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55-DISTANZA dalle PARETI FINESTRATE
56-DURC
57-EDICOLA FUNERARIA
58-EDIFICIO UNIFAMILIARE
59-ESPROPRIAZIONE
60-GESTIONE ASSOCIATA FUNZIONI COMUNALI
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62-INCARICHI PROFESSIONALI E PROGETTUALI
63-INCENTIVO PROGETTAZIONE (ora INCENTIVO FUNZIONI TECNICHE)
64-INDUSTRIA INSALUBRE
65-L.R. 12/2005
66-L.R. 23/1997
67-L.R. 31/2014
68-LEGGE CASA LOMBARDIA
69-LICENZA EDILIZIA (necessità)
70-LOTTO EDIFICABILE - ASSERVIMENTO AREA - CESSIONE CUBATURA
71-LOTTO INTERCLUSO
72-MAPPE e/o SCHEDE CATASTALI (valore probatorio o meno)
73-MOBBING
74-MURO DI CINTA/RECINZIONE, DI CONTENIMENTO/SOSTEGNO, ECC.
75-OPERE PRECARIE
76-PARERE DI REGOLARITA' TECNICA, CONTABILE E DI LEGITTIMITA'
77-PATRIMONIO
78-PERGOLATO e/o GAZEBO e/o BERCEAU e/o DEHORS e/o POMPEIANA e/o PERGOTENDA e/o TETTOIA
79-PERMESSO DI COSTRUIRE (annullamento e/o impugnazione)
80-PERMESSO DI COSTRUIRE (decadenza)
81-PERMESSO DI COSTRUIRE (deroga)
82-PERMESSO DI COSTRUIRE (legittimazione richiesta titolo)
83-PERMESSO DI COSTRUIRE (parere commissione edilizia)
84-PERMESSO DI COSTRUIRE (prescrizioni)
85-PERMESSO DI COSTRUIRE (proroga)
86-PERMESSO DI COSTRUIRE (verifica in istruttoria dei limiti privatistici al rilascio)
87
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PERMESSO DI COSTRUIRE (volturazione)
88-
PERTINENZE EDILIZIE ED URBANISTICHE
89-PIANI PIANIFICATORI ED ATTUATIVI
90-PIANI PIANIFICATORI ED ATTUATIVI (aree a standard)
91-PIF (Piano Indirizzo Forestale)
92-PISCINE
93-PUBBLICO IMPIEGO
94-PUBBLICO IMPIEGO (quota annuale iscrizione ordine professionale)
95-RIFIUTI E BONIFICHE
96-
RINNOVO/PROROGA CONTRATTI
97-RUDERI
98-
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99-SAGOMA EDIFICIO
100-SANATORIA GIURISPRUDENZIALE E NON (abusi edilizi)
101-SCOMPUTO OO.UU.
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dossier L.R. 23.06.1997 n. 23
anno 2012

LAVORI PUBBLICI - URBANISTICALa variante urbanistica che localizza un’opera pubblica su un’area demaniale non produce un vincolo espropriativo a carico del demanio, ma si può interpretare come una proposta di utilizzazione del bene demaniale subordinata all’assenso dell’ente gestore e al rispetto della consistenza e della destinazione del bene stesso. La verifica di tali condizioni è normalmente assicurata attraverso lo strumento della concessione demaniale, che si colloca tra la scelta urbanistica e l’esecuzione dei lavori.
Lo strumento della variante semplificata nell’ipotesi prevista dall’art. 2, comma 2, lett. a), della LR 23/1997 consente anche di introdurre modifiche alla zonizzazione, in quanto la procedura è propriamente finalizzata a ottenere l’effetto di variante urbanistica per la localizzazione di opere pubbliche comunali. La codificazione di questo istituto nella legislazione regionale rende inapplicabili le procedure di variante previste a livello nazionale dall’art. 1, comma 5, della legge 1/1978 e dall’art. 19, commi 2 e 4, del DPR 327/2001 (quest’ultimo del resto dichiarato espressamente non applicabile in ambito regionale dall’art. 103 della LR 11.03.2005 n. 12). Il radicamento presso i comuni del potere di variante urbanistica per le opere pubbliche di loro pertinenza non si armonizzerebbe con il contemporaneo mantenimento in capo alla Regione di un potere di approvazione del progetto a fini urbanistici come stabilito dalle citate norme statali. Nell’ordinamento regionale, quindi, l’autonomia riconosciuta ai comuni comporta che la procedura di approvazione del progetto sia separata da quella di variante urbanistica e che ciascuna rimanga radicata presso gli organi comunali competenti.
Per quanto riguarda la necessaria conformità dei progetti delle opere pubbliche alla destinazione urbanistica dei luoghi (v. art. 14, comma 8, della legge 109/1994 in vigore all’epoca), si osserva che la possibilità di ottenere l’effetto di variante urbanistica attraverso la procedura di cui all’art. 2, comma 2, lett. a), della LR 23/1997 consente ai comuni di anticipare l’approvazione del progetto, anzi normalmente esige che almeno il progetto preliminare sia approvato prima della variante semplificata. In una fase successiva alla variante si colloca, quindi, soltanto il progetto definitivo–esecutivo, come è avvenuto nel caso in esame. Poiché il progetto non determina vincoli espropriativi (ma soltanto una prelazione nell’assegnazione delle aree demaniali) non è direttamente applicabile l’art. 16, comma 10, del DPR 327/2001.

