dal rapporto di 1 mq
ogni 6 mc del volume dell’edificio principale, l’autorimessa
non supera il predetto limite, come è stato dimostrato nel
ricorso;
(m) se la superficie dell’autorimessa pertinenziale è
urbanisticamente irrilevante anche per la disciplina
comunale, è evidente che la volumetria calcolata su tale
superficie è allo stesso modo irrilevante, non potendovi
essere contraddizione tra gli indici urbanistici che
riguardano una stessa facoltà edificatoria. Si arriva
pertanto alla medesima conclusione esposta sopra, ovvero che
non è possibile aggregare la volumetria dell’autorimessa a
quella dell’edificio principale per trasformare il titolo
edilizio da gratuito a oneroso.
9. In conclusione il ricorso deve essere accolto, con la
condanna del Comune a restituire al ricorrente, e ai figli
del ricorrente nel cui interesse è stata proposta l’azione,
la somma di € 28.137. Su tale importo sono calcolati gli
interessi legali dalla data di notifica del ricorso fino al
saldo. Per il versamento di quanto dovuto è fissato il
termine di 30 giorni dal deposito della presente sentenza.
10. Poiché la disciplina del contributo concessorio
applicabile ai parcheggi pertinenziali proponeva, prima
dell’entrata in vigore della LR 12/2005, notevoli difficoltà
interpretative, può essere disposta la compensazione delle
spese di giudizio
(TAR Lombardia-Brescia, Sez. II,
sentenza 24.05.2013 n. 508 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
M. Grisanti,
UN’INTERPRETAZIONE FUORI DAL CORO DELL’ART. 9 DELLA LEGGE N.
122/1989 - (nota critica a TAR Lazio, Roma, sez. II-bis,
sentenza n. 4087 del 23.04.2013) (10.05.2013 - tratto da
www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Le
opere edilizie di cui è causa hanno comportato un obiettivo
aggravio del carico urbanistico, attesa la ristrutturazione
subita dall’immobile originariamente disabitato e inagibile.
Da ciò deriva l’equiparabilità, ai soli fini della riserva
di spazio da destinare a parcheggio pertinenziale, di tali
opere a quelle di cui all’art. 41-sexies della l. n. 1150
del 1942.
Ritiene il Collegio che il medesimo art. 41-sexies, come
modificato dalla legge n. 122 del 1989, trova applicazione
ogni volta che sia realizzato un ‘edificio diverso’ da
quello preesistente e, in particolare, quando –con un atto
comunque denominato– sia demolito un edificio e al suo posto
ne sia realizzato un altro.
Infatti, il legislatore ha previsto che i relativi standard
vadano comunque soddisfatti, non solo quando in un centro
storico sia prevista la demolizione di un fabbricato
fatiscente con la successiva ricostruzione (ciò che
costituisce una occasione irripetibile per dotare finalmente
l’edificio di parcheggi), ma anche quando si tratti di un
edificio isolato o comunque circondato dal verde: anche per
questo secondo caso rileva una essenziale regola del diritto
urbanistico, per la quale va identificato già nel titolo
edilizio lo spazio riservato al parcheggio, per evitare che
vi siano alternative e incerte soluzioni empiriche, che
possano comportare l’alterazione di aree destinate invece a
restare immodificate.
Ciò comporta che i titoli edilizi impugnati in primo grado
risultano illegittimi e vanno annullati, con salvezza degli
ulteriori provvedimenti.
Nell’esercizio dei propri poteri conformativi, la Sezione
ritiene che, in presenza del relativo progetto presentato
dagli interessati e trattandosi di una questione che non
riguarda la realizzabilità in sé dell’edificio, il Comune
possa assentire le opere nel loro complesso, qualora vi sia
una integrazione progettuale concernente la riserva di spazi
da destinare a parcheggi, poiché il richiamato art.
41-sexies dispone “misure quantitative degli spazi aventi
tale destinazione, senza statuire alcuna formalità in ordine
alla localizzazione delle aree da asservire, onde i
parcheggi possono essere realizzati sia in luoghi esterni
all’edificio sia al suo piano terreno e perfino in aree
esterne, anche se non strettamente adiacenti al fabbricato”.
Con il terzo
motivo, l’appellante rileva che -trattandosi di un opera
sottoposta a permesso di costruire- si sarebbero dovuti
riservare appositi spazi per parcheggi, così come previsto
dalla vigente normativa.
Il motivo è fondato.
Osserva il Collegio che le opere edilizie di cui è causa,
pur non necessitando per quanto detto al precedente n. 5.2.
del permesso di costruire, hanno comportato un obiettivo
aggravio del carico urbanistico, attesa la ristrutturazione
subita dall’immobile originariamente disabitato e inagibile.
Da ciò deriva l’equiparabilità, ai soli fini della riserva
di spazio da destinare a parcheggio pertinenziale, di tali
opere a quelle di cui all’art. 41-sexies della l. n. 1150
del 1942.
Ritiene il Collegio che il medesimo art. 41-sexies, come
modificato dalla legge n. 122 del 1989, trova applicazione
ogni volta che sia realizzato un ‘edificio diverso’ da
quello preesistente e, in particolare, quando –con un atto
comunque denominato– sia demolito un edificio e al suo
posto ne sia realizzato un altro (in termini, Cons. Stato,
Sez. IV, 27.09.2007, n. 4842).
Infatti, il legislatore ha previsto che i relativi standard
vadano comunque soddisfatti, non solo quando in un centro
storico sia prevista la demolizione di un fabbricato
fatiscente con la successiva ricostruzione (ciò che
costituisce una occasione irripetibile per dotare finalmente
l’edificio di parcheggi), ma anche quando si tratti di un
edificio isolato o comunque circondato dal verde: anche per
questo secondo caso rileva una essenziale regola del diritto
urbanistico, per la quale va identificato già nel titolo
edilizio lo spazio riservato al parcheggio, per evitare che
vi siano alternative e incerte soluzioni empiriche, che
possano comportare l’alterazione di aree destinate invece a
restare immodificate.
Ciò comporta che i titoli edilizi impugnati in primo grado
(e non anche i contestati atti della Soprintendenza)
risultano illegittimi e vanno annullati, con salvezza degli
ulteriori provvedimenti.
Nell’esercizio dei propri poteri conformativi, la Sezione
ritiene che, in presenza del relativo progetto presentato
dagli interessati e trattandosi di una questione che non
riguarda la realizzabilità in sé dell’edificio, il Comune
possa assentire le opere nel loro complesso, qualora vi sia
una integrazione progettuale concernente la riserva di spazi
da destinare a parcheggi, poiché il richiamato art. 41-sexies dispone “misure quantitative degli spazi aventi tale
destinazione, senza statuire alcuna formalità in ordine alla
localizzazione delle aree da asservire, onde i parcheggi
possono essere realizzati sia in luoghi esterni all’edificio
sia al suo piano terreno e perfino in aree esterne, anche se
non strettamente adiacenti al fabbricato” (Cons. di Stato,
Sez. V, 18.02.2003, n. 871) (Consiglio
di Stato, Sez. VI,
sentenza 12.04.2013 n. 1995 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: REALIZZAZIONE DI AUTORIMESSA E NECESSITA' DEL PDC.
A seguito della modifica legislativa della norma di cui alla
L. n. 122 del 1989, art. 9, comma 5, introdotto dal D.L.
n. 5 del 2012, art. 10, è consentito esclusivamente
trasferire
-in epoca successiva alla realizzazione dell’autorimessa- la proprietà del parcheggio con contestuale
destinazione del parcheggio trasferito a pertinenza di altra
unità immobiliare sita nello stesso Comune; non è,
invece, consentita sin dall’inizio la realizzazione del
parcheggio
senza preventiva individuazione nel titolo edilizio
del fabbricato cui l’autorimessa è asservita.
Il tema affrontato dalla Corte di Cassazione con la sentenza
in esame verte sull’eventuale incidenza penale della
modifica
legislativa operata dal D.L. n. 5/2012 in tema di parcheggi.
La vicenda processuale segue all’impugnazione dell’ordinanza
con cui il tribunale del riesame, nell’esaminare una
richiesta
di revoca di un sequestro preventivo avente ad oggetto
un’autorimessa, dichiarava inammissibile l’appello per la
sussistenza del giudicato cautelare ovvero, in via
subordinata,
respingeva il gravame.
In sede di ricorso per Cassazione,
la difesa dell’indagato sosteneva che, a seguito della
modifica
legislativa della norma di cui alla L. n. 122 del 1989, art.
9, comma 5, introdotto dal D.L. n. 5 del 2012, art. 10, la
nozione
di pertinenzialità del parcheggio era stata estesa a
qualunque
immobile ubicato nel Comune interessato, anche se
l’individuazione di detto immobile veniva effettuato dopo la
realizzazione a mezzo di semplice DIA.
La tesi è stata però respinta dagli Ermellini che, sul
punto,
hanno ritenuto che la predetta disciplina legislativa
consente
esclusivamente di trasferire -in epoca successiva alla
realizzazione
dell’autorimessa- la proprietà del parcheggio con
contestuale destinazione del parcheggio trasferito a
pertinenza
di altra unità immobiliare sita nello stesso Comune; il
tutto in deroga alla originaria destinazione del parcheggio
ad
unità immobiliare già individuata nel titolo edilizio che
aveva
legittimato la costruzione. Detta norma, tuttavia, non
consente
sin dall’inizio la realizzazione del parcheggio senza
preventiva
individuazione nel titolo edilizio del fabbricato cui
l’autorimessa è asservita.
Consegue che -mancando,
all’epoca
della presentazione della DIA attinente al cosiddetto
primo livello delle autorimesse, la individuazione delle
abitazioni
servite- detta DIA non costituiva valido titolo per la
realizzazione
delle autorimesse, essendo necessario il preventivo
rilascio del permesso di costruire.
La Corte ha, quindi,
riconfermato
la tradizionale giurisprudenza di legittimità secondo
cui i parcheggi realizzati nelle aree urbane fuori dal
perimetro
dell’edificio e quelli, sotterranei o meno, costruiti
fuori del centro urbano richiedono il permesso di costruire
(v., da ultimo: Cass. pen., sez. III, 19.01.2012, n.
2191,
in CED Cass., n. 251891) (Corte
di
Cassazione, Sez. III penale, sentenza 11.04.2013 n. 16495
- tratto da Urbanistica e appalti n. 6/2013). |
EDILIZIA PRIVATA: Realizzazione autorimesse pertinenziali.
Come si evince in modo univoco dall'esame dell'art. 9, comma
5, L. 122/1989, come modificato dall’art. 10 d.l. 5/2012 la
disciplina legislativa consente esclusivamente di trasferire
–in epoca successiva alla realizzazione dell'autorimessa- la
proprietà del parcheggio con contestuale destinazione del
parcheggio trasferito a pertinenza di altra unità
immobiliare sita nello stesso Comune; il tutto in deroga
alla originaria destinazione del parcheggio ad unità
immobiliare già individuata nel titolo edilizio che aveva
legittimato la costruzione.
Detta norma, tuttavia, non consente sin dall'inizio la
realizzazione del parcheggio senza preventiva individuazione
nel titolo edilizio del fabbricato cui l'autorimessa è
asservita (Corte
di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 11.04.2013 n. 16495
- tratto da www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Le dotazioni standard di parcheggi si applicano
anche agli interventi di ristrutturazione.
Per risalente giurisprudenza, formatasi sull’art. 41-sexies
della legge 17.08.1942 n. 1150, le disposizioni che
riguardano le dotazioni standard di parcheggi si applicano
anche agli interventi di ristrutturazione, quantunque le
stesse disposizioni parlino di nuova costruzione.
Secondo questa giurisprudenza, infatti, il concetto di
“nuova costruzione” riguarda non solo la realizzazione di
manufatti su aree libere, ma anche ogni intervento di
ristrutturazione che renda il fabbricato oggettivamente
diverso da quello preesistente, determinando un differente e
più gravoso carico urbanistico.
Effettivamente, come rileva l’interessata, il recupero dei
sottotetti costituisce intervento di ristrutturazione
edilizia; e in ciò in base all’esplicito disposto di cui
all’art. 3, comma 3, della l.r. 15.07.1996 n. 15, recante “Recupero
ai fini abitativi dei sottotetti esistenti” (oggi non
più in vigore ma applicabile alla fattispecie di causa
ratione temporis), in base al quale “gli interventi
di cui alla presente legge sono classificati come
ristrutturazioni ai sensi dell'art. 31, comma 1, lett. d),
della legge 05.08.1978, n. 457…”.
Va tuttavia rilevato che per risalente giurisprudenza,
formatasi sull’art. 41-sexies della legge 17.08.1942 n.
1150, le disposizioni che riguardano le dotazioni standard
di parcheggi si applicano anche agli interventi di
ristrutturazione, quantunque le stesse disposizioni parlino
di “nuova costruzione”. Secondo questa
giurisprudenza, infatti, ai fini che qui interessano, il
concetto di “nuova costruzione” riguarda non solo la
realizzazione di manufatti su aree libere, ma anche ogni
intervento di ristrutturazione che renda il fabbricato
oggettivamente diverso da quello preesistente, determinando
un differente e più gravoso carico urbanistico (cfr.
Consiglio di Stato, sez. V, 27.09.2004, n. 6297; id.,
03.02.1999 n. 98; id., 22.06.1998, n. 921; TAR
Lombardia-Milano, sez. II, 03.03.2006, n. 571).
Ne consegue che l’art. 19 della NTA del PRG del Comune di
Meda (quantunque tale norma faccia riferimento alle “nuove
costruzioni”, richiamando in proposito proprio la
diposizione di cui all’art. 41-sexies della legge n.
1150/1942), va applicato anche agli interventi di
ristrutturazione.
La ricorrente soggiunge tuttavia che, anche volendo ritenere
che le disposizioni in materia di parcheggi siano
applicabili agli interventi di ristrutturazione, in ogni
caso le stesse, in ragione della norma derogatoria contenuta
nell’art. 3, comma 3, della l.r. n. 15/1996, non sarebbero
applicabili al caso specifico afferente al recupero dei
sottotetti.
Al riguardo si deve osservare che in base a tale norma “il
recupero dei sottotetti è ammesso anche in deroga (…) agli
indici o parametri urbanistici ed edilizi previsti dagli
strumenti urbanistici generali vigenti ed adottati”.
La disposizione, espressione della volontà del legislatore
regionale di favorire il recupero a fini abitativi dei
sottotetti degli edifici esistenti, con l'obiettivo di
contenere il consumo di nuovo territorio e di favorire la
messa in opera di interventi tecnologici per il contenimento
dei consumi energetici (cfr. art. 1, comma 1, della l.r. n.
15/1996), è molto chiara nel sottrarre tale attività
edilizia dal rispetto degli indici e parametri contenuti
negli strumenti urbanistici.
Si deve pertanto ritenere che essa comporti anche lo
svincolo dall’osservanza dei parametri dettati dal Piano
Regolatore in materia di parcheggi privati, perlomeno
quando, come nel caso in esame, tali parametri non trovino
fondamento normativo ma siano prescritti dal Piano stesso in
eccedenza rispetto a quelli generali stabiliti dall’art.
41-sexies della legge n. 1150/1942.
A suffragio di tale conclusione, può altresì addursi che
solo con la l.r. 11.03.2005 n. 12, è stato escluso dalla
suddetta deroga l’obbligo di reperimento di spazi per
parcheggi pertinenziali nella misura prevista dagli
strumenti di pianificazione comunale (cfr. artt. 64, commi 2
e 3, e 65, comma 1-ter, della l.r. n. 12/2005, come
modificati dall’art. 1 della l.r. 27.12.2005 n. 20); che le
disposizioni recate dalla l.r. n. 12/2005 hanno carattere
innovativo rispetto alla previgente disciplina (cfr.
Consiglio di Stato, sez. IV, 22.03.2007 n. 1408); e che,
pertanto, prima dell’entrata in vigore di tali norme,
l’eccezione alla deroga non era operante
Nel caso concreto (non disciplinato, ratione temporis,
dalla l.r. n. 12/2005, ma dalla l.r. n. 15/1996) il Comune
di Meda ha contestato all’interessata la mancata osservanza
dei parametri aggiuntivi stabiliti dall’art. 19, comma III,
delle NTA, il quale, come visto, attribuisce
all’Amministrazione la facoltà di imporre la realizzazione
di dotazioni di parcheggio esterne alla recinzione del
fabbricato, in aggiunta a quelle standard di cui al citato
art. 41-sexies della legge n. 1150/1942.
Tali prescrizioni delle NTA, tuttavia, per le ragioni
illustrate, non potevano applicarsi al caso di specie. Ne
consegue che anche questo motivo è fondato
(massima
tratta da www.lexambiente.it -
TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 10.04.2013 n. 892 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Sulla
base di una interpretazione funzionale dell’art. 41-sexies
L. n. 1150/1942, sussiste la necessità della dotazione di
parcheggi privati anche per interventi di ristrutturazione
che importino cambio di destinazione con conseguente aumento
del carico urbanistico.
Comunque, il vincolo di pertinenza inseparabile tra
parcheggio e appartamento è venuto meno in virtù dell’art.
12, comma 9, della legge 28.11.2005, n. 246.
Fondata è anche la censura relativa all’imposizione di un
vincolo di “pertinenzialità” tra unità immobiliari e
posti auto da reperire.
Ferma restando infatti, sulla base di una interpretazione
funzionale dell’art. 41-sexies L. n. 1150/1942, la necessità
della dotazione (nella misura indicata dalla disciplina
impugnata, non fatta oggetto di censura sul punto) di
parcheggi privati anche per interventi di ristrutturazione
che importino –come nel caso di specie- cambio di
destinazione con conseguente aumento del carico urbanistico
(cfr. TAR Lazio, II, 07.11.2011, n. 8535; TAR Liguria, I,
14.04.2011, n. 592), il vincolo di pertinenza inseparabile
tra parcheggio e appartamento è in effetti venuto meno in
virtù dell’art. 12, comma 9, della legge 28.11.2005, n. 246
(TAR Liguria, Sez. I,
sentenza 25.03.2013 n. 525 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Autorimesse e parcheggi realizzati nel
sottosuolo per l'intera altezza.
La realizzazione di autorimesse e
parcheggi, ai sensi dell'art. 9, 1° comma, della L. n.
122/1989 è condizionata dal fatto che questi siano
realizzati nel sottosuolo per l'intera altezza, opera cioè
solo nel caso in cui, i parcheggi da destinare a pertinenza
di singole unità immobiliari, siano totalmente al di sotto
dell'originario piano naturale di campagna.
Qualora invece non si rispetti tale condizione, la
realizzazione di un'autorimessa non può dirsi realizzata nel
sottosuolo, per cui in tali casi si applica la disciplina
urbanistica dettata per le ordinarie nuove costruzioni fuori
terra dal P.R.G., anche per quanto concerne il pagamento dei
contributi concessori.
Per la esatta interpretazione della “ratio” della L. n.
122/1989, il riferimento ivi contenuto al “piano terreno”
dei fabbricati erigendi si spiega agevolmente con la
circostanza che neppure in detta ipotesi, come anche nel
caso di parcheggio completamente interrato, vi è alcun
aumento di volumetria.
Contrariamente a
quanto sostenutosi nell’appello, infatti, il Collegio
rammenta che per condivisibile quanto pacifica
giurisprudenza di questa Sezione del Consiglio di Stato “la
realizzazione di autorimesse e parcheggi, ai sensi dell'art.
9, 1° comma, della L. n. 122/1989 è condizionata dal fatto
che questi siano realizzati nel sottosuolo per l'intera
altezza, opera cioè solo nel caso in cui, i parcheggi da
destinare a pertinenza di singole unità immobiliari, siano
totalmente al di sotto dell'originario piano naturale di
campagna. Qualora invece non si rispetti tale condizione, la
realizzazione di un'autorimessa non può dirsi realizzata nel
sottosuolo, per cui in tali casi si applica la disciplina
urbanistica dettata per le ordinarie nuove costruzioni fuori
terra dal P.R.G., anche per quanto concerne il pagamento dei
contributi concessori.” (Cons. Stato Sez. IV,
13.07.2011, n. 4234).
Tale approdo –dal quale non si ravvisano motivi per
discostarsi- è stato condiviso dalla uniforme giurisprudenza
di merito (tra le tante TAR Umbria Perugia Sez. I,
14-06-2006, n. 316 TAR Piemonte, 27.11.2002, n. 1982) ed è
appena il caso di precisare che non si pone -come
inesattamente segnalato dall’appellante- alcuna problematica
di interpretazione “restrittiva” della norma.
Semmai, l’approdo cui è giunta l’evoluzione
giurisprudenziale si segnala per l’aderenza rispetto al
testo di legge, e per la esatta interpretazione della “ratio”
di quest’ultima, in quanto il riferimento ivi contenuto al “piano
terreno” dei fabbricati erigendi si spiega agevolmente
con la circostanza che neppure in detta ipotesi (come anche
nel caso di parcheggio completamente interrato) vi è alcun
aumento di volumetria (massima tratta da
www.lexambiente.it -
Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 12.03.2013 n. 1480 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
M. Acquasaliente,
I parcheggi interrati della legge Tognoli non si possono
realizzare in zona agricola (11.03.2013 - link a
http://venetoius.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Aree e costruzioni destinate a parcheggio - Legge
Tognoli (L. 24/03/1989, n. 122) - Applicazione e limiti -
Giurisprudenza.
La legge 24.03.1989, n. 122, riguarda esclusivamente aree e
costruzioni destinate a parcheggio, con esclusione di
qualsiasi altra destinazione incompatibile con il vincolo
pubblicistico di natura funzionale introdotto dalla stessa
legge (Cons. Stato, sez. V n. 2609, 24/04/2009).
Nello specifico, la legge 24.03.1989, n. 122 (c.d. Legge
Tognoli) riguarda i parcheggi a servizio di edifici già
esistenti e stabilisce, nell'art. 9, comma 1, che detti
parcheggi, costruiti dai proprietari degli immobili, possono
essere realizzati nel sottosuolo, ovvero nei locali siti al
piano terreno dei fabbricati anche in deroga agli strumenti
urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti; possono
essere realizzati, ad uso esclusivo dei residenti, anche nel
sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato,
purché non in contrasto con i piani urbani del traffico,
tenuto conto dell'uso della superficie sovrastante e
compatibilmente con la tutela dei corpi idrici; devono
essere destinati a pertinenza dei fabbricati; non possono
essere ceduti separatamente dall'unità immobiliare alla
quale sono legati da vincolo pertinenziale. I relativi atti
di cessione sono nulli. Vengono fatte salve le disposizioni
paesaggistiche ed ambientali.
Escludendo, nella specie, l'applicazione delle disposizioni
in esame per la realizzazione, unitamente ad un garage
interrato, di un insieme ulteriore di opere ad esso
accessorie finalizzate ad una nuova sistemazione degli
accessi all'edificio residenziale: terrazza con pensilina e
scala di collegamento (Cass. Sez. III n. 28840, 11/07/2008),
per parcheggi realizzati in superficie (Cass. Sez. III n.
23730, 08/06/2009; Sez. III n. 38841, 23/11/2006; Sez. III
n. 37013, 15/10/2001) e per parcheggi costruiti con
interramenti ottenuti per effetto del riporto di terra
(Cass. Sez. III n. 26825 20/06/2003).
A conclusioni identiche è ripetutamente pervenuta anche la
giurisprudenza amministrativa (v. ad es., Cons. Stato sez.
IV n. 4645, 26/09/2008; Consiglio di Stato Sez. V n. 1608,
29/03/2006; Cons. Stato Sez. V n. 1662 29/03/2004) (Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 05.03.2013 n. 10248 -
link a www.ambientediritto.it).
--------------
MASSIMA
14.2. Anche l'ulteriore questione
concernente l'applicabilità della legge
122/1989 è meramente ripetitiva delle
doglianze già motivatamente disattese dai
giudici del gravame e, prima ancora, dal
primo giudice sulla scorta di quanto
ritenuto dal Consiglio di Stato nella
sentenza più volte richiamata.
Anche in questo caso nel ricorso non viene
aggiunto nulla di nuovo, semplicemente
ignorando quanto evidenziato dai giudici del
merito e riproponendo una lettura delle
disposizioni richiamate che è stata
ripetutamente ritenuta destituita di
fondamento.
Anche in questo caso il giudice
amministrativo è stato perentorio: «...l'opera
contestata non è adibita soltanto a
parcheggio, ma è di natura mista,
prevedendosi, da un lato, la costruzione di
una piscina (seppure poi non realizzata),
con relativi ambienti di deposito e servizi,
di un'ampia terrazza di 300 mq., mentre
soltanto due piani sono destinati a
parcheggio. Ciò rende, con immediata
evidenza, corretta la ritenuta non
applicabilità, al caso di specie, delle
deroghe e dei benefici previsti dalla legge
Tognoli, la quale riguarda esclusivamente
aree e costruzioni destinate a parcheggio,
con esclusione di qualsiasi altra
destinazione incompatibile con il vincolo
pubblicistico di natura funzionale
introdotto dalla stessa legge»
(si cita anche Cons. Stato, sez. V n. 2609,
24.04.2009).
Invero, la legge 24.03.1989, n. 122 (c.d.
Legge Tognoli) riguarda i parcheggi a
servizio di edifici già esistenti e
stabilisce, nell'art. 9, comma 1, che
detti parcheggi, costruiti dai
proprietari degli immobili, possono essere
realizzati nel sottosuolo, ovvero nei locali
siti al piano terreno dei fabbricati anche
in deroga agli strumenti urbanistici ed ai
regolamenti edilizi vigenti; possono essere
realizzati, ad uso esclusivo dei residenti,
anche nel sottosuolo di aree pertinenziali
esterne al fabbricato, purché non in
contrasto con i piani urbani del traffico,
tenuto conto dell'uso della superficie
sovrastante e compatibilmente con la tutela
dei corpi idrici; devono essere destinati a
pertinenza dei fabbricati; non possono
essere ceduti separatamente dall'unità
immobiliare alla quale sono legati da
vincolo pertinenziale. I relativi atti di
cessione sono nulli. Vengono fatte salve le
disposizioni paesaggistiche ed ambientali.
E' di tutta evidenza che lo
speciale regime di favore introdotto dalla
legge 122/1989 è applicabile solo nel caso
in cui ricorrano tutti i requisiti
richiesti, in difetto dei quali le opere
realizzate resteranno soggette al regime
generale che richiede il permesso di
costruire, come ha più volte evidenziato la
giurisprudenza di questa Corte escludendo,
ad esempio, l'applicazione delle
disposizioni in esame per la realizzazione,
unitamente ad un garage interrato, di un
insieme ulteriore di opere ad esso
accessorie finalizzate ad una nuova
sistemazione degli accessi all'edificio
residenziale: terrazza con pensilina e scala
di collegamento
(Sez. III n. 28840, 11.07.2008),
per parcheggi realizzati in
superficie
(Sez. III n. 23730, 08.06.2009; Sez. III n.
38841, 23.11.2006; Sez. III n. 37013,
15.10.2001) e per parcheggi
costruiti con interramenti ottenuti per
effetto del riporto di terra
(Cass. Sez. III n. 26825 20.06.2003). A
conclusioni identiche è ripetutamente
pervenuta anche la giurisprudenza
amministrativa (v. ad es., Cons. Stato sez.
IV n. 4645, 26.09.2008; Cons, Stato Sez. V
n. 1608, 29.03.2006; Cons. Stato Sez. V n.
1662 29.03.2004).
Dunque del tutto correttamente è stata
esclusa l'applicabilità, nella fattispecie,
della «Legge Tognoli», mentre il
ricorso al regime ordinario previsto per
tutti gli interventi che comportino comunque
una trasformazione permanente del suolo
inedificato avrebbe previsto il rilascio di
un valido permesso di costruire, circostanza
che, come si è detto e si dirà in seguito,
nella fattispecie non si è verificata. |
EDILIZIA
PRIVATA:
L. Ieva,
La nuova disciplina dei parcheggi
pertinenziali (Urbanistica e appalti
n. 3/2013). |
EDILIZIA PRIVATA:
L’art. 9 della legge 24.03.1989 n. 122 e l’art.
66 della l.r. 11.03.2005 n. 12 contengono norme di
particolare favore per la realizzazione di parcheggi, le
quali autorizzano addirittura la loro costruzione (nel
sottosuolo) anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai
regolamenti edilizi vigenti.
Tali disposizioni hanno carattere straordinario, ed hanno la
finalità di far fronte al problema dell’ingombro dei veicoli
parcheggiati nelle pubbliche vie causato dalla conformazione
dei nostri centri storici risalenti ad epoca antecedente
l’avvento delle automobili. Queste disposizioni pertanto si
applicano solo con riferimento ai fabbricati già esistenti,
per i quali non si è tenuto conto, al momento del rilascio
del titolo edilizio che ne ha autorizzato la realizzazione,
della necessità di prevedere una adeguata dotazione di
parcheggi onde ovviare alla problematica suindicata.
Per i nuovi fabbricati, invece, si applica la regola di cui
al citato art. 41-sexies della legge n. 1150/1942
(introdotto dall’art. 2, comma 2, della stessa legge n.
122/1989) che impone, già al momento del rilascio del titolo
edilizio, di verificare se nel progetto sia prevista una
adeguata dotazione di parcheggi.
A conclusioni contrarie non può portare l’art. 9 della
legge 24.03.1989 n. 122, né l’art. 66 della l.r. 11.03.2005 n. 12 che, come noto, contengono norme di particolare
favore per la realizzazione di parcheggi, le quali
autorizzano addirittura la loro costruzione (nel sottosuolo)
anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti
edilizi vigenti.
Per costante giurisprudenza, tali disposizioni hanno
carattere straordinario, ed hanno la finalità di far fronte
al problema dell’ingombro dei veicoli parcheggiati nelle
pubbliche vie causato dalla conformazione dei nostri centri
storici risalenti ad epoca antecedente l’avvento delle
automobili (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 16.04.2012
n. 2185). Queste disposizioni pertanto si applicano solo con
riferimento ai fabbricati già esistenti, per i quali non si
è tenuto conto, al momento del rilascio del titolo edilizio
che ne ha autorizzato la realizzazione, della necessità di
prevedere una adeguata dotazione di parcheggi onde ovviare
alla problematica suindicata.
Per i nuovi fabbricati, invece, si applica la regola di
cui al citato art. 41-sexies della legge n. 1150/1942
(introdotto dall’art. 2, comma 2, della stessa legge n.
122/1989) che, come visto, impone, già al momento del rilascio
del titolo edilizio, di verificare se nel progetto sia
prevista una adeguata dotazione di parcheggi.
Nel caso in esame è pacifico che la dotazione di
parcheggi posti a pertinenza dei fabbricati che insistono
sull’area ove dovrebbero realizzarsi i nuovi interventi
soddisfa già il fabbisogno di cui all’art. 41-sexies della
legge n. 1150/1942; e ciò proprio in quanto tale condizione è
stata verificata al momento del rilascio del titolo edilizio
e, prima ancora, al momento dell’approvazione del piano per
gli insediamenti produttivi. Ne consegue che le disposizioni
recate dall’art. 9 della legge n. 122/1989 e dall’art. 66
della l.r. n. 12/2005 non sono applicabili alla fattispecie.
Va pertanto ribadita la correttezza delle valutazioni
effettuate dall’Amministrazione intimata e, di conseguenza,
va affermata l’infondatezza delle censure esaminate
(TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 26.02.2013 n. 536 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA: Parcheggi
«Tognoli»
Domanda
Ho letto di
recente che è stata modificata la disciplina che regolamenta
la possibilità di trasferire i parcheggi pertinenziali.
Potreste darmi qualche delucidazione?
Risposta
È vero. L'art. 10 del Dl «Semplificazione e Sviluppo» n.
5/2012 (conv. dalla L. n. 35/2012) ha sostituito l'art. 9,
5° c. della Legge «Tognoli» n. 122/1989. L'art. 9, 5° c., ora
stabilisce che, fermo restando l'art. 41-sexies, L. n.
1150/1942 e l'immodificabilità dell'esclusiva destinazione a
parcheggio, la proprietà dei parcheggi realizzati a norma
del 1° comma può essere trasferita, anche in deroga a quanto
previsto nel titolo edilizio e nei successivi atti
convenzionali, solo con contestuale destinazione del
parcheggio trasferito a pertinenza di altra unità
immobiliare sita nello stesso comune mentre i parcheggi
realizzati ai sensi del 4° c. del medesimo art. 9 continuano
a non poter essere ceduti separatamente dall'unità
immobiliare alla quale sono legati da vincolo pertinenziale
a pena di nullità dei relativi atti di cessione, a eccezione
di espressa previsione contenuta nella convenzione stipulata
con il comune, ovvero quando quest'ultimo abbia autorizzato
l'atto di cessione.
La modifica riguarda solo i parcheggi di cui all'art. 9, 1°
c., L. n. 122/1989 ai sensi del quale: «I proprietari di
immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi
ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati
parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità
immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici e ai
regolamenti edilizi vigenti. Tali parcheggi possono essere
realizzati, a uso esclusivo dei residenti, anche nel
sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato,
purché non in contrasto con i piani urbani del traffico,
tenuto conto dell'uso della superficie sovrastante e
compatibilmente con la tutela dei corpi idrici. Restano in
ogni caso fermi i vincoli previsti dalla legislazione in
materia paesaggistica e ambientale e i poteri attribuiti
dalla medesima legislazione alle regioni e ai ministeri
dell'ambiente e per i beni culturali e ambientali da
esercitare motivatamente nel termine di 90 giorni. I
parcheggi stessi ove i piani del traffico non siano stati
redatti, potranno comunque essere realizzati nel rispetto
delle indicazioni di cui al periodo precedente».
Il 4° c.
dell'art. 9 stabilisce invece che i comuni, previa
determinazione dei criteri di cessione del diritto di
superficie e su richiesta dei privati interessati o di
imprese di costruzione o di società anche cooperative,
possono prevedere, nell'ambito del programma urbano dei
parcheggi, la realizzazione di parcheggi da destinare a
pertinenza di immobili privati su aree comunali o nel
sottosuolo delle stesse (_). La costituzione del diritto di
superficie è subordinata alla stipula di una convenzione
nella quale siano previsti la durata della concessione del
diritto di superficie per un periodo non superiore a novanta
anni e altri elementi tra i quali le sanzioni previste per
gli eventuali inadempimenti.
Prima della recente modifica normativa, anche i parcheggi di
cui al 1° c. dell'art. 9 (quelli, cioè, su proprietà
privata) non potevano essere ceduti separatamente dall'unità
immobiliare alla quale erano legati da vincolo pertinenziale,
a pena di nullità dei relativi atti di cessione, preclusione
tuttora prevista per i parcheggi realizzati su area comunale
di cui al 4° comma dell'art. 9 della L. n. 122/1989 (articolo
ItaliaOggi Sette dell'11.02.2013). |
EDILIZIA
PRIVATA: Ai
fini della legittimità della procedura di realizzazione di
un parcheggio pertinenziale da realizzarsi ai sensi
dell'articolo 9 della l. 122 del 1989 non è indispensabile
che il numero dei proprietari di immobili siti nelle
vicinanze del realizzando parcheggio sia individuato prima
della costruzione di questo e che, quindi, il vincolo
pertinenziale debba preesistere, richiedendosi solo che
detto vincolo venga previsto e, poi, effettivamente
costituito e trascritto nelle forme prescritte.
---------------
Il comma 1 dell’articolo 9 della l. 122 del 1989 non limita
in modo esclusivo ai proprietari degli immobili interessati
la legittimazione a realizzare parcheggi di tipo
pertinenziale. Ed infatti, il tenore stesso della
disposizione in parola (la quale declina con formula
impersonale il riferimento ai “parcheggi da destinare a
pertinenza”) implica che i parcheggi collocati in aree
esterne rispetto ai fabbricati interessati non debbano
necessariamente essere realizzati dai proprietari
dell’immobile, ma possano essere realizzati anche da parte
di terzi soggetti.
Ai limitati fini che qui rilevano, si osserva che la più
recente evoluzione normativa ha attenuato il vincolo della
inalienabilità delle autorimesse realizzate avvalendosi
delle previsioni derogatorie di cui all’articolo 9 della l.
122, cit.
Si richiama, al riguardo, l’articolo 10 del decreto-legge
09.02.2012, n. 5 (come modificato dalla relativa legge di
conversione) il quale, novellando la previsione di cui al
comma 5 dell’articolo 9, cit., ha previsto che “(…) la
proprietà dei parcheggi realizzati a norma del comma 1 può
essere trasferita, anche in deroga a quanto previsto nel
titolo edilizio che ha legittimato la costruzione e nei
successivi atti convenzionali, solo con contestuale
destinazione del parcheggio trasferito a pertinenza di altra
unità immobiliare sita nello stesso comune”.
---------------
La realizzazione del parcheggio pertinenziale (in deroga ex
lege Tognoli e sottostante ad un giardino vincolato) non
risulta in contrasto con la destinazione a giardino della
superficie soprastante: una siffatta incompatibilità non è
sancita da alcuna delle disposizioni dinanzi richiamate, né
è desumibile dalle concrete –e invero lievi, come ritenuto
in sede amministrativa- modificazioni che la realizzazione
del progetto apporterà allo stato estetico e funzionale del
giardino.
Ciò che il decreto impositivo del vincolo è volto a tutelare
è l’esistenza dell’area a giardino e la sua coessenzialità
con l’unicum funzionale rappresentato dai due corpi di
fabbrica e –appunto– dal giardino antistante. Al contrario
–come correttamente rilevato dai primi Giudici– la
sussistenza di un vincolo (anche) sul giardino non sta certo
a significare che tale giardino sia vincolato sotto il
profilo della sua assoluta immodificabilità per intero e
nella sua configurazione e strutturazione attuale (a tacer
d’altro, la relazione storico-artistica allegata al decreto
impositivo del vincolo nulla riferisce in ordine alla
struttura del giardino, alle essenze ivi impiantate e alla
loro consistenza complessiva, in tal modo confermando che
l’esistenza del vincolo sul giardino non sta a significare
l’assoluta intangibilità di ogni singolo arbusto ivi
esistente).
---------------
La circostanza per cui il comma 1 dell’articolo 9 della l.
122 del 1989 richiami in modo espresso unicamente deroghe
alla disciplina urbanistica e ai regolamenti edilizi, non
sta a significare che la realizzazione di parcheggi
pertinenziali interrati sia radicalmente preclusa nel caso
di immobili sottoposti a vincolo.
Più semplicemente, il silenzio sul punto da parte del
Legislatore deve essere inteso non già nel senso di impedire
in toto il ricorso alle procedure di cui all’articolo 9,
cit. nel caso di immobili sottoposti a vincolo, bensì nel
senso di non ammettere procedure derogatorie rispetto a
quelle ordinariamente esperibili in materia di gestione del
vincolo (nel caso di specie: vincolo storico-monumentale e
vincolo archeologico).
Al riguardo il Collegio ritiene di richiamare il condiviso
orientamento secondo cui -ai fini della legittimità della
procedura di realizzazione di un parcheggio pertinenziale da
realizzarsi ai sensi dell'articolo 9 della l. 122 del 1989-
non è indispensabile che il numero dei proprietari di
immobili siti nelle vicinanze del realizzando parcheggio sia
individuato prima della costruzione di questo e che, quindi,
il vincolo pertinenziale debba preesistere, richiedendosi
solo che detto vincolo venga previsto e, poi, effettivamente
costituito e trascritto nelle forme prescritte (in tal
senso: Cons. Stato, V, 26.05.2003, n. 2852).
Ora, una volta accertata la sussistenza del vincolo
pertinenziale in questione nei confronti dal compendio
immobiliare di ‘casa Cervi’, ciò non esclude che,
sussistendone i presupposti, venga operato il trasferimento
del vincolo stesso nei confronti di ulteriori unità
immobiliari nei cui confronti, parimenti, un siffatto
vincolo possa essere legittimamente istituito, conformemente
alle previsioni di cui all’articolo 66 della L.R. 12 del
2005 (la disposizione in questione –emanata in base alla
potestà legislativa regionale in materia di governo del
territorio- consente, infatti, ai proprietari di immobili di
realizzare, nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne,
parcheggi i quali possono anche essere collocati
esternamente al lotto di appartenenza, senza limiti di
distanza rispetto alle unità immobiliari alle quali sono
legati dal vincolo di pertinenzialità, purché nell’ambito
del medesimo comune o di comuni contermini).
Al riguardo si osserva che la giurisprudenza di questo
Consiglio di Stato ha stabilito che il comma 1 dell’articolo
9 della l. 122 del 1989 non limita in modo esclusivo ai
proprietari degli immobili interessati la legittimazione a
realizzare parcheggi di tipo pertinenziale. Ed infatti, il
tenore stesso della disposizione in parola (la quale declina
con formula impersonale il riferimento ai “parcheggi da
destinare a pertinenza”) implica che i parcheggi
collocati in aree esterne rispetto ai fabbricati interessati
non debbano necessariamente essere realizzati dai
proprietari dell’immobile, ma possano essere realizzati
anche da parte di terzi soggetti (in tal senso: Cons. Stato,
IV, 31.03.2010, n. 1842).
Ai limitati fini che qui rilevano, si osserva che la più
recente evoluzione normativa ha attenuato il vincolo della
inalienabilità delle autorimesse realizzate avvalendosi
delle previsioni derogatorie di cui all’articolo 9 della l.
122, cit.
Si richiama, al riguardo, l’articolo 10 del decreto-legge
09.02.2012, n. 5 (come modificato dalla relativa legge di
conversione) il quale, novellando la previsione di cui al
comma 5 dell’articolo 9, cit., ha previsto che “(…) la
proprietà dei parcheggi realizzati a norma del comma 1 può
essere trasferita, anche in deroga a quanto previsto nel
titolo edilizio che ha legittimato la costruzione e nei
successivi atti convenzionali, solo con contestuale
destinazione del parcheggio trasferito a pertinenza di altra
unità immobiliare sita nello stesso comune”.
---------------
Del pari, è infondato il quinto
motivo di appello (con cui si è lamentato che i primi
Giudici abbiano omesso di rilevare come l’affermazione
relativa alla salvaguardia del giardino antistante la ‘casa
Cervi’ fosse basata più su mere affermazioni di
principio, che non su dati concreti e dimostrati).
Ad avviso del Collegio, dagli atti di causa (e segnatamente,
dall’esame degli elaborati di progetto riguardati in
relazione al complessivo stato dei luoghi) non emerge alcuna
violazione:
a) né del comma 1 dell’articolo 9 della l. 122 del 1989
(secondo cui la realizzabilità dei parcheggi in deroga è
ammessa “tenuto conto dell’uso della superficie
sovrastante (…)”);
b) né dell’articolo 67 della L.R. 12 del 2005 (secondo cui “la
realizzazione dei parcheggi non può contrastare (…) con
l’uso delle superfici sovrastanti”);
c) né del decreto impositivo del vincolo (il quale imponeva
di evitare “improprie trasformazioni” dello stato dei
luoghi).
Si osserva al riguardo che la realizzazione del parcheggio
pertinenziale non risulta in contrasto con la destinazione a
giardino della superficie soprastante: una siffatta
incompatibilità non è sancita da alcuna delle disposizioni
dinanzi richiamate, né è desumibile dalle concrete –e invero
lievi, come ritenuto in sede amministrativa- modificazioni
che la realizzazione del progetto apporterà allo stato
estetico e funzionale del giardino.
Del resto, gli appellati hanno dimostrato in modo adeguato
che la realizzazione delle rimesse interrate non comporterà
alcuno stravolgimento dell’assetto del giardino, il quale
verrà salvaguardato nella sua funzione, nelle sue dimensioni
e nell’assetto di base delle essenze ivi esistenti (la
relazione agronomica prodotta in atti conferma che le
essenze arboree di maggior pregio verranno conservate).
Ad ogni modo, non appare irrilevante osservare che ciò che
il decreto impositivo del vincolo è volto a tutelare è
l’esistenza dell’area a giardino e la sua coessenzialità con
l’unicum funzionale rappresentato dai due corpi di
fabbrica e –appunto– dal giardino antistante. Al contrario
–come correttamente rilevato dai primi Giudici– la
sussistenza di un vincolo (anche) sul giardino non sta certo
a significare che tale giardino sia vincolato sotto il
profilo della sua assoluta immodificabilità per intero e
nella sua configurazione e strutturazione attuale (a tacer
d’altro, la relazione storico-artistica allegata al decreto
impositivo del vincolo nulla riferisce in ordine alla
struttura del giardino, alle essenze ivi impiantate e alla
loro consistenza complessiva, in tal modo confermando che
l’esistenza del vincolo sul giardino non sta a significare
l’assoluta intangibilità di ogni singolo arbusto ivi
esistente).
Per le medesime ragioni, non può ritenersi che il progetto
approvato abbia comportato violazioni delle previsioni di
cui all’articolo 63 delle N.T.A. al P.R.G. (secondo cui, nel
comparto per cui è causa sono ammessi unicamente interventi
di restauro e risanamento conservativo) e del successivo
articolo 67 (secondo cui, per ciò che riguarda i giardini, è
imposta la conservazione integrale e il mantenimento delle
piantumazioni esistenti e delle pavimentazioni
tradizionali).
Per ciò che riguarda, in particolare, la seconda delle
richiamate disposizioni, si ritiene che la complessiva
risistemazione del giardino –lo si ripete: rimasto intatto
nella sua funzione e struttura di fondo– risulti compatibile
con una lettura in senso sostanziale –e non meramente
formalistico– delle pertinenti prescrizioni di piano.
---------------
Il quarto motivo di
appello (con cui si è lamentata l’erroneità della sentenza
in epigrafe per la parte in cui ha respinto il motivo di
ricorso con il quale si era affermato che la procedura
derogatoria di cui all’articolo 9 della l. 122 del 1989 non
sarebbe in radice applicabile nel caso di immobili
sottoposti a vincolo) è infondato.
Si osserva al riguardo che la circostanza per cui il comma 1
dell’articolo 9 della l. 122 del 1989 cit. richiami in modo
espresso unicamente deroghe alla disciplina urbanistica e ai
regolamenti edilizi, non sta a significare che la
realizzazione di parcheggi pertinenziali interrati sia
radicalmente preclusa nel caso di immobili sottoposti a
vincolo.
Più semplicemente, il silenzio sul punto da parte del
Legislatore deve essere inteso (e correttamente è stato
inteso dai primi Giudici):
-
non già nel senso di impedire in toto il ricorso alle
procedure di cui all’articolo 9, cit. nel caso di immobili
sottoposti a vincolo, bensì
nel senso di non ammettere procedure derogatorie rispetto a
quelle ordinariamente esperibili in materia di gestione del
vincolo (nel caso di specie: vincolo storico-monumentale e
vincolo archeologico) (Consiglio
di Stato, Sez. VI,
sentenza 29.01.2013 n. 539 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
CONDOMINIO -
EDILIZIA PRIVATA:
TRASFERIBILITA' DEI PARCHEGGI CONDOMINIALI.
L’art. 41-sexies della legge urbanistica 17.08.1942 n.
1150, introdotto dall’art. 18 della L. 06.08.1967 n.
765, il quale dispone che nelle nuove costruzioni debbono
essere riservati appositi spazi per parcheggi, stabilisce
un vincolo di destinazione, imponendo di riservare
detti spazi ad uso diretto dei proprietari delle unità
immobiliari
comprese nell’edificio, e dei loro aventi causa.
Pertanto, sono nulle e sostituite ope legis dalla norma
imperativa, ai sensi dell’art. 1419, comma 2, c.c., le
clausole
dei contratti di vendita che sottraggono le aree predette
al loro obbligatorio asservimento all’uso ed al godimento
dei condomini.
L’art. 12, comma 9, della L. 28.11.2005 n. 246,
modificativo
dell’art. 41-sexies della L. n. 1150/1942, in base
al quale gli spazi per parcheggio possono essere trasferiti
in modo autonomo rispetto alle altre unità immobiliari,
non ha efficacia retroattiva e trova applicazione per
le sole costruzioni non realizzate o per quelle per le
quali,
al momento della sua entrata in vigore, non erano ancora
state stipulate le vendite delle singole unità immobiliari.
Con la sentenza in esame la Cassazione torna ad occuparsi
del vincolo pertinenziale gravante sugli spazi per parcheggi
realizzati in un edificio condominiale.
La vicenda trae origine dalla pretesa avanzata da alcuni
condomini
di un edificio, con area seminterrata destinata a superficie
di parcheggio, nei confronti di una società immobiliare,
la quale si era riservata la proprietà nonché l’uso
esclusivo
del seminterrato in questione, procedendo alla vendita
delle singole unità abitative dell’edificio in via separata
rispetto
all’area accessoria di esso.
Accertato che il seminterrato era, in virtù della
rilasciata licenza
edilizia, destinato all’uso di parcheggio e che tale
destinazione
risultava permanente ai sensi della L. 06.08.1967, n. 765 e della L. 28.02.1985, n. 47, la
controversia
veniva decisa nel merito mediante la condanna della società
immobiliare al risarcimento dei danni subiti dai condomini
per il denegato uso del seminterrato a garage e mediante
la dichiarazione di nullità delle clausole contenute nel
regolamento di condominio e negli atti di compravendita,
nella parte in cui, riservando la proprietà e l’uso
esclusivo
del seminterrato alla società immobiliare, avevano
sottratto
tale spazio alla sua inderogabile destinazione, escludendolo
dalle operazioni di trasferimento.
Contro la decisione della Corte d’Appello la società
immobiliare
proponeva ricorso per Cassazione.
In particolare la società lamentava, per quanto qui di
interesse,
la mancata applicazione, al caso di specie, della normativa
di cui all’art. 12, comma 9, L. 28.11.2005, n. 246,
in base alla quale «gli spazi per parcheggi realizzati in
forza
della L. 17.08.1942, n. 1150, art. 41-sexies, comma 1
non sono gravati da vincoli pertinenziali di sorta né da
diritti
d’uso a favore dei proprietari di altre unità immobiliari e
sono
trasferibili autonomamente da esse», ritenendo che tale
disciplina
possa trovare applicazione anche nei giudizi già pendenti
al momento dell’entrata in vigore della stessa, in cui
non sia ancora stata definita una situazione giuridica con
una
pronuncia passata in giudicato.
E'
noto come, secondo un costante orientamento, l’art.
41-sexies
della L. n. 1150/1942, introdotto dall’art. 18 della L. n.
765/1967, disponendo che nelle nuove costruzioni ed anche
nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse debbano
essere
riservati appositi spazi per parcheggi in misura non
inferiore
ad un metro quadrato per ogni venti metri cubi di
costruzione
(rapporto poi modificato dalla L. 24.03.1989, n.
122, che ha raddoppiato la superficie minima obbligatoria
degli
spazi riservati a parcheggio), ha posto in essere una norma
imperativa ed inderogabile, in correlazione degli interessi
pubblicistici da essa perseguiti, che opera non soltanto nel
rapporto fra il costruttore o proprietario di edificio e l’autorità
competente in materia urbanistica, ma anche nei rapporti
privatistici
inerenti a detti spazi, nel senso di imporre la loro
destinazione
ad uso diretto delle persone che stabilmente occupano
le costruzioni o ad esse abitualmente accedono.
Ciò
comporta, in ipotesi di fabbricato condominiale, che,
qualora
il godimento dello spazio per parcheggio non sia assicurato
in favore del proprietario del singolo appartamento in
applicazione
dei principi sull’utilizzazione delle parti comuni
dell’edificio
o delle sue pertinenze, essendovi un titolo contrattuale
che attribuisca ad altri la proprietà dello spazio
medesimo,
deve affermarsi la nullità di tale contratto nella parte in
cui
sottrae lo spazio per parcheggio alla suddetta inderogabile
destinazione, e conseguentemente deve ritenersi il contratto
stesso integrato ope legis con il riconoscimento di un
diritto
reale di uso di quello spazio in favore di detto condomino,
salva restando la possibilità delle parti di ottenere,
anche giudizialmente,
un riequilibrio del sinallagma contrattuale (così,
ad esempio, Cass., Sez. Un., 17.12.1984, n. 6602).
Tale orientamento non è mutato per effetto della entrata in
vigore della L. 28.02.1985 n. 47, che, all’art. 26
ultimo
comma ha stabilito che gli ‘‘spazi’’ di cui all’art. 18 cit.
«costituiscono
pertinenze delle costruzioni, ai sensi e per gli effetti
degli artt. 817, 818 e 819 del codice civile». Secondo la
Suprema Corte, tale disposizione «non ha portata innovativa,
assolvendo soltanto alla funzione di conferire certezza
testuale
alle già evincibili regole secondo cui detti spazi possono
essere oggetto di atti o rapporti separati, fermo però
restando
quel vincolo pubblicistico» (Cass. civ., sez. II, 17.12.1993, n. 12495).
In definitiva, pertanto, secondo l’orientamento consolidato
«la norma richiamata istituisce fra costruzioni e spazi di
parcheggio
ad esse progettualmente annessi una relazione che
ha connotazione di necessità e di indispensabile
permanenza,
di rilievo pubblicistico e con caratteristiche di realità,
che,
nell’ipotesi in cui la costruzione sia costituita da un
fabbricato
in condominio comporta che detti spazi ricadano fra le
parti comuni dell’edificio condominiale ex art. 1117 c.c.
quando appartengano in comunione a tutti i condomini, ovvero
vengano a costituire oggetto di un diritto, reale, di uso
spettante ai condomini medesimi quando la relativa
proprietà
competa a terzi estranei alla collettività condominiale o a
uno solo dei componenti di questa»; «la normativa in
discorso
non vieta la negoziazione separata delle costruzioni e delle
aree di parcheggio ad esse pertinenti, ma esclude che tale
negoziazione possa incidere sulla permanenza del vincolo
reale di destinazione gravante sulle aree cennate» (così
Cass. civ., sez. II, 13.04.1998, n. 3422).
Come è noto, nel 2005 è intervenuto sul punto il
legislatore,
prevedendo che «Gli spazi per parcheggi realizzati in forza
del primo comma dell’art. 41-sexies L. n. 1150/1942 non sono
gravati da vincoli pertinenziali di sorta né da diritti
d’uso a
favore dei proprietari di altre unità immobiliari e sono
trasferibili
autonomamente da esse» (L. n. 246/2005).
La novità legislativa ha immediatamente suscitato un
dibattito
circa la sua applicabilità rispetto ai contratti già
conclusi.
Nella sentenza che si commenta, la Suprema Corte si conforma
alle sue precedenti pronunce sul punto, affermando
che la nuova disposizione trova applicazione soltanto per il
futuro, vale a dire per le sole costruzioni non realizzate o
per
quelle per le quali, al momento della sua entrata in vigore,
non erano ancora state stipulate le vendite delle singole
unità
immobiliari; l’efficacia retroattiva della norma va pertanto
esclusa (cfr. Cass. civ., sez. II, 24.02.2006, n.
4264; 13.01.2010, n. 378; 05.06.2012, n. 9090) (Corte
di
Cassazione, Sez. II civile,
sentenza 24.01.2013 n. 1753
- tratto da
Urbanistica e appalti n. 4/2013). |
CONDOMINIO -
EDILIZIA PRIVATA:
Parcheggi, in vendita ciò che resta. La corte di
cassazione sulle aree del fabbricato.
Una volta raggiunta la minima percentuale di
spazio-parcheggio, le altre aree del fabbricato, non
costituendo pertinenza, possono essere liberamente vendute,
locate o formare oggetto di altri negozi giuridici.
Lo ha
stabilito la Corte di Cassazione, Sez. II civile, con la
sentenza 16.01.2013 n. 943.
Più
propriamente, l'esimio Consesso, richiamandosi a una sua
precedente decisione adottata a Sezioni Unite, ha –definitivamente– chiarito che, in virtù dell'art. 18,
ex lege 06.08.1967, n. 765 in materia di destinazione d'uso
dei parcheggi condominiali, i «posti auto» realizzati in
eccedenza rispetto alla superficie minima normativamente
richiesta non sono soggetti a vincolo pertinenziale a favore
delle unità immobiliari del fabbricato.
Una decisione,
questa, peraltro già consacrata in due precedenti
«interventi», i quali –a loro volta e, nello specifico,–
hanno, chiaramente, concluso per la non estensibilità delle
aree eccedenti la percentuale contemplata dal succitato art.
18, ragion per cui la cessione in proprietà delle aree
stesse in favore degli occupanti delle unità abitative di
cui si compone il plesso condominiale è da ritenersi
esclusa. Del resto, anche la dottrina è unanime
nell'inquadrare i parcheggi che eccedono lo standard
vincolistico tra quelli a cd. «circolazione libera».
È,
quindi, pacifico che l'originario proprietario-costruttore
del fabbricato potrà, legittimamente, riservarsi o cedere a
terzi la proprietà dei parcheggi de quibus,
ovviamente nel rispetto del vincolo di destinazione nascente
da atto d'obbligo
(articolo ItaliaOggi del 25.04.2013). |
EDILIZIA
PRIVATA - URBANISTICA:
Gli spazi di parcheggio di cui all’art.
41-quinquies L. 1150/1942 costituiscono aree pubbliche da
conteggiarsi ai fini della dotazione di standard, nel mentre
i parcheggi di cui al successivo art. 41-sexies sono
qualificati come aree private pertinenziali alle nuove
costruzioni, con la conseguenza che l’art. 3, comma 2, lett.
d), del D.M. 02.04.1968 n. 1444 espressamente li esclude dal
computo nel calcolo della misura degli standards.
---------------
Mentre il pagamento degli oneri di urbanizzazione si risolve
in un contributo per la realizzazione delle opere stesse,
senza che insorga un vincolo di scopo in relazione alla zona
in cui è inserita l’area interessata alla imminente
trasformazione edilizia, la monetizzazione sostitutiva della
cessione degli standards essenzialmente pertiene al
reperimento delle aree necessarie alla realizzazione delle
opere di urbanizzazione all’interno della specifica zona di
intervento.
---------------
La monetizzazione degli standard si configura quale facoltà
eminentemente discrezionale dell’Amministrazione Comunale e
non già quale diritto del privato, il quale non può pertanto
ritenersi esente dall’onere di individuare le aree da
computare in quota standard.
Da ultimo, per quanto attiene
agli spazi per parcheggi, va rilevato quanto segue.
Il D.M. 02.04.1968 n. 1444, adottato in attuazione dell’art.
41-quinquies, commi ottavo e nono, della L. 1150 del 1942
come introdotto dall’art. 17 della L. 06.08.1967 n. 765,
disciplina i cosiddetti standards urbanistici ed edilizi.
Per quanto qui segnatamente interessa, l’art. 5 di tale D.M.
individua i rapporti massimi tra gli spazi destinati agli
insediamenti produttivi e gli spazi pubblici destinati alle
attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi,
prescrivendo che:
1) nei nuovi insediamenti di carattere industriale o ad essi
assimilabili compresi nelle zone D) la superficie da
destinare a spazi pubblici o destinata ad attività
collettive, a verde pubblico o a parcheggi (escluse le sedi
viarie) non può essere inferiore al 10% dell’intera
superficie destinata a tali insediamenti;
2) nei nuovi insediamenti di carattere commerciale e
direzionale, a 100 mq. di superficie lorda di pavimento di
edifici previsti, deve corrispondere la quantità minima di
80 mq. di spazio, escluse le sedi viarie, di cui almeno la
metà destinata a parcheggi (in aggiunta a quelli di cui al
predetto art. 18 della L. 765 del 1967); tale quantità, per
le zone A) e B) è ridotta alla metà, purché siano previste
adeguate attrezzature integrative.
Gli spazi di parcheggi testé riferiti sono quindi aggiuntivi
e non sostitutivi di quelli imposti dall’art. 18 della L.
765 del 1967, la cui misura è stata quindi modificata per
effetto dell’art. 2 della L. dalla L. 24.03.1898 n. 122
(cfr. ivi: “nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree
di pertinenza delle costruzioni stesse, debbono essere
riservati appositi spazi per parcheggi in misura non
inferiore ad un metro quadrato per ogni 10 metri cubi di
costruzione”).
Si rinviene comprova di ciò dal differente contenuto
dell’art. 41-quinquies, ottavo comma, della L. 1150 del 1942
e dell’art. 41-sexies della legge medesima.
Gli spazi di parcheggio di cui all’art. 41-quinquies
costituiscono infatti aree pubbliche da conteggiarsi ai fini
della dotazione di standard, nel mentre i parcheggi di cui
al successivo art. 41-sexies sono qualificati come aree
private pertinenziali alle nuove costruzioni, con la
conseguenza che l’art. 3, comma 2, lett. d), del D.M.
02.04.1968 n. 1444 espressamente li esclude dal computo nel
calcolo della misura degli standards.
Ciò posto, l’allora vigente art. 22 della L.R. 15.04.1975 n.
51 disponeva nel senso che “la dotazione minima di
standard funzionali ai nuovi insediamenti di carattere
commerciale stabilita dall’art. 5 del D.M. n. 1444 in misura
dell’ 80% della superficie lorda di pavimento è elevata al
100%. Di tali aree almeno la metà dovrà essere destinata a
parcheggi di uso pubblico”.
La finalità complessivamente perseguita dalle disposizioni
sin qui riferite risulta ben evidente, ed è stata dianzi già
enunciata: poiché i centri commerciali richiamano un elevato
numero di consumatori è necessario, onde evitare disfunzioni
e pericoli alla circolazione stradale e turbative alle
proprietà che potrebbero essere causate dall’ingente numero
di veicoli, predisporre un congruo numero di spazi destinati
al parcheggio.
L’Alco si è invero riferita nelle sue difese all’istituto
della c.d. “monetizzazione degli standards”, il quale
–come è ben noto- consiste nel versamento al comune di un
importo alternativo alla cessione diretta delle stesse aree,
ogni volta che tale cessione non venga disposta: in tal
modo, pertanto, è consentito al lottizzante di corrispondere
all’Amministrazione Comunale un corrispettivo in danaro per
ogni metro quadrato non ceduto, con il conseguente obbligo
del Comune medesimo di utilizzare quanto ottenuto dalla
monetizzazione per la realizzazione di opere pubbliche da
localizzarsi ove pianificato.
