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dossier BOX
anno 2023

EDILIZIA PRIVATA: L’art. 41-sexies della legge n. 1150/1942, come modificato dall’art. 2, comma 1, della legge n. 122/1989, recita: “nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse, debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni dieci metri cubi di costruzione”, senza ulteriori rinvii all’art. 9, comma 1, della stessa legge n. 122/1989.
In tema di spazi destinati a parcheggi privati, in complessi condominiali di nuova costruzione (ossia realizzati dopo l’entrata in vigore dell’art. 18 della legge n. 765/1967), il susseguirsi d’interventi legislativi incidenti sulla limitazione dell’autonomia privata in ordine alle dimensioni minime di tali spazi ed al regime di circolazione ha determinato l’esistenza di varie tipologie di parcheggio, assoggettate a regimi giuridici differenziati tra di loro:
   a) i parcheggi pertinenziali di edifici costruiti, soggetti ad un vincolo pubblicistico di destinazione, produttivo di un diritto reale d’uso in favore dei condomini e di un vincolo pertinenziale ex lege che non ne esclude l’alienabilità separatamente dall’unità immobiliare, disciplinati dall’art. 18 della legge n. 765/1967 (art. 41-sexies della legge n. 1150/1942) e, di risulta, dagli artt. 3 e segg. del D.M. 02.04.1968, n. 1444;
   b) i parcheggi soggetti al vincolo pubblicistico d’inscindibilità con l’unità immobiliare di cui all’art. 9 della legge n. 122 del 1989, che è una “normativa dettata con riferimento ai soli parcheggi costruiti con le agevolazioni della legge c.d. Tognoli”, assoggettati ad un regime di circolazione controllata e di utilizzazione vincolata e, conseguentemente non trasferibili autonomamente. Ciò in quanto “l’art. 9 della legge richiamata detta una disciplina vincolistica diversa da quella che … vige per i parcheggi di cui alla legge ponte, i quali possono sicuramente essere alienati separatamente dall’unità immobiliare cui accedono, fermo restando il diritto di uso in capo al proprietario e/o utilizzatore dell’immobile principale. A ben vedere, la ratio del divieto di circolazione dei parcheggi di cui alla legge Tognoli ben può ravvisarsi nell’intento di evitare speculazioni da parte di chi ha usufruito di speciali deroghe ed agevolazioni per la realizzazione degli stessi”;
   c) i parcheggi non rientranti nelle due specie sopra illustrate, perché realizzati in eccedenza rispetto agli spazi minimi inderogabilmente richiesti dalla disciplina normativa pubblicistica, ad utilizzazione e a circolazione libera;
   d) i parcheggi disciplinati dall’art. 12, comma 9, della legge n. 246/2005, di liberalizzazione del regime di circolazione e trasferimento delle aree destinate a parcheggio con esclusivo riferimento alle costruzioni non ancora realizzate ed a quelle per le quali non sia ancora intervenuta la stipulazione delle vendite delle singole unità immobiliari, al momento della sua entrata in vigore.
Pertanto, i parcheggi sub a), differenziandosi da quelli sub b), possono essere realizzati anche fuori terra, anche e soprattutto in ragione della ratio che connota l’intera normativa esaminata, che è quella di favorire la realizzazione dei parcheggi nelle zone abitate, quali interventi di ordinata e razionale urbanizzazione.
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La società ricorrente impugna il provvedimento n. 27869 dell’11.10.2022, con cui il Comune di Nocera Superiore ha respinto l’istanza di permesso di costruire depositata in data 05.05.2021 (prot. n. 11945) per “la realizzazione di box auto interrati di pertinenza al fabbricato per civili abitazioni in corso di costruzione” alla via ... n. 26, chiedendo altresì la declaratoria dell’intervenuta formazione del silenzio-assenso sull’istanza medesima.
Il diniego è motivato sul fatto che:
   - i box sono fuori terra e costituiscono nuove costruzioni, non rientrando nell’art. 9, comma 1, della legge n. 122/1989, che disciplina i parcheggi ubicati “nel sottosuolo”, “al piano terreno dei fabbricati” o “nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato”;
   - in ogni caso, la particella n. 567, d’insistenza dei futuri box, non è pertinenziale all’edificio;
   - la capacità edificatoria del fondo è stata esaurita con la realizzazione del fabbricato e l’art. 33 delle N.T.A. vieta le nuove costruzioni in zona B2;
   - non sono rispettate le distanze minime di m. 1,50 dal confine e di m. 7,50 dalla strada di tipo E (art. 25, comma 3, N.T.A.).
Il ricorrente deduce, per contro, che:
   - i box, in quanto sottostanti al piano stradale, sono da configurare come “interrati”;
   - “l’art. 92 del R.U.E.C. consente espressamente la realizzazione di parcheggi anche nell’area di pertinenza degli edifici e, quindi, non necessariamente interrati”;
   - lo stesso dicasi per l’art. 6 della legge regionale n. 19/2001;
   - “l’intervento complessivamente assentito (fabbricato e sistemazione area esterna) include già la particella n. 567, nell’ambito della quale è prevista la realizzazione dei box auto. Sicché la stessa è sicuramente pertinenziale e, quindi, superficie accessoria non computabile nel calcolo della superficie lorda”;
   - “la strada a ridosso dell’area oggetto di intervento è di tipo F, non E. In ogni caso, ai sensi dell’art. 25, comma 3, secondo periodo, delle N.T.A. è, comunque, possibile realizzare i proposti box anche nelle fasce di rispetto stradale”.
Il ricorso può essere deciso con sentenza in forma semplificata.
Muovendo in ordine logico, è manifestamente infondato il motivo secondo cui sull’istanza si sarebbe formato il silenzio-assenso, posto che solo in data 18.07.2022 l’impresa ricorrente ha trasmesso gli elaborati tecnico-grafici richiesti dal Comune (in particolare: relazione geologica, mappe e visure catastali, grafici di sezione e profili, fotografie), completando la documentazione necessaria a corredo della pratica.
Viceversa, il ricorso è manifestamente fondato laddove assume che l’art. 92 del R.U.E.C. nell’area di pertinenza dell’edificio consente la realizzazione di parcheggi non necessariamente interrati.
La norma, infatti, richiama l’art. 41-sexies della legge n. 1150/1942, come modificato dall’art. 2, comma 1, della legge n. 122/1989, che recita: “nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse, debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni dieci metri cubi di costruzione”, senza ulteriori rinvii all’art. 9, comma 1, della stessa legge n. 122/1989.
In tema di spazi destinati a parcheggi privati, in complessi condominiali di nuova costruzione (ossia realizzati dopo l’entrata in vigore dell’art. 18 della legge n. 765/1967), il susseguirsi d’interventi legislativi incidenti sulla limitazione dell’autonomia privata in ordine alle dimensioni minime di tali spazi ed al regime di circolazione ha determinato l’esistenza di varie tipologie di parcheggio, assoggettate a regimi giuridici differenziati tra di loro (cfr. Cass. civ., Sez. II, 01.08.2008, n. 21003):
   a) i parcheggi pertinenziali di edifici costruiti, soggetti ad un vincolo pubblicistico di destinazione, produttivo di un diritto reale d’uso in favore dei condomini e di un vincolo pertinenziale ex lege che non ne esclude l’alienabilità separatamente dall’unità immobiliare, disciplinati dall’art. 18 della legge n. 765/1967 (art. 41-sexies della legge n. 1150/1942) e, di risulta, dagli artt. 3 e segg. del D.M. 02.04.1968, n. 1444;
   b) i parcheggi soggetti al vincolo pubblicistico d’inscindibilità con l’unità immobiliare di cui all’art. 9 della legge n. 122 del 1989, che è una “normativa dettata con riferimento ai soli parcheggi costruiti con le agevolazioni della legge c.d. Tognoli”, assoggettati ad un regime di circolazione controllata e di utilizzazione vincolata e, conseguentemente non trasferibili autonomamente. Ciò in quanto “l’art. 9 della legge richiamata detta una disciplina vincolistica diversa da quella che … vige per i parcheggi di cui alla legge ponte, i quali possono sicuramente essere alienati separatamente dall’unità immobiliare cui accedono, fermo restando il diritto di uso in capo al proprietario e/o utilizzatore dell’immobile principale. A ben vedere, la ratio del divieto di circolazione dei parcheggi di cui alla legge Tognoli ben può ravvisarsi nell’intento di evitare speculazioni da parte di chi ha usufruito di speciali deroghe ed agevolazioni per la realizzazione degli stessi”;
   c) i parcheggi non rientranti nelle due specie sopra illustrate, perché realizzati in eccedenza rispetto agli spazi minimi inderogabilmente richiesti dalla disciplina normativa pubblicistica, ad utilizzazione e a circolazione libera;
   d) i parcheggi disciplinati dall’art. 12, comma 9, della legge n. 246/2005, di liberalizzazione del regime di circolazione e trasferimento delle aree destinate a parcheggio con esclusivo riferimento alle costruzioni non ancora realizzate ed a quelle per le quali non sia ancora intervenuta la stipulazione delle vendite delle singole unità immobiliari, al momento della sua entrata in vigore.
Pertanto, i parcheggi sub a), differenziandosi da quelli sub b), possono essere realizzati anche fuori terra, anche e soprattutto in ragione della ratio che connota l’intera normativa esaminata, che è quella di favorire la realizzazione dei parcheggi nelle zone abitate, quali interventi di ordinata e razionale urbanizzazione.
Quanto, poi, alla natura pertinenziale del terreno, è dirimente osservare che le particelle dell’edificio e dell’area sono ormai fuse nell’unica particella n. 4088.
D’altronde l’art. 817 c.c. qualifica la pertinenza come bene destinato dal titolare in modo durevole a servizio o ad ornamento di un'altra cosa; ciò significa che la sua caratteristica fondamentale -che la distingue dal bene accessorio- è che la destinazione non è transitoria od occasionale, ma ha carattere di stabilità (TAR Campania-Salerno, Sez. II, sentenza 10.01.2023 n. 42 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2022

EDILIZIA PRIVATA: L. Biarella, Parcheggi pertinenziali: il vademecum della Cassazione. L'evoluzione dei criteri legali di determinazione delle aree destinate a parcheggio, con le indicazioni operative della c.d. legge Tognoli e di quelle successive.
La Corte di Cassazione (Sez. II civile, sentenza 27.10.2022 n. 31799) affronta la tematica dell’individuazione determinazione delle aree destinate a parcheggio, scandendo le indicazioni operative della cd. legge Tognoli e di quelle successive.
Il riconoscimento della pertinenzialità in primo grado
Una donna aveva convenuto, davanti al Tribunale, un uomo e sua figlia, chiedendo che fosse dichiarato il trasferimento, in suo favore, della proprietà e/o del diritto di uso, sia del posto auto scoperto sito nel cortile condominiale, sia del garage sito nel piano seminterrato, in applicazione dell’art. 18, L. n. 765/1967, con la consequenziale pronuncia di nullità della donazione effettuata dall’alienante, in favore della figlia, avente a oggetto il garage posto al piano seminterrato, oltre al risarcimento dei danni per il mancato utilizzo dei beni fino all’effettivo rilascio.
La stessa attrice, con atto pubblico del 2003, aveva acquistato dall’uomo convenuto un appartamento posto al quarto piano di uno stabile, e che lo stesso era altresì proprietario di due posti auto, anch’essi siti nello stesso edificio, il primo, scoperto, collocato nel cortile condominiale, e il secondo, coperto, posto nel piano seminterrato. Per la donna, pur non essendo stati menzionati nell’atto di compravendita del 2003, concluso tra l’attrice e il convenuto, i predetti due posti auto dovevano considerarsi trasferiti ope legis in suo favore, stante il vincolo pertinenziale da cui erano avvinti, ex art. 18 della legge ponte n. 765/1967. L’uomo aveva donato, con atto pubblico del 2005, in favore della figlia, la proprietà del garage sito al piano seminterrato, pur non essendo la donataria proprietaria di alcun appartamento all’interno dell’edificio condominiale.
Il Tribunale adito, con sentenza non definitiva del 2012:
   - accoglieva la domanda,
   - dichiarava la nullità parziale dell’atto di compravendita nella parte in cui non erano state trasferite le pertinenze dell’appartamento compravenduto, ossia i due posti auto oggetto di causa,
   - dichiarava, altresì, trasferito, in favore dell’attrice, ope legis, il diritto di uso delle pertinenze, con obbligo di pagamento del prezzo corrispondente al valore di mercato di detti cespiti,
   - dichiarava la nullità dell’atto di donazione avente a oggetto il garage sito al piano seminterrato, e disponeva il prosieguo del giudizio per la determinazione del corrispettivo dovuto e del risarcimento danni per il mancato utilizzo delle dette pertinenze.
L’applicabilità della Legge Tognoli secondo il giudice territoriale
Sul gravame interposto dall’uomo e dalla di lui figlia la Corte d’appello, in totale riforma della pronuncia impugnata, accoglieva l’appello.
In particolare, la decisione era stata impugnata nella parte in cui, facendo proprie le risultanze peritali, aveva ritenuto applicabile all’edificio, cui appartenevano i posti auto oggetto di causa, i parametri urbanistici del “decreto Floris”, che imponeva un vincolo a uso pubblico di 80 mq. per ogni 100 mq. di superficie, di cui la metà da destinare a parcheggio.
Inoltre, a fronte del vincolo di destinazione prescritto dalla legge, secondo i limiti quantitativi indicati, al fine di garantire a coloro che occupavano le singole unità immobiliari uno specifico diritto reale d’uso sulle aree stesse, erano esclusi dal regime vincolistico e liberamente alienabili i parcheggi realizzati in eccedenza rispetto allo standard urbanistico, di cui era dunque possibile la riserva a favore del costruttore ovvero la cessione a terzi.
Nel caso di specie era applicabile, ratione temporis, la L. n. 122/1989, (legge Tognoli), sicché l’edificio realizzato non era tenuto al rispetto degli standard urbanistici previsti dal “decreto Floris”.
Il rigetto in Cassazione
La donna si è rivolta alla Cassazione che, pur rigettando le doglianze, ha operato una ricognizione della complessa tematica.
In particolare, l’ultimo motivo formulato ha riguardato la violazione o falsa applicazione dell’art. 41-sexies della legge urbanistica n. 1150/1942, per avere la Corte distrettuale assunto, ai fini della verifica della sussistenza dell’eccedenza di posti auto rispetto a quelli obbligatoriamente imposti dagli standard urbanistici e soggetti al regime vincolistico, lo stato attuale dei luoghi, oggetto di pacifiche modifiche conseguenti all’esecuzione di opere autorizzate con successive concessioni e di opere relative a box auto edificate in difetto di concessione.
Quanto alla lamentata frustrazione della ratio della legge Tognoli (vigente ratione temporis), la ricorrente non ha dedotto esplicitamente la concreta inesistenza nello stabile di un numero di posti auto pari a quello degli appartamenti dell’edificio, tale per cui alla donna sarebbe stato assolutamente precluso di parcheggiare regolarmente un’auto nelle aree condominiali esterne ed interne adibite a parcheggio.
La doglianza, quindi, è risultata destituita di fondamento allorché prospetta il superamento dei criteri legali di regolazione del vincolo cui all’epoca erano soggetti i posti auto.
In particolare, i calcoli effettuati dall’ausiliario del Giudice del gravame hanno tenuto conto di un parametro minimo di raffronto che includeva tali aree accessorie, così da legittimare il computo in concreto delle superfici destinate a parcheggio al lordo degli spazi di manovra e accesso: all’esito, dalla comparazione tra dati omogenei, perché entrambi inclusivi delle aree di manovra e accesso, è stata ottenuta la superficie in eccedenza, pari a 387,60 mq., di gran lunga superiore all’area occupata dal garage e dal posto auto controversi, pari a 40 mq.
I principi operativi
Si è rammentato che, secondo la normativa vigente nel momento storico di interesse, operavano i seguenti principi:
   - il vincolo pertinenziale tra costruzione e spazio per parcheggio va inquadrato nelle limitazioni legali della proprietà per pubblico interesse: gli spazi di parcheggio sono destinati permanentemente all’uso esclusivo delle persone che stabilmente occupano l’edificio o ad esso abitualmente accedono;
   - è possibile che le aree per parcheggio siano oggetto di separati atti e rapporti giuridici, il che non implica che per effetto di questi il vincolo debba cessare, in quanto la pertinenza, anche se gravata da diritto reale a favore di terzo, continua ad assolvere alla propria funzione accessoria esclusivamente a favore del proprietario della cosa principale;
   - se i contratti con cui si alienano gli spazi di parcheggio disgiuntamente dall’unità immobiliare cui accedono prevedono la sottrazione degli spazi stessi al vincolo pubblicistico di destinazione, che per legge è inderogabile, essi sono nulli nella parte in cui non viene attribuito all’acquirente il godimento dello spazio destinato a parcheggio;
   - tale nullità si verifica anche in caso di eventuale inutilità del posto macchina nel caso concreto, poiché la sua destinazione obiettiva e permanente al servizio della cosa principale trascende le situazioni contingenti;
   - il contratto, parzialmente nullo, deve essere integrato ex lege, a norma dell’art. 1419 c.c., dalla norma imperativa violata, con il riconoscimento del diritto reale d’uso dello spazio per parcheggio (che non può essere surrogato da un semplice rapporto obbligatorio), salvo il diritto del venditore al riequilibrio del sinallagma contrattuale, mediante una integrazione del corrispettivo ricevuto.
La disciplina del parcheggio pertinenziale di cui alla Legge Tognoli
L’art. 9, comma 1, della legge Tognoli autorizza i proprietari di immobili a realizzare nel sottosuolo degli stessi, ovvero nei locali siti al pian terreno dei fabbricati, parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche (ma non necessariamente) in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti.
Questi parcheggi, dunque, sono quelli:
   - realizzati senza necessità di concessione edilizia dopo l’entrata in vigore della legge Tognoli (07.04.1989), a servizio di edifici già esistenti in quella data;
   - realizzati con le agevolazioni previste dalla citata legge;
   - ubicati nei luoghi sopra indicati.
A tali tipologie di realizzazione (interna o esterna) è sottesa la creazione delle aree accessorie, funzionali alla loro pratica fruizione.
La definizione di parcheggio
Si definiscono “parcheggi” gli spazi necessari tanto alla sosta quanto alla manovra e all’accesso dei veicoli: tale spazio può consistere
   - in un’area scoperta (c.d. posto auto) o
   - in un’area coperta, chiusa su tre lati (c.d. box) o su tutti i lati (c.d. garage); superfici che devono essere considerate nel loro complesso ai fini della verifica del rispetto degli standard urbanistici, purché sia garantito un numero minimo di parcheggi.
Tale conclusione è risultata avvalorata dall’intervenuto mutamento del rapporto di proporzione tra metri cubi della costruzione e metri quadri delle superfici da destinare a parcheggi: rapporto passato da 1 mq. per ogni 20 mc. di costruzione ex art. 18 legge ponte, a 1 mq. per ogni 10 mc. di costruzione, anche in ragione della considerazione delle aree accessorie indispensabili alla sua realizzazione ex art. 2 legge Tognoli.
La liberalizzazione del 2005
Non ha trovato applicazione, nella fattispecie, l’intervento di liberalizzazione di cui all’art. 12 della L. n. 246/2005, che (aggiungendo, all’art. 41-sexies della L. n. 1150/1942, un comma 2) dispone che i parcheggi realizzati in forza del comma 1 non sono gravati da vincoli pertinenziali di sorta, né da diritti d’uso a favore dei proprietari di altre unità immobiliari, e sono trasferibili autonomamente da esse.
E tanto in quanto l’intervento semplificativo del legislatore, di cui alla novella del 2005, non ha natura interpretativa, ma deve essere qualificato come intervento con portata innovativa (che non ha natura imperativa, né effetto retroattivo), il che implica che tale semplificazione non sia applicabile ai parcheggi costruiti precedentemente all’entrata in vigore della legge medesima (23.11.2022 - commento tratto da e link a www.altalex.com).
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SENTENZA
12.- Il dodicesimo motivo riguarda, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione dell'art. 41-sexies della legge urbanistica n. 1150 del 1942, per avere la Corte distrettuale assunto, ai fini della verifica della sussistenza dell'eccedenza di posti auto rispetto a quelli obbligatoriamente imposti dagli standard urbanistici e soggetti al regime vincolistico, lo stato attuale dei luoghi, oggetto di pacifiche modifiche conseguenti all'esecuzione di opere autorizzate con successive concessioni e di opere relative a box auto edificate in difetto di concessione.
Espone, inoltre, che, ai fini della determinazione delle superfici rilevanti, sarebbero stati considerati, non solo le aree destinate alla sosta, ma anche gli spazi di manovra e transito, nonché gli spazi qualificati come box auto realizzati in difetto di concessione.
12.1.- Il motivo è in parte qua inammissibile e in parte qua infondato.
12.2.- E' inammissibile allorché sembra suggerire una nuova verifica dei fatti rilevanti (ricalcolo di cubature e superfici, accertamento della esistenza di box auto realizzati abusivamente).
In questi termini, a fronte dell'apparente censura di violazione di legge, il motivo postula, in realtà, una differente e più favorevole ricostruzione dei fatti ed in particolare dello stato dei luoghi ricostruito sulla scorta della consulenza d'ufficio in rinnovazione, profilo, questo, non sindacabile in questa sede (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 5987 del 04/03/2021; Sez. U, Sentenza n. 34476 del 27/12/2019).
Peraltro, quanto alla lamentata frustrazione della ratio della legge Tognoli (vigente ratione temporis), la ricorrente non ha mai dedotto esplicitamente la concreta inesistenza nello stabile di un numero di posti auto pari a quello degli appartamenti dell'edificio, tale per cui alla A.A. sarebbe stato assolutamente precluso di parcheggiare regolarmente un'auto nelle aree condominiali esterne ed interne adibite a parcheggio.
12.3.- La doglianza è, per converso, destituita di fondamento allorché prospetta il superamento dei criteri legali di regolazione del vincolo cui all'epoca erano soggetti i posti auto.
Al riguardo, si rammenta che, secondo la normativa vigente nel momento storico di interesse, operavano i seguenti principi:
   A) il vincolo pertinenziale tra costruzione e spazio per parcheggio va inquadrato nelle limitazioni legali della proprietà per pubblico interesse: gli spazi di parcheggio sono destinati permanentemente all'uso esclusivo delle persone che stabilmente occupano l'edificio o ad esso abitualmente accedono;
    B) è possibile che le aree per parcheggio siano oggetto di separati atti e rapporti giuridici, il che non implica che per effetto di questi il vincolo debba cessare, perché la pertinenza, anche se gravata da diritto reale a favore di terzo, continua ad assolvere alla propria funzione accessoria esclusivamente a favore del proprietario della cosa principale;
   C) se i contratti con cui si alienano gli spazi di parcheggio disgiuntamente dall'unità immobiliare cui accedono prevedono la sottrazione degli spazi stessi al vincolo pubblicistico di destinazione, che per legge è inderogabile, essi sono nulli nella parte in cui non viene attribuito all'acquirente il godimento dello spazio destinato a parcheggio;
   D) tale nullità si verifica anche in caso di eventuale inutilità del posto macchina nel caso concreto, poiché la sua destinazione obiettiva e permanente al servizio della cosa principale trascende le situazioni contingenti;
   E) il contratto, parzialmente nullo, deve essere integrato ex lege, a norma dell'art. 1419 c.c., dalla norma imperativa violata, con il riconoscimento del diritto reale d'uso dello spazio per parcheggio (che non può essere surrogato da un semplice rapporto obbligatorio), salvo il diritto del venditore al riequilibrio del sinallagma contrattuale, mediante una integrazione del corrispettivo ricevuto.
In proposito, non trova applicazione nella fattispecie l'intervento normativo di liberalizzazione di cui all'art. 12 della L. n. 246/2005, che -aggiungendo, all'art. 41-sexies della L. n. 1150/1942, un comma 2- dispone che i parcheggi realizzati in forza del comma 1 non sono gravati da vincoli pertinenziali di sorta, né da diritti d'uso a favore dei proprietari di altre unità immobiliari, e sono trasferibili autonomamente da esse.
E tanto perché l'intervento semplificativo del legislatore, di cui alla novella del 2005, non ha natura interpretativa, ma deve essere qualificato come intervento con portata innovativa (che non ha natura imperativa, né effetto retroattivo), il che implica che tale semplificazione non sia applicabile ai parcheggi costruiti precedentemente all'entrata in vigore della legge medesima (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2265 del 28/01/2019; Sez. 6-2, Ordinanza n. 9090 del 05/06/2012; Sez. 2, Sentenza n. 378 del 13/01/2010; Sez. 2, Sentenza n. 21003 del 01/08/2008; Sez. 2, Sentenza n. 4264 del 24/02/2006).
12.3.1.- Tanto premesso, la regolamentazione vigente del regime vincolistico non risulta violata per il solo fatto che la consulenza d'ufficio in rinnovazione abbia tenuto conto dello stato effettivo dei luoghi, anziché limitarsi alla rilevazione delle cubature e superfici sulla scorta delle tavole di progetto redatte all'epoca della costruzione del fabbricato.
La circostanza secondo cui, rispetto alla originaria concessione edilizia n. 122//1991C, rilasciata alla venditrice-costruttrice E. il 29.05.1991, fosse stata rilasciata concessione edilizia in sanatoria n. 117/1999C in data 11.02.1999, contrariamente all'assunto della ricorrente, non è emblematica in sé del computo degli standard urbanistici alla stregua di uno stato di fatto non corrispondente a quello esistente al momento dell'atto traslativo del 06.05.1994, cui ha fatto seguito l'atto di vendita in favore della ricorrente del 03.02.2003.
Infatti, trattandosi appunto di concessione in sanatoria, la Corte territoriale ha ritenuto che gli interventi assentiti già sussistessero al momento del suo rilascio (né la ricorrente ha sostenuto, individuandone specificamente la natura, che gli interventi sanati sono stati realizzati successivamente al 06.05.1994).
Tanto più che la sentenza d'appello ha dato specificamente atto che l'originario proprietario-costruttore E. Srl , nel corpo dell'atto di vendita del 06.05.1994, in favore di Mo.Fr., dante causa di An.Al., si era legittimamente riservato i posti auto oggetto di causa, che aveva legittimamente venduto alla Mo. unitamente all'appartamento.
12.3.2.- D'altronde, la pronuncia non risulta inficiata per il fatto che si è attenuta all'accertamento del tecnico d'ufficio, tenendo conto delle superfici destinate ad aree di parcheggio al lordo -e non già al netto delle zone di transito e manovra.
Infatti, con la locuzione "spazi per parcheggi" devono intendersi gli spazi necessari tanto alla sosta quanto alla manovra e all'accesso dei veicoli (ossia i corridoi carrabili per accedere ai posti auto, ma non le rampe carrabili, se sono esterne al fabbricato), come normalmente previsto dalle norme tecniche di attuazione dei piani regolatori generali.
Il Collegio, all'uopo, ritiene corretta l'impostazione della sentenza impugnata, che -recependo la risposta data dal consulente (e in antitesi con i quesiti all'origine formulati)- ha fatto riferimento alla nozione di parcheggio di cui alla circolare del Ministero dei Lavori pubblici-Direzione generale dell'urbanistica n. 3210 del 28.10.1967 (circolare esplicativa della L. 06.08.1967, n. 765, avendo appunto ad oggetto "Istruzioni per l'applicazione della L. 06.08.1967, n. 765, recante modifiche ed integrazioni alla legge urbanistica 17.08.1942, n. 1150"), in cui, al punto 9, si precisa che per "spazi per parcheggi debbono intendersi gli spazi necessari tanto alla sosta quanto alla manovra ed all'accesso dei veicoli".
Si aggiunge in tale circolare che i parcheggi possono essere ricavati nella stessa costruzione, in aree esterne oppure promiscuamente, e anche in aree che non formino parte del lotto, purché siano asservite all'edificio con vincolo permanente di destinazione a parcheggio, a mezzo di atto da trascriversi a cura del proprietario.
Per converso, la cubatura, in rapporto alla quale va determinata la superficie da destinare a parcheggi, è costituita esclusivamente da quella destinata ad abitazione, uffici o negozi, con esclusione perciò delle altre parti dell'edificio: scantinati, servizi e volumi tecnici.
Ora, l'art. 9, comma 1, della legge Tognoli autorizza i proprietari di immobili a realizzare nel sottosuolo degli stessi, ovvero nei locali siti al pian terreno dei fabbricati, parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche (ma non necessariamente) in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti.
Questi parcheggi, dunque, sono quelli:
   a) realizzati senza necessità di concessione edilizia dopo l'entrata in vigore della legge Tognoli (07.04.1989), a servizio di edifici già esistenti in quella data;
   b) realizzati con le agevolazioni previste dalla citata legge;
   c) ubicati nei luoghi sopra indicati.
A tali tipologie di realizzazione (interna o esterna) è sottesa la creazione delle aree accessorie, funzionali alla loro pratica fruizione.
Il fatto che detta circolare esplicativa risalga ad anni prima e non abbia valenza normativa non implica -contrariamente a quanto sostenuto da parte ricorrente- che tale nozione non possa fornire un criterio-guida per la decisione della questione posta con il motivo di ricorso in esame, con il quale si lamenta appunto la violazione dell'art. 41-sexies della L. n. 1150 del 1942, come modificato dall'art. 18 della legge ponte n. 765 DEL 1967 e poi dall'art. 2 della legge Tognoli n. 122/1989.
Sicché è proprio dall'applicazione della disciplina invocata dalla ricorrente, letta nei termini anzidetti, che discende la valutazione di adeguatezza delle aree destinate a parcheggi rispetto al criterio legalmente predeterminato.
Sul punto, non pare condivisibile il richiamo al precedente giurisprudenziale (Cons. Stato Sez. 4, Sentenza 28/05/2013, n. 2916) citato nella memoria di parte ricorrente -,secondo cui, alla stregua del difetto di valenza normativa della circolare dell'allora Ministero dei Lavori Pubblici 28.10.1967, n. 3210 e avuto riguardo, invece, alla stretta connessione con la ratio della legge - ratio che risulterebbe violata, qualora la norma fosse intesa in senso meramente quantitativo-, il calcolo degli spazi destinati a parcheggio dovrebbe avvenire al netto delle aree di manovra e di accesso.
Ad avviso di tale pronuncia, qualora si potessero individuare gli standard costruttivi in ragione del solo dato dimensionale, verrebbe conseguentemente posto in ombra il dato funzionale, ossia la destinazione concreta dell'area, come voluta dal legislatore.
Pertanto, prosegue detta pronuncia, soddisfacendo gli standard con la messa a disposizione di aree non utilizzabili in concreto (ossia computando le porzioni che non sono utilizzabili, per forma o per le ridotte dimensioni, ovvero perché eccedenti un posto macchina standard, ma insufficienti per realizzarne un altro, ovvero infine per il difficile accesso), la norma di garanzia verrebbe frustrata, atteso che il citato art. 41-sexies della legge urbanistica non contemplerebbe un nudo dato quantitativo, ma un dato mirato ad uno scopo esplicito, posto che essa imporrebbe dapprima la riserva di "appositi spazi per parcheggi", provvedendo poi a quantificarla "in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni 10 metri cubi di costruzione".
Ebbene, in senso contrario, e conformemente al tenore della menzionata circolare, si reputa in questa sede che la definizione in chiave strutturale e concreta di parcheggio comprenda non solo gli spazi di sosta, ma anche quelli a quest'ultimi accessori ed indefettibili (che ne costituiscono, dunque, una componente necessaria in fase realizzativa), in quanto funzionali all'effettuazione delle manovre e a consentire il transito, una volta che sia assicurato un numero minimo di parcheggi -nella fattispecie pari a 45- (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 1445 del 18/01/2022; Sez. 2, Sentenza n. 3370 del 06/05/1988; Cons. Stato Sez. 5, Sentenza 07/08/2014, n. 4215; Cons. Stato Sez. 4, Sentenza 28/11/2012, n. 6033; Tar. Veneto Sez. 2, Sentenza 15/01/2020, n. 40; Tar Sicilia Sez. 2, Sentenza 11/04/2017, n. 1001; Tar Emilia Romagna Sez. 1, Sentenza 23/06/2014, n. 674; Tar Molise Sez. 1, Sentenza 11/06/2014, n. 377; Tar Liguria Sez. 1, Sentenza 28/05/2014, n. 807; Cons. giust. amm. Sicilia, Sentenza 22/10/2009, n. 978; Tar Sicilia Sez. 1, 28/05/2008, n. 979; Tar Basilicata Sez. 1, Sentenza 16/05/2008, n. 210).
Pertanto, si definiscono "parcheggi" gli spazi necessari tanto alla sosta quanto alla manovra e all'accesso dei veicoli: tale spazio può consistere in un'area scoperta (c.d. posto auto) o in un'area coperta, chiusa su tre lati (c.d. box) o su tutti i lati (c.d. garage); superfici che devono essere considerate nel loro complesso ai fini della verifica del rispetto degli standard urbanistici, purché sia garantito un numero minimo di parcheggi.
La predetta conclusione sembra, del resto, avvalorata dall'intervenuto mutamento del rapporto di proporzione tra metri cubi della costruzione e metri quadri delle superfici da destinare a parcheggi (rapporto passato da 1 mq. per ogni 20 mc. di costruzione -art. 18 legge ponte- ad 1 mq. per ogni 10 mc. di costruzione, anche in ragione della considerazione delle aree accessorie indispensabili alla sua realizzazione art. 2 legge Tognoli -).
Su tale tema, nei lavori preparatori della legge Tognoli, si deduce espressamente che siffatta proporzione è stata stabilita avuto riguardo alla "valutazione operata dal Ministero dei Lavori pubblici", quale misura ritenuta adeguata a porre un ulteriore rimedio alla situazione creatasi nelle città italiane (il che dovrebbe dare un particolare risalto al contenuto della circolare innanzi richiamata, proveniente dallo stesso Ministero alle cui valutazioni si è fatto riferimento per rideterminare il nuovo -e più rigoroso- standard urbanistico).
12.3.2.1.- Del resto, i calcoli effettuati dall'ausiliario del Giudice del gravame hanno tenuto conto di un parametro minimo di raffronto che includeva tali aree accessorie, così da legittimare il computo in concreto delle superfici destinate a parcheggio al lordo degli spazi di manovra e accesso.
Infatti, il consulente d'ufficio in sede di rinnovazione delle operazioni -come risulta dalla motivazione della sentenza d'appello- ha, dapprima, determinato la superficie netta dello spazio utilizzabile come parcheggio, pari a 813,40 mq., distribuita tra posti auto all'aperto e posti auto realizzati nel piano seminterrato, per un totale complessivo di 45 posti.
Quindi, a fronte della cubatura effettiva rilevata nella costruzione, ha stabilito che la superficie minima da destinare a parcheggio, secondo la proporzione di legge (1 mq. per ogni 10 mc.), sarebbe stata pari a 1.072,70 mq., comprensivi delle aree di manovra e transito, ai sensi dell'art. 2 della prima variante al piano regolatore generale del Comune di Cagliari.
Il che imponeva, ai fini di ottenere un dato quantitativo omogeneo, come in realtà è accaduto, di individuare la superficie concretamente disponibile stimando, oltre agli spazi di sosta, anche le aree destinate alla manovra e al transito, così da ricavare una superficie effettivamente disponibile nella misura di 1.460 mq.
All'esito, dalla comparazione tra dati omogenei, perché entrambi inclusivi delle aree di manovra e accesso, è stata ottenuta la superficie in eccedenza, pari a 387,60 mq. (recte 387,30 mq.), di gran lunga superiore all'area occupata dal garage e dal posto auto controversi, pari a 40 mq. (Corte di Cassazione, Sez. II civile, sentenza 27.10.2022 n. 31799).

EDILIZIA PRIVATA: Necessita del titolo edilizio anche per la realizzazione di una piscina.
Invero, “tutti gli elementi strutturali concorrono al computo della volumetria del manufatto, siano essi interrati o meno, e fra essi deve intendersi ricompresa anche la piscina, in quanto non qualificabile come pertinenza in senso urbanistico in ragione della funzione autonoma che è in grado di svolgere rispetto a quella propria dell'edificio al quale accede.
Pertanto, la realizzazione di una piscina è configurabile come intervento di ristrutturazione edilizia ai sensi dell'art. 3, comma 1, lett. d), d.P.R. n. 380 del 2001, nella misura in cui realizza l'inserimento di nuovi elementi ed impianti, ed è quindi subordinata al regime del permesso di costruire, ai sensi dell'art. 10, comma 1, lett. c), dello stesso d.P.R., in quanto comporta una durevole trasformazione del territorio”.
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Anche per la costruzione di un box necessita del titolo edilizio che, nonostante le ridotte dimensioni, è pur sempre un volume nuovo, destinato a funzioni durevoli nel tempo (non precarie o temporanee) e come tali comportanti ampliamento di superficie e volume.
Invero, “la precarietà o meno di un manufatto ed il suo regime giuridico dal punto di vista urbanistico è correlata alla destinazione dell'opera, con la conseguenza che l'installazione di un box prefabbricato, attraverso semplice appoggio e senza ancoraggio al suolo, non sottrae, di per sé, l'intervento al regime concessorio”.
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Nei limiti di quanto dedotto nel presente giudizio, il titolo edilizio sarebbe stato peraltro necessario anche per la realizzazione della piscina (TAR Napoli, sez. VI, 07/01/2022, n. 105, secondo la quale “tutti gli elementi strutturali concorrono al computo della volumetria del manufatto, siano essi interrati o meno, e fra essi deve intendersi ricompresa anche la piscina, in quanto non qualificabile come pertinenza in senso urbanistico in ragione della funzione autonoma che è in grado di svolgere rispetto a quella propria dell'edificio al quale accede. Pertanto, la realizzazione di una piscina è configurabile come intervento di ristrutturazione edilizia ai sensi dell'art. 3, comma 1, lett. d), d.P.R. n. 380 del 2001, nella misura in cui realizza l'inserimento di nuovi elementi ed impianti, ed è quindi subordinata al regime del permesso di costruire, ai sensi dell'art. 10, comma 1, lett. c), dello stesso d.P.R., in quanto comporta una durevole trasformazione del territorio”) come pure per il box, che, nonostante le ridotte dimensioni, è pur sempre un volume nuovo, destinato a funzioni durevoli nel tempo (non precarie o temporanee) e come tali comportanti ampliamento di superficie e volume (cfr. Consiglio di Stato, sez. II, 11/06/2020, n. 3730, secondo cui “la precarietà o meno di un manufatto ed il suo regime giuridico dal punto di vista urbanistico è correlata alla destinazione dell'opera, con la conseguenza che l'installazione di un box prefabbricato, attraverso semplice appoggio e senza ancoraggio al suolo, non sottrae, di per sé, l'intervento al regime concessorio”) (TAR Lazio-Roma, Sez. II-stralcio, sentenza 22.07.2022 n. 10502 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Gli atti di cessione di aree destinate a parcheggio, conclusi in violazione dell'art. 9, comma 5, della l. n. 122 cit., in comb. disp. degli artt. 1418 e 1346 c.c., sono ipso iure nulli.
Questa Corte non può che rilevare come gli atti di cessione di aree destinate a parcheggio, conclusi in violazione dell'art. 9, comma 5, della l. n. 122 cit., in comb. disp. degli artt. 1418 e 1346 c.c., sono ipso iure nulli poiché sottraggono, mediante riserva al venditore o trasferimento a terzi, la relativa superficie alla sua inderogabile destinazione a parcheggio.
L'art. 9 della l. n. 122 cit., in effetti, nel testo in vigore all'epoca degli atti in questione (e cioè gli anni 2003 e 2006), aveva espressamente stabilito, per un verso, che "i proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero in locali siti al piano terreno parcheggi da destinarsi a pertinenza delle singole unità immobiliari e ciò anche in deroga agli strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi vigenti" (comma 1) e, per altro verso, che i Comuni "su richiesta dei privati interessati o di imprese di costruzione o di società anche cooperative, possono prevedere, nell'ambito del programma urbano dei parcheggi, la realizzazione di parcheggi da destinare a pertinenza di immobili privati su aree comunali o nel sottosuolo delle stesse", a mezzo della cessione (subordinatamente alla "stipula di una convenzione nella quale siano previsti:
   a) la durata della concessione del diritto di superficie per un periodo non superiore a novanta anni;
   b) il dimensionamento dell'opera ed il piano economico-finanziario previsti per la sua realizzazione;
   c) i tempi previsti per la progettazione esecutiva, la messa a disposizione delle aree necessarie e la esecuzione dei lavori;
   d) i tempi e le modalità per la verifica dello stato di attuazione nonché le sanzioni previste per gli eventuali inadempimenti") del relativo "diritto di superficie" (comma 4), prevedendo, tanto per gli uni, quanto per gli altri (e, quindi, a prescindere dalla natura privata o pubblica dell'area interessata), che "i parcheggi realizzati ai sensi del presente articolo non possono essere ceduti separatamente dall'unità immobiliare alla quale sono legati da vincolo pertinenziale" e che "i relativi atti di cessione sono nulli" (comma 5).

L'art. 9 della l. n. 122 cit. detta, pertanto, una disciplina vincolistica (tuttora efficace per le aree che, come nel caso in esame, sono di proprietà pubblica: l'art. 9, comma 5, seconda parte, nel testo attualmente in vigore, prevede che "i parcheggi realizzati ai sensi del comma 4 non possono essere ceduti separatamente dall'unità immobiliare alla quale sono legati da vincolo pertinenziale e i relativi atti di cessione sono nulli, ad eccezione di espressa previsione contenuta nella convenzione stipulata con il comune, ovvero quando quest'ultimo abbia autorizzato l'atto di cessione") diversa da quella che vige per i parcheggi di cui alla cd. legge ponte:
   - mentre questi ultimi possono essere alienati separatamente dall'unità immobiliare cui accedono, fermo restando il diritto di uso in capo al proprietario e/o utilizzatore dell'immobile principale,
   - i parcheggi costruiti in base alla legge Tognoli, al contrario, sono assoggettati a vincolo di destinazione e a vincolo di inscindibilità dall'unità principale, e cioè "a utilizzazione vincolata" e, al tempo stesso, "a circolazione controllata"
.
Invero,
in tema di aree destinate a parcheggio nei complessi condominiali di nuova costruzione,
   - mentre il vincolo di destinazione ex artt. 18 della l. n. 765 del 1967 e 26 della l. n. 47 del 1985 implica l'insorgenza dell'obbligo non già di trasferire la proprietà dell'area destinata a parcheggio insieme alla costruzione quanto, piuttosto, di non eliminare il vincolo esistente, così creando in capo all'acquirente dell'appartamento un diritto reale d'uso sull'area medesima, come individuata sulla base della concessione edilizia, laddove, al contrario,
   - nel caso dei parcheggi soggetti al vincolo pubblicistico d'inscindibilità con l'unità immobiliare, introdotto dall'art. 2 della l. n. 122 del 1989, il proprietario dell'unità abitativa può pretendere una determinata autorimessa, essendo tali parcheggi assoggettati a un regime di circolazione controllata e di utilizzazione vincolata e, di conseguenza, non trasferibili in via autonoma.

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13.7. Nel caso in esame, come visto, la corte d'appello, dopo aver evidenziato che la l. n. 122 del 1989 aveva previsto un vincolo inderogabile che si traduce in un diritto reale d'uso dell'area parcheggio in favore delle unità abitative dei condomini e, quindi, del relativo acquirente, come l'attore:
   - innanzitutto, ha ritenuto che il contratto di vendita intercorso tra la Pi. e l'attore, stipulato con atto per notar Di Fa. in data 10/10/2003, fosse, nella parte in cui la venditrice si era riservata la proprietà del piano interrato (e, quindi, del box), viziato da nullità (confermando la pronuncia del tribunale che aveva dichiarato la "nullità della clausola del contratto di vendita (per notaio Di Fa.) con il quale la Pi. si riservava la proprietà del box auto e della cantina");
   - in secondo luogo, una volta riconosciuto all'acquirente "il diritto d'uso" del predetto cespite ed il conseguente diritto ad averne la "disponibilità" dalla venditrice, ha confermato la pronuncia con cui il tribunale aveva dichiarato la risoluzione del contratto con il quale, a mezzo di atto per notar Ce. del 31/05/2006, il medesimo box era stato, in seguito, venduto dalla Pi. (che, come visto, se n'era riservata la proprietà) al Ce.: e ciò sul rilievo che "l'esistenza del vincolo d'infrazionalità e la conseguente pretesa del Le. di ottenere il trasferimento, o la disponibilità d'uso, dell'interrato comporta automaticamente la risoluzione del contratto di vendita di quest'ultimo al Ce., che subisce l'evizione o la perdita del diritto d'uso dello stesso".
13.8. La stessa corte, tuttavia, pur a fronte della (parziale) nullità del primo contratto di vendita (stipulato il 10/10/2003), nella parte in cui "la Pi. si riservava la proprietà del box auto e della cantina", e della (conseguente) risoluzione del secondo contratto (stipulato il 31/05/2006) di vendita (dello stesso box) a favore del Ce., "che subisce l'evizione o la perdita del diritto d'uso dello stesso", ha escluso, tanto con riguardo al primo, quanto con riguardo al secondo, la responsabilità dei notai che avevano rogato i rispettivi atti (e cioè, rispettivamente, il notaio Cesidio Di Fa. ed il notaio Cl.Ce.) nei confronti (per quel che ancora rileva) della venditrice: sul rilievo, quanto al primo, che il notaio Di Fa. aveva ricevuto "assicurazioni dalle parti circa la piena conoscenza dell'atto d'obbligo per notar Mi." nonché "l'espressa dispensa" dall'incarico di provvedere agli accertamenti urbanistici e amministrativi in quanto già svolti dalle parti attraversi tecnici di propria fiducia, e, quanto al secondo, che il notaio Ce. aveva verificato "la conoscenza da parte dei contraenti dell'atto d'obbligo per notar Mi.", "non comportando il suo incarico professionale ulteriori accertamenti".
13.9. La corte d'appello, però, così giudicando, ha erroneamente trascurato di verificare (in tal modo cadendo nel vizio di falsa applicazione delle norme, come sopra riassunte, che disciplinano la responsabilità professionale del notaio nei confronti delle parti) se, in fatto, i notai che hanno rogato gli atti in questione avessero (non tanto prefigurato alle parti tutti i possibili scenari futuri circa l'evoluzione dei rispettivi titoli di acquisto quanto, piuttosto, e più semplicemente) svolto, in concreto, i necessari accertamenti, di natura tecnica e giuridica, in ordine alla effettiva e stabile idoneità degli atti medesimi a produrre e conservare nel tempo gli effetti giuridici che le parti evidentemente si proponevano di realizzare e, all'esito, se avevano adeguatamente informato le parti (non già, semplicemente, dell'esistenza dell'atto d'obbligo del 31/05/1993 ma, più radicalmente) dell'esito di tali accertamenti, se del caso dissuadendoli, in ragione dei rischi conseguenti, dalla relativa stipulazione.
13.10. Risulta, invero, oltremodo evidente che i notai, in ragione dei doveri di buona fede e di diligenza professionale cui erano tenuti, dovevano quantomeno dubitare, fornendo alle parti le necessarie informazioni sul punto e tentando con le stesse la conseguente dissuasione, dell'effettiva idoneità degli atti rogati a realizzare effettivamente gli effetti giuridici e lo scopo pratico che i contraenti si proponevano di conseguire, e cioè, rispettivamente, con il primo atto di vendita, la conservazione in capo alla venditrice del diritto di proprietà del box nonostante la vendita dell'appartamento cui lo stesso accedeva e, con il secondo atto di vendita, il trasferimento del diritto di proprietà del box medesimo in favore di un terzo diverso dall'acquirente dell'appartamento, non potendo gli stessi ignorare, per la diligenza professionale che deve assistere l'adempimento delle obbligazioni assunte nei confronti delle parti, né la nullità dell'atto di trasferimento del box separatamente dall'appartamento, né (in conseguenza della nullità della riserva di proprietà in capo alla venditrice ivi contenuto) la possibile perdita del bene da parte del secondo acquirente.
13.11. Ed infatti, per quanto riguarda il primo atto di vendita, la Corte (premesso che dalla sentenza impugnata emerge il fatto, rimasto incontestato fra le parti, che nella specie si tratta, ratione temporis, di area di parcheggio disciplinata dalla l. n. 122 del 1989: cd. legge Tognoli) non può che rilevare come gli atti di cessione di aree destinate a parcheggio, conclusi in violazione dell'art. 9, comma 5, della l. n. 122 cit., in comb. disp. degli artt. 1418 e 1346 c.c., sono ipso iure nulli poiché sottraggono, mediante riserva al venditore o trasferimento a terzi, la relativa superficie alla sua inderogabile destinazione a parcheggio.
13.12. L'art. 9 della l. n. 122 cit., in effetti, nel testo in vigore all'epoca degli atti in questione (e cioè gli anni 2003 e 2006), aveva espressamente stabilito, per un verso, che "i proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero in locali siti al piano terreno parcheggi da destinarsi a pertinenza delle singole unità immobiliari e ciò anche in deroga agli strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi vigenti" (comma 1) e, per altro verso, che i Comuni "su richiesta dei privati interessati o di imprese di costruzione o di società anche cooperative, possono prevedere, nell'ambito del programma urbano dei parcheggi, la realizzazione di parcheggi da destinare a pertinenza di immobili privati su aree comunali o nel sottosuolo delle stesse", a mezzo della cessione (subordinatamente alla "stipula di una convenzione nella quale siano previsti:
   a) la durata della concessione del diritto di superficie per un periodo non superiore a novanta anni;
   b) il dimensionamento dell'opera ed il piano economico-finanziario previsti per la sua realizzazione;
   c) i tempi previsti per la progettazione esecutiva, la messa a disposizione delle aree necessarie e la esecuzione dei lavori;
   d) i tempi e le modalità per la verifica dello stato di attuazione nonché le sanzioni previste per gli eventuali inadempimenti
") del relativo "diritto di superficie" (comma 4), prevedendo, tanto per gli uni, quanto per gli altri (e, quindi, a prescindere dalla natura privata o pubblica dell'area interessata), che "i parcheggi realizzati ai sensi del presente articolo non possono essere ceduti separatamente dall'unità immobiliare alla quale sono legati da vincolo pertinenziale" e che "i relativi atti di cessione sono nulli" (comma 5).
13.13. L'art. 9 della l. n. 122 cit. detta, pertanto, una disciplina vincolistica (tuttora efficace per le aree che, come nel caso in esame, sono di proprietà pubblica: l'art. 9, comma 5, seconda parte, nel testo attualmente in vigore, prevede che "i parcheggi realizzati ai sensi del comma 4 non possono essere ceduti separatamente dall'unità immobiliare alla quale sono legati da vincolo pertinenziale e i relativi atti di cessione sono nulli, ad eccezione di espressa previsione contenuta nella convenzione stipulata con il comune, ovvero quando quest'ultimo abbia autorizzato l'atto di cessione") diversa da quella che vige per i parcheggi di cui alla cd. legge ponte: mentre questi ultimi possono essere alienati separatamente dall'unità immobiliare cui accedono, fermo restando il diritto di uso in capo al proprietario e/o utilizzatore dell'immobile principale, i parcheggi costruiti in base alla legge Tognoli, al contrario, sono assoggettati a vincolo di destinazione e a vincolo di inscindibilità dall'unità principale, e cioè "a utilizzazione vincolata" e, al tempo stesso, "a circolazione controllata" (Cass. n. 1664 del 2012, in motiv.).
13.14. Questa Corte, in effetti, ha ripetutamente affermato che, in tema di aree destinate a parcheggio nei complessi condominiali di nuova costruzione, mentre il vincolo di destinazione ex artt. 18 della l. n. 765 del 1967 e 26 della l. n. 47 del 1985 implica l'insorgenza dell'obbligo non già di trasferire la proprietà dell'area destinata a parcheggio insieme alla costruzione quanto, piuttosto, di non eliminare il vincolo esistente, così creando in capo all'acquirente dell'appartamento un diritto reale d'uso sull'area medesima, come individuata sulla base della concessione edilizia, laddove, al contrario, nel caso dei parcheggi soggetti al vincolo pubblicistico d'inscindibilità con l'unità immobiliare, introdotto dall'art. 2 della l. n. 122 del 1989, il proprietario dell'unità abitativa può pretendere una determinata autorimessa, essendo tali parcheggi assoggettati a un regime di circolazione controllata e di utilizzazione vincolata e, di conseguenza, non trasferibili in via autonoma (Cass. 26.09.2017 n. 22364; Cass. n. 2248 del 2012; in precedenza, Cass. n. 21003 del 2008; Cass. SU n. 12793 del 2005) (Corte di Cassazione, Sez. II civile, ordinanza 31.03.2022 n. 10474).

EDILIZIA PRIVATAL’art. 9 della L. n. 122/1989 costituisce norma speciale e derogatoria avente lo scopo di attenuare le conseguenze dell'annoso problema del congestionamento del traffico automobilistico nelle aree urbane e alla cronica carenza di posti per il parcheggio delle auto.
Per tale ragione la sua applicazione ha richiesto nel tempo una interpretazione rigorosa e strettamente rispettosa dei requisiti imposti dalla legge. La giurisprudenza ha avuto modo di precisare che:
   - “l'art. 9 della L. n. 122/1989 che consente di realizzare parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, solo se essi sono realizzati nel sottosuolo per l'intera altezza, prevede una regola che, ponendosi in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti, è di stretta interpretazione e di rigorosa applicazione; di guisa che la realizzazione di autorimesse e parcheggi, non totalmente al di sotto del piano naturale di campagna, è soggetta alla disciplina urbanistica dettata per le ordinarie nuove costruzioni fuori terra”.
   - “La realizzazione di autorimesse e parcheggi, ai sensi dell'art. 9, comma 1, L. n. 122 del 1989 è condizionata dal fatto che questi siano realizzati nel sottosuolo per l'intera altezza, e opera solo nel caso in cui i parcheggi da destinare a pertinenza di singole unità immobiliari siano totalmente al di sotto dell'originario piano naturale di campagna”.
   - “Un manufatto non può beneficiare della disciplina di cui all'art. 9 della L. n. 122 del 1989 se si configura come costruzione fuori terra. Al riguardo, va precisato che la realizzazione di autorimesse e parcheggi, ai sensi dell'art. 9, comma 1, della L. n. 122 del 1989, è condizionata dal fatto che questi siano realizzati nel sottosuolo per l'intera altezza; opera cioè solo nel caso in cui, i parcheggi da destinare a pertinenza di singole unità immobiliari, siano totalmente al di sotto dell'originario piano naturale di campagna. Di conseguenza, qualora non si rispetti tale condizione, la realizzazione di un'autorimessa non può dirsi realizzata nel sottosuolo, per cui in tali casi si applica la disciplina urbanistica dettata per le ordinarie nuove costruzioni fuori terra dal piano regolatore generale”.
Nel rispetto di tali principi la giurisprudenza ha evidenziato che il requisito della costruzione sottosuolo non è rispettato qualora per ottenerlo occorra compiere operazioni di riporto di terreno:
   - “I parcheggi pertinenziali realizzati nel sottosuolo degli immobili e che possono essere costruiti anche in deroga agli strumenti urbanistici vigenti ai sensi dell'art. 9 Legge n. 122 del 1989, sono solo quelli costruiti totalmente al di sotto del piano di campagna naturale e non quelli artificialmente interrati per effetto del riporto di terra”.
   - “L'art. 9, L. n. 122 del 1989, che consente la realizzazione di parcheggi pertinenziali realizzati nel sottosuolo degli immobili è norma di favore che, però, a propria volta soggiace a taluni limiti. Innanzi tutto, si intende interrata la costruzione che è totalmente a quota non superiore a quella dell'originario piano di campagna naturale, non potendo essere considerata interrata quella costruzione che artificialmente risulta tale per effetto del riporto di terra”.
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6. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta violazione dell’art. 31 del DPR n. 380/2001 e del principio di ragionevolezza dell’ordinamento.
In particolare i ricorrenti lamentano la contrarietà del provvedimento impugnato al citato principio di ragionevolezza nella misura in cui impone la demolizione dell’opera realizzata invece di autorizzare la “ricostruzione” della stessa (mediante demolizione solo delle parti difformi). Ciò sarebbe in linea con il sistema sanzionatorio di cui al DPR n. 380/2001.
Il Collegio rileva, in linea con le difese comunali, che a prescindere dalle citate considerazioni in ordine alla ragionevolezza di un ordinamento che impone, in nome dell’interesse pubblico, la preventiva ed integrale demolizione di un’opera edilizia abusiva anche a fronte di istanze edilizie nuove per opere anche parzialmente sostitutive (gli stessi ricorrenti peraltro danno atto di essere a conoscenza del prevalente orientamento giurisprudenziale contrario alle tesi sostenute ed esplicitamente ne chiedono la rivisitazione), il provvedimento impugnato si fonda sul presupposto che l’autorimessa non possa considerarsi “completamente interrata” ai sensi dell’art. 9 della L. n. 122/1989.
Si è già avuto modo di evidenziare la plausibilità della ricostruzione dello stato dei luoghi e delle misurazioni effettuate ai fini istruttori dal Comune.
Il provvedimento impugnato rileva che i profili di terreno riportati nelle tavole di progetto come “originario” ed “originario da ricostruire” non coincidono. Vi si legge altresì che “il box in esame non è considerabile, ai sensi dell'art. 9 della Legge 122/1989, completamente interrato, infatti occorre realizzare dei riporti di terra e un nuovo paramento esterno con relativo riempimento di terreno per rendere la struttura completamente interrata”.
Il Collegio evidenzia che non rileva, agli scopi che qui interessano, il fatto che i citati riporti di terra servano a ripristinare lo stato dei luoghi, dal momento in cui lo stesso è stato alterato dagli interessati per la realizzazione di un’opera accertata come abusiva.
L’art. 9 della L. n. 122/1989, infatti, al comma 1 così recita: “i proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti. Tali parcheggi possono essere realizzati, ad uso esclusivo dei residenti, anche nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato, purché non in contrasto con i piani urbani del traffico, tenuto conto dell'uso della superficie sovrastante e compatibilmente con la tutela dei corpi idrici […]”.
Tale disposizione costituisce norma speciale e derogatoria avente lo scopo di attenuare le conseguenze dell'annoso problema del congestionamento del traffico automobilistico nelle aree urbane e alla cronica carenza di posti per il parcheggio delle auto.
Per tale ragione la sua applicazione ha richiesto nel tempo una interpretazione rigorosa e strettamente rispettosa dei requisiti imposti dalla legge. La giurisprudenza ha avuto modo di precisare che:
   - “l'art. 9 della L. n. 122/1989 che consente di realizzare parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, solo se essi sono realizzati nel sottosuolo per l'intera altezza, prevede una regola che, ponendosi in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti, è di stretta interpretazione e di rigorosa applicazione; di guisa che la realizzazione di autorimesse e parcheggi, non totalmente al di sotto del piano naturale di campagna, è soggetta alla disciplina urbanistica dettata per le ordinarie nuove costruzioni fuori terra” (Cons. Stato Sez. II, 07/07/2020, n. 4357).
   - “La realizzazione di autorimesse e parcheggi, ai sensi dell'art. 9, comma 1, L. n. 122 del 1989 è condizionata dal fatto che questi siano realizzati nel sottosuolo per l'intera altezza, e opera solo nel caso in cui i parcheggi da destinare a pertinenza di singole unità immobiliari siano totalmente al di sotto dell'originario piano naturale di campagna” (TAR Lazio-Latina Sez. I, 08/05/2021, n. 300).
   - “Un manufatto non può beneficiare della disciplina di cui all'art. 9 della L. n. 122 del 1989 se si configura come costruzione fuori terra. Al riguardo, va precisato che la realizzazione di autorimesse e parcheggi, ai sensi dell'art. 9, comma 1, della L. n. 122 del 1989, è condizionata dal fatto che questi siano realizzati nel sottosuolo per l'intera altezza; opera cioè solo nel caso in cui, i parcheggi da destinare a pertinenza di singole unità immobiliari, siano totalmente al di sotto dell'originario piano naturale di campagna. Di conseguenza, qualora non si rispetti tale condizione, la realizzazione di un'autorimessa non può dirsi realizzata nel sottosuolo, per cui in tali casi si applica la disciplina urbanistica dettata per le ordinarie nuove costruzioni fuori terra dal piano regolatore generale” (Cons. Stato Sez. VI, 27/07/2020, n. 4767).
Nel rispetto di tali principi la giurisprudenza ha evidenziato che il requisito della costruzione sottosuolo non è rispettato qualora per ottenerlo occorra compiere operazioni di riporto di terreno:
   - “I parcheggi pertinenziali realizzati nel sottosuolo degli immobili e che possono essere costruiti anche in deroga agli strumenti urbanistici vigenti ai sensi dell'art. 9 Legge n. 122 del 1989, sono solo quelli costruiti totalmente al di sotto del piano di campagna naturale e non quelli artificialmente interrati per effetto del riporto di terra” (TAR Campania-Salerno Sez. II Sent., 27/07/2015, n. 1676).
   - “L'art. 9, L. n. 122 del 1989, che consente la realizzazione di parcheggi pertinenziali realizzati nel sottosuolo degli immobili è norma di favore che, però, a propria volta soggiace a taluni limiti. Innanzi tutto, si intende interrata la costruzione che è totalmente a quota non superiore a quella dell'originario piano di campagna naturale, non potendo essere considerata interrata quella costruzione che artificialmente risulta tale per effetto del riporto di terra” (Cons. Stato Sez. IV, 04/02/2014, n. 485).
È inoltre opportuno evidenziare che, in occasione del giudizio sull’annullamento del precedente permesso di costruire n. 64/04, il Consiglio di Stato, nella citata sent. n. 2776/2014, ha avuto modo di statuire che “le tavole progettuali evidenziano che tale intervento è stata assentito in violazione del citato art. 9 della legge n. 122/1989, non essendo completamente interrato, come pur chiaramente prescritto da tale norma, posto che il piano calpestio dell’autorimessa si trova al medesimo livello della strada d’accesso alla proprietà di cui è pertinenza e nel lato sud-est a partire da tale livello s’innalza per oltre tre metri. Si tratta quindi di un corpo di fabbrica che è elevato rispetto al piano di campagna. Né la difformità appena descritta fa parte di una deduzione che parte appellata introduce come motivo nuovo e quindi inammissibile in questo grado (in violazione dell’art. 104 del c.p.a.). L’esame del ricorso di primo grado fa emergere invero che l’autorimessa in questione è stata contestata in ragione della sua non integrale collocazione nel sottosuolo, ed è stata dunque assentita anche se non conforme all’art. 9 della citata legge Tognoli”.
Posto che non risulta applicabile il regime derogatorio, il provvedimento motiva anche in ordine alla difformità dalle NTA del PRGC e, in particolare, dall’art. 22 - che reca “Modifiche alla conformazione del suolo” e che dispone che “gli eventuali riporti previsti in fase di progetto non potranno superare la quota di mt. 1, rispetto al piano di campagna esistente, garantendo contemporaneamente il raccordo altimetrico con la quota del terreno dei lotti confinanti, misurato sul limite di proprietà” –e dall’art. 21– disciplinante le “opere interrate”, le quali devono possedere una serie di requisiti tra i quali quello della copertura “sormontata da uno strato di terra vegetale avente uno spessore minimo di 40 cm” (in un contesto nel quale l’altezza interna dell’autorimessa, pari a m. 3,60, non è mutata nel progetto allegato all’istanza di sanatoria).
Sul punto i ricorrenti non offrono alcun argomento volto a confutare la ricostruzione comunale.
Appare pertanto ragionevole la posizione dell’amministrazione che non ritiene ammissibile, al fine di rispettare i parametri di cui sopra, valutare interramenti ottenuti mediante riporto di terreno.
Nel caso di specie, in altri termini, non si pone solo la questione della ragionevolezza della necessaria demolizione totale delle opere in luogo della più semplice ricostruzione adattativa, quanto la necessità del Comune di garantire l’applicazione di una norma speciale che consente di derogare agli strumenti urbanistici per la realizzazione di opere sensibili sul piano edilizio ed urbanistico come la realizzazione di manufatti interrati.
In conclusione l’esigenza di effettuare opere di riporto, unita alla impossibilità istruttoria di ricostruire l’andamento originario del terreno (accertata dal Comune in sede procedimentale) ed alla mancanza di prove giudiziali sul punto, rende le doglianze di cui al secondo motivo non fondate (TAR Piemonte, Sez. II, sentenza 24.02.2022 n. 140 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2021

EDILIZIA PRIVATALa realizzazione dei parcheggi obbligatori, nella misura richiesta dalla legge, è esonerata dall’onere di pagamento degli oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione.
Invero, l’art. 9 legge n. 122/1989 ha introdotto il regime di gratuità per i parcheggi pertinenziali alle singole unità immobiliari, stabilendo al comma 2 (nell’originaria formulazione) che l’esecuzione delle relative opere è soggetta ad autorizzazione gratuita.
Difatti, l’art. 11, comma 1, legge n. 122/1989, equipara i parcheggi pertinenziali alle opere di urbanizzazione anche per quel che riguarda la gratuità del titolo edilizio, richiamando l’art. 9, comma 1, lett. f), legge n. 10/1977.
Allo stato attuale, pertanto, si deve ritenere che, ai sensi del combinato disposto dell’art. 11, comma 1, legge n. 122/1989 e dell’art. 17, comma 3, lett. c), d.p.r. n. 380/2001 (subentrato all’abrogato art. 9, comma 1, lett. f), legge n. 10/1977), la realizzazione dei parcheggi obbligatori, nella misura richiesta dalla legge, è esonerata dall’onere di pagamento degli oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione.
Trattandosi, infatti, di opere pertinenziali, i parcheggi non determinano un aggravamento del carico urbanistico, in guisa che non costituiscono opere rilevanti ai fini degli standard urbanistici e, pertanto, devono essere esonerati dal pagamento dei contributi urbanistici. Sul punto, infatti, la giurisprudenza è pacifica nel ritenere che “la legge n. 122/1989, nell’innovare la disciplina dei parcheggi, all’art. 11, comma 1, equipara i parcheggi pertinenziali alle opere di urbanizzazione anche per quel che riguarda la gratuità del titolo edilizio".
...
Ad analoga conclusione deve pervenirsi anche per gli edifici, come quello in esame, di nuova costruzione, dal momento che l’art. 41-sexies della legge 17.08.1942, n. 1150 (come sostituito dall’art. 2, comma 2, legge n. 122/1989) stabilisce che “Nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse, debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni dieci metri cubi di costruzione”.
Anche in tali ipotesi, infatti, gli spazi destinati a parcheggio costituiscono aree gravate da vincolo di destinazione ai sensi dell’art. 41-sexies L. 17.08.1942 n. 1150, sulla base del titolo edificatorio, con la conseguenza che tali spazi vanno conteggiati nella dotazione degli standard ed esclusi dal calcolo degli oneri costruttivi, fermo restando la trascrizione del vincolo nelle forme di legge.
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1. - Con il presente ricorso, ritualmente notificato in data 14.04.2017 e depositato il successivo 04.05.2017, la ditta ricorrente -OMISSIS- & C. s.r.l. agisce per l’accertamento del proprio diritto alla restituzione delle somme corrisposte a titolo di contributo per il rilascio del permesso di costruire -OMISSIS-/2007 del 19.11.2007, avente ad oggetto la costruzione in Barletta di un fabbricato per civile abitazione, negozi e box tra le vie -OMISSIS- e -OMISSIS-.
Dovendo successivamente al rilascio del permesso di costruire -OMISSIS-/2007 presentare un progetto di variante (prot. -OMISSIS-/09) per alcune opere in difformità, il Settore Edilizia Pubblica e Privata e Servizi Catastali del Comune di Barletta provvedeva alla rideterminazione delle somme dovute a titolo di oneri di urbanizzazione.
2. - A fondamento della domanda espone quanto segue:
   - che per l’edificazione di tale complesso immobiliare era prevista la realizzazione di parcheggi obbligatori nella misura minima di mq. 1.317,32, corrispondente ad un metro quadro per ogni dieci metri cubi di costruzione ex art. 2, comma 2 legge n. 122/1989;
   - di aver versato, quindi, in base allo sviluppo del prospetto per la determinazione di tutti gli oneri concessori utilizzato dalla società ricorrente e vistato dal responsabile del procedimento e tenuto conto della rideterminazione delle somme dovute a titolo di oneri di urbanizzazione per la chiesta variante all’originario p.d.c., la somma di complessivi € 77.724,81 per oneri di urbanizzazione primaria, di complessivi € 169.340,93 per oneri di urbanizzazione secondaria e di complessivi € 46.136,66 per costo di costruzione;
   - di aver pagato anche i non condivisi importi aggiuntivi richiesti dal Settore Urbanistica del Comune di Barletta al solo fine di ottenere il rilascio della variante.
3. - Deduce, quindi, di aver chiesto -senza aver ricevuto dal Comune di Barletta alcun riscontro- la restituzione dei contributi versati per la parte relativa alle superfici del parcheggio obbligatoriamente previste per legge, in quanto le stesse (quantificate in € 46.244,26) devono ritenersi esonerate dal calcolo per il pagamento del contributo di costruzione, e, quindi, indebitamente trattenute dal medesimo Comune di Barletta.
4. - Lamenta, quindi, “illegittimità; violazione degli artt. 2 e 11 legge n. 122/1989 in combinato disposto con gli artt. 9 legge n. 10/1977 e 17 T.U. n. 380/2001; eccesso di potere per contraddittorietà”.
...
8. - Nel merito il ricorso è fondato, dovendosi richiamare i condivisibili precedenti di questa Sezione del Tribunale -OMISSIS-/2020, -OMISSIS-/2020, -OMISSIS-/2020 e -OMISSIS-/2021.
Invero, l’art. 9 legge n. 122/1989 ha introdotto il regime di gratuità per i parcheggi pertinenziali alle singole unità immobiliari, stabilendo al comma 2 (nell’originaria formulazione) che l’esecuzione delle relative opere è soggetta ad autorizzazione gratuita.
Difatti, l’art. 11, comma 1, legge n. 122/1989, equipara i parcheggi pertinenziali alle opere di urbanizzazione anche per quel che riguarda la gratuità del titolo edilizio, richiamando l’art. 9, comma 1, lett. f), legge n. 10/1977 (cfr. TAR Emilia Romagna, Bologna, Sez. I, 09.10.2014, n. 942; TAR Molise, Campobasso, Sez. I, 08.04.2016, n. 175).
Allo stato attuale, pertanto, si deve ritenere che, ai sensi del combinato disposto dell’art. 11, comma 1, legge n. 122/1989 e dell’art. 17, comma 3, lett. c), d.p.r. n. 380/2001 (subentrato all’abrogato art. 9, comma 1, lett. f), legge n. 10/1977), la realizzazione dei parcheggi obbligatori, nella misura richiesta dalla legge, è esonerata dall’onere di pagamento degli oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione.
Trattandosi, infatti, di opere pertinenziali, i parcheggi non determinano un aggravamento del carico urbanistico, in guisa che non costituiscono opere rilevanti ai fini degli standard urbanistici e, pertanto, devono essere esonerati dal pagamento dei contributi urbanistici. Sul punto, infatti, la giurisprudenza è pacifica nel ritenere che “la legge n. 122/1989, nell’innovare la disciplina dei parcheggi, all’art. 11, comma 1, equipara i parcheggi pertinenziali alle opere di urbanizzazione anche per quel che riguarda la gratuità del titolo edilizio" (ex multis, TAR. Bari, Sez. III, 14.11.2019, n. 1494).
Ad analoga conclusione deve pervenirsi anche per gli edifici, come quello in esame, di nuova costruzione, dal momento che l’art. 41-sexies della legge 17.08.1942, n. 1150 (come sostituito dall’art. 2, comma 2, legge n. 122/1989) stabilisce che “Nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse, debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni dieci metri cubi di costruzione” (cfr. TAR Puglia, Bari, Sez. III, 06.04.2018, n. 520; TAR Emilia Romagna, Bologna, Sez. I, 20.11.2017, n. 751).
Anche in tali ipotesi, infatti, gli spazi destinati a parcheggio costituiscono aree gravate da vincolo di destinazione ai sensi dell’art. 41-sexies L. 17.08.1942 n. 1150, sulla base del titolo edificatorio, con la conseguenza che tali spazi vanno conteggiati nella dotazione degli standard ed esclusi dal calcolo degli oneri costruttivi, fermo restando la trascrizione del vincolo nelle forme di legge (in termini cfr. TAR Calabria, Catanzaro, Sez. II, 04.09.2014, n. 1399).
Ciò posto, la documentazione prodotta in giudizio dà atto dei pagamenti complessivamente effettuati a titolo di contributo di costruzione (cfr. le ricevute di versamento in atti).
Secondo, poi, i calcoli emergenti dal prospetto per la determinazione di tutti gli oneri concessori utilizzato dalla società ricorrente, e in assenza di contestazione da parte del Comune di Barletta (rimasto contumace), l’importo versato per le superfici destinate ai parcheggi obbligatori ai sensi della citata legge n. 122/1989 è pari ad € 46.244,26.
9. - Spetta, di conseguenza, alla parte ricorrente la restituzione della somma di € 46.244,26, oltre interessi legali e rivalutazione come per legge, a far data da quando ne è stata fatta richiesta al Comune a mezzo dell’istanza notificata al Comune di Barletta in data 10.11.2016 fino all’effettivo soddisfo (TAR Puglia-Bari, Sez. III, sentenza 21.07.2021 n. 1253 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATALa realizzazione di autorimesse e parcheggi, ai sensi dell'art. 9, comma 1, L. n. 122 del 1989 è condizionata dal fatto che questi siano realizzati nel sottosuolo per l'intera altezza, e opera solo nel caso in cui i parcheggi da destinare a pertinenza di singole unità immobiliari siano totalmente al di sotto dell'originario piano naturale di campagna.
Qualora, invece, non si rispetti tale condizione, la realizzazione di un'autorimessa non può dirsi realizzata nel sottosuolo, per cui in tali casi si applica la disciplina urbanistica dettata per le ordinarie nuove costruzioni fuori terra dal P.R.G.

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   Visto, il ricorso regolarmente notificato e depositato il successivo 27.07.2011 col quale il sig. Si.Be. ha impugnato il provvedimento descritto in epigrafe, con cui il Responsabile dell’Ufficio Tecnico Comunale del Comune di Fumone ha ordinato la demolizione delle opere realizzate in assenza di titoli abilitativi, consistenti in un locale da adibire a garage in aderenza al fabbricato sito in località Vicinale Fornace, in una scala di accesso al solaio di copertura e nell’apertura di due porte finestre sulla parete del fabbricato preesistente nel locale ubicato al piano primo;
   Considerato, che a sostegno del gravame il ricorrente deduce che il locale garage costituisce pertinenza dell’immobile ed è legittimo in base al disposto di cui all’art. 9 della L. n. 122 del 24.03.1989;
   Vista la relazione comunale depositata il 01.08.2011;
   Considerato, che il ricorrente ammette che il locale non è completamente interrato;
   Rilevato, che "la realizzazione di autorimesse e parcheggi, ai sensi dell'art. 9, comma 1, L. n. 122 del 1989 è condizionata dal fatto che questi siano realizzati nel sottosuolo per l'intera altezza, e opera solo nel caso in cui i parcheggi da destinare a pertinenza di singole unità immobiliari siano totalmente al di sotto dell'originario piano naturale di campagna. Qualora, invece, non si rispetti tale condizione, la realizzazione di un'autorimessa non può dirsi realizzata nel sottosuolo, per cui in tali casi si applica la disciplina urbanistica dettata per le ordinarie nuove costruzioni fuori terra dal P.R.G.” (cfr. ex multis TAR Lombardia-Milano, sez. II, 31/01/2018, n. 274);
   Considerato, che con riguardo alle altre opere contestate il ricorrente nulla ha dedotto;
   Ritenuto, in conclusione, che il ricorso deve essere respinto siccome destituito di fondamento in quanto il locale garage, non essendo interamente interrato, necessitava della previa acquisizione del permesso di costruire (TAR Lazio-Latina, sentenza 08.05.2021 n. 300 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2020

EDILIZIA PRIVATA: Perfezionamento della dia.
Il titolo edilizio si perfeziona indipendentemente dalla corresponsione degli oneri di urbanizzazione, come si ricava anche dal tenore dell’art. 42, comma 3, della legge regionale n. 12 del 2005 (‘la quota relativa agli oneri di urbanizzazione è corrisposta al comune entro trenta giorni successivi alla presentazione della denuncia di inizio attività, fatta salva la facoltà di rateizzazione’).
A tal fine, si deve richiamare l’art. 42 del D.P.R. n. 380 del 2001 che prevede l’applicazione di una sanzione pecuniaria rapportata all’entità del contributo in caso di mancato pagamento o per il suo ritardo, con la possibilità per i Comuni di tutelarsi mediante la riscossione coattiva.
Ciò risulta avallato, oltre che dal dato normativo –art. 44, comma 13, della legge regionale n. 12 del 2005 [‘L’ammontare dell’eventuale maggior somma va sempre riferito ai valori stabiliti dal comune alla data (…) di presentazione della denuncia di inizio attività’]–, altresì dalla giurisprudenza maggioritaria, secondo la quale il momento su cui appuntare l’affidamento della parte istante è quello della presentazione della denuncia, che coincide con il momento perfezionativo per consolidazione postuma e non in quello in cui la stessa acquisterebbe efficacia, trovandosi al cospetto non di un provvedimento amministrativo tacito o implicito, ma semplicemente di un atto del privato, cui va applicata la disciplina legislativa vigente al momento della presentazione della denuncia alla Pubblica Amministrazione.
Da ciò discende che i singoli titoli edilizi si sono perfezionati all’atto del loro deposito, una volta trascorso il termine di trenta giorni senza alcun intervento inibitorio dell’Amministrazione.
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Quanto alla natura del contributo di costruzione dovuto dal soggetto che intraprenda un’iniziativa edificatoria, lo stesso ‘rappresenta una compartecipazione del privato alla spesa pubblica occorrente alla realizzazione delle opere di urbanizzazione.
In altri termini, fin dalla legge che ha introdotto nell’ordinamento il principio della onerosità del titolo a costruire (art. 1 della legge n. 10 del 1977), la ragione della compartecipazione alla spesa pubblica del privato è da ricollegare sul piano eziologico al surplus di opere di urbanizzazione che l’amministrazione comunale è tenuta ad affrontare in relazione al nuovo intervento edificatorio del richiedente il titolo edilizio’.
Pertanto, laddove l’intervento edilizio non determini alcun aumento del carico insediativo a livello urbanistico nessun contributo risulta dovuto in capo al privato che ha realizzato il predetto intervento
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Ai sensi dell’art. 42, comma 3, della legge regionale n. 12 del 2005 (“La quota relativa agli oneri di urbanizzazione è corrisposta al comune entro trenta giorni successivi alla presentazione della denuncia di inizio attività, fatta salva la facoltà di rateizzazione”) il termine per esigere tale contributo o richiedere eventuali conguagli si prescrive per decorso del termine decennale.
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Quanto alla pretesa comunale circa la c.d. monetizzazione “parcheggi”, il Collegio concorda con la ricorrente a proposito della decorrenza del termine di prescrizione decennale ancorata alla formazione del titolo edilizio.
Non recando una previsione esplicita l’art. 64, comma 3, della legge regionale n. 12 del 2005 (“Qualora sia dimostrata l’impossibilità, per mancata disponibilità di spazi idonei, ad assolvere tale obbligo, gli interventi sono consentiti previo versamento al comune di una somma pari al costo base di costruzione per metro quadrato di spazio per parcheggi da reperire. Tale somma deve essere destinata alla realizzazione di parcheggi da parte del comune”), è doveroso interpretare la norma nel senso dell’immediata esigibilità della somma, una volta intervenuta l’abilitazione all’esecuzione dell’intervento edilizio, così come già detto per la quota di contributo relativa agli oneri di urbanizzazione.
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Diversa conclusione deve invece predicarsi con riferimento alla quota relativa al costo di costruzione tenuto conto che l’art. 48, comma 7, della legge regionale n. 12 del 2005 –similmente all’art. 16, comma 3, del D.P.R. n. 380 del 2001– stabilisce che “la quota di contributo relativa al costo di costruzione, determinata all’atto del rilascio, ovvero per effetto della presentazione della denuncia di inizio attività, è corrisposta in corso d’opera, con le modalità e le garanzie stabilite dal comune e comunque non oltre sessanta giorni dalla data dichiarata di ultimazione dei lavori” (nel senso della decorrenza del termine di prescrizione del credito relativo al costo di costruzione riferita alla fine lavori o alla diversa data stabilita dall’Amministrazione).
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SENTENZA
1. Con il ricorso in epigrafe, notificato il 27.01.2017 e depositato il 16 febbraio successivo, la società ricorrente ha impugnato il provvedimento del Comune di Milano del 25.10.2016, notificatole il 29.11.2016, con il quale veniva invitata a versare la somma di € 17.236,22, a titolo di conguaglio del contributo di costruzione e di cd. monetizzazione degli spazi destinati a parcheggio, relativamente alla DIA del 12.08.2004 e successive varianti.
2. Ha esposto in fatto la società ricorrente:
   - che la Im.It. s.r.l., sua dante causa, presentava in data 12.08.2004 una DIA finalizzata a “ristrutturazione e ampliamento di un edificio industriale da destinare a residenza, e realizzazione di un parcheggio al piano terra e al piano interrato ad utilizzo della residenza”, da eseguirsi presso l’immobile di proprietà in via ... n. 3;
   - di essere subentrata all’Im.It. e aver presentato, in data 03.05.2006, per il medesimo intervento, una seconda DIA per “ristrutturazione edilizia ed ampliamento edificio”, che comprendeva le seguenti opere: “recupero a fini abitativi di tutto il piano sottotetto dell’immobile in oggetto con la creazione di sei unità immobiliari, rispettando i volumi, gli allineamenti e le finiture dell’edificio originario. Verranno modificate le aperture delle scale e verranno realizzati dei terrazzi praticabili sulla copertura piano dell’edificio, raggiungibile tramite scale a chiocciola esterne”;
   - di avere poi, in data 20.09.2007, depositato una DIA in variante non essenziale per “modifica distribuzione interna, modifica copertura edificio, modifica boxes, nuove canne fumarie”;
   - di aver effettuato, nella medesima data, la dichiarazione di fine lavori, con contestuale richiesta di certificato di agibilità;
   - di aver autoliquidato e corrisposto interamente l’importo del contributo di costruzione (oneri di urbanizzazione e costo di costruzione), nonché di aver provveduto ad asservire a spazi per parcheggio la superficie richiesta in applicazione della normativa allora vigente, il tutto per complessivi € 261.698,00 circa;
   - che durante il procedimento per il rilascio del certificato di agibilità, il Comune procedeva al controllo dei calcoli e dei versamenti operati dalla società relativamente agli oneri di urbanizzazione e al costo di costruzione e rilevava un errore nella superficie dei parcheggi, inferiore di mq. 46,55 rispetto a quella prevista per legge;
   - che il Comune indicava quindi, nel provvedimento del 29.11.2016, la somma complessiva di € 17.236,22 come dovuta dalla società, a titolo di conguaglio, per contributo di costruzione e cd. “monetizzazione parcheggi”, così suddivisi: € 1,21 per oneri di urbanizzazione primaria, € 2,79 per oneri di urbanizzazione secondaria, € 2.240,79 per costo di costruzione ed € 14.991,43 per “monetizzazione parcheggi”;
   - di aver chiesto l’annullamento dell’atto in autotutela, lamentandone l’erroneità e la tardività;
   - di non aver ricevuto riscontro dal Comune.
3. Assumendo l’illegittimità del predetto provvedimento, la ricorrente ha quindi proposto il ricorso in epigrafe, chiedendo l’annullamento dell’atto e l’accertamento dell’insussistenza del diritto di credito del Comune.
...
3. Venendo ora allo scrutinio del merito del ricorso, lo stesso è fondato.
4. Con la prima doglianza, di carattere assorbente, si assume l’illegittimità della pretesa comunale, in quanto il diritto a ottenere il conguaglio del contributo di costruzione e il versamento della monetizzazione degli spazi destinati a parcheggi si sarebbe prescritto per scadenza del termine decennale decorrente dal perfezionamento delle DIA presentate il 12.08.2004 e 03.05.2006, considerato invece che l’ultima DIA del 20.09.2007, quale variante minore non essenziale, non avrebbe determinato alcun aumento del carico urbanistico e, quindi, nessuna variazione in aumento del contributo di costruzione.
4.1. La censura è parzialmente fondata.
4.2. Come già osservato dalla Sezione in una fattispecie analoga alla presente (sentenza 10.05.2018, n. 1242), “va premesso che il titolo edilizio si perfeziona indipendentemente dalla corresponsione degli oneri di urbanizzazione, come si ricava anche dal tenore dell’art. 42, comma 3, della legge regionale n. 12 del 2005 (‘la quota relativa agli oneri di urbanizzazione è corrisposta al comune entro trenta giorni successivi alla presentazione della denuncia di inizio attività, fatta salva la facoltà di rateizzazione’).
A tal fine, si deve richiamare l’art. 42 del D.P.R. n. 380 del 2001 che prevede l’applicazione di una sanzione pecuniaria rapportata all’entità del contributo in caso di mancato pagamento o per il suo ritardo, con la possibilità per i Comuni di tutelarsi mediante la riscossione coattiva (anche se con riferimento al permesso di costruire, cfr. TAR Lombardia, Milano, II, 14.11.2017, n. 2173).
Ciò risulta avallato, oltre che dal dato normativo –art. 44, comma 13, della legge regionale n. 12 del 2005 [‘L’ammontare dell’eventuale maggior somma va sempre riferito ai valori stabiliti dal comune alla data (…) di presentazione della denuncia di inizio attività’]–, altresì dalla giurisprudenza maggioritaria, secondo la quale il momento su cui appuntare l’affidamento della parte istante è quello della presentazione della denuncia, che coincide con il momento perfezionativo per consolidazione postuma e non in quello in cui la stessa acquisterebbe efficacia, trovandosi al cospetto non di un provvedimento amministrativo tacito o implicito, ma semplicemente di un atto del privato, cui va applicata la disciplina legislativa vigente al momento della presentazione della denuncia alla Pubblica Amministrazione (cfr. Consiglio di Stato, IV, 13.05.2013, n. 2593; 04.09.2012, n. 4669; TAR Lombardia, Milano, II, 15.03.2018, n. 730; 04.03.2016, n. 434).
Da ciò discende che i singoli titoli edilizi si sono perfezionati all’atto del loro deposito, una volta trascorso il termine di trenta giorni senza alcun intervento inibitorio dell’Amministrazione.
Quanto alla natura del contributo di costruzione dovuto dal soggetto che intraprenda un’iniziativa edificatoria, lo stesso ‘rappresenta una compartecipazione del privato alla spesa pubblica occorrente alla realizzazione delle opere di urbanizzazione.
In altri termini, fin dalla legge che ha introdotto nell’ordinamento il principio della onerosità del titolo a costruire (art. 1 della legge n. 10 del 1977), la ragione della compartecipazione alla spesa pubblica del privato è da ricollegare sul piano eziologico al surplus di opere di urbanizzazione che l’amministrazione comunale è tenuta ad affrontare in relazione al nuovo intervento edificatorio del richiedente il titolo edilizio’ (Consiglio di Stato, Ad. plen., 07.12.2016, n. 24).
Pertanto, laddove l’intervento edilizio non determini alcun aumento del carico insediativo a livello urbanistico nessun contributo risulta dovuto in capo al privato che ha realizzato il predetto intervento
”.
4.3. Applicando i suesposti principi, che il Collegio condivide, alla fattispecie oggetto di scrutinio nella presente sede, deve evidenziarsi che gli interventi posti in essere dalla società ricorrente che hanno determinato un aumento del carico insediativo sono pacificamente riconducibili esclusivamente alle D.I.A. del 12.08.2004 e del 03.05.2006 e non anche alla DIA del 20.09.2007, avendo avuto quest’ultima ad oggetto interventi di modifica della distribuzione interna degli spazi, non rilevanti né con riguardo al peso insediativo né in relazione alla variazione della destinazione d’uso.
Peraltro, tali elementi non sono stati contestati dalla difesa comunale, la quale ha invece sostenuto che solo al termine dei lavori sia possibile stabilire la corretta e definitiva entità del contributo da versare.
4.4. In sintesi, l’ultimo intervento edilizio comportante un aumento di carico insediativo è quello relativo alla d.i.a. del 03.05.2006 e quindi, ai sensi dell’art. 42, comma 3, della legge regionale n. 12 del 2005 (“La quota relativa agli oneri di urbanizzazione è corrisposta al comune entro trenta giorni successivi alla presentazione della denuncia di inizio attività, fatta salva la facoltà di rateizzazione”), il termine per esigere tale contributo o richiedere eventuali conguagli ha cominciato a decorrere dal 02.06.2006 e si è prescritto il 02.06.2016, per decorso del termine decennale (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 27.09.2017, n. 4515; TAR Lombardia, Milano, Sez. II, 26.07.2017, n. 1678).
4.5. Quanto, poi, alla pretesa comunale circa la c.d. monetizzazione “parcheggi”, il Collegio concorda con la ricorrente a proposito della decorrenza del termine di prescrizione decennale ancorata alla formazione del titolo edilizio.
Non recando una previsione esplicita l’art. 64, comma 3, della legge regionale n. 12 del 2005 (“Qualora sia dimostrata l’impossibilità, per mancata disponibilità di spazi idonei, ad assolvere tale obbligo, gli interventi sono consentiti previo versamento al comune di una somma pari al costo base di costruzione per metro quadrato di spazio per parcheggi da reperire. Tale somma deve essere destinata alla realizzazione di parcheggi da parte del comune”), è doveroso interpretare la norma nel senso dell’immediata esigibilità della somma, una volta intervenuta l’abilitazione all’esecuzione dell’intervento edilizio, così come già detto per la quota di contributo relativa agli oneri di urbanizzazione.
Anche la pretesa relativa alla cd. “monetizzazione parcheggi” era dunque prescritta alla data di adozione (e a quella successiva di invio) dell’atto contestato.
4.6. Diversa conclusione deve invece predicarsi con riferimento alla quota relativa al costo di costruzione (sulla differenza tra contributo di costruzione e costo di costruzione, cfr. Consiglio di Stato, IV, 28.06.2016, n. 2915), pari ad € 2.240,79, tenuto conto che l’art. 48, comma 7, della legge regionale n. 12 del 2005 –similmente all’art. 16, comma 3, del D.P.R. n. 380 del 2001– stabilisce che “la quota di contributo relativa al costo di costruzione, determinata all’atto del rilascio, ovvero per effetto della presentazione della denuncia di inizio attività, è corrisposta in corso d’opera, con le modalità e le garanzie stabilite dal comune e comunque non oltre sessanta giorni dalla data dichiarata di ultimazione dei lavori” (nel senso della decorrenza del termine di prescrizione del credito relativo al costo di costruzione riferita alla fine lavori o alla diversa data stabilita dall’Amministrazione, cfr. TAR Lombardia, Milano, Sez. II, 02.05.2018, n. 1183; id., 08.01.2019, n. 32; id, 05.09.2019, n. 1949).
Nel caso di specie, la dichiarazione di fine lavori risale al 20.09.2007 e, quindi, la richiesta comunale di conguaglio del costo di costruzione –datata 25.10.2016 e comunicata alla società il 29.10.2016– risulta tempestiva rispetto al termine prescrizionale decennale che sarebbe scaduto in data successiva.
4.7. Alla luce di quanto sopra, l’ordine di pagamento è illegittimo, per intervenuta prescrizione del relativo credito, quanto alle poste relative a oneri di urbanizzazione primaria e secondaria (€ 1,21 ed € 2,79) e a cd. “monetizzazione parcheggi” (€ 14.991,43). La pretesa comunale è invece tempestiva quanto al credito per conguaglio del costo di costruzione (€ 2.240,79).
4.8. La fondatezza della suesposta censura in relazione alle poste per oneri di urbanizzazione e monetizzazione determina –previo assorbimento del secondo motivo di ricorso, relativo al merito del calcolo della monetizzazione– il parziale accoglimento del ricorso (TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 11.08.2020 n. 1561 - link a www.giustizia-amministrativa.it
).

EDILIZIA PRIVATALa realizzazione di autorimesse e parcheggi, ai sensi dell'art. 9, comma 1, della L. n. 122/1989, è condizionata dal fatto che questi siano realizzati nel sottosuolo per l'intera altezza; opera cioè solo nel caso in cui, i parcheggi da destinare a pertinenza di singole unità immobiliari, siano totalmente al di sotto dell'originario piano naturale di campagna.
Di conseguenza, qualora non si rispetti tale condizione, la realizzazione di un'autorimessa non può dirsi realizzata nel sottosuolo, per cui in tali casi si applica la disciplina urbanistica dettata per le ordinarie nuove costruzioni fuori terra dal piano regolatore generale.
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Questo Consiglio, in controversia analoga a quella di specie, in cui si faceva questione di autorimessa realizzata in violazione delle distanze di cui all’art. 9 d.m. n. 1444 cit., ha ritenuto che la possibilità di riconoscere la natura di pertinenza urbanistica di cui all’art. 9 della l. 24.03.1989, n. 122, non sia comunque sufficiente per contravvenire ad una norma di carattere generale sulle distanze tra le costruzioni.
L’art. 9 d.m. n. 1444 cit., infatti, detta una disciplina volta ad evitare la creazione di intercapedini pregiudizievoli sotto il profilo igienico-sanitario, garantendo in tale modo l’ordinato sviluppo dell'edilizia e la salute dei cittadini; beni primari insuscettibili di essere esposti a pericolo invocando la possibilità di deroga “agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti” ex art. 9 L. n. 122 del 1989.
Le previsioni di cui alla L. n. 122/1989 garantiscono una razionale ed organica programmazione dei parcheggi, tenendo conto delle esigenze ambientali ed evitando le conseguenze negative derivanti dalla paralisi della circolazione che, rallentando i tempi delle comunicazioni e del trasporto, è idonea ad influire direttamente e negativamente sulla produzione nazionale, danneggia lo svolgimento degli affari e delle relazioni commerciali, nonché mette a rischio le stesse condizioni di salute dei cittadini a cagione dell’aumento dell'inquinamento atmosferico e di quello acustico.
Le disposizioni dettate dalla L. n. 122/1989 -e, per quanto più di interesse nel presente giudizio, dell’art. 9 in materia di parcheggi pertinenziali delle singole unità immobiliari– dunque, non possono trovare applicazione qualora le deroghe alla normativa urbanistica ed edilizia, previste dalla relativa disciplina, siano suscettibili di porre in pericolo proprio quei beni giuridici che si intende tutelare mediante la razionale e organica programmazione dei parcheggi.
Pertanto, l’art. 9 L. n. 122/1989, nel prevedere la possibilità di derogare “agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti”, non può essere interpretato estensivamente, come legittimante deroghe totali e incondizionate, specie qualora la deroga urbanistica ed edilizia esponga a pericolo la salute dei cittadini, bene primario costituente una delle ragioni giustificatrici della stessa disciplina in materia di parcheggi pertinenziali.
Ne deriva che, dovendo essere comprese tra i beni giuridici protetti dalla L. n. 122/1989 le condizioni di salute dei cittadini, la deroga alla normativa urbanistica ed edilizia non potrebbe comunque giustificare la realizzazione di manufatti pregiudizievoli per l’igiene e la sicurezza, quali risulterebbero le costruzioni edificate in violazione delle disposizioni sulle distanze tra edifici di cui all’art. 9 d.m. n. 1444 cit.

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L'
art. 9 L. n. 122/1989, da un lato, trova applicazione esclusivamente in relazione ai parcheggi realizzati nel sottosuolo per l'intera altezza, dall’altro, non può, comunque, giustificare una deroga incondizionata alla disciplina urbanistica ed edilizia, specie qualora il rispetto delle ordinarie previsioni dettate per l’edificazione sia volto a tutelare non soltanto le esigenze di razionale sviluppo del territorio, ma anche quelle di tutela di beni primari, quale certamente è la salute dei cittadini.
Pertanto, l’art. 9 L. n. 122/1989 non può essere invocato nella specie per giustificare la legittima edificazione del manufatto per cui è controversia, tenuto conto che:
   - si fa questione di un parcheggio realizzato fuori terra, cui, pertanto, non è applicabile l’art. 9 L. n. 122/1989;
   - in ogni caso, si controverte in ordine al rispetto della disciplina sulle distanze tra edifici di cui all’art. 9 d.m. n. 1444 cit., tendente ad evitare la realizzazione di intercapedini nocive per la salute e l’igiene, beni giuridici primari che non possono essere posti in pericolo avvalendosi delle facoltà derogatorie previste dall’art. 9 L. n. 122/1989.

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1. Con il primo motivo di impugnazione le parti appellanti hanno censurato l’erroneità della sentenza di prime cure, deducendo che la struttura ritenuta abusiva dal Tar è destinata a garage, costituendo pertinenza ai fini urbanistici ed edilizi, non avente un valore economico e funzionale autonomo rispetto al fabbricato immediatamente adiacente (in origine carente di un posto auto), rispetto al quale risulta asservito sotto un profilo funzionale, logistico ed oggettivo.
Si tratterebbe di manufatto soggetto all’applicazione dell’art. 9 L. n. 122/1989; disposizione idonea a consentire la realizzazione dell’intervento edilizio sulla base della sola d.i.a., in deroga agli strumenti urbanistici, ai regolamenti edilizi e alla disciplina sulle distanze, con conseguente esclusione della sanzione demolitoria ex artt. 31 e 37 d.P.R. n. 380/2001; in particolare, secondo la prospettazione degli appellanti, la disciplina derogatoria recata dall’art. 9 cit., ispirata alla ratio di soddisfare il bisogno di parcheggi dei residenti nelle aree urbane, opererebbe anche per i garage edificati nel sopralluogo, sui cortili o sulle aree esterne adiacenti al fabbricato, come avvenuto nella specie, consentendo la deroga alla disciplina sulle distanze di cui all’art. 9 del D.M. 02.04.1968, n. 1444.
La struttura, inoltre, in quanto posta all’interno del muro di cinta, non dovrebbe essere computata ai fini del rispetto della disciplina sulle distanze; in ogni caso, i ricorrenti, prima di iniziare i lavori, avrebbero ottenuto il consenso verbale del proprietario frontista.
La legittimità del manufatto sarebbe comprovata anche dall’assoluzione degli appellanti pronunciata dal giudice penale, motivata sulla base della natura pertinenziale del manufatto rispetto all’immobile adiacente e preesistente.
Il primo motivo di appello deve essere esaminato congiuntamente al secondo motivo di impugnazione, trattandosi di censure connesse, afferenti sempre alla legittimità edilizia del medesimo manufatto, in ragione delle sue caratteristiche costruttive e della ratio sottesa alla normativa ritenuta violata dal Tar.
In particolare, con il secondo motivo le parti appellanti contestano l’erroneità della sentenza di prime cure nella parte in cui ha ritenuto inderogabile la disciplina sulla distanza di metri dieci tra edifici, tenuto conto che nel caso di specie la presenza del muro di recinzione comporterebbe un “affievolimento” (pag. 12 appello) dell’obbligo del rispetto delle distanze minime di cui al d.m. n. 1444 del 1968; peraltro, si farebbe questione di muro di altezza inferiore a 3 metri (1,5 mt), inidoneo a creare intercapedini tali da determinare la violazione degli standard igienico–sanitari sottesi alla normativa in commento.
Con memoria depositata in data 04.12.2019 gli appellanti, riportandosi alle difese in atti, in particolare, hanno evidenziato che nella specie:
   - l’art. 9 L. n. 122/1989 consentirebbe la costruzione di parcheggi non solo nel sottosuolo, ma anche in superficie e al di fuori dell’area di sedime dell’immobile servito;
   - in ragione degli elementi istruttori forniti dai ricorrenti in sede procedimentale, il Comune avrebbe dovuto motivare in ordine alla destinazione del manufatto ad uso rimessa;
   - a prescindere dall’applicabilità dell’art. 9 L. n. 122/1989, la natura pertinenziale del bene, creando un volume modesto e comunque inferiore al 20% di quello dell’edificio principale, ai sensi dell’art. 3, co. 1, lett. e6), d.PR.R n. 380/2001, non avrebbe potuto essere inteso come nuova costruzione necessitante di permesso di costruire, integrando gli estremi dell’intervento soggetto a d.i.a. (oggi s.c.i.a.) ex art. 22 d.P.R. n. 380/01, con conseguente applicazione della sola sanzione pecuniaria;
   - la disciplina in tema di distanze tra edifici di cui all’art. 9 d.m. 02.04.1968, n. 1444 potrebbe essere derogata ove in concreto non vi fossero i pericoli di peggioramento delle condizioni igienico sanitarie nelle abitazioni servite dalle finestre; il che sarebbe verificabile nella specie in cui le caratteristiche strutturali del fabbricato per cui è causa (non finestrato, altezza inferiore a 3 metri e sua mole complessiva) non determinerebbero intercapedini nocive in danno del proprietario finitimo, che nel caso di specie avrebbe, peraltro, prestato il suo consenso all’opera.
2. I motivi di appello sono infondati.
Il provvedimento impugnato in primo grado, quanto al manufatto rilevante nel presente giudizio, come correttamente ritenuto dal Tar, risulta autonomamente motivato sulla base della violazione della disciplina di cui all’art. 9 d.m. 02.04.1968, n. 1444, in quanto realizzato ad una distanza inferiore a 10 metri rispetto al fabbricato antistante; motivazione, di per sé, idonea a giustificare la sanzione ripristinatoria irrogata dall’Amministrazione comunale.
Le deduzioni svolte dalla parte appellante, al fine di ritenere la violazione contestata dal Comune irrilevante o, comunque, insuscettibile di legittimare la disposta demolizione, non meritano adesione.
3. In primo luogo, il manufatto per cui è causa non può beneficiare della disciplina di cui all’art. 9 L. n. 122/1989, configurando una costruzione fuori terra.
Al riguardo, questo Consiglio ha precisato che “la realizzazione di autorimesse e parcheggi, ai sensi dell'art. 9, comma 1, della L. n. 122/1989, è condizionata dal fatto che questi siano realizzati nel sottosuolo per l'intera altezza; opera cioè solo nel caso in cui, i parcheggi da destinare a pertinenza di singole unità immobiliari, siano totalmente al di sotto dell'originario piano naturale di campagna. Di conseguenza, qualora non si rispetti tale condizione, la realizzazione di un'autorimessa non può dirsi realizzata nel sottosuolo, per cui in tali casi si applica la disciplina urbanistica dettata per le ordinarie nuove costruzioni fuori terra dal piano regolatore generale (Cons. Stato, Sez. VI, 04.02.2019, n. 846; cfr. Cons. St., sez. V, 12.03.2013, n. 1480; sez. IV, 16.04.2012, n. 2185)” (Consiglio di Stato, sez. IV, 17.09.2019, n. 6195).
Pertanto, facendosi questione nella specie di costruzione fuori terra –in specie, immobile in cls. cementizio armato avente dimensioni esterne di mt. 6.60 x 4,85 ed un'altezza di mt. 3,22 circa, ivi compreso lo spessore del solaio di circa 0,25 mt.- le parti appellanti non possono invocare la disciplina dettata dall’art. 9 L. n. 122/1989, al fine di ritenere derogato il disposto di cui all’art. 9 d.m. 02.04.1968, n. 1444 in tema di distanze tra fabbricati.
L’inapplicabilità nel presente giudizio dell’art. 9 L. n. 122/1989 discende, altresì, da una seconda e autonoma ragione.
Questo Consiglio, in controversia analoga a quella di specie, in cui si faceva questione di autorimessa realizzata in violazione delle distanze di cui all’art. 9 d.m. n. 1444 cit., ha ritenuto che la possibilità di riconoscere la natura di pertinenza urbanistica di cui all’art. 9 della l. 24.03.1989, n. 122, non sia comunque sufficiente per contravvenire ad una norma di carattere generale sulle distanze tra le costruzioni (Consiglio di Stato, sez. II, 07.02.2020, n. 985).
L’art. 9 d.m. n. 1444 cit., infatti, detta una disciplina volta ad evitare la creazione di intercapedini pregiudizievoli sotto il profilo igienico-sanitario, garantendo in tale modo l’ordinato sviluppo dell'edilizia e la salute dei cittadini; beni primari insuscettibili di essere esposti a pericolo invocando la possibilità di deroga “agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti” ex art. 9 L. n. 122 del 1989.
Le previsioni di cui alla L. n. 122/1989 garantiscono una razionale ed organica programmazione dei parcheggi, tenendo conto delle esigenze ambientali ed evitando le conseguenze negative derivanti dalla paralisi della circolazione che, rallentando i tempi delle comunicazioni e del trasporto, è idonea ad influire direttamente e negativamente sulla produzione nazionale, danneggia lo svolgimento degli affari e delle relazioni commerciali, nonché mette a rischio le stesse condizioni di salute dei cittadini a cagione dell’aumento dell'inquinamento atmosferico e di quello acustico (Corte costituzionale, 27.07.1989, n. 459).
Le disposizioni dettate dalla L. n. 122/1989 -e, per quanto più di interesse nel presente giudizio, dell’art. 9 in materia di parcheggi pertinenziali delle singole unità immobiliari– dunque, non possono trovare applicazione qualora le deroghe alla normativa urbanistica ed edilizia, previste dalla relativa disciplina, siano suscettibili di porre in pericolo proprio quei beni giuridici che si intende tutelare mediante la razionale e organica programmazione dei parcheggi.
Pertanto, l’art. 9 L. n. 122/1989, nel prevedere la possibilità di derogare “agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti”, non può essere interpretato estensivamente, come legittimante deroghe totali e incondizionate (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 03.02.2020, n. 847), specie qualora la deroga urbanistica ed edilizia esponga a pericolo la salute dei cittadini, bene primario costituente una delle ragioni giustificatrici della stessa disciplina in materia di parcheggi pertinenziali.
Ne deriva che, dovendo essere comprese tra i beni giuridici protetti dalla L. n. 122/1989 le condizioni di salute dei cittadini, la deroga alla normativa urbanistica ed edilizia non potrebbe comunque giustificare la realizzazione di manufatti pregiudizievoli per l’igiene e la sicurezza, quali risulterebbero le costruzioni edificate in violazione delle disposizioni sulle distanze tra edifici di cui all’art. 9 d.m. n. 1444 cit.
Alla stregua delle considerazioni svolte, emerge l’infondatezza delle censure incentrate sull’art. 9 L. n. 122/1989: detta disposizione, difatti, da un lato, trova applicazione esclusivamente in relazione ai parcheggi realizzati nel sottosuolo per l'intera altezza, dall’altro, non può, comunque, giustificare una deroga incondizionata alla disciplina urbanistica ed edilizia, specie qualora il rispetto delle ordinarie previsioni dettate per l’edificazione sia volto a tutelare non soltanto le esigenze di razionale sviluppo del territorio, ma anche quelle di tutela di beni primari, quale certamente è la salute dei cittadini.
Pertanto, l’art. 9 L. n. 122/1989 non può essere invocato nella specie per giustificare la legittima edificazione del manufatto per cui è controversia, tenuto conto che:
   - si fa questione di un parcheggio realizzato fuori terra, cui, pertanto, non è applicabile l’art. 9 L. n. 122/1989;
   - in ogni caso, si controverte in ordine al rispetto della disciplina sulle distanze tra edifici di cui all’art. 9 d.m. n. 1444 cit., tendente ad evitare la realizzazione di intercapedini nocive per la salute e l’igiene, beni giuridici primari che non possono essere posti in pericolo avvalendosi delle facoltà derogatorie previste dall’art. 9 L. n. 122/1989 (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 27.07.2020 n. 4767 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAL’art. 9 della l. 24.03.1989 n. 122 (cd. legge Tognoli), che consente di realizzare parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, solo se essi sono realizzati nel sottosuolo per l’intera altezza, prevede una regola che, ponendosi in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti, è di stretta interpretazione e di rigorosa applicazione; di guisa che la realizzazione di autorimesse e parcheggi, non totalmente al di sotto del piano naturale di campagna, è soggetta alla disciplina urbanistica dettata per le ordinarie nuove costruzioni fuori terra.
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10. Attraverso il terzo motivo, l’interessata ha sostenuto che non vi sarebbe alcun contrasto tra l’opera e le previsioni della legge n. 122 del 1989, come, per contro, ritenuto dall’Amministrazione; in particolare l’appellante ha affermato che l’intervento è costituito da un box interrato realizzabile anche in deroga alle previsioni degli strumenti urbanistici in virtù dell’articolo 9 della legge n. 122 del 1989.
Tale contestazione è infondata.
Ed invero, con congrua motivazione, il Tar ha rilevato che il citato art. 9 consente di realizzare garage, anche in deroga agli strumenti urbanistici, nel “sottosuolo degli edifici ovvero nei locali siti al piano terreno del fabbricato”, “mentre il locale de quo in realtà risulta costruito con muratura almeno parzialmente fuori terra”, cosicché, “tenuto conto che non di box interrato si tratta e che tale ingombro volumetrico non rispetta il limite di distanza di cui alla fascia di rispetto dalla strada pubblica, deve convenirsi che l’eseguito intervento edilizio non è conforme alla normativa recata dalla l. 122/1989 e tale circostanza, debitamente evidenziata dal Comune è ragione sufficiente a giustificare il diniego di sanatoria”.
A differenza di quanto sostenuto dall’appellante, è del tutto irrilevante una comparazione tra il volume interrato e quello esterno, essendo sufficiente per considerare l’opera abusiva la presenza di un ingombro volumetrico fuori terra non rispettoso della distanza minima dalla strada pubblica.
In proposito la giurisprudenza amministrativa ha affermato che “l’art. 9 della l. 24.03.1989 n. 122 (cd. legge Tognoli), che consente di realizzare parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, solo se essi sono realizzati nel sottosuolo per l’intera altezza, prevede una regola che, ponendosi in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti, è di stretta interpretazione e di rigorosa applicazione; di guisa che la realizzazione di autorimesse e parcheggi, non totalmente al di sotto del piano naturale di campagna, è soggetta alla disciplina urbanistica dettata per le ordinarie nuove costruzioni fuori terra” (Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 18.01.2019, n. 483; nello stesso senso cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, sentenze 12.03.2013, n. 1480, e 16.04.2012, n. 2185).
Si tratta, infatti, di una norma, che ponendosi in deroga “agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti”, è di stretta interpretazione e di rigorosa applicazione, per cui essa opera solo ed esclusivamente nel caso in cui il garage sia totalmente realizzato al di sotto dell’originario piano naturale di campagna, senza alcuna soglia di tolleranza e a prescindere dalla altezza fuori terra del box (Consiglio di Stato, Sez. II, sentenza 07.07.2020 n. 4357 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAL’art. 9, comma 1, della l. 122/1989 prevede che “I proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti. Tali parcheggi possono essere realizzati, ad uso esclusivo dei residenti, anche nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato, purché non in contrasto con i piani urbani del traffico, tenuto conto dell'uso della superficie sovrastante e compatibilmente con la tutela dei corpi idrici. Restano in ogni caso fermi i vincoli previsti dalla legislazione in materia paesaggistica ed ambientale ed i poteri attribuiti dalla medesima legislazione alle regioni e ai Ministeri dell'ambiente e per i beni culturali ed ambientali da esercitare motivatamente nel termine di 90 giorni”.
Tali disposizioni, quanto alla realizzazione dei parcheggi sotterranei in questione, prevedono una deroga molto ampia alle norme urbanistiche, ma non una deroga totale e incondizionata, comprendendosi quindi perché la giurisprudenza la consideri norma di stretta interpretazione.
Esse, in particolare, fanno salve la tutela dei corpi idrici e i vincoli in materia paesaggistica ed ambientale, e ciò si comprende osservando che, in linea di fatto, lo scavo eseguito per realizzare un’opera interrata presenta evidenti rischi per la stabilità del suolo.
Risulta quindi evidente, data la logica della norma, come essa non consenta deroghe ai vincoli di tal tipo, anche se posti a rigore non direttamente dalla normativa statale, ma dalla pianificazione comunale ad essa conforme (sul principio per cui i vincoli fatti salvi dall’art. 9 l. 122/1989 siano non soltanto quelli previsti dalla legge dello Stato in via diretta, già C. cost. 27.07.1989, n. 459).
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5. Il terzo motivo di appello, centrato sulla prospettata derogabilità dell’art. 14 delle norme di PUC da parte del citato art. 9 della l. 122/1989 quanto alla sola autorimessa, è infine a sua volta infondato.
5.1 Anche in questo caso, è necessaria una precisazione.
La sentenza di primo grado impugnata, come si deduce dalla sua motivazione, si esprime sul punto a titolo di obiter, dato che introduce il discorso sul punto con la frase “pur dinanzi alla sufficienza di quanto sin qui considerato in termini di impossibilità di accoglimento del gravame” e soprattutto perché sull’eventuale illegittimità dell’art. 14 delle norme del PUC nella parte in cui proibisce di realizzare parcheggi interrati nell’area considerata si esprime in modo ipotetico, affermando come “la norma di piano… possa rischiare di scontrarsi” con quella statale.
5.2 Peraltro, l’appellante, che aveva sollevato la questione con apposito motivo in primo grado, la ha riproposta in questa sede, e ciò comporta che la si debba esaminare, appunto ipotizzando la natura scindibile dell’intervento quanto all’autorimessa.
In tali termini, le difese qualificate dal Comune come l’appello incidentale sul punto -appello che sarebbe stato inammissibile come tale, mancando una statuizione da impugnare sul punto da parte della sentenza di primo grado- vanno qualificate come difese a fronte del terzo motivo in esame, e come tali valutate.
5.3 Ciò premesso, il motivo è infondato.
L’art. 9 comma 1 della l. 122/1989 prevede che “I proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti. Tali parcheggi possono essere realizzati, ad uso esclusivo dei residenti, anche nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato, purché non in contrasto con i piani urbani del traffico, tenuto conto dell'uso della superficie sovrastante e compatibilmente con la tutela dei corpi idrici. Restano in ogni caso fermi i vincoli previsti dalla legislazione in materia paesaggistica ed ambientale ed i poteri attribuiti dalla medesima legislazione alle regioni e ai Ministeri dell'ambiente e per i beni culturali ed ambientali da esercitare motivatamente nel termine di 90 giorni”.
Tali disposizioni, quanto alla realizzazione dei parcheggi sotterranei in questione, prevedono una deroga molto ampia alle norme urbanistiche, ma non una deroga totale e incondizionata, comprendendosi quindi perché la giurisprudenza –per tutte, C.d.S. sez. IV 16.04.2012, n. 2185- la consideri norma di stretta interpretazione.
Esse in particolare fanno salve la tutela dei corpi idrici e i vincoli in materia paesaggistica ed ambientale, e ciò si comprende osservando che, in linea di fatto, lo scavo eseguito per realizzare un’opera interrata presenta evidenti rischi per la stabilità del suolo.
Risulta quindi evidente, data la logica della norma, come essa non consenta deroghe ai vincoli di tal tipo, anche se posti a rigore non direttamente dalla normativa statale, ma dalla pianificazione comunale ad essa conforme (sul principio per cui i vincoli fatti salvi dall’art. 9 l. 122/1989 siano non soltanto quelli previsti dalla legge dello Stato in via diretta, già C. cost. 27.07.1989, n. 459).
La tesi sostenuta dal Comune va quindi condivisa, sicché vanno respinte le censure proposte avverso l’art. 14, nella parte in cui vieta i parcheggi sotterranei in zona.
5.4 Per le ragioni che precedono, va respinto anche il terzo profilo dedotto nel secondo motivo di appello, perché la norma sulla distanza degli scavi di cui all’art. 14.4 è ispirata alla stessa logica di difesa dei suoli (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 03.02.2020 n. 847 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATALa realizzazione di autorimesse e parcheggi, ai sensi dell'art. 9, comma 1, l. 24/03/1989 n. 122, è condizionata dal fatto che questi siano realizzati nel sottosuolo per l'intera altezza, opera cioè solo nel caso in cui, i parcheggi da destinare a pertinenza di singole unità immobiliari, siano totalmente al di sotto dell'originario piano naturale di campagna. Di conseguenza, qualora non si rispetti tale condizione, la realizzazione di un'autorimessa non può dirsi realizzata nel sottosuolo, per cui in tali casi si applica la disciplina urbanistica dettata per le ordinarie nuove costruzioni fuori terra dal piano regolatore generale.
È stato infatti chiarito che: “l'art. 9 della l. 24.03.1989 n. 122 (cd. legge Tognoli), che consente di realizzare parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, solo se essi sono realizzati nel sottosuolo per l'intera altezza, prevede una regola che, ponendosi in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti, è stretta interpretazione e di rigorosa applicazione; di guisa che la realizzazione di autorimesse e parcheggi, non totalmente al di sotto del piano naturale di campagna, è soggetta alla disciplina urbanistica dettata per le ordinarie nuove costruzioni fuori terra”.

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1.1. Ma.Ep. è proprietario di un immobile in comune di Scanzorosciate (Bergamo), posto in prossimità alla proprietà di Pi.Li., dove quest’ultimo, il 16.03.1990, aveva ottenuto dal Comune la concessione edilizia n. 50/90, la quale prevedeva, secondo il progetto, la realizzazione di quattro autorimesse interrate, in deroga allo strumento urbanistico, ma in conformità all’art. 9, I comma, seconda parte, della l. 24.03.1989, n. 122, per cui “I proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti. Tali parcheggi possono essere realizzati, ad uso esclusivo dei residenti, anche nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato”.
1.2. Il Li. costruì tuttavia cinque autorimesse, parzialmente fuori terra, e lo Ep. presentò allora un esposto al Comune, il cui articolato seguito trovava conclusione solo con la nota 22.11.2010, nella quale l’Ente informava l’istante di aver rilasciato, per l’abuso accertato, il permesso di costruire in sanatoria 22.11.2010, prot. n. 4683/08.
1.3. È seguito il ricorso in esame: nel relativo giudizio né l’Amministrazione, né il controinteressato si sono costituiti, pur ritualmente intimati.
2.1. Il primo motivo è rubricato nella violazione dell’art. 9 l. 122/1989, prima citato, e nell’eccesso di potere per difetto di motivazione.
2.2. Risulta dalla documentazione in atti che il Li. aveva presentato una domanda di permesso di costruire in sanatoria, favorevolmente esaminata dalla locale commissione edilizia sin dal 27.05.2008, che rinviava al parere, espresso dal consulente legale del Comune il precedente 28.04.2008: quest’ultimo atto, riconosciuto che “la difformità consiste nel fatto che dette autorimesse sono seminterrate anziché totalmente interrate” si era espresso nel senso che potesse essere emessa la sanatoria, in quanto la giurisprudenza amministrativa avrebbe teso ad estendere la previsione, di cui al ripetuto art. 9, applicandola appunto anche ai garage parzialmente interrati.
2.3. Il ricorrente nega la legittimità di tale estensione, e con piena ragione, ad avviso del Collegio.
Invero, fermo restando che in specie le opere realizzate non sono certamente interamente sotterranee, secondo la prevalente e condivisibile giurisprudenza «la realizzazione di autorimesse e parcheggi, ai sensi dell'art. 9, comma 1, l. 24/03/1989 n. 122, è condizionata dal fatto che questi siano realizzati nel sottosuolo per l'intera altezza, opera cioè solo nel caso in cui, i parcheggi da destinare a pertinenza di singole unità immobiliari, siano totalmente al di sotto dell'originario piano naturale di campagna. Di conseguenza, qualora non si rispetti tale condizione, la realizzazione di un'autorimessa non può dirsi realizzata nel sottosuolo, per cui in tali casi si applica la disciplina urbanistica dettata per le ordinarie nuove costruzioni fuori terra dal piano regolatore generale (cfr. Cons. St., Sez. V, 12.03.2013, n. 1480).
È stato infatti chiarito (Cons. Stato, sez. IV, 16.04.2012, n. 2185) che: “l'art. 9 della l. 24.03.1989 n. 122 (cd. legge Tognoli), che consente di realizzare parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, solo se essi sono realizzati nel sottosuolo per l'intera altezza, prevede una regola che, ponendosi in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti, è stretta interpretazione e di rigorosa applicazione; di guisa che la realizzazione di autorimesse e parcheggi, non totalmente al di sotto del piano naturale di campagna, è soggetta alla disciplina urbanistica dettata per le ordinarie nuove costruzioni fuori terra”
» (così, in motivazione, C.d.S., VI, 18.01.2019, n. 483; conf. a dimostrazione della risalenza dell’orientamento, id. IV, 11.11.2006, n. 6065; id. V, 29.03.2004, n. 1662).
3. Il ricorso va pertanto accolto, con assorbimento delle ulteriori censure, e annullato il provvedimento di sanatoria (TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 27.01.2020 n. 66 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2019

EDILIZIA PRIVATA: Va ricordato il susseguirsi della legislazione urbanistica in materia di spazi destinati a parcheggi privati, in complessi condominiali di nuova costruzione, incidenti sulla limitazione dell'autonomia privata in ordine alle dimensioni minime di tali spazi e al regime di circolazione; legislazione che ha dato luogo a plurime tipologie di parcheggio, assoggettate a regimi giuridici differenziati tra di loro e cioè:
   a) parcheggi soggetti ad un vincolo pubblicistico di destinazione, produttivo di un diritto reale d'uso in favore dei condomini e di un vincolo pertinenziale ex lege che non ne esclude l'alienabilità separatamente dall'unità immobiliare, disciplinati dall'art. 18 della legge n. 765 del 1967 (art. 41-sexies della legge n. 1150 del 1942), su cui è intervenuto l'art. 26, ult. comma, L. 28.02.1985, n. 47, secondo cui tali spazi costituiscono pertinenze delle costruzioni stesse, ai sensi e per gli effetti degli arti. 817 ed 818 c.c.;
   b) parcheggi soggetti al vincolo pubblicistico d'inscindibilità con l'unità immobiliare, introdotti dall'art. 2 della l. n. 122 del 1989, assoggettati ad un regime di circolazione controllata e di utilizzazione vincolata e, conseguentemente non trasferibili autonomamente;
   c) parcheggi non rientranti nelle due specie sopra illustrate, perché realizzati in eccedenza rispetto agli spazi minimi inderogabilmente richiesti dalla disciplina normativa pubblicistica, ad utilizzazione e a circolazione libera;
   d) parcheggi disciplinati dall'art. 12, comma 9, della l. n. 246 del 2005 di definitiva liberalizzazione del regime di circolazione e trasferimento delle aree destinate a parcheggio ma con esclusivo riferimento al futuro, ovvero alle costruzioni non ancora realizzate e a quelle per le quali non sia ancora intervenuta la stipulazione delle vendite delle singole unità immobiliari, al momento della sua entrata in vigore.
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11. La questione centrale, comune ad entrambi i ricorsi, ruota attorno al titolo sulla base del quale Cr.Da. aveva conseguito, nel dicembre 2010, la disponibilità del garage (in aggiunta a quella dell'appartamento), dipendendo da esso la debenza oppure no di un canone di locazione maggiorato, o più precisamente: diverso da quello inizialmente pattuito per la sola locazione dell'appartamento.
La Corte territoriale, sul presupposto che per concedere in locazione il box auto in aggiunta all'immobile locato e per pretendere sulla base di esso una maggiorazione del canone locativo inizialmente pattuito sarebbe stato necessario rinnovare il contratto di locazione stipulato originariamente, aveva concluso che, in difetto della novazione del contratto, le prestazioni delle parti dovevano continuare ad essere regolate dal contratto già in essere e che il garage doveva intendersi indebitamente occupato da Cr.Da..
Per la ricorrente principale, la disponibilità del garage/box auto sarebbe stata ottenuta sulla scorta di un contratto di comodato gratuito stipulato verbalmente; altrimenti, posto che il garage doveva considerarsi pertinenza dell'immobile di civile abitazione già locato, il relativo contratto avrebbe dovuto essere stipulato per iscritto a pena di nullità.
Secondo la ricorrente incidentale, invece, il godimento del garage sarebbe stato concesso attraverso un contratto stipulato ad hoc, un contratto di locazione ad uso non abitativo, valido ed efficace perché non soggetto ad oneri formali ex lege, diversamente dal contratto di locazione di immobili ad uso abitativo.
12. Va osservato che in ordine alla possibilità di locare separatamente l'appartamento rispetto al box auto si sono formati più orientamenti.
12.1. Secondo il primo, tra l'appartamento ed il box auto è presumibile la ricorrenza di un vincolo pertinenziale qualora tali immobili appartengano allo stesso proprietario, siano ubicati nel medesimo edificio, siano concessi in locazione allo stesso conduttore, anche se con separati contratti, ed il posto auto risulti destinato a soddisfare le esigenze abitative di chi sia alloggiato nell'appartamento locato.
L'accertamento della sussistenza del vincolo pertinenziale va effettuato con riferimento alla sola "condizione oggettiva" della destinazione a servizio del bene principale, dato che non risulta necessario verificare l'effettiva volontà di destinazione da parte del proprietario del bene principale (Cass. 12/10/1998, n. 10080; Cass. 15/01/1997, n. 370; Cass. 25/02/1994, n. 1931).
12.2. Il secondo indirizzo giurisprudenziale ritiene indispensabile la ricorrenza di un vincolo pertinenziale perfetto, per integrare il quale occorre, ai sensi e per gli effetti degli art. 817 e 818 c.c., che sussista oltre all'elemento oggettivo, costituito dalla naturale attitudine di un bene al miglior godimento dell'altro, anche l'elemento soggettivo, consistente in un atto volontario, non necessariamente espresso, purché univoco, del proprietario del bene principale volto a destinare al servizio di questo l'altro bene di cui abbia piena disponibilità (cfr. Cass. 20/01/2015, n. 869; Cass. 03/12/1998, n. 12254).
12.3. Il terzo orientamento, definibile compromissorio, giudica sì necessario che tra l'appartamento e l'autorimessa ricorra un nesso di pertinenza perfetto anche sotto il profilo soggettivo, ma sottolinea la preminente rilevanza ricoperta dal momento "
oggettivo", rappresentato dall'ubicazione dei due immobili nello stesso edificio, dalla loro appartenenza al medesimo proprietario, dalla concessione in godimento al medesimo conduttore: elementi, i quali integrano gli estremi di una presunzione iuris tantum circa l'esistenza di un vincolo pertinenziale perfetto tra i due beni (Cass. 15/01/2007, n. 638; Cass. 19/03/1985, n. 2026; Cass. 05/03/1984, n. 1528).
12.4. Ancora diversa è la prospettiva, cui dimostra di aver aderito il giudice a quo, secondo la quale la "successiva" concessione in godimento, da parte del medesimo locatore di un appartamento, dell'autorimessa situata nello stesso stabile, non è circostanza idonea a configurare la ricorrenza di un vincolo pertinenziale perfetto secondo lo schema legale tipico di cui all'art. 817 c.c., poiché è invece necessaria la dimostrazione dell'intervenuta novazione del contratto originario in un unico rapporto locatizio avente ad oggetto i due beni: così Cass. 17/12/1985, n. 6412.
La Corte regolatrice ritenne, in tale pronuncia, che "di norma sussiste solo un generico collegamento funzionale fra gli alloggi e le altre unità immobiliari comprese nel medesimo stabile (autorimesse, cantine, soffitte) perché destinate, nei programmi del proprietario e nei disegni del progettista a rendere più intenso e completo l'uso e il godimento degli alloggi che rappresentano l'oggetto principale offerto in vendita ovvero in locazione. E' evidente, sul piano pratico, che la possibilità di avere a disposizione locali accessori, da un lato, è un incentivo all'acquisto o alla locazione dell'alloggio (ovvero dell'appartamento adibito ad uso di ufficio) e, dall'altro, consente al proprietario di aspirare ad un più elevato corrispettivo".
La corresponsione di un corrispettivo più elevato, frutto della concessione in godimento anche del garage in aggiunta all'alloggio, non basta a far ritenere il secondo contratto, relativo al garage, sottoposto alle medesime regole del primo, salvo che si accerti che all'iniziale contratto avente ad oggetto l'immobile adibito ad abitazione, sia succeduto "un unico rapporto locatizio relativo al due immobili perché solo all'esito di tale indagine si potrà stabilire quali siano la scadenza ed il canone dell'unico contratto ovvero le distinte scadenze e pigioni dei due contratti".
12.5. Per completezza, va ricordato il susseguirsi della legislazione urbanistica in materia di spazi destinati a parcheggi privati, in complessi condominiali di nuova costruzione, incidenti sulla limitazione dell'autonomia privata in ordine alle dimensioni minime di tali spazi e al regime di circolazione; legislazione che ha dato luogo a plurime tipologie di parcheggio, assoggettate a regimi giuridici differenziati tra di loro:
   a) parcheggi soggetti ad un vincolo pubblicistico di destinazione, produttivo di un diritto reale d'uso in favore dei condomini e di un vincolo pertinenziale ex lege che non ne esclude l'alienabilità separatamente dall'unità immobiliare, disciplinati dall'art. 18 della legge n. 765 del 1967 (art. 41-sexies della legge n. 1150 del 1942), su cui è intervenuto l'art. 26, ult. comma, L. 28.02.1985, n. 47, secondo cui tali spazi costituiscono pertinenze delle costruzioni stesse, ai sensi e per gli effetti degli arti. 817 ed 818 c.c.;
   b) parcheggi soggetti al vincolo pubblicistico d'inscindibilità con l'unità immobiliare, introdotti dall'art. 2 della l. n. 122 del 1989, assoggettati ad un regime di circolazione controllata e di utilizzazione vincolata e, conseguentemente non trasferibili autonomamente;
   c) parcheggi non rientranti nelle due specie sopra illustrate, perché realizzati in eccedenza rispetto agli spazi minimi inderogabilmente richiesti dalla disciplina normativa pubblicistica, ad utilizzazione e a circolazione libera;
   d) parcheggi disciplinati dall'art. 12, comma 9, della l. n. 246 del 2005 di definitiva liberalizzazione del regime di circolazione e trasferimento delle aree destinate a parcheggio ma con esclusivo riferimento al futuro, ovvero alle costruzioni non ancora realizzate e a quelle per le quali non sia ancora intervenuta la stipulazione delle vendite delle singole unità immobiliari, al momento della sua entrata in vigore (Cass. 01/08/2008, n. 21003).
12.6. Non disponendo di dati relativi al regime giuridico applicabile allo spazio in oggetto e non essendo stata la questione sollevata in giudizio deve ritenersi che il garage fosse liberamente disponibile, con la conseguenza che per esso non valevano i criteri di risoluzione delle possibili interferenze tra il regolamento di interessi attuato dall'autonomia negoziale dei privati e la destinazione impressa inderogabilmente ad alcune aree dalla legislazione urbanistica, in nome del superiore interesse pubblico alla cui tutela quest'ultima è finalizzata.
Se sull'area utilizzata come garage fosse stato pendente un vincolo di destinazione inderogabile, infatti, esso si sarebbe risolto in un nesso di pertinenzialità necessaria con l'unità abitativa, tale da restringere l'ambito di liceità degli atti dispositivi dei privati.
Giova ricordare che l'eventuale ricorrenza di un vincolo di destinazione, pur introdotto con una norma meramente precettiva, non accompagnata da alcuna sanzione specifica ed inserita in un complesso normativo disciplinante un settore pubblicistico come l'urbanistica, incide nei rapporti tra privati, poiché è espressione di una legislazione che riveste natura inderogabile ed imperativa che impone tra spazio per parcheggio ed appartamento una relazione che ha connotazione di necessità e di necessaria permanenza, del tutto sottratta alla disponibilità dei privati (Cass., Sez. un., 17/12/1984, nn. 6600, 6601, 6602).
Per Cass. 21/07/2007, n. 16172 e Cass. 24/07/2007, n. 16312, in forza dell'art. 26 della legge 28.02.1985, n. 47, si è creato "un vincolo pubblicistico di destinazione tra l'appartamento e il box rispetto all'appartamento che non può essere spezzato da atti di autonomia privata, e che incide, per la sua natura cogente e inderogabile, anche nei rapporti intersoggettivi di diritto privato, tra cui quelli di locazione, sicché ne consegue, in caso di locazione, con separati contratti, dell'appartamento e del box al medesimo conduttore (come nella specie), l'assoggettamento, ai sensi dell'art. 818 cod. civ., della cosa accessoria (il box) al regime locativo della cosa principale (l'appartamento)".
Il che significa che sarebbe del tutto superfluo indagare la ricorrenza del momento soggettivo, cioè verificare se ricorra la volontà del proprietario di determinare un rapporto pertinenziale tra i due immobili locati, atteso che il vincolo dell'immobile accessorio al servizio di quello principale è prescritto dalla norma imperativa, da cui dipende l'automatica estensione agli spazi di parcheggio del medesimo regime locativo previsto per gli appartamenti, anche nel caso in cui siano diversi e distinti i contratti conclusi per le suddette unità (Corte di Cassazione, Sez. III civile, sentenza 07.11.2019 n. 28615).