(a) la variante urbanistica che localizza un’opera pubblica su un’area demaniale non produce un vincolo espropriativo a carico del demanio, ma si può interpretare come una proposta di utilizzazione del bene demaniale subordinata all’assenso dell’ente gestore e al rispetto della consistenza e della destinazione del bene stesso. La verifica di tali condizioni è normalmente assicurata attraverso lo strumento della concessione demaniale, che si colloca tra la scelta urbanistica e l’esecuzione dei lavori.
Nello specifico la passeggiata posizionata lungo la sponda del lago non solo può coesistere con la natura demaniale della spiaggia ma rappresenta una delle forme di utilizzo che meglio garantiscono la fruizione collettiva del bene pubblico, nel rispetto della sua intrinseca destinazione;
(b) correttamente, quindi, il Comune ha chiesto al Consorzio gestore del demanio lacuale la concessione della superficie demaniale necessaria per la realizzazione della passeggiata. La posizione del Comune nei confronti del bene pubblico è un’aspettativa di utilizzazione assimilabile a quella dei privati ma dotata di maggiore protezione.
Al riguardo, esplicitando un principio della materia, sia la DGR 6/47317 del 22.12.1999 (punto 6-h dei criteri generali) sia la DGR 7/10487 del 30.09.2002 (punto 35) prevedono che in presenza di più domande di concessione riguardanti la stessa area devono essere preferite quelle che garantiscono maggiormente la fruizione pubblica e la valorizzazione del bene nell’interesse generale;
(c) lo strumento della variante semplificata nell’ipotesi prevista dall’art. 2, comma 2, lett. a), della LR 23/1997 (norma che ratione temporis regola la fattispecie in esame) consente anche di introdurre modifiche alla zonizzazione, in quanto la procedura è propriamente finalizzata a ottenere l’effetto di variante urbanistica per la localizzazione di opere pubbliche comunali. La codificazione di questo istituto nella legislazione regionale rende inapplicabili le procedure di variante previste a livello nazionale dall’art. 1, comma 5, della legge 1/1978 e dall’art. 19, commi 2 e 4, del DPR 327/2001 (quest’ultimo del resto dichiarato espressamente non applicabile in ambito regionale dall’art. 103 della LR 11.03.2005 n. 12).
Il radicamento presso i comuni del potere di variante urbanistica per le opere pubbliche di loro pertinenza non si armonizzerebbe con il contemporaneo mantenimento in capo alla Regione di un potere di approvazione del progetto a fini urbanistici come stabilito dalle citate norme statali. Nell’ordinamento regionale, quindi, l’autonomia riconosciuta ai comuni comporta che la procedura di approvazione del progetto sia separata da quella di variante urbanistica e che ciascuna rimanga radicata presso gli organi comunali competenti;
(d) la variante semplificata di cui all’art. 2, comma 2, lett. a), della LR 23/1997 può avere ad oggetto qualsiasi opera pubblica di competenza comunale, e dunque anche quelle che costituiscono standard urbanistico. Conseguentemente la modifica della destinazione urbanistica può consistere nell’individuazione di nuove aree per opere di urbanizzazione o per attrezzature pubbliche o di interesse pubblico.
Le finalità programmatorie del piano dei servizi non sono compromesse qualora la variante semplificata riguardi opere specifiche. Si potrebbe invece sospettare un abuso dello strumento della variante semplificata se attraverso una pluralità di interventi apparentemente scollegati l’amministrazione perseguisse lo scopo di modificare l’impostazione complessiva del piano dei servizi, ma nel caso in esame non vi sono elementi che facciano supporre una tale intenzione da parte del Comune;
(i) per quanto riguarda la necessaria conformità dei progetti delle opere pubbliche alla destinazione urbanistica dei luoghi (v. art. 14, comma 8, della legge 109/1994 in vigore all’epoca), si osserva che la possibilità di ottenere l’effetto di variante urbanistica attraverso la procedura di cui all’art. 2, comma 2, lett. a), della LR 23/1997 consente ai comuni di anticipare l’approvazione del progetto, anzi normalmente esige che almeno il progetto preliminare sia approvato prima della variante semplificata. In una fase successiva alla variante si colloca, quindi, soltanto il progetto definitivo–esecutivo, come è avvenuto nel caso in esame. Poiché il progetto non determina vincoli espropriativi (ma soltanto una prelazione nell’assegnazione delle aree demaniali) non è direttamente applicabile l’art. 16, comma 10, del DPR 327/2001 (TAR Lombardia-Brescia, Sez. II, sentenza 08.03.2012 n. 383 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2011

URBANISTICA: 1. Approvazione Piano di Lottizzazione - Variante al P.R.G. - Modifica del perimetro del comparto - Violazione L.R. n. 23/1997 - Violazione del principio di par condicio - Non sussistono.
2. Approvazione variante urbanistica semplificata - Carenza di motivazione - Discrezionalità amministrativa - Esecuzione delle previsioni di P.R.G. - Legittimità.

1. L'art. 2, c. 2, lettera f), L.R. n. 23/1997, consente il ricorso alla procedura di variante semplificata per modificare il perimetro degli ambiti territoriali subordinati alla pianificazione attuativa, per assicurare un migliore assetto urbanistico. Inoltre nel caso di una modifica del perimetro del comparto di lottizzazione che tiene fermi gli indici urbanistici previsti dal P.R.G. ed, altresì, il regime urbanistico e la destinazione dei terreni dei proprietari estranei alla lottizzazione, il Piano di Lottizzazione approvato non viola il principio di par condicio, non risultando in alcun modo limitate le prerogative del ricorrente derivanti dal P.R.G. comunale in ragione della immutata destinazione urbanistica della sua area.
2. Premesso che la delibera di approvazione di un piano attuativo di P.R.G., si caratterizza quale manifestazione di ampia discrezionalità dell'Amministrazione, censurabile solo in caso di manifesta illogicità o irrazionalità, e considerato che il Comune ha approvato una riperimetrazione dell'ambito, allo scopo di realizzare una -seppure parziale - lottizzazione del medesimo, al fine di dare esecuzione alle previsioni di PRG, si deve ritenere che l'approvazione del Piano di Lottizzazione impugnata risulti sufficientemente motivata (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 28.03.2011 n. 820 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

EDILIZIA PRIVATA: 1. Centro commerciale - Elemento caratterizzante - Esistenza di servizi ed infrastrutture comuni agli esercizi commerciali che lo costituiscono.
2. Variante semplificata - Art. 2, comma 3°, L.R. n. 23/1997 - Scheda informativa - Omessa compilazione - Costituisce una mera irregolarità - Sanzione - Non sussiste.

1. L'elemento caratterizzante del centro commerciale è rappresentato dall'esistenza di servizi ed infrastrutture comuni agli esercizi commerciali che costituiscono il centro stesso.
2. L'omessa compilazione della scheda informativa di cui all'art. 2, comma 3°, della L.R. n. 23/1997 costituisce una mera irregolarità, non prevedendo la legge alcuna sanzione per l'omissione di cui sopra (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 14.03.2011 n. 730 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