Va opportunamente rimarcato che mentre il pagamento degli
oneri di urbanizzazione si risolve in un contributo per la
realizzazione delle opere stesse, senza che insorga un
vincolo di scopo in relazione alla zona in cui è inserita
l’area interessata alla imminente trasformazione edilizia,
la monetizzazione sostitutiva della cessione degli standards
essenzialmente pertiene al reperimento delle aree necessarie
alla realizzazione delle opere di urbanizzazione all’interno
della specifica zona di intervento (cfr. al riguardo, ad
es., Cons. Stato, Sez. IV, 16.02.2011 n. 1013).
Nella Regione Lombardia l’istituto della monetizzazione è
attualmente normato dall’art. 46, comma 2, lettera a),
ultimo periodo, della L.R. 11.03.2005 n. 12, in forza del
quale “qualora l’acquisizione di tali aree non risulti
possibile o non sia ritenuta opportuna dal comune in
relazione alla loro estensione, conformazione o
localizzazione, ovvero in relazione ai programmi comunali di
intervento, la convenzione può prevedere, in alternativa
totale o parziale della cessione, che all’atto della
stipulazione i soggetti obbligati corrispondano al comune
una somma commisurata all’utilità economica conseguita per
effetto della mancata cessione e comunque non inferiore al
costo dell'acquisizione di altre aree”.
Non dissimilmente l’art. 12, lett. a), della L.R. 05.12.1977
n. 60, vigente all’epoca dei fatti di causa, disponeva che,
qualora l’acquisizione delle aree necessarie per le opere di
urbanizzazione primaria e per le attrezzature pubbliche e di
uso pubblico “non venga ritenuta opportuna dal Comune in
relazione alla loro estensione, conformazione o
localizzazione, ovvero in relazione ai programmi comunali di
intervento, la convenzione può prevedere, in alternativa
totale o parziale della cessione, che all’atto della stipula
i lottizzanti corrispondano al comune una somma commisurata
all’utilità economica conseguita per effetto della mancata
cessione e comunque non inferiore al costo dell’acquisizione
di altre aree”.
La legislazione regionale subordinava e subordina pertanto
la monetizzazione degli standards a ben precisi presupposti,
e ciò nella considerazione che la monetizzazione
presupponeva -e presuppone- comunque un’offerta di aree,
restando in facoltà del Comune la commutazione sulla base di
un apprezzamento complesso, che investe sia l’idoneità o
meno delle aree offerte in funzione dell’uso pubblico cui
verrebbero destinate, sia la possibilità di acquisire aree
alternative (con monetizzazione, quindi, a carico del
lottizzante) al fine mantenere invariato il livello di
dotazione di standards fissato dal piano regolatore e che
non può comunque scendere al di sotto del minimo contemplato
dalla legge ovvero dalla fonte autorizzata dalla legge.
Da tutto ciò discende quindi che la monetizzazione si
configura quale facoltà eminentemente discrezionale
dell’Amministrazione Comunale e non già quale diritto del
privato, il quale non può pertanto ritenersi esente
dall’onere di individuare le aree da computare in quota
standard: e, se così è, deve ricavarsi la conseguenza che la
Giunta Regionale, laddove ha affermato la sussistenza di una
palese inopportunità della disposta monetizzazione, ha
utilizzato il termine in senso improprio, avendo viceversa
all’evidenza inteso censurare sotto il profilo della
legittimità, segnatamente dell’eccesso di potere per
illogicità, la mancanza dei presupposti nella per
l’applicazione dell’istituto della monetizzazione, stante la
mancata individuazione, da parte del Comune, di aree idonee
ad integrare in altre parti del territorio comunale le
superfici a standard rese necessarie dall’intervento de L’Alco
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 08.01.2013 n. 32 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2012 |
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EDILIZIA
PRIVATA: Ristrutturazione “pesante” necessita nuovi
parcheggi.
Un intervento di ristrutturazione
“pesante”, comportante il frazionamento dell’originario
edificio in quattro nuove unità abitative e,
conseguentemente, un maggior carico urbanistico, il progetto
avrebbe potuto essere licenziato solo alla condizione che
fossero contestualmente realizzati i parcheggi di cui
all’art. 41-sexies L. 1150/1942, dovendo tale norma
applicarsi a tutti gli interventi che implicano un aumento
di carico urbanistico.
Il ricorso merita di essere accolto sulla assorbente
considerazione che il progetto assentito non prevede la
realizzazione di parcheggi ex art. 41-sexies L. 1150/1942.
Va preliminarmente rilevato che il Comune si é limitato a
contestare del tutto genericamente le allegazioni della
ricorrente, e ciò nell’ambito della comparsa di stile
depositata all’atto della costituzione in giudizio.
Conseguentemente il Collegio ritiene che quei fatti posti a
fondamento del ricorso i quali risultino supportati dalle
risultanze dei documenti prodotti dalla ricorrente possono
ritenersi dimostrati.
Ciò vale, in particolare, con riferimento alla censura
relativa ai parcheggi comuni di cui all’art. 41-sexies L.
1150/1942, della cui realizzazione non vi é traccia nel
capitolato delle opere oggetto della concessione edilizia
impugnata, che la ricorrente ha prodotto.
Ciò premesso, venendo in considerazione un intervento di
ristrutturazione “pesante”, comportante il
frazionamento dell’originario edificio in quattro nuove
unità abitative e, conseguentemente, un maggior carico
urbanistico, il progetto avrebbe potuto essere licenziato
solo alla condizione che fossero contestualmente realizzati
i parcheggi di cui all’art. 41-sexies L. 1150/1942, dovendo
tale norma applicarsi a tutti gli interventi che implicano
un aumento di carico urbanistico (tra le più recenti, si
veda TAR Liguria n. 592/2011) (massima tratta da www.lexambiente.it
- TAR Piemonte, Sez. I,
sentenza 21.12.2012 n. 1375 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Parcheggi «Tognoli».
Domanda.
Ho letto di recente che è stata modificata la disciplina che
regolamenta la possibilità di trasferire i parcheggi
pertinenziali. Potreste darmi qualche delucidazione?
Risposta.
È vero. L'art. 10 del dl «Semplificazione e Sviluppo»
n. 5/2012 (conv. dalla legge n. 35/2012) ha sostituito
l'art. 9, 5° comma , della Legge «Tognoli» n. 122/1989.
L'art. 9, comma 5, ora stabilisce che, fermo restando l'art.
41-sexies, legge n. 1150/1942 e l'immodificabilità
dell'esclusiva destinazione a parcheggio, la proprietà dei
parcheggi realizzati a norma del 1° comma può essere
trasferita, anche in deroga a quanto previsto nel titolo
edilizio e nei successivi atti convenzionali, solo con
contestuale destinazione del parcheggio trasferito a
pertinenza di altra unità immobiliare sita nello stesso
comune mentre i parcheggi realizzati ai sensi del 4° comma
del medesimo art. 9 continuano a non poter essere ceduti
separatamente dall'unità immobiliare alla quale sono legati
da vincolo pertinenziale a pena di nullità dei relativi atti
di cessione, a eccezione di espressa previsione contenuta
nella convenzione stipulata con il comune, ovvero quando
quest'ultimo abbia autorizzato l'atto di cessione.
La modifica riguarda solo i parcheggi di cui all'art. 9, 1°
comma, legge n. 122/1989 ai sensi del quale: «Proprietari
di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi
ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati
parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità
immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici e ai
regolamenti edilizi vigenti. Tali parcheggi possono essere
realizzati, a uso esclusivo dei residenti, anche nel
sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato,
purché non in contrasto con i piani urbani del traffico,
tenuto conto dell'uso della superficie sovrastante e
compatibilmente con la tutela dei corpi idrici. Restano in
ogni caso fermi i vincoli previsti dalla legislazione in
materia paesaggistica e ambientale e i poteri attribuiti
dalla medesima legislazione alle regioni e ai Ministeri
dell'ambiente e per i beni culturali e ambientali da
esercitare motivatamente nel termine di 90 giorni. I
parcheggi stessi ove i piani del traffico non siano stati
redatti, potranno comunque essere realizzati nel rispetto
delle indicazioni di cui al periodo precedente».
Il 4° comma dell'art. 9 stabilisce invece che i comuni,
previa determinazione dei criteri di cessione del diritto di
superficie e su richiesta dei privati interessati o di
imprese di costruzione o di società anche cooperative,
possono prevedere, nell'ambito del programma urbano dei
parcheggi, la realizzazione di parcheggi da destinare a
pertinenza di immobili privati su aree comunali o nel
sottosuolo delle stesse. (_). La costituzione del diritto di
superficie è subordinata alla stipula di una convenzione
nella quale siano previsti la durata della concessione del
diritto di superficie per un periodo non superiore a novanta
anni e altri elementi tra i quali le sanzioni previste per
gli eventuali inadempimenti.
Prima della recente modifica normativa, anche i parcheggi di
cui al 1° comma dell'art. 9 (quelli, cioè, su proprietà
privata) non potevano essere ceduti separatamente dall'unità
immobiliare alla quale erano legati da vincolo pertinenziale,
a pena di nullità dei relativi atti di cessione, preclusione
tuttora prevista per i parcheggi realizzati su area comunale
di cui al 4° comma dell'art. 9 della legge n. 122/1989
(articolo ItaliaOggi Sette del 17.12.2012). |
EDILIZIA
PRIVATA: Ai
sensi dell'art. 2 d.m. 10.05.1977, recante norme per la
determinazione del costo di costruzione di nuovi edifici,
concorrono a determinare il costo di costruzione il 60% del
totale delle superfici non residenziali destinate a servizi
e accessori.
Pertanto legittimamente nel calcolo del contributo vengono
inclusi, in detta superficie, spazi seminterrati adibiti a
manovra delle auto ed accesso ai box essendo riconducibili,
stante la loro caratteristica di volumi seminterrati nella
categoria dei locali indicati nell'art. 2, lett. c), del
predetto decreto avuto riguardo alla funzione consimile
degli androni, in tale disposizione previsti, e dei citati
spazi di manovra e di accesso, consistenti nel rendere
possibile la comunicazione tra la strada e altri locali.
Quanto infatti al profilo
della impugnazione investente il “merito” della
rideterminazione ritiene il Collegio di doverne affermare la
parziale fondatezza.
Il secondo caposaldo della impugnazione, infatti, poggia su
un duplice presupposto: la non condivisibilità della
rideterminazione del costo di costruzione tenendo conto
delle superfici dei corselli di manovra per l’accesso alle
autorimesse (mq. 625,35) e la porzione dell’atto gravato
relativo alla originaria –asseritamente errata- omessa
considerazione di “altre superfici non residenziali pari a
mq 579,19”.
Come è agevole riscontrare, la doglianza in realtà
introduce due distinte tematiche, che dovranno essere
affrontate separatamente.
Quanto alla prima di esse (id est: doverosa ricomprensione dei tornelli di accesso alle autorimesse), il
Collegio concorda con la statuizione del primo giudice e
ritiene che -per quanto di interesse avuto riguardo ai
successivi capi della presente decisione- il gravame sia
infondato (non potendo ovviamente incidere sulla questione
la deliberazione del Consiglio Regionale dell’Emilia Romagna
del 04.02.2010 in quanto non afferente alla detta
problematica -ma concernente più in generale la inquadrabilità dei parcheggi pertinenziali tra le opere di
urbanizzazione sulla quale di seguito pure ci si soffermerà
partitamente- ed in ogni caso non avente portata
retroattiva).
La questione si fonda sulla interpretazione del disposto di
cui all’art. 2 del Decreto ministeriale 10.05.1977, n.
312400 (“La superficie complessiva, alla quale, ai fini
della determinazione del costo di costruzione dell'edificio,
si applica il costo unitario a metro quadrato, è costituita
dalla somma della superficie utile abitabile di cui al
successivo art. 3 e dal 60% del totale delle superfici non
residenziali destinate a servizi ed accessori (Snr),
misurate al netto di murature, pilastri, tramezzi, sguinci e
vani di porte e finestre (Sc = Su + 60% Snr).
Le superfici per servizi ed accessori riguardano:
a) cantinole, soffitte, locali motore ascensore, cabine
idriche, lavatoi comuni, centrali termiche, ed altri locali
a stretto servizio delle residenze;
b) autorimesse singole o collettive;
c) androni di ingresso e porticati liberi;
d) logge e balconi.
I porticati di cui al punto c) sono esclusi dal computo
della superficie complessiva qualora gli strumenti
urbanistici ne prescrivano l'uso pubblico.”)
Il Collegio non ravvisa ragione di discostarsi dal
consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui
(Consiglio Stato sez. V 25.10.1989 n. 679) “ai sensi
dell'art. 2 d.m. 10.05.1977, recante norme per la
determinazione del costo di costruzione di nuovi edifici,
concorrono a determinare il costo di costruzione il 60% del
totale delle superfici non residenziali destinate a servizi
e accessori. Pertanto legittimamente nel calcolo del
contributo vengono inclusi, in detta superficie, spazi
seminterrati adibiti a manovra delle auto ed accesso ai box
essendo riconducibili, stante la loro caratteristica di
volumi seminterrati nella categoria dei locali indicati
nell'art. 2, lett. c), del predetto decreto avuto riguardo
alla funzione consimile degli androni, in tale disposizione
previsti, e dei citati spazi di manovra e di accesso,
consistenti nel rendere possibile la comunicazione tra la
strada e altri locali.”.
E ciò secondo una ineccepibile interpretazione logica della
detta disposizione, che non collide con la tesi secondo cui
(Consiglio Stato, sez. V, 18.10.1981 n. 445) “ai fini
della individuazione delle superfici non residenziali per
servizi e accessori, computabili per la determinazione del
costo di costruzione, l'art. 2, comma 2, d.m. 10.05.1977
(richiamato integralmente dal d.m. 09.05.1978) ha una
struttura chiaramente esaustiva, quanto meno delle
tipologie, che debbono ritenersi incluse nel predetto
computo, -nelle quali non è dato far rientrare anche le
scale-.”.
La affermata esaustività della indicazione ivi contenuta,
infatti, non contrasta con la logica ricomprensione
“categoriale” di superfici indispensabili alla utilizzazione
di quelle espressamente menzionate nel d.M..
Alla stregua di tale condivisibile ed armonica
interpretazione ritiene il Collegio che sia infondata la
doglianza incentrata sulla tassatività della prescrizione
contenuta nella citata norma, che, per le già chiarite
ragioni deve essere intesa secondo un criterio “categoriale”
e fondata su “tipologie” (e le autorimesse sono ivi
espressamente contemplate, ragion per cui la indicazione
deve essere estesa anche ai corselli di manovra di accesso
ai garage interrati) (Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 28.11.2012 n. 6033 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA: La
legge n. 122/1989 nell’innovare la disciplina dei parcheggi
all’art. 11, comma 1, ha equiparato i parcheggi
pertinenziali alle opere di urbanizzazione anche per quanto
riguarda la gratuità del titolo edilizio.
I parcheggi pertinenziali sono stati quindi complessivamente
qualificati come opere di urbanizzazione e quindi a tutti (e
non già soltanto a quelli previsti per la fruizione
collettiva) è stato riconosciuto un rilievo pubblico: se può
concordarsi in proposito con la tesi per cui la gratuità non
va estesa anche ai parcheggi pertinenziali che eccedono la
misura minima di legge, atteso che, in carenza di una
espressa disposizione di legge in tal senso (e pur nella
opinabilità della questione) la interpretazione teleologica
consente di affermare che la qualificazione dei parcheggi
pertinenziali come opere di urbanizzazione ex art. 11, comma
1, della legge 122/1989 debba rimanere circoscritta entro i
confini tracciati dall’art. 41-sexies, comma 1, della legge
1150/1942 (di guisa che per i parcheggi eccedenti il “tetto”
di dotazione obbligatoria trova applicazione il disposto di
cui al d.M. più volte citato).
Il primo giudice si è
motivatamente discostato dalle doglianze dell’odierna
appellante incentrate sulla tesi secondo cui ex art. 11, comma
1, della legge n. 122/1989 i parcheggi privati (nei limiti
della dotazione obbligatoria) dovevano essere considerati
quali opere di urbanizzazione esenti da contributo.
Le articolate argomentazioni contenute nella sentenza –seppur corroborate dalle deduzioni svolte da parte appellata
nelle proprie memorie di replica- non persuadono il Collegio
e non lo inducono a mutare orientamento rispetto al
convincimento espresso di recente con la decisione n.
6154/2011, secondo cui i parcheggi pertinenziali in quanto
espressamente individuati quali opere di urbanizzazione, non
soggiacciono al contributo di costruzione.
Deve sul punto ribadirsi, infatti, che la legge n. 122/1989
nell’innovare la disciplina dei parcheggi (anche ex art. 2,
comma 2, incrementando la misura minima obbligatoria di
parcheggi pertinenziali nei nuovi edifici -il rapporto di
1mq/20mc stabilito inizialmente dall’art. 41-sexies, comma 1,
della legge 1150/1942 nel testo aggiunto dall'art. 18 della
legge 06.08.1967 n. 765 è stato portato a 1mq/10mc- e
nello stabilire all’art. 9, comma 1, il principio secondo cui
i parcheggi pertinenziali possono essere realizzati anche in
deroga agli strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi
vigenti) all’art. 11, comma 1, ha equiparato i parcheggi pertinenziali alle opere di urbanizzazione anche per quanto
riguarda la gratuità del titolo edilizio.
I parcheggi pertinenziali sono stati quindi complessivamente
qualificati come opere di urbanizzazione e quindi a tutti (e
non già soltanto a quelli previsti per la fruizione
collettiva) è stato riconosciuto un rilievo pubblico: se può
concordarsi in proposito con la tesi per cui la gratuità non
va estesa anche ai parcheggi pertinenziali che eccedono la
misura minima di legge, atteso che, in carenza di una
espressa disposizione di legge in tal senso (e pur nella
opinabilità della questione) la interpretazione teleologica
consente di affermare che la qualificazione dei parcheggi
pertinenziali come opere di urbanizzazione ex art. 11, comma
1, della legge 122/1989 debba rimanere circoscritta entro i
confini tracciati dall’art. 41-sexies, comma 1, della legge
1150/1942 (di guisa che per i parcheggi eccedenti il “tetto”
di dotazione obbligatoria trova applicazione il disposto di
cui al d.M. più volte citato).
Per le già chiarite ragioni, quindi, non può accedersi alla
tesi propugnata da parte appellata e fatta propria dal
Tribunale amministrativo nella sentenza gravata secondo cui
a cagione della assenza di espressa abrogazione del citato
dm 10.05.1977, n. 312400 i parcheggi “equiparati” alle
opere di urbanizzazione e conseguentemente esenti dal
contributo di costruzione siano soltanto quelli destinati ad
uso collettivo.
E’ agevole replicare, sul punto, che nulla prova la mancata
abrogazione in parte qua del più volte citato dM 10.05.1977 in quanto la equiparazione di cui all’art. 11, comma 1,
della legge n. 122/1989 dei parcheggi pertinenziali alle
opere di urbanizzazione non opera per quelli eccedenti la
dotazione obbligatoria che quindi risultano normati dal
citato d.M. (da interpretarsi nel senso ricomprensivo dei
tornelli di manovra cui si è fatto in precedenza
riferimento) (Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 28.11.2012 n. 6033 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Ai
fini dell’osservanza delle norme in materia di distanze
legali stabilite dall’art. 873 c.c. o da norme regolamentari
integrative, la nozione di costruzione comprende qualsiasi
opera non completamente interrata avente i caratteri della
solidità e immobilizzazione rispetto al suolo, con la
conseguenza, particolarmente aderente al caso di specie,
che: “Un garage totalmente interrato può essere
legittimamente realizzato senza rispettare la distanza di
tre metri dal confine stabilita dall’art. 873 del codice
civile, in quanto tale norma fa riferimento alle sole
costruzioni che, erette sopra il suolo, ne sporgano
stabilmente, con esclusione quindi dei manufatti
completamente interrati”.
Ai sensi dell’art. 9 l. 24.03.1989 n. 122 (come modificato
dall’art. 37 l. 07.12.1999 n. 472) la realizzazione di un
parcheggio pertinenziale può essere effettuata –fatti salvi
i vincoli previsti dalla legislazione in materia
paesaggistica ed ambientale– anche in deroga agli strumenti
urbanistici e ai regolamenti edilizi vigenti, comprese le
distanze previste dal p.r.g. o da altre fonti normative.
Al riguardo, rileva il Tribunale che, in considerazione del
carattere interrato delle erigende autorimesse, rispetto al
piano di calpestio, diviene applicabile il consolidato
principio, di marca giurisprudenziale, secondo cui: “Ai
fini dell’osservanza delle norme in materia di distanze
legali stabilite dall’art. 873 c.c. o da norme
regolamentari integrative, la nozione di costruzione
comprende qualsiasi opera non completamente interrata avente
i caratteri della solidità e immobilizzazione rispetto al
suolo” (Cassazione civile – Sez. II – 18.02.2011, n.
4008), con la conseguenza, particolarmente aderente al caso
di specie, che: “Un garage totalmente interrato può
essere legittimamente realizzato senza rispettare la
distanza di tre metri dal confine stabilita dall’art. 873
del codice civile, in quanto tale norma fa riferimento alle
sole costruzioni che, erette sopra il suolo, ne sporgano
stabilmente, con esclusione quindi dei manufatti
completamente interrati” (TAR Abruzzo Pescara – Sez. I –
05.03.2009, n. 134).
Si consideri, per di più, che, sempre secondo la
giurisprudenza: “Ai sensi dell’art. 9 l. 24.03.1989 n.
122 (come modificato dall’art. 37 l. 07.12.1999 n. 472) la
realizzazione di un parcheggio pertinenziale può essere
effettuata –fatti salvi i vincoli previsti dalla
legislazione in materia paesaggistica ed ambientale– anche
in deroga agli strumenti urbanistici e ai regolamenti
edilizi vigenti, comprese le distanze previste dal p.r.g. o
da altre fonti normative” (TAR Puglia Lecce – Sez. III,
21.11.2007, n. 3932)
(TAR Campania-Salerno, Sez. II,
sentenza 17.10.2012 n. 1868 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: La
legge 122/1989 ha introdotto per quanto
riguarda i parcheggi pertinenziali
tre importanti innovazioni:
(1) l’art. 2,
comma 2, ha incrementato la misura minima
obbligatoria di parcheggi pertinenziali nei
nuovi edifici (il rapporto di 1mq/20mc
stabilito inizialmente dall’art. 41-sexies,
comma 1, della legge 17.08.1942 n. 1150
nel testo aggiunto dall'art. 18 della legge
06.08.1967 n. 765 è stato portato a
1mq/10mc);
(2) l’art. 9, comma 1, ha stabilito
il principio secondo cui i parcheggi pertinenziali possono essere realizzati
anche in deroga agli strumenti urbanistici e
ai regolamenti edilizi vigenti;
(3) l’art.
11, comma 1, ha esteso ai parcheggi pertinenziali il regime di gratuità proprio
delle opere di urbanizzazione ex art. 9,
comma 1-f, della legge 10/1977.
---------------
Un primo problema è se la gratuità
vada collegata soltanto ai parcheggi
pertinenziali realizzati negli edifici
esistenti o se debba essere estesa anche ai
nuovi edifici, dove la dotazione minima è
comunque obbligatoria.
La soluzione preferibile appare quella
dell’applicabilità del beneficio a tutte le
costruzioni, esistenti e di nuova
realizzazione, in quanto la presenza di una
superficie minima destinata a parcheggio
soddisfa allo stesso modo l’interesse
pubblico grazie a spese di investimento
sostenute dai privati: riscuotendo anche gli
oneri concessori i comuni otterrebbero un
arricchimento non giustificato.
Un secondo problema, strettamente
connesso, è se la gratuità riguardi anche i
parcheggi pertinenziali che eccedono la
misura minima di legge.
In questo caso la risposta preferibile è
quella negativa: essendo già assicurato
l’obiettivo posto dal legislatore non vi
sono ragioni per imporre ai comuni di
rinunciare ai corrispettivi collegati
all’edificazione. Sotto questo profilo la
qualificazione dei parcheggi come opere di
urbanizzazione ex art. 11, comma 1, della
legge 122/1989 rimane circoscritta, in
mancanza di una specifica norma espansiva,
entro i confini della pertinenzialità
tracciati dall’art. 41-sexies, comma 1,
della legge 1150/1942;
Questa soluzione trova conferma in ambito
locale nell’art. 4, comma 4, della LR
05.12.1977 n. 60, secondo il quale nel
calcolo degli oneri di urbanizzazione degli
edifici residenziali “i volumi e gli spazi
destinati al ricovero di autovetture non
sono computati, salvo che per la quota
eccedente quella richiesta obbligatoriamente
per parcheggio”. Tale norma (ora abrogata
dalla più ampia disciplina della LR 12/2005)
conteneva un rinvio implicito all’art.
41-sexies, comma 1, della legge 1150/1942 e
distingueva con chiarezza tra i parcheggi
obbligatori e quelli facoltativi,
evidentemente attribuendo ai secondi una
funzione speculativa (ossia la finalità di
incrementare il valore dell’immobile di cui
costituiscono pertinenze) incompatibile con
la gratuità del titolo edilizio.
--------------
Quando non sono coinvolte questioni di
finanza pubblica il favore per l’incremento
dei parcheggi pertinenziali manifestato
dall’art. 9, comma 1, della legge 122/1989
può esplicarsi liberamente. Pertanto la
deroga alle norme urbanistiche può essere
utilizzata anche per costruire parcheggi
pertinenziali in misura superiore a quella
minima.
---------------
Un vero cambio di regime si è verificato
invece con l’entrata in vigore della LR
12/2005, che tramite l’art. 69 ha introdotto
il principio della gratuità dei titoli
edilizi relativi ai parcheggi collegando
l’utilità di queste opere direttamente agli
interessi della viabilità senza la
mediazione di uno specifico edificio (di qui
l’abbandono del requisito della
pertinenzialità) e senza la
predeterminazione di limiti quantitativi (di
qui il superamento della misura minima di
legge). La nuova disciplina, che non può
avere effetti per il passato, costituisce
dunque lo spartiacque in materia di titoli
edilizi riferiti ai parcheggi.
Solo con l’art. 69 della LR 12/2005 si può
ritenere che le opere accessorie ai
parcheggi (rampe, corselli, spazi di
manovra) siano sottoposte al regime di piena
gratuità. Nel periodo anteriore si applicava
lo stesso trattamento dei parcheggi: l’art.
2 del DM Lavori Pubblici 10.05.1977 n. 801,
pur non elencando espressamente queste
opere, parla comprensivamente di servizi e
accessori. Pertanto, se le opere accessorie
servono senza alcuna distinzione materiale
sia i parcheggi rientranti nel minimo di
legge sia quelli eccedenti, devono essere
aggregate pro quota all’una o all’altra di
queste categorie applicando il rapporto tra
le superfici dei parcheggi (ad esempio, se
il 50% dei parcheggi ricade nel minimo di
legge e il 50% eccede tale minimo, gli spazi
accessori dovranno essere ripartiti nella
stessa proporzione).
Parimenti è solo con l’art. 69, comma 2,
della LR 12/2005 che le superfici destinate
a parcheggio non concorrono alla definizione
della classe dell'edificio ai fini del
calcolo del costo di costruzione. Per il
periodo precedente si deve invece tenere
conto delle superfici relative ai parcheggi
eccedenti la dotazione minima di legge.
Sulle questioni formulate dalle parti si possono svolgere le seguenti
considerazioni:
(a) la vicenda in esame si colloca nella
fascia temporale compresa tra la LR 19.11.1999 n. 22 e la LR 11.03.2005 n.
12;
(b) l’art. 2, comma 2, della LR 22/1999
qualifica i parcheggi come opere di
urbanizzazione ai sensi dell'art. 9, comma
1-f, della legge 28.01.1977 n. 10
stabilendo in questo modo la gratuità del
relativo titolo edilizio. L’art. 2, comma 1,
della LR 22/1999 richiama la disciplina di
favore prevista per i parcheggi pertinenziali dall’art. 9 della legge 24.03.1989 n. 122. Per ricostruire il quadro
normativo anteriore alla LR 12/2005 occorre
partire proprio dalla normativa statale sui
parcheggi pertinenziali;
(c) la legge 122/1989 ha introdotto per
quanto riguarda i parcheggi pertinenziali
tre importanti innovazioni:
(1) l’art. 2,
comma 2, ha incrementato la misura minima
obbligatoria di parcheggi pertinenziali nei
nuovi edifici (il rapporto di 1mq/20mc
stabilito inizialmente dall’art. 41-sexies,
comma 1, della legge 17.08.1942 n. 1150
nel testo aggiunto dall'art. 18 della legge
06.08.1967 n. 765 è stato portato a
1mq/10mc);
(2) l’art. 9, comma 1, ha stabilito
il principio secondo cui i parcheggi pertinenziali possono essere realizzati
anche in deroga agli strumenti urbanistici e
ai regolamenti edilizi vigenti;
(3) l’art.
11, comma 1, ha esteso ai parcheggi pertinenziali il regime di gratuità proprio
delle opere di urbanizzazione ex art. 9,
comma 1-f, della legge 10/1977;
(d) la suddetta normativa statale prevede un
obiettivo di interesse pubblico (parcheggi
pertinenziali nella misura minima di
1mq/10mc), uno strumento giuridico
(possibilità di deroga alla disciplina
urbanistica) e un incentivo (gratuità del
titolo edilizio). La deroga alla disciplina
urbanistica permette di superare gli
ostacoli presenti nella zonizzazione e nelle
norme comunali sulle distanze, e in astratto
è riferibile a qualsiasi nuovo parcheggio
pertinenziale. L’incentivo della gratuità è
invece diretto principalmente ai proprietari
di edifici esistenti (di per sé esclusi
dall’obbligo di dotarsi di parcheggi
pertinenziali nella misura minima di legge);
(e) un primo problema è quindi se la
gratuità vada collegata soltanto ai
parcheggi pertinenziali realizzati negli
edifici esistenti o se debba essere estesa
anche ai nuovi edifici, dove la dotazione
minima è comunque obbligatoria. La soluzione
preferibile appare quella dell’applicabilità
del beneficio a tutte le costruzioni,
esistenti e di nuova realizzazione, in
quanto la presenza di una superficie minima
destinata a parcheggio soddisfa allo stesso
modo l’interesse pubblico grazie a spese di
investimento sostenute dai privati:
riscuotendo anche gli oneri concessori i
comuni otterrebbero un arricchimento non
giustificato;
(f) un secondo problema, strettamente
connesso, è se la gratuità riguardi anche i
parcheggi pertinenziali che eccedono la
misura minima di legge. In questo caso la
risposta preferibile è quella negativa:
essendo già assicurato l’obiettivo posto dal
legislatore non vi sono ragioni per imporre
ai comuni di rinunciare ai corrispettivi
collegati all’edificazione. Sotto questo
profilo la qualificazione dei parcheggi come
opere di urbanizzazione ex art. 11, comma 1,
della legge 122/1989 rimane circoscritta, in
mancanza di una specifica norma espansiva,
entro i confini della pertinenzialità
tracciati dall’art. 41-sexies, comma 1, della
legge 1150/1942;
(g) questa soluzione trova conferma in
ambito locale nell’art. 4, comma 4, della LR
05.12.1977 n. 60, secondo il quale nel
calcolo degli oneri di urbanizzazione degli
edifici residenziali “i volumi e gli spazi
destinati al ricovero di autovetture non
sono computati, salvo che per la quota
eccedente quella richiesta obbligatoriamente
per parcheggio”. Tale norma (ora abrogata
dalla più ampia disciplina della LR 12/2005)
conteneva un rinvio implicito all’art.
41-sexies, comma 1, della legge 1150/1942 e
distingueva con chiarezza tra i parcheggi
obbligatori e quelli facoltativi,
evidentemente attribuendo ai secondi una
funzione speculativa (ossia la finalità di
incrementare il valore dell’immobile di cui
costituiscono pertinenze) incompatibile con
la gratuità del titolo edilizio;
(h) quando invece non sono coinvolte
questioni di finanza pubblica il favore per
l’incremento dei parcheggi pertinenziali
manifestato dall’art. 9, comma 1, della legge
122/1989 può esplicarsi liberamente.
Pertanto la deroga alle norme urbanistiche
può essere utilizzata anche per costruire
parcheggi pertinenziali in misura superiore
a quella minima (con alcune limitazioni: v.
TAR Brescia Sez. I 15.04.2009 n. 858);
(i) le medesime considerazioni valgono per
la legislazione regionale, in quanto l’art.
2, comma 2, della LR 22/1999 mantiene la
stessa impostazione della normativa statale
(v. TAR Brescia Sez. II 29.03.2011 n.
498; TAR Brescia Sez. I 26.09.2007 n.
898). Una differenza è costituita
dall’estensione del concetto di pertinenza,
applicato anche agli immobili non
residenziali dall’art. 1, comma 1, della LR
22/1999. Si tratta però di un’innovazione
che non interessa il caso in esame;
(j) un vero cambio di regime si è verificato
invece con l’entrata in vigore della LR
12/2005, che tramite l’art. 69 ha introdotto
il principio della gratuità dei titoli
edilizi relativi ai parcheggi collegando
l’utilità di queste opere direttamente agli
interessi della viabilità senza la
mediazione di uno specifico edificio (di qui
l’abbandono del requisito della
pertinenzialità) e senza la
predeterminazione di limiti quantitativi (di
qui il superamento della misura minima di
legge). La nuova disciplina, che non può
avere effetti per il passato, costituisce
dunque lo spartiacque in materia di titoli
edilizi riferiti ai parcheggi (v. TAR
Brescia, Sez I, 29.09.2009 n. 1709);
(k) solo con l’art. 69 della LR 12/2005 si
può ritenere che le opere accessorie ai
parcheggi (rampe, corselli, spazi di
manovra) siano sottoposte al regime di piena
gratuità. Nel periodo anteriore si applicava
lo stesso trattamento dei parcheggi: l’art.
2 del DM Lavori Pubblici 10.05.1977 n.
801, pur non elencando espressamente queste
opere, parla comprensivamente di servizi e
accessori. Pertanto, se le opere accessorie
servono senza alcuna distinzione materiale
sia i parcheggi rientranti nel minimo di
legge sia quelli eccedenti, devono essere
aggregate pro quota all’una o all’altra di
queste categorie applicando il rapporto tra
le superfici dei parcheggi (ad esempio, se
il 50% dei parcheggi ricade nel minimo di
legge e il 50% eccede tale minimo, gli spazi
accessori dovranno essere ripartiti nella
stessa proporzione);
(l) parimenti è solo con l’art. 69, comma 2,
della LR 12/2005 che le superfici destinate
a parcheggio non concorrono alla definizione
della classe dell'edificio ai fini del
calcolo del costo di costruzione. Per il
periodo precedente si deve invece tenere
conto delle superfici relative ai parcheggi
eccedenti la dotazione minima di legge.
In conclusione il ricorso deve essere
parzialmente accolto nel senso che il costo
di costruzione e la classe degli edifici
devono essere determinati prendendo in
considerazione i soli parcheggi eccedenti la
dotazione minima di legge (e i relativi
spazi accessori).
Il Comune è quindi tenuto a effettuare un
nuovo calcolo del contributo sul costo di
costruzione nel rispetto dei criteri esposti
ai punti precedenti. Per tale adempimento è
fissato il termine di 30 giorni dal deposito
della presente sentenza. Qualora la
ricorrente risulti aver pagato un importo
superiore a quello così ricalcolato il
Comune dovrà restituire la differenza entro
i successivi 30 giorni, applicando gli
interessi legali dalla data di notifica del
ricorso fino al saldo. Se la ricorrente per
i titoli edilizi in oggetto non risulterà
debitrice di somme ulteriori rispetto a
quelle già versate, il Comune dovrà
restituire immediatamente la polizza
fideiussoria.
Non sono dovuti indennizzi o risarcimenti
per il costo della suddetta polizza, in
quanto prima della LR 12/2005 vi era
incertezza sui criteri di calcolo degli
oneri concessori relativi ai parcheggi
(TAR Lombardia-Brescia, Sez. II,
sentenza 23.08.2012 n. 1454 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: La
legge 122 del 1989, di incentivazione dei
parcheggi, prevede solo la deroga agli
strumenti urbanistici vigenti per la
realizzazione in aree urbane di parcheggi
all’interno di aree pertinenziali di edifici
o esterne purché in prossimità degli stessi,
senza alcuna previsione di deroga, invece,
con riguardo alle fasce di rispetto stradali
stabiliti dal D.M. n. 1404 del 1968 laddove
i parcheggi vengano realizzati, come nel
caso di specie (si veda pagina 1 del
ricorso), al di fuori del centro abitato.
La norma dell'art. 9, l. 24.03.1989 n. 122
consente di realizzare gratuitamente
parcheggi da destinare a pertinenza delle
singole unità immobiliari solo se realizzati
nel sottosuolo per l’intera altezza. La
predetta norma, ponendosi in deroga agli
strumenti urbanistici ed ai regolamenti
edilizi vigenti, è di stretta
interpretazione e di rigorosa applicazione.
In altre parole, la deroga per la
realizzazione di autorimesse e parcheggi
prevista dall'art. 9, l. 24.03.1989 n. 122,
opera solo ed esclusivamente nel caso in cui
i detti garage (oltre ad essere formalmente
vincolati a pertinenza di singole unità
immobiliari) siano totalmente realizzati al
di sotto dell’originario piano naturale di
campagna, senza alcuna tolleranza di sorta,
mentre la realizzazione di autorimesse e
parcheggi, non totalmente al di sotto del
piano naturale di campagna, è soggetta alla
disciplina urbanistica dettata per le
ordinarie nuove costruzioni fuori terra.
Del tutto improprio e inconferente è,
infine, il richiamo della legge 122 del 1989
di incentivazione dei parcheggi, prevedendo
tale legge solo la deroga agli strumenti
urbanistici vigenti per la realizzazione in
aree urbane di parcheggi all’interno di aree
pertinenziali di edifici o esterne purché in
prossimità degli stessi, senza alcuna
previsione di deroga, invece, con riguardo
alle fasce di rispetto stradali stabiliti
dal D.M. n. 1404 del 1968 laddove i
parcheggi vengano realizzati, come nel caso
di specie (si veda pagina 1 del ricorso), al
di fuori del centro abitato (cfr. TAR
Toscana, sez. III, 07.06.2002 n. 1174 e
l’ulteriore giurisprudenza ivi richiamata).
Inoltre è da aggiungere che, come ha più
volte affermato la giurisprudenza del
Consiglio di Stato dalla quale il Collegio
non ha motivo di divergere (Sez. IV, 13.07.2011 n.4234 e Sez. IV 16.04.2012 n.
2185), la norma dell'art. 9, l. 24.03.1989 n. 122 consente di realizzare
gratuitamente parcheggi da destinare a
pertinenza delle singole unità immobiliari
solo se realizzati nel sottosuolo per
l’intera altezza. La predetta norma,
ponendosi in deroga agli strumenti
urbanistici ed ai regolamenti edilizi
vigenti, è di stretta interpretazione e di
rigorosa applicazione.
In altre parole, la
deroga per la realizzazione di autorimesse e
parcheggi prevista dall'art. 9, l. 24.03.1989 n. 122, opera solo ed esclusivamente
nel caso in cui i detti garage (oltre ad
essere formalmente vincolati a pertinenza di
singole unità immobiliari) siano totalmente
realizzati al di sotto dell’originario piano
naturale di campagna, senza alcuna
tolleranza di sorta, mentre la realizzazione
di autorimesse e parcheggi, non totalmente
al di sotto del piano naturale di campagna,
è soggetta alla disciplina urbanistica
dettata per le ordinarie nuove costruzioni
fuori terra (cfr. anche Consiglio Stato,
sez. IV, 27.11.2010, n. 8260;
Consiglio Stato, sez. IV, 23.02.2009,
n. 1070) (TAR Toscana, Sez. III,
sentenza 23.07.2012 n. 1347 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA-PRIVATA:
I parcheggi collocati in aree
esterne ai fabbricati, a differenza di
quelli posti nel sottosuolo o al piano
terreno degli stessi, non devono essere
realizzati necessariamente dai proprietari
dell’immobile, ma -in base alla legge
Tognoli- possono esserlo anche da terzi:
evidentemente il legislatore, non potendo
escludersi che le <aree pertinenziali
esterne> potessero appartenere a soggetti
diversi dai proprietari dell’immobile, ha
ritenuto di non dover limitare solo a questi
ultimi la legittimazione a chiedere il
permesso per realizzarvi i parcheggi.
Peraltro, la pertinenzialità che il
legislatore ha inteso considerare in questo
caso non è tanto quella materiale esistente
tra l’edificio e l’area -sottostante,
interna o esterna- destinata ad accogliere
il parcheggio, ma quella giuridica esistente
tra ciascun singolo posto auto da realizzare
e una specifica unità immobiliare, nel senso
di creare fra di essi un nesso di
inscindibilità: ciò che è coerente con la <ratio>
della l. n. 122 del 1989, che è quella di
venire incontro al bisogno di parcheggi dei
residenti nelle aree urbane evitando al
tempo stesso operazioni speculative.
---------------
La nozione edilizia di pertinenzialità ha
connotati significativamente diversi da
quelli civilistici, assumendo in essa
rilievo decisivo non tanto il dato del
legame materiale tra pertinenza ed immobile
principale, quanto il dato giuridico che la
prima risulti priva di autonoma destinazione
e di autonomo valore di mercato e che
esaurisca la propria destinazione d'uso nel
rapporto funzionale con l'edificio
principale, così da non incidere sul carico
urbanistico.
Ai fini dell'applicazione dell'art. 9, l.
24.03.1989 n. 122 (cd. legge Tognoli),
relativamente alla realizzazione di
parcheggi nel sottosuolo di area
pertinenziale esterna al fabbricato in
deroga alle disposizioni degli strumenti
urbanistici, è irrilevante che detta area
esterna non si trovi in rapporto di
immediata contiguità materiale con il
fabbricato e sia di proprietà di soggetto
diverso dal proprietario dell'immobile nei
cui confronti i parcheggi sono destinati a
divenire pertinenziali.
---------------
Il rapporto di pertinenzialità è
riconoscibile nel caso in cui i boxes si
trovano in un ragionevole raggio di
accessibilità pedonale.
---------------
L'art. 9 della stessa, nel prevedere per i
parcheggi la derogabilità degli strumenti
urbanistici, fa salvi i vincoli previsti
dalla legislazione in materia paesaggistica
ed ambientale.
---------------
E' legittimo il diniego di autorizzazione
edilizia per la costruzione di un parcheggio
interrato in presenza di un vincolo
cimiteriale, poiché, trattandosi di vincolo
assoluto, non sono ammesse deroghe nemmeno
in riferimento all'art. 9 della l. n.
122/1989; infatti, anche il parcheggio
interrato, in quanto struttura servente
all'uso abitativo e, comunque, posta
nell'ambito della fascia di rispetto
cimiteriale, rientra tra le costruzioni
edilizie del tutto vietate dalla
disposizione di cui all'art. 338, r.d. n.
1265/1934.
La giurisprudenza amministrativa ha
interpretato detta disposizione in coerenza
con la ratio della medesima (ed anche
con la ratio delle modifiche via via
introdotte dall'art. 17, comma 90, l.
15.05.1997, n. 127 e dall'art. 37, l.
07.12.1999, n. 472) orientata a privilegiare
lo scopo della “legge Tognoli” di far
fronte alla carenza di parcheggi urbani.
Non altro senso, può attribuirsi
all’estensione del concetto di
pertinenzialità, affermato a più riprese da
questa IV Sezione del Consiglio di Stato,
sia sotto il profilo "soggettivo" (“i
parcheggi collocati in aree esterne ai
fabbricati, a differenza di quelli posti nel
sottosuolo o al piano terreno degli stessi,
non devono essere realizzati necessariamente
dai proprietari dell’immobile, ma -in base
alla legge Tognoli- possono esserlo anche da
terzi: evidentemente il legislatore, non
potendo escludersi che le <aree
pertinenziali esterne> potessero appartenere
a soggetti diversi dai proprietari
dell’immobile, ha ritenuto di non dover
limitare solo a questi ultimi la
legittimazione a chiedere il permesso per
realizzarvi i parcheggi. Peraltro, la
pertinenzialità che il legislatore ha inteso
considerare in questo caso non è tanto
quella materiale esistente tra l’edificio e
l’area -sottostante, interna o esterna-
destinata ad accogliere il parcheggio, ma
quella giuridica esistente tra ciascun
singolo posto auto da realizzare e una
specifica unità immobiliare, nel senso di
creare fra di essi un nesso di
inscindibilità: ciò che è coerente con la <ratio>
della l. n. 122 del 1989, che è quella di
venire incontro al bisogno di parcheggi dei
residenti nelle aree urbane evitando al
tempo stesso operazioni speculative.”
Consiglio Stato, sez. IV, 31.03.2010, n.
1842), che sotto il profilo “oggettivo”
(“la nozione edilizia di pertinenzialità
ha connotati significativamente diversi da
quelli civilistici, assumendo in essa
rilievo decisivo non tanto il dato del
legame materiale tra pertinenza ed immobile
principale, quanto il dato giuridico che la
prima risulti priva di autonoma destinazione
e di autonomo valore di mercato e che
esaurisca la propria destinazione d'uso nel
rapporto funzionale con l'edificio
principale, così da non incidere sul carico
urbanistico.” Consiglio Stato, sez. IV,
31.03.2010, n. 1842, prima richiamata; ma si
veda anche: “ai fini dell'applicazione
dell'art. 9, l. 24.03.1989 n. 122 (cd. legge
Tognoli), relativamente alla realizzazione
di parcheggi nel sottosuolo di area
pertinenziale esterna al fabbricato in
deroga alle disposizioni degli strumenti
urbanistici, è irrilevante che detta area
esterna non si trovi in rapporto di
immediata contiguità materiale con il
fabbricato e sia di proprietà di soggetto
diverso dal proprietario dell'immobile nei
cui confronti i parcheggi sono destinati a
divenire pertinenziali"- Consiglio
Stato, sez. IV, 18.10.2010, n. 7549).
Detto favor realizzativo, e detta
interpretazione estensiva, trovano
simmetrica corrispondenza negli approdi cui
è giunta la giurisprudenza di legittimità
penale (si veda Cassazione penale, sez. III,
03.03.2009, n. 14940, dove si precisa che
“il rapporto di pertinenzialità è
riconoscibile nel caso in cui i boxes si
trovano in un ragionevole raggio di
accessibilità pedonale”.).
Al contempo, la consolidata giurisprudenza
amministrativa (Consiglio di stato, sez. IV,
28.03.2011, n. 1879) ha costantemente
ribadito che “l'art. 9 della stessa, nel
prevedere per i parcheggi la derogabilità
degli strumenti urbanistici, fa salvi i
vincoli previsti dalla legislazione in
materia paesaggistica ed ambientale.”
(si veda, sul punto, di recente, anche TAR
Lazio Roma, sez. I, 18.01.2011, n. 382).
---------------
Quanto a tale
profilo, da un canto, è comunque agevole
riscontrare che risulta incontestata la
deduzione dell’appellante secondo cui il
Regolamento urbanistico prevedeva che la
“misura” di parcheggi di cui dotarsi fosse
coincidente (ma soltanto nella sua misura
minima) con quella prevista dall’art.
41-sexies della legge urbanistica n.
1150/1942.
Per altro verso, e con portata assorbente,
si evidenzia che il concreto atteggiarsi
della statuizione reiettiva, anche in tale
caso, si pone in illogico contrasto con la
disposizione di legge richiamata.
La reiezione disposta dall’appellata
amministrazione, infatti, muove dalla
pacifica considerazione per cui, a fronte di
una volumetria di mc. 1.290 del fabbricato,
era presente una superficie complessiva di
parcheggio (garage esistente e area esterna
di pertinenza che poteva essere adibita a
parcheggio) di mq. 184.
A questo punto, poi, si è ivi evidenziato
che l’area disponibile era “superiore al
minimo di standard della legge n. 122/1989”
e, prendendo spunto dal disposto che l’art.
2 comma 2, individuava il detto valore
quantitativo (art. 2 comma 2: “l'art.
41-sexies della legge 17.08.1942, n. 1150, è
sostituito dal seguente: Nelle nuove
costruzioni ed anche nelle aree di
pertinenza delle costruzioni stesse, debbono
essere riservati appositi spazi per
parcheggi in misura non inferiore ad un
metro quadrato per ogni dieci metri cubi di
costruzione") e si è pervenuti, anche
per tal via, alla statuizione reiettiva
avversata.
Sennonché, il primo giudice –che pure aveva
colto che la detta fattispecie normativa era
“relativa ai nuovi edifici” e
pertanto, non applicabile alle fattispecie
de quo- ha affermato che “tra
questi limiti trova una sua giustificazione
anche quello di permettere i garages
interrati solo al fine del raggiungimento
dello standard di parcheggio fissato
dall’art. 2, comma 2, della legge n.
122/1989 sia pure per le nuove costruzioni.
E il fatto che la normativa locale utilizzi
un criterio, pur dettato dalla legge statale
per altra ipotesi, non configura nessuna
illegittimità quando quel criterio risponda
alle specifiche esigenze del territorio
comunale”.
Con simile asserzione, però, quel giudice
non ha colto che comunque, il criterio cui
si riferiva la legge era quello minimo, di
guisa che anche per tale aspetto (in
disparte ogni considerazione
sull’utilizzabilità di un simile parametro
per edifici non costituenti “nuova
costruzione”) la concreta applicazione
fattane dal Comune trasformava detto limite
minimo (“non inferiore”, statuisce la
prescrizione di legge, lo si ribadisce) in
limite massimo, così ponendosi in conflitto
con la norma di legge.
Né a simile interpretazione applicativa
poteva pervenirsi valorizzando gli elementi
di ”invarianza” afferenti alla
specifica categoria di edifici nei quali è
ascrivibile quello per cui è causa.
Nella pacifica considerazione, infatti, che
non trattavasi di edificio specificamente
vincolato ai sensi del TU dei beni culturali
(né, in pregresso ex lege n.
1089/1939), si rimarca che le esigenze di
tutela ambientale e paesaggistica
espressamente fatte salve dalla norma di cui
all’art. 9 a più riprese citata (che sono
condizione per la compatibilità
costituzionale della stessa), trovano tutela
nella legislazione statale e nell’attività
di tutela di siffatte categorie di beni
pertinente alle Autorità preposte ai detti
vincoli (a titolo esemplificativo, si veda
in passato: “è legittimo il diniego di
autorizzazione edilizia per la costruzione
di un parcheggio interrato in presenza di un
vincolo cimiteriale, poiché, trattandosi di
vincolo assoluto, non sono ammesse deroghe
nemmeno in riferimento all'art. 9 della l.
n. 122/1989; infatti, anche il parcheggio
interrato, in quanto struttura servente
all'uso abitativo e, comunque, posta
nell'ambito della fascia di rispetto
cimiteriale, rientra tra le costruzioni
edilizie del tutto vietate dalla
disposizione di cui all'art. 338, r.d. n.
1265/1934.” -Consiglio Stato, sez. V,
14.09.2010, n. 6671).
Rammenta in proposito il Collegio il
tradizionale orientamento della
giurisprudenza amministrativa, secondo cui “mentre
l'attività di valorizzazione del bene
culturale deve essere il frutto di un
intervento coordinato che veda coinvolti
tutti i soggetti pubblici interessati,
l'attività di tutela rappresenta prerogativa
esclusiva dello Stato, in quanto soggetto
proprietario del bene, che è quindi
responsabile primario della sua
conservazione. Tale distinzione trae, del
resto, fondamento anche nell'art. 117, comma
2, cost., che appunto riserva alla
competenza esclusiva dello Stato l'attività
di tutela dei beni culturali, demandando,
invece, alla competenza concorrente
Stato-Regione l'attività di valorizzazione”
(Consiglio Stato, sez. VI, 30.07.2009, n.
4779).
Prescrizioni regolamentari comunali non
limitate agli aspetti
compositivo-architettonici appaiono incidere
sulla competenza esclusiva della
Soprintendenza in materia di tutela dei beni
culturali e travalicare la portata delle
competenze demandate alla amministrazione
comunale, che non potrebbe, seppur nel
lodevole intento di salvaguardare detti
valori, introdurre nel sistema prescrizioni
non già limitative, ma, come nel caso di
specie, impeditive in via assoluta, per
intere categorie di immobili, della espressa
previsione contemplata in una disposizione
nazionale
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 10.07.2012 n.
4091 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
La legge Tognoli deve interpretarsi come integrativa
delle disposizioni di piano laddove queste
ultime non siano in grado o si pongano di
ostacolo al soddisfacimento del bisogno di
parcheggi nelle aree urbane congestionate.
Osserva in proposito il
Collegio, come l’unanime giurisprudenza
abbia considerato la possibilità di
realizzare parcheggi in deroga allo
strumento urbanistico posta dall’art. 9 come
previsione di carattere eccezionale da
interpretarsi nel suo significato
strettamente letterale ed in considerazione
delle finalità della legge nel cui contesto
risulta inserita.
Ebbene, se lo strumento
urbanistico realizza in sé gli obiettivi
della legge Tognoli (bilanciando, in
particolare, l’esigenza di parcheggi
pubblici con quella di parcheggi privati
pertinenziali, attraverso un vincolo
conformativo che si estende al sottosuolo –
cfr. motivazione del provvedimento impugnato
in replica alle osservazioni presentate
dalla ricorrente in sede di partecipazione
al procedimento) invocarne la deroga
equivarrebbe a vanificare gli effetti della
legge stessa. In altre parole la legge
Tognoli deve interpretarsi come integrativa
delle disposizioni di piano laddove queste
ultime non siano in grado o si pongano di
ostacolo al soddisfacimento del bisogno di
parcheggi nelle aree urbane congestionate.
Nella fattispecie, questa condizione per
l’applicazione della Tognoli e delle
disposizioni che abilitano alla deroga ivi
stabilita, non si realizza posto che lo
strumento urbanistico prende direttamente in
considerazione il problema dei parcheggi,
facendo sì che in determinate zone
(evidentemente centrali o commerciali), sia
garantita un’adeguata presenza di parcheggi
pubblici accanto a quelli pertinenziali
privati
(TAR Campania-Napoli, Sez. III,
sentenza 27.06.2012 n. 3051 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA: L’art.
9 della l. n. 122 del 1989 ha per oggetto i soli parcheggi
interamente interrati, mentre, nel caso di specie, la stessa
ricorrente ammette che il proprio è parcheggio solo
semi-interrato: la giurisprudenza si è oramai attestata nel
senso che, al di fuori della eccezionale ipotesi prevista
dalla legge Tognoli, il parcheggio sia soggetto
all’ordinaria disciplina edilizia.
Esso, pertanto, in ragione dell’autonomo valore di mercato
che gli è proprio, non costituisce pertinenza a fini
urbanistici, ed è soggetto a permesso di costruire.
La censura è perciò infondata: a nulla rileva accertare in
causa se l’amministrazione, nel descrivere l’abuso, abbia
omesso di qualificarlo quale parcheggio, poiché anche in
tale ipotesi il manufatto abusivo è soggetto a demolizione.
La ricorrente, proprietaria di area sita
in via Borgo valle Vergine Campagna del Comune di Rocca di
Papa, impugna l’ordine di demolizione n. 88 del 2007, avente
ad oggetto la realizzazione, senza permesso di costruire, di
un parcheggio di m. 7 per 6, con altezza da m 2,60 a m.
3,60.
Con il secondo motivo di ricorso, da esaminarsi in via
prioritaria, viene dedotto che il parcheggio, alla luce
dell’art. 9 della l. n. 122 del 1989, può essere eseguito
con denuncia di inizio attività, sicché, in difetto di essa,
non sarebbe comunque possibile ordinare la demolizione, ma
sarebbe necessario procedere ai sensi dell’art. 37 del
d.P.R. n. 380 del 2001.
Il Tribunale osserva che l’art. 9 della l. n. 122 del 1989,
a tutt’oggi in vigore secondo quanto disposto dall’art. 144,
comma 3, del d.P.R. n. 380 del 2001 ha per oggetto i soli
parcheggi interamente interrati, mentre, nel caso di specie,
la stessa ricorrente ammette che il proprio è parcheggio
solo semi-interrato: la giurisprudenza si è oramai attestata
nel senso che, al di fuori della eccezionale ipotesi
prevista dalla legge Tognoli, il parcheggio sia soggetto
all’ordinaria disciplina edilizia (da ultimo, Tar Liguria,
n. 1176 del 2011).
Esso, pertanto, in ragione dell’autonomo valore di mercato
che gli è proprio, non costituisce pertinenza a fini
urbanistici, ed è soggetto a permesso di costruire.
La censura è perciò infondata: a nulla rileva accertare in
causa se l’amministrazione, nel descrivere l’abuso, abbia
omesso di qualificarlo quale parcheggio, poiché anche in
tale ipotesi il manufatto abusivo è soggetto a demolizione
(TAR Lazio-Roma, Sez. I-quater,
sentenza 13.06.2012 n. 5369 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: E'
pacifico, in giurisprudenza, che “La l. n. 122 del
1989 consente la realizzazione di parcheggi
pertinenziali in deroga agli strumenti urbanistici
ma non ai vincoli paesaggistici ed ambientali, che
costituiscono, comunque, un limite da rispettare”.
------------------
Qualora sia in gioco la tutela del paesaggio, non
è possibile operare distinguo tra volumi tecnici e
volumi di altro tipo: “Il divieto di incremento dei
volumi esistenti, imposto ai fini di tutela del
paesaggio, preclude infatti qualsiasi nuova
edificazione comportante creazione di volume, senza
che sia possibile distinguere tra volume tecnico ed
altro tipo di volume, costituendo opera valutabile
anche come aumento di volume la realizzazione di un
garage interrato con accesso all'esterno tramite
rampa in zona sottoposta a vincolo paesaggistico”.
Pertanto, la nozione di volume rilevante ai fini
paesaggistici, non può distinguere tra volumi
esterni e volumi interrati, essendo anche questi
ultimi idonei a determinare una modificazione del
territorio e dell'assetto edilizio esistente, posto
che lo stesso volume che a fini edilizi, per le sue
caratteristiche, può non essere considerato
rilevante e non essere oggetto di computo fra le
volumetrie assentibili, ad esempio perché ritenuto
volume tecnico, ai fini paesaggistici può assumere
una diversa rilevanza, laddove si ritenga che
determini una possibile alterazione dello stato dei
luoghi salvaguardato dalle apposite norme di tutela,
le quali, al preordinato fine di conservare la
sostanziale integrità di determinati ambiti
territoriali, ben possono vietare anche la
realizzazione di un volume edilizio tecnico od
interrato, quand'anche irrilevanti secondo le norme
che regolano l'attività edilizia.
---------------
In presenza di un norma del piano paesistico che
vieta la realizzazione di nuovi volumi, la diversa
norma che consente opere di sistemazione ed
adeguamento della viabilità pedonale e carrabile non
può certo essere interpretata nel senso di
consentire la realizzazione dei parcheggi interrati,
dovendosi piuttosto ritenere riferita ad opere di
diversa natura (in particolare, alla manutenzione
delle strade).
---------------
Il fatto che sia stata autorizzata (nel passato) la
realizzazione di altri parcheggi interrati nella
stessa zona non rende illegittimo, per disparità di
trattamento, il diniego dell’Amministrazione. Posto,
infatti, che in base alla normativa (legislativa ed
urbanistica) vigente i parcheggi interrati non
possono essere realizzati, l’Amministrazione non può
–per costante giurisprudenza– essere costretta a
concedere (illegittimamente) determinate utilità sol
perché le ha (sempre illegittimamente) concesse ad
altri soggetti.
Il ricorso non è fondato e va respinto per i motivi
di seguito precisati.
È pacifico che sulla zona insista un vincolo di tipo
paesistico che vieta la realizzazione di ulteriori
volumi; orbene, è del pari pacifico, in
giurisprudenza, che “La l. n. 122 del 1989
consente la realizzazione di parcheggi pertinenziali
in deroga agli strumenti urbanistici ma non ai
vincoli paesaggistici ed ambientali, che
costituiscono, comunque, un limite da rispettare”
(Tar Toscana, sez. III, n. 1818/2010).
E, qualora sia in gioco la tutela del paesaggio,
non è possibile operare distinguo tra volumi tecnici
e volumi di altro tipo: “Il divieto di incremento
dei volumi esistenti, imposto ai fini di tutela del
paesaggio, preclude infatti qualsiasi nuova
edificazione comportante creazione di volume, senza
che sia possibile distinguere tra volume tecnico ed
altro tipo di volume, costituendo opera valutabile
anche come aumento di volume la realizzazione di un
garage interrato con accesso all'esterno tramite
rampa in zona sottoposta a vincolo paesaggistico”
(CdS, sez. IV, n. 1879/2011).
Pertanto, la nozione di volume rilevante ai fini
paesaggistici, non può distinguere tra volumi
esterni e volumi interrati, essendo anche questi
ultimi idonei a determinare una modificazione del
territorio e dell'assetto edilizio esistente, posto
che lo stesso volume che a fini edilizi, per le sue
caratteristiche, può non essere considerato
rilevante e non essere oggetto di computo fra le
volumetrie assentibili, ad esempio perché ritenuto
volume tecnico, ai fini paesaggistici può assumere
una diversa rilevanza, laddove si ritenga che
determini una possibile alterazione dello stato dei
luoghi salvaguardato dalle apposite norme di tutela,
le quali, al preordinato fine di conservare la
sostanziale integrità di determinati ambiti
territoriali, ben possono vietare anche la
realizzazione di un volume edilizio tecnico od
interrato, quand'anche irrilevanti secondo le norme
che regolano l'attività edilizia (così Tar
Campania, Salerno, sez. I, n. 1642/2011).
Né si può ritenere l’intervento pienamente
compatibile con l’art. 11 del Piano Paesistico,
perché rientrante tra quelli di sistemazione ed
adeguamento della viabilità pedonale e carrabile. È
infatti evidente che, in presenza di un norma del
piano che vieta la realizzazione di nuovi volumi, la
diversa norma che consente opere di sistemazione ed
adeguamento della viabilità pedonale e carrabile non
può certo essere interpretata nel senso di
consentire la realizzazione dei parcheggi interrati,
dovendosi piuttosto ritenere riferita ad opere di
diversa natura (in particolare, alla manutenzione
delle strade).