EDILIZIA PRIVATALa realizzazione di autorimesse e parcheggi, ai sensi dell'art. 9 comma 1 della L. n. 122/1989, è condizionata dal fatto che questi siano realizzati nel sottosuolo per l'intera altezza; opera cioè solo nel caso in cui, i parcheggi da destinare a pertinenza di singole unità immobiliari, siano totalmente al di sotto dell'originario piano naturale di campagna.
Di conseguenza, qualora non si rispetti tale condizione, la realizzazione di un'autorimessa non può dirsi realizzata nel sottosuolo, per cui in tali casi si applica la disciplina urbanistica dettata per le ordinarie nuove costruzioni fuori terra dal piano regolatore generale.

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10.6. Da ultimo, non risulta parimenti meritevole di pregio la tesi dell’appellante secondo cui, in virtù dell’art. 9 l. n. 122/1989 (cd. legge Tognoli), sarebbe legittima la realizzazione del piano a destinazione garage, essendo pertinenza della unità immobiliare, per tale motivo realizzabile anche in contrasto con strumenti urbanistici.
Al riguardo rileva l’orientamento giurisprudenziale, che questa Sezione condivide, secondo cui “la realizzazione di autorimesse e parcheggi, ai sensi dell'art. 9, comma 1, della L. n. 122/1989, è condizionata dal fatto che questi siano realizzati nel sottosuolo per l'intera altezza; opera cioè solo nel caso in cui, i parcheggi da destinare a pertinenza di singole unità immobiliari, siano totalmente al di sotto dell'originario piano naturale di campagna. Di conseguenza, qualora non si rispetti tale condizione, la realizzazione di un'autorimessa non può dirsi realizzata nel sottosuolo, per cui in tali casi si applica la disciplina urbanistica dettata per le ordinarie nuove costruzioni fuori terra dal piano regolatore generale” (Cons. Stato, Sez. VI, 04.02.2019, n. 846; cfr. Cons. St., sez. V, 12.03.2013, n. 1480; sez. IV, 16.04.2012, n. 2185) (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 17.09.2019 n. 6195 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: L'ordinamento contempla diverse tipologie di parcheggi, caratterizzati da regimi giuridici differenziati, e cioè:
   a) i parcheggi disciplinati dall'art. 18 della legge n. 765 del 1967 (art. 41-sexies della legge n. 1150 del 1942), soggetti ad un vincolo pubblicistico di destinazione, produttivo di un diritto reale d'uso in favore dei condomini e di un vincolo pertinenziale "ex lege", che non ne impedisce l'autonoma alienazione rispetto alle singole unità immobiliari;
   b) i parcheggi che, ai sensi dell'art. 2, L. 122/1989, sono sottoposti ad un regime di circolazione controllata e di utilizzazione vincolata che ne impedisce la vendita separatamente dalle singole unità immobiliari di cui costituiscano pertinenza;
   c) i parcheggi non rientranti nelle due categoria sopra illustrate, perché realizzati in eccedenza rispetto agli spazi minimi inderogabilmente richiesti dalla disciplina normativa pubblicistica, che sono, quindi, liberamente alienabili;
   d) i parcheggi disciplinati dall'art. 12, comma nono, L. 246/2005 sottoposti ad un regime di definitiva liberalizzazione quanto alla circolazione e al trasferimento delle aree, sia pure solo con riferimento alle costruzioni non ancora realizzate e a quelle per le quali non fosse ancora intervenuta la vendite delle singole unità immobiliari al momento dell'entrata in vigore della normativa.
L'art. 9, L. 122/1989 (nella formulazione vigente ratione temporis), prevedendo la nullità assoluta della cessione separata dell'autorimessa ha dunque introdotto un vincolo pubblicistico d'inscindibilità sia per i parcheggi edificati nel medesimo fabbricato sia per quelli collocati in aree "pertinenziali esterne", volendosi scoraggiare eventuali attività speculative da parte dei costruttori che abbiano beneficiato di particolari deroghe ed agevolazioni.
Anche i parcheggi realizzati in "aree pertinenziali esterne" devono essere posti a servizio di specifiche e già individuate unità immobiliari così da assicurare in concreto l'esistenza di una relazione pertinenziale, pur non richiedendosi un'immediata contiguità fisica tra il fabbricato principale e l'area asservita.
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4. Il quarto motivo denuncia la violazione dell'art. 9, L. 122/1989, ai sensi dell'art. 360, comma primo, n. 3 c.p.c. e l'omesso esame di un fatto decisivo, in relazione all'art. 360, comma primo, n. 5 c.p.c., sostenendo che il vincolo pertinenziale non poteva essere esteso a tutti gli immobili ricompresi in un raggio di 500 mt., poiché l'autorimessa era stata realizzata in attuazione della convenzione di lottizzazione che ne prevedeva o la destinazione a servizio delle sole unità immobiliari compresi nel lotto n. 1, come era attestato anche dalla relazione tecnica depositata presso il Comune e dai rilievi sollevati dalla Commissione edilizia.
A parere del ricorrente, l'art. 9, L. 122/1989 commina la nullità di qualsiasi atto negoziale diretto ad eludere il vincolo pertinenziale del parcheggio rispetto alle unità immobiliari già esistenti, senza affatto consentirne la libera alienazione in elusione della normativa speciale.
Il motivo è infondato.
Giova considerare che, come già ritenuto da questa Corte, l'ordinamento contempla diverse tipologie di parcheggi, caratterizzati da regimi giuridici differenziati, e cioè:
   a) i parcheggi disciplinati dall'art. 18 della legge n. 765 del 1967 (art. 41-sexies della legge n. 1150 del 1942), soggetti ad un vincolo pubblicistico di destinazione, produttivo di un diritto reale d'uso in favore dei condomini e di un vincolo pertinenziale "ex lege", che non ne impedisce l'autonoma alienazione rispetto alle singole unità immobiliari;
   b) i parcheggi che, ai sensi dell'art. 2, L. 122/1989, sono sottoposti ad un regime di circolazione controllata e di utilizzazione vincolata che ne impedisce la vendita separatamente dalle singole unità immobiliari di cui costituiscano pertinenza;
   c) i parcheggi non rientranti nelle due categoria sopra illustrate, perché realizzati in eccedenza rispetto agli spazi minimi inderogabilmente richiesti dalla disciplina normativa pubblicistica, che sono, quindi, liberamente alienabili;
   d) i parcheggi disciplinati dall'art. 12, comma nono, L. 246/2005 sottoposti ad un regime di definitiva liberalizzazione quanto alla circolazione e al trasferimento delle aree, sia pure solo con riferimento alle costruzioni non ancora realizzate e a quelle per le quali non fosse ancora intervenuta la vendite delle singole unità immobiliari al momento dell'entrata in vigore della normativa.
L'art. 9, L. 122/1989 (nella formulazione vigente ratione temporis), prevedendo la nullità assoluta della cessione separata dell'autorimessa ha dunque introdotto un vincolo pubblicistico d'inscindibilità (Cass. 21003/2008; Cass. 26.09.2017 n. 22364) sia per i parcheggi edificati nel medesimo fabbricato sia per quelli collocati in aree "pertinenziali esterne", volendosi scoraggiare eventuali attività speculative da parte dei costruttori che abbiano beneficiato di particolari deroghe ed agevolazioni (Cass. 21003/2008).
Anche i parcheggi realizzati in "aree pertinenziali esterne" devono essere posti a servizio di specifiche e già individuate unità immobiliari così da assicurare in concreto l'esistenza di una relazione pertinenziale (Cass. pen. 26327/2009 e Cass. pen. 45068/2011), pur non richiedendosi un'immediata contiguità fisica tra il fabbricato principale e l'area asservita (cfr. testualmente, Consiglio di Stato 2116/2016; Consiglio di Stato 1272/2014).
Nel caso in esame, è decisivo considerare che però la costituzione del vincolo pertinenziale, sebbene esteso genericamente a vantaggio di tutti gli immobili compresi in un raggio di mt. 500, non ha in alcun modo pregiudicato le ragioni del ricorrente, poiché, come ha stabilito la sentenza impugnata, del vincolo hanno in concreto tratto vantaggio tutti gli immobili compresi nell'area lottizzata ed anzi quelli ricadenti nel lotto n. 1 risultano tra i primi ad averne beneficiato (cfr. sentenza pag. 12).
Non sussisteva quindi alcun concreto interesse a dolersi delle disposizioni adottate che, a prescindere dallo loro legittimità, non hanno leso le ragioni del Sa. (Corte di Cassazione, Sez. II civile, sentenza 30.07.2019 n. 20536).

EDILIZIA PRIVATA: La legge n. 122/1989, nell'innovare la disciplina dei parcheggi (anche ex art. 2, comma 2, incrementando la misura minima obbligatoria di parcheggi pertinenziali nei nuovi edifici -il rapporto di 1mq/20mc stabilito inizialmente dall'art. 41, comma 1, della legge 1150/1942 nel testo aggiunto dall'art. 18 della legge 06.08.1967 n. 765 è stato portato a 1mq/10mc- e nello stabilire all'art. 9, comma 1, il principio secondo cui i parcheggi pertinenziali possono essere realizzati anche in deroga agli strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi vigenti), all'art. 11, comma 1, ha equiparato i parcheggi pertinenziali alle opere di urbanizzazione anche per quanto riguarda la gratuità del titolo edilizio.
I parcheggi pertinenziali sono stati quindi complessivamente qualificati come opere di urbanizzazione e quindi a tutti (e non già soltanto a quelli previsti per la fruizione collettiva) è stato riconosciuto un rilievo pubblico.
Tanto premesso va condivisa la tesi per cui la gratuità non va estesa anche ai parcheggi pertinenziali che eccedono la misura minima di legge, atteso che, in carenza di una espressa disposizione di legge in tal senso la interpretazione teleologica consente di affermare che la qualificazione dei parcheggi pertinenziali come opere di urbanizzazione ex art. 11 comma 1 della legge 122/1989 debba rimanere circoscritta entro i confini tracciati dall'art. 41-sexies, comma 1, della legge 1150/1942 (di guisa che per i parcheggi eccedenti il "tetto" di dotazione obbligatoria trova applicazione il disposto di cui al D.M. di riferimento.
Pertanto, il pagamento di tale contributo va commisurato, come correttamente operato dagli uffici comunali, alle superfici a parcheggio realizzate in eccedenza rispetto allo standard minimo di legge.
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Relativamente alla questione principale, ovvero i parcheggi pertinenziali eccedenti il minimo di legge, parte ricorrente sostiene di aver soddisfatto una richiesta dell’amministrazione comunale, che d’altro canto ha rispettato le disposizioni di legge alla luce del progetto proposto dalla stessa ricorrente.
In punto di diritto, relativamente alla questione principale va richiamato l’orientamento secondo cui la legge n. 122/1989, nell'innovare la disciplina dei parcheggi (anche ex art. 2, comma 2, incrementando la misura minima obbligatoria di parcheggi pertinenziali nei nuovi edifici -il rapporto di 1mq/20mc stabilito inizialmente dall'art. 41, comma 1, della legge 1150/1942 nel testo aggiunto dall'art. 18 della legge 06.08.1967 n. 765 è stato portato a 1mq/10mc- e nello stabilire all'art. 9, comma 1, il principio secondo cui i parcheggi pertinenziali possono essere realizzati anche in deroga agli strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi vigenti), all'art. 11, comma 1, ha equiparato i parcheggi pertinenziali alle opere di urbanizzazione anche per quanto riguarda la gratuità del titolo edilizio.
I parcheggi pertinenziali sono stati quindi complessivamente qualificati come opere di urbanizzazione e quindi a tutti (e non già soltanto a quelli previsti per la fruizione collettiva) è stato riconosciuto un rilievo pubblico.
Tanto premesso va condivisa la tesi per cui la gratuità non va estesa anche ai parcheggi pertinenziali che eccedono la misura minima di legge, atteso che, in carenza di una espressa disposizione di legge in tal senso la interpretazione teleologica consente di affermare che la qualificazione dei parcheggi pertinenziali come opere di urbanizzazione ex art. 11 comma 1 della legge 122/1989 debba rimanere circoscritta entro i confini tracciati dall'art. 41-sexies, comma 1, della legge 1150/1942 (di guisa che per i parcheggi eccedenti il "tetto" di dotazione obbligatoria trova applicazione il disposto di cui al D.M. di riferimento (cfr. Cons. St. sez. IV. n. 6033/2012).
Pertanto, il pagamento di tale contributo va commisurato, come correttamente operato dagli uffici comunali, alle superfici a parcheggio realizzate in eccedenza rispetto allo standard minimo di legge.
Ne consegue l’infondatezza delle censure sviluppate in ricorso che di conseguenza va respinto (TAR Veneto, Sez. II, sentenza 30.07.2019 n. 898 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Sulla realizzazione di box ex lege 122/1989 e sulla loro pertinenzialità delle singole unità immobiliari.
La disciplina dell'art. 9 l. n. 122/1989 va interpretata rigorosamente in considerazione delle finalità della legge nel cui contesto risulta inserita.
In particolare occorre interpretare la nozione di “pertinenzialità” in modo tale da non legittimare qualsiasi operazione di edificazione di parcheggi anche quando sia scollegata ab origine dalla fruizione di unità immobiliare residenziali (cfr. sul punto, ad es., Cass., Sez. III pen., 05.12.2011, n. 45068 e 18.03.2009, n. 26327, secondo le quali la realizzazione di parcheggi in forza del regime agevolato previsto dalla L. n. 122 del 1989, art. 9 può anche avvenire ad opera di terzi e in aree anche non limitrofe a quelle ove insistono gli immobili, sempre peraltro “a condizione che detti immobili siano individuati al momento di presentazione della d.i.a. così da assicurare in concreto l'esistenza di una relazione pertinenziale tra i parcheggi e le singole unità e da escludere che si versi in ipotesi di iniziativa speculativa, ipotesi soggetta all'ordinaria disciplina urbanistica ed edilizia”).
Risulta in ogni caso incontrovertibile che agli effetti dell’applicazione della disciplina di cui all’art. 9 della l. 122 del 1989 i parcheggi in questione devono essere inderogabilmente “pertinenziali”, nel senso che devono essere al servizio di “singole unità immobiliari”: i parcheggi medesimi devono essere pertanto sicuramente ed esclusivamente fruibili soltanto da chi si trova in un determinato rapporto con tali unità immobiliari; e tale rapporto presuppone pertanto indefettibilmente una relazione di “pertinenzialità” c.d. “materiale”, tale, cioè, da evocare un nesso di immediata e in alcun modo contestabile funzionalità tra il fabbricato principale e l’area che è con ciò destinata al suo servizio.
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4.3. Ciò posto, risulta del tutto assodato che l’attuale appellante ha chiesto il rilascio dell’assenso a costruire un’autorimessa, composta da più box e parcheggi aperti, a’ sensi dell’art. 9 della l. 122 del 1989, ossia un’opera che per l’espresso tenore letterale di tale articolo di legge può essere realizzata esclusivamente dai proprietari di immobili nel sottosuolo degli immobili medesimi ovvero nei locali ubicati al piano terreno dei fabbricati di loro proprietà, ad uso esclusivo dei residenti e -sempre e comunque- quale pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti (cfr. il testo dell’art. cit.).
Giova a tale riguardo precisare che la disciplina testé riassunta va interpretata rigorosamente in considerazione delle finalità della legge nel cui contesto risulta inserita.
In particolare occorre interpretare la nozione di “pertinenzialità” in modo tale da non legittimare qualsiasi operazione di edificazione di parcheggi anche quando sia scollegata ab origine dalla fruizione di unità immobiliare residenziali (cfr. sul punto, ad es., Cass., Sez. III pen., 05.12.2011, n. 45068 e 18.03.2009, n. 26327, secondo le quali la realizzazione di parcheggi in forza del regime agevolato previsto dalla L. n. 122 del 1989, art. 9 può anche avvenire ad opera di terzi e in aree anche non limitrofe a quelle ove insistono gli immobili, sempre peraltro “a condizione che detti immobili siano individuati al momento di presentazione della d.i.a. così da assicurare in concreto l'esistenza di una relazione pertinenziale tra i parcheggi e le singole unità e da escludere che si versi in ipotesi di iniziativa speculativa, ipotesi soggetta all'ordinaria disciplina urbanistica ed edilizia”).
Risulta in ogni caso incontrovertibile che agli effetti dell’applicazione della disciplina di cui all’art. 9 della l. 122 del 1989 i parcheggi in questione devono essere inderogabilmente “pertinenziali”, nel senso che devono essere al servizio di “singole unità immobiliari”: i parcheggi medesimi devono essere pertanto sicuramente ed esclusivamente fruibili soltanto da chi si trova in un determinato rapporto con tali unità immobiliari; e tale rapporto presuppone pertanto indefettibilmente una relazione di “pertinenzialità” c.d. “materiale”, tale, cioè, da evocare un nesso di immediata e in alcun modo contestabile funzionalità tra il fabbricato principale e l’area che è con ciò destinata al suo servizio (cfr. sul punto, ad es., Cons. Stato, Sez. IV, 23.03.2016 n. 2116.
Orbene, il Collegio non ignora la giurisprudenza citata dall’appellante secondo la quale -come si è detto innanzi, e in modo anche divergente dalle anzidette sentenze della Cassazione penale- “ai fini della realizzazione di un parcheggio interrato, non si deve ritenere necessario che il numero di proprietari di immobili siti nelle vicinanze sia individuato nel momento della proposizione della domanda o della costruzione di questo, richiedendosi solo che il vincolo pertinenziale venga previsto e poi effettivamente costituito e trascritto nelle forme prescritte , senza che il vincolo stesso debba preesistere” (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 26.05.2003, n. 2852 e 09.10.2006, n. 5954 citate dall’appellante, cui va aggiunta anche il primo e del tutto consonante precedente di Cons. Stato, Sez. V, 15.06.2001, n. 3176)
Ma, a ben vedere, nella presente fattispecie non rileva il momento nel quale il vincolo pertinenziale viene ad essere effettivamente costituito, bensì la sussistenza degli stessi presupposti per formalmente costituirlo.
E risulta oltremodo significativa la circostanza che l’attuale appellante non solo nel procedimento che si è concluso con l’adozione del provvedimento di diniego, ma anche durante l’intero e quanto mai consistente lasso di tempo occupato dai due gradi di processo non è stato in grado di comprovare il carattere pertinenziale dell’opera che parrebbe a tutt’oggi intenzionato a realizzare.
Se difetta –per così dire– “a monte” il materiale requisito della pertinenzialità dell’opera e non è offerta neppure nel contraddittorio processuale una prova sulla sua sussistenza, allora è del tutto evidente che l’attuale appellante e già ricorrente in primo grado difetta di una propria legitimatio ad causam e, quindi, essendo carente dello stesso, necessario presupposto per poter ottenere il titolo necessario alla realizzazione dell’opera, non ha evidentemente interesse a’ sensi dell’art. 100 c.p.c. ad adire la presente sede giudiziale.
Discende da questo contesto che è di per sé impraticabile qualsivoglia censura di disparità di trattamento rispetto alla posizione di altro proprietario che –a dire dell’appellante- avrebbe intrapreso la realizzazione di analoga opera in area finitima senza che gli sia stata chiesta già all’atto della presentazione del progetto la dimostrazione della pertinenzialità dell’opera, nonché con riguardo alla posizione dello stesso attuale appellante, il quale per altra consimile opera da lui realizzata riferisce di aver ottenuto il parere favorevole della Commissione Edilizia senza la preventiva imposizione della comprova della pertinenzialità dei posti auto da lui realizzati.
Va infatti evidenziato a tale riguardo che il medesimo appellante non comprova se poi a tali realizzazioni abbia fatto seguito l’effettiva costituzione del vincolo di pertinenzialità; e va soprattutto rimarcato, in via del tutto assorbente, che nella presente fattispecie rileva solo ed esclusivamente la dianzi rilevata carenza di dimostrazione della pertinenzialità dell’opera qui in esame.
Preme inoltre evidenziare che nella specie non ricorre l’ipotesi di motivazione postuma circa il difetto del requisito della pertinenzialità disposta dall’amministrazione comunale in sede processuale, mediante la propria relazione istruttoria e le proprie memorie defensionali.
Il requisito della pertinenzialità doveva infatti intendersi in re ipsa imprescindibile per il solo fatto che il tecnico incaricato dal Ta. ha chiesto di realizzare l’opera secondo la disciplina contemplata dall’art. 9 della l. 122 del 1989: e ciò –si badi– anche a prescindere da come e quando la medesima amministrazione comunale ha chiesto di verificare la sussistenza del requisito in questione.
La stessa amministrazione comunale, poi, nel respingere il progetto, nel provvedimento qui impugnato ha comunque inserito expressis verbis nel contesto delle prescrizioni imposte per la riproposizione del progetto medesimo una non equivoca richiesta: “nel caso di riproposizione del progetto l’intervento è subordinato all’effettiva documentazione di pertinenzialità agli edifici posti nel contorno del perimetro individuato in progetto”.
L’attuale appellante, come si è visto innanzi, reputa che tale richiesta non sia riconducibile a motivo del diniego, costituendo essa a suo avviso soltanto una “puntualizzazione” per l’eventuale presentazione di un nuovo progetto, e non già –come viceversa è– una puntuale prescrizione di un sottostante ed imprescindibile requisito che –si ribadisce– egli si è sistematicamente astenuto dal comprovare.
Ma è proprio tale asseritamente mera “puntualizzazione” che nella specie mette a nudo –anche al di là della sua collocazione formale nel contesto del provvedimento impugnato- quel difetto di interesse del Ta. che del tutto correttamente il giudice di primo grado ha colto, laddove –per l’appunto– dalla mancata comprova della “pertinenzialità” dell’opera, inderogabilmente richiesta quale conditio sine qua non per la sua realizzazione, ha fatto ivi testualmente discendere, quale fulcro motivazionale della propria pronuncia, la conseguenza che “difetta pertanto il requisito dell’interesse alla proposizione della domanda, posto che l’eventuale annullamento dell’atto impugnato comporterebbe pur sempre l’obbligo per la p.a. di riesaminare la domanda che, essendo carente del presupposto indicato, non potrebbe sortire esito positivo per l’interessato” (cfr. ivi).
5. La conferma della sentenza in rito di inammissibilità resa in primo grado determina l’assorbimento, anche nel presente giudizio d’appello, di tutte le censure che l’attuale appellante ha dispiegato con riguardo all’intrinseca legittimità del provvedimento da lui impugnato innanzi al TAR (Consiglio di Stato, Sez. II, sentenza 24.06.2019 n. 4305 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATASecondo la giurisprudenza alla quale il Collegio aderisce, la realizzazione di autorimesse e parcheggi, ai sensi dell'art. 9, comma 1, della l. 24/03/1989 n. 122, è condizionata dal fatto che questi siano realizzati nel sottosuolo per l'intera altezza; opera cioè solo nel caso in cui, i parcheggi da destinare a pertinenza di singole unità immobiliari, siano totalmente al di sotto dell'originario piano naturale di campagna.
Di conseguenza, qualora non si rispetti tale condizione, la realizzazione di un’autorimessa non può dirsi realizzata nel sottosuolo, per cui in tali casi si applica la disciplina urbanistica dettata per le ordinarie nuove costruzioni fuori terra dal piano regolatore generale.
E’ stato infatti chiarito che: “l’art. 9 della l. 24.03.1989 n. 122 (cd. legge Tognoli), che consente di realizzare parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, solo se essi sono realizzati nel sottosuolo per l'intera altezza, prevede una regola che, ponendosi in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti, è stretta interpretazione e di rigorosa applicazione; di guisa che la realizzazione di autorimesse e parcheggi, non totalmente al di sotto del piano naturale di campagna, è soggetta alla disciplina urbanistica dettata per le ordinarie nuove costruzioni fuori terra”.
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8 - Giova esaminare in questa sede anche il primo motivo di appello, con il quale si contesta l’orientamento seguito dal TAR, secondo cui la disposizione di cui all'art. 9 della legge citata non sarebbe applicabile ai parcheggi fuori terra, che resterebbero assoggettati alla disciplina urbanistica ordinaria.
8.1 - Secondo la giurisprudenza alla quale il Collegio aderisce, la realizzazione di autorimesse e parcheggi, ai sensi dell'art. 9, comma 1, della l. 24/03/1989 n. 122, è condizionata dal fatto che questi siano realizzati nel sottosuolo per l'intera altezza; opera cioè solo nel caso in cui, i parcheggi da destinare a pertinenza di singole unità immobiliari, siano totalmente al di sotto dell'originario piano naturale di campagna.
Di conseguenza, qualora non si rispetti tale condizione, la realizzazione di un’autorimessa non può dirsi realizzata nel sottosuolo, per cui in tali casi si applica la disciplina urbanistica dettata per le ordinarie nuove costruzioni fuori terra dal piano regolatore generale (cfr. Cons. St., Sez. V, 12.03.2013, n. 1480).
E’ stato infatti chiarito (Cons. Stato, sez. IV, 16.04.2012, n. 2185) che: “l’art. 9 della l. 24.03.1989 n. 122 (cd. legge Tognoli), che consente di realizzare parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, solo se essi sono realizzati nel sottosuolo per l'intera altezza, prevede una regola che, ponendosi in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti, è stretta interpretazione e di rigorosa applicazione; di guisa che la realizzazione di autorimesse e parcheggi, non totalmente al di sotto del piano naturale di campagna, è soggetta alla disciplina urbanistica dettata per le ordinarie nuove costruzioni fuori terra” (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 04.02.2019 n. 846 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAL'art. 12, nono comma, della legge n. 246 del 2005, che ha modificato l'art. 41-sexies della legge n. 1150 del 1942, ed in base al quale gli spazi per parcheggio possono essere trasferiti in modo autonomo rispetto alle altre unità immobiliari, non ha effetto retroattivo, né natura imperativa.
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L'art. 18 della legge 06.08.1967, n. 765, il quale prescrive che nelle nuove costruzioni e nelle aree di pertinenza delle stesse devono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni venti metri cubi di costruzione, pone un vincolo pubblicistico di destinazione che non può subire deroga negli atti privati di disposizione degli spazi stessi, le cui clausole difformi sono perciò sostituite di diritto dalla norma imperativa.
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3. Il primo motivo del ricorso principale è infondato.
Ed, invero la giurisprudenza di questa Corte, nel corso degli anni ha reiteratamente fatto propria la soluzione che esclude la portata retroattiva cella norme in esame, affermando che (cfr. Cass. n. 4301/2016) l'art. 12, nono comma, della legge n. 246 del 2005, che ha modificato l'art. 41-sexies della legge n. 1150 del 1942, ed in base al quale gli spazi per parcheggio possono essere trasferiti in modo autonomo rispetto alle altre unità immobiliari, non ha effetto retroattivo, né natura imperativa (conf. Cass. n. 2236/2016; Cass. n. 1753/2013 che ha ribadito che la norma vale solo per il futuro, e cioè per le sole costruzioni non realizzate o per quelle per le quali, al momento della sua entrata in vigore, non erano ancora state stipulate le vendite delle singole unità immobiliari, dovendosi escludere l'efficacia retroattiva della norma in quanto, da un lato, non ha natura interpretativa, per mancanza del presupposto a tal fine, costituito dall'incertezza applicativa della disciplina anteriore e, dall'altro, perché le leggi che modificano il modo di acquisto dei diritti reali o il contenuto degli stessi non incidono sulle situazioni maturate prima della loro entrata in vigore; Cass. n. 21003/2008).
La ricorrente auspica, senza peraltro addurre elementi di novità tali effettivamente da indurre ad un ripensamento dell'orientamento de quo, un mutamento della giurisprudenza che peraltro risulta essersi consolidata nel corso degli anni, conformandosi alle condivisibili argomentazioni già sviluppate nei precedenti richiamati, occorrendo a tal fine altresì rilevare che gli argomenti già espressi da Cass. n. 4264/2006 appaiono rafforzati dal fatto che ad oltre dieci anni da tale arresto, e nel perdurare di tale interpretazione che nega la retroattività della norma, il legislatore non è intervenuto per modificarla, restando cosi rafforzate le sue rationes decidendi.
...
5. Il quarto ed il quinto motivo devono essere del pari congiuntamente esaminati, stante la loro connessione, rivelandosi del pari privi di fondamento.
Ed, invero, la motivazione del giudice di appello si fonda sulla riaffermazione del principio ribadito nel ragionamento argomentativo anche da Cass. S.U. n. 12793/2005, nonché dagli altri precedenti, sempre ricordati dal giudice di appello, circa la nullità parziale dei contratti che sottraggano il diritto di uso sulle aree a tal fine destinate, secondo cui (cfr. Cass. n. 28345/2013)
l'art. 18 della legge 06.08.1967, n. 765, il quale prescrive che nelle nuove costruzioni e nelle aree di pertinenza delle stesse devono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni venti metri cubi di costruzione, pone un vincolo pubblicistico di destinazione che non può subire deroga negli atti privati di disposizione degli spazi stessi, le cui clausole difformi sono perciò sostituite di diritto dalla norma imperativa.
Trattasi di motivazione che consente di ritenere che sia stata implicitamente disattesa anche la doglianza di parte ricorrente di cui all'atto di appello, con la quale si lamentava del mancato riconoscimento della validità della rinuncia al diritto in esame fatta dall'attrice Gabriella Pasca Raymondo al momento del suo acquisto (per la espressa estensione della nullità derivante dalla violazione dell'art. 18 della legge n. 765/1967, anche alle ipotesi di rinuncia al diritto, si veda Cass. n. 5755/2004, nonché Cass. n. 973/1999), e che quindi permette di escludere la sussistenza della dedotta violazione dell'art. 112 c.p.c.
(Corte di Cassazione, Sez. II civile, sentenza 28.01.2019 n. 2265).

EDILIZIA PRIVATASecondo la giurisprudenza la realizzazione di autorimesse e parcheggi, ai sensi dell'art. 9, comma 1, l. 24/03/1989 n. 122, è condizionata dal fatto che questi siano realizzati nel sottosuolo per l'intera altezza, opera cioè solo nel caso in cui, i parcheggi da destinare a pertinenza di singole unità immobiliari, siano totalmente al di sotto dell'originario piano naturale di campagna. Di conseguenza, qualora non si rispetti tale condizione, la realizzazione di un’autorimessa non può dirsi realizzata nel sottosuolo, per cui in tali casi si applica la disciplina urbanistica dettata per le ordinarie nuove costruzioni fuori terra dal piano regolatore generale.
E’ stato infatti chiarito che: “l’art. 9 della l. 24.03.1989 n. 122 (cd. legge Tognoli), che consente di realizzare parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, solo se essi sono realizzati nel sottosuolo per l'intera altezza, prevede una regola che, ponendosi in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti, è stretta interpretazione e di rigorosa applicazione; di guisa che la realizzazione di autorimesse e parcheggi, non totalmente al di sotto del piano naturale di campagna, è soggetta alla disciplina urbanistica dettata per le ordinarie nuove costruzioni fuori terra".
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6 – La sentenza impugnata deve trovare conferma.
La norma di cui art. 9, comma 1, della L. 122/1989 (Tognoli), così recita: “i proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti. Tali parcheggi possono essere realizzati, ad uso esclusivo dei residenti, anche nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato, purché non in contrasto con i piani urbani del traffico, tenuto conto dell’uso della superficie sovrastante e compatibilmente con la tutela dei corpi idrici …”.
6.1 - Secondo la giurisprudenza la realizzazione di autorimesse e parcheggi, ai sensi dell'art. 9, comma 1, l. 24/03/1989 n. 122, è condizionata dal fatto che questi siano realizzati nel sottosuolo per l'intera altezza, opera cioè solo nel caso in cui, i parcheggi da destinare a pertinenza di singole unità immobiliari, siano totalmente al di sotto dell'originario piano naturale di campagna. Di conseguenza, qualora non si rispetti tale condizione, la realizzazione di un’autorimessa non può dirsi realizzata nel sottosuolo, per cui in tali casi si applica la disciplina urbanistica dettata per le ordinarie nuove costruzioni fuori terra dal piano regolatore generale (cfr. Cons. St., Sez. V, 12.03.2013, n. 1480).
E’ stato infatti chiarito (Cons. Stato, sez. IV, 16.04.2012, n. 2185) che: “l’art. 9 della l. 24.03.1989 n. 122 (cd. legge Tognoli), che consente di realizzare parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, solo se essi sono realizzati nel sottosuolo per l'intera altezza, prevede una regola che, ponendosi in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti, è stretta interpretazione e di rigorosa applicazione; di guisa che la realizzazione di autorimesse e parcheggi, non totalmente al di sotto del piano naturale di campagna, è soggetta alla disciplina urbanistica dettata per le ordinarie nuove costruzioni fuori terra".
7 - Tanto precisato, la norma speciale, come correttamente rilevato dal TAR, non può trovare applicazione dal momento che nel caso di specie il box non è stato realizzato nel piano terreno del fabbricato, né risulta interamente interrato.
Le considerazioni svolte dall’appellante a questo riguardo sono smentite dalla documentazione prodotta in causa ed in particolare delle foto dei luoghi, da cui si evince come il volume in questione non risulti affatto integralmente interrato (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 18.01.2019 n. 483 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2018

EDILIZIA PRIVATA: Oggetto della controversia è l’assoggettamento a contributo di costruzione delle autorimesse ubicate al piano terra delle nuove costruzioni assentite con il permesso impugnato in parte qua.
Deve darsi atto che parte ricorrente tende a confondere i parcheggi pertinenziali esterni al fabbricato, per i quali il Comune non ha calcolato alcun costo di costruzione, con le autorimesse chiuse e collocate al piano terra dei nuovi edifici.
La pretesa che si tratti, anche per queste ultime, di “opere di urbanizzazione” che rientrano nella previsione di cui all’art. 17 del dpr 380/2001, in virtù del disposto dell’art. 11 della legge Tognoli del 1989, non può essere condivisa.
La suddetta previsione recita “Le opere e gli interventi previsti dalla presente legge costituiscono opere di urbanizzazione anche ai sensi dell’art. 9, primo comma, lettera f), della legge 28.01.1977”.
Le opere e gli interventi previsti dalla legge Tognoli sono i parcheggi da realizzare nel sottosuolo o al piano terreno dei fabbricati o nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato.
Si tratta pertanto di destinazioni a parcheggio o di locali nel sottosuolo di edifici o di aree pertinenziali o, all’evidenza, di locali al piano terra di edifici preesistenti.
Già la legge del 1989, nonostante dovesse affrontare la mancanza di parcheggi pertinenziali, non vi ricomprende autorimesse fuori terra in aree esterne al fabbricato.
Non si prevede la costruzione di nuovi volumi fuori terra, ma solo la destinazione ad autorimessa di locali al piano terra di edifici già esistenti per i quali il contributo di costruzione era stato già assolto.
Ai sensi dell’art. 9, primo comma, lett. f), della legge n. 10/1977 [e, oggi, ai sensi dell’art. 17, comma 3, lett. c), del d.p.r. n. 380/2001], il contributo per il rilascio della concessione non è dovuto “per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti nonché per le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici”.
Il carattere eccezione della previsione esclude una interpretazione estensiva della stessa a ipotesi non strettamente previste.
Per i parcheggi da realizzare in costruzioni di nuova realizzazione trova applicazione la previsione di cui all’art. 41-sexies della legge n. 1150/1942, il quale impone che “nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse” siano “riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni dieci metri cubi di costruzione”.
Tali spazi, a differenza di quelli previsti dall’art. 41-quinquies, non sono qualificabili come aree pubbliche conteggiabili nella dotazione degli standards, ed inoltre, in seguito alla novella di cui all'art. 12, comma 9, della legge 28.11.2005, n. 246 (“Semplificazione e riassetto normativo per l'anno 2005”), che ha aggiunto un secondo comma all’art. 41-sexies, non sono assoggettati a vincoli pertinenziali e sono dunque autonomamente trasferibili.
Infine, perché si possa beneficiare dell’esonero dal contributo concessorio, deve trattarsi di parcheggi da realizzare, con vincolo di pertinenzialità alle unità immobiliari dei residenti, in edifici già esistenti (nel sottosuolo, e completamente interrati, o in locali al piano terreno) o comunque -sempre a uso esclusivo dei residenti- al servizio di edifici già esistenti (su aree esterne o anche nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne).
La giurisprudenza di diverso tenore invocata da parte ricorrente riguarda controversie alle quali si applicano leggi regionali che hanno, come nel caso della legge regione Lombardia n. 12/2005, ampliato l’ambito di applicazione dell’esonero anche a parcheggi non collegati ad edifici esistenti.
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... per l'annullamento:
   - del provvedimento del Comune di Correggio (R.E.), notificato alla società Ed. in data 14/12/2016, con il quale è stato comunicato l'avvenuto rilascio del permesso di costruire n. 2016/11537, prot. n. 16206 datato 02/09/2016, subordinato al pagamento del contributo di costruzione anche per le autorimesse di pertinenza;
   - del permesso di costruire opere di nuova costruzione per la realizzazione di edificio residenziale, limitatamente alla parte in cui impone alla ricorrente il pagamento del costo di costruzione anche per le autorimesse di pertinenza; nonché di qualsiasi altro atto connesso, presupposto e/o conseguente non conosciuto ed anche indirettamente connesso agli atti sopra indicati;
   - nonché per l'accertamento dell'obbligo dell'amministrazione comunale di restituire le somme percepite a titolo di contributo di concessione connesso al permesso di costruire n. 2016/11537 del 02/09/2016 e la conseguente condanna del Comune di Correggio a corrispondere le somme dovute, unitamente ad interessi e rivalutazione; del diritto della ricorrente al risarcimento dei danni subiti per effetto dei provvedimenti impugnati e per la condanna dell'amministrazione al risarcimento del danno subito dalla ricorrente da quantificarsi in corso di causa o da liquidarsi in via equitativa.
...
FATTO
Con ricorso, spedito per la notifica il 09.02.2017 e depositato il successivo 21 febbraio, la società Ed. impugna il permesso di costruire richiesto al Comune di Correggio nella parte in cui vengono richiesti i costi di costruzione anche per la superficie delle autorimesse.
Avverso il provvedimento, nella parte impugnata, la ricorrente deduce la violazione di legge per errata applicazione degli artt. 9, comma 1, lett. f), della legge 10/1977 e 11 della legge 24.03.1989 n. 122, dell’art. 17 del dpr 380/2001, eccesso di potere per mancanza assoluta di motivazione, per carenza di istruttoria, per contraddittorietà ed ultroneità nei fini, atteso che l’art. 17 del dpr 380/2001 esonera, secondo la prospettazione attorea, dal contributo di costruzione “le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici” e che, in base all’art. 11 della legge Tognoli (122/1989) sono opere di urbanizzazione anche i parcheggi ubicati nelle nuove costruzioni realizzati nella misura di legge (1 metro quadrato per ogni 10 metri cubi di costruzione).
Il 14.04.2017 si è costituito il Comune di Correggio che resiste nel merito rappresentando che:
   - l’attività edificatoria prevedeva parcheggi pertinenziali per una dotazione di 366,22 mq, ossia in misura superiore rispetto ai dovuti 237,28 mq;
   - il conteggio del contributo di costruzione veniva eseguito calcolando, tra l’altro, la quota di costo di costruzione dovuta per le autorimesse, senza tenere conto delle superfici scoperte adibite a parcheggio.
La difesa del Comune, inoltre, eccepisce la tardività del ricorso per essere stato notificato oltre i termini di decadenza applicabili in quanto viene contestato, non il mero calcolo del contributo, ma i presupposti per la sua applicazione (cita Consiglio di Stato, sezione V, 28.05.2012, n. 3122; sezione IV, 10.03.2011, n. 1565) e specifica che parte ricorrente pretende di assoggettare ad autorizzazione gratuita non semplici parcheggi, ossia posti auto scoperti, ma vere e proprie di autorimesse coperte sopra terra, ossia garage che, in quanto parte dell’immobile assentito, implicano l’occupazione di una volumetria rilevante ai fini edificatori e sono, pertanto, oggetto di autorizzazione e di corrispondente contribuzione e non rientrano nelle opere di urbanizzazione.
Conclude il Comune che, a fronte di uno standard minimo richiesto di 237,28 mq di parcheggio, Ed. ha realizzato 195 mq di parcheggio in area cortiliva per i quali nessun costo è stato addebitato, essendo stati considerati solo i 162,09 mq relativi alle autorimesse.
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DIRITTO
Il ricorso è infondato e ciò esime il Collegio dallo scrutinio della eccezione di tardività proposta dal Comune resistente.
Oggetto della controversia è l’assoggettamento a contributo di costruzione delle autorimesse ubicate al piano terra delle nuove costruzioni assentite con il permesso impugnato in parte qua.
Deve darsi atto che parte ricorrente tende a confondere i parcheggi pertinenziali esterni al fabbricato, per i quali il Comune non ha calcolato alcun costo di costruzione, con le autorimesse chiuse e collocate al piano terra dei nuovi edifici.
La pretesa che si tratti, anche per queste ultime, di “opere di urbanizzazione” che rientrano nella previsione di cui all’art. 17 del dpr 380/2001, in virtù del disposto dell’art. 11 della legge Tognoli del 1989, non può essere condivisa.
La suddetta previsione recita “Le opere e gli interventi previsti dalla presente legge costituiscono opere di urbanizzazione anche ai sensi dell’art. 9, primo comma, lettera f), della legge 28.01.1977”.
Le opere e gli interventi previsti dalla legge Tognoli sono i parcheggi da realizzare nel sottosuolo o al piano terreno dei fabbricati o nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato.
Si tratta pertanto di destinazioni a parcheggio o di locali nel sottosuolo di edifici o di aree pertinenziali o, all’evidenza, di locali al piano terra di edifici preesistenti (tra le tante da ultimo, Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 02.02.2017, n. 450).
Già la legge del 1989, nonostante dovesse affrontare la mancanza di parcheggi pertinenziali, non vi ricomprende autorimesse fuori terra in aree esterne al fabbricato.
Non si prevede la costruzione di nuovi volumi fuori terra, ma solo la destinazione ad autorimessa di locali al piano terra di edifici già esistenti per i quali il contributo di costruzione era stato già assolto (così, ex multis, Tar Sicilia, Catania, II, 1576/2016, Cons. St., V, n. 3690/2014 e n. 5676/2009, nonché Cons. St., IV, n. 2185/ 2012 e n. 1565/ 2011).
Ai sensi dell’art. 9, primo comma, lett. f), della legge n. 10/1977 [e, oggi, ai sensi dell’art. 17, comma 3, lett. c), del d.p.r. n. 380/2001], il contributo per il rilascio della concessione non è dovuto “per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti nonché per le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici”.
Il carattere eccezione della previsione esclude una interpretazione estensiva della stessa a ipotesi non strettamente previste.
Per i parcheggi da realizzare in costruzioni di nuova realizzazione trova applicazione la previsione di cui all’art. 41-sexies della legge n. 1150/1942, il quale impone che “nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse” siano “riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni dieci metri cubi di costruzione”.
Tali spazi, a differenza di quelli previsti dall’art. 41-quinquies, non sono qualificabili come aree pubbliche conteggiabili nella dotazione degli standards (Così, Sez. IV, 08.01.2013 n. 32), ed inoltre, in seguito alla novella di cui all'art. 12, comma 9, della legge 28.11.2005, n. 246 (“Semplificazione e riassetto normativo per l'anno 2005”), che ha aggiunto un secondo comma all’art. 41-sexies, non sono assoggettati a vincoli pertinenziali e sono dunque autonomamente trasferibili.
Infine, perché si possa beneficiare dell’esonero dal contributo concessorio, deve trattarsi di parcheggi da realizzare, con vincolo di pertinenzialità alle unità immobiliari dei residenti, in edifici già esistenti (nel sottosuolo, e completamente interrati, o in locali al piano terreno) o comunque -sempre a uso esclusivo dei residenti- al servizio di edifici già esistenti (su aree esterne o anche nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne).
La giurisprudenza di diverso tenore invocata da parte ricorrente (v. ad es. CdS IV 4937/2016) riguarda controversie alle quali si applicano leggi regionali che hanno, come nel caso della legge regione Lombardia n. 12/2005, ampliato l’ambito di applicazione dell’esonero anche a parcheggi non collegati ad edifici esistenti.
Di contro, la legge regionale Emilia Romagna n. 15/2013 all’art. 32, ove disciplina l’esonero del contributo di costruzione, rinviando all'articolo 9, comma 1, della legge n. 122 del 1989 e all'articolo 41-sexies della legge 17.08.1942, n. 1150, non consente di estendere l’ambito della gratuità ad ipotesi ulteriori rispetto a quelle previste dalla normativa statale.
Alla luce di quanto osservato il ricorso va respinto, poiché infondato (TAR Emilia Romagna-Parma, sentenza 28.03.2018 n. 89 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: I PARCHEGGI PERTINENZIALI OBBLIGATORI REALIZZATI NELLE NUOVE COSTRUZIONI NON POSSONO DEROGARE AGLI STRUMENTI URBANISTICI.
In materia edilizia, la deroga agli strumenti urbanistici per la realizzazione di nuovi parcheggi è consentita, in linea con le finalità della legge “Tognoli”, per gli edifici esistenti, al fine di incrementare detti spazi e purché i nuovi parcheggi si trovino nel sottosuolo ovvero al piano terreno degli edifici.
Ciò non significa che i parcheggi pertinenziali obbligatori, che debbono essere realizzati nelle nuove costruzioni (ai sensi della L. n. 1150 del 1942, art. 41-sexies) possano derogare agli strumenti urbanistici, giacché -se questa fosse stata l’intenzione del legislatore- la possibilità di deroga sarebbe stata inserita direttamente in quella disposizione.
Semmai, il combinato disposto della L. n. 1150 del 1942, art. 41-sexies e L. n. 122 del 1989, art. 9, comma 1 può consentire, anche nelle nuove costruzioni, l’esecuzione di parcheggi in deroga alle norme urbanistiche e quindi, dei volumi realizzabili, soltanto se ulteriori a quelli obbligatori.
La interessante questione esaminata dalla Corte di cassazione con l’ampia e approfondita decisione qui commentata è quella relativa ai rapporti tra la c.d. legge Tognoli e la normativa introdotta dall’art. 41-sexies della c.d. legge Urbanistica del 1942, al fine di verificare se per la realizzazione di parcheggi pertinenziali alle nuove costruzioni possano essere previste deroghe agli strumenti urbanistici.
La vicenda processuale segue alla sentenza con cui la Corte d’appello di Bari, aveva accolto l’impugnazione proposta dall’imputato proposta avverso la sentenza con cui il G.U.P. del Tribunale l’aveva invece ritenuto responsabile per due reati di abuso d’ufficio (commessi in concorso con il responsabile dell’ufficio tecnico comunale e con il progettista e direttore dei lavori), nonché per le contravvenzioni di abuso edilizio e di violazione della normativa antisismica.
I reati contestati consistevano, in particolare, in:
   - un primo delitto continuato di abuso d’ufficio per aver istigato o comunque determinato il tecnico comunale a non notificare all’imputato, quale amministratore unico della società committente, così intenzionalmente procurando a quest’ultima un ingiusto vantaggio patrimoniale, l’ordine motivato di non effettuare i lavori di cui a due dd.ii.a., che comportavano profonde modifiche all’intervento edilizio di costruzione di edificio residenziale di cui ad una precedente concessione edilizia, illegittimamente rilasciata in contrasto con le previsioni urbanistiche, ordine che sarebbe stato ex lege dovuto trattandosi di varianti che richiedevano il previo rilascio del permesso di costruire perché incidenti sui volumi, le sagome, i prospetti, i balconi e le superfici edificate in modo peraltro difforme dalle prescrizione del P.R.G. e senza il prescritto parere preventivo dell’Autorità di bacino;
   - un secondo delitto di abuso d’ufficio consistente nell’aver quindi istigato il pubblico ufficiale a rilasciare alla società dell’imputato, in assenza del prescritto parere preventivo dell’Autorità di bacino ed in violazione del d.P.R. n. 380 del 2001, art. 12, comma 1, l’illegittimo permesso di costruire in variante rispetto alla predetta concessione edilizia, consentendo la realizzazione di un ulteriore piano rispetto alle precedenti previsioni progettuali, e così di nove piani rispetto ai tre autorizzabili secondo il P.R.G., violando altresì le prescrizioni in quest’ultimo stabilite quanto ad altezza massima complessiva del fabbricato e volumetria totale dell’edificio;
   -  un’ipotesi di abuso edilizio per aver quindi avviato e realizzato sino al sequestro del manufatto, in base ai suddetti titoli edilizi illegittimi e/o illeciti, un fabbricato ad uso residenziale in contrasto con le suddette prescrizioni urbanistiche e che peraltro fuoriusciva dall’area edificabile e dai lotti di proprietà della società committente occupando una porzione di suolo pubblico comunale;
   - due contravvenzioni alla disciplina in materia antisismica per aver eseguito tali lavori, in zona sismica e in modo difforme dal progetto depositato, senza darne preavviso scritto al competente ufficio tecnico regionale e senza la preventiva autorizzazione scritta di competenza di quest’ultimo.
Contro la sentenza assolutoria d’appello per insussistenza dei fatti addebitati (sostanzialmente fondata sulla rinnovazione di una perizia, che aveva escluso le principali difformità in primo grado ritenute tra i progetti e le opere realizzate e le previsioni urbanistiche e aveva evidenziato l’irrilevanza di altre minori difformità ai fini della valutazione circa la sussistenza delle fattispecie incriminatrici), proponeva ricorso per cassazione la parte civile, sostenendo l’errore in cui era incorsa la Corte d’appello nell’applicazione della legge penale in relazione ai criteri di calcolo delle altezze, dei volumi e del numero dei piani stabiliti dalle N.T.A. del comune, anche con riguardo all’interpretazione delle stesse N.T.A.
La Cassazione, nell’affermare il principio di cui in massima, ha accolto il ricorso, pur dovendo dichiarare estinti per prescrizione i reati.
In particolare, i Supremi Giudici, per quanto qui di interesse, hanno osservato che avendo il Comune legittimamente deciso di considerare i parcheggi coperti (non interrati) ai fini del calcolo del volume massimo edificabile -e non essendo detta previsione incompatibile con la successiva legge Tognoli- quei volumi si sarebbero dovuti computare quantomeno con riferimento alla quota- arte di parcheggi obbligatori richiesti dalla L. n. 1150 del 1942, art. 41-sexies rispetto al restante volume dell’edificio, potendosi soltanto escludere, ai sensi della L. n. 122 del 1989, art. 9, comma 1, -sempre che collocati nel sottosuolo o al piano terreno- i volumi degli eventuali ulteriori parcheggi realizzati in aggiunta a quelli obbligatori, per i quali varrebbero le limitazioni di trasferimento previste dalla L. n. 122 del 1989, art. 9, comma 5 (disposizione che, facendo espressamente salva la previsione di cui alla L. n. 1159 del 1942, art. 41-sexies, conferma come la speciale disciplina valga soltanto per i parcheggi diversi da quelli obbligatori).
La giurisprudenza amministrativa, peraltro, osserva la Corte di cassazione, è consolidata nell’affermare che la realizzazione di autorimesse e parcheggi, se non effettuata in locali preesistenti o totalmente al di sotto del piano di campagna naturale, è soggetta alla disciplina urbanistica che regola le nuove costruzioni fuori terra (Cons. Stato, Sez. IV, 26.09.2008, n. 4645; Cons. Stato, Sez. IV, 11.11.2006, n. 6065; Cons. Stato, Sez. V, 29.03.2006, n. 1608; Cons. Stato, Sez. V, 29.03.2004, n. 1662; TAR Lazio, sede di Roma, Sez. I, 16.04.2008, n. 3259; TAR Campania, Sez. II, 23.06.2010, n. 15731).
Salva diversa previsione, dunque, le opere indicate nel d.P.R. n. 380 del 2001, art. 17, comma 3, devono rispettare gli standards urbanistici, ivi compresi i limiti di cubatura edificabile (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 12.02.2018 n. 6738 - Urbanistica e appalti 3/2018).

EDILIZIA PRIVATA: Per effetto dell’art. 69, comma 1, della l.r. lombarda 12/2005 “non è più necessaria -neppure- la pertinenzialità come requisito per l’esenzione dagli oneri concessori e comunque per i parcheggi obbligatori la costituzione di un vincolo di pertinenza è presunta e non necessaria agli effetti urbanistici”.
Tale disposizione, come da ultimo è stato osservato, ha introdotto “il principio della gratuità dei titoli edilizi relativi ai parcheggi collegando l'utilità di queste opere direttamente agli interessi della viabilità senza la mediazione di uno specifico edificio (di qui l'abbandono del requisito della pertinenzialità) e senza la predeterminazione di limiti quantitativi (di qui il superamento della misura minima di legge)".
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La realizzazione di autorimesse e parcheggi, ai sensi dell'art. 9, 1° comma, della L. n. 122/1989 è condizionata dal fatto che questi siano realizzati nel sottosuolo per l'intera altezza, opera cioè solo nel caso in cui, i parcheggi da destinare a pertinenza di singole unità immobiliari, siano totalmente al di sotto dell'originario piano naturale di campagna.
Qualora invece non si rispetti tale condizione, la realizzazione di un'autorimessa non può dirsi realizzata nel sottosuolo, per cui in tali casi si applica la disciplina urbanistica dettata per le ordinarie nuove costruzioni fuori terra dal P.R.G., anche per quanto concerne il pagamento dei contributi concessori.
Tale approdo –dal quale non si ravvisano motivi per discostarsi- è stato condiviso dalla uniforme giurisprudenza di merito ed è appena il caso di precisare che non si pone –come inesattamente segnalato dall’appellante– alcuna problematica di interpretazione “restrittiva” della norma.
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Per tali ragioni il ricorso merita di essere accolto e, quale effetto conformativo, il Comune dovrà rifondere alla società ricorrente il costo di costruzione, calcolato ai sensi del DM 10.05.1977, n. 801, relativamente alle aree destinate a parcheggio, defalcandolo da quello riferito alle restanti opere.
Tale statuizione è reputata equa e preferibile rispetto all’accettazione del conteggio allegato dalla ricorrente, la quale infatti, nell’atto introduttivo del giudizio, ha prospettato l’esistenza di un margine di dubbio sotto il profilo dell’attendibilità delle somme calcolate, pur essendo provata l’illegittimità e quindi l’abnormità dell’originaria quantificazione.
Su tali somme, una volta determinate, spettano, anzitutto, gli interessi legali, o meglio gli interessi corrispettivi fondati sulla naturale fecondità del denaro, e che prescindono, pertanto, dai profili di colpa pure dedotti dalla società ricorrente.
Non è, invece, dovuta la rivalutazione monetaria. In linea generale, occorre considerare che le sezioni unite della Corte di Cassazione hanno statuito che “il creditore di una obbligazione di valuta, il quale intenda ottenere il ristoro del pregiudizio da svalutazione monetaria, ha l'onere di domandare il risarcimento del “maggior danno” ai sensi dell'art. 1224 c.c., comma 2, e non può limitarsi a domandare semplicemente la condanna del debitore al pagamento del capitale e della rivalutazione, non essendo quest'ultima una conseguenza automatica del ritardato adempimento delle obbligazioni di valuta; e che, nel caso di ritardato adempimento di una obbligazione di valuta, il maggior danno di cui all'art. 1224, secondo comma, cod. civ. può ritenersi esistente in via presuntiva in tutti i casi in cui, durante la mora, il saggio medio di rendimento netto dei titoli di Stato con scadenza non superiore a dodici mesi sia stato superiore al saggio degli interessi legali, fermo restando l'onere del creditore –che domanda, a titolo di risarcimento del maggior danno, una somma superiore a quella risultante dal suddetto saggio di rendimento dei titoli di Stato– di provare l'esistenza e l'ammontare di tale pregiudizio, anche per via presuntiva”.
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Il ricorso è fondato e va, pertanto, accolto nei termini e nei limiti di seguito precisati.
Con i primi due motivi, che per stretta dipendenza tematica possono essere esaminati congiuntamente, la ricorrente ha dedotto la violazione dell’art. 69 della legge regionale 12/2005, in cui si prevede che “i parcheggi, pertinenziali e non pertinenziali, realizzati anche in eccedenza rispetto alla quota minima richiesta per legge, costituiscono opere di urbanizzazione e il relativo titolo abilitativo è gratuito” (comma 1) e che “ai fini del calcolo del costo di costruzione, le superfici destinate a parcheggi non concorrono alla definizione della classe dell'edificio” (comma 2).
La disposizione di tale legge, pubblicata sul BURL del 16.03.2005 ed entrata in vigore il successivo 31 marzo, è applicabile alla fattispecie, caratterizzata dalla richiesta di un primo permesso di costruire in data 29.07.2005 (cui è seguito il rilascio del titolo in data 24.08.2006) e di un successivo permesso in data 25.02.2009 (cui è seguito il rilascio del titolo in data 08.03.2010).
Il che, invero, consente di fare ordine tra le diverse sentenze che si sono pronunciate sulla questione della computabilità, nel costo di costruzione, delle superfici destinate a parcheggio o a quelle, lato sensu, a queste ultime riconducibili, e che, sotto altro –non meno secondario– aspetto rivelano l’infondatezza delle ragioni ostative opposte dall’Amministrazione resistente.
Segnatamente, con la sentenza n. 2151 del 29.07.2014, richiamata dall’Amministrazione nella memoria del 15.12.207, la Sezione ha statuito di uniformarsi “all’orientamento (…) che afferma che, nel caso di realizzazione di edifici nuovi, le autorimesse rilevano ai fini dell’individuazione della classe (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 21.05.2013, n. 2771; id. 18.12.2012, n. 6509; TAR Lombardia Milano, sez. II, 20.03.2014, n. 722)” e che “a conclusioni diverse non può condurre né il richiamato art. 2 della l.r. n. 22 del 1999 né l’art. 69 della l.r. n. 12 del 2005”, ma decisivamente osservando che “il primo in quanto inserito in un contesto normativo che induce ad armonizzarne la portata alle disposizioni contenute nella legge n. 122 del 1989 (si rinvia alle esaustive motivazioni contenute nella citata sentenza del Consiglio di Stato n. 6509 del 2012); il secondo in quanto norma sopravvenuta che non può trovare applicazione nelle fattispecie concretizzatesi prima della sua entrata in vigore”.
Nella controversia esaminata nell’occasione, infatti, è stato rilevato che “il titolo edilizio riguardante le autorimesse realizzate dalla ricorrente si è perfezionato prima dell’entrata in vigore dell’art. 69 della l.r. n. 12 del 2005, e che le medesime autorimesse sono connesse ad un edificio di nuova costruzione”.
Tale pronuncia ha ripreso ed ampliato alcune considerazioni contenute nella sentenza n. 6509 del 18.12.2012, con cui la V Sezione del Consiglio di Stato ha, inoltre, precisato che “l’art. 1 della legge regionale n. 22/1999 richiama espressamente la citata disciplina dettata dalla legge n. 122 del 1989 in materia di parcheggi pertinenziali. Lo stesso articolo 1, al comma 2, della legge regionale impone la creazione del vincolo pertinenziale mediante atto unilaterale dell'avente titolo sull'immobile, cui il box deve essere collegato, mediante atto unilaterale da trascrivere nei registri immobiliari”: tesi, queste, opposte dal Comune di Busto Arsizio nel presente giudizio, ma che la citata giurisprudenza ha riferito a titoli formatisi anteriormente all’entrata in vigore della “disciplina più favorevole dettata dall’art. 69 della sopravvenuta legge regionale n. 12/2005”.
Un profilo, questo, reputato dirimente anche dalla IV Sezione del Consiglio di Stato, che nella sentenza n. 4936 del 24.11.2016 ha confermato la sentenza della Sezione n. 3751 del 15.05.2009 (relativa ad un giudizio riguardante il Comune di Busto Arsizio per una fattispecie che si riferiva ad “interventi assentiti con la DIA del 30.04.2004 e il 18.01.2005”, definito con sentenza di accoglimento e con esclusione delle aree a parcheggio dal conteggio del costo di costruzione), incidentalmente evidenziando come per effetto dell’art. 69, comma 1, della legge regionale 12/2005 “non sarebbe più necessaria neppure la pertinenzialità come requisito per l’esenzione dagli oneri concessori e comunque per i parcheggi obbligatori la costituzione di un vincolo di pertinenza sarebbe presunta e non necessaria agli effetti urbanistici (il collegamento con l’abitazione principale emergerebbe direttamente dal progetto complessivo dell’intervento edilizio)”.
Tale disposizione, come da ultimo è stato osservato, ha introdotto “il principio della gratuità dei titoli edilizi relativi ai parcheggi collegando l'utilità di queste opere direttamente agli interessi della viabilità senza la mediazione di uno specifico edificio (di qui l'abbandono del requisito della pertinenzialità) e senza la predeterminazione di limiti quantitativi (di qui il superamento della misura minima di legge)" (TAR Lombardia, Brescia, II, 24.05.2013, n. 508)” (cfr. TAR Lombardia–Brescia, 11.09.2017, n. 1087).
Infondato è, poi, l’assunto difensivo del Comune secondo cui, trattandosi, di “box e autorimesse al piano interrato ad uso e consumo dei proprietari dell'immobile costruito” (cfr. pag. 3 della memoria del 15.12.2017), l’invocata disciplina regionale non potrebbe trovare applicazione.
Sul punto va, invece, ribadito l’orientamento secondo cui “la realizzazione di autorimesse e parcheggi, ai sensi dell'art. 9, 1° comma, della L. n. 122/1989 è condizionata dal fatto che questi siano realizzati nel sottosuolo per l'intera altezza, opera cioè solo nel caso in cui, i parcheggi da destinare a pertinenza di singole unità immobiliari, siano totalmente al di sotto dell'originario piano naturale di campagna. Qualora invece non si rispetti tale condizione, la realizzazione di un'autorimessa non può dirsi realizzata nel sottosuolo, per cui in tali casi si applica la disciplina urbanistica dettata per le ordinarie nuove costruzioni fuori terra dal P.R.G., anche per quanto concerne il pagamento dei contributi concessori” (Cons. Stato Sez. IV, 13.07.2011, n. 4234).
Tale approdo –dal quale non si ravvisano motivi per discostarsi- è stato condiviso dalla uniforme giurisprudenza di merito (tra le tante TAR Umbria Perugia Sez. I, 14.06.2006, n. 316 TAR Piemonte, 27.11.2002, n. 1982) ed è appena il caso di precisare che non si pone –come inesattamente segnalato dall’appellante– alcuna problematica di interpretazione “restrittiva” della norma (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 12.03.2013, n. 1480).
Per tali ragioni il ricorso merita di essere accolto e, quale effetto conformativo, il Comune di Busto Arsizio dovrà rifondere alla società ricorrente il costo di costruzione, calcolato ai sensi del DM 10.05.1977, n. 801, relativamente alle aree destinate a parcheggio, defalcandolo da quello riferito alle restanti opere. Tale statuizione è reputata equa e preferibile rispetto all’accettazione del conteggio allegato dalla ricorrente, la quale infatti, nell’atto introduttivo del giudizio, ha prospettato l’esistenza di un margine di dubbio sotto il profilo dell’attendibilità delle somme calcolate, pur essendo provata l’illegittimità e quindi l’abnormità dell’originaria quantificazione.
Su tali somme, una volta determinate, e venendo al terzo motivo di ricorso, spettano, anzitutto, gli interessi legali, o meglio gli interessi corrispettivi fondati sulla naturale fecondità del denaro, e che prescindono, pertanto, dai profili di colpa pure dedotti dalla società ricorrente.
Con riguardo alla decorrenza, trattandosi di crediti liquidi ed esigibili, si dovrà tenere conto dei singoli momenti di pagamento (per le due rate, di pari importo, relative al primo permesso di costruire, il 22.02.2008 e il 06.08.2009; per le due rate, di pari importo, relative al secondo permesso di costruire, il 05.07.2012 e l’08.03.2013).
Non è, invece, dovuta la rivalutazione monetaria.
In linea generale, occorre considerare che le sezioni unite della Corte di Cassazione hanno statuito che “il creditore di una obbligazione di valuta, il quale intenda ottenere il ristoro del pregiudizio da svalutazione monetaria, ha l'onere di domandare il risarcimento del “maggior danno” ai sensi dell'art. 1224 c.c., comma 2, e non può limitarsi a domandare semplicemente la condanna del debitore al pagamento del capitale e della rivalutazione, non essendo quest'ultima una conseguenza automatica del ritardato adempimento delle obbligazioni di valuta (SS.UU., sentenza n. 5743 del 23/03/2015); e che, nel caso di ritardato adempimento di una obbligazione di valuta, il maggior danno di cui all'art. 1224, secondo comma, cod. civ. può ritenersi esistente in via presuntiva in tutti i casi in cui, durante la mora, il saggio medio di rendimento netto dei titoli di Stato con scadenza non superiore a dodici mesi sia stato superiore al saggio degli interessi legali, fermo restando l'onere del creditore –che domanda, a titolo di risarcimento del maggior danno, una somma superiore a quella risultante dal suddetto saggio di rendimento dei titoli di Stato– di provare l'esistenza e l'ammontare di tale pregiudizio, anche per via presuntiva (SS.UU., sentenza n. 19499 del 16/07/2008)” (cfr. Corte di Cassazione, sez. II civile, 05.11.2015, n. 22664).
Nella specie, però, la prova del maggior danno non è stata allegata.
La ricorrente si è, infatti, limitata a richiamare una pronuncia (Corte di Cassazione, sez. I, 26.09.2013, n. 22096, incentrata sulla figura dell’imprenditore commerciale), il cui principale merito, nell’evoluzione giurisprudenziale che ha investito la questione, è stato quello di aver contribuito, mediante l’affermazione della sufficienza di una prova presuntiva, al superamento sia della più risalente impostazione fondata su un regime probatorio che difficilmente consentiva di ammettere la deroga alla presunzione iuris et de iure del danno pari all'interesse legale (cfr. Corte di Cassazione, 12.12.1978, n. 5895), sia dell’orientamento, diametralmente opposto, favorevole alla “prova automatica” del maggior danno, cioè, in altri termini, all’avallo di una petizione di principio.
Nella giurisprudenza della Suprema Corte si è, tuttavia, fatta strada una diversa opzione ermeneutica, secondo cui “ove il creditore abbia la qualità di imprenditore, avrà l'onere di dimostrare o di avere fatto ricorso al credito bancario sostenendone i relativi interessi passivi; ovvero -attraverso la produzione dei bilanci- quale fosse la produttività della propria impresa, per le somme in essa investite; il debitore, dal canto suo, avrà invece l'onere di dimostrare, anche attraverso presunzioni semplici, che il creditore, in caso di tempestivo adempimento, non avrebbe potuto impiegare il denaro dovutogli in forme di investimento che gli avrebbero garantito un rendimento superiore al saggio legale” (cfr. Corte di Cassazione, sez. I, 24.01.2014, n. 1506).
In sostanza, vi è stato un alleggerimento dell’onere probatorio sul piano dell’an, non essendo imposto all’imprenditore commerciale di fornire una prova specifica del danno, causalmente ricollegabile alla svalutazione. Ma l’ausilio derivante dalla matrice presuntiva non può, però, tradursi, ad avviso del Collegio, nell’elusione di una puntuale indicazione del quantum del pregiudizio: diversamente opinando, si rischierebbe di impropriamente assimilare le obbligazioni di valuta con quelle di valore.
Sotto tale profilo, le deduzioni e le allegazioni probatorie della società ricorrente sono state generiche ed inconsistenti, né la condotta dell’Amministrazione, come sostenuto, può reputarsi affetta da malafede, dovendosi, al contrario, ritenere persuasivo l’assunto della difesa comunale secondo cui la computabilità delle superfici a parcheggio nel calcolo del costo di costruzione costituisse oggetto di una interpretazione controversa a causa delle oscillazioni registrate in giurisprudenza.
In conclusione, il ricorso va accolto, nei sensi e nei limiti espressi in motivazione (TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 31.01.2018 n. 274 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Stabilisce l’art. 11 della legge 24.03.1989, n. 122 che <<Le opere e gli interventi previsti dalla presente legge costituiscono opere di urbanizzazione anche ai sensi dell'articolo 9, primo comma, lettera f), della legge 28.01.1977, n. 10>>. Come noto la legge n. 122 del 1989 è stata emanata al fine di porre rimedio al problema della carenza di spazi destinati a parcheggio delle autovetture ed ha, quindi, proprio ad oggetto gli interventi consistenti nella realizzazione di parcheggi ed autorimesse.
La disposizione è pertanto chiara nell’assimilare (senza condizione alcuna) tale tipologia di interventi alle opere di urbanizzazione le quali –ai sensi del richiamato art. 9, comma 1, lett. f), della legge n. 10 del 1977 (norma oggi riprodotta nell’articolo 17, comma 3, lett. c), del d.P.R. 06.06.2001, n. 380)– sono esenti dal contributo di costruzione.
Anche la normativa regionale dettava e detta disposizioni analoghe a quella appena illustrate.
In tal senso già disponeva l’art. 2, comma 2, della legge della Regione Lombardia 19.11.1999, n. 22, vigente all’epoca di presentazione della DIA di cui è causa, il quale stabiliva che <<I parcheggi sono considerati opere di urbanizzazione ai sensi dell’art. 9, comma 1, lett. f), della legge 10/1977 …>>; e prima ancora l’art. 4, comma 4, della legge regionale n. 60 del 1977 (Norme di attuazione della legge 28.01.1977, n. 10, in materia di edificabilità dei suoli) ai sensi del quale <<i volumi e gli spazi destinati al ricovero di autovetture non sono computati, salvo che per la quota eccedente quella richiesta obbligatoriamente per parcheggio>>.
Oggi queste norme sono riprodotte nell’art. 69, primo comma, della legge regionale n. 12 del 2005, il quale ha peraltro eliminato il vincolo di pertinenzialità e il limite quantitativo previsti dalla previgente normativa.
Va poi osservato che, sebbene vi siano ancora pareri discordanti, la più recente giurisprudenza –cui la Sezione rivedendo le proprie precedenti posizioni intende in questa sede uniformarsi– ritiene che la normativa di favore appena illustrata si riferisca, non solo alle autorimesse relative ad edifici esistenti alla data di entrata in vigore della legge n. 122 del 1989 (e quindi realizzate in epoca successiva), ma anche a quelle relative ad edifici nuovi.
Ciò in quanto l’art. 11 della legge n. 122 del 1989 si riferisce –come visto– a tutti gli interventi disciplinati da tale legge, compresi quindi quelli contemplati dall’art. 2 che, introducendo l’art. 41-sexies alla legge n. 1150 del 1942, ha dettato una specifica disciplina relativa ai parcheggi posti a servizio di nuovi edifici.
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10. Ritiene il Collegio che il ricorso sia fondato, essendo meritevole di accoglimento il primo motivo di ricorso, avente carattere assorbente, con il quale la ricorrente deduce la violazione dell’art. 11 della legge 24.03.1989, n. 122 e dell’art. 17, comma 3, lett. c), del d.P.R. 06.06.2001, n. 380; norme che, a suo dire, escluderebbero la possibilità di computare la superficie delle autorimesse al fine della determinazione dell’ammontare del contributo dovuto a titolo di costo di costruzione.
11. Al riguardo si osserva quanto segue.
12. Stabilisce l’art. 11 della legge 24.03.1989, n. 122 che <<Le opere e gli interventi previsti dalla presente legge costituiscono opere di urbanizzazione anche ai sensi dell'articolo 9, primo comma, lettera f), della legge 28.01.1977, n. 10>>. Come noto la legge n. 122 del 1989 è stata emanata al fine di porre rimedio al problema della carenza di spazi destinati a parcheggio delle autovetture ed ha, quindi, proprio ad oggetto gli interventi consistenti nella realizzazione di parcheggi ed autorimesse.
13. La disposizione è pertanto chiara nell’assimilare (senza condizione alcuna) tale tipologia di interventi alle opere di urbanizzazione le quali –ai sensi del richiamato art. 9, comma 1, lett. f), della legge n. 10 del 1977 (norma oggi riprodotta nell’articolo 17, comma 3, lett. c), del d.P.R. 06.06.2001, n. 380)– sono esenti dal contributo di costruzione.
14. Anche la normativa regionale dettava e detta disposizioni analoghe a quella appena illustrate.
In tal senso già disponeva l’art. 2, comma 2, della legge della Regione Lombardia 19.11.1999, n. 22, vigente all’epoca di presentazione della DIA di cui è causa, il quale stabiliva che <<I parcheggi sono considerati opere di urbanizzazione ai sensi dell’art. 9, comma 1, lett. f), della legge 10/1977 …>>; e prima ancora l’art. 4, comma 4, della legge regionale n. 60 del 1977 (Norme di attuazione della legge 28.01.1977, n. 10, in materia di edificabilità dei suoli) ai sensi del quale <<i volumi e gli spazi destinati al ricovero di autovetture non sono computati, salvo che per la quota eccedente quella richiesta obbligatoriamente per parcheggio>>.
Oggi queste norme sono riprodotte nell’art. 69, primo comma, della legge regionale n. 12 del 2005, il quale ha peraltro eliminato il vincolo di pertinenzialità e il limite quantitativo previsti dalla previgente normativa.
15. Va poi osservato che, sebbene vi siano ancora pareri discordanti, la più recente giurisprudenza –cui la Sezione rivedendo le proprie precedenti posizioni (cfr. TAR Lombardia Milano, sez. II, 29.07.2014, n. 2151; id. 20.03.2014, n. 722 che richiama Consiglio di Stato, sez. V, 18.12.2012 n. 6509) intende in questa sede uniformarsi– ritiene che la normativa di favore appena illustrata si riferisca, non solo alle autorimesse relative ad edifici esistenti alla data di entrata in vigore della legge n. 122 del 1989 (e quindi realizzate in epoca successiva), ma anche a quelle relative ad edifici nuovi.
Ciò in quanto l’art. 11 della legge n. 122 del 1989 si riferisce –come visto– a tutti gli interventi disciplinati da tale legge, compresi quindi quelli contemplati dall’art. 2 che, introducendo l’art. 41-sexies alla legge n. 1150 del 1942, ha dettato una specifica disciplina relativa ai parcheggi posti a servizio di nuovi edifici (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 24.11.2016, n. 4937; TAR Lombardia, Brescia, sez. I, 11.09.2017, n. 1087).
16. Per tutte queste ragioni, va ribadita la fondatezza del ricorso.
17. Di conseguenza, il Comune di Rho ha l’obbligo di calcolare il contributo dovuto per costo di costruzione, relativo al titolo edilizio indicato in precedenza, scomputando la superficie delle autorimesse.
18. La non univocità degli orientamenti giurisprudenziali sui punti decisivi della controversia induce il Collegio a disporre la compensazione delle spese di giudizio (TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 31.01.2018 n. 270 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: La legge 122/1989 prevede (art. 9, comma 1) che “I proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti. Restano in ogni caso fermi i vincoli previsti dalla legislazione in materia paesaggistica ed ambientale ed i poteri attribuiti dalla medesima legislazione alle regioni e ai Ministeri dell'ambiente e per i beni culturali ed ambientali da esercitare motivatamente nel termine di 90 giorni”.
La norma, nella sua formulazione letterale, è univoca nel senso di ammettere la realizzazione, anche in deroga agli strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi vigenti, dei soli parcheggi “nel sottosuolo” o al “piano terreno dei fabbricati”.
Omogeneamente, l’art. 66, comma 1, della l.r. 11.03.2005 n. 12 ha previsto che “i proprietari di immobili e gli aventi titolo sui medesimi possono realizzare nel sottosuolo degli stessi o di aree pertinenziali esterne, nonché al piano terreno dei fabbricati, nuovi parcheggi, da destinarsi a pertinenza di unità immobiliari residenziali e non, posti anche esternamente al lotto di appartenenza, senza limiti di distanza dalle unità immobiliari cui sono legati da rapporto di pertinenza, purché nell'ambito del territorio comunale o in comuni contermini, ai sensi dell'articolo 9 della legge 24.03.1989, n. 122”.
L’utilizzo del termine “nel sottosuolo” non consente di estendere la deroga a manufatti che siano solo parzialmente interrati, come accade nel caso di specie.
La necessità di adottare una interpretazione letterale e l’impossibilità di accedere a letture estensive discende, come affermato dalla giurisprudenza, dalla natura eccezionale della norma, che introduce possibilità edificatorie in deroga agli strumenti urbanistici vigenti (cfr. Cons. Stato, sez. V, 11.11.2004 n. 7773, secondo cui: “La possibilità di realizzare parcheggi da destinare a pertinenze delle singole unità immobiliari anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti, consentita dall'art. 9 l. n. 122 del 1989, costituisce disposizione di carattere eccezionale da interpretarsi nel suo significato strettamente letterale ed in considerazione delle finalità della legge nel cui contesto risulta inserita").
A tale interpretazione, d’altronde, ha aderito la giurisprudenza prevalente.
Ne deriva che il rispetto dell’esigenza rappresentata dall’art. 9 della legge 24.03.1989 n. 122 (realizzabilità di parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari esclusivamente nel sottosuolo, per l'intera altezza: regola, quanto alla fattispecie in esame, non rispettata), con carattere derogatorio rispetto agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti, non possa essere in alcun modo superato, trattandosi di norma di stretta interpretazione e di rigorosa applicazione; mentre la realizzazione di autorimesse e parcheggi, non totalmente al di sotto del piano naturale di campagna, è assoggettata alla disciplina urbanistica dettata per le ordinarie nuove costruzioni fuori terra.
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FATTO
Espone la società ricorrente –che svolge attività nel settore edilizio ed è proprietaria di capannone nel Comune di Corteno Golgi privo di adeguata dotazione di parcheggi– di aver presentato, in data 11.05.2007, denuncia di inizio di attività, al fine di realizzare un box al servizio del capannone.
Il box veniva collocato in zona agricola e si invocava la disciplina speciale di cui agli artt. 66 e ss. della legge regionale n. 12/2005.
A seguito di esplicita richiesta dell'ufficio tecnico in data 01.06.2007, che imponeva la presentazione di “atto di vincolo pertinenziale”, la società ricorrente trasmetteva l'atto predetto con comunicazione del progettista e dava corso alla realizzazione della struttura.
Il box presentava un'altezza variabile da 4,20 mt. a 6,20 mt. ed era impostato ad una quota di + 50 cm. rispetto all'andamento naturale del terreno
Con il gravato provvedimento ripristinatorio:
   - si dava atto della conformità dell'opera alla DIA sotto il profilo planimetrico;
   - si contestava una maggiore altezza della quota altimetrica di cm. 85, in particolare imputando un sopralzo da 4,20 a 5,05 mt.;
   - si contestava, dunque, l'impossibilità di avvalersi della disciplina di deroga rilevando che l'opera contrastava con la destinazione agricola, non rispettava la distanza di mt. 8,00 dal confine della zona agricola ed anche la distanza dalla strada, distanze non derogabili con il manufatto fuori terra;
   - si ingiungeva, quindi, la demolizione integrale dell'opera.
Queste le censure esposte con il presente ricorso:
   1) Violazione di legge per errata e falsa applicazione di legge (artt. 31, 32 e 34 del D.P.R. 380/2001; art. 54 della legge regionale n. 12/2005) e violazione del principio di tipicità delle sanzioni amministrative
L'impugnato provvedimento ha ingiunto la demolizione dell'intera opera sul presupposto che la stessa, in quanto difforme dalla DIA, in particolare in quanto non completamente interrata, dovrebbe considerarsi abusiva nella sua integralità.
Nella fattispecie, non si tratterebbe di sanzionare un'opera eseguita in assenza di titolo o comunque in totale difformità o con variazioni essenziali; piuttosto, venendo in considerazione un’opera in parziale difformità e senza variazioni essenziali.
L’affermata violazione (innalzamento della quota altimetrica per 85 cm.) non configura una variazione “essenziale” ai sensi del combinato disposto di cui all'art. 32 del D.P.R. 380/2001 e dell'art. 54 della legge regionale n. 12/2005, atteso che un sopralzo inferiore a 1,00 metro e senza creazione di un piano ulteriore è espressamente qualificato dalla normativa regionale come variazione non essenziale, con riveniente applicabilità di sanzione di carattere pecuniario e non reale.
   2) Violazione di legge per errata e falsa applicazione di legge (art. 3, comma 1, lett. e.6) e art. 31 DPR n. 380/2001; artt. 66 e ss. legge regionale n. 12/2005).
Nell’osservare come l’art. 3, comma 1, punto e.6), del D.P.R. 380/2001 imponga l'obbligo del permesso di costruire solo in presenza di strutture pertinenziali di un certo livello (con la conseguenza che normali strutture pertinenziali non sono soggette a permesso di costruire ed alle relative e connesse sanzioni), sottolinea la società ricorrente che, nella fattispecie, l'opera sia priva di sua autonomia funzionale, essendo stata realizzata al servizio di capannone esistente che era carente dei parcheggi di legge.
   3) Eccesso di potere per travisamento dei fatti e difetto dei presupposti, nonché per violazione delle N.T.A. del P.R.G. di Corteno Golgi. Violazione di legge per mancata applicazione di legge (artt. 66 e ss. legge regionale n. 12/2005).
Nel rilevare come nel provvedimento impugnato si sostenga che la realizzazione del manufatto fuori terra comporterebbe la totale abusività dell'opera, osserva la ricorrente che tale intervento fosse, fin dall’origine, previsto parzialmente fuori terra.
La DIA contemplava, infatti, la realizzazione del box ad una quota di + 50 cm. rispetto all'andamento naturale del terreno.
Conseguentemente, non si porrebbe un problema di rispetto delle distanze dai confini e/o dalla strada; e l'incremento abusivo non si ragguaglierebbe ad 85 cm., ma a 35.
Né l'opera sarebbe in contrasto con la disciplina della zona E agricola, dal momento che gli artt. 66 e ss. della legge regionale n. 12/2005 ammettono la possibilità di realizzare strutture destinate a parcheggio al servizio di edifici esistenti anche in deroga alle previsioni dello strumento regolatore e quindi anche in zona agricola.
Conclude parte ricorrente insistendo per l'accoglimento del gravame, con conseguente annullamento degli atti oggetto di censura.
L'Amministrazione comunale, ancorché ritualmente intimata, non si è costituita in giudizio.
Il ricorso viene ritenuto per la decisione alla pubblica udienza del 24.01.2018.
DIRITTO
1. Ad integrazione di quanto esposto in narrativa, giova sottolineare che l’avversata determinazione ripristinatoria, nel rilevare “la conformità delle opere finora eseguite al progetto presentato sotto l’aspetto planimetrico”, ne ha, tuttavia, constatato la difformità sotto l’aspetto altimetrico, in quanto “la quota di estradosso del solaio di copertura del box è più alta mediante di cm. 85 rispetto agli elaborati tecnici depositati con la DIA … di cm. 85 (mt. 4,20 autorizzato, mt. 5,05 rilevato)”.
Prosegue il provvedimento in rassegna osservando che “essendo la quota di estradosso del solaio di copertura del box più alta mediamente di cm. 85, il manufatto non è più totalmente interrato come prescrive la legge 122/1989 e pertanto si evidenzia che non sono più invocabili le deroghe agli strumenti urbanistici previste dalla citata legge 122/1989”.
Ciò osservato, nello stesso provvedimento si dà atto della difformità del manufatto rispetto alle prescrizioni vigenti per le zone omogenee di rispetto stradale ed E1 agricola nella quale ricade il sedime dell’immobile, sotto i seguenti profili:
   “- inedificabilità totale per la zona di rispetto stradale non più derogabile con il manufatto fuori terra;
   - mancata distanza dai confini prevista in mt. 8,00 nella zona E1 non più derogabile a zero con il manufatto fuori terra;
   - non rispetto dell’indice volumetrico;
   - edificazione di volume fuori terra pari a mc. 788,358 (sup. mq. 927,48 x H fuori terra mt. 0,85) non più derogabile;
   - non rispetto della tipologia edilizia nella zona E1 agricola”.
2. La legge, come sopra (correttamente) richiamata dall’Amministrazione comunale, prevede (art. 9, comma 1) che “I proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti. Restano in ogni caso fermi i vincoli previsti dalla legislazione in materia paesaggistica ed ambientale ed i poteri attribuiti dalla medesima legislazione alle regioni e ai Ministeri dell'ambiente e per i beni culturali ed ambientali da esercitare motivatamente nel termine di 90 giorni”.
La norma sopra riportata, nella sua formulazione letterale, è univoca nel senso di ammettere la realizzazione, anche in deroga agli strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi vigenti, dei soli parcheggi “nel sottosuolo” o al “piano terreno dei fabbricati”.
Omogeneamente, l’art. 66, comma 1, della legge regionale 11.03.2005 n. 12 ha previsto che “i proprietari di immobili e gli aventi titolo sui medesimi possono realizzare nel sottosuolo degli stessi o di aree pertinenziali esterne, nonché al piano terreno dei fabbricati, nuovi parcheggi, da destinarsi a pertinenza di unità immobiliari residenziali e non, posti anche esternamente al lotto di appartenenza, senza limiti di distanza dalle unità immobiliari cui sono legati da rapporto di pertinenza, purché nell'ambito del territorio comunale o in comuni contermini, ai sensi dell'articolo 9 della legge 24.03.1989, n. 122”.
L’utilizzo del termine “nel sottosuolo” non consente di estendere la deroga a manufatti che siano solo parzialmente interrati, come accade nel caso di specie.
La necessità di adottare una interpretazione letterale e l’impossibilità di accedere a letture estensive discende, come affermato dalla giurisprudenza, dalla natura eccezionale della norma, che introduce possibilità edificatorie in deroga agli strumenti urbanistici vigenti (cfr. Cons. Stato, sez. V, 11.11.2004 n. 7773, secondo cui: “La possibilità di realizzare parcheggi da destinare a pertinenze delle singole unità immobiliari anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti, consentita dall'art. 9 l. n. 122 del 1989, costituisce disposizione di carattere eccezionale da interpretarsi nel suo significato strettamente letterale ed in considerazione delle finalità della legge nel cui contesto risulta inserita").
A tale interpretazione, d’altronde, ha aderito la giurisprudenza prevalente (cfr. TAR Toscana, sez. III, 15.01.2004, n. 13; TAR Piemonte, sez. I, 11.03.1999 n. 139; TAR Lazio Latina, 02.04.1996 n. 337).
Ne deriva che il rispetto dell’esigenza rappresentata dall’art. 9 della legge 24.03.1989 n. 122 (realizzabilità di parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari esclusivamente nel sottosuolo, per l'intera altezza: regola, quanto alla fattispecie in esame, non rispettata), con carattere derogatorio rispetto agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti, non possa essere in alcun modo superato, trattandosi di norma di stretta interpretazione e di rigorosa applicazione; mentre la realizzazione di autorimesse e parcheggi, non totalmente al di sotto del piano naturale di campagna, è assoggettata alla disciplina urbanistica dettata per le ordinarie nuove costruzioni fuori terra (ex multis, Consiglio di Stato sez. VI, 30.05.2014 n. 2821 e sez. IV, 16.04.2012, n. 2185).
3. Alla inapplicabilità delle disposizioni derogatorie rivenienti dalla legge 122, consegue la piena espansione delle prescrizioni disciplinate dalla vigente strumentazione urbanistica.
Ad esse, trattandosi di area ricadente in ambito E1 agricolo, accede l’inosservanza –quanto al manufatto posto in essere dalla ricorrente– delle indicazioni analiticamente dettate nella determinazione ripristinatoria avversata; a nulla rilevando che la DIA originariamente presentata dalla ricorrente contemplasse una parziale realizzazione fuori terra del box (peraltro, largamente ecceduta dalla struttura poi posta in essere, atteso il differenziale di cm. 85, rispetto ad un’altezza indicata in mt. 4,20, presentato dalla quota di estradosso del solaio di copertura del box rispetto al progetto originario).
Le difformità rappresentate dall’intervento in esame con riferimento alla vocazione urbanistica impressa alla zona nella quale ricade il sedime interessato dalla realizzazione edilizia de qua (totale inedificabilità in area assoggettata a vincolo di rispetto stradale; inosservata prescrizione in tema di distanza dai confini; mancato rispetto del previsto indice volumetrico; tipologia edilizia della zona E1), dimostrano la corretta applicazione, nella fattispecie, della sanzione ripristinatoria; per l’effetto dovendosi disattendere le censure, sul punto, esposte dalla ricorrente.
Né, diversamente, si dimostra utilmente evocabile la prescrizione dettata dall’art. 66 della legge regionale 12/2005, il cui comma 1, lett. c), punto 1, indica come “variazioni essenziali al progetto approvato le modifiche edilizie … dell'altezza dell'edificio in misura superiore a un metro senza variazione del numero dei piani”.
Non viene, infatti, in considerazione nel caso all’esame una variazione altimetrica di edificio, rispetto alla quale la qualificazione in termini di “essenzialità” è suscettibile di reagire sull’applicabile regime sanzionatorio (ripristinatorio-reale o pecuniario); quanto, piuttosto, la preclusa edificazione di una rimessa, (ancorché parzialmente) fuori terra, con riveniente violazione (in ragione della preclusa operatività del regime derogatorio della c.d. “legge Tognoli”) delle prescrizioni urbanistiche (sopra indicate) vigenti nell’area interessata dall’intervento de quo.
4. L’infondatezza dei motivi di ricorso dedotti con il mezzo di tutela all’esame ne impone il rigetto (TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 29.01.2018 n. 122 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Contributo di costruzione per la realizzazione di parcheggi.
Il TAR Milano precisa che la richiesta del pagamento del contributo di costruzione con riguardo ai parcheggi posti al servizio dell’edificio oggetto di un intervento edilizio risulta in violazione del disposto dell’art. 69, comma 1, della legge regionale n. 12 del 2005, secondo il quale i parcheggi, pertinenziali e non pertinenziali, realizzati anche in eccedenza rispetto alla quota minima richiesta per legge, costituiscono opere di urbanizzazione e il relativo titolo abilitativo è gratuito.
Infatti, attraverso tale intervento legislativo è stato introdotto il principio della gratuità dei titoli edilizi relativi ai parcheggi collegando l’utilità di queste opere direttamente agli interessi della viabilità, senza la mediazione di uno specifico edificio (di qui l’abbandono del requisito della pertinenzialità) e senza la predeterminazione di limiti quantitativi (di qui il superamento della misura minima di legge).
Del resto, già l’art. 2, comma 2, della legge regionale n. 22 del 1999 qualificava i parcheggi come opere di urbanizzazione e quindi, anche in ragione del disposto di cui all’art. 4, comma 4, della legge regionale n. 60 del 1977, ne imponeva l’esclusione dal computo degli oneri; l’art. 69, comma 1, della legge regionale n. 12 del 2005 ha, poi, eliminato anche il vincolo di pertinenzialità e il limite quantitativo.
Aggiunge, poi, il TAR che l’art. 25, comma 8, della legge regionale n. 12 del 2005 (ai sensi della quale fino all’approvazione del piano dei servizi la misura degli oneri di urbanizzazione è determinata con applicazione della normativa previgente) è una norma transitoria che riguarda soltanto la disciplina contenuta nel Titolo II della Parte I della legge e non anche il Titolo IV della Parte II, in cui è collocato l’art. 69, e si riferisce alla determinazione della misura degli oneri e non alla qualificazione e all'individuazione degli interventi cui gli stessi sono subordinati, che rimane riservata al legislatore, anche per garantire il rispetto della riserva (relativa) di legge prevista dall’art. 23 della Costituzione.
Da ultimo, il TAR precisa che il regime di gratuità dei parcheggi si applica anche agli edifici nuovi e non solo a quelli già esistenti
(commento tratto da https://camerainsubria.blogspot.it).
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MASSIMA
1. Il ricorso è fondato.
2. Con la prima doglianza si assume l’illegittimità della pretesa comunale in ordine al pagamento del contributo di costruzione anche con riguardo ai parcheggi pertinenziali realizzati in misura superiore a quella minima prevista dalla normativa vigente, atteso che l’art. 25, comma 8, della legge regionale n. 12 del 2005, disciplinando in via transitoria i criteri per determinare gli oneri di urbanizzazione, si riferirebbe soltanto alla tipologia di interventi edilizi assoggettati a tali oneri e non consentirebbe la disapplicazione delle norme che individuano i casi di esclusione dal pagamento, come i parcheggi realizzati a servizio delle abitazioni che rientrerebbero nel novero delle opere di urbanizzazione.
2.1. La doglianza è fondata.
Il Comune richiedendo alla società ricorrente il pagamento del contributo con riguardo ai parcheggi posti al servizio dell’edificio oggetto dell’intervento edilizio, ha violato il disposto dell’art. 69, comma 1, della legge regionale n. 12 del 2005, secondo il quale “i parcheggi, pertinenziali e non pertinenziali, realizzati anche in eccedenza rispetto alla quota minima richiesta per legge, costituiscono opere di urbanizzazione e il relativo titolo abilitativo è gratuito; infatti, attraverso tale intervento è stato introdotto “il principio della gratuità dei titoli edilizi relativi ai parcheggi collegando l’utilità di queste opere direttamente agli interessi della viabilità senza la mediazione di uno specifico edificio (di qui l’abbandono del requisito della pertinenzialità) e senza la predeterminazione di limiti quantitativi (di qui il superamento della misura minima di legge) (TAR Lombardia, Brescia, I, 11.09.2017, n. 1087; II, 24.05.2013, n. 508).
Del resto, già l’art. 2, comma 2, della legge regionale n. 22 del 1999 (“i parcheggi sono considerati opere di urbanizzazione ai sensi dell’art. 9, comma 1, lett. f), della legge n. 10 del 1977 …”) qualificava i parcheggi come opere di urbanizzazione e quindi, anche in ragione del disposto di cui all’art. 4, comma 4, della legge regionale n. 60 del 1977 (“i volumi e gli spazi destinati al ricovero di autovetture non sono computati, salvo che per la quota eccedente quella richiesta obbligatoriamente per parcheggio”), ne imponeva l’esclusione dal computo degli oneri (in tal senso, Consiglio di Stato, IV, 24.11.2016, n. 4937; TAR Lombardia, Brescia, II, 24.05.2013, n. 508).
L’art. 69, comma 1, della legge regionale n. 12 del 2005 ha poi eliminato anche il vincolo di pertinenzialità e il limite quantitativo; tale norma va certamente applicata anche alla fattispecie de qua, atteso che l’art. 25, comma 8, della legge regionale n. 12 del 2005 (“fino all’approvazione del piano dei servizi la misura degli oneri di urbanizzazione è determinata con applicazione della normativa previgente”) è una norma transitoria che riguarda soltanto la disciplina contenuta nel Titolo II della Parte I della legge, e non anche il Titolo IV della Parte II in cui è collocato l’art. 69, e si riferisce alla determinazione della misura degli oneri e non alla qualificazione e individuazione degli interventi cui gli stessi sono subordinati, che rimane riservata al legislatore, anche per garantire il rispetto della riserva (relativa) di legge prevista dall’art. 23 della Costituzione (“nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge”).
Infine, va precisato che
il regime di gratuità dei parcheggi si applica anche agli edifici nuovi e non solo a quelli già esistenti (TAR Lombardia, Brescia, I, 11.09.2017, n. 1087).
2.2. In senso contrario, non appaiono meritevoli di condivisione le considerazioni svolte dalla difesa comunale e
risultano manifestamente infondati i rilievi di costituzionalità formulati con riguardo all’art. 69, comma 1, della legge regionale n. 12 del 2005, asseritamente in contrasto con l’art. 117, terzo comma, Cost., atteso che la Corte costituzionale in materia di governo del territorio ha ritenuto precluso al legislatore statale l’adozione di una disciplina puntuale inerente a specifiche tipologie di interventi edilizi realizzati in contesti ben definiti e circoscritti, senza lasciare alcuno spazio al legislatore regionale, visto che «alla normativa di principio spetta di prescrivere criteri e obiettivi, mentre alla normativa di dettaglio è riservata l’individuazione degli strumenti concreti da utilizzare per raggiungere tali obiettivi» (sentenze n. 189 del 2015, n. 278 del 2010, n. 16 del 2010, n. 340 del 2009, n. 401 del 2007).
Nemmeno può affermarsi lo stravolgimento, a livello definitorio, del concetto di opere di urbanizzazione, atteso che l’art. 11, comma 1, della legge n. 122 del 1989, richiamando l’art. 9, comma 1, lett. f), della legge n. 10 del 1977, ha qualificato i parcheggi come opere di urbanizzazione, cui la normativa regionale si è perfettamente conformata.
2.3. Pertanto, la predetta censura deve essere accolta.
3. La fondatezza della scrutinata doglianza, avuto riguardo al suo carattere assorbente, rende superfluo l’esame delle ulteriori censure e determina l’accoglimento del ricorso.
4. Di conseguenza,
il Comune di Cinisello Balsamo ha l’obbligo di scomputare dalla determinazione complessiva del contributo di costruzione, relativo al titolo edilizio indicato in precedenza, gli oneri afferenti ai parcheggi realizzati, restituendo l’importo così determinato alla società ricorrente (che è stato quantificato da quest’ultima in € 110,029,93), nel termine di sessanta giorni dalla notificazione della presente sentenza; sulla somma individuata dovranno altresì essere calcolati gli interessi legali a far data dal 14.05.2007 fino al soddisfo (TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 24.01.2018 n. 192 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: L’art. 41-sexies della legge 17.08.1942, n. 1150, stabilisce che “Nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse, debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni dieci metri cubi di costruzione”.
La giurisprudenza ha da tempo chiarito che la norma si applica indistintamente sia gli edifici strettamente residenziali sia –e, forse, a maggior ragione– a quelli destinati ad attività terziarie; e, secondo un’interpretazione funzionale della volontà del legislatore, non riguarda la sola ipotesi della realizzazione di un nuovo manufatto su area libera, ma anche ogni intervento sull’edificato esistente, tale da determinare un aggravio del carico urbanistico.
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3. Con il terzo motivo, la società ricorrente impugna le previsioni di cui all’art. 22 (già art. 31) delle N.T.A. di R.U., laddove richiedono, a fronte di cambi di destinazione d’uso comportanti un incremento o modifica del carico urbanistico superiore al 50% della SUL dell’edificio, l’obbligatorio reperimento di spazi per parcheggi stanziali, in aggiunta ai parcheggi pertinenziali previsti dalla legge n. 122/1989.
La norma darebbe vita a un onere sprovvisto di copertura legislativa, e, conseguentemente, la monetizzazione prevista in alternativa dal regolamento urbanistico –di fatto necessitata per gli interventi da eseguirsi nel centro storico, ove gli spazi a parcheggio sono irreperibili– verrebbe a configurare una prestazione imposta violativa della riserva di legge sancita dall’art. 23 Cost. (oneri straordinari di urbanizzazione).
Prescindendo dall’eccezione di carenza di interesse attuale a una simile censura, sollevata dal Comune resistente, il motivo è infondato.
L’art. 41-sexies della legge 17.08.1942, n. 1150, stabilisce che “Nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse, debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni dieci metri cubi di costruzione”.
La giurisprudenza ha da tempo chiarito che la norma si applica indistintamente sia gli edifici strettamente residenziali sia –e, forse, a maggior ragione– a quelli destinati ad attività terziarie (così Cons. Stato, sez. VI, 19.10.2006, n. 6256); e, secondo un’interpretazione funzionale della volontà del legislatore, non riguarda la sola ipotesi della realizzazione di un nuovo manufatto su area libera, ma anche ogni intervento sull’edificato esistente, tale da determinare un aggravio del carico urbanistico (per tutte, cfr. Cass. civ., sez. VI, 04.02.2015, n. 2036; Cons. Stato, sez. VI, 12.04.2013, n. 1995; TAR Lazio–Roma, sez. II, 07.11.2011, n. 8535).
Da tali, consolidati, principi non si discosta il R.U. impugnato, che collega la garanzia di una dotazione minima di posti auto agli interventi capaci, appunto, di generare un aumento del carico urbanistico. Per il caso del mutamento di destinazione d’uso, l’art. 22 delle N.T.A. stabilisce che la dotazione di parcheggi è dovuta quando il cambio sia riferito all’intero edificio, o comunque a porzioni superiori al 50% della SUL, ed è finalizzata a sostenere il maggiore impatto generato dalla nuova destinazione attraverso il reperimento dei necessari spazi di sosta commisurati a parametri differenziati in relazione a ciascuna delle possibili destinazioni.
La dotazione aggiuntiva di spazi di sosta è ascritta dal R.U., di volta in volta, a parcheggi “pertinenziali”, ovvero “stanziali” o, ancora, “di relazione”, con la precisazione che le prime due tipologie si pongono sempre in alternativa fra loro (solo i parcheggi per la sosta di relazione a servizio delle nuove destinazioni commerciali sono richiesti in aggiunta a quelli pertinenziali, nelle ipotesi di nuova costruzione, ristrutturazione urbanistica e demolizione con ricostruzione. Peraltro, nel centro storico, è lo stesso art. 65 delle N.T.A., al comma 6.4, ad escludere la necessità del reperimento degli spazi per la sosta di relazione ordinariamente richiesti per le destinazioni commerciali ammissibili).
Una volta verificato il fondamento legislativo della contestata pretesa comunale, la “monetizzazione” dei parcheggi stanziali consentita dall’art. 22 delle N.T.A. costituisce nulla più che una modalità di compensazione della dotazione di spazi di sosta non reperibili all’interno dell’area interessata dall’intervento: una modalità sostitutiva, la quale non rappresenta un’indebita duplicazione degli oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione, giacché, a differenza di detti oneri, afferisce direttamente al reperimento delle aree necessarie all'interno della specifica zona di intervento (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 23.12.2013, n. 6211; id., 08.01.2013, n. 32; id., 28.12.2012 n. 6706; id., 16.02.2011, n. 1013) (TAR Toscana, Sez. I, sentenza 22.01.2018 n. 86 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2017

EDILIZIA PRIVATA: Tutti i parcheggi pertinenziali, in quanto espressamente individuati quali opere di urbanizzazione, non soggiacciono al contributo di costruzione.
Deve ribadirsi che la legge n. 122/1989 nell'innovare la disciplina dei parcheggi (anche ex art. 2, comma 2, incrementando la misura minima obbligatoria di parcheggi pertinenziali nei nuovi edifici -il rapporto di 1mq./20mc stabilito inizialmente dall’art. 41-sexies, comma 1, della legge 1150/1942 nel testo aggiunto dall’art. 18 della legge 06.08.1967 n. 765 è stato portato a 1 mq./10mc- e nello stabilire all'art. 9, comma 1, il principio secondo cui i parcheggi pertinenziali possono essere realizzati anche in deroga agli strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi vigenti), all'art. 11, comma 1, ha equiparato i parcheggi pertinenziali alle opere di urbanizzazione anche per quanto riguarda la gratuità del titolo edilizio.
I parcheggi pertinenziali vanno quindi complessivamente qualificati come opere di urbanizzazione e quindi che a tutti (e non già soltanto a quelli previsti per la fruizione collettiva) è stato riconosciuto un rilievo pubblico: può concordarsi in proposito con la tesi per cui la gratuità non va estesa anche ai parcheggi pertinenziali che eccedono la misura minima di legge, atteso che, in carenza di una espressa disposizione di legge in tal senso (e pur nella opinabilità della questione) la interpretazione teleologica consente di affermare che la qualificazione dei parcheggi pertinenziali come opere di urbanizzazione ex art. 11, comma 1, della legge 122/1989 debba rimanere circoscritta entro i confini tracciati dall'art. 41-sexies, comma 1, della legge 1150/1942 (di guisa che per i parcheggi eccedenti il “tetto” di dotazione obbligatoria trova applicazione il disposto di cui al D.M. più volte citato).

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Per quanto concerne, infine, l’ulteriore questione relativa all’applicabilità o no dell’art. 9 della legge n. 122 del 1989 (c.d. legge Tognoli) anche agli edifici nuovi e non solo a quelli già esistenti (comma 1, “i proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti”), il Tribunale osserva che l’art. 41-sexies della legge n. 1150 del 1942, come sostituito dall’art. 2 della citata legge n. 122 del 1989 stabilisce che “…nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse, debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni dieci metri cubi di costruzione”.
Da tale chiaro enunciato scaturisce pertanto la necessità di conteggiare i citati spazi a parcheggio nella dotazione degli standard e quindi la correttezza dell’esclusione delle aree di parcheggio, computate nella dotazione degli standard, dal calcolo degli oneri di costruzione.
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... per l'annullamento della nota in data 02/04/2009, con cui il comune di Ravarino ha chiesto alla società ricorrente, in riferimento alla DIA da essa presentata il 31/07/2008, "la quota del contributo di costruzione, rapportata al costo di costruzione, riferibile alle superfici dei parcheggi realizzandi;
...
Il Collegio osserva che il ricorso è fondato.
La Sezione ha avuto già modo, in più occasioni, di pronunciarsi sulla questione relativa dell’assoggettamento a contributo urbanistico per oneri di costruzione della parte degli interventi edilizi assentiti relativa alle superfici destinate a parcheggi pertinenziali interrati, ritenendo illegittima la relativa pretesa delle amministrazioni comunali (v. TAR Emilia Romagna sez. I, n. 545 del 2017; sez. II n. 939 del 2014 e 16/04/2010 n. 3533).
In dette pronunce questo TAR ha peraltro condiviso l’autorevole posizione del Consiglio di Stato che, in tema di controversie aventi ad oggetto “la rideterminazione dei contributi urbanistici da parte delle amministrazioni comunali, con specifico riferimento al preteso assoggettamento a tale contribuzione degli interventi edilizi concernenti la realizzazione sia dei parcheggi pertinenziali sia delle superfici relative ai corselli di manovra e di accesso ai garage interrati”, ha stabilito che tutti i parcheggi pertinenziali, in quanto espressamente individuati quali opere di urbanizzazione, non soggiacciono al contributo di costruzione (v. Cons. Stato sez. IV, 28/11/2012 n. 6033).
Nella citata decisione, il Consiglio di Stato ha infatti precisato quanto segue: "Deve sul punto ribadirsi, infatti, che la legge n. 122/1989 nell'innovare la disciplina dei parcheggi (anche ex art. 2, comma 2, incrementando la misura minima obbligatoria di parcheggi pertinenziali nei nuovi edifici -il rapporto di 1mq./20mc stabilito inizialmente dall’art. 41-sexies, comma 1, della legge 1150/1942 nel testo aggiunto dall’art. 18 della legge 06.08.1967 n. 765 è stato portato a 1 mq./10mc- e nello stabilire all'art. 9, comma 1, il principio secondo cui i parcheggi pertinenziali possono essere realizzati anche in deroga agli strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi vigenti), all'art. 11, comma 1, ha equiparato i parcheggi pertinenziali alle opere di urbanizzazione anche per quanto riguarda la gratuità del titolo edilizio.”.
Tale decisione del Consiglio di Stato è stata di recente condivisa da questo TAR con la già citata sentenza di questa Sezione n. 939 del 2014, ove si è osservato che i parcheggi pertinenziali vanno quindi complessivamente qualificati come opere di urbanizzazione e quindi che a tutti (e non già soltanto a quelli previsti per la fruizione collettiva) è stato riconosciuto un rilievo pubblico: può concordarsi in proposito con la tesi per cui la gratuità non va estesa anche ai parcheggi pertinenziali che eccedono la misura minima di legge, atteso che, in carenza di una espressa disposizione di legge in tal senso (e pur nella opinabilità della questione) la interpretazione teleologica consente di affermare che la qualificazione dei parcheggi pertinenziali come opere di urbanizzazione ex art. 11, comma 1, della legge 122/1989 debba rimanere circoscritta entro i confini tracciati dall'art. 41-sexies, comma 1, della legge 1150/1942 (di guisa che per i parcheggi eccedenti il “tetto” di dotazione obbligatoria trova applicazione il disposto di cui al D.M. più volte citato).
Per le chiarite ragioni, quindi, non può accedersi alla tesi del Comune secondo cui a cagione della assenza di espressa abrogazione del citato dm 10.05.1977, n. 312400 i parcheggi "equiparati" alle opere di urbanizzazione e conseguentemente esenti dal contributo di costruzione siano soltanto quelli destinati ad uso collettivo. E' agevole replicare, sul punto, che nulla prova la mancata abrogazione in parte qua del D.M. 10.05.1977 in quanto la equiparazione di cui all'art. 11, comma 1, della legge n. 122/1989 dei parcheggi pertinenziali alle opere di urbanizzazione non opera per quelli eccedenti la dotazione obbligatoria che quindi risultano normati dal citato D.M..
Per quanto concerne, infine, l’ulteriore questione relativa all’applicabilità o no dell’art. 9 della legge n. 122 del 1989 (c.d. legge Tognoli) anche agli edifici nuovi e non solo a quelli già esistenti (comma 1, “i proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti”), il Tribunale osserva che l’art. 41-sexies della legge n. 1150 del 1942, come sostituito dall’art. 2 della citata legge n. 122 del 1989 stabilisce che “…nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse, debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni dieci metri cubi di costruzione”.
Da tale chiaro enunciato scaturisce pertanto la necessità di conteggiare i citati spazi a parcheggio nella dotazione degli standard e quindi la correttezza dell’esclusione delle aree di parcheggio, computate nella dotazione degli standard, dal calcolo degli oneri di costruzione (Consiglio di Stato, IV, 24.11.2016, n. 4937 e , da ultima: TAR Lombardia –BS- sez. I, 11/09/2017 n. 1087).
Per le suesposte ragioni, il ricorso è accolto con conseguente accertamento del diritto della ricorrente al pagamento del contributo per oneri di costruzione relativo all’intervento in oggetto senza che il Comune inserisca, nel relativo calcolo, le superfici destinate a parcheggio pertinenziale (TAR Emilia Romagna-Bologna, Sez. II, sentenza 20.11.2017 n. 751 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: La giurisprudenza afferma che i parcheggi disciplinati dall’art. 9, comma 1, della legge n. 122/1989 possono essere realizzati solamente all'interno delle aree urbane, ribadendo che allorquando trattasi, come nella specie, di intervento in zona agricola non è applicabile la normativa della cosiddetta "legge Tognoli", che consente la realizzazione di autorimesse nel sottosuolo anche in deroga gli strumenti urbanistici, essendo questa consentita solo nelle zone residenziali, e ciò a prescindere dall'ulteriore considerazione postulante l'esclusione della deroga in presenza di vincoli ambientali.
Deve ritenersi, inoltre, che l'art. 9 della legge n. 122/1989 debba essere considerato nell'ambito della disciplina complessiva dettata dalla legge 122/1989, in cui esso si inserisce.
Tale legge appare inequivocabilmente deputata a dettare regole ed a disciplinare interventi relativi ai centri urbani, ed in particolare ai centri urbani afflitti da gravi problemi di traffico. La fonte legislativa, infatti, non si occupa soltanto dei parcheggi pertinenziali agli edifici, ma anche e soprattutto dei "programmi urbani dei parcheggi" e, in generale, delle "realizzazioni volte a favorire il decongestionamento dei centri urbani, mediante la creazione di parcheggi finalizzati all'interscambio con i sistemi di trasporto collettivo".
Procedendo ad un'interpretazione logica e sistematica dell'art. 9, quindi, deve ritenersi che la disposizione in esame sia applicabile soltanto alle aree urbane e non a quelle agricole ed extraurbane in genere.
In tal senso, peraltro, si è più volte espressa la giurisprudenza del Consiglio di Stato: "La possibilità di realizzare parcheggi da destinare a pertinenze delle singole unità immobiliari anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti, consentita dall'art. 9 della legge n. 122/1989, costituisce disposizione di carattere eccezionale da interpretarsi nel suo significato strettamente letterale ed in considerazione delle finalità della legge nel cui contesto risulta inserita. Pertanto tale articolo è applicabile alla costruzione di spazi parcheggio nelle sole aree urbane, mentre la realizzazione di parcheggi in aree extraurbane resta soggetta alle ordinarie prescrizioni urbanistiche ed edilizie necessitando della normale concessione edilizia".
In conclusione, deve affermarsi che la facoltà di costruire autorimesse pertinenziali anche in deroga agli strumenti urbanistici è prevista dalla Legge Tognoli soltanto relativamente alle aree urbane. Al di fuori di tali aree, l'edificazione di parcheggi pertinenziali sarà comunque possibile, ma non potrà attuarsi nelle forme e nei modi di cui al citato art. 9, rimanendo invece sottoposta alle ordinarie prescrizioni urbanistiche ed edilizie.
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Il ricorso non è meritevole di accoglimento.
La proprietà della ricorrente è situata nella zona classificata dal piano strutturale come “subsistema della pianura coltivata”; tale zona fa parte del “paesaggio rurale”, definito dall’art. 57 delle NTA del regolamento urbanistico “porzione di territorio comunale esterna alla perimetrazione degli ambiti insediativi ovvero del paesaggio urbano…a prevalente funzione agricola” (documento n. 9 depositato in giudizio dal Comune).
L’art. 9, comma 1, della legge n. 122/1989, recante le "Disposizioni in materia di parcheggi, programma triennale per le aree urbane maggiormente popolate, nonché modificazioni di alcune norme del testo unico sulla disciplina della circolazione stradale", prevede che: "I proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti. Tali parcheggi possono essere realizzati, ad uso esclusivo dei residenti, anche nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato, purché non in contrasto con i piani urbani del traffico, tenuto conto dell'uso della superficie sovrastante e compatibilmente con la tutela dei corpi idrici. Restano in ogni caso fermi i vincoli previsti dalla legislazione in materia paesaggistica ed ambientale ed i poteri attribuiti dalla medesima legislazione alle regioni e ai Ministeri dell'ambiente e per i beni culturali ed ambientali da esercitare motivatamente nel termine di 90 giorni. I parcheggi stessi, ove i piani del traffico non siano stati redatti, potranno comunque essere realizzati nel rispetto delle indicazioni di cui al periodo precedente".
La giurisprudenza afferma che i parcheggi disciplinati dalla normativa suddetta possono essere realizzati solamente all'interno delle aree urbane, ribadendo che allorquando trattasi, come nella specie, di intervento in zona agricola non è applicabile la normativa della cosiddetta "legge Tognoli", che consente la realizzazione di autorimesse nel sottosuolo anche in deroga gli strumenti urbanistici, essendo questa consentita solo nelle zone residenziali, e ciò a prescindere dall'ulteriore considerazione postulante l'esclusione della deroga in presenza di vincoli ambientali (Cons. Stato, IV, 19.07.2017, n. 3566).
Deve ritenersi, inoltre, che l'art. 9 della legge n. 122/1989 debba essere considerato nell'ambito della disciplina complessiva dettata dalla legge 122/1989, in cui esso si inserisce.
Tale legge appare inequivocabilmente deputata a dettare regole ed a disciplinare interventi relativi ai centri urbani, ed in particolare ai centri urbani afflitti da gravi problemi di traffico. La fonte legislativa, infatti, non si occupa soltanto dei parcheggi pertinenziali agli edifici, ma anche e soprattutto dei "programmi urbani dei parcheggi" e, in generale, delle "realizzazioni volte a favorire il decongestionamento dei centri urbani, mediante la creazione di parcheggi finalizzati all'interscambio con i sistemi di trasporto collettivo".
Procedendo ad un'interpretazione logica e sistematica dell'art. 9, quindi, deve ritenersi che la disposizione in esame sia applicabile soltanto alle aree urbane e non a quelle agricole ed extraurbane in genere.
In tal senso, peraltro, si è più volte espressa la giurisprudenza del Consiglio di Stato: "La possibilità di realizzare parcheggi da destinare a pertinenze delle singole unità immobiliari anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti, consentita dall'art. 9 della legge n. 122/1989, costituisce disposizione di carattere eccezionale da interpretarsi nel suo significato strettamente letterale ed in considerazione delle finalità della legge nel cui contesto risulta inserita. Pertanto tale articolo è applicabile alla costruzione di spazi parcheggio nelle sole aree urbane, mentre la realizzazione di parcheggi in aree extraurbane resta soggetta alle ordinarie prescrizioni urbanistiche ed edilizie necessitando della normale concessione edilizia" (cfr. Cons. Stato, V, 11.11.2004, n. 7325).
In conclusione, deve affermarsi che la facoltà di costruire autorimesse pertinenziali anche in deroga agli strumenti urbanistici è prevista dalla Legge Tognoli soltanto relativamente alle aree urbane. Al di fuori di tali aree, l'edificazione di parcheggi pertinenziali sarà comunque possibile, ma non potrà attuarsi nelle forme e nei modi di cui al citato art. 9, rimanendo invece sottoposta alle ordinarie prescrizioni urbanistiche ed edilizie.
Pertanto, nel caso di specie la destinazione urbanistica a paesaggio rurale (ovvero la destinazione prevalentemente agricola) è ostativa all’accoglimento della pretesa della ricorrente (TAR Toscana, Sez. I, sentenza 06.11.2017 n. 1353 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: In Lombardia sono gratuiti non solo i box (spazio effettivo di sosta) ma anche gli spazi funzionali (e proporzionati) per accedervi.
  