LAVORI PUBBLICI: Progetto preliminare - Progetto definitivo - Modificazione lavori - Variante - Non è necessaria.
La vigente normativa (cfr. art. 93 del D.L.vo 2006, n. 163) articola l'attività di progettazione per l'esecuzione dei lavori pubblici secondo tre successivi livelli di approfondimenti tecnici, distinguendo il progetto preliminare, il progetto definitivo e il progetto esecutivo e spetta al progetto definitivo di individuare "compiutamente i lavori da realizzare". E' pertanto considerata del tutto fisiologica l'introduzione di modificazioni in ordine ai lavori da realizzare senza che ciò implichi l'applicazione dell'art. 19 del d.p.r. 2001 n. 327 e quindi l'approvazione di una variante da riservare alla competenza del Consiglio.
In particolare, la norma dispone espressamente che "Gli strumenti urbanistici comunali vigenti conservano efficacia fino all'approvazione del PGT e comunque non oltre la data del 31.03.2010. Fino all'adeguamento dei PRG vigenti, a norma dell'articolo 26, e comunque non oltre il predetto termine, i comuni, ad eccezione di quelli di cui al comma 2, possono procedere unicamente all'approvazione di atti di programmazione negoziata, di progetti in variante ai sensi dell'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 20.10.1998, n. 447, nonché di varianti nei casi di cui all'articolo 2, comma 2, della legge regionale 23.06.1997, n. 23 (Accelerazione del procedimento di approvazione degli strumenti urbanistici comunali e disciplina del regolamento edilizio) e di piani attuativi in variante, con la procedura di cui all'articolo 3 della predetta L.R. n. 23/1997".
Dal coordinamento tra le due norme citate deriva che, qualora l'amministrazione comunale approvi -nel periodo transitorio individuato dall'art. 25, comma 1, della legge reg. 2005 n. 12, periodo in cui si colloca la fattispecie sottesa ai ricorsi in esame- una delle varianti previste dall'art. 2, comma 2, della legge reg. 23.06.1997, n. 23, devono trovare applicazione le previsioni dell'art. 3, commi da 2 a 40, della legge reg. 05.01.2000, n. 1.
Pertanto, in questi casi deve essere applicato anche il comma 18 dell'art. 3 della legge reg. 2000 n. 1, ove si prevede che "Il comune, contestualmente al loro deposito, trasmette alla provincia competente per territorio il piano regolatore generale adottato, o le sue varianti, ovvero il piano attuativo di interesse sovracomunale adottato. La provincia, entro novanta giorni dal ricevimento degli atti, ne verifica, garantendo comunque il confronto con il comune interessato, la compatibilità con gli aspetti di carattere sovracomunale contenuti nel proprio piano territoriale di coordinamento; decorso tale termine il comune decide sulle osservazioni e procede all'approvazione in via definitiva".
Ecco, allora, che quando l'amministrazione comunale adotta una delle varianti previste dall'art. 2, comma 2, della legge reg. 23.06.1997, n. 23, secondo il meccanismo fatto salvo dall'art. 25, comma 1, della legge 2005 n. 12, deve trasmettere la variante adottata alla Provincia competente, al fine di consentire la verificazione della compatibilità della nuova disciplina urbanistica con il piano territoriale di coordinamento.
Nel caso di specie il Comune resistente ha dichiaratamente posto in essere la variante semplificata, oggetto del ricorso in esame, ai sensi della legge reg. 1997 n. 23, ma ha omesso di trasmettere alla Provincia la variante adottata, in violazione dell'art. 3, comma 18, della legge reg. 2000 n. 1, così precludendo all'Ente competente la verificazione della compatibilità della variante con il piano territoriale di coordinamento, come esattamente contestato dalla ricorrente
(massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. III, sentenza 18.02.2011 n. 499 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: 1. Varianti al P.R.G. - Procedimenti di varianti ex art. 2, comma 2, lett. c), L.R. n. 23/1997 - Finalità - Adeguamento delle previsioni urbanistiche all'effettivo stato dei luoghi - Limiti.
2. Varianti al P.R.G. - Procedimenti di varianti ex art. 2, comma 2, lett. f), L.R. n. 23/1997 - Finalità - Assicurazione di un migliore assetto urbanistico nell'ambito dell'intervento o modificazione della tipologia dello strumento urbanistico attuativo - Interpretazione estensiva - Inammissibilità.
1.
L'art. 2, comma 2, lett. c), L.R. 23/1997, che contempla la fattispecie delle varianti atte ad apportare agli strumenti urbanistici generali -sulla scorta di rilevazioni cartografiche aggiornate, dell'effettiva situazione fisica e morfologica dei luoghi, delle risultanze catastali e delle confinanze- le modificazioni necessarie a conseguire la realizzabilità delle previsioni urbanistiche anche mediante rettifiche delle delimitazioni tra zone omogenee diverse, si riferisce esclusivamente a varianti che apportino modifiche e correzioni al P.R.G. al fine di adeguare le previsioni urbanistiche all'effettivo stato dei luoghi: tale non è la variante che miri ad introdurre una differente disciplina giuridica nella edificazione in una determinata area -prevedendo l'obbligo della previa adozione dello strumento urbanistico attuativo- e non certo a modificare il P.R.G. a seguito della corretta rappresentazione dello stato di fatto.
2. La previsione di cui all'art. 2, comma 2, lett. f), L.R. n. 23/1997, avente ad oggetto varianti che comportino modificazioni dei perimetri degli ambiti territoriali subordinati a piani attuativi, finalizzate ad assicurare un migliore assetto urbanistico nell'ambito dell'intervento ovvero a modificare la tipologia dello strumento urbanistico attuativo, non è interpretabile estensivamente - riconducendovi anche varianti che subordinano ex novo l'edificazione in una determinata area all'obbligo della previa adozione di uno strumento urbanistico attuativo - poiché lo scopo di tale norma è l'ammettere il ricorso alla procedura semplificata solo in via eccezionale, come dimostra la specifica elencazione dei casi ammessi contenente, altresì, la puntuale indicazione in ordine al contenuto delle singole previsioni (cfr. TAR Milano, sent. n. 768/2004, n. 5515/2004) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 17.01.2011 n. 92 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2010