Infine, il fatto che sia stata autorizzata la
realizzazione di altri parcheggi interrati nella
stessa zona non rende illegittimo, per disparità di
trattamento, il diniego dell’Amministrazione. Posto,
infatti, che in base alla normativa (legislativa ed
urbanistica) vigente i parcheggi interrati non
possono essere realizzati, l’Amministrazione non può
–per costante giurisprudenza– essere costretta a
concedere (illegittimamente) determinate utilità sol
perché le ha (sempre illegittimamente) concesse ad
altri soggetti
(TAR Campania-Napoli, Sez. IV,
sentenza 29.05.2012 n. 2529 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Box,
comprare senza l'alloggio. Notai di Milano
su nuove opportunità.
Nuove opportunità dalla compravendita dei
box privati separatamente dagli
appartamenti. Il recente dl n. 5/2012 di
semplificazione e sviluppo ha consentito, a
determinate condizioni, la libera
circolazione dei cosiddetti parcheggi Tognoli, che fino a oggi non potevano essere
venduti senza l'abitazione di pertinenza,
pena la nullità del contratto. La disciplina
della circolazione dei box rimane molto
complessa e articolata.
Se ne parlerà oggi
pomeriggio alle 18 all'Urban Center di
Milano, nella Galleria Vittorio Emanuele,
nell'ultimo incontro dell'iniziativa
«Comprar casa senza rischi» organizzata dal
Consiglio notarile del capoluogo lombardo.
Nel quadro normativo attuale si possono
distinguere sostanzialmente tre categorie,
in ognuna delle quali la vendita separata
del box dall'appartamento è disciplinata in
maniera differente: parcheggi ponte o
standard (dal nome della legge ponte n.
765/1967), parcheggi Tognoli (anche in questo
caso dal nome attribuito alla legge n.
122/89) e parcheggi liberi (si veda la
tabella elaborata dal Consiglio notarile di
Milano).
I parcheggi Tognoli si suddividono
a loro volta in due categorie: pubblici (per
i quali la vendita separata è legittima
soltanto ove ciò sia espressamente previsto
dalla convenzione originaria stipulata con
il comune, perché in questi caso la
costruzione dei box avviene in proprietà
superficiaria su aree di proprietà pubblica)
e privati (per i quali sono state previste
dalla legge n. 122/1989 numerose agevolazioni
urbanistiche e civilistiche: si pensi, ad
esempio, alle maggioranze ridotte necessarie
per autorizzare la costruzione di parcheggi
interrati in ambito condominiale).
A seguito
della novella del 2012, come spiegato il
notaio Ugo Friedmann, i parcheggi Tognoli
privati possono essere venduti separatamente
dall'appartamento, nel rispetto delle norme
civilistiche sulla pertinenza e delle due
seguenti condizioni: la destinazione del
bene deve rimanere la stessa (dal box non
potrà essere ricavato un negozio o un
laboratorio) e l'acquirente dovrà destinarlo
a pertinenza di altra unità immobiliare sita
nel medesimo comune (articolo
ItaliaOggi del 23.05.2012). |
EDILIZIA PRIVATA:
1. Ai fini del calcolo delle
distanze devono essere computate scale,
terrazze, corpi avanzati ed opere di
contenimento.
2. Nozione di opera interrata.
3. Calcolo della cubatura. Inclusione nel
caso di opere non completamente interrate.
1. In tema di distanze legali tra edifici o
dal confine, mentre non sono a tal fine
computabili le sporgenze estreme del
fabbricato che abbiano funzione meramente
ornamentale, di finitura od accessoria di
limitata entità, come le mensole, le lesene,
i cornicioni, le grondaie e simili, invece,
rientrano nel concetto civilistico di
costruzioni, le parti dell'edificio, quali
scale, terrazze e corpi avanzati (c.d.
aggettanti) che, se pur non corrispondono a
volumi abitativi coperti, sono destinate ad
estendere ed ampliare la consistenza del
fabbricato.
Lo stesso può dirsi per le opere di
contenimento, che, comunque progettate in
relazione alla situazione dei luoghi ed alla
soluzione esteticamente ritenuta più
confacente dal committente, hanno una
struttura che deve essere idonea per
consistenza e modalità costruttive ad
assolvere alla funzione di contenimento ed
una funzione, che non è quella di
delimitare, proteggere ed eventualmente
abbellire la proprietà, ma essenzialmente di
sostenere il terreno al fine di evitare
movimenti franosi dello stesso (1).
2. Al fine di individuare se un manufatto
sia o meno interrato, va fatto riferimento
al livello naturale del terreno, con la
conseguenza che la sporgenza di un manufatto
dal suolo va riscontrata con riferimento al
piano di campagna, cioè al livello naturale
del terreno, e non al livello eventualmente
inferiore cui si trovi un finitimo edificio
realizzato con abbassamento di quel piano
(2).
3. Ai sensi dell'art. 9 della l. 24.03.1989
n. 122, la realizzazione di autorimesse e
parcheggi è soggetta alla disciplina
urbanistica dettata per le ordinarie nuove
costruzioni fuori terra, se non effettuata
totalmente al di sotto del piano di campagna
naturale (3).
---------------
(1) Cfr. Cons. Stato, sez. IV,
30.06.2005, n. 3539.
V. anche Cassazione civile, sez. II,
17.06.2011, n. 13389, secondo cui, "ai fini
dell'osservanza delle norme sulle distanze
legali di origine codicistica o prescritte
dagli strumenti urbanistici in funzione
integrativa della disciplina privatistica,
la nozione di costruzione non si identifica
con quella di edificio ma si estende a
qualsiasi manufatto non completamente
interrato che abbia i caratteri della
solidità, stabilità, ed immobilizzazione al
suolo, anche mediante appoggio,
incorporazione o collegamento fisso ad un
corpo di fabbrica preesistente o
contestualmente realizzato,
indipendentemente dal livello di posa e di
elevazione dell'opera.
La giurisprudenza civile di merito,
altrettanto condivisibilmente, ad avviso del
Collegio ha poi fatto presente che ai fini
del rispetto delle distanze fra costruzioni,
non rileva il materiale utilizzato per la
fabbrica, richiedendosi soltanto una
durevolezza dell'opera comunemente
riconoscibile anche alle opere in legno o
ferro od altri materiali leggeri, purché
infissi al suolo non transitoriamente.
Ne consegue la permanente vigenza
dell’insegnamento della Corte di legittimità
secondo il quale "costituisce costruzione,
agli effetti della disciplina del c.c. sulle
distanze legali, ogni manufatto che, per
struttura e destinazione, ha carattere di
stabilità e permanenza (nella specie il
manufatto, con finestra, era coperto da
tettoia formata da travi con soprastanti
lamiere, ed era destinato a fienile,
magazzino e pollaio). "(Cassazione civile,
sez. II, 24.05.1997, n. 4639).
(2) Cfr. Cons. Stato, sez. V, 06.12.2010, n.
8547 ed in passato Cons. Stato, sez. V,
21.10.1991, n. 1231, secondo la quale
soltanto "i locali costruiti al di sotto
dell'originario piano di campagna non sono
infatti computabili ai fini
dell'applicazione degli standards
urbanistici e non concernono al computo
della volumetria.".
(3) Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 27.11.2010,
n. 8260 (massima tratta da
www.regione-piemonte.it -
Consiglio
di Stato, Sez. IV,
sentenza 17.05.2012 n. 2847 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Al fine di individuare se un
manufatto sia o meno interrato, va fatto
riferimento al livello naturale del terreno,
con la conseguenza che la sporgenza di un
manufatto dal suolo va riscontrata con
riferimento al piano di campagna, cioè al
livello naturale del terreno, e non al
livello eventualmente inferiore cui si trovi
un finitimo edificio realizzato con
abbassamento di quel piano.
---------------
Soltanto i locali costruiti al di sotto
dell'originario piano di campagna non sono
computabili ai fini dell'applicazione degli
standards urbanistici e non concernono al
computo della volumetria.
---------------
Ai sensi dell'art. 9, l. 24.03.1989 n. 122,
la realizzazione di autorimesse e parcheggi
è soggetta alla disciplina urbanistica
dettata per le ordinarie nuove costruzioni
fuori terra, se non effettuata totalmente al
di sotto del piano di campagna naturale.
Pertanto, le autorimesse, edificate fuori
terra, poiché vanno qualificate come nuove
costruzioni, sono soggette al pagamento
degli oneri di urbanizzazione e del costo di
costruzione, in quanto il citato art. 9,
comma 2, L. n. 122/1989, nel rinviare al
precedente comma 1, si riferisce soltanto
alle opere edilizie, destinate a parcheggi,
eseguite nei locali siti al piano terra o
nel sottosuolo del fabbricato o nel
sottosuolo di aree pertinenziali esterne al
fabbricato.
Sul punto giova
rammentare che, per costante giurisprudenza
di questa Sezione, “al fine di
individuare se un manufatto sia o meno
interrato, va fatto riferimento al livello
naturale del terreno, con la conseguenza che
la sporgenza di un manufatto dal suolo va
riscontrata con riferimento al piano di
campagna, cioè al livello naturale del
terreno, e non al livello eventualmente
inferiore cui si trovi un finitimo edificio
realizzato con abbassamento di quel piano.”
(Consiglio Stato, sez. V, 06.12.2010, n.
8547 ed in passato Consiglio Stato, sez. V,
21.10.1991, n. 1231 laddove si è affermato
che soltanto “i locali costruiti al di
sotto dell'originario piano di campagna non
sono infatti computabili ai fini
dell'applicazione degli standards
urbanistici e non concernono al computo
della volumetria.”).
Nel caso di specie, nella incontestabile
emergenza processuale secondo cui il piano
di calpestio del terrazzo-veranda si trova
ad una quota di 85 cm. rispetto alla strada
senza uscita, ancora da denominare, che si
dirama da Via Brennero, e di 1,52 m.
rispetto al terreno di proprietà
dell’appellato (costruzione resa possibile,
sistemando l’area esterna al fabbricato
principale con un terrapieno artificiale) si
rende applicabile l’orientamento espresso a
più riprese da questo Consiglio di Stato
secondo cui “ai sensi dell'art. 9, l.
24.03.1989 n. 122, la realizzazione di
autorimesse e parcheggi è soggetta alla
disciplina urbanistica dettata per le
ordinarie nuove costruzioni fuori terra, se
non effettuata totalmente al di sotto del
piano di campagna naturale” (Consiglio
Stato, sez. IV, 27.11.2010, n. 8260).
Ne consegue la esattezza dell’affermazione
del primo giudice (non specificamente
contestata nell’appello, peraltro) secondo
cui “le autorimesse, edificate fuori
terra, poiché vanno qualificate come nuove
costruzioni, sono soggette al pagamento
degli oneri di urbanizzazione e del costo di
costruzione, in quanto il citato art. 9,
comma 2, L. n. 122/1989, nel rinviare al
precedente comma 1, si riferisce soltanto
alle opere edilizie, destinate a parcheggi,
eseguite nei locali siti al piano terra o
nel sottosuolo del fabbricato o nel
sottosuolo di aree pertinenziali esterne al
fabbricato”
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 17.05.2012 n. 2847 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Non
sono assoggettabili al contributo
commisurato al costo di costruzione e agli
oneri di urbanizzazione i parcheggi c.d.
obbligatori fissati dall'art. 41-sexies
della l. n. 1150 del 1942.
Ai sensi delle l. n. 10 del 1977 e n. 122
del 1989, in sede di rilascio della
concessione edilizia, non sono
assoggettabili al contributo commisurato al
costo di costruzione e agli oneri di
urbanizzazione i parcheggi c.d. obbligatori
fissati dall'art. 41-sexies della l. n. 1150
del 1942.
La l. 24.03.1989 n. 122 (c.d. legge Tognoli),
recante disposizioni in materia di
parcheggi, dispone (art. 11 comma 1) che le
opere e gli interventi da essa previsti «costituiscono
opere di urbanizzazione anche ai sensi
dell'art. 9, comma 1, lett. f), della l.
28.01.1977 n. 10» e, dunque, non sono
soggetti a contributo concessorio (TAR
Puglia, Bari, 1284/2011, TAR Lombardia
Milano, sez. II, n. 1779/2007).
Nel caso di specie, infatti, le superfici
destinate a parcheggio sono state realizzate
nel rispetto del disposto degli artt. 11
legge 24.03.1989 n. 122 (c.d. legge Tognoli)
e 9, primo comma, lettera f), della legge
28.01.1977, n. 10 e devono ritenersi,
pertanto, costituenti opere di
urbanizzazione.
L’art. 9 della legge n. 10/1977 disciplina
infatti i casi di concessione gratuita
annoverando tra di essi le opere di
urbanizzazione eseguite anche da privati,
quali i parcheggi realizzati dalla
ricorrente nella misura prevista dalla
legge.
L’amministrazione, di contro, non ha
contestato, nel provvedimento impugnato, che
i parcheggi realizzati, in quanto
pertinenziali al fabbricato ad uso
residenziale realizzato, rientrino tra
quelli qualificabili come opere di
urbanizzazione
(TAR Puglia-Bari, Sez. III,
sentenza 19.04.2012 n. 744 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
La nuova disciplina dei parcheggi Tognoli
(Consiglio Nazionale del Notariato,
studio 18.04.2012 n. 210-2012-C).
---------------
Lo studio in sintesi (Abstract):
L’art. 10 del D.L. 09.02. 2012 n. 5 ha
sostituito l’articolo 9, comma 5, della
legge 24.03.1989 n. 122.
Le modifiche normative in esame non
riguardano tutti i parcheggi previsti e
disciplinati dalla norme vigenti, ma solo i
c.d. parcheggi Tognoli.
La nuova disposizione di cui al D.L.
09.02.2012 n. 5 introduce una distinzione
nel regime circolatorio dei parcheggi
Tognoli a seconda che si tratti di parcheggi
realizzati su proprietà privata ovvero di
parcheggi realizzati in diritto di
superficie su area comunale.
Per i parcheggi realizzati su proprietà
privata ai sensi del primo comma dell’art. 9
della legge Tognoli si prevede innanzitutto
l’immodificabilità dell’esclusiva
destinazione a parcheggio.
Tale disposizione deve interpretarsi nel
senso che non sarà possibile successivamente
alla realizzazione del parcheggio porre in
essere un procedimento edilizio diretto a
conseguire il mutamento della destinazione
d’uso del medesimo.
In secondo luogo la nuova normativa prevede
la salvezza di quanto previsto dall’articolo
41-sexies della legge 17.08.1942 n. 1150.
Il richiamo all’articolo 41-sexies, della
legge 17.08.1942 n. 1150 deve intendersi
riferito al secondo comma del medesimo,
aggiunto dalla L. 28.11.2005 n. 246, secondo
cui “Gli spazi per parcheggi realizzati
in forza del primo comma non sono gravati da
vincoli pertinenziali di sorta né da diritti
d'uso a favore dei proprietari di altre
unità immobiliari e sono trasferibili
autonomamente da esse”.
Nondimeno il principio della libera
alienabilità del parcheggio separatamente
dal bene principale nel caso di specie
subisce un notevole temperamento.
Il nuovo quinto comma dell’art. 9 della
legge Tognoli prevede infatti che la
proprietà dei parcheggi realizzati a norma
del comma 1 può essere trasferita, anche in
deroga a quanto previsto nel titolo edilizio
che ha legittimato la costruzione e nei
successivi atti convenzionali, “solo con
contestuale destinazione del parcheggio
trasferito a pertinenza di altra unità
immobiliare sita nello stesso comune”.
Dunque, in assenza di siffatta “contestuale
destinazione”, l’alienazione separata
del parcheggio rimane tuttora vietata a pena
di nullità c. d. virtuale in base all’art.
1418 primo comma c.c.
Deve peraltro ritenersi tuttora consentita
la cessione del parcheggio anche senza “contestuale
destinazione”, laddove essa sia
effettuata unitamente all’unità principale
alla quale il parcheggio fu legato da
vincolo pertinenziale in sede di
edificazione del parcheggio stesso.
La norma non richiede che lo spostamento del
vincolo di pertinenzialità debba essere
autorizzato dal comune, né che debba essere
all’uopo modificato il titolo edilizio che
aveva legittimato la costruzione del
parcheggio ovvero gli eventuali atti
d’obbligo stipulati al riguardo, né che la
destinazione del parcheggio trasferito a
pertinenza di altra unità immobiliare sita
nello stesso comune sia oggetto di un
autonomo atto d’obbligo nei confronti del
comune, ma si limita a prescrivere che
siffatta destinazione sia “contestuale”.
Deve dunque ritenersi necessario e
sufficiente che nell’atto di alienazione
separata del parcheggio si dia atto di tale
destinazione.
Legittimato ad effettuare siffatta
destinazione è di regola l’acquirente, in
quanto sia titolare di un diritto reale
sull’unità immobiliare a pertinenza della
quale il parcheggio deve essere destinato.
L’instaurarsi del regime pertinenziale
richiede pur sempre la destinazione del
parcheggio a servizio dell’unità principale,
la quale a sua volta presuppone ovviamente
la possibilità che il parcheggio sia
utilizzato per l’utilità del bene principale
e non semplicemente per il proprietario
dello stesso.
Se ne deve dedurre che ai fini della
sussistenza del rapporto pertinenziale in
esame l’ubicazione nello stesso comune è
condizione necessaria ma non sufficiente.
Sarà infatti anche necessario che il
parcheggio sia ubicato in prossimità
dell’unità principale e cioè ad una distanza
tale da consentire l’instaurarsi di un
rapporto di servizio fra il parcheggio ed il
bene principale.
Per altro verso la norma, nel richiedere
l’ubicazione del bene principale nello
stesso comune, esclude che il vincolo
pertinenziale idoneo a consentire la
circolazione del parcheggio possa essere
instaurato a favore di un’unità immobiliare
che, pur essendo ubicata nelle vicinanze del
parcheggio, sia posta in altro comune.
Ai fini dell’assolvimento del controllo di
legittimità da parte del notaio rogante è
peraltro sufficiente che le parti dichiarino
l’intento di destinare parcheggio trasferito
a pertinenza di altra unità immobiliare sita
nello stesso comune, affinché il predetto
controllo possa ritenersi assolto.
L’atto di destinazione così compiuto
dall’acquirente del parcheggio instaura il
regime vincolistico di cui all’art. 9, comma
5, della legge Tognoli, donde la possibilità
di alienare nuovamente e separatamente la
pertinenza solo con la “contestuale
destinazione”.
Per quanto riguarda il regime di
circolazione dei parcheggi Tognoli
realizzati su area comunale la nuova norma
conferma il divieto di circolazione separata
del parcheggio, a pena di nullità
espressamente comminata dalla legge.
Ma a siffatto regime vincolistico viene
apportata una rilevante eccezione, in quanto
a tale regola è consentito derogare in caso
di “espressa previsione contenuta nella
convenzione stipulata con il comune, ovvero
quando quest’ultimo abbia autorizzato l’atto
di cessione”.
La deroga al divieto di alienazione separata
del parcheggio può essere operata con due
diversi strumenti.
Innanzitutto il consenso del comune
all’alienazione separata può essere espresso
già in sede di stipulazione della
concessione del diritto di superficie su
area comunale per la realizzazione dei
parcheggi in esame.
In tal caso si tratta di uno strumento di
natura preventiva (rispetto alla
realizzazione del parcheggio) e
programmatica, in quanto il consenso alla
cessione separata non è espresso con
riferimento ad una determinata cessione,
bensì in relazione a qualsiasi cessione che
dovesse intervenire dopo la costruzione del
parcheggio e l’originaria costituzione del
vincolo pertinenziale.
Nella specie non sarà necessario ottenere,
in sede di singola alienazione separata, una
specifica autorizzazione del comune
all’alienazione, atteso che siffatto
consenso è già stato espresso dall’ente in
via generalizzata.
Ma la norma consente anche, in alternativa,
che il consenso del comune all’alienazione
separata sia espresso mediante apposita
autorizzazione all’atto di cessione.
In tal caso si tratta di uno strumento di
natura successiva rispetto alla
realizzazione del parcheggio (ma pur sempre
preventiva rispetto all’alienazione
separata) e di regola specifico, in quanto
il consenso alla cessione separata è
espresso normalmente con riferimento ad una
determinata cessione che venga divisata dopo
la costruzione del parcheggio e l’originaria
costituzione del vincolo pertinenziale.
Nel caso in cui la convenzione o
l’autorizzazione si limitino a consentire la
cessione separata del parcheggio senza
prevedere particolari condizioni, una volta
scioltosi per effetto dell’alienazione
separata del parcheggio il vincolo
pertinenziale già esistente con il bene
principale, il parcheggio può essere
successivamente e ripetutamente ceduto,
libero da vincoli pertinenziali di sorta.
Laddove invece il comune, nel consentire la
cessione separata, subordini tale cessione
alla destinazione del parcheggio trasferito
a pertinenza di altra unità immobiliare e
colui che abbia acquistato il parcheggio
oggetto di alienazione separata autorizzata
dal comune intenda successivamente procedere
a sua volta all’alienazione separata del
parcheggio, ragioni di prudenza suggeriscono
di munirsi di una nuova autorizzazione
comunale ovvero, laddove la convenzione o
l’autorizzazione prevedano in via generale
che l’alienazione separata è consentita solo
con destinazione del parcheggio trasferito a
pertinenza di altra unità immobiliare, di
adempiere a siffatto obbligo di
destinazione.
Le deroghe introdotte dalla nuova norma al
divieto di alienazione separata del
parcheggio devono ritenersi applicabili
anche ai parcheggi realizzati prima
dell’entrata in vigore della novella.
---------------
Sommario: 1. La nuova norma; 2.
L’inerenza della novità normativa ai soli
parcheggi Tognoli; 2.1. La nozione di
parcheggi Tognoli; 2.2. Ubicazione dei
parcheggi Tognoli; 2.3. Ambito di
applicazione; 2.4. Destinatari del vincolo e
soggetti legittimati alla realizzazione dei
parcheggi; 3. Il nuovo regime circolatorio
dei parcheggi Tognoli realizzati su immobili
privati; 3.1. Generalità; 3.2. L’immodificabilità
dell’esclusiva destinazione a parcheggio;
3.3. La salvezza di quanto previsto
dall’articolo 41-sexies della legge
17.08.1942 n. 1150; 3.4. Permanenza della
regola generale del divieto di alienazione
separata; 3.5. La sanzione per la violazione
del divieto di alienazione separata; 3.6.
Possibilità di alienazione congiunta del
parcheggio e del bene principale; 3.7. La
contestuale destinazione del parcheggio
trasferito a pertinenza di altra unità
immobiliare sita nello stesso comune; 3.7.1.
La prassi dello “spostamento” del vincolo
Tognoli; 3.7.2. Il cambiamento della ratio
del vincolo di pertinenzialità afferente ai
parcheggi Tognoli; 3.7.3. Le condizioni e le
modalità della contestuale destinazione del
parcheggio trasferito a pertinenza di altra
unità immobiliare sita nello stesso comune;
3.7.4. La legittimazione ad effettuare la
contestuale destinazione ; 3.7.5. Requisiti
del bene principale; 3.7.6. Il regime del
vincolo instauratosi a seguito della
“contestuale destinazione” – 3.7.7. Ipotesi
di spostamento del vincolo non espressamente
previste dalla nuova norma; 4. Il nuovo
regime circolatorio dei parcheggi Tognoli
realizzati su area comunale; 4.1. Permanenza
della regola generale del divieto di
alienazione separata; 4.2. La ratio del
trattamento differenziato dei parcheggi
Tognoli realizzati su aree comunali; 4.3.
L’obbligo di motivazione da parte del
comune; 4.4. Il consenso all’alienazione
separata espresso in sede di convenzione;
4.5. Il consenso all’alienazione separata
mediante autorizzazione; 4.6. Il regime di
circolazione del parcheggio successivamente
all’alienazione separata; 4.6.1. Il caso in
cui la convenzione o l’autorizzazione si
limitino a consentire la cessione separata
del parcheggio senza prevedere particolari
condizioni; 4.6.2. Il caso in cui il comune
nel consentire la cessione separata
subordini tale cessione alla destinazione
del parcheggio trasferito a pertinenza di
altra unità immobiliare; 4.6.3. Difficoltà
inerenti all’accertamento del regime di
circolazione dei parcheggi Tognoli
realizzati su area pubblica; 5. Il regime
transitorio; 5.1. Carattere non
interpretativo della norma; 5.2.
Applicabilità delle nuove norme alla
cessione di parcheggi già realizzati nel
sistema previgente. |
EDILIZIA PRIVATA: La
norma dell'art. 9, l. 24.03.1989 n. 122,
consente di realizzare gratuitamente
parcheggi da destinare a pertinenza delle
singole unità immobiliari solo se realizzati
“nel sottosuolo per l’intera altezza”. La
predetta norma, ponendosi in deroga “…agli
strumenti urbanistici ed ai regolamenti
edilizi vigenti…”, è di stretta
interpretazione e di rigorosa applicazione.
In altre parole, la deroga per la
realizzazione di autorimesse e parcheggi
prevista dall'art. 9, l. 24.03.1989 n. 122,
opera solo ed esclusivamente nel caso in cui
i detti garage (oltre ad essere formalmente
vincolati a pertinenza di singole unità
immobiliari) siano totalmente realizzati al
di sotto dell’originario piano naturale di
campagna, senza alcuna tolleranza di sorta.
La deroga alla disciplina urbanistica
prevista dall'art. 9, L. 24.03.1989 n. 122,
opera solo per i parcheggi da destinare a
pertinenza di singole unità immobiliari che
siano realizzati integralmente nel
sottosuolo degli immobili (ovvero nei locali
siti a piano terra degli stessi) mentre la
realizzazione di autorimesse e parcheggi,
non totalmente al di sotto del piano
naturale di campagna, è soggetta alla
disciplina urbanistica dettata per le
ordinarie nuove costruzioni fuori terra.
---------------
L'art. 9 l. 24.03.1989 n. 122, nel
consentire la costruzione di parcheggi, da
destinare a pertinenza delle singole unità
immobiliari, nel sottosuolo degli immobili o
nei locali siti al piano terreno anche in
deroga alla vigente disciplina urbanistica,
necessariamente fa implicito riferimento ai
soli fabbricati già esistenti e non anche le
concessioni edilizie rilasciate per
realizzare edifici nuovi, per i quali invece
provvede l'art. 2, comma 2, della stessa L.
n. 122 che, nel novellare l'art. 41-sexies,
l. 17.08.1942 n. 1150, stabilisce l'obbligo
di riservare appositi spazi per parcheggi di
misura non inferiore a 1 mq. per ogni 10 mc.
di costruzione.
In tal senso l'art. 9 della cit. L. n. 122,
è norma di carattere straordinario
finalizzata alla diminuzione dell’ingombro
dei veicoli parcheggiati nelle pubbliche vie
ed è diretta a rimediare agli inconvenienti
conseguenti alla conformazione dei nostri
centri storici, risalenti ad epoca
antecedenti l’avvento delle automobili. Tale
finalità, allo stato, non è assolutamente
venuta meno, ed è per questo che la legge è
stata mantenuta in vigore con l’art. 137 del
T.U. n. 380/2001, ma la sua attuale
applicazione resta pur sempre comunque
limitata agli edifici già esistenti.
Come la Sezione
ha avuto modo di recente di ricordare (cfr.
Sez. IV, 13.07.2011 n. 4234), la norma
dell'art. 9, l. 24.03.1989 n. 122, consente
di realizzare gratuitamente parcheggi da
destinare a pertinenza delle singole unità
immobiliari solo se realizzati “nel
sottosuolo per l’intera altezza”. La
predetta norma, ponendosi in deroga “…agli
strumenti urbanistici ed ai regolamenti
edilizi vigenti…”, è di stretta
interpretazione e di rigorosa applicazione.
In altre parole, la deroga per la
realizzazione di autorimesse e parcheggi
prevista dall'art. 9, l. 24.03.1989 n. 122,
opera solo ed esclusivamente nel caso in cui
i detti garage (oltre ad essere formalmente
vincolati a pertinenza di singole unità
immobiliari) siano totalmente realizzati al
di sotto dell’originario piano naturale di
campagna, senza alcuna tolleranza di sorta.
La deroga alla disciplina urbanistica
prevista dall'art. 9, L. 24.03.1989 n. 122,
opera solo per i parcheggi da destinare a
pertinenza di singole unità immobiliari che
siano realizzati integralmente nel
sottosuolo degli immobili (ovvero nei locali
siti a piano terra degli stessi) mentre la
realizzazione di autorimesse e parcheggi,
non totalmente al di sotto del piano
naturale di campagna, è soggetta alla
disciplina urbanistica dettata per le
ordinarie nuove costruzioni fuori terra
(cfr. Consiglio Stato, sez. IV, 27.11.2010,
n. 8260; Consiglio Stato, sez. IV,
23.02.2009, n. 1070).
---------------
L'art. 9 l.
24.03.1989 n. 122, nel consentire la
costruzione di parcheggi, da destinare a
pertinenza delle singole unità immobiliari,
nel sottosuolo degli immobili o nei locali
siti al piano terreno anche in deroga alla
vigente disciplina urbanistica,
necessariamente fa implicito riferimento ai
soli fabbricati già esistenti e non anche le
concessioni edilizie rilasciate per
realizzare edifici nuovi, per i quali invece
provvede l'art. 2, comma 2, della stessa L.
n. 122 che, nel novellare l'art. 41-sexies,
l. 17.08.1942 n. 1150, stabilisce l'obbligo
di riservare appositi spazi per parcheggi di
misura non inferiore a 1 mq. per ogni 10 mc.
di costruzione (cfr. Consiglio di Stato sez.
IV 10.03.2011 n. 1565; Consiglio Stato, sez.
V, 24.10.2000, n. 5676; Cons. giust. amm.
Sicilia, sez. giurisd., 26.06.2000, n. 299;
Consiglio Stato, sez. V, 03.06.1996, n.
621).
In tal senso l'art. 9 della cit. L. n. 122,
è norma di carattere straordinario
finalizzata alla diminuzione dell’ingombro
dei veicoli parcheggiati nelle pubbliche vie
ed è diretta a rimediare agli inconvenienti
conseguenti alla conformazione dei nostri
centri storici, risalenti ad epoca
antecedenti l’avvento delle automobili. Tale
finalità, allo stato, non è assolutamente
venuta meno, ed è per questo che la legge è
stata mantenuta in vigore con l’art. 137 del
T.U. n. 380/2001, ma la sua attuale
applicazione resta pur sempre comunque
limitata agli edifici già esistenti (Consiglio
di Stato, Sez. IV,
sentenza 16.04.2012 n. 2185 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Semplificazioni. La legge 35, di
conversione del Dl 5/2012, ha tolto i
vincoli sugli spazi realizzati con le
agevolazioni «Tognoli»
Parcheggi in vendita senza casa. Le aree
potranno essere di pertinenza di immobili
situati in altri quartieri.
Si possono vendere, con limiti, i parcheggi
realizzati in attuazione della legge Tognoli
del 1989: è questa la novità introdotta
dall'articolo 10 del decreto legge 5/2012
(legge 35, in vigore da ieri).
In via generale, chi intende costruire deve
rispettare standard di urbanizzazione e in
particolare realizzare spazi per parcheggi
in misura pari a un metro quadrato ogni 10
metri cubi di costruzione (articolo
41-sexies legge 1150/1942). Questi spazi per
parcheggiare, nel periodo tra il 1985 e il
2005, erano considerati pertinenze
necessarie delle singole costruzioni e cioè
non separabili dalle stesse. Solo con
l'entrata in vigore dell'articolo 12 della
legge 246/2005 è stato possibile cedere il
diritto a parcheggiare o affittare a terze
persone o imprese.
Le agevolazioni
Questa prima liberalizzazione, però, non
riguardava le aree di sosta realizzate in
forza delle legge Tognoli 122/1989, che
hanno continuato a essere considerate
inseparabili dalle unità immobiliari di cui
erano pertinenze. Il vincolo rimasto in
vigore dal 1989 al 2012 sulle aree di sosta
"Tognoli" era motivato dal fatto che
la legge 122/1989 consentiva notevoli
agevolazioni, elasticizzando le previsioni
degli strumenti urbanistici (piani
regolatori, regolamenti edilizi) e le
maggioranze condominiali (bastava la metà
del valore e maggioranza degli intervenuti),
consentendo di realizzare parcheggi sotto
gli edifici oppure al piano terreno nelle
costruzioni "a pilotis", cioè con un
piano terra vuoto, attraversato da nudi
pilastri che reggono l'edifico sovrastante.
Per evitare fenomeni di accaparramento, ad
esempio la vendita di tutto un piano
interrato da trasformare in parcheggio,
oppure la vendita di piani terra vuoti da
delimitare con muri e da suddividere in
spazi di sosta, il legislatore nel 1989
aveva previsto l'obbligo di cedere il
parcheggio realizzato con le agevolazioni
della legge 122 solo insieme all'unità
immobiliare della quale costituiva
pertinenza. Quindi le imprese edili che
realizzavano tali parcheggi non potevano
immetterli sul libero mercato ma dovevano
cederli necessariamente ai proprietari delle
unità immobiliari sovrastanti e solo questi
ultimi potevano eventualmente cederli in
affitto a terzi.
Quando si può vendere
Solo ora, quale effetto del Dl
semplificazioni, è possibile che i
proprietari di unità immobiliari possano
cedere a terzi le aree di parcheggio
realizzate (al piano terra o nell'interrato)
con le agevolazioni della legge Tognoli. I
terzi acquirenti, peraltro, devono mantenere
il vincolo di pertinenza spostandolo su
un'altra unità immobiliare (anche non loro)
presente nello stesso comune. Non è
necessario un rapporto di vicinanza tra
pertinenza e questa diversa unità
immobiliare e l'abitazione o l'ufficio, cui
il parcheggio è collegato, possono essere
molto distanti purché nello stesso comune.
Il decreto legge ha inteso infatti evitare
che si generi un mercato di parcheggi
realizzati con la legge Tognoli
completamente sciolto dalle unità
immobiliari, ma non ha più interesse a che
l'abitazione o l'ufficio goda effettivamente
della possibilità di parcheggiare nell'area
di propria pertinenza. In altri termini, una
casa può avere un parcheggio di pertinenza
anche in un quartiere sito all'opposto del
territorio comunale. Di conseguenza i
proprietari dei parcheggi potranno vendere i
posti auto, realizzati nel loro interrato o
al piano terra con la legge 122,
separatamente dalle loro unità immobiliari,
magari per esigenze di liquidità oppure
perché si tratta di un secondo o terzo posto
auto diventato eccedente.
Aree ancora vincolate
Resistono quindi solo due categorie di posti
auto che hanno concreti limiti a una
separazione dalle unità immobiliari di cui
sono pertinenza: la prima comprende i posti
realizzati in concessione su aree (o sul
sottosuolo di aree) comunali. Questi sono in
genere i primi livelli dei parcheggi
multipiano realizzati in concessione, che
non possono essere separati dall'unità
immobiliare della quale sono pertinenza.
La seconda categoria è quella dei parcheggi
realizzati dai condomini o da singoli
proprietari in aree pertinenziali esterne ai
fabbricati (nel raggio, in genere, di poche
centinaia di metri): tali aree di parcheggio
devono restare a uso esclusivo dei
residenti.
Poiché i "residenti" possono non
identificarsi con i "proprietari", si
arriva alla conclusione che gli inquilini
(tecnicamente, i residenti) di un palazzo in
cui i proprietari abbiano realizzato
parcheggi interrati in aree pertinenziali
(esterne ai fabbricati stessi) hanno diritto
a fruire del parcheggio e non possono
vedersi sottratto tale diritto nemmeno se
l'area di parcheggio viene venduta a terzi.
---------------
L'evoluzione delle regole
1 - Metro quadro
In base alla legge 1150/1942, chi vuole
costruire un edificio deve realizzare spazi
per parcheggi nella misura di un metro
quadro ogni dieci metri cubi di costruzione
1985 - Vincolo
Tra il 1985 e il 2005 gli spazi per
parcheggiare sono stati considerati
pertinenze necessarie delle singole
costruzioni e quindi non separabili dalle
stesse
1989 - Iter semplificato
La legge Tognoli (122/1989) introduce
diverse agevolazioni a livello urbanistico e
di regolamento condominiale per la
realizzazione di parcheggi al piano terra o
interrati sotto i rispettivi edifici
2005 - Primo passo
La legge 246/2005 consente di cedere o
affittare il diritto di parcheggiare a
terzi, ma non per le aree realizzate con la
legge Tognoli (articolo Il Sole 24 Ore
dell'08.04.2012). |
CONDOMINIO:
Parcheggio a trasferimento
libero.
Box cedibile anche a prescindere dalla
vendita dell'immobile. Il dl semplificazioni
liberalizza la circolazione delle aree
adibite a posto auto pertinenziale.
Liberalizzazione ad ampio raggio anche per
la circolazione delle aree adibite a
parcheggio pertinenziale.
Il dl n. 5/2012
(decreto semplificazioni), modificando sul
punto la cosiddetta legge Tognoli, ha
infatti previsto che il proprietario di un
immobile dotato di parcheggio di pertinenza
realizzato nel sottosuolo o al piano terra
dell'edificio condominiale con le
maggioranze agevolate di cui alla predetta
legge del 1989, possa vendere quest'ultimo
anche a prescindere dal trasferimento della
proprietà dell'appartamento, purché il nuovo
acquirente abiti nel medesimo comune in cui
è ubicato l'immobile.
Nel tentativo di risolvere il problema dei
parcheggi degli autoveicoli che, da svariati
anni, soffocano i centri urbani e
gradualmente hanno cominciato a occupare
anche le zone semicentrali e periferiche, il
legislatore è intervenuto a più riprese con
svariate disposizioni inserite in numerosi
testi normativi emanati nell'arco degli
anni. In particolare, bisogna ricordare che
alla fine degli anni 80, per cercare di
porre rimedio alla situazione sopra
descritta, è stata introdotta una nuova
normativa (legge 24.03.1989 n. 122,
cosiddetta legge Tognoli) finalizzata
all'incentivazione della costruzione di
parcheggi nelle aree sottostanti o
pertinenziali agli edifici condominiali o
nel piano terra degli stessi.
Ebbene, il
recente decreto legge sulle semplificazioni
e lo sviluppo, nel tentativo di allentare i
rimanenti lacci e lacciuoli previsti dalla
legge in materia di compravendita delle aree
destinate a parcheggio degli autoveicoli, ha
innovato profondamente la peculiare
disciplina prevista dalla vecchia legge
Tognoli, che tanto aveva affaticato la
giurisprudenza e la dottrina.
Legge 122/1989 e condominio: le norme
fondamentali. La legge Tognoli ha previsto
che i condomini possano realizzare nel
sottosuolo o nei locali posti al piano
terreno del condominio, oppure nel
sottosuolo di aree pertinenziali esterne al
caseggiato, parcheggi da destinare a
pertinenza delle singole unità immobiliari
(cioè a uso esclusivo dei residenti), anche
in deroga agli strumenti urbanistici e ai
regolamenti edilizi vigenti.
È importante
sottolineare, però, che restano in ogni caso
fermi i vincoli previsti dalla legislazione
in materia paesaggistica e ambientale (e i
poteri attribuiti dalla medesima
legislazione alle regioni e ai ministeri
dell'ambiente e per i beni culturali).
Naturalmente, poi, la realizzazione di
questi spazi è subordinata alla richiesta
dei necessari permessi edilizi. In ogni caso
la realizzazione del parcheggio è possibile
solo con una deliberazione approvata
dall'assemblea condominiale, in prima o in
seconda convocazione, con il voto favorevole
della maggioranza degli intervenuti e almeno
la metà del valore dell'edificio.
Le condizioni per la realizzazione dei
parcheggi. La realizzazione del parcheggio
non può avvenire se è in contrasto con la
stabilità o il decoro del fabbricato o se
comporta la sottrazione di parti comuni
all'uso e al godimento di un solo condomino.
In secondo luogo, le opere in oggetto
costituiscono innovazioni gravose,
comportando oneri economici particolarmente
rilevanti: di conseguenza i dissenzienti,
così come prevede la legge, potranno essere
esonerati da qualsiasi contribuzione alle
spese ma potranno decidere in qualsiasi
momento di aderire al progetto di
parcheggio, pagando le spese di esecuzione e
manutenzione dell'opera. In altre parole è
possibile realizzare box sotterranei, previa
delibera condominiale, pur se in numero
inferiore a quello della totalità dei
condomini, non potendo i condomini
dissenzienti impedire tale realizzazione
voluta invece dalla maggioranza dei
partecipanti al condomini
Quindi è possibile che il numero delle
autorimesse sotterranee realizzate sia
inferiore al numero degli appartamenti.
Tuttavia la sottrazione di una parte del
bene comune è consentita solo se è
assicurata in futuro anche ai condomini
dissenzienti il pari uso del sottosuolo
avvalendosi della possibilità di realizzare
nell'area di detto bene comune rimasta
libera un parcheggio pertinenziale
dell'unità immobiliare di proprietà
esclusiva: tutti i condomini, nessuno
escluso, devono infatti avere la possibilità
di godimento del sottosuolo secondo la sua
destinazione (prevista normativamente) ad
alloggiare autorimesse. Solo se tale
possibilità è garantita la delibera adottata
a maggioranza può essere ritenuta valida, in
quanto non in contrasto con la legge.
Il vincolo a pertinenza degli appartamenti:
le novità del decreto legge 09.02.2012
n. 5. La legge Tognoli precisava che i
parcheggi con le caratteristiche di cui
sopra non potevano essere ceduti
separatamente dall'unità immobiliare alla
quale erano legati da vincolo pertinenziale
e che i relativi atti di cessione erano
nulli.
L'intento del legislatore era stato
evidentemente quello di evitare speculazioni
da parte di chi aveva usufruito di speciali
deroghe e agevolazioni per la realizzazione
degli spazi in oggetto, prevedendo
espressamente che i parcheggi in tal modo
realizzati fossero sottoposti sia a
circolazione che a utilizzazione vincolata.
In buona sostanza, unicamente per tali
spazi, era stato previsto un vincolo di
destinazione di ordine pubblicistico, cioè
il divieto di cessione del bene immobile
separatamente dall'appartamento del quale lo
stesso era da considerarsi pertinenziale.
Tuttavia il recente decreto legge cosiddetto
semplificazione e sviluppo (dl n. 5 del 09.02.2012) all'art. 10, modificando sul
punto la legge Tognoli, ha stabilito che la
proprietà dei parcheggi di pertinenza delle
abitazioni possa essere trasferita
separatamente dall'unità immobiliare di
riferimento, a condizione che ciò avvenga
solo con contestuale destinazione del
parcheggio trasferito a pertinenza di altra
unità immobiliare sita nello stesso comune.
Il nuovo testo normativo prevede però ancora
un'eccezione: esso stabilisce infatti che la
cessione dell'area adibita a ricovero delle
auto non possa avvenire, pena la nullità
dell'atto di trasferimento, ove abbia a
oggetto parcheggi realizzati su previsione
dei comuni nell'ambito del programma urbano
dei parcheggi da destinare a pertinenza di
immobili privati, insistenti su aree
comunali o nel sottosuolo delle medesime.
---------------
Tutti i condomini hanno diritto d'uso.
I parcheggi creati sulla base della
cosiddetta legge ponte, in quanto di
obbligatoria edificazione in quantità
proporzionale alla cubatura totale del
condominio, hanno un vincolo di carattere
pubblicistico, poiché tutti i condomini
godono di un diritto reale d'uso sui
predetti spazi, che non può essere frustrato
dalla volontà contraria del costruttore.
Questa la posizione espressa ormai da tempo
dalla Suprema corte in relazione ai
parcheggi edificati in base alla legge n.
765/1967 (che ha modificato l'art. 41-sexies
della legge urbanistica n. 1150/1942),
ribadita da ultimo nella recente sentenza n.
1214, depositata in cancelleria lo scorso 27.01.2012.
Si tratta di una tipologia di parcheggi che
l'elaborazione giurisprudenziale ha ritenuto
diversa da quella ricadente nella cosiddetta
legge Tognoli (e della quale si occupa il
recente intervento di liberalizzazione di
cui al dl n. 5/2012). Infatti, come chiarito
in maniera esemplare dalla stessa Cassazione
(sentenza n. 21003 dell'01.08.2008),
mentre per quelli che ricadono nella
disciplina di cui alla legge n. 122/1989 (e
ora liberalizzati a partire dal 10 febbraio
scorso) non era ammissibile una
commercializzazione disgiunta
dall'appartamento al quale gli stessi si
riferivano, per quelli previsti dalla
cosiddetta legge ponte la libera
circolazione era già prevista dalla legge,
fermo restando il diritto reale d'uso
dell'area in capo al proprietario
dell'appartamento.
Nel caso deciso dalla seconda sezione civile
della Suprema corte con la predetta sentenza
n. 1214/2012 gli acquirenti di un immobile
di nuova costruzione avevano citato in
giudizio l'impresa costruttrice che,
nell'edificare il palazzo, aveva trattenuto
per sé la proprietà delle aree a parcheggio
costruite, impedendo agli acquirenti di
farne uso. Questi ultimi avevano quindi al
tribunale di accertare il loro diritto di
proprietà in relazione alle predette aree o,
quantomeno, il loro diritto reale d'uso
sulle stesse.
In primo grado i giudici avevano quindi
convalidato il sequestro giudiziario
concesso in corso di causa, riconoscendo
agli acquirenti, previo pagamento del
prezzo, la proprietà di un posto auto
individuato grazie a una consulenza tecnica
d'ufficio (che aveva anche provveduto a
valutare il relativo valore di mercato).
Nel giudizio di appello, promosso
dall'impresa costruttrice, la Corte
territoriale aveva invece ritenuto che non
dovesse essere accolta la domanda degli
acquirenti volta al riconoscimento di un
proprio diritto di proprietà sugli spazi
adibiti a parcheggio, trattandosi in realtà
di un diritto reale d'uso (relativo comunque
alla stessa area ceduta in proprietà a
seguito della sentenza di primo grado).
La Suprema corte, nel confermare sul punto
la decisione di appello, ha ricordato i
numerosi precedenti di legittimità (da
ultimo la sentenza n. 730 del 16.01.2008)
che hanno chiarito come ai proprietari degli
appartamenti degli edifici condominiali nei
quali siano stati previste aree di
parcheggio spetti il diritto reale di uso
delle stesse, a prescindere dalla proprietà
di esse, che può anche rimanere in capo
all'impresa costruttrice (articolo ItaliaOggi Sette
del 05.03.2012). |
EDILIZIA PRIVATA: L'art.
9 della l. 24.03.1989 n. 122, che
consente di realizzare gratuitamente "nel
sottosuolo" parcheggi da destinare a
pertinenza delle singole unità immobiliari,
è una norma che ponendosi in deroga "…agli
strumenti urbanistici ed ai regolamenti
edilizi vigenti…" è di stretta
interpretazione, per cui deve trovare
rigorosa applicazione solo nelle fattispecie
in essa espressamente previste.
Nel primo motivo si sostiene che il provvedimento sarebbe illegittimo per
violazione dell’art. 9 l. 122/1989 che
consente parcheggi pertinenziali anche in
deroga agli strumenti di piano.
In realtà, l’art. 9 l. 122/1989 prevede che “i
proprietari di immobili possono realizzare
nel sottosuolo degli stessi ovvero nei
locali siti al piano terreno dei fabbricati
parcheggi da destinare a pertinenza delle
singole unità immobiliari, anche in deroga
agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti
edilizi vigenti. Restano in ogni caso fermi
i vincoli previsti dalla legislazione in
materia paesaggistica ed ambientale ed i
poteri attribuiti dalla medesima
legislazione alle regioni e ai Ministeri
dell'ambiente e per i beni culturali ed
ambientali da esercitare motivatamente nel
termine di 90 giorni”.
Nel caso in esame, il garage sarebbe stato
realizzato non nell’interrato, né nei locali
al piano terra, ma in un corpo aggiuntivo
posto al piano terra.
La difesa del ricorrente ritiene che
giurisprudenzialmente sia possibile
estendere la previsione dell’art. 9 anche ai
locali realizzati fuori terra, ma di recente
il Supremo consesso della giustizia
amministrativa è andato in altra direzione,
rilevando la natura di norma di stretta
interpretazione dell’art. 9 in questione (CdS,
sez. IV, sentenza 13.07.2011 n. 4234:
l'art. 9 della l. 24.03.1989 n. 122, che
consente di realizzare gratuitamente "nel
sottosuolo" parcheggi da destinare a
pertinenza delle singole unità immobiliari,
è una norma che ponendosi in deroga "…agli
strumenti urbanistici ed ai regolamenti
edilizi vigenti…" è di stretta
interpretazione, per cui deve trovare
rigorosa applicazione solo nelle fattispecie
in essa espressamente previste; sul punto v.
anche Tar L’Aquila, sez. I, 19.04.2011, n.
208)
(TAR Lombardia-Brescia, Sez. I,
sentenza 27.02.2012 n. 265 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Semplificazioni. Cosa cambia per gli spazi
realizzati in base alla legge 122/1989.
Ok alla vendita separata per i box auto «Tognoli».
Il parcheggio dovrà però restare
pertinenziale.
Liberalizzazione anche per i parcheggi. Il
decreto Semplificazioni (Dl 09.02.2012,
n. 5) innova la disciplina inerente il
divieto di vendere i cosiddetti "parcheggi Tognoli" su area privata: per questa
tipologia di posti auto, dal 10.02.2012 la proprietà può essere trasferita a
patto che il parcheggio oggetto della
cessione sia contestualmente destinato a
pertinenza di un'altra unità immobiliare
collocata nello stesso Comune.
Le tipologie.
Per comprendere appieno la novità
legislativa, occorre preventivamente
compiere un excursus sulle possibili
tipologie di parcheggio con le quali si può
avere a che fare. Il catalogo può essere
così riassunto:
- parcheggi della "legge ponte": sono gli
spazi destinati a parcheggio di cui debbono
essere obbligatoriamente dotate le
costruzioni realizzate dopo l'entrata in
vigore della legge 06.08.1967, n. 765 (la
cosiddetta legge ponte, perché fece da
"ponte" tra la legge urbanistica
fondamentale, e cioè la legge 1150/1942, e
la cosiddetta legge Bucalossi, vale a dire
la legge 10/1977). La legge 765/1967
introdusse l'articolo 41-sexies della legge
1150/1942, secondo il quale, considerando la
sua attuale versione, «nelle nuove
costruzioni e anche nelle aree di pertinenza
delle costruzioni stesse, debbono essere
riservati appositi spazi per parcheggi in
misura non inferiore a un metro quadrato per
ogni dieci metri cubi di costruzione»;
- parcheggi della legge Tognoli su area
privata: sono disciplinati dall'articolo 9,
comma 1, legge 24.03.1989, n. 122 (nota
come legge Tognoli, dal cognome del suo
fautore), secondo il quale negli edifici –sia di proprietà individuale che di
proprietà condominiale– si possono
realizzare parcheggi, da destinare a
pertinenza delle singole unità immobiliari,
nel sottosuolo del fabbricato, nei locali
siti al piano terreno del fabbricato nonché
nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne
al fabbricato;
- parcheggi della legge Tognoli su area
pubblica: sono i parcheggi disciplinati
dall'articolo 9, comma 4, legge 122/1989,
secondo il quale i Comuni possono prevedere,
nell'ambito del programma urbano dei
parcheggi (Pup), la realizzazione di posti
auto, su aree comunali o nel sottosuolo
delle stesse, da destinare a pertinenza di
immobili privati, concedendo il diritto di
superficie dell'area pubblica ai privati
interessati, a imprese, società o
cooperative di costruzione (tutti soggetti
che, una volta realizzati i box, li cedono a
coloro che possono destinarli a pertinenza
di proprie unità immobiliari);
- parcheggi diversi da quelli sopra
elencati.
La «circolazione».
È indispensabile tenere distinte le prime
tre categorie dalla quarta, in quanto i
parcheggi di quest'ultimo tipo non soffrono
vincoli in ordine alla loro vendibilità,
mentre le prime tre categorie hanno pesanti
limitazioni.
I parcheggi della legge ponte, a fronte di
un tortuoso iter legislativo e
giurisprudenziale –culminato nella legge 28.11.2005, n. 246– sono di libera
trasferibilità, ma sono comunque gravati da
un vincolo urbanistico di destinazione a
parcheggio. Resta poi aperto il tema se
l'asservimento obbligatorio di questi spazi
al servizio dell'edificio di cui essi fanno
parte, qualora realizzatosi prima del 16.12.2005 (giorno di entrata in vigore
della legge 246/2005) dispieghi ancor oggi
il suo effetto (si veda l'articolo in basso
nella pagina).
La semplificazione.
È solo sui parcheggi della legge Tognoli che
incide dunque il Dl Semplificazioni del
2012, in vigore dal 10.02.scorso. In
precedenza, sia i parcheggi "Tognoli-privati"
sia i parcheggi "Tognoli-pubblici" erano
accomunati dalla previsione secondo la quale
«essi non possono essere ceduti
separatamente dall'unità immobiliare alla
quale sono legati da vincolo pertinenziale.
I relativi atti di cessione sono nulli»
(articolo 9, comma 5, legge 122/1989). Con
il Dl Semplificazioni si ha una
divaricazione:
- la proprietà dei parcheggi "Tognoli-privati"
«può essere trasferita, anche in deroga a
quanto previsto nel titolo edilizio che ha
legittimato la costruzione e nei successivi
atti convenzionali» a condizione che vi sia
una «contestuale destinazione del parcheggio
trasferito a pertinenza di altra unità
immobiliare sita nello stesso comune»;
- il regime dei parcheggi "Tognoli-pubblici"
rimane invece invariato: essi non sono
trasferibili se non insieme alla unità
immobiliare a cui sono destinati quali
pertinenze. Se dunque il parcheggio fosse
venduto senza l'appartamento o se
l'appartamento fosse trasferito con
esclusione del parcheggio, il contratto di
compravendita sarebbe nullo (articolo Il Sole 24 Ore del
20.02.2012). |
EDILIZIA PRIVATA:
Parcheggi realizzati oltre gli
standard normativi sono liberamente
cedibili.
Con una sentenza complessa e articolata, la
Corte di Cassazione interviene nuovamente in
tema di parcheggi offendo precise risposte
nella ipotesi di realizzazioni oltre lo
standard. In particolare, individua il
seguente principio: i
parcheggi realizzati in eccedenza rispetto
allo spazio minimo richiesto dall'art. 2,
legge n. 122 del 1989 non sono soggetti a
vincolo pertinenziale a favore delle unità
immobiliari del fabbricato, conseguentemente
l'originario proprietario-costruttore
dell'edificio può legittimamente riservarsi
o cedere a terzi la proprietà di tali
parcheggi, purché nel rispetto del vincolo
di destinazione nascente da atto d'obbligo.
Nel caso di specie due coniugi, proprietari
di un appartamento, avevano acquistato dal
proprietario-costruttore due box ed un posto
auto, ma dopo la loro immissione nel
possesso dei beni, la società venditrice
aveva abusivamente occupato il posto auto
loro assegnato. Da qui la richiesta al
giudice di prime cure di dichiarare il loro
diritto di proprietà del posto auto in
precedenza loro assegnato o comunque un
posto auto non inferiore a mq 30,40, oltre
al risarcimento dei danni. In primo grado il
tribunale dichiarava gli attori proprietari
di un posto auto di superficie non inferiore
a mq 24,00, condannandoli al pagamento del
corrispettivo del prezzo del posto auto.
Successivamente, in sede di appello
–proposto dal successore a titolo
particolare della società– la Corte
distrettuale sosteneva la sentenza
impugnata, evidenziando che la riserva di
spazi di parcheggi in misura non inferiore
ad un mq per ogni 10 metri cubi di
costruzione (cfr. art. 2, l. 122/1989) non
era confutata dal fatto di avere i due
coniugi acquistato due box per ricovero
delle vetture, poiché secondo la
giurisprudenza prevalente della Cassazione,
giurisprudenziale pur essendo i box oggetto
di autonomo diritto di proprietà, non poteva
essere escluso il vincolo pertinenziale tra
l'appartamento ed il posto auto, essendo
attribuita soltanto a quest'ultimo la
funzione di soddisfare la previsione
normativa. Da qui, l’irrilevanza
dell’acquisto da parte dei coniugi dei due
box auto. Inoltre, veniva mantenuto il
riconoscimento alla società del
corrispettivo per il trasferimento del
diritto all’uso e al godimento dell’area di
parcheggio.
Avverso la sentenza propone ricorso per
cassazione il successore a titolo
particolare e controricorso i due coniugi. I
giudici di Piazza Cavour ricostruiscono il
complesso percorso giurisprudenziale e
dottrinario sviluppato negli ultimi anni
evidenziando i punti di snodo della
disciplina delle aree di parcheggio nei
condomini.
La questione essenziale affrontata dagli
Ermellini è se i parcheggi realizzati in
eccedenza rispetto alla superficie minima
inderogabilmente richiesta dalla normativa
pubblicistica richiamata (art. 2) siano
soggetti al diritto d'uso da parte degli
acquirenti delle singole unità immobiliari
dell'edificio ovvero ad un diverso regime.
Al riguardo, la Suprema Corte non condivide
la decisione della Corte distrettuale.
Quest’ultima, infatti, nell’estendere ai
parcheggi realizzati in eccedenza il vincolo
pertinenziale tra l’appartamento ed il posto
auto, ha argomentato la decisione con la
necessità di soddisfare la funzione
pubblicistica prevista dalla normativa. In
realtà, ciò non appare corretto perché
porterebbe alla conseguenza di non
distinguere i parcheggi che rientrano nello
standard legale e quelli che non vi
rientrano, tradendo la ratio della
legge che, giusta anche l’opinione pacifica
in dottrina, consente l’utilizzazione e la
circolazione libera dei parcheggi che
eccedono lo standard vincolistico imposto.
Sotto il profilo civilistico –si legge nella
sentenza– i parcheggi realizzati
(all’interno degli standard ndr) non possono
essere ceduti separatamente dall’unità
immobiliare alla quale sono legati da
vincolo pertinenziale, sotto pena di
nullità. Situazione diversa è per i posti in
auto in sovrannumero, i quali possono essere
liberamente ceduti in quanto realizzati in
eccedenza rispetto agli standard fissati
dalla legge.
Da qui la decisione di cassare la sentenza
impugnata, rinviando per le spese di
giudizio ad altra sezione della Corte
territoriale (Corte di Cassazione, Sez. II
civile,
sentenza 03.02.2012 n. 1664 -
link a www.altalex.com). |
EDILIZIA PRIVATA:
Speciale iter DL Semplificazioni/
Parcheggi pertinenziali, cessione possibile.
Il decreto semplificazioni interviene in
tema di parcheggi pertinenziali e stabilisce
che la proprietà dei parcheggi di pertinenza
delle abitazioni può essere trasferita
separatamente dalla unità immobiliare di
riferimento, a condizione che ciò avvenga
solo con contestuale destinazione del
parcheggio trasferito a pertinenza di altra
unità immobiliare sita nello stesso Comune.
La legge 24.03.1989 n. 122 (c.d. legge Tognoli) detta disposizioni anche in materia
di parcheggi e nel titolo III, all'art. 9
prevede che i parcheggi realizzati da
proprietari di immobili nel sottosuolo degli
stessi o nei locali siti al piano terreno
sono da destinarsi a pertinenza delle
singole unità immobiliari; il comma 5
dispone che in ragione del vincolo tali
parcheggi non possano essere trasferiti e
quindi ceduti separatamente dall'unità
immobiliare a cui i parcheggi medesimi sono
legati da vincolo pertinenziale.
La violazione di tale disposizione viene
sanzionata con la nullità dell'atto di
cessione (La giurisprudenza intervenuta su
tali aspetti ha comunque precisato che la
violazione del vincolo pubblicistico di
destinazione a parcheggio degli spazi da
utilizzare per tale scopo rende nulle solo
le clausole relative, ma non anche l'intero
negozio, con la conseguenza che il
trasferimento del bene resta valido e
all'acquirente spetta comunque il diritto di
ottenere il trasferimento della relativa
pertinenza).
Con il Decreto semplificazioni 2012, il
comma 5 dell'art. 9 suindicato viene
sostituito con un nuovo testo specificato
nell'art. 9 del decreto stesso.
In particolare, considerando la ratio che
caratterizza il provvedimento del Governo
Monti, a seguito della entrata in vigore
della norma viene meno il vincolo
pertinenziale che lega il parcheggio
all'unità immobiliare.
Il parcheggio potrà essere ceduto, pertanto,
separatamente dalla unità immobiliare, senza
che ciò comporti la nullità dell'atto di
cessione.
Purtuttavia, è necessario che il parcheggio
venga trasferito contestualmente a
pertinenza di altra unità immobiliare sita
nello stesso Comune.
Il nuovo testo della norma prevede
un'eccezione: stabilisce che la cessione non
può avvenire, pena la nullità dell'atto di
trasferimento, ove abbia ad oggetto
parcheggi realizzati su previsione dei
Comuni nell'ambito del programma urbano dei
parcheggi da destinare a pertinenza di
immobili privati, insistenti su aree
comunali o nel sottosuolo delle medesime (03.02.2012
- tratto da www.ipsoa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: In
un contesto di legislazione regionale
concorrente quale quella sulla materia
“governo del territorio” ex art. 117, co. 3,
Cost., nel territorio della regione
Lombardia le disposizioni dell’art. 9 l.
122/1989 devono essere lette in uno con
quelle degli artt. 66 e 67 l.r. 12/2005 che
permettono espressamente la realizzabilità
del parcheggio pertienenziale anche in
favore di unità immobiliari non site nel
luogo in cui viene realizzato il parcheggio
e “senza limiti di distanza dalle unità
immobiliari cui sono legati da rapporto di
pertinenza, purché nell'ambito del
territorio comunale o in comuni contermini”.
L'art. 9 l. 122/1989 si limita a dire che la
deroga di cui alla l. 122/1989 riguarda
soltanto la sfera urbanistica, ma non quella
del paesaggio e dell’ambiente, ma non
preclude di svolgere opere su beni
vincolati, qualora vi sia la relativa
autorizzazione dell’autorità preposta alla
tutela del vincolo.
Sui motivi del
secondo ricorso per motivi aggiunti relativi
all’utilizzo della procedura in deroga agli
strumenti di piano della c.d. legge Tognoli.
Nessuno dei motivi di ricorso proposto sul
punto può essere accolto, in quanto:
- in ordine alla necessità dell’approvazione
del Consiglio comunale ex art. 40 l.r.