(a) la nozione di parcheggio, sia ai fini della gratuità del titolo edilizio sia relativamente alla deroga alle disposizioni urbanistiche, deve essere ricavata dalla normativa regionale e dai principi dell’ordinamento nazionale;
   (b) il favore legislativo per la realizzazione di parcheggi, anche non pertinenziali, e non necessariamente collegati a edifici residenziali, si è manifestato pienamente con gli art. 67 e 69 della LR 12/2005;
   (c) in particolare, l’art. 67, comma 3, della LR 12/2005 estende il regime di favore alle opere accessorie, anche esterne, idonee a garantire la funzionalità dei parcheggi. Tali opere sono definite in via esemplificativa come rampe, aerazioni, collegamenti verticali e simili;
   (d) pertanto, non solo manca una base normativa per differenziare i corselli e gli altri spazi di manovra rispetto alle autorimesse servite dagli stessi, ma qualsiasi discriminazione tra queste tipologie di opere deve essere considerata illegittima. Di qui la necessità di disapplicare le norme regolamentari restrittive, come quelle citate dal Comune.
L’obiettivo perseguito dal legislatore, infatti, è di incentivare la collocazione dei parcheggi sulle aree private o al di sotto delle stesse, decongestionando le aree pubbliche destinate alla circolazione e aumentando gli spazi a disposizione della collettività. Tutto questo presuppone che vi sia convenienza economica non solo nella realizzazione di nuovi parcheggi privati ma anche nella predisposizione dei collegamenti al servizio degli stessi;
   (e) l’unico limite è quello intrinseco a ogni norma di favore, ossia il divieto di abuso del diritto. Questo limite nel caso dei parcheggi è esplicitato dall’art. 67, comma 3, della LR 12/2005, nella parte in cui consente l’estensione della disciplina di favore alle opere accessorie solo per quanto strettamente necessario a garantire l’accesso ai parcheggi e la funzionalità degli stessi.
Non potrebbero quindi essere sottratti al calcolo del contributo di costruzione gli spazi di manovra palesemente sproporzionati rispetto alle esigenze del comodo transito dei veicoli;
   (f) questo però non implica che gli spazi di manovra debbano essere esclusivi, ossia che non possano collegare anche locali diversi dalle autorimesse. Se i suddetti spazi sono necessari per raggiungere le autorimesse, e sono costruiti coerentemente con questa funzione, la circostanza che nelle vicinanze delle autorimesse vi siano altri locali (cantine, ripostigli, depositi, magazzini, centrali termiche) è del tutto ininfluente.
L’uso promiscuo non cancella la destinazione dei corselli, e dei restanti spazi di manovra, come pertinenze al servizio delle autorimesse, e tale destinazione è da sola sufficiente a giustificare il trattamento economico di favore. Le altre utilità ricavabili da queste opere si aggiungono, senza modificare la qualificazione principale;
   (g) nello specifico, poiché i corselli e gli altri spazi di manovra, come risulta dalla tavola prodotta in giudizio, sono funzionali e proporzionati alla distribuzione dei veicoli tra le varie autorimesse, tutta la relativa superficie (1.044,83 mq) deve essere qualificata come accessoria ai parcheggi, con la conseguente esclusione dalla base di calcolo del contributo di costruzione, e l’irrilevanza ai fini della determinazione della classe degli edifici.
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1. Questo TAR, con sentenza 31.08.2015 n. 1133, non appellata, ha deciso una controversia tra la ricorrente Ed.Al. srl, ora in liquidazione, e il Comune di Arcene a proposito della gratuità del permesso di costruire nella parte relativa alle autorimesse.
2. Il contributo di costruzione relativo al permesso di costruire n. 4 del 14.04.2011, con il quale era stata autorizzata la realizzazione di 3 edifici per un totale di 42 appartamenti nel PL “La Fornace”, era stato infatti calcolato tenendo conto anche della superficie destinata ad autorimesse e aree di manovra. La ricorrente, dopo aver effettuato alcuni versamenti parziali, ha interrotto i pagamenti, chiedendo un nuovo calcolo con esclusione delle predette superfici.
3. La sentenza n. 1133/2015 ha accolto sotto questo profilo la tesi della ricorrente. In particolare, nella motivazione si sottolinea che l’art. 69, comma 1, della LR 11.03.2005 n. 12 attribuisce la massima estensione al principio della gratuità delle autorimesse, riferendolo espressamente a tutte le tipologie di parcheggi (“pertinenziali e non pertinenziali, realizzati anche in eccedenza rispetto alla quota minima richiesta per legge”).
4. L’effetto conformativo è descritto direttamente nella sentenza n. 1133/2015. La statuizione sulla gratuità dei parcheggi è coordinata con l’esame della variante progettuale presentata dalla ricorrente.
A carico del Comune sono stati posti i seguenti adempimenti:
   (a) decidere sulla variante progettuale entro 60 giorni dal deposito della sentenza;
   (b) ridefinire, nei successivi 30 giorni, il contributo di costruzione con riguardo alla destinazione definitiva delle superfici;
   (c) restituire alla ricorrente, nei successivi 30 giorni, la somma versata in misura superiore al dovuto, con la precisazione che l’importo della fideiussione parzialmente escussa avrebbe potuto essere restituito alla ricorrente solo se quest’ultima avesse dimostrato di aver già reintegrato il fideiussore e di essere quindi il soggetto colpito dall’onere economico.
5. Il Comune, con nota del responsabile dell’Area Territorio del 29.10.2015, ha esaminato gli indici edilizi della variante, e per quanto riguarda i parcheggi ha affermato che solo le superfici strettamente riferibili a questa destinazione avrebbero potuto beneficiare dell’esclusione dal contributo di costruzione, mentre avrebbero dovuto essere inseriti nella base di calcolo gli spazi di accesso e di manovra, e quelli non utilizzabili a parcheggio a causa delle ridotte dimensioni.
6. Questa posizione è stata ribadita dal Comune con nota del responsabile dell’Area Territorio del 25.11.2015. Più precisamente, sono state escluse dal concetto di autorimessa, e inserite nella base di calcolo del contributo di costruzione, le superfici occupate dai corselli distributivi, per un totale di 1.044,83 mq.
In proposito, il Comune richiama l’art. 8.1 paragrafo 2 delle NTA, che non considera aree di parcheggio (e quindi non ritiene utili a soddisfare lo standard minimo di parcheggi pertinenziali) gli spazi di manovra davanti alle autorimesse per una profondità di 5,50 metri. Solo la profondità ulteriore, purché lo spazio sia disposto in modo tale da consentire la sosta dei veicoli, viene ricompresa nella nozione di parcheggio, ed esclusa dal calcolo della capacità edificatoria e del contributo di costruzione.
Sottraendo alla superficie complessiva i 1.044,83 mq di corselli distributivi, l’importo dovuto a titolo di contributo di costruzione è pari a € 110.930,12. Inserendo invece i predetti corselli, il contributo di costruzione sale a € 201.786,30.
7. Lamentando il fraintendimento della sentenza n. 1133/2015, la ricorrente ha promosso il presente giudizio di ottemperanza ai sensi dell’art. 114 cpa.
8. Il Comune si è costituito in giudizio, chiedendo la reiezione del ricorso.
9. Sulle questioni rilevanti ai fini della decisione si possono svolgere le seguenti considerazioni:
   (a) la nozione di parcheggio, sia ai fini della gratuità del titolo edilizio sia relativamente alla deroga alle disposizioni urbanistiche, deve essere ricavata dalla normativa regionale e dai principi dell’ordinamento nazionale;
   (b) come affermato da questo TAR nella sentenza n. 1133/2015 e in casi analoghi (v. sentenze n. 1454 del 23.08.2012, e n. 508 del 24.05.2013), il favore legislativo per la realizzazione di parcheggi, anche non pertinenziali, e non necessariamente collegati a edifici residenziali, si è manifestato pienamente con gli art. 67 e 69 della LR 12/2005;
   (c) in particolare, l’art. 67, comma 3, della LR 12/2005 estende il regime di favore alle opere accessorie, anche esterne, idonee a garantire la funzionalità dei parcheggi. Tali opere sono definite in via esemplificativa come rampe, aerazioni, collegamenti verticali e simili;
   (d) pertanto, non solo manca una base normativa per differenziare i corselli e gli altri spazi di manovra rispetto alle autorimesse servite dagli stessi, ma qualsiasi discriminazione tra queste tipologie di opere deve essere considerata illegittima. Di qui la necessità di disapplicare le norme regolamentari restrittive, come quelle citate dal Comune. L’obiettivo perseguito dal legislatore, infatti, è di incentivare la collocazione dei parcheggi sulle aree private o al di sotto delle stesse, decongestionando le aree pubbliche destinate alla circolazione e aumentando gli spazi a disposizione della collettività. Tutto questo presuppone che vi sia convenienza economica non solo nella realizzazione di nuovi parcheggi privati ma anche nella predisposizione dei collegamenti al servizio degli stessi;
   (e) l’unico limite è quello intrinseco a ogni norma di favore, ossia il divieto di abuso del diritto. Questo limite nel caso dei parcheggi è esplicitato dall’art. 67, comma 3, della LR 12/2005, nella parte in cui consente l’estensione della disciplina di favore alle opere accessorie solo per quanto strettamente necessario a garantire l’accesso ai parcheggi e la funzionalità degli stessi. Non potrebbero quindi essere sottratti al calcolo del contributo di costruzione gli spazi di manovra palesemente sproporzionati rispetto alle esigenze del comodo transito dei veicoli;
   (f) questo però non implica che gli spazi di manovra debbano essere esclusivi, ossia che non possano collegare anche locali diversi dalle autorimesse. Se i suddetti spazi sono necessari per raggiungere le autorimesse, e sono costruiti coerentemente con questa funzione, la circostanza che nelle vicinanze delle autorimesse vi siano altri locali (cantine, ripostigli, depositi, magazzini, centrali termiche) è del tutto ininfluente. L’uso promiscuo non cancella la destinazione dei corselli, e dei restanti spazi di manovra, come pertinenze al servizio delle autorimesse, e tale destinazione è da sola sufficiente a giustificare il trattamento economico di favore. Le altre utilità ricavabili da queste opere si aggiungono, senza modificare la qualificazione principale;
   (g) nello specifico, poiché i corselli e gli altri spazi di manovra, come risulta dalla tavola prodotta in giudizio (v. doc. 8 della ricorrente), sono funzionali e proporzionati alla distribuzione dei veicoli tra le varie autorimesse, tutta la relativa superficie (1.044,83 mq) deve essere qualificata come accessoria ai parcheggi, con la conseguente esclusione dalla base di calcolo del contributo di costruzione, e l’irrilevanza ai fini della determinazione della classe degli edifici.
10. In conclusione, il ricorso deve essere accolto.
11. Il Comune è tenuto a ottemperare alla sentenza n. 1133/2015 ricalcolando il contributo di costruzione come sopra specificato, e restituendo alla ricorrente la somma versata in eccedenza, oltre agli importi ottenuti con l’escussione parziale della garanzia, qualora la ricorrente dimostri di aver effettivamente reintegrato il fideiussore delle somme escusse dal Comune.
Per gli altri aspetti del calcolo, non coinvolti nel presente giudizio, e per l’applicazione degli interessi legali, si rinvia alla sentenza n. 1133/2015.
12. Il termine ragionevole per l’esecuzione dei predetti adempimenti è fissato in 90 giorni dal deposito della presente sentenza. In caso di inerzia degli uffici comunali, questo TAR, su richiesta della ricorrente, provvederà a nominare un commissario ad acta, con spese a carico del Comune.
13. Le spese seguono la soccombenza, e sono liquidate in € 2.000, oltre agli oneri di legge.
14. Il contributo unificato è a carico dell’amministrazione ai sensi dell’art. 13, comma 6-bis.1, del DPR 30.05.2002 n. 115 (TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 24.10.2017 n. 1274 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: L’art. 9 della legge n. 122/1989 è stato interpretato dalla giurisprudenza come applicabile alle sole costruzioni preesistenti e non anche alle nuove costruzioni, per le quali la norma applicabile è il precedente articolo 2, comma secondo, che –nel sostituire l’articolo 41-sexies della legge urbanistica n. 1150 del 1942– stabilisce l'obbligo di riservare appositi spazi per parcheggi di misura non inferiore a 1 mq ogni 10 mc di costruzione.
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6.7 – Né, al fine di conservare le progettate superfici destinate a parcheggio, giova a parte ricorrente invocare la possibilità di deroga agli strumenti urbanistici prevista dall’art. 9 della legge n. 122/1989.
Tale norma, di grande favore per i parcheggi pertinenziali, realizzabili in deroga e con rilascio gratuito del titolo, è stata interpretata dalla giurisprudenza come applicabile alle sole costruzioni preesistenti e non anche alle nuove costruzioni, per le quali la norma applicabile è il precedente articolo 2, comma secondo, che –nel sostituire l’articolo 41-sexies della legge urbanistica n. 1150 del 1942– stabilisce l'obbligo di riservare appositi spazi per parcheggi di misura non inferiore a 1 mq ogni 10 mc di costruzione (Consiglio di Stato, V, 24.10.2000, n. 5676, in cui si citano precedenti)
(TAR Puglia-Bari, Sez. III, sentenza 19.10.2017 n. 1081 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Sul rapporto pertinenziale tra unità immobiliare e box auto: il vincolo di destinazione impone il trasferimento del box unitamente all'abitazione soltanto nell'ipotesi di cui all'art. 2 della legge 122/1989.
Il vincolo di destinazione posto dalla L. n. 765/1967, art. 18, e dalla L. 28.02.1985, n. 47/1985, art. 26, comporta l'obbligo non già di trasferire la proprietà dell'area destinata a parcheggio insieme alla costruzione, ma quello di non eliminare il vincolo esistente, sicché esso crea in capo all'acquirente dell'appartamento un diritto reale d'uso sull'area e non già un diritto al trasferimento della proprietà.
Delle quattro tipologie di spazi destinati a parcheggi privati, in complessi condominiali di nuova costruzione solo in un caso esiste un vincolo che consente al proprietario dell'unità abitativa di pretendere una determinata autorimessa: si tratta del caso dei parcheggi soggetti al vincolo pubblicistico d'inscindibilità con l'unità immobiliare, introdotti dalla L. n. 122 del 1989, articolo 2, assoggettati ad un regime di circolazione controllata e di utilizzazione vincolata e, conseguentemente non trasferibili autonomamente.
Il regime degli spazi di parcheggio applicabile alla costruzione è quello dettato con la concessione edilizia, la quale designa la entità della costruzione assentita e la destinazione impressa e approvata del bene da edificare.
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Ai condomini di un condominio nel quale siano stati rispettati i vincoli di destinazione a parcheggio spetta, qualora il costruttore venditore non ceda loro il diritto di proprietà rispettando le quote di competenza, il diritto reale d'uso indifferenziato sull'area vincolata.
Quest'ultima é peraltro da individuare sulla base della concessione edilizia
.
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4.1) Il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 41/6 L. 1150 del 1942, 817 c.c., art. 9 L. 122/1989, 1374 c.c., 1418 c.c., 1419 c.c..
Parte ricorrente critica la Corte di appello per aver ritenuto che il 41 non imporrebbe che il garage pertinenziale sia situato nello stesso edificio. Sostiene che ciò sarebbe in contraddizione con la nozione di pertinenza quale desumibile dall'art. 817 c.c. e che quindi la cosa che rappresenta pertinenza deve essere ubicata in aree site all'interno dell'edificio in cui si trova il bene principale.
Aggiunge "ad abundantiam" che anche secondo la legge Tognoli del 1989 i parcheggi pertinenziali non possono essere alienati in violazione del vincolo di destinazione.
Parte ricorrente prosegue accusando la sentenza di avere affermato "con chiara assenza di motivazione" che i due corpi di fabbrica fanno parte di unico complesso residenziale.
5) Le censure sono del tutto infondate.
La pretesa di parte ricorrente di entrare in possesso, mediante declaratoria di nullità degli atti che lo impedivano, di un determinato garage facente parte del complesso residenziale condominiale in cui ha acquistato l'appartamento non è concepibile in relazione alla normativa di cui alla legge urbanistica del 42 come modificata dalla legge cd "ponte".
E' ormai da molti anni pacifico in giurisprudenza che «
Il vincolo di destinazione posto dall'art. 18 della legge 06.08.1967, n. 765, e dall'art. 26 della legge 28.02.1985, n. 47, comporta l'obbligo non già di trasferire la proprietà dell'area destinata a parcheggio insieme alla costruzione, ma quello di non eliminare il vincolo esistente, sicché esso crea in capo all'acquirente dell'appartamento un diritto reale d'uso sull'area e non già un diritto al trasferimento della proprietà
» (tra le tante cfr Cass. n. 15509 del 14/07/2011).
Delle quattro tipologie di spazi destinati a parcheggi privati, in complessi condominiali di nuova costruzione (cfr Cass. 21003/2008) solo in un caso esiste un vincolo che consente al proprietario dell'unità abitativa di pretendere una determinata autorimessa: si tratta del caso dei parcheggi soggetti al vincolo pubblicistico d'inscindibilità con l'unità immobiliare, introdotti dall'art. 2 della l. n. 122 del 1989, assoggettati ad un regime di circolazione controllata e di utilizzazione vincolata e, conseguentemente non trasferibili autonomamente.
Il regime degli spazi di parcheggio applicabile alla costruzione è quello dettato con la concessione edilizia, la quale (come è stato ribadito anche dalle Sezioni Unite (SU n. 25454 del 2013, in motivazione), designa la entità della costruzione assentita e la destinazione impressa e approvata del bene da edificare.
Nel caso di specie sia la sentenza di primo grado che quella di appello hanno ritenuto la costruzione soggetta alla norma di cui all'art. 41-sexies (e non a quello della legge Tognoli, senza che su questo aspetto vi sia stato appello e poi ricorso), di talché certamente il bene della vita preteso (proprietà di un determinato garage, identificato catastalmente) non avrebbe potuto essere chiesto ed ottenuto.
Ai condòmini di un condomìnio nel quale siano stati rispettati i vincoli di destinazione a parcheggio spetta, qualora il costruttore venditore non ceda loro il diritto di proprietà rispettando le quote di competenza, il diritto reale d'uso indifferenziato sull'area vincolata (per una ricostruzione delle possibilità che si aprono agli aventi diritto cfr Cass. 2236/2016). Quest'ultima è peraltro da individuare sulla base della concessione edilizia.
Nella specie parte ricorrente si è affannata a spiegare per qual motivo tecnico-costruttivo i fabbricati sarebbero da considerare singolarmente e non come unico complesso residenziale. Ciò può rilevare ai fini della consistenza immobiliare o ai fini delle regolamentazioni condominiali interne che potrebbero assumere, ma non rileva ai fini dell'individuazione delle aree vincolate e della loro destinazione, che è da desumere dalla concessione edilizia.
Il ricorso non ha colto la rilevanza di questo aspetto, ma dalle stesse parole di esso (pag. 8), ove si accenna ad "un unico elaborato progettuale", si deve desumere che, conseguentemente, unica era per i quattro edifici la concessione edilizia.
Il che comporta che l'area riservata poteva essere ubicata dal costruttore dove meglio riteneva, fermo il rispetto della superficie destinata a parcheggio; egli quindi, salvo il rispetto del vincolo, poteva cedere ai singoli condomini (es: Ca.) una qualunque delle autorimesse previste e autorizzate nell'ambito della concessione ad edificare il complesso residenziale, unitariamente progettato e assentito (Corte di Cassazione, Sez. II civile, sentenza 26.09.2017 n. 22364).

EDILIZIA PRIVATAL’art. 9, c. 1, l. 122/1989 (c.d. legge Tognoli), recante le “Disposizioni in materia di parcheggi, programma triennale per le aree urbane maggiormente popolate, nonché modificazioni di alcune norme del testo unico sulla disciplina della circolazione stradale”, prevede che: “I proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti. Tali parcheggi possono essere realizzati, ad uso esclusivo dei residenti, anche nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato, purché non in contrasto con i piani urbani del traffico, tenuto conto dell’uso della superficie sovrastante e compatibilmente con la tutela dei corpi idrici. Restano in ogni caso fermi i vincoli previsti dalla legislazione in materia paesaggistica ed ambientale ed i poteri attribuiti dalla medesima legislazione alle regioni e ai Ministeri dell’ambiente e per i beni culturali ed ambientali da esercitare motivatamente nel termine di 90 giorni. I parcheggi stessi, ove i piani del traffico non siano stati redatti, potranno comunque essere realizzati nel rispetto delle indicazioni di cui al periodo precedente”.
La giurisprudenza afferma che i parcheggi disciplinati dalla normativa suddetta possono essere realizzati solamente all’interno delle aree urbane, ribadendo che allorquando trattasi, come nella specie, di intervento in zona agricola non è applicabile la normativa della cosiddetta “legge Tognoli”, che consente la realizzazione di autorimesse nel sottosuolo anche in deroga gli strumenti urbanistici, essendo questa consentita solo nelle zone residenziali, e ciò a prescindere dall’ulteriore considerazione postulante l’esclusione della deroga in presenza di vincoli ambientali.
Deve ritenersi, inoltre, che la disposizione di cui all’art. 9 L. 122/1989 vada considerata nell’ambito della disciplina complessiva dettata dalla L. 122/1989, in cui essa si inserisce.
Tale legge appare inequivocabilmente deputata a dettare regole ed a disciplinare interventi relativi ai centri urbani, ed in particolare ai centri urbani afflitti da gravi problemi di traffico. La fonte legislativa, infatti, non si occupa soltanto dei parcheggi pertinenziali agli edifici, ma anche e soprattutto dei “programmi urbani dei parcheggi” e, in generale, delle “realizzazioni volte a favorire il decongestionamento dei centri urbani, mediante la creazione di parcheggi finalizzati all’interscambio con i sistemi di trasporto collettivo”.
Procedendo ad un’interpretazione logica e sistematica dell’art. 9, quindi, deve ritenersi che la disposizione in esame sia applicabile soltanto alle aree urbane e non a quelle agricole ed extraurbane in genere.
In tal senso, peraltro, si è espressa la giurisprudenza di questo Consiglio: “La possibilità di realizzare parcheggi da destinare a pertinenze delle singole unità immobiliari anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti, consentita dall’art. 9 l. n. 122 del 1989, costituisce disposizione di carattere eccezionale da interpretarsi nel suo significato strettamente letterale ed in considerazione delle finalità della legge nel cui contesto risulta inserita. Pertanto tale articolo è applicabile alla costruzione di spazi parcheggio nelle sole aree urbane, mentre la realizzazione di parcheggi in aree extraurbane resta soggetta alle ordinarie prescrizioni urbanistiche ed edilizie necessitando della normale concessione edilizia”.
In conclusione, deve affermarsi che la facoltà di costruire autorimesse pertinenziali anche in deroga agli strumenti urbanistici è prevista dalla Legge Tognoli soltanto relativamente alle aree urbane. Al di fuori di tali aree, l’edificazione di parcheggi pertinenziali sarà comunque possibile, ma non potrà attuarsi nelle forme e nei modi di cui all’art. 9 L. 122/1989, rimanendo invece sottoposta alle ordinarie prescrizioni urbanistiche ed edilizie.
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... per la riforma della sentenza 09.07.2015 n. 1590 del TAR LOMBARDIA-MILANO: SEZ. II, resa tra le parti, concernente diniego permesso di costruire.
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L’appello è infondato.
Quanto al primo motivo, come correttamente sottolineato dal Comune di Livigno, richiamando quanto affermato dalla sentenza di primo grado, nella specie deve escludersi l’operatività della deroga in ordine alle aree agricole.
E, invero, nella specie risulta che la proprietà del sig. Be.Ga. non soltanto si trova ubicata in area “E2 - Agricola a prateria - parco con insiemi edilizi a tipologia differenziata" (cui l’art. 20 delle NTA del P.D.R. del P.G.T. riconnette una particolare rilevanza dal punto di vista ambientale-paesistico), ma la stessa è espressamente annoverata dal PGT tra le “Aree non urbane”, in quanto poste all’esterno del perimetro dell’ambito urbano consolidato di Livigno.
Secondo il Comune appellato la realizzazione di parcheggi “in particolare nelle zone agricole” resta soggetta alle ordinarie prescrizioni urbanistiche ed edilizie e non può dunque giovarsi della normativa derogatoria richiamata dagli appellanti e da ciò deriva l’infondatezza delle argomentazioni di parte avversa, posto che l’intervento edilizio derogatorio della normativa generale dovrebbe essere realizzato in zone extra-urbane del Comune di Livigno in relazione alle quali risulta, comunque ed in ogni caso, inapplicabile la specifica normativa prevista dalla Legge 122/1989 e 66 della legge regionale 12/2005.
Il Comune di Livigno deduce che, sebbene la normativa nazionale (art. 9 L. n. 122/1989) e quella regionale (art. 66 L.R. 12/2005) consentano la realizzazione di autorimesse pertinenziali anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti, ciò non sarebbe possibile quanto alle aree agricole.
L’argomentazione coglie nel segno.
L’art. 9, c. 1, l. 122/1989 (c.d. legge Tognoli), recante le “Disposizioni in materia di parcheggi, programma triennale per le aree urbane maggiormente popolate, nonché modificazioni di alcune norme del testo unico sulla disciplina della circolazione stradale”, prevede che: “I proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti. Tali parcheggi possono essere realizzati, ad uso esclusivo dei residenti, anche nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato, purché non in contrasto con i piani urbani del traffico, tenuto conto dell’uso della superficie sovrastante e compatibilmente con la tutela dei corpi idrici. Restano in ogni caso fermi i vincoli previsti dalla legislazione in materia paesaggistica ed ambientale ed i poteri attribuiti dalla medesima legislazione alle regioni e ai Ministeri dell’ambiente e per i beni culturali ed ambientali da esercitare motivatamente nel termine di 90 giorni. I parcheggi stessi, ove i piani del traffico non siano stati redatti, potranno comunque essere realizzati nel rispetto delle indicazioni di cui al periodo precedente”.
La giurisprudenza afferma che i parcheggi disciplinati dalla normativa suddetta possono essere realizzati solamente all’interno delle aree urbane, ribadendo che allorquando trattasi, come nella specie, di intervento in zona agricola non è applicabile la normativa della cosiddetta “legge Tognoli”, che consente la realizzazione di autorimesse nel sottosuolo anche in deroga gli strumenti urbanistici, essendo questa consentita solo nelle zone residenziali, e ciò a prescindere dall’ulteriore considerazione postulante l’esclusione della deroga in presenza di vincoli ambientali (cfr. Cons. St., sez. V, 11.11.2004, n. 7324).
Deve ritenersi, inoltre, che la disposizione di cui all’art. 9 L. 122/1989 vada considerata nell’ambito della disciplina complessiva dettata dalla L. 122/1989, in cui essa si inserisce.
Tale legge appare inequivocabilmente deputata a dettare regole ed a disciplinare interventi relativi ai centri urbani, ed in particolare ai centri urbani afflitti da gravi problemi di traffico. La fonte legislativa, infatti, non si occupa soltanto dei parcheggi pertinenziali agli edifici, ma anche e soprattutto dei “programmi urbani dei parcheggi” e, in generale, delle “realizzazioni volte a favorire il decongestionamento dei centri urbani, mediante la creazione di parcheggi finalizzati all’interscambio con i sistemi di trasporto collettivo”.
Procedendo ad un’interpretazione logica e sistematica dell’art. 9, quindi, deve ritenersi che la disposizione in esame sia applicabile soltanto alle aree urbane e non a quelle agricole ed extraurbane in genere.
In tal senso, peraltro, si è espressa la giurisprudenza di questo Consiglio: “La possibilità di realizzare parcheggi da destinare a pertinenze delle singole unità immobiliari anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti, consentita dall’art. 9 l. n. 122 del 1989, costituisce disposizione di carattere eccezionale da interpretarsi nel suo significato strettamente letterale ed in considerazione delle finalità della legge nel cui contesto risulta inserita. Pertanto tale articolo è applicabile alla costruzione di spazi parcheggio nelle sole aree urbane, mentre la realizzazione di parcheggi in aree extraurbane resta soggetta alle ordinarie prescrizioni urbanistiche ed edilizie necessitando della normale concessione edilizia” (cfr. Cons. St., sez. V, 11.11.2004, n. 7325).
In conclusione, deve affermarsi che la facoltà di costruire autorimesse pertinenziali anche in deroga agli strumenti urbanistici è prevista dalla Legge Tognoli soltanto relativamente alle aree urbane. Al di fuori di tali aree, l’edificazione di parcheggi pertinenziali sarà comunque possibile, ma non potrà attuarsi nelle forme e nei modi di cui all’art. 9 L. 122/1989, rimanendo invece sottoposta alle ordinarie prescrizioni urbanistiche ed edilizie (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 19.07.2017 n. 3566 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: L'art. 9, comma 1, L. n. 122 del 1989 -secondo cui i proprietari di immobili possono realizzare, nel sottosuolo o al pian terreno degli stessi immobili, parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti- è norma che non legittima qualsiasi operazione di edificazione di parcheggi anche quando siano scollegata ab origine dalla fruizione di unità immobiliare residenziali.
Ai sensi dell'articolo 9 della legge n. 122/1989 i parcheggi pertinenziali possono essere realizzati “anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti”, fatta eccezione per “i vincoli previsti dalla legislazione in materia paesaggistica ed ambientale”.
Si tratta di un beneficio concesso ai soggetti contemplati dalle due disposizioni normative in esame al fine della realizzazione del superiore interesse pubblico collegato all'esigenza di decongestionare i centri abitati dalle auto in sosta e di rendere più agevole la circolazione stradale (con innegabili vantaggi per la collettività anche in termini di riduzione dell'inquinamento atmosferico).
In sede di esame di un progetto concernente la richiesta di realizzazione di parcheggi pertinenziali, l'amministrazione comunale non può, pertanto, opporre un diniego fondato sul mero contrasto con la normativa urbanistica, se non incorrendo della violazione delle citate disposizioni legislative.

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Nel caso di specie, tuttavia, l’amministrazione comunale ha opposto il contrasto non con la disciplina urbanistica ed edilizia di riferimento della zona, ma, specificamente, la normativa del piano urbanistico relativa proprio alla edificazione di parcheggi pertinenziali interrati.
Non può essere contestato che, nonostante la deroga agli strumenti urbanistici prevista dalla legge, rimanga in capo all’amministrazione comunale il potere di regolamentare le condizioni ed i presupposti per la realizzabilità dell’intervento, tenuto anche conto che la stessa normativa primaria prevede il rispetto, oltre che dei vincoli ambientali e paesaggistici, anche delle prescrizioni adottate dall’amministrazione comunale.
Ed invero i parcheggi possono essere realizzati “ad uso esclusivo dei residenti, anche nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato, purché non in contrasto con i piani urbani del traffico, tenuto conto dell'uso della superficie sovrastante e compatibilmente con la tutela dei corpi idrici”.
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Quanto all’invocata illegittimità del regolamento comunale, occorre evidenziare che le prescrizioni adottate dall’amministrazione comunale -in primis quella che richiede che il parcheggio sia realizzato in area di pertinenza delle residenze servite specificandone le condizioni- non travalicano nel loro complesso il limite della ragionevolezza e della proporzionalità, atteso che esse sono state correttamente poste in attuazione della normativa statale e regionale.
In particolare legittimamente l’amministrazione, con il limite della superficie occupabile, la indicazione di un numero massimo di piani interrati e la proporzione fra parcheggio ed aree servite, ha definito un congruo rapporto di pertinenzialità fra le abitazioni ed il parcheggio, nonché le dimensioni massime entro cui l’opera deve essere contenuta.
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Com'è noto, l'art. 9, c. 1, della L. 122/1989 stabilisce che i proprietari di immobili possono realizzare, nel sottosuolo o al pian terreno degli stessi immobili, parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti.
Tale disposizione, che introduce un regime edilizio di favore per la realizzazione dei parcheggi urbani, si riferisce, oltre che ai parcheggi edificati nel medesimo fabbricato, ai parcheggi in aree “pertinenziali” e va interpretata rigorosamente in considerazione delle finalità della legge nel cui contesto risulta inserita.
In particolare occorre interpretare la nozione di “pertinenzialità” in misura tale da non legittimare qualsiasi operazione di edificazione di parcheggi anche quando siano scollegata ab origine dalla fruizione di unità immobiliare residenziali (cfr. Cass. pen 26327/2009 e Cass. pen. 45068/2011 secondo cui la realizzazione di parcheggi in forza del regime agevolato previsto dalla L. n. 122 del 1989, art. 9 può avvenire ad opera di terzi e in aree anche non limitrofe a quelle ove insistono gli immobili “a condizione che detti immobili siano individuati al momento di presentazione della d.i.a. così da assicurare in concreto l'esistenza di una relazione pertinenziale tra i parcheggi e le singole unità e da escludere che si versi in ipotesi di iniziativa speculativa, ipotesi soggetta all'ordinaria disciplina urbanistica ed edilizia”).
Ebbene, secondo l’orientamento giurisprudenziale, a cui il Collegio ritiene di dover aderire, condizione essenziale per l'applicazione della normativa ex art. 9, c. 1 (cfr. in termini Cons. Stato da ultimo n. 2116/2016) è che si tratti di parcheggi "pertinenziali", nel senso che devono essere al servizio di "singole unità immobiliari".
In tal caso, si deve trattare di parcheggi fruibili solo da chi si trova in un determinato rapporto con tali unità immobiliari. Quest'ultimo presuppone una relazione di “pertinenzialità materiale” tale, cioè, da evocare un rapporto d'immediata contiguità fisica tra il fabbricato principale e l'area asservita (che sia sottostante, interna o esterna) escludendo dunque che l’area a parcheggio possa liberamente individuarsi sul territorio comunale.
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1. Il ricorso è infondato.
1.2. Con il presente gravame il ricorrente impugna, chiedendone l’annullamento, la disposizione dirigenziale n. 372 del 12.05.2016, con cui il Comune di Napoli ha respinto la richiesta di permesso di costruire inoltrata dal ricorrente per la realizzazione di un parcheggio multipiano meccanizzato interrato su suolo sito in Napoli alla via Mariano D’Amelio n. 78, in area classificata come zona A, quale unità di spazio scoperto concluse – giardini, orti e spazi pavimentati pertinenti a unità edilizie di base (regolato dall’art. 114 della variante generale approvata con D.P.R.G.C. n. 323 dell’11.06.2004).
A seguito del preavviso di rigetto, fondato su una pluralità di motivazioni, l’istante ha proceduto ad apportare modifiche ed integrazioni, anche documentali, al progetto originario.
Ciò nonostante, l’amministrazione ha continuato ad opporre, a sostegno del rigetto della istanza, le seguenti ragioni:
   - la mancata documentazione della legittimità dello stato dei luoghi;
   - la non assentibilità dell’intervento ai sensi dell’art. 17 delle n.t.a. non rientrando l’intervento nella tipologia di parcheggio interrato come ivi definito (mancato rispetto del vincolo di proiezione delle opere edilizie del 60% del lotto fino a 500 mq e del rapporto di 1 mq di parcheggio per ogni 3 mq di abitazione cui è asservito);
   - la mancata documentazione dell’identificazione puntuale delle abitazioni di cui il parcheggio costituirebbe pertinenza;
   - il contrasto del progetto (che prevede cinque piani interrati) con il medesimo art. 17, che ne consente fino a quattro.
2. Giova preliminarmente rammentare che, ai sensi dell'articolo 9 della legge n. 122/1989 e dell'articolo 6 della legge della Regione Campania n. 19/2001, i parcheggi pertinenziali possono essere realizzati “anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti”, fatta eccezione per “i vincoli previsti dalla legislazione in materia paesaggistica ed ambientale”.
Si tratta di un beneficio concesso ai soggetti contemplati dalle due disposizioni normative in esame al fine della realizzazione del superiore interesse pubblico collegato all'esigenza di decongestionare i centri abitati dalle auto in sosta e di rendere più agevole la circolazione stradale (con innegabili vantaggi per la collettività anche in termini di riduzione dell'inquinamento atmosferico).
2.1. In sede di esame di un progetto concernente la richiesta di realizzazione di parcheggi pertinenziali, l'amministrazione comunale non può pertanto opporre un diniego fondato sul mero contrasto con la normativa urbanistica, se non incorrendo della violazione delle citate disposizioni legislative.
3. Nel caso di specie, tuttavia, l’amministrazione comunale ha opposto il contrasto non con la disciplina urbanistica ed edilizia di riferimento della zona, ma, specificamente, la normativa del piano urbanistico relativa proprio alla edificazione di parcheggi pertinenziali interrati.
Non può essere contestato che, nonostante la deroga agli strumenti urbanistici prevista dalla legge, rimanga in capo all’amministrazione comunale il potere di regolamentare le condizioni ed i presupposti per la realizzabilità dell’intervento, tenuto anche conto che la stessa normativa primaria prevede il rispetto, oltre che dei vincoli ambientali e paesaggistici, anche delle prescrizioni adottate dall’amministrazione comunale.
Ed invero i parcheggi possono essere realizzati “ad uso esclusivo dei residenti, anche nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato, purché non in contrasto con i piani urbani del traffico, tenuto conto dell'uso della superficie sovrastante e compatibilmente con la tutela dei corpi idrici”.
3.1. Ciò posto, correttamente il Comune ha opposto la non assentibilità dell’intervento ai sensi dell’art. 17 n.t.a.. Ed infatti, dalla semplice visione dei grafici allegati al progetto si può chiaramente arguire come l’intervento non risponde alle caratteristiche richieste dalla normativa tecnica di attuazione laddove il manufatto non presenta un contenimento della superficie occupata entro il 60% del lotto (di superficie inferiore ai 500 mq), né risulta la sussistenza di un valido titolo edilizio in relazione all’impermeabilizzazione dell’area (connotata da unità di spazio scoperto concluse – giardini, orti e spazi pavimentati pertinenti a unità edilizie di base di cui al citato art. 114). Analogamente va esclusa la assentibilità dell’intervento in virtù della previsione di cinque piani interrati, in contrasto con il medesimo art. 17 che ne consente un massimo di quattro.
3.2. Quanto all’invocata illegittimità del regolamento comunale, occorre evidenziare che le prescrizioni adottate dall’amministrazione comunale -in primis quella che richiede che il parcheggio sia realizzato in area di pertinenza delle residenze servite specificandone le condizioni- non travalicano nel loro complesso il limite della ragionevolezza e della proporzionalità, atteso che esse sono state correttamente poste in attuazione della normativa statale e regionale.
In particolare legittimamente l’amministrazione, con il limite della superficie occupabile, la indicazione di un numero massimo di piani interrati e la proporzione fra parcheggio ed aree servite, ha definito un congruo rapporto di pertinenzialità fra le abitazioni ed il parcheggio, nonché le dimensioni massime entro cui l’opera deve essere contenuta.
4. A prescindere peraltro dalla regolamentazione comunale, l’iniziativa non appare conforme alle disposizioni legislative invocate nell’istanza stessa.
Il Comune fonda il rigetto sulla constatazione che l’iniziativa prospettata non rientra nella fattispecie di favore in quanto l’area non può essere qualificata come pertinenziale in quanto non conforme ai criteri normativi per qualificarla come tale.
Com'è noto infatti, l'art. 9, c. 1, della L. 122/1989 stabilisce che i proprietari di immobili possono realizzare, nel sottosuolo o al pian terreno degli stessi immobili, parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti.
4.1. Tale disposizione, che introduce un regime edilizio di favore per la realizzazione dei parcheggi urbani, si riferisce, oltre che ai parcheggi edificati nel medesimo fabbricato, ai parcheggi in aree “pertinenziali” e va interpretata rigorosamente in considerazione delle finalità della legge nel cui contesto risulta inserita.
In particolare occorre interpretare la nozione di “pertinenzialità” in misura tale da non legittimare qualsiasi operazione di edificazione di parcheggi anche quando siano scollegata ab origine dalla fruizione di unità immobiliare residenziali (cfr. Cass. pen 26327/2009 e Cass. pen. 45068/2011 secondo cui la realizzazione di parcheggi in forza del regime agevolato previsto dalla L. n. 122 del 1989, art. 9 può avvenire ad opera di terzi e in aree anche non limitrofe a quelle ove insistono gli immobili “a condizione che detti immobili siano individuati al momento di presentazione della d.i.a. così da assicurare in concreto l'esistenza di una relazione pertinenziale tra i parcheggi e le singole unità e da escludere che si versi in ipotesi di iniziativa speculativa, ipotesi soggetta all'ordinaria disciplina urbanistica ed edilizia”).
4.2. Ebbene, secondo l’orientamento giurisprudenziale, a cui il Collegio ritiene di dover aderire, condizione essenziale per l'applicazione della normativa ex art. 9, c. 1 (cfr. in termini Cons. Stato da ultimo n. 2116/2016) è che si tratti di parcheggi "pertinenziali", nel senso che devono essere al servizio di "singole unità immobiliari".
In tal caso, si deve trattare di parcheggi fruibili solo da chi si trova in un determinato rapporto con tali unità immobiliari. Quest'ultimo presuppone una relazione di “pertinenzialità materiale” tale, cioè, da evocare un rapporto d'immediata contiguità fisica tra il fabbricato principale e l'area asservita (che sia sottostante, interna o esterna) escludendo dunque che l’area a parcheggio possa liberamente individuarsi sul territorio comunale.
4.3. Nel caso di specie, di tale nesso di corrispondenza il ricorrente non fornisce alcuna dimostrazione, né in sede procedimentale né in sede giudiziale, rimanendo dunque assolutamente incerta la riconducibilità del progetto all’art. 9 L. 122/1989, invocato dallo stesso per ottenere l’autorizzazione edilizia. In questa prospettiva appare legittimo il diniego opposto dagli uffici del Comune, diniego peraltro poi motivato anche alla luce della regolamentazione comunale che specifica i requisiti dei parcheggi da realizzarsi.
4.4. Anche a livello di regolamentazione locale appare peraltro incontestato –in quanto oggetto di censure circostanziate- che i criteri fissati dalla citata delibera n. 129/2012 per la realizzazione del progetto in questione -ovvero una più stringente nozione di pertinenzialità che si manifesta nel rapporto di 1 mq di superficie a parcheggio ogni 3 mq di superficie servita- non sono rispettati dal progetto presentato dai ricorrenti.
5. Correttamente dunque gli uffici comunali, in conformità alla normativa primaria e secondaria applicabile alla suddetta fattispecie, come vigente al momento dell’adozione del provvedimento, hanno rigettato la richiesta di permesso edilizio con motivazione ampia ed esaustiva da cui risultano chiaramente le ragioni del diniego e le norme violate (TAR Campania-Napoli, Sez. IV, sentenza 27.06.2017 n. 3505 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Ai sensi dell'art. 9, comma 1, l. 24.03.1989, n. 122 i proprietari di immobili possono realizzare, nei locali siti al piano terreno dei fabbricati, parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti.
Peraltro condizione essenziale per l'applicazione della succitata normativa è che si tratti di parcheggi «pertinenziali», nel senso che devono essere al servizio di singole unità immobiliari e fruibili solo da chi si trova in un determinato rapporto con tali unità immobiliari, che si può inverare nella «residenza» e può pure presupporre una relazione di pertinenzialità materiale tale, cioè, da evocare un rapporto d'immediata contiguità fisica tra il fabbricato principale e l'area asservita.

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Il Collegio ritiene che il ricorso sia infondato.
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Il Collegio condivide integralmente tale orientamento, risultando, pertanto, infondato pure il terzo motivo di gravame, anche in considerazione dell’insussistenza del vincolo giuridico-pertinenziale.
Ai sensi dell'art. 9, comma 1, l. 24.03.1989, n. 122 i proprietari di immobili possono realizzare, nei locali siti al piano terreno dei fabbricati, parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti; peraltro condizione essenziale per l'applicazione della succitata normativa è che si tratti di parcheggi «pertinenziali», nel senso che devono essere al servizio di singole unità immobiliari e fruibili solo da chi si trova in un determinato rapporto con tali unità immobiliari, che si può inverare nella «residenza» e può pure presupporre una relazione di pertinenzialità materiale tale, cioè, da evocare un rapporto d'immediata contiguità fisica tra il fabbricato principale e l'area asservita” (Cons. Stato, sez. IV, 23.05.2016, n. 2116).
Alla luce delle suesposte considerazioni, il ricorso va respinto (TAR Lombardia-Milano, Sez. I, sentenza 01.06.2017 n. 1231 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Presupposto fondamentale affinché possa operare la speciale deroga del pagamento degli oneri urbanistici ex art. 9 della legge 122/1989 è, quindi, che i parcheggi siano realizzati a servizio di fabbricati preesistenti e non di nuovi fabbricati.
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4. Il Comune, però, contesta la tesi del TAR che la deroga al pagamento degli oneri urbanistici prevista dall’art. 9 della legge n. 122/1989, sia applicabile al piano dell’edificio adibito a parcheggi, sostenendo che si tratta di una norma speciale, prevista unicamente in favore dei parcheggi realizzati a servizio di fabbricati preesistenti e non di nuovi fabbricati.
4b. Orbene, l’art. 9 della legge n. 122/1989, al primo comma, stabilisce che “i proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti”.
Il secondo comma dell’articolo precisa che “l’esecuzione delle opere e degli interventi previsti dal comma 1 è soggetta ad autorizzazione gratuita”.
Presupposto fondamentale affinché possa operare la speciale deroga del pagamento degli oneri urbanistici ex art. 9 della legge 122/1989 è, quindi, che i parcheggi siano realizzati a servizio di fabbricati preesistenti e non di nuovi fabbricati, come nel caso qui in trattazione, atteso che l’edificio preesistente al sisma era costituito da un piano cantinato parziale, un piano terra, un piano ammezzato parziale e da piani abitativi in elevazione, mentre l’edificio realizzato dopo il sisma, risulta costituito da un secondo piano interrato ad uso autorimessa pertinenziale, da un primo piano interrato destinato a sottonegozi, da un piano terra destinato a negozi, da un piano ammezzato destinato ad uffici, da piani abitativi in elevazione e da un sottotetto e copertura.
L’esenzione contributiva prevista dall’art. 9 legge 122/1989 non può, pertanto, operare rispetto al secondo piano interrato, destinato a parcheggi pertinenziali delle unità abitative ed uffici soprastanti (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 02.02.2017 n. 450 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAL'art. 9, l. 24.03.1989 n. 122, nel consentire la costruzione di parcheggi, da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, nel sottosuolo degli immobili o nei locali siti al piano terreno con autorizzazione gratuita e in deroga alla vigente disciplina urbanistica, concerne i soli fabbricati già esistenti e non anche le concessioni edilizie rilasciate per realizzare edifici nuovi, per i quali invece provvede l'art. 2, comma 2, della legge stessa che, nel novellare l'art. 41-sexies, l. fondamentale 17.08.1942 n. 1150, stabilisce l'obbligo di riservare appositi spazi per parcheggi di misura non inferiore a 1 mq per ogni 10 mc di costruzione.
Trattandosi nel caso di specie di un permesso per la realizzazione di un nuovo edificio unifamiliare il beneficio previsto dalla norma sopra richiamata risulta, pertanto, inapplicabile.
Né è possibile sostenere che i manufatti in questione costituirebbero opere di urbanizzazione atteso che non si tratta di posti auto destinati alla fruizione collettiva ma di parcheggi pertinenziali alla unità abitativa principale che non possono, quindi, considerarsi come infrastrutture di pubblica utilità.

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I ricorrenti contestano la determinazione del contributo relativo al rilascio in loro favore del permesso di costruire n. 2 del 2016 da parte del comune di Siena sotto più profili.
Gli stessi in primo luogo ritengono che i parcheggi pertinenziali coperti realizzati ai sensi dell’art. 40 del R.U. non potrebbero essere assoggettati a contributo in quanto rientranti nell’ambito della esenzione prevista dall’art. 9 della L. 122/1989 e, comunque, perché costituenti opere di urbanizzazione.
La pretesa esenzione dal contributo non ha, tuttavia, fondamento giuridico.
In base alla prevalente giurisprudenza, alla quale il Collegio ritiene di dover aderire, l'art. 9, l. 24.03.1989 n. 122, nel consentire la costruzione di parcheggi, da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, nel sottosuolo degli immobili o nei locali siti al piano terreno con autorizzazione gratuita e in deroga alla vigente disciplina urbanistica, concerne i soli fabbricati già esistenti e non anche le concessioni edilizie rilasciate per realizzare edifici nuovi, per i quali invece provvede l'art. 2, comma 2, della legge stessa che, nel novellare l'art. 41-sexies, l. fondamentale 17.08.1942 n. 1150, stabilisce l'obbligo di riservare appositi spazi per parcheggi di misura non inferiore a 1 mq per ogni 10 mc di costruzione (Consiglio di Stato sez. VI 09.02.2015 n. 637).
Trattandosi nel caso di specie di un permesso per la realizzazione di un nuovo edificio unifamiliare il beneficio previsto dalla norma sopra richiamata risulta, pertanto, inapplicabile.
Né è possibile sostenere che i manufatti in questione costituirebbero opere di urbanizzazione atteso che non si tratta di posti auto destinati alla fruizione collettiva ma di parcheggi pertinenziali alla unità abitativa principale che non possono, quindi, considerarsi come infrastrutture di pubblica utilità (TAR Toscana, Sez. III, sentenza 09.01.2017 n. 5 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2016

EDILIZIA PRIVATAÈ noto che la realizzazione dei parcheggi pertinenziali degli edifici residenziali può avvenire in base ad un regime giuridico di favore, introdotto dalla legge n. 122 del 1989, con il chiaro intento di sopperire alle esigenze connesse alla cronica insufficienza di spazi a parcheggio nelle aree urbane.
Il regime giuridico di particolare favore introdotto dalla riportata disposizione normativa si coglie essenzialmente:
   a) nel fatto che si possono realizzare, anche in deroga agli strumenti urbanistici , parcheggi pertinenziali alle unità immobiliari anche nel sottosuolo di aree limitrofe a quelle ove si trovano dette unità abitative asservite;
   b) che il titolo edilizio può essere costituito da una d.i.a. (ora s.c.i.a.);
   c) che il predetto tiolo edilizio ha natura gratuita.
Tale statuto privilegiato si giustifica alla luce della ratio sottesa all’intervento legislativo di cui si tratta, volto ad attenuare le conseguenze dell’annoso problema del congestionamento del traffico automobilistico nelle aree urbane e alla cronica carenza di posti per il parcheggio delle auto.

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Una prima questione, già affrontata dalla giurisprudenza nell'interpretazione del citato art. 9 della legge n. 122 del 1989, è stata quella di individuare i soggetti legittimati dalla disposizione normativa a realizzare i parcheggi nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato, anche in deroga alle disposizioni degli strumenti urbanistici: la questione si è posta in relazione al se i titolari dell’iniziativa edificatoria debbano essere necessariamente i proprietari degli immobili beneficiari del vincolo di pertinenzialità con i parcheggi da realizzare, anche quando l’intervento si realizzi nel sottosuolo di aree viciniori.
Sul punto, l’orientamento giurisprudenziale prevalente è che il comma 1 dell'art. 9 della legge cit. non circoscrive esclusivamente ai proprietari degli immobili interessati la legittimazione a realizzare i parcheggi agli stessi pertinenziali.
Infatti, la disposizione innanzi citata, dopo aver statuito che: "...I proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti" aggiunge che: "...Tali parcheggi possono essere realizzati, ad uso esclusivo dei residenti, anche nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato (...)".
Orbene, la forma impersonale utilizzata nella seconda proposizione richiamata comporta che i parcheggi collocati in aree esterne ai fabbricati, a differenza di quelli posti nel sottosuolo o al piano terreno degli stessi, non devono essere realizzati necessariamente dai proprietari dell'immobile, ma possono esserlo anche da terzi: evidentemente il legislatore, non potendo escludersi –e anzi dovendosi normalmente presumere, secondo l’id quod plerumque accidit– che le "aree pertinenziali esterne" possano appartenere a soggetti diversi dai proprietari dell'immobile, ha ritenuto di non dover limitare solo a questi ultimi la legittimazione a chiedere il permesso per realizzarvi i parcheggi de quibus.
Inoltre, la locuzione "...Tali parcheggi" indica chiaramente che la seconda proposizione del comma 1 è riferita alla medesima ipotesi disciplinata dalla prima, ossia alla realizzazione di parcheggi "da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti"; di conseguenza, anche la possibilità di derogare ai predetti strumenti deve intendersi estesa agli interventi posti in essere da terzi, oltre che dai proprietari.
Del resto, è sin troppo agevole osservare che, se si opinasse il contrario, la norma che consente la realizzazione di parcheggi pertinenziali al di fuori, ma nelle vicinanze, degli edifici a beneficio delle cui abitazioni essi sono edificati non potrebbe trovare praticamente mai applicazione, giacché è del tutto eccezionale, se non di scuola, l’ipotesi che, in un centro urbano ad elevata densità abitativa (e conseguentemente di traffico), il proprietario (rectius: i proprietari, normalmente riuniti in condominio) delle abitazioni ubicate in un (singolo) edificio sia proprietario (o, comunque, possa disporre) di un’area viciniore in cui (o sotto alla quale) sia materialmente possibile, ed economicamente sostenibile, realizzare parcheggi interrati da adibire a pertinenza delle abitazioni: sicché risulta evidente l’erroneità, per intrinseca assurdità, dell’opzione esegetica qui avversata, perché essa –particolarmente in riferimento alle aree a più alta densità edilizia, che sono poi quelle in cui più evidente è la necessità di reperire spazi in cui realizzare parcheggi pertinenziali– finirebbe con il rendere sostanzialmente impossibile ogni attuazione pratica della previsione legislativa volta a favorire la realizzazione di parcheggi urbani pertinenziali.
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Una seconda questione interpretativa può essere compendiata nel quesito se il vincolo pertinenziale richiesto dalla legge per l’accesso ai benefici dianzi ricordati (in primis, realizzare i parcheggi anche in deroga allo strumento urbanistico), debba essere costituito già al momento della formazione del titolo edilizio e dell’avvio dei lavori ovvero se detto vincolo possa essere costituito successivamente, prima della utilizzazione effettiva dei parcheggi da parte dei singoli utenti.
Il Tar ha aderito alla prima opzione interpretativa, essenzialmente sulla base di richiami alla giurisprudenza del giudice penale (e, in minor parte, del giudice amministrativo).
Ritiene invece il Collegio che vada preferita senza alcun dubbio la seconda opzione interpretativa, militando in tal senso ragioni sia di ordine letterale, sia soprattutto di carattere logico-sistematico.
Sotto il profilo letterale, giova evidenziare che la legge scinde significativamente sul piano temporale il momento della realizzazione dei parcheggi da quello della loro destinazione (“…possono realizzare parcheggi … da destinare ...”), il che dimostra che il legislatore ha inteso prendere atto (e favorire, per le ragioni teleologiche cui si è già accennato) del dato empirico per cui, secondo l’id quod plerumque accidit, il trasferimento dei parcheggi suppone la loro esistenza attuale, essendo ben difficile immaginare l’acquisto, o anche soltanto l’impegno ad acquistare o ancora ad accettare la costituzione di un vincolo pertinenziale tra i parcheggi e le unità abitative, prima dell’effettiva realizzazione dell’intervento edilizio.
Sempre sul piano letterale, va pure evidenziato quanto disposto dal comma 5 del medesimo art. 9 l. cit., nel testo risultante dalla modifica normativa recata dall’art. 10 del d.l. n. 5 del 2012, convertito in legge n. 35 del 2012; disposizione che prevede tra l’altro –pur nell’immodificabilità dell’esclusiva destinazione a parcheggio– che la proprietà di dette aree pertinenziali possa essere trasferita, anche in deroga a quanto previsto nel titolo edilizio che ne ha legittimato la costruzione e nei successivi atti convenzionali, solo con contestuale destinazione del parcheggio trasferito a pertinenza di un’altra unità immobiliare sita nello stesso comune: anche da tale disposizione si ricava infatti, obliquo modo, che, ferma restando l’obbligatoria destinazione a parcheggi pertinenziali delle opere oggetto di intervento edilizio, il collegamento con la specifica unità immobiliare possa avvenire “nei successivi atti convenzionali”; sicché anche in tal caso il legislatore si fa carico, sia pure al fine di disciplinare in modo meno rigoroso che in passato il regime di trasferibilità dei parcheggi pertinenziali, della normale scissione temporale tra il momento in cui sorge il generico vincolo pertinenziale e quello in cui lo stesso si appunta sulle singole unità abitative.
Infine, un’ulteriore argomento esegetico di natura letterale è rinvenibile nel confronto (o, forse più precisamente, nel combinato disposto) del secondo periodo del comma 1 del ridetto art. 9 (della legge Tognoli) con il secondo periodo del comma 4 dello stesso articolo: dall’integrazione, o almeno dal confronto, di tali norme risulta considerato sia il caso che “Tali parcheggi possono essere realizzati, ad uso esclusivo dei residenti, anche nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato” –e, come si è già chiarito, possono essere realizzati anche ad opera di soggetti diversi dai proprietari delle abitazioni a cui dovranno inerire come pertinenze–; sia anche il caso che si tratti di “… interventi in fase di avvio o già avviati”.
Orbene, si deve ragionevolmente escludere –anche per le ragioni di ordine sistematico e teleologico cui si è già accennato e su cui si tornerà ancora in seguito: ossia per la ragione che lo scopo della norma è quello di favorire le condizioni per la realizzazione di parcheggi pertinenziali, e non di ostacolarle– che l’ipotesi di “interventi in fase di avvio o già avviati”, di cui al secondo periodo del comma 4, si riferisca restrittivamente al solo primo periodo di detto comma, e non anche al comma 1: se, infatti, non si può dubitare che la specialità della previsione normativa di cui all’art. 9 osti a una sua applicazione analogica, non v’è però ragione alcuna per escludere che siffatta previsione legislativa –per quanto speciale o eccezionale la si voglia considerare– sia insuscettibile di interpretazione estensiva (che, dogmaticamente, è concetto del tutto diverso da quello dell’analogia: tanto che la prima, consistente nell’attribuire a una disposizione il significato più ampio tra quelli consentiti dal testo, è normalmente ammessa anche nel diritto penale, costituzionalmente soggetto al principio di tassatività; mentre la seconda, consistente nell’applicare una norma ad un caso o a una materia diversi, sebbene simili o analoghe, da quelli cui essa si riferisce, è inapplicabile in sede penale in malam partem).
Risulta dunque evidente che, con riferimento all’art. 9 in esame, un’interpretazione a tutto concedere estensiva del secondo periodo del comma 4 (ma certamente non analogica, posto che si tratta di un coordinamento esegetico tutto interno alla stessa norma di legge, per quanto speciale o eccezionale la si voglia considerare), tale cioè da operarne un coordinamento con il secondo periodo del comma 1 –in esito alla quale risulti che la realizzazione di parcheggi ubicati in aree esterne ai fabbricati, rispetto ai quali dovranno essere costituiti i vincoli pertinenziali, può riferirsi anche a interventi già avviati– non è impedita da alcun argomento giuridicamente significativo; essa, al contrario, trova valido supporto esegetico –anche alla stregua di canoni interpretativi teleologico-sistematici– nella ragionevole considerazione che la normativa, essendo volta a favorire la realizzazione di parcheggi pertinenziali soprattutto nelle aree in cui di parcheggi c’è più bisogno, ossia in quelle più densamente sature di edificazione abitativa, va interpretata nel senso che renda più agevole, anche sotto il profilo economico-imprenditoriale, la realizzazione in tali aree “difficili” di siffatti interventi infrastrutturali.
Ed infatti sono ragioni anche d’ordine logico-sistematico quelle che depongono, convincentemente, in favore dell’interpretazione nei sensi anzidetti della legge n. 122 del 1989, nella parte qui controversa.
In effetti, se è pur vero che una legge eccezionale (quale, indubbiamente, è la legge Tognoli) sia per sua natura di stretta interpretazione (art. 14 prel.), nondimeno non è certo alla violazione di tale principio che conduce il percorso ermeneutico qui tracciato, trattandosi piuttosto di attribuire alla disposizione normativa dianzi indicata una interpretazione che possa consentirne la sua piena applicazione, in ossequio ai principi di ragionevolezza e di proporzionalità: nei sensi, appunto, che si sono poc’anzi illustrati.
Sotto tal profilo, non par dubbio al Collegio che richiedere ex ante l’individuazione delle unità immobiliari cui i parcheggi da realizzare resterebbero asserviti significherebbe svuotare di portata applicativa l’intervento normativo e frustrare al contempo l’interesse pubblico alla implementazione degli spazi a parcheggio nelle aree urbane.
Il tutto, senza considerare che le eventuali condotte elusive delle disposizioni normative richiamate andrebbero in ogni caso accertate ex post, in sede di concreta utilizzazione degli spazi a parcheggio da parte degli effettivi aventi titolo (e cioè dei titolari delle unità abitative poste nelle vicinanze, a cui favore devono essere costituiti i vincoli di destinazione delle aree a parcheggio); ed invero, a nulla potrebbe bastare la costituzione formale del vincolo di destinazione con unità immobiliari già individuate all’atto dell’avvio dell’intervento edilizio, se poi in concreto l’utilizzazione del parcheggio avvenisse da parte di soggetti non legittimati, come nel caso in cui fosse consentito l’accesso alle aree di parcheggio al quisque de populo, come se si trattasse di parcheggio (destinato al) pubblico.
Per conseguenza, ad evitare che a base dell’intervento edilizio possa esservi il solo intento di fruire dei vantaggi della legge per realizzare finalità meramente speculative –ma al contempo senza voler escludere che, in un sistema costituzionale basato sul libero mercato, quella imprenditoriale debba essere una valida e sostenibile ragione di spinta alla realizzazione delle infrastrutture di cui qui trattasi: che altrimenti giammai potrebbero essere concretamente realizzate– è sufficiente richiedere la sottoscrizione, prima della formazione del titolo edilizio, di un mero atto unilaterale d’obbligo a destinare i parcheggi a pertinenza delle unità abitative viciniori (con un criterio determinativo del perimetro urbano in cui dette unità immobiliari devono insistere che non può che essere stabilito dall’Autorità comunale; o, in difetto, da una valutazione che risulti ex post oggettivamente ragionevole).
Il che vale ad escludere fin da subito ogni possibile diverso affidamento del costruttore riguardo alla destinazione dei parcheggi, che resterebbero privi di ogni possibile forma di diversa utilizzazione, nonché privi di commerciabilità giuridica, ove il vincolo di destinazione non dovesse in concreto essere costituito in favore delle predette unità immobiliari.
Va da sé che, dopo la realizzazione e fino alla concreta destinazione pertinenziale che deve legare ogni parcheggio a una specifica abitazione viciniore, nessuna utilizzazione commerciale –neanche da parte del costruttore che, in ipotesi, voglia locarli al pubblico per qualunque lasso temporale– può ritenersi consentita; con il corollario che, in tali patologiche evenienze, andranno attivati legittimamente i poteri repressivi comunali, fino all’ordine di demolizione per violazione dell’unica destinazione consentita dalla legge.
Invero, l’intervento repressivo dell’autorità comunale avrebbe ragione di esercitarsi del tutto legittimamente, ove dovesse constatarsi un uso dei parcheggi difforme da quello previsto dal titolo edilizio e dal precedente atto d’obbligo, vertendosi in un classico caso di illegittimo mutamento della destinazione d’uso di un immobile (nella specie: da parcheggio pertinenziale a parcheggio pubblico).
Per concludere, sul punto, deve essere precisato che nello stesso senso qui indicato si è d’altra parte già espressa la sezione IV di questo Consiglio di Stato, nella sentenza 03.03.2010, n. 1842, non correttamente evocata dal giudice di primo grado a conforto della propria tesi interpretativa.
In tale sentenza si è tra l’altro affermato che “… v'è un ulteriore e decisivo argomento testuale a sostegno della conclusione qui raggiunta, che è ricavabile dalla prima proposizione del comma 1 del più volte citato art. 9, laddove esso, con riferimento ai parcheggi che i proprietari possono realizzare nel sottosuolo o al pian terreno del fabbricato, li definisce come "parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari": quasi che anche in questo caso il vincolo di pertinenzialità possa anche non preesistere alla realizzazione del parcheggio, ma sorgere successivamente in virtù di uno specifico atto di destinazione. Ed invero, come si evince dalla lettura complessiva della norma, la pertinenzialità che il legislatore ha inteso considerare in questo caso non è tanto quella materiale esistente tra l'edificio e l'area (sottostante, interna o esterna) destinata ad accogliere il parcheggio, ma quella giuridica esistente tra ciascun singolo posto auto da realizzare e una specifica unità immobiliare, nel senso di creare fra di essi un nesso di inscindibilità: ciò che è coerente con la ratio della legge nr. 122 del 1989, che è quella di venire incontro al bisogno di parcheggi dei residenti nelle aree urbane evitando al tempo stesso operazioni speculative”.
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6.- È noto che la realizzazione dei parcheggi pertinenziali degli edifici residenziali può avvenire in base ad un regime giuridico di favore, introdotto dalla più volte richiamata legge n. 122 del 1989, con il chiaro intento di sopperire alle esigenze connesse alla cronica insufficienza di spazi a parcheggio nelle aree urbane.
In particolare, l'art. 9, comma 1, l. cit. stabilisce che “I proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti. Tali parcheggi possono essere realizzati, ad uso esclusivo dei residenti, anche nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato, purché non in contrasto con i piani urbani del traffico, tenuto conto dell'uso della superficie sovrastante e compatibilmente con la tutela dei corpi idrici. Restano in ogni caso fermi i vincoli previsti dalla legislazione in materia paesaggistica ed ambientale ed i poteri attribuiti dalla medesima legislazione alle regioni e ai Ministeri dell'ambiente e per i beni culturali ed ambientali da esercitare motivatamente nel termine di 90 giorni. I parcheggi stessi, ove i piani urbani del traffico non siano stati redatti, potranno comunque essere realizzati nel rispetto delle indicazioni di cui al periodo precedente”.
Il successivo comma 2, nella formulazione applicabile ratione temporis alla fattispecie che ne occupa, prevede poi che “L'esecuzione delle opere e degli interventi previsti dal comma 1 è soggetta a denuncia di inizio attività”.
Il regime giuridico di particolare favore introdotto dalla riportata disposizione normativa si coglie essenzialmente:
   a) nel fatto che si possono realizzare, anche in deroga agli strumenti urbanistici , parcheggi pertinenziali alle unità immobiliari anche nel sottosuolo di aree limitrofe a quelle ove si trovano dette unità abitative asservite;
   b) che il titolo edilizio può essere costituito da una d.i.a. (ora s.c.i.a.);
   c) che il predetto titolo edilizio ha natura gratuita.
Tale statuto privilegiato si giustifica alla luce della ratio sottesa all’intervento legislativo di cui si tratta, volto ad attenuare le conseguenze dell’annoso problema del congestionamento del traffico automobilistico nelle aree urbane e alla cronica carenza di posti per il parcheggio delle auto.
7.- Una prima questione, già affrontata dalla giurisprudenza nell'interpretazione del citato art. 9 della legge n. 122 del 1989, è stata quella di individuare i soggetti legittimati dalla disposizione normativa a realizzare i parcheggi nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato, anche in deroga alle disposizioni degli strumenti urbanistici: la questione si è posta in relazione al se i titolari dell’iniziativa edificatoria debbano essere necessariamente i proprietari degli immobili beneficiari del vincolo di pertinenzialità con i parcheggi da realizzare, anche quando l’intervento si realizzi nel sottosuolo di aree viciniori.
Sul punto, l’orientamento giurisprudenziale prevalente, dal quale non si ravvisano qui ragioni per dissentire, è che il comma 1 dell'art. 9 della legge cit. non circoscrive esclusivamente ai proprietari degli immobili interessati la legittimazione a realizzare i parcheggi agli stessi pertinenziali.
Infatti, la disposizione innanzi citata, dopo aver statuito che: "...I proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti" aggiunge che: "...Tali parcheggi possono essere realizzati, ad uso esclusivo dei residenti, anche nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato (...)".
Orbene, la forma impersonale utilizzata nella seconda proposizione richiamata comporta che i parcheggi collocati in aree esterne ai fabbricati, a differenza di quelli posti nel sottosuolo o al piano terreno degli stessi, non devono essere realizzati necessariamente dai proprietari dell'immobile, ma possono esserlo anche da terzi: evidentemente il legislatore, non potendo escludersi –e anzi dovendosi normalmente presumere, secondo l’id quod plerumque accidit– che le "aree pertinenziali esterne" possano appartenere a soggetti diversi dai proprietari dell'immobile, ha ritenuto di non dover limitare solo a questi ultimi la legittimazione a chiedere il permesso per realizzarvi i parcheggi de quibus.
Inoltre, la locuzione "...Tali parcheggi" indica chiaramente che la seconda proposizione del comma 1 è riferita alla medesima ipotesi disciplinata dalla prima, ossia alla realizzazione di parcheggi "da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti"; di conseguenza, anche la possibilità di derogare ai predetti strumenti deve intendersi estesa agli interventi posti in essere da terzi, oltre che dai proprietari.
Del resto, è sin troppo agevole osservare che, se si opinasse il contrario, la norma che consente la realizzazione di parcheggi pertinenziali al di fuori, ma nelle vicinanze, degli edifici a beneficio delle cui abitazioni essi sono edificati non potrebbe trovare praticamente mai applicazione, giacché è del tutto eccezionale, se non di scuola, l’ipotesi che, in un centro urbano ad elevata densità abitativa (e conseguentemente di traffico), il proprietario (rectius: i proprietari, normalmente riuniti in condominio) delle abitazioni ubicate in un (singolo) edificio sia proprietario (o, comunque, possa disporre) di un’area viciniore in cui (o sotto alla quale) sia materialmente possibile, ed economicamente sostenibile, realizzare parcheggi interrati da adibire a pertinenza delle abitazioni: sicché risulta evidente l’erroneità, per intrinseca assurdità, dell’opzione esegetica qui avversata, perché essa –particolarmente in riferimento alle aree a più alta densità edilizia, che sono poi quelle in cui più evidente è la necessità di reperire spazi in cui realizzare parcheggi pertinenziali– finirebbe con il rendere sostanzialmente impossibile ogni attuazione pratica della previsione legislativa volta a favorire la realizzazione di parcheggi urbani pertinenziali.
8.- Una seconda questione interpretativa, qui avente carattere dirimente ai fini del decidere, può essere compendiata nel quesito se il vincolo pertinenziale richiesto dalla legge per l’accesso ai benefici dianzi ricordati (in primis, realizzare i parcheggi anche in deroga allo strumento urbanistico), debba essere costituito già al momento della formazione del titolo edilizio e dell’avvio dei lavori ovvero se detto vincolo possa essere costituito successivamente, prima della utilizzazione effettiva dei parcheggi da parte dei singoli utenti.
Come anticipato, il Tar ha aderito alla prima opzione interpretativa, essenzialmente sulla base di richiami alla giurisprudenza del giudice penale (e, in minor parte, del giudice amministrativo).
Ritiene invece il Collegio che vada preferita senza alcun dubbio la seconda opzione interpretativa, militando in tal senso ragioni sia di ordine letterale, sia soprattutto di carattere logico-sistematico.
Sotto il profilo letterale, giova evidenziare che la legge scinde significativamente sul piano temporale il momento della realizzazione dei parcheggi da quello della loro destinazione (“…possono realizzare parcheggi … da destinare ...”), il che dimostra che il legislatore ha inteso prendere atto (e favorire, per le ragioni teleologiche cui si è già accennato) del dato empirico per cui, secondo l’id quod plerumque accidit, il trasferimento dei parcheggi suppone la loro esistenza attuale, essendo ben difficile immaginare l’acquisto, o anche soltanto l’impegno ad acquistare o ancora ad accettare la costituzione di un vincolo pertinenziale tra i parcheggi e le unità abitative, prima dell’effettiva realizzazione dell’intervento edilizio.
Sempre sul piano letterale, va pure evidenziato quanto disposto dal comma 5 del medesimo art. 9 l. cit., nel testo risultante dalla modifica normativa recata dall’art. 10 del d.l. n. 5 del 2012, convertito in legge n. 35 del 2012; disposizione che prevede tra l’altro –pur nell’immodificabilità dell’esclusiva destinazione a parcheggio– che la proprietà di dette aree pertinenziali possa essere trasferita, anche in deroga a quanto previsto nel titolo edilizio che ne ha legittimato la costruzione e nei successivi atti convenzionali, solo con contestuale destinazione del parcheggio trasferito a pertinenza di un’altra unità immobiliare sita nello stesso comune: anche da tale disposizione si ricava infatti, obliquo modo, che, ferma restando l’obbligatoria destinazione a parcheggi pertinenziali delle opere oggetto di intervento edilizio, il collegamento con la specifica unità immobiliare possa avvenire “nei successivi atti convenzionali”; sicché anche in tal caso il legislatore si fa carico, sia pure al fine di disciplinare in modo meno rigoroso che in passato il regime di trasferibilità dei parcheggi pertinenziali, della normale scissione temporale tra il momento in cui sorge il generico vincolo pertinenziale e quello in cui lo stesso si appunta sulle singole unità abitative.
Infine, un’ulteriore argomento esegetico di natura letterale è rinvenibile nel confronto (o, forse più precisamente, nel combinato disposto) del secondo periodo del comma 1 del ridetto art. 9 (della legge Tognoli) con il secondo periodo del comma 4 dello stesso articolo: dall’integrazione, o almeno dal confronto, di tali norme risulta considerato sia il caso che “Tali parcheggi possono essere realizzati, ad uso esclusivo dei residenti, anche nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato” –e, come si è già chiarito, possono essere realizzati anche ad opera di soggetti diversi dai proprietari delle abitazioni a cui dovranno inerire come pertinenze–; sia anche il caso che si tratti di “… interventi in fase di avvio o già avviati”.
Orbene, si deve ragionevolmente escludere –anche per le ragioni di ordine sistematico e teleologico cui si è già accennato e su cui si tornerà ancora in seguito: ossia per la ragione che lo scopo della norma è quello di favorire le condizioni per la realizzazione di parcheggi pertinenziali, e non di ostacolarle– che l’ipotesi di “interventi in fase di avvio o già avviati”, di cui al secondo periodo del comma 4, si riferisca restrittivamente al solo primo periodo di detto comma, e non anche al comma 1: se, infatti, non si può dubitare che la specialità della previsione normativa di cui all’art. 9 osti a una sua applicazione analogica, non v’è però ragione alcuna per escludere che siffatta previsione legislativa –per quanto speciale o eccezionale la si voglia considerare– sia insuscettibile di interpretazione estensiva (che, dogmaticamente, è concetto del tutto diverso da quello dell’analogia: tanto che la prima, consistente nell’attribuire a una disposizione il significato più ampio tra quelli consentiti dal testo, è normalmente ammessa anche nel diritto penale, costituzionalmente soggetto al principio di tassatività; mentre la seconda, consistente nell’applicare una norma ad un caso o a una materia diversi, sebbene simili o analoghe, da quelli cui essa si riferisce, è inapplicabile in sede penale in malam partem).
Risulta dunque evidente che, con riferimento all’art. 9 in esame, un’interpretazione a tutto concedere estensiva del secondo periodo del comma 4 (ma certamente non analogica, posto che si tratta di un coordinamento esegetico tutto interno alla stessa norma di legge, per quanto speciale o eccezionale la si voglia considerare), tale cioè da operarne un coordinamento con il secondo periodo del comma 1 –in esito alla quale risulti che la realizzazione di parcheggi ubicati in aree esterne ai fabbricati, rispetto ai quali dovranno essere costituiti i vincoli pertinenziali, può riferirsi anche a interventi già avviati– non è impedita da alcun argomento giuridicamente significativo; essa, al contrario, trova valido supporto esegetico –anche alla stregua di canoni interpretativi teleologico-sistematici– nella ragionevole considerazione che la normativa, essendo volta a favorire la realizzazione di parcheggi pertinenziali soprattutto nelle aree in cui di parcheggi c’è più bisogno, ossia in quelle più densamente sature di edificazione abitativa, va interpretata nel senso che renda più agevole, anche sotto il profilo economico-imprenditoriale, la realizzazione in tali aree “difficili” di siffatti interventi infrastrutturali.
Ed infatti sono ragioni anche d’ordine logico-sistematico quelle che depongono, convincentemente, in favore dell’interpretazione nei sensi anzidetti della legge n. 122 del 1989, nella parte qui controversa.
In effetti, se è pur vero che una legge eccezionale (quale, indubbiamente, è la legge Tognoli) sia per sua natura di stretta interpretazione (art. 14 prel.), nondimeno non è certo alla violazione di tale principio che conduce il percorso ermeneutico qui tracciato, trattandosi piuttosto di attribuire alla disposizione normativa dianzi indicata una interpretazione che possa consentirne la sua piena applicazione, in ossequio ai principi di ragionevolezza e di proporzionalità: nei sensi, appunto, che si sono poc’anzi illustrati.
Sotto tal profilo, non par dubbio al Collegio che richiedere ex ante l’individuazione delle unità immobiliari cui i parcheggi da realizzare resterebbero asserviti significherebbe svuotare di portata applicativa l’intervento normativo e frustrare al contempo l’interesse pubblico alla implementazione degli spazi a parcheggio nelle aree urbane.
Il tutto, senza considerare che le eventuali condotte elusive delle disposizioni normative richiamate andrebbero in ogni caso accertate ex post, in sede di concreta utilizzazione degli spazi a parcheggio da parte degli effettivi aventi titolo (e cioè dei titolari delle unità abitative poste nelle vicinanze, a cui favore devono essere costituiti i vincoli di destinazione delle aree a parcheggio); ed invero, a nulla potrebbe bastare la costituzione formale del vincolo di destinazione con unità immobiliari già individuate all’atto dell’avvio dell’intervento edilizio, se poi in concreto l’utilizzazione del parcheggio avvenisse da parte di soggetti non legittimati, come nel caso in cui fosse consentito l’accesso alle aree di parcheggio al quisque de populo, come se si trattasse di parcheggio (destinato al) pubblico.
Per conseguenza, ad evitare che a base dell’intervento edilizio possa esservi il solo intento di fruire dei vantaggi della legge per realizzare finalità meramente speculative –ma al contempo senza voler escludere che, in un sistema costituzionale basato sul libero mercato, quella imprenditoriale debba essere una valida e sostenibile ragione di spinta alla realizzazione delle infrastrutture di cui qui trattasi: che altrimenti giammai potrebbero essere concretamente realizzate– è sufficiente richiedere la sottoscrizione (qui correttamente pretesa dal Comune di Roma, anche in base alla deliberazione n. 165 del 1997: della cui legittimità il Collegio non ravvisa alcuna ragione per dubitare), prima della formazione del titolo edilizio, di un mero atto unilaterale d’obbligo a destinare i parcheggi a pertinenza delle unità abitative viciniori (con un criterio determinativo del perimetro urbano in cui dette unità immobiliari devono insistere che non può che essere stabilito dall’Autorità comunale; o, in difetto, da una valutazione che risulti ex post oggettivamente ragionevole).
Il che vale ad escludere fin da subito ogni possibile diverso affidamento del costruttore riguardo alla destinazione dei parcheggi, che resterebbero privi di ogni possibile forma di diversa utilizzazione, nonché privi di commerciabilità giuridica, ove il vincolo di destinazione non dovesse in concreto essere costituito in favore delle predette unità immobiliari.
Va da sé che, dopo la realizzazione e fino alla concreta destinazione pertinenziale che deve legare ogni parcheggio a una specifica abitazione viciniore, nessuna utilizzazione commerciale –neanche da parte del costruttore che, in ipotesi, voglia locarli al pubblico per qualunque lasso temporale– può ritenersi consentita; con il corollario che, in tali patologiche evenienze, andranno attivati legittimamente i poteri repressivi comunali, fino all’ordine di demolizione per violazione dell’unica destinazione consentita dalla legge.
Invero, l’intervento repressivo dell’autorità comunale avrebbe ragione di esercitarsi del tutto legittimamente, ove dovesse constatarsi un uso dei parcheggi difforme da quello previsto dal titolo edilizio e dal precedente atto d’obbligo, vertendosi in un classico caso di illegittimo mutamento della destinazione d’uso di un immobile (nella specie: da parcheggio pertinenziale a parcheggio pubblico).
Per concludere, sul punto, deve essere precisato che nello stesso senso qui indicato si è d’altra parte già espressa la sezione IV di questo Consiglio di Stato, nella sentenza 03.03.2010, n. 1842, non correttamente evocata dal giudice di primo grado a conforto della propria tesi interpretativa.
In tale sentenza si è tra l’altro affermato che “… v'è un ulteriore e decisivo argomento testuale a sostegno della conclusione qui raggiunta, che è ricavabile dalla prima proposizione del comma 1 del più volte citato art. 9, laddove esso, con riferimento ai parcheggi che i proprietari possono realizzare nel sottosuolo o al pian terreno del fabbricato, li definisce come "parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari": quasi che anche in questo caso il vincolo di pertinenzialità possa anche non preesistere alla realizzazione del parcheggio, ma sorgere successivamente in virtù di uno specifico atto di destinazione. Ed invero, come si evince dalla lettura complessiva della norma, la pertinenzialità che il legislatore ha inteso considerare in questo caso non è tanto quella materiale esistente tra l'edificio e l'area (sottostante, interna o esterna) destinata ad accogliere il parcheggio, ma quella giuridica esistente tra ciascun singolo posto auto da realizzare e una specifica unità immobiliare, nel senso di creare fra di essi un nesso di inscindibilità: ciò che è coerente con la ratio della legge nr. 122 del 1989, che è quella di venire incontro al bisogno di parcheggi dei residenti nelle aree urbane evitando al tempo stesso operazioni speculative” (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 27.09.2016 n. 3977 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

CONDOMINIO - EDILIZIA PRIVATAParcheggi, vendite dal 2005. Resta il vincolo pertinenziale se ultimati prima del 16 dicembre.
Spazi privati. Per la Cassazione cessioni vietate a chi è estraneo al condominio.

Il problema dei parcheggi nelle aree urbane continua ad assumere primaria importanza, se si considera anche il susseguirsi di disposizioni normative riguardanti la materia e le molteplici pronunce da parte dei giudici.
Non possono, in ogni caso, essere autorizzate nuove costruzioni se queste non vengono corredate di aree destinate a parcheggio. La misura dell’area da destinare a parcheggio è quella prevista dall’articolo 41-sexies della legge 1150/1942 (e successive modifiche): un metro quadrato ogni dieci metri cubi di costruito.
Spetta alla pubblica amministrazione accertare la conformità degli spazi così destinati alla misura proporzionale stabilita dalla legge.
Con l’entrata in vigore della legge 246/2005 è venuto meno il vincolo di pertinenzialità tra parcheggi costruiti nell’immobile (o nelle aree a esso pertinenti) e le unità immobiliari site nell’immobile stesso, avendo l’articolo 12 della legge eliminato il diritto reale a favore di queste. Così le aree di parcheggio si possano vendere liberamente anche a soggetti estranei al condominio. Tale disposizione conferma comunque l’obiettivo di imporre ai costruttori di unità immobiliari di realizzare adeguati spazi di parcheggio, senza alcun vincolo soggettivo di destinazione in favore di queste.
La norma non è applicabile alle costruzioni e ai relativi parcheggi realizzati prima del 16.12.2005, data di entrata in vigore della legge, perché alla stessa non può attribuirsi alcune effetto retroattivo. In tal senso si è espressa la recente sentenza 22.04.2016 n. 8220 della Corte di Cassazione, Sez. II civile (relatore Antonio Scarpa), sul presupposto che l’articolo 12 della legge 246/2005 «non ha effetto retroattivo, né natura imperativa; ne consegue che nei casi in cui, al momento dell’entrata in vigore della nuova disciplina risultassero già stipulati gli atti di vendita delle singole unità immobiliari, trova applicazione la disciplina anteriore di cui al citato articolo 41-sexies delle legge 1150 del 1942».
Quest’ultima imponeva, per le nuove costruzioni, un vincolo soggettivo di destinazione fra le unità immobiliari e gli spazi di parcheggio, vincolo che impediva la circolazione libera di questi ultimi: box e spazi di parcheggio già di pertinenza di un appartamento sono destinati a restare così per sempre.
La sentenza, soffermandosi in modo analitico sull’operatività dell’articolo 41-sexies e riprendendo concetti già affermati dalla Suprema Corte, ribadisce che si tratta di una norma imperativa e inderogabile, in correlazione degli interessi pubblicistici da essa perseguiti, che opera non soltanto nel rapporto fra il costruttore o proprietario di edificio e l’autorità competente in materia urbanistica, ma anche nei rapporti privatistici riguardanti questi spazi, nel senso di imporre la loro destinazione a uso diretto delle persone che stabilmente occupano le costruzioni o a esse abitualmente accedono.
Non sono ammesse deroghe mediante atti privati di disposizione degli stessi spazi, le cui clausole difformi sono perciò sostituite di diritto dalla medesima norma imperativa, al punto che nel giudizio intercorrente tra gli acquirenti degli immobili illegittimamente privati del diritto all’uso dell’area a parcheggio e i terzi che abbiano acquistato porzioni di tale area, la nullità di cui all’articolo 1418 del Codice civile dei negozi stipulati dai primi, nella parte in cui ha omessa tale inderogabile destinazione, è rilevabile d’ufficio anche in via incidentale.
Sotto tale profilo però precisa che si può giungere alla nullità solo se, al momento della realizzazione degli edifici, il costruttore ha fatto riserva di una ben determinata e identificata area da destinare a parcheggio e sempre che manchi un successivo trasferimento del medesimo spazio su altre aree comunque idonee a tale utilizzazione al momento del rilascio della nuova concessione in variante.
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Usucapione possibile per le aree di sosta. Il caso. Usi non contestati.
La proprietà delle aree interne e circostanti ai fabbricati di nuova costruzione, su cui grava il vincolo pubblicistico di destinazione a parcheggio, può essere acquistata anche per usucapione. Il principio è confermato dalla sentenza 8820/16 con cui i giudici di legittimità confermano che il «possesso utile ai fini di usucapione decorre in danno del proprietario dal momento dell’atto di acquisto, essendo soltanto a far tempo da esso possibile considerare distintamente il diritto dominicale (trasferito) e quello al parcheggio (non trasferito) sull’area destinata a parcheggio».
Per la Cassazione l’usucapione in favore degli acquirenti ha effetto estintivo anche del vincolo pubblicistico di destinazione, stante l’efficacia retroattiva reale dell’usucapione stessa.
Per gli acquisti «a titolo derivativo» invece opera il principio per cui il vincolo di destinazione impresso alle aree destinate a parcheggio non impedisce che il proprietario dell’area possa riservare a sé, o trasferire a terzi, il diritto di proprietà sull’area o su parti di essa, fermo però il succitato diritto d’uso da parte dei proprietari delle unità immobiliari site nel fabbricato
(articolo Il Sole 24 Ore del 03.05.2016).
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MASSIMA
IV. E' dapprima infondato il decimo motivo di ricorso.
Basta ribadire, in proposito, come, secondo il costante orientamento di questa Corte,
la Part. 12, comma 9, della legge 28.11.2005, n. 246, che ha modificato l'art. 41-sexies della legge 17.08.1942, n. 1150, ed in base al quale gli spazi per parcheggio possono essere trasferiti in modo autonomo rispetto alle altre unità immobiliari, non ha effetto retroattivo, né natura imperativa; ne consegue che nei casi in cui, come quello in esame, al momento dell'entrata in vigore della nuova disciplina risultassero già stipulati gli atti di vendita delle singole unità immobiliari, trova applicazione la disciplina anteriore, di cui al citato art. 41-sexies della legge n. 1150 del 1942 (Cass. 05.06.2012, n. 9090; Cass. 01.08.2008, n. 21003).
V. Il primo ed il secondo motivo del ricorso principale, la cui trattazione unitaria risulta opportuna per la loro connessione, sono invece fondati, per quanto di ragione.
Entrambi i motivi sono radicati sul presupposto della decisività del riscontro dell'efficacia di giudicato (diretto o riflesso) da attribuire alla sentenza della Corte d'Appello di Roma n. 388/1992 (intervenuta a suo tempo tra gli acquirenti degli appartamenti compresi negli edifici siti in Roma, Via ..., n. 685, Via ..., n. 16, e Via ..., n. 4 e la costruttrice S.r.l. Ed.Eg.), nei confronti degli attuali ricorrenti, i quali avevano a loro volta acquistato i posti auto, box e negozi realizzati nell'area da destinare a parcheggio.
A proposito di tale pronuncia, la Corte di merito ha affermato che la stessa non avesse efficacia in senso stretto di giudicato, ma comunque rivelasse "effetto riflesso nei confronti degli appellati, che, pur essendo rimasti estranei al detto giudizio, sono titolari di diritti ed obblighi, dipendenti dalla situazione giuridica definitiva in quel processo".
Ora, è vero che questa Corte ha più volte affermato che una sentenza passata in giudicato, anche quando non possa avere l'effetto vincolante di cui all'art. 2909 c.c., può avere comunque l'efficacia riflessa di prova o di elemento di prova documentale in ordine alla situazione giuridica che abbia formato oggetto dell'accertamento giudiziale, e che tale efficacia indiretta può essere invocata da chiunque vi abbia interesse, spettando al giudice di esaminare la sentenza prodotta a tale scopo e valutarne liberamente il contenuto, anche in relazione agli altri elementi di giudizio rinvenibili negli atti di causa (da ultimo, Cass. 20.02.2013, n. 4241).
Quel che tuttavia fa difetto nel caso in esame, per ravvisare, come fatto dalla Corte di Roma, un'efficacia riflessa della sentenza n. 388/1992 riguardo alle parti di questo giudizio, che a quello culminato nell'invocata pronuncia non parteciparono, è il presupposto della titolarità in capo a questi ultimi di diritti ed obblighi dipendenti dalla situazione giuridica definita in quel primo processo. L'assunto a base della statuizione qui impugnata evidente postula che solo l'efficacia ultra partes di quella sentenza del 1992 possa rendere opponibile agli attuali ricorrenti l'ivi conseguita declaratoria del diritto reale ex lege all'uso del parcheggio.
Vale, all'opposto, un diverso principio, conforme al consolidato orientamento di questa Corte, e nella sostanza seguito dalla stessa pronuncia qui impugnata, per il quale
il vincolo di destinazione impresso agli spazi per parcheggio dall'art. 41-sexies della legge 17.08.1942, n. 1150, secondo il testo introdotto dalla legge 06.08.1967 n. 765, art. 18, norma di per sé imperativa, non può subire deroghe mediante atti privati di disposizione degli stessi spazi, le cui clausole difformi sono perciò sostituite di diritto dalla medesima norma imperativa. Tale vincolo si traduce in una limitazione legale della proprietà, che può essere fatta valere, con l'assolutezza tipica dei diritti reali, nei confronti dei terzi che ne contestino l'esistenza e l'efficacia.
Pertanto
coloro che abbiano acquistato le singole unità immobiliari dall'originario costruttore-venditore, il quale, eludendo il vincolo, abbia riservato a sé la proprietà di detti spazi, ben possono agire per il riconoscimento del loro diritto reale d'uso direttamente nei confronti dei terzi ai quali l'originario costruttore abbia alienato le medesime aree destinate a parcheggio.
In un tale giudizio (qual è quello in esame), intercorrente tra gli acquirenti degli immobili illegittimamente privati del diritto all'uso dell'area pertinente a parcheggio ex art. 18 della legge 06.08.1967, n. 765, ed i terzi che abbiano acquistato porzioni di tale area, la nullità dei negozi stipulati dai primi, nella parte in cui sia stata omessa tale inderogabile destinazione, con conseguente loro integrazione "ope legis", è rilevabile anche "incidenter tantum", sicché non deve necessariamente correlarsi alla verifica della sussistenza e dell'opponibilità, in via immediata o, appunto, riflessa, di un giudicato conseguito nei confronti dell'originario costruttore-venditore.
Come pure,
in un giudizio così congegnato, non si impone nemmeno che sia convenuto il costruttore-venditore, pur spettando a questo l'eventuale diritto (personale) a conseguire l'integrazione del prezzo di acquisto da coloro che agiscano per ottenere il riconoscimento del loro diritto d'uso sugli spazi vincolati a parcheggio (Cass. 14.11.2000, n. 14731; Cass. 25.03.2004, n. n. 5755).
VI. Può poi passarsi all'analisi congiunta del quarto e dell'ottavo motivo di ricorso, anch'essi in logica connessione.
Questi criticano la sentenza della Corte di Roma, ai sensi dell'art. 360, n. 3, 4 e 5, c.p.c., per non aver dato sufficiente rilievo nel suo ragionamento alle concessioni in variante ed in sanatoria, ed ai conseguenti certificati di abitabilità, che accompagnavano i titoli di acquisto degli attuali ricorrenti, provvedimenti che comprovavano il rispetto della destinazione a parcheggio dell'area riservata; e per aver determinato l'asservimento a parcheggio di un'area di mq. 7.354,90, anziché di mq. 6.354,90.
In particolare, è oggetto di doglianza la frase della pronuncia d'appello secondo la quale l'art. 41-sexies della legge n. 1150/1942 "opera nel rapporto tra il costruttore o proprietario di edificio e l'autorità competente in materia urbanistica", sicché quest'ultima "non può porre nel nulla gli atti d'obbligo, formati col Comune dal costruttore, al fine del rilascio della licenza edilizia". Tali patti d'obbligo, secondo quanto illustra la stessa sentenza impugnata a pagina 32, individuavano in mq. 6.354,90 l'area da destinare a parcheggio. Il Tribunale ha invece determinato in mq. 7.354,90 la stessa area, disponendo il prosieguo istruttorio per individuare tramite CTU consistenza e posizione di quest'area.
I due motivi sono parzialmente fondati, per quanto di ragione.
Non esiste il denunciato vizio di ultrapetizione in quanto la normativa urbanistica, dettata dall'art. 41-sexies della legge n. 1150 del 1942, si limita a prescrivere, per i fabbricati di nuova costruzione, una misura proporzionale alla cubatura totale dell'edificio da destinare obbligatoriamente a parcheggi, pari ad un metro quadrato per ogni venti metri cubi di costruito, secondo i parametri applicabili per l'epoca dell'edificazione. Tale misura proporzionale è imposta dalla legge, sicché l'eventuale metratura prospettata dalla parte con l'atto introduttivo di un giudizio volto al riconoscimento del diritto d'uso a parcheggio ha solo valore indicativo, per cui non incorre in ultrapetizione il giudice che, sulla base delle risultanze processuali, determini l'estensione della relativa area in misura pure diversa e maggiore da quella inizialmente quantificata dall'istante.
Per la concreta attuazione, invece, della costituzione del diritto reale di uso per parcheggio, soltanto in assenza di relativa previsione nell'atto concessorio, o nel regolamento condominiale, o negli atti di acquisto dei singoli appartamenti, è consentito chiedere al giudice tale identificazione (Cass. 11.08.1997, n. 7474). Ai fini del rispetto del vincolo di destinazione impresso agli spazi per parcheggio dall'art. 41-sexies citato, infatti, il rapporto tra la superficie delle aree destinate a parcheggio e la volumetria del fabbricato, così come richiesto dalla legge, va effettivamente verificato a monte dalla P.A. nel rilascio della concessione edilizia.
La rimozione del vincolo a parcheggio sulle aree individuate in sede di rilascio della concessione edilizia come condizione essenziale per lo stesso rilascio, può tuttavia avvenire tramite una nuova concessione in variante, al fine di trasferirlo su altre zone riconosciute idonee. L'art. 41-sexies della Legge urbanistica opera, pertanto, come norma di relazione nei rapporti privatistici e come norma di azione nel rapporto pubblicistico con la P.A., la quale non può autorizzare nuove costruzioni che non siano corredate di dette aree, costituendo l'osservanza della norma condizione di legittimità della licenza (o concessione) di costruzione, e alla quale esclusivamente spetta l'accertamento della conformità degli spazi alla misura proporzionale stabilita dalla legge e della loro idoneità ad assicurare concretamente la prevista destinazione.
Manca, pertanto, nel ragionamento seguito dalla Corte di Roma, la verifica, sollecitata dagli appellanti, dell'eventuale adeguato trasferimento dello spazio destinato a parcheggio, inizialmente fissato coi patti d'obbligo ed impressa nella concessione, su altre aree comunque idonee a tale utilizzazione, il che, come ora ricordato, ben può avvenire mediante il rilascio di una nuova concessione in variante (quali quelle dedotte dagli attuali ricorrenti), non avendo il giudice ordinario il potere di attribuire agli acquirenti di singole unità immobiliari il diritto di impiegare come parcheggio uno spazio, pur se di proprietà del costruttore-venditore, in tutto o in parte diverso da quello destinato a tale uso, secondo la prescrizione della concessione edilizia, originaria o in variante (cfr. Cass. 30.07.1999, n. 6894; Cass. 14.11.2000, n. 14731; Cass. 05.05.2003, n. 6751; Cass. 13.01.2010, n. 378).
Sempre questa Corte ha affermato come
gli spazi che debbono essere riservati a parcheggio ex art. 41-sexies possono essere ubicati indifferentemente nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle stesse, trattandosi di modalità entrambe idonee a soddisfare l'esigenza, costituente la "ratio" della norma, di deflazione della domanda di spazi per parcheggio nelle aree destinate alla pubblica circolazione, non essendo, peraltro, consentito al giudice di sindacare le scelte compiute in proposito dalla P.A. (Cass. 22.02.2006, n. 3961).
Quanto, infine, alla rilevanza da attribuire nella presente lite agli atti d'obbligo intercorsi tra la società costruttrice e il Comune di Roma, torna utile richiamare l'insegnamento espresso reiteratamente da questa Corte, in forza del quale l'atto con il quale un proprietario-costruttore si sia impegnato nei confronti del Comune, ai fini del rilascio della concessione edilizia, a conferire una particolare destinazione a determinate superfici, non è riconducibile alla figura del contratto a favore di terzi, di cui all'art. 1411 c.c., sia perché non costituisce un contratto di diritto privato, sia perché non ha neppure la specifica autonomia e natura di fonte negoziale di un regolamento dei contrapposti interessi delle parti stipulanti, caratterizzandosi, piuttosto, come atto intermedio del procedimento amministrativo volto al conseguimento del provvedimento concessorio finale, dal quale promanano soltanto poteri autoritativi della P.A. e non la possibilità per i terzi privati di accampare diritti sulla sua base.
Ne consegue che,
per il rispetto dell'obbligo di destinazione assunto dal proprietario-costruttore, salva l'ipotesi che esso sia stato trasfuso in una disciplina negoziale all'atto del trasferimento della singola unità immobiliare da lui realizzata, i singoli condomini non hanno alcuna azione, fermo il diritto al risarcimento del danno qualora l'inosservanza dell'obbligo concreti una violazione delle norme urbanistiche (Cass. 20.11.2006, n. 24572; Cass. 23.02.2012, n. 2742).
VII. Sono parzialmente fondati, per quanto di ragione, altresì, il terzo, il sesto ed il settimo motivo di ricorso, da trattare congiuntamente sempre perché connessi.
La Corte d'appello ha, in estrema sintesi e facendo salve le diversità delle singole posizioni scrutinate, riconosciuto in favore degli appellanti principali ed incidentali l'acquisto dei rispettivi beni per usucapione decennale, fermo restando il vincolo di destinazione a parcheggio.
Ora, questa Corte ha effettivamente più volte riconosciuto come "
la proprietà delle aree interne o circostanti ai fabbricati di nuova costruzione, su cui grava il vincolo pubblicistico di destinazione a parcheggio, può essere acquistata per usucapione, non comportandone tale vincolo indisponibilità, inalienabilità e incommerciabilità" (Cass. 15.11.2002, n. 16053; Cass. 07.06.2002, n. 8262).
Tale possesso utile a fini di usucapione decorre in danno del proprietario dal momento dell'atto di acquisto, essendo soltanto a far tempo da esso possibile considerare distintamente il diritto dominicale (trasferito) e quello al parcheggio (non trasferito) sull'area destinata a parcheggio.
Non è stata oggetto di censura la sentenza impugnata nella parte in cui la stessa ha riconosciuto l'usucapione abbreviata ex art. 1159 c.c. in favore degli appellanti. La soluzione adottata avrebbe dovuto indurre, in verità, ad affrontare il profilo della configurabilità dell'usucapione decennale, ai sensi dell'art. 1159 c.c., in favore di colui che abbia acquistato, come nella specie, un'area di parcheggio asseritamente vincolata al diritto d'uso "ex lege", quanto, in particolare, alla sussistenza del requisito del titolo idoneo a trasferire la proprietà, trattandosi di atto nullo per contrarietà a norme imperative (cfr., in senso contrario all'ammissibilità, Cass. 24.05.2013, n. 12996).
La questione è tuttavia sottratta all'esame di questa Corte giacché, come detto, non oggetto di gravame. Ora, è evidente che la ravvisata usucapione in favore dei terzi acquirenti dell'area di parcheggio, a differenza di quanto afferma la sentenza della Corte di Roma, avrebbe effetto estintivo anche del vincolo pubblicistico di destinazione, in forza dell'efficacia retroattiva reale dell'usucapione stessa.
Quanto, viceversa, agli acquisti a titolo derivativo, opera davvero il principio per cui
il vincolo di destinazione impresso alle aree destinate a parcheggio, interne o circostanti ai fabbricati di nuova costruzione, di cui all'art. 41-sexies, legge n. 1150 del 1942, non impedisce che il proprietario dell'area possa riservare a sé, o trasferire a terzi, il diritto di proprietà sull'intera area, o su parti di essa, fermo restando il succitato diritto d'uso da parte dei proprietari delle unità immobiliari site nel fabbricato (Cass. 24.11.2003, n. 17882;  Cass. 27.12.2011, n. 28950).
Tuttavia, nella vicenda oggetto di questo giudizio, perché si possa correttamente affermare la nullità ex art. 1418 c.c. di quella parte dei contratti di compravendita immobiliare nella quale al trasferimento della proprietà sulle singole porzioni dell'edificio non si era accompagnato anche quello della proprietà o, quanto meno, del diritto reale d'uso sulle pertinenziali porzioni dello spazio riservato al parcheggio degli edifici di Via ..., n. 685, Via ..., n. 16, e Via ..., n. 4, occorre accertare:
   1) l'avvenuta riserva, al momento della realizzazione di tali edifici, all'interno degli atti d'obbligo intercorsi tra la società costruttrice e il Comune di Roma, se richiamati dagli atti di trasferimento delle singola unità immobiliari, e della concessione edilizia, di una determinata ed identificata area da destinare a parcheggio, come richiesto dalla Legge urbanistica;
   2) il mancato successivo trasferimento del medesimo spazio destinato a parcheggio nei patti d'obbligo e nella concessione, su altre aree comunque idonee a tale utilizzazione al momento del rilascio della nuova concessione in variante.
Solo, infatti, la determinazione di uno preciso spazio, interno od esterno agli edifici, idoneo ad essere utilizzato a scopo di parcheggio, e la successiva stipulazione d'atti di compravendita delle singole porzioni immobiliari con espressa esclusione o mancata menzione del contestuale trasferimento della proprietà o del diritto reale d'uso sulle pertinenziali porzioni del detto spazio riservato, consentono di pervenire alla dichiarazione di nullità di quegli atti.
Ove sia, diversamente, accertato che, pur previsto negli atti d'obbligo e nella concessione edilizia, lo spazio da adibire a parcheggio non sia stato affatto riservato a tal fine in corso di costruzione e sia stato impiegato, invece, per realizzarvi manufatti od opere d'altra natura (quali, nella specie, negozi) da destinare a diversa utilizzazione (ipotesi, cioè diversa, da quella in cui allo spazio realizzato conformemente al progetto sia stata successivamente data una diversa destinazione in sede di vendita), non può dirsi nemmeno mai costituito il rapporto di pertinenzialità ex lege voluto dalla legge urbanistica, sicché non può ravvisarsi la nullità parziale dei contratti di vendita aventi ad oggetto quei diversi manufatti, né farsi luogo a tutela ripristinatoria per ottenere la realizzazione ex novo dello spazio da destinare a parcheggio non riservato in corso d'edificazione, ammettendosi unicamente una tutela risarcitoria (Cass. 18.04.2003, n. 6329; Cass. 05.05.2009, n. 10341).
Secondo i principi generali di allocazione dell'onere istruttorio, spetta in ogni caso agli attori, i quali deducano la nullità degli atti di acquisto da parte di terzi di un'area di parcheggio vincolata al diritto d'uso ex art. 41-sexies Legge urbanistica, di provare che i beni oggetto di tali alienazioni siano compresi nell'ambito ben delimitato da tale norma (ovvero nell'apposito spazio riservato per parcheggio in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni venti metri cubi di costruzione, concretamente destinato a tal fine in sede di realizzazione del fabbricato), in quanto elemento costitutivo del loro asserito diritto, giacché ogni spazio ulteriore è completamente svincolato da detta disciplina e può, quindi, essere liberamente venduto, locato o costituire oggetto di altri negozi giuridici (Cass. 23.01.2006, n. 1221).

CONDOMINIO - EDILIZIA PRIVATAIl posto auto spetta solo se previsto nel progetto edilizio. Contenzioso. I diritti di chi acquista.
Chi compra un appartamento in condominio ha diritto all’area parcheggio solamente se questa esiste nella struttura, altrimenti gli spetta un risarcimento.
La sentenza 11.04.2016 n. 7065, Sez. II civile della Corte di Cassazione, è intervenuta sul caso di due fratelli, convenuti in giudizio da un terzo condòmino, che affermava come –in una compravendita tra gli stessi– essi avessero illegittimamente occupato tutta l’area parcheggio condominiale.
I due proprietari chiamati in giudizio si difendevano specificando come, in base alle leggi, all’acquisto di un immobile in condominio un’area andasse destinata a parcheggio esclusivo, a prescindere dalla sua preesistenza.
La Suprema Corte ha chiarito l’applicabilità al caso concreto della legge 765/1967 che all’articolo 18 afferma che «nelle nuove costruzioni e anche nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse, debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore a un metro quadrato per ogni 20 metri cubi di costruzione» e specifica che l’eventuale contratto di compravendita di un immobile in condominio sprovvisto dell’area parcheggio sarebbe stato affetto da nullità parziale.
La disciplina dei parcheggi condominiali prevede svariati oneri: in capo al venditore, quello di prevedere questa pertinenza nel contratto di vendita (Cassazione, sentenza 5755/2004), per il costruttore del palazzo, invece, di dotare il condominio di una serie di parcheggi di metratura sufficiente a servire tutte le abitazioni (Cassazione, sentenza 3961/2006) e –da ultimo– per la pubblica amministrazione, di effettuare un controllo sui progetti di costruzione degli stabili e verificare se essi hanno predisposto parcheggi sufficienti a servire le costruende unità immobiliari (Cassazione, sentenza 378/2010).
In conclusione, quindi, l’acquirente ha diritto a vedersi riconosciuto il diritto all’area parcheggio, a condizione però che essa esista, dato che, come specifica la Cassazione «l’effettiva esistenza di uno spazio destinato a parcheggio proporzionato alla cubatura totale dell’edificio nel provvedimento abilitativo all’edificazione è condizione per il riconoscimento giudiziale del diritto reale al suo uso da parte degli acquirenti delle singole unità immobiliari del fabbricato».
In caso, quindi, di mancanza dell’area non si potrà domandare al giudice una tutela reale, ma solo risarcitoria verso il proprio venditore, il costruttore dello stabile o –addirittura– verso la pubblica amministrazione in caso si sia resa colpevole di un mancato controllo sui progetti e abbia autorizzato la costruzione del palazzo condominiale senza le aree parcheggio previste dalla legge
(articolo Il Sole 24 Ore del 03.05.2016).
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MASSIMA
10. I primi due motivi, congiuntamente esaminati per la loro connessione, si rivelano 'infondati'.
10.1. Quanto al primo rilievo dedotto, il motivo non attinge la ratio decidendi sottesa alla sentenza impugnata.
Invero, la corte d'appello salernitana, prendendo le mosse dal tenore dell'atto di compravendita intercorso tra La.Vi. ed El.Gi. (il quale prevedeva, tra l'altro, che il trasferimento avesse altresì ad oggetto, oltre all'appartamento, "ogni accessorio, accessione, dipendenza, pertinenza ... così come pervenuto alla parte venditrice"), ha dato per assodato che la quota parte dell'area destinata a parcheggio trasferita dalla Immobiliare Fi. alla El. fosse pari, a seguito dell'atto di rettifica del 22.11.1972, a mq. 21,24 (anziché a mq. 52,14, come concordato con l'atto notarile del 27.10.1972).
Tanto è vero che, con riferimento esclusiva a questa ridotta area, ha riconosciuto al La. il diritto reale d'uso sulla quota parte di dimensioni di mq. 14,58 di pertinenza dell'appartamento acquistato con l'atto pubblico del 20.12.1990 (quale porzione del più ampio box di mq. 21,24).
Da ciò consegue che non ricorrevano i presupposti affinché il La. individuasse nei contraenti del contratto di compravendita del 27.10.1972 i soggetti legittimati sul piano passivo a soddisfare la sua pretesa.
In ogni caso, il Tribunale di Salerno, per come riportato nello stesso ricorso, si era limitato ad affermare che fu proprio l'atto di rettifica del 22.11.1972 ad aver concretato un "atto contra legem", e che "la palese nullità di esso andava dedotta .... nei confronti di diversi soggetti, e comunque non solo della El.Gi.". Si trattava, pertanto, di affermazione resa "incidenter tantum" e quindi sottratta all'efficacia del giudicato, anche perché la necessità di statuire con tale efficacia sul punto avrebbe comportato l'esigenza di integrità del contraddittorio, invece esclusa dal Tribunale proprio in relazione all'oggetto della domanda proposta.
D'altro canto, ed ancora, la preventiva declaratoria di nullità dell'atto di rettifica del 22.11.1972 non è condizione indispensabile per pervenire alla conseguente invalidità della compravendita stipulata il 10.12.1990, oggetto di questa causa.
Il vincolo di destinazione impresso agli spazi per parcheggio dall'art. 41-sexies della legge 17.08.1942, n. 1150, secondo il testo introdotto dall'art. 18 della legge 06.08.1967, n. 765, norma di per sé imperativa, non può subire deroghe mediante atti privati di disposizione degli stessi spazi, le cui clausole difformi sono perciò sostituite di diritto dalla medesima norma imperativa.
Tale vincolo si traduce in una limitazione legale della proprietà, che può essere fatta valere, con l'assolutezza tipica dei diritti reali, nei confronti dei terzi che ne contestino l'esistenza e l'efficacia. Pertanto in un giudizio (qual è quello in esame), intercorrente tra l'acquirente di un immobile che si assume illegittimamente privato del diritto all'uso dell'area pertinente a parcheggio ex art. 18 della legge 06.08.1967, n. 765, ed un terzo che abbia acquistato porzione di tale area, la nullità del negozio stipulato da quest'ultimo, nella parte in cui sia stata omessa tale inderogabile destinazione, con conseguente integrazione "ope legis", non deve necessariamente correlarsi alla preventiva dichiarazione di nullità dell'atto di vendita intercorso con l'originario costruttore-venditore (argomenta da Cass. 14.11.2000, n. 14731; Cass. 25.03.2004, n. n. 5755).
10.2. Con riferimento all'asserito giudicato formatosi sulla statuizione del Tribunale in virtù della quale comunque al La. sarebbe stato trasferito il diritto di usufruire del parcheggio nell'area comune condominiale (id est, della quota condominiale dell'area di parcheggio), va ricordato che il giudicato non si estende ad ogni proposizione contenuta in una sentenza con carattere di semplice affermazione incidentale, atteso che per aversi giudicato implicito è necessario che tra la questione decisa in modo espresso e quella che si vuole tacitamente risolta sussista un rapporto di dipendenza indissolubile, e dunque che l'accertamento contenuto nella motivazione della sentenza attenga a questioni che ne costituiscono necessaria premessa ovvero presupposto logico indefettibile (Cass. 05.07.2013, n. 16824).
Nel caso di specie, anche a voler prescindere dal fatto che lo stesso Tribunale di Salerno ha espressamente (cfr. pag. 10 del ricorso) chiarito che "per inciso" formulava l'ulteriore considerazione secondo cui l'area di parcheggio, all'origine, era stata compresa tra i beni condominiali poi ceduti pro quota al La. con l'atto del 1994, è evidente che tra questa affermazione e la questione assorbente che aveva indotto il giudice di primo grado a rigettare la domanda attorea (quella per cui l'attore avrebbe dovuto semmai chiedere -nei confronti di altri soggetti- la nullità dell'atto di rettifica con il quale la sua dante causa aveva accettato la riduzione della quota ideale dell'area di parcheggio spettante ai due appartamenti da lei originariamente acquistati) non è configurabile alcun rapporto di dipendenza indissolubile.
L'affermazione del Tribunale di Salerno "sinallagma contrattuale che comunque, per inciso, non deve essere riequilibrato, in quanto l'area di parcheggio, all'origine, fu compresa tra i beni condominiali, che risultano ceduti pro quota al La." appare enunciazione puramente incidentale, ovvero considerazione priva di relazione causale col deciso, e perciò sottratta all'autorità del giudicato, la quale è circoscritta oggettivamente in conformità alla funzione della pronunzia giudiziale, diretta a dirimere la lite nei limiti delle domande proposte.
11. Il terzo ed il quarto motivo, anch'essi esaminati congiuntamente per evidenti ragioni di connessione, risultano, invece, fondati per quanto di ragione.
Quanto al primo profilo, va rilevato che la corte d'appello ha considerato che la dante causa aveva legittimamente alienato al germano l'intera area parcheggio in precedenza acquistata, e per questa ragione ha dichiarato la nullità, sia pure parziale, della compravendita intercorsa tra i due germani.
Secondo la consolidata elaborazione di questa Corte, invero,
nel fabbricato condominiale di nuova costruzione ed anche nelle relative aree di pertinenza, ove il godimento dello spazio per parcheggio -nella misura di un metro quadrato per ogni venti metri cubi di costruito, ai sensi della norma imperativa ed inderogabile di cui all'art. 41-sexies della legge n. 1150 del 1942, introdotto dall'art.18 della legge n. 765 del 1967- non sia assicurato in favore del singolo condomino, essendovi un titolo contrattuale che attribuisca ad altri la proprietà dello spazio stesso, si ha nullità di tale contratto, nella parte in cui sia omessa tale inderogabile destinazione, con integrazione "ope legis" del contratto tramite riconoscimento di un diritto reale di uso di detto spazio in favore del condomino, nella misura corrispondente ai parametri della disciplina normativa applicabile per l'epoca dell'edificazione (Cass. 24.11.2003, n. 17882; Cass. 27.12.2011, n. 28950).
Alla nullità del contratto di compravendita di unità immobiliari, nella parte in cui risulti sottratta (mediante riserva al venditore o trasferimento a terzi) la superficie destinata all'inderogabile funzione di parcheggio, consegue l'integrazione della convenzione negoziale "ope legis", con l'attribuzione, in favore dell'acquirente dell'unità immobiliare, del diritto reale d'uso di tale area, e, in favore dell'alienante, del corrispettivo ulteriore (da concordarsi tra le parti, o, in difetto, da determinarsi dal giudice), così ripristinando direttamente l'equilibrio del sinallagma contrattuale (Cass. 18.04.2000, n. 4977).
Coerentemente con tale impostazione, la corte di merito ha dichiarato la nullità parziale dell'atto del 10.12.1990 nella parte relativa al trasferimento "integrale" dell'area destinata a parcheggio all'acquirente El.Li.
D'altra parte, la ricorrente evidenzia (cfr. pagg. da 7 a 9 del ricorso) che il Ctu nominato dal Tribunale, le cui conclusioni venivano accolte nella sentenza di primo grado, avesse accertato che l'area da riservare a parcheggio proporzionata alla volumetria dei due appartamenti interno 10 e interno 11, in origine acquistati da Gi.El., doveva essere pari a mq. 34,80, mentre la zona coperta da questa ricevuta era pari soltanto a mq. 21,24, perciò mancando mq. 13,56 alla quota di legge. Lo stesso perito aveva quindi stimato in mq. 10,90 il diritto alla quota ideale dell'area di parcheggio spettante ad El.Li., traendo la conseguenza che, almeno con riferimento ai residui mq. 10,34, El.Gi. avesse sottratto l'area alla sua destinazione per quanto concerne l'altro appartamento di cui si era riservata la proprietà (e che poi ha ceduto al La.).
E' quindi incontroverso che l'area residua riconosciuta a Giuliana Elefante con l'atto di rettifica del 22.11.1972 (pari complessivamente a mq. 21,24) non garantisse a nessuno dei due appartamenti, poi da questa alienati a diversi soggetti, i parametri plano-volumetrici previsti dalla legge urbanistica. Il controricorrente ribadisce in questa sede come tale area di parcheggio, per quanto insufficiente rispetto ai criteri di legge, non fosse stata asservita in quell'atto di rettifica all'uno o all'altro degli appartamenti, e perciò ne pretende una quota.
Ora, secondo consolidata interpretazione giurisprudenziale,
la norma dettata dall'art. 41-sexies della legge n. 1150 del 1942, si limita a prescrivere, per i fabbricati di nuova costruzione, una misura proporzionale alla cubatura totale dell'edificio da destinare obbligatoriamente a parcheggi, pari ad un metro quadrato per ogni venti metri cubi di costruito, secondo i parametri applicabili per l'epoca dell'edificazione.
Per la concreta attuazione, invece, della costituzione del diritto reale di uso per parcheggio, soltanto in assenza di relativa previsione nell'atto concessorio, o nel regolamento condominiale, o negli atti di acquisto dei singoli appartamenti, è consentito chiedere al giudice tale identificazione (Cass. 11.08.1997, n. 7474).
Ai fini del rispetto del vincolo di destinazione impresso agli spazi per parcheggio dall'art. 41-sexies citato, infatti, il rapporto tra la superficie delle aree destinate a parcheggio e la volumetria del fabbricato, così come richiesto dalla legge, va effettivamente verificato a monte dalla P.A. nel rilascio della concessione edilizia (cfr. Cass. 30.07.1999, n. 6894; Cass. 14.11.2000, n. 14731; Cass. 05.05.2003, n. 6751; Cass. 13.01.2010, n. 378).
Sempre questa Corte ha affermato come gli spazi che debbono essere riservati a parcheggio ex art. 41-sexies possono essere ubicati indifferentemente nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle stesse, trattandosi di modalità entrambe idonee a soddisfare l'esigenza, costituente la "ratio" della norma, di deflazione della domanda di spazi per parcheggio nelle aree destinate alla pubblica circolazione, non essendo, peraltro, consentito al giudice di sindacare le scelte compiute in proposito dalla P.A. (Cass. 22.02.2006, n. 3961).
Ed allora, nella vicenda oggetto di questo giudizio, perché si possa correttamente affermare la nullità parziale ex art. 1418 c.c. dell'atto pubblico del 10.12.1990, come affermato dalla Corte d'Appello di Salerno, riconoscendo al La. il diritto reale d'uso sull'area di parcheggio occorre accertare l'avvenuta riserva, al momento della realizzazione dell'edificio di via ..., n. 21, di Salerno, all'interno della concessione edilizia, di una sufficiente ed individuata area da destinare a parcheggio, come richiesto dalla Legge urbanistica.
Solo, infatti, la determinazione di uno preciso spazio, interno od esterno all'edificio, idoneo ad essere utilizzato a scopo di parcheggio, e la successiva stipulazione di un atto di compravendita della singola porzione immobiliare con espressa esclusione o mancata menzione del contestuale trasferimento della proprietà o del diritto reale d'uso sulle pertinenziali porzioni del detto spazio riservato, consentono di pervenire alla dichiarazione di nullità di quell'atto.
Ove sia, diversamente, accertato che, pur previsto nella concessione edilizia, lo spazio sufficiente da adibire a parcheggio secondo le proporzioni di legge, non fosse stato affatto riservato in corso di costruzione o fosse stato impiegato, invece, per realizzarvi opere d'altra natura da destinare a diversa utilizzazione (ipotesi, cioè diversa, da quella in cui allo spazio realizzato conformemente al progetto fosse stata successivamente data una diversa destinazione in sede di vendita), non può dirsi nemmeno mai costituito il rapporto di pertinenzialità ex lege voluto dalla legge urbanistica, sicché non può ravvisarsi la nullità parziale dei contratti di vendita aventi ad oggetto quello spazio, né farsi luogo a tutela ripristinatoria per ottenere la realizzazione ex novo dello spazio da destinare a parcheggio non riservato in corso d'edificazione, ammettendosi unicamente una tutela risarcitoria.
In sostanza,
l'effettiva esistenza di uno spazio destinato a parcheggio proporzionato alla cubatura totale dell'edificio nel provvedimento abilitativo all'edificazione è condizione per il riconoscimento giudiziale del diritto reale al suo uso da parte degli acquirenti delle singole unità immobiliari del fabbricato (Cass. 18.04.2003, n. 6329; Cass. 22.02.2006, n. 3961; Cass. 07.05.2008, n. 11202; Cass. 11.02.2009, n. 3393; Cass. 05.05.2009, n. 10341; Cass. 08.08.2014, n. 17813).
Non è corretto, quindi, riconoscere un diritto reale di uso in favore del La. in una misura comunque non corrispondente ai parametri di cui all'art. 41-sexies della legge n. 1150 del 1942, in modo soltanto da condividere i disagi dell'insufficienza dell'area di parcheggio con Li.El., altro subacquirente di Gi.El., in quanto l'integrazione "ope legis" del contratto di acquisto del ricorrente non può che avvenire, sussistendone le specificate condizioni di fatto, nella proporzione aritmetica stabilita dalla citata norma imperativa ed inderogabile.
Né nella motivazione della corte d'appello risulta esplicitato se il diritto reale d'uso in favore di Lauriello Vincenzo sul sufficiente spazio destinato a parcheggio potesse trovare pieno esercizio sulle aree esterne al fabbricato comunque idonee a garantire la prescrizione normativa della legge urbanistica.
Secondo i principi generali di allocazione dell'onere istruttorio, spetta in ogni caso all'attore, il quale deduca la nullità dell'atto di acquisto da parte di terzi di un'area di parcheggio vincolata al diritto d'uso ex art. 41-sexies Legge urbanistica, di provare che il bene oggetto di tale alienazione sia compreso nell'ambito ben delimitato da tale norma (ovvero nell'apposito spazio riservato per parcheggio in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni venti metri cubi di costruzione, concretamente destinato a tal fine in sede di realizzazione del fabbricato), in quanto elemento costitutivo del suo asserito diritto (Cass. 23.01.2006, n. 1221).

CONDOMINIO - EDILIZIA PRIVATA: Aree vincolate a parcheggio, chiarimenti sul calcolo delle superfici. Cassazione: misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni dieci metri cubi di costruzione.
Dal vincolo di destinazione degli spazi a parcheggio sorge un automatico diritto reale d'uso in capo all'acquirente delle unità immobiliari interne all'edificio, restando nulla ogni clausola contraria.
Lo ha confermato la Corte di Cassazione, Sez. II civile, con la sentenza 04.02.2016 n. 2236.
La suprema Corte ricorda che il vincolo di destinazione è inderogabile, ma opera in favore della indifferenziata comunità dei condòmini, tanto che, se per l'attuazione di esso è necessario identificare la superficie da assoggettare all'uso normativamente previsto, secondo le misure ("non inferiore ad un metro quadrato per ogni metro cubo di costruzione") dalla stessa norma stabilite, il condominio, in assenza di relativa previsione o nell'atto concessorio, o nel regolamento condominiale, o negli atti d acquisto dei singoli appartamenti, deve chiedere al giudice tale identificazione, e pertanto non può ex se, con delibera, costituire il vincolo pubblicistico di destinazione predetta, scegliendo l'ubicazione degli appositi spazi su più ampia area del costruttore-venditore.
Peraltro, qualora ad attivarsi non sia il condominio o un gruppo di condòmini, anche un singolo condòmino può farlo.
UN METRO QUADRATO PER OGNI DIECI METRI CUBI DI COSTRUZIONE. La Cassazione rammenta inoltre che la legge urbanistica -art. 41-sexies Legge 1150/1942- conteneva all'epoca la previsione in base alla quale "nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse, debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni venti (successivamente ex art. 2 l. n. 122 del 1989: dieci) metri cubi di costruzione".
La Corte di legittimità precisa che la nozione di costruzione, che è diversa da quella di volume o volumetria, suscettibile di margini di opinabilità, implica indefettibilmente il riferimento anche ai muri esterni, giacché non può concepirsi costruzione senza i muri perimetrali che la delimitano (commento tratto da www.casaeclima.com).