URBANISTICA: E' illegittima la delibera consiliare di approvazione di un Piano di Recupero in variante al vigente P.R.G. ex l.r. n. 23/1997 nella parte in cui essa ha violato l’art. 8 delle n.t.a. del p.r.g. che fissa i limiti agli interventi eseguibili anche con piano di recupero nelle zone del centro storico.
Occorre anzitutto rilevare che già, in linea generale, l’idea di un piano di recupero in variante al p.r.g. contiene elementi di contraddizione in termini. Infatti, “il piano di recupero è notoriamente, sotto il profilo giuridico, uno strumento urbanistico sostanzialmente attuativo delle scelte urbanistiche primarie contenute nel piano regolatore generale ed è quindi equivalente al piano particolareggiato, dal quale si differenzia in quanto finalizzato piuttosto che alla complessiva trasformazione del territorio al recupero del patrimonio edilizio ed urbanistico esistente con interventi rivolti alla conservazione, ricostruzione e alla migliore utilizzazione del patrimonio stesso” (CdS, IV, 05.03.2008, n. 922) (la massima prosegue affermando che “così che in sede di sua modifica non possono essere introdotti, logicamente oltre che giuridicamente, vincoli nuovi ed ulteriori rispetto a quelli esistenti nello strumento urbanistico generale in vigore, neppure quanto tale modifica trovi la sua giustificazione in una richiesta del privato”; nel caso in esame, invece, ci troviamo nell’ipotesi -opposta sul piano pratico, ma analoga sul piano giuridico- di piano di recupero che elimina vincoli previsti dal piano generale).
Queste perplessità sulla legittimità della procedura di variante seguita dal Comune si acuiscono nel caso di specie caratterizzato da un particolarissimo tipo di variante avente ad oggetto un unico edificio. Delle perplessità sulla scelta di un piano di recupero in variante al p.r.g relativo ad un solo immobile le aveva manifestate in tempi relativamente recenti anche questo Tribunale che aveva affermato che “pur non potendosi aprioristicamente escludere l'utilizzo di un Piano attuativo in variante al P.R.G. in riferimento ad un singolo immobile -con i contenuti di cui all'art. 3 comma 1 della l.r. 19/1992- è peraltro indispensabile che una scelta così circoscritta sia accompagnata da una specifica motivazione che dia conto dell'interesse pubblico perseguito” (TAR Lombardia, Brescia, 28/02/2006 n. 244).
Sono evidenti, d’altronde, le perplessità che possono sorgere a proposito della legittimità dell’utilizzo di un piano di recupero in variante al p.r.g. relativo ad un solo immobile, in quanto –come ben evidenziato dalla difesa del ricorrente negli scritti depositati in corso di processo– in questo modo si finisce con il sottrarre un immobile alle prescrizioni della zonizzazione urbanistica, e si finisce per creare una disciplina di piano valida soltanto per esso e non per tutti gli altri immobili rientranti nella stessa zona.
Il caso di specie, peraltro, è ancor più particolare, perché non solo si utilizza un piano attuativo in deroga, non solo lo si realizza per un singolo immobile, ma per di più lo si fa con le procedure semplificate della l.r. 23/1997 nel periodo transitorio previsto dall’art. 25 l.r. 12/2005 (si ricorda che
il principio della domanda concerne il monopolio della parte privata nella individuazione del diritto fatto valere in giudizio, non l’articolazione del ragionamento giuridico attraverso cui giungere al riconoscimento di tale diritto, che rimane affidato al tradizionale iura novit curia).
La norma dell’art. 25, co. 1, l.r. 12/2005 stabilisce, infatti, che “fino all’adeguamento dei PRG vigenti, a norma dell’art. 26, e comunque non oltre il predetto termine di quattro anni, i comuni ad eccezione di quelli di cui al comma 2, possono procedere unicamente all’approvazione di atti di programmazione negoziata, di progetti in variante ai sensi dell’ art. 5 d.p.r. 447/1998, previo parere vincolante della Regione qualora non sia vigente il P.T.C.P. e con l’applicazione dell’art. 97 della presente legge, nonché di varianti nei casi di cui all’ art. 2, co. 2, l.r. 23/1997 e di piani attuativi in variante, con la procedura di cui all’ art. 3 l.r. 23/1997”.
Nel caso in esame vengono in questione solo le ipotesi di cui agli artt. 2 e 3 l.r. 23/1997, a norma della quale è stato approvato il piano di recupero in questione.
L’art. 2, co. 2, l.r. 23/1997 stabilisce che: “il procedimento semplificato di cui all’art. 3 si applica in presenza di una o più delle seguenti fattispecie:
a) varianti dirette a localizzare opere pubbliche di competenza comunale, nonché a modificare i relativi parametri urbanistici ed edilizi, eccettuati i casi in cui la legislazione statale o regionale già ammetta la possibilità di procedere a tali adempimenti senza preventiva variante urbanistica;
b) varianti volte ad adeguare le originarie previsioni di localizzazione dello strumento urbanistico generale vigente, alla progettazione esecutiva di servizi e infrastrutture di interesse pubblico, ancorché realizzate da soggetti non istituzionalmente preposti;
c) varianti atte ad apportare agli strumenti urbanistici generali, sulla scorta di rilevazioni cartografiche aggiornate, dell’effettiva situazione fisica e morfologica dei luoghi, delle risultanze catastali e delle confinanze, le modificazioni necessarie a conseguire la realizzabilità delle previsioni urbanistiche anche mediante rettifiche delle delimitazioni tra zone omogenee diverse;
d) varianti dirette a modificare le modalità di intervento sul patrimonio edilizio esistente, nel caso in cui esse non concretino ristrutturazione urbanistica e non comportino incremento del peso insediativo in misura superiore al 10% rispetto a quanto stabilito dallo strumento urbanistico vigente; ove necessario, le varianti potranno altresì prevedere il conseguente adeguamento della dotazione di aree a standard;
e) varianti di completamento interessanti ambiti territoriali di zone omogenee già classificate ai sensi dell’ art. 2 d.m. 1444/1968 come zone B, C, e D che comportino, con o senza incremento della superficie azzonata, un aumento della relativa capacità edificatoria non superiore al 10% di quella consentita nell’ambito oggetto della variante dal vigente P.R.G., ove necessario tali varianti potranno altresì prevedere il conseguente adeguamento della dotazione di aree a standard;
f) varianti che comportino modificazioni dei perimetri degli ambiti territoriali subordinati a piani attuativi, finalizzate ad assicurare un migliore assetto urbanistico nell’ambito dell’intervento, opportunamente motivato e tecnicamente documentato, ovvero a modificare la tipologia dello strumento urbanistico attuativo;
g) varianti finalizzate alla individuazione delle zone di recupero del patrimonio edilizio esistente, di cui all’ art. 27 l. 457/1978;
h) varianti relative a comparti soggetti a piano attuativo che comportino una diversa dislocazione delle aree destinate a infrastrutture e servizi;
i) varianti concernenti le modificazioni della normativa dello strumento urbanistico generale, dirette esclusivamente a specificare la normativa stessa, nonché a renderla congruente con disposizioni normative sopravvenute, eccettuati espressamente i casi in cui ne derivi una rideterminazione ex-novo della disciplina delle aree
”.
Nella delibera impugnata il Comune di Casalmaggiore non si è curato di specificare in base a quale tra le ipotesi previste dall’art. 2 l.r. 23/1997 veniva approvato il piano di recupero in variante.
Vanno sicuramente escluse, peraltro, le ipotesi delle lettere a) e b) (varianti di localizzazione), c) (varianti di correzione cartografica), e) (varianti di completamento zone B, C, D), h) (varianti di ridislocazione), i) (varianti di specificazione o di adeguamento a normativa sopravvenuta), in quanto totalmente inconferenti.
Va esclusa anche la lettera d) (varianti volte a modificare le modalità di intervento sul patrimonio edilizio esistente), perché per disposto della stessa norma sono possibili soltanto “nel caso in cui esse non concretino ristrutturazione urbanistica” (si ricorderà che l’intervento sul comparto 1 del complesso Castra maiora è stato qualificato dall’amministrazione comunale proprio come ristrutturazione urbanistica).
Restano soltanto le ipotesi previste dalle lettere f) e g), che si ripropongono di seguito per comodità di lettura: “f) varianti che comportino modificazioni dei perimetri degli ambiti territoriali subordinati a piani attuativi, finalizzate ad assicurare un migliore assetto urbanistico nell’ambito dell’intervento, opportunamente motivato e tecnicamente documentato, ovvero a modificare la tipologia dello strumento urbanistico attuativo; g) varianti finalizzate alla individuazione delle zone di recupero del patrimonio edilizio esistente, di cui all’art. 27 l. 457/1978”.
La lettera f) sembra inconferente, in quanto presuppone la modificazione di un piano attuativo già approvato, mentre nel caso in esame il complesso degli 11 edifici oggetto del piano di recupero non era subordinato prima dell’approvazione della delibera impugnata ad alcun piano attuativo, essendo soggetto come tutti gli edifici della stessa zona all’edificazione mediante ristrutturazione con vincolo conservativo parziale.
Resta la lettera g), che in effetti è orientata a disciplinare proprio i piani di recupero, in quanto consente l’approvazione di “varianti finalizzate alla individuazione delle zone di recupero del patrimonio edilizio esistente, di cui all’art. 27 l. 457/1978”.
E l’art. 27 l. 457/1978, in effetti, prevede: “I comuni individuano, nell'ambito degli strumenti urbanistici generali, le zone ove, per le condizioni di degrado, si rende opportuno il recupero del patrimonio edilizio ed urbanistico esistente mediante interventi rivolti alla conservazione, al risanamento, alla ricostruzione e alla migliore utilizzazione del patrimonio stesso. Dette zone possono comprendere singoli immobili, complessi edilizi, isolati ed aree, nonché edifici da destinare ad attrezzature. Le zone sono individuate in sede di formazione dello strumento urbanistico generale ovvero, per i comuni che, alla data di entrata in vigore della presente legge, ne sono dotati, con deliberazione del consiglio comunale sottoposta al controllo di cui all'art. 59 della legge 10.02.1953, n. 62. Nell'ambito delle zone, con la deliberazione di cui al precedente comma o successivamente con le stesse modalità di approvazione, possono essere individuati gli immobili, i complessi edilizi, gli isolati e le aree per i quali il rilascio della concessione è subordinato alla formazione dei piani di recupero di cui al successivo art. 28. ...”.
Nella procedura prevista dall’art. 27, pertanto, sono previsti due momenti separati:
1) la individuazione delle zone dove per le condizioni di degrado esistente si rende opportuno il recupero del patrimonio edilizio ed urbanistico esistente;
2) la individuazione degli immobili, situati all’interno delle zone di cui al punto 1, per i quali il rilascio della concessione è subordinato alla formazione di piano di recupero.
Una volta individuate le zone del territorio comunale, ed individuati i singoli immobili che dovranno essere oggetto del piano, la procedura di perfezionamento del piano di recupero si completa con l’approvazione del piano di recupero in senso proprio che detta i parametri concreti dell’edificazione.
Riassumendo: i passaggi di cui si compone l’approvazione di un piano di recupero sono tre:
1) individuazione delle zone dove per le condizioni di degrado esistente si rende opportuno il recupero del patrimonio edilizio ed urbanistico esistente;
2) individuazione degli immobili, situati all’interno delle zone di cui al punto 1, per i quali il rilascio della concessione è subordinato alla formazione di piano di recupero;
3) approvazione del piano di recupero che detta i parametri concreti dell’edificazione.
Non tutte queste tre operazioni possono, in realtà, essere realizzate con la procedura semplificata della l.r. 23/1997. Si è ricordato, infatti, che l’art. 2, co. 2, lett. f), ammette con tale procedura soltanto le “varianti finalizzate alla individuazione delle zone di recupero del patrimonio edilizio esistente, di cui all’art. 27 l. 457/1978”, e cioè soltanto il primo dei tre passaggi logici di cui consta l’approvazione del piano di recupero.
Ma la delibera impugnata non si limita ad individuare le zone, anzi non individua affatto le zone di recupero del patrimonio edilizio esistente, in quanto già il p.r.g. prevedeva che nel centro storico fosse astrattamente assentibile l’utilizzo di piano di recupero, e prevedeva anche i parametri per l’edificazione in base a piano di recupero.
Nel caso in esame, in cui l’art. 8 p.r.g. individuava già la zona del centro storico come astrattamente assoggettabile a piano di recupero e fissava anche i limiti che avrebbe dovuto incontrare l’edificazione in base ai piano di recupero in centro storico (possibilità di “lievi spostamenti volumetrici a saldo zero finalizzati ad un miglioramento delle condizioni minime prescritte di abitabilità, di sicurezza e di riqualificazione architettonica e tipologica”), il Comune di Casalmaggiore non avrebbe potuto con lo strumento della variante semplificata modificare i limiti massimi dell’intervento edilizio fissati dal piano generale.
Per spiegare meglio il concetto: nel caso in esame non c’era alcun bisogno di approvare il piano di recupero in variante posto che la zona in esame era già assoggettabile al piano, ma -come nota acutamente e correttamente la difesa di parte ricorrente– l’approvazione del piano di recupero è servita in realtà soltanto ad eliminare i limiti all’edificazione in centro storico previsti in via generale dal p.r.g.
Si è già detto d’altronde sopra del giudizio di disfavore dato dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato sulla possibilità per il piano di recupero di introdurre “logicamente oltre che giuridicamente, vincoli nuovi ed ulteriori rispetto a quelli esistenti nello strumento urbanistico generale in vigore” (CdS, IV, 05.03.2008, n. 922), ipotesi speculare a quella di eliminazione di vincoli che è avvenuta nel caso di specie, e si è già detto anche del giudizio di disfavore espresso nella sentenza 244/2006 di questo Tribunale sulla possibilità di approvare un piano di recupero in deroga relativo ad un solo immobile cui sono stati posti limiti rigorosi di motivazione, a questo punto si aggiunge che in altro precedente giurisprudenziale più risalente di questo Tribunale si è espresso un ulteriore giudizio di disfavore sulla possibilità di utilizzare la variante semplificata ex l.r. 23/1997 per modificare situazioni soggettive consolidate in forza del p.r.g..
Nella pronuncia 1593/2001 questo Tribunale ha affermato, infatti, che “i casi eterogenei di più svariato genere (della l.r. 23/1997, n.d.E.), in cui non sembra decisivo il criterio quantitativo in sé abbastanza evanescente dell'estensione spaziale delle aree coinvolte dalla variante, mostrano un elemento comune, un collante che le lega. Esso è individuato nelle varianti agli strumenti urbanistici che non pregiudichino le situazioni soggettive dei terzi già consolidate in forza del P.R.G..
Se si ha cura di scorrere l'elencazione di cui all'art. 2 si leggono: a) varianti dirette a localizzare opere di competenza comunale; b) varianti volte ad adeguare le originarie previsioni di localizzazione dello strumento urbanistico alla progettazione esecutiva; c) varianti atte ad apportare agli strumenti urbanistici generali le modificazioni necessarie a conseguire la realizzabilità delle previsioni urbanistiche; d) varianti dirette a modificare le modalità di intervento sul patrimonio edilizio esistente; e) varianti di completamento; f) varianti che comportino modificazioni dei perimetri territoriali esistenti subordinati ai piani attuativi, finalizzate ad assicurare un migliore asseto urbanistico nell'ambito dell'intervento opportunamente motivato e tecnicamente documentato, ovvero a modificare la tipologia dello strumento urbanistico attuativo; g) varianti finalizzate alla individuazione delle zone di recupero del patrimonio edilizio esistente; h) varianti relative a comparti soggetti a piani attuativi; i) varianti concernenti le modificazioni della normativa dello strumento urbanistico generale.
Ad eccezione dell'ipotesi delineata sub a) sulla localizzazione delle opere pubbliche comunali per la quale non si fa altro che riproporre lo stesso congegno normativo previsto dall'art. 1 l. 03.01.1978 n. 1, in tutti gli altri casi la variante in forma semplificata non è idonea a mutare la destinazione delle aree come prevista dal P.R.G., e quindi a vanificare le situazioni giuridiche consolidatesi in forza della disciplina impressa dallo strumento urbanistico primario.
In definitiva la normativa regionale, alla stregua dell'art. 25, comma 1, lett. a), l. 28.02.1985 n. 47, mira a rendere più agile e flessibile il rapporto tra i diversi livelli di pianificazione, preservando peraltro il nesso di derivazione di quello secondario rispetto a quello primario, che non può essere unilateralmente alterato da parte dell'amministrazione comunale senza il concorso di quella regionale”.
In un passo successivo il Tribunale aggiunge che “la riperimetrazione degli ambiti territoriali omogenei al fine di modificare la tipologia del preesistente strumento attuativo, prevista all'art. 2, comma 2, lett. f), L.r. 23.06.1997 n. 23, è stata invece l'occasione, affatto esclusa dalla norma, per assoggettare aree suscettibili di diretta edificazione allo strumento urbanistico attuativo, pregiudicando la situazione giuridica soggettiva dominicale della ricorrente consolidatasi in forza della disciplina impartita dal P.R.G.”.
Il principio enucleato dal tribunale nell’ormai lontano precedente del 2001, secondo cui la normativa regionale della l.r. 23/1997 mira a rendere più agile e flessibile il rapporto tra i diversi livelli di pianificazione, ma non può pregiudicando la situazione giuridica soggettiva dominicale di chi intende edificare, non può non essere applicato per ragioni logiche anche alle situazioni soggettive dominicali non solo di coloro che sono interessati all’edificazione, ma anche di quelli, come nel caso in esame, che ad essa sono controinteressati.
In definitiva, la delibera oggetto di impugnazione, che ha modificato i parametri urbanistici cui avrebbe dovuto essere assoggettata la ristrutturazione del complesso di edifici denominati Castra maiora – che per p.r.g. avrebbero potuto essere caratterizzati solo da lievi spostamenti volumetrici a saldo zero, e di cui invece con provvedimento ad hoc è stata permessa la parziale (pressoché integrale) demolizione con traslazione dei volumi fino a determinare la quintuplicazione dei vani abitabili, e quindi del carico urbanistico generato dalla costruzione, urta contro diversi profili di legittimità (sia relativi alla legge statale, sia relativi alla normativa regionale lombarda) già affrontati in passato dalla giurisprudenza amministrativa, anche di questo Tribunale.
Ne consegue che deve essere accolto il motivo di impugnazione in cui si afferma la illegittimità della delibera impugnata nella parte in cui essa ha violato l’art. 8 delle n.t.a. del p.r.g. che fissava i limiti agli interventi eseguibili anche con piano di recupero nelle zone del centro storico
(TAR Lombardia-Brescia, Sez. I, sentenza 17.06.2010 n. 2329 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: Varianti P.R.G. - Procedura accelerata - Approvazione diretta della variante da parte del consiglio comunale - Ammissibilità - Presupposti: competenza organo e realizzazione dell'opera ex art. 2, comma 2, lett. a), L.R. 23/1997.
In materia di realizzazione di opere pubbliche e relative varianti allo strumento urbanistico, qualora sul piano formale la sequenza procedimentale non sia stata "millimetricamente" conforme al modello legale, non sono tuttavia ravvisabili vizi significativi sul piano sostanziale qualora sia stato appurato che il progetto dell'opera è stato approvato dagli organi comunali competenti e che l'opera (nel caso di specie il c.d. raccordo urbanistico) si è realizzata ai sensi dell'art. 2, secondo comma, lett. a), L.R. n. 23/1997, che ammette la procedura accelerata per le varianti dirette a localizzare opere pubbliche di competenza comunale nonché a modificare i relativi parametri urbanistici ed edilizi (nel caso di specie veniva contestata l'assenza di una valida dichiarazione di pubblica utilità, mancando l'approvazione del progetto definitivo da parte della giunta e la susseguente approvazione regionale in variante allo strumento urbanistico, ex art. 1, comma 5, legge n. 1/1978; tale mancanza, secondo parte ricorrente, non poteva essere supplita dall'approvazione diretta della variante da parte del consiglio comunale con la procedura accelerata di cui alla legge regionale n. 23/1997) (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 08.01.2010 n. 4 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2009