12/2005 per ammettere la deroga urbanistica,
si tratta di norma non pertinente al caso in
esame in cui la deroga urbanistica deriva
direttamente dalla legge, e non deve passare
attraverso una valutazione
dell’amministrazione che sia espressione di
discrezionalità amministrativa; la
previsione dell’art. 40 serve, infatti, a
garantire che il Consiglio comunale,
titolare della potestà di pianificazione,
non venga scavalcato dall’organo
amministrativo attraverso lo strumento del
permesso di costruire in deroga, e riporta
pertanto l’amplissima discrezionalità che
caratterizza l’attività di pianificazione in
capo al suo organo istituzionalmente
titolare; nel caso in esame, la deroga non
deve passare attraverso nessuna valutazione
di ampia discrezionalità, perché prevista
direttamente dal legislatore, che la
giustifica con lo scopo di aumentare la
dotazione di parcheggi privati che
alleggeriscano il carico urbanistico delle
autovetture in aree già ampiamente
urbanizzate ed il degrado ambientale
prodotto dalla sosta degli autoveicoli nei
centri urbani; siamo pertanto completamente
fuori dell’ambito della previsione dell’art.
40 l.r. 12/2005;
- in ordine alla asserita violazione
dell’art. 9 l. 122/1989 in quanto la deroga
viene giustificata con lo scopo di
realizzare parcheggi pertinenziali, ma
questi saranno in realtà venduti sul libero
mercato, va precisato che –in un contesto di
legislazione regionale concorrente quale
quella sulla materia “governo del
territorio” ex art. 117, co. 3, Cost.-
nel territorio della regione Lombardia le
disposizioni dell’art. 9 l. 122/1989 devono
essere lette in uno con quelle degli artt.
66 e 67 l.r. 12/2005 che permettono
espressamente la realizzabilità del
parcheggio pertienenziale anche in favore di
unità immobiliari non site nel luogo in cui
viene realizzato il parcheggio e “senza
limiti di distanza dalle unità immobiliari
cui sono legati da rapporto di pertinenza,
purché nell'ambito del territorio comunale o
in comuni contermini” (e ciò a
prescindere quindi dalla innovativa lettura
della stessa normativa statale proposta da
Cons. Stato, IV, 1842/2010, citata dalla
difesa del Comune, che avvicina il regime di
commerciabilità dei parcheggi realizzati ai
sensi del co. 1 a quelli di cui al co. 4
dell’art. 9);
- in ordine alla asserita violazione
dell’art. 9 l. 122/1989 che non
consentirebbe la procedura di deroga alle
norme di piano in presenza di vincoli
monumentali, come quello di specie, si
ritiene che la lettura della norma proposta
dai ricorrenti non sia corretta, in quanto
la norma in esame si limita a dire che la
deroga di cui alla l. 122/1989 riguarda
soltanto la sfera urbanistica, ma non quella
del paesaggio e dell’ambiente, ma non
preclude di svolgere opere su beni
vincolati, qualora vi sia la relativa
autorizzazione dell’autorità preposta alla
tutela del vincolo;
- in ordine alla asserita violazione
dell’art. 9 l. 122/1989 che consentirebbe la
deroga solo quando non vi sia contrasto con
l’uso delle superfici soprastanti (contrasto
che vi sarebbe nel caso di specie in quanto
l’art. 63 n.t.a. prevede che nelle zone A2
R1 è ammesso solo il restauro ed il
risanamento conservativo e l’art. 67 n.t.a.
prevede mantenimento, piantumazioni e
pavimentazioni tradizionali), in realtà la
generica indicazione dell’inciso contenuto
nell’art. 9 “tenuto conto dell'uso della
superficie sovrastante” non è
utilizzabile nel senso prospettato dai
ricorrenti, perché se si imponesse il
rispetto delle norme di piano relative alla
superficie dove deve sorgere l’opera si
ripristinerebbe la necessità di quella
conformità urbanistica che pure la stessa
disposizione deroga esplicitamente
(TAR
Lombardia-Brescia, Sez. I,
sentenza 16.01.2012 n. 61 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2011 |
|
EDILIZIA PRIVATA:
Gli spazi da destinare a
parcheggio ex art. 18 l. 06.08.1967 n. 765
sono qualificati dall'art. 26 l. 28.02.1985
n. 47 "pertinenze"; come tali essi rientrano
nel fenomeno dell'aggregazione funzionale e
non strutturale di cosa a cosa, sicché non
debbono, necessariamente essere in rapporto
di congiunzione fisica o di stretta
contiguità con l'edificio da costruire,
essendo, invece sufficiente che essi siano
collegati da un rapporto di strumentalità o
complementarità funzionale (es., dislocati
anche in aree esterne, circostanti o
adiacenti all'edificio, e persino ad una
certa distanza da questo).
Si rammenta, quanto a simile profilo, che
per dottrina e giurisprudenza gli spazi da
destinare a parcheggio ex art. 18 l.
06.08.1967 n. 765 sono qualificati dall'art.
26 l. 28.02.1985 n. 47 "pertinenze";
come tali essi rientrano nel fenomeno
dell'aggregazione funzionale e non
strutturale di cosa a cosa, sicché non
debbono, necessariamente essere in rapporto
di congiunzione fisica o di stretta
contiguità con l'edificio da costruire,
essendo, invece sufficiente che essi siano
collegati da un rapporto di strumentalità o
complementarità funzionale (es., dislocati
anche in aree esterne, circostanti o
adiacenti all'edificio, e persino ad una
certa distanza da questo)
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 15.12.2011 n. 6606 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: La
destinazione dei parcheggi, realizzati ai
sensi dell’art. 9 L. n. 122/1989,
costituisce vincolo di natura reale,
permanente ed inderogabile, che impedisce in
modo assoluto qualsiasi mutamento di
destinazione: mutamento di destinazione
d’uso che rientra tra gli abusi non
condonabili ai sensi dell’art. 33, comma 1,
lett. d), L. n. 47/1985.
In ogni caso, pur tenendo conto dell’atto di
divisione del 13.04.2001, nel merito il
ricorso risulta sostanzialmente infondato,
in quanto la destinazione dei parcheggi,
realizzati ai sensi dell’art. 9 L. n.
122/1989, costituisce vincolo di natura
reale, permanente ed inderogabile, che
impedisce in modo assoluto qualsiasi
mutamento di destinazione: mutamento di
destinazione d’uso che rientra tra gli abusi
non condonabili ai sensi dell’art. 33, comma
1, lett. d), L. n. 47/1985 (cfr. C.d.S.,V,
n. 2609 del 24.04.2009; TAR Lazio, II, n.
1961 del 10.12.1997).
Pertanto, l’abusiva trasformazione di 29,34
mq. da autorimessa, realizzata ai sensi
dell’art. 9 L. n. 122/1989, in studio
tecnico professionale del piano terra di cui
è causa (censito in Catasto al foglio n.
106, particella n. 2660, avente una
superficie di 94,44 mq.) risulta insanabile
(TAR Basilicata,
sentenza 06.12.2011 n. 567 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
La realizzazione dei parcheggi
obbligatori è esonerata dall'onere di
pagamento del contributo di urbanizzazione.
Il parcheggio eseguito da privato se
collegato alle disposizioni pianificatorie
generali dettate dai comuni non è soggetto
al contributo di urbanizzazione. Il
Consiglio di Stato ha respinto il ricorso
presentato da un comune che chiedeva a una
società di costruzioni la restituzione delle
somme percepite a titolo di contributo di
concessione edilizia.
Il collegio ricorda che la realizzazione dei
parcheggi obbligatori è esonerata dall'onere
di pagamento del contributo di
urbanizzazione, mentre quelli costruiti in
aree private per libera scelta speculativa
di un imprenditore rappresentano una
modificazione edilizia del territorio
realizzata su domanda del soggetto
interessato, assimilabile a tutte le altre
forme di edificazione soggette quindi a
concessione e ai relativi oneri. In questo
caso però l’opera è stata eseguita in
attuazione di strumenti urbanistici: la
pertinenzialità con l’atto pubblico di
costituzione di vincolo a parcheggio è
quindi indiscutibile.
La disposizione che governa la fattispecie è
quella di cui all’art. 11, comma 1, della
legge 24.03.1989, n. 122 che così prevede: “Le
opere e gli interventi previsti dalla
presente legge costituiscono opere di
urbanizzazione anche ai sensi dell'articolo
9, primo comma, lettera f) , della legge
28.01.1977, n. 10”.
Il richiamo ivi contenuto a tale ultima
disposizione (“il contributo di
concessione non è dovuto: per gli impianti,
le attrezzature, le opere pubbliche o di
interesse generale realizzate dagli enti
istituzionalmente competenti nonché per le
opere di urbanizzazione, eseguite anche da
privati, in attuazione di strumenti
urbanistici”) consente di ricomprendere
i parcheggi in tale esenzione.
Tale disposizione, peraltro, non risulta
abrogata –come inesattamente sostenuto
dall’appellante amministrazione- ma è stata
riconfermata nella sua validità dal d.p.r.
06.06.2001 n. 380.
La pertinenzialità del parcheggio eseguito
(come da progetto) dall’appellata è evidente
in relazione all’atto di destinazione
contenuto nell’ atto pubblico di
costituzione di vincolo a parcheggio del
07.02.2001 né sussiste– o è stato anche
soltanto prospettato- elemento alcuno che
possa indurre a dubitare della costituzione
del vincolo mercé il soprarichiamato atto
pubblico.
Si rammenta peraltro che per pacifica e
risalente giurisprudenza di questo Consiglio
di Stato la realizzazione dei parcheggi
obbligatori è esonerata dall'onere di
pagamento del contributo di urbanizzazione
(Consiglio Stato, sez. V, 14.10.1992, n.
987) mentre di converso si è rilevato che i
parcheggi costruiti in aree private per
libera scelta speculativa di un imprenditore
rappresentano una modificazione edilizia del
territorio realizzata su domanda del
soggetto interessato, assimilabile a tutte
le altre forme di edificazione soggette a
concessione e ai relativi oneri (Consiglio
Stato, sez. V, 22.12.2005, n. 7344)
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 22.11.2011 n. 6154 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: La
disposizione dettata dall'art. 9 della legge
n. 122 del 1989, in materia di parcheggi
pertinenziali, si deve interpretare, in
coerenza con il quadro normativo di
riferimento, nel senso che la realizzazione
dei parcheggi è possibile anche in deroga
agli strumenti urbanistici solo nel
sottosuolo ovvero nei locali siti al piano
terreno dei fabbricati già esistenti mentre
per le nuove costruzioni fuori terra, anche
se destinate a parcheggio, devono essere
comunque rispettate le disposizioni dettate
dalla strumentazione urbanistica.
L'applicabilità della suddetta agevolazione,
in considerazione delle finalità della legge
ed in relazione al suo carattere
eccezionale, non può estendersi ad altre
ipotesi non contemplate nella indicata
normativa. Conseguentemente, la
realizzazione di autorimesse e parcheggi, se
non effettuata in locali preesistenti o
totalmente al di sotto del piano di campagna
naturale, è soggetta alla disciplina
urbanistica che regola le nuove costruzioni
fuori terra.
La Sezione non può che fare riferimento ai
principi già affermati in precedenti
pronunce (cfr. per tutti sentenza TAR Napoli
sez. II n. 15731/2010, n. 3134
dell’08.06.2009 e n. 3873 del 13.07.2009)
ove si è ribadito come le disposizioni
dettate dall'art. 9 della legge n. 122 del
1989 e dall’art. 6 della legge regionale n.
19 del 2001, in materia di parcheggi
pertinenziali, si devono interpretare, in
coerenza con il quadro normativo di
riferimento, nel senso che la realizzazione
dei parcheggi è possibile anche in deroga
agli strumenti urbanistici solo nel
sottosuolo ovvero nei locali siti al piano
terreno dei fabbricati già esistenti mentre
per le nuove costruzioni fuori terra, anche
se destinate a parcheggio, devono essere
comunque rispettate le disposizioni dettate
dalla strumentazione urbanistica.
Stabilisce, al riguardo, l'art. 9 della
legge n. 122 del 1989 che "i proprietari
di immobili possono realizzare nel
sottosuolo degli stessi ovvero nei locali
siti al piano terreno dei fabbricati
parcheggi da destinare a pertinenza delle
singole unità immobiliari anche in deroga
agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti
edilizi vigenti". La norma continua
disponendo che tali parcheggi possono essere
realizzati, ad uso esclusivo dei residenti,
anche nel sottosuolo di aree pertinenziali
esterne al fabbricato purché non in
contrasto con i piani urbani del traffico,
tenuto conto dell'uso della superficie
sovrastante e compatibilmente con la tutela
delle risorse idriche.
Anche l’articolo 6 della legge della Regione
Campania n. 19 del 28.11.2001, modificato
con l’art. 49 della legge regionale
22.12.2004, n. 16 ed integrato dall'art. 41,
della legga regionale 30.01.2008, n. 1,
detta specifiche disposizioni per la
realizzazione di parcheggi pertinenziali,
prevedendo (al primo comma) che la
realizzazione di parcheggi, da destinare a
pertinenze di unità immobiliare e da
realizzare nel sottosuolo del lotto su cui
insistono gli edifici, se conformi agli
strumenti urbanistici vigenti, è soggetta a
semplice denuncia di inizio attività, e (al
secondo comma) che la realizzazione di
parcheggi in aree libere, anche non di
pertinenza del lotto dove insistono gli
edifici, ovvero nel sottosuolo di fabbricati
o al pianterreno di essi, è soggetta a
permesso di costruire non oneroso, anche in
deroga agli strumenti urbanistici vigenti.
Ai sensi delle indicate disposizioni, ma nei
limiti dettati dalle stesse, i parcheggi
pertinenziali possono essere quindi
effettivamente realizzati anche in deroga
agli strumenti urbanistici.
La giurisprudenza amministrativa ha tuttavia
chiarito che l'applicabilità delle suddette
agevolazioni, in considerazione delle
finalità della legge ed in relazione al suo
carattere eccezionale, non può estendersi ad
altre ipotesi non contemplate nella indicata
normativa (Consiglio Stato, Sez. V,
29.03.2006, n. 1608).
Si è in conseguenza affermato che la
realizzazione di autorimesse e parcheggi, se
non effettuata in locali preesistenti o
totalmente al di sotto del piano di campagna
naturale, è soggetta alla disciplina
urbanistica che regola le nuove costruzioni
fuori terra (Consiglio Stato sez. IV,
26.09.2008 n. 4645; 11.11.2006, n. 6065;
Consiglio Stato Sez. V, 29.03.2006 n. 1608;
29.03.2004, n. 1662; TAR Lazio, sede di
Roma, Sezione I, n. 3259 del 16.04.2008).
La deroga agli strumenti urbanistici è
pertanto consentita solo quando i parcheggi
sono realizzati nel sottosuolo ovvero nei
locali siti al piano terreno dei fabbricati
già esistenti mentre la deroga non è
possibile (e quindi i parcheggi devono
essere realizzati nel rispetto delle
disposizioni urbanistiche) se non vengono a
ciò adibiti i locali (preesistenti) siti al
piano terra di un fabbricato o se gli stessi
non vengano allocati nel sottosuolo dei
fabbricati.
Del resto per gli edifici di nuova
costruzione provvede il precedente art. 2,
comma 2 della stessa legge n. 122 del 1989,
che –nel sostituire l’art. 41-sexies della
L.U. n. 1150 del 1942– ha stabilito
l'obbligo di riservare appositi spazi per
parcheggi in misura non inferiore a 1 mq.
per ogni 10 mc. di costruzione (Consiglio di
Stato, sez. V, n. 5676 del 24.10.2000)
(TAR Campania-Napoli, Sez. II,
sentenza 18.11.2011 n. 5416 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
M. Viviani,
Interventi
di ristrutturazione edilizia e reperimento
di spazi per parcheggi privati.
---------------
Ringraziamo l'amico Mario Viviani per il
contributo reso. Tuttavia, ci sembrava che
la questione fosse talmente chiara da non
abbisognare di approfondimenti ...
evidentemente, non è così !!
Ed il fatto che ci siano ancora oggi Uffici
Tecnici comunali che richiedono in sede
progettuale la verifica della Tognoli (1 mq.
di parcheggio per ogni 10 mc. di volume)
nell'ambito di interventi edilizi quali la "ristrutturazione
edilizia" nella vecchia accezione della
L. 457/1978 non fa altro che rafforzare la
convinzione che "Il mondo è bello perché
vario".
07.11.2011 - LA SEGRETERIA PTPL |
EDILIZIA PRIVATA:
L’art. 9 della L. 24.03.1989 n. 122 quale
consente la realizzazione di parcheggi anche in deroga agli
strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi comunali,
con l’unico inderogabile limite del rispetto dei vincoli in
materia paesaggistica ed ambientale: e ciò perché, pur non
potendosi contestare il sotteso favor della legislazione
statale e regionale alla realizzazione di parcheggi
pertinenziali, occorre evidenziare che la norma si esprime
chiaramente (e coerentemente) nei sensi della prevista
derogabilità dei soli strumenti urbanistici e non anche
degli operanti vincoli ambientali.
Né, in diverso senso, può militare il richiamo all’art. 9
della L. 24.03.1989 n. 122, il quale consente la
realizzazione di parcheggi anche in deroga agli strumenti
urbanistici ed ai regolamenti edilizi comunali, con l’unico
inderogabile limite del rispetto dei vincoli in materia
paesaggistica ed ambientale: e ciò perché, pur non potendosi
contestare il sotteso favor della legislazione statale e
regionale alla realizzazione di parcheggi pertinenziali,
occorre evidenziare che la norma si esprime chiaramente (e
coerentemente) nei sensi della prevista derogabilità dei
soli strumenti urbanistici e non anche degli operanti
vincoli ambientali
(TAR Campania-Salerno, Sez. I,
sentenza 11.10.2011 n. 1642 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: La
realizzazione di autorimesse e parcheggi
sulla base del presupposto normativo della
disciplina dell’art. 9, 1° co., della l.
122/1989, è condizionata dal fatto che
questi siano realizzati nel sottosuolo per
l’intera altezza.
In altre parole, la deroga per la
realizzazione di autorimesse e parcheggi
prevista dall'art. 9, l. 24.03.1989 n. 122,
opera cioè solo nel caso in cui, i parcheggi
da destinare a pertinenza di singole unità
immobiliari, siano totalmente al di sotto
dell’originario piano naturale di campagna.
Qualora invece non si rispetti tale
condizione, la realizzazione di
un’autorimessa, non può dirsi realizzata nel
sottosuolo, per cui in tali casi si applica
la disciplina urbanistica dettata per le
ordinarie nuove costruzioni fuori terra dal
PRG, anche per quanto concerne quindi il
pagamento dei contributi concessori.
La norma
dell'art. 9, l. 24.03.1989 n. 122, che
consente di realizzare gratuitamente “nel
sottosuolo” parcheggi da destinare a
pertinenza delle singole unità immobiliari,
è una norma che ponendosi in deroga “…agli
strumenti urbanistici ed ai regolamenti
edilizi vigenti…” è di stretta
interpretazione per cui deve trovare
rigorosa applicazione solo nelle fattispecie
in essa espressamente previsti.
Al riguardo la giurisprudenza unanime ha
sempre affermato che la realizzazione di
autorimesse e parcheggi sulla base del
presupposto normativo della disciplina
dell’art. 9, 1° co., della l. 122/1989, è
condizionata dal fatto che questi siano
realizzati nel sottosuolo per l’intera
altezza.
In altre parole, la deroga per la
realizzazione di autorimesse e parcheggi
prevista dall'art. 9, l. 24.03.1989 n. 122,
opera cioè solo nel caso in cui, i parcheggi
da destinare a pertinenza di singole unità
immobiliari, siano totalmente al di sotto
dell’originario piano naturale di campagna.
Qualora invece non si rispetti tale
condizione, la realizzazione di
un’autorimessa, non può dirsi realizzata nel
sottosuolo, per cui in tali casi si applica
la disciplina urbanistica dettata per le
ordinarie nuove costruzioni fuori terra dal
PRG, anche per quanto concerne quindi il
pagamento dei contributi concessori (cfr.
Consiglio Stato , sez. IV, 27.11.2010, n.
8260; Consiglio Stato, sez. IV, 23.02.2009,
n. 1070).
In conseguenza, vi è un regime di
sostanziale alternatività tra la fattispecie
di carattere eccezionale dell’art. 9 e la
ordinaria disciplina urbanistica in materie
di autorimesse dei singoli Comuni.
Nel caso in esame, deve rilevarsi che,
risultando un riporto di terra nel limite di
1 mt., ne consegue che l’autorimessa non
risulta integralmente realizzata “nel
sottosuolo”, ma è solamente “seminterrata”
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 13.07.2011 n. 4234 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
OGGETTO: Richiesta di parere circa le modalità di calcolo
del volume per le superfici a parcheggio ex Legge
06.08.1967, n. 765 e Legge 24.03.1989, n. 122.
Il Comune chiede se sia ancora da tenere in considerazione
quanto esposto nell’art. 9 della circolare ministeriale del
28/10/1967 in relazione alla cubatura da considerare per
determinare la superficie da destinare a parcheggi ai sensi
dell’art. 18 della legge n. 765/1967, che ha aggiunto l’art.
41-sexies alla legge urbanistica 17.08.1942, n. 1150
(Regione Marche,
parere 22.06.2011 n. 193/2011). |
EDILIZIA PRIVATA: La
realizzazione di autorimesse e parcheggi, se
non effettuata totalmente al di sotto del
piano di campagna naturale, è soggetta alla
disciplina urbanistica dettata per le
ordinarie nuove costruzioni fuori terra.
Le autorimesse realizzate anche parzialmente
all’esterno del fabbricato, non rientrando
nell'ambito di operatività dell'art. 9 della
legge n. 122 del 1989, in base alla quale,
se si tratta di costruzioni nel sottosuolo,
è possibile la loro realizzazione anche in
contrasto con le norme urbanistiche relative
alla zona (non con quelle paesaggistiche),
sono soggette alla disciplina urbanistica
generale come ordinarie nuove costruzioni.
L'art. 9 della L. 24.03.1989, n. 122, che
consente ai proprietari di immobili la
realizzazione nel sottosuolo degli stessi
ovvero nei locali siti al piano terreno dei
fabbricati parcheggi da destinare a
pertinenza delle singole unità immobiliari,
anche in deroga agli strumenti urbanistici
ed ai regolamenti edilizi vigenti, è
applicabile solo nel caso di realizzazione
di autorimesse e parcheggi destinati al
servizio di fabbricati esistenti ove sia
effettuata totalmente al di sotto del piano
di campagna naturale ("sottosuolo"),
rientrando le autorimesse, edificate anche
parzialmente fuori terra, nella disciplina
urbanistica ordinaria.
L’art. 9 della L. 24.03.1989, n. 122 non è
applicabile nel caso di realizzazione di un
garage che non è interrato e che al fine del
suo interramento comunque richiede una
operazione di "sistemazione del soprassuolo"
per rendere in definitiva interrato ciò che
non lo sarebbe mantenendo l’originario
andamento del suolo, atteso che la
realizzazione di strutture de quibus resta
pacificamente ammessa solo in assenza di
alterazioni visibili del territorio,
argomento valido anche per le autorimesse
pertinenziali se ed in quanto sotterranee.
Come è noto, la
realizzazione di autorimesse e parcheggi, se
non effettuata totalmente al di sotto del
piano di campagna naturale, è soggetta alla
disciplina urbanistica dettata per le
ordinarie nuove costruzioni fuori terra
(Consiglio di Stato, IV, 11.11.2006, n.
6065; V, 29.03.2004, n. 1662).
Stabilisce, infatti, l'art. 9 della legge
24.03.1989, n. 122 che "i proprietari di
immobili possono realizzare nel sottosuolo
degli stessi ovvero nei locali siti al piano
terreno dei fabbricati parcheggi da
destinare a pertinenza delle singole unità
immobiliari anche in deroga agli strumenti
urbanistici ed ai regolamenti edilizi
vigenti".
La norma continua disponendo che tali
parcheggi possono essere realizzati, ad uso
esclusivo dei residenti, anche nel
sottosuolo di aree pertinenziali esterne al
fabbricato purché non in contrasto con i
piani urbani del traffico, tenuto conto
dell'uso della superficie sovrastante e
compatibilmente con la tutela delle risorse
idriche.
In base alla norma ora riportata, i predetti
parcheggi devono essere realizzati, se non
vengono a ciò adibiti i locali del piano
terra di un fabbricato, o nel sottosuolo
dello stesso fabbricato ovvero nel
sottosuolo di un'area pertinenziale esterna
(V, n. 1662/2004 citata).
Le autorimesse realizzate anche parzialmente
all’esterno del fabbricato, pertanto, non
rientrando nell'ambito di operatività
dell'art. 9 della legge n. 122 del 1989 ora
riportato, in base alla quale, se si tratta
di costruzioni nel sottosuolo, è possibile
la loro realizzazione anche in contrasto con
le norme urbanistiche relative alla zona
(non con quelle paesaggistiche), sono
soggette alla disciplina urbanistica
generale come ordinarie nuove costruzioni
(cfr. in argomento Consiglio di Stato., IV,
26.09.2008 n. 4645; Consiglio di Stato, sez.
IV, 23.02.2009, n. 1070; in senso analogo
Cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV,
11.10.2006, n. 6065; Consiglio di Stato,
Sez. IV, 27.11.2010, n. 8260; da ultimo Tar
Abruzzo-l’Aquila, sez. I - sentenza
19.04.2011 n. 208 secondo cui “l’’art. 9
della L. 24.03.1989, n. 122, che consente ai
proprietari di immobili la realizzazione nel
sottosuolo degli stessi ovvero nei locali
siti al piano terreno dei fabbricati
parcheggi da destinare a pertinenza delle
singole unità immobiliari, anche in deroga
agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti
edilizi vigenti, è applicabile solo nel caso
di realizzazione di autorimesse e parcheggi
destinati al servizio di fabbricati
esistenti ove sia effettuata totalmente al
di sotto del piano di campagna naturale
("sottosuolo"), rientrando le autorimesse,
edificate anche parzialmente fuori terra,
nella disciplina urbanistica ordinaria)".
L’art. 9 della L. 24.03.1989, n. 122, non è
applicabile inoltre nel caso di
realizzazione di un garage che non è
interrato e che al fine del suo interramento
comunque richiede una operazione di "sistemazione
del soprassuolo" -come risulta nell’ipotesi
di specie secondo quanto dedotto dallo
stesso controinteressato Comune Massimo in
ordine alla necessità di opere di
sbancamento e in ordine alla pendenza del
terreno de quo- per rendere in definitiva
interrato ciò che non lo sarebbe mantenendo
l’originario andamento del suolo, atteso che
la realizzazione di strutture de quibus
resta pacificamente ammessa solo in assenza
di alterazioni visibili del territorio,
argomento valido anche per le autorimesse
pertinenziali se ed in quanto sotterranee”
(Tar Abruzzo-l’Aquila, sez. I - sentenza
19.04.2011 n. 208, cit. ; in senso analogo
Cons. di Stato, sez. IV, n. 2579/2009)
(TAR
Valle d'Aosta,
sentenza 16.06.2011 n. 43 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Parcheggi pertinenziali.
La costruzione di autorimesse o parcheggi
destinati a pertinenza di fabbricati
esistenti è soggetta ad autorizzazione
gratuita, ai sensi della L. 24.03.1989, n.
122, come modificata dalla L. 15.05.1997, n.
127, art. 17 e dalla L. 07.12.1999, n. 472,
art. 37, a condizione che nella relativa
domanda sia preventivamente indicato il
fabbricato servito, di modo che sia
immediatamente identificabile il vincolo
funzionale previsto per la deroga alla
normale sottoposizione al regime concessorio.
In tema di disciplina legale delle aree
destinate a parcheggio, il vincolo di
pertinenza ex lege a favore delle
unità immobiliari del fabbricato ha
carattere limitato e non si estende nemmeno
ai parcheggi realizzati in eccedenza
rispetto allo spazio minimo richiesto dalla
L. 06.08.1967, n. 765, art. 18, quand’anche
realizzati dallo stesso
proprietario-costruttore (massima
tratta da www.lexambiente.it - Corte di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 10.06.2011 n. 23427).
---------------
Il primo motivo censura con argomentazioni
giuridiche palesemente erronee e in punto di
fatto la decisione fondata, invece, su
congrue argomentazioni esenti da vizi
logico-giuridici, essendo stati esaminati
gli elementi probatori emersi a carico
dell'imputato e confutata ogni obiezione
difensiva.
La prescrizione
dell'obbligo di munirsi del permesso di
costruire persegue le finalità di controllo
del territorio e di corretto uso dello
stesso ai fini urbanistici e edilizi, sicché
sono assoggettati al regime permissorio
tutti gli interventi che incidono
sull'assetto del territorio, comportando una
trasformazione urbanistica e edilizia del
territorio comunale, donde l'infondatezza
dei rilievi dell'appellante secondo cui
l'esecuzione -all'interno di un'area adibita
a opificio industriale- di una
sopraelevazione di un piano seminterrato
mediante l'erezione di pilastri in cemento
armato sarebbe penalmente irrilevante,
rientrando, invece, tale opera nella figura
giuridica di costruzione per la quale
occorre, ex art. 10, comma 1, lettera a),
d.P.R. n. 380/2001, il permesso di
costruire, come per "le opere di ogni
genere con le quali s'intervenga sul suolo o
nel suolo, senza che abbia rilevanza
giuridica il mezzo tecnico con cui sia stata
assicurata la stabilità del manufatto, che
può essere infisso o anche appoggiato al
suolo, in quanto la stabilità non va confusa
con l'irremovibilità dello struttura o con
la perpetuità della funzione a essa
assegnata, ma si estrinseca nell'oggettiva
destinazione dell'opera a soddisfare bisogni
non provvisori, ossia nell'attitudine a
un'utilizzazione che non abbia il carattere
della precarietà, cioè non sia temporanea e
contingente"
[Cassazione Sezione III n. 12022/1997,
Fulgoni, RV. 209199].
Nel caso in esame, i giudici di merito hanno
assolto l'obbligo della motivazione
spiegando esaurientemente le ragioni del
proprio convincimento e ritenendo infondati
i rilievi dell'imputato per essere stato
ampliato un edificio preesistente.
Non sono puntuali le censure sull'addotta
destinazione dell'opera, realizzata sul
solaio di un fabbricato seminterrato, a
parcheggio o a sostegno di un impianto
fotovoltaico essendo state tali
prospettazioni ritenute, con logico
argomentare, sganciate da qualsiasi dato
obiettivo.
Sul punto va rammentato che
per la legge n. 122 del 1989, art.
9, la realizzazione di box e di parcheggi
interrati è consentita in base a semplice
DIA solo nel caso in cui i proprietari di
immobili realizzino nel sottosuolo degli
stessi ovvero nel suolo di aree
pertinenziali esterne al fabbricato purché
non in contrasto con i piani urbani del
traffico.
La costruzione di
autorimesse o parcheggi destinati a
pertinenza di fabbricati esistenti è
soggetta ad autorizzazione gratuita, ai
sensi della L. 24.03.1989, n. 122, come
modificata dalla L. 15.05.1997, n. 127, art.
17 e dalla L. 07.12.1999, n. 472, art. 37, a
condizione che nella relativa domanda sia
preventivamente indicato il fabbricato
servito, di modo che sia immediatamente
identificabile il vincolo funzionale
previsto per la deroga alla normale
sottoposizione al regime concessorio
(Sez. 3, n. 44010 del 09/11/2001 RV.
220741).
Peraltro, come affermato dalle Sezioni Unite
civili, in tema di
disciplina legale delle aree destinate a
parcheggio, il vincolo di pertinenza ex
lege a favore delle unità immobiliari
del fabbricato ha carattere limitato e non
si estende nemmeno ai parcheggi realizzati
in eccedenza rispetto allo spazio minimo
richiesto dalla L. 06.08.1967, n. 765, art.
18, quand'anche realizzati dallo stesso
proprietario-costruttore
(SU n. 12793 del 15/06/2005 RV. 581954).
Nella specie, mancano gli accordi circa la
destinazione del locale non risultando
assunto alcun impegno formale con
l'amministrazione comunale, donde l'assoluta
genericità dell'asserzione del ricorrente.
Anche la pretesa destinazione dell'opera
quale sostegno di un impianto fotovoltaico,
non solo manca di qualsiasi aggancio
fattuale, ma è giuridicamente insostenibile
stante che l'asserita futura istallazione -è
stato ritenuto- si sarebbe innestata su un
manufatto abusivo.
Trattasi di motivazione che si fonda su una
lettura coerente delle risultanze
processuali e, pertanto, immune dalle
censure di manifesta illogicità. |
EDILIZIA PRIVATA: Ai
fini della legittimità della procedura di
realizzazione di un parcheggio pertinenziale
nel rispetto dell’art. 9 l. n. 122 del 1989,
non è indispensabile che il numero dei
proprietari di immobili, siti nelle
vicinanze del realizzando parcheggio, sia
individuato prima della costruzione di
questo e che, quindi, il vincolo
pertinenziale debba preesistere,
richiedendosi solo che detto vincolo venga
previsto e, poi, effettivamente costituito e
trascritto nelle forme prescritte.
L’art. 9 l. 24.03.1989 n. 122, che consente
la realizzazione di parcheggi nel sottosuolo
o nei locali siti al piano terreno anche in
deroga agli strumenti urbanistici ed ai
regolamenti edilizi, ha inteso consentire
esclusivamente la realizzazione di parcheggi
pertinenziali (i parcheggi devono essere al
servizio dell’unità immobiliare, anche se
adibiti ad un uso diverso da quello
residenziale come accade, ad esempio, per
gli immobili ad uso commerciale: i
parcheggi, in tale ipotesi, non possono
essere realizzati derogando alla disciplina
urbanistica per essere a servizio di coloro
che accedono all’esercizio commerciale).
In materia di realizzazione di interrati da
destinare a garage non va ignorato che
l’art. 9 della L. 24.03.1989 n. 122 dispone
che “i proprietari di immobili possono
realizzare nel sottosuolo degli stessi
ovvero nei locali siti al piano terreno dei
fabbricati parcheggi da destinare a
pertinenza delle singole unità immobiliari,
anche in deroga agli strumenti urbanistici
ed ai regolamenti edilizi vigenti”. La norma
non pone cioè alcun tetto massimo per quanto
riguarda l’estensione dei locali realizzati
nel sottosuolo aventi la destinazione di
parcheggi pertinenziali dell’abitazione, ed
anzi ne ammette la realizzabilità
generalizzata, anche in deroga agli
strumenti pianificatori”.
“Ai fini della legittimità della
procedura di realizzazione di un parcheggio
pertinenziale nel rispetto dell’art. 9 l. n.
122 del 1989, non è indispensabile che il
numero dei proprietari di immobili, siti
nelle vicinanze del realizzando parcheggio,
sia individuato prima della costruzione di
questo e che, quindi, il vincolo
pertinenziale debba preesistere,
richiedendosi solo che detto vincolo venga
previsto e, poi, effettivamente costituito e
trascritto nelle forme prescritte” (TAR
Abruzzo Pescara, 12.04.2006, n. 247).
Per ciò che concerne, inoltre, la
possibilità di realizzare parcheggi anche in
relazione ad immobili non destinati ad uso
abitativo, si consideri l’ulteriore
indirizzo giurisprudenziale, espresso nella
seguente massima: “L’art. 9 l. 24.03.1989
n. 122, che consente la realizzazione di
parcheggi nel sottosuolo o nei locali siti
al piano terreno anche in deroga agli
strumenti urbanistici ed ai regolamenti
edilizi, ha inteso consentire esclusivamente
la realizzazione di parcheggi pertinenziali
(i parcheggi devono essere al servizio
dell’unità immobiliare, anche se adibiti ad
un uso diverso da quello residenziale come
accade, ad esempio, per gli immobili ad uso
commerciale: i parcheggi, in tale ipotesi,
non possono essere realizzati derogando alla
disciplina urbanistica per essere a servizio
di coloro che accedono all’esercizio
commerciale)” (Consiglio Stato, sez. VI,
17.02.2003, n. 844).
Il verificatore ha osservato del resto,
nella sua relazione, che, riguardo
all’estensione dei parcheggi pertinenziali
realizzati nel sottosuolo, ai sensi
dell’art. 9 della l. 122/1989, non vi era
limite massimo, citando la decisione del TAR
Trentino Alto Adige, Trento, 24.02.2003, n.
90 (nella cui parte motiva può leggersi, in
effetti, quanto segue: “In materia di
realizzazione di interrati da destinare a
garage non va ignorato che l’art. 9 della L.
24.03.1989 n. 122 dispone che “i proprietari
di immobili possono realizzare nel
sottosuolo degli stessi ovvero nei locali
siti al piano terreno dei fabbricati
parcheggi da destinare a pertinenza delle
singole unità immobiliari, anche in deroga
agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti
edilizi vigenti”. La norma non pone cioè
alcun tetto massimo per quanto riguarda
l’estensione dei locali realizzati nel
sottosuolo aventi la destinazione di
parcheggi pertinenziali dell’abitazione, ed
anzi ne ammette la realizzabilità
generalizzata, anche in deroga agli
strumenti pianificatori”) (TAR
Calabria-Salerno, Sez. II,
sentenza 26.05.2011 n. 1008 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Standard -
Parcheggi - Art. 41-sexies, L. n. 1150/1942
- Mancanza della misura minima -
Assentibilità di nuove costruzioni - Non
sussiste.
La P.A. non può autorizzare nuove
costruzioni in mancanza della misura minima
di parcheggi di cui all'art. 41-sexies, L.
n. 1150/1942
(tratto da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 18.05.2011 n.
1279 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: 1. Servitù di uso
pubblico - Poteri di regolazione della P.A.
- Limiti.
2. Standard -
Parcheggi - Asservimento all'uso
generalizzato da parte della collettività -
Sussiste.
1. Sebbene le servitù di uso pubblico
sottopongano i beni che ne sono gravati ai
poteri di regolazione spettanti all'autorità
amministrativa, tali poteri siano limitati a
quelli intesi a garantire l'uso del bene da
parte della collettività, in conformità ai
dettami del pubblico interesse;
l'amministrazione non potrebbe, invece,
disporre del bene ed esercitare su di esso i
poteri che le competerebbero, se questo
appartenesse al proprio demanio.
2. Gli spazi che per legge debbono essere
destinati a soddisfare gli standards di cui
al D.M. 1444/1968, quali la destinazione a
parcheggio, ai sensi dell'art. 22 della L.R.
n. 51/1975, debbono ritenersi asserviti
all'uso generalizzato da parte della
collettività indistinta degli utenti e non
all'uso limitato dei soli utenti dell'unità
immobiliare in relazione alla quale è sorto
l'obbligo della dotazione dello standard in
questione
(tratto da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 04.05.2011 n.
1147 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: L'art.
9 della legge 24.03.1989, n. 122, nel
consentire la costruzione di parcheggi, da
destinare a pertinenza delle singole unità
immobiliari, nel sottosuolo degli immobili o
nei locali siti al piano terreno anche in
deroga alla vigente disciplina urbanistica,
concerne i soli fabbricati già esistenti e
non anche le concessioni edilizie rilasciate
per realizzare edifici nuovi.
Una volta che siano stati riservati per
parcheggi spazi nella misura di legge, ogni
spazio ulteriore (inteso come spazio libero
da costruzioni, ovvero come box, o come
autorimessa comune, ecc.) è completamente
svincolato dalla disciplina vincolistica (in
quanto ad esso non applicabile) e, quindi,
può essere liberamente venduto, locato o
formare oggetto di altri negozi giuridici,
non costituendo pertinenza ai sensi della
suddetta normativa speciale, ma pertinenza
alla stregua, però, dell'art. 817 c.c..
E’ interpretazione giurisprudenziale
consolidata che l'art. 9 della legge
24.03.1989, n. 122, nel consentire la
costruzione di parcheggi, da destinare a
pertinenza delle singole unità immobiliari,
nel sottosuolo degli immobili o nei locali
siti al piano terreno anche in deroga alla
vigente disciplina urbanistica, concerne i
soli fabbricati già esistenti e non anche le
concessioni edilizie rilasciate per
realizzare edifici nuovi, per i quali invece
provvede l'art. 2, comma 2, della legge
stessa che, nel novellare l'art. 41-sexies,
della legge fondamentale 17.08.1942 n. 1150,
stabilisce l'obbligo di riservare appositi
spazi per parcheggi di misura non inferiore
a 1 mq. per ogni 10 mc. di costruzione
(Consiglio Stato, sez. V, 24.10.2000 n. 5676
e 27.09.1999 n. 1185).
Nella specie, poiché non è controverso che
l’intervento edilizio abbia riguardato una
costruzione di nuova realizzazione, le
ragioni comunali sono da reputare fondate e
quelle attoree di primo grado, per
l’effetto, da ritenere prive di consistenza,
poiché i parcheggi obbligatori di cui al
richiamato art. 2, comma 2, costituiscono
pertinenza in senso civilistico dell’unità
immobiliare principale e, quindi, ne seguono
la sorte ai fini del computo delle SNR e del
calcolo dei corrispondenti oneri concessori.
Quanto alle quote eccedentarie, va
richiamata Cassazione Civile (sezione II,
01.08.2008 n. 21003), secondo la quale, in
tema di spazi destinati a parcheggi privati,
in complessi condominiali di nuova
costruzione, il susseguirsi d'interventi
legislativi incidenti sulla limitazione
dell'autonomia privata in ordine alle
dimensioni minime di tali spazi e al regime
di circolazione, ha determinato l'esistenza
di tre diverse tipologie di parcheggio,
assoggettate a regimi giuridici
differenziati tra di loro:
a)
i parcheggi soggetti ad un vincolo
pubblicistico di destinazione, produttivo di
un diritto reale d'uso in favore dei
condomini e di un vincolo pertinenziale
ex lege, che non ne esclude
l'alienabilità separatamente dall'unità
immobiliare, disciplinati dall'art. 18 della
legge n. 765 del 1967 (art. 41-sexies della
legge n. 1150 del 1942);
b)
i parcheggi soggetti al vincolo
pubblicistico d'inscindibilità con l'unità
immobiliare, introdotti dall'art. 2 della
legge n. 122 del 1989, assoggettati ad un
regime di circolazione controllata e di
utilizzazione vincolata e, conseguentemente
non trasferibili autonomamente;
c)
i parcheggi non rientranti nelle due specie
sopra illustrate, perché realizzati in
eccedenza rispetto agli spazi minimi
inderogabilmente richiesti dalla disciplina
normativa pubblicistica, ad utilizzazione e
a circolazione libera, ed i parcheggi
disciplinati dall'art. 12, comma 9, della
legge n. 246 del 2005 di definitiva
liberalizzazione del regime di circolazione
e trasferimento delle aree destinate a
parcheggio, ma con esclusivo riferimento al
futuro, ovvero alle costruzioni non ancora
realizzate e a quelle per le quali non sia
ancora intervenuta la stipulazione delle
vendite delle singole unità immobiliari, al
momento della sua entrata in vigore.
Conseguentemente, una volta che siano stati
riservati per parcheggi spazi nella misura
di legge, ogni spazio ulteriore (inteso come
spazio libero da costruzioni, ovvero come
box, o come autorimessa comune, ecc.) è
completamente svincolato dalla richiamata
disciplina vincolistica (in quanto ad esso
non applicabile) e, quindi, può essere
liberamente venduto, locato o formare
oggetto di altri negozi giuridici, non
costituendo pertinenza ai sensi della
suddetta normativa speciale, ma pertinenza
alla stregua, però, dell'art. 817 c.c.
(Cassazione Civile, sezione III, 23.01.2006
n. 1221).
È evidente, allora, potendo tali spazi
ulteriori ed eccedentari essere liberamente
venduti, locati o costituire oggetto di
altri negozi giuridici, come non sussista
titolo legale alcuno che giustifichi e
spieghi perché dovrebbero essere esentati,
essendo a libera circolazione e, quindi,
produttori di pieno profitto commerciale
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 10.03.2011 n. 1565 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: A.
Fedeli,
Il vincolo di rispetto cimiteriale e i
parcheggi interrati (Urbanistica e
appalti n. 2/2011). |
EDILIZIA PRIVATA: La
disciplina dettata dalla l. 122/1989, in
quanto norma di favore, è letteralmente
chiara ed univoca e, proprio perché
introduce norma eccezionale derogatoria
rispetto all’ordinaria disciplina delle
distanze, non ne è legittima alcuna
interpretazione estensiva.
Le autorimesse in deroga al P.R.G. devono
essere realizzate interamente nel sottosuolo
poiché complessivamente la più recente
giurisprudenza del Consiglio di Stato
evidenzia come la legge Tognoli, se pure è
volta a favorire la realizzazione di
autorimesse, è contestualmente intesa a fare
salvo l’aspetto esteriore e visibile del
territorio, nel senso di consentire la
realizzazione di parcheggi nel sottosuolo o
al piano terreno di un fabbricato
preesistente, proprio perché, ubicate nei
modi previsti dalla legge, tali strutture
non comportano alterazioni visibili del
territorio; stesso argomento è ovviamente
valido per le autorimesse pertinenziali se
ed in quanto sotterranee che come tali non
alterano lo stato esterno dei luoghi.
In caso analogo si legge ad esempio in C.
Stato Sez. IV n. 2579/2009 (ove si affronta
la questione del computo delle altezze e
volumetrie dopo la “sistemazione” del
terreno consentito del P.R.G a partire dal
nuovo piano artificialmente venutosi a
creare): “Non è chi non veda l'erroneità
di una tale interpretazione, la quale fa
derivare la quota del piano di campagna
dalle scelte progettuali e non -come invece
logico e naturale- dallo stato di fatto del
terreno.
Una tale tesi tende a dare
un'interpretazione capziosa della nozione di
"opere di sistemazione" del terreno, che
sono non tutte quelle scelte dal
progettista, ma quegli interventi di minima
entità necessari a conformare il terreno
alla futura attività edilizia (dissodamento,
livellamento e interventi analoghi) ma non
certo ad alterarne la caratteristiche
naturali.
A seguire tale tesi si perverrebbe alla
conclusone assurda che lo stacco
dell'edificio dal terreno non sia ancorato a
dati certi ed obiettivi, ma a scelte
arbitrarie ed insindacabili del proprietario
dell'immobile.”
Prosegue il giudice d’appello: “In
conclusione, un innalzamento di quasi un
metro della quota naturale del terreno,
tanto più ove finalizzato a realizzare un
vano seminterrato, non può considerarsi
lavoro o opera di sistemazione, determinando
esso un'alterazione tanto significativa
dello stato dei luoghi da avere comportato
la creazione di un muro di sostegno del
terrapieno che è risultato dai lavori.”
Ancora sostiene parte controinteressata che
la disciplina dettata dalla l. 122/1989, in
quanto norma di favore, sarebbe sempre
suscettibile di interpretazione estensiva
sicché la costruzione di autorimesse nelle
aree pertinenziali sarebbe ammessa sia
qualora avvenga interamente nel “sottosuolo”
sia qualora avvenga in forma seminterrata.
Cita al proposito un risalente precedente
(C. Stato n. 1007/1995) sul punto isolato;
per altro, come evidenziato dalla
ricorrente, la suddetta pronuncia riteneva
la legittimità dell’autorimessa in
contestazione sulla scorta della specifica
disciplina urbanistica dettata dal P.R.G.
applicabile nel caso affrontato.
Già si è verificato che nel caso di specie
la previsione di piano regolatore che
legittima, in determinati casi e
presupposti, un innalzamento del piano di
campagna ai fini del computo anche di cosa è
definibile interrato o meno, non legittima
l’operazione compiuta da parte contro
interessata.
Resta, nella invocata pronuncia del 1995,
una affermazione di possibile
interpretazione estensiva del concetto di
costruzione interrata dettata dall’art. 9
della l. 122/1989 e ivi ritenuta riferibile
anche al “seminterrato”; l’assunto
pare isolato e non si ritiene condivisibile.
Il dettato normativo è letteralmente chiaro
ed univoco e, proprio perché introduce norma
eccezionale derogatoria rispetto
all’ordinaria disciplina delle distanze, non
ne è legittima alcuna interpretazione
estensiva.
Così chiariscono che le autorimesse in
questione devono essere realizzate
interamente nel sottosuolo C. Stato sez. IV
1070/2009 e C. Stato sez. V 1662/1994 poiché
complessivamente la più recente
giurisprudenza del Consiglio di Stato
evidenzia come la legge Tognoli, se pure è
volta a favorire la realizzazione di
autorimesse, è contestualmente intesa a fare
salvo l’aspetto esteriore e visibile del
territorio, nel senso di consentire la
realizzazione di parcheggi nel sottosuolo o
al piano terreno di un fabbricato
preesistente, proprio perché, ubicate nei
modi previsti dalla legge, tali strutture
non comportano alterazioni visibili del
territorio; stesso argomento è ovviamente
valido per le autorimesse pertinenziali se
ed in quanto sotterranee che come tali non
alterano lo stato esterno dei luoghi
(TAR Piemonte, Sez. I,
sentenza 14.01.2011 n. 31 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2010 |
|
EDILIZIA PRIVATA:
Legge Tognoli - Aree
pertinenziali esterne - Parcheggi realizzati
nel sottosuolo - Esigenze di tutela del
paesaggio.
La legge n. 122/1989 (cd. Tognoli)
riguarda esclusivamente aree e costruzioni
destinate a parcheggio, con esclusione di
qualsiasi altra destinazione incompatibile
con il vincolo pubblicistico di natura
funzionale introdotto dalla stessa legge (Cons. Stato, sez. V, 24.04.2009, n.
2609; Cass., sez. II, 22.08.2006 n.
18255).
La medesima legge prevede peraltro
la realizzazione dei parcheggi in aree pertinenziali esterne soltanto se realizzati
nel sottosuolo, per contemperare le esigenze
di decongestionamento del traffico urbano,
dichiaratamente perseguite dalla normativa
di settore, con le esigenze di tutela del
paesaggio, che, anzi, la stessa legge
Tognoli prefigura in termini di prevalenza,
lasciando “in ogni caso fermi i vincoli
previsti dalla legislazione in materia
paesaggistica ed ambientale ed i poteri
attribuiti dalla medesima legislazione“
alle amministrazioni regionali e statali
(art. 9, comma 1, l. n. 122 cit.) (Consiglio
di Stato,
Sez. IV,
sentenza 10.12.2010 n. 8729 - link a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
La realizzazione di autorimesse e
parcheggi è soggetta alla disciplina
urbanistica dettata per le ordinarie nuove
costruzioni fuori terra, “se non effettuata
totalmente al di sotto del piano di campagna
naturale”.
A termini
dell’art. 9 della legge 24.03.1989, n. 122,
la realizzazione di autorimesse e parcheggi
è soggetta alla disciplina urbanistica
dettata per le ordinarie nuove costruzioni
fuori terra, “se non effettuata
totalmente al di sotto del piano di campagna
naturale” (Cons. St., IV, 11.11.2006, n.
6065; V, 29.03.2004, n. 1662).
Nel caso in esame, a quanto consta, il
parcheggio è interrato (corrispondente al
terzo o quarto o quinto livello, a secondo
delle prospettazioni), che non comporta la
creazione di nuova volumetria esterna e non
è opera rilevante ai fini delle altezze
perché, l’apertura di un varco carrabile
fuori terra per l’accesso all’autorimessa
interrata (trincea), non fa mutare le
caratteristiche strutturali della
costruzione principale a livello di
superficie, in quanto mero accessorio
pertinenziale dell’edificio stesso
(Consiglio
di Stato, Sez. IV,
sentenza 27.11.2010 n. 8260). |
EDILIZIA PRIVATA: I
parcheggi pertinenziali possono essere
realizzati anche in aree di terzi.
La sentenza in commento offre un valido
spunto di riflessione circa la lettura
dell’articolo 9 della legge Tognoli (legge
122/1989) relativa alla realizzazione di
parcheggi interrati. In particolare, il caso
descritto attiene all’applicazione della
seconda parte del comma 1 che viene
considerata riferita ad un secondo ambito di
applicazione.
In apertura del comma viene
riconosciuta ai proprietari di immobili la
possibilità di realizzare parcheggi nel
piano terra o nel sottosuolo degli immobili
medesimi in funzione dei quali si realizzano
tali servizi. Questa porzione del comma ha
dunque destinatari specifici: i proprietari.
La seconda parte, nella quale si riconosce
impersonalmente, senza individuare i
beneficiari della facoltà riconosciuta, la
possibilità di realizzare tale tipologia di
parcheggi anche in aree esterne ai
fabbricati in deroga agli strumenti
urbanistici vigenti, non si rivolge solo ai
proprietari degli immobili.
Secondo il
collegio giudicante una corretta lettura
dell’articolo comporta l’adesione ad una
nozione di pertinenzialità che non sia di
tipo civilistico e quindi legata al dato
materiale dell’accessorietà e
dell’asservimento al fabbricato quanto
piuttosto di tipo giuridico.
I magistrati
della quarta sezione ritengono che in
edilizia la pertinenzialità sia esistente
quando un’area risulta priva di autonoma
destinazione e di autonomo valore di mercato
e esaurisce la propria destinazione d’uso
nel rapporto funzionale con l’edificio
principale, tanto da non incidere sul carico
urbanistico.
Pertanto, se questa è la
definizione cui far affidamento, allora è
possibile,in relazione all’articolo 9 della
legge Tognoli, che l’area esterna non si
trovi in rapporto di immediata contiguità
materiale con il fabbricato cui i
realizzandi parcheggi sono destinati ad
accedere, peraltro l’area esterna può essere
originariamente di proprietà di soggetto
diverso dal proprietario dell’immobile nei
cui confronti i p archeggi sono destinati a
diventare pertinenziali (commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - Consiglio di Stato,
Sez. IV,
sentenza 18.10.2010 n. 7549 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Trattandosi
di un vincolo assoluto (quello cimiteriale)
non può essere utile fare riferimento al
carattere derogatorio di cui all'art. 9
della L. n. 122/1989, in quanto anche il
parcheggio interrato, in quanto struttura
servente all'uso abitativo e, comunque,
posta nell'ambito della fascia di rispetto
cimiteriale, rientra tra le costruzioni
edilizie del tutto vietate dalla
disposizione di cui al cit. art. 338.
L'articolo 338 del testo unico delle leggi
sanitarie di cui al R.D. n. 1265/1934 vieta
l'edificazione nelle aree ricadenti in fasce
di rispetto cimiteriale dei manufatti che
possono qualificarsi come costruzione
edilizie, come tali incompatibili con la
natura dei luoghi e con l'eventuale
espansione del cimitero.
Al riguardo, la giurisprudenza, ormai
consolidata, ha affermato che in materia di
vincolo cimiteriale la salvaguardia del
rispetto dei duecento metri prevista dal
citato articolo (o al limite inferiore di
cui al d.p.r. numero 285/1990 che ha
previsto la possibilità di riduzione della
fascia di rispetto da 200 mt. a 100 mt.) “si
pone alla stregua di un vincolo assoluto di
inedificabilità che non consente in alcun
modo l'allocazione sia di edifici, che di
opere incompatibili col vincolo medesimo, in
considerazione dei molteplici interessi
pubblici che tale fascia di rispetto intende
tutelare e che possono enuclearsi nelle
esigenze di natura igienico sanitaria, nella
salvaguardia della peculiare sacralità che
connota i luoghi destinati all'inumazione e
alla sepoltura, nel mantenimento di un'area
di possibile espansione della cinta
cimiteriale.
Si consideri ancora che il vincolo di
rispetto cimiteriale, riguarda non solo i
centri abitati, ma anche i fabbricati sparsi
(cfr. TAR Milano, II Sez., 06.10.1993 n.
551).
Infine, che lo stesso vincolo preclude il
rilascio della concessione, anche in
sanatoria (ai sensi dell'art. 33 L.
28.02.1985 n. 47), senza necessità di
compiere valutazioni in ordine alla concreta
compatibilità dell'opera con i valori
tutelati dal vincolo (cfr. Cons. Stato, sez.
V, n. 1871 del 12.11.1999)” (cfr. C.S. V
n. 1935/2007).
Inoltre, trattandosi di un vincolo assoluto,
non può essere utile fare riferimento al
carattere derogatorio di cui all'art. 9
della L. n. 122/1989, in quanto, anche il
parcheggio interrato, in quanto struttura
servente all'uso abitativo e, comunque,
posta nell'ambito della fascia di rispetto
cimiteriale, rientra tra le costruzioni
edilizie del tutto vietate dalla
disposizione di cui al cit. art. 338 .
La stessa Corte costituzionale, investita
della questione di legittimità
costituzionale di tale art. 9 (sent.
459/1989), ha interpretato la norma nel
senso che il richiamo in essa contenuto al
soli vincoli paesaggistici non consente
l'indiscriminata utilizzazione del
territorio per la realizzazione di parcheggi
anche in zone soggette ad altri vincoli
imposti dalla legislazione statale e
regionale, che devono ritenersi fermi è
impregiudicati, atteso che l'efficacia
derogatoria di cui al citato art. 9 è
prevista solo con riferimento, “agli
strumenti urbanistici ed ai regolamenti
edilizi vigenti” mentre, nella
fattispecie, vengono in rilievo ulteriori e
diverse finalità specificamente tutelate dal
cit. art. 338, posto a fondamento del
provvedimento di diniego
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 14.09.2010 n. 6671 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Lombardia,
Corso di specializzazione sull'applicazione
della L.R. n. 12/2005:
4^ lezione (parte B) - I parcheggi
pertinenziali (Geometra Orobico n.
4/2010). |
EDILIZIA PRIVATA:
Parcheggio interrato - Permesso
di costruire Necessità - Vincolo di
pertinenzialità - Vincoli gravante sull’area
- Contrasto del vincolo - Illegittimità del
permesso di costruire - Artt. 10 e 3, 1° c.,
lett. e), D.P.R. n. 380/2001.
Deve essere assentito mediante permesso di
costruire, un parcheggio interrato anche se
realizzato con vincolo di pertinenzialità da
perfezionare in un momento successivo alla
costruzione.
Inoltre, il rilascio del permesso di
costruire è subordinato al rispetto della
normativa vincolistica gravante sull’area.
Sicché, è illegittimo il permesso di
costruire, rilasciato in contrasto del
vincolo gravante sull’area.
Piano dei parcheggi -
Funzione - Localizzazioni e dimensionamenti
- Priorità di intervento e tempi di
attuazione - Art. 3 L. n. 122/1989.
Il piano dei parcheggi ha una funzione del
tutto differente da quella del piano
particolareggiato. Il piano
particolareggiato, attua le previsioni di
massima dello strumento urbanistico generale
collocandole nella realtà di una specifica
porzione del territorio comunale.
Ed anche il piano dei parcheggi costituisce
strumento attuativo del piano generale, ma
nel diverso senso del soddisfacimento
coordinato di quella necessità pubblica
nell’ambito di tutto il territorio comunale.
Pertanto, ai sensi dell’art. 3 della legge
24.03.1989, n. 122, il piano dei parcheggi
deve tra l'altro indicare le localizzazioni
ed i dimensionamenti, le priorità di
intervento ed i tempi di attuazione,
privilegiando le realizzazioni volte a
favorire il decongestionamento dei centri
urbani mediante la creazione di parcheggi
finalizzati all'interscambio con sistemi di
trasporto collettivo e dotati anche di aree
attrezzate per veicoli a due ruote, nonché
le disposizioni necessarie per la
regolamentazione della circolazione e dello
stazionamento dei veicoli nelle aree urbane
(Consiglio di Stato, Sez. VI,
sentenza 21.07.2010 n. 4801 -
link a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
L'edificazione di un parcheggio
interrato realizzato con vincolo di
pertinenzialità da perfezionare in un
momento successivo alla costruzione deve
essere assentita mediante permesso di
costruire.
E’ bene premettere che l’opera di cui si
tratta, contrariamente a quanto sostenuto
dal privato appellante, deve essere
assentita mediante permesso di costruire.
Si tratta, infatti, di un parcheggio
interrato (in realtà l’appellato contesta
tale connotazione, ma la questione è
irrilevante, per le considerazioni di
seguito svolte), realizzato con vincolo di
pertinenzialità da perfezionare in un
momento successivo alla costruzione.
Trovano quindi applicazione l’art. 3, primo
comma lett. e) del D.P.R. 06.06.2001, n.
380, ai sensi del quale costituiscono
interventi di nuova costruzione, tra gli
altri:
- (e.1) la costruzione di manufatti edilizi
fuori terra o interrati, ovvero
l'ampliamento di quelli esistenti
all'esterno della sagoma esistente, fermo
restando, per gli interventi pertinenziali,
quanto previsto alla lettera e.6);
- (e.2) gli interventi di urbanizzazione
primaria e secondaria realizzati da soggetti
diversi dal comune;
- (e.3) la realizzazione di infrastrutture e
di impianti, anche per pubblici servizi, che
comporti la trasformazione in via permanente
di suolo inedificato, in combinato disposto
con il successivo art. 10, il quale
assoggetta a permesso di costruire tutti gli
interventi di nuova costruzione; inoltre,
l’art. 6 della legge regionale 2001, n. 19,
esenta dal’obbligo di ottenere tale
premesso, ammettendo la semplice
dichiarazione d’inizio di attività, la sola
realizzazione di parcheggi da destinare a
pertinenze di unità immobiliari e da
realizzare nel sottosuolo del lotto su cui
insistono gli edifici, mentre richiede
permesso di costruire, sebbene non oneroso,
per la realizzazione di parcheggi in aree
libere, anche non di pertinenza del lotto
dove insistono gli edifici, come nel caso
che ora occupa.
La realizzazione del progetto di cui ora si
tratta presuppone quindi il rilascio di
permesso di costruire; il rilascio di
quest’ultimo, di conseguenza non è affatto
superfluo, e la realizzazione del manufatto
è subordinata al rispetto della normativa
prevista per le opere da assentire
esplicitamente (Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 21.07.2010 n. 4801 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Natura giuridica dei parcheggi
pertinenziali e incidenza sul carico
urbanistico.
La realizzazione dei parcheggi pertinenziali
è possibile, in deroga agli strumenti
urbanistici vigenti, solo nel sottosuolo,
ovvero nei locali siti al piano terreno dei
fabbricati già esistenti.