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2) Con i primi due motivi di ricorso viene denunciata violazione e falsa applicazione degli artt. 18 L. 765/1967 (cd L. ponte), 26 L. 47/1985 e art. 818 cc e dell'art. 12 della legge 246/2005.
Parte ricorrente realisticamente ammette che la Corte di appello ha applicato un orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui
dal vincolo di destinazione degli spazi a parcheggio sorge un automatico diritto reale d'uso in capo all'acquirente delle unità immobiliari interne all'edificio, restando nulla ogni clausola contraria.
In forza di tali principi (riassunti da Cass. 23845/2013; v. poi esemplificativamente 4733/2015)
il vincolo di destinazione è inderogabile, ma opera in favore della indifferenziata comunità dei condòmini, tanto che, come è noto, se per l'attuazione di esso è necessario identificare la superficie da assoggettare all'uso normativamente previsto, secondo le misure ("non inferiore ad un metro quadrato per ogni metro cubo di costruzione") dalla stessa norma stabilite, il condominio, in assenza di relativa previsione o nell'atto concessorio, o nel regolamento condominiale, o negli atti d acquisto dei singoli appartamenti, deve chiedere al giudice tale identificazione, e pertanto non può, ex se, con delibera, costituire il vincolo pubblicistico di destinazione predetta, scegliendo l'ubicazione degli appositi spazi su più ampia area del costruttore-venditore (Cass. 7474/1997).
Peraltro, qualora ad attivarsi non sia il condominio o un gruppo di condòmini, anche un singolo condòmino può farlo.
2.1) Parte ricorrente, dopo un'ampia ricostruzione, chiede alla Corte di Cassazione (cfr. pag. 23 in principio) il mutamento dell'orientamento consolidatosi e attacca la sentenza sulla base di due preminenti considerazioni:
a) la circostanza che dal regime creato in giurisprudenza, che può portare alla proprietà comune dell'area (v Cass. 730/2008, ma non è questo il caso), potrebbe derivare un utilizzo, da parte dei condòmini, in violazione della norma imperativa, perché essi potrebbero decidere di vendere o dare in locazione a terzi i posti auto; ovvero un paradossale non utilizzo, qualora essi, privi di autovetture lasciassero liberi gli spazi.
b) il contrasto tra il principio della destinazione ad area di parcheggio indifferenziata e la parte della sentenza in cui "accerta il diritto d'uso della sig. Ri., sull'area di parcheggio di 74,88 mq individuata quale integrazione di quella già destinata allo scopo rispetto ai parametri normativi".
2.2) La Corte reputa che
non vi siano ragioni per discostarsi dall'orientamento giurisprudenziale dominante e osserva che gli inconvenienti ipotizzati in ricorso non siano plausibile chiave per modificare l'interpretazione da tempo data alla materia.
Il legislatore ha inteso attribuire alla comunità condominiale la disponibilità di una superficie a parcheggio stabilita sulla base di una principio di rilevazione della realtà sociale che non è certo smentito dall'evoluzione di questi decenni di applicazione della Legge Ponte, giacché corrisponde a comune esperienza che quel rapporto volumi/superficie conduce semmai a insoddisfacente risposta alle esigenze condominiali. Queste ultime, inoltre, sono quanto mai mutevoli dal punto di vista soggettivo, cosicché non si può far dipendere da circostanze casuali il senso del dictum legislativo.
Va escluso inoltre che la sentenza impugnata si sia posta in contrasto con i principi generali cui si è fatto riferimento. Ancorché sia vero che al punto 3) del dispositivo si dica che viene "assegnata in uso" a Ri.Vi. l'area per parcheggio vetture di 74,88 mq da staccarsi dalla maggior proprietà del piano cantinato di Se.Fi., tale disposizione va letta unitamente alla motivazione e avendo riguardo alla domanda iniziale e al senso complessivo dei termini usati.
Ora, se si considera:
- che l'attrice chiese (sentenza pag. 5) la "restituzione a parcheggio condominiale delle aree descritte" e quindi non un attribuzione in proprietà o in uso personale;
- che la motivazione della sentenza di appello ha chiaramente parlato di area da restituire alla "sua destinazione di parcheggio condominiale, con vincolo reale";
- che essa ha stabilito la facoltà del convenuto di scegliere la porzione di mq 74,88 che avrà la funzione di assicurare l'effettività della destinazione «a uso di parcheggio
»>;
- che la giurisprudenza di questa Corte (Cass. 1214/2012) ha già avuto modo di riconoscere che ove l'azione per il riconoscimento del diritto reale d'uso sia stata proposta da uno solo dei condomini, il giudice di merito può addirittura individuare un preciso spazio fisico per la sosta dei veicoli di proprietà del condòmino istante, senza che di tale decisione possa dolersi il costruttore del complesso immobiliare;
- che tutto il giudizio è stato istruito non in vista esclusiva della realizzazione del diritto del singolo, ma del rispetto della complessiva proporzione tra volume edificato e area destinata,
se ne desume che la sentenza di appello abbia solo inteso riconoscere il diritto condominiale e pronunciato in dispositivo in favore della istante, solo quale parte che ha agito per far valere un diritto proprio ma che vanta quale condòmina, il cui accertamento ridonda a beneficio di tutto il condominio; grazie al richiamo contenuto in sentenza il diritto riconosciuto può inoltre essere fatto valere anche esecutivamente dalla stessa parte attrice direttamente.
Non vi è quindi alcuna contraddizione tra quanto accertato sulla base della normativa vigente (che regola diritti sorti all'epoca) e quanto stabilito in dispositivo.
3) Il secondo motivo, come si è accennato, sollecita una rivisitazione della interpretazione consolidata, nella parte in cui non adopera l'art. 12 della L. 246/2005, che ha liberalizzato (secondo parte istante in modo "assoluto") la commerciabilità degli spazi di parcheggio.
Orbene,
è vero che la disposizione di cui all'art. 12, nono comma, della legge n. 246 del 2005 ha modificato l'art. 41-sexies della legge n. 1150 del 1942 inserendo un secondo comma all'art. 41-sexies e stabilendo che gli spazi per parcheggio possono essere trasferiti in modo autonomo rispetto alle altre unità immobiliari. Tuttavia rimane insuperabile la lettura datane da Cass. 4264/2006, a mente della quale la nuova norma trova applicazione soltanto per il futuro, vale a dire per le sole costruzioni non realizzate o per quelle per le quali, al momento della sua entrata in vigore, non erano ancora state stipulate le vendite delle singole unità immobiliari. <<L'efficacia retroattiva della norma va infatti esclusa, in quanto, da un lato, non ha natura interpretativa, per mancanza del presupposto necessario a tal fine, costituito dalla incertezza applicativa della disciplina anteriore, e, dall'altro, perché le leggi che modificano il modo di acquisto dei diritti reali o il contenuto degli stessi non incidono sulle situazioni maturate prima della loro entrata in vigore>>.
Nonostante siano trascorsi circa dieci anni da tale lettura, il legislatore non è intervenuto per modificarla, restando così rafforzate le rationes decidendi.

4) Il terzo motivo lamenta violazione e falsa applicazione artt. 978 e 979 c.c. e art. 1026 cc.
La censura contesta la ricostruzione giurisprudenziale del diritto reale d'uso sulle aree di parcheggio e chiede che esso sia legato alla vita dell'usufruttuario, restando altrimenti privo di durata e tale da espropriare il proprietario costruttore, la proprietà del quale sarebbe compromessa, in violazione della disciplina costituzionale.
La censura non merita soverchia considerazione, sol che si consideri che
il riconoscimento al condòmino del diritto reale d'uso costituisce reazione dell'ordinamento a una scelta, in parte illegittima, del proprietario costruttore. Questi avrebbe dovuto alienare l'area di parcheggio insieme alle unità abitative: avendo voluto riservarsi la proprietà si è volontariamente esposto alla limitazione posta a suo carico dalla legge urbanistica, che, nella specie, è stato necessario imporgli per via giudiziaria.
5) Il quarto motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 18 L. 765/1967, art. 26 L. 47/1985 e art. 818 c.c. - errata determinazione del calcolo dello spazio di parcheggio ex art. 18.
Parte ricorrente sostiene che la sentenza erroneamente non ha conteggiato i 32 mq di garage venduti ai signori Ca.-Ca. e i 49 mq di altro garage rimasto al ricorrente e poi trasferito a terzi unitamente agli uffici.
Si duole del fatto che la sentenza abbia ritenuto necessario che gli spazi di parcheggio siano vincolati all'uso diretto e indifferenziato degli occupanti l'edificio.
Afferma che in tal modo si nega la possibilità di trasferire con i singoli atti i posti auto agli acquirenti degli appartamenti, eventualità da ritenere legittima, con possibilità di libera rivendita.
Il quinto motivo (violazione e falsa applicazione art. 18 L. 765/1967, art. 26 L. 47/1985 e art. 818 cc e vizi di motivazione) verte sullo stesso punto attaccato nel precedente e torna a lamentare la contraddizione che sarebbe insita nell'avere affermato l'uso indifferenziato sulle aree a parcheggio e nell'avere poi assegnato alla Ricupero i 74,88 mq mancanti (profilo b). In ogni caso vi sarebbe contraddizione tra detta assegnazione individuale e il non avere considerato i metri quadrati di area che il proprietario aveva assegnato a sé e ai Ca.Ca..
Le due doglianze sono destituite di fondamento, in considerazione di quanto già spiegato sub 2.2).
Invano parte ricorrente fa leva sulla fraseologia usata nel dispositivo della sentenza. Essa non ha trasferito la titolarità della proprietà alla Ri. personalmente, come ha invece fatto il Fi. nel vendere a terzi le due aree che vorrebbe conteggiare; ha solo riconosciuto l'estendersi del diritto indifferenziato dei condomini sull'area che era stata esclusa e ha (con la imprecisa formula "assegna in uso") riconosciuto all'attrice il potere di far valere su detta area (che peraltro secondo la Corte d'appello potrà essere scelta dal convenuto ricorrente) la destinazione a parcheggio condominiale che era stata chiesta e che è stata chiaramente sancita in motivazione.
E' implicito nella giurisprudenza confermata, e invano criticata, che il costruttore non può far conteggiare nell'area vincolata i parcheggi che costruisce e aliena liberamente, senza riguardo al vincolo. Tale regime di libera vendita è compatibile con le costruzioni post 1967, ma solo quanto alle aree di parcheggio eccedenti il limite delle aree da sottoporre al vincolo legale, le quali per essere riconosciute devono essere identificabili dai singoli atti di vendita.
Per la superficie vincolata ex lege 765/1967 il proprietario, che voglia riservarsi la proprietà o cederla a terzi (v. Cass. 11261/2003), deve comunque salvaguardare con tali atti che sia rispettata la destinazione di legge, che riserva stabilmente (come sottolinea la sentenza, pag. 31) i relativi spazi all'uso delle persone che stabilmente abitano le singole unità immobiliari del fabbricato, limite che nel ricorso il Fi. non dichiara e documenta di aver posto, nei sensi di cui si è prima discusso, ai terzi da lui aventi causa.
La violazione del vincolo è implicita nella sua scelta di dividere l'area vincolata più vasta da queste piccole aree riservate e nel suo intendimento di considerare queste aree liberamente rivendibili dagli acquirenti.
6) Il sesto motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 18 L. 765/1967 e dell'art. 9 circolare LLPP n. 3210/1967 nonché vizi di motivazione.
Viene qui riproposta la questione relativa al calcolo della superficie da destinare a parcheggio e quindi della correlata cubatura al netto o al lordo dei muri perimetrali dell'edificio.
Parte ricorrente reputa, citando la circolare ministeriale, che la cubatura debba essere computata detraendo i muri perimetrali esterni.
La censura è infondata.
Il testo normativo, che prevale sulle letture che possono aver fornito datate circolari, anteriori alla vita dell'istituto e alla sua elaborazione nel mondo giuridico, depone nel senso voluto dalla sentenza impugnata.
La legge urbanistica (art. 41-sexies Legge 1150/1942) conteneva all'epoca la previsione in base alla quale "nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse, debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni venti (successivamente ex art. 2 l. n. 122 del 1989: dieci) metri cubi di costruzione".
La nozione di costruzione, che è diversa da quella di volume o volumetria, suscettibile di margini di opinabilità, implica indefettibilmente il riferimento anche ai muri esterni, giacché non può concepirsi costruzione senza i muri perimetrali che la delimitano.

La doglianza va quindi respinta.
6.1) Il motivo presenta un altro profilo, concernente la mancata considerazione, nella superficie a suo tempo effettivamente vincolata, degli spazi (un'area di 33,22 mq, ricorso pag. 39) «occupati da "muro di confine", "marciapiede e gabbia cancello" e "gradini interno cortile"», manufatti considerati dalla Corte di appello quali "ostacoli fissi".
Secondo il ricorrente trattasi invece di spazi funzionali al parcheggio e come tali da conteggiare.
La questione è posta anche nel settimo motivo, in cui si deduce che questi ostacoli fissi erano descritti in progetto ed erano ormai goduti dai condòmini.
Anche questa doglianza merita il rigetto.
Con apprezzamento di merito incensurabile in sede di legittimità, la Corte di appello ha ritenuto che i manufatti non fossero da includere nel computo del parcheggio e che l'area da essi occupata fosse "superficie effettivamente non disponibile". Invano il ricorso invoca il diverso parere del consulente sulla loro funzionalità e la inclusione dei manufatti nel progetto approvato: la descrizione dei manufatti conforta l'opinione della Corte, facendola apparire congrua e logica, dunque, si ripete, non sindacabile dal giudice di legittimità (Corte di Cassazione, Sez. II civile, sentenza 04.02.2016 n. 2236).

anno 2015

EDILIZIA PRIVATA: In Lombardia, i box sono sempre e comunque gratuiti a prescindere se superino -o meno- il rapporto di legge di 1 mq/10 mc.. E la relativa snr non concorre alla determinazione della classe dell'edificio.
Circa la gratuità del permesso di costruire nella parte relativa alle autorimesse, questo TAR si è già pronunciato più volte in senso affermativo.
L’art. 69, comma 1, della LR 12/2005 attribuisce la massima estensione al principio della gratuità, riferendolo espressamente a tutte le tipologie di parcheggi (“pertinenziali e non pertinenziali, realizzati anche in eccedenza rispetto alla quota minima richiesta per legge”).
Non è quindi possibile limitare il beneficio alle costruzioni esistenti, o ai parcheggi privati disciplinati da convenzioni urbanistiche o rientranti nel programma urbano dei parcheggi. La disciplina di favore è chiarita e completata dal comma 2 dell’art. 69, il quale espressamente stabilisce che “[a]i fini del calcolo del costo di costruzione, le superfici destinate a parcheggi non concorrono alla definizione della classe dell'edificio”.
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Non si ritiene di sollevare la questione di legittimità costituzionale dell’art. 69 della LR 12/2005, proposta dal Comune in relazione all’asserito superamento dei limiti della competenza legislativa regionale.
In realtà, la realizzazione di parcheggi privati corrisponde a esigenze di interesse pubblico (minore ingombro degli spazi della viabilità, minori spese per parcheggi comunali) che possono presentarsi in forma differenziata sul territorio nazionale, ferma restando la necessità di una soglia minima omogenea. Non è dunque irragionevole o disfunzionale che le normative regionali siano a loro volta differenziate, e incentivino in grado maggiore o minore la realizzazione dei parcheggi privati, tenendo conto delle particolarità locali.
Del resto, la disposizione generale dell’art. 16 del DPR 380/2001 rinvia ai parametri stabiliti dalle regioni sia per gli oneri di urbanizzazione (comma 4) sia per il costo di costruzione (comma 9), ovvero le due voci in relazione alle quali viene determinato il contributo di costruzione. Vi sono quindi margini a disposizione del legislatore regionale per ottenere, attraverso la leva del costo delle edificazioni, risultati di interesse pubblico individuati e definiti su scala locale.
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Nel caso in esame, l’art. 69 della LR 12/2005 non è stato rispettato, e pertanto il calcolo del contributo di costruzione dovrà essere rinnovato escludendo i parcheggi, sia direttamente sia in relazione alla classe dell’edificio.
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1. Il Comune di Arcene ha rilasciato alla società ricorrente E.A.srl il permesso di costruire n. 4 del 14.04.2011, autorizzando la realizzazione di 3 edifici per un totale di 42 appartamenti nel PL “La Fornace”. Il contributo di costruzione (€ 197.535,97) è stato calcolato tenendo conto anche della superficie destinata ad autorimesse e aree di manovra (1.870,63 mq).
2. La ricorrente ha versato € 49.384 al momento del rilascio del titolo edilizio, e ha ottenuto la rateizzazione del resto (v. provvedimento del responsabile dell’Ufficio Tecnico del 22.03.2011), con applicazione degli interessi legali, come previsto dalla deliberazione giuntale n. 20 del 09.03.2011.
La restituzione doveva avvenire in dieci rate, ciascuna di importo pari a € 15.324, da corrispondere a intervalli trimestrali tra il 22.07.2011 e il 22.10.2013.
A garanzia della restituzione la ricorrente ha presentato una polizza fideiussoria emessa da Atradius Credit Insurance NV per un valore pari a € 192.598.
3. La ricorrente ha versato per intero le prime quattro rate, ma senza rispettare, per la quarta, la scadenza prevista. Dopo il 13.06.2012 (data di pagamento della quarta rata) la ricorrente ha effettuato altri versamenti parziali, e ha quindi interrotto ogni pagamento.
Secondo la ricorrente, il contributo di costruzione, ricalcolato escludendo la superficie destinata ad autorimesse e non computando la suddetta superficie ai fini dell’individuazione della classe degli edifici, sarebbe pari a € 97.949,90. Una volta computati gli interessi per la rateizzazione, l’importo definitivo risulterebbe pari a € 98.394,35.
Questa somma era già stata interamente corrisposta alla data del 13.06.2012. Rispetto all’importo dovuto, la ricorrente avrebbe versato un esubero pari a € 48.257,65.
4. A questo si aggiunge l’escussione parziale della fideiussione, per un importo pari a € 34.568,10, effettuata il 17.12.2013.
5. Più recentemente, il Comune con provvedimento del responsabile dell’Ufficio Tecnico del 19.05.2014 ha comunicato una nuova escussione parziale della fideiussione per un importo pari a € 22.475,20.
6. Contro il suddetto provvedimento e contro gli atti presupposti (tra cui la deliberazione giuntale n. 20/2011) la ricorrente ha presentato impugnazione con atto notificato il 23.06.2014 e depositato il 30.06.2014. Le censure possono essere sintetizzate come segue:
(i) violazione dell’art. 69 della LR 11.03.2005 n. 12, che prevede il regime di gratuità integrale per i parcheggi pertinenziali e non pertinenziali, ed esclude le relative superfici dalla definizione della classe dell'edificio;
(ii) violazione dell’art. 16, comma 3, del DPR 06.06.2001 n. 380, nonché irragionevolezza, con riferimento alle disposizioni della deliberazione giuntale n. 20/2011, che ammettono la rateizzazione solo per importi superiori a € 100.000 e prevedono che il contributo di costruzione residuo venga rideterminato qualora il costo di costruzione subisca degli incrementi;
(iii) mancanza dei presupposti per applicare le sanzioni da ritardo, in quanto l’intero importo del contributo di costruzione sarebbe stato versato ancora in data 13.06.2012. Viene inoltre chiesta una pronuncia che accerti il contributo di costruzione nell’importo di € 97.949,90, con la conseguente condanna alla restituzione della somma versata o escussa in eccedenza (€ 82.825,75), aumentata di interessi, rivalutazione e maggior danno.
7. Il Comune si è costituito in giudizio chiedendo la reiezione del ricorso.
8. Sulle questioni rilevanti ai fini della decisione si possono svolgere le seguenti considerazioni.
...
Sulla gratuita dei parcheggi
14. Circa la gratuità del permesso di costruire nella parte relativa alle autorimesse, questo TAR si è già pronunciato più volte in senso affermativo (v. sentenze n. 1709 del 29.09.2009, e n. 508 del 24.05.2013).
L’art. 69, comma 1, della LR 12/2005 attribuisce la massima estensione al principio della gratuità, riferendolo espressamente a tutte le tipologie di parcheggi (“pertinenziali e non pertinenziali, realizzati anche in eccedenza rispetto alla quota minima richiesta per legge”).
Non è quindi possibile limitare il beneficio alle costruzioni esistenti, o ai parcheggi privati disciplinati da convenzioni urbanistiche o rientranti nel programma urbano dei parcheggi. La disciplina di favore è chiarita e completata dal comma 2 dell’art. 69, il quale espressamente stabilisce che “[a]i fini del calcolo del costo di costruzione, le superfici destinate a parcheggi non concorrono alla definizione della classe dell'edificio”.
15. Non si ritiene di sollevare la questione di legittimità costituzionale dell’art. 69 della LR 12/2005, proposta dal Comune in relazione all’asserito superamento dei limiti della competenza legislativa regionale.
In realtà, la realizzazione di parcheggi privati corrisponde a esigenze di interesse pubblico (minore ingombro degli spazi della viabilità, minori spese per parcheggi comunali) che possono presentarsi in forma differenziata sul territorio nazionale, ferma restando la necessità di una soglia minima omogenea. Non è dunque irragionevole o disfunzionale che le normative regionali siano a loro volta differenziate, e incentivino in grado maggiore o minore la realizzazione dei parcheggi privati, tenendo conto delle particolarità locali.
Del resto, la disposizione generale dell’art. 16 del DPR 380/2001 rinvia ai parametri stabiliti dalle regioni sia per gli oneri di urbanizzazione (comma 4) sia per il costo di costruzione (comma 9), ovvero le due voci in relazione alle quali viene determinato il contributo di costruzione. Vi sono quindi margini a disposizione del legislatore regionale per ottenere, attraverso la leva del costo delle edificazioni, risultati di interesse pubblico individuati e definiti su scala locale.
16. Nel caso in esame, l’art. 69 della LR 12/2005 non è stato rispettato, e pertanto il calcolo del contributo di costruzione dovrà essere rinnovato escludendo i parcheggi, sia direttamente sia in relazione alla classe dell’edificio.
17. Poiché nelle memorie difensive si fa riferimento a una variante progettuale chiesta dalla ricorrente, che trasformerebbe una parte delle autorimesse in superficie con diversa destinazione, è ora necessario risolvere tale questione con precedenza su tutte le altre.
A tutela delle finanze pubbliche, il Comune può infatti legittimamente rinviare il nuovo calcolo (e la restituzione di quanto incamerato in eccedenza) in attesa che diventi definitivo il dato sulla superficie dei parcheggi. Il bilanciamento di tale posizione di vantaggio è costituito dall’obbligo di decidere sulla richiesta di variante in un termine breve (TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 31.08.2015 n. 1133 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATALa normativa in tema di parcheggi costituisce un corpus di regole speciali (art. 41-sexies della legge n. 1150/1942; d.m. 1444/1968; art. 18 legge n. 765/1989; legge n. 122/1989) connotate da un evidente regime di favor, strettamente connesse e funzionali per le amministrazioni locali all’obiettivo di garantire ed assicurare alla collettività un adeguato livello di standards quali-quantitativi nell’ambito della predisposizione del complesso sistema delle infrastrutture e dei servizi ai cittadini.
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Per tutti gli spazi a parcheggio, quale che sia la sorte del vincolo pertinenziale di stampo privatistico rispetto alle costruzioni servite, deve ritenersi indiscutibile la permanenza e la inderogabilità del vincolo pubblicistico di destinazione, quale connotazione necessaria dell'essere quegli spazi funzionali al perseguimento di primarie esigenze della collettività, legate alla stessa vivibilità degli spazi urbani.
Ne consegue che in nessun caso potrebbe essere consentito il cambio di destinazione d'uso in relazione agli immobili predetti, dato che sarebbe contro ogni logica che il diverso uso individuale possa prevalere sulla destinazione a parcheggio che partecipa dei suddetti caratteri di rilevanza pubblica.
Tale destinazione deve pertanto orientare, a guisa di vero e proprio vincolo, l'azione della pubblica amministrazione dal momento che consentire, per il tramite dell'autorizzazione al cambio di destinazione d'uso, la sottrazione di spazi destinati a garage realizzati grazie al meccanismo derogatorio di legge dianzi brevemente descritto, equivarrebbe certamente ad infrangere un vincolo di inedificabilità.

3. La ricostruzione attorea non convince essendo basata su un’erronea interpretazione della normativa in tema di parcheggi che costituisce un corpus di regole speciali (art. 41-sexies della legge n. 1150/1942; d.m. 1444/1968; art. 18 legge n. 765/1989; legge n. 122/1989) connotate da un evidente regime di favor, strettamente connesse e funzionali per le amministrazioni locali all’obiettivo di garantire ed assicurare alla collettività un adeguato livello di standards quali-quantitativi nell’ambito della predisposizione del complesso sistema delle infrastrutture e dei servizi ai cittadini.
Tanto premesso la circostanza secondo cui il permesso di costruire n. 15/2002 rilasciato per la costruzione delle due autorimesse in questione sarebbe stato emesso a titolo oneroso, e non avrebbe natura pertinenziale, non equivale a ritenere per ciò solo sottratto il titolo edilizio al regime di favor della normativa di settore predetto.
Ed infatti anche per i parcheggi non pertinenziali da realizzarsi in aree libere nel sottosuolo o al pian terreno di fabbricati l’art. 6, comma 2, della legge regionale Campania n. 19/2001 prevede la possibilità di realizzarli “in deroga” agli strumenti urbanistici vigenti.
Né alcun rilievo può attribuirsi alla circostanza secondo cui il permesso di costruire sarebbe stato rilasciato “a titolo oneroso” e non a titolo gratuito, dal momento che la gratuità presuppone, innanzitutto, che si tratti di autorimesse e parcheggi, realizzate in locali preesistenti o totalmente al di sotto del piano di campagna naturale, mentre nella specie le autorimesse sono state realizzate “ex novo” ed il complesso immobiliare autorizzato non è completamente interrato poiché con il permesso di costruire n. 15 cit. oltre la costruzione delle due autorimesse è stata altresì assentita la realizzazione di due sovrastanti strutture a carattere smontabile complete di tettoie.
A ciò aggiungasi che per i parcheggi non connotati da vincolo di pertinenzialità trova applicazione l’art. 41-quinquies, l. 17.08.1942, n. 1150 relativa agli spazi per parcheggi da conteggiarsi ai fini della dotazione di standard.
Per tale ragione non può validamente sostenersi che il mutamento di destinazione d’uso avverrebbe nell’ambito della medesima categoria omogenea, stante la peculiarità della destinazione d’uso attribuita e del regime giuridico agevolato cui è assoggettato il rilascio di titoli edilizi per la realizzazione di autorimesse anche non pertinenziali sulla cui base l’intervento assentito appare per lo più sussumibile nell’ambito di una destinazione a “servizi” che non di tipo produttivo commerciale.
Cionondimeno per tutti gli spazi a parcheggio, quale che sia la sorte del vincolo pertinenziale di stampo privatistico rispetto alle costruzioni servite, deve ritenersi indiscutibile la permanenza e la inderogabilità del vincolo pubblicistico di destinazione, quale connotazione necessaria dell'essere quegli spazi funzionali al perseguimento di primarie esigenze della collettività, legate alla stessa vivibilità degli spazi urbani.
Ne consegue che in nessun caso potrebbe essere consentito il cambio di destinazione d'uso in relazione agli immobili predetti, dato che sarebbe contro ogni logica che il diverso uso individuale possa prevalere sulla destinazione a parcheggio che partecipa dei suddetti caratteri di rilevanza pubblica. Tale destinazione deve pertanto orientare, a guisa di vero e proprio vincolo, l'azione della pubblica amministrazione dal momento che consentire, per il tramite dell'autorizzazione al cambio di destinazione d'uso, la sottrazione di spazi destinati a garage realizzati grazie al meccanismo derogatorio di legge dianzi brevemente descritto, equivarrebbe certamente ad infrangere un vincolo di inedificabilità (TAR Campania-Napoli, Sez. VI, sentenza 22.07.2015 n. 3872 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATALa prevalente giurisprudenza ritiene che le disposizioni di cui all'art. 9 l. 122/1989 abbiano carattere eccezionale, perseguendo esse la finalità di dare soluzione ai problemi relativi ai parcheggi nelle aree urbane.
Pertanto, l'operatività delle stesse (in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti) non può ritenersi estesa anche alle zone agricole. Ne consegue che la realizzazione di parcheggi in dette zone resta comunque soggetta alle ordinarie prescrizioni urbanistiche ed edilizie

20. Si può ora passare all’esame della prima parte del primo motivo, laddove i ricorrenti sostengono che, in base all’art. 9 della legge n. 122 del 1989, la possibilità di realizzare autorimesse interrate sarebbe sempre ammessa, anche in deroga alle previsioni degli strumenti urbanistici.
21. In proposito si osserva quanto segue.
22. Stabilisce l’art. 9, primo comma, della legge 10.03.1989, n. 122 (Disposizioni in materia di parcheggi, programma triennale per le aree urbane maggiormente popolate nonché modificazioni di alcune norme del testo unico sulla disciplina della circolazione stradale, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 15.06.1959, n. 393) che <<I proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti…>>.
23. Come si vede, la norma ammette effettivamente la possibilità di realizzare autorimesse interrate anche in deroga alle disposizioni contenute nei vigenti piani urbanistici.
24. Va però osservato che la prevalente giurisprudenza ritiene che le indicate disposizioni abbiano carattere eccezionale, perseguendo esse la finalità di dare soluzione ai problemi relativi ai parcheggi nelle aree urbane; e che, pertanto, l'operatività delle stesse non possa ritenersi estesa anche alle zone agricole. Ne consegue che la realizzazione di parcheggi in dette zone resta comunque soggetta alle ordinarie prescrizioni urbanistiche ed edilizie (cfr. TAR Campania Napoli, sez. II, 08.06.2009, n. 3134; TAR Veneto, sez. II, 06.09.2002, n. 5229).
25. Per queste ragioni, la doglianza in esame non può essere accolta (TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 09.07.2015 n. 1590 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: In materia urbanistica costituiscono vincoli soggetti a decadenza solo quelli preordinati all'espropriazione o che comportino l'inedificazione, e che dunque svuotino il contenuto del diritto di proprietà incidendo sul godimento del bene, tanto da renderlo inutilizzabile rispetto alla sua destinazione naturale, ovvero diminuendone in modo significativo il suo valore di scambio.
Tali non sono, tra gli altri, le previsioni di un piano regolatore che destinano un’area a verde pubblico attrezzato, trattandosi di vincoli conformativi della proprietà, in quanto inquadrabili nella zonizzazione dell'intero territorio comunale o di parte di esso, che incidono su una generalità di beni, in funzione della destinazione dell'intera zona in cui questi ricadono.
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La giurisprudenza di questo Consiglio ha già risolto favorevolmente la questione relativa alla possibilità di far coesistere la destinazione a verde pubblico di un’area con quella di realizzarvi nel sottosuolo parcheggi pertinenziali.
Nell’occasione, la richiamata coesistenza è stata ammessa stante l’evidente inidoneità della destinazione a parcheggio del sottosuolo a sottrarre l’area sovrastante alle sue finalità di interesse pubblico.
Ma è altresì evidente che –per le medesime ragioni– la richiamata compatibilità resti ammessa solo a condizione che la realizzazione dei parcheggi interrati non sottragga né in tutto, né in parte aree tipicamente destinate, sul soprasuolo, a verde attrezzato.
Si tratta esattamente della situazione che si riscontra nel caso in esame, in cui la realizzazione delle rampe d’accesso nel soprasuolo è idonea a sottrarre porzioni apprezzabili di superficie alla destinazione tipica di Piano (anche in considerazione dell’estensione non rilevante dell’area).
In siffatte ipotesi, la coesistenza fra il vincolo conformativo e la realizzazione dei parcheggi interrati può infatti essere ammessa, ma solo a condizione che la realizzazione dei secondi non alteri la piena estensione del primo, neppure in modo parziale e neppure per la realizzazione degli interventi accessori e strumentali i quali dovranno in via di principio trovare collocazione esternamente all’area.

7. Deve essere ora esaminato il quarto motivo di ricorso con cui si è chiesta la riforma della sentenza in epigrafe per la parte in cui i primi Giudici hanno respinto il motivo di ricorso relativo all’illegittimità della D.I.A. del 2008 in quanto –inter alia- ammetteva la realizzazione di una rampa di accesso all’immobile andando ad incidere su un’area destinata a verde attrezzato sulla base di un vincolo non decaduto.
7.1. Il motivo non può trovare accoglimento.
7.1.1. Ora, va premesso che la sentenza in epigrafe è certamente meritevole di conferma per la parte in cui afferma che la destinazione a ‘Verde attrezzato’ impressa all’area per cui è causa dalla pertinente disciplina di piano, atteso il suo carattere conformativo, non è soggetta a decadenza.
Al riguardo ci si limita a richiamare il consolidato –e qui condiviso– indirizzo secondo cui in materia urbanistica costituiscono vincoli soggetti a decadenza solo quelli preordinati all'espropriazione o che comportino l'inedificazione, e che dunque svuotino il contenuto del diritto di proprietà incidendo sul godimento del bene, tanto da renderlo inutilizzabile rispetto alla sua destinazione naturale, ovvero diminuendone in modo significativo il suo valore di scambio. Tali non sono, tra gli altri, le previsioni di un piano regolatore che destinano un’area a verde pubblico attrezzato, trattandosi di vincoli conformativi della proprietà, in quanto inquadrabili nella zonizzazione dell'intero territorio comunale o di parte di esso, che incidono su una generalità di beni, in funzione della destinazione dell'intera zona in cui questi ricadono (in tal senso –ex multis-: Cons. Stato, IV, 06.05.2013, n. 2432; id., IV, 23.04.2013, n. 2254; id., IV, 29.11.2012, n. 6094).
7.1.2. Neppure può essere condivisa la tesi dell’appellante secondo cui, anche ad ammettere la persistenza del richiamato vincolo conformativo, sarebbe comunque consentita la realizzazione, nell’ambito di aree destinate a ‘verde attrezzato’, di rampe destinate all’accesso a parcheggi interrati.
La giurisprudenza di questo Consiglio ha già risolto favorevolmente la questione relativa alla possibilità di far coesistere la destinazione a verde pubblico di un’area con quella di realizzarvi nel sottosuolo parcheggi pertinenziali (in tal senso, Cons. Stato, VI, 19.10.2006, n. 6256).
Nell’occasione, la richiamata coesistenza è stata ammessa stante l’evidente inidoneità della destinazione a parcheggio del sottosuolo a sottrarre l’area sovrastante alle sue finalità di interesse pubblico.
Ma è altresì evidente che –per le medesime ragioni– la richiamata compatibilità resti ammessa solo a condizione che la realizzazione dei parcheggi interrati non sottragga né in tutto, né in parte aree tipicamente destinate, sul soprasuolo, a verde attrezzato.
Si tratta esattamente della situazione che si riscontra nel caso in esame, in cui la realizzazione delle rampe d’accesso nel soprasuolo è idonea a sottrarre porzioni apprezzabili di superficie alla destinazione tipica di Piano (anche in considerazione dell’estensione non rilevante dell’area).
In siffatte ipotesi, la coesistenza fra il vincolo conformativo e la realizzazione dei parcheggi interrati può infatti essere ammessa, ma solo a condizione che la realizzazione dei secondi non alteri la piena estensione del primo, neppure in modo parziale e neppure per la realizzazione degli interventi accessori e strumentali i quali dovranno in via di principio trovare collocazione esternamente all’area.
Né a conclusioni diverse da quelle appena delineate può giungersi in relazione al contenuto della delibera consiliare n. 32 del 2005, pure richiamata dagli appellanti a sostegno delle proprie tesi.
A tacere d’altro, si osserva che la delibera in questione ha sancito la richiamata compatibilità/coesistenza (e ha dettato prescrizioni per la realizzazione delle rampe d’accesso), ma non sembra aver affermato il principio secondo cui la superficie destinata alle rampe possa essere sottratta a quella destinata alla fruizione del verde pubblico attrezzato
(Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 05.06.2015 n. 2769 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Ancora sull'indissolubilità del vincolo di cui all'art. 41-sexies della Legge urbanistica.
È nulla la vendita di un’abitazione quando il venditore ceda solo l’unità abitativa e non anche (quantomeno) il diritto d’uso del posto auto che si riserva in collegamento con la mansarda abusiva.
In materia edilizia l'art. 41-sexies della l. n. 1150/1942 pone un vincolo di destinazione obbligatorio tra spazi destinati a parcheggio e cubatura totale dell'edificio, con la conseguenza che in favore di tutti i condomini sorge un diritto reale d'uso sugli spazi anzidetti. Tale vincolo di destinazione, imposto dalla normativa di settore, viene eluso nel caso di alterazione dello standard urbanistico, effettuato mediante la realizzazione ex post di una unità immobiliare abusiva.
Ne consegue che deve essere annullata con rinvio la sentenza di merito che, dopo aver accertato che il contratto di compravendita non aveva trasferito la proprietà del posto auto unitamente a quella dell'appartamento, ha ritenuto che i venditori potessero legittimamente non trasferire il diritto reale d'uso del posto auto, stante la riserva dello stesso all'unità abitativa realizzata ex post nel locale mansarda, riconoscendo tuttavia che quest'ultimo costituisce un'unità immobiliare abusiva, così acclarando l'avvenuta alterazione del rapporto tra superficie di parcheggio e metri cubi di costruzione, in danno del diritto degli acquirenti dell'appartamento a fruire del posto auto, sotto forma di diritto reale d'uso, dovendo dunque ritenersi eluso il vincolo di destinazione imposto dalla normativa speciale richiamata
(Corte di Cassazione, Sez. II civile, sentenza 10.03.2015 n. 4733).

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Commento (di Daniele Minussi)
Nel caso in esame era stata realizzata da un condomino una mansarda abusiva ricavata nel sottotetto. Detto condomino, venduto l'appartamento di cui era titolare senza aver contestualmente ceduto anche il posto auto, era andato ad abitare nella mansarda, continuando a fruire del parcheggio originariamente acquistato unitamente all'unità abitativa di poi ceduta.
Chi aveva acquistato l'appartamento senza posto auto aveva successivamente agito per far dichiarare l'invalidità dell'atto, laddove non veniva trasferito anche il posto auto pertinenziale. La Corte d'Appello, sovvertendo il giudizio di primo grado, aveva dato torto all'attore sulla scorta del modo di disporre del più volte novellato art. 26 della l. 47/1985. Insomma: summum jus, summa iniuria.
Provvede a "riparare" la S.C. con la pronunzia in commento, rilevando come il nodo in realtà non consista nell'astratta previsione della norma citata, quanto piuttosto nel rilievo in base al quale la condotta abusiva di chi ebbe a realizzare la mansarda senza titolo autorizzativo, ha alterato l'originario rapporto planivolumetrico disciplinato dall'art. 41-sexies della legge 1150/1942.
Tale condotta antigiuridica non può non riverberarsi sulla conformità a legge della vendita dell'appartamento privo di posto auto eseguita da chi, illegittimamente, intende mantenere il diritto di parcheggio
(tratto da www.e-glossa.it).
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1. - Il ricorso è fondato.
1.1. - Con l'unico motivo è dedotta violazione dell'art. 41-sexies legge n. 1150 del 1942, introdotto dall'art. 18 della legge n. 765 del 1967.
Si assume che la realizzazione di una unità abitativa in assenza di concessione e di sanatoria, nella specie il vano sottotetto o mansarda, alla quale era stato destinato dai coniugi F.-Z. l'uso del posto auto avrebbe alterato lo standard urbanistico degli spazi destinati ad uso parcheggio, stabilito dall'art. 41-sexíes.
Il vincolo pubblicistico di servizio tra il fabbricato e l'area destinata a parcheggio risulterebbe eluso dal contratto di compravendita inter partes, in forza del quale il vincolo permarrebbe in quanto collegato ad una unità abitativa abusiva, in quanto tale precaria, potendo essere oggetto di demolizione ovvero riduzione in pristino.
2. - La doglianza è fondata.
2.1. - La fattispecie in esame è regolata, ratione temporis, dall'art. 41-sexies della legge n. 1152 del 1942, che pone un vincolo di destinazione obbligatorio tra spazi destinati a parcheggio e cubatura totale dell'edificio, e determina perciò il sorgere di un diritto reale d'uso sugli spazi predetti a favore di tutti i condomini (ex plurimis, Cass., sez. 2^, sentenze n. 21003 del 2008; n. 15509 del 2011; n. 28950 del 2011; n. 1214 del 2012).
2.2. - La Corte d'appello, dopo aver accertato che il contratto di compravendita non aveva trasferito la proprietà del posto auto unitamente a quella dell'appartamento, ha ritenuto che i venditori potessero legittimamente non trasferire il diritto reale d'uso del posto auto, stante la riserva dello stesso all'unità abitativa realizzata ex post nel locale mansarda.
Ma la stessa Corte d'appello ha riconosciuto che si trattava di unità immobiliare abusiva, così acclarando l'avvenuta alterazione del rapporto tra superficie di parcheggio e metri cubi di costruzione, in danno del diritto degli acquirenti dell'appartamento a fruire del posto auto, sotto forma di diritto reale d'uso.
Il vincolo di destinazione, Imposto dalla normativa speciale richiamata, risulta nella specie eluso mediante l'alterazione del precedente standard urbanistico, attuata con la realizzazione ex post di una unità immobiliare abusiva.
2.3. - La sentenza Impugnata deve quindi essere cassata e il giudice del rinvio, individuato in dispositivo, procederà all'applicazione del principio di diritto secondo cui costituisce violazione dell'art. 41-sexies della legge n. 1150 del 1942 l'alterazione del rapporto tra superficie di parcheggio e metri cubi di costruzione che si produce attraverso la realizzazione ex post di unità Immobiliari abusive
(Corte di Cassazione, Sez. II civile, sentenza 10.03.2015 n. 4733).

EDILIZIA PRIVATAL’art. 9 della legge 24.03.1989, n. 122, nel consentire la costruzione di parcheggi, da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, nel sottosuolo degli immobili o nei locali siti al piano terreno anche in deroga alla vigente disciplina urbanistica, necessariamente fa implicito riferimento ai soli fabbricati già esistenti e non anche le concessioni edilizie rilasciate per realizzare edifici nuovi, per i quali invece provvede l’articolo 2, comma 2, della stessa legge n. 122, il quale stabilisce l'obbligo di riservare appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore a 1 mq. per ogni 10 mc. di costruzione.
Ed infatti, in base a un condiviso orientamento, l’articolo 9 della legge 24.03.1989, n. 122, nel consentire la costruzione di parcheggi, da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, nel sottosuolo degli immobili o nei locali siti al piano terreno anche in deroga alla vigente disciplina urbanistica, necessariamente fa implicito riferimento ai soli fabbricati già esistenti e non anche le concessioni edilizie rilasciate per realizzare edifici nuovi, per i quali invece provvede l’articolo 2, comma 2, della stessa legge n. 122, il quale stabilisce l'obbligo di riservare appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore a 1 mq. per ogni 10 mc. di costruzione (in tal senso: Cons. Stato, IV, 16.04.2012, n. 2185) (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 09.02.2015 n. 637 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2014

EDILIZIA PRIVATAI volumi destinati a parcheggi obbligatori ad uso privato di cui all’art. 41-sexies L. 17.08.1942 n. 1150, legati all’immobile principale da un nesso di inscindibilità in forza del quale di essi non possa disporsi separatamente, non sono assoggettabili al contributo commisurato al costo di costruzione.
Sicché, il rapporto tra superficie delle aree destinate a parcheggio e volumetria del fabbricato, così come richiesto dal citato art. 41-sexies, è verificato dalla P.A. e costituisce condizione essenziale per il rilascio del titolo edilizio, di modo che la rimozione del vincolo pertinenziale non può avvenire a piacimento del proprietario, ma soltanto attraverso una concessione in variante che lo trasferisca su altre zone riconosciute idonee.
Tuttavia, il vincolo così costituito dev’essere poi effettivamente trascritto nelle forme dovute.
Pertanto, alla stregua di quanto sopra, le aree gravate da vincolo di destinazione a parcheggio ai sensi dell’art. 41-sexies L. 17.08.1942 n. 1150 sulla base del titolo edificatorio non sono assoggettabili al contributo commisurato al costo di costruzione e, comunque, la P.A. ha titolo per pretendere, in relazione ad esse, la trascrizione del vincolo nelle forme di legge, anche in danno del privato resosi inadempiente.

- Premesso che la società ricorrente contesta la determinazione assunta dal comune di Vibo Valentia, di liquidare gli oneri concessori afferenti ad un intervento edilizio da realizzarsi, computando pure i volumi destinati a parcheggi obbligatori;
- Ritenuto che i volumi destinati a parcheggi obbligatori ad uso privato di cui all’art. 41-sexies L. 17.08.1942 n. 1150, legati all’immobile principale da un nesso di inscindibilità in forza del quale di essi non possa disporsi separatamente, non sono assoggettabili al contributo commisurato al costo di costruzione (cfr. Cons. Stato, 28.11.2012 n. 6033);
- Considerato che il rapporto tra superficie delle aree destinate a parcheggio e volumetria del fabbricato, così come richiesto dal citato art. 41-sexies, è verificato dalla P.A. e costituisce condizione essenziale per il rilascio del titolo edilizio, di modo che la rimozione del vincolo pertinenziale non può avvenire a piacimento del proprietario, ma soltanto attraverso una concessione in variante che lo trasferisca su altre zone riconosciute idonee (cfr. Cass. civ., Sez. II, 14.11.2000 n. 14731);
- Precisato, tuttavia, che il vincolo così costituito dev’essere poi effettivamente trascritto nelle forme dovute (cfr. TAR Lazio, Roma, Sez. II, 02.12.2002 n. 11019);
- Ritenuto, pertanto, alla stregua di quanto sopra, che le aree gravate da vincolo di destinazione a parcheggio ai sensi dell’art. 41-sexies L. 17.08.1942 n. 1150 sulla base del titolo edificatorio non sono assoggettabili al contributo commisurato al costo di costruzione e che, comunque, la P.A. ha titolo per pretendere, in relazione ad esse, la trascrizione del vincolo nelle forme di legge, anche in danno del privato resosi inadempiente (TAR Calabria-Catanzaro, Sez. II, sentenza 04.09.2014 n. 1399 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAE' corretto affermare che dei 77 parcheggi vincolati ad uso pubblico, 52 risultarono realizzati su suolo demaniale concesso in diritto di superficie e 25 sulla proprietà privata sotto il fabbricato principale.
Questi, quindi, sono stati realizzati in attuazione del piano particolareggiato come parcheggi pubblici di standard e non possono essere assimilati al regime dei parcheggi privati di pertinenza delle singole unità immobiliari ex L. 122 del 1989, il cui regime giuridico è nettamente differenziato.
Infatti, i parcheggi destinati al completamento degli standard sono previsti dall’art. 41-quinquies della L. n. 1150 del 1942, insieme agli spazi pubblici e al verde pubblico, e regolati dal D.M. 02.04.1968 n. 1444.
La loro funzione è quella di consentire un ordinato sviluppo del territorio ed alleviare il carico urbanistico, come dimostra il modo di computo degli standard pubblico relativo ai parcheggi in quanto opere di urbanizzazione primaria, in aggiunta alle superfici a parcheggio previste dall'art. 18 L. n. 765 del 1967 (che ha introdotto l’art. 41-sexies nella L. n. 1150 del 1942).
Al contrario, i parcheggi privati disciplinati dal citato art. 41-sexies e dall’articolo 9 della L. 122 del 1989, sono di proprietà privata, riservati agli abitanti delle unità residenziali e sono asserviti all’immobile con vincolo di pertinenzialità.
La funzione è certamente simile (il decongestionamento della viabilità pubblica tramite l’agevolazione della costruzione di spazi di parcheggio degli autoveicoli dei proprietari dei beni immobili) ma la disciplina è notevolmente diversa, sia in relazione al computo degli spazi che in merito al regime proprietario, stante il vincolo pertinenziale che si instaura con l’unità immobiliare principale.
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Il regime dei parcheggi in questione, realizzati su suolo demaniale concesso in superficie o su suolo privato e asserviti ad uso pubblico a mezzo di atto notarile registrato e trascritto in quanto opere di urbanizzazione primaria, previste dal piano particolareggiato e realizzate a scomputo degli oneri di urbanizzazione, impedisce di individuare una particolare posizione giuridica soggettiva tale da differenziare il condominio o i suoi condomini rispetto agli altri utenti in relazione ai modi di gestione dell’area da parte del Comune.
Infatti, le aree sono normalmente destinate, in assenza di specifici divieti, all’uso generale da parte della generalità dei cittadini, con ciò escludendo ogni valenza alla richiesta delle parti appellanti di essere destinatarie della comunicazione di avviso di avvio del procedimento relativo.
La ragione evidenziata in ricorso, ossia la presunta doppia utilità del parcheggio in esame, altro non è che un espediente argomentativo che conferma la posizione centrale del primo giudice, ossia l’inesistenza di una posizione differenziata delle parti appellanti rispetto alla comunità dei cittadini, rendendo quindi ingiustificato il trattamento peculiare richiesto.

3.1. - Le censure avverso la sentenza del TAR, in relazione al profilo qui in esame, sono infondate e vanno respinte.
Il primo giudice ha correttamente ricostruito il regime giuridico dei parcheggi in esame, evidenziando come, al contrario di quanto voluto dai ricorrenti (per cui si tratterebbe di parcheggi privati di pertinenza delle singole unità immobiliari ai quali si applicherebbe il particolare regime costituito dal vincolo inderogabile di accessorietà degli stessi all’immobile principale, dato dal vincolo di destinazione e dall’inalienabilità separata, di cui all’art. 41-sexies della legge urbanistica n. 1150 del 1942 e alla L. n. 122/1989), deve invece ritenersi assodata la loro destinazione pubblica.
Rinviando alla descrizione della fattispecie sopra operata, è corretto affermare che in definitiva, dei 77 parcheggi vincolati ad uso pubblico, 52 risultarono realizzati su suolo demaniale concesso in diritto di superficie alla Europa s.r.l., e 25 sulla proprietà privata sotto il fabbricato principale.
Questi, quindi, sono stati realizzati in attuazione del piano particolareggiato come parcheggi pubblici di standard e non possono essere assimilati al regime dei parcheggi privati di pertinenza delle singole unità immobiliari ex L. 122 del 1989, il cui regime giuridico è nettamente differenziato.
Infatti, i parcheggi destinati al completamento degli standard sono previsti dall’art. 41-quinquies della L. n. 1150 del 1942, insieme agli spazi pubblici e al verde pubblico, e regolati dal D.M. 02.04.1968 n. 1444. La loro funzione è quella di consentire un ordinato sviluppo del territorio ed alleviare il carico urbanistico, come dimostra il modo di computo degli standard pubblico relativo ai parcheggi in quanto opere di urbanizzazione primaria, in aggiunta alle superfici a parcheggio previste dall'art. 18 L. n. 765 del 1967 (che ha introdotto l’art. 41-sexies nella L. n. 1150 del 1942).
Al contrario, i parcheggi privati disciplinati dal citato art. 41-sexies e dall’articolo 9 della L. 122 del 1989, sono di proprietà privata, riservati agli abitanti delle unità residenziali e sono asserviti all’immobile con vincolo di pertinenzialità. La funzione è certamente simile (il decongestionamento della viabilità pubblica tramite l’agevolazione della costruzione di spazi di parcheggio degli autoveicoli dei proprietari dei beni immobili) ma la disciplina è notevolmente diversa, sia in relazione al computo degli spazi che in merito al regime proprietario, stante il vincolo pertinenziale che si instaura con l’unità immobiliare principale.
Così inquadrata la questione, appare del tutto corretta la soluzione data dal primo giudice alle censure proposte, anche in questa sede, dalle parti appellanti.
Il regime dei parcheggi in questione, realizzati su suolo demaniale concesso in superficie o su suolo privato e asserviti ad uso pubblico a mezzo di atto notarile registrato e trascritto in quanto opere di urbanizzazione primaria, previste dal piano particolareggiato e realizzate a scomputo degli oneri di urbanizzazione, impedisce di individuare una particolare posizione giuridica soggettiva tale da differenziare il condominio Europa o i suoi condomini rispetto agli altri utenti in relazione ai modi di gestione dell’area da parte del Comune.
Infatti, le aree sono normalmente destinate, in assenza di specifici divieti, all’uso generale da parte della generalità dei cittadini, con ciò escludendo ogni valenza alla richiesta delle parti appellanti di essere destinatarie della comunicazione di avviso di avvio del procedimento relativo. La ragione evidenziata in ricorso, ossia la presunta doppia utilità del parcheggio in esame, altro non è che un espediente argomentativo che conferma la posizione centrale del primo giudice, ossia l’inesistenza di una posizione differenziata delle parti appellanti rispetto alla comunità dei cittadini, rendendo quindi ingiustificato il trattamento peculiare richiesto.
Del pari, è infondata la doglianza in relazione alla ragione della destinazione dei parcheggi in favore della particolare destinazione data loro dalla delibera inizialmente gravata.
Nei limiti dell’interesse delle parti, che come si è visto non è connotato da particolare rilevanza giuridica, deve convenirsi con la valutazione operata dal primo giudice in relazione alla natura del potere esercitato dal Comune. Infatti, con l’ordinanza impugnata con il primo ricorso, i posti auto in esame sono stati riservati al ricovero degli automezzi di proprietà comunale in uso alla polizia municipale (i cui veicoli, si noti, non godono di un regime proprietario differenziato rispetto a quello degli altri automezzi comunali), in ciò in aderenza a quanto previsto dall’art. 7, lett. d), del Codice della strada, che espressamente prevede tale facoltà e, peraltro, come anche notato dal primo giudice, senza che tale determinazione abbia compromesso la dotazione minima di parcheggi pubblici stabilita per gli standard.
Conclusivamente, le censure relative ai capi di sentenza con cui si è esaminato il ricorso n. 2394 del 1999 sono infondati (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 05.08.2014 n. 4183 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: Sulla sottrazione delle aree destinate obbligatoriamente a standard nell’area in esame, previa trasformazione compensativa tramite l’istituto della monetizzazione.
Sulla illegittima sdemanializzazione di 77 parcheggi vincolati ad uso pubblico e l’inserimento degli stessi tra le aree comunali da vendere.
Il tema è stato oggetto di una recente decisione. Invero, si è osservato come il Consiglio di Stato ha già 'delineato una propria linea interpretativa in merito al collegamento tra interventi edilizi e ricerca degli standard urbanistici e ha così assunto decisioni che hanno, ad esempio, negato la sufficienza di un parcheggio collocato in area non fruibile, dove la fruibilità era collegata non a valutazioni normative, ma fattuali, poiché il ‘terreno pertinenziale destinato a parcheggio deve ragionevolmente intendersi come condizione necessaria per la migliore fruizione del parcheggio medesimo da parte di tutti coloro che intendono comodamente accedervi con i propri mezzi di locomozione per poi uscire con i relativi acquisti più o meno ingombranti e/o pesanti da collocare su tali mezzi’.
Oppure decisioni che hanno evidenziato i pericoli legati alla smaterializzazione degli standard, sottolineando come ‘la monetizzazione degli standard urbanistici non può essere considerata alla stregua di una vicenda di carattere unicamente patrimoniale e rilevante solo sul piano dei rapporti tra l’ente pubblico e il privato che realizzerà l’opera, e ciò perché, da un lato, così facendo si legittima la paradossale situazione di separare i commoda (sotto forma di entrata patrimoniale per il Comune) dagli incommoda (il peggioramento della qualità di vita degli appellanti) e dall’altro, si nega tutela giuridica agli interessi concretamente lesi degli abitanti dell’area’.
Ancora, si è affermato che ‘qualora si potessero individuare gli standard costruttivi in ragione del solo dato dimensionale, verrebbe conseguentemente posto in ombra il dato funzionale, ossia la destinazione concreta dell’area, come voluta dal legislatore. Soddisfacendo gli standard con la messa a disposizione di aree non utilizzabili in concreto (ossia, seguendo l’indicazione del TAR, utilizzando le porzioni che non sono utilizzabili, per forma o per le ridotte dimensioni, ovvero perché eccedenti un posto macchina standard ma insufficienti per realizzarne un altro, ovvero infine per il difficile accesso), la norma di garanzia verrebbe frustrata, atteso che il citato art. 41-sexies della legge urbanistica non contempla un nudo dato quantitativo, ma un dato mirato ad uno scopo esplicito’.
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Ciò che la giurisprudenza fa emergere è la “marcata attenzione alla funzione stessa degli standard urbanistici, intesi come indicatori minimi della qualità edificatoria (e così riferiti ai limiti inderogabili di densità edilizia, di rapporti spaziali tra le costruzioni e di disponibilità di aree destinate alla fruizione collettiva) e come tali destinati a connettersi direttamente con le aspettative dei fruitori dell’area interessata”, in una situazione di stretta interdipendenza, tale da determinare “la cogenza di questa stretta correlazione spaziale tra intervento edilizio e localizzazione dello standard”.
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Sulla scorta di tale lettura, appare perplessa la decisione di sopprimere un parcheggio pubblico destinato a soddisfare la previsione di standard, che come si è detto si localizzano funzionalmente nell’area limitrofa all’intervento, correlata ad una solo ipotetica e futura destinazione delle somme conseguite a seguito della monetizzazione, ossia della vendita dei parcheggi in esame.
In concreto, il primo giudice, pur avendo evidenziato la correttezza procedimentale, ha omesso di riscontrare l’assunto della fondamentale indisponibilità dell’oggetto del procedimento, ossia l’impossibilità di privare un’area della sua dotazione minima di standard senza una contestuale, effettiva e funzionale indicazione di altre aree di parcheggio idonee a salvaguardare il requisito minimo ex lege.
In concreto, usando le categorie tradizionali dell’atto amministrativo, l’indisponibilità del bene, dovuta al fatto che questo è essenziale per garantire la legittimità dell’insediamento realizzato, priva l’azione amministrativa di un suo necessario presupposto, rendendola così illegittima.

4. - Il secondo sentiero contenzioso trae origine dalla deliberazione del consiglio comunale n. 103 del 20.12.2011, con la quale il Comune decideva: a) la sdemanializzazione e b) l’inserimento tra le aree comunali da vendere (quali parcheggi privati) dei 77 posti auto interrati in questione.
Con successiva ordinanza l’amministrazione, in previsione della vendita di tali posti auto, poneva un divieto di sosta sugli stessi, riservandoli ad alcuni cittadini che erano stati provvisoriamente privati delle loro autorimesse da lavori eseguiti per incarico del Comune.
Anche in questo caso, il condominio Europa ed alcuni condomini con ricorso iscritto al numero di R.G. 447 del 2012 impugnavano tali atti. A fondamento di tale ricorso i ricorrenti hanno dedotto le censure di: violazione dell’art. 7 della L. n. 241/1990; violazione dell’art. 28 L. 1150/1942 e dell’art. 63 della L.R. n. 61/1985, non potendo le opere di urbanizzazione essere dismesse in favore di privati; violazione dell’art. 11 della L. n. 241/1990, per violazione della convenzione sottoscritta per l’urbanizzazione di una porzione del territorio comunale; eccesso di potere per falsità del presupposto, illogicità manifesta e travisamento dei fatti.
La sentenza impugnata del TAR per il Veneto ha respinto anche questa seconda serie di censure, ritenendo corretto il procedimento utilizzato dal Comune e dando vita alla seconda parte del contenzioso in grado di appello.
4.1. - Le censure proposte dalle parti appellanti, in relazione alla fase procedimentale di dismissione dei parcheggi, sono fondate e vanno accolte.
In disparte la ricostruzione operata in termini di nullità dei vizi gravanti sugli atti impugnati nel primo profilo del terzo motivo (sulla quale basta rinviare alla secolare elaborazione giurisprudenziale sulle patologie degli atti amministrativi per evidenziarne l’irrilevanza), ritiene la Sezione di doversi soffermare sul secondo profilo, dove viene lamentata la sottrazione delle aree destinate obbligatoriamente a standard nell’area in esame, previa trasformazione compensativa tramite l’istituto della monetizzazione.
Il primo giudice ha correttamente evidenziato la linearità della procedura utilizzata, giungendo così ad una considerazione conclusiva di legittimità dell’azione amministrativa.
Ha dapprima valutato la correttezza motivazionale della delibera gravata, in relazione alla impossibilità di garantire una utilizzazione collettiva di tali parcheggi, in ragione di una non eliminabile promiscuità tra lo spazio pubblico e quello dell’autorimessa privata (peraltro, derivante dal comportamento degli stessi condomini che aveva sempre occupato abusivamente i parcheggi pubblici, come acclarata dalla sentenza della Corte di Appello di Venezia n. 1858 del 12.07.2011).
Ha poi ritenuto del tutto compatibile il procedimento di rinuncia alla servitù pubblica e contestuale monetizzazione delle aree a standard per i parcheggi situati all’interno del condominio con i parametri urbanistici vincolanti posti dal D.M. 1444 del 1968 e dalle leggi regionali n. 61 del 1985 e 11 del 2004.
Su tale profilo, la Sezione ritiene però di dissentire, stante il proprio orientamento consolidato, dal quale non vi sono ragioni per discostarsi, di senso opposto.
Il tema è stato oggetto di una recente decisione (sentenza n. 616 del 10.02.2014, data peraltro proprio in relazione di una sentenza dello stesso TAR).
In quella occasione si è osservato come il Consiglio di Stato ha già “delineato una propria linea interpretativa in merito al collegamento tra interventi edilizi e ricerca degli standard urbanistici e ha così assunto decisioni che hanno, ad esempio, negato la sufficienza di un parcheggio collocato in area non fruibile, dove la fruibilità era collegata non a valutazioni normative, ma fattuali, poiché il ‘terreno pertinenziale destinato a parcheggio deve ragionevolmente intendersi come condizione necessaria per la migliore fruizione del parcheggio medesimo da parte di tutti coloro che intendono comodamente accedervi con i propri mezzi di locomozione per poi uscire con i relativi acquisti più o meno ingombranti e/o pesanti da collocare su tali mezzi’ (Consiglio di Stato, sez. V, 25.06.2010 n. 4059); oppure decisioni che hanno evidenziato i pericoli legati alla smaterializzazione degli standard, sottolineando come ‘la monetizzazione degli standard urbanistici non può essere considerata alla stregua di una vicenda di carattere unicamente patrimoniale e rilevante solo sul piano dei rapporti tra l’ente pubblico e il privato che realizzerà l’opera, e ciò perché, da un lato, così facendo si legittima la paradossale situazione di separare i commoda (sotto forma di entrata patrimoniale per il Comune) dagli incommoda (il peggioramento della qualità di vita degli appellanti) e dall’altro, si nega tutela giuridica agli interessi concretamente lesi degli abitanti dell’area’ (Consiglio di Stato, sez. IV, ord. 04.02.2013 n. 644).
Ancora, si è affermato che ‘qualora si potessero individuare gli standard costruttivi in ragione del solo dato dimensionale, verrebbe conseguentemente posto in ombra il dato funzionale, ossia la destinazione concreta dell’area, come voluta dal legislatore. Soddisfacendo gli standard con la messa a disposizione di aree non utilizzabili in concreto (ossia, seguendo l’indicazione del TAR, utilizzando le porzioni che non sono utilizzabili, per forma o per le ridotte dimensioni, ovvero perché eccedenti un posto macchina standard ma insufficienti per realizzarne un altro, ovvero infine per il difficile accesso), la norma di garanzia verrebbe frustrata, atteso che il citato art. 41-sexies della legge urbanistica non contempla un nudo dato quantitativo, ma un dato mirato ad uno scopo esplicito’ (Consiglio di Stato, sez. IV, 28.05.13 n. 2916)
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Ciò che la giurisprudenza fa emergere è la “marcata attenzione alla funzione stessa degli standard urbanistici, intesi come indicatori minimi della qualità edificatoria (e così riferiti ai limiti inderogabili di densità edilizia, di rapporti spaziali tra le costruzioni e di disponibilità di aree destinate alla fruizione collettiva) e come tali destinati a connettersi direttamente con le aspettative dei fruitori dell’area interessata”, in una situazione di stretta interdipendenza, tale da determinare “la cogenza di questa stretta correlazione spaziale tra intervento edilizio e localizzazione dello standard”.
Sulla scorta di tale lettura, appare perplessa la decisione di sopprimere un parcheggio pubblico destinato a soddisfare la previsione di standard, che come si è detto si localizzano funzionalmente nell’area limitrofa all’intervento, correlata ad una solo ipotetica e futura destinazione delle somme conseguite a seguito della monetizzazione, ossia della vendita dei parcheggi in esame.
In concreto, il primo giudice, pur avendo evidenziato la correttezza procedimentale, ha omesso di riscontrare l’assunto della fondamentale indisponibilità dell’oggetto del procedimento, ossia l’impossibilità di privare un’area della sua dotazione minima di standard senza una contestuale, effettiva e funzionale indicazione di altre aree di parcheggio idonee a salvaguardare il requisito minimo ex lege. In concreto, usando le categorie tradizionali dell’atto amministrativo, l’indisponibilità del bene, dovuta al fatto che questo è essenziale per garantire la legittimità dell’insediamento realizzato, priva l’azione amministrativa di un suo necessario presupposto, rendendola così illegittima.
Per altro verso, appare non congruo il rinvio all’art. 32, comma 2, della legge regionale Veneto n. 11 del 23.04.2004 “Norme per il governo del territorio e in materia di paesaggio”, atteso che la detta disposizione (per cui “le aree per servizi devono avere dimensione e caratteristiche idonee alla loro funzione in conformità a quanto previsto dal provvedimento della Giunta regionale di cui all'articolo 46, comma 1, lettera b). Qualora all'interno del PUA tali aree non siano reperibili, o lo siano parzialmente, è consentita la loro monetizzazione ovvero la compensazione ai sensi dell'articolo 37”) è collegata a quella di cui al comma 1 (“Il conseguimento dei rapporti di dimensionamento dei piani urbanistici attuativi (PUA) è assicurato mediante la cessione di aree o con vincoli di destinazione d'uso pubblico”) e si riferisce eventualmente alla sola fase di adozione e approvazione del piano (in senso analogo, sebbene in relazione alla diversa situazione lombarda, Consiglio di Stato, sez. V, 17.09.2010 n. 6950 dove si evidenzia l’incompatibilità della monetizzazione “volta a supplire alla (presunta) carenza di standard che non sia stata considerata in sede di pianificazione attuativa”).
Tale circostanza si ripercuote quindi anche sul regime giuridico della successiva procedura di dismissione che ne è direttamente condizionata, in senso ovviamente negativo, e in relazione alle delibere emesse strumentalmente ad essa.
Conclusivamente, l’appello va accolto limitatamente alle doglianze contenute nel ricorso di prime cure n. 447 del 2012 e quindi limitatamente all’annullamento della deliberazione del Consiglio Comunale di San Donà di Piave del 20.12.2011 n. 103, dove ha deciso la sdemanializzazione e l'inserimento tra le aree comunali da vendere (quali parcheggi privati) dei 77 posti auto interrati (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 05.08.2014 n. 4183 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Sino all'entrata in vigore della l.r. 12/2005, nell'ambito del titolo edilizio riguardante la costruzione di autorimesse connesse ad un edificio di nuova costruzione la loro superficie doveva essere computata ai fini della determinazione della superficie non residenziale.
Secondo la ricorrente sussisterebbe un principio generale secondo il quale i parcheggi e le autorimesse mai potrebbero influire ai fini della determinazione del contributo concessorio. In applicazione di tale principio essi non dovrebbero neppure rilevare ai fini dell’individuazione della classe giacché, come visto, la classe incide sull’entità del contributo.
In proposito si deve osservare che la giurisprudenza non offre soluzioni univoche.
Talune pronunce affermano che, ai sensi del coordinato disposto dell'art. 11, comma 1, della legge n. 122 del 1989 e dell'art. 9, comma 1, lett. f), della legge n. 10 del 1977 (ora, art. 17, comma 3, lett. c), del d.P.R. n. 380 del 2001), la realizzazione dei parcheggi obbligatori è esonerata dall'onere di pagamento del contributo di costruzione.
Tuttavia di recente la Sezione si è uniformata all’orientamento opposto che afferma che, nel caso di realizzazione di edifici nuovi, le autorimesse rilevano ai fini dell’individuazione della classe.
Si è in particolare osservato che, per costante orientamento giurisprudenziale, il citato art. 9 della legge n. 122 del 1989 si riferisce solo alle autorimesse realizzate in edifici già esistenti, e che quindi anche il successivo art. 11 dello stesso decreto (che, come detto, equipara le autorimesse alle opere di urbanizzazione) non può che riferirsi a tale tipologia di autorimesse.
Si è peraltro precisato che a conclusioni diverse non può condurre né il richiamato art. 2 della l.r. n. 22 del 1999 né l’art. 69 della l.r. n. 12 del 2005.
Il primo in quanto inserito in un contesto normativo che induce ad armonizzarne la portata alle disposizioni contenute nella legge n. 122 del 1989; il secondo in quanto norma sopravvenuta che non può trovare applicazione nelle fattispecie concretizzatesi prima della sua entrata in vigore.
Ciò premesso, va rilevato che il titolo edilizio riguardante le autorimesse realizzate dalla ricorrente si è perfezionato prima dell’entrata in vigore dell’art. 69 della l.r. n. 12 del 2005, e che le medesime autorimesse sono connesse ad un edificio di nuova costruzione. La loro superficie doveva dunque essere computata ai fini della determinazione della superficie non residenziale.

13. Come noto, il rilascio di titoli edilizi è correlato al pagamento di un contributo, il cui ammontare è commisurato alle spese che il Comune sostiene per la realizzazione delle opere di urbanizzazione e al costo di costruzione.
14. Con riferimento a quest’ultimo, l’art. 16, comma 9, del d.P.R. 06.06.2001 n. 327 stabilisce che il suo ammontare sia determinato dalle regioni, le quali a tal fine debbono, innanzitutto, determinare i costi di costruzione degli edifici facendo riferimento ai valori massimi previsti per l’edilizia agevolata; devono poi individuare delle classi cui ascrivere gli edifici stessi determinate in base al pregio di questi, ed in relazione alle diverse classi stabilire maggiorazioni al costo di costruzione come sopra determinato; devono infine stabilire l’aliquota da applicare al costo di costruzione (aliquota che può variare dal 5 al 20 per cento) ai fini del calcolo del contributo.
In Regione Lombardia il provvedimento di riferimento è la delibera di Giunta Regionale n. V/53844 del 31.05.1994.
15. Prevede fra l’altro tale delibera che, per quanto riguarda l’individuazione delle classi, si debba far riferimento a quanto stabilito dal d.m. 10.05.1977 (emanato in esecuzione dell’art. 6 della legge n. 10 del 1977). Stabilisce inoltre che le aliquote da applicare al costo di costruzione, ai fini del calcolo del contributo, varino in relazione alla classe cui è ascritto l’edificio.
16. Come si vede, le classi incidono doppiamente sul calcolo del contributo commisurato al costo di costruzione: in prima battuta in quanto al loro variare varia anche il costo di costruzione; in seconda battuta in quanto l’aliquota da applicare a quest’ultimo per la determinazione del contributo aumenta con il variare della classe.
17. Ciò premesso, si deve osservare che, in base all’art. 6 del d.m 10.05.1977, la classe cui ascrivere il singolo edificio si determina anche sulla base del rapporto fra superficie non residenziale e superficie residenziale: maggiore è il rapporto e quindi maggiore è la superficie non residenziale) più alta sarà la classe cui ricondurre il fabbricato.
18. E’ per questa ragione che i ricorrenti hanno interesse a dedurre che, per il calcolo della superficie non residenziale, non si debba tenere conto delle autorimesse.
19. Sostiene in particolare l’interessata che le autorimesse non sono computabili ai fini di cui sopra in virtù del combinato disposto degli artt. 9, comma primo, lett. f), della legge n. 10 del 1977 e 11 della legge 24.03.1989 n. 122 (nonché dell’art. 2 della l.r. n. 22 del 1999 che contiene norma analoga a quella contenuta nel citato art. 11): l’art. 9, comma primo, lett. f), della legge n. 10 del 1977 stabilisce la gratuità delle concessioni edilizie relative ad opere di urbanizzazione, mentre l’art. 11 della legge 24.03.1989 n. 122 assimila i parcheggi e le autorimesse alle opere di urbanizzazione, e ciò proprio al fine di sancire la gratuità delle relative concessioni.
20. Secondo la ricorrente tali norme sarebbero espressione di un principio generale secondo il quale i parcheggi e le autorimesse mai potrebbero influire ai fini della determinazione del contributo concessorio. In applicazione di tale principio essi non dovrebbero neppure rilevare ai fini dell’individuazione della classe giacché, come visto, la classe incide sull’entità del contributo.
21. In proposito si deve osservare che la giurisprudenza non offre soluzioni univoche.
22. Talune pronunce affermano che, ai sensi del coordinato disposto dell'art. 11, comma 1, della legge n. 122 del 1989 e dell'art. 9, comma 1, lett. f), della legge n. 10 del 1977 (ora, art. 17, comma 3, lett. c), del d.P.R. n. 380 del 2001), la realizzazione dei parcheggi obbligatori è esonerata dall'onere di pagamento del contributo di costruzione (cfr. ex multis TAR Campania Napoli, sez. II, 04.12.2012, n. 4896).
23. Tuttavia di recente la Sezione si è uniformata all’orientamento opposto che afferma che, nel caso di realizzazione di edifici nuovi, le autorimesse rilevano ai fini dell’individuazione della classe (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 21.05.2013, n. 2771; id. 18.12.2012, n. 6509; TAR Lombardia Milano, sez. II, 20.03.2014, n 722).
24. Si è in particolare osservato che, per costante orientamento giurisprudenziale, il citato art. 9 della legge n. 122 del 1989 si riferisce solo alle autorimesse realizzate in edifici già esistenti (cfr. ex multis Consiglio di Stato, sez. V, 24.10.2000 n. 5676), e che quindi anche il successivo art. 11 dello stesso decreto (che, come detto, equipara le autorimesse alle opere di urbanizzazione) non può che riferirsi a tale tipologia di autorimesse.
25. Si è peraltro precisato che a conclusioni diverse non può condurre né il richiamato art. 2 della l.r. n. 22 del 1999 né l’art. 69 della l.r. n. 12 del 2005.
26. Il primo in quanto inserito in un contesto normativo che induce ad armonizzarne la portata alle disposizioni contenute nella legge n. 122 del 1989 (si rinvia alle esaustive motivazioni contenute nella citata sentenza del Consiglio di Stato n. 6509 del 2012); il secondo in quanto norma sopravvenuta che non può trovare applicazione nelle fattispecie concretizzatesi prima della sua entrata in vigore.
27. Ciò premesso, va rilevato che il titolo edilizio riguardante le autorimesse realizzate dalla ricorrente si è perfezionato prima dell’entrata in vigore dell’art. 69 della l.r. n. 12 del 2005, e che le medesime autorimesse sono connesse ad un edificio di nuova costruzione. La loro superficie doveva dunque essere computata ai fini della determinazione della superficie non residenziale.
28. Il motivo in esame è, pertanto, infondato. Di conseguenza il ricorso va respinto (TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 29.07.2014 n. 2151 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Il coordinamento esegetico dell'art. 11 con le altre disposizioni della legge n. 122/1989 circoscrive l'esonero dal contributo di concessione alle sole "opere e interventi" realizzati o nel quadro del programma urbano dei parcheggi (anche ai sensi del comma 4 dell'art. 9) o a quelli realizzati, "... nel sottosuolo degli stessi (immobili) ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati..anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti...(nonché e sempre)...ad uso esclusivo dei residenti, anche nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato, purché non in contrasto con i piani urbani del traffico", di cui al comma 1 dell'art. 9.
In altri termini deve trattarsi di parcheggi da realizzare, con vincolo di pertinenzialità alle unità immobiliari dei residenti, in edifici già esistenti (nel sottosuolo, e completamente interrati, o in locali al piano terreno) o comunque, e sempre a uso esclusivo dei residenti, al servizio di edifici già esistenti (su aree esterne o anche nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne).
In tal senso l'orientamento affatto prevalente della giurisprudenza ha chiarito che l'art. 9 riguarda i soli edifici esistenti e non anche gli edifici nuovi per i quali trova invece applicazione l'art. 41-sexies della legge 17.08.1942, n. 1150, come sostituito dall'art. 2 della stessa legge n. 122/1989 (a tenore del quale "Nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse, debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni 10 metri cubi di costruzione"), che a differenza degli spazi a parcheggio di cui all'art. 41-quinquies non sono aree pubbliche conteggiabili nella dotazione degli standards e che, peraltro, a seguito della novella di cui all'art. articolo 12, comma 9, della legge 28.11.2005, n. 246, che ha aggiunto un secondo comma alla disposizione, non sono assoggettati a vincoli pertinenziali e sono trasferibili autonomamente.

Com'é noto l'art. 11, comma 1, della legge 24.03.1989, n. 122 (recante "Disposizioni in materia di parcheggi, programma triennale per le aree urbane maggiormente popolate nonché modificazioni di alcune norme del testo unico sulla disciplina della circolazione stradale, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 15.06.1959, n. 393") dispone che: "Le opere e gli interventi previsti dalla presente legge costituiscono opere di urbanizzazione anche ai sensi dell'articolo 9, primo comma, lettera f) , della legge 28.01.1977, n. 10".
A sua volta quest'ultimo stabiliva l'esonero dal contributo di concessione (tra gli altri) "per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti nonché per le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici" (la disposizione è stata abrogata dall'art. 136, comma 1, lettera c), del d.P.R. 06.06.2001, n. 380, dapprima con decorrenza dal 01.01.2002, quindi dal 30.06.2002 ex art. 5-bis del d.l. 23.11.2001, n. 411 e, finalmente, dal 30.06.2003, ai sensi in base all'art. 3 del d.l. 20.06.2002, n. 122, convertito, con modificazioni, nella legge 01.08.2002, n. 185, e la corrispondente norma è contenuta nell'art. 17, comma 3, lettera c), del d.P.R. 06.06.2001, n. 380).
Orbene, per quanto qui interessa, il coordinamento esegetico dell'art. 11 con le altre disposizioni della legge n. 122/1989 circoscrive l'esonero dal contributo di concessione alle sole "opere e interventi" realizzati o nel quadro del programma urbano dei parcheggi (anche ai sensi del comma 4 dell'art. 9) o a quelli realizzati, "... nel sottosuolo degli stessi (immobili) ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati..anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti...(nonché e sempre)...ad uso esclusivo dei residenti, anche nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato, purché non in contrasto con i piani urbani del traffico", di cui al comma 1 dell'art. 9.
In altri termini deve trattarsi di parcheggi da realizzare, con vincolo di pertinenzialità alle unità immobiliari dei residenti, in edifici già esistenti (nel sottosuolo, e completamente interrati, o in locali al piano terreno) o comunque, e sempre a uso esclusivo dei residenti, al servizio di edifici già esistenti (su aree esterne o anche nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne).
In tal senso l'orientamento affatto prevalente della giurisprudenza ha chiarito che l'art. 9 riguarda i soli edifici esistenti e non anche gli edifici nuovi (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 16.04.2012, n. 2185, e 10.03.2011, n. 1565, e per più risalenti affermazioni Sez. V, 24.10.2000 n. 5676) per i quali trova invece applicazione l'art. 41-sexies della legge 17.08.1942, n. 1150, come sostituito dall'art. 2 della stessa legge n. 122/1989 (a tenore del quale "Nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse, debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni 10 metri cubi di costruzione"), che a differenza degli spazi a parcheggio di cui all'art. 41-quinquies non sono aree pubbliche conteggiabili nella dotazione degli standards (Cons. Stato, Sez. IV, 08.01.2013 n. 32) e che, peraltro, a seguito della novella di cui all'art. articolo 12, comma 9, della legge 28.11.2005, n. 246, che ha aggiunto un secondo comma alla disposizione, non sono assoggettati a vincoli pertinenziali e sono trasferibili autonomamente (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 12.05.2014 n. 2404 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: La locuzione "aree pertinenziali esterne", riferita dall'art. 9 L. 24.03.1989 n. 122 alla possibilità di costruire parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti, non presuppone una relazione di pertinenzialità "materiale", evocante un rapporto di immediata contiguità fisica tra il fabbricato principale e l'area esterna asservita (sottostante, interna o esterna), ma fa piuttosto riferimento ad una nozione giuridica di pertinenzialità tra ciascun singolo posto auto ed una specifica unità immobiliare, nel senso di creare fra essi un nesso di inscindibilità in forza del quale di essi non possa più disporsi separatamente, potendo quindi anche non preesistere all'intervento ed essere creato solo in un momento successivo alla realizzazione del parcheggio.
Nella fattispecie una simile situazione non appare rinvenibile, atteso che esistono già una pluralità di box a servizio del fabbricato degli originari controinteressati, sicché quell’esigenza di fornire ogni unità immobiliare di un posto auto, che giustifica la deroga alla disciplina sulle distanze, non può rinvenirsi.

In relazione alla portata derogatoria dell’art. 9, l. n. 122/1989, che a giudizio degli originari controinteressati non sarebbe stata tenuta nel dovuto conto dal primo Giudice, non può convenirsi con quanto dedotto, perché la norma citata stabilisce che: “I proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti. Tali parcheggi possono essere realizzati, ad uso esclusivo dei residenti, anche nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato, purché non in contrasto con i piani urbani del traffico, tenuto conto dell'uso della superficie sovrastante e compatibilmente con la tutela dei corpi idrici”.
Si tratta di una disposizione che prevede una deroga alla disciplina sulle distanze solo in ragione della stretta pertinenzialità che deve avvincere i parcheggi in questione alle singole unità immobiliari.
Pertinenzialità che, se non deve avere uno stretto legame materiale, deve però caratterizzarsi per uno stretto legame giuridico (Cons. St., Sez. IV, 30.06.2005, n. 3456; Id. Sez. VI, 17.02.2003, n. 844), come già precisato da Cons. St., Sez. IV, 31.03.2010, n. 1842: “La locuzione "aree pertinenziali esterne", riferita dall'art. 9 L. 24.03.1989 n. 122 alla possibilità di costruire parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti, non presuppone una relazione di pertinenzialità "materiale", evocante un rapporto di immediata contiguità fisica tra il fabbricato principale e l'area esterna asservita (sottostante, interna o esterna), ma fa piuttosto riferimento ad una nozione giuridica di pertinenzialità tra ciascun singolo posto auto ed una specifica unità immobiliare, nel senso di creare fra essi un nesso di inscindibilità in forza del quale di essi non possa più disporsi separatamente, potendo quindi anche non preesistere all'intervento ed essere creato solo in un momento successivo alla realizzazione del parcheggio”.
Nella fattispecie una simile situazione non appare rinvenibile, atteso che esistono già una pluralità di box a servizio del fabbricato degli originari controinteressati, sicché quell’esigenza di fornire ogni unità immobiliare di un posto auto, che giustifica la deroga alla disciplina sulle distanze, non può rinvenirsi
(Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 13.03.2014 n. 1272 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: È vero, infatti, che l'art. 9 della legge 24.03.1989, n. 122, prevede che i proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti, di modo che siffatte autorimesse e parcheggi pertinenziali non risultino soggette alla disciplina urbanistica che regola le nuove costruzioni fuori terra.
Tuttavia, la mancanza di carico urbanistico va individuata nei soli parcheggi obbligatori e pertinenziali, (a differenza dei parcheggi non pertinenziali, apportatori di carico urbanistico), laddove per pertinenziali si intendono i parcheggi realizzati, se non nei locali del piano terra di un fabbricato preesistente, nel sottosuolo dello stesso fabbricato ovvero nel sottosuolo di un’area pertinenziale esterna.
L’autorimessa fuori terra in questione, non presentando dette caratteristiche e non rientrando, quindi, nell’ambito di operatività dell’art. 9 della legge n. 122 del 1989 ora riportato, è soggetta alla disciplina urbanistica generale come ordinaria nuova costruzione.

Ad analoga conclusione si addiviene per quanto riguarda il manufatto F, parzialmente adibito ad autorimessa.
È vero, infatti, che l'art. 9 della legge 24.03.1989, n. 122, prevede che i proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti, di modo che siffatte autorimesse e parcheggi pertinenziali non risultino soggette alla disciplina urbanistica che regola le nuove costruzioni fuori terra (cfr., ex multis, Cons. St., sez. IV, 13.07.2011 n. 4234; id., sez. IV, 26.09.2008 n. 4645).
Tuttavia, la mancanza di carico urbanistico va individuata nei soli parcheggi obbligatori e pertinenziali, (a differenza dei parcheggi non pertinenziali, apportatori di carico urbanistico), laddove per pertinenziali si intendono i parcheggi realizzati, se non nei locali del piano terra di un fabbricato preesistente, nel sottosuolo dello stesso fabbricato ovvero nel sottosuolo di un’area pertinenziale esterna (TAR Napoli sez. II, 14.05.2013 n. 2495).
L’autorimessa fuori terra in questione, non presentando dette caratteristiche e non rientrando, quindi, nell’ambito di operatività dell’art. 9 della legge n. 122 del 1989 ora riportato, è soggetta alla disciplina urbanistica generale come ordinaria nuova costruzione (cfr. Cons. St., sez. V, 29.03.2004 n. 1662)
(TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 21.02.2014 n. 323 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATANella fattispecie, trattasi di un residuo di manufatto, completamente diruto, fondamentalmente costituito da segmenti del muro perimetrale nemmeno idonei al riconoscimento dell’originaria area di sedime.
Orbene, stante l’inesistenza di un fabbricato su cui intervenire, appaiono del tutto non condivisibili le affermazioni del primo giudice sulla possibilità della ristrutturazione, in quanto tale intervento è espressamente consentito, anche nella forma della ricostruzione previa demolizione, in presenza di un edificio esistente, circostanza qui non assodata, anzi esclusa dalle prove.
Non solo, l’inesistenza di un edificio su cui intervenire esclude parimenti la possibilità di una realizzazione di parcheggi ex legge 122 del 1990, visto che la legge ricollega tale facoltà ai soli manufatti esistenti, anzi impone uno stretto vincolo di pertinenzialità, non concepibile in assenza dell’opera principale (da ultimo, Consiglio di Stato, n. 3672/2013, che rimarca come l'art. 9 della legge 24.03.1989 n. 122, nella parte in cui assoggetta la realizzazione di parcheggi ad autorizzazione gratuita e non a concessione, costituisce norma eccezionale che, derogando agli strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi vigenti, deve intendersi riferita al parcheggio realizzato nello stesso fabbricato ove sono situate le unità immobiliari di cui il parcheggio costituisce pertinenza).

L’aspetto centrale della vicenda, come d’altronde avviene spesso in tutte le questioni riguardanti l’edilizia, attiene all’esatta individuazione della categoria di opera, in relazione alla fondamentale distinzione tra interventi di nuova costruzione e interventi sul patrimonio esistente.
Peraltro, tale dato di fatto è tutt’altro che pacifico tra le parti, atteso che per gli appellati si tratta di un fabbricato storico oggetto di dichiarazione di interesse particolarmente importante, specificamente riconoscibile nella sua sussistenza storica, mentre l’amministrazione lo qualifica come rudere. Si tratta quindi di un accertamento in fatto, peraltro di natura estremamente semplice, che non può sfuggire alla cognizione del giudice.
Orbene, nella disamina degli atti, emerge come la difesa del Comune de L’aquila abbia depositato un fascicolo fotografico, da cui si ritrae una rappresentazione visiva, immediata e lineare dell’aspetto dell’immobile. Si tratta di un residuo di manufatto, completamente diruto, fondamentalmente costituito da segmenti del muro perimetrale nemmeno idonei al riconoscimento dell’originaria area di sedime.
La prova fotografica fornita, lampante tanto da essere ovvia, impone alla Sezione di ritenere del tutto infondata la ricostruzione proposta dagli appellati, aderendo pienamente alla qualificazione data dal Comune all’edificio.
Chiarite le coordinate fattuali, la disciplina giuridica è immediatamente conseguente.
In primo luogo, stante l’inesistenza di un fabbricato su cui intervenire, appaiono del tutto non condivisibili le affermazioni del primo giudice (che peraltro si è basato sulle argomentazioni degli originari ricorrenti “da intendersi qui per riportate e trascritte”) sulla possibilità della ristrutturazione, in quanto tale intervento è espressamente consentito, anche nella forma della ricostruzione previa demolizione, in presenza di un edificio esistente, circostanza qui non assodata, anzi esclusa dalle prove. Pertanto, va confermata la presenza dei presupposti legittimanti l’atto di annullamento adottato dal Comune di L’Aquila in ordine alla D.I.A. (prot. 984 in data 11.08.2005) relativa ai lavori di ristrutturazione dell’immobile in questione.
In secondo luogo, l’inesistenza di un edificio su cui intervenire esclude parimenti la possibilità di una realizzazione di parcheggi ex lege 122 del 1990, visto che la legge ricollega tale facoltà ai soli manufatti esistenti, anzi impone uno stretto vincolo di pertinenzialità, non concepibile in assenza dell’opera principale (da ultimo, Consiglio di Stato, sez. IV, 10.07.2013 n. 3672, che rimarca come l'art. 9 della legge 24.03.1989 n. 122, nella parte in cui assoggetta la realizzazione di parcheggi ad autorizzazione gratuita e non a concessione, costituisce norma eccezionale che, derogando agli strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi vigenti, deve intendersi riferita al parcheggio realizzato nello stesso fabbricato ove sono situate le unità immobiliari di cui il parcheggio costituisce pertinenza)
(Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 17.02.2014 n. 735 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: Sul tema del rispetto degli standard urbanistici laddove ha nuovamente assunto di recente un rilievo centrale nell’ambito degli strumenti di governo del territorio.
Questo Giudice ha già delineato una propria linea interpretativa in merito al collegamento tra interventi edilizi e ricerca degli standard urbanistici e ha così assunto decisioni che hanno, ad esempio, negato la sufficienza di un parcheggio collocato in area non fruibile, dove la fruibilità era collegata non a valutazioni normative, ma fattuali, poiché il “terreno pertinenziale destinato a parcheggio deve ragionevolmente intendersi come condizione necessaria per la migliore fruizione del parcheggio medesimo da parte di tutti coloro che intendono comodamente accedervi con i propri mezzi di locomozione per poi uscire con i relativi acquisti più o meno ingombranti e/o pesanti da collocare su tali mezzi”.
Oppure decisioni che hanno evidenziato i pericoli legati alla smaterializzazione degli standard, sottolineando come “la monetizzazione degli standard urbanistici non può essere considerata alla stregua di una vicenda di carattere unicamente patrimoniale e rilevante solo sul piano dei rapporti tra l’ente pubblico e il privato che realizzerà l’opera, e ciò perché, da un lato, così facendo si legittima la paradossale situazione di separare i commoda (sotto forma di entrata patrimoniale per il Comune) dagli incommoda (il peggioramento della qualità di vita degli appellanti) e dall’altro, si nega tutela giuridica agli interessi concretamente lesi degli abitanti dell’area”.
Ancora, si è affermato che “qualora si potessero individuare gli standard costruttivi in ragione del solo dato dimensionale, verrebbe conseguentemente posto in ombra il dato funzionale, ossia la destinazione concreta dell’area, come voluta dal legislatore. Soddisfacendo gli standard con la messa a disposizione di aree non utilizzabili in concreto (ossia, seguendo l’indicazione del TAR, utilizzando “le porzioni che non sono utilizzabili, per forma o per le ridotte dimensioni, ovvero perché eccedenti un posto macchina standard ma insufficienti per realizzarne un altro, ovvero infine per il difficile accesso”), la norma di garanzia verrebbe frustrata, atteso che il citato art. 41-sexsies della legge urbanistica non contempla un nudo dato quantitativo, ma un dato mirato ad uno scopo esplicito”.
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Come si vede, il quadro complessivo emergente dalla giurisprudenza è quello di una marcata attenzione alla funzione stessa degli standard urbanistici, intesi come indicatori minimi della qualità edificatoria (e così riferiti ai limiti inderogabili di densità edilizia, di rapporti spaziali tra le costruzioni e di disponibilità di aree destinate alla fruizione collettiva) e come tali destinati a connettersi direttamente con le aspettative dei fruitori dell’area interessata.
Il che comporta come il criterio essenziale di valorizzazione e di decisione sulla congruità dello standard applicato sia quello della funzionalizzazione dello stesso al rispetto delle esigenze della popolazione stanziata sul territorio, che dovrà quindi essere posta in condizione di godere, concretamente e non virtualmente, del quantum di standard urbanistici garantiti dalla disciplina urbanistica.
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La Sezione non può peraltro esimersi dal notare come la cogenza di questa stretta correlazione spaziale tra intervento edilizio e localizzazione dello standard, correlazione che connota il tema della qualità edilizia, assuma una valenza ancora più marcata nei casi in cui operino strumenti urbanistici informati al principio della perequazione.
Infatti, la soluzione perequativa, che tende ad attenuare gli impatti discriminatori della pianificazione a zone, sia in funzione di un meno oneroso acquisto in favore della mano pubblica dei suoli da destinare a finalità collettive, sia per conseguire un’effettiva equità distributiva della rendita fondiaria, si fonda su una serie di strumenti operativi che, letti senza un congruo ancoraggio con le necessità concrete cui si riferiscono, favoriscono astrazioni concettuali pericolose.
L’utilizzo di formule retoricamente allettanti (aree di decollo, aree di atterraggio, pertinenze indirette, trasferimenti di diritti volumetrici et similia) non deve fare dimenticare che lo scopo della disciplina urbanistica non è la massimizzazione dell’aggressione del territorio, ma la fruizione, privata o collettiva, delle aree in modo pur sempre coerente con le aspettative di vita della popolazione che ivi risiede.
In particolare, l’assenza di una disciplina nazionale sulla perequazione urbanistica (tanto più necessaria dopo che la Corte costituzionale ha affermato, con la sentenza del 26.03.2010 n. 121, che le “previsioni, relative al trasferimento ed alla cessione dei diritti edificatori, incidono sulla materia «ordinamento civile», di competenza esclusiva dello Stato”, con ciò rendendo dubbia la presenza di discipline regionali emanate prima della fissazione di un quadro organico statale - che non si limiti all’aspetto della mera documentazione della trascrizione dei diritti edificatori, di cui all’art. 5, comma 3, del D.L. 13.05.2011, n. 70) dimostra la viva necessità di una disamina concreta delle diverse previsioni adottate negli strumenti urbanistici, al fine di evitare che l’estrema flessibilità delle soluzioni operative adottate dalle singole Regioni si traduca in una lesione di ineliminabili esigenze di salvaguardia dei livelli qualitativi omogenei di convivenza civile (e la riconducibilità dell’attività amministrativa, intesa come “prestazione”, al parametro di cui all’art. 117, secondo comma, lettera m) della Costituzione, proprio in rapporto a istituti di diritto dell’edilizia, è chiarissima nella giurisprudenza del giudice delle leggi).
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Conclusivamente, la Sezione intende rimanere fedele al suo orientamento che vede lo standard urbanistico collocarsi spazialmente e funzionalmente in prossimità dell’area di intervento edilizio, al fine di legare strettamente e indissolubilmente commoda e incommoda della modificazione sul territorio.

2.1. - La doglianza è fondata e va accolta.
Osserva la Sezione come il tema del rispetto degli standard urbanistici abbia nuovamente assunto di recente un rilievo centrale nell’ambito degli strumenti di governo del territorio.
In questo senso, sono riscontrabili non solo interventi normativi (peraltro organizzati secondo prospettive dialetticamente opposte riguardo al tema della loro necessità e cogenza, poiché mirano, da un lato -come nel caso della legge 14.01.2013, n. 10 “Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani”- a marcarne la rilevanza ai fini della qualità di vita urbana e, dall’altro –come con l’introduzione dell’art. 2-bis “Deroghe in materia di limiti di distanza tra fabbricati” nel d.P.R. 06.06.2001 n. 380 “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia”– a renderne al contrario più flessibile e meno stringente il contenuto), ma anche prese di posizione di questo Consiglio, che non si è sottratto al dovere di esprimere il proprio avviso su un tema così rilevante nella costruzione del tessuto urbanistico.
In particolare, questo Giudice ha già delineato una propria linea interpretativa in merito al collegamento tra interventi edilizi e ricerca degli standard urbanistici e ha così assunto decisioni che hanno, ad esempio, negato la sufficienza di un parcheggio collocato in area non fruibile, dove la fruibilità era collegata non a valutazioni normative, ma fattuali, poiché il “terreno pertinenziale destinato a parcheggio deve ragionevolmente intendersi come condizione necessaria per la migliore fruizione del parcheggio medesimo da parte di tutti coloro che intendono comodamente accedervi con i propri mezzi di locomozione per poi uscire con i relativi acquisti più o meno ingombranti e/o pesanti da collocare su tali mezzi” (Consiglio di Stato, sez. V, 25.06.2010 n. 4059); oppure decisioni che hanno evidenziato i pericoli legati alla smaterializzazione degli standard, sottolineando come “la monetizzazione degli standard urbanistici non può essere considerata alla stregua di una vicenda di carattere unicamente patrimoniale e rilevante solo sul piano dei rapporti tra l’ente pubblico e il privato che realizzerà l’opera, e ciò perché, da un lato, così facendo si legittima la paradossale situazione di separare i commoda (sotto forma di entrata patrimoniale per il Comune) dagli incommoda (il peggioramento della qualità di vita degli appellanti) e dall’altro, si nega tutela giuridica agli interessi concretamente lesi degli abitanti dell’area” (Consiglio di Stato, sez. IV, ord. 04.02.2013 n. 644).
Ancora, si è affermato che “qualora si potessero individuare gli standard costruttivi in ragione del solo dato dimensionale, verrebbe conseguentemente posto in ombra il dato funzionale, ossia la destinazione concreta dell’area, come voluta dal legislatore. Soddisfacendo gli standard con la messa a disposizione di aree non utilizzabili in concreto (ossia, seguendo l’indicazione del TAR, utilizzando “le porzioni che non sono utilizzabili, per forma o per le ridotte dimensioni, ovvero perché eccedenti un posto macchina standard ma insufficienti per realizzarne un altro, ovvero infine per il difficile accesso”), la norma di garanzia verrebbe frustrata, atteso che il citato art. 41-sexsies della legge urbanistica non contempla un nudo dato quantitativo, ma un dato mirato ad uno scopo esplicito” (Consiglio di Stato, sez. IV, 28.05.2013 n. 2916).
Come si vede, il quadro complessivo emergente dalla giurisprudenza è quello di una marcata attenzione alla funzione stessa degli standard urbanistici, intesi come indicatori minimi della qualità edificatoria (e così riferiti ai limiti inderogabili di densità edilizia, di rapporti spaziali tra le costruzioni e di disponibilità di aree destinate alla fruizione collettiva) e come tali destinati a connettersi direttamente con le aspettative dei fruitori dell’area interessata.
Il che comporta, come già notato dalle decisioni che precedono, come il criterio essenziale di valorizzazione e di decisione sulla congruità dello standard applicato sia quello della funzionalizzazione dello stesso al rispetto delle esigenze della popolazione stanziata sul territorio, che dovrà quindi essere posta in condizione di godere, concretamente e non virtualmente, del quantum di standard urbanistici garantiti dalla disciplina urbanistica.
La Sezione non può peraltro esimersi dal notare come la cogenza di questa stretta correlazione spaziale tra intervento edilizio e localizzazione dello standard, correlazione che connota il tema della qualità edilizia, assuma una valenza ancora più marcata nei casi in cui operino strumenti urbanistici informati al principio della perequazione.
Infatti, la soluzione perequativa, che tende ad attenuare gli impatti discriminatori della pianificazione a zone, sia in funzione di un meno oneroso acquisto in favore della mano pubblica dei suoli da destinare a finalità collettive, sia per conseguire un’effettiva equità distributiva della rendita fondiaria, si fonda su una serie di strumenti operativi che, letti senza un congruo ancoraggio con le necessità concrete cui si riferiscono, favoriscono astrazioni concettuali pericolose.
L’utilizzo di formule retoricamente allettanti (aree di decollo, aree di atterraggio, pertinenze indirette, trasferimenti di diritti volumetrici et similia) non deve fare dimenticare che lo scopo della disciplina urbanistica non è la massimizzazione dell’aggressione del territorio, ma la fruizione, privata o collettiva, delle aree in modo pur sempre coerente con le aspettative di vita della popolazione che ivi risiede.
In particolare, l’assenza di una disciplina nazionale sulla perequazione urbanistica (tanto più necessaria dopo che la Corte costituzionale ha affermato, con la sentenza del 26.03.2010 n. 121, che le “previsioni, relative al trasferimento ed alla cessione dei diritti edificatori, incidono sulla materia «ordinamento civile», di competenza esclusiva dello Stato”, con ciò rendendo dubbia la presenza di discipline regionali emanate prima della fissazione di un quadro organico statale - che non si limiti all’aspetto della mera documentazione della trascrizione dei diritti edificatori, di cui all’art. 5, comma 3, del D.L. 13.05.2011, n. 70) dimostra la viva necessità di una disamina concreta delle diverse previsioni adottate negli strumenti urbanistici, al fine di evitare che l’estrema flessibilità delle soluzioni operative adottate dalle singole Regioni si traduca in una lesione di ineliminabili esigenze di salvaguardia dei livelli qualitativi omogenei di convivenza civile (e la riconducibilità dell’attività amministrativa, intesa come “prestazione”, al parametro di cui all’art. 117, secondo comma, lettera m) della Costituzione, proprio in rapporto a istituti di diritto dell’edilizia, è chiarissima nella giurisprudenza del giudice delle leggi, cfr. Corte Costituzionale, 27.06.2012 n. 164).
Conclusivamente, la Sezione intende rimanere fedele al suo orientamento che vede lo standard urbanistico collocarsi spazialmente e funzionalmente in prossimità dell’area di intervento edilizio, al fine di legare strettamente e indissolubilmente commoda e incommoda della modificazione sul territorio (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 10.02.2014 n. 616 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Parcheggi interrati per effetto del riporto di terra.
I parcheggi pertinenziali realizzati nel sottosuolo degli immobili e che possono essere costruiti anche in deroga agli strumenti urbanistici vigenti ai sensi dell'art. 9, legge n. 122 del 1989, sono solo quelli costruiti totalmente al di sotto del piano di campagna naturale e non quelli artificialmente interrati per effetto del riporto di terra.
L'art. 9 della L. 24.03.1989, n. 122, non è applicabile nel caso di realizzazione di un garage che non è interrato e che al fine del suo interramento comunque richiede una operazione di sistemazione del soprassuolo per rendere in definitiva interrato ciò che non lo sarebbe mantenendo l'originario andamento del suolo, atteso che la realizzazione di strutture de quibus resta pacificamente ammessa solo in assenza di alterazioni visibili del territorio, argomento valido anche per le autorimesse pertinenziali se ed in quanto sotterranee.
Per costruzione interrata si intende una costruzione che sia totalmente a quota non superiore a quella dell'originario piano di campagna.
Si è condivisibilmente rilevato infatti che “i parcheggi pertinenziali realizzati nel sottosuolo degli immobili e che possono essere costruiti anche in deroga agli strumenti urbanistici vigenti ai sensi dell'art. 9, legge n. 122 del 1989, sono solo quelli costruiti totalmente al di sotto del piano di campagna naturale e non quelli artificialmente interrati per effetto del riporto di terra”. Tra l'altro, “le norme sulle distanze legali fra costruzioni in quanto rivolte ad impedire la formazione di intercapedini dannose non trovano applicazione con riguardo a costruzioni o a parti di costruzioni interrate; realizzate interamente al di sotto del piano di campagna".
Si è detto peraltro, più puntualmente, che "l'art. 9 della L. 24.03.1989, n. 122, non è applicabile nel caso di realizzazione di un garage che non è interrato e che al fine del suo interramento comunque richiede una operazione di sistemazione del soprassuolo per rendere in definitiva interrato ciò che non lo sarebbe mantenendo l'originario andamento del suolo, atteso che la realizzazione di strutture de quibus resta pacificamente ammessa solo in assenza di alterazioni visibili del territorio, argomento valido anche per le autorimesse pertinenziali se ed in quanto sotterranee.”
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Anche in considerazione che l’interramento non è “naturale”, trova applicazione il costante principio per cui “nell'ambito della fascia di rispetto autostradale di 60 metri, prevista dal D.M. 01.04.1968, n. 1404, il vincolo di inedificabilità è assoluto, essendo a tal fine irrilevanti le caratteristiche concrete delle opere abusive realizzate nell'ambito della fascia medesima; il divieto di costruire è infatti in questo caso correlato alla esigenza di assicurare un'area libera utilizzabile dal concessionario dell'autostrada -all'occorrenza- per installarvi cantieri, depositare materiali, per necessità varie e, comunque, per ogni necessità di gestione relativa ad interventi in loco sulla rete autostradale. Il divieto di edificazione nell'ambito della fascia di rispetto autostradale è assoluto e la sua violazione impedisce il conseguimento di una concessione edilizia a seguito di domanda di condono edilizio.”.
Ancora di recente, si è ribadito che (“in relazione alle opere realizzate in zona vincolata, ricadente in fascia di rispetto stradale, si è in presenza di un vincolo di carattere assoluto, che prescinde dalle caratteristiche dell'opera realizzata, in quanto il divieto di "edificazione" sancito dall'art. 4, D.M. 01.04.1968 (recante norme in materia di "distanze minime a protezione del nastro stradale da osservarsi nella edificazione fuori del perimetro dei centri abitati, di cui all'art. 19, legge 06.08.1967, n. 765"), non può essere inteso restrittivamente, cioè al solo scopo di prevenire l'esistenza di ostacoli materiali suscettibili di costituire, per la loro prossimità alla sede stradale, pregiudizio alla sicurezza del traffico e alla incolumità delle persone, ma è correlato alla più ampia esigenza di assicurare una fascia di rispetto utilizzabile per finalità di interesse generale, e, cioè, per esempio, per l'esecuzione dei lavori, per l'impianto dei cantieri, per il deposito dei materiali, per la realizzazione di opere accessorie, senza vincoli limitativi connessi alla presenza di costruzioni.
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Con riguardo ad altro vincolo (di pari assolutezza, però, sì che il principio ivi affermato appare perfettamente traslabile alla fattispecie) la giurisprudenza ha posto in luce che “anche il parcheggio interrato, da realizzare ai sensi dell'art. 9 della L. n. 122/1989, in quanto struttura servente all'uso abitativo e, comunque, posta nell'ambito della fascia di rispetto cimiteriale, rientra tra le costruzioni edilizie del tutto vietate dalla disposizione di cui all'art. 338 del R.D. n. 1265/1934".

Nel merito, così stabilisce l’art. 9 della L. 24.03.1989 n. 122 nel testo ratione temporis vigente e pertanto applicabile alla odierna fattispecie: “1. I proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti. Tali parcheggi possono essere realizzati, ad uso esclusivo dei residenti, anche nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato, purché non in contrasto con i piani urbani del traffico, tenuto conto dell'uso della superficie sovrastante e compatibilmente con la tutela dei corpi idrici . Restano in ogni caso fermi i vincoli previsti dalla legislazione in materia paesaggistica ed ambientale ed i poteri attribuiti dalla medesima legislazione alle regioni e ai Ministeri dell'ambiente e per i beni culturali ed ambientali da esercitare motivatamente nel termine di 90 giorni. I parcheggi stessi, ove i piani urbani del traffico non siano stati redatti, potranno comunque essere realizzati nel rispetto delle indicazioni di cui al periodo precedente.
2. L'esecuzione delle opere e degli interventi previsti dal comma 1 è soggetta a denuncia di inizio attività .
3. Le deliberazioni che hanno per oggetto le opere e gli interventi di cui al comma 1 sono approvate salvo che si tratti di proprietà non condominiale, dalla assemblea del condominio, in prima o in seconda convocazione, con la maggioranza prevista dall'articolo 1136, secondo comma, del codice civile. Resta fermo quanto disposto dagli articoli 1120, secondo comma, e 1121, terzo comma, del codice civile.
4. I comuni, previa determinazione dei criteri di cessione del diritto di superficie e su richiesta dei privati interessati o di imprese di costruzione o di società anche cooperative, possono prevedere, nell'ambito del programma urbano dei parcheggi, la realizzazione di parcheggi da destinare a pertinenza di immobili privati su aree comunali o nel sottosuolo delle stesse . Tale disposizione si applica anche agli interventi in fase di avvio o già avviati. La costituzione del diritto di superficie è subordinata alla stipula di una convenzione nella quale siano previsti:
a) la durata della concessione del diritto di superficie per un periodo non superiore a novanta anni;
b) il dimensionamento dell'opera ed il piano economico-finanziario previsti per la sua realizzazione;
c) i tempi previsti per la progettazione esecutiva, la messa a disposizione delle aree necessarie e la esecuzione dei lavori;
d) i tempi e le modalità per la verifica dello stato di attuazione nonché le sanzioni previste per gli eventuali inadempimenti.
5. I parcheggi realizzati ai sensi del presente articolo non possono essere ceduti separatamente dall'unità immobiliare alla quale sono legati da vincolo pertinenziale. I relativi atti di cessione sono nulli.
6. Le opere e gli interventi di cui ai precedenti commi 1 e 4, nonché gli acquisti di immobili destinati a parcheggi, effettuati da enti o imprese di assicurazione sono equiparati, ai fini della copertura delle riserve tecniche, ad immobili ai sensi degli articoli 32 ed 86 della legge 22.10.1986, n. 742.
“.
La costante giurisprudenza amministrativa ha sempre in proposito riconosciuto che -in ossequio alla ratio legis ivi espressa- si deve riconoscere che trattasi di norma di favore che, però, a propria volta soggiace a taluni limiti.
Per venire immediatamente alla fattispecie per cui è causa, sotto il profilo oggettivo costituisce condiviso approdo giurisprudenziale quello per cui per costruzione interrata si intende una costruzione che sia totalmente a quota non superiore a quella dell'originario piano di campagna.
Si è condivisibilmente rilevato infatti che “i parcheggi pertinenziali realizzati nel sottosuolo degli immobili e che possono essere costruiti anche in deroga agli strumenti urbanistici vigenti ai sensi dell'art. 9, legge n. 122 del 1989, sono solo quelli costruiti totalmente al di sotto del piano di campagna naturale e non quelli artificialmente interrati per effetto del riporto di terra” (cfr. TAR Piemonte, n. 138/1999 Cass. pen. Sez. III, 09.05.2003, n. 26825 App. Perugia, 03.12.2007 nonché Cass. 12489 del 04/12/1995: “le norme sulle distanze legali fra costruzioni in quanto rivolte ad impedire la formazione di intercapedini dannose non trovano applicazione con riguardo a costruzioni o a parti di costruzioni interrate; realizzate interamente al di sotto del piano di campagna").
Si è detto peraltro, più puntualmente, che (TAR Campania Napoli Sez. VII, 06.09.2012, n. 3760) "l'art. 9 della L. 24.03.1989, n. 122, non è applicabile nel caso di realizzazione di un garage che non è interrato e che al fine del suo interramento comunque richiede una operazione di sistemazione del soprassuolo per rendere in definitiva interrato ciò che non lo sarebbe mantenendo l'originario andamento del suolo, atteso che la realizzazione di strutture de quibus resta pacificamente ammessa solo in assenza di alterazioni visibili del territorio, argomento valido anche per le autorimesse pertinenziali se ed in quanto sotterranee.”
Già tale condivisibile approdo consentirebbe di accogliere l’appello, in quanto esso è espressivo di principi diametralmente opposti rispetto al dictum del primo giudice, o comunque da quest’ultimo non adeguatamente valorizzati.
Ma anche sotto l’altro profilo ivi segnalato, il gravame merita accoglimento: anche in considerazione che l’interramento non è “naturale”, trova applicazione il costante principio per cui (TAR Campania Salerno Sez. II, 13.06.2013, n. 1322) “nell'ambito della fascia di rispetto autostradale di 60 metri, prevista dal D.M. 01.04.1968, n. 1404, il vincolo di inedificabilità è assoluto, essendo a tal fine irrilevanti le caratteristiche concrete delle opere abusive realizzate nell'ambito della fascia medesima; il divieto di costruire è infatti in questo caso correlato alla esigenza di assicurare un'area libera utilizzabile dal concessionario dell'autostrada -all'occorrenza- per installarvi cantieri, depositare materiali, per necessità varie e, comunque, per ogni necessità di gestione relativa ad interventi in loco sulla rete autostradale. Il divieto di edificazione nell'ambito della fascia di rispetto autostradale è assoluto e la sua violazione impedisce il conseguimento di una concessione edilizia a seguito di domanda di condono edilizio.”.
Ancora di recente, si è ribadito che (TAR Toscana Firenze Sez. III, 12.03.2013, n. 405 “in relazione alle opere realizzate in zona vincolata, ricadente in fascia di rispetto stradale, si è in presenza di un vincolo di carattere assoluto, che prescinde dalle caratteristiche dell'opera realizzata, in quanto il divieto di "edificazione" sancito dall'art. 4, D.M. 01.04.1968 (recante norme in materia di "distanze minime a protezione del nastro stradale da osservarsi nella edificazione fuori del perimetro dei centri abitati, di cui all'art. 19, legge 06.08.1967, n. 765"), non può essere inteso restrittivamente, cioè al solo scopo di prevenire l'esistenza di ostacoli materiali suscettibili di costituire, per la loro prossimità alla sede stradale, pregiudizio alla sicurezza del traffico e alla incolumità delle persone, ma è correlato alla più ampia esigenza di assicurare una fascia di rispetto utilizzabile per finalità di interesse generale, e, cioè, per esempio, per l'esecuzione dei lavori, per l'impianto dei cantieri, per il deposito dei materiali, per la realizzazione di opere accessorie, senza vincoli limitativi connessi alla presenza di costruzioni.
Con riguardo ad altro vincolo (di pari assolutezza, però, sì che il principio ivi affermato appare perfettamente traslabile alla fattispecie) la giurisprudenza ha posto in luce che (Cons. Stato Sez. V, 14.09.2010, n. 6671) “anche il parcheggio interrato, da realizzare ai sensi dell'art. 9 della L. n. 122/1989, in quanto struttura servente all'uso abitativo e, comunque, posta nell'ambito della fascia di rispetto cimiteriale, rientra tra le costruzioni edilizie del tutto vietate dalla disposizione di cui all'art. 338 del R.D. n. 1265/1934"
(pre-massima tratta da www.lexambiente.it - Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 04.02.2014 n. 485 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2013

EDILIZIA PRIVATA: La realizzazione di autorimesse e parcheggi, ai sensi dell'art. 9, c. 1, l. 24/03/1989 n. 122 è condizionata dal fatto che questi siano realizzati nel sottosuolo per l'intera altezza, opera cioè solo nel caso in cui, i parcheggi da destinare a pertinenza di singole unità immobiliari, siano totalmente al di sotto dell'originario piano naturale di campagna.
Di conseguenza, qualora non si rispetti tale condizione, la realizzazione di un'autorimessa non può dirsi realizzata nel sottosuolo, per cui in tali casi si applica la disciplina urbanistica dettata per le ordinarie nuove costruzioni fuori terra dal piano regolatore generale.

... con riguardo alla presunta violazione dell’art. 9 della legge 122/2009, per costante giurisprudenza la realizzazione di autorimesse e parcheggi, ai sensi dell'art. 9, c. 1, l. 24/03/1989 n. 122 è condizionata dal fatto che questi siano realizzati nel sottosuolo per l'intera altezza, opera cioè solo nel caso in cui, i parcheggi da destinare a pertinenza di singole unità immobiliari, siano totalmente al di sotto dell'originario piano naturale di campagna; di conseguenza, qualora non si rispetti tale condizione, la realizzazione di un'autorimessa non può dirsi realizzata nel sottosuolo, per cui in tali casi si applica la disciplina urbanistica dettata per le ordinarie nuove costruzioni fuori terra dal piano regolatore generale (Cds Sez. V 12.03.2013 n. 1480) (TAR Marche, sentenza 25.09.2013 n. 640 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Legittimità computo ai fini del costo di costruzione della superficie interrata destinata a parcheggi pertinenziali.
L’art. 9 della legge n. 122/1989 trova applicazione soltanto nelle ipotesi di creazione di parcheggi a favore del patrimonio edilizio già esistente e che sia privo di superfici con tale destinazione, ma non può estendersi anche alla diversa ipotesi inerente la edificazione di nuovi fabbricati in cui siano contestualmente previste anche superfici per parcheggio, da realizzare obbligatoriamente nella misura di legge.
La norma anzidetta stabilisce che l’esecuzione dei parcheggi interrati, assentibile previa autorizzazione gratuita, anche in deroga alle previsioni degli strumenti urbanistici, deve essere destinata a pertinenza delle singole unità immobiliari esistenti, con riferimento alle quali soltanto è possibile realizzare, nel sottosuolo o nel piano terreno del fabbricato, un parcheggio, che nasce come pertinenza dell’unità medesima.
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I parcheggi obbligatori di cui all'art. 2, comma 2, l. 122/1989 costituiscono pertinenza in senso civilistico dell’unità immobiliare principale e, quindi, ne seguono la sorte ai fini del computo delle SNR e del calcolo dei corrispondenti oneri concessori.
La norma dell’art. 9, l. 24.03.1989 n. 122, che consente di realizzare gratuitamente “nel sottosuolo” parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, è una norma che ponendosi in deroga “agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti” è di stretta interpretazione per cui deve trovare rigorosa applicazione solo nelle fattispecie in essa espressamente previsti.
La norma anzidetta stabilisce che l’esecuzione dei parcheggi interrati, assentibile previa autorizzazione gratuita, anche in deroga alle previsioni degli strumenti urbanistici, deve essere destinata a pertinenza delle singole unità immobiliari esistenti, con riferimento alle quali soltanto è possibile realizzare, nel sottosuolo o nel piano terreno del fabbricato, un parcheggio, che nasce come pertinenza dell’unità medesima.
Dalla natura “eccezionale” della disposizione legislativa de qua, discende, in coerenza con il divieto di cui all’art. 14 delle Disposizioni Preliminari al Codice Civile, che l’art. 9 della legge n. 122/1989 trova applicazione soltanto nelle ipotesi di creazione di parcheggi a favore del patrimonio edilizio già esistente e che sia privo di superfici con tale destinazione, ma non può estendersi anche alla diversa ipotesi inerente la edificazione di nuovi fabbricati in cui siano contestualmente previste anche superfici per parcheggio, da realizzare obbligatoriamente nella misura di legge.
Secondo l’interpretazione giurisprudenziale prevalente, cui questa sezione intende dare continuità, l’art. 9 della legge 24.03.1989, n. 122, nel consentire la costruzione di parcheggi, da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, nel sottosuolo degli immobili o nei locali siti al piano terreno anche in deroga alla vigente disciplina urbanistica, concerne i soli fabbricati già esistenti e non anche le concessioni edilizie rilasciate per realizzare edifici nuovi, per i quali invece provvede l’art. 2, comma 2, della legge stessa che, nel novellare l’art. 41-sexies, della legge fondamentale 17.08.1942 n. 1150, stabilisce l’obbligo di riservare appositi spazi per parcheggi di misura non inferiore a 1 mq. per ogni 10 mc. di costruzione (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 10.03.2011 n. 1565; sez. V, 24.10.2000 n. 5676; 27.09.1999 n. 1185).
Nella specie, poiché non è controverso che l’intervento edilizio abbia riguardato una costruzione di nuova realizzazione, devono, per l’effetto, ritenersi prive di consistenza le doglianze della parte ricorrente, poiché i parcheggi obbligatori di cui al richiamato art. 2, comma 2, costituiscono pertinenza in senso civilistico dell’unità immobiliare principale e, quindi, ne seguono la sorte ai fini del computo delle SNR e del calcolo dei corrispondenti oneri concessori (TAR Lombardia-Milano, Sez. IV, sentenza 20.09.2013 n. 2192 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAIl box autonomo non si può rialzare. Condominio. Niente «Tognoli»
La sopraelevazione della copertura di un'autorimessa pertinenziale ma strutturalmente autonoma non rientra nella legge 122 del 1989 (legge Tognoli), che si applica solo nei casi di parcheggio realizzati nel sottosuolo o al piano terreno degli edifici.

Lo ha ricordato la Corte di Cassazione che, con la sentenza 11.09.2013 n. 20850, ha dato torto al proprietario di un fondo che aveva sopraelevato la propria autorimessa, appellandosi alla legge Tognoli.
Questa legge, anche se intende favorire la realizzazione di autorimesse, punta anche a salvare l'aspetto visibile del territorio: consente di realizzare parcheggi nel sottosuolo o al piano terreno di un fabbricato preesistente, proprio perché queste strutture non comportano alterazioni visibili del territorio. Dopo il ricorso di un vicino, il proprietario è stato condannato, sia in primo, sia in secondo grado, a ripristinare lo stato dei luoghi. L'uomo ha quindi fatto ricorso in Cassazione.
Secondo i giudici di legittimità, l'articolo 9 della legge 122 del 1989 stabilisce che «i proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi vigenti. Tali parcheggi possono essere realizzati, a uso esclusivo dei residenti, nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato, purché non in contrasto con i piani urbani del traffico, tenuto conto dell'uso della superficie sovrastante e compatibilmente con la tutela dei corpi idrici».
Nel caso analizzato, però, l'autorimessa non era stata realizzata nel sottosuolo dell'edificio, né nei suoi locali al piano terreno, bensì in un'area pertinenziale all'immobile. Non è quindi ammessa la deroga agli obblighi di distanza, dato il carattere eccezionale della norma derogatoria rispetto all'ordinaria disciplina delle distanze che non legittima alcuna interpretazione estensiva.
Gli stessi giudici, infatti, hanno richiamato la più recente giurisprudenza amministrativa secondo la quale «la realizzazione di autorimesse e parcheggi, se non effettuata totalmente al di sotto del piano di campagna naturale, è soggetta alla disciplina urbanistica dettata per le ordinarie nuove costruzioni fuori terra».
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Il percorso
01 | IL CASO
Il proprietario di un'autorimessa realizzata in un'area pertinenziale a un edificio, che ne aveva sopraelevato la copertura, è stato condannato in primo e in secondo grado, a ripristinare lo stato dei luoghi
02 | LA SOLUZIONE
Per la Cassazione, che si è espressa nella sentenza 20850 dell'11 settembre scorso, la sopraelevazione della copertura di un'autorimessa pertinenziale ma strutturalmente autonoma non rientra nella legge 122 del 1989 (legge Tognoli), che si applica solo nei casi di parcheggio realizzati nel sottosuolo o al piano terreno degli edifici. Non è quindi ammessa la deroga agli obblighi di distanza (articolo Il Sole 24 Ore del 28.10.2013).

EDILIZIA PRIVATAIl dettato normativo dell'art. 9 l. 122/1989 è chiaro ed univoco e, proprio perché introduce norma eccezionale derogatoria rispetto all’ordinaria disciplina delle distanze, non ne è legittima alcuna interpretazione estensiva.
La legge Tognoli, se pure è volta a favorire la realizzazione di autorimesse, è contestualmente intesa a fare salvo l’aspetto esteriore e visibile del territorio, nel senso di consentire la realizzazione di parcheggi nel sottosuolo o al piano terreno di un fabbricato preesistente, proprio perché, ubicate nei modi previsti dalla legge, tali strutture non comportano alterazioni visibili del territorio; lo stesso argomento è ovviamente valido per le autorimesse pertinenziali, ma solo se sotterranee e quindi inidonee ad alterare lo stato esterno dei luoghi.
Con riferimento alla giurisprudenza del Consiglio di Stato, solo per completezza di argomentazione, ulteriormente si osserva che nello stesso senso si è espressa anche la più recente giurisprudenza amministrativa secondo la quale
la realizzazione di autorimesse e parcheggi, se non effettuata totalmente al di sotto del piano di campagna naturale è soggetta alla disciplina urbanistica dettata per le ordinarie nuove costruzioni fuori terra.

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Con il quarto motivo il ricorrente deduce la violazione dell’art. 873 c.c. e dell’art. 9 legge 122/1989 e il vizio di motivazione sostenendo:
- che la legge n. 122/1989 in quanto lex specialis deroga all’art. 873 c.c. e tutela un interesse pubblico che, ove riconosciuto dall’autorità amministrativa, sarebbe prevalente rispetto all’interesse tutelato dall’art. 873 c.c.;
- che, differentemente da quanto ritenuto dalla Corte di Appello, con interpretazione che il ricorrente definisce “radicalmente erronea”, l’art. 9 legge n. 122 del 1989 consente la realizzazione di parcheggi anche se collocati in cortili di pertinenza o in aree esterne, comunque adiacenti senza necessità delle distanze dai confini e richiama una decisione del 1995 del Consiglio di Stato;
- che l’ulteriore argomento della Corte di Appello secondo il quale la normativa speciale non sarebbe applicabile in caso di ampliamento di autorimessa già esistente è un argomento solo ipotetico e quindi privo della certezza necessaria per rigettare il motivo di appello;
- che l’affermazione della Corte territoriale secondo la quale la sopraelevazione sarebbe stata realizzata per realizzare un soppalco non sarebbe riscontrata da elementi acquisiti al processo.
Formulando il quesito di diritto chiede:
- se l’art. 9 della legge n. 122 del 1989 importi, nei limiti segnati dal suo ambito di applicazione, una deroga al disposto dell’art. 873 c.c. al punto di determinarne l’inapplicabilità in misura corrispondente al contenuto del provvedimento concessorio emesso dalla Pubblica Amministrazione;
- se l’art. 9 sia da considerare applicabile anche quando trattasi di parcheggio non situato nel sottosuolo, ma sullo stesso piano di calpestio dell’immobile.
Il motivo è manifestamente infondato e non è certo la motivazione della Corte di Appello ad essere “radicalmente erronea” come sostenuto dal ricorrente.
L’art. 9 legge n. 122 del 1989 stabilisce che “i proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti. Tali parcheggi possono essere realizzati, ad uso esclusivo dei residenti, anche nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato, purché, non in contrasto con i piani urbani del traffico, tenuto conto dell’uso della superficie sovrastante e compatibilmente con la tutela dei corpi idrici… omissis”.
Nel caso di specie è pacifico (come, del resto risulta dal materiale fotografico inserito nel ricorso dallo stesso ricorrente) che l’autorimessa è stata realizzata non già nel sottosuolo dell’edificio né nei suoi locali a piano terreno (come sarebbe consentito dalla legge in questione) bensì in area pertinenziale all’immobile; in tale ipotesi, qui ricorrente, la deroga agli obblighi di distanza è consentita solo se l’autorimessa è realizzata nel sottosuolo.
Il dettato normativo è chiaro ed univoco e, proprio perché introduce norma eccezionale derogatoria rispetto all’ordinaria disciplina delle distanze, non ne è legittima alcuna interpretazione estensiva.
La legge Tognoli, se pure è volta a favorire la realizzazione di autorimesse, è contestualmente intesa a fare salvo l’aspetto esteriore e visibile del territorio, nel senso di consentire la realizzazione di parcheggi nel sottosuolo o al piano terreno di un fabbricato preesistente, proprio perché, ubicate nei modi previsti dalla legge, tali strutture non comportano alterazioni visibili del territorio; lo stesso argomento è ovviamente valido per le autorimesse pertinenziali, ma solo se sotterranee e quindi inidonee ad alterare lo stato esterno dei luoghi.
Con riferimento alla giurisprudenza del Consiglio di Stato, solo per completezza di argomentazione, ulteriormente si osserva che nello stesso senso si è espressa anche la più recente giurisprudenza amministrativa secondo la quale la realizzazione di autorimesse e parcheggi, se non effettuata totalmente al di sotto del piano di campagna naturale è soggetta alla disciplina urbanistica dettata per le ordinarie nuove costruzioni fuori terra (Con. St., IV 16/04/2012 n. 2185; IV 11.11.2006, n. 6065; V 29.03.2004, n. 1662).
Nella decisione del Consiglio di Stato, Sezione IV 23.02.2009, n. 1070 testualmente si legge che: “i parcheggi devono essere realizzati, se non vengono a ciò adibiti i locali del piano terra di un fabbricato, o nel sottosuolo dello stesso fabbricato ovvero nel sottosuolo di un’area pertinenziale esterna…”.
In tal senso si risponde al secondo quesito formulato, restando assorbito il primo quesito; per tali ragioni non sussiste il dedotto vizio di motivazione in quanto la motivazione è del tutto conforme ai principi esposti, con la precisazione che la circostanza che l’autorimessa sia posta a livello del piano di calpestio dell’immobile non rileva perché l’autorimessa non è stata realizzata al piano terra dell’immobile, tale essendo l’unica condizione per la quale sarebbe stato possibile realizzare un parcheggio senza il rispetto delle norme in materia di distanze.
È parimenti conforme ai principi l’ulteriore motivazione (autonomamente sufficiente a sorreggere la decisione) secondo la quale la deroga è consentita solo per le nuove costruzioni e non per la sopraelevazione di una autorimessa già esistente e anche sotto questo diverso profilo il motivo di ricorso si rivela manifestamente infondato (Corte di Cassazione, Sez. II civile, sentenza 11.09.2013 n. 20850).