URBANISTICA: Piano regolatore - Variante semplificata ex L.R. 23/1997 - Sanatoria abusi - Inammissibilità.
E' vietata l'utilizzazione della procedura della variante semplificata ai sensi dell'art. 2, comma 4, lett. a, della L.R. 23/1997 per ottenere come effetto la conformità alle previsioni urbanistiche di interventi abusivamente realizzati, la disposizione non è un ostacolo a norme generali che consentono (in via indiretta) di regolarizzare edifici esistenti, ma, trattandosi pur sempre di una disposizione espressione della funzione di pianificazione, la nuova disciplina deve avere un contenuto generale, indipendentemente dai risvolti concreti su situazioni particolari (nel caso di specie il TAR ha annullato la variante semplificata approvata da un Comune al fine di regolarizzare interventi abusivi realizzati in un unico complesso residenziale (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 17.09.2009 n. 4674 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: 1. Variante parziale al PRG - Esame congiunto di due osservazioni con il medesimo contenuto provenienti da due soggetti diversi - Violazione dell'obbligo di motivazione analitica - Non sussiste.
2. Art. 100 L.R. n. 12/2005 - Criterio di equivalenza tra i termini PRG e PGT - Non comporta l'estensione automatica delle disposizioni dettate per il PGT al PRG previgente.
3. Procedimenti di varianti ex art. 2 comma 2 L.R. n. 23/1997 - Costituiscono procedimenti a termine ai sensi dell'art. 25, comma 1 della L.R. n. 12/2005 e s.m.i. sino all'adeguamento dei PRG o all'approvazione dei PGT - Possibilità di eterointegrarli con disposizioni di cui alla L.R. n. 12/2005 dettate per le varianti al PGT - Non sussiste.