Lo ha stabilito il TAR Campania con la cui
sentenza si evidenzia come, al contrario,
per le nuove costruzioni fuori terra,
sebbene destinate a parcheggio, debbano
essere rispettate le disposizioni dettate
dalla strumentazione urbanistica (TAR
Campania-Napoli, Sez. II,
sentenza 23.06.2010 n. 15731 -
link a www.altalex.com). |
EDILIZIA PRIVATA: La
realizzazione di autorimesse e parcheggi
destinati al servizio di fabbricati
esistenti è soggetta ad autorizzazione
gratuita esclusivamente se effettuata
totalmente al di sotto del piano di campagna
naturale.
Le autorimesse edificate fuori terra non
rientrano nell’ambito di operatività
dell’art. 9 l. 24.03.1989 n. 122, sicché
sono soggette alla disciplina urbanistica
come ordinarie nuove costruzioni.
Il carattere eccezionale della norma
contenuta nell’art. 9 della legge 122/1989,
in particolare laddove consente interventi
gratuiti ed anche in deroga agli strumenti
urbanistici ed ai regolamenti edilizi, fa sì
che essa debba trovare rigorosa applicazione
ai soli casi in essa espressamente previsti.
Non si spiegherebbe la deroga anche alla
disciplina delle distanze ove i manufatti di
cui si discute non fossero interamente
interrati né avrebbe giustificazione
l’esenzione dagli oneri urbanistici per la
realizzazione di volumetrie fuori terra.
Secondo il primo comma dell’art. 9 della
legge Tognoli, “I proprietari di immobili
possono realizzare nel sottosuolo degli
stessi ovvero nei locali siti al piano
terreno dei fabbricati parcheggi da
destinare a pertinenza delle singole unità
immobiliari, anche in deroga agli strumenti
urbanistici ed ai regolamenti edilizi
vigenti. Tali parcheggi possono essere
realizzati, ad uso esclusivo dei residenti,
anche nel sottosuolo di aree pertinenziali
esterne al fabbricato, purché non in
contrasto con i piani urbani del traffico,
tenuto conto dell'uso della superficie
sovrastante e compatibilmente con la tutela
dei corpi idrici. Restano in ogni caso fermi
i vincoli previsti dalla legislazione in
materia paesaggistica ed ambientale ed i
poteri attribuiti dalla medesima
legislazione alle regioni e ai Ministeri
dell'ambiente e per i beni culturali ed
ambientali.”
Con riferimento a tale disposizione la
Suprema Corte di Cassazione ha osservato che
la realizzazione di autorimesse e parcheggi
destinati al servizio di fabbricati
esistenti è soggetta ad autorizzazione
gratuita esclusivamente se effettuata
totalmente al di sotto del piano di campagna
naturale (Cass. Sez. III n. 26825 del 2003).
Aderisce a tale orientamento la più recente
giurisprudenza del Consiglio di Stato,
rilevando che le autorimesse edificate fuori
terra non rientrano nell’ambito di
operatività dell’art. 9 l. 24.03.1989 n.
122, sicché sono soggette alla disciplina
urbanistica come ordinarie nuove costruzioni
(cfr. CdS Sez. V n.1662 del 2004 e IV
6065/2006).
E’ opinione del Collegio che il carattere
eccezionale della norma contenuta nell’art.
9 della legge 122/1989, in particolare
laddove consente interventi gratuiti ed
anche in deroga agli strumenti urbanistici
ed ai regolamenti edilizi, fa sì che essa
debba trovare rigorosa applicazione ai soli
casi in essa espressamente previsti. Non si
spiegherebbe la deroga anche alla disciplina
delle distanze ove i manufatti di cui si
discute non fossero interamente interrati né
avrebbe giustificazione l’esenzione dagli
oneri urbanistici per la realizzazione di
volumetrie fuori terra (TAR
Calabria-Catanzaro, Sez. II,
sentenza 09.06.2010 n. 1056 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Nel rilascio del titolo
abilitativo a costruire, il comune è tenuto
a verificare
non soltanto il rispetto della quantità
delle aree da asservire a parcheggio privato
nella misura proporzionale stabilita dalla
legge ma, altresì, la loro concreta idoneità
a soddisfare le esigenze basilari
dell'ordinata convivenza perseguite dalla
disciplina urbanistica.
Se
in linea di principio è possibile che siano
vincolate a parcheggio anche aree esterne al
fabbricato, è comunque necessario che esse
siano prossime a questo e comunque poste ad
una distanza tale da non vanificare il nesso
di funzionalità rispetto all’edificio
principale, nesso che –diversamente–
resterebbe affidato soltanto ad un
adempimento di carattere meramente formale
(la stipulazione di un atto di
asservimento), totalmente avulso dalle
caratteristiche oggettive dei beni.
In vista del
rilascio del titolo edilizio,
l’amministrazione comunale è tenuta a
verificare non soltanto il rispetto della
quantità delle aree da asservire a
parcheggio privato nella misura
proporzionale stabilita dalla legge ma,
altresì, la loro concreta idoneità a
soddisfare le esigenze basilari
dell'ordinata convivenza perseguite dalla
disciplina urbanistica.
In proposito, l’art. 41-sexies L. 1150/1942
prescrive che gli spazi a parcheggio siano
reperiti “nelle aree di pertinenza”
delle nuove costruzioni.
Orbene, è noto che la nozione di pertinenza
urbanistica ha peculiarità sue proprie, che
la differenziano da quella civilistica,
comportando l’esistenza di un nesso di
funzionalità rispetto all'edificio
principale, apprezzabile su di un piano
oggettivo, a prescindere dalla soggettiva
destinazione impressa dal proprietario.
Se in linea di principio ciò non impedisce
che siano vincolate a parcheggio anche aree
esterne al fabbricato, è comunque necessario
che esse siano prossime a questo e comunque
poste ad una distanza tale da non vanificare
il nesso di funzionalità rispetto
all’edificio principale, nesso che
–diversamente– resterebbe affidato soltanto
ad un adempimento di carattere meramente
formale (la stipulazione di un atto di
asservimento), totalmente avulso dalle
caratteristiche oggettive dei beni.
Nel caso di specie, la notevole distanza
delle aree vincolate a parcheggio
pertinenziale rispetto ai locali oggetto di
ristrutturazione le rende concretamente non
fruibili in funzione dello scopo sotteso
alla norma di legge, che è quello di evitare
la sosta di auto sulle strade pubbliche
(TAR Liguria, Sez. I,
sentenza 03.06.2010 n. 3943 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
A. Lopez e R. D'Apolito,
Il punto sui parcheggi privati. La
circolazione dei posti auto realizzati su
spazi pubblici (link a
www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA: E'
legittimo il diniego di un permesso di costruire
(per la costruzione di un fabbricato plurifamigliare)
laddove gli spazi di parcheggio -ex art.
41-sexies della l. 1150/1942- sono reperiti in
quantità inferiore al minimo di legge e, comunque,
reperiti in maniera inadeguata circa la forma e
l'effettiva usufruibilità.
E questo Tribunale conferma la bontà delle
argomentazioni svolte dal Comune a supporto
dell'impugnato diniego avendo disposto una
verificazione tecnica onde accertare la superficie
effettivamente utilizzabile a parcheggio e secondo i
seguenti criteri:
► detrazione degli gli spazi di accesso e di
manovra;
► detrazione delle porzioni non utilizzabili per
forma o per ridotte dimensioni.
Essenziale
ai fini di valutare l’”ineluttabilità” del
diniego è dunque lo scrutinio del secondo motivo,
con cui si censurano i tre motivi che sorreggono il
provvedimento impugnato.
Con riferimento al primo e più significativo motivo
di diniego, concernente l’inadeguatezza dei posti
auto progettati rispetto al carico urbanistico, a
fronte della divergenza di posizioni tra le parti
(secondo la prospettazione dei ricorrenti, lo spazio
destinato a posti auto ammonterebbe a mq. 807,00, di
cui mq. 522,00 all’interno del fabbricato, e mq.
285,00 all’esterno dello stesso, mentre, secondo la
prospettazione dell’Amministrazione resistente, lo
spazio pertinenziale a ciò effettivamente destinato
sarebbe di mq. 263,64, prendendo a parametro un
fabbisogno minimo, rispetto al complessivo sviluppo
volumetrico del fabbricato, di mq. 563,45), il
Tribunale ha disposto una verificazione tecnica onde
accertare la superficie effettivamente utilizzabile
a parcheggio.
Facendo applicazione dei criteri indicati
nell’ordinanza per determinare le dimensioni
standard di un posto-macchina, la relazione tecnica
ha concluso affermando che il totale dei posti
macchina ammonta a mq. 237,50, inferiore ai mq.
563,45 occorrenti in aderenza alla normativa di cui
all’art. 41-sexies della legge urbanistica
fondamentale, nel testo novellato dalla legge
24.03.1989, n. 122, trovando dunque conferma
l’assunto motivazionale del diniego, riposante
sull’inadeguatezza degli standard minimi di
parcheggio.
Parte ricorrente contesta l’elaborato tecnico, ed,
ancor prima, i criteri fissati nell’ordinanza del
Tribunale. Quest’ultimo, al fine di determinare la
superficie effettivamente utilizzabile a parcheggio,
ha stabilito che dovessero essere detratti gli spazi
di accesso e di manovra, nonché le porzioni non
utilizzabili per forma o per ridotte dimensioni. La
ricorrente invece assume, nella propria memoria
difensiva del 14.01.2010, che, ai fini del rilascio
del permesso di costruire, rileva unicamente la
destinazione d’uso, e non anche le modalità
d’accesso al (e dunque anche la comodità o meno del)
singolo posto auto.
Osserva, al riguardo, il Collegio come, a bene
considerare, non sia ravvisabile il dedotto
contrasto con la circolare dell’allora Ministero dei
Lavori Pubblici 28.10.1967, n. 3210 (recante “Istruzioni
per l’applicazione della legge 06.08.1967, n. 765”),
la quale, a prescindere da ogni considerazione in
ordine al suo valore normativo ed alla sua attuale
vigenza, indica, all’art. 9, che per «”spazi per
parcheggi” debbono intendersi gli spazi necessari
tanto alla sosta quanto alla manovra ed all’accesso
dei veicoli», in quanto l’ordinanza ha disposto
comunque che la verifica dei posti macchina standard
realizzabili nell’intera superficie disponibile sia
effettuata tenendo conto delle dimensioni e
dell’accessibilità.
Né si può obiettare che la relazione tecnica non
abbia valutato, in astratto, il numero dei posti
auto realizzabili sull’intera superficie
disponibile, atteso che la verificazione riguardava
lo specifico progetto presentato unitamente
all’istanza di titolo edilizio respinta, e non
poteva tradursi dunque in un differente elaborato
progettuale; ne consegue che va anche disattesa
l’istanza di rinnovazione dell’accertamento
istruttorio.
Ovviamente, non è precluso ai ricorrenti proporre un
nuovo progetto all’Amministrazione connotato da un
diverso utilizzo delle zone destinate a parcheggio,
e che soddisfi il rapporto pubblicistico di
pertinenzialità stabilito fra immobile e posti auto.
La condivisibilità dell’esaminato motivo di diniego
del permesso di costruire è sufficiente di per sé a
sorreggere il provvedimento, il quale è fondato su
di una pluralità di cause giustificatrici, ciascuna
delle quali autonoma dalle altre; e ciò esime il
Collegio dalla disamina delle ulteriori sub-censure
relative agli altri due (secondari) motivi del
provvedimento impugnato.
Alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve
essere respinto, in quanto infondato
(TAR
Umbria,
sentenza 08.04.2010 n. 236 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Il
Collegio condivide i rilievi delle parti
appellanti, secondo cui il comma 1 dell’art.
9 della l. n. 122/1989 non circoscrive
esclusivamente ai proprietari degli immobili
interessati la legittimazione a realizzare i
parcheggi agli stessi pertinenziali.
Infatti, la disposizione innanzi citata,
dopo aver statuito che: “…I proprietari di
immobili possono realizzare nel sottosuolo
degli stessi ovvero nei locali siti al piano
terreno dei fabbricati parcheggi da
destinare a pertinenza delle singole unità
immobiliari, anche in deroga agli strumenti
urbanistici ed ai regolamenti edilizi
vigenti” aggiunge che: “…Tali parcheggi
possono essere realizzati, ad uso esclusivo
dei residenti, anche nel sottosuolo di aree
pertinenziali esterne al fabbricato (…)”.
Orbene, la forma impersonale utilizzata
nella seconda proposizione richiamata
comporta che i parcheggi collocati in aree
esterne ai fabbricati, a differenza di
quelli posti nel sottosuolo o al piano
terreno degli stessi, non devono essere
realizzati necessariamente dai proprietari
dell’immobile, ma possono esserlo anche da
terzi: evidentemente il legislatore, non
potendo escludersi che le “aree
pertinenziali esterne” potessero appartenere
a soggetti diversi dai proprietari
dell’immobile, ha ritenuto di non dover
limitare solo a questi ultimi la
legittimazione a chiedere il permesso per
realizzarvi i parcheggi de quibus.
Inoltre, la locuzione “…Tali parcheggi”
indica chiaramente che la seconda
proposizione del comma 1 è riferita alla
medesima ipotesi disciplinata dalla prima,
ossia alla realizzazione di parcheggi “da
destinare a pertinenza delle singole unità
immobiliari, anche in deroga agli strumenti
urbanistici ed ai regolamenti edilizi
vigenti”; di conseguenza, anche la
possibilità di derogare ai predetti
strumenti deve intendersi estesa agli
interventi posti in essere da terzi, oltre
che dai proprietari.
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La nozione edilizia di pertinenzialità ha
connotati significativamente diversi da
quelli civilistici, assumendo in essa
rilievo decisivo non tanto il dato del
legame materiale tra pertinenza ed immobile
principale, quanto il dato giuridico che la
prima risulti priva di autonoma destinazione
e di autonomo valore di mercato e che
esaurisca la propria destinazione d’uso nel
rapporto funzionale con l’edificio
principale, così da non incidere sul carico
urbanistico.
La pertinenzialità che il legislatore ha
inteso considerare (con la l. 122/1989) non
è tanto quella materiale esistente tra
l’edificio e l’area (sottostante, interna o
esterna) destinata ad accogliere il
parcheggio, ma quella giuridica esistente
tra ciascun singolo posto auto da realizzare
e una specifica unità immobiliare, nel senso
di creare fra di essi un nesso di
inscindibilità: ciò che è coerente con la ratio della legge nr. 122 del 1989, che è
quella di venire incontro al bisogno di
parcheggi dei residenti nelle aree urbane
evitando al tempo stesso operazioni
speculative.
Una prima questione da affrontare
nell’interpretazione del citato art. 9 della
legge nr. 122 del 1989 –la cui formulazione
non è certo delle più felici– è quella
dell’individuazione dei soggetti cui è
consentito realizzare i parcheggi interrati
in deroga alle disposizioni degli strumenti
urbanistici (tali essendo le caratteristiche
della vicenda amministrativa per cui è
causa).
Sul punto, occorre anzi tutto evidenziare
l’estraneità alla vicenda di che trattasi
dell’ipotesi contemplata dal comma 4 dello
stesso art. 9, il quale faculta i Comuni a
realizzare in proprio, su aree comunali o
nel sottosuolo delle stesse, dei “parcheggi
da destinare a pertinenza di immobili
privati” e da cedere in diritto di
superficie: nella fattispecie, infatti, il
Comune di Siena si è limitato ad assentire
la realizzazione di parcheggi interrati da
parte della società Pasqui Costruzioni
S.r.l. su un suolo in disponibilità della
stessa in quanto messole a disposizione da
uno dei soggetti poi assegnatari dei box
realizzati.
Ciò premesso, il Collegio condivide i
rilievi delle parti appellanti, secondo cui
il comma 1 dell’art. 9 non circoscrive
esclusivamente ai proprietari degli immobili
interessati la legittimazione a realizzare i
parcheggi agli stessi pertinenziali.
Infatti, la disposizione innanzi citata,
dopo aver statuito che: “…I proprietari
di immobili possono realizzare nel
sottosuolo degli stessi ovvero nei locali
siti al piano terreno dei fabbricati
parcheggi da destinare a pertinenza delle
singole unità immobiliari, anche in deroga
agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti
edilizi vigenti” aggiunge che: “…Tali
parcheggi possono essere realizzati, ad uso
esclusivo dei residenti, anche nel
sottosuolo di aree pertinenziali esterne al
fabbricato (…)”.
Orbene, la forma impersonale utilizzata
nella seconda proposizione richiamata
comporta che i parcheggi collocati in aree
esterne ai fabbricati, a differenza di
quelli posti nel sottosuolo o al piano
terreno degli stessi, non devono essere
realizzati necessariamente dai proprietari
dell’immobile, ma possono esserlo anche da
terzi: evidentemente il legislatore, non
potendo escludersi che le “aree
pertinenziali esterne” potessero
appartenere a soggetti diversi dai
proprietari dell’immobile, ha ritenuto di
non dover limitare solo a questi ultimi la
legittimazione a chiedere il permesso per
realizzarvi i parcheggi de quibus
(ciò che, come meglio si dirà appresso, ha
rilievo anche ai fini della stessa
definizione del concetto di “aree
pertinenziali esterne”).
Inoltre, la locuzione “…Tali parcheggi”
indica chiaramente che la seconda
proposizione del comma 1 è riferita alla
medesima ipotesi disciplinata dalla prima,
ossia alla realizzazione di parcheggi “da
destinare a pertinenza delle singole unità
immobiliari, anche in deroga agli strumenti
urbanistici ed ai regolamenti edilizi
vigenti”; di conseguenza, anche la
possibilità di derogare ai predetti
strumenti deve intendersi estesa agli
interventi posti in essere da terzi, oltre
che dai proprietari.
Più delicata è la seconda questione
interpretativa del comma 1 dell’art. 9, in
ordine al significato da attribuire alla
locuzione “aree pertinenziali esterne al
fabbricato”: se cioè essa richiami una
nozione di pertinenzialità “materiale”,
come tale evocante un rapporto di
accessorietà o asservimento tra area esterna
e fabbricato necessariamente preesistente
all’intervento realizzativo dei parcheggi
interrati, ovvero faccia riferimento a una
nozione “giuridica”, implicante
semplicemente l’instaurazione di uno stabile
legame tra parcheggio e unità immobiliare in
forza del quale di essi non possa più
disporsi separatamente, e quindi
suscettibile anche di non preesistere
all’intervento e di essere creato solo in un
momento successivo alla realizzazione del
parcheggio (alla stessa stregua di quanto
più chiaramente previsto, per i parcheggi
realizzati direttamente dal Comune, al
successivo comma 4).
Pur ribadendo che il dato normativo nella
specie è tutt’altro che limipido, il
Collegio ritiene di dover propendere per la
seconda lettura, aderendo alle
prospettazioni in tal senso sviluppate dalle
parti appellanti.
Al riguardo, giova in primo luogo richiamare
il noto insegnamento secondo cui la nozione
edilizia di pertinenzialità ha connotati
significativamente diversi da quelli
civilistici, assumendo in essa rilievo
decisivo non tanto il dato del legame
materiale tra pertinenza ed immobile
principale, quanto il dato giuridico che la
prima risulti priva di autonoma destinazione
e di autonomo valore di mercato e che
esaurisca la propria destinazione d’uso nel
rapporto funzionale con l’edificio
principale, così da non incidere sul carico
urbanistico (cfr., ex plurimis, Cons.
Stato, sez. IV, 15.09.2009, nr. 5509; id.,
23.07.2009, nr. 4636; id., 07.07.2009, nr.
3379).
Se ciò è vero, ne discende che non può
ritenersi a priori inconfigurabile,
nell’applicazione dell’art. 9 della legge nr.
122 del 1989, l’ipotesi in cui l’area
esterna non si trovi in rapporto di
immediata contiguità materiale con il
fabbricato cui i realizzandi parcheggi sono
destinati ad accedere: ciò, del resto, è in
linea con la conclusione sopra raggiunta nel
senso che detta area esterna possa
originariamente essere anche di proprietà di
soggetto diverso dal proprietario
dell’immobile nei cui confronti i parcheggi
sono destinati a divenire “pertinenziali”
(nel caso di specie, la società Pasqui
Costruzioni S.r.l. è stata autorizzata dal
proprietario del suolo, il quale ha poi
mantenuto la proprietà di due dei box
realizzati).
Ma, a ben vedere, v’è un ulteriore e
decisivo argomento testuale a sostegno della
conclusione qui raggiunta, che è ricavabile
dalla prima proposizione del comma 1 del più
volte citato art. 9, laddove esso, con
riferimento ai parcheggi che i proprietari
possono realizzare nel sottosuolo o al pian
terreno del fabbricato, li definisce come “parcheggi
da destinare a pertinenza delle singole
unità immobiliari”: quasi che anche in
questo caso il vincolo di pertinenzialità
possa anche non preesistere alla
realizzazione del parcheggio, ma sorgere
successivamente in virtù di uno specifico
atto di destinazione.
Ed invero, come si evince dalla lettura
complessiva della norma, la pertinenzialità
che il legislatore ha inteso considerare in
questo caso non è tanto quella materiale
esistente tra l’edificio e l’area
(sottostante, interna o esterna) destinata
ad accogliere il parcheggio, ma quella
giuridica esistente tra ciascun singolo
posto auto da realizzare e una specifica
unità immobiliare, nel senso di creare fra
di essi un nesso di inscindibilità: ciò che
è coerente con la ratio della legge
nr. 122 del 1989, che è quella di venire
incontro al bisogno di parcheggi dei
residenti nelle aree urbane evitando al
tempo stesso operazioni speculative
(Consiglio di Stato, Sez. IV,
sentenza 31.03.2010 n. 1842 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
La deroga agli strumenti
urbanistici, ex art. 9 legge 122/1989, è da
reputarsi operante solo quando i parcheggi
siano realizzati nel sottosuolo ovvero nei
locali siti al piano terra dei fabbricati
già esistenti, mentre è da escludersi –e,
quindi, i parcheggi devono essere realizzati
nel rispetto delle disposizioni
urbanistiche–, se non vengano a ciò adibiti
i locali (preesistenti) siti al piano terra
di un fabbricato o se le autorimesse non
vengano allocate nel sottosuolo dei
fabbricati.
La legge 122/1989 è applicabile alla
costruzione di spazi-parcheggio nelle sole
aree urbane, mentre la realizzazione di
parcheggi in aree extraurbane resta
assoggettata alle ordinarie prescrizioni
urbanistiche ed edilizie e necessita di
concessione edilizia (o permesso di
costruire).
Ai sensi dell'art. 9, comma 1, della l. n.
122/1989, “i proprietari di immobili
possono realizzare nel sottosuolo degli
stessi ovvero nei locali siti al piano
terreno dei fabbricati parcheggi da
destinare a pertinenza delle singole unità
immobiliari, anche in deroga agli strumenti
urbanistici ed ai regolamenti edilizi
vigenti … tali parcheggi possono essere
realizzati, ad uso esclusivo dei residenti,
anche nel sottosuolo di aree pertinenziali
esterne al fabbricato, purché non in
contrasto con i piani urbani del traffico,
tenuto conto dell'uso della superficie
sovrastante e compatibilmente con la tutela
dei corpi idrici”.
Sia in base all’art. 9, comma 1, della l. n.
122/1989 sia in base all’art. 6, comma 2, l.
r. Campania n. 19/2001, ma nei limiti da
essi dettati, i parcheggi pertinenziali
possono, dunque, realizzarsi anche in deroga
agli strumenti urbanistici vigenti.
Con riferimento all’art. 9, comma 1, della
l. n. 122/1989, la giurisprudenza ha
chiarito che la sfera applicativa delle
agevolazioni da esso contemplate, in
considerazione delle finalità della legge e
in relazione al suo carattere eccezionale,
non può estendersi al di fuori delle ipotesi
normativamente previste (Cons. Stato, sez.
V, 29.03.2006, n. 1608).
Ha, conseguentemente, statuito che la
costruzione di autorimesse e parcheggi, se
non effettuata in locali preesistenti o
totalmente al di sotto del piano di campagna
naturale, rimane assoggettata al regime
urbanistico delle nuove costruzioni fuori
terra (Cons. Stato, sez. V, 29.03.2004, n.
1662; 29.03.2006 n. 1608; sez. IV,
11.11.2006, n. 6065; 26.09.2008 n. 4645; TAR
Lazio, Roma, sez. I, 16.04.2008, n. 3259).
La deroga agli strumenti urbanistici è,
pertanto, da reputarsi operante, solo quando
i parcheggi siano realizzati nel sottosuolo
ovvero nei locali siti al piano terra dei
fabbricati già esistenti, mentre è da
escludersi –e, quindi, i parcheggi devono
essere realizzati nel rispetto delle
disposizioni urbanistiche–, se non vengano a
ciò adibiti i locali (preesistenti) siti al
piano terra di un fabbricato o se le
autorimesse non vengano allocate nel
sottosuolo dei fabbricati.
Nel ribadire che la possibilità di edificare
parcheggi pertinenziali in virtù della
deroga alle vigenti prescrizioni
urbanistiche, consentita dall’art. 9, comma
1, della l. n. 122/1989, costituisce una
disposizione di carattere eccezionale da
interpretarsi in senso strettamente
letterale, in considerazione delle finalità
di una legge volta a favorire la diminuzione
del traffico veicolare all’interno dei
centri abitati, la giurisprudenza prevalente
ha, poi, anche affermato che la citata norma
legislativa statale è applicabile alla
costruzione di spazi-parcheggio nelle sole
aree urbane, mentre la realizzazione di
parcheggi in aree extraurbane resta
assoggettata alle ordinarie prescrizioni
urbanistiche ed edilizie e necessita di
concessione edilizia (o permesso di
costruire) (cfr. Cons. Stato, sez. V,
11.11.2004, n. 7324 e n. 7325; TAR Sicilia,
Catania, sez. I, 03.10.2005, n. 1531; TAR
Veneto, Venezia, sez. II, 02.05.2007, n.
1331; TAR Toscana, Firenze, sez. III,
29.05.2007, n. 817; TAR Lazio, Roma, sez. I,
16.04.2008, n. 3259) (TAR Campania-Napoli,
Sez. VIII,
sentenza 11.03.2010 n. 1383 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Se l’intervento di
ristrutturazione edilizia conduce alla
realizzazione di un edificio da considerare
come nuova costruzione rispetto a quella
preesistente, si applica l’art. 41-sexies
della legge n. 1150 del 1042 sulla necessità
degli spazi da destinare a parcheggio.
Questo Consiglio di Stato ha avuto modo di
rilevare che “Se l’intervento di
ristrutturazione edilizia conduce alla
realizzazione di un edificio da considerare
come nuova costruzione rispetto a quella
preesistente, si applica l’art. 41-sexies
della legge n. 1150 del 1042 sulla necessità
degli spazi da destinare a parcheggio"
(Cons. Stato, Sezione V, 22.06.1998 n. 921)
(Consiglio di
Stato, Sez. V,
sentenza 08.03.2010 n. 1339 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2009 |
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EDILIZIA
PRIVATA: Ai
sensi delle LL. n. 10 del 1977 e n. 122 del 1989, in sede di
rilascio della concessione edilizia, non sono assoggettabili
al contributo commisurato al costo di costruzione e agli
oneri di urbanizzazione i parcheggi c.d. obbligatori fissati
dall'art. 41-sexies della L. n. 1150 del 1942.
Infatti, la L. 24.03.1989 n. 122 (c.d. “legge Tognoli”),
recante disposizioni in materia di parcheggi, dispone (art.
11, comma 1) che le opere e gli interventi da essa previsti
“costituiscono opere di urbanizzazione anche ai sensi
dell'art. 9, comma 1, lett. f), della l. 28.01.1977 n. 10”,
e dunque non sono soggetti a contributo concessorio.
Pertanto gli atti di accertamento devono essere ritenuti
illegittimi, nella parte in cui assoggettano al pagamento
degli oneri di urbanizzazione i parcheggi privati realizzati
dalla ricorrente, con la precisazione che il regime di
gratuità riguarda soltanto i parcheggi di pertinenza delle
nuove costruzioni nei limiti della dotazione obbligatoria,
che fanno corpo con le stesse o che vengono realizzati in
aree pertinenziali.
Osserva il Collegio che ai
sensi delle LL. n. 10 del 1977 e n. 122 del 1989, in sede di
rilascio della concessione edilizia, non sono assoggettabili
al contributo commisurato al costo di costruzione e agli
oneri di urbanizzazione i parcheggi c.d. obbligatori fissati
dall'art. 41-sexies della L. n. 1150 del 1942.
Infatti, la L. 24.03.1989 n. 122 (c.d. “legge Tognoli”),
recante disposizioni in materia di parcheggi, dispone (art.
11, comma 1) che le opere e gli interventi da essa previsti
“costituiscono opere di urbanizzazione anche ai sensi
dell'art. 9, comma 1, lett. f), della l. 28.01.1977 n. 10”,
e dunque non sono soggetti a contributo concessorio (Cons.
St., Sez. V, 14.10.1992, n. 987; TAR Lombardia, Milano, Sez.
II, 17.04.2007, n. 1779).
Pertanto gli atti di accertamento devono essere ritenuti
illegittimi, nella parte in cui assoggettano al pagamento
degli oneri di urbanizzazione i parcheggi privati realizzati
dalla ricorrente, con la precisazione che il regime di
gratuità riguarda soltanto i parcheggi di pertinenza delle
nuove costruzioni nei limiti della dotazione obbligatoria,
che fanno corpo con le stesse o che vengono realizzati in
aree pertinenziali.
Per quanto riguarda invece la c.d. “strada interrata”,
va rilevato che trattasi di accesso privato, interrato e ad
esclusivo uso dei condomini, con conseguenza della rilevanza
del relativo volume ai fini del calcolo degli oneri di
urbanizzazione, onde gli atti di accertamento impugnati
devono essere ritenuti “in parte qua” legittimi
(TAR Marche,
sentenza 28.12.2009 n. 1475 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Ai
fini della qualificazione del parcheggio
come opera pubblica non osta la circostanza
che il medesimo sia stato realizzato e sia
temporaneamente gestito da un soggetto
privato.
L’eccezione di difetto di giurisdizione,
avanzata dal Comune resistente, pertanto, si
è rivelata dirimente ai fini della soluzione
della controversia.
Il Tribunale
amministrativo di Firenze, in merito, rivela
di aderire, infatti, al più risalente, ma
più convincente indirizzo giurisprudenziale
che afferma, in vicende come quella in
esame, la natura pubblica dell’opera
realizzata (parcheggio).
Ed invero, si è
sottolineato che, ai fini della
qualificazione del parcheggio come opera
pubblica, pur antecedentemente alla l. n.
122/1989, non osta la circostanza che il
medesimo sia stato realizzato e sia
temporaneamente gestito da un soggetto
privato, né il fatto che esso insista sul
suolo comunale concesso in diritto di
superficie con facoltà di cessione: infatti,
da un lato il requisito della proprietà
dell’opera in capo ad un soggetto pubblico
non è affatto elemento indefettibile del
concetto di opera pubblica, conoscendo il
nostro ordinamento esempi di lavori pubblici
attinenti ad opere, che sono e rimangono di
proprietà di privati (dalla manutenzione di
immobili di interesse storico agli
interventi di risanamento ex l. n.
2892/1885); dall’altro, di regola è pubblica
anche l’opera in futuro destinata a passare
in proprietà di un soggetto pubblico, com’è
destinato a verificarsi alla scadenza del
diritto di superficie.
Il Comune, nella
vicenda in commento, aveva affidato in
concessione a una società l’intervento di
progettazione, realizzazione e gestione di
un parcheggio nel sottosuolo di una piazza,
da concedere in diritto di superficie,
secondo quanto previsto dal Piano Urbano dei
Parcheggi, nell’ambito di una serie di
analoghi affidamenti per complessivi tredici
interventi da eseguire nel centro cittadino.
La convenzione stipulata a tal proposito
prevedeva, tra l’altro, che i lavori di
costruzione del parcheggio dovessero
iniziare entro un anno dalla costituzione
del diritto di superficie e comunque non
oltre un anno dalla notifica del rilascio
della concessione edilizia e dovessero
essere ultimati entro i termini di progetto.
Il mancato rispetto dei termini di inizio,
esecuzione ed ultimazione dei lavori di
costruzione del parcheggio avrebbe
comportato la risoluzione di diritto della
convenzione e la revoca della concessione.
Dopo l’approvazione del progetto, la
costituzione del diritto di superficie ed il
rilascio della concessione edilizia, i
lavori iniziavano nel febbraio del 2000. In
breve tempo, però, insorgevano
inconvenienti, che causavano interruzioni e
ritardi nei lavori: ciò determinava l’avvio
di un lungo contenzioso con il Comune, che
sfociava nella revoca della concessione e
risoluzione della convenzione accessiva,
disposta dalla Giunta Comunale (commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it -
TAR Toscana, Sez. II,
sentenza 18.11.2009 n. 1708
- link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Parcheggi - art. 69 l.r. 12/2005
- equiparazione opere di urbanizzazione -
titolo edilizio gratuito- sufficienza.
Per l'art. 69 LR 12/2005 i parcheggi,
pertinenziali e non pertinenziali,
realizzati anche in eccedenza rispetto alla
quota minima richiesta per legge, sono
equiparati alle opere di urbanizzazione e
pertanto sono realizzabili mediante un
titolo edilizio gratuito e non concorrono
alla definizione della classe dell'edificio
ai fini del calcolo del costo di
costruzione.
Ciò in quanto l'utilità
pubblica dei parcheggi è stata messa in
relazione direttamente con gli interessi
della viabilità senza la mediazione di uno
specifico edificio (con abbandono del
requisito della pertinenzialità) e senza la
predeterminazione di limiti quantitativi
(con superamento della misura minima ex lege) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez.
II,
sentenza
29.09.2009 n.
1709 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Lombardia, la 1^ pronuncia
(chiara ed incontrovertibile) del TAR sulla
gratuita dei box dopo la L.R. n. 12/2005:
ora non ci sono più dubbi, i box sono sempre
e comunque gratuiti.
Sussiste il regime della gratuità
per tutti i parcheggi, indipendentemente dal
collegamento con un edificio e senza tenere
conto della distinzione tra parcheggi
obbligatori e facoltativi.
L’art. 69 della LR 12/2005 segna il
superamento delle incertezze del regime
anteriore, nell’ambito del quale la
giurisprudenza aveva assunto per gradi
posizioni sempre più favorevoli alla
gratuità dei parcheggi senza tuttavia
arrivare al riconoscimento degli stessi come
autonomo bene giuridico tutelato in quanto
tale dall’ordinamento (v. TAR Brescia
03.05.2006 n. 449; TAR Brescia 26.09.2007 n.
898).
Inizialmente la gratuità è stata infatti
intesa come incentivo a introdurre
volontariamente la dotazione minima di
parcheggi pertinenziali negli edifici
esistenti (quindi nelle nuove costruzioni
sono stati considerati onerosi anche i
parcheggi obbligatori ex art. 41-sexies
della legge 17.08.1942 n. 1150). In seguito
la gratuità è stata collegata alla funzione
pubblica della dotazione minima di parcheggi
pertinenziali, tanto negli edifici esistenti
quanto nelle nuove costruzioni (quindi sono
stati considerati onerosi solo i parcheggi
eccedenti la misura minima, a causa della
loro natura speculativa).
Con l’art. 69 della LR 12/2005
l’equiparazione dei parcheggi alle opere di
urbanizzazione ha raggiunto la sua
formulazione più coerente, in quanto
l’utilità pubblica dei parcheggi è stata
messa in relazione direttamente con gli
interessi della viabilità senza la
mediazione di uno specifico edificio (di qui
l’abbandono del requisito della
pertinenzialità) e senza la
predeterminazione di limiti quantitativi (di
qui il superamento della misura minima ex
lege). Tenuto conto della nuova
impostazione fatta propria dal legislatore
regionale non può essere seguita l’opzione
interpretativa del Comune, che tende a
riprodurre schemi appartenenti al precedente
assetto normativo.
A conferma si osserva che l’esistenza di un
vincolo di pertinenzialità è ora richiesta
soltanto per beneficiare della deroga agli
strumenti urbanistici ex art. 66 della LR
12/2005 e, quindi, si colloca su un piano
del tutto diverso rispetto a quello della
gratuità del titolo edilizio (v. TAR Brescia
15.04.2009 n. 858) (TAR Lombardia-Brescia,
Sez. I,
sentenza 29.09.2009 n. 1709 -
link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Stante la
divergenza di posizioni in ordine ad un elemento
fattuale, quale è quello della dimensione della
effettiva superficie destinata a parcheggio (ex art.
41-sexies legge 17.08.1942, n. 1150 e s.m.i.),
occorre, ai fini del decidere, integrare
l’istruttoria, disponendo una verificazione in
contraddittorio tra le parti, al fine di accertare
quale sia la superficie effettivamente utilizzabile
come parcheggio, detratti gli spazi di accesso e
manovra e detratte le porzioni che non sono
utilizzabili, per forma o per le ridotte dimensioni,
ovvero perché eccedenti un posto macchina standard
ma insufficienti per realizzarne un altro, ovvero
infine per il difficile accesso.
A tali fini si dovrà procedere nel seguente modo:
- si dovranno innanzi tutto stabilire le dimensioni
convenzionali standard di un posto-macchina;
- si dovrà quindi verificare quanti posti macchina
standard possano essere realizzati nell’intera
superficie disponibile, tenuto conto delle
dimensioni e dell’accessibilità;
- la superficie complessiva dei posti macchina
standard così individuati costituirà la superficie
destinata a parcheggio, ai fini di cui si discute.
- CONSIDERATO che oggetto del presente ricorso è il
diniego del permesso di costruire (per la
realizzazione, previa demolizione del preesistente
fabbricato, di un edificio residenziale) di cui al
provvedimento prot. n. 0028102 in data 20.10.2008
adottato dal Comune di Magione sull’istanza
presentata dai ricorrenti, in qualità di
comproprietari di un fabbricato ubicato in via del
Pozzino, e catastalmente identificato al foglio 28,
mapp. 514;
- Considerato che il primo motivo di diniego
consiste nell’affermata inadeguatezza dei «posti
auto rispetto al carico urbanistico (16
appartamenti) dell’edificio in progetto, in quanto
risultano disponibili n. 5 posti auto interni e n.
11 posti auto esterni»;
- Considerato, a questo riguardo, che, ad avviso dei
ricorrenti, è pienamente rispettata dal progetto la
prescrizione dell’art. 41-sexies della legge
urbanistica fondamentale (legge 17.08.1942, n. 1150
e s.m.i.), a mente della quale «nelle nuove
costruzioni … debbono essere riservati appositi
spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un
metro quadrato per ogni 10 metri cubi di costruzione»,
in quanto il fabbisogno di aree a standard, in
relazione al complessivo sviluppo volumetrico del
fabbricato, sarebbe pari a mq. 563,45 (mc. 5643,50
diviso 10), mentre nel caso di specie ammonta a mq.
807,00, localizzati per mq. 522,00 all’interno del
fabbricato, e per mq. 285,00 all’esterno dello
stesso;
- Considerato che, al contrario, secondo la
prospettazione dell’Amministrazione resistente, lo
spazio effettivamente destinato a posti auto sarebbe
di mq. 263,64 (5 posti auto interni ed 11 esterni),
a fronte del fabbisogno minimo di mq. 563,45,
risultato cui si perviene scomputando le porzioni di
superficie, pur nominalmente destinate a parcheggio,
non fruibili a causa delle scelte progettuali, ed,
in definitiva, a causa della struttura del
fabbricato;
- Ritenuto dunque che oggetto del contendere è la
contestazione di uno spazio auto inadeguato per mq.
299,81, rispetto alle esigenze edilizie ed
urbanistiche dell’insediamento, con conseguente
asserita non soddisfazione del rapporto
(pubblicistico) di pertinenzialità stabilito dalla
legge fra immobili e posti auto;
- Ritenuto che, stante tale divergenza di posizioni
in ordine ad un elemento fattuale, quale è quello
della dimensione della effettiva superficie
destinata a parcheggio, occorre, ai fini del
decidere, integrare l’istruttoria, disponendo una
verificazione in contraddittorio tra le parti, al
fine di accertare quale sia la superficie
effettivamente utilizzabile come parcheggio,
detratti gli spazi di accesso e manovra e detratte
le porzioni che non sono utilizzabili, per forma o
per le ridotte dimensioni, ovvero perché eccedenti
un posto macchina standard ma insufficienti per
realizzarne un altro, ovvero infine per il difficile
accesso;
- Ritenuto che a tali fini si dovrà procedere nel
seguente modo: si dovranno innanzi tutto stabilire
le dimensioni convenzionali standard di un
posto-macchina; si dovrà quindi verificare quanti
posti macchina standard possano essere realizzati
nell’intera superficie disponibile, tenuto conto
delle dimensioni e dell’accessibilità; la superficie
complessiva dei posti macchina standard così
individuati costituirà la superficie destinata a
parcheggio, ai fini di cui si discute
(TAR Umbria,
ordinanza 20.08.2009 n. 24 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Realizzazione parcheggi interrati
e seminterrati
Ai sensi dell’art. 9 della legge 24.03.1989,
n. 122, la realizzazione di autorimesse o
parcheggi destinati a pertinenza di
fabbricati esistenti è soggetta ad
autorizzazione gratuita soltanto se è
realizzata nel sottosuolo o nei locali del
piano terreno del fabbricato stesso.
Per effetto della modifica apportata a tale
disposizione dall’art. 17, comma 90, della
legge 15.05.1997, n. 127, poi, il regime
dell’autorizzazione è stato esteso ai
parcheggi realizzati, ad uso esclusivo dei
residenti, anche nel sottosuolo di aree
pertinenziali esterne al fabbricato.
In ogni caso è però necessario che i
parcheggi siano realizzati nei siti
suddetti, ossia nel sottosuolo o nei locali
del piano terreno del fabbricato di cui
costituiscono pertinenza o nel sottosuolo di
aree esterne al fabbricato ma sempre
pertinenziali allo stesso.
Qualora invece vengano costruiti in aree
diverse o all’esterno o in superficie non è
più sufficiente la suddetta procedura
semplificata, ma è necessario il preventivo
rilascio del permesso di costruire, in
ragione del loro impatto sull’assetto
urbanistico e sull’utilizzazione del
territorio (fattispecie relativa a sequestro
probatorio di cantiere per la realizzazione
di box interrati e seminterrati) (Corte di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 25.06.2009 n. 26327 -
link a www.lexambiente.it).
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Nel caso di specie ritiene il Collegio che
il tribunale del riesame abbia fatto
corretta applicazione dei principi di
diritto in materia costantemente affermati
da questa Corte, secondo i quali
ai sensi della L. 24.03.1989, n. 122, art.
9, la realizzazione di autorimesse o
parcheggi destinati a pertinenza di
fabbricati esistenti è soggetta ad
autorizzazione gratuita soltanto se è
realizzata nel sottosuolo o nei locali del
piano terreno del fabbricato stesso. Per
effetto della modifica apportata a tale
disposizione dalla L. 15.05.1997, n. 127,
art. 17, comma 90, poi, il regime
dell'autorizzazione è stato esteso ai
parcheggi realizzati, ad uso esclusivo dei
residenti, anche nel sottosuolo di aree
pertinenziali esterne al fabbricato. In ogni
caso è però necessario che i parcheggi siano
realizzati nei siti suddetti, ossia nel
sottosuolo o nei locali del piano terreno
del fabbricato di cui costituiscono
pertinenza o nel sottosuolo di aree esterne
al fabbricato ma sempre pertinenziali allo
stesso. Qualora invece vengano costruiti in
aree diverse o all'esterno o in superficie
non è più sufficiente la suddetta procedura
semplificata, ma è necessario il preventivo
rilascio del permesso di costruire, in
ragione del loro impatto sull'assetto
urbanistico e sull'utilizzazione del
territorio
(Sez. 3^, 24.09.2001, n. 37013, Tripodoro,
m. 220349; Sez. 3^, 24.10.2006, n. 38841, Di
Iorio, m. 235357; Sez. 3^, 15.01.2008, n.
8693, Navarra, m. 239064).
Nel caso di specie, inoltre, come rilevato
dal tribunale del riesame, per effetto della
Delib. Comunale 08.08.1997, n. 165, il
vincolo di pertinenzialità poteva essere
esteso agli edifici situati in una distanza
fino a 1.000 metri dal terreno nel cui
sottosuolo era realizzato il parcheggio,
alla condizione che si trattasse di
parcheggi interrati al di sotto di aree non
edificate.
Il tribunale del riesame ha appunto ritenuto
che nella specie sussisteva il fumus che
l'esecuzione delle opere e degli interventi
non fosse avvenuta nel rispetto di tutte le
condizioni previste dalla normativa
speciale, e che quindi non fosse consentita
la procedura semplificata ma occorresse il
permesso di costruire. E' vero che la
motivazione dell'ordinanza impugnata
potrebbe su qualche punto dare adito ad
incertezze e perplessità, qualora, come
sostiene il ricorrente, avesse affermato la
tesi che il vincolo di pertinenzialità con i
singoli edifici ed appartamenti dovrebbe
sussistere già al momento del progetto e non
potrebbe invece venire ad esistenza
successivamente, dopo l'ultimazione dei
lavori, al momento della stipula degli atti
pubblici di trasferimento in favore di
proprietari di immobili dotati dei requisiti
previsti. Ed invero è quest'ultimo il
momento entro il quale deve essere
individuato in maniera specifica il vincolo
tra singolo parcheggio e specifico
appartamento, mentre al momento della
presentazione della DIA devono essere
individuati o comunque individuabili solo i
fabbricati in favore dei quali potranno
successivamente essere costituiti i singoli
vincoli con l'atto d'obbligo del costruttore
a vendere i parcheggi interrati
esclusivamente ai proprietari di
appartamenti e locali siti in detti
fabbricati e che abbiano i requisiti
previsti, nonché di costituire il vincolo
tra singoli parcheggi e singoli appartamenti
prima della loro utilizzazione o comunque in
sede di trasferimento della proprietà.
Tuttavia l'ordinanza impugnata, se
correttamente interpretata, non ha affatto
affermato che sin dal momento della
presentazione della DIA debba essere
individuato il vincolo di pertinenzialità
tra singolo parcheggio e singolo
appartamento, ma ha invece esattamente
affermato che in tale momento deve essere
quanto meno "preventivamente indicato o
identificabile il fabbricato servito (pag.
2). In ogni modo, quand'anche effettivamente
vi fossero le incertezze e perplessità sul
punto lamentate dal ricorrente, le stesse
potrebbero dar luogo, tutt'al più, ad una
illogicità di motivazione e non ad una
violazione di legge o ad una mancanza o ad
una mera apparenza della motivazione stessa.
Tanto più che l'ordinanza impugnata, per
affermare la sussistenza del fumus
della mancanza del vincolo di pertinenza e
comunque degli altri requisiti richiesti
dalla normativa speciale, si è basata anche
su altre argomentazioni, ed in particolare
sulla circostanza che la realizzazione dei
box non risultava funzionale ed a servizio
dei fabbricati o delle strutture sovrastanti
e preesistenti né di fabbricati sorgenti su
aree prossime, bensì di fabbricati diversi,
indistinti e non individuabili dall'inizio,
nonché sull'accertamento in fatto (non
sindacabile in questa sede) che i box erano
pubblicizzati e messi in vendita come
liberamente vendibili sul mercato
immobiliare a favore di indistinti
acquirenti.
Del resto, l'ordinanza impugnata ha anche
messo in evidenza che la citata delibera
comunale si riferisce alla realizzazione di
parcheggi interrati al di sotto di aree non
edificate, condizione questa che non si
verifica nella specie.
Inoltre, secondo la giurisprudenza di questa
Corte, la realizzazione di
autorimesse e parcheggi destinati al
servizio di fabbricati esistenti è soggetta
ad autorizzazione gratuita esclusivamente se
effettuata totalmente al di sotto del piano
di campagna naturale
(Sez. 3^, 09.05.2003, n. 26825, Grandazzo,
m. 225391; 3^, 24.09.2001, Tripodoro, cit.;
Sez. 3^, 24.10.2006, Di Iorio, cit.). Nel
caso in esame, invece, il tribunale del
riesame ha accertato che non sussiste questa
condizione perché le autorimesse risultano
non completamente interrate ma seminterrate
(peraltro in un'area vincolata a parco). |
EDILIZIA PRIVATA:
Legge Tognoli.
La presenza di opere sul piano di campagna,
e perciò in superficie, vale ad escludere in
radice la possibilità di applicazione della
legge 122/1989 (c.d. legge Tognoli) (Corte
di Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 08.06.2009 n. 23730 -
link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Ai sensi e per gli effetti stabiliti dalla legge
n. 122 del 1989 (cd. legge Tognoli) è consentita la
realizzazione di parcheggi pertinenziali interrati o nei
locali siti al piano terra dei fabbricati anche in deroga
agli strumenti urbanistici.
La giurisprudenza amministrativa ha chiarito che
l'applicabilità delle suddette agevolazioni, in
considerazione delle finalità della legge ed in relazione al
suo carattere eccezionale, non può estendersi ad altre
ipotesi non contemplate nella indicata normativa.
Si è in conseguenza affermato che la realizzazione di
autorimesse e parcheggi, se non effettuata in locali
preesistenti o totalmente al di sotto del piano di campagna
naturale, è soggetta alla disciplina urbanistica che regola
le nuove costruzioni fuori terra.
La deroga agli strumenti urbanistici è pertanto consentita
solo quando i parcheggi sono realizzati nel sottosuolo
ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati già
esistenti mentre la deroga non è possibile (e quindi i
parcheggi devono essere realizzati nel rispetto delle
disposizioni urbanistiche) se non vengono a ciò adibiti i
locali (preesistenti) siti al piano terra di un fabbricato o
se gli stessi non vengano allocati nel sottosuolo dei
fabbricati.
Del resto per gli edifici di nuova costruzione provvede il
precedente art. 2, comma 2 della stessa legge n. 122 del
1989, che –nel sostituire l’art. 41-sexies della L.U. n.
1150 del 1942– ha stabilito l'obbligo di riservare appositi
spazi per parcheggi in misura non inferiore a 1 mq. per ogni
10 mc. di costruzione.
---------------
Nel ribadire che la possibilità di realizzare parcheggi da
destinare a pertinenze delle singole unità immobiliari anche
in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti
edilizi vigenti, consentita dall’art. 9 della legge n. 122
del 1989, costituisce una disposizione di carattere
eccezionale da interpretarsi nel suo significato
strettamente letterale, in considerazione delle finalità di
una legge volta a favorire la diminuzione del traffico
veicolare all’interno dei centri abitati, la prevalente
giurisprudenza amministrativa ha poi anche affermato che le
indicate disposizioni sono applicabili alla costruzione di
spazi parcheggio nelle sole aree urbane, mentre la
realizzazione di parcheggi in aree extraurbane, e in
particolare nelle zone agricole, resta soggetta alle
ordinarie prescrizioni urbanistiche ed edilizie e necessita
della normale concessione edilizia ed oggi del permesso di
costruire.
12.- Sostiene peraltro il signor A. che la sua istanza non poteva
essere respinta perché presentata ai sensi e per gli effetti
stabiliti dalla legge n. 122 del 1989 (cd. legge Tognoli)
che consente la realizzazione di parcheggi pertinenziali
interrati o nei locali siti al piano terra dei fabbricati
anche in deroga agli strumenti urbanistici.
Stabilisce, al riguardo, l'art. 9 della legge n. 122 del
1989 che "i proprietari di immobili possono realizzare nel
sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano
terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza
delle singole unità immobiliari anche in deroga agli
strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti". La
norma continua disponendo che tali parcheggi possono essere
realizzati, ad uso esclusivo dei residenti, anche nel
sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato
purché non in contrasto con i piani urbani del traffico,
tenuto conto dell'uso della superficie sovrastante e
compatibilmente con la tutela delle risorse idriche.
Anche l’articolo 6 della legge della Regione Campania n. 19
del 28.11.2001, modificato con l’art. 49 della legge
regionale 22.12.2004, n. 16 ed integrato dall'art. 41,
della legga regionale 30.01.2008, n. 1, detta
specifiche disposizioni per la realizzazione di parcheggi pertinenziali, prevedendo (al primo comma) che la
realizzazione di parcheggi, da destinare a pertinenze di
unità immobiliare e da realizzare nel sottosuolo del lotto
su cui insistono gli edifici, se conformi agli strumenti
urbanistici vigenti, è soggetta a semplice denuncia di
inizio attività, e (al secondo comma) che la realizzazione
di parcheggi in aree libere, anche non di pertinenza del
lotto dove insistono gli edifici, ovvero nel sottosuolo di
fabbricati o al pianterreno di essi, è soggetta a permesso
di costruire non oneroso, anche in deroga agli strumenti
urbanistici vigenti.
13.- Ai sensi delle indicate disposizioni, ma nei limiti
dettati dalle stesse, i parcheggi pertinenziali possono
essere quindi effettivamente realizzati anche in deroga agli
strumenti urbanistici.
La giurisprudenza amministrativa ha quindi chiarito che
l'applicabilità delle suddette agevolazioni, in
considerazione delle finalità della legge ed in relazione al
suo carattere eccezionale, non può estendersi ad altre
ipotesi non contemplate nella indicata normativa (Consiglio
Stato, Sez. V, 29.03.2006, n. 1608).
14.- Si è in conseguenza affermato che la realizzazione di
autorimesse e parcheggi, se non effettuata in locali
preesistenti o totalmente al di sotto del piano di campagna
naturale, è soggetta alla disciplina urbanistica che regola
le nuove costruzioni fuori terra (Consiglio Stato sez. IV,
26.09.2008 n. 4645; 11.11.2006, n. 6065;
Consiglio Stato Sez. V, 29.03.2006 n. 1608; 29.03.2004, n. 1662; TAR Lazio, sede di Roma, Sezione I, n. 3259
del 16.04.2008).
La deroga agli strumenti urbanistici è pertanto consentita
solo quando i parcheggi sono realizzati nel sottosuolo
ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati già
esistenti mentre la deroga non è possibile (e quindi i
parcheggi devono essere realizzati nel rispetto delle
disposizioni urbanistiche) se non vengono a ciò adibiti i
locali (preesistenti) siti al piano terra di un fabbricato o
se gli stessi non vengano allocati nel sottosuolo dei
fabbricati.
Del resto per gli edifici di nuova costruzione provvede il
precedente art. 2, comma 2 della stessa legge n. 122 del
1989, che –nel sostituire l’art. 41-sexies della L.U. n.
1150 del 1942– ha stabilito l'obbligo di riservare appositi
spazi per parcheggi in misura non inferiore a 1 mq. per ogni
10 mc. di costruzione (Consiglio di Stato, sez. V, n. 5676
del 24.10.2000).
15.- Nel ribadire che la possibilità di realizzare parcheggi
da destinare a pertinenze delle singole unità immobiliari
anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti
edilizi vigenti, consentita dall’art. 9 della legge n. 122
del 1989, costituisce una disposizione di carattere
eccezionale da interpretarsi nel suo significato
strettamente letterale, in considerazione delle finalità di
una legge volta a favorire la diminuzione del traffico
veicolare all’interno dei centri abitati, la prevalente
giurisprudenza amministrativa ha poi anche affermato che le
indicate disposizioni sono applicabili alla costruzione di
spazi parcheggio nelle sole aree urbane, mentre la
realizzazione di parcheggi in aree extraurbane, e in
particolare nelle zone agricole, resta soggetta alle
ordinarie prescrizioni urbanistiche ed edilizie e necessita
della normale concessione edilizia ed oggi del permesso di
costruire (Consiglio Stato, sez. V, 11.11.2004, n.
7324 e n. 7325; TAR Lazio, sede di Roma, Sezione I, n. 3259
del 16.04.2008 cit.; TAR Veneto, Sez. II, n. 1331 del 02.05.2007; TAR Toscana, Sez. III, n. 817 del 29.05.2007, TAR Sicilia Catania, Sez. I, n. 1531 del
03.10.2005) (TAR
Campania-Napoli, Sez. II,
sentenza 08.06.2009 n. 3134 -
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EDILIZIA PRIVATA: La
gratuità dell'autorizzazione prevista
dall'art. 9, l. 24.03.1989 n. 122 per la
realizzazione di parcheggi non riguarda solo
opere aggiuntive ad edifici già esistenti,
ma anche quelle afferenti ad edifici di
nuova realizzazione, ma a condizione che si
tratti di opere pertinenziali ad essi.
Rispetto alla questione del calcolo delle
aree a parcheggio, sostiene parte ricorrente
la necessità di escludere dalla base di
calcolo del contributo concessorio le
superficie adibite a parcheggio
pertinenziale a servizio dell’edificio, in
applicazione all’art. 9 L. 122/1989. Il
Comune, da parte sua, ha sostenuto
l’inapplicabilità dell’art. 9 sopra citato,
in quanto “i parcheggi sono stati
realizzati per soddisfare il fabbisogno di
parcheggio generato dal nuovo insediamento e
quindi non possono essere considerati opere
di urbanizzazione”. Il Comune segue
l’orientamento secondo cui il regime
derogatorio che implica la gratuità del
parcheggio, non sarebbe applicabile alle
nuove costruzioni, richiamando la decisione
del Cons. di Stato n. 5676 del 24.10.2000
sez. V, che esclude l’applicazione della
gratuità per le concessioni edilizie
rilasciate per realizzare edifici nuovi, per
i quali deve trovare applicazione la
disciplina dell’art. 2 comma 2.
La tesi del Comune non può
essere condivisa.
La materia dei parcheggi è stata come noto
disciplinata in modo organico dalla L.
122/1989: per quanto attiene il presente
ricorso si deve ricordare che con l’art. 2
comma 2, è stata modificato il rapporto dei
parcheggi obbligatori, c.d. di standard,
sostituendo l'art. 41-sexies della legge
17.08.1942, n. 1150, e stabilendo che “Nelle
nuove costruzioni ed anche nelle aree di
pertinenza delle costruzioni stesse, debbono
essere riservati appositi spazi per
parcheggi in misura non inferiore ad un
metro quadrato per ogni dieci metri cubi di
costruzione".
L’art. 9 ha invece introdotto il regime di
favore di gratuità per i parcheggi
pertinenziali alle singole unità
immobiliari, nel caso di edifici esistenti e
per i parcheggi pertinenziali, stabilendo
che “I proprietari di immobili possono
realizzare nel sottosuolo degli stessi
ovvero nei locali siti al piano terreno dei
fabbricati parcheggi da destinare a
pertinenza delle singole unità immobiliari,
anche in deroga agli strumenti urbanistici
ed ai regolamenti edilizi vigenti.” Il
secondo comma stabilisce poi che “l'esecuzione
delle opere e degli interventi previsti dal
comma 1 è soggetta ad autorizzazione
gratuita”.
Secondo la più recente interpretazione “la
gratuità dell'autorizzazione prevista
dall'art. 9, l. 24.03.1989 n. 122 per la
realizzazione di parcheggi non riguarda solo
opere aggiuntive ad edifici già esistenti,
ma anche quelle afferenti ad edifici di
nuova realizzazione, ma a condizione che si
tratti di opere pertinenziali ad essi”
(Cons. Stato sez. V 24.07.2007 n. 4139). La
formula letterale della disposizione non
opera infatti alcuna limitazione, in quanto
la finalità di assicurare la realizzazione
di adeguati parcheggi è presente sia quando
si tratta di aggiungere idonei spazi per
edifici esistenti, sia quando si tratta di
realizzare nuovi edifici.
La materia è stata disciplinata anche dal
legislatore regionale, in particolare agli
artt. 1 e 2 della LR 22/1999 e all’art. 69,
comma 1, LR 12/2005.
Prima dell'entrata in vigore della LR
12/2005, nel periodo in cui in parte si
colloca la vicenda in esame, vi era una
situazione di incertezza, in quanto parte
della giurisprudenza, come sopra riportato,
interpretava l'art. 9 della legge 122/1999
in senso restrittivo riconoscendo la
gratuità del titolo edificatorio soltanto ai
parcheggi da adibire al servizio di edifici
già esistenti; tuttavia in ambito regionale
la formulazione ampia dell'art. 2, comma 2,
della LR 22/1999 (che non distingueva i
parcheggi a seconda dell'edificio a cui sono
collegati) sembrava autorizzare conclusioni
diverse.
Questa seconda strada è stata ritenuta
preferibile (TAR Lombardia Sez. Brescia
25.01.2007 n. 898). E’ stato infatti
rilevato che “Pur senza attribuire alla
sopravvenuta disposizione dell'art. 69 della
LR 12/2005 il valore di norma
interpretativa, si può mettere in relazione
l'art. 2, comma 2, della LR 22/1999 con
l'art. 4, comma 4, della LR 05.12.1977 n. 60,
secondo il quale per il calcolo degli oneri
relativi agli edifici residenziali "i volumi
e gli spazi destinati al ricovero di
autovetture non sono computati, salvo che
per la quota eccedente quella richiesta
obbligatoriamente per parcheggio".
Quest'ultima norma (ora abrogata dalla più
ampia disciplina della LR 12/2005) era
riferibile in primo luogo ai nuovi edifici e
distingueva tra i parcheggi obbligatori e
quelli facoltativi attribuendo
implicitamente ai primi una funzione di
pubblico interesse e ai secondi una finalità
speculativa. Si può ritenere che inserendosi
in tale contesto, l'art. 2, comma 2, della
LR 22/1999 abbia mantenuto la distinzione
qualificando espressamente come opere di
urbanizzazione i parcheggi obbligatori
indipendentemente dal fatto che siano
collegati o meno a edifici già esistenti. A
conferma di questa conclusione si osserva
che l'utilità delle opere di urbanizzazione
ha carattere oggettivo e riguarda non solo
il singolo edificio ma il territorio nel suo
insieme, il che rende indifferente il
momento in cui i parcheggi sono realizzati.
La questione è ora positivamente risolta
dall'art. 69, comma 1, della LR 11.03.2005
n. 12, in base al quale "i parcheggi,
pertinenziali e non pertinenziali,
realizzati anche in eccedenza rispetto alla
quota minima richiesta per legge,
costituiscono opere di urbanizzazione e il
relativo titolo abilitativo è gratuito".