EDILIZIA PRIVATAParcheggi, concessione da pagare.
Scatta il pagamento della concessione edilizia anche se il parcheggio destinato a servire i clienti dell'albergo è realizzato molto vicino alla sede della struttura recettizia: affinché si configuri la pertinenza dell'hotel si deve invece trattare di lavori realizzati nello stesso edificio o comprensorio che ospita i turisti.

È quanto emerge dalla sentenza 10.07.2013 n. 3672, pubblicata dalla IV Sez. del Consiglio di stato.
In base alla legge Tognoli (la 122/1989), che porta il nome dell'allora ministro delle Aree urbane, i proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo o nei locali al piano terreno dei fabbricati i parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari. E ciò anche in deroga agli strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi vigenti.
I posteggi possono essere realizzati ad uso esclusivo dei residenti anche nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato, purché, non in contrasto con i piani urbani del traffico, tenuto conto dell'uso della superficie che sta sopra e stando attenti alle condutture dell'acqua. «L'esecuzione delle opere e degli interventi previsti è soggetta ad autorizzazione gratuita» recita il comma 2 dell'articolo 9. Inutile per l'imprenditore turistico invocare la gratuità dell'operazione con cui si è impegnato a offrire un'area di sosta per i veicoli dei suoi clienti.
Le agevolazioni di cui alla legge Tognoli, destinate a favorire la realizzazioni di posteggi nelle aree urbane, possono trovare applicazione soltanto nei casi espressamente previsti dall'articolo 9 della normativa: nel nostro caso il parcheggio risulta costruito al piano interrato di un fabbricato contiguo ma comunque estraneo alla struttura alberghiera, di cui non costituisce pertinenza.
Si tratta insomma di una vera e propria ristrutturazione, fa bene dunque il Comune a pretendere il versamento della concessione: con l'intervento edilizio si viene infatti a costituire un carico urbanistico maggiore rispetto a quello che si sarebbe ottenuto contenendo il parcheggio all'interno della già esistente struttura alberghiera. Nulla per le spese di giudizio (articolo ItaliaOggi del 24.09.2013).

EDILIZIA PRIVATA:  Parcheggi «Tognoli».
Domanda
Ho letto di recente che è stata modificata la disciplina che regolamenta la possibilità di trasferire i parcheggi pertinenziali. Potreste darmi qualche delucidazione?
Risposta
È vero. L'art. 10 del dl «Semplificazione e Sviluppo» n. 5/2012 (conv. dalla legge n. 35/2012) ha sostituito l'art. 9, 5° c. , della legge «Tognoli» n. 122/1989. L'art. 9, 5° c., ora stabilisce che, fermo restando l'art. 41-sexies, legge n. 1150/1942 e l'immodificabilità dell'esclusiva destinazione a parcheggio, la proprietà dei parcheggi realizzati a norma del 1° comma può essere trasferita, anche in deroga a quanto previsto nel titolo edilizio e nei successivi atti convenzionali, solo con contestuale destinazione del parcheggio trasferito a pertinenza di altra unità immobiliare sita nello stesso comune mentre i parcheggi realizzati ai sensi del 4° c. del medesimo art. 9 continuano a non poter essere ceduti separatamente dall'unità immobiliare alla quale sono legati da vincolo pertinenziale a pena di nullità dei relativi atti di cessione, a eccezione di espressa previsione contenuta nella convenzione stipulata con il comune, ovvero quando quest'ultimo abbia autorizzato l'atto di cessione.
La modifica riguarda solo i parcheggi di cui all'art. 9, 1° c., legge n. 122/1989 ai sensi del quale: «I proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi vigenti.
Tali parcheggi possono essere realizzati, a uso esclusivo dei residenti, anche nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato, purché non in contrasto con i piani urbani del traffico, tenuto conto dell'uso della superficie sovrastante e compatibilmente con la tutela dei corpi idrici.
Restano in ogni caso fermi i vincoli previsti dalla legislazione in materia paesaggistica e ambientale e i poteri attribuiti dalla medesima legislazione alle regioni e ai ministeri dell'ambiente e per i beni culturali e ambientali da esercitare motivatamente nel termine di 90 giorni.
I parcheggi stessi ove i piani del traffico non siano stati redatti, potranno comunque essere realizzati nel rispetto delle indicazioni di cui al periodo precedente
».
Il 4° c. dell'art. 9 stabilisce invece che i comuni, previa determinazione dei criteri di cessione del diritto di superficie e su richiesta dei privati interessati o di imprese di costruzione o di società anche cooperative, possono prevedere, nell'ambito del programma urbano dei parcheggi, la realizzazione di parcheggi da destinare a pertinenza di immobili privati su aree comunali o nel sottosuolo delle stesse. (_).
La costituzione del diritto di superficie è subordinata alla stipula di una convenzione nella quale siano previsti la durata della concessione del diritto di superficie per un periodo non superiore a novanta anni e altri elementi tra i quali le sanzioni previste per gli eventuali inadempimenti.
Prima della recente modifica normativa, anche i parcheggi di cui al 1° c. dell'art. 9 (quelli, cioè, su proprietà privata) non potevano essere ceduti separatamente dall'unità immobiliare alla quale erano legati da vincolo pertinenziale, a pena di nullità dei relativi atti di cessione, preclusione tuttora prevista per i parcheggi realizzati su area comunale di cui al 4° comma dell'art. 9 della legge n. 122/1989 (articolo ItaliaOggi Sette del 03.06.2013).

EDILIZIA PRIVATA: In merito alla corretta quantificazione dei parcheggi minimi di legge ex art. 41-sexies l. 1150/1942. Il Consiglio di Stato conferma l'operato del TAR Umbria.
L’unico elemento di valore normativo è quello contenuto nella legge urbanistica, che tuttavia al citato art. 41-sexies prevede unicamente il quantum e la finalità di tali spazi, senza precisare il modus del calcolo delle aree.
Si legge, infatti, nel citato articolo, come aggiunto dall’articolo 18 della legge 06.08.1967, n. 765 e successivamente sostituito dall’articolo 2 della legge 24.03.1989, n. 122: “Nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse, debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni 10 metri cubi di costruzione”.
Se quindi non si rinviene nell’ordinamento un elemento cogente che possa permettere la scelta in favore di un’interpretazione piuttosto che di un'altra, esistono invero più decisioni di questo Consiglio che hanno sottolineato l’esistenza di uno stretto collegamento tra, da un lato, gli obblighi normativi che impongono la predisposizione di aree a servizio dei manufatti realizzati e, dall’altro, la concreta possibilità di fruizione di tali spazi. Si è così delineata una lettura orientata in senso teleologico delle disposizioni di tutela, specialmente in materia di standard urbanistici.
È pertanto sulla scorta di questa interpretazione della disciplina vigente che deve ritenersi fondata la decisione del giudice di prime cure, giusta la stretta connessione della sentenza con la ratio della legge, ratio che risulterebbe invece violata qualora la norma fosse intesa in senso meramente quantitativo, come voluto dalle parti appellanti.
Infatti, qualora si potessero individuare gli standard costruttivi in ragione del solo dato dimensionale, verrebbe conseguentemente posto in ombra il dato funzionale, ossia la destinazione concreta dell’area, come voluta dal legislatore. Soddisfacendo gli standard con la messa a disposizione di aree non utilizzabili in concreto (ossia utilizzando “le porzioni che non sono utilizzabili, per forma o per le ridotte dimensioni, ovvero perché eccedenti un posto macchina standard ma insufficienti per realizzarne un altro, ovvero infine per il difficile accesso”), la norma di garanzia verrebbe frustrata, atteso che il citato art. 41-sexsies della legge urbanistica non contempla un nudo dato quantitativo, ma un dato mirato ad uno scopo esplicito, atteso che essa impone dapprima la riserva di “appositi spazi per parcheggi”, provvedendo poi a quantificarla “in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni 10 metri cubi di costruzione”.

L’unico elemento di valore normativo è quindi quello contenuto nella legge urbanistica, che tuttavia al citato art. 41-sexies prevede unicamente il quantum e la finalità di tali spazi, senza precisare il modus del calcolo delle aree. Si legge, infatti, nel citato articolo, come aggiunto dall’articolo 18 della legge 06.08.1967, n. 765 e successivamente sostituito dall’articolo 2 della legge 24.03.1989, n. 122: “Nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse, debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni 10 metri cubi di costruzione”.
Se quindi non si rinviene nell’ordinamento un elemento cogente che possa permettere la scelta in favore di un’interpretazione piuttosto che di un'altra, esistono invero più decisioni di questo Consiglio che hanno sottolineato l’esistenza di uno stretto collegamento tra, da un lato, gli obblighi normativi che impongono la predisposizione di aree a servizio dei manufatti realizzati e, dall’altro, la concreta possibilità di fruizione di tali spazi. Si è così delineata una lettura orientata in senso teleologico delle disposizioni di tutela, specialmente in materia di standard urbanistici.
In tale ratio, si collocano decisioni che hanno negato la sufficienza di un parcheggio collocato in area non fruibile (e dove la fruibilità era collegata non a valutazioni normative ma fattuali, poiché il “terreno pertinenziale destinato a parcheggio deve ragionevolmente intendersi come condizione necessaria per la migliore fruizione del parcheggio medesimo da parte di tutti coloro che intendono comodamente accedervi con i propri mezzi di locomozione per poi uscire con i relativi acquisti più o meno ingombranti e/o pesanti da collocare su tali mezzi”, Consiglio di Stato, sez. V, 25.06.2010 n. 4059); oppure decisioni che hanno evidenziato i pericoli legati alla smaterializzazione degli standard (evidenziando come “la monetizzazione degli standard urbanistici non può essere considerata alla stregua di una vicenda di carattere unicamente patrimoniale e rilevante solo sul piano dei rapporti tra l’ente pubblico e il privato che realizzerà l’opera, e ciò perché, da un lato, così facendo si legittima la paradossale situazione di separare i commoda (sotto forma di entrata patrimoniale per il Comune) dagli incommoda (il peggioramento della qualità di vita degli appellanti) e dall’altro, si nega tutela giuridica agli interessi concretamente lesi degli abitanti dell’area”, Consiglio di Stato, sez. IV, 04.02.2013 n. 644).
È pertanto sulla scorta di questa interpretazione della disciplina vigente che deve ritenersi fondata la decisione del giudice di prime cure, e quindi non per un’improbabile compatibilità con la circolare dell’allora Ministero dei Lavori Pubblici 28.10.1967, n. 3210, come evidenziato dal TAR, quanto per la stretta connessione della sentenza con la ratio della legge, ratio che risulterebbe invece violata qualora la norma fosse intesa in senso meramente quantitativo, come voluto dalle parti appellanti.
Infatti, qualora si potessero individuare gli standard costruttivi in ragione del solo dato dimensionale, verrebbe conseguentemente posto in ombra il dato funzionale, ossia la destinazione concreta dell’area, come voluta dal legislatore. Soddisfacendo gli standard con la messa a disposizione di aree non utilizzabili in concreto (ossia, seguendo l’indicazione del TAR, utilizzando “le porzioni che non sono utilizzabili, per forma o per le ridotte dimensioni, ovvero perché eccedenti un posto macchina standard ma insufficienti per realizzarne un altro, ovvero infine per il difficile accesso”), la norma di garanzia verrebbe frustrata, atteso che il citato art. 41-sexsies della legge urbanistica non contempla un nudo dato quantitativo, ma un dato mirato ad uno scopo esplicito, atteso che essa impone dapprima la riserva di “appositi spazi per parcheggi”, provvedendo poi a quantificarla “in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni 10 metri cubi di costruzione”.
Il motivo di appello deve quindi essere respinto, stante la correttezza dell’iter motivazionale seguito dal giudice di prime cure
(Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 28.05.2013 n. 2916 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Parcheggi obbligatori e oneri concessori.
Allo stato attuale, si deve ritenere che, ai sensi del coordinato disposto dell’art. 11, comma 1, L. n. 122 del 1989 e dell’art. 17, comma 3, lett. c), D.P.R. n. 380 del 2001, la realizzazione dei parcheggi obbligatori, nella misura richiesta dalla legge, è esonerata dall'onere di pagamento degli oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione.
Il ricorso è fondato, non essendovi motivi per discostarsi dal consolidato indirizzo in materia di questa Sezione, peraltro formatosi nei confronti del medesimo ente locale (cfr. sentenze n. 4632 del 19.11.2012, n. 2491 e n. 2404 del 28.05.2012).
Invero, ai sensi dell’art. 11, co. 1, della legge n. 122 del 1989 (c.d. legge Tognoli), «le opere e gli interventi previsti dalla presente legge costituiscono opere di urbanizzazione anche ai sensi dell'articolo 9, primo comma, lettera f), della legge 28.01.1977, n. 10».
Tale ultima norma, che prevedeva l’esonero dal pagamento del contributo di concessione «per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti nonché per le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici», è stata abrogata dall’art. 136, comma 2, D.P.R. n. 380/2001, ma è stata riprodotta integralmente dall’art. 17, comma 3, dello stesso D.P.R..
Allo stato attuale, pertanto, si deve ritenere che, ai sensi del coordinato disposto dell’art. 11, comma 1, L. n. 122 del 1989 e dell’art. 17, comma 3, lett. c), D.P.R. n. 380 del 2001, la realizzazione dei parcheggi obbligatori, nella misura richiesta dalla legge, è esonerata dall'onere di pagamento degli oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione (cfr., in termini, Consiglio di Stato, Sezione IV, 22.11.2011, n. 6154; TAR Lombardia, Milano, Sezione II, 17.04.2007, n. 1779; TAR Campania, Napoli, Sezione IV, 16.07.2004, n. 10364).
Alla luce di quanto precede, quindi, dalla volumetria complessiva computabile (pari a mc 1.694,95) occorre escludere le superfici destinate a parcheggi obbligatori (pari a 169,49 mq, ossia 1 mq per ogni 10 mc di costruzione).
Per queste ragioni la domanda va conclusivamente accolta (massima tratta da www.lexambiente.it - TAR Campania-Napoli, Sez. II, sentenza 24.05.2013 n. 2745 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Gli spazi per parcheggio di natura pertinenziale e obbligatoria non vanno considerati ai fini del calcolo della volumetria complessiva consentita e della determinazione della superficie coperta.
Si tratta di un principio che deve essere in questa sede riaffermato, salve diverse previsioni di piano o regolamentari.
Per un verso, infatti, l'art. 9 della legge 24.03.1989, n. 122, prevede che «i proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti» (cui fa eco l’articolo 6 della legge della Regione Campania n. 19 del 28.11.2001, secondo cui la realizzazione in aree libere, anche non di pertinenza del lotto dove insistono gli edifici, ovvero nel sottosuolo di fabbricati o al pianterreno di essi, di parcheggi da destinare a pertinenze di unità immobiliare è soggetta a permesso di costruire non oneroso, anche in deroga agli strumenti urbanistici vigenti): il che consente di concludere che la realizzazione di autorimesse e parcheggi pertinenziali effettuata in locali siti a piano terra o totalmente al di sotto del piano di campagna naturale non è soggetta alla disciplina urbanistica che regola le nuove costruzioni fuori terra.
Per altro verso, sin dal 1967 il legislatore, in ragione del crescente impatto della motorizzazione di massa sull’ordinato assetto urbano, ha dapprima imposto nelle nuove costruzioni appositi spazi per parcheggi, in misura non inferiore a un mq per ogni 20 mc di costruzione (art. 41-sexies legge 1155/1942, introdotto dall’art. 18 della l. n. 765/1967); poi ha sancito che tali spazi costituiscono pertinenze delle costruzioni (art. 26 l. n. 47/1985); da ultimo, ha raddoppiato lo spazio da destinare obbligatoriamente a parcheggio pertinenziale degli edifici (art. 2 l. n. 122/1989: un mq per ogni 10 mc di costruzione) e stabilito che i relativi interventi costituiscono opere di urbanizzazione, come tali esenti da contributo di concessione (art. 11 l. n. 122/1989): con ciò inducendo ad individuare nella mancanza di carico urbanistico dei parcheggi obbligatori e pertinenziali (a differenza dei parcheggi non pertinenziali, apportatori di carico urbanistico) la ragione per escluderne la computabilità nella cubatura complessiva consentita.
Da tutto quanto detto consegue, in definitiva, che non concorre al calcolo della volumetria assentibile il parcheggio pertinenziale che sia realizzato, come previsto nel caso di specie, al piano terreno di un edificio esistente, per il quale il rapporto di pertinenzialità deve essere visto in relazione appunto alla suddetta normativa speciale in materia di parcheggi dettata dalla legge n. 122 del 1989 e dalla l.r. n. 19 del 2001, e non già con riferimento alla disciplina di carattere generale sugli interventi pertinenziali di cui all'art. 3 del D.P.R. n. 380/2001.

Peraltro, anche su un piano generale la giurisprudenza di questa Sezione ha già espresso l’avviso che gli spazi per parcheggio di natura pertinenziale e obbligatoria non vanno considerati ai fini del calcolo della volumetria complessiva consentita e della determinazione della superficie coperta (cfr. TAR Campania Napoli, sez. II, 23.06.2010, n. 15731).
Si tratta di un principio che deve essere in questa sede riaffermato, salve diverse previsioni di piano o regolamentari.
Per un verso, infatti, l'art. 9 della legge 24.03.1989, n. 122, prevede che «i proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti» (cui fa eco l’articolo 6 della legge della Regione Campania n. 19 del 28.11.2001, secondo cui la realizzazione in aree libere, anche non di pertinenza del lotto dove insistono gli edifici, ovvero nel sottosuolo di fabbricati o al pianterreno di essi, di parcheggi da destinare a pertinenze di unità immobiliare è soggetta a permesso di costruire non oneroso, anche in deroga agli strumenti urbanistici vigenti): il che consente di concludere che la realizzazione di autorimesse e parcheggi pertinenziali effettuata in locali siti a piano terra o totalmente al di sotto del piano di campagna naturale non è soggetta alla disciplina urbanistica che regola le nuove costruzioni fuori terra (cfr., ex multis, C.d.S., sez. IV, 13.07.2011 n. 4234, C.d.S., sez. IV, 26.09.2008 n. 4645).
Per altro verso, sin dal 1967 il legislatore, in ragione del crescente impatto della motorizzazione di massa sull’ordinato assetto urbano, ha dapprima imposto nelle nuove costruzioni appositi spazi per parcheggi, in misura non inferiore a un mq per ogni 20 mc di costruzione (art. 41-sexies legge 1155/1942, introdotto dall’art. 18 della l. n. 765/1967); poi ha sancito che tali spazi costituiscono pertinenze delle costruzioni (art. 26 l. n. 47/1985); da ultimo, ha raddoppiato lo spazio da destinare obbligatoriamente a parcheggio pertinenziale degli edifici (art. 2 l. n. 122/1989: un mq per ogni 10 mc di costruzione) e stabilito che i relativi interventi costituiscono opere di urbanizzazione, come tali esenti da contributo di concessione (art. 11 l. n. 122/1989): con ciò inducendo ad individuare nella mancanza di carico urbanistico dei parcheggi obbligatori e pertinenziali (a differenza dei parcheggi non pertinenziali, apportatori di carico urbanistico) la ragione per escluderne la computabilità nella cubatura complessiva consentita (cfr. TAR Friuli Venezia Giulia, 12.06.2006, n. 426).
Da tutto quanto detto consegue, in definitiva, che non concorre al calcolo della volumetria assentibile il parcheggio pertinenziale che sia realizzato, come previsto nel caso di specie, al piano terreno di un edificio esistente, per il quale il rapporto di pertinenzialità deve essere visto in relazione appunto alla suddetta normativa speciale in materia di parcheggi dettata dalla legge n. 122 del 1989 e dalla l.r. n. 19 del 2001, e non già con riferimento alla disciplina di carattere generale sugli interventi pertinenziali di cui all'art. 3 del D.P.R. n. 380/2001
(TAR Campania-Napoli, Sez. II, sentenza 14.05.2013 n. 2495 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA(a) per i parcheggi privati di uso pubblico è possibile una doppia qualificazione. In quanto infrastrutture destinate all’uso collettivo e inserite nel sistema della viabilità, questi parcheggi devono essere assimilati ai parcheggi pubblici, a loro volta qualificati ex lege come opere di urbanizzazione primaria (v. art. 16, comma 7, del DPR 06.06.2001 n. 380; art. 44, comma 3, della LR 11.03.2005 n. 12).
Se considerati, invece, come infrastrutture che integrano i servizi a disposizione degli spazi edificati, i parcheggi privati di uso pubblico assumono la stessa funzione degli standard urbanistici (v. art. 22 della LR 51/1975; art. 9, comma 10, della LR 12/2005), e possono quindi essere equiparati in via interpretativa alle opere di urbanizzazione secondaria (come fa la Regione nella DGR n. 7/7586 del 21.12.2001, allegato A, punto III.2.b);
(b) la prima qualificazione, tenendo conto della sedes materiae scelta dal legislatore nazionale e da quello regionale (disciplina del contributo per il rilascio del permesso di costruire), appartiene specificamente alla sfera degli oneri concessori. Sembra quindi corretto ritenere che, salvo accordo in senso contrario tra l’amministrazione e i proprietari, la realizzazione di parcheggi privati di uso pubblico abbia quale effetto ex lege lo scomputo dei soli oneri di urbanizzazione primaria. Una volta effettuato lo scomputo, la differenza rispetto al costo effettivo dei lavori sostenuto dai privati rimane a carico degli stessi;
(c) le convenzioni urbanistiche dei piani attuativi sono la sede naturale, anche se non esclusiva, per introdurre criteri diversi di compensazione tra gli oneri concessori e le opere di interesse pubblico eseguite direttamente a spese dei privati. Qui si rivela l’utilità della seconda qualificazione: poiché i parcheggi privati di uso pubblico possono essere apprezzati come standard urbanistici, l’amministrazione è legittimata a incentivarne la realizzazione rinunciando, in tutto o in parte, agli oneri di urbanizzazione secondaria, nella ricerca (ampiamente discrezionale) di un punto di equilibrio tra le esigenze pubbliche e l’interesse dei proprietari.
Per quanto riguarda i privati, le posizioni giuridiche relative agli oneri concessori sono considerate disponibili, e dunque non vi sono ostacoli alla definizione di un sinallagma che preveda anche l’accettazione di condizioni meno vantaggiose rispetto a quelle risultanti dalla normativa regionale o comunale, purché sia salvaguardata l’utilità economica finale dell’intervento edilizio.

... per l'accertamento:
- del diritto allo scomputo degli oneri di urbanizzazione (pari a € 33.266,93) corrispondenti all’equivalente monetario delle opere di urbanizzazione secondaria di cui alla convenzione urbanistica del 15.01.2003;
- con la conseguente condanna alla restituzione della suddetta somma, erroneamente trattenuta dal Comune nonostante l’esecuzione delle opere da parte della società ricorrente;
...
FATTO
2. La convenzione urbanistica stabilisce (v. art. 2, 3 e 5) il seguente schema di obbligazioni a carico dei lottizzanti:
(a) cessione gratuita al Comune delle aree necessarie per le opere di urbanizzazione primaria (27.500 mq) e per il verde pubblico (25.500 mq);
(b) contestuale costituzione di una servitù di uso pubblico sulle aree private destinate a parcheggio (66.544 mq), ulteriori rispetto a quelle di cui è prevista la cessione gratuita;
(c) esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria descritte nella tavola 2 del progetto di piano (tra cui le reti tecnologiche, la massicciata stradale e il collettore esterno delle acque nere), con integrale scomputo degli oneri di urbanizzazione primaria (€ 972.609,65), essendo questi ultimi inferiori al costo risultante dal computo metrico estimativo (€ 2.281.485,65);
(d) assunzione degli oneri relativi alle opere di urbanizzazione secondaria e smaltimento rifiuti, da ripartire tra i proprietari in proporzione alle superfici per cui sono richiesti i singoli titoli edilizi.
3. I lottizzanti hanno realizzato i parcheggi privati di uso pubblico nella convinzione che il loro costo, trattandosi di opere di urbanizzazione secondaria, sarebbe stato scomputato dai relativi oneri. Il Comune ha invece assunto la posizione opposta.
...
DIRITTO
13. Sulle questioni proposte nel ricorso si possono svolgere le seguenti considerazioni:
(a) per i parcheggi privati di uso pubblico è possibile una doppia qualificazione. In quanto infrastrutture destinate all’uso collettivo e inserite nel sistema della viabilità, questi parcheggi devono essere assimilati ai parcheggi pubblici, a loro volta qualificati ex lege come opere di urbanizzazione primaria (v. art. 16, comma 7, del DPR 06.06.2001 n. 380; art. 44, comma 3, della LR 11.03.2005 n. 12). Se considerati, invece, come infrastrutture che integrano i servizi a disposizione degli spazi edificati, i parcheggi privati di uso pubblico assumono la stessa funzione degli standard urbanistici (v. art. 22 della LR 51/1975; art. 9, comma 10, della LR 12/2005), e possono quindi essere equiparati in via interpretativa alle opere di urbanizzazione secondaria (come fa la Regione nella DGR n. 7/7586 del 21.12.2001, allegato A, punto III.2.b);
(b) la prima qualificazione, tenendo conto della sedes materiae scelta dal legislatore nazionale e da quello regionale (disciplina del contributo per il rilascio del permesso di costruire), appartiene specificamente alla sfera degli oneri concessori. Sembra quindi corretto ritenere che, salvo accordo in senso contrario tra l’amministrazione e i proprietari, la realizzazione di parcheggi privati di uso pubblico abbia quale effetto ex lege lo scomputo dei soli oneri di urbanizzazione primaria. Una volta effettuato lo scomputo, la differenza rispetto al costo effettivo dei lavori sostenuto dai privati rimane a carico degli stessi;
(c) le convenzioni urbanistiche dei piani attuativi sono la sede naturale, anche se non esclusiva, per introdurre criteri diversi di compensazione tra gli oneri concessori e le opere di interesse pubblico eseguite direttamente a spese dei privati. Qui si rivela l’utilità della seconda qualificazione: poiché i parcheggi privati di uso pubblico possono essere apprezzati come standard urbanistici, l’amministrazione è legittimata a incentivarne la realizzazione rinunciando, in tutto o in parte, agli oneri di urbanizzazione secondaria, nella ricerca (ampiamente discrezionale) di un punto di equilibrio tra le esigenze pubbliche e l’interesse dei proprietari. Per quanto riguarda i privati, le posizioni giuridiche relative agli oneri concessori sono considerate disponibili (v. CS Sez. IV 28.07.2005 n. 4015; TAR Brescia Sez. I 14.05.2010 n. 1739), e dunque non vi sono ostacoli alla definizione di un sinallagma che preveda anche l’accettazione di condizioni meno vantaggiose rispetto a quelle risultanti dalla normativa regionale o comunale, purché sia salvaguardata l’utilità economica finale dell’intervento edilizio;
(d) nello specifico, la convenzione urbanistica del 15.01.2003 non prevede la cancellazione degli oneri di urbanizzazione secondaria. In realtà, l’art. 3 pone a carico dei lottizzanti l’intero pacchetto delle opere di urbanizzazione primaria, indicandone espressamente solo alcune (reti tecnologiche, massicciata stradale, collettore esterno delle acque nere). L’art. 2 rinvia per la descrizione completa alla tavola 2 del progetto di piano, nella quale sono riportati indistintamente tutti gli interventi di interesse pubblico (strade, marciapiedi, pista ciclabile, parcheggi privati di uso pubblico, impianti tecnologici, area a verde pubblico). Si può, quindi, ritenere che la convenzione urbanistica faccia riferimento alla prima qualificazione dei parcheggi privati di uso pubblico, collocandoli tra le infrastrutture che nella definizione legislativa compongono le opere di urbanizzazione primaria;
(e) una conferma è rinvenibile nell’art. 5 della convenzione urbanistica, che espressamente ribadisce l’obbligo per i lottizzanti di versare gli oneri di urbanizzazione secondaria e smaltimento rifiuti, precisando che la ripartizione tra i proprietari avviene in proporzione alle superfici per cui sono richiesti i singoli titoli edilizi. Se fosse stato raggiunto un accordo sullo scomputo fino a concorrenza del costo dei parcheggi privati di uso pubblico la clausola sarebbe certamente stata scritta in modo differente. Verosimilmente, la formulazione sarebbe stata analoga a quella dell’art. 3 (ossia: quantificazione del costo dei lavori e dell’importo degli oneri di urbanizzazione secondaria, e dichiarazione di compensazione degli stessi);
(f) un’ulteriore conferma è rinvenibile nel computo metrico estimativo, che nel costo complessivo delle opere di urbanizzazione primaria (€ 2.281.485,65) inserisce senza distinzioni, nell’apposita sezione, i lavori riguardanti strade, marciapiedi, parcheggi e verde pubblico. Poiché questo è il valore complessivo utilizzato dalle parti per concordare la cancellazione degli oneri di urbanizzazione primaria, non è possibile intervenire poi in via interpretativa utilizzando una parte degli stessi lavori (nello specifico: i parcheggi privati di uso pubblico) per ottenere anche lo scomputo degli oneri di urbanizzazione secondaria.
14. Il ricorso deve quindi essere respinto, previa revoca del decreto di perenzione. La complessità di alcune questioni consente la compensazione delle spese di giudizio (TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 24.05.2013 n. 513 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATALa vicenda in esame si colloca nell’intervallo di tempo compreso tra la LR 19.11.1999 n 22 e la LR 11.03.2005 n. 12.
L’art. 2, comma 2, della LR 22/1999 qualifica i parcheggi come opere di urbanizzazione ai sensi dell'art. 9, comma 1-f, della legge 10/1977 stabilendo in questo modo la gratuità del relativo titolo edilizio. L’art. 2, comma 1, della LR 22/1999 richiama la disciplina di favore prevista per i parcheggi pertinenziali dall’art. 9 della legge 122/1989;
Come già rilevato in casi analoghi che si collocano nello stesso intervallo di tempo, la gratuità del titolo edilizio non riguarda i parcheggi pertinenziali che eccedono la misura minima di legge. In effetti, essendo già assicurato l’obiettivo posto dall’art. 41-sexies, comma 1, della legge 1150/1942, non vi sono ragioni per imporre ai comuni di rinunciare ai corrispettivi collegati all’edificazione. Sotto questo profilo la qualificazione dei parcheggi come opere di urbanizzazione ex art. 11, comma 1, della legge 122/1989 rimane circoscritta, in mancanza di una specifica norma espansiva, entro i confini della dotazione minima di parcheggi pertinenziali stabilita dalla legge.
Un vero cambio di regime si è verificato con l’entrata in vigore della LR 12/2005, che tramite l’art. 69 ha introdotto il principio della gratuità dei titoli edilizi relativi ai parcheggi collegando l’utilità di queste opere direttamente agli interessi della viabilità senza la mediazione di uno specifico edificio (di qui l’abbandono del requisito della pertinenzialità) e senza la predeterminazione di limiti quantitativi (di qui il superamento della misura minima di legge). La nuova disciplina, che non può avere effetti per il passato, costituisce dunque lo spartiacque in materia di gratuità dei titoli edilizi riferiti ai parcheggi.
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L’art. 9, comma 1, della legge 122/1989 consente la realizzazione di parcheggi pertinenziali anche in deroga agli strumenti urbanistici comunali. L’unico presupposto della norma è il carattere pertinenziale del parcheggio, senza che rilevino le quantità stabilite dall’art. 41-sexies, comma 1, della legge 1150/1942. In altri termini, quando sia costituito un vincolo di pertinenzialità la quota di parcheggi eccedente il minimo di legge non deve essere computata nella superficie lorda di pavimento e nella volumetria dell’edificio principale. A maggior ragione non deve essere computata la quota che rimane al di sotto del minimo di legge.
Pertanto, indipendentemente dalle dimensioni, i parcheggi e le autorimesse pertinenziali non consumano gli indici edificatori stabiliti dagli strumenti urbanistici. Il superamento della misura minima ex art. 41-sexies, comma 1, della legge 1150/1942 era rilevante (prima della LR 12/2005) solo perché determinava il passaggio dalla gratuità all’onerosità del titolo edilizio. L’art. 1, comma 1, della LR 22/1999, con una disposizione chiarificatrice, ha precisato che il concetto di pertinenza è applicabile anche agli immobili non residenziali.
La normativa sopravvenuta (v. art. 67 della LR 12/2005) ha ribadito la possibilità di deroga rispetto alla disciplina urbanistica comunale, precisando i vincoli residui.
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Poiché non è contestata la natura pertinenziale dell’autorimessa, tale opera non può incontrare i limiti stabiliti dalla disciplina comunale in relazione agli indici di zona. La volumetria dell’autorimessa pertinenziale, essendo per definizione una volumetria in deroga agli strumenti urbanistici, non può essere considerata utile per la consumazione delle facoltà edificatorie assegnate a un determinato lotto.
Ne consegue che la volumetria dell’autorimessa pertinenziale non può essere aggregata a quella dell’edificio principale per trasformare il titolo edilizio relativo a quest’ultimo da gratuito a oneroso. L’aumento del 20% della volumetria che fa scattare l’onerosità del titolo edilizio in base all’art. 9, comma 1-d, della legge 10/1977 (attualmente v. art. 17, comma 3-b, del DPR 06.06.2001 n. 380) presuppone che si tratti di volumetria rilevante ai fini urbanistici, ed è evidente che sul medesimo lotto una volumetria non può essere allo stesso tempo e sotto lo stesso profilo irrilevante (come autorimessa pertinenziale) e rilevante (come elemento al servizio dell’edificio principale).
Se la superficie dell’autorimessa avesse superato la misura minima ex art. 41-sexies, comma 1, della legge 1150/1942, sarebbe stato necessario applicare in base alla normativa anteriore alla LR 12/2005, nonostante la qualificazione dell’opera come pertinenziale, il contributo concessorio su questo capo del titolo edilizio (per la parte della superficie eccedente la misura minima). Tale circostanza non avrebbe però prodotto alcuna conseguenza sul capo del titolo edilizio relativo all’edificio principale, che sarebbe rimasto gratuito. A maggior ragione non è consentito ipotizzare un passaggio dalla gratuità all’onerosità del titolo edilizio riferito all’edificio principale in conseguenza di un’autorimessa pertinenziale che rimane entro la misura minima di legge e dunque è a sua volta realizzabile con un titolo edilizio gratuito.

Sulle questioni proposte dalle parti si possono svolgere le seguenti considerazioni:
Relativamente alla gratuità dei parcheggi pertinenziali
   (a) la vicenda in esame si colloca nell’intervallo di tempo compreso tra la LR 19.11.1999 n 22 e la LR 11.03.2005 n. 12;
   (b) l’art. 2, comma 2, della LR 22/1999 qualifica i parcheggi come opere di urbanizzazione ai sensi dell'art. 9, comma 1-f, della legge 10/1977 stabilendo in questo modo la gratuità del relativo titolo edilizio. L’art. 2, comma 1, della LR 22/1999 richiama la disciplina di favore prevista per i parcheggi pertinenziali dall’art. 9 della legge 122/1989;
   (c) come già rilevato in casi analoghi che si collocano nello stesso intervallo di tempo (v. TAR Brescia Sez. II 23.08.2012 n. 1454), la gratuità del titolo edilizio non riguarda i parcheggi pertinenziali che eccedono la misura minima di legge. In effetti, essendo già assicurato l’obiettivo posto dall’art. 41-sexies, comma 1, della legge 1150/1942, non vi sono ragioni per imporre ai comuni di rinunciare ai corrispettivi collegati all’edificazione. Sotto questo profilo la qualificazione dei parcheggi come opere di urbanizzazione ex art. 11, comma 1, della legge 122/1989 rimane circoscritta, in mancanza di una specifica norma espansiva, entro i confini della dotazione minima di parcheggi pertinenziali stabilita dalla legge;
   (d) un vero cambio di regime si è verificato con l’entrata in vigore della LR 12/2005, che tramite l’art. 69 ha introdotto il principio della gratuità dei titoli edilizi relativi ai parcheggi collegando l’utilità di queste opere direttamente agli interessi della viabilità senza la mediazione di uno specifico edificio (di qui l’abbandono del requisito della pertinenzialità) e senza la predeterminazione di limiti quantitativi (di qui il superamento della misura minima di legge). La nuova disciplina, che non può avere effetti per il passato, costituisce dunque lo spartiacque in materia di gratuità dei titoli edilizi riferiti ai parcheggi (v. TAR Brescia Sez I 29.09.2009 n. 1709);
Sulla deroga agli strumenti urbanistici
   (e) l’art. 9, comma 1, della legge 122/1989 consente la realizzazione di parcheggi pertinenziali anche in deroga agli strumenti urbanistici comunali. L’unico presupposto della norma è il carattere pertinenziale del parcheggio, senza che rilevino le quantità stabilite dall’art. 41-sexies, comma 1, della legge 1150/1942. In altri termini, quando sia costituito un vincolo di pertinenzialità la quota di parcheggi eccedente il minimo di legge non deve essere computata nella superficie lorda di pavimento e nella volumetria dell’edificio principale. A maggior ragione non deve essere computata la quota che rimane al di sotto del minimo di legge;
   (f) pertanto, indipendentemente dalle dimensioni, i parcheggi e le autorimesse pertinenziali non consumano gli indici edificatori stabiliti dagli strumenti urbanistici. Il superamento della misura minima ex art. 41-sexies, comma 1, della legge 1150/1942 era rilevante (prima della LR 12/2005) solo perché determinava il passaggio dalla gratuità all’onerosità del titolo edilizio (v. TAR Brescia Sez. II 23.08.2012 n. 1454). L’art. 1, comma 1, della LR 22/1999, con una disposizione chiarificatrice, ha precisato che il concetto di pertinenza è applicabile anche agli immobili non residenziali;
   (g) la normativa sopravvenuta (v. art. 67 della LR 12/2005) ha ribadito la possibilità di deroga rispetto alla disciplina urbanistica comunale, precisando i vincoli residui;
Sul primo motivo di ricorso
   (h) poiché non è contestata la natura pertinenziale dell’autorimessa, tale opera non può incontrare i limiti stabiliti dalla disciplina comunale in relazione agli indici di zona. La volumetria dell’autorimessa pertinenziale, essendo per definizione una volumetria in deroga agli strumenti urbanistici, non può essere considerata utile per la consumazione delle facoltà edificatorie assegnate a un determinato lotto;
   (i) ne consegue che la volumetria dell’autorimessa pertinenziale non può essere aggregata a quella dell’edificio principale per trasformare il titolo edilizio relativo a quest’ultimo da gratuito a oneroso. L’aumento del 20% della volumetria che fa scattare l’onerosità del titolo edilizio in base all’art. 9, comma 1-d, della legge 10/1977 (attualmente v. art. 17, comma 3-b, del DPR 06.06.2001 n. 380) presuppone che si tratti di volumetria rilevante ai fini urbanistici, ed è evidente che sul medesimo lotto una volumetria non può essere allo stesso tempo e sotto lo stesso profilo irrilevante (come autorimessa pertinenziale) e rilevante (come elemento al servizio dell’edificio principale);
   (j) se la superficie dell’autorimessa avesse superato la misura minima ex art. 41-sexies, comma 1, della legge 1150/1942, sarebbe stato necessario applicare in base alla normativa anteriore alla LR 12/2005, nonostante la qualificazione dell’opera come pertinenziale, il contributo concessorio su questo capo del titolo edilizio (per la parte della superficie eccedente la misura minima). Tale circostanza non avrebbe però prodotto alcuna conseguenza sul capo del titolo edilizio relativo all’edificio principale, che sarebbe rimasto gratuito. A maggior ragione non è consentito ipotizzare un passaggio dalla gratuità all’onerosità del titolo edilizio riferito all’edificio principale in conseguenza di un’autorimessa pertinenziale che rimane entro la misura minima di legge e dunque è a sua volta realizzabile con un titolo edilizio gratuito;
Sul secondo motivo di ricorso
   (k) l’art. 23 delle NTA, nella parte in cui considera rilevante ai fini urbanistici una quota della superficie delle autorimesse pertinenziali, non può essere considerato conforme alla normativa nazionale e regionale sopra richiamata;
   (l) nel caso in esame peraltro non si pone il problema della disapplicazione della disciplina comunale, in quanto, anche volendo tenere fermo il discrimine dato dal rapporto di 1 mq ogni 6 mc del volume dell’edificio principale, l’autorimessa non supera il predetto limite, come è stato dimostrato nel ricorso;
   (m) se la superficie dell’autorimessa pertinenziale è urbanisticamente irrilevante anche per la disciplina comunale, è evidente che la volumetria calcolata su tale superficie è allo stesso modo irrilevante, non potendovi essere contraddizione tra gli indici urbanistici che riguardano una stessa facoltà edificatoria. Si arriva pertanto alla medesima conclusione esposta sopra, ovvero che non è possibile aggregare la volumetria dell’autorimessa a quella dell’edificio principale per trasformare il titolo edilizio da gratuito a oneroso.
9. In conclusione il ricorso deve essere accolto, con la condanna del Comune a restituire al ricorrente, e ai figli del ricorrente nel cui interesse è stata proposta l’azione, la somma di € 28.137. Su tale importo sono calcolati gli interessi legali dalla data di notifica del ricorso fino al saldo. Per il versamento di quanto dovuto è fissato il termine di 30 giorni dal deposito della presente sentenza.
10. Poiché la disciplina del contributo concessorio applicabile ai parcheggi pertinenziali proponeva, prima dell’entrata in vigore della LR 12/2005, notevoli difficoltà interpretative, può essere disposta la compensazione delle spese di giudizio (TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 24.05.2013 n. 508 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: M. Grisanti, UN’INTERPRETAZIONE FUORI DAL CORO DELL’ART. 9 DELLA LEGGE N. 122/1989 - (nota critica a TAR Lazio, Roma, sez. II-bis, sentenza n. 4087 del 23.04.2013) (10.05.2013 - tratto da www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATALe opere edilizie di cui è causa hanno comportato un obiettivo aggravio del carico urbanistico, attesa la ristrutturazione subita dall’immobile originariamente disabitato e inagibile.
Da ciò deriva l’equiparabilità, ai soli fini della riserva di spazio da destinare a parcheggio pertinenziale, di tali opere a quelle di cui all’art. 41-sexies della l. n. 1150 del 1942.
Ritiene il Collegio che il medesimo art. 41-sexies, come modificato dalla legge n. 122 del 1989, trova applicazione ogni volta che sia realizzato un ‘edificio diverso’ da quello preesistente e, in particolare, quando –con un atto comunque denominato– sia demolito un edificio e al suo posto ne sia realizzato un altro.
Infatti, il legislatore ha previsto che i relativi standard vadano comunque soddisfatti, non solo quando in un centro storico sia prevista la demolizione di un fabbricato fatiscente con la successiva ricostruzione (ciò che costituisce una occasione irripetibile per dotare finalmente l’edificio di parcheggi), ma anche quando si tratti di un edificio isolato o comunque circondato dal verde: anche per questo secondo caso rileva una essenziale regola del diritto urbanistico, per la quale va identificato già nel titolo edilizio lo spazio riservato al parcheggio, per evitare che vi siano alternative e incerte soluzioni empiriche, che possano comportare l’alterazione di aree destinate invece a restare immodificate.
Ciò comporta che i titoli edilizi impugnati in primo grado risultano illegittimi e vanno annullati, con salvezza degli ulteriori provvedimenti.
Nell’esercizio dei propri poteri conformativi, la Sezione ritiene che, in presenza del relativo progetto presentato dagli interessati e trattandosi di una questione che non riguarda la realizzabilità in sé dell’edificio, il Comune possa assentire le opere nel loro complesso, qualora vi sia una integrazione progettuale concernente la riserva di spazi da destinare a parcheggi, poiché il richiamato art. 41-sexies dispone “misure quantitative degli spazi aventi tale destinazione, senza statuire alcuna formalità in ordine alla localizzazione delle aree da asservire, onde i parcheggi possono essere realizzati sia in luoghi esterni all’edificio sia al suo piano terreno e perfino in aree esterne, anche se non strettamente adiacenti al fabbricato”.

Con il terzo motivo, l’appellante rileva che -trattandosi di un opera sottoposta a permesso di costruire- si sarebbero dovuti riservare appositi spazi per parcheggi, così come previsto dalla vigente normativa.
Il motivo è fondato.
Osserva il Collegio che le opere edilizie di cui è causa, pur non necessitando per quanto detto al precedente n. 5.2. del permesso di costruire, hanno comportato un obiettivo aggravio del carico urbanistico, attesa la ristrutturazione subita dall’immobile originariamente disabitato e inagibile.
Da ciò deriva l’equiparabilità, ai soli fini della riserva di spazio da destinare a parcheggio pertinenziale, di tali opere a quelle di cui all’art. 41-sexies della l. n. 1150 del 1942.
Ritiene il Collegio che il medesimo art. 41-sexies, come modificato dalla legge n. 122 del 1989, trova applicazione ogni volta che sia realizzato un ‘edificio diverso’ da quello preesistente e, in particolare, quando –con un atto comunque denominato– sia demolito un edificio e al suo posto ne sia realizzato un altro (in termini, Cons. Stato, Sez. IV, 27.09.2007, n. 4842).
Infatti, il legislatore ha previsto che i relativi standard vadano comunque soddisfatti, non solo quando in un centro storico sia prevista la demolizione di un fabbricato fatiscente con la successiva ricostruzione (ciò che costituisce una occasione irripetibile per dotare finalmente l’edificio di parcheggi), ma anche quando si tratti di un edificio isolato o comunque circondato dal verde: anche per questo secondo caso rileva una essenziale regola del diritto urbanistico, per la quale va identificato già nel titolo edilizio lo spazio riservato al parcheggio, per evitare che vi siano alternative e incerte soluzioni empiriche, che possano comportare l’alterazione di aree destinate invece a restare immodificate.
Ciò comporta che i titoli edilizi impugnati in primo grado (e non anche i contestati atti della Soprintendenza) risultano illegittimi e vanno annullati, con salvezza degli ulteriori provvedimenti.
Nell’esercizio dei propri poteri conformativi, la Sezione ritiene che, in presenza del relativo progetto presentato dagli interessati e trattandosi di una questione che non riguarda la realizzabilità in sé dell’edificio, il Comune possa assentire le opere nel loro complesso, qualora vi sia una integrazione progettuale concernente la riserva di spazi da destinare a parcheggi, poiché il richiamato art. 41-sexies dispone “misure quantitative degli spazi aventi tale destinazione, senza statuire alcuna formalità in ordine alla localizzazione delle aree da asservire, onde i parcheggi possono essere realizzati sia in luoghi esterni all’edificio sia al suo piano terreno e perfino in aree esterne, anche se non strettamente adiacenti al fabbricato” (Cons. di Stato, Sez. V, 18.02.2003, n. 871)
(Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 12.04.2013 n. 1995 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: REALIZZAZIONE DI AUTORIMESSA E NECESSITA' DEL PDC.
A seguito della modifica legislativa della norma di cui alla L. n. 122 del 1989, art. 9, comma 5, introdotto dal D.L. n. 5 del 2012, art. 10, è consentito esclusivamente trasferire -in epoca successiva alla realizzazione dell’autorimessa- la proprietà del parcheggio con contestuale destinazione del parcheggio trasferito a pertinenza di altra unità immobiliare sita nello stesso Comune; non è, invece, consentita sin dall’inizio la realizzazione del parcheggio senza preventiva individuazione nel titolo edilizio del fabbricato cui l’autorimessa è asservita.
Il tema affrontato dalla Corte di Cassazione con la sentenza in esame verte sull’eventuale incidenza penale della modifica legislativa operata dal D.L. n. 5/2012 in tema di parcheggi.
La vicenda processuale segue all’impugnazione dell’ordinanza con cui il tribunale del riesame, nell’esaminare una richiesta di revoca di un sequestro preventivo avente ad oggetto un’autorimessa, dichiarava inammissibile l’appello per la sussistenza del giudicato cautelare ovvero, in via subordinata, respingeva il gravame.
In sede di ricorso per Cassazione, la difesa dell’indagato sosteneva che, a seguito della modifica legislativa della norma di cui alla L. n. 122 del 1989, art. 9, comma 5, introdotto dal D.L. n. 5 del 2012, art. 10, la nozione di pertinenzialità del parcheggio era stata estesa a qualunque immobile ubicato nel Comune interessato, anche se l’individuazione di detto immobile veniva effettuato dopo la realizzazione a mezzo di semplice DIA.
La tesi è stata però respinta dagli Ermellini che, sul punto, hanno ritenuto che la predetta disciplina legislativa consente esclusivamente di trasferire -in epoca successiva alla realizzazione dell’autorimessa- la proprietà del parcheggio con contestuale destinazione del parcheggio trasferito a pertinenza di altra unità immobiliare sita nello stesso Comune; il tutto in deroga alla originaria destinazione del parcheggio ad unità immobiliare già individuata nel titolo edilizio che aveva legittimato la costruzione. Detta norma, tuttavia, non consente sin dall’inizio la realizzazione del parcheggio senza preventiva individuazione nel titolo edilizio del fabbricato cui l’autorimessa è asservita.
Consegue che -mancando, all’epoca della presentazione della DIA attinente al cosiddetto primo livello delle autorimesse, la individuazione delle abitazioni servite- detta DIA non costituiva valido titolo per la realizzazione delle autorimesse, essendo necessario il preventivo rilascio del permesso di costruire.
La Corte ha, quindi, riconfermato la tradizionale giurisprudenza di legittimità secondo cui i parcheggi realizzati nelle aree urbane fuori dal perimetro dell’edificio e quelli, sotterranei o meno, costruiti fuori del centro urbano richiedono il permesso di costruire (v., da ultimo: Cass. pen., sez. III, 19.01.2012, n. 2191, in CED Cass., n. 251891) (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 11.04.2013 n. 16495 - tratto da Urbanistica e appalti n. 6/2013).

EDILIZIA PRIVATARealizzazione autorimesse pertinenziali.
Come si evince in modo univoco dall'esame dell'art. 9, comma 5, L. 122/1989, come modificato dall’art. 10 d.l. 5/2012 la disciplina legislativa consente esclusivamente di trasferire –in epoca successiva alla realizzazione dell'autorimessa- la proprietà del parcheggio con contestuale destinazione del parcheggio trasferito a pertinenza di altra unità immobiliare sita nello stesso Comune; il tutto in deroga alla originaria destinazione del parcheggio ad unità immobiliare già individuata nel titolo edilizio che aveva legittimato la costruzione.
Detta norma, tuttavia, non consente sin dall'inizio la realizzazione del parcheggio senza preventiva individuazione nel titolo edilizio del fabbricato cui l'autorimessa è asservita (
Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 11.04.2013 n. 16495 - tratto da www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Le dotazioni standard di parcheggi si applicano anche agli interventi di ristrutturazione.
Per risalente giurisprudenza, formatasi sull’art. 41-sexies della legge 17.08.1942 n. 1150, le disposizioni che riguardano le dotazioni standard di parcheggi si applicano anche agli interventi di ristrutturazione, quantunque le stesse disposizioni parlino di nuova costruzione.
Secondo questa giurisprudenza, infatti, il concetto di “nuova costruzione” riguarda non solo la realizzazione di manufatti su aree libere, ma anche ogni intervento di ristrutturazione che renda il fabbricato oggettivamente diverso da quello preesistente, determinando un differente e più gravoso carico urbanistico.

Effettivamente, come rileva l’interessata, il recupero dei sottotetti costituisce intervento di ristrutturazione edilizia; e in ciò in base all’esplicito disposto di cui all’art. 3, comma 3, della l.r. 15.07.1996 n. 15, recante “Recupero ai fini abitativi dei sottotetti esistenti” (oggi non più in vigore ma applicabile alla fattispecie di causa ratione temporis), in base al quale “gli interventi di cui alla presente legge sono classificati come ristrutturazioni ai sensi dell'art. 31, comma 1, lett. d), della legge 05.08.1978, n. 457…”.
Va tuttavia rilevato che per risalente giurisprudenza, formatasi sull’art. 41-sexies della legge 17.08.1942 n. 1150, le disposizioni che riguardano le dotazioni standard di parcheggi si applicano anche agli interventi di ristrutturazione, quantunque le stesse disposizioni parlino di “nuova costruzione”. Secondo questa giurisprudenza, infatti, ai fini che qui interessano, il concetto di “nuova costruzione” riguarda non solo la realizzazione di manufatti su aree libere, ma anche ogni intervento di ristrutturazione che renda il fabbricato oggettivamente diverso da quello preesistente, determinando un differente e più gravoso carico urbanistico (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 27.09.2004, n. 6297; id., 03.02.1999 n. 98; id., 22.06.1998, n. 921; TAR Lombardia-Milano, sez. II, 03.03.2006, n. 571).
Ne consegue che l’art. 19 della NTA del PRG del Comune di Meda (quantunque tale norma faccia riferimento alle “nuove costruzioni”, richiamando in proposito proprio la diposizione di cui all’art. 41-sexies della legge n. 1150/1942), va applicato anche agli interventi di ristrutturazione.
La ricorrente soggiunge tuttavia che, anche volendo ritenere che le disposizioni in materia di parcheggi siano applicabili agli interventi di ristrutturazione, in ogni caso le stesse, in ragione della norma derogatoria contenuta nell’art. 3, comma 3, della l.r. n. 15/1996, non sarebbero applicabili al caso specifico afferente al recupero dei sottotetti.
Al riguardo si deve osservare che in base a tale norma “il recupero dei sottotetti è ammesso anche in deroga (…) agli indici o parametri urbanistici ed edilizi previsti dagli strumenti urbanistici generali vigenti ed adottati”.
La disposizione, espressione della volontà del legislatore regionale di favorire il recupero a fini abitativi dei sottotetti degli edifici esistenti, con l'obiettivo di contenere il consumo di nuovo territorio e di favorire la messa in opera di interventi tecnologici per il contenimento dei consumi energetici (cfr. art. 1, comma 1, della l.r. n. 15/1996), è molto chiara nel sottrarre tale attività edilizia dal rispetto degli indici e parametri contenuti negli strumenti urbanistici.
Si deve pertanto ritenere che essa comporti anche lo svincolo dall’osservanza dei parametri dettati dal Piano Regolatore in materia di parcheggi privati, perlomeno quando, come nel caso in esame, tali parametri non trovino fondamento normativo ma siano prescritti dal Piano stesso in eccedenza rispetto a quelli generali stabiliti dall’art. 41-sexies della legge n. 1150/1942.
A suffragio di tale conclusione, può altresì addursi che solo con la l.r. 11.03.2005 n. 12, è stato escluso dalla suddetta deroga l’obbligo di reperimento di spazi per parcheggi pertinenziali nella misura prevista dagli strumenti di pianificazione comunale (cfr. artt. 64, commi 2 e 3, e 65, comma 1-ter, della l.r. n. 12/2005, come modificati dall’art. 1 della l.r. 27.12.2005 n. 20); che le disposizioni recate dalla l.r. n. 12/2005 hanno carattere innovativo rispetto alla previgente disciplina (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 22.03.2007 n. 1408); e che, pertanto, prima dell’entrata in vigore di tali norme, l’eccezione alla deroga non era operante
Nel caso concreto (non disciplinato, ratione temporis, dalla l.r. n. 12/2005, ma dalla l.r. n. 15/1996) il Comune di Meda ha contestato all’interessata la mancata osservanza dei parametri aggiuntivi stabiliti dall’art. 19, comma III, delle NTA, il quale, come visto, attribuisce all’Amministrazione la facoltà di imporre la realizzazione di dotazioni di parcheggio esterne alla recinzione del fabbricato, in aggiunta a quelle standard di cui al citato art. 41-sexies della legge n. 1150/1942.
Tali prescrizioni delle NTA, tuttavia, per le ragioni illustrate, non potevano applicarsi al caso di specie. Ne consegue che anche questo motivo è fondato
(massima tratta da www.lexambiente.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 10.04.2013 n. 892 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATASulla base di una interpretazione funzionale dell’art. 41-sexies L. n. 1150/1942, sussiste la necessità della dotazione di parcheggi privati anche per interventi di ristrutturazione che importino cambio di destinazione con conseguente aumento del carico urbanistico.
Comunque, il vincolo di pertinenza inseparabile tra parcheggio e appartamento è venuto meno in virtù dell’art. 12, comma 9, della legge 28.11.2005, n. 246.

Fondata è anche la censura relativa all’imposizione di un vincolo di “pertinenzialità” tra unità immobiliari e posti auto da reperire.
Ferma restando infatti, sulla base di una interpretazione funzionale dell’art. 41-sexies L. n. 1150/1942, la necessità della dotazione (nella misura indicata dalla disciplina impugnata, non fatta oggetto di censura sul punto) di parcheggi privati anche per interventi di ristrutturazione che importino –come nel caso di specie- cambio di destinazione con conseguente aumento del carico urbanistico (cfr. TAR Lazio, II, 07.11.2011, n. 8535; TAR Liguria, I, 14.04.2011, n. 592), il vincolo di pertinenza inseparabile tra parcheggio e appartamento è in effetti venuto meno in virtù dell’art. 12, comma 9, della legge 28.11.2005, n. 246 (TAR Liguria, Sez. I, sentenza 25.03.2013 n. 525 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Autorimesse e parcheggi realizzati nel sottosuolo per l'intera altezza.
La realizzazione di autorimesse e parcheggi, ai sensi dell'art. 9, 1° comma, della L. n. 122/1989 è condizionata dal fatto che questi siano realizzati nel sottosuolo per l'intera altezza, opera cioè solo nel caso in cui, i parcheggi da destinare a pertinenza di singole unità immobiliari, siano totalmente al di sotto dell'originario piano naturale di campagna.
Qualora invece non si rispetti tale condizione, la realizzazione di un'autorimessa non può dirsi realizzata nel sottosuolo, per cui in tali casi si applica la disciplina urbanistica dettata per le ordinarie nuove costruzioni fuori terra dal P.R.G., anche per quanto concerne il pagamento dei contributi concessori.
Per la esatta interpretazione della “ratio” della L. n. 122/1989, il riferimento ivi contenuto al “piano terreno” dei fabbricati erigendi si spiega agevolmente con la circostanza che neppure in detta ipotesi, come anche nel caso di parcheggio completamente interrato, vi è alcun aumento di volumetria.
Contrariamente a quanto sostenutosi nell’appello, infatti, il Collegio rammenta che per condivisibile quanto pacifica giurisprudenza di questa Sezione del Consiglio di Stato “la realizzazione di autorimesse e parcheggi, ai sensi dell'art. 9, 1° comma, della L. n. 122/1989 è condizionata dal fatto che questi siano realizzati nel sottosuolo per l'intera altezza, opera cioè solo nel caso in cui, i parcheggi da destinare a pertinenza di singole unità immobiliari, siano totalmente al di sotto dell'originario piano naturale di campagna. Qualora invece non si rispetti tale condizione, la realizzazione di un'autorimessa non può dirsi realizzata nel sottosuolo, per cui in tali casi si applica la disciplina urbanistica dettata per le ordinarie nuove costruzioni fuori terra dal P.R.G., anche per quanto concerne il pagamento dei contributi concessori.” (Cons. Stato Sez. IV, 13.07.2011, n. 4234).
Tale approdo –dal quale non si ravvisano motivi per discostarsi- è stato condiviso dalla uniforme giurisprudenza di merito (tra le tante TAR Umbria Perugia Sez. I, 14-06-2006, n. 316 TAR Piemonte, 27.11.2002, n. 1982) ed è appena il caso di precisare che non si pone -come inesattamente segnalato dall’appellante- alcuna problematica di interpretazione “restrittiva” della norma.
Semmai, l’approdo cui è giunta l’evoluzione giurisprudenziale si segnala per l’aderenza rispetto al testo di legge, e per la esatta interpretazione della “ratio” di quest’ultima, in quanto il riferimento ivi contenuto al “piano terreno” dei fabbricati erigendi si spiega agevolmente con la circostanza che neppure in detta ipotesi (come anche nel caso di parcheggio completamente interrato) vi è alcun aumento di volumetria
(massima tratta da www.lexambiente.it - Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 12.03.2013 n. 1480 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: M. Acquasaliente, I parcheggi interrati della legge Tognoli non si possono realizzare in zona agricola (11.03.2013 - link a http://venetoius.it).

EDILIZIA PRIVATA: Aree e costruzioni destinate a parcheggio - Legge Tognoli (L. 24/03/1989, n. 122) - Applicazione e limiti - Giurisprudenza.
La legge 24.03.1989, n. 122, riguarda esclusivamente aree e costruzioni destinate a parcheggio, con esclusione di qualsiasi altra destinazione incompatibile con il vincolo pubblicistico di natura funzionale introdotto dalla stessa legge (Cons. Stato, sez. V n. 2609, 24/04/2009).
Nello specifico, la legge 24.03.1989, n. 122 (c.d. Legge Tognoli) riguarda i parcheggi a servizio di edifici già esistenti e stabilisce, nell'art. 9, comma 1, che detti parcheggi, costruiti dai proprietari degli immobili, possono essere realizzati nel sottosuolo, ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti; possono essere realizzati, ad uso esclusivo dei residenti, anche nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato, purché non in contrasto con i piani urbani del traffico, tenuto conto dell'uso della superficie sovrastante e compatibilmente con la tutela dei corpi idrici; devono essere destinati a pertinenza dei fabbricati; non possono essere ceduti separatamente dall'unità immobiliare alla quale sono legati da vincolo pertinenziale. I relativi atti di cessione sono nulli. Vengono fatte salve le disposizioni paesaggistiche ed ambientali.
Escludendo, nella specie, l'applicazione delle disposizioni in esame per la realizzazione, unitamente ad un garage interrato, di un insieme ulteriore di opere ad esso accessorie finalizzate ad una nuova sistemazione degli accessi all'edificio residenziale: terrazza con pensilina e scala di collegamento (Cass. Sez. III n. 28840, 11/07/2008), per parcheggi realizzati in superficie (Cass. Sez. III n. 23730, 08/06/2009; Sez. III n. 38841, 23/11/2006; Sez. III n. 37013, 15/10/2001) e per parcheggi costruiti con interramenti ottenuti per effetto del riporto di terra (Cass. Sez. III n. 26825 20/06/2003).
A conclusioni identiche è ripetutamente pervenuta anche la giurisprudenza amministrativa (v. ad es., Cons. Stato sez. IV n. 4645, 26/09/2008; Consiglio di Stato Sez. V n. 1608, 29/03/2006; Cons. Stato Sez. V n. 1662 29/03/2004) (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 05.03.2013 n. 10248 - link a www.ambientediritto.it).
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MASSIMA
14.2. Anche l'ulteriore questione concernente l'applicabilità della legge 122/1989 è meramente ripetitiva delle doglianze già motivatamente disattese dai giudici del gravame e, prima ancora, dal primo giudice sulla scorta di quanto ritenuto dal Consiglio di Stato nella sentenza più volte richiamata.
Anche in questo caso nel ricorso non viene aggiunto nulla di nuovo, semplicemente ignorando quanto evidenziato dai giudici del merito e riproponendo una lettura delle disposizioni richiamate che è stata ripetutamente ritenuta destituita di fondamento.
Anche in questo caso il giudice amministrativo è stato perentorio: «
...l'opera contestata non è adibita soltanto a parcheggio, ma è di natura mista, prevedendosi, da un lato, la costruzione di una piscina (seppure poi non realizzata), con relativi ambienti di deposito e servizi, di un'ampia terrazza di 300 mq., mentre soltanto due piani sono destinati a parcheggio. Ciò rende, con immediata evidenza, corretta la ritenuta non applicabilità, al caso di specie, delle deroghe e dei benefici previsti dalla legge Tognoli, la quale riguarda esclusivamente aree e costruzioni destinate a parcheggio, con esclusione di qualsiasi altra destinazione incompatibile con il vincolo pubblicistico di natura funzionale introdotto dalla stessa legge» (si cita anche Cons. Stato, sez. V n. 2609, 24.04.2009).
Invero, la legge 24.03.1989, n. 122 (c.d. Legge Tognoli) riguarda i parcheggi a servizio di edifici già esistenti e stabilisce, nell'art. 9, comma 1, che
detti parcheggi, costruiti dai proprietari degli immobili, possono essere realizzati nel sottosuolo, ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti; possono essere realizzati, ad uso esclusivo dei residenti, anche nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato, purché non in contrasto con i piani urbani del traffico, tenuto conto dell'uso della superficie sovrastante e compatibilmente con la tutela dei corpi idrici; devono essere destinati a pertinenza dei fabbricati; non possono essere ceduti separatamente dall'unità immobiliare alla quale sono legati da vincolo pertinenziale. I relativi atti di cessione sono nulli. Vengono fatte salve le disposizioni paesaggistiche ed ambientali.
E' di tutta evidenza che
lo speciale regime di favore introdotto dalla legge 122/1989 è applicabile solo nel caso in cui ricorrano tutti i requisiti richiesti, in difetto dei quali le opere realizzate resteranno soggette al regime generale che richiede il permesso di costruire, come ha più volte evidenziato la giurisprudenza di questa Corte escludendo, ad esempio, l'applicazione delle disposizioni in esame per la realizzazione, unitamente ad un garage interrato, di un insieme ulteriore di opere ad esso accessorie finalizzate ad una nuova sistemazione degli accessi all'edificio residenziale: terrazza con pensilina e scala di collegamento (Sez. III n. 28840, 11.07.2008), per parcheggi realizzati in superficie (Sez. III n. 23730, 08.06.2009; Sez. III n. 38841, 23.11.2006; Sez. III n. 37013, 15.10.2001) e per parcheggi costruiti con interramenti ottenuti per effetto del riporto di terra (Cass. Sez. III n. 26825 20.06.2003). A conclusioni identiche è ripetutamente pervenuta anche la giurisprudenza amministrativa (v. ad es., Cons. Stato sez. IV n. 4645, 26.09.2008; Cons, Stato Sez. V n. 1608, 29.03.2006; Cons. Stato Sez. V n. 1662 29.03.2004).
Dunque del tutto correttamente è stata esclusa l'applicabilità, nella fattispecie, della «Legge Tognoli», mentre il ricorso al regime ordinario previsto per tutti gli interventi che comportino comunque una trasformazione permanente del suolo inedificato avrebbe previsto il rilascio di un valido permesso di costruire, circostanza che, come si è detto e si dirà in seguito, nella fattispecie non si è verificata.

EDILIZIA PRIVATA: L. Ieva, La nuova disciplina dei parcheggi pertinenziali (Urbanistica e appalti n. 3/2013).

EDILIZIA PRIVATA: L’art. 9 della legge 24.03.1989 n. 122 e l’art. 66 della l.r. 11.03.2005 n. 12 contengono norme di particolare favore per la realizzazione di parcheggi, le quali autorizzano addirittura la loro costruzione (nel sottosuolo) anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti.
Tali disposizioni hanno carattere straordinario, ed hanno la finalità di far fronte al problema dell’ingombro dei veicoli parcheggiati nelle pubbliche vie causato dalla conformazione dei nostri centri storici risalenti ad epoca antecedente l’avvento delle automobili. Queste disposizioni pertanto si applicano solo con riferimento ai fabbricati già esistenti, per i quali non si è tenuto conto, al momento del rilascio del titolo edilizio che ne ha autorizzato la realizzazione, della necessità di prevedere una adeguata dotazione di parcheggi onde ovviare alla problematica suindicata.
Per i nuovi fabbricati, invece, si applica la regola di cui al citato art. 41-sexies della legge n. 1150/1942 (introdotto dall’art. 2, comma 2, della stessa legge n. 122/1989) che impone, già al momento del rilascio del titolo edilizio, di verificare se nel progetto sia prevista una adeguata dotazione di parcheggi.

A conclusioni contrarie non può portare l’art. 9 della legge 24.03.1989 n. 122, né l’art. 66 della l.r. 11.03.2005 n. 12 che, come noto, contengono norme di particolare favore per la realizzazione di parcheggi, le quali autorizzano addirittura la loro costruzione (nel sottosuolo) anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti.
Per costante giurisprudenza, tali disposizioni hanno carattere straordinario, ed hanno la finalità di far fronte al problema dell’ingombro dei veicoli parcheggiati nelle pubbliche vie causato dalla conformazione dei nostri centri storici risalenti ad epoca antecedente l’avvento delle automobili (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 16.04.2012 n. 2185). Queste disposizioni pertanto si applicano solo con riferimento ai fabbricati già esistenti, per i quali non si è tenuto conto, al momento del rilascio del titolo edilizio che ne ha autorizzato la realizzazione, della necessità di prevedere una adeguata dotazione di parcheggi onde ovviare alla problematica suindicata.
Per i nuovi fabbricati, invece, si applica la regola di cui al citato art. 41-sexies della legge n. 1150/1942 (introdotto dall’art. 2, comma 2, della stessa legge n. 122/1989) che, come visto, impone, già al momento del rilascio del titolo edilizio, di verificare se nel progetto sia prevista una adeguata dotazione di parcheggi.
Nel caso in esame è pacifico che la dotazione di parcheggi posti a pertinenza dei fabbricati che insistono sull’area ove dovrebbero realizzarsi i nuovi interventi soddisfa già il fabbisogno di cui all’art. 41-sexies della legge n. 1150/1942; e ciò proprio in quanto tale condizione è stata verificata al momento del rilascio del titolo edilizio e, prima ancora, al momento dell’approvazione del piano per gli insediamenti produttivi. Ne consegue che le disposizioni recate dall’art. 9 della legge n. 122/1989 e dall’art. 66 della l.r. n. 12/2005 non sono applicabili alla fattispecie.
Va pertanto ribadita la correttezza delle valutazioni effettuate dall’Amministrazione intimata e, di conseguenza, va affermata l’infondatezza delle censure esaminate
(TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 26.02.2013 n. 536 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Parcheggi «Tognoli»
Domanda
Ho letto di recente che è stata modificata la disciplina che regolamenta la possibilità di trasferire i parcheggi pertinenziali. Potreste darmi qualche delucidazione?
Risposta
È vero. L'art. 10 del Dl «Semplificazione e Sviluppo» n. 5/2012 (conv. dalla L. n. 35/2012) ha sostituito l'art. 9, 5° c. della Legge «Tognoli» n. 122/1989. L'art. 9, 5° c., ora stabilisce che, fermo restando l'art. 41-sexies, L. n. 1150/1942 e l'immodificabilità dell'esclusiva destinazione a parcheggio, la proprietà dei parcheggi realizzati a norma del 1° comma può essere trasferita, anche in deroga a quanto previsto nel titolo edilizio e nei successivi atti convenzionali, solo con contestuale destinazione del parcheggio trasferito a pertinenza di altra unità immobiliare sita nello stesso comune mentre i parcheggi realizzati ai sensi del 4° c. del medesimo art. 9 continuano a non poter essere ceduti separatamente dall'unità immobiliare alla quale sono legati da vincolo pertinenziale a pena di nullità dei relativi atti di cessione, a eccezione di espressa previsione contenuta nella convenzione stipulata con il comune, ovvero quando quest'ultimo abbia autorizzato l'atto di cessione.
La modifica riguarda solo i parcheggi di cui all'art. 9, 1° c., L. n. 122/1989 ai sensi del quale: «I proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi vigenti. Tali parcheggi possono essere realizzati, a uso esclusivo dei residenti, anche nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato, purché non in contrasto con i piani urbani del traffico, tenuto conto dell'uso della superficie sovrastante e compatibilmente con la tutela dei corpi idrici. Restano in ogni caso fermi i vincoli previsti dalla legislazione in materia paesaggistica e ambientale e i poteri attribuiti dalla medesima legislazione alle regioni e ai ministeri dell'ambiente e per i beni culturali e ambientali da esercitare motivatamente nel termine di 90 giorni. I parcheggi stessi ove i piani del traffico non siano stati redatti, potranno comunque essere realizzati nel rispetto delle indicazioni di cui al periodo precedente».
Il 4° c. dell'art. 9 stabilisce invece che i comuni, previa determinazione dei criteri di cessione del diritto di superficie e su richiesta dei privati interessati o di imprese di costruzione o di società anche cooperative, possono prevedere, nell'ambito del programma urbano dei parcheggi, la realizzazione di parcheggi da destinare a pertinenza di immobili privati su aree comunali o nel sottosuolo delle stesse (_). La costituzione del diritto di superficie è subordinata alla stipula di una convenzione nella quale siano previsti la durata della concessione del diritto di superficie per un periodo non superiore a novanta anni e altri elementi tra i quali le sanzioni previste per gli eventuali inadempimenti.
Prima della recente modifica normativa, anche i parcheggi di cui al 1° c. dell'art. 9 (quelli, cioè, su proprietà privata) non potevano essere ceduti separatamente dall'unità immobiliare alla quale erano legati da vincolo pertinenziale, a pena di nullità dei relativi atti di cessione, preclusione tuttora prevista per i parcheggi realizzati su area comunale di cui al 4° comma dell'art. 9 della L. n. 122/1989 (articolo ItaliaOggi Sette dell'11.02.2013).

EDILIZIA PRIVATAAi fini della legittimità della procedura di realizzazione di un parcheggio pertinenziale da realizzarsi ai sensi dell'articolo 9 della l. 122 del 1989 non è indispensabile che il numero dei proprietari di immobili siti nelle vicinanze del realizzando parcheggio sia individuato prima della costruzione di questo e che, quindi, il vincolo pertinenziale debba preesistere, richiedendosi solo che detto vincolo venga previsto e, poi, effettivamente costituito e trascritto nelle forme prescritte.
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Il comma 1 dell’articolo 9 della l. 122 del 1989 non limita in modo esclusivo ai proprietari degli immobili interessati la legittimazione a realizzare parcheggi di tipo pertinenziale. Ed infatti, il tenore stesso della disposizione in parola (la quale declina con formula impersonale il riferimento ai “parcheggi da destinare a pertinenza”) implica che i parcheggi collocati in aree esterne rispetto ai fabbricati interessati non debbano necessariamente essere realizzati dai proprietari dell’immobile, ma possano essere realizzati anche da parte di terzi soggetti.
Ai limitati fini che qui rilevano, si osserva che la più recente evoluzione normativa ha attenuato il vincolo della inalienabilità delle autorimesse realizzate avvalendosi delle previsioni derogatorie di cui all’articolo 9 della l. 122, cit.
Si richiama, al riguardo, l’articolo 10 del decreto-legge 09.02.2012, n. 5 (come modificato dalla relativa legge di conversione) il quale, novellando la previsione di cui al comma 5 dell’articolo 9, cit., ha previsto che “(…) la proprietà dei parcheggi realizzati a norma del comma 1 può essere trasferita, anche in deroga a quanto previsto nel titolo edilizio che ha legittimato la costruzione e nei successivi atti convenzionali, solo con contestuale destinazione del parcheggio trasferito a pertinenza di altra unità immobiliare sita nello stesso comune”.
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La realizzazione del parcheggio pertinenziale (in deroga ex lege Tognoli e sottostante ad un giardino vincolato) non risulta in contrasto con la destinazione a giardino della superficie soprastante: una siffatta incompatibilità non è sancita da alcuna delle disposizioni dinanzi richiamate, né è desumibile dalle concrete –e invero lievi, come ritenuto in sede amministrativa- modificazioni che la realizzazione del progetto apporterà allo stato estetico e funzionale del giardino.
Ciò che il decreto impositivo del vincolo è volto a tutelare è l’esistenza dell’area a giardino e la sua coessenzialità con l’unicum funzionale rappresentato dai due corpi di fabbrica e –appunto– dal giardino antistante. Al contrario –come correttamente rilevato dai primi Giudici– la sussistenza di un vincolo (anche) sul giardino non sta certo a significare che tale giardino sia vincolato sotto il profilo della sua assoluta immodificabilità per intero e nella sua configurazione e strutturazione attuale (a tacer d’altro, la relazione storico-artistica allegata al decreto impositivo del vincolo nulla riferisce in ordine alla struttura del giardino, alle essenze ivi impiantate e alla loro consistenza complessiva, in tal modo confermando che l’esistenza del vincolo sul giardino non sta a significare l’assoluta intangibilità di ogni singolo arbusto ivi esistente).
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La circostanza per cui il comma 1 dell’articolo 9 della l. 122 del 1989 richiami in modo espresso unicamente deroghe alla disciplina urbanistica e ai regolamenti edilizi, non sta a significare che la realizzazione di parcheggi pertinenziali interrati sia radicalmente preclusa nel caso di immobili sottoposti a vincolo.
Più semplicemente, il silenzio sul punto da parte del Legislatore deve essere inteso non già nel senso di impedire in toto il ricorso alle procedure di cui all’articolo 9, cit. nel caso di immobili sottoposti a vincolo, bensì nel senso di non ammettere procedure derogatorie rispetto a quelle ordinariamente esperibili in materia di gestione del vincolo (nel caso di specie: vincolo storico-monumentale e vincolo archeologico).

Al riguardo il Collegio ritiene di richiamare il condiviso orientamento secondo cui -ai fini della legittimità della procedura di realizzazione di un parcheggio pertinenziale da realizzarsi ai sensi dell'articolo 9 della l. 122 del 1989- non è indispensabile che il numero dei proprietari di immobili siti nelle vicinanze del realizzando parcheggio sia individuato prima della costruzione di questo e che, quindi, il vincolo pertinenziale debba preesistere, richiedendosi solo che detto vincolo venga previsto e, poi, effettivamente costituito e trascritto nelle forme prescritte (in tal senso: Cons. Stato, V, 26.05.2003, n. 2852).
Ora, una volta accertata la sussistenza del vincolo pertinenziale in questione nei confronti dal compendio immobiliare di ‘casa Cervi’, ciò non esclude che, sussistendone i presupposti, venga operato il trasferimento del vincolo stesso nei confronti di ulteriori unità immobiliari nei cui confronti, parimenti, un siffatto vincolo possa essere legittimamente istituito, conformemente alle previsioni di cui all’articolo 66 della L.R. 12 del 2005 (la disposizione in questione –emanata in base alla potestà legislativa regionale in materia di governo del territorio- consente, infatti, ai proprietari di immobili di realizzare, nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne, parcheggi i quali possono anche essere collocati esternamente al lotto di appartenenza, senza limiti di distanza rispetto alle unità immobiliari alle quali sono legati dal vincolo di pertinenzialità, purché nell’ambito del medesimo comune o di comuni contermini).
Al riguardo si osserva che la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato ha stabilito che il comma 1 dell’articolo 9 della l. 122 del 1989 non limita in modo esclusivo ai proprietari degli immobili interessati la legittimazione a realizzare parcheggi di tipo pertinenziale. Ed infatti, il tenore stesso della disposizione in parola (la quale declina con formula impersonale il riferimento ai “parcheggi da destinare a pertinenza”) implica che i parcheggi collocati in aree esterne rispetto ai fabbricati interessati non debbano necessariamente essere realizzati dai proprietari dell’immobile, ma possano essere realizzati anche da parte di terzi soggetti (in tal senso: Cons. Stato, IV, 31.03.2010, n. 1842).
Ai limitati fini che qui rilevano, si osserva che la più recente evoluzione normativa ha attenuato il vincolo della inalienabilità delle autorimesse realizzate avvalendosi delle previsioni derogatorie di cui all’articolo 9 della l. 122, cit.
Si richiama, al riguardo, l’articolo 10 del decreto-legge 09.02.2012, n. 5 (come modificato dalla relativa legge di conversione) il quale, novellando la previsione di cui al comma 5 dell’articolo 9, cit., ha previsto che “(…) la proprietà dei parcheggi realizzati a norma del comma 1 può essere trasferita, anche in deroga a quanto previsto nel titolo edilizio che ha legittimato la costruzione e nei successivi atti convenzionali, solo con contestuale destinazione del parcheggio trasferito a pertinenza di altra unità immobiliare sita nello stesso comune”.
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Del pari, è infondato il quinto motivo di appello (con cui si è lamentato che i primi Giudici abbiano omesso di rilevare come l’affermazione relativa alla salvaguardia del giardino antistante la ‘casa Cervi’ fosse basata più su mere affermazioni di principio, che non su dati concreti e dimostrati).
Ad avviso del Collegio, dagli atti di causa (e segnatamente, dall’esame degli elaborati di progetto riguardati in relazione al complessivo stato dei luoghi) non emerge alcuna violazione:
a) né del comma 1 dell’articolo 9 della l. 122 del 1989 (secondo cui la realizzabilità dei parcheggi in deroga è ammessa “tenuto conto dell’uso della superficie sovrastante (…)”);
b) né dell’articolo 67 della L.R. 12 del 2005 (secondo cui “la realizzazione dei parcheggi non può contrastare (…) con l’uso delle superfici sovrastanti”);
c) né del decreto impositivo del vincolo (il quale imponeva di evitare “improprie trasformazioni” dello stato dei luoghi).
Si osserva al riguardo che la realizzazione del parcheggio pertinenziale non risulta in contrasto con la destinazione a giardino della superficie soprastante: una siffatta incompatibilità non è sancita da alcuna delle disposizioni dinanzi richiamate, né è desumibile dalle concrete –e invero lievi, come ritenuto in sede amministrativa- modificazioni che la realizzazione del progetto apporterà allo stato estetico e funzionale del giardino.
Del resto, gli appellati hanno dimostrato in modo adeguato che la realizzazione delle rimesse interrate non comporterà alcuno stravolgimento dell’assetto del giardino, il quale verrà salvaguardato nella sua funzione, nelle sue dimensioni e nell’assetto di base delle essenze ivi esistenti (la relazione agronomica prodotta in atti conferma che le essenze arboree di maggior pregio verranno conservate).
Ad ogni modo, non appare irrilevante osservare che ciò che il decreto impositivo del vincolo è volto a tutelare è l’esistenza dell’area a giardino e la sua coessenzialità con l’unicum funzionale rappresentato dai due corpi di fabbrica e –appunto– dal giardino antistante. Al contrario –come correttamente rilevato dai primi Giudici– la sussistenza di un vincolo (anche) sul giardino non sta certo a significare che tale giardino sia vincolato sotto il profilo della sua assoluta immodificabilità per intero e nella sua configurazione e strutturazione attuale (a tacer d’altro, la relazione storico-artistica allegata al decreto impositivo del vincolo nulla riferisce in ordine alla struttura del giardino, alle essenze ivi impiantate e alla loro consistenza complessiva, in tal modo confermando che l’esistenza del vincolo sul giardino non sta a significare l’assoluta intangibilità di ogni singolo arbusto ivi esistente).
Per le medesime ragioni, non può ritenersi che il progetto approvato abbia comportato violazioni delle previsioni di cui all’articolo 63 delle N.T.A. al P.R.G. (secondo cui, nel comparto per cui è causa sono ammessi unicamente interventi di restauro e risanamento conservativo) e del successivo articolo 67 (secondo cui, per ciò che riguarda i giardini, è imposta la conservazione integrale e il mantenimento delle piantumazioni esistenti e delle pavimentazioni tradizionali).
Per ciò che riguarda, in particolare, la seconda delle richiamate disposizioni, si ritiene che la complessiva risistemazione del giardino –lo si ripete: rimasto intatto nella sua funzione e struttura di fondo– risulti compatibile con una lettura in senso sostanziale –e non meramente formalistico– delle pertinenti prescrizioni di piano.
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Il quarto motivo di appello (con cui si è lamentata l’erroneità della sentenza in epigrafe per la parte in cui ha respinto il motivo di ricorso con il quale si era affermato che la procedura derogatoria di cui all’articolo 9 della l. 122 del 1989 non sarebbe in radice applicabile nel caso di immobili sottoposti a vincolo) è infondato.
Si osserva al riguardo che la circostanza per cui il comma 1 dell’articolo 9 della l. 122 del 1989 cit. richiami in modo espresso unicamente deroghe alla disciplina urbanistica e ai regolamenti edilizi, non sta a significare che la realizzazione di parcheggi pertinenziali interrati sia radicalmente preclusa nel caso di immobili sottoposti a vincolo.
Più semplicemente, il silenzio sul punto da parte del Legislatore deve essere inteso (e correttamente è stato inteso dai primi Giudici):
- non già nel senso di impedire in toto il ricorso alle procedure di cui all’articolo 9, cit. nel caso di immobili sottoposti a vincolo, bensì nel senso di non ammettere procedure derogatorie rispetto a quelle ordinariamente esperibili in materia di gestione del vincolo (nel caso di specie: vincolo storico-monumentale e vincolo archeologico)
(Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 29.01.2013 n. 539 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

CONDOMINIO - EDILIZIA PRIVATA: TRASFERIBILITA' DEI PARCHEGGI CONDOMINIALI.
L’art. 41-sexies della legge urbanistica 17.08.1942 n. 1150, introdotto dall’art. 18 della L. 06.08.1967 n. 765, il quale dispone che nelle nuove costruzioni debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi, stabilisce un vincolo di destinazione, imponendo di riservare detti spazi ad uso diretto dei proprietari delle unità immobiliari comprese nell’edificio, e dei loro aventi causa.
Pertanto, sono nulle e sostituite ope legis dalla norma imperativa, ai sensi dell’art. 1419, comma 2, c.c., le clausole dei contratti di vendita che sottraggono le aree predette al loro obbligatorio asservimento all’uso ed al godimento dei condomini.
L’art. 12, comma 9, della L. 28.11.2005 n. 246, modificativo dell’art. 41-sexies della L. n. 1150/1942, in base al quale gli spazi per parcheggio possono essere trasferiti in modo autonomo rispetto alle altre unità immobiliari, non ha efficacia retroattiva e trova applicazione per le sole costruzioni non realizzate o per quelle per le quali, al momento della sua entrata in vigore, non erano ancora state stipulate le vendite delle singole unità immobiliari.

Con la sentenza in esame la Cassazione torna ad occuparsi del vincolo pertinenziale gravante sugli spazi per parcheggi realizzati in un edificio condominiale.
La vicenda trae origine dalla pretesa avanzata da alcuni condomini di un edificio, con area seminterrata destinata a superficie di parcheggio, nei confronti di una società immobiliare, la quale si era riservata la proprietà nonché l’uso esclusivo del seminterrato in questione, procedendo alla vendita delle singole unità abitative dell’edificio in via separata rispetto all’area accessoria di esso.
Accertato che il seminterrato era, in virtù della rilasciata licenza edilizia, destinato all’uso di parcheggio e che tale destinazione risultava permanente ai sensi della L. 06.08.1967, n. 765 e della L. 28.02.1985, n. 47, la controversia veniva decisa nel merito mediante la condanna della società immobiliare al risarcimento dei danni subiti dai condomini per il denegato uso del seminterrato a garage e mediante la dichiarazione di nullità delle clausole contenute nel regolamento di condominio e negli atti di compravendita, nella parte in cui, riservando la proprietà e l’uso esclusivo del seminterrato alla società immobiliare, avevano sottratto tale spazio alla sua inderogabile destinazione, escludendolo dalle operazioni di trasferimento.
Contro la decisione della Corte d’Appello la società immobiliare proponeva ricorso per Cassazione.
In particolare la società lamentava, per quanto qui di interesse, la mancata applicazione, al caso di specie, della normativa di cui all’art. 12, comma 9, L. 28.11.2005, n. 246, in base alla quale «gli spazi per parcheggi realizzati in forza della L. 17.08.1942, n. 1150, art. 41-sexies, comma 1 non sono gravati da vincoli pertinenziali di sorta né da diritti d’uso a favore dei proprietari di altre unità immobiliari e sono trasferibili autonomamente da esse», ritenendo che tale disciplina possa trovare applicazione anche nei giudizi già pendenti al momento dell’entrata in vigore della stessa, in cui non sia ancora stata definita una situazione giuridica con una pronuncia passata in giudicato.
E' noto come, secondo un costante orientamento, l’art. 41-sexies della L. n. 1150/1942, introdotto dall’art. 18 della L. n. 765/1967, disponendo che nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse debbano essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni venti metri cubi di costruzione (rapporto poi modificato dalla L. 24.03.1989, n. 122, che ha raddoppiato la superficie minima obbligatoria degli spazi riservati a parcheggio), ha posto in essere una norma imperativa ed inderogabile, in correlazione degli interessi pubblicistici da essa perseguiti, che opera non soltanto nel rapporto fra il costruttore o proprietario di edificio e l’autorità competente in materia urbanistica, ma anche nei rapporti privatistici inerenti a detti spazi, nel senso di imporre la loro destinazione ad uso diretto delle persone che stabilmente occupano le costruzioni o ad esse abitualmente accedono.
Ciò comporta, in ipotesi di fabbricato condominiale, che, qualora il godimento dello spazio per parcheggio non sia assicurato in favore del proprietario del singolo appartamento in applicazione dei principi sull’utilizzazione delle parti comuni dell’edificio o delle sue pertinenze, essendovi un titolo contrattuale che attribuisca ad altri la proprietà dello spazio medesimo, deve affermarsi la nullità di tale contratto nella parte in cui sottrae lo spazio per parcheggio alla suddetta inderogabile destinazione, e conseguentemente deve ritenersi il contratto stesso integrato ope legis con il riconoscimento di un diritto reale di uso di quello spazio in favore di detto condomino, salva restando la possibilità delle parti di ottenere, anche giudizialmente, un riequilibrio del sinallagma contrattuale (così, ad esempio, Cass., Sez. Un., 17.12.1984, n. 6602).
Tale orientamento non è mutato per effetto della entrata in vigore della L. 28.02.1985 n. 47, che, all’art. 26 ultimo comma ha stabilito che gli ‘‘spazi’’ di cui all’art. 18 cit. «costituiscono pertinenze delle costruzioni, ai sensi e per gli effetti degli artt. 817, 818 e 819 del codice civile». Secondo la Suprema Corte, tale disposizione «non ha portata innovativa, assolvendo soltanto alla funzione di conferire certezza testuale alle già evincibili regole secondo cui detti spazi possono essere oggetto di atti o rapporti separati, fermo però restando quel vincolo pubblicistico» (Cass. civ., sez. II, 17.12.1993, n. 12495).
In definitiva, pertanto, secondo l’orientamento consolidato «la norma richiamata istituisce fra costruzioni e spazi di parcheggio ad esse progettualmente annessi una relazione che ha connotazione di necessità e di indispensabile permanenza, di rilievo pubblicistico e con caratteristiche di realità, che, nell’ipotesi in cui la costruzione sia costituita da un fabbricato in condominio comporta che detti spazi ricadano fra le parti comuni dell’edificio condominiale ex art. 1117 c.c. quando appartengano in comunione a tutti i condomini, ovvero vengano a costituire oggetto di un diritto, reale, di uso spettante ai condomini medesimi quando la relativa proprietà competa a terzi estranei alla collettività condominiale o a uno solo dei componenti di questa»; «la normativa in discorso non vieta la negoziazione separata delle costruzioni e delle aree di parcheggio ad esse pertinenti, ma esclude che tale negoziazione possa incidere sulla permanenza del vincolo reale di destinazione gravante sulle aree cennate» (così Cass. civ., sez. II, 13.04.1998, n. 3422).
Come è noto, nel 2005 è intervenuto sul punto il legislatore, prevedendo che «Gli spazi per parcheggi realizzati in forza del primo comma dell’art. 41-sexies L. n. 1150/1942 non sono gravati da vincoli pertinenziali di sorta né da diritti d’uso a favore dei proprietari di altre unità immobiliari e sono trasferibili autonomamente da esse» (L. n. 246/2005).
La novità legislativa ha immediatamente suscitato un dibattito circa la sua applicabilità rispetto ai contratti già conclusi.
Nella sentenza che si commenta, la Suprema Corte si conforma alle sue precedenti pronunce sul punto, affermando che la nuova disposizione trova applicazione soltanto per il futuro, vale a dire per le sole costruzioni non realizzate o per quelle per le quali, al momento della sua entrata in vigore, non erano ancora state stipulate le vendite delle singole unità immobiliari; l’efficacia retroattiva della norma va pertanto esclusa (cfr. Cass. civ., sez. II, 24.02.2006, n. 4264; 13.01.2010, n. 378; 05.06.2012, n. 9090) (Corte di Cassazione, Sez. II civile, sentenza 24.01.2013 n. 1753 - tratto da Urbanistica e appalti n. 4/2013).

CONDOMINIO - EDILIZIA PRIVATA: Parcheggi, in vendita ciò che resta. La corte di cassazione sulle aree del fabbricato.
Una volta raggiunta la minima percentuale di spazio-parcheggio, le altre aree del fabbricato, non costituendo pertinenza, possono essere liberamente vendute, locate o formare oggetto di altri negozi giuridici.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, Sez. II civile, con la sentenza 16.01.2013 n. 943.
Più propriamente, l'esimio Consesso, richiamandosi a una sua precedente decisione adottata a Sezioni Unite, ha –definitivamente– chiarito che, in virtù dell'art. 18, ex lege 06.08.1967, n. 765 in materia di destinazione d'uso dei parcheggi condominiali, i «posti auto» realizzati in eccedenza rispetto alla superficie minima normativamente richiesta non sono soggetti a vincolo pertinenziale a favore delle unità immobiliari del fabbricato.
Una decisione, questa, peraltro già consacrata in due precedenti «interventi», i quali –a loro volta e, nello specifico,– hanno, chiaramente, concluso per la non estensibilità delle aree eccedenti la percentuale contemplata dal succitato art. 18, ragion per cui la cessione in proprietà delle aree stesse in favore degli occupanti delle unità abitative di cui si compone il plesso condominiale è da ritenersi esclusa. Del resto, anche la dottrina è unanime nell'inquadrare i parcheggi che eccedono lo standard vincolistico tra quelli a cd. «circolazione libera».
È, quindi, pacifico che l'originario proprietario-costruttore del fabbricato potrà, legittimamente, riservarsi o cedere a terzi la proprietà dei parcheggi de quibus, ovviamente nel rispetto del vincolo di destinazione nascente da atto d'obbligo (articolo ItaliaOggi del 25.04.2013).

EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICA: Gli spazi di parcheggio di cui all’art. 41-quinquies L. 1150/1942 costituiscono aree pubbliche da conteggiarsi ai fini della dotazione di standard, nel mentre i parcheggi di cui al successivo art. 41-sexies sono qualificati come aree private pertinenziali alle nuove costruzioni, con la conseguenza che l’art. 3, comma 2, lett. d), del D.M. 02.04.1968 n. 1444 espressamente li esclude dal computo nel calcolo della misura degli standards.
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Mentre il pagamento degli oneri di urbanizzazione si risolve in un contributo per la realizzazione delle opere stesse, senza che insorga un vincolo di scopo in relazione alla zona in cui è inserita l’area interessata alla imminente trasformazione edilizia, la monetizzazione sostitutiva della cessione degli standards essenzialmente pertiene al reperimento delle aree necessarie alla realizzazione delle opere di urbanizzazione all’interno della specifica zona di intervento.
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La monetizzazione degli standard si configura quale facoltà eminentemente discrezionale dell’Amministrazione Comunale e non già quale diritto del privato, il quale non può pertanto ritenersi esente dall’onere di individuare le aree da computare in quota standard.

Da ultimo, per quanto attiene agli spazi per parcheggi, va rilevato quanto segue.
Il D.M. 02.04.1968 n. 1444, adottato in attuazione dell’art. 41-quinquies, commi ottavo e nono, della L. 1150 del 1942 come introdotto dall’art. 17 della L. 06.08.1967 n. 765, disciplina i cosiddetti standards urbanistici ed edilizi.
Per quanto qui segnatamente interessa, l’art. 5 di tale D.M. individua i rapporti massimi tra gli spazi destinati agli insediamenti produttivi e gli spazi pubblici destinati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi, prescrivendo che:
1) nei nuovi insediamenti di carattere industriale o ad essi assimilabili compresi nelle zone D) la superficie da destinare a spazi pubblici o destinata ad attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi (escluse le sedi viarie) non può essere inferiore al 10% dell’intera superficie destinata a tali insediamenti;
2) nei nuovi insediamenti di carattere commerciale e direzionale, a 100 mq. di superficie lorda di pavimento di edifici previsti, deve corrispondere la quantità minima di 80 mq. di spazio, escluse le sedi viarie, di cui almeno la metà destinata a parcheggi (in aggiunta a quelli di cui al predetto art. 18 della L. 765 del 1967); tale quantità, per le zone A) e B) è ridotta alla metà, purché siano previste adeguate attrezzature integrative.
Gli spazi di parcheggi testé riferiti sono quindi aggiuntivi e non sostitutivi di quelli imposti dall’art. 18 della L. 765 del 1967, la cui misura è stata quindi modificata per effetto dell’art. 2 della L. dalla L. 24.03.1898 n. 122 (cfr. ivi: “nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse, debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni 10 metri cubi di costruzione”).
Si rinviene comprova di ciò dal differente contenuto dell’art. 41-quinquies, ottavo comma, della L. 1150 del 1942 e dell’art. 41-sexies della legge medesima.
Gli spazi di parcheggio di cui all’art. 41-quinquies costituiscono infatti aree pubbliche da conteggiarsi ai fini della dotazione di standard, nel mentre i parcheggi di cui al successivo art. 41-sexies sono qualificati come aree private pertinenziali alle nuove costruzioni, con la conseguenza che l’art. 3, comma 2, lett. d), del D.M. 02.04.1968 n. 1444 espressamente li esclude dal computo nel calcolo della misura degli standards.
Ciò posto, l’allora vigente art. 22 della L.R. 15.04.1975 n. 51 disponeva nel senso che “la dotazione minima di standard funzionali ai nuovi insediamenti di carattere commerciale stabilita dall’art. 5 del D.M. n. 1444 in misura dell’ 80% della superficie lorda di pavimento è elevata al 100%. Di tali aree almeno la metà dovrà essere destinata a parcheggi di uso pubblico”.
La finalità complessivamente perseguita dalle disposizioni sin qui riferite risulta ben evidente, ed è stata dianzi già enunciata: poiché i centri commerciali richiamano un elevato numero di consumatori è necessario, onde evitare disfunzioni e pericoli alla circolazione stradale e turbative alle proprietà che potrebbero essere causate dall’ingente numero di veicoli, predisporre un congruo numero di spazi destinati al parcheggio.
L’Alco si è invero riferita nelle sue difese all’istituto della c.d. “monetizzazione degli standards”, il quale –come è ben noto- consiste nel versamento al comune di un importo alternativo alla cessione diretta delle stesse aree, ogni volta che tale cessione non venga disposta: in tal modo, pertanto, è consentito al lottizzante di corrispondere all’Amministrazione Comunale un corrispettivo in danaro per ogni metro quadrato non ceduto, con il conseguente obbligo del Comune medesimo di utilizzare quanto ottenuto dalla monetizzazione per la realizzazione di opere pubbliche da localizzarsi ove pianificato.
Va opportunamente rimarcato che mentre il pagamento degli oneri di urbanizzazione si risolve in un contributo per la realizzazione delle opere stesse, senza che insorga un vincolo di scopo in relazione alla zona in cui è inserita l’area interessata alla imminente trasformazione edilizia, la monetizzazione sostitutiva della cessione degli standards essenzialmente pertiene al reperimento delle aree necessarie alla realizzazione delle opere di urbanizzazione all’interno della specifica zona di intervento (cfr. al riguardo, ad es., Cons. Stato, Sez. IV, 16.02.2011 n. 1013).
Nella Regione Lombardia l’istituto della monetizzazione è attualmente normato dall’art. 46, comma 2, lettera a), ultimo periodo, della L.R. 11.03.2005 n. 12, in forza del quale “qualora l’acquisizione di tali aree non risulti possibile o non sia ritenuta opportuna dal comune in relazione alla loro estensione, conformazione o localizzazione, ovvero in relazione ai programmi comunali di intervento, la convenzione può prevedere, in alternativa totale o parziale della cessione, che all’atto della stipulazione i soggetti obbligati corrispondano al comune una somma commisurata all’utilità economica conseguita per effetto della mancata cessione e comunque non inferiore al costo dell'acquisizione di altre aree”.
Non dissimilmente l’art. 12, lett. a), della L.R. 05.12.1977 n. 60, vigente all’epoca dei fatti di causa, disponeva che, qualora l’acquisizione delle aree necessarie per le opere di urbanizzazione primaria e per le attrezzature pubbliche e di uso pubblico “non venga ritenuta opportuna dal Comune in relazione alla loro estensione, conformazione o localizzazione, ovvero in relazione ai programmi comunali di intervento, la convenzione può prevedere, in alternativa totale o parziale della cessione, che all’atto della stipula i lottizzanti corrispondano al comune una somma commisurata all’utilità economica conseguita per effetto della mancata cessione e comunque non inferiore al costo dell’acquisizione di altre aree”.
La legislazione regionale subordinava e subordina pertanto la monetizzazione degli standards a ben precisi presupposti, e ciò nella considerazione che la monetizzazione presupponeva -e presuppone- comunque un’offerta di aree, restando in facoltà del Comune la commutazione sulla base di un apprezzamento complesso, che investe sia l’idoneità o meno delle aree offerte in funzione dell’uso pubblico cui verrebbero destinate, sia la possibilità di acquisire aree alternative (con monetizzazione, quindi, a carico del lottizzante) al fine mantenere invariato il livello di dotazione di standards fissato dal piano regolatore e che non può comunque scendere al di sotto del minimo contemplato dalla legge ovvero dalla fonte autorizzata dalla legge.
Da tutto ciò discende quindi che la monetizzazione si configura quale facoltà eminentemente discrezionale dell’Amministrazione Comunale e non già quale diritto del privato, il quale non può pertanto ritenersi esente dall’onere di individuare le aree da computare in quota standard: e, se così è, deve ricavarsi la conseguenza che la Giunta Regionale, laddove ha affermato la sussistenza di una palese inopportunità della disposta monetizzazione, ha utilizzato il termine in senso improprio, avendo viceversa all’evidenza inteso censurare sotto il profilo della legittimità, segnatamente dell’eccesso di potere per illogicità, la mancanza dei presupposti nella per l’applicazione dell’istituto della monetizzazione, stante la mancata individuazione, da parte del Comune, di aree idonee ad integrare in altre parti del territorio comunale le superfici a standard rese necessarie dall’intervento de L’Alco
(Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 08.01.2013 n. 32 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2012

EDILIZIA PRIVATA: Ristrutturazione “pesante” necessita nuovi parcheggi.
Un intervento di ristrutturazione “pesante”, comportante il frazionamento dell’originario edificio in quattro nuove unità abitative e, conseguentemente, un maggior carico urbanistico, il progetto avrebbe potuto essere licenziato solo alla condizione che fossero contestualmente realizzati i parcheggi di cui all’art. 41-sexies L. 1150/1942, dovendo tale norma applicarsi a tutti gli interventi che implicano un aumento di carico urbanistico.

Il ricorso merita di essere accolto sulla assorbente considerazione che il progetto assentito non prevede la realizzazione di parcheggi ex art. 41-sexies L. 1150/1942.
Va preliminarmente rilevato che il Comune si é limitato a contestare del tutto genericamente le allegazioni della ricorrente, e ciò nell’ambito della comparsa di stile depositata all’atto della costituzione in giudizio. Conseguentemente il Collegio ritiene che quei fatti posti a fondamento del ricorso i quali risultino supportati dalle risultanze dei documenti prodotti dalla ricorrente possono ritenersi dimostrati.
Ciò vale, in particolare, con riferimento alla censura relativa ai parcheggi comuni di cui all’art. 41-sexies L. 1150/1942, della cui realizzazione non vi é traccia nel capitolato delle opere oggetto della concessione edilizia impugnata, che la ricorrente ha prodotto.
Ciò premesso, venendo in considerazione un intervento di ristrutturazione “pesante”, comportante il frazionamento dell’originario edificio in quattro nuove unità abitative e, conseguentemente, un maggior carico urbanistico, il progetto avrebbe potuto essere licenziato solo alla condizione che fossero contestualmente realizzati i parcheggi di cui all’art. 41-sexies L. 1150/1942, dovendo tale norma applicarsi a tutti gli interventi che implicano un aumento di carico urbanistico (tra le più recenti, si veda TAR Liguria n. 592/2011) (massima tratta da www.lexambiente.it - TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 21.12.2012 n. 1375 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Parcheggi «Tognoli».
Domanda.
Ho letto di recente che è stata modificata la disciplina che regolamenta la possibilità di trasferire i parcheggi pertinenziali. Potreste darmi qualche delucidazione?
Risposta.
È vero. L'art. 10 del dl «Semplificazione e Sviluppo» n. 5/2012 (conv. dalla legge n. 35/2012) ha sostituito l'art. 9, 5° comma , della Legge «Tognoli» n. 122/1989. L'art. 9, comma 5, ora stabilisce che, fermo restando l'art. 41-sexies, legge n. 1150/1942 e l'immodificabilità dell'esclusiva destinazione a parcheggio, la proprietà dei parcheggi realizzati a norma del 1° comma può essere trasferita, anche in deroga a quanto previsto nel titolo edilizio e nei successivi atti convenzionali, solo con contestuale destinazione del parcheggio trasferito a pertinenza di altra unità immobiliare sita nello stesso comune mentre i parcheggi realizzati ai sensi del 4° comma del medesimo art. 9 continuano a non poter essere ceduti separatamente dall'unità immobiliare alla quale sono legati da vincolo pertinenziale a pena di nullità dei relativi atti di cessione, a eccezione di espressa previsione contenuta nella convenzione stipulata con il comune, ovvero quando quest'ultimo abbia autorizzato l'atto di cessione.
La modifica riguarda solo i parcheggi di cui all'art. 9, 1° comma, legge n. 122/1989 ai sensi del quale: «Proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi vigenti. Tali parcheggi possono essere realizzati, a uso esclusivo dei residenti, anche nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato, purché non in contrasto con i piani urbani del traffico, tenuto conto dell'uso della superficie sovrastante e compatibilmente con la tutela dei corpi idrici. Restano in ogni caso fermi i vincoli previsti dalla legislazione in materia paesaggistica e ambientale e i poteri attribuiti dalla medesima legislazione alle regioni e ai Ministeri dell'ambiente e per i beni culturali e ambientali da esercitare motivatamente nel termine di 90 giorni. I parcheggi stessi ove i piani del traffico non siano stati redatti, potranno comunque essere realizzati nel rispetto delle indicazioni di cui al periodo precedente».
Il 4° comma dell'art. 9 stabilisce invece che i comuni, previa determinazione dei criteri di cessione del diritto di superficie e su richiesta dei privati interessati o di imprese di costruzione o di società anche cooperative, possono prevedere, nell'ambito del programma urbano dei parcheggi, la realizzazione di parcheggi da destinare a pertinenza di immobili privati su aree comunali o nel sottosuolo delle stesse. (_). La costituzione del diritto di superficie è subordinata alla stipula di una convenzione nella quale siano previsti la durata della concessione del diritto di superficie per un periodo non superiore a novanta anni e altri elementi tra i quali le sanzioni previste per gli eventuali inadempimenti.
Prima della recente modifica normativa, anche i parcheggi di cui al 1° comma dell'art. 9 (quelli, cioè, su proprietà privata) non potevano essere ceduti separatamente dall'unità immobiliare alla quale erano legati da vincolo pertinenziale, a pena di nullità dei relativi atti di cessione, preclusione tuttora prevista per i parcheggi realizzati su area comunale di cui al 4° comma dell'art. 9 della legge n. 122/1989 (articolo ItaliaOggi Sette del 17.12.2012).

EDILIZIA PRIVATAAi sensi dell'art. 2 d.m. 10.05.1977, recante norme per la determinazione del costo di costruzione di nuovi edifici, concorrono a determinare il costo di costruzione il 60% del totale delle superfici non residenziali destinate a servizi e accessori.
Pertanto legittimamente nel calcolo del contributo vengono inclusi, in detta superficie, spazi seminterrati adibiti a manovra delle auto ed accesso ai box essendo riconducibili, stante la loro caratteristica di volumi seminterrati nella categoria dei locali indicati nell'art. 2, lett. c), del predetto decreto avuto riguardo alla funzione consimile degli androni, in tale disposizione previsti, e dei citati spazi di manovra e di accesso, consistenti nel rendere possibile la comunicazione tra la strada e altri locali.

Quanto infatti al profilo della impugnazione investente il “merito” della rideterminazione ritiene il Collegio di doverne affermare la parziale fondatezza.
Il secondo caposaldo della impugnazione, infatti, poggia su un duplice presupposto: la non condivisibilità della rideterminazione del costo di costruzione tenendo conto delle superfici dei corselli di manovra per l’accesso alle autorimesse (mq. 625,35) e la porzione dell’atto gravato relativo alla originaria –asseritamente errata- omessa considerazione di “altre superfici non residenziali pari a mq 579,19”.
Come è agevole riscontrare, la doglianza in realtà introduce due distinte tematiche, che dovranno essere affrontate separatamente.
Quanto alla prima di esse (id est: doverosa ricomprensione dei tornelli di accesso alle autorimesse), il Collegio concorda con la statuizione del primo giudice e ritiene che -per quanto di interesse avuto riguardo ai successivi capi della presente decisione- il gravame sia infondato (non potendo ovviamente incidere sulla questione la deliberazione del Consiglio Regionale dell’Emilia Romagna del 04.02.2010 in quanto non afferente alla detta problematica -ma concernente più in generale la inquadrabilità dei parcheggi pertinenziali tra le opere di urbanizzazione sulla quale di seguito pure ci si soffermerà partitamente- ed in ogni caso non avente portata retroattiva).
La questione si fonda sulla interpretazione del disposto di cui all’art. 2 del Decreto ministeriale 10.05.1977, n. 312400 (“La superficie complessiva, alla quale, ai fini della determinazione del costo di costruzione dell'edificio, si applica il costo unitario a metro quadrato, è costituita dalla somma della superficie utile abitabile di cui al successivo art. 3 e dal 60% del totale delle superfici non residenziali destinate a servizi ed accessori (Snr), misurate al netto di murature, pilastri, tramezzi, sguinci e vani di porte e finestre (Sc = Su + 60% Snr).
Le superfici per servizi ed accessori riguardano:
a) cantinole, soffitte, locali motore ascensore, cabine idriche, lavatoi comuni, centrali termiche, ed altri locali a stretto servizio delle residenze;
b) autorimesse singole o collettive;
c) androni di ingresso e porticati liberi;
d) logge e balconi.
I porticati di cui al punto c) sono esclusi dal computo della superficie complessiva qualora gli strumenti urbanistici ne prescrivano l'uso pubblico
.”)
Il Collegio non ravvisa ragione di discostarsi dal consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui (Consiglio Stato sez. V 25.10.1989 n. 679) “ai sensi dell'art. 2 d.m. 10.05.1977, recante norme per la determinazione del costo di costruzione di nuovi edifici, concorrono a determinare il costo di costruzione il 60% del totale delle superfici non residenziali destinate a servizi e accessori. Pertanto legittimamente nel calcolo del contributo vengono inclusi, in detta superficie, spazi seminterrati adibiti a manovra delle auto ed accesso ai box essendo riconducibili, stante la loro caratteristica di volumi seminterrati nella categoria dei locali indicati nell'art. 2, lett. c), del predetto decreto avuto riguardo alla funzione consimile degli androni, in tale disposizione previsti, e dei citati spazi di manovra e di accesso, consistenti nel rendere possibile la comunicazione tra la strada e altri locali.”.
E ciò secondo una ineccepibile interpretazione logica della detta disposizione, che non collide con la tesi secondo cui (Consiglio Stato, sez. V, 18.10.1981 n. 445) “ai fini della individuazione delle superfici non residenziali per servizi e accessori, computabili per la determinazione del costo di costruzione, l'art. 2, comma 2, d.m. 10.05.1977 (richiamato integralmente dal d.m. 09.05.1978) ha una struttura chiaramente esaustiva, quanto meno delle tipologie, che debbono ritenersi incluse nel predetto computo, -nelle quali non è dato far rientrare anche le scale-.”.
La affermata esaustività della indicazione ivi contenuta, infatti, non contrasta con la logica ricomprensione “categoriale” di superfici indispensabili alla utilizzazione di quelle espressamente menzionate nel d.M..
Alla stregua di tale condivisibile ed armonica interpretazione ritiene il Collegio che sia infondata la doglianza incentrata sulla tassatività della prescrizione contenuta nella citata norma, che, per le già chiarite ragioni deve essere intesa secondo un criterio “categoriale” e fondata su “tipologie” (e le autorimesse sono ivi espressamente contemplate, ragion per cui la indicazione deve essere estesa anche ai corselli di manovra di accesso ai garage interrati)
(Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 28.11.2012 n. 6033 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATALa legge n. 122/1989 nell’innovare la disciplina dei parcheggi all’art. 11, comma 1, ha equiparato i parcheggi pertinenziali alle opere di urbanizzazione anche per quanto riguarda la gratuità del titolo edilizio.
I parcheggi pertinenziali sono stati quindi complessivamente qualificati come opere di urbanizzazione e quindi a tutti (e non già soltanto a quelli previsti per la fruizione collettiva) è stato riconosciuto un rilievo pubblico: se può concordarsi in proposito con la tesi per cui la gratuità non va estesa anche ai parcheggi pertinenziali che eccedono la misura minima di legge, atteso che, in carenza di una espressa disposizione di legge in tal senso (e pur nella opinabilità della questione) la interpretazione teleologica consente di affermare che la qualificazione dei parcheggi pertinenziali come opere di urbanizzazione ex art. 11, comma 1, della legge 122/1989 debba rimanere circoscritta entro i confini tracciati dall’art. 41-sexies, comma 1, della legge 1150/1942 (di guisa che per i parcheggi eccedenti il “tetto” di dotazione obbligatoria trova applicazione il disposto di cui al d.M. più volte citato).

Il primo giudice si è motivatamente discostato dalle doglianze dell’odierna appellante incentrate sulla tesi secondo cui ex art. 11, comma 1, della legge n. 122/1989 i parcheggi privati (nei limiti della dotazione obbligatoria) dovevano essere considerati quali opere di urbanizzazione esenti da contributo.
Le articolate argomentazioni contenute nella sentenza –seppur corroborate dalle deduzioni svolte da parte appellata nelle proprie memorie di replica- non persuadono il Collegio e non lo inducono a mutare orientamento rispetto al convincimento espresso di recente con la decisione n. 6154/2011, secondo cui i parcheggi pertinenziali in quanto espressamente individuati quali opere di urbanizzazione, non soggiacciono al contributo di costruzione.
Deve sul punto ribadirsi, infatti, che la legge n. 122/1989 nell’innovare la disciplina dei parcheggi (anche ex art. 2, comma 2, incrementando la misura minima obbligatoria di parcheggi pertinenziali nei nuovi edifici -il rapporto di 1mq/20mc stabilito inizialmente dall’art. 41-sexies, comma 1, della legge 1150/1942 nel testo aggiunto dall'art. 18 della legge 06.08.1967 n. 765 è stato portato a 1mq/10mc- e nello stabilire all’art. 9, comma 1, il principio secondo cui i parcheggi pertinenziali possono essere realizzati anche in deroga agli strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi vigenti) all’art. 11, comma 1, ha equiparato i parcheggi pertinenziali alle opere di urbanizzazione anche per quanto riguarda la gratuità del titolo edilizio.
I parcheggi pertinenziali sono stati quindi complessivamente qualificati come opere di urbanizzazione e quindi a tutti (e non già soltanto a quelli previsti per la fruizione collettiva) è stato riconosciuto un rilievo pubblico: se può concordarsi in proposito con la tesi per cui la gratuità non va estesa anche ai parcheggi pertinenziali che eccedono la misura minima di legge, atteso che, in carenza di una espressa disposizione di legge in tal senso (e pur nella opinabilità della questione) la interpretazione teleologica consente di affermare che la qualificazione dei parcheggi pertinenziali come opere di urbanizzazione ex art. 11, comma 1, della legge 122/1989 debba rimanere circoscritta entro i confini tracciati dall’art. 41-sexies, comma 1, della legge 1150/1942 (di guisa che per i parcheggi eccedenti il “tetto” di dotazione obbligatoria trova applicazione il disposto di cui al d.M. più volte citato).
Per le già chiarite ragioni, quindi, non può accedersi alla tesi propugnata da parte appellata e fatta propria dal Tribunale amministrativo nella sentenza gravata secondo cui a cagione della assenza di espressa abrogazione del citato dm 10.05.1977, n. 312400 i parcheggi “equiparati” alle opere di urbanizzazione e conseguentemente esenti dal contributo di costruzione siano soltanto quelli destinati ad uso collettivo.
E’ agevole replicare, sul punto, che nulla prova la mancata abrogazione in parte qua del più volte citato dM 10.05.1977 in quanto la equiparazione di cui all’art. 11, comma 1, della legge n. 122/1989 dei parcheggi pertinenziali alle opere di urbanizzazione non opera per quelli eccedenti la dotazione obbligatoria che quindi risultano normati dal citato d.M. (da interpretarsi nel senso ricomprensivo dei tornelli di manovra cui si è fatto in precedenza riferimento)
(Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 28.11.2012 n. 6033 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAAi fini dell’osservanza delle norme in materia di distanze legali stabilite dall’art. 873 c.c. o da norme regolamentari integrative, la nozione di costruzione comprende qualsiasi opera non completamente interrata avente i caratteri della solidità e immobilizzazione rispetto al suolo, con la conseguenza, particolarmente aderente al caso di specie, che: “Un garage totalmente interrato può essere legittimamente realizzato senza rispettare la distanza di tre metri dal confine stabilita dall’art. 873 del codice civile, in quanto tale norma fa riferimento alle sole costruzioni che, erette sopra il suolo, ne sporgano stabilmente, con esclusione quindi dei manufatti completamente interrati”.
Ai sensi dell’art. 9 l. 24.03.1989 n. 122 (come modificato dall’art. 37 l. 07.12.1999 n. 472) la realizzazione di un parcheggio pertinenziale può essere effettuata –fatti salvi i vincoli previsti dalla legislazione in materia paesaggistica ed ambientale– anche in deroga agli strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi vigenti, comprese le distanze previste dal p.r.g. o da altre fonti normative.

Al riguardo, rileva il Tribunale che, in considerazione del carattere interrato delle erigende autorimesse, rispetto al piano di calpestio, diviene applicabile il consolidato principio, di marca giurisprudenziale, secondo cui: “Ai fini dell’osservanza delle norme in materia di distanze legali stabilite dall’art. 873 c.c. o da norme regolamentari integrative, la nozione di costruzione comprende qualsiasi opera non completamente interrata avente i caratteri della solidità e immobilizzazione rispetto al suolo” (Cassazione civile – Sez. II – 18.02.2011, n. 4008), con la conseguenza, particolarmente aderente al caso di specie, che: “Un garage totalmente interrato può essere legittimamente realizzato senza rispettare la distanza di tre metri dal confine stabilita dall’art. 873 del codice civile, in quanto tale norma fa riferimento alle sole costruzioni che, erette sopra il suolo, ne sporgano stabilmente, con esclusione quindi dei manufatti completamente interrati” (TAR Abruzzo Pescara – Sez. I – 05.03.2009, n. 134).
Si consideri, per di più, che, sempre secondo la giurisprudenza: “Ai sensi dell’art. 9 l. 24.03.1989 n. 122 (come modificato dall’art. 37 l. 07.12.1999 n. 472) la realizzazione di un parcheggio pertinenziale può essere effettuata –fatti salvi i vincoli previsti dalla legislazione in materia paesaggistica ed ambientale– anche in deroga agli strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi vigenti, comprese le distanze previste dal p.r.g. o da altre fonti normative” (TAR Puglia Lecce – Sez. III, 21.11.2007, n. 3932) (TAR Campania-Salerno, Sez. II, sentenza 17.10.2012 n. 1868 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATALa legge 122/1989 ha introdotto per quanto riguarda i parcheggi pertinenziali tre importanti innovazioni:
(1) l’art. 2, comma 2, ha incrementato la misura minima obbligatoria di parcheggi pertinenziali nei nuovi edifici (il rapporto di 1mq/20mc stabilito inizialmente dall’art. 41-sexies, comma 1, della legge 17.08.1942 n. 1150 nel testo aggiunto dall'art. 18 della legge 06.08.1967 n. 765 è stato portato a 1mq/10mc);
(2) l’art. 9, comma 1, ha stabilito il principio secondo cui i parcheggi pertinenziali possono essere realizzati anche in deroga agli strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi vigenti;
(3) l’art. 11, comma 1, ha esteso ai parcheggi pertinenziali il regime di gratuità proprio delle opere di urbanizzazione ex art. 9, comma 1-f, della legge 10/1977.
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Un primo problema è se la gratuità vada collegata soltanto ai parcheggi pertinenziali realizzati negli edifici esistenti o se debba essere estesa anche ai nuovi edifici, dove la dotazione minima è comunque obbligatoria.
La soluzione preferibile appare quella dell’applicabilità del beneficio a tutte le costruzioni, esistenti e di nuova realizzazione, in quanto la presenza di una superficie minima destinata a parcheggio soddisfa allo stesso modo l’interesse pubblico grazie a spese di investimento sostenute dai privati: riscuotendo anche gli oneri concessori i comuni otterrebbero un arricchimento non giustificato.
Un secondo problema, strettamente connesso, è se la gratuità riguardi anche i parcheggi pertinenziali che eccedono la misura minima di legge.
In questo caso la risposta preferibile è quella negativa: essendo già assicurato l’obiettivo posto dal legislatore non vi sono ragioni per imporre ai comuni di rinunciare ai corrispettivi collegati all’edificazione. Sotto questo profilo la qualificazione dei parcheggi come opere di urbanizzazione ex art. 11, comma 1, della legge 122/1989 rimane circoscritta, in mancanza di una specifica norma espansiva, entro i confini della pertinenzialità tracciati dall’art. 41-sexies, comma 1, della legge 1150/1942;
Questa soluzione trova conferma in ambito locale nell’art. 4, comma 4, della LR 05.12.1977 n. 60, secondo il quale nel calcolo degli oneri di urbanizzazione degli edifici residenziali “i volumi e gli spazi destinati al ricovero di autovetture non sono computati, salvo che per la quota eccedente quella richiesta obbligatoriamente per parcheggio”. Tale norma (ora abrogata dalla più ampia disciplina della LR 12/2005) conteneva un rinvio implicito all’art. 41-sexies, comma 1, della legge 1150/1942 e distingueva con chiarezza tra i parcheggi obbligatori e quelli facoltativi, evidentemente attribuendo ai secondi una funzione speculativa (ossia la finalità di incrementare il valore dell’immobile di cui costituiscono pertinenze) incompatibile con la gratuità del titolo edilizio.
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Quando non sono coinvolte questioni di finanza pubblica il favore per l’incremento dei parcheggi pertinenziali manifestato dall’art. 9, comma 1, della legge 122/1989 può esplicarsi liberamente. Pertanto la deroga alle norme urbanistiche può essere utilizzata anche per costruire parcheggi pertinenziali in misura superiore a quella minima.
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Un vero cambio di regime si è verificato invece con l’entrata in vigore della LR 12/2005, che tramite l’art. 69 ha introdotto il principio della gratuità dei titoli edilizi relativi ai parcheggi collegando l’utilità di queste opere direttamente agli interessi della viabilità senza la mediazione di uno specifico edificio (di qui l’abbandono del requisito della pertinenzialità) e senza la predeterminazione di limiti quantitativi (di qui il superamento della misura minima di legge). La nuova disciplina, che non può avere effetti per il passato, costituisce dunque lo spartiacque in materia di titoli edilizi riferiti ai parcheggi.
Solo con l’art. 69 della LR 12/2005 si può ritenere che le opere accessorie ai parcheggi (rampe, corselli, spazi di manovra) siano sottoposte al regime di piena gratuità. Nel periodo anteriore si applicava lo stesso trattamento dei parcheggi: l’art. 2 del DM Lavori Pubblici 10.05.1977 n. 801, pur non elencando espressamente queste opere, parla comprensivamente di servizi e accessori. Pertanto, se le opere accessorie servono senza alcuna distinzione materiale sia i parcheggi rientranti nel minimo di legge sia quelli eccedenti, devono essere aggregate pro quota all’una o all’altra di queste categorie applicando il rapporto tra le superfici dei parcheggi (ad esempio, se il 50% dei parcheggi ricade nel minimo di legge e il 50% eccede tale minimo, gli spazi accessori dovranno essere ripartiti nella stessa proporzione).
Parimenti è solo con l’art. 69, comma 2, della LR 12/2005 che le superfici destinate a parcheggio non concorrono alla definizione della classe dell'edificio ai fini del calcolo del costo di costruzione. Per il periodo precedente si deve invece tenere conto delle superfici relative ai parcheggi eccedenti la dotazione minima di legge.