1. L'esame congiunto di due osservazioni aventi il medesimo contenuto, seppure provenienti da soggetti diversi, non viola l'obbligo di motivazione analitica delle osservazioni, né costituisce un ostacolo alla funzione collaborativa assegnata alle osservazioni stesse.
2. La formulazione letterale dell'art. 100 della L.R. n. 12/2005 e s.m.i. in cui il legislatore regionale ha semplicemente introdotto il criterio di equivalenza tra i termini PRG e PGT, per cui le norme statali o regionali in cui si utilizza il termine PRG vanno oggi applicate anche verso il PRT, non comporta l'estensione automatica delle disposizioni dettate per il PGT al PRG vigente.
3. I procedimenti di variante ex art. 2, comma 2 della L.R. n. 23/1997 costituiscono un procedimento "a termine", atteso che la loro applicazione viene fatta salva dall'art. 25, comma 1 della L.R. n. 12/2005 sino all'adeguamento dei PRG ovvero sino all'approvazione dei PGT.
Detto procedimento, per sua natura speciale, derogatorio rispetto alla procedura ordinaria del PRG, non può essere eterointegrato con disposizioni dettate per le varianti al PGT, disciplinate dalla L.R. n. 12/2005 (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 19.05.2009 n. 3784 -  link a
www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: Piano di recupero - Nozione - Approvazione - Procedura variante semplificata ex LR Lombardia 23/1997 - Inammissibilità.
Se, in linea generale, l'art. 2, lett. d), l.r. 23/1997 ammette l'aumento del carico insediativo con la procedura di variante semplificata purché nel limite massimo del 10%, tale aumento non può però essere realizzato con un piano di recupero, che è uno strumento attuativo destinato al recupero del patrimonio edilizio esistente senza, tuttavia, implicare incrementi volumetrici tali da determinare un aumento del carico insediativi, deve, di conseguenza, escludersi che il recupero edilizio, consistendo in interventi sugli elementi costitutivi degli edifici esistenti, possa comportare incrementi volumetrici, ossia aumenti di superficie o di corpi di fabbrica.
E', pertanto, illegittimo il Piano di recupero che venga approvato attraverso la procedura semplificata di variante urbanistica ai sensi della legge regionale 23/1997, per assentire un aumento di volumetria altrimenti non realizzabile secondo le previsioni degli strumenti urbanistici in vigore (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, sentenza 08.04.2009 n. 806 -  link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2007