Il comma 2 dell'art. 69 della LR 12/2005
specifica che "ai fini del calcolo del
costo di costruzione, le superfici destinate
a parcheggi non concorrono alla definizione
della classe dell'edificio".
Nella sentenza in esame si precisa poi che
secondo la disciplina regionale contenuta
nella L.R. 12/2005, all’art. 69, non è più
necessaria la pertinenzialità come un
requisito necessario per l'esenzione dagli
oneri concessori, mentre è ancora richiesta
per beneficiare della deroga agli strumenti
urbanistici (art. 66 della LR 12/2005).
Occorre peraltro osservare che il vincolo
può essere costituito anche in un momento
successivo rispetto al titolo edificatorio.
Inoltre nel caso dei parcheggi collegati a
nuovi edifici la pertinenzialità è presunta,
nel senso che l'art. 41-sexies, comma 1,
della legge 1150/1942 subordina il rilascio
del titolo edificatorio alla presenza di una
dotazione minima di spazi aventi questa
destinazione. Per i parcheggi obbligatori la
costituzione di un vincolo di pertinenza non
è quindi necessaria agli effetti
urbanistici, in quanto il collegamento con
l'abitazione principale emerge direttamente
dal progetto complessivo dell'intervento
edilizio. Il carattere automatico del
vincolo può essere osservato anche sul piano
civilistico, dove nel caso di riserva della
proprietà degli spazi obbligatori di
parcheggio da parte del
costruttore-venditore sorge ex lege a
favore degli acquirenti un diritto reale
d'uso. All'epoca dei fatti questa era la
situazione consolidata. La formale
stipulazione di un vincolo ha assunto
rilevanza solo in conseguenza dell'art.
41-sexies comma 2 della legge 1150/1942
(aggiunto dall'art. 12, comma 9, della legge
28.11.2005 n. 246), il quale per gli edifici
realizzati successivamente ha stabilito il
principio della libera commerciabilità dei
parcheggi pertinenziali (v. Cass. civ. Sez.
II 24.02.2006 n. 4264)
(TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 15.05.2009 n. 3751 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
La realizzazione di
autorimesse e parcheggi, se non effettuata totalmente al di
sotto del piano di campagna naturale, è soggetta alla
disciplina urbanistica che regola le nuove costruzioni fuori
terra.
Ma si deve
anche aggiungere che, come chiarito dalla giurisprudenza, la
realizzazione di autorimesse e parcheggi, se non effettuata
totalmente al di sotto del piano di campagna naturale, è
soggetta alla disciplina urbanistica che regola le nuove
costruzioni fuori terra (Consiglio Stato sez. IV 26.09.2008
n. 4645; sez. IV 11.11.2006, n. 6065; Sez. V, 29.03.2004, n.
1662).
Stabilisce, infatti, l'art. 9 della legge n. 122 del 1989
che "i proprietari di immobili possono realizzare nel
sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano
terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza
delle singole unità immobiliari anche in deroga agli
strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti".
La norma continua disponendo che tali parcheggi possono
essere realizzati, ad uso esclusivo dei residenti, anche nel
sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato
purché non in contrasto con i piani urbani del traffico,
tenuto conto dell'uso della superficie sovrastante e
compatibilmente con la tutela delle risorse idriche.
In base a tali disposizioni i predetti parcheggi devono
essere quindi realizzati nel rispetto delle disposizioni
urbanistiche se non vengono a ciò adibiti i locali
(preesistenti) siti al piano terra di un fabbricato o se non
vengano allocati nel sottosuolo dello stesso fabbricato
ovvero nel sottosuolo di un'area pertinenziale esterna.
Del resto per gli edifici di nuova costruzione provvede il
precedente art. 2, comma 2, della stessa legge n. 122 del
1989, che –nel sostituire l’art. 41-sexies della L.U. n.
1150 del 1942– ha stabilito l'obbligo di riservare appositi
spazi per parcheggi di misura non inferiore a 1 mq. per ogni
10 mc. di costruzione (TAR Campania-Napoli,
Sez. II, sentenza 08.05.2009 n. 2457 link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Non è coerente con le finalità
della normativa di settore consentire la
condonabilità, sotto il profilo del
mutamento della destinazione d'suo, delle
aree destinate a parcheggio e realizzate in
forza della disciplina derogatoria di cui
all'art. 9 della legge 122/1989.
E’ noto che il
vincolo pertinenziale ex lege già
previsto per le aree da destinare a
parcheggio (rispetto alle costruzioni cui
ineriscono) dall'art. 26 l. 28.02.1985 n. 47
(a mente della quale "gli spazi di cui
all'art. 18 l. 06.08.1967 n. 765
costituiscono pertinenze delle costruzioni,
ai sensi degli art. 817, 818 e 819 c.c.")
ha subito un significativo rafforzamento
nelle previsioni dell’art. 9 della legge n.
122 del 1989 (cosiddetta legge Tognoli), con
la quale è stata prevista la possibilità di
realizzare spazi da destinare a parcheggio
nei piani interrati degli edifici o nelle
immediate aree di pertinenza; il tutto con
procedimento semplificato, senza oneri
concessori e soprattutto anche in deroga
agli strumenti urbanistici. La disposizione
appena ricordata ha addirittura previsto la
sanzione civilistica della nullità per gli
atti disposizione separata degli spazi a
parcheggio rispetto alle costruzioni cui i
parcheggi devono restare asserviti. Vero è
che il suddetto vincolo pertinenziale,
quantomeno in relazione ai parcheggi che non
siano stati realizzati grazie al particolare
regime di favor previsto dalla citata
disposizione normativa (art. 9 L. 122/1989)
è di poi venuto meno (sia pur senza effetto
retroattivo) ad opera dell’art. 12 della
legge 246/2005 (che ha introdotto l’ultimo
comma all’art. 41-sexies della l. 17.08.1942
n. 1150 secondo cui gli spazi per parcheggi
realizzati in forza del primo comma non sono
gravati da vincoli pertinenziali di sorta né
da diritti d'uso a favore dei proprietari di
altre unità immobiliari e sono trasferibili
autonomamente da esse).
Cionondimeno per tutti gli spazi a
parcheggio (ed a fortiori per quelli
realizzati ai sensi dell’art. 9 della l.
122/1989), quale che sia la sorte del
vincolo pertinenziale di stampo privatistico
rispetto alle costruzioni servite, deve
ritenersi indiscutibile la permanenza e la
inderogabilità del vincolo pubblicistico di
destinazione, quale connotazione necessaria
dell’essere quegli spazi funzionali al
perseguimento di primarie esigenze della
collettività, legate alla stessa vivibilità
degli spazi urbani. Ne viene che in nessun
caso potrebbe essere consentito il cambio di
destinazione d’uso in relazione agli spazi
predetti, dato che sarebbe contro ogni
logica che il diverso uso individuale possa
far premio sulla destinazione a parcheggio
che partecipa dei suddetti caratteri di
rilevanza pubblica.
Tale destinazione deve pertanto orientare, a
guisa di vero e proprio vincolo, l’azione
della pubblica amministrazione in sede di
controllo e di conformazione dell’uso del
territorio e costituire per la stessa un
limite insuperabile financo nell’esercizio
del potere di condono delle opere edilizie
abusive. In tal senso, il dato di diritto
positivo da cui muovere va individuato,
nell’ambito del regime organico introdotto
in materia di condono edilizio dalla L.
47/1985 (espressamente richiamata dalle
successive leggi di condono, ed in
particolare -per quel che qui viene in
gioco- dalla l. 724/1994), dall’art. 33 della
citata legge il quale esclude dal campo di
operatività della sanatoria [primo comma
lett. d)] gli abusi contrastanti con vincoli
implicanti la inedificabilità delle aree.
Ritiene il Collegio che consentire, per il
tramite dell’autorizzazione al cambio di
destinazione d’uso, la sottrazione di spazi
destinati a garage realizzati (la
circostanza è pacifica ed incontestata,
oltreché desumibile ex actis) grazie
al meccanismo derogatorio di legge dianzi
brevemente descritto, equivarrebbe ad
infrangere un vincolo di inedificabilità,
dato che in nessun caso l’opera edilizia
sarebbe stata a suo tempo assentita se non
proprio in considerazione della sua
destinazione a parcheggio (in altri termini,
la destinazione a parcheggio elide, in fase
di realizzazione dell’opera, il profilo
dell’inedificabilità dell’area per espressa
previsione normativa, ma tale profilo è
destinato a riemergere le quante volte venga
meno quella destinazione). Donde l’onere
della permanenza nel tempo di tale
destinazione e della sua immodificabilità
anche in sede di applicazione della
normativa sul condono, non potendo
quest’ultima tradursi –anche in ossequio al
principio di non contraddizione che deve
permeare il sistema ordinamentale– in uno
strumento elusivo di un pregresso vincolo
giuridico di destinazione nascente da altra
normativa avente significativa valenza
pubblicistica.
D’altra parte, è significativo che, come
anticipato, detta destinazione a parcheggio
sia presidiata, sul versante civilistico, a
mezzo della espressa comminatoria di nullità
degli atti dispositivi in deroga al vincolo
di pertinenzialità; ora, sarebbe ben strano
che alla tutela di detto vincolo a mezzo
della predetta sanzione civile non si
abbinasse, anche in sede di applicazione
della normativa in tema di condono
edilizio, la tutela della destinazione
pubblicistica, ma anzi se ne consentisse la
distrazione con evidente vulnus
all’interesse collettivo sotteso alla
richiamata normativa speciale in tema di
parcheggi
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 24.04.2009 n. 2609 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Pur
tenendo conto che la dotazione minima di
parcheggi è un obbligo ex lege che integra
le previsioni urbanistiche, e costituisce
inoltre un requisito preliminare al rilascio
del permesso di costruire relativo
all’edificio principale, l’effetto di deroga
previsto con formulazione ampia dall’art. 9,
comma 1, della legge 122/1989 deve valere
anche per la quota di parcheggi eccedente la
dotazione obbligatoria.
Con il quarto motivo di ricorso si lamenta
la violazione dell’art. 9 della legge
122/1989 e dell’art. 67 della LR 12/2005. I
ricorrenti sostengono che trattandosi di
parcheggi pertinenziali le relative
costruzioni sarebbero sempre consentite ex
art. 9 della legge 122/1989 anche in
mancanza della conformità urbanistica e
potrebbero essere vietate solo nelle ipotesi
tassative dell’art. 67 della LR 12/2005
(contrasto con il piano urbano del traffico,
con le misure poste a tutela dei corpi
idrici, con l'uso delle superfici
sovrastanti, con le previsioni urbanistiche
riguardanti la parte di sottosuolo
interessata dall'intervento). Poiché il
progetto in questione non interferisce con
gli interessi pubblici elencati in
quest’ultima norma (in particolare non vi
sono disposizioni esplicite per il
sottosuolo) la realizzazione di autorimesse
pertinenziali interrate non dovrebbe
incontrare ostacoli.
La tesi si avvale dell’evoluzione normativa
che ha semplificato e incentivato la
realizzazione di parcheggi ma non può essere
condivisa nelle sue conclusioni. In base
all’art. 69, comma 1, della LR 12/2005 tutti
i parcheggi, pertinenziali e non
pertinenziali, anche se eccedenti il limite
di 1mq/10mc stabilito dall’art. 41-sexies
della legge 17.08.1942 n. 1150, sono
considerati opere di urbanizzazione e
beneficiano per questo del regime della
gratuità.
La deroga alle disposizioni urbanistiche è
però riservata a una categoria più ristretta
di parcheggi, perché in base agli art. 66-67
della LR 12/2005 deve sussistere un vincolo
di pertinenzialità trascritto nei registri
immobiliari. Non è invece necessario che
l’edificio principale abbia destinazione
residenziale, né che si tratti di edificio
già esistente (v. TAR Brescia 26.09.2007 n.
898). Pur tenendo conto che la dotazione
minima di parcheggi è un obbligo ex lege
che integra le previsioni urbanistiche, e
costituisce inoltre un requisito preliminare
al rilascio del permesso di costruire
relativo all’edificio principale, l’effetto
di deroga previsto con formulazione ampia
dall’art. 9, comma 1, della legge 122/1989
deve valere anche per la quota di parcheggi
eccedente la dotazione obbligatoria.
In sostanza, indagando la finalità della
norma, si può ritenere che la deroga alla
disciplina urbanistica sia concessa non
tanto per permettere la realizzazione di
nuovi edifici (altrimenti impossibile in
mancanza di parcheggi sufficienti) ma
soprattutto per incentivare la realizzazione
di parcheggi pertinenziali, i quali pur
essendo beni privati hanno rilievo pubblico
per i vantaggi che assicurano alla viabilità
(decongestionamento del traffico, minori
oneri per la realizzazione di parcheggi
pubblici).
Tuttavia, sia in relazione ai parcheggi
obbligatori sia per quanto riguarda i
parcheggi facoltativi, non possono essere
messi in pericolo gli altri interessi
pubblici elencati nell’art. 67 della LR
12/2005, alcuni dei quali hanno valore
ambientale come nel caso della tutela dei
corpi idrici e della speciale destinazione
del sottosuolo (ad esempio il mantenimento
di una percentuale di verde profondo per il
drenaggio delle acque). Oltre a questi, per
espressa previsione dell’art. 9, comma 1,
della legge 122/1989, hanno carattere
prioritario i vincoli paesistico-ambientali
formalmente istituiti, che pertanto
rappresentano un ostacolo alla realizzazione
dei parcheggi, salvo il potere di
autorizzazione dell’autorità responsabile
della tutela del vincolo.
Pertanto, i progetti di parcheggi
pertinenziali non sono mai sottratti al
giudizio di compatibilità
paesistico-ambientale quando un vincolo è
presente. E anche in assenza di un vincolo
formale è comunque necessario uno scrutinio
analogo in relazione alle norme degli
strumenti urbanistici che tutelano i corpi
idrici e la destinazione del sottosuolo.
Con riguardo alla pretesa dei ricorrenti si
osserva che nel caso in esame sussistono
entrambe le cause ostative. Sull’area grava
infatti un vincolo paesistico ex lege,
e in dettaglio l’art. 24 del PTC impone la
conservazione e lo sviluppo delle attività
agro-silvo-pastorali tradizionali e il
mantenimento a prato o rimboschimento degli
spazi aperti, ammettendo le nuove
edificazione esclusivamente per lo sviluppo
delle attività agricole e per la fruizione
turistica (v. sopra al punto 10). Questo
significa che il sottosuolo non è
disponibile per interventi residenziali, a
meno che anche questi non siano collegati
alle attività agricole.
L’inquadramento urbanistico e ambientale su
cui si basa il diniego di autorizzazione
paesistica appare quindi corretto anche per
quanto riguarda i rapporti con la disciplina
dei parcheggi pertinenziali
(TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 15.04.2009 n. 858 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
L’effetto di deroga previsto con
formulazione ampia dall’art. 9, comma 1,
della legge 122/1989 deve valere anche per
la quota di parcheggi eccedente la dotazione
obbligatoria.
In base all’art. 69, comma 1, della LR
12/2005 tutti i parcheggi, pertinenziali e
non pertinenziali, anche se eccedenti il
limite di 1mq/10mc stabilito dall’art.
41-sexies della legge 17.08.1942 n. 1150,
sono considerati opere di urbanizzazione e
beneficiano per questo del regime della
gratuità.
La deroga alle disposizioni urbanistiche è
però riservata a una categoria più ristretta
di parcheggi, perché in base agli art. 66-67
della LR 12/2005 deve sussistere un vincolo
di pertinenzialità trascritto nei registri
immobiliari. Non è invece necessario che
l’edificio principale abbia destinazione
residenziale, né che si tratti di edificio
già esistente (v. TAR Brescia 26.09.2007 n.
898).
Pur tenendo conto che la dotazione minima di
parcheggi è un obbligo ex lege che
integra le previsioni urbanistiche, e
costituisce inoltre un requisito preliminare
al rilascio del permesso di costruire
relativo all’edificio principale, l’effetto
di deroga previsto con formulazione ampia
dall’art. 9, comma 1, della legge 122/1989
deve valere anche per la quota di parcheggi
eccedente la dotazione obbligatoria.
In sostanza, indagando la finalità della
norma, si può ritenere che la deroga alla
disciplina urbanistica sia concessa non
tanto per permettere la realizzazione di
nuovi edifici (altrimenti impossibile in
mancanza di parcheggi sufficienti) ma
soprattutto per incentivare la realizzazione
di parcheggi pertinenziali, i quali pur
essendo beni privati hanno rilievo pubblico
per i vantaggi che assicurano alla viabilità
(decongestionamento del traffico, minori
oneri per la realizzazione di parcheggi
pubblici).
Tuttavia, sia in relazione ai parcheggi
obbligatori sia per quanto riguarda i
parcheggi facoltativi, non possono essere
messi in pericolo gli altri interessi
pubblici elencati nell’art. 67 della LR
12/2005, alcuni dei quali hanno valore
ambientale come nel caso della tutela dei
corpi idrici e della speciale destinazione
del sottosuolo (ad esempio il mantenimento
di una percentuale di verde profondo per il
drenaggio delle acque).
Oltre a questi, per espressa previsione
dell’art. 9, comma 1, della legge 122/1989,
hanno carattere prioritario i vincoli
paesistico-ambientali formalmente istituiti,
che pertanto rappresentano un ostacolo alla
realizzazione dei parcheggi, salvo il potere
di autorizzazione dell’autorità responsabile
della tutela del vincolo (TAR
Lombardia-Brescia,
sentenza 15.04.2009 n. 858 - link
a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Permesso di
costruire - Spazio per parcheggi esterni a
passo carraio - Violazione art. 41-sexies L.
1150/1942 sostituito dall'art. 2, c. 2, L.
24.03.1989 n. 122 - Concessione edilizie
relative a nuove costruzioni - Non sussiste.
Non sussiste la violazione di NTA che
ripropongono il disposto dell'art. 41-sexies
L. 1150/1942 e, successivamente, sostituito
dall'art. 2, c. 2, L. 24.03.1989 n. 122,
secondo il quale "nelle nuove costruzioni ed
anche nelle aree di pertinenza delle
costruzioni stesse, debbono essere riservati
appositi spazi per parcheggi in misura non
inferiore ad un metro quadrato per ogni 10
metri cubi di costruzione", in quanto
l'obbligo di riservare aree destinate a
parcheggio riguarda solo le concessioni
edilizie relative a nuove costruzioni e non
anche quelle che attengono a semplici
ristrutturazioni di costruzioni preesistenti
senza modifica di destinazione d'uso (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 10.04.2009 n. 3258). |
EDILIZIA PRIVATA:
Legge "Tognoli".
In tema di reati edilizi, la costruzione di
autorimesse o parcheggi destinati a
pertinenza di fabbricati esistenti è
soggetta ad autorizzazione gratuita ai sensi
della legge n. 122 del 1989 e non
all'ordinario regime concessorio, a
condizione che nella relativa domanda sia
preventivamente indicato il fabbricato
servito, in quanto ciò consente l'immediata
identificazione del vincolo permanente di
asservimento (in motivazione la Corte,
nell'enunciare il predetto principio, ha
precisato che il rapporto di pertinenzialità
è riconoscibile nel caso in cui i "boxes" si
trovano in un ragionevole raggio di
accessibilità pedonale) (Corte di
Cassazione, Sez. III penale,
sentenza 07.04.2009 n. 14940 -
link a www.lexambiente.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Realizzazione
parcheggi. Presenza vincoli tutela paesaggio
e ambiente.
Vengono posti quesiti attinenti alla
corretta applicazione delle disposizioni di
cui all’articolo 9 della legge 122/1989
(cosiddetta “legge Tognoli”) recante norme
di incentivazione alla realizzazione di
parcheggi, nel caso in cui siano presenti
vincoli, a tutela del paesaggio e
dell’ambiente, che interessano l’area di
localizzazione dei parcheggi medesimi.
Più specificatamente, il Comune che formula
la richiesta considera due distinte
situazioni nelle quali compaiono vincoli su
aree interessate da progetti ed istanze per
il rilascio di permessi di costruire
parcheggi ai sensi della “legge Tognoli”.
In entrambe le situazioni, la perplessità
del Comune in ordine all’assentibilità degli
interventi predetti deriva dalla
considerazione del fatto che l’art. 9, comma
1, delle legge 122/1989:
- consente di realizzare parcheggi
pertinenziali nel sottosuolo o nei piani
terreni “anche in deroga agli strumenti
urbanistici”;
- ma precisa poi che “restano in ogni
caso fermi i vincoli previsti dalla
legislazione in materia paesaggistica ed
ambientale”;
- ed aggiunge che restano fermi anche i
poteri regionali e ministeriali attribuiti
dalla legislazione predetta.
Le due situazioni disegnate dal Comune sono
però diverse; le si considera separatamente
(Regione Piemonte,
parere 38/2009 -
tratto da www.regione.piemonte.it). |
EDILIZIA PRIVATA: La
realizzazione di autorimesse e parcheggi, se
non effettuata totalmente al di sotto del
piano di campagna naturale, è soggetta alla
disciplina urbanistica dettata per le
ordinarie nuove costruzioni fuori terra
essendo preclusa la possibilità di invocare
la l. n. 122/1989.
La
realizzazione di autorimesse e parcheggi, se
non effettuata totalmente al di sotto del
piano di campagna naturale (interrati
secondo il citato art. 26 N.T.A), è soggetta
alla disciplina urbanistica dettata per le
ordinarie nuove costruzioni fuori terra
(Con. St., IV, 11.11.2006, n. 6065; V,
29.03.2004, n. 1662).
Stabilisce, infatti, l'art. 9 della legge
24.03.1989,n. 122 che "i proprietari di
immobili possono realizzare nel sottosuolo
degli stessi ovvero nei locali siti al piano
terreno dei fabbricati parcheggi da
destinare a pertinenza delle singole unità
immobiliari anche in deroga agli strumenti
urbanistici ed ai regolamenti edilizi
vigenti".
La norma continua disponendo che tali
parcheggi possono essere realizzati, ad uso
esclusivo dei residenti, anche nel
sottosuolo di aree pertinenziali esterne al
fabbricato purché non in contrasto con i
piani urbani del traffico, tenuto conto
dell'uso della superficie sovrastante e
compatibilmente con la tutela delle risorse
idriche.
In base alla norma ora riportata, i predetti
parcheggi devono essere realizzati, se non
vengono a ciò adibiti i locali del piano
terra di un fabbricato, o nel sottosuolo
dello stesso fabbricato ovvero nel
sottosuolo di un'area pertinenziale esterna
(V, n. 1662/2004 citata).
Le autorimesse in questione, pertanto, non
rientrando nell’ambito di operatività
dell’art. 9 della legge n. 122 del 1989 ora
riportato, in base alla quale, se si tratta
di costruzioni nel sottosuolo, è possibile
la loro realizzazione anche in contrasto con
le norme urbanistiche relative alla zona
(non con quelle paesaggistiche), sono
soggette alla disciplina urbanistica
generale come ordinarie nuove costruzioni
(cfr. in argomento Cons. St., IV, 26.09.2008
n. 4645).
A tale scopo, le disposizioni richiamate dal
Comune di Mezzomerico, se abilitano certo a
non considerare i volumi relativi ad
autorimesse collocate fuori terra, tuttavia
non consentono di andare in eccesso al
limite di altezza stabilito dalle norme
tecniche di attuazione in 2 piani f.t.,
abitabili o meno che siano.
Deve dunque concludersi per la computabilità
del piano autorimessa, nella specie,
pacificamente non interrato e realizzato
completamente fuori terra (Cons. St., IV,
29.01.2008, n. 271) (Consiglio
di Stato, Sez. IV,
sentenza 23.02.2009 n. 1070 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Realizzazione
box in deroga agli strumenti urbanistici ed
acquisizione al patrimonio comunale di
immobili distrutti o danneggiati da eventi
alluvionali.
Sono stati posti al Servizio regionale di
Consulenza agli Enti locali due quesiti:
- il primo concerne l’art. 9 della L.
122/1989 (legge Tognoli), che consente la
realizzazione di parcheggi pertinenziali
anche in deroga agli strumenti urbanistici
ed ai regolamenti edilizi vigenti;
- il secondo riguarda l’applicazione
dell’art. 1, c. 1-bis, D.L. 19.12.1994, n.
691, convertito dalla L. 16.02.1995, n. 35,
che prevede l’acquisizione al patrimonio
indisponibile dei Comuni dei relitti di
immobili distrutti o danneggiati dagli
eventi
alluvionali del 1994
(Regione Piemonte,
parere n. 7/2009 -
tratto da www.regione.piemonte.it). |
anno 2008 |
|
EDILIZIA PRIVATA: 1. Realizzazione
di parcheggi pertinenziali - Applicabilità
delle deroghe previste dall'art. 9 della L.
n. 122/1989 anche agli interventi di
ampliamento ed adeguamento dell'esistente -
Sussiste.
2. Previsione
contenuta nelle NTA al PRG che non introduca
uno specifico vincolo ambientale -
Possibilità di deroga dalle previsioni
dell'art. 9 L. n. 122/1989 - Sussiste.
1. Ai sensi dell'art. 9 del L. n. 122/1989
(come modificato dall'art. 37 L. n.
472/1999) la realizzazione di un parcheggio pertinenziale può essere effettuata, fatti
salvi i vincoli previsti dalla legislazione
in materia paesaggistica ed ambientale,
anche in deroga agli strumenti urbanistici e
ai regolamenti edilizi vigenti, comprese le
distanze previste dal p.r.g. o da altre
fonti normative, trovando applicazione anche
per gli interventi di ampliamento e
adeguamento dell'esistente.
2. Una previsione contenuta nelle NTA al PRG
che non introduca uno specifico vincolo
ambientale ma solo una finalità astratta di
tutela ambientale può essere derogata dalle
previsioni contenute nell'art. 9 della L. n.
122/1989 (massima
tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza 05.12.2008 n. 5729). |
EDILIZIA PRIVATA: L’art.
41-sexies della legge 1150 del 1942 si
applica solamente alle nuove costruzioni e
non anche alle ristrutturazioni edilizie.
La dotazione
minima di parcheggi privati dettata
dall’art. 2 della L. 122 del 1989 non si
applica a qualunque intervento edilizio,
bensì esclusivamente a quelli rientranti
nella nozione di “nuova costruzione” nella
quale, pertanto, non possono farsi rientrare
gli interventi di recupero del patrimonio
edilizio esistente di cui all’art. 31 della
L. 457 del 1978, come vorrebbe parte
appellante, trattandosi di ristrutturazioni
edilizie di immobile ricadente in un ambito
territoriale assoggettato a piano di
recupero
(Consiglio di
Stato, Sez. IV,
sentenza 06.11.2008 n. 5503 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Le
autorimesse se non rientrano nell’ambito di
operatività dell’art. 9 della legge n. 122
del 1989, in base alla quale -se si tratta
di costruzioni nel sottosuolo- è possibile
la loro realizzazione anche in contrasto con
le norme urbanistiche relative alla zona
(non con quelle paesaggistiche), soggiaciono
al computo del relativo volume.
La
realizzazione di autorimesse e parcheggi, se
non effettuata totalmente al di sotto del
piano di campagna naturale (interrati
secondo il citato art. 26 N.T.A), sono
soggetti alla disciplina urbanistica come
ordinarie nuove costruzioni fuori terra (Con.St.,
IV, 11.11.2006, n. 6065; V, 29.03.2004, n.
1662).
Stabilisce, infatti, l'art. 9 della legge
24.03.1989,n. 122 che "i proprietari di
immobili possono realizzare nel sottosuolo
degli stessi ovvero nei locali siti al piano
terreno dei fabbricati parcheggi da
destinare a pertinenza delle singole unità
immobiliari anche in deroga agli strumenti
urbanistici ed ai regolamenti edilizi
vigenti".
La norma continua disponendo che tali
parcheggi possono essere realizzati, ad uso
esclusivo dei residenti, anche nel
sottosuolo di aree pertinenziali esterne al
fabbricato purché non in contrasto con i
piani urbani del traffico, tenuto conto
dell'uso della superficie sovrastante e
compatibilmente con la tutela delle risorse
idriche.
In base alla norma ora riportata, i predetti
parcheggi devono essere realizzati, se non
vengono a ciò adibiti i locali del piano
terra di un fabbricato, o nel sottosuolo
dello stesso fabbricato ovvero nel
sottosuolo di un'area pertinenziale esterna
(V, n. 1662/2004 citata).
Le autorimesse in questione, pertanto, non
rientrando nell’ambito di operatività
dell’art. 9 della legge n. 122 del 1989 ora
riportato, in base alla quale, se si tratta
di costruzioni nel sottosuolo, è possibile
la loro realizzazione anche in contrasto con
le norme urbanistiche relative alla zona
(non con quelle paesaggistiche), sono
soggette alla disciplina urbanistica
generale come ordinarie nuove costruzioni e,
a tale scopo, la disposizione non abilita
certo a recuperare i volumi interrati
preesistenti da collocare fuori terra come
autorimesse e, per di più, che è l’argomento
centrale, in eccesso al limite di altezza
consentito per il fabbricato ricostruito.
Deve dunque concludersi per la computabilità
dei relativi volumi, nella specie,
pacificamente non interrati e realizzati
completamente fuori terra (Cons. St., IV,
29.01.2008, n. 271) (Consiglio
di Stato, Sez. IV,
sentenza 26.09.2008 n. 4645 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Parcheggi pertinenziali - Natura di opere di
urbanizzazione primaria - Sussiste - Costo
di costruzione - Non dovuto - Legittimità.
I parcheggi pertinenziali, siano essi
realizzati contestualmente all'immobile, sia
successivamente, hanno comunque natura di
opere di urbanizzazione primaria ex art. 9,
lett. f), L. n. 10/1977 e, quindi, sono esonerati
dal pagamento del costo di costruzione in
base alla legge Tognoli e succ. mod. ed int. (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 05.09.2008 n. 4024 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: La
Corte di Cassazione offre la ricostruzione
della evoluzione normativa, dottrinale e
giurisprudenziale sul tema della disciplina
dei parcheggi.
In tema di spazi
destinati a parcheggi privati, in complessi
condominiali di nuova costruzione, il
susseguirsi d'interventi legislativi
incidenti sulla limitazione dell'autonomia
privata in ordine alle dimensioni minime di
tali spazi e al regime di circolazione, ha
determinato l'esistenza di tre diverse
tipologie di parcheggio, assoggettate a
regimi giuridici differenziati tra di loro:
a) i parcheggi soggetti ad un vincolo pubblicistico di
destinazione, produttivo di un diritto reale
d'uso in favore dei condomini e di un
vincolo pertinenziale ex lege che non ne
esclude l'alienabilità separatamente
dall'unità immobiliare, disciplinati
dall'art. 18 della legge n. 765 del 1967
(art. 41-sexies della legge n. 1150 del
1942);
b) i parcheggi soggetti al vincolo pubblicistico d'inscindibilità
con l'unità immobiliare, introdotti
dall'art. 2 della l. n. 122 del 1989,
assoggettati ad un regime di circolazione
controllata e di utilizzazione vincolata e,
conseguentemente non trasferibili
autonomamente;
c) i parcheggi non rientranti nelle due specie sopra illustrate,
perché realizzati in eccedenza rispetto agli
spazi minimi inderogabilmente richiesti
dalla disciplina normativa pubblicistica, ad
utilizzazione e a circolazione libera;
d) i parcheggi disciplinati dall'art. 12, comma 9, della l. n. 246
del 2005 di definitiva liberalizzazione del
regime di circolazione e trasferimento delle
aree destinate a parcheggio ma con esclusivo
riferimento al futuro, ovvero alle
costruzioni non ancora realizzate e a quelle
per le quali non sia ancora intervenuta la
stipulazione delle vendite delle singole
unità immobiliari, al momento della sua
entrata in vigore.
---------------
La soluzione della questione sottoposta
all'esame della Corte richiede una sia pur
sintetica ricostruzione della evoluzione
normativa, dottrinale e giurisprudenziale
sul tema della disciplina dei parcheggi.
La regolamentazione giuridica delle aree
destinate a parcheggio trova fondamento
nelle esigenze di natura urbanistica
determinate dal degrado ambientale prodotto
dalla sosta degli autoveicoli nei centri
urbani.
La L. 06.08.1967, n. 765 (c.d. legge ponte),
all'art. 18, introduce nella Legge
Urbanistica 17.08.1942, n. 1150, art.
41-sexies, prescrivendo che "Nelle nuove
costruzioni ed anche nelle aree di
pertinenza delle stesse, debbano essere
ricavati appositi spazi per parcheggio in
misura non inferiore ad un metro quadrato
per ogni venti metri cubi di costruzione"
(poi divenuti dieci a norma della L.
24.03.1989, n. 122, art. 2).
La norma, che fissa per la prima volta degli
standards minimi da osservare nella
progettazione urbanistica con riguardo agli
spazi destinati alla sosta, esigendo che le
nuove costruzioni siano dotate di aree di
parcheggio, ha - come generalmente affermato
dalla dottrina -carattere pubblicistico,
essendo, per un verso, diretta a regolare,
sotto il profilo urbanistico, l'attività
edilizia, ed essendo, per l'altro, rivolta
direttamente all'autorità amministrativa,
tenuta a subordinare il rilascio della
concessione edilizia al rispetto dei
predetti standars, da determinare in base al
rapporto tra superficie e volumetria.
3.3. -
Peraltro, nel silenzio della norma in esame
sulla natura giuridica del vincolo
concernente i parcheggi, la dottrina
dominante ha escluso che il richiamato art.
41-sexies, assuma altresì una valenza nei
rapporti tra privati, introducendo nuovi
vincoli alla circolazione giuridica delle
aree destinate a parcheggio (teoria
oggettiva). Gli spazi per parcheggio
previsti dalla legge non sarebbero gravati
da alcun vincolo di tipo soggettivo che ne
prescriva l'utilizzazione da parte dei soli
proprietari delle unità immobiliari situate
nel fabbricato cui tali parcheggi accedono.
Essi, pertanto, potrebbero essere
liberamente attribuiti non solo in
proprietà, ma anche in uso a soggetti che
non siano proprietari o comunque
utilizzatori di unità immobiliari poste nel
fabbricato di cui lo spazio per parcheggio
fa parte o di cui costituisce pertinenza.
La libera alienabilità degli spazi per
parcheggio potrebbe essere agevolmente
desunta, secondo i fautori della teoria in
esame, dalla ratio della norma, la
quale mira, come si è visto, ad evitare la
congestione delle strade derivante dal
parcheggio indiscriminato degli autoveicoli.
A tal fine sarebbe irrilevante la persona
che utilizza lo spazio per parcheggio; ciò
che interessa, infatti, sarebbe solo che
detto spazio sia utilizzato per il
parcheggio di autovetture, che sia, cioè,
rispettato il vincolo.
Solo una parte minoritaria della dottrina ha
interpretato il richiamato art. 41-sexies,
come diretto, oltre che a porre un vincolo
oggettivo di destinazione, a regolare
altresì i rapporti tra privati attraverso la
introduzione di un vincolo di destinazione
necessario, inderogabile pattiziamente, alla
circolazione giuridica delle aree destinate
a parcheggio (teoria soggettiva).
Secondo tale posizione, gli spazi per
parcheggio di cui alla legge ponte
dovrebbero essere necessariamente utilizzati
dai proprietari e/o utilizzatori delle unità
immobiliari di cui fa parte l'edificio cui
detti spazi accedono.
Il vincolo opererebbe in un duplice senso,
anzitutto ponendo una relazione di
accessorietà tra la costruzione e gli spazi
per parcheggio, rilevante nei rapporti
interprivati. Detta relazione potrebbe
atteggiarsi in modo diverso. Se lo spazio
per parcheggio è interno alla costruzione,
il vincolo legale opererebbe nel senso di
qualificare detto spazio quale parte comune
condominiale destinata a un servizio comune
di cui la legge configura l'esigenza e
impone l'assolvimento.
Se, invece, lo spazio è esterno il vincolo
opererebbe nel senso di qualificare detto
spazio quale pertinenza del fabbricato: si
tratterebbe di una "pertinenza ex lege",
in quanto la qualifica pertinenziale e le
conseguenze giuridiche ad essa riconducibili
non derivano, come di regola, dalla
obiettiva destinazione al servizio della
cosa principale, bensì direttamente dalla
legge.
In entrambi i casi il rapporto di
accessorietà esistente tra l'edificio e gli
spazi per parcheggio farebbe sì che la
vendita della singola unità immobiliare, in
difetto di contraria disposizione scritta ai
sensi dell'art. 1117 c.c., ovvero dell'art.
818 cod. civ., comma 1, comporti la vendita
anche dello spazio per parcheggio.
In secondo luogo, il vincolo di destinazione
opererebbe nel senso di impedire che i
privati, nell'esercizio della propria
autonomia negoziale, possano derogare al
principio della necessaria utilizzazione
degli spazi per parcheggio da parte dei
proprietari e/o utilizzatori del fabbricato.
In altri termini sarebbe consentito con
apposita pattuizione scritta derogare al
principio accesorium sequitur
principale solo quanto alla proprietà dello
spazio per parcheggio, ma non quanto all'uso
dello stesso. Si parla di un diritto di uso
ope legis, con la conseguenza che una
contraria pattuizione delle parti sarebbe
nulla per contrasto con una norma imperativa
ai sensi dell'art. 1418 cod. civ., e
verrebbe sostituita di diritto dalla norma
imperativa violata ai sensi dell'art. 1419
cod. civ., comma 2.
3.4. -
Nella giurisprudenza di legittimità, accanto
all'orientamento volto ad escludere la
configurabilità nell'art. 41-sexies, di una
disciplina incidente direttamente sui
rapporti tra privati, ed a riconoscere a
detta disposizione rilevanza unicamente nel
rapporto costruttore-pubblica
amministrazione (Cass. 24.04.1981, n. 2452;
15.10.1982, n. 5344; 09.05.1983, n. 3179), è
possibile riscontrare un indirizzo
favorevole a concepire la norma in esame
come norma di relazione nei rapporti
privatistici concernenti i parcheggi (Cass.
18.12.1981, n. 6714), con il fine di
tutelare l'acquirente e garantire
l'effettiva destinazione del posto-auto.
Tale iniziale contrasto ha determinato
l'intervento delle Sezioni Unite (Sez. Un.
17.12.1984, nn. 6600, 6601 e 6602), le quali
hanno affermato che l'art. 41-sexies,
costituisce una disposizione imperativa ed
inderogabile in correlazione agli interessi
pubblicistici da esso perseguiti e che, in
quanto tale, non opera soltanto nel rapporto
tra costruttore-proprietario dell'edificio e
Pubblica Amministrazione, ma anche nei
rapporti privatistici inerenti agli spazi
per parcheggio.
Conseguentemente il posto-auto viene
considerato parte comune dell'edificio se
ricavato all'interno dello stesso e
pertinenza, legata ad un vincolo di
destinazione funzionale, se posto
all'esterno; ciò in mancanza di un titolo
attributivo della proprietà esclusiva ai
singoli condomini.
Le pattuizioni negoziali che, sotto forma di
riserva di proprietà a favore del
costruttore o di cessione a terzi,
sottraggono ai condomini l'uso del
parcheggio vengono considerate nulle e, di
conseguenza, il contratto traslativo della
proprietà di un appartamento in condominio
che non prevede anche il contestuale
trasferimento del posto-auto si ritiene
integrato ope legis, ex art. 1374
cod. civ., con il riconoscimento di un
diritto reale di uso su quello spazio in
favore del condomino, e di un diritto
dell'alienante ad un'integrazione del
prezzo, nel caso in cui esso sia stato
determinato solo sulla base del valore
dell'appartamento.
3.5. -
Successivamente al ricordato intervento
delle Sezioni unite, la L. 28.02.1985, n.
47, art. 26, comma 5 (poi abrogato dal
D.Lgs. 06.06.2001, n. 378, art. 136), ha
stabilito che "Gli spazi di cui all'art.
18 della legge 06.08.1967, n. 765
costituiscono pertinenze delle costruzioni,
ai sensi e per gli effetti degli artt. 817,
818 e 819 cod. Civ.".
La norma, scritta, come emerge dai lavori
preparatori, proprio per dirimere il
contrasto di opinioni che si era creato al
riguardo in dottrina e giurisprudenza
(tant'è che in origine la medesima era da
sola contenuta nell'art. 21 del disegno di
legge governativo recante la rubrica
"interpretazione autentica"), non ha sortito
il risultato sperato.
Essa ha definitivamente sancito la
sussistenza del rapporto di accessorietà,
proprio delle pertinenze, del posto auto
rispetto al fabbricato, come era stato già
individuato dai sostenitori della teoria
soggettiva; ma, nel contempo, attraverso il
richiamo all'art. 818 cod. civ. (che, al
secondo comma, stabilisce che "le
pertinenze possono formare oggetto di
separati atti o rapporti giuridici"),
consente di affermare la alienabilità del
posto auto separatamente dall'unità
immobiliare di cui costituisce pertinenza.
Il riconoscimento della natura di pertinenza
integra uno specifico tipo di
regolamentazione dei rapporti interprivati
in base al quale il proprietario che vende
l'immobile ad altro soggetto può ben
riservarsi la proprietà dell'area di
parcheggio con il solo obbligo di rispettare
il vincolo di destinazione.
Si è, in tale prospettiva, da alcuni Autori,
invocata la natura interpretativa della
norma da ultimo richiamata, che avrebbe
avuto la finalità di chiarire, in modo
vincolante e con efficacia retroattiva, che
i posti auto possono essere alienati anche
separatamente dall'edificio o dai singoli
appartamenti. Altri Autori hanno, invece,
attribuito all'art. 26 una portata
innovativa, che avrebbe reso possibile, per
il futuro, derogare al vincolo che pone i
parcheggi al servizio della costruzione.
In ambito giurisprudenziale, dopo il
susseguirsi di pronunce contraddittorie (a
favore del carattere innovativo dell'art.
26: Cass. 06.05.1966, n. 3370; di senso
contrario: Cass. 09.06.1987, n. 5036 e
29.02.1988 n. 2129), sono intervenute le
Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con
la sentenza 18.07.1989, n. 3363, affermando
che "gli spazi a parcheggio sono
liberamente alienabili, ma nei limiti della
destinazione a parcheggio non modificabile e
del diritto reale di uso esclusivo
riconosciuto agli utenti degli alloggi".
Al riguardo è stato ribadito che la norma
urbanistica che imponga vincoli o limiti
alla proprietà, ha natura imperativa e
inderogabile non solo nei rapporti fra
costruttore e Pubblica Amministrazione, in
quanto norma di azione, ma anche nei
rapporti tra costruttore e terzi che da quei
vincoli o limiti ricevono un vantaggio, in
quanto norma di relazione.
Il vincolo di destinazione permanente a
parcheggio va inquadrato nella categoria
delle "limitazioni legali della proprietà
privata per scopo di pubblico interesse"
e si conforma ope legis in un diritto
reale di uso dell'area di parcheggio in
favore del condominio. L'inderogabilità
comporta la nullità dei patti contrari e la
loro sostituzione con le previsioni della
legge. La L. n. 47 del 1985, art. 26, non ha
portata innovativa, ma confermativa del
regime della L. n. 765 del 1967, proprio in
forza del riferimento al vincolo
pertinenziale.
In altri termini, il vincolo che grava sulle
aree a parcheggio ha natura non solo
oggettiva ma anche soggettiva, e si
trasferisce, automaticamente, con il
trasferimento della titolarità
dell'abitazione: è un diritto reale d'uso,
di natura pubblicistica, che la legge pone a
favore dei condomini del fabbricato cui
accede, e limita il diritto di proprietà
dell'area.
Peraltro, nel rispetto di tale vincolo, il
proprietario può riservarsi la proprietà o
cederla a terzi, mentre, qualora nei titoli
di acquisto non vi sia stata al riguardo
alcuna riserva o sia stato omesso qualunque
riferimento, gli spazi destinati a
parcheggio vengono ceduti in comproprietà
pro quota, quali pertinenze delle singole
unità immobiliari secondo il regime previsto
dagli artt. 817 e 818 cod. civ., venendo
così a fare parte delle cose comuni di cui
all'art. 1117 cod. civ. (v., sul punto, tra
le altre, Cass. 16.01.2008. n. 730 e
18.07.2003, n. 11261).
3.6. -
E', poi, intervenuto nuovamente il
legislatore con la legge 24.03.1989, n. 122
(c.d. legge Tognoli).
L'art. 2 di detta legge ha, come si è visto,
innanzitutto modificato la L. n. 1150 del
1942, art. 41-sexies, nel senso di aumentare
la quantità delle aree da destinare a
parcheggio delle nuove costruzioni, portando
il rapporto tra tali aree e la volumetria
del fabbricato ad un metro quadro per ogni
dieci metri cubi di costruzione
(considerando, quindi, le aree di parcheggio
uno standard urbanistico).
Di più importante rilievo giuridico è l'art.
9, che prevede che "i proprietari di
immobili possono realizzare nel sottosuolo
degli stessi ovvero in locali siti al piano
terreno parcheggi da destinarsi a pertinenza
delle singole unità immobiliari e ciò anche
in deroga agli strumenti urbanistici e ai
regolamenti edilizi vigenti" (comma 1),
stabilendo la soggezione di tali interventi
-anziché a concessione edilizia- a sola
autorizzazione gratuita (comma 2, poi
sostituito, per effetto dal D.P.R.
27.12.2002, n. 301, art. 137, nel senso
della soggezione degli interventi medesimi a
denuncia di inizio attività), e richiedendo
un quorum ridotto per le delibere
condominiali necessarie per l'approvazione
degli interventi in oggetto (comma 3).
In ogni caso, è previsto che i parcheggi,
così realizzati, "non possono essere
ceduti separatamente dall'unità immobiliare
alla quale sono legati da vincolo
pertinenziale. I relativi atti di cessione
sono nulli" (comma 4).
Tale normativa, dettata con riferimento ai
soli parcheggi costruiti con le agevolazioni
della legge c.d. Tognoli, è stata invocata a
proprio favore da entrambi gli orientamenti
contrapposti.
I fautori della teoria oggettiva, infatti,
hanno sostenuto che, se il legislatore del
1989 ha sancito il divieto di circolazione
del parcheggio separatamente dall'unità
immobiliare di cui questo costituisce
pertinenza soltanto con riferimento ai
parcheggi costruiti con le agevolazioni
previste dalla predetta legge, evidentemente
egli ha presupposto che nessun regime
vincolistico sussiste per gli altri
parcheggi.
I sostenitori della teoria soggettiva, per
converso, hanno intravisto nella legge
Tognoli la conferma dell'inderogabilità del
vincolo soggettivo di destinazione già
sancito nella legge ponte. In realtà, l'art.
9 della legge richiamata detta una
disciplina vincolistica diversa da quella
che, secondo gli stessi fautori della teoria
soggettiva, vige per i parcheggi di cui alla
legge ponte, i quali possono sicuramente
essere alienati separatamente dall'unità
immobiliare cui accedono, fermo restando il
diritto di uso in capo al proprietario e/o
utilizzatore dell'immobile principale.
A ben vedere, la ratio del divieto di
circolazione dei parcheggi di cui alla legge
Tognoli ben può ravvisarsi nell'intento di
evitare speculazioni da parte di chi ha
usufruito di speciali deroghe ed
agevolazioni per la realizzazione degli
stessi.
3.7. -
Certo è che il susseguirsi degli interventi
legislativi nella materia in oggetto ha
fatto evidenziare, secondo dottrina e
giurisprudenza, tre diverse tipologie di
parcheggi, ciascuna caratterizzata da una
propria disciplina:
a)
parcheggi soggetti a vincolo di
destinazione, cioè "a utilizzazione
vincolata", ai quali inerisce una
qualificazione pertinenziale ex lege,
in quanto realizzati ai sensi dell'art. 18
della legge ponte (poi integrata dall'art.
26 della legge sul condono);
b)
parcheggi soggetti a vincolo di destinazione
e a vincolo di inscindibilità dall'unità
principale, cioè "a utilizzazione
vincolata" e, al tempo stesso, "a
circolazione controllata", perché costruiti
in base alla Legge Tognoli (122/1989);
c)
parcheggi non rientranti in tali due specie,
soggetti alla regole del diritto comune e,
quindi, "a utilizzazione e a circolazione
libera", non vincolata in base a
speciali limiti (inderogabili) di legge (v.
Sezioni unite, sentenza 15.06.2005, n.
12793).
La L. 28.11.2005, n. 246 (Semplificazione e
riassetto normativo per l'anno 2005),
all'art. 12, comma 9, ha, poi, modificato la
L. n. 1150 del 1942, art. 41-sexies,
aggiungendovi il comma 2, per effetto del
quale "Gli spazi per parcheggi realizzati
in forza del primo comma non sono gravati da
vincoli pertinenziali di sorta né da diritti
d'uso a favore dei proprietari di altre
unità immobiliari e sono trasferibili
autonomamente da esse".
La norma richiamata -che, come già chiarito
da questa Corte, trova applicazione soltanto
per il futuro, vale a dire per le sole
costruzioni non realizzate o per quelle per
le quali, al momento della sua entrata in
vigore, non erano ancora state stipulate le
vendite delle singole unità immobiliari
(Cass. 24.02.2006, n. 4264)- liberalizza,
infine, il regime delle aree destinate a
parcheggio.
La L. n. 246, è di poco successiva alla già
ricordata sentenza 15.06.2005, n. 12793,
nella quale le Sezioni unite, nel risolvere
un contrasto giurisprudenziale, hanno
affermato che i parcheggi realizzati in
eccedenza rispetto alla superficie minima
richiesta dalla legge non sono soggetti ad
alcun diritto d'uso da parte degli
acquirenti delle singole unità immobiliari
dell'edificio; in tal modo già delimitando
quantitativamente il regime vincolistico
delle aree in questione
(Corte di Cassazione, Sez. II civile,
sentenza 01.08.2008 n. 21003). |
EDILIZIA PRIVATA:
Sulla ricostruzione della evoluzione normativa, dottrinale e
giurisprudenziale sul tema della disciplina dei parcheggi.
Il
susseguirsi degli interventi legislativi nella materia dei
parcheggi privati ha fatto evidenziare, secondo dottrina e
giurisprudenza, tre diverse tipologie di parcheggi,
ciascuna caratterizzata da una propria disciplina:
a) parcheggi soggetti a vincolo di destinazione, cioè "a
utilizzazione vincolata", ai quali inerisce una
qualificazione pertinenziale ex lege, in quanto realizzati
ai sensi dell'art. 18 della legge ponte (poi integrata
dall'art. 26 della legge sul condono);
b) parcheggi soggetti a vincolo di destinazione e a vincolo
di inscindibilità dall'unità principale, cioè "a
utilizzazione vincolata" e, al tempo stesso, "a circolazione
controllata", perché costruiti in base alla Legge Tognoli
(122/1989);
c)
parcheggi non rientranti in tali due specie, soggetti
alla regole del diritto comune e, quindi, "a utilizzazione e
a circolazione libera", non vincolata in base a speciali
limiti (inderogabili) di legge.
La L. 28.11.2005, n. 246 (Semplificazione e riassetto
normativo per l'anno 2005), all'art. 12, comma 9, ha, poi,
modificato la L. n. 1150 del 1942, art. 41-sexies,
aggiungendovi il comma 2, per effetto del quale "Gli spazi
per parcheggi realizzati in forza del primo comma non sono
gravati da vincoli pertinenziali di sorta né da diritti
d'uso a favore dei proprietari di altre unità immobiliari e
sono trasferibili autonomamente da esse".
La norma richiamata -che trova applicazione soltanto per il
futuro, vale a dire per le sole costruzioni non realizzate o
per quelle per le quali, al momento della sua entrata in
vigore, non erano ancora state stipulate le vendite delle
singole unità immobiliari- liberalizza, infine, il regime
delle aree destinate a parcheggio.
La L. n. 246, è di poco successiva alla già ricordata
sentenza 15.06.2005, n. 12793, nella quale le Sezioni unite,
nel risolvere un contrasto giurisprudenziale, hanno
affermato che i parcheggi realizzati in eccedenza rispetto
alla superficie minima richiesta dalla legge non sono
soggetti ad alcun diritto d'uso da parte degli acquirenti
delle singole unità immobiliari dell'edificio; in tal modo
già delimitando quantitativamente il regime vincolistico
delle aree in questione.
---------------
2. - Con il primo motivo del ricorso principale, si
lamenta la violazione e falsa applicazione della L. n. 1150
del 1941, art. 41-sexies, artt. 817 e 1117 cod. civ., nonché
insufficienza e contraddittorietà della motivazione su punti
decisivi della controversia.
Avrebbe errato la Corte di merito nel disattendere la
domanda dei coniugi T.-F. intesa ad ottenere il
riconoscimento della comproprietà indivisa sulle aree
destinate a parcheggio, limitando il riconoscimento al
diritto reale d'uso, e ciò dopo aver esplicitamente
affermato, nella parte motiva della propria decisione, che i
proprietari delle unità immobiliari comprese nell'edificio,
pur nella ipotesi di asservimento di spazi a parcheggio in
epoca successiva alla vendita delle singole unità abitative,
e pur in mancanza di una espressa riserva in tal senso negli
atti dispositivi, "andranno invitati dal proprietario
dell'area vincolata a dichiarare la volontà di acquistare il
posto auto ovvero di ottenere soltanto il diritto reale
d'uso dell'area stessa".
L'errore sarebbe consistito nella mancata considerazione
che, qualora, come nel caso di specie, nei titoli non sia
stata formulata al riguardo alcuna riserva, gli spazi
interni o circostanti ai fabbricati di nuova costruzione
destinati a parcheggio ai sensi della L. n. 1150 del 1941,
art. 41-sexies, vengono ceduti in comproprietà pro quota
quali pertinenze delle singole unità immobiliari secondo il
regime previsto dagli artt. 817 e 818 cod. civ., in
considerazione del vincolo pertinenziale stabilito dalla L.
n. 765 del 1967, art. 18 e della L. n. 47 del 1985, art. 26,
venendo così a far parte delle cose comuni di cui all'art.
1117 cod. civ..
Né alcun rilievo potrebbe acquisire, nella specie, il
contenuto del regolamento di condominio che il
costruttore-venditore avrebbe successivamente predisposto,
non essendo contenuto nell'atto di acquisto degli attuali
ricorrenti alcun rinvio ad un futuro regolamento in ordine
alla identificazione delle cose comuni ex art. 1117 cod. civ.,
e comunque non potendosi attribuire alcun valore giuridico
all'accettazione preventiva del regolamento condominiale da
redigersi a cura del costruttore-venditore, accettazione che
non potrebbe in alcun caso sostituire l'espressa
accettazione da parte dell'acquirente.
3.1. - La censura non è meritevole di accoglimento.
3.2. - La soluzione della questione sottoposta all'esame
della Corte richiede una sia pur sintetica ricostruzione
della evoluzione normativa, dottrinale e giurisprudenziale
sul tema della disciplina dei parcheggi.
La regolamentazione giuridica delle aree destinate a
parcheggio trova fondamento nelle esigenze di natura
urbanistica determinate dal degrado ambientale prodotto
dalla sosta degli autoveicoli nei centri urbani. La L.
06.08.1967, n. 765 (c.d. legge ponte), all'art. 18,
introduce nella Legge Urbanistica 17.08.1942, n. 1150, art.
41-sexies, prescrivendo che "Nelle nuove costruzioni ed
anche nelle aree di pertinenza delle stesse, debbano essere
ricavati appositi spazi per parcheggio in misura non
inferiore ad un metro quadrato per ogni venti metri cubi di
costruzione" (poi divenuti dieci a norma della L.
24.03.1989, n. 122, art. 2).
La norma, che fissa per la prima volta degli standards
minimi da osservare nella progettazione urbanistica con
riguardo agli spazi destinati alla sosta, esigendo che le
nuove costruzioni siano dotate di aree di parcheggio, ha
-come generalmente affermato dalla dottrina- carattere
pubblicistico, essendo, per un verso, diretta a regolare,
sotto il profilo urbanistico, l'attività edilizia, ed
essendo, per l'altro, rivolta direttamente all'autorità
amministrativa, tenuta a subordinare il rilascio della
concessione edilizia al rispetto dei predetti standars, da
determinare in base al rapporto tra superficie e volumetria.
3.3. - Peraltro, nel silenzio della norma in esame sulla
natura giuridica del vincolo concernente i parcheggi, la
dottrina dominante ha escluso che il richiamato art.
41-sexies, assuma altresì una valenza nei rapporti tra
privati, introducendo nuovi vincoli alla circolazione
giuridica delle aree destinate a parcheggio (teoria
oggettiva). Gli spazi per parcheggio previsti dalla legge
non sarebbero gravati da alcun vincolo di tipo soggettivo
che ne prescriva l'utilizzazione da parte dei soli
proprietari delle unità immobiliari situate nel fabbricato
cui tali parcheggi accedono. Essi, pertanto, potrebbero
essere liberamente attribuiti non solo in proprietà, ma
anche in uso a soggetti che non siano proprietari o comunque
utilizzatori di unità immobiliari poste nel fabbricato di
cui lo spazio per parcheggio fa parte o di cui costituisce
pertinenza.
La libera alienabilità degli spazi per parcheggio potrebbe
essere agevolmente desunta, secondo i fautori della teoria
in esame, dalla ratio della norma, la quale mira, come si è
visto, ad evitare la congestione delle strade derivante dal
parcheggio indiscriminato degli autoveicoli. A tal fine
sarebbe irrilevante la persona che utilizza lo spazio per
parcheggio; ciò che interessa, infatti, sarebbe solo che
detto spazio sia utilizzato per il parcheggio di
autovetture, che sia, cioè, rispettato il vincolo.
Solo una parte minoritaria della dottrina ha interpretato il
richiamato art. 41-sexies, come diretto, oltre che a porre
un vincolo oggettivo di destinazione, a regolare altresì i
rapporti tra privati attraverso la introduzione di un
vincolo di destinazione necessario, inderogabile
pattiziamente, alla circolazione giuridica delle aree
destinate a parcheggio (teoria soggettiva).
Secondo tale posizione, gli spazi per parcheggio di cui alla
legge ponte dovrebbero essere necessariamente utilizzati dai
proprietari e/o utilizzatori delle unità immobiliari di cui
fa parte l'edificio cui detti spazi accedono. Il vincolo
opererebbe in un duplice senso, anzitutto ponendo una
relazione di accessorietà tra la costruzione e gli spazi per
parcheggio, rilevante nei rapporti interprivati. Detta
relazione potrebbe atteggiarsi in modo diverso. Se lo spazio
per parcheggio è interno alla costruzione, il vincolo legale
opererebbe nel senso di qualificare detto spazio quale parte
comune condominiale destinata a un servizio comune di cui la
legge configura l'esigenza e impone l'assolvimento. Se,
invece, lo spazio è esterno il vincolo opererebbe nel senso
di qualificare detto spazio quale pertinenza del fabbricato:
si tratterebbe di una "pertinenza ex lege", in quanto
la qualifica pertinenziale e le conseguenze giuridiche ad
essa riconducibili non derivano, come di regola, dalla
obiettiva destinazione al servizio della cosa principale,
bensì direttamente dalla legge. In entrambi i casi il
rapporto di accessorietà esistente tra l'edificio e gli
spazi per parcheggio farebbe sì che la vendita della singola
unità immobiliare, in difetto di contraria disposizione
scritta ai sensi dell'art. 1117 c.c., ovvero dell'art. 818
cod. civ., comma 1, comporti la vendita anche dello spazio
per parcheggio.
In secondo luogo, il vincolo di destinazione opererebbe nel
senso di impedire che i privati, nell'esercizio della
propria autonomia negoziale, possano derogare al principio
della necessaria utilizzazione degli spazi per parcheggio da
parte dei proprietari e/o utilizzatori del fabbricato. In
altri termini sarebbe consentito con apposita pattuizione
scritta derogare al principio accesorium sequitur
principale solo quanto alla proprietà dello spazio per
parcheggio, ma non quanto all'uso dello stesso. Si parla di
un diritto di uso ope legis, con la conseguenza che
una contraria pattuizione delle parti sarebbe nulla per
contrasto con una norma imperativa ai sensi dell'art. 1418
cod. civ., e verrebbe sostituita di diritto dalla norma
imperativa violata ai sensi dell'art. 1419 cod. civ., comma
2.
3.4. - Nella giurisprudenza di legittimità, accanto
all'orientamento volto ad escludere la configurabilità
nell'art. 41-sexies, di una disciplina incidente
direttamente sui rapporti tra privati, ed a riconoscere a
detta disposizione rilevanza unicamente nel rapporto
costruttore-pubblica amministrazione (Cass. 24.04.1981, n.
2452; 15.10.1982, n. 5344;9.5.1983, n. 3179), è possibile
riscontrare un indirizzo favorevole a concepire la norma in
esame come norma di relazione nei rapporti privatistici
concernenti i parcheggi (Cass. 18.12.1981, n. 6714), con il
fine di tutelare l'acquirente e garantire l'effettiva
destinazione del posto-auto.
Tale iniziale contrasto ha determinato l'intervento delle
Sezioni Unite (Sez. Un. 17.12.1984, nn. 6600, 6601 e 6602),
le quali hanno affermato che l'art. 41-sexies, costituisce
una disposizione imperativa ed inderogabile in correlazione
agli interessi pubblicistici da esso perseguiti e che, in
quanto tale, non opera soltanto nel rapporto tra
costruttore-proprietario dell'edificio e Pubblica
Amministrazione, ma anche nei rapporti privatistici inerenti
agli spazi per parcheggio. Conseguentemente il posto-auto
viene considerato parte comune dell'edificio se ricavato
all'interno dello stesso e pertinenza, legata ad un vincolo
di destinazione funzionale, se posto all'esterno; ciò in
mancanza di un titolo attributivo della proprietà esclusiva
ai singoli condomini.
Le pattuizioni negoziali che, sotto forma di riserva di
proprietà a favore del costruttore o di cessione a terzi,
sottraggono ai condomini l'uso del parcheggio vengono
considerate nulle e, di conseguenza, il contratto traslativo
della proprietà di un appartamento in condominio che non
prevede anche il contestuale trasferimento del posto-auto si
ritiene integrato ope legis, ex art. 1374 cod. civ.,
con il riconoscimento di un diritto reale di uso su quello
spazio in favore del condomino, e di un diritto
dell'alienante ad un'integrazione del prezzo, nel caso in
cui esso sia stato determinato solo sulla base del valore
dell'appartamento.