Sulle questioni formulate dalle parti si possono svolgere le seguenti considerazioni:
(a) la vicenda in esame si colloca nella fascia temporale compresa tra la LR 19.11.1999 n. 22 e la LR 11.03.2005 n. 12;
(b) l’art. 2, comma 2, della LR 22/1999 qualifica i parcheggi come opere di urbanizzazione ai sensi dell'art. 9, comma 1-f, della legge 28.01.1977 n. 10 stabilendo in questo modo la gratuità del relativo titolo edilizio. L’art. 2, comma 1, della LR 22/1999 richiama la disciplina di favore prevista per i parcheggi pertinenziali dall’art. 9 della legge 24.03.1989 n. 122. Per ricostruire il quadro normativo anteriore alla LR 12/2005 occorre partire proprio dalla normativa statale sui parcheggi pertinenziali;
(c) la legge 122/1989 ha introdotto per quanto riguarda i parcheggi pertinenziali tre importanti innovazioni:
     (1) l’art. 2, comma 2, ha incrementato la misura minima obbligatoria di parcheggi pertinenziali nei nuovi edifici (il rapporto di 1mq/20mc stabilito inizialmente dall’art. 41-sexies, comma 1, della legge 17.08.1942 n. 1150 nel testo aggiunto dall'art. 18 della legge 06.08.1967 n. 765 è stato portato a 1mq/10mc);
     (2) l’art. 9, comma 1, ha stabilito il principio secondo cui i parcheggi pertinenziali possono essere realizzati anche in deroga agli strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi vigenti;
     (3) l’art. 11, comma 1, ha esteso ai parcheggi pertinenziali il regime di gratuità proprio delle opere di urbanizzazione ex art. 9, comma 1-f, della legge 10/1977;
(d) la suddetta normativa statale prevede un obiettivo di interesse pubblico (parcheggi pertinenziali nella misura minima di 1mq/10mc), uno strumento giuridico (possibilità di deroga alla disciplina urbanistica) e un incentivo (gratuità del titolo edilizio). La deroga alla disciplina urbanistica permette di superare gli ostacoli presenti nella zonizzazione e nelle norme comunali sulle distanze, e in astratto è riferibile a qualsiasi nuovo parcheggio pertinenziale. L’incentivo della gratuità è invece diretto principalmente ai proprietari di edifici esistenti (di per sé esclusi dall’obbligo di dotarsi di parcheggi pertinenziali nella misura minima di legge);
(e) un primo problema è quindi se la gratuità vada collegata soltanto ai parcheggi pertinenziali realizzati negli edifici esistenti o se debba essere estesa anche ai nuovi edifici, dove la dotazione minima è comunque obbligatoria. La soluzione preferibile appare quella dell’applicabilità del beneficio a tutte le costruzioni, esistenti e di nuova realizzazione, in quanto la presenza di una superficie minima destinata a parcheggio soddisfa allo stesso modo l’interesse pubblico grazie a spese di investimento sostenute dai privati: riscuotendo anche gli oneri concessori i comuni otterrebbero un arricchimento non giustificato;
(f) un secondo problema, strettamente connesso, è se la gratuità riguardi anche i parcheggi pertinenziali che eccedono la misura minima di legge. In questo caso la risposta preferibile è quella negativa: essendo già assicurato l’obiettivo posto dal legislatore non vi sono ragioni per imporre ai comuni di rinunciare ai corrispettivi collegati all’edificazione. Sotto questo profilo la qualificazione dei parcheggi come opere di urbanizzazione ex art. 11, comma 1, della legge 122/1989 rimane circoscritta, in mancanza di una specifica norma espansiva, entro i confini della pertinenzialità tracciati dall’art. 41-sexies, comma 1, della legge 1150/1942;
(g) questa soluzione trova conferma in ambito locale nell’art. 4, comma 4, della LR 05.12.1977 n. 60, secondo il quale nel calcolo degli oneri di urbanizzazione degli edifici residenziali “i volumi e gli spazi destinati al ricovero di autovetture non sono computati, salvo che per la quota eccedente quella richiesta obbligatoriamente per parcheggio”. Tale norma (ora abrogata dalla più ampia disciplina della LR 12/2005) conteneva un rinvio implicito all’art. 41-sexies, comma 1, della legge 1150/1942 e distingueva con chiarezza tra i parcheggi obbligatori e quelli facoltativi, evidentemente attribuendo ai secondi una funzione speculativa (ossia la finalità di incrementare il valore dell’immobile di cui costituiscono pertinenze) incompatibile con la gratuità del titolo edilizio;
(h) quando invece non sono coinvolte questioni di finanza pubblica il favore per l’incremento dei parcheggi pertinenziali manifestato dall’art. 9, comma 1, della legge 122/1989 può esplicarsi liberamente. Pertanto la deroga alle norme urbanistiche può essere utilizzata anche per costruire parcheggi pertinenziali in misura superiore a quella minima (con alcune limitazioni: v. TAR Brescia Sez. I 15.04.2009 n. 858);
(i) le medesime considerazioni valgono per la legislazione regionale, in quanto l’art. 2, comma 2, della LR 22/1999 mantiene la stessa impostazione della normativa statale (v. TAR Brescia Sez. II 29.03.2011 n. 498; TAR Brescia Sez. I 26.09.2007 n. 898). Una differenza è costituita dall’estensione del concetto di pertinenza, applicato anche agli immobili non residenziali dall’art. 1, comma 1, della LR 22/1999. Si tratta però di un’innovazione che non interessa il caso in esame;
(j) un vero cambio di regime si è verificato invece con l’entrata in vigore della LR 12/2005, che tramite l’art. 69 ha introdotto il principio della gratuità dei titoli edilizi relativi ai parcheggi collegando l’utilità di queste opere direttamente agli interessi della viabilità senza la mediazione di uno specifico edificio (di qui l’abbandono del requisito della pertinenzialità) e senza la predeterminazione di limiti quantitativi (di qui il superamento della misura minima di legge). La nuova disciplina, che non può avere effetti per il passato, costituisce dunque lo spartiacque in materia di titoli edilizi riferiti ai parcheggi (v. TAR Brescia, Sez I, 29.09.2009 n. 1709);
(k) solo con l’art. 69 della LR 12/2005 si può ritenere che le opere accessorie ai parcheggi (rampe, corselli, spazi di manovra) siano sottoposte al regime di piena gratuità. Nel periodo anteriore si applicava lo stesso trattamento dei parcheggi: l’art. 2 del DM Lavori Pubblici 10.05.1977 n. 801, pur non elencando espressamente queste opere, parla comprensivamente di servizi e accessori. Pertanto, se le opere accessorie servono senza alcuna distinzione materiale sia i parcheggi rientranti nel minimo di legge sia quelli eccedenti, devono essere aggregate pro quota all’una o all’altra di queste categorie applicando il rapporto tra le superfici dei parcheggi (ad esempio, se il 50% dei parcheggi ricade nel minimo di legge e il 50% eccede tale minimo, gli spazi accessori dovranno essere ripartiti nella stessa proporzione);
(l) parimenti è solo con l’art. 69, comma 2, della LR 12/2005 che le superfici destinate a parcheggio non concorrono alla definizione della classe dell'edificio ai fini del calcolo del costo di costruzione. Per il periodo precedente si deve invece tenere conto delle superfici relative ai parcheggi eccedenti la dotazione minima di legge.
In conclusione il ricorso deve essere parzialmente accolto nel senso che il costo di costruzione e la classe degli edifici devono essere determinati prendendo in considerazione i soli parcheggi eccedenti la dotazione minima di legge (e i relativi spazi accessori).
Il Comune è quindi tenuto a effettuare un nuovo calcolo del contributo sul costo di costruzione nel rispetto dei criteri esposti ai punti precedenti. Per tale adempimento è fissato il termine di 30 giorni dal deposito della presente sentenza. Qualora la ricorrente risulti aver pagato un importo superiore a quello così ricalcolato il Comune dovrà restituire la differenza entro i successivi 30 giorni, applicando gli interessi legali dalla data di notifica del ricorso fino al saldo. Se la ricorrente per i titoli edilizi in oggetto non risulterà debitrice di somme ulteriori rispetto a quelle già versate, il Comune dovrà restituire immediatamente la polizza fideiussoria.
Non sono dovuti indennizzi o risarcimenti per il costo della suddetta polizza, in quanto prima della LR 12/2005 vi era incertezza sui criteri di calcolo degli oneri concessori relativi ai parcheggi (TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 23.08.2012 n. 1454 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATALa legge 122 del 1989, di incentivazione dei parcheggi, prevede solo la deroga agli strumenti urbanistici vigenti per la realizzazione in aree urbane di parcheggi all’interno di aree pertinenziali di edifici o esterne purché in prossimità degli stessi, senza alcuna previsione di deroga, invece, con riguardo alle fasce di rispetto stradali stabiliti dal D.M. n. 1404 del 1968 laddove i parcheggi vengano realizzati, come nel caso di specie (si veda pagina 1 del ricorso), al di fuori del centro abitato.
La norma dell'art. 9, l. 24.03.1989 n. 122 consente di realizzare gratuitamente parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari solo se realizzati nel sottosuolo per l’intera altezza. La predetta norma, ponendosi in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti, è di stretta interpretazione e di rigorosa applicazione.
In altre parole, la deroga per la realizzazione di autorimesse e parcheggi prevista dall'art. 9, l. 24.03.1989 n. 122, opera solo ed esclusivamente nel caso in cui i detti garage (oltre ad essere formalmente vincolati a pertinenza di singole unità immobiliari) siano totalmente realizzati al di sotto dell’originario piano naturale di campagna, senza alcuna tolleranza di sorta, mentre la realizzazione di autorimesse e parcheggi, non totalmente al di sotto del piano naturale di campagna, è soggetta alla disciplina urbanistica dettata per le ordinarie nuove costruzioni fuori terra.

Del tutto improprio e inconferente è, infine, il richiamo della legge 122 del 1989 di incentivazione dei parcheggi, prevedendo tale legge solo la deroga agli strumenti urbanistici vigenti per la realizzazione in aree urbane di parcheggi all’interno di aree pertinenziali di edifici o esterne purché in prossimità degli stessi, senza alcuna previsione di deroga, invece, con riguardo alle fasce di rispetto stradali stabiliti dal D.M. n. 1404 del 1968 laddove i parcheggi vengano realizzati, come nel caso di specie (si veda pagina 1 del ricorso), al di fuori del centro abitato (cfr. TAR Toscana, sez. III, 07.06.2002 n. 1174 e l’ulteriore giurisprudenza ivi richiamata).
Inoltre è da aggiungere che, come ha più volte affermato la giurisprudenza del Consiglio di Stato dalla quale il Collegio non ha motivo di divergere (Sez. IV, 13.07.2011 n.4234 e Sez. IV 16.04.2012 n. 2185), la norma dell'art. 9, l. 24.03.1989 n. 122 consente di realizzare gratuitamente parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari solo se realizzati nel sottosuolo per l’intera altezza. La predetta norma, ponendosi in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti, è di stretta interpretazione e di rigorosa applicazione.
In altre parole, la deroga per la realizzazione di autorimesse e parcheggi prevista dall'art. 9, l. 24.03.1989 n. 122, opera solo ed esclusivamente nel caso in cui i detti garage (oltre ad essere formalmente vincolati a pertinenza di singole unità immobiliari) siano totalmente realizzati al di sotto dell’originario piano naturale di campagna, senza alcuna tolleranza di sorta, mentre la realizzazione di autorimesse e parcheggi, non totalmente al di sotto del piano naturale di campagna, è soggetta alla disciplina urbanistica dettata per le ordinarie nuove costruzioni fuori terra (cfr. anche Consiglio Stato, sez. IV, 27.11.2010, n. 8260; Consiglio Stato, sez. IV, 23.02.2009, n. 1070) (TAR Toscana, Sez. III, sentenza 23.07.2012 n. 1347 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA-PRIVATA: I parcheggi collocati in aree esterne ai fabbricati, a differenza di quelli posti nel sottosuolo o al piano terreno degli stessi, non devono essere realizzati necessariamente dai proprietari dell’immobile, ma -in base alla legge Tognoli- possono esserlo anche da terzi: evidentemente il legislatore, non potendo escludersi che le <aree pertinenziali esterne> potessero appartenere a soggetti diversi dai proprietari dell’immobile, ha ritenuto di non dover limitare solo a questi ultimi la legittimazione a chiedere il permesso per realizzarvi i parcheggi.
Peraltro, la pertinenzialità che il legislatore ha inteso considerare in questo caso non è tanto quella materiale esistente tra l’edificio e l’area -sottostante, interna o esterna- destinata ad accogliere il parcheggio, ma quella giuridica esistente tra ciascun singolo posto auto da realizzare e una specifica unità immobiliare, nel senso di creare fra di essi un nesso di inscindibilità: ciò che è coerente con la <ratio> della l. n. 122 del 1989, che è quella di venire incontro al bisogno di parcheggi dei residenti nelle aree urbane evitando al tempo stesso operazioni speculative.
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La nozione edilizia di pertinenzialità ha connotati significativamente diversi da quelli civilistici, assumendo in essa rilievo decisivo non tanto il dato del legame materiale tra pertinenza ed immobile principale, quanto il dato giuridico che la prima risulti priva di autonoma destinazione e di autonomo valore di mercato e che esaurisca la propria destinazione d'uso nel rapporto funzionale con l'edificio principale, così da non incidere sul carico urbanistico.
Ai fini dell'applicazione dell'art. 9, l. 24.03.1989 n. 122 (cd. legge Tognoli), relativamente alla realizzazione di parcheggi nel sottosuolo di area pertinenziale esterna al fabbricato in deroga alle disposizioni degli strumenti urbanistici, è irrilevante che detta area esterna non si trovi in rapporto di immediata contiguità materiale con il fabbricato e sia di proprietà di soggetto diverso dal proprietario dell'immobile nei cui confronti i parcheggi sono destinati a divenire pertinenziali.
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Il rapporto di pertinenzialità è riconoscibile nel caso in cui i boxes si trovano in un ragionevole raggio di accessibilità pedonale.
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L'art. 9 della stessa, nel prevedere per i parcheggi la derogabilità degli strumenti urbanistici, fa salvi i vincoli previsti dalla legislazione in materia paesaggistica ed ambientale.
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E' legittimo il diniego di autorizzazione edilizia per la costruzione di un parcheggio interrato in presenza di un vincolo cimiteriale, poiché, trattandosi di vincolo assoluto, non sono ammesse deroghe nemmeno in riferimento all'art. 9 della l. n. 122/1989; infatti, anche il parcheggio interrato, in quanto struttura servente all'uso abitativo e, comunque, posta nell'ambito della fascia di rispetto cimiteriale, rientra tra le costruzioni edilizie del tutto vietate dalla disposizione di cui all'art. 338, r.d. n. 1265/1934.

La giurisprudenza amministrativa ha interpretato detta disposizione in coerenza con la ratio della medesima (ed anche con la ratio delle modifiche via via introdotte dall'art. 17, comma 90, l. 15.05.1997, n. 127 e dall'art. 37, l. 07.12.1999, n. 472) orientata a privilegiare lo scopo della “legge Tognoli” di far fronte alla carenza di parcheggi urbani.
Non altro senso, può attribuirsi all’estensione del concetto di pertinenzialità, affermato a più riprese da questa IV Sezione del Consiglio di Stato, sia sotto il profilo "soggettivo" (“i parcheggi collocati in aree esterne ai fabbricati, a differenza di quelli posti nel sottosuolo o al piano terreno degli stessi, non devono essere realizzati necessariamente dai proprietari dell’immobile, ma -in base alla legge Tognoli- possono esserlo anche da terzi: evidentemente il legislatore, non potendo escludersi che le <aree pertinenziali esterne> potessero appartenere a soggetti diversi dai proprietari dell’immobile, ha ritenuto di non dover limitare solo a questi ultimi la legittimazione a chiedere il permesso per realizzarvi i parcheggi. Peraltro, la pertinenzialità che il legislatore ha inteso considerare in questo caso non è tanto quella materiale esistente tra l’edificio e l’area -sottostante, interna o esterna- destinata ad accogliere il parcheggio, ma quella giuridica esistente tra ciascun singolo posto auto da realizzare e una specifica unità immobiliare, nel senso di creare fra di essi un nesso di inscindibilità: ciò che è coerente con la <ratio> della l. n. 122 del 1989, che è quella di venire incontro al bisogno di parcheggi dei residenti nelle aree urbane evitando al tempo stesso operazioni speculative.” Consiglio Stato, sez. IV, 31.03.2010, n. 1842), che sotto il profilo “oggettivo (“la nozione edilizia di pertinenzialità ha connotati significativamente diversi da quelli civilistici, assumendo in essa rilievo decisivo non tanto il dato del legame materiale tra pertinenza ed immobile principale, quanto il dato giuridico che la prima risulti priva di autonoma destinazione e di autonomo valore di mercato e che esaurisca la propria destinazione d'uso nel rapporto funzionale con l'edificio principale, così da non incidere sul carico urbanistico.” Consiglio Stato, sez. IV, 31.03.2010, n. 1842, prima richiamata; ma si veda anche: “ai fini dell'applicazione dell'art. 9, l. 24.03.1989 n. 122 (cd. legge Tognoli), relativamente alla realizzazione di parcheggi nel sottosuolo di area pertinenziale esterna al fabbricato in deroga alle disposizioni degli strumenti urbanistici, è irrilevante che detta area esterna non si trovi in rapporto di immediata contiguità materiale con il fabbricato e sia di proprietà di soggetto diverso dal proprietario dell'immobile nei cui confronti i parcheggi sono destinati a divenire pertinenziali"- Consiglio Stato, sez. IV, 18.10.2010, n. 7549).
Detto favor realizzativo, e detta interpretazione estensiva, trovano simmetrica corrispondenza negli approdi cui è giunta la giurisprudenza di legittimità penale (si veda Cassazione penale, sez. III, 03.03.2009, n. 14940, dove si precisa che “il rapporto di pertinenzialità è riconoscibile nel caso in cui i boxes si trovano in un ragionevole raggio di accessibilità pedonale”.).
Al contempo, la consolidata giurisprudenza amministrativa (Consiglio di stato, sez. IV, 28.03.2011, n. 1879) ha costantemente ribadito che “l'art. 9 della stessa, nel prevedere per i parcheggi la derogabilità degli strumenti urbanistici, fa salvi i vincoli previsti dalla legislazione in materia paesaggistica ed ambientale.” (si veda, sul punto, di recente, anche TAR Lazio Roma, sez. I, 18.01.2011, n. 382).
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Quanto a tale profilo, da un canto, è comunque agevole riscontrare che risulta incontestata la deduzione dell’appellante secondo cui il Regolamento urbanistico prevedeva che la “misura” di parcheggi di cui dotarsi fosse coincidente (ma soltanto nella sua misura minima) con quella prevista dall’art. 41-sexies della legge urbanistica n. 1150/1942.
Per altro verso, e con portata assorbente, si evidenzia che il concreto atteggiarsi della statuizione reiettiva, anche in tale caso, si pone in illogico contrasto con la disposizione di legge richiamata.
La reiezione disposta dall’appellata amministrazione, infatti, muove dalla pacifica considerazione per cui, a fronte di una volumetria di mc. 1.290 del fabbricato, era presente una superficie complessiva di parcheggio (garage esistente e area esterna di pertinenza che poteva essere adibita a parcheggio) di mq. 184.
A questo punto, poi, si è ivi evidenziato che l’area disponibile era “superiore al minimo di standard della legge n. 122/1989” e, prendendo spunto dal disposto che l’art. 2 comma 2, individuava il detto valore quantitativo (art. 2 comma 2: “l'art. 41-sexies della legge 17.08.1942, n. 1150, è sostituito dal seguente: Nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse, debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni dieci metri cubi di costruzione") e si è pervenuti, anche per tal via, alla statuizione reiettiva avversata.
Sennonché, il primo giudice –che pure aveva colto che la detta fattispecie normativa era “relativa ai nuovi edifici” e pertanto, non applicabile alle fattispecie de quo- ha affermato che “tra questi limiti trova una sua giustificazione anche quello di permettere i garages interrati solo al fine del raggiungimento dello standard di parcheggio fissato dall’art. 2, comma 2, della legge n. 122/1989 sia pure per le nuove costruzioni. E il fatto che la normativa locale utilizzi un criterio, pur dettato dalla legge statale per altra ipotesi, non configura nessuna illegittimità quando quel criterio risponda alle specifiche esigenze del territorio comunale”.
Con simile asserzione, però, quel giudice non ha colto che comunque, il criterio cui si riferiva la legge era quello minimo, di guisa che anche per tale aspetto (in disparte ogni considerazione sull’utilizzabilità di un simile parametro per edifici non costituenti “nuova costruzione”) la concreta applicazione fattane dal Comune trasformava detto limite minimo (“non inferiore”, statuisce la prescrizione di legge, lo si ribadisce) in limite massimo, così ponendosi in conflitto con la norma di legge.
Né a simile interpretazione applicativa poteva pervenirsi valorizzando gli elementi di ”invarianza” afferenti alla specifica categoria di edifici nei quali è ascrivibile quello per cui è causa.
Nella pacifica considerazione, infatti, che non trattavasi di edificio specificamente vincolato ai sensi del TU dei beni culturali (né, in pregresso ex lege n. 1089/1939), si rimarca che le esigenze di tutela ambientale e paesaggistica espressamente fatte salve dalla norma di cui all’art. 9 a più riprese citata (che sono condizione per la compatibilità costituzionale della stessa), trovano tutela nella legislazione statale e nell’attività di tutela di siffatte categorie di beni pertinente alle Autorità preposte ai detti vincoli (a titolo esemplificativo, si veda in passato: “è legittimo il diniego di autorizzazione edilizia per la costruzione di un parcheggio interrato in presenza di un vincolo cimiteriale, poiché, trattandosi di vincolo assoluto, non sono ammesse deroghe nemmeno in riferimento all'art. 9 della l. n. 122/1989; infatti, anche il parcheggio interrato, in quanto struttura servente all'uso abitativo e, comunque, posta nell'ambito della fascia di rispetto cimiteriale, rientra tra le costruzioni edilizie del tutto vietate dalla disposizione di cui all'art. 338, r.d. n. 1265/1934.” -Consiglio Stato, sez. V, 14.09.2010, n. 6671).
Rammenta in proposito il Collegio il tradizionale orientamento della giurisprudenza amministrativa, secondo cui “mentre l'attività di valorizzazione del bene culturale deve essere il frutto di un intervento coordinato che veda coinvolti tutti i soggetti pubblici interessati, l'attività di tutela rappresenta prerogativa esclusiva dello Stato, in quanto soggetto proprietario del bene, che è quindi responsabile primario della sua conservazione. Tale distinzione trae, del resto, fondamento anche nell'art. 117, comma 2, cost., che appunto riserva alla competenza esclusiva dello Stato l'attività di tutela dei beni culturali, demandando, invece, alla competenza concorrente Stato-Regione l'attività di valorizzazione” (Consiglio Stato, sez. VI, 30.07.2009, n. 4779).
Prescrizioni regolamentari comunali non limitate agli aspetti compositivo-architettonici appaiono incidere sulla competenza esclusiva della Soprintendenza in materia di tutela dei beni culturali e travalicare la portata delle competenze demandate alla amministrazione comunale, che non potrebbe, seppur nel lodevole intento di salvaguardare detti valori, introdurre nel sistema prescrizioni non già limitative, ma, come nel caso di specie, impeditive in via assoluta, per intere categorie di immobili, della espressa previsione contemplata in una disposizione nazionale
(Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 10.07.2012 n. 4091  - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: La legge Tognoli deve interpretarsi come integrativa delle disposizioni di piano laddove queste ultime non siano in grado o si pongano di ostacolo al soddisfacimento del bisogno di parcheggi nelle aree urbane congestionate.
Osserva in proposito il Collegio, come l’unanime giurisprudenza abbia considerato la possibilità di realizzare parcheggi in deroga allo strumento urbanistico posta dall’art. 9 come previsione di carattere eccezionale da interpretarsi nel suo significato strettamente letterale ed in considerazione delle finalità della legge nel cui contesto risulta inserita.
Ebbene, se lo strumento urbanistico realizza in sé gli obiettivi della legge Tognoli (bilanciando, in particolare, l’esigenza di parcheggi pubblici con quella di parcheggi privati pertinenziali, attraverso un vincolo conformativo che si estende al sottosuolo – cfr. motivazione del provvedimento impugnato in replica alle osservazioni presentate dalla ricorrente in sede di partecipazione al procedimento) invocarne la deroga equivarrebbe a vanificare gli effetti della legge stessa. In altre parole la legge Tognoli deve interpretarsi come integrativa delle disposizioni di piano laddove queste ultime non siano in grado o si pongano di ostacolo al soddisfacimento del bisogno di parcheggi nelle aree urbane congestionate.
Nella fattispecie, questa condizione per l’applicazione della Tognoli e delle disposizioni che abilitano alla deroga ivi stabilita, non si realizza posto che lo strumento urbanistico prende direttamente in considerazione il problema dei parcheggi, facendo sì che in determinate zone (evidentemente centrali o commerciali), sia garantita un’adeguata presenza di parcheggi pubblici accanto a quelli pertinenziali privati (TAR Campania-Napoli, Sez. III, sentenza 27.06.2012 n. 3051 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAL’art. 9 della l. n. 122 del 1989 ha per oggetto i soli parcheggi interamente interrati, mentre, nel caso di specie, la stessa ricorrente ammette che il proprio è parcheggio solo semi-interrato: la giurisprudenza si è oramai attestata nel senso che, al di fuori della eccezionale ipotesi prevista dalla legge Tognoli, il parcheggio sia soggetto all’ordinaria disciplina edilizia.
Esso, pertanto, in ragione dell’autonomo valore di mercato che gli è proprio, non costituisce pertinenza a fini urbanistici, ed è soggetto a permesso di costruire.
La censura è perciò infondata: a nulla rileva accertare in causa se l’amministrazione, nel descrivere l’abuso, abbia omesso di qualificarlo quale parcheggio, poiché anche in tale ipotesi il manufatto abusivo è soggetto a demolizione.

La ricorrente, proprietaria di area sita in via Borgo valle Vergine Campagna del Comune di Rocca di Papa, impugna l’ordine di demolizione n. 88 del 2007, avente ad oggetto la realizzazione, senza permesso di costruire, di un parcheggio di m. 7 per 6, con altezza da m 2,60 a m. 3,60.
Con il secondo motivo di ricorso, da esaminarsi in via prioritaria, viene dedotto che il parcheggio, alla luce dell’art. 9 della l. n. 122 del 1989, può essere eseguito con denuncia di inizio attività, sicché, in difetto di essa, non sarebbe comunque possibile ordinare la demolizione, ma sarebbe necessario procedere ai sensi dell’art. 37 del d.P.R. n. 380 del 2001.
Il Tribunale osserva che l’art. 9 della l. n. 122 del 1989, a tutt’oggi in vigore secondo quanto disposto dall’art. 144, comma 3, del d.P.R. n. 380 del 2001 ha per oggetto i soli parcheggi interamente interrati, mentre, nel caso di specie, la stessa ricorrente ammette che il proprio è parcheggio solo semi-interrato: la giurisprudenza si è oramai attestata nel senso che, al di fuori della eccezionale ipotesi prevista dalla legge Tognoli, il parcheggio sia soggetto all’ordinaria disciplina edilizia (da ultimo, Tar Liguria, n. 1176 del 2011).
Esso, pertanto, in ragione dell’autonomo valore di mercato che gli è proprio, non costituisce pertinenza a fini urbanistici, ed è soggetto a permesso di costruire.
La censura è perciò infondata: a nulla rileva accertare in causa se l’amministrazione, nel descrivere l’abuso, abbia omesso di qualificarlo quale parcheggio, poiché anche in tale ipotesi il manufatto abusivo è soggetto a demolizione (TAR Lazio-Roma, Sez. I-quater, sentenza 13.06.2012 n. 5369 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAE' pacifico, in giurisprudenza, che “La l. n. 122 del 1989 consente la realizzazione di parcheggi pertinenziali in deroga agli strumenti urbanistici ma non ai vincoli paesaggistici ed ambientali, che costituiscono, comunque, un limite da rispettare”.
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Qualora sia in gioco la tutela del paesaggio, non è possibile operare distinguo tra volumi tecnici e volumi di altro tipo: “Il divieto di incremento dei volumi esistenti, imposto ai fini di tutela del paesaggio, preclude infatti qualsiasi nuova edificazione comportante creazione di volume, senza che sia possibile distinguere tra volume tecnico ed altro tipo di volume, costituendo opera valutabile anche come aumento di volume la realizzazione di un garage interrato con accesso all'esterno tramite rampa in zona sottoposta a vincolo paesaggistico”.
Pertanto, la nozione di volume rilevante ai fini paesaggistici, non può distinguere tra volumi esterni e volumi interrati, essendo anche questi ultimi idonei a determinare una modificazione del territorio e dell'assetto edilizio esistente, posto che lo stesso volume che a fini edilizi, per le sue caratteristiche, può non essere considerato rilevante e non essere oggetto di computo fra le volumetrie assentibili, ad esempio perché ritenuto volume tecnico, ai fini paesaggistici può assumere una diversa rilevanza, laddove si ritenga che determini una possibile alterazione dello stato dei luoghi salvaguardato dalle apposite norme di tutela, le quali, al preordinato fine di conservare la sostanziale integrità di determinati ambiti territoriali, ben possono vietare anche la realizzazione di un volume edilizio tecnico od interrato, quand'anche irrilevanti secondo le norme che regolano l'attività edilizia.
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In presenza di un norma del piano paesistico che vieta la realizzazione di nuovi volumi, la diversa norma che consente opere di sistemazione ed adeguamento della viabilità pedonale e carrabile non può certo essere interpretata nel senso di consentire la realizzazione dei parcheggi interrati, dovendosi piuttosto ritenere riferita ad opere di diversa natura (in particolare, alla manutenzione delle strade).
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Il fatto che sia stata autorizzata (nel passato) la realizzazione di altri parcheggi interrati nella stessa zona non rende illegittimo, per disparità di trattamento, il diniego dell’Amministrazione. Posto, infatti, che in base alla normativa (legislativa ed urbanistica) vigente i parcheggi interrati non possono essere realizzati, l’Amministrazione non può –per costante giurisprudenza– essere costretta a concedere (illegittimamente) determinate utilità sol perché le ha (sempre illegittimamente) concesse ad altri soggetti.

Il ricorso non è fondato e va respinto per i motivi di seguito precisati.
È pacifico che sulla zona insista un vincolo di tipo paesistico che vieta la realizzazione di ulteriori volumi; orbene, è del pari pacifico, in giurisprudenza, che “La l. n. 122 del 1989 consente la realizzazione di parcheggi pertinenziali in deroga agli strumenti urbanistici ma non ai vincoli paesaggistici ed ambientali, che costituiscono, comunque, un limite da rispettare” (Tar Toscana, sez. III, n. 1818/2010).
E, qualora sia in gioco la tutela del paesaggio, non è possibile operare distinguo tra volumi tecnici e volumi di altro tipo: “Il divieto di incremento dei volumi esistenti, imposto ai fini di tutela del paesaggio, preclude infatti qualsiasi nuova edificazione comportante creazione di volume, senza che sia possibile distinguere tra volume tecnico ed altro tipo di volume, costituendo opera valutabile anche come aumento di volume la realizzazione di un garage interrato con accesso all'esterno tramite rampa in zona sottoposta a vincolo paesaggistico (CdS, sez. IV, n. 1879/2011).
Pertanto, la nozione di volume rilevante ai fini paesaggistici, non può distinguere tra volumi esterni e volumi interrati, essendo anche questi ultimi idonei a determinare una modificazione del territorio e dell'assetto edilizio esistente, posto che lo stesso volume che a fini edilizi, per le sue caratteristiche, può non essere considerato rilevante e non essere oggetto di computo fra le volumetrie assentibili, ad esempio perché ritenuto volume tecnico, ai fini paesaggistici può assumere una diversa rilevanza, laddove si ritenga che determini una possibile alterazione dello stato dei luoghi salvaguardato dalle apposite norme di tutela, le quali, al preordinato fine di conservare la sostanziale integrità di determinati ambiti territoriali, ben possono vietare anche la realizzazione di un volume edilizio tecnico od interrato, quand'anche irrilevanti secondo le norme che regolano l'attività edilizia (così Tar Campania, Salerno, sez. I, n. 1642/2011).
Né si può ritenere l’intervento pienamente compatibile con l’art. 11 del Piano Paesistico, perché rientrante tra quelli di sistemazione ed adeguamento della viabilità pedonale e carrabile. È infatti evidente che, in presenza di un norma del piano che vieta la realizzazione di nuovi volumi, la diversa norma che consente opere di sistemazione ed adeguamento della viabilità pedonale e carrabile non può certo essere interpretata nel senso di consentire la realizzazione dei parcheggi interrati, dovendosi piuttosto ritenere riferita ad opere di diversa natura (in particolare, alla manutenzione delle strade).
Infine, il fatto che sia stata autorizzata la realizzazione di altri parcheggi interrati nella stessa zona non rende illegittimo, per disparità di trattamento, il diniego dell’Amministrazione. Posto, infatti, che in base alla normativa (legislativa ed urbanistica) vigente i parcheggi interrati non possono essere realizzati, l’Amministrazione non può –per costante giurisprudenza– essere costretta a concedere (illegittimamente) determinate utilità sol perché le ha (sempre illegittimamente) concesse ad altri soggetti (TAR Campania-Napoli, Sez. IV, sentenza 29.05.2012 n. 2529 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Box, comprare senza l'alloggio. Notai di Milano su nuove opportunità.
Nuove opportunità dalla compravendita dei box privati separatamente dagli appartamenti. Il recente dl n. 5/2012 di semplificazione e sviluppo ha consentito, a determinate condizioni, la libera circolazione dei cosiddetti parcheggi Tognoli, che fino a oggi non potevano essere venduti senza l'abitazione di pertinenza, pena la nullità del contratto. La disciplina della circolazione dei box rimane molto complessa e articolata.
Se ne parlerà oggi pomeriggio alle 18 all'Urban Center di Milano, nella Galleria Vittorio Emanuele, nell'ultimo incontro dell'iniziativa «Comprar casa senza rischi» organizzata dal Consiglio notarile del capoluogo lombardo.
Nel quadro normativo attuale si possono distinguere sostanzialmente tre categorie, in ognuna delle quali la vendita separata del box dall'appartamento è disciplinata in maniera differente: parcheggi ponte o standard (dal nome della legge ponte n. 765/1967), parcheggi Tognoli (anche in questo caso dal nome attribuito alla legge n. 122/89) e parcheggi liberi (si veda la tabella elaborata dal Consiglio notarile di Milano).
I parcheggi Tognoli si suddividono a loro volta in due categorie: pubblici (per i quali la vendita separata è legittima soltanto ove ciò sia espressamente previsto dalla convenzione originaria stipulata con il comune, perché in questi caso la costruzione dei box avviene in proprietà superficiaria su aree di proprietà pubblica) e privati (per i quali sono state previste dalla legge n. 122/1989 numerose agevolazioni urbanistiche e civilistiche: si pensi, ad esempio, alle maggioranze ridotte necessarie per autorizzare la costruzione di parcheggi interrati in ambito condominiale).
A seguito della novella del 2012, come spiegato il notaio Ugo Friedmann, i parcheggi Tognoli privati possono essere venduti separatamente dall'appartamento, nel rispetto delle norme civilistiche sulla pertinenza e delle due seguenti condizioni: la destinazione del bene deve rimanere la stessa (dal box non potrà essere ricavato un negozio o un laboratorio) e l'acquirente dovrà destinarlo a pertinenza di altra unità immobiliare sita nel medesimo comune (articolo ItaliaOggi del 23.05.2012).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Ai fini del calcolo delle distanze devono essere computate scale, terrazze, corpi avanzati ed opere di contenimento.
2. Nozione di opera interrata.
3. Calcolo della cubatura. Inclusione nel caso di opere non completamente interrate.

1. In tema di distanze legali tra edifici o dal confine, mentre non sono a tal fine computabili le sporgenze estreme del fabbricato che abbiano funzione meramente ornamentale, di finitura od accessoria di limitata entità, come le mensole, le lesene, i cornicioni, le grondaie e simili, invece, rientrano nel concetto civilistico di costruzioni, le parti dell'edificio, quali scale, terrazze e corpi avanzati (c.d. aggettanti) che, se pur non corrispondono a volumi abitativi coperti, sono destinate ad estendere ed ampliare la consistenza del fabbricato.
Lo stesso può dirsi per le opere di contenimento, che, comunque progettate in relazione alla situazione dei luoghi ed alla soluzione esteticamente ritenuta più confacente dal committente, hanno una struttura che deve essere idonea per consistenza e modalità costruttive ad assolvere alla funzione di contenimento ed una funzione, che non è quella di delimitare, proteggere ed eventualmente abbellire la proprietà, ma essenzialmente di sostenere il terreno al fine di evitare movimenti franosi dello stesso (1).
2. Al fine di individuare se un manufatto sia o meno interrato, va fatto riferimento al livello naturale del terreno, con la conseguenza che la sporgenza di un manufatto dal suolo va riscontrata con riferimento al piano di campagna, cioè al livello naturale del terreno, e non al livello eventualmente inferiore cui si trovi un finitimo edificio realizzato con abbassamento di quel piano (2).
3. Ai sensi dell'art. 9 della l. 24.03.1989 n. 122, la realizzazione di autorimesse e parcheggi è soggetta alla disciplina urbanistica dettata per le ordinarie nuove costruzioni fuori terra, se non effettuata totalmente al di sotto del piano di campagna naturale (3).
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(1) Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 30.06.2005, n. 3539.
V. anche Cassazione civile, sez. II, 17.06.2011, n. 13389, secondo cui, "ai fini dell'osservanza delle norme sulle distanze legali di origine codicistica o prescritte dagli strumenti urbanistici in funzione integrativa della disciplina privatistica, la nozione di costruzione non si identifica con quella di edificio ma si estende a qualsiasi manufatto non completamente interrato che abbia i caratteri della solidità, stabilità, ed immobilizzazione al suolo, anche mediante appoggio, incorporazione o collegamento fisso ad un corpo di fabbrica preesistente o contestualmente realizzato, indipendentemente dal livello di posa e di elevazione dell'opera.
La giurisprudenza civile di merito, altrettanto condivisibilmente, ad avviso del Collegio ha poi fatto presente che ai fini del rispetto delle distanze fra costruzioni, non rileva il materiale utilizzato per la fabbrica, richiedendosi soltanto una durevolezza dell'opera comunemente riconoscibile anche alle opere in legno o ferro od altri materiali leggeri, purché infissi al suolo non transitoriamente.
Ne consegue la permanente vigenza dell’insegnamento della Corte di legittimità secondo il quale "costituisce costruzione, agli effetti della disciplina del c.c. sulle distanze legali, ogni manufatto che, per struttura e destinazione, ha carattere di stabilità e permanenza (nella specie il manufatto, con finestra, era coperto da tettoia formata da travi con soprastanti lamiere, ed era destinato a fienile, magazzino e pollaio). "(Cassazione civile, sez. II, 24.05.1997, n. 4639).
(2) Cfr. Cons. Stato, sez. V, 06.12.2010, n. 8547 ed in passato Cons. Stato, sez. V, 21.10.1991, n. 1231, secondo la quale soltanto "i locali costruiti al di sotto dell'originario piano di campagna non sono infatti computabili ai fini dell'applicazione degli standards urbanistici e non concernono al computo della volumetria.".
(3) Cfr. Cons. Stato, sez. IV, 27.11.2010, n. 8260
(massima tratta da www.regione-piemonte.it -
Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 17.05.2012 n. 2847 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Al fine di individuare se un manufatto sia o meno interrato, va fatto riferimento al livello naturale del terreno, con la conseguenza che la sporgenza di un manufatto dal suolo va riscontrata con riferimento al piano di campagna, cioè al livello naturale del terreno, e non al livello eventualmente inferiore cui si trovi un finitimo edificio realizzato con abbassamento di quel piano.
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Soltanto i locali costruiti al di sotto dell'originario piano di campagna non sono computabili ai fini dell'applicazione degli standards urbanistici e non concernono al computo della volumetria.
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Ai sensi dell'art. 9, l. 24.03.1989 n. 122, la realizzazione di autorimesse e parcheggi è soggetta alla disciplina urbanistica dettata per le ordinarie nuove costruzioni fuori terra, se non effettuata totalmente al di sotto del piano di campagna naturale.
Pertanto, le autorimesse, edificate fuori terra, poiché vanno qualificate come nuove costruzioni, sono soggette al pagamento degli oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione, in quanto il citato art. 9, comma 2, L. n. 122/1989, nel rinviare al precedente comma 1, si riferisce soltanto alle opere edilizie, destinate a parcheggi, eseguite nei locali siti al piano terra o nel sottosuolo del fabbricato o nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato.

Sul punto giova rammentare che, per costante giurisprudenza di questa Sezione, “al fine di individuare se un manufatto sia o meno interrato, va fatto riferimento al livello naturale del terreno, con la conseguenza che la sporgenza di un manufatto dal suolo va riscontrata con riferimento al piano di campagna, cioè al livello naturale del terreno, e non al livello eventualmente inferiore cui si trovi un finitimo edificio realizzato con abbassamento di quel piano.” (Consiglio Stato, sez. V, 06.12.2010, n. 8547 ed in passato Consiglio Stato, sez. V, 21.10.1991, n. 1231 laddove si è affermato che soltanto “i locali costruiti al di sotto dell'originario piano di campagna non sono infatti computabili ai fini dell'applicazione degli standards urbanistici e non concernono al computo della volumetria.”).
Nel caso di specie, nella incontestabile emergenza processuale secondo cui il piano di calpestio del terrazzo-veranda si trova ad una quota di 85 cm. rispetto alla strada senza uscita, ancora da denominare, che si dirama da Via Brennero, e di 1,52 m. rispetto al terreno di proprietà dell’appellato (costruzione resa possibile, sistemando l’area esterna al fabbricato principale con un terrapieno artificiale) si rende applicabile l’orientamento espresso a più riprese da questo Consiglio di Stato secondo cui “ai sensi dell'art. 9, l. 24.03.1989 n. 122, la realizzazione di autorimesse e parcheggi è soggetta alla disciplina urbanistica dettata per le ordinarie nuove costruzioni fuori terra, se non effettuata totalmente al di sotto del piano di campagna naturale” (Consiglio Stato, sez. IV, 27.11.2010, n. 8260).
Ne consegue la esattezza dell’affermazione del primo giudice (non specificamente contestata nell’appello, peraltro) secondo cui “le autorimesse, edificate fuori terra, poiché vanno qualificate come nuove costruzioni, sono soggette al pagamento degli oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione, in quanto il citato art. 9, comma 2, L. n. 122/1989, nel rinviare al precedente comma 1, si riferisce soltanto alle opere edilizie, destinate a parcheggi, eseguite nei locali siti al piano terra o nel sottosuolo del fabbricato o nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato
(Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 17.05.2012 n. 2847 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATANon sono assoggettabili al contributo commisurato al costo di costruzione e agli oneri di urbanizzazione i parcheggi c.d. obbligatori fissati dall'art. 41-sexies della l. n. 1150 del 1942.
Ai sensi delle l. n. 10 del 1977 e n. 122 del 1989, in sede di rilascio della concessione edilizia, non sono assoggettabili al contributo commisurato al costo di costruzione e agli oneri di urbanizzazione i parcheggi c.d. obbligatori fissati dall'art. 41-sexies della l. n. 1150 del 1942.
La l. 24.03.1989 n. 122 (c.d. legge Tognoli), recante disposizioni in materia di parcheggi, dispone (art. 11 comma 1) che le opere e gli interventi da essa previsti «costituiscono opere di urbanizzazione anche ai sensi dell'art. 9, comma 1, lett. f), della l. 28.01.1977 n. 10» e, dunque, non sono soggetti a contributo concessorio (TAR Puglia, Bari, 1284/2011, TAR Lombardia Milano, sez. II, n. 1779/2007).
Nel caso di specie, infatti, le superfici destinate a parcheggio sono state realizzate nel rispetto del disposto degli artt. 11 legge 24.03.1989 n. 122 (c.d. legge Tognoli) e 9, primo comma, lettera f), della legge 28.01.1977, n. 10 e devono ritenersi, pertanto, costituenti opere di urbanizzazione.
L’art. 9 della legge n. 10/1977 disciplina infatti i casi di concessione gratuita annoverando tra di essi le opere di urbanizzazione eseguite anche da privati, quali i parcheggi realizzati dalla ricorrente nella misura prevista dalla legge.
L’amministrazione, di contro, non ha contestato, nel provvedimento impugnato, che i parcheggi realizzati, in quanto pertinenziali al fabbricato ad uso residenziale realizzato, rientrino tra quelli qualificabili come opere di urbanizzazione (TAR Puglia-Bari, Sez. III, sentenza 19.04.2012 n. 744 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: La nuova disciplina dei parcheggi Tognoli (Consiglio Nazionale del Notariato, studio 18.04.2012 n. 210-2012-C).
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Lo studio in sintesi (Abstract): L’art. 10 del D.L. 09.02. 2012 n. 5 ha sostituito l’articolo 9, comma 5, della legge 24.03.1989 n. 122.
Le modifiche normative in esame non riguardano tutti i parcheggi previsti e disciplinati dalla norme vigenti, ma solo i c.d. parcheggi Tognoli.
La nuova disposizione di cui al D.L. 09.02.2012 n. 5 introduce una distinzione nel regime circolatorio dei parcheggi Tognoli a seconda che si tratti di parcheggi realizzati su proprietà privata ovvero di parcheggi realizzati in diritto di superficie su area comunale.
Per i parcheggi realizzati su proprietà privata ai sensi del primo comma dell’art. 9 della legge Tognoli si prevede innanzitutto l’immodificabilità dell’esclusiva destinazione a parcheggio.
Tale disposizione deve interpretarsi nel senso che non sarà possibile successivamente alla realizzazione del parcheggio porre in essere un procedimento edilizio diretto a conseguire il mutamento della destinazione d’uso del medesimo.
In secondo luogo la nuova normativa prevede la salvezza di quanto previsto dall’articolo 41-sexies della legge 17.08.1942 n. 1150.
Il richiamo all’articolo 41-sexies, della legge 17.08.1942 n. 1150 deve intendersi riferito al secondo comma del medesimo, aggiunto dalla L. 28.11.2005 n. 246, secondo cui “Gli spazi per parcheggi realizzati in forza del primo comma non sono gravati da vincoli pertinenziali di sorta né da diritti d'uso a favore dei proprietari di altre unità immobiliari e sono trasferibili autonomamente da esse”.
Nondimeno il principio della libera alienabilità del parcheggio separatamente dal bene principale nel caso di specie subisce un notevole temperamento.
Il nuovo quinto comma dell’art. 9 della legge Tognoli prevede infatti che la proprietà dei parcheggi realizzati a norma del comma 1 può essere trasferita, anche in deroga a quanto previsto nel titolo edilizio che ha legittimato la costruzione e nei successivi atti convenzionali, “solo con contestuale destinazione del parcheggio trasferito a pertinenza di altra unità immobiliare sita nello stesso comune”.
Dunque, in assenza di siffatta “contestuale destinazione”, l’alienazione separata del parcheggio rimane tuttora vietata a pena di nullità c. d. virtuale in base all’art. 1418 primo comma c.c.
Deve peraltro ritenersi tuttora consentita la cessione del parcheggio anche senza “contestuale destinazione”, laddove essa sia effettuata unitamente all’unità principale alla quale il parcheggio fu legato da vincolo pertinenziale in sede di edificazione del parcheggio stesso.
La norma non richiede che lo spostamento del vincolo di pertinenzialità debba essere autorizzato dal comune, né che debba essere all’uopo modificato il titolo edilizio che aveva legittimato la costruzione del parcheggio ovvero gli eventuali atti d’obbligo stipulati al riguardo, né che la destinazione del parcheggio trasferito a pertinenza di altra unità immobiliare sita nello stesso comune sia oggetto di un autonomo atto d’obbligo nei confronti del comune, ma si limita a prescrivere che siffatta destinazione sia “contestuale”.
Deve dunque ritenersi necessario e sufficiente che nell’atto di alienazione separata del parcheggio si dia atto di tale destinazione.
Legittimato ad effettuare siffatta destinazione è di regola l’acquirente, in quanto sia titolare di un diritto reale sull’unità immobiliare a pertinenza della quale il parcheggio deve essere destinato.
L’instaurarsi del regime pertinenziale richiede pur sempre la destinazione del parcheggio a servizio dell’unità principale, la quale a sua volta presuppone ovviamente la possibilità che il parcheggio sia utilizzato per l’utilità del bene principale e non semplicemente per il proprietario dello stesso.
Se ne deve dedurre che ai fini della sussistenza del rapporto pertinenziale in esame l’ubicazione nello stesso comune è condizione necessaria ma non sufficiente.
Sarà infatti anche necessario che il parcheggio sia ubicato in prossimità dell’unità principale e cioè ad una distanza tale da consentire l’instaurarsi di un rapporto di servizio fra il parcheggio ed il bene principale.
Per altro verso la norma, nel richiedere l’ubicazione del bene principale nello stesso comune, esclude che il vincolo pertinenziale idoneo a consentire la circolazione del parcheggio possa essere instaurato a favore di un’unità immobiliare che, pur essendo ubicata nelle vicinanze del parcheggio, sia posta in altro comune.
Ai fini dell’assolvimento del controllo di legittimità da parte del notaio rogante è peraltro sufficiente che le parti dichiarino l’intento di destinare parcheggio trasferito a pertinenza di altra unità immobiliare sita nello stesso comune, affinché il predetto controllo possa ritenersi assolto.
L’atto di destinazione così compiuto dall’acquirente del parcheggio instaura il regime vincolistico di cui all’art. 9, comma 5, della legge Tognoli, donde la possibilità di alienare nuovamente e separatamente la pertinenza solo con la “contestuale destinazione”.
Per quanto riguarda il regime di circolazione dei parcheggi Tognoli realizzati su area comunale la nuova norma conferma il divieto di circolazione separata del parcheggio, a pena di nullità espressamente comminata dalla legge.
Ma a siffatto regime vincolistico viene apportata una rilevante eccezione, in quanto a tale regola è consentito derogare in caso di “espressa previsione contenuta nella convenzione stipulata con il comune, ovvero quando quest’ultimo abbia autorizzato l’atto di cessione”.
La deroga al divieto di alienazione separata del parcheggio può essere operata con due diversi strumenti.
Innanzitutto il consenso del comune all’alienazione separata può essere espresso già in sede di stipulazione della concessione del diritto di superficie su area comunale per la realizzazione dei parcheggi in esame.
In tal caso si tratta di uno strumento di natura preventiva (rispetto alla realizzazione del parcheggio) e programmatica, in quanto il consenso alla cessione separata non è espresso con riferimento ad una determinata cessione, bensì in relazione a qualsiasi cessione che dovesse intervenire dopo la costruzione del parcheggio e l’originaria costituzione del vincolo pertinenziale.
Nella specie non sarà necessario ottenere, in sede di singola alienazione separata, una specifica autorizzazione del comune all’alienazione, atteso che siffatto consenso è già stato espresso dall’ente in via generalizzata.
Ma la norma consente anche, in alternativa, che il consenso del comune all’alienazione separata sia espresso mediante apposita autorizzazione all’atto di cessione.
In tal caso si tratta di uno strumento di natura successiva rispetto alla realizzazione del parcheggio (ma pur sempre preventiva rispetto all’alienazione separata) e di regola specifico, in quanto il consenso alla cessione separata è espresso normalmente con riferimento ad una determinata cessione che venga divisata dopo la costruzione del parcheggio e l’originaria costituzione del vincolo pertinenziale.
Nel caso in cui la convenzione o l’autorizzazione si limitino a consentire la cessione separata del parcheggio senza prevedere particolari condizioni, una volta scioltosi per effetto dell’alienazione separata del parcheggio il vincolo pertinenziale già esistente con il bene principale, il parcheggio può essere successivamente e ripetutamente ceduto, libero da vincoli pertinenziali di sorta.
Laddove invece il comune, nel consentire la cessione separata, subordini tale cessione alla destinazione del parcheggio trasferito a pertinenza di altra unità immobiliare e colui che abbia acquistato il parcheggio oggetto di alienazione separata autorizzata dal comune intenda successivamente procedere a sua volta all’alienazione separata del parcheggio, ragioni di prudenza suggeriscono di munirsi di una nuova autorizzazione comunale ovvero, laddove la convenzione o l’autorizzazione prevedano in via generale che l’alienazione separata è consentita solo con destinazione del parcheggio trasferito a pertinenza di altra unità immobiliare, di adempiere a siffatto obbligo di destinazione.
Le deroghe introdotte dalla nuova norma al divieto di alienazione separata del parcheggio devono ritenersi applicabili anche ai parcheggi realizzati prima dell’entrata in vigore della novella.
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Sommario: 1. La nuova norma; 2. L’inerenza della novità normativa ai soli parcheggi Tognoli; 2.1. La nozione di parcheggi Tognoli; 2.2. Ubicazione dei parcheggi Tognoli; 2.3. Ambito di applicazione; 2.4. Destinatari del vincolo e soggetti legittimati alla realizzazione dei parcheggi; 3. Il nuovo regime circolatorio dei parcheggi Tognoli realizzati su immobili privati; 3.1. Generalità; 3.2. L’immodificabilità dell’esclusiva destinazione a parcheggio; 3.3. La salvezza di quanto previsto dall’articolo 41-sexies della legge 17.08.1942 n. 1150; 3.4. Permanenza della regola generale del divieto di alienazione separata; 3.5. La sanzione per la violazione del divieto di alienazione separata; 3.6. Possibilità di alienazione congiunta del parcheggio e del bene principale; 3.7. La contestuale destinazione del parcheggio trasferito a pertinenza di altra unità immobiliare sita nello stesso comune; 3.7.1. La prassi dello “spostamento” del vincolo Tognoli; 3.7.2. Il cambiamento della ratio del vincolo di pertinenzialità afferente ai parcheggi Tognoli; 3.7.3. Le condizioni e le modalità della contestuale destinazione del parcheggio trasferito a pertinenza di altra unità immobiliare sita nello stesso comune; 3.7.4. La legittimazione ad effettuare la contestuale destinazione ; 3.7.5. Requisiti del bene principale; 3.7.6. Il regime del vincolo instauratosi a seguito della “contestuale destinazione” – 3.7.7. Ipotesi di spostamento del vincolo non espressamente previste dalla nuova norma; 4. Il nuovo regime circolatorio dei parcheggi Tognoli realizzati su area comunale; 4.1. Permanenza della regola generale del divieto di alienazione separata; 4.2. La ratio del trattamento differenziato dei parcheggi Tognoli realizzati su aree comunali; 4.3. L’obbligo di motivazione da parte del comune; 4.4. Il consenso all’alienazione separata espresso in sede di convenzione; 4.5. Il consenso all’alienazione separata mediante autorizzazione; 4.6. Il regime di circolazione del parcheggio successivamente all’alienazione separata; 4.6.1. Il caso in cui la convenzione o l’autorizzazione si limitino a consentire la cessione separata del parcheggio senza prevedere particolari condizioni; 4.6.2. Il caso in cui il comune nel consentire la cessione separata subordini tale cessione alla destinazione del parcheggio trasferito a pertinenza di altra unità immobiliare; 4.6.3. Difficoltà inerenti all’accertamento del regime di circolazione dei parcheggi Tognoli realizzati su area pubblica; 5. Il regime transitorio; 5.1. Carattere non interpretativo della norma; 5.2. Applicabilità delle nuove norme alla cessione di parcheggi già realizzati nel sistema previgente.

EDILIZIA PRIVATALa norma dell'art. 9, l. 24.03.1989 n. 122, consente di realizzare gratuitamente parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari solo se realizzati “nel sottosuolo per l’intera altezza”. La predetta norma, ponendosi in deroga “…agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti…”, è di stretta interpretazione e di rigorosa applicazione. In altre parole, la deroga per la realizzazione di autorimesse e parcheggi prevista dall'art. 9, l. 24.03.1989 n. 122, opera solo ed esclusivamente nel caso in cui i detti garage (oltre ad essere formalmente vincolati a pertinenza di singole unità immobiliari) siano totalmente realizzati al di sotto dell’originario piano naturale di campagna, senza alcuna tolleranza di sorta.
La deroga alla disciplina urbanistica prevista dall'art. 9, L. 24.03.1989 n. 122, opera solo per i parcheggi da destinare a pertinenza di singole unità immobiliari che siano realizzati integralmente nel sottosuolo degli immobili (ovvero nei locali siti a piano terra degli stessi) mentre la realizzazione di autorimesse e parcheggi, non totalmente al di sotto del piano naturale di campagna, è soggetta alla disciplina urbanistica dettata per le ordinarie nuove costruzioni fuori terra.
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L'art. 9 l. 24.03.1989 n. 122, nel consentire la costruzione di parcheggi, da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, nel sottosuolo degli immobili o nei locali siti al piano terreno anche in deroga alla vigente disciplina urbanistica, necessariamente fa implicito riferimento ai soli fabbricati già esistenti e non anche le concessioni edilizie rilasciate per realizzare edifici nuovi, per i quali invece provvede l'art. 2, comma 2, della stessa L. n. 122 che, nel novellare l'art. 41-sexies, l. 17.08.1942 n. 1150, stabilisce l'obbligo di riservare appositi spazi per parcheggi di misura non inferiore a 1 mq. per ogni 10 mc. di costruzione.
In tal senso l'art. 9 della cit. L. n. 122, è norma di carattere straordinario finalizzata alla diminuzione dell’ingombro dei veicoli parcheggiati nelle pubbliche vie ed è diretta a rimediare agli inconvenienti conseguenti alla conformazione dei nostri centri storici, risalenti ad epoca antecedenti l’avvento delle automobili. Tale finalità, allo stato, non è assolutamente venuta meno, ed è per questo che la legge è stata mantenuta in vigore con l’art. 137 del T.U. n. 380/2001, ma la sua attuale applicazione resta pur sempre comunque limitata agli edifici già esistenti.

Come la Sezione ha avuto modo di recente di ricordare (cfr. Sez. IV, 13.07.2011 n. 4234), la norma dell'art. 9, l. 24.03.1989 n. 122, consente di realizzare gratuitamente parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari solo se realizzati “nel sottosuolo per l’intera altezza”. La predetta norma, ponendosi in deroga “…agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti…”, è di stretta interpretazione e di rigorosa applicazione. In altre parole, la deroga per la realizzazione di autorimesse e parcheggi prevista dall'art. 9, l. 24.03.1989 n. 122, opera solo ed esclusivamente nel caso in cui i detti garage (oltre ad essere formalmente vincolati a pertinenza di singole unità immobiliari) siano totalmente realizzati al di sotto dell’originario piano naturale di campagna, senza alcuna tolleranza di sorta.
La deroga alla disciplina urbanistica prevista dall'art. 9, L. 24.03.1989 n. 122, opera solo per i parcheggi da destinare a pertinenza di singole unità immobiliari che siano realizzati integralmente nel sottosuolo degli immobili (ovvero nei locali siti a piano terra degli stessi) mentre la realizzazione di autorimesse e parcheggi, non totalmente al di sotto del piano naturale di campagna, è soggetta alla disciplina urbanistica dettata per le ordinarie nuove costruzioni fuori terra (cfr. Consiglio Stato, sez. IV, 27.11.2010, n. 8260; Consiglio Stato, sez. IV, 23.02.2009, n. 1070).
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L'art. 9 l. 24.03.1989 n. 122, nel consentire la costruzione di parcheggi, da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, nel sottosuolo degli immobili o nei locali siti al piano terreno anche in deroga alla vigente disciplina urbanistica, necessariamente fa implicito riferimento ai soli fabbricati già esistenti e non anche le concessioni edilizie rilasciate per realizzare edifici nuovi, per i quali invece provvede l'art. 2, comma 2, della stessa L. n. 122 che, nel novellare l'art. 41-sexies, l. 17.08.1942 n. 1150, stabilisce l'obbligo di riservare appositi spazi per parcheggi di misura non inferiore a 1 mq. per ogni 10 mc. di costruzione (cfr. Consiglio di Stato sez. IV 10.03.2011 n. 1565; Consiglio Stato, sez. V, 24.10.2000, n. 5676; Cons. giust. amm. Sicilia, sez. giurisd., 26.06.2000, n. 299; Consiglio Stato, sez. V, 03.06.1996, n. 621).
In tal senso l'art. 9 della cit. L. n. 122, è norma di carattere straordinario finalizzata alla diminuzione dell’ingombro dei veicoli parcheggiati nelle pubbliche vie ed è diretta a rimediare agli inconvenienti conseguenti alla conformazione dei nostri centri storici, risalenti ad epoca antecedenti l’avvento delle automobili. Tale finalità, allo stato, non è assolutamente venuta meno, ed è per questo che la legge è stata mantenuta in vigore con l’art. 137 del T.U. n. 380/2001, ma la sua attuale applicazione resta pur sempre comunque limitata agli edifici già esistenti
(Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 16.04.2012 n. 2185 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Semplificazioni. La legge 35, di conversione del Dl 5/2012, ha tolto i vincoli sugli spazi realizzati con le agevolazioni «Tognoli»
Parcheggi in vendita senza casa. Le aree potranno essere di pertinenza di immobili situati in altri quartieri.

Si possono vendere, con limiti, i parcheggi realizzati in attuazione della legge Tognoli del 1989: è questa la novità introdotta dall'articolo 10 del decreto legge 5/2012 (legge 35, in vigore da ieri).
In via generale, chi intende costruire deve rispettare standard di urbanizzazione e in particolare realizzare spazi per parcheggi in misura pari a un metro quadrato ogni 10 metri cubi di costruzione (articolo 41-sexies legge 1150/1942). Questi spazi per parcheggiare, nel periodo tra il 1985 e il 2005, erano considerati pertinenze necessarie delle singole costruzioni e cioè non separabili dalle stesse. Solo con l'entrata in vigore dell'articolo 12 della legge 246/2005 è stato possibile cedere il diritto a parcheggiare o affittare a terze persone o imprese.
Le agevolazioni
Questa prima liberalizzazione, però, non riguardava le aree di sosta realizzate in forza delle legge Tognoli 122/1989, che hanno continuato a essere considerate inseparabili dalle unità immobiliari di cui erano pertinenze. Il vincolo rimasto in vigore dal 1989 al 2012 sulle aree di sosta "Tognoli" era motivato dal fatto che la legge 122/1989 consentiva notevoli agevolazioni, elasticizzando le previsioni degli strumenti urbanistici (piani regolatori, regolamenti edilizi) e le maggioranze condominiali (bastava la metà del valore e maggioranza degli intervenuti), consentendo di realizzare parcheggi sotto gli edifici oppure al piano terreno nelle costruzioni "a pilotis", cioè con un piano terra vuoto, attraversato da nudi pilastri che reggono l'edifico sovrastante.
Per evitare fenomeni di accaparramento, ad esempio la vendita di tutto un piano interrato da trasformare in parcheggio, oppure la vendita di piani terra vuoti da delimitare con muri e da suddividere in spazi di sosta, il legislatore nel 1989 aveva previsto l'obbligo di cedere il parcheggio realizzato con le agevolazioni della legge 122 solo insieme all'unità immobiliare della quale costituiva pertinenza. Quindi le imprese edili che realizzavano tali parcheggi non potevano immetterli sul libero mercato ma dovevano cederli necessariamente ai proprietari delle unità immobiliari sovrastanti e solo questi ultimi potevano eventualmente cederli in affitto a terzi.
Quando si può vendere
Solo ora, quale effetto del Dl semplificazioni, è possibile che i proprietari di unità immobiliari possano cedere a terzi le aree di parcheggio realizzate (al piano terra o nell'interrato) con le agevolazioni della legge Tognoli. I terzi acquirenti, peraltro, devono mantenere il vincolo di pertinenza spostandolo su un'altra unità immobiliare (anche non loro) presente nello stesso comune. Non è necessario un rapporto di vicinanza tra pertinenza e questa diversa unità immobiliare e l'abitazione o l'ufficio, cui il parcheggio è collegato, possono essere molto distanti purché nello stesso comune.
Il decreto legge ha inteso infatti evitare che si generi un mercato di parcheggi realizzati con la legge Tognoli completamente sciolto dalle unità immobiliari, ma non ha più interesse a che l'abitazione o l'ufficio goda effettivamente della possibilità di parcheggiare nell'area di propria pertinenza. In altri termini, una casa può avere un parcheggio di pertinenza anche in un quartiere sito all'opposto del territorio comunale. Di conseguenza i proprietari dei parcheggi potranno vendere i posti auto, realizzati nel loro interrato o al piano terra con la legge 122, separatamente dalle loro unità immobiliari, magari per esigenze di liquidità oppure perché si tratta di un secondo o terzo posto auto diventato eccedente.
Aree ancora vincolate
Resistono quindi solo due categorie di posti auto che hanno concreti limiti a una separazione dalle unità immobiliari di cui sono pertinenza: la prima comprende i posti realizzati in concessione su aree (o sul sottosuolo di aree) comunali. Questi sono in genere i primi livelli dei parcheggi multipiano realizzati in concessione, che non possono essere separati dall'unità immobiliare della quale sono pertinenza.
La seconda categoria è quella dei parcheggi realizzati dai condomini o da singoli proprietari in aree pertinenziali esterne ai fabbricati (nel raggio, in genere, di poche centinaia di metri): tali aree di parcheggio devono restare a uso esclusivo dei residenti.
Poiché i "residenti" possono non identificarsi con i "proprietari", si arriva alla conclusione che gli inquilini (tecnicamente, i residenti) di un palazzo in cui i proprietari abbiano realizzato parcheggi interrati in aree pertinenziali (esterne ai fabbricati stessi) hanno diritto a fruire del parcheggio e non possono vedersi sottratto tale diritto nemmeno se l'area di parcheggio viene venduta a terzi.
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L'evoluzione delle regole
1 - Metro quadro
In base alla legge 1150/1942, chi vuole costruire un edificio deve realizzare spazi per parcheggi nella misura di un metro quadro ogni dieci metri cubi di costruzione
1985 - Vincolo
Tra il 1985 e il 2005 gli spazi per parcheggiare sono stati considerati pertinenze necessarie delle singole costruzioni e quindi non separabili dalle stesse
1989 - Iter semplificato
La legge Tognoli (122/1989) introduce diverse agevolazioni a livello urbanistico e di regolamento condominiale per la realizzazione di parcheggi al piano terra o interrati sotto i rispettivi edifici
2005 - Primo passo
La legge 246/2005 consente di cedere o affittare il diritto di parcheggiare a terzi, ma non per le aree realizzate con la legge Tognoli (articolo Il Sole 24 Ore dell'08.04.2012).

CONDOMINIO: Parcheggio a trasferimento libero. Box cedibile anche a prescindere dalla vendita dell'immobile. Il dl semplificazioni liberalizza la circolazione delle aree adibite a posto auto pertinenziale.
Liberalizzazione ad ampio raggio anche per la circolazione delle aree adibite a parcheggio pertinenziale.
Il dl n. 5/2012 (decreto semplificazioni), modificando sul punto la cosiddetta legge Tognoli, ha infatti previsto che il proprietario di un immobile dotato di parcheggio di pertinenza realizzato nel sottosuolo o al piano terra dell'edificio condominiale con le maggioranze agevolate di cui alla predetta legge del 1989, possa vendere quest'ultimo anche a prescindere dal trasferimento della proprietà dell'appartamento, purché il nuovo acquirente abiti nel medesimo comune in cui è ubicato l'immobile.
Nel tentativo di risolvere il problema dei parcheggi degli autoveicoli che, da svariati anni, soffocano i centri urbani e gradualmente hanno cominciato a occupare anche le zone semicentrali e periferiche, il legislatore è intervenuto a più riprese con svariate disposizioni inserite in numerosi testi normativi emanati nell'arco degli anni. In particolare, bisogna ricordare che alla fine degli anni 80, per cercare di porre rimedio alla situazione sopra descritta, è stata introdotta una nuova normativa (legge 24.03.1989 n. 122, cosiddetta legge Tognoli) finalizzata all'incentivazione della costruzione di parcheggi nelle aree sottostanti o pertinenziali agli edifici condominiali o nel piano terra degli stessi.
Ebbene, il recente decreto legge sulle semplificazioni e lo sviluppo, nel tentativo di allentare i rimanenti lacci e lacciuoli previsti dalla legge in materia di compravendita delle aree destinate a parcheggio degli autoveicoli, ha innovato profondamente la peculiare disciplina prevista dalla vecchia legge Tognoli, che tanto aveva affaticato la giurisprudenza e la dottrina.
Legge 122/1989 e condominio: le norme fondamentali. La legge Tognoli ha previsto che i condomini possano realizzare nel sottosuolo o nei locali posti al piano terreno del condominio, oppure nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al caseggiato, parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari (cioè a uso esclusivo dei residenti), anche in deroga agli strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi vigenti.
È importante sottolineare, però, che restano in ogni caso fermi i vincoli previsti dalla legislazione in materia paesaggistica e ambientale (e i poteri attribuiti dalla medesima legislazione alle regioni e ai ministeri dell'ambiente e per i beni culturali). Naturalmente, poi, la realizzazione di questi spazi è subordinata alla richiesta dei necessari permessi edilizi. In ogni caso la realizzazione del parcheggio è possibile solo con una deliberazione approvata dall'assemblea condominiale, in prima o in seconda convocazione, con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio.
Le condizioni per la realizzazione dei parcheggi. La realizzazione del parcheggio non può avvenire se è in contrasto con la stabilità o il decoro del fabbricato o se comporta la sottrazione di parti comuni all'uso e al godimento di un solo condomino.
In secondo luogo, le opere in oggetto costituiscono innovazioni gravose, comportando oneri economici particolarmente rilevanti: di conseguenza i dissenzienti, così come prevede la legge, potranno essere esonerati da qualsiasi contribuzione alle spese ma potranno decidere in qualsiasi momento di aderire al progetto di parcheggio, pagando le spese di esecuzione e manutenzione dell'opera. In altre parole è possibile realizzare box sotterranei, previa delibera condominiale, pur se in numero inferiore a quello della totalità dei condomini, non potendo i condomini dissenzienti impedire tale realizzazione voluta invece dalla maggioranza dei partecipanti al condomini
Quindi è possibile che il numero delle autorimesse sotterranee realizzate sia inferiore al numero degli appartamenti. Tuttavia la sottrazione di una parte del bene comune è consentita solo se è assicurata in futuro anche ai condomini dissenzienti il pari uso del sottosuolo avvalendosi della possibilità di realizzare nell'area di detto bene comune rimasta libera un parcheggio pertinenziale dell'unità immobiliare di proprietà esclusiva: tutti i condomini, nessuno escluso, devono infatti avere la possibilità di godimento del sottosuolo secondo la sua destinazione (prevista normativamente) ad alloggiare autorimesse. Solo se tale possibilità è garantita la delibera adottata a maggioranza può essere ritenuta valida, in quanto non in contrasto con la legge.
Il vincolo a pertinenza degli appartamenti: le novità del decreto legge 09.02.2012 n. 5. La legge Tognoli precisava che i parcheggi con le caratteristiche di cui sopra non potevano essere ceduti separatamente dall'unità immobiliare alla quale erano legati da vincolo pertinenziale e che i relativi atti di cessione erano nulli.
L'intento del legislatore era stato evidentemente quello di evitare speculazioni da parte di chi aveva usufruito di speciali deroghe e agevolazioni per la realizzazione degli spazi in oggetto, prevedendo espressamente che i parcheggi in tal modo realizzati fossero sottoposti sia a circolazione che a utilizzazione vincolata. In buona sostanza, unicamente per tali spazi, era stato previsto un vincolo di destinazione di ordine pubblicistico, cioè il divieto di cessione del bene immobile separatamente dall'appartamento del quale lo stesso era da considerarsi pertinenziale.
Tuttavia il recente decreto legge cosiddetto semplificazione e sviluppo (dl n. 5 del 09.02.2012) all'art. 10, modificando sul punto la legge Tognoli, ha stabilito che la proprietà dei parcheggi di pertinenza delle abitazioni possa essere trasferita separatamente dall'unità immobiliare di riferimento, a condizione che ciò avvenga solo con contestuale destinazione del parcheggio trasferito a pertinenza di altra unità immobiliare sita nello stesso comune.
Il nuovo testo normativo prevede però ancora un'eccezione: esso stabilisce infatti che la cessione dell'area adibita a ricovero delle auto non possa avvenire, pena la nullità dell'atto di trasferimento, ove abbia a oggetto parcheggi realizzati su previsione dei comuni nell'ambito del programma urbano dei parcheggi da destinare a pertinenza di immobili privati, insistenti su aree comunali o nel sottosuolo delle medesime.
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Tutti i condomini hanno diritto d'uso.
I parcheggi creati sulla base della cosiddetta legge ponte, in quanto di obbligatoria edificazione in quantità proporzionale alla cubatura totale del condominio, hanno un vincolo di carattere pubblicistico, poiché tutti i condomini godono di un diritto reale d'uso sui predetti spazi, che non può essere frustrato dalla volontà contraria del costruttore.
Questa la posizione espressa ormai da tempo dalla Suprema corte in relazione ai parcheggi edificati in base alla legge n. 765/1967 (che ha modificato l'art. 41-sexies della legge urbanistica n. 1150/1942), ribadita da ultimo nella recente sentenza n. 1214, depositata in cancelleria lo scorso 27.01.2012.
Si tratta di una tipologia di parcheggi che l'elaborazione giurisprudenziale ha ritenuto diversa da quella ricadente nella cosiddetta legge Tognoli (e della quale si occupa il recente intervento di liberalizzazione di cui al dl n. 5/2012). Infatti, come chiarito in maniera esemplare dalla stessa Cassazione (sentenza n. 21003 dell'01.08.2008), mentre per quelli che ricadono nella disciplina di cui alla legge n. 122/1989 (e ora liberalizzati a partire dal 10 febbraio scorso) non era ammissibile una commercializzazione disgiunta dall'appartamento al quale gli stessi si riferivano, per quelli previsti dalla cosiddetta legge ponte la libera circolazione era già prevista dalla legge, fermo restando il diritto reale d'uso dell'area in capo al proprietario dell'appartamento.
Nel caso deciso dalla seconda sezione civile della Suprema corte con la predetta sentenza n. 1214/2012 gli acquirenti di un immobile di nuova costruzione avevano citato in giudizio l'impresa costruttrice che, nell'edificare il palazzo, aveva trattenuto per sé la proprietà delle aree a parcheggio costruite, impedendo agli acquirenti di farne uso. Questi ultimi avevano quindi al tribunale di accertare il loro diritto di proprietà in relazione alle predette aree o, quantomeno, il loro diritto reale d'uso sulle stesse.
In primo grado i giudici avevano quindi convalidato il sequestro giudiziario concesso in corso di causa, riconoscendo agli acquirenti, previo pagamento del prezzo, la proprietà di un posto auto individuato grazie a una consulenza tecnica d'ufficio (che aveva anche provveduto a valutare il relativo valore di mercato).
Nel giudizio di appello, promosso dall'impresa costruttrice, la Corte territoriale aveva invece ritenuto che non dovesse essere accolta la domanda degli acquirenti volta al riconoscimento di un proprio diritto di proprietà sugli spazi adibiti a parcheggio, trattandosi in realtà di un diritto reale d'uso (relativo comunque alla stessa area ceduta in proprietà a seguito della sentenza di primo grado).
La Suprema corte, nel confermare sul punto la decisione di appello, ha ricordato i numerosi precedenti di legittimità (da ultimo la sentenza n. 730 del 16.01.2008) che hanno chiarito come ai proprietari degli appartamenti degli edifici condominiali nei quali siano stati previste aree di parcheggio spetti il diritto reale di uso delle stesse, a prescindere dalla proprietà di esse, che può anche rimanere in capo all'impresa costruttrice (articolo ItaliaOggi Sette del 05.03.2012).

EDILIZIA PRIVATAL'art. 9 della l. 24.03.1989 n. 122, che consente di realizzare gratuitamente "nel sottosuolo" parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, è una norma che ponendosi in deroga "…agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti…" è di stretta interpretazione, per cui deve trovare rigorosa applicazione solo nelle fattispecie in essa espressamente previste.
Nel primo motivo si sostiene che il provvedimento sarebbe illegittimo per violazione dell’art. 9 l. 122/1989 che consente parcheggi pertinenziali anche in deroga agli strumenti di piano.
In realtà, l’art. 9 l. 122/1989 prevede che “i proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti. Restano in ogni caso fermi i vincoli previsti dalla legislazione in materia paesaggistica ed ambientale ed i poteri attribuiti dalla medesima legislazione alle regioni e ai Ministeri dell'ambiente e per i beni culturali ed ambientali da esercitare motivatamente nel termine di 90 giorni”.
Nel caso in esame, il garage sarebbe stato realizzato non nell’interrato, né nei locali al piano terra, ma in un corpo aggiuntivo posto al piano terra.
La difesa del ricorrente ritiene che giurisprudenzialmente sia possibile estendere la previsione dell’art. 9 anche ai locali realizzati fuori terra, ma di recente il Supremo consesso della giustizia amministrativa è andato in altra direzione, rilevando la natura di norma di stretta interpretazione dell’art. 9 in questione (CdS, sez. IV, sentenza 13.07.2011 n. 4234: l'art. 9 della l. 24.03.1989 n. 122, che consente di realizzare gratuitamente "nel sottosuolo" parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, è una norma che ponendosi in deroga "…agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti…" è di stretta interpretazione, per cui deve trovare rigorosa applicazione solo nelle fattispecie in essa espressamente previste; sul punto v. anche Tar L’Aquila, sez. I, 19.04.2011, n. 208) (TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 27.02.2012 n. 265 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Semplificazioni. Cosa cambia per gli spazi realizzati in base alla legge 122/1989. Ok alla vendita separata per i box auto «Tognoli». Il parcheggio dovrà però restare pertinenziale.
Liberalizzazione anche per i parcheggi. Il decreto Semplificazioni (Dl 09.02.2012, n. 5) innova la disciplina inerente il divieto di vendere i cosiddetti "parcheggi Tognoli" su area privata: per questa tipologia di posti auto, dal 10.02.2012 la proprietà può essere trasferita a patto che il parcheggio oggetto della cessione sia contestualmente destinato a pertinenza di un'altra unità immobiliare collocata nello stesso Comune.
Le tipologie.
Per comprendere appieno la novità legislativa, occorre preventivamente compiere un excursus sulle possibili tipologie di parcheggio con le quali si può avere a che fare. Il catalogo può essere così riassunto:
- parcheggi della "legge ponte": sono gli spazi destinati a parcheggio di cui debbono essere obbligatoriamente dotate le costruzioni realizzate dopo l'entrata in vigore della legge 06.08.1967, n. 765 (la cosiddetta legge ponte, perché fece da "ponte" tra la legge urbanistica fondamentale, e cioè la legge 1150/1942, e la cosiddetta legge Bucalossi, vale a dire la legge 10/1977). La legge 765/1967 introdusse l'articolo 41-sexies della legge 1150/1942, secondo il quale, considerando la sua attuale versione, «nelle nuove costruzioni e anche nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse, debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore a un metro quadrato per ogni dieci metri cubi di costruzione»;
- parcheggi della legge Tognoli su area privata: sono disciplinati dall'articolo 9, comma 1, legge 24.03.1989, n. 122 (nota come legge Tognoli, dal cognome del suo fautore), secondo il quale negli edifici –sia di proprietà individuale che di proprietà condominiale– si possono realizzare parcheggi, da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, nel sottosuolo del fabbricato, nei locali siti al piano terreno del fabbricato nonché nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato;
- parcheggi della legge Tognoli su area pubblica: sono i parcheggi disciplinati dall'articolo 9, comma 4, legge 122/1989, secondo il quale i Comuni possono prevedere, nell'ambito del programma urbano dei parcheggi (Pup), la realizzazione di posti auto, su aree comunali o nel sottosuolo delle stesse, da destinare a pertinenza di immobili privati, concedendo il diritto di superficie dell'area pubblica ai privati interessati, a imprese, società o cooperative di costruzione (tutti soggetti che, una volta realizzati i box, li cedono a coloro che possono destinarli a pertinenza di proprie unità immobiliari);
- parcheggi diversi da quelli sopra elencati.
La «circolazione».
È indispensabile tenere distinte le prime tre categorie dalla quarta, in quanto i parcheggi di quest'ultimo tipo non soffrono vincoli in ordine alla loro vendibilità, mentre le prime tre categorie hanno pesanti limitazioni.
I parcheggi della legge ponte, a fronte di un tortuoso iter legislativo e giurisprudenziale –culminato nella legge 28.11.2005, n. 246– sono di libera trasferibilità, ma sono comunque gravati da un vincolo urbanistico di destinazione a parcheggio. Resta poi aperto il tema se l'asservimento obbligatorio di questi spazi al servizio dell'edificio di cui essi fanno parte, qualora realizzatosi prima del 16.12.2005 (giorno di entrata in vigore della legge 246/2005) dispieghi ancor oggi il suo effetto (si veda l'articolo in basso nella pagina).
La semplificazione.
È solo sui parcheggi della legge Tognoli che incide dunque il Dl Semplificazioni del 2012, in vigore dal 10.02.scorso. In precedenza, sia i parcheggi "Tognoli-privati" sia i parcheggi "Tognoli-pubblici" erano accomunati dalla previsione secondo la quale «essi non possono essere ceduti separatamente dall'unità immobiliare alla quale sono legati da vincolo pertinenziale. I relativi atti di cessione sono nulli» (articolo 9, comma 5, legge 122/1989). Con il Dl Semplificazioni si ha una divaricazione:
- la proprietà dei parcheggi "Tognoli-privati" «può essere trasferita, anche in deroga a quanto previsto nel titolo edilizio che ha legittimato la costruzione e nei successivi atti convenzionali» a condizione che vi sia una «contestuale destinazione del parcheggio trasferito a pertinenza di altra unità immobiliare sita nello stesso comune»;
- il regime dei parcheggi "Tognoli-pubblici" rimane invece invariato: essi non sono trasferibili se non insieme alla unità immobiliare a cui sono destinati quali pertinenze. Se dunque il parcheggio fosse venduto senza l'appartamento o se l'appartamento fosse trasferito con esclusione del parcheggio, il contratto di compravendita sarebbe nullo (articolo Il Sole 24 Ore del 20.02.2012).

EDILIZIA PRIVATA: Parcheggi realizzati oltre gli standard normativi sono liberamente cedibili.
Con una sentenza complessa e articolata, la Corte di Cassazione interviene nuovamente in tema di parcheggi offendo precise risposte nella ipotesi di realizzazioni oltre lo standard. In particolare, individua il seguente principio:
i parcheggi realizzati in eccedenza rispetto allo spazio minimo richiesto dall'art. 2, legge n. 122 del 1989 non sono soggetti a vincolo pertinenziale a favore delle unità immobiliari del fabbricato, conseguentemente l'originario proprietario-costruttore dell'edificio può legittimamente riservarsi o cedere a terzi la proprietà di tali parcheggi, purché nel rispetto del vincolo di destinazione nascente da atto d'obbligo.
Nel caso di specie due coniugi, proprietari di un appartamento, avevano acquistato dal proprietario-costruttore due box ed un posto auto, ma dopo la loro immissione nel possesso dei beni, la società venditrice aveva abusivamente occupato il posto auto loro assegnato. Da qui la richiesta al giudice di prime cure di dichiarare il loro diritto di proprietà del posto auto in precedenza loro assegnato o comunque un posto auto non inferiore a mq 30,40, oltre al risarcimento dei danni. In primo grado il tribunale dichiarava gli attori proprietari di un posto auto di superficie non inferiore a mq 24,00, condannandoli al pagamento del corrispettivo del prezzo del posto auto.
Successivamente, in sede di appello –proposto dal successore a titolo particolare della società– la Corte distrettuale sosteneva la sentenza impugnata, evidenziando che la riserva di spazi di parcheggi in misura non inferiore ad un mq per ogni 10 metri cubi di costruzione (cfr. art. 2, l. 122/1989) non era confutata dal fatto di avere i due coniugi acquistato due box per ricovero delle vetture, poiché secondo la giurisprudenza prevalente della Cassazione, giurisprudenziale pur essendo i box oggetto di autonomo diritto di proprietà, non poteva essere escluso il vincolo pertinenziale tra l'appartamento ed il posto auto, essendo attribuita soltanto a quest'ultimo la funzione di soddisfare la previsione normativa. Da qui, l’irrilevanza dell’acquisto da parte dei coniugi dei due box auto. Inoltre, veniva mantenuto il riconoscimento alla società del corrispettivo per il trasferimento del diritto all’uso e al godimento dell’area di parcheggio.
Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione il successore a titolo particolare e controricorso i due coniugi. I giudici di Piazza Cavour ricostruiscono il complesso percorso giurisprudenziale e dottrinario sviluppato negli ultimi anni evidenziando i punti di snodo della disciplina delle aree di parcheggio nei condomini.
La questione essenziale affrontata dagli Ermellini è se i parcheggi realizzati in eccedenza rispetto alla superficie minima inderogabilmente richiesta dalla normativa pubblicistica richiamata (art. 2) siano soggetti al diritto d'uso da parte degli acquirenti delle singole unità immobiliari dell'edificio ovvero ad un diverso regime. Al riguardo, la Suprema Corte non condivide la decisione della Corte distrettuale. Quest’ultima, infatti, nell’estendere ai parcheggi realizzati in eccedenza il vincolo pertinenziale tra l’appartamento ed il posto auto, ha argomentato la decisione con la necessità di soddisfare la funzione pubblicistica prevista dalla normativa. In realtà, ciò non appare corretto perché porterebbe alla conseguenza di non distinguere i parcheggi che rientrano nello standard legale e quelli che non vi rientrano, tradendo la ratio della legge che, giusta anche l’opinione pacifica in dottrina, consente l’utilizzazione e la circolazione libera dei parcheggi che eccedono lo standard vincolistico imposto.
Sotto il profilo civilistico –si legge nella sentenza– i parcheggi realizzati (all’interno degli standard ndr) non possono essere ceduti separatamente dall’unità immobiliare alla quale sono legati da vincolo pertinenziale, sotto pena di nullità. Situazione diversa è per i posti in auto in sovrannumero, i quali possono essere liberamente ceduti in quanto realizzati in eccedenza rispetto agli standard fissati dalla legge.
Da qui la decisione di cassare la sentenza impugnata, rinviando per le spese di giudizio ad altra sezione della Corte territoriale (Corte di Cassazione, Sez. II civile, sentenza 03.02.2012 n. 1664 - link a www.altalex.com).

EDILIZIA PRIVATA: Speciale iter DL Semplificazioni/ Parcheggi pertinenziali, cessione possibile.
Il decreto semplificazioni interviene in tema di parcheggi pertinenziali e stabilisce che la proprietà dei parcheggi di pertinenza delle abitazioni può essere trasferita separatamente dalla unità immobiliare di riferimento, a condizione che ciò avvenga solo con contestuale destinazione del parcheggio trasferito a pertinenza di altra unità immobiliare sita nello stesso Comune.
La legge 24.03.1989 n. 122 (c.d. legge Tognoli) detta disposizioni anche in materia di parcheggi e nel titolo III, all'art. 9 prevede che i parcheggi realizzati da proprietari di immobili nel sottosuolo degli stessi o nei locali siti al piano terreno sono da destinarsi a pertinenza delle singole unità immobiliari; il comma 5 dispone che in ragione del vincolo tali parcheggi non possano essere trasferiti e quindi ceduti separatamente dall'unità immobiliare a cui i parcheggi medesimi sono legati da vincolo pertinenziale.
La violazione di tale disposizione viene sanzionata con la nullità dell'atto di cessione (La giurisprudenza intervenuta su tali aspetti ha comunque precisato che la violazione del vincolo pubblicistico di destinazione a parcheggio degli spazi da utilizzare per tale scopo rende nulle solo le clausole relative, ma non anche l'intero negozio, con la conseguenza che il trasferimento del bene resta valido e all'acquirente spetta comunque il diritto di ottenere il trasferimento della relativa pertinenza).
Con il Decreto semplificazioni 2012, il comma 5 dell'art. 9 suindicato viene sostituito con un nuovo testo specificato nell'art. 9 del decreto stesso.
In particolare, considerando la ratio che caratterizza il provvedimento del Governo Monti, a seguito della entrata in vigore della norma viene meno il vincolo pertinenziale che lega il parcheggio all'unità immobiliare.
Il parcheggio potrà essere ceduto, pertanto, separatamente dalla unità immobiliare, senza che ciò comporti la nullità dell'atto di cessione.
Purtuttavia, è necessario che il parcheggio venga trasferito contestualmente a pertinenza di altra unità immobiliare sita nello stesso Comune.
Il nuovo testo della norma prevede un'eccezione: stabilisce che la cessione non può avvenire, pena la nullità dell'atto di trasferimento, ove abbia ad oggetto parcheggi realizzati su previsione dei Comuni nell'ambito del programma urbano dei parcheggi da destinare a pertinenza di immobili privati, insistenti su aree comunali o nel sottosuolo delle medesime (03.02.2012 - tratto da www.ipsoa.it).

EDILIZIA PRIVATAIn un contesto di legislazione regionale concorrente quale quella sulla materia “governo del territorio” ex art. 117, co. 3, Cost., nel territorio della regione Lombardia le disposizioni dell’art. 9 l. 122/1989 devono essere lette in uno con quelle degli artt. 66 e 67 l.r. 12/2005 che permettono espressamente la realizzabilità del parcheggio pertienenziale anche in favore di unità immobiliari non site nel luogo in cui viene realizzato il parcheggio e “senza limiti di distanza dalle unità immobiliari cui sono legati da rapporto di pertinenza, purché nell'ambito del territorio comunale o in comuni contermini”.
L'art. 9 l. 122/1989 si limita a dire che la deroga di cui alla l. 122/1989 riguarda soltanto la sfera urbanistica, ma non quella del paesaggio e dell’ambiente, ma non preclude di svolgere opere su beni vincolati, qualora vi sia la relativa autorizzazione dell’autorità preposta alla tutela del vincolo.

Sui motivi del secondo ricorso per motivi aggiunti relativi all’utilizzo della procedura in deroga agli strumenti di piano della c.d. legge Tognoli.
Nessuno dei motivi di ricorso proposto sul punto può essere accolto, in quanto:
- in ordine alla necessità dell’approvazione del Consiglio comunale ex art. 40 l.r. 12/2005 per ammettere la deroga urbanistica, si tratta di norma non pertinente al caso in esame in cui la deroga urbanistica deriva direttamente dalla legge, e non deve passare attraverso una valutazione dell’amministrazione che sia espressione di discrezionalità amministrativa; la previsione dell’art. 40 serve, infatti, a garantire che il Consiglio comunale, titolare della potestà di pianificazione, non venga scavalcato dall’organo amministrativo attraverso lo strumento del permesso di costruire in deroga, e riporta pertanto l’amplissima discrezionalità che caratterizza l’attività di pianificazione in capo al suo organo istituzionalmente titolare; nel caso in esame, la deroga non deve passare attraverso nessuna valutazione di ampia discrezionalità, perché prevista direttamente dal legislatore, che la giustifica con lo scopo di aumentare la dotazione di parcheggi privati che alleggeriscano il carico urbanistico delle autovetture in aree già ampiamente urbanizzate ed il degrado ambientale prodotto dalla sosta degli autoveicoli nei centri urbani; siamo pertanto completamente fuori dell’ambito della previsione dell’art. 40 l.r. 12/2005;
- in ordine alla asserita violazione dell’art. 9 l. 122/1989 in quanto la deroga viene giustificata con lo scopo di realizzare parcheggi pertinenziali, ma questi saranno in realtà venduti sul libero mercato, va precisato che –in un contesto di legislazione regionale concorrente quale quella sulla materia “governo del territorio” ex art. 117, co. 3, Cost.- nel territorio della regione Lombardia le disposizioni dell’art. 9 l. 122/1989 devono essere lette in uno con quelle degli artt. 66 e 67 l.r. 12/2005 che permettono espressamente la realizzabilità del parcheggio pertienenziale anche in favore di unità immobiliari non site nel luogo in cui viene realizzato il parcheggio e “senza limiti di distanza dalle unità immobiliari cui sono legati da rapporto di pertinenza, purché nell'ambito del territorio comunale o in comuni contermini” (e ciò a prescindere quindi dalla innovativa lettura della stessa normativa statale proposta da Cons. Stato, IV, 1842/2010, citata dalla difesa del Comune, che avvicina il regime di commerciabilità dei parcheggi realizzati ai sensi del co. 1 a quelli di cui al co. 4 dell’art. 9);
- in ordine alla asserita violazione dell’art. 9 l. 122/1989 che non consentirebbe la procedura di deroga alle norme di piano in presenza di vincoli monumentali, come quello di specie, si ritiene che la lettura della norma proposta dai ricorrenti non sia corretta, in quanto la norma in esame si limita a dire che la deroga di cui alla l. 122/1989 riguarda soltanto la sfera urbanistica, ma non quella del paesaggio e dell’ambiente, ma non preclude di svolgere opere su beni vincolati, qualora vi sia la relativa autorizzazione dell’autorità preposta alla tutela del vincolo;
- in ordine alla asserita violazione dell’art. 9 l. 122/1989 che consentirebbe la deroga solo quando non vi sia contrasto con l’uso delle superfici soprastanti (contrasto che vi sarebbe nel caso di specie in quanto l’art. 63 n.t.a. prevede che nelle zone A2 R1 è ammesso solo il restauro ed il risanamento conservativo e l’art. 67 n.t.a. prevede mantenimento, piantumazioni e pavimentazioni tradizionali), in realtà la generica indicazione dell’inciso contenuto nell’art. 9 “tenuto conto dell'uso della superficie sovrastante” non è utilizzabile nel senso prospettato dai ricorrenti, perché se si imponesse il rispetto delle norme di piano relative alla superficie dove deve sorgere l’opera si ripristinerebbe la necessità di quella conformità urbanistica che pure la stessa disposizione deroga esplicitamente
(TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 16.01.2012 n. 61 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2011

EDILIZIA PRIVATA: Gli spazi da destinare a parcheggio ex art. 18 l. 06.08.1967 n. 765 sono qualificati dall'art. 26 l. 28.02.1985 n. 47 "pertinenze"; come tali essi rientrano nel fenomeno dell'aggregazione funzionale e non strutturale di cosa a cosa, sicché non debbono, necessariamente essere in rapporto di congiunzione fisica o di stretta contiguità con l'edificio da costruire, essendo, invece sufficiente che essi siano collegati da un rapporto di strumentalità o complementarità funzionale (es., dislocati anche in aree esterne, circostanti o adiacenti all'edificio, e persino ad una certa distanza da questo).
Si rammenta, quanto a simile profilo, che per dottrina e giurisprudenza gli spazi da destinare a parcheggio ex art. 18 l. 06.08.1967 n. 765 sono qualificati dall'art. 26 l. 28.02.1985 n. 47 "pertinenze"; come tali essi rientrano nel fenomeno dell'aggregazione funzionale e non strutturale di cosa a cosa, sicché non debbono, necessariamente essere in rapporto di congiunzione fisica o di stretta contiguità con l'edificio da costruire, essendo, invece sufficiente che essi siano collegati da un rapporto di strumentalità o complementarità funzionale (es., dislocati anche in aree esterne, circostanti o adiacenti all'edificio, e persino ad una certa distanza da questo)
(Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 15.12.2011 n. 6606 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATALa destinazione dei parcheggi, realizzati ai sensi dell’art. 9 L. n. 122/1989, costituisce vincolo di natura reale, permanente ed inderogabile, che impedisce in modo assoluto qualsiasi mutamento di destinazione: mutamento di destinazione d’uso che rientra tra gli abusi non condonabili ai sensi dell’art. 33, comma 1, lett. d), L. n. 47/1985.
In ogni caso, pur tenendo conto dell’atto di divisione del 13.04.2001, nel merito il ricorso risulta sostanzialmente infondato, in quanto la destinazione dei parcheggi, realizzati ai sensi dell’art. 9 L. n. 122/1989, costituisce vincolo di natura reale, permanente ed inderogabile, che impedisce in modo assoluto qualsiasi mutamento di destinazione: mutamento di destinazione d’uso che rientra tra gli abusi non condonabili ai sensi dell’art. 33, comma 1, lett. d), L. n. 47/1985 (cfr. C.d.S.,V, n. 2609 del 24.04.2009; TAR Lazio, II, n. 1961 del 10.12.1997).
Pertanto, l’abusiva trasformazione di 29,34 mq. da autorimessa, realizzata ai sensi dell’art. 9 L. n. 122/1989, in studio tecnico professionale del piano terra di cui è causa (censito in Catasto al foglio n. 106, particella n. 2660, avente una superficie di 94,44 mq.) risulta insanabile (TAR Basilicata, sentenza 06.12.2011 n. 567 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: La realizzazione dei parcheggi obbligatori è esonerata dall'onere di pagamento del contributo di urbanizzazione.
Il parcheggio eseguito da privato se collegato alle disposizioni pianificatorie generali dettate dai comuni non è soggetto al contributo di urbanizzazione. Il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso presentato da un comune che chiedeva a una società di costruzioni la restituzione delle somme percepite a titolo di contributo di concessione edilizia.
Il collegio ricorda che la realizzazione dei parcheggi obbligatori è esonerata dall'onere di pagamento del contributo di urbanizzazione, mentre quelli costruiti in aree private per libera scelta speculativa di un imprenditore rappresentano una modificazione edilizia del territorio realizzata su domanda del soggetto interessato, assimilabile a tutte le altre forme di edificazione soggette quindi a concessione e ai relativi oneri. In questo caso però l’opera è stata eseguita in attuazione di strumenti urbanistici: la pertinenzialità con l’atto pubblico di costituzione di vincolo a parcheggio è quindi indiscutibile.

La disposizione che governa la fattispecie è quella di cui all’art. 11, comma 1, della legge 24.03.1989, n. 122 che così prevede: “Le opere e gli interventi previsti dalla presente legge costituiscono opere di urbanizzazione anche ai sensi dell'articolo 9, primo comma, lettera f) , della legge 28.01.1977, n. 10”.
Il richiamo ivi contenuto a tale ultima disposizione (“il contributo di concessione non è dovuto: per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti nonché per le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici”) consente di ricomprendere i parcheggi in tale esenzione.
Tale disposizione, peraltro, non risulta abrogata –come inesattamente sostenuto dall’appellante amministrazione- ma è stata riconfermata nella sua validità dal d.p.r. 06.06.2001 n. 380.
La pertinenzialità del parcheggio eseguito (come da progetto) dall’appellata è evidente in relazione all’atto di destinazione contenuto nell’ atto pubblico di costituzione di vincolo a parcheggio del 07.02.2001 né sussiste– o è stato anche soltanto prospettato- elemento alcuno che possa indurre a dubitare della costituzione del vincolo mercé il soprarichiamato atto pubblico.
Si rammenta peraltro che per pacifica e risalente giurisprudenza di questo Consiglio di Stato la realizzazione dei parcheggi obbligatori è esonerata dall'onere di pagamento del contributo di urbanizzazione (Consiglio Stato, sez. V, 14.10.1992, n. 987) mentre di converso si è rilevato che i parcheggi costruiti in aree private per libera scelta speculativa di un imprenditore rappresentano una modificazione edilizia del territorio realizzata su domanda del soggetto interessato, assimilabile a tutte le altre forme di edificazione soggette a concessione e ai relativi oneri (Consiglio Stato, sez. V, 22.12.2005, n. 7344) (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 22.11.2011 n. 6154 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATALa disposizione dettata dall'art. 9 della legge n. 122 del 1989, in materia di parcheggi pertinenziali, si deve interpretare, in coerenza con il quadro normativo di riferimento, nel senso che la realizzazione dei parcheggi è possibile anche in deroga agli strumenti urbanistici solo nel sottosuolo ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati già esistenti mentre per le nuove costruzioni fuori terra, anche se destinate a parcheggio, devono essere comunque rispettate le disposizioni dettate dalla strumentazione urbanistica.
L'applicabilità della suddetta agevolazione, in considerazione delle finalità della legge ed in relazione al suo carattere eccezionale, non può estendersi ad altre ipotesi non contemplate nella indicata normativa. Conseguentemente, la realizzazione di autorimesse e parcheggi, se non effettuata in locali preesistenti o totalmente al di sotto del piano di campagna naturale, è soggetta alla disciplina urbanistica che regola le nuove costruzioni fuori terra.
La Sezione non può che fare riferimento ai principi già affermati in precedenti pronunce (cfr. per tutti sentenza TAR Napoli sez. II n. 15731/2010, n. 3134 dell’08.06.2009 e n. 3873 del 13.07.2009) ove si è ribadito come le disposizioni dettate dall'art. 9 della legge n. 122 del 1989 e dall’art. 6 della legge regionale n. 19 del 2001, in materia di parcheggi pertinenziali, si devono interpretare, in coerenza con il quadro normativo di riferimento, nel senso che la realizzazione dei parcheggi è possibile anche in deroga agli strumenti urbanistici solo nel sottosuolo ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati già esistenti mentre per le nuove costruzioni fuori terra, anche se destinate a parcheggio, devono essere comunque rispettate le disposizioni dettate dalla strumentazione urbanistica.
Stabilisce, al riguardo, l'art. 9 della legge n. 122 del 1989 che "i proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti". La norma continua disponendo che tali parcheggi possono essere realizzati, ad uso esclusivo dei residenti, anche nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato purché non in contrasto con i piani urbani del traffico, tenuto conto dell'uso della superficie sovrastante e compatibilmente con la tutela delle risorse idriche.
Anche l’articolo 6 della legge della Regione Campania n. 19 del 28.11.2001, modificato con l’art. 49 della legge regionale 22.12.2004, n. 16 ed integrato dall'art. 41, della legga regionale 30.01.2008, n. 1, detta specifiche disposizioni per la realizzazione di parcheggi pertinenziali, prevedendo (al primo comma) che la realizzazione di parcheggi, da destinare a pertinenze di unità immobiliare e da realizzare nel sottosuolo del lotto su cui insistono gli edifici, se conformi agli strumenti urbanistici vigenti, è soggetta a semplice denuncia di inizio attività, e (al secondo comma) che la realizzazione di parcheggi in aree libere, anche non di pertinenza del lotto dove insistono gli edifici, ovvero nel sottosuolo di fabbricati o al pianterreno di essi, è soggetta a permesso di costruire non oneroso, anche in deroga agli strumenti urbanistici vigenti.
Ai sensi delle indicate disposizioni, ma nei limiti dettati dalle stesse, i parcheggi pertinenziali possono essere quindi effettivamente realizzati anche in deroga agli strumenti urbanistici.
La giurisprudenza amministrativa ha tuttavia chiarito che l'applicabilità delle suddette agevolazioni, in considerazione delle finalità della legge ed in relazione al suo carattere eccezionale, non può estendersi ad altre ipotesi non contemplate nella indicata normativa (Consiglio Stato, Sez. V, 29.03.2006, n. 1608).
Si è in conseguenza affermato che la realizzazione di autorimesse e parcheggi, se non effettuata in locali preesistenti o totalmente al di sotto del piano di campagna naturale, è soggetta alla disciplina urbanistica che regola le nuove costruzioni fuori terra (Consiglio Stato sez. IV, 26.09.2008 n. 4645; 11.11.2006, n. 6065; Consiglio Stato Sez. V, 29.03.2006 n. 1608; 29.03.2004, n. 1662; TAR Lazio, sede di Roma, Sezione I, n. 3259 del 16.04.2008).
La deroga agli strumenti urbanistici è pertanto consentita solo quando i parcheggi sono realizzati nel sottosuolo ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati già esistenti mentre la deroga non è possibile (e quindi i parcheggi devono essere realizzati nel rispetto delle disposizioni urbanistiche) se non vengono a ciò adibiti i locali (preesistenti) siti al piano terra di un fabbricato o se gli stessi non vengano allocati nel sottosuolo dei fabbricati.
Del resto per gli edifici di nuova costruzione provvede il precedente art. 2, comma 2 della stessa legge n. 122 del 1989, che –nel sostituire l’art. 41-sexies della L.U. n. 1150 del 1942– ha stabilito l'obbligo di riservare appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore a 1 mq. per ogni 10 mc. di costruzione (Consiglio di Stato, sez. V, n. 5676 del 24.10.2000) (TAR Campania-Napoli, Sez. II, sentenza 18.11.2011 n. 5416 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: M. Viviani, Interventi di ristrutturazione edilizia e reperimento di spazi per parcheggi privati.
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Ringraziamo l'amico Mario Viviani per il contributo reso. Tuttavia, ci sembrava che la questione fosse talmente chiara da non abbisognare di approfondimenti ... evidentemente, non è così !!
Ed il fatto che ci siano ancora oggi Uffici Tecnici comunali che richiedono in sede progettuale la verifica della Tognoli (1 mq. di parcheggio per ogni 10 mc. di volume) nell'ambito di interventi edilizi quali la "ristrutturazione edilizia" nella vecchia accezione della L. 457/1978 non fa altro che rafforzare la convinzione che "Il mondo è bello perché vario".
07.11.2011 - LA SEGRETERIA PTPL

EDILIZIA PRIVATA: L’art. 9 della L. 24.03.1989 n. 122 quale consente la realizzazione di parcheggi anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi comunali, con l’unico inderogabile limite del rispetto dei vincoli in materia paesaggistica ed ambientale: e ciò perché, pur non potendosi contestare il sotteso favor della legislazione statale e regionale alla realizzazione di parcheggi pertinenziali, occorre evidenziare che la norma si esprime chiaramente (e coerentemente) nei sensi della prevista derogabilità dei soli strumenti urbanistici e non anche degli operanti vincoli ambientali.
Né, in diverso senso, può militare il richiamo all’art. 9 della L. 24.03.1989 n. 122, il quale consente la realizzazione di parcheggi anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi comunali, con l’unico inderogabile limite del rispetto dei vincoli in materia paesaggistica ed ambientale: e ciò perché, pur non potendosi contestare il sotteso favor della legislazione statale e regionale alla realizzazione di parcheggi pertinenziali, occorre evidenziare che la norma si esprime chiaramente (e coerentemente) nei sensi della prevista derogabilità dei soli strumenti urbanistici e non anche degli operanti vincoli ambientali (TAR Campania-Salerno, Sez. I, sentenza 11.10.2011 n. 1642 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATALa realizzazione di autorimesse e parcheggi sulla base del presupposto normativo della disciplina dell’art. 9, 1° co., della l. 122/1989, è condizionata dal fatto che questi siano realizzati nel sottosuolo per l’intera altezza.
In altre parole, la deroga per la realizzazione di autorimesse e parcheggi prevista dall'art. 9, l. 24.03.1989 n. 122, opera cioè solo nel caso in cui, i parcheggi da destinare a pertinenza di singole unità immobiliari, siano totalmente al di sotto dell’originario piano naturale di campagna.
Qualora invece non si rispetti tale condizione, la realizzazione di un’autorimessa, non può dirsi realizzata nel sottosuolo, per cui in tali casi si applica la disciplina urbanistica dettata per le ordinarie nuove costruzioni fuori terra dal PRG, anche per quanto concerne quindi il pagamento dei contributi concessori.

La norma dell'art. 9, l. 24.03.1989 n. 122, che consente di realizzare gratuitamente “nel sottosuolo” parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, è una norma che ponendosi in deroga “…agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti…” è di stretta interpretazione per cui deve trovare rigorosa applicazione solo nelle fattispecie in essa espressamente previsti.
Al riguardo la giurisprudenza unanime ha sempre affermato che la realizzazione di autorimesse e parcheggi sulla base del presupposto normativo della disciplina dell’art. 9, 1° co., della l. 122/1989, è condizionata dal fatto che questi siano realizzati nel sottosuolo per l’intera altezza.
In altre parole, la deroga per la realizzazione di autorimesse e parcheggi prevista dall'art. 9, l. 24.03.1989 n. 122, opera cioè solo nel caso in cui, i parcheggi da destinare a pertinenza di singole unità immobiliari, siano totalmente al di sotto dell’originario piano naturale di campagna.
Qualora invece non si rispetti tale condizione, la realizzazione di un’autorimessa, non può dirsi realizzata nel sottosuolo, per cui in tali casi si applica la disciplina urbanistica dettata per le ordinarie nuove costruzioni fuori terra dal PRG, anche per quanto concerne quindi il pagamento dei contributi concessori (cfr. Consiglio Stato , sez. IV, 27.11.2010, n. 8260; Consiglio Stato, sez. IV, 23.02.2009, n. 1070).
In conseguenza, vi è un regime di sostanziale alternatività tra la fattispecie di carattere eccezionale dell’art. 9 e la ordinaria disciplina urbanistica in materie di autorimesse dei singoli Comuni.
Nel caso in esame, deve rilevarsi che, risultando un riporto di terra nel limite di 1 mt., ne consegue che l’autorimessa non risulta integralmente realizzata “nel sottosuolo”, ma è solamente “seminterrata
(Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 13.07.2011 n. 4234 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: OGGETTO: Richiesta di parere circa le modalità di calcolo del volume per le superfici a parcheggio ex Legge 06.08.1967, n. 765 e Legge 24.03.1989, n. 122.
Il Comune chiede se sia ancora da tenere in considerazione quanto esposto nell’art. 9 della circolare ministeriale del 28/10/1967 in relazione alla cubatura da considerare per determinare la superficie da destinare a parcheggi ai sensi dell’art. 18 della legge n. 765/1967, che ha aggiunto l’art. 41-sexies alla legge urbanistica 17.08.1942, n. 1150 (Regione Marche, parere 22.06.2011 n. 193/2011).

EDILIZIA PRIVATALa realizzazione di autorimesse e parcheggi, se non effettuata totalmente al di sotto del piano di campagna naturale, è soggetta alla disciplina urbanistica dettata per le ordinarie nuove costruzioni fuori terra.
Le autorimesse realizzate anche parzialmente all’esterno del fabbricato, non rientrando nell'ambito di operatività dell'art. 9 della legge n. 122 del 1989, in base alla quale, se si tratta di costruzioni nel sottosuolo, è possibile la loro realizzazione anche in contrasto con le norme urbanistiche relative alla zona (non con quelle paesaggistiche), sono soggette alla disciplina urbanistica generale come ordinarie nuove costruzioni.
L'art. 9 della L. 24.03.1989, n. 122, che consente ai proprietari di immobili la realizzazione nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti, è applicabile solo nel caso di realizzazione di autorimesse e parcheggi destinati al servizio di fabbricati esistenti ove sia effettuata totalmente al di sotto del piano di campagna naturale ("sottosuolo"), rientrando le autorimesse, edificate anche parzialmente fuori terra, nella disciplina urbanistica ordinaria.
L’art. 9 della L. 24.03.1989, n. 122 non è applicabile nel caso di realizzazione di un garage che non è interrato e che al fine del suo interramento comunque richiede una operazione di "sistemazione del soprassuolo" per rendere in definitiva interrato ciò che non lo sarebbe mantenendo l’originario andamento del suolo, atteso che la realizzazione di strutture de quibus resta pacificamente ammessa solo in assenza di alterazioni visibili del territorio, argomento valido anche per le autorimesse pertinenziali se ed in quanto sotterranee.

C
ome è noto, la realizzazione di autorimesse e parcheggi, se non effettuata totalmente al di sotto del piano di campagna naturale, è soggetta alla disciplina urbanistica dettata per le ordinarie nuove costruzioni fuori terra (Consiglio di Stato, IV, 11.11.2006, n. 6065; V, 29.03.2004, n. 1662).
Stabilisce, infatti, l'art. 9 della legge 24.03.1989, n. 122 che "i proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti".
La norma continua disponendo che tali parcheggi possono essere realizzati, ad uso esclusivo dei residenti, anche nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato purché non in contrasto con i piani urbani del traffico, tenuto conto dell'uso della superficie sovrastante e compatibilmente con la tutela delle risorse idriche.
In base alla norma ora riportata, i predetti parcheggi devono essere realizzati, se non vengono a ciò adibiti i locali del piano terra di un fabbricato, o nel sottosuolo dello stesso fabbricato ovvero nel sottosuolo di un'area pertinenziale esterna (V, n. 1662/2004 citata).
Le autorimesse realizzate anche parzialmente all’esterno del fabbricato, pertanto, non rientrando nell'ambito di operatività dell'art. 9 della legge n. 122 del 1989 ora riportato, in base alla quale, se si tratta di costruzioni nel sottosuolo, è possibile la loro realizzazione anche in contrasto con le norme urbanistiche relative alla zona (non con quelle paesaggistiche), sono soggette alla disciplina urbanistica generale come ordinarie nuove costruzioni (cfr. in argomento Consiglio di Stato., IV, 26.09.2008 n. 4645; Consiglio di Stato, sez. IV, 23.02.2009, n. 1070; in senso analogo Cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 11.10.2006, n. 6065; Consiglio di Stato, Sez. IV, 27.11.2010, n. 8260; da ultimo Tar Abruzzo-l’Aquila, sez. I - sentenza 19.04.2011 n. 208 secondo cui “l’’art. 9 della L. 24.03.1989, n. 122, che consente ai proprietari di immobili la realizzazione nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti, è applicabile solo nel caso di realizzazione di autorimesse e parcheggi destinati al servizio di fabbricati esistenti ove sia effettuata totalmente al di sotto del piano di campagna naturale ("sottosuolo"), rientrando le autorimesse, edificate anche parzialmente fuori terra, nella disciplina urbanistica ordinaria)".
L’art. 9 della L. 24.03.1989, n. 122, non è applicabile inoltre nel caso di realizzazione di un garage che non è interrato e che al fine del suo interramento comunque richiede una operazione di "sistemazione del soprassuolo" -come risulta nell’ipotesi di specie secondo quanto dedotto dallo stesso controinteressato Comune Massimo in ordine alla necessità di opere di sbancamento e in ordine alla pendenza del terreno de quo- per rendere in definitiva interrato ciò che non lo sarebbe mantenendo l’originario andamento del suolo, atteso che la realizzazione di strutture de quibus resta pacificamente ammessa solo in assenza di alterazioni visibili del territorio, argomento valido anche per le autorimesse pertinenziali se ed in quanto sotterranee” (Tar Abruzzo-l’Aquila, sez. I - sentenza 19.04.2011 n. 208, cit. ; in senso analogo Cons. di Stato, sez. IV, n. 2579/2009)
(TAR Valle d'Aosta, sentenza 16.06.2011 n. 43 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Parcheggi pertinenziali.
La costruzione di autorimesse o parcheggi destinati a pertinenza di fabbricati esistenti è soggetta ad autorizzazione gratuita, ai sensi della L. 24.03.1989, n. 122, come modificata dalla L. 15.05.1997, n. 127, art. 17 e dalla L. 07.12.1999, n. 472, art. 37, a condizione che nella relativa domanda sia preventivamente indicato il fabbricato servito, di modo che sia immediatamente identificabile il vincolo funzionale previsto per la deroga alla normale sottoposizione al regime concessorio.
In tema di disciplina legale delle aree destinate a parcheggio, il vincolo di pertinenza ex lege a favore delle unità immobiliari del fabbricato ha carattere limitato e non si estende nemmeno ai parcheggi realizzati in eccedenza rispetto allo spazio minimo richiesto dalla L. 06.08.1967, n. 765, art. 18, quand’anche realizzati dallo stesso proprietario-costruttore
(massima tratta da www.lexambiente.it - Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 10.06.2011 n. 23427).
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Il primo motivo censura con argomentazioni giuridiche palesemente erronee e in punto di fatto la decisione fondata, invece, su congrue argomentazioni esenti da vizi logico-giuridici, essendo stati esaminati gli elementi probatori emersi a carico dell'imputato e confutata ogni obiezione difensiva.
La prescrizione dell'obbligo di munirsi del permesso di costruire persegue le finalità di controllo del territorio e di corretto uso dello stesso ai fini urbanistici e edilizi, sicché sono assoggettati al regime permissorio tutti gli interventi che incidono sull'assetto del territorio, comportando una trasformazione urbanistica e edilizia del territorio comunale, donde l'infondatezza dei rilievi dell'appellante secondo cui l'esecuzione -all'interno di un'area adibita a opificio industriale- di una sopraelevazione di un piano seminterrato mediante l'erezione di pilastri in cemento armato sarebbe penalmente irrilevante, rientrando, invece, tale opera nella figura giuridica di costruzione per la quale occorre, ex art. 10, comma 1, lettera a), d.P.R. n. 380/2001, il permesso di costruire, come per "le opere di ogni genere con le quali s'intervenga sul suolo o nel suolo, senza che abbia rilevanza giuridica il mezzo tecnico con cui sia stata assicurata la stabilità del manufatto, che può essere infisso o anche appoggiato al suolo, in quanto la stabilità non va confusa con l'irremovibilità dello struttura o con la perpetuità della funzione a essa assegnata, ma si estrinseca nell'oggettiva destinazione dell'opera a soddisfare bisogni non provvisori, ossia nell'attitudine a un'utilizzazione che non abbia il carattere della precarietà, cioè non sia temporanea e contingente" [Cassazione Sezione III n. 12022/1997, Fulgoni, RV. 209199].
Nel caso in esame, i giudici di merito hanno assolto l'obbligo della motivazione spiegando esaurientemente le ragioni del proprio convincimento e ritenendo infondati i rilievi dell'imputato per essere stato ampliato un edificio preesistente.
Non sono puntuali le censure sull'addotta destinazione dell'opera, realizzata sul solaio di un fabbricato seminterrato, a parcheggio o a sostegno di un impianto fotovoltaico essendo state tali prospettazioni ritenute, con logico argomentare, sganciate da qualsiasi dato obiettivo.
Sul punto va rammentato che
per la legge n. 122 del 1989, art. 9, la realizzazione di box e di parcheggi interrati è consentita in base a semplice DIA solo nel caso in cui i proprietari di immobili realizzino nel sottosuolo degli stessi ovvero nel suolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato purché non in contrasto con i piani urbani del traffico.
La costruzione di autorimesse o parcheggi destinati a pertinenza di fabbricati esistenti è soggetta ad autorizzazione gratuita, ai sensi della L. 24.03.1989, n. 122, come modificata dalla L. 15.05.1997, n. 127, art. 17 e dalla L. 07.12.1999, n. 472, art. 37, a condizione che nella relativa domanda sia preventivamente indicato il fabbricato servito, di modo che sia immediatamente identificabile il vincolo funzionale previsto per la deroga alla normale sottoposizione al regime concessorio (Sez. 3, n. 44010 del 09/11/2001 RV. 220741).
Peraltro, come affermato dalle Sezioni Unite civili,
in tema di disciplina legale delle aree destinate a parcheggio, il vincolo di pertinenza ex lege a favore delle unità immobiliari del fabbricato ha carattere limitato e non si estende nemmeno ai parcheggi realizzati in eccedenza rispetto allo spazio minimo richiesto dalla L. 06.08.1967, n. 765, art. 18, quand'anche realizzati dallo stesso proprietario-costruttore (SU n. 12793 del 15/06/2005 RV. 581954).
Nella specie, mancano gli accordi circa la destinazione del locale non risultando assunto alcun impegno formale con l'amministrazione comunale, donde l'assoluta genericità dell'asserzione del ricorrente.
Anche la pretesa destinazione dell'opera quale sostegno di un impianto fotovoltaico, non solo manca di qualsiasi aggancio fattuale, ma è giuridicamente insostenibile stante che l'asserita futura istallazione -è stato ritenuto- si sarebbe innestata su un manufatto abusivo.
Trattasi di motivazione che si fonda su una lettura coerente delle risultanze processuali e, pertanto, immune dalle censure di manifesta illogicità.

EDILIZIA PRIVATAAi fini della legittimità della procedura di realizzazione di un parcheggio pertinenziale nel rispetto dell’art. 9 l. n. 122 del 1989, non è indispensabile che il numero dei proprietari di immobili, siti nelle vicinanze del realizzando parcheggio, sia individuato prima della costruzione di questo e che, quindi, il vincolo pertinenziale debba preesistere, richiedendosi solo che detto vincolo venga previsto e, poi, effettivamente costituito e trascritto nelle forme prescritte.
L’art. 9 l. 24.03.1989 n. 122, che consente la realizzazione di parcheggi nel sottosuolo o nei locali siti al piano terreno anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi, ha inteso consentire esclusivamente la realizzazione di parcheggi pertinenziali (i parcheggi devono essere al servizio dell’unità immobiliare, anche se adibiti ad un uso diverso da quello residenziale come accade, ad esempio, per gli immobili ad uso commerciale: i parcheggi, in tale ipotesi, non possono essere realizzati derogando alla disciplina urbanistica per essere a servizio di coloro che accedono all’esercizio commerciale).
In materia di realizzazione di interrati da destinare a garage non va ignorato che l’art. 9 della L. 24.03.1989 n. 122 dispone che “i proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti”. La norma non pone cioè alcun tetto massimo per quanto riguarda l’estensione dei locali realizzati nel sottosuolo aventi la destinazione di parcheggi pertinenziali dell’abitazione, ed anzi ne ammette la realizzabilità generalizzata, anche in deroga agli strumenti pianificatori”.

Ai fini della legittimità della procedura di realizzazione di un parcheggio pertinenziale nel rispetto dell’art. 9 l. n. 122 del 1989, non è indispensabile che il numero dei proprietari di immobili, siti nelle vicinanze del realizzando parcheggio, sia individuato prima della costruzione di questo e che, quindi, il vincolo pertinenziale debba preesistere, richiedendosi solo che detto vincolo venga previsto e, poi, effettivamente costituito e trascritto nelle forme prescritte” (TAR Abruzzo Pescara, 12.04.2006, n. 247).
Per ciò che concerne, inoltre, la possibilità di realizzare parcheggi anche in relazione ad immobili non destinati ad uso abitativo, si consideri l’ulteriore indirizzo giurisprudenziale, espresso nella seguente massima: “L’art. 9 l. 24.03.1989 n. 122, che consente la realizzazione di parcheggi nel sottosuolo o nei locali siti al piano terreno anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi, ha inteso consentire esclusivamente la realizzazione di parcheggi pertinenziali (i parcheggi devono essere al servizio dell’unità immobiliare, anche se adibiti ad un uso diverso da quello residenziale come accade, ad esempio, per gli immobili ad uso commerciale: i parcheggi, in tale ipotesi, non possono essere realizzati derogando alla disciplina urbanistica per essere a servizio di coloro che accedono all’esercizio commerciale)” (Consiglio Stato, sez. VI, 17.02.2003, n. 844).
Il verificatore ha osservato del resto, nella sua relazione, che, riguardo all’estensione dei parcheggi pertinenziali realizzati nel sottosuolo, ai sensi dell’art. 9 della l. 122/1989, non vi era limite massimo, citando la decisione del TAR Trentino Alto Adige, Trento, 24.02.2003, n. 90 (nella cui parte motiva può leggersi, in effetti, quanto segue: “In materia di realizzazione di interrati da destinare a garage non va ignorato che l’art. 9 della L. 24.03.1989 n. 122 dispone che “i proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti”. La norma non pone cioè alcun tetto massimo per quanto riguarda l’estensione dei locali realizzati nel sottosuolo aventi la destinazione di parcheggi pertinenziali dell’abitazione, ed anzi ne ammette la realizzabilità generalizzata, anche in deroga agli strumenti pianificatori”) (TAR Calabria-Salerno, Sez. II, sentenza 26.05.2011 n. 1008 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAStandard - Parcheggi - Art. 41-sexies, L. n. 1150/1942 - Mancanza della misura minima - Assentibilità di nuove costruzioni - Non sussiste.
La P.A. non può autorizzare nuove costruzioni in mancanza della misura minima di parcheggi di cui all'art. 41-sexies, L. n. 1150/1942 (tratto da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 18.05.2011 n. 1279 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA1. Servitù di uso pubblico - Poteri di regolazione della P.A. - Limiti.
2. Standard - Parcheggi - Asservimento all'uso generalizzato da parte della collettività - Sussiste.

1. Sebbene le servitù di uso pubblico sottopongano i beni che ne sono gravati ai poteri di regolazione spettanti all'autorità amministrativa, tali poteri siano limitati a quelli intesi a garantire l'uso del bene da parte della collettività, in conformità ai dettami del pubblico interesse; l'amministrazione non potrebbe, invece, disporre del bene ed esercitare su di esso i poteri che le competerebbero, se questo appartenesse al proprio demanio.
2. Gli spazi che per legge debbono essere destinati a soddisfare gli standards di cui al D.M. 1444/1968, quali la destinazione a parcheggio, ai sensi dell'art. 22 della L.R. n. 51/1975, debbono ritenersi asserviti all'uso generalizzato da parte della collettività indistinta degli utenti e non all'uso limitato dei soli utenti dell'unità immobiliare in relazione alla quale è sorto l'obbligo della dotazione dello standard in questione (tratto da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 04.05.2011 n. 1147 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAL'art. 9 della legge 24.03.1989, n. 122, nel consentire la costruzione di parcheggi, da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, nel sottosuolo degli immobili o nei locali siti al piano terreno anche in deroga alla vigente disciplina urbanistica, concerne i soli fabbricati già esistenti e non anche le concessioni edilizie rilasciate per realizzare edifici nuovi.
Una volta che siano stati riservati per parcheggi spazi nella misura di legge, ogni spazio ulteriore (inteso come spazio libero da costruzioni, ovvero come box, o come autorimessa comune, ecc.) è completamente svincolato dalla disciplina vincolistica (in quanto ad esso non applicabile) e, quindi, può essere liberamente venduto, locato o formare oggetto di altri negozi giuridici, non costituendo pertinenza ai sensi della suddetta normativa speciale, ma pertinenza alla stregua, però, dell'art. 817 c.c..