URBANISTICAVariante parziale mediante piano attuativo ex art. 25, comma 1, L.R. n. 12/2005 - Sussistenza dei presupposti di cui all'art. 2, comma 2, della L.R. n. 23/1997 - Non necessità.
Dalla interpretazione letterale dell'art. 25, comma 1, della L.R. n. 12/2005 si evince che per l'approvazione di varianti al PRG occorre che ricorra una delle fattispecie di cui all'art. 2, comma 2, della L.R. n. 23/1997 mentre, per l'approvazione di piani attuativi in variante, non occorre che ricorra una delle fattispecie di cui al detto art. 2, comma 2, stante il richiamo alla sola procedura di cui all'art. 3 della L.R. n. 23/1997 (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Milano, Sez. II,
sentenza 04.12.2007 n. 6541 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICASe, in linea generale, l’art. 2, lett. d), l.r. 23/1997 ammette l’aumento del carico insediativo con la procedura di variante semplificata purché nel limite massimo del 10%, tale aumento non può però essere realizzato con piano di recupero, che è uno “strumento attuativo destinato al recupero del patrimonio edilizio esistente senza, tuttavia, implicare incrementi volumetrici tali da determinare un aumento del carico insediativo”.
La norma attributiva del potere esercitato dall’amministrazione comunale, nel caso in esame, deve essere ricercata nell’art. 2 della l.r. 23/1997, che dispone che si possa utilizzare la procedura di variante semplificata per l’approvazione degli strumenti urbanistici per: “(…), d) varianti dirette a modificare le modalità di intervento sul patrimonio edilizio esistente, nel caso in cui esse non concretino ristrutturazione urbanistica e non comportino incremento del peso insediativo in misura superiore al 10% rispetto a quanto stabilito dallo strumento urbanistico vigente; ove necessario, le varianti potranno altresì prevedere il conseguente adeguamento della dotazione di aree a standard; e) varianti di completamento interessanti ambiti territoriali di zone omogenee già classificate ai sensi dell'art. 2 del D.M. 02.04.1968, n. 1444 come zone B, C e D che comportino, con o senza incremento della superficie azzonata, un aumento della relativa capacità edificatoria non superiore al 10% di quella consentita nell'ambito oggetto della variante dal vigente PRG, ove necessario tali varianti potranno altresì prevedere il conseguente adeguamento della dotazione di aree a standard”.
Nel caso in esame, l’amministrazione ha utilizzato, in particolare, il disposto di cui alla lettera d) dell’art. 2 l.r. 23/1997 ritenendo si trattasse di una variante diretta a modificare le modalità di intervento sul patrimonio edilizio esistente, e che tale modifica delle modalità di intervento fosse legittimata dalla previsione della norma sovraordinata di p.r.g. che prevedeva nelle zone A1 la possibilità di edificare tramite piano di recupero.
Il piano di recupero approvato non si è limitato, però, a consentire l’edificazione in base a titolo diverso dall’intervento diretto di ristrutturazione edilizia, che è l’unico titolo che sarebbe stato possibile utilizzare in forza delle norme di piano sovraordinate, ma ha anche consentito l’aumento volumetrico del 10% sull’immobile oggetto dell’intervento.
L’amministrazione ha ritenuto di disporre di tale potere di aumentare la volumetria dell’immobile nel limite del 10% dello stesso per effetto della previsione della lettera d) dell’art. 2 l.r. 23/1997 che, come indicato sopra, ammette le varianti che non comportino incremento del peso insediativo in misura superiore al 10% rispetto a quanto stabilito dallo strumento urbanistico vigente.
Se, in linea generale, l’art. 2, lett. d), l.r. 23/1997 ammette l’aumento del carico insediativo con la procedura di variante semplificata purché nel limite massimo del 10%, tale aumento non poteva però essere realizzato con piano di recupero, che, come già evidenziato da questo Tribunale, è uno “strumento attuativo destinato al recupero del patrimonio edilizio esistente senza, tuttavia, implicare incrementi volumetrici tali da determinare un aumento del carico insediativo” (Tar Lombardia, sez. Brescia, 09.12.2002, n. 2216) .
La pronuncia appena citata si è già occupata del rapporto tra piano di recupero ed utilizzo della procedura semplificata di approvazione degli strumenti urbanistici di cui alla l.r. 23/1997, ed ha stabilito sul punto che “deve, di conseguenza, escludersi che il recupero edilizio, consistendo in interventi sugli elementi costitutivi degli edifici esistenti, possa comportare incrementi volumetrici, ossia aumenti di superficie o di corpi di fabbrica. Ciò premesso è illegittimo il Piano di recupero che venga approvato attraverso la procedura semplificata di variante urbanistica ai sensi della legge regionale 23.06.1997, n. 23, per assentire un aumento di volumetria altrimenti non realizzabile secondo le previsioni degli strumenti urbanistici in vigore”.
La presente vicenda, che riguarda un caso esattamente in termini con quello appena citato di piano di recupero che legittima un aumento di volumetria altrimenti non realizzabile secondo le previsioni degli strumenti urbanistici, deve pertanto essere deciso in conformità con tale precedente (TAR Lombardia-Brescia, sentenza 08.04.2009 n. 806 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: Piano di recupero - Nozione - Approvazione - Procedura variante semplificata ex LR Lombardia 23/1997 - Inammissibilità.
Se, in linea generale, l'art. 2, lett. d), l.r. 23/1997 ammette l'aumento del carico insediativo con la procedura di variante semplificata purché nel limite massimo del 10%, tale aumento non può però essere realizzato con un piano di recupero, che è uno strumento attuativo destinato al recupero del patrimonio edilizio esistente senza, tuttavia, implicare incrementi volumetrici tali da determinare un aumento del carico insediativi, deve, di conseguenza, escludersi che il recupero edilizio, consistendo in interventi sugli elementi costitutivi degli edifici esistenti, possa comportare incrementi volumetrici, ossia aumenti di superficie o di corpi di fabbrica.
E', pertanto, illegittimo il Piano di recupero che venga approvato attraverso la procedura semplificata di variante urbanistica ai sensi della legge regionale 23/1997, per assentire un aumento di volumetria altrimenti non realizzabile secondo le previsioni degli strumenti urbanistici in vigore (massima tratta da www.solom.it - TAR Lombardia-Brescia, sentenza 08.04.2009 n. 806 -  link a www.giustizia-amministrativa.it).

anno 2006
URBANISTICAVariante semplificata ex L.R. 23/1997 - Rotatoria - Ente nel cui interesse l'opera viene realizzata - Comune - Competenza comunale - Sussiste.
Agli effetti della L.R. 23/1997, una rotatoria situata nel centro abitato di un Comune e riguardante l'incrocio tra una serie di strade comunali e una strada provinciale, non è opera pubblica posta ad esclusivo servizio di quest'ultima, finanziata dal Comune ed espressamente autorizzata dalla Provincia, va considerata di competenza Comunale, nel cui interesse l'opera viene realizzata, non necessitando di valutazioni, sotto il profilo urbanistico, di enti sovraordinati (TAR Lombardia-Brescia,
sentenza 10.11.2006 n. 1391 - massima tratta da www.solom.it - link a www.giustizia-amministrativa.it).
anno 2002

URBANISTICADeve escludersi che il recupero edilizio, consistendo in interventi sugli elementi costitutivi degli edifici esistenti, possa comportare incrementi volumetrici, ossia aumenti di superficie o di corpi di fabbrica.
E' illegittima l'approvazione di un piano di recupero attraverso la procedura semplificata di variante urbanistica, ai sensi della L.R. n. 23/1997, per assentire un aumento di volumetria nella misura del 10%, altrimenti non realizzabile per le previsioni degli strumenti urbanistici vigenti, al fine della realizzazione di un terzo piano dell’edificio.