3.5. - Successivamente al ricordato intervento delle Sezioni
unite, la L. 28.02.1985, n. 47, art. 26, comma 5 (poi
abrogato dal D.Lgs. 06.06.2001, n. 378, art. 136), ha
stabilito che "Gli spazi di cui all'art. 18 della legge
06.08.1967, n. 765 costituiscono pertinenze delle
costruzioni, ai sensi e per gli effetti degli artt. 817, 818
e 819 cod. Civ.".
La norma, scritta, come emerge dai lavori preparatori,
proprio per dirimere il contrasto di opinioni che si era
creato al riguardo in dottrina e giurisprudenza (tant'è che
in origine la medesima era da sola contenuta nell'art. 21
del disegno di legge governativo recante la rubrica "interpretazione
autentica"), non ha sortito il risultato sperato. Essa
ha definitivamente sancito la sussistenza del rapporto di
accessorietà, proprio delle pertinenze, del posto auto
rispetto al fabbricato, come era stato già individuato dai
sostenitori della teoria soggettiva; ma, nel contempo,
attraverso il richiamo all'art. 818 cod. civ. (che, al
secondo comma, stabilisce che "le pertinenze possono
formare oggetto di separati atti o rapporti giuridici"),
consente di affermare la alienabilità del posto auto
separatamente dall'unità immobiliare di cui costituisce
pertinenza. Il riconoscimento della natura di pertinenza
integra uno specifico tipo di regolamentazione dei rapporti
interprivati in base al quale il proprietario che vende
l'immobile ad altro soggetto può ben riservarsi la proprietà
dell'area di parcheggio con il solo obbligo di rispettare il
vincolo di destinazione.
Si è, in tale prospettiva, da alcuni Autori, invocata la
natura interpretativa della norma da ultimo richiamata, che
avrebbe avuto la finalità di chiarire, in modo vincolante e
con efficacia retroattiva, che i posti auto possono essere
alienati anche separatamente dall'edificio o dai singoli
appartamenti. Altri Autori hanno, invece, attribuito
all'art. 26 una portata innovativa, che avrebbe reso
possibile, per il futuro, derogare al vincolo che pone i
parcheggi al servizio della costruzione. In ambito
giurisprudenziale, dopo il susseguirsi di pronunce
contraddittorie (a favore del carattere innovativo dell'art.
26: Cass. 06.05.1966, n. 3370; di senso contrario: Cass.
09.06.1987, n. 5036 e 29.02.1988 n. 2129), sono intervenute
le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza
18.07.1989, n. 3363, affermando che "gli spazi a
parcheggio sono liberamente alienabili, ma nei limiti della
destinazione a parcheggio non modificabile e del diritto
reale di uso esclusivo riconosciuto agli utenti degli
alloggi".
Al riguardo è stato ribadito che la norma urbanistica che
imponga vincoli o limiti alla proprietà, ha natura
imperativa e inderogabile non solo nei rapporti fra
costruttore e Pubblica Amministrazione, in quanto norma di
azione, ma anche nei rapporti tra costruttore e terzi che da
quei vincoli o limiti ricevono un vantaggio, in quanto norma
di relazione. Il vincolo di destinazione permanente a
parcheggio va inquadrato nella categoria delle "limitazioni
legali della proprietà privata per scopo di pubblico
interesse" e si conforma ope legis in un diritto
reale di uso dell'area di parcheggio in favore del
condominio. L'inderogabilità comporta la nullità dei patti
contrari e la loro sostituzione con le previsioni della
legge. La L. n. 47 del 1985, art. 26, non ha portata
innovativa, ma confermativa del regime della L. n. 765 del
1967, proprio in forza del riferimento al vincolo
pertinenziale.
In altri termini, il vincolo che grava sulle aree a
parcheggio ha natura non solo oggettiva ma anche soggettiva,
e si trasferisce, automaticamente, con il trasferimento
della titolarità dell'abitazione: è un diritto reale d'uso,
di natura pubblicistica, che la legge pone a favore dei
condomini del fabbricato cui accede, e limita il diritto di
proprietà dell'area.
Peraltro, nel rispetto di tale vincolo, il proprietario può
riservarsi la proprietà o cederla a terzi, mentre, qualora
nei titoli di acquisto non vi sia stata al riguardo alcuna
riserva o sia stato omesso qualunque riferimento, gli spazi
destinati a parcheggio vengono ceduti in comproprietà pro
quota, quali pertinenze delle singole unità immobiliari
secondo il regime previsto dagli artt. 817 e 818 cod. civ.,
venendo così a fare parte delle cose comuni di cui all'art.
1117 cod. civ. (v., sul punto, tra le altre, Cass.
16.01.2008. n. 730 e 18.07.2003, n. 11261).
3.6. - E', poi, intervenuto nuovamente il legislatore con la
legge 24.03.1989, n. 122 (c.d. legge Tognoli).
L'art. 2 di detta legge ha, come si è visto, innanzitutto
modificato la L. n. 1150 del 1942, art. 41-sexies, nel senso
di aumentare la quantità delle aree da destinare a
parcheggio delle nuove costruzioni, portando il rapporto tra
tali aree e la volumetria del fabbricato ad un metro quadro
per ogni dieci metri cubi di costruzione (considerando,
quindi, le aree di parcheggio uno standard urbanistico).
Di più importante rilievo giuridico è l'art. 9, che prevede
che "i proprietari di immobili possono realizzare nel
sottosuolo degli stessi ovvero in locali siti al piano
terreno parcheggi da destinarsi a pertinenza delle singole
unità immobiliari e ciò anche in deroga agli strumenti
urbanistici e ai regolamenti edilizi vigenti" (comma 1),
stabilendo la soggezione di tali interventi -anziché a
concessione edilizia- a sola autorizzazione gratuita (comma
2, poi sostituito, per effetto dal D.P.R. 27.12.2002, n.
301, art. 137, nel senso della soggezione degli interventi
medesimi a denuncia di inizio attività), e richiedendo un
quorum ridotto per le delibere condominiali
necessarie per l'approvazione degli interventi in oggetto
(comma 3). In ogni caso, è previsto che i parcheggi, così
realizzati, "non possono essere ceduti separatamente
dall'unità immobiliare alla quale sono legati da vincolo
pertinenziale. I relativi atti di cessione sono nulli"
(comma 4).
Tale normativa, dettata con riferimento ai soli parcheggi
costruiti con le agevolazioni della legge c.d. Tognoli, è
stata invocata a proprio favore da entrambi gli orientamenti
contrapposti.
I fautori della teoria oggettiva, infatti, hanno sostenuto
che, se il legislatore del 1989 ha sancito il divieto di
circolazione del parcheggio separatamente dall'unità
immobiliare di cui questo costituisce pertinenza soltanto
con riferimento ai parcheggi costruiti con le agevolazioni
previste dalla predetta legge, evidentemente egli ha
presupposto che nessun regime vincolistico sussiste per gli
altri parcheggi.
I sostenitori della teoria soggettiva, per converso, hanno
intravisto nella legge Tognoli la conferma
dell'inderogabilità del vincolo soggettivo di destinazione
già sancito nella legge ponte. In realtà, l'art. 9 della
legge richiamata detta una disciplina vincolistica diversa
da quella che, secondo gli stessi fautori della teoria
soggettiva, vige per i parcheggi di cui alla legge ponte, i
quali possono sicuramente essere alienati separatamente
dall'unità immobiliare cui accedono, fermo restando il
diritto di uso in capo al proprietario e/o utilizzatore
dell'immobile principale.
A ben vedere, la ratio del divieto di circolazione
dei parcheggi di cui alla legge Tognoli ben può ravvisarsi
nell'intento di evitare speculazioni da parte di chi ha
usufruito di speciali deroghe ed agevolazioni per la
realizzazione degli stessi.
3.7. - Certo è che il susseguirsi degli interventi
legislativi nella materia in oggetto ha fatto evidenziare,
secondo dottrina e giurisprudenza, tre diverse tipologie
di parcheggi, ciascuna caratterizzata da una propria
disciplina:
a) parcheggi soggetti a vincolo di destinazione, cioè "a
utilizzazione vincolata", ai quali inerisce una
qualificazione pertinenziale ex lege, in quanto
realizzati ai sensi dell'art. 18 della legge ponte (poi
integrata dall'art. 26 della legge sul condono);
b) parcheggi soggetti a vincolo di destinazione e a vincolo
di inscindibilità dall'unità principale, cioè "a
utilizzazione vincolata" e, al tempo stesso, "a
circolazione controllata", perché costruiti in base alla
Legge Tognoli (122/1989);
c)
parcheggi non rientranti in tali due specie, soggetti
alla regole del diritto comune e, quindi, "a
utilizzazione e a circolazione libera", non vincolata in
base a speciali limiti (inderogabili) di legge (v. Sezioni
unite, sentenza 15.06.2005, n. 12793).
La L. 28.11.2005, n. 246 (Semplificazione e riassetto
normativo per l'anno 2005), all'art. 12, comma 9, ha, poi,
modificato la L. n. 1150 del 1942, art. 41-sexies,
aggiungendovi il comma 2, per effetto del quale "Gli
spazi per parcheggi realizzati in forza del primo comma non
sono gravati da vincoli pertinenziali di sorta né da diritti
d'uso a favore dei proprietari di altre unità immobiliari e
sono trasferibili autonomamente da esse".
La norma richiamata -che, come già chiarito da questa Corte,
trova applicazione soltanto per il futuro, vale a dire per
le sole costruzioni non realizzate o per quelle per le
quali, al momento della sua entrata in vigore, non erano
ancora state stipulate le vendite delle singole unità
immobiliari (Cass. 24.02.2006, n. 4264)- liberalizza,
infine, il regime delle aree destinate a parcheggio.
La L. n. 246, è di poco successiva alla già ricordata
sentenza 15.06.2005, n. 12793, nella quale le Sezioni unite,
nel risolvere un contrasto giurisprudenziale, hanno
affermato che i parcheggi realizzati in eccedenza rispetto
alla superficie minima richiesta dalla legge non sono
soggetti ad alcun diritto d'uso da parte degli acquirenti
delle singole unità immobiliari dell'edificio; in tal modo
già delimitando quantitativamente il regime vincolistico
delle aree in questione.
3.8. - Alla luce della operata ricostruzione del sistema
della circolazione degli spazi destinati a parcheggio, può
ora esaminarsi la illustrata censura alla decisione della
Corte fiorentina: la quale, proprio alla stregua del
richiamato quadro normativo e giurisprudenziale, resiste
alla censura medesima.
Deve, infatti, confermarsi la correttezza della decisione
impugnata sotto il profilo del riconoscimento in favore
degli attuali ricorrenti del diritto reale d'uso sull'area
destinata a parcheggio nell'immobile di cui si tratta, ma
anche -al di là del confuso riferimento, operato dalla
sentenza, e valorizzato nel ricorso, ad una pretesa
necessità di invitare i proprietari delle unità immobiliari
comprese nell'area stessa, asservita in epoca successiva
alla vendita delle singole unità, a dichiarare la propria
volontà di acquistare il posto auto ovvero di ottenere
soltanto il diritto reale d'uso- sotto il profilo del
mancato riconoscimento in capo agli stessi ricorrenti di un
diritto di comproprietà indivisa sull'area.
Se è pur vero, come dianzi chiarito, che, secondo
l'orientamento espresso dalla giurisprudenza di questa
Corte, ove non sia stata espressa riserva di proprietà, da
parte del costruttore alienante, degli spazi destinati a
parcheggio, nel titolo di acquisto, essi vengono ceduti in
comproprietà quali pertinenze delle singole unità
immobiliari, deve, peraltro, porsi in evidenza che un tal
effetto non può conseguire alla vendita di dette unità ove,
come nel caso di specie, sia mancato, all'epoca del
contratto, l'atto di asservimento, con la concreta
indicazione della superficie vincolata. In tale ipotesi, la
mancanza di una univoca volontà di assoggettamento al
vincolo pertinenziale nei confronti delle unità immobiliari
delle aree destinate a parcheggio ubicate nell'edificio non
consente di porre le une al servizio delle altre, fermo
restando il diritto di uso sulle aree stesse (Corte di
Cassazione, Sez. II civile, sentenza 01.08.2008 n. 21003).
---------------
Al riguardo si legga anche:
● R. Pasquali,
Le aree di parcheggio (28.11.2009 - link a
www.libraiuris.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Il
reperimento dei posti auto di cui all'art. 41-sexies della L. 1150/1942
va osservato anche nel caso di ristrutturazione edilizia che rende un
manufatto oggettivamente diverso da quello preesistente.
L'art. 41-sexies della legge urbanistica (introdotto dall’art. 18, della
L. 06.08.1967, n. 765 e, successivamente, modificato dall’art. 2, comma
2, della L. 24.03.1989, n. 122) dispone testualmente che “nelle nuove
costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse,
debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non
inferiore ad un metro quadrato per ogni 10 metri cubi di costruzione”.
La finalità di tale disciplina sembra evidente: di far sì che dinanzi al
progressivo aumento del carico urbanistico sia garantito un numero
minimo di parcheggi, tali da soddisfare le esigenze basilari
dell'ordinata convivenza perseguita dalla disciplina urbanistica (TAR
Liguria, sez. I, 11.07.2007 , n. 1376).
Ora, interpretando tale normativa, la giurisprudenza ha già precisato
che se l’intervento di ristrutturazione edilizia conduce alla
realizzazione di un edificio da considerare come una “nuova costruzione”
rispetto a quella preesistente, si applica tale articolo 41-sexies sulla
necessità degli spazi da destinare a parcheggio (Cons. St., sez. V,
22.06.1998 , n. 92) e per “nuova costruzione” si intende non solo la
realizzazione di un manufatto su un’area libera, ma anche ogni
intervento di ristrutturazione che rende un manufatto oggettivamente
diverso da quello preesistente, in ragione dell’entità delle modifiche
apportate, tenendo presente che l’oggettiva diversità del manufatto si
ha anche per il solo fatto del mutamento della destinazione d’uso
implicante la variazione degli standard (TAR Lombardia, Milano,
sez. II, 03.03.2006, n. 571).
Ciò posto, nella specie la concessione impugnata è stata assentita per
l’esecuzione dei lavori di sopraelevazione e di modifiche del piano
terra di un fabbricato plurifamiliare, per cui la nuova costruzione ha
comportato un aumento della volumetria del precedente fabbricato, con
conseguente aumento del carico urbanistico; sembra, pertanto, evidente
che avrebbe dovuto rispettarsi la norma in parola.
Il progettista, invero, al fine ottemperare a quanto disposto da tale
art. 41-sexies, ha previsto delle specifiche aree da destinare a
parcheggio, ma le ha localizzate -così come dedotto con quarto motivo-
su aree irraggiungibili per le autovetture.
Ora, se è pur vero che la normativa in parola stabilisce solo misure
quantitative degli spazi aventi tale destinazione, senza statuire alcuna
formalità in ordine alla localizzazione delle aree da asservire, onde i
parcheggi possono essere realizzati sia in luoghi interni all'edificio,
sia al suo piano terreno e perfino in aree esterne, anche se non
strettamente adiacenti al fabbricato (Cons. St., sez. V, 18.02.2003, n.
871), una volta effettuata tale scelta dal richiedente la concessione
l’Amministrazione, prima di assentire il titolo edilizio richiesto, deve
necessariamente verificare che gli appositi spazi da destinare a
parcheggi sia idonei allo scopo, cioè che siano collegati o siano
collegabili alla viabilità ordinaria, per poter così adempiere in
concreto alla specifica funzione sopra indicata.
Nella specie, come sopra esposto, l’attività istruttoria espletata
(versata in giudizio dal Comune nel rispetto del termine di venti giorni
liberi dall’udienza) ha però escluso che le aree prescelte fossero in
concreto raggiungibili dalle autovetture, per cui, in definitiva, sembra
evidente l’elusione della normativa contenuta nel predetto art.
41-sexies
(TAR Abruzzo-Pescara,
sentenza 29.07.2008 n. 702 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Comune di Artena - parere in merito alla possibilità di
concedere il frazionamento di un unità immobiliare e
applicare la Legge Tognoli n. 122/1999 in zona agricola (Regione Lazio,
parere
04.07.2008 n.
212936 di prot.). |
EDILIZIA PRIVATA:
Sulla possibilità o meno di costruire box interrati (ex lege
Tognoli) in fascia di rispetto cimiteriale.
L’art. 338 del Testo unico delle leggi sanitarie di cui al r.d. n. 1265
del 27.07.1934 nonché l’art. 57 del Dpr 10.09.1990 n. 285 vietano
l’edificazione nelle aree ricadenti in fascia di rispetto cimiteriale
dei manufatti che, per durata, inamovibiltà ed incorporazione al suolo
possano qualificarsi come costruzioni edilizie, come tali, incompatibili
con la natura dei luoghi e con l’eventuale espansione del cimitero.
Ora, la giurisprudenza ha affermato che in materia di vincolo
cimiteriale , la salvaguardia del rispetto dei 200 metri prevista dal
citato art. 338 del T.U. del 1934 si pone alla stregua di un vincolo
assoluto di inedificabilità, valevole per qualsiasi manufatto edilizio
anche ad uso diverso da quello di abitazione e tanto in ragione dei
molteplici interessi pubblici nella specie in rilievo relativamente alla
tutela delle esigenze di natura igienico-sanitarie e della speciale
sacralità dei luoghi (Cons Stato Sezione v 03.05.2007 n. 1933; TAR
Veneto Sezione II 06.04.1996 n. 861; Tar Lombardia Sezione II 28/02/1999
n. 167; questo Tar I Sezione 01.10.2007 n. 2903).
Ora, trattandosi di un vincolo assoluto, nella specie non ci si può
“giovare” del carattere derogatorio che la norma di cui all’art. 9 della
legge n. 122/1989 riconoscerebbe alla realizzazione delle autorimesse
interrate, dal momento che anche il manufatto del genere progettato, il
parcheggio interrato, ancorché struttura unicamente servente all’uso
abitativo, ma comunque posta nell’ambito della fascia di rispetto
cimiteriale,rientra tra le costruzioni edilizie del tutto vietate dalla
disposizione di cui all’art. 338 citato e tale circostanza, puntualmente
rilevata dall’Amministrazione, costituisce motivo giustificativo
dell’opposto diniego.
Né vale invocare la portata modificativa della normativa recata dal DPR
n. 285 del 1990 (che ha previsto la possibilità di riduzione della
fascia di rispetto cimiteriale da 200 mt. a 100 mt.), atteso che essa
delinea il regime giuridico unicamente degli interventi di ampliamento
dei cimiteri, ma non è questo il caso che ci occupa, sicché, per
l’edificazione in questione rimane la misura della fascia di rispetto
stabilita in 200mt come fissata dall’art. 338 e il relativo vincolo,
ribadito dalla normativa contenuta nel vigente Piano regolatore generale
del Comune, è da ritenersi di carattere assoluto (cfr. Tar Sicilia
Catania 19.05.2003 n. 791)
(TAR Toscana, Sez. III,
sentenza 02.07.2008 n. 1712
- link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Sulla gratuità o meno dei box eccedenti la quota minima prevista
per legge.
L’art. 9 della L. 122/1989 prevede testualmente che “I proprietari di
immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero nei
locali siti al piano terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a
pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli
strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti. …”. Tale
disposizione, introduttiva di un regime speciale, è stata dettata per
promuovere la realizzazione di spazi da adibire a parcheggi o ad
autorimesse pertinenziali degli immobili esistenti, in omaggio ad un
indiscusso favor legislativo per le opere suscettibili di eliminare il
dilagante fenomeno delle autovetture parcheggiate in maniera
indiscriminata sulla pubblica via (T.A.R. Lombardia Brescia – 28/01/2002
n. 114). E’ costante in giurisprudenza l’affermazione che la
disposizione di cui all'art. 9 della L. 122/1989 disciplina la
realizzazione di parcheggi privati, pertinenti alle singole unità
abitative dei residenti (Consiglio Stato, sez. VI – 12/12/2006 n. 7340):
con la legge “Tognoli” e con la successiva L.r. 22/1999 si è inteso cioè
incentivare la realizzazione di parcheggi pertinenziali per
decongestionare la viabilità, nel perseguimento dell’interesse pubblico
all’ordinato scorrimento del traffico veicolare in corrispondenza degli
edifici e nella prospettiva che il posto-auto in prossimità
dell’abitazione entri a far parte dell’idea di “unità abitativa” come
servizio alla stessa correlato (sentenza Sezione 05/12/2007 n. 1279).
Sotto un diverso profilo, se è vero che prima dell’entrata in vigore
della L.r. 12/2005 la giurisprudenza interpretava l’art. 9 della L.
122/1999 in senso restrittivo –riconoscendo la gratuità del titolo
edificatorio soltanto ai parcheggi da adibire al servizio di edifici già
esistenti– in ambito regionale la formulazione ampia dell’art. 2 comma 2
della L.r. 22/1999 (che non distingue i parcheggi a seconda
dell’edificio a cui sono collegati) ha autorizzato conclusioni diverse.
Mettendosi in relazione l’art. 2 comma 2 della L.r. 22/1999 con l’art.
4, comma 4, della L.r. 60/1977, la Sezione ha rilevato che quest’ultima
norma (ora abrogata dalla più ampia disciplina della L.r. 12/2005) era
riferibile anche ai nuovi edifici, con la distinzione tra i parcheggi
obbligatori e quelli facoltativi, attribuendo implicitamente ai primi
una funzione di pubblico interesse e ai secondi una finalità
speculativa. Si è ritenuto che, inserendosi in tale contesto, l’art. 2
comma 2 della L.r. 22/1999 abbia mantenuto la distinzione qualificando
espressamente come opere di urbanizzazione i parcheggi obbligatori
indipendentemente dal fatto che siano collegati o meno a edifici già
esistenti. A conferma di questa conclusione la Sezione ha osservato che
l’utilità delle opere di urbanizzazione ha carattere oggettivo e
riguarda non solo il singolo edificio ma il territorio nel suo insieme,
il che rende indifferente il momento in cui i parcheggi sono realizzati
(sentenza Sezione 26/09/2007 n. 898).
La disposizione di cui all’art. 69 della L.r. 12/2005 attualmente
vigente non distingue tra edifici esistenti e non esistenti, ma
stabilisce soltanto che i parcheggi (pertinenziali e non) costituiscono
comunque opere di urbanizzazione e il relativo titolo abilitativo è
gratuito.
Se dunque l’epoca dell’intervento non è influente ai fini
dell’operatività della deroga, la questione investe i parcheggi che
superano la percentuale minima prevista dal legislatore il quale,
all’art. 41-sexies della L. 1150/1942 ha disposto che “Nelle nuove
costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse,
debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non
inferiore ad un metro quadrato per ogni 10 metri cubi di costruzione”.
L’art. 66 della L.r. 12/2005, rubricato “Localizzazione e rapporto di
pertinenza”, statuisce al comma 1 che “I proprietari di immobili e
gli aventi titolo sui medesimi possono realizzare nel sottosuolo degli
stessi o di aree pertinenziali esterne, …, nuovi parcheggi, da
destinarsi a pertinenza di unità immobiliari residenziali e non, posti
anche esternamente al lotto di appartenenza, senza limiti di distanza
dalle unità immobiliari cui sono legati da rapporto di pertinenza,
purché nell'ambito del territorio comunale o in comuni contermini, ai
sensi dell'articolo 9 della legge 24.03.1989, n. 122”. E’ necessario
accertare se i parcheggi interrati eccedenti la misura minima debbano
comunque essere esclusi ai fini del calcolo della superficie coperta. La
chiave di lettura è fornita dalle N.T.A. Oltre all’art. 9, soccorre
l’art. 13 il quale prevede che “… le costruzioni sotterranee non
potranno occupare spazi esterni al perimetro della superficie coperta
degli edifici esistenti e in progetto, …., essendo esclusivamente
consentita la costruzione di autorimesse nei limiti di 1 mq. di
superficie utile ogni 10 mc. di volume calcolato ai sensi del precedente
art. 12 …”. L’art. 12 ai sua volta, al comma 4, statuisce che
“Sono altresì escluse dal computo del volume le autorimesse private
interne all’edificio di altezza media libera non inferiore a m. 2,40 e
limitatamente alla superficie di 1 mq. ogni 10 mc. di costruzione”.
Il pianificatore comunale ha delimitato l’ambito di applicazione della
deroga alla realizzazione dei parcheggi obbligatori, con una scelta che
ad avviso del Collegio è conforme alle indicazioni del legislatore. Se è
pur vero in via logica che qualunque tipo di parcheggio per autovetture
assolve alla medesima funzione di alleviamento del traffico
automobilistico, risulta evidente che soltanto per i parcheggi
pertinenziali –nei limiti in cui questi si pongono come un obbligo che
ha valenza non solo sul piano amministrativo ma anche nei rapporti
civili– si pone un regime normativo differenziato del quale l’operatore
giuridico non può non tener conto in sede di interpretativa (T.A.R.
Friuli Venezia Giulia – 12/06/2006 n. 426). Dunque se gli spazi per
parcheggio di natura pertinenziale e obbligatoria non vanno considerati
ai fini del calcolo della volumetria complessiva consentita e dalla
determinazione della superficie coperta, per gli ulteriori parcheggi è
possibile introdurre un distinto regime giuridico, in quanto
suscettibili di incrementare il carico urbanistico. In altri termini la
disciplina dei parcheggi aggiuntivi appartiene all’autonomia
programmatoria comunale ed è il frutto di una scelta ponderata ai fini
dell’ottimale assetto del territorio. Del resto, sul piano normativo, il
D.P.R. 380/2001 qualifica espressamente come costruzione la
realizzazione di manufatti interrati (art. 3 comma 1 lett. e.1), salvo
che si tratti di opere pertinenziali; queste ultime sono considerate
nuove costruzioni solo qualora siano qualificate tali dalle norme
tecniche di attuazione degli strumenti urbanistici, ovvero qualora
realizzino comunque un volume superiore al 20% di quello principale
(art. 3 comma 1 lett. e.6). Anche la disciplina generale in materia
edilizia demanda ai Comuni la potestà di valorizzare o meno l’incidenza
dei manufatti pertinenziali. La dedotta costituzione del vincolo
pertinenziale sui parcheggi in esame non crea ostacoli alla delineata
ricostruzione, in quanto la quota eccedente la misura obbligatoria è
come già detto soggetta a libero apprezzamento del pianificatore
comunale quanto al possibile (e plausibile) incremento del carico
urbanistico
(TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 01.07.2008 n. 778
- link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
W. Fumagalli,
La
disciplina urbanistica dei parcheggi in Lombardia
- R. Rotoli,
Chi può
utilizzare i parcheggi privati
(AL n. 05/2008). |
EDILIZIA PRIVATA:
Determinazione
del costo di costruzione - Superfici
destinate a parcheggio nella misura minima
imposta per legge - Non computabili a tali
fini.
Ai fini della determinazione del costo di
costruzione, le superfici destinate a
parcheggio, nella misura minima imposta
delle vigenti normative in materia, non sono
assoggettabili ai fini del calcolo del
predetto contributo (cfr. Cons. Stato, Sez.
V, sentenza 14.10.1992 n. 987; TAR
Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza n.
1930/1997)
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez.
II,
sentenza
23.04.2008 n.
1246). |
anno 2007 |
|
EDILIZIA PRIVATA:
Parcheggi pertinenziali - Deroga ex art. 9 L. 122/1989
- Mezzi destinati alle attività produttive -
Inammissibilità.
La disposizione di cui all'art. 9 della L.
122/1989 disciplina la realizzazione di
parcheggi privati, pertinenti alle singole
unità abitative dei residenti: con la legge
"Tognoli" e con la successiva L.r. 22/1999 si
è inteso cioè incentivare la realizzazione
di parcheggi pertinenziali per
decongestionare la viabilità, nel
perseguimento dell'interesse pubblico
all'ordinato scorrimento del traffico
veicolare in corrispondenza degli edifici e
nella prospettiva che il posto-auto in
prossimità dell'abitazione entri a far parte
dell'idea di "unità abitativa" come servizio
alla stessa correlato. Se è evidente che la
normativa invocata regola la mobilità degli
autoveicoli dei soggetti privati nelle aree
urbane, non è accettabile l'opzione
interpretativa che ne estende l'applicazione
ai mezzi destinati alle attività produttive,
che amplierebbe il regime di favore
abbracciando anche i depositi di
attrezzature e macchinari aziendali: se è
vero che anche per questi si pone un ovvio
problema di viabilità, una tale opzione
appare del tutto estranea alla ratio delle
disposizioni citate in quanto investe
fattispecie radicalmente diverse per
destinazione d'uso, ingombro e tipo di
mobilità (massima tratta da
www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 05.12.2007 n. 1279
- link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
L'art. 9 della legge 24.03.1989
n. 122, nel consentire, nel sottosuolo degli
immobili o nei locali siti al piano terreno
ed anche in deroga alla vigente disciplina
urbanistica, parcheggi da destinare a
pertinenza delle singole unità immobiliari,
si applica solo all'ipotesi di fabbricati
già esistenti e non può riguardare le
concessioni edilizie rilasciate per
realizzare edifici nuovi.
L'art. 9 della legge 24.03.1989 n. 122 (c.d.
"legge Tognoli"), nel consentire, nel
sottosuolo degli immobili o nei locali siti
al piano terreno ed anche in deroga alla
vigente disciplina urbanistica, parcheggi da
destinare a pertinenza delle singole unità
immobiliari, si applica solo all'ipotesi di
fabbricati già esistenti e non può
riguardare le concessioni edilizie
rilasciate per realizzare edifici nuovi, per
i quali provvede, invece, il precedente art.
2, comma 2, che –nel sostituire l’art.
41-sexies della L.U. n. 1150/1942-
stabilisce l'obbligo di riservare appositi
spazi per parcheggi di misura non inferiore
a 1 mq. per ogni 10 mc. di costruzione (CDS,
Sez. V, 03.06.1996, n. 621)
(TAR Veneto, Sez. II,
sentenza 22.10.2007 n. 3336 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
Non sono assoggettabili al
contributo commisurato al costo di
costruzione i parcheggi obbligatori ai sensi
dell'art. 18 della legge 06.08.1967 n. 765.
In sede di
rilascio della concessione edilizia, non
sono assoggettabili al contributo
commisurato al costo di costruzione i
parcheggi obbligatori ai sensi dell'art. 18
della legge 06.08.1967 n. 765 (Sez. V, sent.
n. 987 del 14-10-1992, Comune di Milano c.
Soc. Naver Immobiliare) che ha aggiunto
l’art .41-sexies poi sostituito dall’art. 2
citato: ”Nelle nuove costruzioni ed anche
nelle aree di pertinenza delle costruzioni
stesse, debbono essere riservati appositi
spazi per parcheggi in misura non inferiore
ad un metro quadrato per ogni 10 metri cubi
di costruzione”
(TAR Veneto, Sez. II,
sentenza 22.10.2007 n. 3336 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
In ambito regionale la pertinenzialità
attualmente non è più un requisito
necessario per l’esenzione dagli oneri
concessori (art. 69 della LR 12/2005) mentre
è ancora richiesta per beneficiare della
deroga agli strumenti urbanistici (art. 66
della LR 12/2005).
Per quanto riguarda la classe dell’edificio
(ai fini della quantificazione del costo di
costruzione), in mancanza (all’epoca dei
fatti) di una norma espressa, appare
condivisibile la scelta di tenere conto
dell’intera SNR (comprese quindi le
autorimesse obbligatorie) in quanto le
caratteristiche specifiche prese in esame
dagli art. 5, 6, 7 del DM 10.05.1977
misurano qualità oggettive che si
trasmettono all’edificio nel suo complesso.
Per scegliere tra le ipotesi di calcolo
degli oneri concessori individuate dal
consulente tecnico è necessario stabilire se
i parcheggi privati ricadano nella
definizione di opere di urbanizzazione e
quindi siano sottoposti al regime di
gratuità previsto dagli art. 9 e 11 della
legge 122/1989 e dagli art. 1 e 2 della LR
22/1999.
In ambito regionale la questione è ora
positivamente risolta dall’art. 69, comma 1,
della LR 11.03.2005 n. 12, in base al quale
“i parcheggi, pertinenziali e non
pertinenziali, realizzati anche in eccedenza
rispetto alla quota minima richiesta per
legge, costituiscono opere di urbanizzazione
e il relativo titolo abilitativo è
gratuito”. Il comma 2 dell’art. 69 della
LR 12/2005 specifica che “ai fini del
calcolo del costo di costruzione, le
superfici destinate a parcheggi non
concorrono alla definizione della classe
dell'edificio”.
Prima dell’entrata in vigore della LR
12/2005, nel periodo in cui si colloca la
vicenda in esame, vi era una situazione di
incertezza, in quanto la giurisprudenza
interpretava l’art. 9 della legge 122/1999
in senso restrittivo riconoscendo la
gratuità del titolo edificatorio soltanto ai
parcheggi da adibire al servizio di edifici
già esistenti (v. CS Sez. V 24.10.2000 n.
5676) ma in ambito regionale la formulazione
ampia dell’art. 2, comma 2, della LR 22/1999
(che non distingue i parcheggi a seconda
dell’edificio a cui sono collegati) sembrava
autorizzare conclusioni diverse. Questa
seconda strada appare preferibile.
Pur senza attribuire alla sopravvenuta
disposizione dell’art. 69 della LR 12/2005
il valore di norma interpretativa, si può
mettere in relazione l’art. 2, comma 2,
della LR 22/1999 con l’art. 4, comma 4,
della LR 05.12.1977 n. 60, secondo il quale
per il calcolo degni oneri relativi agli
edifici residenziali “i volumi e gli
spazi destinati al ricovero di autovetture
non sono computati, salvo che per la quota
eccedente quella richiesta obbligatoriamente
per parcheggio”.
Quest’ultima norma (ora abrogata dalla più
ampia disciplina della LR 12/2005) era
riferibile in primo luogo ai nuovi edifici e
distingueva tra i parcheggi obbligatori e
quelli facoltativi attribuendo
implicitamente ai primi una funzione di
pubblico interesse e ai secondi una finalità
speculativa. Si può ritenere che inserendosi
in tale contesto l’art. 2, comma 2, della LR
22/1999 abbia mantenuto la distinzione
qualificando espressamente come opere di
urbanizzazione i parcheggi obbligatori
indipendentemente dal fatto che siano
collegati o meno a edifici già esistenti. A
conferma di questa conclusione si osserva
che l’utilità delle opere di urbanizzazione
ha carattere oggettivo e riguarda non solo
il singolo edificio ma il territorio nel suo
insieme, il che rende indifferente il
momento in cui i parcheggi sono realizzati.
Il Comune eccepisce che nel caso in esame
non è mai stato formalmente costituito e
trascritto un vincolo di pertinenzialità
(fatto non contestato) e dunque la
disciplina di favore non potrebbe trovare
applicazione. Questa tesi non è
condivisibile.
Come si è anticipato sopra, in ambito
regionale la pertinenzialità attualmente non
è più un requisito necessario per
l’esenzione dagli oneri concessori (art. 69
della LR 12/2005) mentre è ancora richiesta
per beneficiare della deroga agli strumenti
urbanistici (art. 66 della LR 12/2005).
Prima della LR 12/2005 la giurisprudenza
subordinava in effetti la gratuità alla
formazione di un vincolo di pertinenzialità
(v. CS Sez. V 22.12.2005 n. 7344). Occorre
peraltro osservare che il vincolo può essere
costituito anche in un momento successivo
rispetto al titolo edificatorio. Inoltre nel
caso dei parcheggi collegati a nuovi edifici
la pertinenzialità è presunta, nel senso che
l’art. 41-sexies, comma 1, della legge
1150/1942 subordina il rilascio del titolo
edificatorio alla presenza di una dotazione
minima di spazi aventi questa destinazione
(nel caso in esame la concessione edilizia
del 02.02.2001 richiama espressamente al
punto 7 l’obbligo di riservare a parcheggio
aree nella misura minima di legge).
Per i parcheggi obbligatori la costituzione
di un vincolo di pertinenza non è quindi
necessaria agli effetti urbanistici, in
quanto il collegamento con l’abitazione
principale emerge direttamente dal progetto
complessivo dell’intervento edilizio. Il
carattere automatico del vincolo può essere
osservato anche sul piano civilistico, dove
nel caso di riserva della proprietà degli
spazi obbligatori di parcheggio da parte del
costruttore-venditore sorge ex lege a
favore degli acquirenti un diritto reale
d'uso. All’epoca dei fatti questa era la
situazione consolidata. La formale
stipulazione di un vincolo ha assunto
rilevanza solo in conseguenza dell’art.
41-sexies, comma 2, della legge 1150/1942
(aggiunto dall’art. 12, comma 9, della legge
28.11.2005 n. 246), il quale per gli edifici
realizzati successivamente ha stabilito il
principio della libera commerciabilità dei
parcheggi pertinenziali (v. Cass. civ. Sez.
II 24.02.2006 n. 4264).
Sulla base delle considerazioni svolte sopra
appare corretta la soluzione descritta dal
consulente tecnico nell’ipotesi b). Il
calcolo degli oneri concessori deve quindi
essere svolto escludendo il volume e la
superficie delle sole autorimesse
obbligatorie.
Per quanto riguarda la classe dell’edificio,
in mancanza (all’epoca dei fatti) di una
norma espressa, appare condivisibile la
scelta di tenere conto dell’intera SNR
(comprese quindi le autorimesse
obbligatorie) in quanto le caratteristiche
specifiche prese in esame dagli art. 5, 6, 7
del DM 10.05.1977 misurano qualità oggettive
che si trasmettono all’edificio nel suo
complesso (TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 26.09.2007 n. 898 - link
a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: La
possibilità di realizzare parcheggi da destinare a
pertinenze di unità immobiliari, anche in deroga agli
strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi vigenti è sì
prevista dall’art. 9 della legge n. 122/1989, ma in
concreto, trattandosi di una disposizione di carattere
eccezionale, è applicabile unicamente solo alle aree urbane
e non, come a quella delle ricorrenti, alle aree poste in
zona extra urbana.
In tale senso si è più volte espressa la giurisprudenza e
sul punto il Collegio non ha motivo di discostarsi dal su
illustrato orientamento interpretativo.
In particolare, avuto riguardo alle finalità della legge n.
122/1989, collegate all’esigenza di favorire il
decongestionamento dei centri urbani mediante la
realizzazione di parcheggi in sottosuolo, la norma di cui al
citato art. 9 è di stretta interpretazione con la
conseguenza che il regime di favore da essa recato è
applicabile unicamente alle aree urbane.
Correttamente dunque, l’Amministrazione comunale con gli
atti in contestazione ha opposto il proprio diniego
rilevando l’impossibilità per un’area sita in zona agricola
di realizzare l’autorimessa ai sensi della legge n.
122/1989, come quella, appunto, progettata dalle ricorrenti.
L’immobile in relazione al quale è stata chiesta la
realizzazione di un garage nel sottosuolo ai sensi della
c.d. “legge Tognoli” è sito in zona agricola (zone
boscate normali) e questa circostanza si appalesa decisiva
ai fini della non accoglibilità della richiesta avanzata
dalle ricorrenti.
Invero, la possibilità di realizzare parcheggi da destinare
a pertinenze di unità immobiliari, anche in deroga agli
strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi vigenti è sì
prevista dall’art. 9 della legge n. 122/1989, ma in
concreto, trattandosi di una disposizione di carattere
eccezionale, è applicabile unicamente solo alle aree urbane
e non, come a quella delle ricorrenti, alle aree poste in
zona extra urbana.
In tale senso si è più volte espressa la giurisprudenza
(Cons. Stato Sezione V 11/11/2004 n. 7324; Tar Veneto
Sezione II 06/09/2002 n. 5229, questa stessa Sezione
07/06/2002 n. 1173) e sul punto il Collegio non ha motivo di
discostarsi dal su illustrato orientamento interpretativo.
In particolare, avuto riguardo alle finalità della legge n.
122/1989, collegate all’esigenza di favorire il
decongestionamento dei centri urbani mediante la
realizzazione di parcheggi in sottosuolo, la norma di cui al
citato art. 9 è di stretta interpretazione con la
conseguenza che il regime di favore da essa recato è
applicabile unicamente alle aree urbane (cfr. sentenza n.
1174/2002 di questa Sezione già citata).
Correttamente dunque, l’Amministrazione comunale con gli
atti in contestazione ha opposto il proprio diniego
rilevando l’impossibilità per un’area sita in zona agricola
di realizzare l’autorimessa ai sensi della legge n.
122/1989, come quella, appunto, progettata dalle ricorrenti.
Quanto, poi, al riferimento pure contenuto nel parere
contrario della CEC circa la pretesa alterazione dello stato
dei luoghi dal punto di vista ambientale, è indubbio che
l’immobile è collocato in zona sottoposta a vincolo
paesaggistico e comunque, al di là dell’apprezzamento
espresso dalla Commissione in ordine "all’impatto
ambientale” pure in ipotesi possibile, il diniego di
rilascio di concessione risulta legittimamente giustificato
e sufficientemente motivato in relazione alla espressa
preclusione all’applicabilità della norma di cui all’art. 9
già menzionato per le autorimesse da realizzarsi in area
extraurbana.
Per le suesposte considerazioni il ricorso si appalesa
infondato e va, perciò, respinto (TAR Toscana, Sez. III,
sentenza 29.05.2007 n. 817 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
In zona agricola non è
applicabile la normativa della cosiddetta “legge Tognoli”
che consente la realizzazione di autorimesse nel sottosuolo
anche in deroga gli strumenti urbanistici, essendo questa
consentita solo nelle zone residenziali, e ciò a prescindere
dall'ulteriore considerazione postulante l'esclusione della
deroga in presenza di vincoli ambientali.
Va poi ribadito che trattandosi di intervento in zona
agricola non è applicabile, per giurisprudenza pacifica, la
normativa della cosiddetta “legge Tognoli” che
consente la realizzazione di autorimesse nel sottosuolo
anche in deroga gli strumenti urbanistici, essendo questa
consentita solo nelle zone residenziali, e ciò a prescindere
dall'ulteriore considerazione postulante l'esclusione della
deroga in presenza di vincoli ambientali (TAR Veneto, Sez.
II,
sentenza 02.05.2007 n. 1331 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: 1. Determinazione contributo di costruzione - Azionabilità - Termine.
2. Parcheggi pertinenziali obbligatori - Regime di gratuità.
1. In tema di contributo di costruzione, rientrante nella giurisdizione
esclusiva del giudice amministrativo, la pretesa del privato diretta
alla esatta determinazione del contributo dovuto si atteggia come
diritto soggettivo, la cui azionabilità, in sede giurisdizionale, non è
subordinata né alla impugnativa di un atto amministrativo formale, né
all'osservanza del termine perentorio di decadenza, bensì di quello
ordinario di prescrizione (cfr. Cons. St., sez. V, 14.12.1994, n.
1471; 16.12.1993, n. 1317 e 31.10.1992, n. 1145).
2. In sede di rilascio della concessione edilizia, non sono
assoggettabili al contributo commisurato al costo di costruzione e agli
oneri di urbanizzazione i parcheggi c.d. obbligatori fissati dall'art.
41-sexies della legge n. 1150/1942 (cfr. Cons. St., sez. V, n.
987/1992). Il regime di gratuità riguarda, dunque, soltanto i parcheggi
di pertinenza delle nuove costruzioni nei limiti della dotazione
obbligatoria, che fanno corpo con le stesse o che vengono realizzati in
aree pertinenziali (cfr. TAR Lombardia, sez. II, 4324/1999) (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza
17.04.2007 n. 1779
- massima tratta da www.solom.it - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA: I box -sino al rapporto di 1 mq./10 mc.- non soggiaciono al pagamento del costo
di costruzione.
Costituisce orientamento uniforme della
giurisprudenza amministrativa quello secondo
cui, in sede di rilascio della concessione
edilizia, non sono assoggettabili al
contributo commisurato al costo di
costruzione i parcheggi c.d. obbligatori di
cui all'art. 41-sexies della legge n.
1150/1942 (cfr. Cons. St., Sez. V, n.
987/1992).
Il regime di gratuità (oneri + costo di
costruzione) riguarda soltanto i parcheggi
di pertinenza delle nuove costruzioni nei
limiti della dotazione obbligatoria, che
fanno corpo con le stesse o che vengono
realizzati in aree pertinenziali (cfr. TAR
Lombardia-Milano, Sez. II, n. 4324/1999)
(TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza
29.03.2007 n. 1314). |
EDILIZIA
PRIVATA: La superficie utilizzata per la
realizzazione dei parcheggi (la cui ampiezza
non ecceda i minimi fissati dalla legge) non
può essere computata per la determinazione
degli oneri di urbanizzazione e del costo di
costruzione.
La giurisprudenza amministrativa ha
considerato gli spazi di manovra -come, tra
l'altro, le rampe di accesso- non
computabili come spazi di parcheggio (cfr.
TAR Campania-Salerno, n. 2602/2003) e ciò
non sembra poter essere revocato in dubbio
atteso che tali aree non sono adibite al
ricovero degli autoveicoli ma a facilitare
l'accesso degli utenti ai relativi box. Gli
spazi di manovra, in funzione della funzione
di facilitare l'accesso alle autorimesse,
sono "serventi" rispetto ai parcheggi tanto
che sarebbe paradossale assoggettare tali
aree al pagamento degli oneri in argomento
quando i garege/box sono esclusi. Non può
essere condivisa l'ulteriore conseguenza che
il Comune fa discendere dal predetto
ragionamento ovvero che gli spazi di manovra
concorrono al calcolo della superficie
complessiva ai fini dell'assegnazione della
classe di edificio e dell'individuazione
della aliquota da applicare per determinare
il costo di costruzione.
Quanto sopra risulta, poi, confermato dalle
previsioni contenute nell'art. 69 della L.R.
n. 12/2005 (non applicabile, ratione
temporis, alla fattispecie in esame ma
espressiva di un principio già esistente ed
ora codificato) secondo cui "ai fini del
calcolo del costo di costruzione, le
superfici destinate a parcheggi non
concorrono alla definizione della classe di
edificio". Ora, se i parcheggi non
concorrono alla definizione della classe di
edificio, appare irragionevole affermare il
contrario con riferimento agli spazi di
manovra i quali, "servendo" -come detto- a
facilitare l'accesso degli utenti alle
autorimesse, sono esclusi dal calcolo
relativo agli oneri di urbanizzazione; da
ciò consegue che tali spazi non possono
essere computati nella superficie
complessiva ai fini della definizione della
classe di edificio per la determinazione
della classe di edificio per la
determinazione del costo di costruzione (TAR
Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza
21.03.2007 n. 650). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Struttura autonoma destinata a parcheggio realizzata
con l’edificazione di cinque piani - Edificazione in deroga
ex art. 9 legge Tognoli - Applicabilità - Esclusione.
La struttura autonoma destinata a parcheggio, realizzata con
l’edificazione di cinque piani fuori terra, non rientra
nell’ipotesi di edificazione in deroga agli strumenti
urbanistici, di cui alla legge Tognoli (articolo 9 L.
122/1989), ostandovi la stessa lettera della norma, riferita
a parcheggi pertinenziali di immobili privati da realizzare
nel sottosuolo o nei locali siti al piano
terreno dei fabbricati (TRIBUNALE di Cosenza, Sez. II penale,
ordinanza 20.03.2007
- link a www.ambientediritto.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Parcheggi
eccedenti gli standard di legge - Pagamento contributo commisurato al
costo di costruzione-Ammissibilità.
Non sono assoggettati al contributo commisurato al costo di
costruzione i parcheggi obbligatori; tale contributo può essere solo
preteso per la quota eccedente gli standard di legge (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 08.03.2007 n. 375
- massima tratta da www.solom.it - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: I
box in deroga (ex lege Tognoli) possono essere realizzati solamente
nelle aree urbane.
La possibilità prevista dall’art. 9 della legge “Tognoli” di realizzare
parcheggi da destinare a pertinenze delle singole unità immobiliari,
anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi
vigenti, costituisce, infatti, disposizione di carattere eccezionale, da
interpretarsi nel suo significato strettamente letterale ed in
considerazione delle finalità del testo legislativo in cui essa è
inserita (Cons. Stato, sez. V, 11.11.2004, n. 7325).
Ne deriva che tale disposizione è applicabile alla costruzione di
parcheggi nelle sole aree urbane, mentre le consimili iniziative
edificatorie nelle aree extraurbane restano assoggettate alle ordinarie
prescrizioni urbanistiche ed edilizie (cfr. TAR Toscana, sez. III,
19.12.2000, n. 2533; TAR Veneto, sez. II, 06.09.2002, n. 5229; Cons.
Stato, sez. V, 11.11.2004, n. 7325)
(TAR Piemonte, Sez. II,
sentenza 07.03.2007 n.
1157). |
EDILIZIA PRIVATA:
In ambito regionale (Lombardia)
la pertinenzialità attualmente non è più un
requisito necessario per l’esenzione dagli
oneri concessori (art. 69 della LR 12/2005)
mentre è ancora richiesta per beneficiare
della deroga agli strumenti urbanistici
(art. 66 della LR 12/2005).
E' necessario stabilire se i parcheggi
privati ricadano nella definizione di opere
di urbanizzazione e quindi siano sottoposti
al regime di gratuità previsto dagli art. 9
e 11 della legge 122/1989 e dagli art. 1 e 2
della LR 22/1999. In ambito regionale la
questione è ora positivamente risolta
dall’art. 69, comma 1, della LR 11.03.2005
n. 12, in base al quale “i parcheggi,
pertinenziali e non pertinenziali,
realizzati anche in eccedenza rispetto alla
quota minima richiesta per legge,
costituiscono opere di urbanizzazione e il
relativo titolo abilitativo è gratuito”.
Il comma 2 dell’art. 69 della LR 12/2005
specifica che “ai fini del calcolo del
costo di costruzione, le superfici destinate
a parcheggi non concorrono alla definizione
della classe dell'edificio”.
Prima dell’entrata in vigore della LR
12/2005, nel periodo in cui si colloca la
vicenda in esame, vi era una situazione di
incertezza, in quanto la giurisprudenza
interpretava l’art. 9 della legge 122/1999
in senso restrittivo riconoscendo la
gratuità del titolo edificatorio soltanto ai
parcheggi da adibire al servizio di edifici
già esistenti (v. CS Sez. V 24.10.2000 n.
5676) ma in ambito regionale la formulazione
ampia dell’art. 2 comma 2 della LR 22/1999
(che non distingue i parcheggi a seconda
dell’edificio a cui sono collegati) sembrava
autorizzare conclusioni diverse. Questa
seconda strada appare preferibile. Pur senza
attribuire alla sopravvenuta disposizione
dell’art. 69 della LR 12/2005 il valore di
norma interpretativa, si può mettere in
relazione l’art. 2, comma 2, della LR
22/1999 con l’art. 4 comma 4 della LR
05.12.1977 n. 60, secondo il quale per il
calcolo degni oneri relativi agli edifici
residenziali “i volumi e gli spazi
destinati al ricovero di autovetture non
sono computati, salvo che per la quota
eccedente quella richiesta obbligatoriamente
per parcheggio”.
Quest’ultima norma (ora abrogata dalla più
ampia disciplina della LR 12/2005) era
riferibile in primo luogo ai nuovi edifici e
distingueva tra i parcheggi obbligatori e
quelli facoltativi attribuendo
implicitamente ai primi una funzione di
pubblico interesse e ai secondi una finalità
speculativa. Si può ritenere che inserendosi
in tale contesto l’art. 2, comma 2, della LR
22/1999 abbia mantenuto la distinzione
qualificando espressamente come opere di
urbanizzazione i parcheggi obbligatori
indipendentemente dal fatto che siano
collegati o meno a edifici già esistenti. A
conferma di questa conclusione si osserva
che l’utilità delle opere di urbanizzazione
ha carattere oggettivo e riguarda non solo
il singolo edificio ma il territorio nel suo
insieme, il che rende indifferente il
momento in cui i parcheggi sono realizzati.
Il Comune eccepisce che, nel caso in esame,
non è mai stato formalmente costituito e
trascritto un vincolo di pertinenzialità
(fatto non contestato) e dunque la
disciplina di favore non potrebbe trovare
applicazione.
Questa tesi non è
condivisibile.
Come si è anticipato sopra, in ambito
regionale la pertinenzialità attualmente non
è più un requisito necessario per
l’esenzione dagli oneri concessori (art. 69
della LR 12/2005) mentre è ancora richiesta
per beneficiare della deroga agli strumenti
urbanistici (art. 66 della LR 12/2005).
Prima della LR 12/2005 la giurisprudenza
subordinava in effetti la gratuità alla
formazione di un vincolo di pertinenzialità
(v. CS Sez. V 22.12.2005 n. 7344). Occorre
peraltro osservare che il vincolo può essere
costituito anche in un momento successivo
rispetto al titolo edificatorio. Inoltre nel
caso dei parcheggi collegati a nuovi edifici
la pertinenzialità è presunta, nel senso che
l’art. 41-sexies, comma 1, della legge
1150/1942 subordina il rilascio del titolo
edificatorio alla presenza di una dotazione
minima di spazi aventi questa destinazione.
Per i parcheggi obbligatori la costituzione
di un vincolo di pertinenza non è quindi
necessaria agli effetti urbanistici, in
quanto il collegamento con l’abitazione
principale emerge direttamente dal progetto
complessivo dell’intervento edilizio. Il
carattere automatico del vincolo può essere
osservato anche sul piano civilistico, dove
nel caso di riserva della proprietà degli
spazi obbligatori di parcheggio da parte del
costruttore-venditore sorge ex lege a
favore degli acquirenti un diritto reale
d'uso. All’epoca dei fatti questa era la
situazione consolidata. La formale
stipulazione di un vincolo ha assunto
rilevanza solo in conseguenza dell’art.
41-sexies comma 2 della legge 1150/1942
(aggiunto dall’art. 12 comma 9 della legge
28.11.2005 n. 246), il quale per gli edifici
realizzati successivamente ha stabilito il
principio della libera commerciabilità dei
parcheggi pertinenziali (v. Cass. civ. Sez.
II 24.02.2006 n. 4264) (TAR
Lombardia-Brescia,
sentenza 25.01.2007 n. 898 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2006 |
|
EDILIZIA PRIVATA:
Il box da realizzarsi al di fuori
del perimetro dell’originario fabbricato
deve essere completamente interrato non
rilevando, per dato letterale e logico
inequivocabile, il fatto che la struttura
risulti interrata parzialmente su due lati.
L’art. 9 della L. n. 122/1989 distingue a
seconda che i parcheggi da destinare a
pertinenza delle singole unità immobiliari
siano realizzati all'interno del perimetro
del fabbricato esistente ovvero (dopo la
modifica di cui all’art. 17 della legge n.
127/1997) in aree pertinenziali esterne.
Nella prima fattispecie, infatti, è ammessa
la realizzazione nel sottosuolo degli
immobili ovvero nei locali siti al piano
terreno; nella seconda fattispecie il
parcheggio può essere realizzato unicamente
"nel sottosuolo".
In quest’ultima ipotesi rientra il caso di
specie.
Ne consegue che il manufatto, da realizzarsi
al di fuori del perimetro dell’originario
fabbricato, doveva essere completamente
interrato non rilevando, per dato letterale
e logico inequivocabile, il fatto che la
struttura risultasse interrata parzialmente
su due lati (cfr. sul punto TAR Toscana, III,
15.01.2004, n. 13; v. anche per alcuni
profili Cons. giust. amm. Sicilia, sez.
giurisd., 26.06.2000, n. 299).
Più esattamente una tale conclusione trova
conforto sul piano letterale nel riferimento
alla realizzazione del parcheggio nel solo
sottosuolo (senza aperture alla
ammissibilità di un parcheggio seminterrato
e in contrapposizione alla più ampia deroga
nella ipotesi di parcheggio all’interno
dell’originario perimetro del fabbricato) e
sul piano logico nella natura eccezionale e
di stretta interpretazione della norma
derogatoria (CGARS,
sentenza 27.10.2006 n. 588 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: La
realizzazione di autorimesse e parcheggi
destinati al servizio di fabbricati
esistenti è soggetta ad autorizzazione
gratuita esclusivamente se effettuata
totalmente al di sotto del piano di campagna
naturale.
Le autorimesse edificate fuori terra non
rientrano nell’ambito di operatività
dell’art. 9 l. 24.03.1989 n. 122, sicché
sono soggette alla disciplina urbanistica
come ordinarie nuove costruzioni.
Per quanto
riguarda l’autorimessa, in sede progettuale
risulta dichiarato che la stessa era
costruita ai sensi della legge Tognoli n.
122 del 1989: è quindi presumibile che sulla
relativa volumetria non siano stati
corrisposti gli oneri concessori, in quanto
i parcheggi pertinenziali sono assimilati ad
opere di urbanizzazione assentibili
gratuitamente (cfr. art. 11 L. n. 122 del
1989 in relazione all’art. 9, lettera f), L.
n. 10 del 1977).
Indipendentemente da tale questione, il
locale di cui si tratta –risultando non
interrato- non rientra nella previsione
legale di gratuità della concessione e va
quindi computato ai fini della stima
dell’incremento.
In tal senso, la Suprema Corte ha osservato
che la realizzazione di autorimesse e
parcheggi destinati al servizio di
fabbricati esistenti è soggetta ad
autorizzazione gratuita esclusivamente se
effettuata totalmente al di sotto del piano
di campagna naturale (Cass. Sez. III n.
26825 del 2003).
Aderisce a tale orientamento la
giurisprudenza di questo Consiglio di Stato,
rilevando che le autorimesse edificate fuori
terra non rientrano nell’ambito di
operatività dell’art. 9 l. 24.03.1989 n.
122, sicché sono soggette alla disciplina
urbanistica come ordinarie nuove costruzioni
(cfr. V Sez. n. 1662 del 2004).
Nel caso in esame, l’esame delle risultanze
progettuali e fotografiche induce il
Collegio ad escludere che il locale in
questione –sostanzialmente scoperto per tre
lati– possa qualificarsi come interrato, il
che del resto nemmeno gli appellanti
pervengono mai a sostenere.
Se a ciò si aggiunge che –come decisivamente
rilevato dal comune– il vincolo
pertinenziale non risulta mai apposto al
manufatto, deve concludersi per la
computabilità del relativo volume
(Consiglio
di Stato, Sez. IV,
sentenza 11.10.2006 n. 6065 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA: Parcheggi sotterranei: deroga ai
regolamenti edilizi e alle norme del codice
civile.
La dizione usata dal legislatore nell’art. 9,
primo comma, della legge 24.03.1989 n. 122,
il quale consente ai proprietari di immobili
di realizzare "nel sottosuolo degli stessi
ovvero nei locali siti al piano terreno dei
fabbricati parcheggi da destinare a
pertinenza delle singole unità immobiliari,
anche in deroga agli strumenti urbanistici
ed ai regolamenti edilizi vigenti", deve
essere interpretata estensivamente, e quindi
come comprensiva anche dei box seminterrati,
purché realizzati entro l’area di pertinenza
dell’immobile.
La possibilità di derogare agli strumenti
urbanistici e ai regolamenti edilizi vigenti
rende derogabili anche le norme sulle
distanze delle costruzioni dai confini di
proprietà, in quanto, a fronte di una
disciplina speciale dettata dalla superiore
esigenza di contrastare la congestione
ambientale, la disciplina delle distanze,
preposta alla salvaguardia di interessi
prevalentemente privatistici di buon
vicinato e di ordinato esercizio della
proprietà, deve necessariamente recedere
(TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza
05.07.2006 n. 1715 - link a www.altalex.com). |
EDILIZIA
PRIVATA: Lombardia, ancora sulla questione
della gratuità o meno dei box.
Dopo l'entrata in vigore della l.r. n.
12/2005, la quale ha testualmente
riconosciuto la gratuità dei parcheggi
pertinenziali e non -realizzati anche in
eccedenza rispetto alla quota minima
richiesta per legge, abbiamo notizia
dell'unica sentenza secondo cui,
implicitamente, avalla la tesi dell'esonero
generalizzato dal pagamento del contributo
di costruzione (oneri e costo) ma nulla dice
se gli stessi concorrano o meno alla
determinazione della classe dell'edificio
per la quantificazione del costo di
costruzione (TAR Lombardia-Brescia,
sentenza
03.05.2006 n. 449). |
EDILIZIA
PRIVATA: Parcheggi - Spazi di manovra -
Pagamento oneri di urbanizzazione e costo di
costruzione.
La superficie utilizzata per la
realizzazione di parcheggi, la cui ampiezza
non eccede i minimi fissati dalla legge, non
può essere computata per la determinazione
degli oneri di urbanizzazione e del costo di
costruzione. Gli spazi di manovra - non
computabili come aree di parcheggio -ma tesi
a facilitare l'accesso alle autorimesse-
sono serventi rispetto ai parcheggi -tanto
che sarebbe paradossale assoggettare tali
aree al pagamento degli oneri in argomento
quando i garage/box sono esclusi.
I parcheggi non concorrono alla definizione
della classe di edificio. Appare, pertanto,
irragionevole affermare il contrario con
riferimento agli spazi di manovra. Gli spazi
di manovra, non possono essere computati
nella superficie complessiva del complesso
immobiliare ai fini della definizione della
classe di edificio par la determinazione del
costo di costruzione (TAR Lombardia-Milano,
Sez. II,
sentenza 21.03.2006
n. 650 - massima
tratta da www.solom.it). |
EDILIZIA
PRIVATA:
La giurisprudenza ha chiarito che il concetto di
“nuova costruzione” di cui all’art. 41-sexies della l. n.
1150/1942 riguarda non solo la realizzazione di un manufatto
su un’area libera, ma anche ogni intervento di
ristrutturazione che rende un manufatto oggettivamente
diverso da quello preesistente, in ragione dell’entità delle
modifiche, tenendo presente che l’oggettiva diversità del
manufatto, come emerge dall’art. 8 della l. n. 47/1985, si
ha per il solo fatto del sussistere di un mutamento della
destinazione d’uso implicante la variazione degli standard.
Con il primo motivo di ricorso viene dedotta l’illegittimità
del diniego impugnato perché, al contrario di quanto
sostenuto dal Comune, alla fattispecie in esame non sarebbe
applicabile la disciplina posta in materia di parcheggi
dalla l. n. 122/1989.