E’ interpretazione giurisprudenziale consolidata che l'art. 9 della legge 24.03.1989, n. 122, nel consentire la costruzione di parcheggi, da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, nel sottosuolo degli immobili o nei locali siti al piano terreno anche in deroga alla vigente disciplina urbanistica, concerne i soli fabbricati già esistenti e non anche le concessioni edilizie rilasciate per realizzare edifici nuovi, per i quali invece provvede l'art. 2, comma 2, della legge stessa che, nel novellare l'art. 41-sexies, della legge fondamentale 17.08.1942 n. 1150, stabilisce l'obbligo di riservare appositi spazi per parcheggi di misura non inferiore a 1 mq. per ogni 10 mc. di costruzione (Consiglio Stato, sez. V, 24.10.2000 n. 5676 e 27.09.1999 n. 1185).
Nella specie, poiché non è controverso che l’intervento edilizio abbia riguardato una costruzione di nuova realizzazione, le ragioni comunali sono da reputare fondate e quelle attoree di primo grado, per l’effetto, da ritenere prive di consistenza, poiché i parcheggi obbligatori di cui al richiamato art. 2, comma 2, costituiscono pertinenza in senso civilistico dell’unità immobiliare principale e, quindi, ne seguono la sorte ai fini del computo delle SNR e del calcolo dei corrispondenti oneri concessori.
Quanto alle quote eccedentarie, va richiamata Cassazione Civile (sezione II, 01.08.2008 n. 21003), secondo la quale, in tema di spazi destinati a parcheggi privati, in complessi condominiali di nuova costruzione, il susseguirsi d'interventi legislativi incidenti sulla limitazione dell'autonomia privata in ordine alle dimensioni minime di tali spazi e al regime di circolazione, ha determinato l'esistenza di tre diverse tipologie di parcheggio, assoggettate a regimi giuridici differenziati tra di loro:
a) i parcheggi soggetti ad un vincolo pubblicistico di destinazione, produttivo di un diritto reale d'uso in favore dei condomini e di un vincolo pertinenziale ex lege, che non ne esclude l'alienabilità separatamente dall'unità immobiliare, disciplinati dall'art. 18 della legge n. 765 del 1967 (art. 41-sexies della legge n. 1150 del 1942);
b) i parcheggi soggetti al vincolo pubblicistico d'inscindibilità con l'unità immobiliare, introdotti dall'art. 2 della legge n. 122 del 1989, assoggettati ad un regime di circolazione controllata e di utilizzazione vincolata e, conseguentemente non trasferibili autonomamente;
c) i parcheggi non rientranti nelle due specie sopra illustrate, perché realizzati in eccedenza rispetto agli spazi minimi inderogabilmente richiesti dalla disciplina normativa pubblicistica, ad utilizzazione e a circolazione libera, ed i parcheggi disciplinati dall'art. 12, comma 9, della legge n. 246 del 2005 di definitiva liberalizzazione del regime di circolazione e trasferimento delle aree destinate a parcheggio, ma con esclusivo riferimento al futuro, ovvero alle costruzioni non ancora realizzate e a quelle per le quali non sia ancora intervenuta la stipulazione delle vendite delle singole unità immobiliari, al momento della sua entrata in vigore.
Conseguentemente, una volta che siano stati riservati per parcheggi spazi nella misura di legge, ogni spazio ulteriore (inteso come spazio libero da costruzioni, ovvero come box, o come autorimessa comune, ecc.) è completamente svincolato dalla richiamata disciplina vincolistica (in quanto ad esso non applicabile) e, quindi, può essere liberamente venduto, locato o formare oggetto di altri negozi giuridici, non costituendo pertinenza ai sensi della suddetta normativa speciale, ma pertinenza alla stregua, però, dell'art. 817 c.c. (Cassazione Civile, sezione III, 23.01.2006 n. 1221).
È evidente, allora, potendo tali spazi ulteriori ed eccedentari essere liberamente venduti, locati o costituire oggetto di altri negozi giuridici, come non sussista titolo legale alcuno che giustifichi e spieghi perché dovrebbero essere esentati, essendo a libera circolazione e, quindi, produttori di pieno profitto commerciale (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 10.03.2011 n. 1565 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: A. Fedeli, Il vincolo di rispetto cimiteriale e i parcheggi interrati (Urbanistica e appalti n. 2/2011).

EDILIZIA PRIVATALa disciplina dettata dalla l. 122/1989, in quanto norma di favore, è letteralmente chiara ed univoca e, proprio perché introduce norma eccezionale derogatoria rispetto all’ordinaria disciplina delle distanze, non ne è legittima alcuna interpretazione estensiva.
Le autorimesse in deroga al P.R.G. devono essere realizzate interamente nel sottosuolo poiché complessivamente la più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato evidenzia come la legge Tognoli, se pure è volta a favorire la realizzazione di autorimesse, è contestualmente intesa a fare salvo l’aspetto esteriore e visibile del territorio, nel senso di consentire la realizzazione di parcheggi nel sottosuolo o al piano terreno di un fabbricato preesistente, proprio perché, ubicate nei modi previsti dalla legge, tali strutture non comportano alterazioni visibili del territorio; stesso argomento è ovviamente valido per le autorimesse pertinenziali se ed in quanto sotterranee che come tali non alterano lo stato esterno dei luoghi.

In caso analogo si legge ad esempio in C. Stato Sez. IV n. 2579/2009 (ove si affronta la questione del computo delle altezze e volumetrie dopo la “sistemazione” del terreno consentito del P.R.G a partire dal nuovo piano artificialmente venutosi a creare): “Non è chi non veda l'erroneità di una tale interpretazione, la quale fa derivare la quota del piano di campagna dalle scelte progettuali e non -come invece logico e naturale- dallo stato di fatto del terreno.
Una tale tesi tende a dare un'interpretazione capziosa della nozione di "opere di sistemazione" del terreno, che sono non tutte quelle scelte dal progettista, ma quegli interventi di minima entità necessari a conformare il terreno alla futura attività edilizia (dissodamento, livellamento e interventi analoghi) ma non certo ad alterarne la caratteristiche naturali.
A seguire tale tesi si perverrebbe alla conclusone assurda che lo stacco dell'edificio dal terreno non sia ancorato a dati certi ed obiettivi, ma a scelte arbitrarie ed insindacabili del proprietario dell'immobile
.”
Prosegue il giudice d’appello: “In conclusione, un innalzamento di quasi un metro della quota naturale del terreno, tanto più ove finalizzato a realizzare un vano seminterrato, non può considerarsi lavoro o opera di sistemazione, determinando esso un'alterazione tanto significativa dello stato dei luoghi da avere comportato la creazione di un muro di sostegno del terrapieno che è risultato dai lavori.”
Ancora sostiene parte controinteressata che la disciplina dettata dalla l. 122/1989, in quanto norma di favore, sarebbe sempre suscettibile di interpretazione estensiva sicché la costruzione di autorimesse nelle aree pertinenziali sarebbe ammessa sia qualora avvenga interamente nel “sottosuolo” sia qualora avvenga in forma seminterrata.
Cita al proposito un risalente precedente (C. Stato n. 1007/1995) sul punto isolato; per altro, come evidenziato dalla ricorrente, la suddetta pronuncia riteneva la legittimità dell’autorimessa in contestazione sulla scorta della specifica disciplina urbanistica dettata dal P.R.G. applicabile nel caso affrontato.
Già si è verificato che nel caso di specie la previsione di piano regolatore che legittima, in determinati casi e presupposti, un innalzamento del piano di campagna ai fini del computo anche di cosa è definibile interrato o meno, non legittima l’operazione compiuta da parte contro interessata.
Resta, nella invocata pronuncia del 1995, una affermazione di possibile interpretazione estensiva del concetto di costruzione interrata dettata dall’art. 9 della l. 122/1989 e ivi ritenuta riferibile anche al “seminterrato”; l’assunto pare isolato e non si ritiene condivisibile.
Il dettato normativo è letteralmente chiaro ed univoco e, proprio perché introduce norma eccezionale derogatoria rispetto all’ordinaria disciplina delle distanze, non ne è legittima alcuna interpretazione estensiva.
Così chiariscono che le autorimesse in questione devono essere realizzate interamente nel sottosuolo C. Stato sez. IV 1070/2009 e C. Stato sez. V 1662/1994 poiché complessivamente la più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato evidenzia come la legge Tognoli, se pure è volta a favorire la realizzazione di autorimesse, è contestualmente intesa a fare salvo l’aspetto esteriore e visibile del territorio, nel senso di consentire la realizzazione di parcheggi nel sottosuolo o al piano terreno di un fabbricato preesistente, proprio perché, ubicate nei modi previsti dalla legge, tali strutture non comportano alterazioni visibili del territorio; stesso argomento è ovviamente valido per le autorimesse pertinenziali se ed in quanto sotterranee che come tali non alterano lo stato esterno dei luoghi (TAR Piemonte, Sez. I, sentenza 14.01.2011 n. 31 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2010

EDILIZIA PRIVATA: Legge Tognoli - Aree pertinenziali esterne - Parcheggi realizzati nel sottosuolo - Esigenze di tutela del paesaggio.
La legge n. 122/1989 (cd. Tognoli) riguarda esclusivamente aree e costruzioni destinate a parcheggio, con esclusione di qualsiasi altra destinazione incompatibile con il vincolo pubblicistico di natura funzionale introdotto dalla stessa legge (Cons. Stato, sez. V, 24.04.2009, n. 2609; Cass., sez. II, 22.08.2006 n. 18255).
La medesima legge prevede peraltro la realizzazione dei parcheggi in aree pertinenziali esterne soltanto se realizzati nel sottosuolo, per contemperare le esigenze di decongestionamento del traffico urbano, dichiaratamente perseguite dalla normativa di settore, con le esigenze di tutela del paesaggio, che, anzi, la stessa legge Tognoli prefigura in termini di prevalenza, lasciando “in ogni caso fermi i vincoli previsti dalla legislazione in materia paesaggistica ed ambientale ed i poteri attribuiti dalla medesima legislazione“ alle amministrazioni regionali e statali (art. 9, comma 1, l. n. 122 cit.) (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 10.12.2010 n. 8729 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: La realizzazione di autorimesse e parcheggi è soggetta alla disciplina urbanistica dettata per le ordinarie nuove costruzioni fuori terra, “se non effettuata totalmente al di sotto del piano di campagna naturale”.
A termini dell’art. 9 della legge 24.03.1989, n. 122, la realizzazione di autorimesse e parcheggi è soggetta alla disciplina urbanistica dettata per le ordinarie nuove costruzioni fuori terra, “se non effettuata totalmente al di sotto del piano di campagna naturale” (Cons. St., IV, 11.11.2006, n. 6065; V, 29.03.2004, n. 1662).
Nel caso in esame, a quanto consta, il parcheggio è interrato (corrispondente al terzo o quarto o quinto livello, a secondo delle prospettazioni), che non comporta la creazione di nuova volumetria esterna e non è opera rilevante ai fini delle altezze perché, l’apertura di un varco carrabile fuori terra per l’accesso all’autorimessa interrata (trincea), non fa mutare le caratteristiche strutturali della costruzione principale a livello di superficie, in quanto mero accessorio pertinenziale dell’edificio stesso
(Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 27.11.2010 n. 8260).

EDILIZIA PRIVATA:  I parcheggi pertinenziali possono essere realizzati anche in aree di terzi.
La sentenza in commento offre un valido spunto di riflessione circa la lettura dell’articolo 9 della legge Tognoli (legge 122/1989) relativa alla realizzazione di parcheggi interrati. In particolare, il caso descritto attiene all’applicazione della seconda parte del comma 1 che viene considerata riferita ad un secondo ambito di applicazione.
In apertura del comma viene riconosciuta ai proprietari di immobili la possibilità di realizzare parcheggi nel piano terra o nel sottosuolo degli immobili medesimi in funzione dei quali si realizzano tali servizi. Questa porzione del comma ha dunque destinatari specifici: i proprietari. La seconda parte, nella quale si riconosce impersonalmente, senza individuare i beneficiari della facoltà riconosciuta, la possibilità di realizzare tale tipologia di parcheggi anche in aree esterne ai fabbricati in deroga agli strumenti urbanistici vigenti, non si rivolge solo ai proprietari degli immobili.
Secondo il collegio giudicante una corretta lettura dell’articolo comporta l’adesione ad una nozione di pertinenzialità che non sia di tipo civilistico e quindi legata al dato materiale dell’accessorietà e dell’asservimento al fabbricato quanto piuttosto di tipo giuridico.
I magistrati della quarta sezione ritengono che in edilizia la pertinenzialità sia esistente quando un’area risulta priva di autonoma destinazione e di autonomo valore di mercato e esaurisce la propria destinazione d’uso nel rapporto funzionale con l’edificio principale, tanto da non incidere sul carico urbanistico.
Pertanto, se questa è la definizione cui far affidamento, allora è possibile,in relazione all’articolo 9 della legge Tognoli, che l’area esterna non si trovi in rapporto di immediata contiguità materiale con il fabbricato cui i realizzandi parcheggi sono destinati ad accedere, peraltro l’area esterna può essere originariamente di proprietà di soggetto diverso dal proprietario dell’immobile nei cui confronti i p archeggi sono destinati a diventare pertinenziali (commento tratto da www.documentazione.ancitel.it - Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 18.10.2010 n. 7549 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATATrattandosi di un vincolo assoluto (quello cimiteriale) non può essere utile fare riferimento al carattere derogatorio di cui all'art. 9 della L. n. 122/1989, in quanto anche il parcheggio interrato, in quanto struttura servente all'uso abitativo e, comunque, posta nell'ambito della fascia di rispetto cimiteriale, rientra tra le costruzioni edilizie del tutto vietate dalla disposizione di cui al cit. art. 338.
L'articolo 338 del testo unico delle leggi sanitarie di cui al R.D. n. 1265/1934 vieta l'edificazione nelle aree ricadenti in fasce di rispetto cimiteriale dei manufatti che possono qualificarsi come costruzione edilizie, come tali incompatibili con la natura dei luoghi e con l'eventuale espansione del cimitero.
Al riguardo, la giurisprudenza, ormai consolidata, ha affermato che in materia di vincolo cimiteriale la salvaguardia del rispetto dei duecento metri prevista dal citato articolo (o al limite inferiore di cui al d.p.r. numero 285/1990 che ha previsto la possibilità di riduzione della fascia di rispetto da 200 mt. a 100 mt.) “si pone alla stregua di un vincolo assoluto di inedificabilità che non consente in alcun modo l'allocazione sia di edifici, che di opere incompatibili col vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che tale fascia di rispetto intende tutelare e che possono enuclearsi nelle esigenze di natura igienico sanitaria, nella salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati all'inumazione e alla sepoltura, nel mantenimento di un'area di possibile espansione della cinta cimiteriale.
Si consideri ancora che il vincolo di rispetto cimiteriale, riguarda non solo i centri abitati, ma anche i fabbricati sparsi (cfr. TAR Milano, II Sez., 06.10.1993 n. 551).
Infine, che lo stesso vincolo preclude il rilascio della concessione, anche in sanatoria (ai sensi dell'art. 33 L. 28.02.1985 n. 47), senza necessità di compiere valutazioni in ordine alla concreta compatibilità dell'opera con i valori tutelati dal vincolo (cfr. Cons. Stato, sez. V, n. 1871 del 12.11.1999)
” (cfr. C.S. V n. 1935/2007).
Inoltre, trattandosi di un vincolo assoluto, non può essere utile fare riferimento al carattere derogatorio di cui all'art. 9 della L. n. 122/1989, in quanto, anche il parcheggio interrato, in quanto struttura servente all'uso abitativo e, comunque, posta nell'ambito della fascia di rispetto cimiteriale, rientra tra le costruzioni edilizie del tutto vietate dalla disposizione di cui al cit. art. 338 .
La stessa Corte costituzionale, investita della questione di legittimità costituzionale di tale art. 9 (sent. 459/1989), ha interpretato la norma nel senso che il richiamo in essa contenuto al soli vincoli paesaggistici non consente l'indiscriminata utilizzazione del territorio per la realizzazione di parcheggi anche in zone soggette ad altri vincoli imposti dalla legislazione statale e regionale, che devono ritenersi fermi è impregiudicati, atteso che l'efficacia derogatoria di cui al citato art. 9 è prevista solo con riferimento, “agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti” mentre, nella fattispecie, vengono in rilievo ulteriori e diverse finalità specificamente tutelate dal cit. art. 338, posto a fondamento del provvedimento di diniego (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 14.09.2010 n. 6671 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Lombardia, Corso di specializzazione sull'applicazione della L.R. n. 12/2005: 4^ lezione (parte B) - I parcheggi pertinenziali (Geometra Orobico n. 4/2010).

EDILIZIA PRIVATA: Parcheggio interrato - Permesso di costruire Necessità - Vincolo di pertinenzialità - Vincoli gravante sull’area - Contrasto del vincolo - Illegittimità del permesso di costruire - Artt. 10 e 3, 1° c., lett. e), D.P.R. n. 380/2001.
Deve essere assentito mediante permesso di costruire, un parcheggio interrato anche se realizzato con vincolo di pertinenzialità da perfezionare in un momento successivo alla costruzione.
Inoltre, il rilascio del permesso di costruire è subordinato al rispetto della normativa vincolistica gravante sull’area. Sicché, è illegittimo il permesso di costruire, rilasciato in contrasto del vincolo gravante sull’area.
Piano dei parcheggi - Funzione - Localizzazioni e dimensionamenti - Priorità di intervento e tempi di attuazione - Art. 3 L. n. 122/1989.
Il piano dei parcheggi ha una funzione del tutto differente da quella del piano particolareggiato. Il piano particolareggiato, attua le previsioni di massima dello strumento urbanistico generale collocandole nella realtà di una specifica porzione del territorio comunale.
Ed anche il piano dei parcheggi costituisce strumento attuativo del piano generale, ma nel diverso senso del soddisfacimento coordinato di quella necessità pubblica nell’ambito di tutto il territorio comunale. Pertanto, ai sensi dell’art. 3 della legge 24.03.1989, n. 122, il piano dei parcheggi deve tra l'altro indicare le localizzazioni ed i dimensionamenti, le priorità di intervento ed i tempi di attuazione, privilegiando le realizzazioni volte a favorire il decongestionamento dei centri urbani mediante la creazione di parcheggi finalizzati all'interscambio con sistemi di trasporto collettivo e dotati anche di aree attrezzate per veicoli a due ruote, nonché le disposizioni necessarie per la regolamentazione della circolazione e dello stazionamento dei veicoli nelle aree urbane (Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza 21.07.2010 n. 4801 - link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATA: L'edificazione di un parcheggio interrato realizzato con vincolo di pertinenzialità da perfezionare in un momento successivo alla costruzione deve essere assentita mediante permesso di costruire.
E’ bene premettere che l’opera di cui si tratta, contrariamente a quanto sostenuto dal privato appellante, deve essere assentita mediante permesso di costruire.
Si tratta, infatti, di un parcheggio interrato (in realtà l’appellato contesta tale connotazione, ma la questione è irrilevante, per le considerazioni di seguito svolte), realizzato con vincolo di pertinenzialità da perfezionare in un momento successivo alla costruzione.
Trovano quindi applicazione l’art. 3, primo comma lett. e) del D.P.R. 06.06.2001, n. 380, ai sensi del quale costituiscono interventi di nuova costruzione, tra gli altri:
- (e.1) la costruzione di manufatti edilizi fuori terra o interrati, ovvero l'ampliamento di quelli esistenti all'esterno della sagoma esistente, fermo restando, per gli interventi pertinenziali, quanto previsto alla lettera e.6);
- (e.2) gli interventi di urbanizzazione primaria e secondaria realizzati da soggetti diversi dal comune;
- (e.3) la realizzazione di infrastrutture e di impianti, anche per pubblici servizi, che comporti la trasformazione in via permanente di suolo inedificato, in combinato disposto con il successivo art. 10, il quale assoggetta a permesso di costruire tutti gli interventi di nuova costruzione; inoltre, l’art. 6 della legge regionale 2001, n. 19, esenta dal’obbligo di ottenere tale premesso, ammettendo la semplice dichiarazione d’inizio di attività, la sola realizzazione di parcheggi da destinare a pertinenze di unità immobiliari e da realizzare nel sottosuolo del lotto su cui insistono gli edifici, mentre richiede permesso di costruire, sebbene non oneroso, per la realizzazione di parcheggi in aree libere, anche non di pertinenza del lotto dove insistono gli edifici, come nel caso che ora occupa.
La realizzazione del progetto di cui ora si tratta presuppone quindi il rilascio di permesso di costruire; il rilascio di quest’ultimo, di conseguenza non è affatto superfluo, e la realizzazione del manufatto è subordinata al rispetto della normativa prevista per le opere da assentire esplicitamente (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 21.07.2010 n. 4801 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Natura giuridica dei parcheggi pertinenziali e incidenza sul carico urbanistico.
La realizzazione dei parcheggi pertinenziali è possibile, in deroga agli strumenti urbanistici vigenti, solo nel sottosuolo, ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati già esistenti.
Lo ha stabilito il TAR Campania con la cui sentenza si evidenzia come, al contrario, per le nuove costruzioni fuori terra, sebbene destinate a parcheggio, debbano essere rispettate le disposizioni dettate dalla strumentazione urbanistica (TAR Campania-Napoli, Sez. II, sentenza 23.06.2010 n. 15731 - link a www.altalex.com).

EDILIZIA PRIVATALa realizzazione di autorimesse e parcheggi destinati al servizio di fabbricati esistenti è soggetta ad autorizzazione gratuita esclusivamente se effettuata totalmente al di sotto del piano di campagna naturale.
Le autorimesse edificate fuori terra non rientrano nell’ambito di operatività dell’art. 9 l. 24.03.1989 n. 122, sicché sono soggette alla disciplina urbanistica come ordinarie nuove costruzioni.
Il carattere eccezionale della norma contenuta nell’art. 9 della legge 122/1989, in particolare laddove consente interventi gratuiti ed anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi, fa sì che essa debba trovare rigorosa applicazione ai soli casi in essa espressamente previsti. Non si spiegherebbe la deroga anche alla disciplina delle distanze ove i manufatti di cui si discute non fossero interamente interrati né avrebbe giustificazione l’esenzione dagli oneri urbanistici per la realizzazione di volumetrie fuori terra.

Secondo il primo comma dell’art. 9 della legge Tognoli, “I proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti. Tali parcheggi possono essere realizzati, ad uso esclusivo dei residenti, anche nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato, purché non in contrasto con i piani urbani del traffico, tenuto conto dell'uso della superficie sovrastante e compatibilmente con la tutela dei corpi idrici. Restano in ogni caso fermi i vincoli previsti dalla legislazione in materia paesaggistica ed ambientale ed i poteri attribuiti dalla medesima legislazione alle regioni e ai Ministeri dell'ambiente e per i beni culturali ed ambientali.”
Con riferimento a tale disposizione la Suprema Corte di Cassazione ha osservato che la realizzazione di autorimesse e parcheggi destinati al servizio di fabbricati esistenti è soggetta ad autorizzazione gratuita esclusivamente se effettuata totalmente al di sotto del piano di campagna naturale (Cass. Sez. III n. 26825 del 2003).
Aderisce a tale orientamento la più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato, rilevando che le autorimesse edificate fuori terra non rientrano nell’ambito di operatività dell’art. 9 l. 24.03.1989 n. 122, sicché sono soggette alla disciplina urbanistica come ordinarie nuove costruzioni (cfr. CdS Sez. V n.1662 del 2004 e IV 6065/2006).
E’ opinione del Collegio che il carattere eccezionale della norma contenuta nell’art. 9 della legge 122/1989, in particolare laddove consente interventi gratuiti ed anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi, fa sì che essa debba trovare rigorosa applicazione ai soli casi in essa espressamente previsti. Non si spiegherebbe la deroga anche alla disciplina delle distanze ove i manufatti di cui si discute non fossero interamente interrati né avrebbe giustificazione l’esenzione dagli oneri urbanistici per la realizzazione di volumetrie fuori terra (TAR Calabria-Catanzaro, Sez. II, sentenza 09.06.2010 n. 1056 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Nel rilascio del titolo abilitativo a costruire, il comune è tenuto a verificare non soltanto il rispetto della quantità delle aree da asservire a parcheggio privato nella misura proporzionale stabilita dalla legge ma, altresì, la loro concreta idoneità a soddisfare le esigenze basilari dell'ordinata convivenza perseguite dalla disciplina urbanistica.
Se in linea di principio è possibile che siano vincolate a parcheggio anche aree esterne al fabbricato, è comunque necessario che esse siano prossime a questo e comunque poste ad una distanza tale da non vanificare il nesso di funzionalità rispetto all’edificio principale, nesso che –diversamente– resterebbe affidato soltanto ad un adempimento di carattere meramente formale (la stipulazione di un atto di asservimento), totalmente avulso dalle caratteristiche oggettive dei beni.
In vista del rilascio del titolo edilizio, l’amministrazione comunale è tenuta a verificare non soltanto il rispetto della quantità delle aree da asservire a parcheggio privato nella misura proporzionale stabilita dalla legge ma, altresì, la loro concreta idoneità a soddisfare le esigenze basilari dell'ordinata convivenza perseguite dalla disciplina urbanistica.
In proposito, l’art. 41-sexies L. 1150/1942 prescrive che gli spazi a parcheggio siano reperiti “nelle aree di pertinenza” delle nuove costruzioni.
Orbene, è noto che la nozione di pertinenza urbanistica ha peculiarità sue proprie, che la differenziano da quella civilistica, comportando l’esistenza di un nesso di funzionalità rispetto all'edificio principale, apprezzabile su di un piano oggettivo, a prescindere dalla soggettiva destinazione impressa dal proprietario.
Se in linea di principio ciò non impedisce che siano vincolate a parcheggio anche aree esterne al fabbricato, è comunque necessario che esse siano prossime a questo e comunque poste ad una distanza tale da non vanificare il nesso di funzionalità rispetto all’edificio principale, nesso che –diversamente– resterebbe affidato soltanto ad un adempimento di carattere meramente formale (la stipulazione di un atto di asservimento), totalmente avulso dalle caratteristiche oggettive dei beni.
Nel caso di specie, la notevole distanza delle aree vincolate a parcheggio pertinenziale rispetto ai locali oggetto di ristrutturazione le rende concretamente non fruibili in funzione dello scopo sotteso alla norma di legge, che è quello di evitare la sosta di auto sulle strade pubbliche
(TAR Liguria, Sez. I, sentenza 03.06.2010 n. 3943 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: A. Lopez e R. D'Apolito, Il punto sui parcheggi privati. La circolazione dei posti auto realizzati su spazi pubblici (link a www.ambientediritto.it).

EDILIZIA PRIVATAE' legittimo il diniego di un permesso di costruire (per la costruzione di un fabbricato plurifamigliare) laddove gli spazi di parcheggio -ex art. 41-sexies della l. 1150/1942- sono reperiti in quantità inferiore al minimo di legge e, comunque, reperiti in maniera inadeguata circa la forma e l'effettiva usufruibilità.
E questo Tribunale conferma la bontà delle argomentazioni svolte dal Comune a supporto dell'impugnato diniego avendo disposto una verificazione tecnica onde accertare la superficie effettivamente utilizzabile a parcheggio e secondo i seguenti criteri:
► detrazione degli gli spazi di accesso e di manovra;
► detrazione delle porzioni non utilizzabili per forma o per ridotte dimensioni.

Essenziale ai fini di valutare l’”ineluttabilità” del diniego è dunque lo scrutinio del secondo motivo, con cui si censurano i tre motivi che sorreggono il provvedimento impugnato.
Con riferimento al primo e più significativo motivo di diniego, concernente l’inadeguatezza dei posti auto progettati rispetto al carico urbanistico, a fronte della divergenza di posizioni tra le parti (secondo la prospettazione dei ricorrenti, lo spazio destinato a posti auto ammonterebbe a mq. 807,00, di cui mq. 522,00 all’interno del fabbricato, e mq. 285,00 all’esterno dello stesso, mentre, secondo la prospettazione dell’Amministrazione resistente, lo spazio pertinenziale a ciò effettivamente destinato sarebbe di mq. 263,64, prendendo a parametro un fabbisogno minimo, rispetto al complessivo sviluppo volumetrico del fabbricato, di mq. 563,45), il Tribunale ha disposto una verificazione tecnica onde accertare la superficie effettivamente utilizzabile a parcheggio.
Facendo applicazione dei criteri indicati nell’ordinanza per determinare le dimensioni standard di un posto-macchina, la relazione tecnica ha concluso affermando che il totale dei posti macchina ammonta a mq. 237,50, inferiore ai mq. 563,45 occorrenti in aderenza alla normativa di cui all’art. 41-sexies della legge urbanistica fondamentale, nel testo novellato dalla legge 24.03.1989, n. 122, trovando dunque conferma l’assunto motivazionale del diniego, riposante sull’inadeguatezza degli standard minimi di parcheggio.
Parte ricorrente contesta l’elaborato tecnico, ed, ancor prima, i criteri fissati nell’ordinanza del Tribunale. Quest’ultimo, al fine di determinare la superficie effettivamente utilizzabile a parcheggio, ha stabilito che dovessero essere detratti gli spazi di accesso e di manovra, nonché le porzioni non utilizzabili per forma o per ridotte dimensioni. La ricorrente invece assume, nella propria memoria difensiva del 14.01.2010, che, ai fini del rilascio del permesso di costruire, rileva unicamente la destinazione d’uso, e non anche le modalità d’accesso al (e dunque anche la comodità o meno del) singolo posto auto.
Osserva, al riguardo, il Collegio come, a bene considerare, non sia ravvisabile il dedotto contrasto con la circolare dell’allora Ministero dei Lavori Pubblici 28.10.1967, n. 3210 (recante “Istruzioni per l’applicazione della legge 06.08.1967, n. 765”), la quale, a prescindere da ogni considerazione in ordine al suo valore normativo ed alla sua attuale vigenza, indica, all’art. 9, che per «”spazi per parcheggi” debbono intendersi gli spazi necessari tanto alla sosta quanto alla manovra ed all’accesso dei veicoli», in quanto l’ordinanza ha disposto comunque che la verifica dei posti macchina standard realizzabili nell’intera superficie disponibile sia effettuata tenendo conto delle dimensioni e dell’accessibilità.
Né si può obiettare che la relazione tecnica non abbia valutato, in astratto, il numero dei posti auto realizzabili sull’intera superficie disponibile, atteso che la verificazione riguardava lo specifico progetto presentato unitamente all’istanza di titolo edilizio respinta, e non poteva tradursi dunque in un differente elaborato progettuale; ne consegue che va anche disattesa l’istanza di rinnovazione dell’accertamento istruttorio.
Ovviamente, non è precluso ai ricorrenti proporre un nuovo progetto all’Amministrazione connotato da un diverso utilizzo delle zone destinate a parcheggio, e che soddisfi il rapporto pubblicistico di pertinenzialità stabilito fra immobile e posti auto.
La condivisibilità dell’esaminato motivo di diniego del permesso di costruire è sufficiente di per sé a sorreggere il provvedimento, il quale è fondato su di una pluralità di cause giustificatrici, ciascuna delle quali autonoma dalle altre; e ciò esime il Collegio dalla disamina delle ulteriori sub-censure relative agli altri due (secondari) motivi del provvedimento impugnato.
Alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve essere respinto, in quanto infondato
(TAR Umbria, sentenza 08.04.2010 n. 236 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAIl Collegio condivide i rilievi delle parti appellanti, secondo cui il comma 1 dell’art. 9 della l. n. 122/1989 non circoscrive esclusivamente ai proprietari degli immobili interessati la legittimazione a realizzare i parcheggi agli stessi pertinenziali.
Infatti, la disposizione innanzi citata, dopo aver statuito che: “…I proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti” aggiunge che: “…Tali parcheggi possono essere realizzati, ad uso esclusivo dei residenti, anche nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato (…)”.
Orbene, la forma impersonale utilizzata nella seconda proposizione richiamata comporta che i parcheggi collocati in aree esterne ai fabbricati, a differenza di quelli posti nel sottosuolo o al piano terreno degli stessi, non devono essere realizzati necessariamente dai proprietari dell’immobile, ma possono esserlo anche da terzi: evidentemente il legislatore, non potendo escludersi che le “aree pertinenziali esterne” potessero appartenere a soggetti diversi dai proprietari dell’immobile, ha ritenuto di non dover limitare solo a questi ultimi la legittimazione a chiedere il permesso per realizzarvi i parcheggi de quibus.
Inoltre, la locuzione “…Tali parcheggi” indica chiaramente che la seconda proposizione del comma 1 è riferita alla medesima ipotesi disciplinata dalla prima, ossia alla realizzazione di parcheggi “da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti”; di conseguenza, anche la possibilità di derogare ai predetti strumenti deve intendersi estesa agli interventi posti in essere da terzi, oltre che dai proprietari.
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La nozione edilizia di pertinenzialità ha connotati significativamente diversi da quelli civilistici, assumendo in essa rilievo decisivo non tanto il dato del legame materiale tra pertinenza ed immobile principale, quanto il dato giuridico che la prima risulti priva di autonoma destinazione e di autonomo valore di mercato e che esaurisca la propria destinazione d’uso nel rapporto funzionale con l’edificio principale, così da non incidere sul carico urbanistico.
La pertinenzialità che il legislatore ha inteso considerare (con la l. 122/1989) non è tanto quella materiale esistente tra l’edificio e l’area (sottostante, interna o esterna) destinata ad accogliere il parcheggio, ma quella giuridica esistente tra ciascun singolo posto auto da realizzare e una specifica unità immobiliare, nel senso di creare fra di essi un nesso di inscindibilità: ciò che è coerente con la ratio della legge nr. 122 del 1989, che è quella di venire incontro al bisogno di parcheggi dei residenti nelle aree urbane evitando al tempo stesso operazioni speculative.

Una prima questione da affrontare nell’interpretazione del citato art. 9 della legge nr. 122 del 1989 –la cui formulazione non è certo delle più felici– è quella dell’individuazione dei soggetti cui è consentito realizzare i parcheggi interrati in deroga alle disposizioni degli strumenti urbanistici (tali essendo le caratteristiche della vicenda amministrativa per cui è causa).
Sul punto, occorre anzi tutto evidenziare l’estraneità alla vicenda di che trattasi dell’ipotesi contemplata dal comma 4 dello stesso art. 9, il quale faculta i Comuni a realizzare in proprio, su aree comunali o nel sottosuolo delle stesse, dei “parcheggi da destinare a pertinenza di immobili privati” e da cedere in diritto di superficie: nella fattispecie, infatti, il Comune di Siena si è limitato ad assentire la realizzazione di parcheggi interrati da parte della società Pasqui Costruzioni S.r.l. su un suolo in disponibilità della stessa in quanto messole a disposizione da uno dei soggetti poi assegnatari dei box realizzati.
Ciò premesso, il Collegio condivide i rilievi delle parti appellanti, secondo cui il comma 1 dell’art. 9 non circoscrive esclusivamente ai proprietari degli immobili interessati la legittimazione a realizzare i parcheggi agli stessi pertinenziali.
Infatti, la disposizione innanzi citata, dopo aver statuito che: “…I proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti” aggiunge che: “…Tali parcheggi possono essere realizzati, ad uso esclusivo dei residenti, anche nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato (…)”.
Orbene, la forma impersonale utilizzata nella seconda proposizione richiamata comporta che i parcheggi collocati in aree esterne ai fabbricati, a differenza di quelli posti nel sottosuolo o al piano terreno degli stessi, non devono essere realizzati necessariamente dai proprietari dell’immobile, ma possono esserlo anche da terzi: evidentemente il legislatore, non potendo escludersi che le “aree pertinenziali esterne” potessero appartenere a soggetti diversi dai proprietari dell’immobile, ha ritenuto di non dover limitare solo a questi ultimi la legittimazione a chiedere il permesso per realizzarvi i parcheggi de quibus (ciò che, come meglio si dirà appresso, ha rilievo anche ai fini della stessa definizione del concetto di “aree pertinenziali esterne”).
Inoltre, la locuzione “…Tali parcheggi” indica chiaramente che la seconda proposizione del comma 1 è riferita alla medesima ipotesi disciplinata dalla prima, ossia alla realizzazione di parcheggi “da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti”; di conseguenza, anche la possibilità di derogare ai predetti strumenti deve intendersi estesa agli interventi posti in essere da terzi, oltre che dai proprietari.
Più delicata è la seconda questione interpretativa del comma 1 dell’art. 9, in ordine al significato da attribuire alla locuzione “aree pertinenziali esterne al fabbricato”: se cioè essa richiami una nozione di pertinenzialità “materiale”, come tale evocante un rapporto di accessorietà o asservimento tra area esterna e fabbricato necessariamente preesistente all’intervento realizzativo dei parcheggi interrati, ovvero faccia riferimento a una nozione “giuridica”, implicante semplicemente l’instaurazione di uno stabile legame tra parcheggio e unità immobiliare in forza del quale di essi non possa più disporsi separatamente, e quindi suscettibile anche di non preesistere all’intervento e di essere creato solo in un momento successivo alla realizzazione del parcheggio (alla stessa stregua di quanto più chiaramente previsto, per i parcheggi realizzati direttamente dal Comune, al successivo comma 4).
Pur ribadendo che il dato normativo nella specie è tutt’altro che limipido, il Collegio ritiene di dover propendere per la seconda lettura, aderendo alle prospettazioni in tal senso sviluppate dalle parti appellanti.
Al riguardo, giova in primo luogo richiamare il noto insegnamento secondo cui la nozione edilizia di pertinenzialità ha connotati significativamente diversi da quelli civilistici, assumendo in essa rilievo decisivo non tanto il dato del legame materiale tra pertinenza ed immobile principale, quanto il dato giuridico che la prima risulti priva di autonoma destinazione e di autonomo valore di mercato e che esaurisca la propria destinazione d’uso nel rapporto funzionale con l’edificio principale, così da non incidere sul carico urbanistico (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, sez. IV, 15.09.2009, nr. 5509; id., 23.07.2009, nr. 4636; id., 07.07.2009, nr. 3379).
Se ciò è vero, ne discende che non può ritenersi a priori inconfigurabile, nell’applicazione dell’art. 9 della legge nr. 122 del 1989, l’ipotesi in cui l’area esterna non si trovi in rapporto di immediata contiguità materiale con il fabbricato cui i realizzandi parcheggi sono destinati ad accedere: ciò, del resto, è in linea con la conclusione sopra raggiunta nel senso che detta area esterna possa originariamente essere anche di proprietà di soggetto diverso dal proprietario dell’immobile nei cui confronti i parcheggi sono destinati a divenire “pertinenziali” (nel caso di specie, la società Pasqui Costruzioni S.r.l. è stata autorizzata dal proprietario del suolo, il quale ha poi mantenuto la proprietà di due dei box realizzati).
Ma, a ben vedere, v’è un ulteriore e decisivo argomento testuale a sostegno della conclusione qui raggiunta, che è ricavabile dalla prima proposizione del comma 1 del più volte citato art. 9, laddove esso, con riferimento ai parcheggi che i proprietari possono realizzare nel sottosuolo o al pian terreno del fabbricato, li definisce come “parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari”: quasi che anche in questo caso il vincolo di pertinenzialità possa anche non preesistere alla realizzazione del parcheggio, ma sorgere successivamente in virtù di uno specifico atto di destinazione.
Ed invero, come si evince dalla lettura complessiva della norma, la pertinenzialità che il legislatore ha inteso considerare in questo caso non è tanto quella materiale esistente tra l’edificio e l’area (sottostante, interna o esterna) destinata ad accogliere il parcheggio, ma quella giuridica esistente tra ciascun singolo posto auto da realizzare e una specifica unità immobiliare, nel senso di creare fra di essi un nesso di inscindibilità: ciò che è coerente con la ratio della legge nr. 122 del 1989, che è quella di venire incontro al bisogno di parcheggi dei residenti nelle aree urbane evitando al tempo stesso operazioni speculative (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 31.03.2010 n. 1842 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: La deroga agli strumenti urbanistici, ex art. 9 legge 122/1989, è da reputarsi operante solo quando i parcheggi siano realizzati nel sottosuolo ovvero nei locali siti al piano terra dei fabbricati già esistenti, mentre è da escludersi –e, quindi, i parcheggi devono essere realizzati nel rispetto delle disposizioni urbanistiche–, se non vengano a ciò adibiti i locali (preesistenti) siti al piano terra di un fabbricato o se le autorimesse non vengano allocate nel sottosuolo dei fabbricati.
La legge 122/1989 è applicabile alla costruzione di spazi-parcheggio nelle sole aree urbane, mentre la realizzazione di parcheggi in aree extraurbane resta assoggettata alle ordinarie prescrizioni urbanistiche ed edilizie e necessita di concessione edilizia (o permesso di costruire).

Ai sensi dell'art. 9, comma 1, della l. n. 122/1989, “i proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti … tali parcheggi possono essere realizzati, ad uso esclusivo dei residenti, anche nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato, purché non in contrasto con i piani urbani del traffico, tenuto conto dell'uso della superficie sovrastante e compatibilmente con la tutela dei corpi idrici”.
Sia in base all’art. 9, comma 1, della l. n. 122/1989 sia in base all’art. 6, comma 2, l. r. Campania n. 19/2001, ma nei limiti da essi dettati, i parcheggi pertinenziali possono, dunque, realizzarsi anche in deroga agli strumenti urbanistici vigenti.
Con riferimento all’art. 9, comma 1, della l. n. 122/1989, la giurisprudenza ha chiarito che la sfera applicativa delle agevolazioni da esso contemplate, in considerazione delle finalità della legge e in relazione al suo carattere eccezionale, non può estendersi al di fuori delle ipotesi normativamente previste (Cons. Stato, sez. V, 29.03.2006, n. 1608).
Ha, conseguentemente, statuito che la costruzione di autorimesse e parcheggi, se non effettuata in locali preesistenti o totalmente al di sotto del piano di campagna naturale, rimane assoggettata al regime urbanistico delle nuove costruzioni fuori terra (Cons. Stato, sez. V, 29.03.2004, n. 1662; 29.03.2006 n. 1608; sez. IV, 11.11.2006, n. 6065; 26.09.2008 n. 4645; TAR Lazio, Roma, sez. I, 16.04.2008, n. 3259).
La deroga agli strumenti urbanistici è, pertanto, da reputarsi operante, solo quando i parcheggi siano realizzati nel sottosuolo ovvero nei locali siti al piano terra dei fabbricati già esistenti, mentre è da escludersi –e, quindi, i parcheggi devono essere realizzati nel rispetto delle disposizioni urbanistiche–, se non vengano a ciò adibiti i locali (preesistenti) siti al piano terra di un fabbricato o se le autorimesse non vengano allocate nel sottosuolo dei fabbricati.
Nel ribadire che la possibilità di edificare parcheggi pertinenziali in virtù della deroga alle vigenti prescrizioni urbanistiche, consentita dall’art. 9, comma 1, della l. n. 122/1989, costituisce una disposizione di carattere eccezionale da interpretarsi in senso strettamente letterale, in considerazione delle finalità di una legge volta a favorire la diminuzione del traffico veicolare all’interno dei centri abitati, la giurisprudenza prevalente ha, poi, anche affermato che la citata norma legislativa statale è applicabile alla costruzione di spazi-parcheggio nelle sole aree urbane, mentre la realizzazione di parcheggi in aree extraurbane resta assoggettata alle ordinarie prescrizioni urbanistiche ed edilizie e necessita di concessione edilizia (o permesso di costruire) (cfr. Cons. Stato, sez. V, 11.11.2004, n. 7324 e n. 7325; TAR Sicilia, Catania, sez. I, 03.10.2005, n. 1531; TAR Veneto, Venezia, sez. II, 02.05.2007, n. 1331; TAR Toscana, Firenze, sez. III, 29.05.2007, n. 817; TAR Lazio, Roma, sez. I, 16.04.2008, n. 3259) (TAR Campania-Napoli, Sez. VIII, sentenza 11.03.2010 n. 1383 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Se l’intervento di ristrutturazione edilizia conduce alla realizzazione di un edificio da considerare come nuova costruzione rispetto a quella preesistente, si applica l’art. 41-sexies della legge n. 1150 del 1042 sulla necessità degli spazi da destinare a parcheggio.
Questo Consiglio di Stato ha avuto modo di rilevare che “Se l’intervento di ristrutturazione edilizia conduce alla realizzazione di un edificio da considerare come nuova costruzione rispetto a quella preesistente, si applica l’art. 41-sexies della legge n. 1150 del 1042 sulla necessità degli spazi da destinare a parcheggio" (Cons. Stato, Sezione V, 22.06.1998 n. 921)
(Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 08.03.2010 n. 1339 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2009

EDILIZIA PRIVATA: Ai sensi delle LL. n. 10 del 1977 e n. 122 del 1989, in sede di rilascio della concessione edilizia, non sono assoggettabili al contributo commisurato al costo di costruzione e agli oneri di urbanizzazione i parcheggi c.d. obbligatori fissati dall'art. 41-sexies della L. n. 1150 del 1942.
Infatti, la L. 24.03.1989 n. 122 (c.d. “legge Tognoli”), recante disposizioni in materia di parcheggi, dispone (art. 11, comma 1) che le opere e gli interventi da essa previsti “costituiscono opere di urbanizzazione anche ai sensi dell'art. 9, comma 1, lett. f), della l. 28.01.1977 n. 10”, e dunque non sono soggetti a contributo concessorio.
Pertanto gli atti di accertamento devono essere ritenuti illegittimi, nella parte in cui assoggettano al pagamento degli oneri di urbanizzazione i parcheggi privati realizzati dalla ricorrente, con la precisazione che il regime di gratuità riguarda soltanto i parcheggi di pertinenza delle nuove costruzioni nei limiti della dotazione obbligatoria, che fanno corpo con le stesse o che vengono realizzati in aree pertinenziali.

Osserva il Collegio che ai sensi delle LL. n. 10 del 1977 e n. 122 del 1989, in sede di rilascio della concessione edilizia, non sono assoggettabili al contributo commisurato al costo di costruzione e agli oneri di urbanizzazione i parcheggi c.d. obbligatori fissati dall'art. 41-sexies della L. n. 1150 del 1942.
Infatti, la L. 24.03.1989 n. 122 (c.d. “legge Tognoli”), recante disposizioni in materia di parcheggi, dispone (art. 11, comma 1) che le opere e gli interventi da essa previsti “costituiscono opere di urbanizzazione anche ai sensi dell'art. 9, comma 1, lett. f), della l. 28.01.1977 n. 10”, e dunque non sono soggetti a contributo concessorio (Cons. St., Sez. V, 14.10.1992, n. 987; TAR Lombardia, Milano, Sez. II, 17.04.2007, n. 1779).
Pertanto gli atti di accertamento devono essere ritenuti illegittimi, nella parte in cui assoggettano al pagamento degli oneri di urbanizzazione i parcheggi privati realizzati dalla ricorrente, con la precisazione che il regime di gratuità riguarda soltanto i parcheggi di pertinenza delle nuove costruzioni nei limiti della dotazione obbligatoria, che fanno corpo con le stesse o che vengono realizzati in aree pertinenziali.
Per quanto riguarda invece la c.d. “strada interrata”, va rilevato che trattasi di accesso privato, interrato e ad esclusivo uso dei condomini, con conseguenza della rilevanza del relativo volume ai fini del calcolo degli oneri di urbanizzazione, onde gli atti di accertamento impugnati devono essere ritenuti “in parte qua” legittimi
(TAR Marche, sentenza 28.12.2009 n. 1475  - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA:  Ai fini della qualificazione del parcheggio come opera pubblica non osta la circostanza che il medesimo sia stato realizzato e sia temporaneamente gestito da un soggetto privato.
L’eccezione di difetto di giurisdizione, avanzata dal Comune resistente, pertanto, si è rivelata dirimente ai fini della soluzione della controversia.
Il Tribunale amministrativo di Firenze, in merito, rivela di aderire, infatti, al più risalente, ma più convincente indirizzo giurisprudenziale che afferma, in vicende come quella in esame, la natura pubblica dell’opera realizzata (parcheggio).
Ed invero, si è sottolineato che, ai fini della qualificazione del parcheggio come opera pubblica, pur antecedentemente alla l. n. 122/1989, non osta la circostanza che il medesimo sia stato realizzato e sia temporaneamente gestito da un soggetto privato, né il fatto che esso insista sul suolo comunale concesso in diritto di superficie con facoltà di cessione: infatti, da un lato il requisito della proprietà dell’opera in capo ad un soggetto pubblico non è affatto elemento indefettibile del concetto di opera pubblica, conoscendo il nostro ordinamento esempi di lavori pubblici attinenti ad opere, che sono e rimangono di proprietà di privati (dalla manutenzione di immobili di interesse storico agli interventi di risanamento ex l. n. 2892/1885); dall’altro, di regola è pubblica anche l’opera in futuro destinata a passare in proprietà di un soggetto pubblico, com’è destinato a verificarsi alla scadenza del diritto di superficie.
Il Comune, nella vicenda in commento, aveva affidato in concessione a una società l’intervento di progettazione, realizzazione e gestione di un parcheggio nel sottosuolo di una piazza, da concedere in diritto di superficie, secondo quanto previsto dal Piano Urbano dei Parcheggi, nell’ambito di una serie di analoghi affidamenti per complessivi tredici interventi da eseguire nel centro cittadino.
La convenzione stipulata a tal proposito prevedeva, tra l’altro, che i lavori di costruzione del parcheggio dovessero iniziare entro un anno dalla costituzione del diritto di superficie e comunque non oltre un anno dalla notifica del rilascio della concessione edilizia e dovessero essere ultimati entro i termini di progetto. Il mancato rispetto dei termini di inizio, esecuzione ed ultimazione dei lavori di costruzione del parcheggio avrebbe comportato la risoluzione di diritto della convenzione e la revoca della concessione.
Dopo l’approvazione del progetto, la costituzione del diritto di superficie ed il rilascio della concessione edilizia, i lavori iniziavano nel febbraio del 2000. In breve tempo, però, insorgevano inconvenienti, che causavano interruzioni e ritardi nei lavori: ciò determinava l’avvio di un lungo contenzioso con il Comune, che sfociava nella revoca della concessione e risoluzione della convenzione accessiva, disposta dalla Giunta Comunale (commento tratto da
www.documentazione.ancitel.it - TAR Toscana, Sez. II, sentenza 18.11.2009 n. 1708 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Parcheggi - art. 69 l.r. 12/2005 - equiparazione opere di urbanizzazione - titolo edilizio gratuito- sufficienza.
Per l'art. 69 LR 12/2005 i parcheggi, pertinenziali e non pertinenziali, realizzati anche in eccedenza rispetto alla quota minima richiesta per legge, sono equiparati alle opere di urbanizzazione e pertanto sono realizzabili mediante un titolo edilizio gratuito e non concorrono alla definizione della classe dell'edificio ai fini del calcolo del costo di costruzione.
Ciò in quanto l'utilità pubblica dei parcheggi è stata messa in relazione direttamente con gli interessi della viabilità senza la mediazione di uno specifico edificio (con abbandono del requisito della pertinenzialità) e senza la predeterminazione di limiti quantitativi (con superamento della misura minima ex lege) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 29.09.2009 n. 1709 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Lombardia, la 1^ pronuncia (chiara ed incontrovertibile) del TAR sulla gratuita dei box dopo la L.R. n. 12/2005: ora non ci sono più dubbi, i box sono sempre e comunque gratuiti.
Sussiste il regime della gratuità per tutti i parcheggi, indipendentemente dal collegamento con un edificio e senza tenere conto della distinzione tra parcheggi obbligatori e facoltativi.
L’art. 69 della LR 12/2005 segna il superamento delle incertezze del regime anteriore, nell’ambito del quale la giurisprudenza aveva assunto per gradi posizioni sempre più favorevoli alla gratuità dei parcheggi senza tuttavia arrivare al riconoscimento degli stessi come autonomo bene giuridico tutelato in quanto tale dall’ordinamento (v. TAR Brescia 03.05.2006 n. 449; TAR Brescia 26.09.2007 n. 898).
Inizialmente la gratuità è stata infatti intesa come incentivo a introdurre volontariamente la dotazione minima di parcheggi pertinenziali negli edifici esistenti (quindi nelle nuove costruzioni sono stati considerati onerosi anche i parcheggi obbligatori ex art. 41-sexies della legge 17.08.1942 n. 1150). In seguito la gratuità è stata collegata alla funzione pubblica della dotazione minima di parcheggi pertinenziali, tanto negli edifici esistenti quanto nelle nuove costruzioni (quindi sono stati considerati onerosi solo i parcheggi eccedenti la misura minima, a causa della loro natura speculativa).
Con l’art. 69 della LR 12/2005 l’equiparazione dei parcheggi alle opere di urbanizzazione ha raggiunto la sua formulazione più coerente, in quanto l’utilità pubblica dei parcheggi è stata messa in relazione direttamente con gli interessi della viabilità senza la mediazione di uno specifico edificio (di qui l’abbandono del requisito della pertinenzialità) e senza la predeterminazione di limiti quantitativi (di qui il superamento della misura minima ex lege). Tenuto conto della nuova impostazione fatta propria dal legislatore regionale non può essere seguita l’opzione interpretativa del Comune, che tende a riprodurre schemi appartenenti al precedente assetto normativo.
A conferma si osserva che l’esistenza di un vincolo di pertinenzialità è ora richiesta soltanto per beneficiare della deroga agli strumenti urbanistici ex art. 66 della LR 12/2005 e, quindi, si colloca su un piano del tutto diverso rispetto a quello della gratuità del titolo edilizio (v. TAR Brescia 15.04.2009 n. 858) (TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 29.09.2009 n. 1709 - link a
www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Stante la divergenza di posizioni in ordine ad un elemento fattuale, quale è quello della dimensione della effettiva superficie destinata a parcheggio (ex art. 41-sexies legge 17.08.1942, n. 1150 e s.m.i.), occorre, ai fini del decidere, integrare l’istruttoria, disponendo una verificazione in contraddittorio tra le parti, al fine di accertare quale sia la superficie effettivamente utilizzabile come parcheggio, detratti gli spazi di accesso e manovra e detratte le porzioni che non sono utilizzabili, per forma o per le ridotte dimensioni, ovvero perché eccedenti un posto macchina standard ma insufficienti per realizzarne un altro, ovvero infine per il difficile accesso.
A tali fini si dovrà procedere nel seguente modo:
- si dovranno innanzi tutto stabilire le dimensioni convenzionali standard di un posto-macchina;
- si dovrà quindi verificare quanti posti macchina standard possano essere realizzati nell’intera superficie disponibile, tenuto conto delle dimensioni e dell’accessibilità;
- la superficie complessiva dei posti macchina standard così individuati costituirà la superficie destinata a parcheggio, ai fini di cui si discute.

- CONSIDERATO che oggetto del presente ricorso è il diniego del permesso di costruire (per la realizzazione, previa demolizione del preesistente fabbricato, di un edificio residenziale) di cui al provvedimento prot. n. 0028102 in data 20.10.2008 adottato dal Comune di Magione sull’istanza presentata dai ricorrenti, in qualità di comproprietari di un fabbricato ubicato in via del Pozzino, e catastalmente identificato al foglio 28, mapp. 514;
- Considerato che il primo motivo di diniego consiste nell’affermata inadeguatezza dei «posti auto rispetto al carico urbanistico (16 appartamenti) dell’edificio in progetto, in quanto risultano disponibili n. 5 posti auto interni e n. 11 posti auto esterni»;
- Considerato, a questo riguardo, che, ad avviso dei ricorrenti, è pienamente rispettata dal progetto la prescrizione dell’art. 41-sexies della legge urbanistica fondamentale (legge 17.08.1942, n. 1150 e s.m.i.), a mente della quale «nelle nuove costruzioni … debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni 10 metri cubi di costruzione», in quanto il fabbisogno di aree a standard, in relazione al complessivo sviluppo volumetrico del fabbricato, sarebbe pari a mq. 563,45 (mc. 5643,50 diviso 10), mentre nel caso di specie ammonta a mq. 807,00, localizzati per mq. 522,00 all’interno del fabbricato, e per mq. 285,00 all’esterno dello stesso;
- Considerato che, al contrario, secondo la prospettazione dell’Amministrazione resistente, lo spazio effettivamente destinato a posti auto sarebbe di mq. 263,64 (5 posti auto interni ed 11 esterni), a fronte del fabbisogno minimo di mq. 563,45, risultato cui si perviene scomputando le porzioni di superficie, pur nominalmente destinate a parcheggio, non fruibili a causa delle scelte progettuali, ed, in definitiva, a causa della struttura del fabbricato;
- Ritenuto dunque che oggetto del contendere è la contestazione di uno spazio auto inadeguato per mq. 299,81, rispetto alle esigenze edilizie ed urbanistiche dell’insediamento, con conseguente asserita non soddisfazione del rapporto (pubblicistico) di pertinenzialità stabilito dalla legge fra immobili e posti auto;
- Ritenuto che, stante tale divergenza di posizioni in ordine ad un elemento fattuale, quale è quello della dimensione della effettiva superficie destinata a parcheggio, occorre, ai fini del decidere, integrare l’istruttoria, disponendo una verificazione in contraddittorio tra le parti, al fine di accertare quale sia la superficie effettivamente utilizzabile come parcheggio, detratti gli spazi di accesso e manovra e detratte le porzioni che non sono utilizzabili, per forma o per le ridotte dimensioni, ovvero perché eccedenti un posto macchina standard ma insufficienti per realizzarne un altro, ovvero infine per il difficile accesso;
- Ritenuto che a tali fini si dovrà procedere nel seguente modo: si dovranno innanzi tutto stabilire le dimensioni convenzionali standard di un posto-macchina; si dovrà quindi verificare quanti posti macchina standard possano essere realizzati nell’intera superficie disponibile, tenuto conto delle dimensioni e dell’accessibilità; la superficie complessiva dei posti macchina standard così individuati costituirà la superficie destinata a parcheggio, ai fini di cui si discute (TAR Umbria, ordinanza 20.08.2009 n. 24 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Realizzazione parcheggi interrati e seminterrati
Ai sensi dell’art. 9 della legge 24.03.1989, n. 122, la realizzazione di autorimesse o parcheggi destinati a pertinenza di fabbricati esistenti è soggetta ad autorizzazione gratuita soltanto se è realizzata nel sottosuolo o nei locali del piano terreno del fabbricato stesso.
Per effetto della modifica apportata a tale disposizione dall’art. 17, comma 90, della legge 15.05.1997, n. 127, poi, il regime dell’autorizzazione è stato esteso ai parcheggi realizzati, ad uso esclusivo dei residenti, anche nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato.
In ogni caso è però necessario che i parcheggi siano realizzati nei siti suddetti, ossia nel sottosuolo o nei locali del piano terreno del fabbricato di cui costituiscono pertinenza o nel sottosuolo di aree esterne al fabbricato ma sempre pertinenziali allo stesso.
Qualora invece vengano costruiti in aree diverse o all’esterno o in superficie non è più sufficiente la suddetta procedura semplificata, ma è necessario il preventivo rilascio del permesso di costruire, in ragione del loro impatto sull’assetto urbanistico e sull’utilizzazione del territorio (fattispecie relativa a sequestro probatorio di cantiere per la realizzazione di box interrati e seminterrati) (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 25.06.2009 n. 26327 - link a www.lexambiente.it).
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Nel caso di specie ritiene il Collegio che il tribunale del riesame abbia fatto corretta applicazione dei principi di diritto in materia costantemente affermati da questa Corte, secondo i quali
ai sensi della L. 24.03.1989, n. 122, art. 9, la realizzazione di autorimesse o parcheggi destinati a pertinenza di fabbricati esistenti è soggetta ad autorizzazione gratuita soltanto se è realizzata nel sottosuolo o nei locali del piano terreno del fabbricato stesso. Per effetto della modifica apportata a tale disposizione dalla L. 15.05.1997, n. 127, art. 17, comma 90, poi, il regime dell'autorizzazione è stato esteso ai parcheggi realizzati, ad uso esclusivo dei residenti, anche nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato. In ogni caso è però necessario che i parcheggi siano realizzati nei siti suddetti, ossia nel sottosuolo o nei locali del piano terreno del fabbricato di cui costituiscono pertinenza o nel sottosuolo di aree esterne al fabbricato ma sempre pertinenziali allo stesso. Qualora invece vengano costruiti in aree diverse o all'esterno o in superficie non è più sufficiente la suddetta procedura semplificata, ma è necessario il preventivo rilascio del permesso di costruire, in ragione del loro impatto sull'assetto urbanistico e sull'utilizzazione del territorio (Sez. 3^, 24.09.2001, n. 37013, Tripodoro, m. 220349; Sez. 3^, 24.10.2006, n. 38841, Di Iorio, m. 235357; Sez. 3^, 15.01.2008, n. 8693, Navarra, m. 239064).
Nel caso di specie, inoltre, come rilevato dal tribunale del riesame, per effetto della Delib. Comunale 08.08.1997, n. 165, il vincolo di pertinenzialità poteva essere esteso agli edifici situati in una distanza fino a 1.000 metri dal terreno nel cui sottosuolo era realizzato il parcheggio, alla condizione che si trattasse di parcheggi interrati al di sotto di aree non edificate.
Il tribunale del riesame ha appunto ritenuto che nella specie sussisteva il fumus che l'esecuzione delle opere e degli interventi non fosse avvenuta nel rispetto di tutte le condizioni previste dalla normativa speciale, e che quindi non fosse consentita la procedura semplificata ma occorresse il permesso di costruire. E' vero che la motivazione dell'ordinanza impugnata potrebbe su qualche punto dare adito ad incertezze e perplessità, qualora, come sostiene il ricorrente, avesse affermato la tesi che il vincolo di pertinenzialità con i singoli edifici ed appartamenti dovrebbe sussistere già al momento del progetto e non potrebbe invece venire ad esistenza successivamente, dopo l'ultimazione dei lavori, al momento della stipula degli atti pubblici di trasferimento in favore di proprietari di immobili dotati dei requisiti previsti. Ed invero è quest'ultimo il momento entro il quale deve essere individuato in maniera specifica il vincolo tra singolo parcheggio e specifico appartamento, mentre al momento della presentazione della DIA devono essere individuati o comunque individuabili solo i fabbricati in favore dei quali potranno successivamente essere costituiti i singoli vincoli con l'atto d'obbligo del costruttore a vendere i parcheggi interrati esclusivamente ai proprietari di appartamenti e locali siti in detti fabbricati e che abbiano i requisiti previsti, nonché di costituire il vincolo tra singoli parcheggi e singoli appartamenti prima della loro utilizzazione o comunque in sede di trasferimento della proprietà.
Tuttavia l'ordinanza impugnata, se correttamente interpretata, non ha affatto affermato che sin dal momento della presentazione della DIA debba essere individuato il vincolo di pertinenzialità tra singolo parcheggio e singolo appartamento, ma ha invece esattamente affermato che in tale momento deve essere quanto meno "preventivamente indicato o identificabile il fabbricato servito (pag. 2). In ogni modo, quand'anche effettivamente vi fossero le incertezze e perplessità sul punto lamentate dal ricorrente, le stesse potrebbero dar luogo, tutt'al più, ad una illogicità di motivazione e non ad una violazione di legge o ad una mancanza o ad una mera apparenza della motivazione stessa. Tanto più che l'ordinanza impugnata, per affermare la sussistenza del fumus della mancanza del vincolo di pertinenza e comunque degli altri requisiti richiesti dalla normativa speciale, si è basata anche su altre argomentazioni, ed in particolare sulla circostanza che la realizzazione dei box non risultava funzionale ed a servizio dei fabbricati o delle strutture sovrastanti e preesistenti né di fabbricati sorgenti su aree prossime, bensì di fabbricati diversi, indistinti e non individuabili dall'inizio, nonché sull'accertamento in fatto (non sindacabile in questa sede) che i box erano pubblicizzati e messi in vendita come liberamente vendibili sul mercato immobiliare a favore di indistinti acquirenti.
Del resto, l'ordinanza impugnata ha anche messo in evidenza che la citata delibera comunale si riferisce alla realizzazione di parcheggi interrati al di sotto di aree non edificate, condizione questa che non si verifica nella specie.
Inoltre, secondo la giurisprudenza di questa Corte,
la realizzazione di autorimesse e parcheggi destinati al servizio di fabbricati esistenti è soggetta ad autorizzazione gratuita esclusivamente se effettuata totalmente al di sotto del piano di campagna naturale (Sez. 3^, 09.05.2003, n. 26825, Grandazzo, m. 225391; 3^, 24.09.2001, Tripodoro, cit.; Sez. 3^, 24.10.2006, Di Iorio, cit.). Nel caso in esame, invece, il tribunale del riesame ha accertato che non sussiste questa condizione perché le autorimesse risultano non completamente interrate ma seminterrate (peraltro in un'area vincolata a parco).

EDILIZIA PRIVATA: Legge Tognoli.
La presenza di opere sul piano di campagna, e perciò in superficie, vale ad escludere in radice la possibilità di applicazione della legge 122/1989 (c.d. legge Tognoli) (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 08.06.2009 n. 23730 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATA: Ai sensi e per gli effetti stabiliti dalla legge n. 122 del 1989 (cd. legge Tognoli) è consentita la realizzazione di parcheggi pertinenziali interrati o nei locali siti al piano terra dei fabbricati anche in deroga agli strumenti urbanistici.
La giurisprudenza amministrativa ha chiarito che l'applicabilità delle suddette agevolazioni, in considerazione delle finalità della legge ed in relazione al suo carattere eccezionale, non può estendersi ad altre ipotesi non contemplate nella indicata normativa.
Si è in conseguenza affermato che la realizzazione di autorimesse e parcheggi, se non effettuata in locali preesistenti o totalmente al di sotto del piano di campagna naturale, è soggetta alla disciplina urbanistica che regola le nuove costruzioni fuori terra.
La deroga agli strumenti urbanistici è pertanto consentita solo quando i parcheggi sono realizzati nel sottosuolo ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati già esistenti mentre la deroga non è possibile (e quindi i parcheggi devono essere realizzati nel rispetto delle disposizioni urbanistiche) se non vengono a ciò adibiti i locali (preesistenti) siti al piano terra di un fabbricato o se gli stessi non vengano allocati nel sottosuolo dei fabbricati.
Del resto per gli edifici di nuova costruzione provvede il precedente art. 2, comma 2 della stessa legge n. 122 del 1989, che –nel sostituire l’art. 41-sexies della L.U. n. 1150 del 1942– ha stabilito l'obbligo di riservare appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore a 1 mq. per ogni 10 mc. di costruzione.
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Nel ribadire che la possibilità di realizzare parcheggi da destinare a pertinenze delle singole unità immobiliari anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti, consentita dall’art. 9 della legge n. 122 del 1989, costituisce una disposizione di carattere eccezionale da interpretarsi nel suo significato strettamente letterale, in considerazione delle finalità di una legge volta a favorire la diminuzione del traffico veicolare all’interno dei centri abitati, la prevalente giurisprudenza amministrativa ha poi anche affermato che le indicate disposizioni sono applicabili alla costruzione di spazi parcheggio nelle sole aree urbane, mentre la realizzazione di parcheggi in aree extraurbane, e in particolare nelle zone agricole, resta soggetta alle ordinarie prescrizioni urbanistiche ed edilizie e necessita della normale concessione edilizia ed oggi del permesso di costruire.

12.- Sostiene peraltro il signor A. che la sua istanza non poteva essere respinta perché presentata ai sensi e per gli effetti stabiliti dalla legge n. 122 del 1989 (cd. legge Tognoli) che consente la realizzazione di parcheggi pertinenziali interrati o nei locali siti al piano terra dei fabbricati anche in deroga agli strumenti urbanistici.
Stabilisce, al riguardo, l'art. 9 della legge n. 122 del 1989 che "i proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti". La norma continua disponendo che tali parcheggi possono essere realizzati, ad uso esclusivo dei residenti, anche nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato purché non in contrasto con i piani urbani del traffico, tenuto conto dell'uso della superficie sovrastante e compatibilmente con la tutela delle risorse idriche.
Anche l’articolo 6 della legge della Regione Campania n. 19 del 28.11.2001, modificato con l’art. 49 della legge regionale 22.12.2004, n. 16 ed integrato dall'art. 41, della legga regionale 30.01.2008, n. 1, detta specifiche disposizioni per la realizzazione di parcheggi pertinenziali, prevedendo (al primo comma) che la realizzazione di parcheggi, da destinare a pertinenze di unità immobiliare e da realizzare nel sottosuolo del lotto su cui insistono gli edifici, se conformi agli strumenti urbanistici vigenti, è soggetta a semplice denuncia di inizio attività, e (al secondo comma) che la realizzazione di parcheggi in aree libere, anche non di pertinenza del lotto dove insistono gli edifici, ovvero nel sottosuolo di fabbricati o al pianterreno di essi, è soggetta a permesso di costruire non oneroso, anche in deroga agli strumenti urbanistici vigenti.
13.- Ai sensi delle indicate disposizioni, ma nei limiti dettati dalle stesse, i parcheggi pertinenziali possono essere quindi effettivamente realizzati anche in deroga agli strumenti urbanistici.
La giurisprudenza amministrativa ha quindi chiarito che l'applicabilità delle suddette agevolazioni, in considerazione delle finalità della legge ed in relazione al suo carattere eccezionale, non può estendersi ad altre ipotesi non contemplate nella indicata normativa (Consiglio Stato, Sez. V, 29.03.2006, n. 1608).
14.- Si è in conseguenza affermato che la realizzazione di autorimesse e parcheggi, se non effettuata in locali preesistenti o totalmente al di sotto del piano di campagna naturale, è soggetta alla disciplina urbanistica che regola le nuove costruzioni fuori terra (Consiglio Stato sez. IV, 26.09.2008 n. 4645; 11.11.2006, n. 6065; Consiglio Stato Sez. V, 29.03.2006 n. 1608; 29.03.2004, n. 1662; TAR Lazio, sede di Roma, Sezione I, n. 3259 del 16.04.2008).
La deroga agli strumenti urbanistici è pertanto consentita solo quando i parcheggi sono realizzati nel sottosuolo ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati già esistenti mentre la deroga non è possibile (e quindi i parcheggi devono essere realizzati nel rispetto delle disposizioni urbanistiche) se non vengono a ciò adibiti i locali (preesistenti) siti al piano terra di un fabbricato o se gli stessi non vengano allocati nel sottosuolo dei fabbricati.
Del resto per gli edifici di nuova costruzione provvede il precedente art. 2, comma 2 della stessa legge n. 122 del 1989, che –nel sostituire l’art. 41-sexies della L.U. n. 1150 del 1942– ha stabilito l'obbligo di riservare appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore a 1 mq. per ogni 10 mc. di costruzione (Consiglio di Stato, sez. V, n. 5676 del 24.10.2000).
15.- Nel ribadire che la possibilità di realizzare parcheggi da destinare a pertinenze delle singole unità immobiliari anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti, consentita dall’art. 9 della legge n. 122 del 1989, costituisce una disposizione di carattere eccezionale da interpretarsi nel suo significato strettamente letterale, in considerazione delle finalità di una legge volta a favorire la diminuzione del traffico veicolare all’interno dei centri abitati, la prevalente giurisprudenza amministrativa ha poi anche affermato che le indicate disposizioni sono applicabili alla costruzione di spazi parcheggio nelle sole aree urbane, mentre la realizzazione di parcheggi in aree extraurbane, e in particolare nelle zone agricole, resta soggetta alle ordinarie prescrizioni urbanistiche ed edilizie e necessita della normale concessione edilizia ed oggi del permesso di costruire (Consiglio Stato, sez. V, 11.11.2004, n. 7324 e n. 7325; TAR Lazio, sede di Roma, Sezione I, n. 3259 del 16.04.2008 cit.; TAR Veneto, Sez. II, n. 1331 del 02.05.2007; TAR Toscana, Sez. III, n. 817 del 29.05.2007, TAR Sicilia Catania, Sez. I, n. 1531 del 03.10.2005) (TAR Campania-Napoli, Sez. II, sentenza 08.06.2009 n. 3134 -
link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATALa gratuità dell'autorizzazione prevista dall'art. 9, l. 24.03.1989 n. 122 per la realizzazione di parcheggi non riguarda solo opere aggiuntive ad edifici già esistenti, ma anche quelle afferenti ad edifici di nuova realizzazione, ma a condizione che si tratti di opere pertinenziali ad essi.
Rispetto alla questione del calcolo delle aree a parcheggio, sostiene parte ricorrente la necessità di escludere dalla base di calcolo del contributo concessorio le superficie adibite a parcheggio pertinenziale a servizio dell’edificio, in applicazione all’art. 9 L. 122/1989. Il Comune, da parte sua, ha sostenuto l’inapplicabilità dell’art. 9 sopra citato, in quanto “i parcheggi sono stati realizzati per soddisfare il fabbisogno di parcheggio generato dal nuovo insediamento e quindi non possono essere considerati opere di urbanizzazione”. Il Comune segue l’orientamento secondo cui il regime derogatorio che implica la gratuità del parcheggio, non sarebbe applicabile alle nuove costruzioni, richiamando la decisione del Cons. di Stato n. 5676 del 24.10.2000 sez. V, che esclude l’applicazione della gratuità per le concessioni edilizie rilasciate per realizzare edifici nuovi, per i quali deve trovare applicazione la disciplina dell’art. 2 comma 2.
La tesi del Comune non può essere condivisa.
La materia dei parcheggi è stata come noto disciplinata in modo organico dalla L. 122/1989: per quanto attiene il presente ricorso si deve ricordare che con l’art. 2 comma 2, è stata modificato il rapporto dei parcheggi obbligatori, c.d. di standard, sostituendo l'art. 41-sexies della legge 17.08.1942, n. 1150, e stabilendo che “Nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse, debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni dieci metri cubi di costruzione".
L’art. 9 ha invece introdotto il regime di favore di gratuità per i parcheggi pertinenziali alle singole unità immobiliari, nel caso di edifici esistenti e per i parcheggi pertinenziali, stabilendo che “I proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti.” Il secondo comma stabilisce poi che “l'esecuzione delle opere e degli interventi previsti dal comma 1 è soggetta ad autorizzazione gratuita”.
Secondo la più recente interpretazione “la gratuità dell'autorizzazione prevista dall'art. 9, l. 24.03.1989 n. 122 per la realizzazione di parcheggi non riguarda solo opere aggiuntive ad edifici già esistenti, ma anche quelle afferenti ad edifici di nuova realizzazione, ma a condizione che si tratti di opere pertinenziali ad essi” (Cons. Stato sez. V 24.07.2007 n. 4139). La formula letterale della disposizione non opera infatti alcuna limitazione, in quanto la finalità di assicurare la realizzazione di adeguati parcheggi è presente sia quando si tratta di aggiungere idonei spazi per edifici esistenti, sia quando si tratta di realizzare nuovi edifici.
La materia è stata disciplinata anche dal legislatore regionale, in particolare agli artt. 1 e 2 della LR 22/1999 e all’art. 69, comma 1, LR 12/2005.
Prima dell'entrata in vigore della LR 12/2005, nel periodo in cui in parte si colloca la vicenda in esame, vi era una situazione di incertezza, in quanto parte della giurisprudenza, come sopra riportato, interpretava l'art. 9 della legge 122/1999 in senso restrittivo riconoscendo la gratuità del titolo edificatorio soltanto ai parcheggi da adibire al servizio di edifici già esistenti; tuttavia in ambito regionale la formulazione ampia dell'art. 2, comma 2, della LR 22/1999 (che non distingueva i parcheggi a seconda dell'edificio a cui sono collegati) sembrava autorizzare conclusioni diverse.
Questa seconda strada è stata ritenuta preferibile (TAR Lombardia Sez. Brescia 25.01.2007 n. 898). E’ stato infatti rilevato che “Pur senza attribuire alla sopravvenuta disposizione dell'art. 69 della LR 12/2005 il valore di norma interpretativa, si può mettere in relazione l'art. 2, comma 2, della LR 22/1999 con l'art. 4, comma 4, della LR 05.12.1977 n. 60, secondo il quale per il calcolo degli oneri relativi agli edifici residenziali "i volumi e gli spazi destinati al ricovero di autovetture non sono computati, salvo che per la quota eccedente quella richiesta obbligatoriamente per parcheggio". Quest'ultima norma (ora abrogata dalla più ampia disciplina della LR 12/2005) era riferibile in primo luogo ai nuovi edifici e distingueva tra i parcheggi obbligatori e quelli facoltativi attribuendo implicitamente ai primi una funzione di pubblico interesse e ai secondi una finalità speculativa. Si può ritenere che inserendosi in tale contesto, l'art. 2, comma 2, della LR 22/1999 abbia mantenuto la distinzione qualificando espressamente come opere di urbanizzazione i parcheggi obbligatori indipendentemente dal fatto che siano collegati o meno a edifici già esistenti. A conferma di questa conclusione si osserva che l'utilità delle opere di urbanizzazione ha carattere oggettivo e riguarda non solo il singolo edificio ma il territorio nel suo insieme, il che rende indifferente il momento in cui i parcheggi sono realizzati.
La questione è ora positivamente risolta dall'art. 69, comma 1, della LR 11.03.2005 n. 12, in base al quale "i parcheggi, pertinenziali e non pertinenziali, realizzati anche in eccedenza rispetto alla quota minima richiesta per legge, costituiscono opere di urbanizzazione e il relativo titolo abilitativo è gratuito". Il comma 2 dell'art. 69 della LR 12/2005 specifica che "ai fini del calcolo del costo di costruzione, le superfici destinate a parcheggi non concorrono alla definizione della classe dell'edificio".
Nella sentenza in esame si precisa poi che secondo la disciplina regionale contenuta nella L.R. 12/2005, all’art. 69, non è più necessaria la pertinenzialità come un requisito necessario per l'esenzione dagli oneri concessori, mentre è ancora richiesta per beneficiare della deroga agli strumenti urbanistici (art. 66 della LR 12/2005).
Occorre peraltro osservare che il vincolo può essere costituito anche in un momento successivo rispetto al titolo edificatorio. Inoltre nel caso dei parcheggi collegati a nuovi edifici la pertinenzialità è presunta, nel senso che l'art. 41-sexies, comma 1, della legge 1150/1942 subordina il rilascio del titolo edificatorio alla presenza di una dotazione minima di spazi aventi questa destinazione. Per i parcheggi obbligatori la costituzione di un vincolo di pertinenza non è quindi necessaria agli effetti urbanistici, in quanto il collegamento con l'abitazione principale emerge direttamente dal progetto complessivo dell'intervento edilizio. Il carattere automatico del vincolo può essere osservato anche sul piano civilistico, dove nel caso di riserva della proprietà degli spazi obbligatori di parcheggio da parte del costruttore-venditore sorge ex lege a favore degli acquirenti un diritto reale d'uso. All'epoca dei fatti questa era la situazione consolidata. La formale stipulazione di un vincolo ha assunto rilevanza solo in conseguenza dell'art. 41-sexies comma 2 della legge 1150/1942 (aggiunto dall'art. 12, comma 9, della legge 28.11.2005 n. 246), il quale per gli edifici realizzati successivamente ha stabilito il principio della libera commerciabilità dei parcheggi pertinenziali (v. Cass. civ. Sez. II 24.02.2006 n. 4264) (TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 15.05.2009 n. 3751 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: La realizzazione di autorimesse e parcheggi, se non effettuata totalmente al di sotto del piano di campagna naturale, è soggetta alla disciplina urbanistica che regola le nuove costruzioni fuori terra.
Ma si deve anche aggiungere che, come chiarito dalla giurisprudenza, la realizzazione di autorimesse e parcheggi, se non effettuata totalmente al di sotto del piano di campagna naturale, è soggetta alla disciplina urbanistica che regola le nuove costruzioni fuori terra (Consiglio Stato sez. IV 26.09.2008 n. 4645; sez. IV 11.11.2006, n. 6065; Sez. V, 29.03.2004, n. 1662).
Stabilisce, infatti, l'art. 9 della legge n. 122 del 1989 che "i proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti". La norma continua disponendo che tali parcheggi possono essere realizzati, ad uso esclusivo dei residenti, anche nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato purché non in contrasto con i piani urbani del traffico, tenuto conto dell'uso della superficie sovrastante e compatibilmente con la tutela delle risorse idriche.
In base a tali disposizioni i predetti parcheggi devono essere quindi realizzati nel rispetto delle disposizioni urbanistiche se non vengono a ciò adibiti i locali (preesistenti) siti al piano terra di un fabbricato o se non vengano allocati nel sottosuolo dello stesso fabbricato ovvero nel sottosuolo di un'area pertinenziale esterna.
Del resto per gli edifici di nuova costruzione provvede il precedente art. 2, comma 2, della stessa legge n. 122 del 1989, che –nel sostituire l’art. 41-sexies della L.U. n. 1150 del 1942– ha stabilito l'obbligo di riservare appositi spazi per parcheggi di misura non inferiore a 1 mq. per ogni 10 mc. di costruzione
(TAR Campania-Napoli, Sez. II, sentenza 08.05.2009 n. 2457 link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Non è coerente con le finalità della normativa di settore consentire la condonabilità, sotto il profilo del mutamento della destinazione d'suo, delle aree destinate a parcheggio e realizzate in forza della disciplina derogatoria di cui all'art. 9 della legge 122/1989.
E’ noto che il vincolo pertinenziale ex lege già previsto per le aree da destinare a parcheggio (rispetto alle costruzioni cui ineriscono) dall'art. 26 l. 28.02.1985 n. 47 (a mente della quale "gli spazi di cui all'art. 18 l. 06.08.1967 n. 765 costituiscono pertinenze delle costruzioni, ai sensi degli art. 817, 818 e 819 c.c.") ha subito un significativo rafforzamento nelle previsioni dell’art. 9 della legge n. 122 del 1989 (cosiddetta legge Tognoli), con la quale è stata prevista la possibilità di realizzare spazi da destinare a parcheggio nei piani interrati degli edifici o nelle immediate aree di pertinenza; il tutto con procedimento semplificato, senza oneri concessori e soprattutto anche in deroga agli strumenti urbanistici. La disposizione appena ricordata ha addirittura previsto la sanzione civilistica della nullità per gli atti disposizione separata degli spazi a parcheggio rispetto alle costruzioni cui i parcheggi devono restare asserviti. Vero è che il suddetto vincolo pertinenziale, quantomeno in relazione ai parcheggi che non siano stati realizzati grazie al particolare regime di favor previsto dalla citata disposizione normativa (art. 9 L. 122/1989) è di poi venuto meno (sia pur senza effetto retroattivo) ad opera dell’art. 12 della legge 246/2005 (che ha introdotto l’ultimo comma all’art. 41-sexies della l. 17.08.1942 n. 1150 secondo cui gli spazi per parcheggi realizzati in forza del primo comma non sono gravati da vincoli pertinenziali di sorta né da diritti d'uso a favore dei proprietari di altre unità immobiliari e sono trasferibili autonomamente da esse).
Cionondimeno per tutti gli spazi a parcheggio (ed a fortiori per quelli realizzati ai sensi dell’art. 9 della l. 122/1989), quale che sia la sorte del vincolo pertinenziale di stampo privatistico rispetto alle costruzioni servite, deve ritenersi indiscutibile la permanenza e la inderogabilità del vincolo pubblicistico di destinazione, quale connotazione necessaria dell’essere quegli spazi funzionali al perseguimento di primarie esigenze della collettività, legate alla stessa vivibilità degli spazi urbani. Ne viene che in nessun caso potrebbe essere consentito il cambio di destinazione d’uso in relazione agli spazi predetti, dato che sarebbe contro ogni logica che il diverso uso individuale possa far premio sulla destinazione a parcheggio che partecipa dei suddetti caratteri di rilevanza pubblica.
Tale destinazione deve pertanto orientare, a guisa di vero e proprio vincolo, l’azione della pubblica amministrazione in sede di controllo e di conformazione dell’uso del territorio e costituire per la stessa un limite insuperabile financo nell’esercizio del potere di condono delle opere edilizie abusive. In tal senso, il dato di diritto positivo da cui muovere va individuato, nell’ambito del regime organico introdotto in materia di condono edilizio dalla L. 47/1985 (espressamente richiamata dalle successive leggi di condono, ed in particolare -per quel che qui viene in gioco- dalla l. 724/1994), dall’art. 33 della citata legge il quale esclude dal campo di operatività della sanatoria [primo comma lett. d)] gli abusi contrastanti con vincoli implicanti la inedificabilità delle aree.
Ritiene il Collegio che consentire, per il tramite dell’autorizzazione al cambio di destinazione d’uso, la sottrazione di spazi destinati a garage realizzati (la circostanza è pacifica ed incontestata, oltreché desumibile ex actis) grazie al meccanismo derogatorio di legge dianzi brevemente descritto, equivarrebbe ad infrangere un vincolo di inedificabilità, dato che in nessun caso l’opera edilizia sarebbe stata a suo tempo assentita se non proprio in considerazione della sua destinazione a parcheggio (in altri termini, la destinazione a parcheggio elide, in fase di realizzazione dell’opera, il profilo dell’inedificabilità dell’area per espressa previsione normativa, ma tale profilo è destinato a riemergere le quante volte venga meno quella destinazione). Donde l’onere della permanenza nel tempo di tale destinazione e della sua immodificabilità anche in sede di applicazione della normativa sul condono, non potendo quest’ultima tradursi –anche in ossequio al principio di non contraddizione che deve permeare il sistema ordinamentale– in uno strumento elusivo di un pregresso vincolo giuridico di destinazione nascente da altra normativa avente significativa valenza pubblicistica.
D’altra parte, è significativo che, come anticipato, detta destinazione a parcheggio sia presidiata, sul versante civilistico, a mezzo della espressa comminatoria di nullità degli atti dispositivi in deroga al vincolo di pertinenzialità; ora, sarebbe ben strano che alla tutela di detto vincolo a mezzo della predetta sanzione civile non si abbinasse, anche in sede di applicazione della normativa in tema di condono edilizio, la tutela della destinazione pubblicistica, ma anzi se ne consentisse la distrazione con evidente vulnus all’interesse collettivo sotteso alla richiamata normativa speciale in tema di parcheggi
(Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 24.04.2009 n. 2609 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAPur tenendo conto che la dotazione minima di parcheggi è un obbligo ex lege che integra le previsioni urbanistiche, e costituisce inoltre un requisito preliminare al rilascio del permesso di costruire relativo all’edificio principale, l’effetto di deroga previsto con formulazione ampia dall’art. 9, comma 1, della legge 122/1989 deve valere anche per la quota di parcheggi eccedente la dotazione obbligatoria.
Con il quarto motivo di ricorso si lamenta la violazione dell’art. 9 della legge 122/1989 e dell’art. 67 della LR 12/2005. I ricorrenti sostengono che trattandosi di parcheggi pertinenziali le relative costruzioni sarebbero sempre consentite ex art. 9 della legge 122/1989 anche in mancanza della conformità urbanistica e potrebbero essere vietate solo nelle ipotesi tassative dell’art. 67 della LR 12/2005 (contrasto con il piano urbano del traffico, con le misure poste a tutela dei corpi idrici, con l'uso delle superfici sovrastanti, con le previsioni urbanistiche riguardanti la parte di sottosuolo interessata dall'intervento). Poiché il progetto in questione non interferisce con gli interessi pubblici elencati in quest’ultima norma (in particolare non vi sono disposizioni esplicite per il sottosuolo) la realizzazione di autorimesse pertinenziali interrate non dovrebbe incontrare ostacoli.
La tesi si avvale dell’evoluzione normativa che ha semplificato e incentivato la realizzazione di parcheggi ma non può essere condivisa nelle sue conclusioni. In base all’art. 69, comma 1, della LR 12/2005 tutti i parcheggi, pertinenziali e non pertinenziali, anche se eccedenti il limite di 1mq/10mc stabilito dall’art. 41-sexies della legge 17.08.1942 n. 1150, sono considerati opere di urbanizzazione e beneficiano per questo del regime della gratuità.
La deroga alle disposizioni urbanistiche è però riservata a una categoria più ristretta di parcheggi, perché in base agli art. 66-67 della LR 12/2005 deve sussistere un vincolo di pertinenzialità trascritto nei registri immobiliari. Non è invece necessario che l’edificio principale abbia destinazione residenziale, né che si tratti di edificio già esistente (v. TAR Brescia 26.09.2007 n. 898). Pur tenendo conto che la dotazione minima di parcheggi è un obbligo ex lege che integra le previsioni urbanistiche, e costituisce inoltre un requisito preliminare al rilascio del permesso di costruire relativo all’edificio principale, l’effetto di deroga previsto con formulazione ampia dall’art. 9, comma 1, della legge 122/1989 deve valere anche per la quota di parcheggi eccedente la dotazione obbligatoria.
In sostanza, indagando la finalità della norma, si può ritenere che la deroga alla disciplina urbanistica sia concessa non tanto per permettere la realizzazione di nuovi edifici (altrimenti impossibile in mancanza di parcheggi sufficienti) ma soprattutto per incentivare la realizzazione di parcheggi pertinenziali, i quali pur essendo beni privati hanno rilievo pubblico per i vantaggi che assicurano alla viabilità (decongestionamento del traffico, minori oneri per la realizzazione di parcheggi pubblici).
Tuttavia, sia in relazione ai parcheggi obbligatori sia per quanto riguarda i parcheggi facoltativi, non possono essere messi in pericolo gli altri interessi pubblici elencati nell’art. 67 della LR 12/2005, alcuni dei quali hanno valore ambientale come nel caso della tutela dei corpi idrici e della speciale destinazione del sottosuolo (ad esempio il mantenimento di una percentuale di verde profondo per il drenaggio delle acque). Oltre a questi, per espressa previsione dell’art. 9, comma 1, della legge 122/1989, hanno carattere prioritario i vincoli paesistico-ambientali formalmente istituiti, che pertanto rappresentano un ostacolo alla realizzazione dei parcheggi, salvo il potere di autorizzazione dell’autorità responsabile della tutela del vincolo.
Pertanto, i progetti di parcheggi pertinenziali non sono mai sottratti al giudizio di compatibilità paesistico-ambientale quando un vincolo è presente. E anche in assenza di un vincolo formale è comunque necessario uno scrutinio analogo in relazione alle norme degli strumenti urbanistici che tutelano i corpi idrici e la destinazione del sottosuolo.
Con riguardo alla pretesa dei ricorrenti si osserva che nel caso in esame sussistono entrambe le cause ostative. Sull’area grava infatti un vincolo paesistico ex lege, e in dettaglio l’art. 24 del PTC impone la conservazione e lo sviluppo delle attività agro-silvo-pastorali tradizionali e il mantenimento a prato o rimboschimento degli spazi aperti, ammettendo le nuove edificazione esclusivamente per lo sviluppo delle attività agricole e per la fruizione turistica (v. sopra al punto 10). Questo significa che il sottosuolo non è disponibile per interventi residenziali, a meno che anche questi non siano collegati alle attività agricole.
L’inquadramento urbanistico e ambientale su cui si basa il diniego di autorizzazione paesistica appare quindi corretto anche per quanto riguarda i rapporti con la disciplina dei parcheggi pertinenziali (TAR Lombardia-Brescia, sentenza 15.04.2009 n. 858 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: L’effetto di deroga previsto con formulazione ampia dall’art. 9, comma 1, della legge 122/1989 deve valere anche per la quota di parcheggi eccedente la dotazione obbligatoria.
In base all’art. 69, comma 1, della LR 12/2005 tutti i parcheggi, pertinenziali e non pertinenziali, anche se eccedenti il limite di 1mq/10mc stabilito dall’art. 41-sexies della legge 17.08.1942 n. 1150, sono considerati opere di urbanizzazione e beneficiano per questo del regime della gratuità.
La deroga alle disposizioni urbanistiche è però riservata a una categoria più ristretta di parcheggi, perché in base agli art. 66-67 della LR 12/2005 deve sussistere un vincolo di pertinenzialità trascritto nei registri immobiliari. Non è invece necessario che l’edificio principale abbia destinazione residenziale, né che si tratti di edificio già esistente (v. TAR Brescia 26.09.2007 n. 898).
Pur tenendo conto che la dotazione minima di parcheggi è un obbligo ex lege che integra le previsioni urbanistiche, e costituisce inoltre un requisito preliminare al rilascio del permesso di costruire relativo all’edificio principale, l’effetto di deroga previsto con formulazione ampia dall’art. 9, comma 1, della legge 122/1989 deve valere anche per la quota di parcheggi eccedente la dotazione obbligatoria.
In sostanza, indagando la finalità della norma, si può ritenere che la deroga alla disciplina urbanistica sia concessa non tanto per permettere la realizzazione di nuovi edifici (altrimenti impossibile in mancanza di parcheggi sufficienti) ma soprattutto per incentivare la realizzazione di parcheggi pertinenziali, i quali pur essendo beni privati hanno rilievo pubblico per i vantaggi che assicurano alla viabilità (decongestionamento del traffico, minori oneri per la realizzazione di parcheggi pubblici).
Tuttavia, sia in relazione ai parcheggi obbligatori sia per quanto riguarda i parcheggi facoltativi, non possono essere messi in pericolo gli altri interessi pubblici elencati nell’art. 67 della LR 12/2005, alcuni dei quali hanno valore ambientale come nel caso della tutela dei corpi idrici e della speciale destinazione del sottosuolo (ad esempio il mantenimento di una percentuale di verde profondo per il drenaggio delle acque).
Oltre a questi, per espressa previsione dell’art. 9, comma 1, della legge 122/1989, hanno carattere prioritario i vincoli paesistico-ambientali formalmente istituiti, che pertanto rappresentano un ostacolo alla realizzazione dei parcheggi, salvo il potere di autorizzazione dell’autorità responsabile della tutela del vincolo (TAR Lombardia-Brescia, sentenza 15.04.2009 n. 858 - link a
www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Permesso di costruire - Spazio per parcheggi esterni a passo carraio - Violazione art. 41-sexies L. 1150/1942 sostituito dall'art. 2, c. 2, L. 24.03.1989 n. 122 - Concessione edilizie relative a nuove costruzioni - Non sussiste.
Non sussiste la violazione di NTA che ripropongono il disposto dell'art. 41-sexies L. 1150/1942 e, successivamente, sostituito dall'art. 2, c. 2, L. 24.03.1989 n. 122, secondo il quale "nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse, debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni 10 metri cubi di costruzione", in quanto l'obbligo di riservare aree destinate a parcheggio riguarda solo le concessioni edilizie relative a nuove costruzioni e non anche quelle che attengono a semplici ristrutturazioni di costruzioni preesistenti senza modifica di destinazione d'uso (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 10.04.2009 n. 3258).

EDILIZIA PRIVATA: Legge "Tognoli".
In tema di reati edilizi, la costruzione di autorimesse o parcheggi destinati a pertinenza di fabbricati esistenti è soggetta ad autorizzazione gratuita ai sensi della legge n. 122 del 1989 e non all'ordinario regime concessorio, a condizione che nella relativa domanda sia preventivamente indicato il fabbricato servito, in quanto ciò consente l'immediata identificazione del vincolo permanente di asservimento (in motivazione la Corte, nell'enunciare il predetto principio, ha precisato che il rapporto di pertinenzialità è riconoscibile nel caso in cui i "boxes" si trovano in un ragionevole raggio di accessibilità pedonale) (Corte di Cassazione, Sez. III penale, sentenza 07.04.2009 n. 14940 - link a www.lexambiente.it).

EDILIZIA PRIVATARealizzazione parcheggi. Presenza vincoli tutela paesaggio e ambiente.
Vengono posti quesiti attinenti alla corretta applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 9 della legge 122/1989 (cosiddetta “legge Tognoli”) recante norme di incentivazione alla realizzazione di parcheggi, nel caso in cui siano presenti vincoli, a tutela del paesaggio e dell’ambiente, che interessano l’area di localizzazione dei parcheggi medesimi.
Più specificatamente, il Comune che formula la richiesta considera due distinte situazioni nelle quali compaiono vincoli su aree interessate da progetti ed istanze per il rilascio di permessi di costruire parcheggi ai sensi della “legge Tognoli”.
In entrambe le situazioni, la perplessità del Comune in ordine all’assentibilità degli interventi predetti deriva dalla considerazione del fatto che l’art. 9, comma 1, delle legge 122/1989:
- consente di realizzare parcheggi pertinenziali nel sottosuolo o nei piani terreni “anche in deroga agli strumenti urbanistici”;
- ma precisa poi che “restano in ogni caso fermi i vincoli previsti dalla legislazione in materia paesaggistica ed ambientale”;
- ed aggiunge che restano fermi anche i poteri regionali e ministeriali attribuiti dalla legislazione predetta.
Le due situazioni disegnate dal Comune sono però diverse; le si considera separatamente (Regione Piemonte, parere 38/2009 - tratto da www.regione.piemonte.it).

EDILIZIA PRIVATALa realizzazione di autorimesse e parcheggi, se non effettuata totalmente al di sotto del piano di campagna naturale, è soggetta alla disciplina urbanistica dettata per le ordinarie nuove costruzioni fuori terra essendo preclusa la possibilità di invocare la l. n. 122/1989.
La realizzazione di autorimesse e parcheggi, se non effettuata totalmente al di sotto del piano di campagna naturale (interrati secondo il citato art. 26 N.T.A), è soggetta alla disciplina urbanistica dettata per le ordinarie nuove costruzioni fuori terra (Con. St., IV, 11.11.2006, n. 6065; V, 29.03.2004, n. 1662).
Stabilisce, infatti, l'art. 9 della legge 24.03.1989,n. 122 che "i proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti".
La norma continua disponendo che tali parcheggi possono essere realizzati, ad uso esclusivo dei residenti, anche nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato purché non in contrasto con i piani urbani del traffico, tenuto conto dell'uso della superficie sovrastante e compatibilmente con la tutela delle risorse idriche.
In base alla norma ora riportata, i predetti parcheggi devono essere realizzati, se non vengono a ciò adibiti i locali del piano terra di un fabbricato, o nel sottosuolo dello stesso fabbricato ovvero nel sottosuolo di un'area pertinenziale esterna (V, n. 1662/2004 citata).
Le autorimesse in questione, pertanto, non rientrando nell’ambito di operatività dell’art. 9 della legge n. 122 del 1989 ora riportato, in base alla quale, se si tratta di costruzioni nel sottosuolo, è possibile la loro realizzazione anche in contrasto con le norme urbanistiche relative alla zona (non con quelle paesaggistiche), sono soggette alla disciplina urbanistica generale come ordinarie nuove costruzioni (cfr. in argomento Cons. St., IV, 26.09.2008 n. 4645).
A tale scopo, le disposizioni richiamate dal Comune di Mezzomerico, se abilitano certo a non considerare i volumi relativi ad autorimesse collocate fuori terra, tuttavia non consentono di andare in eccesso al limite di altezza stabilito dalle norme tecniche di attuazione in 2 piani f.t., abitabili o meno che siano.
Deve dunque concludersi per la computabilità del piano autorimessa, nella specie, pacificamente non interrato e realizzato completamente fuori terra (Cons. St., IV, 29.01.2008, n. 271)
(Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 23.02.2009 n. 1070 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATARealizzazione box in deroga agli strumenti urbanistici ed acquisizione al patrimonio comunale di immobili distrutti o danneggiati da eventi alluvionali.
Sono stati posti al Servizio regionale di Consulenza agli Enti locali due quesiti:
- il primo concerne l’art. 9 della L. 122/1989 (legge Tognoli), che consente la realizzazione di parcheggi pertinenziali anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti;
- il secondo riguarda l’applicazione dell’art. 1, c. 1-bis, D.L. 19.12.1994, n. 691, convertito dalla L. 16.02.1995, n. 35, che prevede l’acquisizione al patrimonio indisponibile dei Comuni dei relitti di immobili distrutti o danneggiati dagli eventi alluvionali del 1994 (Regione Piemonte, parere n. 7/2009 - tratto da www.regione.piemonte.it).

anno 2008

EDILIZIA PRIVATA1. Realizzazione di parcheggi pertinenziali - Applicabilità delle deroghe previste dall'art. 9 della L. n. 122/1989 anche agli interventi di ampliamento ed adeguamento dell'esistente - Sussiste.
2. Previsione contenuta nelle NTA al PRG che non introduca uno specifico vincolo ambientale - Possibilità di deroga dalle previsioni dell'art. 9 L. n. 122/1989 - Sussiste.

1. Ai sensi dell'art. 9 del L. n. 122/1989 (come modificato dall'art. 37 L. n. 472/1999) la realizzazione di un parcheggio pertinenziale può essere effettuata, fatti salvi i vincoli previsti dalla legislazione in materia paesaggistica ed ambientale, anche in deroga agli strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi vigenti, comprese le distanze previste dal p.r.g. o da altre fonti normative, trovando applicazione anche per gli interventi di ampliamento e adeguamento dell'esistente.
2. Una previsione contenuta nelle NTA al PRG che non introduca uno specifico vincolo ambientale ma solo una finalità astratta di tutela ambientale può essere derogata dalle previsioni contenute nell'art. 9 della L. n. 122/1989 (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 05.12.2008 n. 5729).

EDILIZIA PRIVATAL’art. 41-sexies della legge 1150 del 1942 si applica solamente alle nuove costruzioni e non anche alle ristrutturazioni edilizie.
La dotazione minima di parcheggi privati dettata dall’art. 2 della L. 122 del 1989 non si applica a qualunque intervento edilizio, bensì esclusivamente a quelli rientranti nella nozione di “nuova costruzione” nella quale, pertanto, non possono farsi rientrare gli interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente di cui all’art. 31 della L. 457 del 1978, come vorrebbe parte appellante, trattandosi di ristrutturazioni edilizie di immobile ricadente in un ambito territoriale assoggettato a piano di recupero (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 06.11.2008 n. 5503 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATALe autorimesse se non rientrano nell’ambito di operatività dell’art. 9 della legge n. 122 del 1989, in base alla quale -se si tratta di costruzioni nel sottosuolo- è possibile la loro realizzazione anche in contrasto con le norme urbanistiche relative alla zona (non con quelle paesaggistiche), soggiaciono al computo del relativo volume.
La realizzazione di autorimesse e parcheggi, se non effettuata totalmente al di sotto del piano di campagna naturale (interrati secondo il citato art. 26 N.T.A), sono soggetti alla disciplina urbanistica come ordinarie nuove costruzioni fuori terra (Con.St., IV, 11.11.2006, n. 6065; V, 29.03.2004, n. 1662).
Stabilisce, infatti, l'art. 9 della legge 24.03.1989,n. 122 che "i proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti".
La norma continua disponendo che tali parcheggi possono essere realizzati, ad uso esclusivo dei residenti, anche nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato purché non in contrasto con i piani urbani del traffico, tenuto conto dell'uso della superficie sovrastante e compatibilmente con la tutela delle risorse idriche.
In base alla norma ora riportata, i predetti parcheggi devono essere realizzati, se non vengono a ciò adibiti i locali del piano terra di un fabbricato, o nel sottosuolo dello stesso fabbricato ovvero nel sottosuolo di un'area pertinenziale esterna (V, n. 1662/2004 citata).
Le autorimesse in questione, pertanto, non rientrando nell’ambito di operatività dell’art. 9 della legge n. 122 del 1989 ora riportato, in base alla quale, se si tratta di costruzioni nel sottosuolo, è possibile la loro realizzazione anche in contrasto con le norme urbanistiche relative alla zona (non con quelle paesaggistiche), sono soggette alla disciplina urbanistica generale come ordinarie nuove costruzioni e, a tale scopo, la disposizione non abilita certo a recuperare i volumi interrati preesistenti da collocare fuori terra come autorimesse e, per di più, che è l’argomento centrale, in eccesso al limite di altezza consentito per il fabbricato ricostruito.
Deve dunque concludersi per la computabilità dei relativi volumi, nella specie, pacificamente non interrati e realizzati completamente fuori terra (Cons. St., IV, 29.01.2008, n. 271)
(Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 26.09.2008 n. 4645 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Parcheggi pertinenziali - Natura di opere di urbanizzazione primaria - Sussiste - Costo di costruzione - Non dovuto - Legittimità.
I parcheggi pertinenziali, siano essi realizzati contestualmente all'immobile, sia successivamente, hanno comunque natura di opere di urbanizzazione primaria ex art. 9, lett. f), L. n. 10/1977 e, quindi, sono esonerati dal pagamento del costo di costruzione in base alla legge Tognoli e succ. mod. ed int. (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 05.09.2008 n. 4024 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: La Corte di Cassazione offre la ricostruzione della evoluzione normativa, dottrinale e giurisprudenziale sul tema della disciplina dei parcheggi.
In tema di spazi destinati a parcheggi privati, in complessi condominiali di nuova costruzione, il susseguirsi d'interventi legislativi incidenti sulla limitazione dell'autonomia privata in ordine alle dimensioni minime di tali spazi e al regime di circolazione, ha determinato l'esistenza di tre diverse tipologie di parcheggio, assoggettate a regimi giuridici differenziati tra di loro:
   a) i parcheggi soggetti ad un vincolo pubblicistico di destinazione, produttivo di un diritto reale d'uso in favore dei condomini e di un vincolo pertinenziale ex lege che non ne esclude l'alienabilità separatamente dall'unità immobiliare, disciplinati dall'art. 18 della legge n. 765 del 1967 (art. 41-sexies della legge n. 1150 del 1942);
   b) i parcheggi soggetti al vincolo pubblicistico d'inscindibilità con l'unità immobiliare, introdotti dall'art. 2 della l. n. 122 del 1989, assoggettati ad un regime di circolazione controllata e di utilizzazione vincolata e, conseguentemente non trasferibili autonomamente;
   c) i parcheggi non rientranti nelle due specie sopra illustrate, perché realizzati in eccedenza rispetto agli spazi minimi inderogabilmente richiesti dalla disciplina normativa pubblicistica, ad utilizzazione e a circolazione libera;
   d) i parcheggi disciplinati dall'art. 12, comma 9, della l. n. 246 del 2005 di definitiva liberalizzazione del regime di circolazione e trasferimento delle aree destinate a parcheggio ma con esclusivo riferimento al futuro, ovvero alle costruzioni non ancora realizzate e a quelle per le quali non sia ancora intervenuta la stipulazione delle vendite delle singole unità immobiliari, al momento della sua entrata in vigore.
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La soluzione della questione sottoposta all'esame della Corte richiede una sia pur sintetica ricostruzione della evoluzione normativa, dottrinale e giurisprudenziale sul tema della disciplina dei parcheggi.
La regolamentazione giuridica delle aree destinate a parcheggio trova fondamento nelle esigenze di natura urbanistica determinate dal degrado ambientale prodotto dalla sosta degli autoveicoli nei centri urbani.
La L. 06.08.1967, n. 765 (c.d. legge ponte), all'art. 18, introduce nella Legge Urbanistica 17.08.1942, n. 1150, art. 41-sexies, prescrivendo che "Nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle stesse, debbano essere ricavati appositi spazi per parcheggio in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni venti metri cubi di costruzione" (poi divenuti dieci a norma della L. 24.03.1989, n. 122, art. 2).
La norma, che fissa per la prima volta degli standards minimi da osservare nella progettazione urbanistica con riguardo agli spazi destinati alla sosta, esigendo che le nuove costruzioni siano dotate di aree di parcheggio, ha - come generalmente affermato dalla dottrina -carattere pubblicistico, essendo, per un verso, diretta a regolare, sotto il profilo urbanistico, l'attività edilizia, ed essendo, per l'altro, rivolta direttamente all'autorità amministrativa, tenuta a subordinare il rilascio della concessione edilizia al rispetto dei predetti standars, da determinare in base al rapporto tra superficie e volumetria.
3.3. - Peraltro, nel silenzio della norma in esame sulla natura giuridica del vincolo concernente i parcheggi, la dottrina dominante ha escluso che il richiamato art. 41-sexies, assuma altresì una valenza nei rapporti tra privati, introducendo nuovi vincoli alla circolazione giuridica delle aree destinate a parcheggio (teoria oggettiva). Gli spazi per parcheggio previsti dalla legge non sarebbero gravati da alcun vincolo di tipo soggettivo che ne prescriva l'utilizzazione da parte dei soli proprietari delle unità immobiliari situate nel fabbricato cui tali parcheggi accedono.
Essi, pertanto, potrebbero essere liberamente attribuiti non solo in proprietà, ma anche in uso a soggetti che non siano proprietari o comunque utilizzatori di unità immobiliari poste nel fabbricato di cui lo spazio per parcheggio fa parte o di cui costituisce pertinenza.
La libera alienabilità degli spazi per parcheggio potrebbe essere agevolmente desunta, secondo i fautori della teoria in esame, dalla ratio della norma, la quale mira, come si è visto, ad evitare la congestione delle strade derivante dal parcheggio indiscriminato degli autoveicoli. A tal fine sarebbe irrilevante la persona che utilizza lo spazio per parcheggio; ciò che interessa, infatti, sarebbe solo che detto spazio sia utilizzato per il parcheggio di autovetture, che sia, cioè, rispettato il vincolo.
Solo una parte minoritaria della dottrina ha interpretato il richiamato art. 41-sexies, come diretto, oltre che a porre un vincolo oggettivo di destinazione, a regolare altresì i rapporti tra privati attraverso la introduzione di un vincolo di destinazione necessario, inderogabile pattiziamente, alla circolazione giuridica delle aree destinate a parcheggio (teoria soggettiva).
Secondo tale posizione, gli spazi per parcheggio di cui alla legge ponte dovrebbero essere necessariamente utilizzati dai proprietari e/o utilizzatori delle unità immobiliari di cui fa parte l'edificio cui detti spazi accedono.
Il vincolo opererebbe in un duplice senso, anzitutto ponendo una relazione di accessorietà tra la costruzione e gli spazi per parcheggio, rilevante nei rapporti interprivati. Detta relazione potrebbe atteggiarsi in modo diverso. Se lo spazio per parcheggio è interno alla costruzione, il vincolo legale opererebbe nel senso di qualificare detto spazio quale parte comune condominiale destinata a un servizio comune di cui la legge configura l'esigenza e impone l'assolvimento.
Se, invece, lo spazio è esterno il vincolo opererebbe nel senso di qualificare detto spazio quale pertinenza del fabbricato: si tratterebbe di una "pertinenza ex lege", in quanto la qualifica pertinenziale e le conseguenze giuridiche ad essa riconducibili non derivano, come di regola, dalla obiettiva destinazione al servizio della cosa principale, bensì direttamente dalla legge.
In entrambi i casi il rapporto di accessorietà esistente tra l'edificio e gli spazi per parcheggio farebbe sì che la vendita della singola unità immobiliare, in difetto di contraria disposizione scritta ai sensi dell'art. 1117 c.c., ovvero dell'art. 818 cod. civ., comma 1, comporti la vendita anche dello spazio per parcheggio.
In secondo luogo, il vincolo di destinazione opererebbe nel senso di impedire che i privati, nell'esercizio della propria autonomia negoziale, possano derogare al principio della necessaria utilizzazione degli spazi per parcheggio da parte dei proprietari e/o utilizzatori del fabbricato.
In altri termini sarebbe consentito con apposita pattuizione scritta derogare al principio accesorium sequitur principale solo quanto alla proprietà dello spazio per parcheggio, ma non quanto all'uso dello stesso. Si parla di un diritto di uso ope legis, con la conseguenza che una contraria pattuizione delle parti sarebbe nulla per contrasto con una norma imperativa ai sensi dell'art. 1418 cod. civ., e verrebbe sostituita di diritto dalla norma imperativa violata ai sensi dell'art. 1419 cod. civ., comma 2.
3.4. - Nella giurisprudenza di legittimità, accanto all'orientamento volto ad escludere la configurabilità nell'art. 41-sexies, di una disciplina incidente direttamente sui rapporti tra privati, ed a riconoscere a detta disposizione rilevanza unicamente nel rapporto costruttore-pubblica amministrazione (Cass. 24.04.1981, n. 2452; 15.10.1982, n. 5344; 09.05.1983, n. 3179), è possibile riscontrare un indirizzo favorevole a concepire la norma in esame come norma di relazione nei rapporti privatistici concernenti i parcheggi (Cass. 18.12.1981, n. 6714), con il fine di tutelare l'acquirente e garantire l'effettiva destinazione del posto-auto.
Tale iniziale contrasto ha determinato l'intervento delle Sezioni Unite (Sez. Un. 17.12.1984, nn. 6600, 6601 e 6602), le quali hanno affermato che l'art. 41-sexies, costituisce una disposizione imperativa ed inderogabile in correlazione agli interessi pubblicistici da esso perseguiti e che, in quanto tale, non opera soltanto nel rapporto tra costruttore-proprietario dell'edificio e Pubblica Amministrazione, ma anche nei rapporti privatistici inerenti agli spazi per parcheggio.
Conseguentemente il posto-auto viene considerato parte comune dell'edificio se ricavato all'interno dello stesso e pertinenza, legata ad un vincolo di destinazione funzionale, se posto all'esterno; ciò in mancanza di un titolo attributivo della proprietà esclusiva ai singoli condomini.
Le pattuizioni negoziali che, sotto forma di riserva di proprietà a favore del costruttore o di cessione a terzi, sottraggono ai condomini l'uso del parcheggio vengono considerate nulle e, di conseguenza, il contratto traslativo della proprietà di un appartamento in condominio che non prevede anche il contestuale trasferimento del posto-auto si ritiene integrato ope legis, ex art. 1374 cod. civ., con il riconoscimento di un diritto reale di uso su quello spazio in favore del condomino, e di un diritto dell'alienante ad un'integrazione del prezzo, nel caso in cui esso sia stato determinato solo sulla base del valore dell'appartamento.
3.5. - Successivamente al ricordato intervento delle Sezioni unite, la L. 28.02.1985, n. 47, art. 26, comma 5 (poi abrogato dal D.Lgs. 06.06.2001, n. 378, art. 136), ha stabilito che "Gli spazi di cui all'art. 18 della legge 06.08.1967, n. 765 costituiscono pertinenze delle costruzioni, ai sensi e per gli effetti degli artt. 817, 818 e 819 cod. Civ.".
La norma, scritta, come emerge dai lavori preparatori, proprio per dirimere il contrasto di opinioni che si era creato al riguardo in dottrina e giurisprudenza (tant'è che in origine la medesima era da sola contenuta nell'art. 21 del disegno di legge governativo recante la rubrica "interpretazione autentica"), non ha sortito il risultato sperato.
Essa ha definitivamente sancito la sussistenza del rapporto di accessorietà, proprio delle pertinenze, del posto auto rispetto al fabbricato, come era stato già individuato dai sostenitori della teoria soggettiva; ma, nel contempo, attraverso il richiamo all'art. 818 cod. civ. (che, al secondo comma, stabilisce che "le pertinenze possono formare oggetto di separati atti o rapporti giuridici"), consente di affermare la alienabilità del posto auto separatamente dall'unità immobiliare di cui costituisce pertinenza.
Il riconoscimento della natura di pertinenza integra uno specifico tipo di regolamentazione dei rapporti interprivati in base al quale il proprietario che vende l'immobile ad altro soggetto può ben riservarsi la proprietà dell'area di parcheggio con il solo obbligo di rispettare il vincolo di destinazione.
Si è, in tale prospettiva, da alcuni Autori, invocata la natura interpretativa della norma da ultimo richiamata, che avrebbe avuto la finalità di chiarire, in modo vincolante e con efficacia retroattiva, che i posti auto possono essere alienati anche separatamente dall'edificio o dai singoli appartamenti. Altri Autori hanno, invece, attribuito all'art. 26 una portata innovativa, che avrebbe reso possibile, per il futuro, derogare al vincolo che pone i parcheggi al servizio della costruzione.
In ambito giurisprudenziale, dopo il susseguirsi di pronunce contraddittorie (a favore del carattere innovativo dell'art. 26: Cass. 06.05.1966, n. 3370; di senso contrario: Cass. 09.06.1987, n. 5036 e 29.02.1988 n. 2129), sono intervenute le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza 18.07.1989, n. 3363, affermando che "gli spazi a parcheggio sono liberamente alienabili, ma nei limiti della destinazione a parcheggio non modificabile e del diritto reale di uso esclusivo riconosciuto agli utenti degli alloggi".
Al riguardo è stato ribadito che la norma urbanistica che imponga vincoli o limiti alla proprietà, ha natura imperativa e inderogabile non solo nei rapporti fra costruttore e Pubblica Amministrazione, in quanto norma di azione, ma anche nei rapporti tra costruttore e terzi che da quei vincoli o limiti ricevono un vantaggio, in quanto norma di relazione.
Il vincolo di destinazione permanente a parcheggio va inquadrato nella categoria delle "limitazioni legali della proprietà privata per scopo di pubblico interesse" e si conforma ope legis in un diritto reale di uso dell'area di parcheggio in favore del condominio. L'inderogabilità comporta la nullità dei patti contrari e la loro sostituzione con le previsioni della legge. La L. n. 47 del 1985, art. 26, non ha portata innovativa, ma confermativa del regime della L. n. 765 del 1967, proprio in forza del riferimento al vincolo pertinenziale.
In altri termini, il vincolo che grava sulle aree a parcheggio ha natura non solo oggettiva ma anche soggettiva, e si trasferisce, automaticamente, con il trasferimento della titolarità dell'abitazione: è un diritto reale d'uso, di natura pubblicistica, che la legge pone a favore dei condomini del fabbricato cui accede, e limita il diritto di proprietà dell'area.
Peraltro, nel rispetto di tale vincolo, il proprietario può riservarsi la proprietà o cederla a terzi, mentre, qualora nei titoli di acquisto non vi sia stata al riguardo alcuna riserva o sia stato omesso qualunque riferimento, gli spazi destinati a parcheggio vengono ceduti in comproprietà pro quota, quali pertinenze delle singole unità immobiliari secondo il regime previsto dagli artt. 817 e 818 cod. civ., venendo così a fare parte delle cose comuni di cui all'art. 1117 cod. civ. (v., sul punto, tra le altre, Cass. 16.01.2008. n. 730 e 18.07.2003, n. 11261).
3.6. - E', poi, intervenuto nuovamente il legislatore con la legge 24.03.1989, n. 122 (c.d. legge Tognoli).
L'art. 2 di detta legge ha, come si è visto, innanzitutto modificato la L. n. 1150 del 1942, art. 41-sexies, nel senso di aumentare la quantità delle aree da destinare a parcheggio delle nuove costruzioni, portando il rapporto tra tali aree e la volumetria del fabbricato ad un metro quadro per ogni dieci metri cubi di costruzione (considerando, quindi, le aree di parcheggio uno standard urbanistico).
Di più importante rilievo giuridico è l'art. 9, che prevede che "i proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero in locali siti al piano terreno parcheggi da destinarsi a pertinenza delle singole unità immobiliari e ciò anche in deroga agli strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi vigenti" (comma 1), stabilendo la soggezione di tali interventi -anziché a concessione edilizia- a sola autorizzazione gratuita (comma 2, poi sostituito, per effetto dal D.P.R. 27.12.2002, n. 301, art. 137, nel senso della soggezione degli interventi medesimi a denuncia di inizio attività), e richiedendo un quorum ridotto per le delibere condominiali necessarie per l'approvazione degli interventi in oggetto (comma 3).
In ogni caso, è previsto che i parcheggi, così realizzati, "non possono essere ceduti separatamente dall'unità immobiliare alla quale sono legati da vincolo pertinenziale. I relativi atti di cessione sono nulli" (comma 4).
Tale normativa, dettata con riferimento ai soli parcheggi costruiti con le agevolazioni della legge c.d. Tognoli, è stata invocata a proprio favore da entrambi gli orientamenti contrapposti.
I fautori della teoria oggettiva, infatti, hanno sostenuto che, se il legislatore del 1989 ha sancito il divieto di circolazione del parcheggio separatamente dall'unità immobiliare di cui questo costituisce pertinenza soltanto con riferimento ai parcheggi costruiti con le agevolazioni previste dalla predetta legge, evidentemente egli ha presupposto che nessun regime vincolistico sussiste per gli altri parcheggi.
I sostenitori della teoria soggettiva, per converso, hanno intravisto nella legge Tognoli la conferma dell'inderogabilità del vincolo soggettivo di destinazione già sancito nella legge ponte. In realtà, l'art. 9 della legge richiamata detta una disciplina vincolistica diversa da quella che, secondo gli stessi fautori della teoria soggettiva, vige per i parcheggi di cui alla legge ponte, i quali possono sicuramente essere alienati separatamente dall'unità immobiliare cui accedono, fermo restando il diritto di uso in capo al proprietario e/o utilizzatore dell'immobile principale.
A ben vedere, la ratio del divieto di circolazione dei parcheggi di cui alla legge Tognoli ben può ravvisarsi nell'intento di evitare speculazioni da parte di chi ha usufruito di speciali deroghe ed agevolazioni per la realizzazione degli stessi.
3.7. - Certo è che il susseguirsi degli interventi legislativi nella materia in oggetto ha fatto evidenziare, secondo dottrina e giurisprudenza, tre diverse tipologie di parcheggi, ciascuna caratterizzata da una propria disciplina:
  
a) parcheggi soggetti a vincolo di destinazione, cioè "a utilizzazione vincolata", ai quali inerisce una qualificazione pertinenziale ex lege, in quanto realizzati ai sensi dell'art. 18 della legge ponte (poi integrata dall'art. 26 della legge sul condono);
  
b) parcheggi soggetti a vincolo di destinazione e a vincolo di inscindibilità dall'unità principale, cioè "a utilizzazione vincolata" e, al tempo stesso, "a circolazione controllata", perché costruiti in base alla Legge Tognoli (122/1989);
  
c) parcheggi non rientranti in tali due specie, soggetti alla regole del diritto comune e, quindi, "a utilizzazione e a circolazione libera", non vincolata in base a speciali limiti (inderogabili) di legge (v. Sezioni unite, sentenza 15.06.2005, n. 12793).
La L. 28.11.2005, n. 246 (Semplificazione e riassetto normativo per l'anno 2005), all'art. 12, comma 9, ha, poi, modificato la L. n. 1150 del 1942, art. 41-sexies, aggiungendovi il comma 2, per effetto del quale "Gli spazi per parcheggi realizzati in forza del primo comma non sono gravati da vincoli pertinenziali di sorta né da diritti d'uso a favore dei proprietari di altre unità immobiliari e sono trasferibili autonomamente da esse".
La norma richiamata -che, come già chiarito da questa Corte, trova applicazione soltanto per il futuro, vale a dire per le sole costruzioni non realizzate o per quelle per le quali, al momento della sua entrata in vigore, non erano ancora state stipulate le vendite delle singole unità immobiliari (Cass. 24.02.2006, n. 4264)- liberalizza, infine, il regime delle aree destinate a parcheggio.
La L. n. 246, è di poco successiva alla già ricordata sentenza 15.06.2005, n. 12793, nella quale le Sezioni unite, nel risolvere un contrasto giurisprudenziale, hanno affermato che i parcheggi realizzati in eccedenza rispetto alla superficie minima richiesta dalla legge non sono soggetti ad alcun diritto d'uso da parte degli acquirenti delle singole unità immobiliari dell'edificio; in tal modo già delimitando quantitativamente il regime vincolistico delle aree in questione (Corte di Cassazione, Sez. II civile, sentenza 01.08.2008 n. 21003).