Il piano di recupero consiste in uno strumento attuativo destinato al recupero del patrimonio edilizio esistente, senza, tuttavia, implicare incrementi volumetrici tali da determinare un aumento del carico insediativo, come risulta dall’opinione della costante giurisprudenza amministrativa.
Tale strumento ha, dunque, per oggetto la ridefinizione del tessuto urbanistico di un'area ed è connaturato dalla specialità dei fini del recupero del patrimonio edilizio ed urbanistico degradato per mantenere e meglio utilizzare il patrimonio stesso mediante una globalità di interventi edilizi organici integrati con il tessuto urbanistico esistente, nonché con lo sviluppo programmato, attraverso gli strumenti urbanistici generali.
Balza agli occhi, di conseguenza, che tale piano può assolvere alla finalità di recupero edilizio di immobili degradati esistenti, magari attraverso sistematici interventi di ristrutturazione o restauro, oppure può ridisegnare l'assetto urbanistico esistente nelle zone soggette a recupero ed assumere una caratteristica efficacia di programmazione, salva restando la connotazione tipica dello strumento attuativo, che ne individua i limiti oggettivi, connaturati dalla conservazione e riutilizzazione del patrimonio edilizio esistente. Deve, quindi, escludersi che il recupero edilizio, consistendo in interventi sugli elementi costitutivi degli edifici esistenti, possa comportare incrementi volumetrici, ossia aumenti di superficie o di corpi di fabbrica.
Ciò, del resto, risulta avvalorato dall’art. 27 della legge 05.08.1978, n. 457, intitolato: Individuazione delle zone di recupero del patrimonio edilizio esistente, nonché dall’art. 2, comma 2, lett. g, della L.R. 23.06.1997, n. 23, che, nell’esplicitare una delle ipotesi cui si applica il procedimento semplificato di variante urbanistica, ai sensi dell’art. 3 della stessa legge, menziona le varianti finalizzate alla individuazione delle zone di recupero del patrimonio edilizio esistente, di cui all'art. 27 della legge 05.08.1978, n. 457 (norme per l'edilizia residenziale).
Nel caso di specie, dalla documentazione versata in atti risulta incontrovertibilmente, come confermato, peraltro, dalle stesse difese del comune di Palosco, che il piano di recupero è stato approvato attraverso la procedura semplificata di variante urbanistica, ai sensi della L.R. n. 23/1997, per assentire un aumento di volumetria nella misura del 10%, altrimenti non realizzabile per le previsioni degli strumenti urbanistici vigenti, al fine della realizzazione di un terzo piano dell’edificio (TAR Lombardia-Brescia, sentenza 09.12.2002 n. 2216 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

URBANISTICA: B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 21 del 20.05.2002, "Direzione Generale Territorio e Urbanistica - Integrazione della circolare n. 37 del 10.07.1997 «Attuazione della l.r. 23.06.1997, n. 23»" (circolare regionale 13.05.2002 n. 25 - link a www.infopoint.it).

anno 2000

URBANISTICA: B.U.R. Lombardia, 3° suppl. straord. al n. 22 del 02.06.2000, "Schede tecniche aggiornate a corredo dei Piani Urbanistici e revoca parziale della d.g.r. 01.07.1997, n. 29534" (deliberazione G.R. 19.05.2000 n. 49916 - link a www.infopoint.it).

anno 1998

EDILIZIA PRIVATA: B.U.R. Lombardia, 5° suppl. straord. al n. 43 del 30.10.1998 (link a www.infopoint.it):
- "Attuazione della legge regionale 23.06.1997, n. 23 («Accelerazione del procedimento di approvazione degli strumenti urbanistici comunali e disciplina del regolamento edilizio»). Approvazione di criteri ed indirizzi generali per la redazione dei regolamenti edilizi comunali" (deliberazione G.R. 25.09.1998 n. 38573);
- "FASCICOLO 1 - Criteri e indirizzi generali per la redazione dei regolamenti edilizi";
- "FASCICOLO 2 - Allegato "A" - Patrimonio edilizio esistente e nuove costruzioni: definizione e tipologie degli interventi";
- "FASCICOLO 3 - Allegato "B" - Rassegna dei principali atti normativi statali e regionali".

anno 1997

URBANISTICA: B.U.R. Lombardia, serie ordinaria n. 35 del 25.08.1997, "Adempimenti previsti dall'art. 7, comma 2, della legge regionale 23.06.1997, n. 23 «Accelerazione del procedimento di approvazione degli strumenti urbanistici comunali e disciplina del regolamento edilizio» - Documentazione a corredo dei piani urbanistici attuativi" (deliberazione G.R. 25.07.1997 n. 30267 - link a www.infopoint.it).

URBANISTICA: B.U.R. Lombardia, 4° suppl. straord. al n. 28 dell'11.07.1997, "Assessorato all'Urbanistica e al Territorio - Circolare n. 37 del 10.07.1997 - Attuazione della legge regionale 23.06.1997, n. 23: «Accelerazione del procedimento di approvazione degli strumenti urbanistici comunali e disciplina del regolamento edilizio»" (circolare regionale 10.07.1997 n. 37 - link a www.infopoint.it).

URBANISTICA: B.U.R. Lombardia, 4° suppl. straord. al n. 28 dell'11.07.1997, "Approvazione dei modelli di schede informative relative alle varianti agli strumenti urbanistici generali, ai piani attuativi in variante degli strumenti urbanistici generali e alle rettifiche dei piani regolatori generali, ed individuazione delle modalità di pubblicazione sul BURL delle deliberazioni di giunta regionale di proposta di modifica d'ufficio aventi efficacia di approvazione definitiva del piano, ai sensi degli artt. 2, 4, 6 e 13 della l.r. n. 23 del 23.06.1997" (deliberazione G.R. 01.07.1997 n. 29534 - link a www.infopoint.it).

URBANISTICA: B.U.R. Lombardia, 2° suppl. ord. al n. 26 del 27.06.1997, "Accelerazione del procedimento di approvazione degli strumenti urbanistici comunali e disciplina del regolamento edilizio" (L.R. 23.06.1997 n. 23 - link a www.infopoint.it).