In particolare, l’art. 2 della l. n. 122 cit., nel
modificare il testo dell’art. 41-sexies della l. n.
1150/1942, imporrebbe una dotazione minima di aree destinate
a parcheggio (in misura non inferiore a mq. 1 per ogni 10 mc.
di costruzione) solo per le nuove costruzioni, ossia per le
costruzioni successive all’entrata in vigore della predetta
l. n. 122/1989.
Tale disciplina non riguarderebbe, pertanto, l’immobile per
cui è stata richiesta la sanatoria, trattandosi di edificio
risalente agli anni Venti del Novecento.
La censura non è condivisibile.
Sul punto, infatti, in disparte l’eccezione di
inammissibilità sollevata dalla difesa comunale per avere la
ricorrente stessa richiesto di soddisfare il fabbisogno di
parcheggi indotto dalla destinazione commerciale impressa
all’edificio utilizzando il cortile interno di questo, deve
ritenersi infondata l’asserzione contenuta nel ricorso circa
l’inapplicabilità al caso di specie della disciplina in tema
di parcheggi di cui all’art. 41-sexies della l. n.
1150/1942.
Ed infatti, la giurisprudenza ha chiarito che il concetto di
“nuova costruzione” di cui all’art. 41-sexies della
l. n. 1150/1942 riguarda non solo la realizzazione di un
manufatto su un’area libera, ma anche ogni intervento di
ristrutturazione che rende un manufatto oggettivamente
diverso da quello preesistente, in ragione dell’entità delle
modifiche, tenendo presente che l’oggettiva diversità del
manufatto, come emerge dall’art. 8 della l. n. 47/1985, si
ha per il solo fatto del sussistere di un mutamento della
destinazione d’uso implicante la variazione degli standard
(C.d.S., Sez. V, 03.02.1999, n. 98; idem, 22.06.1998, n.
921; TAR Emilia Romagna, Bologna, Sez. II, 27.11.2000, n.
940).
Tanto premesso, ritiene il Collegio che nell’ora visto
concetto di “nuova costruzione” ex art. 41-sexies
cit. vada ricompreso anche l’immobile per cui è causa. Ed
infatti, per quest’ultimo si deve ritenere intervenuto al
tempo del contratto di locazione con la Villa Belvedere
S.r.l., cioè nel 1997 –dunque in epoca successiva
all’entrata in vigore della l. n. 122/1989– quel mutamento
di destinazione d’uso (da residenziale a commerciale)
implicante la variazione degli standard che si è appena
visto essere il criterio che consente di qualificare
l’intervento appunto come una “nuova costruzione”.
Ne segue che nella fattispecie in esame debbono senz’altro
applicarsi i criteri in materia di parcheggi di cui all’art.
41-sexies della l. n. 1150/1942 (TAR
Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 03.03.2006 n. 571). |
anno 2005 |
|
EDILIZIA PRIVATA -
LAVORI PUBBLICI: Cessione
del diritto di superficie su aree pubbliche
per la realizzazione di parcheggi.
●
La legge 24.03.1989 n. 122 e s.m. e la legge
regionale Liguria 25.03.1997 n. 10
perseguono entrambe la finalità di
promuovere la realizzazione di immobili
destinati a parcheggi sia pubblici sia
privati, anche al fine di decongestionare il
traffico, prevedendo una serie di
agevolazioni di natura finanziaria.
●
Per accedere alle suddette agevolazioni, le
amministrazioni interessate, come stabilito
dall’art. 3 della legge n. 122/1989, sono
tenute a redigere ed approvare il piano
urbano dei parcheggi (P.U.P.), indicando le
localizzazioni e i dimensionamenti dei
parcheggi in relazione ai fabbisogni e al
piano urbano del traffico.
●
I parcheggi definiti “privati” e “pertinenziali”,
previsti dai commi 1 e 2 dell’art. 9 della
citata legge n. 122/1989, sono privati in
senso stretto, in quanto sono realizzati nel
sottosuolo o nel piano terreno di immobili
privati e sono soggetti a denuncia di inizio
attività.
●
I parcheggi disciplinati dal comma 4 del
medesimo articolo non possono ritenersi
tali, in quanto, pur previsti per essere
destinati a pertinenza di immobili privati,
gli stessi vengono realizzati su aree
pubbliche e rientrano nella nozione di “opere
pubbliche”, che soddisfano esigenze di
interesse generale (il decongestionamento
del traffico), sono inserite in un atto di
programmazione territoriale (P.U.P.) sono
opere di urbanizzazione cedute al privato
esclusivamente in diritto di superficie e
destinate a ritornare, allo scadere del
termine di durata del diritto superficiario,
in regime di piena proprietà nel patrimonio
dell’ente interessato.
●
Trattandosi di opere pubbliche, per la
realizzazione di parcheggi con le
caratteristiche sopra richiamate, non può
essere costituito sic et simpliciter
un diritto di superficie in favore di
privati, i quali realizzano a propria cura e
spese le relative opere, ma deve
necessariamente trovare applicazione la
disciplina sui lavori pubblici di cui alla
legge 11.02.1994, n. 109 e s.m., con
conseguente scelta del costruttore con le
procedure ivi contemplate. Per le
fattispecie in esame la modalità che
correttamente trova applicazione è la
concessione di costruzione e gestione.
●
Gli interventi che interessano aree esterne
ad edifici scolastici, impianti sportivi e
un parcheggio da cedere in parte allo stesso
ente interessato sono qualificabili come
opere pubbliche, in quanto direttamente
finalizzati alla loro fruibilità da parte
della collettività e realizzabili, pertanto,
con le procedure indicate nella stessa legge
quadro (determinazione
13.10.2005 n. 8 - link a
www.autoritalavoripubblici.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Deve
osservare il Collegio che se “il comma 1 dell'art. 9 l.
24.03.1989 n. 122 (nel testo originario) era stato già
interpretato dalla giurisprudenza nel senso che consentisse
la realizzazione di parcheggi in deroga agli strumenti
urbanistici ed ai regolamenti edilizi, anche se collocati in
cortili o aree esterne adiacenti al fabbricato, e senza
necessità di osservanza delle norme di piano sulle distanze
dai confini; interpretazione che poi ha ricevuto il conforto
normativo dall'art. 17, comma 90, l. 15.05.1997 n. 127”,
allora se ne deve dedurre che non può essere condivisa la
tesi (pure sostenuta da alcune pronunce di merito) sulla
natura eccezionale della norma e sulla conseguente natura
tassativa delle sue previsioni e delle sue elencazioni.
Considerate le finalità di pubblico interesse dei parcheggi
a servizio degli edifici residenziali, desumibili dalle
disposizioni di cui alla legge 1150/1942, art. 41-sexies,
per come modificato dall'art. 18 l. 06.08.1967 n. 765 deve
quindi disattendersi l'argomento difensivo della
interveniente secondo il quale non sarebbero possibili
interpretazioni del termine “sottosuolo”, diverse dal tenore
strettamente letterale e compatibili con una condizione del
manufatto di “seminterrato”.
In tal senso, la norma è di stretta interpretazione quanto
alle condizioni espresse della sua applicazione: essa quindi
si applicherà solo con riferimento a posteggi pertinenziali
“nel senso che devono essere al servizio di *singole unità
immobiliari*” nonché in favore dei soli “residenti”,
implicando la coincidenza soggettiva tra i richiedenti ed i
proprietari dell'immobile, dal momento che il legislatore ha
inteso prevedere la deroga al regime urbanistico e
concessorio (ossia introducendo un regime semplificato ed a
titolo gratuito) per i soli residenti e non per tutti gli
usi dell'immobile come ad es. quello commerciale.
Quanto invece al regime interpretativo del termine
“sottosuolo” ritiene il Collegio che non si possa che
aderire a quelle massime che considerano il box interrato su
due lati come compreso nella sfera di applicazione della
norma in esame, riportate dalla difesa della ricorrente, per
due ordini di ragioni.
Il primo è testuale. Recita infatti la norma: “I
proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo
degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei
fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle singole
unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti
urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti. Tali
parcheggi possono essere realizzati, ad uso esclusivo dei
residenti, anche nel sottosuolo di aree pertinenziali
esterne al fabbricato, purché non in contrasto con i piani
urbani del traffico, tenuto conto dell'uso della superficie
sovrastante e compatibilmente con la tutela dei corpi
idrici. Restano in ogni caso fermi i vincoli previsti dalla
legislazione in materia paesaggistica ed ambientale ed i
poteri attribuiti dalla medesima legislazione alle regioni e
ai Ministeri dell'ambiente e per i beni culturali ed
ambientali…(omississ)”.
La norma pone dunque limiti espressi e precisi, quali
condizioni della facoltà dei privati di utilizzare il
sottosuolo delle aree pertinenziali: ossia il rispetto dei
piani urbani del traffico, il rispetto della tutela
paesaggistica ed ambientale e la tutela dei corpi idrici.
All'interno di queste “coordinate” non si comprende quale
ragione teleologica possa consentire all'interprete di
affermare che il termine “sottosuolo” sia equivalente (con
esclusività) alla locuzione “totalmente interrato”. Tale
interpretazione appare infatti solo il frutto di una lettura
“semantica” del termine, lettura che, anche sotto questo
aspetto, presenta peraltro evidenti limiti.
Vero è che, di norma, il termine “sottosuolo” sta ad
indicare la porzione di spazio sottostante il piano di
calpestio, o di campagna; ma è altrettanto vero che se il
terreno è ad andamento non pianeggiante o irregolare, come
avviene nel caso di specie ove è pacifico in punto di fatto
che attorno alla zona oggetto di insediamento del manufatto,
sussistono quote altimetriche differenti, allora nella
stessa locuzione indicata non può che intendersi ricompreso
anche il senso di “porzioni di spazio sottostante ad alcune
quote di livello e coincidenti o sovrastanti ad altre”.
In altri termini e sotto un secondo profilo, quello
che appare essenziale, ai fini del rispetto della norma sul
punto e delle finalità di decongestione del parcheggio
veicolare su strade urbane (elemento, questo sì, di stretta
interpretazione laddove la norma non è applicabile in
ipotesi di edifici in zona agricola o comunque extraurbani)
è che il garage sia realizzato utilizzando aree
pertinenziali all'edificio residenziale cui è a servizio,
che sia vincolato con destinazione non modificabile, non sia
suscettibile cioè di vendita separata e che rispetti le
esigenze inderogabili individuate dalla stessa norma.
Nel rispetto di queste, trovano spazio le finalità di
preminente interesse pubblico che hanno spinto il
legislatore a costituire un regime normativo di favore per
incentivare i privati a ricorrere a posteggi “all'esterno”
della sede stradale e qualsiasi limitazione alla
realizzazione di questo interesse pubblico, diversa dai
limiti già previsti dalla norma, deve intendersi come non
compatibile con le finalità in esame.
Sotto il profilo ricostruttivo della fattispecie, poi, ai
fini delle volumetrie e delle cubature, si richiede che il
garage sia posto al di sotto del piano di campagna, ragione
per cui si giustifica la deroga allo strumento urbanistico
ed al regolamento edilizio. Ma se il piano di calpestio o di
campagna è inserito in un contesto ad andatura irregolare,
ossia possiede diversi livelli di calpestio, allora deve
essere preso a riferimento un piano prevalente, a meno di
non voler sostenere che debba essere interamente sottostante
al piano più basso in assoluto.
Se dev'essere dunque individuato un piano prevalente, ossia
una quota “zero” di riferimento, questo non può che essere
individuato in quello dell'abitazione di cui è pertinenza,
considerando la destinazione quale vincolo edilizio ed
urbanistico atto ad associare la “potenziale” volumetria ad
un immobile assentito già esistente e quindi creare un
“unicum” edilizio.
Quindi appare condivisibile la tesi della interpretabilità
estensiva della norma sul punto del termine “sottosuolo”,
secondo la quale ad un box seminterrato (ossia interrato per
almeno due lati) è applicabile l'art. 9 cit.; (si aggiunge)
che nel caso di un andamento del suolo non pianeggiante, ciò
è possibile a patto che il manufatto sia sottostante al
piano di calpestio del “piano terra” del fabbricato
principale. Ciò che sul piano della fattispecie dedotta in
giudizio appare convincente, quanto alla fondatezza della
tesi della ricorrente, è che il manufatto è del tutto
sottostante alla quota di calpestio del giardino della
abitazione cui è a servizio.
I) Con il quarto motivo di ricorso, terzo motivo
aggiunto, deduce la ricorrente che l'Amministrazione,
nell'annullare il provvedimento ampliativo a suo tempo
rilasciato, avrebbe errato nel non considerare applicabile
alla fattispecie in esame l'art. 9, comma I, l. 24.03.1989,
n. 122. Il provvedimento di annullamento, infatti, sarebbe
motivato, in punto di diritto, con riferimento alla
circostanza che, non essendo il garage totalmente interrato,
non sussisterebbero le condizioni previste dalla legge per
l'autorizzazione in deroga alla normativa urbanistica
(strumenti urbanistici e regolamento edilizio).
Tale motivazione sarebbe errata in quanto secondo la
giurisprudenza richiamata dalla ricorrente (Cons. Stato, V,
03.07.1995 n. 1007 e TAR Piemonte, 04.06.2003, nr. 831) la
dizione di cui all'art. 9 cit. sarebbe da interpretarsi
estensivamente, ricomprendendo anche la tipologia dei box
seminterrati nella sua sfera di applicazione. In punto di
fatto, deduce ancora la ricorrente, essendo il manufatto
realizzato interrato sui due lati ed inferiore alla quota di
calpestio del giardino di proprietà della ricorrente, cui lo
stesso garage accede pertinenzialmente, le condizioni
imposte dalla norma sarebbero rispettate.
Oppongono l'Amministrazione resistente e l'interveniente che
la natura eccezionale della norma invocata dalla ricorrente,
ne impone una interpretazione letterale e rigorosa,
conducendo l'interprete a dover ritenere che siano
ammissibili, quanto ai garage esterni ricadenti su terreno
di proprietà, pertinenza dell'edificio, solo il tipo dei
garage interamente interrati. Anche la difesa della
resistente allega massime giurisprudenziali ad essa
favorevoli (cfr. tra le altre TAR Molise, 05.03.2004, nr.
141, TAR Calabria Catanzaro, II, 14.11.2002, n. 2921; CdS,
V, 29.03.2004, nr. 1662).
Secondo la difesa del Comune, inoltre, la interpretazione
estensiva cui fa riferimento la ricorrente sarebbe stata
sostenuta da arresti giurisprudenziali anteriori alla
riforma di cui alla legge 127/1997 che ha previsto, all'art.
17, comma 90, la modifica dell'art. 9 della legge 122/1989,
inserendo in essa la previsione della possibilità di
realizzare i parcheggi interrati nel sottosuolo delle aree
pertinenziali; detta riforma avrebbe perciò assorbito (ed
esaurito nella sua previsione tassativa e di stretto rigore
interpretativo) la portata innovativa delle pronunce cui si
rifà il ricorrente. Analogamente, anche la difesa
dell'interveniente sostiene la non applicabilità della legge
Tognoli al caso di specie, rifacendosi anch'essa a pronunce
di segno contrario alla tesi del ricorrente (tra le quali in
particolare, CGA, 26.06.2000, nr. 29 che afferma la non
applicabilità dell'art. 9 l. cit. a struttura autonoma
seppure per due lati interrata).
Nella memoria depositata il 26.04.2005, la ricorrente, oltre
a ribadire le proprie argomentazioni difensive, allegando
altra pronuncia favorevole (TAR Lazio, Roma, II, 22.05.1998,
nr. 979), contesta le tesi difensive delle parti resistenti,
deducendo che le massime riportate a loro dimostrazione sono
riferibili tutte a situazioni diverse da quella in esame.
Particolarmente con riferimento alla decisione del CGA
299/2000, rileva che si tratta di fattispecie di fatto
verificatasi prima dell'entrata in vigore della modifica di
cui alla legge 127/1997 e quindi con riferimento alla
precedente versione dell'art. 9 cit. Gli altri casi
sarebbero riconducibili a box interamente fuori terra o
effettuati dietro “riporto di terra”.
Le repliche ulteriori delle parti resistenti insistono nella
interpretazione del termine “sottosuolo” come
inconciliabile con l'esistenza di un manufatto interrato
solo per due lati (ed uno di questi riportante una
differenza di trenta centimetri).
Come anticipato sopra, la risoluzione della questione in
esame appare pregiudiziale rispetto all'esame delle
questioni inerenti il punto 2 e 3 del ricorso (e
corrispondenti motivi aggiunti), nonché, correlativamente,
il punto 4 dei motivi aggiunti.
Osserva il Collegio che, in merito all'applicazione
dell'art. 9 della legge 122/1989, le difese delle parti
hanno esaustivamente e con chiarezza ricostruito tutti i
termini giuridici delle rispettive tesi, suffragandole con
ampia giurisprudenza, al punto che in questa sede è
sufficiente richiamarne le conclusioni.
Intanto, deve osservare il Collegio che se “il comma 1
dell'art. 9 l. 24.03.1989 n. 122 (nel testo originario) era
stato già interpretato dalla giurisprudenza nel senso che
consentisse la realizzazione di parcheggi in deroga agli
strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi, anche se
collocati in cortili o aree esterne adiacenti al fabbricato,
e senza necessità di osservanza delle norme di piano sulle
distanze dai confini; interpretazione che poi ha ricevuto il
conforto normativo dall'art. 17, comma 90, l. 15.05.1997 n.
127” (TAR Campania, Salerno, II 07.04.2003, nr. 243),
allora se ne deve dedurre che non può essere condivisa la
tesi (pure sostenuta da alcune pronunce di merito) sulla
natura eccezionale della norma e sulla conseguente natura
tassativa delle sue previsioni e delle sue elencazioni.
Considerate le finalità di pubblico interesse dei parcheggi
a servizio degli edifici residenziali, desumibili dalle
disposizioni di cui alla legge 1150/1942, art. 41-sexies,
per come modificato dall'art. 18 l. 06.08.1967 n. 765 deve
quindi disattendersi l'argomento difensivo della
interveniente secondo il quale non sarebbero possibili
interpretazioni del termine “sottosuolo”, diverse dal
tenore strettamente letterale e compatibili con una
condizione del manufatto di “seminterrato”.
In tal senso, la norma è di stretta interpretazione quanto
alle condizioni espresse della sua applicazione: essa quindi
si applicherà solo con riferimento a posteggi pertinenziali
“nel senso che devono essere al servizio di *singole
unità immobiliari*” (Consiglio Stato, sez. VI,
17.02.2003, n. 844) nonché in favore dei soli “residenti”,
implicando la coincidenza soggettiva tra i richiedenti ed i
proprietari dell'immobile (TAR Piemonte, I, 05.03.2003, nr.
338), dal momento che il legislatore ha inteso prevedere la
deroga al regime urbanistico e concessorio (ossia
introducendo un regime semplificato ed a titolo gratuito)
per i soli residenti e non per tutti gli usi dell'immobile
come ad es. quello commerciale (Consiglio Stato, sez. VI,
17.02.2003, n. 844).
Quanto invece al regime interpretativo del termine “sottosuolo”
ritiene il Collegio che non si possa che aderire a quelle
massime che considerano il box interrato su due lati come
compreso nella sfera di applicazione della norma in esame,
riportate dalla difesa della ricorrente, per due ordini
di ragioni.
Il primo è testuale. Recita infatti la norma: “I
proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo
degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei
fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle singole
unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti
urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti. Tali
parcheggi possono essere realizzati, ad uso esclusivo dei
residenti, anche nel sottosuolo di aree pertinenziali
esterne al fabbricato, purché non in contrasto con i piani
urbani del traffico, tenuto conto dell'uso della superficie
sovrastante e compatibilmente con la tutela dei corpi
idrici. Restano in ogni caso fermi i vincoli previsti dalla
legislazione in materia paesaggistica ed ambientale ed i
poteri attribuiti dalla medesima legislazione alle regioni e
ai Ministeri dell'ambiente e per i beni culturali ed
ambientali…(omississ)”.
La norma pone dunque limiti espressi e precisi, quali
condizioni della facoltà dei privati di utilizzare il
sottosuolo delle aree pertinenziali: ossia il rispetto dei
piani urbani del traffico, il rispetto della tutela
paesaggistica ed ambientale e la tutela dei corpi idrici.
All'interno di queste “coordinate” non si comprende
quale ragione teleologica possa consentire all'interprete di
affermare che il termine “sottosuolo” sia equivalente
(con esclusività) alla locuzione “totalmente interrato”.
Tale interpretazione appare infatti solo il frutto di una
lettura “semantica” del termine, lettura che, anche
sotto questo aspetto, presenta peraltro evidenti limiti.
Vero è che, di norma, il termine “sottosuolo” sta ad
indicare la porzione di spazio sottostante il piano di
calpestio, o di campagna; ma è altrettanto vero che se il
terreno è ad andamento non pianeggiante o irregolare, come
avviene nel caso di specie ove è pacifico in punto di fatto
che attorno alla zona oggetto di insediamento del manufatto,
sussistono quote altimetriche differenti, allora nella
stessa locuzione indicata non può che intendersi ricompreso
anche il senso di “porzioni di spazio sottostante ad
alcune quote di livello e coincidenti o sovrastanti ad altre”.
In altri termini e sotto un secondo profilo, quello
che appare essenziale, ai fini del rispetto della norma sul
punto e delle finalità di decongestione del parcheggio
veicolare su strade urbane (elemento, questo sì, di stretta
interpretazione, cfr. TAR Veneto, II, 06.09.2002, nr. 5229,
secondo il quale la norma non è applicabile in ipotesi di
edifici in zona agricola o comunque extraurbani) è che il
garage sia realizzato utilizzando aree pertinenziali
all'edificio residenziale cui è a servizio, che sia
vincolato con destinazione non modificabile, non sia
suscettibile cioè di vendita separata e che rispetti le
esigenze inderogabili individuate dalla stessa norma.
Nel rispetto di queste, trovano spazio le finalità di
preminente interesse pubblico che hanno spinto il
legislatore a costituire un regime normativo di favore per
incentivare i privati a ricorrere a posteggi “all'esterno”
della sede stradale e qualsiasi limitazione alla
realizzazione di questo interesse pubblico, diversa dai
limiti già previsti dalla norma, deve intendersi come non
compatibile con le finalità in esame.
Sotto il profilo ricostruttivo della fattispecie, poi, ai
fini delle volumetrie e delle cubature, si richiede che il
garage sia posto al di sotto del piano di campagna, ragione
per cui si giustifica la deroga allo strumento urbanistico
ed al regolamento edilizio. Ma se il piano di calpestio o di
campagna è inserito in un contesto ad andatura irregolare,
ossia possiede diversi livelli di calpestio, allora deve
essere preso a riferimento un piano prevalente, a meno di
non voler sostenere che debba essere interamente sottostante
al piano più basso in assoluto.
Se dev'essere dunque individuato un piano prevalente, ossia
una quota “zero” di riferimento, questo non può che
essere individuato in quello dell'abitazione di cui è
pertinenza, considerando la destinazione quale vincolo
edilizio ed urbanistico atto ad associare la “potenziale”
volumetria ad un immobile assentito già esistente e quindi
creare un “unicum” edilizio.
Quindi appare condivisibile la tesi della interpretabilità
estensiva della norma sul punto del termine “sottosuolo”,
secondo la quale ad un box seminterrato (ossia interrato per
almeno due lati) è applicabile l'art. 9 cit.; (si aggiunge)
che nel caso di un andamento del suolo non pianeggiante, ciò
è possibile a patto che il manufatto sia sottostante al
piano di calpestio del “piano terra” del fabbricato
principale. Ciò che sul piano della fattispecie dedotta in
giudizio appare convincente, quanto alla fondatezza della
tesi della ricorrente, è che il manufatto è del tutto
sottostante alla quota di calpestio del giardino della
abitazione cui è a servizio.
Tale circostanza, oltre che pacifica nelle ricostruzioni
descrittive dello stato dei luoghi contenute negli atti
dell'Amministrazione e nelle deduzioni delle parti, è del
pari resa con immediata evidenza nella produzione
fotografica allegata alla relazione depositata con il
ricorso - punto 14, fotografia nr. 4 e 5, lati est e nord ad
opera ultimata.
Dall'esame degli atti si evince chiaramente che il manufatto
possiede i due lati interrati ed è sottostante il piano del
giardino dell'edificio cui è a servizio, costituendone una
parte integrante non suscettibile di essere considerata un
corpo aggiunto o un volume. Sul punto, non vale osservare,
come fanno le resistenti, che circa uno dei due lati
interrati esiste una differenza di 30 cm rispetto al piano
di calpestio; a parte la rilevanza della differenza ai fini
del regime applicabile in tema di difformità tra il titolo
ed il manufatto, aspetto sul quale si tornerà oltre, si deve
osservare che un eventuale dislivello minimo e contenuto tra
il manufatto stesso ed il piano di calpestio, può apparire
rilevante solo ad una lettura formale ed acritica della
norma che dimentichi la necessaria valorizzazione delle
esigenze di interesse pubblico ampiamente illustrate sopra.
Da tutti questi aspetti deriva che il ricorso, sul punto, è
fondato; ne dovrebbe derivare, a rigore, anche una pronuncia
di “assorbimento” dei motivi indicati in ricorso al
punto 2 (e punto 1 dei motivi aggiunti), in quanto,
all'evidenza, la insussistenza del profilo di illegittimità
del provvedimento annullato rende superflua ogni
considerazione in ordine alla necessità che il provvedimento
di annullamento sia sostenuto dalle motivazioni attuali
circa l'interesse pubblico.
Tuttavia, il collegio ritiene di dover rilevare in merito a
ciò un aspetto particolare, legato alla ricostruzione della
normativa applicabile per come sopra indicata
(TAR
Sicilia-Catania, Sez. I,
sentenza 03.10.2005 n. 1531 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2004 |
|
EDILIZIA PRIVATA:
La possibilità di realizzare parcheggi da
destinare a pertinenze delle singole unità immobiliari anche
in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti
edilizi vigenti, consentita dall'art. 9 l. n. 122 del 1989
(c.d. Legge Tognoli) costituisce disposizione di carattere
eccezionale da interpretarsi nel suo significato
strettamente letterale ed in considerazione delle finalità
della legge nel cui contesto risulta inserita.
Pertanto tale articolo è applicabile alla costruzione di
spazi parcheggio nelle sole aree urbane, mentre la
realizzazione di parcheggi in aree extraurbane resta
soggetta alle ordinarie prescrizioni urbanistiche ed
edilizie necessitando della normale concessione edilizia.
3. E’ inconferente il richiamo operato dall’odierno
appellante alle previsioni racchiuse nella L. n. 122/1989.
Invero, la possibilità di realizzare parcheggi da destinare
a pertinenze delle singole unità immobiliari anche in deroga
agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi
vigenti, consentita dall'art. 9 l. n. 122 del 1989 (c.d.
Legge Tognoli), costituisce disposizione di carattere
eccezionale da interpretarsi nel suo significato
strettamente letterale ed in considerazione delle finalità
della legge nel cui contesto risulta inserita.
Pertanto tale articolo è applicabile alla costruzione di
spazi parcheggio nelle sole aree urbane, mentre la
realizzazione di parcheggi in aree extraurbane resta
soggetta alle ordinarie prescrizioni urbanistiche ed
edilizie necessitando della normale concessione edilizia
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 11.11.2004 n. 7325 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA:
L'art. 9 l. 122/1989 è
applicabile alla costruzione di spazi
parcheggio (ndr: in deroga) nelle sole aree
urbane, mentre la realizzazione di parcheggi
in aree extraurbane resta soggetta alle
ordinarie prescrizioni urbanistiche ed
edilizie necessitando della normale
concessione edilizia.
La possibilità
di realizzare parcheggi da destinare a
pertinenze delle singole unità immobiliari
anche in deroga agli strumenti urbanistici
ed ai regolamenti edilizi vigenti,
consentita dall'art. 9 l. n. 122 del 1989
(c.d. Legge Tognoli), costituisce
disposizione di carattere eccezionale da
interpretarsi nel suo significato
strettamente letterale ed in considerazione
delle finalità della legge nel cui contesto
risulta inserita.
Pertanto tale articolo è applicabile alla
costruzione di spazi parcheggio nelle sole
aree urbane, mentre la realizzazione di
parcheggi in aree extraurbane resta soggetta
alle ordinarie prescrizioni urbanistiche ed
edilizie necessitando della normale
concessione edilizia
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 11.11.2004 n. 7324 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA
PRIVATA: Sulla gratuità o meno (del costo di
costruzione) dei parcheggi.
L’inserimento delle autorimesse nella
superficie non residenziale è determinante
per individuare la classe dell’edificio e a
cascata gli altri elementi del calcolo. La
scelta del Comune di prendere in
considerazione anche le autorimesse appare
corretta, in quanto nel caso in esame si
tratta di parcheggi collegati a una nuova
costruzione e quindi obbligatori (nella
misura minima di 1 mq per ogni 10 mc. di
costruzione) in base all’art. 41-sexies
della legge 17.08.1942 n. 1150 (come
sostituto dall’art. 2 della legge 122/1989).
Si può ritenere (aderendo a CS V Sez.
24.10.2000 n. 5676) che l’art. 41-sexies
della legge 1150/1942 sia riferibile solo
alle nuove costruzioni, e che per converso
gli art. 9 e 11 della legge 122/1989, i
quali prevedono rispettivamente la
possibilità di realizzare parcheggi
pertinenziali anche in deroga alla vigente
disciplina urbanistica e l’esclusione di
tali lavori dagli oneri di concessione,
siano applicabili soltanto agli edifici
esistenti. La norma sulla gratuità ha
infatti un valore incentivante per la
modifica di situazioni già consolidate,
mentre non avrebbe alcun significato con
riferimento alle nuove costruzioni, dove la
realizzazione dei parcheggi è un obbligo ex
lege.
La stessa ripartizione tra edifici esistenti
e nuove costruzioni può essere rinvenuta,
per i profili che qui interessano, negli
art. 1 e 2 della LR 22/1999. In effetti le
norme regionali consentono maggiori
possibilità di localizzazione dei parcheggi
pertinenziali rispetto alla legge nazionale,
ma riconducono espressamente queste facoltà
nello schema dell’art. 9 della legge
122/1989. L’art. 2, comma 2, della L.R.
22/1999, che qualifica i parcheggi come
opere di urbanizzazione ai fini della
gratuità del titolo autorizzatorio, ha
quindi una funzione incentivante analoga a
quella dell’art. 11 delle legge 122/1989.
D’altra parte si può ritenere che se il
legislatore regionale avesse voluto innovare
la disciplina statale parificando le nuove
abitazioni a quelle esistenti avrebbe
utilizzato formule chiare in questo senso. I
richiami alla legge 122/1989 autorizzano
invece a ritenere che la legge regionale,
pur incentivando ulteriormente la creazione
di parcheggi, abbia mantenuto l’impostazione
delle norme statali.
Occorre infine considerare che nel caso in
esame le autorimesse sono destinate a un uso
esclusivamente privato. Non esiste quindi la
possibilità di qualificarle in via autonoma
come opere di urbanizzazione in conseguenza
di una qualche utilità pubblica (TAR
Lombardia-Brescia,
sentenza 11.10.2004
n. 1270). |
EDILIZIA
PRIVATA:
Pur dovendosi condividere l’orientamento espresso
dalla Sezione nell’invocato precedente, che identifica il
concetto di «nuova costruzione» di cui all'art. 41-sexies L.
17.08.1942 n. 1150 con ogni intervento di ristrutturazione
che rende il fabbricato (o una sua porzione) oggettivamente
diverso da quello preesistente, in considerazione
dell'entità delle modifiche e del mutamento della
destinazione di uso cui esse sono finalizzate, occorre anche
rilevare che non tutte le modificazioni della destinazione
d’uso comportano, per ciò stesso, la variazione per eccesso
degli standard.
Se dunque, nel caso deciso con il citato precedente
giurisprudenziale (trasformazione di un capannone
industriale in immobile destinato a residenza, ad uffici o
ad attività commerciali), alla necessità della concessione
si accompagna anche l’altrettanto necessaria
rideterminazione degli standard, è anche evidente che tale
rideterminazione non si rende necessaria allorché il
mutamento d’uso riguardi una porzione dell’edificio già ab
origine gravato dalla riserva (per esserne stata autorizzata
la realizzazione in vigenza della normativa che l’impone), e
le modificazioni non siano tali che comportare, per i
profili urbanistici, esigenze eccedenti quelle derivanti
dalla originaria destinazione.
Pretestuosa è infine la censura di violazione dell’art.
41-sexies della legge n. 1150 del 1942, modificato dalla L.
n. 122 del 1989 e successive modificazioni di eccesso di
potere per travisamento dei fatti e difetto di istruttoria,
sollevata con il ricorso introduttivo con riferimento al
mancato accertamento in ordine alla sussistenza di apposito
spazio da destinare a parcheggio.
E’ appena il caso di ricordare che l’edificio cui inerisce
la porzione di fabbricato di cui è stato concesso il
mutamento di destinazione d’uso è stato realizzato
compiutamente sulla base di licenza edilizia del 24.04.1968,
allorché, dunque, era già operativo il disposto dell'art. 18
della legge n. 765 del 1967 (che ha aggiunto l'art.
41-sexies alla L. 17.08.1942, n. 1150), in forza del quale "nelle
nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle
costruzioni stesse debbono essere riservati appositi spazi
per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato
per ogni venti metri cubi di costruzione".
Ne consegue che il locale a piano terra, originariamente
destinato a negozio (e costituente pertanto, per i fini che
interessano) costituisce una porzione che (sebbene destinata
al terziario piuttosto che ad abitazione) è stata fatta
oggetto di computo ai fini della riserva a parcheggio delle
aree cui era già condizionata, la tempo, la licenza di
costruzione.
Pur dovendosi condividere l’orientamento espresso dalla
Sezione nell’invocato precedente (Sez. V, n. 98 del
03.02.1999), che identifica il concetto di «nuova
costruzione» di cui all'art. 41-sexies L. 17.08.1942 n.
1150 con ogni intervento di ristrutturazione che rende il
fabbricato (o una sua porzione) oggettivamente diverso da
quello preesistente, in considerazione dell'entità delle
modifiche e del mutamento della destinazione di uso cui esse
sono finalizzate, occorre anche rilevare che non tutte le
modificazioni della destinazione d’uso comportano, per ciò
stesso, la variazione per eccesso degli standard.
Se dunque, nel caso deciso con il citato precedente
giurisprudenziale (trasformazione di un capannone
industriale in immobile destinato a residenza, ad uffici o
ad attività commerciali), alla necessità della concessione
si accompagna anche l’altrettanto necessaria
rideterminazione degli standard, è anche evidente che tale
rideterminazione non si rende necessaria allorché il
mutamento d’uso riguardi una porzione dell’edificio già
ab origine gravato dalla riserva (per esserne stata
autorizzata la realizzazione in vigenza della normativa che
l’impone), e le modificazioni non siano tali che comportare,
per i profili urbanistici, esigenze eccedenti quelle
derivanti dalla originaria destinazione.
Orbene, da nessuna parte risulta prescritto che dal computo
della percentuale di riserva, di cui al più volte citato
art,. 41-sexies, dovesse essere scorporata la quota del
piano terra destinato a negozi, cosicché la destinazione ad
abitazione, piuttosto che a negozio della porzione
considerata è del tutto indifferente ai fini del computo
prescritto dalla norma citata, con conseguente mancanza di
fondamento della esaminata censura (Consiglio
di Stato, Sez. V,
sentenza 27.09.2004
n. 6297). |
EDILIZIA PRIVATA:
La realizzazione dei parcheggi
“anche in deroga agli strumenti urbanistici
ed ai regolamenti edilizi vigenti” è
possibile solo nel caso di necessaria
preesistenza dell’edificio residenziale, a
servizio del quale il parcheggio dovrebbe
essere destinato.
La realizzazione dei parcheggi “anche in
deroga agli strumenti urbanistici ed ai
regolamenti edilizi vigenti” è
possibile, in considerazione del persistente
orientamento giurisprudenziale, nel caso di
necessaria preesistenza dell’edificio
residenziale, a servizio del quale il
parcheggio dovrebbe essere destinato (TAR
Liguria, Sez. I n. 310 del 18.03.2002; TAR
Basilicata, n. 169 del 19.02.2003; TAR
Lombardia, Milano, sez. II n. 115 del
23.01.2003; Cons. Stato, sez. V, n. 5676 del
24.10.2000).
In particolare, il Collegio rileva che la
modifica normativa disposta dall'art. 17,
comma 90, l. 15.05.1997, n. 127 non contiene
alcun elemento che possa indurre a ritenere
l’applicabilità dell’art. 9 in esame ai
nuovi fabbricati, mentre la giurisprudenza
da ultimo citata (Cons. Stato, sez. V, n.
5676 del 24.10.2000) ha avuto modo di
precisare che l'art. 9 l. 24.03.1989 n. 122,
non può riguardare le concessioni edilizie
rilasciate per realizzare edifici nuovi, per
i quali provvede, invece, il precedente art.
2 comma 2, che, nel sostituire l'art.
41-sexies l. 17.08.1942 n. 1150, stabilisce
l'obbligo di riservare appositi spazi per
parcheggi di misura non inferiore a 1 mq.
per ogni 10 mq. di costruzione
(TAR Sicilia-Palermo, Sez. I,
sentenza 22.04.2004 n. 702 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2003 |
|
EDILIZIA
PRIVATA - URBANISTICA: Gli
spazi di cui al D.M. 02.04.1968 sono aggiuntivi e non
sostitutivi di quelli imposti dall'art. 18 della legge
06.08.1967 n. 675 (la cui misura è stata successivamente
modificata dalla legge n. 112/1989) commisurati a 1 mq. ogni
10 mc. di edificio.
Infatti, mentre i primi sono disciplinati dall'art.
41-quinquies, ottavo comma, i secondi sono previsti
dall'art. 41-sexies della l. 17.08.1942 n. 1150.
Mentre quelli di cui alla prima disposizione sono
qualificati come aree pubbliche da conteggiarsi ai fini
della dotazione di "standard", i parcheggi di cui al
successivo art. 41-sexies sono qualificati come aree private
pertinenziali alle nuove costruzioni, di guisa che l'art. 3,
comma 2, lett. d), del D.M. 02.04.1968 espressamente li
esclude dal computo nel calcolo della misura degli
"standard".
---------------
In relazione alla c.d. monetizzazione degli standard,
occorre richiamare l'art. 12, lett. a), della legge
regionale 05.12.1977 n. 60, il quale stabilisce che, qualora
l'acquisizione delle aree necessarie per le opere di
urbanizzazione primaria e per le attrezzature pubbliche e di
uso pubblico "non venga ritenuta opportuna dal comune in
relazione alla loro estensione, conformazione o
localizzazione, ovvero in relazione ai programmi comunali di
intervento, la convenzione può prevedere, in alternativa
totale o parziale della cessione, che all'atto della stipula
i lottizzanti corrispondano al comune una somma commisurata
all'utilità economica conseguita per effetto della mancata
cessione e comunque non inferiore al costo dell'acquisizione
di altre aree".
La legislazione regionale àncora la monetizzazione a precisi
presupposti, considerato che la monetizzazione presuppone
comunque un'offerta di aree, restando in facoltà del Comune
disporne la commutazione sulla base di un apprezzamento
complesso, che investe: da un lato l'idoneità o meno delle
aree offerte, in funzione dell'uso pubblico cui verrebbero
destinate; dall'altro, la possibilità di acquisire aree
alternative (monetizzazione a carico del lottizzante) per
mantenere invariato il livello di dotazione standard
richiesto dal piano regolatore (livello che non può comunque
scendere al di sotto del minimo legale).
Si tratta, dunque di una facoltà discrezionale del Comune,
non di un diritto del privato, il quale non può ritenersi
esente dall'onere di individuare le aree da computare in
quota standard.
Infine, va disattesa la contestazione relativa agli spazi
per parcheggi.
Il D.M. 02.04.1968, emesso in attuazione dell'art.
41-quinquies, comma ottavo e nono della l. 17.08.1942 n.
1150 (come introdotto dall'art. 17 della l. 06.08.1967 n.
765), disciplina i cosiddetti standard urbanistici ed
edilizi.
In particolare, per quanto in questa sede interessa, l'art.
5 di tale Decreto individua i rapporti massimi tra gli spazi
destinati agli insediamenti produttivi e gli spazi pubblici
destinati alle attività collettive, a verde pubblico o a
parcheggi, prescrivendo che:
1) nei nuovi insediamenti di carattere industriale o ad essi
assimilabili compresi nelle zone D) la superficie da
destinare a spazi pubblici o destinata ad attività
collettive, a verde pubblico o a parcheggi (escluse le sedi
viarie) non può essere inferiore al 10% dell'intera
superficie destinata a tali insediamenti;
2) nei nuovi insediamenti di carattere commerciale e
direzionale, a 100 mq. di superficie lorda di pavimento di
edifici previsti, deve corrispondere la quantità minima di
80 mq. di spazio, escluse le sedi viarie, di cui almeno la
metà destinata a parcheggi (in aggiunta a quelli di cui
all'art. 18 della legge n. 765); tale quantità, per le zone
A) e B) è ridotta alla metà, purché siano previste adeguate
attrezzature integrative.
Va chiarito che gli spazi di cui al cit. D.M. sono
aggiuntivi e non sostitutivi di quelli imposti dall'art. 18
della legge 06.08.1967 n. 675 (la cui misura è stata
successivamente modificata dalla legge n. 112/1989)
commisurati a 1 mq. ogni 10 mc. di edificio.
Infatti, mentre i primi sono disciplinati dall'art.
41-quinquies, ottavo comma, i secondi sono previsti
dall'art. 41-sexies della l. 17.08.1942 n. 1150.
Mentre quelli di cui alla prima disposizione sono
qualificati come aree pubbliche da conteggiarsi ai fini
della dotazione di "standard", i parcheggi di cui al
successivo art. 41-sexies sono qualificati come aree private
pertinenziali alle nuove costruzioni, di guisa che l'art. 3,
comma 2, lett. d), del D.M. 02.04.1968 espressamente li
esclude dal computo nel calcolo della misura degli "standard".
Nella regione Lombardia, l'art. 22 della legge regionale n.
51 del 15.04.1975 ha previsto che "la dotazione minima di
standard funzionali ai nuovi insediamenti di carattere
commerciale - stabilita dall'art. 5 del D.M. n. 1444 in
misura dell'80% della superficie lorda di pavimento è
elevata al 100%. Di tali aree almeno la metà dovrà essere
destinata a parcheggi di uso pubblico".
È evidente la ratio di tali disposizioni: dato che i
centri commerciali richiamano un elevato numero di
consumatori è necessario -al fine di evitare disfunzioni e
pericoli alla circolazione stradale e turbative alle
proprietà che potrebbero essere causate dall'ingente numero
di veicoli che in tali luoghi affluiscono- predisporre in
loco un congruo numero di spazi destinati al parcheggio.
In relazione alla c.d. monetizzazione degli standard,
occorre richiamare l'art. 12, lett. a), della legge
regionale 05.12.1977 n. 60, il quale stabilisce che, qualora
l'acquisizione delle aree necessarie per le opere di
urbanizzazione primaria e per le attrezzature pubbliche e di
uso pubblico "non venga ritenuta opportuna dal comune in
relazione alla loro estensione, conformazione o
localizzazione, ovvero in relazione ai programmi comunali di
intervento, la convenzione può prevedere, in alternativa
totale o parziale della cessione, che all'atto della stipula
i lottizzanti corrispondano al comune una somma commisurata
all'utilità economica conseguita per effetto della mancata
cessione e comunque non inferiore al costo dell'acquisizione
di altre aree".
La legislazione regionale àncora la monetizzazione a precisi
presupposti, considerato che la monetizzazione presuppone
comunque un'offerta di aree, restando in facoltà del Comune
disporne la commutazione sulla base di un apprezzamento
complesso, che investe: da un lato l'idoneità o meno delle
aree offerte, in funzione dell'uso pubblico cui verrebbero
destinate; dall'altro, la possibilità di acquisire aree
alternative (monetizzazione a carico del lottizzante) per
mantenere invariato il livello di dotazione standard
richiesto dal piano regolatore (livello che non può comunque
scendere al di sotto del minimo legale).
Si tratta, dunque di una facoltà discrezionale del Comune,
non di un diritto del privato, il quale non può ritenersi
esente dall'onere di individuare le aree da computare in
quota standard.
Si comprende, quindi, che la Giunta regionale là dove ha
affermato la palese inopportunità della disposta
monetizzazione ha utilizzato detto termine in senso
improprio, avendo inteso, in realtà, censurare sotto il
profilo della legittimità la mancanza dei presupposti nella
specie per addivenirsi alla monetizzazione, derivante dalla
mancata individuazione, da parte del Comune, in altre zone
del proprio territorio, di aree idonee ad integrare le
superfici a standard indotte dall’intervento in questione
(TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 23.06.2003 n. 870). |
EDILIZIA PRIVATA: L'art.
9 della l. n. 122/1989 si applica
esclusivamente all’ipotesi di fabbricati
preesistenti all’entrata in vigore della L.
24.03.1989, n. 122.
La
giurisprudenza amministrativa ha
ripetutamente, e persuasivamente, chiarito
(cfr., tra le tante, Cons. Stato, V Sez., n.
1185 del 27.09.1999 e n. 621 del 03.06.1996;
TAR Veneto 12.05.2000, n. 1007; TAR
Lombardia 22.03.1999, n. 870; TAR Toscana,
III Sez., 04.02.1998, n. 16) che l'art. 9
della l. n. 122/1989 si applica
esclusivamente all’ipotesi di fabbricati
preesistenti, e non può pertanto trovare
applicazione per la realizzazione di garages
a servizio di edifici nuovi (cioè di quelli
costruiti dopo l’entrata in vigore della
citata L. 24.03.1989, n. 122).
Ciò è dimostrato non solo dalla stessa
formulazione del primo comma della norma in
esame, il quale riferendosi ai
“..proprietari di immobili..” , attribuendo
loro la facoltà di realizzare i nuovi
parcheggi da destinare a pertinenza delle
singole unità immobiliari anche in deroga
agli strumenti urbanistici, intende
evidentemente consentire la deroga stessa
solo in favore degli immobili già esistenti,
ma anche dal successivo terzo comma della
disposizione medesima che prescrive la
necessaria approvazione, ai fini di cui
trattasi, da parte dell’assemblea di
condominio (salvo che si tratti di proprietà
non condominiale).
La ratio della normativa di favore contenuta
nel richiamato art. 9 è, evidentemente,
quella di dotare gli immobili (già
esistenti) di più ampi spazi per parcheggi.
Laddove, per le nuove costruzioni da
realizzare, la medesima finalità è stata
invece perseguita a mezzo del precedente
art. 2, comma 2°, della L. n° 122/1989 che,
modificando la originaria misura (pari a un
metro quadrato di spazio per parcheggi per
ogni 20 metri cubi di costruzione) indicata
dall’art. 41-sexies della L. n° 1150/1942,
ha fissato il rapporto in misura pari a un
metro quadrato per ogni 10 metri cubi di
costruzione
(TAR Basilicata,
sentenza 19.02.2003 n. 169 - link
a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2002 |
|
EDILIZIA PRIVATA: L’art.
9 legge n. 122/1989, introducendo una deroga alla disciplina
urbanistica, deve considerarsi norma di carattere
eccezionale e come tale deve essere interpretata con
specifico riferimento alla finalità perseguita dalla legge
citata (risoluzione dei problemi relativi ai parcheggi nelle
aree urbane)..
Conseguentemente l’operatività della stessa non può
ritenersi estesa anche alle zone agricole.
... considerato che l’art. 9 legge n. 122/1989, introducendo
una deroga alla disciplina urbanistica, deve considerarsi
norma di carattere eccezionale e come tale deve essere
interpretata con specifico riferimento alla finalità
perseguita dalla legge citata (risoluzione dei problemi
relativi ai parcheggi nelle aree urbane); conseguentemente
l’operatività della stessa non può ritenersi estesa anche
alle zone agricole
(TAR Veneto, Sez. II,
sentenza
06.09.2002 n. 5229
- link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: La
deroga (eccezionale) della Tognoli non è
applicabile in zona agricola.
L’art. 9 legge n. 122/1989, introducendo una
deroga alla disciplina urbanistica, deve
considerarsi norma di carattere eccezionale
e come tale deve essere interpretata con
specifico riferimento alla finalità
perseguita dalla legge citata (risoluzione
dei problemi relativi ai parcheggi nelle
aree urbane); conseguentemente l’operatività
della stessa non può ritenersi estesa anche
alle zone agricole (TAR Veneto, Sez. II,
sentenza 06.09.2002 n. 5229 -
link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: I
box in deroga (legge Tognoli) sono solo
quelli costruiti totalmente al di sotto del
piano di campagna naturale e non quelli
artificialmente interrati per effetto del
riporto di terra.
La possibilità di realizzare parcheggi da
destinare a pertinenze delle singole unità
immobiliari "anche in deroga agli
strumenti urbanistici ed ai regolamenti
edilizi vigenti", consentita dall'art. 9
cit., costituisce disposizione a carattere
eccezionale da interpretarsi nel suo
significato strettamente letterale ed in
considerazione delle finalità della legge
nel cui contesto risulta inserita (cfr. ad
es. TAR Toscana, sez. III, 19.12.2000, n.
2533); inoltre, se per un verso il medesimo
art. 9 cit., nel consentire la costruzione
di parcheggi, da destinare a pertinenza
delle singole unità immobiliari, nel
sottosuolo degli immobili o nei locali siti
al piano terreno anche in deroga alla
vigente disciplina urbanistica, concerne i
soli fabbricati già esistenti (cfr.
Consiglio Stato, sez. V, 24.10.2000, n.
5676), per un altro i parcheggi
pertinenziali in oggetto, da costruire
appunto in deroga nei termini predetti, sono
solo quelli costruiti totalmente al di sotto
del piano di campagna naturale e non quelli
(come nel caso de quo)
artificialmente interrati per effetto del
riporto di terra (cfr. ad es. TAR Piemonte
sez. I, 11.03.1999, n. 139) (TAR Liguria,
Sez. I,
sentenza 18.03.2002 n. 310 - link a www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 2001 |
|
EDILIZIA PRIVATA: I
box in deroga (legge Tognoli) sono quantificabili nel limite di 1 mq
ogni 10 mc., computando anche parcheggi già esistenti.
I parcheggi pertinenziali di edifici preesistenti, realizzabili nel
sottosuolo degli immobili anche in deroga agli strumenti urbanistici
vigenti ai sensi dell'articolo 9 della legge n. 122 del 1989, sono solo
quelli vòlti ad adeguare la struttura alle finalità della legge n. 122
citata (che sono quelle di garantire uno standard minimo per parcheggi
pari a mq 1 ogni mc. 10) o comunque al maggiore standard previsto per la
zona di riferimento dalla normativa urbanistica, tenendo a tal fine
conto della dotazione di parcheggi già esistente
(TAR Lombardia-Brescia, ordinanza 20.04.2001 n. 303). |
anno 2000 |
|
EDILIZIA PRIVATA: Parcheggio
- Art. 9. l. n. 122/1989 - Disciplina
eccezionale - Applicabilità ad aree
extraurbane - Esclusione.
1. - La possibilità di realizzare parcheggi
da destinare a pertinenze delle singole
unità immobiliari "anche in deroga agli
strumenti urbanistici ed ai regolamenti
edilizi vigenti", consentita dall'art. 9
legge n. 122/1989 (c.d. "Legge Tognoli"),
costituisce disposizione a carattere
eccezionale da interpretarsi nel suo
significato strettamente letterale ed in
considerazione delle finalità della legge
nel cui contesto risulta inserita.
Pertanto
tale articolo è applicabile alla costruzione
di spazi parcheggio nelle sole aree urbane,
mentre la realizzazione di parcheggi in aree
extraurbane resta soggetta alle ordinarie
prescrizioni urbanistiche ed edilizie
necessitando della normale concessione
edilizia.
_____________________
1. - In tal senso TAR Toscana, Sez. II.,
16.07.1992, n. 322, in Rass. TAR, 1992, pag.
4038 e TAR Lazio, Sez. II, 15.12.1992, n.
2357, in op. cit., 1993, pag. 23 citate nel
testo; v. ancora in particolare TAR
Puglia-Bari, Sez. II, 12.10.1995, n. 953, in
Rass. TAR, 1995, pag. 4987 e in Foro amm.,
1996, pag. 2063; TAR Sicilia-Catania,
30.10.1997, n. 2152, in Rass. TAR, 1997,
pag. 4602; TAR Calabria-Catanzaro,
06.02.1995, n. 142, in op. cit., 1995, pag.
1975. La sentenza del TAR Toscana è
ampiamente motivata anche con riferimento
alla sentenza Corte Costituzionale 19-27.07.1989 n. 459 in Rass. Cons. di Stato,
1989, II, pag. 1076 (massima tratta da
www.sentenzetoscane.it - TAR Toscana, Sez. III,
sentenza 19.12.2000 n.
2533). |
EDILIZIA PRIVATA: La
deroga della Tognoli è applicabile nelle
sole aree urbane.
La possibilità di realizzare parcheggi da
destinare a pertinenze delle singole unità
immobiliari "anche in deroga agli strumenti
urbanistici ed ai regolamenti edilizi
vigenti", consentita dall'art. 9 L. n. 122
del 1989 (c.d. "Legge Tognoli"), costituisce
disposizione a carattere eccezionale da
interpretarsi nel suo significato
strettamente letterale ed in considerazione
delle finalità della legge nel cui contesto
risulta inserita. Pertanto, tale articolo è
applicabile alla costruzione di spazi
parcheggio nelle sole aree urbane, mentre la
realizzazione di parcheggi in aree
extraurbane resta soggetta alle ordinarie
prescrizioni urbanistiche ed edilizie
necessitando della normale concessione
edilizia (TAR Toscana, sentenza 19.12.2000
n. 2533). |
EDILIZIA PRIVATA: Parcheggio - Art. 9 l.
n. 122/1989 e art. 17, comma 90, l. 127/1997
- Applicabilità - Presupposti.
Atteso che ai sensi degli artt. 9 legge
24.03.1989 n. 122 e 17, comma 90, legge
n. 127/1997 la relazione tra la
realizzazione di parcheggi e la nascita del
vincolo pertinenziale con le rispettive
unità immobiliari deve essere immediata,
legittimati ad usufruire della previsione
normativa sono esclusivamente i proprietari
di unità immobiliari esistenti, e solo essi
possono realizzare parcheggi anche nel
sottosuolo di aree pertinenziali esterne al
fabbricato, tra cui le aree libere come ad
esempio cortili, piazzali e giardini
ricompresi nel lotto originario sul quale
insiste il fabbricato (massima tratta da
www.sentenzetoscane.it - TAR Toscana, Sez. III,
sentenza 27.10.2000 n.
2194 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: La
deroga della legge Tognoli si applica ad edifici preesistenti all'anno
1989.
L'art. 9 della legge 24.03.1989 n. 122 (c.d. "legge Tognoli"), nel
consentire, nel sottosuolo degli immobili o nei locali siti al piano
terreno ed anche in deroga alla vigente disciplina urbanistica,
parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, si
applica solo all'ipotesi di fabbricati già esistenti e non può
riguardare le concessioni edilizie rilasciate per realizzare edifici
nuovi, per i quali provvede, invece, il precedente art. 2, comma 2, che
–nel sostituire l’art. 41-sexies della L.U. n. 1150/1942- stabilisce
l'obbligo di riservare appositi spazi per parcheggi di misura non
inferiore a 1 mq. per ogni 10 mc. di costruzione (Sez. V, 03.06.1996, n.
621)
(Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 24.10.2000 n. 5676
- link a www.giustizia-amministrativa.it). |
EDILIZIA PRIVATA: Concessione - Garages seminterrati –
Realizzazione - Rimozione dei vizi della
procedura ex art. 11 L. 47/1985 - Art. 9, IV
comma, L. 122/1989 – Applicabilità in caso
di compatibilità con la destinazione
dell’area - Ammissibilità.
E’ legittima la delibera con la quale
il Comune, in applicazione del principio di
cui all’art. 11 della L. 28.02.1985,
n. 47, dispone la sanatoria dei vizi di una
concessione edilizia rilasciata ai sensi
dell’art. 9, I comma, della L. 24.03.1989, n. 122 (avente per oggetto la
realizzazione di garages seminterrati
pertinenziali in area destinata a parcheggio
pubblico) mediante la procedura prevista dal
IV comma dello stesso articolo 9 (con
stipula di apposita convenzione con il
soggetto privato), quando la realizzazione
dei garages risulti compatibile con la
destinazione dell’area (massima tratta da
www.sentenzetoscane.it - TAR Toscana, Sez. III,
sentenza 11.02.2000 n.
158 - link a
www.giustizia-amministrativa.it). |
anno 1999 |
|
EDILIZIA PRIVATA: La
realizzazione di box in deroga riguarda
unicamente i fabbricati preesistenti alla
data di entrata in vigore della l. n.
122/1989.
Le disposizioni ex art. 2 e 9, L. 24.03.1989
n. 122, in materia di realizzazione di
parcheggi nel sottosuolo di edifici
preesistenti o nei locali siti al piano
terreno di questi ultimi, anche in deroga
allo strumento urbanistico, possono
concernere esclusivamente fabbricati già
esistenti -all'evidente scopo di adeguare la
struttura alle finalità della L. n. 122 del
1989, qualora essa sia carente sotto il
questo profilo- ma non anche gli edifici in
costruzione, i quali già "ab initio" devono
esser progettati in coerenza con tali
finalità.
Gli artt. 2 e 9 L. 24.03.1989 n. 122
distinguono e regolano con chiarezza
l'intervento di apprestamento di spazi per
parcheggi con riguardo, rispettivamente,
alle costruzioni successive all'entrata in
vigore della legge ed agli edifici
preesistenti (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 27.09.1999 n. 1185). |
anno 1998 |
|
EDILIZIA PRIVATA: Sul
rapporto cubatura/parcheggi.
Il rapporto tra
gli spazi destinati a parcheggi e la
cubatura della costruzione, ai sensi della
L. 24.03.1989 n. 122, trova applicazione non
solo per le nuove costruzioni ma anche per
gli interventi di ristrutturazione
consentiti dal Piano di Recupero e nei
limiti in cui quest'ultimo richiama lo
standard previsto dalla legge urbanistica
(Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza
22.12.1998 n. 1859). |
anno 1996 |
|
EDILIZIA PRIVATA: Sulla
realizzazione di box in deroga ex lege
Tognoli (L. n. 122/1989).
L'art. 9 L. 24.03.1989 n. 122, che consente
parcheggi da destinare a pertinenza delle
singole unità immobiliari nel sottosuolo
degli immobili ovvero nei locali a piano
terra, anche in deroga agli strumenti
urbanistici ed ai regolamenti edilizi
vigenti, si applica unicamente all'ipotesi
di fabbricati preesistenti e non può
pertanto riguardare le concessioni edilizie
per la realizzazione di edifici nuovi.
E' infondato anche il settimo motivo, con il
quale si sostiene che la realizzazione di un
nuovo piano interrato destinato a garage,
autorizzato con la seconda concessione in
variante, benché non consentita dalla
disciplina del piano, sarebbe comunque stata
legittimamente assentita ai sensi dell'art.
9 della legge 24.03.1989 n. 122. La norma
suindicata, che consente, nel sottosuolo
degli immobili ovvero nei locali al piano
terreno, parcheggi da destinare a pertinenza
delle singole unità immobiliari, anche in
deroga agli strumenti urbanistici ed ai
regolamenti edilizi vigenti, si applica
unicamente all'ipotesi di fabbricati
preesistenti e non può, pertanto, riguardare
le concessioni edilizie per la realizzazione
di edifici nuovi. Ciò è dimostrato non solo
dalla stessa formulazione della norma, la
quale, riferendosi espressamente ai
"proprietari di immobili", attribuendo loro
la facoltà di realizzare i nuovi parcheggi
in deroga, intende evidentemente consentire
la deroga stessa solo in favore degli
immobili già esistenti, ma anche dal comma 3
della disposizione in esame che prescrive la
necessaria approvazione, ai fini di cui
trattasi, da parte dell'assemblea di
condominio. D'altra parte, la diversa
ipotesi riferita alle nuove costruzioni da
realizzare è, invece, prevista dal
precedente art. 2, comma 2, della legge in
esame, che stabilisce l'obbligo di
riservare, unicamente per tali nuove
costruzioni, appositi spazi per parcheggi in
misura non inferiore ad un metro quadrato
per ogni dieci metri cubi di costruzione,
senza, peraltro, consentire deroghe alla
disciplina urbanistica e edilizia vigente
(Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza
03.06.1996 n. 621). |
anno 1995 |
|
EDILIZIA PRIVATA: Box
in deroga solamente a servizio di fabbricati
che ne sono sprovvisti.
L'art. 9 L. 24.03.1989 n. 122, nella parte
in cui consente la costruzione di parcheggi
anche in contrasto con gli strumenti
urbanistici e con i regolamenti edilizi
vigenti, si indirizza ai privati proprietari
di unità immobiliari già esistenti e,
pertanto, non può trovare applicazione nel
caso in cui, in contrasto con le norme di
piano, si intenda realizzare unità
immobiliari su un manufatto già destinato a
parcheggio.
La previsione dell'art. 9 costituisce,
dunque, il parallelo dell'art., 18 L. n.
765/1967, nel senso che l'art. 18 (come
modificato dall'art. 2 L. n. 122/1989: ndr)
è norma a regime che disciplina i parcheggi
nelle nuove costruzioni, l'art. 9 L. n.
122/1989 ne consente l'edificazione laddove
i fabbricati ne siano sprovvisti
(TAR Puglia-Bari, Sez. II, sentenza
12.10.1995 n. 953). |
anno 1994 |
|
EDILIZIA PRIVATA: I
box in deroga sono realizzabili solo a
servizio di fabbricati presistenti alla data
di entrata in vigore della Legge Tognoli.
L'art. 9 L. 24.03.1989 n. 122 è inteso ad
incrementare la creazione di parcheggi a
favore del patrimonio edilizio già
esistente, che ne è carente, e non a
realizzare garages contestualmente alla
edificazione di nuovi fabbricati
(TAR Toscana, Sez. I, sentenza 05.05.1994 n.
308). |
|