EDILIZIA PRIVATA: Sulla ricostruzione della evoluzione normativa, dottrinale e giurisprudenziale sul tema della disciplina dei parcheggi.
Il susseguirsi degli interventi legislativi nella materia dei parcheggi privati ha fatto evidenziare, secondo dottrina e giurisprudenza, tre diverse tipologie di parcheggi, ciascuna caratterizzata da una propria disciplina:
   a) parcheggi soggetti a vincolo di destinazione, cioè "a utilizzazione vincolata", ai quali inerisce una qualificazione pertinenziale ex lege, in quanto realizzati ai sensi dell'art. 18 della legge ponte (poi integrata dall'art. 26 della legge sul condono);
   b) parcheggi soggetti a vincolo di destinazione e a vincolo di inscindibilità dall'unità principale, cioè "a utilizzazione vincolata" e, al tempo stesso, "a circolazione controllata", perché costruiti in base alla Legge Tognoli (122/1989);
   c) parcheggi non rientranti in tali due specie, soggetti alla regole del diritto comune e, quindi, "a utilizzazione e a circolazione libera", non vincolata in base a speciali limiti (inderogabili) di legge.
La L. 28.11.2005, n. 246 (Semplificazione e riassetto normativo per l'anno 2005), all'art. 12, comma 9, ha, poi, modificato la L. n. 1150 del 1942, art. 41-sexies, aggiungendovi il comma 2, per effetto del quale "Gli spazi per parcheggi realizzati in forza del primo comma non sono gravati da vincoli pertinenziali di sorta né da diritti d'uso a favore dei proprietari di altre unità immobiliari e sono trasferibili autonomamente da esse".
La norma richiamata -che trova applicazione soltanto per il futuro, vale a dire per le sole costruzioni non realizzate o per quelle per le quali, al momento della sua entrata in vigore, non erano ancora state stipulate le vendite delle singole unità immobiliari- liberalizza, infine, il regime delle aree destinate a parcheggio.
La L. n. 246, è di poco successiva alla già ricordata sentenza 15.06.2005, n. 12793, nella quale le Sezioni unite, nel risolvere un contrasto giurisprudenziale, hanno affermato che i parcheggi realizzati in eccedenza rispetto alla superficie minima richiesta dalla legge non sono soggetti ad alcun diritto d'uso da parte degli acquirenti delle singole unità immobiliari dell'edificio; in tal modo già delimitando quantitativamente il regime vincolistico delle aree in questione.
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2. - Con il primo motivo del ricorso principale, si lamenta la violazione e falsa applicazione della L. n. 1150 del 1941, art. 41-sexies, artt. 817 e 1117 cod. civ., nonché insufficienza e contraddittorietà della motivazione su punti decisivi della controversia.
Avrebbe errato la Corte di merito nel disattendere la domanda dei coniugi T.-F. intesa ad ottenere il riconoscimento della comproprietà indivisa sulle aree destinate a parcheggio, limitando il riconoscimento al diritto reale d'uso, e ciò dopo aver esplicitamente affermato, nella parte motiva della propria decisione, che i proprietari delle unità immobiliari comprese nell'edificio, pur nella ipotesi di asservimento di spazi a parcheggio in epoca successiva alla vendita delle singole unità abitative, e pur in mancanza di una espressa riserva in tal senso negli atti dispositivi, "andranno invitati dal proprietario dell'area vincolata a dichiarare la volontà di acquistare il posto auto ovvero di ottenere soltanto il diritto reale d'uso dell'area stessa".
L'errore sarebbe consistito nella mancata considerazione che, qualora, come nel caso di specie, nei titoli non sia stata formulata al riguardo alcuna riserva, gli spazi interni o circostanti ai fabbricati di nuova costruzione destinati a parcheggio ai sensi della L. n. 1150 del 1941, art. 41-sexies, vengono ceduti in comproprietà pro quota quali pertinenze delle singole unità immobiliari secondo il regime previsto dagli artt. 817 e 818 cod. civ., in considerazione del vincolo pertinenziale stabilito dalla L. n. 765 del 1967, art. 18 e della L. n. 47 del 1985, art. 26, venendo così a far parte delle cose comuni di cui all'art. 1117 cod. civ..
Né alcun rilievo potrebbe acquisire, nella specie, il contenuto del regolamento di condominio che il costruttore-venditore avrebbe successivamente predisposto, non essendo contenuto nell'atto di acquisto degli attuali ricorrenti alcun rinvio ad un futuro regolamento in ordine alla identificazione delle cose comuni ex art. 1117 cod. civ., e comunque non potendosi attribuire alcun valore giuridico all'accettazione preventiva del regolamento condominiale da redigersi a cura del costruttore-venditore, accettazione che non potrebbe in alcun caso sostituire l'espressa accettazione da parte dell'acquirente.
3.1. - La censura non è meritevole di accoglimento.
3.2. - La soluzione della questione sottoposta all'esame della Corte richiede una sia pur sintetica ricostruzione della evoluzione normativa, dottrinale e giurisprudenziale sul tema della disciplina dei parcheggi.
La regolamentazione giuridica delle aree destinate a parcheggio trova fondamento nelle esigenze di natura urbanistica determinate dal degrado ambientale prodotto dalla sosta degli autoveicoli nei centri urbani. La L. 06.08.1967, n. 765 (c.d. legge ponte), all'art. 18, introduce nella Legge Urbanistica 17.08.1942, n. 1150, art. 41-sexies, prescrivendo che "Nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle stesse, debbano essere ricavati appositi spazi per parcheggio in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni venti metri cubi di costruzione" (poi divenuti dieci a norma della L. 24.03.1989, n. 122, art. 2).
La norma, che fissa per la prima volta degli standards minimi da osservare nella progettazione urbanistica con riguardo agli spazi destinati alla sosta, esigendo che le nuove costruzioni siano dotate di aree di parcheggio, ha -come generalmente affermato dalla dottrina- carattere pubblicistico, essendo, per un verso, diretta a regolare, sotto il profilo urbanistico, l'attività edilizia, ed essendo, per l'altro, rivolta direttamente all'autorità amministrativa, tenuta a subordinare il rilascio della concessione edilizia al rispetto dei predetti standars, da determinare in base al rapporto tra superficie e volumetria.
3.3. - Peraltro, nel silenzio della norma in esame sulla natura giuridica del vincolo concernente i parcheggi, la dottrina dominante ha escluso che il richiamato art. 41-sexies, assuma altresì una valenza nei rapporti tra privati, introducendo nuovi vincoli alla circolazione giuridica delle aree destinate a parcheggio (teoria oggettiva). Gli spazi per parcheggio previsti dalla legge non sarebbero gravati da alcun vincolo di tipo soggettivo che ne prescriva l'utilizzazione da parte dei soli proprietari delle unità immobiliari situate nel fabbricato cui tali parcheggi accedono. Essi, pertanto, potrebbero essere liberamente attribuiti non solo in proprietà, ma anche in uso a soggetti che non siano proprietari o comunque utilizzatori di unità immobiliari poste nel fabbricato di cui lo spazio per parcheggio fa parte o di cui costituisce pertinenza.
La libera alienabilità degli spazi per parcheggio potrebbe essere agevolmente desunta, secondo i fautori della teoria in esame, dalla ratio della norma, la quale mira, come si è visto, ad evitare la congestione delle strade derivante dal parcheggio indiscriminato degli autoveicoli. A tal fine sarebbe irrilevante la persona che utilizza lo spazio per parcheggio; ciò che interessa, infatti, sarebbe solo che detto spazio sia utilizzato per il parcheggio di autovetture, che sia, cioè, rispettato il vincolo.
Solo una parte minoritaria della dottrina ha interpretato il richiamato art. 41-sexies, come diretto, oltre che a porre un vincolo oggettivo di destinazione, a regolare altresì i rapporti tra privati attraverso la introduzione di un vincolo di destinazione necessario, inderogabile pattiziamente, alla circolazione giuridica delle aree destinate a parcheggio (teoria soggettiva).
Secondo tale posizione, gli spazi per parcheggio di cui alla legge ponte dovrebbero essere necessariamente utilizzati dai proprietari e/o utilizzatori delle unità immobiliari di cui fa parte l'edificio cui detti spazi accedono. Il vincolo opererebbe in un duplice senso, anzitutto ponendo una relazione di accessorietà tra la costruzione e gli spazi per parcheggio, rilevante nei rapporti interprivati. Detta relazione potrebbe atteggiarsi in modo diverso. Se lo spazio per parcheggio è interno alla costruzione, il vincolo legale opererebbe nel senso di qualificare detto spazio quale parte comune condominiale destinata a un servizio comune di cui la legge configura l'esigenza e impone l'assolvimento. Se, invece, lo spazio è esterno il vincolo opererebbe nel senso di qualificare detto spazio quale pertinenza del fabbricato: si tratterebbe di una "pertinenza ex lege", in quanto la qualifica pertinenziale e le conseguenze giuridiche ad essa riconducibili non derivano, come di regola, dalla obiettiva destinazione al servizio della cosa principale, bensì direttamente dalla legge. In entrambi i casi il rapporto di accessorietà esistente tra l'edificio e gli spazi per parcheggio farebbe sì che la vendita della singola unità immobiliare, in difetto di contraria disposizione scritta ai sensi dell'art. 1117 c.c., ovvero dell'art. 818 cod. civ., comma 1, comporti la vendita anche dello spazio per parcheggio.
In secondo luogo, il vincolo di destinazione opererebbe nel senso di impedire che i privati, nell'esercizio della propria autonomia negoziale, possano derogare al principio della necessaria utilizzazione degli spazi per parcheggio da parte dei proprietari e/o utilizzatori del fabbricato. In altri termini sarebbe consentito con apposita pattuizione scritta derogare al principio accesorium sequitur principale solo quanto alla proprietà dello spazio per parcheggio, ma non quanto all'uso dello stesso. Si parla di un diritto di uso ope legis, con la conseguenza che una contraria pattuizione delle parti sarebbe nulla per contrasto con una norma imperativa ai sensi dell'art. 1418 cod. civ., e verrebbe sostituita di diritto dalla norma imperativa violata ai sensi dell'art. 1419 cod. civ., comma 2.
3.4. - Nella giurisprudenza di legittimità, accanto all'orientamento volto ad escludere la configurabilità nell'art. 41-sexies, di una disciplina incidente direttamente sui rapporti tra privati, ed a riconoscere a detta disposizione rilevanza unicamente nel rapporto costruttore-pubblica amministrazione (Cass. 24.04.1981, n. 2452; 15.10.1982, n. 5344;9.5.1983, n. 3179), è possibile riscontrare un indirizzo favorevole a concepire la norma in esame come norma di relazione nei rapporti privatistici concernenti i parcheggi (Cass. 18.12.1981, n. 6714), con il fine di tutelare l'acquirente e garantire l'effettiva destinazione del posto-auto.
Tale iniziale contrasto ha determinato l'intervento delle Sezioni Unite (Sez. Un. 17.12.1984, nn. 6600, 6601 e 6602), le quali hanno affermato che l'art. 41-sexies, costituisce una disposizione imperativa ed inderogabile in correlazione agli interessi pubblicistici da esso perseguiti e che, in quanto tale, non opera soltanto nel rapporto tra costruttore-proprietario dell'edificio e Pubblica Amministrazione, ma anche nei rapporti privatistici inerenti agli spazi per parcheggio. Conseguentemente il posto-auto viene considerato parte comune dell'edificio se ricavato all'interno dello stesso e pertinenza, legata ad un vincolo di destinazione funzionale, se posto all'esterno; ciò in mancanza di un titolo attributivo della proprietà esclusiva ai singoli condomini.
Le pattuizioni negoziali che, sotto forma di riserva di proprietà a favore del costruttore o di cessione a terzi, sottraggono ai condomini l'uso del parcheggio vengono considerate nulle e, di conseguenza, il contratto traslativo della proprietà di un appartamento in condominio che non prevede anche il contestuale trasferimento del posto-auto si ritiene integrato ope legis, ex art. 1374 cod. civ., con il riconoscimento di un diritto reale di uso su quello spazio in favore del condomino, e di un diritto dell'alienante ad un'integrazione del prezzo, nel caso in cui esso sia stato determinato solo sulla base del valore dell'appartamento.
3.5. - Successivamente al ricordato intervento delle Sezioni unite, la L. 28.02.1985, n. 47, art. 26, comma 5 (poi abrogato dal D.Lgs. 06.06.2001, n. 378, art. 136), ha stabilito che "Gli spazi di cui all'art. 18 della legge 06.08.1967, n. 765 costituiscono pertinenze delle costruzioni, ai sensi e per gli effetti degli artt. 817, 818 e 819 cod. Civ.".
La norma, scritta, come emerge dai lavori preparatori, proprio per dirimere il contrasto di opinioni che si era creato al riguardo in dottrina e giurisprudenza (tant'è che in origine la medesima era da sola contenuta nell'art. 21 del disegno di legge governativo recante la rubrica "interpretazione autentica"), non ha sortito il risultato sperato. Essa ha definitivamente sancito la sussistenza del rapporto di accessorietà, proprio delle pertinenze, del posto auto rispetto al fabbricato, come era stato già individuato dai sostenitori della teoria soggettiva; ma, nel contempo, attraverso il richiamo all'art. 818 cod. civ. (che, al secondo comma, stabilisce che "le pertinenze possono formare oggetto di separati atti o rapporti giuridici"), consente di affermare la alienabilità del posto auto separatamente dall'unità immobiliare di cui costituisce pertinenza. Il riconoscimento della natura di pertinenza integra uno specifico tipo di regolamentazione dei rapporti interprivati in base al quale il proprietario che vende l'immobile ad altro soggetto può ben riservarsi la proprietà dell'area di parcheggio con il solo obbligo di rispettare il vincolo di destinazione.
Si è, in tale prospettiva, da alcuni Autori, invocata la natura interpretativa della norma da ultimo richiamata, che avrebbe avuto la finalità di chiarire, in modo vincolante e con efficacia retroattiva, che i posti auto possono essere alienati anche separatamente dall'edificio o dai singoli appartamenti. Altri Autori hanno, invece, attribuito all'art. 26 una portata innovativa, che avrebbe reso possibile, per il futuro, derogare al vincolo che pone i parcheggi al servizio della costruzione. In ambito giurisprudenziale, dopo il susseguirsi di pronunce contraddittorie (a favore del carattere innovativo dell'art. 26: Cass. 06.05.1966, n. 3370; di senso contrario: Cass. 09.06.1987, n. 5036 e 29.02.1988 n. 2129), sono intervenute le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza 18.07.1989, n. 3363, affermando che "gli spazi a parcheggio sono liberamente alienabili, ma nei limiti della destinazione a parcheggio non modificabile e del diritto reale di uso esclusivo riconosciuto agli utenti degli alloggi".
Al riguardo è stato ribadito che la norma urbanistica che imponga vincoli o limiti alla proprietà, ha natura imperativa e inderogabile non solo nei rapporti fra costruttore e Pubblica Amministrazione, in quanto norma di azione, ma anche nei rapporti tra costruttore e terzi che da quei vincoli o limiti ricevono un vantaggio, in quanto norma di relazione. Il vincolo di destinazione permanente a parcheggio va inquadrato nella categoria delle "limitazioni legali della proprietà privata per scopo di pubblico interesse" e si conforma ope legis in un diritto reale di uso dell'area di parcheggio in favore del condominio. L'inderogabilità comporta la nullità dei patti contrari e la loro sostituzione con le previsioni della legge. La L. n. 47 del 1985, art. 26, non ha portata innovativa, ma confermativa del regime della L. n. 765 del 1967, proprio in forza del riferimento al vincolo pertinenziale.
In altri termini, il vincolo che grava sulle aree a parcheggio ha natura non solo oggettiva ma anche soggettiva, e si trasferisce, automaticamente, con il trasferimento della titolarità dell'abitazione: è un diritto reale d'uso, di natura pubblicistica, che la legge pone a favore dei condomini del fabbricato cui accede, e limita il diritto di proprietà dell'area.
Peraltro, nel rispetto di tale vincolo, il proprietario può riservarsi la proprietà o cederla a terzi, mentre, qualora nei titoli di acquisto non vi sia stata al riguardo alcuna riserva o sia stato omesso qualunque riferimento, gli spazi destinati a parcheggio vengono ceduti in comproprietà pro quota, quali pertinenze delle singole unità immobiliari secondo il regime previsto dagli artt. 817 e 818 cod. civ., venendo così a fare parte delle cose comuni di cui all'art. 1117 cod. civ. (v., sul punto, tra le altre, Cass. 16.01.2008. n. 730 e 18.07.2003, n. 11261).
3.6. - E', poi, intervenuto nuovamente il legislatore con la legge 24.03.1989, n. 122 (c.d. legge Tognoli).
L'art. 2 di detta legge ha, come si è visto, innanzitutto modificato la L. n. 1150 del 1942, art. 41-sexies, nel senso di aumentare la quantità delle aree da destinare a parcheggio delle nuove costruzioni, portando il rapporto tra tali aree e la volumetria del fabbricato ad un metro quadro per ogni dieci metri cubi di costruzione (considerando, quindi, le aree di parcheggio uno standard urbanistico).
Di più importante rilievo giuridico è l'art. 9, che prevede che "i proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero in locali siti al piano terreno parcheggi da destinarsi a pertinenza delle singole unità immobiliari e ciò anche in deroga agli strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi vigenti" (comma 1), stabilendo la soggezione di tali interventi -anziché a concessione edilizia- a sola autorizzazione gratuita (comma 2, poi sostituito, per effetto dal D.P.R. 27.12.2002, n. 301, art. 137, nel senso della soggezione degli interventi medesimi a denuncia di inizio attività), e richiedendo un quorum ridotto per le delibere condominiali necessarie per l'approvazione degli interventi in oggetto (comma 3). In ogni caso, è previsto che i parcheggi, così realizzati, "non possono essere ceduti separatamente dall'unità immobiliare alla quale sono legati da vincolo pertinenziale. I relativi atti di cessione sono nulli" (comma 4).
Tale normativa, dettata con riferimento ai soli parcheggi costruiti con le agevolazioni della legge c.d. Tognoli, è stata invocata a proprio favore da entrambi gli orientamenti contrapposti.
I fautori della teoria oggettiva, infatti, hanno sostenuto che, se il legislatore del 1989 ha sancito il divieto di circolazione del parcheggio separatamente dall'unità immobiliare di cui questo costituisce pertinenza soltanto con riferimento ai parcheggi costruiti con le agevolazioni previste dalla predetta legge, evidentemente egli ha presupposto che nessun regime vincolistico sussiste per gli altri parcheggi.
I sostenitori della teoria soggettiva, per converso, hanno intravisto nella legge Tognoli la conferma dell'inderogabilità del vincolo soggettivo di destinazione già sancito nella legge ponte. In realtà, l'art. 9 della legge richiamata detta una disciplina vincolistica diversa da quella che, secondo gli stessi fautori della teoria soggettiva, vige per i parcheggi di cui alla legge ponte, i quali possono sicuramente essere alienati separatamente dall'unità immobiliare cui accedono, fermo restando il diritto di uso in capo al proprietario e/o utilizzatore dell'immobile principale.
A ben vedere, la ratio del divieto di circolazione dei parcheggi di cui alla legge Tognoli ben può ravvisarsi nell'intento di evitare speculazioni da parte di chi ha usufruito di speciali deroghe ed agevolazioni per la realizzazione degli stessi.
3.7. - Certo è che il susseguirsi degli interventi legislativi nella materia in oggetto ha fatto evidenziare, secondo dottrina e giurisprudenza, tre diverse tipologie di parcheggi, ciascuna caratterizzata da una propria disciplina:
   a) parcheggi soggetti a vincolo di destinazione, cioè "a utilizzazione vincolata", ai quali inerisce una qualificazione pertinenziale ex lege, in quanto realizzati ai sensi dell'art. 18 della legge ponte (poi integrata dall'art. 26 della legge sul condono);
   b) parcheggi soggetti a vincolo di destinazione e a vincolo di inscindibilità dall'unità principale, cioè "a utilizzazione vincolata" e, al tempo stesso, "a circolazione controllata", perché costruiti in base alla Legge Tognoli (122/1989);
   c) parcheggi non rientranti in tali due specie, soggetti alla regole del diritto comune e, quindi, "a utilizzazione e a circolazione libera", non vincolata in base a speciali limiti (inderogabili) di legge (v. Sezioni unite, sentenza 15.06.2005, n. 12793).
La L. 28.11.2005, n. 246 (Semplificazione e riassetto normativo per l'anno 2005), all'art. 12, comma 9, ha, poi, modificato la L. n. 1150 del 1942, art. 41-sexies, aggiungendovi il comma 2, per effetto del quale "Gli spazi per parcheggi realizzati in forza del primo comma non sono gravati da vincoli pertinenziali di sorta né da diritti d'uso a favore dei proprietari di altre unità immobiliari e sono trasferibili autonomamente da esse".
La norma richiamata -che, come già chiarito da questa Corte, trova applicazione soltanto per il futuro, vale a dire per le sole costruzioni non realizzate o per quelle per le quali, al momento della sua entrata in vigore, non erano ancora state stipulate le vendite delle singole unità immobiliari (Cass. 24.02.2006, n. 4264)- liberalizza, infine, il regime delle aree destinate a parcheggio.
La L. n. 246, è di poco successiva alla già ricordata sentenza 15.06.2005, n. 12793, nella quale le Sezioni unite, nel risolvere un contrasto giurisprudenziale, hanno affermato che i parcheggi realizzati in eccedenza rispetto alla superficie minima richiesta dalla legge non sono soggetti ad alcun diritto d'uso da parte degli acquirenti delle singole unità immobiliari dell'edificio; in tal modo già delimitando quantitativamente il regime vincolistico delle aree in questione.
3.8. - Alla luce della operata ricostruzione del sistema della circolazione degli spazi destinati a parcheggio, può ora esaminarsi la illustrata censura alla decisione della Corte fiorentina: la quale, proprio alla stregua del richiamato quadro normativo e giurisprudenziale, resiste alla censura medesima.
Deve, infatti, confermarsi la correttezza della decisione impugnata sotto il profilo del riconoscimento in favore degli attuali ricorrenti del diritto reale d'uso sull'area destinata a parcheggio nell'immobile di cui si tratta, ma anche -al di là del confuso riferimento, operato dalla sentenza, e valorizzato nel ricorso, ad una pretesa necessità di invitare i proprietari delle unità immobiliari comprese nell'area stessa, asservita in epoca successiva alla vendita delle singole unità, a dichiarare la propria volontà di acquistare il posto auto ovvero di ottenere soltanto il diritto reale d'uso- sotto il profilo del mancato riconoscimento in capo agli stessi ricorrenti di un diritto di comproprietà indivisa sull'area.
Se è pur vero, come dianzi chiarito, che, secondo l'orientamento espresso dalla giurisprudenza di questa Corte, ove non sia stata espressa riserva di proprietà, da parte del costruttore alienante, degli spazi destinati a parcheggio, nel titolo di acquisto, essi vengono ceduti in comproprietà quali pertinenze delle singole unità immobiliari, deve, peraltro, porsi in evidenza che un tal effetto non può conseguire alla vendita di dette unità ove, come nel caso di specie, sia mancato, all'epoca del contratto, l'atto di asservimento, con la concreta indicazione della superficie vincolata. In tale ipotesi, la mancanza di una univoca volontà di assoggettamento al vincolo pertinenziale nei confronti delle unità immobiliari delle aree destinate a parcheggio ubicate nell'edificio non consente di porre le une al servizio delle altre, fermo restando il diritto di uso sulle aree stesse (Corte di Cassazione, Sez. II civile, sentenza 01.08.2008 n. 21003).
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Al riguardo si legga anche:
  
● R. Pasquali, Le aree di parcheggio (28.11.2009 - link a www.libraiuris.it).

EDILIZIA PRIVATAIl reperimento dei posti auto di cui all'art. 41-sexies della L. 1150/1942 va osservato anche nel caso di ristrutturazione edilizia che rende un manufatto oggettivamente diverso da quello preesistente.
L'art. 41-sexies della legge urbanistica (introdotto dall’art. 18, della L. 06.08.1967, n. 765 e, successivamente, modificato dall’art. 2, comma 2, della L. 24.03.1989, n. 122) dispone testualmente che “nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse, debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni 10 metri cubi di costruzione”.
La finalità di tale disciplina sembra evidente: di far sì che dinanzi al progressivo aumento del carico urbanistico sia garantito un numero minimo di parcheggi, tali da soddisfare le esigenze basilari dell'ordinata convivenza perseguita dalla disciplina urbanistica (TAR Liguria, sez. I, 11.07.2007 , n. 1376).
Ora, interpretando tale normativa, la giurisprudenza ha già precisato che se l’intervento di ristrutturazione edilizia conduce alla realizzazione di un edificio da considerare come una “nuova costruzione” rispetto a quella preesistente, si applica tale articolo 41-sexies sulla necessità degli spazi da destinare a parcheggio (Cons. St., sez. V, 22.06.1998 , n. 92) e per “nuova costruzione” si intende non solo la realizzazione di un manufatto su un’area libera, ma anche ogni intervento di ristrutturazione che rende un manufatto oggettivamente diverso da quello preesistente, in ragione dell’entità delle modifiche apportate, tenendo presente che l’oggettiva diversità del manufatto si ha anche per il solo fatto del mutamento della destinazione d’uso implicante la variazione degli standard (TAR Lombardia, Milano, sez. II, 03.03.2006, n. 571).
Ciò posto, nella specie la concessione impugnata è stata assentita per l’esecuzione dei lavori di sopraelevazione e di modifiche del piano terra di un fabbricato plurifamiliare, per cui la nuova costruzione ha comportato un aumento della volumetria del precedente fabbricato, con conseguente aumento del carico urbanistico; sembra, pertanto, evidente che avrebbe dovuto rispettarsi la norma in parola.
Il progettista, invero, al fine ottemperare a quanto disposto da tale art. 41-sexies, ha previsto delle specifiche aree da destinare a parcheggio, ma le ha localizzate -così come dedotto con quarto motivo- su aree irraggiungibili per le autovetture.
Ora, se è pur vero che la normativa in parola stabilisce solo misure quantitative degli spazi aventi tale destinazione, senza statuire alcuna formalità in ordine alla localizzazione delle aree da asservire, onde i parcheggi possono essere realizzati sia in luoghi interni all'edificio, sia al suo piano terreno e perfino in aree esterne, anche se non strettamente adiacenti al fabbricato (Cons. St., sez. V, 18.02.2003, n. 871), una volta effettuata tale scelta dal richiedente la concessione l’Amministrazione, prima di assentire il titolo edilizio richiesto, deve necessariamente verificare che gli appositi spazi da destinare a parcheggi sia idonei allo scopo, cioè che siano collegati o siano collegabili alla viabilità ordinaria, per poter così adempiere in concreto alla specifica funzione sopra indicata.
Nella specie, come sopra esposto, l’attività istruttoria espletata (versata in giudizio dal Comune nel rispetto del termine di venti giorni liberi dall’udienza) ha però escluso che le aree prescelte fossero in concreto raggiungibili dalle autovetture, per cui, in definitiva, sembra evidente l’elusione della normativa contenuta nel predetto art. 41-sexies (TAR Abruzzo-Pescara, sentenza 29.07.2008 n. 702 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Comune di Artena - parere in merito alla possibilità di concedere il frazionamento di un unità immobiliare e applicare la Legge Tognoli n. 122/1999 in zona agricola (Regione Lazio, parere 04.07.2008 n. 212936 di prot.).

EDILIZIA PRIVATA: Sulla possibilità o meno di costruire box interrati (ex lege Tognoli) in fascia di rispetto cimiteriale.
L’art. 338 del Testo unico delle leggi sanitarie di cui al r.d. n. 1265 del 27.07.1934 nonché l’art. 57 del Dpr 10.09.1990 n. 285 vietano l’edificazione nelle aree ricadenti in fascia di rispetto cimiteriale dei manufatti che, per durata, inamovibiltà ed incorporazione al suolo possano qualificarsi come costruzioni edilizie, come tali, incompatibili con la natura dei luoghi e con l’eventuale espansione del cimitero.
Ora, la giurisprudenza ha affermato che in materia di vincolo cimiteriale , la salvaguardia del rispetto dei 200 metri prevista dal citato art. 338 del T.U. del 1934 si pone alla stregua di un vincolo assoluto di inedificabilità, valevole per qualsiasi manufatto edilizio anche ad uso diverso da quello di abitazione e tanto in ragione dei molteplici interessi pubblici nella specie in rilievo relativamente alla tutela delle esigenze di natura igienico-sanitarie e della speciale sacralità dei luoghi (Cons Stato Sezione v 03.05.2007 n. 1933; TAR Veneto Sezione II 06.04.1996 n. 861; Tar Lombardia Sezione II 28/02/1999 n. 167; questo Tar I Sezione 01.10.2007 n. 2903).
Ora, trattandosi di un vincolo assoluto, nella specie non ci si può “giovare” del carattere derogatorio che la norma di cui all’art. 9 della legge n. 122/1989 riconoscerebbe alla realizzazione delle autorimesse interrate, dal momento che anche il manufatto del genere progettato, il parcheggio interrato, ancorché struttura unicamente servente all’uso abitativo, ma comunque posta nell’ambito della fascia di rispetto cimiteriale,rientra tra le costruzioni edilizie del tutto vietate dalla disposizione di cui all’art. 338 citato e tale circostanza, puntualmente rilevata dall’Amministrazione, costituisce motivo giustificativo dell’opposto diniego.
Né vale invocare la portata modificativa della normativa recata dal DPR n. 285 del 1990 (che ha previsto la possibilità di riduzione della fascia di rispetto cimiteriale da 200 mt. a 100 mt.), atteso che essa delinea il regime giuridico unicamente degli interventi di ampliamento dei cimiteri, ma non è questo il caso che ci occupa, sicché, per l’edificazione in questione rimane la misura della fascia di rispetto stabilita in 200mt come fissata dall’art. 338 e il relativo vincolo, ribadito dalla normativa contenuta nel vigente Piano regolatore generale del Comune, è da ritenersi di carattere assoluto (cfr. Tar Sicilia Catania 19.05.2003 n. 791) (TAR Toscana, Sez. III,
sentenza 02.07.2008 n. 1712 - link a www.giustizia-amministrativa.it).
EDILIZIA PRIVATA: Sulla gratuità o meno dei box eccedenti la quota minima prevista per legge.
L’art. 9 della L. 122/1989 prevede testualmente che “I proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti. …”. Tale disposizione, introduttiva di un regime speciale, è stata dettata per promuovere la realizzazione di spazi da adibire a parcheggi o ad autorimesse pertinenziali degli immobili esistenti, in omaggio ad un indiscusso favor legislativo per le opere suscettibili di eliminare il dilagante fenomeno delle autovetture parcheggiate in maniera indiscriminata sulla pubblica via (T.A.R. Lombardia Brescia – 28/01/2002 n. 114). E’ costante in giurisprudenza l’affermazione che la disposizione di cui all'art. 9 della L. 122/1989 disciplina la realizzazione di parcheggi privati, pertinenti alle singole unità abitative dei residenti (Consiglio Stato, sez. VI – 12/12/2006 n. 7340): con la legge “Tognoli” e con la successiva L.r. 22/1999 si è inteso cioè incentivare la realizzazione di parcheggi pertinenziali per decongestionare la viabilità, nel perseguimento dell’interesse pubblico all’ordinato scorrimento del traffico veicolare in corrispondenza degli edifici e nella prospettiva che il posto-auto in prossimità dell’abitazione entri a far parte dell’idea di “unità abitativa” come servizio alla stessa correlato (sentenza Sezione 05/12/2007 n. 1279). Sotto un diverso profilo, se è vero che prima dell’entrata in vigore della L.r. 12/2005 la giurisprudenza interpretava l’art. 9 della L. 122/1999 in senso restrittivo –riconoscendo la gratuità del titolo edificatorio soltanto ai parcheggi da adibire al servizio di edifici già esistenti– in ambito regionale la formulazione ampia dell’art. 2 comma 2 della L.r. 22/1999 (che non distingue i parcheggi a seconda dell’edificio a cui sono collegati) ha autorizzato conclusioni diverse. Mettendosi in relazione l’art. 2 comma 2 della L.r. 22/1999 con l’art. 4, comma 4, della L.r. 60/1977, la Sezione ha rilevato che quest’ultima norma (ora abrogata dalla più ampia disciplina della L.r. 12/2005) era riferibile anche ai nuovi edifici, con la distinzione tra i parcheggi obbligatori e quelli facoltativi, attribuendo implicitamente ai primi una funzione di pubblico interesse e ai secondi una finalità speculativa. Si è ritenuto che, inserendosi in tale contesto, l’art. 2 comma 2 della L.r. 22/1999 abbia mantenuto la distinzione qualificando espressamente come opere di urbanizzazione i parcheggi obbligatori indipendentemente dal fatto che siano collegati o meno a edifici già esistenti. A conferma di questa conclusione la Sezione ha osservato che l’utilità delle opere di urbanizzazione ha carattere oggettivo e riguarda non solo il singolo edificio ma il territorio nel suo insieme, il che rende indifferente il momento in cui i parcheggi sono realizzati (sentenza Sezione 26/09/2007 n. 898).
La disposizione di cui all’art. 69 della L.r. 12/2005 attualmente vigente non distingue tra edifici esistenti e non esistenti, ma stabilisce soltanto che i parcheggi (pertinenziali e non) costituiscono comunque opere di urbanizzazione e il relativo titolo abilitativo è gratuito.
Se dunque l’epoca dell’intervento non è influente ai fini dell’operatività della deroga, la questione investe i parcheggi che superano la percentuale minima prevista dal legislatore il quale, all’art. 41-sexies della L. 1150/1942 ha disposto che “Nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse, debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni 10 metri cubi di costruzione”. L’art. 66 della L.r. 12/2005, rubricato “Localizzazione e rapporto di pertinenza”, statuisce al comma 1 che “I proprietari di immobili e gli aventi titolo sui medesimi possono realizzare nel sottosuolo degli stessi o di aree pertinenziali esterne, …, nuovi parcheggi, da destinarsi a pertinenza di unità immobiliari residenziali e non, posti anche esternamente al lotto di appartenenza, senza limiti di distanza dalle unità immobiliari cui sono legati da rapporto di pertinenza, purché nell'ambito del territorio comunale o in comuni contermini, ai sensi dell'articolo 9 della legge 24.03.1989, n. 122”. E’ necessario accertare se i parcheggi interrati eccedenti la misura minima debbano comunque essere esclusi ai fini del calcolo della superficie coperta. La chiave di lettura è fornita dalle N.T.A. Oltre all’art. 9, soccorre l’art. 13 il quale prevede che “… le costruzioni sotterranee non potranno occupare spazi esterni al perimetro della superficie coperta degli edifici esistenti e in progetto, …., essendo esclusivamente consentita la costruzione di autorimesse nei limiti di 1 mq. di superficie utile ogni 10 mc. di volume calcolato ai sensi del precedente art. 12 …”. L’art. 12 ai sua volta, al comma 4, statuisce che “Sono altresì escluse dal computo del volume le autorimesse private interne all’edificio di altezza media libera non inferiore a m. 2,40 e limitatamente alla superficie di 1 mq. ogni 10 mc. di costruzione”. Il pianificatore comunale ha delimitato l’ambito di applicazione della deroga alla realizzazione dei parcheggi obbligatori, con una scelta che ad avviso del Collegio è conforme alle indicazioni del legislatore. Se è pur vero in via logica che qualunque tipo di parcheggio per autovetture assolve alla medesima funzione di alleviamento del traffico automobilistico, risulta evidente che soltanto per i parcheggi pertinenziali –nei limiti in cui questi si pongono come un obbligo che ha valenza non solo sul piano amministrativo ma anche nei rapporti civili– si pone un regime normativo differenziato del quale l’operatore giuridico non può non tener conto in sede di interpretativa (T.A.R. Friuli Venezia Giulia – 12/06/2006 n. 426). Dunque se gli spazi per parcheggio di natura pertinenziale e obbligatoria non vanno considerati ai fini del calcolo della volumetria complessiva consentita e dalla determinazione della superficie coperta, per gli ulteriori parcheggi è possibile introdurre un distinto regime giuridico, in quanto suscettibili di incrementare il carico urbanistico. In altri termini la disciplina dei parcheggi aggiuntivi appartiene all’autonomia programmatoria comunale ed è il frutto di una scelta ponderata ai fini dell’ottimale assetto del territorio. Del resto, sul piano normativo, il D.P.R. 380/2001 qualifica espressamente come costruzione la realizzazione di manufatti interrati (art. 3 comma 1 lett. e.1), salvo che si tratti di opere pertinenziali; queste ultime sono considerate nuove costruzioni solo qualora siano qualificate tali dalle norme tecniche di attuazione degli strumenti urbanistici, ovvero qualora realizzino comunque un volume superiore al 20% di quello principale (art. 3 comma 1 lett. e.6). Anche la disciplina generale in materia edilizia demanda ai Comuni la potestà di valorizzare o meno l’incidenza dei manufatti pertinenziali. La dedotta costituzione del vincolo pertinenziale sui parcheggi in esame non crea ostacoli alla delineata ricostruzione, in quanto la quota eccedente la misura obbligatoria è come già detto soggetta a libero apprezzamento del pianificatore comunale quanto al possibile (e plausibile) incremento del carico urbanistico (TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 01.07.2008 n. 778 - link a www.giustizia-amministrativa.it).
EDILIZIA PRIVATA: W. Fumagalli, La disciplina urbanistica dei parcheggi in Lombardia - R. Rotoli, Chi può utilizzare i parcheggi privati (AL n. 05/2008).
EDILIZIA PRIVATADeterminazione del costo di costruzione - Superfici destinate a parcheggio nella misura minima imposta per legge - Non computabili a tali fini.
Ai fini della determinazione del costo di costruzione, le superfici destinate a parcheggio, nella misura minima imposta delle vigenti normative in materia, non sono assoggettabili ai fini del calcolo del predetto contributo (cfr. Cons. Stato, Sez. V, sentenza 14.10.1992 n. 987; TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza n. 1930/1997)
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 23.04.2008 n. 1246).
anno 2007
EDILIZIA PRIVATA: Parcheggi pertinenziali - Deroga ex art. 9 L. 122/1989 - Mezzi destinati alle attività produttive - Inammissibilità.
La disposizione di cui all'art. 9 della L. 122/1989 disciplina la realizzazione di parcheggi privati, pertinenti alle singole unità abitative dei residenti: con la legge "Tognoli" e con la successiva L.r. 22/1999 si è inteso cioè incentivare la realizzazione di parcheggi pertinenziali per decongestionare la viabilità, nel perseguimento dell'interesse pubblico all'ordinato scorrimento del traffico veicolare in corrispondenza degli edifici e nella prospettiva che il posto-auto in prossimità dell'abitazione entri a far parte dell'idea di "unità abitativa" come servizio alla stessa correlato. Se è evidente che la normativa invocata regola la mobilità degli autoveicoli dei soggetti privati nelle aree urbane, non è accettabile l'opzione interpretativa che ne estende l'applicazione ai mezzi destinati alle attività produttive, che amplierebbe il regime di favore abbracciando anche i depositi di attrezzature e macchinari aziendali: se è vero che anche per questi si pone un ovvio problema di viabilità, una tale opzione appare del tutto estranea alla ratio delle disposizioni citate in quanto investe fattispecie radicalmente diverse per destinazione d'uso, ingombro e tipo di mobilità (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 05.12.2007 n. 1279 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: L'art. 9 della legge 24.03.1989 n. 122, nel consentire, nel sottosuolo degli immobili o nei locali siti al piano terreno ed anche in deroga alla vigente disciplina urbanistica, parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, si applica solo all'ipotesi di fabbricati già esistenti e non può riguardare le concessioni edilizie rilasciate per realizzare edifici nuovi.
L'art. 9 della legge 24.03.1989 n. 122 (c.d. "legge Tognoli"), nel consentire, nel sottosuolo degli immobili o nei locali siti al piano terreno ed anche in deroga alla vigente disciplina urbanistica, parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, si applica solo all'ipotesi di fabbricati già esistenti e non può riguardare le concessioni edilizie rilasciate per realizzare edifici nuovi, per i quali provvede, invece, il precedente art. 2, comma 2, che –nel sostituire l’art. 41-sexies della L.U. n. 1150/1942- stabilisce l'obbligo di riservare appositi spazi per parcheggi di misura non inferiore a 1 mq. per ogni 10 mc. di costruzione (CDS, Sez. V, 03.06.1996, n. 621) (TAR Veneto, Sez. II, sentenza 22.10.2007 n. 3336 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Non sono assoggettabili al contributo commisurato al costo di costruzione i parcheggi obbligatori ai sensi dell'art. 18 della legge 06.08.1967 n. 765.
In sede di rilascio della concessione edilizia, non sono assoggettabili al contributo commisurato al costo di costruzione i parcheggi obbligatori ai sensi dell'art. 18 della legge 06.08.1967 n. 765 (Sez. V, sent. n. 987 del 14-10-1992, Comune di Milano c. Soc. Naver Immobiliare) che ha aggiunto l’art .41-sexies poi sostituito dall’art. 2 citato: ”Nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse, debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni 10 metri cubi di costruzione (TAR Veneto, Sez. II, sentenza 22.10.2007 n. 3336 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: In ambito regionale la pertinenzialità attualmente non è più un requisito necessario per l’esenzione dagli oneri concessori (art. 69 della LR 12/2005) mentre è ancora richiesta per beneficiare della deroga agli strumenti urbanistici (art. 66 della LR 12/2005).
Per quanto riguarda la classe dell’edificio (ai fini della quantificazione del costo di costruzione), in mancanza (all’epoca dei fatti) di una norma espressa, appare condivisibile la scelta di tenere conto dell’intera SNR (comprese quindi le autorimesse obbligatorie) in quanto le caratteristiche specifiche prese in esame dagli art. 5, 6, 7 del DM 10.05.1977 misurano qualità oggettive che si trasmettono all’edificio nel suo complesso.

Per scegliere tra le ipotesi di calcolo degli oneri concessori individuate dal consulente tecnico è necessario stabilire se i parcheggi privati ricadano nella definizione di opere di urbanizzazione e quindi siano sottoposti al regime di gratuità previsto dagli art. 9 e 11 della legge 122/1989 e dagli art. 1 e 2 della LR 22/1999.
In ambito regionale la questione è ora positivamente risolta dall’art. 69, comma 1, della LR 11.03.2005 n. 12, in base al quale “i parcheggi, pertinenziali e non pertinenziali, realizzati anche in eccedenza rispetto alla quota minima richiesta per legge, costituiscono opere di urbanizzazione e il relativo titolo abilitativo è gratuito”. Il comma 2 dell’art. 69 della LR 12/2005 specifica che “ai fini del calcolo del costo di costruzione, le superfici destinate a parcheggi non concorrono alla definizione della classe dell'edificio”.
Prima dell’entrata in vigore della LR 12/2005, nel periodo in cui si colloca la vicenda in esame, vi era una situazione di incertezza, in quanto la giurisprudenza interpretava l’art. 9 della legge 122/1999 in senso restrittivo riconoscendo la gratuità del titolo edificatorio soltanto ai parcheggi da adibire al servizio di edifici già esistenti (v. CS Sez. V 24.10.2000 n. 5676) ma in ambito regionale la formulazione ampia dell’art. 2, comma 2, della LR 22/1999 (che non distingue i parcheggi a seconda dell’edificio a cui sono collegati) sembrava autorizzare conclusioni diverse. Questa seconda strada appare preferibile.
Pur senza attribuire alla sopravvenuta disposizione dell’art. 69 della LR 12/2005 il valore di norma interpretativa, si può mettere in relazione l’art. 2, comma 2, della LR 22/1999 con l’art. 4, comma 4, della LR 05.12.1977 n. 60, secondo il quale per il calcolo degni oneri relativi agli edifici residenziali “i volumi e gli spazi destinati al ricovero di autovetture non sono computati, salvo che per la quota eccedente quella richiesta obbligatoriamente per parcheggio”.
Quest’ultima norma (ora abrogata dalla più ampia disciplina della LR 12/2005) era riferibile in primo luogo ai nuovi edifici e distingueva tra i parcheggi obbligatori e quelli facoltativi attribuendo implicitamente ai primi una funzione di pubblico interesse e ai secondi una finalità speculativa. Si può ritenere che inserendosi in tale contesto l’art. 2, comma 2, della LR 22/1999 abbia mantenuto la distinzione qualificando espressamente come opere di urbanizzazione i parcheggi obbligatori indipendentemente dal fatto che siano collegati o meno a edifici già esistenti. A conferma di questa conclusione si osserva che l’utilità delle opere di urbanizzazione ha carattere oggettivo e riguarda non solo il singolo edificio ma il territorio nel suo insieme, il che rende indifferente il momento in cui i parcheggi sono realizzati.
Il Comune eccepisce che nel caso in esame non è mai stato formalmente costituito e trascritto un vincolo di pertinenzialità (fatto non contestato) e dunque la disciplina di favore non potrebbe trovare applicazione. Questa tesi non è condivisibile.
Come si è anticipato sopra, in ambito regionale la pertinenzialità attualmente non è più un requisito necessario per l’esenzione dagli oneri concessori (art. 69 della LR 12/2005) mentre è ancora richiesta per beneficiare della deroga agli strumenti urbanistici (art. 66 della LR 12/2005).
Prima della LR 12/2005 la giurisprudenza subordinava in effetti la gratuità alla formazione di un vincolo di pertinenzialità (v. CS Sez. V 22.12.2005 n. 7344). Occorre peraltro osservare che il vincolo può essere costituito anche in un momento successivo rispetto al titolo edificatorio. Inoltre nel caso dei parcheggi collegati a nuovi edifici la pertinenzialità è presunta, nel senso che l’art. 41-sexies, comma 1, della legge 1150/1942 subordina il rilascio del titolo edificatorio alla presenza di una dotazione minima di spazi aventi questa destinazione (nel caso in esame la concessione edilizia del 02.02.2001 richiama espressamente al punto 7 l’obbligo di riservare a parcheggio aree nella misura minima di legge).
Per i parcheggi obbligatori la costituzione di un vincolo di pertinenza non è quindi necessaria agli effetti urbanistici, in quanto il collegamento con l’abitazione principale emerge direttamente dal progetto complessivo dell’intervento edilizio. Il carattere automatico del vincolo può essere osservato anche sul piano civilistico, dove nel caso di riserva della proprietà degli spazi obbligatori di parcheggio da parte del costruttore-venditore sorge ex lege a favore degli acquirenti un diritto reale d'uso. All’epoca dei fatti questa era la situazione consolidata. La formale stipulazione di un vincolo ha assunto rilevanza solo in conseguenza dell’art. 41-sexies, comma 2, della legge 1150/1942 (aggiunto dall’art. 12, comma 9, della legge 28.11.2005 n. 246), il quale per gli edifici realizzati successivamente ha stabilito il principio della libera commerciabilità dei parcheggi pertinenziali (v. Cass. civ. Sez. II 24.02.2006 n. 4264).
Sulla base delle considerazioni svolte sopra appare corretta la soluzione descritta dal consulente tecnico nell’ipotesi b). Il calcolo degli oneri concessori deve quindi essere svolto escludendo il volume e la superficie delle sole autorimesse obbligatorie.
Per quanto riguarda la classe dell’edificio, in mancanza (all’epoca dei fatti) di una norma espressa, appare condivisibile la scelta di tenere conto dell’intera SNR (comprese quindi le autorimesse obbligatorie) in quanto le caratteristiche specifiche prese in esame dagli art. 5, 6, 7 del DM 10.05.1977 misurano qualità oggettive che si trasmettono all’edificio nel suo complesso (TAR Lombardia-Brescia, sentenza 26.09.2007 n. 898 - link a
www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATALa possibilità di realizzare parcheggi da destinare a pertinenze di unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi vigenti è sì prevista dall’art. 9 della legge n. 122/1989, ma in concreto, trattandosi di una disposizione di carattere eccezionale, è applicabile unicamente solo alle aree urbane e non, come a quella delle ricorrenti, alle aree poste in zona extra urbana.
In tale senso si è più volte espressa la giurisprudenza e sul punto il Collegio non ha motivo di discostarsi dal su illustrato orientamento interpretativo.
In particolare, avuto riguardo alle finalità della legge n. 122/1989, collegate all’esigenza di favorire il decongestionamento dei centri urbani mediante la realizzazione di parcheggi in sottosuolo, la norma di cui al citato art. 9 è di stretta interpretazione con la conseguenza che il regime di favore da essa recato è applicabile unicamente alle aree urbane.
Correttamente dunque, l’Amministrazione comunale con gli atti in contestazione ha opposto il proprio diniego rilevando l’impossibilità per un’area sita in zona agricola di realizzare l’autorimessa ai sensi della legge n. 122/1989, come quella, appunto, progettata dalle ricorrenti.

L’immobile in relazione al quale è stata chiesta la realizzazione di un garage nel sottosuolo ai sensi della c.d. “legge Tognoli” è sito in zona agricola (zone boscate normali) e questa circostanza si appalesa decisiva ai fini della non accoglibilità della richiesta avanzata dalle ricorrenti.
Invero, la possibilità di realizzare parcheggi da destinare a pertinenze di unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi vigenti è sì prevista dall’art. 9 della legge n. 122/1989, ma in concreto, trattandosi di una disposizione di carattere eccezionale, è applicabile unicamente solo alle aree urbane e non, come a quella delle ricorrenti, alle aree poste in zona extra urbana.
In tale senso si è più volte espressa la giurisprudenza (Cons. Stato Sezione V 11/11/2004 n. 7324; Tar Veneto Sezione II 06/09/2002 n. 5229, questa stessa Sezione 07/06/2002 n. 1173) e sul punto il Collegio non ha motivo di discostarsi dal su illustrato orientamento interpretativo.
In particolare, avuto riguardo alle finalità della legge n. 122/1989, collegate all’esigenza di favorire il decongestionamento dei centri urbani mediante la realizzazione di parcheggi in sottosuolo, la norma di cui al citato art. 9 è di stretta interpretazione con la conseguenza che il regime di favore da essa recato è applicabile unicamente alle aree urbane (cfr. sentenza n. 1174/2002 di questa Sezione già citata).
Correttamente dunque, l’Amministrazione comunale con gli atti in contestazione ha opposto il proprio diniego rilevando l’impossibilità per un’area sita in zona agricola di realizzare l’autorimessa ai sensi della legge n. 122/1989, come quella, appunto, progettata dalle ricorrenti.
Quanto, poi, al riferimento pure contenuto nel parere contrario della CEC circa la pretesa alterazione dello stato dei luoghi dal punto di vista ambientale, è indubbio che l’immobile è collocato in zona sottoposta a vincolo paesaggistico e comunque, al di là dell’apprezzamento espresso dalla Commissione in ordine "all’impatto ambientale” pure in ipotesi possibile, il diniego di rilascio di concessione risulta legittimamente giustificato e sufficientemente motivato in relazione alla espressa preclusione all’applicabilità della norma di cui all’art. 9 già menzionato per le autorimesse da realizzarsi in area extraurbana.
Per le suesposte considerazioni il ricorso si appalesa infondato e va, perciò, respinto (TAR Toscana, Sez. III, sentenza 29.05.2007 n. 817 -
link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: In zona agricola non è applicabile la normativa della cosiddetta “legge Tognoli” che consente la realizzazione di autorimesse nel sottosuolo anche in deroga gli strumenti urbanistici, essendo questa consentita solo nelle zone residenziali, e ciò a prescindere dall'ulteriore considerazione postulante l'esclusione della deroga in presenza di vincoli ambientali.
Va poi ribadito che trattandosi di intervento in zona agricola non è applicabile, per giurisprudenza pacifica, la normativa della cosiddetta “legge Tognoli” che consente la realizzazione di autorimesse nel sottosuolo anche in deroga gli strumenti urbanistici, essendo questa consentita solo nelle zone residenziali, e ciò a prescindere dall'ulteriore considerazione postulante l'esclusione della deroga in presenza di vincoli ambientali (TAR Veneto, Sez. II, sentenza 02.05.2007 n. 1331 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA1. Determinazione contributo di costruzione - Azionabilità - Termine.
2. Parcheggi pertinenziali obbligatori - Regime di gratuità.

1.
In tema di contributo di costruzione, rientrante nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, la pretesa del privato diretta alla esatta determinazione del contributo dovuto si atteggia come diritto soggettivo, la cui azionabilità, in sede giurisdizionale, non è subordinata né alla impugnativa di un atto amministrativo formale, né all'osservanza del termine perentorio di decadenza, bensì di quello ordinario di prescrizione (cfr. Cons. St., sez. V, 14.12.1994, n. 1471; 16.12.1993, n. 1317 e 31.10.1992, n. 1145).
2. In sede di rilascio della concessione edilizia, non sono assoggettabili al contributo commisurato al costo di costruzione e agli oneri di urbanizzazione i parcheggi c.d. obbligatori fissati dall'art. 41-sexies della legge n. 1150/1942 (cfr. Cons. St., sez. V, n. 987/1992). Il regime di gratuità riguarda, dunque, soltanto i parcheggi di pertinenza delle nuove costruzioni nei limiti della dotazione obbligatoria, che fanno corpo con le stesse o che vengono realizzati in aree pertinenziali (cfr. TAR Lombardia, sez. II, 4324/1999) (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 17.04.2007 n. 1779 - massima tratta da www.solom.it - link a www.giustizia-amministrativa.it).
EDILIZIA PRIVATA: I box -sino al rapporto di 1 mq./10 mc.- non soggiaciono al pagamento del costo di costruzione.
Costituisce orientamento uniforme della giurisprudenza amministrativa quello secondo cui, in sede di rilascio della concessione edilizia, non sono assoggettabili al contributo commisurato al costo di costruzione i parcheggi c.d. obbligatori di cui all'art. 41-sexies della legge n. 1150/1942 (cfr. Cons. St., Sez. V, n. 987/1992).
Il regime di gratuità (oneri + costo di costruzione) riguarda soltanto i parcheggi di pertinenza delle nuove costruzioni nei limiti della dotazione obbligatoria, che fanno corpo con le stesse o che vengono realizzati in aree pertinenziali (cfr. TAR Lombardia-Milano, Sez. II, n. 4324/1999) (TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 29.03.2007 n. 1314).
EDILIZIA PRIVATA: La superficie utilizzata per la realizzazione dei parcheggi (la cui ampiezza non ecceda i minimi fissati dalla legge) non può essere computata per la determinazione degli oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione.
La giurisprudenza amministrativa ha considerato gli spazi di manovra -come, tra l'altro, le rampe di accesso- non computabili come spazi di parcheggio (cfr. TAR Campania-Salerno, n. 2602/2003) e ciò non sembra poter essere revocato in dubbio atteso che tali aree non sono adibite al ricovero degli autoveicoli ma a facilitare l'accesso degli utenti ai relativi box. Gli spazi di manovra, in funzione della funzione di facilitare l'accesso alle autorimesse, sono "serventi" rispetto ai parcheggi tanto che sarebbe paradossale assoggettare tali aree al pagamento degli oneri in argomento quando i garege/box sono esclusi. Non può essere condivisa l'ulteriore conseguenza che il Comune fa discendere dal predetto ragionamento ovvero che gli spazi di manovra concorrono al calcolo della superficie complessiva ai fini dell'assegnazione della classe di edificio e dell'individuazione della aliquota da applicare per determinare il costo di costruzione.
Quanto sopra risulta, poi, confermato dalle previsioni contenute nell'art. 69 della L.R. n. 12/2005 (non applicabile, ratione temporis, alla fattispecie in esame ma espressiva di un principio già esistente ed ora codificato) secondo cui "ai fini del calcolo del costo di costruzione, le superfici destinate a parcheggi non concorrono alla definizione della classe di edificio". Ora, se i parcheggi non concorrono alla definizione della classe di edificio, appare irragionevole affermare il contrario con riferimento agli spazi di manovra i quali, "servendo" -come detto- a facilitare l'accesso degli utenti alle autorimesse, sono esclusi dal calcolo relativo agli oneri di urbanizzazione; da ciò consegue che tali spazi non possono essere computati nella superficie complessiva ai fini della definizione della classe di edificio per la determinazione della classe di edificio per la determinazione del costo di costruzione (TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 21.03.2007 n. 650).
EDILIZIA PRIVATA: Struttura autonoma destinata a parcheggio realizzata con l’edificazione di cinque piani - Edificazione in deroga ex art. 9 legge Tognoli - Applicabilità - Esclusione.
La struttura autonoma destinata a parcheggio, realizzata con l’edificazione di cinque piani fuori terra, non rientra nell’ipotesi di edificazione in deroga agli strumenti urbanistici, di cui alla legge Tognoli (articolo 9 L. 122/1989), ostandovi la stessa lettera della norma, riferita a parcheggi pertinenziali di immobili privati da realizzare nel sottosuolo o nei locali siti al piano terreno dei fabbricati (TRIBUNALE di Cosenza, Sez. II penale,
ordinanza 20.03.2007 - link a www.ambientediritto.it).
EDILIZIA PRIVATAParcheggi eccedenti gli standard di legge - Pagamento contributo commisurato al costo di costruzione-Ammissibilità.
Non sono assoggettati al contributo commisurato al costo di costruzione i parcheggi obbligatori; tale contributo può essere solo preteso per la quota eccedente gli standard di legge (TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 08.03.2007 n. 375 - massima tratta da www.solom.it - link a www.giustizia-amministrativa.it).
EDILIZIA PRIVATAI box in deroga (ex lege Tognoli) possono essere realizzati solamente nelle aree urbane.
La possibilità prevista dall’art. 9 della legge “Tognoli” di realizzare parcheggi da destinare a pertinenze delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti, costituisce, infatti, disposizione di carattere eccezionale, da interpretarsi nel suo significato strettamente letterale ed in considerazione delle finalità del testo legislativo in cui essa è inserita (Cons. Stato, sez. V, 11.11.2004, n. 7325).
Ne deriva che tale disposizione è applicabile alla costruzione di parcheggi nelle sole aree urbane, mentre le consimili iniziative edificatorie nelle aree extraurbane restano assoggettate alle ordinarie prescrizioni urbanistiche ed edilizie (cfr. TAR Toscana, sez. III, 19.12.2000, n. 2533; TAR Veneto, sez. II, 06.09.2002, n. 5229; Cons. Stato, sez. V, 11.11.2004, n. 7325) (TAR Piemonte, Sez. II, sentenza 07.03.2007 n. 1157).

EDILIZIA PRIVATA: In ambito regionale (Lombardia) la pertinenzialità attualmente non è più un requisito necessario per l’esenzione dagli oneri concessori (art. 69 della LR 12/2005) mentre è ancora richiesta per beneficiare della deroga agli strumenti urbanistici (art. 66 della LR 12/2005).
E' necessario stabilire se i parcheggi privati ricadano nella definizione di opere di urbanizzazione e quindi siano sottoposti al regime di gratuità previsto dagli art. 9 e 11 della legge 122/1989 e dagli art. 1 e 2 della LR 22/1999. In ambito regionale la questione è ora positivamente risolta dall’art. 69, comma 1, della LR 11.03.2005 n. 12, in base al quale “i parcheggi, pertinenziali e non pertinenziali, realizzati anche in eccedenza rispetto alla quota minima richiesta per legge, costituiscono opere di urbanizzazione e il relativo titolo abilitativo è gratuito”. Il comma 2 dell’art. 69 della LR 12/2005 specifica che “ai fini del calcolo del costo di costruzione, le superfici destinate a parcheggi non concorrono alla definizione della classe dell'edificio”.
Prima dell’entrata in vigore della LR 12/2005, nel periodo in cui si colloca la vicenda in esame, vi era una situazione di incertezza, in quanto la giurisprudenza interpretava l’art. 9 della legge 122/1999 in senso restrittivo riconoscendo la gratuità del titolo edificatorio soltanto ai parcheggi da adibire al servizio di edifici già esistenti (v. CS Sez. V 24.10.2000 n. 5676) ma in ambito regionale la formulazione ampia dell’art. 2 comma 2 della LR 22/1999 (che non distingue i parcheggi a seconda dell’edificio a cui sono collegati) sembrava autorizzare conclusioni diverse. Questa seconda strada appare preferibile. Pur senza attribuire alla sopravvenuta disposizione dell’art. 69 della LR 12/2005 il valore di norma interpretativa, si può mettere in relazione l’art. 2, comma 2, della LR 22/1999 con l’art. 4 comma 4 della LR 05.12.1977 n. 60, secondo il quale per il calcolo degni oneri relativi agli edifici residenziali “i volumi e gli spazi destinati al ricovero di autovetture non sono computati, salvo che per la quota eccedente quella richiesta obbligatoriamente per parcheggio”.
Quest’ultima norma (ora abrogata dalla più ampia disciplina della LR 12/2005) era riferibile in primo luogo ai nuovi edifici e distingueva tra i parcheggi obbligatori e quelli facoltativi attribuendo implicitamente ai primi una funzione di pubblico interesse e ai secondi una finalità speculativa. Si può ritenere che inserendosi in tale contesto l’art. 2, comma 2, della LR 22/1999 abbia mantenuto la distinzione qualificando espressamente come opere di urbanizzazione i parcheggi obbligatori indipendentemente dal fatto che siano collegati o meno a edifici già esistenti. A conferma di questa conclusione si osserva che l’utilità delle opere di urbanizzazione ha carattere oggettivo e riguarda non solo il singolo edificio ma il territorio nel suo insieme, il che rende indifferente il momento in cui i parcheggi sono realizzati.
Il Comune eccepisce che, nel caso in esame, non è mai stato formalmente costituito e trascritto un vincolo di pertinenzialità (fatto non contestato) e dunque la disciplina di favore non potrebbe trovare applicazione.
Questa tesi non è condivisibile.
Come si è anticipato sopra, in ambito regionale la pertinenzialità attualmente non è più un requisito necessario per l’esenzione dagli oneri concessori (art. 69 della LR 12/2005) mentre è ancora richiesta per beneficiare della deroga agli strumenti urbanistici (art. 66 della LR 12/2005). Prima della LR 12/2005 la giurisprudenza subordinava in effetti la gratuità alla formazione di un vincolo di pertinenzialità (v. CS Sez. V 22.12.2005 n. 7344). Occorre peraltro osservare che il vincolo può essere costituito anche in un momento successivo rispetto al titolo edificatorio. Inoltre nel caso dei parcheggi collegati a nuovi edifici la pertinenzialità è presunta, nel senso che l’art. 41-sexies, comma 1, della legge 1150/1942 subordina il rilascio del titolo edificatorio alla presenza di una dotazione minima di spazi aventi questa destinazione. Per i parcheggi obbligatori la costituzione di un vincolo di pertinenza non è quindi necessaria agli effetti urbanistici, in quanto il collegamento con l’abitazione principale emerge direttamente dal progetto complessivo dell’intervento edilizio. Il carattere automatico del vincolo può essere osservato anche sul piano civilistico, dove nel caso di riserva della proprietà degli spazi obbligatori di parcheggio da parte del costruttore-venditore sorge ex lege a favore degli acquirenti un diritto reale d'uso. All’epoca dei fatti questa era la situazione consolidata. La formale stipulazione di un vincolo ha assunto rilevanza solo in conseguenza dell’art. 41-sexies comma 2 della legge 1150/1942 (aggiunto dall’art. 12 comma 9 della legge 28.11.2005 n. 246), il quale per gli edifici realizzati successivamente ha stabilito il principio della libera commerciabilità dei parcheggi pertinenziali (v. Cass. civ. Sez. II 24.02.2006 n. 4264) (TAR Lombardia-Brescia, sentenza 25.01.2007 n. 898 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2006

EDILIZIA PRIVATA: Il box da realizzarsi al di fuori del perimetro dell’originario fabbricato deve essere completamente interrato non rilevando, per dato letterale e logico inequivocabile, il fatto che la struttura risulti interrata parzialmente su due lati.
L’art. 9 della L. n. 122/1989 distingue a seconda che i parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari siano realizzati all'interno del perimetro del fabbricato esistente ovvero (dopo la modifica di cui all’art. 17 della legge n. 127/1997) in aree pertinenziali esterne.
Nella prima fattispecie, infatti, è ammessa la realizzazione nel sottosuolo degli immobili ovvero nei locali siti al piano terreno; nella seconda fattispecie il parcheggio può essere realizzato unicamente "nel sottosuolo".
In quest’ultima ipotesi rientra il caso di specie.
Ne consegue che il manufatto, da realizzarsi al di fuori del perimetro dell’originario fabbricato, doveva essere completamente interrato non rilevando, per dato letterale e logico inequivocabile, il fatto che la struttura risultasse interrata parzialmente su due lati (cfr. sul punto TAR Toscana, III, 15.01.2004, n. 13; v. anche per alcuni profili Cons. giust. amm. Sicilia, sez. giurisd., 26.06.2000, n. 299).
Più esattamente una tale conclusione trova conforto sul piano letterale nel riferimento alla realizzazione del parcheggio nel solo sottosuolo (senza aperture alla ammissibilità di un parcheggio seminterrato e in contrapposizione alla più ampia deroga nella ipotesi di parcheggio all’interno dell’originario perimetro del fabbricato) e sul piano logico nella natura eccezionale e di stretta interpretazione della norma derogatoria (CGARS, sentenza 27.10.2006 n. 588 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATALa realizzazione di autorimesse e parcheggi destinati al servizio di fabbricati esistenti è soggetta ad autorizzazione gratuita esclusivamente se effettuata totalmente al di sotto del piano di campagna naturale.
Le autorimesse edificate fuori terra non rientrano nell’ambito di operatività dell’art. 9 l. 24.03.1989 n. 122, sicché sono soggette alla disciplina urbanistica come ordinarie nuove costruzioni.

Per quanto riguarda l’autorimessa, in sede progettuale risulta dichiarato che la stessa era costruita ai sensi della legge Tognoli n. 122 del 1989: è quindi presumibile che sulla relativa volumetria non siano stati corrisposti gli oneri concessori, in quanto i parcheggi pertinenziali sono assimilati ad opere di urbanizzazione assentibili gratuitamente (cfr. art. 11 L. n. 122 del 1989 in relazione all’art. 9, lettera f), L. n. 10 del 1977).
Indipendentemente da tale questione, il locale di cui si tratta –risultando non interrato- non rientra nella previsione legale di gratuità della concessione e va quindi computato ai fini della stima dell’incremento.
In tal senso, la Suprema Corte ha osservato che la realizzazione di autorimesse e parcheggi destinati al servizio di fabbricati esistenti è soggetta ad autorizzazione gratuita esclusivamente se effettuata totalmente al di sotto del piano di campagna naturale (Cass. Sez. III n. 26825 del 2003).
Aderisce a tale orientamento la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, rilevando che le autorimesse edificate fuori terra non rientrano nell’ambito di operatività dell’art. 9 l. 24.03.1989 n. 122, sicché sono soggette alla disciplina urbanistica come ordinarie nuove costruzioni (cfr. V Sez. n. 1662 del 2004).
Nel caso in esame, l’esame delle risultanze progettuali e fotografiche induce il Collegio ad escludere che il locale in questione –sostanzialmente scoperto per tre lati– possa qualificarsi come interrato, il che del resto nemmeno gli appellanti pervengono mai a sostenere.
Se a ciò si aggiunge che –come decisivamente rilevato dal comune– il vincolo pertinenziale non risulta mai apposto al manufatto, deve concludersi per la computabilità del relativo volume
(Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 11.10.2006 n. 6065 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATAParcheggi sotterranei: deroga ai regolamenti edilizi e alle norme del codice civile.
La dizione usata dal legislatore nell’art. 9, primo comma, della legge 24.03.1989 n. 122, il quale consente ai proprietari di immobili di realizzare "nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti", deve essere interpretata estensivamente, e quindi come comprensiva anche dei box seminterrati, purché realizzati entro l’area di pertinenza dell’immobile.
La possibilità di derogare agli strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi vigenti rende derogabili anche le norme sulle distanze delle costruzioni dai confini di proprietà, in quanto, a fronte di una disciplina speciale dettata dalla superiore esigenza di contrastare la congestione ambientale, la disciplina delle distanze, preposta alla salvaguardia di interessi prevalentemente privatistici di buon vicinato e di ordinato esercizio della proprietà, deve necessariamente recedere (TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 05.07.2006 n. 1715 - link a www.altalex.com).
EDILIZIA PRIVATALombardia, ancora sulla questione della gratuità o meno dei box.
Dopo l'entrata in vigore della l.r. n. 12/2005, la quale ha testualmente riconosciuto la gratuità dei parcheggi pertinenziali e non -realizzati anche in eccedenza rispetto alla quota minima richiesta per legge, abbiamo notizia dell'unica sentenza secondo cui, implicitamente, avalla la tesi dell'esonero generalizzato dal pagamento del contributo di costruzione (oneri e costo) ma nulla dice se gli stessi concorrano o meno alla determinazione della classe dell'edificio per la quantificazione del costo di costruzione (TAR Lombardia-Brescia, sentenza 03.05.2006 n. 449).
EDILIZIA PRIVATA: Parcheggi - Spazi di manovra - Pagamento oneri di urbanizzazione e costo di costruzione.
La superficie utilizzata per la realizzazione di parcheggi, la cui ampiezza non eccede i minimi fissati dalla legge, non può essere computata per la determinazione degli oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione. Gli spazi di manovra - non computabili come aree di parcheggio -ma tesi a facilitare l'accesso alle autorimesse- sono serventi rispetto ai parcheggi -tanto che sarebbe paradossale assoggettare tali aree al pagamento degli oneri in argomento quando i garage/box sono esclusi.
I parcheggi non concorrono alla definizione della classe di edificio. Appare, pertanto, irragionevole affermare il contrario con riferimento agli spazi di manovra. Gli spazi di manovra, non possono essere computati nella superficie complessiva del complesso immobiliare ai fini della definizione della classe di edificio par la determinazione del costo di costruzione (TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 21.03.2006 n. 650 - massima tratta da www.solom.it).

EDILIZIA PRIVATA: La giurisprudenza ha chiarito che il concetto di “nuova costruzione” di cui all’art. 41-sexies della l. n. 1150/1942 riguarda non solo la realizzazione di un manufatto su un’area libera, ma anche ogni intervento di ristrutturazione che rende un manufatto oggettivamente diverso da quello preesistente, in ragione dell’entità delle modifiche, tenendo presente che l’oggettiva diversità del manufatto, come emerge dall’art. 8 della l. n. 47/1985, si ha per il solo fatto del sussistere di un mutamento della destinazione d’uso implicante la variazione degli standard.
Con il primo motivo di ricorso viene dedotta l’illegittimità del diniego impugnato perché, al contrario di quanto sostenuto dal Comune, alla fattispecie in esame non sarebbe applicabile la disciplina posta in materia di parcheggi dalla l. n. 122/1989.
In particolare, l’art. 2 della l. n. 122 cit., nel modificare il testo dell’art. 41-sexies della l. n. 1150/1942, imporrebbe una dotazione minima di aree destinate a parcheggio (in misura non inferiore a mq. 1 per ogni 10 mc. di costruzione) solo per le nuove costruzioni, ossia per le costruzioni successive all’entrata in vigore della predetta l. n. 122/1989.
Tale disciplina non riguarderebbe, pertanto, l’immobile per cui è stata richiesta la sanatoria, trattandosi di edificio risalente agli anni Venti del Novecento.
La censura non è condivisibile.
Sul punto, infatti, in disparte l’eccezione di inammissibilità sollevata dalla difesa comunale per avere la ricorrente stessa richiesto di soddisfare il fabbisogno di parcheggi indotto dalla destinazione commerciale impressa all’edificio utilizzando il cortile interno di questo, deve ritenersi infondata l’asserzione contenuta nel ricorso circa l’inapplicabilità al caso di specie della disciplina in tema di parcheggi di cui all’art. 41-sexies della l. n. 1150/1942.
Ed infatti, la giurisprudenza ha chiarito che il concetto di “nuova costruzione” di cui all’art. 41-sexies della l. n. 1150/1942 riguarda non solo la realizzazione di un manufatto su un’area libera, ma anche ogni intervento di ristrutturazione che rende un manufatto oggettivamente diverso da quello preesistente, in ragione dell’entità delle modifiche, tenendo presente che l’oggettiva diversità del manufatto, come emerge dall’art. 8 della l. n. 47/1985, si ha per il solo fatto del sussistere di un mutamento della destinazione d’uso implicante la variazione degli standard (C.d.S., Sez. V, 03.02.1999, n. 98; idem, 22.06.1998, n. 921; TAR Emilia Romagna, Bologna, Sez. II, 27.11.2000, n. 940).
Tanto premesso, ritiene il Collegio che nell’ora visto concetto di “nuova costruzione” ex art. 41-sexies cit. vada ricompreso anche l’immobile per cui è causa. Ed infatti, per quest’ultimo si deve ritenere intervenuto al tempo del contratto di locazione con la Villa Belvedere S.r.l., cioè nel 1997 –dunque in epoca successiva all’entrata in vigore della l. n. 122/1989– quel mutamento di destinazione d’uso (da residenziale a commerciale) implicante la variazione degli standard che si è appena visto essere il criterio che consente di qualificare l’intervento appunto come una “nuova costruzione”.
Ne segue che nella fattispecie in esame debbono senz’altro applicarsi i criteri in materia di parcheggi di cui all’art. 41-sexies della l. n. 1150/1942 (
TAR Lombardia-Milano, Sez. II,  sentenza 03.03.2006 n. 571).

anno 2005

EDILIZIA PRIVATA - LAVORI PUBBLICICessione del diritto di superficie su aree pubbliche per la realizzazione di parcheggi.
   ● La legge 24.03.1989 n. 122 e s.m. e la legge regionale Liguria 25.03.1997 n. 10 perseguono entrambe la finalità di promuovere la realizzazione di immobili destinati a parcheggi sia pubblici sia privati, anche al fine di decongestionare il traffico, prevedendo una serie di agevolazioni di natura finanziaria.
   ● Per accedere alle suddette agevolazioni, le amministrazioni interessate, come stabilito dall’art. 3 della legge n. 122/1989, sono tenute a redigere ed approvare il piano urbano dei parcheggi (P.U.P.), indicando le localizzazioni e i dimensionamenti dei parcheggi in relazione ai fabbisogni e al piano urbano del traffico.
   ● I parcheggi definiti “privati” e “pertinenziali”, previsti dai commi 1 e 2 dell’art. 9 della citata legge n. 122/1989, sono privati in senso stretto, in quanto sono realizzati nel sottosuolo o nel piano terreno di immobili privati e sono soggetti a denuncia di inizio attività.
   ● I parcheggi disciplinati dal comma 4 del medesimo articolo non possono ritenersi tali, in quanto, pur previsti per essere destinati a pertinenza di immobili privati, gli stessi vengono realizzati su aree pubbliche e rientrano nella nozione di “opere pubbliche”, che soddisfano esigenze di interesse generale (il decongestionamento del traffico), sono inserite in un atto di programmazione territoriale (P.U.P.) sono opere di urbanizzazione cedute al privato esclusivamente in diritto di superficie e destinate a ritornare, allo scadere del termine di durata del diritto superficiario, in regime di piena proprietà nel patrimonio dell’ente interessato.
   ● Trattandosi di opere pubbliche, per la realizzazione di parcheggi con le caratteristiche sopra richiamate, non può essere costituito sic et simpliciter un diritto di superficie in favore di privati, i quali realizzano a propria cura e spese le relative opere, ma deve necessariamente trovare applicazione la disciplina sui lavori pubblici di cui alla legge 11.02.1994, n. 109 e s.m., con conseguente scelta del costruttore con le procedure ivi contemplate. Per le fattispecie in esame la modalità che correttamente trova applicazione è la concessione di costruzione e gestione.
   ● Gli interventi che interessano aree esterne ad edifici scolastici, impianti sportivi e un parcheggio da cedere in parte allo stesso ente interessato sono qualificabili come opere pubbliche, in quanto direttamente finalizzati alla loro fruibilità da parte della collettività e realizzabili, pertanto, con le procedure indicate nella stessa legge quadro (determinazione 13.10.2005 n. 8 - link a www.autoritalavoripubblici.it).

EDILIZIA PRIVATADeve osservare il Collegio che se “il comma 1 dell'art. 9 l. 24.03.1989 n. 122 (nel testo originario) era stato già interpretato dalla giurisprudenza nel senso che consentisse la realizzazione di parcheggi in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi, anche se collocati in cortili o aree esterne adiacenti al fabbricato, e senza necessità di osservanza delle norme di piano sulle distanze dai confini; interpretazione che poi ha ricevuto il conforto normativo dall'art. 17, comma 90, l. 15.05.1997 n. 127”, allora se ne deve dedurre che non può essere condivisa la tesi (pure sostenuta da alcune pronunce di merito) sulla natura eccezionale della norma e sulla conseguente natura tassativa delle sue previsioni e delle sue elencazioni.
Considerate le finalità di pubblico interesse dei parcheggi a servizio degli edifici residenziali, desumibili dalle disposizioni di cui alla legge 1150/1942, art. 41-sexies, per come modificato dall'art. 18 l. 06.08.1967 n. 765 deve quindi disattendersi l'argomento difensivo della interveniente secondo il quale non sarebbero possibili interpretazioni del termine “sottosuolo”, diverse dal tenore strettamente letterale e compatibili con una condizione del manufatto di “seminterrato”.
In tal senso, la norma è di stretta interpretazione quanto alle condizioni espresse della sua applicazione: essa quindi si applicherà solo con riferimento a posteggi pertinenziali “nel senso che devono essere al servizio di *singole unità immobiliari*” nonché in favore dei soli “residenti”, implicando la coincidenza soggettiva tra i richiedenti ed i proprietari dell'immobile, dal momento che il legislatore ha inteso prevedere la deroga al regime urbanistico e concessorio (ossia introducendo un regime semplificato ed a titolo gratuito) per i soli residenti e non per tutti gli usi dell'immobile come ad es. quello commerciale.
Quanto invece al regime interpretativo del termine “sottosuolo” ritiene il Collegio che non si possa che aderire a quelle massime che considerano il box interrato su due lati come compreso nella sfera di applicazione della norma in esame, riportate dalla difesa della ricorrente, per due ordini di ragioni.
Il primo è testuale. Recita infatti la norma: “I proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti. Tali parcheggi possono essere realizzati, ad uso esclusivo dei residenti, anche nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato, purché non in contrasto con i piani urbani del traffico, tenuto conto dell'uso della superficie sovrastante e compatibilmente con la tutela dei corpi idrici. Restano in ogni caso fermi i vincoli previsti dalla legislazione in materia paesaggistica ed ambientale ed i poteri attribuiti dalla medesima legislazione alle regioni e ai Ministeri dell'ambiente e per i beni culturali ed ambientali…(omississ)”.
La norma pone dunque limiti espressi e precisi, quali condizioni della facoltà dei privati di utilizzare il sottosuolo delle aree pertinenziali: ossia il rispetto dei piani urbani del traffico, il rispetto della tutela paesaggistica ed ambientale e la tutela dei corpi idrici.
All'interno di queste “coordinate” non si comprende quale ragione teleologica possa consentire all'interprete di affermare che il termine “sottosuolo” sia equivalente (con esclusività) alla locuzione “totalmente interrato”. Tale interpretazione appare infatti solo il frutto di una lettura “semantica” del termine, lettura che, anche sotto questo aspetto, presenta peraltro evidenti limiti.
Vero è che, di norma, il termine “sottosuolo” sta ad indicare la porzione di spazio sottostante il piano di calpestio, o di campagna; ma è altrettanto vero che se il terreno è ad andamento non pianeggiante o irregolare, come avviene nel caso di specie ove è pacifico in punto di fatto che attorno alla zona oggetto di insediamento del manufatto, sussistono quote altimetriche differenti, allora nella stessa locuzione indicata non può che intendersi ricompreso anche il senso di “porzioni di spazio sottostante ad alcune quote di livello e coincidenti o sovrastanti ad altre”.
In altri termini e sotto un secondo profilo, quello che appare essenziale, ai fini del rispetto della norma sul punto e delle finalità di decongestione del parcheggio veicolare su strade urbane (elemento, questo sì, di stretta interpretazione laddove la norma non è applicabile in ipotesi di edifici in zona agricola o comunque extraurbani) è che il garage sia realizzato utilizzando aree pertinenziali all'edificio residenziale cui è a servizio, che sia vincolato con destinazione non modificabile, non sia suscettibile cioè di vendita separata e che rispetti le esigenze inderogabili individuate dalla stessa norma.
Nel rispetto di queste, trovano spazio le finalità di preminente interesse pubblico che hanno spinto il legislatore a costituire un regime normativo di favore per incentivare i privati a ricorrere a posteggi “all'esterno” della sede stradale e qualsiasi limitazione alla realizzazione di questo interesse pubblico, diversa dai limiti già previsti dalla norma, deve intendersi come non compatibile con le finalità in esame.
Sotto il profilo ricostruttivo della fattispecie, poi, ai fini delle volumetrie e delle cubature, si richiede che il garage sia posto al di sotto del piano di campagna, ragione per cui si giustifica la deroga allo strumento urbanistico ed al regolamento edilizio. Ma se il piano di calpestio o di campagna è inserito in un contesto ad andatura irregolare, ossia possiede diversi livelli di calpestio, allora deve essere preso a riferimento un piano prevalente, a meno di non voler sostenere che debba essere interamente sottostante al piano più basso in assoluto.
Se dev'essere dunque individuato un piano prevalente, ossia una quota “zero” di riferimento, questo non può che essere individuato in quello dell'abitazione di cui è pertinenza, considerando la destinazione quale vincolo edilizio ed urbanistico atto ad associare la “potenziale” volumetria ad un immobile assentito già esistente e quindi creare un “unicum” edilizio.
Quindi appare condivisibile la tesi della interpretabilità estensiva della norma sul punto del termine “sottosuolo”, secondo la quale ad un box seminterrato (ossia interrato per almeno due lati) è applicabile l'art. 9 cit.; (si aggiunge) che nel caso di un andamento del suolo non pianeggiante, ciò è possibile a patto che il manufatto sia sottostante al piano di calpestio del “piano terra” del fabbricato principale. Ciò che sul piano della fattispecie dedotta in giudizio appare convincente, quanto alla fondatezza della tesi della ricorrente, è che il manufatto è del tutto sottostante alla quota di calpestio del giardino della abitazione cui è a servizio.

I) Con il quarto motivo di ricorso, terzo motivo aggiunto, deduce la ricorrente che l'Amministrazione, nell'annullare il provvedimento ampliativo a suo tempo rilasciato, avrebbe errato nel non considerare applicabile alla fattispecie in esame l'art. 9, comma I, l. 24.03.1989, n. 122. Il provvedimento di annullamento, infatti, sarebbe motivato, in punto di diritto, con riferimento alla circostanza che, non essendo il garage totalmente interrato, non sussisterebbero le condizioni previste dalla legge per l'autorizzazione in deroga alla normativa urbanistica (strumenti urbanistici e regolamento edilizio).
Tale motivazione sarebbe errata in quanto secondo la giurisprudenza richiamata dalla ricorrente (Cons. Stato, V, 03.07.1995 n. 1007 e TAR Piemonte, 04.06.2003, nr. 831) la dizione di cui all'art. 9 cit. sarebbe da interpretarsi estensivamente, ricomprendendo anche la tipologia dei box seminterrati nella sua sfera di applicazione. In punto di fatto, deduce ancora la ricorrente, essendo il manufatto realizzato interrato sui due lati ed inferiore alla quota di calpestio del giardino di proprietà della ricorrente, cui lo stesso garage accede pertinenzialmente, le condizioni imposte dalla norma sarebbero rispettate.
Oppongono l'Amministrazione resistente e l'interveniente che la natura eccezionale della norma invocata dalla ricorrente, ne impone una interpretazione letterale e rigorosa, conducendo l'interprete a dover ritenere che siano ammissibili, quanto ai garage esterni ricadenti su terreno di proprietà, pertinenza dell'edificio, solo il tipo dei garage interamente interrati. Anche la difesa della resistente allega massime giurisprudenziali ad essa favorevoli (cfr. tra le altre TAR Molise, 05.03.2004, nr. 141, TAR Calabria Catanzaro, II, 14.11.2002, n. 2921; CdS, V, 29.03.2004, nr. 1662).
Secondo la difesa del Comune, inoltre, la interpretazione estensiva cui fa riferimento la ricorrente sarebbe stata sostenuta da arresti giurisprudenziali anteriori alla riforma di cui alla legge 127/1997 che ha previsto, all'art. 17, comma 90, la modifica dell'art. 9 della legge 122/1989, inserendo in essa la previsione della possibilità di realizzare i parcheggi interrati nel sottosuolo delle aree pertinenziali; detta riforma avrebbe perciò assorbito (ed esaurito nella sua previsione tassativa e di stretto rigore interpretativo) la portata innovativa delle pronunce cui si rifà il ricorrente. Analogamente, anche la difesa dell'interveniente sostiene la non applicabilità della legge Tognoli al caso di specie, rifacendosi anch'essa a pronunce di segno contrario alla tesi del ricorrente (tra le quali in particolare, CGA, 26.06.2000, nr. 29 che afferma la non applicabilità dell'art. 9 l. cit. a struttura autonoma seppure per due lati interrata).
Nella memoria depositata il 26.04.2005, la ricorrente, oltre a ribadire le proprie argomentazioni difensive, allegando altra pronuncia favorevole (TAR Lazio, Roma, II, 22.05.1998, nr. 979), contesta le tesi difensive delle parti resistenti, deducendo che le massime riportate a loro dimostrazione sono riferibili tutte a situazioni diverse da quella in esame. Particolarmente con riferimento alla decisione del CGA 299/2000, rileva che si tratta di fattispecie di fatto verificatasi prima dell'entrata in vigore della modifica di cui alla legge 127/1997 e quindi con riferimento alla precedente versione dell'art. 9 cit. Gli altri casi sarebbero riconducibili a box interamente fuori terra o effettuati dietro “riporto di terra”.
Le repliche ulteriori delle parti resistenti insistono nella interpretazione del termine “sottosuolo” come inconciliabile con l'esistenza di un manufatto interrato solo per due lati (ed uno di questi riportante una differenza di trenta centimetri).
Come anticipato sopra, la risoluzione della questione in esame appare pregiudiziale rispetto all'esame delle questioni inerenti il punto 2 e 3 del ricorso (e corrispondenti motivi aggiunti), nonché, correlativamente, il punto 4 dei motivi aggiunti.
Osserva il Collegio che, in merito all'applicazione dell'art. 9 della legge 122/1989, le difese delle parti hanno esaustivamente e con chiarezza ricostruito tutti i termini giuridici delle rispettive tesi, suffragandole con ampia giurisprudenza, al punto che in questa sede è sufficiente richiamarne le conclusioni.
Intanto, deve osservare il Collegio che se “il comma 1 dell'art. 9 l. 24.03.1989 n. 122 (nel testo originario) era stato già interpretato dalla giurisprudenza nel senso che consentisse la realizzazione di parcheggi in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi, anche se collocati in cortili o aree esterne adiacenti al fabbricato, e senza necessità di osservanza delle norme di piano sulle distanze dai confini; interpretazione che poi ha ricevuto il conforto normativo dall'art. 17, comma 90, l. 15.05.1997 n. 127” (TAR Campania, Salerno, II 07.04.2003, nr. 243), allora se ne deve dedurre che non può essere condivisa la tesi (pure sostenuta da alcune pronunce di merito) sulla natura eccezionale della norma e sulla conseguente natura tassativa delle sue previsioni e delle sue elencazioni.
Considerate le finalità di pubblico interesse dei parcheggi a servizio degli edifici residenziali, desumibili dalle disposizioni di cui alla legge 1150/1942, art. 41-sexies, per come modificato dall'art. 18 l. 06.08.1967 n. 765 deve quindi disattendersi l'argomento difensivo della interveniente secondo il quale non sarebbero possibili interpretazioni del termine “sottosuolo”, diverse dal tenore strettamente letterale e compatibili con una condizione del manufatto di “seminterrato”.
In tal senso, la norma è di stretta interpretazione quanto alle condizioni espresse della sua applicazione: essa quindi si applicherà solo con riferimento a posteggi pertinenziali “nel senso che devono essere al servizio di *singole unità immobiliari*” (Consiglio Stato, sez. VI, 17.02.2003, n. 844) nonché in favore dei soli “residenti”, implicando la coincidenza soggettiva tra i richiedenti ed i proprietari dell'immobile (TAR Piemonte, I, 05.03.2003, nr. 338), dal momento che il legislatore ha inteso prevedere la deroga al regime urbanistico e concessorio (ossia introducendo un regime semplificato ed a titolo gratuito) per i soli residenti e non per tutti gli usi dell'immobile come ad es. quello commerciale (Consiglio Stato, sez. VI, 17.02.2003, n. 844).
Quanto invece al regime interpretativo del termine “sottosuolo” ritiene il Collegio che non si possa che aderire a quelle massime che considerano il box interrato su due lati come compreso nella sfera di applicazione della norma in esame, riportate dalla difesa della ricorrente, per due ordini di ragioni.
Il primo è testuale. Recita infatti la norma: “I proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti. Tali parcheggi possono essere realizzati, ad uso esclusivo dei residenti, anche nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato, purché non in contrasto con i piani urbani del traffico, tenuto conto dell'uso della superficie sovrastante e compatibilmente con la tutela dei corpi idrici. Restano in ogni caso fermi i vincoli previsti dalla legislazione in materia paesaggistica ed ambientale ed i poteri attribuiti dalla medesima legislazione alle regioni e ai Ministeri dell'ambiente e per i beni culturali ed ambientali…(omississ)”.
La norma pone dunque limiti espressi e precisi, quali condizioni della facoltà dei privati di utilizzare il sottosuolo delle aree pertinenziali: ossia il rispetto dei piani urbani del traffico, il rispetto della tutela paesaggistica ed ambientale e la tutela dei corpi idrici.
All'interno di queste “coordinate” non si comprende quale ragione teleologica possa consentire all'interprete di affermare che il termine “sottosuolo” sia equivalente (con esclusività) alla locuzione “totalmente interrato”. Tale interpretazione appare infatti solo il frutto di una lettura “semantica” del termine, lettura che, anche sotto questo aspetto, presenta peraltro evidenti limiti.
Vero è che, di norma, il termine “sottosuolo” sta ad indicare la porzione di spazio sottostante il piano di calpestio, o di campagna; ma è altrettanto vero che se il terreno è ad andamento non pianeggiante o irregolare, come avviene nel caso di specie ove è pacifico in punto di fatto che attorno alla zona oggetto di insediamento del manufatto, sussistono quote altimetriche differenti, allora nella stessa locuzione indicata non può che intendersi ricompreso anche il senso di “porzioni di spazio sottostante ad alcune quote di livello e coincidenti o sovrastanti ad altre”.
In altri termini e sotto un secondo profilo, quello che appare essenziale, ai fini del rispetto della norma sul punto e delle finalità di decongestione del parcheggio veicolare su strade urbane (elemento, questo sì, di stretta interpretazione, cfr. TAR Veneto, II, 06.09.2002, nr. 5229, secondo il quale la norma non è applicabile in ipotesi di edifici in zona agricola o comunque extraurbani) è che il garage sia realizzato utilizzando aree pertinenziali all'edificio residenziale cui è a servizio, che sia vincolato con destinazione non modificabile, non sia suscettibile cioè di vendita separata e che rispetti le esigenze inderogabili individuate dalla stessa norma.
Nel rispetto di queste, trovano spazio le finalità di preminente interesse pubblico che hanno spinto il legislatore a costituire un regime normativo di favore per incentivare i privati a ricorrere a posteggi “all'esterno” della sede stradale e qualsiasi limitazione alla realizzazione di questo interesse pubblico, diversa dai limiti già previsti dalla norma, deve intendersi come non compatibile con le finalità in esame.
Sotto il profilo ricostruttivo della fattispecie, poi, ai fini delle volumetrie e delle cubature, si richiede che il garage sia posto al di sotto del piano di campagna, ragione per cui si giustifica la deroga allo strumento urbanistico ed al regolamento edilizio. Ma se il piano di calpestio o di campagna è inserito in un contesto ad andatura irregolare, ossia possiede diversi livelli di calpestio, allora deve essere preso a riferimento un piano prevalente, a meno di non voler sostenere che debba essere interamente sottostante al piano più basso in assoluto.
Se dev'essere dunque individuato un piano prevalente, ossia una quota “zero” di riferimento, questo non può che essere individuato in quello dell'abitazione di cui è pertinenza, considerando la destinazione quale vincolo edilizio ed urbanistico atto ad associare la “potenziale” volumetria ad un immobile assentito già esistente e quindi creare un “unicum” edilizio.
Quindi appare condivisibile la tesi della interpretabilità estensiva della norma sul punto del termine “sottosuolo”, secondo la quale ad un box seminterrato (ossia interrato per almeno due lati) è applicabile l'art. 9 cit.; (si aggiunge) che nel caso di un andamento del suolo non pianeggiante, ciò è possibile a patto che il manufatto sia sottostante al piano di calpestio del “piano terra” del fabbricato principale. Ciò che sul piano della fattispecie dedotta in giudizio appare convincente, quanto alla fondatezza della tesi della ricorrente, è che il manufatto è del tutto sottostante alla quota di calpestio del giardino della abitazione cui è a servizio.
Tale circostanza, oltre che pacifica nelle ricostruzioni descrittive dello stato dei luoghi contenute negli atti dell'Amministrazione e nelle deduzioni delle parti, è del pari resa con immediata evidenza nella produzione fotografica allegata alla relazione depositata con il ricorso - punto 14, fotografia nr. 4 e 5, lati est e nord ad opera ultimata.
Dall'esame degli atti si evince chiaramente che il manufatto possiede i due lati interrati ed è sottostante il piano del giardino dell'edificio cui è a servizio, costituendone una parte integrante non suscettibile di essere considerata un corpo aggiunto o un volume. Sul punto, non vale osservare, come fanno le resistenti, che circa uno dei due lati interrati esiste una differenza di 30 cm rispetto al piano di calpestio; a parte la rilevanza della differenza ai fini del regime applicabile in tema di difformità tra il titolo ed il manufatto, aspetto sul quale si tornerà oltre, si deve osservare che un eventuale dislivello minimo e contenuto tra il manufatto stesso ed il piano di calpestio, può apparire rilevante solo ad una lettura formale ed acritica della norma che dimentichi la necessaria valorizzazione delle esigenze di interesse pubblico ampiamente illustrate sopra.
Da tutti questi aspetti deriva che il ricorso, sul punto, è fondato; ne dovrebbe derivare, a rigore, anche una pronuncia di “assorbimento” dei motivi indicati in ricorso al punto 2 (e punto 1 dei motivi aggiunti), in quanto, all'evidenza, la insussistenza del profilo di illegittimità del provvedimento annullato rende superflua ogni considerazione in ordine alla necessità che il provvedimento di annullamento sia sostenuto dalle motivazioni attuali circa l'interesse pubblico.
Tuttavia, il collegio ritiene di dover rilevare in merito a ciò un aspetto particolare, legato alla ricostruzione della normativa applicabile per come sopra indicata
(TAR Sicilia-Catania, Sez. I, sentenza 03.10.2005 n. 1531 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2004

EDILIZIA PRIVATA: La possibilità di realizzare parcheggi da destinare a pertinenze delle singole unità immobiliari anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti, consentita dall'art. 9 l. n. 122 del 1989 (c.d. Legge Tognoli) costituisce disposizione di carattere eccezionale da interpretarsi nel suo significato strettamente letterale ed in considerazione delle finalità della legge nel cui contesto risulta inserita.
Pertanto tale articolo è applicabile alla costruzione di spazi parcheggio nelle sole aree urbane, mentre la realizzazione di parcheggi in aree extraurbane resta soggetta alle ordinarie prescrizioni urbanistiche ed edilizie necessitando della normale concessione edilizia.

3. E’ inconferente il richiamo operato dall’odierno appellante alle previsioni racchiuse nella L. n. 122/1989.
Invero, la possibilità di realizzare parcheggi da destinare a pertinenze delle singole unità immobiliari anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti, consentita dall'art. 9 l. n. 122 del 1989 (c.d. Legge Tognoli), costituisce disposizione di carattere eccezionale da interpretarsi nel suo significato strettamente letterale ed in considerazione delle finalità della legge nel cui contesto risulta inserita.
Pertanto tale articolo è applicabile alla costruzione di spazi parcheggio nelle sole aree urbane, mentre la realizzazione di parcheggi in aree extraurbane resta soggetta alle ordinarie prescrizioni urbanistiche ed edilizie necessitando della normale concessione edilizia
(Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 11.11.2004 n. 7325 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: L'art. 9 l. 122/1989 è applicabile alla costruzione di spazi parcheggio (ndr: in deroga) nelle sole aree urbane, mentre la realizzazione di parcheggi in aree extraurbane resta soggetta alle ordinarie prescrizioni urbanistiche ed edilizie necessitando della normale concessione edilizia.
La possibilità di realizzare parcheggi da destinare a pertinenze delle singole unità immobiliari anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti, consentita dall'art. 9 l. n. 122 del 1989 (c.d. Legge Tognoli), costituisce disposizione di carattere eccezionale da interpretarsi nel suo significato strettamente letterale ed in considerazione delle finalità della legge nel cui contesto risulta inserita.
Pertanto tale articolo è applicabile alla costruzione di spazi parcheggio nelle sole aree urbane, mentre la realizzazione di parcheggi in aree extraurbane resta soggetta alle ordinarie prescrizioni urbanistiche ed edilizie necessitando della normale concessione edilizia
(Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 11.11.2004 n. 7324 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: Sulla gratuità o meno (del costo di costruzione) dei parcheggi.
L’inserimento delle autorimesse nella superficie non residenziale è determinante per individuare la classe dell’edificio e a cascata gli altri elementi del calcolo. La scelta del Comune di prendere in considerazione anche le autorimesse appare corretta, in quanto nel caso in esame si tratta di parcheggi collegati a una nuova costruzione e quindi obbligatori (nella misura minima di 1 mq per ogni 10 mc. di costruzione) in base all’art. 41-sexies della legge 17.08.1942 n. 1150 (come sostituto dall’art. 2 della legge 122/1989).
Si può ritenere (aderendo a CS V Sez. 24.10.2000 n. 5676) che l’art. 41-sexies della legge 1150/1942 sia riferibile solo alle nuove costruzioni, e che per converso gli art. 9 e 11 della legge 122/1989, i quali prevedono rispettivamente la possibilità di realizzare parcheggi pertinenziali anche in deroga alla vigente disciplina urbanistica e l’esclusione di tali lavori dagli oneri di concessione, siano applicabili soltanto agli edifici esistenti. La norma sulla gratuità ha infatti un valore incentivante per la modifica di situazioni già consolidate, mentre non avrebbe alcun significato con riferimento alle nuove costruzioni, dove la realizzazione dei parcheggi è un obbligo ex lege.
La stessa ripartizione tra edifici esistenti e nuove costruzioni può essere rinvenuta, per i profili che qui interessano, negli art. 1 e 2 della LR 22/1999. In effetti le norme regionali consentono maggiori possibilità di localizzazione dei parcheggi pertinenziali rispetto alla legge nazionale, ma riconducono espressamente queste facoltà nello schema dell’art. 9 della legge 122/1989. L’art. 2, comma 2, della L.R. 22/1999, che qualifica i parcheggi come opere di urbanizzazione ai fini della gratuità del titolo autorizzatorio, ha quindi una funzione incentivante analoga a quella dell’art. 11 delle legge 122/1989. D’altra parte si può ritenere che se il legislatore regionale avesse voluto innovare la disciplina statale parificando le nuove abitazioni a quelle esistenti avrebbe utilizzato formule chiare in questo senso. I richiami alla legge 122/1989 autorizzano invece a ritenere che la legge regionale, pur incentivando ulteriormente la creazione di parcheggi, abbia mantenuto l’impostazione delle norme statali.
Occorre infine considerare che nel caso in esame le autorimesse sono destinate a un uso esclusivamente privato. Non esiste quindi la possibilità di qualificarle in via autonoma come opere di urbanizzazione in conseguenza di una qualche utilità pubblica (TAR Lombardia-Brescia, sentenza 11.10.2004 n. 1270).

EDILIZIA PRIVATA: Pur dovendosi condividere l’orientamento espresso dalla Sezione nell’invocato precedente, che identifica il concetto di «nuova costruzione» di cui all'art. 41-sexies L. 17.08.1942 n. 1150 con ogni intervento di ristrutturazione che rende il fabbricato (o una sua porzione) oggettivamente diverso da quello preesistente, in considerazione dell'entità delle modifiche e del mutamento della destinazione di uso cui esse sono finalizzate, occorre anche rilevare che non tutte le modificazioni della destinazione d’uso comportano, per ciò stesso, la variazione per eccesso degli standard.
Se dunque, nel caso deciso con il citato precedente giurisprudenziale (trasformazione di un capannone industriale in immobile destinato a residenza, ad uffici o ad attività commerciali), alla necessità della concessione si accompagna anche l’altrettanto necessaria rideterminazione degli standard, è anche evidente che tale rideterminazione non si rende necessaria allorché il mutamento d’uso riguardi una porzione dell’edificio già ab origine gravato dalla riserva (per esserne stata autorizzata la realizzazione in vigenza della normativa che l’impone), e le modificazioni non siano tali che comportare, per i profili urbanistici, esigenze eccedenti quelle derivanti dalla originaria destinazione.

Pretestuosa è infine la censura di violazione dell’art. 41-sexies della legge n. 1150 del 1942, modificato dalla L. n. 122 del 1989 e successive modificazioni di eccesso di potere per travisamento dei fatti e difetto di istruttoria, sollevata con il ricorso introduttivo con riferimento al mancato accertamento in ordine alla sussistenza di apposito spazio da destinare a parcheggio.
E’ appena il caso di ricordare che l’edificio cui inerisce la porzione di fabbricato di cui è stato concesso il mutamento di destinazione d’uso è stato realizzato compiutamente sulla base di licenza edilizia del 24.04.1968, allorché, dunque, era già operativo il disposto dell'art. 18 della legge n. 765 del 1967 (che ha aggiunto l'art. 41-sexies alla L. 17.08.1942, n. 1150), in forza del quale "nelle nuove costruzioni ed anche nelle aree di pertinenza delle costruzioni stesse debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni venti metri cubi di costruzione".
Ne consegue che il locale a piano terra, originariamente destinato a negozio (e costituente pertanto, per i fini che interessano) costituisce una porzione che (sebbene destinata al terziario piuttosto che ad abitazione) è stata fatta oggetto di computo ai fini della riserva a parcheggio delle aree cui era già condizionata, la tempo, la licenza di costruzione.
Pur dovendosi condividere l’orientamento espresso dalla Sezione nell’invocato precedente (Sez. V, n. 98 del 03.02.1999), che identifica il concetto di «nuova costruzione» di cui all'art. 41-sexies L. 17.08.1942 n. 1150 con ogni intervento di ristrutturazione che rende il fabbricato (o una sua porzione) oggettivamente diverso da quello preesistente, in considerazione dell'entità delle modifiche e del mutamento della destinazione di uso cui esse sono finalizzate, occorre anche rilevare che non tutte le modificazioni della destinazione d’uso comportano, per ciò stesso, la variazione per eccesso degli standard.
Se dunque, nel caso deciso con il citato precedente giurisprudenziale (trasformazione di un capannone industriale in immobile destinato a residenza, ad uffici o ad attività commerciali), alla necessità della concessione si accompagna anche l’altrettanto necessaria rideterminazione degli standard, è anche evidente che tale rideterminazione non si rende necessaria allorché il mutamento d’uso riguardi una porzione dell’edificio già ab origine gravato dalla riserva (per esserne stata autorizzata la realizzazione in vigenza della normativa che l’impone), e le modificazioni non siano tali che comportare, per i profili urbanistici, esigenze eccedenti quelle derivanti dalla originaria destinazione.
Orbene, da nessuna parte risulta prescritto che dal computo della percentuale di riserva, di cui al più volte citato art,. 41-sexies, dovesse essere scorporata la quota del piano terra destinato a negozi, cosicché la destinazione ad abitazione, piuttosto che a negozio della porzione considerata è del tutto indifferente ai fini del computo prescritto dalla norma citata, con conseguente mancanza di fondamento della esaminata censura (
Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 27.09.2004 n. 6297).

EDILIZIA PRIVATA: La realizzazione dei parcheggi “anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti” è possibile solo nel caso di necessaria preesistenza dell’edificio residenziale, a servizio del quale il parcheggio dovrebbe essere destinato.
La realizzazione dei parcheggi “anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti” è possibile, in considerazione del persistente orientamento giurisprudenziale, nel caso di necessaria preesistenza dell’edificio residenziale, a servizio del quale il parcheggio dovrebbe essere destinato (TAR Liguria, Sez. I n. 310 del 18.03.2002; TAR Basilicata, n. 169 del 19.02.2003; TAR Lombardia, Milano, sez. II n. 115 del 23.01.2003; Cons. Stato, sez. V, n. 5676 del 24.10.2000).
In particolare, il Collegio rileva che la modifica normativa disposta dall'art. 17, comma 90, l. 15.05.1997, n. 127 non contiene alcun elemento che possa indurre a ritenere l’applicabilità dell’art. 9 in esame ai nuovi fabbricati, mentre la giurisprudenza da ultimo citata (Cons. Stato, sez. V, n. 5676 del 24.10.2000) ha avuto modo di precisare che l'art. 9 l. 24.03.1989 n. 122, non può riguardare le concessioni edilizie rilasciate per realizzare edifici nuovi, per i quali provvede, invece, il precedente art. 2 comma 2, che, nel sostituire l'art. 41-sexies l. 17.08.1942 n. 1150, stabilisce l'obbligo di riservare appositi spazi per parcheggi di misura non inferiore a 1 mq. per ogni 10 mq. di costruzione
(TAR Sicilia-Palermo, Sez. I, sentenza 22.04.2004 n. 702 - link a www.giustizia-amministrativa.it).
anno 2003

EDILIZIA PRIVATA - URBANISTICAGli spazi di cui al D.M. 02.04.1968 sono aggiuntivi e non sostitutivi di quelli imposti dall'art. 18 della legge 06.08.1967 n. 675 (la cui misura è stata successivamente modificata dalla legge n. 112/1989) commisurati a 1 mq. ogni 10 mc. di edificio.
Infatti, mentre i primi sono disciplinati dall'art. 41-quinquies, ottavo comma, i secondi sono previsti dall'art. 41-sexies della l. 17.08.1942 n. 1150.
Mentre quelli di cui alla prima disposizione sono qualificati come aree pubbliche da conteggiarsi ai fini della dotazione di "standard", i parcheggi di cui al successivo art. 41-sexies sono qualificati come aree private pertinenziali alle nuove costruzioni, di guisa che l'art. 3, comma 2, lett. d), del D.M. 02.04.1968 espressamente li esclude dal computo nel calcolo della misura degli "standard".
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In relazione alla c.d. monetizzazione degli standard, occorre richiamare l'art. 12, lett. a), della legge regionale 05.12.1977 n. 60, il quale stabilisce che, qualora l'acquisizione delle aree necessarie per le opere di urbanizzazione primaria e per le attrezzature pubbliche e di uso pubblico "non venga ritenuta opportuna dal comune in relazione alla loro estensione, conformazione o localizzazione, ovvero in relazione ai programmi comunali di intervento, la convenzione può prevedere, in alternativa totale o parziale della cessione, che all'atto della stipula i lottizzanti corrispondano al comune una somma commisurata all'utilità economica conseguita per effetto della mancata cessione e comunque non inferiore al costo dell'acquisizione di altre aree".
La legislazione regionale àncora la monetizzazione a precisi presupposti, considerato che la monetizzazione presuppone comunque un'offerta di aree, restando in facoltà del Comune disporne la commutazione sulla base di un apprezzamento complesso, che investe: da un lato l'idoneità o meno delle aree offerte, in funzione dell'uso pubblico cui verrebbero destinate; dall'altro, la possibilità di acquisire aree alternative (monetizzazione a carico del lottizzante) per mantenere invariato il livello di dotazione standard richiesto dal piano regolatore (livello che non può comunque scendere al di sotto del minimo legale).
Si tratta, dunque di una facoltà discrezionale del Comune, non di un diritto del privato, il quale non può ritenersi esente dall'onere di individuare le aree da computare in quota standard.

Infine, va disattesa la contestazione relativa agli spazi per parcheggi.
Il D.M. 02.04.1968, emesso in attuazione dell'art. 41-quinquies, comma ottavo e nono della l. 17.08.1942 n. 1150 (come introdotto dall'art. 17 della l. 06.08.1967 n. 765), disciplina i cosiddetti standard urbanistici ed edilizi.
In particolare, per quanto in questa sede interessa, l'art. 5 di tale Decreto individua i rapporti massimi tra gli spazi destinati agli insediamenti produttivi e gli spazi pubblici destinati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi, prescrivendo che:
1) nei nuovi insediamenti di carattere industriale o ad essi assimilabili compresi nelle zone D) la superficie da destinare a spazi pubblici o destinata ad attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi (escluse le sedi viarie) non può essere inferiore al 10% dell'intera superficie destinata a tali insediamenti;
2) nei nuovi insediamenti di carattere commerciale e direzionale, a 100 mq. di superficie lorda di pavimento di edifici previsti, deve corrispondere la quantità minima di 80 mq. di spazio, escluse le sedi viarie, di cui almeno la metà destinata a parcheggi (in aggiunta a quelli di cui all'art. 18 della legge n. 765); tale quantità, per le zone A) e B) è ridotta alla metà, purché siano previste adeguate attrezzature integrative.
Va chiarito che gli spazi di cui al cit. D.M. sono aggiuntivi e non sostitutivi di quelli imposti dall'art. 18 della legge 06.08.1967 n. 675 (la cui misura è stata successivamente modificata dalla legge n. 112/1989) commisurati a 1 mq. ogni 10 mc. di edificio.
Infatti, mentre i primi sono disciplinati dall'art. 41-quinquies, ottavo comma, i secondi sono previsti dall'art. 41-sexies della l. 17.08.1942 n. 1150.
Mentre quelli di cui alla prima disposizione sono qualificati come aree pubbliche da conteggiarsi ai fini della dotazione di "standard", i parcheggi di cui al successivo art. 41-sexies sono qualificati come aree private pertinenziali alle nuove costruzioni, di guisa che l'art. 3, comma 2, lett. d), del D.M. 02.04.1968 espressamente li esclude dal computo nel calcolo della misura degli "standard".
Nella regione Lombardia, l'art. 22 della legge regionale n. 51 del 15.04.1975 ha previsto che "la dotazione minima di standard funzionali ai nuovi insediamenti di carattere commerciale - stabilita dall'art. 5 del D.M. n. 1444 in misura dell'80% della superficie lorda di pavimento è elevata al 100%. Di tali aree almeno la metà dovrà essere destinata a parcheggi di uso pubblico".
È evidente la ratio di tali disposizioni: dato che i centri commerciali richiamano un elevato numero di consumatori è necessario -al fine di evitare disfunzioni e pericoli alla circolazione stradale e turbative alle proprietà che potrebbero essere causate dall'ingente numero di veicoli che in tali luoghi affluiscono- predisporre in loco un congruo numero di spazi destinati al parcheggio.
In relazione alla c.d. monetizzazione degli standard, occorre richiamare l'art. 12, lett. a), della legge regionale 05.12.1977 n. 60, il quale stabilisce che, qualora l'acquisizione delle aree necessarie per le opere di urbanizzazione primaria e per le attrezzature pubbliche e di uso pubblico "non venga ritenuta opportuna dal comune in relazione alla loro estensione, conformazione o localizzazione, ovvero in relazione ai programmi comunali di intervento, la convenzione può prevedere, in alternativa totale o parziale della cessione, che all'atto della stipula i lottizzanti corrispondano al comune una somma commisurata all'utilità economica conseguita per effetto della mancata cessione e comunque non inferiore al costo dell'acquisizione di altre aree".
La legislazione regionale àncora la monetizzazione a precisi presupposti, considerato che la monetizzazione presuppone comunque un'offerta di aree, restando in facoltà del Comune disporne la commutazione sulla base di un apprezzamento complesso, che investe: da un lato l'idoneità o meno delle aree offerte, in funzione dell'uso pubblico cui verrebbero destinate; dall'altro, la possibilità di acquisire aree alternative (monetizzazione a carico del lottizzante) per mantenere invariato il livello di dotazione standard richiesto dal piano regolatore (livello che non può comunque scendere al di sotto del minimo legale).
Si tratta, dunque di una facoltà discrezionale del Comune, non di un diritto del privato, il quale non può ritenersi esente dall'onere di individuare le aree da computare in quota standard.
Si comprende, quindi, che la Giunta regionale là dove ha affermato la palese inopportunità della disposta monetizzazione ha utilizzato detto termine in senso improprio, avendo inteso, in realtà, censurare sotto il profilo della legittimità la mancanza dei presupposti nella specie per addivenirsi alla monetizzazione, derivante dalla mancata individuazione, da parte del Comune, in altre zone del proprio territorio, di aree idonee ad integrare le superfici a standard indotte dall’intervento in questione
(TAR Lombardia-Brescia, sentenza 23.06.2003 n. 870).

EDILIZIA PRIVATAL'art. 9 della l. n. 122/1989 si applica esclusivamente all’ipotesi di fabbricati preesistenti all’entrata in vigore della L. 24.03.1989, n. 122.
La giurisprudenza amministrativa ha ripetutamente, e persuasivamente, chiarito (cfr., tra le tante, Cons. Stato, V Sez., n. 1185 del 27.09.1999 e n. 621 del 03.06.1996; TAR Veneto 12.05.2000, n. 1007; TAR Lombardia 22.03.1999, n. 870; TAR Toscana, III Sez., 04.02.1998, n. 16) che l'art. 9 della l. n. 122/1989 si applica esclusivamente all’ipotesi di fabbricati preesistenti, e non può pertanto trovare applicazione per la realizzazione di garages a servizio di edifici nuovi (cioè di quelli costruiti dopo l’entrata in vigore della citata L. 24.03.1989, n. 122).
Ciò è dimostrato non solo dalla stessa formulazione del primo comma della norma in esame, il quale riferendosi ai “..proprietari di immobili..” , attribuendo loro la facoltà di realizzare i nuovi parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari anche in deroga agli strumenti urbanistici, intende evidentemente consentire la deroga stessa solo in favore degli immobili già esistenti, ma anche dal successivo terzo comma della disposizione medesima che prescrive la necessaria approvazione, ai fini di cui trattasi, da parte dell’assemblea di condominio (salvo che si tratti di proprietà non condominiale).
La ratio della normativa di favore contenuta nel richiamato art. 9 è, evidentemente, quella di dotare gli immobili (già esistenti) di più ampi spazi per parcheggi.
Laddove, per le nuove costruzioni da realizzare, la medesima finalità è stata invece perseguita a mezzo del precedente art. 2, comma 2°, della L. n° 122/1989 che, modificando la originaria misura (pari a un metro quadrato di spazio per parcheggi per ogni 20 metri cubi di costruzione) indicata dall’art. 41-sexies della L. n° 1150/1942, ha fissato il rapporto in misura pari a un metro quadrato per ogni 10 metri cubi di costruzione
(TAR Basilicata, sentenza 19.02.2003 n. 169 - link a www.giustizia-amministrativa.it).
anno 2002

EDILIZIA PRIVATAL’art. 9 legge n. 122/1989, introducendo una deroga alla disciplina urbanistica, deve considerarsi norma di carattere eccezionale e come tale deve essere interpretata con specifico riferimento alla finalità perseguita dalla legge citata (risoluzione dei problemi relativi ai parcheggi nelle aree urbane)..
Conseguentemente l’operatività della stessa non può ritenersi estesa anche alle zone agricole.

... considerato che l’art. 9 legge n. 122/1989, introducendo una deroga alla disciplina urbanistica, deve considerarsi norma di carattere eccezionale e come tale deve essere interpretata con specifico riferimento alla finalità perseguita dalla legge citata (risoluzione dei problemi relativi ai parcheggi nelle aree urbane); conseguentemente l’operatività della stessa non può ritenersi estesa anche alle zone agricole (TAR Veneto, Sez. II, sentenza
06.09.2002 n. 5229 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATALa deroga (eccezionale) della Tognoli non è applicabile in zona agricola.
L’art. 9 legge n. 122/1989, introducendo una deroga alla disciplina urbanistica, deve considerarsi norma di carattere eccezionale e come tale deve essere interpretata con specifico riferimento alla finalità perseguita dalla legge citata (risoluzione dei problemi relativi ai parcheggi nelle aree urbane); conseguentemente l’operatività della stessa non può ritenersi estesa anche alle zone agricole (TAR Veneto, Sez. II, sentenza 06.09.2002 n. 5229 - link a www.giustizia-amministrativa.it).
EDILIZIA PRIVATAI box in deroga (legge Tognoli) sono solo quelli costruiti totalmente al di sotto del piano di campagna naturale e non quelli artificialmente interrati per effetto del riporto di terra.
La possibilità di realizzare parcheggi da destinare a pertinenze delle singole unità immobiliari "anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti", consentita dall'art. 9 cit., costituisce disposizione a carattere eccezionale da interpretarsi nel suo significato strettamente letterale ed in considerazione delle finalità della legge nel cui contesto risulta inserita (cfr. ad es. TAR Toscana, sez. III, 19.12.2000, n. 2533); inoltre, se per un verso il medesimo art. 9 cit., nel consentire la costruzione di parcheggi, da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, nel sottosuolo degli immobili o nei locali siti al piano terreno anche in deroga alla vigente disciplina urbanistica, concerne i soli fabbricati già esistenti (cfr. Consiglio Stato, sez. V, 24.10.2000, n. 5676), per un altro i parcheggi pertinenziali in oggetto, da costruire appunto in deroga nei termini predetti, sono solo quelli costruiti totalmente al di sotto del piano di campagna naturale e non quelli (come nel caso de quo) artificialmente interrati per effetto del riporto di terra (cfr. ad es. TAR Piemonte sez. I, 11.03.1999, n. 139) (TAR Liguria, Sez. I, sentenza 18.03.2002 n. 310 - link a www.giustizia-amministrativa.it).
anno 2001

EDILIZIA PRIVATAI box in deroga (legge Tognoli) sono quantificabili nel limite di 1 mq ogni 10 mc., computando anche parcheggi già esistenti.
I parcheggi pertinenziali di edifici preesistenti, realizzabili nel sottosuolo degli immobili anche in deroga agli strumenti urbanistici vigenti ai sensi dell'articolo 9 della legge n. 122 del 1989, sono solo quelli vòlti ad adeguare la struttura alle finalità della legge n. 122 citata (che sono quelle di garantire uno standard minimo per parcheggi pari a mq 1 ogni mc. 10) o comunque al maggiore standard previsto per la zona di riferimento dalla normativa urbanistica, tenendo a tal fine conto della dotazione di parcheggi già esistente (TAR Lombardia-Brescia, ordinanza 20.04.2001 n. 303).

anno 2000

EDILIZIA PRIVATAParcheggio - Art. 9. l. n. 122/1989 - Disciplina eccezionale - Applicabilità ad aree extraurbane - Esclusione.
1. - La possibilità di realizzare parcheggi da destinare a pertinenze delle singole unità immobiliari "anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti", consentita dall'art. 9 legge n. 122/1989 (c.d. "Legge Tognoli"), costituisce disposizione a carattere eccezionale da interpretarsi nel suo significato strettamente letterale ed in considerazione delle finalità della legge nel cui contesto risulta inserita.
Pertanto tale articolo è applicabile alla costruzione di spazi parcheggio nelle sole aree urbane, mentre la realizzazione di parcheggi in aree extraurbane resta soggetta alle ordinarie prescrizioni urbanistiche ed edilizie necessitando della normale concessione edilizia.
_____________________
1. - In tal senso TAR Toscana, Sez. II., 16.07.1992, n. 322, in Rass. TAR, 1992, pag. 4038 e TAR Lazio, Sez. II, 15.12.1992, n. 2357, in op. cit., 1993, pag. 23 citate nel testo; v. ancora in particolare TAR Puglia-Bari, Sez. II, 12.10.1995, n. 953, in Rass. TAR, 1995, pag. 4987 e in Foro amm., 1996, pag. 2063; TAR Sicilia-Catania, 30.10.1997, n. 2152, in Rass. TAR, 1997, pag. 4602; TAR Calabria-Catanzaro, 06.02.1995, n. 142, in op. cit., 1995, pag. 1975. La sentenza del TAR Toscana è ampiamente motivata anche con riferimento alla sentenza Corte Costituzionale 19-27.07.1989 n. 459 in Rass. Cons. di Stato, 1989, II, pag. 1076 (massima tratta da www.sentenzetoscane.it - TAR Toscana, Sez. III, sentenza 19.12.2000 n. 2533).

EDILIZIA PRIVATALa deroga della Tognoli è applicabile nelle sole aree urbane.
La possibilità di realizzare parcheggi da destinare a pertinenze delle singole unità immobiliari "anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti", consentita dall'art. 9 L. n. 122 del 1989 (c.d. "Legge Tognoli"), costituisce disposizione a carattere eccezionale da interpretarsi nel suo significato strettamente letterale ed in considerazione delle finalità della legge nel cui contesto risulta inserita. Pertanto, tale articolo è applicabile alla costruzione di spazi parcheggio nelle sole aree urbane, mentre la realizzazione di parcheggi in aree extraurbane resta soggetta alle ordinarie prescrizioni urbanistiche ed edilizie necessitando della normale concessione edilizia (TAR Toscana, sentenza 19.12.2000 n. 2533).

EDILIZIA PRIVATAParcheggio - Art. 9 l. n. 122/1989 e art. 17, comma 90, l. 127/1997 - Applicabilità - Presupposti.
Atteso che ai sensi degli artt. 9 legge 24.03.1989 n. 122 e 17, comma 90, legge n. 127/1997 la relazione tra la realizzazione di parcheggi e la nascita del vincolo pertinenziale con le rispettive unità immobiliari deve essere immediata, legittimati ad usufruire della previsione normativa sono esclusivamente i proprietari di unità immobiliari esistenti, e solo essi possono realizzare parcheggi anche nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato, tra cui le aree libere come ad esempio cortili, piazzali e giardini ricompresi nel lotto originario sul quale insiste il fabbricato (massima tratta da www.sentenzetoscane.it - TAR Toscana, Sez. III, sentenza 27.10.2000 n. 2194 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATALa deroga della legge Tognoli si applica ad edifici preesistenti all'anno 1989.
L'art. 9 della legge 24.03.1989 n. 122 (c.d. "legge Tognoli"), nel consentire, nel sottosuolo degli immobili o nei locali siti al piano terreno ed anche in deroga alla vigente disciplina urbanistica, parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, si applica solo all'ipotesi di fabbricati già esistenti e non può riguardare le concessioni edilizie rilasciate per realizzare edifici nuovi, per i quali provvede, invece, il precedente art. 2, comma 2, che –nel sostituire l’art. 41-sexies della L.U. n. 1150/1942- stabilisce l'obbligo di riservare appositi spazi per parcheggi di misura non inferiore a 1 mq. per ogni 10 mc. di costruzione (Sez. V, 03.06.1996, n. 621) (Consiglio di Stato, Sez. V,
sentenza 24.10.2000 n. 5676 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA:  Concessione - Garages seminterrati – Realizzazione - Rimozione dei vizi della procedura ex art. 11 L. 47/1985 - Art. 9, IV comma, L. 122/1989 – Applicabilità in caso di compatibilità con la destinazione dell’area - Ammissibilità.
E’ legittima la delibera con la quale il Comune, in applicazione del principio di cui all’art. 11 della L. 28.02.1985, n. 47, dispone la sanatoria dei vizi di una concessione edilizia rilasciata ai sensi dell’art. 9, I comma, della L. 24.03.1989, n. 122 (avente per oggetto la realizzazione di garages seminterrati pertinenziali in area destinata a parcheggio pubblico) mediante la procedura prevista dal IV comma dello stesso articolo 9 (con stipula di apposita convenzione con il soggetto privato), quando la realizzazione dei garages risulti compatibile con la destinazione dell’area (massima tratta da www.sentenzetoscane.it - TAR Toscana, Sez. III, sentenza 11.02.2000 n. 158 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 1999
EDILIZIA PRIVATALa realizzazione di box in deroga riguarda unicamente i fabbricati preesistenti alla data di entrata in vigore della l. n. 122/1989.
Le disposizioni ex art. 2 e 9, L. 24.03.1989 n. 122, in materia di realizzazione di parcheggi nel sottosuolo di edifici preesistenti o nei locali siti al piano terreno di questi ultimi, anche in deroga allo strumento urbanistico, possono concernere esclusivamente fabbricati già esistenti -all'evidente scopo di adeguare la struttura alle finalità della L. n. 122 del 1989, qualora essa sia carente sotto il questo profilo- ma non anche gli edifici in costruzione, i quali già "ab initio" devono esser progettati in coerenza con tali finalità.
Gli artt. 2 e 9 L. 24.03.1989 n. 122 distinguono e regolano con chiarezza l'intervento di apprestamento di spazi per parcheggi con riguardo, rispettivamente, alle costruzioni successive all'entrata in vigore della legge ed agli edifici preesistenti (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 27.09.1999 n. 1185).
anno 1998
EDILIZIA PRIVATASul rapporto cubatura/parcheggi.
Il rapporto tra gli spazi destinati a parcheggi e la cubatura della costruzione, ai sensi della L. 24.03.1989 n. 122, trova applicazione non solo per le nuove costruzioni ma anche per gli interventi di ristrutturazione consentiti dal Piano di Recupero e nei limiti in cui quest'ultimo richiama lo standard previsto dalla legge urbanistica (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 22.12.1998 n. 1859).
anno 1996
EDILIZIA PRIVATASulla realizzazione di box in deroga ex lege Tognoli (L. n. 122/1989).
L'art. 9 L. 24.03.1989 n. 122, che consente parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari nel sottosuolo degli immobili ovvero nei locali a piano terra, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti, si applica unicamente all'ipotesi di fabbricati preesistenti e non può pertanto riguardare le concessioni edilizie per la realizzazione di edifici nuovi.
E' infondato anche il settimo motivo, con il quale si sostiene che la realizzazione di un nuovo piano interrato destinato a garage, autorizzato con la seconda concessione in variante, benché non consentita dalla disciplina del piano, sarebbe comunque stata legittimamente assentita ai sensi dell'art. 9 della legge 24.03.1989 n. 122. La norma suindicata, che consente, nel sottosuolo degli immobili ovvero nei locali al piano terreno, parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti, si applica unicamente all'ipotesi di fabbricati preesistenti e non può, pertanto, riguardare le concessioni edilizie per la realizzazione di edifici nuovi. Ciò è dimostrato non solo dalla stessa formulazione della norma, la quale, riferendosi espressamente ai "proprietari di immobili", attribuendo loro la facoltà di realizzare i nuovi parcheggi in deroga, intende evidentemente consentire la deroga stessa solo in favore degli immobili già esistenti, ma anche dal comma 3 della disposizione in esame che prescrive la necessaria approvazione, ai fini di cui trattasi, da parte dell'assemblea di condominio. D'altra parte, la diversa ipotesi riferita alle nuove costruzioni da realizzare è, invece, prevista dal precedente art. 2, comma 2, della legge in esame, che stabilisce l'obbligo di riservare, unicamente per tali nuove costruzioni, appositi spazi per parcheggi in misura non inferiore ad un metro quadrato per ogni dieci metri cubi di costruzione, senza, peraltro, consentire deroghe alla disciplina urbanistica e edilizia vigente (Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 03.06.1996 n. 621).
anno 1995
EDILIZIA PRIVATABox in deroga solamente a servizio di fabbricati che ne sono sprovvisti.
L'art. 9 L. 24.03.1989 n. 122, nella parte in cui consente la costruzione di parcheggi anche in contrasto con gli strumenti urbanistici e con i regolamenti edilizi vigenti, si indirizza ai privati proprietari di unità immobiliari già esistenti e, pertanto, non può trovare applicazione nel caso in cui, in contrasto con le norme di piano, si intenda realizzare unità immobiliari su un manufatto già destinato a parcheggio.
La previsione dell'art. 9 costituisce, dunque, il parallelo dell'art., 18 L. n. 765/1967, nel senso che l'art. 18 (come modificato dall'art. 2 L. n. 122/1989: ndr) è norma a regime che disciplina i parcheggi nelle nuove costruzioni, l'art. 9 L. n. 122/1989 ne consente l'edificazione laddove i fabbricati ne siano sprovvisti (TAR Puglia-Bari, Sez. II, sentenza 12.10.1995 n. 953).
anno 1994
EDILIZIA PRIVATAI box in deroga sono realizzabili solo a servizio di fabbricati presistenti alla data di entrata in vigore della Legge Tognoli.
L'art. 9 L. 24.03.1989 n. 122 è inteso ad incrementare la creazione di parcheggi a favore del patrimonio edilizio già esistente, che ne è carente, e non a realizzare garages contestualmente alla edificazione di nuovi fabbricati (TAR Toscana, Sez. I, sentenza 05.05.1994 n. 308).